Gli antichi e l’origine della scienza esatta. Testo tedesco a fronte 8865427930, 9788865427934

Nel saggio che qui presentiamo per la prima volta in traduzione italiana, ossia Die Antike und die Entstehung der exakte

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Gli antichi e l’origine della scienza esatta. Testo tedesco a fronte
 8865427930, 9788865427934

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ERNST CASSI RER

GLI ANTICHI E L'ORIGINE DELLA SCIENZA ESATTA Con testo tedesco a fronte Introduzione e traduzione a cura di Giacomo Borbone

La scuola di Pitagora editrice

INDICE

Ilpensiero scientifico tra antichi e moderni: la proposta ermeneutica di Ernst Cassirer di Giacomo Borbone

7

Breve nota editoriale

31

GLI ANTICHI E L'ORIGINE DELLA SCIENZA ESATTA

33

(1932)

Opere citate nel testo

101

Indice dei nomi

105

Ilpensiero scientifico tra antichi e moderni: la proposta ermeneutica di Ernst Cassirer di Giacomo Borbone

1. Introduzione

Di norma un autore, specialmente quando si misura con questioni teoreticamente e storiograficamente complesse, non può fare a meno di sviluppare le proprie tesi mostrandone la fondatezza e svolgimento. Ciò, ovviamente, richiede non soltanto una nutrita serie di passaggi intermedi per meglio articolare la propria ricostruzione storico-teoretica, ma anche una certa sistematicità di fondo che obbliga chi scrive a dar vita ad un vero e proprio trattato che sia ben strutturato e caratterizzato da precisi riferimenti testuali. Appare un'impresa ardua, se non impossibile, far ciò in un lavoro di brevi dimensioni ma, per nostra fortuna, vi sono autori dotati di una straordinaria capacità di sintesi e in grado di mostrare, sia pur in poche pagine, snodi problematici ed intricate questioni teoriche che di solito richiederebbero una trattazione ben più estesa. Simili lavori, ovviamente, vanno presi per quello che sono: scritti minori che non possono non rinviare a studi più ampi e sistematici. Un autore che di certo sapeva condensare in poche pagine temi e problemi di elevata complessità è il filosofo tedesco Emst Cassirer, noto al grande pubblico non soltanto per la sua vasta ed importante produzione scienti.fica, ma anche per lo stile "teutonico" che non ne ha di certo facilitato la lettura. Eppure, dando anche solo una rapida scorsa alla sua produzione saggistica, ci troviamo invece al cospetto di uno stile espositivo

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INTRODUZIONE

caratterizzato dal pregio della chiarezza ma, soprattutto, in grado di fornire al lettore - in taluni casi anche in pochissime battute - un quadro sintetico di lunghissimi periodi storici. Nel saggio che qui presentiamo per la prima volta in traduzione italiana, ossia Die Antike und die Entstehung der exakten Wissenschaft (1932), Cassirer affronta un tema ampiamente dibattuto nella storiografia filosofica e scientifica: il rapporto tra antichi e moderni alla luce dello sviluppo della scienza naturale. In questo suo breve ma denso lavoro Cassirer si sforza di mostrare l'indissolubile nesso sussistente tra gli antichi e i moderni, rinvenibile in primo luogo nelle delicate questioni concernenti lo sviluppo della scienza moderna e il suo rapporto con la costellazione concettuale della filosofia antica. Il filosofo delle forme simboliche non elude di certo le tensioni e i contrasti teorici presenti tra la speculazione degli antichi e quella dei moderni; ma la novità della proposta ermeneutica cassireriana consiste, in prima battuta, nell'aver cercato di chiarire questo contrasto alla luce del modo in cui esso venne superato. In seconda battuta, egli riflette sulle ragioni che indussero scienziati come Kepler e Galilei a volgere il proprio sguardo proprio al passato - più nello specifico a Platone. Il movimento di pensiero ricostruito da Cassirer presenta rilevanti analogie col processo hegeliano della Aujhebung, ossia quel superamento-conservazione in forza del quale la scienza moderna si propone non tanto di negare il contributo degli antichi - quasi fossero deposti in una bara e consegnati alla damnatio memoriae o semplice oggetto di curiosità di qualche eccentrico topo da biblioteca - ma di superarne i limiti fisiologici conservando però, al tempo stesso, quella struttura o costellazione concettuale che l'ha resa non soltanto imperitura, ma anche il motivo per cui un autore come Martin Heidegger ebbe ad affermare che la filosofia nasce grande•.

1 «Ciò che

è grande comincia coll'essere grande fin dal principio e si mantiene tale solo per via di un libero ricorso della propria grande-~za: se è grande

INTRODUZIONI!

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Sarebbe di certo risibile - oltre che storiograficamente e teoreticamente indecoroso - considerare la nascita della scienza sperimentale come una creazione interamente moderna e quindi sciolta da ogni legarne col passato, giacché furono proprio i Greci, come rileva acutamente Dilthey, ad aver sottoposto «la stessa immagine del mondo ad operazioni puramente scientifiche,,2. Com'è noto, la tesi che fa della scienza sperimentale un prodotto interamente moderno venne supportata, quantomeno in ambito filosofico, da Francesco Bacone il quale, specialmente nel Novum Organum, rimarcava con forza la superiorità dei moderni sugli antichi. Dalle sue dichiarazioni sembra quasi che la scienza moderna - col suo armamentario sperimentale - altro non sia che una creazione ex nihilo. Ma egli rincara la dose affermando come il principale motivo di arresto del progresso scientifico fosse rinvenibile proprio nel culto dell'antichità. D'altra parte, per Bacone i veri anziani dell'umanità non sono i Greci ma i moderni, giacché solo questi ultimi posseggono un accumulo di esperienze tale da renderli superiori agli antichi e ipsofacto gli autentici detentori del titolo di "anziani": «Mundi enim senium grandaevitas pro antiquitate vera habenda sunt; quae temporibus nostri tribui debent, non junori aetati mundi, qualis apud antiquos fuit [Per antichità, infatti, si devono propriamente intendere la vecchiaia e l'età avanzata del mondo; esse si devono attribuire ai nostri tempi, non a quelli degli antichi, che del mondo erano invece l'età più giovane]»3 • Siffatta contrapposizione, in effetti, appare quasi un cliché storiografico piuttosto difficile da estirpare, per cui ha ragione Cassirer allorquando, in un suo manoscritto del 1941,afferma che «nel campo della scienza, ci siamo abituati a tracciare una linea netta tra la è grande anche nella sua fine. Tale è la filosofia dei Greci•, M. Heidegger, Introduzwne alla metafisica, a cura di G. Vattimo, Mursia, Milano 1986, p. '1:1. 2 W. Dilthey, La dottrina delk viswni del mondo, trad. it. di G. Magnano San Lio, Guida Editori, Napoli 1998, p. 129. 3 F. Bacone, NO'IJum Organum, I, 84, a cura di M . Marchetto, Rusconi, Milano 1998.

