La natura corporea delle immagini da Empedocle a Lucrezio 9788897820987, 9788897820994


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La natura corporea delle immagini da Empedocle a Lucrezio
 9788897820987, 9788897820994

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ISTITUTO ITALIANO

PER

GLI STUDI F ILOSOFICI

DYNAMIS

6

LA NATURA CORPOREA DELLE IMMAGINI

Da Empedocle a Lucrezio

a cura di Francesco Aronadio, Erminia Di !ulio, Francesca Masi

Istituto Italiano per gli Studi Filosofici Press

Con il contributo della Regione Campania

Istituto Italiano per gli Studi Filosofici

Collana Dynamis. Il pensiero antico e la sua tradizione: studi e testi

Comitato editoriale

Francesco Aronadio, Bruno Centrane, Franco F errari, Francesco Fronte­ rotta, Fiorinda Li V igni

Comitato scientifico Rachel Barney, Cristina D'Ancona, Christoph Helmig, lrmgard Mannlein-Robert, Pierre-Marie More!, Lidia Palumbo, Gretchen Rey­ dams-Schils, Barbara Sattler, Mauro Serra, Arnneris Roselli, Mauro Tuili, Gherardo Ugolini

© 2022 Istituto Italiano per gli Studi Filosofici www . iisf.it

lsti tuto Italiano per gli Studi Filosofici Press V ia Monte di Dio, 14 80132 Napoli www . scuoladipitagora.it/iisf info@scuoladipitagora. it Il marchio editoriale Istituto Italiano per gli Studi Filosofici Press è coordinato e diretto dalla Scuola di Pitagora s.r.l. ISBN ISBN

978-88-97820-98-7 (versione cartacea) 978-88-97820-99-4 (versione digitale nel formato PDF)

Printed in !taly- Stampato in Italia

Indice

Introduzione

7

Filippo Forcignanò «PONDERARE CON CURA FRA l SINGOLI SENSI>>, ALCUNE RIFLESSIONI SULLA PERCEZIONE IN EMPEDOCLE

I I

Erminia Di Iulio GORGIA E IL MATERIALISMO EMPEDOCLEO.

HOMOLOGIA, NEL

PERCEZIONE E PENSIERO

TRATTATO SUL NON ESSERE

39

Pierre-Marie More! LA FABBRICA DELLE IMMAGINI. ' SULL ETICA DI DEMOCRITO

79

Federico M. Petrucci CORPI, MOVIMENTI E IMMAGINI CORPOREE. IL REALE OGGETTO DELLA VISTA NEL

TIMEO

DI PLATONE

I 07

Giulia Mingucci IMPRONTE NELL'ANIMA. LA FORMAZIONE DEI

PHANTASMATA

NELLA FISIOLOGIA ARISTOTELICA

Giuliana Leone CONSIDERAZIONI SULLA FISIOLOGIA DELLE IMMAGINI IN EPICURO. IL CONTRIBUTO DEL II LIBRO

SULLA NATURA

165

Stefano Maso ' L EPISTEMOLOGIA STOICA E I SUOI FANTASMI

20 1

Francesca Guadalupe Masi IMMAGINE E ILLUSIONE NEL

DE RERUM NATURA

DI LUCREZIO

227

Introduzione

Come spesso succede, nuove idee o, come nel nostro caso, nuove iniziative nascono in circostanze inaspettate. È stato nell' atmosfera conviviale che faceva seguito a una delle at­ tività promosse dall'Istituto Italiano per gli Studi Filosofici di Napoli che, insieme con Fiorinda Li Vigni, iniziammo a ragionare sulla possibilità e sull'opportunità di raccogliere una serie di riflessioni sul concetto di immagine, tema già allora assai battuto , ma non altrettanto studiato dall'angolazione che ci ripromettemmo di assumere. "Già allora", sì, perché eravamo nel gennaio del 2020, ultima occasione di incontro non virtuale prima del diffondersi del contagio che ha con­ dizionato le nostre vite nei mesi successivi. Mesi nei quali il carattere, per l'appunto, virtuale delle immagini è stato oggetto di molte, forse fin troppe considerazioni. [interesse che ci muoveva andava però in una direzione diversa da questa. Quel che ci incuriosiva e che ritenevamo

8

LA

NATURA CORPOREA DELLE IMMAGINI

(e riteniamo tuttora) fosse degno di approfondimento era che all'origine della nostra nozione di immagine, vale a dire nell'approccio a questo pervasivo quanto sfuggente elemen­ to del reale che caratterizzò i filosofi antichi, era prevalente, seppur con toni e modalità differenti, l'idea che quel che a noi si presenta e profila come immagine abbia una sua intima natura corporea. Di qui prese forma l'idea di verificare questa ipotesi di lavoro chiedendo a studiosi esperti dei diversi momenti del pensiero antico di fornire un loro contributo sull'argomento. Le adesioni che ricevemmo ci incoraggiarono a realizzare una serie di giornate di studio, organizzate dal già menzionato Istituto Italiano per gli Studi Filosofici in collaborazione con la Scuola Superiore di Studi in Filosofia dell'Università di Roma Tor Vergata e con il gruppo di ricerca Science and Phi­

losophical Debates: A new Approach towards Ancient Epicurea­ nism (Spin-Spider) dell'Università Ca' Foscari di Venezia. Gli incontri si tennero necessariamente online sulla piattaforma dell' Istituto fra il 1 8 e il 2 1 gennaio 202 1 . Al buon esito di quelle giornate contribuirono, oltre che i relatori, numerosi specialisti di filosofia antica, che ringraziamo qui collettiva­ mente. I saggi che seguono hanno tratto origine dalle riflessioni che animarono quelle relazioni e dai dibattiti che ne segui­ rono. Da essi emerge in modo perspicuo e al contempo det­ tagliato come nel mondo antico si fosse costituita e via via consolidata una tradizione caratterizzata da una concezione dell'immagine che potremmo definire, con aggettivo forse improprio ma eloquente, "materialistica" , rispetto alla quale i diversi filosofi commisuravano le loro specifiche riflessioni in materia, aderendo pienamente a essa o anche collocandosi a relativa distanza. Il panorama qui offerto copre buona parte dell'arco di tempo in cui si sviluppò la filosofia antica ed è rappresentativo delle principali posizioni teoriche espresse

INTRODUZIONE

9

sull'argomento: dal presocratico Empedocle, attraverso Gor­ gia e Democrito, il lettore sarà accompagnato poi a seguire le avventure dell'immagine nelle elaborazioni di Platone e Ari­ stotele, per concludere con Epicuro, lo stoicismo e Lucrezio. Se al non specialista il tema scelto dovesse a tutta prima apparire arido ("l'immagine ridotta a materia!") , già una sem­ plice scorsa ai titoli dei saggi dissiperà questa impressione: nelle pagine che seguono si parlerà di "fabbrica delle imma­ gini", di "impronte" , di "fantasmi" e di "illusioni"; per chi abbia consuetudine con i testi dei pensatori antichi non è una novità, del resto, che il loro scavo riserva sempre spunti e suggestioni interessanti e talora sorprendenti, e il lettore ne avrà qui una conferma.

Francesco Aronadio Erminia Di Iulio Francesca Masi

«PONDERARE CON CURA FRA I SINGOLI SENSI». ALCUNE RIFLESSIONI SULLA PERCEZIONE IN EMPEDOCLE

Filippo Forcignanò (Università degli Studi di Milano Statale)

Ernst Cassirer, nella Philosophie der Griechen von den An­ fdngen bis Platon, scritta per il Lehrbuch der Philosophie di Max Dessoir del l 925, argomenta che dopo l'Eleatismo il concetto di identità è rimasto imprescindibile, ma non più come unico connotato distintivo dell'Èmcrn'lllll : Empedocle in particolare avrebbe mostrato, per Cassirer, che

la forza e l'autonomia della ragione non si dimostrano nel suo escludersi dal mondo dei sensi, ma nel fatto che essa procede a salde differenziazioni per entro questo stesso mondo, e pone criteri di verità e di valore che il singolo senso come tale non è in grado di dare. Il lavoro "critico" del pensiero consiste nel ponderare con cura fra i singoli sensi e aggiudicare a ognuno di essi una sua determinata parte di "evidenza" 1 • 1

Qui e i n seguito l e citazioni sono tratte dall'edizione italiana: E.

I2

LA NATURA CORPOREA DELLE IMMAGINI

In questo quadro, prosegue il filosofo,

la differenza essenziale fra la logica eleatica e la nuova forma dell'"etiologia", tra il logos in sé e il logos dell'aitia, sta nel fatto che là il principio unitario del pensiero è inteso [ ) in senso analitico, e qui invece in senso sintetico. Cidentità conosce l'unità solo come unità dell'identico - la ragione ma­ teriale di fondamento la pone invece come unità del diverso2• . . .

