Il tramonto dell'antichita e altri scritti 9788865427606


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Il tramonto dell'antichita e altri scritti
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UlRICH VON WllAMOWITZ-MOEllENDORFF

Tra il

1920

e il

1922

Ulrich von Wi­

lamowitz, tra i più grandi filologici classici di tutti i tempi, tenne una serie di conferenze sul tramonto dell'an­ tichità. Il tema era certo molto attua­ le. Intellettuali e studiosi europei, già prima che iniziasse il primo conflitto mondiale, avevano indagato la fine del mondo antico (Otto Seeck, per esem­ pio, ma anche Eduard Meyer e Eduard Schwartz): nel primo dopoguerra, in seguito all'uscita dell'opera di Spen­ gler, la decadenza dell'antichità era or­ mai diventata il paradigma della fine della civiltà occidentale. Wilamowitz ne è consapevole, e non manca di allu­ dere, con una certa ironia, al Tramonto dell'OccidRnte di Spengler.

Per il filologo classico, il crollo co­ minciò con Augusto; e a uccidere l'impero non furono gli assalti esterni, quelli dei barbari, bensì l' esaurimen­ to della vitalità interna, determinato dali'estinzione del tradizionale ceto senatorio, sostituito nella funzione di leadership da esponenti dei ceti bassi che riuscirono ad affermarsi negli ap­ parati della b,urocrazia militare e am­ ministrativa. E innegabile che il prus­ siano Wilamowitz sappia cogliere, nel­ la Spiitantike, numerose analogie con la temperie presente, come è altrettanto innegabile che, nelle sue analisi e nelle sue analogie, tradisca motivi ideologici di inizio Novecento: in primis il disprez­ zo per le masse e per la democrazia.

Ulrich von Wilamowitz-Moellendorff

( 1848-1931),

professore di

filologia

classica alle università di Greifswald, Gottinga e Berlino, è stato il più cele­ bre antichista della sua generazione. Di Wilamowitz sono disponibili presso i nostri tipi Alle fonti del Clitumno, L'arte del tradurre, La letteratura greca dell'anti­ chità (vol. l: Il periodo ellenico vol.

2:

Il periodo attico

480-320).

700-480;

Le veglie di Attico 3 Collana diretta da Gerardo Fortunato

Dello stesso autore: Alle fonti del Clitumno L'arte del tradurre La letteratura greca dell'Antichità. Il periodo ellenico (700-480 a. C.) La letteratura greca dell'Antichz'tà. Il periodo attico (480-320 a. C.)

Ulrich von Wilamowitz-Moellendorff

Il tramonto dell'Antichità e altri scritti A cura di Eduardo Simeone e Gherardo Ugolini

Traduzione di Eduardo Simeone

La scuola di Pitagora editrice

Collana promossa dall'Istituto Italiano per gli Studi Filosofici

Copyright © 2020 La scuola di Pitagora editrice Via Monte di Dio, 1 4 801 3 2 Napoli www . scuoladipitagora.it [email protected] ISBN ISBN

978-88-6542-760-6 (versione cartacea) 978-88-6542-76 1 -3 (versione elettronica nel formato PDF)

Printed in Italy Finito di stampare in Italia nel mese di settembre 2020 -

presso lo stabilimento Universal book s.r.l. - Rende (CS )

INDICE

E. Simeone - G. Ugolini, Il "tramonto" di Wilamowitz

7 33

Nota editoriale Ulrich von Wilamowitz-Moellendorff Il tramonto

dell'Antichità

L'imperatore Marco

35 57

Appendice

L'impero universale di Augusto

75

IL "TRAMONTO " DI WILAMOWITZ di Eduardo Simeone e Gherardo Ugolini

l.