(0

INTRODUZIONE

nostra epoca ele concezioni dei secoU scorsi. ParUamo di una fisica "classica" da confrontare con lo stato attuale della scienza, cioè con la fisica moderna [Im Bereichder Naturwissenschaften haben wir

uns daran gewohnt, eine scharft Grenzlinie zwischen unserer eigenen Epoche und der Aujfassungvergangener]ahrhunderte zu ziehen. Wir sprecben von einer •klassiscben" Physik, die wir dem beutigen Stand der Wissenschaft, die wir der modernen Physik gegenuberstellen]»4 • Ciò rispecchia fedelmente quanto sostenuto da Bacone, ma bisogna aggiungere anche che quanto sostenuto dall'autore del Novum Organum acquista una sua piena legittimità solo muovendosi da un'angolazione diversa rispetto a quella baconiana. È ben vero che nelle opere degU antichi noi rinveniamo la giovinezza della nostra civiltà, ma non bisogna con ciò pensare ad un senso di superiorità dei moderni sui sistemi filosofici e scientifici dell'antichità. Qyanto prodotto dalla cultura greca altro non è che il fondamento inestirpabile e imperituro di ciò che noi intendiamo per filosofia, etica, poUtica, scienza, arte e via dicendo. Non possiamo non ritornare costantemente - sia pur con uno sguardo vigile e critico- alla compagine concettuale degli antichi. D'altra parte, la storia della filosofia e della scienza mostra la presenza di un incessante lavoro di indagine della realtà in cui i diretti interessati, da prospettive spesso divergenti, affrontano i contrasti e le tensioni concettuali nel tentativo di risolverle. Ma per far ciò non si può non pensare e ri-pensare in senso critico quanto già prodotto e affrontato dagli antichi, giacché tutte quelle polarità antinomiche che continuano ad alimentare lo sviluppo della cultura costituiscono riformulazioni di contrasti lontani nel tempo. Non è stato Galileo a volgere il proprio sguardo a Platone nella sua lotta contro la vetusta tradizione aristotelico-scolastica? Non è stato Keplero a riprendere la teoria platonica dei solidi regolari? • E. Cassirer, Zur Erlunntni.rlheorie der Kullurwi.rtemchaften (1941), in Id., NachgelasseneManusluiple und Te,ae, Band 5: Kulturphilosophie. Vorksungenund Vortrage 1929-1941, Hcrausgegcbcn von R. Krammc, Mcincr Vcrlag, Hamburg 2004, p. 201.

INTRODUZIONE

II

Non restò Einstein interamente affascinato dalla cosiddetta seduzione ionica nel tentativo di giungere ad una "teoria del tutto"? Qyesti pochi esempi da noi menzionati servono soltanto a fornire, sia pur sinteticamente, un'idea generale del costante intreccio tra riflessione moderna e antica. Cassirer, in questo suo breve lavoro e non soltanto in esso, si sforza appunto di mostrare l'erroneità del punto di vista baconiano, abbandonando il quale risulta possibile accedere ad una visione complessiva dell'intricato e tortuoso sviluppo del pensiero scientifico. La sua caratteristica peculiare consiste non tanto nell'aver semplicemente accumulato esperienze pregresse, quanto invece nell'aver imboccato un sentiero accidentato, gravido di tensioni concettuali che hanno sempre generato scontri e diatribe epistemologiche. Il pensiero scientifico ha spesso subito battute d'arresto protrattesi anche per lungo tempo ma ciò, se interpretato in senso critico e con una visione meno circoscritta e più ampia delle cose, non soltanto risulta del tutto fisiologico ma finanche salutare. Senza le tensioni e i contrasti dialettici non sarebbe possibile giungere a nessuna verità, sia pur relativa. Per dirla in termini hegeliani, vi è sempre una tesi alla quale viene contrapposta un'antitesi, dal cui contrasto emerge una sintesi. Ma a lungo andare anche questa sintesi presenterà delle crepe che ne minacceranno la consistenza teorica, costringendola ad un ripensamento sì da diventare anch'essa una tesi che si risolverà - mediante il suo scontro con l'antitesi - in un'altra sintesi, e così via.

2. Speculazione edesperienza La contrapposizione tra antichi e moderni si fonda su un pregiudizio filosofico-storiografico piuttosto discutibile e che si condensa nella seguente polarità: speculazione-esperienza. Difatti, secondo il punto di vista baconiano i moderni avrebbero acquisito non soltanto un patrimonio scientifico molto più esteso rispetto a quello posseduto dagli antichi, ma avrebbero anche

INTRODUZIONE

fondato la loro grandezza sull'esperienza. In breve, mentre negli antichi dominava la speculazione pura e la spasmodica ricerca di principi primi costitutivi dell'intera realtà, coi moderni si affaccia piuttosto un nuovo stile di pensiero scevro da contaminazioni metafisiche e tutto devoto all'esperienza e all'osservazione. Con la nascita della scienza moderna, sempre secondo Bacone, si passa così dall'età della speculazione a quella dell'esperienza. Mal' autore del Novum Organum è in buona compagnia, giacché anche un autore come Blaise Pascal, nel suo Trattato sul vuoto del 1651 ebbe a definire l'epoca dei Greci come l'età dell'infanzia: «Qiielli che chiamiamo "antichin in verità erano nuovi a tutto, e formavano propriamente l'infanzia degli uomini; e siccome noi abbiamo aggiunto alle loro conoscenze la esperienza dei secoli che li hanno seguiti, è in noi che si può trovare quell'antichità che onoriamo negli altri»5• Ma davvero ci è lecito parlare di due epoche contrapponendole sulla base di una differenziazione così semplicistica? Davvero i Greci non mostravano alcuna sensibilità per la realtà effettuale e per l'osservazione empirica? Sarebbe sufficiente volgere il proprio sguardo ad un autore come Aristotele per convincersi del contrario. Come non pensare, infatti, ai numerosi scritti scientifici di Aristotele, colmi delle più raffi.nate e acute osservazioni e classificazioni di specie animali, piante e così via? A titolo d'esempio, giova qui menzionare le seguenti parole di Charles Darwin: «Linneo e Cuvier sono state le mie due divinità in direzioni completamente diverse, ma essi non sono che principianti in confronto al vecchio Aristotele»6 • Ma non è nostra intenzione scardinare il pregiudizio storiografico secondo cui la cultura greca fosse assolutamente arretrata dal punto di vista della conoscenza

s B. Pascal, Prefazwneper il 'Tra/fato sul vuoto•, in Id., Opuscoli e scritti vari, a cura di G. Preti, Latera, Bari 1959, p. 9. 6 C. Darwin, Liftami Lelfers, voi. 3, edited by Francis Darwin,John Murray, London 1887, p. 152.

