La seconda lettera ai Corinzi 8826316104, 9788826316109

Intorno al 50 d.C. l'apostolo Paolo si reca per la prima volta a Corinto. La missione non sembra ottenere un grande

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Italian Pages 642 [619] [619] Year 2006

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La seconda lettera ai Corinzi
 8826316104, 9788826316109

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© 2006, Edizioni Boria s.r.l. via delle Fornaci 50 -00165 Roma ISBN Boria

88-263-1610-4

a cura

di

ANTONIO PITTA

LA SECONDA LETTERA Al CORINZI

B

BORLA

"Più di tutti gli uomini Paolo ha mostrato che cosa è l'uomo" 1

1 Giovanni Crisostomo, Panegiricisu san Paolo, 2,1, in S. Zincone (tr.), ctp69, Roma 1 9952, 37.

Sommario

Prefazione Abbreviazioni e sigle

Pag. »

9 11

INTRODUZIONE l. Integrità o redazionalità della 2Corinzi? II. Corinto III. Paolo e le comunità dell'Istmo IV. Analisi retorico- letteraria delle due lettere V. Gli avversari di Paolo a Corinto

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17 31 39 49 69

TRADUZIONE E COMMENTO Introduzione epistolare (2Cor 1,1-14) Il prescritto(2Cor1,1-2) La benedizione di esordio (2Cor 1,3- 11) La tesi generale della lettera della riconciliazione (2Cor 1,12-14) La narrazione apologetica (2Cor 1,15-2,1 3) La sincerità nei recenti progetti di viaggio( 2Cor1 ,1 5 22) L'annullamento della visita( 2Cor1,23 2 4) L'esortazione al perdono verso l'offensore (2Cor 2,5-11) L'angoscia di Troade (2Cor 2,1 2-13 ) La prima dimostrazione (2Cor 2,14-4,6) Il ringraziamento a Dio (2Cor 2,14 -1 7) Quale lettera di raccomandazione? (2Cor 3, 1-3) La dignità e la gloria del ministero (2Cor 3 ,4- 11) Franchezza e libertà ( 2Cor 3,12-18) Excursus: L'antica e la nuova alleanza D vangelo della gloria di Cristo (2Cor4 ,1 6) Excursus: Midrash o intertestualità? La seconda dimostrazione (2Cor 4,7 5,10 ) Il tesoro in vasi diCreta ( 2Cor 4 7-1 2) Lo spirito di fiducia nel ministero(2Cor 4, 13- 15) Il rinnovamento dell'uomo interiore(2Cor4,16-18) In esilio verso l'abitazione celeste (2Cor 5,1-10) La terza dimostrazione e la perorazione finale (2Cor 5, 11-7 ,4) -

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8/Sommario L'amore diCristo e la riconciliazione (2Cor5,11 - 21) Excursus: "... Tutti sono morti" Appello all'accoglienza della grazia (2Cor 6,1-10) La perorazione finale: appello al contraccambio ( 2Cor 6,11-7,4) Excursus: lnterpolazione successiva o vituperazione contro gli avversari? La consolazione e la gioia di Paolo(2Cor 7, 5-16) L'esortazione alla colletta(2Cor8,1- 9,1 5) L'esordio: l'esempio delle chiese macedoni (2Cor 8,1-6) Le prove: lo scambio delle ricchezze (2Cor8,7-15) Le raccomandazioni per i delegati (2Cor8,16 -24) Benedizione e non avarizia(2Cor 9,1-5) L'origine divina della benedizione(2Cor 9,6-10) La perorazione finale: il rin graziamento a Dio(2Cor 9,11 -15) Excursus: Il valore e la funzione della colletta La lettera polemica(2Cor 10,1-13,13) L'esordio della seconda apologia(2Cor 10,1 -6) La confutazione delle accuse(2Cor l O, 7-18) Laprobatio: il discorso immoderato (2Cor11,1-1 2,18) L'esordio della probatio(2Cor 11,1-6) La gratuità della predicazione di Paolo aCorinto ( 2Cor 11,7-21a) Le credenziali e il catalogo delle avversità (2Cor11,21 b-33) Il vanto delle rivelazioni e nelle debolezze(2Cor12 ,1 -10) Excursus: "Una spina nella carne", storia dell'interpretazione La perorazione dellaprobatio(2Cor 12,11 -18) Il proscritto epistolare(2Cor12,1 9-13,13) L'apusia- parusia epistolare(2Cor 12,1 9-13,10) Raccomandazioni e saluti finali(2Cor 13,11-1 3)

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527 547

IL MESSAGGIO E LA STORIA DELL'INTERPRETAZIONE DELLA 2CORINZI

))

55 7 5 78

Bibliografia

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586

Indice degli autori

))

615

Indice tematico

))

624

Il messaggio della2Corinzi La storia dell'interpretazione della2Corinzi

))

Prefazione

Con gioia consegno alle stampe il commento alla 2Corinzi: quella che alcuni defi­ niscono la lettera più difficile dell'epistolario paolino1• A dieci anni dal commento a Galati 2 e a cinque da quello a Romani 3, confesso che non so quale sia la più dif­ ficile delle lettere paoline, poiché ognuna presenta difficoltà diverse: Galati per la brachilogia e la densità, Romani per le irraggiungibili prospettive e le intricate ar­ gomentazioni, e la 2Corinzi per l'integrità e il linguaggio evocativo. ll più bel sermo corporis o la predica più vera, scritta con il corpo e con la vita del Nuovo Testamento: è la definizione che ritengo più adeguata per la 2Corinzi. Per difendere il proprio apostolato, attraverso le due apologie (cf. 2Cor 2 , 1 4-7,4; l O, 1-13, l O) Paolo ricorre anche a dimostrazioni rette sull'autorità conferitagli dal Signore e su quella indiscussa delle Scritture d'Israele ma preferisce, prima di tut­ to, far parlare il proprio rapporto esistenziale e vitale con Gesù Cristo il Signore, perché sono le cicatrici del suo corpo che lo accreditano come apostolo. E poiché l'apostolato non è un aspetto della sua esistenza bensì la pervade totalmente, in quanto non è credente e quindi apostolo bensi è in Cristo come apostolo, parlano il cuore, la coscienza, l'intelligenza e la bocca, senza alcuna riserva; in pratica l'in­ teriorità più profonda e il tratto più esteriore del viso. Attraverso le due lettere che riteniamo confluite nella 2Corinzi canonica - la lettera della riconciliazione (2Cor 1-9) e quella polemica (2Cor 1 0-13) - Paolo apre e consegna il cuore e l'esistenza ai Corinzi inviando il suo scritto più autobiografico: dove gli eventi della vita in Cristo s'intrecciano con i sentimenti, le ansie, le paure, la gioia e le speranze da condividere con la sua comunità. Questa lettera è come la consegna del proprio diario personale alle persone che si amano, nella speranza di ristabilire l'amore di un tempo: nulla è occultato, ma tutto è manifesto, leggibile4• Le due pagine dedicate all'amore indefinibile di Cri­ sto (cf. 2Cor 5, 1 1 -2 1 ) e alle visioni con le rivelazioni (cf. 2Cor 1 2 , 1 - 1 0) dimostrano che la 2Corinzi è come l'itinerario della salita e della discesa all'Oreb di Mosè e di Elia, dove il Signore dà appuntamento ai suoi profeti per manifestare la sua glo­ ria: la conoscenza del vangelo di Cristo, icona di Dio. Tuttavia sul monte della ri­ velazione Paolo si trova senza alcun velo che possa coprirgli il volto di fronte alla presenza di Dio, ma è con il viso scoperto, con nudità e franchezza. E con la stessa franchezza discende dal monte per esercitare il "ministero dello Spirito" (cf. 2Cor 3,8), giacché la gloria di Dio che è Cristo traspare attraverso le pieghe più fragili della sua umanità di apostolo e di ambasciatore per la riconciliazione. Oltre il vi1 Cosl W.H. Bates, "The Integrity of Il Corinthians", in NTS 12 ( 1 965) 56; G. Segalla, "Coerenza linguistica ed unità letteraria della 2 Corinzi", in Teologia 13 (1 988) 149. 2 A. Pitta, Lettera ai Galati. Introduzione, versione e commento, SOC 9, Bologna 20002• 3 A. Pitta, Lettera ai Romani. Nuova versione, introduzione e commento, LB 6, Milano 200J2. 4 Non possiamo che condividere la definizione che della 2Corinzi propone C. Carena, San Paolo. Le lettere, Torino 1990, 1 04: "La seconda lettera ai Corinti sono le Confessioni inquietanti di Pao1o . ..

l O l Prefazione sibile e l'apparenza devono guardare i destinatari della 2Corinzi per scorgere la trasformazione in atto della gloria di Dio sul volto scoperto di Paolo, mentre sono naturalmente inclini a fermarsi soltanto alle apparenze, a valutare la consistenza del suo apostolato in base ai continui cambiamenti nei progetti di viaggio e al suo modo di presentarsi dimesso e poco convincente nel parlare. La magna charta del ministero, che è la 2Corinzi, continua a dialogare con quanti sono chiamati dal Signore all'apostolato nella comunità cristiana, rivelando un'attualità sconvolgente, poiché quanto si scrive con la vita resta per sempre. Un commentario alla 2Corinzi, come d'altro canto a qualsiasi scritto biblico, non do­ vrebbe essere considerato come uno strumento di mediazione che tende ad occul­ tame o a rendeme più difficile il messaggio bensl come un compagno di viaggio che aiuta ad accostarsi alle dense, a volte frammentate e abbreviate affermazioni riportate nelle sue pagine, nel tentativo d'interpretame i significati. Non so se l'in­ tento è riuscito, ma l'intenzione è sincera; e sono grato al Signore per avermi do­ nato la forza nel portare a termine la fatica. Mentre ringrazio di cuore i proff. E. Franco, R. Uzzi e don A. Mattace Raso, per la loro lettura anticipata e scrupolosa del commentario, auguro ad ogni lettore di rileggere, meditare e semmai spiegare le pagine della 2Corinzi lasciandosi accattivare dall'umanità di Paolo: il fascino più che una bellezza artefatta e vacua è quanto attrae chi si accosta alla sua lette­ ra più sofferta! 25 Gennaio 2006 Festa della conversione di s. Paolo

Abbreviazioni e sigle 1

AB

The Anchor Bible

ABR

Australian Biblical Review

ASE

Annali di storiil dell'esegesi

BeO

Bibbia e Oriente

Bib

Biblica

BJRL

Bulletin ofthe fohn Rylands University Library

BZ

Biblische Zeitschrift

CBQ cc

Catholic Biblica[ Quarterly La Civiltà Cattolica

CR:BS

Currents in Research: Biblica[ Studies

EstB{b ETL ETR EunDoc EvQ EvT

Estudios blblicos Ephemerides Theologicae Lovanienses Études Théologiques et Religieuses Euntes Docete The Evangelica[ Quarterly Evangelische Theologie

ACFEB AnBib ANRW AT BBB

BET. BETL BFCT BGBE BHT BJ

bt btc BTN

BZNW

CNT

CSEL ctp DPAC EB NS EH

Association Catholique Française pour l'Étude de la Bible Analecta Biblica Aufstieg und Niedergang der Romischen Welt

Antico Testamento Bonner Biblische Beitrage

Beitrage zur evangelischen Theologie Bibliotheca Ephemeridum Theologicarum Lovaniensium Beitrage zur Forderung Christlicher Theologie Beitrage zur Geschichte der Biblischen Exegese Beitrage zur historischen Theologie Bibbia di Gerusalemme

biblioteca teologica biblioteca di teologia contemporanea Biblioteca Teologica Napoletana

Beihefte zur Zeitschrift fiir die Neutestamentliche Wissenschaft

Commentaire du Nouveau Testament

Corpus Scriptorum Ecclesiasticorum Latinorum collana di testi patristici Dizionario Patristico e di Antichità Cristiane Études Biblique Nouvelle Série Europaische Hochschulschriften

1 Per il libri biblici sono utilizzate le sigle della Bibbia di Gerusalemme. Le altre sigle e abbrevia­ zioni sono globalmente quelle contenute in Bib 70 ( 1 989) 577-594 dove sono indicate anche le nor­ me per le traslitterazioni ebraiche e greche.

12 l Abbreviazioni e sigle

ExpTim FB

FRLANT FS. gdt GLNT GNT'

GTJ

HNT HUZT

Expository Times

Forschung zur Bibel Forschungen zur Religion und Literatur des Alten und Neuen Testa­ ments Festschriften, studi in onore, Studies in Honour, mélanges giornale di teologia Grande Lessico del Nuovo Testamento The Greek New Testament

Grace Theological Journal

Handbuch zum Neuen Testament Henneneutische Untersuchungen zur Theologie

HTR

Harvard Theological Review

JBL JJS JSNT

Journal ofBiblica[ Literature Journal ofJewish Studies Journal {or the Study of the New Testament

JSOT JSS JTS

Journal {or the Study of the Old Testament Journal o{ Semitic Studies Journal o{ Theological Studies

KD

Kerygma und Dogma

MTZ

Munchener theologische Zeitschrift

Neot

Neotestamentica

NRT

Nouvelle Revue Théologique

NT

Novum Testamentum

NTS

New Testament Studies

RB

PSV

Parola spirito e vita Revue Biblique Rassegna di Teologia

SB SBL SBS SBL DS

Studi Biblici Society of Biblical Literature Stuttgarter Bibel-Studien Society of Biblical Literature Dissertation Series

HZNT ICC lE T

JSNT SS

KEK KNT

KZNT LB LD LXX MT N-A27 NICNT NF NT

NTAb NTOT

NTSup. NTTS OTNT PG PL

Handbuch zum Neuen Testament The Intemational Criticai Commentary Institut d'Études Théologiques

Joumal for the Study of the New Testament Supplement Series

Kritisch-exegetischer Kommentar Kommentar zum Neuen Testament

Kommentar zum Neuen Testament Libri Biblici Lectio Divina Septuaginta Testo Masoretico Nestle-Aland

The New Intemational Commentary on the New Testament Neue Folge

Nuovo Testamento

Neutestamentliche Abhandlungen Novum Testamentum et Orbis Antiquus

Novum Testamentum Supplements New Testament Tools and Studies Okumenischer Taschenbuchkommentar zum Neuen Testamen Migne, Patrologia Greca Migne, Patrologia Latina

RdT RivBibSup Supplementi alla Rivista Biblica Italiana RSB Ricerche Storico Bibliche

.4bbmnazioni e sigle / 13 SBL SS SBT

se

&Catt SE SES

Society of Biblical Literature Seminar Paper Studies in Biblical Theology Sources Chrétiennes

La &uola Cattolica

SUNT TANZ THK

Simbolica Ecclesiale Schriften der Finnischen Exegetischen Gesellschaft Studies in Judaism in Late Antiquity Society for New Testament Studies Monograph Series Scritti delle Origini Cristiane Studien zur Umwelt des Neuen Testaments Texte und Arbeiten zum Neutestamentlichen Zeitalter Theologischer Handkommentar

TSAJ

Texte und Studien zum Antiken Judentum

WBC WMANT WUNT

Word Biblical Commentary Wissenschaftliche Monographien zum Alten und Neuen Testament Wissenschaftliche Untersuchungen zum Neuen Testament

SJLA

SNTS MS soc

TQ TynBul TS TZth

'Iheologische Quartalschrift Tyndale Bulletin 'Iheological Studies

Tiibinger Zeitschrift fiir 'Iheologie

ZKG ZNW

Zeitschrift fiir Kirchengeschichte Zeitschrift fiir die Neutestamentliche Wissenschaft

BGU IG P.Oxy. P.Ryl

Aegyptische Urkunden aus den k6niglichen Musee n zu Berlin: chische Urkunden Iscriptiones Graecae Papiri di Ossirinco Catalogo dei papiri greci di J. Rylands Library di Manchester

CD lQH lQM lQpHab lQS 4Qflor 4QMMT 4QpGen• 4QpHos 4QpSal llQMelch

Documento di Damasco, dalla Geniza del Cairo I grotta di Qumran, HOdayòt (Inni di ringraziamento) I grotta di Qumran, Milbamah (Rotolo della guerra) I grotta di Qumran, pesher su Abacuc I grotta di Qumran, Serek hayyal;tad (Regola della comunità) IV grotta, Florilegium IV grotta, Lettera halakico IV grotta, I pesher a Genesi IV grotta, pesher ad Osea IV grotta, pesher Salmi Xl grotta, su Melchisedeck

LAB

Liber Antiquitatum Biblicarum (dello pseudo-Filone)

Grie­

I. INTEGRITÀ O REDAZIONALITÀ DELLA 2CORINZI? Prima d'introdurre la situazione del mittente, dei destinatari e dei contenuti nella 2Corinzi, è necessario cercare di chiarire una questione di capitale importanza che riguarda la natura della lettera: se questa sia unitaria e integra, dall'inizio alla fine, o se non rappresenti piuttosto la redazione finale di due o più lettere inviate da Paolo alla comunità di Corinto. In verità, è bene precisare che tale problematica non pone in discussione la canonici­ tà e l'ispirazione della lettera, giacché anche se la ritenesse composta di due o più let­ tere, è considerata canonica e ispirata, bensì risulta decisiva per la struttura, le rela­ zioni tra Paolo e i destinatari, i contenuti e i suoi avversari. D'altro canto sia per quanti difendono l'integrità originaria sia per coloro che ne propongono la natura composita, la 2Corinzi canonica rientra fra le lettere autentiche o nelle "grandi lette­ " re di Paolo (l Tessalonicesi, l Corinzi, Galati, Romani, Filippesi e Filemone; resta aperto il dibattito sulla 2Tessalonicesi), e non fra quelle della prima (Colossesi ed Efesini) o della seconda tradizione paolina (le "pastorali": l Timoteo, Tito e 2Timo­ teo). Anche rispetto a questa triplice distinzione del corpus paulinum, è importante rileva­ re che il dibattito esegetico appartiene aJ livello storico-critico della sua formazione e non a quello della sua ispirazione e canonicità. Di fatto, una lettera della prima e del­ la seconda tradizione paolina è Parola di Dio quanto una delle sue "grandi" lettere; e la sua ispirazione non è di natura inferiore, come se sia possibile stabilire una sorta di "canone nel canone", o di un "Parola di Dio" prioritaria rispetto ad una seconda­ ria. Anzi, se la 2Corinzi è stata trasmessa nella sua unitarietà significa che, in quanto tale, merita di essere letta e interpretata poiché veicola contenuti che la rendono pre­ ziosa per il messaggio del NT 1 • In genere, si considera il XIX secolo come spartiacque decisivo per la storia dell'inter­ pretazione della 2Corinzi, mentre nei secoli precedenti la questione dell'integrità non ha assunto alcuna rilevanza. Per questo valuteremo prima la posizione di quanti di­ fendono l'unità originaria della lettera e quindi quella più complessa e articolata di coloro che ne propongono la natura composita.

l. Integrità della 2Corinzi Anche se con i secoli XIX-XX si assiste ad una ridda d'ipotesi sulla formazione composita della 2Corinzi, l'integrità della lettera riscontra consensi sino ai nostri 1 Cf. le pertinenti osservazioni di W.S. Kurz, "2 Corinthians: Implied Readers and Canonical Im­ plications", in JSNT 62 ( 1 996) 43-63 che, pur riconoscendo la natura composita della lettera, si propone di rileggerla in base alla sua forma canonica e per le relazioni con il lettore implicito, ol­ tre che con quello esplicito.

1 8 / Introduzione giomF. Di seguito riportiamo gli argomenti principali addotti a difesa l'unità ori­ ginaria della lettera.

l ) Tutti i codici maiuscoli e minuscoli trasmettono lo scritto nella fonna e nell'e­ stensione con cui ci è pervenuta3; 2) D vocabolario che attraversa la lettera è omogeneo4: i campi semantici princi­ pali sono quelli dell'apostolato5, del vanto6, della raccomandazione', della consolazione-esortazione8 e della gioia9• 3) Lo stile è unitario: si presenta conciso e tortuoso10, con una sintassi che predili­ ge le antitesi 11, gli ossimori1 2 e le metafore 13• � Fra coloro che sostengono l'integrità della 2Corinzi cf. E.-B. Allo , Sec ond Épttre aux Corinthiens, Paris 1 9562, l-lvi. 254-269; J.D.H. Amador, "Revisiting 2 Corinthians: Rhetoric and the Case for Unity", in NTS 46 (2000) 92-1 1 1 ; P. Barnett, The Sec ond Epistle to the Corinthiilns, NICNT, Grand Rapids 1997, 18; Bates, "The Integrity of II Corinthians", 56-69; L. L. Belleville, Reflections of Glo­ ry. Pau l's Polemica/ Use ofthe Moses-Doxa Tradition in 2 Corinthians 3.1-18, JSNT SS 52, Sheffield 1 99 1 , 87; S. Cipriani, "Seconda lettera ai Corinzi", in LA! lettere di S. Paolo, Città di Castello 1 9744, 252; F.W. Danker, "Paul's Debt to the De Corona of Demosthenes: A Study of Rhetorical Techni­ que in Second Corinthians", in D.F. Watson, Persuasive Artistry. Studies in New Testament, FS. G.A. Kennedy, JSNT SS 50, Sheffield 1 99 1 , 262-280; M.D. Goulder, P aul and the Competing Mis­ sion in Corinth, Peabody 200 1 , 240-248; S.J. Hafemann, "Corinzi, lettere ai", in G.F. Hawthome ­ R.P. Martin - D.G. Reid, Dizionario di Paolo e delle sue lettere, Cinisello Balsamo 1 999, 320; D.R. Hall, "The Unity of 2 Corinthians", in The Unity ofthe Corinthiiln Correspondence, JSNT SS 25 1 , London-New York 2003, 86- 1 1 2 ; M.J. Harris, The Sec ond Epistle to the Corinthians. A Commentary on the Greek Te.xt, Grand Rapids 2005, 42-5 1 ; D.A. Hester, "The Unity of 2 Corinthians: A Test Case for a Re-Discovered and Re-Invented Rhetoric", in Neot 33 ( 1 999) 4 1 1-432; P.E. Hughes, Paul's Se­ cond Epistle to the Corinthians, NICNT 47, Grand Rapids 1 962, xxi-xxxiv; N. Hyldahl, "Die Frage nach der literarischen Einheit des Zweiten Korintherbrief', in ZNW 64 ( 1 973) 289-306; J. Lam­ brecht, Sec ond Corinthiilns, Sacra Pagina 8, Collegeville 1 999, 9; F.J. Long, Ancient Rhetoric and Paul's Apology.' The Compositional Unity of 2 Corinthiilns, SNTS MS 1 3 1 , Cambridge 2004; J.A. Loubser, "A New Look at Paradox and Irony in 2 Corinthians 10-1 3", in Neot 26 ( 1 992) 507-52 1 ; J. MacArthur, 2 Corinthiilns, Chicago 2003, 7; F. Manzi, "ll vanto della coscienza apostolica di Paolo. La struttura letteraria e il messaggio della Seconda Lettera ai Corinzi", in ScCatt 1 30 (2002) 671 -749; F.J. Matera, /I Corinthians. A Commentary, Louisville-London 2003, 29-32; J.W. McCant, 2 Corinthiilns, Sheffield 1 999, 22-23; U. Schmidt, »Nicht vergeblich empfangen«! Bine Untersu­ chung zum 2. Korintherbrief als Beitrag zur Frage nach der paulinischen Einschiitzung des H an­ delns, Stuttgart 2004, 8 1 -220; G. Segalla, "Struttura letteraria e unità della 2Corinzi", in Teologiil 1 3 ( 1 988) 1 89-2 18; T. Stegman, The Character of Jesus. The Linchpin to Paul's Argument in 2 Co­ rinthians, AnBib 1 58, Roma 2005, 25; A.M. G. Stephenson, "A Defence of the Integrity of 2 Corin­ thians", in The Authorship and the lntf!grity of the New Testament, London 1 965, 82-97; J.H. Thom­ pson, "Paul's Argument from Pathos in 2 Corinthians", in T.H. Olbright - J.L. Sumney (ed.), Paul and Pathos, SBL SS 16, Atlanta 200 1 , 1 28-145; B. Witherington III, Conflict & Community in Co­ rinth. A Socio-Rhetorical Commentary on l and 2 Corinthians, Grand Rapids 1995, 333-339; F. Young - D.F. Ford, Meaning and Truth in 2 Corinthians, London 1 987, 16-26. 3 L'invocazione della critica testuale, a sostegno della unità della 2Corinzi, è, fra gli altri, addotta in particolare da Belleville, Reflections of Glory , 87; Hall, "Unity of 2 Corinthians", 1 06; e Manzi, "Vanto della coscienza", 676-677. 4 L'unità della 2Corinti è difesa su base semantica soprattutto da G. Segalla, "Coerenza linguistica ed unità letteraria della 2 Corinzi", in Teologia 13 ( 1 988) 149-1 66. 5 Cf. l'uso di ap ostolos in 2Cor 1 , 1 ; 8,23; 1 1 ,5 . 1 3 ; 1 2, 1 1 . 1 2. 6 Cf. la presenza di kauchasthai in 2Cor 5 , 1 2 ; 7,14; 9,2; 1 0,8. 1 3 . 1 5 . 1 6. 1 7 . 1 7; 1 1 , 12.16. 18.18.30.30; 1 2 , 1 .5.5.6.9; di kauchema in 2Cor 1 , 14; 5, 1 2; 9,3; e di kauchesis in 2Cor 1 , 1 2; 7,4.14; 8,24; 1 1 , 1 0. 1 7. 7 Cf. l'uso del verbo synistemi in 2Cor 3, 1 ; 4,2; 5,12; 6.4; 7 , 1 1 ; 10, 1 2 . 1 8. 1 8; 1 2, 1 1 . 8 Cf. l'uso del verbo parakakin in 2Cor 1 .4.4.4.6; 2,7.8; 5,20; 6, 1 ; 7,6.6.7 . 1 3 ; 8,6; 9,5; 10, 1 ; 1 2,8. 18; 1 3 , 1 1 ; e del sostantivo p a raklesis in 2Cor 1 ,3.4.5.6.6.7; 7,4.7.13; 8,4 . 1 7. 9 Cf. la presenza di chairein in 2Cor 2,3; 6, 1 0; 7,7.9. 13. 1 6; 1 3,9. 1 1 ; e di chara in 2Cor 1 ,24; 2,3; 7 4.13; 8,2. d 1 Fra gli esempi di concisione e complessità stilistica rimandiamo ai casi di 2Cor 1.15- 16; 2 14- 1 7; 5 , 1 - 1 0; 1 1 ,4-5: rientrano fra i brani con le maggiori crux interpretum delle lettere di Paolo. il Le antitesi attraversano l'intera 2Corinzi e si concentrano soprattutto in 2Cor 3 , 1 - 1 8; 6, 14-7, 1 ; 10,12-18; 1 3 ,4-6. 1 2 Cf. le sentenze paradossali di 2Cor 2, 14-1 5; 4, 10- 1 1 ; 5,2 1 ; 8,9; 1 1 ,30; 12, 10. 13 Cf. le metafore del trionfo in 2Cor 2, 14- 1 5 ; della produzione epistolare in 2Cor 3,1-3; del velo in 2Cor 3 , 1 2- 1 8; del tesoro in vasi di creta in 2Cor 4,7; della dimora e del vestito in 2Cor 5 , 1 - 1 0; della spina contro la carne in 2Cor 1 2,7.

l. Integrità o redazicmtzlità JelliJ ZConnzi? l f9" 4) Anche i generi argomentativi sono unitari: la lettera è attraversata dall'autobio­ grafia 1\ dalle apologie15, dai cataloghi delle avversità 16 e dalle vituperazioni nei confronti degli avversari di Paolo17. 5) D canovaccio epistolare è rispettato: la 2Corinzi presenta un praescriptum (cf. 2Cor 1 , 1-2), unc01pus epistolare (cf. 2Cor 1,3-13,10) e unpostscriptum (cf. 2Cor 13, 11-13), come tutte le lettere di Paolo18• 6) Alcuni cercano di tutelare l'integrità della 2Corinzi, ipotizzando una pausa più o meno ampia fra le due parti principali che la compongono (2Cor 1-9 e 2Cor 10-13)19; in seguito alla stesura della seconda apologia, la lettera sarebbe stata in­ viata integralmente da Paolo a Corinto. A sostegno dell'ipotesi si precisa che le let­ tere paoline non sono scritte di getto ma vedono un lungo processo di formazio­ ne 20, cosicché alcune ulteriori notizie, pervenute a Paolo alla fine della stesura della prima parte, lo avrebbero indotto ad aggiungere la seconda apologia di 2Cor 10-1321. 7) Per altra direzione, ma restando sempre nel contesto epistolografico, la sezione di 2Cor 10-13 è considerata da alcuni come postscriptum epistolare, scritto da Paolo di proprio pugno 22, mentre altri la ritengono come sostitutiva della sezione parenetica conclusiva 23, attestata in gran parte delle sue lettere; per gli uni e per gli altri, i dati epistolari segnalati dimostrano l'integrità interna della lettera. 8) A sostegno dell'integrità originaria della lettera è stata addotta la disposizione retorica che segue i modelli proposti dalla manualistica classica24• 9) Le prove tecniche dell'ethos riguardante il mittente, del pathos rispetto ai desti­ natari e del logos per i contenuti sono compresenti nella lettera 25. 10) Alcuni studiosi traggono, da alcune strutture circolari (del tipo a-b-a') o chia­ stiche (del tipo a-b-c-b'-a'), conferme sull'integrità della lettera 26. 11) La tematica globale che attraversa la lettera è quella dell'apostolato di Paolo, difeso mediante le due apologie di 2Cor 2,14-7,4 e di 2Cor 10,1-13,10. 14 l paragrafi più autobiografici della lettera sono quelli di 2Cor 1,15-22; 2. 12-13; 7,5-16; 1 1 ,7-2 1a; 1 1 , 21b-33; 12,1-10. 15 A parte l'uso esplicito del verbo apologeisthai in 2Cor 12, 1 9 è di dominio comune che le due se­ zioni di 2Cor 2,1 4-7,4 e di 2Cor 10,1-13,10 costituiscano le due apologie della lettera, comunque le si ritengano relazionate fra loro. 16 La 2Corinzi canonica è attraversata dai seguenti cataloghi peristatici: 2Cor 4,8-9; 6,4-1 0; 1 1 ,23-29; 12,10. 17 Fra le proposizioni esplicite contro gli awersari di Paolo, non chiamati mai per nome ma sem­ pre attraverso l'uso dei pronomi indefiniti, cf. 2Cor 2,17; 3,1 3-15; 4,3-4; 5,12; 6,14-7.1 ; 1 0,2-18; 1 1 ,2-6.12-15.18-20.22-23. 18 Sulla struttura epistolare della 2Corinzi cf. Manzi, "Vanto della coscienza", 680-682; Segalla, "Struttura letteraria", 1 80. 19 In tale prospettiva è nota l ipotesi di H. Lietzmann, An die Korinther 1-11, Ttibingen 19694, 1 39: una notte insonne si troverebbe all'origine della dettatura di 2Cor l 0-13, dopo quella di 2Cor 1-9. 20 Harris, Second Corinthians, 50. 21 Hafemann, "Corinzi, lettere ai", 320. 22 G.J. Bahr, "The Subscription in the Pauline Lettersw, inJBL 104 (1 985) 67. 23 Lambrecht, Second Corinthians, 161. 24 Come esemplificazione cf. la struttura retorica unitaria proposta da Thompson, "Paul's Argu­ ment from Pathos", 131-145: exordium (1.1-7). narratio (1.8-11), propositio ( 1 , 1 2-14), probatio ( 1 , 1 5-9,15), peroratio (10,1-13,13). L'integrità della lettera è difesa, su base retorica, anche da Long, Paul's Apology, 116 che però propone una disposizione diversa da quella di Thompson: proe­ mium ( 1 , 1 -7). narratio ( 1 ,8-16), partitio (1 ,17-24), probatio (2.1-9,15), refutatio ( 10,1-1 1,15), una "self-adulation" ( 1 1,16-12,10) e una peroratio (12,1 1 - 1 3, 10). Cf. inoltre la disposizione retorica �roposta da Young - Ford, Meaning and Trnth, 36-38. 5 Cf. la rilevanza del pathos evidenziata da Thompson, "Paul's Argument from Pathos", 129-131 per difendere l'integrità della lettera. Sull'uso delle tre prove artificiali cf. Witherington III, Con­ flict & Community, 334-335; e con maggiore analisi ma limitata a 2Cor 1 0-13 cf. M. DiCicco, Paul's Use ofEthos, Pathos and Logos in 2 Corinthians l 0-13, Macon 1 994. 26 Vedi la struttura del tipo b ( l , 1 2-7, 16) - c (8,1-9, 15) - b' (10, 1-1 3,10), dopo le sezioni epistolari di a ( 1 , 1 - 1 1 ) - a' (13,1 1-13), proposta da Segalla, "Struttura letteraria", 1 94 e ripresa da Manzi, "Vanto della coscienza", 682.735-740. '

20 l Introduzione

2. Una lettera composita

Senza ignorare la situazione testuale dei codici che riportano l'intera 2Corinzi, molti studiosi propendono per la natura composita o assemblata della lettera, con uno spettro variegato di ipotesi che andremo delineando in ordine crescente, os­ sia dall'ipotesi minimale di 2 lettere a quella massimale di diverse lettere. 2. 1 . Dalla lettera delle lacrime (2Cor W-13) a quella della riconciliazione (2Cor 1-9) .Ad A. Hausrath, nel 1 870, si deve il solco intrapreso da coloro che ipotizzano la precedenza cronologica di 2Cor 1 0-13 rispetto a 2Cor 1-927• A favore dell'ipotesi sono addotte le seguenti motivazioni: l) Poiché Paolo ha dettato e inviato diverse lettere ai Corinzi, non è fuori luogo ipotizzare che una parte di esse sia confluita nella 2Corinzi canonica; e l'orienta­ mento predominante è indirizzato verso la perduta lettera delle lacrime o der Trii­ nenbrief, citata in 2Cor 2 , 1 -4; 7,8- 1 6 e parzialmente rinvenibile in 2Cor 1 0- 1 3 . 2) Diversi indizi interni della 2Corinzi canonica favoriscono l'ipotesi sulla prece­ denza cronologica di 2Cor 1 0-13 rispetto a 2Cor 1-928• L'obbedienza (hypakoe) ri­ chiesta ai destinatari in 2Cor l 0,6 e attuata con la visita correttiva, annunciata in 2Cor 1 3, 1 - 1 0, riscontra il suo esito positivo in 2Cor 2,9 e in 2 Cor 7,8- 1 6. Anche la posta in discussione dell'agape da parte dei destinatari (cf. 2Cor 1 1 , 1 1 ; 1 2 , 1 5) per­ viene alla soluzione in 2Cor 2,4. Le accuse di falsificazione e di frode, espresse in forma di domande in 2Cor 1 2, 1 6- 1 7, sono rifiutate con decisione da Paolo in 2Cor 4,2 e in 2Cor 7 ,2. 3) Giacché la questione della colletta si risolve positivamente e con la partecipa­ zione delle chiese della Macedonia, secondo quanto Paolo affermerà in Rm 1 5,25-27, mentre è posta in discussione in 2Cor 1 2, 1 8, è lecito sostenere che le raccomandazioni di 2Cor 8-9 siano successive al periodo burrascoso delle rela­ zioni tra Paolo e i Corinzi. 4) L'esito positivo della visita di Tito in Acaia, citata in 2Cor 7,5- 1 6, contrasta con il tenore negativo che pervade la seconda apologia di 2Cor 1 0- 1 3 , per cui sembra più logico il passaggio da un'apologia più consistente ad una meno aggressiva, o da una lettera polemica ad una riconciliante e non il contrario.

27 A. Hausrath, Der-Vier-Capitel-Briefdes Paulus an die KDrinther, Heidelberg 1 870, 4-28. L'ipotesi

di Hausrath è condivisa, con ulteriori precisazioni ed approfondimenti, soprattutto da J.H. Ken­ nedy, 11ze Second and 11zird Epistles of St. Paul to the Corinthians, London 1 900; L. Aejmelaeus, Streit und Versohnung. Das Problem der Zusammensetzung des 2. Korintherbrief, SES 46, Helsinki 1 987, 98- 1 04; Id . , Schwachheit als Waffe. Die Argumentation des Paulus im Trtinenbrief (2. KDr. 10-13), SES 78, Gottingen 2000, 1 1 -46; G. Dautzenberg, "Der zweite Korintherbrief als Brief­ sammlung. Zur Frage der literarischen Einheidichkeit und des theologischen Gefuges von 2 Kor 1 -Bw, in W. Haase (ed.), ANRW 11125.4, Berlin-New York 1 987, 3053-3055; S.M. Gilmour, "Corin­ thians, Second Letter to the", in G.A. Buttrick (ed.), The lnterpreter's Dictionary ofthe Bible, New York-Nashville 1 962, I, 695; D.G. Horrell, 11ze Social Ethos of the Corinthian Correspondence: Inte­ rests and ldeology from l Corinthians to l Clement, Edinburgh 1 996, 296-3 12; F. Lindgàrd, Paul's Line of 11zought in 2 Corinthians 4:1 6--5:10, WUNT 2 . 1 89, Tiibingen 2005, 58; R. Penna, "La pre­ senza degli awersari di Paolo in 2Cor 1 0-13: esame letterario", in L'apostolo Paolo. Studi di esegesi e teologia , Cinisello Balsamo 1 99 1 , 299; A. Plummer, A Criticai and Exegetical Commentary on the Second Epistle of St Pau[ to the Corinthians, Edinburgh 1 9 1 5, xxvii-xxxvi; P. Rolland, "La structure littéraire de la Deuxième Épitre aux Corinthiens", in Bib 7 1 ( 1 990) 73-84; D.D. Walker, Paul's Offer ofLeniency (2 Cor 10:1). Populist Ideology and Rhetoric in a Pauline Letter Fragment, WUNT 2. 1 52, Tiibingen 2002, l; F. Watson, "2Cor X-Xlll and Paul's Painful Letter to the Corinthians", in JTS 35 ( 1 984) 324-346; L.L. Welborn, Politics and Rhetoric in the Corinthians Epistles, Macon (GE) 1 997, 84-94; H.-D. Wendland, Le Lettere ai Corinti, NT 7, Brescia 1 976, 2 1 -22. 28 Cf. lo schema delle corrispondenze semantiche proposto da Plummer, Second Corinthians, xxx­ xxxvi .

I. Integrità o redaz.ionalità delta 2Conm.i?

/21

2.2. Dalla lettera della riconciliazione (2Cor 1-9) a quella polemica (2Cor 10-13) Le

argomentazioni addotte da coloro che propongono un'inversione storica fra le due principali sezioni della 2Corinzi non convincono gli studiosi che, pur restan­ do nell'ambito delle due lettere, preferiscono rispettare la sequenza che procede dalla lettera della riconciliazione a quella polemica. A ben vedere dal punto di vi­ sta cronologico, l'ipotesi delle due lettere poste in continuità redazionale è prece­ dente a quella di A. Hausrath e fu proposta la prima volta da J.S. Semler, nel 1 77629, anche se nei secoli XIX-XX si è maggiormente imposta all'attenzione quella di Hausrath30. A causa dello slittamento cronologico che tale ipotesi deter­ mina nella corrispondenza di Paolo con i Corinzi, giacché la sezione di 2Cor 1 0- 1 3 è considerata successiva e non previa a quella di 2Cor 1-9, la analizziamo in seconda battuta rispetto alla precedente.

l) Tra la sezione di 2Cor 1-9 e quella di 2Cor 1 0- 1 3 si assiste ad un brusco cam­ biamento di tono: più conciliatorio quello della prima sezione, più polemico quel­ lo della seconda 31 • La motivazione è la stessa apportata da coloro che sostengono l'ipotesi precedente, ma attraverso un tragitto storico inverso. 2) L'accenno alla gestione della colletta in 2Cor 1 2 , 1 8, dove Paolo chiede con una domanda retorica se Tito li avesse defraudati, dimostra che il progetto delineato in 2Cor 8, 1 6-24 e in 2Cor 9,3-5, è già stato posto in atto oppure sembra, comun­ que, in fase avanzata 32• 3) Per quale motivazione il redattore finale della 2Corinzi canonica non soltanto avrebbe operato una composizione di due lettere precedenti, ma sarebbe incorso nell'errore madornale di non rispettare l'evoluzione cronologica delle due lette­ re33? 2.3. La sezione e/o i biglietti suUa colletta L'ipotesi generale sulla natura composita della 2Corinzi, sostenuta dalle due pre­ cedenti posizioni, ha aperto il varco ad ulteriori proposte che coinvolgono, in pri­ ma istanza, i capitoli dedicati alla colletta (cf. 2Cor 8, 1 -24; 9, 1-1 5). Cosl alle due principali lettere apologetiche si aggiunge la sezione di 2Cor 8-9 o i due biglietti autonomi sullo stesso argomento della colletta (2Cor 8 , 1 -24; 2Cor 9,1-1 5), dispo­ sti e relazionati, in modi diversi, ai restanti capitoli. In forma schematica, il nuo­ vo versante di compilazione vede il seguente prospetto: (a) La lettera autonoma sulla colletta (2Cor 8,1-9,15) 34; 29 J.S. Semler Paraphrasis II. Epistulae ad Corinthos. Accessit Latina Vetus tmnsliltio et lectionum varietas. Halae Magdeburgicae 1 776. 3° Fra coloro che propongono due lettere autonome ma rispettose della sequenza canonica ripor­ tata nella 2Corinzi cf. C.K. Barrett, A Commentary on the Second Epistle to the Corinthians, New York-London 197 3, 2 1 -36; B. Corsani, La seconda lettera ai Corinzi. Guida alla lettura, Torino 2000, 1 33- 1 34; D.A. deSilva, "Measuring Penultimate against Ultimate Reality: An Investigation of the Integrity and Argumentation of 2 Corinthians"", ìn JSNT 52 ( 1 993) 4 1 -70; V.P. Furnish, II Corint­ hians. AB 32A, New York 1 984, 44-48; R.P. M artin, 2 Corinthians, WBC 40, Waco 1986, xlvi; J. Murphy-O'Connor, Vita di Paolo , Brescia 2003, 288; M. Thrall , A Criticai and Exegetical Commen­ tary on the Second Epistle to the Corinthians, ICC, Edinburgh 1994, 48; H. Windisch, Der zweite Ko­ rintherbrief, Gottingen 1924, ll-2 1 . 3 1 M artin , 2 Corinthians, xliv-xlv, xlviii; Thrall, Second Corinthians, 19. 3 2 Fumish, II Corinthians, 38-39; Martin, 2 Corinthians, xlvi; Thrall, Second Corinthians, 19. 33 In modo persino offensivo Barrett, Second Corinthians, 23 scrive: "Such stupidity in a responsi­ ble editor is hard to credit". 34 J.A. Crafton, The Agency of the Apostle. A Dramatistic Analysis of Paul's Responses to Conflict in 2 Corinthians, JSNT SS 5 1 , Sheffield 1 99 1 , 5 1 ; G.A. Kennedy, New Testament Interpretation through Rhetorical Criticism. Studies in Religion, Chapel Hill-London, 9 1 -92:

22 / Introduzitme (b) 1• biglietto sulla colletta (2Cor 8,1-24) e 2• biglietto sulla colletta (2Cor 9,1-15)35; (c) precedenza cronologica del secondo biglietto (2Cor 9) rispetto al primo (2 Cor

8)3�

.

(d) lettera A (2Cor 1,1-8,24); lettera B (2 Cor 9,1-15); lettera C (2Cor 10, 1-13, 1 3) 37•

Dallo schema riportato risaltano diverse ipotesi di lavoro che tendono a identifi­ care la presenza di tre o di quattro lettere, confluite nella 2Corinzi canonica, in di­ pendenza della natura di 2Cor 8-9: se quest'ultima rappresenti la cucitura di due biglietti indipendenti, inviati in tempi diversi a Corinto e alle comunità dell'Acaia; e se il biglietto di 2Cor 9 sia successivo o precedente a quello di 2Cor 8. Le motiva­ zioni principali, addotte a sostegno di un'ulteriore partizione della lettera, sono le seguenti: (a) A prima vista, sembra che Paolo introduca con la formula peri men gar tes dia­ konias, in 2Cor 9, 1 , un'esortazione alla colletta (vv. 2b- 1 6) che figura come dop­ pione rispetto a 2Cor 8 , 1 -24. (b) Mentre il primo biglietto sulla colletta è indirizzato alla comunità di Corinto, il secondo sembra destinato a tutte le comunità dell'Acaia: in tal caso si trattereb­ be di due lettere amministrative autonome. (c) Alla diversa destinazione corrisponde la differenza sul modello ecclesiale, scel­ to da Paolo, per l'esortazione alla colletta: in 2Cor 8 sono i Macedoni ad essere presentati come modelli per gli Achei; in 2Cor 9 sono questi ultimi a rappresenta­ re l'esempio positivo per i Macedoni. Poiché i due biglietti sono, comunque, indi­ rizzati ai Corinzi, per alcuni degli autori citati tale cambiamento si spiega inver­ tendo l'ordine cronologico: Paolo avrebbe dettato prima il biglietto di 2Cor 9 e in seguito quello di 2Cor 8. Dall'analisi dei capitoli dedicati alla colletta, risalta prima di tutto che, fra quanti sostengono la natura composita della lettera, pochi studiosi considerano la sezio­ ne di 2Cor 8-9 come unitaria lettera a sé stante; per alcuni si tratta di due biglietti autonomi o di due sezioni diversamente relazionate ai capitoli precedenti. In que­ st'ultimo caso assume maggior credito la posizione di coloro che evidenziano le relazioni tra 2Cor 1-7 e 2Cor 8, limitandosi a considerare soltanto 2Cor 9 come biglietto autonomo sulla colletta. La convergenza tra l'ipotesi presentata nel para­ grafo precedente e quelle sulla colletta, permette d'ipotizzare nella redazione fi­ nale della 2Corinzi canonica un minimo di tre e un massimo di cinque lettere au­ tonome. 2.4. Come un "anello spezzato": l'inserzione di 2Cor 2, 14-7,4 La teoria della partizione originaria della 2Corinzi non si limita alla seconda apo­ logia e alla sezione sulla colletta, ma coinvolge la prima parte della lettera: così la prima apologia di 2Cor 2, 1 4-7,4 è ritenuta, da alcuni, come un cuneo che inter35 Cf. in particolare H.D. Betz, 2 Corinthians 8 and 9: A Cornmentary on Two Adrninistrative Letters of the Apostle Paul, Philadelphia 1 985, 35-36 che, attraverso l'analisi retorica, ritiene di poter con­ validare l'ipotesi dei due biglietti autonomi, proposta già da Semler, ad Corinthios, nel 1 776; e da D. Georgi, Rernernbering the Poor: The History of Paul's Collection for Jerusalern, Nashville 1 992, 75-79. Cf. inoltre J. SAnchez Bosch, Scritti paolini, Brescia 200 1 , 1 89. 36 R. Bultmann, Der zweite Brief an die Korinther, KEK, Gottingen 1976, 23; W. Schmithals, uzur Abfassung und li.ltesten Sammlung der paulinischen Hauptbriefe", in ZNW 51 ( 1 960) 230. 37 Thrall, Second Corinthians, 42; inoltre M. Quesnel, "Circonstances de composition de la secon­ de épitre aux Corinthiens", in NTS 43 ( 1997) 256-267. Una variante del modello è quella proposta da Bultmann, Der zweite Brief, 23 che collega 2Cor 8 a 2Cor 1-7, formando la lettera D, mentre 2Cor 9 sarebbe da unire a 2Cor l 0- 1 3 per costituire la lettera C.

I. Integrità o mlazionalità della 2Corinzi 'J !23

rompe bruscamente la sequenza narrativa di 2Cor 2,13; 7,5 per essere inserita successivamente nella redazione finale della lettera. L'ipotesi, proposta da A. Hai­ mel e da J.Weiss38, trova sostenitori sino ai nostri giorni39, per le seguenti ragioni: 1 ) L'asserzione narrativa di 2Cor 2 , 1 3 è ripresa quasi alla lettera in 2Co 7,5 e per­ mette di ipotizzare un'origine diversa della sezione intermedia di 2Cor 2 , 1 4-7 ,4. 2) La formula di ringraziamento in 2Cor 2 . 1 4 tradisce la presenza di un'introdu­ zione autonoma diversa da quella precedente di 2Cor 1 , 1-2 , 1 3 che è stata intro­ dotta dalla benedizione di 2Cor 1 ,3- 1 1 . 3 ) L'apologia di 2Cor 2 , 1 4-7,4 non è relazionata alle sezioni in cui si trova inserita né rappresenta una semplice digressione o un excursus, bensl risulta parte di una lettera autonoma che rompe, come un "anello spezzato"40, l'andamento narrativo di 2Cor 1 , 1 5-2, 1 3 e di 2Cor 7,5-1 6. Di fatto, se si congiungono le parti segnalate, l'intreccio narrativo riprende il proprio corso naturale. 4) Quanto al genere, la connotazione dimostrativa di 2Cor 2, 14-7.4 si differenzia da quella narrativa dei paragrafi in cui è inserita41 • Per le motivazioni esposte sembra realmente che l a sezione di 2Cor 2,14-7.4 pre­ senti le caratteristiche di un nucleo esterno inserito peraltro, con una certa vio­ lenza, nella narrazione di 2Cor 2,13; 7,5. La questione però riguarda la natura stessa della sezione: l'interruzione del racconto di viaggio abilita a considerare la prima apologia come parte di una lettera autonoma, oppure è Paolo stesso che in­ terrompe, di propria iniziativa, la narrazione per apportare le prove a sostegno del suo apostolato? Riprenderemo la questione nelle valutazioni conclusive delle ipotesi proposte. 2.5. Unframmentopost-paolino (2Cor6,14-7,1)?

Un'ulteriore frammentazione della 2Corinzi riguarda il paragrafo di 2Cor 6,14-7, 1 che diversi studiosi considerano pre- o post-paolino e non soltanto di re­ dazione diversa rispetto alla sezione di 2Cor 2, 14-7.4 42 • A sostegno dell'ipotesi extra-paolina della pericope si fanno valere le seguenti valutazioni che riprende­ remo in dettaglio nel nostro commento: 1 ) L'intenso tenore affettivo tra Paolo e i destinatari di 2 Cor 6, 1 1 - 1 3 è ripreso in 2Cor 7 ,2, mentre risulta bruscamente interrotto dal paragrafo intermedio di 2Cor 6, 1 4-7, 1 . 2) Il vocabolario di 2Cor 6 , 1 4-7, 1 suona estraneo al linguaggio di Paolo, come di­ mostrano i diversi hapax legomena del brano. 3) ll sistema di pensiero non sembra quello che si riscontra generalmente nelle grandi lettere di Paolo: si pensi all'incompatibilità tra credenti e non credenti. A. Halmel, Der zweite Kmintherbriefdes Apostels Paulus. Geschichte und literarkritische Untersu­ chungen, Halle 1904; J. Weiss, Earliest Christianity. A History ofthe Period A.D. 30-150, New York 1 9592 (orig. ted. 1 9 1 7), I, 345-353. 39 J.-F. Collange, Énigmes de la deuxième épitre de Pau[ aux Corinthiens: Étude exégètique de 2 Cor 2.14-7.4, SNTS MS 18, Cambridge 1 972, 6- 15; K.T. Kleinknecht, Der leidende Gerechtfertigte. Die alttestamentlich-iadische Tradition vom ,leidenden Gerechten' und ihre Rezeption bei Paulus, WUNT 2 . 1 3, Tubingen 1 984, 242-304; J.I.H. McDonald, "Pau) and the Preaching Ministry: A Reconsidera­ tion of 2Cor. 2:14- 1 7 in Its Context", in JSNT 1 7 ( 1 983) 35-50; L.L. Welbom, "Like Broken Pieces of a Ring: 2 Cor 1 . 1-2. 1 3; 7.5--6 and Ancient Theories of Literary Unity", in NTS 42 ( 1 996) 550-583; Windisch, Der zweite Korintherbrief, 19. 40 Weiss, Primitive Christianity, I, 349; condiviso da Welbom, "Like Broken Pieces", 577.583. 41 Welbom, "Like Broken Pieces", 569. 42 Per le diverse ipotesi sull'origine e la redazione di 2Cor 6, 1 1-7,4 rimandiamo all 'excursus posto alla fine dell'analisi del paragrafo. 38

24/Introduzione

La questione sulla natura e la funzione di lCor 6, 1�7, 1 è diversa da quella sull'in­ tegrità e la frammentazione della lettera, anche se la pericope pone un ulteriore interrogativo sulla tenuta redazionale della 2Corinzi, poiché molti studiosi la con­ siderano pre- post- ed anti-paolina, mentre per tutte le ipotesi delineate in prece­ denza non si abbandona mai l'alveo dell'origine paolina dei capitoli citati. In altri termini, se per le sezioni della lettera si ipotizzano redazioni diverse, ma sempre di origine paolina, in quanto indirizzate in tempi differenti all a stessa comunità di Corinto e/o a quelle dell'Acaia, per 2Cor 6, 1 4-7, 1 subentra l'interrogativo sulla sua autenticità che dovremo affrontare nell'esegesi dettagliata del paragrafo. 2.6. Frammenti diversi in una sola lettera

n tracciato delineato permette ad alcuni d'ipotizzare la cucitura di diverse lettere autonome, ricomposte successivamente nella 2Corinzi canonica. Da questo ver­ sante sono significativi e influenti i contributi di G. Bomkamm e di W. Schmi­ thals che riprendiamo brevemente43: G. Bornkamm 44

w. Schmithals45

Lettera A o di difesa: 2 , 1 4-6 , 1 3 ; 7,2-4; Lettera B o delle lacrime: 10,1-13, 1 0; Lettera C o di riconciliazione: 1 , 1-2, 1 3 ; 7,5- 1 6; Lettera D o la I sulla colletta: 8 , 1 -24; Lettera E o l� Il sulla colletta: 9, 1 - 1 5.

Lettera A: 2 , 1 4-3, 1 8; 4, 1 6--6 , 2; Lettera B o delle lacrime: 1 0, 1- 1 3 , 1 3; Lettera C o sulla colletta: 8 , 1 -24a; Lettera D o della gioia: 1 , 1-2, 1 3; 7,5-7.4b.8-16; 9, 1 - 1 5; Ulteriori frammenti: 4,2-14; 6,3- 1 3 ; 6, 1 4-7, 1 ; 7,2-4a.

Dallo schema riportato si può ben rilevare come, da una parte, si perviene ad una frammentazione diversificata della lettera, con alcuni paragrafi ricondotti alla ! Corinzi (come per il caso di lCor 6, 14-7,1 che Schmithals collega a l Cor 6, 1 - 1 1 ), e dall'altra che gli stessi autori non concordano sull'identificazione dei frammenti e tanto meno sulle loro origini. Ad esempio, pur condividendo la composizione di 5 lettere autonome, proposta da Bornkamm, alcuni ritengono che la sezione di lCor l 0- 1 3 non corrisponda alla lettera delle lacrime ma che rappresenti piuttosto la seconda apologia e quindi l'ultima lettera di Paolo46 ai Corinzi.

43 Sulla frammentazione della 2Corinzi, con ulteriori ipotesi diversificate fra loro, cf. E.-M.

Becker, Letter Hermeneutics in 2 Corinthians. Studies in Literarkritik and Communication Theory, New York 2004, 66 con lo schema di cinque lettere autonome; J. Becker, Paolo l'apostolo dei popo­ li, Brescia 1996, 2 1 9; M.M. Mitchell, "Paul's Letters to Corinth: The Interpretive Intertwining of Literary and Historical Reconstruction", in D.N. Schowalter-S.J. Friesen (ed.), Urban Religion in Roman Corinth: Interdisciplinary Approaches, Cambridge (MA) 2005, 324-335; A. Sacchi, "Alla Chiesa di Corinto", in A. Sacchi (cur.), Lettere paoline e altre lettere, Logos 6, Leumann 1996, 1 25- 1 26; N.H. Taylor, "The Composition and Chronology of Second Corinthians", in JSNT 44 ( 1991) 7 1 , con lo schema riassuntivo di cinque lettere diverse da quelle proposte da altri studiosi; e il commentario di F. Zeilinger, Krieg und Frielk in Korinth. Kommentar zum 2. Korintherbri.efdes Apostels Paulus. Der Kampfbri.ef, der Versohnungsbrief, der Bettelbritif, I, Wien-Koln-Wiemar 1 992; Die Apologie, Il, Wien-Koln-Wiemar 1997. 44 G. Bomkamm, "The History of the Origin of the So-Called Second Letter to the Corinthians0, in NTS 8 ( 1 962) 258-264. 45 W. Schmithals, "Die Korintherbrief als Briefsammlung", in ZNW 64 ( 1 973) 263-288. 46 Becker, Letter Hermeneutics, 67; Sacchi, "Corinto", 1 26.

l. Integritll o redazionalità della 2Corinzi?

/25

3. Valutazione delle ipotesi e proposta di redazione

Abbiamo analizzato, per grandi linee, le principali ipotesi sulla natura della 2Co­ rinzi: un analogo tracciato, nella storia dell'interpretazione dell'epistolario paoli­ na, si verifica soltanto per la Lettera ai Filippesi. Nel nostro caso, l'ipotesi che ri­ scontra maggiori consensi sembra quella che distingue due lettere autonome, a prescindere dalla loro sequenza cronologica47: quella di 2Cor 1 , 1-9, 1 5 e quella di 2Cor 10, 1- 1 3, 1 3; e in questa linea si pone la nostra interpretazione che cerchere­ mo di sostenere dopo aver valutato le ipotesi alternative.

l) Contro le proposte di G. Bomkamm e di W. Schmithals, soggette a continue variazioni, sino ai nostri giorni, è bene rilevare che si rischia di ridurre la 2Corin­ zi ad una frantumazione che non si è poi in grado di ricostruire in modo convin­ cente. Di fatto non risultano soltanto arbitrarie le frammentazioni ma anche le ipotesi relative alla loro origine, con la conseguenza che le diverse lettere ipotiz­ zate sembrano ricostruite in modo artificiale o in vitro . In realtà la frammenta­ zione della 2Corinzi appartiene all'esasperazione del metodo storico-critico, dove il livello letterario o sincronico è del tutto ignorato se non deprezzato. 2) Per inverso, contro quanti difendono l'integrità della lettera, invocando prima di tutto l'apporto della critica testuale esterna, è importante ricordare che i codi­ ci e i testimoni della lettera appartengono al II-V secolo d.C. 48• Non dimentichia­ mo che fra l'invio della corrispondenza di Paolo con i Corinzi e la loro trasmis­ sione testuale, per manoscritti, si verifica un gap di almeno un secolo, e che la prima attestazione esplicita sulla 2Corinzi si trova nel canone di Marcione (in­ tomo alla prima metà del II sec. d.C.). 3) A soste�o dell'integrità della lettera, autori come G. Segalla, F. Manzi ed U. Schmidt invocano l'unità del vocabolario. Riteniamo che mentre, da un lato, non si può negare che il linguaggio segnalato sopra sia presente nell'intera lettera, dall'altra assume traiettorie diverse in 2Cor 1-9 rispetto a 2Cor 10-13. Su questa diversità nel percorso figurativo della semantica che attraversa la 2Corinzi ci sof­ fermeremo nell'analisi dettagliata del commento; in termini esemplificativi, fer­ miamoci sulle traiettorie delle principali tipologie: il "vanto", la "raccomandazio­ ne" e la "fede". Se il linguaggio del kauchasthai percorre la 2Corinzi canonica, nello stesso tem­ po, è bene riconoscere che mentre nella prima macra-sezione assume valore po­ sitivo, quale elemento distintivo sulle relazioni tra Paolo e i destinatari (cf. 2Cor 1 , 14; 5,12; 7,4; 9,3), nella seconda parte si connota di prospettiva negativa e iro­ nica, giacché egli si vede costretto a vantarsi "secondo la carne" di fronte ai Co­ rinzi e ai suoi avversari (cf. 2Cor 10,8; 1 1 , 1 0. 1 2 . 1 6. 1 8; 12,1 )49• In modo analogo, mentre nella prima apologia egli non avverte la necessità di raccomandarsi ai Corinzi - tranne poi a raccomandarsi per offrire a loro stessi un'arma per difen­ derlo di fronte ai suoi avversari (cf. 2Cor 3 , 1 ; 4,2; 5, 1 2; 6,4) - nella seconda apolo­ gia si vede nuovamente costretto ad auto-raccomandarsi perché gli stessi desti­ natari della lettera si sono rifiutati di sostenerlo, di fronte alle accuse corrosive dei suoi oppositori (cf. 2Cor 1 2 , 1 1). Una traiettoria non soltanto diversa ma con­ trastante è assunta dal linguaggio della "fede" nel corso della lettera: come si spiega il riconoscimento della maturazione nella pistis dei destinatari (cf. 2Cor 1 ,24) con l'aggressiva richiesta di valutarsi attentamente se essi "sono nella fede" (cf. 2Cor 1 3,5)? E se partiamo dal livello semantico della seconda apologia, è 47 Cosl nel suo bilancio G. Barbaglio, lA teologia di Paolo. Abbozzi in forma epistolare, Bologna

1 999, 2 1 7.

48 La debolezza della prova è riconosciuta anche da autori come Harris, Second Corinthians,

4 1 -42 che difendono, comunque, l'integrità della lettera. 49 Martin, 2 Corinthians, xiv; e più recentemente Becker, Letter Hermeneutics, 4.

26 l lntroduzione

bene precisare che il vocabolario sulla debolezza (astheneia) vi è largamente utilizzato, mentre è del tutto ignorato nella prima apologia 5°. Dobbiamo riconoscere che il criterio linguistico, addotto spesso a favore dell'in­ tegrità della 2Corinzi, non è del tutto affidabile; anzi, in alcuni casi determinanti, come quelli segnalati, attesta una modalità diversa e contrastante di essere utiliz­ zato. D'altro canto, in questione non è l'autenticità di una parte della lettera sulla quale, fatta eccezione per il paragrafo di 2Cor 6, 1 4-7,4, si è generalmente con­ cordi, bensì soltanto l'integrità originaria della 2Corinzi canonica. 4) L'osservazione espressa per il vocabolario s'impone per lo stile che percorre le due parti principali della lettera: è conciso, tortuoso e ricco di paradossi, metafo­ re e antitesi. Tuttavia, sarà poi casuale che la parodia, l'ironia e l'autoironia che abbondano nella seconda apologia risultino, di fatto, carenti nella prima parte di 2Cor 1 -951 ? 5) Per quanto riguarda i generi argomentativi che accomunano le singole sezio­ ni, si è generalmente concordi nel ritenere che Paolo ricorra all'apologia in 2Cor 2 , 1 4-7,4 e in 2Cor 10,1-1 3 , 1 0. Nello stesso tempo, però si dovrebbe riconoscere che la seconda apologia assume spesso i connotati di una polemica mordace che egli riversa non soltanto nei confronti degli awersari ma anche verso i Corinzi: un ulteriore tratto che risulta carente nella prima apologia. D'altro canto i paragrafi autobiografici di 2Cor 1-9 sono molto più ridotti di quelli presenti in 2Cor 1 0-- 1 3 , come dimostra la rilevante sproporzione tra l'uso dell'io e del noi nel confronto fra le due macrosezioni della lettera: "

Noi

Io

2Cor 1-9: 2Cor 1 0- 1 3 :

"

8 1 volte = 26% 1 47 volte = 74%

225 volte = 74% 5 1 volte = 26%

Tale sproporzione, posta in risalto da E.R. Richards52, sulla base del contributo di M. Carrez53, non può tuttavia essere attribuita all'autografia di Paolo in 2Cor 1 0-13 rispetto alla collaborazione epistolare del suo segretario, poiché la sezione della seconda apologia è molto più ampia di un normale post-scriptum epistola­ re, in cui sarebbe Paolo stesso ad intervenire, di propria mano, nella conclusione di una sua lettera (si confrontino i postscritti di Gal 6, 1 1 - 1 8 e di Rm 1 5 , 1 4-1 6,27) 54• 6) A prima vista, la 2Corinzi canonica rispetta il canovaccio epistolare che Paolo utilizza nelle sue lettere; ma tra la prima parte del corpus epistolare (cf. 2Cor 1 , 1-7, 1 6) e la seconda (cf. 2Cor 10,1-1 3 , 1 0) è posta la sezione dei due capitoli de­ dicati alla colletta per i poveri di Gerusalemme (cf. 2Cor 8,1 -24; 9, 1 - 1 5). Ora in genere, egli tratta le questioni economiche verso la conclusione delle sue lettere (cf. Rm 1 5 , 1 4-33; Fil 4, 1 0-20) e non nel mezzo, per poi ricominciare con un'apo5° Cf. l'uso di astheneia

in 2Cor 1 1 ,30; 1 2,5.9.9. 10; 1 3,4; asthenein in 2Cor 1 1 ,21 .29.29; 1 2 , 1 0, 1 3,3.4.9; e di asthenes in 2Cor 1 0 , 1 0. 51 Con buona pace di McCant, 2 Corinthians, 1 5- 1 6 che interpreta tutta la 2Corinzi secondo la ca­ tegoria della parodia apologetica, citando di fatto soltanto asserzioni ricavate dalla sezione di 2Cor l 0-13; non è che una forzatura costringere anche la sezione di 2Cor 1-9 nell'imbuto della pa­ rodia. 52 E.R. Richards, The Secretary in the I.etters o(Paul, WUNT 2.42, Tubingen 1 99 1 , 157; ripreso da J. Murphy-O'Connor, Paul et l'art épistolaire. Contexte et structure littéraires, Paris 1 994, 49. 53 M. Carrez, "Le 'nous' en 2 Corinthiens", in NTS 26 ( 1 980) 475. 54 Con buona pace di Richards, Secretary, 1 56. Un'analoga sproporzione vale per l'uso dei verbi nelle due sezioni: in 2Cor 1-9 la I plurale è utilizzata 73 volte rispetto alle 55 della I singolare, mentre la I singolare è usata 2 1 volte in 2Cor 1-9 rispetto alle 91 di 2Cor 1 0- 1 3 . Cf. le statistiche interne della 2Corinzi canonica e rispetto all'epistolario paolino delineate da R.L. Mowery, "Ego­ centricity in the Pauline Corpus", in ETL 77 (200 l) 1 63- 1 68.

I. Integritli o redazionalitli della 2Corinzi? / 27

logia cosi violenta, come la seconda, che rischia di porre in discussione proprio la sua pressante esortazione a favore della colletta 55• 7) Le modalità sulla produzione epistolare nel I sec. d.C. dimostrano, con ottime attestazioni, che una lettera non è scritta di getto ma richiede un lungo periodo di maturazione, fatto di pause intermedie e di riprese successive. Tuttavia, resta la fondamentale obiezione che Paolo non avrebbe mai inviato le due apologie nella stessa lettera, poiché in tal caso l'insorgere delle notizie infauste, recategli da Tito, l'avrebbe indotto quanto meno a distruggere la prima parte della lette­ ra56. Come si può prima riconoscere la totale obbedienza e fiducia nei destinatari (cf. 2Cor 7,5-1 6), per poi rimproverarli per la carenza di obbedienza (cf. 2Cor 1 0,6), se la questione principale riguarda, comunque, la relazione tra la comuni­ tà e Paolo? 8) L'analisi retorico-letteraria rappresenta una reale svolta negli studi dell'episto­ lario paolina e del NT in generale, ma abbiamo più volte sostenuto che senza una previa e serrata analisi storico-critica, sembra un castello di carta, peraltro impo­ sto dall'esterno agli scritti del NT. Così l'assunto che la sezione di 2Cor 1 0- 1 3 co­ stituisca la peroratio conclusiva della 2Corinzi, rappresenta un insostenibile a priori, sia perché la causa principale, difesa nella seconda apologia (cf. 2Cor 1 0, 1 0), è diversa da quella sviluppata nella prima (cf. 2Cor 2 , 1 4- 1 7), sia perché non tutta la seconda apologia può essere valutata come perorazione retorica. Non dimentichiamo che in quest'ultima si trova il cosiddetto "discorso del paz­ zo" o "immoderato" (cf. 2Cor 1 1 , 1 - 1 2, 1 8), che apporta alcune prove nuove e de­ cisive a difesa dell'apostolato di Paolo. n modello retorico della manualistica classica è di grande aiuto per la composi­ zione della 2Corinzi, come dell'intero epistolario paolino, ma non può essere im­ posto come una camicia di forza né può essere utilizzato in modo arbitrario dai diversi studiosi. Soltanto in seguito all'analisi storico-critica è possibile valutare lo spessore retorico fondamentale delle lettere di Paolo che, con grande libertà, segue un proprio modo di argomentare per persuadere i destinatari 57• 9) Anche l'uso delle prove tecniche dell'ethos, del pathos e del logos sembra utile per valutare il reale spesso retorico della 2Corinzi. Tuttavia, la questione non ver­ te sulla loro presenza bensì sulla loro proporzione e funzione nel corso della let­ tera. Di fatto, mentre il logos contenutistico risulta ricco e denso nella prima apo­ logia, è di gran lunga meno rilevante nella seconda apologia, dove risalta l'alter­ narsi tra l'ethos di Paolo e il pathos dei destinatari. E mentre nella prima macra­ sezione di 2Cor 1-9 l'ethos paolina si coniuga con quello dei suoi collaboratori, nella seconda sezione di 2Cor 1 0-13 l'attenzione si concentra sull'ethos autobio­ grafico, ponendo da parte quello che coinvolge i suoi collaboratori. 1 0) Per quanto riguarda le proposte di strutture unitarie della 2Corinzi, di primo acchito sembrano ordinate e ben costruite, ma forse sono troppo lineari per ap­ partenere allo stile conciso e tortuoso di Paolo! Non dovremmo dimenticare che la struttura argomentativa delle lettere paoline è molto distante da quella ordina­ ta e simmetrica, ad esempio, dell'autore della Lettera agli Ebrei. Tuttavia, l'obie­ zione principale sulla loro validità riguarda la criteriologia arbitraria sulla scelta dei termini, per creare alcune strutture circolari e chiastiche. Di fatto, vedremo come la sezione sulla esortazione alla colletta non rappresenta la parte "b" delle due apologie, collocate in posizione di a-a', ma è semplicemente preparata dal­ l'ultimo paragrafo della prima apologia (cf. 2Cor 7,5- 1 6), per essere posta, an55 Giustamente Becker, Paolo l'apostolo, 2 1 4-2 15; Furnish, II Corinthians, 32; Horrell, Corinthian Correspondence, 298. 56 Martin, 2 Corinthians, xlvi; e Murphy-O'Connor, Vita di Paolo, 286. 57 Con buona pace di Amador, "Revisiting 2 Corinthians", 94 che, nella sua analisi retorica della lettera, ritiene di poter prescindere dal metodo storico-critico; e di Segalla, "Coerenza linguistica", I SO che, per sostenere l'integrità della 2Corinzi, asserisce l'opportWlità di abbandonare il metodo storico-critico per adottare quello linguistico-strutturale.

28 ! Introduzione

ch'essa, in discussione nelle ultime battute della seconda apologia (cf. 2Cor 1 2 , 1 7- 1 8). D'altro canto, la materia e la forma della seconda apologia differisce totalmente da quella della prima difesa. 1 1 ) L'unico dato sul quale condividiamo la prospettiva di coloro che difendono l'integrità della lettera riguarda la tematica dell'apostolato, affrontata da Paolo nella prima e nella seconda apologia; e tale assunto dovrebbe porre in guardia da una sua eccessiva frammentazione. Comunque, la continuità tematica non corri­ sponde, ipso facto, alla continuità epistolare. Anzi, le questioni specifiche sull'a­ postolato sono diverse nelle due sezioni principali della 2Corinzi: nella prima apologia riguardano la sincerità nell'apostolato e la strumentalizzazione per fini di dolo della parola di Dio (cf. 2Cor 2, 1 7 che riprende 2Cor 1 , 1 2- 1 4 e anticipa 2Cor 4,2), nella seconda apologia partono dall'accusa d'incoerenza tra la sua pre­ senza fisica e la sua assenza, che cerca di colmare per lettera (cf. 2Cor 10,2 . 1 0-1 1 ), per estendersi al suo modo di comportarsi "secondo la carne" (cf. 2Cor 1 0,3). 1 2) Affronteremo in dettaglio la questione degli avversari nel corso delle due apo­ logie; qui desideriamo porre l'attenzione sull'accusa di 2Cor 1 0, 1 0- 1 1 : è l'unico caso in cui Paolo lascia parlare direttamente i suoi avversari nel corso della lette­ ra. TI parallelo dell'accusa in Rm 3,8, anche se diverso, dimostra che la sua posta­ zione in 2Cor 1 0, 1 0-1 1 si verifica in una sezione tardiva della lettera, per poteme tutelare l'integrità, mentre è in una posizione pertinente con l'ipotesi delle due lettere autonome: come per il caso di Rm 3,8, la calunnia è riportata all'inizio della lettera di 2Cor l 0-13. 1 3) Comunque, dal versante storico-critico, l'integrità della 2Corinzi è posta in discussione principalmente dal coinvolgimento di Tito e del fratello nella gestio­ ne della colletta: mentre in 2Cor 8 , 1 6-24 Paolo sta organizzando la delegazione per l'Acaia, in 2Cor 1 2, 1 7- 1 8 egli può chiedere, attraverso alcune domande retori­ che, ai destinatari se alcuni (Tito e il fratello inviati da lui per la stessa gestione della colletta) li abbiano defraudati. Quanto è soltanto organizzato in 2Cor 8 ri­ sulta in fase di completamento in 2Cor 1 2 , 1 7- 1 8; e tale gap cronologico non può essere, in alcun modo, colmato da pause più o meno lunghe nel corso della com­ posizione di una stessa lettera. 1 4) Lo stesso gap epistolare offre un indizio decisivo sulla presunta identificazio­ ne di 2Cor 1 0-1 3 come parte della lettera delle lacrime, a cui si accenna in 2Cor 2,2-4 e in 2Cor 7,8- 1 2 . In occasione della lettera perduta, Paolo non ha ancora in­ viato Tito e la delegazione in Acaia, per cui le domande sull'onestà di Tito e del fratello di 2Cor 1 2, 1 7- 1 8 non possono essere inserite nella lettera delle lacrime. D'altro canto, in tutta la sezione di 2Cor 1 0-13 non si accenna minimamente al­ l'offensore di Paolo, di cui si parla in 2Cor 2,5- 1 1 ; 7, 1 2 58; e dato ancora più rile­ vante, mentre la lettera delle lacrime fu scritta per mettere alla prova se i Corinzi fossero obbedienti in tutto (cf. 2Cor 2 , 1 0), la seconda apologia è inviata perché la loro obbedienza è posta in discussione a causa dell'intervento corrosivo degli av­ versari di Paolo (cf. 2Cor 1 0,6) 59• Cosi da una parte l'obbedienza e l'innocenza dei destinatari si risolve positivamente con l'invio della lettera delle lacrime, per mano di Tito (cf. 2Cor 7, 1 1 -12), dall'altra la nuova crisi relazionale con Paolo ri­ chiede un suo intervento personale e diretto a Corinto (cf. 2Cor 1 2 , 1 4-13, 1 0). 1 5) Una volta stabilita l'autonomia epistolare di 2Cor 1-9 e di 2Cor 10- 1 3 , sem­ brano più facilmente confutabili le ulteriori ipotesi di frammentazione. Cosi la funzione di Tito, annunciata in 2Cor 8, 1 6-24 è stata ben preparata dall'ultimo pa­ ragrafo di 2Cor 7,5-16 (cf. v. 14): l'ottima accoglienza riservata al fedele collabora58

Quesnel, "La seconde épttre", 262.

59 Per questo non ha alcun fondamento sostenere, con Hall , "Unity of 2 Corinthians", 88 che la se­

zione di 2Cor l 0-13 sia rivolta soltanto agli avversari di Paolo; in realtà la seconda apologia coin­ volge gli stessi destinatari deUa lettera.

l. integritd o redat.ionttlità della 2Corinzi? / 29

tore, nel corso della visita che precede la sezione di 2Cor l-9, induce Paolo a ri­ porre la propria fiducia nei Corinzi (cf. 2Cor 7, 1 6) e ad organizzare la ripresa del­ la colletta. Per questo, il cosiddetto primo "biglietto" di 2Cor 8, 1-24 non può esse­ re separato dalla sezione di 2Cor 1 , 1 -7, 16: senza la parte precedente verrebbe a mancare del supporto necessario per l'esortazione di Paolo che, altrimenti, figura come una meteora. 1 6) A prima vista, la formula di apertura peri men gar in 2Cor 9, l offre un indi­ zio decisivo per la separazione epistolare tra 2Cor 8 e 2Cor 9; d'altro canto i due capitoli sulla colletta sembrano doppioni che trattano dello stesso argomento. Per questo, come abbiamo richiamato, alcuni ritengono che 2Cor 8 sia il biglietto in­ viato a Corinto, mentre quello di 2Cor 9 sia stato mandato alla provincia dell'A­ caia. In realtà, un'analisi dettagliata dei capitoli, dimostra che, prima di tutto, l'e­ sclusione di Corinto dali'Acaia non riscontra alcun fondamento (si noti il riferi­ mento all' Acaia in 2Cor 1 1 , 1 O comprensivo della città di Corinto) e che i due capi­ toli non sono affatto doppioni autonomi, bensl sono relazionati fra loro dall'anda­ mento argomentativo della sezione. Di fatto, la formula peri men gar... non riguarda soltanto una questione del tutto nuova bensì anche la stessa tematica, trattata tuttavia in una diversa prospetti­ va60. In pratica, sarà possibile riconoscere, dall'esegesi dei capitoli, che in 2Cor 8 Paolo affronta, prima di tutto, la questione sulla ripresa e sulla strategia della col­ letta a Corinto (cf. 2Cor 8,6), mentre in 2Cor 9 subentra la questione di qualità sulla natura della colletta: che sia una benedizione e non una forma di spilorceria (cf. 2Cor 9,5). D'altro canto, senza 2Cor 8, il riferimento ai "fratelli", inviati per la delegazione in 2Cor 9,3.5, compare ex abrupto, mentre assume consistenza sol­ tanto dopo le raccomandazioni a loro favore in 2Cor 8, 1 8-23 61 • In termini retorici e capovolgendo la normale sequenza delle prove, si passa da una quaestio finita (cf. 2Cor 8 j ad una infìnita (cf. 2Cor 9). Da questo punto di vista l'analisi retorico­ letteraria apporta un contributo decisivo a favore dell'unità di 2Cor 8-9 e, per mezzo di essa, a quella di 2Cor 1 -9 che, altrimenti, non può essere risolta se non attraverso l'ipotesi dei due biglietti amministrativi sulla colletta. 1 7) Riconosciamo che è seducente l'ipotesi dell'anello spezzato, peraltro in modo brusco, in 2Cor 2 , 1 3 e ricongiunto in 2Cor 7,5, ma l'inserzione di 2Cor 2 , 1 4-7,4 non necessariamente è dovuta ad una maldestra cucitura di un tessuto provenien­ te da una lettera diversa. Al contrario, il paragrafo di 2Cor 2 , 1 4- 1 7 riprende, con il motivo della sincerità, quello iniziale di 2Cor 1 , 1 2-1 462; e la stessa questione sulla sincerità di Paolo nei confronti della "parola di Dio", ripresa in 2Cor 4,1-663, è sta­ ta già introdotta nella narrazione di 2Cor 1 , 1 7-1 O, con la bella tipologia del "sì e del no". Piuttosto, riteniamo che sia Paolo stesso a interrompere, nel corso della lettera, l'anello della narrazione per addurre le prove a difesa del proprio ministe­ ro. Sulla soluzione di tale difficoltà è, ancora una volta, di grande aiuto l'apporto della retorica-letteraria: la propositio principalis di 2Cor 1 , 1 2- 1 4 è ripresa in quel­ la secondaria di 2Cor 2 , 1 6b- 1 7 per essere dimostrata prima dalla narratio di 2Cor 1 , 1 5-2, 1 3 e quindi dalla probatio di 2Cor 3 , 1 -7,4. Naturalmente tale sequenza re­ torica non corrisponde ad un modello di disposizione precostituito bensl al modo originale di Paolo, nel creare il concatenamento di due propositiones da dimostra­ re con una narrazione e mediante una serie di prove dal carattere apologetico. D'altro canto la ripresa della narrazione in 2Cor 7,5- 1 6 non crea alcuno squilibrio cronologico nella prima macro-sezione di 2Cor 1-9. ...

