Mickey Mouse. Testo tedesco a fronte 8870189627, 9788870189629


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Mickey Mouse. Testo tedesco a fronte
 8870189627, 9788870189629

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Copyright © 2014, il nuovo melangolo s.r.l. Genova - Via di Porta Soprana, 3-1 www.ilmelangolo.com ISBN 978-88-7018-???-?

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Walter Benjamin

Mickey Mouse Testo tedesco a fronte traduzione e cura di CARLO SALZANI

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INtrODUZIONe

SOPraVVIVere alla CIVIltÀ CON mICKeY mOUSe e UNa rISata

1. Il 17 gennaio 1930 la Berliner Filmprüfstelle, l’autorità berlinese addetta al controllo e alla censura delle opere cinematografiche, diede la sua approvazione per la distribuzione, da parte della Südfilm aG, di The Barn Dance (1928, it. I due cavalieri di Minni), quarto cortometraggio di mickey mouse e il primo a essere distribuito in Germania.1 Il corto venne giudicato con un Jugendverbot, cioé adatto al solo pubblico adulto, e venne proiettato la sera stessa all’Universum Filmtheater di Berlino come pre-programma del melodramma di Johannes Guter Wenn du einmal dein Herz verschenkst (1929, it. Se un giorno tu vorrai). l’accoglienza del pubblico fu tiepida, data la novità rispetto ai disegni animati tedeschi dell’epoca, ma, sull’onda del grande successo che il topo disneyano stava riscuotendo nel regno Unito, la Südfilm aG decise di organizzare, alle 5 di pomeriggio del 17 febbraio, una proiezione speciale

1. Il primo cortometraggio di Disney a essere distribuito in Germania, il 12 luglio 1927, era stato Trolley Troubles (con il titolo tedesco Oswald und die Straßenbahn), primo fortunato cortometraggio della serie Oswald the Lucky Rabbit (Oswald il coniglio fortunato) (cfr. J. P. StOrm e marIO Dreßler,

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intitolata Micky und Silly 2 all’UFa-marmorhaus-Filmtheater di Berlino, che comprendeva i cortometraggi della serie “mickey mouse” Steamboat Willie (1928), The Gallopin’ Gaucho (1928, it. Topolino Gaucho), The Jazz Fool (1929, it. Topolino pianista) e The Opry House (1929), e le “Silly Symphonies” The Skeleton Dance (1929, it. La danza degli scheletri) e Springtime (1929, it. Quando torna la primavera). Questa volta l’accoglienza della stampa fu assai positiva: il 18 febbraio la rivista lichtbild-Bühne titolava Das Mä rchen lebt (La favola vive) e salutava la nascita di una favola “diversa da quella delle nostre nonne, una favola moderna, adatta ai nostri tempi, superbamente viva”; Film-Kurier titolava invece Kurzfilme, wie sie sein sollen (Cortometraggi, come devono essere) e descriveva mickey come “un animale che vive a ritmo di jazz. Ogni suo passo è un passo di danza, ogni suo movimento una sincope. […] Che dono per le masse dei lavoratori! Dimenticare la quotidianità in un’ora di gioia e serenità. e il tutto in una forma all’altezza delle più sottili esigenze artistiche”.3 la Südfilm aG iniziò così una campagna pubblicitaria senza precedenti in Germania e, per attirare anche il pubblico più giovane, organizzò la mattina del 24 febbraio, al terra-lichtspieltheater des mozartsaales di Berlino, la prima proiezione direttamente dedicata ai bambini. Il primo maggio 1930 il marmorhaus-Filmtheater di Berlino iniziò il primo programma interamente dedicato a mickey mouse con il titolo Micky Das Tonfilm-Wunder (Mickey, la meraviglia del film sonoro), che passò

2. In tedesco “mickey mouse” viene germanizzato (anche se oggi sempre meno) come “micky maus”, ed è così che anche Benjamin lo scrive. “Silly” sta per Silly Symphonies (sinfonie allegre or sciocche), serie di cortometraggi prodotti da Disney dal 1929 al 1939 (per un totale di 75 soggetti animati), che, diversamente dalla contemporanea serie Mickey Mouse, non usava personaggi fissi. 3. Citati in StOrm e Dreßler,

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così dallo status di programma di accompagnamento a quello di vera e propria star principale. In poche settimane mickey mouse divenne una presenza obbligatoria in quasi tutti i cinema di Berlino; allo stesso tempo la sua immagine venne usata (spesso infrangendo le leggi del copyright) per promuovere i più svariati prodotti e si creò una vera e propria industria di gaget. In pochissimo tempo la Germania fu presa da una vera e propria “mickey-isteria”, che si mantenne viva per anni, con assai poche e isolate eccezioni critiche. tra queste un articolo di Walther Schneider apparso sul numero dell’ottobre 1931 della rivista liberale Querschnitt e intitolato Micky Maus ist geisteskrank (Mickey Maus è un malato mentale), che individuava nel topo disneyano sintomi di una malattia mentale maniaco-paranoide: “una diagnosi del micky mouse dalle gambe sottili, idrocefalo, astigmatico e nevrastenico rivela soprattutto disturbi della sfera della visione e dell’udito (volgarmente ‘illusioni dei sensi’)”.4 ma soprattutto un articolo apparso sull’organo provinciale pomerano del partito nazista, Die Diktatur, e riportato il 28 luglio 1931 su FilmKurier:

la bionda e liberale gioventù tedesca al laccio della finanza giudaica. Giovani, dov’è il vostro orgoglio? Giovani, dov’è la vostra autocoscienza? mickey mouse è l’ideale più meschino e miserabile che fu mai inventato. mickey mouse è una cura di abbrutimento del capitale. Il sano sentire dice infatti a ogni ragazza decente e a ogni giovane onesto che il parassita sporco e coperto di sudiciume, il grande portatore di batteri del regno animale, non può essere reso un tipo animale ideale. Non abbiamo nulla di meglio da fare che ornare i nostri abiti con animali sudici [le popolari spillette di mickey e minnie, ndr], perché uomini d’affari giudaico-americani vogliono fare soldi? abbasso l’instupidimento del popolo da parte dei giudei! abbasso il parassita! abbasso mickey mouse, indossate la svastika!5

4. 5.

Citato in StOrm e Dreßler, Citato in StOrm e Dreßler,

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Fin ben da prima del 1933 i nazisti si erano opposti a quella che chiamavano la progressiva Verniggerung (innegrimento)6 dell’industria dello spettacolo tedesca, soprattutto attraverso l’importazione dei film americani, e in particolare avevano degradato il topo disneyano a “ratto”, animale a cui verranno sempre associati gli ebrei.7 Questa opposizione a mickey mouse rimase però sempre parziale e minoritaria, e anche dopo la presa del potere da parte dei nazisti i film di Disney, e in particolare i cortometraggi di mickey mouse, continuarono a essere importati e distribuiti.8 la polemica culturale dei nazisti va inserita però nel più ampio dibattito sull’“americanismo” dell’epoca, e cioè su un “modernismo predicato sulla razionalizzazione industrial-capitalistica, sul lavoro taylorizzato e su un’organizzazione fordista della produzione e del consumo”.9 Fin da quel primo articolo in Film-Kurier, la figura di mickey mouse venne associata con il jazz, e non solo in senso letterale – visto che uno dei motivi del grande successo di Disney era l’abilità e intelligenza con cui riusciva a sincronizzare i movimenti dei personaggi con il ritmo della musica (che raramente era, in senso proprio, jazz); ma nel senso più ampio in cui, come già Chaplin, le slapstick comedies, e il jazz, i cartoons venivano associati al lato “rivoluzionario” 6. Il primo mickey mouse – come anche il coniglio Oswald da cui deriva – è effettivamente tutto nero, a parte gli occhi, i pantaloni corti, e i guanti (che inizerà a portare solo dal quinto cortometraggio, The Opry House, 1929). 7. Il film di propaganda antisemita Der ewige Jude (1940, it. L’ebreo errante) si apre con immagini di ratti e una voce narrante che commenta: “proprio come il ratto è il più infimo degli animali, così l’ebreo è il più infimo degli esseri umani”. Citato in BOrIa Sax, Animals in the Third Reich, Yogh & thorn, Providence 2013, p. 149. 8. Contrariamente a una vulgata propagata per motivi propagandistici dallo stesso Disney, i vertici del partito nazista, e lo stesso Hitler, amavano la figura di mickey mouse. Su questo punto si vedano le analisi del periodo nazista in StOrm e Dreßler, 9. mIrIam HaNSeN, “Of mice and Ducks: Benjamin and adorno on Disney”, The South Atlantic Quarterli 92.1 (1993), p. 33.

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del consumismo americano, che sembrava sovvertire la razionalizzazione economica mediante orge di distruzione, magia e parodia: il piccolo topo presentava quell’appeal anarchico ed estatico che la gente si aspettava dal jazz.10 e questo vale non solo per la ricezione “popolare”, ma anche per quella dell’elite intellettuale. Se già la censura governativa assegnava alla maggior parte dei prodotti disneyani lo status di kü nstlerisch wertvoll (di valore artistico),11 l’intellighenzia europea li aveva accolti come vere e proprie opere d’avanguardia artistica. Già negli anni Venti il personaggio animato Felix the Cat era diventato un’icona del modernismo, ma l’arrivo di mickey mouse alla fine della decade aveva eclissato tutte le altre figure, tanto che il Literary Digest, prestigiosa rivista neworkese, aveva pubblicato nel 1931 un articolo dal titolo European Highbrowns Hail Mickey Mouse (Gli intellettuali europei entusiasti per Mickey Mouse).12 Per quanto possa oggi sembrare strano, all’inizio degli anni trenta Disney godette, in europa, della stima quasi unanime – anche se di breve durata – di scrittori, artisti e intellettuali, il cui entusiasmo mostra il rapporto cruciale che il modernismo intratteneva con i nuovi media. l’esempio più celebre è ovviamente quello di Ėjzenštejn, che, invitato negli Stati Uniti nella primavera del 1930 dalla Paramount Pictures, divenne amico di Disney e, fino alla morte nel 1948, lo considerò un grande innovatore artistico e un modello di arte cinematografica.13 Per un breve momento Disney sembrò quasi divenire un’epitome del cinema tout court:

10. HaNSeN, “Of mice and Ducks”, cit., pp. 33-35. 11. Cfr. laQUa, Wie Micky unter die Nazis fiel, cit., p. 37. 12. Citato in mICHael NOrtH, Machine-Age Comedy, Oxford University Press, Oxford, 2008, p. 20 13. all inizio degli anni Quaranta Ėjzenštejn iniziò lavorare a un capitolo su Disney per il suo studio incompiuto sul Metodo, pubblicato poi postumo; cfr. SerGeJ m. ĖJZeNšteJN, Walt Disney, trad. it. di monica martignoni, a cura di Sergio Pomati, Se, milano, 2004.

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erwin Panofsky, nell’esilio americano, tenne nel 1934 una celebre conferenza a Princeton dal titolo Style and Medium in the Motion Pictures (Stile e medium nel film), che individuava nei film di Disney un “distillato chimicamente puro delle possibilità cinematografiche”.14 e perfino dal lato opposto dello spettro politico leni riefenstahl, recatasi nel 1938 negli Stati Uniti per trovare un distributore per il suo film Olympia, rese omaggio a Disney, che a Hollywood fu uno dei pochi a riceverla. Il grande fascino che i film di Disney e in particolare mickey mouse esercitavano sugli intellettuali europei si basava sul fatto che essi divennero in certo modo emblematici del dibattito contemporaneo su arte, politica e tecnica. Presentando un mondo dominato dalla velocità, dalla frammentazione, da cambi di prospettiva grotteschi, da un’infinita metamorfosi, dalla confusione dei confini che separano il vivente dal non vivente, la macchina dall’animale, questi film toccavano le fondamentali questioni della demolizione della soggettività, della crisi della tradizione, del dominio della tecnica; davano forse vita a nuove forme di immaginazione, di espressione e di collettività, e venivano quindi letti e interpretati come “avanguardisti”, e cioè antiborghesi e “moderni”. Inoltre, di fronte a una situazione politica dominata dallo scontro tra fascismo, stalinismo e fordismo americano, l’analisi della cultura di massa assumeva un significato altamente politico: come affrontare e venire a patti con i nuovi fenomeni socio-culturali, a un tempo stupefacenti e contraddittori? Dove cercare possibilità di cambiamento e rivoluzione? Come reinterpretare la relazione tra il corpo e la tecnologia? e come inventare una diversa organizzazione del rapporto tra l’umanità e la natura?15

14. la conferenza venne pubblicata una prima volta nel numero 26 (1937) della rivista Transition; una seconda versione rivista e corretta apparve in Critique 1.3 (1947), pp. 5-28; qui p. 23. 15. HaNSeN, “Of mice and Ducks”, cit., p. 28.

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2. Queste questioni stanno al cuore degli interessi e delle analisi di Benjamin almeno a partire dalla metà degli anni Venti, e non è quindi strano che anch’egli fosse affascinato da un fenomeno così pervasivo e planetario come l’esplosivo successo di mickey mouse. Il Walter Benjamin archiv (dal 2004 all’akademie der Künste di Berlino) conserva una serie di ritagli di giornale in francese e tedesco su Disney e mickey mouse, che Benjamin aveva collezionato per tutti gli anni trenta, e che mostrano come egli seguisse con attenzione il progressivo sviluppo di quello che era al tempo un vero e proprio “fenomeno” culturale. Un distillato di queste letture marca, seppur in modo impressionistico, alcuni dei suoi maggiori lavori degli anni trenta, e merita quindi di essere analizzato con attenzione. Già fin dall’inizio del boom di mickey mouse in Germania, Benjamin identifica in questa figura una serie di questioni fondamentali. Un primo frammento del 1931, Zu Micky Maus (A proposito di Mickey Mouse), che non è più che una serie di appunti estemporanei, comincia col metterlo in relazione alla questione del corpo all’interno del contesto della modernità capitalistica16: il corpo di mickey (e quello degli altri personaggi dei suoi cartoons, come anche il “corpo” degli oggetti inanimati) è dinamico, elastico, snodabile, si compone di parti intercambiabili che possono ricombinarsi quasi a piacere.17 Benja-

16. Benjamin si interessa alla questione del corpo almeno a partire dall’inizio degli anni Venti. Si veda per esempio l’appunto Schemata zum psychophysischen Problem (Schemi per il problema psicofisico, 1922-1923), in Gesammelte Schriften, a cura di rolf tiedemann e Hermann Schweppenhäuser, Suhrkamp, Frankfurt a.m. 1985, vol. VI, pp. 78-87. Qui di seguito le Gesammelte Schriften saranno abbreviate come GS seguito dal numero del volume. 17. In The Gallopin’ Gaucho (1928), per esempio, per prendere al volo la sigaretta mickey lancia la dentiera, che poi gli si risistema in bocca, e la accende tenendo il fiammifero con le dita del piede, che prende la forma di una mano; quando balla con minnie i loro corpi di snodano e riannodano a piacere, e le code prensili si allungano per prendere una birra o per trasformarsi in lazo o in molla; in The Barn Dance (1928) micky, ballando con minnie, le pesta a tal

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min vi vede l’espressione realistica – ma non, come precisa esther leslie, naturalistica18 – delle circostanze della vita moderna: il nostro corpo non ci appartiene più, esso è stato smembrato dalla guerra, in cui vi abbiamo perso delle parti, o l’abbiamo noi stessi alienato in cambio di denaro, e la sua unità si perde in un intercambio continuo con parti meccaniche; la sua esistenza è come quella di un “atto amministrativo in un ufficio”, e cioè smembrata, meccanizzata, privata di esperienza, labirintica e discontinua, e non più lineare e continua come la corsa di un maratoneta. Inoltre, prima della progressiva antropomorfizzazione e normalizzazione che subirà durante tutti gli anni trenta, il corpo di mickey è un ibrido, confonde e rende fluidi i confini che separano l’organico dal meccanico, l’animato dall’inanimato, il bambino dall’adulto. e forse anche il maschile dal femminile: come notano sia miriam Hansen che esther leslie,19 in tedesco Maus è un sostantivo femminile, e Benjamin usa il pronome femminile per riferirsi a mickey; inoltre, la voce in falsetto, che, a partire dal primo mickey mouse sonoro, The Karnival Kid (1929), e fino al 1934 lo stesso Disney presterà al suo personaggio, contribuisce a questa ambiguità di genere. Il confine che mickey più esplicitamente oltrepassa e confonde è però quello tra l’umano e l’animale, e in questo modo spezza la gerarchia creaturale fondata sull’antropocentrismo (oggi si direbbe “specismo”). Il suo equivalente è allora la figura perturbante, unheimlich, dell’Unmensch, “l’inumano”, punto una gamba – con dei piedi divenuti enormi – che questa si allunga a dismisura, e per rimetterla in sesto minnie fa un nodo e taglia la parte superflua; in Steamboat Willie (1928) il gatto Pete (antenato di Peg leg Pete, it. Pietro Gambadilegno) tira il collo di mickey, che si allunga a dismisura. allo stesso modo i corpi degli altri animali e degli oggetti inanimati si piegano e distorcono a piacere. 18. eStHer leSlIe, Hollywood Flatlands: Animation, Critical Theory and the Avant-Garde, Verso, london, 2004, p. 81. 19. HaNSeN, “Of mice and Ducks”, cit., p. 55n; leslie, Hollywood Flatlands, cit., p. 308n.