Questa mossa permette di istituire un nesso tra ciò che è fondato e la ragione. Un simile nesso può essere posto , però, se e solo se «prima il fondamento, per sua struttura ed essenza, viene rigorosamente e chiaramente separato da ciò che esso deve fondare>>3• È questo gesto teorico che permette­ rebbe l'emergere del "fenomeno" , che Cassirer ritiene la cifra distintiva della filosofia della natura dei fisici pluralisti, ovvero il superamento dell'Eleatismo. Il Lehrbuch di Dessoir non ambiva a essere un insieme di ricerche specialistiche sui singoli momenti e autori della storia della filosofia, ma l'identificazione dei concetti fondamentali elaborati nel corso del suo sviluppo4• Circa Empedocle, Cas­ sirer propone una sfida importante: possiamo supportare, con gli strumenti dello storico della filosofia antica, la tesi per cui, secondo Empedocle, il "pensiero" consiste «nel ponderare con Cassirer, Da Talete a Platone, a cura di G.A. De Toni, Larerza, Roma-Bari 1992, p. 65. 2 lvi, p. 66. 3 Ibidem. 4 Cassirer sresso, introducendo il volume, parla di ricerca della "massima

concisione" e fornisce una chiave di lerrura dell'intera sua ricosrruzione filosofica del pensiero greco: la sroria della filosofia greca è «la sroria del logos che rrova se sresso» (ivi, p. 8). La filosofia della narura posr-elearica è un momento decisivo di quesro sviluppo, che ha, come è facile intuire, in Plarone il suo apice.

«PONDERARE CON CURA FRA I SINGOLI SENSI»

I3

cura fra i singoli sensi e aggiudicare a ognuno di essi una sua determinata parte di "evidenzà'»S, oppure dobbiamo priva­ re il pensiero di tale possibilità, perché esso va identificato con la percezione? Rispondere a questa domanda in modo esaustivo è troppo ambizioso per il presente saggio; tuttavia, vorrei proporre alcune riflessioni in merito, concentrandomi sull'indagare la natura corporea dell'immagine nei frammenti superstiti, che è il tema del seminario grazie al quale questo contributo ha preso forma6• Nei frammenti di Empedocle troviamo, espressa nello sti­ le spesso oracolare e allusivo dell'autore, una fisiologia della percezione il cui scopo principale è spiegare come avvenga l'armonizzazione di esterno e interno. I.: armonizzarsi di in­ terno ed esterno dipende, secondo alcune fonti antiche, dalla crtl!l!letpia delle ànoppoai e dei pori: questo sarà uno dei punti decisivi da discutere. Non utilizzo il termine "rappresentazio­ ne" o "immagine" del percepito perché Empedocle non sem­ bra interessato a interrogarsi esplicitamente sulla formazione delle rappresentazioni conseguenti la percezione, forse per ingenuità o, come ritengo possibile, perché il riconoscimento tra simili che spiega il fenomeno percettivo rende superfluo differenziare la sensazione, la consapevolezza della sensazione e l'immagine mentale della stessa7• Tornerò su questo punto

s Riprendo la citazione di Cassirer (ivi, p. 65), enfatizzando la scelta del verbo del filosofo tedesco. 6 Ringrazio in particolare Erminia Di Iulio per il dibattito che è seguito alla mia relazione, soprattutto per avermi invitato a prendere meglio in considerazione alcuni frammenti. 7 Va comunque ricordato quanto affermato da A.A. Long, lhinking and Sense-Perception in Empedocles: Mysticism or Materialism?, «The Classical Quarterly», 1 6 ( 1 966) , 2, pp. 256-276: 266: «There is more evidence for Empedocles than for any early Greek philosopher before Democritus, yet the details of his philosophy remai n controversia) an d often hopelessly obscure».

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LA NATURA CORPOREA DELLE IMMAGI NI

nella parte conclusiva del saggio, discutendo una proposta di Patricia Curd. In uno dei frammenti più noti del suo poema fisico, il fr. 1 09 DK ( D207 LM) , Empedocle afferma che yain f.!ÈV yàp yaiav Ò1tc01tUJleY8, uoan o' uorop, e così per le altre radici. I pri­ mi versi del frammento suggeriscono senza dubbio un'identità forte tra percepito e percipiente, perché il percepito, che è un corpo percepito, è letteralmente costituito da ciò di cui sono fatti i soggetti percipienti, che sono anch'essi corpi, vale a dire le quattro radici. La comunicazione interno-esterno è dunque un riconoscimento tra simili. Il verso conclusivo del frammen­ to, tuttavia, complica il quadro, poiché aggiunge crmpy�v OÈ crtopyfi, vdKoç OÉ tE vdKE'i Àuypé[>: è più difficile sostenere che l'identità costitutiva tra percepito e percipiente sia coinvolta in egual misura anche in questo caso, perché i composti non sembrano letteralmente fatti di tÀia e NdKoç, pur essendo, appunto, composti, dunque il risultato di un'azione aggregante (quella di Amicizia) e sono esposti a un'azione disgregan­ te (quella di Odio) . Partendo da questa presunta anomalia, in un contributo abbastanza recente, Rachana Kamtekar ha argomentato contro l'interpretazione peripatetica della per­ cezione empedoclea (i. e. percezione e pensiero coincidono) , asserendo che per il filosofo conoscere una radice per mezzo della stessa radice è un processo analogico, in cui "amore" e =

8 D. Sedley, Empedocle/ 1heory ofVision and 7heophrastus' De Sensi­ bus, in W.W. Fortenbaugh, D. Gutas (eds) , 7heophrastus: His Psychological, Doxographical, and Scientific Writings, Transaction («Rutgers Universiry Studies in Classica! Humanities>>, V), New Brunswick 1 992, pp. 22-3 1 , ipotizza che Ò7tW7tU!li'\' non abbia significato letterale, dato che difficilmente vediamo l'amicizia con l'amicizia e l'inimicizia con l'inimicizia; anche per questo esclude che i frammenti l 07 e l 09 siano significativi per ricostruire la teoria empedoclea della percezione. Le obiezioni di R. Kamtekar, Knowing by Likeness in Empedocles, , 1 9 (20 1 6 ) , pp. 38-57: 4 5 , ritiene che l'interpretazione peripatetica dipenda da quella di Platone (o, comunque, 9

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I6

LA

NATURA CORPOREA DELLE IMMAGINI

a Gorgia una teoria empedoclea della percezione fondata su àrroppoaç nvaç e 1tOpouç Eiç ouç KUÌ 01' d)y ai àrroppoaÌ 1tO­ pEUOV'tal; anche in quel contesto si allude alla simmetria tra effluvi e pori, espressa con il verbo ap!lO't'tEtv: non tutti gli effluvi, infatti, si adattano a tutti i pori (Men. 76c-d = A 92 DK = D 209 LM) . Empedocle parla di àrroppoai nel fr. B 89 DK (= D 208 LM) e potrebbe alludervi nell'ultimo verso del complicatissimo fr. B 84 DK (= 2 1 5 LM) 12; altrove, invece, ciò che afferma è compatibile con una simile interpretazione. Ci sono, dunque, elementi per riconoscere la struttura gene­ rale della teoria della percezione che Platone e Aristotele gli attribuiscono , pur con prudenza1 3• Platone, tuttavia, non si che essa sia «o ne of the main sources»), L:ipotesi è ragionevole. Mi risulta più complesso connettere la ricostruzione di Aristotele in GC (e altrove, almeno per il caso di Empedocle) al suo 20 WJ..oìot !!ETÉcrt J.lEPiJ.lvaç, � cr' /iq>ap ÉKÀ.Etlj!O'I>O"l 1tEpt1tÀ.OJ.lÉVOt0 XPÒVOtO crq>ffiV UUtffiV 1t09ÉOVtU q>tÀ.T]V É1tÌ yÉVVaV tKf:cr9at· 1tUVta yàp tcr9t q>pÒVT]crtV �XElV KUÌ VcOJ.lUtoç aTcrav.

Se infatti, affidandoti ai saldi pensieri , pienamente le contempli con incontaminate pratiche,

33 ]. Bollack, Empédocle, 4 voli., Les Éditions de Minuir, Paris 1 9651 969, vol. III/ l , p. 457. 3 4 I mss. riporrano Kaì ÉV crq>aOiVJ]crtv, correno in K ÉV mp' àùtvftcrtv da Duncker-Schneidewin (così anche 0257 LM) . 3 5 Turti gli edirori leggono così e non l:Soç.

«POND ERARE CON CURA FRA I SINGOLI SENSI»

27

tutte quante ti saranno presenti per l'intero tempo36, anzi molte altre da queste otterrai: esse sole, infatti, [incrementano ciascuna cosa nel suo carattere, secondo la natura che [appartiene a ciascuna. Ma se tu t'indirizzerai ad altre cose, quali le vili che tra gli [uomini sono innumerevoli e ottundono le menti, allora esse ti lasceranno presto solo, mentre si svolge il tempo, essendo bramose di raggiungere la cara stirpe: sappi, infatti, che tutto ha intelligenza e ha parte al [pensiero37• Ritengo si debbano giustificare alcune delle scelte fatte traducendo il frammento. La prima è che intendere rrpamo�:c; come "pensiero" , che è scelta ragionevole fatta da molti tra­ duttori, non deve far dimenticare la sede fisica del pensiero nel quadro empedocleo. Bollack propone di intendere per questo «sur ton coeur robuste» , che è una bella traduzione, e che è anticipata dai «fitti precordi>> di Bignone. La recente proposta di Laks-Most38, «organs of thought>> , tenta di tenere insieme i due aspetti, come quella proposta da me. Quanto a EÙJ.lEVÉcoç Ka9apfiow Èrrorrrdlcrrttc; J.lEÀitTIOlV, che fa indubbiamente riferimento a pratiche di tipo esoterico, la sua interpretazione dipende da dove si ritiene fosse collocato 36 L: espressione può voler dire "per l'eternità" o "per tutto il tempo della vita": ometto "della vita" per trovare un equilibrio tra le due opzioni, essendo questo possibile in un quadro complessivo che prevede reincarnazioni. 37 La traduzione è mia; essa non va intesa come definitiva, ma come funzionale al presente saggio. 3 8 A. La.ks, G .W. Most (eds) , Early Greek Philosophy, Vol. V, Western Greek 7hinkers, Part 2, edited and translated by A. La.ks and G.W: Most, in collaboration with G. Journée and assisted by L. Iribarren, Harvard University Press, Cambridge (Mass.)-London 20 1 6.