60 Cosl il puntuale connibuto di S.K. Stowers, "Peri men gar and the lntegrity of 2 Cor. 8 and 9", in NT 32 ( 1 990) 340-348. 61 Martin, 2 Corinthians, xliii. 62 Cf. l'uso di eilikrineia in 2Cor 1 , 1 2 e in 2Cor 2 , 1 7. 63 Cf. l'espressione "mercanteggiare la parola di Dio" in 2Cor 2 , 1 7 e quella sul comportamento di Paolo con "astuzia e frode verso la stessa parola di Dio" in 2Cor 4,2.

30 l Introduzione

18) L'integrità di 2Cor 1 , 1-7, 1 6 è confennata dai riferimenti allo Spirito: non è un caso che la metafora sulla "caparra dello Spirito" sia ripresa alla lettera nella nar­ razione (cf. 2Cor 1 ,22) e nella probatio (cf. 2Cor 5,5); e lo stesso Spirito svolge un ruolo decisivo in 2Cor 3 , 1 - 1 8, per essere, di fatto, ignorato in 2Cor 10,1-1 3 , 1 0, con l'eccezione della fugace sentenza di 2Cor 1 1 ,4 che d'altro canto non è dimostra­ ta64. 1 9) Un'ulteriore prova a sostegno delle due lettere, fatte confluire nella 2Corinzi, è offerta dall'uso della Scrittura: è diffusivo in 2Cor 2, 1 4-9, 1 6 con citazioni dirette, indirette ed allusioni, mentre è praticamente assente in 2Cor 10-13; soltanto in 2Cor l O, 1 7 è citato il passo di Ger 9,23 che, però, è già noto ai destinatari per la sua prima citazione in 1 Cor 1 ,3 1 . L'altra citazione di Dt 1 9, 1 5, in 2Cor 13, 1 , è uti­ lizzata da Paolo non per dimostrare l'apologia del proprio ministero ma soltanto per preparare la strategia disciplinare, in occasione della prossima visita a Corin­ to; e peraltro si trova dopo la seconda apologia vera e propria, nella sezione con­ clusiva della lettera riguardante l'apusia-parusia epistolare (cf. 2Cor 1 2, 1 9-13,1 3). L'unica allusione all'AT nella seconda apologia si riscontra in 2Cor 1 1 ,3 a proposito della seduzione compiuta dal serpente nei confronti di Eva: un'allusione di passaggio e utilizzata per stabilire un semplice paragone con la co­ munità di Corinto e non per essere spiegata. 20) I progetti futuri sulla visita di Paolo a Corinto confermano la nostra ipotesi sulla sequenza cronologica di 2Cor 1-9 e di 2Cor 1 0- 1 3. L'annuncio della visita per la fase finale della colletta, in 2Cor 9,4, dopo quella transitoria e preparatoria della delegazione capeggiata da Tito (cf. 2Cor 8, 1 6-24), non presenta alcuna trac­ cia punitiva, mentre quella prospettata in 2Cor 1 0,6; 1 2 , 1 4-1 3 , 1 0 assume i conno­ tati di un regolamento di conti, con risvolti giuridici più o meno consistenti65• 2 1 ) Per quanto riguarda la natura post- o pre-paolina di 2Cor 6,14-7, 1 , abbiamo già segnalato che la questione è leggermente diversa da quella relativa all'origine delle altre sezioni della lettera, anche se comunque incide sulla natura dell'inte­ grità o meno della missiva. Senza negare le possibili influenze delle diverse cor­ renti del giudaismo, come quella qumranica o filoniana, riteniamo che non sia necessario pensare ad un frammento pre-, extra- anti- o post-paolino, soltanto perché si assiste ad una concentrazione di termini non utilizzati altrove nella 2Corinzi e nell'epistolario paolino. Come potremo constatare nel nostro commento, spesso Paolo ricorre ad hapax le­ gomena o a termini rari che non autorizzano ad ipotizzare l'intervento di un auto­ re diverso per i paragrafi in cui compaiono. Ancora una volta, il criterio semanti­ co dimostra tutto il proprio limite quando non è corroborato da altri apporti, so­ prattutto da quelli di natura storico-critica e da quelli che inquadrano la semanti­ ca nei paradigmi argomentativi o retorici. Ora l'uso diffuso delle antitesi o delle opposizioni, il ricorso all'autorità della Scrittura, secondo la disposizione di una catena di citazioni dirette dell'AT, e la vituperazione contro gli avversari della pri­ ma apologia rientrano nell'economia di 2Cor 1-9 e impediscono di considerare il paragrafo d 2Cor 6, 1 4-7, l come un corpo estraneo alla sezione. Anche in questo caso, come per 2Cor 2, 1 3 ; 7,5 potremmo parlare di un anello spezzato, giacché l'appello di Paolo fluirebbe in modo più lineare se congiunges­ simo la sentenza di 2Cor 6, 1 3 a quella di 2Cor 7,2, ma non per questo è necessario ricorrere ad un autore diverso che abbia inserito una glossa in modo arbitrario. D'altro canto, l'appello finale di 2Cor 6,1 1-7,4 se venisse privato di 2Cor 6, 1 4-7, 1 rischierebbe di fondarsi soltanto sulla relazione affettiva tra Paolo e i destinatari e, di conseguenza, di risultare debole rispetto all'istanza persuasiva che intende veicolare. ll riferimento allo Spirito in 2Cor 1 3 , 1 3 non andrebbe valutato in quanto rientra nel postscrip­ tum epistolare. 65 Becker, Letter Hermeneutics, 4: Martin, 2 Corinthio.ns, xliv.

64

l. Integrità o redaziorralità deDa 2Corinzi? l 3 1

22) La partecipazione di Tito alla colletta e l a visita futura di Paolo dimostrano che, anche se distanziate nel tempo, le due macro-sezioni della 2Corinzi canonica rispettano la sequenza con cui il redattore finale le ha congiunte e trasmesse. D'al­ tro canto, se a causa della continua corrispondenza tra Paolo e i Corinzi, si può ben ipotizzare che il redattore finale abbia voluto trasmettere nella 2Corinzi ca­ nonica una sola lettera, operando una cesura della parte conclusiva di 2Cor 1 -9 e di quella iniziale di 2Cor 10-13, non dovrebbe essere ritenuto così distratto da sbagliare anche la postazione canonica delle due lettere, come risalta dall'ipotesi di coloro che fanno precedere la seconda apologia rispetto alla prima. Pertanto riteniamo che la sequenza di 2Cor l-9 e di 2Cor 1 0- 1 3 corrisponda al­ l'invio cronologico di due lettere autonome ma unificate in una fase successiva, a causa della tematica unitaria dell'apostolato di Paolo, posto in crisi a Corinto. In base alle caratteristiche generali delle due lettere potremo definirle come "lettera della riconciliazione" (2Cor 1-9) e '1ettera polemica" (2Cor 1 0-1 3). Non sappiamo chi abbia compiuto la redazione compilata delle due lettere: se sia da attribuire alla stessa comunità di Corinto66 o all'ambiente romano da cui pro­ viene la 1Clemente 67• A causa della datazione dei manoscritti che riportano la 2Corinzi canonica, possiamo soltanto ipotizzare che l'operazione di compilazio­ ne si verificò tra l'ultima parte del I sec. e i primi due decenni del II sec. d.C. 68• Analoghi esempi di compilazioni letterarie si possono verificare per la produzio­ ne epistolare di Isocrate, Cicerone69, Apollonio di Tiana e Plinio il Giovane. Sol­ tanto adesso che abbiamo cercato di stabilire il livello diacronico, possiamo af­ frontare le ulteriori questioni introduttive della 2Corinzi canonica.

II. CORINTO La posizione geografica di Corinto rappresentava una delle più favorevoli oppor­ tunità per la diffusione del vangelo di Paolo 1 : la città si estendeva ad ovest dell'ist­ mo che collegava il Peloponneso alla terraferma greca. Di fatto, la strada che con­ giungeva i due porti di Corinto - il Lecheo (o di Patrasso) a 2,5 km a nord, e Cen­ ere (o di Egina) a 5 km ad est, sul golfo Saronico - do\·e,·a transitare senza ulterio­ ri varianti per Corinto. Di conseguenza la città rappresentava lo snodo di comuni­ cazione più breve tra l'Oriente all'Occidente, a meno che non si preferisse circum­ navigare la pericolosa costa del Peloponneso2• Per questo la città era nota come 66 Becker, Letter Henneneutics, 69; Quesnel, "La seconde épitre•, 267. 67 Lindgàrd, Paul's Line of11zought, 59.

68 Furnish, II Corinthians, 40 propone gli anni 96- 1 25 d.C. come periodo di compilazione della

2Corinzi canonica. 69 Per un confronto tra il livello originario e quello redazionale dell'epistolario ciceroniano e la 2Corinzi cf. T. Schmeller, "Die Cicerobriefe und die Frage nach der Einheitlichkeit des 2. Korin­ therbriefs", in ZNW 95 (2004) 1 8 1 -208.

1 Sulla storia di Corinto sino all'epoca imperiale romana cf. D. Engels, Roman Corinth: An Alter­ native Model for the Classical City, Chicago 1 990; R.M. Grant, Paul in the Roman World: the Con­ flict at Corinth, Louisville 200 1 ; e in particolare J. Wiseman, "Corinth and Rome I: 228 B.C.-A.D. 267", in H. Temporini (ed.), ANRW Il, 7 . 1 , Berlin-New York 1 979, 438-548. Di grande interesse sono i recenti contributi interdisciplinari, soprattutto da versante storico-archeologico, pubblicati da D.N. Schowalter - S.J. Friesen (ed.), Urban Religion in Roman Corinth: lnterdisciplinary Approa­ ches, Cambridge (MA) 2005. 2 Così annota Strabone, Geografia 8,6,22: "L'inizio della costa sui due lati è da una parte segnata da Lecheo, dall'altra da Cenere, villaggio e porto distante 70 stadi da Corinto. Quest'ultimo porto è utilizzato per le imbarcazioni provenienti dall'Asia, mentre il Lecheo è utilizzato per quelle che provengono dall'Italia". Cf. anche Plinio il Vecchio, Naturalis Historia 4, 1 1 : "Al centro di questa lingua di terra che abbiamo chiamato l'Istmo si trova la colonia di Corinto il cui nome era un tem­ po Efesa: essa si adagia sul fianco di una collina distante dalla costa 7 miglia e mezzo da una parte

32 l Introduzione

bimarisve Corinthi Moenia, secondo la definizione di Orazio (Odi 1 ,7,2-3): da tma

parte il mar Egeo, dall'altra lo Ionio. Il centro urbano era concentrato su un'altura di 60 m ed era dominato dall'Acro­ corinto, a 575 m; durante la sua visita nel 29 a.C., così Strabone descrive la città riedificata dal 44 d.C. dai Romani: "Dopo che la città era stata da poco rimessa in sesto dai Romani, essa si presenta nel modo seguente. C'è una montagna dall'al­ tezza di 3 stadi e mezzo, che termina con una cima appuntita; la strada che vi sale è lunga 30 stadi. La montagna è chiamata Acrocorinto e il suo versante settentrio­ nale è il più ripido; la città è situata sotto la montagna, su una terrazza a forma di trapezio, proprio ai piedi dell'Acrocorinto. Il perimetro della città vera e propria è di 40 stadi; era fortificata quella parte della città scoperta della montagna ... L'in­ tero perimetro ammontava a circa 85 stadi" (Geografia 8,6 ,2 1 ) . Per facilitare l e vie d'accesso fra i due porti dell'Istmo nel VI sec. a.C., il tiranno Periandro (627-585 a.C.) aveva pensato di scavare un canale lungo l'istmo di Co­ rinto (cf. Diogene Laerzio, Vite dei filosofi l , 99). Di fatto riuscì soltanto a realizza­ re la strada pavimentata o diolkos sull'istmo che facilitasse il trasporto delle navi da Cenere a Saronico, a cui accenna Strabone in Geografia 8,6,22. Lo stesso pro­ getto fu ripreso dal re Demetrio Poliercete, re di Macedonia dal 336 al 282 a.C. (cf. Stabone, Geografia 1 ,3, 1 1), da Cesare (cf. Svetonio, Cesare 44: " ... perfodere Isth­ mum") e da Caligola3; ma soltanto da Nerone, nel 66/67 d.C., furono inaugurati i lavori. Così Svetonio, nelle sue Vite dei Cesari, racconta l'inaugurazione dell'ope­ ra: "Durante il viaggio in Acaia, (Nerone) quando prese a scavare l'istmo di Corin­ to, esortò i pretoriani riuniti in parlamento ad iniziare quell'opera, e quindi, fatto dare il segnale con la tromba, diede il primo colpo di pala e, messa la terra in un cesto, lo portò a spalla" (Nerone 6,14). A sua volta, lo storico Flavio Giuseppe racconterà che per la manodopera dell'ist­ mo furono anche reclutati 6.000 giovani ebrei, inviati da Vespasiano4• In realtà bisognerà attendere il 1 8 8 1 per vedere all'opera la costruzione del canale che ven­ ne ultimata soltanto nel l 893. La posizione naturale permise a Corinto di diventare, sin dallVIII sec. a.C., il cen­ tro commerciale più importante della Grecia, come dimostra l'attestazione di Tu­ cidide, in La guerra del Peloponneso : "Abitando infatti la città sull'istmo i Corinzi avevano sempre un centro commerciale, giacché anticamente i Greci, sia quelli dentro che quelli fuori del Peloponneso, avevano rapporti reciproci più per terra che per mare passando attraverso la terra dei Corinzi stessi; essi erano potenti per ricchezze, come è mostrato anche dai poeti antichi che chiamavano 'opulenta' quella località. E poiché i Greci si dettero più alla marineria, i Corinzi, procurate­ si le navi, eliminarono i pirati e, creando un centro commerciale per terra e per mare, ebbero una città potente per le entrate in denaro che riceveva" ( l , 1 3 ,5). I rilevamenti archeologici più antichi, in pietre e vasellame, attestano che il sito fu occupato sin dall'epoca neolitica e protoelladica, anche se il primo insediamento urbano può essere collocato intorno al l 000-900 a.C., a causa dell'invasione dei Dori. Tuttavia, come abbiamo appena evidenziato, il periodo di massima esten­ sione e splendore della città si verifica tra l'VIII e il II sec. a.C., con la colonizza­ zione greca. A questo periodo si deve l'espansione colonialistica della città: vengo­ no fondate le città di Corcira sull'isola di Corfù, e di Siracusa in Sicilia. La produ­ zione dei vasi, del bronzo e dei tappeti provenienti da Corinto segnala il suo fe­ condo sviluppo economico. Così Plinio il Vecchio cataloga il materiale bronzeo di e dall'altra; alla sommità c'è la cittadella chiamata Acrocorinto, con la sorgente Pirene, e da cui la vista domina i due mari da una parte e dall'altra". 3 Svetonio, Caligola 2 1 : "Ma soprattutto aveva progettato di tagliare 11stmo di Corinto, e già aveva mandato sul luogo un ufficiale a fare i rilievi". 4 Flavio Giuseppe, Guerra 3 , 1 0,540: "Dei giovani scelse i più robusti, in numero di seimila, e li mandò a Nerone per i lavori sull'istmo".

11.

Corinto l 33

Corinto: "Ci sono tre specie di bronzi (di Corinto): il bianco, che richiama del tut­ to lo splendore dell'argento dominante in questa lega; il secondo in cui domina il colore fulvo dell'oro; il terzo in cui la lega dei tre metalli è stata fatta in più parti" (Storia Naturale 34,8)5• Per questo già Omero la chiama aphneion (opulenta; Ilia­ de 2,570) e Strabone attribuisce tale denominazione all'abbondanza del commer­ cio, con le tasse d'importazione e di esportazione per il Peloponneso (cf. Geografìa 8,6,20). Fonte di ulteriore ricchezza per Corinto è la tradizionale celebrazione dei giochi panellenici che si celebravano sull'Istmo, con un'imponente affluenza di partecipanti e di spettatori (cf. Geografìa 8,6,20). Dal punto di vista politico, al periodo dei tiranni (Vlll sec., 583 a.C.) subentrò quello del consiglio di 1 8 membri che governava la città (582- 1 46 a.C.) che le per­ mise di entrare a far parte della lega del Peloponneso. Nelle fasi belliche del V-IV sec. a.C. Corinto partecipò alle battaglie di Salamina ( 480 a.C.) e a quella di Platea (479 a.C.). Dopo le guerre persiane prosegui l'espansione della città, ma dovette assistere, nel contempo, allo sviluppo di Atene; i rapporti fra le due principali cit­ tà dell'Acaia andarono progressivamente deteriorandosi sino al 429 a.C., quando gli ateniesi sconfissero per nave i corinzi. Con l'avvento dei Macedoni, Corinto Ii­ conquistò lo splendore offuscato da Atene: nel 338 Filippo vi collocò la sede della lega panellenica; e la città raggiunse 500.000 abitanti circa, diventando il maggio­ re centro urbano della Grecia. Intanto, con l'espansione dell'Impero Romano diventava inevitabile lo scontro con Roma: durante la guerra con la Lega achea, Corinto fu occupata e distrutta nel l 46 a.C., ad opera del console Lucius Mummius soprannominato, in seguito alla conquista della città, Achaicus. Così Strabone descrive i contrasti fra le due città e l'epilogo nefasto per Corinto: "I Corinzi, essendo sottoposti a Filippo, stet­ tero dalla sua parte e anche per conto proprio dimostrarono un tale disprezzo ver­ so i Romani che taluni osarono versare pattume su alcuni ambasciatori romani che passavano davanti alla propria abitazione. Per queste offese però, e per molte altre di cui si macchiarono, pagarono subito il fio. Inviato infatti là un esercito considerevole, la città fu rasa al suolo da Lucio Mummia e il resto del territorio, fino alla Macedonia, divenne soggetto ai Romani con l'invio di strateghi nelle sin­ gole regioni: i Sicioni ottennero la maggior parte del territorio di Corinto" (Geo­ grafìa 8,6,23) 6• Lo stesso Strabone racconta che "dopo essere stata per molto tempo deserta, Co­ rinto fu poi ricostruita dal Divo Cesare" (Geografìa 8,6,23) 1. Siamo nel 44 a.C., quando Giulio Cesare, poco prima della sua morte tragica, fece riedificare la città denominandola Colonia Laus Iulia Corinthiensis, inviandovi una quantità notevo­ le di coloni e liberti (cf. Strabone, Geografw 8,6,23). Con l'avvento di Cesare Augu­ sto, Corinto divenne, nel 27 a.C., capitale della provincia senatoriale dell'Acaia; e nel l S d.C. Tiberio unl le province dell'Acaia e della Macedonia a quella della Mi5 "Eius tria genera: candidum argento nitore quam proxime accedens, in quo illa mixtura praeua­

liut; alterum in quo auri fulua natura; tertium in quo aequalis omnium temperies fuit". Cf. inoltre Cicerone, Il processo di Verre 4,97: "Evidentemente so tu sai provar piacere davanti ai vasi di Co­ rinto e sei in grado di penetrare con suprema bravura i segreti della composizione di quel bronzo e la finezza del disegno"; Plinio il Giovane, Lettere ai familiari 3 , 1 ,9: "Vien servita la cena, non meno scelta che semplice, in vasellame d'argento puro e d'antica fattura; fa anche uso di quello in bron­ zo di Corinto, che egli predilige... "; anche per le statue bronzee di Corinto cf. Plinio il Giovane, Let­ tere ai familiari 3 6 , 1 Sulla produzione dei bronzi a Corinto cf. J. Murphy-O'Connor, "Corinthian Bronze", in RB 90 (1 983) 80-93; C.C. Mattusch, "Corinthian Metal-Working: The Gymnasium Bronze Foundry", in Hesperia 60 ( 199 1 ) 383-395. 6 Cf. anche Polibio, Storie 38, 12. 7 Cf. anche Cassio Dione, Storia Romana 43,50,3-4: "Ebbe dunque lodi per questi suoi atti, e an­ che perché ricostrul e fondò ex novo altre città in Italia e fuori d'Italia ... Quanto però a Corinto e a Cartagine, città antiche, illustri e famose, egli non solo le ricostruì, facendo in modo che divenisse­ ro colonie romane, ma permise che mantenessero l'antico nome nel ricordo degli antichi abitan­ ti". ,

.

34 / Introduzione

sia'. Dopo gran parte della restaurazione urbanistica, compiuta sotto Claudio, nel 44 d.C., l'Acaia e la Macedonia divennero nuovamente province senatoriali9 e, in quanto tali, pagavano le tasse direttamente a Roma, sino al tempo di Adriano ( 1 1 7-138 d.C.). Nel 77 Corinto subi un violento terremoto; e gran parte dei lavori di restauro urbanistico furono compiuti nel II sec. d.C., finché non fu nuovamen­ te distrutta dal devastante terremoto del 52 1 . Ma ormai della Corinto greco­ romana non restavano che antiche rovine; la città nuova o Neakorinthos si trova in prossimità della zona archeologica. Per quanto riguarda gli scavi del sito, la Scuola Americana degli Studi classici di Atene ha intrapreso dal 1 886 diverse campagne archeologiche, con la ripresa più sistematica tra il 1 925 e il 1 940. Tuttavia è dal 1 960 sino ad oggi che gli scavi han­ no portato alla luce importanti rilevamenti che obbligano i ricercatori a continue rivisitazioni sui dati della città romana 10• 2. 1 . La Corinto greca e quella romana

Il profilo storico e politico che abbiamo delineato lascia emergere la questione sulla relazione tra la Corinto greca e quella romana; se, nonostante la distruzione del 1 46 a.C., si possa sostenere qualche continuità di base con la città ricostruita da Giulio Cesare nel 44 a.C. e migliorata sotto Tiberio e Claudio 1 1 , oppure se non sia più opportuno distinguere, in modo netto, le due fasi storiche sino a ritenere che di fatto la città visitata da Paolo, negli anni SO d.C., non abbia alcuna relazio­ ne con quella greca 1 2 • A prima vista, le fonti letterarie sembrano attestare un netto iato storico tra la Co­ rinto grecà e quella romana; la testimonianza di Strabone (cf. Geografia 8,6,23), sopra segnalata, è condivisa da Pausania: "Corinto non è più abitata da alcuno de­ gli abitanti degli antichi Corinzi, ma da coloni inviati dai Romani" (Guida della Grecia 2,1 ,2). In tal modo la Corinto distrutta è spesso scelta, in analogia con Car­ tagine, come esempio nefasto di desolazione e di sventura per le città e gli stati che contrastano il potere romano. Basta ricordare l'epigramma di Antipatro di Si­ clone (morto intorno al 125 a. C.), raccolto nell'Antologia palatina 9, l 5 l : Dov'è la tua bellezza o dorica Corinto? Dove le corone delle tue torri? Dove le antiche ricchezze? Dove i templi dei tuoi dei? Dove i tuoi palazzi? Dove le spose Sisife? dove le folle immense del tuo popolo? Neppure un segno rimane di te, infelicissima! Tutto divorò a rapina la guerra.

8 Tacito, Annali l ,80, 1 : "Fu prorogato a Poppeo Sabino il governo della Misia, con l'aggiunta delle frovince di Acaia e di Macedonia".

Cassio Dione, Storia Romana 60,24, 1: "L'Acaia e la Macedonia, che sin dal principato di Tiberio venivano affidate a magistrati scelti direttamente, a quel tempo Claudio le sottopose di nuovo al sistema del sorteggio". 10 Per una sintesi recente sugli scavi cf. G.D.R. Sanders, "Urban Corinth: An Introductionn, in Schowalter - Friesen, Urban Religion in Roman Corinth , 1 6-20. A livello informatico è possibile vi­ sitare l'importante sito Corinth Computer Project, creato nel 1 988 e in continua fase di aggiorna­ mento (dal 1 997 a cura dell'università di Pensilvania cf. http:/corinth.sas.uppenn. edu). 1 1 Cf. in particolare W. Willis, "Corinthusne deletes est?", in BZ 35 ( 1 99 1 ) 233-24 1 ; ma già Furnish, II Corinthians, 6. 12 Così annota J. Murphy-O'Connor, St. Paul's Corinth. Text and ArchecJlogy, Collegeville 1 983, 1 : "Thus, there is infact two Corinths, one Greek and the other Roman, each with its distinctive insti­ tutions and ethos". Per la netta separazione tra la Corinto greca e quella romana sono anche J. Walters, uCivic Identity in Roman Corinth and Its Impact on Early Christians", in Schowalter Friesen, Urban Religion in Roman Corinth , 397-403; B. W. Winter, After Pau/ Le{i Corinth: The In­ fluence ofSecular Ethics and Socia/ Change, Grand Rapids-Cambridge 200 l , 7- l i .

II.

Corinto / 35

Solo Nereidi immortali, figlie di Oceano, alcioni siamo rimaste a piangere le tue sventure13•

n saccheggio delle tombe di Corinto, ad opera dei coloni inviati da Giulio Cesare, divenne così emblematico da essere scelto per formare il neologismo necrocorin­ thia, riportato da Strabone, in Geografia 8,6,23. D'altro canto, durante il periodo

imperiale la lingua ufficiale era il latino e non più il greco, come dimostrano le iscrizioni che risalgono al I sec. d.C. sino ai primi due decenni del II sec. d.C. : 1 0 1 sono i n latino e soltanto 3 in greco 14• Anche dal versante governativo e ammini­ strativo la città era stata romanizzata: all'assemblea dei cittadini si aggiungeva il consiglio dei decurioni o l'ardo decurionum, quello dei due magistrati, posti in ca­ rica per un anno (duoviri iure dicendo), due sovrintendenti all'urbanistica (aedi­ les), un tesoriere (quaestor), un responsabile per il culto (pontifex) e un delegato per i giochi istimici (agonothetes) 15• n nuovo assetto politico causava variazioni rilevanti per quello urbanistico: il foro diventava il centro amministrativo della città e prendeva il posto dell'agorà 16; l'ar­ teria principale del cardo maximus, denominata Via del Lecheo (cf. Pausania, Gui­ da della Grecia 2,3,2) attraversava Corinto per raggiungere direttamente il porto del Lecheo, per circa 3, 1 50 m 1 7• Lungo il cardo fu costruito il macellum, insieme ad una fila di negozi : l'iscrizione rivenuta nella zona, che cita Quintus Cornelius Secundus, conferma la sua origine augustea. Allo stesso macellum sembra riferir­ si Paolo quando affronta la questione delle carni immolate agli idoli in l Cor 1 0,25-30. Alla Stoa meridionale, di epoca ellenistica, fu aggiunta quella settentrio­ nale del periodo imperiale. Del 44 d.C. o forse del periodo augusteo è il bema o il tribunale, collocato al centro dell'agorà : ad esso allude Luca in At 1 8 , 12, a propo­ sito della contesa tra i guidei e Paolo, davanti a Gallio ne 18; e forse lo stesso bema ispirerà l'immagine paolina sul giudizio escatologico di Cristo in 2Cor 5 , 1 0; e in Rm 14, 1 0 (quest'ultima scritta proprio da Corinto tra il 56 e il 57 d.C.). La coloniz­ zazione romana della città si riflette anche nella pratica dei gladiatori, che fu im­ piantata, con non poche forzature per la cultura greca, dai romani (cf. Dione Cri­ sostomo, Orazioni 3 1 , 1 2 1 ) . Tuttavia i dati d i discontinuità e d i novità, propri d i una colonia romana, non en­ trano in conflitto con quelli di continuità, rispetto al contesto socio-culturale gre­ co. Non è fortuito che il carteggio epistolare tra Paolo e i Corinzi sia in greco e non il latino; lo stesso dicasi per le lettere di Clemente ai Corinzi: mentre la lingua ufficiale nel I sec. d.C. è il latino, la popolazione di Corinto continua a parlare in greco l9. La stessa attestazione letteraria sull'abbandono totale della città, tra il 146 e il 44 a.C, andrebbe assunta cum grano salis: nel 79-77 a.C. Cicerone visitò non solo le rovine greche ma incontrò anche la popolazione soprav\'issuta (cf. Tuscolane 8,53)20• A sua volta, Pausania precisa, a proposito dei giochi sull'Istmo: "L'agone istimico non venne meno neppure quando Corinto fu distrutta da Mummio; ma 1 3 Cf. anche Antologia Palatina 7,493 (Antipatro di Sidone); e 7,297 attribuito a Filostrato, con­ temporaneo di Antipatro. 14 Murphy-O'Connor, St. Paul's Corinth, 5. 15 G. Barbaglio, La prima lettera ai Corinzi. Introduzione, venione e commento, SOC 16, Bologna 1 995, 17; Murphy-O'Connor, St. Paul's Corinth, 7. 16 Furnish, Il Corinthians, 7; per uno studio dettagliato sulla situazione urbanistica della Corinto romana cf. D.G. Romano, "Urban and Rural Planning in Roman Corinth", in Schowalter - Friesen, Urban Religion in Roman Corinth , 25-59. 1 7 Romano, Urban Religion, 30-3 1 . 1 8 E . Dinkler, "Das Bema zu Korinth. Archaologische, lexikographische, rechtsgechichtliche und ikonographische Bemerkungen zu Apostelgeschichte 1 8 , 1 2- 1 7", in Signum crucis. Aufsiitze zum Neuen Testament und zur Christlichen Archiiologie , Tiibingen 196 7, 1 18-1 33. 19 Willis, "Corinthusne" 236. 2° Cf. anche Cicerone, De uge Agraria 1 ,2,5; 2,87.

36 l Introduzione fin quando la città rimase deserta, la celebrazione delle lstmie rimase affidata ai Sicionii e quando poi fu rifondata l'onore passò agli attuali abitanti" (Guida della

Grecia 2,2,2).

Dunque mentre non si può negare che l'assetto urbanistico della città subl, co­ munque, sostanziali variazioni nel periodo imperiale rispetto a quello greco, la valutazione archeologica dei monumenti e dei centri di culto dimostra, nello stes­ so tempo, un'importante continuità. Di fatto, alcuni templi del periodo greco con­ tinuarono ad essere frequentati nel periodo romano: si pensi, in particolare, al tempio di Esculapio/Asclepio, nella parte settentrionale della città, costruito nel 4 a.C. e restaurato dai Romani, e al tempietto di Afrodite, sulla sommità dell'Acro­ corinto, anche se quest'ultimo deve ormai essere molto ridotto rispetto al fastoso tempio greco dedicato alla dea21• n ritrovamento di ex-voto in terracotta, che ri­ producono alcune parti del corpo umano, attesta la particolare importanza del culto di Asclepio a Corinto, anche se non raggiunge la notorietà di quello di Epi­ dauro 22. La ricca produzione dei vasi di terracotta, scoperta durante la campagna archeologica del 1 980, risale al II-I sec. a.C., il periodo precedente alla ricostru­ zione compiuta sotto Giulio Cesare e con Cesare Augusto 23. Allo stesso periodo appartengono una moneta d'argento, scoperta nella Stoa sud-occidentale, duran­ te gli scavi del 1 976 e databile tra il l 4 1 e il 1 3 6 a.C., e un'iscrizione che rende ono­ re ad un tale Hirrus, legatus pro praetore, riconducibile al 1 02 a.C. 24• Pertanto, se da una parte è opportuno distinguere la Corinto greca da quella ro­ mana, a causa del sostanziale processo di colonizzazione o di "romanizzazione", compiuto durante il I sec. a.C. e il I sec. d.C., dall'altra permangono dati di conti­ nuità che impediscono di stabilire una netta separazione fra le due principali fasi storiche che la caratterizzarono25.

2.2. D contesto socio-religioso di Corinto nel I sec. d.C. Nella metà del I sec. d.C. Corinto era tornata ai fasti dell'epoca greca, con le muta­ zioni che abbiamo segnalato e dovute alla colonizzazione romana. Tuttavia, in occasione della riedificazione della città, nel 44 a.C., vi furono inviati non i soldati veterani dell'Impero bensì "coloni, per la maggior parte gente affrancata", come precisa Strabone in Geografia 8,6,23 . In pratica a Corinto sopraggiunsero molti li­ berti o schiavi affrancati, di origine siriana, egiziana e giudaica26 che, insieme alla popolazione autoctona, diedero origine ad una città cosmopolita. Non possiamo stabilire con certezza gli abitanti di Corinto nella metà del I sec.: per approssima­ zione si può pensare a 700.000-800.000 abitantF7• Dal versante religioso, nella città romana erano stati restaurati i templi greci ed erano stati aggiunti nuovi centri di culto tipicamente romani. Il passaggio da una occupazione all'altra può essere delineato attraverso tre principali e sincronici svi2 1 Strabone, Geografia 8,6,20: "D santuario di Afrodite era cosi ricco che possedeva come schiave sacre più di 1 000 etere che uomini e donne avevano dedicato alla dea". Lo stesso Strabone tornan­ do a Corinto nel 29 a.C. parla di un naidion o tempietto dedicato ad Afrodite suii'Acrocorinto (8,6,2 1 ). Sulle differenze tra il tempio di Afrodite greco e quello romano cf. Barbaglio, Prima Co­ rinzi, 2 1 . 2 2 Witherington III , Conflict & Community, 1 5. 23 Willis, "Corinthusne", 239. 24 Willis, "Corinthusne", 240. 25 Ad analoghe conclusioni pervengono sull'ambito propriamente religioso N. Bookidis, "Religion in Corinth: 1 46 B.C.E. to 1 00 C.E.", in Schowalter - Friesen, Urban Religion in Roman Corinth, 1 63- 1 64; e E.R. Gebhard, "Rites for Melikertes-Palaimon in the Early Roman Corinthia", in Scho­ walter - Friesen, Urban Religion in Roman Corinth, 203. 26 Furnish, Il Corinthians, 7. 27 Witherington III, Conflict & Community, 18.

II.

Corinto l 37

luppi religiosi attestati durante l'epoca imperiale28• Prima di tutto pennane la reli­ giosità autoctona che comprende il culto dei figli di Medea, a cui allude anche Pausania, Guida della Grecia 2,3, 7 e i riti per Melicerta-Palemone, le dh·inità mari­ ne, collegati ai giochi istimici (citati anche da Ovidio, Metamorfosi 5 1 5-540) 29• Di estrazione più nazionale ed ellenistica sono i culti di Apollo, Afrodite, Asclepio, e di Demetra e Core. Infine alla religiosità romana sono riconducibili i culti per gli imperatori e le loro famiglie, oltre alla sovrapposizione delle divinità latine rispet­ to a quelle greche. Così le divinità di Zeus, Asclepio, Afrodite, Ermes, Demetra e Core trovano corrispondenze in quelle di Giove, Esculapio, Venere, Mercurio, Ce­ rere e Proserpina. Naturalmente a queste tre estrazioni religiose principali è op­ portuno aggiungere i culti minori, fra cui quelli di origine egiziana ed ebraica. Durante la sua visita a Corinto, intorno al 1 60 d.C., Pausania descrive, con dovizia di particolari, i principali centri religiosi della città, anche se è bene precisare che tra la presenza di Paolo e quella di Pausania intervenne il violento terremoto del 77 d.C. che costrinse gli abitanti a restaurarla, apportandovi nuovi centri di culto nel II sec. d.C. 30• Così Pausania introduce la descrizione dei principali centri di culto: "Le cose degne di menzione, in città, sono in parte quelle che sopravvivono fra le antiche, ma per lo più appartengono alla seconda fioritura della città. Nel­ l'agorà dunque (qui infatti c'è la maggior parte dei santuari) ci sono: un'Artemide soprannominata Efesia, e statue lignee di Dioniso, dorate dappertutto tranne che nel volto, il quale è ornato di pittura rossa" (Guida della Grecia 2,2,6). Lo stesso Pausania riferisce di un tempio della Fortuna (o Tyche), accanto al qua­ le si trova un Pantheon (cf. Guida della Grecia 2,2,8): menziona le statue di Posei­ done, di Apollo e di Afrodite, di Ennes e naturalmente di Zeus. Il centro dell'agorà è occupato da una statua di Atena ed è dominato da un tempio di Ottavia, sorella di Augusto. Oltre al tempio di Demetra e Core31, è degno di menzione il tempio di Afrodite, anche se quello di epoca romana, doveva risultare molto più modesto di quello greco. La testimonianza di Strabone, sulle pratiche di culto presso il tempio, deve aver influenzato non poco gli studiosi che sottolineano la pratica della prostituzione sacra a Corinto, durante la permanenza di Paolo: "Il santuario di Afrodite era così ricco che possedeva come schiave sacre più di 1000 etere che uomini e donne ave­ vano dedicato alla dea" (Geografia 8,6,20). In realtà, come abbiamo già evidenzia­ to, non solo nel I sec. d.C. il santuario della dea era ridotto ad un tempietto, ma lo stesso Strabone sembra confondere la frequenza delle cortigiane con quella delle prostitute sacre, giacché la pratica della prostituzione sacra risultava ignota alla religiosità greca32• D'altro canto, sembra che la frequentazione femminile presso il tempio di Afrodite non fosse orientato soltanto alla fertilità bensì anche per ot­ tenere la protezione degli uomini in guerra 33• 28 Di grande interesse è il recente contributo di Bookidis, Rel igion in Corinth", 1 4 1 - 1 64. "

29 In particolare per i riti misterici di Melicerta e Palemone e la loro origine pre-romana cf. Ge­

bhard, "Rites for Melikertes-Palaimon", 203; H. Koester, "Melikertes at Isthmia. A Roman Mystery Cult", in D.L. Balch - E. Ferguson - W.A. Meeks, Greeks, Romans, and Christians, FS. A.J. Malherbe, Minneapolis 1 990, 355-366. 30 Murpy-O'Connor, St. Paul's Corinth, 3. 31 N. Bookidis - J.E. Fisher, "The Sanctuary of Demeter and Kore on Acrocorinth. Preliminary Re­ f?rt IV: 1969- 1 970", in Hesperia 4 1 ( 1 972) 283-33 1 . 2 Per la ri visitazione deUa testimonianza d i Strabone cf. H.D. Saffrey, "Aphrodite at Corinthe", in RB 92 ( 1 985) 365-372; anche Barbaglio,' Prima Corinzi, 2 1 ; Murphy-O'Connor, St. Paul's Corinth, 57. 33 In tal senso la revisione forse un po radicale nel suo contenuto principale operata da J.H. Lan­ ci, "The Stones Don' t Speak and the Text TeU Lies: Sacred Sex at Corinth", in Schowalter - Friesen, Urban Religion in Roman Corinth, 205-220 che tende a demitizzare la pratica della prostituzione sacra non solo a Corinto ma anche nell'Oriente semitico e mesopotamico, e a contrapporre il culto di Afrodite per finalità militari a quello per la fertilità Nel contesto della religiosità greca i due ambiti cultuali erano meno distanti e separati di quanto pensasse Lanci, anche se l'autore pone giustamente in guardia da una semplificata pratica della prostituzione sacra a Corinto. ,

.

38 l Introduzione

Naturalmente il revisionismo si riferisce soltanto al tempio di Afrodite e alla pro­ stituzione sacra e non alla licenziosità sessuale diffusa nella capitale dell'Acaia in epoca imperiale 34• D'altro canto, sin dal V sec. a.C. il verbo korinthiazomai, forse coniato da Aristofane (fram. 133) significa tout court "prostituirsi" o "comportar­ si con licenziosità sessuale" 35; ed è diffuso il proverbio riportato da Strabone, Geografia 8,6,20, nel contesto della prostituzione sacra: "ll viaggio a Corinto non è per tutti" 36• Se nella sua corrispondenza con la comunità di Corinto, Paolo dovrà affrontare questioni di natura sessuale (cf. soprattutto 1 Cor 5, 1 - 1 3; 6, 1 2-20), con alcune allusioni che ricompaiono ancora nella conclusione della 2Corinzi canoni­ ca (cf. l'elenco dei vizi in 2Cor 1 2,2 1 che comprende la porneia), significa che la .prostituzione doveva essere particolarmente diffusa a Corinto anche nella metà del I sec. d.CY. Insieme ai culti greco-romani, a Corinto fiorivano quelli importati dai liberti di origine egiziana38• Così annota Pausania: " ... Salendo dunque a questo Acrocorin­ to, s'incontrano due recinti sacri d'Iside, una Iside è soprannominata Pelagia, l'al­ tra Egizia, e due di Serapide, uno dei quali è detto 'in Canopo"' (Guida della Grecia 2,4,6). Alla stessa Iside, dea del mare, è dedicato un santuario a Cenere, uno dei due porti di Corinto (nella parte sud-occidentale del porto), databile al tempo di Augusto e soggetto a diversi restauri. E non a caso, Apuleo colloca l'iniziazione di Lucio al culto di Iside presso Cenere (cf. Metamorfosi 10, 3 5 ) Alla dea Iside è asso­ ciato Serapide, divinità egiziana venerata sulla falsariga di Asclepio, per le capaci­ tà terapeutiche. Di particolare rilevanza per il background della corrispondenza di Paolo con i Co­ rinzi è la presenza del giudaismo a Corinto, anche se purtroppo per il periodo che ci riguarda ci sono pervenute soltanto attestazioni letterarie. Nel 39 d.C. Filone Alessandrino nella sua De Legatione ad Gaium 28 1 cita, fra le colonie della diaspo­ ra giudaica, quella di Corinto. Per questo non è causale che, in occasione dell'edit­ to di Claudio, sull'espulsione dei giudei da Roma, molto probabilmente nel 49 d.C. (cf. Svetonio, Claudio 25,4), Aquila e Priscilla si diressero alla volta di Corinto (cf. At 1 8 , 1 -2). Restando agli Atti degli apostoli, in occasione del suo arrivo a Co­ rinto, Paolo andò ad abitare nella casa dei due coniugi cristiani, cominciò ad eser­ citare con loro il lavoro di fabbricante di tende e di sabato frequentava la sinago­ ga (cf. At 1 8 ,3-4). A prima vista i pochi rilevamenti archeologici di matrice giudaica, scoperti a Co­ rinto, sembrano confermare le notizie degli Atti. Una colonna di marmo reca l'i­ scrizione GOGHEBR che può facilmente essere ricostruita con SYNAGOGHE­ BRAION, corrispondente alla traduzione "Sinagoga degli Ebrei". Tuttavia, forse l'iscrizione è successiva al I sec. d.C.; per alcuni risale sino al IV secolo39• Anche l'architrave decorato con tre menorah o candelabri giudaici, separati da due rami di palma e di cedro, sembrano risalire al periodo seriore, rispetto agli anni '70 d.C. L'origine tardiva dei due resti e il ritrovamento presso il cardo maximus im­ pediscono, sino ad oggi, di localizzare con buona approssimazione la sinagoga che Paolo frequentò agli inizi del '50 d.C. Comunque, la presenza giudaica a Co.

34 Saffrey, "Aphrodite", 373-374. 35 Cf. inoltre Platone, Repubblica 4040: "Allora riprovi anche che una ragazza di Corinto sia ami­ ca di uomini che debbano avere una buona salute fisica". 36 Il proverbio è riportato anche in Orazio, Epistole 1 , 1 7,36: "Non cuivis homini contigit adire Co­ rinthum". 37 Tuttavia, non a tal punto da poter essere paragonata alle odierne città di Amsterdam o di Ban­ kok, come invece sostiene F. Manzi, Seconda Lettera ai Corinzi. Nuova versione, introduzione e commento, LB 9, Milano 2002, 82; il confronto non regge in alcun caso non soltanto per le propor­ zioni urbanistiche ma anche per la diversa concezione sulla sessualità nel mondo greco-romano rispetto a quella contemporanea. 38 Cf. l'ottimo e dettagliato contributo di D.E. Smith, "The ES}'Ptian Cults at Corinth", in HTR 70 p 977) 20 1 -23 1 ; fra i commentari cf. Fumish, II Corinthians, 19-20. 9 Fumish, II Corinthians, 2 1 ; Witherington III, Conflict & Community, 26.

III. Paolo e le comunità dell'istmo l 39 rinto assume particolare rilevanza rispetto alla relazione con la comunità cristia­ na fondata da Paolo, su cui torneremo nel prossimo capitolo. Corinto svolse una posizione di rilievo non soltanto per i centri religiosi che vi pullulavano in epoca imperiale, ma anche per i giochi che determinavano l'af­ fluenza di molti partecipanti e turisti40• Prima di tutto, ogni due anni venivano ce­ lebrati i giochi Istimici, a primavera, sin dal VI sec. a.C.: non furono interrotti neanche durante il periodo infausto del 146-44 a.C. ma passarono alla gestione dei Sicioni, per essere nuovamente organizzati dagli abitanti di Corinto, dopo la restaurazione romana. Nel 30 a.C. furono introdotti anche i giochi in onore di Ce­ sare, celebrati ogni 4 anni, che attestano la massiccia colonizzazione della città41 • Non sappiamo se Paolo assistette ai giochi istimici del 49 e del 5 1 d.C.; comun­ que, l'uso delle metafore sportive nel corso della 1 Corinzi42, riscontrano un vero­ simile contesto nella celebrazione dei giochi a Corinto, dove accanto alle gare ma­ schili si celebrano quelle femminili43• I centri principali per la celebrazione dei giochi sono lo stadium, collocato nella parte meridionale del tempio di Poseidone e restaurato all'inizio del I sec. d.C., e l'ippodromo, forse localizzabile a 2 km sud­ ovest dello stesso tempio44• Pertanto il cosmopolitismo di Corinto, durante l'epoca imperiale romana, si espresse non soltanto per la varietà di etnie presenti ma anche per l'abbondanza di centri di culto che convivevano senza sostanziali difficoltà e per i frequenti eventi sportivi che attiravano un gran numero di turisti. ll variegato contesto socio-religioso e la posizione strategica della città diventano per Paolo l'occasione più propizia per annunciarvi il suo vangelo e per impiantare una delle comunità cristiane più vivaci della diaspora45•

III. PAOLO E LE COMUNITÀ DELL 'ISTMO Si può asserire, senza timore di sbagliare, che con nessuna comunità de1la dia­ spora, come con quella di Corinto, Paolo intrattenne il maggiore carteggio episto­ lare, affrontando le questioni più variegate, con le relazioni sempre in stato di edi­ ficazione e i conflitti da ristabilire. Per questo, è importante cercare di definire, per quanto sia possibile, i tratti auto- e biografici di Paolo e la condizione socio­ economica delle comunità domestiche di Corinto e dell'Istmo, intorno agli anni SO d.C. 3 . 1 . Paolo a Corinto

Uno dei dati più sicuri sulla biografia di Paolo riguarda la sua comparsa, durante il suo secondo viaggio missionario, davanti a Gallione, proconsole della provincia romana dell'Acaia, citato in At 1 8 , 1 2- 1 7 . Lucius Jiunius Annaeus Gallio era figlio 40 Sull'importanza socio-èultur.dé ·dei giochi istmici a Corinto cf. Winter, After Paul Left Corinth, s.

41 Walters, "Civic Identity in Roman Corinth", 408. 42 Cf. 1Cor 9,24-27; 15,3 1-32; anche Fil 3 , 1 2-14. Per una panoramica sui giochi e le campagne mi­

litari nel mondo greco-romano, con ricadute sulle metafore sportive e balistiche nell'epistolario paolino cf. E. Krentz, "Paul, Games and the Military", in Sampley, Pau[ and Greco-Roman World, 344-383. 43 Sulla partecipazione delle donne ai giochi istimici cf. Murphy-O'Connor, St. Paul's Corinth , 1 6 . 44 Murphy-O'Connor, St. Paul's Corinth, 12. 45 Cf. a riguardo l'utile contributo di M.E. Thrall, "The Initial Attraction of Paul's Mission in Co­ rinth and the Church He Founded There", in A. Christophersen - C. Claussen - J. Frey - B. Longe­ necker (cur.), Pau[, Lu� and the Greco-Roman World, FS. A.J.M. Wedderbum, JSNT SS 2 1 7, Shef­ field 2002. 59-62.

40 l Introduzione

del retore Seneca e fratello maggiore del noto filosofo e politico Seneca che gli de­ dicò il De ira. Nelle sue Ricerche sulla Natura 4, prefazione l O, così il fratello mi­ nore parla di Gallione: "Ero solito dirti che Gallione, quel mio fratello che nessu­ no ama come merita, perfino chi non potrebbe amarlo di più, gli altri vizi li igno­ rava, a questo solo riservava il suo odio ... " Secondo la legislazione romana l'incarico proconsolare durava per un anno (da aprile ad aprile) 1 • Alle scarne notizie di At 1 8, 1 2- 1 7 su Gallione è opportuno ag­ giungere la nota iscrizione, greca ritrovata a Delfi, durante gli scavi condotti dalla compagnia francese, e pubblicata nel 1 905, che riproduce la lettera di Claudio a­ gli abitanti di Delfi (Silloge Inscriptionum Graecarum 23,80 1 ): 1Tiberio Claudio Cesare Augusto Germanico (nel 12° anno della sua) potestà tribu­ nizia, 2acclamato imperatore per la 26• volta, padre della patria, saluta . . . 3Già d a tempo verso l a città d i Delfi sono stato non solo ben disposto, ma h o awto cura della sua prosperità 4e sempre, ho protetto il culto di Apollo Pitico. Ma poiché 5ora si sente dire che viene abbandonata anche dai cittadini, come mi ha da poco ri­ ferito L. Giunio 6Gallione, amico mio e proconsole (anthypatos ) , desiderando che Delfi 7conservi intatta la sua primitiva bellezza, vi ordino di chiamare anche 8da altre città a Delfi degli uomini liberi come nuovi abitanti e che 9ad essi e ai loro discendenti sia integralmente concessa la stessa dignità di quelli di Delfi, 10in quanto cittadini in tutto e per tutto uguali. . ."

Poiché l'iscrizione si riferisce al l2° anno della potestà tribunizia e alla 26" accla­ mazione di Claudio come imperatore, si può stabilire, con buona probabilità, che ci troviamo nel 52 d.C. Resta da definire se il proconsolato di Gallione sia da col­ locare nel 5 1 -52 (aprile) l o tra il 52-53. Lo stesso Seneca, nelle sue Epistole 104, 1 precisa che suo fratello, a causa della febbre, non portò a termine il proprio man­ dato ma s'imbarcò per far ritorno a Roma. La convergenza dei dati permette di asseverare che Paolo comparve davanti a Gallione verso la fine della sua perma­ nenza a Corinto (cf. At 1 8, 1 8), durata un anno e mezzo: di conseguenza, la sua missione nella città cominciò verso la fine del SO e si concluse verso la fine del 52 o agli inizi del 53. Della vita di Gallione sappiamo che nel 65 fu costretto, da Nero­ ne, a suicidarsi, insieme a Seneca, suo fratello. Secondo la narrazione degli Atti (cf. At 1 8, 1 -4), all'inizio della sua permanenza a Corinto, Paolo andò ad abitare presso la casa di Aquila e Priscilla, giunti a Corinto in seguito al famoso editto di Claudio che comminava l'espulsione dei giudei da Roma (molto probabilmente nel 49 d.C.)4• Con e come loro esercitava il mestiere di fabbricatore di tende; ed ogni sabato frequentava la sinagoga. A quanto sem­ bra, la sua predicazione non riscosse molto consenso nella comunità giudaica: gli Atti riportano soltanto l'adesione di Crispo, capo della sinagoga, e della propria 1 Cassio Dione, Storia Romana 60, 1 7,3: "Inoltre (Claudio) ingiunse ai governatori desigriati peÌ' sorteggio, dato che in quel periodo erano lenti nella loro partenza dalla città, di partire per la loro destinazione prima della metà di aprile". 2 Per l'originale greco dell'iscrizione A. Plassart, FouiUes de Delphes 111/4. Les inscriptions du tem­ pie du IV siécle, Paris 1 970; cf. Murpy·O'Connor, St. Paul's Corinth, 1 79; per la traduzione italiana cf. R. Penna, L'ambiente storico-culturale delle origini cristiane. Una documentazione ragionata , Bo­ logna 19862, 25 1-252. Cf. inoltre G. Deiana, "L'iscrizione di Delfi: una critica all'ipotesi del Plas­ sart", in Lateranum 47 ( 1 98 1 ) 535-539; J.H. Oliver, "The Epistle of Claudius which mentions the Proconsul Junius Gallio", in Hesperia 40 ( 1 97 1 ) 239-240. 3 Furnish, II Corinthians, 54 data la comparsa di Paolo di fronte a Gallione durante l'estate del 5 1 d.C. 4 Svetonio, Claudius 25,4: "Ioudaes impulsore Chresto assidue tumulutuantis Roma expulit". Sul­ la datazione, il significato e le conseguenze dell'editto di Claudio cf. Pitta, Romani, 22-23.

III. Paolo e le comunità dell'istmo l 4 1

famiglia (cf. At 1 8,8), mentre gran parte dei giudei condusse Paolo in tribunale, davanti a Gallione. Al contrario, sembra che l'evangelizzazione paolina promosse l'adesione dei "timorati di Dio", persone già attratte dal giudaismo, e dei gentili della città5: forse fra questi è da citare Tizio Giusto, un timorato che accolse Paolo in casa e la cui abitazione si trovava accanto alla sinagoga (cf. At 1 8,7). Oltre alla comunità cristiana di Corinto, è importante citare quella portuale di Cenere, dove la diaconessa Febe svolge un ruolo di primo piano (cf. Rm 1 6 , 1 -2): si tratta di una donna benestànte che ha protetto (cf. prostatis in Rm 1 6,2) Paolo e gli altri credenti, di fronte alle autorità della città6• Seguendo la narrazione degli Atti, dopo 1 8 mesi di permanenza a Corinto, Paolo raggiunse Cenere (fine del 52), sul golfo Saronico di Corinto, dove si fece tagliare i capelli per adempiere un voto di nazireato (cf. At 1 8 , 1 8), quindi parti alla volta di Efeso e intraprese la via del ri­ torno, raggiungendo prima Cesarea marittima e quindi Gerusalemme, per fer­ marsi ad Antiochia di Siria (cf. At 1 8 , 1 9-22). Tra la fine del 52 o inizi del 53 e il 54 inizia la corrispondenza epistolare di Paolo con i Corinzi che prosegue sino al 56 e che possiamo schematizzare con il seguen­ te prospetto, relazionandola agli eventi rilevabili dalle lettere che ci sono pervenu­ te: 52-54: Lettera A di Paolo ai Corinzi: inviata da una località ignota e citata in 1 Cor 5,9- 1 1 ; lettera del tutto smarrita. Lettera dei Corinzi a Paolo: inviata da Corinto e citata in 1 Cor 7, 1 ; la lettera è smarrita ma doveva contenere questioni sull'etica cristiana. 54 autunno: Lettera B di Paolo ai Corinzi, corrispondente all'attuale ! Corinzi ca­ nonica, inviata per mano di Timoteo, molto probabilmente da Efeso (cf. 1 Cor 4, 1 7)1. Prossimi progetti di viaggio di Paolo: dalla Macedonia a Corinto (cf. l Cor 1 6,5- 1 0). 55 primavera: Visita di Paolo a Corinto dalla Macedonia (deducibile dal riferi­ mento alla terza visita prospettata in 2Cor 12,14; 1 3, 1 ); contrasto di Paolo con un offensore, di cui ignoriamo l'identità, della comunità; partenza per Efeso8• 55 estate: Lettera C di Paolo ai Corinzi, nota come "lettera delle lacrime" (citata in 2Co 2,4; 7,8- 1 6), recata da Tito. 55 autunno: Breve permanenza di Paolo a Troade (cf. 2Cor 2 , 1 2); riparte per la Macedonia per incontrare Tito e riceve notizie sulla comunità di Corinto (cf. 2Cor 2 , 1 3 ; 7,6-7). 55 inverno: Lettera D o "della riconciliazione" di Paolo ai Corinzi, per mano di Tito (cf. 2Cor 8,6. 1 6-24), e corrispondente a 2Cor 1-9. 56 primavera: Notizie negative da Corinto giunte a Paolo in Macedonia; invio del­ la Lettera E o "lettera polemica", di cui una buona parte è rappresentata dalla se­ zione di 2Cor 10-13. 56 estate: arrivo di Paolo a Corinto; soluzione dei conflitti con la comunità e par­ tenza per Gerusalemme con la colletta a cui hanno partecipato le comunità della Macedonia e dell'Acaia (cf. Rm 1 5,25-28). 57 primavera: partenza da Corinto ed arrivo di Paolo a Gerusalemme. Dalla proposta della cronologia riportata e ricostruita in base agli elementi auto­ biografici di 1 -2Corinzi, su cui ci siamo soffermati in dettaglio per la questione dell'integrità della 2Corinzi canonica, risalta che la lettera della riconciliazione 5

Thrall , "Initial Attraction", 63.

6 Sull'identità e le credenziali di Febe vedi sotto a proposito della prosopografia dei cristiani di

Corinto e dell'Acaia. 7 Barbaglio, Prima Corinzi, 44. 8 Sulle motivazioni per cui tra la l Corinzi e l'invio di 2Cor 1-9 si colloca la visita intermedia di Paolo a Corinto, vedi il nostro commento a 2Cor 2,1-4; per fa trattazione delle questione in sede introduttiva cf. Thrall, Second Corinthians, 53-56.

42 / Introduzione

(2Cor 1 -9) non corrisponde alla seconda lettera di Paolo inviata a Corinto, bensl rappresenta la quarta lettera (Lettera D), e che la lettera polemica (2Cor 1 0-- 1 3) è, di fatto, la quinta lettera (Lettera E) inviata alla stessa comunità. Per inverso, no­ nostante l'annotazione di l Cor 7, 1 , non ci è pervenuta alcuna lettera mandata dai Corinzi a Paolo, il che dimostra che le due lettere canoniche rappresentano sol­ tanto una parte del ricco carteggio epistolare intercorso tra lui e la comunità.

3.2.

Le comunità domestiche di Corinto

.Negli ultimi decenni di studi biblici si assiste ad una ricca produzione sulla situa­ zione socio-religiosa delle comunità cristiane delle origini: sul loro stato sociale e sulla loro composizione ecclesiale, con inevitabili approssimazioni di risultati, a causa dei pochi dati pervenutici9• A riguardo, riteniamo che un primo livello di analisi, su questo versante, sia quello della prosopografia ossia dei nomi elencati nelle lettere di Paolo e che, per evitare processi di globalizzazione indebiti, sia ne­ cessario distinguere, per quanto sia possibile, una comunità urbana dall'altra 10• Le fonti a disposizione sulla prosopografia della comunità di Corinto sono, da una parte, la l Corinzi e la Lettera ai Romani, e dall'altra gli Atti degli apostoli, fer­ mo restando il diverso apporto dell'autobiografia rispetto alla biografia; e da que­ sto punto di vista, la 2Corinzi non offre alcun indizio. 't) Sòstene (cf. l Cor 1 , 1 ; At 1 8 , 1 7). Nome di origine ebraica, utilizzato soltanto due volte nel NT: come committente della l Corinzi e per designare l'arcisinagogo della comunità giudaica di Corinto, percosso dai giudei davanti al tribunale di Gallione. FQrse si tratta della stessa persona che, in seguito alla persecuzione su­ bita a Corinto, segue Paolo ad Efeso, da cui è inviata la l Corinzi. U titolo archisy­ nagogos non offre molti indizi sull'origine e sullo stato sociale di Sòstene: per al­ cuni denota una responsabilità giuridico-liturgica nella sinagoga 1 1 , per altri un semplice titolo di onore che, di fatto, poteva essere conferito ad un uomo, ad una donna e persino ad un gentile, ad un timorato di Dio o ad un simpatizzante della comunità giudaica 12• Comunque, molto probabilmente non si tratta di un indi­ gente bensì di un benestante che ha beneficato la comunità giudaica di Corinto. 2) "Quelli di Cioe" ( l Cor l , 1 1 ) . li nome è tipicamente greco e forse di origine au­ toctona, poiché è rapportato a Demetra che, insieme a Core, è adorata in un san­ tuario di Corinto 13• Il termine chloe, hapax legomenon nel NT, significa "bionda" ed è uno degli attributi di Demetra. Non sappiamo se Cloe sia diventata cristiana, mentre lo sono quelli che ad essa sono relazionati, molto probabilmente per moti­ vi di lavoro o in quanto schiavi, più che per rapporti di parentela: forse è bene pre9 Fra i principali contributi R. Aguirre, Dal movimento di Gesù alla chiesa cristiana, Roma 2005; cf. P.F. Esler, The First Christians in their Social Worlds. Social-scientific Approaches to New Testa­ meni Interpretation, London-New York 1 994; A.J. Malherbe, Social Aspects of Early Christianity, Philadelphia 1 9832; W.A. Meeks, The First Urban Christian. The Social World of the Apostle Paul, New Haven-London 1983; E.W. Stegemann - W. Stegemann, Storia sociale del cristianesimo primi­ tive. Gli inizi nel giudaismo e le comunità cristiane nel mondo mediterraneo, Bologna 1998; G. Theissen, The Social Setting ofPauline Christianity, Edinburgh 1 982; F. Watson, Pau[, Jw:laism and the Genti/es. A Sociological Approach , SNTS MS 56, Cambridge 1 986. 1° Cf. l'analisi prosopografica condotta sull'intero epistolario paolino da Meeks, First Urban Chri­ stians, 55-63 e da Theissen, Social Setting, 94-95. 1 1 Theissen, Social Setting, 74. 12 Murphy-O'Connor, Vita di Paolo, 300. 13 Forse troppo netta è l'annotazione di Murphy-O'Connor, Vita di Paolo, 306 che non considera quelli di Cloe come non provenienti da Corinto per il semplice fatto che se riferiscono informazio­ ni di divisioni sulla comunità a Paolo avrebbero commesso un gesto indelicato nei confronti della comunità. Le fazioni delle comunità domestiche non impediscono assolutamente che alcuni, come quelli di Cloe, informino Paolo sulla situazione turbolenta fra i cristiani della città.

Ili. Paolo e le comunità dell'istmo l 43

cisare che il genitivo di appartenenza, hypo ton Chloes ( l Cor 1 , 1 1 ), definisce sol­ tanto il padre e non la propria madre 14• 3) Crispo (cf. 1 Cor 1 , 14). Il Krispos citato all'inizio della ! Corinzi è, con molta probabilità, lo stesso Crispo, arcisinagogo della comunità giudaica di Corinto, che secondo la narrazione di Atti, credette al Signore, con tutta la sua famiglia (cf. At 1 8,8), e fu battezzato da Paolo 15• Possiamo così riconoscere la prima comunità domestica della Chiesa di Corinto. Di Crispo non si hanno ulteriori tracce nel NT; e per il titolo di arcisinagogo valgono le osservazioni riportate per Sòstene. 4) Gaio (cf. l Cor 1 , 14). Il nome Gaios è diffuso nella prosopografica antica e nel NT è riportato 5 volte. Di certo non si tratta del Gaio a cui è indirizzata la l Gio­ vanni, e tanto meno del Gaio, il Macedone e compagno di viaggio di Paolo, che fu trascinato, insieme ad Aristarco, nel teatro di Efeso, durante la rivolta degli ar­ gentieri (cf. At 1 9,29). Da escludere è anche il Gaio di Derbe, in Licaonia (la Gala­ zia meridionale; cf. At 14,6) e citato in At 20,4. Invece, poiché i saluti di Rm 16, 1-23 sono inviati da Corinto, si può ben ricono­ scere che il Gaio di l Cor 1 , 1 4 sia lo stesso di Rm 1 6,23, dove Paolo aggiunge che è "suo ospite e di tutta la Chiesa" di Corinto 16• n nome Gaius è tipicamente greco­ romano e si potrebbe dedurre che si tratti di un gentile, ma non dobbiamo dimen­ ticare che diversi schiavi di origine giudaica avevano ricevuto anche il nome greco-romano. L'annotazione di Rm 1 6,23 permette di stabilire che si tratta della seconda domus ecclesia e che Gaio, insieme a Crispo, fu battezzato da Paolo. Con gli elementi a disposizione non possiamo fornire ulteriori informazioni su questo gentile. 5) Stefana (cf. 1 Cor 1 , 1 6; 1 6, 1 5. 1 7). Il nome Stephanas è usato soltanto 3 volte nel NT e nelle citazioni riportate. In l Cor 1 , 1 6 e in 1 Cor 1 6, 1 5 Paolo cita la "casa" o la famiglia di Stefana, battezzata da lui. La sua famiglia è "primizia dell'Acaia", la provincia romana con capitale Corinto, e ha esercitato la diakonia verso i santi (cf. lCor 1 6 , 1 5), ossia nei confronti di tutti i credenti di Corinto, mediante la "col­ laborazione e la fatica" per il vangelo. Non è la prima volta che Paolo annota l'a­ desione al vangelo di una "primizia": anche in Rm 1 6,5 Epeneto sarà definito "pri­ mizia dell'Asia". Dai dati a disposizione possiamo identificare nella casa di Stefa­ na la terza domus ecclesia di Corinto, anche se il nome Stephanos non offre ulte­ riori indizi sulla sua origine socio-religiosa: se appartenga al giudaismo della dia­ spora o se provenga dal contesto gentile della città e se, in quest'ultimo caso, si tratti di un timorato di Dio oppure di un gentile proveniente direttamente dal pa­ ganesimo. Insieme a Fortunato e ad Acaico, Stefana appartiene alla delegazione che da Corinto raggiunge Paolo in Macedonia (cf. 1 Cor 1 6, 1 7). Per questo Paolo li raccomanda ai destinatari della lettera (cf. l Cor 1 6, 1 8). 6) Fortunato (cf. 1 Cor 1 6, 1 7). Il nome Phortounatos è riportato soltanto una volta nel NT, in occasione della delegazione di Corinto che abbiamo appena citato. n termine tradisce l'origine romana di Fortunatus; forse si tratta di uno schiavo o di un liberto, da relazionare, quanto alla propria origine, ai tanti schiavi e liberti in­ viati a Corinto, a partire dal 44 a.C., per la ricolonizzazione della città. 7) Acaico (cf. 1 Cor 1 6, 1 7). Il nome Achaicos è hapax legomenon nel NT, in quanto è citato soltanto per il terzo componente della delegazione di Corinto. Di per sé si tratta di un soprannome, attribuito ad una persona, come già per il caso di Lucius Mummius (denominato Achaicus dopo la conquista dell'Acaia nel 1 46 a.C.). Non abbiamo altri dati a disposizione per definire questo credente di Corinto. 8) Lucio (cf. Rm 1 6,2 1). Il nome Loukios è citato soltanto due volte nel NT: in At 1 3 , 1 si accenna ad un certo Lucio di Cirene, ben inserito nella comunità di Antio14

Theissen, Social Setting, 93 .

15 Aguirre, Movimento di Gesù, 1 66. 16 E. W. Stegemann - W. Stegemann, Cristianesimo primitivo, 497; per il commento a Rm 16,23 cf. Pitta. Romani. 529.

44 / Introduzione chia di Siria. Forse non si tratta dello stesso personaggio, poiché in Rm 1 6,21 è definito come "connazionale" di Paolo. Non sappiamo se sì trovi a Corinto di pas­ saggio o se vi dimori; oltre all'origine semitica non abbiamo ulteriori dati a dispo­ sizione. 9) Giasone (cf. Rm 1 6,2 1 ) . Connazionale di Paolo è anche un certo lason; forse è lo stesso Giasone che a Tessalonica ospitò Paolo, in occasione della rivolta degli altri giudei (cf. At 1 7,5-7). Probabilmente, in seguito alle ostilità giudaiche a Tes­ salonica (cf. 1 Ts 2 , 1 4- 1 6), decise di seguire Paolo alla volta di Corinto. Non sap­ piamo se Giasone si stabilì nella capitale dell'Acaia o se era di passaggio. l O) Sosipatro (cf. Rm 1 6,2 1 ). Connazionale di Paolo e citato anche in At 20,4 con il diminutivo di Sopatro. Figlio di un certo Pirro, giudeo della diaspora e origina­ rio di Berea, in Macedonia, Sosipatro accompagna Paolo durante il terzo viaggio missionario; forse è di passaggio da Corinto. 1 1 ) Terzo (cf. Rm 1 6,22). Segretario di Paolo ed estensore della Lettera ai Roma­ ni, il cui nome tradisce l'origine romana e l'estrazione di schiavo o di liberto. Di lui non sappiamo altro, tranne che è cristiano e che è noto ad alcuni credenti delle comunità cristiane di Roma. 1 2) Erasto (cf. Rm 1 6,23). Particolare attenzione ha suscitato, per le connessioni con le testimonianze archeologiche di Corinto, il nome Erastos. In Rm 1 6,23 è ci­ tato come oikonomos o amministratore della città. Un'iscrizione romana trovata nel 1 929, sul marciapiede, tra il mercato settentrionale e il teatro della città, reci­ ta: ERASTUS PRO AEDILIT(AT)E SP STRAVIT. Nel 1 960 è stata scoperta una nuova iscrizione, in greco, che comprende il nome di Erasto: [Hoi] Bitellioi [Phro]nteinos [kai E]rastos [toJ genei 11• In realtà, i dati a disposizione esigono maggiore cautela rispetto alle relazioni tra l'Erasto di Rm 1 6,23 o di 2Tm 4,20 e quello delle due iscrizioni citate 18• Di fatto, la prima iscri­ zione risulta monca all'inizio del nome, per cui è possibile che si tratti anche di un certo EPERASTUS. Inoltre, rispetto al titolo oikonomos, diffuso nelle iscrizioni greche, è bene precisare che non corrisponde di per sé al latino aedilis, bensì ad arcarius civitatis (così la Vulgata) o a servus arcarius e ad arcarius rei publicae. ll corrispondente latino permette di riconoscere che, in genere, l'oikonomos è un servo o un liberto, scelto per l'amministrazione finanziaria della città. Per questo non necessariamente si tratta di un benestante che ha finanziato la pavimentazio­ ne di una piazza della città di Corinto, come invece per il caso dell'(EP)ERASTUS della prima iscrizione latina, dove la sigla SP latina sta per sua pecunia: "a sue spese" La seconda iscrizione greca non aggiunge alcun dato utile per la nostra questione, in quanto sembra databile nel II sec. d.C. 19; molto probabilmente i fratelli Fronti­ no ed Erasto sono schiavi che hanno operato sotto il patronato della famiglia ro­ mana dei Vitellius. 1 3) Quarto (cf. Rm 1 6,23). Nome riportato soltanto qui nel NT; il nome è di origi­ ne romana ed è spesso utilizzato nella letteratura latina per gli schiavi o per i li­ berti, come per Terzo. 1 4) Febe (cf. Rm 1 6 , 1 -2). Nome di origine greca che significa "risplendente" o '1u­ minosa": è la denominazione di una titana, figlia del Cielo e della Terra. Molto probabilmente Febe è latrice della Lettera ai Romani e, per raccomandarla, Paolo 1 7 A.D. Clarke, Another Corinthlan Erastus Inscription", in TynB 42 ( 1 99 1 ) 146- 1 5 1 . •

18 Favorevoli all'identificazione dei due personaggi sono Aguirre, Movimento di Gesù , 1 67; Clarke,

"Another Corinthian Erastus", 1 5 1 ; J. A Fitzmyer, Lettera ai Romani. Commentario critico­ teologico, Casale Monferrato 1999, 885; H. Koester, "The Silence of the Apostle", in Schowalter ­ Friesen, Urban Religion in Roman Corinth , 339-340; e Theissen, The Social Setting, 83; contrario è J.J. Meggitt, "The Social Status of Erastus (Rom 1 6:23)" , in NT 38 ( 1 996) 222; più prudente è S. Légasse, L'épftre de Pau[ aux Romains, LD Commentaires 10, Paris 2002, 972. 1 9 Datazione riconosciuta dallo stesso Clarke, "Another Corinthian Erastus", 14 7. .

III. Paolo e k comunittl deU'istmo 1 45

sottolinea alcune credenziali 20: è "sorella" nella fede e non di sangue rispetto a Paolo (cf. la stessa qualifica per Appia in Fm 2); è diakonos (il termine è al ma­ schile anche se è attribuito ad una donna), ossia è responsabile della comunità di Cenere, sia per il ministero della carità sia per quello della predicazione/cateche­ si; come tutti i credenti, appartiene ai "santi" (attributo d'identità prima che con valore etico); ed è prostatis, un termine con valore giuridico-politico, utilizzato soltanto in Rm 1 6,2 per il NT. Più che corrispondente a proistamenos (colui che presiede al governo della comunità, in l Ts 5 , 1 2), in quanto relazionato a Paolo e a "molti" credenti, il sostantivo prostatis si riferisce al patronato politico a favore dei cristiani che Febe svolge, con molta probabilità, nella città di Corinto21• 15-16) Prisca ed Aquila (cf. Rm 1 6,3-4; At 1 8,2). Come abbiamo richiamato nel paragrafo sulla cronologia paolina, in occasione del suo arrivo a Corinto, Paolo si stabilì nella casa di questa coppia di credenti che, in quanto giudei, erano stati espulsi da Roma in occasione dell'editto di Claudio (molto probabilmente nel 49 d.C.). In genere, tranne che in lCor 1 6, 1 9, Paolo cita prima Prisca rispetto al ma­ rito (a differenza di At 1 8,2)22, forse a dimostrazione della sua migliore posizione sociale o per il suo maggior peso nella comunità cristiana: il suo diminutivo è Pii­ scilla, riportato soltanto negli Atti (cf. At 1 8 ,2. 1 8.26); non abbiamo altri dati per­ sonali, se non che collabora con il marito nella fabbricazione delle tende. Aquila è un giudeo della diaspora, originario del Ponto (cf. At 1 8,2), ma trasferito­ si a Roma. Secondo la narrazione di Atti, dopo la partenza di Paolo da Corinto, Prisca ed Aquila lo seguirono alla volta di Efeso, dove collaborarono nell'evange­ lizzazione della città (cf. At 1 8, 1 8). Il dato è confermato dai saluti finali di lCor 1 6 , 1 9, in cui Paolo riporta anche quelli della coppia che si è intanto stabilita ad Efeso, ospitando in casa la nuova comunità cristiana. Con la morte di Claudio (54 d.C.), Prisca ed Aquila tornano a Roma e ospitano una delle tomunità domestiche della Capitale, come attestano i saluti di Rm 1 6,3-4. Il loro stato sociale deve essere abbastanza buono, non tanto per i continui spostamenti di viaggio, da Roma, a Corinto, ad Efeso e a Roma (senza calcolare i saluti di 2Tm 4, 1 9 che suppongono una nuova emigrazione forse ancora ad Efe­ so), quanto per le possibilità che hanno di ospitare in ogni città, dove si stabilisco­ no, una comunità domestica23• 1 7) Tizio Giusto (citato soltanto in At 1 8,7). Non sappiamo se questo timorato di Dio, di origine gentile, metteva a disposizione la propria abitazione per la domus ecclesia di Corinto né se aveva aderito al vangelo in seguito all'ospitalità offerta a Paolo, in uno dei momenti di maggior tensione con i giudei di Corinto. Possiamo soltanto ricordare che la sua abitazione si trovava accanto alla sinagoga della cit­ tà. La prosopografia delineata permette di stabilire alcuni dati importanti che si ri­ flettono sulla corrispondenza di Paolo con i Corinzi. Anzitutto rispetto all'estra­ zione etnica, diversi membri sono di origine giudaica: è il caso di Sostene, Crispo, Lucio, Giasone, Sosipatro, Prisca ed Aquila; e fra questi spiccano i primi due, in quanto arcisinagoghi della comunità ebraica di Corinto. La presenza di due arci­ sinagoghi lascia intendere che a Corinto è stanziata una comunità giudaica abba­ stanza numerosa: un dato che abbiamo già evidenziato attraverso la testimonian­ za di Filone Alessandrino, nel suo De Legatione ad Gaium 28 1 . Nonostante le ostiSull'identità e il ruolo di Febe nella comunità cristiana e in quella civile cf. M. Ernst, "Die Funk­ tionen der Phtibe (Rom 1 6, 1 f.) in der Gemeinde von Kenchreai", in Protokolle zur Bibe/ 1 ( 1 992) 1 35- 147; Pitta, Romani, 5 1 5-5 16; C.F. Welan, "Amica Pauli: The Role of Phoebe in the Early Church", in /SNT 49 ( 1 993) 67-85. 21 E. W. Stegemann · W. Stegemann, Cristianesimo primitivo, 496. 22 Cf. 1Cor 1 6,3; 2Tm 4,19; anche in At 1 8 , 1 8.26. 23 D.L. Balch, "Paul, Families, and Households", in Sampley, Pau/ in Graeco-Roman World, 259.