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titolo che Benjamin aveva conferito all’autore satirico nel saggio dello stesso anno su Karl Kraus: contro l’ideale classico di umanità, ma anche contro l’Übermensch nietzschiano, il Kraus di Benjamin propone un “umanesimo materialista” che si sbarazzi delle tracce delle ormai obsolete costruzioni culturali.20 Quello che la figura ibrida e “inumana” di mickey mouse sconfessa e distrugge sono i “valori eterni” del “falso universalismo” dell’umanesimo borghese, che Benjamin attacca proprio in un articolo pubblicato nell’aprile del 1931 su Die literarische Welt, Literaturgeschichte und Literaturwissenschaft (Storia della letteratura e studi letterari).21 Quest’umanesimo normativo non è che ideologia, e i suoi valori sono perpetuati dalla cultura “alta”, come il simbolismo di maeterlinck o le atmosfere pregne di “interiorità” e pathos dei balletti di mary Wigman. Se i cortometraggi di mickey mouse sono “favole”, come fin da subito la stampa li aveva definiti, lo sono nel senso della favola dei fratelli Grimm Storia di uno che se ne andò in cerca della paura,22 in cui, per poter guadagnare un nuovo accesso al mondo, bisogna abbandonare la “casa” della cultura borghese e affrontare mostri e fantasmi per farsi venire “la pelle d’oca”. mickey mouse lo fa come il “carattere distruttivo” dell’omonimo schizzo pubblicato sul Frankfurter Zeitung di nuovo nel novembre del 1931: giovane e spensierato, egli “cancella le tracce del nostro tempo”, “non vede nulla di permanente”, e proprio per questo “vede ovunque un passaggio”: “riduce ciò che esiste a un cumulo di rovine – non per amore delle rovine, ma per quello del passaggio che si apre in esse”.23 20. GS II/1, p. 355; cfr. leSlIe, Hollywood Flatlands, cit., p. 81. Questo nuovo e diverso materialismo, legato proprio a una riconfigurazione del corpo, era già stato proposto da Benjamin alla fine del saggio sul Surrealismo (1929): cfr. GS II/1, pp. 309-10. 21. GS III, pp. 285-86. 22. In JaCOB e WIlHelm GrImm, Tutte le fiabe, trad. it. a cura di Brunamaria Dal lago Veneri, Newton Compton, roma, 2010, pp. 28-34. 23. GS IV/1, pp. 397-98.

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la civiltà borghese è ormai senza vita, e in essa la vita non è più possibile; usando un’immagine che appare anche nel contemporaneo saggio su Kraus24 e che ritornerà con una variante alla fine di Esperienza e povertà (1933), Benjamin sostiene che i film di mickey mouse costituiscono una sorta di “preparazione” per sopravvivere, se così dev’essere, alla civiltà. Nel mondo realisticamente presentato in questi film non vale più la pena di fare “esperienze”; e tuttavia, per quanto smembrata, distorta, meccanizzata e derubata di ogni esperienza, la figura di mickey mouse mostra, con un sorriso o una smorfia alla fine di ogni cortometraggio, che è possibile sopravvivere a questo tipo di esistenza. Il tono di questi appunti è intrinsecamente utopico: in mickey Benjamin scorge la prefigurazione di una natura trasformata, di una natura liberata dalle opposizioni e gerarchie antropocentriche, fallocentriche, sociali, in cui servo e padrone, lavoro e gioco si confondono e si eliminano a vicenda.

3. Il problema dell’esperienza è uno dei temi centrali che attraversano tutto il pensiero di Benjamin, dallo schizzo giovanile Erfahrung (1913)25 fino agli appunti per il libro su Baudelaire alla fine degli anni trenta. Per quanto non sempre in modo univoco, Benjamin si interrogherà sempre di nuovo sulla possibilità di riconcettualizzare la conoscenza e l’azione di fronte alle radicali trasformazioni della modernità, che hanno svuotato dall’interno proprio le condizioni di possibilità dell’esperire, del conoscere, del ricordare, e quindi dell’agire. la modernità capitalistica ha ridotto ogni Erfahrung a Erlebnis: il primo termine, che deriva dal verbo fahren (andare con un mezzo) ed è etimologicamente legato al termine Gefahr (pericolo), conferisce all’esperienza un senso di mobilità, di continuità temporale, di ripetizione, abitudine e ritorno, e allo stesso tempo anche un

24. GS II/1, p. 355. 25. GS II/1, pp. 54-56.

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senso di rischio per il soggetto che esperisce; Erlebnis, termine introdotto nel lessico filosofico da Dilthey e ripreso poi da Husserl, e di norma reso in italiano come “esperienza vissuta”, deriva dal verbo leben (vivere) e denota invece un’esperienza momentanea, singolare, puntuale e slegata da un contesto più ampio. Benjamin conferirà sempre a Erlebnis il senso negativo di “esperienza impoverita” e si interrogherà sulla possibilità di instaurare o inventare un nuovo tipo di Erfahrung per l’umanità tardo-capitalistica. l’evento che più di tutti ha segnato, per la generazione di Benjamin, la fine dei sogni di tecnologia e progresso del xIx secolo e ha quindi letteralmente “distrutto” l’esperienza della modernità, è stato la Prima guerra mondiale: l’orgia di tecnologia e distruzione di massa che ha segnato l’inzio del “secolo breve” assume per gli intellettuali del breve periodo weimariano una funzione emblematica perché ha scardinato le coordinate tradizionali e familiari del conoscere, del comunicare, e dell’agire, e ha svuotato completamente i “valori eterni” e il “falso universalismo” della civiltà borghese e dell’idea umanistica di soggetto. l’umanesimo borghese rimarrà sempre inadeguato e incapace di comprendere e gestire sia il trauma psicologico della guerra che quello della disastrosa crisi economica che la segue. la repubblica di Weimar termina il 30 gennaio 1933 con la nomina di Hitler a Reichskanzler, e quindi con una nuova, violenta negazione dei “valori eterni” umanistici. Con essa termina definitivamente un’idea di mondo e una “civiltà”, e in questo contesto Benjamin, esiliatosi a Parigi nel marzo del 1933, compone un breve ma fondamentale saggio, che in qualche modo fa il punto della situazione e fissa molte delle idee che popolano in quegli anni le sue analisi – e che già compaiono in Zu Micky Maus. Iniziato probabilmente già durante il lungo soggiorno a Ibiza (aprile-ottobre 1933), il saggio fu pubblicato il 7 dicembre 1933 su Die Welt im Wort, rivista degli intellettuali tedeschi esiliati a Praga, con il titolo Erfahrung und Armut (Esperienza e povertà , in cui i curatori avevano cambiato il tito15

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lo benjaminiano Erfahrungsarmut, “povertà d’esperienza”).26 l’immagine della guerra – la Prima guerra mondiale da un lato, e l’“ombra” della guerra a venire dall’altro – apre e chiude il saggio, rispecchiando la situazione drammatica della fine della “civiltà” weimariana e dell’intellettuale in esilio (Benjamin era ora e rimarrà fino alla morte anche “materialmente” povero), e conferendogli a un tempo un senso di minaccia e di urgenza. Di fronte all’immensa distruzione tecnologica operata dalla Prima guerra mondiale e minacciata di nuovo dal travolgente tsunami fascista che incombeva sull’europa, il ricorso alla cultura umanistica è vano e impotente: essa non è più in grado di metterci in comunicazione con il patrimonio culturale attraverso “esperienze”, che non sono ormai più che simulazioni. Il “rinascimento” culturale weimariano, “nel quale in tanti ripongono le loro speranze”, non è che la “galvanizzazione” di un’accozzaglia carnevalesca di vecchie idee mediante scosse elettriche che, però, non possono che provocare più di qualche temporaneo spasmo in un corpo già morto. Il monito, implicito ma chiaro, è lo stesso che Benjamin rivolgerà qualche anno dopo agli oppositori di Hitler: alla distruzione della cultura da parte dei fascisti è vano opporre la “Sü ffisanz der Erbberechtigten”, la sufficienza di chi si sente legittimato dall’eredità culturale.27 l’unica via d’uscita sta nell’abbracciare la trasformazione, la povertà d’esperienza, e opporre alla “barbarie” fascista un nuovo concetto di barbarie. Il concetto di “barbarie” e la sua relazione alla cultura è assai complesso: chi è il “barbaro”, e, soprattutto, da quale punto di vista lo si considera tale? Il motto forse più celebre e celebrato dell’intera opera benjaminiana è l’attacco alla nozione di “patrimonio culturale” che compare nel saggio su eduard Fuchs del 1937 e viene ripreso nella celebre tesi VII di Sul concetto di 26. Sulla genesi del saggio si veda la nota dei curatori in GS II/1, pp. 960-61. 27. Ein deutsches Institut freier Forschung (1938), GS III, p. 525.

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storia (1940): “non c’è documento di cultura che non sia allo stesso tempo un documento di barbarie”.28 Il “patrimonio culturale” non è che la spoglia dei vincitori e il suo lignaggio non può essere contemplato senza orrore. Se la cultura stessa è intrinsecamente pregna di barbarie, allora l’unica alternativa al suo moribondo e mortifero declino sta nel rovesciare i canoni culturali vigenti e rubare le energie della trasformazione alla barbarie “sbagliata”, per inventarne una “nuova e positiva”. In Esperienza e povertà Benjamin identifica i “nuovi barbari” nei grandi distruttori/creatori del modernismo, che non piangono l’impoverimento dell’esperienza, ma lo ritrasmettono imitando le trasformazioni tecnologiche che ne stanno all’origine e incorporandole formalmente nelle loro opere: i cubisti e Paul Klee in pittura, il Bauhaus, adolf loos e le Corbusier in architettura, Bertolt Brecht e, soprattutto, Paul Scheerbart in letteratura. la loro barbarie o anti-cultura – la nuova “cultura del vetro”, una cultura priva di “aura” – è il solo mezzo per poter cercare di cavar fuori, dalla povertà d’esperienza, “qualcosa di decente”. Il “cugino popolare” di questi nuovi barbari è mickey mouse, nunzio di un’immaginazione che non si appoggia sull’esperienza.29 mickey mouse incarna il sogno che un’umanità strapiena di esperienze (“ha ‘divorato’ tutto, la ‘cultura’ e l’‘umano’”) e stanca di tutto proietta contro la tristezza e lo scoraggiamento del giorno, per immaginare un’esistenza semplice ma grandiosa. ed è un sogno che, più delle opere degli intellettuali modernisti, è accessibile alle masse. In una variante della prima versione del saggio leggiamo: Possiamo di nuovo raccontare loro favole in cui il mondo è nuovo e fresco come solo lo è per i bambini. meglio le favole cinematografiche. Chi mai avrebbe potuto certificare esperienze come lo fa mickey mouse nei suoi film? Un film di mickey mouse è forse oggi

28. GS II/2, p. 477, e GS I/2, p. 696. 29. HaNSeN, “Of mice and Ducks”, cit., p. 40.

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ancora incomprensibile al singolo, ma non a un pubblico. e un film di mickey mouse può governare ritmicamente un intero pubblico. Solo alcuni individui riescono ancora a orientarsi davanti all’Iliade o alla Divina Commedia.30

l’appeal popolare è forse dovuto al fatto che, diversamente che nelle grandi opere moderniste, i film di mickey mouse non riproducono o imitano le forme e funzioni della tecnologia, ma oniricamente le superano e allo stesso tempo si prendono gioco di esse: natura e tecnologia, il corpo e la macchina, l’animato e l’inanimato, si fondono e confondono fino a diventare una cosa sola, leggera, gaia, vivace, e che soprattutto basta a se stessa. Quindi, in un certo senso, mickey mouse va anche oltre l’incorporazione ed esposizione modernista della tecnologia, ne rappresenta l’“autosublazione estetica”,31 e fa segno in questo modo verso la promessa originale della modernizzazione, quella di un’esistenza redenta, oltre il rigido e deludente esito pratico del dominio.32 Infine, è importante che i film di mickey mouse siano comici: la voce della natura che si ribella al suo mutismo, della macchina che si incorpora all’organico, della massa che si svincola dal dominio, è una risata. Una risata barbara e inumana, che trova un’eco nella risata di un’altra creatura barbara e inumana cara a Benjamin, l’Odradek di Kafka, che ride come solo senza polmoni si potrebbe ridere.33 È con questa risata che l’umanità si prepara a sopravvivere alla cultura, se così dev’essere.

30. GS II/1, p. 962. 31. HaNSeN, “Of mice and Ducks”, cit., p. 42. 32. NOrtH, Machine-Age Comedy, cit., pp. 17-18. 33. FraNZ KaFKa, Il cruccio del padre di famiglia, trad. it. rodolfo Paoli, in ID., Racconti, mondadori, milano 1970, p. 253. Cfr. FaBrIZIO DeSIDerI, I Modern Times di Benjamin, introduzione a Walter Benjamin, L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica. Tre versioni (1936-39), trad. it. di massimo Baldi, Donzelli, roma 2012, p. xV.