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NATURA CORPOREA DELLE IMMAGINI

il frammento nel poema e da che cosa significhino mpE al v. l e TUUTU al v. 3. Gallavotti, ad esempio, collocando Bi l O tra B2 e B 1 2 in unico frammento , data la sua peculiare ricostru­ zione del poema, ritiene che È7to7ttEDO"T] ç, yv&8t ùtatJ..LT] Sévtoç èvì crnMyxvmm Mymo.

Il primo verso non contrappone i vili ai forti, come inteso da Bignone50, ma non credo nemmeno si debba seguire Gal­ lavotti nel concordare Kparéoumv con KaKoiç5 1 : è preferibile intender! o come neutro 52, nel senso che >, vale a dire le quattro radici e/o 1Àia e NdKoç. I seguenti due versi esortano Pausania a conoscere (yv&9t) , nel modo in cui i dettami degni di fiducia della Musa impongono: se si intende l'imperativo senza complemento oggetto, come ritengo si debba fare, il conoscere (in quanto conoscere) si oppone all'àmcrretv. La lezione òtatJ.lT]9ÉVmç va senz'altro preferita a qualsiasi altra congettura, come il Òtacr­ O"T]9ÉVmç di Diels; il problema è come intendere il verbo: una lunga tradizione, specie anglosassone, cui aderiscono anche Curd e, da ultimi, Laks-Most, dà al verbo un significato logi­ co-dialettico, vale a dire "analizzare" (un'evidente anticipazione dell'uso platonico) . Wright ( 1 98 1 ) traduce «after the argument has been divided within your breast» , mentre Curd (20 1 6) > (enfasi mia) . Corretto il commento di C. Gallavotti in Empedocle. Poema fisico e lustrale, ci t., p. 3 1 8: >, 1 9 (20 1 6) , pp. 38-57. D.W Hamlyn (ed.) , Aristotle's De anima. Books !!, III, translated with lntroduction and Notes by D.W Hamlyn, Clarendon Aristode Series, Oxford 1 968. C. Gallavotti (a cura di) , Empedocle. Poema fisico e lustra/e, Fonda­ zione Lorenzo Valla l Arnoldo Mondadori, Milano 1 975. G. Giannantoni (a cura di) , I Presocratici. Testimonianze eframmenti, Laterza, Roma-Bari 1 98 1 . K. Ierodiakonou, Empedocles o n Colour and Colour Vision, > , 4 (2008), l , pp. 72-82.

LA

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NATURA CORPOREA DELLE IMMAGINI

gorgiani dietro cui parrebbe possibile riconoscere non solo la figura di Empedocle, ma anche quella di Democrito (sebbene nessuno dei due sia mai espressamente menzionato) . Nella versione del Trattato Sul Non Essere (d'ora in avanti semplicemente Trattato) tramandata dall'anonimo autore del De Me/isso, Xenophane et Gorgia, l'espressione democritea oùòèv J.!ÙÀÀOV ricorre sia nella prima sia nella seconda tesi - una volta nell'accezione antologica, una volta nell'accezione epistemica. Analogamente, entrambe le versioni del Trattato (dunque sia quella dell'Anonimo, sia quella di Sesto Empirico) fanno un uso ampio, seppur mai esplicito, di teorie di stampo empedocleo - il cui richiamo è, seppur problematico e problematizzante, piuttosto evidente. In effetti, il debito di Gorgia nei confronti di Empedocle (di cui il sofista pare essere stato allievo3) è fatto noto alla critica. Ciò è dovuto in larga misura alla testimonianza platonica, ma - anche a prescindere da questa - l'influenza empedoclea sulle riflessioni gorgiane è indubbia. Tale influenza emerge sistematica nella seconda e nella terza tesi del Trattato4 volte a dimostrare, rispettivamente, che «le cose sono per noi inconoscibili» e che, comunque, «Se anche fossero conoscibili non potrebbero essere rivelate ad altri>>. In questa sede concentrerò la mia attenzione esclusiva­ mente sul Trattato, lasciando dunque da parte l'Encomio di Elena5 • Più nello specifico, mi propongo di analizzare quei passi che paiono rilevanti al fine di ricostruire sistematica-

Cfr. Diog. Laert. VIII 58-59. R. Ioli (a cura di), Gorgia. Testimonianze e Frammenti, Carocci, Roma 20 1 3 , p. 1 9 5 . Ma ciò era stato enfatizzato già da M. Untersreiner (a cura di) , I Sojìsti. Testimonianze e Frammenti, Bompiani, Milano 1 996, p. 258, nora 88. 5 Ho condotto un'analisi del rapporto tra l'Encomio di Elena e il retro­ terra materialista in E. Di Iulio, LEncomio di Elena di Gorgia tra "fisiologia" e "materialismo", «Antiquorum Philosophia>> (2022, forthcoming) . J

4

GORGIA E IL MATERIALISMO EMPEDOCLEO

41

mente il rapporto fra Gorgia e la tradizione materialista, con particolare attenzione agli echi empedoclei e/o coerenti con la testimonianza platonica del Menone e con le testimonianze di Aristotele e Teofrasto. Lintento è, essenzialmente, quello di riuscire a capire se, fino a che punto e con quali scopi il Gor­ gia del Trattato guardi alla tradizione materialista di stampo empedocleo6. Al fine di rispondere a queste domande, allora, nel corso dell'analisi ci si focalizzerà su due aspetti: l' homologia, vale a dire l'idea per cui ogni organo di senso recepisce (solo) il contenuto sensoriale che gli è proprio, e la (famigerata?) identità di "percepire" e "pensare" su cui si soffermano così estesamente le testimonianze aristoteliche e teofrastee.

l . La II tesi del Trattato: Gorgia tra materialismo e feno­ menismo A.

Versione di Sesto

La sezione di testo della II tesi che ci riguarda è quella dei paragrafi 8 1 -82 di Adv. Math. VII. Qui Sesto scrive che: 6 Benché gli studiosi tendano a preferire la versione del Trattato traman­ data dall'Anonimo (fanno eccezione G. Casertano, Da Parmenide di Elea al Parmenide di Platone, in F. Gambetti, S. Giombini [a cura di) , Eleatica 201 1 , Academia, Sankt Augustin 20 1 5 , e S . Giombini, Why Sextus? 7he Pros logikous as Reliable Source fo r Gorgias' Peri tou me ontos, «Studia Philosophica Wratislaviensia», 1 4 [20 1 9) , l, pp. 83-96) , in questa sede si as­ sumerà come punto di partenza la versione di Sesto Empirico, poiché, come vedremo, è quella nella quale le teorie di stampo empedocleo riecheggiano in maniera più evidente. In generale, la mia impressione è che la versione dell'Anonimo sia, nell'insieme, più coerente e più filosoficamente raffinata di quella di Sesto. Ciononostante, poiché ritengo possibile - e forse anche doveroso - tentare di valorizzare le convergenze tra i due testi, in quanto segue mi sforzerò, per quanto possibile, di portare avanti questa operazione.

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LA NATURA CORPOREA DELLE IMMAGINI

èòcrnep te tà ÒpWJlEVU otà roiiro òparà Myetat Otl òpàtat, KUÌ tà ÙKOUO"tà otà toiito ÙKOUO"tà Otl ÙKOUetat, KUÌ O'Ù tà J,lèv òparà èK�aÀÀ.OJlEV ott o'ÙK àKm)erat, rà oè àKoucrrà napanéJl7tOJlEV on oùx òpàrat (eKacrrov yàp ùnò rijç ìoiaç aìcre�cremç àU' oùx ùn'UÀÀllç Ò>, 6 ( 1 988), pp. 1 1 -27. D. Lefebvre, Dynamis: Sens et genèse de la notion aristotélicienne de puissance, Vrin, Paris 20 1 8. D. Lefebvre, Summetria dans la Génération des animaux, in G.R. Giardina (éd.), To Metron: Sur la notion de mesure dans la philo­ sophie d'Aristote, Vrin-Ousia, Paris-Bruxelles 2020, pp. 1 1 5- 1 32. W Leszl (a cura di) , Iprimi atomisti. Raccolta dei testi che riguardano Leucippo e Democrito, Olschki, Firenze 2009. P.-'M. More!, Démocrite et la recherche des causes, Klincksieck, Paris 1 996. P.-M. More!, Iprimi atomisti nel II Libro "Sulla natura" di Epicuro, in F. G. Masi, S. Maso (eds) , Epicurus on Eidola. Peri Phuseos, Book II· Update, Proposals and Discussions, Hakkert, Amsterdam 20 1 5, pp. 5 5-66.