La fine di un'epoca. Wilamowitz e l'esperienza bellica

«Ganz wie bei uns» («proprio come da noi»): con queste parole, secondo il vivido resoconto di Friedrich Solmsen, pare che il vecchio Wilamowitz, negli anni immediatamen­ te successivi al primo conflitto mondiale, fosse solito con­ cludere i suoi discorsi nei quali trattava il tema del declino dell'antichità1 • Era evidentemente un modo efficace per en­ fatizzare l'analogia tra le circostanze storiche del passato e del presente. Solmsen, che sarebbe diventato a sua volta un importante figura di antichista, in quel periodo era studen­ te all'università di Berlino e aveva conosciuto e frequentato con una certa assiduità l'ormai anziano professore di filolo­ gia classica il quale, anche dopo aver cessato il servizio attivo nel 19 2 1 , continuava a frequentare l'ateneo e a tenere lezioni e seminari2• 1 Cfr. F. Solmsen, Wilamowitz in his Last Ten Years, in «Greek, Ro­ man, and Byzantine Studies», 20, 1979, pp. 89-122, p. 96. 2 Solmsen era stato uno degli studenti accolti nella cerchia più intima di Wilamowitz, che si riunivano il sabato pomeriggio ogni due settimane nella casa privata del maestro per seminari e discussioni filologiche (la co­ siddetta "Graeca " ) . Dopo l'awento del nazismo Solmsen dovette lasciare

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EDUARDO SIMEONE E GHERARDO UGOLINI

L'esperienza della prima guerra mondiale e la conseguen­ te " catastrofe" della Germania, ovvero la trasformazione dello stato tedesco da monarchia costituzionale a repubbli­ ca parlamentare e democratica, segnarono per Wilamowitz, come per altri intellettuali della sua generazione e della sua sfera sociale, una frattura profonda e una ferita non rimar­ ginabile. Amarezze che si sommavano al lutto privato per la perdita del figlio Tycho, promettente classicista, caduto in battaglia nell'autunno del 19 14 a Ivangorod sul fronte russo. «Il mondo che conoscevo è distrutto» commentò un Wilamowitz prostrato e affranto di fronte a Agnes Elisabeth Murray, figlia del grecista Gilbert Murray, quando costei gli fece visita pochi anni dopo la fine della guerra3 • N ella sua lapidaria concisione, la frase riassume perfettamente il sentimento di totale disillusione e alienazione che il vecchio filologo tedesco doveva provare in quel periodo. Nel momento in cui aveva avuto inizio il conflitto bellico Wilamowitz era all'apice della carriera scientifica e accade­ mica. Da quasi due decenni ricopriva la cattedra di filolo­ gia classica dell'università berlinese, la più prestigiosa del mondo germanico; dirigeva insieme con Hermann Diels l'i­ stituto di antichistica di quell'ateneo ed era alla guida di dila Germania e proseguì la carriera accademica negli Stati Uniti insegnan­ do alla Cornell University. Sugli incontri che si svolgevano nell'abitazione di Wilamowitz cfr. le precisazioni di W.M. Calder III, The Ber/in Greca. A Further Note, in «Greek, Roman, and Byzantine Studies», 20, 1 979, 393-397; si veda inoltre W.M. Calder III, The Members o/ Wilamowitz's Graeca, «Quaderni di storia», 29, 1 989, pp. 1 3 3 - 1 3 9 e L. Lehnus , Breve storia della Graeca wilamowitziana, in Miscellanea Graecolatina I, a cura di F. Gallo, Milano-Roma 201 3 , pp. 2 1 -3 1 . Sul pensionamento " forzato " di Wilamowitz cfr. da ultimo A. Tibiletti, Wilamowitziana. Luigi Castr� glioni on Wilamowitz's Zwangsemeritierung, «Ill inois Classica! Studies» 44, 2019, pp. 1 0 1 - 1 1 0 . 3 «Die Welt , die ich kannte, ist zersti:irt»: cfr. G. Murray, Memories o/ Wilamowitz, «Antike&Abendland», 4, 1954, pp. 9 - 1 4 , p. 14.

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IL "TRAMONTO " DI WILAMOWJTZ