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4. a questo proposito, miriam Hansen nota che mickey mouse sembra ben più prossimo alle fantasie surrealiste che alla sobrietà funzionale del Bauhaus o al razionalismo didattico di Brecht.34 Benjamin stabilisce esplicitamente questa connessione tra Disney e il Surrealismo in alcuni degli appunti per la sua grande opera incompiuta sulla preistoria della modernità, il Passagen-Werk (I “passaggi” di Parigi), a cui aveva cominciato a lavorare già nel 1927 e che lo occuperà per tutti gli anni trenta. Qui cita per due volte un articolo di Pierre mac Orlan,35 Grandville le pré cursor (1934), in cui l’autore presenta Grandville36 appunto come “precursore del Surrealismo, in particolar modo del film surrealista (méliès, Walt Disney)”.37 tuttavia, a differenza di Grandville, nota mac Orlan, l’umorismo di Disney non è né malinconico né morboso e non porta in sé i germi della morte.38 l’interesse di Benjamin per Disney e mickey mouse può essere allora inscritto nell’orbita di quel progetto che aveva avuto inizio con il saggio sul Surrealismo del 1929 e che si incentrava sul compito di “conquistare le energie dell’ebbrezza [Rausch] per la rivoluzione”.39 Da questa prospettiva, assai importante è però l’enfasi sul medium (“il film surrealista”), che apre in qualche modo uno iato tra mickey mouse e gli intellettuali modernisti citati in Espe-

34. HaNSeN, “Of mice and Ducks”, cit., p. 41. 35. Pseudonimo di Pierre Dumarchey (1882-1970), prolifico scrittore e chansonnier francese vicino al movimento surrealista. 36. Jean-Jacques Grandville, pseudonimo di Jean Ignace Isidore Gérard (1803-1847), è stato un illustratore e caricaturista francese, celebre per le sue illustrazioni fantastiche in opere come Les Mé tamorphoses du jour (1829), Scè nes de la vie privé e et publique des animaux (1842), e Un Autre monde (1844). 37. GS V/1, p. 501, appunto K4,1. In realtà le citazioni del testo di mac Orlan sono tre (la terza è l’appunto W4a,3, GS V/2, p. 772), ma solo nelle due citate si parla di Disney. 38. GS V/1, p. 121, appunto B4a,2. 39. GS II/1, p. 308.

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rienza e povertà . In un appunto del Passagen-Werk intitolato Sul significato politico del film, Benjamin sottolinea che “in nessun momento, per quanto utopico, si conquisteranno le masse all’arte ‘alta’; esse possono essere convinte solo ad amare ciò che è loro più vicino”; e continua: “Ciò non accadrà mai con la maggior parte di quello che viene diffuso dall’avanguardia della borghesia” (sarebbe quindi vano il desiderio dei surrealisti di fare di Picasso un rivoluzionario).40 Se le masse necessitano in un’opera d’arte qualcosa che le “riscaldi” [etwas Wä rmendes], solo una forma artistica che riesca a inglobare dialetticamente in se stessa il kitsch della cultura massificata riuscirà ad avvicinarsi alle masse, e “oggi, forse, solo il film è all’altezza di questo compito – o, in ogni caso, più adatto a esso di ogni altra forma d’arte”. “Solo il film”, conclude Benjamin, “può far detonare la sostanza esplosiva che il secolo xIx ha accumulato in quello strano e forse in precedenza sconosciuto materiale che è il kitsch”.41 Queste tesi ci aiutano a qualificare meglio la posizione del topo disneyano all’interno della strategia benjaminiana: contrariamente all’arte “alta” dei nuovi barbari modernisti, mickey mouse riesce, anche grazie alla forma cinematografica, a operare quell’Aufhebung del kitsch popolare che gli permette di “farlo detonare” e di cooptarne le energie alla causa della rivoluzione. Questa rivoluzione è in primo luogo antropologica, o, meglio, ontologica (anche se di norma gli interpreti usano il termine “utopica”) e inserisce mickey mouse in una costellazione con Charles Fourier: è infatti in relazione a Fourier che mickey è citato, un’unica volta, negli appunti per il Passagen-Werk. l’importanza dell’utopia fourierista per il progetto incompiuto di Benjamin è tale che entrambi gli exposé dell’opera (del 1935 e del 1939) si aprono con una sezione su Fourier: la ragione, come appare in entrambi, è che Fourier vedeva nel “passaggi” il

40. GS V/1, p. 499, appunto K3a,1. 41. Ivi, p. 500.

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canone architettonico del suo falansterio e presenta quindi una sorta di paradigma o “immagine dialettica” della loro diffusione nella prima metà del xIx secolo; ma soprattutto che la chiave segreta della sua utopia è l’avvento della “macchina”.42 Il secondo exposé aggiunge un punto fondamentale: la tecnologizzazione dell’utopia fourierista si distanzia dall’idea dominante di tecnologia come sfruttamento e dominio della natura: al contrario, “in Fourier la tecnologia appare come la scintilla che dà fuoco alla polvere della natura”.43 Come i surrealisti – e come marx44 – Benjamin era affascinato dal modo in cui le visioni fantastiche di Fourier conferivano alla tecnologia un uso ludico nella riorganizzazione della natura: non opposizione e dominio, ma una fusione del tecnologico e del naturale, del meccanico e dell’organico, che si ribella alla doppia dittatura dell’organico e sull’organico. Quella di Fourier è una natura riformulata, migliorata, reinventata – oceani di limonata, lune supplementari, anti-leoni e anti-orsi al servizio dell’uomo – dalla sua compenetrazione con la tecnologia. mickey mouse dà nuova forma alle stravaganze fourieriste perché, come queste, procede a una “mobilitazione morale della natura”: confondendo e reinventando le separazioni e limiti tra l’umano e l’animale, l’organico e l’inorganico, il naturale e il tecnologico, mickey fa esplodere la “teleologia naturale”, ovvero l’idea normativa di una fissità e finalità naturali, di un “destino” biologico, e di una separazione tra storia umana e storia naturale. la “natura” e l’“umano” sono costruzioni storiche, ideologiche, che come tali possono e devono essere modificate e reinventate. l’esplosione della teleologia naturale è prodotta, 42. GS V/1, pp. 47 e 63. 43. GS V/1, p. 64. 44. Nei suoi appunti Benjamin riporta una lettera di marx a ludwig Kugelmann del 9 ottobre 1866 in cui marx vedeva nell’utopia di Fourier “l’anticipazione ed espressione immaginativa di un nuovo mondo” (GS V/2, p. 784, appunto W10a,2).

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di nuovo, attraverso l’umorismo: come l’utopia fourierista, mickey mouse è buffonesco, ridicolo, e senza dubbio kitsch, ma è la risata che egli provoca nel pubblico ciò che scardina la gabbia delle cause finali, dell’idealismo umanistico, e chiama la politica al compito di reinventarsi e di reinventare la relazione tra l’umano e la natura.

5. Un altro appunto contenuto nella sezione su Fourier del Passagen-Werk collega l’esplosione delle teleologia naturale a un tratto importante:

alla concezione di Fourier della propagazione dei falansteri attraverso explosions si possono paragonare due idee della mia “politica”: quella di rivoluzione come un’innervazione [Innervation] degli organi tecnologici del collettivo (confronto con il bambino che, cercando di acchiappare la luna, impara ad afferrare), e quella di “far esplodere la teleologia naturale”.45

Sia il concetto di “innervazione degli organi del collettivo”46 che l’immagine del bambino che cerca di afferrare la luna riappaiono, sempre con un riferimento a Fourier, in una nota delle prime versioni de L’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica,47 il che permette di datare questi appun-

45. GS V/2, p. 777, appunto W7,4. 46. Sul concetto di Innervation e sulla sua importanza nelle prime versioni del saggio sull’opera d’arte si veda HaNSeN, “Of mice and Ducks”, cit., pp. 37-38, e, della stessa autrice, i saggi Benjamin, Cinema and Experience: “The Blue Flower in the Land of Technology”, in New German Critique 40 (1987), pp. 179-224; Benjamin and Cinema: Not a One-Way Street, in Critical Inquiry 25.2 (1999), pp. 306-43; e Room-for-Play: Benjamin’s Gamble with Cinema, in October 109 (2004), pp. 3-45. 47. la nota appare sia nella prima versione fornita di note (“seconda versione” nelle Gesammelte Schriften, e “terza versione” nella nuova Kritische Gesamtausgabe), sia nella traduzione francese (“quarta versione” nella Kritische Gesamtausgabe); cfr. GS VII/1, p. 360; GS I/2, pp. 717-18; e Walter BeNJamIN, Das Kunstwerk im Zeitalter seiner technischen Reproduzierbarkeit, a cura di Burkhardt lindner con la collaborazione di Simon Broll e Jessica Nitsche, Werke

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ti attorno agli anni di composizione del saggio. ed è proprio in questo saggio (o in alcune delle sue versioni) che appare il più noto riferimento benjaminiano a mickey mouse. la storia della composizione e pubblicazione del saggio è assai complessa e articolata, e qui possiamo presentare solo alcune indicazioni sommarie:48 una prima “bozza” (non inclusa nelle Gesammelte Schriften e denominata nella nuova Kritische Gesamtausgabe come “prima versione”) fu composta nel settembre del 1935; il primo testo “finito” (“prima versione” in GS e “seconda versione” in WuN 16) venne completato nell’ottobre del 1935, già diviso in capitoli numerati e titolati, ma ancora privo di note, e solo a questo punto Benjamin darà comunicazione della composizione del testo; a questo primo testo Benjamin aggiungerà poi una serie di note e alcune modificazioni, ma eliminerà i titoli dei capitoli e cambierà la loro numerazione da numeri arabi a numeri romani (“seconda versione” in GS e “terza versione” in WuN 16)49; questo testo verrà tradotto in francese da Pierre Klossowski con la collaborazione di Benjamin, ma verrà anche rimaneggiato dal segretario a Parigi della Zeitschrift fü r Sozialforschung, Hans Klaus Brill, su indicazione di max Horkheimer, e verrà infine pubblicato su questa rivista nel maggio del 1936 (“quarta versione” in WuN 16); Benjamin continuerà a lavorare al testo (il termine ad quem è il 1939), producendo infine una versione abbreviata e semplificata (“terza versione” in GS e “quinta versione” in WuN 16), ma che diventerà quella “standard” dopo la sua pubblicazione, nel 1955, nei due volumi degli Schriften di Benjamin curati da theodor e Gretel

und Nachlaß. Kritische Gesamtausgabe, vol. 16, Suhrkamp, Berlin, 2012, pp 109 e 174. Qui di seguito questo volume sarà abbreviato come WuN 16. 48. rimandiamo per un’esposizione articolata alla Entstehungs- und Publikationsgeschichte in WuN 16, pp. 319-75. 49. Questa versione, inizialmente considerata perduta, venne trovata negli anni Ottanta da Gary Smith nell’archivio di Horkheimer e venne pubblicata solo nel 1989 nel volume VII/1 delle Gesammelte Schriften.

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adorno. Nella versione con capitoli titolati, la sezione 16 porta il titolo Micky-Maus.50 Nell’economia della “seconda” e “terza” versione, questa sezione svolge un ruolo fondamentale, in quanto si centra sulla funzione sociale del film come forma paradigmatica dell’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica. l’importanza primaria e critica del film, la sezione comincia, sta nel fatto che, attraverso di esso, si viene a stabilire un nuovo equilibrio tra l’umano e la macchina; e questo, come sottolinea Norbert Bolz, indipendentemente dal contenuto: ciò che conta sono le tecniche e gli strumenti attraverso cui l’essere umano trova nuove rappresentazioni di se stesso e del mondo, e apprende nuove modalità di percezione dello spazio e del tempo.51 Facendo letteralmente esplodere la cornice tradizionale delle nostre percezioni “con la dinamite del decimo di secondo”,52 il film non solo ci consente una nuova comprensione del mondo, ma ci apre anche uno spazio d’azione [Spielraum 53] interamente nuovo, che nel saggio sul Surrealismo Benjamin aveva indicato come uno spazio in cui immagine e cor50. Useremo a partire da ora la nuova numerazione data in WuN 16. 51. NOrBert BOlZ, Walter Benjamin in the Postmodern, in New Comparison: A Journal of Comparative and General Literary Studies 18 (1994), p. 11. 52. Quest’espressione, come già il nucleo dell’intera argomentazione, era già stata usata da Benjamin nel 1927 in risposta alle critiche feroci di Oscar a. H. Schmitz al film La corazzata Potë mkin (1925) di Ėjzenštejn, in un articolo pubblicato su Die literarische Welt; cfr. Erwiderung an Oscar A.H. Schmitz, GS II/2, pp. 751-55. 53. Come nota eStHer leSlIe (Hollywood Flatlands, cit., p. 105), il termine Spielraum può significare in tedesco sia “spazio di gioco” [Spiel] sia “margine d’azione”, e forse questa ambiguità o gioco di parole è intenzionale in Benjamin. Un appunto per la terza versione, poi non utilizzato nel testo, collega il tema del gioco ai film di Disney: “lo svanire della bella apparenza [Schein] è identico allo svanire dell’aura. I due germi nel fenomeno archetipico della mimesi: apparenza e gioco [Spiel]. Ognuno dei due si sviluppa a spese dell’altro. Sulla funzione radicalmente diversa dell’arte che si basa sull’apparenza e di quella che si basa sul gioco. In Disney, il film per la prima volta elimina interamente l’elemento dell’apparenza a favore di quello del gioco. Gli interessi tecnologici sono solidali con quelli del gioco” (WuN 16, p. 146).

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po si fondono [Bild- und Leibraum].54 le tecniche cinematografiche dilatano lo spazio e il tempo e consentono la percezione di aspetti della realtà e del movimento prima impensabili: la “natura” che si apre alla macchina da presa non è la stessa che si presenta all’occhio, è una natura modificata, che abbraccia sia il creaturale che l’artificiale, ma che va anche oltre il puramente fisico per includere in sé l’anti-fisico e lo storico. In un passo ripreso quasi letteralmente da Piccola storia della fotografia (1931),55 Benjamin afferma che la tecnologia come “organo” del collettivo apre alla percezione di un “inconscio ottico”: non rende semplicemente più chiara una percezione che prima era indistinta od offuscata, ma dà accesso alla coscienza di una zona percettiva in precedenza interamente sconosciuta.56 l’analogia psicanalitica ha però una portata ben maggiore: la telecamera, ampliando il normale spettro delle percezioni sensoriali, lo apre alle deformazioni e metamorfosi proprie delle psicosi, delle allucinazioni e dei sogni. la percezione collettiva può così appropriarsi di queste modalità percettive anormali attraverso la creazione di figure del “sogno collettivo”, come quella di mickey mouse.57 Se fin qui l’utilizzo di questa figura da parte di Benjamin è in linea con le sue menzioni negli anni precedenti, il 54. GS II/1, p. 309. 55. GS II/1, p. 371. 56. eStHer leSlIe (Hollywood Flatlands, cit., p. 114) sostiene che, intitolando a mickey mouse la sezione sull’inconscio ottico, Benjamin suggerirebbe che l’animazione è la forma cinematografica con più legittimità. tuttavia, mICHeal NOrtH (Machine-Age Comedy, pp. 59 e 207n) fa notare, non solo che Benjamin non parla mai di “animazione” come specifica forma cinematografica, ma che tende piuttosto a equiparare, in modo assai vago e impreciso, mickey mouse e Chaplin, animazione e cinema muto. le “tecniche” cinematografiche citate nella sezione (moviola etc.) non possono in realtà essere attribuite a un cartone animato, che tende inoltre, contrariamente alla frammentazione del montage, a creare un “continuum” da frammenti sparsi artificiali. 57. le interpretazioni psicoanalitiche di mickey mouse e dei film di Disney cominciarono già alla fine degli anni trenta: cfr. FrItZ mOelleNHOFF, Remarks on the Popularity of Mickey Mouse, in American Imago (1940), ristam-

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passo successivo aggiunge un tratto nuovo: figure oniriche come mickey mouse, proprio perché rompono con il naturalismo del cinema melodrammatico e sviluppano in modo forzato le fantasie od ossessioni sadiche/masochistiche create nelle masse dal rivoluzionario processo di tecnicizzazione, possono fungere da “vaccino” per impedirne la maturazione “naturale e pericolosa”. In modo assai freudiano, Benjamin sembra qui proporre una sorta di psicopatologia della vita tecnicizzata: la vita quotidiana della modernità massificata e tecnicizzata è preda di psicosi di massa, che, se lasciate al loro decorso naturale, condurrebbero a esiti pericolosi – e qui Benjamin intende ovviamente la guerra, il cui spettro aleggia in tutti i suoi scritti contemporanei. Questo decorso – il ritorno del represso della civiltà moderna – può essere però forzato e controllato, come avviene nelle vaccinazioni: una vaccinazione, come nota Burkhardt lindner, non significa la mera somministrazione di un antibiotico, ma consiste nel provocare, in modo artificiale e dosato, un’infezione per attivare il sistema immunitario naturale.58 Non si tratta qui dunque della semplice catarsi aristotelica, ma piuttosto di uno sfogo estetico preventivo e medicalizzato di psicosi di massa, che gli apparati socio-culturali e politici – la “civiltà” – non sono più in grado di gestire, e di cui si devono quindi fare carico quella sorta di sanatori o istituti di cura che sono diventati i cinema. lo sfogo anticipato e terapeutico delle psicosi di massa, che permetterebbe di “sopravvivere” alla civiltà (psicotica) della tecnica, avviene nel “riso collettivo”. Come abbiamo già sottolineato, la comicità è, per Benjamin, un tratto indispensabile e

pato in American Imago 46.2 (1989), pp. 105-19. Per una lettura psicanalitica più recente si veda tSUNG-HUeI HUaNG, Who’s Afraid of Mickey Mouse?: Revisiting the Benjamin-Adorno Debate on Disney from a Psychoanalytic Perspective, in Tamkang Review 40.1 (2009), pp. 29-60. 58. BUrKHarDt lINDNer, Mickey Mouse und Charlie Chaplin: Benjamins Utopie der Massenkunst, in Detlev Schöttker (a cura di), Schrift Bilder Denken. Walter Benjamin und die Kü nste, Suhrkamp, Frankfurt a.m. 2004, p. 152.