20

46 / Introduzione lità di gran parte dei giudei contro Paolo

un dato di fondamentale importanza che si rifletterà anche nella prima apologia di 2Cor 2 , 1 4-7,4 - alcuni di essi e fra i più rappresentativi aderiscono al vangelo di Paolo. Naturalmente il caso di Prisca ed Aquila non è limitato alla comunità cristiana di Corinto ma, come abbiamo se­ gnalato rispetto ai loro continui spostamenti, coinvolge anche quelle di Roma e di Efeso. Un'osservazione analoga vale per Sosipatro, compagno di viaggio di Paolo, e per Lucio e Giasone. Non deve meravigliare più di tanto l'uso di nomi greco­ romani per alcuni cristiani di origine giudaica, come Lucius e Giasone: molti giu­ dei della diaspora, compreso Paolo (Saul) e in seguito Flavio Giuseppe, recano il nome greco-romano insieme a quello giudaico. Di origine greco-romana invece sembrano Cloe (anche se non sappiamo se sia cri­ stiana, mentre lo sono quelli che le si riferiscono), Febe, Terzo, Quarto, Fortuna­ to, Erasto e Tizio Giusto: sono nomi di schiavi o di liberti tipicamente gentili che appartengono alla comunità cristiana di Corinto. Per i restanti nomi è difficile de­ finire la loro provenienza e il modo con cui sono relazionati al giudaismo, prima di aderire al vangelo di Paolo: se in quanto timorati di Dio24, oppure senza alcuna relazione con la comunità giudaica di Corinto, come per il caso Gaio. Di fatto Acaico è semplicemente un soprannome e Stefana può essere sia un gentile sia un timorato o un semplice simpatizzante del giudaismo. Alle tre caratterizzazioni re­ ligiose prospettate (giudei, timorati e gentili) vanno relazionate altrettante comu­ nità domestiche25: quella di Crispo, di Gaio e di Stefana, senza dimenticare quella di Prisca e Aquila, anche se momentanea, almeno quanto ai suoi padroni. Pertanto possiamo sostenere che a Corinto, come a Roma e in Galazia, non c'è una chiesa centralizzata, con una struttura gerarchica, bensì si possono ricono­ scere diverse chiese domestiche a carattere familiare, in cui si radunano i creden­ ti. Forse è gpportuno ricordare che la formula che definisce le comunità domesti­ che, nelle lettere paoline, è hé kat'oikon ékklesia utilizzata in l Cor 1 6, 1 926: essa de­ nota non soltanto la presenza della Chiesa in una casa bensì anche le relazioni fra le comunità domestiche della stessa città, nel rispetto del valore distributivo della preposizione kata 27• Dal punto di vista urbanistico sembra che le case private più agiate di Corinto non potevano ospitare più di 50 membri, se si comprende l'uso, nello stesso tempo, del triclinium (la sala da pranzo) e dell'atrium 28• Come modelli domestici principali sono scelte la casa di Anaploga, presso Corinto, quella dei Vettii a Pompei e quella della Buona Fortuna ad Olinto. Invece i poveri e gli schia­ vi abitavano nelle tabernae o nei tuguri, e dormivano nelle pergulae o nei soppal­ chi; al massimo disponevano di una cella o di una cellula, nelle insulae delle zone più popolari e malfamate delle città29• ll modello proposto sulla struttura della villa di Anaploga, come domus ecclesia, è stato posto in discussione da quanti, in base alle abitazioni scoperte durante la -

24 Sui timorati di Dio nella diaspora giudaica, da distinguere rispetto ai semplici simpatizzanti, cf. B. Wander, Timorati di Dio e simpatizzanti. Studio sull'ambiente pagano della diaspora, Cinisello Balsamo 2002, 263-27 1 . 25 Sulle chiese domestiche delle origini cf. R . Banks, Paul's Idea of Community: The Early House Churches in their historical Setting, Exeter 1980; V.P. Branick, The House Church in the Writings of Paul, Wilmington 1989; H.-J. Klauck, Hausgemeinde und Hauskirche im {rahen Christentum, SBS 1 03, Stuttgart 1 98 1 ; C. Osiek - D.L. Balch, Families in the New Testament World: Households and House Churches, Louisville 1 997; e per le comunità domestiche di Corinto cf. B. Button - F.J. Van Rensburg, "The •House Churches• in Corinth", in Neot 37 (2003) 1 -28. 26 Cf. anche Rm 1 6,5; Fm 2; Col 4 , 1 5 . . 27 Button - Van Rensburg, "House Churhes" 9. Sulla portata più o meno consistente dal punto di vista ecclesiologico, della formula cf. M. Gielen, "Zur Interpretation der paulinischen Forme! Ire kat'oikon ekklesia", in ZNW 77 ( 1 986) 1 09- 1 25. 28 Balch, "Paul, Families and Households", 258-266; Button - Van Rensburg, "House Churches", 16; R. Penna, "Chiese domestiche e culti privati pagani alle origini del cristianesimo", in N. Ciola �cur.), Servire Ecclesiae, FS. P. Scabini, Bologna 1 998, 63. 9 Penna, "Chiese domestiche", 63-64. ,

,

III. Paolo e le comunittl dell'istmo l 4 7

campagna archeologica del 1 980, presso la strada orientale del Teatro, propongo­ no per Corinto alcuni centri di riunioni ecclesiali meno altolocati 30• Tuttavia le stesse riserve espresse per la villa di Anaploga possono essere formulate per le abitazioni sulla strada del Teatro: ci troviamo, comunque, di fronte a riferimenti ipotetici poiché, di fatto, non abbiamo attestazioni archeologiche sulle domus ec­ clesiae dell'epoca neo testamentaria 31• A riguardo, sono importanti le relazioni tra i culti pagani privati, in particolare quelli di Dioniso, di Apollo e di Esculapio, e quello delle prime comunità cristia­ ne. Di fatto le domus ecclesiae presentano significative analogie con i collegia o i thiasoi delle aggregazioni pagane32, anche se non andrebbero omesse rilevanti differenze. Nelle comunità domestiche si condivideva la preghiera, la lettura con la spiegazione della Scrittura e soprattutto la cena del Signore33; ma non possia­ mo dimenticare anche l'importanza del battesimo, con tutte le riserve espresse da Paolo in l Cor l , 1 3- 1 7, e l'aiuto economico per i più indigenti, compresa la colletta per la comunità di Gerusalemme, alla quale Paolo dedicherà ampio spazio in 2Cor 8-9: alcuni dati che, insieme a quello della lettura della Scrittura, non trova­ no riscontri nei collegia per i culti pagani 34• Il vincolo della fraternità nella fede, ti­ pico delle relazioni fra i cristiani e diffuso nelle lettere di Paolo, è raro nelle atte­ stazioni pervenuteci sui collegia pagani. Naturalmente, tali differenze non esclu­ dono che quelli di fuori stabilissero delle analogie sommarie fra le domus eccle­ siae e i thiasoi gentili: in entrambi i casi si tratta, comunque, di culti privati e non statali o imperialPs. Rispetto alla gestione, non è chiaro se coloro che ponevano a disposizione le pro­ prie abitazioni per la domus ecclesia esercitassero, nello stesso tempo, un ruolo di patronato e o di guida della singola comunità cristiana36: anche se per il caso di Febe tale èongiunzione è possibile, non si può asserire che patronato e ministeria­ lità fossero in relazione consequenziale. Di fatto non mancano casi in cui le due 30 D.G. Horrell, "Domestic Space and Christian Meetings at Corinth: Imagining New Contexts and the Buildings East of the Theatre", in NTS 50 (2004) 349-369. 3 1 Cosl opportunamente Balch, "Paul, Farnilies and Housholds", 258-259. 32 Aguirre, Movimento di Gesù, 1 04- 105; J.S. Kloppenborg, "Ed\\in Hatch, Churches and Colle­ gia", in B. H. McLean (ed.), Origins and Method. Toward a .\'eu· Urulerstandirtg ofJudaism and Chri­ stianity, FS. J.C. Hurd, JSNT SS 66, Sheffield 1993, 2 1 2-238: cf. inoltre il caso particolare della iscrizione di Agrippinilla ( I SO d.C. ca. ) analizzato da B.H. McLean, "The Agrippinilla lnscription: Religious Associations and Early Church Fonnation", in Mclean, Origins and Metods , 238-270 con la partecipazione degli schiavi e delle donne al culto dionisiaco, in analogia con le comunità �line (pp. 260-270); Penna, "Chiese domestiche", 67-69. 3 Button - Van Rensburg, "House Churches", 24-25. 34 Per questo se da una parte sono significativi i parallelismi rilevati da Penna, "Chiese domesti­ che", 78-82 tra le comunità domestiche cristiane e i collegia dei culti pagani, dall'altra non manca­ no significative differenze, come la lettura della Scrittura (riconosciuta anche da Penna), relazio­ nabile più alla tradizione giudaica, e la colletta per i poveri che. insieme alla cena del Signore, de­ nota ed esige relazioni più profonde fra i cristiani che frequentano le dom11-s ecclesiae. In altri ter­ mini, se tra la cena eucaristica e quella in onore di Serapide ci fosse stata una semplice analogia, non sarebbe esploso il caso dello scandalo a Corinto fra sazi e indigenti (cf. 2Cor 1 1 , 1 7-34). Tali elementi di discontinuità sono posti ben in evidenza da E. Ebel. Die Attraktivitiit fi1r christlicher Gemeinden. Die Gemeinde von Korinth im Spiegel griechisch-romischer Vereine, WUNT 2. 1 78, Tu­ bingen 2004, 1 43-22 1 che pone a confronto i cultores Dianae et Antinoi, quelli in onore di Bacco e la comunità cristiana di Corinto. 35 Da questo versante il contributo di R.A. Horsley, "Paul's Assembly in Corinth: An Alternative Society", in Schowalter - Friesen, Urban Religion in Roman Corinth, 378-379 se da un lato eviden­ zia le differenze fra le domus ecclesiae e i collegia religiosi pagani, dall'altro rischia di polverizzare l'incidenza delle stesse chiese domestiche soltanto a favore dell'orizzonte escatologico delle comu­ nità paoline della diaspora. 36 P. Lampe, "Pau!, Patrons, and Clients", in Sampley, Paul in Graeco-Roman World, 488-523; W.A. Meeks, "Corinthian Christians as Artificial Aliens", in T. Engberg-Pedersen (ed.), Paul Beyond JudaismJHellenism Divide, Louisville 200 1 , 1 37- 1 38.

48 l Introduziorte

funzioni sembrano ben distinte, come dimostra la relazione tra chi è istruito e chi istruisce in Galazia (cf. Gal 6,6), e forse il caso di Stefana in l Cor 1 6, 1 6- 1 737• Altrettanto complessa è la relazione tra il pater familias e i componenti della pro­ pria casa38: non sempre la sua conversione implica, nello stesso tempo, quella del­ la propria moglie, dei figli e degli schiavi domestici. Piuttosto sembra che proprio a Corinto si verificassero situazioni diversificate: di un marito credente e di una moglie non credente, e l'inverso (cf. l Cor 7, 1 2- 1 6 ) Per questo la numerazione dei membri credenti di una domus ecclesia, stabilita in base alla semplice citazione del pater familias andrebbe, comunque, trattata con il beneficio dell'inventario. Il confronto della prosopografia con le due lettere pervenuteci permette di dedur­ re ulteriori dati sulle relazioni socio-religiose dei cristiani di Corinto: le questioni sugli idolotiti e sui carismi lasciano intendere che la maggior parte dei credenti è di origine etnica o gentile, più che giudaica. Il rispetto dei "deboli" per le carni im­ molate agli idoli assume particolare valenza in contesto gentile (cf. l Cor 8,4- 1 3)39; e con una sentenza globale, in l Cor l2,2 Paolo ricorda l'estrazione gentile dei cre­ denti ponendo, comunque, in secondo piano la presenza di alcuni giudei nella stessa comunità. Più complessa è la questione sull'estrazione sociale dei cristiani di Corinto: men­ tre buona parte della prosopografia pervenutaci permette di dedurre che molti credenti provenivano dal grande bacino degli schiavi o dei liberti di Corinto - un dato confermato da l Cor l ,26-29 - resta aperta la questione sul loro livello econo­ mico: se si tratti di credenti estremamente indigenti o se, pur appartenendo agli strati umili della società, potevano provvedere al fabbisogno personale e familia­ re; e quale fosse il loro reddito lavorativo40• Ad esempio, Crispo e Sòstene, i due arcisinagoghi citati in At 1 8,8. 17, si trovano nella stessa condizione economica dei poveri della città o, in quanto tali, attestano un livello economico diverso? Certo la col'l.tesa affrontata in l Cor 1 1 ,2 1 , tra coloro che giungono alla celebrazio­ ne eucaristica in stato d'indigenza e coloro che invece vi pervengono senza aver mangiato, riflette una situazione di estrema indigenza per alcuni membri della comunità. L'orizzonte sociale si rivela ancora più sfocato se si considera che, co­ munque, a Corinto hanno aderito al vangelo alcuni benestanti della società civile, come Febe ed Erasto, a prescindere che quest'ultimo corrisponda all'Erasto dell'i­ scrizione marmorea citata sopra. Tuttavia, sembra che almeno per quanto riguarda Corinto, sino alla metà degli anni 50 d.C., siano da escludere conversioni al vangelo di alcuni membri prove­ nienti dagli strati più elevati della società, come i cittadini della classe senatoriale, dell'ordine equestre (equites) e della classe dirigente municipale o dei decurioni (tranne forse Erasto), mentre riteniamo che il consenso a cui sono pervenuti A.J. Malherbe, di W.A. Meeks e di G. Theissen conservi la sua validità: le domus eccle­ siae della città sono frequentate da membri di diversa estrazione sociale41 , in quanto mercanti, artigiani, liberti e schiavi, senza dimenticare una buona percen­ tuale di poveri, con i diversi livelli di povertà42• In tal senso sembra essere avvalo.

37 Cosi giustamente Button - Van Rensburg, "House Churches", 20-22. 38 Sulle responsabilità del pater familias nel contesto domestico ellenistico cf. L.M. White, MPaul

and Pater Familias", in Sampley, Pau/ in Greco-RomaruJ. World, 457-487. 39 Barbaglio, Prima Corinzi, 404 a commento di 1 Cor 8,7. 4° Con buona pace di J.J. Meggitt, Paul, Poverty and Sutvival, Ed.inburgh 1998, 97- 1 53 che ritiene di semplificare lo stato sociale dei primi cristiani distinguendo semplicemente la classe dei bene­ stanti da quella dei poveri, senza ulteriori variazioni. Cf. le valutazioni critiche di D.B. Martin, "Review Essay: Justin J. Meggitt, Paul, Poverty and SUJVival", in JSNT 84 (200 1 ) 5 1 -64 e di G. Theissen, "The Social Structure of Pauline Communities: Some Criticai Remarks on J.J. Meggitt, Paul, Poverty and Survival", in JSNT 84 (200 l) 65-84 che giustamente pongono in risalto le varie­ gate estrazioni dei cristiani di Corinto. Cf. comunque la replica di J.J. Meggitt, "Response to Mar tin and Theissen", in JSNT 84 (200 1 ) 85-94 .. 41 Theissen, Social Setting, 36-37.69-70; cf. inoltre Witherington m, Conflict & Community, 23. 42 Cf. la proposta della scala di povertà nellè comunità cristiane delle origini in S.J. Friesen, "Po­

IV. Analisi retorico-letteraria delle due lettere l 49

rata l'attestazione di Plinio il Giovane sui primi cristiani, con tutte le riserve ri­ spetto alla tenuta testuale della lettera: "Sono molti infatti di ogni età, di ogni ceto, di ambedue i sessi, coloro che sono o saranno posti in pericolo. Non è sol­ tanto nelle città, ma anche nelle borgate e nelle campagne, che si è propagato il contagio di questa superstizione"43• Forse uno degli anacronismi da evitare, ri­ spetto allo stato sociale delle prime comunità cristiane, è quello che, per esclude­ re la situazione variegata dei livelli di povertà, si tende a parlare di classi medie che corrispondono, di fatto, ad una borghesia ma che non è concepibile in epoca antica44• lV. ANALISI RETORICO-LE1TERARIA DELLE DUE LETTERE

Dopo aver introdotto il contesto storico e socio-religioso della corrispondenza di Paolo con i Corinzi, concentriamo la nostra attenzione sulla struttura o, secondo il linguaggio della retorica antica, sulla dispositio delle due lettere che, a nostro avviso, sono confluite nella 2Corinzi canonica . Forse è utile precisare che, dal ver­ sante metodologico, non procederemo seguendo le fasi del "rhetorical criticism", vale a dire dal genere retorico (epidittico, deliberativo o giudiziario), alla inventio (le prove esterne utilizzate per dar corpo alla comunicazione), alla dispositio e ai tipi di prove tecniche (l'ethos del mittente; il pathos dei destinatari e il logos del messaggio) 1 • Al contrario, riteniamo opportuno partire dal livello storico-critico della 2Corin­ zi, alla sua disposizione retorico-letteraria, che corrisponde all'analisi strutturale e dispositiva del testo, all'inventio o al reperimento delle prove esterne, alle prove tecniche e �la ricerca del genere retorico dominante, fermo restando che è possi­ bile non identificare alcun genere retorico in una lettera, giacché le due forme di comunicazione non sono affatto riduci bili fra loro. In tal modo si eviterà l'imposi­ zione di un modello retorico dall'esterno e si cercherà di proporne uno che, in base all'analisi storico-critica della lettera, si propone di evidenziarne le diverse dimensioni retoriche o di comunicazione persuasiva2• Non dobbiamo dimenticaverty in Pauline Studies: Beyond the So-called New Consensus", in JSNT 26 (2004) 34 1 ; Id., "Pro­ spects for a Demography of the Pauline Mission: Corinth among the Churches", in Schowalter ­ Friesen, Urban Religion in Roman Corinth , 367-369, anche se poco verificabile in base ai dati che ci sono pervenuti suUe domus ecclesiae di Corinto. Cf. a riguardo le riserve espresse da J. Barclay, "Poverty in Pauline Studies: A Response to Steven Friesen", in JSNT 26 (2004) 363-366; e da P. Oa­ kes, "Constructing Poverty Scales for Graeco-Roman Society: A Response to Steven Friesen's Po­ verty in Pauline Studies", in JSNT 26 (2004 l 36 7-37 1 . 43 Plinio il Giovane, Carteggio con Traiano 10,96,9: "Multi enim omnis aetatis, omnis ordinis, ut­ riusque sexus etiam, vocantur in periculum et vocabuntur. Neque civitates tantum, sed vicos etiam atque agros superstitionis istius contagio pervagata est". Sulle implicazioni sociologiche della testimonianza di Plinio cf. Aguirre, Movimento di Gesù , 1 6 1 . 44 Cosi opportunamente Friesen, "Prospects for a Demography", 369; Martin, "Review Essay", 54.

1 Cf. il modello del "rhetorical criticism" proposto da Kennedy, New Testament Interpretation,

33-38 e applicato per la prima volta da H.D. Betz, "The Literary Composition and Function of Paul's Letter to the Galatians", in NTS 2 1 ( 1 975) 353-379. NeO' ultimo trentennio del XX secolo si sono moltiplicati i contributi biblici fondati sul rhetorical criticism; per un bilancio bibliografico rimandiamo a D.F. Watson - A.J. Hauser, Rhetorical Criticism ofthe Bible. A Comprehensive Biblio­ graphy with Notes on History and Method, Leiden 1994; per le lettere paoline cf. S.E. Porter, "Paul of Tarsus and His Letters", in S.E. Porter (cur.), Handbook af Classica[ Rhetoric in the HeUenistic Period (330 B.C.-A.D. 400), Leiden 1997; 533-585; D. Dormeyer, "The Hellenistic Letter-Formula and the Pauli ne Letter-Scheme", in S.E. Porter (cur.), The Pauline Canon, Leiden 2004, 59-93. 2 Abbiamo cercato di seguire il modello deUa retorica letteraria sin da A. Pitta, Disposizione e mes­ Silggio tWl4 lettera ai Galati. Analisi retorico-letteraria, AnBib 1 3 1 , Roma 1992, nel tentativo di mi­ gliorame la metodologia con i due commentari alla Lettera ai Galati e alla Lettera ai Romani. Per il tipo di metodologia restiamo debitori a J.-N. Aletti e ai contributi che richiameremo nel corso del commentario.

50 l Introduzione re

che la 2Corinzi canonica, come tutte le comunicazioni di Paolo, è prima di tut­ to una lettera reale e non artificiale, con tutte le caratteristiche del genere episto­ lare, e quindi uno scritto inviato per convincere i propri destinatari mediante il suo spessore retorico. Nello stesso tempo ci sembra opportuno precisare che l'analisi retorico-letteraria non costituisce una semplice facciata che riveste, con osservazioni estetiche o meramente stilistiche, quanto ha raggiunto e produce il metodo storico-critico, bensì rappresenta l'apporto decisivo per cogliere le intenzioni persuasive di Paolo e i registri che utilizza per porle in atto. In pratica, senza il metodo storico-critico, l'analisi retorica rischia di assumere l'aspetto di un edificio carente di fondamen­ ta; e senza l'analisi retorico-letteraria, il classico metodo storico-critico si riduce al pian terreno dello stesso edificio, nell'impossibilità di cogliere il movimento del testo, quale via di comunicazione tra l'autore e il lettore. Un fatto è il rinvenimen­ to di uno scheletro, un altro è l'identificazione del modo di muoversi e di comuni­ care con i diversi interlocutori. D'altro canto quello dell'analisi retorico-letteraria non è un metodo del tutto nuo­ vo, se non per le procedure di analisi poste in atto, ma appartiene alla storia del­ l'esegesi patristica sull'epistolario paolina e sulla 2Corinzi in particolare. Cosl le Omelie alla 2Corinzi di S. Giovanni Crisostomo contengono diffuse ed importanti osservazioni di carattere retorico3; e per l'Occidente cristiano vale per tutti il De Doctrina Christiana di S. Agostino, in cui abbondano riferimenti allo spessore re­ torico della 2Corinzi4• In seguito agli apporti del metodo storico-critico e alla Ii­ scoperta della retorica antica5, attraverso quella che si va definendo "nuova reto­ rica"6, mutano e migliorano le procedure di analisi retorico-letteraria; tuttavia queste non possono prescindere dall'apporto dell'esegesi patristica, medievale e delle Rifo�e cattolica e luterana 7• 4. 1. Disposizione della "lettera della riconciliazione" o Lettera D

Quella che nel canone cristiano è riportata come la 2Corinzi include in realtà, come abbiamo cercato di dimostrare nella prima parte della nostra introduzione, la quarta lettera inviata da Paolo ai cristiani di Corinto e dell'Acaia, redatta in se­ guito alla lettera citata in l Cor 5,9 ma perduta (Lettera A), alla l Corinzi canonica (Lettera B) e alla lettera delle lacrime, a cui si allude in 2Cor 2,1-4; 7,8- 1 2 ma pur­ troppo anch'essa non pervenutaci (Lettera C). A sua volta, la 2Corinzi canonica comprende una prima lettera che abbiamo definito della "riconciliazione" (Lette­ ra D: 2Cor 1-9) e una seconda lettera dal tenore più polemico o categorico (Lette3 Giovanni Crisostomo, In secundam ad Corinthios epistulam commentarius, in PG 6 1 , 381-61 O. Per una traduzione delle Omelie del Crisostomo alla 2Corinzi cf. S. Giovanni Crisostomo, Commento alle lettere di S. Paolo ai Corinti. Lettera seconda - Omelie I-XXX, C. Tirone (tr.), Siena 1 962, anche se la versione non riporta l'originale greco a fronte e risente di un linguaggio ormai datato. Sarebbe auspicabile ripubblicare una nuova traduzione dell'importante commento del Crisostomo. 4 Per un'eccellente traduzione, con testo latino a fronte e diverse note critiche cf. Sant'Agostino, La dottrina cristiana, V. Tarulli (tr.), Nuova Biblioteca Agostiniana VIII, Roma 1992. 5 Sulla riscoperta della retorica antica cf. T. Cole, The Origins of Rhetoric in Ancient Greece, Baltimore-London 199 1 ; e gli ottimi manuali di H. Lausberg, Handbuch der literarischen Rhetorik: eine Grundlegung der Literatmwissenschaft, Miinchen 1960; J. Martin, Antike Rhetorik. Tecnik und Methode, Miinchen 1974; Porter, Handbook ofClassical Rhetoric. 6 Cf. in particolare R. Barilli, Corso di retorica. L"'arte della persuasione" da Aristotele ai giorni no­ stri, Milano 1 976; Id., La retorica, Milano 1983; B. Mortara Garavelli, Manuale di retorica, Milano 1988; C. Perelman - L. Olbrecht-Tyteca, Trattato dell'argomentazione. La nuova retorica, Torino 19822; C. Perelman, Il dominio retorico. Retorica e argomentazione, PBE 413, Torino 198 1 ; E. Rai­ mondi, La retorica d'oggi, Bologna 2002. 7 Per la storia dell'interpretazione alia 2Corinzi rimandiamo al capitolo conclusivo del nostro commentario.

IV. Analisi retorico-letteraria delle due lettere l 5 1

ra E : 2Cor 1 0-1 3). La disposizione retorico-letteraria della iettera della riconci­ liazione" presenta il seguente canovaccio: 1 ) Introduzione epistolare ( 1 , 1 - 14): (a) Praescriptum ( 1 , 1 -2); (b) Esordio/benedizione ( 1 ,3-1 1 );

(c) Propositio/tesi principale della lettera ( 1 , 1 2-14).

2) La narratio apologetica ( 1 , 1 5-2, 1 3):

(a) La sincerità di Paolo nei recenti progetti di viaggio ( 1 , 1 5-22); (b) L'annullamento della visita ( 1 , 1 3-2.4); (c) L'esortazione al perdono verso l'offensore (2,5-1 1 ); (d) L'angoscia di Troade (2, 12-14).

3) La probatio apologetica (2, 1 4--7.4): (a) La prima dimostrazione (2, 1 4--4,6): (i) Il ringraziamento (2, 14-1 7); propositio di 2 , 1 6b- 1 7; (ii) La lettera di raccomandazione (3, 1 -3); (iii) Dignità e gloria del ministero (3.4- 1 1 ); (iv) Franchezza e libertà (3, 1 2- 1 8); (v) Il vangelo della gloria di Cristo (4, 1 -6); (b) La seconda dimostrazione (4,7-5,10): (i) Un tesoro in vasi di creta (4,7- 12); propositio di 4,7; (ii) Lo spirito di fiducia nel ministero (4, 13-1 5); (iii) Il rinnovamento dell'uomo interiore (4, 1 6- 1 8); (iv) In esilio verso l'abitazione celeste (5, 1 - 1 0); (c) La terza dimostrazione (5, 1 1-7,4): (i) L'amore di Cristo e la riconciliazione (5, 1 1-2 1 ); propositio di 5, 14; ,(ii) Appello all'accoglienza della grazia (6, 1 - 1 0); (iii) Perorazione conclusiva con l'appello al contraccambio (6, 1 1-7.4) 4) Ripresa della narrazione e fiducia di Paolo verso i Corinzi (7 ,5- 1 6 ); 5) L'esortazione alla colletta (8, 1-9,1 5): (i) Exordium particolare ( 8, 1 -6); propositio di 8,6; (ii) Prob atio sull'esortazione alla colletta (8,7- 1 5); (iii) Digressio sulla raccomandazione dei delegati (8, 1 6-24); (iv) Exordium generale (9, 1 -5); propositio di 9,5; (v) Probatio sulla natura della colletta (9,6-10); (vi) Peroratio conclusiva con ringraziamento (9 , 1 1 - 1 5).

Dallo schema della lettera della riconciliazione è possibile riconoscere due macro-sezioni principali : quella della prima apologia (2Cor 1 , 1 5-7, 1 6) e quella dell'esortazione alla colletta (2Cor 8, 1-9, 1 5). Le due parti sono precedute dall'in­ troduzione epistolare (2Cor 1 , 1 - 14) ma, poiché riteniamo che la sezione di 2Cor l O, 1 -1 3 , 1 3, appartiene alla lettera polemica successiva, quella della riconciliazio­ ne manca della parte conclusiva che, nell'originale, doveva comprendere le esor­ tazioni conclusive e il postscriptum epistolare, collocate dopo la sezione dedicata alla colletta. 4. 1 .2. L'introduzione epistolare (2Cor 1, 1-14) un praescriptum (cf. 2Cor 1 , 1 -2), con cui il mittente si presenta ai destinatari, e da un exordium con cui anticipa le principali tematiche della propria comunicazione (cf. 2Cor l ,3- 1 1 ). Fra le lettere di Paolo, soltanto la 2Corinzi e quella agli Efesini presentano una benedizione al posto del ringraziamento introduttivo (cf. 2Cor 1 ,3-1 1 ; Ef 1 ,3-14), anche se permane la loro funzione introduttiva. E come le lettere ai Galati e ai Ro-

Come tutte le lettere paoline, anche la 2Corinzi è introdotta da

52 / Introduzione mani, la sezione epistolare introduttiva si conclude con la propositio ossia con la tesi principale che presenta il filo conduttore della lettera della riconciliazione (cf. 2Cor 1 , 1 2- 1 4; anche Gal 1 , 1 1 - 1 2; Rm 1 , 1 6- 1 7). Dal versante argomentativo, nel prescritto epistolare merita di essere segnalata la funzione prolettica del termine apostolos, con la specificazione sulla "volontà di­ vina" (cf. 2Cor 1 , 1 ) : rappresenta un'anticipazione contenutistica di rilievo rispetto al contenuto della lettera della riconciliazione, in cui la questione sull'autorevo­ lezza o sulla legittimazione dell'apostolato paolino occupa il posto principale. A sua volta, nella solenne benedizione di 2Cor l ,3- 1 1 domina la figura retorica della epanalessi o della commoratio, attraverso la ripetizione del vocabolario sulla "consolazione" e di quello sulla "tribolazione". L'esempio della consolazione divi­ na, in occasione della tribolazione sperimentata in Asia (w. 8-1 1), rappresenta un paradeigma o un modello autobiografico di Paolo che concretizza la prossimità consolante di Dio nella tribolazione. Infine la tesi principale di 2Cor l , 12-14 contiene la prolessi contenutistica sui mo­ tivi del comportamento di Paolo (semplicità e sincerità) e su quello del vanto reci­ proco tra lui e i destinatari, da consolidare attraverso il corpus epistolare succes­ sivo della lettera della riconciliazione (2Cor l , 1 5-9, 1 5).

4.1 .3. Le propositiones principali (2Cor 1, 12-14; 2, 16b-17) Come abbiamo appena segnalato, la tesi generale di 2Cor 1 , 1 2-14 introduce la po­ sta in gioco principale che Paolo intende dimostrare nel corpus epistolare: la sem­ plicità (haplotes) e la sincerità (eilikrineia) nel suo comportamento (anestraphe­ men ) verso.i Corinzi, che lo inducono a confidare nel reciproco vanto (kauchéma), sino al giorno finale del Signore. A sua volta, la tesi principale è ripresa, dopo la narrazione sul comportamento di Paolo rispetto agli ultimi progetti di viaggio (cf. 2Cor 1 , 1 5-2, 1 3), con il ringraziamento rivolto a Dio, in 2Cor 2 , 1 4- 1 7, e con la foca­ lizzazione sul motivo della sincerità (eilikrineia) rispetto alla Parola di Dio, nono­ stante la domanda sulla capacità del ministero ricevuto (cf. 2Cor 2, 1 6b- 1 7). In tal modo, mentre la tesi di 2Cor 1 , 12-14 introduce l'intera lettera della riconci­ liazione, assumendo una funzione generale, quella di 2Cor 2 , 1 6b-1 7 introduce la probatio apologetica di 2Cor 3 , 1 -7,4. Come gran parte delle tesi paoline, anche quelle della lettera della riconciliazione non presentano le caratteristiche di una partitio dettagliata, in cui Paolo introdurrebbe in dettaglio le tematiche da svilup­ pare in seguito8, bensl sono di natura generale e focalizzano, nello stesso tempo, l'attenzione su quanto gli sta maggiormente a cuore9• Da questo punto di vista do­ vremmo sempre porre attenzione nel distinguere una tesi da un tema che, nella maggior parte dei casi, non s'identificano, anche se sono reciprocamente funzio­ nali. 4.1 .4. IA narrazione apologetica (2Cor 1, 15-2, 13; 7,5-16) Gli eventi raccontati nella narrazione si riferiscono ai recenti progetti di viaggio compiuti da Paolo tra la Macedonia, l'Asia e l'Acaia, da una parte, e alla perduta lettera delle lacrime inviata dalla stessa Macedonia (molto probabilmente da Fi­ lippi) a Corinto, dall'altra. La prima parte della narratio è interrotta bruscamente con le annotazioni sul ritorno di Paolo da Troade in Macedonia (cf. 2Cor 2,1 3); a 8 Con buona pace di Kennedy, New Testament Interpretation, 88-89 che considera 2Cor 2,14-17 come partitio o tesi dettagliata rispetto a 2Cor 3, 1-6, 13. 9 Cf. in particolare le propositiones generali di Gal 1 , 1 1 - 1 2 e di Rm 1 , 16-17.

IV. Analisi retorico-lettemria delle due lettere l S3'

sua volta, la seconda parte, riprende proprio dal suo arrivo in Macedonia, per sof­ fermarsi sull'esito positivo dell'incontro con Tito e sulle confortanti notizie che questi gli ha comunicato sul comportamento dei Corinzi (cf. 2Cor 7,5- 1 6 ). Nonostante il modo brusco con cui Paolo interrompe la prima parte della narra­ zione, sono diverse le relazioni tematiche tra 2Cor 1 , 1 5-2, 1 3 e la probatio apolo­ getica di 2Cor 2 , 1 4-7,4, cosicché l'anello spezzato in 2Cor 2 , 1 3 e congiunto a 2Cor 7,5 non è prodotto da chi ha ricomposto gli ipotetici biglietti confluiti nella 2Co­ rinzi canonica, bensì da Paolo stesso che preferisce interrompere per il momento la narrazione, in modo da affrontare subito la posta in gioco del suo apostolato, e riprenderla in un momento successivo 1 0• Così egli avverte l'esigenza di difendere, con la dimostrazione apologetica, il pro­ prio ministero e la propria autorevolezza sottolineati nel corso della narrazione, mentre la seconda parte di 2Cor 7,5- 1 6 non soltanto chiude il cerchio narrativo, interrotto in 2Cor 2, 1 3 , ma prepara l'esortazione alla colletta: finalmente egli può confidare pienamente nei destinatari (cf. 2Cor 7, 1 6) in modo da potere, con fidu­ cia, esortarli a riprendere la loro partecipazione alla colletta a favore dei poveri di Gerusalemme (cf. 2Cor 8, 1 -9, 1 5). 4. 1 .5. La probatio apologetica (2Cor 2, 1�7, 4) Come abbiamo riportato nello schema generale, la dimostrazione apologetica di Paolo occupa lo spazio principale della "lettera della riconciliazione": è disposta in tre parti (2, 14-4,6; 4,8-5 , 1 0; 5,1 1-7,4), tese a dimostrare la consistenza e l'auto­ revolezza dell'apostolato paolina. Nella prima parte (cf. 2Cor 2 , 1 4-4,6) egli risponde, in modo affermativo, alla do­ manda su chi sia all'altezza o capace del ministero della Parola (cf. 2Cor 2 , 1 6b), stabilendo un confronto o una sygkrisis tra il proprio ministero e quello di Mosè 1 1 : la tesi principale dell'apologia e, in particolare, della prima dimostrazione è con­ tenuta in 2Cor 2 , 1 6b- 1 7 che, come abbiamo rilevato, riprende la tesi generale del­ la lettera della riconciliazione (cf. 2Cor 1 , 1 2- 1 4). A loro volta, i paragrafi interni della dimostrazione sono cadenzati dalle formule di affidamento (die Habe­ Fonnel: cf. 2Cor 3,4. 1 2; 4, 1 ). Poiché il ministero di Paolo è generato dallo Spirito, questi occupa la magt�a pars della prima dimostrazione, soprattutto nel confronto con il ministero della morte (cf. 2Cor 3,7) o della condanna (cf. 2Cor 3,9). Con la seconda dimostrazione (cf. 2Cor 4,7-5 , 1 0) l'attenzione di Paolo si sposta sulla trasformazione progressiva del proprio corpo, definito come "vaso di creta", mediante la potenza divina che gli ha donato il tesoro inestimabile del vangelo che è Cristo stesso, sino alla definitiva e finale comparsa davanti al tribunale di Cristo (cf. 2Cor 5 , 1 0). Per questo la tesi principale della dimostrazione è contenu­ ta nella densa e polisemica espressione sull'affidamento del tesoro nel proprio vaso di creta (cf. 2Cor 4, 7). La terza dimostrazione (cf. 2Cor 5 , 1 1-7,4) spiega l'insorgere della nuova creazio­ ne per quanti sono raggiunti dall'amore di Cristo. In tal modo si fa pressante e at­ tuale l'appello di Paolo alla riconciliazione definitiva dei Corinzi fra loro e con lui (cf. 2Cor 5,20). La dimostrazione è dinamizzata dalla sintetica ed enigmatica espressione sull'amore di Cristo (cf. 2Cor 5,14) e perviene al culmine con la pero10 La tipologia principale che attraversa la narrazione e le prove di 2Cor l-7 si concentra sui moti­ vi del reciproco vanto tra Paolo e i Còrinzi e della sincerità nel suo comportamento; non a caso il ministero di Paolo è difeso in 2Cor 3,12-18 per la sua franchezza e senza veli sul volto. Anche l'ac­ cenno alle promesse dì Dio nell'AT (cf. 2Cor l ,20) introduce l'autorità della Scrittura che occuperà uno spazio di rilievo nel corso della probatio; e il riferimento alla ca parra dello Spirito" non sol­ tanto è ripreso quasi alla lettera in 2Cor 5,5 ma anticipa la centralità dello Spirito in 2Cor 3, 1 - 1 8. 1 1 Sulla sv�krisis di 2Cor 3 . 1 - 1 8 cf. Kennedy, New Testament /nterpretation, 89. "

54 / Introduzione

razione finale di 2Cor 6, 1 1-7,4 in cui Paolo chiede ai Corinzi il ristabilimento di una relazione di fiducia nei suoi confronti e la definitiva separazione da quanti ostacolano il loro percorso di santificazione. 4. 1 .6. L'esortazione alla colletta (2Cor 8, 1-9, 15) Una volta ristabilita la relazione di fiducia con i Corinzi, in seguito alle confortan­ ti notizie recategli da Tito (cf. 2Cor 7,5- 1 6), Paolo può esortarli a riprendere la colletta interrotta nell'anno precedente (cf. 2Cor 8, 1 0). Le due parti dell'esortazio­ ne (2Cor 8, 1 -24 e 2Cor 9, 1 - 1 5) non sono rapportate fra loro secondo l'ordine di una normale argomentazione retorica: l'esortazione non procede, come di solito, dal generale al particolare, bensì dal particolare dell'organizzazione relativa alla colletta (cf. 2Cor 8 , 1 -24) al generale sulla sua qualità (cf. 2Cor 9, 1-1 5). Le due propositiones della sezione offrono il filo conduttore dell'esortazione: la ri­ presa della colletta, con la preziosa collaborazione di Tito (cf. 2Cor 8,6) e dei dele­ gati (cf. 2Cor 8,1 6-24); e la natura della stessa colletta, da considerare come bene­ dizione e non come spilorceria (cf. 2Cor 9,5). L'epilogo della sezione con il ringra­ ziamento finale (cf. 2Cor 9, 1 1 - 1 5) anticipa la gratitudine della comunità di Geru­ salemme per il dono della colletta, a prescindere dall'esito che produrrà nei Co­ rinzi l'esortazione paolina.

4.2. L'inventio della lettera della riconciliazione Per dare corpo alla propria difesa, in vista della definitiva riconciliazione con i Corinzi, Paolo ricorre a diverse prove esterne che adatta alla propria inventio e che necessitano di essere poste in risalto, poiché offrono il reticolato principale sul quale s'innervano le tematiche principali della lettera. 4.2 . 1 . L'autorità della Scrittura Il primo tipo di prove al quale Paolo ricorre più volte, nella lettera della riconcilia­ zione, è quello dell'AT 12• D'altro canto, sia nella narratio sia nella probatio egli al­ lude alle "promesse di Dio", contenute nell'AT (cf. 2Cor 1 ,20) e alla lettura di Mosè sino al presente (cf. 2Cor 3, 1 5- 1 6). A sua volta il ricorso materiale all'AT si verifica attraverso tre generi di riferimento: le citazioni dirette, introdotte da alcune for­ mule recitative 13; quelle indirette che non interrompono l'andamento delle dimo­ strazioni paoline; e quelle che sembrano più delle allusioni che delle vere e pro­ prie citazioni. Naturalmente, mentre i primi due tipi di riferimento risultano ab­ bastanza facili da riconoscere, per le allusioni si abbassa, in modo più o meno consistente, il grado di probabilità e di convergenza fra gli studiosi. 12 Per l'uso dell'AT in 2Cor 1 -9 cf. R.B. Hays, Echoes of Scripture in the Letters of Paul, New Haven-London 1989, 1 22- 1 53; Plummer, Second Corinthians, l-li; C.D. Stanley, Arguing with Scri­ f:ture. The Rhetoric o(Quotations in the Letters o(Paul, New York-London 2004, 97-1 13. 3 Sulle citazioni dirette dell'AT nelle lettere paoline cf. C.D. Stanley, Pau/ and the Language af Scripture. Citation technique in Pauline Epistles and Contemporary Literature, SNTS MS 69, Cam­ bridge 1992, 2 1 5-234 che per 2Cor 1-9 riporta le seguenti citazioni dirette: Gen 1 ,3 in 2Cor 4,6; Sal 1 1 5 , 1 in 2Cor 4,13; Is 49,8 in 2Cor 6,2; Lv 26, 1 1 - 1 2; Is 52, 1 1 ; Ez 20,34; 2Re 7,14.7.8 in 2Cor 6, 1 6- 1 8; Es 1 6 , 1 8 in 2Cor 8,15; Sal l 1 2,9 in 2Cor 9,9 (pp. 2 1 5-234). Cf. anche M. Silva, "Antico Te­ stamento in Paolo", in Hawthorne - Martin - Reid, Dizionario di Paolo, 59-78.

TV. Analisi retorico-lettmzria t1elle due lettere l 55 Antico Testamento

Allusione generale alle promesse di Dio Allusione ad Es 4,10 Allusione ad Ez 1 1 , 1 9; 36,26 Allusioni di Es 34,29-35 Allusione generale alla lettura di Mosè Citazione indiretta di E s 34,34 Citazione conflata di Gen l ,3 e di ls 9, l Citazione diretta del Sal l l5,1 Citazione diretta di Is 49,8 Citazione diretta di Lv 26, 1 1 - 1 2 Citazione diretta di ls 52 , 1 1 Citazione diretta di Ez 20,34 Citazione diretta di 2Re 7 . 1 4 Citazione diretta di 2Re 7,8 Citazione diretta di Es 1 6, 1 8 Allusione a Dt 1 5 , 1 0 Allusione a Pr 22,8a Citazione diretta del Sal l l 1 ,9 Citazione indiretta di Is 55, 1 0 Allusione ad Os 1 0, 1 2

2Cor l-9

2Cor 1 ,20; 2Cor 2 , 1 6b; 3,5; 2Cor 3 ,3b; 2Cor 3,7- 13; 2Cor 3 , 1 5 ; 2Cor 3 , 1 6; 2Cor 4,6; 2Cor 4,13; 2Cor 6,2; 2Cor 6 , 1 6b; 2Cor 6, 1 7a; 2Cor 6 , 1 7b; 2Cor 6, 1 8a; 2Cor 6, 1 8b; 2Cor 8, 1 5; 2Cor 9,7a; 2Cor 9,7b; 2Cor 9,9; 2Cor 9, 10a; 2Cor 9, 1 0b.

La maggiore condensazione delle citazioni dirette, tratte dall'AT, si trova nella terza dimostrazione dell'apologia paolina (cf. 2Cor 5 , 1 4-7,4), con 5 citazioni: in 2Cor 6, 1 6b- 1 8 le citazioni esplicite sono disposte in forma concatenata, come in un florilegium tratto dall'AT. Circa le fonti, le citazioni e le allusioni sono tratte dalla "Torah" (cf. Gen 1 ,3 ; Es 4, 1 0; 1 6, 1 8; 34,29-35; Lv 26, 1 1 - 1 2; Dt 1 5 , 1 0), dai "Profeti" (cf. Is 9, 1 ; 49,8; 52, 1 1 ; 55, 10; Ez 1 1 , 1 9; 20,34; 36,26; Os 1 0, 1 2) e dagli "Scritti" (cf. 2Re 7,8. 14; Sal 1 1 1 ,9; 1 1 5, 1 ; Pr 22,8), secondo la tripartizione classi­ ca dell'AT 14• Non è casuale che, anche se in termini di allusione, il primo riferi­ mento all'AT, quello di Es 4,10, si riscontri in 2Cor 2, 1 6b, ossia nella tesi princi­ pale della probatio apologetica: di fatto il confronto o la sygkrisis con il ministero di Mosè e, in particolare con il racconto di Es 34,29-35, occupa il ruolo principa­ le e più ampio fra tutti i riferimento all'AT, nel corso della lettera della riconcilia­ zione. 4.2.2. Le formule kerygmatiche Accanto all'autorità della Scrittura, Paolo ricorre spesso a quella del kerygma nelle comunità delle origini, relativo all'annuncio della morte e risurrezione di Gesù Cristo o al riconoscimento di Gesù Cristo come Signore 15• L'origine pre­ paolina delle formule kerygmatiche, in contesti di professioni di fede, è ricono­ scibile nei frammenti di 1 Cor 1 5,3b-5; Rm 1 ,3b-4a e nell'inno di Fil 2,6-1 1 16• Nel nostro caso non abbiamo delle vere e proprie formule pre-paoline, ma assistiamo all'appropriazione delle formule kerygmatiche pre-paoline: 14 Cf. Le 24 44 con la distinzione tra la Legge di Mosè, i Profeti e i Salmi; anche il Prologo del Sir 24; 4QMMT C 10: "Ti abbiamo [scritto] che dovete comprendere il libro di Mosè, e le paro[le dei pro]feti e di Davide [e le cronache]"); Filone Alessandrino che nel De vita contemplativa, 25 distin­ we le Leggi, gli oracoli dei Profeti e gli inni con gli altri libri; e Flavio Giuseppe, Apione 1 8,38-40. Cf. in particolare D.E. Aune, The New Testament in Its Literary Environment, Philadelphia 1987, ,

1 94.

•• I riflessi del carmen Christi di Fil 2,5- 1 1 sulla cristologia della 2Corinzi canonica sono posti in risalto da Manin. 2 Corinthians, lix-lxi.

56 l Introduzione

1 ) Dio che fa risorgere i morti : 2Cor 1 ,9; 2) Gesù Cristo Signore: 2Cor 1 ,2.3. 14; 4,5; 8,9a; 3) Passione, morte (o necrosi) e risurrezione (o vita) di Gesù Cristo: 2Cor 1 ,5; 4, 1 0- 1 1 . 1 4; 5 , 1 4- 1 5; 4) Fonnule cristologiche d'interscambio: 2Cor 5,2 1 ; 8,9.

Le proposizioni segnalate sono accomunate dai riferimenti all'evento della morte e risurrezione di Gesù Cristo, mentre nel corso della lettera della riconciliazione Paolo non allude mai direttamente all'incarnazione di Gesù né ad alcun suo lo­ gian o detto evangelico 17• Anche se nella lettera manca del tutto il vocabolario della staurologia, la stentorea "parola della croce" che ha introdotto la l Corinzi (cf. l Cor 1 , 1 8-3 1 ) estende la sua eco sino alla lettera della riconciliazione, per es­ sere ripresa al culmine della lettera polemica (cf. 2Cor 1 3,3-4 con l'unico uso del verbo stauroun nella 2Corinzi canonica). 4.2.3. Fonnule di benedizione, ringraziamento e dossologia

Non sappiamo se le benedizioni, i ringraziamenti e le dossologie rivolte a Dio, nel corso della lettera della riconciliazione, riflettano sempre un background tipi­ camente liturgico 18; comunque si tratta di formule che si pongono nella tradizio­ ne della pietà giudaica 19: 1 ) Benedizione divina: 2Cor 1 ,3; 2) Dossologie: 2Cor 1 ,20; 4, 1 5 ; 3) Rip.graziamenti: 2Cor 2 , 1 4; 8, 1 6; 9, 1 1 . 12 . 1 5.

Se la 2Corinzi canonica inizia con una benedizione rivolta a Dio per la sua con­ fortante prossimità nella tribolazione (cf. 2Cor 1,3- l l), al posto della più usuale introduzione di ringraziamento che si riscontra nella maggioranza delle lettere di Paolo, nel corso della lettera della riconciliazione si ripete spesso la formula di ringraziamento indirizzata sempre a Dio. Forse non è fortuito che la formula di benedizione introduca l'eulogia generale e che quella di ringraziamento apra la dimostrazione di 2Cor 2,14Jr.7,4 sulla difesa dell'apostolato di Paolo. Spesso le formule dossologiche, anch'esse rivolte a Dio, fungono da conclusione di un pa­ ragrafo, come nel caso di 2Cor 4 , 1 5 mentre quella di 2Cor 1 ,20 evoca il contesto liturgico delle prime comunità cristiane. 4.2.4. Categorie apocalittico-escatologiche La lettera della riconciliazione è attraversata dai motivi tipici dell'apocalittica giudaica, dalla quale Paolo mutua le principali categorie linguistiche e contenu­ tistiche, pur distinguendo l'evento apocalittico della giustificazione per la fede da quello escatologico del giudizio finale per le proprie opere20• 17 Anche la fonnula dell'invio di 2Cor 8,9 non concentra la propria attenzione sull'incarnazione o sulla vita pubblica di Gesù bensi sull'evento capitale del suo impoverimento e della nostra ricchez­ za: quello della sua morte e risurrezione; vedi il commento al passo. 18 Aune, New Testament, 194- 1 95. 1 9 P.T. O'Brien, "Benedizione, dossologia, ringraziamento", in Hawthome - Martin - Reid, Dizio­ nario di Paolo, 163-168. 20 La distinzione interna tra l'apocalittica e l'escatologia paolina non è molto rispettata da R.B. Matdock, Unveiling the Apocalyptìc Pau/. Pau/'s lnterpreters and the Rhetorical of Criticism, JSNT SS 1 27, Sheffield 1996; mentre è posta ben in risalto da R. Penna, "Escatologia paolina. Aspetti originali dell'escatologia paolina", in ASE 16 (1999) 359-380.

N. Analisi retorico-letteraria delle due lettere

l 57

l) ll giorno del Signore, della salvezza e il tribunale di Cristo: 2Cor 1 , 14; 5, 10; 6,2. 2) Salvati e persi: 2Cor 2 , 1 5; 4,3. 3) Trasformazione progressiva sino alla fine della storia: 2Cor 3, 1 8; 4, 1 6-18: 5,1- 10.

La tensione tra l'apocalittica e l'escatologia paolina assume connotati diversi nel­ la lettera della riconciliazione, rispetto alla lettera ai Galati o ai Romani: di fatto, in 2Cor 1 -9 manca del tutto l'antinomia tra la Legge o le sue opere e la fede di/in Cristo, per lasciare il posto alla dinamica trasformazione, di gloria in gloria, sino all'incontro finale con Cristo. Da questo punto di vista, il centro del pensiero pao­ lino nella lettera della riconciliazione non è rappresentato dal "cratere" della giu­ stificazione e o della giustizia divina, appena accennato in 2Cor 3,9; 5 2 1 bensi da quello della partecipazione dall'essere in (cf. 2Cor 5, 1 7) all'essere con Cristo (cf. 2Cor 4, 1 4). Nel panorama delle categorie apocalittiche utilizzate, quello della nuova creazio­ ne (cf. 2Cor 5, 1 7) rappresenta il novum principale del suo vangelo, mentre ap­ partengono al patrimonio delle diverse correnti del giudaismo gli accenni al gior­ no del Signore, al tribunale di Cristo che verterà su quanto ciascuno ha realizza­ to di bene o di male, e alla separazione netta tra persi e salvati 21• Per questo i cre­ denti non hanno alcun timore di comparire davanti al tribunale di Cristo né sono terrorizzati dall'approssimarsi del giorno del Signore; al contrario essi sperano che la caparra dello Spirito (cf. 2Cor 1 ,22; 5,5), ricevuta dal Signore, pervenga a completamento attraverso la trasformazione definitiva del loro corpo. ,

,

4.2.5. l cataloghi e gli elenchi

Sono caratteristici della lettera della riconciliazione i cataloghi che cadenzano le dimostrazioni paoline; possiamo distinguere i cataloghi delle avversità o perista­ tici, quelli delle virtù e l'elenco delle antitesi: l) Cataloghi delle avversità: 2) Cataloghi delle virtù: 3) Elenco delle ant ites i :

2Cor 4,8-9; 6,4-5 .8- 1 0; 2Cor 6,6-7; 7 , l l b; 2Cor 6, 1 4b- 1 6a;

I primi cataloghi, noti anche come peristatici, non hanno una" portata generale, come ad esempio quello di Rm 8,35, bensì specifica, giacché caratterizzano il mi­ nistero di Paolo e dei suoi collaboratori nell'apostolato22• Forse è bene precisare che, in quanto tali, i cataloghi peristatici non si riferiscono soltanto alle situazio­ ni avverse ma anche a quelle favorevoli o neutrali, di fronte alle quali si decide la consistenza della propria perseveranza. Tuttavia, sia nel catalogo di 2Cor 4,8-9 sia in quello più esteso di 2Cor 6,4-5.8- 1 0 predomina l'orizzonte negativo delle prove in situazioni di tribolazioni. Altrettanto significativi sono i due cataloghi delle virtù, citati in 2Cor 6,6-7, nel bel mezzo del catalogo peristatico, e in 2Cor 7, 1 1 b. Il primo elenco delle virtù ca­ ratterizza l'ethos di Paolo, mentre il secondo definisce il comportamento riconci­ liante dei destinatari. Non è un caso che la lettera della riconciliazione non com­ prenda alcun elenco di vizi, mentre bisognerà attendere la lettera polemica per ZJ

Cf. la focalizzazione di questi motivi nel giudaismo e nelle lettere di Paolo compiuta da K.L. Yinger, Paul, Judaism, and Judgment According to Deeds, SNTS MS 1 05, Cambridge 1999 (in parti­ colare pp. 260-270 per 2Cor 5 , 1 0). �2 Sui cataloghi peristatici nella corrispondenza di Paolo con i Corinzi e sulla loro relazione con analoghi elenchi nella letteratura greco-romana e in quella giudaica cf. in particolare J.T. Fitzge­ rald. Crac!:< in an Earthen Vessel: An Examination ofthe Catalogues of Hardships in the Corinthian Corres;•· . 46"d, A, C, D, 'l', Ambrosiaster), sia per la sua presenza (cf. N , B, F, G, P, 0 1 2 1 , 0243, 6, 33. 8 1 . 104. 365. 630); per questo le edizioni critiche di GNT' e N-A27 1o pongono fra parentesi, in quanto lectio facilior, dovuta alla personalizzazione della signoria di Gesù nell'esistenza di Paolo (cf. \". 3).

1 1 2 / Traduzi� e· commento

giorno del Signore (cf. Fil 2, 1 6)47• Comunque il parallelo segnalato permette di considerare la preposizione en come equivalente di eis: "per" o appunto "in vista del giorno del Signore Gesù". Il riferimento alla signoria di Gesù, riprende le atte­ stazioni 2Cor 1 ,2.3, in cui è utilizzata la formula completa "Signore Gesù Cristo", ed anticipa in particolare quella di 2Cor 4, 1 4, dove tornerà l'orizzonte della parte­ cipazione di Paolo alla risurrezione di Gesù da condividere alla fine della storia con i destinatari della lettera. Per i credenti in Cristo il "giorno del Signore" non incute il terrore del giudizio o della condanna bensì si muta in speranza per la piena condivisione della morte e risurrezione di Cristo; una condivisione, nel con­ tempo, personale e comunitaria. Qualsiasi lettera, in quanto parziale comunicazione a distanza spazio-temporale tra il mittente e il destinatario, è soggetta a fraintendimenti o a naturali incom­ prensioni. Questo motivo, tipicamente epistolare, è inserito nella tesi generale della 2Corinzi canonica, per indicare che la relazione tra Paolo e i Corinzi non è così lineare come potrebbe sembrare dall'esordio generale di 2Cor 1 ,3-1 1 . Da una parte, Paolo potrebbe essere accusato di doppiezza o di mancanza di chiarezza, come di fatto si verificherà nel corso della prima apologia (cf. 2Cor 2 , 1 4-7,4), dal­ l'altra i Coqnzi potrebbero essere biasimati per l'assenza di sintonia con il loro primo evangelizzatore. Il superamento di tali difficoltà è formulato con la ragione e la fondatezza del "vanto" reciproco. L'istanza al pathos dei destinatari, introdot­ ta con il vocabolario della partecipazione alla tribolazione e alla consolazione di Paolo (cf. 2Cor 1 ,7), è ora formulata senza mezzi termini, com'è proprio di una tesi retorica generale: mediante la prima apologia e, per mezzo di essa, sino all'in­ contro finale con il Signore, Paolo si augura di consolidare la sintonia relazionale con i destinatari. In realtà, là formula di confidenza sul reciproco vanto non durerà a lungo, perché con la seconda apologia si assisterà ad una crisi quasi irrimediabile tra Paolo e la comunità di Corinto (cf. il biasimo di 2Cor 1 2, 1 1 ). Ma gli awenimenti che risalte­ ranno dall'analisi della lettera polemica (cf. 2Cor 1 0, 1- 1 3, 1 3) non sono stati previ­ sti in questa tesi generale e tanto meno nella "lettera della riconciliazione" (cf. 2Cor 1 , 1 -9, 1 5), caratterizzate piuttosto dal tenore di fiducia e di speranza per la condivisione piena tra Paolo e la sua comunità48•

Sulla prospettiva escatologica del "giomon finale della storia cf. Am 5, 18; Gl 2, 1 . 1 1; per l'oriz­ zonte cristologico, come il nostro, cf. 1 Ts 5,2; 1 Cor 1 ,8; 5,5; Rm 2,5. 16; 1 3,12; Fil 1 ,6.10; 2,16; At 2 20; 2Pt 3,10.12; Ap 16, 14. Cosi Barrett, Second Corinthwns, 74. 4� Aspetto posto ben in risalto da J.T. Fitzgerald, "Paul and Paradigm Shifts: Reconciliation and lts Linkage Group", in T. Engberg-Pedersen (cur.), Pau[ Beyond the Judaism/Hellenism Divide, Louisville-London-Leiden 2001, 258.

47

La narrazione apologetica (2Cor 1 , 1 5-2, 1 3)

Dopo la parte epistolare introduttiva della lettera della riconciliazione (cf. 2Cor 1 , 1 - 1 4), Paolo si appresta a raccontare gli awenimenti intercorsi fra l'invio della perduta "lettera delle lacrime" e la frettolosa partenza da Troade alla volta della Macedonia, per poter incontrare Tito e ricevere notizie sulla comunità di Corinto. La nuova sezione, di carattere autobiografico, è delimitata dal tenninus a quo sul­ la "convinzione" di Paolo rispetto i propri progetti di viaggio in 2Cor 1 , 1 5 e dal ter­ minus ad quem sulla partenza affrettata da Troade alla Macedonia (cf. 2Cor 2 , 1 3 ) 1 : a sua volta, la formula di ringraziamento rivolta a Dio, in 2Cor 2 , 1 4, intro­ duce la sezione successiva della lettera (cf. 2Cor 2 , 1 4-7,4)2. L'intreccio narrativo della sezione è cadenzato da quattro sequenze: a) la sincerità di Paolo nei recenti progetti di viaggio ( l , 15-22); b) l'annullamento della visita a Corinto (l ,23-2,4); c) l'esortazione al perdono verso il suo offensore (2,5- 1 1 ); d) l'angoscia di Troade (2, 1 2- 1 3)3•

A prima vista potremmo definire la narrazione come un diario di bordo, analogo a quello raccontato da Luca nelle "sezioni noi" degli Atti degli apostoli: non a caso la famiglia verbale più utilizzata nella sezione è quella relativa al verbo erchomai4• In realtà, abbiamo a che fare non con una narrazione piana o distaccata, in cui sono raccontati semplicemente gli eventi intercorsi fra la "lettera delle lacrime" e l'attuale invio della "lettera della riconciliazione" (2 Cor 1-9), bensì con una narra­ zione apologetica, in cui l'istanza fondamentale del narratore è quella di fronteg1 Anche se le parti interne della llliiT8Zione di 2Cor l, 1 5-2, 13 non sono unanimemente condivise dagli studiosi, la conclusione della narrazione trova gli studiosi concordi. Cf. Bu1tmann, Der zwei­ te Brief, 36-37; Fumish, II Corinthians, 1 29- 1 32; Kurz, "2 Corinthians: Implied Readers", 54; Man­ zi, Seconda Corinzi, 103; Martin, 2 Corinthians, 22-25; Matera, II Corinthia ns , 46; Segalla, "Strut­ tura letteraria", 1 95; Thompson, "Paul's Argument from Pathos", 135-1 37; Thrall, Second Corin­ thians, 1 28; Welbom, "Like Broken Pieces", 559-583. 2 Fra i pochi studiosi che estendono la sezione narrativa sino a 2Cor 2 , 1 7 cf. Allo, Seconde épitre aux Corinthiens, 42; invece sulle differenze di stile e di genere fra 2Cor 2,12-13 e 2Cor 2,14- 1 7 vedi l'analisi dettagliata delle pericopi. 3 Come al solito coloro che cercano d'ingabbiare la 2Corinzi in una struttura argomentativa per­ fetta, intravedono anche in questa sezione una disposizione chiastica del tipo a-b-b'-a'. Cosl Segai­ la, "Struttura letteraria", 195 identifica quattro parti in 2Cor 1 , 1 5-2, 1 3 cosl distinte: a 1 , 1 5-23: il piano di viaggio; b = 1 ,24-2,3: gioia, tristezza, gioia; b' = 2,4- 1 1 : tristezza, agape; a' = 2,12-13: il piano di viaggio. La proposta strutturale chiastica della sezione risponde soltanto a scelte sogget­ tive della terminologia, creando diverse forzature nell'intreccio della narrazione; sulle delimita­ zioni diverse di paragrafi interni rimandiamo alla loro analisi specifica. 4 Cf. l'uso di erchomai (venire) in 2Cor 1 , 1 5. 1 6.23; 2,1 .3. 1 2 (in seguito ricomparirà in 2Cor 7,5 os­ sia dopo la prima dimostrazione apologetica di 2Cor 2,14-7,4); dierchomai (passare) in 2Cor 1 , 1 6 ed exerchomai (raggiungere) 2Cor 2, 13. Alla stessa famiglia verbale è relazionato i l verbo apotas­ sesthai (congedarsi) in 2Cor 2 . 1 3 . =

1 1 4 l Traduzione e commento

giare le accuse sul suo comportamento poco chiaro nei confronti della comunità

di Corinto5• Non dovremmo dimenticare che la narrazione apologetica di 2Cor 1 , 1 5-2, 1 3 non precede la tesi da dimostrare attraverso le prove da addurre in seguito, come sa­ rebbe preferibile in una comunicazione retorica, bensì è posta tra la tesi generale di 2Cor 1 , 12-14 in cui Paolo chiede esplicitamente ai destinatari di non essere frainteso rispetto a quanto sta per scrivere, e quella specifica di 2Cor 2 , 1 7, in cui l'accusa sulla mancanza di sincerità è rivoltata contro quanti "mercanteggiano la parola di Dio". Pertanto già nella narrazione, Paolo anticipa la finalità principale che gli sta maggiormente a cuore: il ristabilimento delle relazioni serene con tutti i membri della comunità, attraverso il motivo del reciproco vanto (cf. 2Cor l , 14 ). La manualistica della retorica antica raccomanda una narratio apologetica che sia "breve, chiara e verosimile", altrimenti si rischia di non risultare credibili di fronte agli ascoltatori6• Naturalmente in una narrazione difensiva o polemica non si è tenuti a raccontare tutti gli avvenimenti del passato bensì quelJ.i che sembrano più attinenti alla causa reale o ideale in corso: in pratica è bene limitarsi agli even­ ti per i quali si è chiamati in giudizio. Così gli eventi sui quali Paolo si soffermerà, nel corso della narrazione, sono quel­ li relativi ai continui cambiamenti nei progetti di viaggio (cf. 2Cor 1 , 1 5- 1 6), all'in­ vio della '1ettera delle lacrime", dopo la sua permanenza burrascosa a Corinto (cf. 2Cor 1 ,23-2,4), al comportamento da adottare nei confronti dell'offensore (2Cor 2,5- 1 1 ) e all'improvviso abbandono dell'evangelizzazione a Troade (2Cor 2 , 1 2- 1 3). Molto probabilmente su alcuni di questi eventi si reggono le accuse mossegli dalla stessa comunità e che hanno peggiorato le relazioni interpersonali. Nell'ordito della narrazione apologetica di 2Cor 1 , 1 5-2, 1 3 si assiste ad un cre­ scendo del motivo della reciprocità e della comunione tra Paolo e i destinatari', come dimostra l'intensificarsi dell'orizzonte relazionale tra "l'io-noi" autobiogra­ fico (più o meno comprensivo di riferimenti ai collaboratori di Paolo) e il "voi" dei destinatari 8• Al vertice della narrazione si trova il breve paragrafo sull'angoscia di Troade che ha indotto Paolo ad abbandonare persino l'evangelizzazione della cit­ tà a causa dell'ansia che nutre verso la comunità di Corinto. Dal versante contenutistico, l'asse relazionale "io/noi-voi" è orientato a consolida­ re il dono dello Spirito (cf. 2Cor 1 ,22), la gioia per la condivisione della fede (cf. 2Cor 1,24-2,3) e il perdono vicendevole da esprimere nei confronti dell'offensore (cf. 2Cor 2 , 1 0). Così, per le prove retoriche, l'asse relazionale dell'ethos relativo al mittente e del pathos dei destinatari assume particolare rilievo, mentre poco spa­ zio è conferito ai bruta facta da raccontare e al logos contenutistico del vangelo 5 In tal senso la nostra narrazione è simile a quella di Gal l, 1 3-2,14, anche se riteniamo che il ge­ nere retorico delle due sezioni sia diverso: autoelogiativo quello di Galati e apologetico quello di 2Corinzi. Sulla natura apologetica più che conciliatoria di 2Cor 1 ,8-2 , 1 3 cf. Belleville, Re(lections qfGlory, 92. 6 Cf. le raccomandazioni formulate da Cicerone, De inventione 1 ,20,28-30; Partitiones Oratoriae 9,3 1 ; De Oratore 2,80,326; Quintiliano, lstitu zione Oratoria 4,2 , 1 - 1 32. 7 Nello sviluppo della narrazione, Crafton, Agency, 1 53- 1 55 sostiene l'alternarsi di "narrative" e "commentary" , ossia di racconto e spiegazione. A parte l'inizio forzato della narrazione che l'auto­ re identifica con 1 ,8 sino a 2 , 1 2 - 1 3 , l'ipotesi è poco sostenibile in quanto ad esempio in 1 , 1 3-2,4 che egli denomina "Narrative 3" si assiste, nello stesso tempo, al commento di Paolo. Per questo preferiamo valutare l'intreccio narrativo della sezione a partire dall'intensificarsi dell'asse relazio­ nale "io/noi-voi" o, in termini retorici, dell'ethos e del pathos. 8 Cf. l'uso dei pronomi ego in 2Cor 1 , 1 7 . 1 9.23.23; 2,2.2.2.3.5. 10. 1 0. 1 2. 1 3. 1 3. 1 3; hemeis in 2Cor 1 , 1 8 . 1 9.20.2 1 .2 1 .22.22; ed hyrneis in 2Cor 1 , 1 5. 1 6. 1 6. 1 6 . 1 8. 1 9.21 .23 .24.24; 2,1 .2.3.4.4.5.6.8.9. 10. Nell'elencazione dobbiamo naturalmente distinguere i casi in cui hemeis rappresenta il noi maie­ statico di Paolo (cf. 2Cor 1 ,24) da quelli in cui si allude al "noi" comprensivo dei suoi collaboratori (cf. 2Cor 1 , 1 9) e da quelli in cui sono coinvolti tutti i credenti (cf. 2Cor 1 ,2 1 b-22). Su queste diverse tipologie del "noi" in 2Corinzi cf. Carrez, "Le nous", 476-486.

lA no.rrazione apologetica

(2Cor 1, 15-2, 13) l 1 1 5

paolino, come d'altro canto si verifica in una narrazione apologetica, come la no­ stra. Tuttavia, pur nell'ansia per le relazioni con la comunità, è significativo che le pro­ ve logiche della narrazione siano raccolte intorno alla fedeltà di Dio9, divenuta "sì" in Cristo (cf. 2Cor 1 , 1 8-20) 10 e anticipata con la "caparra dello Spirito donata nei nostri cuori" (cf. 2Cor 1 ,22) 1 1 • Così Paolo inserisce nella narrazione alcuni motivi che, per maggiore rispetto delle prove, avrebbe dovuto presentare nella di­ mostrazione apologetica successiva: ci riferiamo, in particolare, alla propria ade­ sione come apostolo, al "sì" fedele di Dio in Cristo, per mezzo dello Spirito. Pertanto siamo posti di fronte ad una narrazione apologetica in cui egli si vede costretto a fronteggiare le accuse contro il suo comportamento poco chiaro e det­ tato da interessi meramente umani nei confronti dei destinatari. Vedremo come, nella sezione successiva di 2Cor 2, 14-7,4, egli fronteggerà gli stessi capi d'accusa attraverso la dimostrazione più diretta delle prove sul proprio apostolato, poiché è tipico di una controversia raccontare quanto sarà difeso con le prove successive; in caso diverso si corre il pericolo di difendersi da accuse impertinenti rispetto a quelle per cui si è chiamati in causa.

9 Cf. l'uso di theos in 2Cor 1 , 18.1 8.20.20.2 1 .23; anche il valore teologico del passivo anrogmenes in 2 Cor 2,12. Dio è colui che, in ultima istanza, tesse le fila della storia e dei viaggi di Paolo per l'apo­

stolato. 1 ° Cf. i riferimenti a /esous Christos in 1 ,9; a Christos in 1 ,2 1 ; 2 , 1 0; ad huios in 1 , 1 9 e a kyrios mol­ to probabilmente riferito a Cristo in 2,12. 11 Allo Spirito Santo si accenna soltanto in 2 Cor 1 ,22 (il sostantivo pneuma in 2Cor 2 , 1 3 ha valore antropologico e non teologico) nel corso della narrazione, mentre occuperà un posto centrale nel corso della prima apologia, soprattutto in 2Cor 3 , 1 - 1 8.

La si ncerità nei recenti progeHi di viaggio (2Cor 1 , 1 5-22)

15E con questa convinzione avevo deciso di venire prima da voi, affinché riceveste un secondo beneficio, 1 6e da voi passare in Macedonia e di nuovo dalla Macedonia venire da voi; e da voi essere accomiatato per la Giudea. 17Forse mi sono comportato con leggerezza in questa decisione? O ciò che progetto lo programmo secondo la carne, così che da parte mia ci sia il "si, si" e il "no, no"? 18Ma Dio è fedele che la nostra parola per voi non è "si" e "no". 19lnfatti il Figlio di Dio, Gesù Cristo, che fra voi è stato predicato per mezzo nostro, mediante me, Silvano e Timoteo, non fu "si" e "no", ma in lui c'è stato il "sì". 20In realtà tutte le promesse di Dio, in lui (sono state) "si"; perciò anche per mezzo di lui (sale) a Dio il nostro "amen" per la gloria, mediante noi. 2 1 E Dio che ci consolida con voi in Cristo e ci ha unti, 22 (è) colui che ci ha segnati e ha dato la caparra dello Spirito nei nostri cuori. ,

La narrazione autobiografica di 2 Cor 1 , 1 5-2, 1 3 comincia con le annotazioni sui recenti progetti di viaggio tra la Macedonia e Corinto - con un doppio viaggio di andata e ritorno - prima di partire definitivamente alla volta della Giudea (v. 1 6). La delimitazione della pericope è discussa: si chiude con il v . 22 1 , il v. 23 2, il v. 243 oppure con 2,24? Poiché un enfatico "Io chiamo Dio a testimone" {v. 23), con fun­ zione di giuramento, segnala il passaggio verso la seconda sequenza della narratio in cui subentra il binomio semantico della "tristezza" e della "gioia", riteniamo opportuno limitare la pericope nei vv. 1 5-22. D'altro canto, è difficile che una se­ quenza narrativa si concluda con una domanda retorica, come nel caso di 2Cor 2,2.

Nel paragrafo sono distinguibili due parti principali: nella prima Paolo si soffer­ ma sui recenti progetti di viaggio e sulla sincerità del proprio programma (vv. 1 5 - 1 7), nella seconda fonda, attraverso il motivo del "si", la sua sincerità sulla fe­ deltà di Dio, per mezzo di Gesù Cristo (vv. 1 8-22). Come spesso, egli coglie l'occa­ sione delle questioni che toccano maggiormente le contingenze della propria esi­ stenza per estendere lo sguardo verso le motivazioni teologiche che si trovano alla base del proprio comportamento. Tale sorta di radicalizzazione produce pagine di elevato spessore teologico e spirituale che permettono ad una questione situa­ zionale, come quella dei progetti di viaggio, di valicare le proprie soglie spazio­ temporali e di risultare di grande attualità per qualsiasi destinatario o lettore del­ l'epistolario paolino. La parte propriamente teologica (vv. 1 8-22) presenta un rilevante spessore "trini1 Bultmann, Der zweite Brie{. 4 1 -42; Martin, 2 Corinthians, 23-25; Matera, II Corinthians, 5 1 .

2 Allo, Seconde Épitre a ux Corinthiens, 24.

3

Thrall , Second Corinthians, 1 36. 4 Bamett, Second Corinthians, 1 1 3-1 14; Fumish, Il Corinthians, thians, 33; Manzi, Seconda Corinzi, 105.

132;

Lambrecht, Second Corin­

lA sincerittl nei recenti progetti di viaggio (2Cor 1,15-22) l 1 1 7

tarlo", con tutte le precisazioni necessarie rispetto ad un'implicita più che esplici­ ta concezione trinitaria nel pensiero di Paolo: l'argomentazione inizia con la fe­ deltà di Dio (v. 1 8), prosegue con quella di Cristo (vv . 19-20a), per chiudersi con l'accenno del consolidamento dei credenti per mezzo dello Spirito (vv. 2 1 -22). La sequenza "trinitaria" culmina nella dossologia del v. 20b, intesa come risposta dell'" amen" dei credenti al "si" di Dio per mezzo di Cristo. v.

1 5 : Forse raramente, come in questo caso, la tesi generale di una lettera paolina si accorda in modo cosi chiaro con la narratio apologetica successiva: di fatto, la convinzione a cui Paolo allude è sia quella del reciproco vanto sia quella della comprensione totale che si attende dai destinatari, espresse in 2Cor 1 , 1 2- 1 4 5• Il progetto iniziale dei viaggi fra le proprie comunità è forse quello annunciato in l Cor 16, 1 -8: da Efeso alla Macedonia e quindi a Corinto, con la possibilità di rag­ giungere, con i delegati della stessa comunità di Corinto, Gerusalemme. Nel frat­ tempo, in 2Cor 1 , 1 5- 1 6 è presentato un nuovo progetto: dalla Macedonia a Corin­ to, con un doppio viaggio di andata e ritorno, per organizzare infine la partenza alla volta della Giudea sempre da Corinto (v. 1 6). Intanto, mentre si trovava ad Efeso, anche il nuovo progetto di viaggio è stato soggetto a variazioni: Paolo ave­ va deciso di dilazionare la visita a Corinto, prima di raggiungere la Macedonia6• Non è semplice definire il senso specifico del sostantivo charin 7 giacché, come ab­ biamo già evidenziato per il sostantivo charisma in 2Cor 1 , 1 1 , può significare "dono", "grazia" o "beneficio". La vicinanza con il v. 1 1 rende preferibile il signifi­ cato di "beneficio", anche se in contesti relazionali diversi: mentre prima Paolo sottolinea il beneficio ricevuto da molti, qui evidenzia quanto di bene egli può of­ frire ai destinatari mediante una sua visita 8 • In pratica, da una parte, charis è sinonimo di charisma, dall'altra si avvicina a "qualche dono spirituale per il rafforzamento" interiore dei destinatari cui Paolo accennerà, ad esempio, in occasione della futura visita presso le comunità cristia­ ne di Roma (cf. Rm 1 , 1 1 )9• Il riferimento al "secondo" beneficio non è rapportato alla prima evangelizzazione della comunità (S0-5 1 d.C.) bensì alla visita determi­ nata dalla prima crisi creatasi nella stessa comunità e che si trova nel background della "lettera dalle molte lacrime", cui accennerà in 2Cor 2.4 (intorno al 55 d.C.). v.

16: Secondo l'originale progetto di Paolo, la visita a Corinto non sarebbe stata

5 Il sostantivo pepoithisis (convinzione, fiducia) è usato soltanto da Paolo nel NT e particolarmen­ te in 2Corinzi (qui, 2Cor 3,4; 8,22; 1 0,2; Fil 3,4; Ef 3, 1 2 ). Si noti il passaggio dalla I plurale dei w. 1 2-14 alla I singolare dei w. 1 5- 1 7 e, nuovamente, alla I plurale dei w. 18-22: anche se nei cambia­ menti di progetti di viaggio sono coinvolti i collaboratori. resta Paolo il principale responsabile, chiamato a giustificarsi e a difendersi di fronte ai destinatari. A sua volta il dativo taute, te, pepoi­ thisei assume valore causale. Cf. Harris, Second Corinthians, 1 92. 6 L'awerbio protheron è da collegare al verbo elthein e non a eboulomen : egli non avrebbe prima voluto giungere bensl avrebbe desiderato raggiungere prima Corinto per poi andare e tornare dal­ la Macedonia. Cf. Martin, 2 Corinthians, 25. Per uno schema sui tre progetti di viaggio delineati tra l Cor 1 6, 1-8 e 2Cor 1 , 1 6 cf. Harris, Second Corinthians, 1 95. 7 Alcuni testimoni riportano la lezione variante charan (cf. XC, B, L, P, 8 1 . 1 04, 365, 6 1 4, 1 1 75, 2464) invece di charin: è un tentativo di armonizzazione rispetto alla tematica della gioia che sarà introdotta in 2Cor 2,3. Cosl Metzger, Textual Commentary, 576; anche Matera, Il Corinthians, 5 1 ; Thrall , Second Corinthians, 1 37. 8 L'uso del congiuntivo schete esclude l'allusione alla partecipazione che i Corinzi avrebbero potu­ to esprimere rispetto alla colletta a favore dei poveri della Chiesa di Gerusalemme, ipotizzata da G D Fee, "Charis in II Corinthians 1 . 15: Apostoli c Parousia and Paul-Corinth Chronology", in NTS 24 ( 1 977-78) 533-538. Difatti mentre in 2Cor 8,1 il soggetto della "grazia" è Dio stesso, qui si riferi­ sce alla charis che gli stessi destinatari avrebbero potuto ricevere dalla visita di Paolo. 9 Per il senso di charisma... pneumatikon in Rm 1 , 1 1 cf. Pitta, Lettera ai Romani, 58. Cf. anche Fil 1 ,25-26 in cui Paolo spera di raggiungere Filippi per la crescita e la gioia della fede nella comunità cristiana. .

.