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LA

NATURA CORPOREA D ELLE IMMAGINI

P.-M. More!, Du mouvement atomique à l'équilibre psychique: Ordre et désordre dans l'éthique de Démocrite, ) , Leiden-Boston 2007, pp. 87- 1 04.

CORP I , MOVIMENTI E I M MAGINI CORPOREE: IL REALE OGGETTO DELLA VISTA NEL TIMEO DI PLATONE

Federico M. Petrucci (Università degli Studi di Torino)

Premessa Se per un (improbabile) accidente della storia della tradizione del corpus platonico il Timeo fosse andato perduto, tra i tanti temi a rimanere privi di discussione diretta da parte di Platone vi sarebbero senz'altro quelli della vista, delle sue dinamiche e dello statuto dei suoi oggetti. Probabilmente si sarebbe allora visto nel Pedone il testimone più affidabile in merito, dedu­ cendone una forte svalutazione della percezione e della vista, e nel Menone la prova della condanna di Platone di una dottrina presocratica dei raggi visuali. Il Timeo irrompe invece in questo scenario affermando esplicitamente che la vista è il più grande dono che gli dèi hanno prodotto per il genere umano, che essa coglie non solo immagini, ma addirittura corpi che si muovono nello spazio - e dunque può persino contare su una forma di rispettabile oggettività - e che, per queste ragioni, essa garantisce

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LA

NATURA CORPOREA DELLE IMMAGINI

l'elevazione dell'intelletto fino all'anima cosmica e il raggiungi­ mento del fine, l'assimilazione al divino. In questo contributo non mi riprometto di risolvere la contraddizione (a mio avviso solo apparente) tra questi aspetti teorici del Timeo e quelli che emergono in altri dialoghi (se non in un momento conclusivo) 1 , ma di sciogliere un paradosso che pare prodursi all'interno del Timeo stesso nel momento in cui siano avvicinate una così forte teoria dell'immagine visiva e un' ontologia che priva i particolari sensibili di identità diacronica. Ciò condurrà a una ridefini­ zione dell'oggetto stesso della vista nel Timeo - che è in realtà primariamente da identificare non con oggetti o corpi, ma con traiettorie, dunque con le strutture matematiche che governano il movimento dei corpi - e a cogliere qual è il vantaggio filosofico di una simile peculiare caratterizzazione della vista.

l . La teoria della visione nel Timeo: un primo sguardo Le due sezioni che rappresentano necessariamente il pun­ to di partenza per un'indagine sulla teoria della visione nel Timeo sono quelle che, rispettivamente alla fine dei WOrks of

1 In particolare, una qualche discrasia rra l'impiego della visra nell' os­ servazione asrronomica nel Timeo e la descrizione di un'asrronomia quasi priva di osservazione del VII libro della Repubblica è srara recemememe norara da B. Sarrler, A Timefor Learning andfor Counting: Egyptians, Greeks, and Empirica! Processes in the "Timaeus ", in R. Mohr, B . Sarder (eds) , One Book, the Whole Universe: Plato's ''Timaeus " Today, Parmenides Publishing, Las Vegas 20 1 O, pp. 249-266; nelle conclusioni si porrà sonolineare come quesra discrasia sia in realrà solo appareme (come già suggeriro, con argo­ memi diversi, da P. Donini, Il "Timeo ': Unità del dialogo, verisimiglianza del discorso, « Elenchos», 9 [ 1 988] , pp. 5-52: 23-25 , e I. Bodn:ir, 7he Day, the Month, and the Year: What Plato Expects from Astronomy, in C. Jorgen­ son, F. Karfìk, S . S pinka [eds] , Plato's "Timaeus ':· Proceedings ofthe Tenth Symposium Platonicum Pragense, Brill, Leiden 2020 , pp. 1 1 2-30: 1 20- 1 22).

IL REALE OGGETTO D ELLA VISTA NEL TIMEO DI PLATONE

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Reason e dei Works ofNecessity (per usare l'ormai tradizionale scansione cornfordiana del racconto) , sembrano delineare una trattazione completa e dettagliata. Alla fine della prima parte del racconto di Timeo, come noto, Platone pare anticipare alcuni elementi che emergeranno in modo più netto nel prosieguo: coinvolgendo indirettamente e a qualche titolo le «concause» materiali del cosmo, infatti, Platone fornisce un quadro complessivo delle dinamiche della visione (45b4-46a2)2• Benché secondo differenti gradazioni di purezza (partic. 45cl -2), il fuoco è il corpo dominante nell'aria nel momento in cui vi sia l'illuminazione del sole, e d'altro canto vi è una componente ignea anche all' interno del corpo umano. Questa componente ignea interna, più pura, è in grado di entrare a contatto con l'esterno attraverso gli occhi; in questo modo, per il principio (dominante nel Timeo)3 per cui il simile attrae il simile, si produce una sorta di raggio visuale continuo tra oggetto visto e organo della visione. A livello macroscopico , i corpi coinvolti in questo meccanismo sono tre: oltre a chi vede (e in particolare il suo occhio) e all'oggetto visto è possibile considerare come corpo anche il raggio visuale, che è a tutti gli effetti un corpo igneo, benché non in grado

2 In questo contributo faccio riferimento all'edizione e alla traduzione del Timeo contenute in F. M . Petrucci (a cura di) , Platone. Timeo, Monda­ dori, Milano 2022. ·1 Questo principio è in efferri evocato diffusamente, in modo più o meno esplicito, nel corso del racconto. Esso si applica all'anima razionale, ch e può assimilarsi all'anima cosmica perché condivide con essa le com­ ponenti essenziali; per la sressa ragione, può essere visto alla base della possibilità dell'anima stessa di cogliere sia l'intelligibile sia il sensibile (cfr. K. Corcilius, Idea! lntellectual Cognition in Tim. 37a2-c5, «Oxford Srudies in Ancient Philosophy••, 54 [20 1 8] , pp. 5 1 - 1 05 : l O 1 - 1 03) ; inoltre, esso gioca un ruolo cruciale nella teoria fisica del peso delineata a 62e-63e (cfr. D. O' Brien, 7heories ofWeight in Ancient World. Plato: Weight and Sensation. 7he Two 7heories ofthe "Timaeus", Brii!, Leiden 1 984) .

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di bruciare. Non a caso, la sua cessazione è descritta, sempre nello stesso passo, in termini meccanici, ovvero attraverso il venir meno del fuoco esterno con la notte o con la chiusura delle palpebre, che determinano l'interruzione del flusso igneo dall'interno, dunque del raggio come corpo (45d7-e2) . In breve, apparentemente il meccanismo della visione consiste nella trasmissione di qualche tipo di dato percettivo relativo a un corpo, attraverso il raggio visuale igneo, dunque corporeo a sua volta, fino al fuoco interno, anch'esso dunque corporeo, di chi osserva: tutti i poli del processo sono corpi in movimento, e la loro interazione produce apparentemente immagini visive a loro volta corporee. Questo quadro è in realtà turbato da un breve cenno di Timeo (45c7-d3) al fatto che il fuoco «offre proprio quella percezione grazie alla quale diciamo di vedere» nel momento in cui «trasmetta i movimenti di questi oggetti per tutto il corpo fino all'anima» (roun.ov ràç; Ktvijcr�:tç; 8ta8tòòv dç; éi1tav rò cr&j.ta j.tÉXPl tfjç; lj!Uxfiç;) . Oggetto proprio di percezione sem­ brano qui essere i movimenti dei corpi, e non propriamente i corpi stessi. D'altro canto, non mi pare che vi siano altri cenni in questo passo che consentano di rafforzare e dare solidità a tale lettura, mentre la sezione che segue immediatamente, dedicata alla riflessione (46a2-c6), conferma che il raggio vi­ suale è un corpo che "unisce" altri corpi, e non contiene alcun riferimento al ruolo del movimento del corpo percepito nel contesto della visione. Una simile lettura è corroborata dalla seconda discussione della vista che si rintraccia nel racconto (67c4-68d7) . La sezio­ ne è chiaramente articolata in una prima parte, che chiarisce le dinamiche generali della visione (67c4-e4) , e una seconda, dedicata alla distinzione dei colori primari e di alcuni tra i secondari (67e4-68d2; essa non ha particolare importanza per la mia argomentazione) ; a queste si aggiunge una curiosa appendice su cui tornerò e che, nella sua ambiguità, ha un

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III

certo interesse dal punto di vista epistemologico (68d2-7) . Vale la pena di citare per esteso la prima sequenza: Tétaprov 8it Àotnòv en yèvoç JÌ !J.tV aicr9T]ttK6v, 6 8tEÀ.Écr9at 8Ei cru;zyà èv Éautcp 1totKlÀ!J.atu KEKtT] IJ.ÉVOV ' éi crUIJ.1taVtu IJ.ÉV :xpoaç ÉKaÀ.ÉcraiJ.EV, q>Mya r&v crro!J.ci'rrov éKacrrrov ànoppéou­ crav, D'l'El crUIJ.!J.Etpa !J.Opta exoucrav 7tpòç a1cr9T]crtV, O'!'E(I)C:, 8' èv ro'ìç np6cr9ev aurò 7tEpì r&v aitirov tfjç yevécrEroç éppJÌ9T] . tfi8' oÙv tOOV xpro!J.Utrov 7tÉpt !J.UÀtcrta EiKòç 7tpÉ7tOt t' éiv É7ttEtKEÌ Mycp 8tEçEÀ9Eiv. tà q>Epo!J.EVa anò r&v /iÀÀ.(I)v !J.Opta É!J.7tl7ttovta tE Eiç tJÌV D'l'tv tà IJ.ÉV ÉÀ.cittro, tà 8è IJ.Eiçro, tà 8' 1cra roìç autfjç tfjç O'!'E(I)C:, !J.ÉpEcrtv dvm· tà IJ.ÉV oùv tcra àvaicr9T]ta, éi 8JÌ KaÌ 8ta>, 5 5 (20 1 8), pp. 35-83: 67-69; cfr. anche F. Fronterotta,

