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NUOVI PROGRAMMI
Massimo Montanari
STORIA1
dal Medioevo al Seicento
© 2012, Gius. Laterza & Figli, Roma-Bari Prima edizione 2012
Prefazione
Sintesi ed Esercizi sono a cura di Matteo Ciarlante, dMB Editoria e grafica s.r.l., Firenze. Editing a cura di Silvia Vinci.
L’Editore è a disposizione di tutti gli eventuali proprietari di diritti sulle immagini riprodotte, nel caso non si fosse riusciti a reperirli per chiedere debita autorizzazione. Le fotocopie per uso personale del lettore possono essere effettuate nei limiti del 15% di ciascun volume dietro pagamento alla SIAE del compenso previsto dall’art. 68, commi 4 e 5, della legge 22 aprile 1941 n. 633. Le riproduzioni effettuate per finalità di carattere professionale, economico o commerciale o comunque per uso diverso da quello personale possono essere effettuate a seguito di specifica autorizzazione rilasciata da CLEARedi, Centro Licenze e Autorizzazioni per le Riproduzioni Editoriali, Corso di Porta Romana 108, 20122 Milano, e-mail: [email protected], sito web: www.clearedi.org.
“Storia” è una parola ambigua: indica gli eventi, il loro fluire nel tempo, ma al tempo stesso il racconto di quegli eventi, reso possibile dalle tracce (i documenti) che quegli eventi hanno lasciato dietro di sé. Le due cose, in effetti, coincidono: gli eventi “storici”, che appartengono per definizione al passato (un millennio, un secolo o anche solo un giorno fa), esistono oggi solo perché qualcuno li racconta, e può farlo perché esistono oggi tracce che consentono di ricostruirli. La storia, dunque, è racconto: è il modo in cui si raccontano gli eventi. Un’idea di fondo ha guidato l’impostazione e la realizzazione di questo libro: considerare come argomenti storici di primaria importanza – e perciò metterli al centro del racconto – i modi e le forme con cui gli uomini hanno affrontato, nelle diverse epoche, l’organizzazione della propria vita in rapporto alle condizioni dell’ambiente. Ciò significa parlare, innanzitutto, di risorse del territorio, produzione del cibo, modi di abitare, lavoro e tecnologie, innovazioni scientifiche. Temi che fin dalle prime pagine si impongono all’attenzione del lettore e via via lo accompagnano nella trattazione, avvicinandolo con immediatezza e concretezza alle vicende della storia. Alla vita quotidiana degli uomini e delle donne, nelle campagne e nelle città, sono dedicate molte pagine di questo testo, dove anche gli avvenimenti politici e militari, le ideologie, le forme statali e i modelli di organizzazione sociale, i fenomeni culturali e artistici sono considerati in stretto rapporto con la quotidianità, con l’agire (e il sentire) concreto degli individui e dei gruppi, che non dobbiamo e non possiamo intendere come altro dalla “grande” storia, ma come sua componente essenziale. La stesura del testo – il “racconto” – è stata curata nei minimi dettagli, per renderla il più possibile chiara: fornire sempre indicazioni complete ed esaustive, senza dare nulla per scontato, e farlo in maniera semplice e lineare. Assai attenta è stata anche la selezione degli argomenti: senza perdersi in descrizioni eccessivamente dettagliate, di fatto incompatibili con gli orari e le necessità didattiche, questo testo si concentra sulle informazioni essenziali, che consentono di capire gli avvenimenti senza doverne “saltare” nessuno. Il contenuto particolarmente snello della narrazione serve per consentire a tutti, studenti e docenti, di concludere il programma scolastico senza sacrificare alcun argomento, tanto meno gli eventi della contemporaneità più recente, che troppo spesso si è obbligati a ignorare, costringendo i ragazzi a non riflettere su ciò che li investe più da vicino. Massimo Montanari
ISBN 978-88-421-1090-3
Copertina a cura di Silvia Placidi, Grafica Punto Print s.r.l. Progetto grafico e servizi editoriali a cura di dMB Editoria e grafica s.r.l., Firenze.
Editori Laterza Piazza Umberto I, 54 70121 Bari e-mail: [email protected] http://www.laterza.it
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Come è fatto il libro Come è fatto il libro Come è fatto il libro Come è fatto il libro Com Modulo 6
L’Europa alla conquista alla L’Europa del mondo conquista
del mondo Cultura, scoperte, imperi
Cultura, operte, scoperte, peri imperi
Capitolo 25 C
L’esplorazione della Terra
Tra la fine del XV secolo e la metà del XVI, i navigatori europei (italiani, portoghesi, spagnoli) si spinsero per la prima volta al di là dell’Oceano, aprendo la via a nuove esplorazioni e conoscenze geografiche. Inediti scenari economici e politici si aprirono: gli scambi commerciali e culturali che fin dall’antichità si erano instaurati fra Europa, Asia e Africa a iniziare dal Cinquecento si allargarono a un nuovo continente che fu chiamato America.
Capitolo 26 C
I primi imperi coloniali La scoperta dell’America aprì una nuova fase della storia, quella del colonialismo europeo oltre Oceano. Dapprima sotto forma di iniziative private, poi dietro impulso delle maggiori monarchie (Spagna e Portogallo, più tardi Inghilterra e Francia) presero avvio forme violente di occupazione e di sfruttamento di quei territori, con l’assoggettamento e, spesso, lo sterminio delle popolazioni indigene.
Capitolo 24 C
Capitolo 27 C
Civiltà del Rinascimento
Economia e società nel Cinquecento
La cultura e l’arte, estremamente vive nelle città italiane durante l’età dei Comuni, si svilupparono in maniera straordinaria nei secoli XV-XVI, il periodo in cui si consolidavano le signorie e gli Stati regionali. L’Italia in quei decenni diventò per l’Europa ciò che la Grecia era stata per gli antichi: la capitale intellettuale, il modello da imitare, il luogo che bisognava visitare almeno una volta nella vita per il proprio affinamento intellettuale.
All’inizio di ogni Modulo è esposta sinteticamente, in una sorta di trailer, l’idea guida di ciascun capitolo, per fornire subito un quadro d’assieme degli argomenti che lo costituiscono. L’idea guida viene poi ripresa in apertura di capitolo e sviluppata nei successivi paragrafi.
Il Cinquecento fu un secolo di grandi cambiamenti in Europa: la crescita della popolazione, l’espansione dell’agricoltura, lo straordinario aumento dei prezzi (che ha fatto parlare gli storici di una vera “rivoluzione dei prezzi”) ne furono gli aspetti più spettacolari. Sul piano sociale, si verificò una crescente differenziazione tra ricchi e poveri.
Ogni capitolo – che corrisponde virtualmente a una lezione – è introdotto Percorso breve che anticipa, in da un apertura, le principali idee e i principali avvenimenti di cui si tratterà nelle pagine successive. Ciò consente di recuperare, in maniera sintetica, contenuti che – magari per motivi di emergenza – eventualmente si siano dovuti tralasciare.
Modulo 6 L’Europa alla conquista del mondo
25 L’esplorazione
Capitolo
278
della Terra
Percorso breve Nei decenni tra XV e XVI secolo si moltiplicarono i viaggi di navigazione e di esplorazione del globo terrestre, non solo per curiosità scientifica ma anche per interessi economici: trovare itinerari alternativi per raggiungere l’India, la terra delle spezie, dopo che i turchi ottomani avevano bloccato gli accessi via terra a quelle regioni. Il commercio delle spezie garantiva infatti favolosi guadagni a chi lo controllava. Le rotte individuate furono due. La prima: dirigersi verso sud tentando di doppiare l’Africa (nel 1487, Bartolomeo Diaz aprì la via giungendo fino al Capo di Buona Speranza). La seconda: raggiungere le Indie dirigendosi dalla parte opposta, cioè a est (dando così per buona la teoria, non ancora dimostrata, che la Terra fosse sferica): su questa base si mosse Cristoforo Colombo nel 1492, al servizio di Isabella regina di Spagna. Giunto nelle isole dei Caraibi, chiamò “Indie” queste terre e “indiani” i suoi abitanti. Alle “vere” Indie arrivò invece, nel 1498, Vasco de Gama, seguendo per conto del re di Portogallo la rotta tracciata da Bartolomeo Diaz, e spingendosi fino alla Cina. Mentre in questo modo si ponevano le basi dell’impero coloniale portoghese, gli spagnoli continuavano a esplorare le terre occidentali, che ancora si credevano le Indie. Tuttavia presto sorsero dubbi: i viaggi di altri navigatori (Cabral, Caboto) rivelarono paesaggi che non corrispondevano a quanto si sapeva dell’India. Amerigo Vespucci (attorno al 1500-02) lo sostenne per primo: quello
Antichi strumenti di navigazione
Capitolo 25 L’esplorazione della Terra decise di finanziare l’impresa e ottenne, da un armatore di Palos, tre caravelle con le quali tentare il viaggio. «Buscar el Levante por el Poniente», ossia «raggiungere l’Oriente dirigendosi verso Occidente»: la grande avventura ebbe inizio il 3 agosto 1492 a Palos, con la partenza delle tre imbarcazioni: un centinaio di uomini, un mare ignoto, molto coraggio.
Terra in vista! Dopo un viaggio di due mesi e nove giorni, che mise a dura prova la resistenza dei naviganti, le caravelle approdarono a una terra mai vista prima, un’isola dell’arcipelago delle Antille nell’America centrale, che Colombo battezzò San Salvador. Di qui gli esploratori raggiunsero le zone delle attuali Haiti e Cuba, poi, imbarcati alcuni indigeni, raccolsero animali e piante sconosciuti in Europa, un po’ d’oro e di spezie, e fecero ritorno in Spagna dove ricevettero accoglienze trionfali. Tutti, Colombo per primo, erano convinti che le terre scoperte fossero gli avamposti del continente asiatico. Perciò gli abitanti del luogo furono detti indios, ‘indiani’.
Juan Cabrera-Bejerano, Partenza delle tre caravelle da Palos [Monastero di La Rapida, Palos]
Questo dipinto del XIX secolo raffigura il momento della partenza delle tre celebri caravelle con cui Cristoforo Colombo partì da Palos il 3 agosto 1492. Sulle tre navi sventolavano le bandiere dei re cattolici di Spagna, finanziatori della spedizione. La Santa Maria alzava inoltre la bandiera di Colombo, che mostrava un’ancora dorata in campo azzurro.
Aa Documenti D Gli indigeni d’America visti da Colombo Sbarcato nell’isola di Guanahani, che egli stesso volle ribattezzare San Salvador, Cristoforo Colombo si imbatté per la prima volta nelle popolazioni indigene d’America.
Il resoconto che ne fece nel suo “Giornale di bordo” tendeva a descriverli “tendenzialmente buoni”, onesti, generosi e con un’intelligenza vivace. Nel giro di poco tempo questa prima e positiva impressio-
L
e popolazioni di quest’isola non hanno ferro, né acciaio, né armi, al cui uso non sono adatti, non perché non siano gente ben disposta e di buona statura, ma perché sono straordinariamente paurosi. Vero è che, quando si sentono rassicurati e perdono un po’ della loro paura, si dimostrano tanto onesti e generosi di quanto possiedono che non lo crederebbe chi non lo constatasse. Qualunque cosa si domandi loro di quello che hanno, mai rispondono negativamente, anzi la offrono e mostrano tanto affetto che par vogliano dare il cuore e, si tratti di cosa di valore oppure di poco prezzo, ugualmente la danno in cambio di qualsiasi bagattella dichiarandosene contenti. […] Essi non professano né setta né idolatria alcuna, ma tutti credono che la potenza e il bene siano nel cielo, e credevano che io con le mie navi e la mia gente fossi sceso dal cielo. E questo non perché siano ignoranti, ma al contrario sono di ingegno molto acuto e navigano per tutti i mari ed è incredibile come sappiano dar buone informazioni su tutto, eccetto che non hanno mai visto gente vestita né navi simili alle nostre. Cristoforo Colombo, Giornale di bordo, Milano 2009
L’arrivo all’isola Hispaniola, 1493 [Illustrazione dalla lettera di Cristoforo Colombo De Insulis Indie Inventis, Basilea]
In questa illustrazione è raffigurato il primo sbarco in terra americana di Colombo, il quale riceve in dono oggetti preziosi da un gruppo di indigeni.
ne avrebbe ceduto il passo a una concezione razzista e intollerante, finalizzata a giustificare la sottomissione e lo sfruttamento degli indios americani [ 26].
281
Il testo, scorrevole e conseguente, è affiancato da una serie di rubriche che possono arricchirne lo studio. I Aa Documenti , ampiamente introdotti e commentati, consentono allo studente di confrontarsi direttamente con le “fonti” del lavoro storico (nell’intento di suggerire, e continuamente ribadire, l’idea che il racconto storico si fonda sulla lettura critica dei documenti).
scoperto da Colombo era un altro continente, di cui si era ignorata fino ad allora l’esistenza. In onore di Vespucci, un geografo tedesco propose di chiamarlo America. La certezza si ebbe nel 1513 quando Balboa attraversò l’istmo di Panama e vide, al di là, un altro oceano. Nel 1519, Ferdinando Magellano si lanciò nell’impresa di oltrepassare l’America per raggiungere veramente le Indie. Doppiata la Terra del Fuoco (nel punto che fu poi chiamato Stretto di Magellano), la spedizione continuò con esiti drammatici, con la morte di quasi tutti i protagonisti, compreso Magellano. Tre anni dopo, i pochi sopravvissuti tornarono in Europa facendo, a rovescio, la rotta di Vasco de Gama. Era stata così dimostrata, nella pratica e non solo nella teoria, la sfericità della Terra.
Come è fatto il libro Come è fatto il libro Come è fatto il libro Come è fatto il libro Come è fat Capitolo 16 Regni, mercati e popoli dell’India
171
16.1 Una difficile unità politica Un paese diviso L’India era stato fin dall’antichità un paese assai frazionato, suddiviso in una moltitudine di regni spesso rivali fra loro, a differenza della Cina dove era prevalsa una tendenza unificatrice. Questo frazionamento era il risultato di cinque millenni di storia, caratterizzati da invasioni e immigrazioni di stirpi diverse, provenienti dalla Persia, dal Medio Oriente, dal Caucaso, dall’Asia sud-orientale. Le invasioni dei turchi e dei mongoli A cominciare dal X secolo gruppi di turchi islamizzati penetrarono in India dando origine a diversi regni; agli inizi del XIII secolo si era ormai costituito il Sultanato di Delhi, che si estendeva su parte dell’India settentrionale e centrale. La presenza turca non solo non favorì l’unifi l’unificazione, cazione, ma accentuò ulteriormente il frazionamento, per i profondi contrasti religiosi fra il politeismo degli indiani [ 16.4] e il monoteismo islamico praticato dai turchi. Questo dissidio provocò altre lotte e nuove divisioni: mentre le tribù nomadi di guerrieri mongoli premevano sui confini nordoccidentali dell’India, le regioni centrali controllate da Delhi si resero indipendenti e a costituire il Sultanato Bahmani che, a sua volta, entrò in conflitto con Le rivendicazioni dei lavoratori Il periodoandarono immediatamente successivo alladiGrande l’importante di Vijayanagar Vda cui derivarono nel sud della penisola (dove si trovavano i più Peste fu un’epoca di grandi tensioni economiche, socialiRegno e religiose, importanti Bombay, Calicut, Cochin e l’isola di Ceylon). numerosi scontri e vere e proprie sollevazioni popolari.empori commerciali, tra cui Bombay
La Parola
sultano/sultanato / Il titolo di “sultano” spettava ad alcuni califfi (le massime autorità del mondo islamico) e col tempo fu assunto dai sovrani di alcuni regni musulmani indipendenti, come quello dei turchi selgiùchidi o, più tardi, dei turchi ottomani. Appunto dal mondo turco derivarono questa terminologia i sultanati indiani.
Modulo 5 Tra Medioevo ed età moderna
19.6 Rivolte contadine e operaie
Nella seconda metà del Trecento, le tensioni sociali sfociarono in Ulteriori aperta rivolta L L’espansione di Tamerlano T disgregamenti furono portati nel XIV secolo dalle sia nelle campagne sia nelle città. Da un lato c’erano le aspirazioni contadini incursioni dei mongoli, che, dei prima sotto lae guida di Gengis Khan e poi dei suoi eredegli operai a spezzare i vincoli di dipendenza, conquistare migliori condizioni di vita impadronendosi e di, aavevano già conquistato l’Asia intera, dell’Impero cinese [ 15.2]. di lavoro; dall’altro c’erano le aspirazioni dei grandi proprietari di terre città, degli Il Sultanato di Delhi riuscì(e, a nelle fermare l’espansione mongola ma poco tempo dopo subì l’attacco violento parte delle milizie turco-mongole guidate da Timùr Leng, ‘Timur imprenditori) a riorganizzare in modo razionale le loro attivitàda agricole o manifatturiere, lo zoppo’ (per via diEntrambe una caduta cavallo che lo aveva reso claudicante), più noto in a inquadrare i lavoratori dipendenti in modo più sistematico. le da aspirazioni Occidente comecrollati, T Tamerlano Dichiaratosi successore e continuatore delle trovavano una spiegazione nel particolare momento storico: con la(1370-1405). Grande Peste, imprese di Gengis Khan tra il XIV e il XV secolo Tamerlano T conquistò i territori tra la tutti gli equilibri tradizionali, ogni cosa poteva essere rimessa in discussione.
Il Sultanato di Delhi al tempo della massima estensione (1235)
Siria e Delhi, saccheggiando città e campagne di molte regioni dell’India.
[Bibliothèque Nationale, Parigi]
Questa miniatura rappresenta bene a che punto fosse arrivata l’esasperazione dei contadini. I cavalieri, armati e corazzati, erano formidabili combattenti e difficilmente dei contadini potevano avere la meglio su di loro. In questo caso, però, i contadini hanno preparato un’imboscata al cavaliere che viene sopraffatto.
pietre preziose, francesi tutte merci di alto costo, che procuLe rivolte sociali e religiose in Inghilterrasete, Ancora i contadini si sollevarono profi ravano grossi occinel 1381 e nello stesso anno, in Inghilterra, folleaidimercanti contadini del profitti. Kenttti. e Nell’immaginario dell’Essex l’India divenne ilepaese delle meraviglie, un luogo invasero Londra al seguito di due agitatori, dentale Wat Tyler (1341-1381) il prete John Ball vagheggiato, ricco di ogni bene, frutta,lecibo, (1338-1381), che chiedevano l’abolizione della servitù e mettevano in discussione dif- oro, fonti di giovinezza, città popolate e vivaci (sinonimo, per le genti ferenze sociali. L’incitazione alla rivolta veniva anche dalla diffusione delle idee di John occidentali medievali, di benessere e prosperità). Proprio Wycliffe (1330 ca.-1384), teologo all’Università di Oxford, che predicava il ritorno alla in queste terre l’immaginario medievale aveva collocato povertà evangelica, la lotta alla corruzione della Chiesa e la spoliazione dei suoi beni; i l’Eden, il Paradiso terrestre di cui narrava la Bibbia, sicsuoi seguaci, detti lollardi (da lollen, ‘pregare’), ampio–seguito fralei spezie contadiché i trovavano prodotti indiani anzitutto – godevano di ni, avvalendosi del testo della Bibbia tradotto in inglese dalloe stesso Wycliffe. grande prestigio parevano quasi emanare un “profumo di immortalità”.
Le rotte intercontinentali, per terra… I viaggi carovanieri, con cavalli e cammelli, comportavano fatiche e rischi non lievi, che i mercanti affrontavano riunendosi insieme e formando grossi convogli, che permettevano di
Kabul Peshawar
Sultanato di Delhi
KA
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AFGHANISTAN Tarain do
16.2 Un grande emporio commerciale
Delhi
Brahmaputra
Gange
Contadini assalgono un cavaliere, XV sec.
Le rivolte urbane e contadine in Francia Le rivolte contadine sconvolsero soprattutto la Francia e l’Inghilterra e furono fortemente collegate con quelle che scoppiarono nelle città. Nel 1356 a Parigi il popolo insorse sotto la guida del mercante Etienne Marcel (1316 ca.-1358) che riuscì a strappare un maggior controllo da parte degli Stati generali sulle decisioni in ambito finanziario e fiscale. Nel 1358 si sollevarono i contadini francesi dei dintorni di Parigi: la rivolta fu detta Jacquerie dal nomignolo canzonatorio Le meraviglie dell’India L’India, L oltre a essere un paJacques bonhomme (‘Giacomo buon uomo’) con cui i nobili indicavano i contadini. La fiorente, ese agricolo, era il centro di un commercio fi orente, rivolta si concluse in un bagno di sangue per i ribelli: uomini, donne e bambini non punto di partenza di lunghe carovane che attraversando furono risparmiati e furono massacrati circa 20.000 contadini. Le conseguenze l’Afghanistan e la Persia trasportavanodella verso Occidente rivolta ebbero gravi ripercussioni anche in spezie, città e Etienne Marcel fu assassinato. erbe medicinali, essenze profumate, tappeti,
do
Gli Stati generali costituivano il Parlamento del Regno francese ed erano nati rispecchiando nella loro composizione l’ideologia dei “tre ordini” del X-XI secolo, specchio della società feudale [ 2.3]. La nobiltà, il clero e le borghesie cittadine, rappresentati nell’assemblea, corrispondevano ai guerrieri, ai sacerdoti e ai lavoratori della “società tripartita” (i “lavoratori”, però, nel modello originario, erano piuttosto i contadini). Questo schema ideologico e questo modello politico erano ancora in vigore nel XVIII secolo, alla vigilia della Rivoluzione francese.
In
Memo
Stati St ti generali
In
Jodhpur
Jaunpur Gwalior
SULTANATO DI BAHMANI SULTANATO DI VIJAYANAGAR Calicut Madurai
Piccoli box dedicati a singole parole servono non soltanto a chiarire il significato di un termine usato nel testo, ma altresì a mostrare come le parole stesse abbiano una storia e come la loro origine, e il loro significato, rappresentino per lo storico una ricca fonte di informazioni e di riflessione. Altri box denominati Memo servono a richiamare fatti già studiati, che è opportuno riportare alla memoria per inquadrare e comprendere nuovi eventi o concetti che si stanno introducendo.
CEYLON
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Modulo 4 Non solo Europa Il governo dei sovrani mongoli ebbe termine nel 1368, quando si affermò al potere una nuova dinastia cinese, quella dei Ming, che regnò fino al 1644. Con la perdita della Cina tutto l’impero si frantumò, mentre nella sua parte più occidentale si affermava il potere di un altro abile e feroce condottiero mongolo di origine turca, Tamerlano (1370-1405), destinato a conquistare un territorio esteso tra la Siria e l’India [ 16.1].
Approfondimenti di diversa natura, legati ad alcune domande fondamentali che non solo lo storico, ma chiunque, in ogni circostanza, deve porsi (dove, come, quando?), sono presentati in tre rubriche I luoghi della storia sono “aperture” sugli spazi fisici in cui parallele: si svolsero gli avvenimenti, dai palazzi del potere alle barricate, dalle fabbriche ai canali, dal bosco alla città, non senza incursioni nei “luoghi dell’anima” che accolgono, in modo non meno vivo e concreto, I modi della storia sono ricostruzioni di “come le esperienze della vita; si facevano le cose” (sia materialmente, sia mentalmente) in una data epoca, in una data società, in una data circostanza: come si lavorava la terra, come si facevano i conti, come si guariva un malato, come si combatteva, come ci si comportava a tavola, come si applicavano e si sviluppavano le tecnologie, le invenzioni, le scoperte scientifiche; I tempi della storia sono riflessioni sul significato dei fatti in rapporto all’epoca in cui avvennero, e ai mutamenti che provocarono nel percorso storico: è il momento dell’interpretazione, non solo di studiosi a noi contemporanei, ma anche e soprattutto di chi visse “in diretta” quei fatti, cercandone una ragione alla luce di quanto osservava, o gli era riferito. Capitolo 7 Lo sviluppo dei commerci e delle città
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366
FRISIA
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Amsterdam Leida L’Aia Rotterdam
ZELANDA Ostenda
Bruges
GRONINGA
GHELD RIA Utrecht
Breda Anversa
ALTA GHELDRIA o
Gand Bruxelles
Colonia
Liegi
L’industria del vetro a Venezia
L’industria del vetro a Venezia ha origini molto antiche ma il primo documento scritto che attesta la presenza di un vetraio, tale Domenico “fiolario” (da fiola, ‘bottiglia’, ‘vaso’), risale al 982 d.C. Alla fine del XII secolo l’industria era fiorente e si stava imponendo sul mercato internazionale, riuscendo a inserirsi nel vuoto creato dal declino delle importanti vetrerie islamiche e bizantine (che grazie alle spedizioni dei crociati furono conosciute anche in Europa). Nel XIII secolo i vetrai si erano già organizzati in associazione e dal racconto di un cronista dell’epoca sappiamo che nel 1268 i maestri si recarono a rendere omaggio al doge con «vetri scarlatti, fregi d’oro, ricche ghirlande di perle e altri lavori di vetro nobile e fine». Nel 1291, con un’ordinanza comunale, tutte le officine del vetro furono allontanate dalla città per evitare pericoli di incendio e spostate nell’isola di Murano, che da allora divenne il principale centro produttivo di arte vetraria. L’industria del vetro era organizzata con regole precise. La lavorazione procedeva a ritmo ininterrotto per sette mesi all’anno, dal 5 gennaio al 5 agosto. In questo periodo le fornaci rimanevano accese in permanenza e gli operai si alternavano a squadre. Per gli altri cinque mesi i forni erano spenti: era il periodo dedicato alle vendite. Provvedimenti severissimi vietavano ai lavoratori del vetro (i “fioleri”) di emigrare e trasportare fuori del territorio i segreti della loro industria, delle sperimentate tecniche con cui si faceva fondere nella fornace la sabbia silicea, dei modi di “soffiare” l’impasto vitreo per ricavarne oggetti dalle forme ricercate.
Verso il 1300 a Venezia i maestri vetrai iniziarono la produzione, tenendo rigorosamente segreta la tecnica di lavorazione, delle prime lenti per occhiali mentre i primi specchi furono fabbricati verso il 1318, dopo un accordo con un produttore
tedesco «che sapeva lavorare il vetro a specchio». Tuttavia passarono quasi due secoli prima che questa nuova industria si sviluppasse, perché era molto radicata l’abitudine antichissima di usare specchi di metallo.
Province Unite Paesi Bassi spagnoli Paesi della Generalità Unione cattolica di Arras 1579 Paesi Bassi dal 1579 al 1648
SEL
Nimega
a
MARE DEL NORD
ARTOIS Arras HAINAUT
I modi della storia
15.3 Stato e società nella Cina dei mongoli Una monarchia assoluta e burocratica Per qualche decennio i sistemi di governo dei mongoli invasori si affiancarono a quelli tradizionali del paese; poi, sotto l’influenza della civiltà cinese, i sovrani della nuova dinastia assimilarono gli usi locali e fecero proprio il modello preesistente di organizzazione amministrativa.
I luoghi della storia
Cambaluc, una nuova capitale per la Cina dei mongoli
I grandi momenti di svolta nella storia di un paese sono talvolta segnati da una “dislocazione” dei centri di potere, un cambiamento dei luoghi decisivi dell’organizzazione politica ed economica. Pechino, la capitale della Cina, trova la sua origine nell’insediamento di Cambaluc o Khanbalik (la “città del Khan”), in cui i conquistatori mongoli fissarono il cen-
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LUSSEMBURGO
In questa miniatura è raffigurato il lavoro di due artigiani intenti a lavorare la pasta vitrea appena uscita dalla fornace mediante la cosiddetta “canna da soffio”. Soffiando nel tubo mentre contemporaneamente lo faceva ruotare, il maestro vetraio modellava l’oggetto che voleva ottenere.
degli Asburgo d’Austria; nel 1556, con l’abdicazione di Carlo V [ 29.4], i possedimenti furono assegnati alla Corona di Spagna, sotto Filippo II. Fu appunto durante il regno di Filippo II che le province settentrionali dei Paesi Bassi si ribellarono e alla fine si resero autonome, dando vita a un nuovo Stato che prese il nome di Olanda.
I Paesi Bassi in subbuglio La ribellione fu sostenuta da motivi politici, fiscali e religiosi. I Paesi Bassi erano una regione ricca, con una borghesia e un patriziato attivamente impegnati nel commercio e nelle attività manifatturiere e bancarie: sviluppatissime fin dal Medioevo, le città tradizionalmente godevano di larghe autonomie, che anche gli Asburgo d’Austria avevano rispettato. Con Filippo II le cose cambiarono: la monarchia spagnola affermò il suo potere in modo autoritario, imponendo al governo uomini di sua fiducia; il carico fiscale diventò estremamente pesante; a tutto ciò si aggiunse la sistematica persecuzione operata dal re contro i protestanti, in particolare i calvinisti, che nei Paesi Bassi si erano particolarmente diffusi.
I tempi della storia Un’arte nuova per la borghesia olandese invece ha un ruolo fondamentale nella società aristocratica). È anche significativa la presenza di molti soggetti legati alla vita quotidiana e di carattere non religioso: un segnale di differenza rispetto alle tendenze artistiche dei paesi cattolici. Tra il Cinquecento e gli inizi del Seicento ope-
proibito sotterrare i morti: se sono idolatri si seppelliscono molto lontano dalle zone abitate perché nessuno spettacolo triste è permesso in città. E non esiste al mondo un luogo dove confluiscano tanti oggetti ricchi e preziosi. Arrivano, difatti, a Cambaluc tutte le merci rare che vengono dall’India: gemme, perle e le cose più belle di quei paesi. Arrivano gli oggetti più strani e preziosi dal Catai e dalle altre province. Marco Polo, Il Milione
La nuova capitale Cambaluc fu voluta da Kubilai Khan, il fondatore della dinastia mongola che regnò in Cina per meno di un secolo. Fu invece la successiva dinastia Ming ad avviare la costruzione del Palazzo imperiale, meglio noto come “Città proibita”, al centro dell’odierna città di Pechino.
Dalla rivolta alla guerra L’opposizione non tardò a manifestarsi. Nel 1566 la popolazione di numerose città si sollevò, trovando anche appoggio politico da parte dei conti di Egmont e di Hornes e di Guglielmo I Nassau (1544-84), principe di Orange (una città della Francia meridionale). Alle violenze degli insorti, che non esitarono a saccheggiare chiese e conventi, a uccidere preti e
Una testimonianza del benessere economico e dello sviluppo civile dell’Olanda fu la splendida fioritura artistica e culturale, paragonabile a quella del Rinascimento italiano. L’arte olandese del Cinque-Seicento, erede della tradizione fiamminga dei secoli precedenti, esprimeva assai bene i caratteri della nuova società a cui si rivolgeva, la natura dei committenti che ordinavano e acquistavano i dipinti: personaggi del mondo borghese e mercantile, dediti agli affari, al calcolo delle entrate e delle uscite, alla precisione dei bilanci. Anche per questo l’arte olandese di questo periodo si distingue per il carattere estremamente analitico e preciso: ogni singolo dettaglio viene analizzato e rappresentato compiutamente, nulla o quasi nulla è lasciato all’immaginazione. Una grande abilità tecnica e una approfondita ricerca sul rapporto luce/ombra consentono agli artisti di rappresentare gli oggetti nella loro immediata concretezza. Un altro aspetto è quello dei contenuti: la pittura olandese è molto spesso una pittura di interni, che raffigura le persone nella loro intimità domestica. Anche questo segnala la presenza di un pubblico borghese, attento alla vita privata delle persone più che al loro apparire in pubblico (che
numerosa popolazione, la febbrile attività commerciale che vi si svolgeva, le grandi ricchezze che vi affluivano. Osservò anche, con stupore, che in quella città era proibito seppellire i morti, per non offrire agli abitanti e ai visitatori questo «triste spettacolo». Leggiamo la pagina del Milione dedicata a Cambaluc.
Veduta aerea della Città proibita, Pechino
La soffiatura del vetro, XV sec. [ms. Lat. 993, c. 238r; Biblioteca Estense, Modena]
tro del loro potere dopo aver conquistato la Cina ed esautorato la dinastia Song (1279), che avevano invece la loro capitale a Hangzhou. Poco tempo dopo, la nuova città fu visitata da Marco Polo, il mercante veneziano che assieme al padre Niccolò e allo zio Matteo trascorse lunghi anni in Cina. Egli descrisse ammirato Cambaluc e le sue dodici porte, la
ovete sapere che le case di Cambaluc – contando la città interna e dodici ampi borghi che si prolungano dalla città in corrispondenza delle dodici porte – sono tante che non si riesce a calcolarle. La popolazione affolla specialmente i borghi. Qui abitano i mercanti e tutti quelli che vengono a Cambaluc per affari, il che significa una gran moltitudine, essendo la città dove risiede il Signore un ottimo mercato che attiva mercanti e altra gente per i loro affari. I borghi hanno belle case e bei palazzi come quelli della città, eccettuato il palazzo del Signore. Si aggiunga che in città è
Modulo 8 Europa che cambia (1550-1650)
Ren
I redditizi legami con i potenti La fortuna economica delle città marinare italiane fu dovuta non solo all’abilità e all’intelligenza dei rispettivi ceti mercantili, ma anche ai privilegi che furono loro concessi da vari sovrani (l’imperatore di Bisanzio e i re degli Stati crociati d’Oriente, 5.4) che, in cambio di appoggio politico e militare, garantirono libertà di scali, esenzioni fiscali, facilitazioni doganali. Così fece, per esempio, l’imperatore bizantino Alessio I Comneno concedendo nel 1082 ai veneziani la possibilità di libero commercio [ 5.3], senza alcun pagamento di dazi. La disparità di trattamento di cui veneziani e genovesi godettero a Bisanzio, rispetto ai mercanti di altre città, fu osservata dal mercante fiorentino Francesco Balducci Pegolotti (XIV secolo) che scrisse in un suo quaderno di ricordi: «genovesi e veneziani sono franchi [cioè non pagano alcun dazio] entrando e uscendo», mentre «fiorentini, provenzali, catalani, anconetani, siciliani e tutti gli altri stranieri» devono pagare il 2% del valore della mercanzia importata, e altrettanto per quella esportata. Nel Medioevo come oggi, i meccanismi dell’economia si intrecciano strettamente con quelli della politica.
Mos
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rarono in Olanda numerosi artisti di grande fama tra cui Hieronymus Bosch (1453-1516), le cui opere furono molto apprezzate da Filippo II di Spagna che ne comprò alcune per l’Escorial, Quentin Metsys (1466-1530), Pieter Aertsen (1508-1575), Pieter Bruegel il Vecchio (1525-1569), solo per citarne alcuni. Pieter Aertsen, Donna al mercato, 1567 [Gemäldegalerie, Berlino]
Il fermento economico e la ricchezza della borghesia olandese si riflette bene in questo dipinto fiammingo. La donna, ben vestita, è circondata da frutti e ortaggi dei più vari e colorati, sinonimo di abbondanza e ricchezza.
tto il libro Come è fatto il libro Come è fatto il libro Come è fatto il libro Come è fatto il libro
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Modulo 5 Tra Medioevo ed età moderna
Le vie della cittadinanza L
Etnie e nazioni d’Europa
Q
uando si utilizzano concetti come “etnia” o “nazione” è bene chiarire che non si tratta di realtà biologiche, determinate dal “sangue” dei popoli, bensì di realtà culturali, frutto della storia e del suo divenire. Per esempio, le popolazioni germaniche dell’alto Medioevo non avevano un’identità etnica “originaria”, bensì aggregavano tribù di varia provenienza che a poco a poco finivano per costruire una propria identità attorno a valori comuni e a comuni consuetudini di vita (questo fenomeno è chiamato dagli storici, in particolare dalla scuola viennese di Herwig Wolfram e Walter Pohl, “etnogenesi” ossia ‘genesi, formazione dell’etnia’). I Longobardi, quando entrarono in Italia nel VI secolo, erano mescolati a popolazioni di diversa origine, alcune delle quali (Bulgari, Svevi, Sassoni) mantennero separata la propria identità, mentre altre (in particolare i Gepidi) a poco a poco si integrarono nella società longobarda, assumendone la cultura e il nome. Quello che chiamiamo “popolo longobardo” è dunque, in realtà, un gruppo etnico composito, che si costruì storicamente, su basi culturali più che biologiche. Col passare dei secoli, dalla mescolanza di questo “popolo” con altri gruppi, alcuni preesistenti, altri arrivati dopo, prese forma una nuova entità “nazionale” definibile come italiana. Allo stesso modo, negli ultimi secoli del Medioevo, si costruirono delle identità politiche “nazionali” che non necessariamente avevano come presupposto l’appartenenza a una stirpe comune, ma soprattutto si fondavano sulla condivisione di una cultura, di interessi economici, di idee e consuetudini di vita. La costruzione della “nazione” svizzera, costituita da comunità montane di diversa stirpe, lingua e religione, è forse la migliore dimostrazione della natura culturale e non biologica del fenomeno. Non diverso è il modo con cui si è storicamente costruita – su uno spazio geograficamente più ampio – l’identità europea, frutto anch’essa di una cultura comune, che ha preso forma lentamente nel corso dei secoli. Questa identità ha radici antiche e in epoca recente, dopo le Seconda guerra mondiale, si è definita anche in forme politiche, legislative, economiche e monetarie comuni, passando attraverso l’istituzione di vari organismi dedicati ad aspetti specifici della vita economica e
Storia e leggenda nazionale: Guglielmo Tell [Zentralbibliothek, Zurigo]
Abitante del paese di Uri in Svizzera, Guglielmo Tell è l’eroe nazionale svizzero per antonomasia. Per essersi rifiutato di togliersi il cappello davanti alle insegne degli austriaci sulla pubblica piazza, venne condannato a colpire con la sua balestra una mela posta sul capo di suo figlio. Uscito vittorioso dalla prova, fu comunque fatto imprigionare ma, mentre veniva condotto in carcere, riuscì a liberarsi. La sua vicenda è assurta a emblema dell’autonomia della Confederazione svizzera.
politica del continente. Il percorso di queste istituzioni ha portato nel 1992 al trattato di Maastricht con cui ufficialmente è nata l’Unione Europea, un’organizzazione sovranazionale che raggruppa 27 paesi e ha l’obiettivo di promuovere la cooperazione economica, politica, culturale e sociale tra gli Stati membri. Non è un caso, poi, che il palazzo che oggi ospita uno degli organismi di governo dell’Unione Europea a Bruxelles si chiami “Carlo Magno”: perché la nascita dell’Europa, mosaico di popoli tenuti insieme da un sentire comune e da comuni tradizioni culturali, deve molto all’opera di Carlo Magno, che nel IX secolo co-
struì nel cuore del continente un dominio fondato sui medesimi modelli sociali e politici, sulla medesima organizzazione economica, sulla medesima religione. Nell’Europa carolingia si individuarono ben presto le “nazioni” che la costituivano, ma queste non cancellarono l’esperienza comune entro cui esse nascevano: le due realtà (l’Europa e le nazioni) crebbero assieme, sovrapponendosi l’una all’altra. Ancora oggi è questo il modello dell’unità europea, basato su diverse “appartenenze” (all’Europa, alla nazione, alla comunità locale…) che non si escludono a vicenda, ma contribuiscono tutte a formare la nostra particolare identità.
Le vie della cittadinanza Uno spazio dedicato a introduce spunti di riflessione sui rapporti fra storia e presente, in senso non solo conoscitivo ma anche operativo, poiché il nostro impegno nel presente (il nostro “senso civico”) nasce anche dalla consapevolezza delle radici storiche su cui si innesta la nostra identità contemporanea, il nostro ruolo nella società attuale.
Firma del trattato di Maastricht nel 1992
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Modulo Modulo55 Tra TraMedioevo Medioevoed edetà etàmoderna moderna
Sintesi Sintesi
Verso Versola lacatastrofe catastrofeTra Tralalafifine nedel delDuecento Duecento eel’inizio l’iniziodel delTrecento Trecentosisiebbero ebberoin inEuropa Europa segni segnievidenti evidentidi diuna unaforte fortecrisi crisieconomieconomica ca ee demografi demografica. ca. L’agricoltura L’agricoltura europea europea sisireggeva reggevasul sulprogressivo progressivoaumento aumentodegli degli spazi spazicoltivati coltivatima, ma,all’inizio all’iniziodel delXIV XIVsecolo, secolo, tutti tuttii iterreni terreniutilizzabili utilizzabilierano eranoormai ormaicolticoltivati, vati,per percui cuil’espansione l’espansioneagricola agricolasi siararrestò. restò.Quindi Quindiiniziò iniziòaascarseggiare scarseggiareililcibo, cibo, ee sisi verifi verificarono carono carestie carestie con con frequenza frequenza sempre sempremaggiore. maggiore.Fame Fameeecarestie carestieresero resero gli gliuomini uominipiù piùdeboli, deboli,diffondendo diffondendomalatmalattie tieinfettive infettiveed edepidemie, epidemie,che cheprovocaprovocarono ronoaumento aumentodella dellamortalità mortalitàeecalo calodemodemografi grafico. co.La Lacrisi crisicolpì colpìanche anchele leattività attività commerciali: commerciali:lalamancanza mancanzadi dieccedenze eccedenze agricole agricoleindebolì indebolìi icommerci, commerci,diminuirono diminuirono gli gliacquisti acquistidei deibeni benivenduti vendutida damercanti mercanti eeartigiani; artigiani;sisiebbe ebbeililfallimento fallimentodi dialcune alcune compagnie compagnie fifinanziarie nanziarie (Bardi (Bardi ee Peruzzi), Peruzzi), in inquanto quantoi isovrani sovranifrancesi francesieeinglesi inglesinon non onorarono onoraronoi idebiti. debiti.
Ciascun capitolo si chiude con una Sintesi dettagliata degli eventi appena narrati, che aiuta a ripercorrerne il filo logico e cronologico, e con una serie di Esercizi che mettono alla prova le capacità analitiche e di rielaborazione critica dello studente.
Lo scambio colombiano L
’espressione “scambio colombiano”, oggi di uso comune, deriva dal titolo di un libro, The Columbian Exchange, pubblicato nel 1972 dallo storico americano Alfred W. Crosby. Essa indica il vasto fenomeno di trasferimento da una parte all’altra dell’Oceano Atlantico, in entrambe le direzioni, di piante, animali e ogni sorta di organismi biologici, inclusi i virus di molte malattie. Si trattò di uno dei più spettacolari eventi di scambio ecologico, agricolo e culturale di tutta la storia umana. Lo scambio colombiano avvenne in modo non lineare, con curiosi fenomeni di andata e ritorno: per esempio, il peperoncino – originario del Messico – fu introdotto nell’America del nord non direttamente dalle regioni più meridionali, bensì, molto più tardi (XIX sec.), dagli emigranti italiani, che lo avevano inserito nella propria tradizione alimentare. Tortuoso fu anche il percorso della patata, che, originaria del Perù, giunse in altre regioni d’America solo grazie alla mediazione europea. Nell’insieme, questo gigantesco andirivieni di piante e animali modificò profon-
damente i sistemi agricoli e alimentari dei due continenti, oltre che dell’Asia e dell’Africa (dove le piante americane, come il peperoncino e il mais, furono introdotte con la mediazione europea). Tuttavia, in Europa, i nuovi prodotti furono spesso “piegati” a usi antichi, conosciuti da secoli: esemplare il caso del mais, che gli europei utilizzarono prevalentemente sotto forma di polenta, un genere di preparazione tipico della tradizione mediterranea, del tutto sconosciuto nell’America precolombiana. Allo stesso modo gli europei “europeizzarono” l’uso del cacao: mentre gli indios ne macinavano i semi per confezionare una bevanda dal sapore acido, amaro e speziato, destinata prevalentemente ai riti religiosi, chiamata “cioccolato”, nel Vecchio continente il cioccolato subì una vera mutazione, diventando, con l’aggiunta di zucchero e (talvolta) latte, una bevanda dal sapore dolce e morbido, che incontrò grande successo negli ambienti della nobiltà europea, in cui era diventato di moda lo zucchero. Tutto ciò mostra come le tradizioni cul-
turali, in seguito all’incontro con mondi e culture diverse, si possano da un lato trasformare, dall’altro confermare e rafforzare. Quest’ultimo fenomeno si verifica quando una cultura è forte, solidamente radicata, politicamente ed economicamente egemone: tale era l’Europa quando accolse i nuovi prodotti americani, inserendoli in modo quasi “naturale” nella propria tradizione. Assai diverso fu ciò che accadde in America, dove le culture indigene, sopraffatte dal prepotere dei conquistatori, faticarono a conservare la propria identità. Il nuovo continente assunse una nuova fisionomia, fu “ridisegnato” secondo gli interessi europei, che imposero i propri prodotti, i propri cibi, i propri gusti. Nei casi migliori, queste trasformazioni produssero nuove realtà, cucine “meticce” che incrociavano le tradizioni dei due mondi. In altri casi le tradizioni locali scomparvero. Lo “scambio colombiano” dunque non paritario, ma fu uno scambio “diseguale”, che arricchì la cultura dei dominatori e impoverì quella dei dominati.
rata dal contatto con gli europei, perdendo le sue principali caratteristiche e la sua ricchissima “biodiversità”, sacrificata agli interessi dei conquistatori. Il secondo testo, di Massimo Montanari, illustra i meccanismi che portarono, in
Europa, alla “europeizzazione” dei prodotti di origine americana, trasformati secondo la tradizione locale e assimilati alla propria cultura, che – al contrario di quella americana – ne risultò rafforzata e arricchita.
I testi I due testi che seguono illustrano i due aspetti che abbiamo esaminato. Il primo, tratto dal classico studio di Alfred W. Crosby descrive il dramma di una cultura, quella dell’America precolombiana, che fu profondamente depaupe-
La distruzione della biodiversità americana Alfred W. Crosby
I semi1 arrivavano nascosti nelle pieghe dei tessuti, nelle zolle di fango, nello sterco animale e in mille altri modi. La diffusione di questa moltitudine proletaria vegetale, certamente assai rapida, venne favorita dagli europei, che
seguivano la pratica indiana di bruciare le praterie, e dal bestiame europeo che pascolava su grandi estensioni di terra, spargendo ovunque le più tenaci erbe ed erbacce immigrate. […] Oggi i botanici americani possono facilmente
imbattersi in grandi estensioni prative dov’è difficile reperire una sola specie vegetale dei tempi precolombiani. […] In un modo o nell’altro, nelle zone colonizzate gli animali domestici europei di grossa taglia contribuirono assai più a distruggere che ad arricchire gli Indiani; il loro clamoroso incremento, infatti, si accompagnò a un declino altrettanto clamoroso della popolazione indigena, declino che non sempre poteva attribuirsi esclusivamente alle malattie e allo sfruttamento. […] La diffusione delle forme di vita del Vecchio Mondo ha cambiato l’ecologia di vaste zone d’America. Gli animali americani – come la pecora dalla grosse corna, ad esempio – che anticamente vivevano in ampi territori, sono stati annientati o ricacciati sulle montagne a guardare dall’alto le immense mandrie di cavalli e di buoi che hanno usurpato i loro antichi pascoli. Per migliaia e migliaia di chilometri quadrati i vegetali americani sono spariti o si limitano a crescere negli incolti che fiancheggiano le strade: gran parte della terra, infatti, è coltivata a canna da zucchero, caffè, banane, frumento, orzo, segale2. Il risultato positivo di tutto questo è l’eccezionale incremento del prodotto agricolo e quindi della popolazione. Il risultato negativo consiste nella distruzione della stabilità ecologica di immense regioni e in un aumento dell’erosione così elevato da potersi considerare un grave crimine verso i posteri. […] Nello scambio colombiano è incluso l’uomo, e l’uomo ha cambiato i Due Mondi talvolta inconsciamen-
Le Leconseguenze conseguenzedella dellacrisi crisieela lariorganizriorganizzazione zazionedell’economia dell’economiaIlIlcalo calo demogrademogra-
La La Morte Morte Nera NeraLa La crisi crisi precipitò precipitò defi defininitivamente tivamentealla allametà metàdel delTrecento, Trecento,con conlala diffusione diffusionedi diuna unaviolenta violentaepidemia epidemiadi di peste, peste, lala “Morte “Morte Nera”. Nera”. Si Si diffuse diffuse tratrasportata sportatadalle dallenavi navidei deimercanti mercantigenovesi genovesi provenienti provenienti dall’Asia, dall’Asia, per per poi poi raggiunraggiungere geretutti tuttii ipaesi paesidell’Europa dell’Europaoccidentale occidentale (1348-50). (1348-50).Quasi Quasiun unterzo terzodella dellapopolapopolazione zioneeuropea europeaperse perselalavita. vita.Le Lesituaziosituazioni ni peggiori peggiori sisi ebbero ebbero nelle nelle città, città, dove dove ilil bacillo bacillosisidiffondeva diffondevarapidamente rapidamenteper perlele scarse scarsecondizioni condizioniigieniche igienicheeeper perlalaprepresenza senzadi dinumerose numerosepersone. persone. Alla Allaricerca ricercadidicure cureeedidi“colpevoli” “colpevoli”L’epiL’epidemia demiadi dipeste pestefu fuall’origine all’originedei deiprimi primiinin-
Mezzadria Mezzadria ee obblighi obblighi contadini contadini La La crisi crisi del delTrecento Trecentofu fualla allabase basedella dellanascita nascitadi di
nuovi nuovi rapporti rapporti di di lavoro lavoro ee di di nuove nuove forme formecontrattuali contrattualinelle nellecampagne. campagne.AA partire partiredal dalXIII XIIIsecolo secolosisidiffuse diffuselalamezmezzadria, zadria, che che aumentava aumentava ilil controllo controllo del del padrone padronesulla sullaterra: terra:ililmezzadro mezzadrodoveva doveva corrispondere corrispondere lala metà metà di di quanto quanto proprodotto, dotto, ilil contratto contratto non non era era vitalizio vitalizio né né trasmissibile trasmissibileaiaififigli, gli,ma madurava duravaqualche qualche anno. anno.IIcontadini contadinifurono furonoisolati isolatinei neiloro loro poderi poderieesisiindebolirono indebolironolelecomunità comunitàdi di villaggio villaggioeegli gliusi usicollettivi collettividi diterre terreeeboboschi. schi.Anche Anchegli glistatuti statuticomunali comunaliincludeincludevano vanoleleclausole clausoledei deicontratti contrattimezzadrili. mezzadrili. II contadini contadini furono furono alal centro centro di di cambiacambiamenti menti economici economici sostanziali, sostanziali, che che proprodussero dusseroforti fortitensioni tensionisociali. sociali. Rivolte Rivolte contadine contadine ee operaie operaie IlIl periodo periodo successivo successivoalla allaGrande GrandePeste Pestefu fucarattecaratterizzato rizzatoda daforti fortitensioni tensioniche chesfociarono sfociarono in inuna unaserie seriedi dirivolte, rivolte,sia siain incampagna campagna sia siain incittà, città,che checontrapposero contrapposerocontadicontadini ni ee operai operai aa grandi grandi proprietari proprietari terrieterrieriri ee imprenditori. imprenditori. Le Le rivolte rivolte contadine contadine avvennero avvennero in in Francia Francia ee Inghilterra. Inghilterra. AA Parigi Parigi nel nel 1356 1356 vivi fu fu un’insurrezione un’insurrezione popolare, popolare, seguita seguita nel nel 1358 1358 da da quella quella dei dei contadini contadini (jacquerie); (jacquerie); in in InghilterInghilterra ranel nel1381 1381folle folledi dicontadini contadiniinfl influenzati uenzati dal dal movimento movimento religioso religioso dei dei lollardi lollardi invasero invasero Londra. Londra. Entrambe Entrambe lele rivolte rivolte furono furono soffocate soffocate nel nel sangue. sangue. Rivolte Rivolte urbane urbane sisi ebbero ebbero aa Gand Gand ee aa Firenze Firenze (1378), (1378), dove dove gli gli operai operai addetti addetti alla alla carcardatura datura della della lana lana (Ciompi) (Ciompi) sisi ribellaribellarono rono chiedendo chiedendo di di essere essere ammessi ammessi aiai diritti dirittipolitici, politici,ma madopo dopopoche pochesettimasettimane neililgoverno governoritornò ritornòsaldamente saldamentenelle nelle mani manidelle dellefamiglie famigliepiù piùricche. ricche.
2. 2.Associa Associaalle alleseguenti seguentiparole parolechiave chiaveililsignifi significato catocorretto. corretto.
3. 3.Indica Indicase sele leseguenti seguentiaffermazioni affermazionisono sonovere vereoofalse. false.
carestia carestia••Ciompi Ciompi••epidemia epidemia••foraggio foraggio••fustagno fustagno••lazzaretto lazzaretto ••lollardi lollardi••mezzadria mezzadria••peste peste
a.a. Circa Circaun unterzo terzodella dellapopolazione popolazioneeuropea europeafu fu uccisa uccisadalla dallapeste. peste.
VV
FF
b. b. In InOlanda OlandaeeVeneto Venetosisisperimentarono sperimentarononuove nuove tecniche tecnichedidiirrigazione irrigazioneeel’allevamento l’allevamentobovino. bovino.
VV
FF
c.c. La Lapeste pesteèèprovocata provocatada daun unparassita parassitadelle dellepulci pulci che chevivono vivononel nelpelo pelodei deitopi. topi.
VV
FF
Grave Graveinsuffi insufficienza cienzadidirisorse risorsealimentari alimentari
d. d. In Inseguito seguitoalla allacrisi, crisi,operai operaieecontadini contadiniriuscirono riuscirono aaottenere ottenerequasi quasisempre semprecontratti contrattimigliori. migliori.
VV
FF
Alimenti Alimentiutilizzati utilizzatiper perililnutrimento nutrimentodel delbestiame bestiame
e. e. La Lacrisi crisidel delTrecento Trecentofu fulegata legataalalcalo calodemografi demografico, co, all’espansione all’espansioneagricola, agricola,alalristagno ristagnocommerciale. commerciale.
VV
FF
Luogo Luogoinincui cuivenivano venivanoisolati isolaticoloro coloroche cheavevano avevano malattie malattiecontagiose contagiose
f.f. Le Lecarestie carestieeeililpeggioramento peggioramentodell’alimentazione dell’alimentazione furono furonouna unadelle dellecause causedella delladiffusione diffusionedella dellapeste. peste.
VV
FF
g. g. Trascorso Trascorsoilil1350, 1350,lalapresenza presenzadella dellapeste peste nelle nellecittà cittàeuropee europeecalò calòvertiginosamente. vertiginosamente.
VV
FF
h. h. Nella Nellaseconda secondametà metàdel delTrecento Trecentoleletensioni tensioni sociali socialiportarono portaronoaascontri scontrinelle nellecampagne. campagne.
VV
FF
i.i. AAFirenze Firenzeilil“popolo “popolominuto” minuto”era eracostituito costituito dagli daglistrati stratiinferiori inferioridella dellaborghesia borghesiacittadina. cittadina.
VV
FF
Seguaci Seguacidelle delledottrine dottrinepropugnate propugnateda daJohn JohnWycliffe Wycliffe Salariati Salariatidipendenti dipendentidell’Arte dell’Artedella dellalana lananella nella Firenze Firenzedel delTrecento Trecento
Malattia Malattiacontagiosa contagiosatrasmessa trasmessaall’uomo all’uomo da daparassiti parassitidalle dallepulci pulcidei deitopi topi Diffusione Diffusioneaamacchia macchiad’olio d’oliodidiuna unamalattia malattia contagiosa contagiosa Contratto Contrattoagrario agrarioche cheprevedeva prevedevaililpagamento pagamento alalpadrone padronedella dellametà metàdei deiprodotti prodotti Stoffa Stoffadidiscarso scarsovalore valoreeepregio pregio
4. 4.Completa Completala laseguente seguentetabella tabellasulle sullerivolte rivoltetrecentesche trecentescheinserendo inserendoi idati datieele leinformazioni informazionimancanti. mancanti. DOVE DOVE
Parigi Parigi
Campagne Campagnefrancesi francesi Firenze Firenze
Gand Gand
Londra Londra
ANNO ANNO
1356 1356
1358 1358
1379 1379
...................... ......................
Analizzare Analizzare............................................ e............................................ e produrre produrre
...................... ......................
........................................ ........................................ ••........................................... ...................................... ...................................... ...........................................: : Popolo Popologuidato guidatodai dai ........................................ ........................................ operai guidato guidatodal dal didiEssex EssexeeKent Kent tessitori operaiaddetti addettialla alla.......... .......... tessitori mercante mercante guidati guidatida da ...................... ...................... 4. 4.Completa Completala latabella tabella riportando riportando all’interno, all’interno,nella nellaposizione posizionecorretta, corretta, i itermini termini indicati. indicati. ........................... ........................... guidati guidati da da CHI CHI ............................................ ............................................ ...................................... ...................................... ................................................ ................................................ cavalieri cavalieri••secolare secolare••autonomia autonomia••corvées corvées••decima decima••dipendenza dipendenza ••mestiere mestiere••taglia taglia••canone canone••regolare regolare••caccia caccia••doni doni••tornei tornei ee.................................. .................................. ••Popolo Popolo............................. .............................
Funzione Funzionesociale sociale
Vita Vitaquotidiana quotidiana
riunito riunitonelle nelle...................... ......................
Condizione Condizionesociale sociale
................................................ ................................................
Esercizi Esercizi Comprendere Comprendere ee ordinare ordinare 1. 1.Colloca Collocasulla sullalinea lineadel deltempo tempogli glieventi eventielencati elencatiin inordine ordinesparso. sparso. 1346 1346
1347 1347
I I…...................….. …...................…..erano eranoeducati educatialal……..................….. ……..................…..delle dellearmi. armi.PraticaPratica- ……................................….. ……................................….. guerrieri guerrieri ••........................................ Migliori Migliori condizioni condizioni ........................................vano Contrastoalalpotere potere Abolizione Abolizione................ ................ vano lala…….........................….. economica economica …….........................….. e•e•i........................................... i........................................... ……........................….. ……........................….. : : ••Contrasto divita vitaeelavoro lavoro partecipazione partecipazione ............................................ ............................................ di ...................................... ...................................... .................................... .................................... Avevano Avevanosoprattutto soprattuttoobblighi. obblighi. Tra Traquesti, questi,i ipiù piùdiffusi diffusi erano erano COSA COSA ...................................... ...................................... ........ ........ ••Rivendicazioni Rivendicazioni ................................................ ................................................ ……................................….. ……................................….. …….....................…..eeilil…….....................….. …….....................….. Altritributi tributierano erano lala produttori beni lele…….....................….. CONTADINI CONTADINI RIVENDICANO RIVENDICANO produttori fifiscali scali didibeni della dellacittà città . .Altri ••.................................. .................................. economica economica ……........................….. ……........................…..eei i……........................….. ……........................….. ••........................................... ...................................... ...........................................: : ...................................... ............ possibilità possibilitàdidicostituirsi costituirsi Erano Eranodivisi divisiininclero clero…….........................….. …….........................….. (monaci) (monaci)eeinin............ clero clero …….................................….. …….................................….. ................................................ ................................................ preghiera preghiera ……........................….. ……........................…..(preti). (preti).Sapevano Sapevano leggere leggereeescrivere. scrivere.Godevano Godevano SACERDOTI SACERDOTI economica economica didiuna unaentrata entrataspecifi specifica, ca,lala…….........................….. …….........................….. ••.................................. ........................................ ••.................................... .................................... ••Popolo Popoloeearti artiminori minori Intervento Intervento................ ................ .................................. ••........................................ deicontadini contadini............. ...................... ......................degli ...................................... ...................................... ...................................... degliStati Stati dei ............. ................................................ ................................................ ...................................... ............ generali generali.......................... ........................................ ................................................ ................................................ ............ .......................... ........................................ ••.................................. .................................. ESITO ESITO persedare sedarelalarivolta rivolta dei ••........................................ ........................................ ••Ripercussioni Ripercussioni ••Ciompi: Ciompi:........................... ........................... per deirivoltosi rivoltosieedei dei loro lorocapi capi ........................................ ........................................ ••Arti assassinato assassinatodopo dopolala Artiminori: minori:.................... .................... rivolta rivoltacontadina contadina ................................................ ................................................ ••Famiglie Famigliepiù piùricche ricche
NOBILI NOBILI
1348 1348
1350 1350
1356 1356
1. 1. ililpopolo popoloparigino pariginoinsorge insorgesotto sottolalaguida guidadel delmercante mercante Etienne EtienneMarcel Marcel 2. 2. ililbacillo bacillodella dellapeste pestegiunge giungeininSicilia SiciliaeeininProvenza Provenza 3. 3. sommossa sommossapopolare popolareguidata guidatadai daitessitori tessitoriaaGand Gand 4. 4. istituzione istituzioneaaVenezia Veneziadei dei“Savi “Savialla allasanità”, sanità”,addetti addetti alalmantenimento mantenimentodell’igiene dell’igieneinincittà città
1358 1358
1378 1378
1379 1379
1381 1381
5. 5. sollevazione sollevazionedei deicontadini contadininei neidintorni dintornididiParigi Parigi 6. 6. lalapeste pesteraggiunge raggiungei iprincipali principalipaesi paesidell’Europa dell’Europaoccidentale occidentale 7. 7. rivolta rivoltadei deiCiompi CiompiaaFirenze Firenze 8. 8. Londra Londraèèinvasa invasada dacontadini contadiniche chechiedono chiedonol’abolizione l’abolizione della dellaservitù servitù 9. 9. ililbacillo bacillodella dellapeste pestegiunge giungenegli negliscali scaligenovesi genovesisul sulMar MarNero Nero
................................................ ................................................
311
te, talvolta intenzionalmente e spesso in maniera brutale. È possibile che l’uomo e i vegetali o gli animali migrati al suo seguito abbiano causato negli ultimi quattrocento anni l’estinzione di più specie biologiche di quante se ne sarebbero estinte a causa dei normali processi evolutivi. L’uomo uccide più in fretta dell’evoluzione: dal tempo di Colombo l’evoluzione non ha potuto avere milioni di anni a disposizione per rimpiazzare l’ormai estinto piccione migratore. Nessuno ricorda più com’era la flora precolombiana delle Antille, mentre il cigno trombetta, il bufalo e centinaia di altre specie sono ridotte a così pochi esemplari che la più piccola variazione ecologica o il minimo capriccio dell’uomo possono causarne l’estinzione. La flora e la fauna del Vecchio Mondo, ma soprattutto quelle del Nuovo Mondo, si sono notevolmente ridotte e specializzate, e quasi sempre la specializzazione riduce la possibilità di variazioni future. Così per l’utile di oggi abbiamo finito per pregiudicare il futuro. Dopo lo scambio colombiano il patrimonio genetico totale si è impoverito. Grazie a Colombo, la vita terrestre, di cui noi siamo parte integrante, si è depauperata: e l’impoverimento è destinato ad aumentare. A.W. Crosby, Lo scambio colombiano. Conseguenze biologiche e culturali del 1492, Torino 1972 1 Delle nuove piante portate in America dagli europei. 2 Tutte piante introdotte dagli europei.
L’assimilazione del diverso Massimo Montanari
L’atteggiamento verso i nuovi venuti1 fu di grande curiosità ma anche di grande cautela, tanto che ci vollero più o meno tre secoli perché essi fossero “adottati” in modo definitivo. […] Quando, nel XVIII secolo, la patata cominciò […] a far breccia nei campi e sulle tavole dei contadini europei, agronomi e intellettuali […] ne fecero propaganda cercando di convincere i contadini […] che la farina di patata potesse servire a fare il pane: questo, il pane, era l’alimento che i contadini europei conoscevano e desideravano da secoli. L’obiettivo si rivelò illusorio, ma servì a far conoscere il nuovo prodotto, che intanto si cominciò a utilizzare in altri modi: fra questi, particolarmente significativo l’impiego della patata nell’impasto degli gnocchi, un piatto popolarissimo fin dal Medioevo, che per secoli si era fatto solo con farina e pangrattato. Analoga sul piano culturale, anche se diversa negli esiti, fu la vicenda del mais […]. Nessuno, oltre Oceano, lo aveva mai usato per fare la polenta, mentre fu questo l’uso principale a cui esso fu destinato in Europa. Il motivo di questa “reinterpretazione” è semplice: in Europa, la tradizione alimentare era caratterizzata fin dall’età antica dall’uso di polente come piatto base della cucina contadina: nella Roma antica la si faceva con il farro, nel Medioevo con il miglio e con altri cereali quali il panìco, il sorgo o lo stesso farro. L’ac-
terventi terventidi disanità sanitàpubblica pubblicain incittà, città,allo allo scopo scopo di di mantenere mantenere l’igiene l’igiene ee allestire allestire ospedali ospedali ee lazzaretti. lazzaretti. Dopo Dopo lala fifine ne della della prima prima ondata ondata nel nel 1350, 1350, lala peste peste rimase rimase presente presente ancora ancora aa lungo lungo in in Europa Europa con con esiti esiticatastrofi catastrofici: ci:alla allafifine nedel delXIV XIVsecosecolo lo lala popolazione popolazione era era diminuita diminuita di di circa circa 30 30milioni milionidi dipersone personerispetto rispettoaaun unsecolo secolo prima. prima.IImedici medicierano eranoimpotenti, impotenti,in inquanquanto to lele cause cause della della diffusione diffusione della della peste peste erano eranoignote. ignote.Si Siconsigliava consigliavadi dicambiare cambiare luogo, luogo, sisi chiedeva chiedeva ilil perdono perdono divino, divino, sisi accusavano accusavanoeeperseguitavano perseguitavanogli gliebrei, ebrei,sisi organizzavano organizzavanoprocessioni, processioni,spesso spessofifinennendo docol coldiffondere diffondereulteriormente ulteriormenteililbacillo. bacillo.
fifico coprovocò provocòlo losvuotamento svuotamentodelle dellecittà città eel’abbandono l’abbandonodi dicampagne campagneeevillaggi. villaggi. IlIlnumero numerodei deiterreni terreninon noncoltivati coltivatiaumenaumentò: tò:in inparte parteessi essifurono furonousati usatiper perililpascopascolo lodegli degliovini, ovini,che cheincrementò incrementòl’industria l’industria della dellalana. lana.In Inalcune alcunezone zone(Olanda, (Olanda,LomLombardia) bardia)vivifu fuanche ancheun unincremento incrementodell’aldell’allevamento levamento bovino bovino ee della della produzione produzione di di carne carne ee latticini, latticini, con con un un miglioramento miglioramento del delregime regimealimentare. alimentare.Nelle Nellecittà cittàleleattiattività vitàmanifatturiere manifatturiereiniziarono iniziaronoaaprodurre produrre merci merci aa basso basso costo. costo.Le Lecondizioni condizionisasalariali lariali ee lavorative lavorative di di operai operai ee contadini contadini peggiorarono peggiorarono quasi quasi sempre, sempre, soprattutto soprattutto nelle nelle campagne, campagne, dove dove i i proprietari proprietari riorriorganizzarono ganizzaronoleleaziende. aziende.Molte Molteterre terreerano erano state stateacquistate acquistateda daborghesi, borghesi,più piùattenti attentialal profi profitto ttoeealalguadagno. guadagno.
La discussione storiografica Lo scambio colombiano
La discussione storiografica L
Capitolo Capitolo19 19La Lacrisi crisidel delTrecento Trecento
La La crisi crisi del del Trecento Trecento
cettazione del nuovo prodotto fu tanto più convinta quanto più si rivelò possibile piegarlo all’uso tradizionale […]. Ancora diversa, ma ancora simile, fu l’avventura europea del pomodoro […]. L’evento decisivo che ne segnò il lancio fu la sua trasformazione in salsa di accompagnamento [...]. Il pomodoro in questo modo fu adattato a una fisionomia tipica della tradizione europea […]. Ogni new entry di alimenti assomiglia alla comparsa di nuovi termini nel patrimonio lessicale di una lingua: parole nuove che in qualche modo sostituiscono le vecchie, provocandone la scomparsa o condannandole alla marginalità. Se il mais cancellò la tradizione medievale del miglio e del sorgo, il successo della patata vide rapidamente declinare l’importanza della rapa […]. Allo stesso modo – questa volta sulle tavole ricche – il tacchino americano sostituì il pavone, rilevandone anche la funzione scenografica, così cara alle aristocrazie medievali. Il peperoncino invece si affermò come “spezia dei poveri”, andando forse a colmare il vuoto d’offerta per una domanda “popolare” modellata a imitazione dei consumi delle classi alte. M. Montanari, Il cibo come cultura, Roma-Bari 2004 1 L’autore si riferisce ai prodotti americani che giunsero in Europa a iniziare dalla fine del XV secolo.
Ogni Modulo è arricchito da una Discussione storiografica attorno a un argomento di particolare rilevanza, sul quale gli studiosi hanno proposto, nel tempo, e da diversi punti di vista, interpretazioni differenti e talora discordanti. Precise ma sintetiche informazioni sul dibattito storiografico sono seguite da due brani di particolare significato, la cui lettura serve sia ad ampliare il quadro informativo di base, introducendo temi di carattere trasversale che non possono trovare spazio nella narrazione “continua” del testo, sia a rendere consapevole il lettore che, come dicevamo in apertura, la “storia” non è semplicemente un fatto accaduto, ma un modo di raccontarlo.
213 213
Indice del volume
VII
Indice del volume
Modulo 1
3 Lo scontro tra Impero e Papato
L’Europa feudale
La lotta per le investiture
Percorso breve
1 Il sistema feudale ........................................................................................... 4 1.1 Vassallaggio e beneficio nell’Europa carolingia ............................................................... 5
Percorso breve
I tempi della storia Il Medioevo ................................................... 6 1.2 I feudi verso l’ereditarietà ....................................................... 7 1.3 L’Europa invasa ............................................................................... 8 1.4 Come difendersi? L’Europa si copre di castelli .......................................................................................... 10 1.5 Lo sviluppo dei poteri locali ................................................ 11 Aa Documenti Un castello del XII secolo.................................... 11
Sintesi, p. 13 • Esercizi, p. 13
I tempi della storia Fu importante la battaglia di Lech? 26 3.2 I delicati rapporti tra Impero e Chiesa ....................... 27 3.3 I movimenti per la riforma della Chiesa .................. 29 3.4 Il papa Gregorio VII contro l’imperatore Enrico IV ..................................................................... 31 3.5 Dall’umiliazione di Canossa al concordato di Worms ......................................................................................... 31 Sintesi, p. 33 • Esercizi, p. 33
4 Le monarchie feudali
Contadini, guerrieri, sacerdoti ........................................................................................
15
2.1 Il sistema curtense ................................................................... 16 Aa Documenti La contessa Adelburga e il contadino Ermenperto ............................................................. 16 2.2 Le attività produttive delle corti e gli scambi commerciali ..................................................... 18 I modi della storia Il lavoro agricolo...................................... 18 2.3 La teoria dei tre “ordini”........................................................ 19 Le vie della cittadinanza Oggi niente ordini .................... 20 2.4 Produrre, combattere, pregare ........................................ 21 Sintesi, p. 23 • Esercizi, p. 23
........................................................................................
35
4.1 Il potere feudale tra gerarchie e fedeltà .................... 36 4.2 La monarchia normanna in Inghilterra ...................... 36 Aa Documenti Il film della conquista normanna: l’Arazzo di Bayeux ................................................................................ 37
nell’Europa feudale
Percorso breve
25
3.1 Ottone I di Sassonia, da “difensore della cristianità” a imperatore.......................................... 26
Percorso breve
2 Economia e società
........................................................................................
4.3 La monarchia capetingia in Francia ............................. 38 4.4 La monarchia normanna nell’Italia meridionale ..... 39 I tempi della storia Un regno multietnico ......................... 40 4.5 Le monarchie cristiane in Spagna ................................. 41 Sintesi, p. 43 • Esercizi, p. 43
5 L’islam, l’Impero bizantino, le crociate Percorso breve
........................................................................................
46
5.1 L’Impero di Bisanzio ................................................................. 47 5.2 Lo scisma d’Oriente.................................................................. 48
VIII
Indice del volume 5.3 Il declino dell’Impero bizantino ........................................ 49 5.4 La crociata dei poveri e quella dei signori ............... 50 I luoghi della storia Bisanzio/Costantinopoli/ Istanbul .................................................................................................... 50 5.5 Da guerra religiosa a guerra di conquista ............... 52 Aa Documenti La tregua di Dio ......................................................... 52
Le vie della cittadinanza Islam e cristianesimo: scontro e incontro di civiltà ........................................................... 55 Sintesi, p. 56 • Esercizi, p. 56 La discussione storiografica
Castelli, forme insediative, paesaggi agrari .................... 59 La rottura del X secolo di Pierre Toubert ................... 60 La fortificazione degli abitati di Aldo A. Settia ............... 61
Modulo 2
Espansione agricola e sviluppo urbano
6 Lo sviluppo demografico, agricolo e mercantile
Percorso breve
......................................................................................... 64
6.1 La crescita della popolazione e l’aumento delle terre coltivate .................................................................... 65 I modi della storia Tecnologie e sviluppo economico: un rapporto complesso ..................................................................... 66 6.2 Innovazioni tecniche nel lavoro agricolo .................... 67 6.3 Cambiano i sistemi di coltivazione, cambia la dieta .............................................................................. 68 I luoghi della storia Il bosco ........................................................ 68 6.4 Commercio, fiere, affari: la ripresa dell’economia mercantile ...................................................... 69 Aa Documenti Dall’agricoltura allo sviluppo del commercio ........................................................................................ 70 Sintesi, p. 71 • Esercizi, p. 71
7 Lo sviluppo dei commerci e delle città Percorso breve
......................................................................................... 74
7.1 L’Europa delle città e la nascita della borghesia ........ 75 7.2 L’economia monetaria e il trasporto delle merci....... 77 7.3 Le Repubbliche marinare...................................................... 78 Aa Documenti Il commercio per mare e le sue regole ..... 79
7.4 Genova, Venezia e il controllo del Mediterraneo ........ 80 I modi della storia L’industria del vetro a Venezia........ 81 Sintesi, p. 82 • Esercizi, p. 82
8 Il movimento comunale Percorso breve
......................................................................................... 84
8.1 Governarsi da sé .......................................................................... 85 8.2 Particolarità dei Comuni italiani ...................................... 86 8.3 La conquista del contado e l’inurbamento dei contadini .................................................................................... 87 8.4 Politica comunale ed economia cittadina .................. 88 Aa Documenti Bologna 1257: la liberazione dei servi........ 88
Le vie della cittadinanza Il governo dei Comuni oggi ......... 89 8.5 I Comuni e la questione delle regalìe ........................... 90 8.6 I Comuni si alleano, l’imperatore è battuto .............. 91 I tempi della storia Pace o privilegio? Le parole sono interpretazioni ........................................................................... 92 Sintesi, p. 93 • Esercizi, p. 93
9 Vivere in città nel Medioevo Percorso breve
......................................................................................... 96
9.1 I luoghi della vita pubblica .................................................... 97 9.2 I luoghi della vita privata ........................................................ 98 I luoghi della storia Le cattedrali: una questione di stile ............................................................................................................ 98 9.3 Il cibo e le abitudini alimentari .......................................... 99 I modi della storia Il cibo: una questione di gusti ..... 100 9.4 La cura delle malattie ........................................................... 101 Aa Documenti Un contratto per guarire ................................... 102
Sintesi, p. 103 • Esercizi, p. 103
10 Cultura e società nel Medioevo Percorso breve
...................................................................................... 105
10.1 La scuola e la nascita dell’università ...................... 106 I modi della storia L’abaco e i numeri arabi .................. 106 10.2 Istruzione e sapere ............................................................... 107 Le vie della cittadinanza Una scuola multietnica ..... 108 10.3 Famiglia e società ................................................................. 109 10.4 L’emarginazione della donna ........................................ 109 Aa Documenti Come scegliere la moglie ................................ 110
Sintesi, p. 112 • Esercizi, p. 112 La discussione storiografica
Cibo e demografia: una relazione da chiarire .............. 114 La rotazione triennale e i miglioramenti della nutrizione di Lynn White Jr .................................... 115 Popolazione e alimentazione di Massimo Livi Bacci .................................................................. 115
Indice del volume
Modulo 3
Poteri civili e religiosi nel Medioevo
11 Il consolidamento delle monarchie europee nel XIII secolo
...................................................................................... 118 11.1 Dai regni feudali alle monarchie duecentesche ........................................................................... 119 11.2 Il Regno di Francia ............................................................... 119
Percorso breve
I tempi della storia I re taumaturghi ................................... 120 11.3 Il Regno d’Inghilterra ........................................................ 121 11.4 I regni della penisola iberica ........................................ 122 Aa Documenti Anche il sovrano è sottoposto alla legge. La “Grande Carta delle Libertà”.................... 122 Le vie della cittadinanza La forza delle leggi .............. 124 Sintesi, p. 125 • Esercizi, p. 125
14 Le città-Stato dell’Italia comunale Percorso breve
14.1 Trasformazioni nel governo dei Comuni ............... 148 I tempi della storia Società comunale e società feudale ............................................................................... 148 14.2 Guelfi e ghibellini ................................................................. 149 14.3 Un Comune “nobiliare”: Milano ................................. 150 Aa Documenti Le “Meraviglie di Milano” descritte da Bonvesin da la Riva ............................................ 150 I modi della storia Precisione borghese ......................... 151
La discussione storiografica
...................................................................................... 128
12.1 Il Regno svevo-normanno di Sicilia ......................... 129 12.2 Il progetto politico di Federico II ................................ 130 12.3 La costruzione di uno Stato centralizzato .......... 131 12.4 Palermo e Napoli capitali della cultura italiana ed europea .............................................................. 132 Aa Documenti Lo Stato centralizzato di Federico II
Federico II: «stupore del mondo» o «uomo pieno di malvagità»? ........................................................................................ 155 Un sovrano fuori del tempo di Ernst Kantorowicz ..................................................................... 156 Un sovrano del suo tempo di David Abulafia
......... 157
........ 132
12.5 Angioini e Aragonesi. Il Regno di Sicilia si divide in due ........................................................................ 133 ................ 133
Modulo 4
13 Lo Stato della Chiesa
Papato, eresie, ordini mendicanti ...................................................................................... 137
13.1 Il modello monarchico di Innocenzo III ................. 138 13.2 L’accentramento religioso e la lotta all’eresia ..................................................................................... 138 13.3 Due nuovi ordini religiosi: francescani e domenicani............................................................................. 140 Le vie della cittadinanza Libertà di pregare ............... 140 13.4 L’eclissi dei poteri universali: il conflitto tra papa Bonifacio VIII e il re di Francia................. 141 Aa Documenti Fraternità universale: la lezione di Francesco d’Assisi ....................................................................... 142
Non solo Europa
Asia, Africa, America
Sintesi, p. 135 • Esercizi, p. 135
Percorso breve
...................................................................................... 147
Sintesi, p. 153 • Esercizi, p. 153
Angioini e Aragonesi
I tempi della storia Nasce la lingua italiana
Sintesi, p. 145 • Esercizi, p. 145
14.4 Un Comune “borghese”: Firenze................................ 152
12 Il Regno di Sicilia tra Svevi, Percorso breve
13.5 I papi ad Avignone (1309-77) e Cola di Rienzo a Roma ........................................................................................ 143 I luoghi della storia Come il Purgatorio diventò un luogo ................................................................................................ 144
15 L’Impero mongolo e la Cina Percorso breve
...................................................................................... 160
15.1 L’Impero mongolo ................................................................. 161 15.2 La Cina di Kubilai Khan ..................................................... 162 I modi della storia Invenzioni e scoperte in Cina ....... 162 Aa Documenti Marco Polo scopre la carta-moneta ......... 163
15.3 Stato e società nella Cina dei mongoli .................. 164 I luoghi della storia Cambaluc, una nuova capitale per la Cina dei mongoli ................... 164 15.4 Una civiltà profondamente comunitaria. La tradizione confuciana .................................................. 165 I modi della storia Draghi d’Oriente e d’Occidente Sintesi, p. 167 • Esercizi, p. 167
....... 166
IX
X
Indice del volume
16 Regni, mercati e popoli dell’India Percorso breve
...................................................................................... 170
16.1 Una difficile unità politica ............................................... 171 16.2 Un grande emporio commerciale .............................. 171 Le vie della cittadinanza “Noi” e gli “altri” .................... 172 16.3 Una difficile unità sociale ................................................. 173 16.4 Religioni dell’India: induismo, giainismo, buddhismo .................................................................................. 174 I tempi della storia Quando nacquero le caste? ......... 174 16.5 Matematica, scienza e tecnica ..................................... 175 I modi della storia Chirurgia plastica nell’India antica ................................................................................... 176 Sintesi, p. 177 • Esercizi, p. 177
...................................................................................... 180
17.1 L’Africa “bianca”. Popoli, Stati, religioni ................ 181 17.2 L’Africa “nera”. Popoli, imperi e commerci ....... 182 I luoghi della storia Il miraggio di Timbuctu................. 182 17.3 Un’economia mista ............................................................. 183 17.4 Una religione animista ...................................................... 184 Le vie della cittadinanza La ricerca del sacro ............ 184 Aa Documenti Il Sole, la Luna, l’uomo
..................................... 185
Sintesi, p. 186 • Esercizi, p. 186
18 L’America prima di Colombo Percorso breve
18.1 I Maya
Tra Medioevo ed età moderna
19 La crisi del Trecento Percorso breve
...................................................................................... 202
19.1 Verso la catastrofe ............................................................... 203 19.2 La Morte Nera .......................................................................... 203 Aa Documenti Lutti in famiglia
.................................................... 204
19.3 Alla ricerca di cure e di “colpevoli” ......................... 205 19.4 Le conseguenze della crisi e la riorganizzazione dell’economia ....................... 206 I tempi della storia Il Trionfo della Morte ....................... 206 19.5 Mezzadria e obblighi contadini
17 Popoli e civiltà dell’Africa Percorso breve
Modulo 5
...................................................................................... 188 ............................................................................................ 189
Aa Documenti Un bastone per coltivare ................................... 189
18.2 Guerre e sangue .................................................................... 190 I tempi della storia L’uomo di mais ..................................... 191 18.3 Gli Aztechi.................................................................................... 192 I luoghi della storia Tenochtitlán .......................................... 192 18.4 Gli Incas ....................................................................................... 193 Aa Documenti Agricoltura e politica: il controllo dell’irrigazione e delle attività produttive ........................ 194 Sintesi, p. 195 • Esercizi, p. 195
Aa Documenti Un patto di mezzadria ....................................... 208
19.6 Rivolte contadine e operaie
Alimentazione e religione ............................................................. 197 Una scelta “mentale” di Jean Soler .................................. 198 Una scelta “pratica” di Marvin Harris .......................... 198
........................................... 210
Sintesi, p. 212 • Esercizi, p. 212
20 L’invenzione degli Stati nazionali Percorso breve
...................................................................................... 215
20.1 La “nazione” come costruzione culturale ........... 216 20.2 Il Portogallo e la Spagna ................................................. 216 I modi della storia I progressi della metallurgia e l’introduzione delle armi da fuoco ..................................... 218 20.3 La guerra dei Cento anni tra Francia e Inghilterra (1334-1453) ................................................. 219 20.4 Giovanna d’Arco. Dal predominio inglese alla riscossa francese ........................................................ 220 Aa Documenti Desolazione delle campagne francesi durante la guerra ............................................................................... 220
20.5 Uno Stato mancato: il Ducato di Borgogna ......................................................... 221 20.6 La “guerra delle Due Rose” in Inghilterra ............................................................................. 222 20.7 Nasce la Svizzera................................................................... 223 Le vie della cittadinanza Etnie e nazioni d’Europa ............ 224 Sintesi, p. 225 • Esercizi, p. 225
21 Stati e imperi dell’Europa centrale e orientale
.
...................................................................................... 228 21.1 Gli Stati regionali tedeschi e l’Impero asburgico ........................................................... 229 21.2 I Regni di Ungheria, Bulgaria, Serbia ..................... 230 21.3 Il tramonto dell’Impero bizantino, l’alba dell’Impero ottomano ........................................... 230
Percorso breve
La discussione storiografica
................................... 208
Indice del volume I tempi della storia 1453, la presa di Costantinopoli e la fine dell’Impero romano ...................................................... 232 21.4 Lo Stato russo .......................................................................... 233 21.5 I regni attorno al Baltico ................................................... 235 I luoghi della storia Mercanti lungo il Volga ................. 235 21.6 L’unione del Regno di Polonia e del Granducato di Lituania.......................................... 236 21.7 Il Regno di Boemia................................................................ 237
XI
La discussione storiografica
Monarchie centralizzate, monarchie composite, Stati regionali ........................................................................................ 261 Lo sviluppo dello Stato moderno in Europa di Pierangelo Schiera .................................................................. 262 Gli Stati regionali in Italia di Giorgio Chittolini
......
262
Sintesi, p. 238 • Esercizi, p. 238
Modulo 6
22 Signorie e Stati regionali
Cultura, scoperte, imperi
in Italia
Percorso breve
...................................................................................... 241
22.1 Signorie e principati
........................................................... 242
I tempi della storia Il mestiere di soldato ....................... 242 22.2 Il Ducato di Milano e le altre signorie dell’Italia settentrionale.................................................... 243 Aa Documenti «So fare ponti leggerissimi e forti…» Leonardo da Vinci, ingegnere militare al servizio degli Sforza ............................................................................................ 244
22.3 La Repubblica di Venezia e lo scontro con Genova ................................................................................. 245 Le vie della cittadinanza La diplomazia come arte di governo....................................................................... 246 22.4 La Signoria di Firenze e la pace di Lodi................. 247 22.5 Le signorie dello Stato pontificio e il Regno di Napoli .............................................................. 248 Sintesi, p. 250 • Esercizi, p. 250
23 Le guerre per il predominio europeo e l’occupazione dell’Italia
Percorso breve
...................................................................................... 252
23.1 Un equilibrio instabile ....................................................... 253 23.2 Carlo VIII conquista l’Italia “col gesso” .................. 254 Aa Documenti 1494, l’Italia in mano alle potenze straniere .................................................................... 254 23.3 La Repubblica di Firenze e Girolamo Savonarola ..................................................... 255 23.4 I francesi a Milano, gli spagnoli a Napoli ...................................................................................... 256 23.5 La politica dei papi nell’Italia occupata ................ 256 I tempi della storia Due spiegazioni della crisi italiana ............................................................................. 256 Sintesi, p. 258 • Esercizi, p. 258
L’Europa alla conquista del mondo
24 Civiltà del Rinascimento Percorso breve
...................................................................................... 266
24.1 Lo splendore del passato, il Rinascimento italiano ................................................... 267 24.2 Una rivoluzione culturale: il recupero dei classici e la fiducia nell’essere umano.......... 268 I tempi della storia La Donazione di Costantino e la nascita della filologia moderna...................................... 269 I luoghi della storia La Scuola di Atene e la ricerca del vero ...................................................................................................... 270 24.3 L’arte si rinnova....................................................................... 271 24.4 Ricercare, ipotizzare, sperimentare: scienza ed esperienza ........................................................ 272 I modi della storia I consigli di Leonardo per tenere sveglia la mente ........................................................ 272 24.5 La stampa a caratteri mobili e l’inizio di una nuova era ..................................................................... 274 Sintesi, p. 276 • Esercizi, p. 276
25 L’esplorazione della Terra Percorso breve
...................................................................................... 278
25.1 Alla ricerca di nuove vie commerciali .................... 279 25.2 «Buscar el Levante por el Poniente». La scoperta dell’America ................................................. 280 Aa Documenti Alla ricerca delle spezie indiane ................. 280 Aa Documenti Gli indigeni d’America visti da Colombo ............................................................................................ 281
25.3 La scoperta della via per le Indie e l’identificazione delle terre d’America ............. 282 25.4 La circumnavigazione della Terra ............................ 283 I luoghi della storia Rappresentazioni del mondo ......... 284 Sintesi, p. 286 • Esercizi, p. 286
XII
Indice del volume
26 I primi imperi coloniali Percorso breve
...................................................................................... 289
26.1 L’invasione spagnola dell’America ........................... 290 26.2 Lo sterminio degli indigeni ............................................. 290 Aa Documenti È possibile convertire i “selvaggi”? Il dibattito sulla natura degli indios ...................................... 291
26.3 L’impero coloniale ispano-portoghese ................. 292 26.4 Conseguenze economiche e sociali dell’espansione europea .................................................. 293 Le vie della cittadinanza Schiavismo e schiavitù ...... 294 Sintesi, p. 296 • Esercizi, p. 296
27 Economia e società nel Cinquecento Percorso breve
...................................................................................... 298
27.1 La crescita demografica e l’espansione dell’agricoltura ........................................................................ 299 27.2 La rivoluzione dei prezzi ................................................... 300 Aa Documenti Chi fu colpito dall’aumento dei prezzi? ......... 301
27.3 Le attività industriali e manifatturiere ................... 302 27.4 Un’economia-mondo? ........................................................ 303 27.5 Il pane e la carne. Il cambiamento del regime alimentare........................................................ 304 27.6 Poveri e mendicanti ............................................................. 305 Le vie della cittadinanza Poveri e povertà ieri e oggi...... 306 Sintesi, p. 307 • Esercizi, p. 307
Aa Documenti Le 95 tesi
Lo scambio colombiano .................................................................... 310 La distruzione della biodiversità americana di Alfred W. Crosby ...................................................................... 310 L’assimilazione del diverso di Massimo Montanari ............................................................... 311
317
28.4 Rivolta dei cavalieri e “guerra dei contadini”............. 319 Aa Documenti I “dodici articoli” dei contadini tedeschi ..................................................................... 319
28.5 La Riforma si diffonde. Il calvinismo ...................... 321 28.6 Governanti e sudditi. Le idee di Lutero e Calvino ....................................................................................... 322 28.7 La Chiesa anglicana ............................................................. 323 I modi della storia Come la Riforma protestante influenzò le arti.................................................................................... 324 Sintesi, p. 325 • Esercizi, p. 325
29 Carlo V e il sogno
dell’impero universale
Percorso breve
...................................................................................... 329
29.1 L’impero di Carlo V d’Asburgo ..................................... 330 29.2 Un impero difficile da gestire ....................................... 331 29.3 Le guerre italiane tra Carlo V e Francesco I ...... 332 I luoghi della storia Roma saccheggiata ......................... 332 29.4 La rinuncia al sogno: l’abdicazione di Carlo V e la divisione dell’Impero ................................................. 334 Aa Documenti Il «principe cristiano» nelle istruzioni di Carlo V al figlio Filippo.............................................................. 334 Sintesi, p. 336 • Esercizi, p. 336
30 Riforma cattolica e Controriforma Percorso breve
La discussione storiografica
..................................................................
...................................................................................... 339
30.1 Una Chiesa da rinnovare .................................................. 340 30.2 Il concilio di Trento, una riconciliazione mancata.......................................... 341 I modi della storia Come la Riforma cattolica influenzò le arti.................................................................................... 342 30.3 Nuovi ordini religiosi ........................................................... 343 30.4 Attività missionaria all’estero. Attività repressiva in Europa.......................................... 344 Le vie della cittadinanza Libertà di stampa .................. 344
Modulo 7
Cristianità divisa
28 La Riforma protestante Percorso breve
...................................................................................... 314
28.1 I mali della Chiesa romana............................................. 315 28.2 Il dissenso di Martin Lutero ........................................... 316 28.3 La questione delle indulgenze e le 95 tesi di Wittenberg ................................................ 317
Sintesi, p. 346 • Esercizi, p. 346
31 Intolleranza e guerre di religione Percorso breve
...................................................................................... 349
31.1 Le guerre di religione in Germania e in Francia................................................................................. 350 Aa Documenti Difesa dell’editto di Nantes............................ 351
31.2 Intolleranza verso tutti i “diversi” .............................. 352 31.3 I primi “ghetti” per gli ebrei ........................................... 353
Indice del volume Le vie della cittadinanza Tolleranza e intolleranza ieri e oggi ................................................................................................. 353 31.4 Cultura popolare e cultura ecclesiastica. La caccia alle “streghe” .................................................... 354 I tempi della storia Streghe e stregoni ............................. 355 Sintesi, p. 356 • Esercizi, p. 356
Lavorare per la gloria di Dio di Max Weber
..........
358
Capitalismo mercantile di Lars Magnusson
............
359
Europa che cambia (1550-1650)
Sintesi, p. 385 • Esercizi, p. 385
Percorso breve
...................................................................................... 389
34.1 Il ristagno della vita economica .................................. 390 34.2 Una società squilibrata: l’Italia dei privilegiati e degli sfruttati ..................................... 391 34.3 Il ritorno della peste. Disagi, povertà, sommosse ................................................................................ 392 34.4 Gli Stati italiani indipendenti ........................................ 393 I modi della storia Fra storia e biologia: gli uomini e la peste......................................................................... 394 34.5 Distinzioni sociali e divisioni urbane
...................... 395
Aa Documenti Come usare le posate ........................................ 396
34.6 La cultura italiana ed europea del Seicento. Il Barocco ................................................................................... 397
32 La Spagna di Filippo II
e l’Inghilterra di Elisabetta I ...................................................................................... 362
32.1 La monarchia spagnola domina l’Europa............. 363 I luoghi della storia Il palazzo-monastero dell’Escorial, centro del potere di Filippo II ..................... 364 32.2 L’indipendenza dei Paesi Bassi
33.6 Crescita e consolidamento dell’Inghilterra ........... 384
un lungo periodo di crisi
Il calvinismo, l’etica del lavoro, lo sviluppo del capitalismo ........................................................................................ 358
Percorso breve
I luoghi della storia Amsterdam, crocevia di commerci e di idee ...................................................................... 382
34 L’Italia spagnola:
La discussione storiografica
Modulo 8
XIII
.................................. 365
I tempi della storia Un’arte nuova per la borghesia olandese ........................................................... 366 32.3 L’Inghilterra elisabettiana ............................................... 367
Le vie della cittadinanza Il privilegio di imparare....... 398 Sintesi, p. 399 • Esercizi, p. 399
35 Nascita della scienza moderna Percorso breve
...................................................................................... 402
35.1 Teorie astronomiche rivoluzionarie.......................... 403 35.2 Galileo e il metodo scientifico ....................................... 404 I tempi della storia Un proverbio che non torna: il calendario gregoriano ................................................................ 404
I tempi della storia William Shakespeare e l’invenzione del teatro pubblico ........................................... 369
Aa Documenti La condanna di Galileo...................................... 405
32.4 Decadenza economica della Spagna ....................... 370
35.3 Nuove scoperte della fisica e della medicina .... 406
Sintesi, p. 371 • Esercizi, p. 371
Le vie della cittadinanza Ricerca e libertà ...................... 406
33 L’Europa fra crisi e sviluppo Percorso breve
...................................................................................... 374
33.1 La crisi del Seicento in Italia e in Spagna ............ 375 33.2 La guerra dei Trent’anni (1618-48) e la crisi della Germania ........................................................................ 376
35.4 Scienza, tecnica, filosofia ................................................. 408 Sintesi, p. 409 • Esercizi, p. 409 La discussione storiografica
La rivoluzione scientifica ................................................................ 412 Il riscatto delle “arti meccaniche” di Paolo Rossi
.....
412
Aa Documenti Scorrerie e devastazioni nella Germania in guerra ............................................................. 376
Studio della natura e linguaggio matematico di Steven Shapin ................................................................................ 413
33.3 L’intervento della Francia, la fine della guerra e le sue conseguenze ........................... 378 33.4 Il secolo d’oro dell’Olanda ............................................... 380 33.5 La costruzione dell’impero coloniale olandese ....... 381
Indice Memo e Parole ............................................................................. 414 Indice dei nomi ........................................................................................... 415
Dal Medioevo al Seicento
L’Europa feudale
Modulo 1 L’Europa feudale
Modulo 1
2
L’Europa Capitolo 1
Il sistema feudale Nei secoli centrali del Medioevo si affermò in Europa un particolare ordinamento politico, chiamato dagli storici “feudalesimo” o “sistema feudale”, che affondava le radici nell’età di Carlo Magno (IX secolo) e si sviluppò pienamente nei secoli successivi. Il sistema feudale spesso è ritenuto responsabile del particolarismo e della frammentazione politica medievale. In realtà esso costituì, dopo la dissoluzione dell’Impero carolingio e il sopravvento, nel X secolo, degli interessi e delle forze locali, un principio di ordine e di coordinamento tra queste forze, e infine anche, in certi paesi europei, lo strumento che consentì di costruire le prime monarchie centralizzate.
Capitolo 2
Economia e società nell’Europa feudale Contadini, guerrieri, sacerdoti La base dell‘economia medievale erano l’agricoltura e le grandi proprietà terriere, le cosiddette curtes, appartenenti ai re, ai nobili e al clero. All’interno delle curtes erano impiegati contadini e artigiani che con il loro lavoro garantivano al sistema un certo margine di autosufficienza (ma anche un regolare rapporto con il mercato). L’organizzazione sociale di cui questo sistema economico era espressione trovò una sua giustificazione teorica tra X e XI secolo, quando si diffuse l’idea che la società fosse composta, per volere divino, da tre categorie o “ordini” di persone: i contadini, i guerrieri e i sacerdoti. Fu questo il modello ideale (lo “specchio”, come l’ha chiamato lo storico francese Georges Duby) della società feudale, che si stava affermando come nuova organizzazione dei rapporti fra gli uomini. Anche se corrispondeva solo in parte alla realtà (in particolare, questo schema lasciava fuori la società cittadina) esso conobbe un notevole successo e caratterizzò a lungo la cultura europea.
Capitolo 1 Il sistema feudale
3
a feudale Capitolo 3
Lo scontro tra Impero e Papato La lotta per le investiture
Dopo il crollo della dinastia carolingia, la figura dell’imperatore (restaurata in Occidente da Carlo Magno) per quasi un secolo fu oscurata dall’emergere dei poteri locali. Nella seconda metà del X secolo una nuova dinastia, quella di Sassonia, ridiede forza e prestigio al titolo imperiale, ponendo sotto il proprio controllo anche la Chiesa. In questo modo si posero le premesse dello scontro fra i due massimi poteri dell’epoca, quello dell’imperatore e quello del papa. A metà dell’XI secolo si verificò un grande cambiamento nella storia della Chiesa. Dopo le vicende che nei decenni precedenti l’avevano portata a uno stato di soggezione al potere imperiale, un ampio movimento di riforma, sostenuto da alcuni pontefici di grande energia, portò a uno scontro violento con gli imperatori e finì per ribaltare gli equilibri esistenti.
Capitolo 4
Le monarchie feudali Il sistema feudale fu caratteristico dell’Europa nei secoli centrali del Medioevo e in vari casi si conservò fino all’età moderna. Fu proprio sulla base di questo sistema che, in certi paesi, i sovrani riuscirono a superare la frammentazione del potere creatasi nel corso del X secolo. Presero forma in tal modo (in Francia, in Inghilterra, nella penisola iberica, nell’Italia meridionale) le monarchie feudali, primo abbozzo di costruzione dei maggiori Stati europei.
Capitolo 5
L’islam, l’Impero bizantino, le crociate Dopo il crollo dell’Impero romano nel 476, la sua parte orientale continuò a esistere ancora per un millennio e attraversò diverse fasi, dapprima tentando di recuperare le regioni occidentali, poi rinchiudendosi in una dimensione più ristretta, indi nuovamente espandendosi, all’epoca della dinastia macedone (IX-XI sec.). Nell’XI secolo la distanza che si era creata tra l’Occidente europeo e l’Oriente bizantino sfociò nella separazione tra la Chiesa ortodossa e quella cattolica. Poco dopo, l’attacco che i turchi selgiùchidi sferrarono contro i Luoghi Santi della Palestina, in cui era nato e vissuto Gesù, spinse le potenze feudali europee a intervenire. Otto spedizioni di questo genere (che furono dette “crociate” perché i partecipanti si fregiavano con il simbolo della croce) si svolsero nel giro di due secoli, intrecciando le motivazioni religiose con altre di natura politica, sociale ed economica.
Modulo 1 L’Europa feudale
1 Il sistema
Capitolo
4
feudale
Percorso breve Carlo Magno nel IX secolo instaurò la pratica del “vassallaggio”, che legava al re con un rapporto di fedeltà personale i funzionari dell’impero, conti e marchesi che governavano i distretti locali; in cambio essi ricevevano in concessione un territorio (“beneficio” o “feudo”) e i redditi che ne derivavano. Con il progressivo venir meno dell’autorità dei sovrani, i feudi diventarono ereditari e così pure le cariche pubbliche, e le famiglie dei funzionari si trasformarono in vere dinastie. Il principio dell’ereditarietà, ammesso nell’877 da Carlo il Calvo per i funzionari maggiori, fu esteso nel 1037 dall’imperatore Corrado II a tutti i feudi. Nel frattempo (tra IX e X secolo) l’Europa diventò preda di invasioni e scorrerie provenienti da sud (Saraceni), da nord (Normanni) e da est (Ungari). La scarsa efficienza del potere centrale e poi, nell’888, il crollo dell’impero lasciarono la responsabilità della difesa ai potenti locali, che, in completa autonomia e senza alcuna licenza da
Atto di vassallaggio, XIII sec.
parte del re, costruirono castelli per proteggere la popolazione contadina (e al tempo stesso ridurla sotto il proprio controllo). Nel corso del X secolo, terminate le scorrerie degli invasori, i sovrani riconobbero lo stato di fatto: i rapporti di fedeltà e di vassallaggio furono applicati anche ai potenti locali, a cui furono delegate le funzioni pubbliche e l’amministrazione della giustizia nei singoli territori. Altri rapporti di vassallaggio furono creati non direttamente col re, ma fra i castellani e i funzionari provinciali (conti, marchesi), o fra castellani di diverso livello e prestigio. Si costruì in questo modo una rete di rapporti feudali su cui, nei secoli successivi, si organizzò il sistema politico e sociale europeo.
Capitolo 1 Il sistema feudale
5
1.1 Vassallaggio e beneficio nell’Europa carolingia Caratteri dell’Impero carolingio Il 25 dicembre dell’anno 800 il re dei Franchi Carlo Magno (771-814) fu incoronato imperatore dal papa Leone III (795-816). Si concluse in tal modo una vicenda politica e militare che a poco a poco aveva portato sotto il controllo di quel sovrano gran parte dell’Occidente europeo, dove il titolo imperiale mancava da più di tre secoli, da quando cioè era crollato (nel 476) l’Impero romano d’Occidente. L’Impero carolingio fu assai diverso da quello romano, anche se idealmente si proponeva come suo continuatore: diversi erano i popoli che lo costituivano (in gran parte di ceppo germanico), diversa la sua collocazione geografica, non più al centro del Mediterraneo bensì al centro del continente europeo, che proprio allora cominciò ad assumere una propria identità culturale e politica. Conti, vescovi e marchesi Carlo Magno suddivise l’impero in circa 230 province e ne affidò i governi a persone di sua fiducia, chiamate conti (dal latino comes, ‘compagno’); contee (dal latino comitatus) furono chiamate le terre poste sotto il loro controllo. Oltre al conte, anche il vescovo concorreva all’opera di amministrazione del governo e della giustizia. La commistione fra politica e religione fu tipica del Medioevo e all’epoca di Carlo Magno fu strettissima: l’imperatore si occupava da vicino di questioni dottrinali, di organizzazione ecclesiastica e monastica; vescovi e abati si occupavano direttamente dell’attività di governo e non di rado partecipavano in prima persona all’attività militare. Nelle zone di frontiera, dove c’erano speciali esigenze di difesa, furono create circoscrizioni più ampie, governate da un fiduciario di grado superiore al conte, il marchese o margravio (dal germanico Markgraf, ‘conte della marca’), da cui derivò il nome di marca dato a questi territori. In Italia furono create la marca del Friuli e quella di Ivrea, oltre a numerose contee. I conti e i marchesi avevano poteri civili e militari, che esercitavano non a titolo personale ma per conto dell’imperatore: riscuotevano i tributi, amministravano la giustizia, arruolavano truppe per le guerre del sovrano. Il rapporto vassallatico Conti e marchesi spesso erano legati al re anche da uno stretto legame personale, il vassallaggio (da gwas, termine di derivazione celtica che in origine designava i servitori); esso implicava l’omaggio, un giuramento di fedeltà personale del “vassallo” nei confronti del re, che lo ricambiava con la sua protezione. Come compenso per gli impegni di governo che si assumeva per conto del re, i conti e i marchesi non ricevevano uno stipendio, ma, perlopiù, il possesso di un territorio rurale di cui potevano godere i frutti (parte dei prodotti agricoli e dei servizi prestati dai contadini). I beni concessi erano detti beneficio (dal latino beneficium), espressione che nel X secolo fu sostituita da feudo, un termine di origine franca. Questi beni potevano ritornare al sovrano in caso di tradimento o di mancata osservanza dei propri doveri; altrimenti rimanevano loro possesso per tutta la vita. Anche le alte gerarchie ecclesiastiche furono inserite a pieno titolo in questo sistema: vescovi e abati furono legati al re da vincoli di vassallaggio e dotati, spesso, di una speMemo
I Franchi I Franchi erano un insieme di tribù germaniche che tra IV e V secolo si stanziarono nei territori dell’Impero romano lungo il medio e basso corso del Reno. Nel giro di pochi decenni essi diedero vita a una solida e potente monarchia che si affermò in Europa tra il VII e il IX secolo, imponendosi nelle regioni a cavallo fra le attuali Francia e Germania.
L’Impero romano d’Occidente La crisi interna che caratterizzò le ultime fasi dell’Impero romano culminò con la sua divisione in due parti, orientale e occidentale, sancita sul finire del IV secolo dall’imperatore Teodosio (379-395). Nello stesso tempo era aumentata la pressione delle popolazioni germaniche (specialmente Unni, Vandali e Goti), che lentamente riuscirono
a penetrare nei confini dell’Impero e lo travolsero nella sua parte occidentale, che comprendeva gli attuali territori africani dalla Libia al Marocco e le regioni europee centro-occidentali, dalla penisola iberica fino al fiume Drina nella penisola balcanica. L’atto ufficiale della caduta dell’Impero romano d’Occidente è considerato la deposizione dell’imperatore Romolo Augustolo (476) da parte del generale di stirpe germanica Odoacre (morto nel 493).
Busto-reliquiario di Carlo Magno, XIV sec. [Tesoro del Duomo, Aquisgrana]
Il tentativo di ricostituire l’Impero romano, caduto in Occidente tre secoli prima, fu il pensiero principale di Carlo Magno. Il nuovo Impero romano, però, gravitò attorno all’Europa continentale piuttosto che al Mediterraneo, come invece era accaduto per l’Impero romano. Il reliquiario, in oro e pietre preziose, conserva le spoglie dell’imperatore che fu sepolto nella cripta palatina ad Aquisgrana, appositamente costruita.
6
Modulo 1 L’Europa feudale I confini dell’Impero carolingio
MARE DEL NORD
Brema
FRISIA
SASSONIA Colonia Aquisgrana FRANCIA
TURINGIA Fulda SIA TRA Würzburg AU S
Magonza
Reims NEUSTRIA Treviri MARCA Metz Parigi Lorsch Ratisbona DI Rennes Strasburgo BAVIERA BRETAGNA ALEMANNIA Tours Salisburgo BORGOGNA San Gallo Poitiers CARINZI A REZIA Coira
o
AQUITANIA
GUASCOGNA
Tolosa SETTIMANIA
MARCA DI
Lione
REGNO LONGOBARDO Milano Venezia Pavia
PROVENZA Arles
STATO DELLA Spoleto CHIESA DUCATO DI SPOLETO Roma Benevento DUCAT O Napoli DI BENEVENTO
Nizza
SPAGNA
O
Barcellona
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Regno franco nel 771 Conquiste di Carlo Magno Aree di influenza dell’Impero carolingio
ME D
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I tempi della storia Il Medioevo “Medioevo” letteralmente significa ‘età di mezzo’ ed è un’espressione inventata dai letterati del XV secolo per indicare un periodo di passaggio, una specie di parentesi della storia fra due epoche di grande civiltà: quella greco-romana, definita “classica”, e quella dell’Umanesimo che, ispirandosi appunto alle idee artistiche della classicità, si propose di riprenderle e di riportarle a nuova vita. La parola “Medioevo” nacque dunque con un intento dispregiativo: non per capire e descrivere un’epoca, ma per designare una “assenza” di civiltà. Il Medioevo fu precisato nei suoi contorni cronologici dai manuali scolastici dell’età moderna e fu fatto coincidere con il millennio successivo alla caduta dell’Impero
romano d’Occidente. Se il 476 è la data convenzionale del suo inizio, il termine è fissato da alcuni nel 1454 (caduta dell’Impero d’Oriente), da altri nel 1492 (scoperta dell’America e cambiamento degli orizzonti geografici e politici). Ma questi mille anni – come vedremo nelle pagine di questo libro – non sono affatto un vuoto o una parentesi della storia: al contrario, sono ricchi di esperienze, di invenzioni, di novità. Sono, fra l’altro, il periodo in cui prende forma la civiltà europea: i popoli, le lingue, le culture, le istituzioni, i modi di vita che ancora oggi caratterizzano questa regione del mondo. Il significato negativo della parola “Medioevo” e dell’aggettivo “medievale” per-
dura ancora oggi, nel linguaggio giornalistico e nel parlare comune. Ma può capitare che il significato si rovesci: il Medioevo può essere evocato come età di grandi suggestioni e di affascinanti costumi. Anche questa è un’immagine distorta: se il Medioevo “nero” fu inventato nel XV secolo, quello “rosa” nacque nel XIX secolo dalla fantasia di artisti, scrittori e poeti di cultura romantica. La cosa migliore da fare è svuotare la parola di significato, intendendo il “Medioevo” semplicemente come un’epoca fra le tante, come un “contenitore” di avvenimenti, positivi e negativi, quali sempre accadono, in ogni periodo e in ogni giorno della storia.
Regno Conqu Aree dell’Im
Capitolo 1 Il sistema feudale ciale prerogativa, detta immunità, che garantiva a chiese e monasteri l’autonomia nella riscossione delle tasse, nell’amministrazione della giustizia e perfino nel reclutamento dell’esercito, sottraendo di fatto il loro territorio al controllo dei funzionari pubblici. Il vincolo feudale era concepito come rapporto esclusivo fra due persone, legate da un obbligo di aiuto reciproco: fedeltà in cambio di protezione. Se eventualmente capitava che il vassallo di un re a sua volta stipulasse un patto di vassallaggio con un’altra persona, diventando suo senior o ‘signore’, il nuovo rapporto rimaneva un affare tra loro due e non interferiva con quello già esistente. Perciò si usava dire che «il vassallo del mio vassallo non è mio vassallo». Solo in epoca successiva, come vedremo, la situazione si complicò, con il moltiplicarsi e il sovrapporsi degli omaggi e, infine, il loro intrecciarsi in una struttura unitaria di tipo piramidale [ 1.5], inizialmente estranea al sistema.
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Cavalieri all’attacco, inizio XI sec. [ms. Casin. 132, f. 476; Abbazia di Montecassino]
La miniatura qui riprodotta, tratta da un manoscritto risalente all'inizio dell’XI secolo, rappresenta un gruppo di cavalieri franchi armati di corazza, elmo, lancia e spada, gli attributi tipici dell’esercito feudale. L’ereditarietà dei feudi maggiori conferì forza e potere insospettati ai nuovi feudatari i quali, in virtù del beneficio ricevuto, erano in grado di armare se stessi e i loro “famigli” (tutti i componenti della casata) e, di conseguenza, potevano dedicarsi in maniera esclusiva alla guerra.
1.2 I feudi verso l’ereditarietà Passaggi di potere: dal re al vassallo Il complesso sistema politico messo in opera da Carlo Magno per un certo tempo funzionò, ma dopo la sua morte (nell’814) e quella di suo figlio Ludovico il Pio (imperatore dall’814 all’840) l’impero fu spartito tra diversi eredi. Il prestigio dei sovrani a poco a poco decadde e ciò compromise la loro capacità di controllare i funzionari periferici, che concentrarono nelle proprie mani gran parte del potere effettivo. Le cariche di conte e di marchese cominciarono a diventare ereditarie e in tal modo si indebolì il legame personale tra il funzionario e il re; le famiglie che detenevano le cariche pubbliche si trasformarono in vere e proprie dinastie e radicarono il loro potere nella regione in cui governavano. Parallelamente, anche i benefici o feudi tendevano a diventare ereditari, ossia a trasformarsi da concessione temporanea in possesso stabile della famiglia che li deteneva. Il capitolare di Quierzy Nell’anno 877, una disposizione legislativa (“capitolare”) dell’imperatore Carlo il Calvo (875-877), emanata a Quierzy nella Francia settentrionale, decretò per la prima volta il principio dell’ereditarietà per i “feudi maggiori”, quelli concessi direttamente dal sovrano. Si trattava in realtà di una norma transitoria, dettata mentre l’imperatore era in partenza per una spedizione militare: se un conte fosse morto durante l’assenza del re, le sue funzioni dovevano provvisoriamente essere assunte dal figlio, o dal parente più prossimo. Di fatto, però, il capitolare fu interpretato dall’alta aristocrazia come una legittimazione a trasmettere ereditariamente i benefici feudali. Una concessione del genere fu l’evidente segnale della perdita di autorità del potere centrale e provocò l’ulteriore frazionamento territoriale dell’impero. La posizione sociale e politica dei signori locali invece ne uscì rafforzata, tanto che essi iniziarono, in maniera sempre più intraprendente, a sostituirsi al sovrano nell’esercizio delle funzioni pubbliche. A consolidare questo stato di cose contribuì in modo decisivo la minaccia sempre più insistente di aggressioni esterne che già dalla fine del IX secolo incombeva sull’Europa carolingia.
Un signore e il suo vassallo, XII sec. [dal Liber Feudorum Maior; Archivio de la Corona de Aragón, Barcellona]
In questa miniatura il gesto del vassallo di porre le proprie mani tra quelle del suo signore esplicita, a pieno, il rapporto di fedeltà personale del primo verso il secondo; il vassallo pone la sua vita nelle mani del suo signore mentre quest’ultimo accoglie nella sua “casa” il nuovo membro proteggendolo grazie alla sua autorità. In cambio della sua fedeltà, che veniva ufficializzata grazie a una specifica e codificata cerimonia (l’addobbamento), il vassallo riceveva un beneficio che lo rendeva autosufficiente e in grado di armarsi ed equipaggiarsi. L’idea di legare un gruppo di guerrieri al re, grazie al dono di appezzamenti di terra, di fatto, diede l’impulso decisivo alla nascita del feudalesimo medievale.
Modulo 1 L’Europa feudale
1.3 L’Europa invasa
Tra il VII e l’VIII secolo nella penisola arabica si sviluppò una nuova fede religiosa, chiamata islam, che in arabo significa ‘sottomissione’ e indica il rapporto di totale obbedienza che Allah, il Dio, richiede al fedele. L’islam riuscì a unire le sparse tribù nomadi degli arabi e ne fece un solo popolo, che, nello spazio di pochi decenni, si diffuse e conquistò ampi territori, estesi dalla Persia all’Atlantico.
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Saraceni Da sud vennero i Saraceni (nome col quale gli europei indicavano le popoAmburgo Londra Brema Colonia lazioni islamizzate del Nord Africa). Non si trattava, come nei primi decenni Gand della storia R Arras dell’islam, di espansioni sistematiche verso l’Europa, ma di incursioni e atti diTreviri pirateria D Parigi Orléans dovuti all’iniziativa di singoli gruppi, muovendo dalle basi che a poco a Reims poco erano Danubio FRANCIA state stabilite sulle coste spagnole, francesi, italiane. In questo modo avvenne anche Lechfeld 955 Bordeaux la conquista della Sicilia, iniziata nell’827 per opera di musulmani venuti dall’Africa Ungari Tolosa settentrionale e proseguita poi per oltre un cinquantennio. Dalle basi costiere Pisa Arlesi SaraceNîmes ni si inoltravano lungo le coste e nell’interno, saccheggiando gioielli Frassineto e metalli preziosi EMIRATO DI CORDOVA e sequestrando uomini e donne, che poi venivano venduti come schiavi nelRoma mondo Cordova Bari islamico. Le città della Calabria, della Puglia e della Campania subirono più volte le I IMPE Taranto R A E BAL loro razzie; la stessa Roma fu attaccata (Sacco di Roma, 846). In Provenza, nella zona di Otranto R Frassineto (presso l’attuale Saint-Tropez), i Saraceni insediarono una base fortificata, Saraceni piemontese. punto di partenza per numerose incursioni nelle valli alpine e nella pianura MAR MEDITERRANEO Particolarmente colpite furono le grandi abbazie, che custodivano ricchezze di grande valore: San Vincenzo al Volturno, Montecassino e Farfa nell’Italia meridionale, la Novalesa e San Gallo nell’area alpina e nell’odierna Svizzera.
Le invasioni del IX-X sec. ISLANDA
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OCEANO ATLANTICO
Confini dell’Occidente cristiano all’inizio delle invasioni Attacchi saraceni Direzioni delle incursioni ungare Rotte dei Normanni Battaglie
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Tra il IX e il X secolo l’Europa fu interessata dall’ultima ondata migratoria di popoli semi nomadi.
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La fine dell’Impero carolingio Il processo di indebolimento del potere centrale si accelerò dopo l’888, anno in cui (con la morte dell’ultimo erede, Carlo il Grosso, che regnò FAERÖER come imperatore dall’881 all’887) la discendenza diretta di Carlo Magno si estinse e l’Impero carolingio si dissolse. Si aprì un periodo assai OCEANO difficile per l’Europa occidentaSHETLAND ATLANTICO le che, priva di una salda organizzazione politica e di effi caci difese militari, proprio in quei decenni (fine IX secolo - inizi X) fu attaccata da diverse popolazioni, che percorsero le campagne del continente saccheggiando e devastando: fu una nuova ondata di inMARE vasioni, dopo quelle che nel IV-V secolo avevano accompagnato dell’Impero IRLANDAla caduta DEL NORD Dublino romano d’Occidente.
BRITANNIA
8
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MAR MEDITERRANEO
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Capitolo 1 Il sistema feudale Normanni Da nord giunsero popolazioni di ceppo germanico, provenienti dalla Scandinavia (attuali Svezia, Norvegia, Danimarca). I documenti occidentali li chiamano Normanni ossia ‘Uomini del nord’; quelli di area inglese Vichinghi; quelli dell’Europa orientale Variaghi. Le loro incursioni si estesero fino alle rive dell’Atlantico e del Mediterraneo, raggiungendo (seconda metà del IX secolo) la Spagna meridionale e la Catalogna, le isole Baleari, la bassa Provenza, la Toscana (Luni e Pisa). Navigatori abilissimi, i Normanni risalivano i fiumi con i loro battelli affusolati e depredavano città e villaggi, devastando e uccidendo. Diedero vita anche a stanziamenti duraturi, lungo le coste del Mare del Nord e nelle isole britanniche. Alcuni Vichinghi si spinsero fino all’Islanda, alla Groenlandia e alla leggendaria “Vinland”, probabilmente il Labrador, nell’America settentrionale (che, dunque, essi raggiunsero molti secoli prima di Cristoforo Colombo). Gruppi di Variaghi, scesi lungo il Volga e altri fiumi, diedero vita al Principato di Kiev e giunsero fin quasi a Bisanzio. Particolarmente significativa per la storia europea fu l’occupazione, da parte di un gruppo di Normanni, della regione che fronteggia l’Inghilterra sulla Manica, dove essi si insediarono stabilmente: il luogo, da loro, prese il nome di Normandia, che porta tuttora. Qui si convertirono al cattolicesimo e adottarono la lingua e i modi di vivere dei Franchi. Nel 911 il loro capo, Rollone, si fece vassallo del re di Francia e ne ottenne il titolo di duca (che dopo la sua morte, avvenuta nel 931, passò ai suoi eredi). Dalla Normandia sarebbero partite, nel secolo successivo, fortunate spedizioni militari verso nord (Inghilterra) e verso sud (Italia meridionale). Ungari Da est vennero le incursioni degli Ungari, nomadi di stirpe mongola sospinti verso Occidente dai movimenti di altre popolazioni asiatiche. Valicati i Carpazi, essi si stabilirono nelle pianure danubiane, occupando quella che un tempo era stata la Pannonia romana e che da loro, poi, avrebbe preso il nome di Ungheria. Abilissimi cavalieri (l’allevamento dei cavalli era la loro principale attività) dediti all’economia di rapina, gli Ungari lanciarono decine di scorrerie nei paesi dell’Occidente europeo, specialmente contro le campagne e i monasteri, in Germania, in Gallia – dove raggiunsero i dintorni di Parigi –, nella Pianura Padana e nell’Italia del sud fino a Otranto, in Puglia. Gli Ungari di solito evitavano di attaccare i centri urbani, difesi da una cerchia di mura; tuttavia nel 924 una loro incursione portò all’assedio e all’incendio di Pavia. Il terrore si diffuse tra la popolazione e la parola “ungaro”, corrotta in “orco”, diventò sinonimo di paura nelle leggende e nelle fiabe popolari. L’espansione degli Slavi A premere lungo il fronte orientale dell’Europa non furono solo gli Ungari ma anche altre popolazioni. Nell’Est europeo, infatti, continuava l’espansione degli Slavi, iniziata già nel V-VI secolo. Essa conservò la sua caratteristica originaria di stanziamento silenzioso: al di fuori di ogni inquadramento politico e militare, queste popolazioni di agricoltori si organizzavano in piccoli gruppi tribali e comunità di villaggio. A poco a poco si delinearono tre gruppi principali di popolazioni: gli Slavi orientali (da cui scaturirono russi e ucraini), gli Slavi occidentali (polacchi, sorabi, cechi, slovacchi) e gli Slavi meridionali (sloveni, croati, serbi, stanziati nei territori balcanici). Solo lentamente questi gruppi cominciarono ad aggregarsi in organismi politici territoriali: tra X e XI secolo ebbero origine i Regni di Bulgaria, Serbia, Polonia. In quello stesso periodo gli Slavi furono convertiti al cristianesimo da missionari bizantini o franco-occidentali. I fratelli Cirillo (827-869) e Metodio (815-885) furono inviati in missione dall’imperatore di Bisanzio e tradussero la Bibbia in slavo, elaborando un nuovo alfabeto derivato dal greco chiamato poi “cirillico”: grazie alla loro opera i serbi e i bulgari – come più tardi i russi – entrarono nell’orbita culturale e politica di Bisanzio. Gli Slavi occidentali furono invece cristianizzati da missionari inviati della Chiesa romana.
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Saraceno a cavallo, XIII sec. L’affresco rappresenta un moro armato alla maniera tipica di un cavaliere occidentale, impegnato in un duello con lancia in resta. Tra le popolazioni di razziatori i saraceni furono i più temibili. Partendo dalle coste dell’Africa settentrionale con le loro navi veloci batterono ripetutamente le coste meridionali dell’Europa. Nel IX secolo riuscirono anche a creare degli emirati in alcune città pugliesi come Bari e Taranto.
Cavaliere dell’Est europeo, IX sec. [Tesoro di Nagy Szent Miklos, Museo Nazionale di Storia, Sofia]
Guerriero ungaro o bulgaro di ritorno da una razzia che porta con sé un prigioniero, bottino di guerra che finirà al mercato di schiavi. Allevatori di cavalli e nomadi per tradizione, gli Ungari erano dei formidabili incursori.
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Modulo 1 L’Europa feudale
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Area di origine degli Slavi e direttrici di espansione (V-VIII secolo) Espansione degli Slavi (IX-X secolo)
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1.4 Come difendersi? L’Europa si copre di castelli L’incastellamento Di fronte agli invasori che da ogni parte colpivano l’Europa, le autorità statali (re, conti, marchesi) si mostrarono incapaci di difendere le popolazioni. Gli eserciti erano lenti a riunirsi e inadatti a rapidi spostamenti per la pesantezza dell’armamento; non potevano accorrere tempestivamente e opporsi alle scorrerie degli Ungari o dei Saraceni, che piombavano veloci, quasi improvvisi, e dopo i saccheggi altrettanto velocemente ripartivano. In conseguenza di ciò, incominciarono a organizzarsi difese su base locale, per iniziativa dei maggiori proprietari terrieri, di solito piccoli nobili privi di titoli e di funzioni pubbliche. Senza alcuna autorizzazione né del re né del conte, questi nobili locali costruirono castelli Area di origine degli Slavi e fortificazioni, centri di difesa intorno a cui si strinsero le popoe lazioni direttriciin di espansione cerca di sicurezza. (V-VIII secolo) Espansione degli Slavi (IX-X secolo)
Ricostruzione di un castello medievale [disegno di A. Baldanzi]
Nel disegno ricostruttivo si può chiaramente vedere il “mastio” o dongione, che era la residenza del signore e della sua famiglia, e i numerosi altri edifici adibiti a laboratori artigianali o magazzini. Le alte mura circondavano e difendevano gli edifici e la torre principale ovvero l’abitazione del signore.
Capitolo 1 Il sistema feudale
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I castelli si diffusero su tutto il territorio europeo, tanto da diventare quasi il simbolo di un’epoca, l’edificio più caratteristico del Medioevo. Questo fenomeno è noto col nome di incastellamento e si verificò in ogni parte dell’Italia e dell’Europa; non si trattò solo di un fenomeno politico-militare, ma ebbe importanti ripercussioni anche sul piano sociale ed economico, creando un particolare tipo di legame tra i signori dei castelli e quanti si rifugiavano presso di loro in cerca di soccorso.
Il castello Il castello di solito sorgeva in posizione adatta alla difesa: un’altura, l’ansa di un fiume, l’orlo di un dirupo; spesso veniva circondato da fossati profondi, colmi d’acqua. I primi castelli furono costruiti in legno, con grossi tronchi d’albero e circondati di palizzate. In seguito (a iniziare dall’XI secolo) furono costruiti ancora più solidamente, con pietre e mattoni, e di maggiori dimensioni; avevano torri, mura merlate, magazzini, stalle, depositi e tutto quanto occorreva per ospitare, oltre alla famiglia del signore, anche le persone di servizio e, in caso di emergenza, i contadini dei dintorni e il loro bestiame. Solidi e abbastanza sicuri contro i pericoli esterni, i castelli erano scarsamente accoglienti come dimore. Poche e strette le finestre, e prive di vetri; muri grezzi senza intonaco; arredamento ridotto all’essenziale: qualche tavolo, poche panche e alcuni letti, semplici cassoni pieni di paglia ricoperta da un panno. Una certa evoluzione si ebbe a iniziare dal XII secolo, epoca in cui queste costruzioni si abbellirono e si avviarono a diventare luoghi più confortevoli e ospitali.
1.5 Lo sviluppo dei poteri locali Il potere dei signori sui contadini Il castello, pur essendo una costruzione nata per scopi difensivi e militari, servì anche e soprattutto per esercitare il potere sugli uomini e controllare il territorio. I signori locali promettevano protezione ai contadini dei dintorni, ma in cambio esigevano sottomissione e ubbidienza. Gran parte dei contadini, in questo modo, si ritrovò in una situazione di forte dipendenza, che diventava particolarmente evidente quando il villaggio rurale si concentrava presso le mura del castello, o addirittura dentro di esse.
Castello Gaillard, XII sec. [Normandia (Francia)]
Fortezza sulla Senna eretta da Riccardo Cuor di Leone. La frammentazione politico-territoriale in epoca medievale è ben documentata dai numerosi castelli che punteggiano l’Europa occidentale. Le fortezze feudali erano solitamente costruite sul fianco di un rilievo montuoso in posizione dominante rispetto alla valle sottostante. Questa posizione strategica consentiva una migliore capacità sia di difesa sia di controllo.
Aa Documenti Un castello del XII secolo Come si viveva nei più antichi castelli dell’Europa medievale? Informazioni abbastanza precise possiamo trovarle in una preziosa e rara testimonianza redatta alla fine del XII secolo dal cronista fiammingo Lamberto di Ardres che, con stupore e ammirazione, descrive il castello del suo signore, il conte di Guines e signore di Ardres (nelle Fiandre, Francia nord-occidentale). La dimora dei signori di Ardres, costruita secondo uno schema architettonico sempre più diffuso, si trovava nel torrione (l’elemento più importante e imponente del castello, chiamato anche “maschio”
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o “mastio”) e si sviluppava su tre piani: il primo era adibito a magazzino, con i ripostigli e le dispense; al secondo piano erano allestite le stanze private della famiglia, con al centro la camera da letto della coppia signorile e affianco la stanza dove dormivano i figli più piccoli con le loro balie; all’ultimo piano trovavano invece sistemazione i figli più grandi (maschi e femmine) con i soldati incaricati di proteggere l’intera fortezza. Un’ampia cucina, una loggia e una cappella completavano gli ambienti riservati alla vita domestica della famiglia aristocratica.
rnold di Ardres costruì una fortezza che, per le dimensioni e il materiale usato, superava tutti gli edifici della regione. Il pianterreno conteneva grandi casse, barili e altri utensili. Sopra c’erano le stanze di abitazione, con la grande camera da letto nella quale dormivano il signore e sua moglie. Al centro della camera da letto c’era una stanzetta privata, dove all’alba o la sera, o durante le malattie, o quando c’era la necessità di cavare il sangue, o di scaldare le donne e i lattanti, avevano l’abitudine di accendere un fuoco. Accanto alla camera da letto del signore c’era un dormitorio per le serve e i bambini.
Attorno al cortile erano invece disposti gli altri spazi allestiti per soddisfare le esigenze delle guarnigioni e degli addetti al castello. Nella descrizione che Lamberto fa della dimora dei suoi signori è da notare il risalto dato ai luoghi dove la stirpe si perpetua e si rigenera (la camera da letto «nella quale dormivano il signore e sua moglie») e quelli dove si protegge e tutela il futuro della famiglia (gli ambienti per riscaldare e far riposare gli eredi appena nati), dimostrando così – per via indiretta – l’importanza che ebbe nel sistema feudale il concetto di stirpe e quello della sua continuazione.
Al piano superiore si trovavano i solai, nei quali da una parte dormivano i figli, dall’altra le figlie. Lì dormivano anche le guardie che avevano il compito di sorvegliare la casa. C’erano scale e passaggi dalla casa alla cucina, costruita a lato e alta due piani. Altre scale portavano dalla casa alla loggia, dove erano soliti star seduti a conversare, e dalla loggia all’oratorio. Sul cortile davano le stalle e i locali della guarnigione, con accanto cucine e officine. Lamberto di Ardres, Historia comitum Ghisnensium
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Modulo 1 L’Europa feudale La riscossione del pedaggio [Hofund Staatsarchiv, Vienna]
La miniatura raffigura il pagamento del pedaggio che i signori riscuotevano; il pedaggio era un’imposta già presente in epoca romana, e durante il Medioevo conobbe larga diffusione.
Talvolta il signore era anche proprietario delle terre lavorate dai contadini: in tal caso gli obblighi di natura privata (una parte del raccolto, servizi di lavoro, ecc.) si sommavano a quelli di natura pubblica, che il signore esercitava sul territorio circostante. Questi ultimi obblighi, detti bannali (da banno, ‘potere’, ‘comando’), consistevano nel combattere a difesa del signore, riparare e restaurare il castello quando necessario, pagare tributi per l’uso delle strade, dei ponti, dei mulini e di tutti gli altri servizi pubblici. L’importanza dei castelli come forma di controllo della popolazione rurale fu sicuramente superiore al loro ruolo difensivo nei confronti delle invasioni. Se, infatti, in tanti casi i castelli nacquero in occasione di un’emergenza militare, altre volte essi sorsero prima, o dopo, indipendentemente da quelle vicende.
Re e castellani I signori dei castelli, o castellani, acquistarono in breve tempo notevole autorità e prestigio. Arruolavano truppe, facevano la guerra, riscuotevano tributi, amministravano la giustizia, insomma esercitavano funzioni sovrane, quelle funzioni che teoricamente spettavano soltanto al re e ai suoi funzionari (conti e marchesi) ma che di fatto erano passate nelle loro mani. Cessato il pericolo delle invasioni, i poteri locali rimasero più che mai vivi e il potere regio non ebbe la forza di contrastarli o sopprimerli. Al sovrano non restò altra scelta che riconoscere ai castellani il diritto di esercitare quelle funzioni pubbliche di governo che di fatto avevano già cominciato a svolgere. I re, nel tentativo di legare in qualche modo a sé i signori locali, estesero anche a loro i vincoli di vassallaggio, compensandoli con la concessione di feudi. Altre volte furono i conti e i marchesi a collegare a sé questi signori locali con il vincolo della fedeltà personale. Altre volte ancora si instaurarono rapporti di fedeltà tra un castellano più forte e uno più debole, che accettava la “protezione” del primo garantendogli in cambio il proprio appoggio. Ereditarietà dei feudi minori Nel secolo XI si ammise che tutti i feudi, non solo quelli maggiori come deciso da Carlo il Calvo nell’877, fossero ereditari e potessero trasmettersi di padre in figlio: così fu stabilito dall’imperatore Corrado II (1027-39) nel 1037, con l’editto de beneficiis, ribattezzato in età moderna Constitutio de feudis. Questo nuovo uso del vassallaggio e del feudo, volto a coordinare fra di loro i vari poteri, applicando a tutti i signori, dai più grandi ai più piccoli, quello stesso tipo di rapporto con cui Carlo Magno aveva legato a sé i principali funzionari del regno, fu l’aspetto centrale di quello che fu poi definito “sistema feudale”.
Capitolo 1 Il sistema feudale
Sintesi
Il sistema feudale
Vassallaggio e beneficio nell’Europa carolingia Con l’incoronazione a imperatore di Carlo Magno (25 dicembre 800) nacque l’Impero carolingio. Per una maggiore gestibilità, Carlo Magno suddivise l’impero in circa 230 province che affidò a persone di sua fiducia, i conti (le terre poste sotto il loro controllo presero il nome di “contee”) e i marchesi. A questi ultimi venne affidato il governo di zone di frontiera con esigenze di difesa (le “marche”). Nei territori a loro affidati, i conti e i marchesi svolgevano, per conto dell’imperatore, compiti civili e militari: riscuotevano i tributi, amministravano la giustizia, arruolavano truppe. Come compenso, ricevevano il possesso di un territorio rurale di cui potevano godere i frutti, il beneficio (dal X secolo verrà chiamato “feudo”). Il re e i suoi fiduciari erano legati dal vincolo del “vassallaggio”, un obbligo di aiuto reciproco: fedeltà in cambio di protezione. Il vassallaggio si estese anche tra vassalli e si articolò in una rete di rapporti indipendenti tra loro («il vassallo del mio vassallo non è mio vassallo»). Anche le alte gerarchie ecclesiastiche furono legate al re da vincoli di vassallaggio. Spesso, chiese e monasteri godevano di autonomia (“immunità”) nella gestione del loro territorio. I feudi verso l’ereditarietà Dopo la morte di Ludovico il Pio (840) l’impero fu spartito tra diversi eredi. Questa frammentazione compromise l’azione di controllo dei sovrani sul territorio e permise ai vari funzionari di accentrare sempre maggio-
ri poteri. Le cariche di conte e marchese e i feudi in concessione divennero ereditari. Con il capitolare di Quierzy (877), l’imperatore Carlo il Calvo sancì l’ereditarietà per i feudi maggiori, cioè concessi direttamente dal sovrano. L’Europa invasa Con la morte di Carlo il Grosso (888) si estinse la discendenza diretta di Carlo Magno, e l’impero andò incontro a un periodo di debolezza e di sfaldamento, nel quale si inseriscono delle nuove invasioni (fine IX-inizio X sec.). Da sud provenivano i Saraceni (popoli islamici nordafricani) che compirono atti di pirateria e incursioni partendo da alcune basi costiere. A partire dall’827 iniziano a conquistare la Sicilia. Da nord provenivano i Normanni, che compivano incursioni nel Mediterraneo e nell’Atlantico, dando luogo in alcuni casi a stanziamenti prolungati, come Normandia e Principato di Kiev. Da est provenivano gli Ungari, nomadi di stirpe mongola, che si stabilirono nelle zone corrispondenti all’attuale Ungheria. Da est provenivano anche gli Slavi, che diedero vita a un’espansione di tribù e di comunità agricole organizzate in villaggi. Si stanziarono in diverse zone dando vita a tre grandi gruppi: slavi orientali, occidentali, meridionali (questi ultimi convertiti al cristianesimo dai monaci bizantini Cirillo e Metodio, che elaborarono l’alfabero cirillico). Come difendersi? L’Europa si copre di castelli Di fronte agli invasori che colpivano
l’Europa, all’incapacità delle autorità statali e degli eserciti di difendere le popolazioni, i signori feudali organizzarono autonomamente difese su base locale, costruendo castelli e fortificazioni, intorno a cui si strinsero le popolazioni. Il fenomeno dell’“incastellamento” interessò tutta l’Europa. I castelli servirono ai signori locali anche per affermare il proprio comando armato sul territorio e sulle popolazioni. Lo sviluppo dei poteri locali Con il castello, i signori locali assicuravano protezione ai contadini dei dintorni, ma in cambio esigevano sottomissione e ubbidienza. Se il signore era anche proprietario della terra da loro lavorata, i contadini erano obbligati a cedere al padrone parte del raccolto e prestare servizi gratuiti. A ciò si aggiungevano gli obblighi “bannali”, quelli di natura pubblica, consistenti in tributi e in servizi di manodopera gratuita da rendere al signore. I castellani acquistarono in breve tempo notevole autorità e prestigio: esercitavano di fatto le funzioni che teoricamente spettavano al re e ai suoi funzionari (conti e marchesi). I re dovettero riconoscere ai castellani questo potere di fatto ed estendere anche a loro i vincoli di vassallaggio, nel tentativo di legarli a sé. Anche i conti e i marchesi instaurarono rapporti di fedeltà vincolati da vassallaggio. Questo uso venne ufficializzato nel 1037, con l’editto Constitutio de feudis, che stabilì l’ereditarietà di tutti i feudi, non solo quelli maggiori.
Esercizi Comprendere e ordinare 1. Colloca sulla linea del tempo gli eventi elencati in ordine sparso. 476
1. 2. 3. 4. 5. 6. 7.
800
827
840
877
924
1037
morte di Ludovico il Pio assedio di Pavia da parte degli Ungari incoronazione di Carlo Magno Constitutio de feudis capitolare di Quierzy inizio della conquista della Sicilia da parte dei Saraceni crollo dell’Impero d’Occidente
2. Indica se le seguenti affermazioni sono vere o false. a. L’espressione “feudo” entrò in uso a partire dal XII secolo.
V
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b. Con la morte di Carlo il Grosso l’impero fu diviso tra i suoi eredi.
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c. L’incastellamento è legato a una nuova ondata di invasioni.
V
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d. La Constitutio de feudis sanciva l’ereditarietà dei feudi maggiori.
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e. La nascita dell’alfabeto cirillico è legata all’opera di missionari bizantini.
V
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Modulo 1 L’Europa feudale
3. Completa il seguente brano con i termini che trovi di seguito elencati.
d. La Sicilia fu conquistata: dai Normanni. dai Franchi. dagli Ungari. dai Saraceni.
marchesi • feudo • vassallaggio • conti • omaggio • contee • marche • beneficio Carlo Magno suddivise l’impero in province e ne affidò i governi ai ………..........…… (le terre poste sotto il loro controllo presero il nome di ………..........……) e ai ………..........…… (ai quali erano affidate zone di frontiera, le ………..........……). Questi spesso erano legati al re anche da un legame personale, il ………..........……, che implicava un giuramento di fedeltà, l’………..........…… . I beni a loro concessi erano detti ………..........…… (dal latino beneficium), espressione che nel X secolo fu sostituita da ………..........……, un termine di origine franca.
5. Associa alle seguenti parole chiave il significato corretto. marchese • vassallaggio • beneficio • immunità • feudi maggiori • incastellamento Legame personale stipulato tra individui di diversa condizione sociale e giuridica, che comporta obblighi e impegni reciproci, sancito da un giuramento di fedeltà
4. Nelle frasi seguenti, segna il giusto completamento.
Territori assegnati direttamente dal re a funzionari legati a lui da vincoli di fedeltà personale
a. L’espansione degli Slavi si configura come: ricerca di nuovi territori su cui insediarsi stabilmente. razzie e rapine rapide e violente. progressivo spostamento di piccoli nuclei di tribù agricole. strettamente legata alla diffusione dell’Islam.
Fiduciario legato da un rapporto di fedeltà personale con il re, preposto al governo di territori di frontiera
b. La diffusione dei castelli in territorio europeo:
Fenomeno caratterizzato dalla costruzione di luoghi di difesa, per volontà di signori locali
fu diretta conseguenza del sistema amministrativo imperiale. fu introdotta nell’Europa meridionale dai Normanni. avvenne in risposta alle nuove ondate di invasioni. riuscì a bloccare le invasioni.
Insieme di beni materiali e prestazioni di servizi che venivano concessi in cambio di impegni e obblighi
c. La Constitutio de feudis: regolamenta il giuramento di fedeltà tra re e vassallo. introduce per la prima volta il termine “feudo”. sancisce l’ereditarietà dei feudi maggiori. sancisce l’ereditarietà di tutti i feudi.
Privilegio specificamente riservato ad enti ecclesiastici
Analizzare e produrre 6. Completa le seguenti frasi. a. Il sistema vassallatico iniziò a diffondersi dopo ………....................... .........................................…… con lo scopo di ……......................….............…… . b. Questo tipo di sistema era basato ……….........................................…… e comportava ………...............................…… . c. Progressivamente questo tipo di organizzazione del potere incominciò a modificarsi, in primo luogo dopo la ………....................... ........……, fino ad arrivare al ………...............................…… . d. Con la crisi dell’autorità regia, il sistema finì per svilupparsi ulteriormente, specialmente in seguito al diffondersi del fenomeno del ………...............................…… . e. Si arriva il tal modo a una situazione ormai di fatto diventata irreversibile, per cui i re, i conti e i marchesi riconoscono ………...............................…… . f. Punto di arrivo di questo processo è l’approvazione del ……….... ...........................…… che sancisce l’affermazione del ………................... .........................…… . Usa queste frasi come scaletta per produrre un testo sul vassallaggio, di massimo 15-20 righe.
7.
Assegna un colore a ogni popolazione protagonista delle nuove ondate di invasioni di fine IX – inizio X sec. Traccia poi sulla cartina le linee di spostamento, dando paticolare risalto alle aree di stanziamento.
Danubio
Modulo 1 L’Europa feudale
Capitolo
2 Economia e società
nell’Europa feudale Contadini, guerrieri, sacerdoti
Percorso breve Il sistema di conduzione fondiaria più tipico del Medioevo fu quello curtense, che prevedeva la divisione della proprietà in due parti: il “domìnico”, gestito direttamente dal proprietario e lavorato da una squadra di schiavi, e il “massarìcio”, suddiviso in poderi dati in concessione a famiglie contadine che erano tenute a consegnare una parte dei prodotti (grano, vino, ecc.) e a fare giornate di lavoro sul dominico. Il sistema curtense comprendeva al suo interno anche la produzione di beni artigianali e in teoria mirava all’autosufficienza: ma in effetti era aperto al mercato, che assorbiva le eccedenze agricole delle corti. Tra il X e l’XI secolo fu messo a punto uno schema ideologico che suddivideva la società in tre “ordini”: contadini, guerrieri, sacerdoti. A ciascuno di essi era affidata una funzione da svolgere nell’interesse di tutti: produrre il cibo e i beni materiali necessari alla sussistenza quotidiana; combattere per la difesa comune; pregare e assicurare la protezione divina sulla società. Con qualche evidente forzatura, lo schema rappresentava una situazione reale. Il sistema feudale tendeva a configurare la nobiltà come casta guerriera, la cui attività principale, oltre a quella delle armi, era la caccia (essa stessa svolta come immagine della guerra e come preparazione tecnica all’uso delle armi e del cavallo). Monaci ed ecclesiastici, da parte loro, non erano più (come al tempo di san Benedetto) dediti al lavoro dei campi, ma si dedicavano all’attività liturgica in maniera ormai quasi esclusiva; il loro stile di vita tendeva semmai ad assomigliare a quello dei nobili, poiché chiese e monasteri erano, al pari dell’aristocrazia, i maggiori proprietari di terre. I contadini infine erano diventati in gran parte dipendenti e lavoravano, perlopiù, terre altrui, come semplici concessionari. Come specchio della realtà sociale, l’ideologia della società tripartita aveva il forte limite di non prevedere l’esistenza di altre classi di lavoratori oltre ai contadini:
La società medievale, XV sec. [da L'albero delle battaglie, ms. 2965, c. 6v; Bibliothèque de l’Arsenal, Parigi]
mercanti e artigiani attivi nelle città, in particolare, ne erano esclusi. Eppure questa rappresentazione della società influenzò per molti secoli, fino all’età moderna, il modo di pensare i rapporti sociali e politici.
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Modulo 1 L’Europa feudale
2.1 Il sistema curtense Un’economia agricola L’economia medievale si fondava principalmente sull’agricoltura e sul lavoro dei contadini. Le terre erano per la maggior parte di proprietà di re, nobili e istituzioni religiose. Tipico del Medioevo fu il cosiddetto sistema curtense, cioè l’organizzazione della proprietà in vaste aziende chiamate in Italia corti (curtes in lingua latina), in Francia villae, in Inghilterra manor. Domìnico e massarìcio Le corti erano distinte in due parti. Una, detta domìnico (da dominus, ‘signore’), era gestita direttamente dal proprietario (laico o ecclesiastico) che la faceva lavorare dai suoi servi domestici. Costoro vivevano in condizioni simili a quelle degli schiavi dell’età antica: appartenevano al padrone e da lui ricevevano gli alimenti e l’alloggio. L’altra parte della corte, detta massarìcio (da massaro, ‘contadino’),
Varie tipologie di curtis
Case edicampi di «domìnico» Case e campi «domìnico» (gestione diretta) (gestione diretta) Case e campi di «massaricio»
Case e campi di e«massaricio» (abitate coltivati da coloni, (abitate egestione coltivatiindiretta) da coloni, gestione indiretta)
e campi di altri contadini CaseCase e campi di altri contadini (piccoli proprietari o dipendenti (piccoli proprietari o dipendenti di altre curtes) di altre curtes)
Pascoli e boschi (a ogni quota del
Pascoli e boschi quota del villaggio spetta(aunogni diritto d’uso) villaggio spetta un diritto d’uso)
Aa Documenti La contessa Adelburga e il contadino Ermenperto Nell’ambito del sistema curtense, i rapporti fra signori e contadini erano stabiliti dalla consuetudine locale. In qualche caso, però, i contadini di condizione libera stipulavano col signore un contratto scritto, che metteva nero su bianco i loro (molti) obblighi e i loro (pochi) diritti. Diversi contratti di questo tipo sono pervenuti fino a noi, solitamente negli archivi di chiese o monasteri. Il contratto che qui consideriamo fu invece sottoscritto da un signore laico (una signora, anzi): la contessa Adelburga, che possedeva una corte a Marzaglia, nel territorio di Modena in Emilia. Nell’anno 854 costei stipulò un “livello” (questo è il termine giuridico del contratto in questione) con un contadino di nome Ermenperto, che si impegnò a lavorare un vasto podere dipendente da quella corte. La durata del contratto fu quella tipica dei livelli: 29 anni. Non è un numero casuale: per il diritto medievale, così come per quello romano, dopo aver posseduto un bene per 30 anni si poteva diventarne
proprietari (se si dimostrava di non aver pagato affitti a nessuno); quindi fissare la durata a 29 anni era un modo per garantire i diritti del proprietario. Comunque si tratta di una durata lunghissima: in una società come quella medievale, in cui la vita media delle persone non superava i 35-40 anni, un contratto di 29 anni stipulato da un adulto era, in pratica, un contratto vitalizio. Per di più, il contadino Ermenperto stipulava anche «per i suoi eredi». L’obiettivo di un rapporto di lavoro come questo era chiaro: legare per tutta la vita il contadino, la sua famiglia e le generazioni successive al podere, e alla corte da cui questo dipendeva. Come compenso al signore per la casa da poter abitare (con il tetto di paglia, come ancora se ne vedono in certi musei della civiltà contadina) e per la terra che gli ha dato da lavorare, il contadino deve consegnare una parte dei cereali, dei legumi, del vino, del lino. Nel contratto la zona a prato, a orto e a bosco è esentata dal pagamento del canone, cioè è a pie-
na disposizione del contadino. In cambio di queste concessioni il contadino dona a sua volta al signore uova, polli e qualche moneta. Questo scambio è tipico della cultura medievale: a ogni dono si deve rispondere con un contro-dono. Ma il loro significato è diverso: il dono del contadino è un obbligo e sottolinea il suo stato di dipendenza; il dono del signore è una concessione magnanima, e sottolinea la sua superiorità sociale. Importante è la norma che riguarda l’amministrazione della giustizia all’interno della corte: Ermenperto, come tutti gli altri contadini, è soggetto non all’autorità pubblica, cioè al tribunale del re, ma al signore stesso: il rappresentante di Adelburga (il “messo”) non solo controlla che non ci siano irregolarità nel giorno del raccolto ma può anche giudicare nelle eventuali controversie quotidiane. Ma se il signore giudica nelle cause in cui egli stesso è coinvolto, quali speranze potranno avere i contadini di uscirne vittoriosi?
Capitolo 2 Economia e società nell’Europa feudale
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era suddivisa in poderi dati in concessione a coloni, talora liberi, talora servi (tuttavia, le loro condizioni di vita erano abbastanza simili). Insediati sul terreno con una loro casa e una loro famiglia, i coloni godevano di una certa libertà d’azione ma erano legati al signore da un vincolo di dipendenza, sia sul piano economico, non potendo abbandonare la terra che lavoravano, sia sul piano giuridico, essendo giudicati, in caso di reati, dal signore stesso.
L’allodio In qualche caso i contadini liberi potevano avere anche terre di loro proprietà chiamate allodi, inframmezzate a quelle che avevano ricevuto in concessione dal signore. La corte non era infatti quasi mai una proprietà compatta: le singole parti che la componevano erano sparse qua e là sul territorio, magari incrociate con proprietà di altri signori. Canoni e corvées Per le terre ricevute in concessione, i coloni dovevano pagare al proprietario un canone consistente in una parte dei prodotti agricoli. L’obbligo che maggiormente pesava su di loro erano tuttavia le opere (o corvées), giornate di lavoro che bisognava prestare gratuitamente sulle terre del domìnico. Si trattava in genere di opere agricole, come la semina, l’aratura, la mietitura, la vendemmia. Esse costituivano il vero cuore del sistema, perché legavano strettamente il domìnico (su cui si facevano le opere) al massarìcio (da cui provenivano i contadini tenuti a farle). Il lavoro dei coloni in questo modo si sommava a quello dei servi domestici, consentendo al signore di tenerne pochi presso di sé, il minimo indispensabile. Oltre a questo significato economico, le opere ne avevano anche uno sociale: esse consentivano al signore o all’ente religioso proprietario del fondo di controllare fisicamente i suoi uomini, segnalando, anche sul piano simbolico, il loro stato di dipendenza.
Ricostruzione di una casa contadina I contadini vivevano in case semplici con pavimento in terra battuta e poche finestre. Costituite da una o due stanze, erano coperte da un tetto di paglia e arbusti. Queste semplici dimore erano spesso il ricovero degli animali domestici.
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iacque a te, contessa Adelburga, concedere a me, Ermenperto, figlio del fu Raginaldo, e ai miei eredi, il terreno di tua proprietà che si trova nel luogo detto Strada. Tale terreno, comprendente una casa col tetto di paglia, un campo, una vigna, un prato e una selva, misura 12 iugeri [circa 10 ettari] e dipende dalla tua corte di Marzaglia. Io e i miei eredi ci impegniamo a stabilirci su quella terra per la durata di 29 anni, a coltivarla e migliorarla. Ogni anno dovremo pagare il seguente canone: la terza parte del frumento, della segale e della fava; la quarta parte di tutti gli altri cereali; la metà del vino (ma solo un terzo se pianteremo delle vigne nuove); la metà del lino; non pagheremo niente, invece, per il prato, per la selva che misura 2 moggi [circa mezzo ettaro] e così pure per i prodotti dell’orto, le rape, la veccia e i fagioli. Come donativo dovremo dare ogni anno 12 denari, un pollo e cinque uova, a Natale. Ogni mese dovremo fare due giornate di lavoro nella tua corte di Marzaglia, una con i buoi, una di lavoro manuale. Al tempo del raccolto e della vendemmia dovremo accogliere il tuo messo e dargli da mangiare. In caso di nostre colpe, egli ha il potere di denunciarci e imprigionarci per quanto lo consente la legge, facendo giustizia senza l’intervento dell’autorità pubblica.
Allo scadere del contratto, se vorremo andarcene dal podere, prenderemo con noi i due terzi di tutto ciò che avremo nel frattempo accumulato. Il resto lo lasceremo. Se qualcuno di noi verrà meno agli impegni (se, per esempio, noi tenteremo di andarcene prima del tempo, o tu tenterai di imporci obblighi in più) pagherà un’ammenda di 20 soldi in monete d’argento. Dopo il pagamento dell’ammenda, questo contratto conserverà la sua validità fino al suo scadere. Di tutto ciò che è stato stabilito sono stati scritti due documenti, fatti a Sabbione, nel territorio di Modena. «Codice diplomatico parmense», n. 9, Parma 1910, trad. di M. Montanari
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2.2 Le attività produttive delle corti e gli scambi commerciali
Giovanni il carradore, XII sec. [Cattedrale di Piacenza]
Questa formella, in cui è rappresentato Giovanni Cacainsolario, come ci dichiara l’iscrizione in alto, mostra uno dei più importanti e ricercati artigiani dell’età di mezzo. I carradori erano coloro i quali costruivano e riparavano tutte le parti del carro ed erano necessari ovunque vi fosse un cantiere edile. Molte erano le necessità che si incontravano nel sistema curtense; coloro i quali erano dotati di spiccate capacità artigianali venivano dispensati dalle corvées per fornire al signore attrezzi o eseguire la manutenzione della pars dominica.
I modi della storia
Contadini e artigiani All’interno delle corti, anche i lavori artigianali erano svolti dai contadini, sia dai servi del domìnico, sia dai coloni del massarìcio. Sul domìnico, talvolta erano gruppi di donne (concentrate in appositi laboratori) ad assicurare la produzione di tessuti, che nel Medioevo si facevano in lana, per la stagione fredda, o in lino (raramente in canapa) per la stagione calda. Sul massarìcio, molti contadini erano anche artigiani con molteplici abilità: fabbri, falegnami, muratori, conciatori, carpentieri, ecc. Per alcuni di loro, la produzione artigianale poteva diventare una vera specializzazione, e in questi casi i signori potevano esentarli dagli obblighi consueti richiedendo, invece che prestazioni d’opera e prodotti agricoli, una fornitura annuale di oggetti e di strumenti di lavoro. Per esempio, un contratto emiliano del X secolo fra l’abate del monastero di Nonantola e due suoi contadini prevede che essi non facciano più giornate di lavoro sul domìnico e non consegnino più grano, vino, polli e uova, ma si limitino a «fornire ogni anno agli inizi di maggio quindici falci da prato buone, con i ferri necessari». Autosufficienza e mercato Dunque il sistema curtense mirava all’autosufficienza: i beni necessari alla vita quotidiana si cercava di produrli il più possibile localmente. Il sistema tuttavia restava aperto, per almeno due motivi. In primo luogo, i grandi proprietari possedevano molte proprietà e integravano la produzione di ciascuna di esse con quella delle altre: per esempio, non dappertutto si poteva produrre olio, o ferro, o sale, e alcune corti, specificamente adibite a quelle produzioni, servivano anche le altre. In secondo luogo, l’economia delle corti si inseriva nei circuiti commerciali: le eccedenze agricole, oltre a essere immagazzinate per servire negli anni di cattivo raccolto, erano in parte avviate verso i mercati delle città, dove gli stessi proprietari delle corti tenevano magazzini e depositi.
Il lavoro agricolo
Nel Medioevo l’agricoltura richiedeva un enorme dispendio di energia umana; privi di macchine e di attrezzi adeguati, i contadini svolgevano manualmente quasi tutti i lavori. Già da febbraio iniziavano le operazioni di sistemazione delle colture e di preparazione del terreno: gli alberi venivano potati; i campi dissodati con zappe e vanghe, concimati con il letame e arati con l’aiuto dei buoi. In primavera iniziava la semina dei cereali (avena, orzo) o dei legumi (lenticchie, piselli, fave, ceci) che era effettuata a mano spargendo la semente con grandi gesti del braccio. Questo procedimento, tuttora in uso nelle regioni dove l’agricoltura non è meccanizzata, comportava però un notevole
spreco di semente e una distribuzione spesso irregolare delle piante. A partire dal mese di maggio il lavoro agricolo si faceva sempre più duro: il fieno per nutrire gli animali durante l’anno doveva essere raccolto, essiccato e conservato e, giunta ormai l’estate, si apriva la faticosa stagione della mietitura dei cereali e della loro trebbiatura. Questa operazione, che serviva a far staccare i chicchi dal loro involucro, si effettuava manualmente con un arnese chiamato “correggiato”, formato da due bastoni collegati da una cordicella o da una correggia di cuoio (da cui il nome); uno dei bastoni veniva tenuto in pugno dal contadino che faceva ruotare l’altro, mandandolo a percuotere i cereali distesi sull’aia.
Intanto le vigne erano pronte per la vendemmia e a fine settembre il vino era ormai stipato nelle botti. A ottobre si preparavano nuovamente gli orti e i campi, arando e seminando i cereali invernali come frumento, segale, farro e miglio. L’anno agricolo terminava ufficialmente l’11 novembre, nel giorno di San Martino, quando l’ultimo tepore autunnale consentiva la conclusione dei lavori all’aperto in vista dell’inverno. Nonostante agli inizi del Medioevo si fosse instaurato un certo equilibrio fra il numero degli uomini e le risorse a loro disposizione, non mancarono i periodi difficili, nei quali il bisogno di cibo divenne un problema angoscioso. In quei tempi le coltivazioni davano rese molto modeste:
Capitolo 2 Economia e società nell’Europa feudale
2.3 La teoria dei tre “ordini” L’ideologia della società tripartita Fra X e XI secolo si diffuse in Europa uno schema ideologico che suddivideva la società in tre categorie o ‘ordini’ (in latino ordines): i contadini, i guerrieri, i sacerdoti. Nello schema della società tripartita, a ciascun “ordine” si attribuiva una precisa funzione, che doveva essere esercitata a vantaggio di tutti. Pregare e assicurare i riti religiosi era il compito dei sacerdoti: monaci che vivevano solitari nei loro monasteri, preti in servizio nelle chiese pubbliche o private. Difendere con le armi la sicurezza generale era la funzione assegnata ai guerrieri, cioè ai nobili. Produrre i beni materiali necessari alla sussistenza era la funzione dei contadini. Questa tripartizione era presentata come eterna, come una legge di natura voluta da Dio perché fra gli uomini regnassero l’armonia e la pace. «La casa di Dio – scrive Adalberone di Laon (947-1030) – si crede una, ma è divisa in tre: gli uni pregano, gli altri combattono, gli altri infine lavorano». Realtà e ideologia medievale Il tema dei tre ordini si presta particolarmente bene a una riflessione sul rapporto che intercorre storicamente tra i fatti e le idee. Tale rapporto si rivela abbastanza complesso e deve essere considerato nelle due direzioni: le idee nascono dall’osservazione della realtà, ma a loro volta la condizionano e concorrono a costruirla. Nata nei secoli centrali del Medioevo, la teoria dei tre “ordini” rispecchiava lo sviluppo reale della società, entro cui stavano delineandosi gruppi e funzioni diverse: quella dei guerrieri, che all’interno del sistema feudale sempre più assumevano il carattere di una casta chiusa; quella dei sacerdoti, ossia della Chiesa, che sempre più fortemente rivendicava la propria autonomia dal potere civile (la “lotta per le investiture”, nell’XI secolo, ne sarebbe stata la più clamorosa manifestazione: 3.4); quella dei contadini, che sempre più venivano costretti nel loro ruolo di lavoratori dipendenti, strettamente controllati dai signori. Ruoli e funzioni sociali Al tempo stesso, la teoria dei tre “ordini” interveniva pesantemente sulla realtà, interpretandola in modo restrittivo, assegnando ai ruoli sociali un carattere chiuso e immutabile, presentato come volontà divina. Non solo. Questa teoria negava l’esistenza di altri gruppi e funzioni sociali, che pure esistevano nell’Europa del tempo, come quella di quanti nelle città svolgevano attività artigianali e mercantili: professioni e mestieri emergenti, che col passare del tempo avrebbero assunto sempre maggiore importanza [ 8].
per una misura di cereali seminati se ne riuscivano a raccogliere due o al massimo tre (nel tardo Medioevo il rapporto divenne 1:6). La scarsa produttività si sommava poi ai rischi legati alle condizioni climatiche e ai danni causati dagli insetti: grandinate, siccità, alluvioni, gelate, invasioni di cavallette e parassiti vari potevano compromettere gravemente le coltivazioni e i relativi raccolti. Tuttavia i maggiori guasti erano quelli provocati dall’uomo, con le devastazioni delle guerre nei campi coltivati, le ruberie e i saccheggi originati dalle lotte fra i potenti, che regolarmente finivano per danneggiare le risorse e le esistenze dei contadini.
Il lavoro femminile nei campi, XIII sec. L’immagine rappresenta un gruppo di donne intente alle operazioni di semina e raccolta del grano. Il lavoro dei campi necessitava dell’ausilio di tutte le braccia presenti nelle famiglie di contadini. Anche le donne, quindi, oltre a svolgere le incombenze domestiche, dovevano partecipare alle mansioni agricole. La famiglia del contadino era impegnata nel lavoro e per nessuno era possibile pensare di avere un ruolo diverso o socialmente più appetibile. Nato contadino, l’uomo rimaneva tale fino alla sua morte.
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Modulo 1 L’Europa feudale Per misurare la forza di un’ideologia, di un’immagine che interpreta e orienta la realtà, è sufficiente pensare che ancora nel XVIII secolo, alla vigilia della Rivoluzione francese, il Parlamento di Francia era suddiviso in tre “stati” (nobiltà, clero, lavoratori) che non prevedevano un ruolo autonomo per il ceto cittadino di artigiani e mercanti: quella struttura politica era modellata sulla tradizione medievale dei tre “ordini”. Da questo punto di vista, l’ideologia della società tripartita non fu solo un riflesso della realtà, ma anche uno strumento di azione.
Le vie della cittadinanza «Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali». Così esordisce l’articolo 3 della Costituzione italiana, che inoltre assegna alla repubblica il compito di «rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto l’eguaglianza e la libertà dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese». Il principio dell’uguaglianza sociale, elaborato dalle moderne democrazie, è lontanissimo dall’ideologia medievale, che individuava nella società diversi gruppi adibiti “per natura”, ovvero per volontà divina, a compiti fra loro differenti. L’ideologia degli ordini inquadrava gli uomini in categorie prefissate, ciascuna con diversi doveri e diversi diritti; oggi invece, nelle
Oggi niente ordini società democratiche, doveri e diritti sono uguali per tutti e non vi sono categorie prestabilite in cui le persone sono rilegate sin dalla nascita. Teoricamente quella medievale non era un’ideologia gerarchica, ma per così dire “organica”: ciascun ordine rappresentava una parte precisa del corpo sociale e svolgeva le sue funzioni a vantaggio del corpo intero. Di fatto però alcune di queste parti corrispondevano alle classi dominanti, “destinate” a governare e comandare, mentre altri erano “destinati“ a essere governati e comandati. In questa prospettiva era impensabile che un “lavoratore” fosse anche un soggetto politico, ossia responsabile, direttamente o indirettamente, dell’organizzazione e delle scelte politiche della comunità, come avviene oggi. Nei moderni paesi democratici, infatti, si presume che tutte le persone abbiano la medesima dignità e che chiunque, teoricamente, possa accedere alle più alte cariche dello
Stato (e che lo Stato stesso debba adoperarsi per eliminare gli ostacoli di ordine economico o culturale, come la povertà o l’ignoranza, che possano impedirlo). L’articolo 51 della Costituzione italiana afferma che «Tutti i cittadini dell’uno o dell’altro sesso possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge». L’articolo precisa, in particolare, che «la Repubblica promuove con appositi provvedimenti le pari opportunità tra donne e uomini». L’idea che le persone sono tutte uguali, elaborata dalla cultura europea del Settecento, non è un’idea ovvia e scontata, ma una importante (e tardiva) conquista civile. Sono peraltro esistite, fino a tempi recentissimi, società fondate sulla divisione in ordini o “caste”: così per esempio in India, dove l’abolizione delle caste è avvenuta solo nella seconda metà del XX secolo ma rimane tuttora viva nella mentalità collettiva.
Miniatura dei tre “ordini”: chierico, cavaliere, contadino
Il nobile e il contadino, part., fine XVII sec.
[ms. 2435 Sloane, f. 85; British Library, Londra]
Questa incisione illustra lo sfruttamento dei contadini da parte dei nobili. Il concetto è chiarito dalle scritte in alto a destra: «Più mezzi si hanno, più se ne vuole avere. Questo povero porta tutto, grano, frutta, denaro, ortaggi, e il gran signore, seduto a ricevere tutto, non lo degna di uno sguardo».
Capitolo 2 Economia e società nell'Europa feudale Contadini al lavoro, XI sec. [ms. Casin. 132, f. 451; Abbazia di Montecassino]
La miniatura rappresenta il lavoro della terra che consisteva in un primo passaggio con la zappa, atto a rendere uniforme la superficie che veniva successivamente arata. Lo sfruttamento collettivo della terra era il fulcro intorno al quale ruotava il sistema curtense e la base sulla quale poggiava il sistema feudale.
2.4 Produrre, combattere, pregare I contadini Nel Medioevo i contadini costituivano la grande maggioranza della popolazione, oltre il 95%. Abitavano in piccole capanne, talora sparse nella campagna, talora raggruppate presso le mura dei castelli e dei monasteri, dove all’occorrenza potevano trovare rifugio. A volte, più famiglie vivevano sotto lo stesso tetto in grandi case di forma allungata, dotate di molteplici focolari, che gli archeologi inglesi hanno chiamato long houses, ‘case lunghe’. Alcuni erano proprietari della terra che lavoravano, altri – la maggior parte – erano legati a un signore, laico (un nobile) o ecclesiastico (una chiesa o un monastero). Come abbiamo già visto, i contadini erano tenuti a consegnare al signore, proprietario della terra, una parte dei prodotti agricoli: per i cereali di solito era richiesta la proporzione di un terzo (o un quarto, o anche meno, fino a un decimo, secondo le località e le consuetudini); la parte restante spettava alla famiglia contadina per il suo fabbisogno. Del vino solitamente si consegnava la metà. Inoltre si dava una parte delle colture tessili (lino o canapa) e si pagava una tassa per l’allevamento degli animali nei prati o nel bosco. Oltre a questo tributo, chiamato canone, i coloni avevano l’obbligo di pagare al signore il censo, una somma di denaro, in genere piuttosto piccola, che i contadini si procuravano vendendo qualche eccedenza (polli, uova, ortaggi) nei mercati rurali. Altri tributi erano i cosiddetti doni, polli e uova che per consuetudine (in pratica un obbligo) si consegnavano al signore in occasione delle principali festività (Natale, Pasqua, ecc.) in segno di omaggio e di reverenza. Un altro obbligo era la taglia, consistente nel diritto che il signore aveva di prelevare beni dalla casa dei suoi dipendenti (lana, tele, attrezzi, bestiame) in occasioni speciali, per esempio quando doveva procurare la dote a una figlia che stava per sposarsi. Poi c’erano i pedaggi, tasse da pagare per poter transitare sui ponti e nelle strade principali, e altri tributi per usare il forno, il mulino, il torchio per spremere le olive, strumenti che erano di proprietà del signore. Ai contadini erano poi richiesti servizi di lavoro, le corvèes agricole [ 2.1], e inoltre servizi di tipo diverso legati non al rapporto “privato” che essi avevano col signore, ma all’uso pubblico del territorio: manutenzione e costruzione di strade e ponti, riparazione di edifici e fortificazioni. Tali obblighi diventarono sempre più importanti dal X secolo in poi, quando i signori locali cominciarono a esercitare in prima persona i poteri pubblici [ 1.5]. La nobiltà guerriera Il principale impegno dei nobili era il mestiere delle armi e della guerra. Fin da ragazzi essi erano sottoposti a un severo addestramento militare: allenarsi alla lotta, cavalcare con destrezza, duellare con la spada e con la lancia erano le basi della loro formazione. Quando avevano acquistato sufficiente abilità e robustezza fisica, i giovani nobili passavano al servizio di qualche signore in qualità di “scudieri” (letteralmente, ‘coloro
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Modulo 1 L’Europa feudale che portano lo scudo’): lo servivano a tavola – ciò era considerato un grande onore –, avevano cura del suo cavallo e delle armi. Terminato il tirocinio erano nominati cavalieri, mediante una cerimonia particolare durante la quale un cavaliere più anziano, detto “padrino”, consegnava al giovane le armi e lo ammoniva ricordandogli il suo dovere più grande, la fedeltà. In tempo di pace i nobili risiedevano nei castelli, le loro tipiche dimore, e si dedicavano alla caccia e ai tornei. La caccia si svolgeva in gruppo, con tattiche e strategie del tutto simili a quelle della guerra: dopo lunghi inseguimenti a cavallo, la preda (cervo, cinghiale, orso) veniva accerchiata, con squadre di battitori e con l’aiuto di cani, fino a giungere allo scontro fisico, diretto, tra l’animale e l’uomo, armato di spada e lancia. Perciò la caccia era una vera immagine della guerra, un modo per mantenersi in esercizio nell’uso delle armi. Inoltre essa era un’attività necessaria per le esigenze della vita quotidiana: serviva a procurare cibo e pellicce e ad allontanare le bestie – orsi, lupi, cinghiali – dai centri abitati. I tornei erano finte battaglie, sfide singole o a squadre, che si compivano come addestramento militare e anche come esibizione di bravura. L’impegno dei partecipanti era massimo, tanto che qualcuno vi lasciava la vita, per la brutalità e la violenza delle gare.
Combattimento fra cavalieri, 1130 ca. [da Vita e miracoli di sant’Edmondo, re e martire, ms. 736, f. 7v; The Pierpont Morgan Library, New York]
La miniatura rappresenta bene l’attività a cui sono chiamati e preposti i cavalieri: la guerra. Un gruppo di uomini a cavallo, armati ed equipaggiati, si scaglia con la lancia in resta (ovvero bloccata sotto il braccio per migliorarne la presa) contro una schiera di nemici.
Gli ecclesiastici L’ideologia della società tripartita assegnava agli ecclesiastici principalmente il compito di pregare. Ciò valeva sia per il clero “secolare”, i preti che vivevano a contatto con i laici, sia per il clero “regolare”, i monaci tenuti all’osservanza di una regola, che vivevano separati dal mondo. Si era perduta, con il passare del tempo, l’idea che anche i monaci – e in genere gli ecclesiastici – dovessero lavorare, come aveva insegnato san Benedetto nel VI secolo con il motto «prega e lavora». Nel IX-X secolo monasteri e chiese erano ormai diventati il centro di ricchissime proprietà, accumulate in seguito a donazioni fatte dal re, dai nobili, dalla gente semplice. In queste proprietà lavoravano contadini dipendenti, in condizioni del tutto simili a quelle che si riscontravano nelle terre dei signori laici. La vita dei monaci e del clero assunse un carattere sempre più aristocratico; le attività tipiche dei nobili, come la caccia e la guerra, erano praticate anche dai vescovi e dagli abati. Vi erano però, soprattutto nelle campagne, anche preti provenienti dai ceti umili, che vivevano fianco a fianco con i contadini e dicevano messa nelle piccole chiese rurali, magari al servizio di qualche signore. Questi preti spesso erano sposati e avevano dei figli: solo a partire dall’XI secolo il movimento di riforma della Chiesa [ 3.3] lo vietò. Per vivere, il clero disponeva della decima, ossia il diritto – sancito in epoca carolingia, fra VIII e IX secolo – di riscuotere la decima parte di tutti i prodotti dei campi e di tutti gli animali allevati dai contadini dei dintorni. Preti e monaci erano tra i pochi ad avere un’istruzione e a saper leggere e scrivere. Le scuole delle cattedrali e dei monasteri erano frequentate esclusivamente dagli aspiranti sacerdoti e avevano come scopo principale la lettura dei testi sacri, per le preghiere e la liturgia. Ma anche i testi degli autori antichi, greci e latini, erano studiati, trascritti e conservati, secondo una tradizione tipica del monachesimo benedettino.
Copista al lavoro, XV sec. [dalle Croniques de Hainaut, ms. Fr. 20127, c. 2v; Bibliothèque Nationale, Parigi]
Questa immagine quattrocentesca rappresenta il lavoro a cui si dedicavano in maniera assidua i monaci quando non pregavano: copiare testi (in prevalenza religiosi e liturgici, ma anche filosofici e scientifici) e produrre libri.
Capitolo 2 Economia e società nell'Europa feudale
Sintesi
Economia e società nell’Europa feudale Contadini, guerrieri, sacerdoti
Il sistema curtense Nel Medioevo, le proprietà terriere dei signori erano organizzate in vaste aziende, le corti. Le corti erano distinte in due parti: una detta domìnico, gestita direttamente dal proprietario (laico o ecclesiastico) che la faceva lavorare dai suoi servi domestici; l’altra, detta massarìcio, era suddivisa in poderi dati in concessione a coloni, che godevano di una certa libertà d’azione ma erano legati al signore da un vincolo di dipendenza. Per le terre ricevute in concessione, i coloni si impegnavano a dare al proprietario una parte dei prodotti agricoli e a prestare la loro manodopera gratuita (corvées) sulla terra del domìnico. In qualche caso i contadini liberi potevano avere anche terre di loro proprietà chiamate allodi. Le attività produttive delle corti e gli scambi commerciali All’interno delle corti, non si svolgevano solo lavori agricoli, ma anche lavori artigianali. Il sistema curtense mirava infatti all’autosufficienza: i beni necessari alla vita quotidiana si cercava di produrli il più possibile localmente. Non si trattava però di un sistema chiuso: diverse proprietà di un unico signore integravano vicendevolmente le produzioni e le eccedenze; sia prodotti agricoli sia manifatturieri erano in parte destinati ai mercati rurali e urbani.
La teoria dei tre “ordini” Fra X e XI secolo si diffuse in Europa uno schema ideologico che suddivideva la società in tre categorie o “ordini”: i contadini, i guerrieri, i sacerdoti. I tre ordini, nettamente separati, avevano delle precise e distinte funzioni, da esercitare a vantaggio di tutti: i sacerdoti avevano il compito di pregare; i guerrieri, cioè i nobili, dovevano difendere con le armi la sicurezza generale; ai contadini, infine, spettava il compito di produrre i beni materiali necessari alla sussistenza. La teoria dei tre “ordini” rispecchiava lo sviluppo reale della società e, al tempo stesso, interveniva pesantemente sulla realtà e la interpretava in modo restrittivo, assegnando ai ruoli sociali un carattere chiuso e immutabile, presentato come volontà di Dio. Produrre, combattere, pregare Nel Medioevo i contadini costituivano oltre il 95% della popolazione. Per la quasi totalità, non possedevano terre ed erano legati a un signore, verso cui avevano una lunga serie di obblighi: dovevano consegnare una parte dei prodotti agricoli (“canone”), pagare una somma di denaro (“censo”), dare altri tributi in occasione delle principali festività (“doni”). In occasioni speciali, come la dote di una figlia, il signore
poteva prelevare beni dalla casa dei suoi dipendenti (“taglia”). Poi c’erano i “pedaggi” e servizi di lavoro gratuito, le corvées. I nobili avevano l’esclusivo impegno del mestiere delle armi e della guerra. Fin da ragazzi essi erano sottoposti a un severo addestramento militare, a cui seguiva un servizio presso qualche signore in qualità di “scudieri”. Una volta concluso il tirocinio, i giovani diventavano a loro volta cavalieri, mediante una cerimonia. In tempo di pace i nobili risiedevano nei castelli e si dedicavano alla caccia e ai tornei. La caccia era un modo per mantenersi in esercizio nell’uso delle armi e serviva inoltre a procurare cibo e pellicce. I tornei erano finte battaglie che si compivano come addestramento militare e anche come esibizione di bravura. Agli ecclesiastici spettava il compito di pregare. Nel IX-X secolo monasteri e chiese erano ormai diventati il centro di ricchissime proprietà, vere e proprie corti in cui lavoravano contadini dipendenti. La vita dei monaci e del clero assunse un carattere sempre più aristocratico. I contadini erano tenuti a versare al clero la “decima”, la decima parte di tutti i prodotti dei campi e di tutti gli animali allevati dai contadini dei dintorni. Preti e monaci erano tra i pochi ad avere un’istruzione e a saper leggere e scrivere.
Esercizi Comprendere e ordinare 1. Indica quali risposte, tra le seguenti, sono corrette. a. Il sistema curtense era: un sistema di organizzazione e gestione di grandi proprietà terriere. un sistema economico chiuso. un sistema di gestione delle proprietà di enti ecclesiastici. b. La caratteristica principale della corte era: la suddivisione in tre parti. la suddivisione in due parti. la continuità all’interno delle terre che la formavano. c. Nel sistema curtense i coloni: erano contadini senza proprietà che dovevano corrispondere beni e servizi al signore in cambio di un terreno.
erano contadini che a volte potevano possedere piccole proprietà, ma che erano in ogni caso tenuti a corrispondere beni e servizi al signore. erano contadini che a volte potevano possedere piccole proprietà, ma che erano in ogni caso tenuti a corrispondere beni e servizi o altre prestazioni al signore. d. La tripartizione dei ruoli nella società medievale: non includeva tutte le categorie sociali effettivamente presenti. includeva tutte le categorie sociali effettivamente presenti. non era basata su una compartimentazione rigida dei ruoli. e. All’interno della tripartizione dei ruoli, i contadini: erano necessariamente legati a un signore. potevano anche non avere vincoli verso un signore. erano necessariamente legati a un nobile o a un monastero.
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f. Il sistema curtense è un sistema in parte aperto dal momento che: alcuni beni potevano essere venduti direttamente dai contadini. poteva crearsi un circuito commerciale interno al sistema stesso. alcuni beni potevano essere venduti nei mercati cittadini.
2. Indica se le seguenti affermazioni sono vere o false. a. All’interno del sistema curtense era prevista la presenza di servi domestici.
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b. I lavori artigianali rientravano nelle attività svolte all’interno della corte.
V
F
c. All’interno della corte esisteva un piccolo circuito di scambi commerciali.
V
F
d. Il sistema curtense costituiva un blocco territoriale compatto.
V
F
e. I coloni non erano tenuti necessariamente a risiedere all’interno o in prossimità della corte.
V
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f. La produzione di tessuti era un’attività svolta dalle donne.
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F
g. La caccia era svolta con modalità simili alla guerra.
V
F
3. Associa alle seguenti parole chiave il significato corretto. dominico • massaricio • allodio • corvées • canone • decima Entrata, riservata al clero, corrispondente a una parte dei beni prodotti dai coloni Piccole proprietà dei contadini liberi Prestazioni lavorative che i coloni erano obbligati a svolgere gratuitamente sulle terre del signore in determinate occasioni Ripartizione della corte assegnata in uso a contadini Ripartizione della corte direttamente appartenente al signore e da questi gestita, avvalendosi dei suoi servi personali Entrata, riservata al signore, corrispondente a una parte dei beni prodotti dai coloni
Analizzare e produrre 4. Completa la tabella riportando all’interno, nella posizione corretta, i termini indicati. cavalieri • secolare • autonomia • corvées • decima • dipendenza • mestiere • taglia • canone • regolare • caccia • doni • tornei Funzione sociale
Vita quotidiana
Condizione sociale
NOBILI
guerrieri
I …...................….. erano educati al ……..................….. delle armi. Praticavano la …….........................….. e i ……........................…..
…….....................................…..
CONTADINI
produttori di beni
Avevano soprattutto obblighi. Tra questi, i più diffusi erano le …….....................….. e il …….....................….. . Altri tributi erano la ……........................….. e i ……........................…..
SACERDOTI
preghiera
Erano divisi in clero …….........................….. (monaci) e in clero ……........................….. (preti). Sapevano leggere e scrivere. Godevano di una entrata specifica, la…….........................…..
economica …….....................................…..
economica …….....................................…..
economica
5. Rispondi alle seguenti domande. 1. Come erano organizzate le corti? 2. Per quali motivi si può affermare che il sistema curtense costituisce un modello aperto? 3. La teoria dei tre ordini comprende tutte le categorie sociali esistenti nell’Europa feudale? 4. Per quale motivo la teoria dei tre ordini in Francia sopravvisse fino al XVIII secolo? Basandoti sulle informazioni ricavabili dalle risposte, elabora un breve testo di massimo 10 righe dal titolo “La corte e l’economia feudale”.
Modulo 1 L’Europa feudale
3 Lo scontro tra
Capitolo
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Impero e Papato La lotta per le investiture
Percorso breve Il titolo imperiale, rimasto puramente nominale per il prevalere dei poteri locali dopo il crollo dell’Impero carolingio, fu di nuovo riempito di significato da Ottone I di Sassonia, re di Germania, che, dopo avere definitivamente sconfitto gli Ungari (955) ed essersi guadagnato la fama di “difensore della cristianità”, rafforzò il regno al suo interno, ponendo sotto controllo i numerosi ducati che lo componevano, e ne allargò i confini verso est e verso nord. Nel 961 si impadronì anche del Regno italico e l’anno successivo (962) fu incoronato imperatore dal papa. Per rafforzare la sua azione politica Ottone I agì sui funzionari locali: in Germania, dove i conti tendevano a operare autonomamente, concesse il titolo comitale a numerosi vescovi; in Italia, dove erano i vescovi a controllare la politica locale, appoggiò i conti laici. Inoltre aumentò la pressione sul Papato, emanando un documento (“Privilegio di Ottone”) che sottoponeva l’elezione del papa all’approvazione dell’imperatore. La forte integrazione fra politica e religione, che già era stata tipica della tradizione carolingia, prese dunque la forma di un controllo sempre più forte dei poteri laici sulla vita ecclesiastica. Ciò generò una forte tensione, che sarebbe ben presto scoppiata in lotta aperta. Nell’XI secolo, infatti, si sviluppò un movimento, fortemente sostenuto dai monaci dell’abbazia di Cluny in Borgogna, per affermare l’indipendenza della Chiesa dai poteri laici. Il papa Gregorio VII radicalizzò lo scontro con l’imperatore tedesco Enrico IV, sostenendo, nel Dictatus papae del 1075, la superiorità
Ottone III in trono, X sec. [da Vangeli di Ottone III, ms. Lat. 4453, c. 25r; Bayerische Staatsbibliothek, Monaco]
del pontefice su tutte le autorità della Terra, compreso l’imperatore. Lo scontro, chiamato “lotta per le investiture” perché riguardava innanzitutto la nomina (investitura) dei vescovi, si concluse con il concordato di Worms (1122) che di fatto sancì la sconfitta delle pretese imperiali.
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Modulo 1 L’Europa feudale
Memo
I Carolingi Morto Carlo Magno nell’814, suo successore fu il figlio Ludovico il Pio (814-840) che riuscì a mantenere intatta l’unità dell’impero. Tale unità, tuttavia, non gli sopravvisse, a causa della consuetudine propria dei re franchi di spartire il regno fra gli eredi. Alla morte dell’imperatore i contrasti tra i suoi figli si inasprirono e si conclusero solo con il trattato di Verdun (843), che portò alla divisione dell’impero in tre regni distinti: la Lotaringia (formata da Italia settentrionale, Borgogna e Germania renana), che fu assegnata al primogenito Lotario (840-855); la Francia occidentale, che andò a Carlo il Calvo (875-877) e quella orientale (parte dell’odierna Germania), affidata a Ludovico il Germanico (morto nell’876). Con il figlio di quest’ultimo, Carlo il Grosso (881-887), la dinastia dei Carolingi si estinse e l’impero si frammentò definitivamente. Da quel momento Francia, Italia e Germania continuarono a vivere come regni autonomi sotto dinastie diverse, sviluppando forme proprie di vita e cultura.
3.1 Ottone I di Sassonia, da “difensore della cristianità” a imperatore Ottone I re di Germania In Occidente il titolo di imperatore fu conferito per la prima volta (da quando era caduto l’Impero romano) a Carlo Magno, incoronato a Roma da papa Leone III nell’anno 800 [ 1.1]. In seguito la corona passò ai suoi eredi e successori ma, decaduta la dinastia dei Carolingi, passò ad altri sovrani, indicando, più che un possesso territoriale, un alto titolo di onore. Nel 962 fu cinta dal re di Germania Ottone I di Sassonia (936-973), che riempì nuovamente di significato il titolo imperiale dopo essere riuscito a rafforzare l’autorità regia, da tempo puramente nominale data l’autonomia di cui godevano i ducati regionali di Baviera, Svevia, Franconia, Lotaringia e Sassonia. La battaglia di Lech Ottone I aveva dato prova di grandi capacità politiche e militari, affrontando e vincendo gli ultimi gruppi di Ungari e di Normanni che continuavano a devastare l’Europa centrale [ 1.3]: nel 955 sbaragliò gli Ungari nella battaglia di Lech (nella Germania centrale) e da quel momento essi cessarono le incursioni in Occidente. Tali imprese valsero a Ottone I la fama di “difensore della cristianità” e gli permisero di estendere il proprio controllo, oltre che su tutti i ducati del Regno di Germania, anche sui territori corrispondenti all’incirca alle attuali Austria, Boemia, Moravia e ancora sulle regioni più a nord, che si spingono fino al fiume Oder, ai confini della Polonia. In tal modo Ottone I era diventato il più potente sovrano d’Europa. La conquista del Regno italico Nel 961, mentre sull’Italia settentrionale regnava Berengario II di Ivrea (951-963), Ottone I di Sassonia riuscì a sottomettere il Regno italico, che da allora restò per secoli collegato al Regno di Germania e all’autorità imperiale. Il cosiddetto “Regno italico” era la parte settentrionale e centrale della penisola, corrispondente grosso modo a quello che nei secoli VII-VIII era stato il Regno dei Longobardi conquistato da Carlo Magno nel 774. Dopo il crollo dell’Impero carolingio nell’888, e in mancanza di discendenti diretti dei Carolingi, la guida di questo regno fu contesa fra quattro grandi famiglie: i duchi e marchesi di Spoleto, di Toscana, di Ivrea e del Friuli. Schierati in due fronti contrapposti (le due famiglie del centro Italia contro
I tempi della storia Fu importante la battaglia di Lech? Quando nel 955 gli Ungari penetrarono in Germania e attaccarono Augusta, l’esercito di Ottone I di Sassonia li affrontò nella piana di Lech e li sconfisse, costringendoli alla fuga e mettendo fine ai loro attacchi. A quella battaglia fu attribuito un valore decisivo, ed è certo che la sua importanza fu notevole. Tuttavia, lo storico francese Marc Bloch sostenne, nel suo fondamentale studio La società feudale, che altri motivi, più profondi, possono spiegare il ripiegamento degli Ungari: in particolare il fatto che, a differenza di mezzo secolo prima, quando avevano iniziato le loro scorrerie nei paesi europei, gli Ungari non erano più una popolazione nomade ma erano diventati sedentari, stabilendosi, con un primo abbozzo di ordinamento politico, nei territori dell’odierna Ungheria (che da loro prese il nome). Parallelamente,
essi avevano cominciato a basare sulla terra la loro economia, divenendo un popolo di agricoltori. In tal modo, scrive Bloch, gli Ungari «avevano perso l’abitudine alle lunghe cavalcate, e soprattutto d’estate, quando i lavori agricoli incombevano, non era più pensabile spostarsi in massa verso terre lontane». Il saccheggio, insomma, non rappresentava più il loro principale ricavo economico; la loro vita era cambiata. La conversione al cristianesimo, voluta da re Stefano I (1001-38), fu l’ultimo atto di questa progressiva integrazione degli Ungari nel mondo europeo. Al di là dell’episodio specifico, l’interpretazione di Bloch ci invita a riflettere sul fatto che le battaglie sono episodi di breve durata, che magari possono dare il colpo definitivo all’evolversi di una determinata situazione; questa situazione, però, a
sua volta dipende da fattori più profondi, che chiamano in causa le strutture sociali, economiche e politiche delle popolazioni. Come ha sostenuto lo storico Fernand Braudel, esistono tempi diversi nelle vicende storiche: i tempi della politica procedono rapidi, scanditi da avvenimenti precisi (come, appunto, una battaglia); i tempi dell’economia procedono più lenti, perché sono legati a meccanismi complessi, dotati di una maggiore forza d’inerzia; i ritmi e le abitudini della vita quotidiana, infine, si trasmettono da una generazione all’altra con tempi ancora più lunghi. Ciò ovviamente non esclude che questi diversi “tempi” possano incrociarsi, giungendo in qualche caso a sovrapporsi: per esempio quando l’esito di una battaglia – apparentemente, solo un evento – rafforza cambiamenti profondi delle strutture economiche e dei modi di vita.