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irrinunciabile per poter conferire a figure come mickey mouse una potenzialità rivoluzionaria – e questo già da prima di mickey mouse: in un breve commento a Chaplin, pubblicato su Die literarische Welt nel febbraio del 1929, Benjamin già definiva il riso “la più internazionale e più rivoluzionaria emozione [Affekt] delle masse”.59 In questo senso, Benjamin è ancora in linea con la teoria freudiana del riso come sfogo o “liberazione” libidica, che egli dinamizza in senso politico e però non cita mai.60 rispetto a Freud, tuttavia, Benjamin sembra essere interessato a qualcosa che va oltre il semplice contenuto “divertente” dei disegni animati o delle slapstick comedies, e riesce forse a cogliere un tratto “comico” nello stesso processo di riproducibilità tecnica. O almeno così lo interpreta micheal North, che identifica nella gestualità meccanizzata di Chaplin e dei cartoons una sorta di incorporazione mimetica del processo di produzione meccanizzato: è il processo stesso che produce un proprio tipo di nonsenso e umorismo folle e dadaistico, che solo può nascere dalla macchina; forse, ipotizza North, “la modernità stessa è governata da un ritmo comico, anche quando non è particolarmente divertente”.61 lo stesso ritmo, “veloce e sincopato, […] ferocemente e insolitamente allegro”, che Fabrizio Desideri vede animare anche il saggio benjaminiano,62 e a cui, forse, la civiltà moderna deve ricorrere per sopravvivere a se stessa.

59. Rü ckblick auf Chaplin, GS III, p. 159. 60. Si veda SIGmUND FreUD, Il motto di spirito e il suo rapporto con l’inconscio (1905), in ID., Opere, 12 voll., Bronghieri, torino, 1976-1980, vol. V; ma anche Psicologia delle masse ed analisi dell’Io (1921), in ID., Opere, cit., vol. Ix. la teoria freudiana è in certo senso opposta all’altra grande teoria del comico degli inizi del xx secolo, quella di Bergson, che vede invece il riso come espressione della naturale ostilità dell’organico nei confronti della macchina (cfr. HeNrI BerGSON, Il riso [1899], BUr, milano 2008). Per una discussione di questi testi in relazione a Benjamin, si veda lINDNer, Mickey Mouse und Charlie Chaplin, cit., e, soprattutto, il primo capitolo di NOrtH, Machine-Age Comedy, cit. 61. NOrtH, Machine-Age Comedy, cit., p. 5. 62. DeSIDerI, I Modern Times di Benjamin, cit., p. xV.

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e tuttavia Benjamin non è cieco alla piega oscura che sia la meccanizzazione che il riso possono prendere e hanno in effetti preso, e sembra non riuscire a decidersi riguardo il potenziale rivoluzionario di entrambi. Già nella sopracitata Risposta a Oscar A.H. Schmitz (1927), Benjamin scriveva che la risata provocata dalle slapstick comedies “sta sospesa al di sopra dell’abisso dell’orrore”63; e al momento di completare il saggio sull’opera d’arte con l’aggiunta di note (la “terza versione”), riequilibra il giudizio su Disney con una lunga nota:

Un’analisi generale di questi film, a dire il vero, non dovrebbe tacere il loro senso opposto. Dovrebbe prendere le mosse dal carattere antitetico di quelle situazioni che hanno un effetto tanto comico che spaventoso. Il comico e lo spaventoso sono strettamente affiancati, come mostrano le reazioni dei bambini. e perché dovrebbe essere proibito chiedersi, di fronte a determinate situazioni, quale reazione in un dato caso sia quella più umana? alcuni dei più recenti film di mickey mouse rappresentano una situazione che fa apparire legittima questa domanda. (Il loro cupo incanto infuocato, per il quale il film a colori ha creato le condizioni tecniche,64 sottolinea un tratto che fino ad ora vigeva solo in modo nascosto e mostra con che facilità il fascismo, anche in questo campo, si impadronisca di innovazioni “rivoluzionarie”.) Ciò che viene alla luce nei più recenti film di Disney è infatti già in opera in alcuni dei più vecchi: la tendenza a rassegnarsi tranquillamente ad accettare la bestialità e la violenza come fenomeni che accompagnano l’esistenza. In questo modo si accetta una tradizione già antica ma che non gode oggi di minor fiducia; essa viene introdotta dagli hooligan danzanti che troviamo nelle immagini medievali dei pogrom, e la “gentaglia”65 della fiaba dei Grimm ne costituisce l’indistinta, pallida retroguardia.66

63. GS II/2, p. 753. 64. Il primo cortometraggio “ufficiale” di mickey mouse a colori, The Band Concert (it. Il concerto bandistico), uscì proprio il 23 febbraio del 1935, anche se mickey era già apparso in un cortometraggio a colori che non faceva ufficialmente parte della serie “mickey mouse”, Parade of the Award Nominees (1932, it. Parata dei nominati agli Oscar). 65. Benjamin si riferisce alla fiaba Das Lumpengesindel (cfr. Gentaglia, in JaCOB e WIlHelm GrImm, Tutte le fiabe, cit., pp. 51-53). 66. GS VII/1, p. 377 / WuN 16, pp. 132-33. la nota appare, pur in forma ridotta, anche nella traduzione francese (GS I/2, p. 732 / WuN 16, p. 191).

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Questa nota sviluppa un appunto preso per la terza versione: “l’utilizzabilità del metodo disneyano per il fascismo”67; in una variante della nota Benjamin parla di un “rapporto dialettico” che domina la relazione tra orrore e comico.68 Benjamin è costretto ad ammettere che la “barbarie” che fa piazza pulita del vecchio mondo borghese, e la risata che l’accompagna, possono essere quelle “sbagliate”; e cioé che gli stessi elementi si prestano, dialetticamente, a utilizzazioni contrarie e opposte. In questo modo riconosce la (parziale) legittimità di un’interpretazione negativa – e ben più univoca – della cultura di massa come quella di adorno. Ben note sono le pesanti obiezioni che adorno sollevò al saggio sull’opera d’arte: dopo che Benjamin gli aveva mandato, il 27 febbraio 1936, la copia dattiloscritta (cioé la “terza versione”), adorno rispose, il 18 marzo, con una lunga lettera da londra che attaccava molti dei concetti portanti del saggio. In modo particolare, scriveva che “la risata del pubblico al cinema […] è tutto fuorché benefica e rivoluzionaria; è invece piena del peggior sadismo borghese”; e per quel che riguarda mickey mouse, accusava Benjamin di romanticizzare questa figura, la cui riproduzione non apparterrebbe invece che al “realismo naif” borghese.69 Queste critiche, riprese in una breve menzione di mickey mouse nel “Postscriptum di Oxford” al suo saggio sul jazz,70 torneranno con nuova forza (e spinte forse a un’estremo che confina con il ridicolo) in Dialettica dell’illuminismo

67. GS I/3, p. 1045 / WuN 16, p. 146. 68. GS VII/2, p. 689 / WuN 16, p. 161. 69. tHeODOr W. aDOrNO e Walter BeNJamIN, Briefwechsel 1928-1940, a cura di Henri lonitz, Suhrkamp, Frankfurt a.m. 1995, pp. 171-72. 70. Qui mickey mouse è preso a paradigma (ovviamente negativo) della “soggettività jazz”; cfr. tHeODOr W. aDOrNO, Oxforder Nachträ ge (1937) a Ü ber Jazz (1936), in ID., Gesammelte Schriften, Band 17, musikalische Schriften IV, moments musicaux – Impromptus, a cura di rolf tiedemann, Suhrkamp, Frankfurt a.m., 1982, p. 105.

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(1944), dove però Donald Duck prende il posto di mickey mouse:71

Nella misura in cui i cartoni animati hanno qualche altro effetto, o si propongono qualche altro scopo, oltre quello di assuefare i sensi al nuovo ritmo del lavoro e della vita, essi non fanno che martellare in tutti i cervelli l’antico monito secondo cui la bastonata permanente, lo spezzarsi di ogni resistenza individuale, è la condizione preliminare della vita in questa società. Paperino nei cartoni animati, come i poveracci nella realtà, ricevono la loro buona dose di botte perché gli spettatori imparino ad abituarsi alle proprie.72

Che sia a causa delle critiche e richieste di adorno e Horkheimer, oppure perché non riusciva a risolvere l’aporia con cui si era scontrato, Benjamin finirà comunque per eliminare dalla rielaborazione del saggio (“quinta versione”) ogni riferimento a Disney e mickey mouse, e con essi al sogno collettivo, al riso collettivo, all’Innervation e al gioco.73 l’onere e la “colpa” di queste trasformazioni vengono di norma attribuite alla pressioni di adorno, ma la spiegazione potrebbe essere più semplice: l’ultima versione sembra volersi presentare come una teoria “scientifica”, ed elimina quindi il ricorso a concetti dall’accento surrealista come il lavoro del sogno o la natura fantastica dell’inconscio ottico; il film e la telecamera vengono qui proposti come strumenti “analitici” e “scientifici”, in una prospettiva 71. Secondo mIrIam HaNSeN (Of Mice and Ducks, cit., p. 34), il cambio sarebbe dovuto al fatto che Donald Duck è un personaggio animato che rientra nel profilo autoritario molto più facilmente di mickey mouse; ma questo potrebbe anche semplicemente dipendere dal fatto che, negli anni Quaranta, Donald Duck era diventato molto più popolare di mickey mouse. 72. max HOrKHeImer e tHeODOr W. aDOrNO, Dialettica dell’illuminismo, trad. it. di renato Solmi, einaudi, torino, 1997, p. 147. 73. Non ha senso però parlare di un “dramma delle note”, come fa eStHer leSlIe (Hollywood Flatlands, cit., p. 118), e attribuire ad adorno la responsabilità dell’incertezza di Benjamin riguardo a mickey mouse, come fa la maggior parte degli interpreti, giacché la versione che adorno ricevette era la “terza”, quella cioè già fornita di note – e quindi anche della nota sopracitata.

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rivoluzionaria che, marxianamente, oppone lo “scientifico” all’“utopico”. In questo nuovo schema, in cui la presenza di Brecht si fa sempre più importante, per la figura onirica di mickey mouse non c’era semplicemente più posto.

6. esther leslie scrive che, quando “abbandona” Disney e mickey mouse, Benjamin rifiuta in fondo qualcosa che già era cambiato rispetto ai suoi inizi avanguardistici e “rivoluzionari”.74 Nel 1935, la “normalizzazione” di mickey era ormai quasi completa: i tratti ibridi del roditore si erano progressivamente umanizzati e addomesticati, i suoi atteggiamenti e comportamenti anarchici e finanche perversi erano stati “disinnescati” in innocenti e innocue plaisanteries, il suo mondo meccanizzato era stato ricondotto all’ovile dell’etica del lavoro, e ogni eccentricità in questo mondo di fantasia era stata idealizzata e sentimentalizzata; insomma, mickey mouse era diventato “rispettabile”. e tuttavia, si chiede miriam Hansen, anche prima di questa trasformazione, l’investimento emotivo di Benjamin in questa figura non era stato forse eccessivo? Certo l’entusiasmo di Benjamin era fondato in certi tratti e caratteristiche di mickey mouse che anche i suoi contemporanei avevano percepito, ma in lui troviamo forse una “sopravvalutazione utopica” che, secondo Hansen, sarebbe in fondo una reazione alla paura di trovare, nella distruzione del soggetto e nella risata collettiva, la barbarie “sbagliata”, quella del sadismo borghese o dei pogrom nazisti.75 Sta di fatto che, nel 1935, non solo mickey mouse è stato ormai “addomesticato”, ma l’intera visione di Disney ha già virato in direzione di un sempre maggiore “realismo”.76 Il defi74. leSlIe, Hollywood Flatlands, cit., p. 121. 75. HaNSeN, Of Mice and Ducks, cit., p. 50. 76. Questa svolta, chiaramente e faticosamente cercata e perseguita, contraddirebbe però, secondo Siegfrid Kracauer, il principio stesso dell’animazione in generale, e di quella del primo Disney in particolare, e cioè che “ogni forma

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nitivo punto di rottura è il 1934, anno in cui viene concepito il primo lungometraggio di Disney, Snow White and the Seven Dwarfs (Biancaneve e i sette nani), uscito infine il 21 dicembre 1937 dopo più di tre anni di lavorazione. a partire da questo film, l’animazione disneyana abbandona il mondo anarchico e irriverente della fantasia surrealista, e si fa imitazione animata del cinema realista: gran parte dell’enorme successo commerciale di Biancaneve è dovuto infatti all’uso della tecnica del “rotoscoping” (in cui le scene vengono ricalcate a partire da una pellicola filmata in precedenza) e della “multiplane camera” (una cinepresa che filma diverse scene in movimento su diversi piani sovrapposti, per creare l’illusione della tridimensionalità); vengono così ripristinate le leggi della prospettiva e della gravità, che riportano l’animazione disneyana interamente al “realismo naif” che ci aveva visto adorno. È in certo senso ovvio che un lungometraggio non si può basare su una successione di gag e sulla temporalità avanguardistica dell’interruzione, ma ha bisogno di una trama e di una diegesi narrativa stabile, e che quindi l’evoluzione “realista” di Disney nel passaggio ai lungometraggi è un decorso “naturale”; Biancaneve, inoltre, è il primo disegno animato a fare ampio uso del dialogo, per definire in profondità anche la personalità dei personaggi, e a cercare insistentemente di provocare “pathos”, la più antimodernista delle emozioni. all’illusione di realtà, infine, si accompagnano, a partire da questo film, i valori melodrammatici e la moralità pudica e virginale dell’Hollywood del codice Hays (entrato infatti pienamente in vigore proprio nel 1934). alla fine degli anni trenta, la reputazione di Disney tra artisti e intellettuali (con poche eccezioni, come Ėjzenštejn) collassa, e il suo Studio diventerà progressivamente quel simbolo artistica deve adempiere a una funzione specifica e a essa riservata, in accordo con i suoi mezzi specifici”: animazione e realismo si contraddicono a vicenda; cfr. SIeGFrID KraCaUer, Dumbo (1941), in ID., Kino. Essays, Studien, Glossen zum Film, a cura di Karsten Witte, Suhrkamp, Frankfurt a.m. 1974, pp. 57-61.