versi progetti scientifici in seno all'Accademia delle scienze (Inscriptiones Graecae, Corpus Medicorum Graecorum, testi dei Padri della Chiesa)4• Aveva stretto rapporti di collabora­ zione e amicizia con politici influenti, a partire dal potente ministro prussiano dell'Istruzione Friedrich Althoff. Le sue conferenze pubbliche erano molto frequentate e gli garan­ tivano una notorietà che oltrepassava la stretta cerchia del mondo accademico. Si era anche ritagliato un ruolo attivo di primo piano nella propaganda politica assumendo posi­ zioni nazionalistiche estreme e comparendo, subito dopo lo scoppio del conflitto, tra i firmatari del celebre appello An die Kulturwelt! (''Al mondo civile ! " ) insieme con altri 93 professori tedeschi. In quel documento, pubblicato sui principali quotidiani dell'epoca, si dichiarava la piena soli­ darietà verso l'esercito tedesco accusato di aver commesso atrocità nella conquista del Belgio e si cercava di dimostra­ re all'opinione pubblica internazionale che i tedeschi erano stati costretti contro la loro volontà ad entrare in guerra ad­ dossando l'intera responsabilità alle potenze dell'Intesa e in modo particolare all'lnghilterra5• E successivamente, in piena guerra, anche nella cari­ ca di rettore dell'università di Berlino (anno accademico 4 Sul ruolo di Wilamowitz nell'ambito dell'Accademia delle Scienze berlinese cfr. W. Unte , Wilamowitz als wissenscha/tlicher Organisator, in Wilamowitz nach 50 Jahren, hrsg. von W.M. Calder III, H. Flashar, Th. Lindken, Darmstadt 1 985 , pp. 720-770, in particolare pp. 735-755. 5 Tra i firmatari, accanto al nome di Wilamowitz, compaiono tra gli altri quelli di Adolf von Harnack, Eduard Meyer, Max Planck, Max Reinhardt , Wilhelm Windelband, Ernst Haeckel, Wilhelm Wundt. Sul contesto in cui fu concepito l'appello, le sue finalità e conseguenze cfr. B. vom Brocke, ' Wissenscha/t und Militarismus': Der Au/ru/ der

'An die Kulturwelt.'' und der Zusammenbruch der internationalen Gelehrtenrepublik im Ersten Weltkrieg, in Wilamowitz nach 50 ]ahren,

93

cit., pp. 649-7 1 9 e J. von Ungern-Sternberg - W. von Ungern-Sternberg,

Der Au/ru/ "An die Kulturwelt-'": Das Mani/est der 93 und die An/ii nge der Kriegspropaganda im Ersten Weltkrieg, Stuttgart 201J 2 ( 1 996).

9

EDUARDO S!MEONE E GHERARDO UGOLINI

19 15/1 6), aveva tenuto diverse conferenze pubbliche, scrit­ to articoli per giornali, pronunciato comizi, firmato appelli, sempre difendendo a spada tratta il militarismo germanico e sottolineando l'intimo e ineludibile nesso tra la tradizione militarista e il progresso della scienza tedescé. Wilamowitz aveva creduto e probabilmente continuava a credere nell'u­ niversalità della scienza e nella necessità delle relazioni in­ ternazionali tra studiosi, ma il precipitare degli eventi e i risorgenti nazionalismi creavano in un lui un forte senso di disagio e straniamento. C'è una lettera che rende in modo abbastanza significativo il suo stato d'animo in quel perio­ do: la scrisse all'amico Arthur H un t, papirologo di Oxford, nell'agosto del 1 8 14, alla vigilia dell'invasione tedesca del Belgio. Vale la pena di riportarne il passaggio finale: Ho molti amici in ogni paese, e tanto più in quelli contro i quali scendono in campo i miei figli - e io volentieri scenderei in campo con loro ! Tutti sappiamo che la scienza universale trae vantaggio dalla diversità di razza e d'ingegno dei suoi servitori, e così anche l'intera cultura dell'umanità. Ma la cultura e la 6 I " discorsi di guerra " di Wilamowitz sono raccolti in Reden aus der Kriegszeit, Berlin 1 9 1 5 . Cfr. inoltre, più in generale sull'ideologia reazio­ naria di Wilamowitz, L. Canfora, Cultura classica e crisi tedesca. Gli scritti politici di Wilamowitz 1 9 14- 1 93 1 , Bari 1 977 (con traduzione italiana di molti testi) e L. Canfora, Ideologie del Classicismo, Torino 1 980. Per una sintesi dei contributi di Canfora sull'argomento cfr. C. Grasso, Luciano Canfora: le «ideologie del classicismo» e l'uso politico del paradigma clas­ sico, in «Polo Sud. Semestrale di studi storici» , 3 , 20 1 3 , pp. 1 47 - 1 73 . Su Wilamowitz propagandista durante la guerra cfr. inoltre RE. Norton , Wi­ lamowitz at War, «lnternational Journal of the Classica! Tradition», 1 5 ,

2008, p p . 74-97. Per l'ideologia militarista c h e Wilamowitz intendeva rap­ presentare a livello di convinzioni personali e dall'alto della sua autorevo­ le posizione accademica cfr. in particolare la conferenza Militarismus und Wissenscha/t (Militarismo e scienza) , pronunciata il 20 novembre 1 9 1 4 nel salone delle feste del Giardino Zoologico di Berlino. Il testo è pubblicato in U. von Wilamowitz-Moellendorff, Reden aus der Kriegszeit, cit . , pp. 75-94; trad. it in L. Canfora, Cultura classica cit . , pp. 1 00- 1 1 1 .