INTRODUZIONE

13

empirico-fattuale7• Essa, difatti, è colma di esempi illustri, tra i quali vanno annoverati Erofilo, Eratostene, Crisippo, Ctesibio, Aristarco di Samo, Ipparco e così via. A titolo d'esempio, ricordiamo infatti che il noto astronomo Eratostene per primo calcolò correttamente la circonferenza della Terra accettando l'assunzione idealizzante secondo la quale i raggi solari che cadono sulle differenti aree della superficie terrestre sono paralleli. D'altra parte, come afferma il filosofo delle forme simboliche in un breve scritto del 1931, il rapporto tra idea ed apparenza, tra teoria ed osservazione «ha caratterizzato il pensiero greco fin dai suoi primi inizi»8 • Ma non è questa la sede in cui passare in rassegna il contributo scienti.fico degli antichi; intendiamo piuttosto focalizzare la nostra attenzione sulla proposta ermeneutica di Cassirer, il quale cerca di mettere ordine ponendosi un interrogativo preliminare. Pensiero ed esperienza sono mutualmente escludentesi? Si può parlare di un'esperienza senza pensiero e di un pensiero senza esperienza? La risposta non può che essere negativa, giacchè non esiste un pensiero che non vada a cozzare contro l'attrito della realtà, così come non esiste il puro dato poiché, come ci insegna Goethe, «alles Faktische schon Theorie ist [ogni che di fattuale è già teoria]»9. Ne consegue che esperienza e pensiero non si trovano in un rapporto di mutua esclusione e nemmeno lottano per chissà quale supremazia ontologica; piuttosto, «sono entrambi momenti correlati e dipendenti l'uno dall'altro fin dall'inizio» (cfr. infra, p. 39). In buona sostanza, essi non sono altro che l'espressione di un

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Sulla rivalutazione della scienza greca si veda il classico lavoro di L.

Russo, Lariwluzwne dimenticata. lipensiero scientificogreco eia scienza moderna, Feltrinelli, Milano 2003. a E. Cassirer, Das moderne Weltbild. Die Betkutung tkr Anti/,.efor die moderne Naturwusenschafl (1931}, in Id., Gesammelte Werke, Band 17:Auftàtu und /,./eine Schriften (1927-1931), TextundAnmerkungen bearbeitetvon T.Berben, Wissenschaftlichc Buchgcsellschaft, Darmstadt 2004, p. 435. •J. W. Goethe, Maximen undReflexionm, Verlag der Goethe-Gesellschaft, Weimar 1907, p. 125. Massima n. 575.

INTRODUZIONE

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unico processo che li vede coinvolti in un rapporto di coesistenza e coappartenenza. Partendo da questo presupposto teoretico, Cassirer si sforza quindi di mostrare e analizzare l'incessante dialogo intessuto dalla scienza moderna con la speculazione degli antichi. Le figure chiave di questo snodo teoretico vengono da Cassirer rinvenute in Kepler e Galileo Galilei, da considerarsi come le due figure più rappresentative di quel movimento di pensiero noto come Rinascimento e che aveva già ricevuto fondamentali contributi dalle opere di Marsilio Ficino, Niccolò Cusano, Pico della Mirandola, Pietro Pomponazzi e così via. In effetti, in Kepler e Galileo assistiamo - in concreto - ad una costante smentita delle tesi di Bacone e Pascal, tanto più se pensiamo all'invito galileiano a tener conto non soltanto delle sensate esperienze, ma anche delle necessarie dimostrazioni 10 • Tra la fisica di marca aristotelico-scolastica e le emergenti riflessioni cosmologiche rinascimentali si venne a creare una tensione tale da spezzare la corda che ancora teneva insieme, rispettivamente, il vecchio e il nuovo. È ben vero che l'aristotelismo - in particolar modo quello padovano - non era affatto quel movimento unitario e compatto che molta storiografia ha ritenuto tale. Un grande studioso del Rinascimento, quale fu Kristeller, ha infatti sostenuto che in Italia «l'aristotelismo rinascimentale evidenzia tratti assai diversi: a causa dell'organizzazione delle università italiane, ha pochi sporadici contatti con la teologia, mentre è strettamente legato alla medicina e pone l'accento sulla logica e la fisica piuttosto che sull'etica e sulla metafisica,,11 • Di certo l'idea che l'autorità di Aristotele fosse indiscussa è un mito che le più accurate e approfondite ricerche storico-filosofiche hanno oramai sfatato o quantomeno attenuato. E in effetti lo stesso Cassirer, nella sua monumentale opera Das Erkenntnisproblem, G. Galilei, Lettere intorno al sistemo copernicano, in Id., Opere, tomo II: Opere astronomiche, Società Editrice Fiorentina, Firenu, 1843, p. 33. 11 P. O. Kristcllcr, li pensùro e le orti ntl Rinascimento, trad. it. di M. Baiocchi, Donzelli, Roma 2005, p. 122. 10

INTRODUZIONI!

aveva evidenziato con dovizia di particolari - tanto per fare un C$empio - l'opportuna distinzione operata dall'aristotellco Jacopo Zabarella tra metodo compositivo (sintetico)e metodo risolutivo (analitico), formulando in tal fatta quel «ritmo caro a Galileo di analisi-sintC$i»12 • Tuttavia, nota Cassirer, sebbene sia un «merito precipuo della logica dello Zabarella aver determinato e distinto l'uno dall'altro quC$ti due metodi fondamentali, ma anche di averll concepiti e presentati nella loro neCC$sarla dipendenza reciproca»13, in ogni caso «la funzione della matematica nell'"induzione dimostrativa" non è mai stata comprC$a dallo Zabarella: gll esempi ai quali egll si richiama per la nuova concezione sono presi non dalla scienza esatta, cui si accenna solo isolatamente, ma dalla metafisica e dalla dottrina aristotellca della natura»14• Anche se, nostro parere, sarebbe più corretto rinvenire in Roberto GrossatC$ta VC$COVO di Lincoln il vero pioniere del metodo della resolutio e della composi/io così come appllcato da Galileo, tanto più se si tengono prC$enti le seguenti parole vergate da Grossatesta nel De lineis: «[...]tutte le cause degll effetti naturali sono date dallnee, angoll e figure. Diversamente sarebbe impossibile conoscere il loro perché»15• Ed è esattamente in quC$tO punto che si consuma la rottura definitiva tra l'aristotellsmo e la scienza moderna, ossia nel diverso peso attribuito alla funzione mediatrice dello strumento matematico.

E. Garin, L'umanesimo italiano. Filosofia evita dvi/e ntl Rinascimento, Editori Latera, Roma-Bari 1993, p. 174. 13 E. Cassirer, Storia dellafilosofia moderna, voi. I: Ilprobkma della cqnoscmza nella filosofia e nella sdenza dalfUmanesimo alla scuola cartesiana, trad. it. di A. PasquineUi, Einaudi, Torino 1952, p. 164. 14 Ibid., p. 166. ,s R. Grossatesta, Met":faica della fu«, trad. it. di P. Rossi, Ruseoni, Milano 1986, p. 102. 12