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di moralismo e sentimentalismo kitsch, imperialismo culturale e mega-corporativismo industriale che (sempre con alcune eccezioni77) è ancora oggi per noi. le questioni poste da Benjamin usando la figura di mickey mouse sono però ancora le nostre: la necessità di disinnescare i confini normativi che separano l’organico e la macchina, l’umano e l’animale, il maschile e il femminile; di “inventare” una diversa relazione tra umano, tecnologia e natura; di svincolarci dalla teleologia del “destino biologico”; e di arrivare, con questo, a una diversa organizzazione sociale, economica, sessuale. Il mickey mouse di Benjamin ancora ci propone, a otto decenni di distanza, la questione del post-umano. Carlo Salzani

77. In italiano si vedano, per esempio, marIUCCIa CIOtta, Walt Disney. Prima stella a sinistra, Bompiani, milano 2005, e il più recente volume di GIUlIO GIOrellO (con IlarIa COZZaGlIO), La filosofia di Topolino, Guanda, Parma 2013.

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ZU MICKY-MAUS a PrOPOSItO DI mICKeY mOUSe1

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Aus einem Gespräch mit Glück und Weill. – Eigentumsverhältnisse im Micky-Maus-Film: hier erscheint zum ersten Mal, daß einem der eigne Arm, ja der eigne Körper gestohlen werden kann. Der Weg eines Akts im Amt hat mehr Ähnlichkeit mit einem von jenen, die Micky-Maus zurücklegt als mit dem des Marathonläufers. In diesen Filmen bereitet sich die Menschheit darauf vor, die Zivilisation zu überleben. Die Micky-Maus stellt dar, daß die Kreatur noch bestehen bleibt, auch wenn sie alles Menschenähnliche von sich abgelegt hat. Sie durchbricht die auf den Menschen hin konzipierte Hierarchie der Kreaturen. Diese Filme desavouieren, radikaler als je der Fall war, alle Erfahrung. Es lohnt sich in einer solchen Welt nicht, Erfahrungen zu machen. Ähnlichkeit mit dem Märchen. Niemals seitdem sind die wichtigsten und vitalsten Ereignisse unsymbolischer, atmosphärenloser gelebt worden. Der unermeßliche Gegensatz zu Maeterlinck und zu Mary Wigman. Alle Micky-Maus-Filme haben zum Motiv den Auszug, das Fürchten zu lernen. Also nicht «Mechanisierung», nicht das «Formale», nicht ein «Mißverständnis» hier für den ungeheuren Erfolg dieser Filme die Basis, sondern daß das Publikum sein eignes Leben in ihnen wiedererkennt.

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Da una conversazione con [Gustav] Glück2 e [Kurt] Weill.3 – rapporti di proprietà nei film di mickey mouse: qui si palesa per la prima volta il fatto che ci può essere rubato un braccio, o perfino il nostro stesso corpo. la via di un atto amministrativo in un ufficio ha più somiglianza con quella percorsa da mickey mouse che con quella di un maratoneta. In questi film l’umanità si prepara a sopravvivere alla civiltà. mickey mouse raffigura il fatto che la creatura può continuare a esistere anche quando si sia spogliata di ogni rassomiglianza con l’umano. esso spezza la gerarchia delle creature concepita a partire dall’essere umano. Questi film sconfessano ogni esperienza in modo più radicale di quanto sia mai accaduto. In un tale mondo non vale la pena di fare esperienze. Somiglianza con le favole. mai dopo di esse gli eventi più importanti e vitali sono stati vissuti in modo meno simbolico e con meno atmosfera. Contrapposizione incommensurabile con maeterlinck4 e mary Wigman.5 tutti i film di mickey mouse hanno come leitmotiv l’andarsene di casa per apprendere la paura.6 Quindi il fondamento dell’enorme successo di questi film non è la “meccanizzazione”, non l’aspetto “formale”, e nemmeno un “fraintendimento”; ma il fatto che il pubblico riconosce in essi la propria vita. [frammento 119] 37

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NOte

1. Zu Micky-Maus (1931), in Walter BeNJamIN, Gesammelte Schriften, a cura di rolf tiedemann e Hermann Schweppenhäuser, Suhrkamp, Frankfurt a.m., vol. VI, 1985, pp. 144-45. Per la datazione, cfr. GS VI, p. 718. 2. Gustav Glück (1902-1973) – “non uno scrittore, ma un alto funzionario di banca” (Walter BeNJamIN, Gesammelte Briefe, a cura di Christoph Gödde e Henri lonitz, Suhrkamp, Frankfurt a.m. 1998, vol. IV [1931-1934], p. 23) – fu direttore della sezione estera del reichskreditgesellschaft (Imperiale Società di Credito) fino al 1938, quando emigrò in argentina. Dopo la guerra fece parte del consiglio d’amministrazione della Dresdner Bank. Benjamin lo descrive in alcune lettere a Gershom Scholem come parte dello “stretto ma importante circolo avanguardistico” che egli frequetava a Berlino, e nell’ottobre del 1931 arriva a chiamarlo il suo “conoscente più prossimo […] da circa un anno” (Gesammelte Briefe, cit., vol. IV, p. 62). Sulla base di queste lettere, i curatori hanno datato la “conversazione” con Glück e Weill al 1931. 3. Kurt Weill (1900-1950), compositore e celebre collaboratore di Bertolt Brecht. 4. maurice maeterlink (1862-1949), scrittore e drammaturgo belga, fu una delle figure di spicco del movimento simbolista. Gli fu assegnato il premio Nobel per la letteratura nel 1911. 5. mary Wigman (1886-1973), nata Karoline Sofie marie Wiegmann, fu una ballerina e coreografa tedesca e una delle massime esponenti della “danza libera” moderna. Nel 1920 fondò a Dresda una scuola innovativa di danza moderna, il cui metodo si basava sul seguire il ritmo interiore, e non l’accompagnamento musicale (che era spesso assente o ridotto alle sole percussioni). 6. Qui Benjamin fa riferimento alla celebre fiaba dei fratelli Grimm Mä rchen von einem, der auszog, das Fü rchten zu lernen (Storia di uno che se ne andò in cerca della paura), in JaCOB e WIlHelm GrImm, Tutte le fiabe, trad. it. a cura di Brunamaria Dal lago Veneri, Newton Compton, roma, 2010, pp. 28-34.

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ERFAHRUNG UND ARMUT eSPerIeNZa e POVertÀ1

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In unseren Lesebüchern stand die Fabel vom alten Mann, der auf dem Sterbebette den Söhnen weismacht, in seinem Weinberg sei ein Schatz verborgen. Sie sollten nur nachgraben. Sie gruben, aber keine Spur von Schatz. Als jedoch der Herbst kommt, trägt der Weinberg wie kein anderer im ganzen Land. Da merken sie, der Vater gab ihnen eine Erfahrung mit: Nicht im Golde steckt der Segen sondern im Fleiß. Solche Erfahrungen hat man uns, drohend oder begütigend, so lange wir heranwuchsen entgegengehalten: «Grüner Junge, er will schon mitreden.» «Du wirst’s schon noch erfahren.» Man wußte auch genau, was Erfahrung war: immer hatten die älteren Leute sie an die jüngeren gegeben. In Kürze, mit der Autorität des Alters, in Sprichwörtern; weitschweifig mit seiner Redseligkeit, in Geschichten; manchmal als Erzählung aus fremden Ländern, am Kamin, vor Söhnen und Enkeln. – Wo ist das alles hin? Wer trifft noch auf Leute, die rechtschaffen etwas erzählen können? Wo kommen von Sterbenden heute noch so haltbare Worte, die wie ein Ring von Geschlecht zu Geschlecht wandern? Wem springt heute noch ein Sprichwort hilfreich zur Seite? Wer wird auch nur versuchen, mit der Jugend unter Hinweis auf seine Erfahrung fertig zu werden? Nein, soviel ist klar: die Erfahrung ist im Kurse gefallen und das in einer Generation, die 1914-1918 eine der ungeheuersten Erfahrungen der Weltgeschichte gemacht hat. Viel40

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Nei nostri libri di lettura c’era la favola del vecchio che, sul letto di morte, dà a intendere ai figli di aver nascosto un tesoro nella sua vigna. l’unica cosa che dovevano fare era scavare. I figli scavarono, ma non trovarono alcuna traccia del tesoro. ma quando arrivò l’autunno la vigna diede frutti come nessun’altra in tutto il paese. allora si resero conto che il padre aveva assegnato loro un’esperienza: la benedizione non sta nell’oro ma nella solerzia.2 tali esperienze ci sono state tramandate, con minacce o lusinghe, durante tutta la nostra crescita: “questo piccolo imberbe vuole già dire la sua”. “Ne hai ancora da imparare”. Si sapeva esattamente che cosa fosse l’esperienza: i più anziani l’avevano sempre trasmessa ai più giovani. Brevemente, con l’autorità dei più maturi, in proverbi; in modo più prolisso con la loro loquacità, nelle storie; a volte come un racconto di paesi lontani, presso il caminetto, davanti a figli e nipoti. – Dov’è finito tutto ciò? Chi sa ancora trovare persone che sappiano ben raccontare qualcosa? Chi, oggi, pronuncia ancora sul letto di morte parole durevoli che siano trasmesse come un anello di generazione in generazione? a chi viene ancora in mente un proverbio che possa essere d’aiuto? Chi mai si prova più a sbrigarsela con i giovani facendo ricorso alla propria esperienza? No, questo almeno è certo: l’esperienza ha perduto valore, e questo in una generazione che nel 1914-1918 ha vissuto 41

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leicht ist das nicht so merkwürdig wie das scheint. Konnte man damals nicht die Feststellung machen: die Leute kamen verstummt aus dem Felde? Nicht reicher, ärmer an mitteilbarer Erfahrung. Was sich dann zehn Jahre danach in der Flut der Kriegsbücher ergossen hat, war alles andere als Erfahrung, die vom Mund zum Ohr strömt. Nein, merkwürdig war das nicht. Denn nie sind Erfahrungen gründlicher Lügen gestraft worden als die strategischen, durch den Stellungskrieg, die wirtschaftlichen durch die Inflation, die körperlichen durch den Hunger, die sittlichen durch die Machthaber. Eine Generation, die noch mit der Pferdebahn zur Schule gefahren war, stand unter freiem Himmel in einer Landschaft, in der nichts unverändert geblieben war als die Wolken, und in der Mitte, in einem Kraftfeld zerstörender Ströme und Explosionen, der winzige gebrechliche Menschenkörper. Eine ganz neue Armseligkeit ist mit dieser ungeheuren Entfaltung der Technik über die Menschen gekommen. Und von dieser Armseligkeit ist der beklemmende Ideenreichtum, der mit der Wiederbelebung von Astrologie und Yogaweisheit, Christian Science und Chiromantie, Vegetarianismus und Gnosis, Scholastik und Spiritismus unter – oder vielmehr über – die Leute kam, die Kehrseite. Denn nicht echte Wiederbelebung findet hier statt, sondern eine Galvanisierung. Man muß an die großartigen Gemälde von Ensor denken, auf denen ein Spuk die Straßen großer Städte erfüllt: karnevalistisch vermummte Spießbürger, mehlbestäubte verzerrte Masken, Flitterkronen über der Stirne, wälzen sich unabsehbar die Gassen entlang. Diese Gemälde sind vielleicht nichts so sehr als Abbild der schauerlichen und chaotischen Renaissance, auf die so viele Hoffnungen stellen. Aber hier zeigt sich am deutlichsten: unsere Erfahrungsarmut ist nur ein Teil der großen Armut, die wieder ein Gesicht – von solcher Schärfe und Genauigkeit wie das der Bettler im Mittelalter – bekommen hat. Denn was ist das ganze Bildungsgut wert, wenn uns nicht 42

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una delle più spaventose esperienze della storia mondiale. Forse questo non è così singolare come sembra. Non dovemmo allora constatare che la gente tornò ammutolita dai campi di battaglia? Non più ricca, ma più povera di esperienza comunicabile. Quello che dieci anni dopo si è riversato nella fiumana di libri di guerra era tutt’altro che l’esperienza che passa dalla bocca all’orecchio. No, non era affatto singolare. Giacché mai esperienze sono state smentite in modo più assoluto di quelle strategiche attraverso la guerra di posizione, di quelle economiche attraverso l’inflazione, di quelle corporee attraverso la fame, di quelle morali attraverso i potenti. Una generazione, che era andata a scuola ancora con il tram a cavalli, si trovò a cielo aperto in un paesaggio in cui nulla era rimasto immutato tranne le nubi, e, nel mezzo, in un campo di forze di flussi distruttivi ed esplosioni, il minuto e fragile corpo umano. Una povertà affatto nuova ha investito l’umanità con questo immenso sviluppo della tecnica. e l’altra faccia di questa povertà è l’oppressiva ricchezza d’idee che si è diffusa tra – o meglio, che ha sommerso – la gente con la rinascita dell’astrologia e della sapienza yoga, del cristianesimo scientista e della chiromanzia, del vegetarianesimo e della gnosi, della scolastica e dello spiritualismo. Giacché quello che qui ha luogo non è una vera rinascita, ma una galvanizzazione. Basti pensare ai formidabili dipinti di ensor,3 in cui un’apparizione pervade le strade delle grandi città: borghesucci carnevaleschi e imbacuccati, con maschere infarinate e deformate, con corone di paccottiglia sulla fronte, si pavoneggiano imprevedibili lungo le strade. Questi dipinti non sono forse che l’immagine del raccapricciante e caotico “rinascimento” nel quale in tanti ripongono le loro speranze. ma qui emerge nel modo più chiaro che la nostra povertà di esperienza è solo una parte della grande povertà che ha assunto di nuovo un volto – volto di quell’acutezza e precisione che caratterizzavano quello del mendicante nel medioevo. Che valore ha allora l’intero patrimonio cultura43

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eben Erfahrung mit ihm verbindet? Wohin es führt, wenn sie geheuchelt oder erschlichen wird, das hat das grauenhafte Mischmasch der Stile und der Weltanschauungen im vorigen Jahrhundert uns zu deutlich gemacht, als daß wir unsere Armut zu bekennen nicht für ehrenwert halten müßten. Ja, gestehen wir es ein: Diese Erfahrungsarmut ist Armut nicht nur an privaten sondern an Menschheitserfahrungen überhaupt. Und damit eine Art von neuem Barbarentum. Barbarentum? In der Tat. Wir sagen es, um einen neuen, positiven Begriff des Barbarentums einzuführen. Denn wohin bringt die Armut an Erfahrung den Barbaren? Sie bringt ihn dahin, von vorn zu beginnen; von Neuem anzufangen; mit Wenigem auszukommen; aus Wenigem heraus zu konstruieren und dabei weder rechts noch links zu blicken. Unter den großen Schöpfern hat es immer die Unerbittlichen gegeben, die erst einmal reinen Tisch machten. Sie wollten nämlich einen Zeichentisch haben, sie sind Konstrukteure gewesen. So ein Konstrukteur war Descartes, der zunächst einmal für seine ganze Philosophie nichts haben wollte als die eine einzige Gewißheit: «Ich denke, also bin ich» und von der ging er aus. Auch Einstein war ein solcher Konstrukteur, den plötzlich von der ganzen weiten Welt der Physik gar nichts mehr interessierte, als eine einzige kleine Unstimmigkeit zwischen den Gleichungen Newtons und den Erfahrungen der Astronomie. Und dieses selbe Vonvornbeginnen hatten die Künstler im Auge, als sie sich an die Mathematiker hielten und die Welt wie die Ku-bisten aus stereometrischen Formen aufbauten, oder als sie wie Klee sich an Ingenieure anlehnten. Denn Klees Figuren sind gleichsam auf dem Reißbrett entworfen und gehorchen, wie ein gutes Auto auch in der Karosserie vor allem den Notwendigkeiten des Motors, so im Ausdruck ihrer Mienen vor allem dem Innern. Dem Innern mehr als der Innerlichkeit: das macht sie barbarisch. Hie und da haben längst die besten Köpfe begonnen, sich ihren Vers auf diese Dinge zu machen. Gänzliche Illusionslo44