Capitolo 3 Lo scontro tra Impero e Papato le due del nord), essi cercarono anche appoggi esterni nei duchi di Carinzia e nei re di Borgogna e di Provenza, che ne approfittarono per impadronirsi del regno: Rodolfo di Borgogna fu re dal 924 al 926, Ugo di Provenza dal 926 al 946. Questa situazione di instabilità politica mutò radicalmente con l’arrivo di Ottone I e con l’annessione del Regno italico nella sfera d’influenza germanica.
Memo
I Longobardi
Ottone I imperatore L’anno successivo alla conquista del Regno italico Ottone I scese a Roma, dove il papa Giovanni XII (955-963) lo incoronò imperatore (962). Nacque in tal modo quello che più tardi sarebbe stato chiamato Sacro romano impero germanico, “sacro” perché consacrato dal papa (come già l’impero di Carlo Magno), “romano” perché idealmente collegato alla tradizione di Roma antica, “germanico” perché affidato a una dinastia di stirpe germanica. Nei confronti dell’Impero carolingio, quello di Ottone I aveva una minore ampiezza territoriale: si estendeva infatti dalla Germania all’Italia ma ne era esclusa la maggior parte della Francia, che stava avviandosi a diventare uno Stato autonomo sotto la nuoDUCATO aveva però va dinastia dei Capetingi [ 4.3]. Il progetto politico del nuovo imperatore DI SASSONIA prospettive più ampie: Ottone I guardò con molto interesse all’Europa orientale, tentò MARCA (invano) la sottomissione dell’Italia meridionale e cercò l’alleanza con Bisanzio, concorDEL NORD LOTARINGIA dando il matrimonio di suo figlio, Ottone II, con una nipote dell’imperatore bizantino DUCATO (anche questo progetto però non ebbe seguito). DI FRANCONIA BOEMIA
3.2 I delicati rapporti tra Impero e Chiesa
DUCAT O DI SVEVIA
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I Longobardi erano una popolazione di stirpe germanica, probabilmente originaria della Scandinavia, che si era stanziata nella Germania del nord, alle foci dell’Elba, e in seguito era discesa nell’attuale Ungheria. Nel 568 i Longobardi penetrarono nella pianura del Po, attraverso le Alpi orientali, e si impadronirono dell’Italia settentrionale e della Toscana. Pavia divenne il centro del loro dominio mentre altri gruppi si spinsero più a sud costituendo i Ducati di Spoleto e Benevento.
MORAVIA
MARCA D’AUSTRIA DUCAT O DI BAVIERA
PA TR IM
O N IO D I S. PI ETRO
REGNO Vescovi, conti, vescovi-conti Per consolidare la sua autorità sui funzionari locali, che DI MARCA BORGOGNA tendevano a rendersi autonomi dal sovrano, Ottone I seguì in Germania una particolare DI CARINZIA REGNO ITALICO politica: assegnò il titolo di conte a numerosi vescovi da lui scelti. Così operando, l’imperatore raggiunse lo scopo di limitare il potere dei feudatari laici, che in Germania erano molto potenti, affiancando loro, come concorrenti e rivali, i vassalli ecclesiastici, DUCATO che assicuravano una maggiore fedeltà personale, poiché non potevano trasmettere DI SPOLETO il titolo agli eredi. In Italia invece, dove i vescovi delle città in tanti casi controllavano la vita politica locale, Ottone I si comportò in modo opposto, appoggiando la feudalità
L’Impero degli Ottoni
DUCATO DI SASSONIA LOTARINGIA
MARCA DEL NORD DUCATO DI FRANCONIA BOEMIA DUCAT O DI SVEVIA
DUCAT O DI BAVIERA MARCA DI CARINZIA
O N IO D I S. PI ETRO
REGNO ITALICO
MARCA D’AUSTRIA
PA TR IM
REGNO DI BORGOGNA
MORAVIA
DUCATO DI SPOLETO
Impero germanico alla morte di Enrico (936) Territori appartenenti all’Impero germanico nel 1024 Patrimonio di San Pietro Possedimenti in Italia dell’Impero bizantino
Corona di Ottone I, X sec. [Kunsthistorisches Museum, Vienna]
La corona dell’imperatore Ottone I è stata per molto tempo ritenuta, erroneamente, dell’imperatore Carlo Magno. Fatta realizzare per l’incoronazione di Ottone I subì molti interventi e modifiche che la portarono a quella che oggi si può ammirare all’interno del Kunsthistorisches Museum di Vienna. Le perle, le gemme e gli smalti sono montati in maniera così ravvicinata da rendere quasi invisibile il fondo d’oro. Ottone I di Sassonia, capostipite della casa di Sassonia, fu incoronato imperatore nel 962.
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Modulo 1 laica per limitare il potere vescovile. Attraverso questi interventi differenziati, l’imperatore riuscì a rafforzare notevolmente il potere centrale.
Il Privilegium Othonis L’ingerenza dell’imperatore nella vita della Chiesa arrivò a interferire nell’elezione del papa. Infatti Ottone I, con un decreto del 962 detto “Privilegio di Ottone” (Privilegium Othonis), stabilì che la nomina del papa, tradizionalmente fatta dal clero e dal popolo di Roma, doveva essere convalidata dal consenso imperiale. Inoltre il papa, una volta eletto, doveva prestare giuramento nelle mani dell’imperatore. La politica ecclesiastica della dinastia di Sassonia, che dopo Ottone I fu continuata dai successori Ottone II (973-983), Ottone III (983-1002) ed Enrico II (1002-24), giovò a rafforzare il potere imperiale ma si dimostrò dannosa per il prestigio morale della Chiesa, poiché i vescovi, chiamati dagli imperatori a esercitare funzioni politiche e militari, finirono per trascurare i loro impegni spirituali e sacerdotali. L’autorità del pontefice ne risultò indebolita, soprattutto quando Ottone I e i suoi successori non si accontentarono più di assegnare cariche politiche agli ecclesiastici, ma pretesero di conferire anche le cariche sacerdotali, ossia di nominare loro stessi i vescovi. Tutto questo avrebbe ben presto innescato un duro conflitto fra l’imperatore e il papa.
Apoteosi di Ottone III, X sec. [dai Vangeli di Liuthar; Cattedrale di Aquisgrana]
L’imperatore è rappresentato come Cristo: tra gli evangelisti, rappresentati dagli animali, all’interno della mandorla, con la mano di Dio che lo incorona. Sotto di lui sono rappresentati i signori e i vescovi a lui fedeli e sottoposti. Separare Chiesa e Stato era a quel tempo inconcepibile e per questo i due poteri entrarono presto in conflitto.
Religione e politica nel Medioevo La Chiesa e lo Stato, realtà che la cultura moderna intende come organismi distinti, ciascuno con un suo proprio campo d’azione, nel Medioevo furono a lungo ritenute realtà congiunte e inseparabili. «Come sarebbe stato possibile separarle – ha scritto lo storico Roberto Sabatino Lopez – in un mondo in cui tutto appariva opera di Dio? Separare Chiesa e Stato avrebbe significato dividere cielo e terra, atto non solo empio, ma impossibile, perché andava contro il modo di pensare dell’immensa maggioranza degli uomini. Appariva perciò naturale che i laici prestassero il loro concorso per assicurare il retto funzionamento della vita ecclesiastica e che gli ecclesiastici intervenissero in tutti gli aspetti della vita laica. Religione e politica erano, pertanto, unite da strettissimi vincoli». Tale intreccio di competenze fu all’origine di violenti dibattiti ideologici: l’autorità della Chiesa e l’autorità dello Stato hanno pari dignità e importanza? Oppure l’autorità della Chiesa deve essere superiore a quella dello Stato? O viceversa?
Dinastia della Casa di Sassonia Ottone I (962-973)
Ottone II (973-983)
Ottone III (983-1002)
Enrico II (1002-24)
Rafforza l’autorità imperiale e conquista il Regno italico. Concede il titolo di conte agli ecclesiastici; limita il potere di tutti i feudatari locali. Subordina l’autorità papale a quella imperiale (Privilegium Othonis).
Continua la politica del padre. Prova a conquistare l’Italia meridionale ma si scontra con Bizantini e Arabi e viene sconfitto.
Concepisce l’idea di restaurare e rinnovare l’antico Impero romano, riportando la capitale a Roma. Il progetto fallisce per l’opposizione dei feudatari tedeschi.
Ultimo rappresentante della dinastia sassone, sostiene il ruolo egemonico del Regno di Germania sugli altri Stati dell’Europa.
Capitolo 3 Lo scontro tra Impero e Papato
3.3 I movimenti per la riforma della Chiesa Il monastero di Cluny Nel XI secolo si sviluppò nel mondo cattolico un vivace movimento riformatore, che si proponeva di liberare la Chiesa dalle ingerenze dell’imperatore e di riportare il clero, spesso coinvolto nei meccanismi della politica e del potere, a una più integra vita morale. L’ondata riformatrice, che si estese all’intera Europa, ebbe come centro il monastero di Cluny, fondato nel 910 in Borgogna (Francia), la cui intensa attività diede origine a molti altri monasteri. I cluniacensi, che riconoscevano solo l’autorità del pontefice e si sottraevano al controllo dei vescovi locali, ebbero una parte di grande rilievo nel sostenere i progetti di riforma ecclesiastica che alcuni papi, Niccolò II prima e Gregorio VII poi, avanzarono a metà dell’XI secolo: essi miravano a moralizzare la vita dei vescovi e del clero, a combattere la compravendita di cariche ecclesiastiche, la cosiddetta simonia, e a imporre al clero l’obbligo del celibato. I monaci di Cluny si richiamavano alla Regola dettata da san Benedetto nel VI secolo (ora et labora, ‘prega e lavora’) ma avevano notevolmente modificato i propri obiettivi rispetto a quelli originari. Al centro della vita religiosa erano state poste la preghiera, la liturgia e lo studio dei testi sacri, mentre il lavoro (che Benedetto aveva indicato, assieme alla preghiera, come obbligo principale dei monaci) era ormai affidato alle schiere di contadini e di servi che lavoravano le terre del monastero. Inoltre, mentre i monasteri tradizionali vivevano totalmente autonomi l’uno dall’altro (sicché, a rigore, non possiamo neppure parlare di un “ordine” benedettino), i nuovi monasteri che sorsero in Europa si collegarono tra di loro in una vasta congregazione che faceva capo a Cluny.
La Parola
simonia Con questo termine si intende l’acquisizione di beni spirituali (cariche ecclesiastiche, ma anche indulgenze o assoluzione di peccati) in cambio di denaro. Deriva dal nome di Simon Mago, del quale si racconta, negli Atti degli apostoli, che, dopo essersi convertito al cristianesimo, avrebbe offerto a san Pietro del denaro per ricevere dallo Spirito Santo il potere di guarire gli ammalati.
MA R E DEL NORD
Diffusione dei monasteri in Europa
i Case madri benedettine Case madri cluniacensi Case madri cistercensi Monasteri benedettini Monasteri cluniacensi Monasteri cistercensi OC E A N O ATLANTICO
Parigi Fleury
Clairvaux
La Charité
Morimond
Sauvigny
Citeaux Cluny
Novalesa
Bobbio
Nonantola
Farfa Subiaco Montecassino
M AR MEDITERRANEO
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Modulo 1 L’Europa feudale
Terza abbazia di Cluny, XIII sec. [dalla Cronaca Cluniacense, ms. Lat. 17716, c. 91r; Bibliothèque Nationale, Parigi]
In questa miniatura papa Urbano II consacra la terza abbazia di Cluny nel 1095. I cluniacensi adottarono la Regola benedettina con alcune sostanziali modifiche: al lavoro nei campi avevano sostituito lo studio dei testi sacri e la dedizione completa alla liturgia.
Il monastero di Cîteaux Gli stessi cluniacensi, però, a un certo punto furono accusati di costumi eccessivamente mondani e di essersi compromessi con il potere e la ricchezza. L’accusa proveniva in particolare dai monaci cistercensi, un nuovo ordine religioso fondato nel 1098 a Cîteaux, ancora in Borgogna: anch’essi si ispiravano alla Regola di Benedetto, ma, a differenza dei cluniacensi, continuavano a ritenere fondamentale l’obbligo del lavoro. Perciò le abbazie cistercensi diventarono – oltre che luoghi di studio e di meditazione – centri di fiorenti aziende agricole e zootecniche, dette grange, in cui si applicavano i più innovativi metodi di coltivazione e di allevamento. Per segnalare anche esteriormente la loro diversità dai cluniacensi (che, secondo la tradizione benedettina, si vestivano di nero) i cistercensi scelsero di vestirsi con tonache bianche. La patarìa Il moto di riforma della Chiesa ebbe anche il sostegno delle popolazioni. Così accadde a Milano, dove si formò la patarìa (forse dal dialetto patée, ‘robivecchi’, ‘straccivendoli’), un raggruppamento di popolani che a metà dell’XI secolo insorse contro il vescovo Guido da Velate, accusandolo di immoralità e invitandolo a lasciare la diocesi. Il movimento prese forza soprattutto quando riuscì a far nominare sul trono pontificio un suo sostenitore, il borgognone Niccolò II (1058-61). Il concilio Laterano Eletto papa nel 1058, Niccolò II convocò i vescovi in un’assemblea, il concilio Laterano (1059), che segnò una svolta nella vita della Chiesa in quanto stabilì che la nomina dei papi fosse fatta dal collegio dei cardinali, al di fuori di ogni ingerenza dell’imperatore (come invece era stato teorizzato nel 962 dal “Privilegio” di Ottone I di Sassonia, 3.2). Anche per la nomina dei vescovi si riaffermò l’esclusiva competenza del clero; inoltre furono stabiliti l’obbligo del celibato per il clero e l’espulsione degli ecclesiastici ritenuti non degni. Con queste decisioni, che svincolavano il Papato dalla tutela imperiale, la forte tensione tra la Chiesa e l’Impero che era incominciata ai tempi di Ottone I sfociò in lotta aperta. Il conflitto scoppiò violento quando i seguaci della riforma nominarono papa Ildebrando di Soana, un monaco di origine toscana, formatosi alla severa scuola di Cluny, che prese il nome di Gregorio VII (1073-85).
Capitolo 3 Lo scontro tra Impero e Papato
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3.4 Il papa Gregorio VII contro l’imperatore Enrico IV La minaccia del papa L’energico e combattivo Gregorio VII entrò subito in contrasto con l’imperatore germanico, il giovane Enrico IV (1056-1106) appartenente alla dinastia di Franconia che dal 1024 (da quando cioè si era estinta la dinastia sassone con la morte di Enrico II) si era insediata sul trono di Germania. Nel 1065 Enrico IV era uscito dalla minore età e aveva assunto il potere mostrando una fermezza e un’energia non inferiori a quelle del pontefice. «Non sarò un papa docile» scrisse Gregorio VII all’imperatore. «Se riceverò il tuo assenso, per prima cosa metterò ordine nella Chiesa, scomunicando i sacerdoti peccatori e indegni. Se mi darai la tua collaborazione e, seguendo i miei paterni consigli, non concederai più nomine vescovili e agirai secondo giustizia, un gran bene ne verrà per tutti. Altrimenti la maledizione del profeta Isaia, “Maledetto sia l’uomo che trattiene la spada del Signore”, ricadrà su di te». La lotta per le investiture Enrico IV rispose con un gesto di sfida: nominò molti nuovi vescovi in Germania e anche nella diocesi di Milano, per mostrare che l’autorità imperiale aveva la supremazia su ogni altra autorità e che l’investitura (cioè il conferimento, la concessione) delle cariche ecclesiastiche, così come l’investitura feudale, continuava a essere, come nel passato, una prerogativa del sovrano. Il conflitto scoppiò apertamente. Il papa e l’imperatore, le due massime autorità dell’Occidente, scesero in campo l’uno contro l’altro in una lotta lunga e aspra, che prese il nome di lotta per le investiture. I Dictatus papae In un primo tempo Gregorio VII si propose di rendere la Chiesa indipendente dall’Impero; in un secondo tempo diede al conflitto uno scopo più radicale e impegnativo: affermare la superiorità del Papato su tutte le autorità terrene, compreso l’imperatore. Ciò fece con un documento, detto Dictatus papae, emanato nel 1075. Costituito di 27 asciutte proposizioni, tale documento sosteneva che «solo il pontefice romano ha diritto di essere chiamato universale» (proposizione 2), che «egli solo può deporre i vescovi, o reintegrarli nelle loro funzioni» (3), che «le sue sentenze non possono essere impugnate da nessuno, ed egli può impugnare quelle di tutti» (18) e che il papa «non può essere giudicato da nessuno» (19). Quanto al rapporto con il potere politico e l’imperatore, Gregorio affermava che al papa «è consentito deporre gli imperatori» (12) e di conseguenza «sciogliere i sudditi dal giuramento di fedeltà» (27).
3.5 Dall’umiliazione di Canossa al concordato di Worms La scomunica di Gregorio VII Al papa che affermava la propria supremazia su tutti i sovrani della Terra, l’imperatore Enrico IV rispose riunendo un concilio di vescovi germanici che dichiararono Gregorio VII decaduto (gennaio 1076). Gregorio VII reagì impugnando l’arma più temuta di cui disponeva la Chiesa: la scomunica. Chi ne veniva colpito era espulso dalla comunità dei fedeli e dalla società: la moglie, i figli, i parenti, i servi potevano abbandonarlo; se si trattava di un re, i sudditi, sciolti dal vincolo dell’obbedienza, erano legittimati a ribellarsi. Enrico IV venne a trovarsi in una situazione critica. Molti feudatari trassero pretesto dalla scomunica per sciogliersi dai vincoli di obbedienza nei suoi confronti, altri si ribellarono. Pertanto, nel timore di perdere la sua autorità, l’imperatore venne in Italia a chiedere perdono al papa. Nel gennaio del 1077 salì a Canossa, nell’Appennino tosco-emiliano, dove Gregorio VII si era rifugiato nella fortezza della contessa Matilde
Gregorio VII, XII sec. [da Le Opere di San Gregorio, ms. 315, f.1v; Bibliothèque Municipale, Douai (Francia)]
La miniatura rappresenta Gregorio VII seduto sul soglio papale con ai piedi due monaci intenti a redigere il Dictatus papae. Il pontefice piegò l’imperatore Enrico VI e fu artefice dell’inasprimento della lotta per le investiture che interessò l’Europa intera tra XI e XII secolo. Lo scontro acerrimo, tra Papato e Impero, si placò solo dopo il concordato di Worms che sancì il successo della volontà papale.
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Modulo 1 L’Europa feudale di Toscana (1046-1115), ultima erede della dinastia dei Canossa, a quel tempo la più potente casata d’Italia, fedele alleata del papa. L’umiliazione di Enrico IV, che attese tre giorni fuori dalla rocca prima di essere ricevuto dal pontefice, e il successivo perdono di Gregorio VII non segnarono però la fine del conflitto.
La reazione di Enrico IV Il gesto dell’imperatore era nato da un preciso calcolo politico: attraverso il perdono papale, che il pontefice, in quanto sacerdote, non poteva rifiutare, egli mirava a riprendere il controllo della situazione e a procurarsi la forza militare per la rivincita. Infatti, ritornato in Germania, affrontò i signori ribelli e li vinse. Quindi, nel 1082, tornò di nuovo in Italia ed entrò in forze a Roma, dove, dopo aver costretto Gregorio VII a rifugiarsi nella fortezza di Castel Sant’Angelo, dichiarò decaduto il pontefice e mise sul trono papale un antipapa, da cui si fece incoronare imperatore. Gregorio VII chiese aiuto ai Normanni, che in quegli anni avevano fondato un forte regno nell’Italia meridionale [ 4.4]. Guidati da Roberto detto “il Guiscardo” (ossia “l’astuto”, duca di Puglia e Calabria dal 1059 al 1085), essi costrinsero Enrico IV a ritornare in Germania e condussero il pontefice a Salerno per assicurargli una migliore protezione. Qui, poco tempo dopo, il papa morì (1085).
Umiliazione di Enrico IV, XII sec. [dalla Vita Mathildis; Biblioteca Apostolica Vaticana, Città del Vaticano]
In questa immagine Enrico IV, scomunicato da Gregorio VII, si umilia al cospetto di Matilde di Canossa e dell’abate Ugo di Cluny, affinché intercedano presso il papa.
Il concordato di Worms Il contrasto tra il Papato e l’Impero continuò anche dopo la scomparsa dei due maggiori protagonisti (Enrico IV morì nel 1106) e terminò con un compromesso: il concordato di Worms, firmato nella cittadina tedesca nel 1122 dal papa Callisto II (1119-24) e dall’imperatore Enrico V (1106-25). Il compromesso, che di fatto segnava il successo delle richieste papali, stabilì una rigorosa distinzione fra investitura religiosa (il conferimento delle cariche ecclesiastiche) e investitura politica (il conferimento delle cariche feudali). La nomina dei vescovi era riservata al papa, mentre i titoli nobiliari e i benefici feudali erano concessi dall’imperatore. L’imperatore rinunciava a ogni intervento nell’elezione del papa, che era riservato al collegio dei cardinali. L’accordo inoltre stabiliva, prendendo atto del maggiore peso politico che l’imperatore aveva in Germania, che solo in quel regno l’investitura di cariche pubbliche poteva precedere la consacrazione vescovile (che comunque spettava al pontefice) mentre in Italia l’investitura doveva in ogni caso seguire la consacrazione.
Dinastia della Casa di Franconia Corrado II (1027-39)
Enrico III (1039-56)
Con l’editto de beneficiis stabilisce che anche i feudi minori possano essere trasmessi per via ereditaria.
Sostiene il primato dell’Impero sul Papato e arriva a scegliere e nominare egli stesso i candidati al trono pontificio.
Enrico IV (1056-1106)
Enrico V (1106-25)
È protagonista assieme al papa Gregorio VII della “lotta per le investiture”. Scomunicato, chiede perdono al papa e, ottenuta l’assoluzione, costringe il papa a fuggire.
Firma con Callisto II il concordato di Worms, un accordo più favorevole alla Chiesa che all’Impero, in cui sono distinti i poteri e i compiti del papa e dell’imperatore.
Capitolo 3 Lo scontro tra Impero e Papato
Lo scontro tra Impero e Papato La lotta per le investiture
Sintesi
Ottone I di Sassonia, da “difensore della cristianità” a imperatore Dopo il crollo della dinastia carolingia, la figura dell’imperatore per quasi un secolo fu oscurata dall’emergere dei poteri locali. Nel 962 divenne imperatore il re di Germania Ottone I di Sassonia (936-973), che già era riuscito a rafforzare l’autorità regia, indebolita dalla crescente autonomia dei ducati regionali. Dimostrò poi notevoli capacità politico-militari, arrestando l’avanzata degli Ungari nella battaglia di Lech (955) ed estendendo i territori sottoposti al suo controllo nell’area germanica, fino ad arrivare alla conquista del Regno italico (961). L’anno successivo fu incoronato imperatore di quello che in seguito fu detto Sacro romano impero germanico, che si estendeva dalla Germania all’Italia. I delicati rapporti tra Impero e Chiesa In Germania Ottone I assegnò il titolo di conte a numerosi vescovi, con lo scopo di limitare il potere dei feudatari laici – a vantaggio del governo centrale –, affiancando loro i vassalli ecclesiastici, che assicuravano una maggiore fedeltà personale, poiché non potevano trasmettere il titolo agli eredi. Al contrario, in Italia, dove i vescovi erano potenti, Ottone I appoggiò la feudalità laica. Ottone cercò di affermare la sua autorità anche nei rapporti con la Chiesa, tentando di controllare l’elezione del papa. Con il “Privilegio di Ottone” (962) stabilì che la nomina del papa dovesse essere convalidata dall’imperatore, e che il papa dovesse
giurargli fedeltà. Questa politica ecclesiastica giovò a rafforzare il potere imperiale a discapito dell’autorità papale. I movimenti per la riforma della Chiesa Nell’XI secolo, dal monastero di Cluny si sviluppò un movimento riformatore, che mirava a svincolare la Chiesa dal controllo dell’Impero e a introdurre una più rigida moralità nella vita del clero. I cluniacensi riconoscevano la sola autorità del papa e adottavano una regola benedettina modificata, che dava prevalente importanza alla preghiera e allo studio. A partire dal 1098, dal monastero di Citêaux si sviluppò anche il movimento cistercense, che si opponeva ai cluniacensi giudicandoli corrotti e reintroduceva nella regola benedettina l’obbligo del lavoro. Il moto di riforma della Chiesa ebbe anche il sostegno delle popolazioni. Così accadde a Milano, dove si formò la patarìa, un movimento popolare che a metà dell’XI secolo insorse contro il vescovo. Il movimento prese forza soprattutto quando riuscì a far nominare papa Niccolò II, un suo seguace. La tensione tra la Chiesa e l’Impero crebbe quando Niccolò II convocò il concilio Laterano (1059), che stabiliva il chiaro intento del Papato di rendersi autonomo dalla tutela imperiale. Il papa Gregorio VII contro l’imperatore Enrico IV Nel 1073 venne eletto papa Gregorio VII, che entrò immediatamente in contrasto con l’imperatore Enrico IV. Quando chiese all’imperatore di non
nominare nuovi vescovi, ottenne la reazione opposta. Da questo primo scontro prese avvio la lotta per le investiture. Nel 1075 Gregorio emanò il Dictatus papae, un documento che sanciva la superiorità del Papato su ogni altra carica terrena. Dall’umiliazione di Canossa al concordato di Worms In un concilio di vescovi l’imperatore fece dichiarare il papa decaduto; Gregorio VII rispose con la scomunica di Enrico IV. Con l’esclusione dalla comunità cristiana, Enrico IV subì la ribellione dei suoi sudditi, e così, trovandosi in una situazione rischiosa, decise di chiedere perdono al papa, umiliandosi a Canossa (1077). Una volta tornato in Germania, Enrico si riorganizzò: sconfisse i ribelli e poi giunse a Roma (1082) e costrinse il papa a rifugiarsi nel Castel Sant’Angelo; infine, fece nominare un antipapa che lo incoronò imperatore. Gregorio chiese l’aiuto di Roberto il Guiscardo, duca normanno che controllava dei territori nell’Italia meridionale, presso il quale morì dopo esservisi rifugiato (1085). Il contrasto tra Papato e Impero continuò anche dopo la morte dei due contendenti, fino a che si arrivò al concordato di Worms (firmato dal papa Callisto II e dall’imperatore Enrico V nel 1122) che prevedeva una distinzione tra l’investitura religiosa, spettante al papa, che conferiva cariche vescovili, e l’investitura laica, spettante all’imperatore, che conferiva benefici feudali. Solo in Germania la prima precedeva la seconda. L’elezione del papa era riservata al collegio dei cardinali.
Esercizi Comprendere e ordinare 1. Colloca sulla linea del tempo gli eventi elencati in ordine sparso. 955
1. 2. 3. 4. 5.
962
962
umiliazione di Canossa Dictatus papae fondazione del monastero di Citeaux incoronazione imperiale di Ottone I nomina a pontefice di Gregorio VII
1073
1075
1076
6. 7. 8. 9. 10.
1077
1082
concordato di Worms Privilegio di Ottone scomunica di Enrico IV nomina di un antipapa battaglia di Lech
1098
1122
33
34
Modulo 1 L’Europa feudale
2. Indica se le seguenti affermazioni sono vere o false.
3 Associa alle seguenti parole chiave il significato corretto.
a. I monaci del monastero di Cluny seguivano uno stile di vita ispirato dalla Regola benedettina.
V
F
b. Ottone I decise di assegnare il titolo di conte a vescovi da lui prescelti soprattutto in Germania.
V
F
c. Il papa Niccolò II con la convocazione del concilio Laterano intendeva sottrarre la nomina del pontefice dall’influenza dell’imperatore.
V
F
d. La lotta per le investiture si concluse dopo la morte del papa Gregorio VII.
V
F
e. Il “Privilegio di Ottone” prevedeva il giuramento di fedeltà del papa all’imperatore.
V
F
f. Il concordato di Worms prevedeva che in Germania l’investitura politica dovesse precedere quella religiosa.
V
F
g. Dopo essere diventato papa, Gregorio VII chiese all’imperatore di non procedere più alla nomina dei cardinali.
Titolari di un beneficio conseguente a un rapporto di vassallaggio
V
F
Relativo al monastero di Citeaux, in Borgogna
h. Il movimento per la riforma della Chiesa si proponeva di favorire il celibato ecclesiastico.
V
F
Titolari di autorità vescovile ai quali viene concessa anche la carica di conte
i. Nella mentalità medievale, la sfera politica e quella religiosa apparivano come due organismi nettamente separati tra di loro.
V
F
simonia • pataria • investitura • scomunica • antipapa • feudatari laici • vescovi-conti • cistercense Atto con il quale venivano conferite cariche laiche o ecclesiastiche da parte di un organismo preposto Atto mediante il quale un individuo veniva escluso per gravi colpe dalla comunità cristiana Pontefice eletto in contrapposizione a quello ufficialmente riconosciuto dalla Chiesa Movimento di riforma religiosa a carattere popolare sviluppatosi a Milano
Pratica basata sulla compravendita delle cariche ecclesiastiche
Analizzare e produrre 4. Completa la mappa usando i termini indicati. bianco • nero • movimento • imperatore • moralità • simonia • celibato • Cluny • Citeaux • pataria • liturgia • servi • monaci • immoralità di riforma cattolica (XI sec.)
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Movimenti popolari ..........................................................
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lavoro svolto da
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5. Completa le seguenti frasi. a. Ottone I di Sassonia, nell’organizzare il governo, decide di avvalersi dei ......................................................................................................... b. Dopo essere stato incoronato imperatore, in un decreto chiamato “Privilegio”, Ottone stabilisce che ........................................... ...............................................................................................................................
c. Il legame che si crea tra la Chiesa e l’Impero determina delle conseguenze, modificando ...................................................................... ...............................................................................................................................
d. Con la nomina di due papi inizia un processo in base al quale
clero
religiosi
lavoro svolto da ................................
............................................................................................................................... ...............................................................................................................................
e. La figura di Gregorio VII porta a radicalizzare lo scontro con ............................................................................................................................... ...............................................................................................................................
f. Alla fine di questo lungo processo storico, si raggiunge una soluzione .......................................................................................................... ...............................................................................................................................
Seguendo l’ordine logico di queste frasi, usale come scaletta per produrre un testo di massimo 15-20 righe.
Modulo 1 L’Europa feudale
4 Le monarchie
Capitolo
35
feudali
Percorso breve Fra XI e XII secolo si formarono in Europa numerosi regni, che utilizzarono lo strumento dell’omaggio feudale (imposto dal re a tutti i vassalli) per costruire una rete piramidale di rapporti di fedeltà che, faticosamente, consentirono ai sovrani di tenere sotto controllo la nobiltà locale. Contemporaneamente, i sovrani istituirono un corpo di funzionari estranei alla gerarchia feudale, addetti all’amministrazione del fisco e della giustizia. In Inghilterra ciò avvenne per opera dei Normanni, che, muovendo dal Ducato di Normandia in territorio francese, si impadronirono nel 1066 del Regno anglosassone, costituendo con Guglielmo il Conquistatore, e in seguito con la dinastia dei Plantagenéti, un regno fortemente centralizzato, fondato sui rapporti feudali. Altri gruppi di Normanni si spinsero verso sud, insediandosi nell’Italia meridionale e poi in Sicilia, dove diedero vita a un forte regno con Ruggero II di Altavilla. In Francia, il rafforzamento della monarchia avvenne sotto la dinastia dei Capetingi. Luigi VII impose a tutti i feudatari del regno di prestare omaggio al re. Filippo Augusto allargò il campo d’azione del regno, fino ad allora ristretto alla regione di Parigi, conquistando numerosi principati regionali di fatto autonomi. Si scontrò con i re d’Inghilterra, che, essendo anche duchi di Normandia, in linea teorica erano suoi vassalli, ma di fatto erano più potenti di lui (soprattutto quando Enrico II Plantagenéto
Corfe Castle [Dorset, Inghilterra]
ereditò il ducato di Aquitania). L’impegno politico e militare del sovrano francese, coronato dalla vittoriosa battaglia di Bouvines (1214), fece perdere ai figli di Enrico quasi tutti i possessi inglesi sul continente. Nella penisola iberica, i regni cristiani del nord (in particolare il Regno di Castiglia e il Regno di Aragona) guidarono tra XI e XII secolo la “riconquista” delle regioni meridionali, occupate dai musulmani nell’Alto Medioevo. L’espansione, favorita dalla frammentazione politica del Califfato islamico di Cordova, giunse al suo apice con la battaglia di Las Navas de Tolosa (1212 ), dopo la quale i domìni musulmani si ridussero al piccolo Regno di Granada.
Modulo 1 L’Europa feudale
4.1 Il potere feudale tra gerarchie e fedeltà L’invenzione dell’omaggio ligio Utilizzando lo strumento del rapporto feudale, i sovrani europei a poco a poco riuscirono ad affermare l’idea che tutti i vassalli, anche quelli legati ad altri signori, dovevano al re un omaggio speciale, detto “ligio”, che, in caso di conflitto, aveva la precedenza rispetto agli altri: se un vassallo si scontrava con il sovrano, i vassalli del vassallo erano obbligati a mantenersi fedeli al re e non a lui. Le truppe di tutti i signori feudali furono costrette a rendere omaggio al re e in tal modo venne meno il principio, ammesso fino al XII secolo, secondo cui «il vassallo del mio vassallo non è mio vassallo» [ 1.1]. La costruzione della piramide feudale Con questo meccanismo i sovrani legarono a sé tutti i signori del regno, dando forma a quella struttura gerarchica di tipo piramidale – inizialmente non prevista nell’ambito dei rapporti vassallatici – che costituì per secoli l’ordinamento della nobiltà europea: al sommo della gerarchia i re; direttamente subordinati a loro, i grandi vassalli o “capitani”, dai quali dipendevano i valvassori (dal latino vassi vassorum, ‘vassalli dei vassalli’); al di sotto di questi, i valvassini; all’ultimo gradino, i semplici castellani. I nuovi funzionari I re cercarono anche altri strumenti per affermarsi come poteri superiori. Istituirono una rete di funzionari per amministrare i territori senza doverli concedere in feudo, e fecero mettere per iscritto (in registri e raccolte di leggi) i diritti e i doveri dei vassalli, per regolarli in maniera più precisa. Inoltre affermarono la superiorità del tribunale regio sui tribunali locali, in caso di reati o delitti particolarmente gravi.
4.2 La monarchia normanna in Inghilterra La conquista dell’Inghilterra Nel nord della Francia i Normanni avevano costituito nel X secolo il Ducato di Normandia che fu riconosciuto nel 911 dal re di Francia [ 1.3]. Nel 1066 il duca di Normandia Guglielmo attraversò la Manica e invase l’Inghilterra, sconfiggendo nei pressi di Hastings Harold di Wessex, ultimo sovrano della monarL’Europa intorno all’anno Mille
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REGNO DI SCOZIA
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REGNO GALLES D’INGHILTERRA
Amburgo Magdeburgo REGNO PRINCIPATO DI KIEV DUCATO DI DI Colonia NORMANDIA Magonza Praga POLONIA Kiev Parigi BOEMIA Spira Orléans REGNO DI GERMANIA REGNO REGNO Salisburgo Graz REGNO DI DI Lione DI León FRANCIA UNGHERIA Pavia R.DI LEÓN Tolosa BORGOGNA Croati Arles REGNO DI D’ITALIA R. ONA CONTEA DI MAR NERO Serbi G Toledo A BARCELLONA PATRIMONIO Spalato AR REGNO DI IM Barcellona DI S.PIETRO CALIFFATO DI CORDOVA Costantinopoli PE BULGARIA Roma RO Bari Durazzo Cordova BI Napoli ZA NT MAR MEDIT IN ERRANEO Palermo O
OCEANO ATLANTICO
Sacro romano impero Impero bizantino Mondo musulmano Regno vassallo dell’Impero
MARE DEL NORD
REGNO DI REGNO NORVEGIA DI SVEZIA Sigtuna
REGNO DI Aarhus DANIMARCA Roskilde
Londra
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Sacro r Impero Mondo Regno
Capitolo 4 Le monarchie feudali chia anglosassone che si era affermata nel paese durante l’alto Medioevo. A dicembre dello stesso anno Guglielmo, che per questa impresa fu chiamato “il Conquistatore”, fu incoronato re d’Inghilterra (1066-87).
La monarchia normanna Guglielmo e i re normanni suoi discendenti impiantarono nel paese una fitta rete di castelli o manor (lo stesso nome delle aziende curtensi, normalmente provviste di una residenza fortificata Discussione storiografica, modulo 1), assegnandoli ai nobili locali in cambio dell’omaggio feudale che, in questo modo, fu introdotto anche in Inghilterra. I castelli furono censiti e descritti con precisione, con l’indicazione completa della loro estensione, del nome dei proprietari e del numero di abitanti, in un inventario detto Domesday Book (‘Libro del giorno del giudizio’), ultimato nel 1086. Questo inventario costituì la base per l’imposizione dei tributi e fu, anche sul piano simbolico, il segno del controllo esercitato dal re sul paese. La dinastia dei Plantagenéti Si costituì in tal modo in Inghilterra una monarchia molto forte e centralizzata, che, nel XII secolo, dopo l’estinzione in linea maschile della famiglia di Guglielmo, passò al duca di Normandia Enrico II Plantagenéto (1154-89), il cui soprannome derivava dal ramo di ginestra, in latino planta genistra, che appariva sullo stemma di famiglia. I vasti possedimenti francesi di Enrico II, che comprendevano oltre al Ducato di Normandia anche la Contea d’Angiò e il Ducato di Aquitania (quest’ultimo acquisito grazie al matrimonio con Eleonora, duchessa e contessa di grande fascino e cultura, nonché ex regina di Francia 4.3), passarono quindi alla corona inglese e ne aumentarono il prestigio e la ricchezza. Inoltre, Enrico II tentò di sottomettere al potere e alla
Aa Documenti Il film della conquista normanna: l’Arazzo di Bayeux All’indomani della conquista normanna dell’Inghilterra, uno splendido arazzo di lino ricamato, lungo 70 metri e alto circa 50 centimetri, “raccontò” in immagini l’impresa di Guglielmo il Conquistatore,
mostrando tutti i particolari della vicenda quasi come si trattasse dei fotogrammi di un film. L’arazzo, commissionato dal vescovo Oddone (1036-97), fratello di Guglielmo, ovviamente ci mostra la sto-
La flotta normanna attraversa la Manica e invade l’Inghilterra Uomini e cavalli si stipano a bordo delle navi, lunghe e affusolate come era tradizione di quel popolo. In testa c’è la nave di Guglielmo, con una lanterna a forma di animale sistemata sulla prua, per segnare la via, e una statua di legno a poppa, raffigurante il figlio di Guglielmo, Roberto, che suona il corno e impugna un gonfalone. La cavalleria normanna avanza verso la battaglia. Guglielmo, con il dito alzato, sprona i suoi uomini e indica la direzione da seguire.
ria dalla parte dei vincitori. Oggi è conosciuto come “Arazzo di Bayeux” perché è conservato nella cittadina di Bayeux in Normandia. Vediamone due scene.
La battaglia di Hastings La fanteria di Harold, conte di Wessex, tenta di resistere all’assalto dei cavalieri normanni stringendo assieme gli uomini con i loro scudi. Alcuni arcieri tirano frecce, mentre i Normanni attaccano con le lance. Numerose immagini dell’arazzo sono dedicate alla battaglia e suggeriscono, nel rimescolio di uomini e cavalli, la grande violenza e ferocia con cui si svolse lo scontro, decisivo per l’affermazione dei Normanni nell’isola.
37
Modulo 1 L’Europa feudale giustizia regia anche il clero inglese, scatenando un conflitto con l’arcivescovo di Canterbury Thomas Becket, convinto sostenitore della libertà della Chiesa rispetto al potere regale, che fu assassinato su istigazione del re nella sua cattedrale. A Enrico successe il figlio Riccardo Cuor di Leone (1189-99), che abilmente costruì un efficace sistema amministrativo, basato su un corpo di funzionari che facevano da contrappeso alla gerarchia feudale. Riccardo riuscì a rafforzare la monarchia tuttavia essa entrò in crisi quando a lui successe il fratello Giovanni, detto Senza Terra (11991216), per aver perduto gran parte dei possessi inglesi oltre Manica [ 4.3].
La Magna Charta Libertatum La perdita dei territori inglesi su suolo francese subìta da Giovanni aggravò il già profondo malcontento che animava l’agguerrita nobiltà feudale inglese che, a quel punto, si sollevò contro il re e avanzò le sue pretese di autonomia. Nel 1215 Giovanni Senza Terra fu costretto a firmare la Magna Charta Libertatum (‘Grande Carta delle Libertà’), un documento che fissava dei limiti precisi all’autorità del sovrano, imponendogli di riconoscere le “libertà” ossia (secondo l’accezione medievale del termine) i diritti e i privilegi dei nobili, delle città e delle chiese, che egli era tenuto a consultare prima di prendere decisioni, soprattutto in materia fiscale.
4.3 La monarchia capetingia in Francia La dinastia dei Capetingi In Francia, dopo la fine dell’Impero carolingio, il titolo regio fu conteso tra varie famiglie, che di fatto controllavano solo una piccola regione attorno a Parigi, mentre ampie regioni del paese sviluppavano una politica autonoma. Proprio i conti di Parigi, della dinastia dei Robertingi, riuscirono infine a prevalere, con Ugo Capeto (987-996) che nel 987 si impadronì stabilmente del regno: in suo onore la dinastia fu ribattezzata col nome di Capetingi. I primi REGNO sovrani capetingi, tra X e XI secolo, esercitarono il loro potere in una limitata D’INGHILTERRA fascia di territorio compresa tra la Loira e la Senna. Il rafforzamento della monarchia Londra
CONTEA DI FIANDRA
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CONTEA DI GEVAUDAN CONTEA DI TOLOSA
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CONTEA DI GEVAUDAN CONTEA DI CONTEA TOLOSA DI
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CONTEA DI PROVENZA
La fortezza di Montségur, XII-XIII sec. [Linguadoca, Francia]
Montségur sorge in cima a una collina rocciosa a quota 1200 metri. La posizione arroccata e facilmente difendibile ne fece l’ultimo rifugio dei catari albigesi. La crociata antieretica contro i catari allettò i grandi feudatari e cavalieri europei che assediarono e distrussero tutte le roccaforti presenti in Linguadoca e fecero una vera e propria strage. La fortezza di Montségur cadde nel marzo del 1244.
Capitolo 4 Le monarchie feudali si compì nel XII secolo, per opera di Luigi VI (1108-37) e poi di Luigi VII (1137-80), che iniziò a praticare il sistema dell’omaggio ligio [ 4.1] limitando l’indipendenza dei signori feudali.
Contee e ducati di Francia Alla fine del XII secolo anche gli altri domìni a carattere regionale che si erano costituiti sul territorio francese (Contee e Ducati di Bretagna, Normandia, Aquitania, Tolosa, Provenza, Borgogna…) si stavano rafforzando, con meccanismi analoghi a quelli che si verificavano nel Regno capetingio: i poteri feudali dislocati sul territorio erano sottoposti a un sempre maggiore controllo da parte del conte o del duca. Questo fenomeno fu molto importante nella successiva storia della Francia, in quanto il progressivo espandersi del potere monarchico portò, a poco a poco, entro l’orbita del regno altri territori politicamente stabili, già accentrati al loro interno: da ciò trasse vantaggio la compattezza politica del paese. La guerra contro i Plantagenéti Al tempo di Luigi VII risale il primo conflitto con i Plantagenéti, re d’Inghilterra e duchi di Normandia (dunque, in linea di principio, vassalli del re di Francia). Il contrasto fra le due potenze esplose nel 1152 quando Eleonora d’Aquitania, già moglie di Luigi VII, divorziò dal re e sposò in seconde nozze Enrico, duca di Normandia, portandogli in dote il Ducato di Aquitania e facendone il signore più potente di Francia. Nello stesso anno Enrico era diventato re d’Inghilterra [ 4.2] e iniziò contro Luigi una lunga guerra, terminata con il riconoscimento della legittimità dei domìni inglesi sul continente. Un decisivo rafforzamento del Regno di Francia avvenne al tempo di Filippo Augusto (1180-1223), che centralizzò l’amministrazione dello Stato attraverso una doppia rete di funzionari, i balivi che controllavano i possessi diretti del re e i prevosti che riscuotevano le imposte e amministravano la giustizia. La battaglia di Bouvines Dopo la morte di Enrico II (1189) Filippo Augusto intensificò le operazioni militari ai danni dei territori plantagenéti e costrinse Riccardo Cuor di Leone e Giovanni Senza Terra, figli di Enrico, ad abbandonare la maggior parte dei possessi in territorio francese. Lo scontro decisivo avvenne nel 1214 contro Giovanni a Bouvines, nelle Fiandre, e la vittoria di Filippo Augusto, aiutato dal re di Germania Federico II (1220-50, 12.2), legò definitivamente alla corona di Francia i ducati e le contee già controllate dal re d’Inghilterra. La conquista della Linguadoca Durante il regno di Filippo Augusto la monarchia francese riuscì a estendere il suo controllo anche sulle regioni mediterranee del paese, la cosiddetta Linguadoca. In queste zone era molto influente la comunità religiosa dei càtari, protetta dal conte di Tolosa ma dichiarata eretica dal papa Innocenzo III (11981216) che nel 1208 le scatenò contro una dura repressione [ 13.2]. L’appello in difesa della Chiesa, che il papa rivolse ai nobili francesi, non rimase inascoltato: molti cavalieri, interessati a impossessarsi dei feudi meridionali, accorsero e dopo aver sterminato i càtari ne conquistarono i territori, che da quel momento entrarono a far parte della sfera d’influenza della casa regnante.
4.4 La monarchia normanna nell’Italia meridionale I Normanni in Italia Oltre che in Inghilterra, i Normanni istituirono una forte monarchia feudale anche nell’Italia meridionale e in Sicilia. Gruppi di guerrieri provenienti dal Ducato di Normandia, mossi da spirito d’avventura e dal desiderio di nuove terre, si spinsero a sud verso il Mediterraneo e si fermarono nell’Italia meridionale, ponendosi al servizio dei signori locali come soldati mercenari: presso i Saraceni in Sicilia; presso i Bizantini in Calabria e in Puglia, presso i Longobardi a Capua, Benevento, Salerno. In compenso dei servizi prestati ebbero in donazione delle terre: Rainulfo Drengot ottenne Aversa e il titolo di conte (1030); Guglielmo “Braccio di Ferro”, della famiglia degli Altavilla, ebbe la contea di Melfi in Puglia (1043).
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MAR TIRRENO
Modulo 1 L’Europa feudale
Crotone
Catanzaro Squillace
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L’accordo di Melfi In pochi anni gli Altavilla riuscirono a estendere il loro dominio in tutta la parte meridionale della penisola, favoriti anche dall’appoggio della Chiesa, che Messina Palermo Trapani Cefalù Reggio ne riconobbe la sovranità in cambio dell’aiuto militare che essi diedero al Papato, impegnato nella “lotta delle investiture” Troinal’imperatore Enrico IV [ 3.4]. Questo patto fra i Monreale contro Normanni e il Papato, noto come accordo di Melfi, fu siglato nel 1059 dal pontefice NicMazara Catania Enna colò II (1058-61) e da Roberto il Guiscardo (duca di Puglia e Calabria dal 1059 al 1085, Girgenti titolo acquisito dopo essersi dichiarato vassallo Siracusa del papa). (Agrigento) Noto La conquista della Sicilia Nel 1061 un altro membro della famiglia Altavilla, Ruggero (fratello di Roberto), iniziò la conquista della Sicilia che nel giro di trent’anni fu tolta ai Saraceni, insediatisi nell’isola nel IX secolo [ 1.3]. Si formò così un unico Stato,
L’espansione normanna in Italia meridionale
Soana
Viterbo PATRIMONIO DI S. PIETRO Roma
Primi feudi normanni Altre conquiste nell’XI sec. Conquiste nel XII sec.
Ascoli Teramo
Spoleto Rieti
Atri
Chieti
Sulmona Lucera
Montecassino
Anagni Gaeta
Capua
Troia
MA Siponto RA DR Barletta IAT Trani ICO Melfi Bari
Aversa Benevento Potenza Salerno Napoli Matera Brindisi Sorrento Amalfi Capaccio Lecce Taranto Pisticci Diano Nardò Otranto Castrovillari Policastro
MAR TIRRENO
Rossano Cosenza
Crotone
Catanzaro
Monreale Mazara
Cefalù
Reggio
Troina Enna
Girgenti (Agrigento)
Messina
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Rossano Cosenza
Catania Siracusa Noto
Scienziati al servizio di principi, fine XII sec. [da Liber ad honorem Augusti, cod. 120 II, f. 97r; Bürgerbibliothek, Berna]
Nel manoscritto redatto da Pietro da Eboli, che scrisse della vita di Federico I, Enrico IV e Federico II, vengono rappresentati un medico e un astrologo saraceni alla corte di Guglielmo II (secondo re normanno dopo la morte di Ruggero II). La grande apertura di vedute e di culture, che si instaurarono tra potere normanno e preesistenze territoriali, furono un grande punto di forza della dinastia Altavilla. L’intelligenza con la quale i sovrani normanni convogliarono le conoscenze delle genti che avevano conquistato fu, per certo, uno dei fondamentali motivi della longevità della dinastia.
I tempi della storia Un regno multietnico Primi feudi normanni
conquiste nell’XIsisec. IlAltre Regno di Sicilia distinse per caratteConquisteforse nel XIIuniche sec. in quel tempo, quaristiche li la pluralità delle stirpi e delle religioni (Latini, Greci, Longobardi, Arabi; cristiani, musulmani, ebrei) e la larga tolleranza che i sovrani normanni praticarono verso tutti. Essi seppero valersi degli uomini migliori e metterne a frutto le capacità e le esperienze. A questo proposito le parole di Vittoria Vandano descrivono bene il clima che si doveva respirare nella corte palermitana: Fra vinti e vincitori fiorì un positivo rapporto di collaborazione: il ministro delle finanze era un musulmano, gran parte degli uffici pubblici della corte palermitana erano di-
retti da Arabi. Prelati e feudatari cristiani si incontravano, a palazzo, con i nobili saraceni senza manifestare alcun stupore o risentimento. In pochi chilometri quadrati si potevano trovare un villaggio arabo, il castello di un signore normanno, un’avviata colonia commerciale di Lombardi o di Amalfitani, un’antica città abitata da popolazioni sicule. Nelle grandi città tutte queste stirpi si mescolavano insieme e il grido del muezzin, che dall’alto del minareto chiamava i fedeli islamici alla preghiera, si confondeva con il suono delle campane di un monastero cristiano. Oltre i feudatari normanni esistevano feudatari italici e arabi e, se i baroni erano in maggioranza normanni o francesi, i funzio-
nari e i capi militari avevano in prevalenza nomi latini, arabi, greci. Venivano rispettate le costumanze di tutti, non solo in materia religiosa ma anche in campo giuridico. C’erano notai per ogni etnia, e nessun diritto aveva la prevalenza sugli altri.
Ciò favorì lo sviluppo degli scambi commerciali e culturali fra l’Oriente e l’Occidente e procurò alla regione una feconda prosperità economica, accompagnata dalla costruzione di splendidi edifici in stile arabo-normanno, quali la cattedrale di Monreale, il duomo di Cefalù, la Cappella palatina e il palazzo dei Normanni a Palermo.
Capitolo 4 Le monarchie feudali
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con capitale Palermo, che comprendeva la Sicilia e l’Italia meridionale (tranne Benevento, passata alla Chiesa). Il primo sovrano normanno a ottenere il titolo di re di Sicilia fu nel 1130 Ruggero II (1130-54). Questo Stato ebbe vita lunghissima: dai Normanni passò più tardi agli Svevi, da questi agli Angioini, poi agli Aragonesi, alla Spagna, all’Austria, ai Borbone; giunse in tal modo alle soglie del nostro tempo, all’anno 1861, quando si compì l’unificazione politica dell’Italia.
Il Regno normanno L’ordinamento politico del Regno normanno ebbe una base feudale, senza però quel frazionamento del potere che era caratteristico di altri Stati europei. I re conservarono sempre una salda autorità sul loro dominio e, nell’assegnare le terre ai propri fedeli, non rinunziarono mai a esercitare su tutti uno stretto controllo e una piena sovranità. Il controllo del re sulle giurisdizioni locali (dei feudatari e delle città) fu proclamato solennemente da Ruggero II in un’assemblea aperta a tutti i vassalli del regno, tenuta nel 1140 ad Ariano (oggi in provincia di Avellino). Verso la metà del secolo fu fatto un censimento di tutti i feudatari e dei loro obblighi: da esso prese forma un registro detto catalogo dei baroni (con questo termine, che assumeva significati diversi a seconda dei paesi, nell’Italia meridionale si indicavano genericamente i signori feudali).
4.5 Le monarchie cristiane in Spagna
Memo
L’Emirato di Cordova Nuove monarchie si affermarono nel XII secolo anche nella penisola iberica, dove i regni cristiani del nord riuscirono a poco a poco a conquistare i territori del centro-sud, occupati dai musulmani nel secolo VIII. Nel corso del tempo quelle terre – dette dagli Arabi al-andalus, da cui il moderno nome di “Andalusia” – avevano perduto la loro unità politica. Inizialmente esse avevano costituito, nel più ampio quadro dell’Impero arabo, l’Emirato di Cordova, in cui si mescolavano fedi ed etnie diverse, musulmani, cristiani, ebrei. Poi l’emirato era divenuto un califfato indipendente, che nell’XI secolo si divise in tante piccole signorie territoriali, solo occasionalmente capaci di riunirsi in alleanze più vaste. OCEANO ATLANTICO REGNO DI FRANCIA León LEÓN NAVARRA
Po rto
CASTIGLIA CATALOGNA ARAGONA Toledo
Lisbona PORTOGALLO
Galatrava
Teruel
Barcellona
To rtosa
1000 Valencia
Siviglia
1130
L’Impero arabo
L’espansione degli Arabi incominciò nel 632 subito dopo la OCE morte di Maometto, il profeta dell’islam che concretizzò l’uniLeón tà culturale e religiosa delle tribù nomadi arabe; fu un’espanLEÓN sione rapidissima. Sotto la guida dei califfi (i successori del ProfePo rto CASTI ta) gli Arabi conquistarono la Siria e l’Egitto (province dell’Impero bizantino), poi il vasto Impero persiano, fino all’India; quindi la Tunisia, l’Algeria, il Marocco. In meno di ottant’anni i territori Toledo Lisbona asiatici e africani posti tra l’India e l’Atlantico si ritrovarono sotto PORTOGALLO il controllo islamico. Tra VIII e IX Galatrav secolo le forze islamiche occuparono anche l’Andalusia (cioè la Spagna meridionale), attacCordova carono Costantinopoli e conquiSiviglia starono la Sicilia [ 1.3]. A partire dal X secolo l’impero iniziò 1492 Granada a indebolirsi e nel XII decadde, REGNO DI sia per i frazionamenti interni, GRANADA dovuti alle rivalità fra le diverse famiglie dei califfi, sia per l’urto dei turchi selgiùchidi [ 5.3]. IMPERO DEGLI ALMOHADI
1200
Cordova
BALEARI 1492 Granada REGNO DI GRANADA
IMPERO DEGLI ALMOHADI
La Reconquista 1250 MAR MEDITERRANEO
Regni cristiani nel 1300 Tappe della Reconquista Offensive cristiane Stati musulmani nel XIII sec.
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Modulo 1 L’Europa feudale La Reconquista A questa debolezza del mondo islamico (che nello stesso periodo perse la Sicilia a vantaggio dei Normanni) fece riscontro il consolidamento e l’espansione degli Stati iberici cristiani che nel nord del paese avevano resistito alla penetrazione degli Arabi. Questo processo di arretramento del potere musulmano e di affermazione dei Regni cristiani fu chiamato dagli spagnoli Reconquista, ‘riconquista’, ed ebbe importanti conseguenze soprattutto a livello politico e religioso. Sul piano religioso, tale rafforzamento si espresse soprattutto con l’introduzione della riforma cluniacense [ 3.3] e con l’organizzazione del pellegrinaggio a Santiago de Compostela (nel Regno di León, dove si diceva che fossero arrivate, via mare da Gerusalemme, le spoglie dell’apostolo san Giacomo Maggiore). Sul piano politico, la Reconquista segnò la nascita di due nuove entità, che ben presto guidarono il processo di espansione verso sud: il Regno di Castiglia (che estese la sua egemonia sui Regni di Navarra, Asturie e León) e il Regno d’Aragona (nato dall’unione di alcuni principati franchi). L’avanzata cristiana e il Cid Campeadòr Nel 1085 il re di Castiglia Alfonso VI (10721109) conquistò Toledo, strategicamente decisiva, e assunse il titolo di “imperatore delle due religioni” per manifestare il rispetto delle strutture amministrative islamiche e la libertà di culto concessa ai musulmani. Fino al 1150 l’avanzamento delle armate cristiane non incontrò troppi ostacoli. A quest’epoca risale la nascita di miti e figure leggendarie, come quella di Rodrigo Diaz de Bivar (1043-1099), più noto come el Cid Campeadòr, ‘il Signore della guerra’, eroe condottiero le cui gesta ispirarono nella prima metà del XII secolo il primo poema epico in lingua spagnola, il Cantar de mio Cid. I nuovi regni Ben presto, però, i califfati islamici si riorganizzarono e la resistenza si fece più forte, grazie anche ad aiuti giunti dai regni africani. Ma nel 1212 la battaglia di Las Navas de Tolosa segnò la decisiva sconfitta dei musulmani, che ridussero la loro presenza nei ristretti limiti del Regno di Granada. Nel corso di queste vicende i Regni di Castiglia e d’Aragona svilupparono vocazioni e identità diverse. Il primo, geograficamente e politicamente orientato verso il continente, si affermò come realtà aristocratica a base feudale: con Alfonso VII (112657) la monarchia provvide, analogamente a quanto facevano i contemporanei sovrani inglesi, francesi e normanni, a riorganizzare i rapporti feudali imponendo ai vassalli l’omaggio al re. Il Regno di Aragona invece, appoggiandosi ai ceti mercantili delle città marittime (in primo luogo Barcellona), sviluppò una intensa politica di espansione commerciale, che più tardi portò all’occupazione delle isole Baleari, della Sardegna e della Sicilia. Nel 1179 si separò dalla Castiglia e venne ufficialmente riconosciuto anche il nuovo Regno del Portogallo. Una fase della Reconquista, XIII sec. [dalle Cantigas de Santa Maria; Biblioteca de El Escorial, Madrid]
Queste miniature spagnole, raffiguranti una fase della Reconquista, mostrano, a sinistra, i cavalieri cristiani recanti le proprie insegne feudali che si scontrano con i mori. A destra gli stessi cristiani rendono grazie alla Madonna alla quale “donano” la loro vittoria conseguita nel nome di Cristo. La parcellizzazione del califfato arabo di Granada fu il motivo principale del suo facile abbattimento.
Capitolo 4 Le monarchie feudali
Sintesi
Le monarchie feudali
Il potere feudale tra gerarchie e fedeltà Dal XII secolo cambiarono in Europa i rapporti tra il sovrano e i signori locali, a vantaggio del primo. Ai re fu riconosciuto l’omaggio ligio, che gli era dovuto anche da vassalli non legati direttamente a lui. In questo modo si creò una struttura gerarchica piramidale per organizzare i rapporti tra il re e i signori: al vertice c’era il re, poi i grandi vassalli, i valvassori, i valvassini, i castellani. La monarchia normanna in Inghilterra Nel 1066 il duca di Normandia Guglielmo sbarcò in Inghilterra, sconfisse gli anglosassoni e fu incoronato re. Mediante la costruzione di un sistema di castelli, poi concessi ai signori locali, ottenne da loro l’omaggio feudale, consolidando così il suo potere sul regno. Nel XII secolo divenne re di Inghilterra il duca di Normandia Enrico II Plantegenéto, che aveva il dominio su diversi territori nel nord della Francia. Incominciò una guerra tra Francia e Inghilterra, che proseguì sotto Riccardo Cuor di Leone e Giovanni Senza Terra. Quest’ultimo nel 1214 perse i territori oltremanica e fu costretto a concedere la Magna Charta, un documento che fissava limiti precisi all’autorità del re, riconoscendo diritti e libertà ai nobili e alle chiese, tra i quali l’obbligo di consultazione prima di nuove imposizioni fiscali.
La monarchia capetingia in Francia Dopo un periodo di instabilità e di debolezza della monarchia francese, il ciclo si invertì con l’elezione a re di Ugo Capeto nel 987, fondatore della dinastia capetingia. I suoi successori riuscirono progressivamente a estendere il potere del re su nuovi territori e a limitare l’indipendenza dei signori feudali, in particolare con Luigi VII, sotto il cui regno fu reso al re l’omaggio ligio. Verso la fine del XII secolo la Francia era caratterizzata da una radicale diffusione di obblighi e omaggi che favorirono la compattezza dei domini regionali dei signori. A partire dal 1152 la Francia entrò in guerra contro l’Inghilterra; dopo alterne vicende, sotto il regno di Filippo Augusto si ebbe la definitiva sconfitta inglese e i capetingi presero possesso dei domìni del duca di Normandia nel nord della Francia. Nel 1208 i nobili francesi massacrarono, con la benedizione del papa, i càtari, un gruppo religioso accusato di eresia, stanziati in Linguadoca; in questo modo estesero la loro sfera di influenza al sud della Francia. La monarchia normanna nell’Italia meridionale A partire dalla metà dell’XI secolo i Normanni cominciarono a espandersi anche in Italia meridionale e in Sicilia, dove nel secolo seguente costruirono una monarchia feudale solida. Inizialmente si trattava di gruppi di guerrieri che si ponevano a servizio dei signori locali e in
cambio ottenevano delle terre. Nel 1059 Roberto il Guiscardo ottenne l’appoggio della Chiesa, in cambio del sostegno al papa nella lotta per le investiture, estendendo così i suoi domìni in Italia meridionale. Nel 1061 Ruggero d’Altavilla iniziò la conquista della Sicilia, di cui fu proclamato re Ruggero II nel 1130. Nacque così una nuova realtà politica, caratterizzata da un ordinamento su base feudale centralizzato, con un forte potere di controllo del re sui feudatari beneficiari di terre. Le monarchie cristiane in Spagna A partire dal XII secolo, i regni cristiani del nord della Spagna iniziarono la progressiva conquista dei territori che i musulmani controllavano nel centro-sud della penisola iberica (Califfato di Cordova). Il processo di avanzamento dei regni cristiani a scapito di quelli musulmani, chiamato Reconquista, fu agevolato dalle divisioni e dalla debolezza del mondo islamico. Con la conquista di Toledo nel 1085 da parte di Alfonso VI di Castiglia ebbe inizio una espansione progressiva che portò, nel 1212, alla sconfitta definitiva dei musulmani, la cui presenza fu limitata al solo Regno di Granada. In questo processo storico emersero due nuove entità politiche, il Regno di Castiglia e il Regno di Aragona, e si diffusero in Spagna i fermenti di riforma religiosa e i pellegrinaggi verso Santiago de Compostela.
Esercizi Comprendere e ordinare 1. Ordina i seguenti dati, associando a ogni evento storico la data e le conseguenze.
Evento: Magna Charta Libertatum • battaglia di Las Navas de Tolosa • battaglia di Hastings • Enrico II Plantagenéto sposa Eleonora d’Aquitania • accordo di Melfi • Domesday Book • conquista di Toledo • battaglia di Bouvines Data: 1059 • 1215 • 1212 • 1066 • 1152 • 1085 • 1214 • 1086 Conseguenze: nascita del regno normanno di Inghilterra •inizio della Reconquista • l’Inghilterra perde i domini sul continente • il re d’Inghilterra può controllare anche simbolicamente i signori • inizia una lunga guerra tra Francia e Inghilterra • patto tra il pontefice e i Normanni • limiti certi all’autorità del re • ai musulmani resta solo il Regno di Granata.
EVENTO
DATA
CONSEGUENZE
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Modulo 1 L’Europa feudale
2. Associa alle seguenti parole chiave il significato corretto.
3. Indica se le seguenti affermazioni sono vere o false.
càtari • valvassori • omaggio ligio • Reconquista • baroni
a. Attraverso l’omaggio ligio si consolidò il principio in base al quale «il vassallo del mio vassallo non è mio vassallo».
V
F
b. Roberto il Guiscardo fu il primo re di Sicilia, incoronato nel 1130.
V
F
c. Nell’Emirato di Cordova erano presenti differenti religioni ed etnie.
V
F
d. Lo sterminio dei càtari favorì l’espansione dell’influenza dei re capetingi.
V
F
Comunità religiosa stanziata nella Francia meridionale
e. La Magna Charta limitava i privilegi dei nobili, specialmente riguardo alle entrate fiscali.
V
F
Vassalli di altri vassalli
f. La presenza in Francia di forti dominazioni locali ha favorito nel tempo la coesione politica del paese.
V
F
Legame di fedeltà dovuto al re dai vassalli legati ad altri signori Processo di espansione dei regni cristiani in Spagna Termine usato nell’Italia meridionale per indicare i signori feudali
4. Inserisci le date e le parole mancanti all’interno della mappa concettuale. Termini: Ugo Capeto • Luigi VII • omaggio ligio • Enrico II Plantagenéto • Filippo Augusto • balivi • prevosti • Giovanni Senza Terra • Normandia • Aquitania • Angiò • Linguadoca • catari Data: 987-996 • 1137-1180 • 1152 • 1180-1223 • 1214
ESPANSIONE DELLA DINASTIA CAPETINGIA (987-1214) re ...........................................
sistema di governo sui territori X-XI sec. successori
conflitti e acquisizioni territoriali ....................... guerra
con
................................................
...........................................
Potere su territori limitati
...........................................
...........................................
.............................
guerra con ........................
.............................
...............................................
...........................................
.............................
conclusa nel ....................
...........................................
.............................
nobili legati al re sconfiggono i ..................
Introduce i ........................... e i ............................................
Capitolo 4 Le monarchie feudali
5.
DU BO CATO RG OG DI NA
Individua sulla cartina i territori di volta in volta acquisiti dalla monarchia di Francia, contrassegnandoli con un colore diverso.
6. Completa le parti di testo della tabella e individua sulla carta i territori di Castiglia e di Aragona contrassegnandoli con un diverso colore. Sardegna • omaggio • marittime • Baleari • Portogallo • aristocratici • commerciale • Sicilia • mercanti • feudale CASTIGLIA
ARAGONA
Centralità di ……..........................… legati a un’economia
Centralità di ……..........................… legati alle città …..........................
……............................…
Alfonso VII introduce ..............................… dovuto al re
Sviluppo ……................................…
Perdite territoriali:
Espansione territoriale:
……........................................................
……........................................................
……........................................................
……........................................................
Analizzare e produrre 7. Rispondi alle seguenti domande. 1. Quali conseguenze ebbe per l’Inghilterra il conflitto con la Francia? 2. In che modo i sovrani della dinastia capetingia esercitarono il controllo sul loro territorio? 3. Quali erano i rapporti tra i re e i signori nel regno normanno di Sicilia? 4. In che modo si arriva all’affermazione di una struttura gerarchica piramidale e generalizzata nel rapporto tra il potere regio e gli altri poteri signorili?
Ora basandoti sulle informazioni ricavabili dalle risposte, elabora un testo di minimo 15 righe, seguendo la scaletta degli argomenti successivamente riportata, dal titolo “Monarchie feudali a confronto”. – cause e modalità della formazione di un sistema gerarchico organizzato di relazioni sociali – diversi tipi di funzionari regi – i rapporti tra re e signori in Inghilterra – i rapporti tra re e signori in Francia – i rapporti tra re e signori in Normandia – conclusione: individuare elementi comuni alle diverse realtà
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Modulo 1 L’Europa feudale feudale Modulo 1 L’Europa
5 L’islam, l’Impero
Capitolo
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bizantino, le crociate
Percorso breve Nei primi secoli del Medioevo, le conquiste arabe a sud e l’espansione degli Slavi a nord-est ridimensionarono fortemente il territorio che faceva capo all’Impero romano d’Oriente. Una nuova fioritura politica, economica e culturale si ebbe fra IX e XI secolo, sotto la dinastia macedone, che riconquistò varie province nell’area mediterranea e nella penisola balcanica. In questo periodo si consumò la separazione (1054) fra Chiesa greca “ortodossa” e Chiesa latina “cattolica”, segno non solo di contrasti religiosi, ma della più generale estraneità che si era creata fra i due mondi. Nel frattempo le popolazioni slave furono cristianizzate dai missionari inviati da Costantinopoli ed entrarono a far parte dello spazio culturale greco-bizantino. Sul finire dell’XI secolo, rispondendo a un appello di papa Urbano II, le potenze dell’Europa cristiana organizzarono una spedizione militare per conquistare Gerusalemme e i cosiddetti Luoghi Santi, da secoli inclusi nell’Impero araboislamico, su cui si era da poco affermato il dominio dei turchi selgiùchidi. Alle motivazioni di ordine religioso (assicurare ai cristiani l’accesso e il pellegrinaggio in quelle regioni) si affiancavano altrettanto forti motivazioni politico-sociali (trovare nuovi spazi di affermazione per la gioventù aristocratica che non poteva ereditare i domìni paterni) ed economici (espandere i commerci e insediare piazze mercantili in Oriente). Partita nel 1096 e guidata dalla nobiltà feudale, la spedizione, che fu poi detta “crociata”, portò alla conquista di Gerusalemme e alla fondazione di nuovi regni cristiani nelle terre d’Oriente. Nei Luoghi Santi si insediarono, a
La partenza per le crociate, XIII sec. [dalle Cantigas de Santa Maria; Biblioteca de El Escorial, Madrid]
scopo di difesa militare, nuovi ordini di monaci-guerrieri come i Templari, gli Ospitalieri, i Teutonici. Tuttavia nel giro di un secolo le forze islamiche ripresero il controllo della regione. Altre spedizioni furono organizzate tra XII e XIII secolo, con finalità ogni volta diverse. La quarta crociata, nel 1202-04, deviò dal suo obiettivo e portò all’occupazione di terre dell’Impero bizantino che furono denominate “Impero latino d’Oriente”. Fallimentari sul piano politico, i risultati delle crociate furono positivi solamente per i ceti mercantili e per le città marinare (soprattutto Venezia e Genova) che fornirono le navi ai crociati in cambio di privilegi commerciali.
Capitolo 5 L'islam, l'Impero bizantino, le crociate
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5.1 L’Impero di Bisanzio L’avanzata dell’islam e la regionalizzazione dell’impero Nel VII secolo, la spettacolare espansione dell’islam nel mondo mediterraneo (che in tempi rapidi si era estesa dalla penisola araba ai paesi costieri del Medio Oriente, all’Africa settentrionale, e nell’VIII secolo alla penisola iberica) fece perdere all’Impero romano d’Oriente gran parte dei suoi territori: la Siria, la Mesopotamia, l’Armenia, poi l’Egitto e le altre province africane. Gli Arabi condussero i loro attacchi fino alla capitale Bisanzio, ribattezzata Costantinopoli nel IV secolo: furono respinti ma il controllo del Mediterraneo era ormai in gran parte nelle loro mani. L’impero si chiuse in se stesso, in una più ristretta dimensione regionale, tanto più che anche a nord-est premevano sulle sue frontiere le popolazioni slave e bulgare [ 1.3]. Gli Slavi si erano stanziati in ampie aree della penisola balcanica; i Bulgari avevano fondato tra il Danubio e i Balcani – dunque all’interno del territorio imperiale – uno Stato indipendente che nel 681 Costantinopoli fu costretto a riconoscere. La “regionalizzazione” dell’impero si manifestò anche nell’abbandono del latino, sostituito dal greco come lingua ufficiale della corte e dell’amministrazione pubblica, anche se i Bizantini continuarono sempre a chiamarsi “Romani”, dal momento che si consideravano eredi della tradizione imperiale. Il nuovo slancio politico ed economico dei IX-XI secoli L’Impero bizantino inizialmente non prevedeva la successione ereditaria al trono, così come voleva la tradizione romana. Tuttavia a poco a poco il concetto dinastico si affermò, e diverse dinastie si succedettero nel governo imperiale. Sotto la dinastia macedone, che regnò per quasi due secoli (867-1057), l’impero visse un nuovo periodo di espansione territoriale, e anche di floridezza economica e di rinascita culturale. Impegnandosi contro gli Arabi a est e a ovest, contro i Bulgari a nord, i sovrani rioccuparono regioni perdute (Cappadocia, Cilicia, alta Mesopotamia, Armenia) e, con Basilio II (958-1025), conquistarono il Regno di Bulgaria (1025). Nell’Italia meridionale i Bizantini ripresero Bari e altri territori che erano stati assoggettati dai Saraceni [ 1.3]. La riconquista di Creta segnò la fine del monopolio che i musulmani avevano lungamente esercitato sulla navigazione nel Mar Egeo e sui traffici con l’Occidente.
Memo
L’Impero romano LImpero L’ d’Oriente Sul finire del IV secolo l’imperatore Teodosio (379-395) sancì la divisione dell’Impero romano in due parti, una orientale e una occidentale. L’Impero romano d’Occidente subì duramente l’attacco dei popoli germanici e si frazionò in nuovi regni mentre l’Impero romano d’Oriente, che si estendeva dall’Egitto al basso corso del Danubio, dalla Siria al Mar Nero, riuscì a mantenere viva ancora per un millennio la tradizione politica romana.
L’Impero bizantino tra XI e XII sec. Caffa Caffa
UNGHERIA CR
OA
BOSNIA
ZIA CR ODAA ZLIM AA
UNGHERIA Danubio
MAR NERO MAR NERO
Trebisonda
BULGARIA Trebisonda Danubio Sardica (Sofia) BULGARIA ZDIA Costantinopoli AL Nicomedia Sardica (Sofia) M Durazzo AZ Costantinopoli SULTANATO Angora I A Tessalonica Bari Nicomedia DI Brindisi Durazzo SULTANATO AngoraICONIO Tessalonica Taranto Bari CONTEA (AR-RUM)DI Brindisi DI Pergamo ICONIO SA EA CORFÙ EDESC Taranto ONT (AR-RUM) Atene I Pergamo Efeso Antiochia AleppoDESSA CORFÙ CEFALONIA ED Seleucia PRINCIPATO Atene Laodicea Efeso Antiochia ZACINTO Corinto DI ANTIOCHIA Aleppo CEFALONIA Seleucia CONTEA PRINCIPATO RODI Corinto Laodicea DI TRIPOLI ZACINTO DI ANTIOCHIA CIPRO Tripoli CONTEA RODI CIPRO Tripoli DI TRIPOLI CRETA BOSNIA
MAR MEDITERRANEO CRETA MAR MEDITERRANEO
Estensione dell’impero al 1095 Estensione dell’impero Estensione dell’impero al1150 1095 verso il DomìniEstensione dei crociatidell’impero il 1150 intornoverso al 1150 Domìni Domìni dei dei crociati al 1150 turchi intorno selgiùchidi Domìni dei turchi selgiùchidi
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Modulo 1 L’Europa feudale Lo sviluppo dell’economia e dei commerci rimase, come in età romana, fortemente controllato dallo Stato, che definiva i prezzi e le modalità di produzione, di acquisto e di vendita dei prodotti. Sul lungo periodo, però, i vincoli imposti dallo Stato sull’organizzazione del lavoro si rivelarono un fattore di debolezza, di fronte alla politica aggressiva e spregiudicata messa in opera dai mercanti stranieri, soprattutto veneziani [ 7.3].
Nuovi orizzonti cristiani A questo periodo risale un fenomeno di grande importanza per la successiva storia europea: la “bizantinizzazione” del mondo slavo, ossia l’inglobamento degli Slavi entro lo spazio culturale greco-bizantino, con tutto ciò che esso significava in termini di tradizioni giuridiche, amministrative, culturali. Tale fenomeno ebbe come tramite principale la conversione al cristianesimo delle popolazioni slave, avviata nel IX secolo dalle missioni di Cirillo e Metodio [ 1.3] e proseguita nel secolo successivo con altre missioni promosse presso i Bulgari, i Serbi e i Moldavi, fino ad arrivare, nel X secolo, alla conversione del principe di Kiev che sposò una principessa bizantina.
Basilio II, X-XI sec. [da Psalmi cum catena; Biblioteca Marciana, Venezia]
Questa miniatura mostra il trionfo dell’imperatore Basilio II Porfirogenito (ossia “nato nella porpora”, che era il colore proprio degli imperatori) vestito con gli abiti militari. Indossa una armatura lamellare d’oro con lamelle rivolte verso l’alto, una lancia che gli viene donata dall’arcangelo Michele; è incoronato dall’arcangelo Gabriele mentre Cristo gli protende la corona imperiale. Vista l’investitura divina, i suoi sudditi sono inginocchiati e prostrati ai suoi piedi.
5.2 Lo scisma d’Oriente Due Chiese in contrasto Il crescente distacco fra Impero bizantino e Occidente europeo fu sancito, nel corso dell’XI secolo, dalla separazione tra la Chiesa latina e la Chiesa greca, che facevano capo, rispettivamente, al pontefice di Roma e al patriarca di Costantinopoli. Il dissidio risaliva a molto tempo addietro e riguardava il riconoscimento del cosiddetto “primato romano”: fin dal IV-V secolo il vescovo di Roma aveva affermato la propria supremazia nel mondo cristiano, ma il patriarca di Costantinopoli non intendeva riconoscerla e richiedeva che gli fosse conferita una pari dignità. Inoltre, mentre nel mondo latino si era delineata la tendenza a stabilire una precisa gerarchia tra i vescovi, gli arcivescovi e, in cima a tutti, il pontefice, nel mondo greco continuava a essere forte la tendenza, tipica del cristianesimo delle origini, a considerare uguali tutti i vescovi e a privilegiare le decisioni scaturite da riunioni collegiali (chiamate “sìnodi”). Su queste tensioni di fondo si innestavano controversie di tipo dottrinale (in particolare, sulla posizione da attribuire al Figlio e allo Spirito Santo nell’ambito della Trinità), che vedevano quasi sempre contrapposte le due parti. Più in generale si era venuta a creare una profonda estraneità tra i due mondi, sempre più lontani e diversi col passare del tempo. La separazione delle Chiese Il contrasto si acuì dal IX secolo in poi, quando il Papato si alleò con i Franchi e, con l’incoronazione di Carlo Magno, fece rinascere in Occidente il titolo imperiale, in concorrenza con Costantinopoli, accentuando la distanza tra Oriente e Occidente. Nel 1054 si giunse alla rottura: il patriarca di Costantinopoli Michele Cerulario (1000-1059), dopo un burrascoso incontro con la delegazione pontificia che si era recata presso di lui per tentare di ricomporre il dissidio, fu scomunicato. Egli a sua volta scomunicò il pontefice di Roma. La separazione tra le due Chiese, detta scisma d’Oriente, coinvolse tutti i paesi – dai Balcani alla Russia – che privilegiavano i rapporti con Costantinopoli rispetto a quelli con Roma. La Chiesa greco-bizantina si definì ortodossa, ‘osservante della vera fede’; quella romana continuò a chiamarsi cattolica cioè ‘universale’. Lo scisma dura tuttora, e solo nel 1965 la reciproca scomunica è stata dichiarata decaduta, di comune accordo tra il pontefice Paolo VI (1897-1978) e il patriarca Atenagora I (1886-1972).
Capitolo 5 L'islam, l'Impero bizantino, le crociate
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5.3 Il declino dell’Impero bizantino Costantinopoli in difficoltà Sullo scorcio dell’XI secolo l’Impero bizantino si avviò a una fase di declino, annunciata dalle pressioni di popoli stranieri lungo i suoi confini. A est premevano i turchi selgiùchidi – genti di stirpe mongola convertite all’islamismo – che nel 1055 occuparono una parte dell’Impero arabo (Persia, Siria, Palestina) e puntarono su Costantinopoli dopo aver conquistato Gerusalemme nel 1070. Da ovest, invece, la minaccia giunse dai Normanni di Roberto il Guiscardo [ 3.5 e 4.4] che nel 1071, muovendosi dalle coste pugliesi, attaccarono via mare la penisola balcanica. L’alleanza con Venezia Preoccupato per la difficile situazione, l’imperatore bizantino Alessio I Comneno (1081-1118) chiese aiuto a Venezia, che per combattere i Normanni offrì la propria flotta a caro prezzo: l’imperatore fu infatti costretto a emanare un decreto, detto “bolla aurea”, che garantiva ai veneziani il libero accesso, con esenzione da ogni dazio e imposta, a tutti i porti dell’Adriatico, dello Ionio e dell’Egeo controllati dai Bizantini [ 7.4]. Nel XII secolo tali esenzioni furono estese alle isole di Cipro e di Creta. In questo modo Venezia conquistò il monopolio degli scambi con l’Oriente, a danno non solo dei concorrenti occidentali, ma degli stessi mercanti bizantini. L’appoggio del papa Per contrastare l’avanzata dei turchi selgiùchidi l’imperatore Alessio si rivolse al papa Urbano II (1088-99), prospettando l’utilità di un’impresa comune di tutti i cristiani, d’Oriente e d’Occidente, diretta a riconquistare Gerusalemme e a liberare i Luoghi Santi della Palestina (dove si era svolta la vicenda umana e religiosa di Gesù) dai turchi, che, a differenza di quanto avevano fatto gli arabi, ostacolavano l’accesso ai pellegrini. L’appello dell’imperatore fu accolto con favore dal papa, che vide nell’impresa anche un’occasione per riconciliare la Chiesa latina con la Chiesa greca, separatasi da Roma dopo lo scisma del 1054. Anche la nobiltà feudale si mostrò favorevole a una spedizione nelle regioni d’Oriente, un mondo considerato come la terra dell’oro, che prometteva nuove conquiste e favolose ricchezze: soprattutto gli strati più bassi della nobiltà, i giovani cavalieri privi di cariche e di terre, inquieti e alla ricerca di avventure, accolsero con entusiasmo la proposta. Non mancò l’adesione dei ceti mercantili e in particolare delle città marinare italiane [ 7.3], che ritennero di poter ricavare grossi profitti sia dando a noleggio le navi per le spedizioni, sia approfittando di tali viaggi per caricare merci orientali da rivendere in Europa. Verso le crociate Per tutti questi motivi, allorché il pontefice Urbano II durante il concilio tenutosi nel 1095 a Clermont-Ferrand, in Francia, invitò i cristiani a unirsi per liberare il Santo Sepolcro, le adesioni furono generali: «A gara i presenti si inginocchiavano davanti al papa e si offrivano di partire; una croce di stoffa rossa fu cucita sugli abiti o dipinta sulle armi e diede il nome alla spedizione, la Crociata». Così scrisse un cronista attorno al XIII secolo, quando si iniziò a usare il termine “crociate” per indicare, complessivamente, le iniziative sparse che si erano verificate nel corso di due secoli, determinate da cause religiose, politiche, economiche ogni volta diverse.
Urbano II ordina la crociata, XV sec. [Bibliothèque de l’Arsenal, Parigi]
In questa miniatura quattrocentesca Urbano II regge, con la mano destra, la croce papale e con la sinistra, assieme a un cavaliere, il peso della spada. Il papa indocò all’Europa il vero nemico da sconfiggere: i cristiani continuavano, infatti, a combattersi fra di loro, mentre i musulmani occupavano i Luoghi Santi della vita di Gesù. Combattere i “miscredenti” e rioccupare la Palestina, questo era il dovere di ogni vero cristiano. Fu così lanciata la prima crociata.
La Parola
bolla Letteralmente ‘bolla’ (dal latino medievale bulla) significa “sigillo“. Col tempo il termine passò a indicare un documento emanato dal papa o dall’imperatore, contrassegnato e garantito da un apposito sigillo. Le bolle emanate dai pontefici, ancora oggi, hanno come titolo le prime parole del testo.
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Modulo 1 L’Europa feudale
5.4 La crociata dei poveri e quella dei signori Una tragica iniziativa popolare L’appello promosso da papa Urbano II durante il concilio di Clermont-Ferrand si diffuse rapidamente in ogni paese, riecheggiato dalla predicazione di Pietro l’Eremita (1050-1115), un monaco francese che suscitò l’entusiasmo e la commozione delle folle. In Francia e in Germania, specialmente, il fervore religioso spinse una moltitudine di popolani a mettersi in marcia alla volta di Gerusalemme ancor prima che partissero le forze dei signori feudali. La spedizione, nota con il nome di crociata dei poveri (1096), finì tragicamente. Senza mezzi né disciplina, queste bande, costrette al saccheggio per procurarsi i viveri, furono decimate lungo il cammino dalla reazione degli abitanti. I pochi superstiti, giunti in Asia, furono sterminati dai turchi o deportati come schiavi. La prima crociata dei cavalieri La crociata organizzata e guidata dalla nobiltà feudale partì nell’agosto dello stesso 1096, muovendo da diverse località d’Europa per poi riunirsi a Costantinopoli. Erano circa 200.000 uomini, distinti in grandi gruppi, secondo la nazionalità e la provenienza, privi di un comando unico. Si distinguevano i francesi
I luoghi della storia
Bisanzio / Costantinopoli / Istanbul
“Nuova Roma”, così fu chiamata la capitale dell’Impero romano d’Oriente che l’imperatore Costantino (306-337) volle far costruire nell’area dove sorgeva l’antica città greca di Bisanzio, in un punto strategico fondamentale per i contatti tra l’Asia e l’Europa. La straordinaria e fortunata posizione geografica della città, protetta su tre lati dal mare, sulle rive del Bosforo, la tenne per molti secoli al riparo dalle migrazioni barbariche. La nuova capitale doveva riproporre il modello urbanistico di Roma e per questo fu dotata di nuovi edifici, ampi spazi urbani e solide mura. Gli esempi più spettacolari di questa grandiosa opera furono l’Ippodromo (dove si seguivano le entusiasmanti corse dei cavalli e il sovrano appariva in pubblico con tutta la sua
La città di Costantinopoli [disegno ricostruttivo di A. Baldanzi]
famiglia), la basilica di Santa Sofia (la più grande e splendida chiesa bizantina, dedicata alla Sapienza divina), il Grande Palazzo imperiale (la sontuosa residenza del sovrano che, come una città nella città, comprendeva all’interno delle sue mura chiese, cappelle, un ippodromo privato, una biblioteca, terme, edifici di ricevimento, piazze, uffici, officine). Una efficiente organizzazione statale, una flotta bene organizzata, un intenso sviluppo economico (soprattutto per la ricchezza degli scambi commerciali che vi confluivano) garantirono alla “Nuova Roma” un ruolo di assoluto primo piano ai confini tra Europa e Oriente. Qui arrivavano merci da tutti i paesi costieri; qui giungevano i prodotti che i mercanti conducevano dall’Oriente asiatico lungo le pi-
ste carovaniere. Il mare intorno alla città letteralmente brulicava di imbarcazioni, dalle piccole barche di pescatori alle navi da trasporto, fino alle galere armate che, assieme alle mura, resero per lungo tempo la città una fortezza inespugnabile. Costruite nel IV secolo e ampliate nel V, le mura della città costituirono una barriera invalicabile per i nemici: un profondo fossato precedeva la prima cerchia difensiva che era provvista di micidiali macchine lanciafiamme, capaci di colpire i bersagli più lontani; una seconda e più alta cerchia muraria, fortificata con torri e bastioni, difendeva ulteriormente la città. Solo nel 1204, per la prima volta dopo quasi mille anni, le mura cedettero sotto i colpi dei crociati, per poi essere nuovamente ricostruite e fortificate.
Capitolo 5 L'islam, l'Impero bizantino, le crociate della regione renana, guidati da Goffredo di Buglione (1061-1100), e quelli delle zone meridionali (la Linguadoca) condotti da Raimondo di Tolosa (1042-1105); i fiamminghi diretti da Baldovino di Fiandra (1058-1118); i Normanni dell’Italia del sud [ 4.4], al seguito di Boemondo di Taranto (1057-1111) e di Tancredi (1070-1112), della famiglia degli Altavilla. Ciascun gruppo agiva in modo autonomo. Giunti a Costantinopoli nel maggio 1097, ne ripartirono poco tempo dopo, riportando in Asia Minore diversi successi militari contro i turchi; ma furono battaglie durissime e fatiche enormi, dovute al clima caldo dei luoghi, alla lentezza dei rifornimenti, alla sete, alle malattie. Edessa, Nicea e Antiochia furono occupate, ma occorsero altri due anni prima che i crociati, riuniti insieme, marciassero verso la Palestina. Dopo lungo assedio, Gerusalemme fu conquistata il 15 luglio 1099.
Gli Stati crociati e gli ordini monastici Le terre conquistate furono spartite fra i capi degli eserciti crociati: in tal modo la regione risultò divisa in tanti piccoli Stati, organizzati secondo il modello feudale. I principali furono la Contea di Tripoli, il Principato di Antiochia, la Contea di Edessa, legati da un tenue vincolo di vassallaggio al Regno di Gerusalemme, che fu assegnato a Goffredo di Buglione con il titolo di “Difensore del Santo Sepolcro”. Si trattò di una sistemazione molto fragile, perché gli ordinamenti
Costantinopoli (come si cominciò a chiamare la nuova Bisanzio di Costantino) fu nel Medioevo la città di gran lunga più popolosa del continente, la “Regina delle città”: si stima che nel X secolo, in un’epoca di generale declino delle città europee, ridotte spesso a grossi borghi di poche decine di migliaia di abitanti, la sua popolazione arrivasse quasi a un milione di persone. Una città davvero cosmopolita, frequentata cioè da persone provenienti da ogni angolo della Terra che lì si incontravano, commerciavano e visitavano uno dei luoghi più belli e suggestivi del mondo. Tra IX e XI secolo Costantinopoli divenne un indiscusso centro culturale, religioso e artistico: nelle sue biblioteche si potevano trovare i manoscritti degli scrittori antichi e nelle sue tante chiese i tesori e le reliquie sacre, che fecero della città un simbolo per l’intera cristianità. Proprio le chiese – prima fra tutte quella di Santa Sofia – testimoniarono con il loro splendore il livello eccezionale raggiunto dall’arte bizantina che, con i suoi mosaici dorati, le icone sacre e le architetture ardite, influenzò moltissimo l’arte dei paesi del Mediterraneo (la stessa basilica di San Marco innalzata a Venezia ebbe come modello la chiesa dei Santi Apostoli di Costantinopoli). Il declino iniziò nell’XI secolo e si concluse nel 1453, quando le possenti e gloriose mura della città non resistettero all’attacco nemico e Costantinopoli cadde in mano dei turchi ottomani che, tuttavia,
rispettando il più importante luogo di culto cittadino, non distrussero la basilica di Santa Sofia e, anzi, ne preservarono la bellezza trasformandola in moschea.
Santa Sofia, interno
Da allora Costantinopoli cominciò a essere chiamata col nome turco di Istàncrociati (XI-XIII bul, divenuto Itinerari nome ufficiale della sec.) città nel 1930.
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Modulo 1 L’Europa feudale feudali, estranei alla storia e alle tradizioni di queste regioni, non crearono alcun legame con le popolazioni locali, anzi suscitarono opposizioni che indebolirono la struttura politica di questi Stati e ne resero la vita assai breve. Per difendere i nuovi Stati e per garantire ai pellegrini il raggiungimento della Palestina furono istituiti degli ordini monastici particolari, i Templari, i Cavalieri di San Giovanni (detti anche Ospitalieri), i Cavalieri teutonici, speciali milizie di monaci-guerrieri che facevano voto di dedicare la vita alla difesa permanente dei Luoghi Santi; a tale scopo essi costruirono grosse fortezze in Palestina, simili ai castelli dell’Occidente.
5.5 Da guerra religiosa a guerra di conquista Le altre crociate Il ritorno offensivo dei turchi non si fece attendere a lungo. Edessa fu riconquistata nel 1114, Gerusalemme nel 1187, per opera di un abile e valoroso capo musulmano, Salah-ad-Din (1138-1193), noto in Occidente con il nome di Saladino, che riuscì a unire la Siria e l’Egitto formando un unico Stato.
Aa Documenti La tregua di Dio Fra i motivi che spinsero la Chiesa a lanciare l’idea della crociata non vi fu solo il desiderio di riconquistare ai cristiani i Luoghi Santi in cui era vissuto e morto Gesù, ma anche quello di incanalare la violenza dei nobili europei – che spesso attaccavano le proprietà e gli uomini della Chiesa – verso un fine diverso, al tempo stesso nobile e lontano. Nobile, perché dava una motivazione ideale alla loro aggressività. Lontano, perché la rivolgeva fuori del mondo cristiano. Già nella prima metà dell’XI secolo, prima che l’idea della crociata prendesse forma, il pontefice e i vescovi si erano
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rivolti ai cavalieri perché limitassero la loro aggressività, obbligandoli a giurare rispetto per le cose e le vite altrui. Furono queste le cosiddette “tregue di Dio”, che impegnavano i cavalieri a non invadere terre, a non spogliare uomini, a non razziare cose. I documenti di questo tipo – quelli che, come molte leggi, si propongono di proibire o di limitare certi comportamenti – dal punto di vista storico possono essere letti “a rovescio”: se una cosa viene proibita o limitata, significa che accade normalmente in quella società. Se, per esempio, in un locale troviamo scritto «vietato fumare», ciò significa che
on invaderò in nessun modo una chiesa. Non invaderò neppure i magazzini che sono nella cinta di una chiesa, salvo se un malfattore abbia violato questa pace o per un omicidio o per prendere un uomo o un cavallo. Ma se invado per questi motivi i suddetti magazzini, non porterò via nulla, se non il malfattore o il suo equipaggiamento. Non attaccherò il chierico o il monaco se non portano armi, né chi cammina con loro senza lancia né scudo; non prenderò il loro cavallo. Non prenderò il bue, la vacca, il maiale, la pecora, l’agnello, la capra, l’asino e il fardello che porta, la giumenta e il suo puledro. Non assalirò il contadino né la contadina o i mercanti; non prenderò il loro denaro; non li costringerò a pagare riscatti; non li rovinerò prendendo i loro averi col pretesto della guerra del loro signore, e non li batterò per toglier loro il sostentamento. Non incendierò né abbatterò case, a meno che non vi trovi un cavaliere mio nemico o un ladro, e a meno che siano unite a un castello. Non reciderò né sradicherò né vendemmierò le viti altrui, col pretesto della guerra.
un’autorità pubblica ha deciso di limitare il fumo, ma significa anche che la società a cui quell’autorità si rivolge ha l’abitudine di fumare (o almeno, in determinate circostanze è possibile che lo faccia). Leggiamo come esempio il testo di un giuramento di pace (una “tregua di Dio”) risalente all’anno 1025 (riportato da CharlesEdouard Pfister): dalla quantità di violenze che esso cerca di limitare possiamo renderci conto di che cosa realmente potesse accadere nelle campagne del tempo. Si osservi anche la quantità di eccezioni che esso prevede: molteplici circostanze in cui l’uso della forza è ammesso e giustificato.
Non distruggerò mulini e non ruberò il grano che vi si trova, salvo quando sarò in spedizione militare, e se è sulla mia propria terra. Non attaccherò il mercante né il pellegrino e non li spoglierò, salvo se commettono qualche malefatta. Non ucciderò il bestiame dei contadini, se non per il mio nutrimento e quello della mia scorta. Non spoglierò neppure quelli che trasportano vino su carrette e non prenderò i loro cani, salvo se mi nuocciono. Eccettuo le terre che sono del mio feudo, o sono sotto la mia protezione o di mia spettanza. Eccettuo ancora i casi in cui costruirò o assedierò un castello, il caso in cui sarò presso l’esercito del re e dei nostri vescovi, o alla cavalcata. Ma anche allora, esigerò soltanto ciò che sarà necessario per il mio sostentamento e non riporterò a casa nient’altro che i ferri dei miei cavalli. Nell’esercito, non violerò l’immunità delle chiese, a meno che non mi impediscano l’acquisto e il trasporto dei viveri. da Ch. Pfister, Études sur le règne de Robert le Pieux (996-1031), Parigi 1885
Capitolo 5 L'islam, l'Impero bizantino, le crociate Nel tentativo di arrestare l’avanzata turca, partirono dall’Europa nel corso del XII e del XIII secolo altre sette crociate, alcune delle quali guidate dai maggiori sovrani, come l’imperatore Federico Barbarossa (1152-90), il re d’Inghilterra Riccardo Cuor di Leone (1189-99, 4.2), il re di Francia Luigi IX il Santo (1226-70, 11.2). In tali spedizioni, che non ottennero risultati apprezzabili, le sollecitazioni di carattere religioso (vive e intense nella prima crociata) si attenuarono decisamente, mentre si accentuarono gli scopi politici ed economici. Ciò apparve in modo clamoroso nella quarta crociata (1202-04) che, organizzata per riconquistare Gerusalemme, fu dirottata dai veneziani, che avevano fornito la flotta, sulle ricche terre dell’Impero bizantino e si concluse con la loro occupazione da parte dei signori d’Occidente.
L’Impero latino d’Oriente Nel 1204 i crociati, guidati dai veneziani, saccheggiarono con ferocia Costantinopoli e proclamarono sui territori conquistati la nascita dell’effimero Impero latino d’Oriente, diviso in vari principati feudali (il Ducato di Atene e di Tebe, il Principato di Acaia, il Regno di Tessalonica) e destinato a scomparire poco tempo dopo, nel 1261. In quei decenni il territorio greco si ricoprì di castelli e fortezze di stile occidentale, ancora oggi visibili in gran parte del Peloponneso e di altre regioni. Un po’ alla volta i crociati perdettero tutti i territori; ultimo a cadere fu il centro fortificato di San Giovanni d’Acri, in Palestina, riconquistato dai turchi nel 1291. Gli effetti delle crociate Sul piano militare le crociate ebbero un esito decisamente negativo, in quanto la Terra Santa (come diventò d’uso chiamarla) ritornò e rimase in mano ai turchi.
Bruges Parigi Lione
Itinerari crociati (XI-XIII sec.)
Ratisbona
Vézelay Costantinopoli 1097 Nicea Edessa Dorileo Antiochia 1098
Tolosa Brindisi
Spedizione terrestre
Chiesa cattolica romana
Spedizione marittima
Chiesa greco-ortodossa Musulmani
Gerusalemme 1099
1096-1099 1ª cr ociata Worms Ratisbona
Venezia
Vézelay Costantinopoli
Zara Spalato
Costantinopoli 1204
Damasco San Giovanni d’Acri
1147-1149 2ª cr ociata
San Giovanni d’Acri 1217 Damietta 1219
1202-1204; 1217-1221 4ª-5ª crociata
Ratisbona Genova Marsiglia
Pisa Amalfi
Nis
Costantinopoli
Aigues-Mortes Bari
Lisbona
1189-1192 3ª crociat a
San Giovanni d’Acri 1191
San Giovanni d’Acri
Tunisi 1279 1228-1229; 1248-1254; 1270 6ª-7ª-8ª crociata
Damietta
Gerusalemme 1229
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Modulo 1 L’Europa feudale Spedizione in Terrasanta L’immagine presenta un gruppo di armati capeggiati da un prelato (presumibilmente un vescovo), armato anch’egli, in viaggio verso la Terrasanta. Molto presto le crociate, perdendo le iniziali finalità religiose, divennero motivo di arricchimento e di conquista da parte di grandi signori e re occidentali.
CONTEA PRINCIPATO DI EDESSA DI ANTIOCHIA Edessa Alessandretta Antiochia
Aleppo
Eufra
te
CIPRO
CONTEA
Giordano
Per quanto riguarda l’accesso al Santo Sepolcro, fu DI TRIPOLI riconosciuta ai cristiani la libertà di compiere i pellegriCONTEA Tripoli PRINCIPATO DI EDESSA MAR naggi; inoltre, la custodia dei Luoghi Santi fu affidata a DI MEDITERRANE O religiosi Beiruth cristiani. Baalbek ANTIOCHIA ordini Edessa Alessandretta La riconciliazione fra la Chiesa latina e la Chiesa Sidone Damasco Tiro Antiochia greca, sperata da Roma, non si verificò; anzi le guerre Aleppo Acri Eufra (che addirittura, con la quarta crociata, portarono all’octe cupazione bizantini) aggravarono lo scisma. Cesarea dei territoriBosra Nazarethconcreti dalle crociate furono sopratA trarre vantaggi Jaffa CONTEA tutto le città Gerico marinare italiane [ 7.3] che, effettuando con CIPRO Gerusalemme DI TRIPOLI Betlemmee i rifornimenti, fecero grandi guadaAscalona le loro navi i trasporti Gaza Tripoli gni e ottennero in Oriente numerosi privilegi, concessioni di REGNO MAR DI MEDITERRANE O quartieri e di porti, esenzioni di dazi e dogane, che valsero a Beiruth Baalbek GERUSALEMME potenziare i loro commerci. Venezia soprattutto trasse grossi Sidone EGITTO Damasco Petra vantaggi economici e si impadronì di tutti i centri mercantili. Tiro Non per nulla lo studioso francese Jacques Le Goff Acri ha definitoAyla gli insediamenti occidentali in Oriente – dapBosra Cesarea Nazareth prima politici, poi soprattutto economici – come il primo Jaffa esempio storico di colonialismo europeo. Gerico Giordano
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Gerusalemme Betlemme Ascalona Gaza REGNO DI GERUSALEMME
EGITTO
Petra Ayla
Lo sfaldamento degli Stati crociati
Stati franchi nel 1190 Regno di Saladino nel 1171 Acri Piazzeforti rimaste nelle mani Conquiste di Saladino dei crociati nel 1187
Capitolo 5 L'islam, l'Impero bizantino, le crociate
Le vie della cittadinanza
Islam e cristianesimo: scontro e incontro di civiltà
L
o scontro fra cristiani e musulmani innescato dalle crociate fu violentissimo. Dopo secoli di convivenza più o meno pacifica, dopo esperienze di vera e propria integrazione culturale come quella verificatasi nella Sicilia normanna [ 4.4], gli scontri attorno al Santo Sepolcro di Gerusalemme si svolsero con ferocia inaudita: l’importanza anche simbolica che la città ha sempre avuto per le religioni monoteiste derivate dalla Bibbia – cristianesimo e islam, oltre ovviamente all’ebraismo – fece vivere queste vicende con particolare intensità emotiva e conferì loro particolare drammaticità. Le cronache occidentali insistono sulla ferocia dei turchi, indugiando sulla “barbarie” del loro comportamento. Altrettanto ci dicono le fonti islamiche, nel descrivere la ferocia e la “barbarie” dei cristiani (solitamente chiamati “franchi”). Fra tante lotte, sangue e atti di crudeltà, i rapporti fra cristiani e musulmani in Oriente col tempo si normalizzarono: la tensione perdurò ma non mancarono forme di reciproca tolleranza, di pacifica convivenza, anche di integrazione. Questo suggerisce, con molta chiarezza, un brano della “Storia di Gerusalemme” (Historia Hierosolymitana) del cronista francese Fulcherio di Chartres (1059-1127), secondo il quale molti europei si inserirono nel mondo orientale modificando a poco a poco la propria cultura e la propria stessa identità: «E così noi, che fummo occidentali, siamo diventati orientali. L’italico o il francese è diventato, una volta trapiantato, un galileo o un palestinese. Il cittadino di Reims o di Chartres si è mutato in siriaco o in antiocheno. Abbiamo già dimenticato i luoghi d’origine: molti dei nostri li ignorano».
Musulmani in preghiera, 2004 Questa interessante foto, in cui un gruppo di musulmani è riunito in preghiera davanti alla moschea di Whitechapel a Londra, ci insegna che l’integrazione non è solo auspicabile ma anche possibile.
L’integrazione appare, nelle parole di Fulcherio, non una scelta astratta o ideologica, ma il risultato di una vita comune, di concreti interessi economici, di rapporti personali e sociali: «Qui c’è già chi possiede casa e servi con tanta naturalezza come se li avesse ricevuti in eredità dal padre. C’è chi ha preso per moglie – anziché una compatriota – una siriana, un’armena o una saracena battezzata, e c’è chi ha suocero, genero, discendenti, parenti. Uno ha ormai figli e nipoti, un altro beve già il vino della sua vigna, un altro si nutre con i prodotti dei suoi campi».
Nuovi usi linguistici esprimono questo cambiamento: «Ci serviamo indifferentemente delle diverse lingue del paese; tanto l’indigeno quanto il colono occidentale sono divenuti poliglotti e la reciproca fiducia avvicina le etnie anche più estranee fra loro». In questo modo «il colono è ormai quasi divenuto un indigeno, l’immigrato si assimila all’originario abitante».
Il gioco degli scacchi, XIII sec. [Biblioteca de El Escorial, Madrid]
Nella miniatura si affrontano un arabo (a destra) e un cristiano o ebreo (a sinistra).
E il fenomeno cresce su se stesso: «Ogni giorno parenti e amici vengono a raggiungerci dall’Occidente».
La convivenza fra mondo cristiano e mondo islamico era ed è dunque possibile, così come sono possibili reciproci fenomeni di integrazione: lo vediamo ancora oggi in molte città, dove chiese e moschee si affiancano e coesistono. Tuttavia, le due religioni restano oggettivamente concorrenziali, per un motivo molto semplice: solo il cristianesimo e l’islam, fra tutte le religioni del mondo, hanno una vocazione “universalistica” fondata sull’idea che tutti gli uomini, indipendentemente dalla loro identità etnica e culturale, possono (anzi debbono, nei limiti del possibile) essere “convertiti” alla nuova fede. Da ciò è derivato, in entrambi i casi, un ampio movimento di evangelizzazione o di islamizzazione, progressivamente cresciuto nel corso dei secoli; da ciò deriva la straordinaria diffusione delle due fedi: dopo l’espansione medievale, la religione islamica non ha cessato di allargarsi e oggi è praticata, nel mondo, da almeno un miliardo e duecento milioni di fedeli; quella cristiana, a sua volta, è praticata da circa due miliardi di persone. Ciò crea situazione di concorrenza e, virtualmente, di conflitto. Ma proprio il Medioevo “intollerante” e “violento” ha da proporci esempi fruttuosi di tolleranza e di convivenza fra i seguaci delle due religioni.
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Modulo 1 L’Europa feudale
Sintesi
L’islam, l’Impero bizantino, le crociate
L’Impero di Bisanzio A partire dal VII secolo l’espansione dell’islam aveva portato l’Impero bizantino a perdere un grande numero di territori, determinandone il ridimensionamento e la chiusura rispetto al mondo occidentale. Tra l’867 e il 1057, con l’avvento della dinastia macedone, si ebbe una certa rifioritura di Costantinopoli, con la conquista di territori come la Bulgaria e Creta, una ripresa economica controllata dallo Stato, una rinascita culturale che pose il mondo slavo sotto la tutela culturale di Bisanzio, portando alla conversione di quel popolo al cristianesimo. Lo scisma d’Oriente Nell’XI secolo il distacco crescente che si era progressivamente sviluppato tra la Chiesa latina, guidata dal vescovo di Roma, e la Chiesa greca, guidata dal patriarca di Costantinopoli, portò alla separazione definitiva tra le due Chiese. I motivi di contrasto erano di diverso ordine: da questioni teologiche alla supremazia del papa romano, non ricosciuta dal patriarca di Costantinopoli. Il contrasto fu aggravato dall’appoggio dato dalla Chiesa latina ai re franchi con l’incoronazione imperiale di Carlo Magno. Nel 1054 il patriarca Michele Cerulario venne scomunicato, e questi, a sua volta, scomunicò il papa: nacquero così la Chiesa ortodossa, greco-bizantina, e la Chiesa cattolica, romana.
Il declino dell’Impero bizantino Nell’XI secolo l’Impero bizantino conobbe anche l’inizio di una fase di declino, di cui erano indice le pressioni di popoli stranieri ai confini. A est l’avanzata dei turchi selgiùchidi portò alla conquista prima di Persia, Siria e Palestina, poi di Gerusalemme (1070). A ovest si ebbero incursioni dei Normanni in territorio bizantino, per difendersi dalle quali l’imperatore Alessio I chiese aiuto a Venezia. In cambio Venezia ottenne l’esenzione dal pagamento di tasse in diversi porti strategicamente rilevanti, conquistando così il monopolio del commercio con l’Oriente. L’imperatore bizantino si rivolse anche al papa Urbano II, lanciando l’idea di una impresa comune dei cristiani per riconquistare Gerusalemme. L’appello fu accolto dal papa, che sperava in un accordo tra le due Chiese dopo lo scisma, dalla nobiltà feudale e dalle città marinare italiane, finché, durante il concilio di Clermont-Ferrand (1095), il papa invitò i cristiani a unirsi e mobilitarsi per liberare il Santo Sepolcro. La crociata dei poveri e quella dei signori L’appello del papa fu accolto positivamente e segnò l’inizio di una serie di iniziative diverse, indicate col nome di “crociate”. La prima di queste spedizioni, la crociata dei poveri, ebbe un
esito tragico. Nel 1096 partì una spedizione sotto la guida e l’organizzazione di signori appartenenti alla nobiltà feudale, divisi in grandi gruppi tra di loro autonomi. Attraverso battaglie dure si arrivò all’occupazione di alcune città fino alla conquista di Gerusalemme nel 1099. I territori conquistati furono organizzati esportando l’ordinamento feudale, che incontrò resistenze e rese questi Stati deboli. Per la difesa furono istituiti alcuni ordini di monaci guerrieri, come i Templari e i Cavalieri teutonici. Da guerra religiosa a guerra di conquista Nel 1187 i turchi, guidati da Saladino, riconquistarono Gerusalemme. Da allora partirono numerose altre spedizioni dall’Europa tra XII e XIII secolo, nelle quali progressivamente aumentarono gli interessi politici ed economici. Nel 1204 la quarta crociata terminò con il saccheggio di Costantinopoli e la formazione dell’Impero latino d’Oriente, che durerà fino al 1261. Si arrivò alla perdita progressiva di tutti i territori conquistati dalle spedizioni crociate nel 1291. Ai cristiani fu riconosciuta la libertà di compiere pellegrinaggi a Gerusalemme. Delle crociate si avvantaggiarono soprattutto le città marinare italiane, che ottennero guadagni dal noleggio di navi e una serie di esenzioni fiscali, specialmente Venezia.
Esercizi Comprendere e ordinare 1. Colloca sulla linea del tempo gli eventi elencati in ordine sparso. 1025
1. 2. 3. 4. 5. 6.
1054
1055
1065
1070
Gerusalemme è conquistata da Saladino scisma d’Oriente nascita dell’Impero latino di Oriente crociata dei poveri Basilio II conquista il regno di Bulgaria i partecipanti alla prima crociata si riuniscono a Costantinopoli
1187
1095
1096
1097
1099
1204
1291
7. viene dichiarata decaduta la reciproca scomunica tra il papa e il patriarca di Costantinopoli 8. Palestina, Persia e Siria sono occupate dai turchi selgiùchidi 9. San Giovanni d’Acri è conquistata dai turchi 10. Gerusalemme è conquistata dai turchi selgiùchidi 11. Gerusalemme è conquistata dall’esercito crociato 12. concilio di Clermont-Ferrand
Capitolo 5 L'islam, l'Impero bizantino, le crociate
2. Associa alle seguenti parole chiave il significato corretto. patriarca • bizantinizzazione • scisma • crociate • monaci guerrieri • Chiesa ortodossa • bolla • primato romano Idea per la quale il vescovo di Roma avesse importanza superiore al patriarca di Costantinopoli Iniziative militari dal carattere vario, svoltesi nell’arco di due secoli, volte principalmente verso la conquista di Gerusalemme Separazione di una comunità di fedeli dall’appartenenza a una Chiesa Osservante della vera fede, con riferimento alla Chiesa greca Appartenenza all’area di influenza culturale di Costantinopoli Vertice religioso della Chiesa greca Religiosi che si dedicavano alla difesa dei Luoghi Santi Documento emanato da un papa o imperatore, caratterizzato dalla presenza di un sigillo
3. Nelle frasi seguenti, segna il giusto completamento. a. La “bolla aurea” garantiva ai veneziani l’esenzione fiscale: nei porti dell’Adriatico. nelle isole di Cipro e Creta. nei porti dell’Adriatico, dello Ionio e dell’Egeo. nei porti dell’Adriatico e dell’Egeo.
b. Il dominio degli eserciti crociati fu organizzato secondo: il sistema feudale. un sistema a carattere monastico-militare. un sistema rispettoso delle tradizioni locali. un sistema complesso, che includeva il rispetto delle tradizioni locali. c. La prima crociata si verificò: tra il 1097 e il 1099. tra il 1096 e il 1097. tra il 1096 e il 1099. tra il 1095 e il 1099. d. Nel corso della quarta crociata ebbe luogo: la liberazione di Gerusalemme. la bolla aurea. la nascita degli ordini monastici militari. il saccheggio di Costantinopoli. e. L’organizzazione dell’esercito della prima crociata: era sotto il comando di Urbano II. non prevedeva un unico comando. era sotto il comando di Goffredo di Buglione. era sotto il comando di Federico II. f. Lo scisma d’Oriente: si è ricomposto nel 1095. si è ricomposto nel 1099. si è ricomposto nel 1965. non si è più ricomposto. g. Le crociate portarono dei vantaggi soprattutto: alla Chiesa latina. alla Chiesa greca. alla nobiltà feudale franca. alle città marinare italiane.
Analizzare e produrre 4. Completa la seguente tabella di confronto, rispondendo alle domande presenti nella prima colonna. CHIESA LATINA
CHIESA GRECA
A chi spettava la supremazia? Quale era l’organizzazione interna? Avevano controversie di tipo ideologico? Davano il loro sostegno a degli imperatori? A che cosa si arriva nel 1054? Utilizza le informazioni per scrivere un testo di 10 righe dal titolo “Lo scisma d’Oriente”.
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Modulo 1 L’Europa feudale
5. Inserisci i dati mancanti nella seguente tabella. CROCIATA
ANNO
CHI
ESITO
Crociata dei poveri Prima crociata Quarta crociata Rispondi alle seguenti domande. 1. Quali sono stati i mutamenti storici verificatisi nel corso dell’XI secolo che hanno costituito la principale causa delle crociate? 2. In che modo furono organizzate le terre conquistate? A quale modello si fece riferimento? Con quali esiti e con quali conseguenze?
3. In che modo si è arrivati alla progressiva perdita dei territori conquistati dai crociati? Per quali cause? 4. Fai un bilancio delle crociate, evidenziandone le principali conseguenze.
Utilizza le informazioni ottenute per scrivere un testo di almeno 15 righe, dal titolo “Le crociate: pellegrinaggio o colonialismo?”.
6. Verso il saggio breve Leggi con attenzione il documento “La tregua di Dio” a p. 52. Rispondi poi alle seguenti domande. 1. Che cosa erano le “tregue di Dio”? 2. Prova a suddividere le informazioni presenti nel documento, distinguendo le azioni legate a furti, attacchi personali, violenze e uccisioni. 3. Esistono delle eccezioni in cui i comportamenti generalmente condannati sono invece ammessi? Partendo dalle informazioni presenti nel documento e dalle risposte date alle domande, scrivi un breve testo di massimo 10 righe dal titolo “I comportamenti vietati nel secolo XI”.
La discussione storiografica
Castelli, forme insediative, paesaggi agrari D
a molto tempo gli storici hanno sottolineato lo stretto legame esistente tra il fenomeno dell’incastellamento (la rapida moltiplicazione dei castelli nel X secolo) e le invasioni a cui l’Italia e tutta l’Europa furono soggette in quel periodo. Fu questa, per esempio, la tesi di Gina Fasoli in un celebre studio su Le incursioni ungare in Europa nel secolo X, pubblicato nel 1945. Questa idea è molto presente nelle fonti dell’epoca, che spesso giustificano la costruzione di castelli e fortezze con la necessità di difendersi dagli assalti e dalle incursioni dei “pagani” (come venivano chiamati di volta in volta gli Ungari, o i Normanni, o i Saraceni). La storiografia più recente ha tuttavia ridimensionato questa impostazione, mostrando come i castelli – innalzati in molti casi senza il permesso del re – rappresentino soprattutto l’emergere dei poteri locali, che si affermano nei vari territori soggiogando le popolazioni e imponendo su di esse il comando di un signore armato. L’emergenza militare talvolta si verificò realmente, ma in molti casi fu solo un pretesto per innalzare mura, fortificare residenze, dare fisicità al predominio militare che i singoli potenti esercitavano sul territorio e sugli uomini. L’immagine del castello come luogo di potere e di comando, più che di difesa armata, è stata approfondita soprattutto dagli studi di Pierre Toubert, uno storico francese che pubblicò nel 1973 un poderoso volume intitolato Le strutture del Lazio medievale, esaminando gli aspetti economici, sociali e politici di quella regione tra il IX e il XII secolo. Egli inoltre osservò come la nascita dei castelli, di solito in luoghi alti e protetti, corrispondesse spesso alla riorganizzazione dell’habitat e delle forme di in-
sediamento: se prima i contadini vivevano ciascuno sul proprio podere, in case sparse nella campagna, con la nascita dei castelli essi cominciarono a raccogliersi in villaggi accentrati subito fuori dalle mura del castello, o addirittura al suo interno. In questo modo, le comunità rurali potevano essere meglio difese, ma anche meglio controllate: Proteggere e dominare è il significativo titolo di un volume pubblicato nel 1999 da Aldo A. Settia, un altro studioso che si è particolarmente dedicato a indagare le forme del popolamento rurale in relazione allo sviluppo dei centri fortificati, che stimolarono la concentrazione degli uomini e delle case dando origine a un tipo di insediamento tuttora evidente in molte regioni italiane, soprattutto nelle aree appenniniche del centro-sud, dove piccoli borghi si arroccano in cima alle alture, lasciando vuote le campagne circostanti. L’incastellamento – termine che si è diffuso nella storiografia soprattutto dopo gli studi di Pierre Toubert – ebbe effetti importanti non solo sulle modalità dell’insediamento rurale, ma anche sulle forme del paesaggio: mentre prima ogni podere aveva al suo interno la casa di abitazione e una grande varietà di colture (orto, campo, vigna, prato, bosco...), in seguito questi spazi tesero a raggrupparsi insieme, disponendosi attorno al villaggio in modo quasi concentrico: più vicina alle abitazioni, la cintura degli orti e delle coltivazioni specializzate (per esempio quelle tessili, il lino e la canapa); poi la cintura dei campi a cereali e delle vigne; poi i prati, poi il bosco. All’interno di ciascuna zona ogni contadino aveva un suo spazio da sfruttare, solitamente con la collaborazione degli altri contadini, a differenza di quanto invece avveniva
con il sistema del podere sparso, in cui l’organizzazione del lavoro era più individuale perché i terreni erano singoli appezzamenti dislocati sul territorio, senza particolari legami di vicinanza o continuità gli uni con gli altri. Così anche il paesaggio assunse un aspetto “accentrato”: alla nascita del villaggio raggruppato corrispose un analogo raggruppamento (e ordinamento) delle colture e degli spazi rurali. Gli storici sono d’accordo nel riconoscere un valore fondamentale agli studi di Toubert, ma non sono mancate alcune critiche, soprattutto per la tendenza, che si è fatta strada da Toubert in poi, a generalizzare quel modello interpretativo, a prenderlo come “standard” per spiegare l’evoluzione complessiva della società medievale. Per esempio, Vito Fumagalli ha fatto notare che non sempre i castelli nascono da zero, e non sempre la loro presenza comporta una ristrutturazione dell’insediamento e del paesaggio. A volte i castelli nascono al centro di una curtis e conservano la struttura decentrata dell’azienda: il domìnico viene fortificato, i poderi contadini restano sparsi nel territorio. A tale proposito è da notare che in Inghilterra il termine manor indica sia la curtis sia il castello, suggerendo una sostanziale sovrapposizione fra le due realtà. In questi casi non fu il castello a determinare le forme del paesaggio e dell’economia, ma, al contrario, fu la forza del sistema curtense a generare al suo interno un luogo fortificato, che dava corpo al potere signorile, già fortemente strutturato sul piano economico e sociale. Inoltre è da notare che in molte regioni d’Europa, soprattutto nel centro-nord del continente, l’insediamento contadino era accentrato in villaggi (e di conseguenza, “accentrato” sul
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Modulo 1 L’Europa feudale
piano economico e paesaggistico) già prima che nascessero i castelli. Questo fu illustrato da un celebre storico francese, Marc Bloch, in un libro intitolato I caratteri originali della storia rurale francese, pubblicato nel 1931: in esso Bloch mostrò, avvalendosi anche degli studi di geografi ottocenteschi, la diversità fra l’organizzazione delle campagne nelle regioni settentrionali e in quelle meridionali: nelle prime prevalgono le
forme associative, i villaggi accentrati, lo sfruttamento collettivo della terra (di conseguenza, i campi hanno una forma allungata, perché gli aratri sono tirati da un grande numero di animali, messi insieme da diversi contadini, e si tende a farli “girare” poche volte, perché la manovra è piuttosto macchinosa); nelle seconde prevalgono le gestioni individuali e l’insediamento sparso (e i campi hanno una forma più tozza e quadrata, perché
gli aratri, tirati da una sola coppia di buoi o addirittura da un solo animale, possono muoversi più liberamente). Le forme insediative e il paesaggio agrario possono dunque avere una loro autonoma storia, legata alle diverse tradizioni del mondo contadino. Ciò non toglie che questa storia vada sempre intrecciata con le vicende del potere, che hanno sempre interagito con la storia dell’economia e della società.
zionaria” di questo fenomeno, che modificò le strutture insediative e le strutture agrarie; osserva anche come gli stessi cronisti medievali ne fossero stati perfettamente consapevoli. Il secondo testo, di Aldo A. Settia, si
concentra invece sull’area settentrionale dell’Italia e su altre regioni europee, insistendo sulla estrema variabilità delle situazioni che si verificarono in rapporto alla nascita dei castelli, a seconda del contesto topografico e paesaggistico.
I testi Il primo testo proposto è tratto dalla classica opera di Pierre Toubert sul processo di incastellamento nel Lazio medievale (il brano è tradotto da Massimo Montanari). Lo studioso francese descrive la natura, a suo avviso, “rivolu-
La rottura del X secolo Pierre Toubert
L’incastellamento del X secolo apparve come una rottura profonda nelle forme di popolamento e nella stessa struttura agraria. E attenzione: ben prima che fossero gli storici a notarlo, furono gli scrittori monastici medievali dell’Italia centrale (Giovanni di S. Vincenzo al Volturno, Giovanni di S. Clemente di Casauria) a intuire il fenomeno e a raccontarlo nelle loro cronache. Ascoltiamoli: al tempo dell’imperatore Ludovico II1, ci dicono, non c’erano castra2. Le forme predominanti di occupazione del suolo erano la villa3, il casale4 in cui ciascun contadino viveva in una pace biblica tra le sue vigne e i suoi fichi. Venne la grande rivoluzione del X secolo. Essa trasformò i contadini in paesani [abitanti di un villaggio]. Confinandoli all’interno dei recinti dei nuovi castelli, fecero loro perdere l’indipendenza e la gioia di vivere. Credendo di proteggersi contro la minaccia saracena, i rustici caddero sotto l’oppressione dei signori, i castellani, che acquisirono potere spogliando i monasteri dei loro diritti. Poco importa che, al momento delle spiegazioni, i nostri cronisti abbiano proposto delle causalità sbagliate, mettendo in primo piano la preoccupazione di difendersi dalla minaccia saracena. Poco importa che su questa rivoluzione del X secolo abbiano fatto pesare il giudizio pessimista, proprio dell’ambiente a cui appartenevano, e le minacce che a quel tempo i monasteri subivano da un’aristocrazia laica prepotente. Il fatto da notare è che essi abbiano descritto il passaggio da un popolamento rurale aperto e disperso a un habitat concentrato e fortificato, e ne abbiano compreso
l’importanza decisiva. L’incastellamento implica, in effetti, una mutazione di cui bisogna capire la portata. La rottura è immediatamente percepibile nella scelta stessa dei siti castrensi. Nella maggior parte dei casi in cui la genesi di un castrum è conosciuta, lo vediamo nascere dall’occupazione di un’altura fino a quel momento disabitata, di un «monte per costruire un castello» scelto per la sua attitudine a coordinare un nuovo assemblaggio del territorio. Pur raggruppando al suo interno delle terre coltivate da tempo, o di recente colonizzazione, o degli spazi ancora vergini, il castello non si sviluppa quasi mai a partire da un antico centro curtense […] e traduce dappertutto una rottura nelle forme di occupazione del suolo […] creando una morfologia originale dell’insediamento contadino.[… ] [Da un lato, l’incastellamento] mette in moto una “urbanizzazione di villaggio” che consacra una nuova tappa della crescita demografica e suppone da parte dei suoi promotori una concezione assai precisa della sistemazione dei nuovi spazi abitati. [Dall’altro conduce alla] costruzione simultanea di uno spazio coltivato, disegnando attorno ai nuovi centri di popolamento i diversi settori produttivi, [che si dislocano a raggiera dal centro verso l’esterno]. P. Toubert, Les structures du Latium médiéval, I, Roma 1973, pp. 330- 332 1 2 3 4
855-875. Castelli. Villaggio. Agglomerato di poderi sparsi.
La discussione storiografica Castelli, forme insediative, paesaggi agrari
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La fortificazione degli abitati Aldo A. Settia
Le diverse modalità con le quali si dovette provvedere alla difesa furono evidentemente influenzate dalla posizione topografica, dall’ampiezza e dalla forma del centro abitato, o dello stabilimento economico e religioso da fortificare. In tutta la pianura padana, che era allora in gran parte ancora «regno del bosco e della palude» [come scrive Vito Fumagalli], gli insediamenti rurali si erano spesso fissati lungo i fiumi, sopra dossi e isole emergenti, in modo da usufruire dei vantaggi offerti dal corso d’acqua ponendosi nel contempo al riparo da possibili inondazioni. Corti, chiese e villaggi venivano perciò a trovarsi nella posizione più adatta anche da un punto di vista difensivo, ed è quindi probabile che in questi casi sia prevalsa la decisione di recingere semplicemente l’abitato già esistente. […] Nelle aree collinari o pedemontane, per erigere la fortificazione si cercarono ovviamente siti che offrissero un sufficiente dominio tattico rispetto alla zona circostante; invece di recingere direttamente villaggi disposti in piano, nelle valli o a mezza costa, i castelli si fissarono quindi, di preferenza, sulla sommità di alture ad essi vicine. Ma tanto nei terreni accidentati quanto nelle aperte pianure si dovette spesso verificare il caso di un agglomerato che, per quanto in posizione favorevole, a causa delle sue dimensioni, risultava anti economico circondare interamente; e questa fu certo una ragione sufficiente per scegliere la fortificazione “accanto” anziché “intorno” all’abitato stesso. […] La stessa differenziazione spaziale fra villaggi aperti (vicus o villa) e castello (castrum) sarà da vedersi nei casi in cui questi due termini appaiano indifferentemente attribuiti ad una stessa località in un medesimo documento o in documenti diversi con date non lontane fra loro. Fa egualmente pensare ad una diversa collocazione di villag-
gio e castello il ricorrere di espressioni come castrum de ipso vico1 o de ipso loco2, dati che appaiono distribuiti in tutta l’Italia settentrionale. Ancora, per forza di cose, là dove ci si trovava in presenza di un abitato sparso in piccoli gruppi di case su di un’area alquanto estesa, la protezione poteva essere convenientemente attuata solo erigendo un unico castello in posizione centrale rispetto agli insediamenti esistenti. […] Tale caratteristica sarà da considerare valida anche per i centri curtensi? Si è da tempo giustamente rilevato che un gran numero di castelli sorge a presidio di una corte preesistente; nei documenti anzi il castello compare di solito come una semplice pertinenza della corte o anche come castellum ipsius curtis3, senza alcuna ulteriore precisazione che consenta di dire se la fortificazione avesse inglobato per intero il centro curtense o se fosse invece sorta in un luogo vicino e diverso. Affermare dunque che nel secolo X i villaggi e le corti vengono semplicemente recintati trasformandoli in castelli significa operare una semplificazione eccessiva. Non è del resto nemmeno possibile distinguere in modo troppo rigido fra curtis e villa (o vicus) dal momento che questi termini possono essere usati scambievolmente per indicare lo stesso insediamento. A.A. Settia, Castelli e villaggi nell’Italia padana, Napoli 1984, pp. 254-257
1 Castello dello stesso villaggio. 2 Dello stesso luogo. 3 Castello della stessa corte.
Modulo 2
Espansione agricola Espansion e sviluppo agricola urbano e sviluppo
urbano Capitolo 6
Lo sviluppo demografico, agricolo e mercantile
Tra XI e XIII secolo si verificò in Europa una profonda trasformazione, che ebbe come aspetti più significativi l’aumento della popolazione e l’estendersi delle superfici coltivate. Tali fenomeni assunsero caratteri diversi a seconda delle regioni, ma si riscontrarono in tutto il continente, da sud a nord, da ovest a est. L’espansione agricola e la crescita della popolazione diedero vita a un generale aumento degli scambi e dei commerci, dapprima nei mercati rurali, poi nei mercati cittadini.
Capitolo 7
Lo sviluppo dei commerci e delle città
Nei secoli centrali del Medioevo, l’intensificazione dei traffici commerciali che era seguita alla rinascita agricola e demografica stimolò lo sviluppo di nuovi ceti sociali (la borghesia mercantile) e la crescita delle città, soprattutto in alcune regioni del Nord Europa (Fiandre, Baltico) e in Italia. Qui si ebbe la straordinaria fioritura delle cosiddette “Repubbliche marinare”: Amalfi, Pisa, Genova e Venezia che, tra XI e XIII secolo, divennero le protagoniste dei traffici intercontinentali tra Oriente e Occidente, conquistando il primato commerciale nel Mar Mediterraneo.
ne
o
Capitolo 8
Il movimento comunale
Lo sviluppo delle città ebbe profonde ripercussioni non solo a livello economico e sociale ma incise profondamente anche sulla vita politica delle città stesse. Soprattutto a iniziare dal XII secolo i centri urbani conquistarono importanti autonomie nei confronti delle autorità da cui dipendevano (i vescovi, i conti, i re, l’imperatore) e diedero vita a nuove forme di autogoverno: i Comuni. Ciò accadde in vari paesi europei ma soprattutto nell’Italia centro-settentrionale, dove mancava una forte autorità centrale. Lo scontro con l’imperatore Federico I di Svevia non fu comunque evitabile, e si risolse con la vittoria dei Comuni.
Capitolo 9
Vivere in città nel Medioevo Le città medievali sono quelle in cui tuttora viviamo e non è difficile scorgerne i segni, nel tracciato o nel nome di una strada, nella forma delle case e degli isolati, nei palazzi pubblici e privati che ancora frequentiamo e utilizziamo. Molte cose, tuttavia, sono cambiate da quei secoli a oggi, sia nell’aspetto fisico degli ambienti, sia nei modi di vivere degli uomini.
Capitolo 10
Cultura e società nel Medioevo Per lungo tempo saper leggere e scrivere rimase un’abilità riservata a pochi: perlopiù erano gli ecclesiastici e i monaci che si dedicavano all’istruzione e allo studio nei monasteri e nelle scuole vescovili. A partire dal XII secolo, l’istruzione incominciò a diffondersi fra i laici, specialmente negli ambienti cittadini dove si diffusero le scuole e nacquero le università. Anche la famiglia si trasformò e con essa l’intera società medievale. L’unità della famiglia si legò saldamente al principio dell’unità patrimoniale, che doveva essere salvaguardata da pericolose frammentazioni. Per questo motivo le donne furono escluse dalle eredità e la loro condizione, già di subordinazione, peggiorò notevolmente.
Modulo 2 Espansione agricola e sviluppo urbano
6 Lo sviluppo
Capitolo
64
demografico, agricolo e mercantile
Percorso breve Dopo il crollo demografico che aveva colpito l’Europa nei L’espansione agricola e demografica determinò l’auprimi secoli del Medioevo, la popolazione ricominciò ad mento degli scambi commerciali. Al commercio delle aumentare, già dal VII-VIII secolo e in modo sempre più derrate di largo consumo si affiancò, separato, il comintenso dal X-XI secolo in poi. Ciò provocò il progressi- mercio delle merci di lusso, che diede origine a imporvo ridimensionamento dell’economia silvo-pastorale e il tanti mercati e fiere periodiche in varie regioni d’Europa. crescente sviluppo dell’agricoltura, che a parità di superficie offre maggiori risorse alimentari. Soprattutto nel XII secolo il fenomeno assunse dimensioni clamorose, accompagnandosi alla nascita di nuovi insediamenti nelle zone colonizzate. All’aumento delle superfici coltivate si aggiunse il miglioramento delle tecniche agricole, con importanti innovazioni tecniche (collare a spalla per i cavalli, giogo frontale per i buoi, ferratura degli zoccoli degli animali, nuovi tipi di aratro, diffusione dei mulini ad acqua e a vento) e con l’introduzione di nuovi sistemi di coltivazione (rotazione triennale delle colture, che, rispetto alla tradizionale rotazione biennale, consentiva due raccolti ogni tre anni anziché uno su due). In seguito a tali cambiamenti, anche il regime alimentare si modificò: i cereali assunsero molta più importanza nella dieta contadina, mentre diminuì la presenza di prodotti animali, in particolare di carne. L’uso dei boschi, che si erano ridotti di superficie, in molte regioni fu riservato ai signori. Il cacciatore in epoca medievale
Capitolo 6 Lo sviluppo demografico, agricolo e mercantile
6.1 La crescita della popolazione e l’aumento delle terre coltivate La ripresa demografica e il cambiamento dell’economia È molto difficile calcolare la densità della popolazione europea nel Medioevo. Una cosa tuttavia è chiara: dopo essere drasticamente calata fra l’età romana e l’alto Medioevo, dal VII-VIII secolo la popolazione ricominciò a crescere, aumentando progressivamente fino a raggiungere di nuovo, nel XIV secolo, i livelli dell’età romana. Soprattutto fra XII e XIII secolo il fenomeno si fece avvertire in modo dirompente. A rendere possibile questa crescita demografica concorsero diversi fattori: ■ la disponibilità di risorse alimentari, garantita dalla presenza, ovunque, di spazi agricoli (campi, vigne, orti) e di spazi boschivi, nei quali si praticavano il pascolo, la caccia, la raccolta di prodotti selvatici; ■ l’attenuarsi delle grandi pestilenze, che, dopo avere imperversato duramente nel VI secolo, in seguito colpirono solo localmente; ■ il definitivo inserimento nella vita stabile delle genti nomadi e predatrici (Ungari e Normanni soprattutto) che, alla fine del X secolo, cessarono di devastare l’Europa con i loro attacchi [ 1.3]. L’aumento di popolazione provocò un cambiamento dell’economia. Lo sfruttamento dei boschi, che fino a quel momento aveva contribuito in modo significativo alla sopravvivenza degli uomini, si dimostrò insufficiente per sfamare la popolazione in crescita. Di conseguenza si verificò un crescente sviluppo dell’agricoltura, soprattutto quantitativo (con l’aumento delle superfici coltivate) ma anche qualitativo (con il miglioramento delle tecniche produttive).
Disboscare per coltivare La crescita della popolazione si accompagnò a un’intensa attività di disboscamento e dissodamento, e molte terre vergini furono messe a coltura. Sotto i colpi di scure, di zappa e di vanga si estesero le superfici coltivate, mentre il paesaggio di boschi, pascoli e terre incolte che da secoli caratterizzava il continente europeo cominciò a restringersi. L’aspetto fisico dell’Europa ne risultò profondamente modificato. Nel XII secolo il fenomeno assunse dimensioni clamorose, soprattutto nelle pianure centro-settentrionali del continente. Nelle Fiandre (odierni Belgio, Olanda e Francia nord-orientale) furono messi a coltura migliaia di ettari di terra fertile, mediante la costruzione di dighe contro gli allagamenti, metodo che diventò caratteristico della regione ed è vivo ancora ai nostri giorni. Nella Francia del nord la Piccardia, densa di foreste, fu in gran parte disboscata e messa a coltura. In Germania, a est del fiume Elba, si verificò una vera e propria corsa all’occupazione di terre nuove da coltivare: qualcuno ha voluto paragonare tali vicende a quelle del Far West americano nell’Ottocento. “Borghi franchi” e nuovi villaggi A parte questi episodi clamorosi, un po’ in tutte le regioni i boschi furono rosicchiati, le paludi prosciugate. Folle di contadini occuparono spazi nuovi,
Attività agricole nel borgo, part., XV sec. [dal Ciclo dei mesi; Castello del Buonconsiglio, Trento]
L’affresco raffigura la raccolta della legna nei pressi di un borgo medievale. A partire dall’XI secolo le aree incolte furono interessate da un’intensa opera di disboscamento, per ottenere nuove superfici da coltivare. Il legname così ricavato era utilizzato per le abitazioni, per il riscaldamento e anche per la creazione di utensili di uso quotidiano.
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Modulo 2 Espansione agricola e sviluppo urbano
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Il borgo di Monteriggioni [Siena]
Monteriggioni, in Toscana, rappresenta un tipico esempio di borgo fortificato medievale. Il castello e la massiccia cinta muraria furono costruiti tra il 1214 e il 1219 per volontà della Repubblica di Siena, a scopo difensivo: eretto in posizione di dominio, infatti, il castello aveva funzione di controllo del territorio in direzione di Firenze, storica rivale di Siena.
a volte per iniziativa propria, a volte sollecitati dai signori, laici ed ecclesiastici, che nella colonizzazione di nuove terre vedevano l’occasione per accrescere le loro entrate (tramite i prelevamenti di decime, canoni, tasse) e il loro potere (tramite il controllo della popolazione contadina). In certi casi, per attirare i contadini in una nuova località, si promettevano esenzioni fiscali: si formarono in tal modo i cosiddetti “borghi franchi” ossia “liberi” da imposizioni pubbliche. La colonizzazione agricola e il nascere di nuovi villaggi contadini lasciarono tracce importanti sul piano linguistico, in particolare nella toponomastica, ossia nei nomi di località: nomi rimasti spesso fino a oggi, che evocano la presenza di foreste (Bosco, Selva…) o di particolari specie arboree (Frassineto, Carpineto, Querceto, Rovereto…) eliminate per far posto ai campi coltivati. Le vicende del disboscamento sono testimoniate anche dal toponimo “Ronco”, diffuso in tutte le regioni italiane, che allude a uno strumento di lavoro (il roncone o falcastro) utilizzato per ripulire il terreno dalla vegetazione arborea. Infine, la nascita di nuovi insediamenti è attestata dal toponimo “Villanova” (cioè ‘villaggio nuovo’), anch’esso ampiamente diffuso, in Italia e altrove.
I modi della storia
Tecnologie e sviluppo economico: un rapporto complesso
Le “invenzioni”, i progressi della tecnica, danno impulsi decisivi all’economia. Per esempio, nell’Europa medievale, l’introduzione del mulino fu di grande aiuto allo sviluppo dell’agricoltura e delle attività artigianali e manifatturiere (officine del ferro, laboratori tessili, segherie, ecc.) poiché mise a disposizione una quantità di energia prima impensabile. Ma vale anche la considerazione contraria: un’invenzione, per svilupparsi, ha bisogno di una situazione economica particolare, che la renda utile e produttiva. Da questo punto di vista, proprio il caso del mulino appare esemplare.
Il mulino non è un’invenzione medievale: risale forse al IV secolo a.C. ed era ben conosciuto nel mondo romano. Ma allora perché le enormi potenzialità di questa macchina in età antica furono poco sfruttate? Lo storico francese Marc Bloch ha sostenuto che la spiegazione di questo fenomeno apparentemente incomprensibile sta nel carattere dell’economia antica, che, fondata sul lavoro degli schiavi (solitamente prigionieri di guerra), disponeva di mano d’opera sovrabbondante a basso costo. Nel Medioevo, invece, il progressivo venir meno delle guerre di conquista e la generale trasformazione della società e
dell’economia resero più rara la presenza di schiavi: questo comportò una maggiore attenzione agli strumenti e alle tecnologie “alternative”. Soprattutto dal X-XI secolo, con la crescita della popolazione e la progressiva espansione delle attività agricole, i mulini si moltiplicarono. I mulini a vento si diffusero specialmente nei paesi in cui soffiavano venti costanti, come l’Olanda e l’Inghilterra, mentre quelli ad acqua ebbero una diffusione più generale. La storia della tecnica ha dunque tempi diversi da quelli dell’economia, con la quale si incrocia e interagisce in modo talvolta imprevedibile.
Capitolo 6 Lo sviluppo demografico, agricolo e mercantile
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6.2 Innovazioni tecniche nel lavoro agricolo Gioghi e finimenti L’espansione dell’agricoltura fu facilitata da numerose invenzioni e perfezionamenti tecnici, che resero più efficiente il lavoro dei contadini e migliorarono la produttività dei terreni. Assai utile si dimostrò un nuovo sistema di aggiogare i cavalli – il collare a spalla rigido – che si diffuse nell’Europa del Nord dove questi animali erano usati per il lavoro dei campi (nell’Europa mediterranea, invece, secondo la tradizione antica, si continuavano a usare i buoi). Il nuovo collare era una specie di grossa ciambella imbottita e rigida, sistemata saldamente sulle spalle dell’animale in modo da costituire il punto di attacco dei tiranti del traino. Questo collare lasciava liberi il collo e la gola, mentre il sistema usato in precedenza, che risaliva all’epoca greco-romana, prevedeva una striscia flessibile di cuoio fissata intorno al collo: ma questa striscia nel momento dello sforzo premeva sulla gola e, ostacolando la respirazione, diminuiva la capacità di tiro degli animali. È stato calcolato che, con il collare a spalla, la potenza di traino di un animale aumentò di otto volte, passando da 500 a 4000 chilogrammi. Un analogo miglioramento si ottenne nel traino bovino con l’introduzione del giogo frontale, applicato alla fronte dei buoi e assicurato alle corna, che consentiva di sfruttare più a fondo la forza degli animali. Altra innovazione fu la ferratura degli zoccoli dei cavalli e dei buoi, che, oltre a evitare l’usura degli zoccoli stessi, rendeva più fermo e sicuro il passo degli animali.
L’aratro a versoio [da un manoscritto del XV sec.; Bibliothèque Nationale, Parigi]
L’aratro a versoio, o “aratro pesante”, si diffuse dall’XI secolo a partire dal nord della Francia. L’aratro necessitava di essere trainato da buoi o cavalli: fu proprio per facilitare il lavoro degli animali da traino che furono messi a punto il giogo frontale per i buoi e il collare a spalla per i cavalli.
Aratri e mulini Molto importante fu anche la comparsa di un nuovo tipo di aratro in ferro, munito non solo di un coltro (la lama che incide in profondità il terreno, tagliandolo verticalmente nella direzione dell’aratro) ma anche di un vòmere a forma asimmetrica (una seconda lama, col taglio inclinato capace di fendere il suolo orizzontalmente). Collegato al vòmere e al coltro era il versoio, che sollevava e rovesciava la terra, migliorandone il dissodamento, l’aerazione e la fertilità. Alcuni aratri furono anche muniti di ruote, a beneficio della loro stabilità. Contemporaneamente a queste innovazioni agricole, si ebbe in Europa una generale diffusione dei mulini ad acqua e a vento, che fecero gradatamente cessare il vecchio sistema del mortaio e della macina a mano; in questo modo molta mano d’opera poté essere impiegata in altre attività produttive. Un mulino ad acqua [Andè, Normandia]
Questo mulino del sud della Francia ha conservato il meccanismo medievale. Si riconoscono ancora le ruote del mulino, costruite in legno.
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Modulo 2 Espansione agricola e sviluppo urbano
6.3 Cambiano i sistemi di coltivazione, cambia la dieta
La rotazione triennale [illustrazione di A. Baldanzi]
L’introduzione della rotazione triennale permise di aumentare di un terzo la produttività annuale. Inoltre la coltivazione delle leguminose (tipica della semina primaverile) consentiva una naturale fertilizzazione del terreno, grazie alle colture leguminose che rilasciano azoto.
La rotazione triennale Innovativa, nei secoli centrali del Medioevo, fu anche l’introduzione di nuovi sistemi di rotazione delle colture (i modi di avvicendare le piante coltivate) che permisero di sfruttare di più il terreno, ottenendone una maggior produzione. In particolare nell’Europa centro-settentrionale, dove il clima piovoso della primavera permetteva di moltiplicare le piantagioni, trovò buona diffusione il ciclo triennale, che consisteva nell’alternare sullo stesso terreno una coltura invernale (cereali come il frumento o la segale) e una coltura primaverile (specialmente leguminose, come piselli e ceci), lasciando nel terzo anno il terreno a maggese, ossia a riposo (il nome deriva dal mese di maggio, in cui nei terreni nasceva spontaneamente l’erba, utilizzata come pascolo per il bestiame). Rispetto all’antico sistema di rotazione biennale in uso nel mondo romano (coltura invernale seguita da maggese) il nuovo sistema permetteva di produrre di più, perché lo stesso campo risultava coltivato due anni su tre anziché uno su due; inoltre l’introduzione delle leguminose, che sono piante ricche di azoto capaci di migliorare la fertilità del terreno, contribuiva ad aumentare ulteriormente la capacità produttiva dei campi. Anche oggi il criterio di base dei sistemi di rotazione consiste nell’alternare piante che sfruttano molto il terreno (in particolare i cereali) a piante miglioratrici (per esempio le patate, le barbabietole, le leguminose); la pratica del maggese è invece scomparsa.
Semine invernali
Semine invernali
Semine primaverili
Semine primaverili
Maggese
Maggese
Primo anno
I luoghi della storia
Secondo anno
Terzo anno
Semine invernali
Semine invernali Il bosco Semine primaverili Semine primaverili
Maggese fondamente i modi di vivere e di pensare La crescita demografica e lo sviluppo Maggese degli uomini: fu causa di difficoltà maagricolo dei secoli XI-XIII modificarono teriali e di paure, ma anche una risorsa radicalmente l’aspetto del paesaggio decisiva per l’esistenza quotidiana. Da qui europeo. Prima di allora, l’Europa era gli uomini traevano risorse economiche coperta da un fitto manto di foreste, inessenziali. La foresta procurava il legno, tercalate da radure e da centri abitati. In indispensabile per costruire le abitazioni, seguito al calo della popolazione verificai mobili, gli attrezzi, per riscaldare gli amtosi negli ultimi secoli dell’Impero romabienti, per cucinare. La foresta procurava no e nei primi secoli del Medioevo, anche cibo: fra le querce, durante la stagione molte zone che in epoca romana erano delle ghiande, si pascolavano i maiali; alstate messe a coltura tornarono dominio tri animali si nutrivano nei prati naturali; degli alberi, della vegetazione naturale e abbondante era la selvaggina e così pure degli animali selvatici. In alcune regioni il pesce, dato che il bosco era inframmezla foresta dominava compatta, in altre si zato da numerosi stagni e corsi d’acqua; mescolava alle terre coltivate, che appanon mancavano i frutti selvatici, importanrivano (secondo la suggestiva immagine te nutrimento integrativo nei periodi di cadello storico francese Jacques Le Goff) restia. Il bosco offriva anche il miele delle come delle oasi in negativo: piccoli spazi api selvatiche, ricercato come medicinale vuoti in mezzo al verde degli alberi. e come alimento, unica sostanza dolce in L’onnipresenza del bosco condizionò pro-
un mondo che non conosceva lo zucchero. Fra le molte opportunità fornite dal bosco, l’allevamento dei maiali era ritenuto il più importante, il più “distintivo”, tant’è vero che, nell’alto Medioevo, si diffuse la consuetudine di misurare i boschi non in termini di superficie ma secondo il numero di maiali che teoricamente era in grado di nutrire. Alcune proprietà erano quasi totalmente boschive, come quella di Migliarina, presso Carpi, in Emilia: un’enorme foresta che permetteva di pascolare 4000 maiali. E ancora: «il bosco di Alfiano può ingrassare 700 maiali», così lo spazio boschivo viene determinato nei documenti dell’epoca, in particolare negli inventari. Più tardi, nell’epoca del boom demografico e dello sviluppo agricolo, il bosco cominciò a essere visto come uno spazio da
Capitolo 6 Lo sviluppo demografico, agricolo e mercantile Una dieta sempre più vegetariana In seguito all’aumento della popolazione e allo sviluppo dell’agricoltura, una parte rilevante delle superfici boschive fu cancellata dal territorio europeo. Vennero perciò meno – o si ridussero fortemente – le risorse alimentari che nell’alto Medioevo gli uomini traevano dal bosco, praticandovi la caccia, la pastorizia, la pesca, la raccolta. Ciò ebbe importanti conseguenze sul regime alimentare dei contadini: i cereali assunsero molta più importanza (e assieme a loro i legumi e gli ortaggi) mentre diminuì la presenza della carne e del pesce. Ora il cibo era più abbondante, perché i campi coltivati producevano più del bosco, ma erano maggiori anche i rischi, perché in caso di carestia e di cattivo raccolto c’era meno possibilità di rimediare alla situazione ricorrendo a risorse alternative come quelle del bosco. Il bosco è dei signori Bisogna anche aggiungere che, a iniziare dall’XI secolo, l’uso del bosco, che era diminuito di estensione ma rimaneva pur sempre un elemento importante del paesaggio, fu progressivamente riservato ai signori. La caccia, attività che i nobili avevano sempre esercitato come prerogativa specifica del loro ceto sociale [ 2.4], a un certo punto fu proibita ai contadini. La pastorizia fu soggetta a molte regole e limitazioni. Anche questo contribuì, talora in modo determinante, a far assumere un carattere decisamente vegetariano alla dieta contadina, che da allora in poi si basò prevalentemente su pane, polente, zuppe, minestre. La carne a poco a poco si trasformò in un privilegio sociale, riservato a pochi.
6.4 Commercio, fiere, affari: la ripresa dell’economia mercantile Il commercio si ravviva L’espansione agricola che si verificò in tutta Europa a partire dalla seconda metà dell’XI secolo portò a una ripresa delle attività commerciali e mercantili. In realtà, anche se ridotta al minimo, l’economia di scambio non era mai venuta meno, neppure nei secoli dell’alto Medioevo quando le comunità rurali pensavano soprattutto a produrre i beni necessari al proprio sostentamento. Anche l’organizzazione della curtis [ 2.1], pur essendo rivolta principalmente ai bisogni locali, aveva
eliminare, o almeno da restringere, per far posto agli spazi coltivati. Può allora accadere che, paradossalmente, i documenti comincino a misurare i boschi non più in maiali, ma in “campi” (come accade, per esempio, in un inventario veronese del XIII secolo): di fronte a uno spazio boschivo, il primo pensiero è ormai diventato quello di metterlo a coltura. Bosco nei dintorni di Salisburgo Il bosco nel Medioevo costituiva un’importante fonte di cacciagione e di nutrimento per il bestiame. Le fronde degli alberi erano utilizzate per l’alimentazione invernale del bestiame; la corteccia era impiegata per la concia delle pelli; le ghiande servivano per l’allevamento dei maiali. Ambienti, come questo nella foto, molto diffusi nell’Europa antica, erano anche perfetti nascondigli per i banditi e i fuorilegge.
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avuto rapporti costanti con il mercato, a cui erano dirette molte eccedenze. Tuttavia, l’importanza degli scambi commerciali si intensificò dall’XI secolo in poi, con l’estendersi delle superfici coltivate e della produzione agricola, che da un lato consentì di nutrire un maggior numero di persone, dall’altro permise ai contadini (ma soprattutto ai signori, che riscuotevano canoni in prodotti agricoli) di offrire sul mercato una parte crescente dei prodotti. In questo modo si accumularono ingenti ricchezze e ciò consentì di intensificare anche il commercio di beni di lusso.
Merci comuni e merci di lusso Si delinearono così due correnti di traffico, fra loro distinte e nettamente separate: una, capillarmente diffusa sul territorio, interessava la maggioranza della popolazione e riguardava le merci di largo consumo, come i prodotti alimentari e gli oggetti di uso quotidiano (calzature, vasellame, attrezzi da lavoro…); l’altra, concentrata in alcuni mercati interregionali o internazionali, riguardava le merci di lusso, come spezie, vini pregiati, sete, ornamenti preziosi, destinati ai signori dei castelli e alle mense dei potenti.
Il mercato di Porta Ravegnana a Bologna, part., XV sec. [da Matricolae Societatis Draperorum; Museo Civico, Bologna]
Il mercato bolognese ritratto in questa miniatura dà il senso della vivacità economica e commerciale che dal XII-XIII secolo interessò le grandi città italiane ed europee.
Lo sviluppo delle fiere e delle città Alcune regioni diventarono famose per i grandi mercati e le fiere periodiche, alle quali affluivano mercanti da tutte le parti d’Europa: per esempio le Fiandre marittime (più o meno l’attuale Belgio e la Francia del nord-est), dove fiorì l’industria dei tessuti pregiati; diverse località tedesche bagnate dal Mare del Nord e dal Baltico; la zona della Champagne, in Francia; la Catalogna, nella penisola iberica. In Italia si svilupparono soprattutto la regione padana (in particolare Pavia e Milano), la Toscana (Lucca, Siena, Firenze) e alcune zone dell’Emilia. Ma i centri maggiori, che sopra tutti svilupparono il commercio internazionale e gli scambi con l’Oriente, furono le città marinare italiane: Amalfi, Pisa, Genova e Venezia, alcune delle quali destinate a una straordinaria espansione economica e civile [ 7.3].
Aa Documenti Dall’agricoltura allo sviluppo del commercio L’aumento della produzione agricola consentì ai contadini (ma soprattutto ai signori, che ricavavano profitti dalla proprietà della terra) di immettere sul mercato una parte crescente di prodotti. In questo modo l’economia di scambio
I
acquistò maggiore importanza rispetto all’economia di sussistenza, più tipica dell’alto Medioevo. Significativo un brano dello scrittore milanese Bonvesin da la Riva, vissuto fra il Due e il Trecento, che, con grande entusiasmo, descrive
nostri fertili territori producono ogni genere di cereali: grano, segale, miglio, panìco1; e ogni genere di legumi: fave, ceci, fagioli, lupini, lenticchie. E tutto questo in tale abbondanza, che non solo basta a compensare la mancanza di vettovaglie di cui soffre Como, ma ne avanza per mandarne al di là delle Alpi. Per comprendere la dimensione di questa esportazione è sufficiente considerare che più di trentamila 1 Un cereale molto simile al miglio. 2 Una pianta erbacea con tubero, affine alla rapa.
lo stato dell’agricoltura nel contado di Milano. Egli sottolinea come una buona parte dei prodotti venga smerciata non solo da una città all’altra, ma addirittura Oltralpe.
paia di buoi sono impiegati nella coltivazione dei nostri territori. Dai campi si ricavano anche rape e navoni2, e una quantità enorme di lino. Dai frutteti, dagli orti, dai campi, dalle vigne si raccolgono, secondo le stagioni, frutti d’ogni natura.... Bonvesin da la Riva, Le meraviglie di Milano, ed. a cura di M. Corti, Milano 1974
Capitolo 6 Lo sviluppo demografico, agricolo e mercantile
Sintesi
Lo sviluppo demografico, agricolo e mercantile
La crescita della popolazione e l’aumento delle terre coltivate Dopo un calo tra l’età romana e l’alto Medioevo, tra VII e VIII secolo la densità della popolazione europea ricomincia ad aumentare progressivamente fino a tornare ai livelli iniziali nel XIV secolo, per diversi motivi: aumento delle risorse alimentari disponibili, diminuzione delle epidemie, stabilità raggiunta dalle popolazioni precedentemente nomadi. Questo fenomeno provocò una crescita dello sviluppo agricolo, sia quantitativo (aumentano le superfici coltivate), sia qualitativo (migliorano le tecniche produttive). Con l’aumento della popolazione aumentarono anche le terre coltivate e questo determinò la modificazione del paesaggio, specialmente nell’Europa centro-settentrionale. Gli spazi ricavati dal disboscamento e dal prosciugamento delle paludi furono occupati dai contadini, per iniziativa propria o sollecitati dai signori, che dalla colonizzazione di terre ottenevano vantaggi in termini di entrate e di controllo sociale. Innovazioni tecniche nel lavoro agricolo L’espansione dell’agricoltura fu accelerata da alcuni perfezionamenti tecnici, che permettevano di aumentare l’efficienza del lavoro e la produttività dei terreni. Per migliorare la forza degli animali usati
nei lavori agricoli furono introdotti il collare a spalla rigido, il giogo frontale, la ferratura degli zoccoli. Fu introdotto un nuovo tipo di aratro in ferro, munito di più lame che tagliavano la terra verticalmente (coltro) e orizzontalmente (vomere) e di un versoio che sollevava la terra migliorandone il dissodamento. Si diffusero i mulini ad acqua e a vento, che permisero di liberare mano d’opera da impiegare in altre attività produttive. Cambiano i sistemi di coltivazione, cambia la dieta In questo periodo, furono poi introdotti nuovi sistemi di rotazione delle colture, che permettevano un maggiore sfruttamento del terreno in termini di produzione. Si diffuse il ciclo triennale di rotazione, in base al quale sullo stesso terreno si alternavano una coltura invernale nel primo anno e una coltura primaverile nel secondo, a cui seguiva un terzo anno durante il quale i campi erano lasciati a riposo. Lo sviluppo agricolo e la diminuzione dei boschi comportarono una riduzione delle risorse alimentari che gli uomini ricavavano dal bosco (con la caccia, la pesca, la pastorizia e la raccolta). Assunsero maggiore importanza nella dieta i cereali, a scapito della carne e del pesce. Vi era una maggiore quantità di cibo disponibile, ma anche maggiori rischi
in caso di carestia, per la difficoltà di reperire risorse alimentari alternative. Nel corso dell’XI secolo l’uso del bosco divenne una prerogativa dei signori, che vi praticavano la caccia. La carne divenne un privilegio sociale riservato a pochi e la dieta contadina assunse un carattere più decisamente vegetariano. Commercio, fiere, affari: la ripresa dell’economia mercantile Con l’espansione agricola si ebbe anche una ripresa delle attività commerciali e mercantili, precedentemente ridottesi, in quanto l’estensione della produzione rese possibile offrire sul mercato un maggior numero di prodotti. Si delinearono due correnti di traffico, tra di loro separate: le merci di largo consumo (cibi e oggetti di uso quotidiano), che avevano una diffusione capillare e riguardavano la maggior parte della popolazione, e le merci di lusso (spezie, sete, vini e ornamenti pregiati), che venivano acquistate dai signori dei castelli presso mercati interregionali o internazionali. In alcune regioni si diffusero grandi mercati e fiere periodiche in cui si recavano mercanti provenienti da tutta l’Europa (Fiandre, città tedesche del Baltico, Champagne, Catalogna ma anche le città marinare italiane, che svilupparono il commercio con l’Oriente).
Esercizi Comprendere e ordinare 1. Nelle frasi seguenti, segna il giusto completamento. a. Dopo un periodo di calo, la densità della popolazione europea nel Medioevo raggiunse nuovamente: i livelli dell’età romana nell’VIII secolo. i livelli dell’età romana tra XII e XIII secolo. i livelli dell’età romana nel XIV secolo. b. Il collare a spalla rigido: permise un aumento della potenza di traino dell’animale pari a 8 volte. permise un aumento della potenza di traino dell’animale pari a 4 volte. diminuiva la capacità di tiro degli animali di 6 volte. c. Nei secoli centrali del Medioevo fu: introdotto il sistema della rotazione triennale delle colture. introdotto il sistema della rotazione biennale delle colture.
superata la pratica per cui si lasciava a riposo il terreno per un certo periodo di tempo. d. In Italia i centri maggiori dello scambio internazionale dei prodotti erano: Pavia e Milano. Lucca, Siena e Firenze. Amalfi, Pisa, Genova e Venezia. e. L’aratro in ferro era munito di: un coltro, un vomere e un versoio. un giogo, un vomere e un versoio. un coltro e un versoio. f. I “borghi franchi” erano villaggi: occupati da contadini su loro iniziativa. caratterizzati dalla presenza di esenzioni fiscali. in cui era obbligatorio il pagamento della decima.
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2. Indica se le seguenti affermazioni sono vere o false.
3. Associa alle seguenti parole chiave il significato corretto.
a. Tra le cause dell’espansione demografica vi fu la stabilizzazione delle popolazioni nomadi.
V
F
b. Lo sviluppo dell’agricoltura non modificò radicalmente il paesaggio europeo.
V
F
Lama che taglia verticalmente il terreno
c. La ferratura degli zoccoli degli animali da traino risale all’epoca greco-romana.
V
F
d. La diffusione dei mulini ad acqua permise l’aumento della mano d’opera disponibile.
Parte dell’aratro che solleva e rovescia il terreno
V
F
e. In seguito allo sviluppo dell’agricoltura, aumentò la presenza della carne nella dieta dei contadini.
V
F
f. A partire dall’XI secolo, l’uso del bosco fu riservato sostanzialmente ai signori.
V
F
g. Nell’alto Medioevo esisteva un’economia di scambio.
V
F
h. Il giogo frontale rendeva più fermo e stabile il modo di camminare degli animali.
V
F
dissodamento • toponomastica • maggese • versoio • coltro • vomere
Terreno agricolo tenuto a riposo Riduzione a coltura di un terreno precedentemente mai coltivato Lama inclinata che taglia il terreno orizzontalmente Nomi di località
Analizzare e produrre 4. Indica sulla cartina i luoghi principali in cui avvenivano gli scambi commerciali, scegliendoli tra quelli indicati nell’elenco. Fiandre • città baltiche tedesche • Champagne • Catalogna • Pavia • Milano • Lucca • Siena • Firenze • Amalfi • Genova • Pisa • Venezia
Danubio
Capitolo 6 Lo sviluppo demografico, agricolo e mercantile
5. Completa la mappa concettuale inserendo le parole presenti elencate di seguito. agricola • scambi commerciali • percentuale • merci • largo consumo • lusso • cibo • calzature • vasellame • attrezzi • lavoro • spezie • vini • sete • ornamenti
XI secolo estensione delle superfici coltivate e della produzione di .......................................................................................................
Cresce il numero di persone che è possibile nutrire
I contadini possono immettere sul mercato una più elevata di prodotti
.........................................................
Accumulo di ricchezze e maggiore importanza degli ...............................................................................................................
.................................................... di ...................................................
.................................................. di ..................................................
• .................................................... • .................................................... pregiati • .................................................... • .................................................... preziosi
• .................................................... • .................................................... • ................................................. da .................................................
6. Leggi il documento di Bonvesin de la Riva riportato a p. 70 e rispondi alle seguenti domande. 1. Quali prodotti sono menzionati all’interno del brano? 2. Quali informazioni sono presenti relativamente alla quantità di beni prodotti? 3. Quali animali vengono utilizzati nella produzione agricola? Sulla base delle informazioni ricavate dal testo, scrivi un testo di 10-15 righe dal titolo “Lo sviluppo della produzione agricola”. Usa la seguente scaletta: – – – –
Cause e caratteristiche dello sviluppo agricolo Perfezionamenti e innovazioni tecniche Sistema di rotazione triennale: quali prodotti agricoli si alternano? Eccedenze e mercati: in che modo la produzione agricola influenza lo sviluppo del commercio?
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7 Lo sviluppo dei
Capitolo
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commerci e delle città
Percorso breve Con lo sviluppo agricolo aumentarono gli scambi commerciali e parallelamente si svilupparono i centri urbani, soprattutto in due aree: le Fiandre e il Baltico nell’Europa del nord (dove nacque una lega mercantile detta “Hansa”); l’Italia centro-settentrionale, cerniera fra il continente europeo e il Mediterraneo. La crescita delle città non fu solo economica ma anche demografica e urbanistica: diverse cerchie di mura furono edificate, per accogliere una popolazione in costante aumento. In particolare cresceva un ceto sociale nuovo, dedito alle attività produttive, alle professioni, all’artigianato. Esso fu chiamato “borghesia” perché le attività di mercato erano spesso concentrate nei “borghi” al di fuori delle mura. Il commercio medievale si svolgeva prevalentemente sulle vie d’acqua: canali, fiumi e, per le lunghe distanze, il mare diedero origine a nuovi strumenti finanziari, come il pagamento a credito, con “lettere di cambio” che prefigurano i moderni assegni bancari. Nel XIII secolo, per far fronte al volume crescente degli affari, ricominciarono a essere coniate (oltre alle monete d’argento) le monete d’oro, scomparse in Occidente nell’età di Carlo Magno. Fra le città italiane dedite ai commerci internazionali si distinsero, nell’XI-XIII secolo, le Repubbliche marinare. I mercanti di Amalfi elaborarono un vero e proprio codice marittimo, noto come “Tavole amalfitane”. La loro fortuna declinò nel XII secolo dopo che l’Italia meridionale fu conquistata dai Normanni e dopo l’esplodere delle rivalità con i mercanti pisani, che saccheggiarono ripetutamente Amalfi, prendendo il controllo delle rotte del Tirreno assieme agli alleati genovesi. Nel XIII secolo l’alleanza fra Pisa e Genova si ruppe e i genovesi ebbero la meglio, affermando il proprio dominio marittimo e commerciale sul Tirreno. Sul Mare Adriatico, nel frattempo, si era consolidata la potenza di Venezia, principa-
Acquisto e trasporto della lana, XIII sec. [dalle Cantigas de Santa Maria; Biblioteca de El Escorial, Madrid]
le interlocutrice politica e commerciale di Costantinopoli e principale artefice del mercato delle spezie (e di altri prodotti di lusso) tra Oriente e Occidente. Venezia e Genova si affrontarono ripetutamente ma senza che l’una potesse mai soppiantare l’altra: esse si spartirono a lungo i commerci marittimi, aiutate dai privilegi che via via riuscirono a ottenere dagli imperatori di Costantinopoli e da altri sovrani d’Oriente.
Capitolo 7 Lo sviluppo dei commerci e delle città
7.1 L’Europa delle città e la nascita della borghesia Rinnovamento urbano Fra il XII e il XIII secolo il movimento commerciale si era sviluppato in tutta Europa, in parallelo con la crescita delle città. Il fenomeno fu evidente soprattutto in due aree: quella tra le Fiandre e le coste del Baltico, strategicamente dislocata a mezza via tra i paesi centrali e settentrionali del continente; l’Italia centrosettentrionale, cerniera fra il continente europeo e il Mediterraneo. Le città delle Fiandre e del Baltico Nelle Fiandre si svilupparono numerosi centri urbani, situati a poche decine di chilometri l’uno dall’altro, fiorenti soprattutto per la produzione e il commercio di tessuti di lana di qualità pregiata, tanto che l’espressione “stoffa di Fiandra” divenne sinonimo di “alta qualità” e come tale si usa tuttora. I centri maggiori furono Bruges e Gand; altri centri attivissimi furono Louvain, Valenciennes, Ypres, Arras, Dinant, Lille, Douai, Saint-Omer. Un’altra zona di intensa urbanizzazione fu quella delle terre tedesche attorno al Baltico, dove, nel corso del XII secolo, diverse città si associarono e costituirono una lega mercantile nota con il nome di “Hansa” (‘lega’ in tedesco). Il centro della lega anseatica fu Lubecca, fondata nel 1143, che strinse intorno a sé Stralsund, Stettino, Danzica e altre città, tra cui Amburgo e Brema, che collegavano l’Hansa ai mercati delle Fiandre e dell’Inghilterra. Le basi del loro commercio erano il ferro e il legno (importati dalla Scandinavia), le pellicce e il miele (importati dalle terre russe), merci che poi le città anseatiche avviavano verso sud, nelle Fiandre, in Francia e in Italia. Le città dell’Italia Il massimo sviluppo delle città si ebbe in Italia, dove, nel XII-XIII secolo, si raggiunse la più intensa urbanizzazione d’Europa. In generale si trattava di città di antica fondazione, risalenti all’età romana: la continuità dei centri urbani, pur decaduti durante i secoli dell’alto Medioevo, fu infatti un dato caratteristico nella storia del nostro paese. Grande sviluppo presero le città lombarde (al punto che, Oltralpe, “lombardo” diventò quasi sinonimo di “mercante” o di “banchiere”), toscane, emiliane. Straordinaria fu l’espansione di alcune città marinare, Amalfi, Pisa, Genova e Venezia, che alimentarono e organizzarono il grande commercio internazionale e gli scambi fra Oriente e Occidente. L’aumento della popolazione urbana provocò un’intensa attività edilizia e una forte espansione delle aree edificate. Le mura, che fin dai primi secoli del Medioevo racchiudevano le abitazioni e gli spazi cittadini, ormai non bastavano più: fra il 1050 e il 1100 in molte città italiane fu costruita una seconda cinta muraria. A distanza di un secolo anche questi spazi si rivelarono insufficienti, così che nella seconda metà del Duecento quasi tutti i maggiori centri italiani dovettero costruire una terza cerchia di mura.
Navi pisane, XII sec. [Torre Pendente, Pisa]
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Modulo 2 Espansione agricola e sviluppo urbano Un nuovo ceto sociale: la borghesia Parallelamente allo sviluppo urbano e all’intensificarsi dei commerci prese corpo in Europa un nuovo ceto sociale, il ceto borghese. In assoluto la borghesia non si componeva di figure nuove: mercanti, artigiani, notai erano sempre esistiti. In passato, però, essi si mescolavano agli altri gruppi sociali: gli artigiani, in gran parte, erano anche contadini; i mercanti, che viaggiavano armati, erano spesso scambiati per uomini di guerra; i notai o i banchieri erano spesso dipendenti del re, del vescovo o di un signore locale. La novità dei secoli dopo il Mille riguardò anzitutto il numero, grandemente accresciuto, di questi personaggi; inoltre il fatto che si concentravano in alcuni luoghi – le città e i borghi cittadini – e che a questi luoghi conferivano un carattere, un’identità nuova.
La Parola
borghese Il termine “borghese” (in latino burgensis) inizialmente servì a indicare l’abitante del “borgo” (burgus in latino), la zona esterna alla città, subito fuori le mura, in cui si concentravano gli scambi e le attività mercantili. In seguito la parola passò a designare, più in generale, i cittadini non nobili che svolgevano attività commerciali, artigianali o professionali.
Ricostruzione della città di Tallinn [disegno di F. Corni]
La città di Tallinn, attuale capitale dell’Estonia, affacciata sul Mar Baltico, conserva ancora oggi il suo nucleo medievale, munito di una poderosa cinta muraria. Fondata nel 1219 dal re danese Waldemaro II, Tallinn diventò ben presto un importante nodo commerciale dell’Europa del Nord. Nel 1285 la città entrò a far parte della Lega Anseatica.
Bergen Stoccolma
Novgorod
Reval
York Winchester Londra
OCEANO ATLANTICO
MARE DEL NORD
Visby Göteborg
Riga
Copenaghen
Brema
Lubecca Danzica Amburgo Torun
Bruges Lipsia Arras Colonia Wroclaw Lagny Francoforte Parigi Cracovia Provins Praga Troyes Norimberga Bergen Bar Vienna Ypres
Vie terrestri e rotte marittime in Europa (XI-XIII sec.)
Bordeaux
Stoccolma
Milano Verona Venezia Asti Tolosa Piacenza MARE Genova Montpellier Pistoia Lucca DEL Firenze Marsiglia Pisa NORD Senigallia Siena Roma Barcellona York Cahors
León
Lisbona Siviglia Granada Ceuta
OCEANO ATLANTICO
Bordeaux
Copenaghen
Lisbona
Riga
Costantinopoli Lubecca Danzica Amburgo Torun Kiev
Milano Verona Venezia Asti Piacenza Genova Montpellier Pistoia Lucca Firenze Marsiglia Pisa Senigallia Siena Roma Barcellona
Tolosa
Cahors
Siviglia
Napoli
Granada
Caffa
MAR NERO
Bari
Costantinopoli
Amalfi
Ceuta Tunisi
Novgorod
MAR NERO
Bruges Lipsia Arras Colonia Atene Wroclaw Palermo Messina Lagny Francoforte Parigi Cracovia Provins Praga Troyes Norimberga MAR MEDITERRANEO Bar Vienna Ypres
Tunisi
Vie terrestri Rotte veneziane Rotte genovesi Rotte anseatiche Città e depositi della Lega anseatica Principali fiere Centri di attività bancaria
Caffa Reval
Visby Göteborg
Bari Napoli Londra Brema Winchester Amalfi
León
Kiev
Palermo
Messina
MAR MEDITERRANEO
Atene
Capitolo 7 Lo sviluppo dei commerci e delle città
7.2 L’economia monetaria e il trasporto delle merci Nuove monete e nuovi strumenti finanziari Lo sviluppo dei commerci accrebbe la necessità di poter disporre in maggiore quantità di denaro garantito e affidabile, cioè dal valore certo e controllabile, valido su tutti i mercati, anche quelli internazionali. Fra il 1155 e il 1161 apparvero in Lombardia i denari imperiali, una nuova moneta voluta dall’imperatore Federico I [ 8.5], che conteneva mezzo grammo di argento puro. Poco dopo anche Genova e Venezia misero in circolazione nuove monete in argento dette “grossi”: dalla zecca di Genova uscì un grosso del peso di 1,5 grammi, mentre Venezia coniò un suo grosso di 2,2 grammi d’argento chiamato ducato. Altri grossi furono coniati da Siena, da Pisa e da altre città toscane. Nei confronti delle monete precedenti, quelle nuove, pur essendo diverse da città a città, erano di metallo fino con un peso e un valore precisi. Nella seconda metà del XIII secolo riapparvero le monete d’oro, scomparse in Occidente al tempo di Carlo Magno (771-814): nel 1252 furono coniati il genovino e il fiorino, rispettivamente da Genova e da Firenze (peso 3,5 grammi di metallo puro). Qualche anno dopo (1284) Venezia coniò il ducato d’oro, detto poi zecchino, con le stesse caratteristiche del genovino e del fiorino. Queste monete “forti” (cioè con un valore superiore a quello delle altre monete) furono usate nelle operazioni finanziarie di ampio raggio e di maggiore importanza come i traffici internazionali, mentre per i commerci locali continuarono a prevalere le monete d’argento. Con lo sviluppo dei commerci nacque anche il pagamento a credito, ossia la consuetudine di trasferire a distanza somme di denaro, senza tuttavia spostarle materialmente: attraverso le “lettere di cambio”, antenate dei moderni assegni bancari, i creditori potevano riscuotere le somme in appositi uffici (presenti nei luoghi dove più intensi erano i traffici commerciali) presso cui i mercanti tenevano un conto aperto. Una via preferenziale: l’acqua Sia in Italia che nel Nord Europa, il trasporto delle merci avveniva principalmente sulle vie d’acqua. Per il piccolo commercio si percorrevano i fiumi e, in parte, le vie di terra, mentre per il commercio più importante si sfruttavano le vie fluviali e marittime. Il trasporto per via d’acqua era preferito perché meno costoso e più sicuro. La portata di un battello fluviale poteva variare da 10 a 80 tonnellate, contro una sola tonnellata del carro più pesante. Bastava perciò una sola imbarcazione per trasportare una quantità di merci che, per via di terra, avrebbe richiesto decine di carri e molti cavalli, con una spesa incomparabilmente più alta. Le navi destinate ai trasporti marittimi avevano una capienza di 200-250 tonnellate. I viaggi per via d’acqua erano anche più sicuri: attacchi di pirati erano sempre possibili, ma non con la stessa frequenza con cui bande di briganti potevano assalire i convogli in viaggio tra campi e boschi.
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Mercanti lombardi di epoca medievale [Bibliothèque de l’Arsenal, Parigi]
La miniatura raffigura la nuova economia medievale, commerciale e monetaria. A sinistra è rappresentata un’operazione di prestito, a destra un deposito in denari medievali.
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Modulo 2 Espansione agricola e sviluppo urbano
7.3 Le Repubbliche marinare Autonomia e intraprendenza Quattro città italiane – Amalfi, Pisa, Genova e Venezia – con le loro attività commerciali concorsero in maniera determinante a intensificare i traffici fra Oriente e Occidente e a istituire una rete di scambi tra i paesi europei. Dotate, come molte città italiane del tempo, di organismi amministrativi autonomi [ 8.4], esse furono anche chiamate Repubbliche marinare. Le loro navi si dirigevano agli scali del Mediterraneo orientale, dove caricavano spezie, stoffe pregiate (specialmente seta), grano e altri prodotti, che, una volta giunti in Occidente, erano smerciati attraverso la rete fluviale e stradale interna. Amalfi Amalfi, sul golfo di Salerno, fin dal X secolo intrattenne commerci regolari con Bisanzio, Alessandria d’Egitto e le città arabe della Sicilia e dell’Africa settentrionale, acquistandone grande ricchezza e prosperità. Gli amalfitani concorsero in modo particolare al progresso della navigazione adottando, fra i primi in Europa, la bussola, uno strumento di invenzione cinese fatto conoscere in Occidente dagli arabi, e redigendo le cosiddette Tavole amalfitane, uno dei più antichi esempi di codice marittimo, che fissava regole precise per lo svolgimento dei viaggi e dei commerci via mare. La storia di Amalfi conobbe una svolta nel 1131, quando fu conquistata dai Normanni [ 4.4]. Esplosero poi le rivalità con Pisa, altra potenza commerciale che cercava di affermarsi lungo le coste del Tirreno: tra il 1135 e il 1137 i pisani saccheggiarono ripetutamente Amalfi, che da quel momento vide declinare le sue fortune.
La Parola
bussola Per mezzo di un ago magnetico, la bussola indica la direzione nord, rendendo possibile l’orientamento anche quando si è in mare aperto, lontani dalle coste, o quando il cielo è coperto e non sono visibili gli astri.
Marsiglia
Genova
BALEARI
Tunisi
Venezia Il declino di Amalfi favorì Tana Venezia, che ne raccolse l’eredità nei mari d’Oriente. Costituitasi come città sul finire del VI secolo, quando le popolazioni venete CRIMEA fra Grado e Chioggia per sfuggire all’invasione dei si rifugiarono nelleMaurocastro isolette lagunari Trieste Caffa molto tempo sotto la dominazione di Bisanzio. Poi, dal Venezia Longobardi, Venezia visse per Balaclava IX-X secolo, acquistò crescente indipendenza grazie all’iniziativa del suo ceto mercanZara MAR NERO Spalato Pisa tile, che prese in mano il potere e Amastri diede alla città ordinamenti autonomi. Il governo Ragusa Roma Amiso Adrianopoli Costantinopoli era affidato a un’assemblea, detta Maggior Consiglio, che inizialmente rappresentava Durazzo Napoli Pera molte famiglie, ma fu poi progressivamente limitata a una ristretta oligarchia. La supreAmalfi Gallipoli Tessalonica ma magistratura era quella del doge (dal latino dux, ‘capo’), eletto a vita. Focea Palermo SulCORFÙ piano economicoSmirne Venezia seppeLajazzo mettere a frutto i suoi antichi legami con l’ImMessina pero bizantino e intensificò i rapporti con l’Oriente Antiochia mettendo le sue navi a servizio delle Tripoli spedizioni crociate [ 5.5]. RODI La vocazione commerciale della città, maturata già nell’alto Sidone Beirut Medioevo, nei secoli successivi si sviluppò in Damasco modo straordinario, così che la città diTiro CRETA
Le Repubbliche marinare
Acri
MAR MEDITERRANEO
Giaffa
Tripoli
Gerusalemme
Alessandria
Trieste Marsiglia
Genova
Tana Maurocastro
CRIMEA
Venezia
Zara Spalato Ragusa Adrianopoli Costantinopoli Durazzo Napoli Pera Amalfi Gallipoli Tessalonica Focea Palermo Smirne CORFÙ Pisa Roma
BALEARI
Genova, possedimenti ed empori Venezia, possedimenti ed empori Pisa, possedimenti ed empori Amalfi, possedimenti ed empori Possedimenti comuni di Pisa e Genova Rotte marittime (secoli XI-XIII)
Caffa Balaclava MAR NERO Amastri
Messina
Tunisi
RODI CRETA MAR MEDITERRANEO
Amiso
Lajazzo Antiochia Tripoli Sidone Beirut Tiro Damasco Acri Giaffa
Tripoli Alessandria
Gerusalemme
Capitolo 7 Lo sviluppo dei commerci e delle città venne uno dei massimi centri del commercio internazionale, il principale luogo d’incontro tra Oriente e Occidente. Da Venezia partiva anche, via mare, un corriere postale per Bisanzio, l’unico corriere regolare che collegasse l’Occidente con l’Oriente.
Pisa e Genova Pisa, posta alla foce dell’Arno e dotata di un ottimo porto (poi col tempo interratosi), ebbe uno sviluppo più lento rispetto ad Amalfi e Venezia. Dopo essersi resa autonoma dal controllo dei marchesi di Toscana e del vescovo locale, la città dovette difendersi dai pirati saraceni che, provenienti dall’Africa, assalivano le coste tirreniche. In ciò Pisa fu aiutata dalla nascente potenza navale di Genova, anch’essa minacciata dalle scorrerie piratesche. Pisani e genovesi, alleati, riuscirono a vincere i Saraceni e a scacciarli dalle basi che avevano stabilito in Sardegna (l’isola diventò in tal modo un dominio di Pisa). Nel corso di questa lotta, le navi pisane si spinsero fino alle coste dell’Africa e alla Sicilia, dove attaccarono più volte con successo altre basi saracene. L’impresa più impegnativa fu la conquista delle isole Baleari, di fronte alla costa spagnola, strappate agli avversari nel corso di un conflitto durato due anni (1114-15). Nel secolo successivo, diminuito il pericolo dei Saraceni, l’alleanza fra Pisa e Genova si interruppe, anzi le due città diventarono nemiche e si combatterono per il predominio sui mari, e per il possesso della Sardegna e della Corsica. Sconfitta in una battaglia navale presso lo scoglio della Meloria (1284), Pisa declinò e non riuscì più a recuperare il suo prestigio. I pisani conservarono tuttavia il possesso della Sardegna, mentre la Corsica passò ai genovesi, che la tennero fino al XVIII secolo. Il dominio marittimo e commerciale del Tirreno fu pertanto conquistato da Genova, che si avviò a un grande sviluppo dopo essersi resa autonoma dal dominio dei marchesi Obertenghi (945-1056). I progressi della città si accompagnarono a un forte aumento della popolazione e a un grande sviluppo dell’edilizia.
Veduta di Amalfi La foto mostra la felice posizione in cui sorge Amalfi, arroccata in un’insenatura dell’omonima costiera e dominante, con il suo porto, il tratto di mare antistante la città. Ancora oggi, ogni anno a fine giugno, nel tratto di mare davanti a Marina Grande di Amalfi si svolge il Palio di Sant’Andrea. Si tratta di una sfida tra equipaggi che utilizzano galeoni storici, in rappresentanza delle antiche Repubbliche marinare.
Aa Documenti Il commercio per mare e le sue regole Le Tavole amalfitane (in latino Tabula de Amalpha) sono il più antico codice di navigazione marittima italiano. Si compone di 66 articoli, i “capitoli”: i primi 21, i più antichi, sono scritti in latino e risalgono all’XI secolo; gli altri 45 furono aggiunti due secoli più tardi. Questo codice, che rimase in vigore nell’area mediterranea fino al XVI secolo, ha una particolare importanza per la storia del diritto, inoltre è un documento significativo per ricostruire le vicende economiche e sociali del tempo. Le norme che vi sono contenute riguardano temi di natura diversa: diritti e do-
veri di carattere economico, per esempio «Se qualche marinaio, fattosi anticipare denaro dal proprietario della nave, non volesse iniziare o proseguire il viaggio, il proprietario della nave avrà diritto di chiedergli una cifra doppia di quella data a prestito» (cap. II);obblighi di trasparenza contrattuale, «I proprietari delle navi devono dichiarare ai marinai quali sono le merci trasportate, e dove la nave è diretta» (cap. X); norme di natura assistenziale, per esempio «Se uno dei marinai o dei soci si ammala, riceva le spese per le cure, oltre alla parte che gli spetta, e se
si ferisce difendendo la nave abbia pagate le giornate, le cure e il medico, oltre alla detta parte» (cap. XIV). Il riferimento a eventuali ferite ci lascia intendere che i viaggi non erano sempre tranquilli: «Se un marinaio o un socio fosse catturato dai pirati durante la navigazione, abbia la sua parte anche se non ha dato la sua opera a servizio della società» (cap. XIV). Le società di cui si parla in questo documento sono quelle fra i diversi mercanti che, assieme, intraprendevano l’avventura commerciale, dividendosi le spese, il rischio e, alla fine, l’eventuale guadagno.