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INTRODUZIONE

3. Lo strumento matematico La vecchia immagine del mondo di marca aristotelica, basata sulla differenza tra mondo lunare e sub-lunare, implicava l'esistenza di due mondi soggetti a leggi del tutto diverse. Galileo, con le sue famose osservazioni effettuate col cannocchiale, mostrò invece che la luna, lungi dall'essere un corpo incorruttibile e perfetto come pensavano gli aristotelici, presentava invece un gran numero di crepe e crateri. In breve, non esiste che una fisica e non due fisiche separate. Ma scienziati come Kepler e Galileo, onde sviluppare in maniera più accorta le loro concezioni, si appellarono proprio alla compagine concettuale della filosofia greca. Qyesto loro sguardo retrospettivo non fu affatto contrassegnato dalla mera ripresa di concetti forgiati dalla filosofia antica, né si può parlare di un semplice travaso dei sistemi filosofici greci nella scienza moderna. Qyanto da loro effettuato fu sì una ripresa, ma anche un superamento della prospettiva concettuale degli antichi, dimostrando in tal fatta la possibilità di andare oltre la filosofia greca partendo dai suoi stessi presupposti. Ma nel far ciò Cassirer analizza i diversi tentativi di liberazione dal giogo della tradizione aristotelica operata, ad esempio, da figure come Campanella, Agrippa di Nettesheim, Paracelso o Giordano Bruno. Analogamente a quanto verificatosi con l'aristotelismo, anche nel processo di superamento di quest'ultimo il fenomeno non fu unitario. Gli autori poc'anzi menzionati avevano infatti cercato quasi un contatto diretto con la natura, rivalutando la portata conoscitiva di discipline quali l'alchimia e la magia. Diverso fu invece il sentiero battuto da Kepler e Galilei, che sembrava condurli, paradossalmente, sempre più lontano dall'immediatezza empirica. L'interesse mostrato da Kepler e Galilei per l'opera di Platone non è affatto casuale, ma si spiega invece con le premesse stesse della dottrina platonica delle idee. Com'è noto, per Platone la conoscenza sensibile non può fornirci alcuna vera conoscenza, giacché quest'ultima non può variare come i fenomeni empirici ma

INTRODUZIONE

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deve piuttosto rimanere ben salda, deve cioè rivelarsi immutabile. Oliesta è la forma di conoscenza che i Greci definivano smP. In buona sostanza, Kepler non rigetta il quadro concettuale platorùco ma piuttosto vi si appella costantemente; ma ciononostante egli si sforza di superare la separazione (x,(t)ptoµ6ç) tra idea e apparenza che in Platone, a suo dire, restava inalterata. Se per Platone non poteva darsi alcuna episteme della realtà sensibile, per Kepler ciò era non soltanto possibile ma necessario. È così che Kepler, nelle sue indagirù naturali, sviluppa quella che noi siamo soliti definire 21

G. Gigliotti, Vidert audt. GaliltlJ nel ntlJRantismo mar/Jurghtse, in A. Portone-B. Centi-L. Perilli (Hrsg.), Gianna Gigliotti. Rijlmiont tramrulmtale ed uperienza storica, Georg Olms Verlag, Hildesheim 2019, p. 253. 22 E. Cassirer, Sostanza efun:r,iont, trad. it. di E. Arnaud, La Nuova Italia, Firenze 1973, p. 184. l3W. Dilthey, L'autonomia del pensiero, il ra:r,io11alismo costruJtiwtil monismo panteistico nel loro nmodurante il secolodetimosellimo, in Id., L'analisi delfuomo t l'intui:r,iont della nat111a, voi. 2, a cura di G. Sanna, La Nuova Italia, F"irenze 1974, p.17.

INTRODUZIONI!

21

"logica dell'ipotesi": «Per prima cosa forgiamo un'immagine della natura delle cose nelle ipotesi; poi, sulla base di queste ipotesi, effettuiamo un calcolo e mostriamo i movimenti che ne derivano; e queste inferenze del calcolo vengono poi di nuovo tenute insieme con i fatti osservabili e verificate sulla base di essi»24 • ()iii si rende manifesta una nuova esigenza posta dal pensiero scientifico moderno, ossia quella di applicare la fecondità del concetto platonico di idea alla realtà fenomenica, che acquisisce adesso una rinnovata dignità. Difatti, scrive Cassirer nel suo Cartesio e Leibniz, l'apparire fenomenico «non significa più un ultimo residuo inesplicabile renitente all'analisi del pensiero, ma diviene positivamente l'espressione del compito e del problema che determinano la direzione della conoscenza. Nella scienza moderna la riforma kepleriana della concezione astronomica fa di questo pensiero il motivo logico fondamentale»25 • Galileo, per certi aspetti, segue anch'egli un percorso simile, sia pur libero da influssi risalenti alla mistica pitagorica giacché il suo peculiare platonismo è pur sempre mediato dalla figura di Archimede26 • Lo scienziato pisano, nel contrastare la cosmologia aristotelico-scolastica, riprende il concetto di conoscenza platonico presente nel Menone estendendolo all'ambito fisico e facendo si che il mondo empirico diventasse suscettibile di un'analisi epistemologica marcatamente platonica e finalmente non più irretita dalle pastoie del sostanzialismo aristotelico. Nel Menone platonico viene discusso il famoso tema della virtù, che inizia con una domanda posta da Menone a Socrate, e cioè se sia possibile apprendere :w J. Kcplcr, Apologia Tychonisconlra Nkolaum Raymarium Ursum, in Id., Opera omnia, voi. I, cdidit Dr. Ch. Frisch, Heyder &Zimmer, Frankfurt-Erlan-

gen 1858, p. 244: «Primum enim in hypothesibus rerum naturam depingimus, post ex iis calculum extruimus h. c. motus dcmonstramus, dcnique indidem vera calculi praecepta via reciproca discentibus explicamus•. 2S E. Cassirer, Cartuioe Leibniz, trad. it. di G. A. Dc Toni, Laterza, Roma-Bari 1986, p. 266. 26 Cfr. C. Dolio, L 'uso di Platone in Galileo, in Id., Galileo Galilei e laa,/tura della tradizione, Rubbettino, Soveria Mannelli (CS) 2003, pp. 23-62.

INTRODUZIONP.

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la virtù per insegnamento o per altre vie. Socrate fa presente a Menone che in tal caso bisogna prendere le mosse da una ipotesi, consistente nell'affermare che la virtù è una scienza. L'aspetto più importante di tale dialogo, per i nostri scopi, riguarda però il problema della conoscenza, esempli.ficato dal modo in cui Socrate, per dimostrare la superiorità della conoscenza intellettuale rispetto a quella sensibile, pone una serie di domande di geometria ad uno schiavo di Menone privo di qualsiasi conoscenza in merito. Socrate fa notare a Menone, con la sua arte maieutica, che lo schiavo, seppur privo dei minimi rudimenti in fatto di geometria, è stato in grado di scoprire la soluzione del problema della duplicazione del quadrato. Difatti, dapprima Socrate traccia una serie di linee e lo schiavo, osservando passivamente le figure sensibili disegnate da Socrate, cade in errore. Socrate allora pungola lo schiavo spingendolo a ragionare e solo così lo schiavo, non basandosi più sulla mera empiria ma sul puro ragionamento, riesce a trovare la soluzione. Ciò di cui qui si discute sono le forme della conoscenza, ossia quelle strutture che non derivano dai sensi e che pertanto pongono l'uomo nelle condizioni di cogliere quegli aspetti essenziali che non si possono individuare nell'immediato presentarsi fenomenico. Pertanto, come afferma Cassirer nelle sue lezioni inedite sull'antropologia filosofica, «il criterio di verità non risiede nell'oggetto, ma piuttosto nella garanzia e certezza di cui è capace [Der Mafotab der Wahrheit liegt nicht im Objekt, sondern in der Sicherheit und Gewissheit, deren sie fahig irt]»27• Qiiesto ragionare per ipotesi, nonché il metodo dell'analisi problematica, sono tutti aspetti che, secondo Cassirer, vengono fatti propri dallo scienziato pisano e trasferiti nel campo della fisica. Su questo punto Cassirer non ha alcun dubbio:

27 E. Cassirer,

Guchithte derphilo,ophiJchen Anthropologie. Vorlenmg Gotel>org 1939/1940, in Id., Ntuhgtl1JJ1eneManwkripte und Texlt, voi. 6: Vorluungmund Studim ,:,urphilo,ophùchenAnthropologie, Herausgegeben von G. Hartung und H. Kopp-Oberstebrink, Meiner Verlag, Hamburg 2005, p. 186.