1 1 8 / Traduzimre è commentO ·

definitiva ma transitoria e intercalata da un breve ritorno in Macedonia, per ri­ passare definitivamente da Corinto e, da qui, raggiungere la Giudea. La Macedonia, citata nelle lettere di Paolo e negli Atti degli apostoli 10, corrispon­ de alla provincia romana situata a nord dell'Acaia e delimitata ad ovest dall'Adria­ tico e a sud-est dal mar Egeo. Il periodo della sua massima espansione si verifica sotto Filippo II (359-366 a.C.) e soprattutto con il figlio, Alessandro Magno (336-323 a.C.) che riesce a creare un impero, dall'Adriatico all'Indo. Nel 148 a.C., la regione diventa provincia romana e dal 44 d.C. è sede proconsolare, con centro principale a Tessalonica, mentre l'assemblea degli stati greci è stanziata a Berea. Le principali città della provincia romana sono Tessalonica, Filippi e Berea dove, attraverso la predicazione di Paolo e dei suoi collaboratori, fioriscono importanti comunità cristiane. Forse dietro il pendolarismo tra la Macedonia e l'Acaia c'è la preoccupazione di Paolo per le sue comunità (cf. 2Cor 1 1 ,28) e il progetto economico della colletta a favore della Chiesa madre di Gerusalemme (cf. 2Cor 8, 1 ; Rm 15,26). Per questo il riferimento alla Giudea 1 1 , pur essendo generale, è orientato in particolare alla cit­ tà di Gerusalemme, in quanto mèta principale in vista della conclusione del terzo viaggio missionario 12• Il verbo propemphthenai è al passivo, con riferimento uma­ no più che divino: in pratica, Paolo allude all'aiuto economico che le sue comuni­ tà gli riservano per proseguire nei viaggi missionari 13• v.

17: Due domande retoriche, introdotte dalla congiunzione conclusiva oun, ca­ ratterizzano la spiegazione sulle intenzioni di Paolo rispetto ai progetti di viaggio appena enunciati. In tal modo egli affronta subito gli interrogativi sulle motiva­ zioni che lo hanno indotto a variare le proprie scelte recenti: dietro le due doman­ de retoriche si annidano i dubbi che, da una parte, si sia comportato con "legge­ rezza" e quindi in modo irresponsabile o ambiguo 14, e dall'altra che si nasconda­ no secondi fini di opportunismo o di sfruttamento nei confronti dei destinatari. Il secondo dubbio è espresso con il sintagma kata sarka che, in questo contesto, pos­ siamo rendere con "umanamente" o "in modo opportunistico" 15• I contenuti delle due domande - leggerezza e opportunismo - si muteranno in veri e propri capi d'accusa verso il comportamento di Paolo nel corso della 2Corinzi canonica 1 6• L'ultima parte del v. 1 7 introduce, attraverso una consecutiva 17, il bel motivo del "si, sì e no, no" che Paolo svilupperà sino alla conclusione della prima sequenza narrativa 18• Tuttavia non è chiaro il valore della formula nel contesto della narra­ zione paolina 19; così si cerca di risolvere le difficoltà abbreviando, sulla falsariga

1 ° Cf. 2Cor 1 , 1 6. 1 6; 2, 1 3; 7,5; 8,1; 1 1 ,9; l Ts 1 ,7.8; 4, 1 0; 1 Cor 1 6,5.5; Rm 1 5,26; Fil 4, 1 5; 1Tm 1 ,3; anche At 1 6,9. 10.12; 1 8,5; 1 9,21 .22; 20, 1 .3. 11 Per ulteriori accenni alla loudaia nelle lettere di Paolo cf. 1 Ts 2, 14; Gal 1 ,22; Rm 15,3 1 . 1 2 D verbo propempein (mandare, accompagnare) è tipico del vocabolario missionario nel NT (cf. 1 Cor 1 6,6. 1 1 ; Rm 15,24; Tt 3 , 1 3; At 15 ,3; 3Gv 6; anche Policarpo, Filippesi 1 , 1 ). 1 3 Thrall, Second Corinthians, 140. 1 4 Il sostantivo elaphria è hapax legomenon nel NT (cf. tuttavia l'uso dell'aggettivo elaphros in 2Cor 4� 17 e in Mt 1 1 ,30; per la LXX cf. Es 1 8,26; Gb 24, 1 8). 1 Cf. l'analogo significato in 2Cor 5 , 1 6. Per kata sarka nell'epistolario paolina cf. 2Cor 1 0,2; 1 1 ,18; 1 Cor 1 ,26; 10, 1 8; Gal 4,23.29; Rm 1 ,3; 4, 1 ; 8,4.5; 9,3.5. 16 Cf. l'uso del verbo chraomai ( comportarsi, agire) in 2Cor 3 , 1 2; 1 3 , 1 0; anche 1 Cor 9, 12. 17 Sul valore consecutivo più che finale della proposizione introdotta da hina cf. L.L. Welbom, "The Dangerous Double Affirmation: Character and Truth in 2Cor 1 , 1 7", in ZNW 86 ( 1 995) 36. 1 8 L'importante P'", il 42446, lt*, B, D*, 0225, 0243, 33, 326, 1 739, 1881 ) , è da preferire rispetto a quella con kai ei (e se in F e G) e a quella con ei de kai (se però anche, in N2, C2, D2, '1'), in quanto si colloca meglio nel contesto del v. 1 6. Cosi Thrall, Second Corinthians, 4 1 5 . 68 Si noti il passaggio da aida (v. 1 6a) a ginoskein nel v. 1 6b: i due vèrbi assumono, in questo caso, la stessa portata di conoscenza esperienziale e non soltanto intellettiva. Cosl Lambrecht, Second Corinthians, 96. 69 Barbaglio, Teologia di Paolo., 269. =

L'amore di Cristo e la riconciliazione (2Cor 5, 11-21) l 265 za terrena 70, come se in questione si trovi la concezione messianica del Cristo, professata da Paolo prima e dopo la sua "vocazione". Non ha senso neppure so­ stenere una seconda conversione di Paolo, in seguito all'incidente di Antiochia (cf. Gal 2, 1 1 - 1 4), con la quale egli assumerebbe le distanze dalla concezione giudaico-cristiana di Cristo, a favore di una che non bada più alle credenziali giu­ daiche degli altri apostoli. Se, come sembra, anche se in modo implicito, Paolo al­ lude alla propria vocazione sulla strada di Damasco 7 1 , in questione è soprattutto il contrasto tra la persecuzione della Chiesa di Dio (cf. Gal 1 , 1 3- 1 4) e la sua evange­ lizzazione della fede in lui (cf. Gal 1 ,23). Dal momento della rivelazione di Cristo in o a lui, Paolo ha mutato radicalmente il proprio modo di considerare Gesù Cri­ sto: nel Messia crocifisso e "maledetto" ha riconosciuto la benedizione divina (cf. . l Cor 2,2; Gal 3, 1 3- 1 4). Per questo, nelle ultime battute del v. 2 1 riprenderà pro­ prio questa paradossale rivelazione di Dio in Cristo, definito tout-court come "peccato", affinché i credenti diventassero "giustizia di Dio". In tal senso la propo­ sizione del v. 1 6b non corrisponde ad una semplice ipotesi ma ad una condizione reale, a una situazione di cambiamento che Paolo ha storicamente sperimentato nella propria esistenza. v. 17: La

seconda conseguenza della morte e risurrezione di Cristo riguarda la realtà apocalittica della nuova creatura. Anche se la nuova consecutiva, introdot­ ta da hòste come la prima (v. 1 6), può essere considerata come dipendente dalla precedente, è preferibile ritenerla collegata direttamente ai vv . 1 4- 1 5, giacché il pensiero fluisce, comunque, con linearità 72• Anzi, dal punto di vista logico, la pro­ spettiva apocalittica della nuova creatura dovrebbe precedere quella del cambia­ mento radicale realizzatosi nell'esistenza di Paolo e dei credenti; ma il contesto apologetico della pericope lo ha indotto a non badare troppo all'ordine delle prio­ rità sulle conseguenze della morte e risurrezione di Cristo. Dal punto di vista sintattico, la prima parte del v. 17 è una condizionale introdotta da ei ma risulta carente dei verbi sia nella protasi sia nell'apodosi, in cui si trova soltanto la lapidaria sentenza "nuova creatura" 73• In realtà ei tis corrisponde, di fatto, non a una reale condizionale bensì a una relativa, come spesso nel greco el­ lenistico, che potremmo rendere con hostis: "Chi è in Cristo è una creatura nuova"'4 . Tipicamente paolina è la formula en Christò;: qual è l'origine e la rilevanza dell'e­ spressione 75? A prima vista, si potrebbe sostenere che l'essere "in Cristo" riscontri la sua origine nella cristologia adamica, introdotta al ,. . 14b: come si è morti in Adamo così si è nuove creature in Cristo. In tal modo Paolo ricalcherebbe la con­ cezione della "personalità corporativa" 76: in Cristo sarebbero presenti tutti gli es­ seri umani. In realtà, tra il v. 1 4b e il \' . 17 si assiste ad un significativo slittamento attanziale: dal pantes riferito a tutta l'umanità al tis di chi è in Cristo o ai credenti in lui. Se consideriamo l'espressione come pre-paolina, dato tutt'altro che pacifi­ co, potrebbe alludere al battesimo, quale condizione per appartenere a Cristo e diventare nuove creature. In tal caso, Paolo anticiperebbe le formule di Gal 3,27 e di Rm 6,3: "Quanti infatti eis Christon siete stati battezzati" ... ; "Quanti siamo stati

70 Hengel, Paolo �tiano, 1 54. 71 Cf. soprattutto S. Kim, "2 Corinthians 5:1 1 -2 1 and the Origin of Paul's Concept of Reconcilia­ tion", in Pau! and the New Perspective. Second Thoughts on the Origin of Paul's Gospel, Grand Rapids-Cambridge 2002, 2 1 4-238. 72 Thrall, Second Corinthians, 424. 73 L'ellissi dei verbi può essere colmata con l'inserzione del verbo "essere" nella protasi e nell'apo­ dosi. 74 Fumish, II Corinthians, 3 14; Lambrecht, Second Corinthians, 96 . Cf. l'uso di ei tis in I Cor 3 1 2 . 1 7; 1 1 , 1 6; 1 4,37.38; 16,22; Gal 1 ,9; 6,3; Rm 8,9. 7� La formula è stata già utilizzata in 2Cor 2 , 1 4. 1 7; 3,14 ; in seguito cf. 2Cor 5, 19; 12,2. 19. 76 Thrall , Second Corinthians, 426. ·

266 / Traduzione e commento battezzati eis Christon. ". Tuttavia, in questi casi, è utilizzata la preposizione eis "di relazione" e non en; e il contesto della corrispondenza di Paolo con i Corinzi, pone in discussione la visione del battesimo, quale condizione previa per l'appar­ tenenza a Cristo (cf. 1 Cor 1 , 1 3- 1 4), facendolo precedere dalla fede e dalla predica­ zione del vangelo. Altrettanto problematica è l'interpretazione ecclesiologica di en Christo;, nel qual caso essere in Cristo, significherebbe "essere nella Chiesa", inte­ sa come "corpo" di Cristo (cf. 1 Cor 1 2 , 1 3). Piuttosto la sequenza di tale relazione procede in modo inverso: non c'è prima la comunità, come corpo di Cristo, e quindi l'essere in lui di ogni credente, bensì il contrario: poiché si è "uno in Cri­ sto" si diventa suo corpo, ognuno per la sua parte. Ci sembra che ogni volta che Paolo utilizza l'espressione, la caratterizzi in quanto partecipazione della morte e risurrezione di Cristo, come conferma la stretta rela­ zione tra il v. l Sb e il v. 1 7: essere "in Cristo" significa condividere, attraverso l'ac­ coglienza del vangelo e con l'adesione per la fede, gli eventi centrali del kerygma. Tale partecipazione si realizza, per ognuno e per tutti i credenti, attraverso l'azio­ ne dello Spirito di Cristo. Per questo l'essere en Christo; non è, in definitiva, diver­ so dall'essere en pneumati, nello Spirito di Cristo (cf. Rm 8,9) 77• D'altro canto, il diventare e l'essere "nuova creatura" si realizza soltanto per mezzo dello Spirito di Cristo. Pertanto, preferiamo escludere l'orizzonte della personalità corporati­ va, alquanto problematico e induttivo rispetto al pensiero paolino, a favore di quello apocalittico che risalta, con tutta la sua incidenza, attraverso l'espressione "nuova creatura"; e non è necessario ricorrere a un livello pre-paolino per spiegar­ ne l'origine: la formula en Christo; appartiene al vocabolario più proprio di Paolo, coniata per esprimere la partecipazione alla morte e risurrezione di Gesù Cristo. Invece è propriamente anticotestamentario e giudaico il linguaggio sulla "nuova creazione", con il superamento delle realtà vecchie e il sopraggiungerne di nuove (v. 1 7b)78• Il vocabolario è tipico del Secondo e del Terzo Isaia: "Non ricordate più le cose passate, non pensate più alle cose antiche! Ecco, faccio una cosa nuova ... " (Is 43, 1 8 - 1 9); "Ecco infatti io creo nuovi cieli e nuova terra; non si ricorderà più il passato ... " (Is 65, 1 7; cf. anche Is 48,6; 66,22) 19• Tuttavia, si può rilevare che il sin­ tagma kaine ktisis non è mai utilizzato nell'AT, mentre di "nuova creazione" si parla a Qumran: "Poiché è in uguale misura che Dio li ha posti fino al tempo asse­ gnato e alla nuova creazione" ( l QS 4,25). Rispetto a tali fonti, è bene rilevare che, da una parte il modello della creazione nuova è formulato per quanti entrano a far parte della comunità di Qumran80 e che, dall'altra, dove si parla in modo espli­ cito di "nuova creazione", come nei passi citati, tale categoria assume una pro­ spettiva escatologica, in quanto si realizzerà alla fine della storia. Anche il rapporto con la letteratura apocrifa dell'AT è interessante; così scrive l'autore di Giubilei 4,26 (II sec. A.C.): " ... E il Monte Sion, che sarà santificato nella nuova creazione per la santificazione della terra" 8 1 • E secondo l'autore di Giusep..

77 Con buona pace di Thrall, Second Corinthians, 425 che pone in discussione tale interpretazione poiché l'essere nello Spirito dovrebbe precedere l'essere in Cristo, non sembra che Paolo stabilisca una scansione cronologica fra le due partecipazioni, ma nel momento in cui si è in Cristo si è, nel­ lo stesso tempo, nel suo Spirito, perché soltanto quest'ultimo rende possibile per ognuno l'essere in Cristo. 78 Cf. in particolare U. Meli, Neue Schéipfung. Bine traditionsgeschichtliclre und exegetisclre Studie zu einem soteriologischen Grundsatz paulinischer Theologie, BZNW 56, Berlin·New York 1 989, 327-388; U. Vanni, "La creazione in Paolo. Una prospettiva di teologia biblica", in RdT 36 ( 1 995) 285-325. 79 Cf. anche Sap 19,6; 2Esdra 7,75. Sulle connessioni tra 2Cor 5,17 e Is 43, 1 8-19; 65, 1 7 cf. G.K. Beale, "The Old Testament Background in 2Corinthians 5-7 and its bearing of the literary pro­ blems of 2 Corinthians 6.14-7. 1", in NTS 35 ( 1 989) 553. 80 1 QH 1 3 , 1 1 - 1 2 : "Narreranno la tua gloria, in tutto il tuo dominio, perché hai fatto vedere loro ciò che nessun altra carne aveva visto prima, creando le cose nuove, distruggendo le cose esistenti llrima e instaurando ciò che sarà in eterno". Cf. inoltre 1QH 3 , 1 9-22; 1 1 , 1 0- 1 4. 1 Cf. anche di JEnoc 72, 1 ; 2Baruc 32,6; 44, 12; 57,2, 4Esdra 7,75.

L'amore di Cristo e la riconciliazione (2Cor 5, 1 1-21) l 267 pe e Asenat la stessa conversione di Asenat è descritta con il linguaggio della vita nuova: "Tu Signore, benedici questa vergine, e rinnovata con il tuo spirito, e for­ mala di nuovo con la tua mano segreta, e falla rivivere con la tua vita" (Giuseppe e Asenat 8, 1 0- 1 1 ) 82. Quest'ultimo passo è particolarmente significativo per 2Cor 5, 1 7, soprattutto se nel retroterra del nostro brano è richiamato l'episodio della vocazione di Paolo sulla strada di Damasco. Tuttavia, tornando a Paolo, è significativo che la formula kaine ktisis sia utilizzata soltanto qui e in Gal 6, 1 5 : "Né infatti la circoncisione è qualcosa né l'incirconci­ sione, ma la nuova creazione" 83. In entrambi i casi, la nuova creazione assume un'accentuazione antropologica84, in quanto si riferisce a quanti sono "in Cri­ sto" 85, come nel nostro caso, e a quanti si pongono al di là dell'essere giudeo o gre­ co, come in Gal 6, 1 5 (cf. le relazioni con Gal 3,27-28 e Gal 5,6). In tal senso, la "nuova creatura" assume una portata più ristretta della ktisis di Rm 8 , 1 9-2 1 in cui Paolo sembra alludere al creato, comprensivo dell'umanità. Quanto distingue la concezione paolina della "nuova creatura", rispetto alle fonti segnalate, è la sua dimensione apocalittica più che escatologica o finale della storia: la "nuova crea­ tura" si è realizzata soprattutto con l'evento della morte e risurrezione di Cristo; e rappresenta la forza endemica che causa un dinamismo vitale per l'intera creazio­ ne che attende la liberazione dei figli di Dio86 • Pertanto, la "nuova creatura" di 2Cor 5 , 1 7 non è diversa "dall'uomo interiore che si rinnova di giorno in giorno" (cf. 4, 16) né dall'"uomo nuovo", di cui si parlerà in Ef 2 , 1 5; 4,25. Per confermare l'esistenza della "nuova creatura", Paolo aggiunge una proposi­ zione che ricalca il linguaggio di Is 43, 1 8- 1 9 87: alle realtà o cose "vecchie" che ap­ partengono al passato e che non tornano88, si oppongono quelle "nuove" 89. L'uso dell'interiezione idou (ecco) si deve alla solennità e alla particolare attenzione che Paolo intende conferire a ciò che segue: le cose o le realtà nuove90• Egli non preci­ sa quali si�o le realtà vecchie e nuove, ma la relazione di queste ultime con la "nuova creatura" orienta verso l'essere "in Cristo", quale condizione perché si pas­ si dal vecchio al nuovo. L'opposizione è vicina a quella che, in contesto diverso, Paolo svilupperà tra la "novità dello Spirito" e il "vecchiume della lettera" in Rm 7,6. 18: n registro argomentativo sull'evento kerygmatico della morte e risurrezione di Cristo, con la relativa partecipazione dei credenti, lascia il posto al linguaggio della riconciliazione, nei vv. 1 8-20, con lo spostamento di attenzione sull'azione

v.

82 Per la letteratura giudaica successiva cf. Mek 51 b a Es 16,25; Targum di Onqelos a Dt 32, 12; Ge­ nesi Rabbah 39, 14; b.Yebam 48b. 83 Per ii commento cf. Pitta, Galilti, 40 1-403. 84 Hubbard, New Creation, l 79- 1 8 1 . 85 Per questo C. Hoegen-Rohls, "Ktisis and kainé ktisis in Paul's Letters", in A . Christophersen - C. Claussen - J. Frey - B. Longenecker (cur.), Paul, Luke and Greco-Roman World, FS. A.J.M. Wedder­ bwn, JSNT SS 2 1 7, Sheffield 2002, 1 1 9, definisce l'espressione come nomen reliltionis tra i cre­ denti e Cristo. 86 Per gli altri riferimenti alla novità della creazione nel NT cf. Ef 2,10.15; 4,25; Mt 1 9,28; 2Pt 3,13; A.p 2 1 , 1-5. Cosi Thrall, Second Corinthians, 423-424. 8 Cf. in particolare Hubbard, New Creation , 1 82. 88 Non a caso la proposizione si regge sul contrasto tra l'aoristo par�lthen (daparerchomai, soltan­ to qui nelle lettere paoline) e il perfetto gegonen (da ginomai): le realtà nuove sono cominciate con l'evento della croce e raggiungono il presente dell'essere "in Cristo" e il futuro dell'essere "con lui". Cf. l'uso di parerchomai nei contesti apocalittici di 2Pt 3 , 1 0 e di Ap 2 1 ,4. Cf. Furnish, II Corin­ thians, 3 1 5 . 89 Soltanto qui Paolo utilizza l aggettivo archaios (cf. anche 2 Pt 2,5; Mt 5,1 1 .33; Le 9,8. 19; 2 1 , 1 6; Ap 12,9; 20,2); invece con kaina riprende l'aspetto di novità sottolineato nell a prima parte del v. 1 7 !ilfr la creazione. Nella LXX idou corrisponde all'ebraico hinne; per tale funzione nelle lettere di Paolo cf. 2Cor 6,2.9; 7, 1 1 ; 12,14; 1Cor 1 5 , 5 1 ; Gal 1 ,20 (formula di giuramento); Rm 9,33 (citazione di Is 28, 1 6). Per il contesto apocalittico cf. Is 42,9; 43, 1 9; 65, 17; Le 23,29; Mt 24,23; Ap 4, 1 ; 2 1 ,5. '

268 / Traduzione e commento di Dio9 1 • In questi versi sembra che Paolo intenda ricapitolare, attraverso l'oriz­ zonte propriamente teologico, quanto ha dimostrato nei vv. 14- 1 7, come attesta l'espressione di collegamento "e tutte (queste realtà sono) da Dio92• Alcuni, sulla scia di E. K.asemann, anche se con modifiche successive, ritengono che nei vv. 1 8-2 1 sia riscontrabile il frammento di un inno pre-paolino, mutuato dalla comunità giudaico-cristiana delle origini93: lo stile (cf. l'uso della perifrasti­ ca al v. 1 9) e soprattutto il linguaggio della riconciliazione sembrano, a prima vi­ sta, avvalorare l'ipotesi (cf. anche la presenza di paraptomata al v. 1 9). Tuttavia, vedremo che sia il modello cristologico dell'interscambio sia il vocabolario della riconciliazione sono tipicamente paolini, al punto che non riscontrano sostanzia­ li paralleli nelle fonti giudaico-cristiane pervenuteci. Con questo non intendiamo escludere la presenza di frammenti precedenti, as­ Sunti da Paolo nelle sue lettere, ma ribadire soprattutto i principi basilari che ab­ biamo cercato di delineare per Gal l ,4; Rm 1 ,3b-4 e Rm 3,25, rispetto ai quali non abbiamo esitato a riconoscere l'origine pre-paolina94• Affinché tali ipotesi possa­ no essere sostenute sono necessarie alcune condizioni basilari: (a) che i frammen­ ti creino decisive interruzioni nel corso delle dimostrazioni paoline, dal versante contenutistico e stilistico; (b) che seguano un modello extra-paolino riscontrabile in altre fonti; (c) e che presentino un linguaggio sostanzialmente diverso da quel­ lo di Paolo. Ora queste tre condizioni non ci sembra che si verifichino per 2Cor 5 , 1 8-2 1 ; anzi, il vocabolario della riconciliazione risponde al modello soteriologi­ co paolino e, come vedremo, la cristologia del v. 2 1 è analoga a quella di espres­ sioni paradossali cristologiche, contenute nelle sue lettere. Pertanto, la presenza di alcuni termini e stilemi non sono sufficienti per considerare i vv. 1 8-2 1 come pre-paolini o addirittura come un testo ionico, analogo ad esempio a quello di Fil 2,6- 1 1 . Se dovessimo, a partire da alcuni termini, stabilire ciò che è paolino da quanto è precedente, forse sarebbero più numerosi i frammenti mutuati dalla tra­ dizione rispetto alle asserzioni di Paolo95! Fra gli autori del NT, soltanto Paolo utilizza il vocabolario della riconciliazione96, anche se a livello gesuologico ci troviamo di fronte ad uno dei tratti più originali della missione di Gesù di Nazaret; e tale novità linguistica merita di essere analiz­ zata, giacché apporta importanti cambiamenti dal versante religionistico97• In 91 Per riscontrare un precedente riferimento esplicito a theos bisogna risalire sino al v. 13, mentre si può notare che nei w. 18-2 1 il sostantivo è utilizzato in ogni verso.

.

92 Per questo ta de panta non è una professione di fede che attesta l'origine divina di tutte le cose,

analoga alle formule di 1Cor 8,6; 1 5,28; Rm 1 1 ,36; Fil 3,2 1 ; Col 1 , 1 6- 1 7, bensì ha valore argomen­ tativo di sintesi rispetto a quanto precede: l'amore di Cristo, la sua morte e risurrezione, il nuovo modo di conoscere gli altri e lo stesso Gesù Cristo, la nuova creatura trovano in Dio il disegno ori­ ginario. Cf. l'analoga funzione di ta gar panta in 2Cor 4, 15. In tale contesto la congiunzione de che introduce il v. 1 8 non è awersativa ma di connessione logica. Cf. Fumish, II Corinthians, 3 1 6; Lambrecht, Second Corinthians , 97; Thrall, Second Corinthians, 429. 93 E . .Kiisemann, "Some Thoughts of the Theme •The Doctrine of Reconciliation in the New Te­ stament» ", in J.M. Robinson (cur.), The Future ofOur Religious Past, FS. R. Bultmann, New York 1 97 1 , 49-64 e in particolare 52-57; Fumish, II Corinthians, 334; R.P. Martin, Reconciliation: A Stu­ dy of Paul's Theology , London 198 1 , 94-95; P. Stuhlmacher, Gerechtigkeit Gottes bei Paulus, FRLANT 87, Gottingen 1 966, 77. 94 Pitta, Galati, 68-69; Romani, 47-50. 1 65- 1 68. 95 Cf. la critica di Thrall, Second Corinthians, 445-449 alla pre-paolinicità di 2Cor 5 , 1 8-2 1 . 96 Cf. i contributi di C . Breytenbach, Versohnung. Eine Studie zur paulinischen Soteriologie, WMNAT 60, Neukirchen-VIuyn 1989; Id., "Salvation of the Reconciled (With a Note on the Back· ground of Paul's Metaphor of Reconciliation)", in J.G. van der Watt, Salvation in the New Testa­ ment: perspectives on soteriology, NT Sup. 1 2 1 , Leiden-Boston 2005, 271-296; F. Buchsel, katallas­ so , in GLNT I, 680·695; Fitzgerald, "Pau! and Pardigm Shifts", 24 1-262; Kim, "2 Corinthians 5:1 1-21", 214-2 19; Martin, Reconciliation, 135- 1 54; S.E. Porter, Katallasso in Ancient Greek Litera­ ture, with Reference to the Pauline Writings, Cordova 1994; C. Spicq, katallage, katallasso, in Note di Lessicografia, l, 840-845. 97 n sostantivo katallage è usato soltanto 4 volte nel NT (2Cor 5,18.19; Rm 5,1 1 ; t t , 1 5); il verbo corrispondente, katallassein è attestato 6 volte (2Cor 5, 1 8. 1 9.20; 1 Cor 7, t l ; Rm 5 , 1 0. 1 0); cf. anche il composto apokatallassein in Col l ,20.22; Ef 2, 1 6.

L'amore di Cristo e la riconciliazione (2Cor 5, 1 1-21) l 269 certo senso, ha ragione Calvino quando definisce questi versi come la sintesi di tutto il pensiero di Paolo: "Est hic insignis locus, si quis alius est in toto Paulo" 98• Se escludiamo il passo di 1 Cor 7, 1 1 , in cui il verbo katallassein è utilizzato a pro­ posito della relazione tra marito e moglie, tale linguaggio si condensa in l Cor 1 , 1 8-2 1 e in Rrn 5 , 1 0-1 1 , con una fugace ripresa in Rrn 1 1 , 1 5 . Anche nella LXX è raro il linguaggio della riconciliazione e per le relazioni tra Dio e il suo popolo è utilizzato soltanto in 2Maccabei99: "Esaudisca le vostre preghiere e si riconcili (katallageie) con voi e non vi abbandoni nell'ora della prova" (2Mac 1 ,5); "Compiute queste cose, alzarono insieme preghiere al Signore misericordio­ so, scongiurandolo di riconciliarsi (katallagenai) pienamente con i suoi servi" (2Mac 8,29; cf. anche 5,20; 7,33). Restando nel contesto religioso, così scriverà Flavio Giuseppe, a proposito della relazione tra Dio e Saul: "Udendo ciò, Samuele provò un grande turbamento, e per tutta la notte supplicò Dio che si riconciliasse con Saul, e non rimanesse adirato con lui" (Antichità 6, 1 43) 100 • Lo scarso uso di katallassein e del suo campo semantico nel greco biblico, con l'eccezione di 2Maccabei e delle grandi lettere paoline, ha indotto alcuni a porre attenzione sul suo uso nel greco profano. Di fatto, il linguaggio della riconciliazio­ ne è tipico delle relazioni diplomatiche o politico-militari 10 1 , soprattutto fra per­ sone o popoli in stato di belligeranza 1 02 , di quelle socialP03, familiari (cf. l Cor 7, 1 1 ) 104 e morale 105• Non dobbiamo dimenticare che il sostantivo katallage, quan­ do compare in contesti economici, corrisponde al cambio delle monete 1 06• Tutta­ via, anche per il greco profano non mancano citazioni in cui tale linguaggio è usa­ to per le relazioni religiose con le divinità, come nel caso di Aiace che cerca di ri­ conciliarsi gli dèi attraverso riti di espiazione 1 07• Pertanto, non ci troviamo di fronte a una vera novità se Paolo si serve di ka ta llas­ sein per descrivere la relazione tra Dio e gli empi o i suoi nemici (cf. Rrn 5,6- 1 1 ). La novità non riguarda l'uso del vocabolario, attestato sia nel giudaismo palesti­ nese ed ellenistico sia nel greco profano, anche per le relazioni tra il divino e l'u­ mano, bensì nel capovolgimento del modello per la riconciliazione 108• Di fatto, mentre nelle fonti citate sono Israele e gli esseri umani a cercare la riconciliazio­ ne con il Signore o con gli dèi, soprattutto attraverso le preghiere e i riti espiatori, in 2Cor 5 , 1 8-20 e in Rrn 5,8-1 O è Dio stesso che sceglie e decide, in prima persona, di riconciliare gli uomini o il mondo con se stesso 109• In tal senso, salta qualsiasi paradigma diplomatico, perché come Paolo dimostrerà in Rrn 5 6 1 1 è in que­ stione soltanto l'azione gratuita di Dio, senza attendere la minima risposta dal versante umano. ,

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98 Citazione riportata in Martin, 2 Corinthians, 149. Lo stesso R.P. Martin, "Centro della teologia di Paolo", in Hawthome - Martin - Rei d, Dizionario di Paolo , 209-2 1 O, sostiene che nella categoria della riconciliazione si trova l'elemento focale di tutta la teologia paolina. 99 Cf. katallasso in Ger 3 1 ,39 (LXX) per il cambiamento di Moab; katallage in Is 9,4 per un conte­ sto profano. 100 Per tale vocabolario sempre in contesti religiosi cf. anche Flavio Giuseppe, Guerra 5,415; Giu­ seppe e Asenat 1 1 , 1 8. 1 0 Breytenbach, Versynung, 40-83; Id. "Salvation of the Reconciled", 272- 1 80. 1 02 Erodoto Storie 5,29: "I Parli avevano compiuto la riconciliazione con i Milesi nel modo se­ t\l:lente"; anche Storie 5,95; 6,108. 3 Erodoto, Storie 1 ,6 1 : "Si riconciliò con gli uomini del suo partito". 104 Flavio Giuseppe, Antichità 5 , 1 37: "Ma il marito, profondamente addolorato a causa dell'amore che aveva verso di lei, andò a visitarla dai suoi genitori, riparò i suoi torti e si riconciliò con lei"; cf. anche Antichità 7, 1 84. 105 Filone, Legum Allegoriae 3 , 1 34: "Essi si riconciliano e concludono tregue con le passioni, po­ nendo al primo piano la ragione conciliatrice". 106 P.Oxy. 1 937,8. Così Spicq, Note di Lessicografia, l, 84 1 -842. 1 07 Sofocle, Aiace 774. 08 1 Così opportunamente Breytenbach, "Salvation of the Reconciled", 279. , 1 09 V. Mannucci, "ll messaggio della riconciliazione in S. Paolo", in BeO 142 ( 1 984) 206.

270 l Traduzione e commento

Tornando al retroterra dell'AT e giudaico di katallassein, alcuni spostano l'atten­ zione sulla mediazione, con la quale si realizza la riconciliazione tra Dio e il suo popolo 1 1 0• In tal senso, Mosè è presentato come il katallaktes e il mesites che rista­ bilisce la relazione di alleanza tra Dio e il suo popolo 1 1 1 • A prima vista, tale model­ lo può risultare felice per 2Cor 5 , 1 8-2 1 , in particolare per la funzione di Paolo, come ambasciatore di Dio, nei confronti dei Corinzi; d'altro canto, trovandoci nell'apologia di 2Cor 2 , 1 4-7,4, non dobbiamo dimenticare il fondamentale con­ fronto tra il ministero mosaico e quello paolina, dimostrato in 2Cor 3, 1-4,6. Tut­ tavia, proprio tale confronto pone in discussione la relazione tra Mosè e Paolo presentati con le funzioni di "riconciliatori". Rispetto a Paolo, non si può sostenere che egli sia mediatore della riconciliazione, attribuendo un peso eccessivo al suo "ministero della riconciliazione" (v. 1 8) e al suo ruolo di ambasciatore (v. 20). Tale ruolo di mediazione, se troppo caricato, ri­ schia di contrastare soprattutto con il suo apostolato, a cui vanno relazionate le funzioni di ambasciatore e di riconciliatore. Difatti egli non si trova in posizione mediana, per ristabilire la relazione di alleanza tra Dio e gli uomini, ma svolge un ministero che potremmo definire "unidirezionale", a nome di Dio e, pertanto, senz'alcuna mediazione, poiché in tal senso Dio non ha bisogno della sua media­ zione per riconciliarsi con gli uomini. Se poi aggiungiamo che, di fatto, l'invito che rivolgerà ai Corinzi nel "lasciarsi riconciliare con Dio" (v. 20), è relazionato alla riconciliazione personale con lui stesso e fra i membri della comunità 112 , pos­ siamo renderei conto di quanto sia fuoripista il modello della mediazione paolina per la riconciliazione. D'altro canto, l'unica volta in cui Paolo riprende il modello della mediazione si trova in Gal 3,1 9-20, ma per contestarlo: "In vista delle tra­ sgressioni (la Legge) fu aggiunta, finché non giungesse il seme al quale è stata fat­ ta la promessa, disposta mediante angeli per mano di un mediatore. ll mediatore però non lo è di uno, Dio invece è uno". Per questo, riteniamo che il pattern della mediazione per la riconciliazione divina con gli esseri umani non si applichi af­ fatto a Paolo. Per motivazioni ancora più profonde non ci sembra che egli sviluppi la propria vi­ sione della riconciliazione ricorrendo al modello del "Servo sofferente" di Is 52, 1 3-53 , 1 2, proposto soprattutto da Hofius 1 13• Si può notare che in tutto il IV Canto del Servo è assente il vocabolario della riconciliazione e, dato più rilevante, lo stesso Servo assume un ruolo vicario nella soteriologia del Secondo Isaia, men­ tre in 2Cor 5 , 1 1 -2 1 e in Rm 5 , 1 - 1 1 Paolo ribadisce più volte la funzione di vantag­ gio o di favore della morte di Cristo e non quella vicaria (cf. la nostra analisi all'hy­ per del v. 1 4). Nel commento a Rm 5 , 1 - 1 1 abbiamo rilevato che a causa delle relazioni con Rm 8,3 1 -39, e per gli accenni all'effusione del sangue di Cristo, forse dietro la soterio­ logia e, quindi, della riconciliazione si trova il "teologumeno" della 'aqedolt o del legamento di !sacco (cf. Rm 8,32; Gen 22) 1 1 4 • Dobbiamo riconoscere, però, che tale retroterra può valere per Rm 5 , 1 - 1 1 , mentre in 2Cor 5 , 1 1-21 e in tutta la corri­ spondenza con i Corinzi non accenna mai a tale background. Da dove, dunque, 110 P. Stuhlmacher, Grnndlegungvon Jesus zu Paulus, Biblische Theologie des Neuen Testaments, I, Gottingen 1 992, 3 1 9 che contesta il retroterra diplomatico-militare proposto da Breytenbach. 1 1 1 Flavio Giuseppe, Antichità 3,315: " E supplicava Mosè di fare da riconciliatore (katallakten) per loro presso Dio"; anche Filone, Vita Mosis 2 , 1 66; Quaestiones et Solutiones in Ewdum 2,49. 11 2 Fitzgerald, "Paul and Paradigm Shift", 258; ma con buona pace di Breytenbach, "Salvation of the Reconciled", 282 che insiste sulla funzione assolta da Paolo nella mediazione della riconcilia­ zione. 1 13 O. Hofius, "EIWilgungen zur Gestalt und Herkunft des paulinischen Versohnungsgedankens" in Paulusstudien, WUNT 5 1 , Tiibingen 1 989, 1 1 -14. Cf. anche Beale, "The Old Testament Bacgk­ round", 562; O. Betz, "Fleischliche und 'geistliche' Christuserkenntnis nach 2 Korinther 5 : 1 6", in Jesus, der Herr der Kirche, Aufstttze zur biblischen Theologie Il, WUNT 52, Tiibingen 1 990, 1 14-1 28. 114 Pitta, Romani, 228.

L'amore di Cristo e la riconciliazione (2Cor 5, 1 1-21) /271

scaturisce l'innovazione "religionistica" di 2Cor 5, 1 8-2 1 con una riconciliazione tutta rivolta verso gli esseri umani, per pura iniziativa di Dio? Una delle ipotesi più suggestive collega il tema della riconciliazione di questi versi all'evento centrale della chiamata di Paolo descritta in Gal 1 , 1 3 - 1 6 1 15• L'ipotesi è percorribile ma ignora, prima di tutto, la dimensione diacronica delle lettere pao­ line: è improprio spiegare 2Cor 5, 1 8-2 1 alla luce di Gal 1 , 1 3- 1 6 che appartiene a una lettera scritta successivamente da Paolo. Comunque, a parte, tale incon­ gruenza, in 2Cor 5, 1 8-2 1 non sono presenti accenni alla fase "pre-cristiana" di Paolo, attestati in Gal 1 , 1 3-14 1 1 6, ma si riconosce ex abrupto l'affidamento a Paolo del "ministero della riconciliazione". D'altro canto, nelle rare volte in cui Paolo parla del proprio passato, prima della rivelazione divina (oltre a Gal 1 , 1 3- 1 6; cf. l Cor 1 5,8- 1 0; Fil 3,3- 1 1 ), non utilizza mai il vocabolario della riconciliazione ­ elemento di critica mosso da Kim alle ipotesi precedenti - ma sempre quello della vocazione e della rivelazione. Ora, a meno di voler recuperare l'improprio model­ lo della "conversione", attestato comunque nella tradizione paolina di 1 Tm 1 , 1 3, Paolo non ha awertito mai l'esigenza di riconciliarsi con il proprio passato; anzi, proprio in Gal 1 , 1 3- 1 6 e in Fil 3,3-1 1 domina il genere della periautologia o del suo vanto rispetto al proprio passato di "persecutore della Chiesa" Pertanto, nonostante i tentativi proposti, nutriamo riserve sostanziali sia verso il retroterra del linguaggio diplomatico-militare o del Servo di JHWH, sia nei con­ fronti di quello auto-biografico, per 2Cor 5 , 1 8-2 1 . Intanto, è importante reinserire tale vocabolario nella categoria dell'alleanza tra Dio e il suo popolo, tratto che ac­ comuna i paragrafi di 2Cor 5,1 1 -2 1 e di Rm 5 , 1 1 -2 1 . Soltanto alla fine dell'analisi di 2Cor 5 , 1 8-2 1 potremo forse cogliere il retroterra più rispondente alla parados­ sale riconciliazione di Dio con gli uomini: non si è mai visto un Dio che riconcilia gli uomini e il mondo con se stesso, senza valutare il versante umano della peni­ tenza, del riconoscimento dei peccati e di riti espiatori che lo possano rendere fa­ vorevole. Stiamo, pian piano, orientando la nostra attenzione verso la sentenza conclusiva del v. 2 1 che, a nostro avviso, rappresenta la chiave di comprensione sull'origine e la portata della riconciliazione nell'intero paragrafo. Di fatto, Dio ci ha riconciliato per mezzo di Cristo 1 1 7; e senza di lui non è concepibile alcuna ri­ conciliazione di Dio con gli uomini e con il mondo 1 1 8; alla fine, Paolo spiegherà come sia diventata possibile tale riconciliazione realizzata da Dio in Cristo (v. 2 1 ). Nella seconda parte del v. 1 8, egli aggiunge una proposizione con la quale accen­ na al "ministero della riconciliazione". L'espressione è dettata nel contesto di una tipica formula di affidamento (dontos hemin che ci ha dato) 1 19, da porre in rela­ zione con le altre formule di analoghe e introdotte da echomen . . . echontes in 2Cor 3,4. 12; 4, 1 .7. 1 3 . Di fatto, il "ministero della riconciliazione" non è un compito af­ fidato a tutti i credenti bensì, qualunque sia la sua consistenza che lo accomuna o lo differenza dal successivo ministero per il sacramento della riconciliazione, a quanti hanno ricevuto, nello stesso tempo, il "ministero dello Spirito" (cf. 3,8) e "della giustizia" (cf. 3 ,9) 120• Per questo, la I plurale del v. 1 8b si riferisce, in parti­ colare, a Paolo e a coloro che hanno ricevuto il ministero dell'apostolato. I partici=

11 5 Kim, "2 Corinthians", 222-226. 1 16 Con buona pace di Kim, "2 Corinthians", 222 che relaziona impropriamente Gal 1 , 13-14 a 2Cor 5, 1 8. 1 1 7 Se nella prima parte del v. 18 il "noi" si riferisce a tutti i credenti, nella seconda parte, a causa del ministero della riconciliazione, si restringe a Paolo e a coloro che sono inviati per l'apostolato, anche se in modo assertivo e non esclusivo (con buona pace di Fumish, l/ Corinthians, 3 1 7 che at­ tribuisce il ministero della riconciliazione a tutti i credenti). 1 1 8 Il ruolo di Cristo nella riconciliazione è variamente modulato nei w. 1 8-2 1 : "per mezzo (dia) di Cristo" (v. 18; cf. anche Rm 5 , 1 0 . 1 1 ), "in (en) Cristo" (v. 1 9), "per (hyper) Cristo" (v. 20). 119 Cf. le formule di affidamento introdotte dal verbo didomi in Gal 2 ,9; Rm 12,3; Ef 3,2. 12° Cf. il contrasto con il "ministero della morte" (2Cor 3,7) e il "ministero della condanna" (2 Cor 3,9).

272 / Traduzione e co mmento

pi aoristi katallaxantos e dontos sembrano orientare verso l'evento della morte di Cristo, introdotto nella tesi della pericope (v. 1 4) e ripreso soprattutto al v. 2 1 . Non è un caso che in Rm 5 , 1 O , Paolo specificherà che "siamo stati riconciliati con Dio per mezzo della morte del Figlio suo" . Ancora una volta, non è l'autobiografia paolina a motivare l'origine della riconciliazione, compiuta da Dio, bensl l'evento della croce. Se non abbiamo esitato a evidenziare la relazione tra il ministero della riconcilia­ zione, affidato da Dio stesso a Paolo, dobbiamo precisare, ancora una volta, che tale ministero non è di mediazione, come se Paolo si assumesse il ruolo di "ricon­ ciliatore" tra Dio e gli uomini. Abbiamo già rilevato che tale prospettiva pone in discussione lo stesso apostolato paolino: egli non è apostolo tra Dio e gli uomini ­ nel qual caso forse non avrebbe esitato a definirsi "sacerdote" - bensl è apostolo o, secondo il linguaggio del v. 20, ambasciatore, inviato da Dio agli stessi Corinzi. In tal senso è pertinente collocare il vocabolario paolino e soprattutto il ministero della riconciliazione nel paradigma dell'elezione che sarà sviluppato da K. Barth: "L'eletto si deve preoccupare in tutte le circostanze del servizio, del «ministero della riconciliazione» (l/ Cor. V, 1 8) e di null'altro; si tratta del destino che segna la sua vita e che gli è chiesto di vivere" 1 2 1 • v.

19:

Un goffo hos hoti introduce l'ultima proposizione della parte kerygmatica

di 5 , 1 4- 1 9, in cui Paolo ribadisce l'universale portata della riconciliazione, realiz­ zata da Dio in Cristo 1 22• Poiché ora è ripreso in sostanza il v. 1 8, è difficile pensare

all'hoti come causale mentre l'espressione può essere considerata come una sem­ plice dichiarativa 1 23; coloro che ritengono il v. 1 9 come un frammento pre­ paolino pensano ad un hoti recitativum, corrispondente ai due punti. Tale funzio­ ne può essere conservata, anche se ci risulta difficile sostenere l'ipotesi di una glossa pre- o post-paolina: il linguaggio dei vv. 1 9-20 è paolino e ribadisce, in buo­ na sostanza, il v. 1 8 , da una parte, e la connotazione paradossale della cristologia paolina, dall'altra (v. 20). Comunque anche se il v. 19 riprende quanto è stato sostenuto al v. 1 8, lo stile è di­ verso: nella prima parte è pronunciata una perifrastica con l'imperfetto del verbo essere (hen) e il participio presente katallasson . In tal caso dovremmo tradurre l'espressione con "stava riconciliando", il che non ha molto senso alla luce dell'ao­ risto katallaxantos nel v. 1 8 . Per questo riteniamo più opportuno considerare l'uso della perifrastica come variazione stilistica rispetto al precedente aoristo. La ri­ conciliazione divina è stata realizzata "in Cristo", ossia nell'evento della croce, e non soltanto "per mezzo di Cristo" (v. 1 8). Anche tale cambiamento potrebbe es­ sere visto soltanto come stilistico: en al posto di dia . Tuttavia, l'attenzione che Paolo riserva alle congiunzioni in questi versi (cf. anche hyper Cristo, al v. 20), permette di cogliere un nuovo aspetto della riconciliazione: in Cristo Dio ha ri­ conciliato il mondo perché "Cristo è morto per tutti" (sviluppando la tesi della se­ zione in 2Cor 5 , 1 4). Anche in questo caso, non è necessario ricorrere alla catego­ ria della personalità corporativa per spiegare la riconciliazione divina compiuta in Cristo 1 24, giacché l'evento della croce ha per Paolo una portata universale e non limitata soltanto ai credenti. In tale prospettiva, il kosmos, quale destinatario della riconciliazione di Dio con se stesso, non include il mondo naturale distinto o comprensivo dell'umanità, bensl corrisponde a "tutti" gli esseri umani del v. 14: è una sorta d'iperbole lessi121

Barth, Dottrina dell'elezione divina, 820.

122 Soltanto qui, in 2Cor 1 1 ,2 1 e in 2Ts 2,2 si trova il sintagma hos hoti; nel terzo caso introduce

l'opinione infondata sull'imminenza del giorno del Signore; nel secondo apre una dichiarativa sul­ l'atteggiamento remissivo di Paolo verso i Corinzi. 1 23 Matera, Il Corinthians, 140. 124 Cosi invece Thrall, Second Corinthians, 434.

L'amore di Cristo e la riconciliazione (2Cor 5, 1 1-21) / 273 cale utilizzata per sottolineare la portata universale della riconciliazione divina in Cristo 1 25. D'altro canto il personale autois del v. 1 9b conferma l'orientamento per­ sonale del mondo quale destinatario della riconciliazione. Affinché qualsiasi percorso di riconciliazione gratuita, come quella di Dio con l'u­ manità, diventi possibile è necessario che le colpe o i peccati di tutti non siano te­ nuti in conto, altrimenti si ricade in un modello della riconciliazione a partire dal basso, ossia dagli stessi esseri umani, e non dall'alto. Per questo, Paolo awerte l'e­ sigenza di precisare - ulteriore elemento carente nella proposizione precedente che Dio non "ha addebitato" le cadute degli uomini 12 6 • ll verbo logizomai è tipico del linguaggio economico-amministrativo 1 27: ricalca l'idea di chi ha una relazione economica di debito e di credito. Con la riconciliazione "in Cristo", Dio ha prati­ çamente annullato i debiti degli esseri umani nei suoi confronti; un aspetto che sarà evidenziato in Col 2, 1 4: " ... Annullando il documento scritto contro di noi che, con le prescrizioni, ci era contrario: lo ha tolto di mezzo inchiodandolo alla croce". In certo senso, sorprende il riferimento alle "cadute" (paraptomata) quale oggetto dell'addebitamento non realizzato da Dio 128; ci aspetteremmo il più forte hamar­ tia, come dimostra il parallelo di Rm 4,8: "Beato l'uomo ai cui il Signore non ac­ crediterà il peccato" (con la ripresa del Sal 32,2 LXX). Forse tale cambiamento si deve all'attenzione rivolta da Paolo alla fattualità dei peccati, come attesta il suf­ fisso greco -ma, giacché il sostantivo hamartema è raro nel suo vocabolario (cf. 1 Cor 6, 1 8; e il testo pre-paolino di Rm 3,25). La ripresa del v. 18 prosegue nella seconda parte del v. 1 9: Paolo e i ministri della riconciliazione (v. 1 8) sono gli stessi nei quali Dio ha posto "la parola della ricon­ ciliazione" 129. Questa volta però l'espressione è più autorevole della precedente: non soltanto Dio ha "dato", nel senso dell'affidamento, il ministero della riconci­ liazione, ma.lo "ha posto" (themenos) in Paolo e in quanti sono chiamati all'apo­ stolato. Lo stesso verbo tithemi è utilizzato in 1 Cor 1 2 , 1 8.28 per esprimere l'azio­ ne gratuita di Dio che "ha posto nella Chiesa" gli apostoli, i profeti e i maestri. Alla gratuità della riconciliazione corrisponde quella dei ministri scelti come apostoli a servizio della parola che riconcilia. Anche se le lezioni varianti, riportate nella nota precedente, sono poco attendibili rispetto alla "parola della riconciliazione", spiegano bene il significato del genitivo: in questione è la parola, in quanto vange­ lo, che annuncia la riconciliazione realizzata da Dio in Cristo no. 20: L'ultima parte del paragrafo sposta l'attenzione sulla relazione tra Paolo, i suoi collaboratori e i destinatari, introducendo l'esortazione a "lasciarsi riconci­ liare" con Dio: è il punto d'arrivo di tutta la dimostrazione incentrata sull'amore di Cristo e sulla riconciliazione divina (cf. I'oun conclusivo che introduce la pro­ posizione) 13 1 .

v.

125 Cf. anche la dimensione umana di kosmos in 2Cor 1 , 1 2. Cosi Hubbard, New Creation, 1 8 1 ; Lambrecht, Second Corinthians, 99; Thrall, Second Corinthians, 434. Invece Furnish, II Corin­ thians, 3 1 9 propende per il valore più ampio del sostantivo. 1 26 A causa della consecutio temporum del v. 19 il participio presente logizomenos ha valore passa­ to e non presente. 127 Sull'accezione economica di logizomai e, di conseguenza, giuridica cf. Gal 3,6; Rm 4,3-6.22-24; 5,13; per I'AT cf. 2Re 19,19. In altri contesti il verbo significa "ritenere", "stimare" o "considerare" r cf. 2Cor 3,5; 1 Cor 13,5). · � s Sulle 20 frequenze di paraptoma nel NT, 16 sono attestate nelle lettere paoline (cf. Gal 6, 1 ; Rm -U5; 5 , 1 5 . 1 5. 1 6.17. 1 8 . 20; 1 1 , 1 1 . 1 2; Col 2, 1 3. 1 3 ; Ef 1 ,7; 2 , 1 ). · �9 La lezione ton logon tes katallages, attestata in P3•, N , B, C, D2, è da preferire a quella con to ,•ttaggeliorz tes katallages (cf. P"") e a quella con to euaggeliorz tou logou tes katallages (cf. D*, F, G), i n quanto lectio brevior e diflìcilior. · '° Cf. 2Cor 2, 17; 4,2 in cui "la parola di Dio" non è altro che il vangelo predicato da Paolo a Corin­ to. Cf. Fumish, ll Corirzthians, 320. '1 Lambrecht, Second Corirzthians, 100. Cf. l'autorità apostolica di Paolo in lCor 1 , 1 7 e dell'apo­ -10lo in Rm 10, 1 5 .

27 4 l Traduzione e commento

In prima posizione o in stato enfatico si trova l'espressione hyper Christou che può indicare favore e sostituzione, nello stesso tempo. Nel primo caso gli apostoli, in quanto ambasciatori, operano a favore di Cristo che rappresentano; nel secon­ do assumono un ruolo vicario nei suoi confronti. Entrambe le prospettive sono possibili, in quanto è proprio degli ambasciatori fare le veci e operare con l'autori­ tà di colui che li manda 132• In pratica Paolo e gli apostoli assolvono ad una funzio­ ne analoga a quella dei legati imperiali 133• Comunque, anche il verbo presbeuein, attestato soltanto qui e in Ef 6,20, per il NT, rientra nel campo semantico della ri­ conciliazione, confermando che non è del tutto fuori luogo sottolineare il conte­ sto diplomatico-militare della stessa riconciliazione, anche se, come abbiamo ri­ levato, non è sufficiente per spiegarne la portata nella nostra pericope. Accanto alla rilevanza cristologica della riconciliazione non poteva mancare quel­ la propriamente teologica: entrambe appartengono alla convinzione di Paolo 134• Poiché Dio ha affidato il ministero e ha posto in Paolo la parola della riconcilia­ zione, è naturale che Egli si serva di lui, in quanto ambasciatore, per "esortare" i destinatari della lettera 135• L'esortazione di Paolo diventa intensa e accorata, poi­ ché si accompagna all'implorazione 136: "Supplichiamo ... ". ll contesto apologetico dell'espressione conferma che Paolo non si trova nella condizione di chi media fra due parti (Dio e i Corinzi) in conflitto, affinché si pervenga alla riconciliazione, bensi possiamo sostenere che è parte in causa: lasciarsi riconciliare con Dio non è diverso, in questo caso, dal ristabilire la definitiva riconciliazione con Paolo stes­ so. L'insistenza cade, da una parte, sulla funzione vicaria e di favore dell'ambasciato­ re rispetto a Cristo, e dall'altra sulla riconciliazione con Dio. Rispetto a quest'ulti­ ma prospettiva, l'imperativo aoristo passivo katallagete non è un passivo divino, nel qual caso la specificazione successiva "con Dio" sarebbe pleonastica, bensì è un passivo con funzione deponente e, quindi, un riflessivo: " ... Riconciliatevi (o "lasciatevi riconciliare") con Dio" 137• Per quanto la riconciliazione sia un dono as­ solutamente gratuito di Dio, necessita sempre della risposta o dell'adesione uma­ na affinché possa raggiungere ognuno. v.

2 1 : Una sentenza lapidaria e fulminante chiude la densa dimostrazione di 2Cor 5 , 1 1 -20: Paolo torna a considerare il paradosso cristologico del v. 14, includendo l'azione di Dio e la conseguenza principale per i credenti 138• Anche se non lo cita esplicitamente, Gesù Cristo è colui che non aveva conosciuto peccato e che Dio stesso rese tale. Tuttavia, anche tale proposizione è troppo densa e necessita di importanti spiegazioni. Qual è il significato del "peccato" che Cristo non "aveva conosciuto", nel senso tipicamente semitico di "non aveva sperimentato"? Che cosa significa l'attribuzione della giustizia di Dio a tutti i credenti? E come può uno non commettere peccato ed essere reso, comunque, peccato? Perché Dio ha, in definitiva, "fatto peccato" il proprio Figlio 139? Poiché la proposizione è analoga

132 Lambrecht, Secorul Corinthians, 99. 133 Furnish, /l Corinthians, 339. 134 Questo è il senso della congiunzione hiJs che richiama l'h6s hoti del v. 1 9, in cui il soggetto è

sempre Dio. 135 n verboparakalein è stato già utilizzato in 2Corinzi con le sue due principali accezioni: "conso­ lare" (cf. 1 ,4; 2,7) ed "esortare" (cf. 2,8), come nel presente contesto. 136 Cf. anche 2Cor 8,4 in cui sono collegati il verbo parakalein e deomai. 1 37 Cf. anche Mt 5,24. Cosi Lambrecht, Second Corinthians, l 00. 138 n pronome personale "noi" di questo verso non riguarda tutti gli esseri umani bensl, in termini inclusivi, i credenti. Cf. Lambrecht, Second Corinthians, 100-101. 139 Dal punto di vista stilistico l'attribuzione dell'astratto, hamartia, al posto del concreto, hamar­ tolos , è una metonimia, analoga a quella successiva, in cui i credenti sono definiti non giusti bensi "giustizia".

L'amore di Cristo e 14 riconciliazione (2Cor 5, 1 1-21) 1 215 ad altre formulazioni paradossali, sparse nell'epistolario paolino, è importante considerarla in sinossi: 2Cor 5,21

2Cor 8,9

"Colui che "Gesù Crinon aveva sto, essendo conosciuto ricco peccato

Gal 3 , 1 3- 1 4

13"Cristo ci riscattò dalla maledizione della Legge,

Gal 4,4-5

poveri

affinché fossimo ventati stizia di in lui".

affinché voi diventaste ricchi per la sua povertà".

noi digiuDio

Rm 15,8-9 8"

3"Dio, aven. . . Cristo di4"Quando venne la pie- do mandato venne del suo Figlio nezza tempo, Dio mandò il suo Figlio,

per noi pec- per noi s'im- essendo

cato fece,

Rm 8,3-4

in un'espres- seiVO

di- nato da donventato per na, nato sotnoi maledi- to la Legge, zione ...

della sione visibile circoncisi odella carne ne per la vedel peccato e rità di Dio ... in vista del peccato, ha condannato il peccato nella carne,

14affinché ai gentili giungesse la benedizione di Abramo in Cristo Gesù, affinché ricevessimo, per mezzo della fede, la promessa dello Spirito".

4affinché la 'e i gentili giusta esi- dia':'o �loria genza della a Dm... . Legge fosse compiuta in noi che non camminiamo più secondo la carne ma secondo lo Spirito".

5affinché riscattasse coloro che erano sotto la Legge, affinché ricevessimo la figliolanza divina".

Il pattern che accomuna queste formule paradossali si compone di tre parti fon­ damentali: a) situazione e azione di Cristo o di Dio per mezzo di Cristo; b) affermazione centrale introdotta, in genere, da hyper (per); c) una o due finali conclusive introdotte da hina (affinché).

Rispetto a tale modello, la formula di 2Cor 5,2 1 , che è quella più breve e origina­

ria, comincia con una sentenza negativa: "Colui che non aveva conosciuto pecca­ to" 140. Essa corrisponde alle formule d'invio espresse in Gal 4,4 e in Rm 8,3; e per questo, si riferisce alla prima condizione di Cristo. A ben vedere, Paolo non sostie­ ne che inizialmente Gesù Cristo non aveva commesso peccato e che in seguito, con l'incarnazione, sperimentò il peccato, bensì che Dio lo rese peccato. Diversi studiosi, collocandosi sulla scia di una tradizione che risale ad Agostino, ritengono che, nella seconda parte, "fare peccato" sarebbe un'espressione abbre­ \'iata per indicare il "sacrificio (o la vittima) per il peccato" 141 , riconducibile a un 140 141

Su1l'impeccabilità di Gesil Cristo ne) NT cf. Eb 4, 1 5 ; ! Gv 3,5; 1Pt 2,22. S. Finlan, The Background and Contenr o(Paul's Cultic Atonement Metaphors,

SBL 19, Atlanta 2004. 98- 1 0 1 ; Martin, 2 Corinthians, 157; Stegman, Character ofJeusus, 186- 1 88; Witherington III, Conflict & Cornrnunity, 397; N.T. Wright, "TheMeaning of peri harnartias in Romans 8,3", in The Climax ofthe Covenant. Christ and the Law in Pauline Theology, Edinburgh 1991 , 220-225.

27 6 / Traduzione e commento contesto cultuale per il quale la "vittima per il peccato" designerebbe l'animale per il sacrificio 142 • Cosi scrive Agostino: "Deus pater Deum filium pro nobis fecit peccatum, id est sacrificium pro peccato" 143• Tuttavia, nel nostro caso, ancor più che per Rm 8,3, l'ipotesi è poco sostenibile in quanto lo stesso termine, hamartia, dovrebbe veicolare due significati diversi nella stessa proposizione: nella prima parte assumerebbe valore etico per Gesù Cristo che non ha compiuto alcun pec­ cato; nella seconda svolgerebbe un ruolo cultuale 144• Comunque, anche nel nostro passo la congiunzione hyper non ha valore vicario o sostitutivo bensì dì vantaggio: Gesù non fu reso peccato da Dio al posto nostro, af­ finché su lui Dio potesse abbattere tutta la propria collera 145, bensì a nostro favo­ re, affinché, come sostiene, nell'ultima parte della proposizione, "noi fossimo di­ ventati giustizia di Dio" . Se nella prospettiva vicaria l'ultima parte del v. 2 1 avreb­ be dovuto riconoscere, al massimo, la condizione di grazia ottenuta con il sacrifi­ cio di Cristo, soltanto in quella favorevole i credenti sono diventati addirittura giustizia di Dio. In pratica, mentre la concezione vicaria lascia la situazione uma­ na immutata, quella del vantaggio conferisce agli esseri umani doni che non pos­ sedevano in precedenza: la giustizia divina, la ricchezza di Cristo (cf. 2Cor 8,9), lo Spirito in quanto promessa (cf. Gal 3 , 1 4), la figliolanza divina (cf. Gal 4,5), la giu­ sta esigenza della Legge (cf. Rm 8,4) e la gloria che i gentili rendono a Dio (cf. Rm 1 5,9). La relazione paradossale di queste splendide proposizioni paoline è riconoscibile dal confronto fra i livelli segnalati: come può una persona diventare povera e ar­ ricchire con la sua povertà gli altri? Come può uno che nasce sotto la Legge libe­ rare dalla Legge? Uno che diventa maledizione può conferire la benedizione agli altri? E uno che diventa peccato può rendere gli altri persino giustizia di Dio? Non c'è nupa di più paradossale ed illogico, perché chi diventa povero o chi nasce sotto la Legge non può arricchire qualcun altro e tanto meno può riscattarlo dalla maledizione della Legge. La chiave per la comprensione di tali paradossi non si trova nel primo livello, riguardante la condizione originaria di Cristo o il suo in­ vio, nel senso che tutto ciò è diventato possibile perché era Figlio di Dio, bensì nel secondo livello: in quell'hyper che determina un interscambio paradossale ma al­ trettanto reale 146• Di fatto, Dio non rese peccato colui che non aveva sperimentato il peccato perché potesse realizzarsi, in modo perfetto, il sacrificio degli uomini, bensì perché i credenti e, per inclusione, tutti diventassero giustizia di Dio. Anche se non è detto in modo esplicito, sullo sfondo di tutte queste formulazioni, comprese quelle di Gal 4,4-5 e di Rm 8,3 in cui si accenna all'incarnazione del Fi­ glio di Dio "nato da donna", si trova l'evento della croce che campeggia sin dal v. 14: soltanto sulla croce, Gesù Cristo divenne peccato, al punto che in lui si ha la massima espressione o la più grande visibilità della "carne del peccato" (cf. Rm 8,3) 147• In tal senso, la prospettiva vicaria della redenzione, di cui non neghiamo la presenza nel NT (cf. Gv 1 1 ,50), è limitante rispetto al paradosso paolino, perché si riduce al ristabilimento di una condizione previa del peccato, mentre i credenti ricevono qualcosa d'inaudito che appartiene soltanto a Cristo, "nostra giustizia" 1 42 Cf. Jw.martia con il significato di "vittima per il peccato" in Lv 4,3.14.28.35; 5,6.7.8.1 0. 1 1 . 13; 84 2; Nm 6,15; 7, 1 6; 2Cr 29,23-24; Is 53, 10; Ez 42, 13; 43, 1 9; Eb 1 3, 1 1 . 1 3 Agostino, Quaestiones in Heptateuchwn 4,12, CSEL 28,2,32 1 . 1 44 Cosi osservano bene Barbaglio, Teologia di Paolo, 274; Collange, Enigmes, 278; Furnish, Il Co­ rinthians, 340; Penna, Ritratti, II, 143. 145 Con buona pace di Matera, II Corinthians, 1 43-145. 146 Dato posto in evidenza da M. Hooker, "Interchange in Christ", in JTS 22 ( 1 971) 349-36 1 che si sofferma in particolare su 2Cor 5,21 e su Gal 3 , 1 3 . 147 La prospettiva della croce rispetto a quella dell'incarnazione è posta ben in risalto da J.-N. Aletti, "God made Christ to be Sin (2 Corinthians 5:21 ): Reflections on a Pauline Paradox", in S. T. Davies - D. Kendall - G. O'Collins (cur.), T1re Redemption, New York 2004, 1 1 1 .

L'amore di Cristo e la riconciliazione (2Cor 5,11-21) / 277 (cf. lCor 1 ,3 1 ). Qual è allora il significato della "giustizia di Dio" attribuita ai cre­ denti? Il vocabolario della dikaiosyne è scarso nella corrispondenza di Paolo con i Corin­ zi, come d'altro canto prima di Galati e Romani l48• D parallelo che illumina mag­ giormente la nostra espressione è quello di l Cor l ,30: " .. .In Cristo Gesù che diven­ ne per noi sapienza da parte di Dio, giustizia, santificazione e redenzione". In en­ trambi i casi, Paolo utilizza, come per il precedente hamartia, la figura retorica della metonimia: un astratto al posto del concreto 1 49• Di fatto, sarebbe più logico sostenere che Gesù Cristo e i credenti sono diventati "giusti" più che "giustizia". Tuttavia, in tal caso, l'espressione avrebbe perso d'incisività, perché una cosa è di­ re di una persona che è buona o peccatrice, un'altra è definirla come "bontà" o "peccato". Con la seconda opzione, il sostantivo che sostituisce l'attributo assume maggior peso; è come se la giustizia o il peccato si concentrassero in un indivi­ duo. Nello stesso tempo, Paolo utilizza il verbo ginomai all'aoristo: "Gesù Cristo egene­ the . dikaiosyne" ( l Cor l ,30); "Noi genometha dikaiosyne" (2Cor 5,2 1 ). Il verbo è un medio che assume valore passivo: di fatto è Dio (cf. l Cor 1 ,30a) che rese "giu­ stizia" Gesù Cristo per noi; e di conseguenza, sempre e soltanto Dio "fece peccato colui che non aveva commesso peccato affinché noi fossimo resi da Lui sua giu­ stizia". Per questo, il genitivo "giustizia di Dio" di 2Cor 5,2 1 non è oggettivo e tan­ to meno semplicemente di autore o di relazione, bensì soggettivo 150: non siamo noi ad essere diventati, per nostra iniziativa, giustizia di Dio, ma è soltanto Dio che ci ha resi sua giustizia 151 • Anche il contesto soteriologico e, in particolare, staurologico di l Cor 1 , 1 8-3 1 illumina il background e la portata di 2Cor 5,2 1 152: con e nell'evento della croce, Gesù Cristo e noi siamo stati resi giustizia di Dio. Per questo l'attribuzione della giustizia di Dio ai credenti coincide con la giustifi­ cazione o con la salvezza e non appartiene a una giustizia forense o distributiva, come ad esempio in Rm 3,5 1 53• Ad una visione analoga della giustizia si appella chi appartiene alla Comunità di Qumran: "Quanto a me, se inciampo le misericordie di Dio saranno la mia salvez­ za per sempre; se cado nel peccato, nella giustizia di Dio (b•sidqiit 'el). che eterna­ mente resta, sarà il mio giudizio; se inizia la mia afflizione egli libererà la mia ani­ ma dalla fossa e renderà saldi i miei passi nella via; mi toccherà con le sue miseri­ cordie, e per mezzo della sua grazia introdurrà il mio giudizio; mi giudicherà nel­ la giustizia della sua verità, e nell'abbondanza della sua bontà espierà per sempre tutti i miei peccati; nella sua giustizia mi purificherà dall'impurità dell'essere .

.

1 48 In 2Corinzi è utilizzato soltanto il sostantivo diklziosyne cf. 2Cor 3,9; 6,7. 14; 9,9. 10; 1 1 , 15; an­ che lCor 1 ,30; il verbo corrispondente diklzioun si trova soltanto 2 volte in ! Corinzi: (4, 14; 6, 1 1 ). Tale vocabolario è scarso anche nella corrispondenza con i Tessalonicesi (cf. soltanto dikaios in 2Ts 1 ,5.6; e diklzios in 1Ts 2,10). 1 49 Aletti, "God made Christ to be Sin", 1 1 5; Lambrecht, Second Corinthians. l 0 1 . 150 Pertanto l'espressione "giustizia di Dio" (o "di Dio giustizia") attestata da Paolo, soprattutto in Rm l , 1 7; 3,5.21 .22.25.26; l 0,3.3; Fil 3,9 va chiarita soprattutto in base al contesto di appartenenza unpaulinischen < Paulus?", in ZNW 84 ( 1 993) 62-63; Scott, Adoption , 2 1 6-220; Id .. "The Use of Scripture in 2 Corinthians 6. 1 6c- 1 8 and Paul's Re­ storation Theology". in JSNT 56 ( 1 994) 73-99. 109 In verità sono rari coloro che sostengono la pre-paolinicità o la pre-redazione di 2Cor 6, 1 4-7 , l rispetto alla composizione d i 2Co r 1 -7. Cf. Bultrnann, De r zweite Brief, 1 82 che considera 2Cor 6 , 1 4-7 , l come inserzione compiuta da Paolo stesso e proveniente dalla prima lettera inviata ai Co­ rinzi ma smarrita. Fra quanti sono favorevoli alla pre-paolinicità del paragrafo si colloca D.W. Odeli-Scott, Paul's Critique of Tileocracy, London-New York 2003, 88- 146 che propone di conside­ rare il paragrafo come parte di una lettera precedente inviata dagli stessi Corinzi a Paolo e che questi avrebbe inserito nell'attuale redazione della 2Corinzi. Poiché secondo Odell-Scott tale para­ grafo porrebbe in discussione la visione universale della riconciliazione che occupa un ruolo cen­ trale nel pensiero di Paolo, risulta molto improbabile che egli stesso l'abbia riportato a questo punto della corrispondenza con i Corinzi. Per quanti desiderano cogliere a quali livelli di fantasia conduca a volte l'esegesi biblica, il contributo di Odeli-Scott può costituire un'ottima esercitazio­ ne. 1 1° Fitzmyer, "QuiiU'àn", 27 1 ; in seguito Dahl, "A Fragment", 64-65; Albi. "Scripture cannot be

lA. perorazione finale: appello al contraccambio

(2Cor 6, 11-7,4) l 309

l) Una prima verifica riguarda la critica testuale "esterna", vale a dire se il passo interpolato è più o meno sicuro dal versante delle attestazioni dei codici 1 1 1 • Da questo punto di vista, il paragrafo di 2Cor 6,14-7, 1 è ben fondato: non presenta ri­ levanti questioni di critica testuale. Tuttavia, poiché i codici della 2Corinzi risal­ gono, in gran parte, al IV-V sec. d.C., o al massimo al II d.C., mentre la redazione della corrispondenza di Paolo con i Corinzi appartiene alla metà degli anni 50 d. C., tale criterio non può essere sopravvalutato: il gap fra le due fasi è sostanziale e non può essere colmato, obiettando, in modo sbrigativo, che le attestazioni dei codici escludono ipotesi d'interpolazioni 1 1 2 • 2) Circa i criteri della critica testuale interna, un primo sguardo deve essere con­ ferito al tipo di vocabolario utilizzato nell'ipotetica pericope interpolata: se siano tpolti e di che tipo siano gli hapax legomena in essa disseminati. In 2Cor 6, 1 4-7 , 1 abbiamo identificato otto termini che non si trovano altrove nelle grandi lettere di Paolo: sembra un buon indizio a favore della natura interpolata del paragrafo. In realtà, neppure a questo criterio bisogna conferire grande autorevolezza, in quan­ to Paolo utilizza spesso, in uno specifico paragrafo, alcuni termini rari o ricercati che non compaiono altrove nelle sue lettere. Per restare alla 2Corinzi, anche il pa­ ragrafo vicino di 2Cor 6, 1 - 1 0 presenta diversi hapax legomena, senza per questo essere catalogato fra i passi interpolati delle lettere paoline. Se dovessimo seguire soltanto il criterio semantico degli hapax legomena, sarebbero più i testi interpo­ lati che quelli autentici 1 13• Non dobbiamo dimenticare che la sua terminologia è tendenzialmente ricercata ed incline a comprendere lessemi che utilizza una o due volte al massimo 1 14• A tale dato si aggiunga che diversi hapax legomena di 2Cor 6, 1 4-7, 1 si pongono in continuità con il linguaggio tipico di Paolo: non sono del tutto estranei al suo vo­ cabolario, almeno per il loro Wortfeld o campo semantico. Questo vale, in partico­ lare, per metoche (condivisione, v. 1 4) relazionato al verbo methechein, attestato in 1 Cor 1 0, 1 7. 2 1 .3 1 , per Beliar che rientra nella demonologia con cui Paolo con­ danna gli avversari in 2Cor 2, 1 1 ; 4,4 (anche 1 1 , 1 4; 1 2,7), e per il verbo katharizein (7, 1 ) relazionato al linguaggio tipicamente paolino della purificazione (cf. lTs 4,7; lCor 7, 14) . Per inverso l'antinomia tra Cristo e satana o Beliar, i credenti e gli increduli, è stata già accennata in 2Cor 4, 1 -6; e la descrizione dei credenti come "tempio di Dio" è illuminata dall'uso della stessa immagine in l Cor 3, 1 7; 6, 19. An­ che l'accenno conclusivo al "timore di Dio" è collegato al "timore del Signore" di cui si parla in 2Cor 5, 1 1 . Pertanto non soltanto il vocabolario di 2Cor 6, 1 4-7, 1 è parzialmente originale ma presenta significati\'i elementi di continuità rispetto alla corrispondenza di Paolo con i Corinzi. 3) Più importante per identificare un'interpolazione nelle lettere paoline è la novità broken", 1 77-1 78; Stanley, Arguing with Scripture, 98 che non analiza le dtazioni dirette di 2Cor

6, 1 6- 1 8 J;!Oiché ritiene l'intero paragrafo come interpolazione successh·a. A sua volta, Betz, "2 Cor 6: 1 4-7: 1 , 88- 108, ipotizza persino che 2Cor 6,14-7,1 sia riconducibile agli avversari di Paolo in Galati. 1 1 1 W. O. Walker, "Text-Critical Evidence for Interpolation in the Letters of Pau!", in CBQ 50 p1 2988) 622-63 1 . Così giustamente Walker, "Text-Critical Evidence". 630-63 t . Con buona pace di coloro che, come Manzi, Seconda Corinzi, 224, insistono sulla critica testuale esterna per sostenere la paolini­ cità di 2Cor 6,14-7, 1 . 1 13 Per la relativizzazione del criterio semantico per determinare l'autenticità del nostro paragra­ Fo cf. SaS, "Noch einmal: 2Kor 6 , 1 4-7, 1", 38-4 1 . 1 14 Non manca chi, noncurante di questa tendenza di Paolo, abbia disseminato la Lettera ai Gala­ ti e ai Romani di interpolazioni successive. Cf. J.C. O'Neill, The Recovery of Paul's Letter lo the Ga­ latians, London 1 972; Id., Paul's Letter to the Rnmans. Baltimore 1 975. Se non abbiamo esitato a riconoscere alcuni frammenti prepaolini in Galati e in Romani nei nostri due precedenti commen­ tari (cf. Gal 1 ,4; Rm l ,3b-4a; 3,25), riteniamo che non ci sia alcuna traccia di testi interpolati nelle lettere che abbiamo esaminato, se non forse per Rm 1 6 , 1 7-20, per la quale abbiamo, comunque, espresso alcune riserve.