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7.4 Genova, Venezia e il controllo del Mediterraneo Il dominio dei traffici Sul finire del XIII secolo, venute meno la potenza di Amalfi e quella di Pisa, Genova e Venezia si affermarono come le due maggiori potenze marittime e commerciali dell’Europa mediterranea. A lungo rivali, le due città si combatterono talvolta con accanimento, specialmente nella battaglia di Cùrzola (1298), vinta dai genovesi, ma senza che mai l’una potesse soppiantare l’altra. Esse continuarono a esercitare con fortuna i loro commerci per molti secoli, fino alle soglie dell’età contemporanea: Genova conservò il dominio del Mediterraneo occidentale e dei commerci fra l’Oriente e l’Europa atlantica; Venezia ebbe una prevalenza piena nell’Adriatico e in molti porti dell’Oriente, assicurandosi il commercio con l’Europa centro-settentrionale. Nei suoi magazzini si trovava merce di ogni genere: il grano comprato nei porti russi del Mar Nero, in Libia, in Sicilia e rivenduto ai mercanti tedeschi, dai quali, a sua volta, Venezia importava aringhe salate della Scandinavia che rivendeva in Italia; il sale di Comacchio, di Cervia, della Dalmazia, che veniva smerciato nell’entroterra padano e di qui prendeva le vie dell’Europa centrale; vi erano poi i vini e l’olio dalla Grecia e vi erano, soprattutto, i generi di lusso, come le tele di Fiandra, le sete orientali, le spezie, i profumi, di cui Venezia diventò la principale fornitrice a quasi tutti i paesi d’Europa. La penetrazione commerciale veneziana si spinse fino al Mar Rosso e al Golfo Persico, aprendo la via ai successivi viaggi di Marco Polo che, assieme al padre Niccolò e allo zio Matteo, nel XIII secolo raggiunse la Cina, un paese a quei tempi talmente lontano da apparire poco meno che favoloso [ 15.2].
Canaletto, Il ponte dell’Arsenale, 1730-31 [Collezione Duca di Bedford, Woburn Abbey (Inghilterra)]
Questo quadro del pittore veneziano Canaletto raffigura l’Arsenale di Venezia, fondato nel 1104 dal doge Ordelaffo Faidier. Qui si costruivano le imponenti navi di cui era dotata la flotta navale della Repubblica marinara di Venezia.
La Lanterna di Genova [Archivio fotografico Fotogramma, Bari]
La Lanterna fu edificata a partire dall’inizio del XII secolo sulla collina di Capo di Faro, per costituire un punto di riferimento certo per i naviganti. Nel 1340, per identificare meglio la lanterna con la città di Genova, venne dipinto alla sommità della torre inferiore lo stemma della città, visibile ancora oggi.
Capitolo 7 Lo sviluppo dei commerci e delle città I redditizi legami con i potenti La fortuna economica delle città marinare italiane fu dovuta non solo all’abilità e all’intelligenza dei rispettivi ceti mercantili, ma anche ai privilegi che furono loro concessi da vari sovrani (l’imperatore di Bisanzio e i re degli Stati crociati d’Oriente, 5.4) che, in cambio di appoggio politico e militare, garantirono libertà di scali, esenzioni fiscali, facilitazioni doganali. Così fece, per esempio, l’imperatore bizantino Alessio I Comneno concedendo nel 1082 ai veneziani la possibilità di libero commercio [ 5.3], senza alcun pagamento di dazi. La disparità di trattamento di cui veneziani e genovesi godettero a Bisanzio, rispetto ai mercanti di altre città, fu osservata dal mercante fiorentino Francesco Balducci Pegolotti (XIV secolo) che scrisse in un suo quaderno di ricordi: «genovesi e veneziani sono franchi [cioè non pagano alcun dazio] entrando e uscendo», mentre «fiorentini, provenzali, catalani, anconetani, siciliani e tutti gli altri stranieri» devono pagare il 2% del valore della mercanzia importata, e altrettanto per quella esportata. Nel Medioevo come oggi, i meccanismi dell’economia si intrecciano strettamente con quelli della politica.
I modi della storia
L’industria del vetro a Venezia
L’industria del vetro a Venezia ha origini molto antiche ma il primo documento scritto che attesta la presenza di un vetraio, tale Domenico “fiolario” (da fiola, ‘bottiglia’, ‘vaso’), risale al 982 d.C. Alla fine del XII secolo l’industria era fiorente e si stava imponendo sul mercato internazionale, riuscendo a inserirsi nel vuoto creato dal declino delle importanti vetrerie islamiche e bizantine (che grazie alle spedizioni dei crociati furono conosciute anche in Europa). Nel XIII secolo i vetrai si erano già organizzati in associazione e dal racconto di un cronista dell’epoca sappiamo che nel 1268 i maestri si recarono a rendere omaggio al doge con «vetri scarlatti, fregi d’oro, ricche ghirlande di perle e altri lavori di vetro nobile e fine». Nel 1291, con un’ordinanza comunale, tutte le officine del vetro furono allontanate dalla città per evitare pericoli di incendio e spostate nell’isola di Murano, che da allora divenne il principale centro produttivo di arte vetraria. L’industria del vetro era organizzata con regole precise. La lavorazione procedeva a ritmo ininterrotto per sette mesi all’anno, dal 5 gennaio al 5 agosto. In questo periodo le fornaci rimanevano accese in permanenza e gli operai si alternavano a squadre. Per gli altri cinque mesi i forni erano spenti: era il periodo dedicato alle vendite. Provvedimenti severissimi vietavano ai lavoratori del vetro (i “fioleri”) di emigrare e trasportare fuori del territorio i segreti della loro industria, delle sperimentate tecniche con cui si faceva fondere nella fornace la sabbia silicea, dei modi di “soffiare” l’impasto vitreo per ricavarne oggetti dalle forme ricercate.
Verso il 1300 a Venezia i maestri vetrai iniziarono la produzione, tenendo rigorosamente segreta la tecnica di lavorazione, delle prime lenti per occhiali mentre i primi specchi furono fabbricati verso il 1318, dopo un accordo con un produttore
tedesco «che sapeva lavorare il vetro a specchio». Tuttavia passarono quasi due secoli prima che questa nuova industria si sviluppasse, perché era molto radicata l’abitudine antichissima di usare specchi di metallo. La soffiatura del vetro, XV sec. [ms. Lat. 993, c. 238r; Biblioteca Estense, Modena]
In questa miniatura è raffigurato il lavoro di due artigiani intenti a lavorare la pasta vitrea appena uscita dalla fornace mediante la cosiddetta “canna da soffio”. Soffiando nel tubo mentre contemporaneamente lo faceva ruotare, il maestro vetraio modellava l’oggetto che voleva ottenere.
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Sintesi
Lo sviluppo dei commerci e delle città
L’Europa delle città e la nascita della borghesia Tra XII e XIII secolo, parallelamente all’incremento del commercio, si ebbe una notevole crescita delle città, soprattutto in alcune aree dell’Europa: nelle Fiandre, nelle zone tedesche del Baltico, dove le principali città formarono una lega mercantile (Hansa), infine in Italia, dove si raggiunse il più alto livello di inurbazione in Europa. Le città italiane principali erano quelle lombarde, emiliane e toscane e le città marinare (Amalfi, Genova, Pisa, Venezia). Lo sviluppo urbano e l’aumento della popolazione portò a un’espansione delle aree edificate e a diversi ampliamenti delle cinte murarie. Nelle città si sviluppò anche un nuovo ceto sociale, la borghesia, formata da mercanti, notai, artigiani. L’economia monetaria e il trasporto delle merci Lo sviluppo delle merci pose la necessità di poter usufruire di denaro affidabile e che avesse un valore certo e universale. Inizialmente si coniarono solo monete di argento con un peso e un valore precisamente determinati. Nella seconda metà del XIII secolo riapparvero le monete d’oro, il genovino, il fiorino e lo zecchino (rispettivamente a Genova, Firenze, Venezia). Si trattava di monete “forti”, che avevano un valore superiore a quello delle altre e che furono pertanto utilizzate nelle operazioni finanziarie principali, gli scam-
bi internazionali; per i commerci locali si continuarono a usare quelle d’argento. Legata all’incremento dei commerci è anche la comparsa dei pagamenti a credito, che permettevano di trasferire somme di denaro senza spostarle fisicamente, come le lettere di cambio. Il trasporto delle merci avveniva principalmente per le vie d’acqua: fiumi per i piccoli commerci, mari per le distanze maggiori. Le Repubbliche marinare Le città italiane di Amalfi, Genova, Pisa e Venezia erano al centro di una fitta rete di scambi commerciali tra Oriente ed Europa: i prodotti che erano acquistati negli scali del Mediterraneo orientale erano poi smerciati in Occidente attraverso la rete fluviale. Amalfi si sviluppò a partire dal X secolo, con una fitta rete di scambi con l’Oriente. Tra il 1131 e il 1137, dopo esser stata prima conquistata dai Normanni e poi saccheggiata dai pisani, incominciò il suo declino. Venezia tra IX e X secolo acquistò sempre maggiore indipendenza; per iniziativa del ceto mercantile si crearono delle strutture di Governo: il Maggior Consiglio (assemblea) e il Doge (governatore, eletto a vita). Dopo il declino di Amalfi acquistò uno sviluppo straordinario come principale luogo di incontro tra Oriente e Occidente. Pisa ebbe uno sviluppo più lento: inizialmente si alleò con Genova per contrastare
le incursioni dei Saraceni provenienti dalla Sardegna, espandendosi fino alle isole Baleari. Nel XIII secolo, diminuito il pericolo saraceno, l’alleanza tra Pisa e Genova si ruppe, e incominciò un periodo di scontri, che culminò nella battaglia della Meloria (1284), che vide la sconfitta dei pisani. Iniziarono il declino pisano e l’espansione di Genova, che acquisì il dominio marittimo e commerciale sul Tirreno. Genova, Venezia e il controllo del Mediterraneo Alla fine del XIII secolo, Genova e Venezia erano le due maggiori potenze economiche e marittime dell’Europa mediterranea. Genova controllava i commerci nel Mediterraneo occidentale, tra Oriente ed Europa atlantica; Venezia controllava i commerci nell’Adriatico che coinvolgevano l’Europa centro-settentrionale, espandendo progressivamente la sua penetrazione commerciale al Mar Rosso e al Golfo Persico, fino ai viaggi di Marco Polo in Cina nel XIII secolo. Le due città ebbero diversi scontri, ma nessuna delle due riuscì a prevalere sull’altra. Alla base della loro fortuna ci furono anche i privilegi concessi loro da alcuni sovrani (Bisanzio, Stati crociati d’Oriente), infatti in cambio di appoggio politico, genovesi e veneziani ricevevano dei vantaggi: libertà di scalo, esenzioni fiscali, facilitazioni doganali.
Esercizi Comprendere e ordinare 1. Indica se le seguenti affermazioni sono vere o false.
2. Associa alle seguenti parole chiave il significato corretto.
a. Il termine “borghesia” indicava in origine gli abitanti delle zone esterne alle città.
V
F
b. Le città delle Fiandre si associarono costituendo una lega mercantile nota come Hansa.
V
F
c. Rispetto a quello via terra, il trasporto via mare era meno sicuro per gli attacchi dei pirati.
Principale magistratura della Repubblica di Venezia
V
F
d. La bussola è uno strumento di invenzione cinese.
V
F
Moneta usata in Lombardia contenente mezzo grammo di argento puro
e. Da Venezia partiva l’unico corriere che collegava l’Occidente con Bisanzio.
V
F
f. Le monete d’oro scomparirono in Europa al tempo di Carlo Magno.
V
F
g. Lungo le coste del Baltico si ebbe nel XIII secolo la più intensa urbanizzazione d’Europa.
V
F
lega mercantile • cerchia • grosso • zecchino • doge • danaro imperiale
Cinta di mura intorno a una città Moneta di argento coniata a Genova e Venezia Associazione tra città commerciali Moneta d’oro coniata a Venezia
Capitolo 7 Lo sviluppo dei commerci e delle città
3. Colloca sulla linea del tempo gli eventi elencati in ordine sparso. 1082
1131
1143
1252
1284
1. fondazione della città di Lubecca 2. a Firenze e a Genova vengono coniati rispettivamente il fiorino e il genovino 3. conquista normanna di Amalfi
1298
4. battaglia della Meloria tra Pisa e Genova 5. battaglia di Curzola tra Genova e Venezia 6. l’imperatore bizantino Alessio I concede ai veneziani la possibilità di libero commercio
Analizzare e produrre 4.
Completa la tabella e individua sulla cartina le città, indicandole con un diverso colore. Indica poi le direttrici del traffico collegandole tra di loro. Fiandre Centri principali: ................ ............................................ ............................................
Hansa Baltico Centri principali: ................ ............................................ ............................................
Commercio di:.................... ............................................ ............................................
Commercio di:.................... ............................................ ............................................
Città marinare italiane Centri principali: ................ ............................................ ............................................
Oriente Centri principali: ................ ............................................ ............................................
Commercio di:.................... ............................................ ............................................
Commercio di:.................... ............................................ ............................................
5. Rispondi alle seguenti domande. 1. 2. 3. 4.
6. Rispondi alle seguenti domande. 1. A quando risale la fondazione di Venezia e a opera di chi? 2. Quale era l’ordinamento amministrativo della Repubblica di Venezia? 3. In che modo il declino di Amalfi finì col favorire Venezia? 4. Che rapporti esistevano con Bisanzio e con gli Stati crociati d’Oriente? 5. Che cosa era lo zecchino? A che periodo risale? 6. Quali furono le conseguenze della battaglia di Curzola? 7. Quali tipi di merci si potevano trovare all’interno dei magazzini veneziani nel XIII secolo? Basandoti sulle informazioni ricavabili dalle risposte, elabora un testo di almeno 15 righe dal titolo “La Repubblica di Venezia fino al XIII secolo”, seguendo la seguente scaletta degli argomenti. – – – – – – –
Danubio
Che cosa erano le “lettere di cambio”? Che cosa si intende per “Tavole amalfitane?” Quali furono le conseguenze della battaglia della Meloria? Che cosa si intende per “Hansa”?
La nascita di Venezia IX-X secolo: crescita della sua importanza Sviluppo e caratteristiche degli ordinamenti cittadini I rapporti con l’Oriente La politica monetaria I rapporti con Genova: lotte e conseguenze Conclusione: l’assetto raggiunto nel XIII secolo
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Modulo 2 Espansione agricola e sviluppo urbano
8 Il movimento
Capitolo
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comunale
Percorso breve Lo sviluppo delle città produsse importanti cambiamenti non solo economici e sociali, ma anche politici. Dopo essere riuscite a rendersi autonome dai poteri laici o ecclesiastici che le avevano controllate fino ad allora, le città diedero vita a nuove forme di autogoverno che presero il nome di Comuni. Il fenomeno interessò molti paesi europei ma ebbe particolare rilevanza nell’Italia centro-settentrionale, non soggetta a una forte autorità centrale. La principale caratteristica distintiva dei Comuni italiani fu la partecipazione di tutti i gruppi sociali all’affermazione delle autonomie locali: ceti borghesi e ceti nobiliari ebbero forti motivi di collaborazione ma anche di contrapposizione (i nobili, residenti in campagna, furono spesso costretti a trasferirsi in città; altrove, i borghesi furono esclusi dalle cariche politiche); gli stessi poteri ecclesiastici, in primo luogo il vescovo, furono spesso in prima fila nel rappresentare le autonomie cittadine. Da ciò derivò la capacità delle città italiane, sconosciuta Oltralpe, di affermare il proprio potere anche nel territorio circostante, che fu detto “contado”. Si vennero così formando delle vere e proprie città-Stato, con territori ricalcati su quelli della diocesi ecclesiastica. I primi governi comunali ebbero un carattere collettivo: le decisioni venivano prese dapprima dall’assemblea plenaria dei cittadini (arengo), poi da consigli più ristretti; il potere era esercitato da magistrati detti “consoli”, che restavano in carica non più di un anno. Gli imperatori, che nominalmente esercitavano la loro autorità sul Regno d’Italia, per molto tempo non si occuparono dei Comuni e della loro politica autonoma. Le cose cambiarono nella seconda metà del XII secolo, quando Federico I di Svevia, detto Barbarossa, rivendicò i diritti sovrani o “regalìe”, di fatto esercitati dai governi cittadini: amministrare la giustizia, riscuotere le imposte, battere moneta, tenere eserciti propri, e così via. Alcuni Comuni, Milano in testa, si ribellarono; Federico li attaccò e li sconfisse. Molti Comuni allora si allearono (Lega Lombarda, 1167) e riuscirono infine a battere l’im-
Piazza del Campo, Siena, XIII-XIV sec.
peratore (battaglia di Legnano, 1176). Nel 1183, la pace di Costanza sancì il riconoscimento delle autonomie comunali, concesse dall’imperatore dietro il riconoscimento della sua sovranità e il pagamento di un tributo annuo.
Capitolo 8 Il movimento comunale
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8.1 Governarsi da sé La nascita dei Comuni A dare origine alle autonomie comunali furono gruppi di cittadini, in genere i più ricchi e potenti, che si riunirono in associazioni allo scopo di tutelare meglio i propri interessi: assicurare la libera circolazione degli uomini e delle merci sulle strade, la navigazione sui fiumi, la libertà di vendere e comprare, e così via. Tali esigenze, proprie dei ceti mercantili, in certi casi furono sostenute dalla piccola nobiltà trasferitasi in città, interessata anch’essa alle attività commerciali. Nonostante il loro carattere privato, queste associazioni, chiamate Comuni (dal latino commune facere, ‘stringersi in società’), si configurarono fin dall’inizio come rappresentanti dell’intera città e dell’interesse collettivo. I Comuni ottennero le loro autonomie talora con rivolte violente, più spesso pacificamente mediante patti stipulati con il conte o il vescovo locale, o direttamente col sovrano, i quali concessero i riconoscimenti giuridici e i privilegi richiesti in cambio di tributi che le città si impegnavano a pagare annualmente. Comune, «nome nuovo e detestabile» Di fronte alle richieste di autonomia avanzate dalle città, molti esponenti della nobiltà tradizionale reagirono con sdegno, giudicando quelle pretese un sovvertimento dell’equilibrio sociale. «Comune, nome nuovo e detestabile» scrisse il cronista francese Gilberto di Nogent (1053-1121), commentando la concessione che la nobiltà e il clero di Laon, in Francia, avevano fatto agli abitanti di quella città, di unirsi insieme in Comune dietro il pagamento di una somma pattuita. Che anche gli appartenenti a nuove classi sociali potessero partecipare al governo della città, a Gilberto appariva una mostruosità incomprensibile. «Questa gente – scrisse il cronista tedesco Ottone di Frisinga (1114-1158), riferendosi agli abitanti delle città italiane – non prova alcun disdegno a innalzare alle alte cariche pubbliche i giovani di condizione inferiore o qualsiasi addetto ai lavori manuali, che gli altri popoli invece tengono lontani dalle attività politiche». Una società in fermento All’interno delle città, in effetti, la mobilità sociale era insolitamente vivace, rispetto agli equilibri che si erano determinati nel mondo feudale. L’ideologia della società tripartita, che riservava al ceto nobiliare il compito di governare e di portare le armi, assegnando ai “lavoratori”, cioè in pratica ai contadini, la sola funzione di provvedere ai bisogni materiali della società [ 2.4], era del tutto inadeguata a comprendere le nuove realtà urbane, in cui gruppi sociali nuovi, dediti Palazzo dei Priori, Perugia, XIII sec. Il Palazzo dei Priori, o Comunale, costituisce un esempio di palazzo pubblico dell’età comunale. Edificato a Perugia tra il 1293 e il 1443, fu l’antica sede delle funzioni politiche, amministrative e giudiziarie. Ancora oggi ospita il Municipio e al primo piano è visibile l’antica sala del Consiglio comunale.
Modulo 2 Espansione agricola e sviluppo urbano a lavori diversi da quello dei contadini, come il commercio, l’artigianato, le professioni, in tanti casi giungevano a dirigere la politica cittadina e a farsi carico anche della difesa armata della comunità, con o senza la collaborazione della nobiltà locale.
8.2 Particolarità dei Comuni italiani L’unione di nobili e popolo Il fenomeno comunale interessò molti paesi europei, ma ebbe in Italia particolare sviluppo e caratteristiche sue proprie. Nel corso del XII secolo, ma in certi casi già prima, il movimento si allargò in varie regioni della penisola, specialmente in quelle centro-settentrionali (Pianura Padana, Emilia, Toscana, Umbria). Fra i ceti sociali che concorsero a formare i Comuni, in Italia ebbero notevole importanza i nobili, in genere piccoli feudatari che vivevano in città e avevano investito nel commercio e nell’artigianato parte dei redditi delle loro terre; alleati di questi nobili erano i ceti mercantili, cioè gli imprenditori di manifatture, i mercanti, gli artigiani, i notai, ceti che oggi chiamiamo “borghesi”, definiti allora con il termine unico di “popolo”. L’autonomia politica Da questa particolare situazione derivò la diversità dei Comuni italiani rispetto a quelli d’Oltralpe. Altrove (per esempio in Francia o nelle Fiandre) furono soprattutto i ceti borghesi a sollecitare la nascita delle nuove istituzioni: perciò le autonomie cittadine ebbero, in quelle regioni, un carattere soprattutto economico, relativo a privilegi commerciali e fiscali. In Italia, invece, le autonomie si estesero a tutti gli aspetti della vita politica: i Comuni italiani non solo battevano moneta e riscuotevano tasse, ma avevano eserciti propri, facevano pace e guerra, stipulavano trattati, insomma praticavano tutte quelle attività che sono caratteristiche degli Stati sovrani. Il potere dentro e fuori le città I rapporti fra la nobiltà cittadina e i ceti borghesi non furono sempre facili, come mostrano le lotte e i contrasti che contraddistinsero le origini e le prime vicende di molti Comuni italiani. In alcuni casi i ceti mercantili o professionali faticarono ad affermarsi come classe di governo; in altri casi furono i nobili a essere esclusi dalle magistrature. Tuttavia col tempo, attraverso i rapporti di affari e i matrimoni fra membri delle diverse classi, si venne formando un ceto dominante cittadino relativamente omogeneo, che univa l’intraprendenza dei borghesi alle tradizioni militari della nobiltà, la ricchezza del denaro a quella della terra. Da ciò i Comuni italiani derivarono un altro carattere particolare: mentre nelle altre regioni europee i Comuni generalmente non estendevano la propria influenza oltre le mura della città, quelli italiani inglobarono anche il territorio circostante, in cui molti cittadini, nobili e CONTEA borghesi, possedevano terre. DEL TIROLO
I Comuni dell’Italia centrosettentrionale (XII-XIII sec.)
VESCOVATO DI FELTRE
CONTEA DI SAVOIA Ivrea
Vercelli
Como
Bergamo
Novara Milano
MARCH . DI MO NFERR ATO
Pavia
Lodi
Brescia
Verona
Vicenza Padova Venezia
Cremona Mantova Chieri Tortona Piacenza Asti Ferrara Alessandria Parma MARCH. DI M. DELAqui Modena SALUZZO CARRETTO Reggio Mondovì M. DI Genova Bologna Imola CEVA M. DI Faenza Forlì CLAVESANA CONTI DI Cesena MANGONA Pistoia Lucca MAR Prato Torino
LIGURE
Pisa
Firenze
Volterra
Siena
Arezzo Cortona
AL DO BR AN DE SC HI
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Benvenuto di Giovanni, Le finanze del comune in tempo di pace e di guerra, part., 1468 [Archivio di Stato, Siena]
Capitolo 8 Il movimento comunale
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Ambrogio Lorenzetti, Le conseguenze del Buon Governo in città, part., 1337-39 [Sala dei Nove, Palazzo Pubblico, Siena]
L’affresco di Ambrogio Lorenzetti raffigura la tipica vivacità che doveva caratterizzare i centri abitati nel Trecento. La città è affollata di commercianti che vendono merci nelle proprie botteghe e di contadini e pastori che arrivano dalle campagne circostanti. Nella parte superiore dell’affresco, inoltre, è possibile distinguere artigiani al lavoro nell’edificare nuove case per far fronte alle esigenze di nuovi arrivati, signori e contadini che, abbandonate le campagne, si riversavano nella città.
8.3 La conquista del contado e l’inurbamento dei contadini Il contado: tra diocesi e comunità rurale Uno degli aspetti più tipici dei Comuni italiani fu l’attuazione di una politica di espansione territoriale, a spese dei feudatari locali che avevano i loro centri di potere nelle campagne. Ciò avvenne soprattutto nella prima metà del XII secolo. Il territorio assoggettato al dominio cittadino fu chiamato contado, una parola derivata dal latino comitatus che designava anche le contee soggette al potere del conte [ 1.1]: essa perciò suggeriva, implicitamente, la volontà di assimilare l’autorità dei Comuni cittadini a quella dei funzionari statali. Ma quali limiti si stabilivano in questa azione di conquista del territorio rurale? Entro quali confini si definiva il contado e come si giustificava il diritto di acquisirne il controllo? Spesso tali confini furono ricalcati sul territorio della diocesi, sul quale si esercitava l’autorità ecclesiastica del vescovo cittadino. Il vescovo stesso, in molti casi, partecipò attivamente alla nascita e all’espansione del Comune; in altri casi i nuovi governi sorsero in conflitto con lui. Il controllo del territorio Naturalmente non mancarono conflitti tra i diversi Comuni, liti e scontri armati per affermare il proprio potere a scapito delle città vicine. In seguito alle pressioni politiche e militari delle forze cittadine, molti signori furono costretti a trasferirsi in città. Altri dovettero venire a patti e fare concessioni. Il movimento di espansione (che portò le maggiori città come Milano e Firenze ad assoggettare i centri minori e a combattere i nobili del contado) fu rafforzato dalle tradizioni militari dei nobili inurbati, ma nacque soprattutto da esigenze pratiche ed economiche: assicurare i rifornimenti alimentari alla città e stabilire un controllo sulle vie commerciali e fluviali più importanti. Si costituirono in tal modo dei veri e propri Stati cittadini. Via dalle campagne: «L’aria della città rende liberi» Nei secoli di affermazione dei Comuni cittadini un proverbio, di origine tedesca, si diffuse e diventò popolare: «L’aria della Memo
La diocesi A partire dalla fine del III secolo d.C., su iniziativa dell’imperatore Diocleziano (285-305), l’amministrazione dell’Impero romano fu riorganizzata e il territorio fu
suddiviso in grandi aree chiamate “diocesi”, dal greco diòikesis, ‘governo’, ‘amministrazione’. Nel IV secolo vescovi e sacerdoti iniziarono a organizzare le loro comunità ricalcando la struttura am-
ministrativa di questi distretti; il termine entrò così nell’uso ecclesiastico per indicare la circoscrizione territoriale amministrata dal vescovo e dipendente dalla stessa città dove il vescovo risiedeva.
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Modulo 2 Espansione agricola e sviluppo urbano La Parola
contadino In origine, il termine “contadino” significava semplicemente “abitante del contado” e indicava tutta la popolazione non urbana, compresi i nobili che non vivevano in città. Solo in seguito cominciò a indicare quella parte degli abitanti del contado che lavoravano nelle campagne dedicandosi alla coltivazione dei campi. Il termine, “inventato” dai cittadini per designare gli abitanti del contado soggetti alla città, ebbe anche un significato dispregiativo, di natura sociale e morale, rappresentando i noncittadini come persone rozze, incolte, incivili, e in quanto tali contrapposte ai cittadini. Entrambi i significati si sono mantenuti fino a oggi, così come si è mantenuta l’accezione positiva degli aggettivi “civile” o “urbano”, usati per indicare persone o comportamenti corretti, “perbene”.
città rende liberi». Esso voleva significare la differente condizione giuridica degli abitanti della città rispetto a quelli soggetti al dominio feudale: liberi i primi, dipendenti o servi (in gran parte) i secondi. Anche ciò contribuisce a spiegare l’abbandono delle campagne da parte di non pochi contadini, che nell’età comunale si trasferirono in città alla ricerca di migliori condizioni di vita, facilitati da una norma di legge, prevista in molti Statuti cittadini, con cui si stabiliva che «dopo un anno e un giorno di residenza in città, qualunque vincolo servile è da considerarsi annullato». Con tale disposizione, che incoraggiava i contadini a lasciare i campi per le città, i Comuni ottenevano un triplice vantaggio: ■ sul piano politico indebolivano i nobili del contado, privandoli di dipendenti e di braccia lavorative; ■ sul piano economico fornivano manodopera alla città, che in quegli anni di espansione aveva bisogno di lavoratori per le attività artigianali e manufatturiere; ■ sul piano fiscale aumentavano le entrate del Comune, poiché anche i nuovi liberi erano tenuti al pagamento delle tasse.
8.4 Politica comunale ed economia cittadina Il governo dei Comuni Nei primi tempi di vita dei Comuni, il loro principale organo decisionale fu l’assemblea plenaria dei cittadini, detta arengo, che si riuniva in piazza – spesso sul sagrato di fronte alla cattedrale – e deliberava per acclamazione. Quando i Comuni ampliarono il raggio e la complessità della loro azione, le assemblee generali si rivelarono inadeguate e furono convocate sempre più raramente, mentre diventò decisiva l’attività di assemblee più ridotte, i Consigli maggiori e minori, piccoli parlamenti che si riunivano periodicamente a deliberare e a votare con scrutinio segreto. Consigli e consoli I Consigli avevano poteri legislativi (potevano cioè fare le leggi), mentre i poteri esecutivi (politici, militari) e quelli giudiziari erano affidati a magistrati scelti dai cittadini, che restavano in carica per periodi molto brevi, un anno o anche solo sei mesi: ciò per evitare che il potere si concentrasse nelle loro mani e assumesse un carattere personale. Nei Comuni italiani questi magistrati (da 2 a 24 secondo i casi) furono chiamati consoli, un termine preso a prestito dall’antica Roma repubblicana, quasi per ribadire il rifiuto della dominazione imperiale. Il richiamo alla tradizione romana in quel periodo era particolarmente forte: tra l’altro, stava rinascendo nelle università [ 10.1] lo studio del diritto romano. Il momento in cui, nella documentazione delle singole città, appaiono agire i consoli è considerato un indizio importante per datare l’inizio dell’esperienza comunale: per esem-
Aa Documenti Bologna 1257: la liberazione dei servi Il 25 agosto 1257, con un documento chiamato Liber Paradisus (‘Libro del Paradiso’), il Comune di Bologna riscattò con il denaro pubblico circa seimila contadini di condizione servile, proclamandoli uomini
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liberi. Analoghi documenti di “affrancazione” (cioè di liberazione dai vincoli servili) furono emanati da altri Comuni. Diversi motivi d’interesse pratico (politico, economico, fiscale) stavano alla base di questi
uesto è il memoriale dei servi e delle serve che sono stati affrancati dal Comune di Bologna. A buon diritto questo memoriale si deve chiamare “Paradiso”, poiché il Signore Dio onnipotente creò il Paradiso Terrestre, un piacevole giardino, e vi pose l’uomo, donandogli una libertà perfettissima ed eterna. Assai bene agisce, dunque, chi restituisce la libertà a quegli uomini che, creati liberi dalla natura, vengono poi sottoposti dall’uomo al giogo della servitù.
provvedimenti, ma ciò che presentano i documenti di questo tipo sono le motivazioni di carattere ideale e religioso, di cui non dobbiamo in ogni caso sottovalutare l’importanza. Leggiamone le prime parole.
In considerazione di ciò, la nobile città di Bologna, che ha sempre combattuto per la libertà, in onore del Redentore Gesù Cristo ha liberato, pagando in denaro, tutti coloro che ha trovato nella città e nella diocesi ridotti in condizione di servi. Li ha dichiarati liberi e ha stabilito che d’ora in poi nessun servo abiterà nel territorio bolognese, affinché non si corrompa con qualche fermento di servitù una massa di uomini naturalmente liberi. Liber Paradisus, a cura di A. Antonelli, Venezia 2007
Capitolo 8 Il movimento comunale pio, essi compaiono nel 1085 a Pisa e a Lucca, nel 1095 ad Asti, nel 1112 a Cremona, nel 1123 a Bologna. Tuttavia, molti storici ritengono che si possa parlare di Comune semplicemente quando la cittadinanza agisce in modo autonomo, anche senza che i suoi rappresentanti siano definiti consoli: in questo modo la vicenda si può anticipare già alla fine del X secolo.
Artigiani e bottegai L’economia cittadina dava largo spazio alle attività artigianali, alle “botteghe” dove si producevano stoffe, abiti, calzature, tutto ciò che serviva alla vita quotidiana e che alimentava il commercio locale o, talvolta, internazionale. Nelle botteghe si distinguevano il maestro (padrone dell’azienda), i soci (operai di molta esperienza, che partecipavano agli utili), gli apprendisti, giovani e ragazzi che non ricevevano alcun compenso, anzi pagavano per imparare il mestiere. Nei laboratori più grandi lavoravano anche dei salariati o sottoposti.
Le vie della cittadinanza
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Il governo dei Comuni oggi
ell’Italia di oggi i Comuni sono, con le Regioni, uno dei due organi fondamentali del decentramento statale. Per “Comune” si intende un territorio delimitato da precisi confini, entro il quale risiede una popolazione organizzata sul piano amministrativo e dotata dei servizi pubblici essenziali (strade, illuminazione, fognature, scuole, assistenza medico-ospedaliera, ecc.). Questo territorio normalmente comprende vari centri abitati, uno dei quali – di solito il più popoloso – è il capoluogo, mentre gli altri sono chiamati “frazioni”. Il Comune ha una lunga tradizione, che risale al Medioevo e, ancora più lontano, alla polis o città-Stato della Grecia antica, che svolgeva funzioni politiche di Stato sovrano. Con la formazione degli Stati moderni il Comune ha perduto il suo carattere di Stato indipendente, diventando un ente autonomo con funzioni prevalentemente amministrative. In Italia oggi esistono circa 8000 Comuni. Le amministrazioni comunali sono a base
elettiva, ossia si costituiscono in base ai voti dei cittadini. L’amministrazione comunale è formata di tre organi principali: il Consiglio, la Giunta, il Sindaco. L’organo più importante è il Consiglio comunale, cioè l’assemblea dei consiglieri, a cui spetta il compito di “deliberare”, cioè prendere i provvedimenti (chiamati “delibere”) ritenuti utili per la vita della città. I consiglieri sono eletti dai cittadini, in numero variabile secondo la popolazione del Comune, da 80 (nei Comuni con più di 500.000 abitanti) a 15 (in quelli con meno di 5000 abitanti). Il Consiglio comunale e il Sindaco, capo e rappresentante dell’amministrazione, sono eletti ogni cinque anni da tutti i cittadini che hanno compiuto diciotto anni. La Giunta è un’assemblea più ristretta, nominata dal Sindaco, costituita dagli assessori (in numero variabile da 2 a 14, secondo la popolazione del Comune) a cui il Sindaco delega la cura di particolari settori dell’amministrazione comunale: urbanistica, lavori
Ambrogio Lorenzetti, Allegoria del Buon Governo, part., 1337-39 [Sala dei Nove, Palazzo Pubblico, Siena]
In questo particolare dell’affresco, sotto le figure della Pace, della Fortezza e della Prudenza sfilano i consiglieri del Comune, uniti da una corda e giunti in corteo ai piedi del Buon Governo, così dimostrando l’importanza attribuita alla partecipazione cittadina nella conduzione del governo.
Elezioni comunali, XX sec. Oggi il sindaco e i consiglieri sono eletti ogni cinque anni con elezione diretta.
pubblici, cultura e istruzione, attività produttive, bilancio, sanità, e così via. Gli assessori non fanno parte del Consiglio ma hanno il compito di governare il Comune dando esecuzione alle delibere del Consiglio. La Giunta deve essere sostenuta dalla fiducia della maggioranza del Consiglio; in caso contrario deve dimettersi. I mezzi finanziari che servono ai Comuni per fornire i necessari servizi pubblici vengono procurati in parte dallo Stato (che li attinge dai tributi pagati annualmente dai cittadini) e in parte da tributi riscossi direttamente dal Comune (sulla proprietà delle case, le licenze dei negozi, i servizi di nettezza urbana, ecc.). Con la riforma degli Enti locali del 1997, detta “riforma Bassanini”, l’autonomia dei Comuni si è ampliata e molti procedimenti amministrativi sono stati semplificati.
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Modulo 2 Espansione agricola e sviluppo urbano Gerardo da Mastegnanega e Anselmo da Alzate, Il rientro delle truppe milanesi in città, 1171 [dai rilievi di Porta Romana, Castello Sforzesco, Milano]
I capitelli da cui è preso questo particolare furono scolpiti nel XII secolo per adornare la Porta Romana, il più importante ingresso di Milano demolito nel 1793. Prima testimonianza della scultura milanese di età comunale, i fregi figurati narrano le vicende dei cittadini dopo la distruzione della città operata da Federico Barbarossa nel 1167. Una scena mostra i milanesi esiliati che escono dalle città alleate di Cremona, Bergamo e Brescia per rientrare a Milano guidati da un ecclesiastico con croce e stendardo.
Associazioni di mestiere: le Arti In ogni città, i maestri e i soci che esercitavano il medesimo mestiere erano associati in organizzazioni dette Arti: Arte della Lana (una delle più importanti), della Seta, dei Calzolai, dei Fabbri, dei Muratori, dei Vinattieri, degli Scudai, ecc. Più tardi, nel Settecento, tali associazioni furono anche chiamate Corporazioni. Le Arti avevano uno scopo prevalentemente economico: garantire buoni guadagni agli associati. Ciò si otteneva unificando i prezzi e le caratteristiche tecniche dei prodotti: ogni Arte aveva uno Statuto nel quale erano esattamente indicati i sistemi di lavorazione, le materie prime da impiegare, le caratteristiche del prodotto da realizzare. Gli artigiani erano obbligati al rispetto più rigoroso delle regole, per il comune interesse della categoria. Inoltre le Arti svolgevano funzioni assistenziali: mutuo soccorso fra gli aderenti, sostegno per i membri in difficoltà e per le loro famiglie, in caso di malattia o di incidente. Infine, le Arti partecipavano alla vita pubblica della città e in molti casi divennero un elemento decisivo del sistema politico.
8.5 I Comuni e la questione delle regalìe L’impero, il Regno italico, i Comuni Il territorio dell’Italia centro-settentrionale, entro cui i Comuni cittadini avevano ritagliato i loro spazi di autonomia e sovranità, formalmente era soggetto all’autorità imperiale: sulla carta esso costituiva il Regnum Italiae, legato all’Impero germanico fin dall’epoca di Ottone I di Sassonia (936-973). La situazione era oggettivamente conflittuale, anche se la debolezza dell’impero per molto tempo aveva lasciato mano libera ai Comuni. Dopo la dinastia di Sassonia, che con Ottone I aveva ridato prestigio al titolo imperiale [ 3.1], questo era passato alla dinastia di Franconia, che nel corso dell’XI secolo, soprattutto con Enrico IV (1056-06), aveva sostenuto – e di fatto perduto – il difficile scontro con il Papato nella “lotta per le investiture” [ 3.4]. La morte del suo successore, l’imperatore Enrico V (1106-25), segnò la fine della casata e l’inizio di un periodo di lotte tra le famiglie aristocratiche tedesche per la successione al trono imperiale. Di questa instabilità approfittarono in Italia i Comuni che si rafforzarono al loro interno ed estesero il loro potere sui territori circostanti. Federico Barbarossa rivendica le regalìe Nel 1138 la situazione cambiò, con l’ascesa al potere di una nuova dinastia, quella degli Hohenstaufen, duchi di Svevia (una regione della Germania meridionale). Il secondo imperatore di questa dinastia, Federico I di Svevia, detto Barbarossa (1152-90), anziché disinteressarsi dell’Italia come sostanzialmente avevano fatto i suoi predecessori, si propose di riaffermare i diritti sovrani nei confronti delle città che si erano rese autonome. Lo fece con la forza delle armi, ma anche richiamandosi ai princìpi del diritto romano, riportato in auge in quei decenni dai giuristi dell’università di Bologna [ 10.1], che sostennero sul piano teorico il suo progetto di rivendicare le “regalìe”, cioè i diritti pubblici spettanti al re: esercitare la giustizia, riscuotere le imposte, battere moneta, controllare le vie di comunicazione, armare un esercito e muovere guerra.
Capitolo 8 Il movimento comunale L’imperatore in Italia Dopo essere sceso una prima volta in Italia nel 1154, Barbarossa tornò nel 1158, convocando a Roncaglia, presso Piacenza, una dieta (cioè una grande assemblea) che riunì i grandi feudatari, i rappresentanti delle città e i vescovi. L’imperatore pretese da tutti una dichiarazione di obbedienza e la restituzione delle regalìe sottratte al potere sovrano (a meno che non fossero state ottenute per esplicita concessione dell’imperatore e per esercitarle si pagasse una somma di denaro all’erario imperiale). Affinché tali impegni fossero rispettati, Federico inviò suoi funzionari a presidiare ogni città. Di fronte alle richieste dell’imperatore l’atteggiamento dei Comuni non fu univoco. Tutti temevano la sua intromissione, che limitava l’autonomia delle città compromettendone la prosperità economica. Alcuni tuttavia ritennero conveniente allearsi con l’impero, per proteggersi dalle tendenze espansionistiche delle città vicine e soprattutto della maggiore, Milano. Così, quando Milano rifiutò di assoggettarsi all’autorità imperiale, non fu solo l’esercito di Federico I ad attaccarla, ma anche contingenti di città rivali (Cremona, Lodi, Como). Milano fu sconfitta e le sue mura distrutte, così come quelle della sua alleata Crema (1160-62).
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REGNO DI GERMANIA
Bergamo Vicenza Treviso Legnano Verona Milano Venezia Padova Crema Asti Ferrara Po Piacenza Modena Parma Ravenna Genova Bologna Lucca Pisa
Firenze Arezzo
Rimini
Ancona Perugia
Tevere
Spoleto
Roma
Nap MAR TIRRENO
8.6 I Comuni si alleano, l’imperatore è battuto
Milano
Crema Padova Venezia Ferrara Po Piacenza Modena Parma Ravenna Genova Bologna Rimini Lucca Firenze Pisa Ancona Arezzo Perugia Tevere Spoleto
Sava
MAR ADRIATICO
Roma Bari Napoli MAR TIRRENO
[Museo Centrale del Risorgimento Italiano, Roma]
Messina Palermo
Regno di Germania
Brindisi Taranto
Amalfi
Commemorazione della battaglia di Legnano del 1176, part. Durante l’Ottocento, in pieno periodo risorgimentale, in Italia la storia medievale fu rivalutata in chiave patriottica e le fu attribuita una veste per così dire “istituzionale”: il 29 maggio 1848 la città di Milano allestì grandi festeggiamenti per commemorare l’anniversario della vittoria di Legnano, vittoria riportata dai Comuni della Lega Lombarda in una storica battaglia contro l’imperatore Federico Barbarossa.
Ama
Me
Palermo Leghe e giuramenti La minaccia imperiale a poco a poco spinse i Comuni a stringersi in alleanza: dapprima si costituì la Lega Veronese fra le principali città del Veneto, poi si unirono varie città lombarde ed emiliane, i cui delegati – così narra la tradizione – si incontrarono nel monastero di Pontida e giurarono di lottare insieme I Comuni contro l’Impero contro l’imperatore (1167). Federico Barbarossa ritornò in Italia, sconfisse i Comuni e procedette a dure rappreRegno di Germania saglie. L’alleanza fra le città allora si allargò: Milano fu ricostruita e le due leghe, di Verona Regno d’Italia e di Pontida, si fusero in una sola, formata da trenta Comuni, detta Lega Lombarda (1 Regno di Sicilia Patrimonio di San Pietro dicembre 1167). La Lega ebbe anche l’aiuto dei Normanni di Sicilia [ 4.4] e l’appogCittà della Lega Lombarda (1167) gio di papa Alessandro III (1159-81), il quale temeva l’accresciuta potenza di Federico. Città della Lega Veronese, In onore del papa, i Comuni diedero il nome di Alessandria alleate della Lega Lombarda a una nuova città costruita per ragioni militari e strategiche, REGNO DI GERMANIA in spregio alla rivendicazione imperiale delle regalìe: la fondazione di nuove città era infatti, in linea di principio, un Drava Bergamo Vicenza Treviso diritto esclusivo dell’imperatore. Legnano Verona
Asti
AD
MAR IONI O Reggio Calabria
Modulo 2 Espansione agricola e sviluppo urbano
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La vittoria dei Comuni Federico Barbarossa scese nuovamente in Italia e, dopo avere inutilmente assediato Alessandria, il 29 maggio 1176 si scontrò presso Legnano con le forze della Lega, che, strette intorno al Carroccio – un grande carro trainato da buoi, adorno di stendardi e con in cima il gonfalone del Comune di Milano –, riportarono una piena vittoria. Sette anni dopo, nel 1183, fu firmata la pace di Costanza (città della Germania al confine con la Svizzera): l’imperatore riconobbe le autonomie dei Comuni, cioè il diritto di eleggere propri magistrati, di amministrare la giustizia, di riscuotere tributi, di tenere milizie proprie. Da parte loro le città si impegnarono a pagare un tributo annuo e riaffermarono la fedeltà all’imperatore, il quale si riservò la prerogativa di confermare l’elezione dei magistrati e di giudicare le cause in appello. Di fatto l’autonomia dei Comuni era completa; essi agivano ormai come organismi pienamente sovrani.
I tempi della storia Pace o privilegio? Le parole sono interpretazioni Il documento firmato dall’imperatore Federico I nel 1183, che riconosceva le libertà e le autonomie cittadine, fu chiamato dai Comuni italiani “pace di Costanza”, ma in realtà non era questo il nome ufficiale del documento. Formalmente si trattava di un privilegio (termine con cui nel Medioevo si indicava la concessione e l’acquisizione di un diritto particolare) rilasciato dall’imperatore alle comunità. Fenomeni come questo sono frequenti nella storia: usare una parola piuttosto che un’altra non è indifferente; ciascuna di esse può contenere un giudizio, un’interpretazione dei fatti. Per esempio, nel XIV secolo, la “rivolta” dei salariati fiorentini detti Ciompi [ 19.6] fu chiamata “tumul-
I
to” dagli avversari, per sminuirne l’importanza. Un altro esempio è dei nostri giorni: dopo l’attentato alle Torri Gemelle di New York, nel 2001, i politici e i giornali discussero a lungo se definire “guerra” o “terrorismo” l’azione criminale. I due termini comportavano diverse valutazioni, diverse scelte ideologiche e politiche. Nel caso dell’accordo firmato a Costanza, le due parole utilizzate (rispettivamente “privilegio” e “pace”) significavano due diverse interpretazioni della vicenda: Federico, concedendo un privilegio, sottolineava la propria autorità sui sudditi; i Comuni, chiamando “pace” quel privilegio, sottolineavano la pari dignità fra le due parti. Una caratteristica singolare di questo
n nome della santa e individua Trinità. Federico per divina clemenza imperatore e il figlio Enrico re dei Romani1… La mansuetudine della clemenza imperiale suole distribuire il favore della sua grazia tra i sudditi, in modo che, pur dovendo e potendo punire i delitti con severità, tuttavia preferisce governare l’impero nella pace e nei sentimenti di affettuosa mitezza, e ricondurre i ribelli dalla loro protervia alla fede e all’ossequio dovuti. Sappiano pertanto tutti i fedeli dell’impero, presenti e futuri, che per sola grazia della nostra bontà, aprendo il nostro cuore pietoso alle profferte di fedeltà e di devozione dei Lombardi, che pure avevano offeso noi e il nostro impero, accogliamo nella nostra grazia essi, la loro Lega e i loro fautori. Con clemenza condoniamo loro tutte le offese e le colpe che avevano provocato la nostra indignazione, e, per i devoti servizi che siamo sicuri di avere da loro, li annoveriamo tra i nostri diletti e fedeli sudditi. Perciò abbiamo ordinato che questa pace, da noi per nostra clemenza concessa loro, sia trascritta in questo foglio e confermata col sigillo della nostra autorità. Tale ne è il tenore: 1 Era questo il titolo portato dall’erede alla successione imperiale.
documento è che ci è giunto in un grandissimo numero di copie, perché molti Comuni ne conservarono un esemplare nei loro archivi. Il testo fu infatti considerato dai contemporanei come il riconoscimento ufficiale della legittimità dei governi cittadini, da custodire con cura particolare. Il diploma o privilegio imperiale in pratica concedeva ai Comuni molti diritti di spettanza regia (le “regalìe”) in cambio del riconoscimento formale dell’autorità dell’imperatore. In questo modo, pur sconfitto nella sua pretesa di restaurare i diritti sovrani nelle città, Federico, mostrando di concedere lui quei diritti, in qualche modo riusciva a salvare il principio teorico dell’autorità imperiale.
Noi Federico imperatore e il nostro figlio Enrico re dei Romani concediamo a voi, città, terre e persone della Lega, le regalìe e le vostre consuetudini2 tanto in città quanto nel contado… Restino immutati, nella città, tutti i diritti che finora avete esercitato ed esercitate. Nel contado, possiate esercitare tutti i diritti consuetudinari che esercitate ab antiquo3, come il fodro4, gli usi sui boschi, i pascoli, i ponti, le acque, i mulini, e il diritto di formare un esercito e di fortificare le città; possiate inoltre esercitare la giurisdizione, sia nelle cause criminali che in quelle civili, in città e nel contado; e tutti i diritti che toccano la vita economica delle città… In quelle città dove il vescovo ha giurisdizione di conte per privilegio imperiale o regio, se i consoli sono soliti ricevere l’investitura della loro carica dal vescovo, si continui in quell’uso; altrimenti l’investitura venga da noi, per mezzo dei nostri inviati, con validità quinquennale… Quest’ordine sia osservato col nostro successore, e tutte le investiture siano gratuite… I consoli dei Comuni, prima di entrare in carica, prestino giuramento di fedeltà a noi.
2 Gli statuti delle comunità cittadine. 3 Da lungo tempo.
da Monumenta Germaniae Historica, Leges, IV 4 Diritto di ricevere alimenti e foraggi.
Capitolo 8 Il movimento comunale
Sintesi
Il movimento comunale
Governarsi da sé Alle origini delle autonomie comunali vi sono dei gruppi di cittadini che si riconobbero in associazioni (Comuni) per tutelare i propri interessi. Queste associazioni giunsero a rappresentare l’interesse dell’intera città, conseguendo autonomia politica, o attraverso rivolte violente o attraverso patti con le autorità locali. Con l’emergere di nuove categorie sociali (commercianti, artigiani, professionisti), che arrivarono anche a dirigere la politica cittadina, lo schema medievale della società tripartita apparve inadeguato a rappresentare questi nuovi fenomeni sociali urbani. Particolarità dei Comuni italiani Il fenomeno comunale si sviluppò in Italia a partire dal XII secolo, specie nelle zone centrosettentrionali, estendendosi progressivamente. Si realizzò un’alleanza tra la piccola nobiltà feudale che aveva investito i proventi delle terre in attività commerciali e artigianali da una parte, e i ceti mercantili e borghesi dall’altra; con l’espressione “popolo” si intende l’esito di questa convergenza di interessi. Mentre al di là delle Alpi le autonomie cittadine avevano un carattere essenzialmente economico, in Italia acquisirono una serie di poteri tipici degli Stati sovrani, come battere moneta, riscuotere tasse, avere eserciti propri e stipulare trattati. I rapporti tra nobiltà cittadina e ceti borghesi inizialmente portarono a lotte e contrasti, ma successivamente si formò, anche attraverso matrimoni e rapporti economici, un ceto sociale cittadino omogeneo. La conquista del contado e l’inurbamento dei contadini Nella prima metà del XII secolo i Comuni italiani allargarono il loro
territorio assoggettando al dominio cittadino i territori circostanti (contado), a scapito dei signori locali. Su questi stessi confini si ricalcò l’autorità ecclesiastica del vescovo cittadino (diocesi). Questo movimento di espansione passò anche attraverso i rapporti tra Comuni e altre autorità che esercitavano il loro potere a livello locale: i vescovi in alcuni casi parteciparono alla nascita e all’espansione del Comune, in altri la osteggiarono; molti signori furono costretti dalla pressione comunale a trasferirsi in città o a venire a patti con essa. Molti contadini poi abbandonarono le campagne, attratti in città dalla maggiore libertà giuridica. Politica comunale ed economia cittadina Nei primi tempi della vita dei Comuni, l’organo decisionale principale fu l’assemblea plenaria dei cittadini (arengo). Successivamente si svilupparono delle assemblee più ridotte, i Consigli maggiori e minori, cui era attribuito il potere legislativo. I poteri esecutivi e giudiziari furono affidati ai consoli, magistrati eletti dai cittadini che rimanevano in carica per brevi periodi. All’interno dell’economia cittadina una funzione di primo piano era quella delle botteghe, il luogo in cui si svolgevano le attività artigianali. Nelle botteghe vi erano diverse figure: il maestro (padrone), i soci (operai esperti che partecipavano agli utili), gli apprendisti. I maestri e i soci che svolgevano lo stesso mestiere si associavano tra loro nelle Arti, con scopi economici (unificare prezzi e caratteristiche dei prodotti), assistenziali (soccorso reciproco in caso di necessità), politici (partecipazione, spesso decisiva, alla vita pubblica).
I Comuni e la questione delle regalie I territori dell’Italia centro-settentrionale su cui sorgevano i Comuni erano formalmente soggetti all’autorità imperiale, il che portò a una situazione conflittuale. Federico I Barbarossa intendeva riaffermare i diritti sovrani sulle città, basandosi sulla forza delle armi e sui principi del diritto romano. I giuristi bolognesi approvarono la rivendicazione imperiale delle regalìe, i diritti pubblici spettanti al re. Nella dieta di Roncaglia (1158) l’imperatore pretese dalle autorità presenti (vescovi, grandi feudatari, rappresentanti delle città) una dichiarazione di obbedienza e la restituzione delle regalìe sottratte al potere imperiale. La risposta dei Comuni non fu univoca: alcuni di essi si allearono con l’impero, altri – come Milano – si rifiutarono di assoggettarvisi. Si arrivò allo scontro armato. Nel 1160-62 Milano venne sconfitta e le sue mura rase al suolo. I Comuni si alleano, l’imperatore è battuto In seguito alla minaccia imperiale, i Comuni strinsero tra di loro delle alleanze, chiamate Leghe. La prima comprendeva le città venete, la seconda quelle lombarde ed emiliane. Nel 1167 si unirono contro l’imperatore nella Lega Lombarda appoggiata anche dai Normanni di Sicilia e dal papa Alessandro III. Federico Barbarossa scese in Italia e venne sconfitto a Legnano (1176). La pace di Costanza (1183) sanciva l’autonomia completa dei Comuni che, dietro il pagamento di un tributo annuo e un giuramento di fedeltà all’imperatore, vedevano accettate le proprie rivendicazioni.
Esercizi Comprendere e ordinare 1. Nelle frasi seguenti, segna il giusto completamento. a. I Comuni nascono come: associazioni a carattere privato tra gruppi di cittadini. associazioni a carattere pubblico tra gruppi di cittadini. iniziativa dei ceti mercantili in opposizione alla nobiltà feudale.
b. La peculiarità dei Comuni italiani riguarda lo sviluppo di un’economia a carattere: soprattutto economico. soprattutto politico. sia economico sia politico.
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Modulo 2 Espansione agricola e sviluppo urbano
e. La politica di Federico I Barbarossa mirava a:
c. I limiti e i confini dell’estensione del territorio comunale coincidevano con lo spazio delimitato:
riaffermare i diritti del re sulle città diventate autonome. conquistare e includere tra i possedimenti regi i territori dei Comuni. ottenere un’alleanza tra il sovrano e i Comuni italiani.
dalle mura della città. dal territorio del contado. dal territorio della diocesi. d. Le Arti avevano fini:
f. La pace di Costanza sanciva:
economici e assistenziali. economici, assistenziali e politici. esclusivamente economici.
il riconoscimento dei diritti pubblici spettanti al re sulle città. l’autonomia parziale dei Comuni. la completa autonomia dei Comuni.
2. Colloca sulla linea del tempo gli eventi elencati in ordine sparso. 1123
1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8.
1125
1138
1152
1158
1167
1176
1183
morte di Enrico V di Franconia giuramento di Pontida pace di Costanza dieta di Roncaglia prima attestazione della presenza di un console a Bologna Federico I Barbarossa diventa imperatore battaglia di Legnano ascesa al potere della dinastia degli Hohenstaufen
3. Associa alle seguenti parole chiave il significato corretto. arengo • Arti • console • contado • dieta • diocesi • lega • maestro • regalie Area su cui si esercita l’autorità del vescovo cittadino Padrone della bottega artigiana Diritti pubblici che spettavano al re Alleanza tra Comuni con uno scopo comune Associazioni tra cittadini che svolgevano il medesimo mestiere Assemblea plenaria dei cittadini di un Comune Grande assemblea dei rappresentanti di tutti i poteri esistenti su un luogo Territorio sottoposto al dominio cittadino Magistrato comunale che restava in carica per un tempo limitato
4. Completa il seguente brano con i termini che trovi di seguito elencati. tributi • autonomie • privilegi • libertà • associazioni • diritti • comune • alleanza • mercanti • feudatari • circolazione • interessi • navigazione • rivolte • patti Il processo di formazione delle ……….........................................…… cittadine si sviluppò notevolmente in Italia a partire dal XII secolo. La sua origine risiede nelle ……….........................................…… tra cittadini, basate su una ……….......................................…… tra i ceti sociali maggiormente dotati di ricchezza e potere: i ……........................................…… e i piccoli ……….........................................…… che risiedevano in città. Lo scopo di queste ……….........................................…… era di perseguire meglio gli ……….........................................…… di coloro che le avevano sottoscritte, facilitando in tal modo la ……….........................................…… di uomini e merci, la possibilità di ……….........................................…… dei fiumi, la ……….........................................…… di compravendita. Il riconoscimento dei poteri e dell’autonomia dei Comuni passò a volte attraverso ……….........................................…… , più spesso attraverso ………....................... ..................…… con cui le autorità in precedenza investite del potere sul territorio cittadino riconobbero ai Comuni ……….............................. ...........…… e ……….........................................…… in cambio del pagamento di ……….........................................…… annuali.
Capitolo 8 Il movimento comunale
Analizzare e produrre 5. Verso il saggio breve Completa la seguente tabella con i termini che trovi di seguito elencati. assemblea • segreto • esecutivo • numero • magistrati • minori • acclamazione • maggiori • scrutinio • piazza • periodiche • legislativo • maggiori • giudiziario • 6 • 2 • 24 LE ISTITUZIONI COMUNALI TRA XI E XII SECOLO
PERIODO STORICO
COSA È
ARENGO
CONSIGLI
CONSOLI
XI secolo
XII secolo
XII secolo
• …….........................….. dei cittadini
Ne esistevano due: i consigli …...................….. e …...................…..
• .........................….. scelti dai cittadini
• Si riuniva in ……...............................….. …….....................................…..........................
• Riunioni ……............................….. • Voto a …….........................…..........
In carica per periodi brevi (da …….. mesi a 1 anno)
Potere …….........................…...........
• Potere …….........................…...........
COME DECIDE
COSA DECIDE
Decisioni di limitata complessità
• ……....................….. variabile (da …….. a ……..)
• Potere …….........................…...........
Leggi la scheda “Le vie della cittadinanza“ a p. 89. Sulla base delle informazioni contenute nel testo rispondi alle seguenti domande. 1. 2. 3. 4. 5.
Che cosa si intende per “Comune”? Quali sono i principali organi dell’amministrazione comunale? Che cosa è la Giunta? Che cosa sono le delibere? Quali sono i mezzi finanziari di cui il Comune può disporre?
Partendo dalle informazioni presenti nella tabella e nel documento, scrivi un testo di almeno 15 righe dal titolo “Il Comune ieri e oggi”.
6. Rielabora le informazioni Completa le seguenti frasi. a. Federico I di Svevia, diversamente dai suoi predecessori ............................................................................................................................................................ ................................................................................................................................................................................................................................................................................................................
b. Per concretizzare questo suo obiettivo, decise di convocare
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c. In conseguenza di ciò, si crearono degli schieramenti
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d. In seguito, l’eccessivo peso dell’autorità imperiale convinse i Comuni a ............................................................................................................................. ................................................................................................................................................................................................................................................................................................................
e. La battaglia decisiva ebbe luogo
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f. Alla fine dello scontro, si giunse a
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Seguendo l’ordine logico delle frasi completate, usale come scaletta per produrre un testo di massimo 15-20 righe dal titolo “Lo scontro tra Comuni e Impero: cause, dinamiche, conseguenze”.
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Modulo 2 Espansione agricola e sviluppo urbano
9 Vivere in città
Capitolo
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nel Medioevo
Percorso breve L’organizzazione delle città medievali prevedeva una distinzione dei quartieri e delle vie secondo le attività che vi si svolgevano (artigianali, professionali, mercantili). Questa specializzazione riguardava anche le piazze, che erano il cuore della vita religiosa, politica ed economica. Veri simboli della città furono le cattedrali, costruite con giganteschi sforzi collettivi di lavoro, di risorse, di impegno intellettuale, ma un alto valore simbolico ebbero anche le torri delle case nobiliari, costruite come vere fortezze a imitazione dei castelli del contado, dove i nobili prima risiedevano. L’arredamento delle case era limitato allo stretto necessario; solo nel XII-XIII secolo in alcune di esse comparvero i primi camini (mentre nelle case di campagna si continuava ad accendere il fuoco in mezzo alla stanza centrale). La principale preoccupazione delle autorità cittadine era di garantire un buon approvvigionamento alimentare alla popolazione. I ceti popolari mangiavano soprattutto cereali e verdure, mentre la carne (e soprattutto la cacciagione) era considerata dai nobili un simbolo del loro privilegio sociale; altro prodotto di lusso erano le spezie, importate dall’Oriente.
Benedetto Bonfigli, Uno scorcio di Perugia, part., 1454-80 [dal ciclo di affreschi dedicati a san Ludovico da Tolosa e a sant’Ercolano, Cappella del Palazzo dei Priori, Perugia]
L’assistenza ai malati fu garantita dalle istituzioni caritative delle chiese e dei conventi, tramite organizzazioni dette “confraternite”; numerosi furono anche gli ospedali (non solo luoghi di cura, ma soprattutto di ospitalità ai viandanti).
Capitolo 9 Vivere in città nel Medioevo
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9.1 I luoghi della vita pubblica Quartieri specializzati L’abitato delle città medievali, protetto da una robusta cerchia di mura (spesso allargata fra XII e XIII secolo, per far fronte alla crescita della popolazione), era distinto in quartieri specializzati, secondo le differenti attività che vi si svolgevano. C’erano vie abitate dagli artigiani, come appare ancora oggi dai nomi superstiti di tante strade: via dei Falegnami, dei Calzaioli, dei Cordari, degli Orefici, dei Mercanti, ecc. C’era il quartiere riservato agli ebrei, chiamato “ghetto”; c’erano i quartieri per gli stranieri, come, a Venezia, il Fondaco (dall’arabo funduq, ‘casa-magazzino’) dei tedeschi e il Fondaco dei turchi, con i loro depositi e magazzini commerciali. Non mancavano i quartieri residenziali, senza botteghe e isolati dal chiasso delle strade. Le piazze La specializzazione interessava anche gli spazi aperti, le piazze, ciascuna delle quali aveva una precisa funzione: religiosa, politica, economica. La piazza religiosa era quella della cattedrale, o della chiesa principale, e aveva la funzione di radunare il popolo per le feste solenni, le processioni, gli spettacoli sacri. La piazza politica era destinata alle riunioni generali dei cittadini: si apriva dinanzi al palazzo pubblico, spesso aveva una fontana al centro. La piazza economica, o piazza del mercato, era situata di solito a poca distanza da quella politica, a cui era congiunta da stradette brevissime e da piazzette minori; vi si trovavano fontane per lavare gli erbaggi, banchi di pietra per il pesce e le carni, loggiati per proteggersi dalla pioggia e dal Sole. Non sempre, tuttavia, le funzioni erano nettamente distinte: eventi religiosi o particolari mercati potevano svolgersi nella piazza del Comune; le stesse assemblee politiche, agli inizi della storia dei Comuni, ebbero spesso come scenario la piazza religiosa, e il vescovo come protagonista [ 8.4]. Le cattedrali La cattedrale (dal latino cathedra, ‘cattedra’ con cui si indicava il trono del vescovo) era la chiesa maggiore della città, da cui dipendevano tutte le altre. Di solito sorgeva nei pressi del palazzo vescovile, in una piazza; al suo interno si recavano i magistrati a giurare fedeltà, si benedicevano i vessilli comunali, si tenevano lezioni e adunanze. Dal pulpito della chiesa parlavano, oltre ai sacerdoti, anche i laici. La volontà collettiva di tutto il popolo, e non il desiderio di pochi, fece sorgere le cattedrali. Poveri e ricchi, borghesi e nobili, tutti collaborarono con opere e offerte alla costruzione di questi grandiosi edifici che simboleggiavano l’identità cittadina. La loro costruzione (che durava molti decenni, talora addirittura secoli, oltrepassando la vita dei singoli individui e segnando lo scorrere delle generazioni) avveniva sotto la direzione di maestri artigiani che, pur senza aver compiuto studi particolari, possedevano una riconosciuta esperienza, molta iniziativa e, spesso, un’intuizione geniale delle leggi fisiche. Spesso furono i monaci e gli ecclesiastici a progettare e a dirigere i lavori. Le cattedrali, grandiosi e suggestivi edifici, testimoniano un’età ricca di fede e di fervida vita cittadina; come ha scritto lo storico Daniel Rops, esse «basterebbero da sole a far comprendere ciò che è essenziale dell’epoca medievale: la sua spiritualità, la sua morale, la sua vita pratica, il suo lavoro, la sua letteratura, la sua politica. Le cattedrali furono l’espressione concreta e totale di un’epoca».
Duomo di Modena, sec. XI-XII Il duomo di Modena offre un esempio di come, nelle città medievali, la cattedrale poteva divenire il simbolo del risveglio comunale, delle attività mercantili e artigiane che si riunivano attorno all’istituzione religiosa. Furono gli stessi cittadini modenesi, infatti, a decidere per la demolizione (avvenuta attorno al 1099) dell’edificio precedente, voluto dal vescovo della città. La nuova chiesa assunse così anche un importante valore politico, di supremazia del potere comunale rispetto alle autorità religiose locali.
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Modulo 2 Espansione agricola e sviluppo urbano
9.2 I luoghi della vita privata Case, torri e case-torri Le case abitate da persone di modesta condizione (artigiani, bottegai, operai) erano piuttosto piccole, a due o più piani. Nel pianterreno si allungava un’unica stanza, che nella parte anteriore, verso la strada, serviva da bottega-laboratorio (se nella casa abitava un artigiano o un bottegaio) mentre dietro si usava per la cucina e il pranzo. In altri casi la sala da pranzo era al primo piano e al secondo piano si trovavano le camere per dormire. Da un piano all’altro si passava attraverso scalette interne ed esterne, strette e ripide. In contrasto con le modeste dimensioni delle case comuni si innalzavano le abitazioni dei nobili, costruite come fortezze: grossi muri, merli, alte torri (che avevano anche un significato simbolico, a indicare l’importanza e la potenza del casato). Per i nobili che prima vivevano nei castelli del contado e poi erano stati costretti a inurbarsi [ 8.3], questo genere di edilizia era un modo per riproporre all’interno della città il loro tradizionale stile di vita, che si materializzava anche nelle strutture abitative. Intorno ai palazzi nobiliari sorgevano le case dei parenti e dei sostenitori, così da poter formare un unico blocco difensivo contro eventuali minacce di famiglie rivali. In questo modo la coesione del clan famigliare trovava perfetta espressione nelle strutture edilizie e urbanistiche.
I luoghi della storia
Le cattedrali: una questione di stile
Le cattedrali medievali sono costruite secondo due stili fondamentali: il romanico e il gotico, che differiscono tra loro per alcuni caratteri abbastanza evidenti. Le chiese di stile romanico sono così chiamate perché si ispirano alla forma dell’antica basilica romana, luogo di mercato e di affari. Sono numerose specialmente in Francia, in Italia, in Catalogna. Hanno l’interno a più navate, non molto alto, più lungo che largo. Il soffitto può essere a capriate (con travi in legno sistemate a formare un triangolo) o a volta, o ad arco semicircolare (in pietra). I muri e i pilastri sono molto grossi, le finestre poche e piccole, per non indebolire la robustezza del muro. La luce entra principalmente da un’ampia apertura circolare sulla facciata, quasi sempre di forma rotonda e molto adorna, chiamata “rosone”. La facciata, la cui altezza non supera di solito la larghezza, è ornata non solo dal rosone ma anche da colonnine e archetti leggeri, disposti variamente. I capitelli e i portali sono abbelliti da sculture, ispirate a vicende e personaggi biblici. Per la maggior parte, le chiese romaniche che vediamo oggi sono spoglie e severe. Nel Medioevo invece erano coloratissime di affreschi, che decoravano tutte le pareti. Lo stile gotico nacque in Francia nel XII secolo e da qui si diffuse in tutta Europa. È uno stile originale e nuovo, pura creazione della civiltà del Medioevo. Le cattedrali
gotiche hanno, nell’interno, una navata centrale altissima, quasi volesse salire al cielo. La volta è formata di archi acuti incrociati, sistema che alleggerisce il peso della volta stessa e rende possibile anche un alleggerimento dei muri: pertanto, sulle pareti vengono aperte finestre grandissime, adorne di vetrate multicolori, attraverso cui entra una luce abbondante e viva. All’esterno, lungo i fianchi, i muri sono rinforzati da archi rampanti (delle specie di contrafforti a forma di arco che servono per controbilanciare il peso dell’edificio). La facciata è più alta che larga e produce una sensazione di slancio, accentuata dalla presenza di torri laterali. Vi prevalgono i vuoti sui pieni, con archi acuti. Numerose statue la adornano. In molti casi lo stile gotico si aggiunge o si sovrappone al romanico, dati i tempi lunghissimi, a volte più che secolari, con cui si portarono a termine i lavori delle cattedrali.
La cattedrale di Notre-Dame, Reims, XIII sec. La cattedrale di Reims rappresenta uno dei più alti esempi di arte gotica in Europa. Il duomo di Modena (nella pagina precedente) è un capolavoro dell’arte romanica.
Vita domestica Le case non avevano l’acqua corrente. Normalmente la si attingeva da pozzi pubblici e dalle fontane e la si conservava in appositi recipienti. Il bagno si faceva in grandi tinozze di legno, che si usavano anche per il bucato. Ma c’erano anche i bagni pubblici, dotati di acqua calda. Le latrine erano fatte senza una regola precisa: si usava costruirle a sbalzo, cioè come appendice esterna all’edificio nei piani alti, situate o sopra un canale d’acqua, o sopra vicoli chiusi, dove erano sistemate delle apposite fosse riempite di cenere o di sabbia. Specialmente di notte si usavano anche i vasi, che poi venivano vuotati dalla finestra. Soltanto nelle abitazioni più lussuose le finestre erano talvolta riparate da vetri; normalmente si usavano imposte di legno oppure telai ricoperti di tela o di carta oleata. Un arredamento essenziale Il mobilio era ridotto allo stretto necessario. I mobili di maggior impegno erano le cassapanche e il letto. La cassapanca aveva la stessa funzione che ha per noi l’armadio, cioè custodiva gli abiti, strettamente arrotolati, e la biancheria, profumata con erbe odorose. I letti erano molto più grandi di quelli in uso oggi, data l’abitudine di dormire in molti nello stesso letto, anche in cinque o sei persone: il marito, la moglie, i figli, spesso anche le persone di servizio. Il denaro e gli oggetti preziosi erano rinchiusi in uno stipo di legno molto grosso, rinforzato con del ferro e chiuso con complicate serrature. La mensa e il camino Il tavolo era costituito da tre elementi separati, due cavalletti e un’asse di legno, che si mettevano e si toglievano secondo le necessità. A tale pratica è legata la parola “mensa”, derivata dal fatto che si “metteva” e si toglieva («togliere le mense» è infatti ancora oggi sinonimo di “sparecchiare”). Un’utile invenzione, forse di origine francese, apparve e si diffuse (almeno nelle case dei ricchi) fra il XII e il XIII secolo: il camino. Con la sua larga cappa a imbuto collegata alla canna fumaria, esso diede la possibilità di accendere grandi fuochi all’interno delle abitazioni, migliorando non solo le possibilità di cucinare ma anche il riscaldamento degli ambienti. In tal modo la cucina, che nelle case greche e romane – destinate a climi miti – era un piccolo spazio con un foro nel tetto per far uscire il fumo, diventò nelle abitazioni del Medioevo una stanza particolarmente importante della casa, quella in cui si preferiva trascorrere la maggior parte del tempo, specialmente nei mesi freddi. Nelle case di campagna, invece, si continuò la tradizionale pratica di accendere il fuoco in mezzo alla stanza, conservandolo sotto le braci e facendo defluire il fumo dal tetto.
9.3 Il cibo e le abitudini alimentari L’annona Le città, sempre più popolose dall’XI secolo in poi, erano grandi centri di consumo, e la prima preoccupazione delle autorità era quella di garantire un buon approvvigionamento alimentare, favorendo la concentrazione dei prodotti sul mercato urbano. Una particolare magistratura, detta “annona” (termine con cui in quest’epoca si indicavano anche i cereali e, più in generale, i viveri), aveva l’incarico di regolare tutte le attività che in vario modo avevano a che fare col cibo. Per esempio si costringevano i contadini dei dintorni a vendere solamente in città le eccedenze. Inoltre si regolava l’attività del mercato e delle botteghe in modo molto minuzioso, per evitare ogni tipo di frode. Ciò non escludeva che negli anni di carestia o di scarsa produzione il cibo mancasse, o raggiungesse prezzi di vendita inaccessibili ai ceti più poveri. In tali occasioni, la povertà si manifestava anzitutto come fame. Il cibo dei poveri e il cibo dei ricchi Il mercato della carne e del pesce era piuttosto vivace, ma i ceti popolari mangiavano soprattutto cereali e verdure. Oltre al pane di
Veduta di San Gimignano San Gimignano, rimasta pressoché intatta nel suo centro storico, offre uno dei migliori esempi di organizzazione urbana dell’età comunale e di architettura medievale. La città è soprattutto famosa per le sue torri. Delle 72 tra torri e case-torri esistenti nel periodo d’oro del Comune, oggi ne restano 14, con i resti di altre intravedibili nel tessuto urbano. Un regolamento del 1255 vietò ai privati di erigere torri più alte della Torre del Podestà.
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Modulo 2 Espansione agricola e sviluppo urbano La bottega dello zucchero, XIV sec. [dal Tacuinum Sanitatis]
Il cibo servito nel Medioevo era molto speziato: l’alto costo delle spezie permetteva al nobile di ostentare la propria ricchezza anche a tavola, inoltre i medici medievali erano convinti che le spezie rendessero più digeribili le vivande. Le spezie più utilizzate erano: zenzero, zafferano, chiodi di garofano e pepe, mescolate poi a molte erbe aromatiche; nel Duecento si aggiunsero anche zucchero e cannella.
frumento o di segale, erano d’uso zuppe e polente di altri cereali: avena, miglio, orzo, farro. Legumi e ortaggi (piselli, fagioli, rape, cavoli, cipolle, ecc.) variavano secondo la produzione locale. Dal XII-XIII secolo anche la pasta a lunga conservazione (vermicelli, maccheroni) cominciò a comparire sul mercato di certe città, soprattutto in Sicilia e in Liguria, dove sorsero le prime manifatture di questo prodotto. Ben diversamente mangiavano i ceti più ricchi, che avevano come piatto base la carne e soprattutto la cacciagione, considerata, soprattutto dai nobili, un simbolo del loro stato sociale. Stando alle liste di certi banchetti ufficiali, se ne faceva un consumo enorme: cervi, caprioli, fagiani, pernici si alternavano ad arrosti di bue, capretto, oche, a ogni genere di volatili e inoltre a molti pesci di acqua dolce, soprattutto trote, anguille, lamprede, storioni. Con la carne e il pesce si faceva largo uso di salse agrodolci fortemente speziate, a base di ingredienti acidi come il vino, l’aceto, gli agrumi (non si usavano invece grassi come l’olio o il burro, tipici delle salse moderne).
Un banchetto principesco, part., XV sec. [Musée du Petit Palais, Parigi]
In questa miniatura è raffigurato un ricco banchetto medievale, destinato ai nobili. Anche a tavola esisteva una netta diversità tra poveri e ricchi: a differenza dei ceti popolari, infatti, i più ricchi mangiavano carne in quantità, che si procuravano con la pastorizia e cacciando nei boschi di cui avevano l’uso pressoché esclusivo.
I modi della storia
Il cibo: una questione di gusti
Il “gusto” è un senso sia individuale sia collettivo: indica una preferenza personale, che può cambiare da individuo a individuo, ma anche un tipo di apprezzamento tipico della società in cui si vive. In ogni caso il gusto è un prodotto della storia e un elemento costitutivo della cultura, perché la valutazione del bello e del buono, del brutto e del cattivo non dipende dalla natura oggettiva delle cose da valutare, ma dal criterio di giudizio che ci viene insegnato: lo stesso cibo, lo stesso vestito, la stessa opera d’arte possono essere valutati in modo molto diverso da un luogo all’altro, da un’epoca all’altra. Nel XIV secolo, per esempio, nelle cucine dei nobili e dei signori erano particolarmente apprezzate e usate in grandi quantità spezie e zucchero (prodotti rari
e costosi, tipici della cucina ricca) e ce lo testimoniano due ricette, un po’ particolari per i nostri gusti, tratte da un manoscritto italiano dell’epoca. Come fare un biancomangiare Prendi il riso ben pulito e lavato e pestalo in un mortaio fino a ridurlo in farina. Prendi quindi dei petti di pollo ben cotti e tagliati a pezzettini molto fini e falli bollire in un latte di mandorle o di pecora, aggiungendo zucchero. Aggiungi la farina di riso e fa’ ancora bollire mescolando in continuazione con un cucchiaio per evitare che si bruci o che prenda il puzzo del fumo. Brodo saraceno Spella delle anguille e scottale. Prendi pane e zucchero, tritali insieme e stemperali con vino e aceto. Fa’ bollire assieme alle
anguille. Prendi una polvere composta da cannella, zenzero, chiodi di garofano, semi di cardamomo e pepe lungo, stempera con un po’ di aceto e aggiungi al resto. Chiudi bene la pentola, in modo che non possa uscirne niente, e metti sulla brace a fuoco moderato.
Queste specialità culinarie dimostrano chiaramente che il gusto varia nel tempo e nello spazio: società diverse hanno gusti diversi, estetiche diverse, giudizi di valore diversi. Perciò non dobbiamo giudicare il gusto degli altri partendo dal nostro: non ha senso definire “cattiva” la cucina medievale solo perché non corrisponde ai gusti odierni della nostra società; così come non ha senso definire “cattiva” la cucina di popoli diversi da noi. Il gusto è un fatto relativo.
Capitolo 9 Vivere in città nel Medioevo
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Profumi d’Oriente Le spezie, provenienti dalle Indie (noce moscata, pepe di molte varietà, cannella, chiodi di garofano, zenzero, cumino, molti altri prodotti), insaporivano quasi tutti i cibi e le bevande. La scienza dietetica del tempo riteneva che con il loro “calore” [ 9.4] esse favorissero la digestione. Inoltre, essendo prodotti rari e costosi, le spezie davano lustro e prestigio a chi poteva permettersi di usarle. Perciò comparivano con abbondanza sulle tavole dei ricchi, e non già, come talvolta si pensa, per nascondere i sapori sgradevoli di carni che in qualche caso potevano essere avariate: i signori infatti – ossia coloro che acquistavano spezie – mangiavano solo carni freschissime. Usi a tavola I cibi si tagliavano in piccoli pezzi con il coltello comune, a disposizione di tutti, e si portavano alla bocca con le mani (solo per i liquidi si usava il cucchiaio). Poi ci si pulivano le mani con la tovaglia (l’uso del tovagliolo si generalizzò solo dopo il Medioevo) o in una bacinella d’acqua. Le forchette e i coltelli individuali incominciarono ad apparire già nel XIV secolo, ma il loro uso non si generalizzò prima del Sei-Settecento, perché l’abitudine a mangiare con le mani continuò a essere preferita a lungo. Le stoviglie di terracotta e ceramica erano un lusso riservato a pochi, mentre erano d’uso comune grandi tazze e taglieri di legno. Talora, al posto dei piatti si adoperavano delle grandi fette di pane su cui si appoggiavano le carni, le altre pietanze e le salse. I resti venivano raccolti in un cesto e distribuiti ai poveri.
9.4 La cura delle malattie Le Confraternite Oggi chi si ammala e ha bisogno di cure ricorre all’organizzazione sanitaria, ai medici e agli ospedali. Nelle città medievali i malati, specialmente quelli privi di mezzi economici, trovavano un aiuto nelle opere caritative delle chiese e dei conventi e, in particolare, nell’assistenza delle Confraternite. Le Confraternite, già sviluppate nel XIII secolo, erano associazioni di laici riuniti in comunità volontarie, allo scopo di «pregare insieme, darsi mutuo soccorso, portare assistenza ai bisognosi». Anche se nate da iniziative private, queste associazioni perseguivano un interesse collettivo e si possono perciò considerare uno dei primi esempi di istituzione pubblica a carattere assistenziale. Niente di simile era mai apparso nelle società antiche. Gli ospedali e i medici Fra il XII e il XIV secolo sorsero molti ospedali in numerose città. Essi erano, più che luoghi di cura come li intendiamo oggi, luoghi di ricovero (“ospedale” viene dal latino hospitale, ‘luogo in cui si ospita qualcuno’) dove i malati, i poveri e i pellegrini trovavano riposo, cibo e qualche cura, di solito affidata a membri delle Confraternite. Non mancavano, tuttavia, ospedali serviti da medici di professione, pagati dal Comune o dal sovrano. Le persone che avevano disponibilità di denaro o appartenevano ai ceti sociali superiori di solito preferivano curarsi in casa propria, affidandosi ai medici più stimati. Nella cura delle malattie, i medici – chiamati allora “fisici” – si limitavano a proporre una diagnosi e a prescrivere la dieta e i medicinali che ritenevano adatti al caso. Se occorrevano interventi chirurgici ci si affidava ad altri specialisti, detti “cerùsici”. Costoro, che spesso svolgevano anche attività di barbiere, provvedevano a operazioni meccaniche come l’estrazione di denti, l’incisione di ascessi, l’amputazione di arti. La teoria degli umori La pratica medica medievale si basava da un lato sull’esperienza, dall’altro sulle prescrizioni di testi che si rifacevano agli autori greci e latini (in particolare Ippocrate e Galeno) e ai loro commentatori medievali. A questa tradizione risaliva la teoria degli umori, fondamento della medicina occidentale fino al XVII secolo, che riconosceva quattro princìpi o qualità (caldo, freddo, umido, secco) sia nel mondo naturale, sia nel corpo umano. Alle quattro qualità-base si facevano corrispondere le quattro stagioni e i quattro punti cardinali, e inoltre le quattro età della vita (dall’infanzia alla vecchiaia) e i quattro liquidi fondamentali dell’organismo (sangue, flegma, bile gialla,
Scuola Grande di San Giovanni Evangelista, Venezia “Scuola” è il termine con cui nell’antica Repubblica di Venezia veniva indicata una Confraternita o associazione di cittadini laici che, ispirandosi ai principi della carità cristiana, si dedicavano all’assistenza materiale e spirituale. Tra le innumerevoli Scuole si distinguevano le sei Scuole Grandi (Misericordia, San Giovanni Evangelista, Carità, San Marco, San Rocco, San Teodoro). Di esse, tra quelle ancora esistenti, la Scuola di San Giovanni Evangelista, sorta nel 1261, è la più antica.
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Modulo 2 Espansione agricola e sviluppo urbano bile nera). Dalla prevalenza dell’uno o dell’altro si riteneva che derivassero i quattro “temperamenti” dell’uomo (sanguigno, flemmatico, bilioso, malinconico). L’equilibrio fra gli umori era ritenuto essenziale per conservare la salute, e tutte le terapie miravano a mantenerlo o ristabilirlo.
Le terapie e i farmaci Fra le terapie più praticate vi era il salasso, consistente nel far uscire sangue dal corpo mediante l’applicazione di sanguisughe o mediante l’incisione di una vena (tali sistemi rimasero in uso per secoli, fino all’Ottocento). Grande importanza aveva anche la dietetica, poiché il cibo era ritenuto il veicolo principale della salute e della malattia. I farmaci erano preparati dagli speziali: i più costosi, riservati ai pazienti più ricchi, erano composti da diversi tipi di spezie, perle, coralli, pietre preziose, che si somministravano polverizzate e in associazione con altre sostanze. Più accessibili erano i medicinali preparati con prodotti vegetali e animali (aglio, prezzemolo, rane, fegato di pollo, ecc.), che gli speziali combinavano nei loro laboratori, dotati di strumenti come alambicchi, bottigliette, vasi, pestelli. Particolare reputazione aveva un preparato detto “teriaca” o “triaca”, una sorta di rimedio universale che si considerava efficace per la cura di quasi tutte le malattie. Il farmaco era composto di ben 73 ingredienti, ciascuno dei quali adatto a un diverso disturbo, ma la sostanza base era la carne macerata del serpente, dal quale esso prendeva il nome (thérion in greco significa ‘serpente’). Per questo motivo, ancora oggi il serpente è il simbolo dell’arte farmaceutica e campeggia nelle insegne delle farmacie.
Una farmacia medievale [Biblioteca Casanatense, Roma]
In questa miniatura è raffigurato un farmacista mentre porge a un malato un rimedio curativo. L’uso delle piante medicinali rappresentava nel Medioevo il principale metodo per curare le malattie. Venivano usati molto la menta, il papavero, l’aloe, il finocchio, l’olio, la canfora, l’arsenico, lo zolfo e tante altre sostanze ancora.
Aa Documenti Un contratto per guarire Nel Medioevo il ricorso al notaio per gli accordi personali era assai frequente, forse più di oggi. Anche la salute era motivo di contrattazione: il medico si impegnava a guarire il malato entro un tempo determinato; il malato a sua volta si impegnava a pagare, una volta guarito, la somma pattuita. A volte i medici chiedevano un anticipo, in ogni caso il loro compenso era condizionato dal buon fine del-
N
la terapia. Si legga per esempio questo contratto, sottoscritto il 24 giugno 1202 dal medico Ruggero Brocca di Bergamo con il lanaiolo Bosso, malato “alla mano e alla bocca”. Il medico si impegna a sostenere tutte le spese per la cura, che dovrà rendere la salute a Bosso entro un mese e mezzo, permettergli di mangiare da solo (cosa che evidentemente non riusciva a fare), di “tagliare il pane” e di
el nome di Dio amen. Io Ruggero di Brocha di Bergamo prometto e convengo di dare a te Bosso, lanaiolo, la guarigione e di migliorarti dell’infermità che hai nella persona, cioè alla mano e alla bocca, in buona fede e con l’aiuto di Dio, di qui a un mese e mezzo, in modo che potrai mangiare con le tue mani e tagliare il pane e tirar calci e camminare speditamente e parlare. Io devo accollarmi tutte le spese di ciò che è necessario e tu mi devi pagare in questa occasione 7 lire di genovini e non devi mangiare fritture o carne di bue o
muoversi liberamente. Il malato deve a sua volta impegnarsi a osservare una certa dieta che gli viene prescritta. Alla fine, il compenso sarà di 7 lire, una somma altissima, che Bosso si impegna a pagare entro tre giorni dalla guarigione (in caso contrario, la somma sarà raddoppiata, e addirittura il medico potrà pignorare i suoi beni).
carne secca o pasta lessa o cavoli. E se non osserverò quanto sopra non mi dovrai niente. Io Bosso prometto a te Ruggero di dare e di pagare entro tre giorni dalla mia guarigione 7 lire di genovini, altrimenti mi impegno a pagarti il doppio e ti ingiungo di pignorare i miei beni. da G. Rizzi, Contratti medievali tra medico e malato, in “Minerva Medica”, Torino 1947, p. 521
Capitolo 9 Vivere in città nel Medioevo
Sintesi
Vivere in città nel Medioevo
I luoghi della vita pubblica Le città medievali erano divise in quartieri specializzati, a seconda delle diverse attività che vi si svolgevano. Anche gli spazi potevano essere distinti a seconda della funzione, principalmente le piazze: vi era la piazza religiosa (cattedrale), quella politica (palazzo pubblico), quella economica (mercato), anche se non sempre esse erano nettamente distinte. Il luogo centrale della vita pubblica era la chiesa maggiore della città, la cattedrale, posta di solito vicino al palazzo vescovile. I luoghi della vita privata Le persone di condizione sociale modesta abitavano in case solitamente piccole, di almeno due piani. Al pianterreno vi era una stanza unica con funzioni diverse (bottega e cucina), ai piani alti potevano esserci la sala da pranzo e le stanze in cui dormire. I nobili inurbati abitavano in palazzi con grossi muri, merli, torri. Attorno sorgevano le abitazioni dei familiari. Nelle case non vi era acqua corrente, che era attinta da pozzi o fontane e conservata. Le latrine erano poste in un’appendice esterna all’edificio, sotto la quale c’erano canali o fosse riempite di sabbia o cenere. I mobili principali era-
no la cassapanca, in cui si custodivano gli abiti, il letto, il tavolo, composto da due cavalletti e da un’asse di legno. Solo a partire dal XII-XIII secolo nelle case dei ricchi si diffuse il camino. Il cibo e le abitudini alimentari Dopo l’XI secolo, nelle città le autorità dovettero occuparsi di garantire l’approvvigionamento alimentare. A questo scopo fu istituita l’annona, una magistratura che regolava le attività inerenti l’alimentazione dei cittadini. L’alimentazione dei ceti popolari si basava su cereali e verdure: pane, zuppe e polente, legumi e ortaggi e (dal XII-XIII secolo) pasta a lunga conservazione. L’alimentazione dei ceti più ricchi si basava su carne e cacciagione (simbolo di un elevato status sociale), pesce, salse agrodolci molto speziate. Le spezie, rare e costose, erano usate per insaporire quasi tutti i cibi e le bevande. Si mangiava con le mani, usando un solo coltello per tagliare i cibi. Le stoviglie di uso comune erano tazze di ceramica o taglieri di legno. La cura delle malattie L’aiuto ai malati era fornito dalle opere caritative delle chiese e dei conventi, soprattutto dall’assi-
stenza data dalle Confraternite, associazioni di laici volontari. Queste furono tra i primi esempi di istituzione pubblica a carattere assistenziale, anche se nate da iniziative private. Tra XII e XIV secolo si diffusero in varie città gli ospedali, luoghi di ricovero per malati, poveri o pellegrini, cui era offerto cibo, riposo e cure offerte solitamente da membri delle Confraternite, più raramente da medici di professione. Le persone ricche potevano curarsi in casa, affidandosi ai medici migliori: i fisici, che effettuavano diagnosi e prescrivevano diete, e i cerusici, che svolgevano interventi chirurgici. La pratica medica era basata sull’esperienza e sui testi greci e latini (Ippocrate, Galeno). Fondamentale era la teoria degli umori, secondo la quale l’equilibrio tra i quattro liquidi presenti nel corpo umano è alla base della conservazione della salute. Le terapie, come il salasso, servivano a mantenerlo o a ristabilirlo. I farmaci erano preparati dagli speziali nei loro laboratori: i più costosi contenevano spezie, coralli, pietre preziose con altre sostanze; i più diffusi contenevano prodotti vegetali o animali. Rimedio molto noto era la triaca, composto da 73 diversi ingredienti e ritenuto universale.
Esercizi Comprendere e ordinare 1. Associa alle seguenti parole chiave il significato corretto.
2. Indica se le seguenti affermazioni sono vere o false.
cattedrale • annona • confraternita • cerusico • salasso • teriaca • ospedale
a. Nelle città medievali, la piazza economica coincideva solitamente con quella politica.
V
F
b. Le cattedrali erano considerate un simbolo dell’identità di una città.
V
F
c. Le case dei nobili nella città medievale erano regolarmente fornite di acqua corrente.
V
F
d. Il camino si diffuse, inizialmente nelle case dei ricchi, a partire dal XIV secolo.
V
F
e. Nella cucina medievale si faceva uso di salse molto speziate con la carne e il pesce.
V
F
f. L’annona costituiva uno dei primi esempi di istituzione pubblica a carattere universale.
V
F
g. Gli speziali preparavano i farmaci nei loro laboratori.
V
F
h. La teoria degli umori è stata alla base della medicina occidentale fino al XV secolo.
V
F
i. Nelle città i malati più poveri potevano essere curati dalle opere di carità di chiese e conventi.
V
F
Associazione di fedeli costituita con lo scopo di pregare e fornire opere di pietà e di carità Medico che esercitava la chirurgia Magistratura incaricata di garantire la pubblica alimentazione Antico prodotto farmaceutico composto da una grande quantità di ingredienti e considerato una sorta di rimedio universale Chiesa principale di una diocesi Sottrazione di una certa quantità di sangue dall’organismo allo scopo di ridurre la massa del sangue circolante Luogo in cui fornire ricovero a poveri e bisognosi
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3. Completa la tabella con i termini indicati di seguito. riunioni • religiosa • palazzo • politica • economica • generali • feste • processioni • sacri • banchi • cattedrale • pubblico • mercato • fontane • loggiati LE PIAZZE DELLA CITTÀ MEDIEVALE • piazza ....................................................................
piazza ....................................................................
• (…................…............ solenni, …..............….............. , spettacoli …..............…..............)
•
…….........................….......... …….........................…..........
• (…...............….......... generali dei ...............….......... ) •
piazza ....................................................................
…….........................…..........
…….........................…..........
• (di solito vicino a quella politica; vi erano …….....................….......... , …….....................….......... di pietra, …….....................…..........)
Analizzare e produrre 4. Rispondi alle seguenti domande e usa le risposte per completare la tabella. Con le informazioni ottenute, scrivi un testo di massimo 10-15 righe dal titolo “A tavola nella città medievale”. 1. Quali erano gli alimenti di cui si nutrivano principalmente i ceti popolari? 2. Quali cereali erano consumati e in che modo? 3. Quali verdure erano consumate? 4. Quali erano i piatti che erano consumati soprattutto dai ceti nobiliari? 5. Che cosa si usava con carne e pesce? 6. Quali erano le spezie maggiormente usate? Da quali classi sociali venivano usate? 7. Come si mangiava a tavola? 8. Quali posate o stoviglie esistevano? Come si utilizzavano?
5.
Leggi il documento “Un contratto per guarire” riportato a p. 102 e rispondi alle seguenti domande. 1. 2. 3. 4.
Quale malattia ha Bosso? Chi è il medico? Cosa promette a Bosso? In che cosa consiste esattamente la cura prescritta? Quali sono gli impegni reciproci presi dai due contraenti?
6. Rispondi alle seguenti domande. 1. 2. 3. 4. 5.
In quali luoghi erano curati gli ammalati? Che cosa distingueva fisici e cerusici? Che cosa si intende per “teoria degli umori”? Quali erano le principali terapie alle quali si ricorreva? Chi erano gli speziali? Che ruolo svolgevano?
Con le informazioni ottenute elabora un testo di almeno 10 righe dal titolo “Salute e malattia nel Medioevo”.
COSA MANGIAVANO GLI ABITANTI DELLE CITTÀ MEDIEVALI CETI POPOLARI
CETI PIÙ RICCHI
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10 Cultura e società
Capitolo
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nel Medioevo
Percorso breve Nei secoli centrali del Medioevo l’istruzione non fu più esclusiva degli ecclesiastici e dei monaci, come era stato in precedenza, ma si estese anche alla società laica. Ciò accadde soprattutto nelle città, per le esigenze pratiche dei ceti borghesi: saper leggere, scrivere e far di conto era essenziale per trarre profitto dalle attività commerciali. In questo periodo nacquero anche le prime università, sotto forma di associazioni di studenti (come a Parigi) o di professori (come a Bologna, che si ritiene la più antica università europea, specializzata negli studi di diritto). Il sistema di studio era molto rispettoso delle cosiddette “autorità”, vale a dire la Bibbia e gli antichi testi greci e latini. Ogni riflessione si basava sulla lettura di questi testi, e le idee innovative (che di certo non mancarono) si nascondevano dietro i commenti che si facevano attorno a quelle letture.
Pier Paolo dalle Masegne, Sarcofago di Giovanni da Legnano, part., XIV sec. [Museo Civico, Sezione medievale, Bologna]
La società medievale era organizzata sul modello della sua unità più piccola: la famiglia, mononucleare se formata solo dalla cellula genitori-figli, allargata se di essa facevano parte anche i cognati con le loro famiglie. La coesione dell’intera società era affidata all’unità della famiglia stessa e questa, a sua volta, era strettamente legata all’unità del suo patrimonio: beni, proprietà di vario genere ma soprattutto terre e feudi (nel caso di famiglie nobiliari) costituivano per la famiglia la garanzia di continuità. Per questo motivo, e per evitare il frazionamento delle ricchezze, a partire dal XII secolo furono escluse dall’asse ereditario le donne, che nell’alto Medioevo avevano invece goduto di significativi diritti giuridici, economici e personali. Il ruolo della donna ne risultò gravemente indebolito e si accentuarono la dipendenza nei confronti degli uomini e l’emarginazione in tutti gli ambienti sociali.
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10.1 La scuola e la nascita dell’università Maestri e scolari L’esigenza di istruirsi fu legata in gran parte allo sviluppo delle attività mercantili. Furono i mercanti a richiedere maestri e insegnamenti per i ragazzi, come mai era accaduto in precedenza. In proposito esistono significative testimonianze. Per esempio, in un contratto del 1288, un maestro di nome Pietro sottoscrive un impegno nei confronti del mercante genovese Gabriele Frumento: «Dichiaro che insegnerò a tuo nipote l’arte della grammatica affinché sappia leggere bene, e inoltre fare i suoi conti». In un altro contratto, stipulato qualche anno più tardi a Firenze, si precisa che «il ragazzo dovrà saper leggere e scrivere e fare i conti così da poter stare in bottega». Generalmente le scuole erano private. Il maestro stipulava un contratto con un gruppo di famiglie, che definivano lo stipendio e i doni stagionali da offrire in occasione delle principali festività: uova, capponi, formaggi, vino, grano; poi si affittavano una o due stanze in qualche casa e lì tutti i giorni il maestro e i ragazzi (una decina o poco più) si riunivano a fare scuola. L’insegnamento era organizzato in due gradi: il primo aveva lo scopo di apprendere a leggere e scrivere. A tal fine si usavano dei modelli calligrafici da imitare e, per la lettura, dei libretti religiosi di preghiere e di massime. Il secondo grado comprendeva lo studio della grammatica e del latino. Dopo aver imparato a leggere e a scrivere si frequentava un’altra scuola, a cui veniva attribuita una speciale importanza: la scuola dell’abaco, dove era insegnata una materia fondamentale per le attività commerciali, l’aritmetica.
I modi della storia
0 0 0 L’abaco e i numeri arabi
Lo strumento di calcolo più diffuso nel Medioevo fu l’abaco (parola di origine latina che significa ‘tavoletta per fare i conti’), una specie di pallottoliere con gettoni bianchi di valore 5 e neri di valore 1. Essi erano divisi da una linea orizzontale e assumevano valore solo quando erano spostati verso di essa. Le varie colonne indicavano, da destra a sinistra, le unità, le decine, le centinaia, le migliaia e così via. In posizione iniziale l’abaco si presentava così:
0
0
0
0
0
Ma volendo scrivere, per esempio, il numero 741 allora l’abaco si sarebbe presentato così:
0
0
0
0
7
4
1
Ai primi del Duecento si diffuse in Italia un nuovo metodo per contare e fare i calcoli, chiamato “algoritmo”. Ciò fu opera di uno studioso pisano, Leonardo Fibonacci (1175-dopo il 1240), che aveva appreso tale novità dagli arabi durante i suoi viaggi nel mondo islamico. Il nuovo sistema, più
semplice e rapido di quelli tradizionali, si basava non più sulle cifre romane ma su quelle dette “arabe”, le stesse diffuse oggi in tutto il mondo. Tali cifre (1, 2, 3, 4 ecc.) in realtà erano un’invenzione indiana, ma fu merito degli arabi averle introdotte e diffuse in Asia e in Africa e di qui, più tardi, in Europa, dove sostituirono i numeri romani. Con le cifre arabe si diffuse il sistema decimale, reso possibile da una grande intuizione, che a noi oggi pare ovvia, ma che non esisteva nei sistemi di calcolo più antichi: l’inserimento di una cifra, lo zero, che indica la non esistenza e consente di spostare le altre nove cifre da una colonna all’altra, modificandone il valore (da unità a decina, a centinaia, a migliaia e così via). Questo nuovo sistema era stato conosciuto dagli arabi nell’VIII secolo: il califfo al-Mansur ricevette nel 772 a Baghdad una delegazione di studiosi indiani che gli portava in dono un’opera di contenuto astronomico in cui si mostrava come fosse possibile, utilizzando solo nove segni più lo zero, scrivere qualunque numero ed eseguire qualsiasi calcolo. La diffusione in Occidente di questo sistema avvenne grazie al trattato di aritmetica di un matematico arabo dell’XI secolo, Mohammed al-Khuwarizmi (dal nome del quale deriva la parola “algoritmo”), così i calcoli diventarono assai più semplici.
Anger
Capitolo 10 Cultura e società nel Medioevo
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Cah
Tolosa Coimbra Palencia La diffusione delle università tra XI-XIV sec.
Cambridge Oxford
Salamanca
Lérida
M
Lisbona OCEANO AT L A N T I C O
Parigi
Siviglia
Praga
Orléans
MAR
Angers Cahors Tolosa Coimbra
Palencia
Salamanca
Lérida
Vercelli Grenoble Avignone
Montpellier
Lisbona
Vicenza
Treviso
Pavia
Padova
Reggio
Bologna
Arezzo Pisa
Macerata Perugia
Roma Napoli Salerno
Siviglia
Anno di fondazione anteriore al 1200 Anno di fondazione tra il 1200 e il 1300 Parigi Scuole di diritto
MAR MEDITERRANEO
Associazioni di maestri e di studenti Le università, scuole di alta cultura oggi diffuse in tutto il mondo, ebbero origine nel Medioevo. Il modo in cui esse si formarono fu simile a quello delle Arti, le associazioni di mestiere [ 8.4]: studenti e professori, spinti dal comune interesse ad apprendere e insegnare, si unirono insieme spontaneamente, formando delle associazioni con proprie regole e magistrature, che furono riconosciute (a seconda dei casi) dall’imperatore, dal papa, dai re. In certi casi, per esempio a Bologna, le università nacquero come associazioni di studenti; in altri, per esempio a Parigi, come associazioni di professori. Anno di fondazione anteriore al 1200
Le prime Anno università di fondazione L’università di Bologna, la più antica d’Europa, che si dice fondata tra ilsi 1200 e il 1300 come centro degli studi di diritto: nel XII secolo vi insegnarono nel 1088, specializzò Parigi Scuole di diritto famosi giuristi, in particolare Graziano (1075-1145), che raccolse e commentò l’intera tradizione legislativa della Chiesa romana, il cosiddetto “diritto canonico”. Altri professori bolognesi, come Irnerio (seconda metà XI secolo-1125), riportarono in auge il diritto romano, studiando la grande raccolta di leggi fatta nel VI secolo dall’imperatore Giustiniano (527-625), il Corpus iuris civilis (‘Corpo del diritto civile’). L’università di Parigi, fondata anch’essa nell’XI secolo, si segnalò soprattutto per gli studi di teologia: vi insegnò fra gli altri il celebre filosofo e monaco Pietro Abelardo (10791142). Gli studi di medicina furono coltivati in particolare a Salerno, dove fiorì, tra XI e XII secolo, un centro di studio e di insegnamento divenuto celebre in tutta Europa, la “Scuola medica salernitana”, in cui si confrontavano studiosi di varia cultura e provenienza.
10.2 Istruzione e sapere La diffusione del sapere Le università del Medioevo avevano un carattere internazionale. A Bologna, come a Parigi, come a Oxford (Inghilterra), come a Salamanca (Spagna), accorrevano studenti di ogni nazione e insegnavano maestri di tutti i paesi, italiani, inglesi, francesi, fiamminghi, tedeschi, greci. La lingua era una sola: il latino, che, scomparso dall’uso parlato, continuava a vivere come lingua degli studiosi. Questo internazionalismo, questo scambio continuo di uomini tra un paese e l’altro fece fare molti progressi alla vita intellettuale. In tal modo l’istruzione e il sapere, che nei primi secoli del Medioevo erano rimasti vivi soltanto tra gli ecclesiastici, si diffusero anche tra i laici.
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Modulo 2 Espansione agricola e sviluppo urbano L’autorità degli antichi… Nel Medioevo il metodo di studio era assai diverso da quello odierno. Oggi gli studi universitari mirano principalmente a sviluppare lo spirito critico e l’attitudine alla ricerca personale. Nel Medioevo invece le idee personali non venivano incoraggiate – almeno in linea di principio – ma si leggevano e si spiegavano i libri degli autori antichi, i Greci, i Latini, i testi biblici, le cosiddette “autorità” (in latino, auctoritates). Nei confronti di questi libri e di questi autori si nutriva grande rispetto e una sorta di venerazione: professori e studenti li consideravano quasi verità sacre, da assimilare e approfondire, non da mettere in dubbio. L’insegnamento, impartito in latino, si basava sulla lettura (la lectio, da cui “lezione”) e sul commento (la quaestio) di quei testi. …e i commenti dei “moderni” Questo atteggiamento, in realtà, non impedì lo sviluppo del pensiero: i maestri e gli intellettuali del Medioevo elaborarono, in tutti i campi, molte idee originali. Essi tuttavia non vollero ostentare questa originalità, preferendo nasconderla dietro il commento dei testi antichi. Quando si avanzava un’idea nuova, la si attribuiva a un autore antico, presentandola come semplice interpretazione di un suo passo. Una più esplicita rivendicazione dell’autonomia di pensiero nei confronti dei testi classici si formò solo più tardi, verso il XV secolo, per opera degli umanisti [ 24.2]. Nel Medioevo furono particolarmente studiate le opere del filosofo greco Aristotele (384-322 a.C.), le cui opere, in tanti casi, furono conosciute grazie a traduzioni arabe a loro volta tradotte in latino (in quei secoli la lingua greca non era quasi più praticata in Occidente). I testi di Aristotele furono interpretati alla luce del pensiero cristiano, secondo il commento di Tommaso d’Aquino (1225-1274), uno dei filosofi-teologi più apprezzati dell’università di Parigi.
La scuola di Giovanni d’Andrea, 1354 [ms. Vaticano Latino 2233, f. 1r; Biblioteca Apostolica Vaticana, Città del Vaticano]
In questa miniatura è raffigurata una lezione di Giovanni d’Andrea, famoso professore bolognese di diritto canonico, attivo a Bologna nella prima metà del XIV secolo. Ebbe fra i suoi allievi numerosi poeti e letterati, fra cui Francesco Petrarca. Gli statuti universitari del 1317 riservavano a lui, ai suoi allievi e ai suoi discendenti una serie di privilegi, primo fra tutti quello di poter occupare anche le cattedre finanziate dal Comune, benché fossero bolognesi, e non forestieri, come prescriveva una norma di carattere generale.
Le vie della cittadinanza
Una scuola multietnica
L
e università del Medioevo si caratterizzarono come luoghi di confronto intellettuale aperti a culture diverse. Molto significativa, anche sul piano simbolico, è la leggenda che racconta la nascita della Scuola medica salernitana attribuendola al casuale incontro di quattro personaggi di diversa nazionalità, uno greco, uno latino, uno arabo, uno ebreo (dalla Chronica Elini).
Si racconta che un pellegrino greco di nome Pontus si fermasse nella città di Salerno e vi trovasse rifugio per la notte sotto gli archi dell’antico acquedotto dell’Arce. Scoppiò un temporale e un altro viandante si riparò nello stesso luogo: si trattava del latino Salernus; costui era ferito e il greco, dapprima so-
spettoso, si avvicinò per osservare da vicino le medicazioni che il latino praticava alla sua ferita. Nel frattempo erano giunti altri due viandanti, l’ebreo Helinus e l’arabo Abdela. Anche essi si dimostrarono interessati alla ferita e alla fine si scoprì che tutti e quattro si occupavano di medicina. Decisero allora di creare un sodalizio e di dare vita a una scuola dove le loro conoscenze potessero essere raccolte e divulgate.
La vocazione interculturale delle università si è mantenuta fino ai giorni nostri, anche se sono molto cambiati i metodi di studio (con una maggiore accentuazione, oggi, della ricerca personale rispetto alla venerazione dei testi). Il confronto fra saperi diversi necessariamente tende a
superare i confini nazionali, lo scambio di esperienze rimane il carattere distintivo del curriculum universitario: oggi, appositi programmi sollecitano e finanziano i viaggi di studio e la permanenza degli studenti in paesi diversi, sia nell’ambito della Comunità europea (con i cosiddetti “progetti Erasmus”), sia in paesi d’oltre Oceano (con i progetti Marco Polo, ecc.). In questo modo si riproduce, nel mutato contesto storico e in maniera più ampia e sistematica, quella abitudine a viaggiare da un paese all’altro, da una università all’altra, che fu propria di tanti studenti e professori del Medioevo e che ieri come oggi contribuisce alla crescita culturale e tecnologica delle persone e dei paesi.
Capitolo 10 Cultura e società nel Medioevo
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10.3 Famiglia e società La famiglia mononucleare La famiglia medievale era, come quella odierna, una famiglia mononucleare, fondata sulla cellula genitori-figli. Sia tra le classi alte, sia fra i ceti popolari delle città e delle campagne il “fuoco” (l’unità di base, identificata col focolare domestico) si componeva di tre, quattro, cinque persone al massimo. Normalmente non vi erano ascendenti di terza generazione (i nonni) perché la vita media delle persone era in quei secoli – e restò ancora a lungo, fino all’Ottocento e oltre – inferiore ai 40 anni: era dunque tecnicamente impossibile, salvo casi eccezionali, la coesistenza di tre generazioni sotto lo stesso tetto. Perciò non stupisce che i personaggi che appaiono nei documenti siano quasi sempre definiti «figli del fu…»: gli adulti che firmano atti di compravendita o di affitto sono quasi sempre orfani. Anche per questo la cultura medievale faticava a percepire i “giovani” – che oggi riconosciamo come categoria a sé stante, ben differenziata dal mondo degli adulti – come realtà sociale autonoma. I “giovani”, nel Medioevo, sono semplicemente degli adulti con qualche anno in meno. Di fatto, quella medievale è una società composta in massima parte di giovani: i re, i principi, gli imperatori di cui si parla in questo libro (e così pure i mercanti, gli artigiani, i contadini) sono in prevalenza persone di venti-trent’anni; i sovrani non di rado arrivano al trono senza neppure aver compiuto la maggiore età. La famiglia allargata Tuttavia, può anche capitare che più famiglie vivano insieme. Nel mondo contadino, le “case lunghe” (longhouses) accolgono più focolari e più nuclei famigliari, uniti da comuni attività di lavoro. Tra i ceti alti vige il principio della coesione parentale, che assicura maggiore protezione e tutela gli interessi del gruppo: questo genere di famiglia allargata, che comprende le varie linee collaterali e include i mariti delle sorelle e le mogli dei fratelli, a volte occupa interi quartieri urbani. Questo sistema “cognatizio”, che cioè inserisce i cognati ed estende la famiglia in senso orizzontale, si sovrappone al sistema “agnatizio”, basato sui legami di sangue verticali, cioè sui rapporti tra genitori e figli. Patrimoni ed eredità Nel definire questi rapporti di parentela e i diritti ereditari che ne derivavano, per molti secoli non si fecero distinzioni preventive tra maschi e femmine: nell’alto Medioevo, a tutti i figli si riconoscevano analoghi diritti, anche se solitamente si preferiva la linea ereditaria maschile (che esponeva meno al rischio di disperdere il patrimonio). In questo modo, una figlia femmina poteva subentrare ai genitori nella proprietà dei beni di famiglia o nei titoli nobiliari: così accadde, per esempio, nell’XI secolo a Matilde di Canossa [ 3.5], che alla morte del padre Bonifacio e della madre Beatrice ereditò beni e poteri della casata e fu insignita del titolo di marchesa di Toscana, nonostante la presenza di eredi maschi nei due rami collaterali della famiglia. Ciò valeva anche negli altri contesti sociali, per esempio nel mondo contadino, dove era normale che una donna subentrasse a un uomo nel possesso o nella gestione di un podere, o che ne fosse personalmente titolare. Oppure accadeva che marito e moglie prendessero una terra da lavorare firmando insieme il contratto, cioè diventando entrambi responsabili di fronte al padrone, ciascuno per sé e per la sua parte. Con il passare del tempo tale situazione cambiò radicalmente.
10.4 L’emarginazione della donna Escluse dall’eredità Dal XII secolo le donne furono progressivamente emarginate dalla gestione dei beni e dei diritti di famiglia e si affermò l’idea che solo i figli maschi (tendenzialmente solo i primogeniti) potessero ereditare patrimonio e titoli del padre.
Bambini in famiglia, XV sec. [da Bartolomeo Anglico, Libro delle proprietà delle cose, ms. Fr. 135, f. 193; Bibliothèque Nationale, Parigi]
Nei primi anni di vita, i bambini erano affidati quasi esclusivamente alle cure e all’educazione della madre; il padre, invece, era visto come una figura autorevole e distante, a cui spettava il compito di punire i figli con la verga, come si vede nella parte centrale di questa miniatura.
La Parola
cognatizio/agnatizio In latino, cognatus deriva da cum-natus (‘nato insieme’) e significa ‘consanguineo’. Si usa per indicare il fratello o la sorella del coniuge, oppure il coniuge del fratello o della sorella, quindi la famiglia che si allarga orizzontalmente. Agnatus, da ad-natus, significa invece ‘nato dopo’ e si usa per indicare i rapporti di parentela in linea discendente, preferibilmente in linea maschile (padrefiglio).
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Modulo 2 Espansione agricola e sviluppo urbano La Parola
maso/manso Il termine “maso”, che tradizionalmente (e ancora oggi) indica l’unità del possesso familiare (la casa con tutti i terreni) nel mondo contadino delle regioni alpine, deriva dal termine medievale manso, che indicava, appunto, l’insieme dei terreni, con la casa, assegnati a un contadino nell’ambito della signoria fondiaria o della curtis. In quei terreni e in quella casa il contadino aveva l’obbligo di “risiedere”, in latino manere, e proprio da questa idea derivano il termine manso e il suo derivato moderno di maso.
Questo orientamento “patrilineare” si fece strada fra molte resistenze, perché contrastava con modi di pensare profondamente radicati nella cultura medievale, in particolare con l’idea che la trasmissione ereditaria privilegiata fosse quella che avveniva per linea femminile (l’origine di una dinastia, o addirittura di un popolo, nei miti e nelle leggende medievali era spesso legata a un personaggio di sesso femminile). Questa visione a un certo punto cambiò, per motivi soprattutto economici: garantire la stabilità dei possessi, dei patrimoni, dei titoli; evitare di perderne il controllo in seguito al matrimonio di una figlia con il membro di un’altra casata. In questo modo si accentuò lo stato di dipendenza sociale delle femmine rispetto ai maschi. Da allora in poi, il ruolo assegnato alle donne fu soprattutto quello di garantire, attraverso matrimoni ben studiati, l’alleanza con questa o quella famiglia.
Emarginate in campagna Lo svilimento della donna e dei suoi diritti si manifestò in modo analogo anche nel mondo contadino: dal XII secolo in poi, infatti, fra i contadini liberi proprietari si affermò la consuetudine (viva ancora oggi in certe regioni alpine) secondo cui la proprietà di famiglia, il podere o “maso”, passava di padre in figlio in linea maschile, e solo al primogenito, non potendo essere suddiviso. Inoltre, solo ai maschi fu consentito firmare contratti per prendere terre in affidamento, anche se alle donne non erano risparmiati in particolari momenti dell’anno i lavori nei campi, che si sommavano a quelli domestici (tessere, curare la casa e i figli). Emarginate in città L’emarginazione sociale della donna fu altrettanto forte negli ambienti della borghesia cittadina. Le attività commerciali e professionali furono riser-
Aa Documenti Come scegliere la moglie Un mercante fiorentino, il lanaiolo Giovanni di Pagolo Morelli, vissuto tra XIV e XV secolo, nei suoi Ricordi raccoglie appunti di lavoro, osservazioni e suggerimenti su come organizzare il commercio e la bottega. Sono raccomandazioni rivolte al figlio, che erediterà il mestiere del padre. Importanti, a fianco delle istruzioni “professionali”, sono le note riguar-
E
danti la vita privata, intesa come base indispensabile del successo pubblico. Nell’ottica di Giovanni, il ruolo della moglie è decisamente subordinato a quello del marito, e confinato nello spazio domestico. Onesta, silenziosa, ossequiente: queste devono essere le sue qualità, questi i criteri con cui dovrà essere scelta. Meglio se di ceto alto, in modo da “innal-
a questo abbi riguardo primamente: di non ti avvilire1, ma piuttosto t’ingegna d’innalzarti, non però per modo che ella volesse essere il marito e tu la moglie; ma guarda d’imparentarti con buoni cittadini, i quai non sieno bisognosi e sieno mercatanti e non usino maggiorie2. Sieno antichi nella città tua, sieno onorati dal Comune ... e non abbino alcuna macula, come di traditore o di ladro o di micidio3 o di bastardo discesi, o d’altri cose che sono di rimprovero e di vergogna. Sieno netti e sanza macula, e abbino nomea di buoni parenti e amorevoli; e che non sieno cani del danaio4 ma usino cortesia temperatamente, come s’usa pe’ savi uomini e buoni cittadini. Appresso, abbi riguardo ch’ella sia bene nata, di madre di gente da bene e di parentado onorevole, e ch’ella sia istata onesta donna e di buona fama; e simile sia istata onesta e netta donna la madre della madre, cioè l’avola della fanciulla, e di buone e care donne abbino fama per tutti. E arai riguardo ch’ella sia donna pacefica e non altiera o superba, e ch’ella sia, 1 Non svilire la tua posizione sociale sposando una donna di ceto inferiore. 2 Arroganza. 3 Omicidio. 4 Avidi.
zare”, non abbassare il ruolo sociale del marito. Ma attenzione che questa “altezza” non sia eccessiva. La donna non deve essere così forte e prestigiosa da prendere in mano le redini della famiglia, da svolgervi un ruolo di “marito” anziché di “moglie”. La società borghese del tardo Medioevo mostra, qui, la sua natura fortemente maschilista.
secondo donna5, ragionevole e intendente6; e se pure di queste cose non ti potessi bene chiarire, guarda alla radice del fatto, cioè ch’ella sia gentile donna nata di buono uomo, e così conversata, cioè col marito7, che sia istato o sia uomo che temi vergogna. Appresso, togli fanciulla che tu ti contenti, ch’ella sia sana e ‘ntera e ch’ella sia grande8 [...]; ch’ella abbia poco tempo, cioè non sia punto trasandata9, ché diventono viziose quando non hanno quello che la natura richiede: non si intende per quelle che sono perfette, ma comunemente intendi. Guarda ch’ella sia onesta e non troppo baldanzosa, e ch’ella non sia troppo vana, come di vestimenti, d’ire a tutte le feste e a nozze e ad altre cose vane; ché al dì d’oggi vi s’usa gran disonestà, e di gran bottoni10 vi s’attacca, tali che non ne vanno se non col pezzo: e non è niuna sì buona che usi le predette cose non diventi viziata.
5 In quanto donna. 6 Intelligente. 7 Che sia vissuta con un marito buono e gentile come il padre. 8 Di costituzione forte.
da V. Branca, Mercanti scrittori, Milano 1986 9 Che non sia troppo avanti con gli anni. 10 “Attaccar bottone” significava “parlar male i qualcuno.
Capitolo 10 Cultura e società nel Medioevo
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vate ai maschi, mentre le femmine erano relegate alle attività domestiche: accudire la casa, preparare il cibo, filare, tessere… A questo genere di attività le donne si erano sempre dedicate, ma solamente ora si teorizzò che non dovessero fare altro. Nel Libro di ricordi di un mercante fiorentino del Trecento (una specie di vademecum indirizzato al figlio che erediterà l’attività di famiglia) si raccomanda di nutrire bene i figli maschi, che devono crescere forti e robusti perché su di loro poggerà la fortuna della famiglia, mentre le figlie femmine, che tutt’al più dovranno occuparsi di cucina e di cucito, basterà nutrirle quel tanto che basti per non farle deperire. In generale la soggezione della donna all’uomo era più forte tra i ceti sociali elevati, mentre negli ambienti popolari essa godeva di una maggiore autonomia e partecipava più attivamente alle attività lavorative (per esempio, vi erano molte donne ai banchi del mercato, così come nelle botteghe).
Il matrimonio La sottomissione delle donne agli uomini era evidente e manifesta soprattutto nella gestione delle questioni matrimoniali, veri e propri affari di famiglia. Il matrimonio non nasceva dalla volontà della donna ma era deciso da altri, in genere il padre, o i fratelli se il padre era morto, che prendevano accordi con la famiglia dello sposo già durante l’infanzia della futura moglie. Nella società medievale, il vincolo del matrimonio per molti secoli non ebbe un carattere religioso: era un semplice contratto, che due individui stipulavano davanti a un notaio. Con il passare del tempo la Chiesa iniziò a controllare più da vicino la vita sociale e questo carattere fondamentalmente “laico” del matrimonio si modificò. Nella seconda metà del XII secolo papa Alessandro III (1159-81) incluse il matrimonio fra i sacramenti, pur assegnando al sacerdote un semplice ruolo di testimone (poiché a celebrare il rito sono in realtà i due sposi). Mogli e madri L’età in cui le donne si sposavano era in genere attorno ai 14 anni ma non mancavano casi di spose-bambine già a 10 anni; una volta sposate il loro compito più importante era la procreazione e la cura dei figli. Partorire otto-dieci figli non era un fatto straordinario e la vita delle giovani donne (soprattutto quella delle nobili) trascorreva tra una gravidanza e l’altra, con i relativi rischi che tutto ciò comportava. Il momento del parto era delicatissimo: complicazioni e precarie condizioni igienico-sanitarie rendevano la mortalità di partorienti e nascituri elevatissima. Poche erano le donne che superavano i 40 anni, moltissimi erano i bambini che non superavano il primo anno di vita. Scena di matrimonio, XIII-XIV sec. [Bibliothèque de Laon, Laon]
Al centro della miniatura sono raffigurati due sposi e un prete colto nell’atto di congiungere le loro mani, ossia il momento culminante del rito del matrimonio.
112
Modulo 2 Espansione agricola e sviluppo urbano
Sintesi
Cultura e società nel Medioevo
La scuola e la nascita dell’università L’esigenza di istruzione crebbe in stretto legame con lo sviluppo delle attività mercantili e della richiesta di insegnanti per i ragazzi. Generalmente le scuole erano private e l’insegnamento si basava su due livelli: il primo aveva lo scopo di fare apprendere la lettura e la scrittura, il secondo riguardava lo studio della grammatica e del latino. Un ulteriore livello (scuola dell’abaco) serviva all’insegnamento dell’aritmetica. A partire dall’XI secolo si diffusero nelle principali città le università, scuole altamente specializzate, che nacquero da associazioni tra studenti o tra professori, che si diedero regole e organi di governo. La più antica università europea è quella di Bologna (1088), specializzata negli studi giuridici; di rilievo anche quella di Parigi, per gli studi teologici, e quella di Salerno, per gli studi di medicina. Istruzione e sapere Nelle università medievali arrivavano maestri e studenti da diversi paesi. La lingua usata dagli studiosi era il latino: in tal modo l’istruzione e
il sapere, prima appannaggio dei soli ecclesiastici, si diffusero anche tra i laici. Il metodo di studio utilizzato si basava sulla lettura (lectio) e sul commento (quaestio) degli autori greci e latini e dei testi biblici: i testi scelti erano definiti auctoritates e rappresentavano delle verità da non mettere in dubbio. Questo approccio permetteva l’affermazione di idee originali soltanto all’interno del commento dei testi antichi. Famiglia e società La famiglia medievale era generalmente mononucleare, basata sulla cellula genitori-figli secondo un’unità di base di 3-5 persone (fuoco). La mancanza diffusa di ascendenti di terza generazione era legata a una bassa durata media della vita (sui 40 anni), per cui la società medievale risultava composta in larghissima parte da giovani. Esistevano anche delle famiglie allargate che comprendevano le linee collaterali. Il sistema cognatizio, esteso in senso orizzontale, coesisteva con quello agnatizio, esteso in senso verticale (genitori e figli). Nell’alto Medioevo maschi e femmine avevano
analoghi diritti ereditari, anche se si favoriva la linea ereditaria maschile. L’emarginazione della donna A partire dal XII secolo si affermò l’orientamento patrilineare, secondo il quale solo i figli maschi potevano ereditare il patrimonio e i titoli del padre. Le donne furono così progressivamente emarginate dai diritti sui beni di famiglia e si accentuò la loro condizione di dipendenza sociale. In genere la soggezione della donna era maggiore nei ceti sociali elevati rispetto ai ceti popolari, dove godevano di una maggiore autonomia e partecipavano alle attività lavorative. Il matrimonio era una questione che riguardava l’intera famiglia e veniva deciso dal padre o dai fratelli della sposa con la famiglia dello sposo. L’età della sposa era bassa e suo compito principale erano la procreazione e la cura dei figli. In origine il matrimonio era un contratto, di carattere laico, stipulato davanti a un notaio; dalla seconda metà del XII secolo fu incluso tra i sacramenti dal papa Alessandro III, coerentemente con la crescita del controllo della Chiesa sulla vita sociale.
Esercizi Comprendere e ordinare 1. Indica se le seguenti affermazioni sono vere o false.
2. Associa alle seguenti parole chiave il significato corretto.
a. Le università nacquero come associazioni di studenti.
V
F
b. Le donne furono escluse dalla gestione dei diritti di famiglia a partire dall’XI secolo.
V
F
c. Nel Medioevo, il latino era la lingua prevalente nell’uso parlato del popolo.
V
F
d. Il matrimonio fu incluso tra i sacramenti religiosi nella seconda metà del XII secolo.
Per gli antichi censimenti il singolo nucleo familiare
V
F
e. Il sistema cognatizio indica la famiglia in base ai legami di sangue verticali.
Criterio per cui la successione e la discendenza avvengono a vantaggio dei figli maschi
V
F
f. L’orientamento patrilineare si affermò per ragioni soprattutto economiche.
V
F
g. L’Università di Parigi, fondata nel 1088, era nota soprattutto per gli studi di medicina.
V
F
Antico strumento di calcolo
h. Nel Medioevo la vita media delle persone era inferiore ai 40 anni.
V
F
Libri di autori antichi e testi religiosi il cui contenuto era ritenuto universalmente valido
abaco • agnatizio • auctoritates • cognatizio • fuoco • maso • patrilineare • università Il podere di proprietà dei contadini
Relativo ai legami verticali tra i discendenti dello stesso padre Scuole di alta cultura
Relativo ai legami orizzontali di parentela tra persone appartenenti alla stessa famiglia
Capitolo 10 Cultura e società nel Medioevo
113
3. Completa la seguente tabella con le parole elencate di seguito. Le scuole medievali: allievi • aritmetica • private • istruzione • leggere • maestro • lezioni • contratto • scrivere • mercanti • latino Le università medievali: Bologna • studi • latino • commento • quaestio • professori • teologia • laici • Salerno • lettura • autorità • lectio • diritto • medicina • associazioni • Salerno • Parigi • cultura • studenti
COSA ERANO
COME SI INSEGNAVA
COSA SI INSEGNAVA
SCUOLE
UNIVERSITÀ
Scuole …….........................…........... (…….........................…........... tra famiglie e insegnanti)
(per es. Bologna) e …….........................…........... (per es. Parigi)
tenute dal a pochi …….........................…...........
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……........................…...........
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• Scuole di primo grado: …….........................…........... e …….........................…........... • Scuole di secondo grado: …….........................…........... e …….........................…........... • Scuola dell’abaco: …….........................…...........
CONSEGUENZE
Aumento dell’……….........................…........... per i figli dei …….........................…...........
…….........................…...........
tra
…….........................…...........
Lingua usata: …….........................…........... (…….........................… e …….........................…........... (…….........................…...........) dei testi considerati …….........................…...........
Centri di …….........................…........... specializzati. I principali erano: – …….........................…........... per il …….........................…........... – …….........................…........... per la …….......................…........... – …….........................…........... per la …….......................…........... Diffusione della …….........................…........... anche tra i …….........................…...........
Analizzare e produrre 4. Rispondi alle seguenti domande. 1. Quali erano le opere maggiormente studiate nelle università medievali? 2. In che modo e in che periodo si verificò la progressiva emarginazione delle donne dalla gestione dei beni e dei diritti di famiglia? 3. Cosa raccomanda il Libro dei ricordi scritto da un mercante di Firenze nel Trecento? 4. Quali erano gli insegnanti più noti dell’Università di Bologna? 5. Quali caratteristiche aveva il matrimonio prima e dopo la metà del XII secolo?
d. Alla base dell’affermazione di questo orientamento ……............... ............................................................................................................................... . e. Nel mondo contadino le donne si occupavano ……............................. ............................................................................................................................... . f. Nelle città invece ............................................................................................ .................................................................................................................................
g. Analizzando le caratteristiche del matrimonio, notiamo che in esso la donna ................................................................................................... ...............................................................................................................................
.
h. Inoltre il matrimonio solo a partire dal XII secolo ..........................
5. Completa le seguenti frasi.
...............................................................................................................................
Nel corso del Medioevo, la condizione della donna è passata attraverso fasi diverse. a. In un primo tempo non esistevano differenze .................................. ...............................................................................................................................
.
b. Esistevano dei casi in cui le donne potevano .................................... ...............................................................................................................................
.
c. Un cambiamento radicale di questo quadro si ebbe a partire dal ……............................................ , in quanto ….............................................. ................................................................................................................................ .
.
i. La vita delle donne era dunque caratterizzata soprattutto dal ruolo ..................................................................................................................... ...............................................................................................................................
.
Utilizza le frasi complete come scaletta per produrre un testo di almeno 10 righe dal titolo “La donna nel Medioevo”.
La discussione storiografica
Cibo e demografia: una relazione da chiarire L
a crescita della popolazione europea nei secoli centrali del Medioevo è interpretata da molti storici come un segno di benessere alimentare. Un esempio classico è quello di Lynn White Jr, uno studioso americano che sostenne, in articoli degli anni cinquanta del XX secolo e poi in un libro del 1962 (Medieval technology and social change), il ruolo decisivo dei legumi in questa rivoluzione demografica: a suo parere, la rotazione triennale – che inseriva una nuova semina primaverile fra la tradizionale semina autunnale e il riposo a maggese – consentì di coltivare piante che si seminano a primavera, come appunto i legumi, estremamente ricchi di proteine (al punto da essere spesso chiamati “carne dei poveri”). Ciò avrebbe migliorato la qualità dell’alimentazione contadina e preparato il boom demografico dei secoli successivi al Mille. La tesi di White, semplice e suggestiva, ha avuto enorme fortuna tra gli storici. Essa ha fortemente consolidato e accreditato l’idea, oggi proposta anche in molti manuali scolastici, che la crescita di popolazione sia, sostanzialmente, il frutto di un miglioramento nutrizionale. A questa tesi si possono muovere diverse obiezioni puntuali: per esempio, che la rotazione triennale non fu praticata ovunque in Eu-
ropa, mentre la crescita demografica si verificò ovunque. Ma è soprattutto l’idea in sé che occorre ridimensionare, perché, come ci insegna anche la storia del nostro tempo, la crescita demografica non è necessariamente un indizio di benessere: al contrario, nei paesi in via di sviluppo essa provoca maggiori difficoltà di vita e di alimentazione, mentre proprio nei paesi sviluppati si osservano tassi di crescita più bassi (anche in Italia oggi avviene così). Il rapporto fra crescita economica e crescita demografica si potrebbe dunque invertire: non l’espansione agraria avrebbe provocato l’aumento di popolazione, ma, al contrario, l’aumento di popolazione (provocato da una serie di cause diverse) avrebbe costretto a cercare nuove risorse alimentari, in particolare puntando sull’agricoltura. Gli studiosi di demografia storica, come Massimo Livi Bacci (autore di Popolazione e alimentazione, 1987), tengono comunque a sottolineare che – contrariamente a quanto si pensa – non esiste un rapporto diretto fra demografia e alimentazione. Almeno è necessario introdurre una distinzione, che Livi Bacci ritiene fondamentale, tra fenomeni di breve durata e fenomeni di lunga durata. Il rapporto cibo-popolazione, secondo lo storico italiano,
vale solo per gli eventi brevi: crisi improvvise di mortalità possono essere provocate direttamente dalla fame o, più spesso, dall’insorgere (in precarie condizioni igieniche e ambientali) di malattie infettive. Sul medio-lungo periodo, invece, il fattore alimentare e quello demografico sembrano avere una forte autonomia l’uno dall’altro. La crescita della popolazione può essere dovuta a varie cause, di natura politica (instabilità, guerre), igienica (condizioni di vita), economico-sociale (età in cui ci si sposa, possibilità per i figli di dar vita a un nucleo famigliare nuovo, ecc.). Anche la disponibilità di cibo, evidentemente, ha un ruolo importante in questo meccanismo, ma non tanto come “produttore” della crescita, bensì come elemento che eventualmente permette di sostenerla. Qualcosa del genere accadde in Europa nei secoli centrali del Medioevo: la crescita della popolazione costrinse il sistema produttivo a rigenerarsi, a produrre più cibo; l’espansione agricola fu la risposta a questa domanda e, per alcuni secoli, il meccanismo funzionò. Più tardi, nel Trecento, sarebbe scoppiata una gravissima crisi, prima economica (carestie), poi sanitaria (malattie e peste), che avrebbe bruscamente interrotto la crescita.
re presenza di piselli e di altri legumi nella dieta degli europei. Massimo Livi Bacci (1936), specialista di demografia storica, sostiene invece che il legame fra alimentazione e demografia può esistere solamente nei fenomeni di breve durata, non in quelli di lun-
go periodo; egli infatti osserva che, al contrario di quanto spesso si pensa, nelle società antiche le fasi di crescita della popolazione sono anche quelle più difficili e piene di tensioni sul piano dell’equilibrio alimentare.
I testi Il primo dei due brani seguenti illustra la tesi dello storico americano Lynn White Jr (1907-1987), che, in maniera meccanica e un po’ semplicistica, collega lo sviluppo demografico del Medioevo al miglioramento del regime alimentare, in particolare alla maggio-
La discussione storiografica Cibo e demografia: una relazione da chiarire
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La rotazione triennale e i miglioramenti della nutrizione Lynn White Jr
Il sistema di rotazione triennale è stato definito [da Charles Parain] «la più grande novità agricola del Medioevo nell’Europa occidentale». [Attraverso l’introduzione della semina primaverile, esso consentì di produrre più avena e di aumentare il numero e la forza dei cavalli, che, nell’Europa del nord, fecero crescere la produttività dei lavori agricoli.][…] Ma anche gli uomini subirono l’influenza delle nuove risorse di cibo. In aggiunta all’avena e all’orzo, la semina primaverile era abitualmente composta di legumi. […] Nella rotazione triennale la semina autunnale era in gran parte di carboidrati [cereali], ma quella primaverile aveva un gran numero di proteine vegetali. Alla fine dell’XI secolo, queste ultime erano diventate non meno importanti dei cereali, come è indicato dal lamento di Orderico Vitale sulla terribile siccità che colpì la Normandia e la Francia nell’estate del 1094, e seccò «le messi e i legumi» (segetes et legumina). […] Le conoscenze recentemente acquisite nel campo dell’ali-
mentazione ci consentono dunque di guardare più a fondo nella dinamica del basso Medioevo. Mentre i legumi disponibili nell’Europa medievale non erano, da soli, in grado di fornire la serie completa degli amminoacidi biologicamente necessari, per una fortunata coincidenza le piccole quantità di proteine che si trovano nei cereali comuni erano l’esatto complemento dietetico a quelle che si trovano nei legumi, e particolarmente nei piselli di campo. Non è soltanto la nuova quantità di cibo prodotto dal miglioramento dei metodi agricoli, ma è anche il nuovo tipo di cibo che permette di spiegare, almeno per l’Europa settentrionale, l’inizio dell’espansione demografica, il crescere e il moltiplicarsi delle città, l’incremento della produzione industriale, il diffondersi del commercio, il nuovo senso della vita che animava quell’epoca. Dal X secolo in poi il Medioevo fu straripante d’energia. L. White Jr, Tecnica e società nel Medioevo, Milano 1967, pp. 117-119
Popolazione e alimentazione Massimo Livi Bacci
La tesi che vede nella disponibilità di risorse alimentari la principale forza traente, o frenante, della crescita demografica ha sempre avuto notevole fortuna. Del resto questa tesi è potentemente sostenuta dal senso comune: […] nell’uomo, come negli animali, la denutrizione è indissolubilmente associata con deperimento e malattia così come l’abbondante e variata disponibilità di cibo è alla base della resistenza e della buona salute. Il fattore alimentare diviene, allora, il fattore esplicativo “forte” dei grandi cicli demografici europei. […] Questo saggio affronta il tema delle interdipendenze tra alimentazione, sopravvivenza e popolazione, e l’ipotesi alimentare viene sottoposta a verifica, cercando prove e indizi nei muniti campi della biologia e dell’epidemiologia come della storia economica e di quella sociale. I risultati sono complessi; nel breve periodo l’influenza negativa di penurie e carestie (in congiunzione con fiammate epidemiche) sulla popolazione è ben provata, benché le maggiori crisi di mortalità fossero per lo più provocate da epidemie disgiunte da fatti alimentari. Nel lungo periodo, tuttavia, non emerge nessuna relazione tra livelli di alimentazione e sviluppo demografico. Tre sono le ragioni principali di questa mancata verifica della “ipotesi alimentare”. La prima è contingente, e riguarda la insufficiente conoscenza empirica dei fatti demografici da un lato e della storia dell’alimentazione dall’altro. […] La seconda ragione, come la terza, investe la sostanza dell’ipotesi alimentare; gli indizi disponibili, per incerti che siano, fanno ritenere che almeno nei tempi di normalità il livello alimentare fosse sufficiente a una buona sopravvivenza, e che esistesse scarsa o nulla rispondenza tra livello
o modo di alimentazione e livello di mortalità. […] La terza ragione, infine, va ricercata soprattutto nel biologico, o nel biologico-sociale; le popolazioni posseggono un notevole grado di adattabilità allo stress nutritivo […] che permette di attenuare (non certo di cancellare) l’antagonismo tra penuria alimentare e sopravvivenza umana. […] Il freno repressivo costituito dalla penuria di risorse alimentari agisce, ma in maniera assai debole e quasi esclusivamente in connessione con gravi carestie. In Europa, i periodi di bassa pressione demografica sono periodi di tenore di vita più comodo, di accresciuto potere d’acquisto dei salari, di alimentazione più ricca. […] I periodi di espansione demografica sono tali anche per una mortalità più bassa o comunque non più alta del normale, ma coincidono con periodi di tensioni alimentari e di diminuito tenore di vita. […] [Dunque] l’andamento della mortalità risulta in larga misura scisso dal livello delle risorse alimentari disponibili. Perché? La risposta sta nel ruolo preminente delle malattie infettive ed epidemiche nel determinare il livello generale di mortalità e nel fatto che la loro azione fu svincolata dal livello di alimentazione. […] La mortalità si configura, per queste ragioni, come fenomeno largamente autonomo rispetto al sistema di relazioni tra popolazione e risorse. […] L’espansione demografica nel XIII, come nel XVI o nel XVIII secolo avvenne sotto il segno di una forte tensione tra popolazione e risorse e di una espansione della domanda di alimenti faticosamente soddisfatta anche mediante un’espansione delle terre coltivate. M. Livi Bacci, Popolazione e alimentazione, Bologna 1987, pp. 8-9, 160-161
Modulo 3
Poteri civili e religiosi Poteri civili
religiosi Medioev Capitolo 11
Il consolidamento delle monarchie europee nel XIII secolo
Uno degli aspetti fondamentali della storia europea nel XIII secolo fu il rafforzamento degli Stati monarchici. Questo fenomeno interessò principalmente i paesi in cui già nel secolo precedente si erano faticosamente costruiti dei regni su base feudale, ossia la Francia, l’Inghilterra e la penisola iberica. Parallelamente all’affermarsi degli Stati monarchici si avviarono a tramontare le idee universalistiche di potere, legate all’Impero e al Papato, e iniziarono ad affermarsi nuove realtà politiche attraverso le assemblee rappresentative che per la prima volta inclusero le borghesie cittadine.
Capitolo 12
Il Regno di Sicilia tra Svevi, Angioini e Aragonesi
Fra i regni europei, quello di Sicilia (che comprendeva anche l’Italia meridionale), fondato dai Normanni nel XII secolo, ebbe una vita particolarmente movimentata, passando nel giro di poco più di un secolo a tre nuove dinastie, provenienti da diversi paesi d’Europa: gli Svevi dalla Germania, gli Angioini dalla Francia e gli Aragonesi dalla Spagna. Il passaggio dal dominio normanno a quello svevo avvenne con il matrimonio tra l’imperatore Enrico VI e Costanza d’Altavilla. Il Regno di Sicilia toccò il massimo del suo sviluppo con il loro unico erede, Federico II. Alla sua morte e dopo una lunga guerra, il controllo dell’isola passò nelle mani degli Aragonesi, il resto dell’Italia meridionale agli Angioini.
linel e Medioevo i nel vo Capitolo 13
Lo Stato della Chiesa
Papato, eresie, ordini mendicanti
Il consolidamento delle monarchie europee che si verificò nell’Europa del Duecento trovò riscontro anche nell’organizzazione dello Stato pontificio, che proprio allora assunse, in maniera definitiva, il carattere di monarchia assoluta che avrebbe mantenuto nei secoli e che tuttora lo contraddistingue sul piano istituzionale. Si può anzi affermare che, in qualche modo, l’accentramento del potere all’interno dello Stato pontificio costituì per le altre monarchie europee un modello da seguire. Tuttavia, lo scontro che si verificò con la Corona di Francia fu determinante per il declino del potere papale, la cui sede fu spostata da Roma ad Avignone.
Capitolo 14
Le città-Stato dell’Italia comunale Fra XII e XIII secolo i Comuni dell’Italia centro-settentrionale, usciti vittoriosi dallo scontro con gli imperatori svevi, consolidarono la loro autonomia politica e la capacità di presa sul territorio, costituendo un sistema complesso di città-Stato, fra loro indipendenti anche se collegate da un intreccio di rapporti politici ed economici. Col tempo, alcune di queste città riuscirono ad allargare il raggio d’azione e ad affermare il proprio potere sulle città vicine: oltre a Venezia e Genova, le più ricche e potenti Repubbliche marinare, emersero Milano e Firenze. Le vicende di queste due città sono interessanti da confrontare perché evidenziano due modelli diversi di sviluppo della società cittadina e delle istituzioni comunali.
Modulo 3 Poteri civili e religiosi nel Medioevo
11 Il consolidamento
Capitolo
118
delle monarchie europee nel XIII secolo
Percorso breve Nel XIII secolo le monarchie europee si rafforzarono su tre linee principali: l’espansione territoriale, la trasformazione dell’esercito (che si basò sempre più sulle milizie di professione, liberando i re dalla dipendenza dai propri vassalli), la riorganizzazione del sistema fiscale (affidato a funzionari stipendiati direttamente dal re). Disponendo in questo modo di maggiori entrate, i sovrani poterono mantenere al proprio servizio eserciti numerosi che a loro volta consentirono di attuare una politica di conquiste territoriali. In Francia, Luigi VIII e Luigi IX estesero la loro autorità nelle regioni meridionali (Linguadoca). Luigi IX appoggiò la conquista del Regno di Sicilia da parte del fratello Carlo d’Angiò. Filippo IV il Bello, agli inizi del Trecento, affermò il potere del re anche sulla Chiesa, scontrandosi con il papa Bonifacio VIII e riuscendo infine a trasferire il Papato ad Avignone. In Inghilterra, Edoardo I annesse alla corona il Regno di Galles e invase il Regno di Scozia, estendendo il suo dominio sull’intera isola. Nella penisola iberica, i re di Castiglia inglobarono il Regno di León ed estesero il loro potere nelle grandi pianure fino al sud, riducendo il Regno musulmano al solo territorio di Granada. Il Regno d’Aragona si allargò sulla fascia mediterranea inglobando i Regni di Murcia e di Valencia, e le isole Baleari. Nel 1281 Pietro III intervenne in Sicilia contro Carlo d’Angiò e nel 1302 si vide riconosciuto il potere sull’isola. In questo stesso periodo in Inghilterra, in Francia e nella penisola iberica presero forma e si affermarono
La consacrazione di Luigi IX, XIII sec. [Bibliothèque Nationale, Parigi]
delle nuove realtà politiche e istituzionali, che miravano a controbilanciare il potere monarchico: le assemblee rappresentative, costituite da alcuni membri della nobiltà, del clero e della borghesia. A seconda dei paesi dove si svilupparono esse presero il nome di “Parlamenti”, “Stati generali” e “Cortes”.
Capitolo 11 Il consolidamento delle monarchie europee nel XIII secolo
119
11.1 Dai regni feudali alle monarchie duecentesche
Lo
Si rafforzano le monarchie Nel corso del XII secolo alcuni sovrani europei erano riusciti a costruire una solida base per il loro potere, utilizzando in maniera sistematica lo strumento dei rapporti feudali [ 4]. Nel XIII secolo queste monarchie si consolidarono, attraverso percorsi diversi che, tuttavia, si caratterizzarono per alcuni aspetti comuni, tra loro strettamente collegati: l’espansione territoriale, la trasformazione dell’esercito, la riorganizzazione del sistema fiscale.
REGNO D’INGHILTERR
DUC NORM
Conquiste, eserciti, fisco In primo luogo, i re cercarono di ridurre sotto il proprio diretto dominio territori che formalmente facevano parte del regno ma che, di fatto, erano controllati dai signori locali; inoltre cercarono di conquistare nuovi territori, per ampliare i confini del regno. Questa politica di espansione fu strettamente collegata alla trasformazione degli eserciti, in cui assunsero un ruolo crescente le milizie mercenarie, cioè quelle composte da professionisti della guerra che offrivano i loro servizi a chi li pagava. Esse gradualmente sostituirono gli eserciti feudali, costituiti dai vassalli legati al re da un vincolo di fedeltà: in tal modo i re si resero più indipendenti dalla volontà dei signori locali, ma ebbero bisogno di più denaro per reclutare l’esercito. Proprio il crescente costo delle spedizioni militari fu tra le cause che spinsero i sovrani a riorganizzare il fisco, introducendo nuove forme di prelievo fiscale, organizzando una complessa rete amministrativa e rafforzando gli apparati dei funzionari statali. Il rafforzamento delle monarchie rese più delicati i rapporti fra il re e la nobiltà. In alcuni casi ciò portò a conflitti fra le due parti, in altri casi a compromessi.
DUCAT O DI BRETAGNA
La Parola
CONTEA D’ANGIÒ
fisco
REGNO DI CASTIGLIA
REGNO DI NA VARRA
R O P E I M
La Francia del XIII sec. Le conquiste territoriali In Francia, il rafforzamento dei poteri monarchici già avviato da Filippo II Augusto (1180-1223) dopo la vittoria a Bouvines [ 4.3] fu continuato dai All’avvento di Filippo VI suoi successori, il figlio Luigi VIII (1223-26) e il nipote Luigi IX (1226-70). Domìni diretti del re di Francia L’espansione territoriale del regno riguardò anzitutto le regioni meridionali del paFeudi della Corona di Francia ese, la cosiddetta Linguadoca, che aveva sempre mantenuto una forte autonomia. Feudi del re d’Inghilterra L’azione fu intrapresa, prima da Filippo Augusto e poi Londra da Luigi VIII, anche con giustificazioni di tipo religioso, DUC AT O REGNO CONTEA DI ovvero la lotta contro i càtari [ 13.2], dichiarati eretici da D’INGHILTERRA DI FIANDRA BRABANTE papa Innocenzo III (1198-1216) ma sostenuti dal conte di CONTEA D’ARTOIS Tournai Tolosa Raimondo (1156-1222) e da altri signori della regione. Per vent’anni il sud della Francia fu teatro di sconRouen tri violentissimi, ai quali i due re della dinastia dei CapeReims DUCATO DI CONTEA tingi [ 4.3] presero parte in prima persona, incrociando NORMANDIA Parigi DI il progetto politico di estendere il potere monarchico al CHAMPAGNE DUCAT O DI Rennes Langres Luxeuil desiderio papale di controllare la cristianità. BRETAGNA Orléans DUC ATO DI Digione Le conquiste continuarono durante il lungo regno di CONTEA BORGOGN A D’ANGIÒ Tours Luigi IX, detto poi il Santo, che ebbe un ruolo decisivo Bourges DICONTEA CONTEA NEVERS Poitiers DI nel rafforzamento del potere monarchico. Le tappe princiDUC AT O BORGOGNA A E RS T DI BORBONE CONTEA N pali di questo percorso furono l’acquisizione definitiva dei E C O O IT I DELLA P OCEANO MARCHE Clermont DI Lione domini “francesi” dei Plantagenéti re d’Inghilterra [ 4.2] e Angoulême ATLANTICO la conquista del Regno di Sicilia operata dal fratello Carlo Perigueux CONTEA DEL d’Angiò (re di Sicilia dal 1266 al 1285, 12.5). Bordeaux R O M A N O
G E R M A N I C O
EA C O N T EZ R D I FO
DUCAT O DI GUIENNA
Cahors
LINGU ADOCA
CONTEA D'ARMAGNAC
REGNO DI NA VARRA
N BÉA R
REGNO DI CASTIGLIA
BIGORRE
REGNO D’ARAGONA
VALENTINATO
Rodez
Tolosa Narbona
CONTEA DEL ROSSIGLIONE
Montpellier
CONTEA DI PROVENZA (Angiò)
Aix
N BÉA R
“Fisco” è un termine latino, fiscum, che in origine significaNT CO O va ‘cestello’ o ‘cassa’, OCEANO cioè un P I D tipo di contenitore. Per estenATLANTICO sione fu usato, già nel Medioevo, per indicare in particolare Bordeaux le ‘casse dello Stato’, cioè le finanze pubbliche, costituite dai contributi (tasse, imposte, peD daggi) pagati a vario titolo dai sudditi o dai cittadini.
11.2 Il Regno di Francia
L’amministrazione dello Stato Luigi IX proseguì inoltre la riorganizzazione amministrativa dello Stato e promosse una serie di “inchieste” per registrare gli abusi fatti dai funzionari pubblici a danno dei sudditi, e risarcire chi li aveva subiti. In questo modo egli consolidò il controllo regio sull’apparato statale e definì in maniera più sistematica
Rennes
R D’AR
120
Modulo 3 Poteri civili e religiosi nel Medioevo i ruoli e le funzioni dei principali organi di governo: al Consiglio del re, costituito da un gruppo di grandi vassalli e borghesi, spettava il compito di coadiuvare il re nelle sue decisioni politiche; alla Corte dei conti erano affidate le questioni di carattere finanziario; infine, al Parlamento (composto da membri della nobiltà e del clero) competeva l’applicazione e l’amministrazione della giustizia. Allo stesso tempo Luigi IX riuscì a rafforzare il prestigio, impregnato di connotazioni ideologiche e religiose, di cui godeva tra i suoi sudditi, che lo ritenevano addirittura capace di guarire i malati con il solo tocco delle mani. Spinto da una profonda e tormentata religiosità, Luigi IX promosse anche due crociate, la settima e l’ottava, in realtà non molto fortunate, e già in vita acquisì fama di santità. Dopo soli 27 anni dalla sua morte venne effettivamente dichiarato santo da papa Bonifacio VIII (1294-1303).
Arnolfo di Cambio, Bonifacio VIII, 1296 [Palazzi Vaticani, Città del Vaticano]
Questo busto raffigura Bonifacio VIII benedicente che, simbolicamente, stringe tra le mani le chiavi del Paradiso. Il pontefice, al secolo Benedetto Caetani, indossa un’alta tiara (il copricapo) e una clamide (il mantello) riccamente decorate mentre i guanti recano un ricamo floreale sul dorso. Bonifacio VIII, agguerrito e capace ecclesiastico, cercò di mantenere un ruolo di rilievo all’interno dello scacchiere politico internazionale.
Lo scontro con il Papato I successori di Luigi IX, Filippo III l’Ardito (127085) e Filippo IV il Bello (1285-1314), trovarono ormai realizzato il progetto di costruire in Francia un solido potere regio e operarono in una realtà in rapido mutamento, contrassegnata dal declino del potere imperiale. Soprattutto Filippo IV cercò di inserirsi in questo vuoto, contrapponendosi in modo risoluto a papa Bonifacio VIII (1294-1303) e rivendicando il controllo del re sulla Chiesa, così come qualche tempo prima avevano fatto gli imperatori. Lo scontro col pontefice riguardò, in particolare, la volontà del re di sottoporre a tassazione anche i beni e le rendite ecclesiastiche, tradizionalmente esenti da imposizioni fiscali, i cui proventi potevano essere utilmente sfruttati per pagare le ingenti spese di mantenimento per i soldati dell’esercito e i funzionari amministrativi. Gli Stati generali e la sconfitta del papa Per rafforzare la sua politica antipapale Filippo IV convocò nel 1302, e per la prima volta nella storia della Francia, l’assemblea dei rappresentati della nobiltà, del clero e della borghesia cittadina: gli Stati generali, che
I tempi della storia I re taumaturghi «Che dico? Non abbiamo visto il nostro signore, il re Luigi, far uso di un prodigio consuetudinario? Ho veduto con i miei occhi dei malati sofferenti di scrofole nel collo o in altre parti del corpo, accorrere in gran folla per farsi toccare da lui – al quale tocco aggiungeva un segno di croce. Io ero là, vicinissimo a lui, e lo difendevo persino contro la loro importunità. Il re però mostrava verso di essi la sua generosità innata; avvicinandoli con la mano serena, faceva umilmente su di essi il segno della croce. Anche suo padre, Filippo, aveva esercitato con ardore questo stesso potere miracoloso e glorioso; non so quali errori, da lui commessi, glielo fecero perdere». Questo passo del trattato Sulle reliquie dei santi (De sanctorum reliquiis) di Gilberto di Nogent, monaco e teologo francese vissuto tra il 1053 e il 1124, riferisce un prodigio attribuito al re di Francia Luigi VI (110837) e a suo padre Filippo I (1060-1108): la capacità di guarire con il solo tocco delle mani una malattia detta “scrofola”, clas-
sificata oggi come adenite tubercolare, che provoca tumefazioni e fuoruscite di pus nel collo e nelle articolazioni. Anche al re d’Inghilterra, in quel periodo, si cominciarono ad attribuire poteri simili, riferiti alla medesima malattia o talvolta alle manifestazioni epilettiche. I primi sovrani a esercitare in pubblico questa spettacolare facoltà taumaturgica furono Roberto il Pio (996-1031) in Francia, Edoardo il Confessore (1042-66) in Inghilterra. Nei secoli successivi, il “tocco” dei re diventò sempre più famoso e la scrofola cominciò a essere chiamata morbum regis, ‘malattia del re’. Come illustrò Marc Bloch in un celebre libro intitolato I re taumaturghi, pubblicato nel 1924 ma apparso in traduzione italiana solo nel 1973, la comparsa e la diffusione di questa leggenda andarono di pari passo con il consolidamento dei poteri regi, che a poco a poco portarono – come vedremo più avanti – alla costruzione delle prime monarchie “nazionali” europee. Bloch si domandava, alla luce delle moderne cognizioni scientifiche e mediche, se tali guarigioni fossero tecnicamente possibili,
lasciando aperto il dubbio su questo punto (in effetti, la maggior parte delle patologie da scrofola guariscono spontaneamente, senza particolari terapie). Sta di fatto che, secondo le cifre da lui raccolte, il numero di ammalati che si fecero “toccare” dai re e ottennero la guarigione fu imponente: centinaia al giorno, a volte migliaia, registrati nei libri contabili della corte inglese (mentre per la Francia non sono possibili calcoli numerici). I malati venivano da ogni parte d’Europa ma erano soprattutto sudditi dei due regni. Se dunque resta misterioso lo svolgimento pratico di questi rituali, chiarissimo è il loro significato simbolico: al re si riconosceva una natura sacrale ed era direttamente Dio che, per il tramite della loro persona, operava il miracolo. «Il Re ti tocca, Dio ti guarisce» fu la formula che si affermò a partire dal Cinquecento: il rito taumaturgico continuò infatti a essere praticato ben oltre il Medioevo, fino al XVII-XVIII secolo. Fu anche in questo modo che i re francesi e inglesi riuscirono a costruire attorno alla loro persona un vasto consenso popolare.
Capitolo 11 Il consolidamento delle monarchie europee nel XIII secolo
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si schierarono apertamente a favore di Filippo, sostenendo che il potere del re discendeva direttamente da Dio senza che fosse necessaria l’intermediazione del pontefice. Il conflitto assunse quindi forme molto aspre e si risolse con la sconfitta di Bonifacio VIII e l’inizio di un periodo di declino per il Papato, che finì sotto il controllo francese con il trasferimento della sede apostolica da Roma ad Avignone, in Provenza [ 13.5]. In questa occasione il ruolo svolto dall’assemblea degli Stati generali fu centrale ma in realtà l’assemblea (nata in teoria per approvare le disposizioni del sovrano soprattutto in materia di fisco) fu convocata assai di rado e con Filippo IV la Francia si avviò a diventare una monarchia assoluta, caratterizzata dal potere esclusivo e incontrastato dei suoi re. Oltre Manica invece la monarchia inglese assumeva sempre più chiaramente un carattere di tipo parlamentare e costituzionale.
La dinastia dei Capetingi Luigi VI (1108-37)
Luigi VII (1137-80)
Capostipite della dinastia. Conte di Parigi, consolida il proprio potere su tutta la regione attorno alla città.
Pronipote di Capeto. Avvia al processo di unificazione delle contee, ducati e regni in cui era divisa la Francia.
Limita l’autonomia dei signori feudali e introduce l’omaggio ligio. Ex marito di Eleonora d’Aquitania.
Filippo II Augusto (1180-1223) Centralizza l’amministrazione centrale. Trionfa nella battaglia di Bouvines e recupera alla Francia i territori plantageneti.
Luigi VIII (1223-26)
Luigi IX (1226-70)
Filippo IV il Bello (1285-1314)
Carlo IV (1322-28)
Partecipa alla crociata contro i càtari e conquista la Linguadoca.
Rafforza la monarchia e riforma le istituzioni centrali del governo.
Scontro con il Papato e vittoria su Bonifacio VIII. Convoca gli Stati generali. La sede papale si sposta ad Avignone. Fratello di Carlo di Valois, iniziatore della dinastia che succedette ai Capetingi.
Ultimo discendente diretto dei Capetingi. Zio di Edoardo III d’Inghilterra e cugino di Filippo VI di Valois.
11.3 Il Regno d’Inghilterra
Edimbur REGNO DI SCOZIA
Aberdeen
Glasgow
New
Edimburgo Glasgow
DA
Newcastle
MARE Armagh DEL NORD
IR LA N
Armagh
DA
REGNO D’INGHILTERRA
Liverpool Nottingham
Dublino
Cambridge OCEANO Oxford ATLANTICO Cardiff Londra
OCEANO ATLANTICO
L’Inghilterra nella prima metà del XIV sec.
Confine tra Scozia e Inghilterra nel 1344
D’
L
Dublino
G AL LES
La conquista del Galles Il successore di Enrico, Edoardo I (1272-1302), continuò nell’opera di rafforzamento del potere monarchico riorganizzando l’amministrazione e la fiscalità del regno e avviando importanti imprese militari per estendere il suo dominio sull’intera isola. Nel 1285 riuscì ad annettere il Galles, che da allora in poi diventò appannaggio del principe ereditario (che assunse il titolo di “principe di Galles”). Nel 1290 invase il Regno di Scozia, dove era scoppiata una crisi dinastica, e soffocò una ribellione dell’aristocrazia terriera; ma la conquista della regione non fu
REGNO DI SCOZIA
IR LA N
Una monarchia particolare Contrariamente a quanto accadeva in Francia, la monarchia inglese attraversò agli inizi del XIII secolo un periodo di grave difficoltà: la sconfitta subita a Bouvines nel 1214 e la perdita dei possessi oltre Manica [ 4.3] indebolirono la posizione del sovrano, che fu costretto a importanti concessioni nei confronti della nobiltà e delle borghesie cittadine. La Magna Charta Libertatum emanata nel 1215 limitò i poteri del re, soprattutto in materia fiscale, e spinse la monarchia ad assumere un carattere assai particolare, di natura per così dire “contrattuale”, poiché il sovrano era tenuto per legge a tener conto delle richieste e dei diritti dei sudditi, almeno quelli di alta condizione sociale come i nobili e i borghesi.
Bristol Exeter
Canterbury Calais REGNO MANICA DI FRANCIA
Confine tra Scozia e Inghilterra nel 1344
G AL LES
Ugo Capeto (987-996)
Cardi
Br Exeter
122
Modulo 3 Poteri civili e religiosi nel Medioevo coronata da successo. In seguito, attorno a questo episodio gli scozzesi costruirono uno dei miti fondatori della loro identità e della loro indipendenza, rappresentando uno dei protagonisti dell’insurrezione, Willam Wallace (1270-1305) detto Braveheart (‘Cuore impavido’), come eroe nazionale difensore degli scozzesi contro gli invasori.
Memo
Reconquista Con il termine “Reconquista” si fa riferimento al movimento di espansione militare che tra la fine del X secolo e l’inizio del XIV i regni cristiani della penisola iberica intrapresero ai danni delle forze musulmane. Queste, a partire dall’VIII secolo, avevano occupato gran parte del paese ma nel 1212 con la battaglia svoltasi a Las Navas de Tolosa gli arabi furono sconfitti e ridussero i loro domini al solo Regno di Granada.
Rappresentanze in Parlamento Nonostante Edoardo I fosse riuscito a riaffermare il potere monarchico sulla nobiltà egli non cancellò i diritti che nobili e borghesi erano riusciti a conquistare nei decenni precedenti. Anzi, sperando di poter stabilire con loro una collaborazione più vantaggiosa, vi aggiunse nel 1297 uno “statuto” di particolare importanza, con il quale assumeva l’impegno di «non imporre nessuna imposta né contributo straordinario» senza la preventiva approvazione dei rappresentanti della nobiltà, del clero, dei borghesi e degli altri uomini liberi del regno. Con la revisione di Edoardo la Magna Charta ricevette la sua stesura e promulgazione definitiva e poco tempo dopo, nel 1339, alla Camera dei Lord fu affiancata la Camera dei Comuni, l’assemblea della borghesia cittadina e della piccola nobiltà. Il Parlamento inglese risultò quindi composto da due Camere e fu sancito in via definitiva il principio secondo il quale le assemblee rappresentative potevano indirizzare le linee di governo dello Stato. In questo modo l’Inghilterra divenne il primo esempio di Stato parlamentare della storia e la base di quelle forme di governo che troviamo tuttora non solo nel Regno Unito ma anche in altri paesi, fuori e dentro l’Europa.
11.4 I regni della penisola iberica Il Regno di Castiglia e León Dopo la sconfitta dell’esercito musulmano a Las Navas de Tolosa nel 1212 [ 4.5] i regni cristiani della penisola iberica continuarono la loro Reconquista verso sud. I sovrani di Castiglia, in particolare Ferdinando III (1217-52) e Alfonso X (125284), dopo avere definitivamente inglobato il Regno di León (dal 1230 infatti si denominarono “re di Castiglia e di León”) estesero il loro potere nelle grandi pianure interne fino a Cordova e a Siviglia, promuovendo la colonizzazione agricola e l’insediamento di
Aa Documenti Anche il sovrano è sottoposto alla legge. La “Grande Carta delle Libertà” Il 15 giugno 1215 il re d’Inghilterra Giovanni Senza Terra emanò la Magna Charta Libertatum, un documento che garantiva i diritti dell’aristocrazia, della Chiesa e della borghesia di fronte al sovrano. Questi diritti non riguardavano la totalità dei sudditi: nel linguaggio medievale “liber-
A
tà” di fatto significa “privilegio”. Tuttavia, il documento ha una grande importanza perché introduce, per la prima volta, un principio di grande rilievo: i cittadini hanno il diritto di esprimere il loro parere quando sono in causa i loro interessi, e anche il sovrano è tenuto a rispettare le regole che
bbiamo, in primo luogo, accordato a Dio e confermato con la presente Carta, per noi e i nostri eredi in perpetuità, che la Chiesa d’Inghilterra sia libera, abbia integri i suoi diritti e le sue libertà non lese [...]. Abbiamo anche accordato a tutti gli uomini liberi del nostro regno, per noi e per i nostri eredi in perpetuo, tutte le libertà specificate qui sotto [...]. Nessuna imposta sarà stabilita nel nostro Regno se non con il consenso del consiglio del Regno, salvo che in caso di necessità di riscatto della nostra persona, in occasione dell’armatura a cavaliere del nostro figlio maggiore e del matrimonio della nostra figlia maggiore. Nessun uomo libero sarà arrestato, imprigionato, spossessato della sua proprietà, della sua libertà, o libere usanze,
vengono fissate d’accordo con i sudditi. Per questo motivo diversi storici ritengono che la Magna Charta sia da considerare la premessa del costituzionalismo moderno (le “Costituzioni” che indirizzano le linee di governo degli Stati) e degli organismi di rappresentanza (i Parlamenti).
messo fuori legge, esiliato, molestato in nessuna maniera, e noi non metteremo né faremo mettere la mano su lui, se non in virtù di un giudizio legale dei suoi pari e secondo la legge del paese. Tutti i mercanti potranno, se non ne avranno anteriormente ricevuto pubblico divieto, liberamente e in tutta sicurezza uscire dall’Inghilterra e rientrarvi, soggiornarvi e viaggiarvi, sia per terra che per acqua, per comprare e per vendere, seguendo le antiche e buone consuetudini, senza che si possa imporre su loro alcuna esazione indebita, eccettuato in tempo di guerra o qualora essi fossero di una nazione in guerra con noi. da F. Battaglia (a cura di), Le carte dei diritti, Firenze 1945
Capitolo 11 Il consolidamento delle monarchie europee nel XIII secolo
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nuovi villaggi con apposite “carte di franchigia”, che concedevano esenzioni fiscali e altre facilitazioni. In queste regioni, come in tutto il regno, si affermò la grande nobiltà terriera, con cui i re instaurarono un rapporto di reciproco controllo attraverso delle consultazioni periodiche chiamate Cortes, durante le quali si votavano le questioni riguardanti le imposte e i prelievi fiscali. Inizialmente facevano parte delle Cortes solo i rappresentanti del clero e della nobiltà, in seguito furono accolti anche i rappresentanti delle borghesie cittadine. Lo stesso sistema organizzato in Cortes fu applicato anche nel Regno d’Aragona.
Il Regno di Aragona I re d’Aragona rafforzarono le loro posizioni sul Mediterraneo. Giacomo I (1213-76), non a caso detto “il Conquistatore”, strappò ai musulmani le isole Baleari e i Regni di Murcia e di Valencia. La particolare importanza rivestita in questo regno dall’economia commerciale legata ai grandi traffici marittimi spiega l’interesse dei sovrani per un’espansione al di fuori del territorio iberico. Nel 1282, infatti, avanzando pretese di legittima eredità al trono, Pietro III d’Aragona (1276-85) intervenne in Sicilia, approfittando della crisi che si era aperta con la cosiddetta “rivolta del Vespro” contro la politica vessatoria e persecutoria esercitata da Carlo d’Angiò [ 12.5]. Dopo vent’anni di scontri, il potere spagnolo sull’isola fu riconosciuto e nel 1302 fu firmata la pace di Caltabellotta (un piccolo paese in provincia di Agrigento). Negli anni successivi, tra il 1323 e il 1330, gli Aragonesi ampliarono la loro espansione nell’area mediterranea, strappando ai pisani la Sardegna e conquistando anche la Corsica.
L’arrivo di Pietro III in Sicilia [dalla Nuova Cronica, Chig. L. VIII 296; Biblioteca Apostolica Vaticana, Città del Vaticano]
L’espansione aragonese nel Mediterraneo OCEANO ATLANTICO
FRANCIA
PORTOGALLO
CASTIGLIA
NA VARRA
Venezia Genova
Madrid
Ravenna
ARAGONA
Lisbona
CORSICA
Toledo Valencia
BALEARI
Murcia
SARDEGNA
Roma Napoli
GRANADA MAR MEDITERRANEO
SICILIA MALTA
La conquista delle Baleari, della Sicilia e della Sardegna garantì alla corona aragonese il controllo del Mediterraneo occidentale. La Sardegna, concessa in feudo agli Aragonesi nel 1297 da Bonifacio VIII, era da tempo contesa tra pisani e genovesi, che la consideravano una tappa strategica nell’itinerario mediterraneo verso Oriente. La conquista aragonese della Sardegna avvenne in seguito a una lunga ed estenuante guerra contro Genova e Pisa, conclusasi solo nel 1325. Il Regno di Portogallo nel frattempo si era consolidato sulla costa atlantica mentre il Regno musulmano rimase confinato attorno alla città di Granada.
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Modulo 3 Poteri civili e religiosi nel Medioevo
Le vie della cittadinanza
I
La forza delle leggi
documenti legislativi (Costituzioni, regolamenti, diplomi, trattati, ecc.) hanno una duplice natura. Da un lato rispecchiano gli interessi, le forze, i bisogni della società. Dall’altro producono effetti concreti sulla medesima realtà, orientando e condizionando l’azione degli uomini. Sono, in altre parole, sia un punto d’arrivo, sia un punto di partenza. Un esempio può essere la Magna Charta concessa dal re d’Inghilterra Giovanni Senza Terra nel 1215. Essa esprimeva gli interessi della nobiltà e della borghesia, che ottennero dal re di poter partecipare in assemblea alle decisioni di governo, soprattutto in materia fiscale. Col tempo, essa diventò la base giuridica su cui crebbe in Inghilterra una tendenza politica di tipo parlamentare: la Magna Charta esprimeva la tradizione del paese, e al tempo stesso costringeva i sovrani ad accoglierla. Le leggi sono la base della “politica”, una parola derivata dal greco polis che significa ‘città’. Esse infatti servono a stabilire le regole di convivenza all’interno di una comunità: una città-Stato, come quelle della Grecia antica, o un grande paese come quelli che si formano in Europa tra Medioevo ed età moderna. Le leggi sono indispensabili per garantire quella convivenza, e il loro rispetto va a beneficio di tutti: è utile, oltre che obbligatorio. Chi non le osserva è soggetto a sanzioni (multe, incarcerazione, ecc.) da parte della giustizia pubblica. Ma quali leggi si devono rispettare? Oggi la risposta è semplice. Se vivo in Italia, devo rispettare le leggi dello Stato italiano (Codice civile, Codice penale, Codice della strada, ecc.). Questo vale anche per uno straniero che si trova in Italia occasionalmente, per una vacanza, per un lavoro, per una visita agli amici. Le leggi da osservare (che non sono identiche da un paese all’altro) sono quelle del territorio in cui ci si trova. Ma i costumi giuridici cambiano nel tempo. Agli inizi del Medioevo il diritto “personale” spesso si affiancava a quello “territoriale” e in qualche caso prevaleva: per alcune questioni di diritto civile, come il matrimonio, la famiglia, l’eredità, ciascuno era tenuto a osservare la “propria” legge, quella del popolo a cui apparteneva. Il Longobardo seguiva la legge longobarda anche se abitava nel paese dei Franchi; il Franco seguiva la legge franca anche se abitava nel paese dei Longobardi. Poi, a poco a poco, l’idea che
le leggi hanno un valore territoriale diventò più forte e si affermò come “ovvia”. Oggi nessuno la mette più in dubbio. Nella Repubblica italiana esiste una legge fondamentale, che è la Costituzione, sottoscritta dal Parlamento nel 1947 e che contiene i principi generali a cui devono ispirarsi tutte le leggi particolari che via via vengono promulgate. La Costituzione, come dichiara l’ultimo articolo nelle sue
Disposizioni transitorie e finali, «dovrà essere fedelmente osservata come Legge fondamentale della Repubblica da tutti i cittadini e dagli organi dello Stato». Non solo i singoli cittadini, dunque, ma anche gli «organi dello Stato» (il presidente, il governo, il Parlamento, la magistratura) sono vincolati al rispetto di questo testo-base dello Stato, a cui giurano di essere fedeli nel momento in cui prendono servizio. Una seduta del Parlamento inglese [British Museum, Londra]
In questa miniatura è rappresentato, molto probabilmente, re Edoardo I Plantagenéto (1227-1307) durante una seduta del Parlamento. Il re è rappresentato seduto in trono con statura ben più grande degli altri personaggi rappresentati. I nobili e i cavalieri che occupano la parte centrale dell’immagine sono disegnati con dimensioni decisamente piccole a simboleggiare il ruolo di secondo piano che avevano nella vita politica del paese.
La Camera dei deputati del Parlamento italiano Il Parlamento italiano è il corpo legislativo dello Stato, ovvero l’assemblea il cui compito principale è quello di fare le leggi.
Capitolo 11 Il consolidamento delle monarchie europee nel XIII secolo
Sintesi
Il consolidamento delle monarchie europee nel XIII secolo
Dai regni feudali alle monarchie duecentesche A partire dal XIII secolo le monarchie europee si consolidarono. Anzitutto il territorio controllato dal re si estese, sia strappando territori al controllo esercitato dei signori locali, sia attraverso la conquista di nuovi territori. Questa politica si legò alla trasformazione degli eserciti, in cui assunsero un ruolo crescente le truppe mercenarie a scapito degli eserciti feudali. Il costo delle milizie spinse i sovrani a introdurre nuovi prelievi fiscali, tramite una rete di apparati statali e amministrativi. Il rafforzamento della monarchia rese tesi i rapporti con la nobiltà: a volte ciò porto a conflitti, altre volte a compromessi. Il Regno di Francia Il rafforzamento dei poteri monarchici proseguì sotto i regni dei successori di Filippo II. Luigi VIII (1223-26) continuò la conquista della Linguadoca, nel sud della Francia, con violenti scontri in cui al progetto di espansione territoriale si sommava la lotta religiosa contro l’eresia dei catari. Luigi IX (1226-70) continuò le conquiste: acquisì definitivamente i domìni della Corona inglese in terra francese e il fratello Carlo d’Angiò conquistò il Regno di Sicilia. Luigi IX riorganizzò l’amministrazione dello Stato, consolidando il controllo regio e definendo organi di governo con precise funzioni: il Consiglio del re affiancava il re nelle
decisioni politiche, la Corte dei Conti si occupava di questioni finanziarie, il Parlamento applicava e amministrava la giustizia. Infine, il re di Francia rafforzò il suo prestigio, anche con elementi di carattere religioso. Filippo IV il Bello (1285-1314) proseguì il rafforzamento della Corona e, in seguito alla volontà di tassare beni e rendite ecclesiastiche, arrivò a una contrapposizione con il papa Bonifacio VIII. Tale scontro portò alla prima convocazione degli Stati generali, un’assemblea dei rappresentanti di nobiltà, clero e borghesia cittadina, che si schierò a favore del re. Il conflitto terminò con la sconfitta di Bonifacio e il declino progressivo del Papato, che sfociò nel trasferimento della sede apostolica ad Avignone. Il Regno d’Inghilterra All’inizio del XIII secolo il re si trovava in difficoltà, perché per legge doveva tenere conto delle richieste e dei diritti dei nobili e dei borghesi. Sotto il regno di Enrico III (121672) continuò il conflitto tra monarchia e baroni, con la riconferma della Magna Charta e la nascita della Camera dei Lord, un’assemblea composta dai rappresentanti della grande nobiltà e del clero. Con Edoardo I (1272-1302) si ebbe un rafforzamento del potere monarchico e del dominio regio sull’isola tramite imprese militari: fu conquistato il Galles e invasa, ma senza successo, la Scozia. Furono riorganizzati l’ammini-
strazione e il fisco: furono confermati i diritti conquistati da nobili e borghesi, fu promulgata definitivamente la Magna Charta, si sancì il principio della necessità dell’approvazione dei rappresentanti di nobiltà, clero e borghesia per le imposizioni fiscali. Nel 1339 nacque la Camera dei Comuni, assemblea della borghesia cittadina e della piccola nobiltà. L’Inghilterra divenne in questo modo il primo Stato parlamentare della storia. I regni della penisola iberica Il Regno di Castiglia proseguì la sua espansione territoriale (Leon, Cordova, Siviglia) favorendo la colonizzazione e l’insediamento di villaggi agricoli attraverso esenzioni fiscali. Si affermò la grande nobiltà terriera, che aveva un rapporto di controllo reciproco con il re: attraverso le Cortes (consultazioni che si svolgevano periodicamente tra il re e i rappresentanti di chiesa, nobiltà e – in un secondo momento – borghesia cittadina) si votavano tasse e imposte. Il Regno di Aragona con Giacomo I (1213-76) conquistò nuovi territori (Baleari, Murcia, Valencia) importanti per i traffici marittimi. Il successore Pietro III (1276-85) si scontrò con il re di Sicilia Carlo d’Angiò e fece riconoscere il potere degli Aragonesi sull’isola (1302). Ulteriori espansioni territoriali nell’area mediterranea riguardarono Sardegna e Corsica.
Esercizi Comprendere e ordinare 1. Colloca sulla linea del tempo gli eventi elencati in ordine sparso. 1212
1. 2. 3. 4.
1215
1230
1282
1285
prima convocazione in Francia degli Stati generali emanazione della Magna Charta Libertatum nascita della Camera dei Comuni invasione inglese del Galles
1290
1302
5. 6. 7. 8.
1339
sconfitta dell’esercito musulmano a Las Navas de Tolosa invasione inglese del Regno di Scozia il Regno di Castiglia conquista il Regno di León Pietro III d’Aragona interviene in Sicilia contro Carlo d’Angiò
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Modulo 3 Poteri civili e religiosi nel Medioevo
2. Nelle frasi seguenti, indica il giusto completamento.
f. Nel Regno di Castiglia e León le Cortes erano:
a. Gli Stati generali convocati in Francia nel 1302 sostennero che: il re non poteva tassare beni e rendite ecclesiastiche. il potere del re discendeva da Dio e che fosse pertanto necessaria l’intermediazione del papa. il potere del re doveva basarsi sul consenso dell’assemblea. il potere del re discendeva direttamente da Dio senza l’intermediazione del papa. b. Edoardo I d’Inghilterra nel 1297: cancellò i diritti conquistati da nobili e borghesi nei secoli precedenti. non cancellò i diritti conquistati da nobili e borghesi nei secoli precedenti, impegnandosi a non imporre tasse senza il consenso dei rappresentanti degli uomini liberi del regno. non cancellò i diritti conquistati da nobili e borghesi nei secoli precedenti, aggiungendovi l’attribuzione del potere legislativo alle assemblee rappresentative del regno. istituì un nuovo organismo rappresentativo, la Camera dei Comuni.
consultazioni periodiche tra nobiltà e re. consultazioni periodiche tra nobiltà e clero. assemblee cittadine. assemblee tra nobili. g. La pace di Caltabellotta del 1302 riconobbe il potere: degli Angioini sulla Sicilia. degli Svevi sulla Sicilia. degli Aragonesi sulla Sicilia. dei Castigliani sulla Sicilia.
3. Associa alle seguenti parole chiave il significato corretto. mercenari • Stati generali • franchigia • taumaturgo • inchieste • fisco
c. A partire dal XIV secolo, la Francia si avviò a diventare:
Colui che è in grado di compiere atti miracolosi e di guarire malattie Termine usato per indicare le finanze dello Stato e i contributi a esso pagati Assemblea dei rappresentanti di clero, nobiltà e borghesia francesi
una monarchia costituzionale. una monarchia parlamentare. una repubblica. una monarchia assoluta.
Indagine svolta per ottenere una serie di informazioni
d. Gli organi di governo nella Francia di Luigi IX erano: Consiglio del re e Parlamenti. Consiglio del re e Corte dei Conti. Consiglio del re, Corte dei Conti, Parlamenti. Consiglio del re, Corte dei Conti, Stati generali, Parlamenti.
Esenzione straordinaria da un pagamento Professionisti che offrivano i loro servigi dietro pagamento di un compenso
e. A partire dal XIV secolo, l’Inghilterra si avviò a diventare: una monarchia costituzionale. una monarchia parlamentare. una repubblica. una monarchia assoluta.
4. Completa la seguente tabella dal titolo “Gli organismi rappresentativi”.
NOME
RAPPRESENTANZA
FRANCIA
INGHILTERRA
SPAGNA
....................................................................
......................................................................
......................................................................
....................................................................
......................................................................
......................................................................
......................................................................
......................................................................
......................................................................
......................................................................
(lord), ........................................................ .................................................. (comuni)
e poi anche della ................................
......................................................................
FINALITÀ
......................................................................
......................................................................
......................................................................
....................................................................;
......................................................................
convocati raramente
......................................................................
Capitolo 11 Il consolidamento delle monarchie europee nel XIII secolo
5. Disegna, con diversi colori, le acquisizioni territoriali dei due regni spagnoli, di Castiglia e di Aragona. • • • • • • • •
Castiglia Aragona León Regno di Cordova Regno di Siviglia Isole Baleari Regno di Murcia Regno di Valencia
Analizzare e produrre 6. Leggi il documento «Anche il sovrano è sottoposto alla legge. La “Grande Carta delle Libertà”» a p. 122 e poi rispondi alle seguenti domande. 1. Che cosa è la Magna Charta Libertatum e quando fu approvata? 2. Quali diritti erano in essa garantiti? 3. Quale principio fu in essa stabilito per la prima volta? 4. A chi sono riservate le libertà specificate nella Charta? 5. Che cosa fu sancito relativamente alle imposizioni fiscali? 6. Che cosa fu sancito relativamente alle limitazioni della libertà personale? 7. Che cosa fu indicato sulla libertà di movimento dei mercanti?
7. Rispondi alle seguenti domande. 1. Per quale motivo si può affermare che in Inghilterra la monarchia assunse un carattere “contrattuale”? 2. Che cosa era la Camera dei Lord e come nacque? Che dominazione è attestata per essa nel 1242? 3. Come agisce Edoardo I nella riorganizzazione di fisco e amministrazione del regno? 4. Che cosa aggiunse ai diritti già acquisiti da nobili e borghesi nel 1297 il re Edoardo I? 5. Che cosa era la Camera dei Comuni e quando nacque? 6. Che conseguenze ebbe sull’assetto istituzionale del Regno d’Inghilterra la Camera dei Comuni? Sulla base dell’insieme delle informazioni raccolte, scrivi un testo di 12-15 righe dal titolo “Diritti, libertà e rappresentanza nell’Inghilterra del XIII secolo”.
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Modulo 3 Poteri civili e religiosi nel Medioevo
12 Il Regno di Sicilia
Capitolo
128
tra Svevi, Angioini e Aragonesi
Percorso breve Quando la dinastia normanna degli Altavilla si estinse, il trono di Sicilia passò nel 1194 a Enrico VI, figlio dell’imperatore Federico Barbarossa, che aveva sposato l’ultima erede, Costanza. Morti entrambi pochi anni dopo, il regno passò a Federico II, che si insediò a Palermo nel 1208 appena divenuto maggiorenne. Il suo programma fu di riunire i possessi dell’Italia del sud a quelli del nord (aveva infatti ereditato anche il titolo imperiale e le Corone di Germania e d’Italia). A tale progetto si opposero i Comuni e il papa, che sconfissero Federico: questi pertanto si dedicò a costruire nell’Italia meridionale uno Stato forte e centralizzato, elaborando un corpo di leggi (Costituzioni di Melfi, 1231) e facendo di Palermo uno dei maggiori centri politici e culturali d’Europa, in cui si mescolavano funzionari germanici, latini, greci, arabi, ebrei. Per preparare i funzionari di Stato Federico fondò l’Università di Napoli. Dopo la morte dell’imperatore il regno fu occupato da Carlo d’Angiò (1266), fratello del re di Francia, ma nel 1282 scoppiò a Palermo un’insurrezione contro i francesi e Pietro III d’Aragona intervenne reclamando i suoi diretti
Castel del Monte, 1240, Andria (Bari)
ereditari al Regno di Sicilia. Dopo vent’anni di scontri si impadronì della Sicilia (pace di Caltabellotta, 1302) e da quel momento si formarono nell’Italia del sud due regni distinti, detti “Due Sicilie”: quello continentale (con capitale Napoli) retto dagli Angioini, quello siciliano (con capitale Palermo) retto dagli Aragonesi.
DI FRANCI A
Stau Costanza
Capitolo 12 Il Regno di Sicilia tra Svevi, Angioini e Aragonesi
Lione SAVOIA Milano Verona BORGOGNA REGNO Alessandria Cremona Avignone D’ITALIA Bo Parma Genova PROVENZA
12.1 Il Regno svevo-normanno di Sicilia Dai Normanni agli Svevi Qualche anno prima di morire nel corso della terza crociata (1190), l’imperatore Federico I Barbarossa [ 8.5] aveva combinato un lungimirante matrimonio tra suo figlio Enrico VI (1190-97) e l’ultima erede dei regnanti normanni, Costanza d’Altavilla (imperatrice dal 1191 al 1198). In questo modo Enrico, dopo aver ereditato il trono e il titolo imperiale, si inserì nella lotta per la successione al Regno di Sicilia, scoppiata alla morte di Guglielmo II detto “il Buono” (1166-89), nipote di Costanza e ultimo re normanno, morto senza lasciare eredi maschi. Dopo una sanguinosa lotta contro altri pretendenti al regno, sostenuti anche dal Papato, Enrico riuscì a spuntarla e nel 1194 fu incoronato re di Sicilia e di Puglia (che all’epoca comprendeva anche la Calabria, la Lucania e la Campania). I suoi domìni a quel punto si estendevano dalle coste germaniche del Mare del Nord fino a quelle italiane del Mediterraneo, interrotte solamente dai possedimenti dello Stato pontificio.