INTRODUZIONE

[Galileo] Seguiva il metodo che aveva usato Platone nel Menone. Ora è chiaro perch~ Galileo, nella sua interpretazione della dottrina platonica, assegnò un posto tanto importante, anzi unico, a quel dialoghetto che sembrava essere un dialogo più etico che fisico. Vì trovò una parte integrante della propria dottrina che era stata spiegata e rivendicata dal maggior pensatore dell'antichità. Galileo non fece altro che trasferire il metodo dell'«analisi problematica», che si era mantenuto in tutta la storia del pensiero geometrico e astronomico, fino a quello fisico28.

Ciò detto, la criptica affermazione platonica secondo la quale conoscere è riconoscere o ricordare2'1, acquista adesso un senso del tutto nuovo, poiché si tratta di elevarsi alle strutture ideali e da queste ridiscendere nel mondo empirico per trovarvi un punto di contatto e leggere quindi la realtà con uno sguardo rinnovato. Nell'ottica platonica, bisogna si procedere a vantaggio dei fenomeni e della doxa, ma non della mera osservazione, come nel caso dell'astronomia; per cui, come è stato giustamente affermato, «è solamente sotto l'influsso di Platone che le matematiche sono diventate scienze puramente teoretiche»30• Galileo, in effetti, fece propri gli aspetti più immediatamente scientifici del platonismo per via dell'impossibilità, postulata dallo Stagirita, di applicare la geometria alla fisica, quando invece Galileo riteneva che la natura fosse scritta proprio in linguaggio matematico. O!testa natura ideale degli enti matematici è proprio ciò su cui poggia la loro capacità di far presa sulla Lebenswelt, sulla realtà effettuale, come rilevato da Massimo Cacciari: «La straordinaria effettualità 21 ld., Galileo', P/atoniJm, in Id., Gesammelle Werke, voi. 24:Aufiiit,;e und kltine Schr!ften (1941-1946), Herausgegeben von C. Rosenkranz, Wissenschaft-

liche Buchgesellschaft, Darmstadt 2007, p. 348. 29 Si afferma infatti nel Mmone che «effettivamente, il ricercare e l'apprendere sono in generale un ricordare», Platone, Menone, 82 D, in Id., Tutti gli smlli, cit. 30 M.-D. Richard, L'insegnamento orale di Platone, trad. it. di G. Reale, Bompiani, Milano 2008, p. 77.

24

I NTRODUZIONE

del formalismo matematico nelle scienze cosiddette 'naturali' si spiegherebbe, così, non per una sua implicita o esplicita intenzione intuitivo-sensibile (o una sua qualche derivazione da tale fonte), ma proprio, all'opposto, per la sua libera idealità»31• La differenza metodologica come anche concettuale, presente fra Aristotele e Galileo, non potrebbe essere più netta giacché per lo Stagirita, come afferma correttamente Fabio Minazzi, il punto di partenza è e rimane sempre la natura nella sua concretezza immediata: la fisica può fare astrazione dall'individualità singola ed irripetibile di un certo evento naturale, ma non può mai attingere ad un superiore piano di astrattezza poiché il concetto deve essere invece in grado di cogliere !"'essenza" di un fenomeno valutandolo sempre nel suo concreto contesto naturale. Ponendo l'esigenza di una idealizzazione Galileo si stacca dunque dall'impostazione aristotelica e sembra tenere conto, in modo più positivo, di un'indicazione platonicall.

In un importante brano del Saggiatore lo scienziato pisano, in polemica col gesuita Orazio Grassi, scrive: «La Filosofia è scritta in questo grandissimo libro, che continuamente ci sta aperto innanzi agli occhi (io dico l'Universo) ma non si può intendere, se prima non s'impara a intender la lingua, e conoscer i caratteri, ne' quali è scritto. Egli è scritto in lingua matematica [...]»33• Qiiesto celebre brano galileiano contiene, nella sua efficace e al tempo stesso meravigliosa sinteticità, lo spirito più genuino della scienza moderna e poggia anche sul preciso riconoscimento del suo mai reciso legame con lo spirito del pensiero antico.

31 M . Cacciati,

Icone della legge, Adelphi, Milano 1985, p. 215. F. Minazzi, Galileo cjilosofa geometra-, Rusconi, Milano 1994, p. 267. 33 G. Galilei, Il Saggiatore, in Id., Opere, voi. VI, Società Tipografica dé 32

Classici Italiani, Milano 1811,p. 229.

INTRODUZIONE

4. ConclUJione 01Janto da noi qui brevemente abbozzato non intende essere una ricostruzione esaustiva dell'elegante e al contempo complesso e articolato affresco filosofico-storiografico da Cassirer fornito nei suoi lavori sistematici- pensiamo, in primis, a lndividuum undKosmos. Abbiamo soltanto cercato di fornire al lettore gli snodi teorici cruciali onde consentirgli di seguire le singole fasi della ricostruzione cassireriana dell'intricato rapporto tra antichi e moderni alla luce della scienza esatta. Si è mostrato come tale rapporto sia da intendersi in senso dialettico e non semplicemente antitetico, come se speculazione ed esperimento fossero due rette parallele che per definizione non si incontrano mai. Il filosofo delle forme simboliche non soltanto rigetta siffatto presupposto che tanto aveva contrassegnato la cosiddetta Querelle des Ancients et des Modernes, ma lo pone inoltre sotto una luce rinnovata mostrando in primo luogo la originaria coappartenenza di speculazione ed esperimento e, in secondo luogo, prendendo le mosse dalle tensioni teoretiche che ne avevano determinato l'emergere. D'altra parte, la scienza moderna mostrava sempre più punti di rottura con la cosmologia tradizionale, rendendo necessario un ripensamento delle modalità di osservazione dei fenomeni come anche una riforma del modello cosmologico che permettesse di inquadrare i fenomeni alla luce delle più recenti scoperte scientifiche. Il caso del moto risulta alquanto paradigmatico in proposito. Aristotele cerca di dimostrare l'inammissibilità del vuoto in base alla considerazione che, mentre le velocità nel pieno sono tra loro commensurabili in proporzione al mezzo attraversato (cioè: v/v2=m/m;J, tale relazione perderebbe di significato se m2 fosse uguale a zero (cioè se il moto avvenisse nel vuoto), in quanto non v'è proporzione tra zero ed una grandezza finita. Difatti secondo lo Stagirita, che notoriamente si basava principalmente sulla semplice osservazione dei fenomeni, i fattori che influenzano il movimento sono due, vale a dire la forza esterna e la resistenza dell'ambiente nel quale i corpi sono collocati; per cui secondo Aristotele quando la forza è