:no l Traduzione e c'ommento

stllistica del paragrafo sotto osseiVazione. Da questo versante le domande retoriche, i parallelismi e le antitesi dei vv. 14-16 rispondono al diffuso stile diatribico di Paolo e non hanno bisogno di essere attribuite ad altri 1 1 5• 4) Altrettanto fondamentale è il modo con cui è trattato l'AT nel passo in questione: ci troviamo nel campo della inventio retorica. Di fatto la catena di citazioni in 2Cor 6, 16b- 1 8, presenta inteiVenti subliminali, operati da Paolo stesso e tesi a mutare dal­ l'interno il senso dei passi citati. Lo stesso fenomeno si riscontra in Rm 3,10- 1 8 che difficilmente può essere catalogato tra i passi interpolati della Lettera ai Romani. 5) Decisivo è il confronto dei sistemi di pensiero sottostanti ai passi interpolati, ri­ spetto a quelli in cui sono posizionati. D sistema dell'incompatibilità tra credenti e increduli, che è quello dominante in 2Cor 6, 14-7 , l con il processo di appartenenza, separazione e purificazione, illustrato attraverso le citazioni dell'AT, è attestato sia in 2Cor 4, 1 ·6 sia nella l Corinzi (cf. 1 Cor 5, 1 -1 3; 6,1 2-20; 10, 1 4-22). In tutti questi casi non è in questione la relazione con tutti coloro che non credono bensì con quanti cercano di porre in discussione l'appartenenza dei credenti al Signore, il loro essere "tempio di Dio". Certo, con onestà dobbiamo riconoscere che il sistema di pensiero che coniuga "carne e spirito" quali destinatari delle purificazione (cf. 2Cor 7 , l ) suona inusuale per Paolo, ma fondare su tale congiunzione l'estraneità di 2Cor 6, 1 4-7 ,l rispetto all'antropologia paolina ci sembra esagerato. 6) Per dirsi tale, un passo interpolato ha bisogno di riscontrare un paragrafo ana­ logo, al di fuori del contesto in cui si trova. Nel nostro caso, 2Cor 6,14-7 , l dovreb­ be essere collegato a un paragrafo extra-paolino, a prescindere che si tratti del NT o della letteratura parallela. I collegamenti che alcuni cercano di stabilire tra 2Cor 6,14-7, 1 e Ap 2 1 ,3-8, passando attraverso la redazione di Efesini 1 1 6, sono forzati poiché creati in vitro, con la scelta arbitraria di elementi in comune e l'omissione di dati diversi. D'altro canto, i "mattoni" di 2Cor 6, 1 4-7, 1 sono della stessa natura di quelli attestati a Qumran e nel giudaismo ellenistico, di marca filoniana, ma l'e­ dificio finale è del tutto originale e diverso. In tal caso sarebbe più pertinente par­ lare d'influenza che di interpolazione. 7) Di non minore valore è il collegamento tra il passo interpolato e il contesto in cui è inserito: dovrebbe risaltare immediatamente una distonia rispetto ai passi circostanti, come un corpo estraneo nell'organismo in cui si trova. Da questo pun· to di vista, le asserzioni di 2Cor 6, 1 1 · 1 3 proseguirebbero con maggiore linearità se fossero collegate direttamente a quelle di 2Cor 7 ,2-4. Ma, in tal caso, la perora­ zione verrebbe a mancare di un elemento tipico di un'apologia: la vituperazione o l'accusa contro gli avversari. Così gli accenni agli oppositori, espressi sino a 2Cor 6, 1 0, verrebbero a cadere nel dimenticatoio o finirebbero per non assumere alcu­ na rilevanza. Invece, contravvenendo alle normali regole di un'apologia, abbiamo constatato che Paolo non lascia spazio ad alcuna confutazione contro gli avversa­ ri, contestando ad esempio con ordine e in dettaglio le loro accuse, ma punta di­ retto verso una mordace vituperazione. D'altro canto, non è la prima volta che Paolo interrompe una propria dimostra­ zione (a) per inserire una questione che sembra di minore rilevanza (b) ma che, in realtà, svolge un ruolo decisi\'o nella ripresa successiva della questione lasciata sospesa (a') 1 1 7• Il modello argomentativo del tipo a-b-a ' è diffuso nelle lettere pao­ line; e i casi più eclatanti sono quelli di 1 Cor 5 , 1 --6,20 sulla fornicazione e di lCor 12,1-14,40 sui carismi. Pertanto riteniamo che, con tutta la sua originalità, il paragrafo di 2Cor 6,14-7,1 sia da attribuire a Paolo; la sua esclusione creerebbe, alla fine, più problemi che 115 SaS "Noch einmal: 2Kor 6 14-7 1� 44-45. 11 6 Hultgren, "2Cor 6.14-7.1", 40-56. 1 1 7 Per l'attenzione alla disposizione circolare di 2Cor 6, 1 1-7,4 ,

thians, 1 20- 1 2 1 .

l

,

,

cf. Lambrecht, Second Corin­

La perorazione finale: appello al contmccambio (2Cor 6,11-7, 4) l 311

soluzioni, soprattutto rispetto ai suoi awersari nel corso della prima apologia, questione sulla quale è bene soffermarsi 1 1 8• Dal punto di vista metodologico, è importante partire dalle asserzioni esplicite di 2Cor 2 , 1 4-6, 1 0 sugli awersari di Paolo, con momentanea esclusione di 2Cor 6, 1 1-7,4 e cercando di non lasciarsi ammaliare dal "Mirror Reading" o dalla visio­ ne speculare delle fonti. Non tutto ciò che risulta affermato da Paolo in 2Cor 2 , 1 4-6, l O è negato dagli awersari ! Inoltre, sembra ormai tramontata la concezio­ ne per la quale gli awersari di Paolo appartengano a un gruppo monolitico che si sposta da una comunità paolina all'altra. Per intenderei, gli awersari di 2Corinzi non sono gli stessi di Galati né quelli di l Tessalonicesi o di Filippesi, per citare i casi più rilevanti. Anzi, vedremo come anche tra gli awersari di 2Cor 2, 1 4-6, 1 0 e quelli di 2Cor l O, 1-1 3 , 1 3 emergano diversità che è bene tener presenti, altrimenti si cade in retroproiezioni indebite e fuorvianti. Lo stesso dicasi per gli awersari di l Corinzi rispetto a quelli della 2Corinzi: nulla di 2Cor 1 , 1-7,4 autorizza a ritenere che gli awersari di Paolo siano quelli approvati dagli "spirituali" di l Cor 5 , 1 -5 1 1 9• Da una visione retrospettiva di 2Cor 2,14-6, 10 emergono i seguenti dati sugli av­ versari della prima apologia: l) La principale questione del contendere riguarda l'apostolato di Paolo e, in par­ ticolare, il modo di diffondere "la parola di Dio" (cf. 2Cor 2, 1 7). Il ministero di Paolo è posto sotto accusa perché egli si comporterebbe con astuzia, falsificando la "parola di Dio" (cf. 2Cor 4,2). 2) L'apologia di 2Cor 2 , 1 4-6 , 1 0 si muta, nelle parole di Paolo, in accusa o in cate­ goria: sono gli awersari che tendono a mercanteggiare la parola di Dio (cf. 2Cor 2, 1 7). 3) Gli oppositori provengono, con grande probabilità, dall'esterno della comunità di Corinto, e per offrire maggiore autorevolezza si presentano con lettere di rac­ comandazione (cf. 2Cor 3, 1 -3). 4) Sul loro volto permane lo stesso velo di Mosè, quando trattano della Scrittura, in quanto non riconoscono che soltanto con Cristo è tolto quel velo (cf. 2Cor 3 , 1 4- 1 6). Tale riferimento orienta decisamente verso l'identità giudaica piuttosto che su quella gentile degli awersari 12 0• 5) L'assunto precedente è confermato dal vangelo velato per gli "increduli", azio­ ne compiuta da satana, il dio di questo secolo (cf. 2Cor 4,3-4). Cosi non si tratta soltanto di giudei ma di israeliti che rifiutano l'identità messianica di Gesù Cristo, "icona di Dio" (cf. 2Cor 4,4). 6) Sembra che sino a 2Cor 6, 1 O i Corinzi non abbiano ancora ceduto alle lusinghe degli awersari di Paolo, ma il loro rapporto con lui resta saldo, almeno da questo punto di vista. Come si può notare la situazione è ben diversa da 2Cor 1 0-13 e nulla in 2Cor 2 , 1 4-6, 1 0 lascia presagire la seconda e burrascosa apologia. La rela­ zione positiva tra Paolo e i destinatari della lettera risalterà, in modo particolare, con la ripresa della narrazione in 2Cor 7,5- 1 6: "Gioisco perché in tutto posso con­ tare su di voi" (v. 1 6).

Se poniamo questi dati a confronto con 2Cor 6 , 1 4-7, 1 riscontriamo diversi ele­ menti di contatto che confermano la natura paolina della perorazione conclusiva. (a) Paolo non rimprovera i Corinzi per la commistione tra il suo vangelo e la pre­ dicazione degli awersari: chiede a loro di non "sottomettersi a un gioco estraneo" (cf. 2Cor 6, 1 4). La sua sembra più una perorazione preventiva che un vero e pro­ prio biasimo per ciò che hanno già realizzato. Tanto per intenderei il caso è ben diverso da quello che si verificherà in Galazia (cf. Gal l ,6- l O). 118

Sugli avversari nelle 2Corinzi canonica vedi l'introduzione generale del nostro commentario.

:19 Con buona pace di J. Murphy-O'Connor, "Philo", 66-69. ·!O

Con buona pace di Matera. II Corinthians, 1 62.

312 l Traduzione e· commento

(b) Gli apistoi di 2Cor 6, 1 4. 1 5 non sono diversi dagli "increduli" di 2Cor 4,4. In questione non è la debolezza etica della fede e quindi l'immoralità degli avversari, bensl la loro mancanza di adesione a Cristo, icona di Dio. (c) Non deve sorprendere più di tanto l'implicita relazione tra gli avversari di ori� gine giudaica e gli idoli: una relazione analoga si riscontra in l Cor 10,1-13 dove Paolo sceglie come modello per l'idolatria la situazione d'Israele nel deserto e conclude riconoscendo che i Corinzi non hanno ancora ceduto alla stessa tenta­ zione (v. 1 3). (d) n contrasto tra Cristo e Beliar (cf. 2Cor 6, 1 5) si pone in continuità con quello tra Cristo e satana in 2Cor 4,4 e anticipa quello di 2Cor 11,13-15121• (e) n cammino nella fede, dei destinatari, non è posto a repentaglio, giacché non hanno ancora aderito alla predicazione degli avversari; il pericolo è iniziale e Pao­ lo chiede, attraverso la purificazione della fede, di proseguire nel perfezionamen­ to della loro santificazione (cf. 2Cor 7, 1 ). Per questo, a differenza di 2Cor 1 0-13, Paolo non esprime alcuna parola di rimprovero contro i destinatari della lettera.

Pertanto, vi sono valide ragioni per ritenere che gli avversari di 2Cor 2, 1 4-7,4 sia­ no di origine giudaica, anche se non abbiamo dati sufficienti per stabilire a quale forma di giudaismo appartengano (farisaico, apocalittico, sadduceo, palestinese, ellenistico) né quali siano i contenuti della loro propaganda, in quanto Paolo stes­ so non ha inteso conferire alcuno spazio ad una confutazione diretta della loro predicazione. D'altro canto, la vituperazione di 2Cor 6, 14-7, l è soltanto funziona­ le al ristabilimento delle relazioni tra Paolo e i destinatari della lettera (cf. 2Cor 6, 1 1 - 1 3; 7,2-4); ed è ciò che gli sta maggiormente a cuore! Egli spera che, con la lunga apologia del proprio ministero, siano spazzati tutti i dubbi che gli avversari potevano ingenerare nei Corinzi, soprattutto in riferimen­ to all'accusa di mercanteggiare la parola di Dio, attraverso una predicazione edul­ corata del vangelo. L'accusa di dolo o di frode è molto alta e presenta apparenti elementi di riscontro nella predicazione di Paolo, non fondata sul ministero di Mosè bensl su quello della nuova alleanza (cf. 2Cor 3,5). Come mai allora si è affacciata, nell'ambito esegetico contemporaneo, l'ipotesi d'interpolazione per 2Cor 6,14-7, 1 ? Forse tale fraintendimento si è ingenerato, in gran parte, per la concezione sulle relazioni tra giudaismo e cristianesimo delle origini. Se nella nostra pre-comprensione si è guidati dalla separazione netta tra queste due forme di religione, la vituperazione di 2Cor 6, 1 4-7, 1 può essere benis­ simo riconosciuta come interpolata o persino tacciata di protocattolicesimo. Se invece, come riteniamo, l'accusa di Paolo rientra in un'antinomia tra forme diver­ se dello stesso giudaismo, quello giudaico-cristiano e quello degli avversari - an­ che se di quest'ultimo non conosciamo quasi nulla a partire da 2Cor 2 , 1 4-7,4 comprendiamo che l'avversione di Paolo contro gli oppositori di origine giudaica rientra in una polemica intra-giudaica e che non offre alcuno spazio a forme di antisemitismo 122 • Anche a Corinto, il messaggio cristiano passa attraverso il giu­ daismo 12 3, anzi esso stesso si presenta come la forma migliore e piena dello stesso giudaismo o, come preferiscono alcuni, dei giudaismi 124•

12 1 L'elemento di connessione è posto in risalto soprattutto da Zeilinger, "Die Echtheitn, 79. 122 La carenza della separazione delle vie tra giudaismo e cristianesimo delle origini è posta in ri­

salto soprattutto dai contributi di J.D.G. Dunn, The Partings ofthe Ways between Christianity and Judaism, SCM-TPI, London-Philadelphia 199 1. 1 17; cfr. anche A.F. Segai, Rebecca's Children: Ju­ daism and Christianity in the Roman World, Harvard University Press, Cambridge (MA) 1986. 12 3 Sulla presenza del giudaismo della diaspora a Corinto vedi l'introduzione generale al nostro commentario. 12 4 G. Boccaccini, Il medio giudaismo. Per una storia del pensiero giudaico tra il terzo secolo a. e.v. eU secondo secolo e. v., Genova 1993. A causa dell'uso di Ioudaismos al singolare in Gal l, 13.14, preferia­ mo conservare la dicitura paolina, senza negare la presenza dei diversi giudaismi nel I sec. d.C.

La consolazione e la gioia di Paolo (2Cor 7 ,5-1 6)

(A) 5E infatti da quando siamo giunti in Macedonia la nostra carne non ha avuto al­

cun sollievo, ma in tutto (siamo) tribolati: fuori conflitti, dentro timori. 6Però Dio che consola gli afflitti ci ha consolati con la venuta di Tito, 7e non solo con la sua venuta ma anche con la consolazione con cui è stato consola­ to da voi, annunciandoci il vostro desiderio, il vostro dolore, il vostro zelo per me, cosicché ho gioito di più.

(B) 8Perché se anche vi ho rattristati con la lettera, non me ne pento; e se mi sono pentito, vedo (infatti) che quella lettera, anche se per un momento, vi ha rattristati, 9ora gioisco, non perché siete stati rattristati ma perché siete stati rattristati in vista del pentimento; siete stati rattristati, infatti, secondo Dio, affinché in nulla siate danneggiati da parte nostra. 10Infatti la tristezza secondo Dio produce un pentimento irrevocabile per la salvez­ za; invece la tristezza del mondo produce morte. 11Ecco infatti proprio questo essere rattristati secondo Dio ha prodotto in voi, quanta sollecitudine, apologia, indignazione, timore, desiderio, zelo e punizione; in tutto vi siete dimostrati innocenti nella faccenda. 12Pertanto se anche vi ho scritto, non a causa dell'offensore né per colui che è stato offeso, ma perché fosse manifestata la vostra sollecitudine per noi, nei nostri con­ fronti davanti a Dio. (A') 13Per questo siamo stati consolati. E alla nostra consolazione abbiamo gioito ancor di più per la gioia di Tito, perché il suo spirito è stato rinfrancato da tutti voi, 1"perché se in qualche cosa mi sono vantato per voi, non me ne sono vergognato, ma come vi abbiamo detto tutto con verità, cosi anche il nostro vanto con Tito si è di­ mostrato verità. 15E il suo affetto per voi è cresciuto, ricordando l'obbedienza di tutti voi, come lo avete accolto con timore e tremore. 16Gioisco perché in tutto posso fidarmi di voi.

L'apologia di 2Cor 2 , 1 4-7,41ascia il posto alla narrazione nello stesso punto in cui �ra stata interrotta, vale a dire dopo 2Cor 2, 13: "Non ebbi più so11ievo nello spirito perché non trovai Tito, mio fratello, ma congedandomi da loro mi recai in Mace­ Jonia E infatti da quando siamo giunti in Macedonia la nostra carne non ha amto alcun sollievo ... " (2Cor 7,5). Per cogliere il contenuto delle asserzioni ricche Ji pathos , che caratterizzano il paragrafo, è importante considerarlo come unita­ rio, giacché non vi sono indicazioni letterarie che permettano di stabilire ulteriori ...

3 1 4 / TraduzioM e commento

suddivisioni�. D'altro canto, dal versante contenutistico in 2Cor 7,5- 1 6 Paolo si sofferma sul suo ritorno da Troade alla Macedonia per incontrare Tito, con il ri­ stabilimento positivo delle relazioni con i destinatari. Così è possibile suddividere il paragrafo in 3 parti principali, caratterizzate dalla seguente relazione circola­ re 2 : a) la consolazione per l'incontro tra Paolo e Tito in Macedonia (vv. 5-7);

b) motivazioni e conseguenze rispetto alla lettera delle lacrime (vv. 8-1 2); a') la consolazione per le relazioni tra Tito, i Corinzi e Paolo (vv. 1 3 - 1 6).

A sua volta il v. 16 funge da sentenza conclusiva o da epifonema con il quale Paolo esprime tutta la propria fiducia nei destinatari. Diversi sono i motivi che collega­ no quest'ultimo paragrafo alla sezione iniziale di 2Cor 1 ,3-2, 1 3: sarà importante averli presenti per cercare di chiarire le motivazioni che hanno indotto Paolo ad interrompere la narrazione in 2Cor 2, 1 3 e ad inserire la lunga apologia di 2, 14-7,4 per riprenderla con il presente paragrafo. Intanto è bene precisare che i moltepli­ ci collegamenti tra 2Cor 1,3-2, 1 3 e 7,5- 1 6 non devono indurre a ritenere che si tratti semplicemente di una ripetizione dei motivi narrati in precedenza: l'attuale paragrafo funge anche da ponte verso l'esortazione alla colletta sulla quale Paolo si soffermerà nei capitoli successivi (2Cor 8-9). A tale finalità si deve la considere­ vole importanza conferita a Tito nella presente pericope. Per questo si tratta di una narratio probante e che non introduce semplicemente la sezione successiva sulla colletta, giacché la stessa sezione di 2Cor 2,1 4-7,4 rappresenta la probatio apologetica 3• Dal versante storico, Paolo ha appena lasciato la città e la regione di Troade (cf. 2Cor 2, 12-1 3), durante il terzo viaggio missionario, per recarsi in Macedonia, quasi sicuramente alla volta di Filippi, dove è raggiunto da Tito con le notizie ras­ sicuranti che gli riferisce sulla propria visita a Corinto. S: Un'espressione di collegamento, "e infatti . . (kai gar)" relaziona la nuova se­ quenza narrativa di 2Cor 7,5-16 all'apologia appena conclusa (v. 4) e alla narra­ zione interrotta di 2Cor 2, 1 3, a dimostrazione che soltanto dopo aver pronunciato la dimostrazione apologetica, Paolo riprende a spiegare gli eventi verificatisi tra la perduta "lettera delle lacrime" e l'attuale "lettera della riconciliazione"4• L'uso della I plurale differenzia l'attuale sequenza narrativa da quella di 2Cor 2, 1 2- 1 3, in cui dominava la I singolare. Per tale cambiamento attanziale sono state formu­ late diverse ipotesi: forse Paolo non è giunto da solo in Macedonia, ma è accom­ pagnato da alcuni collaboratori di cui ignoriamo l'identità; oppure, come sembra

v.

.

1 Sull'unità letteraria di 2Cor 7,5-1 6 cf. Bamett, Secmrd Corinthians, 365-366; Manzi, Seconda Co­ rinzi, 229-230; Matera, /l Corinthians. 172- 173; Schelkle, Seconda Corinti, 1 25; Thrall, Second Co­ rinthians, 486-487. A sua volta, Furnish,/1 Corinrhians, 392 preferisce includere anche il v. 4 nel nuovo paragrafo, a causa dei moti\i ripresi nei versi successivi (la tribolazione, la consolazione, la gioia e il vanto). L'ipotesi di Fumish è condivisa da Estrada, Gioia nel Nuovo Testamento, 1 72 che pone in risalto l'inclusione, per il moti\"o della gioia, tra 2Cor 7,4 e 2Cor 7, 1 6. A causa delle relazio­ ni narrative tra 2Cor 2 , 1 3 e 2Cor 7.5. preferiamo considerare il v. 4 come mot-crochet o frase gan­ cio di transizione dalla propahio apologetica alla ripresa della narratio. 2 Barnett, Second Corinthians, 366; Manzi, "Vanto della coscienza", 703-794. 3 Con buona pace di F.W. Hughes, "The Rhetoric of Reconciliation: 2 Corinthians 1 . 1-2. 13 and 7.5-8,24", in D.F. Watson (ed.), Persuasive Artistry, FS. G.A. K.ennedy, JSNT SS 50, Sheffield 1 99 1 , 256-257 che distingue la probatio (1 ,5- 1 3a) dalla peroratio ( 7, 1 3b-1 6) e dall'exhortatio (2Cor 8,1-24), imponendo al paragrafo un modello retorico precostituito. 4 Thrall. Second Corinthians, 487; inoltre cf. Hubbard, New Creation, 1 34 che però sostiene la na­ tura digressiva della sezione precedente. Da parte nostra riteniamo che la sezione di 2Cor 2,14-7,4 non rappresenti una digressione e tanto meno un "frammento proveniente da un altro lavoro" di Paolo, come invece sostiene Welbom, "Like Broken Pieces", 583, bensì la probatio apologetica ri­ spetto alle accuse richiamate in 2Cor l, 12-14 e in 2Cor 2,17.

La consolazione e la gioia di Paolo

(2Cor 7,5-16} /315

più probabile a causa della personale situazione d'angoscia descritta nella secon­ da parte del v. 5, la I plurale è utilizzata come "noi maiestatico" e quindi sostitui­ sce l'io autobiografico. Comunque, nonostante l'arrivo in Macedonia, la situazio­ ne di Paolo non cambia: "la sua carne non ha ricevuto alcun sollievo". L'espres­ sione riprende quasi alla lettera quella di 2Cor 2 , 1 3 : " ... Non ebbi alcuno sollievo nello spirito"5• La presenza del sostantivo "carne" al posto di "spirito" si deve a una variazione stilistica con la quale, tuttavia, è posta in maggior risalto la condi­ zione di debolezza di Paolo6• Non è semplice stabilire se, dal punto di vista testuale, sia da preferire il perfetto escheken (''ha avuto") oppure l'aoristo esken (''ebbe")'; e se, una volta riconosciuta la maggiore attestazione a favore del perfetto, si tratti di un caso reale oppure se assuma la stessa funzione di un aoristo. Oltre alla maggiore fondatezza testuale del perfetto, rispetto all'aoristo, la presenza di esken può essere attribuita ad un errore di trasmissione di alcuni testimoni che, per aplografia o come errore di svi­ sta, avrebbero omesso parte del verbo al perfetto. Se l'attenzione si sposta verso il contesto immediato dei vv. S-6 si potrebbe pensare ad un perfetto con funzione di aoristo (cf. l'uso dell'aoristo parekalesen al v. 6) 8 • Tuttavia, nell'economia della narrazione, con cui Paolo tende a stabilire collegamenti tra il passato e il presente (si noti l'uso diffuso del presente nei vv. 8- 16), riscontra maggiore consistenza il perfetto: le tribolazioni, in quanto mancanza di sollievo, non riguardano soltanto il passato ma accompagnano Paolo sino al presente della propria comunicazione epistolare (cf. l'uso del perfetto e del presente al v. 4). La seconda parte del v. 5 non è ben concordata con la prima sia perché è carente del verbo principale (ellissi), sia per l'uso del participio plurale thlibomenoi che discorda rispetto al soggetto principale della proposizione che è al singolare (sarx). Tuttavia, la poca attenzione alla sintassi greca è tipica di Paolo e del suo stile brachilogico, cosicché non è necessario ipotizzare la presenza di un anacolu­ to9; la proposizione è, comunque, chiara, in quanto il participio sostituisce il ver­ bo finito: "siamo tribolati" 1 0• La situazione di tribolazione è totale (en panti) 11 ed è specificata attraverso la ca­ tegoria spaziale dell'esterno (exoten) e dell'interno (esothen) per la persona uma­ na 12: all'esterno "conflitti" 1 3, all'interno "timori" 14• Anche se sono riscontrabili al­ cuni collegamenti, il contesto diverso esclude un'evocazione di Dt 32,25: "Di fuori la spada li priverà dei figli, dentro le case li ucciderà lo spavento" 15• Non è chiaro a 5 6

Sul sostantivo anesin vedi il commento a 2Cor 2 , 13 . L'uso di sarx per "carne", in questo contesto non assume valenza negativa, opposta allo Spirito, bensì sostituisce l'io narrante di Paolo (vedi anche il commento a 2Cor 7, l), colto in situazione di debolezza (cf. in seguito 2Cor 12,7). Così Martin, 2 Corinthians. 223. 7 Riportano l'aoristo eschen il P'6, F, G, B e K; il perfetto escheken è attestato da M, C, 33, 'l', 243, 1 739 ed 1 88 1 . 8 Fumish, Il Corinthians, 385; Thrall, Second Corinthians, 487. 9 Cosi invece Fumish, II Corinthians, 385; Martin, 2 Corinthians, 224. 10 Blass - Debrunner - Rehkopf, Grammatica, 570. Si veda l'uso dello stesso participio nell'elenco �eristatico di 2Cor 4,8. 1 Cf. l'uso assoluto di en panti (in tutto) in 2Cor4,8; 6,4; I Cor 1 ,5 e nel corsodella presente narra­ zione (vv. 1 1 . 1 6). 12 Soltanto qui il Paolo delle grandi lettere utilizza gli avverbi exathen ed esoten (cf. exo e eso in 2Cor 4,16 e in lCor 5 , 1 2): cf. l'uso concomitante degli stessi avverbi in Mt 23,27-28 e in Le 1 1 ,39-40. 13 Soltanto qui, nelle lettere paoline, è utilizzato il plurale machai ( = conflitti, più che "battaglie"; cf. anche Gc 4,1 ). 14 Più che alludere al "timore" rispettoso per il Signore o per Dio, accennati in 2Cor 5, Il; 7 ,I l , qui subentrano i timori o le paure che sono procurati dagli esseri umani. Anche il plurale phoboi è at­ testato soltanto qui nelle lettere paoline e nel resto del NT; per la LXX cf. Gb 4,13; 20,25; Sap 1 8,17; Sir 45 , 1 2 ; Dn 5,6. 1 5 Così invece Windisch, Der zweite KDrintherbrief, 226. Mentre in Dt 32 è Dio stesso il soggetto della punizione, in 2Corinzi si tratta di soggetti umani; e Dio è colui che consola.

316 / Traduzione-e commmto quali conflitti e timori Paolo alluda, durante la propria permanenza in Macedo­ nia: quasi certamente dobbiamo escludere alcuni contrasti con la comunità di Fi­ lippi, a causa delle positive relazioni che risaltano dalla Lettera ai Filippesi (cf. Fil l ,3-1 1 ; 4, 1 0-20). Molto probabilmente, Paolo si riferisce ai conflitti e ai timori con la stessa comunità di Corinto, condensati nella lettera delle lacrime e accresciuti per il mancato incontro con Tito a Troade e in Macedonia (cf. 2Cor 2 , 1 3). Egli ha nutrito il timore che la dilazione dell'arrivo di Tito nasconda un peggioramento nei rapporti con i Corinzi 16• In continuità o in alternativa con le ipotesi preceden­ ti, si potrebbe pensare ai conflitti con gli avversari cui ha accennato in 2Cor 6,14-7, 1 ma per i quali non abbiamo ulteriori dati per coglierne l'identità 17• 6: L'arrivo di Tito da Corinto alla Macedonia rappresenta una vera e propria consolazione divina per Paolo18• Il linguaggio scelto per descrivere la propria con­ solazione evoca quello di Is 49, 1 3 : "Il Signore ha avuto misericordia del suo popo­ lo e ha consolato gli affitti del suo popolo"19• Comunque è bene precisare che la sentenza ricalca pienamente lo stile di Paolo e richiama, in particolare, l'esordio generale di 2Cor 1 ,3- 1 1 : "Colui che ci consola in ogni tribolazione ... " (v. 4). Si può ben rilevare come egli rilegga le tribolazioni e qualsiasi consolazione alla luce del disegno e dell'azione divina: non è soltanto Tito che consola direttamente Paolo, con il proprio arrivo in Macedonia, bensl il Dio "di ogni consolazione" (cf. 2Cor 1 ,3b) che lo consola mediante l'incontro con Tito20• Nel contesto della pericope, coloro che sono definiti come tapeinous non sono tanto coloro che perseguono, sul modello di Cristo, il valore o la virtù dell'umiltà (cf. Fil 2, 1 - 1 1 ; anche Rm 1 2, 1 6; Le 1 ,52)2 1 , bensì quanti sembrano scoraggiati o afflitti dalle prove che sono chiamati a fronteggiare22•

v.

7: Alla consolazione personale per l'arrivo di Tito in Macedonia, si aggiunge la notizia della consolazione che Tito stesso ha ricevuto in Acaia: nonostante la tri­ ste lettera delle lacrime, portata a destinazione dal fedele collaboratore di Paolo, egli non è stato rifiutato e tanto meno è stato accolto in modo scostante dalla co­ munità ma è stato consolato dai destinatari 23• Nell'incontro con Paolo, Tito si è fatto "annunciatore" dell'adesione, da parte dei Corinzi, agli orientamenti espressi nella perduta lettera delle lacrime24• I contenu­ ti principali delle notizie giunte da Corinto sono il desiderio, il dolore e lo zelo dei destinatari nei confronti di Paolo. Purtroppo i termini scelti per descrivere la rea­ zione positiva dei destinatari sono sfocati e mancano di riferimenti storici concre­ ti. Comunque, in base a quanto Paolo ha già ricordato in 2Cor 2 , 1 - 1 3 e a ciò che aggiungerà nelle proposizioni successive, è possibile ritenere che il desiderio

v.

16

Thrall, Second Corinthians, 488. 1 7 Matera. I1Corinthians. 1 1 5. 18 Analoghe espressioni si riscontrano in lTs 3,6-7 con l'arrivo di Timoteo da Tessalonica a Corin­ to. Cf. Fumish, Il Corinthians , 386. 19 Ma rtin, 2 Corinthians, 2 24; Thrall, Second Corinthians, 488. Per espressioni analoghe cf. Sal 1 1 2 ,6 ; Gb 5, Il. 20 Il sostantivo parousia non è utilizzato in 2Corinzi per richiamare la venuta escatologica di Cri­ sto (cf. la cosiddetta Parusia in l Ts 2,19; 3, 13; 4 , 1 5; 5,23) bensl quella dell'incontro tra Paolo e Tito (cf. anche la parusia di Paolo nella capitale dell'Acaia in 2Cor 1 0, 1 0). Su Tito nelle lettere paoline vedi il commento a 2Cor 2,13. 2 1 Cosi invece Matera, II Corinthians, 174. 22 Bamett, Second Corinthians, 369. 23 L'espressione "e non solo ... ma . " è tipica dello stile di Paolo che predilige i contrasti (cf. ou mo­ non de ... alla in 2Cor 8,10; !Ts 5, 13; Rm 5,3 . 1 1 ; 8,23). 24 Per conferire particolare rilevanza alle notizie riportate da Tito, Paolo utilizza il verbo tipico della predicazione evangelica: anaggellein (cf. Rm 1 5,2 1 ; At 15,4; 20,27; 1Pt 1 , 12; Gv 4,25; 5, 1 5; 16 , 13- 15; !Gv 1 ,5). ..

La consolazione e lo. gioia di Paolo (2Cor 1,5-16) l 3 1 7

principale dei Corinzi sia quello di poterlo rivedere, pe r dimostrargli finalmente il contraccambio affettivo che egli desiderava (cf. 2Cor 6, 1 1-13; 7,2-4)25• La lettera delle lacrime e la visita di Tito in Acaia devono aver procurato sofferen­ ze non soltanto in Paolo ma anche nei destinatarF6: un lamento che li ha indotti al pentimento per le tribolazioni e i timori procuratigli. Forse fra le lamentele dei Corinzi è inclusa anche la decisione presa da Paolo di non raggiungere, per ades­ so, la comunità dell'Acaia. Infine Tito è testimone dello zelo che essi hanno dimo­ strato per lui (anche v. 1 1 ) 27, forse nella scelta disciplinare adottata nei confronti dell'offensore (cf. 2Cor 2,6-8). Non è fuori luogo pensare che si tratti dello stesso zelo con cui i Corinzi hanno iniziato ad organizzare la colletta, richiesta da Paolo, per la comunità di Gerusalemme (cf. 2Cor 9, 1-2), anche se la primaria attenzione è conferita allo zelo personale nei suoi confronti. Così, almeno in questa situazio­ ne, il suo zelo (cf. 2Cor 11,2) è ben ricambiato dai Corinzi, al punto che egli può maggiormente gioire28• vv. 8-9a: Nella seconda parte della narrazione (vv. 8- 1 2), Paolo compie un feed­ back o un'analessi narrativa rispetto all'incontro con Tito in Macedonia, tornando sulle motivazioni e sulle conseguenze procurate dalla lettera delle lacrime. La proposizione non è chiara sia per la punteggiatura sia per la critica testuale; e poi­ ché bisogna prima cercare di stabilire la lezione più verosimile, è bene affrontare anzitutto le principali questioni di critica testuale. Dal confronto fra i testimoni del v. 8, la lezione più diffusa è quella con "vedo in­ fatti" (blepo gar)l9, mentre quella senza gar è meno attestata 30 ; rara è anche la le­ zione con il participio blepon 31• Anche per la critica interna, la lezione con il parti­ cipio "vedendo" è quella meno probabile, in quanto rappresenta un tentativo di miglioramento stilistico rispetto alla natura involuta della proposizione. La pre­ senza di gar se da una parte chiarifica meglio la funzione parentetica di quanto segue, sino all'inizio del v. 9, dall'altra la rende più oscura, poiché tende a presen­ tarla come apodosi della condizionale. Per questo, preferiamo conservarla e rite­ nerla introduttiva della parentesi nel v. 8b32; ne risultano due condizionali: "Perché se anche vi ho rattristati con la lettera (protasi), non me ne pento (apodosi); e se mi sono pentito (protasi) , vedo infatti che quella lettera, anche se per un momento,

si),

vi ha rattristati (pare nte­

ora gioisco ... (apodosi)".

A conferma della punteggiatura e della lezione scelta, si può notare come le due condizionali siano disposte in forma ascensionale del tipo a-b-b'-c: dalla tristezza 25 Matera, Il Corinthums, 176. n sostantivo epipathesis e la sua famiglia lessicale sono tipici del vocabolario paolino (qui e al v. 1 1 ; cf. anche l'uso d i epipothio. in Rm 15,23; e di epipotein in 2Cor 5 2; 9, 14; 1Ts 3,6; 2Ts 1,4; Rm l, 1 1 ; Fill,8; 2,26). 2 6 n sostantivo odynnos è raro nel NT e nella LXX: qu i e in M t 2,18 (nella citazione diretta di Ger 38,15); cf. anche 2Mac Il ,6; Flavio Giuseppe, Guerra 5.31: Antichità 2.238. 27 n sostantivo zelos assume due connotati nelle lettere di Paolo: è negat ivo quando è elencato fra i vizi (cf. 2Cor 12,20; ICor 3,3; Gal 5,20; Rm 1 3, 1 3) o positi\'o. come nel nostro caso, per denotare l'affetto interpersonale o lo zelo per Dio (cf. anche 2Cor Il ,2: Rm 10,2). 28 Questo è il senso più logico per la consecutiva che c hiude il \". 7: alla gioia ricevuta per l'incon­ tro con Tito si aggiunge quella relativa alle scelte compiute da i Corinzi, come dimostra la successi­ va spiegazione del v. 13 (cf. anche l'allusione alla sovrabbondante gioia di fronte ad ogni tribola­ zione in 2Cor 7,4). Cf. Martin, 2 Corinthians, 227. 29 N, C, D', F, G, '1', 0243, 33, 1 739, 1881. 30 p46< , B, D * , Ambrosiaster. 31 f>46* , Vulgata. n Bamett, Second Corinthians, 371-372; Fumish, Il Corinthians, 387; Metzger, Textual Commen ­ tmv, 512; Thrall, Second Corinthians, 490-491.

j1'8"11'raduzione e commento

dei destinatari si passa alla mancanza di rimpianto in Paolo; e dal pentimento dei destinatari alla sua gioia. Nell'insieme le due sentenze sembrano paradossali, in quanto prima Paolo sostiene di non essersi pentito, poi riconosce che si è penti­ to33. In realtà, avrebbe dovuto spiegare che non si è pentito perché, come dirà al v. 10, la lettera ha prodotto nei Corinzi un pentimento irrevocabile in vista della loro salvezza. Nello stesso tempo, egli non può nascondere un parziale pentimento, giacché la lettera delle lacrime ha procurato, comunque, reazioni di tristezza nei destinata­ ri. D'altro canto, nel precedente riferimento a questa lettera, ha precisato che non era sua intenzione causare tristezza nei destinatari, ma dimostrare, in abbondan­ za, il suo amore per loro (cf. 2Cor 2,4). Ora l'attenzione è tutta rivolta alle conse­ guenze della lettera negli stessi Corinzi. Si percepisce, nelle contorte proposizioni condizionali dei w. 8-9, l'imbarazzo di Paolo che, nonostante la propria autorevo­ lezza nel ministero, è totalmente coinvolto rispetto alle reazioni dei destinatari. La prima condizionale, di tipo semplice o reale, sottolinea che, di fatto, con la let­ tera "delle lacrime" egli ha rattristato i Corinzi34; ma di questo non si pente35. No­ nostante alcuni codici si preoccupino di precisare che si tratti della precedente lettera (protera, nel codice 1 505), non è necessario precisare che la lettera in que­ stione sia quella delle lacrime (cf. 2Cor 2 , 1 4): nelle relazioni conflittuali tra Paolo e i Corinzi è diventata "la lettera" o "quella lettera" 36, per antonomasia, che non ha bisogno di ulteriori specificazioni per distinguerla, ad esempio, dalla l Corinzi canonica o dall'attuale lettera della riconciliazione. In realtà, Paolo non assiste in modo distaccato al conflitto di Corinto, ma è pro­ fondamente coinvolto, giacché a nessuno piace rattristare coloro che ama, a meno che non sia in questione il loro stesso bene: ed è il motivo che lo ha indotto a inviare, per mano di Tito, la lettera delle lacrime. Per questo egli volge in positi­ vo sia il proprio pentimento sia quello dei destinatari. Il suo pentimento, in segui­ to alle notizie riportategli da Tito, si muta in gioia poiché, a sua volta, la loro tri­ stezza si è mutata in pentimento, con un intenso interscambio di sentimenti. Per questo, come specifica bene la parentesi del v. 8b, la tristezza procurata da "quel­ la lettera" nei destinatari non è stata definitiva ma temporanea e in vista del loro pentimento37. A prima vista, l'apodosi della seconda condizionale, che inizia con l'affermazione della gioia in Paolo (v. 9), non sembra molto rispettosa della tristezza generata nei Corinzi: come si può gioire della tristezza altrui? Per questo una correzione reto­ rica o epanortosi spiega subito il significato della gioia di Paolo: non scaturisce dalla tristezza degli altri e tanto meno è fine a se stessa bensi è causata dalla tri­ stezza che ha prodotto il pentimento negli interlocutori 38. 33 L'uso di hoti con blepo, in quanto verbum videndi, conisponde a "riconoscere". Così Blass - De­ brunner - Rehkopf. Grammatica , 482. 34 U motivo della tristezza o del rattristare è già stato accennato in 2Cor 2,1-4; adesso torna con insistenza nei w. 8-1 1 . 35 Anche il motivo del pentimento è variamente modulato nei vv. 8-10: da una parte non si pente (ou metamelomai), per poi ricordare che in parte si è pentito (metemelomen), dall'altra la tristezza secondo Dio produce un irrevocabile pentimento (ametameleton). Per l'uso di tale linguaggio nel NT cf. Rm 1 1,29; Mt 2 1 ,29; 27,3; Eb 7,2 1. 36 La specificazione "quella (euinos) lettera" implica una distanza temporale e contenutistica: la lettera delle lacrime appartiene ormai al passato e non è opportuno tornare a rievocarla più di tan­ to. Cf. Martin, 2 Corinthians, 229. 37 La specificazione cronologica pros horan, riutilizzata da Paolo in Gal 2,5 e in Fm 15 (cf. anche Gv 5,25), di per sé non permette di stabilire, con precisione, la durata della tristezza procurata nei Corinzi: può essere stata più o meno duratura, anche se il periodo intercorso tra la lettera delle la­ crime e l'attuale lettera orienta verso la prima ipotesi. In tal caso si tratterebbe di una "meiosi" ( diminuzione) retorica che nasconde l'imbarazzo di Paolo per la profonda ferita procurata ai desti­ natari. 38 Il sostantivo metanoia non ha qui valore forte di iniziale "conversione" alla fede in Cristo bensl debole di "pentimento", anche se l'una e l'altro sono ricondotti all'iniziativa divina. D'altro canto il �

La consolazione e la gioia di Paolo (2Cor 7,5-16) l 3 1 9 vv.

9b-10: Tristezza e pentimento riscontrano i n Dio la loro origine; e i n tal caso l'azione correttiva di Paolo non è orientata al danneggiamento dei destinatari bensl risulta finalizzata alla loro salvezza39• Si può notare come Paolo distingua due tipi di tristezza: quella "secondo Dio"40 che produce un pentimento irrevoca­ bile per la salvezza41, e quella del (nel senso di "secondo") mondo che produce morte42• Una considerazione sapienziale analoga è sostenuta dall'apocrifo Testa­ mento di Gad: "Infatti, il vero pentimento secondo Dio (kata theon) distrugge l'i­ gnoranza, fa fuggire la tenebra, illumina gli occhi e guida la volontà verso la sal­ vezza" (5,7)43• Così la tristezza, che risponde al disegno divino, riscontra la sua origine nella volontà stessa del Signore. La prospettiva con cui Paolo oppone questi due tipi di tristezza è escatologica, in quanto uno indirizza alla salvezza finale mentre l'altro alla morte44• Tuttavia, è bene precisare che la condizione di salvezza o di morte è già presente ed operante nell'esistenza umana. Nel primo caso, la salvezza a cui allude non è diversa da quella presente, per cui si è esortati ad accogliere il "momento favorevole e il gior­ no della salvezza" (cf. 2Cor 6,2; anche 2Cor 1 ,6); nel secondo, la morte finale è già in azione contro coloro per i quali il ministero di Paolo diventa "odore di morte per la morte" (cf. 2Cor 2 . 1 6)45• In termini positivi torna, con il motivo del penti­ mento, l'istanza della riconciliazione richiesta in 2Cor 5 , 1 8-2 1 . Per rendere l'idea dei due generi di tristezza che conducono alla salvezza e al pentimento, si può evocare il diverso comportamento di Pietro e di Giuda, a proposito del tradimen­ to di Gesù (cf. Mt 2 1 .30.32; 27,3 con il verbo metameletheis; Le 22,3 1 -34), per il NT, e quello di Esaù e del salmista del Sal 50-5 1 , per l'AT (cf. Geo 27,38; Sal 5 1 , 1 -1 1 )46•

v.

11: Dopo aver constatato la funzione positiva della tristezza "secondo Dio" a fa­ vore del pentimento, traspare con particolare enfasi la gioia di Paolo, per le noti­ zie riferitegli da Tito sulla comunità di Corinto47• Perciò, insistendo su questo ri­ sultato fondamentale, Paolo si accinge a descrivere la sollecitudine dei destinata' n 48 . Si succedono sette sostantivi descritti in prospettiva generale: il catalogo manca di specificazioni ed è disposto, con l'eccezione del termine "sollecitudine", attra-

vocabolario della conversione non è diffuso nelle lettere pao li ne {cf. 2 Cor 7,10; 12 ,2 1; Rm 2,4; 2Tm 2,25) come invece nei vangeli sinottici (cf. Mc t ,4: Mt 3 8 1 1 : Le 3 ,3.8 : 5 .32 ; 15,7; 24,47). 39 Il verbo zemioun (perdere, danneggia re) è relaziona to al sos ta ntivo zèmia11 (perdi ta), utilizzato da Paolo in Fil 3,7.8 (cf. l'uso di questo vocabolario in ICor 3 , 1 5 ; Mc 8,36; Le 9,25; Mt 1 6,2 6; At ,

.

2 1 ,21). 40 Per i i sintagma kata theon cf. Gal 1 ,4; Rm 8,27: a nc he4Ma c 15.2 . 4 1 Anc he se l'aggettivo ametameleton (irrevocabile) può esse re collegato a "salvezza" è preferibile

unirlo a "pentimento", in quanto è improprio sostene re c he la salvezza irrev ocabile sia condizio · nata dal pentimento. Così Martin, 2 Corinthians. 232. Per la s tessa motivazione non si può appli · care a entrambi i sostantivi. L'aggettivo ametameletos ricomp are soltanto in Rm 1 1 ,29 per il NT; c f. inoltre Polibio, Storie 2 1 , 1 1 , 1 1 ; 23, 16,1 1 ; Pluta rco . Moralia 137 B. 42 Il sostantivo kosmos è già stato usato da Paolo i n 2Cor 5 , 1 9 con valore antropologico, in quanto Dio ha riconciliato in Cristo il mondo umano co n se s tesso ; qui assume valenza negativa perché corrisponde alla logica meramente umana, in con trasto con quella di Dio (cf. anc he 1 Cor l 20.27-28). d Martin, 2 Corinthians, 230-23 1 . 44 Lambrec ht, Second Corinthians, 131. 45 I due verbi scelti per il contrasto tra Dio e il mondo sono sino ni mi: ergazetai... (cf. lCor 16,10) katergazetai... (cf. 2Cor 4,7) ; tuttavia, il secondo ve rbo sottolinea maggiormente l'inevitabile conse­ guenza della morte per la tristezza del mondo. Così Martin, 2 Corinthians, 233. Lo stesso verbo sarà riutilizzato in Rm 7 ,13, a proposito del peccato c he produce la morte. 46 Martin, 2 Corinthians, 233. 47 Si noti l'uso dell'interiezione ii:Wu (ecco), già utilizzata in 2Cor 5,17; 6,2 .9 a proposito dell'ur­ ffnte appe llo a favo re della riconciliazione. Il sostan tivo spoude è introdotto qui nella 2Corinzi per essere ripreso in 2 Cor 8,1 -24, nel conte ­ sto della colletta (c f. 2Cor 8,7.8.16-22).

320 l Traduzione e commento

verso l'anafora o la ripetizione iniziale della congiunzione alla, che non assume funzione avversativa bensì di connessione, da rendere con "e ... " oppure con "oltre a. . . "49: verso chi o rispetto a che cosa sono indirizzate le reazioni dei destinatari? In tal modo si ottiene un'amplificazione retorica, analoga a quella che esprimono i cataloghi delle avversità (cf. 2Cor 6,4-5) o quelli dei vizi (cf. Gal 5, 1 9-2 1 ) e delle virtù (cf. 2Cor 6,6-7) nell'epistolario paolino. Il contesto chiarifica che la lista del­ le reazioni si riferisce alla stessa situazione descritta in 2Cor 2 , 1 - 1 1 e ripresa, in modo più esplicito, in questo verso: in questione è il comportamento della comu­ nità nei confronti dell'offensore e dell'offeso (che è Paolo stesso; v. 12), in seguito alla lettera delle lacrime. Tuttavia bisogna riconoscere che l'elogio dei Corinzi da una parte è esagerato, in quanto non bisogna dimenticare che loro stessi sono chiamati alla riconciliazione e al contraccambio nei confronti di Paolo (cf. 2Cor 5,20; 6,1 1-13; 7,2-4), dall'altra risponde alla situazione reale, poiché è circoscritto alla faccenda a cui si accenna nella conclusione del v. 1 1 . Così l'elenco di queste reazioni riprende e amplifica quello appena accennato del v. 7. Non conosciamo l'oggetto né il destinatario dell'apologia pronunciata dai desti­ natari 50: se si tratti di un'autodifesa dei Corinzi, pronunciata davanti a Tito e tra­ smessa, per sua vece, a Paolo; oppure, come sembra più naturale, della difesa a favore di Paolo e contro l'offensore, assumendo un comportamento correttivo nei riguardi di quest'ultimo. Alla difesa si aggiunge, di conseguenza, l'indignazione verso l'offensore e, forse, con quanti si sono schierati dalla sua parte contro Paolo 51 . Tale indignazione si pone in connessione con la lamentela confidata da Tito (v. 7), mentre resta indefi­ nito l'orizzonte del "timore" (phobos)52: si tratta del timore nei confronti di Tito, a cui si accennerà nel v. 1 5 oppure del timore verso Paolo, a causa del suo rapporto deterioratosi con l'offensore o, in definitiva, del timore che li ha indotti a prende­ re le distanze dallo stesso offensore? Forse non è necessario optare per l'una o per l'altra ipotesi, anche se il destinatario principale del timore, come delle altre rea­ zioni dei Corinzi, resta Paolo. Sulla stessa lunghezza d'onda si pongono il desiderio e lo zelo, a cui ha già accen­ nato al v. 7: esprimono la speranza di poterlo rivedere, in seguito alla dilazione della visita programmata in 2Cor 2, 1 , e l'affetto che spazza tutte le nubi sulla loro relazione, ristabilita in occasione della visita di Tito. La lettera delle lacrime deve aver sortito i suoi effetti se la comunità ha adottato un comportamento correttivo o punitivo verso l'offensore 53; tale decisione è stata presa dalla maggior parte dei Corinzi, al punto che Paolo è costretto a chiedere di perdonare e di consolare lo stesso offensore, affinché non si smarrisca per l'eccessiva tristezza e non cada nel­ le insidie di satana (cf. 2Cor 2,6- 1 1 ) . A conclusione delle reazioni elencate, Paolo non esita a riconoscere che i Corinzi si sono dimostrati "innocenti" nella faccenda che lo ha visto coinvolto contro l'of­ fensore54, a dimostrazione che il caso è ben diverso sia da quello dell'incestuoso, affrontato in 1 Cor 5 , 1 -13, per il quale la comunità si è dimostrata connivente e per nulla affatto innocente, sia da quello di 2Cor 1 0- 1 3 in cui Paolo rimprovererà 49 50

Barnett, Second Corinthums, 378. Spesso Paolo è costretto a pronunciare la propria apologia, attraverso le sue lettere, e in parti­ colare nella corrispondenza con i Corinzi (cf. l'uso del sostantivo apologia in lCor 9,3; Fil l , 7 . 16; 2Tm 4, 1 6 ; anche il verbo corrispondente in 2Cor 12,19; per il resto del NT cf. 2Ts 4 , 1 6 ; At 22 , 1 ; 24 , 1 0; 25,16; 1 Pt 3, 1 5 ) . 51 D sostantivo aganaktesin è hapax legomenon nel N T (cf. il verbo corrispondente aganaktein in Mc 1 0.4 1 ; 14,4). 52 Nel corso della prima apologia, Paolo ha accennato al timore del Signore o di Dio (cf. 2Cor 5,1 1 ; 7 ,l). Il timore dei Corinzi corrisponde al timore di Paolo, sperimentato in Macedonia, prima che giungesse Tito (cf. 2Cor 7,5). 53 Più che esprimere la "vendetta" (cf. Rm 1 2,19; Eb 1 0,30), l'ekdikesis a cui si accenna denota la �unizione correttiva (cf. lo stesso significato del verbo ekdikein in 2Cor l0,6). L'aggettivo hagnos richiama la hagnotes (purezza) nel ministero di Paolo e citata in 2Cor 6,6.

lA consolo:zione e la gioÌil di Paolo (2Cor 7,5-16) / 32 1

i destinatari per non averlo difeso di fronte ai suoi avversari (cf. 2Cor 1 2 , 1 1 ). Na­ turalmente l'elogio conclusivo si riferisce, ancora una volta, alla faccenda ristretta e citata in questi versi 55, e non in generale, poiché i destinatari non si sono mo­ strati impeccabili nel modo di relazionarsi con lui. v.

12: Nella conclusione del secondo momento narrativo (vv. 8-1 2)56, Paolo torna, con una certa insistenza, sulla ragione principale che lo ha indotto a inviare la let­ tera delle lacrime. In base a quanto afferma in questo verso, sembra che la pole­ mica tra l'offensore e l'offeso non rappresenti la motivazione principale che lo ha spinto a scrivere ai Corinzi, bensì affinché fosse manifestata la loro sollecitudine nei suoi confronti 57• A detta di Paolo, il conflitto con l'offensore rappresenta più l'occasione che la mo­ tivazione principale per la lettera delle lacrime. La stessa situazione è stata già espressa in 2Cor 2, 9: "Proprio per questo, infatti, vi scrissi: per conoscere la vostra prova, se in tutto siete obbedienti". La lettera delle lacrime non ha rappresentato soltanto un banco di prova per i destinatari ma, come ha aggiunto in 2Cor 2,4, af­ finché "conoscano il suo amore per loro" 58• Forse, in questo ridimensionamento del conflitto si nasconde una certa esagerazione, perché la diatriba con l'offenso­ re, di cui ignoriamo ancora la natura, deve avergli procurato non poche sofferen­ ze, soprattutto se si riconosce che questi appartiene alla comunità di Corinto, per cui non si può, in definitiva, separarlo dalla stessa comunità (cf. 2Cor 2,5-9). Co­ munque, nel ridimensionare la polemica personale, Paolo insiste sulla sollecitudi� ne dei Corinzi nei suoi confronti e a suo favore, davanti a Dio59: è quanto gli sta maggiormente a cuore60• v.

13: L'ultima sequenza del paragrafo narrativo riprende il motivo della consola­ zione, tratta'to nei vv. 5-7, includendo maggiori dettagli sulla consolazione riser­ vata a Tito, in occasione della sua visita a Corinto. In questi versi domina l'uso del perfetto6 1 , in quanto la consolazione, il rinfrancare di Tito, da una parte, e il vanto di Paolo per i destinatari, perdura sino alla situazione attuale, durante la dettatu­ ra della lettera della riconciliazione 62• Con la ripresa della consolazione, Paolo preferisce non esplicitare il soggetto: se sia stato Dio ad averlo consolato o Tito, con le buone notizie da Corinto, oppure gli stessi Corinzi. Anche l'uso della I plurale (''siamo stati consolati") può non es­ sere considerato soltanto come autobiografico ma sembra inclusivo di Tito. Forse la scelta per un generico uso del verbo è deliberata, in quanto sono chiamati in

55 Anche in questo caso, Paolo preferisce non richiamare in dettaglio le coordinate della contesa ma si limita a definirla semplicemente come "faccenda" (pragma): da questo punto di vista il qua­

dro storico resta sfocato come quello di 2Cor 2 , 1 - 1 1 .

56 Si noti l'uso della particella ara (dunque, pertanto, quindi) conclusiva: in questo caso, più che

assumere valore consequenziale, rispetto a quanto è detto al v. I l , ha valore di connessione rispet­ to ai vv. 8-1 t . ' 7 Non è necessario ipotizzare una polemica esterna per cui l'offeso non sia Paolo ma una terza persona di cui ignoriamo l'identità; in tal caso sarebbe inopportuna la sollecitudine dei Corinzi per Paolo: l'offensore è lo stesso che lo ha rattristato in 2Cor 2,5. Per questo è molto improbabile che l'offensore sia quello di ! Cor 5,1-5 o di 1 Cor 6, 1 - l l , per i quali la relazione conflittuale riguar­ da più la comunità che Paolo. Cosi Martin, 2 Corinthians, 237-238 ; Matera, l/ Corinthians, 1 77; Thrall, Second Corinthians, 49 6. ;s La formula heneken + genitivo dell'infinito sostantivato (tou phanerothenai) esprime una finale. Così Blass - Debrunner - Rehkopf, Grammatica, 490. 59 Si noti l'insistenza sui pronomi personali: "la vostra sollecitudine... per noi... nei nostri con­ fronti". Per l'espressione "davanti a Dio" cf. 2Cor 4,2. 60 La sollecitudine (spoude) dei Corinzi è stata già richiamata nell'elenco delle reazioni (v. 1 1 ) e corrisponde allo zelo per lui (vv. 7.1 1). • • Cf. parakeklemetha (v. 1 3), anapepautai (v. 13), kekauchemai (v. 14). "2 Cf. l'uso del presente estin, chairo e tharro al v. 15.

322 / Traduzion'ee commento

causa tutti i soggetti della narrazione: Dio stesso ha consolato Paolo con l'arrivo di Tito (v. 6) e, a sua volta, quest'ultimo è stato consolato dai Corinzi (v. 7). Alla consolazione personale di Paolo si aggiunge la condivisione della gioia tra lui e Tito, poiché quest'ultimo è stato rinfrancato da tutti i Corinzi63• Sorprende, in certo senso, la calda accoglienza riservata a Tito dai Corinzi64, in quanto contra­ sta con i timori che hanno spinto Paolo stesso a non raggiungere la capitale del­ l'Acaia. Forse, la visita di Tito ha sortito più effetti positivi di una visita personale di Paolo; oppure tale riconoscimento è sostenuto in funzione dell'esortazione alla colletta che vedrà nuovamente impegnato il fedele collaboratore di Paolo (cf. 2Cor 8,6. 1 6.23) 65• v.

14: La conclusione del paragrafo è analoga a quella della pericope precedente, giacché Paolo riprende il motivo del vanto a favore dei Corinzi (cf. 2Cor 7,4). L'u­ so del perfetto kekauchemai dimostra che il suo vanto per loro perdura sino al presente, in vista del secondo invio di Tito a Corinto per riprendere l'iniziativa della colletta. Certo l'espressione contrasta con quanto è sostenuto in 2Cor 2, 1 - 1 0, ossia con la situazione di conflitto che ha spinto Paolo a non raggiungere la comunità. Come può essersi vantato di coloro ai quali ha inviato la lettera delle lacrime? L'affer­ mazione è, in qualche modo, ridimensionata dalla specificazione "in qualche cosa", più che dalla formulazione ipotetica del v. 14. Paolo si è realmente vantato della sua comunità con Tito anzi, nonostante il conflitto, non si è vergognato per averli elogiati66• Tuttavia, come abbiamo sottolineato, l'accento è posto sulla sin­ cerità del suo vanto, un motivo che, in modi diversi, ha attraversato i capitoli pre­ cedenti (cf. 2Cor 1 , 1 2- 1 4. 1 5-22; 2 , 1 4- 1 7; 4, 1 -6): in questione è la stessa "parola di verità" che Paolo ha elencato fra le virtù del proprio ministero (cf. 2Cor 6,7). Il fat­ to che, nonostante le tensioni relazionali, Paolo abbia potuto vantarsi dei Corinzi con Tito67, dimostra che, da una parte, il conflitto non lo ha posto in contrasto con tutta la comunità, messa comunque in discussione dalla prova (cf. 2Cor 2,5- 1 1 ) e, dall'altra che, nonostante le difficoltà, le relazioni non si sono del tutto interrotte, come dimostrerà la richiesta relativa alla ripresa della colletta (cf. 2Cor 8,7). Non sappiamo se l'occasione del vanto di Paolo con Tito, a favore dei Corin­ zi, dimostri che quella sia stata la prima visita del collaboratore di Paolo a Corin­ to; è possibile ma è anche probabile che tale vanto si limiti semplicemente a crea­ re una buona disposizione in Tito per intraprendere nuovamente il viaggio in Acaia68• v.

15:

Dopo la parentesi sulla lettera delle lacrime, si torna alla consequenziale re-

63 n sostantivo pneuma ha qui valore antropologico (cf. 2Cor 4,13; 7, 1 ); si riferisce a tutta la per­ sona

di Tito, cosicché corrisponde al semplice "egli". Cf. Bamett, Second Corinthians, 383; Martin,

2 Corinthians, 24 1 ; Thrall, Second Corinthians, 497. 64 Il verbo anapauein sarà riutilizzato da Paolo nel biglietto a Filemone per esortarlo ad accogliere

la sua richiesta a favore di Onesimo (cf. Fm 7.20; anche 1 Cor 1 6, 1 8 e il composto synanapausomai per la futura visita di Paolo ai cristiani di Roma in Rm 1 5 ,32). L'uso del perfetto passivo anapepau­ tai segnala che è ancora vivo il ricordo della buona accoglienza riservata dai Corinzi a Tito, men­ tre riteniamo che non sia un passivo divino, come invece sostiene Barnet t, Second Corinthians, 383, a causa del successivo riferimento esplicito all'azione dei destinatari. 65 Matera, II Corinthians, 1 77. 66 Per questo la proposizione introdotta da ei è relativa più che condizionale. Cosl Martin, 2 Co­ rinthians , 24 1 . Il verbo kataischynein è quasi esclusivo del vocabolario paolino: cf. 2Cor 9,4; 1Cor 1l 7; 3 , 1 5 ; 1 1 ,4.5.22; Rm 5,5; 9,33; 10, 1 1 ; anche Le 1 3 , 1 7. 6 La preposizione epi in relazione a Tito corrisponde al latino coram , "di fronte ... " e sostituisce il più corrispondente pros + accusativo riportato come correzione da diversi testimoni (cf. D, F, G, P, '1', 365, 614, 1 1 75). Per questo è preferibile conservare la lezione più difficile, attestata da f>46, N2, C, 0243, 33, 1 739. Così Martin, 2 Corinthians, 242. 68 Thrall, Second Corinthians, 498.

La consolazione e la gioia di Paolo (2Cor 7:S-16) / 323

}azione di Tito. Il ricordo dell'accoglienza di Tito, con timore e tremore, e l'obbe­ dienza dimostrata rispetto alla questione dell'offensore69, hanno fatto aumentare l'affetto di Tito per i Corinzi'0 • Tuttavia, anche tale riferimento non è fine a se stesso bensì è funzionale al ruolo centrale che Tito svolgerà riguardo alla colletta (cf. 2Cor 8). In pratica, Paolo sta preparando bene e con grande capacità persua­ siva, il terreno per l'iniziativa della colletta che, a causa delle tensioni precedenti, rischia di essere messa a repentaglio. Al di là del riconoscimento positivo nei confronti dei destinatari, l'affermazione crea diverse difficoltà: a che cosa allude con la formula stereotipa, di sapore anti­ cotestamentario, "timore e tremore" 7 1 ? Che cosa nasconde l'attestato di obbe­ dienza dimostrato dai Corinzi? E come mai l'autorità esercitata a distanza non è st_ata applicata in occasione del conflitto con l'offensore, da Paolo stesso? La si­ tuazione doveva essere meno pacifica di quanto Paolo desideri far intendere, ma ormai gli sta a cuore il ristabilimento delle positive relazioni con i destinatari, più che tornare sulle circostanze del conflitto e sulla lettera delle lacrime. Per questo, egli preferisce non rivangare il passato ma guardare al futuro, in vista della pros­ sima missione a Corinto che sta per chiedere al suo fedele collaboratore. v.

16: Il contesto positivo della riconciliazione ricostituita con i destinatari induce Paolo ad esprimere la propria gioia: è persuaso che può pienamente e in qualsiasi situazione fidarsi di loro72• La professione della gioia, per la fiducia riposta in loro, è una vera e propria captatio benevolentiae a favore della colletta 73 ma, nello stesso tempo, contrasta chiaramente con l'apologia successiva di 2Cor 1 0-13, a dimostrazione che difficilmente la relazione tra Paolo e i Corinzi, emersa da 2Cor 1-7, pur nelle tensioni più o meno profonde, si concilia con quella burrascosa che darà origine alla lettera polemica. Di fatto nulla 'Cii 2Cor 7 , 1 - 1 6, come di tutta la prima apologia, lascia percepire il conflitto radicale della seconda difesa di Paolo, mentre anche se la prima parte della lettera non può essere limitata in funzione della colletta (2Cor 8-9), bisogna riconoscere che, in parte, la prepara affinché possa ben riuscire nell'intento.

La narrazione di 2Cor 7,5- 1 6 non soltanto riprende la narrazione apologetica del­ la prima parte (2Cor 1 ,3-2 , 1 3) ma fa avanzare la relazione tra Paolo e i destinata­ ri. Tale progresso è stato possibile soltanto dopo la lunga apologia di 2Cor 2, 1 4-7,4, vale a dire in seguito alla difesa del ministero di Paolo. A questo punto, il rapporto tra Paolo e i Corinzi ridiventa sereno o sgombro da qualsiasi annuvola­ mento. I motivi della consolazione e della gioia costituiscono i contrappunti delle tribola­ zioni e della tristezza e caratterizzano la narrazione che prende le mosse dal rendez-vous tra Paolo e Tito in Macedonia. In ,·erità, anche questa narrazione na­ sconde i conflitti descritti in 2Cor 2, 1 - 1 3, soprattutto in riferimento alla contesa tra Paolo e colui che lo ha offeso nella comunità. Ma le notizie riportate da Tito sulle reazioni positive dei Corinzi sono rassicuranti per Paolo: il contraccambio 69 In tal caso l'hypakoè non ha rilevanza per la fede (cf. Rm

1 ,5; 1 5, 1 8; 16,26), come spesso nelle lettere paoline, ma disciplinare ed ecclesiale (cf. anche Fm 21 ) 70 Sul sostantivo "le viscere" (ta splagchna) per esprimere l"affetto di Tito verso i Corinzi cf. 2Cor 6 12, a proposito dell'amore di Paolo per gli stessi destinatari. 7 { Gen 9,2; Es 1 5 , 1 6; Dt 2,25; 1 1 ,25; Gdt 2,28; 1 5,2; Sal 54,6; Dn 4,37; Is 19, 1 6; 1 Mac 7, 1 8; 4Mac 4,10. Per il NT cf. 1Cor 2,3; Fil 2,12; Ef 6,5. In genere l'espressione è utilizzata per le relazioni con il Signore che implicano una particolare responsabilità umana. 72 Il verbo tharrò sarà riutilizzato, nella stessa forma, all'inizio della seconda apologia (cf. 2Cor lO, l}, ma con significato diverso: qui ha lo stesso significato di tharrein in 2Cor 5,6.8: "fidarsi" e non "essere audace" né "avere coraggio". Così Thrall, Second Corinthians, 50 1 . 73 Sulla funzione di transizione del v. 1 6 rispetto ai capitoli della colletta cf. Martin, 2 Corinthians, 244. .

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richiesto in 2Cor 6, 11-13; 7,2-4 sembra, almeno per il momento, potersi sostenere su basi solide. Così egli può rianimarsi per avanzare la richiesta della colletta, for­ se posta in crisi dopo le tensioni passate con la comunità (cf. il riferimento all'an­ no prima di 2Cor 8 , 1 0). Anche se ci sono pervenuti pochissimi dati sulla lettera delle lacrime, le notizie riportate da Tito sono positive e incoraggianti. Spesso ignoriamo l'esito delle lettere di Paolo dal versante dei destinatari: se posi­ tivo o negativo; si pensi alle conseguenze delle lettere ai Galati e ai Romani. Per ironia della sorte, almeno quella perduta delle lacrime ha raggiunto l'effetto desi­ derato!

L'esortazione alla col letta (2Cor 8, 1 -9, 1 5)

D ristabilimento delle relazioni positive tra Paolo e i Corinzi, dichiarato nell'ulti­ mo paragrafo della sezione precedente (cf. 2Cor 7,5- 1 6), rappresenta la condizio­ ne ideale per affrontare la complessa questione della colletta a favore dei poveri di Gerusalemme. Se Paolo esprime la propria "gioia perché può finalmente contare in tutto sui destinatari" (cf. 2Cor 7 , 1 6), è giunto il momento per esortarli a ripren­ dere l'iniziativa della colletta, intrapresa da un anno ma interrotta a Corinto (cf. 2Cor 8 , 1 0) 1 • In verità dal punto di vista diacronico, la sezione di 2Cor 8, 1 -9, 1 5 è soggetta a di­ verse interpretazioni: mentre alcuni considerano 2Cor 8, 1-24 relazionata a quan­ to precede, altri non esitano a valutare la sezione di 2Cor 9, 1 - 1 5 come parte di una lettera precedente 2 o successiva3, dedicata allo stesso argomento della colletta. Di fatto l'inizio di 2Cor 9, 1 (''Circa il servizio per i santi, infatti, è superfluo che io vi scriva") sembra segnalare l'inizio di un nuovo argomento, non trattato in prece­ denza. Una posizione più radicale è assunta da quanti ritengono che 2Cor 8, 1 -24 e 2Cor 9, 1 - 1 5 rappresentino due lettere autonome, da collocare in un contesto di­ verso rispetto a quello di 2Cor 1-7: si tratterebbe di due lettere amministrative e a se stanti, dedicate alla stessa tematica della colletta4• Circa le diverse ipotesi sul­ l'origine e la natura di questi due capitoli riteniamo che appartengano allo stesso contesto epistolare di 2Cor 1 , 1 -7, 1 6, anzi che siano preparate dal tenore di fidu­ cia espresso da Paolo in 2Cor 7,5- 1 6 e che rappresentino un'unità retorico­ letteraria dedicata alla stessa tematica della colletta, anche se considerata da due versanti diversi e complementari 5• In realtà, la postazione di 2Cor 8,1-9, 1 5 ri­ sponde al canovaccio seguito da Paolo nella disposizione delle sue lettere, in quanto preferisce collocare le questioni economico-amministrative verso la fine

1 Funùsh, II Corinthians, 408-409.

2 V.D. Verbrugge, Paul's Style o( Church Leadership mustmted b:v his lnstructions to the Corin­ thwns on the Collection: To Command or not to Command, San Francisco 1992, 97- 104 sostiene

che da una parte 2Cor 10-13 appartenga alla lettera delle lacrime e quindi sia stata scritta prima di 2Cor 1-8 e che, dall'altra, 2Cor 9 sia stata inviata, in forma autonoma, prima di 2Cor 1-8. Per un'analisi generale sulla natura di 2Cor 8-9 rimandiamo al capitolo dedicato all'integrità o alla re­ dazionalità della 2Corinzi, nell'introduzione generale al nostro commentario. 3 A favore di una composizione successiva di 2Cor 9 rispetto a 2Cor 8 cf. Martin, 2 Corinthwns, 250; Thrall Second Corinthwns, 503. 4 L'ipotesi su 2Cor 8 e 2Cor 9 come due lettere a se stanti risale sino a Semler Paraphrasis Il. Epi­ stulae ad Corinthos; è stata ripresa e sviluppata da Betz, 2 CorinthÙlns 8 and 9, che considera 2Cor 8 come lettera amministrativa inviata alla comunità di Corinto, mentre 2Cor 9 sarebbe una lettera amministrativa indirizzata alle comunità deli'Acaia. Nell'analisi dei capitoli vedremo come e per­ ché l'ipotesi di Betz non è sostenibile. 5 Sull'unità letteraria di 2Cor 8 , 1 -9, 1 5 cf. Bamett, Second Corinthians, 388-389; B.-M. Kim, Die paulinische Kollekte, TANZ 38, Ttibingen - Base! 2002, 123- 1 36; Long, Paul's Apology, 1 73- 1 77; Ma­ tera, II Corinthians, 180- 1 83; K.J. O'Mahony, Pauline Persuasion. A Sounding in 2Corinthwns 8-9, JSNT SS 1 1 9, Sheffield 2000, 78- 163; Schmidt, Nicht vergeblich, 1 57- 1 77; Witherington III , Con­ flict & Community, 41 1 -428. ,

326 l Tradu zione e commento

delle proprie comunicazioni epistolari6• Questo dato sarà importante quando si tratterà di valutare la questione sulla relazione tra 2Cor l 0- 1 3 e quanto precede, giacché non soltanto non è prevista né preparata una nuova apologia, ma la tema­ tica della colletta sembra orientare verso la conclusione naturale della comunica­ zione epistolare di Paolo. Poiché riteniamo che la sezione di 2Cor 8, 1-9, 1 5 rappresenti una parte integrante di 2Cor 1 , 1 -7, 1 6 o della "lettera della riconciliazione", cerchiamo di delinearne prima di tutto la disposizione retorico-letteraria che andremo spiegando nel cor­ so dell'esegesi, per motivame il tipo d'intreccio argomentativo e le relazioni fra i due capitoli che, a prima vista, danno l'impressione di essere due doppioni sullo stesso argomento, mentre di fatto risultano relazionati fra loro: ( 1 ) Exordium particolare (2Cor 8, 1-6), con la tesi di 2Cor 8,6; (2) Probatio sull'esortazione alla colletta (2Cor 8, 7- 1 5); (3) Digressio sulla raccomandazione dei delegati (2Cor 8 , 1 6-24); (4) Exordium generale (2Cor 9, 1-5), con la tesi di 2Cor 9,5; (5) Probatio sulla natura della colletta (2Cor 9 , 6- 1 O); ( 6) Peroratio conclusiva con ringraziamento (2Cor 9, 1 1 - 1 5)1.

Come spesso, nello snodarsi delle dimostrazioni di Paolo, è importante segnalare, prima di tutto, le propositiones o le tesi principali che le generano e ne chiarifica­ no la posta in gioco principale8• Di fatto non ci troviamo di fronte a due doppioni 6 Cf. gli accenni alla stessa colletta per i poveri di Gerusalemme verso la conclusione di l Corinzi

(cf. lCor 16,1-4) e di Romani (cf. Rm 15,25-33); cf. anche le questioni economiche personali di Paolo nelle conclusioni della Lettera ai Filippesi (cf. Fil 4 , 1 0-20); e il danno economico provocato da Onesimo nei confronti di Filemone, del quale si fa garante Paolo stesso in Fm 19. Cf. Lam­ brecht, Secorui Corinthians, 1 40 che però cita soltanto il caso di I Cor 16, 1-4. Sui riferimenti eco­ nomici posti verso le conclusioni delle lettere di Paolo cf. Pitta, Sinossi paolina, 277-278. 7 La nostra proposta sulla dispositio retorica di 2Cor 8-9 ha cercato di partire, come al solito, dal­ l'analisi letteraria della sezione e non da un canovaccio precostituito, ricavato dalla manualistica della retorica antica e imposto dall'esterno. Per questo risulta diversa da quella proposta da Betz, 2 Corinthians 8 and 9, 38-41 che nella "lettera ai Corinzi" (2 Cor 8) distingue un exordium (8, 1-5), una narratio (v. 6), una propositio (w. 7-8), una probatio (w. 9- 15), una "commendation" (w. 16.22), una "authorization" (v. 23) e una peroratio (v. 24). Anche nella "lettera agli Achei" (2Cor 9), Betz, 2Corinthians 8 ami 9, 8'!!-90 individua un exordium (w. 1 -2), una narratio (w. 3-5a), una pro­ positio (v. 5bc), una probatio (w. 6-14) e una peroratio (v. 1 5). Lasciando all'analisi delle singole pericopi le motivazioni sulle differenti proposte, in termini generali le sentenze di 2Cor 8,6 e 2Cor 9,3-5a non possono fungere da narratio giacché sono troppo brevi e non scindibili dalle pericopi di appartenenza, vale a dire da 2Cor 8, 1 -6 e da 2Cor 9,1-5. La stessa osservazione vale per le perora­ tiones limitate a 2Cor 8,24 e a 2Cor 9, 15. La nostra proposta si differenzia anche da quella di O'Mahony, Pauline Persuasion, 1 65 che, pur considerando unitaria la sezione di 2Cor 8-9, opta per la seguente disposizione : exordium (8, l -6), propositio (v. 7-8), confìrmationes (8,9-9, 10) epero­ ratio (9, 1 1 - 1 5 ). Collocare l'intera sottosezione di 2Cor 8, 9-9, IO sotto la categoria delle confìrmatio­ nes ci sembra riduttivo e costringente: di fatto 2Cor 8,16-24 è una chiara digressio dedicata alla raccomandazione dei delegati; e 2Cor 9, 1-5 costituisce un nuovo exordium che, anche se non ri­ sponde alle indicazioni della manualistica antica, si pone in continuità con quello iniziale di 2Cor 8,1-6. Ancora una volta ci preme precisare la necessità di conferire priorità al livello e alla natura letteraria di una sezione, per poi cercare di identificarne le funzioni retoriche. Si può rilevare che la nostra proposta non risponde ad alcun canovaccio o modello retorico antico, ma segue un pro­ cesso e delle finalità retoriche proprie. Di fatto le unità letterarie segnalate corrispondono, in buo­ na parte, alle distinzioni delle pericopi proposte in diversi commentari (cf. in particolare la strut­ tura letteraria di Matera, II Corinthians, 1 80) ma sono rilette e presentate dal versante retorico che non si limita a offrire denominazioni semplicemente formali bensi a valutame il movimento di pensiero o argomentativo posto in atto da Paolo. Per illustrare un ultimo esempio di "camicia di forza" imposta a 2Cor 8-9, Long, Paul's Apology, 176 distingue una narratio (8 , 1 -6 ), una partitio (8,7-9), una probatio (8, 10-9, 12) e una peroratio (9, 13-15 ). Basta rileggere un semplice manuale di retorica antica per rendersi conto che 2Cor 8, 1-6 non ha nulla di una narratio e che 2Cor 8, 7-9 non ruò assolvere alla funzione di una partitio retorica. La natura e l'importanza delle propositiones retoriche nelle lettere paoline sono poste in risalto da Aletti, "La dispositio rhétorique", 385-40 l e dagli altri suoi contributi che abbiamo richiamato per la tesi principale di 2Cor l , 1 2-14.

L'esortazione alla colletta (2Cor 8, 1-9, 15} 1 321 sulla stessa tematica della colletta, bensi alla stessa questione affrontata da due versanti complementari, che si integrano a vicenda: la ripresa della colletta, defi­ nita come charis, da riprendere e da portare a conclusione a Corinto, in base alla tesi di 2Cor 8,6; e la natura della stessa colletta, definita come eulogia o benedizio­ ne e non come pleonexia o avarizia, secondo la tesi di 2Cor 9,5. A prima vista si potrebbe parlare di una quaestio infinita (2Cor 8 , 1 -24) che lascia il posto ad una finita (cf. 2Cor 9, 1 - 1 5). In realtà Paolo segue il processo argomentativo inverso: dal particolare sulla ripresa della colletta a Corinto, al generale sulla natura della stessa colletta9• In tal senso, la sezione di 2Cor 8, 1 -24 prepara il terreno per quella di 2Cor 9, 1 - 1 5, come dimostrano i riferimento ai "fratelli" coinvolti nella delega­ zione: sono raccomandati in 2Cor 8, 1 6-24 per essere richiamati in 2Cor 9,3.5 e per preparare l'annuncio della visita personale di Paolo con alcuni Macedoni in 2Cor 9,4 10 • Lo stesso vale per le annotazioni cronologiche sulla colletta: mentre in 2Cor 8, 1 0- 1 1 l'accento è posto sull'esortazione a riprendere l'iniziativa cominciata nell'anno precedente, in 2Cor 9,2 Paolo considera come già acquisita la ripresa dell'iniziativa in Acaia, esprimendo la propria fiducia nella risposta positiva dei destinatari. La strategia retorica posta in atto da Paolo in 2Cor 8-9 era già stata intuita da Giovanni Crisostomo che nella sua XVI Omelia annotava: "Non dice loro subito: fate l'elemosina, ma avanza con prudenza, prepara da lontano il ter­ reno e dice: Voglio farvi conoscere, fratelli..." 1 1 • Se le propositiones di 2Cor 8,6 e di 2Cor 9,5 annunciano le tesi principali della se­ zione, i due esordi di 2Cor 8, 1 -5 e di 2Cor 9, 1 -4 introducono le tematiche che sa­ ranno riprese nel corso delle prove addotte da Paolo nelle due dimostrazioni (cf. 2Cor 8,7- 1 5 ; 2Cor 9,6- 10): si vedano le tematiche della charis, della "ricchezza­ povertà", della generosità e del "dare" che, introdotte in 2Cor 8, 1 -6, sono riprese nel corso di 2Cor 8,7- 1 5 . Lo stesso vale per la tematiche della diakonia con cui è definita la colletta in 2Cor 9 , l e per il progetto della colletta, con le due possibilità di vanto o di vergogna (cf. 2Cor 9,3-4), di benedizione o avarizia, su cui Paolo insi­ sterà in 2Cor 9,6- l O attraverso il linguaggio della seminagione. A sua volta, la perorazione finale di 2Cor 9, 1 1 - 1 5 raccoglie i fili principali dell'in­ tera sezione, riprendendo i motivi principali in un contesto di ringraziamento an­ ticipato da parte di tutti coloro che sono impegnati nella colletta e, in particolare, da quanti ne godranno i benefici. Così Paolo sintetizza la propria esortazione puntando sulla generosità dei Corinzi (cf. 2Cor 9, 1 1 . 1 3), sulla comunione con i beneficiati e con tutti i credenti (cf. 2Cor 9, 1 3), e sulla grazia divina che produce il dono "inenarrabile" della colletta (cf. 2Cor 9, 1 5). Circa il genere retorico, ci tro­ viamo di fronte ad una comunicazione di tipo deliberativo, in cui sulla colletta si 9 Di per sé non è esatto sostenere che 2Cor 8 •concems details: chapter 9 provides motivations for the Corinthians to give", come ritiene Long, Paul's .4.pology. 1 7 3. Anche in 2Cor 8 si trovano moti­ vazioni di peso come quella sull'esempio di Cristo (cf. 2 Cor 8.9) e in 2Cor 9 sono offerti alcuni det­ tagli come quelli relativi alla consistenza della colletta. Piuttosto preferiamo delineare l'andamen­ to argomentativo della sezione in tennini di quaestio finita (la ripresa della colletta) e quaestio in­ finita (la natura della colletta). Anche O'Mahonv, PauliPif.' Persuasio,l, 1 44 definisce le diverse con­ firmatioms di 2Cor 8,8-9. 1 0 secondo tale paradigma ma in una disposizione chiastica che ci sem­ bra forzata: (A) 8,8- 1 5: quaestio infinita; (B) 8,1 6-24: quaestio finita; (B') 9 , 1 -5: quaestio finita; (A') 9,6- 10: quaestio infinita. I due tipi di quaestioms iniziano sin dall'esempio dei Macedoni (cf. 2Cor 8,1-6) e, per inverso, l'esempio deii'Acaia in 2Cor 9, 1 -2 non rientra in una quaestio finita, come la ripresa della colletta, bensl in una infinita, come appunto quella relativa alla natura della colletta (cf. 2Cor 9,3-5). Ancora una volta, è importante non cercare di costringere le dimostrazioni paoli­ ne in disposizioni simmetriche e suggestive ma che, ad una verifica dei dati, si rivelano poco ri­ s ttose del suo modo di argomentare. 1 �Osserva bene Furnish, l/ Corinthians, 432: "The mention of the brothers, 9:3, presumes that the readers already know who these men are (8: 1 8ff) ... ". La stessa osservazione si trova in D.R. Hall, "The Internai Unity of 2 Corinthians 1-9", in Corinthian Correspondeoce, 1 17. 11 Giovanni Crisostomo, In secundam ad Corinthios 1 6, 2.