"Do the Gods Play Dice?':· Sensible Sequentialism and Fuzzy Logic in Plato's "Timaeus ", «Discipline filosofiche», 28 (20 1 8) , pp. 1 3-32, e già, per letture a diversi livelli affini, A. Code, Reply to Michael Frede's Being and Becoming in P,lato, «Oxford Studies in Ancient Philosophy», 6 ( 1 988), pp. 53-60, e D.]. Zeyl, Visualising P/atonie Space, in R. Mohr, B. Sattler (eds) , One Book, the Whole Universe: Plato's "Timaeus" Today, cit., pp. 1 1 7- 1 30 . 1 4 Non solo 27d6-28b7 ( s u c u i cfr. F. Ademollo, On Plato's Conception ofChange, ci t., pp. 63-67), ma anche il cosiddetto fluxpassage (49d3-50a5) , specie secondo l'interpretazione che ne ha dato D.J. Zeyl, Plato and Talk of a World in Flux, «Harvard Studies in Classica! Philology>>, 79 ( 1 975), pp. 1 2 5- 1 48 ; per una discussione in questa chiave dei passaggi citati cfr. F.M. Petrucci (a cura di) , Platone. Timeo, cit., comm. ad loc.

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che essa si applica non solo ai corpi composti, ma anche ai solidi elementari e ai triangoli stessF 5• Come noto, i solidi regolari con cui vengono identificati gli elementi nel nmeo non sono propriamente atomici, ma risultano dalla composizione di un certo numero di triangoli. Il passo in cui questa composizione viene descritta è ampio (53c4-56c7) e presenta una serie di questioni su cui non mi posso qui soffermare16• Per il mio argomento sarà sufficiente ricordare quanto segue: •

le "unità di base" nella costruzione dei solidi sono trian­ goli rettangoli scaleni e isosceli; sei triangoli rettangoli scaleni costituiscono un triangolo equilatero, come nella figura:



1 5 Su questo aspetto c'è in effetti una certa divergenza. Th. Johansen

(Plato's Natura! Philosophy: A Study ofthe "Timaeus-Critias ", Cambridge University Press, Cambridge 2004, p. 1 26), pur considerando lo statuto dei particolari sensibili in modo simile a quello poi proposto da Ademollo, ha attribuito ai triangoli una permanenza maggiore rispetto ai particolari sensibili. Contro questa lettura si è invece schierato, pur molto brevemente, F. Ademollo, On Plato's Conception ofChange, ci t., p. 68, che ha sottolineato come non vi sia alcun impedimento teorico nell'attribuire un meccanismo di continua generazione e corruzione anche ai triangoli, ma ha ammesso che 8 1 b4-e5 , passo su cui mi concentrerò, parrebbe testimoniare il contrario. 1 6 Rimando anche qui a F.M. Petrucci (a cura di) , Platone. Timeo, cit.,

comm.

ad loc.

IL REALE OGGETTO DELLA VISTA NEL T/MEO DI PLATONE •

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quattro triangoli rettangoli isosceli, congiunti in modo tale da far convergere tra loro gli angoli retti, costitui­ scono un quadrato, come nella figura:

A loro volta, i triangoli equilateri costituiscono le facce di tetraedri, ottaedri e icosaedri (associati rispettivamente a fuoco, aria e acqua) , mentre i quadrati costituiscono le facce di un cubo (associato alla terra) . Come noto , questo meccanismo consente a Platone di spiegare la trasformazione interelemen­ tare tra i tre elementi più leggeri: scomponendosi tra loro, le facce triangolari complesse (gli equilateri) possono ricomporsi in corpi diversi sulla base di precise quantità e proporzioni. Da questo processo rimane esclusa la terra, unica ad essere composta di facce quadrate, a loro volta prodotte da triangoli isosceli: la commistione della terra con gli altri elementi si verifica quindi a livello macroscopico, con particelle di terra che si mischiano a particelle di altri elementi in composti specifici (come nel caso del verderame a 59b6-c5). Questo modello presenta però una notevole complicazione. Apparentemente Timeo dà per scontato che i triangoli fonda­ mentali siano tutti della stessa dimensione, il che renderebbe possibile una completa trasformazione interelementare. E tuttavia, questo produrrebbe un notevole problema teorico, per cui sarebbe impossibile distinguere particelle più o meno grandi di uno stesso elemento, dunque anche diversi gradi di compattezza, densità e forza di uno stesso elemento, o

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commistioni di molte varietà tra diversi elementi. Non a caso Timeo stabilisce in modo esplicito che il demiurgo non ha prodotto triangoli di una grandezza specifica, ma ha posto le basi per la produzione di triangoli di dimensioni differenti, per cui i solidi elementari possono darsi in forme diverse tra loro (57c6-d6) . D'altro canto , se le componenti di base dei solidi hanno tra loro dimensioni differenti, sembra difficile com­ prendere in che modo si possa spiegare la "ricomposizione" dei triangoli (o delle facce dei solidi) . La soluzione tradizionale della difficoltà è quella di Cornford17: le dimensioni differenti sarebbero qui quelle delle facce equilaterali di tetraedro, ot­ taedro e icosaedro (gli unici solidi che pongano il problema della ricomposizione) , e la loro differente dimensione sarebbe in realtà da ricondurre a una diversa composizione di trian­ goli rettangoli scaleni: equilateri più grandi sarebbero dun­ que composti da un maggior numero di componenti scalene. Questa lettura, apparentemente economica, comporta però a sua volta notevoli difficoltà1 8, la maggiore delle quali è che il testo testimonia in modo esplicito in senso contrario: non solo non c'è menzione di simili oscillazioni nella composizione delle facce, ma Timeo è esplicito, come già visto, nell'indicare che le facce equilaterali sono composte da sei scaleni. Mi pare dunque molto più efficace una lettura, già pre-cornfordiana, poi riproposta in modo efficace da Bodnar19: ad essere di volta 17 F. M . Cornford, Plato's Cosmology, cit., pp. 230-239, ma cfr. anche D. O'Brien, 1heories ofWeight in Ancient World, cit . , pp. 83-87, e D.R. Lloyd, Symmetry and Asymmetry in the Construction ofthe Elements in the "Timaeus", «Classica! Quarrerly», 56 (2006) , pp. 45 9-474. 1 8 Cfr. la discussione in L. Brisson (éd.) , Platon. Timée-Critias, Flam­ marion, Paris 1 99 5 , pp. 302-304. 1 9 l. Bodnar, Matter ofSize, Texture, and Resilience: The Varieties of Elemental Forms in Plato's "Timaeus'; «Rhizai>>, 5 (2008) , pp. 9-34; cfr. già L Miiller, The Triangles in Plato's "Timaeus " l Los tridngulos en el "Timeo" de Platon, «Mathesis», 1 2 ( 1 996) , pp. 286-333.

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in volta generate con diverse dimensioni sono le facce equila­ terali dei diversi solidi, ciascuna comunque costituita da sei scaleni di dimensioni appropriate, e ciò lascia comunque un margine di ricomposizione tra facce, pur non ammettendo una compatibilità di tutte le facce tra loro. A vantaggio della seconda lettura vi è però un ulteriore aspetto, che riporta quest'analisi ad avvicinarsi al suo tema principale. La lettura di Cornford, per essere efficace, deve ammettere che le facce dei solidi e prima di esse le loro com­ ponenti scalene si muovano come corpi nello spazio: a titolo di esempio, un tetraedro composto da facce equilatere di una data grandezza si può frammentare in un certo numero di triangoli rettangoli scaleni, che si disperderebbero come tali attraverso lo spazio per poi, al termine di questo percorso, ricomporsi in un certo numero di tetraedri (o ottaedri, o icosaedri) di dimensioni minori attraverso la ricomposizione di altre facce, a loro volta più piccole. E tuttavia, una simile lettura implica la possibilità di trattare elementi geometrici esattamente come corpi, il che è definizionalmente impossibile (perché un corpo deve essere dotato di tre dimensioni, come affermato anche in Tim. 53c5-7) e fisicamente non concepibile, proprio perché un oggetto bidimensionale non occupa alcuno spazio fisico. La lettura di Bodnar è invece pienamente compatibile con l'antologia dei sensibili che ho proposto all'inizio di questo paragrafo: non vi sarebbe in tal caso nessuna "trasmigrazio­ ne" nello spazio dei triangoli, ma una generazione diretta di solidi con facce isomorfe ma dimensionalmente differenti: ciò da un lato garantisce l'omogeneità geometrica dei corpi elementari, dunque l' idea per cui tra i corpi c'è una conti­ nuità generativa possibile, ma dall'altro non implica alcuna autosussistenza fisica reale per oggetti bidimensionali. Una conseguenza di questa lettura è che la discussione geometrica della composizione dei corpi è da intendere letteralmente al livello, appunto, dei corpi tridimensionali semplici e composti,