INTRODUZIONE

uguale alla resistenza, allora non avviene alcun movimento, come egli afferma nella Meccanica: «Il corpo allora si ferma, quando il primo impulso che lo mantiene in movimento non può più agire e spingerlo»34. In effetti nel quarto libro della Fisica Aristotele, a proposito del moto, ebbe ad affermare che«[...] non è per nulla necessario che, posta l'esistenza del movimento, debba esistere anche il vuoto»35 e più oltre: «Ai sostenitori della tesi che, posto il movimento, il vuoto esiste di necessità, a ben vedere, capita l'esatto contrario di quel che vogliono: cioè succede che, se esistesse il vuoto, non c'è cosa che possa muoversi»36. Tuttavia, egli non riusci ad effettuare quel semplice esperimento mentale che fu alla base del famoso principio di inerzia galileiano, anche se Niccolò Cusano, in effetti, lo aveva già formulato esplicitamente nel suo Dialogo su/gioco della palltr'. «[ ...]una sfera, che si trovi su una superficie piana e senza asperità e che si comporti sempre nello stesso modo, una volta in movimento, si muoverà sempre»37. Dal detto secondo cui natura abhorret a vacuo, si passa invece all'ipotesi dell'esistenza del vuoto, che appare per la prima volta con Democrito e che Galileo ammette sia pur come condizione ideale (ossia come assenza di attrito). I limiti della prospettiva finalistica aristotelica vengono da Cassirer illustrati nelle Vorrede e Einleitungen agliHauptschriften zur Grundlegung der Philos()}hiedi Leibniz, laddove il Nostro scrive che «il compito essenziale della fisica aristotelica giace in ciò, assicurare i fenomeni particolari su potenzefinalistiche generali, che li condizionano o producono»38; ma in tal modo Aristotele fa passare in secondo piano la

'.M Aristotele, Mecumiul, 858a 26, a cura di M. F. Ferrini, Bompiani, Milano 2010. lS Id., Fisiul, IV, 8, 214a 30, a cura di R. Radice, Bompiani, Milano 2011. 34 Ibid., 214b 30. 37 N. Cusano, Dialogo sulgi, p. lxxi.

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beide in einer seltsamen Selbsttauschung befangen, wenn sie die Huter und Lehrer Platonischen Geistes zu sein glaubten? Man glaubte nicht, diese Fragen einfach damit beantwortet zu konnen, dal?, man auf die unverkennbaren inhaltlichen Abhangigkeiten verweist, die zwischen der Naturphilosophie Keplers und Galileis und der platonischen Naturphilosophie bestehen. Gewill: schon von seinemJugendwerk, vom Mysterium Cos,nqgraphicum an greift Kepler aufbestimmte platonische Grundlehren zuriick. Oie Lehre von den "fùnf platonische Korper", wie sie der Timaus entwickelt hatte, lieferte ihm den ersten Ansatz seiner Kosmographie; sie wird fùr ihn zu den ideellen Schema, in das er die Welt, in das er die Planeten und ihre Abstande einzuzeichnen versucht. Und er hat diesem seinem ersten Versuch niemals vollig entsagt; er hat ihn immer wieder berichtigt-und er istvon hier aus, wenngleich auf seltsamen Umwegen, zuletztzu einem seiner wichtigsten und grundlegenden empirischen Resultate: zur Entdeckung des sogenannten dritten keplerischen Gesetzes gefùhrt worden. Aber mochte immerhin Kepler in diesem Sinne Platon als Fuhrer brauchen, so bleibt es doch unverkennbar, dal?, beide in ihrem eigentlichen Ziel euseinandergehen muJ?.ten. Denn was Kepler suchte, das war eine neue Form der Physikund der Kosmologie, die in ihrem reinen Erkenntniswert der Mathematik ebenburtig sein, die hinter ihrer spezifischen Gewillheit nicht zuriickstehen sollte. Er wollte die gleiche Harmonie, die die Pythagoreer in den reinen Zahlen entdeckt hatten - er wollte die unverbriichliche Sicherheit, die Platon der Geometrie, als der "Wissenschaft vom immer Seienden" zugesprochen hatte, unmittelbar an den Erscheinungen des Himmles wiederfinden und sie in ihnen sichtbar machen. Fur Platon aber gab es eine derartige unrnittelbare Verkorperung des Ideellen im Sinnlichen nicht. Seine N aturtheorie IaJ?.t die Trennung, IaJ?.t den xooptcrµoç von Idee und Erscheinung bestehen; sie verleugnet und sie heilt diese T rennung nicht; denn sie spricht den Theorien uber den sinnlichen Kosmos, wenngleich

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forse un ponte tra questa fondamentale negazione e la costruzione positiva della fisica che Kepler e Galilei dovettero realizzare? O forse non erano entrambi invischiati in una strana illusione, se credevano di essere i guardiani e maestri dello spirito platonico? Non si credeva che a queste domande si potesse rispondere indicando semplicemente le inconfondibili correlazioni di contenuto che sussistono tra la filosofia della natura di Kepler e Galileo e la filosofia platonica della natura. Certo: già dai suoi primi lavori, come il Mysterium Costn()graphicum, Kepler si era avvalso di alcune fondamentali dottrine platoniche. La dottrina dei "cinque solidi platonici", così come sviluppata nel Timeo, gli forni il primo approccio alla sua cosmografia10; divenne per lui lo schema ideale col quale cercava di mappare il mondo, i pianeti e le loro distanze. E non rinunciò mai del tutto a questo suo primo tentativo; lo ha più volte corretto - e da qui, anche se in modo singolare, giunse ad uno dei suoi più importanti e fondamentali risultati empirici: alla scoperta della cosiddetta terza legge kepleriana. Tuttavia, per quanto Kepler abbia avuto bisogno di Platone come guida, resta il fatto che entrambi dovettero prendere strade diverse per raggiungere il loro obiettivo. D'altra parte, ciò che Kepler andava cercando era una nuova forma della fisica e della cosmologia che fosse ali' altezza, nel suo puro valore epistemologico, della matematica e che non fosse arretrata rispetto alla sua specifica certezza. Voleva scoprire la medesima armonia che i Pitagorici avevano individuato nei numeri puri - voleva trovare l'incrollabile certezza che Platone conferiva alla geometria, intesa come "scienza dell'essere che sempre è", direttamente nei fenomeni del cielo e renderla visibile in essi. Per Platone, tuttavia, non vi era una siffatta concretizzazione diretta dell'ideale nel sensibile. La sua teoria naturale lascia inalterata la separazione, il x,ooptcrµ6ç dell'idea e dell'apparenza; nega e non risana siffatta separazione; infatti essa parla delle teorie sul cosmo sensibile, sebbene espresse

•°

Cfr. Platone, Timet>, 53C, in Id., Tutti gli scritt~ a cura di G. Reale, Bompiani Milano 2008.