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IL "TRAMONTO" DI WILAMOWITZ

scienza e il concetto di umanità appartengono al Dio univer­ sale; in tempi come questo insieme alla natura che fa nasce­ re e vivere ognuno in un preciso àmbito si destano gli antichi dei nazionali e convocano l'intero uomo, il suo cervello, il suo cuore, il suo sangue. L'amicizia e l'inimicizia che il singolo e il singolo popolo sperimentano in tempi siffatti sono decisive per la lunga durata in termini umani, per sempre. Mi saluti la cara Oxford, e venga il giorno in cui possiamo riprendere il lavoro comune in amicizia. Adesso io non posso più riandare alle belle nuove cose, e accludo solo ciò che ho7.

L'incessante e militante impegno propagandistico non distolse per altro la concentrazione di Wilamowitz dagli stu­ di. Proprio negli anni bellici vedono la luce alcuni dei suoi capolavori filologici come l'edizione critica completa dei drammi eschilei (Aeschyli tragoediae, Berlin 19 1 4 ) cui fa da pendant il volume intitolato Aischylos. Interpretationen del medesimo anno. Seguono lo studio omerico Die Ilias und Homer (1 9 16) e quindi la monumentale monografia plato­ nica che fu pubblicata a guerra da poco finita in due volumi rispettivamente del 19 19 (vol. 1 : Platon. Leben und Werke) e del 19 20 (vol. 2 : Beilagen und Textkritik). Proprio l'angosciosa postilla (Nachwort) al secondo vo­ lume del suo Platon, scritta a caldo sul finire del 19 18, con tutta l'esplosione di disprezzo, rabbia e avversione che con­ tiene nei confronti della socialdemocrazia tedesca, ritenuta colpevole dell'abdicazione del Kaiser Guglielmo II e della

7

Il testo tedesco con traduzione italiana è pubblicato in L. Lehnus,

Wilamowitz a Hunt: la pace dei cento anni nel suo ultimo giorno, in Id., Incontri con la filologia del passato, Bari 2012, pp. 585-616, p. 586. Copia della lettera (erroneamente datata 3 luglio 1 9 1 4 e certamente non giunta a destinazione, ma tornata indietro) è conservata nella Niedersachsische Staats- und Universitatsbibliothek Gi:ittingen, Ms. Wilamowitz-Moellen­ dorff 984, Kap. XI BI . 2-3 . Per l'analisi del contenuto e per la precisa ricostruzione della vicenda si rimanda al citato saggio di Lehnus.

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EDuARDo SrMEONE E GHERARDO UGOLINI

capitolazione dello stato tedesco, è il passaggio che meglio esplicita i sentimenti nutriti da Wilamowitz in quel frangen­ te. Vale la pena di riportarne le parole testuali: Solo poche ore dopo aver dato alle stampe la prefazione è di­ ventato atroce verità quello che io prospettai, la notte di Natale del 1 9 1 7, come una eventualità che avrebbe potuto avverarsi solo fuori dell'orizzonte della mia esistenza. E invece ho dovu­ to vedere l'autodistruzione, l'autocastrazione del mio popolo. Nella oclocrazia e tra gli adulatori vigliacchi e venali, che essa trova in tutte le classi, non c'è più posto per un vecchio che dal cuore non si lascia strappare- da nessun Dio, da nessun uomo -il suo onore di Prussiano. Non gli resta che morire. Ma il regno delle forme eterne che Platone ha dischiuso è in­ distruttibile, e noi con la nostra scienza siamo al suo servizio: i miasmi della putrefazione non penetrano nel suo puro etere; anche l'odio e l'invidia debbono restare Eç,w eeiou xopoù [fuori dal coro divino]. Combatterò sotto il segno di Platone fino a quando avrò fiato. Ciò che io fanciullo promisi, al momento del congedo, alla amata madre Pforta, lo terrò fermo: où 7taucro�-tat -r:àç Xaprmç Moucrmç O"UYJCa-r:a�-tetyvilç aoimav cruçuyiav. 1:-r:t ·rot yépwv aotOòç Keì.aoeì Mva�-too-Uvav.