Orvieto Viterbo Roma
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Impero e Regno di Sicilia al tempo di Federico II
Impero germanico Patrimonio di San Pietro Repubblica di Venezia Regno di Sicilia
Lubecca PRUSSIA
Amburgo
POMERANIA
Brema SASSONIA
REGNO DI POLONIA
Colonia Bouvines FIANDRE
FRANCONIA Magonza Francoforte SLESIA
Waiblingen BOEMIA
SVEVIA REGNO DI FRANCI A
Staufen
MORAVIA Vienna
Costanza BAVIERA
AUSTRIA
REGNO D’UNGHERIA Lione SAVOIA Milano Verona BORGOGNA REGNO Trieste Alessandria Venezia Cremona Avignone D’ITALIA CROAZI A Bologna Genova Parma PROVENZA Ravenna Firenze REGNO Pisa DI SERBIA Perugia Orvieto Viterbo Roma
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Spoleto Teramo Anagni Ceprano Lucera Foggia Capua Bari Napoli Melfi Brindisi Salerno Lecce Taranto Cosenza
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Federico II di Svevia, XIII sec. [dal De arte venandi cum avibus; Biblioteca Apostolica Vaticana, Città del Vaticano]
Impero germanico Patrimonio di San Pietro
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Federico II re di Sicilia Appena tre anni dopo l’incoronazione, però, Enrico morì, all’improvviso e prematuramente. L’anno successivo morì anche Costanza. Erede del regno rimase il loro unico figlio, Federico II, che nel 1198 aveva appena quattro anni. Per garantire al meglio la sua successione, l’imperatrice Costanza aveva affidato la tutela di Federico al pontefice Innocenzo III (1198-1216), in virtù dell’alleanza che i sovrani normanni avevano stretto con il Papato firmando l’accordo di Melfi [ 4.4] e dichiarandosi vassalli. MARE DEL NORD
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Messina Reggio Catania Siracusa
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Modulo 3 Poteri civili e religiosi nel Medioevo Favorito dalla sua funzione di tutore, Innocenzo III assunse un ruolo determinante nello scenario politico internazionale: con grande abilità intervenne nelle questioni dinastiche, sia quelle riguardanti il Regno di Sicilia sia quelle relative all’impero, e favorì Federico nel tentativo di salvaguardare gli interessi della Chiesa e di accrescerne il potere. Nel 1208, appena divenuto maggiorenne (la maggiore età si raggiungeva allora a 14 anni), Federico fu incoronato re di Sicilia, con la solenne promessa fatta a Innocenzo di non unire i territori dell’Italia meridionale con quelli imperiali.
12.2 Il progetto politico di Federico II Il sogno imperiale di Federico II Oltre al Regno di Sicilia, Federico II era infatti riuscito a ottenere anche il titolo imperiale di Germania e d’Italia, grazie all’appoggio di Innocenzo e al successo riportato nella battaglia di Bouvines [ 4.3], che gli permise di primeggiare sui suoi rivali al trono in Germania. Nel 1220 Federico fu incoronato imperatore dal successore di Innocenzo, Onorio III, al quale ribadì la promessa di non unire i suoi domini e assicurò l’organizzazione di una nuova crociata in Terrasanta. La promessa non fu mantenuta. Al contrario, una volta fissata la sua corte a Palermo, Federico si impegnò nell’ambizioso programma politico di unire i possessi dell’Italia del sud con quelli del nord, in modo da formare dallo Ionio alle Alpi un unico Stato, da congiungere ai territori tedeschi. Il programma richiamava gli ideali dell’Impero universale, come ai tempi di Carlo Magno [ 1.1] e di Ottone di Sassonia [ 3.1].
La spada di Federico II, usata nell’investitura imperiale, XIII sec. [Kunsthistorisches Museum, Vienna]
Una strana crociata Quanto alla crociata che aveva promesso di fare, dopo avere a lungo indugiato – al punto da ricevere dal nuovo pontefice Gregorio IX (1227-41) la seconda delle sue tre scomuniche – Federico nel 1228 finalmente partì, ma, anziché combattere gli “infedeli”, preferì seguire le vie diplomatiche accordandosi pacificamente con il sultano d’Egitto, che gli concesse la corona di Gerusalemme. La singolarità di tale comportamento, piuttosto anomalo per la mentalità del tempo, aggravò i già difficili rapporti col Papato.
La dinastia normanna degli Altavilla
Tancredi d’Altavilla (980/990 ca. -1041 ca.)
Guglielmo “Braccio di Ferro” (1010-46)
Roberto “il Guiscardo” (1059-85, fratellastro di Guglielmo)
Ruggero I (1031-1101, fratello di Roberto)
Arriva in Puglia e si mette al servizio dei Bizantini, ottenendo nel 1043 la Contea di Melfi.
Alleato del papa firma l’accordo di Melfi, dichiarandosi vassallo della Chiesa in cambio del titolo di duca di Puglia e Calabria. Con lui inizia il dominio normanno in Italia meridionale.
Sbarca in Sicilia e si inserisce nelle lotte intestine tra i vari nobili saraceni, che dal IX secolo avevano occupato l’isola.
Guglielmo II (1166-89) Ultimo dei re normanni di Sicilia. Sotto di lui fioriscono le arti e il regno gode di un periodo di pace e prosperità.
Guglielmo I (1154-66) Lotta e vince contro i Bizantini per il controllo del Regno di Sicilia e di Puglia.
Costanza (1154-98) Imperatrice dal 1191 al 1198. Sposa Enrico VI, figlio di Federico Barbarossa. Dal loro matrimonio nasce Federico II.
Ruggero II (1130-54, figlio di Ruggero I) Conquista la Sicilia e unifica il regno con i domini normanni nell’Italia del sud. Nel 1130 è incoronato re di Sicilia e di Puglia.
Capitolo 12 Il Regno di Sicilia tra Svevi, Angioini e Aragonesi
131
Federico contro i Comuni del nord Al progetto “italiano” di Federico II (ristabilire il controllo imperiale sulle città del nord) si opposero i Comuni e il Papato: i Comuni videro nella politica dell’imperatore un pericolo per le loro autonomie, base della floridezza economica; il Papato temeva che l’espansione dei possessi svevi finisse per distruggere lo Stato pontificio. Si rinnovò così, come ai tempi del Barbarossa, la lega dei Comuni, alla quale diedero pieno appoggio i papi Gregorio IX (1227-41) e Innocenzo IV (1243-54). Federico II vinse i Comuni a Cortenuova, presso Brescia (1237), e occupò alcuni territori dello Stato pontificio; ma fu poi sconfitto a Vittoria, presso Parma (1248) e poco dopo a Fossalta, presso Bologna. Suo figlio Enzo fu catturato e rimase a lungo prigioniero dei bolognesi.
12.3 La costruzione di uno Stato centralizzato Le Costituzioni di Melfi Venuto meno il progetto “italiano”, Federico II dovette limitare al solo Regno di Sicilia il programma di creare uno Stato con un forte potere centrale, impersonato dal re-imperatore. Nel Regno di Sicilia, infatti, egli piegò a completa obbedienza i baroni e gli altri feudatari, istituendo un corpo di soldati di mestiere al suo servizio e una burocrazia di funzionari, pagati dal sovrano e da lui dipendenti. Strumento giuridico di questa politica di accentramento furono le Costituzioni di Melfi o Liber Augustalis, un corpo di leggi emanate da Federico II nel 1231, per organizzare e dirigere l’intera vita dello Stato. I castelli come base del potere Base della riorganizzazione del regno fu la rivendicazione di tutti i diritti usurpati dai signori locali alla morte di Enrico VI e durante la minore età di Federico. A tal fine egli ordinò la demolizione dei castelli costruiti da privati sulle loro terre e requisì quelli edificati su suolo pubblico. Il riordino della rete castellare e delle guarnigioni militari, con la sua totale subordinazione al potere regio, fu l’aspetto materialmente più visibile del progetto accentratore di Federico, sostenuto inoltre da un efficiente apparato amministrativo e da una rigorosa politica fiscale.
Castello di Lucera [foto del Laboratorio Centro Aerofotografico, Università di Bari]
A Lucera, in Puglia, Federico II deportò dalla Sicilia quei saraceni che lì dimoravano da tempo e che, tra il 1221 e il 1222, avevano dato vita a una grossa rivolta anti imperiale. L’imperatore ebbe la geniale intuizione di sradicare questa popolazione dalla sua terra di adozione (la Sicilia appunto) e di farne la sua guardia personale, risolvendo in questo modo il problema della rivolta in maniera radicale e costringendo i Saraceni a essergli fedeli. A Lucera, la guardia saracena fu alloggiata nell’imponente fortezza a base quadrilatera (nella foto), che fu poi inglobata da Carlo I d’Angiò in una delle più possenti fortezze del regno.
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Modulo 3 Poteri civili e religiosi nel Medioevo Il soffocamento delle autonomie cittadine Inoltre il sovrano ribadì la soggezione delle comunità urbane al governo centrale, già perseguita dai re normanni. Anche l’organizzazione del commercio fu centralizzata e posta sotto il controllo dello Stato, rimpinguando le finanze del regno ma provocando un generale indebolimento dei ceti mercantili. In tal modo nel sud Italia, a differenza che al nord, le autonomie cittadine furono soffocate e i ceti “borghesi” non riuscirono a svilupparsi pienamente.
12.4 Palermo e Napoli capitali della cultura italiana ed europea La Scuola siciliana Durante il regno di Federico II Palermo si affermò come uno dei maggiori centri culturali d’Europa e la corte del re divenne un luogo d’incontro di filosofi, medici, scienziati, artisti. Lo stesso sovrano fu scrittore e poeta, e uomini di grande cultura furono i funzionari a cui egli affidò la direzione politica, come il notaio Jacopo da Lentini (1210-1260) e il cancelliere Pier delle Vigne (1190-1249), esponenti di spicco della cosiddetta Scuola siciliana, la prima scuola poetica della letteratura italiana. Fu in questa prestigiosa e importante scuola di Palermo che scrittori, letterati e poeti usarono per la prima volta la lingua italiana ossia il volgare, parlato dalla popolazione, e non solo il latino, generalmente preferito e utilizzato dalle persone colte. L’Università di Napoli Federico II, inoltre, diede sviluppo alla Scuola medica salernitana, già famosa, e nel 1224 fondò l’Università di Napoli, la prima università nata per iniziativa di un sovrano, allo scopo di diffondere la cultura e di preparare gli specialisti di diritto di amministrazione, da impiegare come funzionari dello Stato. «Desideriamo – così si legge nel decreto di fondazione – che nel nostro regno molti diventino saggi attraverso lo studio. Abbiamo quindi disposto che nella bellissima città di Napoli si insegnino le arti e fioriscano gli studi di ogni disciplina, affinché quelli che sono desiderosi di dottrina trovino nel regno stesso il modo di soddisfare le proprie esigenze, senza essere costretti a intraprendere viaggi alla ricerca del sapere in paesi stranieri». La volontà di Federico II di centralizzare e controllare non solo la vita politica, ma anche quella culturale e professionale del regno emerge anche da un articolo delle Costituzioni di Melfi in cui il sovrano dispone che per l’esercizio della professione medica sia indispensabile ottenere un’autorizzazione regia, concessa solo se si è seguito un corso “ufficiale” presso la Scuola di Salerno.
Aa Documenti Lo Stato centralizzato di Federico II Federico II di Svevia tentò di attuare nell’Italia meridionale (ed effettivamente attuò, nella misura consentita dai tempi) uno Stato fortemente centralizzato, fon-
N
dato su funzionari anziché su vassalli. Espressione di questa sua volontà politica sono le Costituzioni di Melfi (1231), di cui leggiamo alcune disposizioni partico-
on bisogna discutere del giudizio, delle decisioni e delle disposizioni del re. Rientra infatti nella fattispecie del reato di lesa maestà discutere dei suoi giudizi, delle sue azioni, delle sue decisioni e delle sue disposizioni. Il conte, il barone, il cavaliere e chiunque altro avrà mosso pubblica guerra nel regno vedrà confiscati i suoi beni e sarà punito con la morte. Chi poi avrà compiuto rapine o rappresaglie, sia condannato alla perdita di metà di tutti i suoi beni. Proibiamo assolutamente ai prelati, ai conti, ai baroni, ai cavalieri e alle locali comunità di esercitare nelle proprie ter-
1 Le terre pubbliche di spettanza regia.
larmente significative, che mirano a indebolire i poteri locali vietando, fra l’altro, ai nobili di elevare fortificazioni.
re le funzioni di giustizia, e ordiniamo che ci si rivolga invece ai giudici da noi nominati. Proibiamo di erigere d’ora innanzi in località appartenenti al nostro demanio1 edifici dai quali possa essere impedita la difesa o la protezione delle medesime, ovvero il libero ingresso e l’uscita. Nei predetti luoghi, in particolare, vietiamo che d’ora innanzi siano edificate torri da parte di privati cittadini. Riteniamo infatti che a tutti i fedeli sudditi del nostro regno siano sufficienti per tutelarli le opere fatte da noi costruire e, ancor più, la difesa della nostra protezione. dalle Costituzioni di Melfi (Monumenta Germaniæ Historica, Leges, IV, 1)
Capitolo 12 Il Regno di Sicilia tra Svevi, Angioini e Aragonesi L’opera letteraria di Federico II Uomo di grande cultura, Federico II fu anche autore di una celebre opera di ornitologia, dedicata agli uccelli da preda e all’arte della falconeria, intitolata De arte venandi cum avibus (‘L’arte di cacciare con i volatili’). Il re si era impegnato nella redazione di quest’opera sia per interessi di tipo pratico e scientifico, sia per il valore simbolico, di natura politica, che attribuiva alla falconeria. La caccia era infatti, nella cultura medievale, uno dei principali simboli del potere [ 2.4]. La falconeria, in particolare, presupponeva la capacità di addestrare e “governare” uccelli selvatici, come falchi, astori, sparvieri, destinati a ghermire le prede in volo per poi consentire ai loro padroni di catturarle, con l’aiuto di cani, muovendosi a cavallo. Tutto questo appariva a Federico quasi un’immagine del potere regio, che dev’essere capace di “governare” gli uomini non solo con la forza, ma anche con la persuasione.
12.5 Angioini e Aragonesi. Il Regno di Sicilia si divide in due La fine degli Svevi Federico II morì nel 1250 e con la sua scomparsa la potenza degli Svevi nell’Italia meridionale declinò. Nel 1266 il Regno di Sicilia fu conquistato dalle armi di Carlo d’Angiò (1266-85), fratello del re di Francia Luigi IX e conte di Provenza, che su invito del pontefice Clemente IV (1265-68) sbarcò in Italia. Il papa era determinato a bloccare il figlio naturale di Federico II, Manfredi, che si era proclamato re di Sicilia nel 1258 e stava riorganizzando con successo le forze fedeli agli Svevi nel nord dell’Italia. Lo scontro tra Carlo d’Angiò e Manfredi avvenne nel 1266 a Benevento e si concluse con la sconfitta e la morte dell’ultimo erede di Federico II.
L’imperatore con i falconieri, XIII sec. [dal De arte venandi cum avibus; Biblioteca Apostolica Vaticana, Città del Vaticano]
La miniatura rappresenta l’imperatore che fornisce le indicazioni ai suoi falconieri. Il De arte venandi cum avibus a noi pervenuto non è il manoscritto originale che andò perso nel saccheggio del campo imperiale di Vittoria durante l’assedio di Parma del 1247-48. La copia giunta sino a noi fu fatta redigere dal figlio dell’imperatore, re Manfredi, nel 1265.
I tempi della storia Nasce la lingua italiana Per molti secoli in Europa la sola lingua scritta fu quella di Roma, il latino. Solo quattrocento e più anni dopo la caduta dell’Impero romano d’Occidente apparvero le prime forme scritte delle lingue nazionali, che già da tempo erano parlate dalla gente comune. Alcune di esse, come il francese, lo spagnolo e l’italiano, derivavano direttamente dal latino, che fin dal periodo tardo-romano aveva cominciato a modificarsi e a differenziarsi in parlate locali, dette “romanze”, e si era arricchito con l’inserimento di nuovi vocaboli ed espressioni derivate dalle lingue germaniche; queste ultime, a loro volta, avevano subìto l’influenza del latino. I primi documenti scritti franco-tedeschi sono dell’842 (Giuramenti di Strasburgo), il
primo italiano è del 960. In esso si leggono le seguenti parole: «Sao ko kelle terre, per kelle fini que ki contene, trenta anni le possette parte sancti Benedicti». Cioè in italiano moderno: «So che quelle terre, entro quei confini che qui si descrivono, trent’anni le ha tenute in possesso il monastero di San Benedetto». Si tratta di un atto notarile stipulato a Capua, nel quale viene ufficialmente riconosciuto che un certo terreno in contestazione appartiene di diritto al monastero di San Benedetto di Montecassino. Ma già prima del X secolo compaiono attestazioni scritte della lingua volgare italiana: la più antica finora scoperta è l’iscrizione in una catacomba di Roma, attribuita alla prima metà del IX secolo. Vi si legge: «Non dicere ille secrita abbo-
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ce», ossia: «Non dire le cose segrete ad alta voce». In ambito più propriamente letterario, i primi testi scritti in lingua italiana sono quelli della cosiddetta Scuola siciliana, un gruppo di poeti e intellettuali che si raccolsero alla corte di Federico II a Palermo. Fra gli altri si ricordano Jacopo da Lentini (considerato il caposcuola del gruppo oltre che l’inventore della forma poetica del “sonetto”), Pier delle Vigne (che fu notaio alla corte di Federico II, ed ebbe un ruolo importante nella stesura delle Costituzioni di Melfi), Odo e Guido delle Colonne, Rinaldo d’Aquino, Filippo da Messina, Cielo d’Alcamo e molti altri. Lo stesso Federico e suo figlio Enzo composero testi in volgare siciliano.
Modulo 3 Poteri civili e religiosi nel Medioevo La dominazione degli Angiò e il Vespro siciliano Gli Angioini trasferirono la capitale del Regno da Palermo a Napoli, e il loro rapporto con la nobiltà siciliana si incrinò. La sostituzione dei funzionari locali con nuovi personaggi venuti dalla Francia, la politica persecutoria attuata contro i vecchi sostenitori dei sovrani svevi e il fiscalismo eccessivo diffusero un vasto malcontento nell’isola. Nel 1282 scoppiò a Palermo una rivolta contro i francesi, detta “del Vespro” perché, secondo la tradizione, la scintilla che fece scoppiare l’insurrezione anti-angioina sarebbe stata causata da uno scontro avvenuto di sera, appunto all’ora del Vespro (la preghiera serale), tra dei giovani siciliani e dei soldati francesi che avrebbero molestato una gentildonna di Palermo. Ben presto la rivolta si estese a tutta la Sicilia e fu sostenuta dal re Pietro III d’Aragona (1276-85) che, perseguendo una politica di allargamento dell’influenza spagnola nel Mediterraneo [ 11.4], rivendicò diritti al trono di Sicilia, dal momento che aveva sposato la figlia di Manfredi, Costanza (1249-1302). I baroni dell’isola appoggiarono l’intervento di Pietro III e lo incoronarono re di Sicilia nello stesso 1282.
SAVO IA
Treviso
Palazzo Reale, Palermo, Novara Milano Brescia Verona Il Regno IX-XIII sec.
delle Due Sicilie La guerra che ne derivò, fra gli Angioini e gli Aragonesi,
Lodi Cremona Padova fu molto lunga e sanguinosa e si concluse vent’anni dopo, nel 1302, con la pace di Venezia La struttura architettonica ePavia le deMantova PiacenzaCaltabellotta Alessandria Ferrara che sancì la divisione dell’Italia meridionale in due regni distinti, corazioni del Palazzo Reale di Pa- Parma Reggio Bologna ARDIA inlermo manifestanoLOle MBdiverse chiamati Sicilie”: quello continentale, con capitale Napoli, retto dagli AngioModena RO “Due Ravenna M fluenze artistiche derivate dalle diGenova AG insulare, con capitale Palermo, retto dagli Aragonesi. ini; quello verse dominazioni che hanno inLucca Firenze NA Rimini Si spezzò in questo modo l’unità politica e territoriale del Regno di Sicilia, costituita dai teressato la città nel corso di dieci Ancona Pisa Arezzo secoli. La prima edificazione si deve Normanni e consolidata dagli Svevi. Inoltre, nel corso della guerra fra Angioini e AragoS. Gimignano agli Arabi, nel IX secolo; il palazzo Perugia TO ripresero nesi forza le tendenze autonomistiche e i poteri locali dei baroni, che i re norSC Siena venne poi ampliato dai NormanMA AN Spoleto R AII erano riusciti a dominare. Questi poteri autonomi della manni e specialmente Federico A ni che ne fecero una sede amminiDR Orvieto strativa e politica (XII secolo). feudalità locale restarono per moltiIATsecoli un aspetto caratteristico dell’Italia meridionale. ICO R Roma EG CA N PIT La situazione politica italiana CA M O AN PAG D AT tra XIII e XIV sec. I NA A N Bari A P SAVO PU IA Napoli O L Treviso G Novara Milano BresciaI Verona Taranto LIA L U C ANIA REGNO Lodi Cremona Vercelli Padova Venezia Pavia DI Mantova MAR Piacenza Alessandria SARDEGNA Reggio Ferrara TIRRENO Parma Bologna DIA R A B M O L Modena R Ravenna OM MAR Genova AG IONIO Lucca Firenze NA Rimini Ancona Pisa Arezzo Messina S. Gimignano Palermo Perugia TO SC Siena MA AN Spoleto RA REGNO A DR Orvieto DI IAT ICO SICILIA R Roma EG CA N PIT CA M O AN PAG D AT I NA A N Bari A P O PU Napoli LI G Taranto LIA LUC ANIA REGNO DI MAR SARDEGNA TIRRENO
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Comuni autonomi Città sotto una signoria intorno al 1310 Regno di Napoli (Angioini) Stato pontificio Regno di Sicilia (Aragonesi)
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Capitolo 12 Il Regno di Sicilia tra Svevi, Angioini e Aragonesi
Sintesi
Il Regno di Sicilia tra Svevi, Angioini e Aragonesi
Il Regno svevo-normanno di Sicilia Enrico VI, figlio di Federico I Barbarossa e marito di Costanza d’Altavilla (ultima erede dei Normanni che regnavano sulla Sicilia), nel 1190 ereditò il trono e la Corona imperiale e si inserì nella lotta per la successione al Regno di Sicilia. Nel 1194 fu incoronato re di Sicilia, ma morì dopo tre anni. Nel 1198 morì anche Costanza, lasciando il piccolo Federico, di quattro anni, come erede del regno e affidandone la tutela al papa Innocenzo III. Quest’ultimo assunse un ruolo di rilievo nella politica internazionale favorendo Federico II, il quale nel 1208 fu incoronato re di Sicilia, con la promessa solenne fatta al papa di non unire i territori dell’Italia meridionale con i territori imperiali. Il progetto politico di Federico II Federico II possedeva i territori del Regno di Sicilia (che comprendeva anche la Calabria, la Lucania e la Campania) e riuscì a ottenere anche i titoli di re di Germania e Italia, fino a essere incoronato imperatore nel 1220 da papa Onorio III, al quale ribadì l’impegno di non unire i suoi domìni e inoltre promise di organizzare una nuova crociata. Ma l’impegno non fu mantenuto; dopo aver stabilito la corte a Palermo, si attenne al programma politico di unire i suoi possedimenti sulla penisola italiana al fine di creare un unico Stato dallo Ionio alle Alpi fino ai territori tedeschi. Dopo aver temporeggiato, ed essere stato per questo scomunicato, nel 1228 partì per la crociata, ma anziché combattere si accordò con il sultano di Egitto, ottenendo la corona di Gerusalemme. Questo
comportamento anomalo peggiorò i rapporti con il papa. Il progetto di Federico II sull’Italia prevedeva di ristabilire il controllo sulle città del nord; a esso si opposero i Comuni (che si organizzarono nuovamente in una Lega temendo di perdere le proprie autonomie), sostenuti dal papa (che temeva la distruzione dello Stato pontificio). Inizialmente prevalse Federico II, ma infine (1248) fu sconfitto a Vittoria e a Fossalta. La costruzione di uno Stato centralizzato Il progetto di Federico II di creare uno Stato con un forte potere centrale fu così limitato al solo Regno di Sicilia. L’organizzazione statale fu stabilita dalle Costituzioni di Melfi (1231), che sancivano la superiorità del potere regio su quello dei baroni, ottenuta anche per mezzo di milizie e funzionari amministrativi direttamente dipendenti e stipendiati dal sovrano. Si riorganizzò la rete dei castelli e delle guarnigioni militari, subordinandola al re, fu costituito un efficiente apparato amministrativo, fu attuata una politica fiscale rigorosa, fino a porre sotto il controllo dello Stato anche l’organizzazione dei commerci, incrementando le finanze del regno ma indebolendo il ceto mercantile. Palermo e Napoli capitali della cultura italiana ed europea Sotto Federico II Palermo divenne uno dei maggiori centri culturali d’Europa: la corte era un luogo d’incontro per filosofi, medici, scienziati e artisti; i funzionari imperiali erano grandi uomini di cultura e molti di loro furono anche esponenti della Scuola poe-
tica siciliana, che per la prima volta utilizzò l’italiano volgare, anziché il latino, in letteratura e in poesia. Nel 1224 fu fondata l’Università di Napoli, la prima nata per iniziativa diretta di un sovrano, con lo scopo di diffondere la cultura e di formare specialisti di diritto di amministrazione da utilizzare come funzionari statali. Angioini e Aragonesi. Il Regno di Sicilia si divide in due Con la morte di Federico II (1250) iniziò il declino della potenza degli Svevi nell’Italia meridionale. Nel 1258 Manfredi, figlio di Federico, si era proclamato re di Sicilia e stava riorganizzando le forze fedeli agli Svevi. Nel 1266 Carlo d’Angiò (fratello di Luigi IX re di Francia) conquistò la Sicilia sostenuto dal papa, con lo scopo di ostacolare la riaffermazione della potenza sveva. Nel 1266 (battaglia di Benevento) Manfredi fu sconfitto e ucciso, e Carlo d’Angiò divenne re di Sicilia. Gli Angioini trasferirono la capitale a Napoli, la nobiltà siciliana fu progressivamente messa da parte nella gestione del potere e il malcontento crebbe, fino a che nel 1282 esplose a Palermo la rivolta del Vespro, che poi si estese a tutta l’isola e fu sostenuta dal re Pietro III di Aragona (marito di Costanza, figlia di Manfredi) che rivendicava diritti sul trono e potè contare sull’appoggio dei baroni. Dopo un lungo scontro, nel 1302 la pace di Caltabellotta sancì la divisione dell’Italia meridionale in due regni distinti, le “Due Sicilie”: il regno continentale, con capitale Napoli, retto dagli Angioini, e quello insulare, con capitale Palermo, retto dagli Aragonesi.
Esercizi Comprendere e ordinare 1. Colloca sulla linea del tempo gli eventi elencati in ordine sparso. 1194
1. 2. 3. 4. 5.
1198
1208
1224
pace di Caltabellotta Federico II è incoronato re di Sicilia fondazione dell’Università di Napoli rivolta del Vespro a Palermo morte di Costanza d’Altavilla
1231
1248
1250
6. 7. 8. 9. 10.
1266
1282
1302
battaglia di Fossalta battaglia di Benevento Enrico VI è incoronato re di Sicilia morte di Federico II emanazione delle Costituzioni di Melfi
135
136
Modulo 3 Poteri civili e religiosi nel Medioevo
2. Associa alle seguenti parole chiave il significato corretto. lega • castellare • centralizzazione • volgare • falconeria
4. Completa il seguente brano utilizzando i termini che trovi di seguito indicati e inserendo date e nomi mancanti nel testo. sveva • angioina • nobiltà • funzionari • fisco • vespro • baroni • Angioini • Aragonesi • unità • feudalità
Relativo all’insieme dei castelli esistenti su un determinato territorio Lingua effettivamente parlata dal popolo Alleanza tra Comuni per uno scopo comune Tendenza a riunire in un solo potere centrale i poteri periferici Arte di cacciare servendosi di falchi addestrati
3. Indica se le seguenti affermazioni sono vere o false. a. L’alleanza tra Papato e Comuni determinò l’insuccesso della politica “italiana” di Federico II.
V
F
b. Il notaio Jacopo da Lentini fu un funzionario imperiale ma anche un importante scienziato.
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F
c. Subito dopo essere stato incoronato imperatore, Federico II organizzò una crociata in Terrasanta.
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d. Innocenzo III sostenne la nomina imperiale di Federico II per garantire gli interessi della Chiesa.
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F
e. Federico II requisì i castelli costruiti dai privati sulle loro terre.
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f. La centralizzazione dei commerci bloccò lo sviluppo della borghesia nell’Italia meridionale.
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F
g. Nel corso della guerra ventennale tra Angioini e Aragonesi ripresero forza i poteri baronali.
V
F
Nel ………...................................……, dopo la morte di ………............................. nella battaglia di ………......................................……, si estinse la dinastia ………........................................…… . Si insediò sul trono di Sicilia la dinastia ………..................................……, con il sovrano …........…....................................…… d’Angiò. La capitale fu spostata a Napoli e progressivamente diventarono sempre più tesi i rapporti tra la ………............................ siciliana e i nuovi regnanti, per un insieme di cause: i …….......... ........................…… siciliani furono sostituiti da personale di origine francese legato alla nuova dinastia, il peso del ………....................... diventò sempre più oneroso, furono perseguitati coloro che avevano sostenuto gli Svevi. L’esito di queste crescenti tensioni si manifestò nel ………............, quando a ………...............................…… scoppiò la rivolta “del ………..............................”, sostenuta da ………............................ d’Aragona, sostenuto a sua volta dai ………........................................…… dell’isola, che rivendicava diritti ereditari sul regno e intendeva estendere la propria influenza sul Mediterraneo. Dopo una guerra ventennale, nel 1302 si arrivò alla divisione in due regni distinti: uno retto dagli ………..................................................... con capitale ………................................……, l’altro retto dagli ………..................................…… con capitale ………............................................................…… . In questo modo l’………........................................…… del Regno di Sicilia, iniziata dai Normanni e consolidata dagli ……….....................................……, si ruppe, facendo riemergere i poteri della ……….......................................…… locale.
Analizzare e produrre 5. Completa la seguente tabella.
Leggi il documento “Lo Stato centralizzato di Federico II” a p. 132 e rispondi alle domande.
IL REGNO DI FEDERICO II Apparato amministrativo • Funzionari .......................... dal sovrano • elevata ................................. .......................................... (Università di Napoli) Riorganizzazione della rete castellare • Castelli su suolo privato: .......................................................
• Castelli su suolo pubblico: .......................................................
• .......................................... al re
Politica fiscale .................................... dello
Stato
sulle entrate fiscali
Regno di Federico II (1208-50) Progetto politico: creare uno Stato forte e centralizzato
Costituzioni di Melfi ........................................................
che regolano la vita dello Stato
............................
Controllo su città e commerci • Sottoposte al ..................... .....................................................; • ........................................... dei ceti mercantili e borghesi
1. Che cosa si intende per lesa maestà? 2. Quali sanzioni erano previste per chi muovesse pubblica guerra? E per chi compisse rapine? 3. Chi poteva esercitare la giustizia? A chi tale funzione era proibita? 4. Quali edifici non era possibile costruire sulle terre demaniali? 5. Quale era il motivo addotto nel brano per giustificare il precedente divieto?
Aspetti simbolici Trattato di falconeria: Immagine del ....................... .............. del re, che usa sia la forza sia la ragione
Partendo dalle informazioni ricavabili dalla tabella e dal documento, scrivi un testo di almeno 10-12 righe dal titolo “La riorganizzazione statale sotto il regno di Federico II”.
Modulo 3 Poteri civili e religiosi nel Medioevo
13 Lo Stato
Capitolo
137
della Chiesa Papato, eresie, ordini mendicanti
Percorso breve Anche lo Stato pontificio diventò nel Duecento, al tempo di papa Innocenzo III, una monarchia forte e accentrata, che servì da modello per altri regni. L’opera di accentramento riguardò anche la vita religiosa, con una dura repressione dei movimenti ereticali, in particolare il movimento dei càtari o albigesi (diffusi soprattutto nella zona di Albi, nella Francia meridionale). In questo stesso periodo fu fondato il tribunale dell’Inquisizione. Innocenzo III inoltre, per rafforzare con la predicazione e l’apostolato la fede cristiana, favorì lo sviluppo di due nuovi ordini religiosi, i francescani e i domenicani. A differenza del tradizionale ordine benedettino, questi operavano non nelle campagne ma nelle città, a stretto contatto con la popolazione urbana. La potenza temporale del Papato declinò agli inizi del Trecento, quando Bonifacio VIII, dopo aver tentato di riaffermare la
centralità universale del pontefice, si scontrò duramente col re di Francia Filippo IV il Bello, il quale invece sosteneva che il clero dovesse essere sottoposto al re e alle sue leggi. Le ragioni del re infine ebbero la meglio: dopo la morte di Bonifacio, fu eletto papa un cardinale francese e la sede pontificia fu trasferita ad Avignone, dove restò dal 1309 al 1377. Rogo di ebrei, part., 1349 [da Gilles Li Meisis, Chronique; Bibliothèque Royale Albert I, Bruxelles]
Modulo 3 Poteri civili e religiosi nel Medioevo
13.1 Il modello monarchico di Innocenzo III Lo Stato pontificio Il potere temporale del papa, che aveva cominciato a delinearsi fin dall’alto Medioevo, nel corso dei secoli si era progressivamente ampliato e consolidato, allargandosi a gran parte dei territori compresi oggi nelle regioni del Lazio, dell’Umbria, delle Marche e della Romagna. Il potere del pontefice si rafforzò nei secoli XI-XII durante la “lotta per le investiture” [ 3.4] e poi attraverso l’alleanza con i Comuni del centro-nord contro le pretese imperiali [ 8.6]. Gli anni della dominazione degli Svevi segnarono un periodo di crisi per il potere papale: le Marche, Spoleto, Ravenna furono occupate prima da Enrico VI, poi da Federico II. Il timore di essere circondati e sopraffatti dalle forze imperiali era reale, per questo motivo i vari pontefici che in quegli anni si susseguirono tentarono in ogni modo di indebolire il potere di re e imperatori e di rafforzare quello della Chiesa. MAR
Stato della Chiesa nel XIII sec. Lo Stato pontificio, che Innocenzo III volle fortemente centralizzato, era costituito di alcuni principali distretti, indicati in questa carta.
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CAMPAGNA E MARITTIMA
Innocenzo III e il primato della Chiesa Conservare l’integrità dello Stato fu l’obiettivo di papa Innocenzo III (1198-1216), perseguito con grande impegno ed energia. Sotto il suo governo la Chiesa toccò uno dei punti più alti di potenza e di prestigio, riorganizzandosi anche sul piano amministrativo per attuare un maggiore controllo dei territori soggetti. Le forme di governo dello Stato pontificio assunsero, a partire da quell’epoca, un carattere monarchico fortemente accentrato, con una complessa burocrazia e l’istituzione di funzionari locali, che servì da modello per le altre monarchie europee, allora in fase di formazione. Portando alle estreme conseguenze idee già avanzate da Gregorio VII [ 3.4], Innocenzo III teorizzò la supremazia del papa su tutti i regnanti della Terra, paragonando l’autorità pontificia al Sole, che dà la luce, e quella degli altri sovrani alla Luna, che la riceve: «Come Dio, creatore di tutte le cose, pose nel firmamento del cielo due luminari, uno maggiore che illumina di giorno e uno minore che illumina di notte, così nel firmamento della Chiesa universale Egli pose due grandi dignità, una maggiore che presiede alle anime, e una minore che presiede ai corpi. Tali dignità sono l’autorità pontificia e l’autorità regia. E come la Luna riceve la luce dal Sole essendo inferiore per grandezza e qualità, così l’autorità regia deriva lo splendore della propria dignità dall’autorità pontificia».
13.2 L’accentramento religioso e la lotta all’eresia La Parola
eresia Il termine “eresia” deriva dal latino haeresis che significa ‘dottrina’, ‘dogma’, ‘sistema filosofico’ (a sua volta derivato dal greco hàiresis che significa ‘scelta’). Nella tradizione cattolica, la parola fu usata per indicare le dottrine contrastanti con quelle sostenute dalla Chiesa romana.
Contro le eresie L’opera di accentramento svolta da Innocenzo III non si limitò solo all’ambito politico dello Stato pontificio, ma riguardò anche la vita religiosa: si ebbe infatti in questo campo un’azione di stretto controllo delle dissidenze e di dura repressione delle eresie, che in qualche caso tendevano ad assumere anche un significato di opposizione politica. Molti di questi movimenti, attivi soprattutto nel nord dell’Europa e dell’Italia, avevano come punto in comune il forte richiamo alla originaria povertà evangelica e ai più profondi valori cristiani. Questo predicavano sia i patarini [ 3.3] sia i valdesi, seguaci di Pietro Valdo, un mercante francese che nel 1176 aveva distribuito i suoi beni ai bisognosi e aveva iniziato da laico a predicare il ritorno alla povertà apostolica. In particolare, però, Innocenzo III si scagliò contro i cosiddetti albigesi, gruppi di càtari (una setta religiosa dualista, che predicava l’esistenza di due princìpi universali e antagonisti, il Bene e il Male) numerosi soprattutto nella zona di Albi (da cui presero il nome), nella Francia meridionale.
Narbona
Capitolo 13 Lo Stato della Chiesa
139
I movimenti ereticali Cambrai
Patarini (1060-80) Valdesi (1100-1200) Càtari (1200)
Colonia
Parigi Reno
Orléans
Limoges
Loira
Praga
Vienna
Costanza Lione
Garonna
Milano
Albi Tolosa
Ratisbona
Béziers
Avignone
Genova
Po
Venezia
Narbona
Il nome “cataro” derivava dal greco katharòs, ‘puro’: i catari erano infatti ossessionati dall’idea della purezza e della contrapposizione fra Bene e Male, Spirito e Carne. Nella Patarini (1060-80) Francia del sud, dove erano particolarmente numerosi (così come lo erano in Lombardia), Valdesi (1100-1200) Càtari (1200) si diedero una propria organizzazione ecclesiastica, che distingueva i semplici credenti da un ristretto numero di “perfetti”. Questi ultimi seguivano con assoluto rigore la morale catara, astenendosi dai rapporti sessuali e dai cibi animali (da tutto ciò, insomma, che in vario modo aveva a che fare con la “carne”). Nei casi estremi il rifiuto del mondo materiale giungeva fino alla “endura”, ossia il lasciarsi morire di fame per non inquinare il proprio corpo con alcun cibo e non commettere alcuna violenza sulla natura.
La crociata contro i càtari Ciò che più preoccupò la Chiesa furono, però, il rifiuto dei càtari a rispettare alcuni importanti dogmi cattolici, inclusi i sacramenti, e l’opposizione alla guerra e al servizio militare. Inoltre, la fermezza con cui condannarono la corruzione degli ecclesiastici e il potere temporale della Chiesa fu da questa interpretata come una minaccia alla sua autorità. Il catarismo aveva infatti trovato molti sostenitori anche tra i grandi feudatari della nobiltà francese, primo fra tutti Raimondo conte di Tolosa (1156-1222) [ 4.3], che proteggendo la comunità càtara rivendicava anche un proprio ruolo autonomo dal re di Francia. Su sollecitazione del pontefice, che presentò la lotta contro i càtari come una nuova forma di crociata, essi furono attaccati e sterminati da truppe inviate prima dal re Filippo Augusto [ 4.3] e poi da Luigi VIII [ 11.2]. Tristemente famoso restò l’eccidio di Béziers, una città in cui viveva una piccola minoranza di càtari, forse 200 su una popolazione cento volte superiore: nel 1209, poiché gli abitanti di religione cattolica si rifiutavano di consegnare gli eretici e di uscire dalle mura, i crociati massacrarono l’intera popolazione e distrussero la città. Una politica repressiva In questo stesso periodo fu istituito il tribunale dell’Inquisizione, che raccoglieva le denunce e avviava processi contro coloro che erano accusati di eresia, oppure contro libri le cui tesi erano ritenute sospette. Nella veste di inquisitori si segnalarono in particolare i frati domenicani, esperti di dispute teologiche e di questioni dottrinali. Innocenzo III promosse, inoltre, spedizioni militari in Terrasanta e sostenne la quarta crociata, che, per gli interessi politici e commerciali che vi si mescolarono, si fermò sulle terre dell’Impero bizantino senza neppure toccare la Palestina e portò alla creazione dell’Impero latino d’Oriente [ 5.5]. In Spagna, poi, il pontefice incoraggiò la Reconquista, ossia la lotta dei regni cristiani contro i musulmani [ 11.4], ottenendo quel successo che non gli era riuscito in Terrasanta.
Maestro Boucicaut, L’espulsione degli albigesi da Carcassonne nel 1209, XV sec. [British Library, Londra]
Dopo aver subìto orrendi massacri, le comunità di càtari furono cacciate dalle città, non senza essere preventivamente spogliate dei loro beni.
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Modulo 3 Poteri civili e religiosi nel Medioevo
13.3 Due nuovi ordini religiosi: francescani e domenicani Gli ordini mendicanti Allo scopo di rafforzare la fede cristiana con la predicazione e l’apostolato, Innocenzo III favorì lo sviluppo di due nuovi ordini religiosi, i frati francescani e i domenicani, fondati rispettivamente da Francesco d’Assisi (1182-1226) e dallo spagnolo Domenico di Guzmán (1170-1221). Essi furono anche detti “ordini mendicanti” in quanto le regole fissate dai fondatori prevedevano che il sostentamento dei frati avvenisse non con il lavoro e la proprietà della terra (come era caratteristico della tradizione benedettina) bensì tramite le offerte e le elemosine dei fedeli. Questi ordini, sorti in un’epoca di grande fioritura della vita cittadina, si svilupparono e operarono non nell’isolamento di luoghi solitari (come i monasteri benedettini dell’alto Medioevo, insediati nei boschi e nelle campagne) ma a stretto contatto con le popolazioni delle città. Ciò era legato ai profondi cambiamenti avvenuti nella società europea durante il Medioevo: da una civiltà prevalentemente rurale si era passati a una civiltà più fortemente urbanizzata. Modi diversi, stessa fede Pur nelle loro diversità, l’ordine francescano e l’ordine domenicano furono uniti nel compito di evangelizzazione e nella lotta contro le eresie. I francescani operarono soprattutto attraverso l’esempio e l’aiuto, si dedicarono alle opere La Parola
monaci/frati, monasteri/conventi Per sottolineare la diversità dei nuovi ordini religiosi rispetto alla tradizione benedettina, gli storici sono soliti impiegare parole diverse per indicare gli appartenenti alle diverse comunità e i luoghi in cui prese forma la loro esperienza di vita. “Monaco” si usa
Le vie della cittadinanza
solamente per i benedettini, “frate” per i francescani e i domenicani. Analogamente, “monastero” è solo il luogo che ospita una comunità benedettina, mentre per i francescani e i domenicani si usa il termine “convento”.
Libertà di pregare
«Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge», proclama l’articolo 8 della Costituzione italiana. Lo Stato riconosce il cattolicesimo come religione principale, a cui gli Italiani fanno riferimento per tradizione storica e culturale; ma tutte le confessioni sono liberamente praticabili: «Le confessioni religiose diverse dalla cattolica – prosegue l’articolo 8 – hanno diritto di organizzarsi
secondo i propri statuti, in quanto non contrastino con l’ordinamento giuridico italiano». Il solo limite è dunque riconosciuto nell’obbligo di rispettare le leggi dello Stato. L’articolo 19, che riprende la questione dal punto di vista dei diritti del cittadino, ribadisce: «Tutti hanno diritto di professare liberamente la propria fede religiosa in qualsiasi forma, individuale o associata, di farne propaganda e di esercitarne in privato o in pubblico il culto, purché non si tratti di riti contrari al buon costume». Tutto ciò non è ovvio (nulla lo è, nella storia). Secondo la cultura medievale, che legava strettamente fra loro politica e religione, e assegnava ai pubblici governanti anche il compito di vigilare sulla fede degli individui, la repressione di coloro che la Chiesa definiva “eretici” era un dovere; utilizzare contro di loro la Un vescovo scaccia gli eretici, 1235-45 [ms. Harley 1526-27, vol. III, f. 103; British Library, Londra]
violenza, un sacrosanto diritto. Tommaso d’Aquino (1225-1274), il più importante teologo cristiano del Medioevo, scriveva a questo proposito nella Summa Theologiae (‘Sintesi di teologia’): «L’eretico merita di essere non solo separato dalla Chiesa per mezzo della scomunica, ma anche escluso dal mondo con la morte. Infatti è molto più grave corrompere la fede per mezzo della quale si ha la vita dell’anima, che falsare monete con cui si sostenta la vita temporale. E dunque, se gli spacciatori di monete false, come altri malfattori, vengono messi a morte dai principi, molto più giustamente gli eretici possono essere uccisi».
Idee analoghe ritornano nella legislazione civile: «Abbiamo stabilito – si legge nelle Costituzioni di Melfi (1231) dell’imperatore Federico II di Svevia – che il crimine di eresia e di appartenenza a qualsiasi setta, comunque si chiamino i suoi seguaci, sia annoverato tra i delitti contro lo Stato, così come è sancito dalle antiche leggi».
Capitolo 13 Lo Stato della Chiesa
141
di carità e di assistenza (ai poveri, ai malati, ai bisognosi). I domenicani, invece, operarono attraverso la predicazione e si occuparono degli studi di teologia per questo fu affidato a loro il tribunale dell’Inquisizione, in cui era necessario saper interrogare gli imputati, affrontare e dirimere le controversie teologiche e giudicare conoscendo le questioni dottrinali. Importante fu, in particolare, l’opera del teologo domenicano Tommaso d’Aquino (1225-1274), autore della Summa theologiae, in cui furono sistemati e commentati i fondamenti del pensiero cattolico, così come si era evoluto durante i secoli precedenti. Tale fu l’importanza di Francesco d’Assisi e di Domenico di Guzmán per lo sviluppo della vita religiosa, che Dante Alighieri (1265-1321), il maggior poeta italiano del Medioevo, li paragonò alle «due ruote» che sostengono e muovono la Chiesa e al «timoniere» che dirige «la barca di Pietro in alto mar per dritto segno».
13.4 L’eclissi dei poteri universali: il conflitto tra papa Bonifacio VIII e il re di Francia Il giubileo del papa Agli inizi del Trecento la potenza temporale del Papato, come già quella dell’Impero, cominciò a declinare. Rifacendosi alla politica accentratrice di Innocenzo III, il suo successore Bonifacio VIII (papa dal 1294 al 1303) volle affermare la centralità del Papato nel mondo cristiano. Nel 1300 lanciò una clamorosa iniziativa: la proposta di un pellegrinaggio generale a Roma, compensato con l’indulgenza plenaria (cioè la remissione) dei peccati. Tale evento fu chiamato giubileo o “Anno santo” (il primo della storia) e in seguito sarebbe stato regolarmente ripetuto dai pontefici, dapprima ogni 50 anni, poi a intervalli più ravvicinati. L’ultimo giubileo è stato indetto nell’anno 2000 dal papa Giovanni Paolo II (papa dal 1978 al 2005).
La persecuzione delle minoranze religiose (spesso mescolata a interessi politici ed economici) è proseguita ben oltre il Medioevo: le cosiddette “guerre di religione” hanno segnato la storia europea tra XVI e XVII secolo, per non parlare del fatto che in pieno XX secolo gli ebrei e altre minoranze religiose sono state oggetto di un vero genocidio da parte dei nazisti. Solo il pensiero liberale e illuminista, tra XVII e XVIII secolo, ha elaborato in maniera coerente e consapevole l’idea che pregare (nel modo che si ritiene migliore) è un diritto degli individui e delle comunità; e che l’appartenenza religiosa è una scelta, non un dovere. Oggi anche la Chiesa cattolica condanna ufficialmente la repressione delle idee religiose. Il concilio Vaticano II, nel 1965, ha solennemente dichiarato che «la Chiesa esecra, come contraria alla volontà di Cristo, qualsiasi discriminazione tra gli uomini e persecuzione perpetrata per motivi di razza e di colore, di condizione sociale e di religione».
Ebrei arrestati nel ghetto di Varsavia, 1943 [National Archives, Washington]
Giotto, Papa Innocenzo III approva la regola francescana, part., XIII sec. [dal ciclo di affreschi nella Basilica superiore, Assisi]
Innocenzo III, circondato da alti prelati, conferisce la regola dell’ordine a Francesco d’Assisi e ai suoi seguaci. Francesco è rappresentato in ginocchio e con il simbolo della sua santità, l’aureola, che gli circonda il capo. L’ordine francescano fu l’ultimo a ricevere l’approvazione papale prima che il concilio del 1215 proibisse la fondazione di nuovi ordini.
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Modulo 3 Poteri civili e religiosi nel Medioevo L’opposizione del re di Francia Il giubileo voluto da Bonifacio VIII fu un successo: Roma fu invasa da pellegrini provenienti da ogni parte del mondo cristiano e il progetto di supremazia religiosa e politica sostenuto dal papa ne uscì rafforzato. Alla politica di Bonifacio VIII, però, si oppose il re di Francia Filippo IV il Bello [ 11.2] che, sostenendo l’indipendenza del potere regale da quello spirituale, affermò che «all’interno del proprio regno il sovrano è l’autorità massima, a cui tutti debbono obbedienza assoluta, compresi i vescovi e il clero». Nello specifico, Filippo volle sottoporre a tassazione i beni e le rendite ecclesiastiche, che fino a quel momento erano state esentate dai pagamenti per i particolari privilegi di cui godeva la Chiesa in materia fiscale. Lo scontro, dunque, includeva anche affari di natura prettamente economica, oltre che di supremazia politica. La bolla e lo “schiaffo di Anagni” La risposta del pontefice arrivò poco più tardi, nel 1302, quando Bonifacio VIII emanò una bolla (un documento sigillato) intitolata Unam Sanctam, in cui sosteneva la supremazia del pontefice su tutti i sovrani della Terra, illustrata con la teoria delle due spade: «l’autorità si regge su due spade, una spirituale e una temporale, e ambedue appartengono alla Chiesa, con la sola differenza che quella spirituale è usata direttamente dal sacerdote, l’altra dal re, ma secondo la volontà del sacerdote». Il conflitto fra il papa e il re arrivò a momenti di inaudita asprezza, al punto che un gruppo di sostenitori di Filippo il Bello, guidati dai nobili romani Guglielmo di Nogaret (12601314) e Sciarra Colonna (1270-1329), penetrarono il 7 settembre 1303 nella città di Anagni (in provincia di Frosinone), dove si trovava il pontefice, e lo fecero prigioniero. L’umiliazione inflitta in questa occasione al pontefice fu tale che si diffuse la leggenda di uno schiaffo dato al papa, il cosiddetto “schiaffo di Anagni”. Ma anche a prescindere da questo particolare, l’episodio è significativo dell’indebolirsi della figura del pontefice, e inoltre del fatto che ormai, nell’Europa del tempo, il punto di riferimento politico non erano più né gli imperatori né i pontefici, ma i sovrani delle principali monarchie [ 11].
Aa Documenti Fraternità universale: la lezione di Francesco d’Assisi La figura di Francesco d’Assisi ha esercitato ed esercita tuttora una straordinaria suggestione, non solo nell’ambito della cristianità ma anche al di fuori di essa (per esempio nel mondo islamico). Il motivo di ciò sta nel carattere universale del messaggio di Francesco, un messaggio profondamente moderno soprattutto per quanto riguarda il rapporto tra gli uomini e il mondo che li circonda: non più un rapporto di dominio (l’uomo come essere superiore, a cui Dio concede di dominare su tutte le altre creature) ma un rapporto di affetto e di fraternità. Certo, l’uomo è il figlio prediletto di Dio, ma – predica Francesco – tutte le creature gli sono fraternamente vicine, tutti gli animali e
A
le piante, e l’acqua, e il fuoco, e tutto ciò che esiste nel mondo. Dio, secondo Francesco, ha creato l’uomo soprattutto per cantare le lodi della creazione: per farlo, egli deve essere in perfetta armonia con l’universo che lo circonda. L’affetto di Francesco per tutte le creature emerge continuamente dai suoi scritti e dalle sue azioni, così come furono raccontate dai suoi discepoli: la predica agli uccelli, l’amicizia col lupo, e così via. Ma è soprattutto nel celebre Cantico delle creature (detto anche Cantico di frate Sole) che Francesco si dichiara fratello di tutto ciò che esiste attorno a lui: il Sole, la Luna, le stelle, i quattro elementi che secondo la scienza antica e medievale costituivano
ltissimu, onnipotente bon Signore, Tue so’ le laude, la gloria e l’honore et onne benedictione. Ad Te solo, Altissimo, se konfano, et nulu homo ène dignu te mentovare. Laudato sie, mi’ Signore cum tucte le Tue creature, spetialmente messer lo frate Sole, lo qual è iorno, et allumeni noi per lui. Et ellu è bellu e radiante cum grande splendore:
l’universo (Vento/Aria, Acqua, Fuoco, Terra) e tutto ciò che di buono e di bello questi elementi hanno regalato agli uomini: erbe, frutti, fiori; e infine gli uomini, soprattutto se umili e sofferenti. La stessa Morte diviene sorella perché, in questa commovente lode del creato, fa parte della vita e ci prepara a una vita ancora migliore. Il Cantico è il testo più antico della letteratura italiana. Fu scritto di pugno dallo stesso Francesco, nella lingua in cui egli quotidianamente si esprimeva, il volgare umbro. Anche questa scelta “formale” era una scelta di vita, di vicinanza agli uomini e all’ambiente che fisicamente lo circondavano, ai quali voleva parlare e dai quali voleva essere capito.
de Te, Altissimo, porta significatione. Laudato si’, mi Signore, per sora Luna e le stelle: in celu l’ài formate clarite et pretiose et belle. Laudato si’, mi’ Signore, per frate Vento et per aere et nubilo et sereno et onne tempo, per lo quale, a le Tue creature dài sustentamento. Laudato si’, mi’ Signore, per sor Aqua, la quale è molto utile et humile et pretiosa et casta.
Capitolo 13 Lo Stato della Chiesa
13.5 I papi ad Avignone (1309-77) e Cola di Rienzo a Roma La “cattività avignonese” Dopo la morte di Bonifacio VIII e il breve pontificato di Benedetto XI (1303-04), il re di Francia Filippo il Bello ottenne ciò a cui aspirava: sottoporre il pontefice al proprio controllo. Fu infatti eletto papa un cardinale francese, col nome di Clemente V (1305-14), che trasferì la sede papale da Roma ad Avignone, in Provenza (1309) sulle rive del fiume Rodano. La città francese si trovò improvvisamente al centro della vita economica, religiosa e politica di tutta Europa: il grandioso palazzo pontificio fatto costruire per accogliere la Curia ospitava migliaia di persone e un flusso imponente di pellegrini, mercanti e politici affollò le vie della città che da quel momento si ampliò e arricchì enormemente. Qui i papi restarono per quasi settant’anni, periodo che fu poi ricordato come cattività (dal latino captivitas, ‘prigionia’) avignonese. La “repubblica romana” di Cola di Rienzo Decaduta per il venir meno delle attività politiche ed economiche legate alla presenza della corte papale, Roma in quei decenni fu teatro di violenti scontri tra famiglie aristocratiche rivali. Nel 1347 scoppiò una rivolta popolare che portò al governo Cola di Rienzo (1313-1354), un giovane di umili origini convinto che Roma potesse tornare agli splendori dell’età romana ed essere di nuovo la guida morale e politica del paese. Proclamatosi “tribuno della libertà” con lo scopo di affermare in città un nuovo ordine repubblicano, il sogno di Cola, nutrito di memorie classiche, rapidamente svanì quando egli stesso cominciò a dar prova di un carattere violento e dispotico. Costretto ad abbandonare Roma, vi ritornò qualche anno dopo fra l’ostilità generale e infine rimase vittima di una sommossa (1354). Il ritorno del Papato a Roma Ristabilire l’ordine e riportare Roma sotto il controllo del Papato (dislocato ancora ad Avignone) fu l’incarico affidato al cardinale spagnolo
Laudato si’, mi Signore, per frate Focu, per lo quale ennallumini la nocte: ed ello è bello et iocundo et robustoso et forte. Laudato si’, mi’ Signore, per sora nostra matre Terra, la quale ne sustenta et governa, et produce diversi fructi con coloriti flori et herba. Laudato si’, mi Signore, per que li che perdonano per lo Tuo amore et sostengono infirmitate et tribulatione. Beati quelli ke ’l sosterranno in pace, ka da Te, Altissimo, sirano incoronati. Laudato si’ mi Signore, per sora nostra Morte corporale, da la quale nullu homo vivente po’ skappare: guai a quelli ke morrano ne le peccata mortali; beati quelli ke trovarà ne le Tue sanctissime voluntati, ka la morte secunda no ’l farrà male. Laudate et benedicete mi Signore et rengratiate e serviateli cum grande humilitate. Francesco d’Assisi, Cantico delle creature
San Francesco predica agli uccelli, part., XIII sec. [dal ciclo di affreschi nella Basilica inferiore, Assisi]
In questo affresco Francesco d’Assisi predica agli uccelli, ponendo così, sullo stesso piano, uomini e animali in quanto creature di Dio: se uomini e animali sono uguali lo sono ancor più gli uomini di diversi ceti sociali.
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Modulo 3 Poteri civili e religiosi nel Medioevo Benvenuto di Giovanni, Santa Caterina e Gregorio XI, 1480 [Santa Maria della Scala, Siena]
Questo affresco del Quattrocento mostra, nel registro di destra, l’incontro avvenuto tra Caterina da Siena (canonizzata nel 1461) e papa Gregorio XI durante il quale la futura santa cercò di convincere il papa a tornare in Italia. Nel registro di sinistra è rappresentato lo stesso papa che, arrivando a Roma, incontra simbolicamente la santa a dimostrazione dell’importante ruolo che questa aveva avuto nel sollecitare il ritorno della sede papale nella capitale.
I luoghi della storia
Egidio Albornoz (1310-1367), che, nella sua qualità di legato papale, emanò nel 1357 le cosiddette “Costituzioni egidiane”, con cui si riorganizzava il governo cittadino e si regolamentavano i rapporti con i signori locali, costretti a riconoscere l’autorità del pontefice e a dichiararsi suoi “vicari”. In questo modo fu preparato il terreno al ritorno dei papi a Roma, che avvenne nel 1377 con Gregorio XI (1370-78). Nei decenni successivi lo Stato pontificio, che durante l’assenza dei papi si era quasi smembrato in tante signorie locali, si ricostituì nei suoi precedenti domini.
Come il Purgatorio diventò un luogo
In origine, “purgatorio” era un aggettivo e si scriveva con la minuscola. Esso indicava, nella teologia cristiana dei primi secoli, un semplice stato spirituale: “purgare” era la funzione della pena comminata ai peccatori morti in grazia di Dio, i quali, prima di accedere al Paradiso, dovevano espiare la loro colpa in un periodo di attesa, purificandosi in un “fuoco purgatorio” simile a quello dell’Inferno, ma con la fondamentale differenza di essere temporaneo anziché eterno. Come ha messo in luce lo storico francese Jacques Le Goff in uno studio intitolato La nascita del Purgatorio, pubblicato nel 1981 e tradotto in italiano l’anno successivo, fu solamente tra il XII e il XIII secolo che il Purgatorio cominciò a essere pensato e rappresentato come un vero e proprio luogo. Dante, nel XIV secolo, ne codificò definitivamente l’immagine, dedicando a questo luogo, intermedio tra l’Inferno e il Paradiso, la seconda delle tre cantiche della Divina Commedia. Secondo Le Goff tale evoluzione fu favorita dal clima sociale ed economico dei secoli centrali del Medioevo, in particolare dalla diffusione, sempre più ampia con lo sviluppo dei commerci, di “peccatori di mestiere” come i mercanti e i banchieri, che speculavano sul tempo e sul denaro: la Chiesa infatti non ammetteva, almeno su un piano di principio, che fosse lecito prestare denaro a interesse, o praticare un’attività, come quella commerciale, che
consiste nel comprare a meno e vendere a più, “investendo”, per così dire, sul passare del Tempo, che appartiene solo a Dio. Ma questi “peccatori di mestiere” erano sempre più indispensabili alla società: soprattutto per loro fu elaborata, secondo Le Goff, l’idea di un luogo preciso in cui collocarli nell’aldilà in attesa che diventassero pienamente degni del Paradiso. La dottrina del Purgatorio fu definita al concilio di Lione del 1274 e fu più tardi ribadita nei concili di Firenze (1438) e di Trento (1563). Ammettere l’esistenza del Purgatorio comportò alcune conseguenze pratiche, in particolare l’utilità, per i vivi, di intercedere in favore dei defunti, così da abbreviare la loro permanenza nel luogo della purificazione. Fu in rapporto a tale idea che si sviluppò negli ultimi secoli del Medioevo la pratica delle indulgenze, concesse ai defunti dalla Chiesa (intermediaria fra Dio e gli uomini) in cambio di preghiere, pellegrinaggi, offerte e altre “opere” fatte dai vivi. Alla pratica delle indulgenze si lega anche l’istituzione del giubileo, proclamato la prima volta nell’anno 1300 da papa Bonifacio VIII [ 13.4]. La concessione di indulgenze diventò abituale al tempo del Papato di Avignone e assunse, col tempo, un carattere di vera compravendita. Proprio su questo punto scoppiò, nel Cinquecento, il dissidio che poi diede origine alla Riforma protestante [ 28].
Dante e Virgilio nel Purgatorio, XIV sec. [Biblioteca Nazionale, Firenze]
Questa miniatura, proveniente da una copia della Divina Commedia di Dante Alighieri, rappresenta Dante e Virgilio, posti in basso a sinistra, che incontrano Catone, politico e console del II secolo a.C., all’interno del Purgatorio.
Capitolo 13 Lo Stato della Chiesa
Sintesi
Lo Stato della Chiesa Papato, eresie, ordini mendicanti
Il modello monarchico di Innocenzo III A partire dall’alto Medioevo, il Papato consolidò il proprio potere temporale, fino ai secoli XI-XII. Nel periodo dell’affermazione degli Svevi il timore che i pontefici avevano di perdere i domini fu alla base del tentativo di indebolire l’imperatore. Innocenzo III (1198-1216) tentò di accrescere la potenza e il prestigio della Chiesa e di conservare l’integrità dello Stato pontificio, attraverso un’opera di riorganizzazione amministrativa e l’affermazione di una monarchia dal carattere centralizzato, basata su un sistema di funzionari locali che costituì anche un modello per altre monarchie europee. L’accentramento religioso e la lotta all’eresia La politica accentratrice di Innocenzo III riguardò anche l’ambito religioso, con un’azione di controllo del dissenso e di repressione dei movimenti ereticali. Essi avevano a volte un carattere di opposizione anche politica e si richiamavano ai valori della povertà evangelica, come i patarini o i valdesi. Il gruppo che fu maggiormente colpito fu quello degli albigesi, un movimento di càtari localizzati soprattutto nella Francia meridionale, dove i suoi adepti crearono una propria organizzazione ecclesiastica. Furono considerati dalla Chiesa una minaccia, così come l’appoggio che veniva dato loro da alcuni grandi feudatari della nobiltà francese. Per questo, il papa indisse una crociata e i càtari furono sterminati dalle truppe francesi all’inizio del XIII secolo. A questo periodo risale anche l’istituzione del tribunale dell’Inquisizione, che si occupava dei processi contro gli eretici e
nel quale un ruolo di rilievo fu svolto dai frati domenicani, esperti teologi. Innocenzo III sostenne anche la quarta crociata e la Reconquista in Spagna. Due nuovi ordini religiosi: francescani e domenicani Innocenzo III favorì la nascita e lo sviluppo degli “ordini mendicanti” (in quanto si sostenevano con elemosine e offerte dei fedeli), che si prefiggevano di rafforzare la fede cristiana mediante la predicazione e l’apostolato e di lottare contro le eresie. L’ordine francescano, fondato da Francesco d’Assisi (1182-1226) agiva soprattutto in opere di carità e di assistenza ai bisognosi, mentre i domenicani, il cui ordine fu fondato da Domenico di Guzmàn (1170-1221), erano predicatori esperti di questioni teologiche e dottrinali; per questa ragione fu affidato loro il tribunale dell’Inquisizione. All’ordine domenicano apparteneva Tommaso d’Aquino, autore della Summa Theologiae che raccoglieva e commentava i fondamenti del pensiero cattolico. L’eclissi dei poteri universali: il conflitto tra papa Bonifacio VIII e il re di Francia Il papa Bonifacio VIII (1294-1303) agì con lo scopo di riaffermare la centralità del Papato. Nel 1300 propose il giubileo, un pellegrinaggio a Roma che permetteva di ottenere l’indulgenza plenaria, iniziativa che riscosse successo e rafforzò il suo progetto. Il re di Francia Filippo IV il Bello sostenne, in opposizione al disegno papale, l’indipendenza del potere del re da quello del papa, soprattutto attraverso l’idea di tassare i beni e
le rendite ecclesiastiche, fino ad allora esentate dai pagamenti. Con la bolla Unam Sanctam (1302), Bonifacio affermava invece la supremazia del papa su tutte le autorità terrene. Si arrivò così a uno scontro lungo e duro, con episodi clamorosi come quello accaduto nel 1303 ad Anagni, dove il papa fu fatto prigioniero da alcuni sostenitori del re francese (“schiaffo di Anagni”). Questo evento sanciva l’indebolimento della figura del papa e la crescente forza politica dei sovrani delle principali monarchie. I papi ad Avignone (1309-77) e Cola di Rienzo a Roma Dopo la morte di Bonifacio VIII, il progetto di Filippo il Bello di sottoporre il papa al proprio controllo ebbe successo: fu eletto papa Clemente V, un cardinale francese, e la sede papale fu trasferita ad Avignone (1309), inaugurando il periodo della “cattività avignonese” del Papato, che durerà per settanta anni circa. Conseguentemente, per Roma iniziò un periodo di decadenza e di scontri tra famiglie aristocratiche. Nel 1347 una rivolta popolare portò al governo Cola di Rienzo, proclamato “tribuno della libertà”, che intendeva affermare un governo di tipo repubblicano idealmente collegato all’antica Roma ma che assunse un carattere violento e dispotico che portò alla sua uccisione. A partire dal 1357 il cardinale spagnolo Egidio Albornoz, con le “Costituzioni egidiane”, riorganizzò il governo della città, regolando i rapporti con le famiglie nobiliari, che riconobbero l’autorità papale, creando i presupposti per il ritorno dei papi a Roma, che avvenne nel 1377.
Esercizi Comprendere e ordinare 1. Colloca sulla linea del tempo i seguenti eventi. 1198
1. 2. 3. 4.
1209
1300
1302
Bonifacio VIII indice il giubileo a Roma ritorno dei papi a Roma eccidio di Béziers schiaffo di Anagni
1303
1309
5. 6. 7. 8.
1347
1377
inizio del pontificato di Innocenzo III inizio del governo di Cola di Rienzo la sede papale è trasferita ad Avignone viene emanata la bolla Unam Sanctam
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Modulo 3 Poteri civili e religiosi nel Medioevo
2. Associa alle seguenti parole chiave il significato corretto.
3. Nelle seguenti frasi, segna il giusto completamento.
bolla • giubileo • vicario • apostolato • valdesi • temporale • endura • mendicante • cattività
a. Sotto il governo di Innocenzo III il governo dello Stato pontificio: subì alcune perdite territoriali rilevanti. assunse un carattere fortemente accentrato. si rafforzò in seguito alla lotta per le investiture. ottenne alcune rilevanti acquisizioni territoriali.
Seguaci del movimento religioso promosso dal mercante Pietro Valdo Potere esercitato dal papa con funzioni politiche
b. L’ordine dei frati domenicani era un ordine mendicante: con il compito di fornire assistenza ai poveri. con lo scopo esclusivo di processare gli eretici. i cui esponenti erano principalmente esperti teologi. che operava soprattutto in luoghi isolati.
Schiavitù, sottomissione Chi esercita la funzione di rappresentante di un’autorità superiore
c. Per la teoria delle due spade l’autorità temporale è usata: direttamente dal sacerdote. dal re, indipendentemente dalla volontà del sacerdote. direttamente dal re. dal re, conformemente alla volontà del sacerdote.
Persona che vive di elemosina Pellegrinaggio che permette di conseguire l’indulgenza plenaria dai peccati
d. La teoria delle due spade venne sostenuta da:
Documento del papa su questioni riguardanti la Chiesa Opera di promozione e diffusione di una dottrina religiosa
Innocenzo III. Cola di Rienzo.
Bonifacio VIII. Gregorio XI.
e. La “cattività avignonese” del Papato durò: dal 1309 al 1357. dal 1309 al 1367.
Rifiuto di assumere cibo per non contaminare il proprio corpo
dal 1309 al 1377. dal 1309 al 1347.
4. Completa la seguente tabella. INNOCENZO III: IL RAFFORZAMENTO DEL POTERE PAPALE Iniziative sul piano religioso .................................................................................
Innocenzo III (1198-1216)
.................................................................................
.............................................................................................. ..............................................................................................
.................................................................................
Scopo: • conservare ...............................
.................................................................................
...........................................................
.................................................................................
• consolidare .............................
.................................................................................
Iniziative sul piano teologico
...........................................................
Iniziative sul piano istituzionale .............................................................................................. ..............................................................................................
Analizzare e produrre 5. Rispondi alle seguenti domande in un testo di almeno 3 righe. 1. 2. 3. 4. 5.
Quale era il progetto politico di Bonifacio VIII? Perché si ebbe lo scontro tra Bonifacio VIII e Filippo IV il Bello? Che cosa sosteneva la bolla Unam Sanctam? Chi era Clemente V? In che modo si arrivò al ritorno dei papi a Roma?
6. Ieri e oggi Leggi la scheda “Le vie della cittadinanza” alle pp. 140-141. Rispondi poi alle seguenti domande e produci un testo di almeno 10 righe dal titolo “Minoranze religiose a confronto”, evi-
denziando le differenze tra le epoche considerate in rapporto alla mentalità dominante in ciascuna di esse. 1. Che cosa sancisce l’articolo 8 della Costituzione della Repubblica Italiana? E l’articolo 19? 2. Che cosa si affermava nella Summa Theologiae sugli eretici? 3. Che cosa sancivano le Costituzioni di Melfi sugli eretici? 4. In che periodo la libertà di culto è stata considerata un diritto degli individui? 5. Che cosa ha affermato il concilio Vaticano II? 6. Chi erano i càtari? Perché vennero osteggiati dalla Chiesa? 7. Che cosa accadde nel 1209 a Béziers? 8. Che compiti aveva il tribunale dell’Inquisizione?
Modulo 3 Poteri civili e religiosi nel Medioevo
14 Le città-Stato
Capitolo
147
dell’Italia comunale
Percorso breve Dopo la vittoria su Federico Barbarossa e Federico II, i Comuni dell’Italia centro-settentrionale diedero vita a una rete di città-Stato ampiamente autonome. Il governo dei Comuni fra XII e XIII secolo si modificò: al posto dei consoli comparvero i podestà, professionisti della politica – spesso “forestieri”, cioè provenienti da altre città – che venivano assoldati per un anno, o sei mesi, con il compito di amministrare la città, mantenere l’ordine, guidare l’esercito. In molte città i ceti borghesi furono esclusi dalle magistrature e si organizzarono in associazioni parallele al Comune, guidate da un capitano del popolo che si affiancava al podestà. Ciò accadde a Milano, mentre altrove, per esempio a Firenze, si
affermarono i ceti borghesi più ricchi, che a loro volta esclusero la nobiltà dall’esercizio delle principali magistrature. Nonostante tali differenze, la storia di questi centri fu simile per il fatto che, al pari di altre città come Genova o Venezia, nel corso del XIII-XIV secolo esse riuscirono ad affermare la propria supremazia politica e territoriale sulle città minori dei dintorni, ponendo le premesse per la costituzione di più ampi Stati regionali.
Guelfi contro ghibellini, part., XIV sec. [dalla Cronica di Giovanni Villani; Biblioteca Apostolica Vaticana, Città del Vaticano]
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Modulo 3 Poteri civili e religiosi nel Medioevo
14.1 Trasformazioni nel governo dei Comuni Memo
La pace di Costanza Con la pace di Costanza, stipulata nel 1183, Federico Barbarossa concesse ai Comuni italiani di conservare le loro autonomie cittadine, amministrative e militari, mentre i Comuni, da parte loro, riconobbero formalmente l’autorità imperiale [ 8.6]. In realtà, l’accordo rappresentò una vera vittoria per i Comuni, che furono liberi di continuare il loro percorso di indipendenza.
Dai consoli al podestà Dopo la vittoria su Federico Barbarossa e la pace di Costanza, a partire dalla seconda metà del XII secolo in molti Comuni italiani scomparve il collegio dei consoli [ 8.4] e apparve un’altra magistratura, quella del podestà (dal latino potestas, ‘potere’), che riunì in sé i poteri che prima erano stati dei consoli. Eletto con durata temporanea, di solito un anno o anche solo sei mesi, il podestà era spesso scelto al di fuori della città: si pensava che la sua origine forestiera, slegata da vincoli di parentela con la gente del posto, assicurasse una maggiore imparzialità e giustizia e potesse meglio contribuire a mantenere la pace interna, frenando le lotte tra fazioni rivali e i contrasti tra famiglie per motivi di interesse economico e di supremazia sociale. Il podestà era un esperto di legge, itinerante con la sua squadra di collaboratori (notai, giudici, amministratori, a volte anche soldati), che spendeva la propria esperienza ora a servizio di una città, ora di un’altra. Con lui nacque una nuova figura, quella del professionista della politica. Molti di loro provenivano da alcune città (soprattutto Milano, Cremona, Bologna) che si specializzarono nello studio e nella pratica del diritto. I compiti del podestà Il podestà presiedeva il Consiglio comunale, dirigeva i tribunali cittadini, conduceva l’esercito in guerra, era responsabile dell’ordine in città; ad aiutarlo in tutti questi compiti non era solo la “sua” squadra ma anche i Consigli cittadini, destinati ad acquisire un’importanza sempre maggiore. Al termine del proprio incarico, che assumeva con un vero e proprio contratto, il podestà era sottoposto a un processo amministrativo che stabiliva se aveva esercitato correttamente le sue funzioni: solo in caso affermativo gli veniva corrisposto il salario pattuito. Nobili e borghesi Nella maggior parte delle città italiane, la conquista delle autonomie comunali fu opera congiunta dei ceti aristocratici e dei ceti borghesi. Tuttavia il popolo (così era allora chiamato l’insieme dei ceti borghesi: mercanti, banchieri, artigiani) rimase per lungo tempo escluso dalle magistrature, pur essendo cresciuto in ricchezza e prestigio.
Il Palazzo del podestà a San Gimignano, XII sec.
I tempi della storia Società comunale e società feudale L’esperienza dei Comuni è stata diversamente valutata dagli storici. Alcuni li hanno rappresentati come regimi controllati, di fatto, da poche famiglie ricche e potenti; altri li hanno celebrati come luoghi di libertà, come le prime forme di democrazia dell’Occidente medievale: in essi, infatti, il governo ebbe un carattere collegiale e un fondamento elettivo, al contrario di quanto accadeva negli ordinamenti feudali, che non concepivano altra autorità se non quella proveniente dall’alto. In realtà, la contrapposizione fra società comunale e società feudale non è forte come potrebbe sembrare: è del tutto sbagliato pensare che vi sia, nel Medioevo, un “prima” feudale e un “poi” comunale, quasi si trattasse di realtà estranee l’una all’altra, che si succedono nel tempo; le
due realtà infatti si incrociano, interagiscono fra di loro. Basti dire che i Comuni furono talvolta inquadrati nelle strutture feudali: concedendo privilegi alle città e facendosele alleate, il sovrano le legava a sé con un vincolo di vassallaggio. Altre volte erano le stesse città a collegarsi fra loro con un vincolo feudale, che rendeva una città minore vassalla di una maggiore. È indubbio, però, che nelle città comunali maturarono valori umani e sociali nuovi. Contro l’idea nobiliare del privilegio della nascita e del sangue, si affermò il principio che ogni uomo vale per le sue doti personali. La stessa idea della libertà personale, offerta dalle autorità cittadine a tutti coloro che andavano a risiedere stabilmente in città, era di fatto rivoluzionaria: anche se liberare i servi era un’operazione
utile all’economia e alla politica cittadina, affermare che gli uomini per natura sono tutti liberi e uguali – e questo, cinquecento anni prima della Rivoluzione francese e della Dichiarazione dei diritti dell’uomo – non era affatto ovvio né scontato. Non bisogna perciò sottovalutare, al di là delle convenienze pratiche, le motivazioni ideali e religiose di documenti come il famoso Liber Paradisus (‘Libro del Paradiso’) del 25 agosto 1257, con cui il Comune di Bologna rese liberi circa seimila contadini di condizione servile, riscattandoli con denaro pubblico [ Documenti, 8.4]. Le istituzioni comunali ebbero sempre un carattere fortemente “sperimentale”, legato al fatto che erano espressione diretta delle forze sociali presenti in città. Non c’è dunque da stupirsi se, col
Capitolo 14 Le città-Stato dell’Italia comunale
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Nel corso del Duecento attorno a questo problema scoppiarono numerosi conflitti: i privilegi dei nobili, chiamati anche magnati, furono contestati e il “popolo” rivendicò una più ampia partecipazione politica.
Il capitano del popolo I borghesi si organizzarono associandosi nelle cosiddette “società di popolo”, presiedute da un magistrato chiamato capitano del popolo, che operava quasi come un podestà parallelo, in una sorta di Comune parallelo che imitava le strutture del Comune podestarile: anch’egli, come il podestà, era spesso scelto da fuori, anch’egli restava in carica un anno o sei mesi. Nelle città in cui la presenza popolare era più consistente e organizzata (per esempio Firenze, Bologna, Perugia) le istituzioni del “popolo” finirono per diventare il vero centro della vita cittadina, assumendo maggiore importanza politica delle magistrature ufficiali. Nel frattempo anche i nobili si organizzarono, costituendo associazioni chiamate parti (in latino partes, qualcosa di simile alla moderna nozione di partito) attraverso cui si contrastavano le rivendicazioni del “popolo”. La dinamica di queste forze sociali e politiche diede origine, nelle varie città, a vicende assai diverse fra loro.
14.2 Guelfi e ghibellini
Simone Martini, Guidoriccio da Fogliano, 1328
La competizione per il potere Tra il XII e il XIII secolo la vita politica dei Comuni italiani era attraversata da violente tensioni interne, che né le vittorie riportate sugli eserciti imperiali di Federico Barbarossa e di Federico II né i tentativi di pacificazione operati dai vari podestà e capitani del popolo riuscirono a sedare. Le grandi trasformazioni sociali e politiche in atto investirono pienamente il mondo comunale: il boom economico delle attività commerciali e mercantili, il declino del Papato e dell’Impero, l’affermazione dei nuovi ceti borghesi e la resistenza della nobiltà feudale costituirono nel loro insieme una miscela tale da far esplodere la competizione per la conquista del potere cittadino. Guelfi e ghibellini All’interno delle lotte comunali assunsero un ruolo determinante due fazioni contrapposte e antagoniste: quella dei guelfi e quella dei ghibellini. I
passare del tempo, progressivamente si modificarono. Talvolta si attribuirono a qualcuno poteri straordinari; talvolta si prolungò nel tempo la carica di podestà, o di capitano del popolo. A un certo punto (nel XIV secolo) si costituirono regimi più stabili, vere e proprie “signorie” che tendevano a trasmettere il potere in maniera
ereditaria, sovvertendo lo spirito originario dell’esperienza del Comune. Questa esperienza tuttavia lasciò tracce indelebili. In primo luogo, i governi comunali diedero uno straordinario impulso alla costruzione di un apparato burocratico-amministrativo che i successivi regimi ereditarono. Un’altra importante
[Sala del Mappamondo, Palazzo Pubblico, Siena]
In questo affresco senese, il cui protagonista indiscusso è il condottiero Guidoriccio da Fogliano (in primo piano) mentre assedia una città, è ben visibile la contrapposizione tra il potere feudale, simbolicamente rappresentato dal castello (a destra), e l’autonomia cittadina (a sinistra). L’affresco mostra anche le similitudini tra i due poteri: stessa fortificazione esterna, stessa posizione dominante sul territorio circostante, presenza di torri difensive.
conquista che i Comuni lasciarono alle generazioni successive fu la soggezione del contado al governo cittadino, ossia la costruzione di un rapporto organico fra città e campagna. Infine, il Comune rappresentò un modello di partecipazione dei cittadini alla cosa pubblica il cui valore rimase per molto tempo insuperato.
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Modulo 3 Poteri civili e religiosi nel Medioevo termini guelfo e ghibellino, entrati in uso agli inizi del XIII secolo, erano di origine germanica e si diffusero rapidamente in tutta Italia, con diversi significati secondo i luoghi e le epoche. In Germania furono detti guelfi i seguaci della casa di Baviera, che aveva sede nella località di Welfen (da cui “guelfo”), ghibellini erano invece chiamati i seguaci dei duchi di Svevia, che risiedevano nelle località di Weiblingen (da cui “ghibellino”). In Italia, inizialmente, si dissero “guelfi” i sostenitori del Papato e “ghibellini” i sostenitori dell’Impero. Questo significato perdurò a lungo, ma col tempo le due parole furono usate anche in modo più generico, per distinguere le contrapposte rivalità locali.
Liti interne, coordinamenti esterni Capita spesso di pensare al contrasto fra guelfi e ghibellini come espressione di una conflittualità permanente all’interno della società medievale. Questo è senza dubbio vero; tuttavia le due “etichette” furono anche uno strumento che permise di coordinare fra di loro realtà diverse o addirittura estranee, che, trovandosi classificate nell’una o nell’altra parte, riuscirono a superare la dimensione locale e a intrecciare rapporti e interessi di natura più ampia. Quando una parte trionfava, promuoveva l’espulsione dalla città dei nemici di parte avversa, i quali cercavano rifugio e protezione in città amiche. Anche in questo modo si creò fra le città-Stato dell’Italia comunale una regolare rete di rapporti politici.
14.3 Un Comune “nobiliare”: Milano Le ricchezze di Milano Il Comune di Milano, che aveva guidato la lotta contro gli imperatori svevi, affermò la sua supremazia nella regione padana e si sviluppò come una delle maggiori città d’Europa.
Aa Documenti Le “Meraviglie di Milano” descritte da Bonvesin da la Riva Bonvesin da la Riva, cronista milanese vissuto fra il XIII e il XIV secolo, ci ha lasciato una dettagliata descrizione della sua città e del circostante contado, ricca di dati statistici, che gli storici ritengono abbastanza fondati nonostante il carattere celebrativo del testo, che, come anche il titolo mette in luce, intende elogiare le “meraviglie di Milano”. Leggiamo alcuni
N
brani di questo testo, particolarmente significativi per suggerire un’idea della società, dell’economia, della vita quotidiana milanese nella seconda metà del Duecento. Il via vai di uomini d’affari è attestato dall’alto numero degli albergatori e dei maniscalchi (addetti alla custodia e alla cura dei cavalli). Si osservi poi il numero straordinariamente alto dei giuristi e dei
ella città e nel contado1 ogni giorno la popolazione aumenta e i fabbricati si estendono. E come non dovrebbe la popolazione aumentare là dove si vive tanto bene? Della popolazione dirò che, secondo un mio calcolo, città e campagna insieme raggiungono le 700.000 persone. Il numero dei combattenti in tempo di guerra è di 40.000 persone capaci di maneggiare la spada o la lancia, e 10.000 cavalli adatti alla guerra. Vivono nella città 120 dottori in legge e più di 1500 notai. I medici, volgarmente detti fisici, sono 28, i chirurghi di varie specialità più di 150. Per la scuola e gli studi, Milano possiede 8 professori, 14 esperti di canto, più di 70 maestri elementari. I copisti sono più di 40, e si guadagnano la vita trascrivendo ogni giorno libri. I forni che cuociono il pane per il pubblico sono 300, mentre altri 100 e più sono riservati ai monaci e ai religiosi. 1 Di Milano.
notai, una presenza che attesta la vivacità della vita cittadina, il bisogno quotidiano di definire contratti, istituire rapporti, dirimere controversie; a questi uomini era inoltre affidata la gestione del Comune e della sua amministrazione, la stesura delle leggi, la giustizia. Sia la vita pubblica, sia quella privata trovavano in queste persone un punto di riferimento fondamentale.
Le botteghe dove si vende al minuto ogni tipo di mercanzia sono più di 1000, i macellai ammontano a più di 440. Oltre 150 sono gli albergatori, 80 i maniscalchi, e questo dà un’idea della frequenza di cavalli e cavalieri. Esistono nella città e nei dintorni 10 ospedali per malati, fra i quali primeggia l’ospedale del Brolio, ricco di cospicui possedimenti, dove si trovano talora più di 500 infermi a letto e più che altrettanti non obbligati a letto. Questo ospedale provvede anche all’allattamento di 350 e più bambini, affidati fin dalla nascita ad apposite balie. Tutti gli infermi poveri, eccettuati i lebbrosi ai quali è destinato un altro ospedale, vi trovano letto, abbondante vitto e affettuose cure. Gli ospedali del contado sono circa 15. Bonvesin da la Riva, Le meraviglie di Milano, a cura di M. Corti, Milano 1974
Capitolo 14 Le città-Stato dell’Italia comunale Sul finire del Duecento, frate Bonvesin da la Riva (12401315) decanta le “Meraviglie di Milano” (così si intitola la sua opera) attribuendo alla città una popolazione di circa 200.000 persone, un numero elevatissimo per quell’epoca, con 12.500 case all’interno delle mura, 200 chiese, più di 1000 botteghe artigiane, 10 ospedali e 150 fattorie con castelli all’interno del contado. Anche se non si può prendere alla lettera il racconto di Bonvesin, che ha un intento palesemente celebrativo, la città dovette realmente attraversare un periodo di grande prosperità. Questa prosperità si fondò su un mercato fiorente (Bonvesin descrive anche la varietà e l’abbondanza della produzione agricola e dei traffici che ne derivavano, Documenti 6.4) e su una molteplicità di attività manifatturiere, fra cui primeggiarono la produzione di lana, sostenuta dai pascoli erbosi della pianura, e la fabbricazione di armi, per la quale si utilizzava il ferro del Bresciano, in particolare della Val Trompia (Prealpi a nord di Brescia).
Aristocratici al potere Lo sviluppo dell’industria e del commercio procurò grande ricchezza e potenza ai ceti borghesi, che, organizzati in due associazioni chiamate “Motta” e “Credenza di Sant’Ambrogio”, acquistarono maggiore influenza nella nomina dei magistrati cittadini e nel governo della città. Tuttavia a Milano i ceti borghesi restarono in posizione subordinata, poiché le cariche di governo furono sempre riservate alla nobiltà. A Milano, come in molte città, la vita interna fu agitata da contrasti e lotte di fazioni e famiglie; emersero nella seconda metà del Duecento le famiglie dei Torriani, di parte guelfa, e dei Visconti, di parte ghibellina. Questi ultimi erano espressione dei ceti aristocratici della città e finirono per prevalere nel governo del Comune, avviando la sua trasformazione in Stato signorile [ 22.2].
I modi della storia
[Sala della Giustizia, Rocca di Angera, Varese]
Precisione borghese
La precisione nella contabilità, nel registrare per iscritto ogni acquisto e ogni vendita, nel tenere memoria di ogni contratto, è un nuovo abito mentale, tipico del borghese, sostanzialmente sconosciuto nella cultura nobiliare dei primi secoli del Medioevo. La diffusione della scrittura nella società cittadina medievale fu particolarmente sollecitata da queste prati-
che di registrazione, che videro nascere tecniche di contabilità come la “partita doppia” (due elenchi paralleli di entrate e di uscite, di spese e di guadagni) divenute poi normali nella gestione economica delle aziende, fino ai giorni nostri. Inoltre, non sono pochi i mercanti che tengono un diario personale, in cui annotano non solo conti e fatture ma anche idee e pensieri.
S
empre quando fai fare alcuna carta1 abbi un tuo libro, e scrivi il dì che si fa e il notaio che la fa e i testimoni, e il perché e con cui2 la fai, sì che, se tu o i tuoi figliuoli n’avessoro bisogno, che la ritruovino. E a fuggire molti casi e pericoli de’ falsi uomini, sempre si vorrebbe fare compiere3. E tiellati4 ne la cassa tua compiuta5.
È il caso di due mercanti fiorentini del Trecento, Paolo da Certaldo (1320-1370) e Giovanni di Pagolo Morelli (1371-1444), che fra le varie raccomandazioni (rivolte ai figli, che si suppone leggeranno le loro note) insistono proprio sulla necessità di affidarsi allo scritto, di mettere nero su bianco, con precisione, la contabilità di famiglia.
F
a’ che ne’ tuoi libri sia iscritto ciò che tu fai distesamente, e non perdonare mai alla penna6 e datti bene a intendere nel libro; e di questo seguiterà che tu guadagnerai sanza troppo pericolo.
Paolo da Certaldo 1 Documento. 2 Con chi.
Gli scontri tra Visconti e Torriani, XIII sec.
3 È meglio far scrivere sempre una carta. 4 Tienila.
Giovanni di Pagolo Morelli da V. Branca, Mercanti scrittori, Milano 1986 5 Una volta scritta, conservala ben chiusa. 6 Scrivi sempre.
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Modulo 3 Poteri civili e religiosi nel Medioevo
La battaglia di Montaperti, XV sec. [Biblioteca Comunale, Siena]
In questa miniatura i cavalieri senesi, supportati dai ghibellini fiorentini, battono, presso Montaperti, l’esercito dei guelfi fiorentini nel 1260. Nella battaglia un ruolo decisivo ebbero le truppe di re Manfredi che appoggiò i ghibellini.
14.4 Un Comune “borghese”: Firenze Gli affari Nell’Italia centrale il Comune che si avviò a maggiore floridezza e sviluppo fu Firenze. Le basi della sua prosperità economica furono la lavorazione della lana e l’attività bancaria. È stato calcolato che agli inizi del Trecento la produzione dei tessuti di lana raggiungeva annualmente le 100.000 pezze, con le quali si alimentava un commercio d’esportazione ramificato in tutta l’Europa. L’ampiezza delle reti commerciali controllate dai mercanti fiorentini è testimoniata dagli archivi dei mercanti e anche dai loro diari: per esempio, nelle Ricordanze di Matteo di Niccolò Corsini, mercante del XIV secolo, si legge che il 22 aprile 1344 egli partì da Firenze per Londra, dove giunse agli inizi di giugno (si osservi la lunghezza dei viaggi che si facevano a quel tempo). A dicembre Matteo partì dall’Inghilterra con 140 balle di aringhe e si recò a venderle a Bordeaux, in Francia; il primo maggio 1345 era di nuovo a Londra, poi a Bristol per approvvigionarsi di lana: 40 panni li portò a Lisbona in Portogallo, dove giunse il 9 agosto. A gennaio era in Belgio, a Bruges, una delle capitali del traffico commerciale europeo, dove rimase a lungo prima di tornare a Firenze. Le banche Anche le banche fiorentine si erano sviluppate a dimensioni europee: una di esse, la Compagnia dei Bardi, agli inizi del XIV secolo aveva 25 filiali sparse in ogni parte del continente, con un giro di affari altissimo, calcolato a 873.638 fiorini d’oro secondo il bilancio del 1318. Per comprendere il valore di tale cifra, si pensi che in tutta la Francia, qualche decennio dopo, non fu possibile raccogliere più di 400.000 scudi (equivalenti a circa 450.000 fiorini) per riscattare il re che era stato fatto prigioniero dagli inglesi. In quel tempo il fiorino d’oro di Firenze era una delle monete più apprezzate sui mercati internazionali, come oggi il dollaro o l’euro. Un governo di guelfi borghesi A questo sviluppo economico si accompagnò una particolare intraprendenza politica dei ceti borghesi, che, riuniti nelle loro associazioni di mestiere, le Arti [ 8.4], parteciparono alle lotte per il governo a fianco dei nobili di parte guelfa. In queste lotte risultarono vittoriosi dapprima i ghibellini, guidati da Farinata degli Uberti che nel 1260, aiutato da Siena e dal re di Sicilia Manfredi (figlio di Federico II, 12.5), annientò nella battaglia di Montaperti le truppe guelfe. Subito dopo, però,i guelfi , insieme con i borghesi loro alleati, si assicurarono il governo di Firenze. Nel 1293 la direzione della città fu riservata ai ceti borghesi più ricchi, chiamati popolo grasso. Questa affermazione sociale e politica fu conclamata dagli Ordinamenti di Giustizia, un complesso di leggi con le quali si stabiliva che i supremi magistrati cittadini – i priori, presieduti dal Gonfaloniere di Giustizia – dovevano essere designati esclusivamente fra gli appartenenti alle Arti.
Capitolo 14 Le città-Stato dell’Italia comunale
Sintesi
Le città-Stato dell’Italia comunale
Trasformazioni nel governo dei Comuni Dopo la seconda metà del XII secolo, in molti Comuni italiani i consoli furono sostituiti dal podestà, nuova carica riservata a professionisti della politica di origine forestiera. La durata della carica era temporanea, fino al massimo di un anno. Il podestà presiedeva il Consiglio comunale, dirigeva i tribunali, comandava l’esercito, era responsabile dell’ordine pubblico e agiva coadiuvato da collaboratori personali e dai consiglieri cittadini. Al termine del mandato, un processo amministrativo giudicava il suo operato e solo se il giudizio era positivo gli veniva corrisposto il salario pattuito. In molte città italiane il popolo (composto dalla borghesia) rimase escluso dalle magistrature, pur godendo di notevole ricchezza e pur avendo contribuito alla nascita delle autonomie comunali. Per questo motivo si innescarono conflitti interni alla città, che contestavano il potere privilegiato dei magnati (nobili). I borghesi si associarono tra loro nelle “società di popolo” presiedute dal capitano del popolo, una sorta di podestà parallelo. Nelle città in cui il peso del popolo era maggiore, tali istituzioni ebbero importanza anche maggiore di quelle ufficiali. Anche i nobili si associarono tra loro dando vita alle “parti”, per contrastare
i borghesi. L’esito di queste dinamiche sociali fu diverso da città a città. Guelfi e ghibellini Tra XII e XIII secolo crebbero nei Comuni italiani le tensioni interne: la crescita dei commerci, la debolezza di Papato e Impero, l’affermazione della borghesia innescarono la competizione per la conquista del potere cittadino. Emersero due fazioni contrapposte: i guelfi e i ghibellini, rispettivamente sostenitori del Papato e dell’Impero, almeno inizialmente. Tali termini, di origine germanica, furono poi usati per indicare situazioni locali anche diverse tra loro. Un Comune “nobiliare”: Milano Il Comune di Milano si affermò come entità dominante nella regione padana e come uno dei maggiori comuni europei. La sua prosperità era considerevole: vi erano un fiorente mercato e diverse manifatture, tra cui la produzione di lana e la fabbricazione di armi. Le cariche di governo erano riservate sempre alla nobiltà, anche se i ceti borghesi associandosi tra loro acquistarono maggiore influenza nella nomina dei magistrati cittadini. Dalle lotte interne tra fazioni emersero dalla seconda metà del XIII secolo due famiglie: i Torriani (guel-
fi) e i Visconti (ghibellini). Questi ultimi, espressione dell’aristocrazia, emersero nel governo comunale e avviarono la successiva trasformazione della città in Stato signorile. Un Comune “borghese”: Firenze Nell’Italia centrale, il Comune che conseguì il maggiore sviluppo fu Firenze, la cui prosperità economica si basava principalmente sulla lavorazione della lana (che veniva esportata in tutta Europa) e sull’attività delle banche (tra le quali la Compagnia dei Bardi). La moneta fiorentina, il fiorino d’oro, era tra quelle più usate nei mercati internazionali. La borghesia fiorentina assunse iniziative di carattere politico: si organizzò nelle Arti e partecipò alle lotte per il governo accanto ai nobili di parte guelfa. Le lotte registrarono inizialmente una vittoria dei ghibellini, alleati dei senesi (battaglia di Montaperti, 1260); in seguito la vittoria definitiva andò all’alleanza guelfiborghesi, che conquistò il governo della città. Dal 1293 i ceti della borghesia più ricca conseguirono il governo cittadino. Ciò fu sancito dagli Ordinamenti di Giustizia, che stabilirono che i priori, massima carica cittadina, potevano essere scelti solo tra gli appartenenti alle Arti.
Esercizi Comprendere e ordinare 1. Associa le seguenti parole chiave al loro significato corretto.
2. Indica se le seguenti affermazioni sono vere o false.
parti • ghibellino • podestà • magnati • guelfo • Compagnia • Arti
a. Nella maggior parte dei Comuni italiani la conquista dell’autonomia fu opera dei ceti borghesi.
V
F
Cittadini appartenenti alle classi sociali nobiliari più influenti
b. Con il podestà nacque la figura nuova del professionista della politica.
V
F
Sostenitore dell’Impero contro la teocrazia pontificia
c. I podestà erano scelti al di fuori della città, in modo da garantire imparzialità nel governo.
V
F
d. Il termine “guelfo” in origine indicava i sostenitori dei duchi di Svevia.
V
F
e. La battaglia di Montaperti ebbe luogo nel 1266.
V
F
f. A Firenze, a partire dal 1293, la direzione della città fu affidata ai banchieri.
V
F
g. Le basi della prosperità economica di Milano furono la produzione della lana e l’attività bancaria.
V
F
h. Quando una parte trionfava, solitamente i nemici di parte avversa venivano espulsi dalla città.
V
F
i. Con l’espressione “popolo grasso” a Firenze si indicavano i rappresentanti della nobiltà.
V
F
Organizzazioni nate per tutelare gli interessi delle classi borghesi Società costituita a scopi economici o commerciali Organizzazioni con cui i nobili contrastavano le classi borghesi Magistratura unica che esercitava il governo sul Comune Sostenitore della teocrazia pontificia contro gli interessi dell’Impero
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Modulo 3 Poteri civili e religiosi nel Medioevo
3. Completa la seguente tabella sul confronto tra aristocrazia e borghesia in città usando i termini seguenti. artigiani • parti • società • partecipazione • difesa • popolo • banchieri • privilegi • politica • magnati • mercanti • nobili • capitano ARISTOCRAZIA
BORGHESIA
DENOMINAZIONE
.............................................................................................
......................................................................................................
COMPOSIZIONE
.............................................................................................
......................................................................................................
RIVENDICAZIONI
.................................... dei ................................................
maggiore ................................................................................
FORME DI ASSOCIAZIONE E DI ORGANIZZAZIONE
.............................................................................................
...................................... di ........................................., presiedute dal .............................................. del ..............................................
4. Completa la seguente mappa sulla figura del podestà. Podestà
Durata
Provenienza
Competenze e aiutanti
Compiti
Termine dell’incarico
.............................................
................................................
...................................................
................................................
...............................................
............................................
...............................................
..................................................
................................................
..............................................
Analizzare e produrre 5. Completa la seguente tabella usando (anche più volte) le parole riportate e inserendovi anche le parole mancanti. prodotti agricoli • priori • Arti • popolo • banche • associazioni • commercio • lana • ghibellini • guelfi • nobiltà • manifattura • armi • attività • nobili • popolo grasso • lavorazione • produzione
ECONOMIA
SOCIETÀ
ESITO DELLE LOTTE
MILANO
FIRENZE
• ............................ e ............................. di ..................................... • ...................................... della ...................................................... • produzione di ...........................................................................
• ...................................... e ............................................. • ...................................... delle ......................................
• Borghesia riunita in ............................................................. • Cariche di governo: ..............................................................
• Borghesia riunita nelle ...................................................... • Iniziativa politica del ........................................ e lotte interne ...............................................: alleati con Siena e Manfredi ...............................................: alleati con la nobiltà
Emerge la famiglia dei Visconti (...................................... di parte ...............................................)
Al governo ...................................... e ...................................... (principale magistratura) scelti tra .................................. ................................................................. (......................................)
Sulla base delle informazioni raccolte scrivi un testo di almeno 12 righe dal titolo “Due realtà comunali a confronto: Milano e Firenze”, utilizzando la seguente scaletta. – Presupposti delle lotte interne ai Comuni per l’ascesa al potere
– – – –
Dinamiche delle lotte interne e cause delle diverse soluzioni Il caso di Firenze Il caso di Milano Conclusioni
La discussione storiografica
Federico II: «stupore del mondo» o «uomo pieno di malvagità»? F
ederico II di Svevia è uno di quei personaggi storici di fortissima personalità, che hanno lasciato un’impronta formidabile non solo nella storiografia, cioè nella riflessione degli studiosi, ma anche nell’immaginario collettivo. Basta considerare quanti castelli “federiciani”esistono oggi nell’Italia del sud: tante di queste costruzioni appartengono a epoche diverse, sono state innalzate prima dell’età di Federico, o più tardi; ma a molti cittadini (e amministratori pubblici) piace pensarli come opera del grande re e imperatore, nella cui figura si condensano storia, miti, leggende e immagini di grande prestigio. Già i suoi contemporanei – come è ovvio, data la forza e la vastità del suo progetto politico – descrissero Federico II con toni opposti. I suoi sostenitori ne esaltarono la cultura, il mecenatismo, l’ampiezza di visioni e di programmi, e lo chiamarono Stupor mundi, ‘stupore e meraviglia del mondo’. I nemici lo rappresentarono come empio ed eretico, anche per la sua apertura (ereditata dai sovrani normanni) a tutte le culture e a tutte le religioni. Altri gli rimproverarono l’eccessivo fiscalismo. Sostenitore e seguace del re fu Niccolò di Iamsilla (XIII secolo), cronista siciliano, autore di una Storia delle gesta di Federico II imperatore e dei suoi figli Corrado e Manfredi, che lo presenta come principe illuminato, uomo di grande prestigio e cultura: «Al momento dell’avvento al trono di Federico c’erano pochi uomini di lettere nel Regno di Sicilia. Ma l’imperatore istituì scuole di arti liberali e di ogni onorata scienza, attirando dotti da ogni parte del mondo con generosi premi, e istituendo uno stipendio fisso tanto per loro quanto per gli studenti privi di mezzi, a spese del suo proprio
tesoro, affinché gli uomini di qualsiasi condizione non rinunciassero allo studio a causa della povertà. Lui stesso era di grande intelletto, e particolarmente ammirevole nella scienza naturale: compose un libro sulla natura e l’allevamento degli uccelli, in cui appare chiaramente quanto fosse amante del sapere» (Niccolò si riferisce, qui, al trattato di falconeria scritto da Federico II). Del tutto diverso il quadro disegnato da frate Salimbene da Parma (1221-1288), avversario politico dell’imperatore, che nella sua Cronaca lo descrive come nemico della Chiesa, impiegando termini quali “malvagità”, “astuzie”, “raggiri”. Peraltro è da osservare come lo stesso
Salimbene riconosca nel sovrano non poche qualità positive, al punto da suggerire quasi un sentimento di rimpianto: che un uomo di tanto valore fosse stato dalla parte avversa anziché dalla propria. «Mai io vidi – scrive Salimbene – uomo che meglio dell’imperatore Federico II mostrasse qualità di gran principe; egli ne aveva l’apparenza e la sostanza. In battaglia i nemici lo fuggivano come fosse il diavolo. Purtroppo egli fu sempre in discordia con la Chiesa. Non teneva in nessun conto la fede di Dio e viveva da miscredente. Fu uomo astuto, pieno di raggiri e di malvagità. Ma fu anche uomo di valore e il suo buon gusto fu piacevole e raffinato: sapeva leggere, scrive-
Federico II incontra il sultano alle porte di Gerusalemme [Biblioteca Apostolica Vaticana, Città del Vaticano]
In questa miniatura Federico II incontra il sultano alle porte di Gerusalemme. È molto controverso il giudizio su Federico II e sui motivi che lo indussero a partire per la sesta crociata: non è facile stabilire in quale misura l’imperatore nutrisse simpatie per gli “infedeli“ – secondo l’accusa mossagli dal Papato – o se avesse condotto trattative con il semplice scopo di ottenere il massimo risultato con il minimo sforzo.
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Modulo 3 Poteri civili e religiosi nel Medioevo
re, cantare, comporre poesie e canzoni. Sapeva parlare molte lingue diverse. Se fosse stato un buon cattolico, devoto a Dio e alla Chiesa, pochi sovrani come lui si sarebbero trovati nel mondo. Ma tutte le sue buone qualità andarono in fumo, poiché egli perseguitò la Chiesa». Anche la storiografia contemporanea ha dato di Federico II immagini contrastanti, diametralmente opposte. Da un lato, l’imperatore è stato esaltato come un illuminato precursore della sovranità moderna e della libertà di pensiero: fu questa l’immagine proposta nel 1927 dallo storico tedesco Ernst Kantorowicz, in un lavoro intitolato Federico II imperatore. L’immagine “moderna” di Federico II è stata, più recentemente, ridimen-
sionata dallo storico britannico David Abulafia, autore di un libro dal titolo significativo: Federico II, un imperatore medievale (1988). Egli ha voluto ricondurre la figura dell’imperatore alla sua dimensione schiettamente medievale, interpretando le “innovazioni” della sua politica nel quadro di una tradizione di governo che già i sovrani normanni avevano anticipato nell’Italia del sud, e che più in generale fu tipica dell’epoca in cui Federico visse (il XIII secolo, che vide in molti paesi europei il rafforzamento degli Stati monarchici). L’interpretazione riduttiva di Abulafia, condizionata da un’intenzione polemica che molti hanno ritenuto eccessiva, ha avuto una grande influenza sulla storiografia degli ultimi
decenni. In particolare, si sono messi in risalto gli effetti negativi che la politica accentratrice di Federico II ebbe sullo sviluppo dei mercati e delle attività produttive: il commercio del regno era infatti interamente controllato dal sovrano, e a chiunque era proibito istituire mercati senza la sua autorizzazione. In tal modo fu soffocata l’autonomia dei centri urbani e delle borghesie cittadine, che, nell’Italia meridionale, non poterono avere uno sviluppo simile a quello delle regioni del centro-nord. Tutto ciò non toglie che la maggior parte degli storici continui a considerare Federico II come una delle personalità di maggior rilievo della storia occidentale europea.
qualche modo fuori dal tempo nella sua dimensione ideale, David Abulafia (1949) insiste sul suo radicamento nel-
la cultura politica del Medioevo, ridimensionandone drasticamente il mito.
I testi Mentre Ernst Kantorowicz (1895-1963) presenta Federico II come un sovrano per molti aspetti già moderno, e in
Un sovrano fuori del tempo Ernst Kantorowicz
Poco frutto darebbe il considerare se lo stato siciliano di Federico appartenga ancora al medioevo o non piuttosto già al rinascimento: fondato nella “pienezza dei tempi”, esso appartiene a entrambe le età e a nessuna. Dallo stato medievale si differenzia in quanto esaurisce in sé il suo significato spirituale; e il principe, anziché dirigere il suo impero soltanto verso la salute nell’al di là, attrae Dio come Tutto nello stato terreno e in esso lo rappresenta. Nuovo era che nel dualismo medievale fra legge divina e legge umana s’inserisse e operasse una terza grandezza, estranea alle due: la legge di natura. Solo con essa lo stato s’acquistava uno spazio nel profondo; solo la triade incarnata rendeva possibile la viva circolazione delle forze. E questo preannuncia il rinascimento. Lo stato rinascimentale, però, mancava totalmente della ieraticità dello stato imperial-sacerdotale di Sicilia, non meno che della partecipazione all’estensione mondiale, effettiva o solo pensata, dell’impero, come della sua portata universale. Lo stato rinascimentale era strumento e più non abbracciava un mondo: gravido di aspirazioni mondiali, co-
smiche, era, nella rinascenza, solo il principe, l’individuo: non lo stato. Non cambia nulla se si voglia scorgere nello stato di Federico II l’applicazione del pensiero giuridico romano, o la corrente araba delle dottrine aristoteliche e neoplatoniche, oppure l’accettazione di elementi cristiano-sacerdotali: ché tutta questa materia fu rielaborata in una nuova unità. Solido, rigoroso e chiaro ci appare lo stato-legge imperiale, fondato su tre forze universali: necessitas, iustitia, providentia. E questa triade pulsa all’unisono nello stato, e ognuna delle parti torna a comporre l’uno e trino delle leggi della natura, di Dio, dell’uomo. […] Non per l’ingegnosità del suo meccanismo amministrativo fu questo stato [di Federico II] un’opera d’arte; ma piuttosto il confluire delle tre forze – Dio, natura, uomo – lo accostò a una formazione statale primigenia, per cui, coscientemente o no, la nuova monarchia influì come simbolo nel corso dei secoli… E. Kantorowicz, Federico II imperatore (1927), trad. it. Milano 1976, pp. 234-235
La discussione storiografica Federico II: «stupore del mondo» o «uomo pieno di malvagità»?
Un sovrano del suo tempo David Abulafia
Il sottotitolo di questo libro [Un imperatore medievale] racchiude in sé un preciso significato: l’imperatore medievale e re di Sicilia nel quale tutti, a partire dal XIII secolo, hanno identificato uno stupor mundi, una meraviglia delle genti, fu in realtà un uomo del suo tempo, e non quel despota rinascimentale ante litteram che la tradizione ci ha consegnato. Ne consegue uno schietto rigetto delle opinioni […] di Jacob Burckhardt nella sua autorevole analisi dei signori del Rinascimento, o di Ernst Kantorowicz nella sua epica biografia dell’imperatore […]. La politica di Federico fu [una politica] dinastica. Come il re di Francia, Luigi IX, o il sovrano d’Aragona, Giacomo il Conquistatore, egli mirava a tramandare intatti ai suoi eredi i territori che aveva ereditato e sottomesso, e come loro doveva decidere se ripartire questi territori tra i figli o passarli in blocco al primogenito […]. Parte del fascino che Federico ha sempre esercitato sui posteri risiede nella personalità che per così dire gli è stata cucita addosso: un razionalista, diciamo pure un libero pensatore, un pioniere allevato nel tollerante contesto della Sicilia semi-musulmana, un amico di Ebrei e Saraceni; insomma quel tipo di monarca di cui a esser franchi non esiste traccia nel Medioevo cristiano, neppure in Sicilia o
in Spagna. Un giudizio di tal fatta esprime la frustrazione degli storici che devono cimentarsi con un periodo improntato a una visione del mondo alquanto remota dalla nostra. Ragionando in termini relativi, bisogna concludere che dimostrò una straordinaria indulgenza, ma non certo secondo i criteri moderni di ugual trattamento dinnanzi alla legge degli individui di ogni fede religiosa. […] Sarebbe del resto assolutamente illusorio partire dal presupposto che Federico sia stato lineare nell’applicazione dei suoi principi; questi si evolsero nel tempo, ma, com’è costume in politica, egli non si peritò di perseguire di volta in volta obiettivi che a un osservatore moderno paiono contraddittori, o quanto meno inconseguenti. […] D’altra parte non ci sembra il caso che gli storici si affannino tanto a risolvere simili incongruenze. Federico non fu un genio politico o un visionario, e gli sforzi dei suoi consiglieri, Pier delle Vigne in particolare, di formulare una teoria della regalità ragionevolmente coerente diedero pochi risultati concreti, e per giunta limitati all’Italia meridionale. D. Abulafia, Federico II. Un imperatore medievale (1988), trad. it. Torino 1990, pp. 364-366
157
Modulo 4
Non solo Europa Non solo
Europa
Asia, Africa, America
Asia, Africa America Capitolo 15
L’Impero mongolo e la Cina
Il XIII secolo non fu solo il secolo delle crociate e del consolidamento delle monarchie occidentali. Fu anche il periodo in cui si formò uno dei più grandi imperi della storia universale: l’Impero dei mongoli. Riuniti dal loro più grande capo, Gengis Khan, in un’unica vastissima compagine, i mongoli conquistarono gran parte dell’Asia e dell’Estremo Oriente e fecero della Cina, in quel periodo il paese più avanzato del mondo, il centro politico e culturale del loro Impero.
a,
Capitolo 16
Regni, mercati e popoli dell’India Nei secoli in cui le navi delle città marinare italiane solcavano il Mediterraneo e con i loro traffici contribuivano allo sviluppo del commercio fra Occidente e Oriente, le coste dell’India e dell’isola di Ceylon (odierno Sri Lanka) erano la base di uno dei più grandi mercati del mondo. Lì si incontravano a vendere e a comprare i mercanti cinesi, indiani, arabi, persiani; di lì partivano le carovane e le navi dirette ai paesi asiatici e ai porti dell’Occidente, dell’Europa e dell’Africa.
Capitolo 18
Capitolo 17
Popoli e civiltà dell’Africa Il grande deserto del Sahara separa gruppi umani diversi: a nord, nelle regioni affacciate sul Mare Mediterraneo, popoli di pelle bianca; a sud, nelle regioni equatoriali, popoli di pelle nera. La loro storia fu molto diversa: durante il Medioevo nell’Africa “bianca” si crearono abbastanza presto degli Stati unitari organizzati; nell’Africa “nera” continuarono a prevalere le strutture tribali, basate sui legami familiari e sulle comunità di villaggio. Grande importanza nella formazione di questi Stati ebbero i rapporti commerciali che si instaurarono con l’Occidente attraverso i mercanti e navigatori che rifornivano l’Europa e le corti islamiche di oro, avorio, pelli pregiate e schiavi.
L’America prima di Colombo Prima che Cristoforo Colombo sbarcasse in America, aprendo la via alla conquista e alla colonizzazione del continente da parte degli europei, quei territori erano abitati da molte popolazioni, con caratteristiche di vita assai differenziate. Nelle regioni settentrionali e in quelle meridionali a est delle Ande, piccole comunità di nomadi vivevano prevalentemente di caccia, pesca e raccolta. Più fittamente abitate erano le regioni centrali e la fascia centro-meridionale bagnata dal Pacifico, dove erano stanziati i popoli di più antica civiltà, Maya, Aztechi e Incas.
Modulo 4 Non solo Europa
15 L’Impero mongolo
Capitolo
160
e la Cina
Percorso breve Mentre in Europa si affermavano le prime monarchie, nell’Asia settentrionale le tribù nomadi dei mongoli venivano unificate da Gengis Khan e si avviavano a creare uno degli imperi più grandi di tutti i tempi. Nel XIII secolo essi invasero il territorio cinese e in pochi decenni estesero i loro domini dalla Corea al Mar Nero. La Cina divenne sotto Kubilai Khan, nipote di Gengis, il centro dell’immenso Impero mongolo e il paese godette di un lungo periodo di benessere e prosperità, grazie anche al carattere particolare della cultura cinese, profondamente comunitaria e fondata sui valori di solidarietà e armonia sociale (legati alla dottrina etica introdotta nel V secolo a.C. dal filosofo Confucio).
Fu proprio alla fine del XIII secolo, in questo momento di particolare fioritura, che il mercante veneziano Marco Polo visitò la Cina e rimase stupito dall’intensa urbanizzazione, dalla vivacità dei mercati, da novità come la carta-moneta con il sigillo dell’imperatore. Una caratteristica dell’economia cinese era lo stretto controllo esercitato dallo Stato sulle attività produttive. Lo Stato cinese era infatti una monarchia assoluta, retta da un re-imperatore con il sostegno di un ampio apparato burocratico: funzionari e impiegati, assunti con pubblici concorsi, dipendenti dallo Stato e pagati per il loro servizio. La Grande Muraglia cinese
Capitolo 15 L’Impero mongolo e la Cina
161
15.1 L’Impero mongolo Gengis Khan e l’unità tribale Mentre in Occidente imperversava lo scontro tra papi e imperatori, si organizzavano le crociate e si rafforzavano le monarchie, nell’Estremo Oriente avvenivano trasformazioni epocali che coinvolsero un numero impressionante di popoli e di paesi e portarono alla creazione dell’impero più grande di tutti i tempi: l’Impero dei mongoli. I mongoli (o Tartari) erano una popolazione nomade, organizzata in tribù e proveniente dalle regioni desertiche attorno al lago Baikal nel nord dell’Asia, oggi in territorio siberiano. Abili fabbri e profondi conoscitori della lavorazione dei metalli, i mongoli erano eccellenti e aggressivi cavallerizzi, molto temuti per le loro razzie, che si ripetevano ai danni delle popolazioni vicine secondo una tattica precisa e violenta: assalto improvviso, saccheggio rapido, uccisione di chi si opponeva, devastazione del territorio, fuga. Nel XIII secolo un valoroso guerriero, Temudjin (1155-1227), più noto con il nome di Gengis Khan (‘Capo universale’), riuscì a unificare le diverse tribù mongole all’interno di una unica organizzazione politica, sociale e militare rigidamente strutturata. Così compattati e preceduti da una terribile fama di distruttori, i mongoli iniziarono le loro conquiste.
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Impero mongolo alla morte di Gengis Khan (1227) Khanato dell’Orda d’Oro
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L’espansione mongola
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Un impero immenso Sotto la guida di Gengis Khan furono assoggettate prima le terre La Grande Muraglia dell’Asia settentrionale, fin oltre le regioni del lago Baikal. Nel 1215 le armate mongole Per difendere i confini settenpenetrarono nel nord della Cina, superando la barriera della Grande Muraglia che fino trionali della Cina dalle incurad allora aveva arginato le loro incursioni. Nel 1220 arrivarono nella Russia meridionasioni delle genti delle steppe, nel III secolo a.C. i sovrani delle, toccando le coste orientali del Mar Nero; nel 1227, anno della morte del loro grande la dinastia Ch’in diedero inizio capo, i mongoli occuparono la Corea, il resto della Cina e parte della Persia. alla costruzione della Grande Le conquiste continuarono con i successori di Gengis Khan. In breve tempo le miMuraglia. Inizialmente essa era lizie mongole riuscirono a porre sotto il loro controllo i principati russi di Bolgar, costituita da un semplice bastione di terra, munito di fortiNovgorod e Kiev; nel 1241 entrarono in Polonia e annientarono gli eserciti cristiani teVarsavia TI Novgorod ni e torri diIP guardia, ma nei seC A deschi e polacchi nella battaglia di Liegnitz. L’avanzata proseguì verso Vienna, dove I coli subì PRIRNmolti USS rifacimenti fino a misero a ferro e fuoco le campagne circostanti. Arrivati sino quasi in Friuli, i mongoli diventare la gigantesca opera in UNGHERIA Kiev decisero di abbandonare l’Europa per concentrare le proprie forze nel Vicino Oriente muratura che oggi conosciamo, Bolgar lunga quasi 9000 chilometri e attaccarono la Siria e l’Iran, saccheggiarono Baghdad e nel 1260 si diressero verso i (secondo le più recenti misuraNuova Saraj territori egiziani, ma in Palestina furono fermati e sconfitti dal sultano d’Egitto. Ugual-Costantinopoli zioni)M Ae dichiarata nel 1987 PaR dell’umanità Unesco. mente non riuscirono a espandersi in India, dove incontrarono la resistenza del sultano IMPERO trimonio N BIZANTINO ERO di Delhi, e in Giappone, che più volte respinse i loro attacchi. Mare d’Aral SU
Impero di Ilkhan Khanato di Ciaghatai Impero di Kubilai
De
SUL
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Modulo 4 Non solo Europa La creazione dei khanati Nonostante queste “limitazioni” alla loro espansione, i mongoli erano riusciti in pochi decenni a costruire un impero enorme, come mai si era visto prima, che andava dalle coste dell’Oceano Pacifico a quelle del Mar Nero e dai territori attorno a Mosca all’Oceano Indiano. Per governare così tanti territori e le loro popolazioni, i mongoli adottarono una politica di tolleranza verso coloro che si arrendevano; inoltre, a dispetto della loro fama di sanguinari conquistatori, il loro dominio fu caratterizzato da una certa apertura verso l’Occidente e da una sostanziale tranquillità politica, tanto che spesso ci si riferisce a questo periodo con l’espressione «pace mongolica». Già dopo la morte di Gengis Khan l’Impero mongolo fu diviso in khanati (‘terre del Khan’): i più importanti furono il khanato dell’Orda d’Oro, che includeva i territori russi tra la Siberia occidentale e il Mar Nero, e il khanato del Gran Khan, comprendente Cina e Mongolia, che divenne il centro dell’Impero mongolo grazie anche all’azione di Kubilai Khan (1260-94), nipote di Gengis Khan e imperatore della Cina.
15.2 La Cina di Kubilai Khan Uno Stato antichissimo La Cina si costituì in Stato unitario in età molto antica: già agli inizi del III secolo a.C. i sovrani delle dinastie Ch’in (221-207 a.C.) e Han (202 a.C.-220 d.C.) avevano dato al paese unità politica e ricchezza economica. Il massimo splendore fu raggiunto fra l’VIII e il XIII secolo, con le dinastie Tang (618-907) e Song (960-1279). In quei secoli la Cina aveva sviluppato una civiltà estremamente raffinata, probabilmente la più avanzata del mondo.
I modi della storia
Invenzioni e scoperte in Cina
Tutti i popoli hanno dato un contributo allo sviluppo della scienza e della tecnica, in forme e modi diversi, secondo i luoghi e i tempi. In età moderna, a cominciare dal XVI secolo, sono stati soprattutto gli europei a eccellere in questo campo; nel Medioevo furono piuttosto le popolazioni asiatiche, in particolare i cinesi, ai quali si devono molte importanti scoperte e invenzioni.
La carta Il sistema per fabbricare la carta fu messo a punto da un funzionario imperiale, Tsai Lun, che nell’anno 105 d.C. riuscì a ricavare questo nuovo materiale scrittorio da un impasto di fibre di canapa, scorza di gelso e stracci. Il sistema, attraverso successivi perfezionamenti, permise di ottenere diversi tipi di carta, usati non solo per scrivere, dipingere e stampare ma anche per confezionare abiti e oggetti d’arredamento (paraventi, figure, lampade). Nel 751 il segreto della fabbricazione della carta arrivò agli arabi, che lo impararono da alcuni artigiani cinesi fatti prigionieri a Samarcanda, dopo la conquista della città. Dagli arabi la nuova tecnica fu diffusa in molte città del loro impero e trasmessa poi anche in Europa, a iniziare dal X secolo. La stampa L’arte della stampa per mezzo di caratteri mobili incisi alla rovescia si sviluppò inizialmente nei monasteri buddhisti della Cina. Il più antico libro stampato esistente al mondo (attualmente conservato al British Library di Londra) è la La fabbricazione della carta [Bibliothèque Nationale, Parigi]
Sutra del Diamante, un testo religioso che risale all’anno 868. Nel 971 l’imperatore Taizu diede inizio alla stampa dell’intera letteratura buddhista, un’impresa colossale durata dodici anni: da questo lavoro uscirono 130.000 tavole di legno incise e 5048 volumi. Il perfezionamento fondamentale all’arte della stampa venne fatto fra il 1041 e il 1048. I caratteri, inizialmente di terracotta, cominciarono a essere fabbricati in legno e infine in metallo: stagno nel XIII secolo, bronzo più tardi. L’inchiostro di China La preparazione dell’inchiostro diventò nel XIII-XIV secolo una specialità degli artigiani cinesi. Il colore nero era ottenuto usando una polvere finissima, chiamata nerofumo, che si ricava dalla fuliggine derivata dalla combustione del legno. Il nerofumo veniva impastato con sostanze resinose, poi diluito in acqua. Per la tinta scurissima e lucida, l’inchiostro cinese era apprezzato in tutto il mondo, al punto che l’espressione “inchiostro di Cina” (o più semplicemente “China”) diventò sinonimo di superiore qualità.
Capitolo 15 L’Impero mongolo e la Cina
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Il paese più evoluto del mondo «La Cina nel Duecento – ha scritto lo storico Jacques Gernet – era incontestabilmente il paese più evoluto del mondo. La sua organizzazione politico-amministrativa, l’importanza del suo commercio, lo sviluppo della tecnica e delle arti non avevano uguali in quel tempo». A differenza della Cina più antica, quasi esclusivamente rurale, la Cina del XIII secolo era intensamente urbanizzata e aveva uno straordinario movimento commerciale. L’attraversava una fitta rete di canali, su cui passava un traffico ininterrotto di battelli che collegavano le maggiori città. Lo Stato cinese esercitava un forte controllo sulle attività economiche: la produzione del riso e dei cereali, del ferro e del rame era strettamente sorvegliata; il sale, il tè, le bevande alcoliche, gli incensi erano monopolio di Stato e costituivano una voce importante delle entrate del fisco. I mongoli conquistano l’Impero cinese Proprio durante il XIII secolo tribù di mongoli, guidate da Gengis Khan (questi «cavalieri dall’arco e dalle frecce», così li chiamarono i cinesi) occuparono a poco a poco le province della Cina. Nel 1279 Kubilai Khan sconfisse definitivamente i Song, entrò a Hangzhou, capitale della loro dinastia, e si proclamò imperatore della Cina. Qualche tempo dopo, la capitale fu trasferita nella nuova città voluta da Kubilai: Khanbalik (la ‘città del Khan’, nucleo originario dell’attuale Pechino), che il mercante veneziano Marco Polo (1254-1324) visitò nel corso del suo lungo viaggio in Estremo Oriente e descrisse con il nome di Cambaluc.
Marco Polo di fronte a Kubilai Khan, XIV sec. [dal Libro delle Meraviglie di Jean de Mandeville]
Partito da Venezia nel 1271, con il padre e lo zio, Marco Polo raggiunse la Cina in circa tre anni e mezzo e vi rimase per diciassette anni, ricoprendo anche importanti incarichi amministrativi per conto di Kubilai Khan.
Aa Documenti Marco Polo scopre la carta-moneta In Cina apparvero, già a partire dal IX secolo, i primi esemplari di carta-moneta, il cui uso si generalizzò nel corso del Duecento. Nel 1005 venne stampata per la prima volta: l’istituto di emissione impiegava 1200 persone, fra cui più di duecento stampatori; le matrici erano di metallo e portavano incisioni molto
S
elaborate, in modo da evitare le falsificazioni. Nel Duecento la carta-moneta era una novità assoluta per gli occidentali e come tale ne parla con ammirazione Marco Polo nel Milione, resoconto dei suoi viaggi in Oriente svolti tra il 1271 e il 1291. Il fatto che il Gran Khan riesca a trasformare
appiate che in questa città di Cambaluc c’è la zecca del Gran Signore; ed è organizzata in tal modo che si può dire come il Gran Khan sia davvero un perfetto alchimista. Mi spiego. Egli fa fabbricare la seguente moneta: fa prendere scorza d’albero di cui mangiano le foglie i bachi da seta1; e fa togliere la pellicola sottile che è tra la corteccia e il fusto; quelle pellicole sono tutte nere: le frantumano, le pestano e poi le impastano con la colla in modo che ne risulti una specie di carta bambagina2, sottile come quella dei papiri. Quando la carta è pronta, la fa tagliare in parti grandi o piccole, foglietti in forma quadrata o più lunghi che larghi. Il foglietto piccolo vale la metà di un tomesello; un altro più grandetto vale un tomesello; il primo corrisponde a un mezzo grosso d’argento, il secondo a un grosso, e intendo un grosso d’argento di Venezia; poi ve ne sono da due grossi, da cinque, da dieci, e quelli che valgono un bisante, o due o tre, fino a dieci. Ogni foglietto porta il sigillo del Gran Signore. E questa moneta è fatta con tanta autorità e solennità come se fosse
1 Si tratta dei gelsi.
2 Fatta col cotone.
della semplice carta in una moneta che tutti sono costretti ad accettare e a spendere come fosse oro o argento, a Marco Polo appare una vera magia. Il “Gran Signore” (come egli chiama il Gran Khan) assume nel suo racconto le sembianze di un alchimista, che modifica la natura delle cose.
d’oro o d’argento: in ciascuna moneta alcuni ufficiali preposti a questo lavoro scrivono il loro nome e il loro segno e, quando l’hanno fatto, il capo degli ufficiali nominato dal Signore sparge il cinabro su una bolla che gli è stata concessa e vi passa sopra la moneta, così che la forma della bolla tinta di cinabro rimane impressa sulla moneta e l’autentica. E se qualcuno osasse falsificarla sarebbe punito con la morte […]. Fabbricata così la moneta, il Signore fa fare con essa ogni pagamento e la fa spendere per tutte le province dove egli tiene signoria: e nessuno osa rifiutare per paura di perdere la vita. Ma è vero anche che tutte le genti e razze di uomini, sudditi del Gran Khan, prendono volentieri queste carte in pagamento perché a loro volta le danno in pagamento di mercanzia, come perle, pietre preziose, oro e argento. Si può così comprare tutto ciò che si vuole e pagare con la moneta di carta. Marco Polo, Il Milione
164
Modulo 4 Non solo Europa Il governo dei sovrani mongoli ebbe termine nel 1368, quando si affermò al potere una nuova dinastia cinese, quella dei Ming, che regnò fino al 1644. Con la perdita della Cina tutto l’impero si frantumò, mentre nella sua parte più occidentale si affermava il potere di un altro abile e feroce condottiero mongolo di origine turca, Tamerlano (1370-1405), destinato a conquistare un territorio esteso tra la Siria e l’India [ 16.1].
15.3 Stato e società nella Cina dei mongoli Una monarchia assoluta e burocratica Per qualche decennio i sistemi di governo dei mongoli invasori si affiancarono a quelli tradizionali del paese; poi, sotto l’influenza della civiltà cinese, i sovrani della nuova dinastia assimilarono gli usi locali e fecero proprio il modello preesistente di organizzazione amministrativa.
I luoghi della storia
Cambaluc, una nuova capitale per la Cina dei mongoli
I grandi momenti di svolta nella storia di un paese sono talvolta segnati da una “dislocazione” dei centri di potere, un cambiamento dei luoghi decisivi dell’organizzazione politica ed economica. Pechino, la capitale della Cina, trova la sua origine nell’insediamento di Cambaluc o Khanbalik (la “città del Khan”), in cui i conquistatori mongoli fissarono il cen-
D
tro del loro potere dopo aver conquistato la Cina ed esautorato la dinastia Song (1279), che avevano invece la loro capitale a Hangzhou. Poco tempo dopo, la nuova città fu visitata da Marco Polo, il mercante veneziano che assieme al padre Niccolò e allo zio Matteo trascorse lunghi anni in Cina. Egli descrisse ammirato Cambaluc e le sue dodici porte, la
ovete sapere che le case di Cambaluc – contando la città interna e dodici ampi borghi che si prolungano dalla città in corrispondenza delle dodici porte – sono tante che non si riesce a calcolarle. La popolazione affolla specialmente i borghi. Qui abitano i mercanti e tutti quelli che vengono a Cambaluc per affari, il che significa una gran moltitudine, essendo la città dove risiede il Signore un ottimo mercato che attiva mercanti e altra gente per i loro affari. I borghi hanno belle case e bei palazzi come quelli della città, eccettuato il palazzo del Signore. Si aggiunga che in città è
numerosa popolazione, la febbrile attività commerciale che vi si svolgeva, le grandi ricchezze che vi affluivano. Osservò anche, con stupore, che in quella città era proibito seppellire i morti, per non offrire agli abitanti e ai visitatori questo «triste spettacolo». Leggiamo la pagina del Milione dedicata a Cambaluc.
proibito sotterrare i morti: se sono idolatri si seppelliscono molto lontano dalle zone abitate perché nessuno spettacolo triste è permesso in città. E non esiste al mondo un luogo dove confluiscano tanti oggetti ricchi e preziosi. Arrivano, difatti, a Cambaluc tutte le merci rare che vengono dall’India: gemme, perle e le cose più belle di quei paesi. Arrivano gli oggetti più strani e preziosi dal Catai e dalle altre province. Marco Polo, Il Milione
Veduta aerea della Città proibita, Pechino La nuova capitale Cambaluc fu voluta da Kubilai Khan, il fondatore della dinastia mongola che regnò in Cina per meno di un secolo. Fu invece la successiva dinastia Ming ad avviare la costruzione del Palazzo imperiale, meglio noto come “Città proibita”, al centro dell’odierna città di Pechino.
Capitolo 15 L’Impero mongolo e la Cina Lo Stato cinese era una monarchia assoluta e burocratica. Assoluta, in quanto il potere era tenuto da un re-imperatore che, pur essendo assistito da un consiglio di nobili, lo esercitava in forma personale e illimitata. Burocratica, in quanto le funzioni di governo (fare le leggi, renderle esecutive, giudicare nei tribunali, incassare le tasse, armare l’esercito) erano affidate a funzionari e impiegati dipendenti dallo Stato e pagati per tale servizio. L’impero era suddiviso in sedici province di varia estensione e queste, a loro volta, in prefetture e sottoprefetture.
I concorsi statali La maggior parte dei funzionari era assunta attraverso un esame di cultura, su materie prevalentemente letterarie e storiche. Questo sistema di assunzione per esami-concorso, mai praticato nel mondo antico e neppure nell’Europa medievale, era caratteristico della civiltà cinese, quasi l’anticipazione di un metodo che sarebbe diventato, più tardi, generale in tutto il mondo civile. La carriera di funzionario statale (quelli di più alto livello erano detti “mandarini”) era in Cina la più ambita e onorata, tenuta nella massima considerazione sociale.
165
La Parola
mandarino I funzionari civili e militari dell’Impero cinese, preposti all’amministrazione delle varie province, erano detti “mandarini”, parola derivata dal malese mantari o dall’indiano mantrin, che significa ‘consigliere’. I mandarini, che controllavano la vita dello Stato e il suo apparato burocratico, costituivano un gruppo sociale potentissimo.
Nobili, mercanti, artigiani Nella Cina del XIII secolo si distinguevano diverse categorie sociali: nobili, mercanti e artigiani erano quelli che vivevano in una situazione di maggior benessere. I nobili erano una minoranza, costituita da alcune decine di migliaia di persone, per la maggior parte grandi proprietari terrieri. Dalla categoria dei nobili proveniva la quasi totalità dei funzionari dello Stato. I mercanti, gli artigiani e quanti esercitavano le professioni costituivano una categoria molto numerosa; come in Europa, essi erano raggruppati in corporazioni, associazioni di gioiellieri, coltellinai, doratori, fabbricanti di tegole, mercanti di oggetti d’arte, di miele, di spezie; anche i medici e gli indovini erano riuniti in corporazioni. Molti di loro si arricchirono e acquistarono importanza e prestigio sociale; tuttavia restarono sempre esclusi dalla vita pubblica e dagli esamiconcorsi per funzionari dello Stato, riservati al ceto nobiliare. La popolazione minuta La grande massa degli abitanti era costituita dalla popolazione minuta, le cui condizioni di vita apparivano assai differenziate secondo i lavori svolti e gli ambienti di vita. Nelle affollate città i gruppi più favoriti erano i dipendenti delle famiglie ricche: camerieri, cuochi, stallieri, musicisti, precettori, pittori, fabbri che potevano contare su vitto e alloggio sicuri mentre il resto della popolazione viveva alla giornata. Nelle campagne i sudditi erano raggruppati in villaggi, alcuni dei quali dipendevano direttamente dallo Stato, come quelli abitati dai minatori e dagli addetti alle saline. Questi lavoratori, così come i contadini impegnati nei campi e nelle risaie, erano compensati con salari molto bassi, parte in natura e parte in moneta, e vivevano un’esistenza tra le più dure.
15.4 Una civiltà profondamente comunitaria. La tradizione confuciana Armonia e socialità Tra i caratteri che meglio distinguono l’antica civiltà cinese, rendendola così diversa da quella europea, uno appare particolarmente significativo: il modo di concepire la vita e l’educazione dell’uomo. La cultura europea tendeva a valorizzare la competizione, la lotta per affermarsi e primeggiare; la cultura cinese, al contrario, dava la priorità all’idea di “armonia”, agli sforzi impiegati dall’individuo per attuare modi di convivenza con gli altri. In Occidente si dava risalto alle doti individuali, in Cina alle capacità comunitarie e sociali. Il confucianesimo Questa cultura di impronta fortemente comunitaria, attentissima ai rapporti sociali, era legata anche alla particolare tradizione morale ed etica della Cina, derivata nelle sue forme più antiche dagli insegnamenti di Confucio, un filosofo vissuto tra il VI e il V secolo a.C. Essi miravano a instaurare, attraverso gli atti della vita
Un giovane nobile a cavallo, XIII sec. [British Museum, Londra]
In questo dipinto su rotolo è ritratto un nobile mongolo a cavallo. A Gengis Khan si deve l’unificazione delle popolazioni mongole secondo un’organizzazione politica fortemente gerarchizzata: ogni tribù era indipendente, ma tutte erano sottomesse alla famiglia imperiale, il cosiddetto “casato della stirpe aurea”, sacro poiché mitologicamente derivato da Tengri, dio del cielo, divinità suprema dei mongoli.
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Modulo 4 Non solo Europa religiosa, non già un rapporto personale tra l’uomo e Dio, ma una solidarietà collettiva a vantaggio della famiglia, del villaggio, della città. «Prima di agire – insegnava Confucio – chiediti: i miei simili come giudicheranno le mie azioni?».
Taoismo e buddhismo Accanto al confucianesimo si sviluppò un’altra dottrina, detta taoismo, di carattere più individualista, che indicava nell’isolamento dal mondo e nella meditazione personale lo strumento per raggiungere la pace interiore. Nel I secolo penetrò in Cina anche il buddhismo, originario dell’India [ 16.4]. Educare alla mitezza Sulla base di questi ideali di vita, la Cina diede origine a forme di educazione e di istruzione con proprie singolari caratteristiche, che sono state così descritte: «L’educazione mira a formare caratteri affabili, dolci e obbedienti, insegnando in primo luogo il ritegno e consigliando a ognuno di contentarsi della propria sorte e di vivere d’amore e d’accordo con i parenti, gli amici e gli estranei. La buona educazione, la cortesia sono considerate non pure forme esteriori, ma il modo più semplice e naturale di esternare e suscitare buoni sentimenti». Laozi e Confucio proteggono il futuro Buddha, XVI sec. [British Museum, Londra]
In questa pittura su seta del XVI secolo il piccolo Buddha è rappresentato come un simbolo della tolleranza e della pacifica convivenza tra le diverse forme religiose; egli infatti è protetto da Laozi, considerato uno dei fondatori del taoismo filosofico, e dallo stesso Confucio.
I modi della storia
Draghi d’Oriente e d’Occidente
Animale fantastico e mitologico, il drago è una delle figure più ricche di significati simbolici nella tradizione cinese. Contrariamente alla mitologia occidentale, che ha sempre visto nel drago un’immagine del male, in Cina il drago è sempre stato portatore di poteri positivi, considerato
una creatura benefica, di buoni auspici, venerato e onorato. Simbolo della fertilità, signore dei fiumi, si riteneva che avesse il potere di controllare i fenomeni naturali, i venti e la pioggia e cambiare la direzione dei corsi d’acqua. Fin dall’antichità fu associato alla figura dell’imperatore. San Michele e il drago, inizi XII sec. [dalla Bibbia di Cîteaux, ms. 15; Bibliothèque Publique, Digione (Francia)]
Stendardo di seta dipinta di Mawangdui, dinastia degli Han occidentali, II-I sec. a.C. [Cultural Relies Publishing House, Pechino]
In questo stendardo due grandi draghi, che rappresentano il tramite per l’ascensione dell’anima verso le regioni celesti (nella parte in alto), affiancano (al centro dell’immagine) la figura di una nobildonna defunta circondata dai parenti in viaggio verso l’immortalità. Il drago, simbolo della fertilità e signore dei fiumi, si riteneva che avesse anche il potere di controllare i fenomeni naturali, i venti e la pioggia e cambiare la direzione dei corsi d’acqua. Fin dall’antichità fu associato alla figura dell’imperatore.
Capitolo 15 L’Impero mongolo e la Cina
Sintesi
L’Impero mongolo e la Cina
L’Impero mongolo Nel XIII secolo il guerriero mongolo Gengis Khan (1155-1227) unificò le varie tribù mongole dando loro una rigida organizzazione politica, sociale e militare e iniziando una serie di conquiste, estendendosi verso la Cina, la Russia meridionale, la Corea e in parte della Persia. Con i successori di Gengis Khan proseguì l’avanzata dei mongoli verso sud-ovest, fino alle porte di Vienna, alla Siria e all’Iran. In pochi decenni essi avevano costruito un enorme impero, dalle coste dell’Oceano Pacifico al Mar Nero, dall’Oceano Indiano fino quasi a Mosca. Per governare su un così grande numero di territori e popolazioni fu attuata una politica di tolleranza verso coloro che si arrendevano. Il dominio mongolo fu caratterizzato da una certa tranquillità politica (“pace mongolica”). Dopo la morte di Gengis Khan il territorio dell’impero fu diviso in khanati: i principali erano quello dell’Orda d’Oro (tra Siberia e Mar Nero) e quello del Gran Khan (tra Cina e Mongolia). La Cina di Kubilai Khan Già agli inizi del III sec. a.C. la Cina costituiva uno Stato unitario; sotto le dinastie dei Tang e dei Song (VIII-XIII sec.) conobbe il periodo di massimo splendore, dando vita a una
civiltà evoluta, caratterizzata da una intensa urbanizzazione, da un enorme rete di commerci tra le maggiori città, dal controllo dello Stato sulle attività economiche. Durante il XIII secolo tribù di mongoli ne occuparono progressivamente le province e, nel 1279, Kubilai Khan, nipote di Gengis, si impadronì del potere proclamandosi imperatore della Cina. Il governo dei sovrani mongoli durò fino al 1368, quando si affermò una nuova dinastia cinese, i Ming. Con la perdita della Cina l’Impero mongolo si frantumò e nella parte occidentale, tra la Siria e l’India, si affermò il potere di un altro condottiero, Tamerlano. Stato e società nella Cina dei mongoli I sovrani mongoli finirono per adottare il modello di organizzazione amministrativa già esistente in Cina. Lo Stato cinese era una monarchia in cui il re-imperatore deteneva un potere assoluto e in cui le funzioni di governo erano esercitate da funzionari dipendenti dallo Stato, i mandarini, in gran parte assunti tramite esami-concorso. L’impero era diviso in sedici province di diversa estensione. Le categorie sociali erano diverse: i nobili, in minoranza, erano grandi proprietari terrieri e funzionari; i mercanti, raggruppati
in corporazioni, erano numerosi e acquisirono ricchezza e peso sociale, ma rimasero esclusi dalla vita pubblica e dalla burocrazia; la popolazione minuta era molto differenziata al suo interno: in città vi erano gli artigiani, i bottegai, i dipendenti delle famiglie ricche; in campagna i contadini, raggruppati in villaggi, spesso dipendenti dallo Stato o dai grandi proprietari, avevano salari bassi e vivevano una vita dura. Una civiltà profondamente comunitaria. La tradizione confuciana Nella civiltà cinese, a differenza che nella civiltà europea, erano di importanza centrale l’armonia sociale, i modi di convivenza tra gli individui, la comunità e ai rapporti personali. Questa cultura era legata alla tradizione morale ed etica cinese, derivata dal pensiero del filosofo Confucio (VI-V secolo a.C.), che mirava a fondare un principio di solidarietà collettiva a vantaggio delle comunità come famiglie, villaggi, città. Un’altra dottrina radicata in Cina era quella del taoismo, più individualista, che teorizzava l’isolamento dal mondo e la meditazione come mezzi per raggiungere la pace interiore. Questi principi influenzarono la presenza di forme di educazione e istruzione finalizzate alla cortesia e alla mitezza.
Esercizi Comprendere e ordinare 1. Associa alle seguenti parole chiave il significato corretto.
2. Indica se le seguenti affermazioni sono vere o false.
khanato • confucianesimo • cavallerizzo • concorso • mandarino • taoismo
a. In Cina la produzione di riso e cereali non era controllata direttamente dallo Stato.
V
F
b. In Occidente si dava risalto all’individuo, in Cina alle capacità sociali e alla comunità.
V
F
c. Nella cultura cinese all’immagine del drago erano associati valori positivi.
V
F
d. L’espansione mongola arrivò fino alla conquista della Palestina e di parte dell’India.
V
F
e. I mongoli prima della loro espansione erano conosciuti soprattutto per le loro razzie.
V
F
Ammaestratore di cavalli
f. Il buddhismo, nato in Cina, si propagò successivamente anche in India.
V
F
Funzionario civile e militare dell’Impero cinese
g. Nella Cina del XIII secolo la gran parte dei cittadini svolgeva l’attività di mercante.
V
F
Dottrina basata sulla solidarietà collettiva
h. Marco Polo visitò l’Estremo Oriente quando l’imperatore era Kubilai Khan.
V
F
Gara indetta per scegliere le persone più adatte a un incarico Dottrina che indicava nella meditazione individuale la via per ottenere la felicità interiore Denominazione delle terre del Khan (capo universale)
167
168
Modulo 4 Non solo Europa
3. Colloca sulla linea del tempo gli eventi elencati in ordine sparso. 1215
1. 2. 3. 4. 5. 6. 7.
1220
1227
1241
1260
1279
1294
1368
arresto dell’avanzata mongola in Palestina penetrazione delle armate mongole nel nord della Cina affermazione della dinastia dei Ming Kubilai Khan si proclama imperatore della Cina battaglia di Liegnitz morte di Gengis Khan conquista mongola della Russia meridionale fino al Mar Nero
4. Completa la seguente tabella. LA SOCIETÀ CINESE DEL XIII SECOLO
QUANTI ERANO
RUOLI E ATTIVITÀ
NOBILI
MERCANTI, ARTIGIANI, PROFESSIONISTI
POPOLO DELLE CITTÀ
POPOLO DELLE CAMPAGNE
……...............................................….
……...............................................….
……...............................................….
……...............................................….
• ……...........................................….
• Attività mercantili, ............
• Varie attività
• Contadini: lavori nei .........
• ……...........................................….
....................................................….
• Dipendenti delle …..........….
(funzionari pubblici)
• Partecipavano alla ............ COME VIVEVANO
....................................................….
• Godevano di ......................... ....................................................….
........................................................
• Raggruppati ..............…..…….
................................................….....
...................................................…..
(condizione privilegiata)
• ……...........................................…. • Raggruppati in ....................
• ……...........................................….
• Vitto e alloggio sicuri se dipendenti dalle .....................
....................................................….
........................................................
• Condizioni di vita ...............
• Esclusione dalla ................ ............................................ e dal ruolo di .......................................
• Restanti: ................................
• ……...........................................….
....................................................….
....................................................….
Analizzare e produrre 5. Verso il saggio breve Leggi i documenti indicati e per ciascuno di essi rispondi alle domande. Stendi poi una scaletta e produci un testo di almeno 15 righe dal titolo “La Cina medievale vista dall’esterno”. Documento 1 “Marco Polo scopre la carta-moneta” a p.163. 1. Per quale motivo Marco Polo vede il Khan come un alchimista? 2. Come viene autenticata la carta-moneta? 3. Che valutazione è data della moneta di carta?
Documento 2 “Cambaluc, una nuova capitale per la Cina dei mongoli” a p. 164. 1. In che anno e da chi fu fondata la città? Con quale funzione? 2. Quale è la parte della città maggiormente affollata? Per quale motivo? 3. Che tipo di case sono presenti nei borghi? 4. Quali beni si possono trovare nella città? Documento 3 Citazione dello storico Jacques Gernet a p. 163. 1. Come viene definita la Cina del XIII secolo? Per quale ragione?
Capitolo 15 L’Impero mongolo e la Cina
6. Dopo avere completato il seguente testo, indica nella cartina l’espansione raggiunta dall’Impero cinese sotto Gengis Khan e i suoi successori. La popolazione dei mongoli era in origine stanziata ………............................................. . All’inizio del XIII secolo, il guerriero Gengis Khan, dopo aver unificato ………............................................. , iniziò una serie di conquiste, a partire dal 1215, quando le armate mongole superarono la …… …............................................. . Nel giro di pochi anni furono conquistati diversi territori. Nel 1220 ………............................................. . Con i successori di Gengis Khan le espansioni territoriali continuarono verso i principati russi ………............................................. . Nel 1241, dopo la vittoria a Liegnitz, i mongoli giunsero fino ………............................................. . Decisero poi di tornare indietro e di attaccare i territori del Vicino Oriente, espandendosi verso ………............................................. . La loro avanzata fu poi fermata ………............................................. . Questo permise di stabilizzare i confini dell’espansione. Dopo la morte di Gengis Khan l’impero fu suddiviso ………............................................. . Le espansioni territoriali continuarono anche sotto il regno del nipote Kubilai Khan, che sconfisse definitivamente ………............................................. e fondò ………............ ................................. .
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Modulo 4 Non solo Europa
16 Regni, mercati
Capitolo
170
e popoli dell’India
Percorso breve Al contrario della Cina, l’India rimase per secoli un paese estremamente frazionato, sia nell’organizzazione sociale (caratterizzata dal sistema delle “caste”, rigorosamente distinte le une dalle altre) sia sul piano politico. Molti popoli si incrociarono nel continente indiano, molte invasioni si succedettero. Nel X secolo vi penetrarono i turchi, nel XIV i mongoli che saccheggiarono le regioni settentrionali. Dal punto di vista economico, l’India era una regione del mondo straordinariamente viva: i traffici commerciali tra Oriente e Occidente spesso avevano lì la loro origine, soprattutto per quanto riguarda i materiali di pregio come spezie, sete, pietre preziose. Gli indiani svilupparono molto le discipline scientifiche e tecniche: matematica, fisica, astronomia. Furono tra l’altro gli inventori del sistema decimale (e dello zero, che consente l’incolonnamento delle cifre e dà loro un significato). L’India fu la patria di molte religioni: l’induismo, che diventò la principale del paese, basato sul principio della reincarnazione delle anime e del rispetto di tutti gli esseri viventi; il giainismo; il buddhismo (che ebbe larga fortuna in Cina).
Tamerlano, XVIII sec. [Bibliothèque Nationale, Parigi]
Capitolo 16 Regni, mercati e popoli dell’India
171
16.1 Una difficile unità politica
La Parola AFGHANISTAN
sultano/sultanato In do
SULTANATO DI VIJAYANAGAR Calicut Madurai
CEY Il Sultanato di Delhi al tempo della massima estensione (1235)
IM
do
In
IR
AFGHANISTAN Tarain In
do
Delhi
Brahmaputra
Gange
Le meraviglie dell’India L’India, oltre a essere un paese agricolo, era il centro di un commercio fiorente, punto di partenza di lunghe carovane che attraversando l’Afghanistan e la Persia trasportavano verso Occidente spezie, erbe medicinali, essenze profumate, tappeti, sete, pietre preziose, tutte merci di alto costo, che procuravano ai mercanti grossi profitti. Nell’immaginario occidentale l’India divenne il paese delle meraviglie, un luogo vagheggiato, ricco di ogni bene, frutta, cibo, oro, fonti di giovinezza, città popolate e vivaci (sinonimo, per le genti occidentali medievali, di benessere e prosperità). Proprio in queste terre l’immaginario medievale aveva collocato l’Eden, il Paradiso terrestre di cui narrava la Bibbia, sicché i prodotti indiani – anzitutto le spezie – godevano di grande prestigio e parevano quasi emanare un “profumo di immortalità”.
Kabul Peshawar
SH
Jodhpur
Jaunpur Gwalior
SULTANATO DI BAHMANI SULTANATO DI VIJAYANAGAR Calicut Madurai
Le rotte intercontinentali, per terra… I viaggi carovanieri, con cavalli e cammelli, comportavano fatiche e rischi non lievi, che i mercanti affrontavano riunendosi insieme e formando grossi convogli, che permettevano di
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Sultanato di Delhi
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Sultanato di Delhi
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Il titolo di “sultano” spettava ad Delhi alcuni califfi (le massime autorità del mondo islamico) e col Jodhpur tempo fu assunto dai sovrani di Gwalior alcuni regni musulmani indipendenti, come quello dei turchi selgiùchidi o, più tardi, dei turchi ottomani. Appunto dal mondo turco derivarono questa terminologia i sultanati inSULTANATO diani. DI BAHMANI
L’espansione di Tamerlano Ulteriori disgregamenti furono portati nel XIV secolo dalle incursioni dei mongoli, che, prima sotto la guida di Gengis Khan e poi dei suoi eredi, avevano già conquistato l’Asia intera, impadronendosi dell’Impero cinese [ 15.2]. Il Sultanato di Delhi riuscì a fermare l’espansione mongola ma poco tempo dopo subì l’attacco violento da parte delle milizie turco-mongole guidate da Timùr Leng, ‘Timur lo zoppo’ (per via di una caduta da cavallo che lo aveva reso claudicante), più noto in Occidente come Tamerlano (1370-1405). Dichiaratosi successore e continuatore delle imprese di Gengis Khan tra il XIV e il XV secolo Tamerlano conquistò i territori tra la Siria e Delhi, saccheggiando città e campagne di molte regioni dell’India.
16.2 Un grande emporio commerciale
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Gange
Le invasioni dei turchi e dei mongoli A cominciare dal X secolo gruppi di turchi islamizzati penetrarono in India dando origine a diversi regni; agli inizi del XIII secolo si era ormai costituito il Sultanato di Delhi, che si estendeva su parte dell’India settentrionale e centrale. La presenza turca non solo non favorì l’unificazione, ma accentuò ulteriormente il frazionamento, per i profondi contrasti religiosi fra il politeismo degli indiani [ 16.4] e il monoteismo islamico praticato dai turchi. Questo dissidio provocò altre lotte e nuove divisioni: mentre le tribù nomadi di guerrieri mongoli premevano sui confini nordoccidentali dell’India, le regioni centrali controllate da Delhi si resero indipendenti e andarono a costituire il Sultanato di Bahmani che, a sua volta, entrò in conflitto con l’importante Regno di Vijayanagar nel sud della penisola (dove si trovavano i più importanti empori commerciali, tra cui Bombay, Calicut, Cochin e l’isola di Ceylon).
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Un paese diviso L’India era stato fin dall’antichità un paese assai frazionato, suddiviso in una moltitudine di regni spesso rivali fra loro, a differenza della Cina dove era prevalsa una tendenza unificatrice. Questo frazionamento era il risultato di cinque millenni di storia, caratterizzati da invasioni e immigrazioni di stirpi diverse, provenienti dalla Persia, dal Medio Oriente, dal Caucaso, dall’Asia sud-orientale.
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Modulo 4 Non solo Europa
Le vie della cittadinanza
“Noi” e gli “altri”
L
’incontro con l’Oriente è un fenomeno complesso, in cui il fascino esotico della lontananza coesiste con la paura dell’altro, del diverso da sé, che spaventa ma al tempo stesso tranquillizza (perché in fin dei conti, se gli altri sono diversi da noi, ciò conferma che noi siamo noi). In molti testi medievali europei, che raccolgono leggende e luoghi comuni già trasmessi dalla letteratura antica, si evocano le popolazioni dell’Oceano Indiano come esseri bizzarri, astrusi, un po’ uomini e un po’ bestie, dotati di strane caratteristiche fisiche come avere un occhio solo o essere privi di testa, o essere costruiti a rovescio rispetto alla norma. Come, per esempio, racconta il monaco Onorio di Autun, che nel XII secolo descrive le terre bagnate dall’Oceano Indiano in una sua opera intitolata Immagine del mondo.
Ci sono qui dei mostri, alcuni dei quali possono essere considerati bestie, altri uomini. Ci sono quelli che hanno i piedi girati all’indietro, e con otto o sedici dita ai piedi, e altri che hanno teste di cane e artigli, che abbaiano come i cani. Ce ne sono alcuni il cui pelo diventa nero invecchiando e vivono molto più a lungo di noi. Ci sono persone con un occhio solo. Ci sono gli Scinopodi che con un solo piede corrono più veloci del vento e si fanno ombra con la palma del piede sollevato. Ce ne sono altri senza testa, che hanno occhi nelle spalle, e come naso e bocca hanno due aperture nel petto. Altri, proprio vicino alla sorgente del fiume Gange, vivono solo dell’odore di un certo frutto, per cui se vanno lontano portano con sé il frutto. Infatti muoiono se non possono più respirarlo.
Evidentemente, Onorio non conosce affatto quelle terre e tantomeno gli uomini che vi abitano; il carattere favolistico della sua descrizione non deve tuttavia farci dimenticare che già a quell’epoca le carovane di mercanti percorrevano le piste tra India ed Europa trasportando spezie e merci di ogni genere. Proprio qui sta il punto di complessità di queste rappresentazioni immaginarie: il diverso, mentre costituisce una “eccezione” e magari sembra spaventarci, al tempo stesso conferma la “norma” e in realtà serve a rassicurarci che noi siamo quelli “normali”. È su questa affermazione delle differenze, il più delle volte frutto di una pura invenzione, che i gruppi umani hanno costruito e continuano ancora oggi a costruire la loro “identità”.
Sottolineare le diversità degli “altri” (per costumi, lingua, cibo, religione, ideali politici) offre al gruppo dei “noi” che si considera “normale” (perché ogni gruppo considera sé stesso la norma mentre il “diverso” è sempre l’altro) la tranquillizzante sensazione che sia proprio così, rafforzando i sentimenti di coesione tra i suoi membri. Il rischio di questa operazione ideologica e culturale che distingue e separa gli “altri” e i “noi” è però quello di portare a gravi degenerazioni e di minacciare la convivenza pacifica tra le persone. Da un lato, infatti, l’affermazione della diversità rispetto agli altri unifica e compatta i “noi” (che, a seconda dei luoghi, possono essere “noi” americani, africani, europei, asiatici, londinesi, veneziani, tunisini, moscoviti); dall’altro lato però può assumere toni denigratori e discriminatori verso quegli “altri” così diversi di cui – il più delle volte – si ignora quasi tutto. L’estrema conseguenza della continua affermazione della propria identità, della ricerca dell’individuo “proprio uguale a me” (cioè dell’identico) finisce per in-
trodurre filtri sempre più selettivi e livelli sempre più sottili di “diversità” anche all’interno dello stesso gruppo, che agendo in questo modo fa dell’esclusione la sua caratteristica principale. Sempre, allora, quando parliamo di “identità”, dobbiamo tenere presenti due regole di base, che la storia stessa può insegnarci: primo, che le identità non sono inscritte nel patrimonio genetico di un popolo ma sono un prodotto della storia, che le ricrea e le rimodella continuamente, attraverso incontri, scambi, confronti con identità e culture diverse; secondo, che le identità sono sempre multiple, cioè compatibili con altre: un italiano è anche europeo, e può anche essere americano se vive in Argentina; un tunisino è anche africano, e può anche essere francese (e di conseguenza europeo) se vive in Francia… Del resto le identità non definiscono solamente diversi spazi “nazionali” o territoriali, ma riguardano, come abbiamo detto, la lingua, la religione, il cibo, gli ideali politici o al limite (perché no) la simpatia per una squadra di calcio o di pallacanestro. Cercare le identità che ci accomunano è molto più produttivo e divertente che cercare quelle che ci dividono.
Il volto quotidiano dell’”apartheid”, XX sec. [Capetown, Sudafrica]
Uomini cinocefali nelle isole Andam (India), part. [dal Libro delle meraviglie, ms. Fr. 2810, c. 84; Bibliothèque Nationale, Parigi]
In questa miniatura del XV secolo sono raffigurati i cosiddetti uomini cinocefali, esseri fantastici dal corpo di uomo e dalla testa di cane. La scarsa conoscenza del mondo nel XIII secolo rese possibile la diffusione di credenze sull’esistenza in regioni lontane e sperdute di mostri di ogni genere.
Il razzismo è il risultato di una visione distorta, di una degenerazione della percezione che si può avere dell’”altro”, del “diverso”, se – partendo da una posizione di forza – si attribuisce alla diversità un’accezione dispregiativa. La storia dell’umanità è tristemente costellata di persecuzioni nei confronti di popoli e minoranze, in nome di una diversità che ha spesso minato la convivenza pacifica tra gli uomini. Nella fotografia, un cartello (scritto in inglese e afrikaans) che delimitava, appena qualche decennio fa, una zona riservata ai bianchi in Sudafrica.
Capitolo 16 Regni, mercati e popoli dell’India superare meglio le difficoltà dei lunghi viaggi attraverso vaste regioni non sempre abitate. Una guida indirizzava le carovane nelle zone deserte, una scorta militare le accompagnava attraverso i boschi per difenderle dai predoni. Lungo le piste, a distanze di circa mezza giornata di viaggio, si trovavano dei pozzi per dissetare gli animali; le stazioni di posta, per il riposo di tutti, erano generalmente situate alla distanza di una giornata.
…e per mare Anche per le vie del mare gli indiani avevano dato vita a relazioni commerciali intense, dapprima con gli altri paesi asiatici – Cina, Indonesia, Persia – poi con l’Africa, specialmente con l’Etiopia, dove esportavano anche derrate alimentari di base, come frumento, olio e burro. Nei rapporti con l’Africa, le navi indiane percorrevano una rotta in mare aperto, verso il Golfo Arabico: ciò sta a testimoniare progressi tecnici di prim’ordine, raggiunti nella costruzione delle navi e nelle tecniche di navigazione. L’organizzazione del commercio oltremare era simile a quella carovaniera: i mercanti si associavano e armavano assieme le navi, che spesso navigavano in convogli. Cambio di rotta Durante il XIII secolo le rotte commerciali privilegiate per raggiungere dall’Europa l’Estremo Oriente erano state soprattutto quelle terrestri, attraverso l’Asia centrale, ma nel XIV secolo la perdita dei territori cinesi segnò l’inizio del declino dell’Impero mongolo e la fine di quel periodo di pace [ 15.1] e di apertura verso gli stranieri che aveva consentito a viaggiatori e missionari di attraversare e visitare quei luoghi così lontani. Il percorso più sicuro per arrivare in Cina divenne allora quello attraverso l’Oceano Indiano, l’importanza dei porti mercantili lungo le coste indiane di conseguenza aumentò e i traffici commerciali si intensificarono ulteriormente. La conoscenza approssimativa e mitizzata dell’India e della sua popolazione (che l’Occidente aveva più immaginato che vissuto) stava per finire: di lì a poco le prime esplorazioni geografiche avrebbero permesso di raggiungere direttamente il “paese delle spezie” [ 25.1] e di aprire una finestra sulla realtà indiana.
16.3 Una difficile unità sociale Una società divisa: le caste Oltre alla frammentazione politica, anche la società, in India, era estremamente frazionata: ciò era dovuto al sistema delle caste, che, introdotto nel paese in età molto antica , poneva delle barriere insormontabili tra le tante categorie in cui era suddivisa la società. Sacerdoti, militari, mercanti, contadini Le caste erano migliaia, raggruppate in quattro gruppi principali: i brahmani (sacerdoti), i ksatriya (governanti e militari), i vai´sya (mercanti e professionisti), i sudra (contadini e operai). Tra di loro non poteva esservi alcuno scambio e le regole di vita (alimentari, religiose, ecc.) cambiavano da un gruppo all’altro. I matrimoni fra persone di caste diverse erano rigorosamente proibiti. Sulle particolari virtù e sul rigido rispetto delle norme osservato dai brahmani ci informa anche Marco Polo che nel racconto del suo viaggio così li descrive (pur non avendone probabilmente mai avuto conoscenza diretta): «vi dico che questi bregomanni [brahmani] sono i migliori mercatanti e gli più leali del mondo, ché giammai non direbbono bugia per veruna cosa del mondo. E non mangiano carne né beono
Raccoglitori di pepe in India, XV sec. [dal Libro delle meraviglie, ms. Fr. 2810, c. 84; Bibliothèque Nationale, Parigi]
Questa illustrazione è tratta dal Libro delle meraviglie, meglio noto come il Milione, scritto da Rustichello da Pisa, sotto dettatura di Marco Polo, al ritorno dal suo lungo viaggio in Estremo Oriente. Le miniature che decorano i codici del Milione raffigurano creature fantastiche e scene di vita quotidiana, come in questa immagine che rappresenta i raccoglitori di pepe al lavoro in una delle tante piantagioni presenti in India.
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Modulo 4 Non solo Europa vino, e istanno in molta grande astinenza e onestade, e non toccherebbono altra femmina che la loro moglie, né non ucciderebbono veruno animale, né non farebbono cosa onde credessono aver peccato». Al di fuori delle quattro caste principali, e delle migliaia di gruppi e sottogruppi che le componevano, stavano le persone di infima condizione o paria, destinate ai lavori ritenuti più vili, come la raccolta dei rifiuti lungo le strade. Essi erano anche detti “intoccabili”, perché ogni minimo contatto fisico con loro era proibito.
16.4 Religioni dell’India: induismo, giainismo, buddhismo Abluzioni rituali nel fiume Gange a Benares L’immersione nei fiumi sacri è uno dei principali doveri religiosi per gli indù, da compiersi almeno una volta nella vita. Il bagno è considerato un atto di purificazione, attraverso il quale si può raggiungere la salvezza.
L’induismo La più diffusa religione dell’India era, ed è tuttora, l’induismo, basata su un’idea di fondo che si ritrova in varie civiltà antiche: la reincarnazione o trasmigrazione delle anime. Secondo tale dottrina, ogni esistenza deriva da un’esistenza precedente, e al momento della morte l’anima passa da un corpo all’altro, in un processo che può continuare all’infinito: l’anima, infatti, che è eterna, è costretta a incarnarsi ripetutamente nella materia, finché non si sia purificata. La purificazione può avvenire attraverso la contemplazione ascetica, che distacca progressivamente l’uomo dal legame con il corpo, consentendo all’anima di liberarsi e di ricongiungersi al mondo divino da cui proviene, terminando la serie delle reincarnazioni.
I tempi della storia Quando nacquero le caste? Secondo vari studiosi, le caste si formarono durante l’invasione degli Arii, penetrati in India fra il 1500 e il 900 a.C. nel corso di numerose invasioni ed emigrazioni. Gli Arii assoggettarono le popolazioni preesistenti, suddivise in varie stirpi, e le segregarono in nome di una presunta superiorità razziale: in
tal modo si sarebbe diffusa nel paese la consuetudine alla separazione sociale, legata ai mestieri e agli stili di vita. La divisione della società in caste si radicò profondamente nella cultura del popolo indiano, conservandosi per oltre duemilacinquecento anni. La divisione della società in caste è stata
legalmente abolita nella seconda metà del XX secolo, dalla moderna Costituzione repubblicana dell’India. Essa, tuttavia, resta ancora viva nella cultura del popolo indiano: recenti censimenti hanno registrato oltre 2000 caste tuttora riconosciute dal sentire comune, anche se ormai prive di valore giuridico.
Manifestazione di protesta degli “intoccabili”, 2003 Dalit, “intoccabile“, è il termine sanscrito che indica coloro che, all’interno del sistema indiano delle caste, occupano la posizione più bassa e miserabile. Nonostante l’abolizione ufficiale della “intoccabilità“ nel 1955, la divisione in caste è tuttora molto radicata nella società indiana. La foto ritrae una manifestazione tenutasi nel dicembre 2003 e guidata da Paul Divakar, leader nazionale della Campagna per i Diritti Umani dei dalits in India.
Capitolo 16 Regni, mercati e popoli dell’India Le principali divinità dell’induismo erano Vishnu, Shiva e Brahma, che formavano la triade divina detta “trimurti”. Vishnu era il dio della conservazione, Shiva rappresentava la forza della distruzione e della morte, Brahma, dio della vita, riuniva in sé ogni principio. Dall’induismo derivarono il giainismo e il buddhismo, due dottrine che misero da parte la venerazione degli dèi, negandone l’esistenza, e concentrandosi invece sui problemi della morale.
Il giainismo Il giainismo, una dottrina diffusa nel VI secolo a.C. dal jaina (‘maestro’) Vardhamana (599-527 a.C.), portò alle sue estreme conseguenze il principio della reincarnazione, sostenendo che l’anima può trasmigrare in qualunque corpo, di qualsiasi uomo o animale: pertanto, non solo gli uomini ma tutti gli esseri viventi (mucche, cani, insetti…) devono essere rispettati; nessuno può ucciderli, né sottometterli, né sfruttarli. L’alimentazione deve essere strettamente vegetariana. Il buddhismo Il buddhismo prese nome dal principe Siddharta Gàutama (566-486 a.C.), detto “il Buddha” ossia ‘l’illuminato’. Egli sottolineò l’idea del dolore e della sofferenza come attributi principali della vita umana, dovuti all’impossibilità di appagare i desideri e le passioni. L’uomo saggio, se vuole trovare pace e serenità, deve spogliarsi di ogni desiderio imparando a vivere con moderazione e tenendo a freno gli istinti. Nella sua forma più alta tale rinuncia al desiderio può spezzare la catena della reincarnazione raggiungendo uno stato di assoluta quiete (nirvana) e annullando l’individuo nello spirito vitale che soffia nell’Universo. Pur essendo di origine indiana, in India il buddhismo ebbe scarsa diffusione, soprattutto perché predicava la fratellanza fra gli uomini, esseri infelici che debbono avere compassione gli uni degli altri: in tal modo, tale dottrina (come pure il giainismo) andava contro il principio della divisione in caste della società, radicato nella mentalità popolare e sostenuto dai sacerdoti induisti. Il buddhismo ebbe invece larga diffusione in Cina e in altri paesi dell’Asia (Indonesia, Birmania, Tibet, Giappone).
16.5 Matematica, scienza e tecnica Un nuovo metodo di calcolo Gli indiani si distinsero nelle scienze matematiche e in particolare nei metodi di calcolo, nei quali si rivelarono abilissimi, tanto da riuscire a risolvere complesse equazioni che hanno trovato sviluppo solo nella matematica moderna. Agli indiani si deve l’invenzione del sistema decimale, basato sull’introduzione dello zero e sull’incolonnamento delle cifre: all’estrema destra le unità, accanto le decine e successivamente, sempre procedendo da destra a sinistra, le centinaia, le migliaia e così via. Di invenzione indiana sono i numeri che oggi adoperiamo anche se li chiamiamo “arabi” perché furono i mercanti arabi a diffonderli e a farli conoscere nell’Occidente europeo, dove entrarono in uso verso il Duecento. Grazie a tale sistema di calcolo gli indiani fecero importanti progressi non solo nelle scienze matematiche ma anche in quelle fisiche e astronomiche. Essi giunsero a prevedere le eclissi e a elaborare calcoli complessi, con un grado di precisione superiore a quello raggiunto in Occidente.
Il dio Vishnu dal cui ombelico si diparte un fiore di loto con Brahma Questa illustrazione è tratta dal Pa¯ncara¯tra, il testo di riferimento dottrinale che indica i canoni di comportamento ai Vaishnava, i devoti a Vishnu, visto come il Creatore di tutto, il Signore immenso e opulento, la Divinità dei pianeti.
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Modulo 4 Non solo Europa La lavorazione del ferro Le abilità matematiche degli indiani ebbero sviluppi prevalentemente teorici e non trovarono in genere applicazioni pratiche. Ciononostante la tecnica indiana in certi campi raggiunse alti livelli, come nella lavorazione del ferro. È famosa e suscita meraviglia la colonna di ferro forgiato che fu eretta a Delhi nell’anno 1050: alta 7 metri e pesante 6 tonnellate, essa è rimasta per un millennio senza la più piccola traccia di ruggine, un fenomeno che non si è ancora riusciti a spiegare con certezza. Pare che ciò sia dovuto a un particolare strato protettivo della superficie, trattata con una sostanza a noi ignota. Il primo robot Per quanto riguarda la meccanica, in alcuni libri indiani del X-XI secolo si parla di elefanti e di pesci automatici, e addirittura di un “robot”, una ragazza-automa costruita per divertimento da un artigiano e messa a servizio presso un pittore; in altri libri si parla di una barca che mediante un particolare meccanismo riusciva ad avanzare contro vento. Non sappiamo se queste informazioni rispondano al vero o siano fantasie letterarie; comunque, esse ebbero scarsa importanza sul piano del progresso tecnico-scientifico, in quanto si trattava non di apparecchi costruiti in gran numero per essere applicati al lavoro, ma di macchinegiocattolo fabbricate da artigiani ingegnosi, per puro divertimento.
Colonna di Ashoka, Delhi (India), 423 d.C. La cosiddetta Colonna di ferro (o Colonna di Ashoka), situata a Delhi, è una colonna in ferro alta 7 metri e 21 centimetri del peso di 6 tonnellate e di 41 centimetri di diametro, risalente all’incirca al 423 d.C. La colonna riporta un’iscrizione secondo la quale essa venne costruita in onore di Vishnu. Deve la sua fama al fatto che per anni è stata considerata un oggetto inspiegabile, per la sua resistenza alla corrosione e all’ossidazione: la colonna infatti non presenta ruggine nonostante sia rimasta esposta per 1600 anni al clima monsonico. Le analisi svolte dall’Istituto Indiano di Tecnologia hanno dimostrato che si tratta di una particolare proprietà del metallo di cui è fatta, un ferro molto puro, con una percentuale insolitamente elevata di fosforo dovuta a una particolare tecnica di fusione realizzata dagli artigiani del tempo.
I modi della storia
Chirurgia plastica nell’India antica
Gli indiani avevano cognizioni imprecise dell’anatomia umana. Ciononostante i loro chirurghi erano considerati fra i migliori del mondo, specialmente negli interventi di superficie. In particolare erano maestri nella chirurgia plastica: per esempio erano in grado di rifare un nuovo naso alle persone che avevano subito delle mutilazioni, cosa che accadeva spesso in quanto il taglio del naso era la pena comunemente applicata ad alcuni reati, come l’adulterio e il furto. Questi in-
terventi di chirurgia erano eseguiti usando la pelle delle guance o della fronte. L’abilità dei chirurghi indiani è testimoniata anche da un originale metodo di sutura dell’intestino, usato ancora oggi da certe popolazioni. Si usavano grosse formiche nere che, fissate ai bordi della ferita, ne mordevano i bordi, avvicinandoli e unendoli fino a suturarli. Le formiche, mordendo e succhiando, emettevano un acido con proprietà antisettiche, che impediva l’infezione. Alla fine venivano
asportate, ma le loro pinze rimanevano fissate alla pelle dell’intestino, come tanti piccolissimi aghi di cucitura. I medici indiani erano anche grandi conoscitori di droghe vegetali e dei loro effetti. I tranquillanti, oggi usati ampiamente per la cura delle malattie nervose, sono frutto di ricerche condotte su una pianta chiamata Rauwolfia, che in India era stata usata con le stesse finalità per oltre mille anni.
Capitolo 16 Regni, mercati e popoli dell’India
Sintesi
Regni, mercati e popoli dell’India
Una difficile unità politica Fin dall’antichità, l’India era frazionata in numerosi regni tra loro rivali, frutto di svariate invasioni e immigrazioni di diversi popoli. Nel X secolo gruppi di turchi islamizzati crearono diversi regni in India, che a partire dal XIII secolo diedero vita al Sultanato di Delhi, nell’India centro-settentrionale. La presenza turca accentuò le divisioni interne, a causa dei contrasti religiosi tra il politeismo degli indiani e il monoteismo islamico. In seguito, nelle regioni settentrionali si formò il Sultanato di Bahmani, mentre in quelle meridionali si affermò il Regno di Vijayanagar, nel quale si trovavano i principali empori commerciali, entrando tra di loro in conflitto. A partire dal XIV secolo si intensificarono le incursioni dei mongoli che, con Tamerlano (XIV-XV sec.), conquistarono i territori tra la Siria e Delhi, effettuando saccheggi in diverse città e regioni indiane. Un grande emporio commerciale L’India, oltre a essere un paese agricolo, era soprattutto il centro di fiorenti commerci, il punto di partenza di carovane di mercanti che, attraversando Afghanistan e Persia, trasportavano verso Occidente merci di notevole costo e valore. Tali spostamenti avvenivano anzitutto via terra: i mercanti si associavano tra loro e si muovevano in grandi convogli, utilizzando guide, una difesa armata, vari punti di ristoro e riposo lungo il tragitto. Ma potevano avvenire anche via mare, con un’organizzazione simile, dirigendosi
verso altri paesi asiatici (Cina, Indonesia, Persia) o africani (Etiopia). Nel XIII secolo erano privilegiate le rotte terrestri; a partire dal XIV secolo, con il declino dell’Impero mongolo e la fine del periodo di pace e di apertura verso i mercanti stranieri, si sviluppò il percorso via mare attraverso l’Oceano Indiano. Questo favorì la crescita dei porti lungo le coste indiane e una migliore conoscenza dell’India. Una difficile unità sociale La società indiana era ordinata secondo il sistema delle caste, che frazionava la popolazione in modo netto e immutabile in gruppi distinti. Le caste principali erano quattro: i brahmani (sacerdoti), i ksatriya (militari e governanti), i vai’sya (mercanti e professionisti), i sudra (contadini e operai). La separazione era rigida: non potevano esserci scambi o matrimoni tra diverse caste, e le regole di vita variavano da un gruppo all’altro. Al di fuori delle caste vi erano i paria, persone di condizione sociale infima, che svolgevano i lavori più umili e vili. Religioni dell’India: induismo, giainismo, buddhismo La religione più diffusa era l’induismo, basata sull’idea della reincarnazione delle anime, che passano da un corpo all’altro in un processo potenzialmente infinito, che può essere interrotto soltanto tramite l’ascesi e il distacco dal corpo. Le principali divinità erano Vishnu, Shiva e Brahma (triade divina). Da essa derivarono altre due religioni, attente sopratutto ai problemi della morale e del
comportamento umano. In primo luogo il giainismo, diffuso nel VI secolo a.C. da Vardhamana, che porta alle estreme conseguenze il principio della reincarnazione, per cui un’anima può trasmigrare in qualsiasi corpo vivente. Occorre rispettare tutti gli esseri viventi e seguire un’alimentazione vegetariana. In secondo luogo il buddhismo, diffuso da Siddharta Gàutama (566-486 a.C.), che indica la rinuncia al desiderio come possibile via per superare l’infelicità umana, legata all’impossibilità di appagare tutti i desideri. La catena delle reincarnazioni può essere spezzata dal raggiungimento del nirvana, uno stato di assoluta quiete, in cui l’individuo si fonde nell’Universo. Il buddhismo ebbe scarsa diffusione in India, in quanto predicava la fratellanza tra gli uomini andando così contro il principio della divisione in caste della società, e si diffuse in Cina e in parte dell’Asia. Matematica, scienza e tecnica Gli indiani si rivelarono estremamente abili nelle scienze matematiche, individuando nuovi metodi di calcolo. Inventarono il sistema decimale (ancora oggi in uso), con l’introduzione dello zero e l’incolonnamento delle cifre da destra verso sinistra, con le unità all’estrema destra. Ottennero in tal modo progressi nei campi delle scienze matematiche, fisiche, astronomiche, riuscendo a prevedere le eclissi e a effettuare calcoli complessi, anche se tali sviluppi furono essenzialmente teorici. Anche le scienze meccaniche conobbero progressi.
Esercizi Comprendere e ordinare 1. Indica se le seguenti affermazioni sono vere o false.
f. La Cina, a differenza dell’India, era frazionata al suo interno e divisa in numerosi regni.
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a. I principali empori commerciali dell’India si trovavano nel territorio del Sultanato di Bahmani.
V
F
b. A partire dal XIV secolo il percorso seguito per arrivare in Cina divenne quello che passava attraverso l’Oceano Indiano.
g. I numeri che noi utilizziamo furono scoperti dagli indiani e diffusi in Europa dai mercanti arabi.
V
F
V
F
c. Il giainismo sosteneva che l’anima poteva reincarnarsi anche nei corpi degli animali.
h. Il buddhismo ebbe una diffusione enorme in India, in quanto confermava l’esistenza delle caste.
V
F
V
F
d. Il sistema delle caste fu introdotto in India a partire dal XII secolo.
i. Il buddhismo evidenzia la necessità di vivere con moderazione e di rinunciare ai desideri.
V
F
V
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e. I paria potevano aspirare a scalare la società.
V
F
l. Gli indiani introdussero un nuovo metodo di calcolo matematico, il sistema decimale.
V
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Modulo 4 Non solo Europa
2. Associa alle seguenti parole chiave il significato corretto.
3. Nelle frasi seguenti, indica il giusto completamento.
politeismo • stazione di posta • brahmani • sultanato • paria • nirvana • caste • giainismo • emporio • reincarnazione • carovana • monoteismo
a. Le rotte terrestri tra Europa ed Estremo Oriente:
Caratteristica delle religioni che riconoscono un’unica divinità Gruppi sociali chiusi in cui è suddivisa una società
erano utilizzate soprattutto nel XII secolo. erano utilizzate soprattutto nel XIII secolo. erano utilizzate soprattutto nel XIV secolo. erano utilizzate soprattutto nel XV secolo. b. I gruppi principali delle caste erano: i brahmani, i ksatriya, i sudra. i brahmani, i ksatriya, i vai’sya, i paria. i brahmani, i ksatriya, i vai’sya, i sudra. i brahmani, i ksatriya, i vai’sya, i sudra, i paria.
Appartenenti alla casta indiana dei sacerdoti Individui di infima condizione che non appartengono a nessuna casta
c. Le principali divinità dell’induismo erano: Vishnu, Shiva e Buddha. Vishnu, Vardhamana e Brahma. Vishnu, Shiva e Vardhamana. Vishnu, Shiva e Brahma.
Religione indiana che prevede la reincarnazione in qualunque corpo Tappa nel tragitto delle carovane destinata al riposo
d. Il giainismo: era basato sul principio della reincarnazione delle anime. aveva come scopo il raggiungimento del nirvana. predicava l’utilizzo della contemplazione ascetica. portò alle estreme conseguenze il principio della reincarnazione delle anime.
Territorio soggetto all’autorità di un sultano Stato di quiete assoluta secondo il buddhismo Caratteristica delle religioni che riconoscono più divinità
e. Gli indiani ottennero progressi rilevanti: nelle scienze matematiche e fisiche. nelle scienze matematiche e meccaniche. nelle scienze matematiche, fisiche, meccaniche e astronomiche. nelle scienze matematiche, fisiche, astronomiche.
Passaggio dell’anima da un corpo a un altro dopo la morte Centro di attività commerciale di rilevante importanza Compagnia di mercanti uniti per attraversare regioni difficili da percorrere
Analizzare e produrre 4. Verso il saggio breve Leggi il documento di Onorio di Autun a p. 172 e la citazione di Marco Polo riportata alle pp. 173-174. Rispondi alle seguenti domande. a) Onorio di Autun 1. 2. 3. 4.
Come sono definite le popolazioni indiane all’inizio del brano? Quali descrizioni ed esempi sono forniti? Chi sono gli Scinopodi? Chi vive vicino alla sorgente del Gange?
5. Che tipo di descrizione è fornita in questo documento? b) Marco Polo 1. 2. 3. 4.
Chi sono i brahmani? Con quali caratteristiche sono descritti? Che comportamenti hanno? Che tipo di descrizione si fornisce in questo documento?
Scrivi un testo di almeno 10 righe dal titolo “La visione degli indiani dall’esterno: due punti di vista a confronto”.
Capitolo 16 Regni, mercati e popoli dell’India
5. Rispondi alle seguenti domande. 1. 2. 3. 4. 5. 6.
Dove si trovavano i principali empori commerciali dell’India? Quali erano le merci pregiate provenienti dall’India che venivano trasferite via terra dai mercanti? Quali zone venivano attraversate dalle carovane che si muovevano via terra? Fino a quale periodo le carovane via terra ebbero un ruolo di primaria importanza? In che luoghi arrivava il trasporto via mare delle merci provenienti dall’India? Da che periodo il trasporto via mare attraverso l’Oceano Indiano assunse un ruolo centrale?
Ora completa la tabella e indica sulla cartina le direttrici del traffico proveniente dall’India, sia via terra che via mare, e i centri più importanti. Infine scrivi un testo di almeno 10 righe dal titolo “L’India e il commercio tra XIII e XIV secolo. I CONVOGLI DELLE CAROVANE VIA TERRA CHI/COSA
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Cavalli, cammelli
PERCHÉ
Indirizzavano le carovane all’interno delle zone desertiche
difendevano le carovane dagli assalti dei predoni
servivano a dissetare gli animali; ogni
servivano a riposare; ogni
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Servivano per il trasporto di uomini e merci
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di cammino
di cammino
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Modulo 4 Non solo Europa
17 Popoli e civiltà
Capitolo
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dell’Africa
Percorso breve La storia dell’Africa “bianca”, quella settentrionale, affacciata sulle coste del Mediterraneo, fu segnata nel Medioevo dall’affermazione della fede islamica e dalla costituzione di ampie aggregazioni statali come la Tunisia e il Marocco, che si aggiunsero a Stati di antica tradizione come l’Egitto. Unico paese cristiano rimase l’Etiopia. Nell’Africa “nera”, a sud del Sahara, abitavano centinaia di popoli raggruppati secondo legami familiari e tribali. Forme di organizzazione politica come i regni del Ghana, Mali, Kanem-Bornu, Gao restarono sempre deboli, scarsamente capaci di coordinamento territoriale. Essi furono detti “Regni minerari” perché la principale preoccupazione dei sovrani era lo sfruttamento dei giacimenti d’oro, che a sua volta dava origine a un fiorente commercio gestito dai mercanti arabi. Importante era anche il mercato di schiavi, diretti alle corti principesche dei paesi islamici. Altrove la popolazione viveva di una agricoltura rudimentale, di caccia, pesca e raccolta. La religiosità aveva un carattere “animista”, basato cioè sull’idea di una forte coesione fra l’uomo, gli animali, le piante, tutti esseri viventi dotati di un’anima e capaci di parlarsi l’un l’altro.
Moschea di Al-Azhar al Cairo (Egitto), X sec.
Capitolo 17 Popoli e civiltà dell’Africa
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17.1 L’Africa “bianca”. Popoli, Stati, religioni L’Egitto La prima grande organizzazione statale dell’Africa mediterranea fu quella dell’Egitto che, fiorita nel IV millennio a.C., diventò, dopo la conquista di Alessandro Magno (IV sec. a.C.), uno dei massimi centri della cultura ellenistica, per poi decadere durante l’occupazione romana (dal 30 a.C.). In età medievale l’Egitto fu occupato dagli arabi, assieme a tutte le regioni africane affacciate sul Mediterraneo. Mantenne tuttavia una propria caratteristica identità, legata all’antica storia del suo popolo e della sua civiltà. Nonostante il declino dell’Impero arabo nel periodo delle crociate, alla fine del XII secolo il valoroso condottiero Sala¯ h al-Di¯ n, noto in Occidente come Saladino (11381193), riuscì, attraverso un’abile strategia politica e militare, a riprendere parte dei territori siriani conquistati dai crociati [ 5.5] e a riunificare i suoi domini in un grande Sultanato d’Egitto, che si estendeva dal Tigri al Nilo. Alla sua morte il regno si frazionò e attorno al 1250 il comando dell’Egitto passò ai mamelucchi (dall’arabo mamluk, ‘schiavo’), un corpo militare di origine turca che sin dal IX secolo aveva prestato servizio all’interno dell’Impero arabo. Sotto il dominio mamelucco l’Egitto visse un periodo di prosperità e ricchezza, soprattutto grazie agli scambi con l’Occidente che portarono Alessandria a diventare un punto di snodo commerciale di fondamentale importanza. Il Maghreb L’espansione degli arabi e dell’islam tra il VII e il IX secolo costituì una potente forza di aggregazione per le popolazioni del Maghreb (la fascia nord-occidentale dell’Africa), i cosiddetti “berberi”, originari delle zone montagnose dell’interno scesi a occupare le pianure costiere. La nuova fede islamica costituì anche per quelle popolazioni – come già era accaduto per le genti nomadi dell’Arabia – un motivo di coesione che fece superare lo spirito tribale e favorì la nascita di ampie aggregazioni statali, come la Tunisia e il Marocco.