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sie sich in mathematischer Form aussprechen lassen, doch niemals die gleiche Notwendigkeit und die gleiche Evidenz zu, die die reine Mathematik fur sich in Anspruch nimmt. Von der Natur, von der Physik als dem Reich des Werdens gibt es demgem~ fur Platon keine Erkenntnis, keine smµq>p6Vl]Otç 33•

i l Platone,

Filebo, 15 C, in Id., Tutti gli stritti,cit. «Armonia nasce esclusivamente da contrari; "perché armonia è unificazione di plurimescolati elementi e consenso di dissenzienti», Filolao, &. 10, in Pitagorici antie/Ji. Tt1timonian~eframmenti, a cura di M.1ìmpanaro Cardini, Bompiani, Milano 2010, p. 421. 33

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Aber noch in einer anderen Hinsicht geht Kepler auf den Grund - und Ursinn jener Frage zuriick, mit der Platon der wissenschaftlichen Astronomie ihren Weggewiesen hatte. Denn er entwickelt nicht nur eine neue astronomische Hypothese, sondem er greift wieder auf das Problem der Hypothese selbst zuriick; er fragt nach ihrer Stellung, ihrer Bedeutung, ihrer logischen Natur und ihrem Erkenntniswert. Eine seiner fuihesten Schriften ist diesem Problem gewidmet. Es ist die Schutzschrift Keplers fiir seinen Lehrer Tycho de Brahe- eine Schrift, die man gewissermal!.en als das methodische Prooemium zu seinem gro&n Werk uber die Marsbewegung bezeichnen kann. Ausdriicklich wird hier die Lehre von der Hypothese als das philosophische Grundproblem der Astronomie bezeichnet und behandelt. Die Aufgaben des Astronomen - so betont Kepler- lassen sich nicht daraufbeschriinken, die Erscheinungen am Himmel zu beobachten und auf Grund dieser Beobachtungen kunftige Phanomene vorauszusagen. "Wie der Bewegung und Lagen der Gestirne so vollkommen wie moglich voraussagt, der erfiillt seine Pfilcht als Astronom; aber noch etwas Hoheres leistet und noch gro&res Lob verdient der, der au~erdem wahre Satze uber die Form des Universums aufstellt.Jener namlich erreicht die Wahrheit, sofem sie sinnlich erf~bar ist; dieser aber tut durch seine Schltisse nicht nur dem Gesichtssinn genug, sondem deckt auch die tiefste W esenheit der Natur auf. So darf denn der Astronom aus der Gemeinschaft der Philosophen, die nach dieser W ahrheit und W esenheit suchen, nicht ausgeschlossen werden". Und im weiteren Verlauf der Schrift deckt Kepler sodann mit bewunderungswurdiger Prazision alle Einzelschritte der astronomischen Hypothesenbildung und ihre methodische Folge auf. Er ist dadurch zum eigentlichen Logiker der naturwissenschaftlichen Hypothese geworden - wie man Galilei als den ersten Logiker der naturwissenschaftlichen Experiments bezeichnen kann. "Zuerst entwerfen wir uns im Hypothesen ein Bild von der Natur der Dinge; dann fiihren wir, auf diese Hypothesen gesttitzt, eine Rechnung durch und zeigen die aus ihr sich ergebenden Bewegungen auf; und diese

CLI ANTICHI 2 L'ORIGINI! DBLLA SCIENZA ESATTA

Ma Kepler, ancora una volta, torna al significato fondamentale e originario della questione con cui Platone aveva mostrato la via all'astronomia scientifica. Infatti, egli non soltanto sviluppa una nuova ipotesi astronomica, ma torna al problema dell'ipotesi stessa; si interroga sulla sua posizione, sul suo significato, sulla sua natura logica e sul suo valore epistemologico. Uno dei suoi primi scritti è dedicato a questo problema. È lo scritto in difesa del suo maestro Tycho Brahe - uno scritto che può, in un certo senso, essere considerato come il proemio metodologico del suo grande lavoro sul movimento di Marte. O!ti la dottrina dell'ipotesi è esplicitamente descritta e trattata come il problema filosofico fondamentale dell'astronomia. I compiti dell'astronomo - come sottolinea Kepler - non possono limitarsi all'osservazione dei fenomeni celesti e alla previsione dei fenomeni futuri sulla base di queste osservazioni: «Colui il quale prevede conia maggior esattezza possibile i movimenti e le posizioni degli astri, compie il suo dovere di astronomo. Ma fa assai più e merita maggior lode colui che oltre a ciò pone principi veri sulla forma del mondo. O!tello raggiunge la verità fintanto che è sensibilmente comprensibile; questo però con le sue conclusioni, non solo soddisfa al senso della vista, ma scopre anche la più profonda essenzialità della natura» 34• E nel prosieguo del suo scritto Kepler rivela poi, con ammirevole precisione, tutte le singole fasi della formazione delle ipotesi astronomiche e la loro sequenza metodologica. Egli è così diventato il vero e proprio logico dell'ipotesi scientifica - come Galileo può essere considerato il primo logico degli esperimenti scientifici: «Per prima cosa forgiamo un'immagine della natura delle cose nelle ipotesi; poi, sulla base di queste ipotesi, effettuiamo un calcolo e mostriamo i movimenti che ne derivano; e queste inferenze del calcolo vengono poi di nuovo tenute insieme

J. Kepler, Apologia Tychonis contra Nuolaum Raymarium Ursum, in Id., Opera omnia, voi. I, edidit Dr. Ch. Friseh, Heyder & Zimmer, Frank.furt34

Erlangcn 1858, p. 242.

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Folgerungen des Kalk:iils werden sodann wieder mit den beobachtbaren Tatsachen zusammengehalten und an ihnen gepriift". In diesen Satzen hat Kepler die allgemeinen Grundregeln fiir die physikalische Theorienbildung uberhauptfestgelegt, Regeln, die nicht minder als fiir seine Theorie der Planetenbewegung auch fiir die heutige Physik, als zum Beispiel fiir das Bohrsche Atommodell und die an dasselbe geknupften Folgerungen ihre wertvolle Geltung behalten haben. Man begreift jetzt, was es fiir die geistesgeschichtlichen Zusammenhange bedeutet, wenn Kepler sich gerade fiir diese Seite seiner Naturanschauung aufdie gro&n antiken Vorbilder beruft und sich mit geschichtlichem Recht berufen darf. Und genau den gleichen W eg ist Galilei gegangen. Auch er betont, dag es sich zu keiner Erkenntnis der Gesetzlichkeit der Bewegung gelangen l~t, wenn man sich nicht entschliegt uber den Kreis des Unmittelbar-W ahrgenommenen, ja des Wahrnehmbaren uberhaupt, hinauszugehen. Die Wahrnehmung liefert uns zwar das Resultat, aber sie vermag uns fiir sich allein niemals zu den Prinzipien zuriickzufiihren. Diese mussen durch einen reinen Ansatz des Denkens festgestellt werden; die ersten Festsetzungen mussen durch SchJugfoJgerungen erganzt und erweitert werden - und erst am Ende dieses gedanklichen, dieses theoretischen Weges erwachst die Pfl.icht und die Notwendigkeit, das erreichte Ergebnis mit der Beobachtung zu vergleichen und es an methodisch geleiteten Experimenten zu priifen. Der gesamte Aufbau von Galileis Dynamik ist eine einzige fortlaufende Bestatigung dieser seiner Grundansicht. Um zu den Gesetzen fiir den freien Fall der Korper zu gelangen, mug er sich aufdie Annahme des Tragheitsprinzips stutzen - mug er zuvor die Bewegung eines sich selbst uberlassen Korpers, auf den keine augeren Krafte einwirken, untersuchen. Aber er weill und spricht es aus, dag ein solcher Korper uns niemals als einfache Naturtatsache gegeben ist, sondem dag wir ihn nur, irn idealen Entwurf, hypothetisch ansetzen konnen. Die Natur zeigt uns niemals und nirgends einen Korper, der den Bedingungen des Tragheitssatzes entspricht; wir mussen vielmehr diese Bedin-