[Non smetterò di congiungere le Grazie con le Muse, dolcissima unione. Ancora da vecchio il cantore celebra la memoria] 22. XII 1 9 1 88

8 Si cita la traduzione compresa nel volume di L. Canfora, Cultura classica e crisi tedesca, cit . , p. 143 . Testo originale tedesco (Vorwort als Nachwort, in Platon, Bd. II, Berlin 1 9 1 9): «Nur wenige Stunden , nach-

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IL "TRAMONTO " DI WILAMOWITZ

Il cupo senso di disfacimento e precarietà collegato con la situazione contemporanea emerge con urgenza anche in una delle più celebri elegie composte in greco dall'ultraset­ tantenne Wilamowitz: nel clima della Dolchstofllegende (leg­ genda del colpo di pugnale), ovvero nella convinzione che la vittoria tedesca fosse stata vanificata per causa del " nemico interno " , non resta che augurarsi la morte, che liberi dall' on­ ta della disfatta e del tradimento. Questo il testo dell'elegia in traduzione italiana, pubblicata come numero XL della rac­ colta EAEfEIA, pubblicata nel 193 8 da Wolfgang Buchwald con introduzione di Friedrich Hiller von Gaertringen: Aiat n:àv lipa lCÙOoç an:mÀ.eEilywv t litwv, o'ì oì59' 07tOU eiolv OUTE oiTivÉç EÌm ytvUKEV, ouK oTiiev OoTiç èorlv OUÙÈ: ti ÈOTI KÒO!lOç. ò li€ � TI TOUTCJlV à7toÌ,l7taivErai 001 6 ròv riòv KpO'tOUVTCJlV EltatVOV q>Eilyovra .

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ULRICH VON WILAMOWITZ-MOELLENDORFF

Di mattina, quando non vorresti svegliarti, di' a te stesso: «Mi devo svegliare per svolgere il mio dovere di uomo. È il caso di brontolare, se devo avviarmi a fare quello per cui sono ve­ nuto al mondo? Sono forse stato creato per restare al caldo sotto le coperte?». Questo però mi è più comodo. Sei nato, allora, per goderti la comodità ? Per non fare ciò che è giusto, pur sapendo in cosa consista? Osserva le piante, i passeri , l e formiche, i ragni, l e api; essi svolgono tutti i l compito per cui esistono, cooperando per parte loro all'esistenza comune della natura, e tu non ti affretti a fare ciò che è secondo la tua natura? Ma si deve pur anche dormire. Ovviamente sì, ma la natura ha posto una misura anche per questo, così come ne ha posta una anche per il mangiare e per il bere; eppure tu vai al di là di quel che è sufficiente. Ma per quanto riguarda il lavoro vale il principio : solo nei limiti del possibile ! Non ami te stesso; altrimenti ameresti anche la tua natura e faresti ciò che essa richiede (V, l ) . Tu hai meritato ciò che ti è capitato adesso. Preferisci diventare virtuoso sempre domani piuttosto che esserlo oggi (VIII, 22 ) . I l corso del mondo è come u n torrente che trascina tutto con sé. Quanto poco valgono quegli omuncoli dediti alla politica che sono convinti di conoscere la filosofia pratica. Sono pe­ danti. Amico mio, fa' quello che la natura ora esige. Va' avanti, se ti è dato, e non girarti intorno a guardare se qualcuno se ne accorge. Non sperare nella repubblica di Platone, ma accon-

liuincwv, o'ì oi\9' oxou dcrìv oun; olnv€ç sim ytvUOEtç. tOOUUtTJ ),ÒyWV KOO!!lK� ttç ÈltÉXEl tÒV �(OV àq>opia («Mi stupisco - e con me certo anche molti altri - come nel nostro tempo ci siano, spiriti capaci di persuadere in modo eccellente e arguti, pungenti e pronti, e soprattutto prolifici di opere piacevoli, ma ormai non nascano più, tranne qualche raro caso, ingegni veramente sublimi e vocati alla grandezza. Una simile universale sterilità letteraria domina il nostro tempo») . Si tenga presente che Wilamowitz datava il trattato Sul sublime attorno al 40 d.C. (cfr. Die Griechische Literatur des Altertums, Leipzig 1 9 1 2 , p. 223 ) .