G RE
ARABI NI GHREB MA
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IMPERO DI KANEM BORNU
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IMPERO DI GAO
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IMPERO DEL GHANA
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IMPERO DEL MALI
MAR MEDITERRANEO
REGNO DI ETIOPIA
Mogadiscio
Mozambico
Sofala
Regni africani nel XIV-XV sec.
MA DA GA SC AR
OCEANO ATLANTICO
Mombasa Zanzibar Kilwa
Saladino libera Guido da Lusignano, part., XV sec. [da Chronique des empereurs; Bibliothèque de l’Arsenal, Parigi]
Questa immagine trecentesca raffigura Saladino mentre concede la libertà a Guido da Lusignano, cavaliere crociato francese, catturato dall’esercito del sultano nel 1187 durante la celebre battaglia di Hattin, che segnò la sconfitta dell’esercito cristiano di Gerusalemme. Il crociato fu poi liberato l’anno successivo, a dimostrazione del carattere leale di Saladino.
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Modulo 4 Non solo Europa L’Etiopia Diversa fu la storia dell’Etiopia o “Abissinia”, regione in cui si era precocemente diffuso il cristianesimo. Anch’essa nel Medioevo cadde sotto i colpi degli arabi; tuttavia non fu conquistata dalla fede islamica, rimanendo legata alla tradizione cristiana. Tale fu la caratteristica dell’Etiopia sotto le varie dinastie regnanti che si susseguirono nei secoli medievali, quando essa rimase il solo paese cristiano del continente.
17.2 L’Africa “nera”. Popoli, imperi e commerci Il Sudan dalle tante lingue A sud del Sahara si stendevano gli immensi territori dell’Africa nera, chiamati dagli arabi “Sudan” (dall’arabo Bilad al-sudan, ‘paese dei Neri’). Vi abitavano centinaia di popoli diversi, che parlavano decine di lingue diverse; tra di esse si distinguevano quelle del gruppo “sudanese”, nell’area equatoriale, e nel centro-sud del continente quelle dei “bantù”, un popolo che aveva conosciuto prima di altri la tecnologia del ferro e che si era diffuso un po’ dappertutto. Inoltre vi erano i popoli di lingua “swahili”. Queste popolazioni tenevano fortissimi legami familiari e tribali, una solidarietà che aiutava a sostenere la quotidiana lotta per la sopravvivenza in territori difficili come il deserto o la foresta equatoriale. La vendita delle spezie Le spezie, elementi tradizionali e basilari della cucina araba, sono ancora oggi vendute in grandi bacinelle colorate nei mercati dei villaggi nordafricani.
Nascono gli imperi I contatti con il mondo arabo e lo sviluppo delle attività commerciali fecero tuttavia nascere organizzazioni politiche, gli imperi dell’Africa nera che si svilupparono nel bacino dei grandi fiumi o lungo le vie carovaniere: per esempio quello del Ghana, abbattuto dagli arabi nell’XI secolo; quello del Mali, fiorito tra il XIII e il XV secolo alle sorgenti del Niger; quelli di Kanem-Bornu (XIII-XIV sec.), di Gao (XV-XVI sec.) e molti altri potentati minori.
I luoghi della storia Il miraggio di Timbuctu Antica capitale del Mali, nel sud-est della regione sahariana lambita dal fiume Niger, Timbuctu era uno dei luoghi favolosi dell’Africa “nera”. Raggiunse il suo massimo splendore tra il XIV e il XVI secolo, per la ricchezza dei mercati e il fiorire delle attività culturali, che ne fecero uno dei principali centri di riferimento del mondo arabo. Gli europei, che sentivano parlare di questo luogo inaccessibile nel cuore del deserto, ne ebbero per lungo tempo un’immagine mitica, e lo raggiun-
sero solo agli inizi dell’Ottocento. Una viva descrizione della città è fornita nella prima metà del XVI secolo da Hassan al-Wazzan (1485-1554), un singolare personaggio, nato a Granada nella Spagna ancora islamica e trasferitosi poi a Fez in Marocco, dove fu rapito da pirati cristiani e condotto a Roma. Qui si convertì al cristianesimo e assunse il nome di Leone Africano. In Italia (e in lingua italiana) scrisse una Descrizione dell’Africa (152326) che rappresenta un efficace tentativo
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ombutto regno. Il nome di questo regno è moderno, detto del nome di una città che fu edificata da un re chiamato Mense Suleiman, gli anni dell’Egira seicento e dieci1, vicina a un ramo del Niger circa a dodici miglia, le cui case sono capanne fatte di pali, coperte di creta, coi cortivi di paglia. Ben v’è un tempio di pietre e di calcina fatto da uno eccellente maestro di Granata, e similmente un gran palazzo fatto dal medesimo artefice, nel quale alloggia il re. E in questa città vi sono molte botteghe di artigiani e mercatanti, e massimamente di tessitori di tele di bambagio2; vengono ancora a lei panni d’Europa portati dai mercatanti di Barberia3. Le donne di questo usano ancora elle di coprirsi il viso, eccetto 1 Secondo il calendario islamico, l’anno 1231.
2 Cotone. 3 I berberi del Nord Africa.
di “mediazione” fra il mondo cristiano e il mondo islamico, di “spiegare” agli europei i segreti di una civiltà che conoscono a malapena. Nella ricostruzione di Leone Africano Timbuctu appare come una favolosa città, quasi un miraggio nel deserto, dove il confluire dei traffici fra nord e sud dell’Africa dà origine a un eccezionale dinamismo economico e sociale. Si osservi anche la notazione sul commercio di libri, segno di una vita culturale particolarmente sviluppata.
le schiave, le qual vendono tutte le cose che si mangiano; e gli abitatori sono persone ricchissime, massimamente i forestieri che vi sogliono abitare, in tanto ch’el re d’oggi ha dato due sue figliuole per ispose a due fratelli mercatanti, mosso dalle ricchezze loro. Nella detta città sono eziandio4 molti pozzi d’acqua dolce, benché, quando cresce il Niger, ei se ne va per certi canali vicino alla città. V’è grandissima abbondanza di grani e di animali, onde il latte e il butiro5 è molto da loro frequentato. […] Il re possiede gran ricchezza in piastre e verghe d’oro, delle quali alcuna è di peso di milletrecento libbre. La sua corte è molto ordinata e magnifica, e quando egli va da una città all’altra con li suoi cortigiani, cavalca so4 Anche. 5 Burro.
Capitolo 17 Popoli e civiltà dell’Africa Questi “imperi” in realtà avevano uno scarso controllo del territorio: incerti erano i confini tra uno Stato e l’altro, deboli i rapporti con le popolazioni soggette. I sovrani si preoccupavano soprattutto di controllare lo sfruttamento dei giacimenti d’oro e gli scambi commerciali che gruppi di mercanti intrattenevano con i paesi arabi, trasportando rame, ferro, avorio, pelli lungo le piste carovaniere che attraversavano il deserto. Vi era anche un fiorente mercato di schiavi, diretti soprattutto alle corti principesche dei paesi islamici.
Porti, empori e città mercantili Sulle coste dell’Africa orientale gli arabi impiantarono scali commerciali da cui col tempo presero origine densi insediamenti: Mogadiscio, Mombasa, Kilwa, Sofala furono i più importanti, oltre a Zanzibar sull’omonima isola. Anche l’isola di Madagascar fu base di importanti scambi, non solo con i paesi arabi ma anche con le regioni dell’Estremo Oriente, in particolare l’India e l’Indonesia. I prodotti africani (oro, avorio, pelli, coralli, spezie) erano inviati anche su quei mercati lontani, da cui giungevano in cambio tessuti di cotone e di seta, perle di vetro, porcellane e prodotti alimentari come il riso e lo zucchero.
17.3 Un’economia mista Agricoltori, pastori, cacciatori Le popolazioni dell’Africa nera non conducevano tutte lo stesso genere di vita. Alcune vivevano prevalentemente di agricoltura, altre di pastorizia seminomade, altre ancora (come i pigmei delle zone equatoriali) restavano legate alle attività di caccia, pesca e raccolta. In molti casi tali attività erano mescolate tra loro e davano origine a forme miste di economia.
pra camelli e gli staffieri menano i cavalli a mano; e se va a combattere, essi legano i camelli e tutti i soldati cavalcano su cavalli. Qual volta alcuno vuol parlare a questo re, se gli inginocchia innanzi, e piglia del terreno e se lo sparge sopra il capo e giù per le spalle: e questa è la riverenza che se gli fa, ma da quelli solamente che non gli hanno più parlato, o da qualche ambasciatore. Tiene egli circa a tremila cavalli e infiniti fanti, i quali portano cotai archi fatti di bastoni di finocchi salvatici, usando di trar con quelli velenate saette. […] Sono nella detta città molti giudici, dottori e sacerdoti, tutti ben dal re salariati, e il re grandemente onora i letterati uomini. Vendonsi ancora molti libri scritti a mano che vengono da Barberia, e di questi si fa più guadagno che del rimanente delle mercatanzie. […] Sono questi abitatori uomini di piacevole natura, e quasi di continovo hanno in costume di girsi, passate che sono le ventidue ore, fino a una ora di notte, sonando e danzando per tutta la città; e i cittadini tengono a loro bisogne molte schiave e schiavi maschi. da G.B. Ramusio, Navigazioni e viaggi, I, Torino 1978
Minareti della moschea Djinguereber a Timbuctu, XIV sec. La città di Timbuctu, abitata già nei tempi più antichi dal mitico popolo dei Tuareg, con lo sviluppo dei commerci divenne prima un grande emporio carovaniero, quindi, nel XV secolo, uno dei principali centri per lo studio della religione islamica.
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Modulo 4 Non solo Europa L’agricoltura si svolgeva in forme assai semplici. Elementari aratri trainati da animali, ma più spesso attrezzi manuali (vanghe, zappe, bastoni) servivano a rivoltare e a seminare la terra. Le colture più importanti erano quelle del miglio e del sorgo (i due cereali tipici dell’Africa, che di qui si diffusero in Europa e in Asia). Dopo il XV secolo si cominciarono a coltivare anche il riso, originario dell’Asia, e il mais, originario dell’America. Dall’America giunse anche la manioca o cassava, una pianta dalle cui radici si ricava un amido, la farina di tapioca, che col tempo diventò una delle principali risorse alimentari del continente africano. I resti di Grande Zimbabwe Nell’Africa del sud, precisamente nell’odierno Zimbabwe, sono state rinvenute le rovine di una grande città, chiamata Grande Zimbabwe, databili a un periodo compreso tra l’XI e il XV secolo, e ritenuta da molti ricercatori il centro di un vasto impero. I reperti portati alla luce nell’area mostrano che gli abitanti di Grande Zimbabwe conoscevano l’estrazione mineraria e l’irrigazione e che, dunque, la ricchezza della città si basava soprattutto sull’attività agricola e sul controllo dei commerci e dell’oro verso i mercati orientali.
Le “civiltà minerarie” Nelle regioni in cui si era sviluppata l’attività mineraria intere comunità si dedicavano a questo lavoro. Si formarono in tal modo vere e proprie “civiltà minerarie”, in cui gli esperti di metallurgia costituivano gruppi sociali superiori e privilegiati. Alcuni sovrani africani basavano la loro autorità proprio sul fatto di discendere da antiche famiglie di fabbri, o di lavoranti d’oro. L’oro era il prodotto più ricercato e le regioni dell’Africa subsahariana rifornivano in pratica quasi tutto il mercato occidentale.
17.4 Una religione animista L’anima della natura Nonostante i frequenti contatti con l’islam, le popolazioni dell’Africa nera rimasero per la maggior parte legate alla forma più antica e tradizionale di religiosità, l’animismo, una visione del mondo – tuttora diffusa in quelle regioni – secondo cui esiste uno spirito universale che si incarna in tutto ciò che esiste: una specie di “forza vitale” da cui trae origine l’universo. Animali, piante, minerali, ogni cosa ha un’anima. Da tali convinzioni deriva un forte senso di coesione tra l’uomo e la natura: gli animali sono fratelli dell’uomo e così pure le piante. Dopo aver tagliato un albero, molte popolazioni africane compiono riti e offerte espiatorie per discolparsi di quella “uccisione”. Culto degli avi e rituali sacri Anche l’anima dei defunti è ritenuta vicina agli uomini e presente tra loro: perciò gli antenati sono oggetto di cure e di venerazione, continuando in tal modo a partecipare alla vita sociale, nelle singole famiglie e tribù. Particolari cerimonie religiose, in cui la musica e la danza rivestono un ruolo di grande importanza, caratterizzano la religiosità animistica. Nella danza rituale gli
Le vie della cittadinanza
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La ricerca del sacro
a religione è sempre stata un’esigenza primaria delle società umane, strettamente legata ai modi di vivere e di pensare. Storicamente si sono delineati alcuni tipi fondamentali di religiosità: quella “animistica” (a lungo presente in Africa e in altri continenti) che riconosce un’anima a tutte le cose esistenti in natura; quella “politeistica” (tipica delle società antiche del Mediterraneo, del mondo germanico, dell’America precolombiana, ecc.) che individua tante divinità quanti sono gli interessi e i bisogni dell’uomo; quelle che riconoscono un solo Dio
creatore (ebraismo, cristianesimo, islam); quelle che, concentrandosi sui valori morali del comportamento umano più che sull’aldilà, si avvicinano piuttosto a delle filosofie di vita (buddhismo, confucianesimo e altre religioni orientali). Ogni cultura ha prodotto la sua religione, e ogni religione ha influenzato profondamente la cultura di ciascun popolo. Una differenza importante, che ha contrassegnato la storia delle varie religioni, è che alcune di esse – in particolare il cristianesimo e l’islam – si sono caratteriz-
zate fin dall’inizio come fedi “universali”, tendenzialmente rivolte a tutti gli uomini: esse hanno quindi sviluppato una potente capacità di espansione, attraverso la predicazione, l’apostolato, la conversione. In questo modo sono diventate le religioni più diffuse nel mondo e contano, oggi, miliardi di fedeli. Altre religioni invece, come l’ebraismo, sono rimaste più legate all’identità di un popolo, oppure, come l’animismo, al rapporto con l’ambiente naturale. Perciò non hanno storicamente sviluppato tendenze espansive.
Capitolo 17 Popoli e civiltà dell’Africa uomini generalmente si mettono una maschera, a indicare che stanno “uscendo da sé” per trasformarsi in qualcosa di diverso: un animale, una pianta, un essere celeste. Tutto è possibile quando l’Universo è immaginato come una grande famiglia di anime, che possono scambiarsi le parti. Anche la pratica della magia nasce da questo tipo di sensibilità: poiché tutte le anime sono fra loro collegate, si ritiene che attraverso particolari formule e rituali sia possibile influenzare la vita di altri esseri, o il corso degli eventi.
Aa Documenti Il Sole, la Luna, l’uomo Una leggenda tramandata dalla tribù africana dei Mongo-Nkundu, che abitano in una regione dello Zaire, ricorda molto da vicino il mito del Paradiso terrestre raccontato dalla Bibbia: uno stato di originaria felicità, una divinità che dopo avere creato il mondo aiuta l’uomo a sopravvivere donandogli acqua, vegetazione, cibo, e poi una colpa che d’improvviso piomba l’uomo nel dolore e nella sofferenza. Di diverso, nel racconto africano, c’è la fratellanza fra l’uomo, il Sole e la Luna, tutti e tre figli del dio; c’è un profondo ideale di amicizia tra gli uomini, gli animali e le piante, un’amicizia rovinata dalla cattiveria degli uomini: in ciò traspare assai bene il carattere “animista”
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della religiosità africana, che riconosce una forte coesione fra l’uomo e la natura, dato che tutte le cose hanno un’anima. Anche le leggende sono “documenti” storici: esse manifestano la cultura, gli interessi, i valori di una società, il modo in cui gli uomini hanno voluto o saputo rappresentare il mondo. Quando si leggono e si interpretano documenti come questi, è necessario tenere presente che spesso c’è una sfasatura fra il modo in cui le leggende tradizionalmente venivano trasmesse all’interno delle popolazioni (un modo rigorosamente orale, basato sul racconto) e i testi scritti che sono arrivati fino a noi, solitamente elaborati da altri (viaggiatori, missionari, antropologi) che apparteneva-
l dio Nzakomba aveva tre figli: il Sole, la Luna e l’uomo. Ai primi due assegnò la volta celeste, all’uomo la Terra. Questa all’inizio era brulla, senza vegetazione, senza fiumi. Il sole la scaldava troppo e Nzakomba fece le foreste. Poi l’uomo si lamentò di avere fame e Nzakomba fece spuntare i banani e il manioca1 e appese agli alberi della foresta dei frutti squisiti. Inoltre popolò i boschi di animali grandi e piccoli: prima i cani, poi i cinghiali, poi le antilopi e i leopardi e per ultimi gli enormi elefanti e gli ippopotami. Sugli alberi mise le scimmie e nell’aria ogni specie di uccelli. Così l’uomo ebbe a disposizione i frutti del banano, la farina di manioca e carne di tante qualità: gli animali non fuggivano quando egli aveva fame, ma si offrivano a lui spontaneamente. Un giorno l’uomo ebbe sete e Nzakomba fece scaturire le sorgenti e scorrere i fiumi. Inoltre creò i pesci, grandi e piccoli, per popolare l’acqua e variare il nutrimento dell’uomo. L’uomo andava a bere e quando aveva fame prendeva per la coda i pesci, che venivano ad augurargli buon giorno. Così visse a lungo e felicemente, fino a che non mancò di rispetto verso il padre che lo aveva creato. Accadde infatti che Nzakomba, essendo ormai vecchissimo e sentendosi sul punto di morire, volle vicini a sé i suoi figli e li fece chiamare dal Tuono (che era la sua voce). Il Sole e la Luna si misero subito in cammino e arrivarono in giornata. Anche l’uomo si incamminò, ma giunto al gran fiume trovò i
1 L’albero dalle cui radici si estrae la tapioca.
no a culture diverse. È quindi possibile che in questi racconti si intreccino elementi nativi, tipici delle culture d’origine, ed elementi aggiunti da coloro che li raccolsero e li misero per iscritto. È però anche possibile che la contaminazione di diverse culture – come, in questo caso, la mescolanza di elementi tipici della religiosità animista con elementi che invece paiono ricalcati sul testo biblico, ossia sulla tradizione ebraico-cristiana – non sia frutto della reinterpretazione di chi raccolse queste leggende, ma fosse già inclusa nel racconto stesso, in seguito all’assimilazione, da parte di chi raccontava tali leggende, di altri racconti che i missionari cristiani avevano diffuso fra quelle popolazioni.
pesci che si lagnavano con gli altri animali perché andavano a intorbidare e imbrattare l’acqua. Invitato a fermarsi per risolvere la questione, l’uomo si sedette ad ascoltare, dimenticando che suo padre l’aveva chiamato. Nzakomba, morente, si infuriò con lui e con gli animali che lo avevano trattenuto, e lanciò su di loro la sua maledizione: gli animali furono privati della parola; l’uomo fu condannato a divenire mortale e a soffrire la fame, la sete, le malattie. Le piante e gli animali non furono più amici dell’uomo ed egli cominciò a faticare per procurarsi il cibo. Il manioca e il banano non crebbero più spontaneamente; l’uomo dovette lavorare, smuovere la terra, abbattere gli alberi della foresta per coltivare il suolo. Le bestie gli diventarono ostili e misero in pericolo i suoi figli: il leopardo li assalì, l’elefante li inseguì, i serpenti li morsero. Le antilopi, le scimmie, i pesci, gli uccelli fuggirono davanti a loro, ed essi patirono la fame; per procurarsi la carne dovettero imparare a giocare di forza e d’astuzia, inventarono congegni complicati per catturarli, costruirono reti, frecce, lance, coltelli. Abituati a lottare duramente per sopravvivere, i figli dell’uomo diventarono cattivi e mossero guerra gli uni contro gli altri, ammazzandosi a vicenda e facendosi schiavi fra di loro. E nacquero e morirono generazione dopo generazione, mentre il Sole e la Luna non muoiono mai. da R. Pettazzoni, In principio. I miti delle origini, Torino 1990, pp. 7-9
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Modulo 4 Non solo Europa
Sintesi
Popoli e civiltà dell’Africa
L’Africa “bianca”. Popoli, Stati, religioni L’Egitto fu la prima organizzazione statale dell’Africa mediterranea. Nacque in età antichissima, divenne uno dei massimi centri della cultura ellenistica, fu occupato dai Romani; nel Medioevo fu occupato dagli arabi, anche se mantenne un legame con la storia della sua civiltà. Alla fine del XII secolo Saladino fondò il Sultanato d’Egitto su un territorio vastissimo, dal Tigri al Nilo, che si divise dopo la sua morte. Nel 1250 il potere passò ai mamelucchi, un gruppo militare di origine turca, sotto il cui dominio l’Egitto visse un periodo di ricchezza grazie agli scambi commerciali con l’Occidente. La zona del Maghreb (Africa nord-occidentale) era abitata dai berberi, popolazioni provenienti dalle zone montuose interne che si stanziarono nelle zone costiere, per le quali l’espansione islamica costituì un fattore di coesione, permettendo la formazione di aggregazioni statali (Tunisia, Marocco). L’Etiopia era una regione in cui si era diffuso anticamente il cristianesimo. Essa fu conquistata dagli arabi ma rimase di fede cristiana, il che costituì una sua caratteristica duratura nel tempo.
L’Africa “nera”. Popoli, imperi e commerci I territori a sud del Sahara costituivano l’Africa nera, in cui abitavano centinaia di popoli diversi ed erano diffuse svariate lingue. Si trattava di popoli organizzati in famiglie e tribù, il cui peso dipendeva dalla solidarietà resa necessaria dalla durezza della lotta per la sopravvivenza. In alcune zone i contatti col mondo arabo agevolarono lo sviluppo dei commerci e la nascita di organizzazioni politiche, gli imperi dell’Africa nera, situati in corrispondenza di grandi fiumi o di vie carovaniere: Ghana, Mali, Kanem-Bornu, Gao. Essi erano caratterizzati da uno scarso controllo del territorio; la preoccupazione principale dei sovrani era di controllare lo sfruttamento dei giacimenti di oro e gli scambi commerciali, tra i quali era diffuso il mercato degli schiavi. In Africa orientale gli arabi impiantarono diversi scali commerciali, alcuni dei quali si svilupparono dando luogo a insediamenti, come nel caso dell’isola di Madagascar. Un’economia mista Le popolazioni dell’Africa nera conducevano generi di vita diversi: alcune vivevano di pastorizia,
altre di caccia, pesca e raccolta, altre di agricoltura, praticata facendo uso di strumenti rudimentali. A volte tali attività si mescolavano, creando così forme miste di economia. Nelle regioni in cui era sviluppata l’attività mineraria le comunità svolgevano principalmente questo lavoro (“civiltà minerarie”), con un ruolo sociale privilegiato detenuto dagli esperti di metallurgia. L’oro era il prodotto più ricercato; dall’Africa subsahariana proveniva la maggior parte dell’oro diffuso sui mercati occidentali. Una religione animista I popoli dell’Africa nera, nonostante i rapporti con l’islam, rimasero legati a una forma antica di religiosità, l’animismo, secondo la quale in tutto ciò che esiste è presente una forza vitale, uno spirito universale. Questo comporta una forte unione tra uomo e natura: animali e piante sono considerate fratelli dell’uomo, le anime dei defunti sono presenti tra gli uomini, hanno grande importanza alcune cerimonie religiose basate su danze rituali ed è ammessa la magia, attraverso cui è possibile influenzare le vite degli altri o il corso degli eventi.
Esercizi Comprendere e ordinare 1. Associa alle seguenti parole chiave il significato corretto. animismo • berberi • sorgo • swahili • mamelucchi • metallurgia • manioca Una delle principali lingue dell’Africa centrale e orientale Attività relative all’estrazione dei metalli dai minerali Concezione secondo cui ogni fenomeno o cosa è dotato di un’anima Pianta dalle cui radici si ricava un amido usato per la preparazione di farine Cereale tipico dell’Africa Popolazioni originarie del Maghreb Corpo militare di origine turca
Capitolo 17 Popoli e civiltà dell’Africa
2. Indica se le seguenti affermazioni sono vere o false. a. Saladino riunì i suoi domìni nel Sultanato d’Egitto.
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b. Le principali lingue parlate nell’Africa subsahariana erano il sudanese e lo swahili.
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c. Alla base dell’autorità di alcuni sovrani africani c’era la loro discendenza da antiche famiglie di fabbri.
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d. Secondo la religione animista, ogni cosa ha un’anima: animali, piante, minerali.
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e. Attorno al 1250 il potere in Egitto passò ai berberi.
V
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f. L’Etiopia fu l’ultimo, in ordine di tempo, tra i paesi africani a passare all’islam.
V
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g. Gli imperi dell’Africa nera si basavano su un forte accentramento del potere.
V
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Analizzare e produrre 3. Completa la seguente tabella, poi indica sulla cartina la posizione dei principali porti dell’Africa orientale.
cotone • seta • rame • pelli • riso • zucchero • schiavi • spezie • avorio • perle di vetro • porcellane • cavalli • oro • ferro GLI SCAMBI COMMERCIALI IN AFRICA BENI ESPORTATI
BENI IMPORTATI
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4. Rispondi alle seguenti domande. 1. 2. 3. 4.
Quale è la visione del mondo che caratterizza le religioni animiste? Quali rapporti tra uomo e natura ne derivano? Perché gli antenati sono particolarmente venerati? Che funzione hanno le danze rituali e la magia?
Leggi il documento “Il Sole, la Luna, l’uomo” a p. 185 e rispondi alle seguenti domande. 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8.
Chi erano i figli del dio? Come era all’inizio la Terra? In che modo la Terra è inizialmente modificata dal dio? A vantaggio di chi? Come viveva inizialmente l’uomo? Quale fu la colpa di cui si macchiò? In che modo cambiò il suo modo di vivere? Come vissero i figli dell’uomo? Come vissero il Sole e la Luna? Quali affinità riscontri con la Bibbia?
Sulla base delle informazioni così raccolte, scrivi un testo di almeno 10 righe dal titolo “Le religioni animiste: i caratteri fondamentali”.
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Modulo 4 Non solo Europa
18 L’America
Capitolo
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prima di Colombo
Percorso breve La più antica civiltà del continente americano fu quella dei Maya, affermatasi nelle regioni dell’attuale Messico e dell’America centrale. I Maya usavano una scrittura di tipo geroglifico (come gli antichi Egizi), non conoscevano l’uso dei metalli e neppure la ruota. In compenso erano abili agricoltori, con società organizzate attorno a città-Stato rette da re-sacerdoti e dedicate al culto, che si svolgeva in grandiosi templi a forma di piramide tronca. Molto sviluppate erano le conoscenze astronomiche e matematiche. Un posto centrale nella ritualità religiosa avevano i sacrifici umani con spargimento di sangue, che si riteneva necessario per “nutrire” la Terra e gli dèi. Base dell’alimentazione era il mais. La civiltà maya durò oltre un millennio, poi declinò e scomparve attorno al X secolo, per motivi che non conosciamo. Nel XIII secolo sempre nella parte centrale del continente si affermò la civiltà degli Aztechi, guerrieri venuti da nord, che si insediarono tra il Pacifico e l’Atlantico in tutta l’area dell’attuale Messico. Dai Maya essi derivarono la maggior parte delle tradizioni: la città-Stato, i templi a forma di piramide, i sacrifici umani talora accompagnati da forme di antropofagia rituale, il calcolo dei cicli solari e lunari e lo studio degli astri, la scrittura geroglifica, l’organizzazione agricola. Più a sud, tra le Ande e la costa del Pacifico, si sviluppò la civiltà degli Incas, più arretrata dal punto di vista tecnico e scientifico, e priva di scrittura. Anch’essi basavano la loro organizzazione sociale, politica e religiosa su città-Stato rette da re-sacerdoti dal potere assoluto, che controllavano la proprietà della Veduta dell’antica città inca di Machu Picchu (Perú), XV sec.
terra e le attività agricole. Particolarmente sviluppata fu, tra gli Incas, la pratica dell’irrigazione, che consentiva di coltivare molte aree altrimenti improduttive. Il prodotto e il cibo principale erano le patate.
Capitolo 18 L’America prima di Colombo
18.1 I Maya La più antica civiltà dell’America I Maya vissero nei territori dell’America centrale che corrispondono indicativamente agli attuali Honduras, Belize e Yucatàn (Messico). Nel corso di circa un millennio, fra il II secolo a.C. e il X d.C., essi diedero forma a un tipo di civiltà che è considerata la più antica del continente americano (le prime testimonianze risalgono al 1500 a.C.). Fino a qualche tempo fa, sulla vita di queste genti si avevano solo scarse notizie, fornite dai ritrovamenti archeologici e da immagini incise su pietra: si sapeva che, unici fra le popolazioni dell’America, avevano un complesso sistema di scrittura geroglifica; che coltivavano la terra e non allevavano il bestiame; che avevano eretto edifici monumentali in parte simili alle piramidi egizie; che ignoravano i metalli e usavano il legno e la pietra per fabbricare gli arnesi da lavoro e le armi (archi, frecce, lance). Oggi i progressi fatti nella decifrazione (ancora parziale) della scrittura dei Maya ci consente di avere informazioni più approfondite sulla loro vita religiosa, politica e culturale, che era in ogni caso fortemente legata allo scorrere del tempo, al calendario agricolo e astronomico e alla ritualità sociale. Le città-Stato I Maya vivevano organizzati in una miriade di città-Stato (se ne conoscono più di 300), collegate tra loro da strade – anche lastricate – che mettevano in comunicazione le periferie con i centri, i luoghi di culto con i palazzi del potere. Le città più importanti, come Tikál, Chichén Itzá e Palenque, non erano centri residenziali, ma cerimoniali: ospitavano quasi esclusivamente edifici religiosi (innalzati su piattaforme gigantesche a forma di piramide tronca e muniti di gradoni) con i sacerdoti addetti al culto. Ogni città-Stato aveva a capo un re-sacerdote, che estendeva il suo potere nella regione circostante per mezzo di governatori, incaricati di riscuotere i tributi dalla popolazione contadina che viveva sparsa nelle campagne ritagliate in mezzo alle foreste. Non esistendo la moneta, i tributi si pagavano in natura con prodotti della terra; i più preziosi erano i semi di cacao con i quali si preparava una bevanda densa e amara utilizzata dai sacerdoti durante i riti religiosi e chiamata “cibo degli dei”. Economia e scienza L’economia maya si basava sull’agricoltura che era praticata in forme elementari, con attrezzi manuali destinati ad abbattere alberi (accette e scuri), dissodare i terreni (vanghe, zappe) e metterli a coltura. La maggior parte delle piante utilizzate era sconosciuta agli europei: la coltivazione principale era quella del mais, a cui si affiancavano il pomodoro, numerose forme di peperone e di peperoncino, altre piante come la quinoa e l’amaranto e ovviamente il cacao.
Aa Documenti Un bastone per coltivare I Maya, che non conoscevano la ruota né l’aratro, coltivavano la terra manualmente, con tecniche molto semplici. Un vescovo spagnolo del XVI secolo, Diego de Landa (1524-1579), le descrisse nella sua Relazione delle cose dello Yucatàn, insistendo su alcune idee di fondo: l’abitudine dei
Maya di moltiplicare le coltivazioni in luoghi diversi, in modo che almeno qualcuna andasse a buon fine, comunque si presentassero le condizioni meteorologiche; la pratica di coltivare sottraendo spazio al bosco, “ripulito” mediante l’antichissima pratica del debbio, che consiste nell’in-
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eminano in vari posti, così che se uno va male gli altri basteranno. Nella coltivazione della terra non fanno altro che abbattere il bosco e bruciarlo, allo scopo di seminarvi più tardi, e dalla metà di gennaio fino ad aprile fanno questo lavoro. Poi, quando comincia a piovere1, procedono alla semina, che essi fanno portando sulle spalle un sacchetto. 1 Fra aprile e giugno, quando inizia la stagione delle piogge.
cendiare gli alberi dopo averli tagliati (in modo da creare spazi aperti e, nello stesso tempo, fertilizzarli con la cenere del fuoco). Quanto agli strumenti per la semina, il vescovo de Landa accenna solo a un bastone di legno (i Maya non conoscevano il ferro) utilizzato per lo scavo della terra.
Con un bastone appuntito fanno una buca nel terreno e vi lasciano cadere cinque o sei grani, servendosi dello stesso bastone per ricoprirli di terra. E quando poi piove è meraviglioso vedere come cresce. Diego de Landa, Relazione delle cose dello Yucatán
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Modulo 4 Non solo Europa Assai sviluppate erano le conoscenze matematiche e astronomiche. I Maya sapevano calcolare il percorso degli astri e le eclissi del Sole e della Luna e davano particolare importanza alla misurazione del tempo mediante calendari di tipo diverso, basati sul ciclo del Sole o di altri pianeti (Venere). Il loro anno solare era stato diviso con estrema precisione in 365 giorni più una frazione di giorno pari a 1/2420, registrando un’approssimazione identica e opposta alla nostra, che aggiunge ai 365 giorni la frazione di 1/2425 (troppo corto il loro, troppo lungo il nostro rispetto all’esatto calcolo astronomico).
18.2 Guerre e sangue La scrittura dei Maya Indicazioni più precise sulla civiltà maya sono venute in seguito al lavoro di un gruppo di studiosi statunitensi, fra i quali due ricercatrici, Linda Schele e Mary Miller, che sono riuscite a decifrare (almeno in parte) la lingua di quel popolo e a leggere le numerose scritte incise nei monumenti, le uniche rimaste, poiché i libri di corteccia d’albero nei quali era contenuta la letteratura maya furono completamente distrutti nel XVI secolo dai conquistatori spagnoli. Ciò è chiaramente detto nelle memorie del 1556 di Diego de Landa (1524-1579), un vescovo francescano vissuto nello Yucatàn: «Trovammo un gran numero di libri con questi caratteri, e poiché essi contenevano solo menzogne e superstizioni diaboliche, li bruciammo tutti». Vittime sacrificali Dalla lettura delle iscrizioni maya, in cui compaiono lunghi elenchi di sovrani, di avvenimenti ufficiali e di conquiste, appare che i re-sacerdoti delle varie città erano spesso in guerra fra loro. Lo scopo di queste guerre non era di conquistare nuovi territori, bensì di catturare prigionieri, che venivano dissanguati fino a morire, con sistemi volti a procurare la maggiore quantità possibile di sangue. Il sangue era poi sparso sulla terra, in omaggio agli dèi e per propiziarne la fertilità, o bruciato con resine odorose. Nutrire gli dèi Queste pratiche cruente non derivavano da una speciale crudeltà dei Maya ma nascevano da credenze religiose e avevano un valore rituale. A dare il sangue, infatti, non erano solo i prigionieri ma anche i personaggi più autorevoli delle cittàStato. Ciò avveniva nel corso di grandiose cerimonie pubbliche: i capi e i nobili addetti al culto salivano in cima alle piramidi e qui, alla presenza di tutto il popolo, armati di coltelli taglienti, si facevano profonde incisioni in diverse parti del corpo. Il sangue che ne usciva era raccolto in grandi vasi e offerto alle divinità. Nella religione dei Maya, infatti, il sangue era considerato il nutrimento della terra e degli dèi. Senza offerte di sangue, la terra non avrebbe dato frutti e l’ira divina si sarebbe abbattuta sull’intero popolo. Rovine maya di Palenque, Messico, VII sec. Palenque, situata nella regione del Chiapas (Messico), riscoperta nel 1773 da parte di un religioso spagnolo, fu una delle prime città a venire alla luce dopo i secoli di abbandono che avevano seguito la sua decadenza, iniziata nel IX secolo. A sinistra nella foto è il cosiddetto “Palazzo”, probabilmente il luogo di rappresentanza del potere cittadino; a destra invece è la piramide del Tempio delle Iscrizioni, al cui interno è stata scoperta la camera sepolcrale del sovrano Pacal, che regnò nel VII secolo.
Il declino dei Maya Dal X secolo la civiltà maya incominciò a declinare, per cause che non sono mai state chiarite. Forse si trattò di un’eccessiva crescita della popolazione, che rese insufficienti le precarie risorse alimentari; forse di un’esplosione delle rivalità politiche, che portò morte e distruzione nel paese. Sta di fatto che, intorno all’anno 1000, le città maya erano per la maggior parte scomparse, inghiottite dalla foresta tropicale.
Personaggi mitologici inscritti in glifi calendariali, part., XV sec. [dal Codice di Madrid; Museo de America, Madrid]
La scrittura maya è di tipo geroglifico, ossia basata, come quella degli antichi Egizi, su segni che a seconda della loro funzione nella frase potevano avere non solo un valore fonetico, indicando sillabe o intere parole, ma anche un valore pittografico, indicando, in maniera figurativa, proprio ciò che rappresentavano: un oggetto, un evento, un’idea. Il sistema di scrittura maya è stato decifrato solo di recente, e solo in parte, da un gruppo di studiosi americani fra cui Linda Schele e Mary Miller. Il Codice di Madrid è un manoscritto in lingua maya, risalente al periodo preispanico, di 112 pagine. Si ritiene che il codice provenga dall’ultima città maya conquistata nel 1697; probabilmente fu Hernán Cortés a portarlo in Europa e a donarlo alla corte spagnola. In questo frammento di fibra vegetale sono dipinte immagini di divinità e glifi (dal greco glifein, ‘scrivere’), termine con cui vengono chiamati i segni della scrittura maya.
I tempi della storia L’uomo di mais I Maya e gli Aztechi vivevano prevalentemente di mais. Lo usavano in molte forme diverse e ne facevano schiacciate, frittelle, pani, biscotti. Senza quel prezioso cereale non concepivano neppure che si potesse vivere: ecco perché le loro leggende sull’origine del mondo, della Terra, degli uomini fanno sempre riferimento al mais (che Cristoforo Colombo portò in Europa nel 1492, dopo il suo primo viaggio nel nuovo continente, e fece conoscere agli europei). In un antico poema maya, detto Popol Vuh, l’atto della creazione del mondo da parte degli dèi è descritto come la preparazione di un enorme campo di mais, i cui quattro lati vengono delimitati e misurati con una gigantesca corda. Gli uomini stessi, secondo questo racconto, furono model-
lati dagli dèi con la farina di mais. Prima essi avevano fatto altri due tentativi, ma erano andati a vuoto. I creatori dell’Universo, Cuore di Cielo e Gucumatz, dopo aver riempito la terra di acque, di vegetazione e di animali, avevano costruito un uomo d’argilla, ma subito si era sbriciolato e dissolto. Provarono a fare gli uomini di legno e le donne di giunchi, ma essi non avevano intelligenza, non rispettavano e non adoravano i loro creatori: perciò gli dèi mandarono un diluvio di resina infuocata e li distrussero. Infine crearono la terza stirpe di uomini, capace di venerare gli dèi e di nutrirli con offerte e sacrifici. Un giorno, nell’oscurità che precede l’alba, Gucumatz e Cuore di Cielo ordinarono a una volpe, a un coyote, a un pappagallo e a un corvo di andare a prendere del mais
giallo e del mais bianco nelle montagne di Paxil e Cayala, ricoperte di semi e di frutti. Gli animali obbedirono e una vecchia di nome Xmucane macinò il mais; con quella farina furono modellati i primi quattro uomini, a cui furono date quattro mogli. Da essi ebbe origine l’umanità intera. L’umanità, dunque, trae origine e vita da quella pianta miracolosa. Questo è il senso del mito tramandato dal racconto del Popol Vuh. Un senso simbolico, evidentemente, ma anche un senso concreto, materiale, che rimanda alla storia reale di quegli uomini, alle loro pratiche di coltivazione, ai loro modi di vita. Anche la mitologia rappresenta una fonte storica importante, che ci illumina sugli interessi e sui valori delle più antiche civiltà. La coltivazione del mais presso gli Aztechi [part. dalla Historia de las cosas de Nueva España; Biblioteca Medicea-Laurenziana, Firenze]
L’agricoltura rappresentò la principale risorsa economica dei popoli mesoamericani, affiancata dalla caccia e dalla pesca. La pianta maggiormente coltivata era il mais di cui queste immagini del XVI secolo rappresentano il ciclo colturale. I Maya e gli Aztechi dedicavano offerte e sacrifici alle divinità protettrici di questa graminacea: si riteneva che il sangue versato avesse la funzione di nutrire la terra e consentire abbondanti raccolti. Le pannocchie venivano mangiate bollite o arrostite, mentre con la farina si preparavano alcuni piatti di uso quotidiano.
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18.3 Gli Aztechi La Parola
antropofagia Il termine “antropofagia” è composto dalle parole greche ànthropos, ‘uomo’, e faghéin, ‘mangiare’, e indica la pratica di cibarsi di carne umana compiuta da alcune popolazioni in determinate circostanze e per particolari scopi rituali.
La fondazione di Tenochtitlán Attorno al XIII secolo, nelle regioni del Messico e del Guatemala già popolate dai Maya cominciarono a penetrare gli Aztechi, un popolo nomade e bellicoso proveniente da nord. Ne era a capo un re, adorato come un dio e assistito da una potente casta di sacerdoti. Seguendo le indicazioni di un loro dio, Huitzilopòchtli, gli Aztechi cercavano da tempo una “terra promessa”, che credettero di riconoscere nel luogo dove ora sorge Città del Messico. Qui si fermarono e costruirono la città di Tenochtitlán, sopra un gruppo di isolette in mezzo al lago di Tezcuco (oggi prosciugato), collegate alla terraferma da quattro larghi ponti di legno, appoggiati su palafitte. Era l’anno 1325. I sacrifici umani Una volta stanziatisi stabilmente nel territorio, gli Aztechi assimilarono molte delle esperienze dei Maya: le tecniche agricole (che non avevano mai praticato), la scrittura (che non usavano), il calendario, le cognizioni matematiche e astronomiche, l’architettura con i caratteristici templi a forma di piramide tronca. La loro religione, come quella dei Maya, dava un’importanza centrale ai sacrifici umani e alle offerte di sangue agli dèi. Ciò è testimoniato da molti dipinti nei quali è raffigurata la cerimonia del sacrificio: sull’altare in cima alla piramide appare il sacerdote armato di coltello, che squarcia il petto alla vittima e le strappa il cuore, mentre il sangue cola lungo le scale fino a raggiungere la terra da “nutrire”. In qualche caso, tali sacrifici erano accompagnati da forme di antropofagia rituale.
I sacrifici umani aztechi, part. [dalla Historia de las Indias di Diego Durán; Biblioteca National, Madrid]
Questa illustrazione del XVI secolo descrive i sacrifici umani praticati dagli Aztechi: i sacerdoti, dopo aver squarciato il petto di una vittima, ne raccolgono il sangue in un recipiente.
I luoghi della storia
Tenochtitlán
La capitale degli Aztechi, Tenochtitlán, fu fondata nel 1325 nel sito in cui successivamente sorse Città del Messico. Sorgeva in mezzo al lago di Tezcuco, collegata alla terraferma da quattro ponti su palafitte. La città fu descritta da un esplora-
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tore spagnolo, Bernal Diaz del Castillo (1492-1584), compagno di Hernán Cortés nella spedizione che nel 1519 portò alla conquista dell’Impero azteco, raccontata dallo stesso Diaz in una cronaca intitolata Historia verdadera de la conquista de
n ultimo sguardo al mercato, ed eccoci ai grandi templi. Prima di arrivarci, passammo attraverso una serie di cortili che formavano una piazza, a mio parere più grande di quella di Salamanca, lastricati e circondati da muri doppi. Tutto era imbiancato e splendente, tutto così pulito che non si sarebbe trovato per terra un filo di paglia o un granello di sabbia. Prima ancora che cominciassimo a salire i gradini della piramide, che erano ben cento e quattordici, Montezuma, che si trovava già su, ci mandò incontro otto alti dignitari perché aiutassero Cortés, sorreggendolo per le braccia come solevano fare con lui. Il nostro capitano non stette ad aspettarli e andò su da solo speditamente, seguito da tutti noialtri. Sul ripiano dove arri-
la Nueva España (‘Vera storia della conquista della Nuova Spagna’). Nel brano che qui leggiamo, Tenochtitlán (che Diaz chiama “Messico”) è vista dall’alto del tempio, subito fuori città, in cui Montezuma accoglie Cortés e i suoi uomini.
vammo vedemmo alcune grosse pietre, sulle quali mettevano i poveri indiani da sacrificare, e delle mostruose figure di dragoni e d’altri animali tutte lorde di sangue. […] [Montezuma, prendendo per mano Cortés,] gli fece contemplare la sua grande città e tutte le borgate che si stendevano sotto, alcune sorgenti dall’acqua del lago. Quella grande piramide era tanto alta, che dominava tutto il territorio circostante con le tre grandi strade su argini che conducevano a Messico: da Iztapalapa, da Tacuba e da Tepeaquilla. Vedevamo anche il corso d’acqua dolce che veniva da Chapultepec e riforniva tutta la città, i ponti sulle strade che potevano impedire l’accesso alla capitale, e il grande lago pieno di canoe
Capitolo 18 L’America prima di Colombo Commerci e strade Nel XIV secolo, poco prima dello sbarco degli europei in America, il dominio degli Aztechi si estendeva sull’intero Messico centrale, dall’uno all’altro Oceano. In questa vasta regione essi diedero vita a un attivo commercio e a tale scopo costruirono un’articolata rete stradale, il cui aspetto più originale era costituito dai ponti di corde, per mezzo dei quali fu possibile attraversare gole e abissi profondissimi. Agli inizi del Cinquecento il Regno degli Aztechi aveva una popolazione stimata attorno ai cinque milioni di abitanti; la capitale Tenochtitlán ne contava circa 60.000. L’irruzione degli spagnoli, nel 1519, non incontrò alcuna resistenza nel re Montezuma (1466-1520), che, interpretando antiche predizioni del suo popolo, scambiò il condottiero Hernán Cortés (1485-1547) per un dio destinato a prendere possesso del suo impero [ 26.1]. Fu questa la rapida fine della civiltà azteca.
18.4 Gli Incas L’Impero degli Incas Alla vigilia della conquista spagnola esisteva più a sud, nella regione compresa fra le Ande e il Pacifico, un altro regno, quello degli Incas. Nei confronti degli Aztechi e dei Maya essi erano più arretrati dal punto di vista delle conoscenze tecniche e culturali; fra l’altro ignoravano la scrittura, anche se avevano un particolare metodo di misurazione del tempo e di registrazione delle date. La parola incas sembra che significasse ‘figli del Sole’ e indicava una minoranza di conquistatori che risiedeva a Cuzco (nell’odierno Perú), la capitale del Regno. Di qui essi diedero vita a un potente Impero, esercitando un rigoroso dominio su un territorio che si estendeva per migliaia di chilometri da nord a sud e comprendeva gli attuali Ecuador, Perú, Bolivia e Cile settentrionale. Il e controllo sui territori sottomessi era reso possibile anche grazie a una fitta rete stradale lastricata a tracciato rettilineo, intervallata da ponti di corda sospesi per l’attraversamento di fiumi e dirupi, e grazie a un sistema di posti di segnalazione, mantenuti in collegamento fra loro da speciali messaggeri.
che trasportavano merci da una riva all’altra; e tutt’in giro per quanto poteva abbracciare lo sguardo biancheggiavano case, torri, santuari, fortezze, uno spettacolo meraviglioso. E più sotto rivedevamo la grande piazza e la moltitudine di venditori e di compratori che vi si aggirava, il brusio delle voci si udiva a una lega di distanza. C’erano fra noi soldati ch’erano stati in varie parti del mondo, a Costantinopoli, in tutta Italia e a Roma, ma tutti dicevano che un mercato così, con tanto movimento e così pieno di gente non l’avevano visto mai. Bernal Diaz del Castillo, La conquista del Messico, a cura di F. Marenco, Milano, 1968, pp. 181-182
Cortés incontra l’imperatore azteco Montezuma a Tenochtitlán, part. In questa immagine è raffigurato il momento dell’incontro tra il conquistatore spagnolo e l’imperatore azteco, avvenuto all’ingresso di Tenochtitlán nel 1519. Nel 1521, dopo tre mesi di assedio, Cortés e il suo esercito conquistarono la capitale azteca. A sinistra nell’immagine è visibile il grande Templo Mayor, il più importante complesso religioso della città. Oggi della magnificenza dell’antica città non resta che qualche modesta vestigia conservata al centro di Città del Messico, odierna capitale messicana.
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Allevamento e agricoltura Come i Maya e gli Aztechi, anche gli Incas non conoscevano la ruota e neppure il ferro ma, a differenza loro, praticavano l’allevamento dei lama e degli alpaca che, oltre a fornire latte, carne e lana (con cui confezionavano coloratissimi e sofisticati vestiti), fungevano anche da animali da soma e da trasporto. Nel paese si praticava l’agricoltura con attrezzi molto semplici (bastone, vanga, zappa) di legno e di pietra; i principali prodotti erano il mais, i fagioli, i pomodori e le patate, che crescevano abbondanti sugli altipiani, anche a migliaia di metri di altitudine. Tutte queste piante – tranne i fagioli – a quel tempo erano ignote in Europa. Divinità e templi A somiglianza degli antichi Egizi, gli Incas veneravano il loro re, chiamato “Sapa Incas”, considerato la somma divinità a cui tutto apparteneva: la terra, gli uomini, gli attrezzi, i prodotti. Pertanto il centro di ogni attività era il tempio: ogni anno i sacerdoti provvedevano ad assegnare le terre da lavorare alle varie tribù, ad ammassare i raccolti e a distribuirli. L’Impero degli Incas si sviluppò soprattutto dopo il 1450, raggiungendo un’estensione di oltre 4000 km lungo il Pacifico e nel 1532 fu conquistato dagli spagnoli di Francisco Pizarro (1475-1541, 26.1).
Il convento di Santo Domingo, Cuzco (Perú) Il convento coloniale di Santo Domingo, a Cuzco, fu edificato sopra le antiche mura del Coricancha (il “Giardino d’Oro”), il tempio che gli Incas avevano dedicato al Sole e agli astri. L’edificio fu smantellato e saccheggiato dai conquistatori spagnoli nel 1534.
Aa Documenti Agricoltura e politica: il controllo dell’irrigazione e delle attività produttive La popolazione degli Incas era più arretrata di conoscenze tecniche e scientifiche rispetto ai Maya e agli Aztechi. Tuttavia praticava forme di agricoltura articolate e molto complesse che prevedevano ingegnosi sistemi di irrigazione, con la costruzione di canali e di opere idrauliche anche in altura, ed eccezionali terrazzamenti del terreno, che consentivano di ampliare notevolmente la zona coltivata. L’organizza-
I
zione di queste opere avveniva in maniera centralizzata sotto il controllo dei re e dei sacerdoti: a loro spettava la proprietà della terra, a loro suddividerla fra i sudditi; al centro dell’organizzazione produttiva vi erano le pratiche di irrigazione, gestite in maniera “pubblica” e collettiva. Tutto ciò fu messo in luce molto bene dagli europei che frequentarono il paese tra la fine del XV e il XVI secolo e ne
l re comandò che fossero estese le terre da coltivare, cioè quelle che davano mais, e fece chiamare gli ingegneri dei canali d’irrigazione: perché è da sapersi che quel paese è povero di terre da pane, e c’è grande necessità di acqua; non seminavano perciò mai senza irrigazione, e anche per irrigare i pascoli usavano i canali. Una volta tracciati i canali, spianavano i campi e li ordinavano in quadrati, affinché potessero godere dell’irrigazione. Nelle falde dei monti facevano terrazze, spianando le alture a modo di scala. Dove trovavano la roccia, la toglievano e vi portavano la terra da altre parti, per profittare anche di quel luogo e perché nulla andasse sprecato […] Oltre al mais seminavano altri semi e legumi di grande
lasciarono testimonianza. Per esempio, Garcilaso de la Vega (1539-1616), figlio di uno spagnolo e di una principessa inca, descrisse nei suoi Commentari i tipi di piante coltivate (soffermandosi in particolare su quelle ignote agli europei, come il mais e le patate) e anche il carattere dell’organizzazione economica e politica, rigidamente accentrata nella figura di un sovrano con poteri assoluti.
importanza, come quello che chiamano patata […] Le terre erano seminate ogni giorno, poiché, irrigate e concimate come orti, davano sempre frutto. A ogni indio veniva assegnato un lotto di terra, per seminarvi mais. Ciascuno ne aveva solo quanta ne bastava per sostentare se stesso e la moglie; se gli nascevano figli, gli veniva concessa altra terra, in proporzione. Ma quando il figlio se ne andava di casa, il padre doveva consegnare a lui la terra che aveva ricevuto per nutrirlo. Nessuno poteva vendere né comprare. Ai nobili, con analoghe distribuzioni, veniva data la terra migliore. Due terzi dei prodotti venivano prelevati, uno per il re, l’altro per il dio Sole. Garcilaso de la Vega, Commentari reali degli Inca
Capitolo 18 L’America prima di Colombo
Sintesi
L’America prima di Colombo
I Maya Tra il II secolo a.C. e il X secolo d.C., nei territori dell’America centrale tra Yucatàn, Honduras e Belize, si sviluppò la civiltà dei Maya, la più antica del continente americano. Essi avevano una scrittura geroglifica, coltivavano la terra senza allevare il bestiame, costruirono edifici monumentali, usavano legno e pietra per fabbricare le armi e gli strumenti da lavoro. Erano organizzati in numerose città-Stato, tra di loro collegate da strade, i cui centri principali erano centri cerimoniali, forniti di grandi edifici religiosi e di sacerdoti addetti al culto. A capo di ogni città-Stato vi era un re-sacerdote, che esercitava il potere mediante governatori, che riscuotevano i tributi, pagati in natura, dalla popolazione contadina. L’economia si reggeva sull’agricoltura, praticata in forme elementari, che permetteva di produrre piante allora sconosciute in Europa (mais, pomodoro, cacao, amaranto). Erano molto sviluppate le conoscenze matematiche e astronomiche: i Maya sapevano calcolare i percorsi degli astri e le eclissi e grande importanza aveva la misurazione del tempo, tramite calendari molto precisi. Guerre e sangue Dalla decifrazione della lingua e delle iscrizioni Maya si sono ottenute molte informazioni sulla vita di questo popolo. I re-sacerdoti erano spesso in
guerra tra di loro, allo scopo soprattutto di catturare prigionieri, che venivano dissanguati fino a morire nel corso di sacrifici rituali. Il sangue era considerato un nutrimento per la terra e per gli dèi, al punto che in tali riti anche i personaggi più autorevoli delle città-Stato potevano offrire il loro sangue. Dal X secolo la civiltà Maya declinò definitivamente, per cause ancora non chiare: probabilmente un aumento eccessivo della popolazione rispetto al numero delle risorse disponibili, o una distruzione in seguito ai numerosi conflitti intestini. Intorno al 1000 la gran parte delle città Maya era scomparsa. Gli Aztechi Nel XIII secolo, nelle regioni tra Messico e Guatemala prima occupate dai Maya, iniziò la penetrazione degli Aztechi, una popolazione nomade proveniente da nord. La loro organizzazione sociale prevedeva un ruolo centrale del re, considerato un dio, e della casta dei sacerdoti. Nel 1325 fu fondata la città di Tenochtitlán, dando inizio al loro stanziamento definitivo nel territorio messicano. Gli Aztechi ripresero molti aspetti della civiltà Maya: le tecniche agricole, la scrittura, il calendario, le conoscenze matematiche e astronomiche, le costruzioni di templi a forma di piramide tronca, la centralità nei riti religiosi dei sacrifici umani e delle offerte di sangue agli dei.
Nel XIV secolo il loro dominio si estendeva da un oceano all’altro, la rete dei commerci si era ampliata grazie alla costruzione di strade, e all’inizio del Cinquecento la popolazione era di circa 6 milioni di abitanti. Nel 1519 la conquista degli spagnoli, a opera di Hernàn Cortés, portò alla distruzione della civiltà azteca. Gli Incas Prima della conquista spagnola, in America meridionale, tra Ande e Pacifico, si estendeva il Regno degli Incas. Il nome inizialmente indicava i soli abitanti di Cuzco, la capitale, che partendo da lì crearono un impero potente e molto esteso. Rispetto ai Maya e agli Aztechi erano più arretrati quanto a conoscenze tecniche, in quanto non conoscevano la scrittura. Il controllo sul territorio era possibile grazie a una rete stradale fitta e organizzata. Praticavano l’agricoltura con strumenti semplici, l’allevamento – diversamente dai regni centroamericani – dei lama e degli alpaca. Al centro dell’organizzazione sociale stava la figura del re, considerato una divinità; il tempio era il centro di ogni attività e i sacerdoti avevano il potere di assegnare le terre da coltivare e di ammassare e distribuire i raccolti. Il maggiore sviluppo dell’Impero degli Incas si ebbe dopo il 1450; nel 1532 fu conquistato dagli spagnoli di Francisco Pizarro.
Esercizi Comprendere e ordinare 1. Associa alle seguenti parole chiave il significato corretto
2. Indica se le seguenti affermazioni sono vere o false.
antropofagia • geroglifico • lama • quinoa • sacrificio
a. Mais, fagioli, pomodori e patate erano sconosciuti in Europa prima delle scoperte geografiche.
V
F
Mammifero tipico delle Ande usato per produrre carne, latte, lana
b. La città di Tenochtitlán sorgeva nel luogo in cui ora sorge Città del Messico.
V
F
Segno appartenente a una scrittura pittografica
c. Nella religione maya, il sangue era considerato il nutrimento della terra e degli dèi.
V
F
d. Con i semi di quinoa si preparava una bevanda chiamata “cibo degli dei”.
V
F
e. Le popolazioni Maya non praticavano l’allevamento del bestiame.
V
F
f. I Maya diedero vita a una rete stradale articolata, caratterizzata dai ponti di corde.
V
F
g. Gli Incas misuravano il tempo mediante calendari molto precisi, basati sul ciclo del Sole.
V
F
h. Gli Incas conoscevano la ruota e il ferro.
V
F
Offerta di una vittima alla divinità a scopo propiziatorio Pratica basata sul consumo di carne umana Pianta erbacea coltivata come cereale nelle regioni sudamericane
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3. Completa la seguente tabella. CIVILTÀ PRECOLOMBIANE A CONFRONTO MAYA
AZTECHI
INCAS
ZONA DI STANZIAMENTO
America ……............................................... (…....................................….............…............)
America ……............................................... (…....................................….............…............)
America ……............................................... (…....................................….............…............)
CENTRI PRINCIPALI
….......................................….............…............
….......................................….............…............
….......................................….............…............
….......................................….............…............
….......................................….............…............
….......................................….............…............
ECONOMIA
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ORGANIZZAZIONE SOCIALE E POLITICA
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COMUNICAZIONI
CONOSCENZE
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• Metodi particolari di misurazione del tempo; calendari • ....................................................................
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Analizzare e produrre 4. Rispondi alle seguenti domande. 1. Quali erano le principali coltivazioni dei Maya? 2. Quali animali venivano allevati dagli Incas? Quali beni ne ricavavano? 3. Che tipo di riti religiosi erano svolti dai Maya? 4. In che modo cadde il regno degli Aztechi? 5. Quali erano le più importanti categorie sociali presso gli Aztechi? 6. Che cosa significava la parola “Incas”? 7. Quali erano le più importanti categorie sociali presso gli Incas? Che ruoli svolgevano?
5. Leggi il brano “Tenochtitlán” alle pp. 192-193 e rispondi alle seguenti domande. 1. 2. 3. 4. 5. 6.
Quando fu fondata la città? Dove sorgeva? Che collegamenti esistevano al suo interno? Chi è l’autore del brano? Quale scena è descritta nel brano? Da dove viene osservata la città? Quali aspetti ne vengono descritti? 7. In che modo la città è giudicata dall’autore del brano? Con le informazioni ricavate in tal modo, scrivi un brano di massimo 10 righe dal titolo “La capitale del Regno azteco”.
La discussione storiografica
Alimentazione e religione L
’influenza delle religioni nella vita quotidiana si riflette, fra le altre cose, nelle scelte alimentari. Religioni orientali come l’induismo, basate sull’idea della reincarnazione e del ciclo perenne della vita, proibiscono l’uccisione di ogni essere vivente e perciò conducono a un regime alimentare rigorosamente vegetariano. Altre religioni, come l’ebraismo e l’islam, sono caratterizzate da particolari restrizioni alimentari, che riguardano determinati alimenti (tutte le carni di animali che la Bibbia definisce “impuri”, per gli ebrei; il vino e la carne di maiale, per i musulmani) oppure il modo di prepararli (sia gli ebrei, sia i musulmani hanno l’obbligo di seguire precisi rituali di dissanguamento nell’uccisione degli animali,
che solo in quel modo diventano “puri” e perciò commestibili). Queste regole sono interpretate in modo diverso dagli studiosi: alcuni le spiegano come scelte di natura pratica e funzionale, dettate da considerazioni di natura igienica oppure dalla loro utilità economica o ambientale. Altri ne sottolineano il valore simbolico, legato a una particolare visione del mondo, a riferimenti di ordine mentale più che materiale. Comunque siano nate e da qualsiasi motivazione siano state sollecitate, le regole alimentari dettate dalle religioni hanno poi avuto riflessi sulle abitudini quotidiane delle varie società, assumendo anche un’importante funzione identitaria, poiché servono a distinguere, a identificare gli
appartenenti a una determinata confessione religiosa. Nella tradizione cristiana non esistono regole rigide come in altre religioni: il messaggio evangelico è che non esiste alcun cibo in sé “cattivo”, poiché il peccato sta nell’uomo, nei suoi pensieri e nelle sue azioni, non nelle cose che ingerisce. Tuttavia anche il cristianesimo ha avuto le sue regole alimentari, per esempio quelle legate al calendario liturgico che prevedevano l’alternanza di giorni “grassi” (in cui si poteva mangiare carne) e “magri” (in cui era proibito). Anche queste regole, dettate da norme disciplinari e non da visioni filosofiche del mondo, hanno un carattere fortemente identitario all’interno della comunità religiosa che le pratica.
dell’idea di “purezza” – non solo nella tradizione ebraica, ma in tutte le culture antiche – ha molto insistito un’antropologa inglese, Mary Douglas, nel libro Purity and Danger (Purezza e pericolo, pubblicato nel 1970). L’antropologo Marvin Harris, autore del secondo testo qui presentato, propone un’interpretazione radicalmente opposta delle regole alimentari religiose, di tipo funzionale e materialista. Egli polemizza con le concezioni di natura simbolica o ideale, sostenendo che tutto ciò che gli uomini fanno ha un senso razionale e uno scopo utilitario, e che dunque bisogna cercare nella storia dell’economia, della società, dell’ambiente le motivazioni da cui prendono origine certe scelte e certe regole. Good to eat (Buono da mangiare) è il titolo del suo libro, che rovescia l’immagine di un celebre antropologo recentemente scomparso, Claude Lévi-Strauss: questi aveva sostenuto che ogni cibo diventa “buono da man-
giare” solamente se prima è “buono da pensare”, cioè se il sistema culturale di una determinata società lo rappresenta in modo positivo; Harris al contrario sostiene che un cibo diventa “buono da pensare” solamente se prima è “buono da mangiare”, cioè risponde ai bisogni economici e alle esigenze concrete di una società. La posizione di Harris, estremista e radicale (al punto da ritenere che le forme di antropofagia praticate nella società azteca fossero originate da una carenza generalizzata di proteine animali nella dieta quotidiana), è oggi decisamente minoritaria rispetto alle interpretazioni “culturali”. Merita tuttavia di essere conosciuta, come espressione di una tendenza, probabilmente eccessiva, a interpretare le vicende storiche nel senso di un utilitarismo assoluto. In ogni caso, è chiaro che in tutto ciò che gli uomini fanno i moventi di natura economica e quelli di natura simbolica si integrano e si rafforzano a vicenda.
I testi I due testi che presentiamo esemplificano due modi antitetici di interpretare le norme alimentari di origine religiosa. L’antropologo francese Jean Soler inquadra i divieti alimentari dell’ebraismo all’interno del sistema simbolico costruito dalla Bibbia attorno ai principi di “distinzione” e di “purezza”. Il primo principio mira a differenziare i gruppi umani, isolando dalle altre una comunità, quella ebraica, che si impone certe regole (come quella di mangiare solo ciò che viene definito “puro”) appunto per distinguersi dagli altri gruppi. Il secondo principio è quello che definisce i criteri di distinzione: “puri” o “impuri” sono gli animali a seconda della “chiarezza” con cui appartengono a questo o a quell’ambito dell’Universo (cielo, terra, acqua), alla categoria dei vegetariani o dei carnivori, all’ambito domestico o selvatico, ecc. In tale prospettiva, tutto ciò che è ambiguo o inclassificabile viene rifiutato come “impuro”. Sull’importanza
198
Modulo 4 Non solo Europa
Una scelta “mentale” Jean Soler
Più di ogni altra cosa è il divieto di consumare certe carni che caratterizza le leggi di Mosè. Al primo posto fra gli animali proibiti, l’opinione corrente – anche fra gli ebrei – colloca il maiale. In realtà, quest’ultimo è citato nella Bibbia soltanto fra altri. È solo nel corso dei secoli che esso apparirà come l’animale aborrito per eccellenza. Il motivo spesso addotto è che il maiale, quando non è ben cotto, può trasmettere una grave malattia, la trichinosi. Di qui a supporre motivazioni sanitarie per le leggi alimentari, il passo è breve. Ma quest’ipotesi non regge: essa giunge a prestare agli ebrei conoscenze che non possedevano (non avevano neanche i medici) e a immaginarli più perspicaci dei popoli vicini e contemporanei, gli egizi, i mesopotamici o i greci, che allevavano i maiali e spesso li sacrificavano addirittura. Ora, agli dèi si offriva ciò che si aveva di meglio. Per giunta, se la spiegazione igienica valesse per il maiale, dovrebbe imporsi anche per gli altri animali proibiti, per esempio il cammello, che a quel tempo era consumato (e lo è ancora) dagli arabi nomadi senza che alcuno sostenesse che la sua carne potesse rivelarsi pericolosa. Infine, la Bibbia non fa alcuna allusione a considerazioni sanitarie. Il maiale è da proibire, dice, «perché ha l’unghia bipartita, divisa da una fessura, ma non rumina» (Levitico 11, 7). La spiegazione non va cercata altrove. Se le proibizioni alimentari della società ebraica hanno una razionalità, questa si può scoprire leggendo attentamente la Bibbia. […] La decodificazione delle norme alimentari ebraiche mette in luce la loro logica, senza che sia possibile distinguere la parte di consapevolezza e la parte di inconsapevolezza che hanno presieduto alla loro elaborazione attraverso i secoli. È chiaro che gli uomini che rispettavano queste prescrizioni ne ignoravano la ragion d’essere e non cercavano di conoscerla. Bastava loro applicarle per manifestare la
loro fedeltà al loro Dio. Resta da chiedersi a che cosa potessero servire tutte queste limitazioni in fatto di alimentazione: esistono anche altri modi di onorare la divinità. La risposta si trova, nel modo più esplicito, nella Bibbia: «Io, il Signore vostro Dio, vi ho separati dagli altri popoli. Farete dunque distinzione tra animali mondi e immondi, fra uccelli immondi e mondi e non vi renderete abominevoli, mangiando animali, uccelli o esseri che strisciano sulla terra e che io vi ho fatto distinguere come immondi» (Levitico 20, 24-25). In quest’ordine del mondo dove tutto poggia su una rete di “distinzioni”, il popolo ebraico non deve mescolarsi agli altri popoli. Esso è definito come «un popolo che dimora solo e tra le nazioni non si annovera» (Numeri 23, 9). Ecco perché gli israeliti non devono condividere il pasto dei goyim1. Il cibo che è loro prescritto serve da isolante. La proibizione degli alimenti «immondi» gioca lo stesso ruolo del divieto dei matrimoni «misti», fra ebrei e stranieri. Poco importa, al limite, in che cosa consista questo cibo, purché esso si distingua da quello dei popoli circonvicini. Con una riserva, e cioè che le differenze indispensabili non sono vaghe: esse sono state messe a punto a partire da una concezione del mondo che conferisce al popolo ebraico la sua identità. L’alimentazione degli israeliti, lungi dal discendere da considerazioni nutrizionali, sanitarie o gastronomiche, è essenzialmente, come diceva Leonardo da Vinci a proposito della pittura, «cosa mentale». J. Soler, Le ragioni della Bibbia: le norme alimentari ebraiche, in Storia dell’alimentazione, a cura di J.-L. Flandrin e M. Montanari, Roma-Bari 1997, pp. 47-48, 54-55 1 I non-ebrei.
Una scelta “pratica” Marvin Harris
In genere esistono sempre delle buone e sufficienti motivazioni di tipo pratico che spiegano perché la gente faccia quello che appunto fa; e non credo che il cibo costituisca un’eccezione. Non mi nascondo che si tratta di un punto di vista piuttosto impopolare. L’opinione di moda, infatti, è che le abitudini alimentari siano accidenti della storia che esprimono o comunicano messaggi basati su valori essenzialmente infondati o su imperscrutabili credenze religiose. Per dirlo con le parole di un antropologo francese: «Se si vuole indagare il vasto campo dei simboli e delle rappresentazioni culturali che hanno a che fare con le abitudini alimentari degli uomini, si dovrà accettare il fatto che per la maggior parte rientrano in un tipo di coerenza ampiamente
immotivata» [Claude Fischler]. Il cibo, per così dire, deve nutrire la mentalità collettiva prima di poter entrare in uno stomaco vuoto. […] O, per dirlo in maniera ancor più chiara e netta: «Il cibo ha ben poco a che fare col nutrimento. Noi non mangiamo ciò che mangiamo perché in qualche modo ci conviene, né perché ci fa bene, né perché è a portata di mano, né perché è buono» [Robert Welsch]. Non è mia intenzione negare che il cibo esprima messaggi né che abbia significati simbolici. Ma che cosa viene prima: i messaggi e i significati oppure le preferenze e le avversioni? Ampliando un po’ il campo di una famosa affermazione di Claude Lévi-Strauss, possiamo dire che alcuni cibi sono «buoni da pensare» mentre altri sono «cattivi da
La discussione storiografica Alimentazione e religione
pensare». Ma io sostengo che il fatto che siano buoni o cattivi da pensare dipende dal fatto che sono buoni o cattivi da mangiare. Il cibo deve nutrire lo stomaco collettivo prima di poter alimentare la mentalità collettiva. […] I cibi preferiti, buoni da mangiare, sono cibi che fanno pendere la bilancia dalla parte dei benefici pratici, rispetto a quella dei costi […] Alcuni cibi non valgono lo sforzo necessario per produrli e prepararli; altri possono essere sostituiti con cibi meno costosi e più nutrienti; altri ancora si possono consumare solo a condizione di rinunciare a derrate più vantaggiose. Costi e benefici in termini alimentari entrano in maniera fondamentale nel bilancio: in genere, i cibi preferiti offrono di più in termini energetici, di proteine, di vitamine, di sali minerali che non i cibi evitati. Ma ci sono altri costi e benefici. […] Alcuni cibi di elevato valore nutritivo sono evitati perché richiedono tempo e sforzi eccessivi per la loro produzione, oppure perché finiscono per danneggiare la terra o hanno effetti negativi sulla vita degli animali, sulle piante, su altri elementi ambientali.
199
Come spero di poter dimostrare, le differenze sostanziali tra le cucine del mondo si possono far risalire ai condizionamenti ambientali e alle diverse possibilità offerte dalle diverse zone. Per esempio, […] le cucine che ricorrono maggiormente alla carne si accompagnano a una densità demografica relativamente bassa e alla presenza di terre non strettamente necessarie, o inadatte alla coltivazione. All’opposto, le cucine che ricorrono maggiormente a vegetali si accompagnano a un’elevata densità demografica, con popolazioni il cui habitat e la cui tecnologia per la produzione del cibo non possono sostenere l’allevamento di animali da carne senza ridurre la quantità di calorie e di proteine disponibili per l’uomo. Nel caso dell’India, […] la scarsa praticabilità, in termini ambientali, dell’allevamento di animali da carne supera a tal punto i vantaggi nutritivi del consumo di carne che questa finisce per essere evitata: diventa cioè cattiva da mangiare e, pertanto, cattiva da pensare. M. Harris, Buono da mangiare. Enigmi del gusto e consuetudini alimentari, Torino 1990, pp. 4-6
Modulo 5
Tra Med ed età modern Tra Medioevo ed età moderna Capitolo 19
La crisi del Trecento
Dopo alcuni secoli di espansione economica e demografica, agli inizi del Trecento l’Europa si trovò a fare i conti con progressive difficoltà dell’agricoltura e delle altre attività produttive. Su questa crisi, che provocò carestie e fame, si innestò una spaventosa epidemia di peste, scoppiata a metà del secolo, che uccise un terzo della popolazione europea e sconvolse gli equilibri sociali.
Capitolo 20
L’invenzione degli Stati nazionali
Tra XIV e XV secolo, sul finire del Medioevo, l’evoluzione delle monarchie sfociò nella costruzione di regni fortemente centralizzati, che, dopo essere riusciti ad accorpare regioni vissute fino ad allora in modo autonomo (contee, ducati, ecc.), formarono comunità politiche più ampie. Questi Stati furono detti “nazionali” perché tendevano a riunire insieme popolazioni che parlavano la stessa lingua, praticavano la medesima fede, avevano usanze e costumi simili (o cominciavano a farlo proprio perché appartenevano a un medesimo Stato). Tale processo fu particolarmente precoce in Francia, in Inghilterra e nella penisola iberica.
dioevo Capitolo 21
Stati e imperi dell’Europa centrale e orientale
Nelle regioni dell’Europa centro-orientale presero forma, sul finire del Medioevo, realtà politiche in parte simili a quelle occidentali. Tuttavia, lo sviluppo di Stati a vocazione “nazionale” e di ampia dimensione fu qui reso più difficile dall’affermarsi di grandi imperi multietnici: quello dei turchi ottomani e quello asburgico. Anche la monarchia russa, nel giro di pochi secoli, si allargò a comprendere molte regioni e popoli diversi, evolvendosi in senso imperiale. Nel corso di tali vicende crollò definitivamente l’Impero di Costantinopoli, ultima memoria del passato imperiale romano.
na
Capitolo 23 Capitolo 22
Signorie e Stati regionali in Italia
Nei secoli XIV-XV, mentre si formavano i primi Stati nazionali europei, in Italia le formazioni politiche di tipo locale (signorie feudali, Comuni cittadini) si aggregarono in Stati di maggiore estensione territoriale, dotati di un più forte potere centrale, chiamati “signorie” o “principati”. Da questo processo si svilupparono Stati di ampiezza regionale, simili a quelli che stavano prendendo forma nei paesi tedeschi. Tre furono i principali modelli di sviluppo: quello di Milano, che trasformò le proprie istituzioni in senso signorile; quello di Venezia, che mantenne salde le istituzioni “repubblicane”; quello di Firenze, che formalmente conservò le “libertà” comunali, adottando però, di fatto, un regime signorile.
Le guerre per il predominio europeo e l’occupazione dell’Italia La pace firmata a Lodi nel 1454 dagli Stati italiani durò quarant’anni: fu un periodo di sviluppo economico, civile e culturale durante il quale il paese si affermò come il più evoluto d’Europa. Poi, a cominciare dal 1494, la penisola fu invasa dagli eserciti francesi, spagnoli e imperiali, che si contendevano il predominio sull’Europa: fu la fine dell’indipendenza per gran parte dell’Italia.
Modulo 5 Tra Medioevo ed età moderna
19 La crisi
Capitolo
202
del Trecento
Percorso breve Nel XIV secolo (ma già dalla fine del XIII) l’economia europea cessò di crescere. L’agricoltura, avendo ormai raggiunto limiti eccessivi, diventò sempre meno produttiva. Il commercio decadde, e con esso le attività finanziarie. Una serie di carestie colpì campagne e città, indebolendo non solo l’economia ma anche il fisico degli uomini. Il colpo decisivo venne dall’epidemia di peste che si abbatté sull’Europa fra il 1348 e il 1350: un terzo della popolazione fu spazzata via. Molti villaggi furono abbandonati, sui campi ritornò l’incolto (non il bosco in cui un tempo si erano pascolati i maiali, ma lande erbose più adatte al pascolo ovino o bovino). La carenza di manodopera in qualche caso portò a un miglioramento delle condizioni di lavoro. Più spesso accadde il contrario: i proprietari terrieri approfittarono dell’occasione per rivedere i patti agrari, introducendo (per esempio) i contratti mezzadrili, che consentivano di controllare più da vicino i contadini, e di utilizzarne in modo più sistematico le energie. Da questi disagi e da queste tensioni presero origine, nella seconda metà del Trecento, vaste sollevazioni popolari, sia fra i contadini delle campagne (in Francia e in Inghilterra) sia fra gli operai delle città (in Francia, nelle Fiandre, in Italia). A Firenze nel 1378 scoppiò una rivolta dei cardatori di lana, detti “Ciompi”.
Il cavaliere della morte, XV sec. [da Le Très Riches Heures du Duc de Berry]
19.1 Verso la catastrofe Avvisaglie di crisi Già negli ultimi decenni del Duecento la straordinaria espansione economica e demografica che si era avviata in Europa tra il X e l’XI secolo [ 6] mostrò segni di grave difficoltà. Agli inizi del Trecento la popolazione smise di aumentare, la produzione agricola diminuì, i commerci ristagnarono. Tutto ciò si spiega soprattutto con un motivo: l’espansione delle terre coltivate, spinta sempre più avanti dal continuo aumento della popolazione e dal conseguente bisogno di cibo, aveva raggiunto i suoi limiti estremi. La fine dell’espansione agricola Nonostante i progressi tecnici fatti nei sistemi di rotazione delle colture, nei sistemi di aratura e di traino degli animali [ 6.2], l’agricoltura europea aveva conservato un carattere fondamentalmente “estensivo”: il rendimento rimaneva assai basso, si producevano non più di 4-5 chicchi di grano per ogni chicco seminato (oggi sono 20-30 e anche più) e il modo principale con cui si cercava di aumentare la produzione era l’allargamento degli spazi coltivati. Ma ormai erano stati messi a coltura tutti i terreni disponibili, anche quelli dell’alta collina e della montagna, dove i rendimenti dei cereali erano bassi; più si avanzava in quest’opera di dissodamento, più i rendimenti si abbassavano. Nel frattempo, l’avanzare dei campi aveva portato alla distruzione di molti boschi e pascoli, con la conseguenza che anche le attività pastorali erano grandemente diminuite d’importanza. Sia i cereali, sia la carne cominciavano a scarseggiare; il cibo non bastava più per tutti. Le carestie Le carestie – una minaccia che aveva sempre accompagnato la vita degli uomini – si fecero più frequenti agli inizi del XIV secolo, coinvolgendo regioni sempre più numerose. In particolare tra il 1315 e il 1317-18, tutta l’Europa fu colpita da cattivi raccolti che diffusero la fame e la paura nelle campagne e nelle città. Una seconda gravissima ondata di carestie si abbatté sull’Europa nel 1338-40. Il crac finanziario Tutto ciò mise in crisi le attività commerciali, artigianali e finanziarie: la mancanza di eccedenze agricole fece languire i commerci; i proprietari videro diminuire i loro profitti e dovettero limitare gli acquisti di tessuti, oggetti d’uso, merci di lusso; i mercanti e gli artigiani ebbero meno clienti. Diverse compagnie finanziarie, come a Firenze i Bardi e i Peruzzi, in questo periodo fallirono sia a causa della generale situazione di crisi sia a causa del rifiuto da parte dei loro più grandi debitori, i re di Francia e di Inghilterra (impegnati a scontrarsi in una lunga e sanguinosa guerra), a restituire le enormi somme da loro ricevute in prestito. La fame Inoltre, la fame indebolì gli uomini, costretti per lunghi anni a un’alimentazione insufficiente. Ciò preparò il terreno al diffondersi di malattie infettive, che accrebbero la mortalità e provocarono un calo di popolazione: epidemie di vario genere accompagnarono regolarmente le carestie, dalla fine del XIII secolo alla metà del XIV.
19.2 La Morte Nera La peste Il colpo decisivo che fece precipitare la crisi fu un’epidemia di peste – una terribile malattia infettiva – che si diffuse a metà del Trecento. I contemporanei la chiamarono Morte Nera perché devastava il corpo con piaghe e bubboni di colore scuro. Questa malattia aveva già colpito l’Europa nel VI secolo, all’epoca dell’imperatore Giustiniano (527-625); alcuni focolai si erano mantenuti per un paio di secoli, poi era scomparsa. Nel Trecento ritornò più virulenta che mai. Il punto iniziale di diffusione furono gli scali commerciali genovesi nella penisola di Crimea, sul Mar Nero, dove il bacillo della peste arrivò nel 1346, proveniente dall’Asia centrale. Attraverso Costantinopoli le navi genovesi lo trasportarono in Sicilia e in Pro-
La cacciata dei poveri da Siena, 1348 ca. [dal Libro del biadaiolo fiorentino; Biblioteca Medicea-Laurenziana, Firenze]
L’immagine è tratta da Il libro del biadaiolo, un noto resoconto storico scritto da Domenico Lenzi, mercante di cereali (il biadaiolo, appunto) di Firenze, che descrive le vicende del mercato fiorentino, le carestie precedenti la peste del 1348, i provvedimenti adottati dal Comune per affrontarle e gli effetti della crisi sui ceti più umili della città e del contado, coprendo un arco temporale di circa cento anni (dalla metà del Duecento al 1348). Fra l’altro vi viene descritta la gravissima carestia che colpì Siena alla metà del XIV secolo. Qui, la decisione di interrompere la distribuzione del pane ai poveri, data la scarsezza di grano, causò l’insorgere di scontri e tumulti. Per far tornare la città alla calma, le autorità furono costrette a espellere in massa i poveri.
La Parola
epidemia Il termine “epidemia” viene dal greco epìdemos che significa ‘pubblico’, ‘generale’ (a sua volta derivato da démos che significa ‘popolo’). Indica un fenomeno che riguarda tutti e in particolare è usato per le malattie che si diffondono a macchia d’olio coinvolgendo tutta la popolazione.
47 RE 13 CEMB
Messina
DIC Catania EMB RE 13 47 MAR MEDITERRANEO
Modulo 5 Tra Medioevo ed età moderna
204
Diffusione della peste nera in Europa
349 BRE 1 DICEM O1349 GIUGN 348 BRE 1 DICEM
MARE DEL NORD
York DANIMARCA Leicester Norwich Londra Amburgo
Dublino Bristol
MAR BALTICO
350 BRE 1 DICEM
Area approssimativa dell’avanzata della peste secondo intervalli semestrali
Lancaster Durham
GIUGNO 1350
SVEZIA
Regioni parzialmente o totalmente risparmiate dalla peste
Calais
Liegi Colonia Erfurt Amiens Würtzburg MAN DIA Parigi Strasburgo Norimberga Angers BAVIERA Vienna Zurigo UNGHERIA Bordeaux DICEMBRE 1348 Milano Venezia BÉARN GIU Avignone GNO Caffa Genova 7 134 Firenze CASTIGLIA ARAGONA 34 8 1 MAR Montpellier Marsiglia RE Pisa Siena NERO Teruel Barcellona Dubrovnik Roma ANDALUSIA Napoli Costantinopoli Valencia Siviglia Almería
Città colpite dalla peste
OCEANO ATLANTICO
NOR
GIU GN
O
O1
C TI
348
A RI AD
347 BRE 1 DICEM
20
19
Milioni di abitanti
18 16 14
12
12
10
10 6
6 4 2 0
DIC Catania EMB RE 13 47 MAR MEDITERRANEO
8
7,5
7
6
5
4,5
Messina
11,5
9 7,5
8
DIC EM B
E AR M
1340 1450
3 Regioni parzialmente o totalmente risparmiate Francia dalla Isole pesteGermania Russia
Area Penisola Penisola balcanica italiana iberica e Paesi britanniche e paesi Bassi scandinavi
Area approssimativa Regioni dell’avanzata della peste secondo intervalli semestrali
3
2
2 1,5
Polonia Ungheria Lituania
1340 1450
Aa Documenti Lutti in famiglia Città colpite dalla peste
[da C.M. Cipolla, Storia economica d’Europa, Torino 1979, p. 25]
20
19
18
Milioni di abitanti
Una drammatica testimonianza di quello che significò l’arrivo della peste in Italia ci è data dalle scarne annotazioni che Antonio da Romagno di Feltre, un letterato del Quattrocento, registrò su uno dei suoi
La popolazione europea nel 1340 e nel 1450
16 14
quaderni. La peste arrivò a Feltre (oggi 12 10 9 in provincia di Belluno,10 nel Veneto) tra 7,5 8 7 6 l’estate e l’autunno del 1400 e falcidiò la 6 4,5 4 famiglia di Antonio e quella di suo fratello 2 Bianchino: il primo a morire fu un neona0
12 Giovanni 11,5 to, di 4 mesi e mezzo. Nel giro di poche settimane, 8 dal 9 agosto al 27 set7,5 6 tembre, morirono cinque dei sei figli e la 5 3 moglie3 di Antonio, e tutti e quattro i figli 2 2 1,5 di Bianchino.
Area Germania Russia Penisola Penisola Francia Isole balcanica italiana iberica e Paesi britanniche e paesi Bassi scandinavi
Data di morte
Regioni
Polonia Ungheria Lituania
Nome
Padre
Data di nascita
Età
Franceschina Mutius Lia Argia Magdalena Tullio e Giuditta (gemelli) Vaira Fabio Giovanni Agostino Bartolomea (moglie di Antonio)
Antonio Bianchino Antonio Antonio Bianchino Antonio
1387, 23 agosto 1389, 4 febbraio 1389, 3 marzo 1393, 19 giugno 1395, 22 luglio 1396, 21 marzo
1400, 26 agosto 1400, 11 agosto 1400, 16 agosto 1400, 1 settembre 1400, 18 agosto 1398, ...
13 11½ e mezzo 11½ e mezzo 7 5 2
Bianchino Antonio Bianchino Antonio -
1397, 21 febbraio 1398, 17 febbraio 1400, 28 marzo 1400, 5 maggio ?
1400, 27 settembre sopravvissuto 1400, 9 agosto 1400, 26 agosto 1400, 9 settembre
3½ e mezzo 4 mesi e mezzo 3 mesi e mezzo ?
Venezia e la peste, 1348/1797, Catalogo della Mostra, Venezia 1979, p. 83
Capitolo 19 La crisi del Trecento
205
venza nel 1347; di qui, tra il 1348 e il 1350, esso raggiunse tutti i paesi dell’Europa occidentale, e poi i Balcani, la Russia, la Scandinavia.
Milioni di morti La mortalità fu terribilmente alta: a seconda dei luoghi, ne fu colpita una persona su quattro, su tre, su due; nell’insieme, circa un terzo della popolazione europea fu falcidiata dalla peste. Le situazioni più drammatiche si verificarono nei centri urbani, dove le scarse condizioni igieniche e l’ammassarsi della popolazione favorirono un più rapido diffondersi della malattia. Francia, Inghilterra e Germania furono duramente colpite così come l’Italia, uno dei paesi europei più densamente urbanizzati. In un secolo la popolazione italiana diminuì circa del 30%, passando da 10 a 7,5 milioni di abitanti; la sola città di Firenze perse tra il 1338 e il 1351 quasi metà della sua popolazione, che si ridusse da 110.000 a 45-50.000 unità. Le testimonianze Il più celebre novelliere italiano del Trecento, Giovanni Boccaccio (1313-1375), ambientò la sua raccolta di novelle, il Decameron, proprio durante la peste del 1348, immaginando che alcuni giovani fiorentini di buona famiglia in quella occasione lasciassero la città per sfuggire alla «mortifera pestilenza»: rifugiatisi in una villa di campagna, essi avrebbero deciso di passare il tempo raccontandosi ogni giorno delle storie divertenti o edificanti, quelle che Boccaccio finge di raccogliere nella sua opera.
19.3 Alla ricerca di cure e di “colpevoli” Ospedali e lazzaretti La terribile ondata epidemica suscitò in diverse città europee i primi interventi organizzati di sanità pubblica. La prima fu Venezia, che fin dal 1348 si dotò di un’apposita magistratura, i “Savi alla sanità”, incaricati di amministrare e coordinare il mantenimento dell’igiene in città, il lavoro dei medici, l’approvvigionamento dei medicinali, l’allestimento di ospedali e “lazzaretti” (luoghi in cui venivano raccolti gli ammalati, con la sola speranza di morire al più presto). Passata dopo il 1350 la prima ondata epidemica, la peste rimase attiva a lungo nei paesi europei: nella seconda metà del secolo si contarono altre cinque epidemie. Il risultato di tutto ciò fu che l’Europa, dopo avere raggiunto gli 80 milioni di abitanti sul finire del XIII secolo, cento anni dopo ne contava appena 50 milioni, e faticò almeno un secolo a riprendersi. Un male incurabile I medici erano impotenti e si limitavano a consigliare la fuga in ambienti più salubri: si riteneva infatti che il morbo fosse provocato dalla «corruzione dell’aria», da non meglio precisate «esalazioni malsane» che – si diceva – potevano essere evitate solo cambiando aria. La pratica di “cambiare aria” poteva forse mettere qualcuno al riparo dal contagio, ma, in generale, accelerava il suo ulteriore diffondersi, per opera di ammalati che portavano la malattia in nuove località. I pericoli di contagio si allargavano ulteriormente in occasione delle processioni, dei pellegrinaggi, delle pubbliche esposizioni di reliquie che un po’ ovunque venivano organizzate per implorare il perdono divino: molti infatti ritenevano che la peste fosse un castigo inviato da Dio per punire i peccati degli uomini. Altri ritenevano responsabili le congiunzioni astrali. Altri ancora, in pieno delirio collettivo, diedero la colpa agli ebrei, accusati di diffondere la peste attraverso l’avvelenamento dei pozzi d’acqua, e scatenarono contro di loro vere persecuzioni.
Giacomo Busca, Lo scheletro con lo schioppo, part., 1485 ca. [da Il trionfo della morte; Chiesa dei Disciplini, Clusone (Bergamo)]
Nell’affresco la morte, che uccide con lo schioppo (l’antenato del fucile), è circondata da prelati e nobili che tentano di offrirle coppe di gioielli e pietre preziose nella vana speranza di essere risparmiati.
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Modulo 5 Tra Medioevo ed età moderna Le vere cause dell’epidemia Nel XIV secolo ancora non si sapeva che l’infezione della peste è provocata da un bacillo, un parassita delle pulci che, a loro volta, “abitano” nel pelo dei topi (oggi è chiamato “bacillo Yersin”, dal nome del suo scopritore alla fine dell’Ottocento). Appunto i topi, che affollavano numerosi le navi dei mercanti di ritorno dall’Oriente, avevano trasportato la malattia in Europa.
19.4 Le conseguenze della crisi e la riorganizzazione dell’economia L’abbandono delle campagne e il ritorno dell’incolto La diminuzione degli abitanti, oltre a svuotare le città, provocò l’abbandono di molte campagne e di molti villaggi, soprattutto quelli sorti fra XII e XIII secolo nelle zone più impervie e lontane, durante l’opera di allargamento delle superfici coltivate. Il fenomeno dei villaggi abbandonati, particolarmente studiato dagli archeologi, coinvolse in certe regioni (per esempio la Germania) fino al 40% degli insediamenti; difficilmente fu inferiore al 10%. Un fenomeno di portata generale fu il ritorno dei terreni incolti: sui campi abbandonati talvolta ritornò il bosco, più spesso si crearono prati naturali che furono riservati al pascolo degli ovini. Ciò accadde in Inghilterra, in Castiglia (dove fu costituita una potente organizzazione di allevatori detta “Mesta”), in Ungheria, in Italia (particolarmente nel Lazio e nel Tavoliere delle Puglie). L’incremento delle attività pastorali ebbe una destinazione principalmente industriale: in particolare, l’aumento del pascolo ovino servì ad alimentare l’industria della lana. Le trasformazioni in campagna Il calo della popolazione portò importanti cambiamenti nella vita economica sia delle campagne sia delle città. Nelle campagne la mancanza di mano d’opera spinse a introdurre diverse modifiche: per l’aratura si scelsero strumenti più leggeri, che non richiedessero (come gli aratri pesanti del XII-XIII secolo) un alto numero di contadini per manovrarli; per mie-
I tempi della storia Il Trionfo della Morte La spaventosa mortalità diffusa in tutta Europa dalla peste nera impressionò profondamente gli uomini e influenzò anche le tendenze artistiche. Nella seconda metà del Trecento incominciò ad apparire negli affreschi e nelle pitture un motivo nuovo: il Trionfo della Morte, raffigurata come uno scheletro che, falce in pugno, semina lutti e rovine fra tutte le classi sociali, fra uomini e donne di tutte le età. Queste immagini sono interessanti per lo storico anche perché vogliono rappresentare la società nel suo insieme, tutti gli “ordini”, i ceti, le professioni, ugualmente colpiti dal flagello divino (almeno teoricamente:
Il Trionfo della Morte, part. [Galleria Regionale della Sicilia, Palermo]
di fatto, le condizioni igieniche più protette mettevano le classi alte maggiormente al riparo dal pericolo). In questo modo, l’iconografia della morte ci consente non solo di penetrare nella cultura religiosa
dell’artista, ma anche nel suo “immaginario sociale”, cioè nel modo in cui l’artista e il suo tempo amano rappresentare l’organizzazione della società e le sue diverse articolazioni. Nell’esempio qui pre-
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Capitolo 19 La crisi del Trecento
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Buffalmacco, Il Trionfo della Morte, part., XIV sec. [Camposanto, Pisa]
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Nuove condizioni di lavoro Gli operai delle industrie artigiane, come pure i contadini, in certi casi riuscirono a sfruttare il momento favorevole (cioè la difficoltà di trovare 0-9% minima braccia per lavorare) strappando salari più alti e migliori condizioni di lavoro. Ma 10-19% i proprietari, ridotta più spesso si verificò il contrario, soprattutto nelle campagne: di fronmedia 20-39% te alle terre vuote e ai villaggi abbandonati, approfittarono dell’occasione per riorganizelevata oltre anche il 40% perché zare le loro aziende in maniera più produttiva. Ciò accadde molte terre, nessuna già proprietà di nobili o di chiese o di monasteri, furono acquistate da cittadini di documentazione estrazione borghese, particolarmente attenti al profitto e al guadagno.
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Se Le trasformazioni in città Nel campo manifatturielva ba va ro, entrato in crisi il mercato delle merci di lusso, ci si o re ubi se n a D orientò verso la produzione di merci a basso costo e di minore qualità (per esempio, i tessuti di fustagno) destinate a un pubblico più vasto di acquirenti. Alla mancanza di mano d’opera nelle città (che con la peste si erano letteralmente svuotate) si rimediò, in parte, ricorrendo a lavoratori “a domicilio” nelle campagne.
sentato la Morte cavalca una carcassa di cavallo e imbraccia un arco con le frecce anziché la falce. Dipinte nelle chiese e nei palazzi pubblici e privati, immagini come questa sono frutto di un gusto del macabro legato agli avvenimenti del tempo, che diventerà quasi una moda in questo periodo finale del Medioevo. Un altro tipico tema che gli artisti amano raffigurare in questo periodo è quello detto Incontro dei tre vivi e dei tre morti: nell’esempio qui presentato tre giovani aristocratici osservano tre tombe scoperchiate, mentre un eremita – cioè un uomo che ha rinunciato alla vita mondana per dedicarsi alla preghiera – addita loro i tre cadaveri per farli riflettere sul comune destino.
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tere si cominciarono a impiegare grandi falci al posto dei piccoli falcetti dei secoli precedenti. In certe regioni particolarmente progredite, come l’Olanda e la Lombardia, si sperimentarono nuove tecniche di irrigazione per incrementare la coltivazione di erbe foraggere (“prati irrigui”) e l’allevamento bovino. La produzione di carne e latticini aumentò e, con ogni probabilità, il regime alimentare della popolazione si arricchì, soprattutto nelle città, dove affluiva la maggior parte dei prodotti dell’allevamento. La carne bovina, così come quella ovina, assunse perciò una maggiore importanza rispetto al tradizionale consumo di carne di maiale.
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L’abbandono delle terre in Germania (in percentuale ed entità)
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Modulo 5 Tra Medioevo ed età moderna Giovanni di Paolo, Paesaggio rurale nei pressi di Siena, part., 1432 ca. [da La Madonna dell’Umiltà; Pinacoteca Nazionale, Siena]
L’affresco mostra bene come dovette trasformarsi il territorio italiano grazie alla conduzione mezzadrile dei terreni. I centri urbani, disegnati decisamente più piccoli degli appezzamenti di terra, divengono i consumatori primari della produzione delle campagne.
19.5 Mezzadria e obblighi contadini Nuovi contratti agrari La crisi del Trecento spezzò gli antichi equilibri e favorì l’introduzione nelle campagne di innovazioni contrattuali. I rapporti di lavoro furono impostati in modo diverso e si stipularono contratti di tipo nuovo, come gli affitti o la mezzadria, che rendevano più forte il controllo dei proprietari sulle loro terre e più pesanti gli obblighi economici dei contadini. La mezzadria Il contratto di mezzadria comparve già nel XIII secolo e si diffuse soprattutto in Italia; esso prevedeva un controllo molto stretto da parte del padrone sull’andamento dei lavori e sul modo di conduzione della terra. Il “mezzadro” pagava la metà di tutti i prodotti del podere, anziché un terzo o un quarto come i contadini dei secoli
Aa Documenti Un patto di mezzadria Il contratto che segue è della fine del XIII secolo (1282) e fu stipulato da un cittadino senese con un contadino dei dintorni. La durata è quella “classica” dei patti mezzadrili: cinque anni. Il contadino si impegna a vivere nel podere con tutta la sua famiglia e ad assumere un garzone per aiutarlo. Si impegna a procurarsi dei buoi (a sue spese) e a utilizzarli solamente nelle terre del podere: la preoccupazione del padrone è di concentrare sulle sue terre tutta la capacità lavorativa del contadino e dei suoi animali, impedendo che si “disperda” all’esterno. Questa clausola è una delle tante che, all’interno della contrattualistica mezzadrile, mirano a isolare il contadino dalla comunità, perché in questo modo è possibile tenerli maggiormente sotto controllo. L’isolamento è sociale, ma anche economico: il contadino deve, in linea di principio, avere
un rapporto esclusivo col suo padrone. Anche l’allevamento degli animali ormai si svolge tutta all’interno del podere: se nell’alto Medioevo il pascolo si praticava negli spazi aperti di uso comune, ora si tende a farlo localmente, tenendo gli animali nella stalla (a cui il contratto fa un cenno esplicito, raccomandando al contadino di non disperdere il prezioso letame). Talvolta, nei rapporti mezzadrili, era il padrone a investire nell’azienda agraria, cioè a fornire gli animali, gli attrezzi, la semente. In altri casi invece (come qui) è il contadino a doversi far carico di tutto. Solamente due maiali sono forniti dal padrone: al contadino spetterà ingrassarli e il frutto di questo lavoro (animali ben cresciuti, e i piccoli che eventualmente ne saranno nati) sarà diviso a metà: dunque il rapporto di mezzadria (cioè ‘dividere a metà’) si estende an-
che agli animali (compaiono, all’epoca, anche contratti appositi di allevamento “a metà”, detti “sòccide” ossia ‘società’). Molto remunerativo, per il padrone, è anche l’obbligo riguardante l’allevamento del pollame: il contadino (che tradizionalmente consegnava al suo signore un paio di polli e una decina di uova, a titolo di “donativo” ossia di omaggio referenziale) qui è tenuto a dare ogni anno 4 paia di capponi e ben 400 uova. Merita infine di essere notato l’obbligo per il contadino di svolgere tutti i suoi impegni «nel modo usato da un buon lavoratore osservante della legge». La «legge» sono gli Statuti della città, in questo caso Siena, a cui il territorio rurale fa riferimento. Il contratto “privato” e la legge “pubblica” interagiscono nell’opera di controllo del lavoro contadino.
Capitolo 19 La crisi del Trecento precedenti [ 2]; il suo contratto durava pochissimi anni (in genere cinque, ma anche meno) e non gli garantiva, come in precedenza, un uso vitalizio – e trasmissibile ai figli – della terra. La durata breve del contratto consentiva al proprietario di controllare da vicino il lavoro dei contadini, che inoltre furono isolati gli uni dagli altri, ogni famiglia nel proprio podere: le comunità di villaggio si indebolirono e in molti casi furono aboliti, o fortemente limitati, i “diritti comuni” che per tutto il Medioevo avevano costituito un’importante risorsa dei ceti rurali, consentendo a tutti di usare le terre e i boschi in maniera collettiva.
I borghesi acquistano le terre Generalmente erano i ceti borghesi delle città a stipulare contratti come quello della mezzadria: essi erano infatti assai attenti a far fruttare i loro beni, diversamente dai nobili dell’alto Medioevo che badavano soprattutto a tenere i contadini in uno stato di soggezione personale. Fu in questo frangente che molti nobili in difficoltà cedettero le loro terre ai borghesi. Gli obblighi pubblici dei contadini Lo stretto legame tra città e campagna era inoltre sottolineato anche dagli obblighi cui i contadini sono soggetti per contratto. Capita spesso, infatti, in questi secoli, di vedere incluse negli Statuti cittadini le clausole dei contratti mezzadrili, percepite non solo come obbligo “privato” fra due persone (il padrone e il contadino) ma come obbligo “pubblico”, garantito dal governo comunale. L’idea è che un “buon lavoratore” non fa solo l’interesse del padrone, ma anche quello della collettività di cui fa parte: i frutti del suo lavoro non servono solo a nutrire la sua famiglia e a rimpinguare i granai del padrone, ma anche, indirettamente, a rendere possibile la presenza di grano (e di carne, e di tutto il necessario) sul mercato cittadino. La “legge”, quindi, mentre tutela i diritti della proprietà, pensa anche alle necessità dell’approvvigionamento urbano. Il sistema di controllo che “stringe” il contadino nel suo podere non è solamente quello del proprietario, ma anche quello della legge (peraltro, sono proprio “quei” proprietari a governare la città e a scriverne le leggi). Il periodo immediatamente successivo alla Grande Peste fu, insomma, un’epoca di grandi tensioni economiche e sociali, da cui derivarono numerosi scontri e vere e proprie sollevazioni popolari.
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o, Vanni del fu Ildebrandino da Renaccio, dichiaro di avere ricevuto in conduzione mezzadrile da te, Cionino del fu Giovanni Uberti da Siena, tutto il tuo podere posto a Renaccio e cioè le terre, le vigne, la casa, i prati e i pascoli, per lavorarlo, tenerlo e possederlo e usufruirne per cinque anni interi a partire dalla prossima festività di S. Maria in agosto. E ti prometto di stare e risiedere nella casa del podere per tutto questo periodo, insieme con la mia famiglia; e ti prometto che terremo con noi un garzone, perché partecipi alla lavorazione del podere, al quale darò il necessario per vivere e un salario annuo di 8 lire in denari d’argento1. Prometto inoltre di comprare con i miei soldi, al prezzo di 24 lire, un paio di buoi con i quali lavorerò le terre del podere e che non presterò ad alcuno senza un tuo speciale permesso; e nemmeno li userò per trasporti. Prometto di compiere tutti i lavori sulle terre del podere bene e proficuamente, nei tempi opportuni, nel modo usato da un buon lavoratore osservante della legge, e di mettere nel podere, là dove sarà necessario, tutto il letame che si trovi nella stalla. E ti prometto di seminare ogni anno 8 staia d’orzo, 4 di fave, 4 di lino e tanto frumento quanto sarà ne1 1 lira = 240 denari.
2 1 soldo = 12 denari.
cessario, e di dare a te ogni anno, senza diminuzione o sottrazione alcuna, la metà di tutti i prodotti che Dio ci manderà su questo podere, portandotela a casa al tempo del raccolto. Quanto alla vigna del podere, prometto di compiervi ogni anno, per tutto il periodo indicato, tutti i lavori in maniera buona e proficua: prometto cioè di potare, piantare i pali, legare le viti, fare le operazioni di scavo e tutte le altre cose utili, nel modo consueto; e di dare a te ogni anno la metà di ogni prodotto della vigna, consegnandolo nella tua casa e riponendo e governando il vino nei tuoi tini. Al tempo della raccolta delle messi e al tempo della vendemmia terrò a mie spese un garzone che conservi e custodisca la parte che ti spetta. E prometto che per tutto il periodo indicato ti darò ogni anno, recandole nella tua casa di Siena, 400 uova e 4 paia di capponi per la festa di Ognissanti. A questo fine mi sarà consentito di tenere nel podere tutto il pollame che vorrò. E ti prometto di tenere e di ingrassare a mie spese due porci all’anno, che tu dovrai procurare comprandoli al prezzo di 50 soldi in denari senesi2. Dopo averli ingrassati ne farò divisione a metà, ogni anno a Pasqua, una metà per te, una metà per me a compenso dell’ingrasso. da I. Imberciadori, Mezzadria classica toscana, Firenze 1951, n. 22, p. 1100
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Modulo 5 Tra Medioevo ed età moderna
19.6 Rivolte contadine e operaie Le rivendicazioni dei lavoratori Il periodo immediatamente successivo alla Grande Peste fu un’epoca di grandi tensioni economiche, sociali e religiose, da cui derivarono numerosi scontri e vere e proprie sollevazioni popolari. Nella seconda metà del Trecento, le tensioni sociali sfociarono in aperta rivolta sia nelle campagne sia nelle città. Da un lato c’erano le aspirazioni dei contadini e degli operai a spezzare i vincoli di dipendenza, a conquistare migliori condizioni di vita e di lavoro; dall’altro c’erano le aspirazioni dei grandi proprietari di terre (e, nelle città, degli imprenditori) a riorganizzare in modo razionale le loro attività agricole o manifatturiere, a inquadrare i lavoratori dipendenti in modo più sistematico. Entrambe le aspirazioni trovavano una spiegazione nel particolare momento storico: crollati, con la Grande Peste, tutti gli equilibri tradizionali, ogni cosa poteva essere rimessa in discussione.
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Stati generali Gli Stati generali costituivano il Parlamento del Regno francese ed erano nati rispecchiando nella loro composizione l’ideologia dei “tre ordini” del X-XI secolo, specchio della società feudale [ 2.3]. La nobiltà, il clero e le borghesie cittadine, rappresentati nell’assemblea, corrispondevano ai guerrieri, ai sacerdoti e ai lavoratori della “società tripartita” (i “lavoratori”, però, nel modello originario, erano piuttosto i contadini). Questo schema ideologico e questo modello politico erano ancora in vigore nel XVIII secolo, alla vigilia della Rivoluzione francese.
Contadini assalgono un cavaliere, part., XV sec. [Bibliothèque Nationale, Parigi]
Questa miniatura rappresenta bene a che punto fosse arrivata l’esasperazione dei contadini. I cavalieri, armati e corazzati, erano formidabili combattenti e difficilmente dei contadini potevano avere la meglio su di loro. In questo caso, però, i contadini hanno preparato un’imboscata al cavaliere che viene sopraffatto.
Le rivolte urbane e contadine in Francia Le rivolte contadine sconvolsero soprattutto la Francia e l’Inghilterra e furono fortemente collegate con quelle che scoppiarono nelle città. Nel 1356 a Parigi il popolo insorse sotto la guida del mercante Etienne Marcel (1316 ca.-1358) che riuscì a strappare un maggior controllo da parte degli Stati generali sulle decisioni in ambito finanziario e fiscale. Nel 1358 si sollevarono i contadini francesi dei dintorni di Parigi: la rivolta fu detta Jacquerie dal nomignolo canzonatorio Jacques bonhomme (‘Giacomo buon uomo’) con cui i nobili indicavano i contadini. La rivolta si concluse in un bagno di sangue per i ribelli: uomini, donne e bambini non furono risparmiati e furono massacrati circa 20.000 contadini. Le conseguenze della rivolta ebbero gravi ripercussioni anche in città e Etienne Marcel fu assassinato. Le rivolte sociali e religiose in Inghilterra Ancora i contadini francesi si sollevarono nel 1381 e nello stesso anno, in Inghilterra, folle di contadini del Kent e dell’Essex invasero Londra al seguito di due agitatori, Wat Tyler (1341-1381) e il prete John Ball (1338-1381), che chiedevano l’abolizione della servitù e mettevano in discussione le differenze sociali. L’incitazione alla rivolta veniva anche dalla diffusione delle idee di John Wycliffe (1330 ca.-1384), teologo all’Università di Oxford, che predicava il ritorno alla povertà evangelica, la lotta alla corruzione della Chiesa e la spoliazione dei suoi beni; i suoi seguaci, detti lollardi (da lollen, ‘pregare’), trovavano ampio seguito fra i contadini, avvalendosi del testo della Bibbia tradotto in inglese dallo stesso Wycliffe.
Capitolo 19 La crisi del Trecento
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La repressione della Jacquerie, 1358 Questa miniatura francese rappresenta la repressione della rivolta dei contadini da parte delle truppe dei nobili. La città, precedentemente saccheggiata dai contadini esasperati, diviene teatro di un cruento massacro operato dai soldati.
«Quei miserabili cominciarono a sollevarsi – racconta il cronista Jean Froissart (13371404), feroce avversario delle pretese contadine – per la ragione, dicevano, che all’inizio del mondo non c’era nessun servo né ce ne potevano essere, e, se aravano o facevano lavori agricoli per i loro signori, volevano ricevere un salario. A queste chiacchiere li aveva iniziati un pazzo prete inglese della contea di Kent, che si chiamava John Ball». Tutte queste sollevazioni finirono sanguinosamente, con l’uccisione di molti rivoltosi e dei loro capi.
Le rivolte popolari nelle Fiandre Tra le rivolte cittadine, oltre a quella di Parigi, le più note avvennero nelle Fiandre e in Italia. Nel 1379 nella città fiamminga di Gand (una fra le più importanti e popolose d’Europa, capitale mercantile per la produzione tessile) i tessitori si posero alla testa dell’ennesima sommossa popolare per contrastare il potere della nobiltà e i privilegi aristocratici e rivendicare il miglioramento delle loro condizioni di vita. Da decenni le Fiandre erano scosse da violente ribellioni cui spesso parteciparono contadini e lavoratori urbani insieme; l’eco di queste vicende influenzò non poco l’esplosione delle rivolte in Francia e in Inghilterra Nel 1382 la rivolta dei tessitori di Gand (che si estese alle province vicine) fu sedata dall’intervento dell’esercito francese. La rivolta dei Ciompi in Italia In Italia la rivolta scoppiò a Firenze e fu portata avanti non dai tessitori, come nelle Fiandre, ma dai cosiddetti “Ciompi”, gli operai addetti alla cardatura della lana (quindi sempre legati alla produzione di stoffe e tessuti, l’industria più importante del Medioevo). A Firenze, nel Trecento, il potere era concentrato nelle mani delle Arti maggiori, le associazioni di mestiere che riunivano i ceti borghesi di maggior prestigio e ricchezza [ 8.4]. Gli strati inferiori della borghesia cittadina – il cosiddetto “popolo minuto”, organizzato nelle Arti minori – lottarono a lungo per partecipare anch’essi al governo, e nel 1378 furono coinvolti in tale lotta anche gruppi di lavoratori salariati, fra i quali i più numerosi furono appunto i Ciompi, guidati da Michele di Lando (1343-1401). Essi chiedevano di potersi costituire in Arte, premessa indispensabile per ottenere i diritti politici. La rivolta dei Ciompi – che gli avversari, per sminuirne il significato, chiamarono “tumulto” – portò al governo per qualche settimana i popolani e le Arti minori. Poi i Ciompi furono estromessi, le Arti minori ottennero qualche concessione e il governo della città ritornò alle famiglie più ricche, fra le quali emergevano gli Albizzi, gli Alberti, i Medici, gli Strozzi, i Davanzati, i Pizzi, i Salviati. Tale episodio è considerato da diversi storici come uno dei primi esempi di contrasti di classe in cui si trovano contrapposti i datori di lavoro e i lavoratori.
Luca della Robbia, Lo stemma dell’Arte della lana, XV sec. [Museo dell’Opera del Duomo, Firenze]
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Modulo 5 Tra Medioevo ed età moderna
Sintesi
La crisi del Trecento
Verso la catastrofe Tra la fine del Duecento e l’inizio del Trecento si ebbero in Europa segni evidenti di una forte crisi economica e demografica. L’agricoltura europea si reggeva sul progressivo aumento degli spazi coltivati ma, all’inizio del XIV secolo, tutti i terreni utilizzabili erano ormai coltivati, per cui l’espansione agricola si arrestò. Quindi iniziò a scarseggiare il cibo, e si verificarono carestie con frequenza sempre maggiore. Fame e carestie resero gli uomini più deboli, diffondendo malattie infettive ed epidemie, che provocarono aumento della mortalità e calo demografico. La crisi colpì anche le attività commerciali: la mancanza di eccedenze agricole indebolì i commerci, diminuirono gli acquisti dei beni venduti da mercanti e artigiani; si ebbe il fallimento di alcune compagnie finanziarie (Bardi e Peruzzi), in quanto i sovrani francesi e inglesi non onorarono i debiti.
terventi di sanità pubblica in città, allo scopo di mantenere l’igiene e allestire ospedali e lazzaretti. Dopo la fine della prima ondata nel 1350, la peste rimase presente ancora a lungo in Europa con esiti catastrofici: alla fine del XIV secolo la popolazione era diminuita di circa 30 milioni di persone rispetto a un secolo prima. I medici erano impotenti, in quanto le cause della diffusione della peste erano ignote. Si consigliava di cambiare luogo, si chiedeva il perdono divino, si accusavano e perseguitavano gli ebrei, si organizzavano processioni, spesso finendo col diffondere ulteriormente il bacillo.
La Morte Nera La crisi precipitò definitivamente alla metà del Trecento, con la diffusione di una violenta epidemia di peste, la “Morte Nera”. Si diffuse trasportata dalle navi dei mercanti genovesi provenienti dall’Asia, per poi raggiungere tutti i paesi dell’Europa occidentale (1348-50). Quasi un terzo della popolazione europea perse la vita. Le situazioni peggiori si ebbero nelle città, dove il bacillo si diffondeva rapidamente per le scarse condizioni igieniche e per la presenza di numerose persone.
Le conseguenze della crisi e la riorganizzazione dell’economia Il calo demografico provocò lo svuotamento delle città e l’abbandono di campagne e villaggi. Il numero dei terreni non coltivati aumentò: in parte essi furono usati per il pascolo degli ovini, che incrementò l’industria della lana. In alcune zone (Olanda, Lombardia) vi fu anche un incremento dell’allevamento bovino e della produzione di carne e latticini, con un miglioramento del regime alimentare. Nelle città le attività manifatturiere iniziarono a produrre merci a basso costo. Le condizioni salariali e lavorative di operai e contadini peggiorarono quasi sempre, soprattutto nelle campagne, dove i proprietari riorganizzarono le aziende. Molte terre erano state acquistate da borghesi, più attenti al profitto e al guadagno.
Alla ricerca di cure e di “colpevoli” L’epidemia di peste fu all’origine dei primi in-
Mezzadria e obblighi contadini La crisi del Trecento fu alla base della nascita di
nuovi rapporti di lavoro e di nuove forme contrattuali nelle campagne. A partire dal XIII secolo si diffuse la mezzadria, che aumentava il controllo del padrone sulla terra: il mezzadro doveva corrispondere la metà di quanto prodotto, il contratto non era vitalizio né trasmissibile ai figli, ma durava qualche anno. I contadini furono isolati nei loro poderi e si indebolirono le comunità di villaggio e gli usi collettivi di terre e boschi. Anche gli statuti comunali includevano le clausole dei contratti mezzadrili. I contadini furono al centro di cambiamenti economici sostanziali, che produssero forti tensioni sociali. Rivolte contadine e operaie Il periodo successivo alla Grande Peste fu caratterizzato da forti tensioni che sfociarono in una serie di rivolte, sia in campagna sia in città, che contrapposero contadini e operai a grandi proprietari terrieri e imprenditori. Le rivolte contadine avvennero in Francia e Inghilterra. A Parigi nel 1356 vi fu un’insurrezione popolare, seguita nel 1358 da quella dei contadini (jacquerie); in Inghilterra nel 1381 folle di contadini influenzati dal movimento religioso dei lollardi invasero Londra. Entrambe le rivolte furono soffocate nel sangue. Rivolte urbane si ebbero a Gand e a Firenze (1378), dove gli operai addetti alla cardatura della lana (Ciompi) si ribellarono chiedendo di essere ammessi ai diritti politici, ma dopo poche settimane il governo ritornò saldamente nelle mani delle famiglie più ricche.
Esercizi Comprendere e ordinare 1. Colloca sulla linea del tempo gli eventi elencati in ordine sparso. 1346
1347
1348
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1356
1. il popolo parigino insorge sotto la guida del mercante Etienne Marcel 2. il bacillo della peste giunge in Sicilia e in Provenza 3. sommossa popolare guidata dai tessitori a Gand 4. istituzione a Venezia dei “Savi alla sanità”, addetti al mantenimento dell’igiene in città
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5. 6. 7. 8.
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sollevazione dei contadini nei dintorni di Parigi la peste raggiunge i principali paesi dell’Europa occidentale rivolta dei Ciompi a Firenze Londra è invasa da contadini che chiedono l’abolizione della servitù 9. il bacillo della peste giunge negli scali genovesi sul Mar Nero
Capitolo 19 La crisi del Trecento
2. Associa alle seguenti parole chiave il significato corretto.
3. Indica se le seguenti affermazioni sono vere o false.
carestia • Ciompi • epidemia • foraggio • fustagno • lazzaretto • lollardi • mezzadria • peste
a. Circa un terzo della popolazione europea fu uccisa dalla peste.
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b. In Olanda e Veneto si sperimentarono nuove tecniche di irrigazione e l’allevamento bovino.
V
F
c. La peste è provocata da un parassita delle pulci che vivono nel pelo dei topi.
V
F
Grave insufficienza di risorse alimentari
d. In seguito alla crisi, operai e contadini riuscirono a ottenere quasi sempre contratti migliori.
V
F
Alimenti utilizzati per il nutrimento del bestiame
e. La crisi del Trecento fu legata al calo demografico, all’espansione agricola, al ristagno commerciale.
V
F
Luogo in cui venivano isolati coloro che avevano malattie contagiose
f. Le carestie e il peggioramento dell’alimentazione furono una delle cause della diffusione della peste.
V
F
g. Trascorso il 1350, la presenza della peste nelle città europee calò vertiginosamente.
V
F
h. Nella seconda metà del Trecento le tensioni sociali portarono a scontri nelle campagne.
V
F
i. A Firenze il “popolo minuto” era costituito dagli strati inferiori della borghesia cittadina.
V
F
Seguaci delle dottrine propugnate da John Wycliffe Salariati dipendenti dell’Arte della lana nella Firenze del Trecento
Malattia contagiosa trasmessa all’uomo da parassiti dalle pulci dei topi Diffusione a macchia d’olio di una malattia contagiosa Contratto agrario che prevedeva il pagamento al padrone della metà dei prodotti Stoffa di scarso valore e pregio
4. Completa la seguente tabella sulle rivolte trecentesche inserendo i dati e le informazioni mancanti. DOVE
Parigi
Campagne francesi
Firenze
Gand
Londra
ANNO
1356
1358
......................
1379
......................
Analizzare ............................................ e produrre
........................................ ...................................... • ...........................................: Popolo guidato dai ........................................ guidato dal di Essex e Kent tessitori operai addetti alla .......... mercante guidati da ...................... 4. Completa la tabella riportando all’interno, nella posizione corretta, i termini indicati. ........................... guidati da CHI ............................................ ...................................... ................................................ cavalieri • secolare • autonomia • corvées • decima • dipendenza • mestiere • taglia • canone • regolare • caccia • doni • tornei e .................................. • Popolo ............................. riunito nelle ...................... Funzione sociale Vita quotidiana Condizione sociale ................................................
I …...................….. erano educati al ……..................….. delle armi. Pratica- ……................................….. guerrieri NOBILI • ........................................vano Migliori condizioni : • Contrasto al potere Abolizione ................ la …….........................….. economica e• i........................................... ……........................….. di vita e lavoro partecipazione ............................................ ...................................... .................................... Avevano soprattutto obblighi. Tra questi, i più diffusi........ erano COSA ...................................... • Rivendicazioni ................................................ ……................................….. la produttori di beni le …….....................….. e il …….....................….. CONTADINI RIVENDICANO fiscali della città . Altri tributi erano • .................................. economica ……........................….. e i ……........................….. • ...........................................: ...................................... possibilità di costituirsi Erano divisi in clero …….........................….. (monaci) e in ............ clero …….................................….. ................................................ preghiera ……........................….. (preti). Sapevano leggere e scrivere. Godevano SACERDOTI economica di una entrata specifica, la…….........................….. • .................................. Intervento ................ • ........................................ • .................................... • Popolo e arti minori dei contadini ............. ................................................ ...................................... ...................... degli Stati ...................................... generali .......................... ........................................ ................................................ ............ • .................................. ESITO • ........................................ • Ripercussioni • Ciompi: ........................... per sedare la rivolta dei rivoltosi e dei loro capi ........................................ assassinato dopo la • Arti minori: .................... rivolta contadina ................................................ • Famiglie più ricche ................................................
213
214
Modulo 5 Tra Medioevo ed età moderna
Analizzare e produrre 5. Leggi il documento “Un patto di mezzadria” alle pp. 208-209 e rispondi alle seguenti domande. 1. 2. 3. 4. 5. 6.
Da chi è stipulato il contratto? Per quanto tempo? Quali impegni assume il contadino? Quali clausole sono inserite nel contratto per controllare maggiormente il contadino? Quali conseguenze comporta il controllo sul singolo contadino? Quali investimenti vengono fatti dal padrone e quali dal mezzadro? Che rapporto esiste tra il contratto e lo Statuto del Comune?
Usando le risposte come scaletta, scrivi un brano di almeno 10 righe dal titolo “Un nuovo contratto agrario: la mezzadria”.
6. Rispondi alle seguenti domande e poi completa con i dati raccolti la mappa concettuale. 1. 2. 3. 4. 5. 6.
Quali furono le cause della crisi agricola del Trecento? Quali conseguenze essa ebbe sul regime alimentare delle popolazioni? A quando risale la diffusione della peste in Europa? Quali conseguenze ebbe la peste in termini demografici? Quali iniziative furono prese per curare il morbo? Con quali risultati? Quali furono le conseguenze della peste in campagna e in città?
XIV secolo Agricoltura in crisi
• Cause: ................................................... ....................................................................... .......................................................................
• Effetti: .................................................... ....................................................................... .......................................................................
Conseguenze della peste
• Regime alimentare: .......................
• Rimedi per la cura: .........................
.......................................................................
.......................................................................
.......................................................................
.......................................................................
.......................................................................
.......................................................................
• Diffusione di: ......................................
•Rischi: .....................................................
• Campagna ....................
• Città .............................
.......................................................................
.......................................................................
................................................
.............................................
.......................................................................
.......................................................................
................................................
.............................................
................................................
.............................................
................................................
.............................................
Calo demografico
.......................................................................
Epidemia
Modulo 5 Tra Medioevo ed età moderna
20 L’invenzione degli
Capitolo
215
Stati nazionali
Percorso breve I regni dell’Europa occidentale (Francia, Inghilterra, Spagna, Portogallo) negli ultimi secoli del Medioevo si rafforzarono grazie a nuovi sistemi amministrativi, fiscali e militari, che sancirono l’alleanza tra i sovrani e i ceti borghesi, alleggerendo il controllo della nobiltà sulla monarchia e consentendo la nascita di eserciti professionali e di un apparato di funzionari stipendiati. Il consolidamento delle monarchie non fu solo politico, ma anche ideologico: a poco a poco, in modo più o meno artificioso, esse seppero creare nei loro Stati un’identità culturale e un nuovo senso di appartenenza a una “nazione” comune. Nella penisola iberica, l’unione tra le Corone di Castiglia e d’Aragona pose le premesse per la nascita del Regno di Spagna. In Francia, la solidarietà “nazionale” si creò soprattutto durante la cosiddetta “guerra dei Cento anni” (1334-1453) combattuta contro i re d’Inghilterra e i loro alleati sul continente (in primo luogo i duchi di Borgogna), con esiti inizialmente drammatici (occupazione di gran parte del territorio francese da parte degli inglesi), infine vittoriosi. In Inghilterra, l’esito negativo del conflitto portò a una grave guerra civile, da cui uscì una nuova dinastia, quella dei Tudor, che riuscì a imporsi sulle pretese nobiliari e, tuttavia, dovette accettare di ri-
La battaglia di Poitiers (1356) [dalle Cronache della guerra dei cento anni di Jean Froissart; Bibliothèque Municipale, Besançon]
conoscere diritti e privilegi delle forze sociali (da ciò ebbe origine una forma di monarchia diversa, per così dire “contrattuale”, in cui il potere del re era controbilanciato da quello del Parlamento). Un caso del tutto particolare di identità “nazionale” fu quella di un nuovo Stato, la Svizzera, costituito come aggregazione di comunità locali caratterizzate da diverse tradizioni, lingue, religioni.
216
Modulo 5 Tra Medioevo ed età moderna
20.1 La “nazione” come costruzione culturale
La Parola
burocrazia Derivata dal francese bureau, ‘ufficio’, la parola indica l’insieme degli impiegati addetti agli uffici della pubblica amministrazione. Talvolta è usata in senso dispregiativo, per significare le lungaggini necessarie negli atti amministrativi e il potere (indicato dal suffisso greco -crazia) acquisito dagli impiegati nella vita di uno Stato.
Dal regno allo Stato I cosiddetti Stati nazionali si formarono in Europa come evoluzione – non solo politica, ma anche ideologica – dei regni che si erano costituiti tra XII e XIII secolo, dapprima su base feudale [ 4], poi organizzandosi attorno a nuovi sistemi amministrativi, fiscali e militari. In questi regni, ormai, il sovrano esercitava la sua autorità non più confidando nella sola fedeltà dei vassalli, bensì avvalendosi di funzionari stipendiati, una burocrazia che ne eseguiva le disposizioni e garantiva un’attenta amministrazione delle entrate fiscali. Il sovrano, inoltre, disponeva di eserciti propri, reclutati fra i sudditi, e di truppe mercenarie stipendiate per i loro servizi. Questi eserciti gli assicuravano una forza assai maggiore di quella delle milizie tradizionalmente fornite dai vassalli. Verso una coscienza nazionale La forza dei nuovi Stati stava anche nella capacità di costruire nei sudditi un’identità culturale e un senso di appartenenza alla “nazione”, concetto fondato sia su originarie affinità di stirpe, sia sulla condivisione di una lingua comune, di una determinata fede religiosa, di abitudini e modi di vita (alimentazione, abbigliamento, forme delle case, sistemi e attrezzi di lavoro, ecc.). Tutto ciò poteva nascere da comuni vicende storiche, ma poteva anche essere una costruzione recente, stimolata proprio dall’appartenenza a un unico Stato. La formazione degli Stati nazionali da un lato fece declinare i poteri locali, dall’altro indebolì i poteri “universali” del papa e dell’imperatore, che nei secoli precedenti erano stati il fulcro del sistema politico e religioso. L’utile rapporto con la ricca borghesia Tra i caratteri dei nuovi Stati fu particolarmente importante un fenomeno di natura economica e sociale: la crescita dell’economia mercantile e l’affermarsi dei ceti borghesi [ 8]. Lo sviluppo delle attività commerciali e finanziarie promosso dalle borghesie cittadine fece affluire in diverse regioni d’Europa grandi quantità di denaro. Nonostante la crisi economica del Trecento [ 19] alcune famiglie accumularono patrimoni immensi, tali da rappresentare, secondo alcuni storici, le prime forme di capitalismo. Proprio a questi personaggi si rivolgevano i sovrani, per ottenere in prestito grosse somme di denaro che venivano usate per pagare i funzionari pubblici dello Stato e per rafforzare gli eserciti, consolidando i propri domini e la propria autorità sui signori locali. Per esempio, il re di Francia e il re d’Inghilterra ricorsero ripetutamente al banco fiorentino dei Bardi e dei Peruzzi per finanziare le loro imprese militari. Gli intrecci tra finanza e politica I ceti borghesi, a loro volta, appoggiando il rafforzamento delle monarchie ottenevano cospicui vantaggi: i re li compensavano con alti interessi sui prestiti, con esenzioni doganali e con particolari privilegi, che facilitavano le attività commerciali e aprivano nuovi sbocchi e nuove occasioni di profitto. Inoltre, l’indebolimento o l’eliminazione dei poteri locali rendeva più facili i viaggi e i commerci, come se fossero cadute delle frontiere. L’altra faccia della medaglia era lo stato di dipendenza che in questo modo si creava tra mondo della finanza e potere politico: nel 1343-45, i banchi dei Bardi e dei Peruzzi fallirono [ 19.1] proprio per l’impossibilità di recuperare i capitali prestati ai re di Francia e d’Inghilterra.
20.2 Il Portogallo e la Spagna Verso l’unità I Regni di Castiglia, Aragona, Navarra e Portogallo, formatisi durante le guerre di “riconquista” contro i musulmani [ 4.5] e stabilizzatisi nei secoli successivi [ 11.4], sul finire del Medioevo consolidarono la loro forza sia sul piano militare (soprattutto la Castiglia) sia sul piano economico (soprattutto l’Aragona e il Portogallo). Il Regno di Portogallo Il Regno di Portogallo, dopo avere respinto i tentativi espansionistici dei castigliani, riaffermò la propria indipendenza sotto la dinastia degli Aviz, che salì al trono nel 1385 e avrebbe governato il paese per circa due secoli. Nel paese
Capitolo 20 L’invenzione degli Stati nazionali
217
si attuò una feconda collaborazione fra la monarchia e le borghesie mercantili di Lisbona, e da ciò prese origine una politica di espansione marittima e commerciale, che nei secoli successivi fece del Portogallo una delle prime potenze coloniali europee.
L’unione dei Regni di Aragona e di Castiglia Anche il Regno di Aragona, appoggiandosi alle borghesie mercantili, sviluppò una politica di espansione sul mare, che si manifestò nell’occupazione delle isole Baleari, della Sicilia (strappata agli Angioini con la guerra del Vespro [ 12.5], della Sardegna e infine, nel 1442, anche di Napoli. Nel 1469 il re Ferdinando d’Aragona (1479-1516) sposò Isabella regina di Castiglia (1474-1504), avviando un processo di grande significato storico: l’unificazione politica della penisola iberica (escluso il Portogallo) e la costituzione della monarchia di Spagna. Il processo fu appoggiato anche dalle Cortes (i Parlamenti della penisola iberica, 11.4) e fu completato nel 1492 con la conquista del Regno di Granada, ultimo territorio della penisola ancora occupato dai musulmani e centro economico e culturale floridissimo.
S. Sebastiano Bilbao
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REG N O D EL PO RTO
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R. DI NAVARRA
Il re Ferdinando e la consorte Isabella sono inginocchiati davanti alla Madonna che li guiderà nella loro impresa contro gli infedeli moriscos. A “garanzia” della loro integrità morale e religiosa vi sono i santi Tommaso (a sinistra) e DoSantiago menico (a destra).
Penisola iberica na Lisbona G uadia tra Trecento e Quattrocento
REGNO DI FRANCIA
D' RE AR G AG NO ON A
Santiago
Ferdinando d’Aragona e Isabella di Castiglia, XV sec.
REG N O D EL PO RTO G A LLO
L’uso politico della religione La conquista di Granada e la vittoria sui musulmani, che valse a Ferdinando e Isabella il titolo di “re cattolicissimi”, rientrava perfettamente nella strategia politica adottata dalla coppia regale, che scelse di usare la religione cattolica come strumento per dare coesione sociale ai propri sudditi e combattere i nemici. A tale scopo furono istituiti anche i tribunali dell’Inquisizione [ 13.2], che ebbero il compito di condannare gli eretici e di espellere dal paese i moriscos, ossia i musulmani convertiti al cristianesimo e rimasti nella penisola, e gli ebrei che, accusati di essere complici dei musulmani, furono costretti a fuggire disperdendosi nelle regioni del Mediterraneo (soprattutto Africa e Turchia, dove i governi musulmani erano molto più tolleranti in materia religiosa). L’espulsione degli ebrei e dei moriscos dal regno si rivelò estremamente dannosa sul piano sociale e culturale, poiché privò la Spagna di molte delle sue migliori energie (si stima che gli ebrei costretti a lasciare il paese furono circa 160.000).
NEO
Portogallo Aragona e isole Baleari Navarra Regno di Granada (agli arabi sino al 1492)
Modulo 5 Tra Medioevo ed età moderna
218
Espansione economica e territoriale Sempre nello stesso anno, il 1492, i due sovrani decisero di affidare a Cristoforo Colombo (1451-1506) le navi e i mezzi necessari per «cercare le vie dell’Oriente andando verso Occidente» [ 25.2], un viaggio che portò alla scoperta dell’America segnando l’inizio della potenza imperiale e coloniale spagnola. Nel 1512, infine, fu annessa gran parte del Regno di Navarra, spartito con la Francia. In tal modo si formò un’unica entità dinastica e territoriale, che cominciò a essere denominata “Spagna”.
I modi della storia
I progressi della metallurgia e l’introduzione delle armi da fuoco
A iniziare dal XIV secolo importanti innovazioni furono introdotte nel campo della metallurgia, con la progettazione di nuovi forni ad alta temperatura (altiforni) che consentirono la raffinazione del ferro e la produzione di ghisa: questa fu usata soprattutto per le armi da fuoco, la cui introduzione modificò rapidamente la tecnica e la strategia militare. La polvere pirica era nota da diversi secoli ai cinesi e agli arabi, i quali però non l’avevano mai usata per scopi bellici, ma solo per divertimento (fuochi d’artificio). Le prime applicazioni militari si ebbero in Europa nel Trecento e poi nei secoli successivi, con la fabbricazione degli archibugi (antenati dei moderni fucili) e dei cannoni su ruote. Le nuove armi entrarono in uso un po’ alla volta, dapprima affiancandosi a quelle tradizionali, poi sostituendole. L’introduzione delle armi da fuoco ebbe importanti conseguenze militari, sociali
e politiche. Sul piano militare contribuì a ridurre l’importanza della cavalleria, che fino ad allora era stata il nerbo degli eserciti; le fortezze e le mura, studiate per respingere gli attacchi frontali, perdettero gran parte della loro efficacia e dovettero essere disegnate in modo diverso, con feritoie che permettevano di sparare dall’interno senza essere colpiti dall’esterno. Sul piano sociale e politico si accentuò il declino della nobiltà feudale, che fondava la sua forza sulla cavalleria e sui castelli fortificati; al contrario si rafforzarono le monarchie che, dotate di maggiore ricchezza finanziaria, erano in grado di procurarsi le nuove armi e gli ingenti mezzi necessari per trasportarle. Il cambiamento non solo tecnologico ma anche sociale e, in senso lato, culturale indotto dalle armi da fuoco suscitò indignate reazioni fra gli intellettuali del
I
talia e Francia e tutte l’altre bande1 del mondo han poi la crudele arte appresa. Alcuno il bronzo in cave forme spande, che liquefatto ha la fornace accesa; bugia2 altri il ferro; e chi picciol, chi grande il vaso forma, che più e meno pesa: e qual bombarda e qual nomina scoppio, qual semplice cannon, qual cannon doppio; qual sagra, qual falcon, qual colubrina sento nomar, come al suo autor più agrada; […]
XV-XVI secolo. Fucili e cannoni, che consentono di colpire il nemico da lontano, apparivano armi “vili”, estranee allo spirito cavalleresco dell’antica nobiltà, che amava il combattimento ravvicinato per mettere alla prova il proprio onore e il proprio coraggio. Una celebre condanna delle nuove “macchine infernali” si trova nell’undicesimo canto dell’Orlando furioso di Ludovico Ariosto (1474-1533), che definisce le armi da fuoco (gettate da Orlando in fondo al mare) una «scellerata e brutta invenzione». Nel giro di poche ottave il poeta evoca i diabolici altiforni dal cui fuoco escono gli «abominosi ordigni» e li passa in rassegna uno dopo l’altro, dallo schioppo all’archibugio, dalla bombarda al cannone semplice e a quello doppio; dalla colubrina al “sagro” o cannone da campagna, al cannoncino leggero detto “falcone”.
Come trovasti, o scelerata e brutta invenzïon, mai loco in man core? Per te la militar gloria è distrutta, per te il mestier de l’arme è senza onore; per te è il valore e la virtù ridutta, che spesso par del buono il rio3 migliore: non più la gagliardia, non più l’ardire per te può in campo al paragon venire. Per te son giti et anderan sotterra tanti signori e cavalieri tanti, […] che s’io v’ho detto, il detto mio non erra, che ben fu il più crudele e il più di quanti mai furo al mondo ingegni empii e maligni, ch’imaginò sì abominosi ordigni. Ludovico Ariosto, Orlando furioso, XI, 24-27 1 Parti. 2 Buca.
3 Vigliacco.
Cannone a mano, XIV sec. Questa miniatura, tratta da un manuale di strumenti militari della fine del XIV secolo, mostra un soldato che utilizza uno schioppo (prima tipologia di fucile) da postazione. Le prime armi da fuoco da postazione (bombarde) furono già utilizzate nella metà del Trecento ma raramente con effetti significativi. In pochissimi anni però, le armi da fuoco videro un utilizzo sempre più diffuso con migliorie tali che presto portarono al cambiamento strategico degli eserciti e delle sorti di molte battaglie.
Poitiers 1356
Capitolo 20 L’invenzione degli Stati nazionali
Bordeaux
Périguex 219 Libourne L Agen
20.3 La guerra dei Cento anni tra Francia e Inghilterra (1334-1453)
Bayonne
Tolos REGNO REGNO DI Carcassonne DI CASTIGLIA NAVARRA REGNO D’ARAGO
Uno scontro annunciato Le storie di Francia e Inghilterra erano strettamente legate fin dal XI secolo, quando il Regno inglese era stato conquistato dal duca di Normandia Guglielmo, vassallo del re di Francia [ 4.2]. A lungo i due regni furono caratterizzati da un fitto intreccio di interessi e parentele, di cultura e di lingua (il francese fu a lungo la lingua ufficiale alla corte inglese). Tuttavia, il rafforzamento dei poteri monarchici in Francia rendeva sempre meno accettabile il persistere di interessi e presenze inglesi sul continente. La crisi esplose nel 1328, quando alla morte di Carlo IV (1322-28) figlio di Filippo il Bello [ 11.2], si estinse il ramo diretto della dinastia capetingia, che regnava in Francia dal X secolo [ 11.2]. Il re d’Inghilterra Edoardo III (1327-77), in virtù dei suoi rapporti di parentela con il re di Francia (Filippo il Bello era il nonno materno e Carlo IV suo zio), reclamò per sé la successione al trono.
La guerra dei Cento anni, I fase
Possedimenti inglesi (1339) Possedimenti inglesi dopo la pace di Brétigny (1360) Poitiers 1356 Battaglie
GA
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ES
Scoppia la “guerra dei Cento anni” Le rivendicazioni di Edoardo III non trovarono ascolto e la guida del Regno di Francia fu affidata a un altro parente del re, Filippo VI (1328-50), anche lui nipote di Filippo il Bello. Con lui iniziò la dinastia dei Valois, REGNO destinata a governare il paese per circa due secoli. Il re d’Inghilterra MARE D’INGHILTERRA DEL non si arrese e sbarcò in Francia con le sue truppe: iniziò in tal modo Londra NORD Sluis 1340 un conflitto destinato a protrarsi per più di un secolo (dal 1334 al 1453), Dover Bruges Southampton Bruxelles Ren che la storiografia successiva denominò “guerra dei Cento anni”. Calais o La crisi dinastica fu solo una delle cause che scatenarono il conCrécy 1346 flitto. Edoardo III mirava a conservare i domini inglesi nel sud-ovest Harfleur della Francia e soprattutto a conquistare le Fiandre, una regione Se Parigi Caen nn a strategica per il commercio della lana grezza inglese, a quel tempo Chartres BRETAGNA Orléans sotto controllo francese. Langres Rennes a
La lenta ripresa francese Con il re Carlo V, che governò il paese dal 1364 al 1380, la Francia riuscì a impadronirsi nuovamente di molti dei territori conquistati dagli inglesi, l’esercito fu riorganizzato e le operazioni di guerra si diradarono, in parte per l’equilibrio militare raggiunto dalle due parti, in parte per i disordini che scoppiarono in entrambi i paesi. La battaglia di Poitiers
Nantes
OCEANO ATLANTICO Bordeaux
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Questa miniatura quattrocentesca rappresenta la cattura del re francese Giovanni II detto “il Buono” (al centro) da parte dell’esercito inglese, nel corso della battaglia combattuta a Poitiers nel 1356.
Chalon
Poitiers 1356
Périguex Libourne Le Puy Agen
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Lione
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DELFINATO
CONTEA DI PROVENZA
REGNO REGNO DI Carcassonne Narbona DI CASTIGLIA NAVARRA REGNO D’ARAGONA
Possedimenti inglesi (1339) Possedimenti inglesi dopo la pace di Brétigny (1360) Poitiers 1356 Battaglie
[dalle Cronache della guerra dei cento anni di Jean Froissart; Bibliothèque Municipale, Besançon]
A CI is) AN alo FR e V DI i r O de GN rio RE rito r (te
La Francia occupata dagli inglesi Le prime fasi della guerra furono disastrose per i francesi. La migliore qualità dell’esercito inglese – basato sulla fanteria, sugli arcieri e sull’innovativo uso delle armi da fuoco – ebbe rapidamente la meglio sul lento e prevedibile esercito francese, ancora imperniato sulla cavalleria pesante. Le difficoltà militari francesi si andarono a sommare alla grave situazione interna che il paese stava attraversando nella seconda metà del Trecento: la peste dilagava, i mercenari fuorusciti assalivano le campagne, le rivolte popolari (come quella guidata da Etienne Marcel e la jacquerie, 19.6) scoppiavano nelle città e nelle campagne. Dopo avere occupato le Fiandre e il porto di Calais (che significava il controllo della Manica), il re d’Inghilterra catturò il re di Francia Giovanni II (1350-64), succeduto al padre Filippo VI di Valois, e lo rilasciò solo nel 1360 dopo il trattato di Brétigny, in cambio di un pesante riscatto e della cessione di vasti territori nella Francia sudoccidentale (Aquitania).
o
OCEANO ATLANTICO
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20.4 Giovanna d’Arco. Dal predominio inglese alla riscossa francese Francia divisa, Inghilterra vincente Gli scontri ripresero agli inizi del Quattrocento, con l’aprirsi di una nuova crisi dinastica, causata dalla malattia mentale che aveva colpito il re di Francia Carlo VI (1380-1422) impedendogli di governare. La nobiltà francese si divise in due fazioni avverse, una fedele al re (i cosiddetti “armagnacchi”, seguaci del conte di Armagnac), l’altra alleata con gli inglesi (i cosiddetti “borgognoni”, guidati dai duchi di Borgogna). Come agli inizi del conflitto, gli inglesi sotto il comando del nuovo re Enrico V di Lancaster (1387-1422) riportarono grazie all’appoggio dei borgognoni importanti vittorie, in particolare ad Azincourt nel 1415, e occuparono anche gran parte della Francia nord-occidentale, Parigi compresa. Nel 1420 con il trattato di Troyes Enrico V ottenne anche di essere designato erede al trono di Francia, nonostante la presenza del figlio di Carlo VI.
La guerra dei Cento anni, II fase
Territori controllati dagli inglesi al 1429 Possedimenti francesi Territori controllati dal duca di Borgogna Azincourt 1415 Battaglie ES
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Modulo 5 Tra Medioevo ed età moderna
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220
REGNO D’INGHILTERRA Londra
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Azincourt 1415 Harfleur Caen BRET
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SAVOIA DELFINATO
CONTEA DI PROVENZA Tolosa Carcassonne Narbona
REGNO DI NAVARRA REGNO D’ARAGONA
Giovanna d’Arco Quasi inaspettatamente la Francia trovò le energie per risollevarsi dal disastro, grazie anche allo slancio di una giovane donna, Giovanna d’Arco (1412-1431), che, sostenendo di essere mossa da “voci celesti”, comprese l’importanza del coinvolgimento popolare nella lotta tra gli eserciti e, messasi a capo di alcuni contingenti militari, riuscì a liberare la città di Orléans occupata dagli inglesi (1429). Subito dopo, Carlo VII (re dal 1422, ma contestato dal re inglese Enrico V, nominato reggente di Francia durante la pazzia di Carlo VI) riuscì a farsi consacrare nella cattedrale di Reims. Da quel momento la situazione militare si capovolse e di vittoria in vittoria i francesi ricacciarono dal paese gli inglesi Territori controllati (che tennero solo Calais). dagli inglesi al 1429Giovanna d’Arco, però, caduta nelle mani degli inglesi, fu processata e arsa sul rogo, sotto l’accusa di Possedimenti francesi essersi servita di arti magiche e di stregoneria per far vincere i Territori controllati compatrioti.dalDa allora la Francia venera Giovanna d’Arco come duca di Borgogna Battaglie Azincourt 1415 patrona nazionale. La Francia vittoriosa Durante la lunga guerra contro gli inglesi si accentuò fortemente in Francia il senso di appartenenza alla nazione. Anche per questo la monarchia riu-
Aa Documenti Desolazione delle campagne francesi durante la guerra Un brano della biografia di re Carlo VII di Valois, scritta dal vescovo francese Thomas Basin (1412-1491), contiene una minuziosa descrizione – forse enfatizzata sul piano retorico, ma sostanzialmente attendibile – dello stato di deso-
M
lazione in cui versavano molte campagne francesi al momento dell’ascesa al trono di Carlo VII (1429). Le devastazioni della guerra, le incursioni di sbandati e briganti, l’assenza di sicurezza e di protezione costrinsero alla fuga molti
orto, dunque, suo padre1, Carlo VII succedette al Regno di Francia nell’anno 1422, all’età di ventidue anni circa. E al suo tempo il detto regno, per effetto sia delle guerre continue, interne ed esterne, sia dell’incuria e fiacchezza di quelli che amministravano o comandavano sotto di lui, sia della mancanza d’ordine e disciplina militari, sia della rapacità e della corruzione degli uomini d’arme, pervenne a un
1 Carlo VI.
contadini provocando l’abbandono delle terre coltivate e il ritorno dell’incolto. Si aggravarono, in questo modo, fenomeni già messi in moto dalle carestie e dalle epidemie del Trecento.
tale stato di devastazione che, dalla Loira alla Senna e da là fino alla Somme, i contadini venivano uccisi o messi in fuga e tutti i campi restarono a lungo, per degli anni, non solo senza essere coltivati, ma anche senza uomini in grado di coltivarli, tranne rari angoli di terra, dove il poco che si poteva coltivare lontano dalle città, piazzeforti o castelli non poteva essere esteso a causa delle frequenti incursioni di predoni [...].
Capitolo 20 L’invenzione degli Stati nazionali
221
scì a vincere le resistenze dei grandi vassalli (non pochi dei quali avevano attivamente sostenuto gli inglesi) e a creare un forte Stato accentrato, tendenzialmente unitario. Il primo re della nuova Francia fu Luigi XI (1461-83). Nei decenni successivi, grazie ad abili strategie dinastiche, l’ampliamento del regno fu portato a termine: nel 1480 fu annesso il Ducato d’Angiò, nel 1491 il Ducato di Bretagna. Infine, nel 1497 fu annessa la Borgogna.
20.5 Uno Stato mancato: il Ducato di Borgogna Un potente ducato nel mezzo della Francia Fra i potentati regionali che, pur essendo legati al re di Francia da un vincolo feudale, di fatto svolsero per vari secoli – prima di essere annessi al regno – una politica largamente autonoma, un ruolo del tutto particolare fu quello del Ducato di Borgogna, che nel corso del XV secolo assunse una posizione di aperta rivalità nei confronti della monarchia. Paradossalmente, la potenza e l’autonomia del ducato si consolidarono proprio all’epoca in cui il re Giovanni II riuscì a imporvi come duca il proprio figlio, Filippo l’Ardito (1363-1404). Egli accrebbe considerevolmente l’estensione del ducato, ottenendo la Fiandra, l’Artois e la Franca Contea come dote della moglie Margherita di Fiandra. Si trattava di territori discontinui, che tuttavia fecero dello Stato borgognone una grande potenza situata proprio nel bel mezzo dell’Europa, tra la Francia, l’impero e i principati tedeschi. L’alleanza con l’Inghilterra Durante la guerra dei Cento anni i duchi di Borgogna furono alleati dell’Inghilterra e contribuirono fattivamente alla drammatica crisi politica, militare e ideale del Regno di Francia, accrescendo il proprio potere in concorrenza con Parigi. Sotto la guida dei duchi Giovanni Senza Paura (1404-19), Filippo il Buono (1419-67) e Carlo il Temerario (1467-77) Digione, la capitale del ducato, divenne un centro di riferimento politico e culturale di rilevanza europea.
Noi stessi abbiamo visto le vaste pianure della Champagne, Beauce, Brie, Gâtinais, Chartres, Dreux, Maine, Perche, Vexin, Beauvaisis, Caux, dalla Senna fino ad Amiens e Abbeville, e ancora di Senlis, Soissons e Valois, fino a Laon, e al di là dello Hainaut, assolutamente deserte, incolte, abbandonate, vuote d’abitanti, coperte di vegetazione selvaggia, oppure, nelle regioni boscose, lo svilupparsi di foreste impenetrabili. E in molti luoghi si potrebbe temere che le tracce di questa devastazione resteranno a lungo visibili, se la divina provvidenza non veglierà sulle cose umane. Tutto ciò che in quei tempi si poteva coltivare si trovava solo intorno o alle città, piazzeforti o castelli, o al loro interno, o comunque abbastanza vicino da permettere che dall’alto di una torre l’occhio delle vedette scorgesse i briganti in procinto di avvicinarsi. Allora, al suono della campana, si dava a tutti quelli che lavoravano nei campi il segnale di ritirarsi
La cattura di Giovanna d’Arco, XV sec. [da Les Vigiles de Charles VII; Bibliothèque Nationale, Parigi]
Nel marzo 1430 Giovanna d’Arco (la pulzella d’Orleans), rappresentata in questa miniatura alla testa del suo esercito, fu catturata dagli inglesi e processata per eresia. A soli 19 anni, Giovanna era stata capace di smuovere le masse e dare la forza ai francesi di riconquistare i territori che erano stati occupati, fino a quel momento, dagli inglesi.
entro le fortificazioni. Era una cosa comune e frequente quasi ovunque; al punto che i buoi e i cavalli da lavoro, una volta staccati dall’aratro, quando sentivano il segnale delle vedette, subito e senza guida, istruiti da una lunga abitudine, si dirigevano di corsa verso i rifugi dove sapevano di essere al sicuro. Anche le pecore e i maiali avevano preso la stessa abitudine. Ma poiché in quelle province, per l’ampiezza del territorio, rare sono le città o i luoghi fortificati, mentre, d’altra parte, parecchi di questi erano già stati bruciati, demoliti, saccheggiati dal nemico o vuotati dei loro abitanti, questo po’ di terra coltivata quasi di nascosto intorno alle fortezze pareva poca cosa o quasi niente, a confronto delle vaste distese di campi che restavano del tutto deserti, senza che nessuno li potesse mettere a coltura. Thomas Basin, Histoire de Charles VII
222
Modulo 5 Tra Medioevo ed età moderna MARE DEL NORD
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ISI
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DUCATO CONTEA DI Digione Besançon DI NEVERS BORGOGNA CONTEA DI Nevers BORGOGNA Mâcon
Confine occidentale del Sacro romano impero Il Ducato di Borgogna nel 1363 Acquisizioni di Filippo l’Ardito (1363-1404) Acquisizioni di Filippo il Buono (1419-67) Acquisizioni e riconquiste di Carlo il Temerario (1467-77) Possedimenti ecclesiastici sotto l’influenza dei duchi di Borgogna I territori del Ducato di Borgogna
Strasburgo
Terminata la guerra dei Cento anni e realizzatasi in Francia la costruzione di uno Stato nazionale, Carlo il Temerario cercò a sua volta di rafforzare l’autonomia del ducato e di allargarne i confini, mediante una politica di espansione che mirava a unire i territori borgognoni alla Fiandra e a conquistare nuovi territori a sud della Borgogna.
Contro re e imperatori Una politica così aggressiva da parte dei duchi di Borgogna suscitò timori nell’imperatore Federico III (1440-93), che si alleò col re di Francia Luigi XI isolando politicamente il duca. Sfortunato fu anche l’esito di alcune spedizioni intraprese da Carlo il Temerario contro gli svizzeri (sconfitte di Granson e Morat, 1476). Morto Carlo il Temerario, si aprì uno scontro fra il re di Francia Carlo VIII (1483-98) e l’imperatore Massimiliano d’Asburgo (1459-1519) per l’occupazione dei territori borgognoni. Il ducato fu smembrato e cessò di esistere come Stato autonomo: la Borgogna fu annessa alla Francia nel 1497, la Fiandra e i territori lungo le coste del Mare del Nord passarono all’Impero.
20.6 La “guerra delle Due Rose” in Inghilterra Confine occidentale
del Sacro romano impero Le conseguenze della guerra dei Cento anni A iniziare dal 1334, con lo scoppio delIl Ducato di la guerra dei Cento anni i conflitti inBorgogna territorio francese diedero all’Inghilterra grande nel 1363 potere e prestigio sul continente, ma l’esito finale dello scontro, a metà del XV secolo, Acquisizioni di Filippo fu disastroso per la Coronal’Ardito inglese, che fu costretta ad abbandonare tutti i possessi (1363-1404) oltremanica escluso Calais.Acquisizioni L’esito fallimentare dell’impresa ebbe gravi ripercussioni di Filippo il Buonoil (1419-67) anche all’interno del paese, dove ritorno forzato di tanti nobili e avventurieri provocò Acquisizioni e riconquiste tensioni e violenze all’interno dell’aristocrazia. di Carlo il Temerario
La guerra delle Due Rose (1467-77) Un aspro scontro dinastico, che rapidamente degenerò in una sanguinosa guerra civile, ebbe come protagoniste due casate nobiliari, legate – Possedimenti ecclesiastici sotto duchi attraverso alcuni dei suoi figli (e l’influenza ne avevadei 14) – al re Edoardo III, l’ultimo rappresentante di Borgogna della dinastia dei Plantagenéti [ 4.2]. A contendersi il diritto alla successione furono i principi di York, che avevano per emblema una rosa bianca, e i principi di Lancaster, che si fregiavano con una rosa rossa: di qui il nome “guerra delle Due Rose” (1455-85) che fu dato al conflitto. Le uccisioni e le stragi provocarono gravi vuoti nelle file della nobiltà, che uscì fortemente indebolita dalla guerra. Ne uscirono vincitori i Lancaster, che posero sul trono Enrico VII (1485-1509). In segno di pacificazione, egli sposò Elisabetta della casata di York. Con lui ebbe inizio la dinastia Tudor e la monarchia rapidamente si consolidò. Riforme e trasformazioni Per contrastare le fazioni dell’alta aristocrazia, il nuovo re creò un nuovo istituto, la “Camera stellata”, un tribunale dipendente direttamente dal sovrano, competente sui reati di natura politica. Inoltre si appoggiò alla piccola nobiltà (gentry), a cui affidò l’amministrazione della giustizia nelle varie province del paese, e a uomini nuovi provenienti dai ceti borghesi e mercantili, che si erano notevolmente rafforzati. Questi ceti, appoggiando il re, avviarono la trasformazione dell’Inghilterra da paese agricolo e pastorale in paese commerciale e marittimo. Per impulso di Enrico VII presero sviluppo la costruzione di navi e l’allestimento di una flotta, che permise di affermare la potenza militare degli inglesi e di avviare un programma di esplorazioni e di conquiste commerciali che nei secoli successivi avrebbe fatto dell’Inghilterra uno dei più floridi e potenti paesi del mondo.
Capitolo 20 L’invenzione degli Stati nazionali
223
Dinastia dei Plantagenéti Enrico II (1154-89)
Riccardo Cuor di Leone (1189-99)
Giovanni Senza Terra (1199-1216)
Enrico III (1216-72)
Edoardo I (1272-1307)
Edoardo II (1307-27)
Edoardo III (1327-77)
Duca francese e capostipite della dinastia.
Rafforzò la monarchia e organizzò l’amministrazione del regno.
Perse i territori francesi nella battaglia di Bouvines e fu costretto a firmare la Magna Charta.
Confermò la Magna Charta.
Rafforzò la monarchia ed estese i domini sull’isola.
Sposò la figlia di Filippo IV il Bello.
Nipote di Filippo il Bello, rivendicò i diritti al trono francese.
Fu costretto ad abdicare in favore del figlio.
Dette avvio alla guerra dei Cento anni.
Si dichiarò vassallo del re di Francia per i feudi in territorio francese.
Con lui terminò la dinastia plantagenéta e tra i suoi figli e i loro discendenti scoppiò la CONTEA guerra delle Due Rose.
Reno
Vassallo del re di Francia, ereditò la Corona inglese e vasti feudi su suolo francese.
DI BORGOGNA
20.7 Nasce la Svizzera
Neuveville Neuchâtel
La costruzione di un’identità nazionale La formazione della Svizzera è un caso esemplare di identità “nazionale” costruita non dall’alto (una monarchia centralizzata) ma dal basso (le comunità locali) e non su presunte affinità etniche della popolazione, e neppure sul fatto di avere in comune una lingua e una religione, bensì su problemi e interessi concreti, che nel corso del tempo produssero una realtà politica e una cultura comune. Le prime origini della Confederazione elvetica risalgono al 1291, quando le tre comunità o “cantoni” di Uri, Unterwalden e Schwytz (da Schwytz è derivato il nome “Svizzera”) stipularono un patto di alleanza per rendersi indipendenti dal dominio degli Asburgo d’Austria, signori di quelle vallate [ 29].
Berna
UN L. di Ginevra
Reno
CONTEA DI BORGOGNA
1291 1500 Espansione ulteriore Confine attuale
Zurigo Zug
Neuveville Neuchâtel
La Confederazione elvetica
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Ginevra
La guerra contro l’Austria Per diversi anni i montanari svizzeri combatterono dure lotte, il cui ricordo è collegato alla leggendaria figura di Guglielmo Tell, loro eroe nazionale e simbolo della resistenza popolare contro gli Asburgo. L’episodio saliente di questi scontri fu la battaglia di Morgarten (1315), nella quale le agili formazioni dei fanti svizzeri, armati di micidiali alabarde, ebbero la meglio sulla cavalleria degli Asburgo, lenta a muoversi e a manovrare nelle valli alpine. Con la battaglia di Sempach (1386) gli svizzeri ottennero la definitiva vittoria sugli Asburgo. La vittoria della Svizzera L’Austria dovette riconoscere l’indipendenza dei cantoni federati, ai quali nel frattempo se ne erano aggiunti altri sei (Zurigo, Lucerna, Zug, Berna, Glarus, Soletta). Nacque in tal modo il nuovo Stato, che nel XV secolo aggregò altre comunità, di lingua francese (Vallese, a ovest) e italiana (Ticino, a sud). Intorno alla metà del Quattrocento, in seguito ad altre guerre contro gli Asburgo e contro il duca di Borgogna [ 20.5], la Svizzera si estese fino al lago di Costanza, affermandosi come Stato di grande coesione politica e forza militare, tanto che le sue fanterie furono considerate fra le migliori del tempo e furono ricercate come truppe mercenarie da molti Stati europei.
Basilea
LINA
VALTEL
REP. DI VENEZIA
224
Modulo 5 Tra Medioevo ed età moderna
Le vie della cittadinanza
Etnie e nazioni d’Europa
Q
uando si utilizzano concetti come “etnia” o “nazione” è bene chiarire che non si tratta di realtà biologiche, determinate dal “sangue” dei popoli, bensì di realtà culturali, frutto della storia e del suo divenire. Per esempio, le popolazioni germaniche dell’alto Medioevo non avevano un’identità etnica “originaria”, bensì aggregavano tribù di varia provenienza che a poco a poco finivano per costruire una propria identità attorno a valori comuni e a comuni consuetudini di vita (questo fenomeno è chiamato dagli storici, in particolare dalla scuola viennese di Herwig Wolfram e Walter Pohl, “etnogenesi” ossia ‘genesi, formazione dell’etnia’). I Longobardi, quando entrarono in Italia nel VI secolo, erano mescolati a popolazioni di diversa origine, alcune delle quali (Bulgari, Svevi, Sassoni) mantennero separata la propria identità, mentre altre (in particolare i Gepidi) a poco a poco si integrarono nella società longobarda, assumendone la cultura e il nome. Quello che chiamiamo “popolo longobardo” è dunque, in realtà, un gruppo etnico composito, che si costruì storicamente, su basi culturali più che biologiche. Col passare dei secoli, dalla mescolanza di questo “popolo” con altri gruppi, alcuni preesistenti, altri arrivati dopo, prese forma una nuova entità “nazionale” definibile come italiana. Allo stesso modo, negli ultimi secoli del Medioevo, si costruirono delle identità politiche “nazionali” che non necessariamente avevano come presupposto l’appartenenza a una stirpe comune, ma soprattutto si fondavano sulla condivisione di una cultura, di interessi economici, di idee e consuetudini di vita. La costruzione della “nazione” svizzera, costituita da comunità montane di diversa stirpe, lingua e religione, è forse la migliore dimostrazione della natura culturale e non biologica del fenomeno. Non diverso è il modo con cui si è storicamente costruita – su uno spazio geograficamente più ampio – l’identità europea, frutto anch’essa di una cultura comune, che ha preso forma lentamente nel corso dei secoli. Questa identità ha radici antiche e in epoca recente, dopo le Seconda guerra mondiale, si è definita anche in forme politiche, legislative, economiche e monetarie comuni, passando attraverso l’istituzione di vari organismi dedicati ad aspetti specifici della vita economica e
Storia e leggenda nazionale: Guglielmo Tell [Zentralbibliothek, Zurigo]
Abitante del paese di Uri in Svizzera, Guglielmo Tell è l’eroe nazionale svizzero per antonomasia. Per essersi rifiutato di togliersi il cappello davanti alle insegne degli austriaci sulla pubblica piazza, venne condannato a colpire con la sua balestra una mela posta sul capo di suo figlio. Uscito vittorioso dalla prova, fu comunque fatto imprigionare ma, mentre veniva condotto in carcere, riuscì a liberarsi. La sua vicenda è assurta a emblema dell’autonomia della Confederazione svizzera.
politica del continente. Il percorso di queste istituzioni ha portato nel 1992 al trattato di Maastricht con cui ufficialmente è nata l’Unione Europea, un’organizzazione sovranazionale che raggruppa 27 paesi e ha l’obiettivo di promuovere la cooperazione economica, politica, culturale e sociale tra gli Stati membri. Non è un caso, poi, che il palazzo che oggi ospita uno degli organismi di governo dell’Unione Europea a Bruxelles si chiami “Carlo Magno”: perché la nascita dell’Europa, mosaico di popoli tenuti insieme da un sentire comune e da comuni tradizioni culturali, deve molto all’opera di Carlo Magno, che nel IX secolo coFirma del trattato di Maastricht nel 1992
struì nel cuore del continente un dominio fondato sui medesimi modelli sociali e politici, sulla medesima organizzazione economica, sulla medesima religione. Nell’Europa carolingia si individuarono ben presto le “nazioni” che la costituivano, ma queste non cancellarono l’esperienza comune entro cui esse nascevano: le due realtà (l’Europa e le nazioni) crebbero assieme, sovrapponendosi l’una all’altra. Ancora oggi è questo il modello dell’unità europea, basato su diverse “appartenenze” (all’Europa, alla nazione, alla comunità locale…) che non si escludono a vicenda, ma contribuiscono tutte a formare la nostra particolare identità.
Capitolo 20 L’invenzione degli Stati nazionali
Sintesi
L’invenzione degli Stati nazionali
La “nazione” come costruzione culturale Gli Stati nazionali furono un’evoluzione dei regni costituiti in Europa tra XII e XIII secolo. I caratteri nuovi degli Stati nazionali riguardarono, da un lato, la nascita nei sudditi dell’idea di una identità comune a ciascun popolo; dall’altro, lo sviluppo economico e sociale dei ceti mercantili e borghesi, che portò a una dipendenza tra potere dei sovrani e finanza: alcuni re (Francia, Inghilterra) ottennero prestiti ingenti, mentre la borghesia ne ricavò vantaggi e privilegi. Il Portogallo e la Spagna Alla fine del Medioevo, i regni iberici si consolidarono. La collaborazione tra monarchia e borghesia mercantile fece affermare una politica di espansione commerciale e marittima sia in Portogallo, sia in Aragona. Il matrimonio tra Ferdinando d’Aragona e Isabella di Castiglia (1469) portò all’unione dei due regni: nacque la monarchia spagnola. Tale processo fu completato con la conquista di Granada, strappata ai musulmani, e con l’annessione della Navarra. Il nuovo regno usò il cattolicesimo come mezzo di coesione interna: furono istituiti i tribunali dell’Inquisizione ed espulsi dal regno ebrei e moriscos. Nel 1492 fu affidato a Colombo il viaggio che portò alla scoperta dell’America. La guerra dei Cento anni tra Francia e Inghilterra (1334-1453) A partire dall’XI secolo la storia di Francia e Inghilterra si era sviluppata tra interessi e parentele comuni; a partire dal 1328 questo problema esplose in un conflitto dalla durata seco-
lare, le cui cause furono legate a una crisi dinastica e all’esigenza inglese di conservare territori strategici. Con l’estinzione della dinastia capetingia (1328) il re d’Inghilterra Edoardo III pretese la successione al trono, ottenuta invece da Filippo VI, primo re della dinastia Valois. Gli inglesi sbarcarono sul continente; inizialmente i francesi persero alcuni territori, dovettero pagare un riscatto e cedere l’Aquitania (trattato di Bretigny). Successivamente, col re Carlo V, la Francia lentamente si riprese, fino ad arrivare a un sostanziale equilibrio militare. Giovanna d’Arco. Dal predominio inglese alla riscossa francese All’inizio del XV secolo gli scontri ripresero, dopo una crisi dinastica che divise la nobiltà francese in due fazioni, armagnacchi (fedeli al re) e borgognoni (alleati degli inglesi). Dopo una serie di vittorie, il re inglese Enrico V fu designato erede al trono di Francia. Con Giovanna d’Arco vi fu la ripresa francese. Le sorti del conflitto cambiarono e i francesi riuscirono a cacciare gli inglesi dal continente. La vittoria consolidò il senso di appartenenza nazionale e la monarchia assunse un carattere centralizzato, superando le resistenze dei vassalli e avviando una politica di acquisizioni territoriali (Angiò, Bretagna, Borgogna). Uno Stato mancato: il Ducato di Borgogna Nel XV secolo il Ducato di Borgogna, pur legato alla Corona francese dal vincolo feudale, diede vita a una politica autonoma, portata avanti con forza da Filippo l’Ardito (1363-1404), che estese
i domìni territoriali del ducato. Nel corso della guerra dei Cento anni i duchi si allearono con gli inglesi accrescendo ulteriormente il loro peso; al termine della guerra il re di Francia e l’imperatore si allearono e isolarono il ducato, riuscendo in questo modo a occuparlo e successivamente spartirsene i territori: la Borgogna andò alla Francia, le Fiandre all’Impero. La “guerra delle due Rose” in Inghilterra La guerra dei Cento anni ebbe un esito disastroso per l’Inghilterra, che perse i suoi possedimenti oltremanica (tranne Calais). Forti tensioni all’interno dell’aristocrazia sfociarono in una guerra civile tra due casate nobiliari che si contendevano la successione al trono: i principi di York e di Lancaster (guerra delle due Rose). Questi ultimi vinsero ponendo sul trono Enrico VII, con cui iniziò la dinastia Tudor e il consolidamento del potere regio. Il re creò un tribunale, la “Camera stellata”, da lui dipendente, per giudicare sui reati politici e si appoggiò alla piccola nobiltà per le funzioni di governo e ai ceti borghesi e mercantili per trasformare l’Inghilterra in una potenza commerciale e marittima. Nasce la Svizzera La Svizzera rappresenta un esempio di identità nazionale partita dal basso, direttamente dall’azione delle comunità locali. L’inizio di tale processo risale al 1291, con l’alleanza di tre cantoni per ottenere l’indipendenza dagli Asburgo d’Austria; la ottennero nel 1386, e ai cantoni federati se ne aggiunsero altri.
Esercizi Comprendere e ordinare 1. Colloca sulla linea del tempo gli eventi elencati in ordine sparso. 1291
1. 2. 3. 4. 5. 6.
1328
1334
1360
1385
1386
in Portogallo sale al trono la dinastia degli Aviz matrimonio tra Ferdinando d’Aragona e Isabella di Castiglia estinzione della dinastia capetingia conquista spagnola di Granada inizio della guerra dei Cento anni trattato di Brétigny
1415
7. 8. 9. 10. 11. 12.
1420
1429
1469
1492
battaglia di Azincourt trattato di Troyes liberazione di Orléans la Borgogna viene annessa alla Francia patto di alleanza tra i cantoni svizzeri battaglia di Sempach
1497
225
226
Modulo 5 Tra Medioevo ed età moderna
2. Associa alle seguenti parole chiave il significato corretto.
3. Indica se le seguenti affermazioni sono vere o false. a. Nel corso della guerra dei Cento anni il Ducato di Borgogna divenne una grande potenza.
V
F
b. La formazione degli Stati nazionali rafforzò i poteri universali e indebolì quelli locali.
V
F
c. Gli armagnacchi erano alleati degli inglesi, i borgognoni erano seguaci del re di Francia.
V
F
Comunità di cui si compone la Confederazione elvetica
d. Il trattato di Bretigny prevedeva la cessione dell’Aquitania all’Inghilterra.
V
F
Privilegio che libera dalla necessità di osservare un obbligo comune
e. La guerra dei Cento anni rafforzò il senso di appartenenza nazionale dei francesi.
V
F
f. Nei regni medievali la forza dell’autorità del sovrano poggiava su burocrazia ed esercito.
V
F
g. I re di Francia e di Spagna ricorsero a prestiti dai Bardi e dai Peruzzi.
V
F
h. La formazione della Svizzera è un caso di identità nazionale costruita su affinità etniche.
V
F
i. Ferdinando di Castiglia e Isabella d’Aragona furono definiti “re cattolicissimi”.
V
F
l. Giovanna d’Arco comprese l’importanza di coinvolgere il popolo nella guerra contro gli inglesi.
V
F
m. Sotto il regno di Carlo il Temerario la Francia divenne una monarchia centralizzata e autoritaria.
V
F
n. Con Enrico VII ebbe inizio la monarchia Tudor.
V
F
burocrazia • cantone • esenzione • flotta • funzionario • moriscos • nazione • riscatto • successione Termine che indica i musulmani convertiti al cristianesimo in Spagna
Occupazione del posto prima tenuto da altri in relazione a una carica Liberazione ottenuta mediante il pagamento di un prezzo imposto Unità etnica cosciente di una sua peculiarità e autonomia culturale Complesso delle navi appartenenti a un determinato Stato o società di navigazione Insieme degli impiegati addetti agli uffici della pubblica amministrazione Colui che svolge compiti di rappresentanza di un potere
4. Completa la seguente cartina, contrassegnando con un colore diverso ogni territorio e aggiungendo a ciascuna data le acquisizioni territoriali corrispondenti.
1469: …………………………………………………………………………………… .......................................................................................
1492: …………………………………………………………………………………… .......................................................................................
1512: …………………………………………………………………………………… .......................................................................................
Capitolo 20 L'invenzione degli Stati nazionali
Analizzare e produrre 5. Rispondi alle seguenti domande e completa poi la mappa concettuale. 1. 2. 3. 4. 5. 6.
Che cosa si intende per “guerra delle Due Rose”? Quando scoppiò e per quale motivo? Quali erano le fazioni contrapposte? A quale esito si giunse? Quali furono le principali conseguenze? Quali novità decisive per il futuro si verificarono?
Principi di York Rosa ...........................................................
Cause • Perdita ................................................... ....................................................................... .......................................................................
• Ritorno di ............................................. .......................................................................
nell'aristocrazia.
Guerra civile Scopo: .......................................................
Principi di Lancaster Rosa ...........................................................
.......................................................................
Esito • Vittoria ................................................... .......................................................................
• Matrimonio .......................................... Conseguenze politiche ......................................................................
.......................................................................
• Dinastia .................................................
Conseguenze economiche ......................................................................
......................................................................
......................................................................
......................................................................
......................................................................
......................................................................
......................................................................
......................................................................
......................................................................
6. Rispondi alle seguenti domande. 1. Quando scoppiò la guerra dei Cento anni e per quale motivo? Chi era coinvolto nella guerra? 2. Quali furono le principali cause del conflitto? 3. Quale esito ebbero le prime fasi? Per quale ragione? 4. Che cosa prevedeva il trattato di Bretigny? 5. Per quale motivo si aprì una seconda crisi?
CAUSE
EVENTI
CONSEGUENZE
6. Che cosa prevedeva il trattato di Troyes? 7. Quale ruolo si ritagliò il ducato di Borgogna? Con quale esito finale? 8. A che cosa fu dovuta la svolta nel conflitto? 9. Quali furono le conseguenze per ciascuna delle due parti contrapposte? Usa le informazioni raccolte per completare la tabella.
………..............…………………………………………………………………................................................................................... ………..............…………………………………………………………………................................................................................... ………..............…………………………………………………………………................................................................................... ………..............…………………………………………………………………................................................................................... ………..............…………………………………………………………………................................................................................... ………..............…………………………………………………………………...................................................................................
7. Scrivi un testo di almeno 10-12 righe dal titolo “La guerra dei Cento anni: una svolta per l’Europa”, usando l’esercizio precedente come scaletta.
8.
Scrivi un testo di almeno 15 righe dal titolo “Monarchie a confronto: la formazione degli Stati nazionali in Francia, Inghilterra, Spagna”.
227
Modulo 5 Tra Medioevo ed età moderna
21 Stati e imperi
Capitolo
228
dell’Europa centrale e orientale
Percorso breve Solo nell’Europa occidentale si costituirono regni forti e di ampia estensione, a vocazione nazionale. Nel centro-est del continente la formazione degli Stati fu ostacolata dalla frammentazione dei poteri locali o regionali (caratteristica soprattutto dell’area germanica) e dalla debolezza delle monarchie, non ereditarie ma elettive, e generalmente sottoposte agli interessi della nobiltà terriera. L’autorità imperiale, legata ai principati tedeschi, perse il suo carattere universale, conservando solo un prestigio nominale; fra i diversi sovrani che ottennero quel titolo, a iniziare dal XV secolo si affermarono gli Asburgo d’Austria, che assorbirono anche il Regno di Boemia (dove le rivendicazioni di carattere nazionale avevano assunto anche un carattere religioso, attorno alla figura del riformatore Jan Hus) e la parte occidentale del Regno d’Ungheria. La parte orientale, assieme ai Regni di Bulgaria e di Serbia, e al resto della penisola balcanica, entrò a far parte dei domini dei turchi ottomani, che, tra XIV e XV secolo, si affermarono come principale potenza del Mediterraneo orientale, fondando un loro impero e abbattendo nel 1453 l’Impero romano d’Oriente, con la conquista di Costantinopoli (che fu ribattezzata Istanbul). Nel frattempo si era affermato un terzo impero, quello russo, nato dall’espansione del Principato di Mosca: questa città fu chiamata “terza Roma” e rappresentata come erede dell’Impero romano e di quello bizantino. Attorno al Baltico si affermò il potere della monarchia danese, che giunse a controllare Norvegia e Svezia e gli
Bernard Strilgel, Ritratto di Massimiliano I con i familiari, XVI sec. [Kunsthistorisches Museum, Vienna]
importanti traffici che si svolgevano da una costa all’altra di questo mare. La Svezia si rese autonoma solo nel XVI secolo. Sull’altra sponda si costituì il Regno di Polonia, unito nel XIV secolo alla Lituania sotto la dinastia degli Jagelloni, ma destinato a una strutturale debolezza per il predominio della nobiltà sulla monarchia.
Capitolo 21 Stati e imperi dell’Europa centrale e orientale
21.1 Gli Stati regionali tedeschi e l’Impero asburgico Frammentazione territoriale e politica Mentre in Francia, in Inghilterra e nella penisola iberica si formavano monarchie a carattere nazionale [ 20], fra i popoli di lingua tedesca si era costituita una miriade di piccoli Stati, città libere, principati laici ed ecclesiastici. In questo ambito a poco a poco presero forma Stati di ampiezza regionale, per opera di potenti famiglie che riuscirono ad affermare la propria supremazia e ad assumere il carattere di dinastie ereditarie. Tali furono, fra gli altri, il Marchesato di Brandeburgo, il Ducato di Sassonia, la Contea del Palatinato, la Contea di Lussemburgo, il Ducato di Baviera, il Ducato d’Austria. Tutte queste realtà politiche nominalmente facevano parte del Sacro romano impero germanico [ 3.1], che pertanto si configurava come una confederazione di entità politico-territoriali assai diverse fra loro, e tendenzialmente autonome. La debolezza dell’Impero e del Papato Da quando nel 1250 era morto Federico II [ 12.5] si erano succeduti al trono imperiale vari sovrani che non erano riusciti a controbilanciare la sempre maggiore forza dei signori locali e dei grandi feudatari. Il titolo imperiale aveva ormai un carattere prevalentemente onorifico, cioè conferiva a chi lo deteneva un prestigio morale che tuttavia non si traduceva (non necessariamente almeno) in effettivo potere politico. A differenza delle “nuove” monarchie europee – la Francia, l’Inghilterra, la Spagna – l’autorità imperiale non aveva un carattere ereditario, ma elettivo: infatti, secondo una procedura stabilita nel 1356 dalla “bolla d’oro˝ dell’imperatore Carlo IV di Lussemburgo (1355-78), l’imperatore era scelto da un corpo elettorale costituito da sette elettori, quattro laici (il re di Boemia, il duca di Sassonia, il conte del Palatinato, il marchese di Brandeburgo) e tre ecclesiastici (i principi-arcivescovi di Colonia, Magonza e Treviri). Nel documento non si menzionava in alcun modo il ruolo del papa e l’elezione dell’imperatore non aveva quindi più bisogno di essere consacrata dal pontefice. La legittimità dell’imperatore era asRostock sicurata in modo esclusivo dalle decisioni dei sette Lubecca Rostock Amburgo Lubecca Amburgo FRISIA principi elettori. Brema FIANDRE FRISIA
L’Impero romano-germanico
Principi elettori Principi elettori laicilaici Principi elettori ecclesiastici Principi elettori ecclesiastici Domìni degli Asburgo Domìni degli Asburgo Domìni dei Lussemburgo Domìni dei Lussemburgo
Brema Brunswick Brunswick
FIANDRE
Reno Reno
N NE EUM UM AR AR K K
Il dominio degli Asburgo Peraltro, sul finire del Medioevo il modello “dinastico” delle monarchie occidentali finì per influenzare anche le modalità dell’elezione imperiale: a partire dal 1438 l’imperatore fu eletto sempre fra i membri di una medesima dinastia, gli Asburgo d’Austria, che nel giro di pochi decenni riuscirono a unire al Ducato d’Austria i Regni di Boemia e d’Ungheria e poi, sotto l’arciduca Massimiliano I d’Asburgo (14931519), i territori delle Fiandre e della Franca Contea, già facenti parte del Ducato di Borgogna [ 20.5]. Si creò così, fin dal XV secolo, quel predominio degli Asburgo d’Austria nell’Europa centrale che si sarebbe protratto, salvi alcuni cambiamenti, fino al 1918. La corona imperiale fu tenuta dagli Asburgo fino al 1806.
Danzica Danzica
BRANDEBURGO BRANDEBURGO
Magdeburgo Magdeburgo
Colonia Colonia Aquisgrana Bonn Aquisgrana Bonn Liegi Liegi LUSSEMBURGO LUSSEMBURGO
Görlitz Görlitz
Francoforte Treviri Francoforte Treviri Magonza MagonzaPALATINATO PALATINATO Metz Metz
Spira Strasburgo Strasburgo Spira SUNDGAU SUNDGAU
Praga Praga
BOEMIA BOEMIA
Ratisbona Ratisbona BAVIERA BAVIERA
TIROLO TIROLO
PROVENZA PROVENZA
DUCDUC ATOATO DI MILANO DI MILANO
Milano Milano
Genova Genova
Brescia Brescia
STIRIA STIRIA CARINZIA CARINZIA
Aquileia CARNIOLA Aquileia CARNIOLA Trieste Venezia Trieste Venezia
FEUDO FEUDO BOEMO BOEMO
MORAVIA MORAVIA
Augusta Augusta BRESGOVIA BRESGOVIA Vienna Vienna Monaco Monaco Besançon Besançon Costanza Costanza Basilea Basilea AUSTRIA AUSTRIA
Lione Lione
REGNO
REGNO SASSONIA DI POLONIA SASSONIA LUSAZIA DI POLONIA LUSAZIA DUCATO ALTO ALTO DI DUCATO SLESIA PALATINATO Breslavia Bautzan DI SLESIA PALATINATO Breslavia Bautzan
BRABANTE BRABANTE
Brünn Brünn Danubio Danubio
229
230
Modulo 5 Tra Medioevo ed età moderna
21.2 I Regni di Ungheria, Bulgaria, Serbia Il Regno d’Ungheria Il Regno d’Ungheria nacque nel 1001, quando il duca Stefano I si convertì al cristianesimo e ricevette dal papa la corona di re [ I tempi della storia, 3.1]. La dinastia degli Arpad, da lui iniziata, regnò sul paese per due secoli, fortemente contrastata dal potere dei nobili, che riuscirono sempre a controllare il sovrano e a imporre il principio che il re fosse elettivo e non ereditario. Una nuova fase di accentramento si ebbe nel corso del XIV secolo, sotto la dinastia degli Angiò, in particolare con Carlo Roberto (1309-42) e Luigi il Grande (1342-82), sovrano anche del Regno di Polonia (dal 1370). L’Ungheria raggiunse sotto il re Mattia Corvino (1458-90) la massima estensione territoriale, poi andò incontro a un lento declino, anche perché si trovò in prima fila di fronte all’avanzata dei turchi ottomani. Dopo la sconfitta contro i turchi subìta a Mohács nel 1526 il regno fu smembrato: mentre la parte orientale (Transilvania) fu occupata dagli ottomani, gli Asburgo d’Austria si imposero nella parte occidentale convincendo i nobili locali a eleggerli re d’Ungheria. Gli Asburgo conservarono questo titolo fino agli inizi del XX secolo.
L’Europa centrale e orientale all’inizio del XIV sec.
ORDINE TEUTONICO
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BULGARIA IMPERO BIZANTINO
Il Regno di Bulgaria Il Regno di Bulgaria, già esistente nell’VIII secolo, fu occupato dai Bizantini agli inizi dell’XI secolo. Un secondo Regno bulgaro, indipendente da Bisanzio, si sviluppò sotto la dinastia degli Asen (11871280) affermandosi come la principale potenza dei Balcani, estesa in direzione della Romania, della Macedonia e delle coste adriatiche (area dell’attuale Albania). Nel 1396 fu occupato dai turchi ottomani e diviso in tre province. Il Regno di Serbia Analoghe vicende ebbe il Regno di Serbia, riconosciuto dagli imperatori bizantini agli inizi del XIII secolo. Esso conobbe un periodo di forte espansione sotto la dinastia dei Nemanja, in particolare al tempo di Stefano IV Dušan (1331-55) che mirò a costituire una “Grande Serbia” conquistando parti della Macedonia, della Bosnia, della Bulgaria, dell’Albania. Nel 1389 il regno fu occupato dai turchi ottomani, che, dopo la battaglia di Kossovo, si impadronirono di quasi tutta la penisola balcanica.
21.3 Il tramonto dell’Impero bizantino, l’alba dell’Impero ottomano L’Impero bizantino si frammenta Ciò che restava dell’Impero bizantino dopo l’occupazione “latina” da parte dei crociati [ 5.5] si era riorganizzato in tre diversi regni: l’Impero di Nicea sulle coste dell’Asia minore, il Regno di Trebisonda sulla costa meridionale del Mar Nero, il Despotato di Epiro (“despota” era un titolo nobiliare in uso presso la corte bizantina) sulla costa balcanica. Fu a Nicea che maturò, sotto la dinastia dei Lascaridi (1204-59), un progetto di riconquista del frantumato territorio imperiale. La dimensione politico-militare dell’impresa si collegò con quella religiosa: riaffermare l’ortodossia nel momento in cui a Costantinopoli si era insediato il clero cattolico. La “riconquista” di Costantinopoli Nel 1261 i Bizantini ripresero Costantinopoli e posero fine alla breve vita dell’Impero latino d’Oriente. Tuttavia né la città né l’Impero bizantino conservavano alcunché dell’antica grandezza. La capitale era stata gravemente danneggiata dalle vicende militari e dall’incuria del governo occidentale; il territorio era ormai ridotto alle regioni circostanti e a poche isole sull’Egeo. L’ultima
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ITALIA Capitolo 21 Stati e imperi dell’Europa centrale e orientale Roma
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L’espansione ottomana tra XIV e XVI sec.
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Situazione al 1307 1307-1481 1481-1683
fase di vita dell’impero trascorse sotto la dinastia dei Paleòlogi (1259-1453) durante la quale crebbe il potere della grande aristocrazia terriera, mentre il commercio e la 1481-1683 situazione al 1307 finanza restavano in1307 mano alle città marinare italiane (Venezia e1307-1481 Genova). Situazione al 1307-1481 La fine dei turchi selgiùchidi Nello stesso periodo in cui l’Impero bizantino si avviava al tramonto,1481-1683 anche l’Impero dei turchi selgiùchidi (che si era costituito in Asia minore sul finire dell’XI secolo) [ 5.3] decadde, non riuscendo a reagire all’invasione dei mongoli. Al suo posto nacquero diversi potentati locali, uno dei quali, l’Emirato di Bitinia, a poco a poco riunificò sotto di sé l’Anatolia (attuale Turchia) e pose le basi di un nuovo impero, che dal suo primo capo, Osman o Othman (12591326), prese il nome di Impero ottomano. Nel 1326 egli pose la capitale a Bursa e iniziò una impetuosa avanzata verso nord-ovest.