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ma ogni osservazione sulle loro componenti bidimensionali è in realtà volta a illustrare analiticamente aspetti specifici della struttura dei corpi. Questa lunga e consapevolmente noiosa premessa si rivela fondamentale per affrontare l'enigmatica sequenza di Timeo 8 1 a4-e2: tà JlÈV yàp 8it m:: p t8otùna ÈKtòç; iJJliiç; tt']K8t di esperienza percettiva, come per esempio nelle illusioni senso­ dali e nei sogni9• Questa tesi è stata ripresa anche da Deborah Modrak, che attribuisce alla phantasia la funzione di analizzare il contenuto sensoriale in «condizioni che non conducono a una percezione veridica>> , riconoscendo però ad essa anche l'ulteriore compito, a percezione avvenuta, di rappresentare internamente le caratteristiche di un oggetto di senso10• Nello stesso anno in cui è stato pubblicato il saggio di Schofield, Martha Craven Nussbaum ha proposto una lettura della phan­ tasia come capacità che interviene nell'interpretazione del contenuto sensoriale non solo in condizioni «straordinarie>> ma in ogni esperienza percettiva 1 1 • Il coinvolgimento della phantasia nell'attività percettiva spiegherebbe poi, secondo del vivente. Vita, cognizione e azione nella psicologia aristotelica, Morcelliana, Brescia 20 1 5 , pp. 1 99-228. � Per un efficace punto sul dibattito, si veda A. Astolfi, Phantasia in Aristotele, cit. , pp. 1 5-29. 9 M . Schofield, Aristotle on the Imagination, ci t. IO D. K.W. Modrak, rPavraaia Recomidered, c22• Dall'organo di senso periferico al sensorio centrale, invece, la questione è ancora molto dibattuta. (T3) sembrerebbe suggerire una componente fisiologica fluida. Si veda l' impiego, a 46 1 a6, del sostantivo naA.ippota, che indica il movimento proprio di un'onda e, a 46 1 a7, del verbo Ka'ta>, «i phantasmata e i movimenti residui provenienti dagli aisthemata (i) talvolta scompaiono del tutto [ . . ] (ii) talvolta .

,

3 1 Il paragone è di G. Freuden rh al, Aristotle's Theory ofMateria! Substance, ci r.: «i suggesr rhar when Arisrorle referred ro rhe formarion of pneuma wirhin rhe blood rhrough rhe action of virai hear, he had in mi n d rh e singular characrerisric fearures of rhe process in which fresh milk is heared and evenrually boiled, a procedure we may safely assume he had occasion ro observe. The acrion of hear on milk almosr from the outser (above 30" C) causes the formarion of minure bubbles throughout rhe liquid. These riny bubbles [ . . ] persist in rhe liquid and rise only very slowly. Thus, as long as milk is mainrained warm, ir conrains bubbles through and through - ir remains rhoroughly "pneumarized" in the precise sense of rhe term». 32 Questa ipotesi è stata avanzata recentemente anche da C. Bubb, The .

Physiology of Phantasmata in Aristotle: Between Sensation and Digestion, «Apeiron», 52 (20 1 9) , 3, pp. 273-3 1 5, anche se le nostre proposte diffe­ riscono in meriro ad alcuni asperri fisiologici. In particolare, per Bubb la formazione di aisthemata e phantasmata avviene contemporaneamente, ed è simultanea alla percezione in arro. Nella sua proposta, il sensibile imprime un'impronta sul sangue pneumarizzaro come l'inchiostro sulla carra carbone: sulla carta carbone (il pneuma) imprime l' aisthema, e contemporaneamente sul supporto che la sostiene (il sangue) il phantasma. Per Bubb, dunque, la formazione dei phantasmata è un «side effecr» della formazione di im­ pressioni sensoriali; nella mia proposta, invece, è un a TOtç Ò.q> ' (by Ò.7t0ppd) , e che il vedere si produce a seguito dell'impatto (È!J.m7tT€1V) delle immagini con gli occhi di chi vede25; come la sensazione, così anche il pensiero si produce via via che sopraggiungono immagini dall'esterno (eiowÀ.rov €1;ro9ev npom6vrrov)26• Per Democrito, inoltre, anche le visioni durante il sonno sono suscitate nella mente da immagini, simili nella forma al corpo da cui si sono distaccate (exovra !J.Opq>0€10etç rou OWjJ.atVO!!ÉVmv) , nel II libro Epicuro individua la causa di tale sottigliezza nella provenienza delle immagini dalla superficie degli oggetti solidi e nel vuoto interno che le caratterizza. Infatti, in un contesto polemico verso la fine del libro (col. 1 1 6, 1 -9) , egli afferma che gli dòmÀa hanno «le medesime dimensioni in profondità>> (ràç aùràç òtacrracrctç dç �aeoç) degli CJTEPÉ!!vta da cui si distaccano, ma puntualizza che tale affermazione non va intesa nel senso che le immagini, come gli oggetti solidi, sono costituite «in profondità>> (dç �aeoç) da molti corpi, bensì nel senso che ne hanno la medesima di-

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mensione del vuoto interno (nÀJÌV oùxì r&t ÈK crffiJ.HlTffiV noM&v Eiç �aeoç ne [nmdcr] ea [t, UÀ.]Àà r&t [TJÌv] roù [E\'ù] oeev [Kevo]ù ùta [crr] amv TJÌV [aJùTJÌv éxetv) . «Un qualcosa di molto vuo­ to all'interno» (E\'ùo9év n noÀ.UKevov) , viene anche definito l'etOffiÀ.OV (col. 1 1 7, 5-8) , «ma simile per natura a questo (sci/. allo crrepÉJlVlOV che gli corrisponde) che molto vuoto non è>> (oJlowv [ùè] cpucre [t r&tùe] IllÌ no [Àu ]Kévffit) . La differenza strutturale tra gli etÙffiÀ.a e gli crrepÉJlVla - va detto che questo termine, di ascendenza medica, sembrereb­ be essere stato impiegato per la prima volta in senso tecnico nell'ambito della dottrina delle immagini proprio da Epicuro3 1 -, si risolve, dunque, in un'assenza, nei primi, di massa interna, di quella crrepe61"11 ç , «solidità» , che caratterizza, appunto, gli crrepÉJlVta, rispetto ai quali le immagini si risolvono in pelli­ cole superficiali internamente molto vuote, in una "facciata" sottile, al di là della quale c'è una cavità. Così testimonia polemicamente Agostino, giungendo a mettere in dubbio anche la natura corporea delle immagini:

Dicant ergo, in quo genere ponant imagines quas de corporibus solidioribus ajluere putant ipsas minime solidas [ ] si et ipsa corpora sunt. . . .

Dicano dunque in che genere collocano le immagini che ritengono defluire da corpi più solidi, senza essere esse stesse affatto solide [ ] se pure esse stesse sono corpi32• . . .

È singolare il fatto che, in un sistema atomistico in cui il tutto è costituito di corpi e vuoto, risultino davvero pochi i passi in cui si fa riferimento esplicitamente alla corporeità delle 31 Cfr. G. Leone (a cura di) , Epicuro. Sulla natura, Libro Il, cir . , pp. 520-523. 32 Fr. 3 1 7 Us. Cfr. anche, dallo sresso aurore, il fr. 352 Us.

IL CONTRIBUTO DEL Il LI BRO SULLA NATURA

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immagini designandole come m:Oj.lUTa. La natura corporea degli dòroÀ.a, affermata già dagli antichi Atomisti, è confermata per Epicuro almeno da Lucrezio (cfr. , ex. gr. , N 2 1 7, 90 1 ) , Plu­ tarco (fr. 254 Us.) e Galeno (fr. 3 1 9 Us.), oltre che da Diogene di Enoanda (frr. l O I 4-N 7 e 43 I 1 - 1 2 Smith) . Invece, nei testi di Epicuro, compreso il II libro Sulla natura, più spesso il sostantivo rà oroj.lam ora sostituisce il più tecnico rà on:pé­ j.!Vta (Ep. Hdt. 48; Nat. II, coll. 38; 1 1 3, 1 5 s.; 1 1 5, 4 s.), ora è accompagnato proprio dall'aggettivo OTEpÉj.!VIOç l OTEpÉj.!VIOV (Nat. Il, col. 37, 2 s.), a designare, quindi, non le immagini, bensì i corpi solidi da cui le immagini si distaccano; lo stesso Lucrezio, in cui non si rinviene una precisa traduzione del ter­ mine rà OTEpÉj.!Vta, nella trattazione della dottrina dei simulacri indica con corpora gli oggetti solidi (cfr. , ex. gr. , N 64, 1 57), anche se più spesso li designa come res (cfr. , ex. gr. , IV 64, 65, 86, 1 30, 1 44, 1 45; cfr. anche D. O. fr. 9 II 9 s. Smith) ; e ancora, in Epicuro - mi riferisco naturalmente alla sola dottrina delle immagini -, rà OcOj.lUTa sono gli «oggetti solidi» che si trovano nell'ambiente che ci circonda e nei quali gli etÒroÀ.a possono imbattersi (Nat. Il, col. 1 07, 24 s.) e scontrarsi (npoOKpouEtv, Nat. Il, coll. l 03; l 05), con esiti diversi, nel loro moto verso gli organi di senso; o, più semplicemente, sono «i corpi» con cui le immagini sono messe a confronto e condividono, per esempio, processi di movimento (cfr. Nat. II, coll. 1 1 1 ; 1 1 2; 1 1 3). Anche per questa ragione, e proprio su questioni di ci­ netica, nel corso del tempo gli studiosi hanno dato vita a un ampio dibattito critico in merito alla presenza del nesso rò �p6j.!EVOV oéòj.la in un difficile passaggio nei §§ 46-47 dell'E­ pistola a Erodoto dedicati alla dottrina delle immagini, in cui alcuni critici33 hanno voluto vedere una forte digressione sul 33 Cfr. , ex. gr. , E. Bignone (a cura di) , Epicuro. Opere, .frammenti, testi­ monianze sulla sua vita, Laterza, Bari 1 920, pp. 8 1 , 25 1 -253; G. Arrighetti (a cura di), Epicuro. Opere, Einaudi, Torino 1 973 2 , pp. 497-499; A.A. Long,