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decide l'utilità o l'inutilità della richiesta di Paolo 1 2 • Naturalmente trattandosi di una richiesta perorata da Paolo stesso, l'attenzione è principalmente rivolta al vantaggio (cf. 2Cor 8,10) che la partecipazione alla colletta procurerà per la co­ munità di Corinto. Per conferire particolare consistenza alla propria esortazione egli ricorre a diversi registri di prove. Nel corso della sezione risaltano, prima di tutto, i paradeigmata o gli esempi che illustrano la validità dell'iniziativa: quello delle comunità della Macedonia (cf. 2Cor 8 , 1 -5) e soprattutto quello di Cristo (cf. 2Cor 8,9) che funge da modello causale per la partecipazione dei Corinzi alla grazia della colletta. In continuità con gli esempi, risultano decisivi i ricorsi all'auctoritas della Scrittu­ ra, in una sorta di crescendo argomentativo. Di fatto, si potrà rilevare che, mentre, nella prima parte della sezione è riportata soltanto la citazione di Es 1 6, 1 8 (LXX), a proposito della manna nel deserto (cf. 2Cor 8, 1 5), nella dimostrazione della se­ conda parte (cf. 2Cor 9,6- 10) subentrano diverse citazioni e allusioni all'AT: si procede dall'allusione di Dt 1 5 , 1 0 in 2Cor 9,7a, alla citazione indiretta di Pr 22,8a in 2Cor 9,7b, alla citazione diretta del Sal 1 1 1 ,9 in 2Cor 9,9, a quella indiretta di Is 55, 10 in 2Cor 9, 1 0a, per concludere con l'allusione ad Os 10, 1 2 in 2Cor 9, 1 0b. Poi­ ché nella seconda parte di 2Cor 8,1-9, 1 5 il peso della Scrittura diventa particolar­ mente rilevante, il riferimento alla sua auctoritas dimostra quanto abbiamo evi­ denziato sulla relazione fra i due capitoli: 2Cor 8,1 -24 in funzione di 2Cor 9, 1 - 1 5 e non l'inverso! Tale funzionalità è confermata dal peso argomentativo che assume la citazione del Sal l 1 1 ,9 rispetto alle altre citazioni: poiché è l'unica citazione in cui si parla di donazione per i poveri diventa anche il riferimento più autorevole ed importante per Paolo rispetto alla colletta per i poveri di Gerusalemme 1 3• In una comunicazione deliberativa non possono mancare tratti di captatio bene­ volentiae, orientati a spingere i destinatari ad accogliere, in modo favorevole, il di­ scorso di colui che propone un progetto. Per questo si passa dalla captatio di 2Cor 8,7 a quella più sostanziale di 2Cor 9,2-3 in cui non è più la Macedonia a fungere da esempio per i'Acaia (cf. 2Cor 8, 1 -5), ma l'inverso, e a quella conclusiva sulla ge­ nerosità nella risposta dei Corinzi (cf. 2Cor 9 , 1 1). Paolo è convinto che, nonostan­ te le difficoltà, anche in Acaia si verificherà un prodigio analogo a quello realizza­ tosi in Macedonia. In verità la partecipazione alla colletta doveva risultare meno lineare e serena di quanto egli lasci intendere attraverso la propria comunicazione deliberativa. Come mai non decide di gestire l'iniziativa in prima persona ma preferisce inviare Tito e altri due fratelli che raccomanda in 2Cor 8, 1 6-24? E che cosa si nasconde dietro una doppia delegazione impegnata nella colletta: quella capeggiata da Tito (cf. 2Cor 8,6. 1 6- 1 7) e quella conclusiva in cui Paolo decide di raggiungere Corinto non da solo ma insieme ad alcuni fratelli della Macedonia (cf. 2Cor 9,4)? Perché non chiama mai in questa sezione la colletta per nome (logeia), mentre preferisce utilizzare tanti eufemismi che la caricano di particolare significato? Torneremo alla fine della nostra analisi sulla natura, sulla funzione e sull'esito della colletta; intanto è importante valutare le ripercussioni di 2Cor 8,1-9, 1 5 su 2Cor 1 , 1-7, 1 6 da una parte e su 2Cor 10,1-1 3 , 1 3 dall'altra. Rispetto alla macro-sezione precedente, non soltanto il paragrafo di 2Cor 7,5- 1 6 prepara l'esortazione di Paolo a favore della colletta, ma le principali poste i n gio­ co sono rappresentate dall'accusa di essere poco sincero nei progetti di viaggio 12 Anche Witheringhton m, Conflict and Community, 412-41 3 riconduce il genere di 2Cor 8-9 alla funzione deliberativa, ma aggiunge che "they serve large forensic purposes" (412). In realtà dall'a­ nalisi della sezione non emerge alcuna funzione apologetica di Paolo; al massimo si può parlare di funzione preventiva rispetto alla polemica che esploderà in 2Cor 1 0- 1 3 ma non di finalità apolo­ f.Jetica in 2Cor 8-9. A proposito della funzione retorica della citazione del Sal l 1 1 ,9 in 2Cor 9,9 annota bene Stan­ ley, Arguing with &ripture, 106: "Like many good orators, Paul has saved his most powerful argu­ ment for the last".

L'esortazione alla colletta (2Cor 8, 1-9, 15) 1 329

verso Corinto (cf. 2Cor 1 , 1 7-24) e da quella di mercanteggiare con finalità di dolo la sua predicazione (cf. la tesi principale della prima apologia in 2Cor 2, 1 6-1 7; anche 4,2). Con la nuova sezione, Paolo sembra assumere una strategia preventi­ va: preferisce non gestire in prima persona "l'abbondanza amministrata da lui per non essere biasimato da qualcuno" (cf. 2Cor 8,20). Anche l'accenno a "non aver derubato nessuno" (cf. 2Cor 7,2) rientra in un qua­ dro preventivo con il quale egli cerca di evitare fraintendimenti e strumentalizza­ zioni nella questione della colletta. Nella funzione preventiva di 2Cor 8, 1-9, 1 5 as­ sume un ruolo di particolare rilevanza Tito, introdotto in 2Cor 2, 1 3 e citato più volte nella ripresa della narrazione di 2Cor 7,5- 1 6 (cf. vv. 6. 1 3 . 14). La buona acco­ glienza ricevuta da Tito in Acaia, in occasione della lettera delle lacrime, diventa per Paolo garanzia per la ripresa della colletta (cf. 2Cor 8,6. 1 6.23 ). Pertanto, l'esortazione di 2Cor 8, 1-9, 1 5 si colloca in positiva continuità rispetto alla macro-sezione precedente 1\ mentre entra in sostanziale collisione con la se­ conda apologia (cf. 2Cor 1 0, 1- 1 3 , 1 3 ) in cui le questioni economiche costringono Paolo a difendersi da accuse mordaci 1 5• Come mai chiede con insistenza ai desti­ natari di partecipare alla colletta se poi si vanterà di non aver chiesto mai alcun corrispondente economico per la propria evangelizzazione a Corinto (cf. 2Cor 1 1 ,7- 1 0)? E perché accuserà i suoi avversari di defraudare o di sfruttare la comu­ nità di Corinto (cf. 2Cor 1 1 ,20)? Come si spiega la domanda se lui, Tito e i fratelli inviati a Corinto abbiano mai derubato i destinatari (cf. 2Cor 1 2 , 1 7- 1 8)? In defiru­ tiva perché alla fine della seconda apologia annuncia una visita punitiva di carat­ tere giudiziario, contro la stessa comunità (cf. 2Cor 1 3 , 1 -2), di cui non si hanno le minime tracce in 2Cor 9,4 e nella lettera della riconciliazione? Soltanto ricono­ scendo una distanza cronologica tra 2Cor 8, 1-9, 1 5 e 2Cor 10,1-1 3, 1 3 è possibile colmare le incongruenze fra le due sezioni, giacché quanto risponde ad una stra­ tegia preventiva in 2Cor 8-9 diventa accusa manifesta nei confronti di Paolo e dei suoi collaboratori nel corso della seconda apologia 1 6. Dunque, come vedremo dal­ l'analisi, se da una parte l'esortazione alla colletta si pone in buona continuità con la lettera della riconciliazione, dall'altra non si può negare che si colloca in chiara discontinuità con la seconda apologia Circa il genere retorico della sezione, abbiamo già segnalato l'uso di una comuni­ cazione deliberativa, di carattere positivo, in quanto orientata all'utilità della par­ tecipazione alla colletta per la comuni tà di Corinto. In alcuni tratti l'argomenta zione paolina può essere considerata come richiesta di obbligazione nei confronti dei Corinzi: sembrano costretti più che liberi di condividere la richiesta di Pao­ lo 17. In realtà l'assenza quasi totale di verbi all'imperativo •� e, per inverso, la pre­ senza dei verbi esortativi e di desiderio 19 attestano che ci troviamo di fronte ad .

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l4

Furnish, ll Corinthians, 429-430. 15 Stranamente Manzi, Seconda Corinzi, 238 mentre ossena giustamente che "le argomentazioni di 2Cor 8-9 non sono segnate dalla polemica, che, al contrario, caratterizza soprattutto 2Cor 1 0- 1 3 e che d'altra parte, non è assente da 2Cor 1-7", continua a sostenere l'unità redazionale del­ la 2Corinzi canonica. Se la polemica di 2Cor 1-7 è diversa da quella di 2Cor l 0- 1 3 e se in 2Cor 8-9 non esiste alcuna polemica di tipo economico-amministrativo vuoi dire che qualcosa di nuovo si è verificato tra la stesura dell'esortazione alla colletta e quella della seconda apologia, per cui non �no essere collocate nella stessa coordinata cronologica. 6 Con buona pace di quanti come Barnett, Second Corinrhians, 388 e Long, Paul's Apology, 1 73- 1 78 non si limitano a difendere l'unità letteraria di 2Cor 8-9 ma evitano di affrontare le aporie sulla relazione con 2Cor 1 0- 1 3 , rischiando di livellare la complessità dei contesti epistolari diversi fra le due principali sezioni della lettera. 17 Fumish, /l Corinthians, 403. 18 L'unico imperativo di tutta la sezione è epitelesate in 2Cor 8, 1 1; in diversi casi Paolo preferisce lasciare le proposizioni in forma ellittica dei verbi (cf. 2Cor 8, 1 3 ; 9,7), senza esplicitare l'uso del­ l'imperativo, oppure utilizzare il participio dei verbi (cf. endeiknymenoi in 2Cor 8,24). 19 Cf. i diffusi congiuntivi perisseuéte in 2Cor 8,7 e in 2Cor 9,8; genétai in 2Cor 8,14; momesétai in 2Cor 8,20; ken6the; ed éte in 2Cor 9,3; elthosin, heurosin e kataschynthomen in 2Cor 9,4; proeltiW­ sin e prokatartisosin in 2Cor 9,5. Cf. anche le espressioni "non dico per comando ma per la solleci-

330ITraduzione e commento

un'esortazione rispettosa delle decisioni che compiranno i destinatari. Natural­ mente si tratta non di un'esortazione neutra o distaccata bensì che coinvolge Pao­ lo in prima persona, a causa dell'importanza che egli conferisce all'iniziativa. Alla fine cercheremo di valutare il valore che egli attribuisce a tale progetto, al punto da conferirle tanto spazio nella nostra lettera e da rievocarla sino alla conclusione dei propri viaggi missionari (cf. Rm 1 5,25-33). Dal versante semantico, l'unità della sezione è confermata da alcune key words che l'attraversano: ci riferiamo in particolare al sostantivo charis che assume una portata anfibologica, giacché in alcuni casi si riferisce alla grazia divina e di Cri­ sto (cf. 2Cor 8 , 1 .9; 9,8. 14), mentre in altri definisce la stessa colletta (cf. 2Cor 8,6.7 . 1 9) e la gratitudine per il Signore (cf. 2Cor 8, 1 6; 9, 1 5)2°, e ad haplotes (cf. 2Cor 8,2; 9, 1 1 . 1 3) che segnala la generosità alla quale Paolo intende esortare i de­ stinatari. Non è un caso che i due termini siano ripresi soprattutto all'inizio e alla fine della sezione, incomiciandola in forma d'inclusione (cf. 2Cor 8, 1 -2; 9,1 1 . 1 5). Altrettanto importanti sono i campi semantici della koinonia, del perisseuein e del diakonein : l'abbondanza della grazia (cf. 2Cor 8,2.7.7; 9,8.8) si dimostra in parti­ colare nella diakonia (cf. 2Cor 9,12; anche 9, 1 . 1 3) o nel servizio per la colletta e at­ testa la comunione fra i credenti (cf. 8,4; 9 , 1 3). Per inverso si può ben rilevare come non soltanto Paolo non parli esplicitamente della colletta (logeia), definendola piuttosto con eufemismi diversi, sui quali tor­ neremo nell'excursus conclusivo del nostro commento, ma non utilizzi mai in modo diretto o rivolto ai Corinzi il verbo didomi: 2 1 nella sezione egli segnala la grazia divina "data" ai Macedoni (cf. 2Cor 8, 1 ), e il loro stesso "dare" (cf. 2Cor 8,5), oltre che la sollecitudine data da Dio a Tito (cf. 2Cor 8, 1 6). Soltanto in modo indiretto Paolo esorta i destinatari a "dare", ricorrendo alle citazioni anticotesta­ mentarie di Pr 22,8 in 2Cor 9, 7b (''Infatti Dio ama colui che gioioso dona ... ") e del Sal 1 1 1 ;9 in 2Cor 9,9 ("Ha largheggiato, ha dato ai poveri ... "). Piuttosto anche l'e­ sortazione al dare è espressa con gli eufemismi dei verbi "cominciare-portare a termine" (cf. 2Cor 8,6. 1 0-1 1 ), "abbondare" (cf. 2Cor 8,7) e "seminare-raccogliere" (cf. 2Cor 9,6- 1 0). Tali reticenze dimostrano come da una parte la colletta non è vista come una semplice raccolta di danaro e dall'altra che in questione non si trova soltanto il "dare" o l'elargire con compassione bensì il condividere della comunione. Se dal punto di vista storico dietro queste reticenze di Paolo si nascondono le trappole sui fraintendimenti che insorgono in qualsiasi gestione amministrativa, dal ver­ sante tematico il valore "inenarrabile" (cf. 2Cor 9, 1 5) che egli conferisce alla col­ letta in Acaia rende la sezione capace d'interpellare ogni comunità di credenti, in qualsiasi coordinata spazio-temporale sia chiamata a condividere le necessità dei poveri. -

tudine" in 2Cor 8,8; "in questo vi do un consiglio" in 2Cor 8, 1 0; e l'esplicita precisazione " ... Non con bistezza né per costrizione" in 2Cor 9, 7. 20 L'importanza della charis in 2Cor 8-9 è posta in particolare risalto da Schmidt, Nicht vnge­

blich, 1 4 1 - 1 56.

La rilevanza indiretta del "dare" nella partecipazione alla colletta è ben evidenziata da A. Wod­ ka, Una teologia biblica del dare nel contesto della colletta paolina (2Cor 8-9), TG 68, Roma 2000,

21

259-274.

L'esordio: l'esempio delle chiese macedoni (2Cor 8, 1 -6)

1 Vi facciamo conoscere inoltre, fratelli, la grazia di Dio data fra le chiese della Mace­ donia: 2con molta prova della ristrettezza l'abbondanza della loro gioia e, nonostante la loro estrema povertà, ha abbondato per la ricchezza della loro generosità. 3Poiché, secondo la possibilità, attesto, anzi al di là di ogni possibilità, spontanei 4con molta supplica ci hanno chiesto la grazia e la comunione del servizio a favore dei santi, 5e non come avevamo sperato, ma hanno dato prima se stessi al Signore e a noi, se­ condo la volontà di Dio, 6cosicché abbiamo supplicato Tito, affinché come ha intrapreso cosi anche porti a termine per voi anche questa grazia.

La sezione dedicata alla colletta inizia con un esordio in cui Paolo preferisce non esortare subito i Corinzi a riprendere l'iniziativa intrapresa da un anno, bensì in­ trodurre l'esempio delle comunità macedoni. L'unità retorico-letteraria della pe­ ricope è abbastanza chiara1, in quanto è quasi interamente rivolta alla generosità dei Macedoni (vv. 2-5); soltanto alla fine (v. 6) si accenna alla nuova missione di Tito in Acaia2• Nel paragrafo successivo, l'attenzione si sposterà direttamente sui Corinzi (vv. 7ss.). L'esordio della sezione non è esplicito o diretto, in quanto Paolo non entra diret­ tamente in medias res ma opta per una strategia indiretta, caratterizzata dalla in­ sinuazione3: l'esempio dei Macedoni rappresenta un'implicita modalità per esor­ tare i Corinzi a riprendere, con rinnovato slancio, l'iniziativa della colletta. Per questo il v. 6 funge da propositio o da tesi principale della sezione: egli supplica Tito di raggiungere Corinto affinché sia portata a compimento la charis (grazia, favore) intrapresa dai destinatari 4• 1 Kim, Kollekte, 7; Lambrecht, Second Corinthiluu , 1 4 1 ; Martin, 2 Corinthillns, 248; Matera, Il Co­ rinthians, 185. Per i vv. 1 -6 come exordium cf. O'Mahom·. Paulirre PersUilSion, 1 50-1 53; Wodka, Colletta paolina, 1 55. 2 A causa della composizione sintattica non è opportuno, come invece sostengono Thrall, Second Corinthians, 520 e Wodka, Colletta paolina, 1 56, separare il v. 6 dai \"\". 1-5. Piuttosto, il v. 6 rappre­ senta il punto d'arrivo dell'esordio. Anche le delimitazioni proposte da Bamett, Second Corint­ hians, 390 e da Franco, Comunione, 100 (vv. 1 -7) o da Manzi, "Il vanto della coscienza", 7 1 0 (vv. 1-15) non ci sembrano sostenibili, in quanto con il v. 7 iniziano le prove addotte da Paolo per con­ ·

vincere i Corinzi. 3 Per rendere un'idea sulla natura insinuante di quest'esordio, possiamo porlo a confronto con le insinuazioni introdotte nell'esordio generale della lettera (cf. 2Cor 1 ,3- 1 1 ) o, per contrasto, con quello diretto e violento di Gal 1 ,6-10. Sulle insinuazioni di 2Cor 8, 1 -6 cf. O'Mahony, Pauline Per­

suasion, 1 5 1 - 1 53 .

4 Il termine chiave della sezione è proprio charis variamente modulato: è utilizzato 1 0 volte in 2Cor 8-9 su 18 dell'intera lettera (vv. 1 .4.6.7.9. 16. 1 9; 9,8 . 1 4. 1 5 ). Cosi K.im, KDllekte, 7. A sua volta, Franco, Comunione, 95, senza avvalersi del metodo retorico-letterario, definisce con pertinenza il v. 6 come "scopo della comunicazione" (p. 1 00). La diffusa ripresa della charis e il ruolo di Tito nella sezione confermano la funzione di propositio che assolve il v. 6.

332 l Traduzione e commento

Com'è tipico di un exordium retorico diversi sono i motivi introdotti nei vv. 1 -6 che verranno ripresi nel corso delle prove successive: la "grazia" (charis) che fun­ ge anche da inclusione del paragrafo (vv. 1 .4.6)5 e dell'intera sezione (cf. 2Cor 9, 1 4- 1 5), "l'abbondanza-abbondare" (perisseia-perisseuma-perisseuien: vv. 2 . 7.8; 9,8. 1 2), la "generosità" (haplotes: v. 2; 9, 1 1 . 1 3), la "condivisione" (koinonia: v. 4; 9, 13; anche l'uso dell'aggettivo koinonos in 8,23), il "servizio" (diakonia: v. 4; 9, 1 . 1 3), il verbo "dare" (didomi: vv. 1 .5 . 1 0. 1 6; 9,9) e il motivo della gioia (chara: v. 2; cf. l'uso del sinonimo hilaros in 2Cor 9, 7). Dal versante attanziale, l'esordio presenta i personaggi che svolgeranno un ruolo decisivo nel corso dell'esortazione alla colletta: Dio (vv. 1 .5), il Signore (v. 5; riferi­ to a Gesù Cristo nel v. 9), i "santi" (v. 4), Tito (v. 6) e il "voi" dei destinatari. Oltre all'importanza di Dio, riconosciuto come "Signore" (v. 5), è decisivo porre l'atten­ zione su Tito: è stato richiamato spesso nella narrazione precedente (cf. 2Cor 7,6. 1 3 . 14), non soltanto per ricordare la consolazione di Paolo in Macedonia, ma anche per preparare il terreno a favore del nuovo progetto sulla colletta. Il riferi­ mento alla Macedonia accomuna l'inizio di 2Cor 8 , 1 alla ripresa della narrazione di 2Cor 7,5: dal versante diegetico o narrativo resta questa regione e, in particola­ re, la città di Filippi, il ponte di collegamento tra la narrazione (2Cor 7,5- 16) e l'e­ sortazione (2Cor 8, 1 ss.). l: Una formula di stampo paolino ("vi facciamo conoscere inoltre . . . " ) 6 introdu­ ce l'esordio e 2Cor 8,1-9, 1 5 7• L'uso della I plurale è di tipo partecipativo, in quan­ to coinvolge i collaboratori e, in particolare, Tito ma si riferisce, in primo luogo, a Paolo stesso 8 • Il ristabilimento delle relazioni con i destinatari, dopo la narrazio­ ne di 2Cor 7,5- 1 6, induce Paolo a chiamarli "fratelli": e per riscontrare lo stesso vocativo bisogna risalire sino a 2Cor 1 ,8 (cf. in seguito soltanto 2Cor 1 3, 1 1 )9• Nel­ l'economia delle relazioni fra le comunità paoline, è difficile sostenere che con questa formula introduttiva, Paolo intenda presentare per la prima volta ai Corin­ zi l'iniziativa della colletta 10: la questione della colletta è stata già introdotta in l Cor 1 6 , 1 -5 e la frequente relazione a distanza, _per lettera o per comunicazioni mediante terzi, tra Paolo e i Corinzi rendono improbabile tale ipotesi. Piuttosto, l'attenzione è rivolta principalmente alla grazia di Dio che ha operato nelle comu­ nità della Macedonia. Con tale accentuazione, Paolo delinea subito il contesto propriamente "teologico" della colletta: prima di ogni azione del "dare", più o meno generosa, si trova la grazia che Dio (genitivo soggettivo) 1 1 ha donato alle chiese della Macedonia 1 2 •

v.

5 Betz, 2 CorinthÙlns 8 and 9, 4 1 -42; O'Mahony, Pauline Persuasion, l 07.

6 L'espressione rientra fra le Wissenfonnel introduttive di diversi paragrafi paolini (per la lettera della riconciliazione cf. 2Cor l , 7; 5,1 .6. 1 1 ).

7 Di per sé, soltanto qui Paolo utilizza la I plurale, mentre nelle altre formule introdotte da gnori­

zein o da agnoein preferisce la I singolare. Comunque, la formula introduce nuovi argomenti in 1Cor 1 5 , 1 (sulla risurrezione) e Gal l . I l (sul vangelo di Paolo); cf. anche "non voglio che ignoriate fratelli" per introdurre paragrafi nuovi più o meno consistenti in 2Cor 1 ,8; !Ts 4, 13; ! Cor 10, 1 ; 1 2, 1 ; Rm 1 , 1 3 ; 1 1 ,25 (cf. anche con il verbo eidenai in Col 2 , 1 ). 8 La congiunzione de non è avversativa ma di semplice transizione rispetto a quanto precede: può restare non tradotta oppure. come preferiamo, può essere resa con "inoltre" o con "adesso". Cf. Bamett, Second Corinthians, 390; Thrall, Second Corinthians, 52 1 . 9 Cf. anche gli interpellanti Korinthoi in 2Cor 6, 1 1 e "diletti" (agapetoi} i n 2Cor 7, 1 . Declinato in relazione ai delegati della colletta e non ai destinatari, adelphos sarà ripreso spesso nel corso della sezione (cf. 2Cor 8,1 8.22.23; 9,3.5) confermando il positivo tenore relazionale nel contesto della colletta. Cf. Franco, Comunione, 100. 10 Cosi giustamente Betz, 2Corinthians 8 and 9, 4 1 -42; Wodka, Colletta paolina , 156. 1 1 Kim, Kollekte, 10. 12 Per l'espressione "la grazia di Dio" cf. 2Cor 6,1; in relazione con il verbo didomi cf. 1 Cor 3,10; Gal 2,9; Rm 1 2,6; 15,15, dove si allude soprattutto al dono gratuito dell'apostolato paolino. L'uso del perfetto dedomenen sottolinea la rilevanza, sino al presente, della grazia divina che ha operato nelle chiese della Macedonia. Cf. Bamett, Second Corinthians, 391.

L'esordio: l'esempio delle chiese mJlcedoni (2Car 8,1-6) l 333

Circa l'identità, l'espressione "le chiese della Macedonia", sembra alludere a quel­ le di Tessalonica, di Berea e soprattutto, di Filippi (cf. At 1 6, 1 1-17, 1 5 ) che Paolo elogerà non soltanto per la generosità nella colletta a favore di Gerusalemme ma anche per quella dimostrata nei suoi riguardi (cf. 2Cor 1 1 ,8-9; Fil 4, 1 0- 1 6). Dal punto di vista politico la Macedonia corrisponde alla provincia romana situata nel nord della Grecia, delimitata da Apollonia ad ovest e da Filippi ad est. 2: Un hoti recitativo, corrispondente ai due punti, introduce il contenuto della gra­ zia concessa da Dio alle chiese della Macedonia 13: al centro si trovano l'abbondanza della loro gioia e la ricchezza della loro generosità 14. Tuttavia, la proposizione risulta alquanto contorta, a causa degli incisi che Paolo colloca tra la gioia e la generosità: .alla prima è relazionata, in modo paradossale, la "molta prova della ristrettezza" 1 5, alla seconda l'estrema povertà dei Macedoni 16. Come possono convivere la ristrettez­ za economica e la gioia 17, l'estrema povertà e la generosità? In genere, qualsiasi ri­ strettezza produce tristezza e la povertà crea indigenza, a meno che non sia motiva­ ta dalla sequela di Gesù; ma non è questo il caso a cui si riferisce Paolo. In questione è lo stato economico-sociale delle comunità cristiane della Macedonia. Proprio in tale paradossale congiunzione è riconoscibile l'azione della grazia divina, per cui la ristrettezza si muta in gioia e la povertà in ricchezza 18. L'esempio dei Ma­ cedoni anticipa, da questo punto di vista, quello di Cristo rispetto al quale Paolo insi­ sterà sulla congiunzione paradossale tra ricchezza e povertà (w. 9- 10). Cosi l'abbon­ danza della gioia e non dell'agiatezza economica ha reso abbondante la ricchezza della generosità nelle comunità della Macedonia 19. Un esempio analogo di generosi­ tà, nonostante l'indigenza, è offerto dalla vedova al tempio in Mc 12,4 1 -44: "In verità vi dico: questa vedova ha gettato nel tesoro più di tutti gli altri" (v. 43) 20• Gli accenni fugaci alla generosità nell'estrema indigenza sono preziosi per coglie­ re la situazione economica delle comunità cristiane sorte in Macedonia: non do­ vevano essere molto agiate se Paolo insiste sulla loro generale povertà; e tale con­ dizione rappresenta una particolare provocazione all'imitazione per i cristiani di Corinto. L'indigenza delle comunità più che essere attribuita alla situazione disa­ giata della regione, dato non molto riscontrato nelle attestazioni storiche petve­ nutecP1, si deve alle persecuzioni e all'ostracismo a cui erano sottoposte per la v.

1 3 Thrall , Second Corinthians, 521 preferisce ritenere l'hoti iniziale come additiw rispetto alle in­ formazioni sulle comunità macedoni, anche se non ignora l'ipotesi "recitati\"a". Bamett, Second Corinthians, 3 92 opta per un hoti epesegetico. Poiché il v. l è di semplice introduzione argomenta­ tiva, riteniamo preferibile l'opzione per un hoti recito.Jivum. 14 Abbiamo già incontrato il sostantivo haplotes in 2Cor 1 . 1 2 . ma con il significato di "sincerità" che è quello più diffuso nelle lettere paoline; nel contesto della colletta è preferibile tradurlo con "generosità" (qui e in 2Cor 9, 1 1 . 1 3; anche Rm 12,8). anche se qualsiasi generosità non può dirsi �tuita, quando è insincera. Cf. Thrall, Second Corimhiam. 524. n genitivo "prova della ristrettezza" è di origine o soggetti\'0, poiché è la ristrettezza economica che mette alla prova la propria perseveranza. Per il sostanti\"o dolime cf. già 2Cor 2,9 e nel conte­ sto della colletta cf. 2Cor 9 , 1 3. In tale contesto il sostantim thlipsi.s non equivale, come in genere nelle lettere paoline, alla tribolazione causata dai nemici o a quella interiore (cf. 2Cor 6,4; 7,4), bensl alla "ristrettezza" economica (cf. anche 2Cor 8, 1 3). 1 6 L'espressione he kata bathou.s ptacheia può essere resa i n traduzione come aggettivale: 'Testre­ ma povertà". 1 7 n motivo della gioia (chara) congiunge la sezione della colletta alla narrazione precedente che si è conclusa con la gioia di Paolo per la piena fiducia nei Corinzi. 18 Thrall, Second Corinthians, 523. 1 9 Nonostante la complessità della proposizione, si può riconoscere nel v. 2 la presenza della figu­ ra etimologica o paregmenon: l'abbondanza (perisseia ) . . . ha abbondato (eperisseusen ) ... ". Cf. O'Ma­ hony, Pauline Persuasion, 1 1 0. Sarà uno dei motivi dominanti dell'esortazione alla colletta (cf. 2Cor 8,7 . 1 4 . 1 4 ; 9,8.8 . 1 2). 20 Barnett, Second Corinthians, 393. 21 Cf. quanto scrive Tito Livio, Storia 45,29, anche se la notizia riguarda due secoli prima del con­ testo storico della 2Corinzi canonica. Cf. anche Tito Livio, Storia 45, 1 8- 1 9.

334 / Tnuluzione e commento

loro adesione al vangelo 22 • Forse fra i motivi di tanta generosità è opportuno an­ noverare la condivisione della situazione di persecuzione che accomuna le comu­ nità di Tessalonica e di Filippi a quelle della Giudea (cf. l Ts 2 , 1 4; Fil l ,27-30) 23• 3-4: Un hoti causale introduce la partecipazione generosa dei Macedoni alla colletta. Secondo la loro possibilità o meglio al di là di ogni possibilità economi­ ca 24, essi hanno spontaneamente supplicato Paolo di partecipare alla sua iniziati­ va. Per evidenziare la loro generosità, egli corregge quanto ha appena afferma­ to 25: in pratica essi si sono dimostrati generosi oltre qualsiasi previsione. E Paolo stesso si rende garante dell'eccesso di generosità dimostrato dai MacedonF6, pre­ cisando che il tutto si è verificato con spontaneità, senza alcuna costrizione 27• Non è semplice cogliere il significato dell'espressione meta pollés parakleseos, a causa della ricchezza polisemica del sostantivo: si riferisce alla "consolazione" di Paolo di fronte alla spontaneità dei Macedoni oppure alla loro supplica nel chie­ dere di partecipare alla colletta 28 ? Nel primo caso, la consolazione di Paolo per la generosità dei Macedoni si aggiunge ai diversi motivi sulla consolazione descritti nella sezione narrativa precedente (cf. 2Cor 7 ,4. 7 . 1 3 ); nel secondo, l'insistenza dei Macedoni caratterizza la loro stessa richiesta nel condividere l'iniziativa della col­ letta. Poiché il soggetto principale della proposizione è la III persona plurale dei Macedoni è preferibile optare per la seconda interpretazione. Al v. 6 sarà utilizza­ to il verbo parakalesai con il significato di "supplicare" e non di "consolare" né di "esortare". In tale collegamento è riconoscibile un implicito rimprovero nei con­ fronti dei Corinzi: mentre i Macedoni lo hanno supplicato per partecipare alla colletta, egli deve supplicare i Corinzi, con la mediazione di Tito, affinché sia riat­ tivata la colletta in Acaia. Pertanto, con insistenza e in modo spontaneo, i Macedoni hanno supplicato Paolo di poter condividere il servizio a favore dei poveri della Chiesa madre di Gerusalem­ me 29. Per descrivere la loro richiesta, egli utilizza due sostantivi carichi di significa­ to, charis e koinonia, disposti in forma di endiadi 30 : si tratta del favore condiviso e, nello stesso tempo, della condivisione favorevole o gratuita. Così il sostantivo charis si arricchisce di un nuovo significato: l'originaria "grazia divina" (v. l ) diventa, nel contesto della colletta, "favore" generoso orientato alla condivisione3 1 • A sua volta, il favore della condivisione si caratterizza come servizio per i santP2,

vv.

22 Barnett, Second Corinthians, 393; Thrall, Second Corinthians, 523. 23 Bamett, Second Corinthians, 393. 24 Nel contesto economico della colletta, il sostantivo dynamis corrisponde a "possibilità", più che .

a "potenza" (cf. 2Cor 4,7).

25 Sulla figura retorica della correctio o epanortosi del v. 3 cf. O'Mahony, Pauline Persuasion, 1 20. 26 Per la testimonianza (martyro o ma�) positiva o negativa di Paolo rispetto alle sue comuni·

tà cf. 2Cor l , 1 2 ; Gal 4 , 1 5 . 27 L'aggettivo authairetos è attestato soltanto qui e al v. 1 7 pe r i l greco biblico; cf. il corrisponden· te avverbio authairetos (volontariamente) in 2Mac 6,19; 3Mac 6,6; 7,10. Cf. Furnish, II Corint­ hians, 400. 28 Lambrecht, Second Corinthians, 136. 29 n verbo deomenoi denota non soltanto l'insistenza ma anche la supplica, quasi la preghiera di footer condividere l'iniziativa della colletta (cf. lo stesso verbo in 2Cor 5,20). Bamett, Second Corinthio.ns . 395; Fumish, l/ Corinthians, 40 1 3 1 Si può definire questo valore traslato di charis in 2Cor 8-9 come antanaclasi o ripercussione re­ torica: lo stesso termine assume significati diversi nel corso dello stesso contesto argomentativo. 32 La stessa espressione introdurrà la seconda parte della colletta: "il servizio a favore dei santi" (2Cor 9, l). Per l'uso di dio.konia-diakonein (servizio-servire) nel contesto della colletta cf. 2Cor 8,19 .20; 9, 1 2 . 1 3 . n linguaggio adottato da Paolo riscontra un significativo parallelo nel Testamento di Giobbe: "In quel tempo vi erano alcuni altri senza risorse e incapaci di spendere. Costoro venne­ ro da me supplicando (parakalountes) e dicendomi: Ti supplichiamo (deometha), visto che non ab­ biamo nulla, per poter far parte anche noi di questo servizio (diakonio.n), abbi misericordia e con­ cedici del denaro, affinché partendo per le città lontane e intraprendendo il lavoro, possiamo SOC· correre i poveri" ( 1 1 , 1 -3; anche 1 2,2; 15, l ; 4,8). Cf. Wodka, Colletta paolina, 1 7 1 . .

L'esordio: l'esempio delle chiese mticedoni (2Cor 8, 1-6) l 335

un eufemismo per descrivere la colletta a favore della comunità di Gerusalem­ me33. Prima d'intraprendere l'ultimo viaggio di ritorno alla volta di Gerusalemme, cosi Paolo scriverà da Corinto ai cristiani di Roma: "Infatti alla Macedonia e all'A­ caia è piaciuto fare comunione con i poveri fra i santi che si trovano a Gerusalem­ me" (Rm 1 5 ,26). Così, da una parte, l'aggettivo "santi" è inclusivo dei "poveri" che si trovano nella comunità di Gerusalemme, senza cadere in un'assimilazione ge­ nerale fra i due termini34, dall'altra non si riferisce a una santità di tipo etico quanto di carattere identificante o se si vuole antologica: i credenti di Gerusalem­ me, come tutti i cristiani, sono definiti "santi" anzitutto per la loro appartenenza a Cristo (cf. l'uso dell'aggettivo nel prescritto di 2Cor 1 , 1 ) che, a sua volta, diventa istanza fondamentale per la dimensione etica della santità. 5: Un prodigio si è verificato nelle comunità della Macedonia: hanno partecipa­ to alla colletta oltre qualsiasi speranza o previsione 35• Anzi, oltre all'abbondante generosità, esse hanno "dato" prima se stessi al Signore e quindi a Paolo e ai suoi collaboratori. Cosi la colletta comincia ad essere considerata come gesto di culto personale che coinvolge non soltanto l'aspetto economico ma anche quello esi­ stenziale dei credenti (cf. 2Cor 9, 1 2). Non è fortuito che la stessa "volontà di Dio" caratterizzerà "l'offerta dei propri corpi, quale sacrificio santo e gradito a Dio" (cf. Rm 1 2, 1 -2)36• La volontà divina si colloca in continuità con la "grazia di Dio" data agli stessi Macedoni 37; per questo precede (proton) qualsiasi offerta persona­ le o economica di tipo interpersonale e comunitario. La colletta non è considerata fine a se stessa né come elargizione parziale di un aspetto della propria esistenza bensì, prima di tutto, come dono di sé al "Signore". Non è chiara l'attribuzione del titolo kyrios: può riguardare sia Gesù Cristo (cf. la connotazione cristologia del titolo in 2Cor 8,9)3 8 sia Dio stesso. Forse a causa del­ l'iniziale allusione alla grazia di Dio (v. l ) e del prossimo accenno alla volontà di­ vina (v. 5b) è preferibile intenderlo nella seconda prospettiva. D'altro canto è a Dio che i credenti offrono prima di tutto se stessi come sacrificio santo e gradito (oltre al passo appena citato di Rm 12, 1-2 cf. Fil 4, 1 8 a proposito dell'aiuto econo­ mico inviato dai Filippesi a Paolo)39• v.

6: Una consecutiva (eis to.. . ) 40 chiude l'esordio per introdurre la tesi principale della sezione: l'esempio dei Macedoni dovrà spingere i Corinzi a partecipare con generosità alla colletta per la comunità di Gerusalemme; intanto questo modello ecclesiale incoraggia lo stesso Paolo a superare le tensioni personali per esortare Tito a riprendere il progetto della colletta in Acaia. Dietro la ripresa della colletta si nasconde, forse, una situazione critica nella comunità di Corinto: probabilm'en­ te la colletta è stata interrotta, dopo le accuse ri\·olte a Paolo di strumentalizzare la propria evangelizzazione (cf. 2Cor 2 , 1 4- 1 5; 4 , 1-2 ; 7,2 con l'apologia contro l'ac­ cusa di frode). Dopo la prima apologia e il ristabilime h to delle relazioni con i Co­ rinzi, attraverso la mediazione di Tito (cf. 2Cor 7 , 5- 16), Paolo può, con maggiore

v.

33 Sui credenti di Gerusalemme definiti come •santi·. nel contesto della colletta cf. 2Cor 9", 1 . 1 2;

1 Cor 1 6, 1 .

34 Cosl opportunamente Bamett, Second Corinthians, 398 ; Kim, Kollekte, 12. 35 Il verbo elpizein denota, in questo caso, le attese che Paolo aveva riposto nella partecipazione

alla colletta fra le sue comunità. 36 Wodka, Colletta paolina, 1 74; per il riferimento alla "volontà di Dio" vedi il commento a 2Cor !i l .

3 Cf. la ripresa del verbo "data" per la grazia (v. 1 ), con "diedero" (v. 5). 38 Matera, l/ Corinthians, 187. 39 Per esplicitare la portata teologica di kyrios l'importante P"" cerca di semplificare la lezione so­ stituendo kyrio1 con theo1.

40 Thrall. Second Corinthians, 527.

336 / Traduzione e commmto

serenità e senza rischi di fraintendimenti riprendere l'esortazione alla colletta41 • Forse Tito aveva iniziato a programmare la colletta nell'anno precedente, come Paolo preciserà al v. 1 042 : la relazione positiva tra Tito e i Corinzi (cf. 2Cor 7, 1 5) diventa cosl la condizione ideale per incoraggiarli a riprendere l'iniziativa 43• Degno di attenzione è il binomio "iniziare-concludere", giacché mentre alcuni lo relazionano soltanto al linguaggio amministrativo antico44, altri ne sottolineano il Sitz im Leben religioso45• Poiché anche per 2Cor 7, 1 abbiamo evidenziato il retro­ terra religioso della formazione misterica e per la rilevanza teologica che Paolo conferisce alla colletta, è importante non distinguere nettamente i due versanti: il completamento della colletta non assume una mera rilevanza amministrativa ma soprattutto una prospettiva religiosa: è paragonata ad un "voto" religioso da por­ tare a termine46• Paolo doveva conferire un rilevante significato all'iniziativa della colletta, se in­ troduce la sezione di 2Cor 8, 1-9, l 5 con un esordio solenne dal punto di vista for­ male e contenutistico. Il gesto non è visto semplicemente come offerta della pro­ pria parte economica bensì, prima di tutto, come grazia di Dio che coinvolge tutta la persona nell'offerta di sé al Signore e ai fratelli. Per insinuare e preparare l'esor­ tazione a riprendere la colletta a Corinto, egli presenta le comunità della Macedo­ nia come modello da seguire: pur essendo segnate da una persistente indigenza economica hanno aderito all'iniziativa, oltre qualsiasi previsione. Un esempio che non dovrebbe scoraggiare i Corinzi bensì indurii all'emulazione per superare, in generosità, gli stessi Macedoni. Se comunità indigenti come quelle macedoni si sono dimostrare cosi generose, quanto più quelle dell'Acaia dovrebbero aderire con maggiore disponibilità alla richiesta di Paolo. Così l'esito positivo della collet­ ta in Macedonia, lo induce a supplicare Tito, il suo fedele collaboratore, appena giunto da Corinto, a tornare in Acaia per riprendere l'organizzazione della collet­ ta.

41 D sostantivo charis diventa qui sinonimo della colletta stessa. 42 Lambrecht, Second Corinthians. 1 37. Gli stessi verbi, proenarchesthai (intraprendere, iniziare

prima) ed epitelein (finire, concludere) collegano il v. 6 ai w. 10-l l (cf. anche l'uso di epitelein, nel riferimento alla colletta di Rm 1 5,26 ). Su epitelein cf. già l'uso in 2Cor 7, l , mentre il verbo proenar­ chesthai compare soltanto in 2Cor 8 ,6. 1 O per tutto il NT; cf. l'analogo binomio con il verbo sempli­ ce enarchesthai in Gal 3,3; Fil 1 ,6 anche se per contesti diversi dal nostro. 43 Per questo la congiunzione /wi che abbiamo reso con "anche" non si riferisce all'iniziativa della colletta, da collocare insieme ad altre motivazioni che inducono Paolo a inviare Tito a Corinto, bensì alla relazione cronologica tra l'inizio e la continuazione della stessa colletta. Così Thrall, Se­ cond Corinthians, 528. 44 Betz, 2Corinthians 8 and 9, 27-35. 45 Cf. l'ottimo contributo di R.S. Ascough, "The Completion of a Religious Duty: The Background of 2 Cor 8. 1 - 1 5", in NTS 42 ( 1 996) 584-599 con diffusi esempi provenienti dalle iscrizioni greche ellenistiche. 46 Ascough, "Religious Duty", 598-599.

Le prove : lo scambio del le ricchezze (2Cor 8,7-1 5)

7E come

abbondate in tutto, nella fede, nella parola, nella conoscenza, in ogni sollecitudine e nel nostro amore per voi, affinché abbondiate anche in questo favore. 8Non dico per comando ma per la sollecitudine degli altri e sia valutata la genuinità del vostro amore. 9Conoscete, infatti, la grazia del Signore nostro Gesù Cristo: (a) per voi s'impoverì, (b) essendo ricco, (a') affinché voi per la sua povertà diventaste ricchi. 1CIE in questo vi do un consiglio: infatti è vantaggioso per voi che non solo avete ope­ rato ma anche voluto iniziare dall'anno scorso; 11ora però portate a termine l'operare, affinché come (c'è stata) la prontezza del vo­ lere, così anche (ci sia) il concludere in base al possedere; 12Se infatti è presente la prontezza, essa è gradita secondo quanto uno possiede, non secondo quanto non possiede. 13Infatti non affinché (ci sia) sollievo per gli altri, per voi ristrettezza, ma a causa dell'uguaglianza. 14Per il momento presente la vostra abbondanza (sia) a favore della loro indigenza, affinché anche la loro abbondanza sia a favore della vostra indigenza, e così ci sia uguaglianza, 15come sta scritto: Colui che molto non tlbbondò, e colui che poco non ebbe di meno.

L'esordio di 2Cor 8, 1 -6 che si è concluso con la tesi principale della sezione (v. 6) lascia il posto alla prima serie di prove incluse nella probatio (vv. 7- 1 5) con cui Paolo si propone di persuadere i destinatari a riprendere l'iniziativa della colletta, cominciata nell'anno precedente (v. lO) 1• Diverse sono le pro,·e addotte a sostegno della tesi principale: l'abbondanza della grazia e della sollecitudine dei destinatari (w. 7-S), l'esempio del Signore nostro Gesù Cristo (v. 9) e il vantaggio dell'ugua­ glianza nell'interscambio di doni (w. 1 0. 1 3- 1 5)2. Per inverso, si può notare come Paolo non accenni minimamente alle motivazioni che hanno indotto i Corinzi ad interrompere l'iniziativa della colletta: preferisce e\itare, con tatto, di affrontare il problema. Per questo, possiamo soltanto ipotizzare che l'interruzione sia dovuta alle accuse rivolte alla mancanza di sincerità nel suo apostolato (cf. 2Cor 2, 1 7), ri­ prendendo uno dei motivi principali dell'apologia precedente; l'iniziativa può es­ sere stata interrotta anche semplicemente per la mancata visita di Paolo a Corio-

1

Sulla micro-unità letteraria di 2 Cor 8, 7- 1 5 cf. Martin, 2 Corinthians, 260; Matera, II Corinthians,

�9- 1 90; Wendland, Seconda Corinti, 404-405.

Pur senza utilizzare il metodo retorico-letterario, annota bene Thrall, Second Corinthians, 529: What was implicit in v. 6 is now made explicit".

338 l Traduzione e commento

to. Pertanto, non ci è dato di conoscere la ragione principale per cui a Corinto la colletta sia stata sospesa. Il paragrafo si compone di tre parti: (a) l'esortazione alla colletta che culmina con l'esempio causale di Gesù Cristo (vv. 7-9); (b) l'esortazione a riprendere la colletta iniziata a Corinto da un anno (vv. 10- 1 3); e (c) l'ideale dell'uguaglianza fondato sull'autorità della Scrittura (vv. 14-1 5)3. Le prove addotte da Paolo non hanno il tenore di un'imposizione nei confronti dei Corinzi, bensì quello dell'esortazione a discernere le proprie scelte, per portare a termine quanto liberamente hanno già intrapreso. 7: La prima prova a sostegno della tesi (v. 6) segue il modello di un'argomenta­ zione ad hominem in quanto riguarda gli stessi destinatari: una captatio benevo­ lentiae attraverso la quale Paolo sottolinea il motivo dell'abbondanza della grazia o il favore della colletta4• Per questo, con una certa enfasi, egli riconosce che i de­ stinatari abbondano in tutto 5, mettendo da parte, ad esempio, che non si sono di­ mostrati tanto generosi nel corrispondere al suo amore per loro (cf. 2Cor 6, 1 1 - 1 2) o che, per il deteriorarsi dei rapporti, non hanno preso le sue difese di fronte agli avversari della lettera polemica (cf. 2Cor 1 2 , 1 1 ) . Tale differenza dimostra, ancora una volta, che la sezione di 2Cor 1 0, 1- 1 3 , 1 3 è successiva a quella sulla colletta e, di conseguenza, a tutta la lettera della riconciliazione. Seguono cinque qualità attestate a favore dei Corinzi che sorreggono la richiesta ad essere generosi nella charis: mai Paolo ha elogiato in questo modo i destinatari nelle due lettere pervenuteci, a conferma della captatio che sta ponendo in atto. Si procede da qualità personali (la fede, la parola e la conoscenza) per giungere a qualità relazionali (la sollecitudine e l'amore). In parte, all'inizio della l Corinzi, li ha elogiati perché "sono stati arricchiti in ogni parola e in ogni conoscenza" (l Cor 1 ,5). A sua volta, il dono della pistis non riguarda tanto la fede in Gesù Cristo quanto quella che si caratterizza come fedeltà obbediente (cf. 1 Cor 1 3,2; anche nell'elenco dei carismi di 1 Cor 12,9 e in quello delle virtù di Gal 5,22)6• Quello del logos è un carisma di sintesi: si riferisce alla "parola di sapienza", "di conoscenza" (cf. 2Cor 1 2,8) e "di verità" (cf. 2Cor 6,7), alla profezia e alla glossolalia particolar­ mente ricercata nella comunità di Corinto (cf. l Cor 1 4,9. 19). Anche se Paolo ha raccomandato agli stessi Corinzi che la "conoscenza gonfia mentre l'amore edifi­ ca" (cf. l Cor 8,1), in un contesto positivo, come il nostro, la gnosis è descritta dal versante del valore che scaturisce dalla relazione con Cristo (cf. 2Cor 4,6; anche nell'elenco delle virtù di 2Cor 6,6 ). La sollecitudine (spoude) dei Corinzi è stata già elogiata in 2Cor 7, 1 1 - 1 2, a favore di Paolo, in occasione della contesa con l'offen­ sore; qui assume una portata più ampia (pase;), in modo da preparare il terreno a favore della sollecitudine nella colletta (v. 8). Dal punto di vista testuale e relazio­ nale non è chiara l'attribuzione dell'amore': si riferisce all agape dei Corinzi verso Paolo o di questi per loro? Anche se la prima lezione gode di buone attestazioni8, a causa del contesto è preferibile la seconda9: i Corinzi non hanno ancora corriv.

'

3 Matera, // Corinthians, 190. 4 L'iniziale congiunzione alla non è awersativa bensl di transizione rispetto a quanto precede. Si veda la stessa funzione in 2Cor 7, 1 1 . Cf. Bamett, Second Corinthians, 402; Fumish, II Corinthians, 403; Thrall, Second Corinthians, 529. 5 Per due volte è ripetuto il verbo perisseuein, già utilizzato nell'esordio per segnalare la generosi­ tà dei Macedoni (v. 2). 6 Bamett, Second Corinthians, 402 ; Fumish, II Corinthians, 403; Thrall, Second Corinthians, 529. 7 L'uso dell'articolo prima dell'agape, a differenza della sua carenza per le precedenti qualità se­ p,ala una certa sottolineatura da parte di Paolo. Cf. Furnish , Il Corinthians, 403. N, C, D. F, G, '1'. 9 Riportata da f"'6, B, 0243, 6, 1 04, 630, 1 1 75, 1 739, 1 88 1 . Cf. Bamett, Second Corinthians, 403; Furnish, II Corinthians, 403; Metzger, Textual Comrnentary, 5 1 2; Thrall, Second Corinthians, ,

529-530.

u prove: lo scambio delle ricchezze (2Cor 8, 7-15) / 339

sposto (cf. 2Cor 6, 1 1 - 1 3) in modo convincente all'amore di Paolo (cf. 2Cor 2,4). Anche se con sostanziali differenze, il suo amore per loro è posto in relazione a quello di Cristo (cf. 2Cor 5 , 1 4): è costringente perché "obbliga" ad abbandonare forme di egoismo per aprirsi ad un'etica della condivisione! La proposizione finale che chiude l'elenco dell'elogio può essere vista come in­ giuntiva: rappresenta un implicito dettame ad abbondare nella colletta 10 • In real­ tà, quanto segue esclude tale prospettiva: quello di Paolo non è un ordine bensl una sostenuta raccomandazione, almeno dal punto di vista della richiesta. Diver­ sa sarà forse la reazione dei destinatari che, dopo l'encomio dei Macedoni (vv. 1-5) e per la loro sollecitudine in tutto, si vedranno quasi costretti a riprendere l'i­ niziativa della colletta. D'altro canto, dall'analisi dei versi successivi si potrà rile­ vare che in questione non è tanto una super-erogatoria forma di generosità, quan­ to, a partire dalla tesi principale del v. 6, la ripresa dell'iniziativa interrotta da un anno 1 1 • v.

8:

L'ampio elogio dei destinatari potrebbe, comunque, essere percepito come

un implicito ordine a collaborare nella colletta, suscitando una reazione negativa.

Per questo Paolo si accinge a precisare subito che quanto sta dicendo non è detta­ to da un comando bensì in vista della sollecitudine e dell'amore 1 1• L'espressione "non dico per comando" è analoga a quelle di 1 Cor 7,6.25, a proposito della rela­ zione tra matrimonio e verginità; e l'intera proposizione si colloca sulla stessa traiettoria di Fm 8: "Per questo, pur avendo molta franchezza in Cristo di coman­ darti ciò che devi fare, preferisco supplicarti a causa dell'amore". Così permane l'ambiguità evidenziata sulla strategia del v. 7: la colletta non è un comando, ma l'incidenza persuasiva dell'argomentazione paolina non si limita ad un semplice augurio 1 3, altrimenti non avrebbe ricevuto tale attenzione da occupare tanto spa­ zio. Dal verbum dicendi (ouk... lego) dipendono due finalità: la "sollecitudine degli al­ tri" e la "genuinità del vostro amore". Chi sono gli altri a cui si allude? I Macedoni, segnalati come esempio, nell'esordio di 2Cor 8, 1 -5, nel qual caso si tratterebbe di un genitivo soggettivo (la sollecitudine dimostrata dai Macedoni a confronto con quella dei Corinzi) 14, oppure si riferisce ai "santi" della Chiesa di Gerusalemme, per cui si tratterebbe di un genitivo oggettivo (la sollecitudine dei Corinzi per i po­ veri della comunità gerosolimitana)? Poiché il sostantivo spoudi è stato già elen­ cato nell'elogio dei destinatari (v. 7), è preferibile rimandare alla sollecitudine dei Macedoni, su cui si è soffermato nell'esordio (w. l -5), altrimenti risulterebbe una semplice tautologia. Così il verbo dokimazon è indiri zzato soltanto alla natura o alla consistenza dell'amore dei CorinzP5• Mediante l'iniziativa della colletta, l'a­ more dei destinatari è soggetto a una valutazione senza scampo 1 6 : in questione è 1° Fumish, II Corinthians, 403. 1 1 Per ripercussione retorica o antanaclasi, il sostantivo charis non corrisponde alla grazia divina

bensì, come al v. 4, al "favore" della stessa colletta. 12 ll sostantivo epitage è utilizzato soltanto da Paolo nel NT: cf. 1Cor 7,6.25; Rm 16,26; I Tm 1 , 1 ; Tt l 3; 2 , 1 5. 1 j Con buona pace di Thrall, Second Corinthians, 529-530 che insiste sul desiderio e, per inverso, di Fumish, II Corinthians, 403 e di Martin, 2 Corinthians, 262 che optano per la portata impositiva del v. 7. La citazione di 2Cor 1 ,24 (''Non che desideriamo dominare sulla vostra fede... "), scelta da Thrall a sostegno dell'augurio, non riguarda soltanto l'iniziativa della colletta bensì qualsiasi espressione dell'esperienza di fede dei destinatari. 14 Martin, 2 Corinthians, 262; Fumish, ll Corinthians, 404; Kim, Kollekte, 25; Thrall , Second Co­ rinthians, 532. 1 5 Alcuni testimoni riportano l'indicativo presente dokimazo (D*, F, G) invece del participio pre­ sente, per esplicitare maggionnente il soggetto implicito del discernimento che è Paolo stesso. Per �uesto la lezione con il participio è preferibile. Cf. Thrall , Second Corinthians, 53 1 . 1 Appartiene al tipico linguaggio paolina i l verbo dokimazein , soprattutto in contesti etici (cf. 1 Ts 2,4.4; 5,2 1 ; I Cor 3,13; 1 1 ,28; 16,3; Gal 6,4; Rm 1 ,28; 2, 1 8; 12,2; 1 4,22; Fil i , IO; Ef 5, 10; 1 Tm 3,10;

340 l Traduzione e commento

la sua autenticità o veridicità (gnesion) 1 7• La collocazione dell'agape al culmine dell'elogio per i destinatari segnala una prospettiva analoga a quella di 1 Cor 1 3 , 1 -3: la fede prodigiosa, la parola profetica e la conoscenza non servono a nulla senza l'amore 1 8• 9: La seconda prova addotta a sostegno dell'esortazione alla colletta punta sul­ l'autorevolezza dell'esempio di Gesù Cristo: una delle asserzioni più citate nella storia dell'interpretazione della 2Corinzi per la sua densità contenutistica e bel­ lezza stilistica 19• La prova è di tipo entimematico, ossia considera per acquisiti al­ cuni dati cristologici in quanto già noti agli interlocutori della lettera. Di fatto, Paolo non precisa quando Gesù Cristo si fece povero né in che cosa consisteva la sua ricchezza e tanto meno il contenuto della nostra consequenziale ricchezza. Per questo la proposizione parte da quanto già conoscono (ginoskete gar) i desti­ natari, in quanto trasmesso dalla prima evangelizzazione di Paolo a Corinto 20• L'esempio riguarda "la grazia del Signore nostro Gesù Cristo" 21 , un genitivo sog­ gettivo o di autore, come dimostra il successivo contenuto: l'attenzione è rivolta all'azione di grazia compiuta da Gesù Cristo. Dal punto di vista retorico, l'espress­ ione è paradossale, giacché non si è visto mai uno che da ricco diventa povero per arricchire della propria povertà gli altri; in genere uno che diventa povero non ar­ ricchisce nessuno. Il modello argomentativo di questa formula ricalca quello identificato in 2Cor 5,2 1 , attraverso una disposizione circolare del tipo a-b-a':

v.

(a) condizione originaria di Cristo; (b) cambiamento a nostro vantaggio introdotto dalla preposizione dia; (a') finalità dell'interscambio 22 •

La chiave per decodificare il paradosso si trova in di 'hymas che prende il posto del più diffuso hyper hemon di 2Cor 5,2 1 e di Gal 3, 1 3 e che si trova in posizione enfa­ tica: Gesù non divenne povero a causa di una personale incapacità nel gestire la propria ricchezza 23, bensì a causa nostra o, in vista di una maggiore interpellanza nei confronti dei destinatari, "a causa vostra" 24; ed è proprio tale ragione che deanche Le 12,56; 14,19; 1 Pt 1 ,7; 1Gv 4,1): allude ad un discernimento orientato alla prassi delle op­ zioni fondamentali e categoriali. 17 L'aggettivo gnesion è utilizzato soltanto da Paolo nel NT: qui, in Fil 4,3; 1Tm 1 ,2 e Tt 1 ,4: signifi­ ca "genuino", autentico" o "vero". Per l'istanza a favore dell'autenticità nell'amore cf. 2Cor 6,6; 1Cor 1 3 ,6; Rm 1 2,9. 18 Wodka, Colletta paolina, 1 82- 183. 19 Rispetto al periodo patristico cf. il bel contributo di P. Angestenberger, Die reiche und der arme Christus. Die Irezeptionsgeschichte von 2 KDr 8, 9 zwischen dem :cweiten und dem sechsten Jahrhun­ dert, Bonn 1 997. 20 Non è il caso di considerare la proposizione cristologica come prepaolina, con buona pace di Georgi , Iremembering the Poor, 83-84, mentre a causa delle relazioni con l'inno prepaolino di Fil 2,6- 1 1 e della ripresa del modello cristologico espresso in 2Cor 5,2 1 è possibile che Paolo ricalchi, con parole proprie, un dato trasmessogli dalla tradizione primitiva. Cf. Fumish, l/ Corinthians, 417. La questione è lasciata aperta da T. SOding, Das Liebesgebot bei Paulus. Die Mahnung zur Aga­ ff im Rahmen der paulinischen Ethik, Mtlnster 1995, 1 5 1 . 1 Cf. espressioni analoghe, tipicamente paoline, i n 2Cor 1 3 , 1 3; 1 Cor 1 6,23; Gal 6,18; Rm 16,20; Fil 4,23; Fm 25; 2Ts 3 , 1 8. Circa la formula di professione cristologica "il Signore nostro Gesù Cri­ sto" vedi il commento a 2Cor 1 ,3 . Soltanto il codice B e la versione copto-saidica attestano la lezio­ ne senza Christou; la prevalente testimonianza per la lezione più lunga è da preferire. 22 Abbiamo posto in risalto lo stesso pattern nel commento a 2Cor 5,2 1 , con l'analisi dei passi pa­ ralleli di Gal 3 , 1 3-14; 4,4-5; Rm 8,3-4 e di Rm 15,8-9. 23 L'aoristo ept6cheusen è di tipo ingressivo: "divenne poveroH. Cf. Blass - Debrunner - Rehkopf, Grammatica, 332; Fumish, II Corinthians, 404. 24 Alcuni codici riportano la I plurale (di'hèmas) invece della II plurale: cf. C, K, 6, 323, 6 1 4; è un tentativo di miglioramento testuale dovuto alla progressiva universalizzazione dell'espressione paolina. Cf. Metzger, Textual Criticism, 5 1 3.

u prove: lo scambio delle ricchezze

(2Cor 8, 7-15) l 34 1

termina la finalità del paradossale interscambio (hina), per cui il "voi" dei creden­ ti si arricchisce della sua povertà 25• Circa i riferimenti storici dell'interscambio, più che pensare al momento dell'in­ carnazione di Gesù Cristo, nel qual caso risulterebbe comprensibile soltanto la prima parte della proposizione, sino a "per noi si fece povero", è opportuno guar­ dare all'intera vicenda storica di Gesù, comprensiva dell'evento centrale della sua morte e risurrezione26• Di fatto, soltanto con l'epilogo della morte-risurrezione Gesù Cristo è riconosciuto come "Signore" e i credenti si arricchiscono della sua povertà. Tale retroterra conduce alla professione di fede, espressa con l'inno pre­ paolino di Fil 2,5-l l : dalla natura divina di Cristo (fase della preesistenza) per giungere alla condizione di servo (incarnazione, v. 7), sino alla morte di croce (v. 8), momento in cui Dio lo ha esaltato ed "ogni lingua professi: Signore, Gesù Cri­ sto" (v. 1 1 )27 • Cosi la stessa anfibologia di Fil 2,6 (''essendo di natura divina") permane nella precisazione "essendo ricco": può essere considerata, nello stesso tempo, causale e circostanziale. Difatto, "pur essendo ricco" (circostanza) o "proprio perché ric­ co" (causa), Gesù Cristo si fece povero per noi. Tuttavia, anche se basata sull'inno pre-paolino di Fil 2,5- 1 1 e sulla formula paolina di 2Cor 5,2 1 , la proposizione di 2Cor 8,9 è originale per l'uso del linguaggio economico relativo al binomio "ric­ chezza e povertà", applicato a Cristo e ai credentF8• Il contenuto dell'impoveri­ mento e dell'arricchimento è rappresentato dalla stessa grazia di Gesù Cristo; quella che si manifesta come "favore" nella partecipazione dei Corinzi alla collet­ ta per i santi. La tradizione paolina svilupperà questo motivo con "la ricchezza della carità di Cristo, per la remissione dei peccati" (cf. Ef 1 ,7), in vista della pre­ dicazione delle "imperscrutabili ricchezze di Cristo" (cf. Ef 3,8). Il dono della gra­ zia di Cristo si colloca in continuità con quelli della benedizione di Abramo e del­ la promessa dello Spirito (cf. Gal 3 , 1 4), del riscatto dalla Legge, della figliolanza divina (cf. Gal 4,5), e della giustizia di Dio che definisce il "noi" dei credenti (cf. 2Cor 5,2 1 ). Tra le prove addotte in 2Cor 8, 7- 1 5 l'esempio causale di Cristo rappre­ senta quella più consistente in quanto dovrebbe indurre i destinatari a seguirne le orme nella condivisione con i poveri di Gerusalemme. IO: La terza prova addotta a sostegno dell'esortazione, assume i caratteri di un "consiglio"29, a conferma che, almeno dal punto di vista della strategia di persua­ sione, Paolo desidera non lasciar intendere che si tratti di un obbligo (v. 8)3°. Su­ bentra cosi il motivo del vantaggio o dell'utilità rispetto alle scelte che si stanno per compiere3 1 : un vantaggio personale e comunitario nello stesso tempo. Tutta­ via, Paolo preferisce non spiegare subito i contenuti del vantaggio che i Corinzi

v.

25 26 27

Penna, Ritratti originali, ll, 141. Manzi, Seconda Corinzi, 240; Stegman. Character o{Jesus. 1 91 ; Thrall , Second Corinthians, 534. Barbaglio, Teologia di Paolo, 286; Martin, 2 Corinthians, 263; Matena, /1 Corinthians, 1 9 1 ; Pen­ na, Ritratti originali, II, 1 32- 133; Wodka, Colletta paolina, 1 86- 1 87. 28 Raramente Paolo definisce "ricco" (plousios ) Gesù Cristo. mentre altrove sposta l'attenzione sulla ricchezza di Dio (cf. I Cor 1 ,5; Rm 2,4; 9,23; 1 1 ,33; Fil 4, 1 9; Ef 2,4.7). In Rm 10,12 Gesù Cri­ sto, riconosciuto come Signore, "arricchisce tutti coloro che lo invocano". Il verbo ptacheuein è hapax legomenon nel NT; raro è anche il sostantivo pt6cheia (soltanto qui in 2Cor 8,2 e in Ap 2,9). 29 In dipendenza del contesto, il sostantivo gnome assume significati diversi: un "parere" abba­ stanza autorevole, come nel caso di Fm 14, oppure un "consiglio" che lascia uno spazio più ampio alle decisioni personali (cf. lCor 7,25.40; anche At 20,3); nel caso di Dio segnala la rivelazione del­ la sua intenzione (cf. Ap 1 7, 1 3 1 7) La formula con il verbo didomi è analoga a quella di 1 Cor 7,25, � proposito del consiglio offerto da Paolo alle vergini. '0 Il generico pronome "in questo" si riferisce natunalmente all'iniziativa della colletta presso i Co­ .

rinzi.

.

Jl Soltanto nella corrispondenza con i Corinzi, Paolo utilizza il linguaggio del uvantaggio" (cf. il ,·erbo sympherein in 2Cor 1 2 , 1 ; 1 Cor 6, 1 2 ; 10,23; 1 2,7; anche l'aggettivo symphoros in lCor 7,35;

1 0.33).

342 / Traduzione e commento

dovrebbero ricavare dalla colletta, ma indugiare ancora sull'esortazione a ripren­ dere l'iniziativa (vv. 1 0b- 1 l). Soltanto nei vv. 1 3 - 1 5 chiarirà che è in questione l'u­ guaglianza derivante dall'interscambio di doni tra i Corinzi e la comunità di Ge­ rusalemme. Cosi richiama la tesi principale della sezione (v. 6)32, aggiungendo la precisazione cronologica sull'inizio della colletta: i Corinzi hanno intrapreso, di propria volon­ tà (to thelein) la partecipazione alla colletta. Di per sé, la sequenza dei verbi do­ vrebbe seguire l'ordine inverso: all'iniziare dovrebbe seguire l'operare e non il contrario, come dimostra la naturale successione formulata al v. 1 1 e in Fil 2 , 1 3 : " È Dio infatti che suscita i n voi il volere (to thelein) e l'operare (to energein)"33• Me­ diante l'inversione dei verbi, l'attenzione si focalizza proprio sulla libera volontà, prima che sul "fare" (to poiesai) dei Corinzi34• La colletta è iniziata, senza alcuna obbligazione, dall'anno precedente rispetto alla situazione epistolare attuale. L'espressione suona come un velato rimprovero nei confronti dei destinatari: Paolo sembra dire che se hanno scelto liberamente di partecipare, sarebbe con­ traddittorio non proseguire nell'iniziativa, soprattutto di fronte all'esempio gene­ roso dei Macedoni. n biasimo risulta ancora più evidente alla luce del contesto re­ ligioso in cui è utilizzato il vocabolario "iniziare-completare" (cf. v. 6): ne va di mezzo lo stesso rapporto con il Signore. Dal versante cronologico, se come abbia­ mo ipotizzato la lettera della riconciliazione fu redatta e inviata nella primavera del 56, la colletta è iniziata verso la fine del 54 d. C, anche se non possiamo stabili­ re con certezza se Paolo segua il calendario romano, quello giudaico civile (pri­ mavera) o quello giudaico religioso (autunno)l5• 11: Attraverso una commoratio o una ripetizione retorica (cf. la ripresa di epite­ lein dalla propositio principale del v. 6), Paolo insiste sul portare a termine l'ope­ rare (cf. la ripetizione di poiesai nei vv. 10. 1 1 ). Anche in questo verso prosegue un velato rimprovero per i destinatari: è giunto il momento di concludere l'iniziativa cominciata dall'anno precedente36 • La prova del vantaggio si arricchisce, attraverso una finale (hopos) 37 del motivo della "premura" 38 , quale esemplificazione della "sollecitudine" già accennata nei vv. 7-8: una sollecitudine non soltanto quantitativa ma anche temporale, giacché è da un anno che l'iniziativa è stata intrapresa a Corinto39• La finale è ellittica dei verbi prin­ cipali nella prima e nella seconda parte: si può esplicitare con il verbo "essere" (gino­ mai): "Come c'è stata la premura ... così ci sia anche il concludere ... ". A differenza della sequenza non coordinata del v. 1 0, questa volta i verbi sono posti in sequenza logica: dal "volere" (thelein) al "concludere" (epitelein) l'iniziativa della colletta40, "in v.

32 Cf. la ripresa del verbo proenarchomai nei w. 6. 1 0. 33 Thrall, Second Corinthians, 535. 34 SuDa sequenza argomentativa ou monon... alla , tipicamente paolina, cf. 2Cor 7,7 e per la sezio­

ne della colletta cf. 8 , 1 9.2 1 ; 9, 12. Per quest'ultimo calcolo cf. Thrall, Second Corinthians, 537; anche Fumish, II Corinthians, 406 sembra meno propenso a scegliere con determinazione. 36 Si noti il leggero contrasto tra "l'anno scorso" ed "ora però" (nyni de). Cf. Thrall , Second Corin­ thians, 536. 37 In questo caso la congiunzione hopas è utilizzata come semplice variazione rispetto ad hina. Per tale variazione semantica nel NT cf. Blass - Debrunner - Rehkopf, Grammatica, 447. 38 U sostantivo prothymia è caratteristico di 2Cor 8-9 (8, 1 1 . 1 2 . 1 9; 9,2) mentre nel resto del NT ri­ corre soltanto in At 1 7 , 1 1 ; cf. anche l'aggettivo prothymos ( pronto) in Rm 1 , 1 5; Mc 14,38; Mt 26,4 1 . 39 Per questo ora Paolo utilizza l'imperativo epitelesate: è l'unico imperativo usato in tutta la sezio­ ne, con buona pace di Furnish, II Corinthians, 406 che insiste sul comando più che sull' esortazio­ ne alla colletta. 40 Con buona pace di Betz, 2Corinthians 8 and 9, 65, i termini prothymia ed epitelein non appar­ tengono soltanto al "campo semantico" amministrativo o economico ma, come abbiamo eviden· ziato per il v. 6 sono utilizzati da Paolo anche in contesto religioso: cf. epitelein in 2Cor 7 , 1 ; Gal 3,3: Fil 1 ,6.

35

=

ie prove: lo scambio delle ricchezze (2Cor 8, 7-15) / 343 base al possedere" (ek tou echein) di ognuno41 • Perveniamo cosi alla seconda caratte­ ristica fondamentale della colletta: sia libera e non obbligatoria, sia conispondente alle proprie possibilità economiche, senza esigere forme eroiche di generosità; una sottolineatura sulla quale Paolo tornerà nel verso successivo. 12: Anche se nell'esordio della sezione (vv. 1-5), Paolo ha elogiato l'abbondante generosità dei Macedoni, non intende costringere i Corinzi a riprendere l'iniziati­ va, bensì esortarli ad esprimere la loro disponibilità in base alle proprie possibili­ tà economiche. In definitiva, ciò che conta non è neppure la quantità che uno pone a disposizione bensì che la "premura" sia reale e che non sia diminuita 42, ri­ spetto all'inizio della colletta a Corinto, nonostante l'incrinarsi dei rapporti con Paolo. Lo stile del v. 1 2 è di tipo colloquiale o immediato, come attestano le ellissi dei verbi e dei soggetti principali, a dimostrazione della quasi inesistente distanza ri­ spetto al linguaggio scritto, proprio di una lettera. Per questo, l'espressione "se­ condo quanto uno possiede" si riferisce indirettamente ai destinatari della lettera; e l'aggettivo euprosdektos, poiché sarà riutilizzato in contesto sacrificale, può es­ sere riferito non soltanto a Paolo e ai santi della Chiesa di Gerusalemme ma an­ che a Dio stesso. Lo stesso aggettivo ricomparirà in Rm 1 5 , 1 6.3 1 , per essere orien­ tato nuovamente alla colletta organizzata da Paolo nelle sue comunità: " ... Affin­ ché l'oblazione dei gentili sia gradita ... ; e il mio servizio per i santi a Gerusalemme sia gradito"43• v.

13: Finalmente, in seguito alle precisazioni dei vv. 10b- 12, Paolo riprende l'i­ stanza della terza prova, rappresentata dal "vantaggio" per i Corinzi44, per specifi­ came il contenuto: l'uguaglianza45• Lo stile continua ad essere ellittico del verbo principale, anche se si può facilmente colmare ancora con l'uso di ginomai: "In­ fatti non affinché (ci sia) sollievo . .. "46• Ancora una volta, Paolo insiste su una generosità naturale e non eccezionale, nel qual caso il sollievo a favore degli altri diventerebbe ristrettezza per se stessi47: la naturale partecipazione alla colletta non dovrebbe creare squilibri economici nel­ le relazioni fra le comunità cristiane48 • Ma qual è il significato e la portata dell'u­ guaglianza che Paolo introduce ex abrupto a sostegno delle proprie prove? Poiché la stessa tematica sarà ripresa nei versi successivi, è opportuno affrontare la que­ stione alla fine dell'analisi.

v.

v. 14: La prova dell'interscambio cristologico tra la ricchezza e la povertà del Si­ gnore nostro Gesù Cristo (v. 9) non è fine a se stessa né semplicemente esemplare

41

Blass - Debrunner - Rehkopf, GrammatietJ, 490 traducono l"mfinito + la preposizione al geniti­ vo con "a seconda delle possibilità". 42 D verbo pro-himai (giacere, essere presente), utilizzato soltanto qui nelle lettere paoline (cf. an­ che Eb 6, 1 8; 1 2 , 1 .2; Gd 7) è scelto in allitterazione con il sostantivo pro-thyrnia per evidenziare il comportamento della "pro-esistenza" richiesta nella partecipazione alla colletta. 43 Per il contesto sacrificale di euprosdektos cf. anche l Pt 2,5, mentre in 2Cor 6,2 ha assunto una valenza soteriologica. 44 Per questo i dativi allois ed hymin sono rispettivamente "di vantaggio" o commodi e "di svantag· o" o incornmodi. Raro è il sostantivo isotes nel NT: qui, al v. 14 e in Col 4, 1 ; il termine non è diffuso neppure nella LXX: soltanto in Gb 36,29 e in Zc 4,7. 46 Blass - Debrunner - Rehkopf, Grammatica, 589. �7 Per il sostantivo anesis anche se in contesti diversi cf. 2Cor 2 , 1 3; 7 ,5. A causa del nuovo contesto economico, il sostantivo thlipsis non corrisponde alla tribolazione nel ministero (cf. 2Cor 6,4; 7,4) bensl assume connotazione debole di "ristrettezza", come già al v. 2. �8 Diversi testimoni inseriscono un de prima di thlipsis che controbilanci il gar iniziale del v. . 1 3 (cf. IC2, D , F , G, '1'). Lo stile colloquiale d i questi versi rende preferibile l a lezione senza l'avversati­ \'a "ma", riportata da IC * , 8, C, 048, 0243, 33, 8 1 , 323, 1 739, 1 88 1 .

fj

344 / Traduzione e commento

ma diventa ragione dell'interscambio tra l'abbondanza e l'indigenza delle comu­ nità coinvolte nella colletta. Nel "momento presente"49 l'abbondanza dei Corinzi supplisce all'indigenza dei giudeo-cristiani di Gerusalemme; non mancheranno occasioni in cui la situazione si capovolgerà, a favore degli stessi Corinzi. Dal ver­ sante attanziale, la proposizione è ben costruita, secondo una disposizione chia­ stica mentre i contenuti dell'interscambio (abbondanza-indigenza) sono posti in parallelo 5°: (a) " ... La vostra (to hym{}n) (b) a favore della loro (eis to ekeinou) (b') ... la loro (to ekeinon)) (a') ... a favore della vostra (eis to hymon) (c) e cosi uguaglianza".

abbondanza indigenza abbondanza indigenza

Come in generale, nelle composizioni chiastiche paoline, la parte principale è oc­ cupata dagli elementi centrali (''loro" b-b'), in funzione dei quali sono indiriz­ zati quelli periferici (''vostra" a-a'). Poiché nella colletta è coinvolta una scelta fondamentale di "pro-esistenza" o di vita per gli altri, l'attenzione principale è ri­ volta alla situazione dei credenti di Gerusalemme (to ekeinou-ekeinon ). Ma quale abbondanza i credenti di Gerusalemme possono mettere a servizio di quelli dell'Acaia? A riguardo sono state proposte diverse interpretazioni: =

=

l ) A causa dell'uguaglianza economica, l'interscambio tra Corinto e Gerusalem­ me è di tipo materiale5 1 ; in un futuro, più o meno prossimo, sarà la comunità di Gerusalemme a sovvenire alle necessità economiche dei Corinzi. A prima vista dovrebbe risultare l'ipotesi più logica; tuttavia se è scelta non permette di definire gli eventi storici che attestino il contraccambio tra la comunità di Gerusalemme e quella di Corinto. 2) L'interscambio è puramente formale o retorico, senza alcuna ricaduta stori­ ca 52. Poiché l'aiuto dei Corinzi, richiesto da Paolo, è tutt'altro che formale o teori­ co, il mancato ricambio renderebbe inefficace l'intera prova retta sul "vantaggio" per i Corinzi. 3) Il do ut des fra le Chiese può essere compreso alla luce di Rm 9-1 1 , vale a dire in prospettiva escatologica: la caduta d'Israele è diventata ricchezza per i gentili (cf, Rm 1 1 , 1 2- 1 5); e la sua salvezza finale condurrà alla pienezza nella risurrezione fi­ nale53. Quanto non convince dell'ipotesi è il dato di fatto che mentre in Rm 9-1 1 si tratta della relazione fra Israele e i gentili, qui subentra il rapporto fra comunità di credenti in Cristo. 4) Ad un'abbondanza materiale che da Corinto raggiunge Gerusalemme corri­ sponde un'abbondanza spirituale da Gerusalemme a Corinto. Nella stessa pro­ spettiva si colloca la ripresa della colletta in Rm 15,27: "A loro è piaciuto (alla Ma­ cedonia e all'Acaia) perché anch'essi sono debitori nei loro confronti. Poiché i gentili hanno condiviso i loro beni spirituali, sono obbligati a rendere un sacro servizio per le loro indigenze" 54•

Anche se quest'ultima interpretazione rischia di compromettere il principio delll sintagma en to1 nyn kairò1 è tipico dello stile paolino, anche se è bene precisare che mentre in genere assume valenza salvifica ed apocalittica (cf. Rm 3,26; 1 1 ,5) qui si riferisce semplicemente al "momento presente" (cf. anche Rm 8 , 1 8); corrisponde a nyni de del v. 1 1 . 50 Barnett, Second Corinthians, 414; R. Iori, "Uso e significato di isotes i n 2Cor 8,1 3-14", in RivBib 36 ( 1 988) 433. 51 Thrall. Second Corinthians, 542. 52 Furnish, II Corinthians, 420. 53 Martin, 2 Corinthians, 269-270. 54 Iori, "lsotes", 436-437; Manzi, Seconda Corinzi. 243; Matera, II Corinthians, 1 93; Spicq, Note di lessicografìa, I. 807.