L’espansione dell’Impero ottomano Sotto la guida del nuovo emiro Bayazid detto “il Fulmine” (1389-1403) i turchi ottomani oltrepassarono lo Stretto dei Dardanelli e si espansero nella penisola balcanica, via via occupando gli Stati cristiani di Tracia, Tessaglia, Macedonia. Nel 1389, dopo la battaglia di Kossovo, presero il Regno di Serbia e nel 1393 conquistarono il Regno di Bulgaria. A questo punto l’espansione verso Occidente rallentò, perché un’altra potenza minacciava i turchi da est: i mongoli di Tamerlano, che in pochi decenni costruirono un vasto impero esteso dall’India al Mar Nero [ 16.1]. Tuttavia, morto Tamerlano nel 1405, questo impero si dissolse con la stessa rapidità con cui si era costruito. I turchi ottomani ripresero il loro piano di conquista con l’obiettivo, ormai chiaro, di arrivare al cuore dell’Impero bizantino. La caduta di Costantinopoli Dopo alcuni scontri vittoriosi, l’attacco definitivo avvenne per iniziativa del sultano Maometto II (1451-81) nel 1453: assediata da terra e dal mare, Costantinopoli fu conquistata dopo una lunga resistenza. Finì così anche in Oriente la lunghissima vita dell’Impero romano mentre nasceva l’Impero ottomano, un vasto Stato che a poco a poco inglobò le terre già governate dai Bizantini. Si costituì in tal modo uno spazio mediterraneo orientale saldamente controllato dai turchi.
Gentile Bellini, Ritratto di Maometto II, 1480 [National Gallery, Londra]
Il sultano Maometto II fatih (il ‘conquistatore’) assurse al potere per via ereditaria come era consuetudine per l’Impero ottomano. Al sultano spettava il governo imperiale, il comando dell’esercito, il diritto di battere moneta; veniva eletto, in seno alla famiglia, il primogenito oppure il più amato dei figli o il più potente e agli altri membri, aspiranti al trono, non restava che la morte. Questo brutale destino era attuato per garantire la stabilità dell’impero senza che vi fossero tentativi di spodestare il sultano da parte di parenti scomodi.
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Un impero longevo e ben organizzato L’Impero ottomano, la cui esistenza sarebbe durata fino al XX secolo (tramontando definitivamente solo nel 1922, dopo la Prima guerra mondiale), si basava su una potente forza militare, il cui nerbo era la fanteria dei “giannizzeri”, un corpo di soldati scelti, provenienti dalle popolazioni montanare dei Balcani. Dal punto di vista politico fu una monarchia assoluta: capo supremo era il sultano, che ricavava le sue rendite dai tributi imposti ai popoli soggetti; le province erano affidate a “pascià” (governatori) e il governo era formato dai “vizir” (ministri). La capitale fu fissata nell’antica Costantinopoli, che i turchi ribattezzarono Istànbul. L’assedio di Costantinopoli, XV sec. [Bibliothèque Nationale, Parigi]
Nella miniatura è rappresentato l’assedio della città di Costantinopoli che fu definitivamente conquistata il 29 maggio 1453 dopo mesi di assalti. In primo piano è rappresentato il sultano con il bastone del comando (antico retaggio sia orientale sia occidentale) e un gruppo di balestrieri turchi. In fondo, fino a perdita d’occhio, vi sono le tende dell’accampamento musulmano coperte, nella parte bassa, da una schiera di uomini armati, a simboleggiare la moltitudine di combattenti ottomani impiegati nell’assedio.
I tempi della storia 1453, la presa di Costantinopoli e la fine dell’Impero romano L’importanza storica della caduta di Costantinopoli in mano ai turchi, che, nel 1453, segnò la fine di quanto restava dell’antico Impero romano, sopravvissuto in Oriente ancora un millennio dopo la caduta della sua parte occidentale nel V secolo, fu chiaramente avvertita dai contemporanei. Essa fu rappresentata non solo come uno scontro militare e politico
D
ma anche come un episodio (di particolare valenza simbolica) della lotta fra cristianesimo e islam. Riportiamo due testimonianze dell’avvenimento, una di parte cristiana e una di parte islamica. La prima è il resoconto di un mercante fiorentino, Jacopo Tedaldi, che era a Costantinopoli nei mesi dell’assedio (durato oltre due mesi, dal 5 aprile
opo che il sultano ebbe deciso di compiere l’ultimo assalto, diede ordine tre giorni prima dell’attacco di compiere un solenne digiuno nell’intero campo, per onorare e mostrare riverenza al grande Dio del cielo, il solo che essi1 adorano. E di notte fecero luminarie con candele e legna che lasciarono bruciare sulla terra e sull’acqua, così che sembrò che il mare e la terra fossero infuocati, con grande quantità di strepito dei tamburi e degli altri strumenti. I Turchi iniziarono l’assalto gradualmente la sera del 28 maggio. […] La porta di San Romano era il luogo più vulnerabile, e le mura erano le più deboli, da quando i Turchi avevano all’inizio distrutto una gran parte di esse. La bombarda era stata piazzata là, ed essi avevano raso al suolo una torre e la metà superiore delle mura per una lunghezza di 200 braccia come minimo. Nel frattempo i difensori cercavano di ostruire le brecce nelle mura, riempiendo le 200 braccia che erano state distrutte con botti e con terra e altri materiali e resistendo agli attacchi fino al limite delle loro capacità. Il signor Giovanni Giustiniani, un genovese al servizio dell’imperatore, si trovava in questo punto e fu colui che qui si comportò più valorosamente. La città intera aveva fiducia in lui e nel suo coraggio. Ora in questo luogo, per compiere
1 I musulmani.
2 Costantino XI.
alla fine di maggio) e combatté personalmente per la difesa della città; quando i turchi vi entrarono fuggì a nuoto e trovò scampo in una nave veneziana che lo riportò in Italia. La seconda è il resoconto di un cronista turco, che saluta in tono glorioso la vittoria islamica sugli “infedeli” e la conquista di Istànbul (come i turchi chiamarono Costantinopoli).
il suo ultimo sforzo, il sultano si avvicinò con due compagnie di 10.000 uomini scelti appositamente per proteggere la sua persona e molti altri con castelli di legno, ponti, scale e altri strumenti. Essi cominciarono a riempire i fossati e a gettare ponti e scale e a scalare le mura. Là Giustiniani fu ferito da una colubrina, ed egli se ne andò per cercare le cure di un medico. Prima di fare ciò egli affidò la difesa del suo posto a due gentiluomini genovesi. Durante questo tempo i Turchi scalavano le mura sempre più in alto, e al vedere ciò i soldati che stavano difendendo all’interno della città, vedendoli già dentro le mura in così gran numero e vedendo che Giustiniani si allontanava, credettero che egli stesse fuggendo, così abbandonarono i loro posti e fuggirono anch’essi. Con tali mezzi i Turchi entrarono in Costantinopoli il 29 di maggio mettendo a morte a fil di spada chiunque opponesse loro resistenza. […] L’imperatore di Costantinopoli2 fu ucciso. Alcuni dissero che gli fu tagliata la testa, altri che morì nella mischia presso la porta: ambedue le storie possono essere vere. da A. Pertusi, La caduta di Costantinopoli. Le testimonianze dei contemporanei, Milano 1976, pp. 175-185
Capitolo 21 Stati e imperi dell’Europa centrale e orientale
21.4 Lo Stato russo Nasce la monarchia russa Le grandi pianure russe nel XIII secolo erano divise in molti principati sottoposti allo stretto controllo dei mongoli del khanato dell’Orda d’oro, una delle circoscrizioni in cui era stato diviso l’Impero costituito da Gengis Khan e dai suoi successori nel cuore dell’Asia, dalla Cina fino ai confini dell’Europa [ 15.1]. Il più settentrionale di questi Stati, il Principato di Mosca, col tempo acquistò una maggiore autonomia. Pur rimanendo tributario dei mongoli, il principe Ivan I (132541) rafforzò le strutture politiche e militari dello Stato. Nel secolo successivo Ivan III il Grande (1462-1505) riuscì a rendersi indipendente dai mongoli e a riunire sotto la propria guida altri principati della Russia settentrionale e centrale. Si formò così il primo nucleo della monarchia russa. Il consolidamento del regno A Ivan III succedettero il figlio Basilio III e il nipote Ivan IV (1547-84), soprannominato “il Terribile” per la durezza che impiegò nella lotta contro i grandi feudatari (detti “boiari”), imponendo con forza l’autorità regia e l’unità dello Stato russo. Egli inoltre estese i domini del regno conquistando Kazan, a oriente di Mosca, e Astrakan a sud-est nel Caucaso. Ciò consentì al Regno russo, in precedenza privo di sbocchi marittimi, di affacciarsi sul fiume Volga e sul Mar Caspio; venne in tal modo facilitato l’avvio di regolari rapporti commerciali fra la Russia e l’Occidente, tramite i mercanti olandesi e inglesi.
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Adrianopoli si fusero bocche di fuoco grandi come draghi e si prepararono moschetti. Il sultano Mehmed1 lasciò Adrianopoli per Istànbul, portando con sé questi cannoni. Una volta predisposti, questi cominciarono a fare fuoco da ogni parte, distruggendo le torri e le mura delle fortificazioni di Istànbul, e gli infedeli che vi si trovavano non poterono ottenere la vittoria sperata. Il principe sovrano di Istànbul2 fu coraggioso e non chiese grazia. I sacerdoti dicevano che, secondo quanto era scritto nei Vangeli, la città era inespugnabile. Confidando nelle loro parole, fece sistemare cannoni e moschetti su ogni lato per difendere le torri. Asserragliandosi all’interno della torre, i suoi uomini vaneggiavano. Dio non voglia, bestemmiarono il riverito nome del Profeta e pronunciarono parole invereconde. Per punire il loro orgoglio, Dio onnipotente portò su di loro la rovina. Con sommo ardore il sultano Mehmed, figlio del sultano Murad, gridò «per la causa del Signore» e ordinò il saccheggio. I ghazi3 assalirono la città da ogni parte penetrandovi attraverso le brecce aperte nella fortezza dai cannoni e passarono a fil di spada gli infedeli che vi si trovavano. Poi aprirono la via al resto dei soldati. Questi attraversarono le trincee e, innalzate delle scale, vi si arrampicarono fino a raggiungere le torri. Trucidati gli infedeli che le occupavano, penetrarono nella città. La misero a ferro e fuoco. S’impadronirono del denaro e delle proprietà dei nemici e ridussero in schiavitù i loro figli. Il sultano Mehmed diede anche ordine di saccheggiare le case. In tal modo fu preso quanto si poteva prendere. I musulmani fecero un bottino tanto ingente che tutte le ricchezze accumulate a Istànbul in 2400 anni di storia finirono nelle mani dei ghazi. da B. Lewis, Europa barbara e infedele. I musulmani alla scoperta dell’Europa, Milano 1983, p. 21 1 Maometto II. 2 L’imperatore Costantino XI.
3 Combattenti per la fede.
La presa di Costantinopoli, XV sec. Una volta conquistata Costantinopoli i turchi passarono a fil di spada tutti coloro che opponevano resistenza. Per giorni gli ottomani saccheggiarono e trucidarono tanto che la città dovette essere interamente ricostruita prima di divenire la nuova capitale dell’Impero turco.
233
SVEZIA Uppsala
Modulo 5 Tra Medioevo
234
L’Europa alla fine del Duecento
MARE DEL NOR D ed età moderna REGNO DI York DANIMARCA REGNO D’INGHILTERRA Amburgo Londra
OCEANO ATLANTICO
Colonia Parigi Orléans
SACRO
Bouvines Worms ROMANO
Mosca PRINCIPATI RUSSI
Riga Smolensk ORDINE TEUTONICO
REGNO REGNO DI DI NOR VEGIA REGNO POLONI A DI KievSVEZIA Uppsala Cracovia
Novgorod
RE PO R G N O D TO G EL A LL O
RE PO R G N O D TO G EL A LL O
Mosca Vienna MARE REGNO Costanza IMPERO PRINCIPATI RUSSI DEL Riga DI FRANCIA NOR D REGNO Bordeaux GERMANICOYork Budapest DI REGNO DI Smolensk Lione ORDINE DANIMARCA Bayonne UNGHERI A TEUTONICO Arles Alessandria REGNO Burgos Venezia Belgrado R. DI Montpellier Genova D’INGHILTERRA NAVARRA MAR NERO Pisa Bologna Amburgo REGNO Marsiglia REGNO Londra REGNO O NA STAT O N REGNO DI G Toledo O OCEANO DI BULGARI A DELLA CHIESA RE A G DI Colonia SACRO SERBIA Barcellona R ATLANTICO Costantinopoli A ’ POLONI A DI CASTIGLIA D Bouvines Kiev REGNO Cracovia REGNO DI Cordova Parigi IMPE ROMANO Worms DI RO SARDEGN A Orléans Granada NAPOLI Vienna BIZA REGNO Costanza IMPERO NTIN O REGNO DI FRANCIA REGNO Bordeaux DI Budapest GERMANICO Lione DI SICILIA Bayonne UNGHERI A CALIFFAT I Arles Alessandria Burgos ARABI Venezia Montpellier Belgrado R. DI MAR MEDITERRANEO Genova NAVARRA MAR NERO Pisa Bologna REGNO Marsiglia REGNO REGNO O A STAT O DI GNGON Toledo DI BULGARI A E DELLA CHIESA R A SERBIA Barcellona R Costantinopoli DI CASTIGLIA D’A REGNO REGNO DI Cordova IMPE DI RO SARDEGN A Unione di Kalmar Granada NAPOLI BIZA Domìni diretti NTIN O del re di Francia REGNO DI SICILIA Domìni francesi CALIFFAT I del re d’Inghilterra ARABI MAR MEDITERRANEO
Un ulteriore tentativo di espandere i confini russi, questa volta verso le regioni codi Kalmar stiere Unione del Mar Baltico, fu bloccato dalle forze svedesi, polacche e lituane che si opposero duramente mire zariste. Domìni alle diretti La Parola
zar Il termine “zar” (‘imperatore’) deriva dalla contrazione in lingua slava (czar) del latino Caesar, ‘Cesare’, da cui è derivato anche il tedesco Kaiser.
del re di Francia
Mosca, “terza Roma” Per rivendicare la potenza e il carattere “universale” dello Stato rusDomìni francesi so, Ivan il Terribile abbandonò il tradizionale titolo di “granduca di Mosca” e assunse quello del re d’Inghilterra di zar (‘imperatore’) di tutte le Russie, e amò rappresentare Mosca come “terza Roma”, erede di quell’Impero che da Roma era passato a Costantinopoli e che da quest’ultima, caduta nel 1453 in mano ai turchi ottomani, si sarebbe trasferito nella capitale moscovita. Effettivamente erano molti, e solidi, i legami storici fra Mosca e Costantinopoli: raffigurare Mosca come erede dell’antica tradizione imperiale era certo un’operazione di propaganda politica, ma non del tutto gratuita. Dall’Impero bizantino la Russia aveva assimilato la religione cristiana a partire dal VII secolo. A Costantinopoli era rimasta collegata per secoli, derivandone la cultura e la scrittura (l’alfabeto “cirillico” russo è una rielaborazione dell’alfabeto greco), imitandone l’arte nelle chiese e nelle sacre icone, costruite e dipinte secondo lo stile bizantino. Lo Stato russo, perciò, fin dalle sue origini assunse quella funzione di centro della cristianità orientale di osservanza greco-ortodossa che mantiene tuttora. Il Cremlino, Mosca Il Cremlino è una cittadella fortificata posta nel centro della città di Mosca. Dal 1264 divenne la residenza del granduca di Mosca. Ivan III, che liberò i russi dal dominio mongolo, ristrutturò e ampliò il Cremlino e per farlo chiamò grandi artisti e architetti come gli italiani Aristotele Fioravanti, Aloisio da Milano, Pietro Antonio Solari e Marco Ruffo. Con Ivan IV, imperatore russo, Mosca fu chiamata “terza Roma” (la seconda era stata Costantinopoli).
Capitolo 21 Stati e imperi dell’Europa centrale e orientale
21.5 I regni attorno al Baltico Traffici baltici “Mediterraneo del Nord”: così è stato definito il Mar Baltico, che, per la sua particolare configurazione geografica di mare interno, fin dal Medioevo rappresentò la più importante via di scambi commerciali tra i popoli delle terre circostanti. Sulle sue acque, per lungo tempo percorse quasi esclusivamente dalle navi dei Normanni o Vichinghi [ 1.3], si incrociavano il grano russo e polacco, la canapa e il legname delle grandi foreste dell’Europa nord-orientale, il rame e il ferro delle miniere svedesi, merci che venivano scambiate con i manufatti dell’Occidente e le spezie dell’Oriente. L’Unione di Kalmar Nell’XI secolo si formò sulle terre baltiche un Regno dei Vichinghi danesi, fondato da Canuto il Grande (995-1035), re di Danimarca, Inghilterra e Norvegia. Dopo il distacco dell’Inghilterra, resasi indipendente, tale regno riuscì a estendere il suo dominio su quasi tutte le terre scandinave. L’Unione di Kalmar, nel 1397, sancì il controllo dei sovrani danesi su Danimarca, Norvegia e Svezia, e sui traffici che si svolgevano nel Baltico. Il Regno di Svezia Nel XVI secolo gli svedesi, guidati dal re Gustavo Vasa (152360), si sollevarono contro il dominio danese e diedero origine alla monarchia nazionale di Svezia (1523), dotata di una robusta organizzazione militare e di una buona amministrazione. Gli scontri con Ivan IV il Terribile per il dominio sul Baltico consentirono alla monarchia di Svezia di espandere i suoi territori anche sulla Finlandia (dove venne fondata Helsinki). Da questo momento il paese entrò in modo autonomo nella storia del mondo europeo, anche per mezzo di alleanze matrimoniali con i regnanti di Polonia che ne consolidarono la posizione sullo scacchiere internazionale.
I luoghi della storia
Mercanti lungo il Volga
Il mondo russo fu poco noto in Occidente durante il Medioevo e ancora nei primi secoli dell’età moderna. In quell’epoca, i suoi rapporti commerciali erano diretti in prevalenza verso le regioni baltiche e verso l’Oriente musulmano. Le testimonianze a riguardo sono molto rare e tra queste assumono notevole importanza
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le lettere dello scrittore arabo Ahmad ibn Fadlan (877-960), uno dei più grandi viaggiatori del Medioevo. Nel brano che segue ibn Fadlan descrive le popolazioni della regione del Volga attorno al Mar Caspio, così come gli apparvero durante il viaggio che intraprese nel 921 al seguito di una spedizione inviata nella
o incontrato i mercanti russi con le loro mercanzie sulle rive del fiume Itil1 e mai ho veduto uomini di così alta statura. Hanno capelli rossi e non vestono giacche ma si avvolgono il corpo con un telo. Tutti portano con sé una spada, un coltello e un’ascia; non se ne separano mai. Le donne portano appuntata sul petto una scatolina di ferro o di rame, d’argento o d’oro, secondo la condizione sociale e la ricchezza del marito. Dentro ogni scatolina, appeso a un anello, c’è un minuscolo coltello. Al collo portano collane d’oro o d’argento, in numero sempre maggiore quanto più alta è la ricchezza del marito. I Russi discendono lungo l’Itil, che è un fiume immenso, con le loro navi piene di mercanzie, specialmente capi di bestiame e tante pellicce, e gettano l’ancora in un punto favorevole. Qui costruiscono sulla riva grandi casotti di legno,
1 Il Volga.
zona dal califfo di Baghdad Al-Muqtadir (908-932). In maniera dettagliata e con occhio attento, quasi fosse un moderno etnografo, ibn Fadlan ci introduce in un mondo sconosciuto ai più, quello dei mercanti russi che vivono e commerciano lungo le rive dell'Itil, il fiume più lungo d’Europa: il Volga.
dove si raggruppano in dieci o venti e anche di più. Davanti all’abitazione comune, ciascuno dispone il proprio banco e lì si siede per trattare gli affari. Quando, risalendo il corso dell’Itil, si accostano le navi dei compratori, i Russi, come prima cosa, cercano di propiziarsi il favore di una loro divinità, protettrice del commercio. Davanti a un palo con un’immagine mettono pane, latte e una bevanda calda. Quando gli affari sono ben conclusi, sacrificano un certo numero di animali alla divinità, come ricompensa per la protezione ricevuta. Una parte della carne viene distribuita ai poveri e le teste delle bestie sacrificate vengono lasciate sul luogo, infisse ai pali che portano l’immagine della divinità. Ahmad ibn Fadlan
235
Modulo 5 Tra Medioevo ed età moderna
21.6 L’unione del Regno di Polonia e del Granducato di Lituania
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Il Regno dei Cavalieri teutonici Lungo le rive del Baltico si era insediato, nel corso del XIII secolo, l’ordine dei Cavalieri teutonici, costituito durante le crociate per la difesa armata della Terra Santa [ 5.4]. L’azione di questi monaci-guerrieri si era col tempo indirizzata verso l’Europa nord-orientale (Prussia, Pomerania, Livonia), allo scopo sia di convertire con la forza le popolazioni pagane di quelle regioni, sia di fondare propri insediamenti e alla fine, nel 1226, un vero e proprio Stato. Esso entrò pertanto in conflitto con il Granducato di Lituania (contro il quale i teutonici organizzarono ben 96 attacchi militari) e con il Regno di Polonia (a cui i possedimenti teutonici precludevano lo sbocco al mare). LITUANIA
Il Regno di Polonia e Lituania Divenuto autonomo nel 1025, il Regno di Polonia aveva faticato a lungo ad affermarsi, non solo per la concorrenza teutonica ma anche, e NI A soprattutto, per lo strapotere dei nobili e dei principi locali, che impedivano ai re di BOEMIA governare e di fatto frammentavano l’Unità nominale del paese. Un certo rafforzamenM OL to della monarchia si ebbe solo nel XIV secolo, con Ladislao I (1320-33) e Casimiro III DA VI A il Grande (1333-70), che fondò l’Università di Cracovia e diede impulso all’economia UNGHERIA del paese ospitando numerose comunità ebraiche cacciate da altri paesi europei. Nel A HI CC 1386 salì sul trono il granduca di Lituania, Ladislao II (1386-1434), che unificò A L VA NERO il Regno di MAR Polonia con la Lituania, dando inizio alla dinastia degli Jagelloni che BOSNIA regnato in Polonia per quasi due secoli. SERBIA avrebbe IM PO
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Contro l’ordine teutonico La nobiltà lituana, in prevalenza pagana, progressivamente OT TO MA si convertì al cristianesimo. L’unione della Lituania alla Polonia rispettò l’indipendenNO za dei due paesi e la Lituania continuò a eleggere un proprio granduca. Nel 1410 Ladislao II sconfisse le truppe dell’ordine teutonico a Tannenberg (oggi in territorio polacco ma a quell’epoca dominio teutonico). Sotto di lui, e sotto il figlio Casimiro IV (1445-92), lo Stato polacco-lituano recuperò molti territori della Prussia occidentale, della Pomerania e, con l’acquisizione di Danzica, l’accesso al Baltico (che sarebbe stato
L’Europa orientale tra XIII e XVI sec.
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Russia moscovita Polonia e Lituania unite dal 1386
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Castello di Malbork, Polonia Il castello di Malbork (in tedesco Marienburg) è stato il quartier generale dell’Ordine teutonico in Polonia. I cavalieri teutonici, che grazie all’avallo di Federico II di Svevia costituirono dal 1226 un vero e proprio Stato, colonizzarono e cristianizzarono, con la forza, gran parte delle terre che si affacciavano sul Mar Baltico. Il predominio teutonico terminò nel 1410 allorquando Ladislao II distrusse l’esercito avversario a Tannenberg (Polonia).
Capitolo 21 Stati e imperi dell’Europa centrale e orientale
237
ulteriormente garantito dal matrimonio tra il nipote di Casimiro e la figlia del re di Svezia Gustavo Vasa). Rimase tuttavia, insormontabile ostacolo allo sviluppo del Regno polacco, il predominio della grande nobiltà, che ostacolò a lungo sia la crescita dell’economia e dei ceti borghesi, sia il consolidamento politico della monarchia.
21.7 Il Regno di Boemia L’ingerenza tedesca Il Regno di Boemia faceva parte dell’Impero fin dall’età di Ottone I [ 3.1], pur se dotato di ampie autonomie. Il re Ottokar II (1247-78) tentò la scalata al trono imperiale ma fu sconfitto dagli Asburgo d’Austria. A metà del XIV secolo la Corona di Boemia e quella imperiale passarono ai conti di Lussemburgo, nella persona dell’imperatore Carlo IV, che, dopo avere stabilito a Praga la capitale del Regno boemo, emarginò la nobiltà locale dai vertici del potere, a favore dell’aristocrazia tedesca. Ciò generò un forte malcontento, che per reazione consolidò il sentimento nazionale, sfociando, nei decenni successivi, in un vasto moto di protesta dai contorni politico-religiosi. Le proteste di Jan Hus Agli inizi del Quattrocento, infatti, il sacerdote Jan Hus (13691415), dopo aver conosciuto gli scritti del riformatore inglese John Wycliffe [ 19.6], li tradusse in céco e ne fece il fondamento della sua predicazione, fortemente polemica contro il potere e i costumi mondani del clero cattolico di origine tedesca. Assieme ai suoi seguaci Hus giunse a occupare l’Università di Praga, ma fu scomunicato dall’arcivescovo (1412) e dovette abbandonare la città. Continuò negli anni successivi la sua predicazione, insistendo sulla corruzione della Chiesa e radicalizzando il conflitto con il clero tedesco: col passare del tempo, il movimento “hussita” (come fu chiamato) assunse caratteri sempre più sociali e politici, mescolando la rivendicazione dell’identità nazionale a quella della purezza spirituale. La sollevazione hussita Nel 1415 Hus si recò al concilio di Costanza, indetto dalla Chiesa per porre fine alle gravi divisioni interne che la stavano dilaniando, ma, una volta giunto in città per esporre le sue tesi, fu accusato di eresia, arrestato e arso sul rogo. I suoi seguaci continuarono a diffondere le sue idee, dividendosi in una fazione moderata, che riscuoteva consensi tra la nobiltà e la borghesia, e una fazione più radicale (i “taboriti”) sostenuta da contadini e artigiani. Al conflitto contro il clero tedesco si aggiunse quello contro l’imperatore, accusato di non aver protetto – e quindi tradito – Hus e di favorire gli interessi della nobiltà tedesca ai danni della popolazione boema. La guerra tra hussiti, cattolici e forze imperiali scoppiò violentissima e si protrasse a lungo, fino al 1433 quando l’imperatore Sigismondo (1411-37), ultimo erede dei Lussemburgo, riuscì a prevalere e a sconfiggere i ribelli, ai quali dovette tuttavia fare delle concessioni. Dai Lussemburgo agli Asburgo Estintasi la dinastia dei Lussemburgo la Corona di Boemia andò prima agli Asburgo d’Austria, poi passò nel 1447 a Giorgio di Podebrady (1458-71), generale di fede hussita considerato dai boemi il primo re nazionale, e nel 1471 fu acquisita da Ladislao VII Jagellone (1471-1516), già re di Ungheria e di Polonia. Nel 1526 il Regno di Boemia tornò a far parte dei domini asburgici e da quel momento la sua storia si intrecciò con quella della Casa d’Austria.
Jan Hus al rogo, XV sec. [dalle Cronache di Ulrich de Richental; National Library, Praga]
Jan Hus predicava la riforma della vita morale e religiosa del clero cattolico. Fu condannato al rogo come eretico, dal concilio di Costanza, nel 1415 ma la sua morte scatenò una rivolta il tutta la Boemia.
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Modulo 5 Tra Medioevo ed età moderna
Sintesi
Stati e imperi dell’Europa centrale e orientale
Gli Stati regionali tedeschi e l’Impero asburgico I popoli di lingua tedesca erano territorialmente frammentati: accanto a piccoli Stati, città libere e principati laici o ecclesiastici c’erano Stati di dimensione regionale, nati dall’emergere di famiglie poi divenute dinastie ereditarie. Se nominalmente facevano tutti parte del Sacro romano impero, di fatto il titolo imperiale aveva un carattere onorifico, senza peso politico. Dal 1356 l’imperatore era eletto da sette grandi elettori, senza la consacrazione papale; a partire dal 1438 l’imperatore fu sempre scelto tra i membri della dinastia degli Asburgo d’Austria. Il predominio asburgico sull’Europa continentale, consolidato con successive acquisizioni territoriali (Boemia, Ungheria, Fiandre, Franca Contea), sopravviverà fino al 1918. I Regni di Ungheria, Bulgaria, Serbia Nato nel 1001, il Regno di Ungheria si sviluppò sotto la dinastia Arpad, contrastata dai nobili che imposero il principio elettivo. Rinforzatosi nel XV secolo col re Mattia Corvino, dopo la sconfitta subìta dai turchi (1526) fu smembrato: la parte orientale andò ai turchi ottomani, quella occidentale agli Asburgo d’Austria. Il Regno di Bulgaria fu occupato dai Bizantini nell’XI secolo, poi si sviluppò un secondo regno indipendente sotto la dinastia Asen che divenne la principale potenza balcanica fino all’occupazione turca (1396). Dopo un periodo di sviluppo, anche il Regno di Serbia fu occupato dai turchi, che così controllavano quasi tutta la penisola balcanica. Il tramonto dell’Impero bizantino, l’alba dell’Impero ottomano I Bizantini riuscirono a sottrarre Costantinopoli ai crociati nel 1261. La città era indebolita e i possedimenti erano limitati alle zone circostanti; sotto la dinastia dei Paleòlogi si rinfor-
zò il peso sociale della nobiltà e quello commerciale delle città marinare italiane. Dopo le conquiste mongole i turchi si riorganizzarono ponendo, con Othman (1259-1326) le basi del nuovo Impero ottomano. L’espansione iniziò nel 1326 con l’acquisizione di territori balcanici, per continuare, dopo la morte di Tamerlano (1405), con la conquista di Costantinopoli (1453), che segnò la caduta dell’Impero romano d’Oriente. Il nuovo impero si resse sulla potenza militare e su un governo centralizzato: il sultano era il capo supremo, i visir erano i ministri, i pascià governavano le province. Lo Stato russo Nel XIII secolo le pianure russe erano occupate da vari principati soggetti al controllo dei mongoli: ciascuno di essi costituiva una circoscrizione del khanato dell’Orda d’oro in cui l’Impero mongolo era diviso. Tra essi una maggiore autonomia fu raggiunta dal Principato di Mosca che, sotto Ivan III il Grande (1462-1505) si rese indipendente, costituendo il primo nucleo della monarchia russa. Con il regno di Ivan IV il Terribile (1547-84) si impose l’autorità del re contro i nobili e si consolidò l’unità statale; furono estesi i domìni fino al Volga e al Caspio, permettendo l’avvio di rapporti commerciali con l’Occidente. Il re assunse il titolo di zar ricollegandosi idealmente all’Impero romano. I regni attorno al Baltico Il Mar Baltico era il centro di ricchi scambi commerciali tra i popoli delle terre circostanti; era controllato, fin dall’XI secolo, dai Vichinghi danesi. Nel 1397 nacque l’Unione di Kalmar, che sancì il controllo dei sovrani danesi su Danimarca, Norvegia e Svezia e sui traffici commerciali del Baltico. Nel 1523, con Gustavo Vasa, la Svezia diventò una monarchia nazionale indipendente che si espanse verso la Finlandia.
L’unione del Regno di Polonia e del Granducato di Lituania Nel 1226, sulle rive del Baltico, l’ordine dei Cavalieri teutonici diede vita a uno Stato – comprendente Pomerania, Prussia, Livonia – che entrò in conflitto con Polonia e Lituania. Il Regno di Polonia, autonomo dal 1025, era caratterizzato dalle difficoltà nell’affermazione del potere regio, limitato dalla presenza teutonica e dal peso nobiliare interno. La situazione mutò a partire dal XIV secolo, quando il granduca di Lituania Ladislao II divenne re di Polonia, unificando i due regni e inaugurando la dinastia degli Jagelloni. Nel 1410, dopo la vittoria di Tannenberg contro l’Ordine teutonico, lo Stato polacco-lituano si espanse su nuovi territori verso il Baltico, ma rimase sempre caratterizzato dal predominio della grande nobiltà, che ostacolò sia la crescita economica dei ceti borghesi sia il consolidamento politico della monarchia. Il Regno di Boemia Nel XIV secolo il Regno di Boemia passò all’imperatore Carlo IV di Lussemburgo. Questi emarginò la nobiltà locale dal potere a vantaggio di quella tedesca. Al malcontento dei potenti locali si aggiunsero istanze religiose e questo portò a un moto di protesta guidato dal sacerdote Jan Hus, che dall’inizio del XV secolo predicò in polemica contro il potere e la ricchezza del clero cattolico tedesco. Si sviluppò così il movimento hussita, le cui rivendicazioni univano l’aspirazione alla purezza spirituale e alla identità nazionale. Dopo che Jan Hus fu dichiarato eretico e arso sul rogo (1415) la predicazione fu portata avanti dai suoi seguaci. Si innescò un lungo conflitto con l’imperatore, concluso con la sconfitta dei ribelli (1433). Dal 1526, il Regno di Boemia entrò a far parte dei domìni asburgici e i suoi destini si intrecceranno a lungo con quelli della Casa d’Austria.
Esercizi Comprendere e ordinare 1. Nelle frasi seguenti, segna il giusto completamento. a. La Bulgaria si affermò come potenza balcanica con la dinastia: dei Nemanja. degli Angiò.
degli Asen. degli Arpad.
b. Nell’ultima fase della sua esistenza, l’Impero bizantino fu retto dalla dinastia: dei Selgiùchidi. degli Angiò.
dei Paleòlogi. dei Lascaridi.
Capitolo 21 Stati e imperi dell’Europa centrale e orientale
c. A partire dal 1356, l’imperatore del Sacro romano impero veniva eletto da un corpo elettorale: costituito da quattro grandi elettori. costituito da dieci grandi elettori. costituito da sette grandi elettori. costituito da tre grandi elettori.
la parte occidentale andò all’Austria, quella orientale ai turchi ottomani. la parte occidentale andò all’Austria, quella orientale restò indipendente.
2. Associa alle seguenti parole chiave il significato corretto. boiari • bolla • circoscrizioni • despota • dinastia • giannizzeri • hussita • onorifico • ottomano • taboriti • tributario
d. I legami storici tra Mosca e Costantinopoli erano: una pura invenzione propagandistica. Stati di carattere politico e culturale. Stati di carattere politico e religioso. Stati di carattere culturale e religioso.
Soldati scelti appartenenti alla fanteria turca
e. La battaglia di Tannenberg segna:
Documento medievale emanato dall’autorità imperiale
la sconfitta dell’Ordine teutonico. l’unione tra Polonia e Lituania. l’indipendenza della Svezia. la nascita del Principato di Mosca.
Fazione radicale degli hussiti sostenuta da artigiani e contadini Serie di sovrani della stessa stirpe che si succedono sul trono
f. Nel 1453 ha luogo: la riconquista di Costantinopoli da parte dei Bizantini. la formazione dell’Impero latino d’Oriente. l’inizio dell’espansione turca nell’area mediterranea. la nascita dell’Impero ottomano.
Denominazione dei grandi feudatari della Russia Titolo onorifico e nobiliare usato presso i Bizantini
g. Nel Regno di Ungheria la nobiltà: impose l’elezione del sovrano. impose lo smembramento del regno. determinò la nascita di potentati locali. frammentò l’unità politica del paese.
Riferito alla dinastia fondata da Othman I Riguardante le tassazioni dovute dai cittadini allo Stato
h. Il movimento hussita aveva carattere: religioso e politico. politico e sociale. sociale e religioso. sociale, religioso e politico.
Ripartizioni all’interno dei territori su cui si estende il potere di un’autorità Seguace del movimento politico-religioso diffuso in Boemia da Jan Hus
i. Dopo lo smembramento del Regno d’Ungheria: la parte occidentale andò all’Austria, quella orientale alla Serbia. la parte occidentale restò indipendente, quella orientale andò ai turchi ottomani.
Attribuito come un semplice titolo d’onore e di prestigio sociale
3. Colloca sulla linea del tempo gli eventi elencati in ordine sparso. 1250
1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8.
1261
1356
1389
1396
1397
1405
battaglia di Tannenberg battaglia di Kossovo smembramento del Regno d’Ungheria morte di Tamerlano morte di Federico II presa turca di Costantinopoli e caduta dell’Impero romano d’Oriente i Bizantini riconquistano Costantinopoli Jan Hus accusato di eresia, arrestato e arso sul rogo
1410
9. 10. 11. 12. 13.
1415
1433
1438
1453
1523
Unione di Kalmar Sigismondo sconfigge i ribelli hussiti in Boemia nascita del Regno di Svezia occupazione turca della Bulgaria si afferma la tendenza a eleggere l’imperatore tra i membri degli Asburgo d’Austria 14. la bolla d’oro stabilisce i criteri per l’elezione dell’imperatore
1526
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240
Modulo 5 Tra Medioevo ed età moderna
Analizzare e produrre 4. Completa la seguente cartina, inserendovi le acquisizioni territoriali dell’Impero ottomano e completando le informazioni presenti. Inizio XIV secolo: ………………………..................………...............................………………… 1326: ………...........................................................................…………………………………….. Guida dell’emiro Bayazid (1389-1403): ...………....................……………………… 1389: ………...........................................................................…………………………………….. 1396: ………...........................................................................…………………………………….. 1453: ………...........................................................................…………………………………….. Danubio
Dopo aver risposto alle seguenti domande, completa la mappa concettuale sottostante. 1. Quando nasce l’Impero ottomano? 2. Quali sono le caratteristiche dell’espansione turca? In che periodo si verifica? 3. Quali sono i meccanismi di governo dell’Impero ottomano? 4. In quale area geografica si consolida? 5. Chi erano le principali figure storiche a capo degli ottomani? In che periodo? Impero ottomano • Nasce dal ........................................................
• Controlla il territorio del ...........................
..................................................................................
..................................................................................
Esercito
Forma di governo
................................................................
................................................................
Sultano ................................................................
Pascià
Visir
................................................................
................................................................
5. Verso il saggio breve
Secondo brano
Leggi il documento “1453, la presa di Costantinopoli e la fine dell’Impero romano” riportato alle pp. 232-233 e rispondi alle seguenti domande.
10. 11. 12. 13.
Primo brano 1. Come fu rappresentata dai contemporanei la caduta di Costantinopoli? 2. Chi era Jacopo Tedaldi? 3. Che cosa ordinò il sultano prima dell’assalto? A che scopo? 4. In che punto avvenne l’attacco decisivo? 5. Come combattevano assedianti e assediati? 6. Quale figura emerge nel fronte bizantino? 7. Come riescono gli assedianti a entrare in città? 8. Come si comportano i turchi una volta entrati? 9. Quale giudizio sembra emergere dal brano di Tedaldi?
14. 15. 16. 17.
Chi è l’autore? Che cosa porta con sé il sultano? Che cosa viene detto a proposito di Costantino XI? Come si difendono gli assediati? In che tono essi sono descritti? Chi erano i ghazi? Che compito avevano? Che cosa accadde nella città dopo l’ingresso degli assedianti? Quale giudizio sembra emergere da questo brano? Come è chiamata la città dai due autori? Per quale motivo?
Sulla base delle informazioni raccolte in questo modo, scrivi un brano di almeno 15 righe dal titolo “Dall’Impero bizantino all’Impero ottomano: punti di vista a confronto”.
Modulo 5 Tra Medioevo ed età moderna
22 Signorie e Stati
Capitolo
241
regionali in Italia
Percorso breve In Italia, come in Germania, sul finire del Medioevo si affermarono Stati di ampiezza regionale, che, partendo dall’esperienza dei Comuni cittadini, la svilupparono in signorie personali, in cui il potere di una famiglia tendeva ad assumere carattere dinastico. Come negli Stati nazionali che in quei secoli si affermavano nei paesi dell’Europa occidentale, questi Stati regionali consolidarono il potere politico sia attraverso conquiste militari (effettuate con l’ausilio di truppe professionali), sia introducendo nuovi sistemi fiscali e amministrativi. A Milano si affermarono, in successione, la Signoria dei Visconti e quella degli Sforza. A Firenze si affermò il potere dei Medici, che tuttavia conservarono, nominalmente, le istituzioni “repubblicane” di epoca comunale. A Venezia la repubblica fu mantenuta anche nei fatti, tramite il governo di un’oligarchia che dava al signore della città (doge) un ruolo di pura rappresentanza. Altre signorie si affermarono un po’ ovunque nell’Italia settentrionale. A esse si affiancavano le signorie cresciute al centro della penisola, all’interno dello Stato pontificio, approfittando anche dell’assenza del papa (residente ad Avignone fino al 1377). Dopo il ritorno del pontefice, lo Stato pontificio ritrovò la sua unità, restando tuttavia fragile anche per lo “scisma d’Occidente” che dal 1378 al 1417 oppose al papa romano un papa avignonese. Al sud, infine, si ebbe nel 1442 una provvisoria riunificazione del Regno di Napoli al Regno di Sicilia, con la conquista del potere da parte degli Aragonesi, a danno degli Angioini. I cinque maggiori Stati italiani usciti da queste vicende (Milano, Venezia, Firenze, Roma, Napoli) firmarono nel 1454 a Lodi un accordo di non belligeranza, che garantì alla penisola un cinquantennio di pace.
Pedro Berruguete, Ritratto di Federico da Montefeltro e del figlio Guidubaldo, 1476-77 [Galleria Nazionale delle Marche, Urbino]
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Modulo 5 Tra Medioevo ed età moderna
22.1 Signorie e principati CONFEDERAZIONE SVIZZERA
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DU DUCATO DI SAVOIA Milano CH. Torino Venezia MARDI ATO ASTI R R DUCATO NFEEN MARCH. DI M A DI FERRARA IlOquadro DI italiano G OV politico C. DEN DI U SALUZZO del XV sec. D MO Genova Firenze Rimini A REP.DI LUCC Urbino REP.DI FIRENZE CONFEDERAZIONE
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Il potere del signore Gli Stati regionali che si costituirono in Italia a partire dal XIV secolo assunsero prevalentemente – soprattutto nell’Italia del nord – il carattere e il nome diDOMINIO “signorie” (‘governo di un signore’), denominazione che mutò in quella di “prinASBURGICO quando esse ottennero il riconoscimento ufficiale dell’imperatore o del papa cipato” (ancora i soli a poter legittimare o meno un governo, ma anche in evidente perdita di IC potere, dal momento che entrambi non erano più in grado di contrastare l’ascesa e l’afA Dfermazione di queste nuove realtà politiche, sostenute da gran parte della popolazione). I V EN IMPERO A differenza dei Comuni, che si governavano meEZ OTTOMANO IA diante assemblee e magistrati elettivi, con cariche di MA RA breve durata [ 8.4 e 14.1], le signorie riunirono tutti DR IAT ICO DOMINIO i poteri in una sola persona, che tendeva a conserASBURGICO varli a vita e a renderli ereditari, come nelle monarchie. PU
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Benevento
REGNO DI SICILIA (Corona d’Aragona)
SARDEGNA (Corona d’Aragona)
IMPERO OTTOMANO
(Stato pont.) REGNO DI NAPOLI (Corona d’Aragona)
Napoli
MAR TIRRENO
MAR IONIO
Palermo
Repubbliche Principati Stato pontificio
REGNO DI SICILIA (Corona d’Aragona)
Perché nacquero le signorie La formazione delle signorie in Italia fu dovuta a diversi fattori, di natura politica ed economica. Da un lato, l’instabilità della vita politica comunale, spesso agitata dai contrasti di fazioni e di gruppi parentali, facilitò in molti casi il prevalere di una famiglia o di una persona, che riuscì ad accentrare in sé il governo. Dall’altro lato, lo sviluppo dell’economia mercantile favorì l’accumulo di grandi ricchezze nelle mani di alcune famiglie, che diventarono molto influenti anche nella vita politica, fino ad assumerne la direzione e a conquistare il potere. Il ruolo delle armi Lo sviluppo delle signorie fu accompagnato – come nei regni che si stavano affermando in Europa – da un cambiamento nell’organizzazione militare: l’introduzione di truppe di mestiere, chiamate “compagnie di ventura”. Fino ad allora, i feudatari e i Comuni si erano serviti di milizie arruolate volta per volta fra la popolazione di campagna e di città, secondo le necessità del momento. Questo sistema si rivelò inadeguato quando i signori avviarono
I tempi della storia Il mestiere di soldato A cominciare dal XIV secolo, periodo in cui Repubbliche si svilupparono le signorie, si formarono le Principati compagnie di ventura, corpi militari costiStato pontificio tuiti di volontari, che per denaro sceglievano la guerra come professione. Le prime compagnie erano comandate da stranieri: l’inglese John Hawkwood, detto dagli italiani “Giovanni Acuto”, il provenzale Giovanni di Montreal o fra Moriale, il tedesco Guarnieri di Urslingen. Poi si formarono compagnie di ventura italiane, tra le quali emerse quella detta “di San Giorgio”, al comando di Alberico da Barbiano, che divenne un modello per la maggior parte dei condottieri dell’epoca: Braccio da Montone detto Fortebraccio; Muzio Attendolo
detto lo Sforza, originario di Cotignola in Romagna; Erasmo da Narni detto il Gattamelata; Bartolomeo Colleoni di Bergamo; Nicolò Piccinino di Perugia; Francesco Bussone di Carmagnola. Per alcuni di questi condottieri il mestiere delle armi si trasformò in uno strumento per costruirsi un dominio personale: tale fu il caso di Francesco Sforza, figlio di Attendolo, che nel 1450 diventò duca di Milano. Su questi personaggi si è molto scritto, presentandoli talora come semplici avventurieri privi di scrupoli, talora come eroi romantici che esprimono le tensioni profonde dell’età rinascimentale.
«Cosa dire dei condottieri come “uomini del Rinascimento”, come rappresentanti di quell’individualismo, di quella ricerca di fama e grandi gesta così persuasivamente descritti da Burckhardt e Symonds?»,
si chiede lo storico inglese Michael Mallett, riferendosi a due famosi studi ottocenteschi sulla civiltà del Rinascimento in Italia. «Gli storici moderni – prosegue – sono meno inclini a parlare in questi termini che non i loro predecessori del XIX secolo; essi tendono a sottolineare fino a che punto gli uomini del Rinascimento erano ostacolati e limitati dalle istituzioni, dalle strutture e circostanze del loro tempo, piuttosto che
Belluno Como
Capitolo 22 Signorie Torino
una nuova politica di predominio e di espansione territoriale, da cui derivarono guerre più lunghe e impegnative, che richiedevano truppe bene addestrate e disponibili per prolungati periodi di tempo. Si assoldarono così squadre di volontari, professionisti della guerra, formazioni militari mercenarie guidate da “capitani di ventura” o “condottieri” (da condotta, ‘arruolamento’), che si mettevano al servizio di questo o quel signore, dietro pagamento di somme stabilite in base alle prestazioni richieste.
22.2 Il Ducato di Milano e le altre signorie dell’Italia settentrionale
Brescia
Verona
Padova
243
Venezia
Reggio Ravenna Bologna Belluno
Genova Mondovì Como Bergamo
Lucca Feltre Firenze Vicenza MilanoMAR Brescia Pisa Venezia Novara LIGURE Verona Padova Lodi Siena Perugia
Asti Alessandria Mondovì
Vicenza
regionali in Italia
Novara
Lodi Asti Bormio Parma Alessandria
Torino
Feltre
Bergamo
eMilano Stati
Genova
Parma
Reggio Bologna
Lucca MAR LIGURE
Ravenna
Firenze
Roma
Pisa
L’espansione di Milano Milano si avviò a trasformarsi da Comune in signoria nel XIII secolo, dapprima con la prevalenza della famiglia guelfa dei Torriani [ 14.3], poi con i ghibellini Visconti, che si affermarono con il sostegno imperiale e con quello di importanti forze economiche cittadine. In poco tempo i Visconti riuscirono ad allargare il loro potere nella regione padana. Possedimenti intorno alla metà del Trecento Nel 1395, grazie a particolari doti militari e a cospicue offerte di Possedimenti all’inizio denaro prontamente accolte dal sovrano, l’abile condottiero Gian Gadel Quattrocento leazzo Visconti (1378-1402) ottenne dall’imperatore Venceslao (13761400) il titolo di duca di Milano e promosse una politica di espansione che portò i domini di Milano fino all’Italia centrale: Genova e Bologna, già sottomesse dall’avo Giovanni (1290-1354) e poi perdute, furono riconquistate; Possedimenti intorno Pisa, Lucca e Siena furono prese, la stessa Firenze fu minacciata di accerchiaalla metà del Trecento mento, mentre le forze milanesi si spingevano fino a Perugia e ad Assisi. Sotto Possedimenti all’inizio il governo di Gian Galeazzo furono costruiti il duomo di Milano e la certosa del Quattrocento di Pavia, dove il duca fu sepolto quando morì nel 1402.
Siena
Perugia
Roma
Espansione del Ducato di Milano
La Signoria di Milano: dai Visconti agli Sforza Estintasi la dinastia dei Visconti con Filippo Maria (duca dal 1412 al 1447, anno della sua morte), figlio di Gian Galeazzo, i milanesi tentarono di far rinascere il Comune e proclamarono la Repubblica ambrosiana (1447-50). Ma questa ebbe breve vita. Infatti Milano, minacciata dall’espansionismo di Venezia, fu indotta a chiedere l’appoggio militare di Francesco Sforza (1450-66), uno dei migliori capitani di ventura
a spiegare i modi in cui sembra che abbiano rotto con la tradizione e i preconcetti del passato. Se è vero che il Rinascimento italiano fu illustrato da una straordinaria schiera di geni in molti campi […], è anche vero che le vite e la fortuna della maggior parte degli uomini e delle donne continuarono a essere dominate da limitazioni tradizionali e, in alcuni casi, nuove. Ciò vale anche per i condottieri, come per gli artisti nella bottega, per gli umanisti nelle cancellerie o per i mercanti negli uffici contabili. Le fortune di un condottiero dipendevano più dalla nascita, dalla appartenenza a una famiglia di soldati, dai capricci del servizio di Stato, dalle oscillazioni dell’economia del Mediterraneo che non dalle qualità personali o dall’abilità
militare. La promozione era determinata in termini di un’aggiunta di dieci lance nel contratto o di mezzo fiorino in più al mese per ogni lancia in ruolo di paga, più che in termini di conquista di città e di acquisizione di palazzi. Il condottiero aveva un qualche controllo sulla propria compagnia, ma in ultima analisi la sua fortuna era diretta dalle capacità, dai bisogni, dagli obiettivi e dai mezzi del principe o dello Stato che egli serviva». M. Mallet, Il condottiero, in L’uomo del Rinascimento, a cura di E. Garin, Roma-Bari 1988, p. 45
Andrea del Castagno, Pippo Spano, XV sec. [dalla serie degli Uomini e donne illustri; Galleria degli Uffizi, Firenze]
In questo affresco, staccato dalla villa Carducci a Legnaia, è rappresentato Filippo Buondelmonti degli Scolari meglio noto come Pippo Spano, condottiero (ovvero comandante di una condotta) e mercante che, dal 1387, lavorò presso il re d’Ungheria, Sigismondo di Lussemburgo.
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Modulo 5 Tra Medioevo ed età moderna
Aa Documenti «So fare ponti leggerissimi e forti…» Leonardo da Vinci, ingegnere militare Il genio multiforme di Leonardo da Vinci (1452-1519), massimo esponente della cultura umanistica in Italia, ci è noto soprattutto per le realizzazioni artistiche e gli studi scientifici. Ma Leonardo non fu solamente un teorico: egli mise la sua scienza a servizio della politica e della guerra, come spesso è accaduto e accade nella storia (basti pensare ai fisici nucleari che nel XX secolo, durante il Secondo conflitto mondiale, hanno prestato la loro intelligenza alla Germania nazista o agli Stati Uniti). Vero uomo d’azione, Leo-
A
nardo lavorò per vari signori del tempo e in particolare per gli Sforza di Milano: in veste di consulente e di ingegnere militare progettò macchine, elaborò strategie, disegnò mappe (come quella di Imola, oggi conservata in Inghilterra al castello di Windsor, celebre per essere la prima mappa europea con prospettiva “zenitale”, cioè con vista dall’alto). Come esempio di tale attività si consideri questa lettera, con cui, nel 1482, Leonardo offrì i suoi servizi al signore di Milano Ludovico il Moro (figlio di Francesco
vendo, Signor mio illustrissimo, visto e considerato ormai a sufficienza le prove di tutti quelli che si reputano maestri e costruttori di strumenti bellici, mi sforzerò di farmi intendere da Vostra Eccellenza, aprendola ai segreti miei e successivamente offrendomi, a suo piacimento e in tempi opportuni, di operare efficacemente in tutte quelle cose che brevemente saranno qui sotto annotate. So fare ponti leggerissimi e forti, e adatti a portare facilissimamente, e con quelli inseguire, e alcune volte fuggire,
Sforza e duca di Milano fino al 1500). Si osservi la grande attenzione per le armi da fuoco, di recente introdotte in Europa: Leonardo accenna a «bombarde», ordigni che anticipano i moderni cannoni. Propone inoltre di costruire «carri coperti» che sono una specie di prototipo dei moderni carri armati. In particolare, Leonardo vanta la propria abilità nella progettazione e nella costruzione di ponti mobili, «adatti a portare, a levare, a montare», da utilizzare per il passaggio dei corsi d’acqua.
i nemici, e altri sicuri e inattaccabili dal fuoco e dagli assalti, facili e comodi da levare e da montare. E so anche modi per bruciare e disfare quelli del nemico. So anche fare bombarde comodissime e facili da portare, e con quelle so buttare sassi simili a una tempesta, dando con il fumo grande spavento al nemico, con grave suo danno e confusione. E quando accadesse di essere in mare, so fare molti strumenti adattissimi a offendere e difendere, e navi che faranno resistenza al tiro di ogni grossissima
dell’epoca, il quale, dopo aver difeso Milano, se ne impadronì (1450) instaurandovi la sua signoria personale. Ebbe inizio in tal modo la dinastia degli Sforza, che tennero il ducato fino agli inizi del Cinquecento, quando esso diventò possesso prima della Francia e poi della Spagna [ 23.5 e 29.3].
Leonardo da Vinci, Ritratto di Francesco Sforza, fine XV sec. Francesco Sforza, di cui è qui riportato il ritratto, è il capostipite della dinastia Sforza che tenne il Ducato di Milano fino agli inizi del Cinquecento. Francesco Sforza era il pronipote di Ludovico Sforza detto “il Moro”.
Le altre signorie del nord-Italia Nell’Italia settentrionale diverse città, oltre a Milano, si trasformarono da Comune in signoria ed estesero il loro dominio su più ampi territori: per esempio Verona, Padova, Treviso, nelle quali si affermarono rispettivamente le famiglie Della Scala, Carrara, Da Camino. La potenza maggiore fu raggiunta dai Della Scala (o Scaligeri) di Verona, i quali, per opera specialmente di Cangrande (1311-29), riuscirono a conquistare una gran parte del territorio veneto, spingendosi inoltre fino a Brescia, Parma, Lucca. Ma i loro possessi e la stessa Verona furono un po’ alla volta assoggettati dai maggiori Stati confinanti, Venezia e Milano. Un’altra importante signoria dell’area veneta fu quella dei da Romano, che, in competizione con altre famiglie, affermarono il proprio potere (con Ezzelino I, II e III) nella “marca trevigiana” e in varie città. Nell’area del Piemonte si fecero luce i marchesi di Monferrato, i marchesi di Saluzzo e poi soprattutto la Casa di Savoia, che, dalla sua base di Chambéry al di là delle Alpi, riuscì a ottenere un notevole sviluppo territoriale. Nella seconda metà del XIV secolo Amedeo VI (1343-83) si impadronì di Cuneo, Santhià e Biella; il figlio Amedeo VII raggiunse uno sbocco al mare occupando Nizza e il suo successore Amedeo VIII (1391-1434) allargò la sua area d’influenza al Vercellese, congiungendo in un unico Stato tutti i possessi e ottenendo il titolo di duca dall’imperatore Sigismondo (1433-37). Da quel momento il Ducato di Savoia incominciò ad avere una parte significativa nella storia italiana. Una notevole importanza come centri politici e culturali ebbero anche Ferrara, con la Signoria degli Estensi, e Mantova con la Signoria dei Gonzaga.
Capitolo 22 Signorie e Stati regionali in Italia
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al servizio degli Sforza bombarda e alla sua polvere e ai suoi fumi. Ugualmente farò carri coperti, sicuri e inattaccabili i quali, entrando in mezzo ai nemici con le loro artiglierie, non vi è moltitudine di gente che non siano in grado di annientare. Leonardo da Vinci, Lettere
Disegni di architettura di Leonardo da Vinci [dal Codex B; Istitut de France, Parigi]
In questi disegni di architettura, realizzati da Leonardo da Vinci, si possono scorgere, assieme a una chiesa a pianta centrale (in prospettiva in alto sinistra, in pianta in alto a destra), schizzi e disegni di strutture militari difensive (torri, mura, bastioni, ecc.). La grande ecletticità del genio toscano si manifestò in tutta la sua produzione artistica e ingegneristica, ancora oggi oggetto di studio e di indagine.
Belluno
22.3 La Repubblica di Venezia e lo scontro con Genova
Aquileia Bergamo Treviso Verona Brescia Venezia Vicenza Crema Cremona Mantova
Lo scontro tra due repubbliche marinare Durante il XIV secolo Genova e Venezia, diventate ricche e potenti per i profitti accumulati con i traffici mercantili in Oriente e in Occidente, si logorarono reciprocamente in un’incessante rivalità di interessi per il controllo dei mercati. Tale rivalità provocò diverse guerre, talora vittoriose per Venezia, come ad Alghero nel 1353, talora per Genova, come nel 1378-81, quando i genovesi, dopo avere occupato Chioggia (il conflitto fu per questo chiamato “guerra di Chioggia”), giunsero a minacciare la stessa Venezia. Diverse vicende caratterizzarono, poi, la storia delle due repubbliche. Genova, tormentata dalle lotte interne delle famiglie nobiliari, si indebolì e non riuscì a resistere alla pressione degli Sforza, che si impadronirono del governo della città includendola nel Ducato di Milano. Venezia invece consolidò il suo ordinamento politico, dandosi un governo di carattere aristocratico e oligarchico. Accanto al Maggior Consiglio, formato di circa 1300 membri, che tradizionalmente affiancava la figura del doge [ 7.3], fu istituito il Consiglio dei PregaLa Parola
aristocrazia/oligarchia “Aristocrazia” e “oligarchia” sono due parole di derivazione greca, entrambe riferite a forme di governo (come si vede dai suffissi -crazia, ‘potere’ e -archìa, ‘governo’). La prima indica un governo affidato ai nobili, etimologicamente definiti come la parte “migliore”
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Possedimenti intorno alla metà delTrecento Conquiste fino alla metà del Quattrocento
Roma
della società (questo è in greco il significato Espansione di Venezia tra Trecento e Quattrocento letterale di áristos). La seconda indica il governo esercitato da “pochi” (olìgoi) e nell’antica Grecia si riferiva preferibilmente a una distinzione di censo, di ricchezza, più che di Possedimenti intorno nascita (suggerita invece dall’altro termine).alla metà delTrecento
Conquiste fino alla metà del Quattrocento
246 di o Senato, un’assemblea costituita da un numero limitato di nobili, che accentrò in sé i massimi poteri. Inoltre fu creato il Consiglio dei Dieci, un tribunale che perseguì con inflessibile rigore chiunque tentasse di sovvertire le istituzioni politiche.
La difesa delle istituzioni repubblicane Venezia conservò sempre gelosamente le sue caratteristiche di Stato repubblicano e aristocratico. Un insieme di controlli era volto a impedire che un solo uomo potesse riunire in sé i poteri: il doge, pertanto, pur essendo il capo supremo dello Stato, non aveva poteri di governo ma era soprattutto un simbolo, la rappresentazione materiale della maestà e della grandezza veneziana. Era vietato porre il suo stemma familiare su stendardi e bandiere. Era vietato esporre il suo ritratto nel palazzo, piegare il ginocchio davanti a lui, baciargli la mano. Addirittura, non poteva uscire di città se non con il consenso del Maggior Consiglio.
Il doge e il senato veneziano La miniatura rappresenta il doge, la massima carica della Repubblica veneziana, e il Senato veneziano, ovvero quel ristretto numero di potenti che di fatto governavano la città e il suo territorio.
Dal mare alla terra: Venezia espande i suoi confini Dal XV secolo Venezia diede inizio a una politica di espansione nella terraferma, in concorrenza con Milano alla quale riuscì a strappare città importanti come Bergamo e Brescia, vincendo nel 1427 la battaglia di Maclodio grazie alle armi del condottiero Francesco Bussone da Carmagnola (1380-1432). La necessità di estendere i propri territori era dovuta a una duplice motivazione: da una parte Venezia doveva garantirsi una base autonoma di approvvigionamento alimentare; dall’altra doveva assicurarsi nuove vie di comunicazione e di commercio, in un’epoca in cui l’affermarsi dell’Impero ottomano [ 21.3] rischiava di mettere in crisi le tradizionali vie di scambio nel Mediterraneo orientale. Uno dei maggiori sostenitori di tale politica territoriale fu il doge Francesco Foscari (1423-57), che condusse guerre lunghe e costose contro i Visconti. Nel giro di pochi anni Venezia unificò sotto il suo governo la maggior parte delle terre a est di Milano fino all’Adriatico, costituendo uno Stato che durò fino al 1797, cioè fino all’arrivo di Napoleone in Italia.
Le vie della cittadinanza
La diplomazia come arte di governo
Gli ultimi secoli del Medioevo vedono svilupparsi negli Stati italiani ed europei un nuovo modo di governare e di far politica, attraverso la pratica della diplomazia cioè della mediazione, della discussione,
del compromesso. Tale pratica non è certo nuova, ma in quest’epoca le si riservano attenzioni speciali: nella seconda metà del XV secolo, in particolare, l’arte del buon vicinato fra uno Stato e l’altro,
la ricerca di un equilibrio che preventivamente allontani i focolai di conflitto sembra essere particolarmente apprezzata in Italia. Famosa resta, per esempio, l’attività degli ambasciatori veneziani, che al termine del loro mandato erano tenuti a consegnare al Senato della repubblica dettagliate relazioni sul lavoro svolto. Per tre secoli tali relazioni furono registrate negli archivi della città, e rappresentano a tutt’oggi per lo storico una miniera inesauribile di informazioni. L’arte della diplomazia ha nei secoli affinato le sue armi e ha ormai da tempo acquisito un ruolo di primo piano nelle politiche internazionali dei governi. Disporre
Ambasciatori veneziani vengono accolti in una città dell’Oriente, XVI sec. [Musée du Louvre, Parigi]
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Capitolo 22 Signorie e Stati regionali in Italia Sarzana
247 Pistoia
22.4 La Signoria di Firenze e la pace di Lodi
Lucca Pescia
I Medici A Firenze tra il XIV e il XV secolo molte famiglie erano pervenute a grande prosperità e ricchezza e si contendevano il primato nella città: gli Acciaiòli, gli Strozzi, gli Alberti, i Pazzi, i Salviati, gli Albizzi. Su tutti finirono per prevalere nei primi decenni del Quattrocento i Medici, ricchi banchieri, noti e influenti nelle maggiori città d’Italia e d’Europa. Fu per opera di uno dei membri di questa famiglia, Cosimo il Vecchio (1434-64), che a Firenze si instaurò una signoria di fatto. Formalmente rispettoso delle consuetudini comunali, facendosi rinnovare periodicamente le cariche, Cosimo governò la città per trent’anni, con equilibrio e diplomazia, ottenendo l’appoggio popolare e consolidando il governo di Firenze sulla Toscana, che si avviò a diventare un unico Stato.
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Contado di Firenze nel 1100 La firma dell’accordo di Dayton, Conquiste sino al 1400 14 dicembre 1995 Acquisizioni tra il 1400 e ilDowning/Sygma/Corbis] 1492 [© Larry Il presidente serbo Slobodan Milosevic, il presidente croato Franjo Tudjman e il presidente bosniaco Alija Izetbegovic firmano a Parigi l’accordo di pace di Dayton sotto gli occhi di altri sei capi di Stato: Felipe Gonzalez, Bill Clinton, Jacques Chirac, Helmut Kohl, John Major e Viktor Chernomyrdin. Con tale accordo si pose fine alla guerra jugoslava (1992-95).
di un corpo diplomatico forte e autorevole, che riesca a risolvere in maniera pacifica i conflitti e crei rapporti di buona collaborazione tra i paesi, significa dare al proprio paese prestigio, autorevolezza e soprattutto credito da parte degli altri Stati. Chi oggi, attraverso le azioni diplomatiche, è efficacemente in prima linea per evitare possibili scontri armati o per condurre trattative tra forze antagoniste e rivali
vede aumentare in maniera significativa la propria credibilità sul piano politico internazionale. Non è un caso che nel mondo contemporaneo la diplomazia americana sia quella che gode di maggior prestigio. Per fare un esempio, la fine della guerra che ha tragicamente devastato la ex Jugoslavia tra il 1992 e il 1995 può essere in buona parte attribuita al ruolo svolto dai diplomatici statunitensi.
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La congiura dei Pazzi e Lorenzo il Magnifico L’accorta e intelligente politica di Cosimo fu continuata con successo dai nipoti Giuliano (1453-78) e Lorenzo (1469-92), che favorirono lo sviluppo di Firenze, diventata uno dei maggiori centri di cultura del tempo. Una congiura, ordita dalla famiglia dei Pazzi nel 1478, provocò la morte di Giuliano, ma non riuscì a indebolire il potere M ag dei Medici, che anzi si rafforzò con Lorenzo, divenuto capo ra unico della città. Sarzana Protettore di artisti e dei migliori ingegni dell’epoca, Lorenzo de’ Medici diede alla vita pubblica di Firenze un Pistoia carattere elegante e festoso. I suoi contemporanei lo chiaLucca Pescia marono “il Magnifico” e con questo appellativo egli è tuttoA rno ra ricordato. Suo grande ammiratore fu lo storico e politico Pisa Niccolò Machiavelli (1469-1527), che ne celebrò le imprese Livorno in un’opera intitolata Istorie fiorentine. La politica dell’equilibrio Nella vita politica italiana, Lorenzo de’ Medici (così come già suo nonno Cosimo) si distinse come elemento di moderazione e di diplomazia, riuscendo a creare tra le realtà più dinamiche dell’Italia una fitta rete di rapporti pacifici che mirava al bilanciamento delle forze.
Prato
L’elevata conflittualità tra popoli e nazioni che caratterizza il nostro tempo rende purtroppo l’azione della diplomazia sempre più difficile e complicata; lo dimostra l’ancora irrisolta e drammatica questione israeliano-palestinese che, da oltre cinquant'anni, infiamma quelle zone e destabilizza tutta l’area del Vicino e Medio Oriente, con gravi ripercussioni anche sulle relazioni tra il mondo arabo e quello occidentale.
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Modulo 5 Tra Medioevo ed età moderna Ottavio Vannini, Lorenzo il Magnifico fra gli artisti, part., 1638-42 [Museo degli Argenti, Firenze]
Questo affresco mostra Lorenzo de’ Medici detto “il Magnifico” circondato dagli artisti di cui fu mecenate e amico. Tra il 1434 e il 1494 la corte medicea raccolse attorno a sé studiosi, letterati e artisti che si dedicarono agli studi filosofici ed esoterici. Lorenzo il Magnifico, oltre che mecenate, fu egli stesso letterato e poeta.
Gli Stati più importanti della penisola si erano infatti convinti dell’impossibilità, per ciascuno di loro, di prevalere sugli altri e di poter dominare sull’Italia intera. Si costituì in tal modo un equilibrio di forze che ebbe il suo centro a Firenze, nella politica di Cosimo e poi di Lorenzo, che per questo suo ruolo di elemento moderatore fu chiamato dai contemporanei “l’ago della bilancia”.
La pace di Lodi Nel 1454 i cinque maggiori Stati italiani firmarono la pace di Lodi, un accordo generale che imponeva a Milano, Venezia, Firenze, Roma e Napoli di sospendere le guerre di espansione e di riconoscere reciprocamente i possessi raggiunti da ciascuno. Da quel momento, fino alla fine del secolo, l’Italia visse un periodo di pace quasi ininterrotta. Questo periodo di pace favorì il fiorire in Italia di una splendida civiltà che nell’arte, nella cultura, nella ricerca scientifica si affermò come importante fattore di progresso e influì profondamente sullo sviluppo di tutta l’Europa [ 24].
22.5 Le signorie dello Stato pontificio e il Regno di Napoli La debolezza del Papato Nel corso del Trecento lo Stato pontificio si frazionò in molte signorie locali, per opera di diverse famiglie nobili che approfittarono dell’assenza da Roma dei pontefici, residenti ad Avignone dal 1309 al 1377 [ 13.5], per crearsi un proprio dominio personale: così fecero gli Ordelaffi a Forlì, i Malatesta a Rimini, i Da Polenta a Ravenna, i Pepoli e i Bentivoglio a Bologna, i Montefeltro a Urbino, centro, quest’ultimo, di particolare eccellenza artistica e culturale. Durante il periodo della “cattività avignonese” Roma aveva perso il suo ruolo di primo piano ed era stata attraversata da violente rivolte popolari, come quella di Cola di Rienzo [ 13.5] alla quale era seguito il ripristino dell’ordine cittadino e la sottomissione allo Stato pontificio. Non fu facile, però, per la Curia papale ridurre all’obbedienza le famiglie signorili che si erano ritagliate un dominio nell’Italia centrale. Lo scisma d’Occidente Anche quando, nel 1377, la sede papale tornò a Roma, la struttura politica dello Stato restò fragile. A mantenerla instabile concorse anche il cosiddetto scisma d’Occidente (1378-1417), vale a dire la scissione interna della Chiesa, che per circa quarant’anni vide contrapposti il papa eletto a Roma e un papa nominato ad Avignone. Lo scisma ebbe termine con Martino V, papa romano (1417-31) che ottenne il riconoscimento di entrambe le parti. Egli affrontò con successo il problema della riunifica-
Capitolo 22 Signorie e Stati regionali in Italia
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zione dello Stato, occupando Bologna e riconquistando le città dell’Umbria e delle Marche (Perugia, Assisi, Jesi). Da quel momento lo Stato pontificio poté considerarsi restaurato e Roma si avviò a diventare, oltre che un importante centro politico e religioso, anche un formidabile crocevia di cultura e di arte, in gara con Firenze, Milano, Venezia, Napoli.
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Ferdinando d’Aragona re di Napoli L’unione dei due regni ebbe vita breve: Alfonso, infatti, stabilì che alla sua morte il trono di Napoli andasse al figlio naturale Ferdinando, detto Ferrante, mentre gli altri domìni (la Sicilia e i possessi nella penisola iberica) erano destinati al fratello Giovanni II d’Aragona (1458-79). Sotto il regno di Ferrante (1458-94) fu continuata l’opera di ammodernamento dello Stato, già intrapresa dal padre; in funzione anti-nobiliare furono sostenute le autonomie cittadine e lo sviluppo delle attività commerciali. Ciò determinò, nel 1485, una ribellione della nobiltà feudale, detta “congiura dei baroni”, che il sovrano riuscì a soffocare.
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L’Italia meridionale dagli Angioini agli Kiev Bordeaux SACRO ATLANTICO Parigi ROMANO Aragonesi L’Italia meridionale, un temLeón REGNO IMPERO R. DI RA DI po unita sotto il dominio dei Normanni e Monaco Vienna AR FRANCIA NA V REGNO Bordeaux Pest Saragozza successivamente degli imperatori svevi, DI Lisbona Toledo UNGHERIA León Milano AR dopo la guerra del Vespro si era divisa in R. DI RA Avignone REGNO DI Bucarest R R. A MAR AV DI N due regni, quello di Napoli sotto gli AnSTAT O Belgrado VALA CCHIA Saragozza CASTIGLIA NERO NA Lisbona GO DELLA Toledo Granada RA SERBIA gioini, quello di Sicilia sotto gli Aragonesi A CHIESA I REGNO D Barcellona IM Costantinopoli Roma R. DI [ 12]. Dalla seconda metà del Trecento la P REGNO ER CASTIGLIA O Napoli DI ARI Granada dinastia angioina decadde per le lotte inOT NAPOLI BALE TO MA terne alla famiglia e per l’ostilità sempre Palermo NO Atene R. DI viva degli Aragonesi di Palermo. Ciò proSICILIA Tunisi MAR MEDITERRANEO dusse un sensibile indebolimento dell’autorità monarchica, a beneficio dei signori Zone fedeli al papa locali (i “baroni”) che accrebbero il loro di Roma potere. Queste lotte ebbero termine nel 1442, quando gli Aragonesi, con l’aiuto dei Zone feadeli al papa Zone fedeli al papa Visconti di Milano, vinsero gli Angioini conquistando il Regno di Napoli. di Roma di Avignone Zone feadeli papa In tal modo, con la riunificazione di Napoli allaalSicilia, si ricostituì l’unità politica Zone ufficialmente di Avignone fedeli a Roma dell’Italia meridionale, sotto il regno di Alfonso d’Aragona, detto “il Magnanimo” Zone ufficialmente ma con oscillazioni locali (1442-58). Le tendenze separatistiche della Sicilia, tuttavia, non si spensero, né scomfedeli a Roma Greco-ortodossi parve il potere locale dei baroni, grandima feudatari che locali continuarono ad avere un ruolo con oscillazioni Musulmani Greco-ortodossi decisivo nella vita delle regioni del Mezzogiorno. OCEANO
Lo scisma d’Occidente
Castel Nuovo, Napoli Castel Nuovo o Maschio Angioino fu costruito a Napoli, nel tardo XIII secolo, per volere di Carlo I d’Angiò. Dopo alcune ristrutturazioni, fu completamente ricostruito, nelle forme ancora visibili oggi, da Alfonso d’Aragona. Il re ne fece la dimora sua e della corte e lo volle tanto maestoso da competere con le grandi corti di Milano e Firenze. Nell’arco trionfale fece scolpire la scena del suo ingresso trionfale a Napoli avvenuto nel 1442.
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Modulo 5 Tra Medioevo ed età moderna
Sintesi
Signorie e Stati regionali in Italia
Signorie e principati A partire dal XIV secolo, in Italia si svilupparono degli Stati regionali, denominati signorie (o principati se riconosciuti dal papa o dall’imperatore), caratterizzati dalla concentrazione dei poteri in una sola persona. La loro origine fu legata a diversi fattori: i contrasti tra le fazioni cittadine fecero emergere alcune famiglie, che assunsero le cariche di governo; lo sviluppo economico favorì le famiglie più ricche, che influenzarono la vita politica assumendo il potere. Cambiò anche l’organizzazione militare, con l’introduzione di eserciti mercenari e professionisti, le compagnie di ventura, che si posero al servizio dei signori. Il Ducato di Milano e le altre signorie dell’Italia settentrionale Nel XIII secolo Milano si trasformò in signoria, con la famiglia dei Visconti, cui apparteneva il primo duca, Gian Galeazzo, che attuò una politica di espansione territoriale verso l’Italia centrale e fece costruire il duomo di Milano e la certosa di Pavia. In seguito la dinastia si estinse e si sviluppò la Repubblica ambrosiana, al termine della quale si instaurò il dominio personale di un capitano di ventura, Francesco Sforza. Nell’Italia centro-settentrionale molte città divennero signorie: Verona (della Scala), la marca trevigiana (da Romano), Ferrara (Estensi), Manto-
va (Gonzaga). In Piemonte si sviluppò la casa Savoia che, dopo un forte sviluppo territoriale, si trasformò in ducato con Amedeo VII, che aveva riunito in un unico Stato tutti i domini sabaudi. La Repubblica di Venezia e lo scontro con Genova Nel XIV secolo Genova e Venezia si scontrarono per la rivalità economica, in quanto entrambe miravano al controllo dei mercati. Genova si indebolì per le lotte tra le fazioni interne, venne sconfitta dagli Sforza e inclusa nel Ducato di Milano. Venezia invece restò indipendente e si diede un governo aristocratico e oligarchico, in cui il potere del doge era solo nominale, mentre quello effettivo era nelle mani di poche famiglie nobiliari, riunite nel Senato. Dal XV secolo fu privilegiata una politica di espansione verso l’interno, alla ricerca di nuove vie commerciali, che portò alla costituzione di uno Stato che includeva territori a est di Milano, come Bergamo o Brescia. La Signoria di Firenze e la pace di Lodi Tra XIV e XV secolo a Firenze molte famiglie si contendevano il governo cittadino; tra esse prevalsero i Medici, banchieri influenti e ricchi. Con Cosimo il Vecchio (1434-64) si instaurò una signoria di fatto, in cui le cariche del Comune formalmente persistevano ma erano periodica-
mente rinnovate a beneficio dei Medici, che consolidarono il primato di Firenze sulla Toscana. Con i successori Firenze divenne un centro culturale di rilievo, in particolare grazie a Lorenzo Il Magnifico che attuò una politica improntata a moderazione e diplomazia, favorendo un equilibrio dei rapporti tra le principali realtà italiane; si arrivò alla pace di Lodi (1454), con cui gli Stati italiani rinunciavano alla politica espansionistica riconoscendosi a vicenda i possedimenti; ciò permise in Italia un periodo di pace. Le signorie dello Stato pontificio e il Regno di Napoli Nel XIV lo Stato pontificio, internamente debole, si era frazionato in molte signorie locali. Al termine della cattività avignonese il papa Martino V riuscì a restaurare lo Stato riunificandone i territori; Roma si avviava a tornare un centro politico e religioso di primaria importanza. A Napoli nella seconda metà del XIV secolo l’autorità degli Angioini decadde a vantaggio del potere dei baroni, finché nel 1442 Alfonso d’Aragona conquistò il regno, ricostituendo l’unità politica dell’Italia meridionale, destinata nuovamente a dividersi dopo la sua morte: il suo successore a Napoli, Ferrante, continuò ad ammodernare lo Stato sostenendo le attività commerciali e le autonomie cittadine, sconfiggendo anche la ribellione dei baroni.
Esercizi Comprendere e ordinare 1. Colloca sulla linea del tempo gli eventi elencati in ordine sparso. 1377
1. 2. 3. 4. 5.
1395
1417
1427
1442
1447
1478
6. 7. 8. 9. 10.
Gian Galeazzo Visconti è nominato duca di Milano signoria di Francesco Sforza a Milano nascita della Repubblica ambrosiana battaglia di Maclodio pace di Lodi
1450
1454
1485
congiura dei Pazzi fine della cattività avignonese fine dello scisma d’Occidente Alfonso d’Aragona diventa re di Napoli congiura dei baroni
2. Indica se le seguenti affermazioni sono vere o false. a. Dopo la morte di Alfonso d’Aragona i regni di Napoli e di Sicilia si divisero.
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c. Lorenzo de’ Medici fu definito “ago della bilancia”.
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b. In Piemonte emersero i marchesi di Monferrato, i marchesi di Saluzzo, la casa di Savoia.
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d. La cattività avignonese vide contrapposti un papa a Roma e un papa ad Avignone.
V
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Capitolo 22 Signorie e Stati regionali in Italia
e. In seguito alla battaglia di Maclodio, Venezia si impossessò di Bergamo e Brescia.
V
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f. La pace di Lodi venne firmata da Milano, Venezia, Firenze e Napoli.
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g. Urbino sotto la dinastia dei Montefeltro divenne un importante centro culturale.
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h. Gian Galeazzo Visconti divenne signore di Milano dopo essere stato capitano di ventura.
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3. Associa alle seguenti parole chiave il significato corretto. baroni • certosa • compagnie di ventura • condottiero • pregadi • principato • scisma • signoria Capitano di una formazione militare mercenaria Signoria riconosciuta ufficialmente dall’imperatore o dal papa Monastero di certosini caratterizzato da un complesso architettonico Forma personale di governo di un “signore” Distacco di comunità di fedeli dal corpo della Chiesa cattolica Nobili feudatari che esercitavano un potere locale Nobili appartenenti al Senato veneziano Formazioni militari mercenarie poste sotto il
Analizzare e produrre comando di un capitano
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4. Completa il seguente brano con i termini che trovi di seguito elencati. governo • signorie • attività commerciali • governo • monarchia • eserciti • figli • età comunale • politica • poteri • cariche • cittadini • lotta • professionisti • ventura • Comuni • mercantili • signore • vita • sviluppo • espansioni territoriali • campagne militari • truppe • compagnie • capitano Dal Comune alla signoria In Italia, a partire dal XIV secolo, si ebbe il passaggio dai ................... alle .................................... . Queste erano una forma di ............................. con aspetti simili a quelli della ..........................: i ............................... erano nelle mani di un singolo, il ............................................., che li conservava per tutta la ............................................. e poteva trasmetterli ai ............................................. . Esse nacquero in conseguenza di alcune questioni emerse durante l’............................................. . Anzitutto l’esistenza nei ................................................... di .......................................... e ......................................... in ............................................. tra di loro fece sì che alcune di esse prevalessero, assumendo così le ............................... di ............................................. . Spesso queste ............................................. avevano accumulato un gran numero di ricchezze grazie allo ..................................... delle .................................... e ...................................... . Le .......................................... portarono avanti una .......................................... di ............................................ che portò a modificare gli ..............................: per ............................................. lunghe e difficili non bastavano più le ............................................. composte da ............................................., ma occorrevano ............................................. di .............................................: nacquero così le ............................................. di ............................................., ................................... mercenarie comandate da un ....................................... di .............................. che si ponevano al servizio di un determinato signore.
4. Completa la tabella riportando all’interno, nella posizione corretta, i termini indicati.
Analizzare produrre cavalieri • secolaree • autonomia • corvées • decima • dipendenza • mestiere • taglia • canone • regolare • caccia • doni • tornei
Funzione sociale 5. Completa la seguente tabella.
Vita quotidiana
Condizione sociale 6. Leggi la scheda “Le vie della cittadinanza” alle pp. 246-247 e rispondi alle seguenti domande.
TRE CITTÀ A CONFRONTO: I …...................….. erano educati al ……..................….. delle armi. Pratica- ……................................….. guerrieri NOBILI 1. Quali erano le relazioni tra le realtà politiche italiane del XIV VENEZIA, FIRENZE, MILANO NEL SECOLO vano XIV la …….........................….. economica e i ……........................….. CONTADINI FORMA DI GOVERNO SACERDOTI ORGANI DI GOVERNO POLITICA ATTUATA PRINCIPALI FIGURE POLITICHE
secolo? 2. Quali icambiamenti vi furono in tali rapporti? Per merito di chi? Avevano soprattutto obblighi. Tra questi, più diffusi erano VENEZIA FIRENZE MILANO ……................................….. 3. Che cosa avvenne . Altri tributi eranonel la 1454? Con quali conseguenze? produttori di beni le …….....................….. e il …….....................….. economica 4. Chi successivamente portò avanti la politica dell’equilibrio? ……........................….. e i ……........................….. 5. Che cosa contraddistingueva l’attività degli ambasciatori Erano divisi in clero …….........................….. (monaci) e in clero veneziani? …….................................….. preghiera ……........................….. (preti). Sapevano6.leggere e scrivere. Che ruolo ha oggiGodevano la diplomazia nelle questioni politiche economica di una entrata specifica, la…….........................….. internazionali? 7. Che conseguenze ha per uno Stato la presenza di una diplomazia efficiente? 8. Quali sono i casi difficili da risolvere diplomaticamente al giorno d’oggi? Sulla base delle informazioni raccolte, scrivi un testo di almeno 10 righe dal titolo “Diplomazia ieri e oggi”.
Modulo 5 Tra Medioevo ed età moderna
23 Le guerre per il
Capitolo
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predominio europeo e l’occupazione dell’Italia
Percorso breve L’equilibrio creatosi fra gli Stati italiani dopo la pace di Lodi del 1454 nascondeva profonde tensioni e contrasti. La congiura ordita dai Pazzi contro i Medici a Firenze, la coalizione contro Venezia nella “guerra di Ferrara”, la “congiura dei baroni” contro il re di Napoli furono i sintomi maggiori di un quadro politico contrassegnato da estrema fragilità, dove il continuo variare delle alleanze mostrava l’assenza di un progetto solido e lungimirante. Nel 1492, la morte di Lorenzo de’ Medici fece precipitare la situazione. Nel 1494 la penisola fu invasa dalle truppe del re di Francia Carlo VIII, chiamato dal duca di Milano Ludovico il Moro per contrastare le mire sul ducato da parte di Ferrante re di Napoli. Carlo VIII, che ambiva a conquistare il Regno di Napoli in quanto erede degli Angioini, attraversò l’Italia senza incontrare alcun ostacolo. Ma già l’anno successivo fu costretto a tornare Oltralpe per l’opposizione di una lega formatasi tra Firenze, Venezia e il papa, con l’appoggio della Spagna e dell’Impero. Intanto a Firenze furono cacciati i Medici, accusati di non avere contrastato la discesa di Carlo VIII, e fu instaurata una repubblica in cui emerse la figura del predicatore Girolamo Savonarola, il cui rigido moralismo suscitò un vasto malcontento e portò infine alla sua condanna a morte (1498). Il re di Francia Luigi XII, succeduto a Carlo VIII, ne riprese le mire espansionistiche e le ampliò occupando, con l’aiuto del re di Spagna Ferdinando il Cattolico, non solo il Regno di Napoli ma anche il Ducato di Milano. Tra il 1501 e il 1503 Francia e Spagna combatterono per la supremazia nella penisola e se la divisero: i francesi a nord, gli spagnoli a sud. Nel centro della penisola, papa Alessandro VI Borgia si impegnava a consolidare il suo potere e ad aiutare il figlio Cesare, detto il Valentino, a
Medaglia aurea con l’effigie di Luigi XII
costruire in Romagna e nelle Marche uno Stato che non sopravvisse alla morte del papa nel 1503. L’accentramento dello Stato pontificio fu realizzato dal successore Giulio II della Rovere, un papa combattivo, estremamente presente nella vita politica e militare italiana del successivo decennio. Egli promosse la Lega di Cambrai contro Venezia (1509) e la Lega Santa contro la Francia (1512) che fu costretta ad abbandonare l’Italia. A Milano tornarono gli Sforza, mentre a Firenze rientravano i Medici. Ma già nel 1515 il nuovo re di Francia, Francesco I, di nuovo si impadronì di Milano. Nel 1516 la pace di Noyon confermò il possesso di Milano alla Francia, di Napoli alla Spagna.
Capitolo 23 Le guerre per il predominio europeo e l’occupazione dell’Italia
23.1 Un equilibrio instabile La situazione dopo la pace di Lodi La “politica dell’equilibrio” che fu instaurata nella penisola italiana dalla pace di Lodi [ 22.4] non tardò a mostrare le sue contraddizioni e la sua instabilità, soprattutto all’interno dei singoli Stati, dove si manifestarono tensioni, contrasti, congiure, spesso con l’appoggio o la connivenza di poteri esterni. Firenze e la guerra di Ferrara A Firenze nel 1478 i Medici furono oggetto di una congiura guidata dalla famiglia rivale dei Pazzi, appoggiata da papa Sisto IV (147184). Nell’attentato restò ucciso Giuliano, fratello di Lorenzo il Magnifico, il quale invece rimase ferito ma riuscì a salvarsi. Contro il papa, sentito ormai come una minaccia al proprio potere, Lorenzo de’ Medici ricercò l’alleanza di Ferrante re di Napoli [ 22.5], che fino a quel momento era stato vicino al pontefice. A sua volta il papa ricercò l’alleanza di Venezia, cedendole il Ducato di Ferrara; a ciò si opposero gli altri Stati, provocando uno scontro (“guerra di Ferrara”, 1482-84), in seguito a cui la concessione papale a Venezia fu ridotta al solo Polesine (corrispondente grosso modo oggi alla provincia di Rovigo). A Napoli Nel 1485 scoppiò nel Regno di Napoli la “congiura dei baroni”, una ribellione della nobiltà feudale contraria alla riorganizzazione amministrativa dello Stato, perseguita dal re Ferrante. La rivolta fu bloccata in maniera definitiva nel 1487 dal re e dalle forze inviate da Firenze e Milano, che erano accorse in suo aiuto dopo che il pontefice e Venezia si erano coalizzate in chiave anti-aragonese. A Milano A complicare la situazione vi era la crisi interna del Ducato di Milano, dove, nel 1476, il duca Galeazzo Maria Sforza (succeduto al padre Francesco nel 1466) era stato ucciso in una congiura. A lui era succeduto il figlio Gian Galeazzo II (1476-94), un giovane debole e di incerta salute, che lo zio paterno Ludovico il Moro estromise dal governo della città, impadronendosi di fatto del potere che esercitò fino al 1500. A questo punto si manifestarono le mire sul Ducato milanese da parte di Ferrante, re di Napoli, la cui nipote aveva sposato Gian Galeazzo. Per contrastare le ambizioni di Ferrante, Ludovico il Moro chiamò in aiuto il re di Francia Carlo VIII (1483-98, figlio di Luigi XI) [ 23.2]: non un signore come gli altri della penisola, ma il sovrano di una delle più potenti monarchie europee. Nel 1492 intanto era morto Lorenzo de’ Medici, da molti ritenuto “l’ago della bilancia” tra le potenze italiane. L’equilibrio, già precario, ne uscì definitivamente compromesso e la situazione politica dell’Italia precipitò. Iniziava il periodo delle cosiddette guerre d’Italia (1494-1559), in cui si scontrarono le maggiori potenze europee, in lotta per la supremazia.
La flotta aragonese rientra a Napoli, detta “Tavola Strozzi”, 1487 [Museo di Capodimonte, Napoli]
Questo dipinto rappresenta il rientro della flotta aragonese nel porto di Napoli nel 1487, in seguito alla vittoria del re Ferrante contro i baroni ribelli. La tradizione vuole che la tavole fosse appartenuta a Filippo Strozzi, ricco banchiere fiorentino, molto vicino alla corte napoletana.
Cammeo con ritratto di Ludovico il Moro, XV sec. [Museo degli Argenti, Firenze]
Su questo cammeo (una lavorazione a rilievo realizzata su una pietra, solitamente l’onice) è scolpito il ritratto di Ludovico Maria Sforza detto “il Moro”. Il duca è rappresentato di profilo e in armatura (di cui si scorgono gli spallacci e il colletto in anelli d’acciaio) così come voleva la tradizione artistica e politica del tempo.
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Modulo 5 Tra Medioevo ed età moderna
23.2 Carlo VIII conquista l’Italia “col gesso” Le mire espansionistiche del re di Francia Carlo VIII nutriva grandi ambizioni riguardo all’Italia e in particolare al Regno di Napoli, che mirava a occupare avvalendosi della sua qualità di erede degli Angioini, per poi farne una base di operazioni contro i turchi, in una nuova crociata che avrebbe dovuto assicurargli grande prestigio e il controllo dell’Oriente. Quando Ludovico il Moro chiese il suo intervento contro Ferrante, promettendogli di non intervenire nel caso avesse marciato su Napoli, il re di Francia vide la strada aperta al suo progetto. Nel settembre 1494 Carlo VIII entrò nella penisola italiana con un esercito di 30.000 uomini e molte artiglierie. Un’invasione tranquilla La spedizione avanzò senza incontrare resistenze: «una guerra fatta col gesso», la definì amaramente Niccolò Machiavelli, intendendo dire che l’unica fatica dei francesi fu quella di segnare col gesso le porte delle case destinate ad alloggiare gli ufficiali. A Firenze, Piero de’ Medici (1492-94), figlio e successore del Ma-
Aa Documenti 1494, l’Italia in mano alle potenze straniere Secondo Francesco Guicciardini (14831540), autore di una celebre Storia d’Italia dedicata agli avvenimenti tra il 1494 e il 1534 (quando l’Italia fu progressivamente invasa da eserciti stranieri e perse l’indipendenza), il nostro paese aveva attraversato prima di questo fosco periodo un’epoca di grande prosperità, dovuta alla pace che per cinquant’anni aveva regnato nella penisola, grazie all’intelligenza politica e agli sforzi diplomatici dei vari regnanti e in primo luogo di Lo-
E
renzo il Magnifico, signore di Firenze, da molti considerato “l’ago della bilancia” di quell’equilibrio e di quella stabilità. Morto Lorenzo nel 1492, la parola sarebbe passata dalla diplomazia alla guerra, dalla pace alle ostilità, e i continui conflitti fra i maggiori Stati italiani avrebbero aperto la strada alle invasioni straniere. L’Italia insomma, secondo Guicciardini, viveva prospera e felice perché invece di pensare alla guerra pensava alla pace. A ciò serviva la diplomazia, arte difficile, de-
ra una parte dello esercito del re Carlo1 poco innanzi passate l’Alpe, e da poi lui personalmente col resto dello esercito venutone in Italia; nel quale era grandissimo numero di uomini d’arme, fanterie e artiglierie, ma quanto non so el particulare2. E era entrata in Italia una fiamma e una peste che non solo mutò gli stati, ma e’ modi ancora del governargli e e’ modi delle guerre; perché dove prima, sendo divisa Italia principalmente in cinque stati, papa, Napoli, Vinegia, Milano e Firenze, erano gli studi di ciascuno per conservazione delle cose proprie3, vòlti a riguardare4 che nessuno occupasse di quello d’altri e accrescessi tanto che tutti avessino a temerne5, e per questo tenendo conto di ogni piccolo movimento che si faceva e faccendo romore eziandio della alterazione di ogni minimo castelluzzo6: e quando pure si veniva a guerra erano tanto bilanciati gli aiuti e lenti e’ modi della milizia e tarde le artiglierie, che nella espugnazione di uno castello si consumava quasi tutta una state7, tanto che le guerre erano lunghissime e e’ fatti d’arme si terminavano 1 Carlo VIII. 2 L’autore non ne conosce i dettagli. 3 Ognuno dei cinque Stati era impegnato a preservare ciò che possedeva. 4 Gli sforzi erano rivolti a fare in modo. 5 Nessuno doveva ampliare il suo territorio a scapito degli altri. 6 Anche il passaggio di proprietà di un semplice
licata, che troppo spesso i potenti dimenticano, per consegnare alla forza delle armi le loro presunte ragioni e i loro presunti interessi. Mediare fra le parti, risolvere i conflitti è stata nella storia un’arte praticata in modo assai intermittente e maldestro. Quella di Guicciardini è, alla fin dei conti, una grande lezione di intelligenza. Così, in una pagina delle sue Storie fiorentine, Guicciardini rievoca l’ingresso in Italia del re di Francia Carlo VIII, che nel 1494 aprì la lunga stagione delle “guerre d’Italia”.
con piccolissima e quasi nessuna uccisione. Ora per questa passata de’ franciosi8, come per una subita9 tempesta rivoltatasi sottosopra ogni cosa, si roppe e squarciò la unione di Italia e el pensiero e cura che ciascuno aveva alle cose communi; in modo che vedendo assaltare e tumultuare10 le città, e’ ducati e e’ regni, ciascuno stando sospeso11 cominciò attendere le sue cose proprie, né si muovere12 per dubitare che uno incendio vicino, una ruina di uno luogo prossimo avessi a ardere e ruinare lo stato suo. Nacquono le guerre subite e violentissime, spacciando e acquistando in meno tempo uno regno che prima non si faceva una villa13; le espugnazione delle città velocissime e condotte a fine non in mesi ma in dì ed ore; e’ fatti d’arme fierissimi14 e sanguinosissimi. E in effetto gli stati si cominciorono a conservare, a rovinare, a dare e a tôrre15 non co’ disegni e nello scrittoio16 come pel passato, ma alla campagna17 e colle arme in mano.
luogo fortificato scatenava grandi discussioni. 7 L’estate era la stagione in cui si combatteva. 8 Invasione dei francesi. 9 Improvvisa. 10 Rivoltarsi. 11 Aspettando. 12 Nessuno si mosse per paura. 13 Si perdeva e s’acquistava un regno in un tem-
F. Guicciardini, Storie fiorentine, capitolo XI po inferiore a quello che una volta si impiegava per conquistare o perdere un villaggio. 14 Crudeli. 15 Conquistare. 16 Con i piani diplomatici e nelle cancellerie. 17 Nelle battaglie campali.
Capitolo 23 Le guerre per il predominio europeo e l’occupazione dell’Italia gnifico, lo accolse con fare arrendevole, senza opporgli alcun ostacolo. Giunto nell’Italia meridionale, Carlo VIII occupò il Regno di Napoli in tredici giorni, anche qui senza colpo ferire, mentre il re Ferrante d’Aragona fuggiva.
Una potente alleanza antifrancese A questo punto Venezia, Roma e Milano, allarmate per il troppo rapido successo del re di Francia e temendo per la propria indipendenza, strinsero una lega, a cui aderirono anche la Spagna e l’Impero, allo scopo di impedire la prevalenza francese in Italia. Carlo VIII fu così costretto a lasciare Napoli e a ritirarsi. Dopo uno scontro a Fornovo, presso Parma, superato grazie alle artiglierie, il re rientrò in patria nel luglio 1495 e il Regno di Napoli tornò nelle mani degli Aragonesi.
23.3 La Repubblica di Firenze e Girolamo Savonarola La cacciata dei Medici La più immediata conseguenza politica della discesa di Carlo VIII si verificò a Firenze, dove la popolazione si sollevò e cacciò i Medici, giudicando troppo debole e accondiscendente il contegno tenuto da Piero nei confronti del re di Francia durante il suo passaggio attraverso la Toscana. Venne pertanto instaurato un governo repubblicano (1494-1512) in cui inizialmente assunse una posizione di primo piano un frate domenicano, Girolamo Savonarola (1452-1498), uomo austero e di grande fede, ostile ai Medici, ai quali rimproverava lo sfarzo e il dispendio di ricchezze. Le sue prediche diventarono famose: migliaia di persone si affollavano ad ascoltarlo «et si veniva talvolta due o tre ore inanzi dì, per pigliare il posto», scrisse il cronista Simone di Mariano Filipepi, che lo descrive come un grande comunicatore, capace di infiammare le folle: «in pulpito mostrava uno animo invitto et virile, libero da ogni rispetto mondano, et senza paura d’uomo vivente, alla maniera degli antichi profeti, apostoli, et martiri». Provvedimenti di Savonarola in favore del popolo Savonarola sosteneva la necessità di un governo ispirato alla morale cristiana, più sensibile ai bisogni della povera gente. A tale scopo fu proposta l’abolizione dei debiti e delle tasse che pesavano sui poveri e fu fondato il Monte di Pietà, una sorta di banca (istituita per la prima volta a Perugia nel 1462) che concedeva prestiti senza interessi, trattenendo in pegno oggetti di valore. Contro Savonarola e i suoi sostenitori, che gli avversari chiamavano “piagnoni” per deriderne il moralismo rigido e inflessibile, si levarono gli aristocratici seguaci dei Medici (detti “palleschi” dalle sei palle raffigurate nello stemma della famiglia). A essi si unì il papa Alessandro VI Borgia (1492-1503), che il frate aveva spesso accusato di corruzione. Arrestato e processato, Savonarola fu condannato a morte e arso sul rogo (1498) assieme ad alcuni confratelli.
Il rogo di Savonarola nel 1498, part., XVI sec. [Museo di San Marco, Firenze]
Girolamo Savonarola entrò nell’ordine domenicano all’età di venti anni. Disgustato per la condotta morale dei potenti del suo tempo, si dedicò alla predicazione di una vita austera e priva di vizi e corruzione. Arrivò persino ad accusare il papa, Alessandro VI, di corrotti costumi tanto che fu raggiunto dalla scomunica. Le sue prediche radunavano migliaia di seguaci che giungevano da ogni dove per poterlo ascoltare. Subì ben tre processi e fu condannato, per eresia, all’impiccagione e al rogo, pena che si consumò nel maggio del 1498.
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Modulo 5 Tra Medioevo ed età moderna
23.4 I francesi a Milano, gli spagnoli a Napoli Gli obiettivi italiani di Luigi XII Nel 1498, mentre a Firenze veniva condannato Savonarola, in Francia saliva sul trono Luigi XII (1498-1514), cugino di Carlo VIII, morto senza lasciare eredi e ultimo discendente della dinastia dei Valois. Luigi XII riprese la politica espansionistica del suo predecessore e il programma di conquiste in Italia, mirando, questa volta, non solo al Regno di Napoli ma anche al Ducato di Milano, su cui avanzava diritti grazie alla parentela con la dinastia Visconti, spodestata da Ludovico il Moro. La conquista di Milano e di Napoli Per ottenere mano libera in Lombardia, Luigi XII si assicurò l’alleanza di Venezia e del papa, promettendo a Venezia diversi territori nella Val Padana e al papa Alessandro VI un appoggio militare per riconquistare la Romagna, dove, a scapito del potere pontificio, si erano affermate diverse signorie locali. In tal modo Luigi XII, entrato in Italia con le sue truppe, si impadronì di Milano senza difficoltà (1500). Altrettanto agevolmente egli riuscì a occupare Napoli, con l’appoggio militare del re di Spagna, Ferdinando il Cattolico [ 20.2], anch’egli interessato al controllo dell’Italia meridionale, che pure era in mano agli Aragonesi suoi parenti.
La Parola
nepotismo Con il termine “nepotismo” (dal latino nepos, ‘nipote’) si indica la pratica, da parte di chi esercita il potere politico, di favorire i propri parenti nell’assegnazione di cariche pubbliche o di particolari privilegi. La parola ha un senso decisamente negativo, poiché presuppone che il vincolo familiare prevalga sulla considerazione dei reali meriti delle persone.
La guerra franco-spagnola Al momento di spartirsi il territorio conquistato, tuttavia, francesi e spagnoli vennero alle armi, in un conflitto che durò dal 1501 al 1503. Nel corso di questa guerra ebbe luogo la cosiddetta “disfida di Barletta” (1503), un duello fra tredici cavalieri italiani, militanti nell’esercito spagnolo, e tredici francesi, che furono sconfitti. In seguito a tali vicende il Regno di Napoli, cacciata la dinastia aragonese, diventò un possesso spagnolo (tale rimase fino agli inizi del Settecento). Il Ducato di Milano passò invece alle dipendenze della monarchia francese. In pochi anni erano stati assoggettati due dei maggiori Stati italiani e l’intera penisola si era aperta alle conquiste straniere.
23.5 La politica dei papi nell’Italia occupata I Borgia Mentre francesi e spagnoli si insediavano in Italia, i papi avviarono un’energica azione per consolidare il loro Stato, frazionatosi in varie signorie e potentati locali. Tale programma fu iniziato da Alessandro VI, un papa di origine spagnola, della potente famiglia Borgia, che rimase sul trono pontificio dal 1492 al 1503. Egli, per favorire le fortune della sua famiglia, secondo la spregiudicata pratica politica del “nepotismo”, affidò la realizzazione del progetto al figlio Cesare Borgia (1475-1507), detto “il Valentino” (dal nome del Ducato di Valentinois, conferitogli dal re di Francia Luigi XII per ripagare Alessandro VI di alcuni
I tempi della storia Due spiegazioni della crisi italiana Come si spiega il crollo dei maggiori Stati italiani? Secondo Francesco Guicciardini (1483-1540), autore di un’acuta analisi politica nella sua Storia d’Italia, capolavoro della storiografia italiana agli albori dell’età moderna, uno dei principali motivi fu la ripresa delle lotte fra i principi italiani, che finirono con l’indebolirsi reciprocamente creando una situazione favorevole all’ingresso delle potenze straniere nella penisola. Alla ripresa dei contrasti concorse – in modo decisivo, secondo Guicciardini – la scomparsa dalla scena politica di Lo-
renzo il Magnifico, morto nel 1492: «morte dannosissima per l’Italia e per la sicurezza comune, perché egli era il perno dell’equilibrio, il moderatore dei contrasti». Secondo un altro storico e politico fiorentino dell’epoca, Niccolò Machiavelli (1469-1527), la causa prima dell’invasione dell’Italia sarebbe invece stata la sproporzione fra le grandi forze militari delle monarchie europee e quelle dei piccoli e divisi Stati italiani, troppo deboli per opporsi alle tendenze espansionistiche dei sovrani europei, che erano troppo forti
per consentire a uno di essi di assumere le redini del potere nell’intera penisola. Un’Italia unita, con «un solo principe che la governa», secondo Machiavelli avrebbe potuto far fronte agli invasori con maggiore efficacia. Per qualche tempo egli guardò a Cesare Borgia come possibile artefice di questa vasta entità politica: dopo averlo incontrato a Imola e a Urbino nel 1502, Machiavelli ammirò le capacità politiche, amministrative, diplomatiche del Valentino, ma anche la sua energia, la sua determinazione, la sua mancanza
Capitolo 23 Le guerre per il predominio europeo e l’occupazione dell’Italia
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favori ricevuti). Con grande abilità ma anche con ogni sorta di violenze e di inganni, Cesare Borgia riuscì a costituire uno Stato che controllava parecchie città di Romagna e delle Marche, ma tale costruzione politica si rivelò fragile e non sopravvisse alla morte di Alessandro VI, avvenuta nel 1503.
Giulio II e la Lega di Cambrai Il nuovo papa, Giulio II della Rovere (1503-13), era un uomo di eccezionale combattività, di cui si diceva che avesse «abbandonato le chiavi di san Pietro per impugnare la spada di san Paolo». Avverso ai Borgia, costrinse il Valentino a fuggire (egli riparò in Spagna, dove morì alcuni anni più tardi). Si impegnò a fondo per restaurare l’integrità dello Stato pontificio: ricondusse all’obbedienza Bologna (dove si era affermata la Signoria dei Bentivoglio) e Perugia (divenuta Signoria della famiglia Baglioni). L’azione politica di Giulio II continuò promuovendo la Lega di Cambrai, in cui raccolse alleati contro Venezia che, alla caduta del Valentino, aveva occupato il litorale romagnolo situato sotto il controllo pontificio. Della lega facevano parte il re di Spagna Ferdinando il Cattolico, il re di Francia Luigi XII e l’imperatore tedesco Massimiliano d’Asburgo: sconfitta ad Agnadello nel 1509, Venezia fu obbligata a restituire Cervia, Ravenna e il Polesine. La Lega Santa e i suoi effetti Giulio II, inoltre, preoccupato della crescente influenza francese, promosse un’alleanza contro la Francia, che pure lo aveva sostenuto nella guerra contro Venezia. A questa Lega Santa, come fu chiamata (1511), aderirono truppe veneziane, spagnole, inglesi e svizzere. Vincitori nella battaglia di Ravenna (1512), i francesi furono battuti anche in altri scontri e dovettero abbandonare la penisola italiana. A Milano tornarono gli Sforza, con Massimiliano (1512-15), figlio di Ludovico il Moro, mentre a Firenze, caduta la repubblica che aveva parteggiato per la Francia, ritornarono i Medici. Tre anni dopo, tuttavia, nel 1515, il nuovo re di Francia Francesco I (1515-47) nuovamente si impadronì di Milano, dopo aver vinto a Marignano (l’odierna Melegnano) le truppe svizzere al servizio di Massimiliano Sforza. Nello stesso anno gli svizzeri, ritirandosi dalla Lombardia, occuparono il territorio del Canton Ticino, che da allora entrò a far parte del loro Stato.
Raffaello, Ritratto di papa Giulio II, XVI sec. [Galleria degli Uffizi, Firenze]
Papa Giulio II della Rovere, rappresentato in questo ritratto del grande pittore rinascimentale Raffaello Sanzio, fu uomo forte e combattivo. Nei dieci anni di pontificato riuscì a riportare rigore morale nello Stato pontificio, promosse un’alleanza contro i francesi che furono costretti a lasciare l’Italia e tenne testa a tutti i potenti dell’Europa.
Altobello Meloni, Ritratto di Cesare Borgia, XVI sec. [Accademia Carrara, Bergamo]
Cesare Borgia detto “il Valentino”, figlio illegittimo di papa Alessandro VI, fu uomo scaltro e risoluto tanto da divenire modello per l’opera Il principe di Niccolò Machiavelli.
La pace di Noyon Morto Giulio II nel 1513, il nuovo pontefice Leone X (151321) si adoperò per stabilizzare la situazione del paese, sconvolto da decenni di conflitti (ma le «orrende guerre d’Italia», come le chiamò lo storico Francesco Guicciardini, vissuto in quegli anni, non erano affatto terminate). Nel 1516 la pace di Noyon confermò l’attribuzione del Regno di Napoli alla Spagna e del Ducato di Milano alla Francia.
di scrupoli. A lui probabilmente si ispirò per descrivere, nella sua celebre celebre opera intitolata Il principe, le qualità del principe ideale, che deve usare accortamente le leggi, proprie della società degli uomini, ma, quando le leggi non bastano, anche la forza, propria delle bestie. «Pertanto al principe è necessario sapere usare bene la bestia e l’uomo». Ma l’uomo politico non deve prendere a modello solo il leone, che confida sulle sue forze ma è poco astuto; anche la volpe, con la sua furbizia, deve essergli di esempio.
«Essendo dunque uno principe necessitato a sapere bene usare la bestia, deve di quelle pigliare la golpe et il lione». Con Niccolò Machiavelli si afferma un modo nuovo di concepire la politica, come attività non legata a fini morali o universali (il giusto, il bene) ma solo a obiettivi pratici. Ne Il principe, egli sostiene che la virtù di un capo di Stato non si misura dalla bontà delle sue azioni ma dai loro risultati («il fine giustifica i mezzi»). Per questa mancanza di riferimenti alla dimensione morale o religiosa della po-
litica, che (almeno a parole) sosteneva l’operato dei sovrani dell’epoca, il libro di Machiavelli suscitò notevole scandalo, tanto che nel 1559 la Chiesa ne proibì la pubblicazione e la vendita.
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Modulo 5 Tra Medioevo ed età moderna
Sintesi
Le guerre per il predominio europeo e l’occupazione dell’Italia
Un equilibrio instabile La politica di equilibrio inaugurata a Lodi nel 1454 mostrò presto le sue contraddizioni e nei singoli Stati vi furono tensioni, contrasti e congiure. A Firenze nel 1478 la congiura dei Pazzi portò all’uccisione di Giuliano de’ Medici, fratello di Lorenzo il Magnifico. A Napoli nel 1485 scoppiò la congiura dei baroni, contrari alla riorganizzazione amministrativa, che terminò con la sconfitta dei nobili. A Milano nel 1476 fu ucciso il duca e Ludovico il Moro si impadronì del potere, chiamando in aiuto il re di Francia Carlo VIII contro le rivendicazioni del re di Napoli Ferrante. La morte di Lorenzo de’ Medici nel 1492 compromise definitivamente l’equilibrio tra gli Stati italiani; iniziò il periodo delle guerre d’Italia, combattute tra le maggiori potenze europee. Carlo VIII conquista l’Italia “col gesso” Carlo VIII mirava a impadronirsi del Regno di Napoli (in quanto erede degli Angioini) e la richiesta di aiuto di Ludovico il Moro spianò la strada a tale progetto. Nel 1494 entrò in Italia avanzando senza difficoltà. Secondo Machiavelli la sua unica fatica fu quella di segnare col gesso le porte delle case in cui alloggiare gli ufficiali. A Firen-
ze, Piero de’ Medici lo accolse senza ostacolarlo. Giunse a Napoli senza incontrare resistenza. Si formò una Lega tra Stati italiani (Venezia, Roma, Milano), Spagna e Impero per contrastare il predominio francese; dopo la battaglia di Fornovo (1495) Carlo VIII rientrò in Francia e il Regno di Napoli tornò agli Aragonesi. La Repubblica di Firenze e Girolamo Savonarola La prima conseguenza della discesa di Carlo VIII si ebbe a Firenze, dove i Medici furono cacciati da una sollevazione popolare che li accusava di debolezza verso i francesi. Si formò un governo repubblicano (1494-1512) in cui inizialmente emerse la figura del frate domenicano Girolamo Savonarola, che nelle sue prediche incitava a un governo che tenesse in considerazione la morale cristiana e i bisogni dei poveri. Fu fondato il Monte di Pietà, una sorta di banca che prestava senza interessi in cambio di oggetti dati in pegno. Contro i seguaci di Savonarola si sollevarono gli aristocratici sostenuti dal papa: il frate fu condannato e arso sul rogo (1498). I francesi a Milano, gli spagnoli a Napoli Il nuovo re di Francia Luigi XII riprese la po-
litica espansionista in direzione dell’Italia. Si alleò con Venezia e il papa e si impadronì di Milano e di Napoli, sostenuto anche dal re di Spagna Ferdinando il Cattolico. Tra 1501 e 1503 si scatenò un conflitto tra francesi e spagnoli per la spartizione delle conquiste, in seguito al quale Napoli divenne un possesso spagnolo mentre la Francia ottenne Milano. La politica dei papi nell’Italia occupata Intanto il papa Alessandro VI intendeva rafforzare il suo Stato, internamente indebolito da signorie e potentati locali. Il progetto fu affidato al figlio Cesare Borgia, che costituì uno Stato tra Romagna e Marche, destinato a crollare dopo la morte del papa. Il nuovo pontefice, Giulio II della Rovere, dopo aver costretto alla fuga Cesare Borgia, si impegnò a restaurare l’integrità dello Stato pontificio: promosse la Lega di Cambrai contro Venezia, che aveva occupato il litorale romagnolo, e una Lega Santa contro i francesi che, sconfitti, abbandonarono l’Italia. A Milano tornarono gli Sforza, a Firenze i Medici. Ma nel 1515 il re di Francia Francesco I si impadronì di Milano. L’anno seguente, la pace di Noyon confermò l’attribuzione di Napoli alla Spagna e di Milano alla Francia.
Esercizi Analizzare e comprendere 1. Colloca sulla linea del tempo gli eventi elencati in ordine sparso. 1476
1. 2. 3. 4. 5. 6.
1478
1485
1492
1494
1495
si costituisce la Lega Santa morte di Lorenzo dei Medici battaglia di Ravenna Savonarola viene condannato e arso sul rogo a Firenze pace di Noyon Carlo VIII scende in Italia
2. Nelle frasi seguenti, segna il giusto completamento. a. I sostenitori di Savonarola a Firenze erano chiamati: baroni. palleschi.
piagnoni. poveri.
1498
7. 8. 9. 10. 11. 12.
1500
1511
1512
1515
1516
Francesco I scende in Italia uccisione di Galeazzo Maria Sforza a Milano battaglia di Fornovo congiura dei Pazzi a Firenze Luigi XII conquista Milano congiura dei baroni a Napoli
b. La spedizione in Italia di Carlo VIII si concluse: con la conquista di Milano, Firenze e Napoli. con il ritiro definitivo dell’esercito francese. con il rientro temporaneo in patria dell’esercito francese. con l’alleanza tra la Francia e il Papato.
Capitolo 23 Le guerre per il predominio europeo e l’occupazione dell’Italia
c. La richiesta di aiuto fatta da Ludovico il Moro a Carlo VIII avvenne in seguito alle mire su Milano: del re di Napoli Ferrante. del re di Spagna Ferdinando il Cattolico. del nipote Gian Galeazzo II. di Lorenzo dei Medici.
g. Il Canton Ticino venne occupato dagli svizzeri: nel 1513. nel 1515.
nel 1516. nel 1509.
3. Associa alle seguenti parole chiave il significato corretto.
d. La prima conseguenza della spedizione di Carlo VIII fu:
congiura • disfida • Monte di Pietà • nepotismo • palleschi • piagnoni
la formazione di una lega antifrancese. il ritorno a Napoli degli Aragonesi. la fine della dinastia dei Valois. la nascita della Repubblica fiorentina.
Istituto di credito che concede prestiti dietro il pegno di beni
e. La “disfida di Barletta” avvenne durante la guerra: tra francesi e spagnoli dopo la spedizione di Carlo VIII. tra francesi e spagnoli dopo la spedizione di Luigi XII. tra francesi e Regno di Napoli durante la spedizione di Carlo VIII. tra francesi e Lega Santa dopo la spedizione di Francesco I. f. Il progetto politico di Cesare Borgia: portò a formare per breve tempo uno Stato tra Marche e Romagna. favorì l’alleanza tra il Papato e la Francia. consisteva nel restaurare l’integrità dello Stato pontificio. portò alla nascita della Lega di Cambrai.
Termine con cui erano chiamati i seguaci di Savonarola per il loro rigido moralismo Tendenza dei papi a favorire i propri familiari Patto segreto stipulato allo scopo di rovesciare un regime politico Termine che indicava i sostenitori dei Medici Sfida a duello o a combattimento
4. Completa la seguente tabella inserendo le informazioni mancanti. LA CRISI DELLA POLITICA DELL’EQUILIBRIO DOVE
MILANO
FIRENZE
NAPOLI
CHI
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famiglia dei .....................................................
...........................................
COSA
estromette il giovane ................................ ................................. dal governo cittadino
• ........................................................................... • viene ucciso ................................................
• congiura ....................................................... • ribellione contro il ..................................
ANNO
.............................
.............................
.............................
SCOPO
diventare ..........................................................
escludere la famiglia ................................. dal .......................................................................
contrastare la ............................................... ......................................................... del regno
positivo: ............................................................
negativo: ..........................................................
negativo: ..........................................................
..............................................................................
..............................................................................
..............................................................................
ESITO
Analizzare e produrre 5. Rispondi alle seguenti domande producendo un breve testo di almeno 2-3 righe. 1. 2. 3. 4. 5. 6.
Fino a quando sopravvisse l’equilibrio fissato dalla pace di Lodi? Che cosa si intende per “guerra fatta col gesso”? In riferimento a quale impresa? Chi fu favorito dal papa Alessandro VI Borgia? In che modo? Che cosa accadde a Firenze nel 1494? Quali furono le conseguenze della battaglia di Ravenna? Che cosa fu stabilito dalla pace di Noyon?
(nobiltà feudale)
259
260
Modulo 5 Tra Medioevo ed età moderna
6. Completa la seguente tabella. GLI SCONTRI PER L’OCCUPAZIONE DELL’ITALIA CHI
CARLO VIII re di Francia (1483-98)
LUIGI XII re di Francia (1498-1514)
Papa GIULIO II DELLA ROVERE (1503-13)
FRANCESCO I re di Francia (1494-1547)
QUANDO
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PERCHÉ
AZIONI SALIENTI
ALLEATI
OPPOSITORI
CONSEGUENZE DEL SUO OPERATO
7. Verso il saggio breve Leggi il documento “1494, l’Italia in mano alle potenze straniere” a p. 254 e rispondi alle seguenti domande. 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7.
Quale situazione caratterizzava i rapporti tra gli Stati italiani prima del 1494? Per quale motivo? In che modo erano condotte le guerre tra Stati prima? E dopo? Quale evento storico accade nel 1494? Per quale motivo Guicciardini definisce «una fiamma e una peste» la spedizione di Carlo VIII? Che tipo di politica portavano avanti in precedenza gli Stati italiani? Come viene valutata? Quali conseguenze essa portò nei territori italiani? Come reagiscono gli Stati italiani alla nuova situazione? Per quale motivo?
Leggi il documento “Due spiegazioni della crisi italiana” alle pp. 256-257 e rispondi alle seguenti domande. 1. 2. 3. 4. 5.
Quale fu per Guicciardini la causa del crollo degli Stati italiani? Quale fu per Machiavelli la causa del crollo degli Stati italiani? Quale soluzione, secondo Machiavelli, avrebbe permesso agli Stati italiani di opporsi più efficacemente? Come è giudicato da Machiavelli Cesare Borgia? Quale concezione della politica si afferma con Machiavelli?
Sulla base delle informazioni raccolte in questo modo, scrivi un testo di almeno 12-15 righe dal titolo “La crisi degli Stati italiani nell’analisi di due storici del tempo”.
La discussione storiografica
Monarchie centralizzate, monarchie composite, Stati regionali I
l nuovo modello monarchico che si affermò nei paesi dell’Europa occidentale a iniziare dagli ultimi secoli del Medioevo fu descritto dalla storiografia ottocentesca come risultato di un profondo rinnovamento culturale, che nel Quattro-Cinquecento diede origine al Rinascimento [ 24]. Lo storico svizzero Jacob Burckhardt arrivò a definire “opera d’arte” questo tipo di Stato, “artificio politico” generato dalla volontà di un principe (nelle città italiane) o di un re (negli Stati europei). Qualcosa di simile sostenne, nel 1958, lo storico italiano Federico Chabod, sottolineando la novità dello “Stato rinascimentale” rispetto alle esperienze politiche medievali, che si configuravano non come autonoma affermazione di un potere sovrano, ma come diretta espressione delle forze sociali (modello che la storiografia tedesca,
per esempio Otto Hintze, definisce “Stato dei ceti sociali”). Nel XX secolo gli storici hanno approfondito gli aspetti tecnici di queste nuove formazioni statali, in particolare la costruzione di un apparato fiscale, di una burocrazia stipendiata, di un esercito permanente: tre condizioni che resero possibile l’esercizio di un potere accentrato nelle mani del sovrano. Parallelamente sono stati messi in luce gli aspetti ideologici di questo fenomeno, ossia la capacità di costruire una identità “nazionale” nella popolazione dello Stato (giocando su questioni culturali, linguistiche, religiose) e al tempo stesso di costruire attorno al re un alone di prestigio mistico-sacrale. In Francia e in Inghilterra, tale costruzione ideologica arrivò ad attribuire ai re virtù taumaturgiche e quasi magiche, ossia la capacità di guarire, con la
semplice imposizione delle mani, certe malattie come la scrofola [ I tempi della storia, 11.2]. La storiografia più recente vede la costruzione delle “nuove monarchie” come un fenomeno meno lineare. In particolare, studiosi come l’inglese John H. Elliot hanno fatto notare come i sovrani europei del tardo Medioevo e della prima età moderna riescano a costruire il loro Stato solo mettendo insieme singoli frammenti di territorio e singoli diritti di successione su ciascuno di essi. Per esempio, la monarchia francese riuscì ad affermarsi come unità politica non partendo da un’idea astratta di sovranità assoluta, ma accumulando e giustapponendo singole contee e ducati, quasi moltiplicando tante corone su un’unica testa. Il risultato di tale meccanismo è stato definito da Elliot una “monarchia composita”.
renza dei sovrani negli affari spirituali e di affermare la propria supremazia sui sovrani della Terra. In secondo luogo Schiera insiste sull’idea che la nascita dei nuovi organismi statali presuppone il passaggio da una concezione feudale del potere, legato alla persona del “signore”, a una diversa concezione (che peraltro già si delinea nel periodo feudale) della “sovranità” esercitata su un territorio. I medesimi temi tornano nel secondo brano, in cui Giorgio Chittolini analizza le affinità e le diversità (rispetto alle
coeve monarchie europee) degli Stati “regionali” che si affermarono in Italia tra Medioevo e Rinascimento. Analoga fu la tendenza a consolidare il potere centrale, analogo il ricorso a strumenti quali la burocrazia, la diplomazia, il fisco; analogo il rafforzamento dell’esercito. Analogo, soprattutto, il passaggio da una concezione personale del potere a una idea “territoriale” della sovranità. Ciò detto, Chittolini sottolinea anche le differenze, soprattutto nella persistenza di una dimensione parcellizzata e frammentata delle unità statali.
I testi “Stato moderno” è l’espressione che molti storici utilizzano per indicare le nuove entità politiche che presero forma in Europa a iniziare dagli ultimi secoli del Medioevo. Nel primo dei due brani che ora presentiamo, Pierangelo Schiera delinea i principali caratteri di tali organismi, insistendo anzitutto sul fatto che la nuova idea di “Stato” presuppone la separazione concettuale della politica dalla religione, che fu resa possibile (paradossalmente) proprio dalla volontà dei papi, espressa durante la lotta per le investiture [ 3.4], di proibire l’inge-
262
Modulo 5 Tra Medioevo ed età moderna
Lo sviluppo dello Stato moderno in Europa Pierangelo Schiera
«Il concetto di ‘Stato’ non è un concetto universale, ma serve soltanto a indicare e a descrivere una forma di ordinamento politico sorta in Europa, a partire dal XIII secolo fino alla fine del XVIII o agli inizi del XIX, sulla base di presupposti e motivi specifici della storia europea, e che da quel momento in poi si è estesa – liberandosi in certa misura delle sue originarie condizioni concrete di nascita – all’intero mondo civilizzato». Questa affermazione [dello storico tedesco] Ernst Wolfgang Böckenförde può ben servire da punto di partenza… [per] rintracciare gli esatti confini entro cui si può far uso in modo omogeneo di quel concetto. In tal senso lo «Stato moderno europeo» ci appare come una forma di organizzazione del potere storicamente determinata e, in quanto tale, caratterizzata da connotati che la rendono peculiare e diversa da altre forme, pure storicamente determinate, e, al loro interno, omogenee, di organizzazione del potere. L’elemento centrale di tale differenziazione consiste, senza dubbio, nel progressivo accentramento del potere […] fondato a sua volta sulla concomitante affermazione del principio della territorialità […] e sulla progressiva acquisizione della impersonalità del comando politico […]. Nei suoi termini essenziali, la forma di organizzazione del potere conforme a tali interessi si contrappone a un mondo politico caratterizzato da due tratti di fondo, solo in apparenza contraddittori. Il primo è la concezione universalistica della respublica christiana, enunciata nella teoria e attuata nella prassi, da parte papale, attraverso la lotta per le investiture. [Ma] – ed è il secondo aspetto – proprio pro-
clamando il primato dello spirituale sul politico […] il papa riconosceva di fatto l’autonomia almeno potenziale della politica e offriva il terreno su cui poterono insediarsi, muoversi, rafforzarsi e, infine, prevalere gli interessi temporali scaturenti dai nuovi rapporti economici e sociali. […] L’incontro dei due movimenti descritti, dall’alto e dal basso, si compì assai lentamente su di un primo piano, spaziale, costituito dal “territorio”: estensione fisica di terreno sufficientemente ampia da consentire il crescente intreccio di interessi e di relazioni fra gruppi vicini e da ricevere quindi riconoscimento e disciplina istituzionale […]. Il secondo piano, su cui l’incontro avvenne, attiene ancor più al momento istituzionale, e propriamente al problema dell’organizzazione del potere, attraverso l’emergere, sulle diverse antiche “signorie” di cui in origine constava il nuovo “territorio”, di un momento sintetico di decisione e di governo, rappresentato dal signore territoriale, cioè dal principe, in capo al quale l’antica, generica signoria a contenuto prevalentemente personale si trasforma in sovranità a contenuto sempre più marcatamente politico. È il passaggio dalla “signoria terriera” alla “sovranità territoriale”. […] La descrizione appena compiuta rappresenta, nelle sue grandi linee, lo “Stato” politico dell’Europa cristiana nell’età immediatamente pre-moderna, cioè fra il XIII e il XVI secolo. P. Schiera, Stato moderno, in Dizionario di politica, a cura di N. Bobbio e N. Matteucci, Torino 1976, p. 1006
Gli Stati regionali in Italia Giorgio Chittolini
Nei paesi che già conoscevano istituzioni monarchiche – lo Stato della Chiesa, il Regno di Napoli, o le grandi nazioni dell’Europa occidentale – la tendenza alla creazione di più ampie strutture territoriali finisce per giocare a favore di quelle istituzioni medesime, rafforzandole e meglio subordinando a esse i nuclei di particolarismo. Là dove invece – come nell’Italia comunale, o, con qualche variante, nelle Fiandre e in talune aree tedesche – tale ordinamento monarchico (in sostanza, l’Impero) si era rivelato da tempo troppo debole per porsi come valido esempio di riorganizzazione territoriale, e dove, viceversa, più rigogliose e autonome si erano sviluppate forme di organizzazione politica particolari, non soltanto intorno a signorie e feudi, ma intorno alle città, la ricomposizione
si veniva attuando, per così dire, dal basso, col definirsi di coordinazioni, o di rapporti di dipendenza, fra i vari nuclei locali, intorno ad alcuni nuclei maggiori, cittadini o principeschi. […] [Si costituisce in tal modo, nel corso del XV secolo, una nuova organizzazione territoriale], non più basata, come agli inizi del Duecento, su decine e decine di Stati-città, che ripetevano tutti l’identico schema di un centro urbano circondato da un territorio più o meno ampio […], frammezzati, o meglio contornati da formazioni signorili autonome o semi-autonome, da più piccoli centri borghigiani, da distretti rurali montani, in un mosaico frazionatissimo di territori; ora [invece] si disegnano alcune grosse formazioni statali, differenti dalle precedenti non solo per
La discussione storiografica Monarchie centralizzate, monarchie composite, Stati regionali
maggiore ampiezza, ma anche per la maggiore stabilità ed equilibrio, per la molteplicità delle forme di organizzazione politica che le compongono, per il più articolato disporsi dei gruppi e degli “ordini” sociali. […] [Il funzionamento politico di questi Stati regionali si regge su strumenti analoghi a quelli delle coeve monarchie: l’esercito, la burocrazia degli uffici, la diplomazia, il fisco. Ma] l’ordinamento istituzionale dello Stato regionale è assai meno unitario e compatto e accentrato di quanto non suggerisca il modello di “Stato moderno” a cui ci si è spesso riferiti per studiarlo. […] Chiamato a ricostituire una organizzazione politica unitaria sulle rovine degli Stati cittadini, a operare in una situazione di disgregazione profonda non soltanto della realtà ma della idea e dell’imma-
gine stessa del potere, lo Stato del Rinascimento fa mostra di una singolare cautela e duttilità. Esso cioè pretende il riconoscimento della propria sovranità […]; rivendica ampie prerogative di governo, molte delle quali, nei settori più vitali, pretende di esercitare direttamente attraverso gli strumenti burocratici e amministrativi che viene creando. Ma contemporaneamente accetta e riconosce la presenza dei diversi nuclei territoriali cui si è sovrapposto. La rivendicazione dei diritti di sovranità da parte del principe è compatibile con l’esistenza degli ordinamenti locali. G. Chittolini, introd. a La crisi degli ordinamenti comunali e le origini dello stato del Rinascimento, Bologna 1979
263
Modulo 6
L’Europa alla conquista al L’Europa del mondo conquista
del mondo Cultura, scoperte, imperi
Cultura, scoperte, imperi Capitolo 24
Civiltà del Rinascimento
La cultura e l’arte, estremamente vive nelle città italiane durante l’età dei Comuni, si svilupparono in maniera straordinaria nei secoli XV-XVI, il periodo in cui si consolidavano le signorie e gli Stati regionali. L’Italia in quei decenni diventò per l’Europa ciò che la Grecia era stata per gli antichi: la capitale intellettuale, il modello da imitare, il luogo che bisognava visitare almeno una volta nella vita per il proprio affinamento intellettuale.
lla
Capitolo 25
L’esplorazione della Terra
Tra la fine del XV secolo e la metà del XVI, i navigatori europei (italiani, portoghesi, spagnoli) si spinsero per la prima volta al di là dell’Oceano, aprendo la via a nuove esplorazioni e conoscenze geografiche. Inediti scenari economici e politici si aprirono: gli scambi commerciali e culturali che fin dall’antichità si erano instaurati fra Europa, Asia e Africa a iniziare dal Cinquecento si allargarono a un nuovo continente che fu chiamato America.
Capitolo 26
I primi imperi coloniali La scoperta dell’America aprì una nuova fase della storia, quella del colonialismo europeo oltre Oceano. Dapprima sotto forma di iniziative private, poi dietro impulso delle maggiori monarchie (Spagna e Portogallo, più tardi Inghilterra e Francia) presero avvio forme violente di occupazione e di sfruttamento di quei territori, con l’assoggettamento e, spesso, lo sterminio delle popolazioni indigene.
Capitolo 27
Economia e società nel Cinquecento Il Cinquecento fu un secolo di grandi cambiamenti in Europa: la crescita della popolazione, l’espansione dell’agricoltura, lo straordinario aumento dei prezzi (che ha fatto parlare gli storici di una vera “rivoluzione dei prezzi”) ne furono gli aspetti più spettacolari. Sul piano sociale, si verificò una crescente differenziazione tra ricchi e poveri.
Modulo 6 L’Europa alla conquista del mondo
24 La civiltà
Capitolo
266
del Rinascimento
Percorso breve “Rinascimento”, ossia rinascita, fu chiamato il movimento culturale che si sviluppò in Italia tra XV e XVI secolo, favorito dal lungo periodo di pace che consentì ai signori della penisola di investire risorse nella promozione dell’arte, della letteratura, della musica. Firenze e le altre capitali italiane divennero un punto di riferimento per l’intera Europa. “Rinascimento” significava anche l’ambizione di far rivivere l’arte e la cultura antica: gli intellettuali del tempo, detti “umanisti”, ricercarono testi greci e latini nelle biblioteche dei monasteri; pittori e architetti riscoprirono le forme classiche esaltandone la misura e l’equilibrio. Una nuova figura di nobile si diffuse, “cortigiano” più che guerriero, attento a coltivare la cultura oltre che la politica. La fede nelle capacità creative e inventive dell’uomo caratterizza questa epoca. L’idea della sperimentazione come base della scienza trionfa in una figura come quella di Leonardo da Vinci, emblema del Rinascimento. Lo sviluppo della scienza avviene in tutti i campi, dalla medicina all’astronomia (Copernico dimostra la verità della teoria eliocentrica, che pone il Sole e non la Terra al centro dell’Universo).
Leonardo da Vinci, L’uomo vitruviano, 1490 [Gabinetto dei Disegni e delle Stampe, Gallerie dell’Accademia, Venezia]
Ma l’innovazione più straordinaria fu quella della stampa a caratteri mobili, affermatasi in Olanda e poi in Germania, grazie a Johann Gutenberg e ai suoi allievi e imitatori. Per il tramite di questa innovazione il libro cessò di essere un privilegio per pochi e si avviò a diventare un bene di massa, velocizzando la trasmissione e la diffusione delle idee.
Capitolo 24 La civiltà del Rinascimento
267
24.1 Lo splendore del passato, il Rinascimento italiano Con la pace fiorisce la cultura A favorire lo sviluppo della vita artistica e culturale che investì l’Italia tra XV e XVI secolo concorsero diverse circostanze, di natura economica e politica: in particolare la ricchezza delle città italiane, attivissime di commerci e di iniziative, e l’appoggio dato agli intellettuali dai governanti degli Stati italiani, desiderosi di ospitare letterati e artisti nelle proprie corti. Tale mecenatismo fu reso possibile anche dal lungo periodo di pace attraversato dall’Italia dopo la pace di Lodi [ 22.4]. In quel cinquantennio, risparmiando sulle enormi spese richieste dal mantenimento degli eserciti e dalle campagne militari, principi e signori poterono permettersi di finanziare poeti e letterati, musicisti e pittori. Come scrisse Francesco Guicciardini (1483-1540), uno storico e diplomatico fiorentino vissuto in quei tempi, «l’Italia non era mai stata in tanta prosperità, abbondante di mercanti e ricchezze, illustre per la magnificenza dei principi, fiorente di uomini abili e di ingegno, dotati in tutte le scienze e le arti». Il Rinascimento Questo splendido fiorire della cultura e delle arti fu chiamato Rinascimento, per indicare la “rinascita”, il rinnovarsi e la crescita delle forze creative e inventive. La parola alludeva anche alla volontà, da parte degli intellettuali dell’epoca, di recuperare e far “rinascere” lo splendore della cultura antica, quella di età greca e romana, ritenuta superiore a quella del Medioevo. Proprio a quel tempo risalgono il termine e il concetto stesso di “Medioevo”, giudicato nel suo insieme come epoca di declino e di barbarie, come “età di mezzo” fra due punti alti della storia umana. Oggi sappiamo bene che ciò non corrisponde a verità: nell’epoca che allora fu chiamata Medioevo, molte erano state le conquiste del pensiero, le elaborazioni artistiche, scientifiche, tecnologiche [ I tempi della storia, 1.1]. Tuttavia nel XV secolo prevalse l’idea che la cultura medievale avesse “deviato” rispetto ai canoni della cultura e dell’arte classica: per esempio, che avesse perduto il senso della misura e delle proporzioni, preferendo forme alte e allungate come quelle delle cattedrali “gotiche” (anche questo termine, che oggi usiamo semplicemente per indicare uno stile, si diffuse tra XV e XVI secolo come sinonimo di “barbaro”). Nella parola “Rinascimento” coesistevano due idee: rifiorire delle arti, ritorno all’antico. Città d’arte e di cultura Uno dei massimi centri del Rinascimento fu Firenze, che divenne una sorta di capitale artistica e intellettuale dell’Europa. Accanto a Firenze si distinsero Venezia, Roma, Napoli, Milano (le altre quattro grandi capitali del tempo) e varie città minori, come Urbino, Mantova, Ferrara, che nel Quattrocento e nel Cinquecento diedero un grande impulso allo sviluppo della cultura e dell’arte. In queste città le famiglie più ricche, i banchieri, i grandi mercanti, i capi politici fecero a gara per avere nelle proprie case gli artisti e gli intellettuali più famosi, li vollero come maestri per sé e per i figli, come architetti, pittori e scultori per innalzare nuovi palazzi, abbellirli e ornarli.
La Parola
mecenatismo Con questo termine si intende il sostegno liberalmente offerto da principi o signori, o anche da privati individui con ampie risorse economiche, alle attività artistiche e culturali e a coloro che le esercitano. Deriva dal nome di Mecenate, un personaggio della Roma antica, vissuto tra il I secolo a.C. e il I secolo d.C., che fu consigliere di Augusto e promosse per conto dell’imperatore la formazione di un circolo di artisti e letterati.
La città ideale, fine XV sec. [Galleria Nazionale delle Marche, Urbino]
Questa famosa tavola testimonia un particolare filone di ricerca artistica e scientifica che si sviluppò nel corso del Quattrocento nelle più fiorenti corti italiane, teso a individuare la proporzione e la simmetria in tutte le manifestazioni naturali e nelle opere dell’uomo. Il dipinto sembra riflettere le idee espresse dall’Alberti nel De re aedificatoria, uno dei trattati di architettura più celebri del tempo. Ciascun edificio è caratterizzato da forme classiche quali il portico e la trabeazione, ha volumi e altezze corrispondenti per dare continuità e armonia al tessuto urbano. L’autore della tavola resta ignoto ma se ne è attribuita la paternità, tra gli altri, a Piero della Francesca e allo stesso Leon Battista Alberti.
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Modulo 6 L’Europa alla conquista del mondo La cultura come dovere sociale In quei tempi, essere istruiti e colti fu considerato quasi un dovere sociale, il modo più nobile e alto di affermarsi come uomini. Questo modo di pensare e di vivere, che si affermò fra le ricche borghesie e i ceti nobiliari, fu una vera rivoluzione rispetto al passato. All’immagine del cavaliere, guerriero e uomo d’armi, che apprezzava sopra ogni cosa il coraggio e la forza – questi erano stati gli ideali della nobiltà feudale [ 2.4] – si contrappose l’immagine dell’uomo colto, del gentiluomo che dava la massima importanza alle doti dell’intelligenza e dello spirito. Tale modello di uomo è il cortigiano, il nobile di corte, descritto in una famosa opera del mantovano Baldassarre Castiglione (1478-1529), scritta nel 1528 e intitolata appunto Il Cortigiano. Egli deve sì avere esperienza delle armi, ma le virtù che gli si richiedono sono soprattutto altre: «deve avere una certa erudizione nella lingua latina e greca e conoscere gli scrittori; ed essere egli stesso esercitato nello scrivere». Inoltre «è opportuno ch’egli sia esperto anche di musica e sappia disegnare e dipingere».
Michelangelo, Biblioteca Laurenziana, 1524-71 [Convento di San Lorenzo, Firenze]
La Biblioteca Laurenziana fu voluta dal papa Clemente VII, nipote di Lorenzo il Magnifico, per ospitare la ricca collezione di manoscritti e libri a stampa della famiglia Medici. Fu edificata tra il 1524 e il 1571, anno in cui fu aperta al pubblico. La sala di lettura, come si vede nell’immagine, è divisa in due file di banchi, chiamati plutei, intagliati nel legno seguendo i disegni di Michelangelo. Il pavimento, in terracotta rossa e bianca, è decorato con motivi ornamentali e immagini simboliche allusive alla dinastia medicea.
24.2 Una rivoluzione culturale: il recupero dei classici e la fiducia nell’essere umano Alla ricerca del libro perduto L’ansia di recuperare la cultura classica, le opere e le idee degli autori greci e latini, spinse gli intellettuali del Quattrocento ad avventure di vera e propria “caccia al libro”: lunghi viaggi, indagini difficili, alla ricerca di testi letterari, filosofici, scientifici, molti dei quali erano andati dispersi nel corso dei secoli, mentre altri erano custoditi nelle biblioteche dei monasteri, dove erano stati trascritti e conservati durante il Medioevo. Uno dei primi ad avviare questo genere di ricerche era stato Francesco Petrarca (1304-1374), scrittore e poeta italiano nativo di Arezzo. Spinto da un’ammirazione sconfinata per gli scrittori antichi, egli affrontò lunghe peregrinazioni in Italia, in Germania, in Francia, fermandosi mesi e anni nei monasteri, dove riuscì a fare preziosi ritrovamenti. L’Umanesimo Dopo Petrarca, in particolare nel XV secolo, l’opera di ricerca fu proseguita da numerosi studiosi, quali Coluccio Salutati, Poggio Bracciolini, Pomponio Leto, Marsilio Ficino, Flavio Biondo, Lorenzo Valla, Antonio Beccadelli, Giovanni Pontano e tanti altri. Questi uomini di cultura furono chiamati umanisti e Umanesimo fu detto lo sviluppo culturale da essi promosso. Grazie agli umanisti furono riportate alla luce gran parte delle opere degli scrittori greci e latini; in molte città italiane si costituirono in tal modo le prime grandi biblioteche aperte al pubblico degli studiosi. Ricordiamo, fra le principali, la Laurenziana a Firenze, la Vaticana a Roma, la Marciana a Venezia, l’Urbinate a Urbino, l’Estense a Ferrara, l’Ambrosiana a Milano, la Malatestiana a Cesena. Nel generale rifiorire degli studi e della cultura si affermò come esigenza primaria la necessità di conoscere il latino e il greco, lingue indispensabili per leggere le opere degli antichi. Si formarono così le prime scuole “classiche”, che gradatamente si diffusero dall’Italia in tutta Europa, dando origine a una tradizione che è ancora oggi viva negli ordinamenti scolastici e nei programmi di studio dell’Occidente.
Capitolo 24 La civiltà del Rinascimento Fiducia nell’uomo «L’uomo – scrisse il filosofo rinascimentale Pico della Mirandola (14631494) – ha avuto da Dio due doni: l’intelligenza per conoscere il mondo e la libertà per scegliere il tipo di vita che preferisce». In queste parole si esprime ben chiara una delle idee più nuove del Rinascimento: la fiducia dell’uomo in sé stesso, la convinzione che la vita dipenda più dalla volontà e dalla ragione che non dal caso o dal destino. Tali idee appaiono profondamente diverse dal modo di pensare medievale. Nel Medioevo l’uomo si considerava una creatura imperfetta e peccatrice, che per salvarsi dal male doveva mortificarsi e umiliarsi, rifiutare il mondo: il massimo ideale di vita era quello del monaco, che lascia ogni cosa per concentrarsi sulla meditazione e sulla preghiera. Nell’età del Rinascimento, invece, l’uomo rappresentava sé stesso come una creatura superiore, in quanto dotata di ragione e creata da Dio – così insegnava la Bibbia – a sua immagine e somiglianza. Il dovere dell’uomo, perciò, consisteva non nel mortificarsi ma, al contrario, nel «dare sviluppo alla propria intelligenza e al proprio sapere – sono parole del filosofo Giordano Bruno (1548-1600) – perché è anche con lo studio e la cultura che l’uomo si avvicina a Dio e ne celebra l’onnipotenza». La diffusione di queste idee diede una spinta nuova allo studio e alla ricerca, che fecero grandi progressi in ogni campo, nell’arte, nell’architettura, nel pensiero scientifico, ponendo le basi della civiltà moderna.
I tempi della storia La Donazione di Costantino e la nascita della filologia moderna Lo studio critico e approfondito delle opere antiche, scritte in greco e in latino, portò alla nascita della moderna filologia, la scienza che si occupa di riportare i testi alla loro forma originaria e autentica, studiandoli nel loro contesto di produzione e “ripulendoli” delle aggiunte, delle modifiche, delle sviste che nel tempo si sono stratificate le une sulle altre trasformandone la struttura e a volte lo stesso significato. Il padre di questa nuova disciplina può essere considerato Lorenzo Valla (14051457), un umanista romano noto per avere “smascherato”, dopo un’attenta analisi formale, la data di compilazione della Donazione di Costantino, un testo che da secoli veniva utilizzato per giustificare il potere temporale dei papi e della Chiesa, attribuendone la nascita alla volontà dell’imperatore Costantino (306-337) che, nel IV secolo, al momento di scegliere Costantinopoli come nuova capitale dell’Impero romano, avrebbe lasciato a papa Silvestro I (314-335) e alla Chiesa di Roma il governo dell’Occidente. Per tutto il Medioevo tale documento fu ritenuto autentico. Solo nel Quattrocento Lorenzo Valla dimostrò che si trattava di un falso, compilato negli ambienti della curia pontificia nel corso dell’VIII secolo, proprio nel momento in cui si stava costituendo il potere politico e territoriale della Chiesa. La Donazione fu in questo modo restituita al suo tempo e inquadrata nel suo vero significato storico. È questo un esempio, famosissimo e in
qualche modo “fondante” (perché fu la prima volta che il metodo filologico venne consapevolmente utilizzato per la datazione di un testo), di come la filologia, scienza apparentemente fredda e pedante, possa nascondere – come ha scritto lo
storico Luciano Canfora – una natura profondamente rivoluzionaria, come sempre accade quando si mette in funzione lo spirito critico e si discute l’attendibilità di un testo o di un discorso, cercando al di là delle apparenze la “verità” storica.
La Donazione di Costantino [Chiesa dei Santi Quattro Coronati, Oratorio di San Silvestro, Roma]
L’affresco nell’immagine fa parte di un ciclo del tardo XIII secolo che rappresenta in undici riquadri la cosiddetta Donazione di Costantino. In questa scena è raffigurato il momento in cui l’imperatore Costantino passa nelle mani del pontefice Silvestro I l’uso della massima insegna imperiale, la corona. L’intera vicenda fu inventata nell’VIII secolo per giustificare il potere politico della Chiesa.
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Modulo 6 L’Europa alla conquista del mondo
I luoghi della storia
La Scuola di Atene e la ricerca del vero
La cultura del Rinascimento italiano si sviluppa a tutto campo nei maggiori centri della penisola: artisti, letterati, musicisti viaggiano da una corte all’altra, al servizio di principi e sovrani con i quali instaurano un intenso dialogo intellettuale, che diffonde ovunque il flusso di un pensiero nuovo. Papa Giulio II della Rovere (150313) progettò di affrescare le stanze dei palazzi vaticani scelte come propria abitazione, e affidò il lavoro a un pittore di grido, l’urbinate Raffaello Sanzio (14831520). La prima stanza a essere decorata è la cosiddetta “Stanza della Segnatura”, sulle quattro pareti della quale vengono rappresentati i fondamenti della cultura umanistica, armonizzati – non poteva essere diversamente, nel palazzo del papa – con il pensiero cristiano: ecco dunque che la Filosofia, la Poesia, la Giurisprudenza si confrontano e si completano con la Teologia. La parete ovest, dedicata alla Filosofia, cioè alla ricerca razionale del vero, rappresenta un folto gruppo di studiosi di varie epoche ma soprattutto dell’antichità classica (punto di riferimento fondamentale della cultura umanistica): cinquantotto figure tra filosofi, scienziati, mate-
matici, sulla cui identità si è molto discusso. Il gruppo più numeroso è quello dei filosofi, disposti ai lati dei due riconosciuti maestri del pensiero occidentale: Platone (alla sinistra del quale si trova Socrate) e Aristotele, rappresentati nell’atto di conversare. Un secondo gruppo di studiosi è disposto in primo piano sulla sinistra: probabilmente si tratta degli scienziati che approfondirono i fenomeni naturali e celesti. Un terzo gruppo (forse i più celebri matematici, a cominciare da Euclide) è disposto simmetricamente al secondo. Questo affresco, intitolato La Scuola di Atene, celebra la capacità dell’intelletto umano di conoscere il vero attraverso la riflessione scientifica e filosofica. Il messaggio va tuttavia letto e compreso nel suo contesto (sempre, nelle raffigurazioni artistiche, il contesto complessivo dà senso ai particolari), in relazione, soprattutto, con il dipinto sulla parete opposta, intitolato La disputa del Sacramento, in cui si esaltano la Teologia e la Fede. In questo modo i due dipinti rappresentano la complessità dei rapporti fra la cultura cristiana e la cultura classica, vista come anticipazione del cristianesimo che in qualche
modo la completa e la porta a perfezione. Raffaello lavorò a questo capolavoro tra il 1509 e il 1510. Egli era uno dei maestri della rappresentazione prospettica, che proprio nella sua Urbino aveva trovato particolare approfondimento da parte di artisti e matematici. È in questa perfetta prospettiva che si inquadra l’immaginario edificio classico, una sorta di “tempio della filosofia”, in cui tutti i personaggi sono inseriti. Qui l’arte rinascimentale della prospettiva raggiunge un grado di assoluta perfezione. Alcuni personaggi dell’affresco furono raffigurati – secondo l’uso dell’epoca – con fattezze di artisti e personaggi contemporanei (compreso lo stesso Raffaello): in questo modo, alla celebrazione dell’antichità si aggiungeva una dichiarazione di orgoglio per l’eccellenza intellettuale che gli uomini del Rinascimento assegnavano agli artisti e agli uomini di cultura del loro tempo. Anche personaggi della corte pontificia, umanisti, letterati, principi sono raffigurati in questo dipinto, che collega indissolubilmente il passato al presente, la lezione degli antichi e la saggezza dei moderni. Raffaello, La Scuola di Atene, 1509-10 [Stanza della Segnatura, Palazzo Vaticano, Città del Vaticano]
Capitolo 24 La civiltà del Rinascimento
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24.3 L’arte si rinnova Ingegni straordinari all’opera Durante il Rinascimento l’arte ebbe uno straordinario sviluppo. I maggiori centri di questa fioritura furono Firenze, Venezia, Roma, dove operarono scultori, pittori, architetti fra i più grandi di tutti i tempi, come Leonardo, Michelangelo, Raffaello, Piero della Francesca, Masaccio, Botticelli, Beato Angelico, Tiziano, Tintoretto, Giorgione, Donatello, Verrocchio, Brunelleschi, Bramante, Leon Battista Alberti, Palladio, Sansovino e altri. A differenza degli artisti del Medioevo, che si erano ispirati quasi esclusivamente alla fede religiosa, gli artisti del Rinascimento si dedicarono a temi e argomenti legati alla vita dell’uomo, e anche quando affrontarono i temi religiosi (per esempio, la figura di Cristo e le vicende del Vangelo) sottolinearono con forza la loro dimensione umana. La pittura e la scultura I pittori ritrassero nei loro quadri capi di Stato, banchieri, ricchi borghesi (nel Medioevo si erano raffigurate di preferenza le immagini di Dio, della Vergine, dei santi) esaltando e idealizzando le loro qualità umane; raffigurarono luminosi volti di donna e limpidi paesaggi. Il corpo umano, concepito come una delle creazioni più meravigliose di Dio, fu magnificato in centinaia di dipinti e di statue, che ne misero in evidenza l’armonia e la perfezione. Un aspetto innovativo dell’arte del Rinascimento fu l’introduzione della prospettiva, una tecnica che mira a produrre il senso della profondità, della distanza e del volume, rendendo le immagini più realistiche e meno simboliche. L’innovazione è attribuita soprattutto a due pittori toscani, Paolo Uccello (1397-1475) e Masaccio (1401-1428), e fu il risultato di lunghi studi geometrici, matematici, ottici. L’architettura Anche nell’architettura si ebbero importanti innovazioni. Lo slancio verticale e la fantasia dello stile gotico, tipico del Medioevo, furono sostituiti da uno stile più semplice, lineare, armonioso, che si richiamava alle forme dell’arte antica: l’arco rotondo, le colonne di forma classica, la simmetria regolare. Oltre che alle chiese, gli artisti con sempre maggior frequenza dedicarono le proprie attenzioni agli edifici civili, ai palazzi privati, alle ville di campagna. La musica Nell’età del Rinascimento anche la musica ebbe un particolare sviluppo nelle corti e nei palazzi signorili, specialmente in Italia, in Francia, in Inghilterra, nei Paesi Bassi, in Spagna. Una caratteristica della musica di quest’epoca fu che in essa acquistarono risalto gli aspetti “profani” rispetto a quelli “sacri”, che nel Medioevo erano stati dominanti. Si accentuarono, nei canti, i motivi e i temi umani, come l’amore, la cortesia, le voci della natura. Tra le forme musicali proprie del Rinascimento ebbero grande diffusione la “frottola”, un canto solitamente allegro, di origine popolare, e il “madrigale”, un canto a più voci di origine dotta. Celebri madrigalisti furono Luca Marenzio (1553-1599) e Gesualdo da Venosa (1566-1613). Mentre nel Medioevo era prevalsa la funzione rituale e liturgica del suono e del canto, nel Rinascimento diventò sempre più frequente l’abitudine di far musica per semplice divertimento. Questa nuova tendenza favorì il sorgere del “sonare”, cioè di eseguire musica soltanto con strumenti, come liuti, trombe, tamburelli, flauti: nel Medioevo invece si era data importanza prevalente al canto e alla voce, relegando gli strumenti a una funzione secondaria di accompagnamento. Fra le musiche strumentali del Cinquecento furono molto ammirate quelle di Andrea (1533-1585) e Giovanni (1557-1612) Gabrieli, veneziani, che scrissero numerosi brani per trombe e organo.
Masaccio, La Trinità, 1427 [Chiesa di Santa Maria Novella, Firenze]
L’affresco raffigura la Trinità: il Padre Eterno, in alto al centro, simbolicamente sorregge il Figlio sulla croce; fra loro la colomba bianca a rappresentare lo Spirito Santo. Ai piedi della croce stanno Maria (a sinistra) e san Giovanni (a destra); davanti a loro, inginocchiati, i committenti dell’opera. Nella scena Masaccio usa la prospettiva per disegnare una finta cappella, immaginata secondo lo stile che in quegli stessi anni usava Brunelleschi; l’architettura classica di quest’ultimo, infatti, è riconoscibile per la volta a botte cassettonata e per le colonne ioniche.
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Modulo 6 L’Europa alla conquista del mondo
24.4 Ricercare, ipotizzare, sperimentare: scienza ed esperienza Lo sviluppo del senso critico Pensare con la propria testa, essere capaci di riflettere in maniera autonoma su ogni questione, sono qualità che oggi tutti apprezzano. Ma non è sempre stato così. Nel Medioevo era opinione comune che la ragione umana fosse incapace di fare da sé: essendo limitata e soggetta a errori, essa doveva cercare l’appoggio di guide sicure, quali la tradizione, i libri delle “autorità”, la rivelazione, la fede. Un atteggiamento più libero incominciò a formarsi durante il Rinascimento, quando maturò la convinzione che la cultura non è solo apprendimento di idee altrui, ma anche e soprattutto frutto di riflessioni proprie, risultato di esperienze e di ricerche personali. Il genio di Leonardo da Vinci Il modello esemplare di questo nuovo metodo di studio fu Leonardo da Vinci (1452-1519), pittore, architetto, poeta, esperto di meccanica e di tante altre tecniche, un genio fra i maggiori di tutti i tempi. Egli fu un ricercatore instancabile e studiò una quantità di problemi di ogni genere, da quelli scientifici a quelli artistici, dalle piante all’uomo, sempre sulla base di esperienze e controlli personali. Sezionò persino cadaveri, sebbene fosse proibito dalle leggi, per conoscere direttamente la forma e le funzioni della “macchina uomo”; e fece numerosi disegni di anatomia e di macchine, fra cui anche un apparecchio per volare. Gli studi medici Lo sviluppo culturale e i nuovi metodi di studio avviati in Italia durante il Rinascimento si diffusero rapidamente in altri paesi, con significativi risultati nella ricerca
I modi della storia
I consigli di Leonardo per tenere sveglia la mente
Nel periodo del Rinascimento maturò la convinzione che la vera cultura fosse frutto di studio e di ricerca personale, esperienza viva delle cose e dei fatti e riflessione intellettuale sugli stessi. Questo modello è perfettamente incarnato da Leonardo
da Vinci. Artista eccezionale (suoi sono La Gioconda, L’ultima cena e tanti altri capolavori) ma soprattutto grande scienziato, egli anticipò di alcuni secoli macchine e strumenti che fanno oggi parte del nostro patrimonio tecnologico: veicoli simili
alle biciclette, paracadute, “carri armati”, macchine volanti, il ventilatore. Leonardo si occupò di botanica, zoologia, idraulica, anatomia, fu letterato e nei suoi scritti scientifici, tra ricerche e osservazioni, annotò anche alcuni illuminanti pensieri.
Esercitare l’intelligenza. Come il ferro arrugginisce senza esercizio e l’acqua si putrefà o nel freddo s’addiaccia, così l’ingegno senza esercizio si guasta. Desiderare lo studio. Come il mangiare senza voglia è dannoso alla salute, così lo studio senza desiderio guasta la memoria. Chi poco pensa molto erra. Esperienza e ragionamento. Quelli che s’innamoran di pratica senza scienza sono come i nocchieri che entrano nel naviglio senza timone né bussola, che mai avranno la certezza dove si vada. Nessuna certezza è dove non si può applicare una delle scienze matematiche, ovvero che non sono unite con esse matematiche.
Leonardo da Vinci, Gioconda, 1503-06 ca. [Musée du Louvre, Parigi]
Considerata l’opera più nota di Leonardo e il quadro più celebre del mondo, la Gioconda ritrae Lisa del Giocondo, moglie di Francesco del Giocondo, un ricco mercante di seta fiorentino, che nel 1503 commissionò a Leonardo il ritratto della moglie. Nell’opera la donna è raffigurata girata per due terzi verso lo spettatore e in primo piano, aumentando così la profondità spaziale del paesaggio sullo sfondo.
Capitolo 24 La civiltà del Rinascimento tecnica e scientifica. In campo medico, la volontà di osservazione portò allo sviluppo dell’anatomia, mediante la dissezione di cadaveri (per lungo tempo proibita dalla Chiesa) finalizzata a conoscere gli organi del corpo umano e il loro funzionamento. Questi studi furono particolarmente approfonditi agli inizi del XVI secolo dal medico fiammingo Andrea Vesalio (1514-1564).
La teoria eliocentrica di Copernico In campo astronomico fu di particolare importanza l’opera di uno studioso polacco, Niccolò Copernico (14731543), il quale, dopo avere studiato in Italia, a Bologna, Padova e Ferrara, ripropose con nuove prove e argomenti la teoria eliocentrica – il centro dell’Universo è il Sole, la Terra gli si muove intorno – già formulata senza fortuna dal greco Aristarco nel III secolo a.C. Le idee di Copernico furono respinte dalla scienza del tempo e solo più tardi, dopo essere state riprese da Keplero e da Galileo [ 35.1], si affermarono diventando la base dell’astronomia moderna.
Leonardo da Vinci, Studi anatomici di una spalla maschile, 1509-10 ca. [Castello di Windsor, Windsor]
Gli inizi degli studi anatomici di Leonardo da Vinci risalgono alla fine del XV secolo, in concomitanza col suo arrivo a Milano alla corte di Ludovico il Moro. Leonardo realizzò numerosi studi sulle proporzioni del corpo umano, sull’anatomia e la fisiologia, che sarebbero dovuti confluire nell’opera Della figura umana, rimasta incompiuta. Per la realizzazione di questo libro, Leonardo rilevò sistematicamente le misure di due uomini, come si vede nel disegno qui raffigurato.
I libri e l’autorità degli antichi non bastano. È nella natura delli omini desiderare di sapere. Ma la sapienza è figlia dell’esperienza; e chi disputa appoggiandosi all’autorità degli scritti altrui, non adopra l’ingegno, ma piuttosto la memoria. La verità fu solo figliola del tempo.
Essere attivi e operare bene. Che cos’è il sonno? Il sonno è simile alla morte. Dunque è meglio vegliare, ed operare in modo da restar vivi dopo la morte, piuttosto che dormire, facendosi in vita simili ai morti. Come una giornata bene spesa dà lieto dormire, così una vita bene usata dà lieto morire. Leonardo da Vinci, Frammenti letterari e filosofici, a cura di E. Solmi, Firenze 1979
Leonardo da Vinci, Carri falcati, 1485 ca. [Biblioteca Reale, Torino]
In questo disegno Leonardo illustra un carro da combattimento reso ancora più offensivo dalla presenza sui fianchi di grandi falci. Lo stesso Leonardo, in un documento allegato al disegno, mette in guardia contro l’impiego di simili armi, «che potrebbero causare danni anche alle proprie truppe, oltre a quelle nemiche».
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Nantes
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Digione Besançon Friburgo
Tours
Salins Sursee Losanna Rougemont Macon PromentheuxSion ChamberySangermano Vercelli Chivasso Montiers Novi Grenoble Dòle
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Modulo 6 L’Europa alla conquista del mondo Angouléme
Limoges
Udine
Portese Pèrigueux 24.5 La stampa a caratteri mobili Forlì Embrun Scandiano e l’inizio di unaAvignone nuova era Cesena Modica Pescia
Mondoñedo
Santiago de Compostela Urbino Uzès Orense L’arte della stampa Nell’età del Rinascimento si diffuse Pisa in Europa un’innovazione tecBurgos Monterrey Narbona Siena nologicaPamplona che, per le conseguenze che ne derivarono, è considerata fra le più importanti Braga L’Aquila Zamora Valladolid Oporto Perpignano della storia: la stampa a caratteri mobili. Viterbo Montserrat Già nota in Cina almeno dall’XI secolo (attorno al 1045, un artigiano di nome PiRoma San Cuculate Guadalajara Capua si era difSheng aveva costruito dei caratteri mobili in terracotta), l’arte della stampa Leiria Gaeta Tarragona Huelèin altri paesi orientali fusa come la Corea e il Giappone, ma rimase ignota in Occidente Coria Toledo fino alla metà del XV secolo. Lisbona
Faro
La diffusione della stampa in Europa
L’invenzione dei tipi I primi a praticarla in Europa furono degli stampatori olandesi, ma è d’uso attribuirne l’invenzione a un artigiano tedesco di Magonza, Johann GuMAR MEDITERRANEO tenberg (1400-1468), il quale, verso il 1450, con l’aiuto di un suo lavorante, Peter SchoMurcia Granada effer, costruì dei caratteri mobili in metallo (i “tipi”). Questi, disposti in una regolare composizione e bagnati di inchiostro mediante l’uso di un torchio, consentivano di produrre testi in molte copie e in tempi straordinariamente più rapidi che in passato.
Prima del 1481 1481-90 1491-1500
Danzica Marienburg
Schleswig
MAR E DEL NORD
Amburgo Lüneburg Stendal Leida Londra Londra
Gand
Zinna
Cutemborg Münster
Lipsia Meissen
Anversa
Freiberg Valenciennes Trèves Abbeville
Mondoñedo
Uzès Narbona
Pamplona
Perpignano
Guadalajara Toledo
Embrun Avignone
Montserrat San Cuculate
Huelè
Granada
Murcia
Siena
L’Aquila
Viterbo Roma
MAR MEDITERRANEO
Olmüz
Brno Vienna
Forlì Scandiano Cesena Pescia Modica Urbino Pisa
Gaeta
Tarragona
Lisbona
Faro
Winterberg
Plorzheim Eichstätt Stoccarda Rennes Ingolstadt Passau Tubinga Ollenburg Bréhant-Loudeac Troyes Monaco Orléans Digione Besançon Friburgo Nantes Tours Dòle Salins Losanna Sursee Cluny Rougemont Angouléme Macon PromentheuxSion Udine ChamberySangermano Limoges Vercelli Chivasso Portese Montiers Pèrigueux Novi Grenoble
Lanlenac
Santiago de Compostela Orense Burgos Monterrey Braga Zamora Valladolid Oporto
Coria
Rouen Châlons sur Marne Haguenau Kirchheim Chartres Provins
Tréguier
OCEANO ATLANTICO
Leiria
Kullemberg
Magonza Zweinbrücken Heidelberg Magonza
Capua
Capitolo 24 La civiltà del Rinascimento
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Col nuovo sistema, una macchina poteva stampare fino a 600-700 pagine al giorno: un risultato sorprendente, se si pensa che, nello stesso tempo, a mano non si potevano scrivere più di 8-10 pagine.
Si diffonde il sapere L’invenzione segnò l’inizio di una nuova epoca della storia, contrassegnata da una sempre più ampia e rapida diffusione delle idee e del sapere: una rivoluzione silenziosa che col passare dei secoli accelerò il progresso della cultura e incise profondamente nella vita dell’uomo. Per millenni i libri si erano scritti a mano e per questo erano molto rari e costosi; il sapere circolava lentamente, limitato a pochi. Ciò che si pensava e si scriveva a Roma o a Firenze non sempre arrivava a Parigi, a Stoccolma, a Berlino. Questo stato di cose, che durava da secoli, fu rivoluzionato dalla semplice ma geniale innovazione dei caratteri mobili. Uno, mille, milioni di libri La Bibbia fu il primo libro stampato in Europa, fra il 1450 e il 1455, per opera dello stesso Gutenberg. L’invenzione si diffuse rapidamente in ogni paese: in diverse città italiane nel 1465, a Parigi nel 1470, a Londra nel 1477, a Stoccolma nel 1483, a Madrid nel 1499, e così via. Ma fu soprattutto in Italia, dove gli studi e la cultura erano così vivi, che la stampa ebbe la massima diffusione. Nel 1475 ben ottantadue città avevano impiantato officine tipografiche, mentre in Germania se ne contavano appena nove. I Manuzio Fra le stamperie italiane alcune acquistarono fama mondiale, per l’eleganza e la perfezione dei caratteri e l’esecuzione tecnica complessiva. Su tutti emersero i Manuzio, una famiglia originaria di Bassiano (nell’odierna provincia di Latina), che impiantarono una stamperia a Venezia, affermandosi fra i migliori tipografi d’Italia e d’Europa. Tra i Manuzio si segnalò in particolare Aldo (1447-1516), inventore di caratteri particolarmente eleganti e nitidi, che da lui presero il nome di “aldini”; i suoi libri hanno oggi un grande valore, anche commerciale, e sono ricercatissimi dai collezionisti e dai musei. L’emblema che li distingue è un delfino attorcigliato attorno a un’ancora, con la scritta Aldus (‘Aldo’ in latino). Verso la fine del Quattrocento, appena una cinquantina d’anni dopo l’introduzione della nuova tecnica, i libri circolanti in Europa raggiungevano già il numero di circa nove milioni, un numero straordinario se lo confrontiamo alle poche decine di migliaia di codici scritti a mano esistenti fino a quel momento nei paesi europei. Interno di una stamperia, fine del XV sec. Nella miniatura si riconoscono, da sinistra a destra, un tipografo che prepara i tamponi con i quali inchiostrare la forma di stampa, l’impressore che aziona il torchio, l’addetto alla rilettura delle bozze e il compositore davanti alla cassetta dei caratteri, che allinea le lettere nel compositoio (l’oggetto che regge nella mano sinistra). Le stamperie divennero rapidamente veri e propri centri culturali, in cui i letterati si incontravano e lavoravano gomito a gomito con gli incisori e gli artigiani come correttori di bozze, curatori, organizzatori di publicazioni particolarmente importanti. Studiosi, mercanti, artigiani, rappresentanti dei poteri cittadini trovarono così nelle grandi stamperie, come quelle di Aldo Manuzio a Venezia, un punto di incontro e confronto.
La prima pagina della Metafisica di Aristotele, pubblicata da Aldo Manuzio, XV sec. L’immagine riproduce la prima pagina della Metafisica di Aristotele, con il testo in greco e una serie di miniature eseguite a mano. Dopo essersi trasferito a Venezia nel 1490, creando lì la sua tipografia, dal 1494 e in circa tre anni Manuzio pubblicò l’opera completa di Aristotele, Tucidide, Erodoto, Euripide, Platone e di altri autori classici.
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Modulo 6 L’Europa alla conquista del mondo
Sintesi
La civiltà del Rinascimento
Lo splendore del passato, il Rinascimento italiano Lo sviluppo delle arti e della cultura che ebbe luogo in Italia a partire dal XV-XVI secolo fu favorito da alcune circostanze: la ricchezza delle città, l’appoggio dato dai governanti agli intellettuali, il lungo periodo di pace seguito agli accordi di Lodi. I principi finanziarono poeti, letterati, musicisti, pittori. Questo periodo fu chiamato Rinascimento, in quanto si intendeva far rinascere sia le arti sia la cultura antica. Il concetto di “Medio Evo” come periodo negativo tra due punti positivi della storia umana risale a questo periodo. La cultura diventa un dovere sociale, il miglior modo di affermazione dell’uomo; questo pensiero si incarnò nell’ideale e nella figura del cortigiano, il nobile di corte. Una rivoluzione culturale: il recupero dei classici e la fiducia nell’essere umano Nacque l’idea di recuperare la cultura classica, per cui gli intellettuali si dedicarono alla ricerca di testi antichi dispersi: uno dei primi ad avviare tale ricerca fu Francesco Petrarca, seguito poi nel XV secolo dagli intellettuali umanisti, che re-
cuperarono gran parte delle opere classiche; si diffuse l’esigenza di conoscere il greco e il latino. Si diffuse l’idea nuova per cui la ragione umana, non il destino, può determinare l’esistenza individuale. Vi furono progressi in svariati campi, che posero la base della civiltà moderna. L’arte si rinnova L’arte ebbe un enorme sviluppo e si basò su temi legati alla vita dell’uomo; anche dei soggetti religiosi si evidenziava la dimensione umana. I pittori ritrassero capi di Stato, banchieri o borghesi evidenziandone le qualità individuali. Fu introdotta la tecnica della prospettiva, che metteva in risalto la profondità e aumentava il realismo dell’immagine. L’architettura si basò su uno stile innovativo, semplice e lineare, usato in chiese, palazzi signorili o ville. Il canto mise in risalto gli aspetti profani e si sviluppò anche la musica strumentale, a scopo di divertimento. Ricercare, ipotizzare, sperimentare: scienza ed esperienza Si sviluppò la convinzione che la cultura consiste non nell’apprendimento passivo ma in riflessioni e ri-
cerche personali. Questo ideale di studio venne abbracciato da Leonardo da Vinci, genio poliedrico che si impegnò in svariati campi, dall’arte alle scienze, sulla base dell’esperienza e del controllo personale. In medicina si sviluppò l’anatomia, tramite la dissezione dei cadaveri per conoscere gli organi del corpo umano e il loro funzionamento. In astronomia, Copernico ripropose, con prove e argomentazioni, la teoria eliocentrica che, seppure respinta dalla scienza del tempo, diventerà in futuro la base dell’astronomia moderna. La stampa a caratteri mobili e l’inizio di una nuova era Un’innovazione tecnologica fondamentale fu l’invenzione della stampa a caratteri mobili. Già nota in Cina nell’XI secolo, venne diffusa in Europa alla metà del XV secolo da Johann Gutenberg, ideatore di caratteri mobili in metallo (i tipi), che venivano poi bagnati di inchiostro e posti in un torchio. Questo permetteva la stampa di molte copie in poco tempo. Le stamperie si diffusero in tutta Europa e soprattutto in Italia, dove molto nota fu, per l’eleganza dei caratteri, la stamperia veneziana dei Manuzio.
Esercizi Comprendere e ordinare 1. Associa alle seguenti parole chiave il significato corretto.
2. Indica se le seguenti affermazioni sono vere o false.
cortigiano • filologia • madrigale • mecenatismo • prospettiva • tipo • torchio • umanista
a. L’arte della stampa era conosciuta in Cina fin dall’XI secolo.
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b. In molte città italiane furono create le prime grandi biblioteche aperte a tutti.
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c. Il Rinascimento italiano fu favorito dalla pace interna, dalla ricchezza delle città, dal mecenatismo dei governanti.
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d. Con la stampa a caratteri mobili si potevano stampare 8-10 pagine al giorno.
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F
e. I maggiori centri dello sviluppo artistico del Rinascimento furono Firenze, Roma, Venezia e Napoli.
V
F
f. L’idea di Medioevo nata nel Rinascimento si accompagna a una valutazione generalmente positiva di quel periodo storico.
V
F
g. La dissezione di cadaveri, praticata da alcuni studiosi, era proibita dalla Chiesa cattolica.
V
F
h. All’inizio del XVI secolo, i libri circolanti in Europa arrivavano a nove milioni.
V
F
Canto con accompagnamento musicale Macchina in grado di esercitare pressione su un corpo posto tra due piani Scienza che si occupa di riportare i testi alla loro forma originaria e autentica Uomo di cultura dedito allo studio della cultura antica e classica Carattere utilizzato nella stampa a caratteri mobili Sostegno offerto da principi e signori alle attività artistiche e culturali Tecnica pittorica Nobile di corte
Capitolo 24 La civiltà del Rinascimento
3. Completa la seguente tabella inserendo le informazioni mancanti. arte antica • uomo d’armi • autorità • cavaliere • coraggio • corte • divertimento • esperienza • forza • gentiluomo • gotico • immagine • imperfetto • intelligenza • liturgica • paesaggi • peccatore • preghiera • ragione • religiosi • riflessione • superiore • tradizione • uomini • vita umana MEDIOEVO
RINASCIMENTO
RAPPRESENTAZIONE DELL’UOMO IDEALE
• .................................... e ....................................... • ................................................................................ • ................................................................................
• ............................................ di .............................. • ................................................................................
VISIONE DELL’UOMO
• ................................................................................ • ................................................................................ • Valore della ...................................................... ....................................................................................
• Creatura ......................................................... a ........................................................ della divinità • Valore della ...................................................... e dell’........................................................ umana
• Temi e argomenti .......................................... • Rappresenta: ..................................................
....................................................................................
....................................................................................
• Rappresenta: ...................................................
....................................................................................
......................................................................................
ARCHITETTURA
• Stile .....................................................................
• Stile ispirato dall’ ...........................................
MUSICA
• Funzione ............................................................
• Intrattenimento e ..........................................
METODO DI STUDIO
• Ragione umana non autonoma • Importanza di: ..............................................., ........................................................................, fede
• Ragione umana autonoma • Importanza di: .......................................... ed ............................................ dirette e personali
ARTE
• Temi e argomenti legati alla ....................
Analizzare e produrre 4. Rispondi alle seguenti domande formulando un testo di almeno 2-3 righe. 1. Quali cause hanno permesso lo sviluppo del Rinascimento? 2. Quale concezione dell’antichità viene espressa dal Rinascimento? 3. Che cosa si intendeva per “caccia al libro”? 4. In quali campi il Rinascimento fece registrare i maggiori progressi? 5. Per quale motivo l’invenzione della stampa ha aperto una nuova epoca? 6. La concezione rinascimentale del Medioevo corrisponde alla realtà storica di quel periodo? Per quale motivo?
5. Verso il saggio breve Leggi il documento riportato a p. 269, “La Donazione di Costantino e la nascita della filologia moderna” e rispondi alle seguenti domande. 1. 2. 3. 4. 5.
Che cosa è la filologia? Per quale motivo essa nasce? Chi è Lorenzo Valla? Quale scoperta di rilievo ha compiuto? In che modo? Quale è il significato di questa scoperta? In che modo le informazioni contenute nel brano riflettono la cultura del Rinascimento?
Leggi il documento riportato a p. 270, “La Scuola di Atene e la ricerca del vero” e rispondi alle seguenti domande facendo uso dell’immagine del quadro riportata nel libro di testo. 1. 2. 3. 4. 5. 6.
Dove si sviluppa la cultura del Rinascimento italiano? Chi era Giulio II della Rovere? Chi era Raffaello Sanzio? Che cosa è rappresentato sulle quattro pareti del quadro? Chi sono le figure principali rappresentate sulla parete ovest? Qual è il significato complessivo del quadro? Quale uso del tempo compare nella raffigurazione di alcuni personaggi? Per quale motivo? 7. In che modo le informazioni contenute nel brano riflettono la cultura del Rinascimento? Leggi il documento riportato alle pp. 272-273 “I consigli di Leonardo per tenere sveglia la mente” e rispondi alle seguenti domande. 1. 2. 3. 4. 5.
Che cosa mantiene vivo l’ingegno umano? Come si possono avere delle certezze? Che differenza esiste tra ingegno e memoria? Quale è il modo migliore di usare la vita? In che modo le informazioni contenute nel brano riflettono la cultura del Rinascimento?
Utilizzando le informazioni raccolte in questo modo, scrivi un brano di almeno 12-15 righe dal titolo “Rappresentazioni e aspetti della cultura del Rinascimento”.
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Modulo 6 L’Europa alla conquista del mondo
25 L’esplorazione
Capitolo
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della Terra
Percorso breve Nei decenni tra XV e XVI secolo si moltiplicarono i viaggi di navigazione e di esplorazione del globo terrestre, non solo per curiosità scientifica ma anche per interessi economici: trovare itinerari alternativi per raggiungere l’India, la terra delle spezie, dopo che i turchi ottomani avevano bloccato gli accessi via terra a quelle regioni. Il commercio delle spezie garantiva infatti favolosi guadagni a chi lo controllava. Le rotte individuate furono due. La prima: dirigersi verso sud tentando di doppiare l’Africa (nel 1487, Bartolomeo Diaz aprì la via giungendo fino al Capo di Buona Speranza). La seconda: raggiungere le Indie dirigendosi dalla parte opposta, cioè a est (dando così per buona la teoria, non ancora dimostrata, che la Terra fosse sferica): su questa base si mosse Cristoforo Colombo nel 1492, al servizio di Isabella regina di Spagna. Giunto nelle isole dei Caraibi, chiamò “Indie” queste terre e “indiani” i suoi abitanti. Alle “vere” Indie arrivò invece, nel 1498, Vasco de Gama, seguendo per conto del re di Portogallo la rotta tracciata da Bartolomeo Diaz, e spingendosi fino alla Cina. Mentre in questo modo si ponevano le basi dell’impero coloniale portoghese, gli spagnoli continuavano a esplorare le terre occidentali, che ancora si credevano le Indie. Tuttavia presto sorsero dubbi: i viaggi di altri navigatori (Cabral, Caboto) rivelarono paesaggi che non corrispondevano a quanto si sapeva dell’India. Amerigo Vespucci (attorno al 1500-02) lo sostenne per primo: quello
Antichi strumenti di navigazione
scoperto da Colombo era un altro continente, di cui si era ignorata fino ad allora l’esistenza. In onore di Vespucci, un geografo tedesco propose di chiamarlo America. La certezza si ebbe nel 1513 quando Balboa attraversò l’istmo di Panama e vide, al di là, un altro oceano. Nel 1519, Ferdinando Magellano si lanciò nell’impresa di oltrepassare l’America per raggiungere veramente le Indie. Doppiata la Terra del Fuoco (nel punto che fu poi chiamato Stretto di Magellano), la spedizione continuò con esiti drammatici, con la morte di quasi tutti i protagonisti, compreso Magellano. Tre anni dopo, i pochi sopravvissuti tornarono in Europa facendo, a rovescio, la rotta di Vasco de Gama. Era stata così dimostrata, nella pratica e non solo nella teoria, la sfericità della Terra.
Capitolo 25 L’esplorazione della Terra
25.1 Alla ricerca di nuove vie commerciali Verso i paesi delle spezie I navigatori europei si spinsero nelle ignote rotte oceaniche principalmente per un motivo di ordine economico: trovare nuove vie per l’Asia orientale – le Indie, come allora si diceva – per stabilire contatti diretti con i paesi delle spezie, che procuravano favolosi guadagni ai mercanti d’Occidente. Gli itinerari seguiti fino ad allora erano le rotte mediterranee che conducevano ai porti della Siria e dell’Asia minore, dove si potevano trovare le merci del lontano Oriente, portate da carovane di mercanti lungo le vie interne. Ma durante il XV secolo l’avanzata dei turchi ottomani nelle regioni dell’Impero bizantino [ 21.3] rese più difficili i rapporti fra l’Europa e l’Asia, più complicato e costoso l’approvvigionamento dei prodotti orientali. L’intraprendenza di Genova e del Portogallo Cominciò allora a diffondersi l’idea di cercare nuove vie per un accesso più diretto all’Oriente. In Italia questa esigenza fu avvertita soprattutto dai mercanti di Genova. A differenza di Venezia, infatti, che godeva del privilegio di potersi rifornire nei porti dell’Egitto in una situazione di monopolio, la città ligure era stata praticamente esclusa da quegli scali dell’Egeo e del Mar Nero ai quali aveva abitualmente indirizzato le sue navi e i suoi mercanti prima delle conquiste ottomane. Perciò i navigatori genovesi cominciarono a rivolgere la propria attenzione alle rotte atlantiche e a frequentare i porti di Lisbona e di Anversa. Alcuni di loro si spinsero anche a sud, come Antoniotto Usodimare (1416-1461), che nel 1455 raggiunse la Guinea, e Alvise Ca’ da Mosto (1432-1488) che negli stessi anni scoprì le isole di
Azzorre (1427) Madeira (1419)
MAR MEDITERRANEO G PE OL RS FO IC O
Capo Bojador (1434)
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COS TA COS TA COS TA D’ORO DEGLI SCHIAVI D’AVORIO Mina (1482) Principe (1472) São Tomé (1472) Annobón (1472) Cabinda
Malindi (1498)
Mani Kongo
Zanzibar
São Paulo de Luanda (1482) Zambesi
OCEANO A TLANTICO
Capo di Buona Speranza (1487)
Mozambico (1498) Madagascar (1500)
Capo Cross (1484) Punto estremo dell’avanzata di Diaz (1 4 8 8 )
Capo Agulhas
Baia di Delagoa
OCEANO INDIANO
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Sierra Leone (1460)
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Capo Blanco Capo Verde (1445)
Esplorazioni e basi commerciali portoghesi in Africa nel XV sec.
Opor to Lisbona Capo San Vincenzo
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Modulo 6 L’Europa alla conquista del mondo Capo Verde. Tali esplorazioni furono compiute per conto dei sovrani del Portogallo, il regno affacciato sull’Atlantico che sotto Enrico il Navigatore (1394-1460) e Giovanni II (1481-95) raggiunse una notevole floridezza e diede inizio a una politica di espansione sul mare, compiendo imprese di navigazione studiate e preparate con criteri sistematici, da cartografi, geografi e tecnici.
Innovazioni nautiche Fu possibile in tal modo mettere a punto un nuovo tipo di nave, la caravella, particolarmente adatta alla navigazione negli oceani. Queste imbarcazioni erano molto manovrabili, per l’equilibrato sistema di velatura e i perfezionamenti portati al timone centrale, incernierato verticalmente sull’asse mediano della poppa. L’orientamento e la rotta erano consentiti da nuove carte nautiche, dalla bussola e dall’astrolabio, uno strumento che permetteva di precisare la posizione della nave misurando l’altezza degli astri all’orizzonte.
L’astrolabio, XIV sec. [British Museum, Londra]
L’astrolabio fu il principale strumento usato dai marinai per rilevare l’altezza e la posizione del Sole e degli astri sull’orizzonte. Lo strumento, noto già ai Greci che l’avevano appreso dai Babilonesi, fu perfezionato dagli Arabi intorno al X secolo. L’astrolabio era formato da due dischi sovrapposti: sul primo era inserita una rete traforata che riproduceva la proiezione delle stelle più note; il secondo, ruotante sul primo e provvisto di due mire, permetteva l’osservazione.
25.2 «Buscar el Levante por el Poniente». La scoperta dell’America Due possibili strade Alla ricerca delle vie per le Indie, i navigatori si orientarono in due direzioni principali: verso sud, costeggiando l’Africa fino a doppiarla, per muovere poi a est; verso ovest, affrontando l’Oceano Atlantico, un percorso considerato da molti più breve. I sostenitori della rotta occidentale si basavano sulla teoria della sfericità della Terra, che risaliva ai filosofi e geografi greci, Aristotele (IV secolo a.C.) e Tolomeo (II secolo d.C.). Al primo itinerario andarono le preferenze specialmente dei navigatori portoghesi, uno dei quali, Bartolomeo Diaz (1450-1500), nel 1487 riuscì a oltrepassare l’equatore e a proseguire verso sud, lungo le coste africane, fino a doppiare la punta che da lui ricevette il nome di Capo delle Tempeste, mutato poi in Capo di Buona Speranza. Cristoforo Colombo L’idea di organizzare un viaggio di esplorazione muovendo verso Occidente fu sostenuta con convinzione da un giovane genovese (qualcuno però lo dice catalano) stabilitosi in Portogallo, Cristoforo Colombo (1451-1506), che la prospettò alla corte di Lisbona avvalorandola con gli studi di un geografo fiorentino, Paolo Dal Pozzo Toscanelli (1397-1482). Ma non ebbe successo, anche perché il Portogallo era impegnato a espandere le sue basi commerciali sulle coste dell’Africa. Colombo si rivolse allora alla regina di Spagna, Isabella di Castiglia [ 20.2], che, dopo lunghe incertezze,
Aa Documenti Alla ricerca delle spezie indiane Il progetto di raggiungere l’Oriente navigando verso Occidente, che Colombo presentò al re di Portogallo (e successivamente ai re di Spagna) basandosi anche sugli studi del matematico e geografo fiorentino Paolo Dal Pozzo Toscanelli, non aveva scopi esclusivamente scienti-
A
fici e di conoscenza, ma anche pratici ed economici: si trattava di giungere rapidamente e con costi minori nel regno delle spezie, l’India e l’Oriente asiatico, per approvvigionarsi sul posto di quei prodotti che, assai impiegati nell’alimentazione signorile e dei ceti ricchi, e perciò assai
ltre volte ho dimostrato che il cammino per via di mare di qua alle Indie, terra delle spezie, è più breve verso Occidente che non verso Oriente. Ma tu ora mi dici che il Re vorrebbe da me una dimostrazione scritta, in modo che si intenda e si possa prendere questo nuovo cammino. E così mando a sua Maestà una carta di quelle che si fanno per navigare, disegnata di mia mano. Nella quale è dipinta tutta la parte di Ponente fino alle Indie, con tutte le isole che in questo cammino si trovano e in quante leghe potete giungere a
richiesti, facevano la fortuna dei mercanti. Una lettera che lo stesso Toscanelli scrisse nel 1473 all’ecclesiastico portoghese Fernam Martins di Lisbona identifica molto chiaramente l’India come «terra delle spezie».
quei luoghi fertilissimi d’ogni sorta di spezie, e di gemme e pietre preziose. E non abbiate meraviglia se io chiamo Ponente il paese ove nascono le spezie, le quali comunemente dicesi che nascono in Levante. Poiché coloro che navigheranno verso Ponente sempre troveranno quei luoghi in Ponente; e quelli che andranno per via di terra verso Levante, sempre troveranno quei luoghi in Levante. Da Fiorenza, il 25 giugno dell’anno 1473, in La carta perduta. Paolo Dal Pozzo Toscanelli e la cartografia delle grandi scoperte, Firenze 1992
Capitolo 25 L’esplorazione della Terra decise di finanziare l’impresa e ottenne, da un armatore di Palos, tre caravelle con le quali tentare il viaggio. «Buscar el Levante por el Poniente», ossia «raggiungere l’Oriente dirigendosi verso Occidente»: la grande avventura ebbe inizio il 3 agosto 1492 a Palos, con la partenza delle tre imbarcazioni: un centinaio di uomini, un mare ignoto, molto coraggio.