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movimento atomico in genere, o, più in particolare, sul movi­ mento degli aggregati atomici, se non addirittura un evidente indizio del disordine dell'assetto in cui l'Epistola attualmente si presenterebbe34; altri interpreti, invece35, hanno voluto leggere l'intero passo in relazione più o meno diretta alla cinetica delle immagini, o meglio, a quello che Bollack-Bollack-Wismann hanno opportunamente definito «le mode de propagation des idoles>>36: per i primi, dunque, TÒ > , per i secondi, invece, 'tÒ Ko] ÒO!lf]!léva) , sostenendo, allo stes­ so tempo, che «bisognava chiamarle corporee, pur essendo sottili>> (l] òc [t] a [ù]rà aco11[a] nKà À.[éy�:a] Eiat Kaì À.Enrà ovrq., fr. l O II 2 s. Smith) . La testimonianza di Diogene si rivela preziosa anche per­ ché sembra implicitamente attribuire la compresenza delle nozioni di corporeità e sottigliezza dei >38, che, ancora nel III secolo d.C., attesta come la polemica sulla sottigliezza degli dòcoÀ.a dovette essere particolarmente vivace anche nell'ambito del Peripato. Va detto, tuttavia, che la duplice testimonianza dell'Mrodisiense, nel commento al De sensu di Aristotele (in Sens. 56, 6-58, 22) e nel De anima mantissa (npòç rouç òtà rfjç r&v dòwJ...cov È!lnrwa�:coç rò 6pi'iv Àéyovraç yiv�:aEiat, 1 34, 38 Così F. Verde, Kepos e Peripatos a partire dal II libro Sulla natura di Epicuro, La testimonianza di Macrobio, in F.G, Masi, S , Maso (eds) , Epicurus

on Eidola. Peri Physeos, Book II. Updates, Proposals, and Discussions, cit., p p . 1 5 1 - 1 70: 1 53 .

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28- 1 36, 28) , si presenta talora problematica per la difficoltà di comprendere se e fino a che punto la sua critica alla dottrina della visione per mezzo di efflussi (àn6ppotat) - esplicitamente attribuita, con Empedocle, a Leucippo e a Democrito - possa essere inquinata, nei particolari dottrinari e nel lessico, da più tardi apporti epicurei. Alessandro, infatti, cita una sola volta il nome di Epicuro, ma per alcuni particolari dottrinari sembra avere coinvolto nella polemica anche il filosofo di Samo, come già sospettava la Asmis39, come, con una certa cautela, ritiene plausibile anche Francesco Verde40, e come io stessa ho creduto di dimostrare attraverso confronti puntuali con il II libro41 • Alessandro definisce gli etòroA.a ora «sottili, così [ . . . ] sottili)) (Àtma, ou1:roç [ . . . ] À.ema, in Sens. 57, l O, 1 2) , ora «più sottili e più rarefatti per natura)) (Àem6n:pa Kaì àpat6'tepa n,v cpucrtv, Mant. 1 36, 2 1 ) dell'aria, o, ancora, «così [ . . . ] sottili e fragili>> (ou'tffiç [ . . ] À.Sn'tà Kaì àoBevt;, in Sens. 58, 1 4 eùnae�, Mant. 1 3 5 , 22) . Agli occhi del commentatore di Aristotele, dunque, la sottigliezza delle immagini affermata dai sostenitori della dottrina costituiva un elemento di debolezza e fragilità delle immagini stesse, da sfruttare per dimostrare l'inconsistenza dell'intera dottrina, scalzandola nei suoi fondamenti. Secondo Alessandro, sottigliezza e fragilità, tra l'altro, avrebbero dovuto far sì che le immagini, nell'impatto con gli occhi ('rfj È!!1tLÙlcret Lfj eiç 'tÒV òcp9aÀ.!!OV, Mant. 1 3 5 , 22) , non potessero conser­ vare la figura e il rilievo (1:ò crxfi!!a Kaì it Èl;oxi] Kaì eicroxi] , ibidem) dei corpi di provenienza, come invece affermavano i sostenitori della dottrina, ma, piuttosto, nell'impatto con gli occhi, la sottigliezza avrebbe dovuto comportare una confu­ sione delle immagini. .



39 E. Asmis, Epicurus' Scientific Method, Cornell University Press, Itha­ ca-London 1 984, p. 1 34 e nota 29. 4 0 F. Verde, Kepos e Peripatos, cit., p. 1 5 . 4 1 G. Leone (a cura di) , Epicuro. Sulla natura, Libro II, cit., pp. 92- 1 65 .

IL CONTRIBUTO DEL II LIBRO SULLA NATURA

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Ho cercato nella mia edizione di dimostrare che l'innova­ zione rappresentata nella dottrina di Epicuro dalla nozione di ÙÀ.ÀT]À.ouxia - il termine, insieme a quelli costruiti sulla stessa radice, non è attestato prima di Epicuro nella lingua greca e non compare nella concentrazione dell' Ep istola a Erodoto né in altre fonti della dottrina -42, e cioè la «reciproca coesione» che, con evidente valenza tecnica non sempre compresa o comunque sottovalutata dai commentatori, caratterizza se­ condo il filosofo la compagine atomica degli doroÀ.a posti sulla superficie dei corpi, possa essere interpretata proprio come la risposta a questo genere di critiche, nell'intento di dimostrare che l' «insuperabile» sottigliezza delle immagini non comportava necessariamente per quelle debolezza e fragilità, come ritenevano gli avversari, se, nello stesso tempo, veniva loro attribuita una qualità, l'àÀ.À.T]À.ouxia, appunto, che ne assicurasse la capacità di resistenza ai pur pochi, ma sempre pC>ssibili, urti (àvTtKonai) esterni, così da potere conservare, nel loro velocissimo moto di scorrimento fino agli organi di senso e alla mente, «l'uguaglianza di forma» (Ò!lOtOJ..tOpcpia)43 degli OC. Alcune riflessioni sulle proprietà degli Elt1D:1A

nella dottrina di Epicuro, in F. G. Masi, S. Maso (eds) , Epicurus on Eidola. Peri Physeos, Book II. Updates, Proposals, and Discussiom, cit., pp. 83- 1 05 .

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molto tarda di Macrobio (Saturnalia VII 14, 3 fr. 3 1 9 Us. ) , l e immagini d i Epicuro siano definite inani figura cohaerentes corporum exuviae, «spoglie dei corpi coese dalla vuota figura», ha indotto Francesco Verdé4 - che con cautela ha ipotizzato, per questa sezione dei Saturnalia, la conoscenza da parte di Macrobio (diretta o mediata da qualche pensatore neoplatoni­ co) di una fonte peripatetica45 - a scorgervi una conferma alla tesi da me avanzata nell'edizione del II libro, che cioè «l'idea che una polemica tra Kepos e Peripatos sulla veridicità della sensazione e sul funzionamento del meccanismo percettivo ebbe effettivamente luogo>>46• In ogni caso, l'importanza della nozione di ÙÀÀ.l]Àouxia e delle sue implicazioni dovette essere ben chiara a Lucre­ zio, il quale, tra le emanazioni dai corpi che si osservano nel mondo fenomenico, addotte a dimostrazione dell'esistenza e dell'essenza delle immagini invisibili, distingue due categorie di corpora: l ) quelli > (!!lÌ tx6vtrov j.I.OpOf:lÒfj OXll l!ancrj.lÒV eva t [l]và q>Ucrf: [l, col. XXV 1 -5) e non sono caratterizzate dall'àAAllÀouxia dei loro componenti, come lo sono, invece, le immagini, definite «le nature che all'esterno sono ben coese, ma all'interno sono molto vuote>> (ai f:l;ro9ev !!ÈV [à] Ull [A.ou]xm q>ucretç, [é]v8o9e [v òf:] 7tOÀUKf:VOl, col. 1 1 8, 3-6) . Nello scontro con oggetti solidi come i muri, chiarisce Epicuro, è la stessa ÙÀÀllÀouxia delle immagini a non consentirne il passaggio, che risulterebbe assolutamente rovinoso per la loro j.I.Opq>� : l' impossibilità di vedere attraverso i muri, pertanto, invocata dagli avversari, non è un motivo sufficiente per scalzare sin dalle fondamenta la dottrina della visione attraverso le immagini. Ritengo che, anche in questo caso, negli avversari di Epi­ curo siano da individuare esponenti del Peripato. È vero che, delle numerose critiche rivolte da Alessandro di Afrodisia alla dottrina atomistica della visione, nessuna fa esplicito cenno al passaggio delle immagini attraverso i muri; tuttavia, rientra senz' altro nel medesimo genere di critica la constatazione del commentatore di Aristotele che la particolare sottigliezza delle immagini affermata dai sostenitori della dottrina avrebbe do­ vuto consentirne il passaggio attraverso ogni poro, e dunque anche attraverso gli occhi chiusi, laddove, invece, è evidente che a occhi chiusi non vediamo (cfr. in Sens. 57, 1 2, 1t&ç òf: Kaì !!Uovreç oùK Ò\j/6!-leea, eì oihroç ècrtì tà q>ep6j.leva Àe7tta; òu�crf:tal yàp Kaì j.I.UOV't(l)V Òlà t&v 7t6prov cl()(ù xropei) . Poi­ ché l'immagine del fuoco sottile che può attraversare i muri, da identificarsi evidentemente con il fulmine, al quale anche