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le se proprio l’esperienza non ci unisce a esso? Dove questo ci porti, se l’esperienza diventa simulata o ottenuta con l’inganno, ce lo ha mostrato fin troppo chiaramente l’orrenda accozzaglia di stili e ideologie del secolo passato, per dover considerare disonorevole il fatto di confessare la nostra povertà. Sì, ammettiamolo: questa povertà d’esperienza è una povertà non solo di esperienze private, ma soprattutto di esperienze umane. e in questo modo è una specie di nuova barbarie. Barbarie? Proprio così. lo diciamo per introdurre un nuovo e positivo concetto di barbarie. Poiché a dove porta la povertà d’esperienza del barbaro? lo porta a cominciare da capo; a iniziare dal nuovo; a cavarsela con poco; a costruire dal poco e così a non volgere lo sguardo né a destra né a sinistra. tra i grandi creatori ci sono sempre stati gli implacabili che hanno cominciato col fare piazza pulita. Cartesio è stato un tale costruttore, che per cominciare non volle avere per l’intera sua filosofia che l’unica certezza “penso, quindi sono”, e da questa partì. anche einstein è stato un tale costruttore, che all’imporvviso non si è interessato nell’intero vasto mondo della fisica che all’unica piccola discordanza tra le equazioni di Newton e le esperienze dell’astronomia. e gli artisti avevano in mente questo stesso “cominciare da zero” quando si sono messi dalla perte dei matematici e, come i cubisti, hanno costruito il mondo da forme stereometriche, o quando, come Klee,4 si sono ispirati agli ingenieri. Poiché le figure di Klee sono, per così dire, progettate sul tavolo da disegno e, come una buona automobile obbedisce anche nella carrozzeria innanzitutto ai bisogni del motore, così esse obbediscono nell’espressione del viso innanzitutto al loro interno. all’interno più che all’interiorità; è questo che le rende barbare. Qua e là le migliori “teste” hanno da tempo cominciato a prendere confidenza con queste cose. Il loro segno distintivo è una completa assenza di illusioni riguardo la nostra epo45

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sigkeit über das Zeitalter und dennoch ein rückhaltloses Bekenntnis zu ihm ist ihr Kennzeichen. Es ist das Gleiche, ob der Dichter Bert Brecht feststellt, Kommunismus sei nicht die gerechte Verteilung des Reichtums sondern der Armut oder ob der Vorläufer der modernen Architektur Adolf Loos erklärt: «Ich schreibe nur für Menschen, die modernes Empfinden besitzen ... Für Menschen, die sich in Sehnsucht nach der Renaissance oder dem Rokoko verzehren, schreibe ich nicht.» Ein so verschachtelter Künstler wie der Maler Paul Klee und ein so programmatischer wie Loos – beide stoßen vom hergebrachten, feierlichen, edlen, mit allen Opfergaben der Vergangenheit geschmückten Menschenbilde ab, um sich dem nackten Zeitgenossen zuzuwenden, der schreiend wie ein Neugeborenes in den schmutzigen Windeln dieser Epoche liegt. Niemand hat ihn froher und lachender begrüßt als Paul Scheerbart. Von ihm gibt es Romane, die von weitem wie ein Jules Verne aussehen, aber sehr zum Unterschied von Verne, bei dem in den tollsten Vehikeln doch immer nur kleine französische oder englische Rentner im Weltraum herumsausen, hat Scheerbart sich für die Frage interessiert, was unsere Teleskope, unsere Flugzeuge und Luftraketen aus den ehemaligen Menschen für gänzlich neue sehens- und liebenswerte Geschöpfe machen. Übrigens reden auch diese Geschöpfe bereits in einer gänzlich neuen Sprache. Und zwar ist das Entscheidende an ihr der Zug zum willkürlichen Konstruktiven; im Gegensatz zum Organischen nämlich. Der ist das Unverwechselbare in der Sprache von Scheerbarts Menschen oder vielmehr Leuten; denn die Menschenähnlichkeit – diesen Grundsatz des Humanismus – lehnen sie ab. Sogar in ihren Eigennamen: Peka, Labu, Sofanti und ähnlich heißen die Leute in dem Buch, das den Namen nach seinem Helden hat: «Lesabendio». Auch die Russen geben ihren Kindern gerne «entmenschte» Namen: sie nennen sie Oktober nach dem Revolutionsmonat oder «Pjatiletka», nach dem Fünfjahrplan, oder «Awiachim» nach einer Gesellschaft für Luftfahrt. Keine 46

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ca e cionondimeno un impegno senza riserve nei suoi confronti. È lo stesso se il poeta Bert Brecht constata che il comunismo non è la giusta distribuzione della ricchezza ma della povertà,5 o se il precursore dell’architettura moderna adolf loos6 spiega: “Io scrivo solo per chi possiede una sensibilità moderna. […] Non scrivo per chi si strugge di nostalgia per il rinascimento o il rococò”.7 Un artista così complesso come il pittore Paul Klee e uno così programmatico come loos – entrambi rigettano le tradizionali, solenni, nobili immagini umane addobbate con tutte le offerte sacrificali del passato, per volgersi al nudo contemporaneo, che giace strillando come un neonato nelle fascie sporche di quest’epoca. Nessuno gli ha dato il benvenuto in modo più gaio e ridente che Paul Scheerbart.8 alcuni suoi romanzi sembrano, da lontano, quelli di un Jules Verne; ma assai diversamente che Verne, in cui pur nei veicoli più fantastici sono pur sempre rentier francesi o inglesi che se ne volano in giro per il cosmo, Scheerbart si è interessanto alla domanda: come possono i nostri telescopi, i nostri aeroplani e razzi trasformare gli esseri umani di una volta in creature interamente nuove, interessanti e amabili? D’altronde, queste creature parlano già in una lingua completamente nuova. e invero il punto cruciale di questa lingua è la sua tendenza alla costruzione arbitraria; e cioè in contrasto con l’organico. Questo è il tratto inconfondibile della lingua degli umani – o meglio, della “gente” – di Scheerbart: essi rifiutano la somiglianza con l’umano, questo assioma dell’umanismo. e perfino nei nomi propri: i personaggi del libro che prende il titolo dal suo eroe, Lesabéndio,9 si chiamano Peka, labu, Sofanti e simili. anche i russi danno volentieri ai loro figli nomi “disumanizzati”: li chiamano Ottobre, dal mese della rivoluzione, o “Pjatiletka”,10 dal piano quinquennale, oppure “aviachim”,11 da una società aeronautica. Questo non è affatto un rinnovamento tecnico della lingua, ma la sua mobilitazione al servi47

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technische Erneuerung der Sprache, sondern ihre Mobilisierung im Dienste des Kampfes oder der Arbeit; jedenfalls der Veränderung der Wirklichkeit, nicht ihrer Beschreibung. Scheerbart aber, um wieder auf ihn zurückzukommen, legt darauf den größten Wert, seine Leute – und nach deren Vorbilde seine Mitbürger – in standesgemäßen Quartieren unterzubringen: in verschiebbaren beweglichen Glashäusern wie Loos und Le Corbusier sie inzwischen aufführten. Glas ist nicht umsonst ein so hartes und glattes Material, an dem sich nichts festsetzt. Auch ein kaltes und nüchternes. Die Dinge aus Glas haben keine «Aura». Das Glas ist überhaupt der Feind des Geheimnises. Es ist auch der Feind des Besitzes. Der große Dichter Andre Gide hat einmal gesagt: Jedes Ding, das ich besitzen will, wird mir undurchsichtig. Träumen Leute wie Scheerbart etwa darum von Glasbauten, weil sie Bekenner einer neuen Armut sind? Aber vielleicht sagt hier ein Vergleich mehr als die Theorie. Betritt einer das bürgerliche Zimmer der 80er Jahre, so ist bei aller «Gemütlichkeit», die es vielleicht ausstrahlt, der Eindruck «hier hast du nichts zu suchen» der stärkste. Hier hast du nichts zu suchen – denn hier ist kein Fleck, auf dem nicht der Bewohner seine Spur schon hinterlassen hätte: auf den Gesimsen durch Nippessachen, auf dem Polstersessel durch Deckchen, auf den Fenstern durch Transparente, vor dem Kamin durch den Ofenschirm. Ein schönes Wort von Brecht hilft hier fort, weit fort: «Verwisch die Spuren!» heißt der Refrain im ersten Gedicht des «Lesebuch für Städtebewohner». Hier im bürgerlichen Zimmer ist das entgegengesetzte Verhalten zur Gewohnheit geworden. Und umgekehrt nötigt das «Interieur» den Bewohner, das Höchstmaß von Gewohnheiten anzunehmen, Gewohnheiten, die mehr dem Interieur, in welchem er lebt, als ihm selber gerecht werden. Das versteht jeder, der die absurde Verfassung noch kennt, in welche die Bewohner solcher Plüschgelasse gerieten, wenn im Haushalt etwas entzweigegangen war. Selbst ihre Art sich zu 48

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zio della lotta o del lavoro; o in ogni caso al servizio della modificazione della realtà, e non della sua descrizione. ma per tornare a Scheerbart, egli dà molta importanza al fatto di collocare la sua gente – e, su questo modello, i suoi concittadini – in edifici che si conformino al loro stato: in case di vetro scorrevoli e mobili, come quelle che nel frattempo hanno costruito loos e le Corbusier.12 Non per niente il vetro è un materiale così duro e liscio, a cui nulla riesce ad attaccarsi. ed è anche un materiale freddo e sobrio. Gli oggetti di vetro non hanno nessuna “aura”. Il vetro è generalmente il nemico dei segreti. È anche il nemico del possesso. Il grande poeta andré Gide ha detto una volta: ogni cosa che voglio possedere mi diviene opaca.13 Gente come Scheerbart non sogna forse di costruzioni di vetro proprio perché professa una nuova povertà? ma forse qui un paragone ci dice più che la teoria. Se uno entra in una stanza borghese degli anni Ottanta [del secolo xIx], allora in tutta l’“atmosfera” accogliente e confortevole che questa forse emana, l’impressione “qui tu sei fuori posto” è la più forte. Sei fuori posto – perché qui non c’è buco sul quale il proprietario non abbia già lasciato la sua traccia: con i ninnoli sulle mensole, con i coprischienale sulla poltrona, con transparenze sulle finestre, con il parafuoco davanti al caminetto. Qui una bella espressione di Brecht ci aiuta a procedere, e di molto: “cancella le tracce!”, dice il ritonello nella prima poesia di Dal “libro di lettura per gli abitanti delle città ”.14 Qui nella stanza borghese il comportamento opposto è diventato un’abitudine. e, viceversa, l’intérieur obbliga l’occupante ad adottare il maggior numero di abitudini – abitudini che sono più consone all’intérieur che a chi lo occupa. Questo lo capisce bene chiunque conosca ancora l’assurdo stato d’animo in cui crollavano gli abitanti di questi ambienti felpati, quando in casa qualcosa andava in pezzi. Finanche il loro modo di adirarsi – e questo stato d’animo, che pian pia49

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ärgern – und diesen Affekt, der allmählich auszusterben beginnt, konnten sie virtuos spielen lassen – war vor allem die Reaktion eines Menschen, dem man «die Spur von seinen Erdetagen» verwischt hat. Das haben nun Scheerbart mit seinem Glas und das Bauhaus mit seinem Stahl zuwege gebracht: sie haben Räume geschaffen, in denen es schwer ist, Spuren zu hinterlassen. «Nach dem Gesagten», erklärt Scheerbart vor nun zwanzig Jahren, «können wir wohl von einer ‹Glaskultur› sprechen. Das neue Glas-Milieu wird den Menschen vollkommen umwandeln. Und es ist nun nur zu wünschen, daß die neue Glaskultur nicht allzu viele Gegner findet.» Erfahrungsarmut: das muß man nicht so verstehen, als ob die Menschen sich nach neuer Erfahrung sehnten. Nein, sie sehnen sich von Erfahrungen freizukommen, sie sehnen sich nach einer Umwelt, in der sie ihre Armut, die äußere und schließlich auch die innere, so rein und deutlich zur Geltung bringen können, daß etwas Anständiges dabei herauskommt. Sie sind auch nicht immer unwissend oder unerfahren. Oft kann man das Umgekehrte sagen: Sie haben das alles «gefressen», «die Kultur» und den «Menschen» und sie sind übersatt daran geworden und müde. Niemand fühlt sich mehr als sie von Scheerbarts Worten betroffen: «Ihr seid alle so müde – und zwar nur deshalb, weil Ihr nicht alle Eure Gedanken um einen ganz einfachen aber ganz großartigen Plan konzentriert.» Auf Müdigkeit folgt Schlaf, und da ist es denn gar nichts Seltenes, daß der Traum für die Traurigkeit und Mutlosigkeit des Tages entschädigt und das ganz einfache aber ganz großartige Dasein, zu dem im Wachen die Kraft fehlt, verwirklicht zeigt. Das Dasein von Micky-Maus ist ein solcher Traum der heutigen Menschen. Dieses Dasein ist voller Wunder, die nicht nur die technischen überbieten, sondern sich über sie lustig machen. Denn das Merkwürdigste an ihnen ist ja, daß sie allesamt ohne Maschinerie, improvisiert, aus dem Körper der Micky-Maus, ihrer Partisanen und ihrer Verfolger, aus den alltäglichsten Möbeln genau 50

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no comincia a scomparire, loro lo sapevano recitare da gran virtuosi – era innanzitutto la reazione di una persona a cui è stata cancellata “la traccia dei suoi giorni terreni”.15 Questo sono riusciti a conseguirlo Scheerbart con il suo vetro e il Bauhaus con il suo acciaio: hanno creato spazi in cui è difficile lasciare tracce. “Dopo quanto si è detto”, dichiarò Scheerbart già vent’anni fa, “possiamo ben parlare di una ‘civiltà del vetro’. Il nuovo ambiente di vetro opererà una completa trasformazione dell’uomo. e adesso non ci resta che augurarci che la nuova civiltà del vetro non trovi troppi avversari”.16 Povertà d’esperienza: non dobbiamo intenderla come se la gente anelasse a nuove esperienze. No, la gente aspira a liberarsi dalle esperienze, aspira a un ambiente in cui possa far valere la sua povertà – quella esteriore, e in fondo anche quella interiore – in modo così puro e chiaro da poterne cavar fuori qualcosa di decente. Non è che sia sempre ignara o inesperta. Spesso si può dire l’inverso: ha “divorato” tutto, la “cultura” e l’“umano”, ed è di conseguenza strapiena e stanca di tutto. Nessuno si sente più colpito che questa gente dalle parole di Scheerbart: “Voi siete tutti molto stanchi, e ciò a dire il vero solo perché non concentrate tutti i vostri pensieri su un unico, assai semplice, ma parimenti grandioso progetto”.17 alla stanchezza segue il sonno, e allora non è affatto raro che il sogno compensi la tristezza e lo scoraggiamento del giorno e faccia avverare quell’esistenza semplice ma grandiosa, per la quale nella veglia ci manca la forza. l’esistenza di mickey mouse è un tale sogno dell’uomo di oggi. Quest’esistenza è piena di meraviglie, che non solo superano quelle della tecnologia, ma si prendono pure gioco di esse. Poiché la cosa più singolare in esse è proprio che tutte insieme scaturiscono senza macchinari, in modo improvvisato, dal corpo di mickey mouse, da quello dei suoi sostenitori e persecutori, dai più banali pezzi d’arredamento come anche 51

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so wie aus Baum, Wolken oder See hervorgehen. Natur und Technik, Primitivität und Komfort sind hier vollkommen eins geworden und vor den Augen der Leute, die an den endlosen Komplikationen des Alltags müde geworden sind und denen der Zweck des Lebens nur als fernster Fluchtpunkt in einer unendlichen Perspektive von Mitteln auftaucht, erscheint erlösend ein Dasein, das in jeder Wendung auf die einfachste und zugleich komfortabelste Art sich selbst genügt, in dem ein Auto nicht schwerer wiegt als ein Strohhut und die Frucht am Baum so schnell sich rundet wie die Gondel eines Luftballons. Und nun wollen wir einmal Abstand halten, zurücktreten. Arm sind wir geworden. Ein Stück des Menschheitserbes nach dem anderen haben wir dahingegeben, oft um ein Hundertstel des Wertes im Leihhaus hinterlegen müssen, um die kleine Münze des «Aktuellen» dafür vorgestreckt zu bekommen. In der Tür steht die Wirtschaftskrise, hinter ihr ein Schatten, der kommende Krieg. Festhalten ist heut Sache der wenigen Mächtigen geworden, die weiß Gott nicht menschlicher sind als die vielen; meist barbarischer, aber nicht auf die gute Art. Die anderen aber haben sich einzurichten, neu und mit Wenigem. Sie halten es mit den Männern, die das von Grund auf Neue zu ihrer Sache gemacht und es auf Einsicht und Verzicht begründet haben. In deren Bauten, Bildern und Geschichten bereitet die Menschheit sich darauf vor, die Kultur, wenn es sein muß, zu überleben. Und was die Hauptsache ist, sie tut es lachend. Vielleicht klingt dieses Lachen hie und da barbarisch. Gut. Mag doch der Einzelne bisweilen ein wenig Menschlichkeit an jene Masse abgeben, die sie eines Tages ihm mit Zins und Zinseszinsen wiedergibt.