Terra in vista! Dopo un viaggio di due mesi e nove giorni, che mise a dura prova la resistenza dei naviganti, le caravelle approdarono a una terra mai vista prima, un’isola dell’arcipelago delle Antille nell’America centrale, che Colombo battezzò San Salvador. Di qui gli esploratori raggiunsero le zone delle attuali Haiti e Cuba, poi, imbarcati alcuni indigeni, raccolsero animali e piante sconosciuti in Europa, un po’ d’oro e di spezie, e fecero ritorno in Spagna dove ricevettero accoglienze trionfali. Tutti, Colombo per primo, erano convinti che le terre scoperte fossero gli avamposti del continente asiatico. Perciò gli abitanti del luogo furono detti indios, ‘indiani’.
Juan Cabrera-Bejerano, Partenza delle tre caravelle da Palos [Monastero di La Rapida, Palos]
Questo dipinto del XIX secolo raffigura il momento della partenza delle tre celebri caravelle con cui Cristoforo Colombo partì da Palos il 3 agosto 1492. Sulle tre navi sventolavano le bandiere dei re cattolici di Spagna, finanziatori della spedizione. La Santa Maria alzava inoltre la bandiera di Colombo, che mostrava un’ancora dorata in campo azzurro.
Aa Documenti Gli indigeni d’America visti da Colombo Sbarcato nell’isola di Guanahani, che egli stesso volle ribattezzare San Salvador, Cristoforo Colombo si imbatté per la prima volta nelle popolazioni indigene d’America.
Il resoconto che ne fece nel suo “Giornale di bordo” tendeva a descriverli “tendenzialmente buoni”, onesti, generosi e con un’intelligenza vivace. Nel giro di poco tempo questa prima e positiva impressio-
L
e popolazioni di quest’isola non hanno ferro, né acciaio, né armi, al cui uso non sono adatti, non perché non siano gente ben disposta e di buona statura, ma perché sono straordinariamente paurosi. Vero è che, quando si sentono rassicurati e perdono un po’ della loro paura, si dimostrano tanto onesti e generosi di quanto possiedono che non lo crederebbe chi non lo constatasse. Qualunque cosa si domandi loro di quello che hanno, mai rispondono negativamente, anzi la offrono e mostrano tanto affetto che par vogliano dare il cuore e, si tratti di cosa di valore oppure di poco prezzo, ugualmente la danno in cambio di qualsiasi bagattella dichiarandosene contenti. […] Essi non professano né setta né idolatria alcuna, ma tutti credono che la potenza e il bene siano nel cielo, e credevano che io con le mie navi e la mia gente fossi sceso dal cielo. E questo non perché siano ignoranti, ma al contrario sono di ingegno molto acuto e navigano per tutti i mari ed è incredibile come sappiano dar buone informazioni su tutto, eccetto che non hanno mai visto gente vestita né navi simili alle nostre. Cristoforo Colombo, Giornale di bordo, Milano 2009
L’arrivo all’isola Hispaniola, 1493 [Illustrazione dalla lettera di Cristoforo Colombo De Insulis Indie Inventis, Basilea]
In questa illustrazione è raffigurato il primo sbarco in terra americana di Colombo, il quale riceve in dono oggetti preziosi da un gruppo di indigeni.
ne avrebbe ceduto il passo a una concezione razzista e intollerante, finalizzata a giustificare la sottomissione e lo sfruttamento degli indios americani [ 26].
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Modulo 6 L’Europa alla conquista del mondo L’arrivo di Vasco de Gama a Calicut, XVI sec. [Museu do Caramulo, Lisbona]
In questo arazzo è raffigurato l’arrivo di Vasco de Gama nel porto di Calicut (nome portoghese della città di Kozhikode, nella costa sud-occidentale dell’India) il 24 aprile 1498. In primo piano a sinistra è ritratto Vasco de Gama mentre consegna una lettera del re di Portogallo al sovrano indù della città, mentre i marinai (al centro e a destra) scaricano vari doni dalle sue navi.
25.3 La scoperta della via per le Indie e l’identificazione delle terre d’America Vasco de Gama Nel luglio 1497, cinque anni dopo il viaggio di Colombo, il navigatore portoghese Vasco de Gama (1468-1524) partì da Lisbona con una flottiglia di quattro navi e, seguendo le rotte già scoperte da Bartolomeo Diaz, raggiunse il Capo di Buona Speranza, lo doppiò, risalì la costa dell’Africa orientale, poi puntò verso est. Il 20 maggio 1498 le sue navi approdarono a Calicut, sulle coste indiane del Malabar. La via delle Indie e l’accesso diretto al paese delle spezie erano finalmente trovati. In poco tempo i portoghesi costruirono magazzini e depositi mercantili lungo il percorso della rotta da loro scoperta, dal Capo di Buona Speranza al Golfo Persico, spingendosi fino in Cina, dove si stabilirono nel 1554 creando a Macao la loro base commerciale. Si ponevano così le basi dell’impero coloniale portoghese, che sarebbe durato fino al XX secolo. Giovanni Caboto e Pedro Cabral La Spagna intanto proseguiva sulla via aperta da Colombo. Questi compì altri viaggi nella zona dei Caraibi, sempre nella convinzione di aver raggiunto le Indie, senza peraltro trovare l’oro, né le spezie, né le favoleggiate ricchezze dell’Oriente. L’idea che le terre scoperte da Colombo fossero un nuovo continente non tardò a farsi strada. L’ipotesi trovò conferma nei viaggi del veneziano Giovanni Caboto (14551498), che, per conto del re d’Inghilterra, nel 1497 giunse presso Terranova (oggi in Canada), e del portoghese Pedro Cabral (1467-20), che nel 1500 fu dirottato da una tempesta sulle coste del Brasile. Le descrizioni che essi fecero delle nordiche coste canadesi e dei grandi alberi del Brasile non rassomigliavano per nulla alle descrizioni che si conoscevano dell’Oriente: suscitarono pertanto molti dubbi sull’identità di quelle terre. Amerigo Vespucci Che si trattasse di un nuovo continente apparve chiaro poco tempo dopo, in seguito alle esplorazioni (1500-02) compiute da un fiorentino, Amerigo Vespucci (1454-1512), per conto del re del Portogallo. In una lettera scritta alle autorità di Firenze per informarle dei suoi viaggi Vespucci affermò: «appare chiaramente che queste terre sono un mondo nuovo, sconosciuto agli antichi».
Capitolo 25 L’esplorazione della Terra Dopo aver letto le relazioni di viaggio di Vespucci, un geografo tedesco, Martin Waldseemüller (1475-1522), propose nel 1507 di chiamare “America” la nuova terra, in omaggio al nome di battesimo dello stesso Vespucci. La certezza assoluta di avere scoperto un nuovo continente si ebbe nel 1513, quando lo spagnolo Vasco Nuñez de Balboa (1475-1519) attraversò l’istmo di Panama e vide con i suoi occhi che al di là di quella terra si stendeva un altro immenso oceano.
283
Guanahan Cuba Portori Giamaica Santo Gua Domingo Ma Trin
25.4 La circumnavigazione della Terra Cercando il passaggio a ovest La scoperta che la terra toccata da Colombo era un altro continente, un Nuovo Mondo, diede la certezza che le sospirate Indie si trovavano più lontano, al di là dell’America. Si presentò così un problema: il continente americano era una massa compatta che separava i due oceani, oppure esisteva qualche passaggio marittimo attraverso cui si potesse veramente arrivare in Oriente attraverso l’Occidente?
Rio delle Amazzo
La Parola OCEANO
L’espressione, impiegata già nel XVI secolo, contrappone il “mondo” appena scoperto (il continente americano) al “Vecchio Mondo” conosciuto da secoli: in linea di principio, sia l’Europa sia l’Asia e l’Africa; è in uso soprattutto l’Europa poiché europei erano stati gli scopritori (e conquistatori) del mondo “nuovo”.
Magellano e l’Oceano Pacifico Il problema fu affrontato da Ferdinando Magellano (1480-1521), un navigatore portoghese tra i più abili e arditi, passato al servizio della monarchia spagnola. Egli partì dal porto spagnolo di San Lucar nel 1519, riprendendo il progetto di Colombo di arrivare in Asia navigando verso Ponente. Giunto in America, costeggiò le regioni meridionali verso sud, finché in prossimità dell’odierna Terra del Fuoco in Patagonia trovò il passaggio, che da lui prese il nome di Stretto di Magellano. Di qui entrò nell’altro oceano, che chiamò “Pacifico” perché durante il lungo viaggio si mantenne straordinariamente calmo, e toccò le Filippine nell’aprile 1521. In queste isole Magellano trovò la morte con alcuni dei suoi, in un conflitto scoppiato con gli indigeni.
I primi viaggi verso Occidente e le nuove rotte per l’India
Cristoforo Colombo 1492-93 Ferdinando Magellano 1519-21 Giovanni da Verrazzano 1524 Pedro Alvares Cabral 1500 Dieppe
Terranova Azzorre
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Malacca Sumatra
OCEANO INDIANO Mozambico Comore Quelimane I. di S.Lorenzo Sofala (Madagascar)
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Cristoforo Colombo 1492-93
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Guanahani (12 ottobre 1492) Cuba Portorico I. di Capo Giamaica Santo Guadalupa Verde Domingo Martinica Trinidad
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Nuovo Mondo PACIFICO
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Modulo 6 L’Europa alla conquista del mondo Il giro del mondo in mille giorni Il corpo di spedizione continuò il viaggio compiendo in senso inverso la rotta di Vasco de Gama, in tre lunghi anni di navigazione. Solo ventun uomini, dei circa trecento che erano partiti, e una sola nave su cinque, fecero ritorno. Tra i sopravvissuti vi era il vicentino Antonio Pigafetta (1485 ca.-1536), che lasciò un resoconto della drammatica spedizione. Per la prima volta nella storia del mondo un gruppo di uomini era riuscito a fare il giro completo della Terra, impresa straordinaria rispetto alle conoscenze e ai mezzi tecnici dell’epoca: impresa paragonabile, forse, a quella degli astronauti del XX secolo, che per primi hanno scoperto le vie del cosmo celeste. La Terra è rotonda La circumnavigazione del globo compiuta dalla spedizione di Magellano fu uno stimolo potente per le attività umane ed ebbe un eccezionale valore scientifico: essa fornì la prova pratica della sfericità della Terra (dimostrata già nel II secolo, sulla base di calcoli teorici, dal geografo e astronomo egiziano Tolomeo) e rese possibile per la prima volta una descrizione relativamente esatta del nostro pianeta.
I luoghi della storia Rappresentazioni del mondo La “mappa del mondo” che si rappresentava nei secoli medievali era in gran parte frutto della fantasia, non solo perché le conoscenze geografiche erano a quel tempo approssimative, derivate non dall’osservazione della realtà ma da ricostruzioni fornite dalla letteratura, ma anche perché in esse si inserivano, e talora prevalevano, elementi simbolici di ispirazione religiosa. Per esempio, nella mappa mundi del XIII secolo (figura 1) al centro della Terra è posta
La mappa mundi nel Salterio del XIII sec. [British Library, Londra]
Gerusalemme, città sacra considerata una sorta di “ombelico del mondo”. In alto c’è il Paradiso terrestre, che la geografia immaginaria del Medioevo collocava alle porte dell’Oriente, e sopra ogni cosa c’è Gesù attorniato dagli angeli che spargono l’incenso: l’esaltazione della gloria di Dio è evidente nelle rappresentazioni di questo tipo. Tra il XIV e il XV secolo le conoscenze geografiche del mondo si fecero più precise rispetto a quelle di un secolo prima, ma
non in modo omogeneo (figura 2). L’Europa era ormai ben conosciuta e anche parte dell’Asia era nota, sia pure in maniera approssimativa. Molto incerta si presentava, invece, la configurazione dell’India, e la conoscenza dell’Africa si fermava attorno alle sorgenti del Nilo e all’Etiopia. A nord si rappresentava spesso un mare di ghiaccio e dai quattro punti cardinali soffiavano i venti. A cominciare dal XV secolo, in seguito ai viaggi di navigazione oceanica, la cartogra-
Il mappamondo di Tolomeo, stampato da Lienhart Holl, 1482
Capitolo 25 L’esplorazione della Terra Le conseguenze delle esplorazioni Dal punto di vista pratico, le conseguenze immediate del viaggio di Magellano furono meno evidenti rispetto a quelle del viaggio di Vasco de Gama. Si era dimostrato, infatti, che la via marittima più breve e più sicura per raggiungere l’Oriente era quella del periplo africano, che poteva svolgersi in gran parte costeggiando, mentre la rotta aperta da Colombo e completata da Magellano era più lunga e comportava la traversata di due oceani. Inoltre, mentre i portoghesi, insediati negli scali dell’Africa, dell’India e della Cina, erano riusciti per primi a organizzare una rete di collegamenti commerciali e a fare affluire in patria le preziose merci dell’Oriente, gli spagnoli, scoprendo l’America, si erano imbattuti in un continente che, almeno inizialmente, appariva inabitabile e selvaggio. Ma fu solo una questione di tempo. Non tardò molto che anche l’America diventò desiderabile e incominciarono ad affluire verso di essa spedizioni di avventurieri e di conquistatori.
fia ricevette uno straordinario impulso e le scoperte geografiche che si susseguivano a ritmo serrato offrirono maggiori informazioni sulla geografia del pianeta, anche se persistevano vaste zone di incertezza. Per esempio, il mappamondo riprodotto in una carta nautica del 1535 (figura 3) proponeva dei confini abbastanza approssimativi per alcune zone mentre erano piuttosto dettagliati quelli dell’Africa e dell’Europa; da notare, inoltre, la rappresentazione
Planisfero riprodotto in una carta nautica, 1535
del Nuovo Mondo che è raffigurato unito all’Europa settentrionale attraverso uno stretto lembo di terra (ciò che, peraltro, sappiamo essere stato vero in epoche non troppo lontane da noi). Infine, a dimostrazione che era un dato ormai acquisito che la Terra non fosse un disco piatto ma una sfera, arrivarono le riproduzioni in scala del pianeta: i globi terrestri, chiamati anche “mappamondo” (figura 4); spesso costruiti in coppia con i
globi celesti che illustravano costellazioni e posizione di astri e stelle. Queste rappresentazioni della geografia terrestre su supporti sferici, ruotanti attorno a un asse, divennero utili strumenti per l’insegnamento scientifico ma ben presto assunsero un’importanza anche politica, rappresentando in maniera chiara, e per l’epoca molto precisa, la disposizione di territori vecchi e nuovi, argomento di assoluto interesse per i sovrani europei.
Jodocus Hondius, Globo terrestre, 1618 [Heimat Museum, Oettingen (Germania)]
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Modulo 6 L’Europa alla conquista del mondo
Sintesi
L’esplorazione della Terra
Alla ricerca di nuove vie commerciali Dal XV secolo, i navigatori europei furono spinti a cercare nuove vie di accesso diretto all’Asia orientale per non perdere i guadagni provenienti dai commerci delle spezie, resi più difficili dall’avanzata dei turchi. In Italia furono i navigatori genovesi a compiere esplorazioni, raggiungendo la Guinea e Capo Verde, per conto dei sovrani portoghesi. Il Portogallo aveva avviato una politica di espansione sul mare, usando delle innovazioni tecniche rilevanti: la caravella (una nave manovrabile e adatta alla navigazione oceanica), la bussola, l’astrolabio, che permettevano di rilevare la posizione della nave. «Buscar el Levante por el Poniente». La scoperta dell’America La ricerca della via per le Indie seguì due diversi percorsi. Il primo era in direzione sud, costeggiando l’Africa per poi superarla; venne seguito da Bartolomeo Diaz (1487), che oltrepassò l’equatore fino a superare la punta meridionale del continente africa-
no. Il secondo era in direzione ovest, seguendo la rotta atlantica; questa rotta fu seguita da Cristoforo Colombo (1492), che sbarcò nell’isola poi ribattezzata San Salvador, nelle Antille, convinto di aver raggiunto il lembo estremo del continente asiatico. La scoperta della via per le Indie e l’identificazione delle terre d’America Vasco de Gama, navigatore portoghese, seguendo le rotte di Diaz e proseguendo verso est, sbarcò (1498) a Calicut, in India, individuando la via diretta per l’accesso al paese delle spezie. I portoghesi costruirono magazzini e depositi sulla rotta, ponendo poi la base commerciale a Macao, in Cina. La Spagna proseguì invece lungo la rotta atlantica. Presto si affermò l’idea che le terre scoperte da Colombo appartenessero a un continente ignoto. I viaggi di Giovanni Caboto (Canada) e di Pedro Cabral (Brasile) confermarono questo dubbio. La certezza arrivò dopo le esplorazioni di Amerigo Vespucci, che parlò
nei suoi resoconti di un mondo nuovo, e di Vasco Nuñez de Balboa, che attraversò l’istmo di Panama scoprendo l’esistenza dell’Oceano Pacifico. La circumnavigazione della Terra A quel punto si pose il problema di cercare un passaggio verso ovest oltre il nuovo continente. Esso fu affrontato da Ferdinando Magellano: partito nel 1519, costeggiò il continente americano verso sud, fino a trovare un passaggio (Stretto di Magellano), superato il quale navigò nell’Oceano Pacifico fino alle Filippine, dove morì (1521). Il viaggio fu proseguito percorrendo la rotta di Vasco de Gama in senso inverso, fino a effettuare il primo giro completo della Terra. Venne così dimostrata anche sul piano empirico la sfericità della Terra. Si comprese come la via africana fosse la più breve per giungere alle Indie. Inizialmente il Portogallo parve avvantaggiato, mentre la Spagna aveva scoperto un continente in apparenza selvaggio.
Esercizi Comprendere e ordinare 1. Associa alle seguenti parole chiave il significato corretto.
2. Nelle frasi seguenti, segna il giusto completamento.
armatore • astrolabio • bussola • caravella • equatore • istmo • periplo • rotta
a. La certezza assoluta di aver scoperto un nuovo continente si ebbe:
Tragitto percorso da una nave in mare Striscia di terra che separa due mari e congiunge due territori estesi Nave veloce e manovrabile usata da spagnoli e portoghesi Strumento che indica il nord e serve per orientarsi Strumento che permette di misurare la posizione della nave in base all’altezza degli astri Parallelo equidistante dai poli che divide la Terra in due emisferi Proprietario o noleggiatore di una nave mercantile Circumnavigazione di un’isola o di un continente
nel 1492. nel 1507.
nel 1513. nel 1519.
b. L’accesso diretto all’India venne trovato dopo il viaggio: di Bartolomeo Diaz. di Francesco Magellano. di Vasco de Gama. di Antoniotto Usodimare. c. La principale conseguenza della spedizione di Magellano fu: la dimostrazione della sfericità della Terra. la dimostrazione della brevità della rotta da lui seguita. la scoperta di un nuovo continente. la scoperta dell’Oceano Pacifico. d. Tra coloro che completarono la prima circumnavigazione completa del globo vi fu: Bartolomeo Diaz. Francesco Magellano.
Vasco de Gama. Antonio Pigafetta.
e. L’impresa di Cristoforo Colombo fu finanziata: dal Portogallo. da Genova.
dall’Inghilterra. dalla Spagna.
Capitolo 25 L’esplorazione della Terra
3. Colloca sulla linea del tempo gli eventi elencati in ordine sparso. 1455
1487
1492
1497
1498
1500
1. 2. 3. 4.
Vasco de Gama parte da Lisbona Antoniotto Usodimare raggiunge la Guinea partenza del viaggio di Federico Magellano il geografo tedesco Martin Waldseemüller propone di chiamare America il nuovo continente 5. primo viaggio di Cristoforo Colombo 6. Pedro Cabral scopre il Brasile
1507
7. 8. 9. 10. 11. 12.
1513
1519
1521
1554
viaggio di Bartolomeo Diaz creazione della base commerciale portoghese di Macao Vasco de Gama approda a Calicut Vasco Nuñez de Balboa attraversa l’istmo di Panama Giovanni Caboto giunge presso Terranova Federico Magellano muore nelle Filippine
4. Completa la seguente mappa concettuale. approvvigionamento • Asia • base • Calicut • rotta commerciale • nuovo continente • espansione • Est • Europa • via delle Indie • Macao • Ovest • Portogallo • ricerca • San Salvador • scoperta • spezie ........................................... dei
turchi; difficili comunicazioni tra ........................................... e ..............................................................................
.................................... di
nuove .......................... per .........................................................................
Conseguenze • Scoperta .................................. ...........................................................
• Prima: appariva selvaggio • Poi: avventurieri
Spagna direzione: ...................
direzione: ....................
Conseguenze • Accesso ....................................
1492 Colombo approdo:
1498 Vasco de Gama approdo:
...........................................................
.................................................
.................................................................
....................................
• Creazione di una .................. ...........................................................
• ............................. principale: ...........................................................
Analizzare e produrre 5. Leggi il documento a p. 281 “Gli indigeni d’America visti da Colombo” e rispondi alle seguenti domande. 1. 2. 3. 4. 5.
Che cosa non viene usato dagli indios? Per quale motivo? Che indicazioni vengono date sul loro carattere? Come si comportano di fronte alle richieste? Quale forma di religiosità li contraddistingue? Che cosa viene detto circa le loro capacità e la loro intelligenza?
Leggi il documento a p. 280 “Alla ricerca delle spezie indiane” e rispondi alle seguenti domande. 1. 2. 3. 4. 5.
Chi era Paolo Del Pozzo Toscanelli? Che progetto presentò Colombo al re del Portogallo? Con quale esito? Quali erano gli scopi di tale progetto? Perché è proposto di arrivare alle Indie da ovest? Quali vantaggi si pensa ci siano? Che cosa fa Toscanelli per convincere il sovrano portoghese?
Sulla base delle informazioni così raccolte, scrivi un testo di 15 righe dal titolo “Colombo e il suo viaggio: aspettative e realtà”.
287
288
Modulo 6 L’Europa alla conquista del mondo
6. Completa la seguente tabella inserendo le informazioni mancanti. Con le informazioni raccolte indica con colori diversi sulla cartina le rotte percorse nel corso dei diversi viaggi. QUANDO
CHI
PER CONTO DI
ROTTA SEGUITA
1455
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Bartolomeo Diaz
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Palos – ovest – San Salvador (Antille)
1497
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Inghilterra
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Pedro Cabral
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1519
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Modulo 6 L’Europa alla conquista del mondo
26 I primi imperi
Capitolo
289
coloniali
Percorso breve Agli inizi del XVI secolo il continente americano fu preso d’assalto da avventurieri spagnoli in cerca di facili ricchezze. Nel 1519 una spedizione guidata da Ferdinando Cortés occupò il Regno azteco. Nel 1531 una spedizione guidata da Francisco Pizarro si impadronì del Regno inca. Nonostante fossero un numero esiguo, i “conquistatori” riuscirono facilmente a sottomettere queste e altre regioni, grazie alle micidiali armi da fuoco contro cui gli indigeni non avevano difesa. Le terre furono divise tra i conquistatori, che esercitarono uno spietato sfruttamento della popolazione e delle risorse locali. Solo verso la metà del secolo il governo di Madrid cominciò a inviare dei governatori (viceré) in quei territori, sia per prenderne direttamente il controllo, sia per porre freno agli abusi. Nell’occasione si aprì un vasto dibattito sulla “natura” degli indios, che molti ritenevano selvaggi poco diversi dalle bestie, mentre altri (soprattutto gli ordini religiosi) ne sottolineavano la dignità umana e cercavano di convertirli al cristianesimo. Tutto questo non impedì che gli indigeni, sottoposti a condizioni lavorative durissime e colpiti da nuove malattie portate dagli europei, andassero incontro a una spaventosa mortalità, riducendosi nel giro di un secolo da 80 a 10 milioni. Per colmare i vuoti provocati dallo sterminio degli indigeni, i conquistatori europei fecero ricorso a schiavi neri importati dall’Africa, messi a lavorare nelle piantagioni agricole o nelle miniere d’argento. I portoghesi, a differenza degli spagnoli, puntarono soprattutto a colonizzare le regioni africane e asiatiche, impiantando ovunque scali commerciali. Anch’essi tuttavia parteciparono alla conquista dell’America, occupando il vasto territorio del Brasile e assoggettandone le popolazioni.
Miguel Gonzales, Impiccagione di un indio, 1698 [Museo de América, Madrid]
Il trasferimento di piante e animali che si verificò in quell’epoca tra America ed Europa, in entrambe le direzioni, è stato chiamato dagli storici “scambio colombiano”. Esso produsse importanti modificazioni nei sistemi agricoli e alimentari dei due continenti.
290
Modulo 6 L’Europa alla conquista del mondo
26.1 L’invasione spagnola dell’America I conquistadores Sulle terre abitate dalle popolazioni azteche e incas [ 18] agli inizi del XVI secolo sopraggiunse, improvvisa e violenta, l’invasione degli spagnoli. Inizialmente non si trattò di spedizioni organizzate dalla monarchia ma di iniziative private, personali, dovute a gruppi di avventurieri castigliani, detti conquistadores, i quali pensavano che il continente scoperto da Colombo fosse la mitica terra della ricchezza facile, il paese dell’oro: El dorado, lo chiamavano. Cortés nel Regno degli Aztechi La prima spedizione approdò sulle coste messicane nel 1519. La guidava Ferdinando Hernán Cortés (1485-1547). Erano poche centinaia di uomini (qualcuno dice 500, altri 900) con 16 cavalli e 10 cannoni, un numero irrisorio in confronto alle molte migliaia di Aztechi della regione. Tuttavia essi riuscirono a raggiungere la capitale del regno, Tenochtitlàn (la futura Città del Messico I luoghi della storia, 18.3) e a ottenere la sottomissione del re Montezuma II (1502-20), sfruttando la paura degli indigeni di fronte ai cavalli, animali che non avevano mai visto, e la loro convinzione che gli uomini venuti dal mare e muniti di armi sterminatrici fossero stati inviati dagli dèi, come voleva un’antica leggenda. Solo in un secondo momento le violenze e le rapine degli spagnoli provocarono una disperata insurrezione da parte degli Aztechi, che furono sbaragliati dalla superiorità delle armi da fuoco.
Guamán Poma de Ayala Felipe, Decapitazione del re Atahualpa [da Guamán Poma de Ayala, El primer nueva chrónica y buen gobierno]
Il disegno illustra la condanna a morte, mediante decapitazione, del sovrano inca Atahualpa da parte dei soldati di Francisco Pizarro.
Pizarro nel Regno degli Incas Dodici anni dopo l’invasione di Cortés, nel 1531, giunse in America un’altra spedizione di spagnoli, guidati da Francisco Pizarro (1475-1541), che con 3 navi, 40 cavalieri, 130 soldati e 3 cannoni sbarcò a Panama e avanzò nella regione delle Ande, dove, avvalendosi del superiore armamento e anche dell’inganno e della ferocia più spietata, riuscì in due anni a impadronirsi dell’Impero degli Incas. Il re Atahualpa (1532-33) fu catturato e ucciso insieme con i nobili; i templi vennero saccheggiati, l’oro e l’argento asportati, le costruzioni date alle fiamme. A partire dalle terre così conquistate, gli spagnoli si spinsero in seguito ancora più a sud, sia lungo le regioni dell’Atlantico, dove fondarono Buenos Aires (1536), sia lungo le regioni del Pacifico, dove fondarono Santiago (1541).
26.2 Lo sterminio degli indigeni Le encomiendas Gli spagnoli esercitarono sulle regioni conquistate un duro e spietato sfruttamento. Le terre e le popolazioni assoggettate erano considerate proprietà della Corona, ma venivano ripartite fra i conquistatori, i quali, attribuendosi poteri sovrani, percepivano dagli indigeni un tributo, sotto forma di prodotti o di lavoro forzato. Fu questo l’istituto della encomienda, termine con cui si indicò l’affidamento di un territorio e dei suoi abitanti a un concessionario di origine spagnola, detto encomendero. Nessuna legge tutelava gli indigeni, messi a lavorare nelle miniere d’argento o nelle grandi aziende (haciendas) agricole e pastorali. Abusi e sfruttamento Verso la metà del secolo, nel 1543,il governo di Madrid intervenne direttamente nelle colonie americane, inviando dei viceré che, fra gli altri incarichi, avevano anche quello di mettere un freno agli abusi di potere e agli eccessi di sfruttamento dei conquistadores. Costoro, infatti, oltre a perseguire in modo spregiudicato i loro interessi economici, si comportavano brutalmente con gli indigeni, ritenendoli (come molti a quel tempo) più bestie che uomini. Anche il clero spagnolo (specialmente i domenicani) prese le difese degli indigeni e si sforzò di raccomandare comportamenti più rispettosi della vita e della dignità umana, come fece il frate Bartolomeo de Las Casas (1474-1566). Ma lo sfruttamento degli indigeni continuò, in forme più che mai terribili.
Capitolo 26 I primi imperi coloniali Il crollo demografico e la tratta degli schiavi africani Costretti a lavorare nelle cave e nei fiumi alla ricerca di metalli preziosi (soprattutto argento, nelle miniere scoperte nel nord del Messico e in Perù), gli indigeni andarono incontro a una spaventosa mortalità, resa ancora più tragica da nuove malattie portate dagli europei in America: fra le popolazioni indigene, prive di difese immunitarie, non solo infezioni gravi come il vaiolo ma anche malattie più lievi come il morbillo o l’influenza rapidamente si trasformavano in tremende epidemie. Le cifre sono agghiaccianti: prima dell’arrivo di Colombo, il continente americano contava circa 80 milioni di abitanti; un secolo dopo ne rimanevano poco più di 10 milioni. Per colmare i vuoti provocati dallo sterminio degli indigeni d’America, gli europei fecero ricorso all’importazione di schiavi neri dall’Africa, dando origine a un fenomeno di importanza epocale.
Indios mandati al rogo dai conquistadores spagnoli
Aa Documenti È possibile convertire i “selvaggi”? Il dibattito sulla natura degli indios Il contatto con gli indigeni americani provocò tra gli europei molta curiosità e un forte disorientamento culturale. Gli indios erano diversi da tutti i “barbari” con cui gli europei avevano avuto a che fare: a molti apparivano più simili agli animali che agli uomini. Le prime descrizioni (come quella degli abitanti di San Salvador, fatta da Cristoforo Colombo, Documenti, 25.2) tendevano a rappresentarli come “naturalmente buoni”. Col tempo, però, questi “selvaggi” cominciarono a essere descritti con toni opposti, legati sia all’avidità dei conquistatori sia alla scoperta di abitudini e di pratiche (in particolare quella dei sacrifici umani, diffusa presso gli Aztechi e altre popolazioni dell’interno) che negli europei suscitavano ripulsa e orrore. Da ciò molti derivavano l’opinione – non disinteressata – che gli indigeni non meritassero altro che di essere ridotti in schiavitù. Nel 1524, il frate domenicano Tommaso Ortiz (morto nel 1531) descrisse gli indios come bestie dedite all’alcool e alle droghe: Amano ubriacarsi con ogni sorta di alcolici fatti con erbe, radici, cereali, frutta, e si ubriacano anche col fumo e con certe erbe che fanno loro perdere il senno. Sono bestiali nei vizi, traditori, crudeli, vendicativi, pigri, ladri, bugiardi, gretti. Sono osceni come porci, incapaci di apprendimento e di correzione.
Con tali premesse, rendere schiavi gli indios, o addirittura eliminarli, appariva quasi una missione provvidenziale. Diametralmente opposta fu la prospettiva di un altro domenicano, Bartolomeo de Las Casas (1474-1566), che, dopo aver maturato un atteggiamento di comprensione e di solidarietà verso gli indigeni sfruttati, si dedicò alla loro conversione per integrarli nella “civiltà”. Nella sua Breve relazione sulla distruzione delle Indie scritta nel 1542 de Las Casas denunciò gli orrori perpetrati dai conquistatori, paragonati a lupi in un gregge di pecore: Tutta questa gente fu creata da Dio senza malvagità e senza doppiezze, obbedientissima ai suoi signori naturali e ai cristiani, ai quali prestano servizio. La loro intelligenza è limpida, sgombra e viva: sono molto capaci, e docili a ogni buona dottrina, adattissimi a ricevere la nostra santa fede cattolica, e ad assumere costumi virtuosi. Tra queste pecore mansuete entrarono improvvisamente gli spagnoli, e le affrontarono come lupi, da molti giorni affamati. E altro non han fatto, da quarant’anni fino a oggi, se non disprezzarle, ucciderle, angustiarle, affliggerle, tormentarle e distruggerle. La scandalizzata relazione di Bartolomeo de Las Casas fu accolta con molto inte-
resse dalla monarchia di Spagna, impegnata in quegli anni a contrastare lo strapotere degli encomenderos. Ma quella voce fu sopraffatta da altre, come quella di Juan Ginés de Sepúlveda (1490-1573), il quale, nello stesso anno in cui scriveva Bartolomeo, sostenne che gli europei avevano ogni diritto di sottomettere gli indios, poiché in tal modo portavano «la civiltà e la vera religione» a quei selvaggi non diversi da bestie, omuncoli nei quali a stento potrai riscontrare qualche traccia di umanità [..., gente che] non conosce l’uso delle lettere, non conserva alcun documento della loro storia (escluso qualche tenue e oscuro ricordo di alcuni avvenimenti affidato a certe pitture), non ha alcuna legge scritta, ma soltanto istituzioni e costumi barbari [..., e pratica] così nefandi sacrifici ed empie credenze. Estirpare queste «empie credenze» era per i re cattolici un’alta missione divina. La cristianizzazione degli indios avanzò fra molte difficoltà, dando origine anche a fenomeni di ibridazione e di mescolanza fra i culti locali e la fede cristiana. In questo fenomeno, che occupò molti decenni, a un certo punto (XVII secolo) diventò importante l’opera dei missionari gesuiti, che diedero vita a comunità indie autogestite, dette “riduzioni” [ 30.4].
291
Genova
Venezia ASIA
Lisbona
292
Pechino
Modulo 6 L’Europa alla conquista del mondo
Argouin
Zeytun
Hormuz
Alessandria
Canton
Nagasaki
Macao 26.3 Gidda L’impero Diu coloniale ispano-portoghese PACIFICO Goa OCEANO
Il Cairo
AFRI CA
Aden
Massaua
Manila
La spartizione delle nuove terre CalicutLa colonizzazione portoghese ebbe caratteristiche diSocotra verse da quella spagnola. Essa, infatti, si sviluppò prevalentemente in Asia e in Africa Elmina Malacca Ceylon e si limitò alla fondazione di scali commerciali per il controllo del mercato delle spezie. Malindi Tuttavia, le scoperte geografiche che dalla fine del XV secolo si susseguirono in Zanzibar modo Kilwa incessante portarono la Spagna e il Portogallo a scontrarsi per il controllo dei Luanda OCEANOintervenne allora il papa Alessandro VI Borgia [ 23.5] nuovi territori. Con prontezza Mozambico INDIANOin cui, elogiando l’intento cristiano delle due potenze di che nel 1493 emanò una bolla OCEANO evangelizzare gli abitanti di terre «remote e sconosciute», divise il mondo con una Sofala ATLANTICO MADAGASCAR immaginaria linea verticale (la cosiddetta “raya apostolica”) che dal polo nord al polo sud attraversava l’Oceano Atlantico e segnava il confine tra le aree di conquista dei due AUSTRALIA paesi. I territori scoperti a est della linea sarebbero andati al Portogallo (che così poteCapo di Buona Speranza va proseguire la sua espansione in Africa e in Oriente), quelli a ovest alla Spagna (che continuava l’esplorazione delle Americhe). Il trattato di Tordesillas L’anno successivo (1494) i re di Spagna Ferdinando e Isabella e il re di Portogallo Giovanni II modificarono le divisioni fatte dal pontefice con il trattato di Tordesillas (la cui ultima conferma sarebbe avvenuta nel 1799), spostando leggermente la linea immaginaria. Fu così stabilito che le Indie occidentali, cioè l’America centro-meridionale, fossero assegnate alla Spagna mentre al Portogallo dovevano andare le Indie orientali, cioè l’Africa e le terre asiatiche. La presenza portoghese si affermò tuttavia anche in America dal momento che il Portogallo si impadronì di un vasto territorio, l’attuale Brasile, casualmente scoperto dal navigatore Pedro Cabral nel 1500 [ 25.3] proprio a ridosso della raya di confine; ma, per una gran parte del secolo, l’emigrazione dalla madrepatria in questa colonia restò assai limitata. Lo sfruttamento degli immensi territori del Brasile ebbe inizio solo a partire dalla seconda metà del Cinquecento, quando il Portogallo, assoggettato dalla
L’impero commerciale portoghese, XVI sec.
Insediamenti dell’Impero portoghese Rotte commerciali arabe precedenti l’avvento dei portoghesi Rotte commerciali portoghesi
Genova
Venezia ASIA
Lisbona
Pechino Zeytun
Hormuz
Alessandria Argouin
AFRI CA
Il Cairo
Diu Goa
Gidda Aden
Massaua
Canton
Socotra
Luanda
Manila
Calicut Ceylon
Malacca
Zanzibar Kilwa Mozambico
OCEANO
ATLANTICO
OCEANO PACIFICO
Macao
Elmina Malindi
Nagasaki
Sofala
OCEANO INDIANO
MADAGASCAR AUSTRALIA
Capo di Buona Speranza
Capitolo 26 I primi imperi coloniali
Spagna (1578), entrò a far parte dell’Impero spagnolo (il Portogallo avrebbe poi ritrovato la sua indipendenza nel 1640). Anche in Brasile si verificò una sistematica importazione di mano d’opera con schiavi di origine africana.
26.4 Conseguenze economiche e sociali dell’espansione europea Cambiamenti planetari Lo sviluppo della navigazione transoceanica e l’espansione degli europei negli altri continenti produssero conseguenze di grande rilievo, sul piano economico, politico e sociale. ■ Le grandi vie del commercio marittimo si spostarono dal Mediterraneo all’Atlantico, a vantaggio delle nazioni che si affacciavano sull’Oceano e a danno dei paesi mediterranei, come l’Italia, che da secoli erano la base dei traffici con l’Oriente. I principali porti commerciali dell’Europa diventarono, a questo punto, Lisbona e Siviglia (su cui si concentravano, rispettivamente, i traffici portoghesi e spagnoli) e in seguito Anversa, nei Paesi Bassi, e Londra in Inghilterra. ■ Ebbe inizio il colonialismo europeo a dimensioni mondiali, cioè il predominio economico e politico degli Stati d’Europa sugli altri continenti (dapprima a opera della Spagna e del Portogallo, poi dell’Inghilterra, della Francia e dell’Olanda). Il colonialismo, durato fino al XX secolo, è stato uno dei fatti più vistosi e caratteristici della storia moderna. ■ La schiavitù, largamente diffusa nell’età antica e poi diminuita nel Medioevo, prese nuovo sviluppo e raggiunse dimensioni mai viste. Ad alimentarla fu la tratta dei neri, provocata e sostenuta specialmente dai colonizzatori europei in America. Secondo le prime testimonianze, che risalgono al 1520-30, in breve tempo furono trasportati dalla Guinea in America ben 900.000 schiavi, a mezzo di mercanti e di navi portoghesi.
Trasformazioni agricole e alimentari Importanti cambiamenti si ebbero anche nella produzione agricola e nei sistemi alimentari, in seguito allo scambio di diversi tipi di piante, acclimatate con successo nell’uno e nell’altro continente. Dall’America giunsero in Europa alcuni animali (tra cui solo il tacchino destinato a larga fortuna) e
293
Sebastiano Cantino, Carta detta “Cantino”, con il trattato di Tordesillas, 1502 [Biblioteca Estense e Universitaria, Modena]
La cosiddetta “Carta Cantino”, disegnata nel 1502, è la prima a mostrare la linea del trattato di Tordesillas, la linea meridiana immaginaria (detta “raya apostolica”) che, in pieno oceano, tagliava il globo da un polo all’altro. Il trattato stabilì che la raya passasse a 370 leghe a ovest di Capo Verde (la linea nera verticale sulla sinistra della carta), attribuendo così al Portogallo il possesso del Brasile.
294
Modulo 6 L’Europa alla conquista del mondo una quantità di piante di uso alimentare (mais, pomodoro, patata, fagioli, peperone, peperoncino, zucca, zucchina, fragola, mirtillo, girasole, ecc.). Altre piante americane, come il cacao e la vaniglia, il cotone e il tabacco, col tempo avrebbero assunto grande importanza nelle abitudini di consumo degli europei, ma continuarono a essere prodotte solo oltre Oceano. Altre ancora, come la manioca e l’arachide, furono impiantate dagli europei in Africa e nel Sud-est asiatico.
Piante mediterranee in America Ancor più consistente – contrariamente a quanto spesso si pensa – fu la quantità di prodotti che gli europei introdussero e acclimatarono nel nuovo continente. In America, prima dell’arrivo degli europei, il solo animale conosciuto di grossa taglia era il lama, utilizzato per i trasporti di merci e di persone. Gli europei portarono con sé tutte le principali razze animali utilizzate per l’alimentazione o per il lavoro: bovini, maiali, cavalli, bufali, pecore, capre, polli, oche, piccioni, e inoltre le api da miele. Portarono i cereali tipici della tradizione europea e mediterranea (frumento, orzo, miglio, avena, riso), i principali legumi oltre al fagiolo (piselli, ceci, fave,
Le vie della cittadinanza
Schiavismo e schiavitù
A
ll’epoca dell’occupazione del continente americano, gli indigeni furono di fatto schiavizzati dagli europei, nonostante le voci di dissenso pronunciate da alcuni religiosi e missionari. La giustificazione stava semplicemente nel fatto che gli indigeni non erano uomini, ma bestie (perciò erano malvisti i religiosi che presumevano di convertire gli indigeni alla fede cristiana, facendone degli uomini a pieno titolo). Agli indios americani, sterminati dallo sfruttamento e dalle malattie, ben presto si aggiunsero gli schiavi fatti prigionieri nell’Africa nera e messi a lavorare nelle colonie. In collegamento con questi eventi, l’economia schiavista (così viene chiamata quell’economia basata sul lavoro degli schiavi) e il commercio degli schiavi conobbero nei secoli XVI-XVIII un rinnovato impulso. Come si trattavano questi uomini-bestia catturati e venduti per servire gli interessi di venditori e utilizzatori è raccontato in molti testi di età moderna, che oscillano
Una nave negriera [Bibliothèque Nationale, Parigi]
In questa anonima incisione viene descritto il metodo “migliore” per stivare nelle navi gli schiavi provenienti dall’Africa. Prima della partenza, il carpentiere di bordo aveva il compito di predisporre la stiva per alloggiare gli schiavi in modo tale da poterne imbarcare il maggior numero possibile. A tribordo (il fianco destro della nave) venivano alloggiati col sistema “a cucchiaio”, ossia girati in avanti e incastrati l’uno di fronte all’altro; a babordo (il fianco sinistro della nave), invece, venivano girati all’indietro affinché potessero respirare più facilmente.
tra la freddezza “tecnica” della narrazione e, talvolta, il senso di umana pietà per questi esseri sfortunati, il cui primo destino è la distruzione dei propri legami familiari. Così, per esempio, un cronista portoghese del XVI secolo descriveva la cattura e la vendita degli schiavi africani destinati alle piantagioni del Nuovo Mondo, in una piazza di mercato della costa atlantica: Gli schiavi furono riuniti insieme in uno spiazzo: alcuni tenevano la testa china e avevano il volto rigato di lacrime, altri gridavano di dolore e volgevano gli occhi al cielo come per implorare l’aiuto del padre di tutto
il genere umano; altri ancora si coprivano il volto con le mani e si gettavano a terra, o davano sfogo al loro dolore con canti funebri, secondo l’uso del loro paese. Ad accrescere le loro pene si fecero avanti degli uomini per dividerli in cinque gruppi distinti, destinati a diversi compratori, e facendo questo divisero il figlio dal padre, la moglie dal marito, il fratello dai fratelli. La divisione non si poté portare a termine se non con grande fatica, perché genitori e figli, trovatisi in gruppi diversi, correvano gli uni nelle braccia degli altri, le madri afferravano i figli e fuggivano con essi senza curarsi dei colpi, fino a che i piccoli non venivano strappati dalle loro braccia.
Capitolo 26 I primi imperi coloniali lenticchie), molte piante da orto (aglio, cipolla, lattuga, cavolo, rapa, carota, carciofo, asparagi, cetrioli, melanzane, e poi i meloni e i cocomeri) e alberi da frutto (melo, albicocco, pesco, pero, mandorlo, e ancora le arance, i limoni e altre specie di agrumi). Portarono la vite e l’ulivo, simboli dell’antica agricoltura mediterranea. Portarono piante tessili quali il lino e la canapa.
Piante medio-orientali in America Gli europei introdussero in America anche piante di origine medio-orientale come il banano, la canna da zucchero, il caffè (che oltre Oceano trovarono un clima ideale e furono perfettamente acclimatate, al punto che molti, oggi, pensano che lo zucchero e il caffè siano prodotti di origine americana). Dopo avere a lungo cercato in America le spezie indiane, gli europei stessi vi introdussero il pepe nero. In questo modo il continente americano fu profondamente “europeizzato”, trasformato a uso e consumo degli europei: le ampie distese messe a coltura, o le enormi praterie utilizzate per l’allevamento degli animali, servirono a produrre beni di consumo per gli europei trapiantati in America o per i mercati del Vecchio continente.
Bisognerà attendere l’Ottocento perché il commercio degli schiavi sia formalmente proibito dai governi europei, ma ancora nel cuore della nostra epoca fenomeni del genere non sono affatto rari, anzi il fenomeno ha assunto dimensioni imponenti. «Nessun individuo potrà essere tenuto in stato di schiavitù o di servitù; la schiavitù e la tratta degli schiavi saranno proibite sotto qualsiasi forma». Così recita in maniera molto chiara l’articolo 4 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo, un documento firmato a Parigi il 10
dicembre 1948 su iniziativa dell’Organizzazione delle Nazioni Unite. Se ancora ai giorni nostri appare necessario ribadire un principio come questo, ciò evidentemente significa che la schiavitù non è scomparsa dal nostro mondo, che è ritenuta possibile, anche se internazionalmente condannata. I casi di cui ci danno frequente testimonianza sia i giornali sia le organizzazioni mondiali impegnate nel monitoraggio del fenomeno dimostrano, purtroppo, che sono decine e decine di milioni le persone nel mondo che di fatto ancora oggi “appartengono” ad altri, e
che sono vendute e acquistate come oggetti. La schiavitù è un dramma diffuso oggi più che mai e dilaga in maniera agghiacciante e trasversale attraverso tutti i continenti, ricchi o poveri che siano (l’Italia non è esclusa), concentrandosi nei luoghi dove le condizioni di vita sono più critiche: in Asia soprattutto, ma anche in India, in Africa, in Sud America. A gestire e alimentare il fenomeno ci sono le grandi organizzazioni criminali perché la tratta degli esseri umani è in assoluto uno dei business mondiali più redditizi, secondo – come volume d’affari – forse solo al traffico di droga e armi. Nel desolante quadro della schiavitù del terzo millennio una percentuale elevata è occupata dalla schiavitù minorile, che assoggetta (per debiti familiari, abbandoni, miserie estreme) milioni di bambini e bambine e li impiega nei diversi settori in cui la schiavitù moderna si è specializzata: manodopera nei campi, nell’edilizia, nell’industria mineraria, tessile, in quella dei giocattoli; traffico d’organi; sfruttamento sessuale, prostituzione e pornografia; arruolamento di bambini-soldati; schiavitù domestica.
Un bambino in un campo di addestramento militare in Nicaragua, 1986 [© Bill Gentile/CORBIS]
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Modulo 6 L’Europa alla conquista del mondo
Sintesi
I primi imperi coloniali
L’invasione spagnola dell’America All’inizio del XVI secolo le terre abitate da Incas e Aztechi furono invase da gruppi di avventurieri spagnoli (conquistadores) alla ricerca di oro e ricchezze. Nel 1519 una spedizione guidata da Hernán Cortés (14851547) sbarcò in Messico riuscendo, con poche centinaia di uomini, a raggiungere Tenochtitlàn, capitale dell’Impero azteco, e a ottenere la sottomissione del re Montezuma. La facilità dell’impresa fu dovuta alla paura degli indigeni, che credevano che gli spagnoli fossero stati mandati dagli dèi. Nel 1531 un’altra spedizione, guidata da Francisco Pizarro (1475-1541), avanzando nella regione andina sottomise l’Impero degli Incas: il re Atahualpa fu ucciso e vi furono sistematici saccheggi, furti e devastazioni. Negli anni successivi l’espansione spagnola proseguì verso sud, con la fondazione di città come Buenos Aires e Santiago. Lo sterminio degli indigeni I conquistadores sfruttarono sia le terre sia le popolazioni sottomesse; esercitarono poteri sovrani, mediante l’istituto dell’encomien-
da, che prevedeva l’assegnazione di un territorio e dei suoi abitanti a un concessionario spagnolo, e perseguirono i propri interessi economici comportandosi con brutalità verso gli indios, i quali lavoravano nelle miniere o in grandi aziende. Nel 1543 il governo spagnolo inviò dei viceré per governare i territori e limitare gli abusi dei privati. La mortalità degli indigeni ebbe un’enorme impennata: in un secolo essi passarono da 80 a 10 milioni. Per riempire il vuoto di forza-lavoro si ricorse alla schiavitù e furono importati dall’Africa schiavi neri. L’impero coloniale ispano-portoghese La colonizzazione portoghese, diversamente da quella spagnola, si sviluppò soprattutto in Asia e Africa, con la fondazione di scali per il commercio delle spezie. Alla fine del XV secolo Spagna e Portogallo si scontrarono per il controllo dei nuovi territori, arrivando nel 1494 a un accordo definitivo che fissava una linea immaginaria di distinzione fra i due imperi (trattato di Tordesillas): le Indie occidentali (America centro-meridionale) andarono agli
spagnoli, le Indie orientali (Africa e Asia) ai portoghesi. Nell’area di spettanza portoghese entrò anche il Brasile, scoperto nel 1500 da Pedro Cabral. Qui, nella seconda metà del XVI secolo, iniziò lo sfruttamento dei territori e delle risorse, ricorrendo anche all’importazione di schiavi africani. Conseguenze economiche e sociali dell’espansione europea L’espansione europea determinò alcune conseguenze: le vie principali del commercio marittimo si spostarono dal Mediterraneo all’Atlantico, avvantaggiando nazioni e porti situati sull’oceano; ebbe inizio il predominio economico e politico europeo sugli altri continenti (colonialismo); ebbe un enorme sviluppo la schiavitù, con la tratta dei neri, praticata dai colonizzatori europei. I contatti con altri continenti determinarono mutamenti nell’agricoltura e nell’alimentazione. I colonizzatori introdussero diversi prodotti prima sconosciuti nelle Americhe, rendendole così un continente europeizzato, che produceva beni per il consumo degli europei stanziativisi o per la vendita nei mercati d’Europa.
Esercizi Comprendere e ordinare 1. Associa alle seguenti parole chiave il significato corretto.
2. Indica se le seguenti affermazioni sono vere o false.
colonialismo • concessionario • conquistadores • encomienda • evangelizzazione • scalo commerciale • tratta dei neri • viceré
a. I sovrani spagnoli raccomandarono di adottare comportamenti più rispettosi verso gli indigeni.
V
F
b. Alessandro VI Borgia in una bolla indicò i confini tra le zone di conquista di Spagna e Portogallo indicandole con una linea immaginaria.
V
F
c. Lo sfruttamento economico del Brasile ebbe inizio appena dopo la sua scoperta.
V
F
d. La pratica della schiavitù esisteva dall’età antica senza aver mai perso importanza.
V
F
Funzionario che esercita il potere in nome del sovrano
e. Gli Aztechi pensavano che gli uomini venuti dal mare fossero stati inviati dagli dèi.
V
F
Politica di sfruttamento economico e politico di territori extraeuropei da parte di paesi europei
f. Il trattato di Tordesillas prevedeva l’assegnazione al Portogallo delle Indie occidentali.
V
F
Affidamento di un territorio e dei suoi abitanti a un concessionario spagnolo
g. La conquista di territori da parte degli spagnoli nacque per iniziative private e personali.
V
F
Luogo attrezzato per l’approdo di navi e per attività commerciali
h. Un secolo dopo il 1492, il continente americano era passato da 80 milioni a 10 milioni di nativi.
V
F
i. I principali porti europei diventarono Lisbona, Siviglia, Anversa e Venezia.
V
F
Commercio di schiavi provenienti dall’Africa condotto attraverso le vie marine Avventurieri spagnoli alla ricerca di ricchezza Chi usufruisce di un diritto concesso da una amministrazione pubblica
Conversione al cristianesimo mediante la predicazione
Capitolo 26 I primi imperi coloniali
3. Colloca sulla linea del tempo gli eventi elencati in ordine sparso. 1493
1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8.
1494
1500
1519
1531
1536
1541
1543
il governo spagnolo invia dei viceré nelle colonie americane spedizione di Francisco Pizarro spedizione di Hernàn Cortes trattato di Tordesillas fondazione della città di Santiago bolla di Alessandro VI Borgia e individuazione della raya apostolica fondazione della città di Buenos Aires scoperta del Brasile
Analizzare e produrre 4. Completa la seguente tabella. GLI SCAMBI ALIMENTARI TRA EUROPA E AMERICA
ANIMALI
PIANTE DI USO ALIMENTARE
ALTRE PIANTE E ALBERI
AMERICA
EUROPA
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5. Verso il saggio breve Leggi il documento «È possibile convertire i “selvaggi”? Il dibattito sulla natura degli indios”» a p. 291 e rispondi alle seguenti domande. 1. Quali reazioni produsse tra gli europei il contatto con gli indigeni americani? 2. Come tendevano a rappresentarli le prime descrizioni? 3. Come furono descritti successivamente? Per quale motivo? 4. Quali pratiche vennero particolarmente criticate dagli europei? 5. Tommaso Ortiz come descrisse gli indios? 6. Quale fu l’atteggiamento di Las Casas verso gli indigeni? Che cosa denunciò in particolare? 7. Che cosa sosteneva Juan Ginés de Sepulveda sugli indios? 8. Che cosa furono le “riduzioni”?
Leggi la scheda “Le vie della cittadinanza” alle pp. 294-295 e rispondi alle seguenti domande. 1. 2. 3. 4.
Che cosa si intende per “economia schiavista”? Quali popolazioni furono in essa coinvolte nel XVI secolo? Come veniva giustificato il ricorso alla schiavitù? Nel documento del cronista portoghese, dove si trovano gli schiavi? Che cosa fanno? Come e perché vengono divisi? Con quali conseguenze? 5. Quando verrà proibita la schiavitù dai governi europei? 6. In quali luoghi esiste ancora oggi la schiavitù? Chi la gestisce? 7. Quali forme ne esistono oggi? In quali settori? Sulla base delle informazioni raccolte in questo modo, scrivi un testo di almeno 15 righe sull’argomento “Forme e giustificazioni della servitù tra passato e presente”.
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Modulo 6 L’Europa alla conquista del mondo
27 Economia e società
Capitolo
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nel Cinquecento
Percorso breve Nel corso del Cinquecento, un aumento demografico particolarmente intenso fece crescere la domanda alimentare e provocò come principale conseguenza il rapido sviluppo dell’agricoltura, ottenuto, come già nei secoli precedenti, soprattutto con l’estensione dei terreni coltivati. La crescita della domanda determinò anche un clamoroso aumento dei prezzi, che colpì le fasce sociali a reddito fisso: i salariati (braccianti e operai) da un lato, i grandi proprietari che vivevano di rendita dall’altro; ne beneficiarono, invece, contadini e imprenditori che gestivano in proprio le terre. Anche le attività manifatturiere si svilupparono, soprattutto nei settori tessile (industrie della lana e della seta), minerario e metallurgico. Le attività economiche assunsero un carattere sempre più internazionale, anche in rapporto allo sfruttamento dei domini coloniali americani, con una grande diversificazione delle attività nel campo commerciale, industriale e finanziario e con crescenti intrecci fra economia e politica. Come sempre accade nei periodi di tumultuosa crescita dell’economia, il divario tra ricchi e poveri si allargò, coinvolgendo anche i livelli di alimentazione: la dieta dei ceti popolari si impoverì progres-
Quentin Metsys, Il cambiavalute e sua moglie, 1514 [Musée du Louvre, Parigi]
sivamente di carne, basandosi in maniera sempre più esclusiva e monotona sul pane e sui cereali. Sempre più diffusi furono i fenomeni di povertà e di miseria, che in tanti casi assunsero un carattere di vera emergenza e furono risolti dai governi cittadini isolando ed emarginando i “nuovi poveri” in appositi ospizi (ma talvolta anche ricacciandoli fuori dalle mura urbane).
Capitolo 27 Economia e società nel Cinquecento
299
27.1 La crescita demografica e l’espansione dell’agricoltura Il boom demografico Nel XVI secolo l’Europa conobbe un intenso sviluppo demografico, recuperando e poi superando i livelli che aveva raggiunto alla fine del XIII secolo (80 milioni) e che erano drammaticamente scesi (forse a 50 milioni) dopo la catastrofe della Peste Nera e la terribile crisi di metà Trecento [ 19]. Nel secolo successivo la popolazione del continente aveva lentamente ricominciato a crescere e nel 1450 si attestava attorno ai 55-60 milioni. Poi venne il boom: alla fine del Cinquecento essa era quasi raddoppiata (stime precise non sono possibili, ma gli studiosi la situano oltre i 100 milioni). Il fenomeno era evidente sia nelle campagne, dove la maggioranza della popolazione continuava a vivere, sia nelle città, sviluppate soprattutto in certe aree come l’Italia settentrionale e i Paesi Bassi. I motivi della crescita Tale inversione di tendenza, rispetto alla depressione trecentesca, derivava da un duplice ordine di motivi: da un lato la riduzione del tasso di mortalità, per il rarefarsi delle epidemie e delle malattie; dall’altro l’aumento del tasso di natalità, legato a una situazione sociale dinamica, al clima di rinnovato ottimismo che si era diffuso, provocando l’abbassamento dell’età dei matrimoni, che allungava il periodo di fertilità delle coppie. Proprio questo consentiva alla popolazione di crescere, sebbene la mortalità infantile rimanesse alta e la durata della vita continuasse a non superare, in media, i 30 anni per i maschi e i 35 anni per le femmine. Queste cifre che oggi ci appaiono bassissime valevano nel Cinquecento come nel Medioevo, e sarebbero rimaste le stesse ancora fino al Settecento, a causa sia dell’alta mortalità infantile (più o meno il 50% dei bambini moriva entro i sette anni) sia delle malattie infettive che colpivano molte persone affacciatesi all’età adulta e che la medicina del tempo non consentiva di curare. La società del tempo, dunque, come quella medievale, era composta in massima parte di giovani, al contrario di quella odierna che, nei paesi sviluppati, tende progressivamente a invecchiare, grazie, soprattutto, ai progressi della medicina (ciò peraltro non vale per i paesi in via di sviluppo, dove i tassi di mortalità sono ancora molto alti e dove la popolazione superstite, anche molto numerosa, è in maggioranza giovane). Lo sviluppo agricolo L’incremento demografico provocò una crescente domanda alimentare ed ebbe come prima conseguenza lo sviluppo dell’agricoltura, un processo di “cerealizzazione” dell’economia volto a soddisfare il bisogno di cibo. La coltivazione dei cereali continuava ad avere, come nel Medioevo, un carattere fondamentalmente estensivo: i rendimenti (rapporto fra seminato e raccolto) restavano bassi, per Pianta prospettica della città di Firenze, 1472 [Museo Storico Topografico “Firenze com’era”, Firenze]
L’affresco raffigura l’espansione della città di Firenze alla fine del XV secolo. Quando Cosimo I de’ Medici prese il potere (1537), la popolazione della città era stimata a 60.000 unità, molto meno delle città italiane più importanti dell’epoca, come Napoli che a metà XVI secolo contava una popolazione di 200.000 abitanti, o Venezia con 150.000 abitanti.
Modulo 6 L’Europa alla conquista del mondo
1500 1600
Milioni di abitanti
300
20 18 16 14 12 10 8 6 4 2 0
19 16,4 13,2
16 12
10,5 6,8
8,1
1,5 2 Italia
Spagna
Francia
2,6
4,4
Germania Scandinavia Inghilterra
0,9 1,5 Paesi Bassi settentr.
3,5
4,3
Austria e Boemia
Paesi Andamento della popolazione di alcuni paesi europei tra il 1500 e il 1600 Il grafico illustra le stime calcolate in milioni di abitanti.
Schiavi neri cercano l’oro nelle miniere della regione di Varaguas, part. [dalla Histoire Naturelle des Indes; Pierpont Morgan Library, New York]
Le richieste di metalli preziosi necessari a soddisfare l’avidità di ricchezza dei conquistatori europei e i bisogni dell’instabile economia spagnola e portoghese diventarono sempre più consistenti col passare del tempo. L’oro e l’argento provenienti dalle miniere americane venivano lavorati dagli indigeni ridotti in schiavitù in fornaci appositamente costruite dai colonizzatori.
la cronica mancanza di concimi che caratterizzava il sistema agrario; l’aumento della produzione si otteneva talvolta comprimendo i tempi di riposo del terreno, introducendo cicli di rotazione pluriennali (fino a 6 anni) che riducevano al minimo il periodo di “maggese” [ 6.3], più spesso allargando le superfici coltivate, mettendo a coltura nuove terre (spesso le medesime che già erano state occupate durante l’espansione due-trecentesca e che poi erano state abbandonate nel periodo della grande crisi). In tal modo molte zone boschive furono trasformate in campi da coltivare, aree paludose furono bonificate; in certe regioni, come i Paesi Bassi, furono artificialmente creati dei terreni (polder) strappati al mare mediante complessi sistemi di dighe. Nuove tecniche irrigue apparvero in regioni come la pianura lombarda, dove una fitta rete di canali e di opere idrauliche aumentò la fertilità dei terreni, particolarmente nell’area tra Milano e Pavia.
27.2 La rivoluzione dei prezzi Aumenta il prezzo del cibo La crescita della domanda alimentare provocò un forte rialzo dei prezzi, soprattutto dei prodotti agricoli e in particolare dei cereali. Esso continuò ininterrotto per oltre un secolo e rappresentò uno dei fenomeni più appariscenti dell’economia europea del Cinquecento. Già all’epoca il fenomeno fu descritto e analizzato, in particolare il giurista e politico francese Jean Bodin (1530-1596) ipotizzò che l’aumento dei prezzi fosse collegato all’afflusso di metalli preziosi provenienti dalle Americhe, dopo la scoperta dei giacimenti e l’inizio del loro sfruttamento da parte dei colonizzatori spagnoli. Egli notò che la Spagna si avvantaggiava poco del movimento di metalli e merci dall’America all’Europa, anche se ne deteneva il controllo. La causa di questo mancato rientro economico era lo scarso sviluppo che avevano in Spagna le industrie e le manifatture: gli spagnoli erano perciò costretti a comprare all’estero quasi ogni prodotto, e le ricchezze che essi importavano dall’America andavano a rimpinguare soprattutto le finanze di altri paesi, facendo aumentare il denaro in circolazione in Europa e di conseguenza (riteneva Bodin) i prezzi delle merci. In realtà, il nesso tra i due fenomeni non era così diretto, dal momento che i prezzi erano aumentati già prima che giungessero dall’America i metalli preziosi, il cui afflusso si limitò a rafforzare una tendenza già in atto. Il principale motivo dell’aumento fu semplicemente l’incremento demografico, che fece crescere la domanda e di conseguenza i prezzi.
Capitolo 27 Economia e società nel Cinquecento Chi paga di più? L’aumento dei prezzi non colpì tutti allo stesso modo. A soffrirne maggiormente furono i ceti sociali a reddito fisso, cioè i salariati (braccianti e operai). Nonostante i salari fossero essi stessi aumentati (in media, crebbero di 2-3 volte nel corso del secolo) ciò non fu sufficiente per compensare la diminuzione del potere d’acquisto causata dai prezzi più alti (fenomeno che gli storici dell’economia definiscono “inflazione”). Per esempio, gli studiosi hanno mostrato che a Spira, in Germania, i salari aumentarono di 2-3 volte tra il 1520 e il 1621, ma nello stesso periodo il prezzo della carne aumentò di 6 volte e il prezzo dei cereali e dei legumi di 13-15 volte. La congiuntura economica fu rovinosa anche per i grandi proprietari terrieri (aristocratici, enti ecclesiastici) che si limitavano a percepire rendite fisse sui loro enormi patrimoni, dati in concessione a imprenditori agricoli di estrazione borghese o contadina. Meno colpiti furono i contadini che gestivano direttamente i terreni (anche quando non ne erano proprietari, come i mezzadri) e vendevano a prezzi di mercato le eccedenze agricole. Affari fondiari La terra diventò un investimento fruttuoso per quanti avevano denaro da collocare, come mercanti, banchieri, imprenditori: si verificò pertanto nel Cinquecento una sorta di “ritorno alla terra” di molti capitali. Non solo si allargarono le coltivazioni cerealicole, ma si affermarono colture specializzate (alberi da frutto, olivo, vite) o ancora più qualificate come lo zafferano – usato in cucina per il suo sapore e il suo colore – o gli alberi di gelso le cui foglie servivano a nutrire i bachi da seta. Nell’insieme, le trasformazioni economiche del XVI secolo allargarono il divario tra ricchi e poveri, tra coloro che facevano fruttare i loro capitali cavalcando il particolare dinamismo dell’economia e coloro che, privi di mezzi, si limitavano a subirne i contraccolpi.
Aa Documenti Chi fu colpito dall’aumento dei prezzi? Thomas Smythe pubblicò nel 1581 a Londra un saggio, in forma di dialogo fra un cavaliere e un dottore, dal titolo Succinto e breve esame di alcune ordinarie lamentele di alcuni nostri concittadini. Anch’egli, come altri autori cinquecenteschi, si sofferma sul continuo aumento dei prezzi
I
che caratterizza l’economia dell’epoca. Ma a differenza di Jean Bodin (che aveva ipotizzato un nesso tra aumento dei prezzi e afflusso di metalli preziosi dall’America) egli non ha un’interpretazione “forte” da proporre. Si limita a osservare che la crescita dei prezzi colpisce in modo
o so bene che tutte le cose costano oggi un terzo di più di quanto non costassero pochi anni fa [...]. Le condizioni di vita dei poveri artigiani non sono più così buone dopo che i gentiluomini si sono fatti allevatori. Perché gli artigiani oggi non possono più procurarsi bevande e alimenti per i loro apprendisti domestici senza incontrare una spesa doppia di quella d’un tempo [...]. Certamente questi montoni sono la causa di tutti i nostri mali, poiché essi hanno cacciato via dalla campagna i contadini facendo salire così i prezzi di tutte le derrate alimentari. Dappertutto, ora, non ci sono che montoni e montoni; sarebbe preferibile che sulla stessa terra ci fossero non soltanto montoni, ma anche vacche, agnelli, porci, oche, galline, uova, burro e formaggio e, nel contempo, frumento e orzo [...]. Benché senta tutti lamentarsi di una cosa o dell’altra, consideriamo tuttavia che molti hanno da vendere merci di cui alzano i prezzi nella misura in cui crescono i prezzi dei beni che acquistano: così il mercante, se acquista caro, vende caro; così gli artigiani (come i cappellai, i sarti, i calzolai) e i fattori possono vendere le loro merci tanto care, quanto
diverso le varie categorie sociali, mettendo in grave difficoltà soprattutto quanti dispongono di redditi fissi (in moneta): sia i braccianti agricoli e gli operai che vivono del loro stipendio, sia i proprietari di terre che riscuotono somme in denaro per l’affitto delle loro terre.
è il prezzo delle vettovaglie, della lana o dell’acciaio che essi acquistano. Ho visto anni fa una cappa valere 14 soldi: tanto buona, quanto quella che oggi posso acquistare con 30 [...]. Ora un paio di scarpe costa 12 denari e tuttavia qualche tempo fa ne ho acquistate di migliori per 6 denari [...]; oggi non posso far ferrare un cavallo per meno di 10 o 12 denari, mentre ho vissuto un tempo in cui il prezzo normale era di 6 denari. Ciò essendo, non posso ammettere che questi uomini (mercanti, artigiani o fattori) abbiano realmente a lamentarsi di questo universale rincaro; lo potrebbero fare coloro i cui redditi o salari si trovano fissati definitivamente: come è il caso dei braccianti a 8 denari al giorno, degli operai d’ogni sorta, dei domestici pagati 40 soldi all’anno, dei gentiluomini le cui terre sono state affittate, sia dai loro antenati, sia da loro stessi o a vita o per molti anni, in modo che essi non possono elevare il canone (quand’anche lo volessero) e, tuttavia, subiscono il rialzo dei prezzi di tutte le cose che acquistano. da A. De Maddalena, Moneta e mercato nel ’500. La rivoluzione dei prezzi, Firenze 1975, pp. 88-89
301
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Modulo 6 L’Europa alla conquista del mondo
27.3 Le attività industriali e manifatturiere L’industria tessile Anche la produzione manifatturiera conobbe nel Cinquecento un notevole sviluppo, particolarmente nei settori tessile, minerario e metallurgico. L’industria della lana continuava, come nel Medioevo, a essere il settore trainante dell’economia e a occupare numerosi addetti nelle varie fasi del ciclo produttivo (cardatura, follatura, filatura, tessitura, tintura), sia in opifici centralizzati, sia nelle case private di coloro che, abitando in campagna, lavoravano a domicilio. In Europa i maggiori centri dell’industria laniera erano dislocati in Italia (soprattutto nelle città lombarde, a Venezia e a Firenze) e nei Paesi Bassi. L’Italia era rinomata anche per l’industria della seta, concentrata principalmente nello Stato di Milano, a Genova, a Bologna, a Venezia. La lavorazione del lino e della canapa si svolgeva invece principalmente in ambito domestico, mentre il cotone (già conosciuto in Europa nel XIV secolo) non aveva ancora incontrato ampia diffusione. Grazie a queste attività, le città italiane si trovarono a essere fra Quattro e Cinquecento il centro degli scambi economici europei, oltre che le capitali culturali e artistiche del continente: anche per questo, il dominio sul paese e sulle sue ricchezze fu al centro di lunghi scontri militari fra le principali potenze, in particolare la Francia e la Spagna, che infine riuscì a controllare l’intera penisola. L’industria mineraria Grandi concentrazioni di manodopera vi erano anche nelle miniere, il cui sfruttamento metteva in moto meccanismi complessi e investimenti importanti, spesso sostenuti da società di ricchi mercanti. Fra le attività estrattive aveva una speciale importanza la produzione di allume, essa stessa legata al comparto tessile, dato che questa sostanza (chimicamente, un solfato di alluminio e potassio) era utilizzata come mordente prima della tintura, per fissare il colore sui tessuti; inoltre serviva per la concia dei pellami. Tradizionalmente l’allume MARE Novgorod si importava dall’Oriente, DEL NORD
I principali centri della produzione tessile nell’Europa del Cinquecento
Dublino
York Bristol
Great Yarmouth
Mosca Copenaghen
Amburgo Plymouth Londra Bruges Francoforte Southampton Gand Osnabrück sull’Oder OCEANO Ypres ATLANTICO Bruxelles Münster Varsavia Magdeburgo Parigi Praga MARE Olmütz Novgorod DEL Tours AugustaNORD Vienna Mosca Lione Graz DublinoBergamo TrevisoUdine Copenaghen York Lubiana Great Milano Venezia Avignone Padova Yarmouth Bristol Amburgo Bologna Genova MAR NERO Segovia Plymouth Londra Barcellona Bruges Firenze Madrid Talavera Francoforte Osnabrück Southampton Gand sull’Oder OCEANO Toledo de la Reina Ypres Bruxelles Münster ATLANTICO Varsavia Valencia Magdeburgo Salonicco Napoli Parigi Siviglia Praga Triccala Olmütz Granada Cosenza Tours Vienna Palermo Catanzaro Augusta Lione Messina Graz Udine Bergamo Treviso Lubiana Milano AvignoneMAR MEDITERRANEO Padova Venezia Bologna Genova MAR NERO Segovia Barcellona Firenze Madrid Talavera Toledo de la Reina
Siviglia
Panno, lana Tela, fustagno Seta Lino
Valencia Granada
Napoli
Salonicco Triccala
Cosenza Palermo Catanzaro Messina
MAR MEDITERRANEO
Capitolo 27 Economia e società nel Cinquecento
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Herri Met de Bles, Miniera di rame: estrazione del metallo, XVI sec. [part.; Galleria degli Uffizi, Firenze]
Questo particolare di un quadro del pittore fiammingo Met de Bles raffigura il momento dell’estrazione del metallo dall’interno della miniera. Già dalla fine del XV secolo l’attività mineraria in Germania era in forte sviluppo e gli esperti tedeschi del settore erano molto richiesti all’estero.
ma le nuove difficoltà commerciali sorte in seguito all’insediamento dei turchi ottomani nell’area balcanica [ 21.3] spinsero a ricercarlo anche nelle regioni occidentali: in Italia, giacimenti di allume furono scoperti e messi in valore a Tolfa (città del Lazio vicino a Civitavecchia) nello Stato pontificio. Importante era anche l’estrazione di rame (soprattutto in Svezia e Ungheria) e di ferro (in Spagna, in Germania, in Francia, in Inghilterra), che impiegava numerosa manodopera nelle miniere. Nel XV secolo, in Germania furono creati i primi altiforni (forni interamente murati, dentro i quali il minerale veniva fuso ad alta temperatura su strati di carbone attizzati da giganteschi mantici) che consentivano di trasformare il ferro in ghisa. Si estraeva ancora l’argento (soprattutto in Germania e in Ungheria), che, tuttavia, da un certo momento in poi cominciò a essere importato dalle colonie americane, in cui erano stati scoperti ricchi giacimenti; le miniere europee pertanto perdettero progressivamente di importanza.
L’industria tipografica Fra le attività manifatturiere dell’Europa cinquecentesca va ricordata anche l’industria tipografica, cresciuta dapprima in Germania e in Italia, poi in altri paesi (Paesi Bassi, Francia, Inghilterra), anche sotto lo stimolo della Riforma protestante [ 28] che moltiplicò le edizioni della Bibbia in varie lingue. A incrementare lo sviluppo di questa industria contribuì anche l’interesse suscitato dalle scoperte geografiche, che nel Cinquecento aprirono la strada alla conoscenza di nuovi mondi. Il ruolo svolto dalla cartografia crebbe d’importanza non solo perché essa era indispensabile alla navigazione marittima ma anche perché consentiva una rapida e precisa individuazione dei confini politici e territoriali dei domini europei ed extraeuropei dei vari Stati. L’Olanda, in virtù della sua spiccata vocazione nautica e imprenditoriale, divenne il maggior centro di produzione per questa particolare industria del libro.
27.4 Un’economia-mondo? Il connubio finanza-politica L’economia europea nel Cinquecento ebbe una duplice caratteristica: lo stretto collegamento con la politica e la grande diversificazione delle attività (nel campo commerciale, industriale, finanziario, politico) in cui i suoi protagonisti operarono. Si svolse, inoltre, sempre in una dimensione internazionale.
304
Modulo 6 L’Europa alla conquista del mondo Emblematiche di questa complessità sono figure come quelle dei banchieri tedeschi Welser e Fugger, che operarono ad ampio raggio sul piano economico e politico: con la loro disponibilità di capitali finanziarono principi e sovrani e ne ottennero concessioni di sfruttamento industriale e commerciale (in particolare, concessioni di sfruttamento minerario) che a loro volta producevano giganteschi proventi che venivano impiegati per finanziare imprese economiche e operazioni politiche. Per esempio, con i capitali dei Fugger Carlo V comprò il voto dei sette elettori a cui spettava la nomina dell’imperatore [ 29.1], e l’arcivescovo di Magonza acquistò la sua carica, sdebitandosi poi con l’appalto delle indulgenze papali [ 28.3]. La Parola
monopolio Il termine indica il controllo della produzione e/o della commercializzazione di un prodotto da parte di un solo soggetto (lo Stato, una persona, un ente). “Avere il monopolio” significa disporre in maniera autonoma ed esclusiva di un bene o di un servizio, stabilendo prezzi e quantità di vendita.
Affari di Stato Anche i governi parteciparono alle imprese economiche, in modo più o meno diretto. In Spagna fu costituita nel 1503, per ordine reale, la Casa de la Contractación che da Siviglia gestiva in regime di monopolio tutto il traffico commerciale con le colonie americane, assicurando alla Corona un quinto degli utili. In Portogallo la monarchia gestiva direttamente i traffici coloniali: nella capitale Lisbona operavano la Casa de India, la Casa de Guinea e la Casa de Mina, società pubbliche che riscuotevano diritti, finanziavano viaggi di esplorazione e operazioni commerciali, armavano flotte. Altro centro importante del commercio e della finanza internazionale era Anversa (unita allora alla Spagna con tutti i Paesi Bassi), dove si trovavano agenzie dei maggiori banchieri tedeschi e italiani e di operatori commerciali spagnoli, portoghesi, inglesi. Luoghi come questi, in cui si concentravano gli interessi economici e finanziari di molti paesi, a un certo punto si cominciarono a chiamare “borse”, termine derivato forse dall’Hôtel des Bourses di Bruges, proprietà della famiglia van der Bourse, presso il quale si tenevano con regolarità riunioni d’affari. Un sistema economico mondiale Una “economia-mondo”, l’ha definita il sociologo ed economista americano Immanuel Wallerstein, non però nel senso di un’economia interattiva in cui le varie parti del mondo giocano un ruolo attivo in rapporto alle altre, bensì come particolare declinazione dell’idea di colonialismo: in questo sistema economico e politico, che a iniziare dal XVI secolo abbraccia tutto il mondo, più che una rete di rapporti si delinea un “centro” (l’Europa) distinto dalle “periferie” (l’America, l’Asia, l’Africa) soggette al suo dominio e asservite ai suoi interessi.
27.5 Il pane e la carne. Il cambiamento del regime alimentare Diminuisce il consumo di carne Nel corso del Cinquecento il sistema alimentare degli europei progressivamente cambiò, nel segno di una crescente differenziazione sociale e di una sempre maggiore importanza dei cereali nella dieta dei ceti popolari. L’aumento di popolazione e la trasformazione agraria del paesaggio avevano provocato un calo della disponibilità di carne e della possibilità di procurarsela: la contrazione di prati e boschi, già usati per il pascolo, e la diminuzione dei salari reali (ovvero la capacità d’acquisto) sono entrambe buone ragioni per spiegarlo, così come il progressivo addensarsi degli uomini nelle città (dove era proibito allevare animali vicino alle case) e anche la contrazione delle importazioni di carne dall’est, dopo la conquista dell’Ungheria e dei Balcani da parte dei turchi. «Ai tempi di mio padre – lamenta il signore di Gouberville, in Normandia, nel 1560 – si mangiava carne tutti i giorni, i piatti erano abbondanti, il vino si ingollava come acqua. Oggi tutto è cambiato; tutto è divenuto caro; il vitto dei contadini più agiati è peggiore di quello dei servitori di ieri». Una statistica ricordata dallo storico francese Fernand Braudel ci informa che a Montpézat, nel basso Quercy, «il numero dei macellai diminuisce continuamente: 18 nel 1550, 10 nel 1556, 6 nel 1641, 2 nel 1660». Aumenta il consumo dei cereali Dalla metà circa del XVI secolo il consumo di carne degli europei effettivamente cominciò a diminuire rispetto agli standard medievali, ini-
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ziando un declino che sarebbe continuato nei tre secoli successivi. Ciò significava una crescente impossibilità di fare a meno di pane e cereali per la sussistenza quotidiana. Il loro apporto calorico, secondo gli studiosi, in questo periodo non fu mai inferiore al 50% del totale e in certi casi raggiunse punte del 70-75%. Il sistema alimentare diventò sempre più monotono e uniforme, ciò che spiega l’estrema gravità delle carestie, o anche solo delle penurie di cereali, che nel XVI secolo, e poi soprattutto nel XVII, colpirono l’Europa.
27.6 Poveri e mendicanti Gli ospizi di mendicità La trasformazione dell’economia arricchì i più ricchi e impoverì i più poveri. Questi, nel Cinquecento, crebbero al punto da diventare una vera emergenza per i governi cittadini: le forme tradizionali di carità non bastavano più e si dovettero creare appositi istituti, detti “ospedali dei poveri” (nel senso di “luoghi di ospitalità”), per accogliere e nutrire le crescenti masse di miserabili che non possedevano nulla se non la qualifica di “povero”, che in certi casi tendeva a diventare un vero mestiere, tant’è che nacque, proprio nel Cinquecento, un’apposita letteratura per smascherare i “finti” poveri e distinguerli da quelli “veri”, che avevano diritto alla pubblica assistenza. Fame e miseria Che il periodo fosse, per molti, particolarmente difficile è confermato da numerose pubblicazioni che nel corso del XVI secolo affrontano il tema della fame: per esempio, fra il 1544 e il 1546 uscirono due opuscoli del francese Jacques Dubois (1478-1555), detto Sylvius, dedicati alla salute dei poveri (Regime di sanità per i poveri) e ai consigli su come combattere la fame in tempo di carestia (Consiglio molto utile contro la carestia, e rimedi per affrontarla). Analogamente, nel 1591 l’italiano Giambattista Segni (1548-1610) pubblicò un Discorso sopra la carestia, e fame. L’atteggiamento nei confronti dei poveri non fu sempre comprensivo. Nei momenti più critici folle di miserabili si accalcavano alle porte delle città alla ricerca di cibo e talvolta capitava che le trovassero chiuse, perché i cittadini stessi versavano in situazioni difficili e tentavano di difendere i privilegi (a dire il vero abbastanza relativi) di cui godevano all’interno delle mura, dove le autorità in qualche modo tentavano di garantire un minimo di approvvigionamento. In altri casi i poveri venivano sfamati, ma subito ricacciati là da dove erano venuti. Fuori i poveri dalle città Le cronache raccontano, per esempio, che nel 1573 la città di Troyes (Francia del nord-est) si riempì di miserabili provenienti dalle campagne circostanti; perciò «i ricchi e i governatori della detta città si riunirono in assemblea per trovare un rimedio alla situazione [...]. Fecero cuocere del pane in abbondanza, da distribuire ai suddetti poveri, i quali sarebbero stati riuniti a una delle porte della città; distribuito a ciascuno un pane e una moneta d’argento, sarebbero stati fatti uscire per la detta porta, la quale sarebbe stata chiusa alle spalle dell’ultimo, significando loro dall’alto delle mura che se ne andassero con Dio per cercare altrove di che vivere [...]. Il che fu fatto, e i poveri furono cacciati da Troyes». Qualcosa di simile accadde a Bologna nel 1590, quando, in occasione di una carestia, il governo cittadino cercò di sfamare i contadini «i quali in grandissimo numero erano concorsi a mendicare per la città», garantendo loro una piccola razione quotidiana di riso a patto però che «fossero mandati fuori». Paiono forme di compromesso fra il dovere cristiano della pietà e una «ferocia borghese» – come l’ha chiamata Fernand Braudel – che nei contadini affamati vedeva soprattutto dei concorrenti nella divisione del poco cibo rimasto.
Abel Grimmer, L’estate, 1607 [Musée Royal des Beaux-Arts, Anversa]
Questo dipinto raffigura alcuni contadini impegnati nella mietitura del grano, coltura di prima necessità nell’alimentazione cinquecentesca. In estate, periodo deputato alla mietitura, le campagne si riempivano di lavoratori stagionali, provenienti da zone più povere e attratti dalla possibilità di un reddito migliore.
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Le vie della cittadinanza
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Poveri e povertà ieri e oggi
overi, mendicanti, vagabondi si moltiplicano nelle città del Cinquecento, come ci mostrano i documenti dell’epoca, che dedicano loro speciali attenzioni, sia quando si preoccupano di garantire a queste persone un’assistenza dignitosa, sia quando ci rivelano l’esistenza di “poveri per mestiere” che appaiono una realtà sociale nuova, caratteristica di quest’epoca. Piero Camporesi, uno storico della letteratura che si occupò molto di questi temi “marginali” spesso ignorati dagli studiosi, pubblicò dei curiosi testi cinquecenteschi e seicenteschi che addirittura si preoccupano di “classificare” tali personaggi, descrivendone decine e decine di tipologie diverse, ciascuna delle quali “specializzata” in un determinato modo di mendicare e di esercitare il “mestiere”. Smascherare le mistificazioni non sembra solo un gioco letterario, ma lo specchio di un mondo in cui la povertà non solo si era largamente diffusa come piaga sociale, ma aveva assunto caratteri nuovi rispetto al passato. Se nel Medioevo i “poveri” erano semplicemente la parte più debole e fragile del corpo sociale, in cui tuttavia erano strettamente integrati, i “nuovi poveri” al contrario sono degli emarginati sociali, e come tali cominciano a essere trattati: appositi “ospizi per i poveri” servono a isolare e a rinchiudere queste frange marginali della società che si ritengono pericolose per l’ordine pub-
blico. Per esempio, a Bologna fu fondata nel 1563 la cosiddetta “Opera de’ poveri mendicanti”, un ospizio la cui istituzione fu preceduta, nel 1548, da una Provisione elemosinaria (“Provvedimento per le elemosine”) in cui si spiegavano i motivi della scelta, cercando anzitutto di distinguere i poveri “veri” da quelli – locali o “forestieri” – che invece simulavano ogni sorta di infermità e di disgrazie: Infiniti forestieri furfanti cum fictione [fingendo] de membri debilitati, d’esser mutoli, di perpetue infirmità, de moltitudine de filioli, di tremore di vita, di religione, di peregrinaggio, cum tingersi e macularsi [macchiarsi] la carne cum allegar disgrazie delle sue patrie, di fuoco, di guerra, o d’altra ruina, e finalmente con mille bugie riempeno la Città de Bologna e anco il contà [il contado], e furano [rubano] la elemosina alli veri poveri. Anzi molti nostrani al loro esempio diventano mendicanti inetti desutili e poltroni: questi non solo come forestieri, ma ancor come finti poveri sono da scacciar […]. Il provedere dunque al vero povero, l’invitar cum bone provisioni e modi le persone anzi accenderli a dar elemosina, il provedere e operare che molti mendicanti seranno utili a lavorare e a servire, il quietar [in modo da rendere tranquille] le chiese le strade e le case della Città, il far che la elemosina si dispensi cum equalità e per il bisogno, seranno lo invitatorio a questa santa opera. da P. Camporesi, Il libro dei vagabondi, Milano 2003
La povertà è un fenomeno con cui, soprattutto dal Cinquecento in poi, le autorità pubbliche si sono dovute sempre confrontare. Ancora al giorno d’oggi, nonostante i miglioramenti delle condizioni di vita di gran parte della popolazione, il fenomeno della povertà e della marginalità sociale è tutt’altro che vinto. Per questo, organizzazioni ufficiali come l’ONU, o specificamente umanitarie come ActionAid, sono ancora fortemente impegnate nella lotta contro la povertà. Non si tratta di fenomeni che riguardano solo regioni del mondo arretrate o in via di sviluppo sul piano economico. Come sempre è accaduto nella storia, infatti, gli stessi periodi di sviluppo favoriscono alcuni e sfavoriscono altri, poiché la crescita dell’economia non coincide (o almeno, non coincide necessariamente) con il miglioramento generale delle condizioni di vita. «Circa 80 milioni di persone nella nostra ricca Europa vivono in povertà e hanno difficoltà a soddisfare i bisogni di base. La situazione è aggravata dalla crisi economica, che potrebbe avere ripercussioni sociali di lungo termine». Questo comunicato ufficiale del Parlamento europeo fu la premessa per proclamare il 2010 «anno europeo della lotta alla povertà e all’esclusione sociale» assumendo l’impegno dell’Unione a fare della lotta alla povertà «una priorità» per governi e cittadini.
Pieter Bruegel il Vecchio, I mendicanti, 1568 [Musée du Louvre, Parigi]
Questo particolare di un famoso quadro del pittore fiammingo Bruegel il Vecchio è una delle rappresentazioni più realistiche di un’umanità offesa dalla povertà, dalla fame e dalle malattie, e ancor più respinta ai margini della società in concomitanza di carestie, guerre, epidemie.
Un senzatetto sui gradini della chiesa di Piazza del Gesù a Roma, 2002 [© Donatella Giagnori/EIDON]
Capitolo 27 Economia e società nel Cinquecento
Sintesi
Economia e società nel Cinquecento
La crescita demografica e l’espansione dell’agricoltura Nel XVI secolo si ebbe in Europa uno sviluppo demografico intenso: alla fine del secolo gli europei erano circa 100 milioni. Questo fenomeno fu causato dalla riduzione del tasso di mortalità e dal concomitante aumento del tasso di natalità. La crescita della popolazione portò con sé l’aumento della domanda alimentare e lo sviluppo dell’agricoltura che conservò rendimenti bassi ma aumentò la produzione, o riducendo il riposo dei terreni in cicli di rotazione pluriennali o allargando le superfici coltivate. La rivoluzione dei prezzi La crescita della domanda di cibo determinò il rialzo dei prezzi, specialmente di cereali e prodotti agricoli. La ragione principale fu l’incremento demografico, che faceva aumentare la domanda e di conseguenza i prezzi. Non tutti i ceti sociali furono colpiti allo stesso modo: coloro che percepivano un reddito fisso, come i salariati ma anche i grandi proprietari terrieri, furono maggiormente penalizzati rispetto agli imprenditori agricoli e ai contadini che gestivano direttamente i terreni, che potevano vendere eccedenze a prezzi di mercato. Crebbe il divario tra ricchi e poveri. Le attività industriali e manifatturiere Nel XVI secolo si ebbe un forte svilup-
po delle manifatture. Nel settore tessile erano diffuse l’industria della lana, che occupava numerosi addetti nella produzione, in opifici o presso abitazioni private, e l’industria della seta. Entrambe erano diffuse in molte città italiane, che divennero importanti centri economici, oltre che culturali e artistici. Nel settore metallurgico e minerario la grande diffusione di miniere era legata agli investimenti operati da mercanti: venivano estratti l’allume, il rame, il ferro, l’argento. Un settore in forte crescita era l’industria tipografica, che da Germania e Italia si diffuse in tutta l’Europa centrosettentrionale. Un’economia-mondo? L’economia europea cinquecentesca si basava su una dimensione internazionale e complessa: da un lato era collegata con la politica, dall’altro le attività erano differenziate (commercio, industria, finanza, politica). Emergevano alcune figure di grandi banchieri (Welser, Fugger) che finanziando re e principi ne ottenevano concessioni commerciali e industriali. I governi partecipavano direttamente alle imprese economiche: in Spagna e Portogallo esistevano delle società pubbliche che gestivano i traffici commerciali con le colonie, garantendo ai sovrani entrate cospicue. Si affermarono alcuni centri in cui si concentravano scambi commerciali e interes-
si finanziari, come Anversa. Questo sistema è stato definito “economia-mondo”: tutti i paesi del mondo erano in rapporti commerciali tra loro, ma vi era un centro (Europa), ai cui interessi i paesi componenti la periferia (America, Asia, Africa) erano sottomessi. Il pane e la carne. Il cambiamento del regime alimentare Il sistema alimentare del Cinquecento cambiò progressivamente. Presso i ceti popolari crebbe l’importanza dei cereali e calò la disponibilità della carne. Il pane e i cereali, che coprivano circa il 50% dell’apporto calorico, diventarono un elemento indispensabile per la sopravvivenza; in questo modo l’alimentazione divenne più uniforme ed esposta al rischio delle carestie. Poveri e mendicanti Le trasformazioni economiche del XVI secolo amplificarono le differenze sociali, arricchendo i ricchi e impoverendo i poveri, il cui numero crebbe al punto da costituire un problema per i governi cittadini. Furono creati ospedali dei poveri, istituti per accogliere le masse dei miserabili e nullatenenti. L’atteggiamento verso i poveri non sempre era comprensivo: se masse di poveri si accalcavano alle porte delle città, potevano essere lasciate fuori oppure anche sfamate, ma costrette poi a recarsi altrove.
Esercizi Comprendere e ordinare 1. Indica se le seguenti affermazioni sono vere o false. a. L’apporto calorico di pane e cereali nel corso del XVI secolo non fu mai inferiore al 50%. b. La terra diventò un investimento redditizio, a vantaggio soprattutto dei grandi proprietari terrieri. c. Il principale motivo dell’aumento dei prezzi fu l’incremento demografico, che fece aumentare la domanda dei prodotti.
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d. Il giurista Jean Bodin sosteneva che l’incremento demografico fosse collegato all’incremento dell’afflusso di metalli preziosi dalle Americhe.
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e. I mutamenti nel regime alimentare sono caratterizzati da una crescita nel consumo dei cereali e da un calo nel consumo della carne.
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f. Il concetto di “economia-mondo” indica un tipo di economia interattiva, in cui le varie parti del mondo giocano un ruolo attivo rispetto alle altre.
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g. L’incremento demografico si accompagnava a una mortalità infantile elevata e da una durata media della vita di circa 35 anni.
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h. Tra XV e XVI secolo le città italiane erano centri di primaria importanza economica, artistica, culturale.
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i. L’aumento del numero dei poveri rappresentò un problema complesso per i governi cittadini, il cui atteggiamento nei loro confronti fu sempre comprensivo.
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l. In seguito alle trasformazioni economiche del XVI secolo, il divario tra ricchi e poveri si ridusse.
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Modulo 6 L’Europa alla conquista del mondo
2. Associa alle seguenti parole chiave il significato corretto. borsa • follatura • manifattura • ospizio di mendicità • monopolio • opificio • rendimento • tasso di natalità Controllo dell’offerta di un prodotto da parte di un unico soggetto Rapporto tra nati e viventi Trattamento dei tessuti di lana per renderli compatti e leggeri Serie di operazioni atte a trasformare la materia prima in prodotto finito Luogo in cui si concentrano interessi economici e finanziari Stabilimento in cui avviene la lavorazione di una materia prima Istituto finalizzato a dare alloggio a persone prive di mezzi di sussistenza Rapporto tra seminato e raccolto
3. Completa la seguente tabella individuando le località interessate, che segnerai poi sulla cartina. I CENTRI DELL’INDUSTRIA NEL XVI SECOLO MANIFATTURE
lana: ........................................................................................................................................................................ seta: ........................................................................................................................................................................
MINIERE
allume: .................................................................................................................................................................. rame: ...................................................................................................................................................................... ferro: ....................................................................................................................................................................... argento: ................................................................................................................................................................
TIPOGRAFIA
Inizialmente: ....................................................................................................................................................... Successivamente: ..............................................................................................................................................
Capitolo 27 Economia e società nel Cinquecento
4. Completa la seguente mappa concettuale. aumento • contadini • crescita • domanda • imprenditori • mortalità • natalità • proprietari • rialzo • riduzione • salariati • sviluppo • terrieri Avvantaggia .............................................. ..............................................
..............................................
..............................................
tasso ..................................
dei prezzi
Svantaggia .............................................. ..............................................
..............................................
demografico
alimentare
grandi ..............................................
.............................................. ..............................................
agricolo
tasso ..................................
Analizzare e produrre 5. Rispondi alle seguenti domande. 1. 2. 3. 4. 5.
Quali sono le due principali caratteristiche dell’economia europea del Cinquecento? Che rapporti esistevano tra banchieri e sovrani? A quale scopo? Che cosa si intende con l’espressione “economia-mondo”? Da chi è stata coniata? Che cosa caratterizzava i centri di Lisbona e Siviglia? Quali società vi si trovavano? Che cosa caratterizzava Anversa? Chi vi operava?
Con le informazioni così ottenute, scrivi poi un testo di massimo 10 righe dal titolo: “L’economia-mondo: commercio e finanza nel XVI secolo”.
6. Verso il saggio breve Leggi la scheda “Le vie della cittadinanza” a p. 306 e le citazioni riportate a p. 305 e rispondi alle seguenti domande. 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. 10. 11.
Che cosa accadde a Troyes nel 1573? Che cosa accadde a Bologna nel 1590? Per quale motivo aumentarono poveri e vagabondi nel XVI secolo? Che cosa erano i “poveri per mestiere”? Che tipo di documenti sono pubblicati nel saggio di Piero Camporesi? Quali caratteristiche aveva assunto nel XVI secolo la povertà rispetto al Medioevo? Nel documento citato da Camporesi, quali azioni vengono rimproverate ai forestieri? Per quale motivo? Che cosa è l’“Opera de’poveri mendicanti”? Dove viene fondata? A che scopo? Quali sono le organizzazioni che al giorno d’oggi combattono la povertà? In quale regioni del pianeta è attualmente diffuso il fenomeno? Che cosa ha proclamato il Parlamento europeo per l’anno 2010? A che scopo?
Sulla base delle informazioni raccolte in questo modo e presenti nei vari documenti, scrivi un breve testo di almeno 15-20 righe sull’argomento: “La povertà: le cause, le dinamiche, le conseguenze”.
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La discussione storiografica
Lo scambio colombiano L
’espressione “scambio colombiano”, oggi di uso comune, deriva dal titolo di un libro, The Columbian Exchange, pubblicato nel 1972 dallo storico americano Alfred W. Crosby. Essa indica il vasto fenomeno di trasferimento da una parte all’altra dell’Oceano Atlantico, in entrambe le direzioni, di piante, animali e ogni sorta di organismi biologici, inclusi i virus di molte malattie. Si trattò di uno dei più spettacolari eventi di scambio ecologico, agricolo e culturale di tutta la storia umana. Lo scambio colombiano avvenne in modo non lineare, con curiosi fenomeni di andata e ritorno: per esempio, il peperoncino – originario del Messico – fu introdotto nell’America del nord non direttamente dalle regioni più meridionali, bensì, molto più tardi (XIX sec.), dagli emigranti italiani, che lo avevano inserito nella propria tradizione alimentare. Tortuoso fu anche il percorso della patata, che, originaria del Perù, giunse in altre regioni d’America solo grazie alla mediazione europea. Nell’insieme, questo gigantesco andirivieni di piante e animali modificò profon-
damente i sistemi agricoli e alimentari dei due continenti, oltre che dell’Asia e dell’Africa (dove le piante americane, come il peperoncino e il mais, furono introdotte con la mediazione europea). Tuttavia, in Europa, i nuovi prodotti furono spesso “piegati” a usi antichi, conosciuti da secoli: esemplare il caso del mais, che gli europei utilizzarono prevalentemente sotto forma di polenta, un genere di preparazione tipico della tradizione mediterranea, del tutto sconosciuto nell’America precolombiana. Allo stesso modo gli europei “europeizzarono” l’uso del cacao: mentre gli indios ne macinavano i semi per confezionare una bevanda dal sapore acido, amaro e speziato, destinata prevalentemente ai riti religiosi, chiamata “cioccolato”, nel Vecchio continente il cioccolato subì una vera mutazione, diventando, con l’aggiunta di zucchero e (talvolta) latte, una bevanda dal sapore dolce e morbido, che incontrò grande successo negli ambienti della nobiltà europea, in cui era diventato di moda lo zucchero. Tutto ciò mostra come le tradizioni cul-
turali, in seguito all’incontro con mondi e culture diverse, si possano da un lato trasformare, dall’altro confermare e rafforzare. Quest’ultimo fenomeno si verifica quando una cultura è forte, solidamente radicata, politicamente ed economicamente egemone: tale era l’Europa quando accolse i nuovi prodotti americani, inserendoli in modo quasi “naturale” nella propria tradizione. Assai diverso fu ciò che accadde in America, dove le culture indigene, sopraffatte dal prepotere dei conquistatori, faticarono a conservare la propria identità. Il nuovo continente assunse una nuova fisionomia, fu “ridisegnato” secondo gli interessi europei, che imposero i propri prodotti, i propri cibi, i propri gusti. Nei casi migliori, queste trasformazioni produssero nuove realtà, cucine “meticce” che incrociavano le tradizioni dei due mondi. In altri casi le tradizioni locali scomparvero. Lo “scambio colombiano” dunque non paritario, ma fu uno scambio “diseguale”, che arricchì la cultura dei dominatori e impoverì quella dei dominati.
rata dal contatto con gli europei, perdendo le sue principali caratteristiche e la sua ricchissima “biodiversità”, sacrificata agli interessi dei conquistatori. Il secondo testo, di Massimo Montanari, illustra i meccanismi che portarono, in
Europa, alla “europeizzazione” dei prodotti di origine americana, trasformati secondo la tradizione locale e assimilati alla propria cultura, che – al contrario di quella americana – ne risultò rafforzata e arricchita.
I testi I due testi che seguono illustrano i due aspetti che abbiamo esaminato. Il primo, tratto dal classico studio di Alfred W. Crosby descrive il dramma di una cultura, quella dell’America precolombiana, che fu profondamente depaupe-
La distruzione della biodiversità americana Alfred W. Crosby
I semi1 arrivavano nascosti nelle pieghe dei tessuti, nelle zolle di fango, nello sterco animale e in mille altri modi. La diffusione di questa moltitudine proletaria vegetale, certamente assai rapida, venne favorita dagli europei, che
seguivano la pratica indiana di bruciare le praterie, e dal bestiame europeo che pascolava su grandi estensioni di terra, spargendo ovunque le più tenaci erbe ed erbacce immigrate. […] Oggi i botanici americani possono facilmente
La discussione storiografica Lo scambio colombiano
imbattersi in grandi estensioni prative dov’è difficile reperire una sola specie vegetale dei tempi precolombiani. […] In un modo o nell’altro, nelle zone colonizzate gli animali domestici europei di grossa taglia contribuirono assai più a distruggere che ad arricchire gli Indiani; il loro clamoroso incremento, infatti, si accompagnò a un declino altrettanto clamoroso della popolazione indigena, declino che non sempre poteva attribuirsi esclusivamente alle malattie e allo sfruttamento. […] La diffusione delle forme di vita del Vecchio Mondo ha cambiato l’ecologia di vaste zone d’America. Gli animali americani – come la pecora dalla grosse corna, ad esempio – che anticamente vivevano in ampi territori, sono stati annientati o ricacciati sulle montagne a guardare dall’alto le immense mandrie di cavalli e di buoi che hanno usurpato i loro antichi pascoli. Per migliaia e migliaia di chilometri quadrati i vegetali americani sono spariti o si limitano a crescere negli incolti che fiancheggiano le strade: gran parte della terra, infatti, è coltivata a canna da zucchero, caffè, banane, frumento, orzo, segale2. Il risultato positivo di tutto questo è l’eccezionale incremento del prodotto agricolo e quindi della popolazione. Il risultato negativo consiste nella distruzione della stabilità ecologica di immense regioni e in un aumento dell’erosione così elevato da potersi considerare un grave crimine verso i posteri. […] Nello scambio colombiano è incluso l’uomo, e l’uomo ha cambiato i Due Mondi talvolta inconsciamen-
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te, talvolta intenzionalmente e spesso in maniera brutale. È possibile che l’uomo e i vegetali o gli animali migrati al suo seguito abbiano causato negli ultimi quattrocento anni l’estinzione di più specie biologiche di quante se ne sarebbero estinte a causa dei normali processi evolutivi. L’uomo uccide più in fretta dell’evoluzione: dal tempo di Colombo l’evoluzione non ha potuto avere milioni di anni a disposizione per rimpiazzare l’ormai estinto piccione migratore. Nessuno ricorda più com’era la flora precolombiana delle Antille, mentre il cigno trombetta, il bufalo e centinaia di altre specie sono ridotte a così pochi esemplari che la più piccola variazione ecologica o il minimo capriccio dell’uomo possono causarne l’estinzione. La flora e la fauna del Vecchio Mondo, ma soprattutto quelle del Nuovo Mondo, si sono notevolmente ridotte e specializzate, e quasi sempre la specializzazione riduce la possibilità di variazioni future. Così per l’utile di oggi abbiamo finito per pregiudicare il futuro. Dopo lo scambio colombiano il patrimonio genetico totale si è impoverito. Grazie a Colombo, la vita terrestre, di cui noi siamo parte integrante, si è depauperata: e l’impoverimento è destinato ad aumentare. A.W. Crosby, Lo scambio colombiano. Conseguenze biologiche e culturali del 1492, Torino 1972 1 Delle nuove piante portate in America dagli europei. 2 Tutte piante introdotte dagli europei.
L’assimilazione del diverso Massimo Montanari
L’atteggiamento verso i nuovi venuti1 fu di grande curiosità ma anche di grande cautela, tanto che ci vollero più o meno tre secoli perché essi fossero “adottati” in modo definitivo. […] Quando, nel XVIII secolo, la patata cominciò […] a far breccia nei campi e sulle tavole dei contadini europei, agronomi e intellettuali […] ne fecero propaganda cercando di convincere i contadini […] che la farina di patata potesse servire a fare il pane: questo, il pane, era l’alimento che i contadini europei conoscevano e desideravano da secoli. L’obiettivo si rivelò illusorio, ma servì a far conoscere il nuovo prodotto, che intanto si cominciò a utilizzare in altri modi: fra questi, particolarmente significativo l’impiego della patata nell’impasto degli gnocchi, un piatto popolarissimo fin dal Medioevo, che per secoli si era fatto solo con farina e pangrattato. Analoga sul piano culturale, anche se diversa negli esiti, fu la vicenda del mais […]. Nessuno, oltre Oceano, lo aveva mai usato per fare la polenta, mentre fu questo l’uso principale a cui esso fu destinato in Europa. Il motivo di questa “reinterpretazione” è semplice: in Europa, la tradizione alimentare era caratterizzata fin dall’età antica dall’uso di polente come piatto base della cucina contadina: nella Roma antica la si faceva con il farro, nel Medioevo con il miglio e con altri cereali quali il panìco, il sorgo o lo stesso farro. L’ac-
cettazione del nuovo prodotto fu tanto più convinta quanto più si rivelò possibile piegarlo all’uso tradizionale […]. Ancora diversa, ma ancora simile, fu l’avventura europea del pomodoro […]. L’evento decisivo che ne segnò il lancio fu la sua trasformazione in salsa di accompagnamento [...]. Il pomodoro in questo modo fu adattato a una fisionomia tipica della tradizione europea […]. Ogni new entry di alimenti assomiglia alla comparsa di nuovi termini nel patrimonio lessicale di una lingua: parole nuove che in qualche modo sostituiscono le vecchie, provocandone la scomparsa o condannandole alla marginalità. Se il mais cancellò la tradizione medievale del miglio e del sorgo, il successo della patata vide rapidamente declinare l’importanza della rapa […]. Allo stesso modo – questa volta sulle tavole ricche – il tacchino americano sostituì il pavone, rilevandone anche la funzione scenografica, così cara alle aristocrazie medievali. Il peperoncino invece si affermò come “spezia dei poveri”, andando forse a colmare il vuoto d’offerta per una domanda “popolare” modellata a imitazione dei consumi delle classi alte. M. Montanari, Il cibo come cultura, Roma-Bari 2004 1 L’autore si riferisce ai prodotti americani che giunsero in Europa a iniziare dalla fine del XV secolo.
Modulo 7
Cristianità divisa La cristiani
divisa Capitolo 28
La Riforma protestante
Fino agli inizi del XVI secolo tutti i cristiani dell’Europa occidentale avevano riconosciuto il papa come guida spirituale e Roma come centro della cristianità. Nel 1520 l’unità religiosa dell’Occidente si ruppe e i cristiani si divisero: da una parte i “cattolici”, che restarono fedeli al papa; dall’altra i “protestanti”, che si separarono dalla Chiesa di Roma. Questa nuova divisione dei cristiani – dopo quella tra Occidente cattolico e Oriente ortodosso, che risaliva al 1054 – ebbe origine da un movimento, detto “Riforma” che, nato in Germania, si diffuse soprattutto nell’Europa centrale e settentrionale.
Capitolo 29
Carlo V e il sogno dell’impero universale Grazie all’accorta politica matrimoniale dell’imperatore Massimiliano I d’Asburgo, nel 1519 suo nipote Carlo ereditò e riunì nella sua persona le Corone di Spagna, d’Austria e dell’Impero: una concentrazione di potere dalle dimensioni sbalorditive, che non si era mai vista nelle mani di un solo sovrano. Il progetto di creare un impero universale portò Carlo a scontrarsi con la monarchia francese di Francesco I, e l’Italia fu il principale teatro di queste guerre per il predominio europeo.
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Capitolo 30
Riforma cattolica e Controriforma Di fronte al diffondersi della Riforma la Chiesa cattolica impegnò tutte le sue energie, seguendo due vie differenti: quella del rinnovamento interno, chiamato da alcuni “Riforma cattolica”, e quella della lotta contro il protestantesimo, chiamata “Controriforma”. Il moto di rinnovamento della cattolicità culminò nel concilio di Trento (1545-63) che, in netta contrapposizione con il protestantesimo, ribadì i princìpi su cui si fondava la Chiesa di Roma e rafforzò la sua posizione.
Capitolo 31
Intolleranza e guerre di religione L’epoca della Riforma protestante e della Controriforma cattolica fu per l’Europa un drammatico periodo di scontri, persecuzioni e guerre, dovute a una complessità di motivi politici e sociali nel quadro comune di una cultura intollerante, restia ad accettare e a rispettare le diversità di opinione e di fede. Germania e Francia furono scosse da terribili conflitti in cui i motivi religiosi si intrecciarono a quelli politici; cosa analoga avvenne in Inghilterra e in Spagna, dove allo scontro tra protestanti e cattolici si aggiunse quello contro ebrei e musulmani.
Modulo 7 Cristianità divisa
28 La Riforma
Capitolo
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protestante
Percorso breve Agli inizi del XVI secolo la cristianità europea fu scossa da una diffusa insofferenza verso il Papato romano, accusato di immoralità e di affarismo. Un monaco tedesco, Martin Lutero, portò alle estreme conseguenze la protesta, sostenendo che solo la fede in Dio può salvare l’uomo dal peccato e negando qualsiasi validità alle “opere” (in particolare alle “indulgenze”, che il pontefice concedeva, in cambio di offerte a favore della Chiesa, per redimere le pene da scontare per i propri peccati, o dei propri defunti). Lutero sostenne inoltre che ciascun fedele deve leggere e interpretare personalmente la Bibbia, senza alcuna mediazione da parte della Chiesa. Lo scontro con il Papato provocò ben presto uno scisma, che acquistò, oltre alla valenza religiosa, anche significati sociali e politici: le nuove istanze morali e dottrinali, diffuse soprattutto fra i ceti borghesi, si mescolarono alle rivendicazioni del mondo contadino e alle tendenze autonomistiche di principi e re. Si formarono in tal modo nuovi e diversi orientamenti religiosi, che presero il nome di “protestantesimo”. Fu la seconda grande lacerazione dell’Europa cristiana, dopo quella che nell’XI secolo aveva visto la separazione fra Chiesa latina “cattolica” e Chiesa greca “ortodossa”. Fra i riformatori protestanti, particolare rilievo ebbe Giovanni Calvino, la cui dottrina, fondata sull’idea della predestinazione, sostenne – in contrasto con l’insegnamento di Lutero – che non basta la fede ad assicurare la salvezza, poiché per ottenerla è necessaria l’imperscrutabile grazia divina: questa a sua volta si manifesta nel successo che ciascuno riesce a ottenere nel lavoro. Il calvinismo, pertanto, contribuì a sviluppare una particolare “etica del lavoro”, una mentalità nuova basata sulla competizione e sulla ricerca del successo. Un’altra differenza, di grande potenzialità politica, fu che mentre Lutero insegnava il dovere dell’obbedienza come valore in sé, Calvino affermava che alle autorità bisogna prestare un’obbedienza condizionata, valida solo se esse osservano le norme morali del Vangelo.
La Riforma protestante si diffuse anche nei paesi scandinavi e in Inghilterra: qui assunse un carattere più politico segnando la nascita di una vera e propria Chiesa di Stato, la Chiesa “anglicana”.
Lutero brucia la bolla papale
Capitolo 28 La Riforma protestante
28.1 I mali della Chiesa romana Una Chiesa da riformare Agli inizi del XVI secolo la cristianità europea fu scossa da una diffusa insofferenza verso il Papato romano, accusato di immoralità e di affarismo. La nostalgia della purezza evangelica, di un cristianesimo ricondotto ai valori spirituali delle origini e spogliato delle compromissioni con gli interessi mondani e con il potere politico, si manifestava da tempo all’interno del mondo cristiano. I mali della Chiesa, che molti lamentavano, non erano nuovi: concubinato degli ecclesiastici, vendita delle cariche religiose, mancato rispetto dell’obbligo di residenza per vescovi e sacerdoti, cumulo degli incarichi e dei benefici ecclesiastici, malcostume e scarsa preparazione dei preti (molti di loro ignoravano il latino, a volte non sapevano neppure leggere). L’Umanesimo cristiano L’esigenza di una riforma della Chiesa, più volte affacciatasi nei secoli precedenti, era stata ripresa da alcuni umanisti, sensibili non solo agli aspetti artistici e letterari della cultura ma anche alle problematiche religiose. Fra gli esponenti di questo “Umanesimo cristiano”, come fu detto, si distinse l’olandese Erasmo da Rotterdam (1466-1536), massimo rappresentante degli studi umanistici d’Oltralpe, che applicò i metodi dell’indagine filologica anche ai testi sacri, sostenendo la necessità di leggerli in lingua originale (per questo curò un’edizione critica dell’originale greco del Nuovo Testamento). Nelle sue opere – come il celebre Elogio della follia, pubblicato nel 1511 – criticò, in maniera ironica, la corruzione del clero e la stoltezza delle superstizioni che accompagnavano la fede religiosa. Erasmo e altri umanisti – come il filosofo inglese Tommaso Moro (1478-1535), che descrisse le aspirazioni degli studiosi a vivere in un luogo felice e inesistente denominato Utopia – cercarono un equilibrio fra le esigenze della ragione e quelle della fede, alla ricerca di una religiosità più profonda e interiore. Le loro opere circolavano solo in una ristretta cerchia di intellettuali, ma servirono a preparare il terreno al movimento di riforma che improvvisamente scoppiò in Europa e che assunse in breve tempo dimensioni vastissime, con importanti implicazioni politiche e sociali oltre che religiose e culturali. Albrecht Dürer, Erasmo da Rotterdam, 1526 In questa incisione su rame è rappresentato Erasmo da Rotterdam, massimo esponente del cosiddetto “Umanesimo cristiano”. Il filosofo è intento a redigere il suo Elogio della follia, testo con il quale criticò la corruzione del clero e ridicolizzò tutti coloro che credevano nei miracoli e nei santi. Erasmo fu accanito sostenitore della necessità di leggere i testi sacri in lingua originale.
Hans Holbein il Giovane, Tommaso Moro, XVI sec. [Galleria degli Uffizi, Firenze]
Come Erasmo, Tommaso Moro stigmatizzava la decadenza della società contemporanea. Il pensiero di Moro fu però connotato da un più forte realismo e una maggiore tensione politica. Nel suo celebre trattato del 1516, Utopia, teorizzò una società ideale, fondata sulla ragione umana e sul cristianesimo, nella quale la giustizia avrebbe trionfato sulla corruzione.
La Parola
concubinato Con questo termine si indicava il rapporto tra un uomo e una donna che convivevano senza essere tra loro sposati (in caso di ecclesiastici questa pratica contraddiceva clamorosamente il voto di celibato).
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28.2 Il dissenso di Martin Lutero
Lucas Cranach il Vecchio, La predica di Lutero, 1545 [Kupferstichkabinett, Staatliche Museen Preussischer Kulturbesitz, Berlino]
In questa stampa sono rappresentate la Chiesa luterana e quella papista, nettamente separate dalla colonna centrale. Nel riquadro di sinistra Martin Lutero è rappresentato sul suo pulpito ed è ispirato da Dio, da Cristo e dallo Spirito Santo, circondato da putti alati. Sotto di lui i ministri luterani somministrano il battesimo e la comunione. Nel riquadro di destra un frate, consigliato dal diavolo, predica ai cristiani. Il papa vende pubblicamente le indulgenze e, nonostante l’intercessione di san Francesco, Dio lancia saette infuocate verso i cristiani corrotti.
Nessuna speranza senza Dio La riforma partì dalla Germania e a darle avvio fu un frate agostiniano, Martin Lutero (1483-1546), docente di teologia all’Università di Wittenberg (nella Germania centro-orientale), un uomo inquieto, assillato dal pensiero del peccato e della dannazione, problemi su cui meditò a lungo, attraverso la Bibbia e gli scritti di san Paolo e sant’Agostino. Lutero si convinse che nessuno può sperare di salvarsi facendo affidamento sui propri meriti e sulle proprie azioni; che a nulla valgono la buona condotta e le opere di carità, perché la natura umana è irrimediabilmente contaminata dal peccato e l’uomo non ha alcuna reale possibilità di scegliere fra il bene e il male. Questa negazione del libero arbitrio, frutto di una visione della vita profondamente pessimista, portò Lutero su posizioni assai distanti da quelle dell’Umanesimo cristiano e in particolare di Erasmo da Rotterdam (che aveva invece sostenuto la capacità dell’uomo di agire attivamente per la propria salvezza, utilizzando la ragione e l’intelligenza oltre che la fede); soprattutto per questo, Erasmo si scontrò con Lutero, non aderì alla Riforma e preferì non rompere con la Chiesa romana. La giustificazione per fede e il libero esame La redenzione dai peccati – affermò Lutero – può venirci soltanto dalla fede e dalla misericordia di Dio: «L’uomo giusto non è colui che compie molte opere, ma colui che molto crede in Cristo». La fede nella salvezza e nella misericordia divina è, dunque, l’unica risorsa che l’essere umano ha a sua disposizione per giustificarsi (nel senso di ‘rendersi giusto’) davanti a Dio. La fede, a sua volta, trova il suo fondamento nella Bibbia, che, secondo Lutero, ciascun fedele deve leggere e interpretare personalmente (libero esame), senza intermediari, in un rapporto diretto dell’anima con Dio. Proprio allo scopo di rendere accessibili a tutti le Sacre Scritture, Lutero tradusse la Bibbia dal latino in tedesco. Queste idee erano in totale contrasto con la dottrina della Chiesa di Roma. Essa insegnava da secoli che alla fede in Cristo, condizione essenziale della salvezza, è necessario unire opere meritorie, che, assieme alla fede, concorrono a realizzare la redenzione dell’individuo. Inoltre, la Chiesa romana insegnava che nella lettura della Bibbia è indispensabile ai fedeli la mediazione della Chiesa stessa, depositaria e garante dell’interpretazione autentica del testo sacro.
Capitolo 28 La Riforma protestante
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28.3 La questione delle indulgenze e le 95 tesi di Wittenberg Si vende il Paradiso... Nei confronti di Lutero, la Curia romana inizialmente preferì adottare un atteggiamento tollerante, nella speranza che il contrasto si placasse. Ma a provocare una rottura clamorosa intervenne la questione delle “indulgenze”, termine con cui si indicava la remissione delle pene (digiuni, preghiere, pellegrinaggi) imposte dalla Chiesa ai fedeli per espiare i peccati, dopo la confessione. La possibilità di accordare queste indulgenze si fondava sull’idea che Cristo e i santi avessero accumulato un “tesoro” di meriti, a cui la Chiesa attingeva per ridistribuirli tra i fedeli. Il sistema però, col tempo, era degenerato, sia perché le indulgenze erano concesse in cambio di offerte in denaro (cioè, in pratica, vendute) sia perché si ammise che potessero essere acquistate non solo per sé stessi, ma anche per le anime dei defunti che scontavano le penitenze in Purgatorio. ...per costruire basiliche Nel solco di questa consuetudine, papa Leone X (figlio di Lorenzo de’ Medici e papa dal 1513 al 1521) proclamò nel 1514 una speciale indulgenza per quei fedeli che, dopo aver confessato le proprie colpe, desiderassero scambiare la loro pena (o quella dei loro defunti) con un versamento in denaro da destinare alla costruzione della nuova basilica di San Pietro, che proprio in quei decenni si era deciso di ricostruire. L’iniziativa suscitò indignazione, soprattutto in Germania, dove la predicazione e la raccolta delle offerte furono fatte in modo maldestro, sotto la direzione dell’arcivescovo di Magonza. Questo affidò la riscossione delle indulgenze a una importante famiglia di banchieri, i Fugger, in modo tale che essi potessero recuperare il cospicuo prestito concessogli proprio per comprare la carica di vescovo (e per pagare la relativa dispensa papale, necessaria in quanto l’alto prelato era già titolare di altre due sedi vescovili). Le 95 tesi La questione delle indulgenze in tal modo si trasformò in una vera compravendita. Lo sdegno fu grande. Martin Lutero, che già per le sue convinzioni non credeva nel valore delle buone opere, dichiarò inutili le offerte e negò valore alle indulgenze. Nel 1517 pubblicò sulla porta della cattedrale di Wittenberg, secondo l’uso del tempo, un documento composto da 95 tesi, cioè argomenti, in cui esponeva il suo pensiero e le sue critiche in materia di fede. Seguirono complesse dispute teologiche, durante le
Ritratto di Martin Lutero Martin Lutero nacque nel novembre del 1483 nella cittadina di Eislaben, in Turingia. Figlio di un minatore, passò tutta la sua giovinezza in un’atmosfera priva di affetto e intrisa di durezza e pregiudizi. A ventidue anni entrò volontariamente nel convento degli agostiniani di Erfurt.
Aa Documenti Le 95 tesi Le “95 tesi” di Lutero, affisse il 31 ottobre 1517 sul portone della cattedrale di Wittenberg, aprirono il dibattito teologico sulla salvezza e divennero ben presto il punto di
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riferimento per tutti coloro che avversavano la Chiesa di Roma e che aspiravano a un rinnovamento della vita religiosa. Come ben si capisce dall’estratto che ne presen-
isputa per chiarire l’efficacia delle indulgenze. […]
1. Il Signore e maestro nostro Gesù Cristo, dicendo “Fate penitenza ecc.” volle che tutta la vita dei fedeli fosse una penitenza. […] 3. Non intende però solo la penitenza interiore, anzi quella interiore è nulla se non produce esteriormente varie mortificazioni della carne. […] 5. Il papa non può rimettere alcuna pena fuorché quelle che ha imposto per volontà propria o dei canoni. […] 21. Sbagliano pertanto quei predicatori di indulgenze i quali dicono che per le indulgenze papali l’uomo è sciolto e salvato da ogni pena. […] 24. È perciò inevitabile che la maggior parte del popolo sia ingannata da tale indiscriminata e pomposa promessa di liberazione dalla pena. […]
tiamo, il tema centrale dell’argomentazione di Lutero è quello delle indulgenze papali, di cui si contesta non solo la compravendita ma la stessa legittimità e validità.
43. Si deve insegnare ai cristiani che è meglio dare a un povero o fare un prestito a un bisognoso, che non acquistare indulgenze. […] 50. Si deve insegnare ai cristiani che se il papa conoscesse le riscossioni dei predicatori di indulgenze, preferirebbe che la basilica di San Pietro andasse in cenere piuttosto che essere edificata sulla pelle, la carne e le ossa delle sue pecorelle. […] 86. Ancora: perché il papa, le cui ricchezze oggi sono più opulente di quelle degli opulentissimi Crassi, non costruisce una sola basilica di San Pietro con i propri soldi invece che con quelli dei poveri fedeli? Martin Lutero, 95 tesi (1517), a cura di S. Quinzio, Pordenone 1984
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Taddeo Zuccari, Carlo V e il cardinale Alessandro Farnese a Worms, part., 1557-66 [Palazzo Farnese, Sala dei Fasti Farnesiani, Caprarola; © The Bridgeman Art Library/Alinari]
Nel 1521 Carlo V, dopo la sua elezione a imperatore, convocò la dieta di Worms, a cui fu invitato Lutero perché abiurasse la sua dottrina. Al suo rifiuto, un editto imperiale lo mise al bando e vietò la diffusione e la lettura delle sue opere. Frontespizio della Bibbia tradotta da Lutero, XVI sec. Nel frontespizio della Bibbia, qui riprodotto, prendono posto Lutero (alla destra della croce) e il principe elettore di Sassonia (alla sinistra della croce), suo grande sostenitore.
quali Lutero riaffermò che solo la fede in Cristo salva l’uomo dalla dannazione, negò qualsiasi valore al culto della Vergine e dei santi, rifiutò i sacramenti cattolici (tranne il battesimo e l’eucarestia, fondati sulla Sacra Scrittura). L’eucarestia stessa fu spogliata del suo carattere miracoloso e ricondotta a puro gesto commemorativo della Passione di Cristo. Gli altri sacramenti (cresima, confessione, sacerdozio, matrimonio, estrema unzione) furono aboliti. Con l’abolizione del sacramento del sacerdozio scomparve la gerarchia ecclesiastica: il clero era del tutto inutile, dal momento che ciascun fedele doveva coltivare la fede da solo, in un rapporto personale con Dio attraverso la Bibbia. La confessione davanti al prete fu sostituita da un atto di penitenza privato.
La scomunica del papa Nel giugno 1520 Leone X scomunicò Lutero accusandolo di eresia. Questi, come risposta, bruciò pubblicamente il documento papale, incoraggiato e sostenuto dai suoi seguaci, già numerosi fra il popolo e la nobiltà. In breve le nuove idee aggregarono consensi e si trasformarono in un vasto movimento chiamato Riforma (in quanto si proponeva di riformare la vita religiosa) che produsse il distacco da Roma di gran parte della Germania settentrionale. Il sostegno dei nobili tedeschi, la condanna imperiale Ciò fu possibile anche grazie al concorso di fattori tecnici e politici. Innanzitutto, l’impiego della stampa (la nuova straordinaria invenzione diffusa da Gutenberg, 24.5) consentì di far conoscere le nuove idee a molti, in tempi rapidissimi. Inoltre, Lutero ricevette il decisivo appoggio della grande nobiltà: i principi tedeschi, infatti, videro nella Riforma l’occasione per accrescere la loro ricchezza e potenza, impadronendosi delle terre dei monasteri e dei vescovadi cattolici, un enorme patrimonio che ammontava a circa un terzo dei beni fondiari dell’intera Germania. Inoltre, in tal modo essi si rendevano più autonomi nei confronti dell’imperatore Carlo V d’Asburgo [ 29], che si era posto a difesa dell’unità cattolica nel tentativo di perseguire il suo progetto di costruire in Europa una monarchia universale di stampo cristiano. Nel 1521 l’imperatore riunì i principi tedeschi in una assemblea, chiamata dieta, nella città di Worms; Lutero partecipò alla dieta e difese in maniera energica le sue tesi provocando così la reazione di Carlo V che lo condannò emanando un editto con cui lo bandiva dall’Impero.
Capitolo 28 La Riforma protestante
28.4 Rivolta dei cavalieri e “guerra dei contadini” Tensioni e insurrezioni La predicazione di Lutero scatenò anche forme di rivolta sociale, intrecciando il movimento di riforma morale e religiosa a rivendicazioni di ordine economico, sociale e politico. Primi a muoversi furono i cavalieri, piccoli nobili privi di terra, impoveriti e frustrati nelle loro ambizioni di ascesa sociale, che, guidati dal condottiero Franz von Sickingen (1481-1523), assalirono e depredarono le proprietà ecclesiastiche nel Principato di Treviri (1523). Ancor più violenta scoppiò, fra il 1524 e il 1525, la rivolta dei contadini, i quali, in nome dell’uguaglianza dei cristiani, insorsero chiedendo l’abolizione delle servitù e dei privilegi feudali: dalla Renania alla Svevia, dall’Alsazia al Tirolo furono incendiati castelli, assaliti e distrutti monasteri e chiese. Rivendicazioni rivoluzionarie Gli obiettivi della rivolta furono dichiarati in un documento programmatico, i Dodici articoli dei contadini di Svevia, che, grazie alla stampa, conobbe una diffusione straordinaria: venticinque ristampe nel giro di due mesi, per un totale di 25.000 esemplari distribuiti. Rivendicazioni di natura economica, come la
Aa Documenti I “dodici articoli” dei contadini tedeschi Dodici “articoli”, pubblicati nel 1525, riassumono le rivendicazioni dei contadini tedeschi, in cui si mescolano esigenze di natura religiosa e richieste di natura sociale ed economica. Li accomuna un profondo senso di appartenenza alla comunità di villaggio, sia che si tratti di rivendicare l’integrità spirituale dei parroci (sentiti come parte della comunità, e che per questo si
L
propone di far eleggere dalla comunità stessa a cui sono preposti) sia che si tratti di tutelare antichi diritti di pascolo e raccolta del legname, o di garantire il rispetto dei patti. Molto forte è il richiamo ai diritti consuetudinari, al libero uso dei boschi e dei terreni comuni che negli ultimi secoli del Medioevo erano stati in gran parte sottratti all’uso collettivo [ 6.1].
ettore cristiano, leggi attentamente gli articoli che seguono. Primo, umilmente noi chiediamo [...] che in futuro tutta la comunità goda dell’autorità piena di eleggersi e scegliersi il pastore; e che nostro sia anche il potere di deporlo qualora egli dovesse mostrarsi indegno. [...] Secondo, poiché la decima sui prodotti della terra è ingiunta nel Vecchio Testamento e confermata nel Nuovo, pagheremo volentieri la vera decima sul grano. [...] La decima sugli animali, invece, non la pagheremo affatto, poiché il Signore Iddio ha creato il bestiame affinché sia liberamente usato dall’uomo, e la consideriamo pertanto una decima impropria, inventata dagli uomini. Terzo, è stato uso finora dei signori considerarci loro servi. Ciò è esecrabile, visto che Cristo versando il Suo prezioso sangue ci ha redenti e riscattati tutti […]. Pertanto è dimostrato nelle Scritture che siamo liberi e desideriamo essere liberi […]. Quarto, è stato uso finora che a nessun povero fosse permesso di catturare selvaggina, volatili, o pesci in acque correnti, il che ci appare assai ingiusto [...]. Quinto, abbiamo una rimostranza riguardo al taglio della legna, poiché i nostri signori si sono appropriati dei boschi, e quando il povero ha bisogno di legna deve pagarla un prezzo doppio. A nostro avviso i boschi [...] devono ritornare all’intera comunità. Sesto, è il nostro oneroso gravame di servizi in lavoro, che quotidianamente si accrescono in quantità e varietà. Chiediamo che si compia una giusta inchiesta e che così aspri gravami non ci vengano imposti [...].
Anche le sollevazioni contadine del XIV secolo [ 19.6] avevano posto questi temi al centro delle attenzioni. Caratteristica originale dei “dodici articoli” fu quella di porre la parola di Dio (continuamente evocata nel testo) a fondamento di ogni rivendicazione, interpretando anche in senso economico e sociale il messaggio innovatore della riforma religiosa.
Settimo, non consentiremo in futuro ad alcun signore di opprimerci oltre. Ognuno invece condurrà il proprio podere secondo [...] l’accordo tra il signore e il contadino. Ottavo, molti di noi che conducono un podere sono gravati dal fatto di non riuscire a pagare i canoni, motivo per cui molti contadini perdono la terra e vengono rovinati. I signori devono fare ispezionare i poderi da uomini degni di fede per stabilire un canone equo [...]. Nono, siamo gravati nelle questioni di giurisdizione criminale, per le quali vengono fatte in continuazione nuove leggi. [...] A nostro avviso dovremmo essere puniti in base alle antiche leggi scritte e secondo le circostanze, non faziosamente. Decimo, siamo afflitti per il fatto che alcuni si sono impadroniti dei prati o dei campi arabili che un tempo appartenevano alla comunità. Noi li restituiremo alla proprietà comunale, salvo che siano stati debitamente acquistati. [...] Undicesimo, vogliamo abolite completamente le tasse di successione per causa di morte. Non permetteremo che vedove e orfani siano così vergognosamente spogliati e derubati dei loro averi [...]. Dodicesimo, è nostra conclusione e risoluzione finale che, qualora uno o più dei soprascritti articoli non risultasse in accordo con la Parola di Dio, dovrà esserci dimostrato sulla Parola di Dio che essi non sono ammissibili e noi li abbandoneremo. [...] La pace di Cristo sia con noi tutti. da Rivolte contadine in Europa. Secoli XVI-XVIII, Torino 1983, pp. 57-64
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Costanza
Modulo 7 Cristianità divisa La Lega di Smalcalda, 1530-47
Stati aderenti alla Lega Città libere associate alla Lega
MARE DEL NORD
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La rivolta dei contadini, XVI sec. [Bildarchiv Preussischer Kulturbesitz, Berlino]
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In questa immagine il capo della rivolta è a cavallo e indossa una clamide (mantello) ecclesiastica sequestrata in una chiesa. Tra i rivoltosi, spicca la figura di un nobile catturato e con le mani legate dietro la schiena. Il vessillo, sotto il quale si sono riuniti i contadini, è una grossa scarpa legata a una lunga corda, a simboleggiare la scarsa liberà che questi uomini avevano.
Biberach Costanza
Ulma
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Augusta
Memmingen Lindau
libertà d’uso dei terreni comuni (boschi, acque, pascoli) o la facoltà di esercitare scambi commerciali, vi si intrecciavano a istanze di natura sociale (muoversi e sposarsi liberaStati aderenti alla Lega mente, trasmettere agli eredi i propri beni) religiosa (eleggere direttamente i parroci Città liberee associate Lega dei villaggi). Nonostante i prudentialla richiami al Vangelo, l’insieme di queste richieste oggettivamente si configurava come rivoluzionario rispetto agli assetti sociali ed economici del tempo: di fatto, esse mettevano in discussione il potere dei signori sui loro contadini, i privilegi dei proprietari sui lavoratori.
Contro la sovversione sociale Particolarmente radicale fu il pensiero di Thomas Müntzer (1490-1525), uno dei capi della rivolta, già seguace di Lutero, che poi aveva abbandonato giudicandolo troppo moderato. Di fronte a questo pericolo le forze della grande nobiltà non tardarono a coalizzarsi e, così come avevano schiacciato i cavalieri, annientarono i contadini, massacrandoli in battaglia o mandandoli a morte con esecuzioni sommarie. In totale ne furono uccisi più di 100.000. Lo stesso Müntzer fu fatto prigioniero e decapitato. Alle rivendicazioni dei contadini tedeschi – con loro grande stupore e delusione – si oppose anche Lutero, che invitò i principi a «intervenire con la spada» e a sterminarli, perché «i ribelli sono fuori della legge di Dio e chi li uccide fa opera giusta e buona». La Lega di Smalcalda In seguito ai disordini politici provocati in Germania dalla rivolta dei cavalieri e poi soprattutto dalla guerra dei contadini, i sostenitori della Chiesa cattolica cercarono di riconquistare terreno e di estendere all’intero paese l’editto antiluterano emanato nel 1521 dall’imperatore Carlo V. Ma i principi luterani protestarono, di qui il termine protestanti spesso utilizzato per indicare i seguaci della Riforma, presentando ad Augusta una sintesi dei punti salienti della loro professione di fede e stringendo un’alleanza militare detta Lega di Smalcalda (1531). Solo i territori occidentali e la Baviera restarono fedeli alla Chiesa cattolica di Roma, sostenuta anche dall’imperatore. Il paese si trovò di fatto spaccato in due.
Capitolo 28 La Riforma protestante
28.5 La Riforma si diffonde. Il calvinismo L’opera riformatrice di Zwingli in Svizzera Dalla Germania la Riforma si diffuse rapidamente nei paesi baltici e scandinavi: Danimarca, Svezia, Norvegia. Uno sviluppo particolare presero le nuove idee in Svizzera con Huldreich Zwingli (1484-1531). Egli, sacerdote della cattedrale di Zurigo, con veemenza predicò il ritorno al messaggio evangelico originario, senza necessità di ricorrere all’intermediazione della Chiesa e al culto dei santi o delle immagini sacre, da Zwingli considerate forme di superstizione che invece di avvicinare allontanavano dalla vera fede in Dio. Le idee riformatrici di Zwingli furono rapidamente accolte dalla popolazione di Zurigo, che gli affidò il governo della città, ma altrettanto rapidamente furono combattute e sopraffatte dalle forze cattoliche dei paesi vicini, che temevano il dilagare del luteranesimo. Il calvinismo Più fortuna ebbe Giovanni Calvino (1509-1564), uno studioso francese rifugiatosi a Ginevra per evitare la repressione che aveva colpito i seguaci della Riforma. Specialmente la dottrina di quest’ultimo, nota col nome di “calvinismo”, trovò consensi ed esercitò una notevole influenza. L’idea centrale del calvinismo è quella della predestinazione: il destino di ciascuno di noi è già segnato prima della nascita, stabilito da Dio, che nella sua volontà imperscrutabile sceglie coloro che avranno la salvezza eterna. La salvezza pertanto non può venire dalla sola fede (come sosteneva Lutero) né dalla fede accompagnata dalle opere (come sostenevano i cattolici) ma unicamente dalla grazia divina. La benedizione del lavoro Ma come è possibile conoscere se siamo in grazia di Dio, se apparteniamo alla schiera dei prescelti dal Signore? Calvino affermò che Dio ha assegnato a ogni uomo un lavoro da compiere, un’attività da svolgere con impegno e diligenza, come se si trattasse di un atto religioso a glorificazione di Dio. Se nel nostro lavoro troveremo serenità e appagamento spirituale, ciò sarà un segno della grazia divina. Se poi nella nostra attività, qualunque essa sia, raggiungeremo il successo, questa sarà una chiara e sicura indicazione che siamo fra i prescelti. «Ciascuno – scrive Calvino – deve ritenere che la sua condizione è come un posto di combattimento assegnato da Dio». L’etica del successo Proprio questa idea, che esaltava il lavoro e l’intraprendenza, favorì la diffusione del calvinismo in certe regioni, come i Paesi Bassi, la Francia settentrionale, l’Inghilterra, dove era molto viva l’attività mercantile e manifatturiera. Viceversa, secondo una celebre interpretazione del sociologo tedesco Max Weber (1864-1920), proprio i princìpi del calvinismo sarebbero stati una delle basi che favorirono lo sviluppo della mentalità economica moderna, basata sulla competizione e sulla ricerca del successo. In Inghilterra i calvinisti ebbero il nome di puritani. In Francia furono chiamati ugonotti, da Eidgenossen, ‘confederati’, come erano definiti gli svizzeri, con riferimento alla loro particolare organizzazione politica [ 20.7]; successivamente, il termine finì per indicare tutti i protestanti francesi.
Giovanni Calvino da giovane, XVI sec. [Musée International de la Réforme, Ginevra]
Questo ritratto raffigura Giovanni Calvino da giovane allorquando la dottrina da lui teorizzata, cominciò a espandersi a Ginevra. Calvino, a differenza di Lutero, credeva che chiunque dovesse rispondere a Dio, anche i sovrani.
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Modulo 7 Cristianità divisa
28.6 Governanti e sudditi. Le idee di Lutero e Calvino L’obbedienza di Lutero La dottrina di Calvino si distinse da quella di Lutero in un altro punto fondamentale. Lutero insegnava che i sudditi devono sempre ubbidire al sovrano, perché il potere deriva da Dio, quindi l’obbedienza è dovuta anche se il sovrano ordina di compiere azioni inique: «Non è saggio per nessuno, che voglia essere veramente cristiano, opporsi al proprio governo, giusto o ingiusto che sia. Nulla è meglio che obbedire a tutti quelli che sono nostri superiori. La disobbedienza è un peccato maggiore di qualsiasi altro». E infatti Lutero si scagliò senza esitazioni contro la rivolta dei contadini e ne appoggiò la violenta repressione. REGNO
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DI SVEZIA NORVEGIAAl La possibile disobbedienza diDICalvino contrario, Calvino affermava che l’obbe1536 1523 dienza ai REGNO capi ha un limite invalicabile, segnato dall’osservanza delle norme Stoccolma DI morali del Vangelo: «Nell’obbedienza che noi dobbiamo alleMOSCOVIA autorità deve esserci SCOZIA sempre un’eccezione, o piuttosto una regola, vale a dire che questa obbedienza non ci 1560 MARE DA dall’obbedienza Riga DELa Dio, alla cui volontà devono conformarsi N distolga tutti i comandi dei A 1536 NORD RL I re e dei potenti.York Se gli uomini ci comandano qualcosa contro di lui, non dobbiamo teCopenaghen REGNO DI DANIMARCAun’importante conseguenza: è dovere dei popoli nerne alcun conto». Da ciò derivava REGNO DI INGHILTERRA controllare le azioni dei loro sovrani Amburgo e fare opposizione qualora essi agiscano al di 1534 1529 a ogni altra legge e a tutti i potenti della Terra». fuori delle leggi di Dio, che «stanno sopra Londra
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OCEANO ATLANTICO
Wittenberg
MAN REGNO DIlePOLONIA PER OG Comunità differenti Anche interno comunità calviniste erano asIM nell’ordinamento ERM Francoforte A N sai diverse da quelle luterane: queste erano sottoposte all’autorità dello Stato; quelle ICO 1530 Worms invece erano libere, guidate da pastori Praga (i ministri del culto) eletti dall’assemblea dei Parigi Norimberga fedeli. In queste comunità tutti i cittadini, compresi i pastori e i magistrati, erano tenuti Strasburgo Nantes 1524 1524 Vienna a una rigida osservanza dei princìpi calvinisti, basati sul rigore etico e su una condotta REGNO Bordeaux DI FRANCIA
Zurigo 1520
Ginevra 1536 Venezia Milano
UNGHERIA REGNO REGNO DI NORVEGIA DI SVEZIA Bucarest I M 1536 1523 Avignone P Saragozza REGNO BOSNIA ER Stoccolma O STATO DI Madrid OT MOSCOVIA SCOZIA PONTIFICIO TO M REGNO Barcellona AN 1560 Roma MARE Istanbul DI SPAGNA O DA Riga DEL REGNO N A 1536 L NORD Napoli DI NAPOLI IR Copenaghen York REGNO DI Granada DANIMARCA REGNO DIME INGHILTERRA MAR DITERRANEO Amburgo 1534 1529 Londra Wittenberg R REGNO DI POLONIA ERO OMANO P OCEANO GER IM MA ATLANTICO Francoforte NIC O 1530 Worms Praga Parigi Norimberga Strasburgo Nantes 1524 1524 Vienna Zurigo 1520 REGNO Bordeaux DI FRANCIA cattolici Ginevra UNGHERIA 1536 Venezia calvinisti e riformati León Milano luterani Bucarest IM Avignone anglicani P Saragozza BOSNIA ER O hussiti STATO Madrid OT PONTIFICIO TO ortodossi M REGNO Barcellona AN musulmani Istanbul Roma DI SPAGNA O minoranze calviniste REGNO Napoli DI NAPOLI minoranze luterane Granada León
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La cristianità divisa
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minoranze cattoliche minoranze musulmane 1529 data di adesione alla Riforma
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Capitolo 28 La Riforma protestante
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morale irreprensibile. L’intolleranza verso chi non rispettava questi dettami era altissima e spesso si fece ricorso all’esilio e alle condanne a morte. Secondo alcuni storici, mentre il luteranesimo avrebbe contribuito a far crescere in certe regioni germaniche il senso di disciplina e di rispetto verso le autorità costituite, il calvinismo avrebbe invece favorito lo sviluppo di tendenze politiche democratiche, basate sulla convinzione che i governanti devono essere eletti e controllati dai cittadini.
28.7 La Chiesa anglicana Lo scisma interno Anche il re d’Inghilterra Enrico VIII (1509-47) si separò dalla Chiesa di Roma, ma non per aderire alla Riforma luterana. Ciò avvenne nel 1534, quando il sovrano fece proclamare dal Parlamento l’Atto di supremazia, che lo dichiarava capo supremo della Chiesa d’Inghilterra, sciogliendolo da ogni vincolo di obbedienza al papa. La rottura fu provocata non da ragioni religiose ma da motivi politici ed economici: il re aspirava a esercitare uno stretto controllo sul clero del paese e sui beni della Chiesa, sostenuto in ciò dalla nobiltà e dalla ricca borghesia, che, a loro volta, miravano a far proprie le rendite che le chiese e i conventi inviavano annualmente a Roma. Un matrimonio controverso L’occasione del distacco si presentò quando il papa, Clemente VII (nipote di Lorenzo de’ Medici e papa dal 1523 al 1534), si rifiutò di sciogliere il matrimonio di Enrico VIII con la regina Caterina d’Aragona (1509-33), zia dell’imperatore Carlo V con cui il papa era in buoni rapporti. Clemente VII quindi non autorizzò Enrico a passare a nuove nozze con una dama di corte, Anna Bolena; in tutta risposta, il re fece annullare le nozze dai propri vescovi e celebrò il nuovo matrimonio, provocando di necessità la scomunica papale. A questa Enrico VIII rispose con la separazione da Roma. Nacque in tal modo la Chiesa nazionale anglicana, con a capo il re. Innovazioni anglicane e persecuzioni I riti, i dogmi, le gerarchie della nuova Chiesa restarono sostanzialmente gli stessi di quella romana; uniche innovazioni sostanziali furono l’estensione ai sacerdoti del matrimonio, la sostituzione dell’inglese al latino nella messa, l’eliminazione delle immagini sacre dalle chiese. Molti credenti rimasero fedeli a Roma e furono per questo perseguitati come ribelli alle leggi dello Stato. Fra questi il cancelliere della Corona, l’umanista Tommaso Moro (14781535) che nelle sue opere in qualche modo anticipava i motivi della Riforma. Moro fu imprigionato a lungo ma sempre si rifiutò di sottomettersi alla volontà del re e così, rimasto fedele al cattolicesimo, fu condannato a morte. Le persecuzioni si accanirono non solo contro i “papisti”, come erano chiamati i cattolici, ma anche contro i luterani e i calvinisti che incominciavano a diffondersi nel paese. I calvinisti, in particolare, svolsero una serrata con-
Hans Liefrinck, Enrico VIII d’Inghilterra a cavallo, 1561-99 [Rijksmuseum, Amsterdam]
La famiglia di Enrico VIII, 1545 [Royal Collection, Hampton Court, Londra]
Questa tela rappresenta la famiglia del re Enrico VIII (al centro) e alcuni dei suoi figli: Maria, figlia di Caterina di Aragona, futura Maria I Tudor detta la “Sanguinaria” (a sinistra); Edoardo, figlio di Jane Seymour (l’unica delle sei mogli che diede a Enrico VIII un figlio maschio; è raffigurata a destra), futuro Edoardo VI (alla destra del re); Elisabetta, figlia di Anna Bolena, futura Elisabetta I (alla sinistra del re).
324
Modulo 7 Cristianità divisa testazione della Chiesa anglicana, che essi definivano «un cattolicesimo mascherato», cioè una forma di protestantesimo contenente dei compromessi, delle “impurità” di cui bisognava liberarsi. Appunto per tale motivo i calvinisti inglesi assunsero il nome di “puritani”.
Restaurazione cattolica e anglicanesimo Una maggiore apertura ai temi della Riforma si ebbe con il successore di Enrico VIII, Edoardo VI (1547-53). Alla sua morte salì al trono Maria (1553-58), figlia di Caterina di Aragona e di Enrico VIII e moglie del re di Spagna Filippo II. La regina mise in atto un progetto di restaurazione cattolica che assunse anche forme violente, al punto che Maria fu chiamata dagli avversari con l’epiteto di “Sanguinaria”. L’anglicanesimo fu ristabilito dalla regina Elisabetta (1553-1603), figlia di Enrico VIII e di Anna Bolena, che fece nuovamente approvare dal Parlamento l’“Atto di supremazia” istituendo poi, per legge, una religione nazionale che mescolava posizioni cattoliche, luterane e calviniste. In Scozia invece prevalse la fede calvinista, mentre l’Irlanda rimase fedele al cattolicesimo romano.
I modi della storia
Come la Riforma protestante influenzò le arti
Il movimento della Riforma ebbe effetti importanti anche nel campo artistico e musicale. In polemica con la tradizione cattolica, le Chiese riformate abolirono le immagini sacre e assunsero un carattere estremamente sobrio e severo. Lutero e gli altri riformatori condussero infatti una dura battaglia contro il culto dei santi e delle immagini di santi e Madonne, che invece rappresentavano per i cattolici – e ancor di più per gli ortodossi – un supporto essenziale per la devozione popolare e i riti. In alcuni casi gli arredi liturgici, le statue, i dipinti furono distrutti
o dati alle fiamme. Lo splendore e la preziosa ornamentazione delle chiese cattoliche lasciarono il posto ad arredamenti semplici e austeri, pensati come luoghi di riflessione e di incontro tra i fedeli. Le ripercussioni furono significative anche al di fuori degli spazi sacri. Nei paesi riformati gli artisti, non dovendosi più cimentare con soggetti religiosi, si concentrarono su altri temi quali le scene di vita quotidiana, i paesaggi, le nature morte (che ebbero, per esempio, grande fortuna tra gli artisti fiamminghi e olandesi). In campo musicale Lutero impose (come
Pieter Saenredam, Interno della chiesa di sant’Odulphus, 1649
nella liturgia) la sostituzione del latino con il tedesco. Per incentivare il carattere comunitario del rito sollecitò la pratica del canto corale, scegliendo dalla tradizione popolare delle melodie semplici e facilmente memorizzabili, così che tutti i fedeli potessero cantarle insieme. Da allora in poi, il “corale” è rimasto un elemento tipico del culto riformato e dei paesi che lo adottarono: qualche tempo più tardi, il celebre Johann Sebastian Bach (1685-1750) lo portò a sublime perfezione stilistica, rielaborando motivi che lo stesso Lutero aveva trascritto e pubblicato.
[Rijksmuseum, Amsterdam]
Jean Perrissin, Il tempio calvinista di Lione, 1565
La chiesa olandese, rappresentata su questa tela, è scevra da ogni immagine sacra. Il centro dell’edificio è rappresentato dal pulpito (sulla destra dela navata centrale) intorno al quale si riunisce la comunità per ascoltare il predicatore.
[Bibliothèque Universitaire, Ginevra]
Il dipinto rappresenta un tempio calvinista sviluppato attorno al pulpito dal quale il pastore predica all’intera comunità, in un ambiente sobrio e privo di sfarzosità.
Capitolo 28 La Riforma protestante
Sintesi
La Riforma protestante
I mali della Chiesa romana All’inizio del XVI secolo si diffuse, all’interno della cristianità europea, un sentimento di insofferenza verso la Chiesa romana, accusata di affarismo e immoralità. Le accuse verso la Chiesa riguardavano diversi comportamenti in essa diffusi: il concubinato, il cumulo degli incarichi, la vendita delle cariche religiose, l’ignoranza, la lontananza dei vescovi dalla diocesi. L’esigenza di riformare la Chiesa fu portata avanti dall’Umanesimo cristiano, che propose di vivere la religiosità in modo profondo, preparando così il terreno alla Riforma protestante. Il dissenso di Martin Lutero La Riforma nacque in Germania, a opera del teologo e frate agostiniano Martin Lutero (14831546), il quale si convinse che la salvezza dell’uomo e la redenzione dei peccati non poggiassero su azioni e meriti, ma soltanto sulla fede nella misericordia divina, negando alla natura umana il libero arbitrio nella scelta tra bene e male. Sostenne inoltre il libero esame della Bibbia; a questo scopo tradusse la Bibbia dal latino al tedesco. Queste idee contrastavano totalmente con la dottrina della Chiesa romana, che si riteneva depositaria dell’interpretazione autentica del testo sacro e attribuiva la redenzione dell’uomo sia alla fede sia alle opere. La questione delle indulgenze e le 95 tesi di Wittenberg La rottura tra Lutero e la Chiesa arrivò in seguito allo sdegno che in Germania accompagnò la vendita delle indulgenze. Lutero affisse alla cattedrale di Wittenberg le 95 tesi (1517) del suo pensiero, in seguito meglio specificato: solo la fede salvava dalla dannazione, era negato il valore del culto della Vergine e dei santi e dei sacramenti, tranne il battesimo e la confessione, fondati sulla Bibbia. Gli altri sacramenti venivano aboliti: ciò rendeva inutile la gerarchia ecclesia-
stica e postulava un rapporto personale tra il credente e la divinità. Alla scomunica che gli venne inflitta nel 1520, Lutero rispose bruciando il documento. Il numero dei suoi seguaci aumentò e il movimento, chiamato Riforma, si diffuse, agevolato dalla stampa e dall’appoggio dei principi tedeschi. Durante la dieta di Worms (1521) Lutero fu condannato e bandito dall’Impero.
l’uomo alla salvezza. Il segno della grazia divina era il lavoro: se si raggiungeva il successo, si poteva essere certi di godere della benevolenza divina. Grazie a questa visione salvifica del lavoro tale dottrina si diffuse nei paesi in cui erano sviluppate le attività mercantili e manifatturiere, come Paesi Bassi, Francia e Inghilterra (dove i calvinisti erano chiamati rispettivamente ugonotti e puritani).
Rivolta dei cavalieri e “guerra dei contadini” La predicazione luterana innescò una serie di rivolte sociali, in cui alle istanze di riforma religiosa si sommarono rivendicazioni sociali e politiche. La prima riguardò i cavalieri, piccoli nobili senza terra desiderosi di ascesa sociale, che a Treviri assaltarono proprietà ecclesiastiche (1523). Seguì la rivolta dei contadini (1524-25), le cui rivendicazioni mettevano in discussione assetti sociali ed economici consolidati, mirando all’abolizione della servitù e dei privilegi sociali. Entrambe vennero represse in seguito al coalizzarsi delle forze della grande nobiltà, sostenute dallo stesso Lutero. I sostenitori della Chiesa cattolica tentarono di estendere all’intero paese l’editto di condanna verso Lutero; i principi luterani risposero con una protesta (per questo furono chiamati protestanti) e si allearono militarmente costituendo la Lega di Smalcalda (1531). Il paese era spaccato in due.
Governanti e sudditi. Le idee di Lutero e Calvino Secondo il luteranesimo, i sudditi erano obbligati a obbedire al sovrano, in quanto il potere gli derivava da Dio. Secondo i calvinisti, l’obbedienza dei popoli al sovrano aveva un limite nel rispetto delle norme morali del Vangelo: i popoli possono opporsi al sovrano che le violi. Le due comunità avevano anche un diverso ordinamento interno: quelle luterane erano sottoposte all’autorità dello Stato, quelle calviniste, guidate da pastori eletti dai fedeli, erano basate sul rispetto delle norme morali.
La Riforma si diffonde. Il calvinismo Dalla Germania la Riforma si estese ad altri paesi. In Svizzera si svilupparono le idee del Huldreich Zwingli, basate sull’aspirazione al messaggio evangelico delle origini, che negavano il culto dei santi e delle immagini sacre e la funzione di intermediazione della Chiesa. Molti consensi raccolse la dottrina del calvinismo, fondata dallo studioso francese Giovanni Calvino, che indicava nella grazia divina l’unico elemento in grado di condurre
La Chiesa anglicana La nascita della Chiesa anglicana risale al rifiuto del papa Clemente VIII a sciogliere il matrimonio del re d’Inghilterra Enrico VIII (1509-47) con Caterina d’Aragona. Il re fece annullare le nozze dai vescovi inglesi e fece celebrare il nuovo matrimonio con Anna Bolena; seguì la scomunica papale. Come risposta, Enrico si separò dalla Chiesa di Roma ponendosi a capo della Chiesa anglicana, liberandosi dal vincolo di obbedienza al papa (Atto di supremazia, 1534). Al di là del motivo contingente, la separazione avvenne per motivi economici e politici, in quanto il re voleva controllare il clero e i beni ecclesiastici. In seguito, dopo il tentativo di Maria la Sanguinaria di ripristinare il cattolicesimo, dal regno di Elisabetta (1553-1603) prevalse definitivamente l’anglicanesimo. In Scozia era presente il calvinismo, in Irlanda il cattolicesimo.
Esercizi Comprendere e ordinare 1. Indica se le seguenti affermazioni sono vere o false. a. Lutero sostenne le rivendicazioni dei contadini tedeschi.
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b. Maria la Sanguinaria portò avanti il progetto di restaurazione cattolica in Inghilterra.
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Modulo 7 Cristianità divisa
c. I nobili tedeschi cavalcarono la Riforma luterana per ottenere autonomia dall’Impero.
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g. Secondo il calvinismo, il successo nel lavoro rappresenta un segno della grazia divina.
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d. La Lega di Smalcalda era un’alleanza tra i principi protestanti tedeschi.
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e. Erasmo da Rotterdam applicò i princìpi della filologia ai testi sacri.
V
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h. Le richieste dei cavalieri tedeschi erano in forte contrasto con gli assetti sociali consolidati.
f. Nel 1531 Carlo V con un editto bandì Lutero dai territori imperiali.
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V
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i. La Chiesa anglicana fu fondata dal re Edoardo VI con l’Atto di supremazia. l. Per Lutero la salvezza dell’uomo deriva dalla fede e dalla grazia divina.
V
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2. Colloca sulla linea del tempo gli eventi elencati in ordine sparso. 1511
1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8.
1514
1517
1520
1521
1523
1531
1534
dieta di Worms Leone X proclama una speciale indulgenza per contribuire a costruire la basilica di San Pietro Atto di supremazia Lutero affigge le 95 tesi sulla porta della cattedrale di Wittenberg pubblicazione dell’Elogio della follia di Erasmo da Rotterdam Lega di Smalcalda Lutero viene scomunicato rivolta dei cavalieri a Treviri
3. Completa la seguente tabella inserendo le informazioni mancanti. libero arbitrio • battesimo • capo della Chiesa • comunità • dogmi • esame • eucaristia • fede • gerarchie • grazia • illimitata • immagini • lavoro • limitata • matrimonio • morale • opere • pastori • predestinazione • Stato • testi • sacerdozio • sacramenti • successo • riti
DOTTRINA
CALVINISMO
PROTESTANTESIMO
ANGLICANESIMO
• ....................................................................
• negazione del .....................................
........................................................................
........................................................................
• .................................................................. : atto religioso • ................................................... : segno .......................................................... divina • ...................................................... rigida
• libero ....................................................... ............................................................ sacri • nega valore al ..................................... • .................................................................. : solo .............................................................. ed ..................................................................
• .................................................................... e .................................................................... simili a Chiesa di Roma • .................................................................... dei sacerdoti • lingua inglese • Non usa ................................................. sacre
guidate da .................................................................. eletti dai fedeli
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il potere deve osservare la .............. evangelica
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ORGANIZZAZIONE
SALVEZZA
OBBEDIENZA
................................................
sottoposte all’autorità dello ............
........................................................................
• Re d’Inghilterra ................................. della Chiesa anglicana • ....................................................... simili a Chiesa romana
Capitolo 28 La Riforma protestante
4. Associa alle seguenti parole chiave il significato corretto. concubinato • cumulo • dieta • indulgenza • libero arbitrio • libero esame • pastori • predestinazione • protestanti • puritani • sacramento • tesi Interpretazione e lettura personale del testo sacro Segno della grazia divina secondo la dottrina cattolica Argomentazione di carattere filosofico, teologico o scientifico Remissione della pena imposta dalla Chiesa per espiare un peccato Destino imposto al corso degli eventi da una divinità Assemblea di rappresentanti di vari Stati Ministri del culto Seguaci inglesi della Riforma luterana Seguaci della Riforma luterana Condizione dell’uomo che convive con una donna senza esserne lo sposo Capacità dell’uomo di scegliere tra bene e male Unione di più cose nelle mani di una stessa persona
5. Completa la seguente mappa concettuale. accuse • alleanza • bando • cariche • cavalieri • concubinato • contadini • indulgenza • malcostume • nobiltà • penitenze • protestantesimo • rivolte • sacerdozio • scomunica • tesi LA RIFORMA LUTERANA: CAUSE E CONSEGUENZE
Accuse verso la Chiesa romana
Insofferenza malcontento
• ....................................................................... • vendita e cumulo ................................ • .......................................................................
• ....................................: remissione delle ....................................... dietro pagamento
...............................................
e insurrezioni
......................................................................................
Germania: nuova ..................................... per costruire la basilica San Pietro riscossa dai banchieri Fugger
Lutero: 95 ....................................... : nega valore .................................... ; segue la .......................... papale e il ....................................... imperiale
........................................... tra Lutero e gli esponenti della .......................................... tedesca anti-imperiale
Diffusione del ..........................................................: Calvino, Zwingli, Chiesa anglicana
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Modulo 7 Cristianità divisa
Analizzare e produrre 6. Leggi il documento “Le 95 tesi” a p. 317 e rispondi alle seguenti domande. 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7.
Che cosa sono le 95 tesi? Quale è l’argomento centrale? Che valore ha la penitenza nella vita dei fedeli? Quali pene può rimettere il papa? Per quale motivo le indulgenze non hanno valore? Che cosa si deve insegnare ai cristiani? Lutero che cosa rimprovera al papa?
Scrivi ora un testo di almeno 10 righe dal titolo “Le indulgenze e le novità introdotte dalla Riforma luterana”.
7. Rispondi alle seguenti domande. 1. 2. 3. 4.
Quali rivolte seguirono la diffusione del luteranesimo? Che differenze esistevano tra esse? Che esito ebbero? Chi era Tomas Müntzer? Che posizione assunse Martin Lutero?
Leggi il documento «I “dodici articoli” dei contadini tedeschi» a p. 319 e rispondi alle seguenti domande. 1. 2. 3. 4. 5.
Che cosa erano e cosa contenevano i Dodici articoli dei contadini di Svevia? Che cosa viene detto a proposito delle tassazioni? Quali tassazioni sono menzionate? Quale condizione sociale vivono i contadini? Che cosa rivendicano? Quali richieste pratiche vengono fatte? Quale ruolo è attribuito alla parola divina?
Sulla base delle informazioni raccolte, scrivi un testo di almeno 15 righe dal titolo “Le rivendicazioni dei contadini tedeschi”.
Modulo 7 Cristianità divisa
29 Carlo V e il sogno
Capitolo
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dell’impero universale
Percorso breve Il nipote dell’imperatore Massimiliano I d’Asburgo, Carlo, nella prima metà del Cinquecento concentrò nelle proprie mani un potere dalle dimensioni straordinarie, che comprendeva la Corona d’Austria (con i Paesi Bassi, la Borgogna e gli Stati tedeschi) e la Corona di Spagna (con le colonie americane e i domìni italiani di Napoli, Sicilia e Sardegna). Quando nel 1519 fu eletto imperatore col nome di Carlo V, il sogno di Carlo Magno parve rivivere. Ma il progetto di restaurare in Europa un grande impero si scontrò con le difficoltà di gestire possessi così lontani e diversi, in un momento, per di più, in cui la diffusione della Riforma protestante aveva spezzato l’unità religiosa della cristianità. Si aggiungeva il pericolo dei turchi ottomani che si spinsero a nord fino alle porte di Vienna. Il principale nemico di Carlo V fu il re di Francia Francesco I. Fra i due si combatterono lunghe lotte, che ebbero come principale teatro l’Italia. Il Ducato di Milano, già possesso francese, nel 1525 passò sotto il controllo di Carlo V che vi pose come vassallo Francesco II Sforza. Alla morte di costui, nel 1535, Carlo occupò personalmente il ducato e gli scontri col sovrano francese si riaccesero: il nuovo re di Francia Enrico II si alleò con i turchi e con i principi luterani tedeschi pur di sbarrare la strada alle aspirazioni egemoniche dell’imperatore. Nel 1555, Carlo V fu costretto a firmare la pace di Augusta che sanciva la legittimità della fede luterana e spartiva la Germania fra cattolici e protestanti. Sia sul piano religioso sia sul piano politico il progetto di Carlo V era fallito. Nel 1556 egli abdicò e divise i suoi possessi in due parti,
Tiziano, Carlo V a cavallo, 1548 [Museo National El Prado, Madrid]
destinate rispettivamente al figlio Filippo II (Corona spagnola, Paesi Bassi, domìni italiani, colonie americane) e al fratello Ferdinando I (Corona imperiale, terre ereditarie degli Asburgo, Corone di Boemia e Ungheria). Nel 1559 i lunghi scontri tra Francia e Impero si conclusero con la pace di Cateau-Cambrésis, che assegnò alla Spagna il dominio sull’Italia.
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Modulo 7 Cristianità divisa
Ferdinando d’Aragona (1452/1512-1516) (re di Spagna) Regno d’Aragona Regno di Napoli, Sicilia e Sardegna
Isabella di Castiglia (1451-1504) Regno di Castiglia Domìni americani
Massimiliano d’Asburgo (1459/1493-1519) (imperatore 1508-09) Corona imperiale Domìni di Casa d’Asburgo e d’Austria
Giovanna di Castiglia, la Pazza (1479-1555)
Maria di Borgogna (1457-1492) Fiandre Paesi Bassi Lussemburgo Franca Contea
Filippo d’Asburgo, il Bello (1478-1506)
Carlo V (1519-58)
Albero genealogico di Carlo V
29.1 L’impero di Carlo V d’Asburgo Matrimoni e politica Nell’Europa moderna, come già nel Medioevo, gli avvenimenti politici avevano uno stretto legame con le vicende dinastiche: l’idea che il potere si trasmettesse per via ereditaria all’interno delle famiglie e dei gruppi parentali rendeva estremamente importante la stipulazione di alleanze sancite da matrimoni. Queste alleanze esprimevano i rapporti di forza esistenti, ma al tempo stesso li condizionavano e li modificavano; richiedevano dunque abili strategie, che riconfiguravano di continuo la situazione. Per esempio, fu grazie all’accorta politica matrimoniale dell’imperatore Massimiliano I d’Asburgo che, nella prima metà del XVI secolo, suo nipote Carlo si trovò fra le mani un potere dalle dimensioni sbalorditive. Un’eredità enorme Re di Germania dal 1486, imperatore dal 1508 al 1519, Massimiliano I d’Asburgo sposò Maria di Borgogna, erede dei diritti sulla Borgogna, sulle Fiandre e sui Paesi Bassi. Al loro figlio, Filippo il Bello (1478-1506), fu destinata in sposa Giovanna la Pazza (1479-1555), figlia ed erede dei re di Spagna Ferdinando d’Aragona e Isabella di Castiglia. Filippo morì quando ancora non aveva compiuto 30 anni, ma dal suo matrimonio con Giovanna era nato nel 1500 Carlo, che, alla morte del nonno Massimiliano (1519), riunì nella sua persona la Corona d’Austria (con i Paesi Bassi, la Borgogna e gli Stati tedeschi, sui cui gli Asburgo esercitavano una sorta di protettorato) e la Corona di Spagna (con le colonie d’America e i domini italiani: Napoli, Sicilia, Sardegna). Il prezzo del titolo imperiale Non si era mai vista nelle mani di un solo sovrano una tale concentrazione di potere. Ciò ruppe l’equilibrio fra le nazioni d’Europa e mise in allarme specialmente la Francia, che si trovò circondata dai possessi asburgici. Perciò, quando Carlo si adoperò per completare la sua ascesa politica con il titolo di imperatore, il re di Francia Francesco I [ 23.5] tentò di sbarrargli il passo e si candidò lui stesso alla corona imperiale. A decidere lo scontro fu il denaro: Carlo comprò a carissimo prezzo il voto dei sette elettori a cui spettava la nomina dell’imperatore, avvalendosi dei prestiti dei più importanti banchieri tedeschi e italiani, soprattutto dei potenti Fugger (gli stessi che avevano riscosso le indulgenze in Germania, 27.4). In questo modo, nel 1519, cinse la corona imperiale e assunse il nome di Carlo V. Il sogno imperiale di Carlo Magno pareva rivivere nell’Europa del Cinquecento. Ma la vastità del dominio di Carlo V era ancora più spettacolare, estendendosi su due continenti, anche al di là dell’Oceano: «Sul mio impero – si dice che fosse solito affermare – non tramonta mai il Sole».
29.2 Un impero difficile da gestire Difficoltà in Spagna La stessa vastità dell’impero di Carlo V ne costituiva il limite: formato di territori assai diversi fra loro, caratterizzati da interessi diversi, spesso contrastanti, esso era estremamente difficile da gestire. Il progetto di restaurare in Europa l’autorità imperiale urtava contro numerosi ostacoli, sia interni, sia esterni. In Spagna, i Parlamenti di Castiglia e d’Aragona avevano accolto con diffidenza l’ascesa al trono dello “straniero” Carlo, che non conosceva in profondità la situazione del paese e neppure parlava la lingua spagnola. La prevalenza di personale fiammingo tra i consiglieri dell’imperatore non era ben vista e suscitò, nel 1520-22, una ribellione nelle città castigliane, che fu domata a fatica. Problemi interni in Germania In Germania, lo scoppio della Riforma luterana [ 28] mise l’imperatore di fronte a un problema gravissimo e inatteso: l’adesione di molti principi tedeschi alle idee di Lutero, fatta anche in funzione antiimperiale, per garantire una maggiore indipendenza dei loro territori rispetto alla politica accentratrice dell’imperatore. Il tentativo di Carlo V di imporre il ritorno del paese all’ortodossia cattolica provocò la nascita di un’alleanza militare dei principi protestanti, la Lega di Smalcalda [ 28.4] che, spalleggiata dal re di Francia Francesco I, dal 1531 di fatto spaccò in due il paese, scontrandosi più volte con le truppe imperiali.
OCEANO
DA
DI SCOZIA
Guerra di Carlo V contro i principi protestanti [Kunsthistorisches Museum, Vienna]
In questo altorilievo in legno è rappresentata una delle battaglie combattute tra Carlo V e i principi MARE REGNO DI SVEZIA protestanti che si erano alleati al re di Francia FranDEL cesco I. La guerra, vinta dall’imperatore, terminò Stoccolma NORD nel 1547. MOSCO VIA DI RE NO GN RV O EG IA
Il pericolo turco Se sul fronte interno i maggiori problemi erano rappresentati dalle Cortes (i Parlamenti) di Spagna e dai principi protestanti in Germania, sul fronte esterno gli ostacoli maggiori venivano – oltre che dall’ostilità del re di Francia – dalla minaccia turca nei Balcani e nel Mediterraneo. Dopo aver conquistato Costantinopoli nel 1453, infatti, i turchi ottomani nei primi decenni del XVI secolo avanzarono nella penisola balcanica peneREGNO trando nel cuore dell’Europa [ 21.3]. Guidati da Solimano I il Magnifico
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REGNO DI DANIMARCA Copenaghen REGNO D’INGHILTERRA MARE Londra Berlino MARE PAESI REGNO DI SVEZIA Varsavia DELLE ANTILLE OCEANO SACRO DEL BASSI POLONIA-LITUANIA ROMANO ATLANTICO Stoccolma Kiev Parigi REGNO NORD IMPERO MOSCO VIA DI SCOZIA Augusta REGNO FRANCIA REGNO DI Vienna DIDANIMARCA CONTEA Copenaghen Pest AUSTRIA REGNO FRANCIA Milano UNGHERIA D’INGHILTERRA REGNO DI Berlino MAR PORTOGALLO Londra STATO PAESI Genova Varsavia OCEANO Madrid SACRO Lisbona NERO BASSI PONTIFICIO POLONIA-LITUANIA ROMANO ATLANTICO REGNO Kiev Istanbul ParigiBarcellona IMPERO Roma DI REGNO SPAGNA Augusta DI REGNO FRANCIA REGNO Napoli O TT Vienna NAPOLI DI CONTEA DI SARDEGNA OM Pest AUSTRIA FRANCIA ANO Milano Atene REGNOUNGHERIA Tunisi REGNO DI DI SICILIA MAR PORTOGALLO Genova STATO MAR MEDITERRANEO Madrid Lisbona NERO PONTIFICIO REGNO Barcellona Istanbul Roma DI REGNO SPAGNA DI REGNO Napoli O NAPOLI TT DI SARDEGNA OM ANO Atene REGNO Asburgo d’Austria Tunisi DI SICILIA Asburgo di Spagna ATLANTICO
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L’impero di Carlo V
Domìni spagnoli nelle Americhe
Sacro Romano Impero Conquiste di Carlo V Confine dell’Impero nel 1560
Asburgo d’Austria Asburgo di Spagna
MAR MEDITERRANEO
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Modulo 7 Cristianità divisa (1520-66), nel 1521 essi conquistarono Belgrado, nel 1526 sconfissero il re d’Ungheria e di Boemia nella battaglia di Mohács [ 21.2] e nel 1527 assediarono Vienna. Furono respinti, ma la tensione rimase forte. Gli scontri con gli ottomani si svolsero anche per mare: nel 1538, una flotta organizzata dal papa, dall’imperatore e dai veneziani fu sconfitta dalla flotta turca nei pressi di Prevesa, nel Mar Ionio. Da allora e per oltre vent’anni i turchi avrebbero avuto il dominio incontrastato del Mediterraneo.
29.3 Le guerre italiane tra Carlo V e Francesco I La contesa per il Ducato di Milano Il contrasto con la Francia provocò lunghe guerre fra Carlo V e Francesco I, che si prolungarono per oltre trent’anni (dal 1521 al 1559) ed ebbero spesso come teatro l’Italia. Per Carlo V era particolarmente importante entrare in possesso del Ducato di Milano, attribuito con la pace di Noyon del 1516 al re di Francia [ 23.5]. Il ducato infatti comprendeva Genova e gli altri porti liguri, il cui controllo avrebbe consentito all’imperatore di mettere in comunicazione i due nuclei principali del suo dominio, quello spagnolo e quello tedesco. L’imperatore pertanto scese con le sue truppe in Lombardia. A Pavia, nel 1525, Francesco I fu gravemente sconfitto e fatto prigioniero: a capo del ducato fu posto Francesco II Sforza, come vassallo dell’imperatore. Il Sacco di Roma Nel tentativo di rifarsi, il re di Francia promosse nel 1526 un’alleanza anti-asburgica, la Lega di Cognac, a cui aderirono Firenze, Venezia, l’Inghilterra di Enrico VIII e persino lo Stato pontificio retto da Clemente VII, fino ad allora alleato imperiale. Carlo V reagì facendo scendere in Italia 14.000 mercenari tedeschi, i lanziche-
I luoghi della storia
Roma saccheggiata
Il saccheggio di Roma a opera dei lanzichenecchi, truppe mercenarie tedesche a servizio dell’imperatore Carlo V, che nel 1527 occuparono e devastarono la città per otto mesi, fu molto più di un episodio delle guerre tra Francia e Impero. L’evento, che ebbe un fortissimo impatto emotivo, fu un segno di quanto la capitale della cristianità fosse diventata in quegli anni un obiettivo particolarmente “sensibile”, oggetto di odio esacerbato, luogo di conflitti ideologici e culturali. Nei secoli, molti erano stati i nemici di Roma, così come grande era stato il suo potere, ambiguamente sospeso tra le sfere del po-
litico e del religioso. Mai come nei primi decenni del XVI secolo, però, su Roma e sul Papato si scagliarono accuse e polemiche: il clima generato dalla Riforma protestante, a sua volta prodotto dallo stato di corruzione di gran parte del clero romano e cattolico, vedeva ormai nella “città eterna” un nemico da abbattere. Fu certo un paradosso che i lanzichenecchi combattessero al servizio del “cristianessimo” Carlo V, paladino della fede cattolica, e che lui stesso – per punire il pontefice di essersi alleato con il re di Francia – li avesse inviati a occupare la città. Fedeli alla causa luterana, questi uomini vi-
[Le truppe imperiali], non avendo trovato né ordine né consiglio di difendere il Trastevere, non avuta resistenza alcuna, v’entrorono dentro; donde non trovando più difficoltà, la sera medesima a ore ventitré, entrorono per ponte Sisto nella città di Roma [...]. Entrati dentro, cominciò ciascuno a discorrere1 tumultuosamente alla preda, non avendo rispetto non solo al nome degli amici né all’autorità e degnità de’ prelati, ma eziandio a’ templi, a’ monasteri, alle reliquie onorate dal con1 Correre verso. 2 Venerate dai pellegrini provenienti da tutto il mondo.
dero nel prolungato saccheggio di Roma niente meno che il segno di una volontà divina, di cui essi stessi erano strumento. Da oltre mille anni non accadeva un fatto del genere. La memoria doveva risalire al V secolo, a quando Roma era stata presa e invasa dai Visigoti di Alarico. Allora, però, per qualche giorno soltanto, e con un rispetto sicuramente maggiore per una città di cui nessuno metteva in dubbio il prestigio e la nobiltà. Ecco come Francesco Guicciardini (14831540), pochi anni dopo, raccontò la vicenda nella sua Storia d’Italia.
corso di tutto il mondo2, e alle cose sagre. Però sarebbe impossibile non solo narrare ma quasi immaginarsi le calamità di quella città, destinata per ordine de’ cieli a somma grandezza ma eziandio a spesse direzioni3. [...] Impossibile a narrare la grandezza della preda, essendovi accumulate tante ricchezze e tante cose preziose e rare, di cortigiani e di mercatanti; ma la fece ancora maggiore la qualità e il numero grande de’ prigioni che si ebbeno a ricomperare con grossissime taglie4
3 Devastazioni. 4 Il pagamento dei riscatti (le taglie) di coloro che furono imprigionati procurò agli invasori
ricchezze ancora maggiori.
Capitolo 29 Carlo V e il sogno dell’impero universale necchi, seguaci di Lutero e acerrimi nemici della Chiesa, i quali, dopo aver vinto presso Mantova le forze della Lega uccidendone lo stesso comandante, il capitano di ventura Giovanni dalle Bande Nere (1498-1526), calarono su Roma e la saccheggiarono per otto mesi (1527). Da oltre un migliaio di anni, da quando cioè i Visigoti di Alarico, agli inizi del V secolo, avevano devastato la capitale, Roma non subiva un oltraggio simile. L’episodio colpì molto i contemporanei e fu interpretato nei paesi luterani come segno della punizione divina sulla corrotta capitale del cattolicesimo.
L’incoronazione di Carlo V Il papa Clemente VII fu costretto a chiedere la pace e accettò di incoronare, secondo l’uso medievale, Carlo V imperatore e re d’Italia ottenendo in cambio la promessa di restaurare i Medici a Firenze (da cui erano stati cacciati durante la discesa dei lanzichenecchi). La cerimonia dell’incoronazione si svolse a Bologna nel 1530, nella chiesa di San Petronio, alla presenza di delegati di quasi tutti gli Stati italiani. Da parte sua l’imperatore fece attaccare Firenze dalle sue truppe: dopo dieci mesi di assedio la città dovette arrendersi. Al governo di Firenze ritornarono i Medici, e il nipote di Clemente VII, Alessandro de’ Medici, fu nominato duca dall’imperatore (titolo che la dinastia conservò per circa due secoli). In questo modo la Signoria di Firenze si tramutò in principato. Memo
Il Sacco dei Visigoti A partire dal IV secolo diverse popolazioni (tra cui Vandali, Unni, Franchi e Visigoti) iniziarono a premere lungo i confini settentrionali e orientali dell’Impero romano.
Quando nel 395 l’impero fu diviso in due compagini, orientale e occidentale, la parte occidentale non fu più in grado di resistere alle invasioni: nel 410 i Visigoti, guidati dal loro capo Alarico, attaccarono Roma e la
assediarono per cinque mesi. Il 24 agosto entrarono in città e la saccheggiarono per tre giorni, con l’ordine di risparmiare la popolazione. L’avvenimento provocò una grande eco in tutto il mondo romano.
Morirono, tra nella battaglia e nello impeto del sacco, circa quattromila uomini. Furono saccheggiati i palazzi di tutti i cardinali, eccetto quegli palazzi che, per salvare i mercatanti che vi erano rifuggiti con le robe loro e così le persone e le robe di molti altri, feciono grossissima imposizione in denari5: e alcuni di quegli che composeno6 con gli spagnuoli furono poi o saccheggiati dai Tedeschi7 o si ebbeno a ricomporre8 con loro. [...] Sentivansi i gridi e urla miserabili delle donne romane e delle monache, condotte a torme9 da’ soldati per saziare la loro libidine […]. Tutte le cose sacre, i sacramenti e le reliquie de’ santi, delle quali erano piene tutte le chiese, spogliate de’ loro ornamenti, erano gittate per terra; aggiugnendovi la barbarie tedesca infiniti vilipendi. […] Ed era fama che, tra denari oro argento e gioie, fusse asceso il sacco10 a più di uno milione di ducati, ma che di taglie avessino cavata ancora quantità molto maggiore. F. Guicciardini, Storia d’Italia, Libro XVIII, cap. 8 5 Furono risparmiati i palazzi di coloro che pagarono un enorme riscatto. 6 Scesero a patti. 7 I lanzichenecchi.
8 O dovettero fare nuovi patti. 9 In gruppi. 10 Il bottino ammontasse.
Albrecht Dürer, San Giorgio e sant’Eustachio, 1504 [Alte Pinakothek, Monaco]
I due santi Giorgio ed Eustachio sono abbigliati alla maniera tipica dei lanzichenecchi. La grande spada, che portano al fianco, li identifica come dei dopplesolder (‘doppio soldo’), ovvero una élite di combattenti pagati il doppio degli altri, poiché utilizzavano spade lunghe due metri con le quali rompevano le picche degli schieramenti avversari.
Carlo V, accompagnato da Clemente VII, entra in Bologna per l’incoronazione, part., XVI sec.
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Modulo 7 Cristianità divisa
29.4 La rinuncia al sogno: l’abdicazione di Carlo V e la divisione dell’Impero Nuove guerre tra Francia e Impero Quando nel 1535 morì il duca di Milano Francesco II Sforza, Carlo V per cautelare i propri interessi occupò personalmente il ducato. Si riaccesero così gli scontri con il re di Francia, che ottenne la concessione della Savoia ma dovette definitivamente rinunciare a Milano. La monarchia francese continuò comunque nella sua azione di contrasto all’Impero e iniziò a intessere una serie di relazioni diplomatiche che, mirando esclusivamente al raggiungimento dei propri fini politici, portò il figlio e successore di Francesco I, Enrico II (1547-59), ad allearsi sia con i turchi musulmani (non si era mai visto prima un patto tra un re cattolico e uno musulmano contro un altro re cattolico) sia con i principi luterani tedeschi. Il sogno lungamente accarezzato da Carlo V di restaurare in Europa l’autorità imperiale, a poco a poco si rivelò irrealizzabile, soprattutto per la strenua opposizione del re di Francia. La pace di Augusta Le azioni intraprese da Francesco I prima e da Enrico II poi costrinsero Carlo V a ridimensionare i suoi progetti. Innanzitutto era stata mortificata l’ambizione di recuperare l’unità religiosa del mondo cristiano, di cui l’imperatore si sentiva responsabile: la pace di Augusta, sottoscritta nel 1555 tra Carlo V e i principi di fede luterana, sancì la divisione della Germania tra cattolici e protestanti. Questa amara conclusione della vicenda, simbolicamente decisiva rispetto alle speranze dell’imperatore, si accompagnò alla sua clamorosa decisione di abbandonare la scena politica e di rinunciare anche all’unità politica dell’Impero. Nel 1556 Carlo V abdicò e divise i suoi possessi in due parti: al figlio Filippo II (1556-98) lasciò la Corona di Spagna, con i possessi italiani (Milano, Napoli, la Sicilia, la Sardegna), i Paesi Bassi e le colonie americane. Al fratello Ferdinando I (1556-64) affidò la Corona imperiale e i domìni nell’Europa centrale (le terre ereditate dagli Asburgo d’Austria e le Corone di Boemia e Ungheria). La fine del conflitto franco-asburgico Il conflitto franco-asburgico continuò con i successori di Francesco I e di Carlo V, rispettivamente Enrico II e Filippo II, con scontri soprattutto nella Francia settentrionale. L’esercito spagnolo, guidato dal duca di Savoia Emanuele Filiberto (1528-80), sconfisse i francesi a San Quintino nell’Artois (1557). I francesi, a loro volta, ottennero un importante successo strappando agli inglesi (alleati
Aa Documenti Il «principe cristiano» nelle istruzioni di Carlo V al figlio Filippo Nel 1548, otto anni prima dell’abdicazione, l’imperatore Carlo V rivolse al figlio Filippo una specie di testamento politico in cui indicò quale doveva essere, a suo avviso, il comportamento del perfetto «principe
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cristiano», quale egli stesso lungamente sognò di essere, salvo poi scontrarsi con la realtà di un mondo cristiano diviso, lacerato al suo interno sul piano politico non meno che sul piano religioso. La di-
iglio carissimo […] Per principio e fermo fondamento del vostro buon governo, dovete sempre riconoscere che il vostro essere e il vostro bene dipendono dall’infinita benignità di Dio, alla volontà del quale dovete sottomettere desideri e azioni. Affinché Dio vi illumini e favorisca il vostro cammino, dovete avere sempre molto cara e ben presente la difesa e l’aumento della nostra santa fede cattolica, contro tutti i sospetti e colpevoli di eresie, errori e sette depravate. Questi errori dovete proibire, per tutte le vie e i modi possibili, castigando tutti i colpevoli. E poiché la cosa che Dio maggiormente raccomandò è la pace, senza la quale Egli non può essere ben servito, voi
fesa della fede cattolica e la pace, raccomandata da Dio, sono gli obiettivi del buon governo e tali istruzioni Carlo consegna al figlio, come leggiamo in questo breve ma significativo passaggio.
dovete avere continua cura e sollecitudine di evitare la guerra e di rifiutarla in ogni modo possibile; perché i regni, gli Stati e le signorie che a voi rimangono sono molto rovinati, stanchi e impoveriti dalle lunghe guerre passate, alle quali, come Dio e il mondo ben sanno, io sono sempre stato provocato, obbligato e costretto, per difendere i miei regni e conservarli. [...] Il vostro buon padre Da Augusta, 18 gennaio 1548 Io il Re Carlo V
Capitolo 29 Carlo V e il sogno dell’impero universale di Filippo II) il porto di Calais. Ma le due potenze erano ormai stanche di un conflitto che durava da quasi mezzo secolo e che aveva prosciugato le casse statali. La pace conclusiva tra Francia e Spagna fu firmata nel 1559 a Cateau-Cambrésis. Il dominio sull’Italia fu riconosciuto alla Spagna, che dominava a nord (Milano) e a sud (Napoli, Sicilia, Sardegna) ed esercitava una notevole influenza sugli altri Stati, nominalmente indipendenti. Unica a conservare realmente la sua libertà fu Venezia. Alla Francia fu riconosciuto il possesso di alcune città piemontesi, fra cui Torino, e del Marchesato di Saluzzo. La Savoia fu attribuita a Emanuele Filiberto.