49

ù prove: lo scambio delle ricc�e (2Cor 8, 7-15)

l 345

l'uguaglianza su cui Paolo insiste in 2Cor 8, 1 3 - 1 5, è la più sostenibile alla luce di Rm 1 5 ,27, e trova conferma nel debito che Paolo stesso ha contratto con Filemo­ ne a causa di Onesimo: "E se in qualche cosa ti ha offeso o ti è debitore, metti tut­ to sul mio conto ... pagherò io stesso, per non dirti che anche tu mi sei debitore e proprio di te stesso!" (Fm 1 8- 1 9). v.

1 5 : Al culmine e a sostegno delle prove addotte, Paolo colloca la citazione diret· ta di Es 1 6, 1 8 che, se da una parte, conferma l'ultima prova, relativa all'uguaglian­ za, dall'altra ne sottolinea l'origine divina 55• Come in quasi tutte le citazioni del­ l'AT, anche qui Paolo sembra seguire la LXX che cosi recita: "E misurato l'omer, non abbondò chi molto e chi di meno non scarseggiò" 56. La stessa citazione è ri­ portata, senza la prima parte, da Filone Alessandrino: "E Mosè attesta dicendo: "Non abbondò chi molto, e chi di meno non scarseggiò" 57• Anche Paolo omette la prima parte di Es 1 6, 1 8, in quanto irrilevante per la propria argomentazione e per il contesto socio-economico dei destinatari 58 , ma anticipa ho to poly, per creare una disposizione parallela che evidenzia l'eguaglianza tra "chi molto" e "chi poco" 59• Inoltre, sostituisce il comparativo to elatton con to oligon per rendere più applicabile l'esempio proposto alla situazione d'indigenza in cui si trova la comu­ nità di Gerusalemme. Il riferimento alla manna nel deserto è importante per la comprensione dell'ugua­ glianza su cui Paolo sta insistendo nei vv. 1 3- 1 4, in quanto Dio stesso diventa ori­ gine e modello di uguaglianza nell'elargire i doni, come la manna, al suo popolo. Tuttavia è bene precisare che l'esempio esodale non è scelto per contrasto tra il popolo d'Israele e il nuovo popolo delle comunità cristiane60, bensì per dimostra­ re la permanenza dell'uguaglianza divina che distribuisce i suoi doni in dipenden­ za delle capacità umane di accoglienza. Il parallelo tra le vicende esodali, la cri­ stologia paol'ina e la comunità cristiana è stato sviluppato in l Cor 10, 1 - 1 3 (cf. v. 3: "Tutti mangiarono lo stesso cibo spirituale") mentre, nel nostro caso, Paolo si li­ mita ad una semplice corrispondenza sull'uguaglianza divina 6 1 . Cosi la prova sul vantaggio per i Corinzi, rappresentata dall'uguaglianza, assume una nuova pro­ spettiva su cui è importante porre l'attenzione62• L'interscambio tra l'abbondanza e l'indigenza nelle comunità cristiane non scatu­ risce tanto da un'uguaglianza di tipo sociale, per cui tutti ricevono la stessa misu­ ra, bensì dalla grazia divina che dona a ciascuno "secondo la misura della norma assegnata da Dio" (cf. 2Cor l 0, 13) o in base alla "proporzionalità della propria af­ fidabilità" (cf. Rm 1 2,3)63• L'uguaglianza dhina non annulla le differenze, giacché è un dato di fatto che la comunità di Corinto risulti più benestante di quella di Ge­ rusalemme, bensì diventa, in ultima istanza, ragione per l'interscambio dei doni

Sulla formula introduttiva kathos gegraptai, utilizzata spesso da Paolo cf. 2Cor 9,9; l Cor 1 , 3 1 ; 2 9; Rm 1 , 1 7; 2,24; 3,4. 1 0; 4, 17; 8,36; 9, 1 3.33; 10, 1 5 : 1 1 .8.26: 1 5,3.9.2 1 . 6 5 La proposizione della LXX Es 1 6 , 1 8 corrisponde a l T M : è ellittica del verbo. Forse i n base al contesto bisogna sottintendere il verbo syllegein raccogliere; cosi Fumish, /l Corinthians, 408; Thrall, Second Corinthians, 542; invece Blass - Debrunner Rehkopf, Grammatica , 590 preferisco­ no sottintendere il semplice verbo echein e disporre la proposizione in forma chiastica. 57 Filone, Quis rerum divinarum heres 1 9 1 . 58 Stanley, Paul and the Language, 23 1 . 59 Sul cambiamento del chiasmo in Es 1 6, 1 8 neU'isocolon o parallelismo cf. O'Mahony, Pauline Persuasion, 1 1 7. 60 Con buona pace di A. T. Hanson, Studies in Paul's Technique and Theology, Grand Rapids 1 974, 1 76 che intravede una tipologia implicita tra la manna nel deserto e Gesù Cristo che dona la pro­ �ria grazia, non ci troviamo ancora di fronte agli sviluppi della teologia giovannea di Gv 6. 1 Hays, Echoes ofScripture, 90-9 1 . 62 Iori, "Isotes", 425-438; Spicq, Note di lessicografìa, l, 798-809. 63 Da questo punto di vista è illuminante quanto scrive Filone, Posteritate Caini 143: "Non vedi che anche Dio pronuncia oracoli proporzionati non alla grandezza della sua perfezione ma sem­ pre alla diversa capacità di coloro che desidera beneficare?". Cf. Wodka, Colletta paolina, 204.

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346 / Traduzione e commento fra le stesse comunità cristiane. Con termini diversi, attraverso la isotes Paolo an­

ticipa e propone l'ideale della condivisione dei beni che sarà ripreso da Luca at­ traverso alcuni sommari degli Atti degli apostoli: " . . . Tutti i credenti erano uniti e avevano tutto in comune" (At 2,44; cf. anche At 4,32)64• Lo stesso ideale, a partire dall'episodio della manna nel deserto, è ripreso e svilup­ pato da Filone: "Inoltre, il cibo celeste - cioè la sapienza - dell'anima, che si chia­ ma manna, è distribuito a tutti coloro che la useranno in porzioni uguali, secondo la parola divina, ponendo attenzione soprattutto all'uguaglianza (isotetos)"65• E nel suo De Specialibus Legibus, Filone aggiungerà che "non è possibile trovare bene più grande" dell'uguaglianza (4, 1 65). Restando nel contesto giudaico­ ellenistico, anche l'autore della Lettera di Aristea attribuisce grande valore all'u­ guaglianza: "Il re disse che anche lui aveva risposto bene e chiese a un altro: «Quale uomo è degno di ammirazione?». Ed egli rispose: "6, B, 02, F, G, H, P, 0243, 0278, 6, 33, 8 1 , 1 04, 365, 629, 630, 1 1 75, 1 24 1 . 1 739, 1 8 8 1 , 2464. Cf. Metzger, Tatuai Commentary, 5 1 6 . 14 Cf. l'analogo percorso figurativo del "vanto• sottolineato da Hotze, Parado;cien be i Paulus, 202-203, anche se l'autore limita la sua attenzione al "Narrenrede", mentre è importante richia­ mame la presenza già nella pars destruens di 2Cor 10,7- 18 e che permette di definire la successiva probatio più come discorso immoderato che "del pazzo". 6

Ilvanto delle rivelazioni e nelle debolezze (2Cor 12, 1-10) l 485

successiva fase della dimostrazione apologetica spiegata da Paolo 1 5• Per questo, prima di attardarsi sui nuovi contenuti del vanto, Paolo si sofferma sul valore del­ la periautologia: in quanto tale è inutile 1 6• Di per sé non specifica, nonostante il tentativo di alcuni testimoni appena citati in nota, il destinatario dell'inutilità del vanto: se non sia utile per se stesso o per i destinatari della lettera. Per questo è bene orientare il riferimento all'utilità o meno del vanto ad entrambe le prospetti­ ve: è inutile o persino nocivo per Paolo, in quanto si tratta di un vanto immodera­ to e al di fuori della sua relazione con Cristo; e non serve ai destinatari poiché, in definitiva, come aveva asserito in precedenza, la "scienza gonfia mentre soltanto l'amore edifica" (cf. l Cor 8 , 1 ) . L o stesso duplice versante sull'utilità è espresso i n l Cor 1 2 , 7 a proposito delle ma­ nifestazioni o dei carismi donati dallo Spirito: non "per l'utilità comune", come si traduce generalmente la proposizione 17, bensì per l'utilità personale e comunita­ ria, vuoi per chi è destinatario immediato dei carismi, vuoi per la comunità a cui si appartiene 1 8 • Forse è bene ricordare che l'espressione "non serve" ha rappresen­ tato la lapidaria risposta di Paolo nel corso della l Corinzi, allo slogan "tutto mi è lecito", per alcune questioni morali che gli sono state prospettate (cf. l Cor 6, 1 2 per la fornicazione; e l Cor 1 0,23 per gli idolotiti) 1 9• La seconda parte del v. l è disposta in forma parallela, attraverso l'uso delle con­ giunzioni men ... de 20 : se da una parte è inutile vantarsi, dall'altra poiché costretto dalle situazioni Paolo si accinge a trattare delle visioni e delle rivelazioni 21 • Non sappiamo se egli sia costretto a vantarsi delle visioni e delle rivelazioni perché in­ dotto dagli stessi Corinzi che richiedono alcuni segni più visibili per il suo aposto­ lato o dai suoi avversari che esaltavano le proprie esperienze mistiche 22 : comun­ que, si tratta di una costrizione per Paolo. Prima di definire il tipo di genitivo che caratterizza le relazioni delle visioni e del­ le rivelazioni con il Signore, è importante stabilire le connessioni fra i due sostan­ tivi: optasias e apokalypseis. A prima vista, si potrebbe pensare ad un'endiadi 23: le visioni e le rivelazioni esprimerebbero l'unica realtà delle manifestazioni divine sperimentate da Paolo. Tuttavia, poiché non si hanno riscontri analoghi su questo tipo di endiadi nell'epistolario paolina e nel resto del NT 24, è bene non ridurre il valore dei due sostantivi a questa figura retorica. Di fatto, pur essendo relazionate fra loro nella proposizione paolina, non tutte le visioni corrispondono alle rivela15 Thrall , Second Corinthians, 114 annota bene: "The phrase appears to be a generai heading for what follows"; anche Matera, II Corinthians, 276. 1 6 Anche per il participio sympheron (riportato dalla maggioranza dei testimoni: cf. J>46, K , B, F, G, 0243, 0278, 33, 1 1 75, 1 739), non mancano tentativi di miglioramento testuale: alcuni riportano l'indicativo presente sympherei (D*, 8 1 ), altri vi aggiungono il pronome moi (''non mi conviene": D 1 , H, '1', 1 8 8 1 ): la formulazione ellittica della frase, senza il verbo finito, è da preferire. 17 Cosi BJ del 1 974; la nuova traduzione per il NT della CEI ( 1 997) traduce meglio "per il bene", anche se viene ad essere posta in secondo piano l'attenzione sull'utilità generale dei carismi. 18 Il verbo sympherein (''essere utile" o "vantaggioso") è già stato utilizzato in 2Cor 8, 1 O per espri­ mere il vantaggio che i Corinzi riceveranno dalla ripresa della colletta a favore dei poveri di Geru­ salemme. 19 Schutz, Apostolic Authority, 236-237. 20 A causa del precedente men la lezione con de è più sicura rispetto a quella con gar o· con de kai, attestate peraltro da pochi testimoni (la prima variante è riportata da D, '1'. 1 88 1 ; la seconda si tro­ va soltanto nel codice B). 21 In questo caso il verbo eleusomai (da erchomai) non è utilizzato in senso letterale ("venire", come in 2Cor 1 , 1 5 . 1 6.23; 2, 1 ) bensl in senso metaforico o come sostitutivo di un verbum dicendi: uparlerò" o "dirò". Segnala cosi il passaggio verso nuove prove da addurre in propria difesa. Cf. Bamett, Second Corinthians, 557. 22 Zmijewski, Narrenrede, 330-33 1 . 23 Lambrecht, Second Corinthians, 200; Matera, II Corinthians, 277. 24 n sostantivo optasia è utilizzato solo qui da Paolo e compare altre 3 volte nel resto del NT, in frequenze esclusivamente lucane: Le 1 ,22; 24,23; At 26, 19. Più diffuso è il sostantivo apokalypsis ( 1 8 volte nel NT, di cui 13 nell'epistolario paolino: qui, al v. 7; in lCor 1 ,7; 14,6.26; Gal 1 , 12; 2,2; Rm 2,5; 8, 1 9; 1 6,25; 2Ts 1 ,7; Ef 1 1 7 ; 3,3). .

486 l Traduzionè é commento

zioni e il contrario: è possibile assistere a visioni senza alcuna rivelazione, ed una rivelazione può coinvolgere non soltanto la vista, propria delle visioni, ma anche altri sensi, in particolare l'udito. La maggiore portata delle "rivelazioni" è attesta­ ta dallo stesso uso del termine nelle lettere di Paolo: la "rivelazione" ha principal­ mente una portata apocalittica o riguarda l'orizzonte presente e futuro della sto­ ria (cf. l Cor 1 ,7; Rm 2,5; 8 , 1 9; 2Ts 1 ,7). E se non parla mai del carisma della "vi­ sione" non esita a collocare la "rivelazione" nell'elenco dei carismi di l Cor 14,6.26. Così soltanto in Gal l , l 2 e in Gal 2,2 Paolo accenna ad alcune "rivelazio­ ni" personali (cf. anche Ef 3,3) 25, a conferma che si dimostra reticente nel raccon­ tare questi tipi di esperienze 26 , se non quando, come in questo caso, si vede obbli­ gato dagli altri a difendersi. Pertanto, pur appartenendo entrambe alle "manife­ stazioni" soprannaturali, è bene distinguere la loro portata27: più ristretta sembra quella delle "visioni", più ampia quella delle "rivelazioni" 28 • A questo punto ci saremmo aspettati una sorta di elenco delle visioni e delle rive­ lazioni, analogo a quello dedicato alle avversità (cf. 2Cor 1 1 ,23-27) giacché i due sostantivi sono utilizzati al plurale (cf. anche il plurale "rivelazioni" al v. 7) e non al singolare. lnvece, la titubanza a trattare di esse, induce Paolo a soffermarsi sol­ tanto su due esempi tipici (vv. 2-4.9) di visioni e/o rivelazioni. Poiché non abbia­ mo attestazioni concrete sulle rivelazioni e sulle visioni degli oppositori di Paolo, è praticamente difficile sostenere che, in modo implicito, egli sembri affermare che, riprendendo le domande retoriche di 2Cor 1 1 ,22-23, stabilisca un confronto tra le proprie rivelazioni e quelle degli avversari 29: un confronto che non può esse­ re, di fatto, verificato dagli ascoltatori, se non per le conseguenze che comportano nell'esistenza di Paolo e dei suoi avversari. D'altro canto, è bene precisare che in un discorso apologetico, come il nostro, le prove fondate sulle rivelazioni o sulle visioni non soltanto sono "inutili" ma pos­ sono risultare, in definitiva, controproducenti. Quale credito si può attribuire a chi, per difendersi, ricorre alle proprie esperienze estatiche? Nessuna prova, come una rivelazione, può essere considerata debole o dannosa in un'apologia, data la sua naturale carenza di verificabilità. Riteniamo che questa sia la motiva­ zione principale per cui Paolo, pur non esitando a vantarsi di fronte ai propri riva­ li, non ricorra spesso alle proprie esperienze estatiche. Le visioni e le rivelazioni di cui si accinge a trattare sono "del Signore", un geniti­ vo che, per lo più, è considerato auctoris o soggettivo30 : Paolo tratterà delle visioni e delle rivelazioni ricevute dal Signore. Anche se, in termini di principio, si hanno buone ragioni per pensare a questo tipo di genitivo, nondimeno la questione co­ mincia ad essere già più complessa, trattandosi appunto di prove non verificabili in un contesto apologetico come il nostro. Di fatto, il referente principale nel cor­ so del paragrafo è "Cristo" (cf. vv. 2.9. 1 0) più che "Dio" (vv. 2.3); quest'ultimo si trova piuttosto sul retroterra delle visioni e delle rivelazioni di Paolo. Per questo, il titolo kyrios, a cui si relazionano le visioni e le rivelazioni, si presenta con una 25 Attraverso l'uso di verba videndi (heoraka e ophthe) cf. anche le apparizioni del Risorto a Paolo citate in lCor 9,1 e in 1 Cor 1 5,8. 26 Da questo punto di vista è diversa l'autobiografia paolina dalla biografia lucana, in quanto l'au­ tore degli Atti racconta diverse rivelazioni e visioni di cui Paolo è il destinatario: quella di Dama­ sco (cf. At 9,3-9), quella di Corinto (cf. At 1 8,9- 1 0), quella di Gerusalemme (cf. At 23, 1 1 ) , quella nel tempio di Gerusalemme (cf. At 22, 1 7-2 1 ), e quella durante il viaggio verso Roma (cf. At 23, 1 1 ), senza dimenticare la visione del Macedone in At 1 6,9- 10. Cf. Barnett, Second Corinthians, 558. 27 Con buona pace di Fumish, II Corinthians, 524 che considera i termini "visioni e rivelazioni» come sinonimi. 28 Harris, Second Corinthians, 83 1 . 29 Harris, Second Corinthians, 832; Martin, 2 Corinthians, 397. 30 Barbaglio, Teologia di Paolo , 303; Bamett, Second Corinthians, 557; Furnish, II Corinthians, 524; Harris, Second Corinthians, 833; J. Jeremias, paradeisos, GLNT IX, 59 1 ; Vallauri, "La gloria», 372; Windisch, Der zweite Korintherbrief, 368.

Il vanto delle rivelazioni e nelle debolezze (2Cor 12, 1-10) l 481

chiara denotazione cristologica più che teologica (così anche al v. 8)31• Tuttavia, è emblematico che nella rivelazione più importante per l'esistenza di Paolo, descrit­ ta in Gal 1 , 1 5- 1 6 e che corrisponde alla "vocazione" sulla strada di Damasco, da una parte subentri l'azione di Dio che "decise di rivelare in/a me suo Figlio" (v. 1 6), dall'altra che lo stesso Figlio di Dio rappresenti l'oggetto o il contenuto della stessa rivelazione 32 • Sulla stessa traiettoria si trova il genitivo "rivelazione di Gesù Cristo" di Gal 1 , 1 2: egli è non tanto l'autore né il soggetto della dimensione rivelativa del vangelo pao­ lino, bensl il suo contenuto33• Pertanto, anche se le visioni e le rivelazioni del Si­ gnore, di cui egli si accinge a trattare in 2Cor 1 2,2- 1 0, non includono la rivelazio­ ne sulla "strada di Damasco", tuttavia è riduttivo pensare che Cristo rappresenti soltanto l'autore di esse; ne è anche il versante di appartenenza (cf. l'en Christo; del v. 2) e il contenuto. Parleremo dunque di un genitivo generale, in cui il Signo­ re è nello stesso tempo, l'autore, il soggetto, l'ambito di riferimento e il contenuto delle visioni e delle rivelazioni che Paolo si accinge a raccontare34• v.

2: La visione che Paolo tratteggia nei vv. 2-4 è descritta, in modo originale, alla terza persona singolare, come se si trattasse di una persona che non sia lui stesso, durante il rapimento al terzo cielo. La descrizione assume un tono solenne, evi­ denziato dall'uso del verbo oida: un verbo diffuso nel greco ellenistico che spesso invade il campo di ginoskein e che nell'epistolario paolina è spesso scelto per in­ trodurre alcune asserzioni con particolare rilevanza contenutistica 35• Di fronte a sé Paolo intravede un "uomo in Cristo", come se stesse parlando di un altro, men­ tre di fatto si riferisce a se stesso3 6 • Discusso è il motivo per cui preferisce parlare di sé in terza persona: perché, se­ guendo il modello socratico della conoscenza, intende evidenziare la propria ignoranza iniziale37? Poiché appartiene all'esperienza estatica porre in evidenza una sorta di dissociazione che si verifica nel soggetto? Oppure, in ultima analisi, perché in tal modo Paolo esprime la reticenza nel vantarsi in prima persona delle visioni e delle rivelazioni 38, in quanto queste non rientrano nelle credenziali del proprio apostolato, altrimenti attesterebbero una biasimevole hybris nei confron­ ti di Dio o di Cristo? La terza ipotesi è quella più probabile, anche se non sono del tutto escluse le altre prospettive, soprattutto a causa del contesto apologetico e del linguaggio tipica­ mente apocalittico della descrizione. Certo si susciterà minore invidia negli ascol­ tatori se si parlerà di una visione in terza persona e della propria debolezza in pri­ ma persona, come se la visione fosse totalmente appannaggio di altri, mentre la debolezza risultasse una confessione di colpa, pur non essendo tale! li riferimento all'"uomo in Cristo" dimostra prima di tutto che, contro forme gno­ stiche di esperienze estatiche, la "dissociazione" in atto tra l'io narrante e l'uomo narrato non risponde ad un dualismo antropologico, come tra l'anima e il corpo,

31 Harris, Second Corinthians, 832; Plummer, Second Corinthians, 338. 32 Per questo Lambrecht, Second Corinthians, 200 interpreta il nostro genitivo come oggettivo; ma si tratta di eventi diversi. 33 Pitta, Gaklti, 83-84. 34 Matera, II Corinthians, 277 limita la portata del genitivo al valore oggettivo-soggettivo. 35 Cf. le sentenze solenni di 2Cor 9,2; Rm 7, 1 8; 14,14; 1 5 ,29; Fil 1 , 1 9.25; 4 , 1 2 . 1 2 ; 2Tm 1 , 12; cf. an­ che il valore discorsivo di oida in 1 Cor 1 , 16. 36 L'identificazione di Paolo con la terza singolare è attestata già in Ambrosiaster, Seconda Corin­ zi, 140. Per l'esegesi contemporanea cf. Furnish, II Corinthians, 524; Lincoln, Paradiso, 1 33; Mate­ ra, Il Corinthians, 277; Thrall, "Paul's Joumey" ,548; Wischmeyer, "2 Korinther 1 2 , 1-10", 279. L'i­ potesi di M.D. Goulder, "Vision and Revelations of the Lord (2 Corinthians 12: 1-10)", in FS. M. Thrall, 303-3 12, secondo il quale Paolo sta per citare l'esperienza di un amico e non la propria, cade di fronte alle reazioni di Paolo stesso, come soggetto in prima persona singolare nei w. 5-7 a. 37 Betz, Die sokratische Tradition, 84-92. 38 Bamett, Second Corinthians, 562; Martin, 2 Corinthians, 398; Peterson, Eloqumce, 1 24.

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bensì si tratta di una sorta di scissione che coinvolge l'intera esistenza di Paolo. In pratica la narrazione riguarda tutta la sua persona, nel dinamismo tra l'uomo in­ teriore e quello esteriore, a cui ha già accennato in 2Cor 4, 1 6- 1 8 e in 5 , 1 - 10. Un analogo dualismo sarà ripreso nella scissione "tragica" tra l'uomo interiore e il de­ siderio di essere strappati dal proprio corpo mortale in Rm 7,22-2439• Le prime battute della narrazione tendono a precisare che, "in Cristo", Paolo fu rapito al terzo cielo. In questione non è soltanto l'essere en Christo; che lo acco­ muna a tutti i credenti (cf. 2Cor 5,17. 19; Rm 6, 1 1 .23), cosicché la fonnula espri­ merebbe soltanto l'appartenenza a Lui, e in particolare la condivisione della sua morte e risurrezione, bensì l'unione esistenziale di Paolo a Cristo che costituisce il contesto fondamentale in cui egli diventa, per pura grazia, oggetto delle sue visio­ ni e rivelazioni40 • Se "in Cristo" egli "parla davanti a Dio" (cf. 2Cor 2, 1 7; 1 2 , 1 9), in lui e da lui è scelto come destinatario delle visioni che, a loro volta, hanno come contenuto principale ancora lui (cf. Gal 1 , 1 1 . 1 6). Dal versante cronologico, la precisazione dei "quattordici anni fa" risulta preziosa sull'autobiografia di Paolo e, in particolare, sul periodo che precede i viaggi mis­ sionari e la sua produzione epistolare41 • Se la sezione di 2Cor l 0-13 è di poco suc­ cessiva a quella di 2Cor 1 -9, come abbiamo sostenuto nell'introduzione al nostro commentario, restando comunque nel periodo del 54-56 d.C., Paolo allude ad un evento verificatosi tra il 40 e il 42 d.C. 42• Dagli eventi indiziati dobbiamo esclude­ re, prima di tutto, l'episodio della "conversione-vocazione-rivelazione" di Dama­ sco, riportato nelle narrazioni biografiche di At 9,3- 1 9; 22,6- 1 0; 26, 1 2- 1 9 e richia­ mato soprattutto nei paragrafi autobiografici di l Cor 1 5,8 e di Gal 1 , 1 5- 1 6. Non soltanto la vocazione di Paolo precede tale visione almeno di quattro anni ma, dato ancora più rilevante, non è descritta come rapimento in cielo43• Per inverso, la rivelazione citata in Gal 2 , 1 -2, in occasione della sua salita a Gerusalemme e dopo quattordici anni dalla rivelazione di Damasco, è successiva alla visione cita­ ta in questi versi. D'altro canto non si tratta di una visione così arcana come quel­ la descritta in 2Cor 12,2-4. Ignoriamo anche la città o il luogo di riferimento: se Paolo alluda al periodo quasi sempre taciuto e comunque trascorso in Arabia (cf. Gal 1 , 1 7), a Damasco (cf. Gal 1 , 1 7b) o a Tarso, secondo la biografia di At 9,30 oppure ad Antiochia di Siria (cf. At 1 1 ,25). Comunque, se ricorda tale visione, di cui ignoriamo il contenuto, dopo quattordici anni, vuoi dire che non si è trattato neppure di una comune visione bensì di un evento significativo nella propria esperienza di fede. Di fatto, soltanto per questa visione, egli evidenzia, con proposizioni parentetiche (vv. 2-3), l'alter­ nativa tra il suo stato con il corpo o fuori da esso. Mentre, da una parte, la visione riguarda un "uomo in Cristo", per cui, come abbiamo sottolineato, riguarda tutta la sua persona coinvolta nella relazione con il Signore, nel qual caso è con il pro­ prio corpo che egli è rapito al terzo cielo, dall'altra è tipico di una visione cosi ele­ vata percepirsi come dissociati dal corpo. Tuttavia, non appartiene al dilemma espresso qui e al v. 3 una negativizzazione del corpo, cosicché soltanto quando si è, in certo modo, separati da esso con tutta la sua dimensione carnale o materiale, 39 40 41

Pitta. Romani, 279-284. Bultmann, Der zweite Brief, 22 1 ; Thrall , Seccmd Corinthùms, 780. Risulta tipica delle esperienze di visione e rivelazione nell'AT e nella letteratura apocrifa giudai­ ca la precisazione spazio-temporale che le contestualizza: cf. Ger 1 , 1 -3; Ez 1 , 1 -3; Am 1 , 1 ; Os 1 , 1 ; Zc 1 , 1 ; Rivelazione di Esdra l ("La rivelazione che fu fatta ad Esdra e al figli d'Israele riguardante la natura attraverso l'inizio di Gennaio"); 2Barnc l , l (''Ed awenne che nel venticinquesimo anno di Ieconia, il re di Giuda, la Parola del Signore venne da Baruc... ) 42 Barnett, Second Corinthians, 5 6 1 , Furnish, II Corinthians , 5 24 e Thrall, Second Corinthians, 784 collocano l'episodio nel 42 d.C. e nella nativa regione della Siria-Cilicia, in base a Gal 1 . 18-2 1 ; Wischmeyer, " 2 Korinther 1 2, 1-10", opta per il 40 d.C. 43 Sulle differenze tra la vocazione di Paolo e la visione di 2Cor 1 2 , 1 - 1 0 cf. A.F. Segai, "Paul's Thinking about Resurrection in lts Jewish Context", in NTS 44 ( 1 998) 404-405. "

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fl vanto delk rivelazioni e nelle debokue (2Cor 12, 1-10) / 489

diventerebbe possibile l'esperienza del rapimento. In pratica ci troviamo di fronte ad un paradigma diverso dall'antropologia propriamente greca della separazione tra la psyche e il soma, ben attestata da Platone, a proposito del ritorno in vita di Er di Annenio: "Disse dunque che una volta uscita dal suo corpo l'anima si era messa in cammino con molte altre " (Repubblica 1 0,6 14B)44• Tuttavia, ancora una volta riteniamo opportuno precisare che l'orizzonte dualisti­ co e gnostico non appartiene all'antropologia paolina che, invece, si presenta come olistica o totalizzante. Per questo, egli lascia irrisolta la questione sul dilem­ ma del proprio stato somatico: ignora il livello di scissione interiore che lo condu­ ce, con tutto il proprio essere, sino al terzo cielo e preferisce attribuire tale cono­ scenza soltanto a Dio45• ·con il linguaggio tipico delle esperienze estatiche, Paolo precisa la destinazione del proprio rapimento: il terzo cielo che nel v. 3 è citato come "paradiso". n verbo harpagenta è chiaramente passivo divino: Dio stesso, appena citato nella parentesi precedente, rapisce Paolo per condurlo sino al terzo cielo46• Lo stesso verbo è uti­ lizzato in l Ts 4, 1 7 circa il rapimento finale dei credenti "nelle nuvole" per andare incontro al Signore; ricompare per il NT in At 8,39 per descrivere il rapimento di Filippo, ad opera dello Spirito, dopo il battesimo dell'Etiope, e in Ap 12,5 per il ra­ pimento verso Dio del figlio della donna minacciata dal drago. Tuttavia, tale modo di esprimere lo stato di rapimento è diffuso nella letteratura intertestamentaria, soprattutto in quella di matrice apocalittica che sceglie come modello principale l'ascensione di Enoc (cf. Gen 5,24)47• Così scrive l'autore del­ l'apocrifo JEnoc: "Allora una nuvola e una tempesta di vento mi rapì dalla faccia della terra e mi pose al confine del cielo. E lì vidi un'altra visione" (39,3-4)48• Se­ guendo il linguaggio spaziale dei cieli presso i quali si è rapiti, in 2Enoc 8,1 l'auto­ re annota: "Gli uomini mi presero di là (dal secondo cielo) e mi innalzarono al ter­ zo cielo e mi posero in mezzo al paradiso". Lo stesso autore descrive il terzo cielo, identificato con il paradiso, come il luogo "preparato per i giusti che soffrono av­ versità nella loro vita, affliggono le loro anime, distolgono i loro occhi dall'ingiu­ stizia, fanno un giudizio giusto, danno pane agli affamati, coprono gli ignudi ... " (2Enoc 9, 1 ) 49• Per il giudaismo della diaspora, anche Filone, nel suo De Speciali­ bus Legibus 3 , 1 , 1-6 riporta un suo viaggio verso il cielo50 , anche se la narrazione risente in modo sostanziale delle categorie platoniche sulla scissione dell'anima ...

Thrall , Second Corinthians, 186 . D dualismo platonico è attestato anche nel giudaismo ellenisti­ co di Filone, Somniis 1 ,36 a proposito di Mosè che asomaton (senza il corpo) rimase sul monte per 40 giorni e 40 notti. Cf. anche Flavio Giuseppe, Guerra 7 ,8, 7: "La morte infatti, donando la libertà alle anime, fa si che esse possano raggiungere quel luogo di purezza che è la loro sede propria, dove andranno esenti da ogni calamità, mentre finché sono prigioniere in un corpo mortale, schiacchiate sotto il peso dei suoi malanni, allora sì che esse sono morte . . . . 45 Sul richiamo all'autorità divina nella conoscenza delle intenzioni di Paolo cf. 2Cor 1 1 , 1 1 .3 1 . 46 Harris, Second Corinthians, 8 3 7. 47 Il modello apocalittico è ben approfondito da D.L. Halperin, "Heavenly Ascension in Ancient Judaism: The Nature of the Experience", in K.H. Richards (ed.), SBL SP 1 987, Atlanta 1 987, 2 1 8-2 3 2 ; M. Himmelfarb, Ascent to Heaven in Jewish and Christian Apocal.vpses, New York-Oxford 1 993; B.H. Young, "The Ascension Motif of 2 Corinthians 12 in Jewish, Christian and Gnostic Texts", in GTJ 9 ( 1 988) 73- 103. 48 Cf. anche 1Enoc 52, 1 -2: "E dopo quei giorni, in quel luogo dove vedevo tutte le visioni dell'asco­ so - poiché fui strappato sui turbini di vento e mi portarono in occidente - colà i miei occhi videro i segreti del cielo". 49 Cf. inoltre la descrizione dei cieli in 3Baruc 2,2-6, 1. 50 Per un confronto tra il rapimento di Paolo e il viaggio celeste di Filone cf. B. Heininger, "Paulus und Philo als Mystiker? Himmelreisen im Vergleich (2Kor 1 2,2-4; SpecLeg III 1-6)", in R. Deines ­ K.-W. Niebuhr (cur.), Philo und das Neue Testament. Wechselseitige Wahrnehmungen. I. Internatio­ nales Sympsium zum Corpus Judaeo-Hellenisticum 1.-4. Mai 2003, Eisenach/Jena, WVNT 1 72, Tu­ bingen 2004, 1 89-204.

44

"

490 l 'traduzione e commento

dal corpo5 1 • Di per sé, Paolo non precisa in modo esplicito che il "terzo cielo" rap­ presenta l'ultimo stadio dei cieli per indicare il livello del suo rapimento. D'altro canto, sulla numerazione dei cieli, non concordano l'AT e la letteratura apocrifa: tre cieli secondo il computo di 1Re 8,27; 2Cr 2,5; 6, 1 8; Ne 9,6 (" .. .1 cieli e i cieli dei cieli"), sviluppato dall'apocrifo Testamento di Levi 3 , 1 - 1 0 52 , cinque cieli per 3Apo­ calisse di Baruc 1 1 , 1 53, sette cieli in base al Martirio e Ascensione di Isaia 7, 1 -9, 1 54, oppure dieci cieli secondo la descrizione di 2Enoc 20,3-22,2? Per cogliere il senso della numerazione dei cieli, ai quali Paolo allude, è importan­ te da una parte considerare che, in genere, la preposizione eas + genitivo indica il limite spazio-temporale (cf. 2Cor 1 , 13; 3, 1 5 ; anche At 1 ,8), dall'altra il contesto apologetico nel quale si colloca la descrizione del rapimento. Di fatto se si trattas­ se di un cielo intermedio, il rapimento al terzo cielo potrebbe essere considerato come secondario o inferiore ad altre esperienze estatiche, mentre, come abbiamo evidenziato, è in questione un rapimento di raro, se non unico, rilievo per l'auto­ biografia paolina, citato nel contesto di un discorso "immoderato". Pertanto si può ben sostenere che il terzo cielo rappresenta per Paolo il limite massimo per qualsiasi rapimento estatico55; ed è l'interpretazione sostenuta soprattutto da Gregorio di Nissa nel IV sec.: "Io penso, dunque, che Paolo abbia definito con il termine di 'terzo cielo' il punto più alto del mondo sensibile . . " (Spiegazione dell'E­ samerone 20)56• .

3-4: Una commoratio retorica, attraverso la quale Paolo intende ribadire la propria condizione fisica nell'esperienza del rapimento (v. 3), introduce il suo coinvolgimento non soltanto visivo (cf. optasias del v. 1 b) ma anche auricolare nell'esperienza estatica. A prima vista l'aggiunta del kai iniziale potrebbe indurre a sostenere che nei vv. 3-4 Paolo accenni ad una successiva visione, da distinguere rispetto a quella precedente 57, oppure che siamo posti di fronte a due fasi della stessa visione: la prima sino al terzo cielo e la seconda in paradiso58• In realtà, la ripresa quasi alla lettera del v. 2b nel v. 3 dimostra che si tratta della stessa visio­ ne, confermata dal dato che egli non aggiunge una nuova contestualizzazione cronologica, rispetto ai 14 anni precedenti accennati al v. 2, e che, come dimostra il parallelo citato di 2Enoc 8, 1 , il terzo cielo s'identifica con il paradiso (v. 4) 59• In pratica la ripetizione del v. 2 nei vv. 3-4 sembra rispondere più ad un parallelismo di tipo semitico, in cui il secondo stico riprende ed enfatizza quanto è detto nel primo stico, che alla descrizione di un evento diverso dal primo60• vv.

51

Aspetto di discontinuità rispetto alla nan-azione paolina, opportunamente eYidenziato da Hei­ ninger, "Paulus und Philo", 203. 52 In base al Testo a, si possono distinguere nel Testamento di Levi 3 , 1 - 1 0 il cielo delle tenebre, quello delle potenze angeliche per il giudizio e quello della "Grande Gloria", dal quale dipendono a Iom volta in forma discendente, il cielo degli arcangeli, quello degli angeli e quello dei troni e delle potenze. Comunque tale attestazione rientra nel computo temario e non settenario dei cieli, come invece sostiene Martin, 2Corinthians, 402. 53 "E presomi da qui, l'angelo mi condusse al quinto cielo". 54 "E mi condusse nell'aria del settimo cielo" (Ascensione di Isaia 9, 1 ) . 55 Martin, 2 Corinthians, 403 ; D . Trakatellis, "Power i n Weakness. Exegesis of 2 Corinthians 1 2 , 1 - 1 3", in E. Lohse (cur.), Verteidigung und Begrii ndung des apostolischen Amtes (2Kor 10-13) , MRB 1 1 , Roma 1 992, 7 1 -72; Thrall, Second Corinthians, 789; Id., "Paul's Joumey", 357-358; Wischmeyer, "2 Korinther 1 2 , 1 - 1 0", 279, mentre l'assimilazione tra il terzo cielo e l'ultimo livello della cosmologia paolina è posta in dubbio da Lincoln, Paradiso, 1 36-140. 56 Cf. C. Moreschini (cur.), Gregorio dì Nissa. Opere , 6 1 9. 57 L. Cerfaux, Il cristiano nella teologia paolina , Roma 1 969, 242; Plummer, Second Corinthians, 344. 58 J.D. Tabor, Things Unutterable: Paul's Ascent to Paradise In Its Greco-Roman, Judaic, and Early Christian Contexts , New York 1 986 , 1 1 5- 1 2 1 . 59 Lambrecht, Second Corinthians, 20 1 ; Martin, 2 Corinthians, 403; Matera, II Corinthians, 278; Thrall, Second Corinthians, 79 1 . 60 Zmijewski, Narrenrede , 335 i n base al parallelismus membrornm commenta: "Zugleich aber

Il vanto delle rivelazioni e nelle debolezze (2Cor 12, 1-10) l 49 1 Comunque, nonostante la ripresa della proposizione parentetica del v. 2, al v. 3 è sostituita la preposizione ektos (fuori) con choris (senza) per descrivere il livello del proprio coinvolgimento fisico: nel primo caso, è lo stesso corpo a sperimenta­ re una sorta di scissione fisiologica, nel secondo l'accentuazione si sposta sulla presenza o sull'assenza del corpo. Tuttavia, anche per la nuova parentesi è bene precisare che non è in questione una partecipazione dell'anima senza il corpo, bensì di tutto il corpo nello stato di presenza e/o assenza, rispetto alla visione che Paolo sta descrivendo. Per la seconda volta è utilizzato il verbo harpazein (questa volta all'aoristo passi­ vo, herpage, rispetto al participio passivo del v. 2) con chiara connotazione di "passivo divino": è Dio stesso, appena citato al v. 3, che rapì Paolo, in paradiso o al terzo cielo. Di per sé, nel NT non è citato molto il paradeisos, termine forse di ori­ gine persiana: soltanto tre volte (qui, in Le 23 ,43 sulla promessa fatta da Gesù al "buon ladrone", e in Ap 2,7, a proposito dell'albero della vita che si trova nel para­ diso di Dio). Nella LXX, il sostantivo traduce l'ebraico gan, il giardino dell'Eden (cf. Gen 2,8. 10; 3,2.3), o semplicemente è utilizzato, come nella narrazione di Su­ sanna, per indicare il giardino nel quale fu molestata dagli anziani (cf. Dn 1 3 ,7.36). Il motivo del paradiso, protologico ed escatologico, comincia a riscontrare atte­ stazioni in Ez 28, 1 3 ; 3 1 ,8.9 ed Is 5 1 ,3 per essere sviluppato nella letteratura apo­ crifa. Così scriverà l'autore del Testamento di Levi: "Egli stesso (il Messia sacerdo­ te) aprirà le porte del paradiso, allontanerà la spada che minacciava Adamo e darà ai santi da mangiare dell'albero della vita" ( 1 8 , 1 0- 1 1) 6 1 • Di per sé, Paolo non asserisce mai che il "paradiso" costituisca la mèta finale dell'esistenza dei creden­ ti, giacché tutta la sua escatologia è concentrata sull'incontro con Cristo e non sull'ingresso in un luogo per i "giusti" o per i "santi". Per questo, non sappiamo se il rapimento in paradiso abbia la funzione di anticipare la futura beatitudine dei credenti 62 : l'affermazione è troppo breve perché dia spazio ad una visione che si avvicini ad una concezione paradisiaca, in continuità con l'apocalittica giudaica, e che anticipi la visione dantesca del Paradiso. Sappiamo, tuttavia, che l'originale partecipazione del proprio corpo al rapimento estatico coinvolge gli occhi, le orecchié\e,-p-er via negativa, la lingua, in quanto "non è concesso ad alcuno dire cose indiCibili". L'attenzione di Paolo si concentra sull'originale ed enigmatico sintagma arreta rhemata che, dal versante retorico, si presenta come onomatopeica ed ossimorica 63• La natura paradossale della for­ mula risalta dalla congiunzione impossibile da rendere in traduzione, tra "le cose dette" 64 e che nello stesso tempo risultano "indicibili" o inenarrabili65: come si può parlare di cose indicibili? L'uso del sostantivo rhema, invece del semplice logos, segnala la {attività o la con­ cretizzazione (si noti il suffisso -ma) delle "parole ascoltate", come a dire che que­ ste non rientrarono in una sorta di vaneggiamento interiore bensì ebbero un'inci­ denza fondamentale nell'esistenza di Paolo, analoga al rhema Christou (''la parola wird durch den Strukturvergleich bestiltigt, daB es in beiden Fassungen um ein und dasselbe Ge­ schehen (und nicht um zwei Ereignisse oder auch nur um zwei Akte eines Vorgangs) geht"; anche Harris, Second Corinthians, 84 1 . 6 1 Anche Testamento di Dan 5 , 1 2: "E i santi riposeranno in Eden, i giusti gioiranno nella nuova Gerusalemme, che sarà in eterno per la glorificazione di Dio"; 4Esdra 8,52: "Per voi infatti è stato ap;rto il paradiso, è stato piantato l'albero della vita, è stato preparato il tempo futuro ... . 6 Harris, Second Corinthians, 845. 63 Harris, Second Corinthians, 844. 64 Di rado Paolo utilizza il sostantivo rhima (8 volte fra le quali bisogna includere le citazioni di­ rette dell'AT in Rm 1 0,8a e in 10, 1 8: qui, in 2Cor 1 3 , 1 ; Rm 1 0,8b. 17; Ef 5,26; 6, 1 7). 65 L'aggettivo arretos è hapax legorrrenon in tutto il greco biblico: l'alfa iniziale esprime la negazio­ ne della radice verbale a cui è collegata. Per l'uso del termine in contesto religioso cf. Erodoto Sto­ rie 5,83,3: "Le stesse cerimonie sacre le hanno gli Epidauri, che hanno anche loro rituali misteriosi "

(arretoi hirourgiai)".

492 / Traduzione e commento

di Cristo") dal quale derivano l'ascolto e la fede dei credenti (cf. Rm 1 0, 1 7). Per questo potremmo rendere l'espressione anche con "eventi" o "fatti" indicibili, sul­ la falsariga delle d•barfm nell'AT66• Di fronte alle parole indicibili della visione ri­ cordata, Paolo precisa che "non è concesso all'uomo proferire" o comunicare i re­ lativi contenuti 67. Mentre altrove egli attribuisce all'immaturità dei destinatari la propria scelta di non "parlare" delle realtà spirituali (cf. l Cor 3 , 1 ), qui è lui stesso a riconoscersi nell'impossibilità di comunicare le parole indicibili della visione. A prima vista, le parole indicibili potrebbero essere relazionate al carisma della glossolalia, di cui Paolo tratta, con ampiezza, in l Cor 14, 1 - 1 9 dove, tra l'altro, ri­ porta la propria esperienza. Tuttavia, la visione citata in questi versi non può es­ sere relazionata alla glossolalia in quanto, per quest'ultimo dono dello Spirito, è concesso parlare, anche se i fonemi prodotti necessitano del profeta per essere in­ terpretati68. Il silenzio e il mistero che avvolge il rapimento in Paradiso diventerà occasione con il successivo apocrifo cristiano della Visio Pauli o della Apocalisse di Paolo (della seconda metà del II sec. d.C.) per sviluppare l'orizzonte e le temati­ che della prima escatologia cristiana69• Pertanto, siamo ancora una volta posti di fronte ad un'esperienza unica per Paolo che, nonostante l'impossibilità di comu­ nicare, ricorda ancora in modo particolarmente vivido. v.

5: In seguito al ricordo enigmatico della visione descritta nei vv. 2-4, Paolo inse­ risce una pausa extra-diegetica con la quale si propone di precisare, attraverso il linguaggio del "vanto", le finalità retoriche delle proprie visioni e rivelazioni. Si­ gnificativo è il passaggio dall'uso attanziale della terza persona singolare, nei vv. 2-4, alla prima singolare che caratterizza i vv. 5-6, a conferma che è in questione la scissione della stessa persona coinvolta nella visione e nella considerazione di se stesso70. La proposizione è disposta in modo antitetico7 1 , anche se nella prima parte ci si aspetterebbe un men che bilanciasse il de della seconda, come al v. 1 : ma tali licenze sono diffuse nello stile comunicativo di Paolo. Tale disposizione permette, tuttavia, di evidenziare che il pronome toioutou non ha valore neutro (di questa cosa, ossia della visione raccontata), bensì maschile (di costui)72 , posto in contrasto con l'emautou (di me stesso) della seconda parte del v. 5. Nel contesto del discorso immoderato, egli non esita a vantarsi di se stesso, anche se per non risultare odioso continua a parlarne in terza persona, come se stesse ri­ ferendosi ad un altro. Continua cosi la scissione che ha caratterizzato la descri­ zione della visione: come ci si può vantare di sé, quando nello stesso tempo, si nega di volersi vantare? Poiché l'asserzione iniziale della pericope è stata intro­ dotta dal verbo kauchasthai (v. l ), ripreso nei vv. 5-6, l'affermazione del vanto suona come ironica: se è inutile vantarsi, ma bisogna farlo per difendersi di fronte ai destinatari e agli avversari, Paolo accetta di vantarsi delle proprie visioni e delle rivelazioni. Tuttavia, si tratta di una situazione di limite in quanto, come spiega nella seconda parte del v. 5, egli stesso non intende vantarsi, se non nelle debolez­ ze73. L'espressione ripete, come un leitmotiv, le ultime battute del paragrafo pre-

66

Harris, Second Corinthians, 843. Per l'uso del participio exon, da exestin (Mè lecito" o Mè concesso") cf. l Cor 6,I i . 1 2; 1 0,23.23; an­ che Mt 1 2 ,4; At 2,29. 68 H. Saake, "Paulus als Ekstatiker. Pneumatologische Beobachtungen zu 2 Kor, 1 2 , 1 - 1 0", in Bib

67

53 ( 1 972) 4 1 0.

69

M. Erbetta (cur.), Lettere e Apocalissi, in Gli apocrifi del Nuovo Testamento, Casale Monferrato

7° 71 71

Cf. l'uso dei pronomi emautou (v. 5), eme, me e mou (v. 6). Cosi Martin, 2Corinthians, 410. Hotze, Paradoxien bei Paulus 2 1 0. Cf. l'uso dello stesso pronome, con valore maschile, al v. 2. Cosi Bultmann , Der zweite Brief,

1 969, III , 359-386.

224.

,

73 Diversi testimoni autorevoli aggiungono ad astheneiais un mou (cf. lt, 02, F, G, 'l', 0 1 2 1 , 1 88 1 ) che non è necessario, in quanto è già chiaro che Paolo s i riferisce a se stesso e non ad u n altro. Per la lezione senza il pronome mou cf. P"6, B, D*, 0243 , 0278, 6, 33, 1 1 75, 1 739.

Il vanto delle rivelazioni e nelle debolezze (2Cor 12,1-10) 1 493

cedente (2Cor 1 1 ,30), per essere ripresa nella seconda parte dell'attuale pericope (v. 7b- 1 0) e culminare nella sentenza paradossale finale del v. 1 0. vv.

6-7a: Il motivo del vanto, nel processo della visione estatica, ha bisogno di es­ sere spiegato, altrimenti lascia lo spazio per diverse obiezioni: anche se costretto dalla situazione, Paolo si vanta delle visioni e delle rivelazioni, che necessità c'è di attardarsi su ciò che non è verificabile e che anzi risulta persino indicibile? In ul­ tima analisi come può esser posta sul banco della propria apologia una visione così indecifrabile come quella descritta nei w. 2-4? Non si rischia di appellarsi soltanto alla propria autorità per essere riaccolto dai destinatari? Per tali motivazioni, egli cerca di dimostrare (cf. la ripetizione di gar, 2 volte nella prima parte del v. 6) il peso delle rivelazioni rispetto a quanto si può cogliere nor­ malmente di fronte alla sua persona. La spiegazione di prove inafferrabili, come le visioni e le rivelazioni, è formulata prima di tutto con una ipotetica introdotta da ean + congiuntivo aoristo (theleso), nella protasi, e dal futuro semplice nell'a­ podosi (esomai... ero). L'ipotetica rientra nei casi di eventualità reale, giacché di fatto Paolo si sta vantando, cadendo in una nuova forma d'immoderazione. La disposizione parallela, fra le due parti dell'apodosi (prima in forma negativa, "non sarei immoderato" 74, poi in positiva, "direi infatti la verità" 75), dimostra, an­ cora una volta, .che in questione non è "il discorso del pazzo", bensì quello dell'im­ moderato, ossia di chi vantandosi rischia di sembrare, agli occhi degli ascoltatori, senza moderazione (aphrosyne) e quindi biasimevole. Per questo, pur avendo chiesto ai destinatari di sopportare un po' d'immodestia (cf. 2Cor 1 1 , 1 ), preferi­ sce, nella seconda parte del v. 6, trattenersi per non essere considerato al di sopra di quanto gli altri vedono o ascoltano da luF6• Tale petizione sembra decisiva nel contesto delle visioni e delle rivelazioni, in quanto risultano non verificabili, no­ nostante la richiesta più o meno esplicita che gli possa giungere dai destinatari e/ o dagli awersari. Di fatto, la stessa petizione non è stata utilizzata per le prece­ denti prove - quella sulla gratuità dell'evangelizzazione a Corinto (2Cor 1 1 ,7-2 1 a) e quella relativa alle credenziali dell'apostolato (2Cor 1 1 ,2 1 b-33) - mentre è non soltanto opportuna ma necessaria quando si apportano prove così intime e perso­ nali come quella del rapimento al terzo cielo. Significativo è il contrasto fra i sensi coinvolti nella visione personale, descritta nei w. 2-4, e quelli espressi con i verba videndi (blepein) e sentiendi (akouein)77: ciò che egli ha visto e ascoltato in paradiso rischia di snaturare la considerazione che di lui hanno le sue comunità 78, come già si sta verificando con i "super-apostoli", sopraggiunti a Corinto. Così, nonostante la richiesta di essere accettato come 74 Per la connotazione d'immoderatezza più che di follia, espressa con l'aggettivo aphron vedi i commenti a 2Cor l l , l . l6-l7. 75 L'appello alla verità (aletheia) è stato già introdotto nella lettera polemica a proposito della •ve­ rità di Cristo" (cf. 2Cor l l , IO); sarà ribadito in 2Cor 13,8. 76 Il verbo pheidomai che significa "risparmiare qualcosa o qualcuno" (cf. 2Cor 1 ,23; dopo cf. 2Cor 1 3,2; anche Rrn 8,32; I l ,2 1 ), è utilizzato nel presente contesto nella forma assoluta è può es­

sere ritenuto un semplice riflessivo, con il significato di "trattenermi", "uso con moderazione". Di fatto, nonostante il plurale "visioni e rivelazioni" (vv. l . 7), Paolo si limita a citare, peraltro in modo molto vago e reticente, la visione sino al terzo cielo, senza soffermarsi almeno sulla rivelazione-apparizione della propria vocazione a cui ha accennato in lCor 1 5,8 (cf. anche Gal l 1 5- 1 6).

11 Cf. l'uso di ekousen e di akouein nei vv. 4 6 . Per il binomio "vedere-ascoltare" cf. Mc 8,18; Rrn .

1 1 ,8; in ordine inverso cf. Mt I l ,4; 13, 14; At 8,6; 28,26. 78 n verbo logizesthai, anche se già utilizzato nel corso della prima apologia (cf. 2Cor 3,5; 5 , 19), è particolannente attestato nella seconda apologia (cf. 2Cor 1 0,2.2.7.1 1 ; 1 1 5 ) , in cui si può rilevare una duplice accentuazione: quella che lo assimila a "ritenere" o "pensare" (cf. 2Cor 10,7) e quella ,

che pone in maggior risalto la valutazione sottostante del proprio modo di pensare. Non dimenti­ chiamo che spesso nell'epistolario paolino, il verbo evoca una connotazione commerciale propria dell'accreditamento economico. Cf. Harris , Second Corinthians, 849; Martin, 2Corinthians, 409.

494 l Traduzione e commento

"immoderato", egli preferisce continuare a presentarsi "in tutto e per tutto" com'è realmente (cf. 2Cor 1 1 ,6), senza supervalutazioni che inducono a far risaltare maggiormente l'evangelizzatore rispetto al vangelo o l'apostolo rispetto a Colui che lo ha mandato79• Discussa è la disposizione sintattica e la punteggiatura del v. 7a: il riferimento al­ l'eccellenza delle rivelazioni è da collocare in relazione al v. 680 oppure sarebbe da considerare come inizio di una nuova sentenza81 ? A prima vista, poiché quella de­ scritta nei vv. 2-4 è una "visione", più che una "rivelazione", sembra opportuno ri­ tenere la prima parte del v. 7 come inizio di una nuova sentenza del paragrafo. Tuttavia, abbiamo già segnalato che, pur se distinte, le visioni e le rivelazioni rien­ trano nello stesso paradigma della manifestazione divina o trascendente. D'altro canto, il riferimento all'eccellenza delle rivelazioni si coniuga bene con l'esigenza di non essere considerato più di quanto sia visibile nella sua persona: tali fenome­ ni rischiano di esaltarlo eccessivamente di fronte agli ascoltatori. A far pesare la bilancia a favore della maggiore relazione sintattica tra il v. 7a e il v. 6 è la presenza della congiunzione dio che, pur se omessa da alcuni testimoni82 , sembra appartenere alla lectio originale del v. 7b, in quanto più attestata83• Si può rilevare che, in genere, tale congiunzione introduce una nuova sentenza nella sin­ tassi paolina, come dimostra il successivo v. 1084, mentre di rado è posta nel corso di una proposizione85• Pertanto riteniamo più opportuno scindere le due parti del v. 7 e far iniziare la proposizione successiva con il solito dio che assume valore consecutivo-causale. Il dativo thé; hyperbolé1 ha valore causale rispetto a quanto precede, riferendosi a quanto emerge da ciò che gli altri vedono ed ascoltano da Paolo, senza cadere in forme di esaltazione. In quanto è collocato in rapporto alle rivelazioni, il sostanti­ vo esprime soprattutto la loro "straordinarietà" oltre che, a causa del plurale ton apokalypseon, la quantità delle stesse rivelazioni. I due versanti, quantitativo e qualitativo delle rivelazioni non vanno disgiunti86, ma l'accento è posto soprattut­ to sulla loro qualità, giacché potrebbero indurre gli ascoltatori a valutare in modo eccessivo la sua persona 87• 7b: Con la proposizione dedicata alla famosa "spina nella carne", perveniamo ad una delle affermazioni più enigmatiche e indecifrabili non soltanto della 2Co­ rinzi bensì dell'intero epistolario paolino; e nonostante i due millenni di esegesi non si è ancora pervenuti ad un'interpretazione convincente. Sembra che all'enig­ ma delle parole indicibili, per chi è stato rapito al terzo cielo (v. 4), si accompagni volutamente quello della spina e di un angelo di satana. Con chi o che cosa s'iden­ tifica la "spina nella carne"? Chi è "un angelo di satana"? E in che senso fu inviato per schiaffeggiare Paolo? A quale fase dell'autobiografia allude? E in quale occa­ sione egli supplicò per tre volte il Signore affinché lo allontanasse da lui? Forse v.

79 La preposizione hyper richiama, in modo implicito, i 8SUper-apostoli" (huperlian apostolon) con i quali Paolo ha deciso di sostenere il confronto nella tesi generale della probatio (cf. 2Cor 1 1 ,5-6 e in seguito cf. 2Cor 1 2 , 1 1 ) . 80 Così nella punteggiatura scelta dall'edizione critica d i N-A27; anche Fumish, II Corinthians, 528; Hotze, Paradoxien bei Paulus, 2 1 2-2 1 3; Martin, 2 Corinthians, 388, 4 10-4 1 1 . 8 1 Harris, Second Corinthians, 853; Lambrecht, Second Corinthians, 202; Thrall, Second Corin­ thians, 805. 82 Escludono la congiunzione dio i codici 1*, D, '1', l88 1 . 83 Cf. N , A , B, F , G, 0243, 33, 8 1 , 1 1 75, 1 739. C f. Metzger, Textual Criticism, 5 1 6. 84 Cf. 2Cor 1 ,20; 2,8; 4, 1 6; 5,9; 6 , 1 7 ; 1Ts 3 , 1 ; 5, 1 1 ; 1Cor 1 2,3; 14, 1 3 ; Gal 4,3 1 ; Rm 1 ,24; 2, 1 ; 4,22; 13,5; 1 5,7; Fil 2,9; Fm 8; Ef 2, 1 1 ; 3 , 1 3 ; 4,8.25; 5,14. 85 Cf. 2Cor 4,13.13 ma il primo caso rientra nella citazione diretta del Sal 1 15, 1 , nel secondo è uti­ lizzato il sintagma dio lwi. 86 Cf. l'accenno alla "sovrabbondanza della potenza" divina in 2Cor 4, 7. 87 Si noti la particolare attenzione all'eccedenza della stima nei confronti di Paolo rispetto a quel­ la delle rivelazioni (hyper... hyperboli, vv. 6-7) che conferma la congiunzione tra il v. 6 e il v. 7a.

fl vanto delle rivelazioni e nelle tkbolezze (2Cor 12, 1-10) l 495 per nessun'altra delle sue affermazioni si condensano tante domande per la quale si moltiplicano le ipotesi. Eppure, dobbiamo rilevare che, questa volta, a differen­ za di altre crux interpretum dell'epistolario paolina, l'enigma dei contenuti si ac­ compagna alla cura stilistica della proposizione disposta, come vedremo, in for­ ma chiastica. Non si tratta di una delle tante affermazioni involute di Paolo (si pensi agli anacoluti) dovute al tenore colloquiale e brachilogico della sua comuni­ cazione epistolare, bensì di una sentenza che si lascia percepire per la sua incom­ prensione proprio attraverso la sua nitida composizione: è uno degli esempi più complessi in cui la struttura non chiarifica i contenuti ma li rende più indecifrabi­ li a causa dei molteplici significati che veicola. Pertanto, prima di cercare di ri­ spondere alle questioni poste, è necessario valutare la disposizione retorico­ letteraria della proposizione. Di fatto il v. 7b è composto nella seguente forma chiastica 88: (a) "Perciò affinché non mi esaltassi (b) mi fu data (c) una spina nella carne, (c') un angelo di satana (b') affinché mi schiaffe asse, (a') affinché non mi esaltassi" 9•



In genere nel chiasmo paolina, come per qualsiasi disposizione chiastica, il punto nodale o focale è costituito dalla parte centrale che, in questo caso, corrisponde alla contiguità tra la spina nella carne e un angelo di satana (c-c'). Tale contiguità permette di chiarire almeno che tra la spina nella carne e l'angelo di satana c'è una certa corrispondenza, anche se dal versante letterale, la prima rientra nelle realtà inanimate mentre il secondo è presentato con i tratti di una persona più o meno riconoscibile, a meno che lo stesso "angelo di satana" sia considerato come semplice antropomorfismo di una realtà inanimata. Proseguendo a ritroso nella composizione chiastica, anche tra gli elementi b-b' si evince una corrispondenza: edothe moi... hina me kolaphize;, anche se il primo verbo è molto probabilmente un passivo divino90, mentre il secondo ha come sog­ getto l'angelo di satana. Di fatto sia l'invio della spina nella carne sia l'intervento umiliante di un angelo di satana sono finalizzati a impedire l'autoesaltazione di Paolo. Non sappiamo se in questa doppia azione sia presente la prospettiva per cui la spina nella carne richiami l'origine divina di ogni prova umana e un angelo sia riconducibile all'agente prossimo di satana che umilia Paolo: per fondare tale concezione bisogna risalire alla teodicea espressa soprattutto dal libro di Giobbe, in cui Dio permette a satana di tentare Giobbe con ogni genere di prova (cf. Gb l , 1 - 1 2) 9 1 • Comunque è un dato di fatto che la doppia azione sortisce per Paolo l'ef­ fetto dell'umiliazione di fronte alla straordinarietà delle rivelazioni. L'ultimo livello del chiasmo (a-a') è omogeneo, in quanto è ribadita alla lettera l'espressione "affinché non mi esaltassi". Con tale ripetizione, Paolo allude alla straordinarietà delle rivelazioni e delle visioni, di cui ha offerto un esempio nei vv. 2-4, anche se non sappiamo se le due situazioni, quella del rapimento al terzo cie88

Harvey, Listening to the Text,

204; Hotze, Pardoxien bei Paulus, 2 1 5.

89 Diversi testimoni riportano la lectio brevior, senza il secondo hina mt hyperairornai (cf. lC*, A,

D, F, G, 33, 629*), in quanto ripete alla lettera l'inizio del chiasmo. In realtà, proprio perché lectio sarebbe stato più facile escludere tale ripetizione che ribadirla, in quanto pleonastica. La lezione con tale ripetizione è attestata dal P"" , lC2, B. l''d , '1', 0243, 0278, 1 739. Cf. Metzger, Textual Criticism , 5 1 7. 90 Bamett, Second Corinthians , 568; Bultmann, Der zweite Brie{. 226; Fum.ish, II Corinthians, 528; Lambrecht, Second Corinthians, 202; Matera, II Corinthians, 282; Thrall, Second Corinthians, 806. 91 D. Abemathy, "Paul's Thom in the Flesh: A Messenger of Satan?", in Neot 35 (200 1 ) 76 che ri­ porta come parallelo il richiamo a Giobbe in Gc 5, 1 1 .

diffìcilior è da preferire:

496 / Traduzione e commento

lo e quella della spina nella carne, si riferiscano allo stesso periodo ( 1 4 anni prima della dettatura di 2Cor 1 0-13) o a due fasi diverse dell'autobiografia paolina. Nel primo caso, ci troviamo ancora intorno al primo lustro degli anni 40 d.C.; nel se­ condo risulta praticamente impossibile stabilire qualsiasi coordinata spazio­ temporale; e questa costituisce la prima incognita sulla quale non possiamo offri­ re alcuna risposta esaustiva, a causa dei dati troppo sfocati con cui Paolo descrive questo tratto autobiografico. Oltre alla composizione chiastica del v. 7b è importante evidenziare il concatena­ mento delle tre finali: " ... (a) affinché non mi esaltassi. . . (b) affinché mi schiaffeg­ giasse . . . (a') affinché non mi esaltassi". La disposizione concentrica (a-b-a') delle finali permette d'identificare l'azione violenta dell'angelo di satana come gesto di umiliazione nei confronti di Paolo. Prima di analizzare in dettaglio l'enigmatico v. 7b, è importante precisare che il confronto con gli avversari, presente nel backgraund della narrazione, riscontra anche in questo caso, come in quello della visione descritta nei vv. 2-4, uno scarto rispetto al loro modo di presentarsi. Non possono sostenere il confronto con il suo rapimento sino al paradiso né con l'esperienza drammatica della spina nella carne, a dimostrazione che egli non è "in nulla inferiore ai super-apostoli" (cf. la tesi principale della probatio in 2Cor 1 1 ,5-6 ). Per questo, anche in questa sentenza continua l'uso di termini composti dalla preposizione hyper-: hyperairomai (due volte)92 • Mentre gli avversari si ritengono "super-apostoli" che travalicano ogni forma di moderazione, Paolo sperimenta l'umiliazione nel proprio ministero, di cui la spina nella carne rappresenta un esempio illuminante che pone a nudo la sua debolezza. Nella conclusione della nostra analisi valuteremo le diverse ipotesi delineate nella storia dell'interpretazione sulla "spina nella carne": in questa sede, dopo l'analisi stilistica del passo, cerchiamo di focalizzare l'attenzione sul senso dei singoli ter­ mini e del sintagma con cui è formulata. n sostantivo skolops è hapax legomenon nel NT e risulta raro anche nel greco della LXX , dov'è utilizzato soltanto 4 volte93• Di per sé, lo skolops può assumere due significati basilari: quello di "palo aguzzo", utilizzato per le fortificazioni e per l'applicazione della pena capitale dei condan­ nati94, e quello di "spina". Poiché, Paolo non usa mai questo sostantivo per descri­ vere la croce di Gesù Cristo o in generale, rispetto alla quale si serve dei termini stauros (cf. 1 Cor 1 , 1 7) e xylon (cf. Gal 3 , 1 3 con la citazione diretta di Dt 2 1 ,23), è fuori luogo pensare ad un palo aguzzo sul quale fosse infissa la propria carne95• D'altro canto, nella LXX lo skolops è sempre inteso come "spina", sia in senso rea­ listico, come in Os 2,8, dove si dice che il Signore stesso "sbarrerà la strada di spi­ ne" per la sposa infedele (cf. anche Sir 43, 1 9), sia con valore metaforico, come in Nm 33,55, dove i nemici del paese saranno "come spine negli occhi e pungoli nei fianchi" (cf. anche Ez 28,24), e non come un "palo aguzzo"96• A sua volta, la sarx a cui è relazionata la spina non ha valore negativo, come ad esempio, in 2Cor 1 1 , 1 8, ma allude alla costituzione fisica di Paolo, nella o contro la quale è stata inviata la spina 97• In tal senso il dativo skolops the; sarki può essere 92 Cf. hyperkteinomen di 2Cor 10,14; ton hyperlian apostolon di 2Cor l l ,S; hyperboli di 2Cor 12,7a. D verbo hyperairomai (insuperbirsi) è

raro nel NT: soltanto qui (2 volte) e in 2Ts 2,4 a proposito dell'escatologico "uomo dell'iniquità" o il "figlio della perdizione". 93 Nm 33,55; Sir 43, 1 9; Os 2,8; Ez 28,24. 94 Cosl scrive Luciano di Samosata, Storia vera 1 ,30: "Essa (la balena) veniva contro di noi con la gola aperta, e già a grande distanza... e digrignando i denti ... tutti aguzzi come pali (skolopas )". Cf. anche gli esempi addotti da G. Delling, skolops , in GLNT XII, 556-56 1 . 95 Con buona pace di D.M. Park, "Paul's skolops te; sarki: Thom or Stake?", in NT 20 (1 980) 1 79- 183. 96 Thrall, Second Corinthians, 807. 97 Martin, 2 Corinthians, 4 1 3 ; Thrall , Second Corinthians, 807.

Il vanto tMle rivelazioni e nelle deboku.e (2Cor 12, 1-1 O) l 491

inteso sia come locativo98, con l'accentuazione dell'ambito nel quale è posta la spina, sia di svantaggio (dativus incommodi), nel senso che la spina è inviata con­ tro la carne, per debilitare il fisico di Paolo99: le due possibilità possono essere compresenti nell'originale sintagma. L'unicità dell'espressione in tutto il greco bi­ blico non aiuta a cogliere il suo significato: in base all'analisi formulata possiamo soltanto stabilire che skolops significa "spina" e non "palo", e che è posta nella carne e a svantaggio di Paolo. Passando alla seconda espressione, "l'angelo di satana", posta in contiguità sintat­ tica con la "spina nella carne", dobbiamo subito rilevare che, a parte l'uso non tec­ nico o proprio del sostantivo aggelos che può essere semplicemente inteso come "inviato" o "messaggero" 1 00 , il sostantivo ha valore personale e non di oggetto 10 1 , .come invece skolops, al punto che l'angelo è inviato per schiaffeggiare Paolo. La prossimità di 2Cor 1 1 , 14- 1 5 non può essere posta in secondo piano per l'interpre­ tazione dell'angelo di satana 1 02, anche se l'espressione aggelos satana è utilizzata soltanto qui nel NT. Di fatto nel corso di 2Cor 1 1 ,7-2 1 a sono gli stessi avversari di Paolo, definiti "falsi-apostoli", che si mascherano da apostoli di Cristo, come "sa­ tana si maschera da angelo di luce" e, in quanto suoi ministri "si mascherano da ministri di giustizia". Così l'angelo di satana sembra un messaggero inviato da sa­ tana per schiaffeggiare Paolo 103• La contiguità tra 2Cor 1 1 , 1 4-1 5 e 2Cor 1 2,7b la­ scia propendere decisamente verso l'interpretazione antropologica dello skolops: la spina posta nella e contro la carne di Paolo sembra riferirsi a qualcuno dei suoi avversari che lo umilia e gli crea grandi sofferenze. L'ipotesi verrebbe confermata dall'uso del verbo "schiaffeggiare" che nel NT ha una chiara connotazione antro­ pologica, mentre non è mai utilizzato per designare l'azione metaforica prodotta da una realtà inanimata 104• Pertanto, più che di una malattia fisica o mentale, la spina nella carne andrebbe relazionata a qualcuno degli avversari, di cui ignoriamo l'identità (ma l'anonima­ to con cui Paolo li cita non dovrebbe sorprendere perché è un tratto caratteristico del modo con cui allude ai suoi oppositori), e che lo ha umiliato sino a porre in di­ scussione la sua dignità e il suo apostolato 105• La stessa 2Corinzi canonica attesta questo genere di umiliazione subito da Paolo, soprattutto in riferimento all'offen­ sore citato in 2Cor 2,5- 1 1 : non è un caso che nel ricordare tale umiliazione, Paolo concluda citando le intenzioni subdole di satana (v. 1 1 ). Comunque, l'ipotesi an­ tropologica sulla "spina nella carne" ha bisogno di essere valutata a partire dalle affermazioni successive e dalla consistenza delle diverse interpretazioni che sono state avanzate nella storia dell'interpretazione: per questo rimandiamo il lettore all'excursus conclusivo della nostra analisi. 98 Bultmann, Der zweite Brief, hians, 202-203. 99 Matera, Il Corinthians, 282.

226; Harris, Second Corinthians, 854; Lambrecht, Second Corint­

100 Cf. Gal 4,14 in cui Paolo stesso elogia l'accoglienza che i Galati gli riservarono all'inizio della sua predicazione, accogliendolo come "un angelo di Dio". 1 0 1 Cf. il binomio "angeli-uomini" in 1Cor 4,9; 1 3 , 1 . 102 Peterson, Eloquence, 1 27. 103 La concezione che riconosce satana o il diavolo con una sua corte di angeli/messaggeri è ben attestata nel NT (cf. Mt 25,4 1 ; Ap 12,7.9) e nella letteratura apocrifa dell'AT (cf. Testamento di Aser 6,4: "Le morti degli uomini mostrano la loro giustizia: esse sono riconosciute attraverso gli angeli del Signore e quelli di Beliar"). 1 04 Cf. l'uso di kolaphizein in 1Cor 4, 1 1 (nella lista delle avversitl), in Mt 26,67; Mc 14,65 durante il processo a Gesù, schiaffeggiato dagli uomini, e in 1 Pt 2,20 per le umiliazioni subite dagli schiavi da parte dei loro padroni. Così Penna, "Avversari", 325. 105 Con buona pace di Vallauri, "La gloria", 3 76 che obietta sull'identificazione antropologica del­ la "spina nella carne" evidenziando che in tal caso non si spiegherebbe "come mai parli in modo cosi velato e misterioso di persone contro le quali nel contesto non teme di polemizzare in modo duro e aperto". Piuttosto l'avversario citato implicitamente in 2Cor 12,7 è soltanto diverso da quel­ li con i quali polemizza nel corso della seconda apologia, ma sono accomunati dall'anonimato con cui li tratta Paolo.

498 / Traduzione e commento 8: n linguaggio enigmatico che ha caratterizzato i versi precedenti prosegue con la nuova sentenza in cui Paolo ricorda la propria supplica, rivolta al Signore, affinché lo liberi dalla situazione di prova causatagli dalla spina nella carne e/o dall'angelo di satana. Non è chiaro a chi si riferisca l'iniziale "rispetto a questo" (hyper toutou) 106, in quanto il pronome può risultare maschile o neutro 107• Dal punto di vista sintattico, poiché l'espressione più vicina è "un angelo di satana" sembra preferibile pensare a tale referente; d'altro canto il successivo "allontanas­ se" (aposte;), utilizzato senza referente pronominale, è un verbo in genere relazio­ nato alle persone e non ad oggetti nel NT 108• Tuttavia, abbiamo già evidenziato che la "spina nella carne" e "un angelo di satana" sono posti in continuità sintatti­ ca, cosicché è possibile che, supplicando di essere liberato dall'angelo di satana Paolo chieda, nello stesso tempo, l'allontanamento della spina nella carne. Prose­ gue, in tal modo, il duplice riferimento all'oggetto e alla persona da cui si attende la liberazione dal Signore. Altrettanto indefinito è il destinatario della supplica (parekalesa) di Paolo: è rivol­ ta direttamente a Dio oppure a Gesù Cristo? In genere, egli rivolge le sue preghie­ re a Dio, anche se non utilizza il verbo parakalein che, soltanto in questo caso, esprime la sua supplica nella preghiera 1 09• Tuttavia, si può ben rilevare che nei vv. 9- 1 O si parla della "potenza di Cristo" e non di quella di Dio; e le avversità che Pao­ lo elencherà sono "per Cristo". D'altro canto, l'ultimo riferimento al kyrios (v. l ) ha valore cristologico più che teologico. Pertanto riteniamo che la supplica acco­ rata di Paolo sia rivolta a Gesù Cristo, riconosciuto per la sua signoria, in seguito alla sua morte e risurrezione per noi 1 10• Discusso è anche il senso dell'avverbio numerale tris che quantifica le volte in cui Paolo ha supplicato il Signore affinché allontanasse la spina nella carne e/o un angelo di satana 1 1 1 • Si tratta di tre suppliche corrispondenti a tre situazioni diver­ se di prova? Oppure, come sembra più probabile, per tre volte egli ha supplicato il Signore rispetto all'unica situazione che sta evocando 1 1 2? L'annotazione è così fu­ gace che diventa praticamente impossibile stabilire la portata cronologia della re­ lazione tra le tre volte della supplica e la condizione di umiliazione 1 1 3• D'altro can­ to non sappiamo neppure se si tratti di una numerazione stereotipa 1 1 4, per cui si

v.