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da un albero, dalle nuvole o dal mare. Natura e tecnologia, primitività e comfort sono qui diventati una cosa sola; e davanti agli occhi della gente, stanca delle infinite complicazioni della quotidianità, e il cui scopo nella vita emerge solo come un lontanissimo punto di fuga in una infinita prospettiva di mezzi, appare redentrice un’esistenza che in ogni situazione basta a se stessa nel modo più semplice e allo stesso tempo più comodo, in cui un’automobile non pesa più di un cappello di paglia e la frutta sull’albero si gonfia rotonda alla velocità con cui si gonfia un palloncino. e ora noi vogliamo di nuovo mantenere le distanze, arretrare. Siamo diventati poveri. abbiamo ceduto un pezzo dopo l’altro del retaggio dell’umanità, spesso l’abbiamo dovuto depositare per un centesimo del suo valore al monte dei pegni, per ricevere come anticipo i pochi spiccioli dell’“attuale”. la crisi economica è alle porte, e dietro di essa un’ombra, la guerra che avanza. restare saldi è divenuto oggi provilegio dei pochi potenti che, lo sa Dio, non sono più umani della moltitudine; per lo più sono più barbari, ma non nel modo giusto. ma gli altri si devono arrangiare, a partire da zero e con poco. lo fanno insieme agli uomini che hanno abbracciato la causa del radicalmente nuovo e l’hanno fondato su intuizione e rinuncia. Nei loro edifici, quadri e storie l’umanità si prepara a sopravvivere alla cultura, se così dev’essere. e la cosa più importante è che lo fa con una risata. Forse questa risata sembra a tratti barbara. Bene. Possa il singolo conferire di tanto in tanto un po’ di umanità a quelle masse, che un giorno gliela restituiranno con interessi semplici e composti.

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NOte

1. Erfahrung und Armut (1933), in Walter BeNJamIN, Gesammelte Schriften, a cura di rolf tiedemann e Hermann Schweppenhäuser, Suhrkamp, Frankfurt a.m., vol. II/1, 1977, pp. 213-19. Pubblicato in vita da Benjamin nel numero 10 (7 dicembre 1933) della rivista Die Welt im Wort, edita da Willi Haas a Praga. 2. Benjamin si riferisce alla favola di esopo Il contadino e i suoi figli, in eSOPO, Favole, cura e traduzione di mario Giammarco, Newton Compton, roma, 2012, p. 81. 3. James ensor (1860-1949), pittore belga il cui stile grottesco e onirico aprì la strada al surrealismo e al dadaismo. 4. ernst Paul Klee (1879-1940), pittore tedesco nato in Svizzera da padre tedesco e madre svizzera, è stato uno dei maggiori esponenti dell’astrattismo. 5. Forse Benjamin si riferisce alla poesia di Brecht Der Kommunismus ist das Mittlere (Il comunismo è il giusto mezzo, 1933), in cui compaiono i versi “Der Kommunismus ist wirklich die geringste Forderung / Das allernächstliegende, mittlere, Vernünftige” (“Il comunismo è veramente l’esigenza minima, / la soluzione più che ovvia, equilibrata, ragionevole), in BertOlt BreCHt, Poesie, edizione con testo a fronte a cura di luigi Forte, einaudi, torino 1999, vol. 1 (1913-1933), pp. 1132-35. 6. adolf loos (1870-1933), è stato un architetto austriaco, considerato uno dei pionieri dell’architettura moderna. 7. aDOlF lOOS, Vom Gehen, Stehen, Sitzen, Liegen, Schlafen, Essen, Trinken, in Der Sturm. Wochenschrift für Kultur und die Künste, 25 novembre 1911, p. 691. 8. Paul Scheerbart (1863-1915) è stato uno scrittore e disegnatore tedesco autore soprattutto di letteratura fantastica. Fu Gershom Scholem a regalare a Benjamin, nel 1917 come dono di nozze, il romanzo Lesabéndio e a provocare così la sua “conversione” a Scheerbart (cfr. GerSHOm SCHOlem, Walter Benjamin. Storia di un’amicizia, trad. it. di emilio Castellani e Carlo alberto Bonadies, adelphi, milano 1992, p. 68).

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9. PaUl SCHeerBart, Lesabéndio. Ein Asteroiden-Roman, con 14 disegni di alfred Kubin, Georg müller, monaco-lipsia, 1913; Lesabéndio, trad. it. di Piera Di Segni e Fabrizio Desideri, editori riuniti, roma 1982. 10. Pjatiletka significa letteralmente “quinquennio”. 11. la sigla sta per “aviazionnonnui chemitschestkomu stroitjestvu”, Società per la promozione dell’aviazione e della chimica, nata nel 1925 dalla fusione della Società degli amici della Flotta Aerea con la Società degli amici dell’industria chimica e della chimica per la difesa. 12. le Corbusier, pseudonimo di Charles-edouard Jeanneret-Gris (18871965), è stato un architetto, urbanista, pittore e designer svizzero naturalzzato francese. 13. “chaque objet de cette terre, que je convoite se fait opaque”, aNDré GIDe, Les Nourritures terrestres et Les Nouvelles nourritures, Gallimard, Paris, 1935 [prima edizione 1927], p. 215. la frase continua: “par cela même que je le convoite, et que, dans cet instant que je le convoite, le monde entier perd sa transparence, ou que mon regard perd sa clarté”. 14. BertOlt BreCHt, Dal “libro di lettura per gli abitanti delle città ”, in Poesie, vol. 1, cit., p. 405. 15. “es kann die Spur von meinen erdetagen / Nicht in Äonen untergehn. / Im Vorgefühl von solchem hohen Glück / Genieß ich jetzt den höchsten aubenblick” (“Gli evi non potranno cancellare la traccia dei miei giorni terreni / Presentendo una gioia così alta / io godo adesso l’attimo supremo”), sono le ultime parole di Faust morente, JOHaNN WOlFGaNG GOetHe, Faust – Urfaust, trad. it. di andrea Casalegno, Garzanti, milano, 2004, vol. 2, p. 1041. 16. PaUl SCHeerBart, Architettura di vetro, trad. it. di mario Fabbri, adelphi, milano, 1982, p. 140. l’originale Glasarchitektur fu pubblicato dall’editore Der Sturm di Berlino nel 1914. 17. SCHeerBart, Lesabéndio, cit., p. 28.

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DAS PASSAGEN-WERK NOTIZ W8a,5

I “PaSSaGeS” DI ParIGI aPPUNtO W8a,51

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Fouriers Schwanzmenschen sind 1849 von Emy im Rire erotisch in Zeichnungen persifliert worden. Zur Erklärung der Fourierschen Extravaganzen ist die Micky Maus heranzuziehen, in der sich, ganz im Sinne seiner Vorstellungen, die moralische Mobilmachung der Natur vollzogen hat. In ihr macht der Humor die Probe auf die Politik. Sie bestätigt, wie recht Marx hatte, in Fourier vor allem einen großen Humoristen zu sehen. Das Aufknacken der Naturteleologie geschieht nach dem Plan des Humors.

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Gli uomini con la coda di Fourier2 divennero oggetto, nel 1849, di caricature erotiche in Le Rire con disegni di emy.3 Per spiegare le stravaganze fourieriste possiamo citare mickey mouse, in cui, proprio nel senso dei concetti di Fourier, si è compiuta la mobilitazione morale della natura. In questa figura l’umorismo mette alla prova la politica. essa conferma quanta ragione avesse marx nel vedere in Fourier innanzitutto un grande umorista.4 lo schianto che fa esplodere la teleologia naturale avviene secondo il piano dell’umorismo.

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NOte 1. Das Passagen Werk, faldone W [Fourier], in Walter BeNJamIN, Gesammelte Schriften, a cura di rolf tiedemann e Hermann Schweppenhäuser, Suhrkamp, Frankfurt a.m., vol. V/2, 1982, p. 781. la datazione è difficile da stabilire, ma i curatori sostengono che il gruppo di appunti in cui questo è incluso sono stati stesi tra il giugno del 1935 e il dicembre del 1937. Cfr. GS V/2, p. 1262. 2. Negli anni Quaranta del secolo xIx era diventato uso comune dei caricaturisti ritrarre i fourieristi, e in particolar modo Victor Considerant (1808-1893), il più importante discepolo di Fourier, muniti di una lunga coda flssibile culminante in un occhio. le caricature di Cham (pseudonimo di amédée de Noé, 18181879) e altri, pubblicate proprio nel 1849 in varie riviste (La Banque-Proudhon et autres banques socialistes dal giornale satirico Le Charivari; Folie du jour. Caricatures politiques et sociales; Coups de crayon) entrarono subito nel dominio della mitologia popolare. È da notare però che, nelle opere pubblicate in vita, Fourier non parla mai degli uomini con la coda, e nella pubblicazione postuma dei suoi scritti tra il 1840 e il 1850 i suoi discepoli censurarono gli aspetti più fantasiosi e grotteschi della sua utopia. la sezione su “l’archibras” di un capitolo intitolato “régéneration du corps humain” destinato al suo incompiuto Grand Traité venne censurata nella pubblicazione del 1848 nella rivista La Phalange e apparve solo nel 1964 in La Brè che. Action Surré aliste 7, pp. 69-71. Qui Fourier descrive il “braccio d’armonia o archibraccio”, che “riunisce diverse facoltà distribuite tra i nostri animali, quella della proboscide dell’elefante, quella della coda prensile della scimmia. Il braccio d’armonia è una vera e propria coda d’immensa lunghezza a 144 vertebre, che parte dal coccige” (p. 69). 3. Henri emy (le date di nascita e di morte non sono note) è stato un illustratore e litografo francese attivo tra il 1840 e il 1852. Il giornale a cui Benjamin si riferisce è probabilmente Le Journal pour rire, fondato da Charles Philipon e pubblicato dal 1848 al 1855, e non il più celebre Le Rire, fondato da Félix Juven solo nel 1894 e pubblicato fino al 1950. 4. In L’ideologia tedesca (1845), marx ed englels difendono Fourier nella loro critica a Carl Grün e gli attribuiscono una “concezione grandiosa […] degli uomini”, che egli “contrappone con ingenuo humour alla piccola mediocrità degli uomini della restaurazione” (Karl marx e FrIeDrICH eNGelS, L’ideologia tedesca. Critica della più recente filosofia tedesca nei suoi rappresentanti Feuerbach, B. Bauer e Stirner, e del socialismo tedesco nei suoi vari profeti, trad. it. di Fausto Codino, editori riuniti, roma 2000, p. 512). marx accennerà all’umorismo di Fourier anche nel primo volume del Capitale (Karl marx, Il capitale. Critica dell’economia politica, trad. it. di Delio Cantimori, editori riuniti, roma 1989, p. 327). Benjamin riporta l’apprezzamento di marx all’umorismo di Fourier anche in entrambi gli exposé per il Passagen-Werk (Parigi, capitale del XIX secolo), V/1, p. 47 e 64.

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DAS KUNSTWERK IM ZEITALTER SEINER TECHNISCHEN REPRODUZIERBARKEIT, ZWEITE FASSUNG 16 – MICKY-MAUS l’OPera D’arte Nell’ePOCa Della SUa rIPrODUCIBIlItÀ teCNICa, SeCONDa VerSIONe 16 – mICKeY mOUSe1

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Unter den gesellschaftlichen Funktionen des Films ist die wichtigste, das Gleichgewicht zwischen dem Menschen und der Apparatur herzustellen. Diese Aufgabe löst der Film durchaus nicht nur auf die Art wie der Mensch sich der Aufnahmeapparatur sondern wie er mit deren Hilfe die Umwelt sich darstellt. Indem er durch Großaufnahmen aus ihrem Inventar, durch Betonung versteckter Details an den uns geläufigen Requisiten, durch die Erforschung banaler Milieus unter der genialen Fuhrung des Objektivs auf der einen Seite die Einsicht in die Zwangsläufigkeiten vermehrt, von denen unser Dasein regiert wird, kommt er auf der andern Seite dazu, eines ungeheueren und ungeahnten Spielraums uns zu versichern. Unsere Kneipen und Großstadtstraßen, unsere Buros und möblierten Zimmer, unsere Bahnhöfe und Fabriken schienen uns hoffnungslos einzuschließen. Da kam der Film und hat diese Kerkerwelt mit dem Dynamit der Zehntelsekunden gesprengt, so daß wir nun zwischen ihren weitverstreuten Trummern gelassen abenteuerliche Reisen unternehmen. Unter der Großaufnahme dehnt sich der Raum, unter der Zeitlupe die Bewegung in ihm. So wird handgreiflich, daß es eine andere Natur ist, die zu der Kamera als die zum Auge spricht. Anders vor allem so, daß an die Stelle eines vom Menschen mit Bewußtsein durchwirkten Raums ein unbewußt durchwirkter tritt. Ist es schon ublich, daß einer vom Gang der Leute, beispielsweise, sei es auch nur 62

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Tra le funzioni sociali del film la più importante consiste nello stabilire l’equilibrio tra l’umano e l’apparecchio tecnologico. Il film svolge questo compito non solo per il modo in cui l’essere umano si offre alla macchina da presa, ma per il modo in cui esso si rappresenta il mondo circostante con l’aiuto di questa. Se il film – mediante i primi piani dall’inventario del mondo esteriore, mediante l’accentuazione di dettagli nascosti negli accessori che ci sono familiari, mediante l’esplorazione dell’ambiente banale sotto la guida geniale dell’obiettivo – da un lato accresce la nostra comprensione delle determinazioni che regolano la nostra esistenza, dall’altro esso arriva ad aprirci un campo d’azione immenso e impensato. I bar e le strade delle nostre metropoli, i nostri uffici e camere ammobiliate, le nostre stazioni e fabbriche sembrano doverci irrimediabilmente imprigionare. È arrivato il film e ha fatto esplodere questo mondo-prigione con la dinamite del decimo di secondo, cosicché ora, tra le sue macerie disseminate qua e là, possiamo intraprendere viaggi avventurosi. Nel primo piano lo spazio si torce, nella moviola si sviluppa il movimento. Diventa così tangibile il fatto che è un’altra natura quella che parla alla cinepresa rispetto a quella che parla all’occhio. Diversa innanzitutto in quanto, al posto di uno spazio esplorato coscientemente dall’essere umano, si presenta uno spazio penetrato incos63