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con i fatti osservabili e verificate sulla base di essi»35• Con queste proposizioni Kepler ha stabilito le fondamentali regole universali per la formazione delle teorie fisiche, regole che valgono tanto per la sua teoria del moto planetario quanto per la fisica moderna - ad esempio per il modello dell'atomo di Bohr - e le relative conseguenze. Si comprende adesso cosa significhi per i contesti storico-intellettuali quando Kepler, proprio dal punto di vista della sua concezione della natura, si appella e richiama ai grandi modelli antichi in maniera storicamente fondata. E Galileo andò esattamente nella stessa direzione. Anche lui sottolinea che nessuna conoscenza della legalità del movimento può essere raggiunta a meno che non si decida di andare oltre la cerchia di ciò che è immediatamente percepibile, anzi della percezione in generale. La percezione ci fornisce il risultato, ma essa sola non può mai ricondurci ai principi. Q9esti vanno stabiliti mediante il puro lavoro del pensiero; le prime determinazioni vanno integrate e ampliate dalle conclusioni - e soltanto alla fine di questo percorso teorico-intellettuale si ha il dovere e la necessità di confrontare il risultato raggiunto con l'osservazione e di testarlo su esperimenti condotti metodicamente. L'intera costruzione della dinamica di Galileo è una conferma puntuale e continua di questa sua concezione di fondo. Per giungere alla formulazione della legge della caduta libera dei corpi, egli dovette basarsi sull'assunzione del principio d'inerzia - dovette prima di tutto indagare il moto di un corpo in caduta libera, sul quale non agiscono forze esterne. Ma egli sa ed afferma che un corpo siffatto non si dà mai nella realtà, come se fosse un semplice fatto naturale; possiamo soltanto, nel modello ideale, renderlo ipotetico. La natura non ci mostra mai e da nessuna parte un corpo che corrisponda alle condizioni del principio di inerzia; dobbiamo piuttosto creare queste condi-

:is lbid., p. 244: «Primum enim in hypothesibus rerum naturam depingimus, post ex iis calculum extruimus h. c. motus dcmonstramus, denique ind.idem vera calculi praecepta via reciproca discentibus explicamus•.

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gungen in Gedanken erschaffen - "mente concipere", wie Galilei diese Operation zu nennen liebt -, um ansie sodann bestimmte Folgerungen anzukniipfen, die wir erst mittelbar wieder durch das Experiment nachpriifen und an ihm beweisen konnen. Es kann hierbei freilicheintreten, daB ein Widerstreitzwischen der experimentellen Beobachtung und den Folgerungen, die wir aus bestimrnten theoretischen Grundannahrnen gezogen haben, sich ergibt: aber auch eine solcher Widerspruch macht die theoretische Arbeit keineswegs nutzlos oder iiberfliissig. "Zeigt die Erfahrung -so sagt Galilei mit Hinblickauf seine Untersuchungen iiberdie Fallbewegung, - daB solche Eigenschaften, wie wir sie abgeleitet haben, im freien Fall der Naturkorper ihre Bestatigungfìnden, so konnen wir ohne Gefahr des lrrtums behaupten, daB die wirkliche Fallbewegung mit derjenigen, die wir angenommen und theoretisch vorausgesetzt haben, identisch ist, ist dies nicht der Fall, so verlieren doch unsere Beweise als solche, da sie einzig und allein fiir unsere Voraussetzung gelten wollten, nichts von ihrer Kraft und Schliissigkeit - so wenig es den Satzen des Archimedes iiber die Spirale Abbruch tut, daB sich in der Natur kein Korper fìndet, dem eine weiterer Bewegung zukommt". Un damit ist nun freilich ein weiterer entscheidender Schritt getan - ist eine Kluft ausgefiillt, die das antike Denken trotz aller heroischen Anstrengungen nicht vollig zu iiberbriicken vermocht hatte. Auch Platon hat sich immer wieder in die Probleme der Naturerkenntnis, insbesondere indie Probleme der Astronomie vertieft - und der Timiius zeigt, wie sehr er fiir den Reiz dieser Probleme empfìinglich war. Aber er konnte, er durfte sich diesem Reiz nicht ohne Einschrankung hingeben. Der Dialektiker in ihm war es, der den empirischen Forscher warnte und der ihm die freie Entfaltung wehrte. Ta [...] sv [...] oùpavci> scicroµsv; die Erscheinungen des Himmels wollen wir an ihrem Orte lassen, wollen wir in der sinnlichen Welt, der sie angehoren, stehen lassen. Wir, die Philosophierenden sollen sie nicht um ihrer selbst willen betrachten;

CLI ANTICHI E L'ORICINE DELLA SCIENZA ESATTA

zioni nei nostri pensieri - mente concipere36, come Galileo amava chiamare siffatta operazione - , per poi attribuire ad esse certe conclusioni, che solo indirettamente possiamo verificare e provare ancora una volta con l'esperimento. Può accadere, naturalmente, che sorga una contraddizione tra l'osservazione sperimentale e le conclusioni che abbiamo tratto da alcuni presupposti teorici di fondo: ma anche una siffatta contraddizione non rende sterile o superfluo il lavoro teoretico: «Se l'esperienza mostrasse - così afferma Galileo in merito alle sue ricerche sulla caduta - che tali accidenti si ritrovassero verificarsi nel moto dei gravi naturalmente discendenti, potremmo senza errore affermare questo esser il moto medesimo, che da me fu definito e supposto: quando che no, le mie dimostrazioni fabbricate sopra la mia supposizione niente perderanno della sua forza e concludenza: siccome niente pregiudica alle conclusioni dimostrate da Archimede circa la spirale, il non ritrovarsi in natura mobile che in quella maniera spiralmente si muova»37• E con ciò, naturalmente, veniva compiuto un ulteriore passo decisivo -veniva colmata una lacuna che il pensiero antico non era riuscita a colmare del tutto, nonostante tutti gli sforzi eroici.Anche Platone aveva costantemente approfondito i problemi relativi alla conoscenza della natura, in particolare i problemi dell'astronomia - e il Timeo dimostra quanto fosse sensibile al fascino di questi problemi. Ma egli non poteva e non gli era concesso cedere a siffatto fascino. È stato il dialettico che era in lui a mettere in guardia il ricercatore empirico e ad avergli impedito di svilupparsi liberamente. T6: [...] EV [...] oùpavéi> È6:croµsv; vogliamo lasciare i fenomeni celesti al loro postc38, vogliamo lasciarli nel mondo sensibile a cui appartengono. Noi filosofi non dobbiamo osservarli in sé; vogliamo 36

Cfr. G. Galilei, Serm