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Lucrezio nel suo poema riconosce questa facoltà (cfr. I 489 sg. ; VI 384) , era stata probabilmente trasmessa a Epicuro dalla meteorologia di Teofrasto (nella versione araba che a lui viene fatta generalmente risalire, cfr. [ 6] l 0- 1 2 Daiber) 48, è possibile che proprio Teofrasto l'avesse utilizzata nella sua polemica contro la dottrina atomistica della visione. Ripetutamente e da più prospettive Epicuro insiste nel libro sul fatto che le immagini solo a certe condizioni possono conservare, nel loro moto di scorrimento fino agli organi di senso e alla mente, «l' uguaglianza di forma» (Ò!-!OtO!-!OPq>ia) , e cioè l'uguaglianza nel colore, nella figura e nella grandezza, degli O"t€PÉ!-!Vta di cui devono garantire la conoscenza. Nella col. 38 si legge, per esempio, che gli dowÀa conservano (o] ta­ m:i:>çoucr[tv) sulla facciata (brl 'tOU npocrcimou) l'uguaglianza di forma del corpo emittente (nìv Ò!-!Oto!-!Opq>iav 'tOU cr [ro!la]'tOI;) fino a quando un qualche oggetto che si faccia loro incontro (ànavrfjcrav n) non determini uno strappo (otacrnacr!-! [6ç) di alcuni atomi che li costituiscono: è chiaro che Epicuro, forse in risposta a precise critiche, ammette, nel processo di trasmis­ sione degli dowÀa dall'oggetto della percezione all'individuo senziente, la possibilità di una qualche alterazione nella !-!Opq>ij delle immagini stesse, ma questa ammissione non deve infi­ ciare, come avrebbero voluto gli avversari, i fondamenti stessi della dottrina e le sue implicazioni gnoseologiche. Anche in un altro passo del libro Epicuro allude alla possibilità per le immagini di un qualche «mutamento dalla !-!OPq>TJ che dall'inizio era defluita» (!-!ETU [ÀÀ] ayitv èK 'tfjç èl; [ a p]xfjç [à] noppudcrJl ]fjç, col. XX 7- 1 1 ) nel percorso dagli oggetti fino agli organi di senso e nel caso di incontro/ 4 8 H. Daiber, 7he Meteorology oflheophrastus in Syriac andArabic Trans­ lation, in W. W Forrenbaugh, D. Guras (eds) , 7heophrastus: His Psychological, Doxographical, and Scientijìc Writings, Transacrion Books, New Brunswick

1 992, pp. 1 66-293.

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scontro con altri aggregati, stabilendo un'inedita e suggestiva similitudine con i venti favorevoli (rà oupta) : questi, pur mutan­ do durante il cammino la forma iniziale, «giungono in qualche modo a salutare terra» grazie alla capacità di spinta (èl;ro9Ei[v] ouva!J.cva, col. 1 1 3, 2 1 sg.; è]l;ro [cre]tç aùr&v notaùvra[t, col. XX 1 1 sg.) che essi esercitano sugli aggregati piccoli e grandi con cui si scontrano - come, si può pensare per esempio, nei confronti delle grandi navi -. Secondo il medesimo rp6noç èl;rocrnK6ç un processo di spinta che sembra costituire un'altra innovazione di Epicuro attestata solo dal II libro Sulla natun:/'9 - gli e\oroÀa esercitano, nel loro moto di traslazione, un'azione di spinta sia nei confronti dell'aria (àé] pa èl;ro [Sei]v, col. 1 1 1 , 1 9) sia nei confronti di molti corpi (è [l;] ro9Eiv noÀÀà O"Ùl!J.ara, col. XVIII 1 -8) , così da poter giungere velocemente a grandi distanze. Non a caso, l'azione di spinta delle immagini nei confronti dell'aria compare ancora una volta tra i punti-cardine della critica di Alessandro di Afrodisia, precisando ulteriormente, a mio avviso, l'orizzonte polemico di Epicuro e lo strascico nel tempo di questo tipo di polemiche che dovettero coin­ volgere i sostenitori della dottrina atomistica della visione e rappresentanti del Peripato. Il commentatore di Aristotele, infatti, contesta che, in presenza del vento, le immagini, che sono più sottili e più rarefatte dell'aria spinta dagli stessi venti, possano avere la forza di spingere l'aria dinanzi a sé (ròv npò auroù nporo9Eiv àtpa, Mantissa 1 36; cfr. anche in Sens. 57) . Anche quando Epicuro chiama ancora in causa i venti propizi come responsabili di (cr [u]vKÀacretç, col. XV) che le immagini possono subire nel loro percorso , pre­ cisando, tuttavia, che la particolare coesione superficiale (àÀÀT]Àouxia) delle immagini impedisce che tali fratture ne

49 Cfr. G . Leone (a cura di) , Epicuro. Sulla natura, Libro II, cir. , pp. 638-642.

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determinino la « dispersione)) ( O"KEoacr1J.6ç, crKÉoacrtç, col. 1 03 , 6, l O) , come vorrebbero gli avversari appellandosi alla struttura sottile e internamente vuota propria dell' immagine (fficr-rE lllÌ v [o�J.] isctv Ka-rà -riJv cr [ucr-r] acrtv wu do [ro] J..o u ÈK [cr]uvKMcr [Eroç nvòç a]u-rà -r[oùç crKEoacr�J.oùç] Àall� [a­ VEtv, col. 1 03, 2-7) , non si può non rilevare che proprio la dispersione degli effluvi è invocata ancora da Alessandro di Afrodisia come inevitabile conseguenza del postulato della loro sottigliezza, e per di più in termini che ricordano assai da vicino il lessico impiegato da Epicuro nel nostro libro. La sottigliezza, per esempio, obietta Alessandro, avrebbe dovuto causare, in presenza di venti, la dispersione delle im­ magini e impedire la visione, laddove, in realtà, noi vediamo anche in queste condizioni: (in Sens. 57, l O, n&ç oè ÀE1ttà OV'tU où O"KEoacre�crEtUt àVÉIJ.ffiV ovtrov; Mantissa 1 36, 21 , _ìht EÌ l>1tÒ t&V àVÉIJ.ffiV IllÌ O"KtOVU1'Ut tà ctoroÀa, K'tÀ.) . La dispersione degli doroÀa è ammessa da Epicuro solo nel caso di un incontro l scontro con un oggetto solido (àJ.. [J.. ' ot]av Kaì np [ò] ç crtEpÉ1J.vt6v [n npo] crK [p] oucr [a]v L'IÌV cr [KÉo] acrtv À [UIJ.�av] Etv, col. 1 03 , 7- 1 0) , che sia dotato a sua volta della più grande àÀÀ.rJÀouxia superficiale e che non si trovi in un rapporto di simmetria dei pori nei confronti dell'immagine, come si evince in coli. l 06 s.) - abbiamo visto, poco fa, il caso esemplare dello scontro con un muro -: in questo caso, l'esito dello scontro è assolutamente rovinoso per l'immagine. Probabilmente ancora in chiave polemica, poco più avanti nel libro, in col. l 0 5 , Epicuro sembra negare che il corpo l EioroÀov - è il passo che prima ho richiamato, in cui cr&IJ.U identifica senza dubbio l'immagine50 - abbia nella propria 5° Così anche secondo ] . Brunschwig, D.N. Sedley, A. Monet, Épicure, La Nature, in D. Delattre, J . Pigeaud (éds) , Les Épicuriens, cit. , pp. 77- 1 1 7, 1 099- 1 1 40: 1 1 0 5 , nota 9.

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natura «qualcosa che restringe» (EXElV [ . . . ] n crxcr [tK6]v, col. 1 0 5 , 7 s.) e che possa subire nel suo percorso fino agli organi di senso una qualche contrazione (cruvisT]crtç) , pur non essendosi scontrato con un oggetto solido. La contrazione dell'immagine in strettezza, sottigliezza e piccolezza (ciç crtCVO'tT]ta Kaì ÀC7tt6'tT]ta Kaì J.llKpOtT]ta, col. 1 1 2, 1 2- 1 5) , è invece ammessa, non diversamente dalla dispersione, nel caso dello scontro con un oggetto solido (Kaì o [ra]v o'Òv [òi] ,