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im Groben, sich Rechenschaft ablegt, so weiß er bestimmt nichts mehr von ihrer Haltung im Sekundenbruchteil des Ausschreitens. Ist uns schon im Groben der Griff geläufig, den wir nach dem Feuerzeug oder dem Löffel tun, so wissen wir doch kaum von dem was sich zwischen Hand und Metall dabei eigentlich abspielt, geschweige wie das mit den verschiednen Verfassungen schwankt, in denen wir uns befinden. Hier greift die Kamera mit ihren vielen Hilfsmitteln – ihrem Sturzen und Steigen, ihrem Unterbrechen und Isolieren, ihrem Dehnen und Raffen des Ablaufs, ihrem Vergrößern und ihrem Verkleinern ein. Vom Optisch-Unbewußten erfahren wir erst durch sie, wie von dem Triebhaft-Unbewußten durch die Psychoanalyse. Im ubrigen bestehen zwischen beiden die engsten Zusammenhänge. Denn die mannigfachen Aspekte, die die Aufnahmeapparatur der Wirklichkeit abgewinnen kann, liegen zum großen Teile nur außerhalb eines normalen Spektrums der Sinneswahrnehmungen. Viele der Deformationen und Stereotypien, der Verwandlungen und Katastrophen, die die Welt der Gesichtswahrnehmung in den Filmen betreffen können, betreffen sie in der Tat in Psychosen, in Halluzinationen, in Träumen. Und so sind jene Verfahrungsweisen der Kamera ebensoviele Prozeduren, dank deren sich die Kollektivwahrnehmung des Publikums die individuellen Wahrnehmungsweisen des Psychotikers oder des Träumenden zu eigen zu machen vermag. In die alte heraklitische Wahrheit – die Wachenden haben ihre Welt gemeinsam, die Schlafenden jeder eine fur sich – hat der Film eine Bresche geschlagen. Und zwar viel weniger mit Darstellungen der Traumwelt als mit der Schöpfung von Figuren des Kollektivtraums wie der erdumkreisenden Micky-Maus. Wenn man sich davon Rechenschaft gibt, welche gefährlichen Spannungen die Technisierung mit ihren Folgen in den großen Massen erzeugt haben – Spannungen, die in kritischen Stadien einen psychotischen Charakter annehmen – so wird man zu der Erkenntnis 64

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cientemente. È cosa abituale, per esempio, di non prestare troppa attenzione, sia pure a grandi linee, alla camminata della gente, cossicché non sappiamo decisamente più nulla della loro postura nella frazione di secondo di un passo. È cosa per noi a grandi linee familiare il gesto di prendere l’accendino o il cucchiaio, e così non sappiamo quasi nulla di ciò che in effetti si svolge tra la mano e il metallo, e ancor meno di come questo cambi a seconda dei diversi stati d’animo in cui ci troviamo. Qui interviene la telecamera con i suoi molti strumenti – le sue cadute e ascese, le sue interruzioni e isolamenti, le sue estensioni e compressioni dell’esecuzione, i suoi ingrandimenti e le sue riduzioni. Solo grazie a essa noi facciamo esperienza dell’inconscio ottico, proprio come grazie alla psicanalisi siamo venuti a conoscenza dell’incoscio delle pulsioni. Peraltro tra le due esistono i più stretti rapporti. Giacché i diversi aspetti che la macchina da presa riesce a strappare alla realtà si trovano in gran parte solo al di fuori di uno spettro normale della percezione sensoriale. molte delle deformazioni e stereotipie, delle trasformazioni e catastrofi che possono toccare, nei film, il mondo del visibile, lo toccano realmente nelle psicosi, nelle allucinazioni, nei sogni. e così quei processi della telecamera sono altrettante procedure grazie alle quali la percezione collettiva del pubblico è in grado di appropriarsi delle modalità percettive individuali dello psicotico o del sognatore. Nell’antica verità eraclitea – le persone in stato di veglia condividono un mondo comune, nel sonno invece ognuno ha un proprio mondo a sé2 – il film ha aperto una breccia. e non tanto con rappresentazioni del mondo onirico, quanto con la creazione di figure del sogno collettivo, come quel mickey mouse che oggi abbraccia il mondo intero.3 Se ci rendiamo conto di quali pericolose tensioni abbia generato la meccanizzazione con le sue implicazioni nelle grandi masse – tensioni che assumono un carattere psicotico in stadi critici – riconosceremo che questa stessa 65

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kommen, daß diese selbe Technisierung gegen solche Massenpsychosen sich die Möglichkeit psychischer Impfung durch gewisse Filme geschaffen hat, in denen eine forcierte Entwicklung sadistischer Phantasien oder masochistischer Wahnvorstellungen deren naturliches und gefährliches Reifen in den Massen verhindern kann. Den vorzeitigen und heilsamen Ausbruch derartiger Massenpsychosen stellt das kollektive Gelächter dar. Die ungeheuren Massen grotesken Geschehens, die zur Zeit im Film konsumiert werden, sind ein drastisches Anzeichen der Gefahren, die der Menschheit aus den Verdrängungen drohen, die die Zivilisation mit sich bringt. Die amerikanischen Groteskfilme und die Filme Disneys bewirken eine therapeutische Sprengung des Unbewußten. Ihr Vorgänger ist der Excentric gewesen. In den neuen Spielräumen, die durch den Film entstanden, ist er als erster zu Hause gewesen; ihr Trockenbewohner. In diesen Zusammenhängen hat Chaplin als historische Figur seinen Platz.

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meccanizzazione ha anche creato la possibilità di un’immunizzazione psichica contro tali psicosi di massa mediante certi film, in cui uno sviluppo forzato di fantasie sadiche o di deliri masochisti può impedirne la maturazione naturale e pericolosa nelle masse. la risata collettiva rappresenta l’esplosione prematura e curativa di tali psicosi di massa. l’enorme quantità di avvenimenti grotteschi che vengono oggi consumati nel film sono un sintomo drastico dei pericoli che minacciano l’umanità dal fondo delle represssioni che la civiltà porta con sé. I film comici4 americani e quelli di Disney operano un’esplosione terapeutica dell’inconscio. Il loro precursore era l’eccentrico. Nei nuovi campi sorti mediante il film, questi sarebbe stato il primo a sentirsi a casa; ne sarebbe stato il primo abitante.5 In questo contesto trova la sua collocazione Chaplin come figura storica.

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NOte

1. Das Kunstwerk im Zeitalter seiner technischen Reproduzierbarkeit, “prima versione” in Walter BeNJamIN, Gesammelte Schriften, a cura di rolf tiedemann e Hermann Schweppenhäuser, Suhrkamp, Frankfurt a.m., vol. I/2, 1974, pp. 460-62; “seconda versione” in Walter BeNJamIN, Das Kunstwerk im Zeitalter seiner technischen Reproduzierbarkeit, a cura di Burkhardt lindner con la collaborazione di Simon Broll e Jessica Nitsche, Werke und Nachlaß. Kritische Gesamtausgabe, vol. 16, Suhrkamp, Berlin, 2012, pp. 82-84. adottiamo qui la denominazione più recente. 2. Benjamin si riferisce al frammento 89 di eraclito: “unico e comune è il mondo per coloro che sono desti, mentre nel sonno ciascuno si rinchiude in un mondo suo proprio e particolare”. 3. Secondo esther leslie, Benjamin potrebbe qui avere avuto in mente un’immagine di uno dei ritagli di giornale che aveva raccolto: l’articlo (traduzione di un articolo apparso nel giornale Esquire di Chicago e ripubblicato nella rivista Lu dans la presse universelle; cfr. WuN 16, p. 367) si intitolava Comment naî t un dessin animé ed era accompagnato da un’immagine di un enorme mickey mouse aggrappato in cima al mondo (cfr. leSlIe, Hollywood Flatlands, cit., p. 110). Secondo Burkhardt lindner, invece, l’immagine si riferirebbe ai film Plane Crazy (1928) e The Mail Pilot (1933), in cui mickey mouse appare nelle vesti di pilota (cfr. lINDNer, Mickey Mouse und Charlie Chaplin, cit., p. 150n). tuttavia, in Plane Crazy le evoluzioni assai improvvisate di mickey mouse non si allontanano da un luogo molto circoscritto, e in The Mail Pilot, anche se l’ormai pilota provetto mickey mouse sorvola città, montagne e foreste, l’immagine del pianeta terra non compare mai, e certo il suo volo non “abbraccia” l’intero pianeta. 4. Fino agli anni Quaranta si traduceva in tedesco con Groteskfilm il termine americano slapstick comedy, tipo di comicità basata sul linguaggio del corpo, nata con il cinema muto, e i cui rappresentanti emblematici sono Buster Keaton e Charlie Chaplin. 5. Il Trockenbewohner o Trockenwohner era chi, al tempo della prima industrializzazione, andava a installarsi in abitazioni i cui muri non erano ancora interamente secchi. Prima dell’avvento del cemento, i muri erano ancora costruiti con malta di calce, che aveva bisogno di almeno tre mesi per seccarsi interamente; chi, per necessità, andava ad abitare queste costruzioni prima che i muri fossero secchi, pagava un affitto assai ridotto o nullo.

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INDICE

SOPRAVVIVERE ALLA CIVILTÀ CON MICKEY MOUSE E UNA RISATA di Carlo Salzani INTRODUZIONE

5

ZU MICKY-MAUS

A PROPOSITO DI MICKEY MOUSE

35

ERFAHRUNG UND ARMUT ESPERIENZA E POVERTÀ

39

DAS PASSAGEN-WERK, NOTIZ W8a,5

I “PASSAGES” DI PARIGI, APPUNTO W8a,5

57

DAS KUNSTWERK IM ZEITALTER SEINER TECHNISCHEN REPRODUZIERBARKEIT, ZWEITE FASSUNG, 16 – MICKY-MAUS

L’OPERA D’ARTE NELL’EPOCA DELLA SUA RIPRODUCIBILITÀ TECNICA, SECONDA VERSIONE, 16 – MICKEY MOUSE

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Michel Théron, Piccola enciclopedia delle eresie cristiane Emmanuel Levinas, Alterità e Trascendenza Jean-Paul Thenot, Jean-Pierre Giovanelli, Una poetica dell’essere Simone Regazzoni, La decostruzione del politico. Undici tesi su Derrida Carlo Angelino, Carl Schmitt sommo giurista del Führer. Testi antisemiti (1933-1936) Jacques Schlanger, La solitudine di un maratoneta del pensiero Raimond Gaita, Il cane del filosofo Stéphane Mosès, Al di là della guerra. Tre studi su Lévinas Carlo Angelino, Nascita e morte del filosofo Eric R. Dodds, Neoplatonismo. Passi scelti Jacqueline de Romilly, La Grecia antica contro la violenza Gianni Poli, Scena francese nel secondo Novecento. Vol. I – Jean Vilar - Jean-Louis Barrault Aldo Trione, La parola ferita Giorgio Bertone, Il volto di Dio, il volto di Laura. La questione del ritratto. Petrarca: XVI, LXXVII, LXXVII Andrea Malaguti, La svolta di Enea. Retorica ed esistenza in Giorgio Caproni (1932-1956) Simone Regazzoni, Nel nome di Chora. Da Derrida a Platone e al di là Jean-Jacques Wunenburger, L’immaginario Daniel Boyarin, Morire per Dio. Il martirio e la formazione di Cristianesimo e Giudaismo Tucidide - Platone, Natura e limiti della democrazia Paolo Repetto, La visione dei suoni. Arte-Musica Avital Ronell, Giornale di una tossicofilomaniaca Oscar Meo, Questioni di filosofia dello stile Alain Badiou, Beckett. L’inestinguibile desiderio Aldo Trione, Mistica impura Margherita Rubino, Fedra. Per mano femminile Carlo Angelino, L’Essere e/o il Male. Il pensiero antitetico Friedrich W. J. Schelling, Le divinità di Samotracia Michel Meyer, Piccola metafisica della differenza. Religione, arte e società Franco Vazzoler, Il chierico e la scena. Cinque capitoli su Sanguineti e il Teatro Jacqueline de Romilly-Monique Trédé, Piccole lezioni sul greco antico Alain Caillé, Critica dell’uomo economico. Per una teoria anti-utilitarista dell’azione

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182. 183. 184. 185. 186. 187. 188. 189. 190 191. 192. 193. 194. 195. 196. 197. 198. 199. 200. 201. 202. 203. 204. 205. 206. 207. 208. 209. 210. 211. 212. 213. 214. 215. 216. 217. 218. 219. 220.

Philippe Lacoue-Labarthe, Prefazione a La scomparsa Carola Barbero, Chi ha paura di Mr. Hyde? Oggetti fittizi, emozioni reali Carlo Angelino, Liberalismo, totalitarismo, democrazia Michela Marzano, La Filosofia del corpo Silvano Petrosino - Sergio Ubbiali, L’eros della distruzione. Seminario sul male Alain Badiou, Piccolo pantheon portatile Walter Lapini, Spinoza e le inezie puerili Alain Badiou - Barbara Cassin, Heidegger. Il nazismo, le donne, la filosofia Friedrich Nietzsche, Il primo canto corale dell’Edipo re Francesco Vitale, Mauro Senatore (a cura), L’avvenire della decostruzione Domenico Venturelli, Alberto Caracciolo. Sentieri del suo filosofare Leo Strauss, Che cos’è la filosofia politica? Isabella Adinolfi, Etty Hillesum. La fortezza inespugnabile Philippe Chanial - Francesco Fistetti, Homo donator. Come nasce il legame sociale Ernesto Laclau - Chantal Mouffe, Egemonia e strategia socialista Simone Regazzoni, Derrida. Biopolitica e democrazia Pierre Hadot, Elogio della filosofia antica Martin Buber, Il chassidismo e l’uomo occidentale Silvano Facioni, Simone Regazzoni, Francesco Vitale, Derridario. Dizionario della decostruzione Tony Myers, Introduzione a Žižek Søren Kierkegaard, Il riflesso del tragico antico nel tragico moderno Aldo Trione, Parva poetica Lorenzo Magnani, Filosofia della violenza Nicola Cusano, Sermoni sul Dio inconcepibile Alain Badiou, Slavoj Žižek, La filosofia al presente Wilhelm Dilthey, La nascita dell’ermeneutica Martin Buber, Niccolò Cusano e Jakob Böhme Walter Benjamin, Capitalismo come religione D. Fusaro, Idealismo e prassi. Fichte, Marx e Gentile D. Di Cesare, C. Ocone, S. Regazzoni, Il nuovo realismo è un populismo Julia Kristeva, L’avvenire di una rivolta Silvano Petrosino, Le fiabe non raccontano favole Gaston Bachelard, Lettere a Jean-Clarence Lambert Opporsi al negazionismo Carlo Salzani, Introduzione a Giorgio Agamben Lorenzo Magnani (a cura), Introduzione alla New Logic. Logica, filosofia, cognizione Martin Buber, L’insegnamento del Tao. Scritti tra Oriente e Occidente Cesare Viviani, Non date le parole ai porci M. Martinelli, L’uomo intero. La lezione (inascoltata) di Georg Simmel

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Finito di stampare nel mese di nonembre 2014 per i tipi de “il nuovo melangolo” dalla Microart - Recco (Ge) Impaginazione e impianti: Type&Editing - Genova