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L'IMPERO UNIVERSALE DI AUGUSTO

La stessa cosa succede quando intere classi o persino l'intero popolo perde ogni partecipazione alla sua vita pubblica, alla sua res publica, e quindi anche la spontanea abnegazione e il senso di responsabilità. Tralascio, naturalmente, se l'attiva partecipazione debba estendersi al ristretto orizzonte che il singolo abbraccia con lo sguardo, ovvero molto più ampia­ mente e quanto. Ma solo un Fellah, uno schiavo di natura, tollera di essere un puro e semplice oggetto tranne che nel pagamento dell'imposta. Quinto. Dove non c'è nessuna produttività nella scien­ za, non si cerca più disinteressatamente la verità, con tutti i mezzi della conoscenza, col pensiero e l'esperienza, con la meditazione e l'esperimento, dove questo fuoco divino si spegne, lì è come se si interrompesse la forza motrice di una macchina. La cosa può andare avanti un tratto, finché le ruote girando e i pendoli oscillando non hanno consuma­ to la forza loro impressa. Ma la spinta diventa sempre più lenta. Infine tutto si arresta. Ma alla collettività non basta che il singolo come singolo sia creativo nell'attività di ricerca o di riflessione. Questo infatti c'è stato anche fra i Greci dell'età imperiale. La scienza mette le ali anche ai cuori e allarga la mente di coloro che l'accolgono in sé e l' abbrac­ ciano, senza che questo abbia necessariamente un effetto produttivo. Quanto più gli uomini accolgono e trasmettono sia pure soltanto una scintilla del fuoco divino, tanto più la civiltà si estende, tanto più sicura essa vive. Solo un'educa­ zione e una cultura che tendono non semplicemente ad una pratica utilità, ma a rendere capaci di pensare scientifica­ mente, serberanno a un popolo la forza spirituale che anche nella vita pratica è il vero elemento decisivo. Un'ultima cosa. Il nostro poeta dice: Se ti è chiaro e palese lo ieri oggi opererai con spedito vigore.

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ULRICH VON WILAMOWITZ-MOELLENDORFF

E puoi anche sperare in un domani che ti sia non meno favorevole9•

Abbiamo considerato un periodo storico in cui agli uo­ mini era negato di operare efficacemente e liberamente nel proprio tempo, e in cui era poi svanita la speranza, anzi l'i­ dea di un domani felice. La speranza nasce solo dalla fede. In verità essi avevano fede solo nella grandezza e nello splen­ dore di loro stessi e del loro mondo, e nella eternità del loro impero e della loro civiltà. Essi non meritavano più ciò che avevano ereditato dai padri, e la loro stessa fede non era più che un vecchio oggetto di famiglia. Per questo sono andati in rovina e - di per sé - non meritano di essere da noi ricordati. Ora, signore e signori, lascio a voi giudicare se era giusto che io li ricordassi qui. Non faccio nessun paragone, così evidente esso è per me sotto diversi aspetti. Lo lascio a voi. Una cosa soltanto. No, noi non contiamo sulla fede nella grandezza e nemmeno nella indistruttibilità della nostra ci­ viltà. Ma crediamo in Dio e nella sua giustizia. Sul nostro popolo, sulla sua forza, sulla sua libertà, sul suo lavoro, sulla sua scienza noi costruiamo la nostra speranza, e Dio non la distruggerà.

9 «Liegt dir Gestern klar und offen, l wirkst du heute kraftig frei, l kannst auch auf ein Morgen hoffen, das nicht minder gliicklich sei». Sono versi di Johann Wolfgang von Goethe, compresi nella raccolta Xenie miti (Zahme Xenien), IV, w. 1 1 79- 1 1 82 ( cfr. J.W. Goethe, Gedichte: Ausga­ be letzter Hand 1 82 7, vollstandige Neuausgabe mit einer Biographie des Autors, hrsg. von K.-M. Guth, Berlin 2016, p. 592) . La traduzione è di Roberto Fertonani (].W. Goethe, Tutte le poesie, a cura di R. Fertonani, vol. l , tomo II, p. 1303 ) .

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