106

La preposizione hyper sostituisce il normale peri, come già al v. S. Cf. Zerwick - Grosvenor, Grammatica/ Analysis, 560. 107 Thrall, Second Corinthians, 8 1 8 interpreta toutou (''questa cosa" o "questa condizione") come neutro in quanto riferito all'intera prova subita da Paolo; invece Barrett, Second Corinthians, 3 1 6; Bultmann, Der zweite Brief, 227; Fumish, II Corinthians, 530 e Lambrecht, Second Corinthìans,

203 lo considerano maschile. 108 Cf. l'uso di aphìstamai in 1 Tm 4, 1 ; 2Tm 2 , 1 9; Lc 2,37; 4,13; 8,l3; 1 3,27; At 5,37.38; 12, 10; 1 5,38; 1 9,9; Eh 3 , 1 2. Così Barnett, Second Corinthians 572. I paralleli citati da Harris, Second Corin­ thians, 859 sulla relazione tra aphìstamai e gli oggetti (cf. Erma, Similitudini 7,7; 8,6,4; 9,22,2) sono tutti extra e post-neotestamentari. 109 Cf. però l'uso di parakalein per esprimere la supplica delle persone nei confronti di Gesù, se­ condo la tradizione sinottica di Mc 1 ,40; 5,23; 6,56; 7,32; 8,22. Cosi Thrall, Second Corinthians, 820. 11 ° Fumish, I/ Corinthians, 529; Hanis, Second Corinthians, 860; Thrall, Second Corinthians, 8 1 9. 1 1 1 Lo stesso numerale tris è stato già utilizzato in 2Cor I l ,25 per le tre volte in cui Paolo fu basto­ nato e fece naufragio. 112 Thrall, Second Corinthians , 8 1 9. 1 1 3 Con buona pace di Barnett, Second CorinthU:lns, 511-572 e di J.W. McCant, "Paul's Thorn of Rejected Aposdeship", in NTS 34 ( 1 988) 571 che insistono sulla relazione, spesso forzata, tra la preghiera di Gesù nel Getsemani (cf. Mc 14,4 1 ) e la supplica di Paolo nella prova. Rispetto a tale parallelo sembrano scettici anche Lambrecht, Second Corinthians, 203 ed Harris, Second Corin­ thians, 861 . 1 1 4 Cf. la triplice benedizione di Nm 6,24-26, la triplice invocazione di Elia sul figlio della vedova in IRe 17,2 1 e la triplice preghiera da compiere ogni giorno (mattino, pomeriggio e sera), secondo la pietà giudaica (cf. Sal 55, 16- 1 7; Dn 6,14; I QS 1 0 , 1 -7; IQH 1 2,3-9 con la triplice scansione del giorno, delle stagioni e degli anni). ,

Il vanto delle rivelazioni e nelle debolezze (2Cor 12, 1-10) 1 499

accenna a tre volte così da segnalare una supplica esaustiva, ma in realtà potreb­ bero essere più numerose le occasioni della sua supplica 1 1 5• Comunque, dobbiamo riconoscere che l'effetto retorico è ben riuscito: mentre nella prima parte del paragrafo, Paolo sottolinea di essere stato rapito sino al ter­ zo cielo (v. 2), adesso per tre volte ha supplicato il Signore nella condizione di umiliazione e di prostrazione : sembra come un contrappasso dantesco ante Zitte­ ram, attraverso il quale l'innalzamento al terzo cielo è bilanciato dalla triplice supplica nella prostrazione. Se restiamo nel solco dell'interpretazione antropolo­ gica della "spina nella carne" e di "un angelo di satana", la situazione ricordata doveva essere particolarmente violenta e sofferta giacché, in quasi tutte le sue let­ tere, Paolo accenna alle avversità procurategli dagli oppositori. Anche se non sia­ mo in grado di stabilirne i contorni storici, doveva trattarsi di un'avversità così umiliante da indurlo a ricordare le reiterate volte in cui aveva supplicato il Signo­ re per esserne liberato. 9: ll contrasto segnalato tra il rapimento al terzo cielo e la triplice supplica nel­ l'umiliazione prosegue con la risposta che Paolo riceve dal Signore: questa volta egli ricorda molto bene la risposta mentre per il rapimento al terzo cielo non può neppure riferire le "parole indicibili" ascoltate (v. 4), a dimostrazione che il suo apostolato non si fonda sulle visioni e sulle rivelazioni bensì sulla potenza di Cri­ sto nella sua debolezza. Il contrasto con la visione indicibile pone in risalto il pa­ radosso dell'apostolato paolino u6• Significativo è anche il contrasto tra l'uso del­ l'aoristo parekalesa (supplicai del v. 8) e il perfetto eireken (disse): si tratta di vero perfetto la cui rilevanza esprime la durata, sino al presente, di quanto il Signore disse a Paolo in occasione della "spina nella carne" m. Così la risposta "ti basta la mia grazia ... " non vale soltanto per la tribolazione citata bensì per ogni avversità incontrata nell'esercizio del ministero 1 18• A sua volta, l'intervento del Signore ha le caratteristiche di un solenne oracolo di rivelazione u9, del quale Paolo è destinatario e che lo accompagna per tutta l'esi­ stenza. Il contenuto della risposta è diverso da quello della domanda, cosicché esige dal destinatario l'accoglienza fiduciosa del disegno divino 120 • Di fatto, la ri­ sposta non è incentrata sull'esaudimento della triplice supplica di Paolo, bensì sposta l'attenzione sulla permanenza della grazia divina in lui. Dal versante stili­ stico, anche la risposta del Signore, come la descrizione della spina nella carne e di un angelo di satana, è disposta in forma chiastica 121:

v.

"(a) Basta (b) a te (c) la mia grazia; (c') infatti la potenza (b') nella debolezza (a') si realizza".

Diverse sono le connotazioni della charis nella 2 Corinzi canonica: include la be5

11 Cosi Giovanni Crisostomo In secundam ad Carinthios 26,3 interpreta il numerale tre come corrispondente di "spesso". Cf. inoltre Barrett, Second Corinthians, 3 1 6. 116 Hozte, Paradoxien bei Paulus, 2 1 7-2 1 8. 1 17 Harris, Second Corinthians, 861 -862; Martin, 2 Corinthians, 4 1 8.

1 18

119

120

Thrall , Second Corinthians, 82 1 . Cf. l'uso di to eiremenon (l'oracolo) in Rm 4,18. Pesce, Le parole dimenticate di Gesù, 6-7 inserisce l'oracolo fra i detti gesuani estranei ai vange­

li canonici. A riguardo è importante distinguere il livello gesuano da quello cristologico delle paro­ le di Gesù; e il presente oracolo rientra certamente fra le parole del Signore risorto e non in quelle del Gesù terreno. 121 G. O'Collins, "Power Made Perfect in Weakness", in CBQ 33 ( 1 97 1 ), 534; e in seguito Harris,

Second Corinthians,

862.

500 l Traduzione e commento

nevolenza e l'amore divino (cf. 2Cor 9,8), il dono della generosità di Cristo che si riversa su quella dei credenti (cf. 2Cor 8,9) e quello della riconciliazione gratuita (cf. 2Cor 6,1 ), sino ad esprimersi come azione potente che sorregge Paolo nel pro­ prio ministero (cf. 2Cor 1 , 1 2 ) Con quest'ultima accezione è formulata nella rispo­ sta del Signore di fronte all'insistente supplica di Paolo: si tratta di una grazia che corrisponde alla potenza o alla dynamis di Cristo (elementi c-c' del chiasmo) e che esprime la sua fedeltà nell'esistenza di Paolo m, come dimostra la seconda parte della risposta, introdotta dalla congiunzione causale gar. n verbo arkein (bastare, essere sufficiente) esprime, in modo discreto, l'importan­ za quantitativa e qualitativa della grazia divina, poiché se sì è consapevoli della sua azione potente si ha in realtà tutto 123• A prima vista, il verbo potrebbe essere relazionato all'ideale stoico di chi impara a "bastare" a se stesso, attraverso l'asce­ si interiore per l'adesione alla filosofia che conduce all'autarchia. Cosi scriveva Epitteto: "Poiché noi non potevamo darti questo, ti donammo una parte di noi stessi: la potenza di scelta o di rifiuto, di desiderio e di avversione, in una parola, la facoltà che utilizza le impressioni esterne; se tu curerai e metterai in essa le tue cose, non sarai mai contrastato, non sarai mai impedito, non gemerai, non biasi­ merai né adulerai alcun uomo. Che cosa? Forse questo ti sembra poca cosa? Non sia mai! Ti accontenti (arke;) dunque di esse? Prego gli dei" (Dissertationes 1 , 1 , 1 2- 1 3 ) 124• n contesto oracolare e di orazione permette di riconoscere diversi contatti tra la supplica di Paolo e la preghiera di Epitteto. Tuttavia, è significativo che mentre per il filosofo l'autarchia parte dall'interiorità della conoscenza di se stessi, per Paolo è frutto dell'azione della grazia o dello Spirito nella propria esistenza, al punto che la potenza divina si realizza nella sua debolezza 125. Nella letteratura giudaica successiva il motivo dell'accontentarsi, espresso duran­ te la preghiera di supplica, riscontra in Mosè il prototipo, attraverso il commento alla sua supplica in Dt 3,25-26: "Permetti che io passi al di là e veda il bel paese che è oltre il Giordano e questi bei monti e il Libano. Ma il Signore si adirò contro di me, per causa vostra, e non mi esaudi. Il Signore mi disse: Basta, non parlarmi più di questa cosa" 126. n parallelo della richiesta di Mosè è significativo, anche se è bene evidenziare che manca il binomio della "forza-debolezza" e la reazione di Paolo non è limitata alla rassegnazione, di fronte al disegno divino, bensì si apre alla convinzione della presenza della potenza di Cristo nella propria esistenza 127• La seconda parte della risposta del Signore esprime, in forma generale 128 e para­ dossale 1 29, l'assioma per il quale "la potenza si realizza nella debolezza". Natural­ mente l'oracolo si riferisce alla potenza della grazia divina o alla stessa grazia di­ vina in quanto potenza; e la debolezza è quella umana in cui si realizza la potenza divina. A causa della rilevanza del sostantivo dynamis nella corrispondenza di Paolo con i Corinzi, non possiamo ignorare la sua connotazione cristologica e pneumatologica nello stesso tempo. Da una parte, Gesù Cristo è definito "potenza di Dio" (cf. l Cor 1 ,24) nell'evento della croce; e dall'altra lo Spirito è la potenza .

1 22 Schiitz, Apostolic Authority, 239. 123 Di rado arlcein è utilizzato nell'epistolario paolino (qui e in 1Tm 6,8; cf. anche Mt 25,9; Le 3,14; Gv 6,7; 14,8; Eb 1 3,5; 3Gv 10). 124 Cf. anche Epitteto, Dissertationes 4,10,14-16. 125 Bultmann, Der zweite Brief, 228. 1 26 Così commenterà il Midrash Tann. a Dt 3,26, citato in G. Kittel, arkeo, in GLNT l, 1 242: "Ti ba­ sti che su di te non ha potere il cattivo istinto, anzi che io non ti abbandonerò nelle mani dell'ange· lo della morte, ma io stesso mi occuperò di te". 1 27 Martin, 2 Corinthians, 419; Thrall, Second Corinthians, 822. 128 Diversi testimoni aggiungono il possessivo mou dopo dynamis per esplicitare l'origine cristo­ logica della F,tenza (cf. N 2, A", D1, 'f', 0243, 0278, 33, 1 739, 1881 ) La lezione più breve e più diffi· cile (cf. P'6" , N *, A*, B, D*, F, G), senza il possessivo, è da preferire. Cf. Metzger, Textal Criticism, 5 1 7; Thrall , Second Corinthians, 823. 1 29 Hotze, Paradoxien bei Paulus, 1 1 9-1 20. .

Il vanto delle rivelazioni e nelle debolezze (2Cor 12, 1-10) l SOl

operante nella debolezza del ministero di Paolo (cf. 2Cor 4,7). Pertanto appartie­ ne al modo di operare di Dio non soltanto scegliere i deboli per confondere i forti (cf. 1 Cor 1 ,27) ma persino che la potenza di Cristo si realizzi nella loro debolez­ za no. Alcuni sostengono che la potenza cristologica e/o pneumatologica di Dio in Paolo, come nel credente, sia inusuale, poiché in genere la sua attenzione è rivolta al per­ corso inverso, ossia all'essere en Ch risto; dei credenti 13 1 • In realtà, non soltanto in Gal 2,20 è attestata la presenza operante della vita di Cristo in noi, ma in 2Cor 4, 1 O la necrosi o la morte e la vita di Gesù si manifestano nel nostro corpo mortale (cf. anche Ef 3 , 1 7 sull'abitazione di Cristo nel cuore dei credenti). Nella seconda parte del v. 9, si assiste alla personalizzazione della potenza divina nella debolezza dell'esistenza di Paolo. L'uso di oun (pertanto) segnala il passag­ gio verso la conclusione delle prove addotte in 2Cor 1 2 , 1 - 1 0 1 32 • Cosi egli non con­ tinua a supplicare perché sia liberato dalla spina nella carne o da un angelo di sa­ tana bensl fa proprio il senso rassicurante dell'oracolo ricevuto. Invece di vantarsi delle visioni e delle rivelazioni, egli preferisce "più volentieri" 1 33 vantarsi delle proprie debolezze 1 34, poiché è in esse che "molto più" la potenza di Cristo si rea­ lizza o si compie 1 35• Circa la consistenza della "debolezza", mentre nei vangeli il sostantivo astheneia esprime soprattutto lo stato di malattia fisica 1 36, nelle grandi lettere di Paolo si riferisce principalmente alla condizione della fragilità uma­ na 1 37, soprattutto quando, come nel nostro caso, è posto in relazione alla potenza divina 1 38• Suggestiva è l'immagine sottostante alla dimora della potenza di Cristo su Paolo: ricalca il modello per il quale il Signore si rende presente in mezzo al suo popolo attraverso la s•kinah o la tenda del convegno (cf. Es 25,8-9; 40,34; Ez 37,27) 1 39• Il corrispondente verbo greco utilizzato da Paolo, episkenoun, è hapax legomenon nel NT ed è composto da epi + skenoun; nella forma semplice sarà utilizzato in Gv 1 , 1 4 per sottolineare che "la Parola si fece carne e pose la sua tenda fra noi" 140• 130 D verbo teleitai, utilizzato al presente, attesta che la potenza divina "si realizza" o "si compié nella debolezza non soltanto in alcune occasioni, ma in forma permanente. Il verbo telein , attesta­ to 28 volte nel NT, di cui 5 nell'epistolario paolino (oltre al nostro passo cf. Gal 5 , 1 6; Rm 2,27; 13,6; 2Tm 4,7) può assumere diverse sfumature: "realizzarsi", "compiersi", "raggiungere la perfezione", "peiVenire all'epilogo". Nella forma passiva preferiamo tradurlo con "realizzarsi", poiché in que­ stione è prima di tutto la concretizzazione e la manifestazione della potenza di Cristo nella debo­ lezza di chi è scelto per l'evangelizzazione, anche se la stessa potenza divina, realizzandosi nella debolezza umana, si compie e peiViene al suo compimento o al suo epilogo. 1 3 1 Martin, 2 Corinthwns, 420; O'Collins, "Power", 532. 1 32 Per Hotze, Paradoxien bei Paulus, 220 la sentenza del v. 9b rappresenta il momento più alto del "discorso del pazzo". In realtà si tratta semplicemente della personalizzazione paolina rispetto al­ l'oracolo cristologico precedente. Piuttosto il momento più elevato del discorso immoderato sarà rappresentato dal sentenza finale del v. ! Ob in cui Paolo congiunge in modo assiomatico e para­ dossale il suo essere debole con l'essere forte. 133 L'aggettivo avverbiale hedista da hedeòs (volentieri; cf. 2Cor 1 1 , 1 9) è superlativo (cf. l'uso se­ mente in 2Cor 12,15). Il futuro kauchesomai è logico o gnomico, come al v. 5, e non cronologico, a causa della posta in gioco della periautologia o del vanto di sé in 2Cor 1 1 , 1-12,10. 1 35 Più che relazionato ad hedista, il comparativo mallon si collega al successivo kauchésomai, così da evidenziare ciò di cui Paolo preferisce vantarsi. Cf. Furnish, Il Corinthwns, 53 1 ; Lam­ brecht, Second Corinthwns, 203-204; Thrall. Second Corinthwns, 826. 136 Cf. Le 5,15; 8,2; 1 3, 1 1 . 1 2; Gv 5,5; 1 1 ,4; anche At 28,9. 1 37 Cf. 2Cor 1 1 ,30; 1 2,9. 10; 13,4; 1Cor 2,3; 1 5 ,43; soltanto in Gal 4,13 e in 1Tm 5,21 il sostantivo al­ lude ad una malattia fisica. 1 38 Trakatellis, "Power", 79. 1 39 Nonostante la cautela di Furnish, II Corinthians, 531 che di fatto cita come parallelo extra­ biblico soltanto Polibio, Storie 4, 1 8,8: "Da ultimo, stabilitisi nelle case (episkenòsantes), derubaro­ no i beni...". Invece il retroterra anticotestamentario del verbo è posto ben in risalto da Corsani, Seconda Corinzi, 157; Thrall, Second Corinthians, 828; Vallauri, "La gloria", 378; e Witherington lll, Conflict & Community, 463. 14° Cf. anche l'uso di skenoun in Ap 7,14; 12,12; 1 3,6; 2 1 ,3. D motivo della presenza del Signore at-

502 / Traduzione e commento

L'affermazione paolina è ancora più intensa a causa della ripetizione della prepo­ sizione epi, nel verbo e nell'espressione successiva: sembra evidenziare che "vera­ mente" la potenza di Cristo pone la sua dimora su Paolo e nella condizione della sua debolezza. Complesso è il significato del genitivo "potenza di Cristo": è genitivo di origine, soggettivo o epesegetico? Le tre possibilità non si escludono ma possono benissi­ mo essere compresenti in un genitivo "generale": Cristo stesso, in quanto potenza di Dio (cf. 1 Cor 1 ,24), viene ad abitare non soltanto fra noi bensì su e in Paolo, come su e in ogni credente, colto nella condizione di debolezza; e la potenza che deriva da lui permette di vantarsi nella propria debolezza. Circa la relazione tra la potenza di Cristo e la propria debolezza è discussa la questione sulla priorità del­ l'una o dell'altra. In altri termini, la potenza di Cristo precede lo stato di debolezza di Paolo o si manifesta per mezzo di essa? Per via di principio, la potenza di Cri­ sto, in quanto espressione della grazia (cf. v. 9a), opera già nell'esistenza di chi, come Paolo, è chiamato sin dal seno della propria madre (cf. Gal 1 , 1 5). Tuttavia, a causa della risposta dell'oracolo, la stessa potenza si realizza nella debolezza, per cui è fuorviante sostenere che c'è prima la debolezza e quindi la potenza di Cristo, ma dov'è riconoscibile la debolezza umana è presente, nel contempo, la potenza divina 1 4 1 • Tuttavia, è bene precisare che Paolo non sta pensando a qualsiasi stato di debo­ lezza bensì a quello che si rende visibile, come dimostrerà il breve catalogo delle avversità al v. 1 0, nell'esercizio del ministero o nella predicazione del vangelo. Così è il ministero per il vangelo che lascia risaltare come Paolo stesso sia "incolto nell'eloquenza ma non nella conoscenza" (cf. parte della tesi principale della se­ zione in 2Cor 1 1 ,5-6), e non si riferisce a qualsiasi debolezza naturale o umana che ci portiamo dentro. lO: Con una congiunzione (dio) di tipo consecutivo più che causale 1 42, Paolo in­ troduce la sintesi delle prove addotte nell'ultimo paragrafo del discorso immode­ rato (2Cor 1 2 , 1 - 1 0), per attardarsi prima di tutto sulle debolezze sofferte per Cri­ sto, evocando l'ultimo breve catalogo delle avversità nella 2Corinzi canonica. Egli non si compiace (eudoko) delle debolezze in quanto tali 1 43, altrimenti ci troverem­ mo di fronte ad una forma deleteria di masochismo, bensì per quelle vissute o sof­ ferte "per Cristo" nel senso di "nell'interesse per" o "a favore di Cristo" e non di "al posto di Cristo" 1 44• Ancora una volta, nell'epistolario paolino la preposizione hy­ per ha non tanto valore sostitutivo quanto di vantaggio. Le debolezze di Paolo sono a favore di Cristo non perché aggiungono qualcosa al valore perfetto della sua morte e risurrezione, ma perché così diventa più visibile e riconoscibile come la potenza di Cristo si realizza nella sua debolezza. v.

traverso la nube è attestato nella tradizione sinottica della Trasfigurazione (cf. Mc 9,7 e paralleli) oltre che, nell'opera lucana, a proposito dell'annunciazione a Maria (cf. Le 1 ,35) e della promessa dello Spirito, durante l'episodio testamentario dell'ascensione, sugli apostoli (cf. At 1 ,8): in en­ trambi i passi è utilizzata l'espressione pneuma + dynamis + eperchesthai + epi + pronome persG­ nale. 1 4 1 O'Collins, "Power", 536. 142 Così invece Hanis, Second Corinthians, 866 che traduce dio con "that is why"; il valore causale può essere sostenuto ma ci sembra che il compiacimento delle debolezze per Cristo sia conse­ �uenziale rispetto all'oracolo ricevuto dal Signore e che non lo preceda. 1 3 Per l'uso di eudokein in 2 Corinzi cf. 2Cor 5,8; nella forma della prima sg. è utilizzato soltanto qui nel NT. Sul valore di "compiacersi", quando è utilizzato con la preposizione en cf. 2Ts 2,12; an­ che Sal 43,4 (LXX) . 1 44 Alcuni, come Bultmann, Der zweite Brief, 230; e Furnish, II Corinthians, 531 relazionano l'hyper Christu al verbo "mi compiaccio" e non all'elenco delle avversità. In realtà non soltanto la posizione dell'espressione esige, comunque, una relazione con le avversità e non esclusivamente con il verbo. ma la stessa preposizione hyper + genitivo ha valore di vantaggio più che causale. La relazione tra l'e­ lenco delle avversità e Cristo è posta bene in risalto da Lambrecht, Second Corinthians, 204.

Il val lto delle rivelazioni e nelle debolezze (2Cor /2, 1-10) l 503

Per esemplificare le debolezze per Cristo, sono citate quattro awersità che si col­ legano ai diversi cataloghi peristatici sparsi nella 2Corinzi canonica e che costi­ tuiscono una sorta di leitmotiv rispetto al ministero di Paolo (cf. le liste più ampie di 2Cor 4,8-9; 6,4- 1 O; 1 1 ,23-27). Più che rientrare nelle awersità, "le debolezze" che, di fatto, non sono mai citate da Paolo nelle liste peristatiche, esprimono lo stato di debilitazione causato dalle awersità subite per Cristo 14'. Per questo, le astlzeP1eiai caratterizzano le diverse awersità elencate, come un dato posto in ca­ pite o in esergo 1 4b. Così l'ultimo catalogo delle awersità comprende quattro sostantivi declinati al plurale e introdotti, come nelle liste di 2Cor 6,4-5 e di 2Cor 1 1 ,27, dalla preposi­ zione anaforica en, tranne l'ultimo, introdotto dalla congiunzione kai 147• Forse non è un caso che la presente lista cominci con le hybresin , citate soltanto qui nel­ le liste delle avversità paoline 14�. Quella della hybris o dell'alterigia costituisce non soltanto una delle questioni capitali nelle relazioni tra gli esseri umani e la divini­ tà, nel contesto culturale greco-romano - si pensi all'h vbris dei personaggi nelle tragedie greche - ma ha rappresentato l'elemento principale di confronto tra Pao­ lo e i suoi avversari nel corso della seconda apologia. Di fatto l'immodestia degli awersari è stata posta a confronto con la moderazione di Paolo rispetto al "metro del canone" stabilito dal Signore (cf. 2Cor l 0, 1 3); ed è per tale quaestio principalis che abbiamo preferito definire il discorso di 2Cor t 1 , 1 - 1 2, 1 8 come immoderato più che del pazzo, dell'insipiente o dello stolto. Le continue manifestazioni di hy­ bris degl i awersari o dei su per-apostoli hanno prodotto in Paolo uno stato di umi­ liazione analogo a quello che gli aveva procurato, in passato, la "spina nella car­ ne" e/o l'angelo di satana: non c'è oltraggio più visibile di uno schiaffo subito, in senso reale o metaforico da un awersario. Delle "necessità" (anagkais) si parla an­ che nella lista di 2Cor 6,4- 1 0; e le "persecuzioni" (diogmois ) rie,·ocano i pericoli subiti dai giudei e dai gentili nella lista precedente di 2Cor 1 1 ,23-27. con l'atten­ zione particolare alla persecuzione di Damasco (cf. 2Cor 1 1 ,32-33) 1 49• L'avversità più diffusa nei cataloghi paolini è quella delle "angosce" (stenochoriais) 1'0 che pe­ rò non inducono Paolo alla disperazione, come ha già evidenziato in 2Cor 4,8. Dal confronto con le altre liste, risalta l'unico riferimento agli oltraggi, a dimo­ strazione che, anche per la sua postazione all'inizio del catalogo, rappresenta l'av­ versità più vicina al contesto di 2Cor 1 2,7b- 1 0; e poiché gli oltraggi richiamano l'intenzione minacciosa di "un angelo di satana" (strettamente relazionato alla "spina nella carne") , abbiamo motivi sufficienti per sostenere, pur nel beneficio del dubbio, l'interpretazione antropologica della "spina nella carne". Non dimen­ tichiamo che nei confronti degli stessi Corinzi, Paolo ha biasimato l'atteggiamen­ to arrendevole di fronte a "chi li colpisce in faccia" (cf. 2Cor 1 1 ,20) 1 ' 1 • Un epifonema o una sentenza conclusiva sintetizza, dalle pro\"e addotte nel corso di 2Cor t 2, 1 - 1 O, quanto Paolo desidera che s'imprima nella memoria dei destina­ tari ; di fatto questo rappresenta "the gnomic climax" ' '2 o l'apice dell'intero para­ grafo e di tutto il discorso immoderato 1 'J. Più che d'ironia dovremmo, ancora una volta, parlare di paradosso in quanto Paolo si riconosce potente quando è debole. .

14� O'Collins. "Power". 33. 14� HarTis. Seclmd Corillfl1ians, 867. 147 Seco nd Thrall, Second Corilllhians, 829 1e quattro awen;ità sono di sp os te i n co pp i a . 14� Per il re sto del NT cf. At 27, 1 0.2 1 . Tuttavia cf. l'uso del verbo corrispondente (hybrizein ) in 1 Ts 2 2, a pmposito degli olt raggi subiti da Paolo a Filippi. 1 9 Le "pen;ecuzioni" sa r.m no accennate anche nel cata logo pcristatico di Rm 8,35. 1 '° Cf. l'uso di sterwchoria in 2Cor· 6,4; Rm 8,35. " 1 Con buona pace di Wit her·ington III, Conflict & CoiiiiiiWiitv, 462 che, per escludere l'in terpre­ t azi one antropologica della sp ina nella carne , sostiene che il \'crbo "schiaffeggiare" suggerisce qualcosa di fisico c n o n di mera opposizione o tentazione. " 2 Mart i n , 2 Coriuthicms, 423; Niebuhr, Heideuapostel, 1 16. I .H Giickle, Die Starcheu ltlld die Sclnmchm, 500.



504 / Traduzione e commento

Qualcosa di analogo è detto a Mosè per il suo popolo, durante la visione del roveto ardente, nel De Vita Mosis di Filone: "Non scoraggiatevi: la vostra debolezza (to asthenes) è potenza (dynamis)" ( 1 ,69) 1 54, anche se si tratta di una sentenza dallo spessore comunitario e non personale. Sulla stessa traiettoria si collocano diverse confessioni attestate nella letteratura di Qumran: "Tua è la guerra, e la potenza viene da te, non da noi. Non è la nostra forza né il potere delle nostre mani che agirono valorosamente" ( 1 QM 1 1 ,4-5) 1 55• Come Paolo può dirsi forte se tutte le awersità elencate nella 2Corinzi canonica creano uno stato d'invasiva se non perdurante debolezza, nonostante le precisa­ rioni temporali hotan ... tote (quando ... allora)? Potremmo definire tale epifonema come il rovescio della medaglia sulla quale nell'altra parte è iscritto il principio fondamentale e generale dell'oracolo riportato al v. 9b: "Infatti la potenza nella debolezza si realizza . . . quando infatti sono debole, allora sono potente". Quanto rende Paolo potente, nella debolezza, è la grazia assicuratagli dal Signore che gli permette di affrontare qualsiasi awersità, soprattutto quelle che gli sono inflitte, come "una spina nella carne", da un inviato di satana 1 56• Alla luce dell'interpreta­ zione offerta sulla "spina nella carne", quale consistenza hanno le ipotesi che spo­ stano l'attenzione sulle condizioni di malattia fisica, mentale o psicologica di Pao­ lo? Nel corso dell'analisi di 2Cor 1 2 , 1 - 1 O abbiamo volutamente escluso l'uso del voca­ bolario della mistica; eppure non c'è manuale di spiritualità che non consideri il nostro paragrafo come di centrale importanza per cogliere i contenuti e le pro­ spettive della mistica paolina e cristiana in generale. Con tale scelta non deside­ riamo affatto escludere la dimensione mistica della teologia paolina, anche se a differenza della prima metà del XX secolo 1 57, tale prospettiva è stata posta in om­ bra negli ultimi anni 1 58• D paragrafo di 2Cor 1 2 , 1 - 1 0 permette di cogliere, da una parte, la reale consisten­ za dell'esperienza mistica di Paolo e, dall'altra, di relativizzame l'importanza ri­ spetto al suo ministero e alla sua teologia. Di fatto, abbiamo segnalato come, con grande reticenza, egli si sofferma sulle visioni e sulle rivelazioni personali, per­ suaso che il proprio "vanto" non si fonda sulla loro eccezionalità bensi sulla gra­ zia o sulla potenza di Cristo operante nella sua debolezza. In tal senso, sostiene bene O'Brien: " ... Si può parlare di Paolo come di un «mistico» (per le sue visioni cfr. 2Cor 1 2 , 1 -4) che però non ha una teologia mistica" 1 59• Senza voler separare in modo netto una "teologia del vissuto" dalla "teologia paolina", è un dato di fatto 1 54 Ripreso da Barnett, Secmrd Corinthians, 511; Barret,t Second Corinthians, 3 1 7. 1 55 Cf. anche 1QH 2,23-25: " ... Nelle tue benignità salverai l'anima mia giacché i miei passi sono

(guidati) da te, e che è da te che essi hanno attentato contro l'anima, affinché tu fossi glorificato nel giudizio degli empi e manifestassi in me la tua potenza davanti ai figli di Adamo"; 1 QH 1 1 ,3: "Io ti ringrazio, mio Dio, perché hai compiuto meraviglie per la polvere e per la creatura d'argilla hai manifestato la tua potenza molto e poi molto". La relazione tra 2Cor 1 2,7- 10 e i passi citati è osta in risalto da M.L. Barré, "Qumran and the 'Weakness' of Pau!", in CBQ 42 ( 1980), 22 1 -222. R56 Da questo punto di vista, osserva bene Gackle, Die Starken und die Schwachen, 500, 1e cronolo­ giche hotan ... tote non corrispondono a dei reali "wenn-dann" bensl a "Jedesmal ... dann": non semplicemente "quando-allora" bensl "ogni volta-allora". 1 57 Si pensi agli ormai classici contributi di A. Schweitzer, Die Mystik tks Apostels Paulus, Tiibin­ gen 1930; A. Wikenhauser, La mistica cristiana secondo s. Paolo, Brescia 1 958 (orig. ted. 1 9281); L. Cerfaux, Cristo nella teologia di san Paolo , Roma 1 969 (orig. fr. 1 954), 3 1 1 -366; ld., Il cristiano nella teologia paolina, 380-40 l . 1 58 Per una valida ricomprensione della questione cf. l'ottimo contributo di R. Penna, "Problemi e natura della mistica paolina", in L'apostolo Paolo, 630-673; cf. anche P.T. O'Brien, "Mistica", in Hawthome - Martin - Reid, Dizionario di Paolo , 1035- 1038; R.P. Spittler, "The Limits of Ecstasy: An Exegesis of 2Corinthians 1 2 : 1 - 10", in G.F. Hawthome (cur.), Current Issues in Biblica/ and Pa­ tristic lnterpretation, FS. M.C. Tenney, Grand Rapids 1 975, 259-266. 1 59 O'Brien, "Mistica", 1037; cf. inoltre le annotazioni di Penna, "Mistica paolina", 638.

Il vanto delle rivelazioni e nelle debokue (2Cor 12, 1-10) l 505

che egli, mentre racconta la visione in paradiso, non esita a porla in secondo pia­ no di fronte alla "teologia della grazia" che si compie o si realizza nella sua debo­ lezza. Nello stesso tempo, la pericope di 2Cor 1 2 , 1 - 1 0 in cui è dedicata particolare atten­ zione alle visioni e alle rivelazioni, permette di ridefinire la "mistica paolina". Se con questo termine intendiamo quanto appartiene allo straordinario o alla di­ mensione elitaria della spiritualità cristiana, non possiamo utilizzare neppure l'espressione "mistica paolina" 1 60• Se al contrario, con il termine ci riferiamo all'a­ zione della grazia o della potenza divina che opera in tutti i credenti e non soltan­ to in alcuni, e se la mistica cristiana investe l'orizzonte dell'azione dello Spirito, della vita di Cristo in noi e di noi in lui, della giustificazione per la fede, di un bat­ tesimo non inteso come rito magico bensì come partecipazione alla morte e risur­ rezione di Cristo 161 , allora non soltanto possiamo ma dobbiamo parlare di mistica paolina; e di una mistica pervasiva 162• Cum grano salis possiamo, da questo punto di vista, cogliere la stessa distanza che Paolo sembra stabilire non soltanto rispetto agli avversari, che forse esaltavano le proprie esperienze estatiche per sostenere la consistenza del proprio apostolato, ma anche nei confronti dei Corinzi che avrebbero, di buon grado, desiderato rico­ noscere l'autorità di un apostolo meno debole. Una mistica dell'eccezionalità non rientra nella relazione di Paolo con Cristo bensì è tutta appannaggio dei suoi de­ nigratori; soltanto una mistica dell'azione condiscendente di Cristo, per mezzo dello Spirito, e che si esprime nelle quotidiane "debolezze per lui" trova spazio e consistenza nella sua esistenza. Forse il silenzio sul tale questione, negli ultimi anni, si è rivelato utile per reimpo­ stare, con maggiore aderenza al pensiero di Paolo, una teologia mistica che pren­ de le distanze non soltanto dalle religioni misteriche del tempo ma anche dalla mistica di matrice rabbinica, come quella della Merkabah, o che segue un certo modo d'intendere il profetismo antico e neotestamentario 163• Gli stessi contatti con l'apocalittica giudaica, che abbiamo segnalato nell'analisi di 2Cor 1 2 , 1 -4, sono fondamentali per la definizione del "terzo cielo", del vocabolario relativo al "rapimento", ma non aggiungono molto rispetto ai contenuti della visione rac­ contata da Paolo. Pertanto non è fortuito che l'unico rapimento al "terzo cielo", descritto da Paolo nelle sue lettere, non soltanto è avvolto dal silenzio ma non è possibile ad alcuno riferirne i contenuti. Possiamo soltanto intuire che le sue visioni e rivelazioni ri­ scontrano "in Cristo" l'origine, l'ambito di partecipazione e il contenuto fonda­ mentale 1 64: in realtà, l'unica visione o la rivelazione che lo accompagna nel suo ministero è quella della grazia ossia della potenza di Cristo nelle sue debolezze.

1 60 In tale senso non aiuta molto il contributo di J. Ashton, La religione dell'apostolo Paolo, SB 1 36, Brescia 2002, che avvicina persino la mistica paolina allo sciamanismo. 161 Cf. l'analisi di questi orizzonti nella valutazione dei "fondamenti", compiuta da Penna, "Misti­ ca paolina", 645-658. 1 62 Aspetto posto ben in risalto da C.A. Bemard, San Paolo mistico e apostolo, Cinisello Balsamo 2000, 83-86 che distingue la dimensione oggettiva e quella personale della mistica paolina. 1 63 Con buona pace di quanti, come J.W. Bowker, " 'Merkabah' Visions and the Visions of PauJ», in JSS 16 ( 1 97 1 ) 157-1 73; Newman, Paul's Glory-Christology, 202-203; P. Schafer, "New Testament and Hekhalot Literature: The Journey into Heaven in Pau] and in Merkavah Mysticism", in JJS 36 ( 1 984) 19-35; Scott, "Triumph", 277-28 1 ; e di A.F. Segai, Paul the Convert. The Apostolate and Apo­ stasy of Saul the Pharisee, New Haven-London 1 990, 34-7 1 che applicano la mistica della Merka­ bah alla visione di 2Cor 1 2,2-4. 1 64 Oegema, "Paulus und die Apokalyptik", 1 90.

506 l Traduzione e commento Excursus: "Una spina nella carne ", storia dell'interpretazione

Come abbiamo segnalato nell'esegesi di 2Cor 1 2, 7b, l'espressione "una spina nella carne" è un'antica vexata quaestio 1 65• Per questo riteniamo opportuno sottoporre al vaglio le ipotesi più significative. Dalla storia dell'interpretazione per la nota crux intepretum , escludiamo la posizione di quanti preferiscono, alla fine, non proporre alcuna ipotesi, poiché di fatto se ne ignora il significato 166• Possiamo raggruppare le diverse ipotesi sull'espressione paolina in quattro ambiti principa­ li di riferimento: l ) Malattie fìsiche. L'interpretazione sulla relazione tra la spina nella carne e le malattie fisiche di Paolo presenta un raggio molto ampio di orientamenti: si va 167 dall'emicrania alla malaria 168, dall'epilessia 169 a forme più o meno consistenti di 1 70 cecità , sino ad una malattia fisica, senza specificazioni ulteriori 1 7 1 • Fra tutte le ipotesi sulla malattia fisica, quella che riscontra maggiori consensi sembra l'infer­ mità agli occhi, ma si fonda sul linguaggio metaforico di Gal 4, 1 3- 1 4 in cui i Gala­ ti sarebbero stati disposti a "dare i propri occhi" per Paolo, che è salito nella re­ gione della Galazia a causa di una malattia. In realtà, l'espressione esprime più l'affezione dei Galati per Paolo che l'identità della sua malattia. D'altro canto, senza negare che anche Paolo abbia sperimentato alcune malattie, dobbiamo rilevare che gli estenuanti viaggi e i cataloghi delle avversità, citati so­ prattutto nel paragrafo precedente di 2Cor 1 1 ,23-27, lasciano pensare ad una co­ stituzione fisica abbastanza robusta; e in nessuna lista delle avversità è elencata una sua malattia fisica 172• Comunque, è significativo che proprio in Gal 4, 13-14 si accenni ad una malattia fisica ma che, nel contempo, non se ne specifichi la natu­ ra. Pertanto riteniamo che tutte le diagnosi fisiologiche sulla "spina nella carne" presentano un basso tasso di verificabilità e non trovano alcun riscontro non sol­ tanto nella 2Corinzi canonica ma in tutto l'epistolario paolina. 2) Malattie psichiche. Anche l'indagine sui disturbi psichici di Paolo è avanzata per diversi versanti : dalla depressione all'isterismo, dalle tentazioni sessuali, fra le quali l'omosessualità, a quelle spirituali 1 73• L'ipotesi "sessuale", diffusa in epoca medievale, è facilitata dalla traduzione della Vulgata che rende skolops thei sarki con stimulus carnis meae 174, al genitivo e non con carni al dativo, come invece do165 Per un bilancio sulla storia dell'interpretazione cf. Harris, Second Corinthians, 858-859; Thrall, Second Corinthians, 809-8 18; G.H. Twelftree, "Guarigione, malattia", in Hawthome - Martin ­ Reid, Dizionario di Paolo, 829-830. 166 Martin, 2 Corinthians, 4 1 6. 167 L'ipotesi risale sino a Tertulliano, De Pudicitia, PL 2, 1 004 che annota: "Quae in apostolo cola­

phis si forte cohibebatur, per dolorem, ut aiunt, auriculae vel capitis"; è stata seguita, in epoca pa­ tristica da G iro lamo , Commentarium in Epistolam ad Galatas libri tres, PL 26, 407 ("Nam tradunt eum gravissimum capitis dolorem saepe perpessum: et hunc esse angelus Satanae, qui appositus ei sit, ut eum colaphizaret in came, ne extolleretur") e fra i commentatori contemporanei da Thrall, Second Corinthians, 8 1 8. 168 Allo, Seconde aux Corinthiens, 3 1 3-32 1 . 169 Schelkle, Seconda Corinti, 208 che annota: "Forse Paolo a tratti più o meno brevi veniva preso da attacchi in qualche modo paragonabili al quadro diagnostico dell'epilessia, senza per questo voler dire che Paolo fosse epilettico". 1 70 P. Nisbet, "The Thom in the Flesh", in ExpTim 80 ( 1 969) 1 26; T.J. Leary, "A Thom in the Flesh - 2 Corinthians 1 2:7", in JTS 43 ( 1 992) 520-522; U. Heckel. "Der Dom im Fleisch. Die Krankheit des Paulus in 2Kor 1 2,7 und Gal 4,1 3f.", in ZNW 84 ( 1 993) 65-92. 171 Harris, Second Corinthians, 859; Hotze, Paradoxien bei Paulus, 2 1 5; Fumish, II Corinthians, 549-550; Lang, Lettere ai Corinzi, 436. 1 7 2 Annotazione opportuna di Barré, "Qumran", 224. 1 73 Windisch, Der zweite Korintherbrie{. 386-387 pensa alla depressione causata dall'incidenza del­ le stesse esperienze estatiche di Paolo. 1 74 Cosl nell'edizione della Vulgata (la Sixto-Clementina del 1 592) utilizzata da A. Merk, Novum Testamentum graece et latine, Roma 198410, 6 1 5.

Il vanto delle riveblzioni e nelle debolezze (2Cor 12, 1-10) 1 501

vrebbe essere tradotta l'espressione. Per questo l'edizione critica della Neo Vulga­ ta corregge, opportunamente, il genitivo carnis con il dativo carni 175• Nella storia dell'interpretazione di queste malattie è significativo il diverso orientamento tra l'interpretazione cattolica che pensa a malattie di carattere sessuale 1 76, e quella luterana che propende per alcune turbe o angosce interiori. A riguardo è emble­ matica la conflittuale descrizione proposta da F. Nietzsche: "E fu allora che speri­ mentò in se stesso di non poter adempiere - impetuoso, sensuale, malinconico, maligno nell'odio com'era - la legge medesima, e anzi, cosa questa che gli pareva assai strana, senti che la sua sfrenata avidità di dominio era continuamente sti­ molata a trasgredirla e che lui era costretto ad assecondare questo pungolo" 1 77• Contro l'ipotesi sessuale, è bene ricordare che Paolo sostiene in l Cor 7, 7 di aver ricevuto il carisma della verginità; e contro l'ipotesi delle turbe interiori bisogna precisare che il noto paragrafo di Rm 7,7-25 non riguarda l'io di Paolo simul iu­ stus et peccator, bensì quello di chi non è stato ancora liberato dalla grazia di Cri­ sto 1 78. Mai come in questo caso, è bene riconoscere che Paolo non è "Lutero pri­ ma di Lutero" e tanto meno "Agostino prima di Agostino", senza voler minima­ mente svilire i percorsi di conversione sperimentati da questi due giganti nella storia del pensiero cristiano. 3) Identificazione demonologica. In base alla disposizione stilistica di 2Cor 1 2,7b e al quadro che di Paolo si ha negli Atti degli apostoli (cf. At 1 6, 1 6- 1 9; 19, 1 2) alcuni sostengono l'interpretazione diabolica della spina nella carne 1 79• In tal caso, men­ tre la spina nella carne risulterebbe una metafora, un angelo di satana corrispon­ derebbe ad un reale inviato di satana. A parte la necessità del ricorso alla narrazione degli Atti, per fondare un elemento autobiografico di Paolo, non abbiamo alcuna attestazione nel suo epistolario sul­ l'azione di satana nella sua esistenza, mediante l'invio di un suo delegato; e, dato ancora più rilevante, in tal caso la potenza demonologica assumerebbe un'inci­ denza così rilevante nella "carne" o nel suo fisico al punto che neppure la sua sup­ plica accorata e ripetuta sarebbe riuscita a sconfiggerla. 4) Identificazioni antropologiche . Le ipotesi "antropologiche" o relazionali sulla spina nella carne non mancano di essere diversificate, anche se alcuni preferisco­ no limitarsi ad una valutazione generica delle opposizioni prodotte dagli avversa­ ri di Paolo 180 : si procede dalla stessa comunità di Corinto che contrasta il suo apo­ stolato 1 8 1 , al movimento anti-paolino di matrice giudaizzante 182 o che opera nella stessa città di Corinto 183, sino agli avversari citati per nome nelle lettere della tra­ dizione paolina (cf. l Tm 1 ,20; 2Tm 2 , 1 7; 4,14) 1 84. 175 Pontificia Commissio pro Nova Vulgata Bibliorum Editione, Epistolae S. Pauli Apostoli et Cat­ holicae , Città del Vaticano 1970, 93. 1 76 Tuttavia già Tornmaso d'Aquino in Super secundam epistolam ad Corinthios lectura, prendeva

le distanze dall'interpretazione sessuale della "spina" a favore di quella fisiologica: "Daturn est, in­ quarn, mihi stirnulus, crucians corpus meum per infirmitatern corporis, ut anima sanetw-; quia, ad litterarn, dicitur quod vehementer afflictus dolore iliaco" Tomrnaso d'Aquino, Super Epistolas s. Pauli lectura, R. Cai (cur. ), Torino-Roma 19538• I. 545-546. 1 77 F. Nietzsche, Aurora. Pensieri sui pregiudizi morali , Milano 20049, 50. Sulla lettura nietzschia­ na di Paolo cf. F. Barba, "Nietzsche e l'apostolo Paolo" , in C. Scilironi (cur.), San Paolo e la fìloso­ fìg_ del Novecento, Padova 2004, 35-63. 1 78 Per i dettagli cf. Pitta, Romani, 266-284. 1 79 D. Abemathy, "Paul's Thom in the Flesh", 74-77. 180 Barré , "Qurnran", 225-227; Barrett, Second Corinthians, 3 14-3 1 5. 181 McCant, "Paul's Thom", in 550-572; Id., 2 Corinthians, 1 49. 1 82 Penna, "Avversari", 325. 1 83 Bamett, Second Corinthians, 570-572; Peterson, Eloquence, 1 26; J.J. Thieny, "Der Dom im Fleische (2 Kor. xii 7-9)", in NT 5 ( 1 962) 301-3 1 0. 1 84 Questa è l'ipotesi attestata già in Giovanni Crisostomo che In secundam ad Corinthios 26,3 commenta: "Angelo di satana furono per Paolo quel tale Alessandro il fonditore, Imeneo e Fileto e tutti quelli che ostacolarono la sua parola di salvezza e lottarono contro lui". L'ipotesi antropologi-

508 / Traduzione e commento

Un'analisi dettagliata sugli awersari di Paolo impone, prima di tutto, che non si pensi ad un partito monolitico che si sia spostato ogni volta da una comunità al­ l'altra, ma che si ponga attenzione alle diverse forme di opposizione contro il suo vangelo e la sua strategia missionaria. Inoltre, qui Paolo allude ad una "spina" o ad "un angelo" inviatogli in passato e non nel presente, come invece per il caso de­ gli awersari di Corinto. Di fatto non sappiamo dove né quando Paolo avesse subi­ to tale umiliazione; ignoriamo persino la natura della prova che l'inviato di satana utilizza per umiliarlo; certo si trattò di una prova, a breve o a lungo tempo, che tentò di ostacolare il suo ministero. In base ai dati raccolti, e con tutte le domande irrisolte che abbiamo segnalato, possiamo confermare la maggiore attendibilità sull'interpretazione antropologica della "spina nella carne": è sostenuta dal contesto apologetico di 2Cor 1 1-12, dalla disposizione stilistica di 2Cor 1 2 , 7b, dall'uso dei verbi "schiaffeggiare" e "allonta­ nare", dalle frequenze lessicali di skolops nella LXX e, ultimo ma non secondario, dal breve catalogo di 2Cor 1 2, 1 0 in cui Paolo cita, per l'unica volta nelle sue lette­ re, gli "oltraggi" subiti per Cristo 185• Oltre questi dati non possiamo andare ma ci sembrano validi per porre in discussione gli altri campi d'indagine e per sostenere l'ipotesi antropologica della "spina" Forse, anche in questo caso, come per tutti gli oppositori delle grandi lettere, Pao­ lo ha voluto positivamente lasciare nell'ombra l'identità dell'awersario per non conferirgli maggior peso di quanto sia necessario: risultato che tuttavia non ha sortito il suo effetto, poiché non c'è dubbio che sulla "spina nella carne" si conti­ nuerà a dibattere. Resta però il dato significativo che la "spina nella carne", rela­ zionata al suo ministero, diventa esemplare per tutti coloro che, partecipando della grazia divina, mediante l'azione potente di Cristo e dello Spirito, sono co­ stretti a portare la propria spina nella carne per non esaltarsi di alcuna esperienza estatica né di qualsiasi riuscita del proprio ministero.

ca sarà ripresa dall'Ambrosiaster, Seconda Corinzi, 1 42 e sostenuta da Erasmo da Rotterdam, In Epistolam Pauli ad Corinthios secundam Annotatione Des. Erasmi Roteradami, 523-565. Cf. la ri­ produzione anastatica delle annotazioni alla nostra lettera in A. Reeve - M.A. Screech, Erasmu­ s'Annotationes on the New Testament. Acts - Romans - l and II Corinthians, Leiden 1 990, 56 1 : "At mihi vero proximum videtur, quod ait Ambrosius, infectationum malorum hominum, quae illi ne­ fsocium facessebat assidue, vocari stimulus"_ 5 Verso l'ipotesi antropologica o degli avversari orienta anche il "ritratto di Paolo" che em� dagli Atti degli Apostoli e richiamato, in particolare, da S. Lyonnet, "La legge fondamentale dell'a­ postolato formulata e vissuta da s. Paolo (2 Corinzi 12,9)", in I. De la Potterie - S. Lyonnet, La viUJ secondo lo Spirito, condizione del cristiano, Roma 196 7, 3 1 9-324.

La perorazione della probatio (2Cor 1 2, 1 1 -1 8)

1 1Sono diventato immoderato; mi avete costretto voi! Io infatti avrei dovuto essere raccomandato da voi. In nulla infatti sono stato inferiore ai super-apostoli, anche se non sono nulla. 121 segni dell'apostolo sono stati operati fra voi con ogni perseveranza: con segni e anche prodigi e potenze. 1 3In che cosa infatti siete stati inferiori rispetto alle altre chiese, se non che io stesso non vi sono stato di aggravio? Scusatemi questa ingiustizia! 14Ecco, questa è la terza volta che sono pronto a venire da voi; e non peserò su di voi. Non cerco infatti le vostre cose ma voi; difatti non spetta ai figli accumulare per i ge­ nitori, ma ai genitori per i figli. 15lo però volentieri spenderò e mi spenderò per le vostre anime. Se vi amo più inten­ samente dovrei essere amato di meno? 1 6Sia però, io non vi fui di peso; ma essendo astuto vi ho presi con inganno. 17Forse vi ho defraudato mediante qualcuno che vi ho inviato? 18Ho supplicato Tito e mandato insieme il fra tello; forse Tito vi ha defraudati? Non ci siamo comportati con lo stesso spirito? Non nelle stesse orme?

n discorso immoderato (2Cor 1 1 , 1-12, 1 8) perviene al culmine con la perorazione o con l'appello finale che Paolo rivolge ai destinatari della seconda apologia. L'u­ nità retorico-letteraria di 2Cor 1 2, 1 1 - 1 8 è abbastanza riconoscibile e condivisa, soprattutto per l'insorgere della "parusia" o della presenza epistolare programma­ ta in 2Cor 1 2, 1 9-13, 1 0 1 • n paragrafo presenta tutte le caratteristiche di una pero­ razione retorica di tipo apologetico, senza però distinguerlo nettamente da una perorazione polemica o "categorica", giacché non esiste miglior modo per difen­ dersi che accusando 2 ! I contenuti principali del paragrafo apologetico riguardano i segni o le attestazioni dell'apostolato e, ancora una volta, la questione del sosten­ tamento economico nell'esercizio del ministero esercitato e da svolgere a Corinto. 1 Anche se la terza visita a Corinto è già annunciata in 2Cor 1 2 , 1 4- 1 6, non rientra nel motivo della apusia-parusia epistolare, per cui si possa considerare 2Cor 1 2 , 1 4 come inizio di un nuovo para­ grafo (così invece Bamett, Second Corinthiilns, 517; Fumish, Il Corinthians, 552-557; Harris, Se­ cond Corinthians, 869; Lang, Corinzi, 438; Matera, Il Corinthiilns, 286-29 1 ; Peterson, Eloquence, 1 28), bensì riteniamo che sia funzionale aU'intenzione di Paolo nel non gravare, dal versante eco­ nomico, neppure in futuro sui destinatari. Da questo punto di vista è contraddittoria la posizione di Lang, Corinzi, 437-438 che prima considera come unitari i vv. 1 1 - 1 3 e poi nell'introdurre la se­ zione successiva di 2Cor 1 2 , 1 4- 1 3 , l O riconosce che l'autodifesa di Paolo "si protrae ancora". A sua volta, Lambrecht, Second Corinthiilns, 2 1 5 preferisce estendere la micro-unità a 2Cor 1 2, 1 1 -2 1 ma il motivo epistolare dell'apusia-parusia assume nei w. 19-2 1 una posizione dominante, per esten­ dersi sino alle prime battute del capitolo successivo (cf. 2Cor 1 3 , 1 -4). Invece suU'unità di 2Cor 1 2, 1 1 - 1 8 cf. Bultmann , Der zweite Brief, 232; Manzi, Seconda Corinzi, 299; Martin, 2 Corinthiilns, 426; Thrall, Second Corinthiilns, 832. 2 Sulla natura perorante di 2Cor 12, 1 1 - 1 8 cf. Sundermann, Der schwacke Apostel, 1 82- 1 83 seguito da Thrall, Second Corinthians, 832-833. A loro volta mentre Matera, Il Corinthiilns, 286 limita la funzione perorante ai w. 1 1 - 1 3 , Long, Paul's Apology, 1 9 1 ne estende la portata sino alla chiusura epistolare di 2Cor 1 3 , 1 1 - 1 3 .

5 1 O l Traduzione e commmto

Dall'altro versante, i contenuti accusatori riguardano i "super-apostoli" (v. 1 1 ) e, ancor più, gli stessi Corinzi, attraverso il richiamo all'organizzazione della collet­ ta, intrapresa in Acaia (vv. 1 7-1 8). Cerchiamo prima di tutto di focalizzare l'attenzione sui tratti stilistico-retorici, per cui riteniamo che il paragrafo presenti i connotati di una peroratio 3, e di valu­ tame la traiettoria d'azione, ossia se 2Cor 1 2 , 1 1 - 1 8 si relazioni a tutta l'apologia di 2Cor 1 0-13 oppure se sia limitata soltanto al discorso immoderato di 2Cor 1 1 , 1-12, 1 0: l ) Una peroratio retorica per esser tale deve, prima di tutto, richiamare la tesi principale del discorso che la precede. Di fatto la seconda parte del v. 1 1 riprende, quasi alla lettera, una parte della tesi principale della sezione: "Ritengo infatti in nulla (meden) di essere inferiore (hysterekenai) ai super-apostoli" (ton hyperlian apostolon)" (2Cor 1 1 ,5) ... In nulla (ouden) infatti sono stato inferiore (hysteresa) ai super-apostoli (ton hyperlian apostolon)" (2Cor 1 2, 1 1 ) . Tale connessione retorica conferma la natura propositiva di 2Cor 1 1 ,6-7 rispetto a tutto il discorso, ed è illu­ minante rispetto all'identità dei "super-apostoli": quelli di 2Cor 1 2, 1 1 non sono diversi ma gli stessi di 2Cor 1 1 ,5. 2) L'altro versante che chiarifica la funzione di una peroratio è quello della rela­ zione con l'esordio che abbiamo identificato in 2Cor 1 1 , 1 -6. Così, la prospettiva dell'immoderazione annunciata in 2Cor 1 1 , l (aphrosyne) è richiamata all'inizio dell'epilogo, in cui Paolo si riconosce immoderato (aphron, 1 2, 1 1). Inoltre, non è casuale che sia in 2Cor 1 1 ,2 sia in 2Cor 12, 14- 1 5 Paolo rivendichi per sé l'identità e la funzione del genitore rispetto ai figli o, meglio, del padre che mette da parte la dote per la figlia (la comunità di Corinto), data in sposa soltanto a Cristo. L'attac­ co rilevato contro gli avversari in 2Cor 1 2, 1 1 è già iniziato prima della tesi princi­ pale della sezione, ovvero in 2Cor 1 1 ,3-4 ed è ripreso con il motivo dell'astuzia (cf. l'uso del sostantivo panou�ia in 2Cor 1 1 ,3; 1 2 , 1 6). 3) L'ultimo orizzonte strutturale che permette di verificare la consistenza di una perorazione è quello relativo alla ripresa della tipologia o delle tematiche princi­ pali, delineate nel corpo del discorso vero e proprio. Di fatto, il motivo economico della scelta attuata da Paolo di non gravare in passato e tanto meno in futuro sui Corinzi, dimostrato con il paragrafo di 2Cor 1 1 ,7-2 1 a, viene ribadito con fermez­ za in 2Cor 1 2 , 1 3- 1 5. Anche il motivo dell'amore di Paolo per i Corinzi, dichiarato in forma di domanda retorica in 2Cor 1 1 , 1 1 , diventa esplicito rimprovero per la mancata corrispondenza dei destinatari, in 2Cor 1 2 , 1 5 : il suo amore non è con­ traccambiato con la stessa intensità dai Corinzi! 4) Alle motivazioni suddette è importante aggiungere il cambiamento di stile ri­ spetto ai paragrafi precedenti (cf. 2Cor 1 1 ,7-2 1a; 1 1 ,2 1 b-33 e 1 2 , 1 - 1 0): si passa da uno stile narrativo e dimostrativo, tipico delle prove addotte a propria difesa, a quello conciso e brachilogico, proprio di una perorazione. Infatti, in 2Cor 1 2, 1 1 - 1 8 domina lo stile frammentato di chi formula il proprio appello con sen­ tenze brevi ma incisive affinché s'imprimano, con maggior forza, nella memoria dei destinatari. Per questo abbondano le domande retoriche e le risposte di tipo imperativale, nei vv. 1 1 . 1 3. 1 5 . 1 7 . 1 8, tese a vivacizzare l'appello finale della perora­ tio: non c'è più spazio per continuare a dimostrare o a raccontare, ma è giunto il momento di porre i destinatari e gli accusatori con le spalle al muro, senza alcuna possibilità di replica.

Pertanto risulta abbastanza evidente che il paragrafo di 2Cor 1 2, 1 1 - 1 8 costituisce una perorazione retorica: è limitata, tuttavia, soltanto al discorso immoderato e 3 Cf. quanto raccomandano sulla peroratio retorica Aristotele, Retorica 3 , 1 9, 1 4 1 9b- 1 420a; Cicero­ ne, Partitiones Oratori.ae 1 5 ,52-59; De Inventione 1 ,5 1 ,98-56, 109; De Oratore 2 , 8 1 ,332; Cornifico, Retorica ad Erennio 2,30,47-2,3 1 ,50; Quintiliano, Istituzione Oratoria 6, 1 , 1 .

La perorazione della probatio (2Cor 12,11-18) l 5 1 1

non a tutta la lettera polemica, per la quale bisognerà attendere, semmai, un ma. mento successivo della sezione4• ll fatto che si tratti di una perorazione di transi­ to, rispetto alla seconda apologia, è riconoscibile per gli accenni all'invio di Tito e del fratello innominato a Corinto (vv. 1 7- 1 8): non si accenna mai, nel corso del di­ scorso immoderato, ai due inviati a Corinto, ma bisogna risalire sino a 2Cor 8 , 1 -9, 1 5 per riscontrare gli ultimi riferimenti alla loro funzione durante la gestio­ ne della colletta a Corinto. Tale connessione sarà decisiva non soltanto per chiari­ re il significato delle domande retoriche di 2Cor 1 2, 1 7- 1 8 ma, ancor più, per la questione fondamentale sull'unità epistolare della 2Corinzi, valutata nella sua globalità. Dal versante della disposizione retorico-letteraria, attraverso l'accumulo di sen­ tenze e domande brevi risaltano tre fasi cronologiche ben distinte, relazionate fra loro in forma circolare5: (a) il ricordo del comportamento di Paolo e dei Corinzi in passato (vv. 1 1-1 3); (b) la relazione futura tra Paolo e i destinatari (vv. 14-l 5); (a') il ricordo del comportamento di Paolo e dei suoi emissari a Corinto (vv. 1 6-1 8).

La postazione centrale sulla relazione futura con i destinatari (b), attraverso l'an­ nuncio della terza visita che sarà oggetto principale nella sezione successiva di 2Cor 1 2, 1 9- 1 3 , 1 0, rispetto ai ricordi del passato remoto (a) e prossimo (a'), con­ ferma che la natura perorante di 2Cor 1 2 , 1 1 - 1 8 non riguarda tutta la seconda apologia ma è limitata alla probatio, comprensiva al discorso immoderato vero e proprio di 2Cor 1 1 ,7-12, 1 0. I l : L'appello apologetico di Paolo inizia con il riconoscimento della propria immoderatezza6; e di un'immoderatezza non relazionata al passato della propria condotta a Corinto (cf. la mancanza d'immoderatezza espressa in 2Cor 1 0, 1 2- 1 3), bensl al discorso appena concluso7• Di fatto, all'inizio del discorso ha chiesto di essere sopportato per un po' d'immoderatezza (cf. 2Cor 1 1 , 1 ); l'ha dimostrata at­ traverso i tre momenti ( 1 1 ,8-2 1 a; 1 1 ,2 1 b-33; 1 2, 1 - 1 0) delle prove addotte a pro­ pria difesa 8; e adesso riconosce di essere stato immoderato. Ancora una volta, nella nostra analisi prendiamo le distanze da quanti sostengo­ no l'ipotesi su 2Cor 1 1 , 1-12, 1 8 come Narrenrede o "discorso del pazzo"9: in tutto il discorso la posta in gioco non è la pazzia bensì l'immoderatezza, quale banco di prova principale nel confronto tra Paolo e i suoi avversari. In realtà, egli avrebbe desiderato evitare tale discorso, se non fosse stato costretto a vantarsi e soprattut­ to se i Corinzi avessero assunto le sue difese, come dimostra la seconda parte del v. 1 1 . Pertanto, ci troviamo ancora di fronte al motivo dell'immoderatezza e non della pazzia e, dato ancora più rilevante, non ha senso parlare di un confronto tra persone sulla pazzia, mentre lo diventa quanto si tratta di mancanza di modera­ zione. Basta un po' di periautologia perché si comprenda che si manca di autov.

4 Con buona pace di Peterson, Eloquem:J!, 132 che considera 2Cor 12, 1 1 - 1 3 e 12, 14- 1 8 ancora come parti dellaprobatio di 2Cor 1 1 , 1- 1 2 , 1 8 . 5 Manzi, Seconda Corinzi, 299. 6 Più che di una epidiortosi o correzione retorica, come invece sostengono Blass • Debrunner • Rehkopf, Grammatica, 606 si tratta di un vero e proprio riconoscimento che, come dimostra la se­ conda parte del v. 1 1 , chiama in causa i destinatari. 7 Più che di un perfetto narrativo dovremmo parlare di gegona come perfetto gnomico o argomen­ tativo. 8 Cf. I'uso di aphron in 2Cor 1 1 , 1 6. 1 9; 1 2 ,6; e di aphrosyne in 2Cor 1 1 , 1 7. 9 Per il nostro paragrafo cf. Bamett, Second Corinthians, 578; Fumish, Il Corinthians, 554; lam­ brecht, Second Corinthians, 2 1 1 ; Martin, 2 Corinthians, 426; Matera, Il Corinthians , 287; Thrall, Second Corinthians, 833.

S 1 2 / Traduzione e commento

controllo e non di pazzia 10 • La stessa lezione variante che aggiunge un inutile kau­ chomenos a "immoderato" 11 orienta verso la stoltezza o l'insipienza espressa da chi si vanta e non verso la sua pazzia. Tuttavia, di fronte al riconoscimento della propria immoderatezza, Paolo non esi­ ta a chiamare in causa i destinatari della lettera: sono loro la causa della sua scel­ ta perché lo hanno costretto, per la loro reticenza se non avversione, a difendersi da solo di fronte agli avversari 12 • In certo senso sorprende questa accusa diretta, senza molte attenuanti, contro i destinatari della lettera polemica, in quanto egli stesso ha domandato l'opportunità di potersi vantare un po' (cf. 2Cor 1 1 , 1 ). In realtà, quella delle iniziali battute del discorso immoderato era, come abbiamo evidenziato, una precauzione o una prodiortosi carica d'ironia, mentre qui suben­ tra un vero e proprio attacco contro i Corinzi. La seconda parte del v. 1 1 spiega la ragione principale (gar) per cui Paolo è stato costretto a vantarsi al punto da risultare immoderato: si sarebbe aspettato una loro difesa nei suoi confronti, invece di dare spazio alle accuse infamanti dei suoi avversari 13• Il motivo della "raccomandazione" (synistasthai) attraversa l'intera redazione della 2Corinzi canonica, ma con diverse modulazioni che 1 \ di fatto, confermano come la sezione di 2Cor 1 0-13 appartenga ad una lettera successiva rispetto a quella di 2Cor 1-9. Mentre nel corso della prima apologia (2Cor 2, 1 4-7,4) egli ha rifiutato di presentarsi con "lettere di raccomandazione" (cf. 2Cor 3, 1 -2), tranne poi a raccomandarsi agli stessi destinatari per offrire motivi di vanto di fronte ai suoi primi oppositori (cf. 2Cor 4,2; 5 , 1 2; 6,4), nella seconda apo­ logia, è sottolineato, prima di tutto, il contrasto tra l'auto-raccomandazione degli avversari (cf. 2Cor 10, 12) e quella di origine divina (cf. 2Cor 1 0, 1 8), per lasciar emergere la delusione di Paolo a causa della mancata raccomandazione dei Co­ rinzi di fronte ai suoi avversari. ll contrasto tra i due diversi percorsi figurativi sul motivo deDa "raccomandazio­ ne" (quello di Paolo verso i Corinzi e l'inverso) è particolarmente marcato dal con­ fronto tra 2Cor 7, 12 e 2Cor 1 2, 1 1 : nel primo caso Paolo elogia la sollecitudine dei destinatari per lui, nel secondo li biasima per la totale assenza di difesa nei suoi confronti. Pertanto diventa sempre più chiaro che esiste uno iato o un fossato sto­ rico tra la prima e la seconda apologia che difficilmente può essere superato, se non attraverso percorsi acrobatici che non affrontano gli ostacoli ma che tendono a sorvolarli 15• Una seconda motivazione (ancora gar) illustra una delle ragioni per cui i destina­ tari avrebbero dovuto raccomandarlo, senza costringerlo ad auto-elogiarsi: non è stato in nulla inferiore ai super-apostoli. Come abbiamo già evidenziato per la funzione retorica di 2Cor 1 2, 1 1 - 1 8, questo tratto della perorazione riprende, qua10 Per le ragioni che c'inducono a definire il discorso di 2Cor 1 1 , 1-12,18 come immoderato pià che "del pazzo" o "dello stolto", vedi il commento a 2Cor 1 1 , 1 . 1 1 La lezione pià lunga è attestata da 'P, 0243, 1 739, 1 88 1 ; quella senza ICiluchomenos è riportata da J>'O, N , A, B, D, F, G, K, 6, 33, 8 1 , 629, 1 1 75, 1 739, 2464. La kctio brevior è da preferire sia perché più diffusa sia perché non è necessaria l'aggiunta di "uno che si vanta", in quanto tutto il discorso dell'aphron include l'istanza fondamentale del vanto, come ben precisa Thrall, Second Corin­ thians, 833. 1 2 Il verbo anagiCilz.ein, utilizzato all'aoristo assume la stessa funzione del precedente perfetto ge­ gona: è argomentativo più che narrativo. Da Paolo è usato anche in Gal 2,3 . 1 4; 6,12; per il resto del NT cf. Mt 1 4,22; Mc 6,45; Le 14,33; At 26, 1 1 ; 28, 19. 1 3 D contrasto tra la costrizione dell'auto-raccomandazione e l'obbligazione che gli avrebbero do­ vuto attestare i Corinzi è ben riconoscibile per l'uso dei verbi anagiCilzein ed opheikin: il secondo verbo è tipico delle obbligazioni finanziarie (cf. Fm 18; Le 7,4 1 ; 1 6,5) o per quelle etiche e relazio­ nali, come nel nostro caso (cf. in seguito il v. 14; anche l Cor I l , 7 . l O; 2Ts 1,3 ). 14 Modulazioni non evidenziate da Matera, l/ Corinthians, 288. 1 5 Cf. la presunta relazione tra 2Cor 2,5- 1 1 e 2Cor 1 2 , 1 1 espressa da Martin, 2 Corinthians, 432 , quando, di fatto, il caso dell'offensore è ben diverso da quello degli awersari, fosse almeno per la differenza tra la singolarità del primo e la pluralità dei secondi.

lA perora?}.one della probatio (2Cor 12, 11- 18) l 5 1 3 si alla lettera, parte della propositio principale di 2Cor 1 1 ,5-6, per cui i super­ apostoli di 2Cor 1 1 ,5 e di 2Cor 1 2, 1 1 non sono diversi dai "falsi-apostoli" citati in 2Cor 1 1 , 1 3 ma si tratta degli stessi avversari: sono bollati come "super-apostoli" perché, in definitiva sono "falsi-apostoli" 16• Un dato che differenzia la tesi principale di 2Cor 1 1 ,5 da questa parte dell'epilogo è l'uso del verbo hysterein: al perfetto (hysterékenai) nella propositio e all'aoristo (hysterésa) nella peroratio. Si tratta di un aoristo narrativo, nel qual caso allude­ rebbe ad un momento passato del confronto tra Paolo e i suoi avversari, oppure è un aoristo argomentativo che allude alle prove dimostrate nel corso della proba­ tio 1 7, da porre sulla stessa traiettoria dell'aoristo enagkasate utilizzato nella prima parte del v. 1 1 ? Poiché, l'attenzione di Paolo si sta spostando sulle ragioni per cui avrebbe dovuto essere raccomandato dai destinatari e non sulle reazioni che do­ vrebbe suscitare il discorso immoderato, riteniamo più fondata la prima ipotesi, come d'altro canto dimostra l'accenno successivo ai "segni dell'apostolato" com­ piuti in passato a Corinto (v. 1 2). Una correctio o un'epanortosis retorica più che una concessio 18 rettifica, in modo opportuno, il tenore della nuova fase periautologica, giacché non si tratta più di auto-elogiarsi bensl di convincere, attraverso una perorazione, i destinatari dell'a­ pologia a schierarsi finalmente dalla sua parte. La stretta connessione con il para­ grafo di 2Cor 1 2 , 1 - 1 0, e in particolare con il riconoscimento della propria debo­ lezza, dimostra che la confessione del suo "essere nulla" non è semplicemente iro­ nica e tanto meno una sorta di litote per sostenere alla fine il contrario (''essere qualcuno"), bensl risponde ad una reale consapevolezza della propria identità e del proprio ministero, davanti al Signore. Di fatto, già in l Cor 1 5,9-10, Paolo ha confessato di essere "l'ultimo degli apostoli" ma, nello stesso tempo, di "essere ciò che è perché la grazia di Dio non è stata vana" 1 9• Il motivo della propria consistenza è tipico della filosofia socratica e dell'oracolo delfico sul "conoscere se stessi" che, di fronte, alla divinità induce a riconoscere il proprio essere "nulla" 20 • Per questo se da una parte, nel contesto dell'apologia contro i propri avversari, Paolo si riconosce "nulla", con tenore ironico, dall'altra non può che riconoscersi tale di fronte alla potenza della grazia divina operante in lui2 1 • v.

12: Anche se la nuova proposizione non presenta collegamenti sintattici rispet­ to all'inizio della perorazione (ci si attenderebbe uno dei tanti gar di connessione o di motivazione), ha la funzione di richiamare senza però spiegare, in quanto già

16 Matera, 11 Corinthians, 288; e con buona pace di Harris, Second Corinthians, 872; Martin, 2 Co­ rinthians, 433 che continuano ad identificare i "super-apostoli" con gli apostoli di Gerusalemme e

a differenziarli dagli awersari della seconda apologia. 1 7 Betz, Die sokratische Tradition, 1 2 1 . 18 Così invece Martin, 2 Corinthians, 433. 1 9 Cf. anche l'essere nulla nella propria missione in 1Cor 3,7 e senza l'amore in 1 Cor 1 3 ,2. Cosl Furnish, II Corinthians, 553. Tale confessione sul proprio "essere nulla" ha indotto Harris, Second Corinthians, 872-873 a identificare i "super-apostoli" di 2Cor 1 1 ,5 e di 2Cor 1 2, 1 1 con gli apostoli di cui si parla in 1Cor 1 5,8-1 1 , ma è bene riconoscere che nei confronti degli apostoli, a cui accen­ na a proposito delle apparizioni del Risorto, Paolo non esprime alcun tono polemico, come invece nei riguardi di questi "super-apostoli", a conferma che Pietro e gli altri apostoli non sono i destina­ tari della polemica di lCor 1 0- 1 3 . 2° Cf. Platone, Simposio 2 1 9a: "Tuttavia, mio carissimo, sta attento e controlla se io, essendo di fatto una nullità, non ti metto di mezzo". D background socratico su 2Cor 1 2 , 1 1 è posto particolar­ mente in risalto da Betz, Die sokratische Tradition, 1 4 1 . Sulla diffusione dell'oracolo delfico nella letteratura ellenistica popolare cf. H.D. Betz, "The Delphic Maxim »Know yourself« in the Greek Magical Papyri", in Hellenismus und Urchristentum. Gesammelte Aufsiitze, Tubingen 1 990, l, 156- 1 72.

n duplice versante dell'essere nulla, ironico e reale, è particolarmente sostenuto da Thrall, Se­ mentre Matera, II Corinthians, 288 preferisce evidenziare soltanto il livello reale della confessione di Paolo.

21

cond Corinthians, 837,

5 1 4 / Traduzione e còmmerito

noto ai destinatari, il ministero di Paolo a Corinto. D'altro canto anche l'iniziale men non è seguito da alcun de successivo che bilanci la bipartizione della senten­ za. Poiché il v. 12 riscontra un significativo parallelo con Rm 1 5 , 1 8- 1 9, anche se quest'ultima proposizione è successiva alla nostra, è bene porre in sinossi le due affermazioni 22 ; d'altro canto non bisogna dimenticare che proprio da Corinto, Paolo invierà la Lettera ai Romani: Rm

2Cor 1 2, 1 2

15, 1 8- 1 9

" I segni dell'apostolo sono stati operati fra "1 8Non oserò parlare di quanto Cristo ha ooerato attraverso me er l'obbedienza voi con ogni perseveranza: dei gentili, 19con la paro a e con l'azione, con la potenza di segni e prodigi, con la segni e anche prodigi e potenze". potenza dello Spirito".

k

Le due proposizioni sono simili, come dimostrano l'uso del verbo katargein e la sequenza dei sostantivi "segni-prodigi-potenza/e". Tale relazione permette di chiarire la portata dell'aoristo passivo kateirgasthe in 2Cor 1 2 , 1 2: più che un sem­ plice passivo antropologico, avente come soggetto sottinteso Paolo stesso, sem­ bra un passivo teologico23 o, per restare più in sintonia con Rm 1 5 , 1 8, di tipo cri­ stologico: Cristo stesso ha compiuto "i segni dell'apostolato" di Paolo nella co­ munità di Corinto. L'attenzione è rivolta anzitutto alla prima evangelizzazione della comunità, durante la quale si è verificata la prodigiosa "obbedienza dei gentili" (cf. Rm 1 5, 1 8). Non sappiamo se l'espressione "i segni dell'apostolo" 24, in quanto generale e non soltanto riferita a Paolo a causa dell'articolo tou, risponda alla richiesta degli avversari o degli stessi destinatari della lettera polemica 25• Di fatto, anche se l'apostolato di Paolo è già stato posto in discussione nel corso del­ la prima apologia (cf. 2Cor 2, 1 4-7,4), l'espressione non è utilizzata altrove, a di­ mostrazione che è coniata da Paolo stesso a difesa del proprio ministero. Il confronto con Rm 15 , 1 8- 1 9 permette di chiarire la funzione sintattica dell'e­ spressione "con ogni perseveranza" 26: si riferisce ai "segni dell'apostolato" e non alla breve lista delle azioni compiute da Cristo per mezzo di Paolo a Corinto27• I precedenti riferimenti alla perseveranza, nella 2Corinzi canonica (cf. 2Cor 1 ,6; 6,4) ne illustrano la portata: allude non tanto alla hypomoné di Paolo nel soppor­ tare la "spina nella carne" 28 , quanto ad ogni perseveranza necessaria nel prose­ guire la propria missione di apostolo a favore della comunità di Corinto, come conferma la vicina specificazione en hymin, di carattere locativo (corrispondente a "fra voi"). In questione è la pazienza di Paolo nel continuare ad amare e a spen­ dersi, nonostante la carente corrispondenza nell'amore, per una comunità alla quale dichiara tutta la propria dedizione. Così egli fa appello ai "segni e anche prodigi e potenze" 29, per confermare la pro­ pria autorità apostolica sulla comunità di Corinto30 • La ripetizione nello stesso 22

23 24

Lambrecht, Second Corinthians, 2 1 2; Fumish, l/ Corinthians, 553.

Bamett, Second Corinthians, 579; Harris, Second Corinthians, 874. Il genitivo è di tipo soggettivo, di autore o possessivo, giacché in questione è l apostolato di .,_ lo che si manifesta attraverso alcuni segni di autenticazione. 25 L'espressione compare soltanto qui nel NT; cf. le analoghe espressioni in At 2,43; 5,12; 15, 1 2. 26 Cf. già la citazione della hypomone nel catalogo di 2Cor 6,4-1 O (v. 4 ) 2 7 Hanis, Second Corinthians, 874; Thrall, Second Corinthians, 838. 28 Cosi invece Thrall, Second Corinthians, 840. 29 La sequenza te kai, utilizzata già in l Cor 1 ,24.30 (cf. in seguito Rm 1 ,27; 3,9; 10,1 2), esprime la f