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REGNO DI SCOZIA
Frans Francken, Allegoria dell’abdicazione di Carlo V, 1620 [Rijksmuseum, Amsterdam]
Questo quadro rappresenta l’abIRLANDA dicazione di Carlo V avvenuta nel D 1556, e la spartizione dell’impero REGNO tra il figlio, Filippo II (a sinistra), D’INGHILTERRA e il fratello, Ferdinando I (a destra). Sul trono campeggia l’armePAESI BASSI (araldica) OCEANO della corona d’asburgo (l’aquila bicefala con ali spiegate) Cateau-Cam ATLANTICO e ai suoi piedi giacciono, su di un IMP cuscino, i simboli dell’impero (gloROM GERM bo, scettro e spada); i continenti REGNOdi FRANCIA Europa, America, Asia eDIAfrica (in LORENA basso a destra) offrono doni menSVIZZE tre Nettuno con tridente e cavalli Milano marini (in basso a sinistra) simboAvignone leggia il predominio degli Asburgo REPUBB anche sul mare.
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REGNO DI DANIMARCA
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IMPERO RUSSO
MAR BALTICO DUCATO REGNO DI D’INGHILTERRA PRUSSIA PAESI BRANDEBURGO GRANDUCATO MAROCCO BASSI DI LITUANIA SL Cateau-Cambrésis REGNO ES IA DI IMPERO Praga A I POLONI A ROMANO BOEMIA A V GERMANICO REGNO OR RIA M DI FRANCIA LORENA UCRAINA AUSTRIA TRANSILVANIA SVIZZERA MOLDAVIA Milano CRIMEA UNGHERIA Avignone E R VALACCHIA REPUBBLICA DI GENOVA MAR NERO A BOSNIA DI Firenze BULGARIA VE NE CORSICA STATO ZI DELLA A CHIESA REGNO REGNO IMPERO DI DI SARDEGNA OTTOMANO NAPOLI
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L’Europa dopo Cateau-Cambrésis (1559)
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REGNO DI NORVEGIA REGNO DI SVEZIA
REGNO DI SICILIA MAROCCO
ALGERIA TUNISIA
MAR MEDITERRANEO
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Territori dell’Impero ottomano Domìni spagnoli Domìni degli Asburgo d’Austria Confini dell’Impero romano germanico
te do
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Modulo 7 Cristianità divisa
Sintesi
Carlo V e il sogno dell’impero universale
L’impero di Carlo V d’Asburgo Nell’Europa moderna il potere si trasmetteva ereditariamente, per cui alleanze e matrimoni si basavano su abili strategie politiche. L’imperatore Massimiliano I d’Asburgo portò avanti un’abile politica matrimoniale, grazie alla quale il nipote Carlo riunì nelle sue mani le Corone di Austria e di Spagna e i relativi possedimenti, candidandosi anche alla Corona imperiale. Questa concentrazione di poteri destò l’allarme della Francia di Francesco I, territorialmente circondata. Nel 1519 Carlo V divenne imperatore, dopo aver comprato il voto tramite prestiti di banchieri italiani e tedeschi, e il progetto imperiale sembrò riemergere in Europa. Un impero difficile da gestire L’impero di Carlo V era costituito da un insieme di territori e di interessi diversi, difficili da gestire. Vi erano ostacoli interni: in Spagna vi era diffidenza e malcontento verso Carlo, anche da parte delle Cortes (Parlamenti), e si arrivò anche a delle rivolte, poi sedate;
in Germania molti principi tedeschi avevano aderito alla Riforma, ostacolando il progetto dell’imperatore di un ritorno al cattolicesimo. Ma gli ostacoli erano anche esterni: oltre agli scontri con la Francia, vi era l’espansione nei Balcani dei turchi, che assediarono Vienna (1527), furono respinti ma ottennero una posizione di predominio sul Mediterraneo. Le guerre italiane tra Carlo V e Francesco I Il contrasto tra Francia e Impero sfociò in una serie di guerre (1521-59) svoltesi in Italia. Carlo V aveva mire su Milano, in quanto interessato ai porti liguri per avvicinare le due parti del suo regno. Nel 1525 i francesi furono sconfitti e Francesco II Sforza, vassallo imperiale, divenne duca di Milano. La Francia allora promosse la Lega di Cognac per contrastare Carlo, che reagì inviando in Italia i lanzichenecchi, truppe mercenarie di fede luterana, che sconfissero l’alleanza nemica e saccheggiarono Roma (1527). Il papa Clemente VII chiese la pace: Carlo V fu inco-
ronato imperatore dal papa a Bologna e in cambio riportò i Medici al governo di Firenze, che da signoria si trasformò in principato. La rinuncia al sogno: l’abdicazione di Carlo V e la divisione dell’Impero Alla morte del duca, Carlo occupò direttamente Milano, riaccendendo gli scontri con la Francia, che proseguì la sua azione di contrasto all’Impero con il re Enrico II (1547-59), arrivando ad allearsi con i turchi musulmani e i principi tedeschi luterani. Fu evidente l’impossibilità di ricostituire un impero cristiano nel cuore dell’Europa: nel 1555 la pace di Augusta sancì la divisione della Germania tra cattolici e protestanti; nel 1556 Carlo V abdicò e divise in due parti l’impero tra il figlio Filippo II (Spagna, domìni italiani, Paesi Bassi, colonie americane) e il fratello Ferdinando I (domìni asburgici, Boemia, Ungheria). L’accordo di pace definitivo sanciva il dominio spagnolo in Italia (Cateau-Cambrésis, 1559).
Esercizi Comprendere e ordinare 1. Nelle frasi seguenti, segna il giusto completamento. a. Il progetto politico di Carlo V consisteva: nel ricreare in Europa un impero cattolico. nel riunire cattolici e protestanti sotto l’autorità imperiale. nell’unificare l’Italia e riunirla all’Impero. nell’idea di un’alleanza cattolica tra Francia e Impero. b. La Lega di Cognac era: un’alleanza tra Francia, Spagna, Inghilterra e Firenze. un’alleanza tra Francia, Inghilterra, Venezia e Milano. un’alleanza tra Francia, Inghilterra, Firenze, Venezia, Stato pontificio. un’alleanza tra Francia, Firenze, Venezia, Stato pontificio. c. Dopo l’incoronazione imperiale ricevuta dal papa, Carlo V si impegnò: a restituire alla Francia il Marchesato di Saluzzo. a formare un’alleanza militare in funzione antiturca. a liberare Roma dall’occupazione dei lanzichenecchi. a riportare i Medici al governo di Firenze. d. Il re di Francia Enrico II per contrastare Carlo V si alleò: con l’Inghilterra e una coalizione di Stati italiani. con i principi protestanti tedeschi e l’Inghilterra.
con i principi protestanti tedeschi e i turchi. con lo Stato pontificio e l’Inghilterra. e. La pace di Augusta sancì: la prevalenza dei protestanti sui cattolici in Germania. la rinascita di un impero cattolico in Germania. la divisione della Germania tra cattolici e protestanti. la divisione dei territori imperiali tra cattolici e protestanti. f. Le guerre in Italia tra Francia e Impero furono originate dalla volontà: del re di Francia Francesco I di controllare Milano. dell’imperatore Carlo V di controllare Milano. del re di Francia Enrico II di controllare Milano. dell’imperatore Massimiliano I di controllare Milano. g. I turchi nella loro espansione giunsero ad assediare: Vienna. Belgrado.
Firenze. Praga.
h. La pace di Cateau-Cambrésis sancì: il dominio francese sull’Italia. il dominio spagnolo sull’Italia. il dominio austriaco sull’Italia. il dominio tedesco sull’Italia.
Capitolo 29 Carlo V e il sogno dell’impero universale
2. Colloca sulla linea del tempo gli eventi elencati in ordine sparso. 1453
1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8. 9. 10. 11.
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1556
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Massimiliano I d’Asburgo è nominato imperatore pace di Cateau-Cambrésis conquista turca di Costantinopoli battaglia navale di Prevesa Lega di Cognac Carlo V occupa il Ducato di Milano pace di Augusta Francesco II Sforza diventa duca di Milano abdicazione di Carlo V e divisione dell’impero sacco di Roma Carlo V viene nominato imperatore
3. Indica sulla cartina le diverse acquisizioni territoriali legate alla politica matrimoniale di Massimiliano I Asburgo, indicando con colori diversi i territori appartenenti in origine a: Massimiliano I d’Asburgo, Maria di Borgogna, Giovanna la Pazza. LA POLITICA MATRIMONIALE DI MASSIMILIANO I ASBURGO
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Modulo 7 Cristianità divisa
4. Completa la seguente mappa concettuale, inserendo le informazioni mancanti. assedio • Castiglia • dominio • esterni • Germania • interni • malcontento • mare • principi • riforma • rivolta • Spagna • turca • Vienna GLI OSTACOLI AL PROGETTO IMPERIALE DI CARLO V Ostacoli al progetto imperiale di Carlo V
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Minaccia .................................
Cortes: .....................................
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Analizzare e produrre 5. Completa la seguente tabella. LE GUERRE ITALIANE DI CARLO V QUANDO
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1530
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EPISODI SALIENTI
AVVERSARI
CONSEGUENZE
6. Leggi il documento a p. 334 “Il «principe cristiano» nelle istruzioni di Carlo V al figlio Filippo” e rispondi alle seguenti domande. 1. Quale deve essere il fondamento del buon governo? 2. In materia religiosa, cosa deve essere proibito dal re? Che cosa deve essere favorito? 3. Quali suggerimenti vengono dati circa la guerra? 4. Come giustifica Carlo V le guerre da lui condotte?
Rispondi alle seguenti domande. 1. 2. 3. 4. 5.
Su quali territori si estendevano i domìni di Carlo V? Quale era il suo progetto politico? Come riuscì a essere eletto imperatore? Quali ostacoli incontrò? Come li affrontò? Quale fu l’esito finale del suo disegno?
Sulla base delle informazioni così raccolte scrivi un testo di almeno 15 righe dal titolo “Carlo V: il sogno imperiale nell’Europa cinquecentesca”.
Modulo 7 Cristianità divisa
30 Riforma cattolica
Capitolo
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e Controriforma
Percorso breve Di fronte alla diffusione del protestantesimo, la Chiesa cattolica sviluppò tutte le sue energie di rinnovamento interno, detto da alcuni “Riforma cattolica”. Per rafforzare la moralità e la disciplina del clero furono istituiti i seminari; ai vescovi e ai parroci si fece obbligo di risiedere nelle diocesi e nelle parrocchie; furono creati nuovi ordini religiosi, specializzati nelle attività di predicazione, di istruzione, di assistenza e carità. Particolare importanza ebbe la compagnia di Gesù, fondata da Ignazio di Loyola nel 1534. Il moto di rinnovamento culminò nel concilio di Trento (1545-63). Sul piano dottrinale furono riaffermati i princìpi fondamentali della fede cattolica, enunciati nella cosiddetta “professione tridentina”. Alla salvezza per fede, sostenuta da Lutero, fu opposta la necessità delle opere. Al principio del “libero esame” della Bibbia fu opposta la necessità dell’interpretazione data dalla Chiesa. I sette sacramenti furono confermati, e così pure il culto dei santi e della Vergine. Nella liturgia si confermò l’uso del latino. Un rigido controllo ecclesiastico investì, nei paesi cattolici, la morale pubblica e privata, anche nel campo artistico. Modello esemplare della rinnovata spiritualità fu l’arcivescovo di Milano Carlo Borromeo, impegnato sia sul piano dottrinale (a lui si deve la redazione di un catechismo per l’insegnamento della fede) sia sul piano sociale (assistenza ai poveri e agli infermi durante la peste del 1576). Parallelamente a tutto ciò la Chiesa cattolica attivò una strategia di lotta per arrestare il diffondersi del protestantesimo (azione che gli avversari chiamarono “Controriforma”). Il tribunale dell’Inquisizione fu rinnovato; si istituì la Congregazione dell’Indice, incaricata di compi-
Pasquale Cati, Il concilio di Trento, 1589 [Chiesa di Santa Maria in Trastevere, Roma]
lare l’elenco dei libri proibiti perché giudicati immorali o eretici. La Chiesa cattolica riuscì inoltre a estendere la propria azione nei paesi extraeuropei per opera dei missionari, specialmente nel continente americano.
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Modulo 7 Cristianità divisa Sebastiano Ricci, Paolo III prepara il concilio di Trento, 1687-88 [Museo Civico, Piacenza]
In questo dipinto Paolo III Farnese, ispirato dalla personificazione della Fede, convoca il concilio di Trento. Il concilio si aprì nel 1545, dopo ripetuti rinvii, ma i protestanti non vi parteciparono.
30.1 Una Chiesa da rinnovare La Riforma cattolica Di fronte al diffondersi della Riforma protestante la Chiesa cattolica impegnò tutte le sue energie, seguendo due vie differenti: quella del rinnovamento interno, chiamato da alcuni Riforma cattolica, e quella della lotta contro il protestantesimo, chiamata Controriforma. La prima definizione fu proposta negli ambienti cattolici, che opponevano una riforma “vera”, da attuare nel mondo cattolico, a quella “falsa” operata dai protestanti (anche se, ovviamente, nella polemica protestante i due giudizi si invertivano). La seconda definizione, coniata nel XVIII secolo in ambito tedesco, nacque con un carattere negativo, per sottolineare solo l’aspetto repressivo della reazione cattolica, fatta “contro” un movimento che si era sviluppato al di fuori di essa. L’autocritica della Chiesa «Noi sappiamo bene – scrisse papa Adriano VI (1522-23) – che molte indegnità sono avvenute, abusi nelle cose ecclesiastiche, eccessi. Noi tutti, prelati ed ecclesiastici, ci siamo allontanati dalla giusta via. Perciò dobbiamo umiliarci davanti a Dio e diventare migliori». Papa Paolo III Farnese (1534-49) nominò nel 1537 un’apposita commissione, composta di eminenti personalità ecclesiastiche, incaricata di analizzare i motivi della crisi e di proporre adeguate soluzioni. Il testo elaborato da questa commissione, intitolato Consilium de emendanda ecclesia (ossia ‘Consiglio su come correggere la Chiesa’), fece varie proposte per ristabilire la disciplina e la moralità del clero, per assicurare alla Chiesa sacerdoti degni del loro ministero. In particolare fu biasimata «la cattiva abitudine di vescovi e curati di stare lontani dalle loro chiese e parrocchie; se non per qualche grave motivo, essi vi devono risiedere, soprattutto i vescovi, e anche i curati». Era tuttavia evidente che non ci si trovava di fronte solamente a questioni disciplinari: Lutero aveva messo in discussione la stessa organizzazione della Chiesa, negato il ruolo di guida dei vescovi, il valore dei sacramenti, la dottrina della fede. Il concilio universale Di fronte a tutto ciò pareva necessario riaffermare i fondamenti del credo cattolico, e fu lo stesso Paolo III a lanciare, nel 1542, l’idea di un concilio ecumenico (cioè “universale”), una riunione plenaria di tutti i vescovi che considerasse nel loro insieme i molteplici problemi della Chiesa, che, palesemente, richiedeva di essere rinnovata. Si arrivò in questo modo al concilio di Trento, aperto nel 1545 da papa Paolo III e durato, con varie e prolungate interruzioni, fino al 1563, anno in cui fu chiuso da papa
Capitolo 30 Riforma cattolica e Controriforma Pio IV Medici (1559-65). La scelta di Trento come sede del concilio non fu casuale: la città, culturalmente italiana ma appartenente politicamente all’Impero, era situata in una regione di confine tra paesi di tradizione latina e di tradizione germanica, tra mondo cattolico e mondo protestante, e sembrava la più adatta, sul piano simbolico, per ospitare un consesso teoricamente destinato a ricostituire l’unità della Chiesa cristiana. Ciò che poi effettivamente non riuscì.
30.2 Il concilio di Trento, una riconciliazione mancata Disposizioni disciplinari Il concilio tentò invano di trovare un accordo con i cristiani separati e dissidenti. Poiché i protestanti decisero (dopo varie discussioni) di non prendervi parte, esso di fatto diventò un’assemblea interna al mondo cattolico, che operò sia per la riforma interna della Chiesa, sia per combattere l’estendersi del protestantesimo. Sul piano disciplinare, innanzitutto il concilio affermò il principio che i sacerdoti avevano l’obbligo della residenza. Da un lato ciò serviva a riavvicinare la Chiesa ai fedeli, dall’altro ad abolire il cumulo delle cariche e dei benefici ecclesiastici, che aveva favorito la corruzione e la compravendita dei titoli. Inoltre fu ribadito, per i sacerdoti, l’obbligo del celibato. Ai vescovi fu imposto di effettuare periodici controlli (le cosiddette visite pastorali) nella diocesi di loro competenza, per verificare il comportamento dei fedeli e dei sacerdoti. Catechismo e seminari Per insegnare la dottrina a tutti fedeli in maniera uniforme fu istituita la pratica del catechismo. Una commissione presieduta dall’arcivescovo di Milano Carlo Borromeo (1538-1584) redasse un manuale che fu stampato nel 1566 per essere distribuito a tutti i sacerdoti. Una significativa innovazione fu l’istituzione dei seminari, collegi appositamente destinati a formare i giovani avviati alla carriera ecclesiastica, a elevarne il livello culturale e la personalità morale. «Affinché siano più agevolmente allevati nella disciplina ecclesiastica – stabilì il concilio nel 1563 – i giovani porteranno subito la tonsura e l’abito clericale, apprenderanno la grammatica, il canto, il computo delle feste ecclesiastiche e ogni altra utile conoscenza; studieranno la Sacra Scrittura, le opere di scienza ecclesiastica, le omelie dei santi, tutto ciò che sembrerà opportuno per amministrare i sacramenti, per intendere le regole dei riti e delle cerimonie». Riservati a ragazzi di almeno dodici anni, i seminari avrebbero ospitato gratuitamente i figli dei poveri, «senza però escludere quelli dei ricchi, a condizione che si mantengano a proprie spese». Disposizioni dottrinali Sul piano dottrinale il concilio riaffermò i princìpi fondamentali della fede cattolica, in un documento, detto Professione di fede tridentina, che confutava punto per punto le idee protestanti [ 28.2]: ■ al “libero esame” della Bibbia, sostenuto da Lutero, si contrappose l’interpretazione data alle Sacre Scritture dalla Chiesa; ■ di fronte alla teoria della salvezza ottenuta attraverso la sola fede, caposaldo della dottrina protestante e della polemica contro le “opere”, venne riaffermata la necessità di queste ultime per il raggiungimento della salvezza; ■ furono riconfermati i sette sacramenti, la maggior parte dei quali cancellati dalla liturgia luterana; ■ si ribadì il culto della Vergine e dei santi, abolito dai protestanti; ■ si ribadì l’uso del latino nella liturgia.
Antonio e Giulio Campi, Carlo Borromeo istituisce i corsi di dottrina cristiana, XVI sec. [Chiesa di San Francesco da Paola, Milano]
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Modulo 7 Cristianità divisa
I modi della storia
Come la Riforma cattolica influenzò le arti
Il concilio di Trento inaugurò un’epoca di rigido controllo ecclesiastico sulla morale pubblica e privata. Tale controllo coinvolse anche le immagini d’arte, a cui si attribuiva allora, come già nel Medioevo, una grande importanza per l’edificazione dei fedeli. Accadde pertanto che molte opere rinascimentali, in cui gli artisti avevano espresso, pur con soggetti religiosi, la fisicità e la nudità del corpo umano, furono giudicate scandalose e inaccettabili: per esempio, il pontefice ordinò che il “Giudizio universale”
affrescato da Michelangelo Buonarroti (1475-1564) nella cappella Sistina a Roma fosse riveduto e corretto per nascondere «tanti ignudi e le loro vergogne». Nel 1564 di tale revisione fu incaricato il pittore Daniele da Volterra (1509-1566), che coprì i nudi di Michelangelo con decine di veli e di mutande (popolarmente dette braghe). Per questo si guadagnò l’ironico appellativo di “Braghettone”. Nel 1994 il restauro della cappella Sistina ha ripulito in parte gli affreschi di Michelangelo da tali “correzioni”.
Molta attenzione si prestò alla musica, sia pure in forme diverse da quelle promosse da Lutero, che aveva incoraggiato soprattutto la musica “corale”, derivata dalla tradizione popolare e praticabile all’unisono da tutti i fedeli. Anche in ambito cattolico si sollecitò la diffusione del canto corale, ma in generale prevalsero forme più elaborate e complesse, grandiose e raffinate polifonie (composizioni a più voci) destinate a essere ammirate più che imitate e ripetute. In Italia, la musica sacra in quel tempo fu portata a grande altezza da uno straordinario artista, Pierluigi da Palestrina (1524-1594). Si sviluppò inoltre una forma musicale di tipo teatrale, detta “oratorio”, che rappresentava soggetti di natura religiosa mettendo in scena un narratore e diversi personaggi.
Michelangelo Buonarroti, Giudizio universale, part., XVI sec. [Cappella Sistina, Palazzo Vaticano, Città del Vaticano]
Michelangelo Buonarroti, Giudizio universale, XVI sec. [Cappella Sistina, Palazzo Vaticano, Città del Vaticano]
Nel caso di santa Caterina d’Alessandria e san Biagio, Daniele da Volterra distrusse le due figure e le rifece da capo, rivestendo la santa di una lunga tunica e facendo volgere lo sguardo del santo verso Dio.
Capitolo 30 Riforma cattolica e Controriforma
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30.3 Nuovi ordini religiosi Aiutare, assistere, istruire Il movimento di riforma della Chiesa cattolica, sollecitato dal concilio di Trento, trovò sostegno in nuovi ordini religiosi, che vissero la fede in forma operosa, dedicandosi ad attività di carattere sociale quali l’assistenza e l’istruzione. All’assistenza dei poveri si dedicarono in modo particolare i cappuccini, ispirandosi ai modelli di povertà e di carità della tradizione francescana; all’assistenza degli infermi si indirizzarono i fatebenefratelli; alla predicazione e all’istruzione si dedicarono i teatini, i barnabiti, gli scolopi, iMünster somaschi. Tra le congregazioni femminili si segnalarono le orsoline, fondatrici di numerose scuole per fanciulle. Colonia Praticare e popolari fu anche l’obiettivo degli oratoriani o Bruxelles OCEANOla fede in modi semplici Praga Bonn ATLANTICO filippini, fondati dal fiorentino Filippo Neri (1515-1595), i quali, fra l’altro, diedero Reims nuovo impulso alla musica come espressione di spiritualità. Vienna
Monaco
Parigi
I gesuiti Fra i nuovi ordini religiosi ebbe particolare sviluppo la compagnia di Gesù Innsbruck fondata nel 1534 dallo spagnolo Ignazio di Loyola (1491-1556). Costituito da persone di grande cultura e preparazione, questo ordine si distingueva per la sua struttura miliLione Venezia tare, basata sull’obbedienza assoluta ai superioriMilano e, sopra di essi, al papa. I gesuiti (come Bologna si chiamarono gli appartenenti alla compagnia) si dedicarono in particolare all’istruAvignone Tolosa zione e in questo campo ottennero i maggiori successi. Sull’esempio del collegio da Dubrovnik essi fondato aValladolid Roma nel 1551, tutta l’Europa in poco Roma tempo vide sorgere istituti scolastici e università legate all’ordine, dei metodi Barcellona scuole che si affermarono per l’efficienza Bari e la preparazioneMadrid dei docenti, tanto da essere frequentate anche da allievi provenienti Napoli daLisbona famiglie Toledo protestanti. Attraverso la scuola, i gesuiti estesero la loro influenza presso le classi dominanti e contribuirono in maniera significativa al consolidamento del catSiviglia tolicesimo. Palermo Modello esemplare della rinnovata spiritualità fu Carlo Borromeo, arcivescovo di MAR MEDITERRANEO Milano, impegnato sia sul piano dottrinale (a lui, come abbiamo visto, spettò un ruolo importante nell’elaborazione del nuovo catechismo) sia sul piano sociale: durante la peste del 1576 fu in prima linea nell’assistenza agli infermi della sua città.
154 1550-15 1587-1556 1-1 80 615
La diffusione dei gesuiti
Collegio Residenza Stazione
Münster Colonia Bruxelles Bonn
OCEANO ATLANTICO
Praga
Reims Vienna
Monaco
Parigi
Innsbruck Lione Tolosa
Avignone
Milano Venezia Bologna
Valladolid
Roma
Barcellona
Bari
Madrid Lisbona
Dubrovnik
Napoli
Toledo
Siviglia
Palermo MAR MEDITERRANEO
Juan de Valdés Leal, Ignazio di Loyola riceve la bolla dell’ordine dei gesuiti da papa Paolo III, XVII sec. [Museo de Bellas Artes, Siviglia]
Ignazio di Loyola, rappresentato in questo dipinto inginocchiato dinnanzi al pontefice Paolo III mentre riceve la bolla dell’ordine, fu uno dei più attivi riformatori della Chiesa cattolica. A lui si deve la creazione dell’ordine dei gesuiti.
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Modulo 7 Cristianità divisa
30.4 Attività missionaria all’estero. Attività repressiva in Europa Evangelizzare e convertire Attraverso queste molteplici azioni, la Chiesa cattolica riuscì non solo a far fronte alla Riforma protestante, ma anche a riguadagnare posizioni perdute (fu il caso della Polonia e dell’Austria). Inoltre essa estese la sua azione nei paesi extraeuropei, per opera dei missionari, soprattutto domenicani, francescani e gesuiti, particolarmente impegnati nel continente americano, dove le popolazioni indigene trovarono spesso negli ordini religiosi una protezione dallo sfruttamento dei conquistatori spagnoli e portoghesi.
Il padre gesuita Matteo Ricci con un convertito cinese, 1667 [da China Illustrata di Athanasius Kircher; Biblioteca della Compagnia di Gesù, Roma]
Gesuiti in America meridionale e in Asia In America Latina, nelle regioni dell’odierno Paraguay, i gesuiti crearono (a cominciare dal 1609) una singolare organizzazione a base comunitaria e religiosa, nella quale trovarono vita stabile le tribù nomadi dei “guaranì”. Mentre altrove gli indigeni erano sottoposti al potere dei proprietari terrieri e spesso vivevano in condizioni di schiavitù, in queste comunità (dette riduzioni, ossia luoghi in cui si “riconducevano” gli indigeni alla “vita civile” e alla “vera fede”) essi erano assoggettati direttamente alla Corona spagnola e si autogestivano sul piano economico. La schiavitù era bandita, la terra era lavorata collettivamente, il ricavato era distribuito fra gli abitanti del villaggio. Anche l’Asia fu visitata dai gesuiti, in particolare da Francesco Saverio e Matteo Ricci. Tuttavia quel continente, dove le tradizioni religiose erano profondamente strutturate nella vita sociale, si mostrò difficilmente penetrabile al cristianesimo.
Le vie della cittadinanza
«
Libertà di stampa
Mettere all’indice» è un’espressione che si usa ancora oggi per dire che qualcuno, o qualcosa, è stato proibito e condannato al silenzio. Il termine nasce dalla Congregazione dell’Indice, istituita dal concilio di Trento per identificare i libri che, ritenuti contrari alla retta morale cristiana, venivano tolti dalla circolazione o, in qualche caso, distrutti. È questo un classico esempio di censura sulla stampa, una pratica che non solo la Chiesa, ma anche molti Stati perseguivano regolarmente, allo scopo di controllare le idee in circolazione e di esercitare, perciò, uno stretto dominio sulla popolazione. Ancora nella nostra epoca forme più o meno pesanti di censura sono diffuse in molti paesi: oggi il controllo riguarda non più solo i giornali e la carta stampata, ma anche la diffusione delle notizie su Internet, che i regimi autoritari in qualche caso cercano di impedire (con risultati, a dire il vero, piuttosto scarsi). La conquista della libertà di stampa, cioè di comunicare agli altri le proprie idee, è un ovvio corollario della libertà di pensiero e di opinione ed è stata uno dei punti fermi delle battaglie liberali di età moderna, in alcuni casi già a cominciare dal
Frontespizio dei libri proibiti, 1564 L’elenco dei libri proibiti fu uno dei metodi repressivi che la Chiesa cattolica utilizzò per attuare la Controriforma.
345 In Europa contro gli eretici, i dissidenti, i libri “sospetti” Oltre a riformare e a rafforzare le strutture della Chiesa, il concilio di Trento avviò un’opera sistematica di lotta agli avversari religiosi e di repressione delle voci dissenzienti. Allo scopo di arrestare la diffusione del protestantesimo e di individuare e colpire i dissidenti fu rinnovato il tribunale dell’Inquisizione, istituito più di tre secoli prima da Innocenzo III per combattere gli eretici [ 13.2]. Inoltre si istituì la Congregazione dell’Indice, una commissione che compilava l’elenco dei libri proibiti, perché giudicati immorali o non conformi ai principi della fede. L’intransigenza di questi organi repressivi portò a processi clamorosi, come quello contro il fisico e matematico Galileo Galilei (1564-1642), condannato per le sue teorie astronomiche ritenute incompatibili con la dottrina della Chiesa, e quello contro il frate domenicano Giordano Bruno (1548-1600), arso sul rogo con l’accusa di eresia per le sue critiche ad alcuni aspetti della fede cattolica e per avere sostenuto la necessità di riaprire il dialogo con i protestanti [ 31.2].
Pedro Berruguete, Autodafé, part., seconda metà XV sec. [Museo National El Prado, Madrid]
Prima di essere avviati al rogo, gli eretici venivano sottoposti a una serie di terribili torture che potevano protrarsi molto a lungo. La sentenza veniava emessa durante delle cerimonie chiamate in Spagna “autodafé”, ossia ‘atto di fede’.
XVII-XVIII secolo (soprattutto in Inghilterra) e in modo più generale nel XIX secolo. Tale libertà è sancita dalla maggior parte degli ordinamenti legislativi dell’età contemporanea, per esempio nella Costituzione italiana entrata in vigore il 1° gennaio 1948, che all’articolo 21 afferma: «Tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto e ogni altro mezzo di diffusione». In particolare, prosegue, «la stampa non può essere soggetta ad autorizzazioni o censure». Unica eccezione «le pubblicazioni a stampa contrarie al buon costume», che, al pari degli spettacoli e di ogni altra manifestazione, possono essere proibite, fermo restando che il concetto di «buon costume» si modifica nel tempo e deve essere ogni volta valutato nello specifico contesto di riferimento. In modo analogo, l’articolo 19 della Dichiarazione dei diritti dell’uomo (emanata dall’ONU nel 1948) proclama che «ogni individuo ha diritto alla libertà di opinione e di espressione, incluso il diritto di non essere molestato per la propria opinione e quello di cercare, ricevere e diffondere informazioni e idee attraverso ogni mezzo e senza riguardo a frontiere».
Stampa satirica inglese, 1819 In Inghilterra i diritti civili furono sempre oggetto di attenzione e di polemica: questa caricatura ottocentesca intende sottolineare l’importanza della libertà di parola, fra i princìpi fondamentali della Costituzione britannica.
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Modulo 7 Cristianità divisa
Sintesi
Riforma cattolica e Controriforma
Una Chiesa da rinnovare La diffusione della Riforma innescò la risposta della Chiesa cattolica, che si impegnò per il rinnovamento interno (Riforma cattolica) e per la lotta contro il protestantesimo (Controriforma). Il papa Paolo III Farnese (1534-49) nominò una commissione di personalità ecclesiastiche che formulò proposte per migliorare disciplina e moralità del clero; poi, per riaffermare la dottrina cattolica, fu convocato un concilio ecumenico a Trento, che si aprì nel 1545 e si concluse nel 1563. La scelta della città, appartenente all’Impero, sul piano simbolico stava a indicare la volontà di ricostituire l’unità della Chiesa. Il concilio di Trento, una riconciliazione mancata Al concilio, che fu un’assemblea interna al mondo cattolico, non parteciparono i protestanti. Gli scopi del concilio furono la riforma interna e la lotta all’estensione del protestantesimo.
Sul piano disciplinare furono sanciti gli obblighi di celibato e di residenza nella diocesi per i sacerdoti, vennero introdotti il catechismo e i seminari, fu affermata la necessità del controllo del vescovo sulla diocesi. Infine, fu riaffermata la dottrina cattolica: validità del sacerdozio, sacramenti e culto dei Santi, necessità delle opere per ottenere la salvezza. Nuovi ordini religiosi Il movimento per la riforma della Chiesa vide la nascita di numerosi ordini religiosi, finalizzati allo svolgimento di attività a carattere sociale, l’assistenza (cappuccini, fatebenefratelli) e l’istruzione (barnabiti, scolopi, somaschi, teatini, orsoline). Particolare sviluppo ebbe la Compagnia di Gesù, fondata nel 1534 da Ignazio di Loyola, che si caratterizzava per il vincolo di obbedienza assoluta ai superiori e per l’impegno nel campo dell’istruzione: collegi e scuole gesuite ebbero una notevole diffusione, per l’efficienza dei metodi e
la preparazione dei docenti, e dettero un contributo rilevante al consolidamento del cattolicesimo. Attività missionaria all’estero. Attività repressiva in Europa In questo modo la Chiesa cattolica riuscì a frenare l’espansione della Riforma, estendendo il campo di azione ai paesi extraeuropei mediante l’attività dei missionari: nel continente americano le popolazioni indigene videro in essi una protezione dallo sfruttamento dei conquistatori. In America Latina (Paraguay), i gesuiti crearono le riduzioni, delle comunità di indigeni dipendenti dal re ed economicamente autogestite. Furono poi istituiti organismi per la repressione del dissenso religioso, come il tribunale dell’Inquisizione e la congregazione dell’Indice, e si ebbero processi clamorosi, come quello a Galileo, le cui teorie furono condannate, o a Giordano Bruno, arso sul rogo come eretico.
Esercizi Comprendere e ordinare 1. Associa alle seguenti parole chiave il significato corretto. catechismo • celibato • concilio ecumenico • congregazione dell’Indice • polifonia • missionario • riduzioni • seminari • autodafé • visite pastorali Commissione che compilava l’Indice dei libri proibiti Controlli periodici dei vescovi all’interno della loro diocesi Condizione sociale dell’uomo non sposato Sacerdote che diffonde la fede in territori non cristiani Insegnamento dei princìpi della dottrina cristiana Comunità di indigeni organizzate dai gesuiti Riunione di tutti i vescovi del mondo cristiano Collegi in cui si formano i giovani avviati alla carriera ecclesiastica Composizione musicale a più voci Cerimonia in cui veniva pronunciata la condanna contro gli “eretici”
Capitolo 30 Riforma cattolica e Controriforma
2. Colloca sulla linea del tempo gli eventi elencati in ordine sparso. 1534
1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8.
1537
1542
1545
1551
1563
1566
1609
chiusura del concilio di Trento fondazione dell’ordine religioso dei gesuiti stampa del manuale di catechismo redatto da Carlo Borromeo Paolo III lancia l’idea di un concilio ecumenico che considerasse i problemi della Chiesa apertura del concilio di Trento Paolo III nomina una commissione ecclesiastica per proporre soluzioni alla crisi i gesuiti iniziano a organizzare le riduzioni fondazione del collegio gesuita di Roma
3. Indica se le seguenti affermazioni sono vere o false. a. La Compagnia di Gesù si distingueva per una struttura di tipo militare.
V
F
g. La Professione di fede tridentina mirava a confutare le idee dei protestanti.
V
F
b. Il termine “Controriforma” fu coniato nel XVIII secolo in ambiente tedesco.
V
F
h. I nuovi ordini religiosi erano impegnati soprattutto nell’assistenza a poveri e infermi.
V
F
c. L’azione dei missionari ottenne notevoli successi sia in America sia in Asia.
V
F
d. Il tribunale dell’Inquisizione fu istituito dal concilio di Trento per combattere i protestanti.
i. Il catechismo fu introdotto per formare i giovani che si avviavano alla carriera ecclesiastica.
V
F
V
F
l. La scelta di Trento rappresentava simbolicamente l’aspirazione a ricreare l’unità cristiana.
V
F
V
F
V
F
e. La Professione di fede tridentina conteneva proposte per ristabilire disciplina e moralità del clero.
V
F
m. In America gli indigeni videro nei missionari una difesa contro lo sfruttamento dei conquistatori.
f. I seminari furono introdotti in seguito al concilio di Trento.
V
F
n. In Asia le opere missionarie non ebbero molta fortuna.
4. Completa la seguente tabella inserendo le informazioni mancanti. battesimo • Bibbia • Chiesa • cresima • confessione • esame • eucaristia • fede • interpretazione • latino • matrimonio • opere • sacerdozio • tedesco DOTTRINA CATTOLICA E DOTTRINA LUTERANA
TESTO SACRO
CATTOLICI
LUTERANI
...................................................................................
Libero .................................................................... della .......................................................................
ufficiale data dalla .......................................... SALVEZZA DELL’UOMO
Mediante .............................................................. e ...............................................................................
Mediante ..............................................................
SACRAMENTI
...................................................................................
....................................................................................
...................................................................................
....................................................................................
...................................................................................
....................................................................................
estrema unzione, .............................................
....................................................................................
...................................................................................
....................................................................................
CULTO DEI SANTI
Ammesso
Non ammesso
LINGUA USATA NEL CULTO
...................................................................................
....................................................................................
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348
Modulo 7 Cristianità divisa
Analizzare e produrre 5. Rispondi alle seguenti domande e utilizza le informazioni così ottenute per completare la tabella. 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8.
Quali obblighi disciplinari vennero stabiliti dal concilio di Trento? Quali innovazioni furono disposte in materia di insegnamento della dottrina? Che cosa veniva curato particolarmente nella formazione dei giovani avviati al sacerdozio? Che cosa era la Professione di fede tridentina? Quali princìpi dottrinari furono approvati dal concilio di Trento? Quali ordini religiosi si svilupparono? Con quali compiti? Con quali risultati? Da quali ordini religiosi fu curato l’insegnamento? In che modo? Che cosa fu stabilito per limitare l’espansione del protestantesimo?
DISCIPLINA E ORGANIZZAZIONE
...................................................................................................................................................................................................................................... ...................................................................................................................................................................................................................................... ......................................................................................................................................................................................................................................
DOTTRINA
...................................................................................................................................................................................................................................... ...................................................................................................................................................................................................................................... ......................................................................................................................................................................................................................................
INSEGNAMENTO E FORMAZIONE
...................................................................................................................................................................................................................................... ...................................................................................................................................................................................................................................... ......................................................................................................................................................................................................................................
ESPANSIONE
...................................................................................................................................................................................................................................... ...................................................................................................................................................................................................................................... ......................................................................................................................................................................................................................................
REPRESSIONE
...................................................................................................................................................................................................................................... ...................................................................................................................................................................................................................................... ......................................................................................................................................................................................................................................
6. Rispondi alle seguenti domande. 1. Da chi fu utilizzato il termine “Riforma cattolica”? Che cosa intendeva evidenziare? 2. Da chi fu utilizzato il termine “Controriforma”? Che cosa intendeva evidenziare? 3. Quali accuse venivano mosse dai cattolici ai protestanti? 4. Quali accuse venivano mosse dai protestanti ai cattolici? 5. In che modo la Chiesa cattolica tentò di arginare l’espansione protestante? Con quali risultati? 6. Quali organi furono creati per reprimere il dissenso religioso? Scrivi ora un testo di almeno 12-15 righe dal titolo: “Il concilio di Trento: Riforma cattolica o Controriforma?”.
Modulo 7 Cristianità divisa
31 Intolleranza
Capitolo
349
e guerre di religione
Percorso breve La pace di Augusta, nel 1555, pose fine alle guerre di religione in Germania e sancì la legittimità della fede protestante (prevalentemente luterana) accanto a quella cattolica. In Francia, invece, gli scontri fra cattolici e ugonotti (di osservanza calvinista) continuarono in forme particolarmente cruente, mescolandosi, come in Germania, a conflitti di natura politica. Solo nel 1598 il re Enrico IV di Borbone, un protestante convertitosi al cattolicesimo, emanò l’editto di Nantes che riconosceva ai sudditi libertà di coscienza in materia religiosa, assegnando ai seguaci delle due fedi precise zone d’influenza. I conflitti fra cattolici e protestanti furono solo un aspetto del più generale clima di intolleranza che segnava la cultura europea del Cinquecento. In certi paesi, come la Spagna, furono gli ebrei e i musulmani a essere perseguitati, anche se professavano di essersi convertiti al cristianesimo. Gli ebrei in particolare cominciarono a essere isolati dalla società e raccolti in quartieri chiamati “ghetti” (a Venezia nel 1516, a Roma nel 1555, e così via). Solo alcuni Stati, come l’Olanda, la Polonia, il Granducato di Toscana e lo stesso Impero turco si dimostrarono accoglienti nei loro confronti. Anche la religiosità popolare fu oggetto di sistematica persecuzione, già nel XV secolo ma soprattutto dopo il concilio di Trento, che avviò la ristrutturazione istituzionale e dottrinale della Chiesa cattolica. Il tribunale dell’Inquisizione moltiplicò i processi e le condanne di “stregoneria”, rivolte in prevalenza (anche se non esclusivamente) a donne accusate di segreti rapporti col demonio. In realtà la “stregoneria” e i riti magici avevano, in origine, significati diversi, legati ai cicli agrari e a tradizionali riti di fertilità del mondo contadino, che gli inquisitori, interpretandoli in chiave anti-cristiana, paradossalmente tendevano a “cristianizzare”. Giorgio Vasari, Notte di San Bartolomeo, XVI sec. [Sala Reale del Vaticano, Città del Vaticano]
350
Modulo 7 Cristianità divisa
31.1 Le guerre di religione in Germania e in Francia
MARE DEL NORD Brema Münster
Utrecht
Colonia
Anversa
Il significato della pace di Augusta Fin dal 1521 l’imperatore Carlo V intervenne in Germania per contrastare la diffusione del luteranesimo e riportare il paese all’obbedienza cattolica [ 28.3]. Egli intimò ai principi e alle città che avevano aderito alla nuova confessione religiosa di restituire le terre strappate alla Chiesa. Ma i principi, uniti nella Lega di Smalcalda [ 28.4], per molti anni si opposero militarmente all’imperatore. Infine si giunse alla pace di Augusta (1555) con la quale si riconobbe ai prìncipi la libertà di seguire l’una o l’altra delle due fedi religiose, la cattolica o la luterana. In questo modo si ammise, per la prima volta, la legittimità di entrambe le confessioni. Amburgo Questa libertà non venne tuttavia concessa ai sudditi, ai quali si impose l’obbligo di seguire la religione dei REGNO loro signori, fatta salva la facoltà di emigrare qualora fosBerlino DI POLONIA sero sorti problemi di coscienza. In latino, questo principio fu affermato con la formula cuius regio eius religio, ovvero ‘la religione di ciascuno corrisponde a quella del paese Wittenberg in cui vive’ (cioè della religione scelta dal suo principe). Dresda Per circa due terzi la popolazione di lingua tedesca seguì il luteranesimo; restarono Smalcalda Breslavia cattoliche l’Austria, la Baviera e parte della Renania. Mühlberg
Metz Strasburgo REGNO DI FRANCIA
La situazione religiosa in Germania nel 1555 Con la pace di Augusta, i due terzi del territorio tedesco avevano aderito alla Riforma protestante.
Protestanti Cattolici Protestanti e cattolici Confini dell’Impero germanico
Cattolici e ugonotti in Francia In Francia la Riforma aveva creato una situazione di Praga grande instabilità e divisione: i calvinisti o “ugonotti” [ 28.5] si erano diffusi soprattutto Norimberga nelle regioni meridionali e occidentali, da sempre riottose al dominio parigino, le stesse in cui aveva preso corpo, nel Medioevo, l’eresia càtara [ 13.2]. Anche in questo caso le Vienna Augusta Ulm controversie di natura religiosa si sovrapposero e si mescolarono a scontri di natura politica, Monacointerna e internazionale che ebbero come protagoniste principali due potenti Salisburgo a capo degli ugonotti, e i Guisa, a capo dei cattolici. I primi erafamiglie: i Borbone, no sostenuti dall’Inghilterra protestante, i secondi dalla Spagna cattolica. Entrambe le famiglie puntavano al trono di Francia su cui, essendo il re Carlo IX Trieste ancora minorenne, regnava la madre Caterina de’ Medici (1547-59), moglie di Enrico II e nipote del papa Clemente VII. Nei suoi anni di reggenza la regina tentò di instaurare un clima di tolleranza religiosa e di favorire una riconciliazione tra i due schieramenti, ma il conflitto era ormai scoppiato in maniera violenta. Province neutrali Per alcuni decenni la Francia fu teatro di sanguinose Province degli ugonotti guerre civili a sfondo religioso. Province della Lega L’episodio più cruento si verificò in occasione delle nozze tra la figlia della regina, MarInglesi Spagnoli
Province neutrali Province degli ugonotti Province della Lega Inglesi Spagnoli
Londra MARE DEL NORD
Amburgo Brema
Berlino
Münster
Utrecht
Smalcalda
Parigi Breslavia
REGNO DI FRANCIA
La Rochelle Cognac
Norimberga Ulm
Vienna
Augusta
OCEANO AT L A N T I C O
Poitiers Jarnac
Lione
Bordeaux
Trieste
GUASCOGNA
Dieppe Rouen
JoinvilleSt.Malo BORGOGNA
Parig
La Charité-sur-Loire
Monaco Salisburgo
DUCATO DI GUISA
Vassy
Nantes Praga
Strasburgo
Rouen
Dresda
Mühlberg
Metz
Londra
Dieppe St.Malo
Wittenberg Colonia
Anversa
REGNO DI POLONIA
Montauban Tolosa
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Nantes Ginevra
Poitiers Grenoble La Rochelle Cognac Jarnac Uzés ONîmes CEANO Bordeaux AT L A N T I C O
L
L
LINGUADOCA
La Francia durante le guerre di religione (1562-98)
GUASCOGNA
Montauban Tolosa
LINGUADO
Protestanti Cattolici
Capitolo 31 Intolleranza e guerre di religione gherita, e il protestante Enrico di Borbone (figlio della regina di Navarra e futuro re di Francia, dal 1589 al 1610, con il nome di Enrico IV): nella notte del 24 agosto 1572, i cattolici francesi massacrarono i tremila ugonotti convenuti a Parigi per i festeggiamenti; il massacro passò alla storia come “notte di San Bartolomeo”.
L’editto di Nantes La strage proseguì nel resto della Francia e gli spagnoli, riunitisi in una Lega santa, invasero il paese, fino a quando il re Enrico si convertì al cattolicesimo al solo scopo di salvare la drammatica situazione. Alcuni anni più tardi, nel 1598, Enrico emanò l’editto di Nantes con cui riconosceva libertà di coscienza in materia religiosa su tutto il territorio francese. Non si trattava di un editto di “tolleranza” in senso moderno (nel testo, la parola non compare mai): più che una convivenza fra le due fedi, esso proponeva una sorta di compromesso e di spartizione in diverse zone d’influenza. Agli ugonotti si garantiva libertà di culto ovunque tranne che a Parigi e nelle città dove vi erano residenze reali (Digione, Lione, ecc.); in pegno essi ricevevano un centinaio di piazzeforti, fra cui La Rochelle, in cui viceversa era il culto cattolico a essere proibito. Pur con questi limiti, lo sforzo di pacificazione fatto da Enrico IV fu notevole; di particolare significato fu la norma che eliminava ogni distinzione di fede nell’accesso alle cariche pubbliche: un passo importante verso la distinzione fra Stato e Chiesa, religione e politica.
François Dubois, Il massacro di San Bartolomeo, part., XVI sec. [Musée Cantonal des Beaux-Arts, Losanna]
Questo dipinto ritrae il più efferato episodio delle lunghe e sanguinose lotte di religione che interessarono la Francia. Il massacro, perpetrato dai cattolici a danno degli ugonotti (protestanti), fu tale che le acque della Senna divennero rosse di sangue e rigurgitanti di corpi.
Aa Documenti Difesa dell’editto di Nantes L’editto di Nantes, emanato nel 1598 dal re di Francia Enrico IV per mettere fine ai disordini e alle violenze tra cattolici e protestanti, rappresentò un importante passo avanti nella difficile strada della tolleranza religiosa, in un’epoca in cui, da entrambe le parti, a molti pareva che la distruzione (o la conversione) del “nemico” fosse l’unica strategia praticabile. Per la prima
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volta, nell’editto di Enrico IV si affermò la necessità di distinguere fra appartenenza civile e appartenenza religiosa, fra il credo professato e il fatto di essere cittadini di un medesimo Stato, con uguali diritti nell’accesso alle cariche pubbliche. L’anno successivo all’emanazione dell’editto, il re tenne un discorso ai membri del Parlamento di Parigi, per ribadire in tono
i parlo non in abito reale o con la spada e la cappa1, come i miei predecessori, né come un principe che incontri gli ambasciatori stranieri, ma vestito come un padre di famiglia, in farsetto, per parlare familiarmente ai suoi figli. Ciò che voglio dire è che vi prego di confermare l’editto che ho accordato agli ugonotti. Quel che ho fatto è per il bene della pace; l’ho realizzata al di fuori, voglio realizzarla dentro il mio Regno. Voi mi dovete obbedire, innanzitutto in considerazione della mia qualità e dell’obbligo che hanno verso di me i miei sudditi e particolarmente voi del mio Parlamento. Ho riportato gli uni nelle loro case, dalle quali erano stati banditi, gli altri nella fede che non avevano più. Se ai miei predecessori era dovuta obbedienza, a me si deve altrettanto e anche maggiore devozione, perché ho ristabilito lo Stato, avendomi 1 Mantello.
deciso e perentorio (a tratti minaccioso) la bontà della propria scelta e la necessità che il Parlamento la confermasse. Leggiamo alcuni passi di questo discorso, che, affermando la necessità che la faziosità religiosa cedesse il campo alle soluzioni politiche e allo spirito di compromesso, mirava a rinsaldare nel paese l’autorità monarchica e il senso dello Stato.
Dio designato per mettermi nel Regno che è mio per eredità e acquisto. [...] Questa è la strada che ha portato alle barricate e all’assassinio del re mio predecessore. Mi guarderò bene da tutto ciò; toglierò le radici di tutte le fazioni e della propaganda sediziosa, e farò decapitare quelli che le suscitano. […] E non sollevate questioni in nome della religione cattolica: io l’amo più di voi, sono più cattolico di voi, sono figlio prediletto della Chiesa, nessuno di voi lo è, né può esserlo. Vi sbagliate se pensate di appoggiarvi al papa; egli è più vicino a me che a voi. Se non vorrete obbedirmi, vi farò dichiarare tutti eretici. [...] Ora sono re, e parlo da re. Voglio essere obbedito. da Recueil des lettres missives de Henri IV, V, Paris 1850
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Modulo 7 Cristianità divisa
31.2 Intolleranza verso tutti i “diversi” Massacri, persecuzioni, condanne La persecuzione degli ugonotti da parte dei cattolici francesi fu solo una delle manifestazioni di intolleranza religiosa che segnarono tristemente l’Europa dei secoli XVI-XVII, lacerata dalle guerre di religione. Gli stessi ugonotti, e altri gruppi protestanti di diversi paesi, si comportarono in modo simile nei confronti dei “diversi”, individuati come avversari da eliminare. Questa ondata di intolleranza riguardò sia i comportamenti popolari sia le istituzioni organizzate: ai massacri di massa si affiancarono processi e condanne “regolari”, come quelle di cui furono vittima importanti studiosi e intellettuali dissidenti. Nel 1553, a Ginevra, i calvinisti processarono e condannarono al rogo l’umanista spagnolo Michele Serveto (1511-1553), uno degli scienziati più illustri dell’epoca. Nel 1600, l’Inquisizione romana mandò alle fiamme il frate e filosofo Giordano Bruno (1548-1600), che assegnava alla religione solo un valore educativo, criticando i dogmi, sostenendo l’autonomia della ragione e minimizzando l’utilità della Chiesa. Una diffusa e feroce intolleranza Persecuzioni e condanne nei confronti dei protestanti si ebbero in Inghilterra durante il regno della cattolica Maria Tudor (moglie di Filippo II), intenzionata ad annullare la riforma anglicana [ 28.7] e a riportare nel paese l’obbedienza al pontefice romano. Alla morte di Maria, che gli avversari chiamarono “la Sanguinaria”, il progetto fu abbandonato e la nuova regina Elisabetta I ripristinò la Chiesa anglicana. Negli stessi anni, in Spagna, il re Filippo II continuò l’opera iniziata dai suoi bisnonni materni, i “re cattolicissimi” Ferdinando e Isabella [ 20.2], e perseguitò gli ebrei (chiamati in modo dispregiativo marranos) e i musulmani (moriscos) convertiti al cristianesimo, accusandoli di perseverare nascostamente nella loro fede e costringendoli a lasciare il paese. Nel 1539 gli ebrei furono espulsi anche dal Regno di Napoli. Voci di pace In questa Europa violenta e intollerante non mancarono voci che esortavano alla pace e alla libertà di coscienza. Tra di esse quella di Sebastiano Castellione (1515-1563), un intellettuale francese trasferitosi a Basilea in Svizzera. Già seguace di Calvino, Castellione scrisse poi contro di lui, rimproverandogli l’intolleranza esercitata contro chi professava idee diverse. «C’è chi sostiene che i dissenzienti devono essere uccisi. Per convincere di ciò i prìncipi e le autorità costoro raccolgono dalla Sacra Scrittura tutti gli argomenti che possono spingere a spargere sangue. A me sembra che essi, così facendo, non seguano più l’insegnamento di Cristo, ma soltanto le loro ambizioni di potere mondano. Cristo non volle mai essere difeso con le armi e non ci ha detto di usare le armi. Abbiamo la parola e dunque serviamoci di questa. E se la vostra parola è più debole, lasciate vivere quelli che non avete potuto vincere. […] Uccidere è uccidere, in qualunque modo accada. Uccidere un uomo non significa difendere un’idea, ma soltanto uccidere un uomo».
Una seduta del Sant’Uffizio, 1849 [incisione da Gli orrori dell’Inquisizione]
Numerosissimi furono i processi per stregoneria attuati in tutta Europa tra la fine del Quattrocento e il Cinquecento. Bastava essere “diverso” per venire additato come possibile seguace del diavolo. Centinaia furono gli innocenti che perirono per via della pesante accusa di stregoneria.
Capitolo 31 Intolleranza e guerre di religione
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31.3 I primi “ghetti” per gli ebrei
Il Ghetto Novo di Venezia, XVI sec.
A Venezia Come già era accaduto nel Medioevo, l’intolleranza del mondo cristiano nei confronti degli ebrei fu assai diversa a seconda dei luoghi e dei periodi: col tempo tuttavia si accentuò la tendenza a escluderli, a isolarli dalla società. A Venezia, nel 1516, gli ebrei furono costretti a raccogliersi su un’isola, collegata alle altre ma dotata di cancelli che venivano chiusi durante la notte: fu questo il primo ghetto della storia. Il nome ricalcava quello dell’isola, chiamata così perché in precedenza era stata sede di una fonderia, il geto in dialetto veneziano (da “getto” ossia ‘fusione di metalli’). Tale termine da allora in poi fu usato per indicare i quartieri urbani destinati alla residenza obbligata degli ebrei. Questa pratica di isolamento fu imitata e seguita in molte città.
Il Ghetto Novo di Venezia (nella carta scenografica a sinistra) era collegato al resto della città da un piccolo ponte (visibile nella foto a destra). Alle estremità del ponte due porte impedivano di entrare e uscire dalla mezzanotte all’alba. A causa del sovrappopolamento del quartiere, le abitazioni furono ripetutamente sopraelevate, assumendo un aspetto caratteristico visibile ancora oggi.
Le vie della cittadinanza
I
Tolleranza e intolleranza ieri e oggi
fenomeni di intolleranza religiosa sono una realtà ricorrente nella storia, oggi non meno di ieri. E, oggi non meno di ieri, essi convivono con atteggiamenti contrari, improntati alla tolleranza e al rispetto. Nel Medioevo, lo scontro fra cristianesimo e islam – che trovò il suo apice nelle spedizioni crociate – non escludeva l’esistenza di rapporti pacifici e fruttuosi fra i seguaci delle due religioni, così come con gli ebrei. Allo stesso modo non mancarono pensatori illuminati e comportamenti tolleranti nell’Europa del Cinquecento, in cui lo scontro religioso, stavolta all’interno del mondo cristiano, fra cattolici e protestanti, assunse aspetti di straordinaria violenza, complicata da contrasti politici ed economici. Anche oggi – in un mondo che parrebbe aver sviluppato al massimo grado il principio del rispetto – assistiamo all’esplodere di odi e intolleranze per motivi religiosi o più semplicemente cul-
turali: la mancata accoglienza dell’altro (che, rovesciate le parti, potremmo essere noi) e il mancato rispetto del diverso (che è semplicemente un “noi” visto dagli altri) serpeggiano tuttora e danneggiano la convivenza quotidiana. I due atteggiamenti (rispetto e intolleranza) non appartengono dunque a questa o a quell’epoca, ma, in ogni epoca, esprimono diversi modi di pensare e di agire. Tuttavia sono anche importanti le differenze: nel Cinquecento le espressioni di tolleranza e di rispetto erano prevalentemente individuali, non nascevano cioè da atteggiamenti “ufficiali” e pubblicamente riconosciuti di accettazione delle diversità (neppure nell’editto di Nantes, come abbiamo visto, si parla esplicitamente di “tolleranza”). Secondo la cultura dell’epoca, tollerare quelle che si consideravano “eresie” pareva una scelta peggiore che combatterle:
«Chi vuole risparmiare gli eretici – scriveva, per esempio, Giovanni Calvino – è più crudele di chi li punisce, perché per risparmiare il lupo gli abbandona in preda le pecore». Oggi invece – soprattutto dopo la seconda guerra mondiale – si è fatta strada l’idea contraria, e la stessa legislazione ha recepito e incorporato in maniera ufficiale il principio (almeno teorico) del rispetto e della tolleranza, per lungo tempo assente dalla cultura europea. «Ogni individuo – recita l’articolo 18 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo (1948) – ha il diritto alla libertà di pensiero, di coscienza e di religione; tale diritto include la libertà di cambiare religione o credo, e la libertà di manifestare, isolatamente o in comune, sia in pubblico che in privato, la propria religione o il proprio credo nell’insegnamento, nelle pratiche, nel culto e nell’osservanza dei riti».
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Modulo 7 Cristianità divisa A Roma A Roma, nel 1555, fu il papa Paolo IV a ordinare con un’apposita bolla che gli ebrei venissero raccolti «in una o più strade vicine, purché separate dalle abitazioni dei cristiani», con una sola entrata e una sola uscita, e un’unica sinagoga. Inoltre si imposero agli ebrei dei segni di riconoscimento: «ovunque si distinguano gli ebrei», ordinò il pontefice, «i maschi con un berretto di colore chiaro, le donne con un altro segno distintivo, in modo che non si possano nascondere». Stati accoglienti In questo clima di tensione alcuni Stati si mostrarono più aperti e tolleranti di altri, accogliendo gli ebrei che fuggivano dalle persecuzioni o dalle incerte condizioni di vita. Per esempio, in Europa essi trovarono rifugio in Olanda e in Polonia. In Italia, il granduca di Toscana offrì loro libertà e ospitalità nella città di Livorno. Anche i paesi musulmani che facevano parte dell’Impero turco si dimostrarono generalmente aperti nei confronti degli ebrei.
31.4 Cultura popolare e cultura ecclesiastica. La caccia alle “streghe” Pratiche antiche e riti propiziatori Particolarmente violenta, fra XVI e XVII secolo, fu anche la cosiddetta “caccia alle streghe”, ossia la persecuzione di quanti – soprattutto donne – praticavano arti magiche e guarigioni con particolari riti e con l’uso di erbe, filtri e pozioni. Queste pratiche erano molto antiche e nel Medioevo avevano convissuto con la cultura “ufficiale” della Chiesa cristiana, che sostanzialmente le aveva tollerate, per non scontrarsi troppo duramente con tradizioni in uso da secoli, fortemente radicate nella cultura popolare. D’altra parte, tali pratiche a rigore non entravano nella sfera religiosa: esse si occupavano di problemi legati alla vita di ogni giorno, come la fertilità della terra e degli animali (riti per favorire la crescita del grano, la moltiplicazione del bestiame, ecc.), la salute, il benessere personale e collettivo. I cosiddetti “sabba” (cerimonie notturne in cui le “streghe” praticavano i loro riti) avevano soprattutto questo genere di significati e di finalità. Contro la stregoneria Sul finire del XV secolo, e soprattutto dopo il concilio di Trento, la Chiesa diventò molto più rigida nei confronti di queste forme di cultura popolare. Già nel 1484 papa Innocenzo VIII (1484-92) aveva condannato la “stregoneria” come eresia e come manifestazione diabolica. Due anni dopo, nel 1486, fu pubblicato un manuale a uso degli inquisitori, opera di due domenicani tedeschi, Heinrich Institor e Jakob Donne arse sul rogo
Capitolo 31 Intolleranza e guerre di religione Sprenger, intitolato Malleus maleficarum ossia ‘Martello delle streghe’. Il libro, di cui furono stampate ben 50.000 copie, conteneva un vero e proprio catalogo di tutte le possibili manifestazioni della stregoneria, dei modi per riconoscerle e condannarle. Le guaritrici e le maghe furono guardate con crescente sospetto; catturate e sottoposte a tortura (a quel tempo, la tortura era ritenuta una forma “normale” di accertamento della verità), spesso finivano per confessare di essere “fedeli al diavolo”, introducendo nelle loro confessioni, estorte a forza dagli inquisitori, una figura come quella del demonio che non faceva parte del loro patrimonio di idee, ma di quello cristiano: in questo modo, la stregoneria non si presentava più come un’attività diversa e autonoma dalla religione, ma diventava la negazione della religione. Accusate di “stregoneria”, queste donne (ma anche diversi uomini) finirono a migliaia sul rogo, per opera sia dell’Inquisizione cattolica, sia dei tribunali protestanti.
I tempi della storia Streghe e stregoni La stregoneria (diciamo meglio: le pratiche di religiosità popolare che gli inquisitori cristiani bollarono come stregoneria) non fu un fenomeno esclusivamente femminile, tant’è che diversi uomini furono coinvolti in processi e condanne di questo genere. Tuttavia è un fatto che le cosiddette “streghe” furono senz’altro più numerose dei cosiddetti “stregoni”. Ciò si spiega con motivazioni di vario genere, che in parte rinviano alla crescente
marginalità sociale delle donne nella società europea della prima età moderna, in parte dipendono da tradizionali stereotipi cristiani che vedevano la figura femminile come una ianua diaboli ossia una ‘porta del demonio’, cioè la fonte (per gli uomini) di ogni tentazione e l’occasione (sempre per gli uomini) di cadere nel peccato. Un altro motivo per cui le donne furono accusate più spesso degli uomini di stregoneria era legato alla loro effetti-
va maggiore vicinanza ai ritmi della vita e ai tempi della natura, che nei riti di “stregoneria” hanno un ruolo essenziale. Su questa particolare propensione delle donne al “mestiere” di strega riflette – sia riprendendo testi delle Scritture, sia rifacendosi a considerazioni di ordine psicologico e culturale – il Malleus maleficarum o ‘Martello delle streghe’, il manuale a uso degli inquisitori pubblicato nel 1486 dai domenicani tedeschi Institor e Sprenger.
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erché tra il sesso così fragile delle donne si trovano streghe in maggior numero che tra gli uomini? […] Della malizia delle donne si tratta nell’Ecclesiastico, 25, 15-16: «Non c’è peggior veleno che il veleno del serpente, non c’è odio peggiore di quello di una donna. Preferirei dimorare con un leone o un drago piuttosto che con una donna malvagia». E, tra le molte altre cose che seguono e che precedono queste a proposito della malvagità della donna, conclude (25, 19): «Ogni malizia è poca cosa se paragonata a quella della donna». […] Alcuni attribuiscono ad altri motivi il fatto che della superstizione sia preda un numero molto maggiore di donne che di uomini. Il primo è che sono molto più credule, e poiché il demonio cerca soprattutto di corrompere la fede, egli le attacca per prime. Da cui l’Ecclesiastico, 19,4: «Chi si mostra credulo, mostra il suo debole carattere». La seconda ragione è che le donne sono più impressionabili per natura e più pronte ad accettare gli influssi degli spiriti separati. Per cui accade che, quando esse fanno buon uso di questa loro attitudine, sono buonissime; in caso contrario, sono pessime. Infine, la terza causa è che esse hanno una lingua immonda e tutto ciò che apprendono nellea arti magiche, lo possono a stento tenere nascosto alle loro amiche e compagne; e dal momento poi che sono deboli per natura, cercano un mezzo di vendetta più facile e segreto per mezzo di malefici. […] Nello stesso modo in cui, a causa del loro primo difetto, quello dell’intelligenza, sono portate a rinnegare la fede con più facilità, così, a causa del secondo, cioè il disordine degli affetti e delle passioni, le donne cercano, escogitano e infliggono i più diversi tipi di vendette, sia per mezzo di malefici, sia con ogni altro mezzo. Per cui non è affatto stupefacente che esistano tante streghe fra le donne. da M. Romanello, La stregoneria in Europa (1450-1560), Bologna 19813
Due streghe sacrificano un gallo e un serpente, 1489 [da Ulrich Molitor, De Lamiis et pythonicis mulieribus]
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Modulo 7 Cristianità divisa
Sintesi
Intolleranza e guerre di religione
Le guerre di religione in Germania e in Francia In Germania il progetto di Carlo V di riportare il cattolicesimo trovò la resistenza dei principi luterani; l’esito di questo scontro fu la pace di Augusta (1555), che stabiliva il principio per cui la religione scelta da un principe nel suo territorio doveva essere automaticamente seguita dai sudditi, sancendo così la legittimità di entrambe le fedi. In Francia si creò un clima di forte divisione, con scontri insieme religiosi e politici tra due famiglie: i Borbone, ugonotti, e i Guisa, cattolici. Gli ugonotti erano forti soprattutto a ovest e a sud. Entrambe le famiglie miravano al trono e lo scontro si accese. L’episodio più cruento fu la notte di San Bartolomeo, in cui migliaia di ugonotti convenuti a Parigi per il matrimonio di Enrico di Borbone con la figlia della regina furono massacrati. Gli scontri continuarono; un punto di svolta si ebbe con il regno dello stesso Enrico, che si convertì al cattolicesimo e promulgò l’editto di Nantes, che riconosceva la legittimità di entrambe le fedi, salvo alcune restrizioni territoriali.
Intolleranza verso tutti i “diversi” La persecuzione degli ugonotti a opera dei cattolici francesi fu solo una tra le molte forme di intolleranza religiosa diffuse in Europa tra XVI e XVII secolo, portate avanti spesso non solo dal fanatismo popolare ma anche da istituzioni organizzate. Vi furono processi e condanne ai danni di intellettuali dissidenti, come Michele Serveto o Giordano Bruno; vi fu in Inghilterra la politica di Maria Tudor “la Sanguinaria”, che intendeva riportare il paese all’obbedienza al papa attraverso persecuzioni; vi fu in Spagna la decisione di Filippo II di espellere dal paese musulmani ed ebrei convertiti al cattolicesimo (moriscos e marranos). Poche voci invitavano alla tolleranza e alla libertà di coscienza, come quella dell’intellettuale francese Sebastiano Castellione. I primi “ghetti” per gli ebrei Anche l’intolleranza del mondo cristiano verso gli ebrei si accentuò e si manifestò la tendenza a escluderli e isolarli all’interno della società. A Venezia (1516) venne creato il primo ghetto, un’isola in cui gli ebrei
dovevano risiedere obbligatoriamente. La pratica fu seguita in altre città, come Roma, dove furono imposti agli ebrei anche segni di riconoscimento. In altri Stati si ebbe maggiore apertura e tolleranza verso gli ebrei in fuga, come Olanda, Polonia, Toscana e Impero turco. Cultura popolare e cultura ecclesiastica. La caccia alle “streghe” Tra XVI e XVII secolo si diffuse, con forme violente, anche la “caccia alle streghe”, la persecuzione di coloro – specie donne – che praticavano arti magiche e guarigioni attraverso erbe, filtri o pozioni. Si trattava di pratiche di origine antica che non rientravano direttamente nella sfera religiosa, essendo piuttosto legate alla ricerca della fertilità di terra e animali, della salute e del benessere. Dopo il concilio di Trento la Chiesa divenne molto più rigida e intollerante verso queste forme di cultura popolare. La stregoneria fu condannata, e le donne considerate streghe venivano catturate e sottoposte a tortura; a migliaia furono arse sul rogo, a opera dell’Inquisizione cattolica e di tribunali protestanti.
Esercizi Comprendere e ordinare 1. Associa alle seguenti parole chiave il significato corretto.
2. Indica se le affermazioni corrette sono vere o false.
editto • ghetto • intolleranza • marranos • moriscos • piazzeforti • sabba • tortura • ugonotti
a. L’editto di Nantes proclamava il principio cuius regio, eius religio.
V
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b. In Francia si contrapponevano la famiglia cattolica dei Borbone e quella ugonotta dei Guisa.
V
F
c. Sotto la reggenza di Caterina de’ Medici si tentò di favorire la tolleranza religiosa.
V
F
Chiusura verso dottrine diverse dalla propria
d. L’Inquisizione condannò al rogo come eretici Michele Serveto e Giordano Bruno.
V
F
Rituali notturni di stregoneria
e. Maria Tudor tentò di riportare il cattolicesimo in Inghilterra perseguitando i protestanti.
V
F
Seguaci francesi del calvinismo
f. I paesi musulmani appartenenti all’Impero turco dimostrarono apertura verso gli ebrei.
V
F
g. La pratica della stregoneria aveva convissuto a lungo con la cultura ufficiale della Chiesa.
V
F
Coercizione fisica o morale verso un individuo per ottenere una confessione
h. L’editto di Nantes riconosceva libertà di coscienza in materia religiosa.
V
F
Ebrei convertiti al cristianesimo
i. Il primo ghetto della storia venne creato a Venezia nel 1516.
V
F
Musulmani convertiti al cristianesimo Quartiere destinato alla residenza degli ebrei Località munite di fortificazioni permanenti
Ordinanza dal valore di legge emanata da un’autorità
Capitolo 31 Intolleranza e guerre di religione
3. Colloca sulla linea del tempo gli eventi elencati in ordine sparso. 1484
1486
1516
1539
1553
1. espulsione degli ebrei dal Regno di Napoli 2. Giordano Bruno viene arso sul rogo 3. papa Innocenzo VIII condanna la stregoneria come eresia e manifestazione diabolica 4. pace di Augusta 5. editto di Nantes
1555
1572
1589
1598
1600
6. Enrico di Borbone diventa re di Francia col nome di Enrico IV 7. a Venezia viene istituito il primo ghetto della storia 8. notte di San Bartolomeo 9. processo e condanna di Michele Serveto 10. pubblicazione del Malleus maleficarum a uso degli inquisitori
4. Completa la seguente tabella inserendo le informazioni mancanti. Smalcalda • Austria • Baviera • Borbone • cattolicesimo • cattolici • confessioni • coscienza • Digione • editto di Nantes • Guisa • Inghilterra • influenza • La Rochelle • lega • Lione • luteranesimo • notte • Augusta • Parigi • principi • Renania • Spagna • sudditi • ugonotti • cavalieri GERMANIA
FRANCIA
CONTRAPPOSIZIONE TRA
• Carlo V: tenta di riportare il ......................................... • ......................................................................... : aderiscono al ...................................................................................................
• ......................................................... : calvinisti sostenuti da ............................................................................... e guidati dalla famiglia .......................................................................... • ....................................................................... : sostenuti da ..................................................................................... e guidati dalla famiglia ..........................................................................
EPISODI SALIENTI
• Rivolta contadini e ............................................................ • Formazione Lega di ......................................................... • Lotte tra impero e nobiltà
• ........................................................... di San Bartolomeo • ................................................. Santa • Conversione di Enrico IV al ..........................................
ESITO FINALE
• Pace di .................................................................................... • Legittimità delle ................................................................ • ..................................................... : seguono la religione dei ....................................................................... o emigrano
• ..................................................................................................... • Libertà di ............................................................................... • Spartizione del territorio in zone di .........................
• Cattolici in: ................................... , ..................................., parte della ................................................................................ • Protestanti in: restanti territori tedeschi
• Ugonotti esclusi da: ......................................................., ..................................................., .................................................., • Cattolici esclusi da: .........................................................
CONSEGUENZE
........................................
Analizzare e produrre 5.
Leggi la scheda “Le vie della cittadinanza” a p. 353 e rispondi alle seguenti domande. 1. Che tipo di rapporti esistevano nel Medioevo tra islam e cristianesimo? 2. Che tipi di scontri religiosi si sviluppano nel Cinquecento? 3. Al giorno d’oggi che peso hanno tolleranza e intolleranza religiose? 4. Che spazio avevano nel Cinquecento gli atteggiamenti di tolleranza? 5. Che spazio hanno al giorno d’oggi gli atteggiamenti di tolleranza? 6. Che cosa afferma l’art.18 della Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo?
Rispondi alle seguenti domande. 1. Quali furono i principali episodi di intolleranza religiosa nel Cinquecento? 2. Dove ebbero luogo? Chi ne fu vittima? 3. Che cosa affermava Sebastiano Castellione? A che cosa invitava il suo messaggio? 4. Che tipo di politica fu attuata nei confronti degli ebrei nelle diverse realtà statali? Sulla base delle informazioni raccolte in questo modo, scrivi un testo di almeno 12-15 righe dal titolo “Tolleranza e intolleranza attraverso il tempo”.
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La discussione storiografica
Il calvinismo, l’etica del lavoro, lo sviluppo del capitalismo U
no degli aspetti più caratteristici della morale calvinista fu quello di riconoscere il lavoro di ciascun individuo come una missione voluta da Dio, da perseguire con la massima attenzione: il successo nel lavoro e il conseguimento del profitto (che la tradizione cristiana aveva visto, fino a quel momento, con un certo sospetto) secondo Calvino significavano la benedizione divina e la santificazione dell’uomo. Secondo il sociologo tedesco Max Weber (1864-1920) questo mutamento culturale sarebbe stato all’origine di una nuova “etica del lavoro” da cui, indirettamente, sarebbe nata una nuova figura sociale ed economica, quella del capitalista moderno (colui che detiene i “capitali” cioè il denaro e gli strumenti indispensabili per avviare imprese commerciali, industriali, finanziarie), che impegna la sua vita nella ricerca del successo e del profitto, vedendovi
una sorta di missione non solo civile, ma anche religiosa. Per questo, secondo Weber, paesi calvinisti come i Paesi Bassi o l’Inghilterra arrivarono al capitalismo prima di paesi cattolici come la Spagna, il Portogallo o l’Italia. Questa tesi fu esposta da Weber in due saggi del 1904-05, più tardi raccolti in un volume dal titolo L’etica protestante e lo spirito del capitalismo. Essa fu accolta con grande interesse dagli studiosi e rappresenta tuttora un importante punto di riferimento per l’analisi storica, anche se è stata fortemente discussa e criticata. Ma è questo il destino delle interpretazioni di grande respiro, che, focalizzandosi su alcune linee d’insieme, sono sempre a rischio nel momento in cui vengono sottoposte a verifiche puntuali. Ciò non toglie che esse costituiscano un importante motivo di riflessione, che aiuta ad arricchire il nostro modo di valutare le
vicende umane e a comprenderne meglio la complessità. La principale obiezione mossa alla teoria di Weber nasce dalla difficoltà di far coincidere, sul piano culturale, geografico e politico, le aree di diffusione del calvinismo e quelle in cui si affermò, a cominciare dal XVI secolo, una fiorente economia commerciale (e, successivamente, industriale). In realtà le due carte non si sovrappongono e conoscono, nelle due direzioni, diverse eccezioni. È evidente, per esempio, che i primi sviluppi del capitalismo europeo (nella fase che gli storici definiscono “mercantile”, perché basata sugli investimenti e sui profitti commerciali più ancora che sulla produzione manifatturiera) ebbero come protagonisti i mercanti di paesi cattolici, italiani soprattutto, che ancora nel XVI secolo avevano un ruolo di primo piano nell’economia europea.
dello storico dell’economia Lars Magnusson (1952), svedese, che invita a sfumare la rigidità dell’interpretazione weberiana, mostrando come lo svilup-
po del capitalismo commerciale abbia attraversato l’Europa senza confini di fede religiosa.
I testi Presentiamo alcuni brani della celebre opera di Max Weber sul rapporto tra etica protestante e «spirito del capitalismo». A seguire, alcune considerazioni
Lavorare per la gloria di Dio Max Weber
Sembra dapprima un enigma, il fatto che [nel calvinismo] la tendenza dell’individuo alla liberazione interiore dai più stretti legami col mondo possa congiungersi all’indiscutibile superiorità del calvinismo nella organizzazione sociale. Ma
essa proviene appunto – per strano che sembri a tutta prima – dallo speciale colorito che il cristiano «amore del prossimo» dovette prendere sotto la pressione dell’isolamento interiore dell’individuo prodotto dalla fede calvinista. […]
La discussione storiografica Il calvinismo, l’etica del lavoro, lo sviluppo del capitalismo
[Secondo il calvinismo] il mondo è destinato al solo scopo di servire alla glorificazione di Dio, e il cristiano “eletto” esiste solo per aumentare la gloria di Dio nel mondo, mediante l’esecuzione dei suoi comandamenti. Ma Dio vuole che il cristiano operi nella società, poiché vuole che la forma sociale della vita sia ordinata secondo i suoi comandamenti e in modo tale da corrispondere a quello scopo. Il lavoro sociale del calvinista nel mondo è esclusivamente lavoro «in maggiore gloria di Dio». Questo carattere ha pertanto anche il lavoro professionale che è a servizio della vita terrena della comunità. Già in Lutero […] la divisione professionale del lavoro è fatta derivare dall’«amore del prossimo». Ma quello che in lui rimase un concetto incerto puramente dottrinale, nei calvinisti diventò parte caratteristica del sistema etico. […] L’ammonimento dell’Apostolo di consolidare la propria «vocazione» viene dunque interpretato come il dovere di conquistare nella lotta quotidiana la certezza soggettiva della propria “elezione”. Invece dei peccatori umili, a cui Lutero promette la grazia se si affidano a Dio con fede e contrizione, vengono educati quei «Santi» consci di se stes-
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si, che noi ritroviamo negli adamantini commercianti puritani di quell’epoca eroica del capitalismo. […] E d’altra parte, come mezzo migliore per raggiungere quella sicurezza di sé, fu raccomandato un indefesso lavoro professionale. Esso ed esso solo dissipa il dubbio religioso e dà la sicurezza dello stato di grazia. […] Quanto inadatte sono le buone opere come mezzo per raggiungere la salvezza – poiché anche l’eletto rimane creatura, e tutto quel che egli fa rimane a infinita distanza rispetto alle esigenze di Dio – tanto sono indispensabili come segno dell’elezione. Esse sono il mezzo tecnico, non per ottenere la salvezza, ma per liberarsi dell’ansia per la salvezza. […] Ma questo in sostanza significa che «chi s’aiuta Iddio l’aiuta», che dunque il calvinista crea da sé la propria salvezza – correttamente si dovrebbe dire: la certezza di essa – ma che questo suo creare non consiste, come nel cattolicesimo, in un graduale accumulare di singole azioni meritorie, ma in un controllo sistematico di se stesso che a ogni momento si trova dinanzi all’alternativa: sono io eletto o dannato? M. Weber, L’etica protestante e lo spirito del capitalismo, Firenze 1977
Capitalismo mercantile Lars Magnusson
Il capitalismo di tipo primitivo, risalente all’epoca medievale e rimasto sostanzialmente tale nei secoli XVI e XVII, è stato spesso definito «mercantile» o dei mercanti. […] In questo periodo i mercanti capitalisti operarono in un mondo in cui non esisteva ancora un sistema globale di collegamento tra i mercati. Nello stesso tempo, questi mercanti si trasformarono in veri e propri imprenditori, aprendo e collegando questi mercati, creando nuovi bisogni e preferenze, avvicinando reciprocamente le popolazioni dei diversi continenti. […] La funzione di questi mercanti fu quella di trasportare merci – perlopiù beni voluttuari quali spezie, seta, frutti esotici, oro e altri metalli preziosi, in cambio di denaro e prodotti artigianali – tra i porti europei e un mondo coloniale che andava in questo modo espandendosi. La non esistenza di un sistema globale di collegamento tra i mercati consentiva a questi mercanti di «comprare poco e vender caro». […] Oltre all’inaugurare il commercio coloniale, i mercanti capitalisti si assunsero però il compito forse meno eroico
di distribuire le merci tra i mercati della stessa Europa, e anche in questo ambito si registravano spesso differenze di prezzo tali da creare alti margini di profitto e, pertanto, compensare i rischi dell’affare. […] Nel periodo compreso tra XIII e XVII secolo, le roccaforti del mercante capitalista furono le grandi città italiane quali Venezia, Firenze e Genova. […] Ma il XVI secolo assistette alla nascita anche di altri importanti centri finanziari ad Anversa, Genova e Lione, tanto che a poco a poco gli imprenditori di queste città si sostituirono ai grandi finanzieri capitalisti toscani e veneziani. Il che peraltro non significò la scomparsa, in particolar modo, dei finanzieri fiorentini, presenti in tutte le maggiori città europee nel corso del XVI secolo. A Londra, per esempio, essi costituivano una forte e solidale colonia nota per le sue operazioni azzardate per quanto riguarda le lettere di cambio. L. Magnusson, Il settore economico, in Storia d’Europa, IV, a cura di M. Aymard, Torino 2000
Modulo 8
Europa che cambia Europa (1550-1650) che cambia
(1550-1650 Capitolo 32
La Spagna di Filippo II e l’Inghilterra di Elisabetta I
Nella seconda metà del Cinquecento la Spagna fu la maggior potenza d’Europa. Il regno lasciato da Carlo V al figlio Filippo II era il più vasto e ricco del tempo, anche se una complessa serie di motivi economici, politici e culturali già preparavano la decadenza a cui esso sarebbe andato incontro nei decenni successivi. Altri due Stati si distinsero per lo sviluppo economico e mercantile, avviandosi a diventare le principali potenze marittime del mondo: l’Olanda, formatasi in seguito a una ribellione al dominio spagnolo; l’Inghilterra, rafforzatasi durante il regno di Elisabetta I.
Capitolo 33
L’Europa fra crisi e sviluppo Nella prima metà del Seicento mutarono profondamente gli equilibri economici e politici dell’Europa. La Spagna, che nel secolo precedente aveva dominato il continente, attraversò una profonda crisi che coinvolse anche i suoi domìni italiani. I paesi di lingua tedesca furono sconvolti dalla guerra dei Trent’anni che coinvolse molti Stati europei, mentre carestie e pestilenze falcidiavano la popolazione. Al contrario, fu questo il periodo d’oro dell’Olanda e dell’Inghilterra. Stabile restava la situazione della Francia, che di lì a poco sarebbe diventata la nuova potenza egemone.
a 0)
Capitolo 34
L’Italia spagnola: un lungo periodo di crisi
Nel XVII secolo, mentre Olanda e Inghilterra (e poi la Francia) affermavano saldamente la loro supremazia in Europa, imponendosi sul piano economico e commerciale e sopravanzando anche sul piano politico, la potenza spagnola attraversò una profonda crisi economica, sociale e politica che ebbe gravi ripercussioni anche in Italia. Il pesante sfruttamento fiscale imposto dalla Spagna e la crisi economica dei settori produttivi provocarono sommosse e rivolte sia a Milano sia a Napoli. Nonostante il declino politico ed economico, tuttavia, l’Italia mantenne inalterato in Europa il suo primato culturale e artistico, alimentando nella musica, nell’arte e nella letteratura lo stile barocco.
Capitolo 35
Nascita della scienza moderna Nel XVII secolo furono poste le basi della scienza moderna. In tutti i campi del sapere, dall’astronomia alla fisica, alla medicina, furono sviluppate nuove teorie e nuove idee, che aprirono la via non solo a nuove conoscenze ma, più in generale, a un nuovo metodo di ricerca: il metodo scientifico, basato sull’osservazione e sugli esperimenti di laboratorio. All’affermazione di questo metodo, che sarebbe diventato tipico della scienza moderna, contribuì in maniera decisiva il fisico e matematico italiano Galileo Galilei.
Modulo 8 Europa che cambia (1550-1650)
32 La Spagna di Filippo II
Capitolo
362
e l’Inghilterra di Elisabetta I
Percorso breve Nella seconda metà del Cinquecento l’Europa fu dominata dalla potenza spagnola. Filippo II, figlio dell’imperatore Carlo V, regnò per quasi mezzo secolo (dal 1556 al 1598) sulla Spagna, sui Paesi Bassi, sull’Italia oltre che sul vasto impero coloniale d’America. Per contrastare l’estrema diversità di questi domìni Filippo II perseguì il rafforzamento del potere centrale in modo estremamente autoritario, costituendo a Madrid la nuova capitale del regno e facendo costruire a poca distanza il grande complesso dell’Escorial, una fortezza-monastero che sintetizzava la determinazione politica e il carattere ossessivamente religioso del sovrano. Nel 1580 egli realizzò (provvisoriamente) la riunificazione della penisola iberica acquistando anche la Corona del Portogallo. Un problema ereditato dal padre fu, per Filippo II, il confronto con la potenza turca, che uscì ridimensionata dalla battaglia di Lepanto del 1571, vittoriosamente combattuta dalla flotta spagnola e da quella veneziana. Il maggior punto di crisi fu tuttavia interno al dominio spagnolo: nei Paesi Bassi, la politica autoritaria di Filippo II creò un crescente scontento, alimentato dall’intenso carico fiscale e dalla persecuzione che il sovrano operò contro i protestanti, assai diffusi nella regione. Nel 1566 scoppiò una rivolta che ben presto si trasformò in guerra aperta, con l’appoggio dell’Inghilterra e della Francia. Nel 1579 le province settentrionali del paese si resero autonome, assumendo il nome di Repubblica delle Province Unite (più tardi Olanda). Nel frattempo si consolidava la potenza dell’Inghilterra, sotto il lungo regno della regina Elisabetta (15581603) che diede un impulso decisivo alla costruzione della forza navale del paese, sia in senso militare, sia in senso commerciale ed economico. La rivalità con la Spagna si manifestò nell’appoggio che l’Inghilterra diede alla rivolta
Tiziano, Filippo II offre il figlio Ferdinando a Dio dopo la vittoria di Lepanto, 1573-75 [Museo National El Prado, Madrid]
olandese e soprattutto nella guerra “corsara” che le navi inglesi, con l’aiuto di alcuni condottieri autonomi, fecero contro la flotta spagnola. In tutta risposta nel 1588 Filippo II progettò di attaccare l’Inghilterra, ma la sua flotta, chiamata “Invincibile Armata”, fu clamorosamente sconfitta. Era l’inizio di una svolta che nel secolo successivo avrebbe portato all’affermazione dell’Inghilterra come prima potenza mondiale. La Spagna invece si avviava al declino, anche per la debolezza della sua economia, incapace di investire in modo produttivo le enormi ricchezze che provenivano dall’America e che di fatto defluivano verso altre nazioni economicamente più dinamiche.
Capitolo 32 La Spagna di Filippo II e l’Inghilterra di Elisabetta I
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32.1 La monarchia spagnola domina l’Europa La Spagna, una superpotenza mondiale Il lunghissimo regno di Filippo II (155698) segnò l’apice della potenza spagnola in Europa. Il suo Stato comprendeva, oltre alla Spagna, l’enorme impero coloniale americano, i possessi italiani (Milano, Napoli, Sicilia, Sardegna) e i Paesi Bassi (la regione corrispondente agli attuali Olanda, Belgio e Lussemburgo, più la fascia limitrofa della Francia settentrionale): un territorio estesissimo, popoloso, pieno di risorse, specialmente in Italia e nei Paesi Bassi, zone di antica e intensa urbanizzazione, ricche di capitali, di attività e di esperienze mercantili e manifatturiere. La centralizzazione del potere Dal punto di vista politico la monarchia spagnola era un aggregato di domìni diversi, ciascuno dei quali aveva leggi, istituzioni e tradizioni proprie. Poiché ciò esponeva l’impero a continue spinte disgregatrici, Filippo II perseguì una politica di rafforzamento del potere centrale, costituendone la base nella Castiglia, possesso ereditario del re: Madrid, un villaggio fortificato che fino ad allora aveva avuto secondaria importanza, fu trasformata nel 1558 in capitale del regno e a poca distanza fu innalzato un enorme complesso monumentale che divenne il centro del potere monarchico: l’Escorial. A Madrid cominciarono a far capo i governatori e i viceré invitati a reggere i vari domìni della Corona. Per un controllo più rigoroso del loro operato, essi erano nominati per periodi molto brevi e avevano l’obbligo di riferire ogni settimana al re sull’andamento delle loro attività. Il potere regio era sostenuto da un poderoso esercito regolare, che aveva il suo punto di forza nelle fanterie arruolate in Castiglia, considerate fra le migliori d’Europa. Il re esercitava un potere assoluto e di fatto era anche il capo della Chiesa: lui stesso
REGNO D’IRLANDA
REGNO DI SCOZIA Edimburgo
[Museo National El Prado, Madrid]
Dublino
REGNO D’INGHILTERRA Londra
OCEANO
La Parola ATLANTICO
DI O IA GNVEG IA E R OR VEZ DI S N O N Oslo REG Stoccolma
REGNO DI SCOZIA REGNO Edimbur Tiziano, Ritratto di Filippo II, 1551 D’IRLANDA
potere assoluto PAESI DELL’ORDINE
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Mosca REGNO Riga TEUTONICO O DI S S Dublino REGNO R U DANIMARCA Copenaghen D’INGHILTERRA D. to DI Vilna Londra PRUSSIA IMPERO Berlino GR A N D U C A T O Varsavia OCEANO DI REGNO ROMANO ATLANTICO Parigi DI LITUANIA Praga POLONIA GERMANICO REGNO Vienna DI SVIZZERA FRANCIA Buda Venezia Milano REGNO IM Marsiglia DEL Spalato Genova MAR NERO P PORTOGALLO E Belgrado STATO Madrid R O PONTIFICIO Lisbona REGNO Barcellona Istanbul Valencia Roma DI OT R. DI SPAGNA I R Napoli A TO E SARDEGNA BAL MA NO Lepanto Algeri Orano Atene R.DI SICILIA Tunisi LI
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Il termine “assoluto” deriva DI dal latino ab-solutus, participio FRANCIA Mil passato REGNO di ab-solvere che siMarsigli gnifica ‘sciogliere’, ‘liberare da DEL PORTOGALLO (qualcosa)’. Fra le varie acceMadrid zioni Lisbona che il termine può assu- Barcellona REGNO mere, particolarmente diffuso Valencia DI R è il significatoSPAGNA politico: “asso- EARI SAR BAL luto” si definisce quel potere Oranocon- Algeri che è libero da qualsiasi trollo o limitazione. Tu
R.D
CRETA
Parigi
Europa e Mediterraneo al tempo di Filippo II
Domìni spagnoli Domìni veneziani Domìni musulmani
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Modulo 8 Europa che cambia (1550-1650) aveva la prerogativa di nominare, nelle diocesi, vescovi di suo gradimento. Direttamente dal re (invece che dal papa) dipendeva, in Spagna, anche l’Inquisizione. Nell’attività di governo il re era affiancato da una serie di Consigli (analoghi ai ministeri degli Stati moderni) e da una complessa struttura di funzionari e impiegati. Restava tuttavia fragile la distinzione fra pubblico e privato: le cariche politiche erano assegnate in cambio di denaro, cioè praticamente vendute, e ciò apriva la strada a diffusi fenomeni di corruzione.
Contro il dominio turco nel Mediterraneo Fra i problemi che Filippo II ereditò dal padre Carlo V vi erano le mire espansionistiche dell’Impero ottomano [ 29.2], che da un lato si esercitavano per via di terra, nella penisola balcanica, dall’altro sul mare, nelle
I luoghi della storia
Il palazzo-monastero dell’Escorial, centro del potere di Filippo II
Nel 1557 l’esercito spagnolo sconfisse quello francese nella battaglia di San Quintino; per commemorare questa vittoria e rispettare un voto fatto durante la guerra, il re Filippo II fece costruire un grande monastero in onore del santo la cui festa cadeva nel giorno della vittoria. Il giorno era il 10 agosto, il santo era Lorenzo, il monastero fu l’Escorial. Il grandioso complesso sorse a qualche decina di chilometri dalla nuova capitale Madrid, lungo le pendici della Sierra de Guadarrama, e la sua realizzazione durò quasi trent’anni, dal 1563 al 1594. Metà fortezza e metà convento, l’Escorial si presentava come un’immensa struttura quadrangolare in granito grigio blu, dotata di quattro torrioni angolari, una facciata monumentale e una solenne chiesa al centro. La pianta dell’intero complesso monumentale fu pensata e realizzata a forma di graticola, per ricordare lo strumento con cui san Lorenzo, secondo la tradizione agiografica, sareb-
be stato martirizzato, bruciato vivo sui carboni ardenti. Ispirato all’architettura italiana rinascimentale, l’Escorial si caratterizzava per l’estrema austerità di forme e di spazi senza alcuna ostentazione di lusso, in uno stile detto desornamentado (‘disadorno’) che ben esprimeva il carattere ossessivamente religioso del sovrano. Anche nelle sue azioni pubbliche, infatti, Filippo II si segnalò fin da subito come supremo campione della Controriforma cattolica, guadagnandosi l’appellativo di “re cattolicissimo”. Basti dire che la sua camera da letto comunicava direttamente con la chiesa, con vista sull’altare, così da permettergli di partecipare allo svolgimento delle funzioni religiose senza necessità di muoversi. Una zona del palazzo-monastero fu invece destinata ad accogliere le sepolture della famiglia reale e qui Filippo II fece collocare le tombe dei suoi genitori, Carlo V e Isabella del Portogallo. Dopo di lui
Juan Bautista de Toledo e Juan de Herrera, Palazzo-monastero dell’Escorial, XVI sec. A sinistra, veduta dell’esterno; a destra, la sala della biblioteca del Monastero di San Lorenzo.
molti altri regnanti di Spagna sarebbero stati sepolti nel monastero dell’Escorial. Filippo usò il palazzo sia come residenza estiva sia come luogo di isolamento e di meditazione; fu allestita una ricchissima e prestigiosa biblioteca, con circa 40.000 volumi e molti preziosi manoscritti greci e arabi. Numerose furono le maestranze italiane, fiamminghe e spagnole chiamate a completare la reggia-convento e che contribuirono a fare dell’Escorial l’emblema dell’arte e della cultura della Spagna dei secoli XVI e XVII. L’Escorial divenne il centro del potere regale, il punto nevralgico della monarchia di Filippo II verso cui ogni cosa doveva convergere (qualsiasi affare di natura politica, economica, religiosa). Da qui il re gestiva il suo immenso Impero, in pratica senza mai spostarsi dalla Spagna, e la sua politica di accentramento politico e religioso trovò in questo monasterofortezza il suo luogo simbolico di realizzazione.
Capitolo 32 La Spagna di Filippo II e l’Inghilterra di Elisabetta I
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La battaglia di Lepanto [Museo Correr, Venezia]
In questo dipinto di scuola veneta del XVII secolo è rappresentata la più importante vittoria della cristianità contro l’avanzata turca. La battaglia di Lepanto divenne il simbolo della riconquistata unità cristiana, fondamentale elemento per arginare la dilagante avanzata ottomana.
acque del Mediterraneo orientale. Non solo la flotta regolare, ma anche azioni continue di pirateria da parte dei turchi mettevano spesso a repentaglio gli interessi degli spagnoli e dei loro alleati. Nel 1570 il sultano Selim II (1566-74) occupò l’isola di Cipro, un dominio veneziano strategicamente decisivo sul piano politico-militare, e importante anche sul piano economico perché era soprattutto su quell’isola che si produceva lo zucchero venduto in Occidente dai mercanti di Venezia.
La battaglia di Lepanto Per iniziativa del papa Pio V (1566-72) si costituì allora una Lega santa (l’aggettivo evidentemente significava la lotta dei cristiani contro gli “infedeli”) che riuniva le flotte di Spagna e di Venezia. Nel 1571, nei pressi della città greca di Lepanto, all’imboccatura del golfo di Corinto, la flotta turca fu sconfitta. L’episodio suscitò grande clamore e acquistò importanza anche sul piano simbolico, quasi si trattasse della fine di un incubo nel mondo cristiano. Il Portogallo dominio spagnolo Nel 1580 il potere di Filippo II conobbe un ulteriore allargamento. Egli ereditò infatti anche il Regno del Portogallo, in seguito alla morte del re Sebastiano di Braganza (1557-78), di cui era zio. In questo modo si realizzò, sia pure in maniera non definitiva, l’unificazione della penisola iberica sotto un’unica Corona. L’acquisizione del Portogallo consentiva alla Spagna di attivare, via mare, un collegamento diretto non solo con i domìni italiani (attraverso il Mediterraneo) ma anche con i Paesi Bassi (attraverso l’Atlantico). Nel frattempo, però, la situazione politica nei Paesi Bassi era profondamente cambiata.
32.2 L’indipendenza dei Paesi Bassi Una fiorente realtà L’espressione “Paesi Bassi” indicava, alla lettera, un insieme di territori di bassa altitudine, in gran parte situati sotto il livello del mare. Nel corso dei secoli queste zone erano state prosciugate dalle acque mediante la costruzione di un complesso sistema di dighe e di canali. I territori così strappati al mare, chiamati polder, a poco a poco erano stati irrigati di acque dolci e trasformati in fertili campagne. La zona era diventata una delle più prospere d’Europa, con un tasso di urbanizzazione molto elevato e una vivacissima attività mercantile e commerciale. Con il matrimonio tra l’imperatore Massimiliano d’Asburgo e Maria di Borgogna, figlia ed erede di Carlo il Temerario, il dominio dei Paesi Bassi era passato nelle mani
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GRONINGA
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Province Unite Paesi Bassi spagnoli Paesi della Generalità Unione cattolica di Arras 1579 Paesi Bassi dal 1579 al 1648
LUSSEMBURGO
degli Asburgo d’Austria; nel 1556, con l’abdicazione di Carlo V [ 29.4], i possedimenti furono assegnati alla Corona di Spagna, sotto Filippo II. Fu appunto durante il regno di Filippo II che le province settentrionali dei Paesi Bassi si ribellarono e alla fine si resero autonome, dando vita a un nuovo Stato che prese il nome di Olanda.
I Paesi Bassi in subbuglio La ribellione fu sostenuta da motivi politici, fiscali e religiosi. I Paesi Bassi erano una regione ricca, con una borghesia e un patriziato attivamente impegnati nel commercio e nelle attività manifatturiere e bancarie: sviluppatissime fin dal Medioevo, le città tradizionalmente godevano di larghe autonomie, che anche gli Asburgo d’Austria avevano rispettato. Con Filippo II le cose cambiarono: la monarchia spagnola affermò il suo potere in modo autoritario, imponendo al governo uomini di sua fiducia; il carico fiscale diventò estremamente pesante; a tutto ciò si aggiunse la sistematica persecuzione operata dal re contro i protestanti, in particolare i calvinisti, che nei Paesi Bassi si erano particolarmente diffusi.
Dalla rivolta alla guerra L’opposizione non tardò a manifestarsi. Nel 1566 la popolazione di numerose città si sollevò, trovando anche appoggio politico da parte dei conti di Egmont e di Hornes e di Guglielmo I Nassau (1544-84), principe di Orange (una città della Francia meridionale). Alle violenze degli insorti, che non esitarono a saccheggiare chiese e conventi, a uccidere preti e
Province Unite Paesi Bassi spagnoli Paesi della Generalità I tempi della storia Unione cattolica di Arras 1579 Una testimonianza del benessere economico e dello sviluppo civile dell’Olanda fu la splendida fioritura artistica e culturale, paragonabile a quella del Rinascimento italiano. L’arte olandese del Cinque-Seicento, erede della tradizione fiamminga dei secoli precedenti, esprimeva assai bene i caratteri della nuova società a cui si rivolgeva, la natura dei committenti che ordinavano e acquistavano i dipinti: personaggi del mondo borghese e mercantile, dediti agli affari, al calcolo delle entrate e delle uscite, alla precisione dei bilanci. Anche per questo l’arte olandese di questo periodo si distingue per il carattere estremamente analitico e preciso: ogni singolo dettaglio viene analizzato e rappresentato compiutamente, nulla o quasi nulla è lasciato all’immaginazione. Una grande abilità tecnica e una approfondita ricerca sul rapporto luce/ombra consentono agli artisti di rappresentare gli oggetti nella loro immediata concretezza. Un altro aspetto è quello dei contenuti: la pittura olandese è molto spesso una pittura di interni, che raffigura le persone nella loro intimità domestica. Anche questo segnala la presenza di un pubblico borghese, attento alla vita privata delle persone più che al loro apparire in pubblico (che
Un’arte nuova per la borghesia olandese invece ha un ruolo fondamentale nella società aristocratica). È anche significativa la presenza di molti soggetti legati alla vita quotidiana e di carattere non religioso: un segnale di differenza rispetto alle tendenze artistiche dei paesi cattolici. Tra il Cinquecento e gli inizi del Seicento ope-
rarono in Olanda numerosi artisti di grande fama tra cui Hieronymus Bosch (1453-1516), le cui opere furono molto apprezzate da Filippo II di Spagna che ne comprò alcune per l’Escorial, Quentin Metsys (1466-1530), Pieter Aertsen (1508-1575), Pieter Bruegel il Vecchio (1525-1569), solo per citarne alcuni. Pieter Aertsen, Donna al mercato, 1567 [Gemäldegalerie, Berlino]
Il fermento economico e la ricchezza della borghesia olandese si riflette bene in questo dipinto fiammingo. La donna, ben vestita, è circondata da frutti e ortaggi dei più vari e colorati, sinonimo di abbondanza e ricchezza.
Capitolo 32 La Spagna di Filippo II e l’Inghilterra di Elisabetta I
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Allegoria del governo del terrore instaurato dal duca d’Alba, XVII sec. [Stedelijk Museum Het Prinsenhof, Delft]
Il duca d’Alba, qui rappresentato seduto in trono con un diavolo che gli porge le corone della reggenza dei Paesi Bassi, fu incaricato da Filippo II di reprimere duramente la rivolta anti-spagnola. Le province sono simbolicamente inginocchiate davanti ai piedi del duca.
monaci, Filippo II rispose con pari durezza, inviando a reprimere la rivolta uno dei suoi migliori generali, il duca d’Alba, che mandò a morte i conti di Egmont e di Hornes (1568). La rivolta a poco a poco si trasformò in guerra aperta, e Guglielmo d’Orange, rimasto solo al comando, fu nominato dai ribelli governatore delle province del nord, ormai sottratte al controllo spagnolo (che invece continuava nelle province del sud, in prevalenza cattoliche).
Nasce l’Olanda Guglielmo d’Orange, con l’appoggio dell’Inghilterra e della Francia, praticò anche la guerra corsara sul mare contro i galeoni spagnoli e portò all’avversario danni così gravi che da Madrid venne inviato un nuovo governatore, il duca Alessandro Farnese, con l’incarico di condurre trattative di pace. Le province del sud (circa l’area degli attuali Belgio e Lussemburgo) si pacificarono, mentre quelle settentrionali, in cui si era rifugiata gran parte della popolazione protestante, continuarono la guerra e si federarono, costituendosi in Repubblica delle Province Unite (23 gennaio 1579). Il nome fu poi cambiato in quello di Olanda dal nome di una delle province. Il nuovo Stato contava appena un milione e mezzo di abitanti, eppure, per la vivacità della sua vita economica e per l’aiuto che ottenne dall’Inghilterra e dalla Francia, uscì vittorioso dalla lotta, che si prolungò durissima per diversi anni. Il riconoscimento ufficiale del nuovo Stato da parte delle potenze europee si ebbe solo nel 1648 con pace di Westfalia [ 33.3].
32.3 L’Inghilterra elisabettiana Una nuova potenza navale Nell’Europa dominata da Filippo II a poco a poco si delineò una nuova potenza politica: l’Inghilterra della regina Elisabetta (1558-1603), figlia di Anna Bolena e di Enrico VIII Tudor [ 28.7], considerata la vera fondatrice della potenza navale inglese. In gara con gli altri paesi atlantici, Elisabetta diede grande impulso alle costruzioni navali e si trovò ben presto in concorrenza e in contrasto con la Spagna di Filippo II. Corsari sul mare Le ostilità fra le due potenze assunsero dapprima la forma di una guerra corsara, condotta specialmente dagli inglesi John Hawkins (1532-1595), Francis Drake (1540-1596), soprannominato “il terrore dei mari”, e Martin Frobisher (1539 ca.-1594), personaggi che battevano i mari alla caccia di navi – soprattutto spagnole – da depredare con le loro ricchezze. Teoricamente questi corsari operavano per proprio conto; in realtà avevano l’autorizzazione della regina, a cui procuravano enormi profitti. Essi si segnalarono per azioni spettacolari, come, nel 1568, la cattura di quattro galeoni contenenti un’enorme somma di denaro, destinato alle truppe spagnole impegnate nei Paesi Bassi contro gli olandesi in rivolta.
La Parola
corsaro “Corsaro” viene da “correre”: il termine si riferisce a quanti, sul mare, praticano la “guerra di corsa”, attaccando navi per depredarne le ricchezze trasportate. A differenza del termine “pirata”, usato per designare banditi fuori legge, “corsaro” solitamente si riferisce a condottieri marittimi che, pur agendo da privati, hanno un’esplicita o implicita approvazione da parte del proprio Stato a condurre i loro attacchi (talvolta vere azioni di guerra “ufficiale”).
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Modulo 8 Europa che cambia (1550-1650)
L’Inghilterra nell’età elisabettiana
REGNO DI SCOZIA (dal 1603 unione personale con l'Inghilterra) Glasgow Edimburgo
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Cambridge Carlisle Oxford RA Swansea TER L I H G N I ’ D REG NO York Bristol Londra Manchester Leeds Dover Dublino Sheffield Wight Plymouth Nottingham 1588 D 1588 N LA Birmingham R I Cambridge Oxford Swansea Bristol Londra Dover Wight Plymouth 1588 1588
Attacco e ritirata della Invincibile Armata 1588 Zone carbonifere Manifatture tessili 1588 Battaglie
Attacco e ritirata della Invincibile Armata 1588 Zone carbonifere Manifatture tessili 1588 Battaglie
Lo scontro tra la flotta inglese e l’Invincibile Armata, 1588 [National Maritime Museum, Greenwich, Londra]
Nella battaglia che si svolse nel 1588 nel mare della Manica tra spagnoli e inglesi, l’artiglieria ebbe un ruolo decisivo. La potenza di fuoco delle navi spagnole era imponente, ma gli inglesi riuscirono a prevalere grazie alla maggiore capacità di movimento e di manovra delle loro imbarcazioni.
L’affermazione del protestantesimo Il conflitto anglo-spagnolo, determinato dalla rivalità politica ed economica, aveva anche una motivazione religiosa. Dopo la breve parentesi di Maria “la Sanguinaria”, Elisabetta aveva ripristinato il protestantesimo e l’“Atto di supremazia” del padre Enrico VIII [ 28.7], che garantiva alla Corona l’autorità sulla Chiesa anglicana. Filippo II, da parte sua, manovrava per abbattere Elisabetta (su cui il papa aveva messo una taglia) e per portare sul trono la scozzese Maria Stuart (1542-67), cattolica, cugina di Elisabetta, ritenuta dai cattolici inglesi la legittima erede al trono. Inoltre sosteneva gli irlandesi cattolici, che si opponevano al dominio inglese sull’isola. In un crescendo di intrighi – di cui rimane una splendida testimonianza letteraria nelle tragedie di William Shakespeare (1564-1616), vissuto all’epoca di Elisabetta – la regina scatenò una violenta persecuzione contro i cattolici d’Irlanda e condannò a morte Maria Stuart, detenuta nelle prigioni di Londra, facendola decapitare. La vittoria navale sulla Spagna L’implacabile durezza di Elisabetta non poteva non portare al conflitto aperto con Filippo II. Nel 1588 il re di Spagna progettò di occupare l’Inghilterra e inviò una formidabile flotta, l’“Invincibile Armata”, per invadere l’isola. Attaccate nella Manica dai corsari inglesi e dalle navi da battaglia, le 130 navi spagnole, molto grosse e meno manovrabili di quelle avversarie, dopo un primo scontro abbandonarono l’impresa e rientrarono alle loro basi. Circa un terzo della flotta andò perduto. Il successo inglese ebbe uno straordinario impatto anche sul piano emotivo, trasformando Elisabetta in un vero e proprio mito per i suoi sudditi, e consolidando definitivamente la fede protestante nel paese. Fruttuose iniziative economiche Sul piano economico Elisabetta favorì lo sviluppo dell’industria della lana (e quindi del pascolo ovino) che da diversi secoli era la principale attività del paese: nel Medioevo, molta di questa lana veniva esportata grezza
Capitolo 32 La Spagna di Filippo II e l’Inghilterra di Elisabetta I sul continente; tra XV e XVI secolo, e soprattutto all’epoca di Elisabetta, anche la produzione tessile diventò una crescente fonte di ricchezza. In pochi decenni Londra divenne il più importante centro mercantile dell’Europa settentrionale. La sua popolazione da 80.000 abitanti nel 1542 passò a 120.000 nel 1582, mentre l’esportazione di stoffe di lana, che a metà del Quattrocento ammontava a circa 30.000 pezze all’anno, superò le 120.000 pezze verso la metà del Cinquecento. Notevole impulso ebbe anche l’industria del ferro.
L’espansione in America Durante il regno di Elisabetta ebbe inizio anche l’espansione coloniale inglese nell’America settentrionale, dove fu occupata una regione costiera cui fu dato il nome Virginia, in onore della regina che per tutta la vita non volle mai sposarsi, dedicandosi interamente alla politica. A questa prima colonia altre se ne aggiunsero, nel corso del Seicento, lungo la costa atlantica dell’America del nord.
I tempi della storia William Shakespeare e l’invenzione del teatro pubblico La lunga età elisabettiana vide operare in Inghilterra la figura di William Shakespeare (1564-1616), considerato uno dei più grandi scrittori di tutti i tempi. Poeta e commediografo di eccezionale intensità, egli fu autore di divertenti commedie e di formidabili tragedie, che prendevano spunto sia da temi classici e mitologici, sia dalla letteratura e dalla novellistica medievale, sia da eventi storici contemporanei (diversi re d’Inghilterra sono protagonisti dei suoi drammi teatrali). La grandezza di Shakespeare consiste non solo nella straordinaria efficacia espressiva del suo linguaggio, ma anche nella capacità di descrivere il mondo da molteplici punti di vista: egli non esprime un “suo” personale modo di vedere le cose, ma mette in scena personaggi ciascuno dei quali manifesta la sua personalità e la sua particolare visione del mondo,
che Shakespeare analizza e rappresenta preoccupandosi non tanto di pronunciare giudizi, quanto di suggerire l’idea della grande complessità che caratterizza le vicende e la natura umana. Egli stesso fu attore e gestore di una compagnia teatrale e contribuì a rinnovare profondamente il modo di fare teatro e le stesse strutture in cui avvenivano le messe in scena. Mentre in passato le rappresentazioni avvenivano di preferenza nelle case nobiliari o nei cortili delle locande, a partire dall’età di Shakespeare cominciarono a essere costruiti i primi teatri pubblici, che potevano contenere molte centinaia di persone, a volte alcune migliaia. L’ingresso era aperto a tutte le classi sociali e si affermò la pratica di pagare un biglietto per assistere agli spettacoli, cosa che oggi ci appare normale ma all’epoca costituiva una novità. In epoca elisabettiana il teatro conobbe in Inghilterra un vero e proprio “boom” e diventò una forma artistica di grande successo popolare. Si è calcolato che durante il regno di Elisabetta furono allestite non meno di 2000 opere teatrali e che a Londra andavano a teatro circa 15.000 persone la settimana, cioè il 10% della popolazione.
Cornelius Visscher, Il Globe Theatre, 1616 [British Museum, Londra]
Tra la fine del XVI e l’inizio del XVII secolo Londra contava sette teatri pubblici in attività. Tra i più celebri vi fu il Globe Theatre, sede permanente, dal 1599 al 1613, della compagnia teatrale di cui Shakespeare era autore e attore.
Johannes de Witt, Lo Swan Theatre, 1596 ca. [Bibliothek des Rijksuniversiteit, Utrecht]
La prima sala destinata esclusivamente alle rappresentazioni teatrali fu costruita nel 1576: per un solo penny si accedeva alla platea che circondava da tre lati il palcoscenico (come si vede dal disegno). Per un paio di penny in più si poteva sedere nelle gallerie che sovrastavano la platea.
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Modulo 8 Europa che cambia (1550-1650)
32.4 Decadenza economica della Spagna Un impero in declino Malgrado la sua forza militare e gli ingenti mezzi finanziari forniti dallo sfruttamento degli estesi domini, dopo la morte di Filippo II, avvenuta nel 1598, la Spagna si avviò a una crescente decadenza economica e politica. I suoi abitanti, che agli inizi del Cinquecento erano circa 12 milioni, un secolo e mezzo più tardi si erano ridotti a poco più di un terzo, 4 milioni e mezzo, e vivevano nella grande maggioranza in condizioni di povertà, rispetto alla quale facevano stridente contrasto lo sfarzo e la ricchezza della corte regia e di pochissime famiglie nobili. Le attività commerciali e industriali, fondamento della potenza economica dell’Inghilterra, della Francia, dell’Olanda e di altri paesi europei, nella penisola iberica apparivano spente. Anche l’agricoltura, praticata con sistemi antiquati, era scarsamente produttiva. Un ambasciatore veneziano, dopo un viaggio in Spagna, descrisse il paese come «immerso in un sonno mortale per i suoi interessi». Divari sociali I motivi di tale situazione risalivano indietro nel tempo. Principalmente essi erano il frutto del sistema di vita e di governo della classe dirigente, la nobiltà, che, cresciuta negli ideali religiosi e militari della Reconquista cristiana [ 4.5 e 11.4], dava prevalente importanza al mestiere delle armi e disdegnava le attività produttive, lasciate ai gruppi sociali ritenuti inferiori. Per esempio, gli ebrei erano gli unici, o quasi, a esercitare il commercio e il credito, mentre gran parte del lavoro agricolo, soprattutto nelle regioni del sud, era svolto da contadini di origine araba. Quando, perciò, alla fine del Cinquecento, Filippo II cacciò dalla Spagna tutti gli ebrei e i musulmani, anche convertiti [ 31.2], l’economia del paese ne subì danni gravissimi, che vennero in piena luce nel secolo successivo. Ricchezze che non lasciano traccia L’economia spagnola si basava soprattutto sullo sfruttamento dei vasti domìni coloniali, da cui il governo di Madrid traeva una quantità incalcolabile di metalli preziosi, provenienti soprattutto dalle miniere d’oro e d’argento del Perù e del Messico. A ciò si aggiungeva il denaro proveniente dai prelievi fiscali nei domìni europei. Ma non si seppe mettere a frutto questa abbondanza di risorse, non si comprese che la vera ricchezza di un paese consiste nel lavoro e negli investimenti produttivi. Così quelle smisurate ricchezze defluivano in massima parte fuori della Spagna, per pagare merci e servizi. A trarne vantaggio furono i banchieri e i mercanti dei Paesi Bassi e della Germania. Secondo un efficace paragone, «l’oro e l’argento delle colonie scorsero attraverso la Spagna come l’acqua che cade sulle tegole di un tetto: senza lasciare traccia di sé». «Tutte le nazioni lavorano per Madrid» affermava, con orgoglio, un nobile spagnolo del Cinquecento, per sottolineare la centralità di un regno che imponeva in Europa il suo potere e la sua capacità d’acquisto. Ma proprio qui stavano, in prospettiva, le ragioni della sua decadenza.
Capitolo 32 La Spagna di Filippo II e l’Inghilterra di Elisabetta I
Sintesi
La Spagna di Filippo II e l’Inghilterra di Elisabetta I
La monarchia spagnola domina l’Europa Con il regno di Filippo II (1556-98) la Spagna raggiunse il culmine della sua potenza. I domìni comprendevano un insieme di territori ricchi di risorse (Spagna, Italia, colonie americane, Paesi Bassi) e profondamente diversi tra loro in quanto a leggi, tradizioni, istituzioni. Fu attuata una politica di centralizzazione del potere intorno alla figura del sovrano. Il re, che era anche capo della Chiesa, veniva coadiuvato nel governo da Consigli, governatori e vicerè, le cui cariche erano spesso vendute. In politica estera, la Spagna si trovò a fronteggiare l’espansionismo dell’Impero ottomano nel Mediterraneo orientale: dopo la conquista turca di Cipro, una Lega organizzata dal papa, dalla Spagna e da Venezia sconfisse i turchi a Lepanto (1571), arrestandone l’espansione. Nel 1580 Filippo II ereditò il Regno del Portogallo unificando temporaneamente la penisola iberica.
II si ebbe una ribellione delle province settentrionali, alla base della quale vi erano l’imposizione di uomini di governo legati al re spagnolo, l’incremento fiscale e le persecuzioni religiose contro i calvinisti, molto numerosi. Nel 1566 alcune città si sollevarono, appoggiate da alcuni nobili tra cui emerse Guglielmo I Orange; la ribellione sfociò in una guerra aperta in cui le province del nord, sostenute anche da Francia e Inghilterra, praticavano la guerra corsara contro i galeoni spagnoli. Mentre le province meridionali si pacificarono con la Spagna, quelle settentrionali si federarono formando di fatto un nuovo Stato, l’Olanda, che sarà ufficialmente riconosciuto solo nel 1648. L’Inghilterra elisabettiana Sotto il regno di Elisabetta (1558-1603) l’Inghilterra crebbe fino a diventare una nuova potenza politica. La creazione di una nuova flotta navale e motivi religiosi spinsero l’Inghilterra a entrare in contrasto con la Spagna. Elisabetta era tornata al protestantesimo, mentre Filippo II tramava per portare sul trono la cattolica Maria Stuart. La regina reagì con durezza: la rivale al trono fu giustiziata e gli irlandesi, cattolici, furono oggetto di persecuzione. Si arrivò al conflitto
L’indipendenza dei Paesi Bassi I Paesi Bassi, nati su territori prosciugati e poi irrigati (polder), erano una delle zone più ricche d’Europa, con una forte urbanizzazione e diffusione di attività mercantili e commerciali. Sotto Filippo
aperto con la Spagna. Dopo una prima fase caratterizzata dalla guerra corsara inglese, nel 1588 Filippo II attaccò con una enorme flotta (Invincibile Armata) l’Inghilterra, ma le navi spagnole furono respinte con gravi perdite. L’Inghilterra conobbe anche un’espansione industriale, specie nel settore tessile, e coloniale, con l’occupazione della Virginia, prima colonia britannica in Nord America. Decadenza economica della Spagna Dopo la morte di Filippo II (1598), per la Spagna iniziò un periodo di decadenza economica e politica accentuatosi nel corso del Seicento. Alla base di questa crisi vi era la mentalità e il sistema di governo della classe dirigente, la nobiltà, che si dedicava al mestiere delle armi tralasciando le attività produttive, ritenute socialmente inferiori. La cacciata degli ebrei e dei musulmani convertiti, che praticavano commercio e agricoltura, danneggiò gravemente l’economia, che si basava sullo sfruttamento delle ricchezze provenienti dalle colonie e dai prelievi fiscali. In tal modo le ricchezze erano spese fuori dalla Spagna, per pagare beni e servizi. Chi se ne avvantaggiò maggiormente furono banchieri e mercanti tedeschi e olandesi.
Esercizi Comprendere e ordinare 1. Colloca sulla linea del tempo gli eventi elencati in ordine sparso. 1556
1. 2. 3. 4. 5. 6.
1558
1566
1568
1570
1571
sollevazione di numerose città nei Paesi Bassi battaglia di Lepanto uccisione dei conti di Egmont e di Hornes costituzione della Repubblica delle Province Unite Madrid diventa capitale del Regno di Spagna morte di Filippo II
2. Nelle frasi seguenti, segna il giusto completamento. a. La ribellione dei Paesi Bassi fu appoggiata da: Inghilterra e Francia. Francia e Germania.
Inghilterra e Germania. Francia e Spagna.
1579
1580
7. 8. 9. 10. 11.
1588
1598
1648
pace di Westfalia i turchi occupano l’isola di Cipro Filippo II eredita il Regno del Portogallo abdicazione di Carlo V spedizione dell’Invincibile Armata
b. Sotto il regno di Elisabetta I: nacque la Chiesa anglicana. nacque la potenza navale inglese. fu ripristinato il cattolicesimo. si ebbero i primi sintomi di decadenza economica.
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Modulo 8 Europa che cambia (1550-1650)
c. La battaglia di Lepanto ebbe luogo: nel 1570. nel 1571.
nel 1579. nel 1580.
d. L’Invincibile Armata era una flotta:
3. Associa alle seguenti parole chiave il significato corretto. anglicanesimo • Consigli • corruzione • corsaro • federazione • galeone • infedeli • polder • potere assoluto
spagnola. inglese.
Colui che non segue la fede religiosa presente in un popolo
e. Filippo II portò avanti una politica di:
Libero da ogni controllo o limitazione
turca. veneziana.
tolleranza religiosa. riconoscimento delle autonomie. rafforzamento del potere centrale. espansione coloniale. f. Nel XVI secolo, l’economia spagnola si basava soprattutto su: sfruttamento delle colonie. commercio e credito. attività agricole. attività manifatturiere. g. La Repubblica delle Province Unite corrispondeva: all’attuale Olanda. agli attuali Olanda e Belgio. agli attuali Olanda e Lussemburgo. agli attuali Olanda, Belgio e Lussemburgo.
Chi attacca navi per depredarle su autorizzazione di uno Stato Veliero militare di grandi dimensioni Zona posta a un livello inferiore a quello del mare e prosciugata artificialmente Dottrina della Chiesa d’Inghilterra Organi in cui sono ripartite le funzioni di governo Unione di Stati o di realtà politiche autonome Comportamento per il quale si viene meno a un dovere per denaro
4. Indica sulla cartina l’estensione territoriale dei possedimenti di Filippo II di Spagna, evidenziando con diversi colori le acquisizioni e le perdite territoriali. Indica poi i luoghi in cui ebbero luogo dei conflitti, aggiungendo per ognuno di essi la data.
Capitolo 32 La Spagna di Filippo II e l’Inghilterra di Elisabetta I
5. Completa la seguente tabella inserendo le informazioni mancanti. aumento • Belgio • calvinisti • cattolici • Francia • governatore • Inghilterra • Lussemburgo • Olanda • pacificazione • persecuzione • personale • protestanti • re • repressione • Province Unite • rivolta • saccheggi • Spagna
LA RIVOLTA NEI PAESI BASSI
CAUSE
• Cause politiche: governo guidato da ....................... fedele al ......... di .................................... • Cause fiscali: ............................. delle tassazioni • Cause religiose: ....................................... di .............................. e ........................................................
SCHIERAMENTI
• Ribellione sostenuta da ..................................................... e ..............................................................
EVENTI SALIENTI
• ....................................................................................... nelle città • ....................................................................................... e violenze • ........................................................................................ spagnola • Guglielmo I Orange nominato ..................................................... delle province occidentali
ESITO
• NORD:..................................; Repubblica delle ..................................................... (...........................) • SUD: ............................; .......................... con la ............................... (........................., ..........................)
Analizzare e produrre 6. Rispondi alle seguenti domande e usa le informazioni raccolte per completare le tabelle. 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8.
Su quali territori si estendeva il regno di Filippo II? Quali linee guida seguiva la sua politica? Quali organi di governo esistevano? Quali problemi si verificarono all’interno? Quali all’esterno? Con quale esito? Che tipo di organizzazione aveva l’esercito? Quali erano i poteri del re in ambito ecclesiastico? Quale decisione ebbe importanti conseguenze in ambito economico? Per quale motivo la Spagna entrò in guerra contro l’Inghilterra? Con quale esito?
7. Rispondi alle seguenti domande. 1. Che cosa caratterizzò le scelte di Elisabetta I in ambito politico ed economico?
2. Che cosa caratterizzò le scelte di Elisabetta I in ambito religioso? Quali schieramenti interni si crearono? 3. Che cosa originò il conflitto con la Spagna? In quali fasi può essere diviso? Che conseguenze ebbe? 4. Quali iniziative economiche furono prese? Quali nuove colonie furono create? Leggi la scheda “William Shakespeare e l’invenzione del teatro pubblico” a p. 369 e rispondi alle seguenti domande. 1. Che cosa scrisse William Shakespeare? Da che cosa trasse ispirazione? 2. Che cosa caratterizza i personaggi delle sue opere? 3. Quali novità caratterizza il teatro nel periodo elisabettiano? Sulla base delle informazioni raccolte, scrivi un testo di almeno 12 righe dal titolo “L’Inghilterra elisabettiana”.
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Modulo 8 Europa che cambia (1550-1650)
33 L’Europa fra crisi
Capitolo
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e sviluppo
Percorso breve Il XVII secolo vide manifestarsi in Europa un totale rinnovamento degli equilibri economici e politici. In alcuni paesi (particolarmente la Spagna e l’Italia) la crescita economica e demografica che aveva caratterizzato il secolo precedente si arrestò, a causa di una generale crisi della produzione agricola, accentuata dal raffreddamento climatico, e di una nuova ondata di epidemie di peste. Il vistoso calo della popolazione fu accompagnato da una stagnazione dell’economia, dovuta, in Italia, alla crisi delle attività manifatturiere, tessili in particolare, che continuavano a puntare sulle merci di lusso in un mercato in cui la domanda di questi prodotti cominciava a calare a causa della minore disponibilità economica di lavoratori e proprietari terrieri. Da parte sua la Spagna, dove l’industria non aveva trovato alcuno sviluppo, conobbe un rapido declino economico e si avviò a perdere il primato politico di cui aveva goduto nel Cinquecento. Un altro paese che nel Seicento attraversò una gravissima crisi fu la Germania, devastata dalla guerra dei Trent’anni, causata da ostilità politiche, economiche e religiose, che dal 1618 al 1648 fu combattuta sul suo territorio da numerose potenze europee. Al termine di questo conflitto – catastrofico sul piano economico e demografico – l’Impero si era dissolto e la Germania risultava divisa in centinaia di piccoli Stati autonomi. Al contrario, nel Seicento si sviluppò l’economia mercantile dell’Olanda, un paese nuovo, nato dalla rivolta contro i dominatori spagnoli nei Paesi Bassi: mettendo a frutto le capacità imprenditoriali di una classe borghese straordinariamente attiva (e aperta al contributo di numerosi protestanti esuli dai paesi cattolici), questo paese seppe costruire in pochi decenni un vero impero commerciale allargato su quattro continenti. Analogamente si rafforzò la potenza navale inglese, e in entrambi i paesi il sistema produttivo si sviluppò, in controtendenza con la crisi italiana e spagnola, puntando non sul settore agricolo ma su quello commerciale e industriale, e sulla produzione
Un reparto di moschettieri durante la guerra dei Trent’anni
di merci non di lusso bensì di più largo uso (in particolare, tessuti di cotone anziché di lino o di seta). Gli olandesi riuscirono inoltre a conquistare un ruolo predominante nel commercio delle spezie asiatiche.
Capitolo 33 L’Europa fra crisi e sviluppo
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33.1 La crisi del Seicento in Italia e in Spagna Fine della crescita cinquecentesca Fra XV e XVI secolo l’Europa aveva conosciuto un vero e proprio boom demografico: nel 1600 la popolazione del continente si attestava oltre i 100 milioni, il doppio di due secoli prima. La principale conseguenza economica di tutto ciò era stato lo sviluppo dell’agricoltura e della produzione manifatturiera, nei settori tessile, minerario, edilizio, metallurgico [ 27.1 e 27.3]. Tale situazione bruscamente cambiò nel XVII secolo, tra il 1620 e il 1660, quando una drammatica crisi investì l’Italia, la Spagna e la Germania; anche Inghilterra, Scandinavia, Olanda e Francia ne furono colpite, ma in maniera assai più marginale e (come vedremo) con maggiori capacità di reazione. Cambiamenti climatici, carestie, epidemie I fattori che nel Cinquecento avevano sostenuto lo sviluppo a poco a poco mutarono di segno. Già dalla fine del secolo una serie di cattivi raccolti colpì la popolazione. Tali difficoltà ebbero effetti profondi e si tradussero ben presto in gravi carestie, poiché la “cerealizzazione” dell’economia (cioè il fatto di avere puntato in maniera sempre più esclusiva sulla coltivazione dei cereali) rendeva poco elastico, e perciò fragile, il sistema produttivo. La mancanza di varietà alimentare era un pericolo per la sicurezza della popolazione, e costituiva un rischio anche per i proprietari di terre. Un generale raffreddamento climatico (che perdurò fino a metà dell’Ottocento) aggravò la situazione, rendendo meno produttiva l’agricoltura. Su questa situazione di malessere si innestò una nuova ondata di malattie e di epidemie, fino al ritorno della peste a metà del secolo. Crisi demografica e manifatturiera La diffusa insicurezza sociale invertì la tendenza del secolo precedente, innalzando l’età del matrimonio, abbassando i tassi di fertilità e accelerando il calo della popolazione. I segni furono subito evidenti sul piano demografico: tra 1600 e 1650, la popolazione in Italia calò da 13,5 a 11,7 milioni, in Spagna (compreso il Portogallo, a quel tempo sotto il dominio spagnolo) da 10,5 a poco più di 9. Di conseguenza calò la domanda dei beni di consumo, i prezzi delle derrate agricole si abbassarono e così pure la richiesta di manufatti. Ma la crisi demografica, legata alle carestie e alle epidemie, non fu la sola causa della depressione economica. Disuguaglianze sociali Soprattutto un carattere distingueva la società italiana e spagnola del Seicento: l’esistenza di fortissimi squilibri in ogni campo, nei rapporti sociali, nella distribuzione della ricchezza, nei modi di vivere. Era un mondo dominato da violenti contrasti, estrema ricchezza ed estrema povertà, estrema potenza ed estrema soggezione: Luigi Scaramuccia, Federico Borromeo visita il lazzaretto di Milano durante la peste del 1630, 1670 [Biblioteca Ambrosiana, Milano]
In questo quadro è ben visibile la disperazione degli ammalati “rinchiusi” nel lazzaretto di Milano. Federico Borromeo, vescovo di Milano dal 1595 e cugino del più famoso Carlo Borromeo di cui fece costruire la statua, diede esempio di grande carità durante la carestia del 1628 e la peste del 1630.
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Modulo 8 Europa che cambia (1550-1650) una società fondata sul privilegio e sulla disuguaglianza. In questi paesi più che in altri, i profitti delle attività produttive si concentravano quasi completamente nelle mani degli imprenditori e dei proprietari terrieri, mentre la massa dei lavoratori (contadini, operai, artigiani) aveva risorse assai limitate e non poteva permettersi acquisti costosi.
Crisi del mercato di lusso Di fronte a una crisi come quella che si verificò agli inizi del Seicento, una scelta possibile – che in effetti fu praticata, con successo, nelle manifatture olandesi e inglesi – era quella di offrire sul mercato prodotti a basso costo, accessibili a tutti. Ma nell’Italia spagnola ciò non accadde: le manifatture continuavano a produrre merci di lusso, riservate a un numero esiguo di acquirenti. Quando anche i ceti forti (nobiltà, proprietari terrieri, borghesia degli affari) risentirono le conseguenze della crisi, il mercato e le attività produttive languirono. Ancor più evidente fu la crisi economica in Spagna, per l’arretratezza dei sistemi agricoli e per lo scarso sviluppo delle attività manifatturiere, che la classe dominante disdegnava, consegnando il paese a una pressoché totale dipendenza dalle importazioni straniere.
33.2 La guerra dei Trent’anni (1618-48) e la crisi della Germania Debolezza politica, discordie religiose Nella prima metà del Seicento una grave crisi sconvolse il mondo di lingua tedesca. Frammentato in una molteplicità di Stati, diviso dalle barriere doganali e dai contrasti religiosi fra protestanti e cattolici, reso instabile dalle rivalità politiche fra i principi locali e gli Asburgo, detentori di un titolo imperiale ormai svuotato di potere effettivo, l’Impero faticava a competere con le grandi monarchie nazionali che si erano sviluppate sul finire del Medioevo e nei primi secoli dell’età moderna. «La Germania – aveva scritto l’ambasciatore veneto Girolamo Soranzo in una relazione del 1563 – non è inferiore a qualsivoglia altra provincia del mondo per ampiezza di sito, abbondanza di città, numero di popoli, quantità e potenza di principi. Ma la diversità delle religioni, le intestine discordie, le contese tra li principi e le comunità, la rendono in se stessa litigiosa, disunita, et debole. Li principi non vogliono riconoscere l’imperatore per loro capo. Le città vogliono dipendere assolutamente da se stesse, senza haver superiorità alcuna. E tali disunioni interne, et la diversità di religione, rendono la Germania debole et fiacca».
Aa Documenti Scorrerie e devastazioni nella Germania in guerra Nel 1669 lo scrittore tedesco Hans Jakob Christoffel von Grimmelshausen (16211676) pubblicò un romanzo intitolato L’avventuroso Simplicius Simplicissimus. Ambientato in Germania durante la guerra dei Trent’anni (1618-48), esso descrive in modo pittoresco, ma tristemente realistico, i tragici eventi che in quell’epoca sconvolsero
L
il paese. Nel brano che qui riportiamo si racconta il saccheggio da parte dei soldati del villaggio in cui vive il protagonista Simplicius, assieme ai genitori e alla sorella. A essere depredate sono soprattutto le riserve alimentari, che i soldati requisiscono o distruggono in modo sistematico: a prescindere dalla raffigurazione letteraria
a prima cosa che quei cavalieri fecero, appena entrati negli appartamenti, fu di mettervi al riparo i loro cavalli; poi ognuno ebbe da eseguire un suo particolare lavoro che annunziava rovina e distruzione. Alcuni si misero a macellare, a mettere a lesso e ad arrosto come se si stesse preparando un gran banchetto. Altri rovistarono e misero sossopra tutta la casa senza risparmiar nemmeno la latrina [...]; altri ancora fecero grossi pacchi di panni, di vestiti e di tutti gli arnesi di casa, che pareva volessero metter su un mercato di rivendu-
e dalle ironiche esagerazioni stilistiche, scene come queste avvenivano realmente (i soldati del tempo si procuravano da mangiare arraffando qua e là nelle campagne, non avendo regolari vettovaglie al seguito) e con ogni probabilità furono vissute di persona dall’autore, che tra il 1635 e il 1638 militò nell’esercito imperiale.
glioli, e quello che non credettero opportuno prender con sé lo misero in pezzi. Alcuni infilavano le spade nel fieno e nella paglia come se non avessero avuto abbastanza pecore e porci da infilzare, altri tolsero le piume dai materassi e li riempirono di lardo, carne affumicata e altre vivande come se così ci si potesse dormir meglio. Altri distrussero il focolare e le finestre, che sembrava volessero annunziare un’eterna estate, spezzarono gli utensili di rame e di peltro e fecero fagotto dei rottami informi. Appiccarono fuoco ai letti, alle
Capitolo 33 L’Europa fra crisi e sviluppo Scoppia la guerra A rendere drammatica una situazione già difficile intervenne la guerra dei Trent’anni, così chiamata per la sua durata (1618-48), un conflitto in cui si mescolarono motivazioni di ordine religioso, politico ed economico. La scintilla che diede origine alla guerra si accese in Boemia, dove erano forti sia il senso di identità nazionale (formatosi durante le guerre hussite del XV secolo, 21.7) sia l’opposizione dei calvinisti all’opera di “tedeschizzazione” e di “cattolicizzazione” promossa dagli Asburgo, che dal 1526 dominavano nuovamente il regno. Il 23 maggio 1618, una folla di ribelli boemi invase il palazzo reale di Praga e gettò dalla finestra i delegati dell’imperatore cattolico Ferdinando II (1619-37), dichiarando quest’ultimo decaduto dal trono. L’episodio passò alla storia come la “defenestrazione di Praga” e diede avvio alla guerra. La successiva elezione a re di Boemia del protestante Federico V (1619-20) fece schierare gli Stati europei in due campi: da una parte quelli che appoggiavano gli Asburgo (Spagna, Baviera, Sassonia, Polonia) e dall’altra quelli che sostenevano Federico (la maggior parte degli Stati protestanti germanici, l’Inghilterra, l’Olanda). La posta in gioco era alta: la supremazia della religione cattolica o di quella protestante nell’Impero avrebbe provocato conseguenze politiche importanti per tutti gli Stati europei. Il conflitto si allarga Nel 1620 gli Asburgo d’Austria e i loro alleati sconfissero i boemi nella battaglia della Montagna Bianca, nei pressi di Praga, e iniziarono una dura persecuzione dei protestanti in Boemia e in Germania. Frattanto la Spagna colse l’occasione per attaccare l’Olanda, che nel 1579 si era ribellata al duro e vessatorio dominio spagnolo e si era resa indipendente [ 32.2]. Contro l’Austria e il programma di rafforzamento imperiale si schierarono altri due sovrani di fede protestante: il re di Danimarca
Wenzel von Brozik, La defenestrazione del 1618, XIX sec. [National Gallery of Victoria, Melbourne]
Questo dipinto ottocentesco mostra quella che fu chiamata la “defenestrazione di Praga”. Il 23 maggio del 1618 una delegazione di riformati guidati dal conte di Thurn entra nel castello di Praga. Non trovando il re, i ribelli sfogano la loro rabbia scaraventando dalle finestre due delegati imperiali con il loro segretario.
Jacques Callot, Il saccheggio di una fattoria, 1633 [da Les Misères et les Malheurs de la Guerre; Bildarchiv Preussischer Kulturbesitz, Berlino]
tavole, alle sedie, alle panche sebbene in cortile ci fossero molte cataste di legna secche. Pentole e stoviglie vennero fatte a pezzi, sia perché preferivano mangiar carne arrosto, sia perché pensavano di tener lì un unico pasto.
La nostra serva, nella stalla, fu trattata in modo tale che non ne poté più uscire, cosa che riferisco con gran vergogna. H.J.Ch. Grimmelshausen, Simplicissimus, a cura di E. Bonfatti, Milano 1992
377
Modulo 8 Europa che cambia (1550-1650) Cristiano IV (1588-1648), che fu subito sconfitto, e il re di Svezia Gustavo Adolfo (161132), che ambiva al controllo del Baltico (una delle zone-chiave dell’economia europea) e al potenziamento del proprio Stato, avvalendosi di un esercito tra i più moderni e addestrati dell’epoca. Gustavo Adolfo penetrò in territorio tedesco e inflisse diverse sconfitte alle truppe imperiali (a Breitenfeld e a Lützen), ma la sua morte, avvenuta nel 1632, permise agli Asburgo di riprendere il controllo della situazione (grazie anche alla vittoria riportata dalle truppe spagnole su quelle svedesi nella battaglia di Nördlinger).
33.3 L’intervento della Francia, la fine della guerra e le sue conseguenze
MARE DEL NORD
PR O UN VIN IT CE E
PAESI BASSI SPAGNOLI
L’intervento della Francia L’uscita di scena della Svezia rafforzò la Casa d’Austria e, a questo punto, per arginare le possibili minacce d’espansione degli Asburgo, scese in campo la Francia: il re Luigi XIII (1610-43) e il suo primo ministro Richelieu decisero di colpire intervenendo contro gli spagnoli, impegnati nella guerra contro l’Olanda. Non era più una questione di predominio religioso: le forze che ora si combattevano erano PRUSSIA cattoliche e apertamente contrapposte. La vittoria francese di Rocroi (1643) evidenziò il declino politico e militare della Spagna e la successiva penetrazione in Baviera contro le truppe imperiali prefigurò la dissoluzione del potere imperiale in Germania. BRANDEBURGO POLONIA
La pace di Westfalia Nel 1648, l’imperatore Ferdinando III (1637-57) decise di porre termine al conflitto e firmò una serie di trattati noti, nel loro insieme, come pace di Westfalia. Fu sancita Lützen 1632 la vittoria Breitenfelddella 1631 Francia e dei suoi alleati danesi e svedesi, e la sconfitta dell’imperatoreSASSONIA e della Spagna. La Francia ottenne le regioni dell’Alsazia e
Le principali operazioni Rocroi 1643 nella guerra dei Trent’anni
Nördlingen 1634
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Offensiva imperiale Offensiva spagnola Marce di Gustavo Adolfo Offensiva francese Battaglie
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Capitolo 33 L’Europa fra crisi e sviluppo
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Jacques Callot, L’impiccagione, 1633 [da Les Misères et les Malheurs de la Guerre; Bildarchiv Preussischer Kulturbesitz, Berlino]
I massacri sistematici, operati dalle fazioni in campo, furono la causa principale del disastro demografico ed economico che colpì la Germania nel XVII secolo.
della Lorena, sottratte all’Impero, e il versante settentrionale dei Pirenei, sottratto alla Spagna. Il Regno di Svezia si annesse la Pomerania; la Danimarca confermò il suo dominio sui ducati tedeschi di Schleswig e Holstein. Le Province Unite (o Olanda) furono ufficialmente riconosciute come Stato indipendente.
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Una catastrofe economica e demografica La guerra dei Trent’anni fuDANIMARCA una delle massime catastrofi nella storia dei paesi tedeschi, con conseguenze drammatiche i cui effetti perdurarono per oltre un secolo. Un disegnatoreMARE francese, Jacques Callot (1592-1635), riDEL NORD produsse nelle sue incisioni molti aspetti delle conseguenze di questa guerra, in immagini di forte drammaticità che testimoniano da vicino quel terribile periodo della storia tedesca. Lubecca P Fu una catastrofe demografica, in primo luogo: perdite enormi fra la popolazione, O M ERA NIA che in certe zone superarono il 60% del totale e furono provocate,Amburgo più che dalle battaglie,
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Le conseguenze della guerra dei Trent’anni
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Vienna AUSTRIA diminuzione della popolazione: fino al 15 % 15 - 30 % 30 - 60 % oltre il 60 % Lützen 1632 battaglie confini dell’Impero nel 1648
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Confini dell’Impero nel 1648
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Modulo 8 Europa che cambia (1550-1650) dalle devastazioni e dai saccheggi degli eserciti, che si impadronivano delle riserve alimentari dei contadini e creavano intorno a sé il deserto (ai soldati, a quel tempo, era permesso il saccheggio come modalità “normale” di approvvigionamento, Documenti, 33.2). Ciò contribuì a diffondere epidemie, in particolare la peste che dal 1625 al 1639 dilagò mietendo vittime da una regione all’altra: in Moravia, Slesia e Boemia, dove maggiormente infuriò la pestilenza, la popolazione in quegli anni scese da 4 milioni a 2 milioni e mezzo. La scomparsa di tanta parte della popolazione ebbe come effetto anche una gravissima crisi economica: molte regioni che già avevano avuto un grande sviluppo mercantile, produttivo e finanziario regredirono a forme di economia basate su un’agricoltura di pura sussistenza.
Gerard Ter Borch, Gli inviati delle potenze europee prestano giuramento, 1648 [National Gallery, Londra]
La pace di Westfalia, siglata dalle maggiori potenze europee, di fatto smembrava la Germania in numerosi piccoli Stati e garantiva l’indipendenza dei Paesi Bassi e della Svizzera. Fu siglata nella città di Münster il 24 ottobre 1648.
Memo
La pace di Augusta Questo accordo venne stipulato nella città tedesca di Augusta tra Carlo V (1519-56) e i principi di fede luterana riuniti nella Lega di Smalcalda [ 28.4]. La pace prevedeva di fatto la divisione della Germania tra cattolici e protestanti, sancendo la legittimità di entrambe le fedi e proclamando il principio cuius regio eius religio secondo il quale i sudditi dovevano seguire la religione del principe a cui apparteneva il territorio dove abitavano. L’imperatore poneva così fine a un lungo periodo di lotte religiose che avevano insanguinato l’Impero.
La libertà religiosa, il tramonto dell’Impero Sul piano degli equilibri internazionali la guerra dei Trent’anni segnò la fine dei conflitti di religione, tristemente inaugurati a metà del secolo precedente con i primi scontri fra cattolici e protestanti. La pace di Westfalia riconobbe ai principi la libertà di optare fra tre confessioni: cattolicesimo, luteranesimo o calvinismo (quest’ultimo, non previsto dalla pace di Augusta del 1555). Ai sudditi, che secondo la pace di Augusta dovevano seguire la religione del loro principe , fu riconosciuto il diritto di praticare privatamente qualsiasi culto. Sul piano politico la Germania fu smembrata in una miriade di piccoli Stati, circa 350, a ciascuno dei quali era concessa una quasi totale autonomia, anche in politica estera. Di fatto, l’Impero non esisteva più.
33.4 Il secolo d’oro dell’Olanda Uno Stato particolare Nell’Europa del XVII secolo, l’Olanda (o Stato delle Province Unite) si caratterizzava per un modello politico, un tipo di società e forme di cultura profondamente originali: aveva, infatti, istituzioni repubblicane (in un’età in cui prevalevano le monarchie), popolazioni urbane numericamente superiori a quelle rurali (in un continente popolato in prevalenza di contadini), un regime di grande tolleranza religiosa (in un’epoca di feroci lotte a sfondo religioso). Lo Stato delle Province Unite, nato nel 1579 dalla ribellione anti-spagnola nei Paesi Bassi [ 32.2] e riconosciuto nel 1648 dalla pace di Westfalia, occupava una regione strategica dell’Europa, al centro di importanti vie di comunicazione fluviali: vi confluivano i delta di tre fiumi (Reno, Schelda, Mosa) essenziali per i trasporti interni europei. Ma i traffici olandesi guardavano soprattutto al mare. Una repubblica di mercanti Fu in funzione marittima che l’Olanda investì ingenti risorse nella cantieristica navale, dotandosi di una flotta efficientissima che a poco a poco monopolizzò l’attività di scambio e di intermediazione sul Baltico: dai paesi dell’est e del nord si importavano legname e grano che venivano poi avviati verso il continente; dalla penisola iberica si importavano vini, pesce, sale, prodotti coloniali che venivano ridistribuiti in direzione nord-est. Non per nulla fu un olandese, Ugo Grozio (nome latinizzato di Huig van Groot, 1583-1645), a teorizzare la libertà di navigazione come diritto naturale dei popoli, affermata in un’opera del 1609 intitolata Mare liberum (in latino, ‘mare libero’). La funzione di interscambio commerciale che per secoli era stata svolta dai mercanti italiani, soprattutto veneziani e genovesi, improvvisamente si trovò spostata più a nord. Fu il segno più forte di quanto fossero mutati gli equilibri economici: in un momento di forte crisi dell’agricoltura, il mercato premiava le realtà più dinamiche e versatili, non strettamente dipendenti dall’economia agraria.
Capitolo 33 L’Europa fra crisi e sviluppo
381
L’espansione economica In Olanda, le importazioni dai paesi baltici bastavano a soddisfare i bisogni di grano, così che gli imprenditori locali potevano concentrarsi su colture specializzate, piante industriali (lino e canapa), sistemi di allevamento innovativi (che per la prima volta selezionavano specie da carne e specie da latte e latticini). Anche in campo manifatturiero si seguirono vie diverse da quelle tradizionali: l’industria tessile olandese, al contrario di quella italiana o fiamminga (Paesi Bassi spagnoli), cominciò a produrre panni di lana a basso costo, più adatti a un mercato contratto e “difficile” come quello del Seicento. I nuovi prodotti a poco a poco conquistarono il mercato europeo, anche nell’area mediterranea, tradizionale sbocco delle manifatture italiane di alta qualità. Dall’Italia ora cominciarono a essere esportati non più tessuti finiti, ma materia prima, lana e seta destinate alle manifatture di Amsterdam, Leida, Utrecht. In questo modo l’Olanda vide fiorire la sua economia e si avviò a vivere, nel Seicento, quello che fu definito il suo “secolo d’oro”. La fioritura culturale Arte e cultura testimoniarono in maniera splendida questo particolare periodo di benessere dell’Olanda e pittori come Pieter Paul Rubens (1577-1640), Antoon Van Dyck (1599-1641), Jan Vermeer (1632-1675), Rembrandt van Rij (1606-1669) diventarono famosi in ogni parte d’Europa. Il filosofo Baruch Spinoza (1632-1677) si affermò tra i più grandi pensatori del tempo; il giurista Ugo Grozio (1583-1645) formulò, come abbiamo visto, le prime teorie di diritto internazionale; grande sviluppo ebbe anche l’industria della stampa: Amsterdam divenne, accanto a Venezia e a Lione, uno dei centri editoriali più importanti d’Europa.
33.5 La costruzione dell’impero coloniale olandese Il commercio delle spezie Nel 1591, durante la guerra tra la Spagna e le province settentrionali dei Paesi Bassi, suoi ex domini, il re Filippo II escluse gli olandesi dai privilegi commerciali concessi ai mercanti spagnoli, italiani e tedeschi per vendere in Europa le spezie che giungevano negli scali marittimi di Spagna e Portogallo. Gli olandesi cercarono di superare la difficoltà attivando un contatto diretto con i paesi asiatici produttori di spezie. Lo fecero seguendo il modello di espansione portoghese [ 26.3], sia nell’itinerario (la circumnavigazione dell’Africa), sia nel modo di inAlbert Cuyp, Un mercante della Compagnia delle Indie e sua moglie di fronte al porto di Batavia, XVII sec. [Rijksmuseum, Amsterdam]
In questo quadro un ricco mercante, accompagnato dalla moglie, mostra le sue navi allo spettatore mentre uno schiavo indigeno gli fa ombra con un grande ombrello decorato. Dopo aver cacciato i portoghesi, gli olandesi stabilirono le loro basi commerciali nelle Indie orientali.
Nuova Modulo 8 Europa che cambiaAmsterdam (1550-1650) (New York) 1664
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Il diplomatico inglese William Temple (1628-1699) descrisse l’eccezionale floridezza economica dell’Olanda sottolineando come essa non fosse dovuta alla ricchezza di risorse, bensì all’ingegno del suoi abitanti: «Non si trova alcun paese dove ci sia un così grande commercio come nel piccolo territorio delle quattro province marittime di questa repubblica, dove si ritiene che ci siano più navi che in tutto il resto dell’Europa. Tuttavia il paese non produce niente che possa servire per costruire o equipaggiare il più piccolo battello. Non si può neppure dire che siano
i prodotti agricoli che nascono nel paese ad arricchire l’Olanda, ma è soprattutto attraverso l’industria e a forza di lavorare che qui si acquistano grandi ricchezze, cosicché l’Olanda è diventata il magazzino di rifornimento di tutta l’Europa». Grazie al dinamismo economico e alla tolleranza religiosa che favorì l’immigrazione di protestanti e di comunità ebraiche, in Olanda si concentrarono uomini, capitali, risorse intellettuali e manodopera specializzata. La popolazione, che nei paesi mediterranei diminuiva, qui al contrario aumentò. Amsterdam fu una delle città
più aperte ad accogliere e a dare rifugio ai perseguitati religiosi, e da ciò trasse un grande beneficio sia a livello economico (perché spesso chi arrivava contribuiva alla crescita del benessere cittadino) sia a livello culturale e civile: l’abitudine – propria delle città con porti internazionali – a frequentare genti diverse, di ogni provenienza, stimolò gli scambi e rafforzò il senso di convivenza tra le persone. Amsterdam era già da tempo uno dei porti più importanti dell’Europa settentrionale, per gli scambi con le regioni baltiche, ma nel Seicento la città divenne il centro economico più attivo e dinamico d’Europa. Ai traffici da e verso il Mar Baltico e il Mare del Nord si erano sommati quelli verso le colonie americane e le coste africane e asiatiche. Una varietà enorme e diffeJob Adriaenszoon Berckheyde, La Borsa di Amsterdam, 1668 ca. [Museum Boymansvan Beuningen, Rotterdam]
La Borsa di Amsterdam era il centro dell’attività mercantile dell’intera Olanda. Fu terminata nel 1611 sul modello di altre borse europee. All’interno della borsa i mercanti acquistavano e vendevano merci, contrattavano sui prezzi, concludevano affari.
Capitolo 33 L’Europa fra crisi e sviluppo sediarsi nei paesi raggiunti: non tanto una conquista “politica” del territorio, come era avvenuto nelle colonie spagnole, ma lo stanziamento di basi commerciali sulle coste, finalizzate al controllo degli scambi, e l’occupazione di terre (concordata con le autorità locali) destinate alla coltivazione e alla raccolta delle spezie.
La Compagnia delle Indie orientali Nel 1596 navi olandesi giunsero a Giava, in Indonesia, e vi stabilirono la prima base commerciale. Altri viaggi furono finanziati da diverse compagnie, finché nel 1602 fu direttamente lo Stato delle Province Unite a promuovere l’istituzione di una società, la Compagnia unita delle Indie orientali (Verenigde Oostindische Compagnie), in cui furono aggregate le forze e i capitali di sei società private. A questa società fu concesso il monopolio dei commerci nell’Oceano Indiano, nell’area compresa fra Africa e Asia; a tal fine essa poteva attivare rapporti e istituire accordi con i governi locali, e armare un proprio esercito. Si avviò in questo modo una spregiudicata politica commerciale, che nel giro di alcuni anni portò sotto il controllo olandese gran parte del traffico di spezie in queste aree, grazie ad accorte azioni diplomatiche e grazie anche all’uso della forza, che eliminò i concorrenti nelle regioni controllate: per esempio, nel 1637 i portoghesi furono espulsi dall’isola di Ceylon. La Compagnia delle Indie olandese ebbe il suo centro operativo a Batavia (Djakarta) in Indonesia; agli inizi del Settecento possedeva 180 navi armate e manteneva un esercito di oltre 25.000 uomini. Essa mise in atto una politica coloniale sistematica e rigorosa, che rappresentò un modello per l’espansione coloniale degli altri paesi europei. In particolare la Compagnia attuò un programma di specializzazione delle colture (coltivazione della noce moscata a Banda, di chiodi di garofano ad Amboina, di pepe e caffè a Giava, di cinnamomo a Ceylon, ecc.) in piantagioni lavorate da squadre di schiavi. In quei decenni l’Olanda diventò il principale emporio di spezie dell’Europa.
renziata di prodotti provenienti da tutto il mondo circolava nelle banchine del porto: cacao, pellicce, argento e oro dalle Americhe; seta, caffè e spezie dall’Asia; oro e argento dall’Africa; ferro, legna, aringhe essiccate e olio di balena (usato per l’illuminazione) dal Baltico. In poco tempo la città si era trasformata nel principale centro finanziario del mondo. Alla base di questo grandioso sviluppo contribuì anche l’istituzione, nel 1609, della Wisselbank, la Banca dei cambi. Era la prima banca pubblica creata in Europa, gestita e controllata dalle magistrature cittadine che con rigore e serietà fecero di questa istituzione il “porto” sicuro e stabile dove effettuare trasferimenti di conti e depositi. Il suo fine, infatti, non fu il profitto ma la correttezza delle operazioni finanziarie. Per caratteristiche quasi opposte si distinse un altro istituto fondamentale di Amsterdam: la borsa. Completata nel 1611 e costruita sul modello di quella inglese, la Borsa di Amsterdam fu il luogo principale dove si svolsero gli affari economici di tutto il Seicento europeo. Qui il rischio economico e l’intraprendenza finanziaria facevano da contraltare all’affidabilità della Wisselbank; accanto a operosi mer-
canti si potevano incontrare anche piccoli speculatori che, in un modo o nell’altro, tentavano di ricavare qualche profitto. Una delle poche regole fisse era l’orario in cui si trattavano gli affari: da mezzogiorno alle
due, tra i portici e il cortile, una massa di commercianti, uomini d’affari, agenti e investitori si industriavano a comprare e vendere prodotti, contrattare sui prezzi, discutere e concludere accordi. Abraham Storck, La torre delle aringhe ad Amsterdam, XVII sec. [Historisch Museum, Amsterdam]
La pesca e i traffici che ne derivavano costituivano una voce importante dell’economia olandese del Seicento. Nel quadro è ben rappresentata la maestosa torre, costruita nel porto di Amsterdam, in cui venivano conservati i barili di aringhe.
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Modulo 8 Europa che cambia (1550-1650) La Compagnia delle Indie occidentali Nel 1614, sul modello della Compagnia delle Indie orientali, fu fondata un’analoga Compagnia delle Indie occidentali, che mise in atto una guerra corsara contro le navi spagnole nell’Oceano Atlantico. Il principale insediamento coloniale nell’America del sud avvenne in Brasile a danno dei portoghesi, ma l’iniziativa fu poi abbandonata. Nell’America settentrionale, presso l’estuario del fiume Hudson, gli olandesi fondarono (1624) la colonia di Nuova Amsterdam, ribattezzata New York quando, più tardi, passò agli inglesi. Nell’insieme i successi dei mercanti olandesi nel continente americano furono meno significativi di quelli operati nel versante asiatico. Per questo motivo la Compagnia delle Indie occidentali nel 1674 fu sciolta.
33.6 Crescita e consolidamento dell’Inghilterra Una competizione marittima e manifatturiera Dalla seconda metà del XVII secolo, l’ulteriore sviluppo dell’Olanda trovò un limite invalicabile nella concorrenza e nella rivalità dell’Inghilterra e della Francia. La concorrenza tra inglesi e olandesi riguardava sia il controllo dei traffici marittimi, sia il settore delle manifatture tessili, che in entrambi i paesi era in grande crescita grazie allo sviluppo di analoghe strategie economiche: in entrambi i casi si puntava su manufatti di media qualità, accessibili a un pubblico più ampio in un momento in cui le merci di lusso (tradizionale prodotto delle manifatture italiane) faticavano a essere vendute sul mercato. L’espansione economica dell’Inghilterra Lo sviluppo mercantile e manifatturiero dell’Inghilterra risaliva all’epoca della regina Elisabetta I (1558-1603) che, nella seconda metà del XVI secolo, aveva sostenuto l’industria tessile e i commerci, potenziando la flotta e affermando la centralità di Londra come capitale economica del nord Europa [ 32.3]. Nello stesso periodo gli inglesi avevano iniziato a penetrare nel Nord America, occupando la colonia che in onore della regina fu chiamata Virginia. Nel 1581 fu fondata la Compagnia del Levante (Levant Company), una libera associazione di mercanti controllata dalla Corona. Nel 1606, tre anni dopo la morte della regina, sotto il regno di Giacomo I Stuart (1603-25), fu costituita la Compagnia inglese delle Indie orientali (East India Company), in diretta concorrenza con l’analoga Compagnia olandese. Lo scontro anglo-olandese Una svolta decisiva si ebbe nel 1651, quando il Parlamento inglese promulgò l’Atto di navigazione (Navigation Acts), un provvedimento di tipo protezionistico volto a sostenere e difendere gli interessi della marina inglese. Le norme di maggiore portata economica erano due: tutte le merci importate in Inghilterra dovevano essere trasportate da navi inglesi; solo le navi inglesi potevano commerciare con le colonie inglesi. Questa politica commerciale, che in seguito fu chiamata “mercantilismo”, suscitò numerosi conflitti con l’Olanda, nel 1652-54, nel 1664-67 e poi ancora nel 1672-76. A iniziare circa dal 1670 il consolidamento della potenza inglese, a cui si aggiunse la politica sempre più aggressiva della monarchia di Francia, provocò il progressivo declino dell’economia olandese, che tuttavia restò a lungo dominante sui mercati asiatici.
John Walcott Adams, Nuova Amsterdam, 1660
Capitolo 33 L’Europa fra crisi e sviluppo
Sintesi
L’Europa fra crisi e sviluppo
La crisi del Seicento in Italia e in Spagna Nel XVII secolo si ebbe in Europa un’inversione di tendenza rispetto al boom demografico e si manifestò una crisi economica, specie in Italia, Spagna e Germania. Alla base vi fu l’indebolimento dei fattori dello sviluppo: una serie di cattivi raccolti che provocarono carestie, un raffreddamento climatico, la diffusione di epidemie e il ritorno della peste. La conseguente insicurezza sociale determinò un calo sia della popolazione sia della domanda di beni di consumo, dei prezzi delle derrate agricole, della richiesta di manufatti. Altra causa furono i forti squilibri sociali; in Italia si producevano merci di lusso, la cui domanda calò; in Spagna l’arretratezza dell’agricoltura e lo scarso sviluppo delle manifatture determinarono la dipendenza economica dalle importazioni estere. La guerra dei Trent’anni (1618-48) e la crisi della Germania Nel XVI secolo entrarono in crisi anche le popolazioni tedesche. Le difficoltà che dovette affrontare l’Impero erano dovute alla situazione politica frammentaria e instabile e alle divisioni interne, anzitutto religiose. In questo quadro scoppiò la guerra dei Trent’anni (1618-48) per cause religiose, politiche, economiche. Il conflitto scoppiò in Boemia, dove era forte l’opposizione calvinista alla cattolicizzazione portata avanti dall’Impero. Si crearono due schieramenti contrapposti: gli Asburgo, cattolici, erano sostenuti da Spagna, Baviera, Sassonia e Polonia, mentre il re di Boemia Federico V, protestante, era sostenuto dagli Stati protestanti tedeschi, Olanda, Inghilterra, poi anche da Danimarca e Svezia. La posta in gioco era l’egemonia religiosa sull’Impero. In una prima fase fu la Spagna a controllare la
situazione, specie dopo la morte del re svedese Gustavo Adolfo. L’intervento della Francia, la fine della guerra e le sue conseguenze In seguito alla sconfitta svedese entrò in guerra la Francia, per contrastare l’espansione asburgica, il che segnò il superamento della dimensione religiosa del conflitto: ora vi era contrapposizione tra forze cattoliche. Le vittorie francesi evidenziarono il declino della Spagna e dell’Impero. La pace di Westfalia (1648) sancì la vittoria della Francia e degli alleati. I principi tedeschi furono così liberi di scegliere la confessione religiosa tra calvinismo, cattolicesimo e luteranesimo; ai sudditi era riconosciuta libertà di culto; l’Impero tedesco di fatto cessava di esistere, frammentandosi in centinaia di piccoli Stati autonomi. Per la Germania si ebbero pesanti conseguenze demografiche ed economiche: al calo della popolazione si aggiunsero epidemie, e si arrestò lo sviluppo mercantile. Il secolo d’oro dell’Olanda Nel panorama europeo del XVI secolo emerge l’Olanda, situata in una posizione geografica strategica e con un modello statale originale: una repubblica con una politica di tolleranza religiosa e un peso preponderante della popolazione urbana. Assunsero crescente importanza i traffici via mare e fu allestita un’efficiente flotta che controllava gli scambi commerciali sul Baltico. Gli imprenditori erano specializzati nella coltivazione di piante industriali e nell’allevamento di specie da carne e da latte. Le manifatture tessili producevano merci a basso costo, adatte al mercato, importando materie prime dall’Italia. Lo sviluppo olandese è testimoniato anche dalla fioritura dell’arte, della cultura, della stampa.
La costruzione dell’impero coloniale olandese Nel 1591 Filippo II escluse gli olandesi dai privilegi commerciali per vendere in Europa le spezie. Fu allora attivato un canale di contatto diretto con i paesi asiatici, tramite l’itinerario Africa-Asia e l’insediamento di basi commerciali e l’occupazione di terre per coltivare e raccogliere spezie. Nel 1602 venne fondata, con capitali privati, la Compagnia unita delle Indie orientali, cui fu assegnato il monopolio dei commerci con l’Oceano Indiano, la possibilità di stipulare accordi e di armare un esercito, che arrivò a controllare gran parte del traffico delle spezie. Il centro operativo era Batavia; la politica coloniale si basava su piantagioni specializzate con manodopera schiavistica. Nel 1614 venne fondata anche la Compagnia delle Indie occidentali, che ebbe risultati di minor rilievo e si sciolse nel 1674. Crescita e consolidamento dell’Inghilterra L’Olanda si trovò a essere in diretta concorrenza con l’Inghilterra elisabettiana: in entrambi i paesi era in crescita il settore tessile, con la produzione di manufatti di media qualità destinati a un ampio pubblico; altro settore fondamentale era quello dei traffici marittimi. Nel 1581 fu costituita la Compagnia del Levante, nel 1606 quella delle Indie orientali, libere associazioni di mercanti controllate dalla Corona. Nel 1651 fu approvato dal Parlamento inglese l’Atto di navigazione, che inaugurò una politica protezionistica (mercantilismo): in Inghilterra potevano essere vendute solo merci trasportate da navi inglesi, le colonie inglesi potevano commerciare solo con navi inglesi. Dal 1670 in poi la potenza inglese si consolidò e quella olandese iniziò a decadere, pur conservando parte degli scambi con i mercati asiatici.
Esercizi Comprendere e ordinare 1. Indica se le seguenti affermazioni sono vere o false.
c. La concorrenza tra inglesi e olandesi riguardava il controllo dei traffici marini.
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a. Le manifatture tessili italiane si basavano sulla produzione di merci di lusso.
V
F
b. Tra il 1620 e il 1660 una crisi drammatica investì Francia, Italia, Spagna e Germania.
d. Le carestie furono una conseguenza della cerealizzazione dell’agricoltura.
V
F
V
F
e. Ugo Grozio teorizzò la libertà religiosa come un diritto naturale dei popoli.
V
F
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386
Modulo 8 Europa che cambia (1550-1650)
f. La pace di Westfalia sancì la vittoria dell’imperatore e della Spagna.
V
F
i. Utrecht, Venezia e Lione erano i principali centri editoriali europei.
V
F
g. L’espansione coloniale olandese portò a una conquista politica del territorio.
V
F
j. La guerra dei Trent’anni segnò la fine dell’epoca delle guerre di religione.
V
F
h. L’Olanda nel XVII secolo si distingueva per un modello politico, sociale e culturale originale.
V
F
k. L’Atto di navigazione inaugurò una politica commerciale protezionistica.
V
F
2. Colloca sulla linea del tempo gli eventi indicati in ordine sparso. 1591
1. 2. 3. 4. 5. 6. 7. 8.
1596
1602
1606
1614
1618
1620
pace di Westfalia defenestrazione di Praga istituzione della Compagnia delle Indie occidentali olandese espulsione dei portoghesi dall’isola di Ceylon battaglia della Montagna Bianca fondazione della colonia olandese di Nuova Amsterdam scioglimento della Compagnia delle Indie occidentali olandese è stabilita la base commerciale olandese di Giava
1624
1630
1637
1643
1648
1651
1674
9. morte di Gustavo Adolfo di Svezia 10. Atto di navigazione 11. esclusione degli olandesi dai privilegi per il commercio delle spezie negli scali spagnoli 12. istituzione della Compagnia unita delle Indie orientali olandese 13. battaglia di Rocroi 14. istituzione della Compagnia inglese delle Indie orientali
3. Completa la seguente mappa concettuale inserendo le informazioni mancanti. agricoltura • calo • carestie • clima • contrasti • devastazioni • disuguaglianze • doganali • epidemie • finanziario • frammentazione • importazioni • insicurezza • lusso • manifatture • mercantile • merci • natalità • privilegi • raccolti • saccheggi • spagnoli • squilibri • tessile
LA CRISI EUROPEA DEL SEICENTO Crisi del Seicento
Germania
Domìni ................................. • Cattivi ........................................................ • ....................................................................... • ....................................................................... • raffreddamento del ...........................
Crisi demografica • Abbassamento ................................................
• ............................ sociale • ............................................ della popolazione
Crisi sociale • Forti ....................................... •................................................ e
• .................................................. politica • ................................................. religiosi • Barriere ................................................
Crisi economica
GUERRA DEI TRENT’ANNI (1618-48)
......................................................
Italia Settore ................................................: •.............................. di ........................... • ....................................... acquirenti • crisi
Spagna •..................................................... e ...................................... arretrate. • Dipendenza dalle ....................................... straniere
Crisi demografica •......................................... • ........................................ • ........................................
Crisi economica • Crisi settori ..................... e ............................................... •................................................ di sussistemza
Capitolo 33 L’Europa fra crisi e sviluppo
4. Completa la seguente tabella inserendo le informazioni mancanti. allevamento • Amsterdam • Baltico • basi • Compagnia • costo • economica • importazione • Indonesia • industriale • inglesi • interscambio • Londra • materie • monarchia • navigazione • orientali • piante • piantagioni • prodotti • protezionistica • qualità • Repubblica • stampa • tessile • tolleranza • Virginia
INGHILTERRA E OLANDA: DUE STATI EMERGENTI
FORMA ISTITUZIONALE RELIGIONE
OLANDA
INGHILTERRA
..................................................................................................
..................................................................................................
.............................................................................
religiosa
Anglicanesimo
COMMERCI INTERNAZIONALI
• ....................... , India, ..................... , Nord America • ................................................................. commerciale • ........................................................... coloniali in Asia • ................................................................. specializzate • Compagnia Indie ......................................................... • ......................................................... Indie Occidentali • Colonia: Nuova ............................................................
• India, Nord America (...............................................) • ....................................... Indie .......................................... • Legge di ..........................: politica ............................. e tutela dei ............................................. commerciati dalle navi ............................................................................
ECONOMIA
• ........................................................................ innovativo • ................................... di uso ............................................ • Industria .......................: lana a basso .................... e ................................ di .......................................... prime • Industria della ..............................................................
• Industria ..................................................: manufatti di media .............................................................................. • ..........................................................................: capitale ............................................................. del Nord Europa
5. Completa la seguente cartina sulla pace di Westfalia. Indica con colori diversi le acquisizioni territoriali di Francia e Svezia e le realtà statali confermate dal trattato.
Danubio
387
388
Modulo 8 Europa che cambia (1550-1650)
Analizzare e produrre 6. Leggi il brano “Amsterdam, crocevia di commerci e di idee” alle pp. 382-383 e rispondi alle seguenti domande.
1. A che cosa è dovuto lo sviluppo olandese secondo William Temple? 2. Da che cosa era caratterizzata la società olandese? 3. Quali benefici economici e sociali ricevette Amsterdam? Per quale motivo? 4. Verso quali zone si dirigevano i traffici legati al porto di Amsterdam? 5. Quali prodotti erano commerciati nel porto? 6. Che cosa era la Wisselbank? Quale era il suo fine? 7. Che cosa era la Borsa? 8. Quali differenze esistevano tra le due istituzioni economiche indicate? Sulla base delle informazioni così raccolte scrivi un testo di minimo 10 righe dal titolo: “Amsterdam: il centro del dinamismo olandese”.
7. Verso il saggio breve Rispondi alle seguenti domande. 1. Dove scoppiò la guerra dei Trent’anni? In che anno? Per quali cause? 2. Quali erano i fronti contrapposti e quale sovrano ciascuno di essi sosteneva? 3. Quale esito ebbero le prime fasi del conflitto?
4. Quali altri Stati intervennero in una prima fase? Con quali conseguenze? 5. Quali furono gli eventi che decisero l’esito finale della guerra? 6. Quale fu l’esito finale? Che cosa evidenziò? 7. Che cosa fu sancito dalla pace di Westfalia? Quali conseguenze ebbe? Leggi il brano “Scorrerie e devastazioni nella Germania in guerra” alle pp. 376-377 e rispondi alle seguenti domande. 1. Che cosa descrive L’avventuroso Simplicius Simplicissimus? 2. Che cosa narra il brano? 3. Quale comportamento adottano i soldati? Quale è la prima cosa che essi fanno? 4. Quali beni sono sottratti? Quali beni distrutti? Per quale ragione? 5. Che cosa viene fatto nella stalla? Leggi la citazione di Girolamo Soranzo riportata a p. 376 e rispondi alle seguenti domande. 1. Quali sono gli aspetti positivi della Germania? Quali gli aspetti critici? 2. Come si comportano i principi e le città? Con quali conseguenze? Sulla base delle informazioni così raccolte, scrivi un testo di 15 righe dal titolo “La Germania nel Seicento: cause ed esiti della crisi”.
Modulo 8 Europa che cambia (1550-1650)
34 L’Italia spagnola:
Capitolo
389
un lungo periodo di crisi
Percorso breve Dopo il grande sviluppo dell’età comunale e rinascimentale, l’Italia conobbe un lungo periodo di decadenza economica e demografica. Il traffico mercantile si ridusse, a mano a mano che le correnti commerciali europee si spostavano dal Mediterraneo all’Atlantico e ai paesi del nord. L’industria manifatturiera (in primo luogo tessile) a poco a poco declinò, per l’incapacità degli imprenditori di comprendere le necessità di un nuovo mercato, che richiedeva prodotti di basso prezzo e di largo consumo, mentre in Italia si continuavano a produrre solo merci di pregio destinate alle classi privilegiate. Molti capitali uscirono dalle attività produttive e furono investiti nella proprietà terriera. A tutto ciò si aggiungeva la difficile situazione politica, cioè la dipendenza di gran parte del paese dalla Spagna, una nazione essa stessa in grave declino, che anziché stimolare l’economia dei paesi soggetti tendeva a impoverirli con un pesante prelievo fiscale. Nel XVII secolo per di più si ebbe un peggioramento delle condizioni climatiche, con un susseguirsi di carestie a cui si aggiunse, verso il 1630, il ritorno della peste. La società italiana del Seicento era estremamente squilibrata: la distribuzione della ricchezza favoriva una minoranza della popolazione e l’intera organizzazione sociale, economica, politica e perfino urbanistica era disegnata sul principio della disuguaglianza, sul distacco fra ricchi e poveri, governanti e governati. Anche l’alimentazione era fortemente differenziata tra quanti (la maggioranza) mangiavano quasi solo cereali e verdure e quanti (la minoranza) potevano permettersi carne in abbondanza. Nonostante tutto ciò l’Italia del Seicento continuò a esprimere un’eccellenza culturale apprezzata in tutta Europa. In Italia ebbe particolare sviluppo un nuovo stile
Gian Lorenzo Bernini, Baldacchino, 1624-33 [Basilica di San Pietro, Città del Vaticano]
artistico, letterario e musicale che prese il nome di “Barocco”, caratterizzato dalla complessità delle forme e dal desiderio di stupire con effetti speciali.
Modulo 8 Europa che cambia (1550-1650)
390
34.1 Il ristagno della vita economica Il declino del commercio In Italia, dopo il grande sviluppo economico e civile dell’età dei Comuni e del Rinascimento, dai primi decenni del Seicento incominciarono ad apparire chiari segni di decadenza, particolarmente evidenti nel settore commerciale e manifatturiero. Alcuni dati lo mostrano con chiarezza. Durante il secolo XVII l’insieme delle navi degli Stati italiani, che duecento anni prima erano fra le più numerose dell’Occidente, si ridusse ad appena il 6-7% del totale del naviglio europeo, mentre l’Olanda oltrepassava il 17% e l’Inghilterra saliva al 26%. In Italia, a questo calo complessivo del naviglio si accompagnò la perdita del monopolio nel commercio delle spezie, che, un tempo esercitato da Venezia e da Genova, nel Seicento passò all’Olanda [ 33.5]. Il crollo dell’industria tessile Una riduzione fortissima subì anche la produzione tessile: a Venezia, da una media annua di 20.000 pezze di lana alla fine del Cinquecento si scese, nel corso del Seicento, a circa 2000 pezze. A Milano si passò da 500 laboratori tessili nel Cinquecento a circa 32 nel secolo successivo, mentre a Napoli e in Sicilia le manifatture della seta scomparvero completamente. Anche a Genova vi fu un sensibile declino e così pure a Firenze, dove nel Seicento crebbe una forte disoccupazione. Il motivo principale di questo declino era l’inadeguatezza della produzione tradizionale, orientata verso i tessuti di pregio, rispetto alle esigenze di un mercato che richiedeva prodotti più semplici ed economici: quelli su cui si concentrò, in quei decenni, la produzione tessile olandese e inglese. Declinò pertanto l’esportazione di manufatti italiani, mentre dall’Italia cominciavano a provenire materie prime, lana e seta, destinate alle manifatture del Nord Europa. Motivi della decadenza italiana Come si spiega la decadenza economica dell’Italia? Secondo molti studiosi essa fu dovuta principalmente ai viaggi e alle scoperte geografiche e allo straordinario sviluppo della navigazione oceanica, fenomeni che provocarono uno spostamento dei traffici dal Mediterraneo all’Atlantico. L’Italia, pertanto, che in precedenza era stata una delle zone di maggiore attività mercantile, nel Seicento venne a trovarsi in una posizione marginale rispetto ai flussi dell’economia internazionale, mentre l’Olanda, l’Inghilterra, la Francia si affermavano come nuove potenze commerciali. A ciò si aggiunse la maggiore difficoltà dei traffici con l’Oriente, perché l’espandersi dell’Impero ottomano privò le città mercantili italiane, in particolare Venezia e Genova, di molte basi commerciali. La “rifeudalizzazione” A queste spiegazioni, che individuano in avvenimenti esterni le cause della crisi italiana, bisogna aggiungere almeno altri due motivi, di carattere interno. La produzione dei panni di lana a Firenze 30.000
Memo
30.000
L’Impero ottomano
Panni di lana
25.000 20.000 15.000 10.000 5000
13.750
13.000 7600
9000
6200
1590 0 1560-72 1589-99 1600-10 1615-19 1620-29 1630-45 1717-24
Anni di produzione [da P. Malanima, La decadenza di un’economia cittadina. L’industria di Firenze nei secoli XVI-XVIII, Bologna 1982, p. 295]
Nel XIV secolo i turchi ottomani si mossero dall’Anatolia (nell’attuale Turchia) dove erano stanziati e si espansero nel Mediterraneo orientale, avanzando verso i Balcani e la Grecia. Nel 1453 conquistarono Costantinopoli ponendo fine all’Impero romano d’Oriente e tra il XVI e il XVII secolo, forti di un governo stabile ed efficiente, estesero il loro controllo sulle coste settentrionali dell’Africa e sull’Egitto. Contemporaneamente gli ottomani mirarono al cuore dell’Europa: l’Ungheria fu occupata e Vienna assediata; per lungo tempo il predominio dei traffici marittimi e commerciali nel Mediterraneo fu nelle loro mani. Ciò fino al 1571, quando una coalizione di navi veneziane e spagnole sconfisse la flotta turca nella battaglia di Lepanto e bloccò l’espansione dell’Impero ottomano [ 32.1].
391 Il Guercino, Mietitura, 1615 [Pinacoteca Civica, Cento]
Per via della profonda crisi, gli imprenditori italiani impiegarono le loro ricchezze nell’acquisto di terreni dando vita a quel fenomeno che è stato chiamato “rifeudalizzazione”.
Molti mercanti, banchieri e imprenditori italiani non seppero reagire positivamente ai cambiamenti economici in corso: anziché contrastare la concorrenza con nuovi investimenti e nuove strategie commerciali, temendo di perdere le loro ricchezze le impiegarono nell’acquisto di terreni nelle campagne. In tal modo i capitali uscirono dalle attività commerciali e molti settori produttivi in cui l’Italia aveva avuto la preminenza, come quello tessile, entrarono in una crisi profonda. Il rifluire dei capitali verso la proprietà terriera (un fenomeno che alcuni storici hanno voluto chiamare “rifeudalizzazione”) portò all’aggravamento delle condizioni di lavoro dei contadini, alla riduzione delle libertà personali e dei diritti collettivi delle comunità rurali.
L’assoggettamento alla Spagna La decadenza dell’Italia fu aggravata anche dalla situazione politica, cioè dalla dipendenza di gran parte del paese dalla Spagna, una nazione essa stessa in grave declino: «una decadenza che s’abbracciava a una decadenza», come scrisse il filosofo e storico Benedetto Croce. Più della metà della penisola dipendeva direttamente da Madrid: un governatore a Milano, un viceré a Napoli, uno in Sicilia e uno in Sardegna. Queste regioni furono assoggettate a un pesante sfruttamento fiscale con imposte, tributi, gabelle, dazi, che concorsero non poco a immiserire la popolazione e a paralizzare la già stentata vita economica.
34.2 Una società squilibrata: l’Italia dei privilegiati e degli sfruttati L’ozio dei nobili Sulla nobiltà italiana del Seicento sono stati pronunciati giudizi severi. In quegli anni di declino economico della penisola, infatti, i ceti dirigenti – non solo i nobili, ma anche gran parte della borghesia – preferirono puntare sulla proprietà terriera e vivere di rendita, piuttosto che rischiare investimenti nei commerci e nelle attività manifatturiere, come quelle che si sviluppavano nei paesi europei del nord. In Italia l’aristocrazia si adagiò nell’ozio, applicandosi tutt’al più ai pubblici uffici e alle magistrature, in difesa dei propri interessi e privilegi. All’ozio e al fasto delle classi superiori si contrapponevano la fatica e gli stenti della grande massa di contadini, il ceto più numeroso della popolazione (oltre il 90%), sfruttato e oppresso. La fatica dei contadini La vita dei contadini nel XVII secolo non era diversa rispetto al Medioevo, anzi in molti casi era peggiorata: molti di loro non avevano più una terra su cui fare affidamento, un “podere” su cui vivere, pur pagando al pro-
La Parola
capitale Con la parola “capitale” si intende il denaro o qualsiasi altro valore materiale (mobile o immobile) che consente di avviare imprese commerciali, industriali, finanziarie che producono reddito.
392
Modulo 8 Europa che cambia (1550-1650) prietario (come nel Medioevo) una quota dei prodotti ottenuti. Molti erano divenuti “braccianti”, ossia prestavano le loro braccia, il loro lavoro come salariati in terre altrui. In molte regioni la povertà spingeva intere popolazioni a migrazioni stagionali. Dalle Marche, dall’Abruzzo, dall’Umbria, numerosi braccianti arrivavano ogni anno nelle pianure del Lazio e nella Maremma toscana, dove venivano reclutati da caporali e appaltatori che li distribuivano nelle varie proprietà divisi in squadre, a svolgere attività di ogni genere. Anche dalle valli alpine scendevano nelle città, soprattutto d’inverno, molti contadini e braccianti, a guadagnare qualche soldo con le attività più diverse: spazzacamini, arrotini, impagliatori di sedie, sellai, raccoglitori di stracci, caldarrostai…
Lo sfruttamento dei lavoratori urbanizzati In città, la categoria di lavoratori che godeva di migliori condizioni era forse quella dei domestici delle famiglie nobili, non tanto per i salari, molto bassi o addirittura inesistenti, quanto per le mance che in diverse occasioni venivano elargite e per le condizioni generali di vita (cibo sicuro e una certa garanzia di lavoro stabile). Più precaria era la condizione degli operai nei laboratori artigiani, pagati con miseri salari e costretti a duri orari di lavoro. Lo stato di povertà delle popolazioni è documentato, nell’Italia del Seicento, anche dal numero crescente di miserabili e accattoni che si affollavano nelle strade. Jusepe de Ribera, Il mendicante, 1642 [Musée du Louvre, Parigi]
Nel dipinto il giovane mendicante mostra allo spettatore un foglietto con la scritta “Da mihi elimosinam propter amorem Dei” (‘dammi l’elemosina per amore di Dio’).
Memo
La peste nel Trecento A metà del Trecento l’Europa fu attraversata da ripetute ondate di peste che decimarono la popolazione, già provata da un grave periodo di carestie e fame: circa un terzo morì e questo fece saltare tutti gli equilibri sociali ed economici che si erano lentamente creati dopo l’anno Mille. La crescita economica e l’aumento demografico che avevano caratterizzato i secoli XII-XIII si arrestarono nel XIV e l’arrivo della peste fece assumere alla crisi proporzioni devastanti [ 19.2].
34.3 Il ritorno della peste. Disagi, povertà, sommosse Una grande epidemia La già difficile situazione economica e sociale nell’Italia del XVII secolo fu aggravata dal ritorno della peste, la terribile malattia che l’Europa intera aveva angosciosamente sperimentato a metà del Trecento. Anche nel Seicento la propagazione della malattia fu favorita da condizioni igienico-alimentari carenti e dalla debolezza organica di molti individui mal nutriti; ad alimentarla concorsero inoltre gli eserciti, che nella prima metà del secolo percorsero in lungo e in largo l’Europa. La peste colpì l’Italia settentrionale nel 1630, dopo due anni di cattivi raccolti e di carestia; il suo arrivo a Milano fu magistralmente descritto da Alessandro Manzoni (17851873) nei Promessi sposi. Fuori d’Italia, il paese più colpito fu la Germania, dove gli effetti dell’epidemia si incrociarono con quelli della guerra dei Trent’anni [ 33.2] seminando ovunque lutti e rovine. L’epidemia si ripresentò con una seconda ondata a metà del secolo e colpì soprattutto quelle zone, come le coste spagnole del Mediterraneo e l’Italia meridionale, che erano state risparmiate dall’ondata precedente.
OCEANO ATLANTICO
1650-52 Huesca Saragozza 1651 Mora 1648
Diffusione della peste bubbonica nel Mediterraneo nella metà del Seicento (seconda ondata)
Alta Alvergna 1649
Tarragona 1650 Barcellona
Tortosa 1650 Chinchilla Palma 1652 Cordoba 1649 Valencia 1647 Siviglia Murcia 1648 Jaén Huelva 1649 1649 Lorca Alicante 1647 Cadice Jerez Malaga 1649 Gibilterra
Sardegna 1652-56
Napoli 1656-59
MAR MEDITERRANEO
Capitolo 34 L’Italia spagnola: un lungo periodo di crisi
393
Micco Spadaro, La rivolta di Masaniello del 1647, part., XVII sec. [Museo Nazionale di San Martino, Napoli]
La peste del 1630 a Bologna, part., XVII sec. [Collezioni d’arte della Cassa di Risparmio, Bologna]
Il dipinto mostra l’esasperazione dei napoletani che, fomentati da Masaniello, spogliati i cadaveri degli addetti alla riscossione della gabella (tassa) ne straziano i corpi senza vita.
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DI STATO TOSCANA DELLA STATO CORSICA CHIESA DEI PRESIDI
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Nell’Italia settentrionale Fra gli Stati italiani rimasti indipendenti, alcuni di fatto erano soggetti all’influenza della monarchia di Madrid. Genova, con le sue navi e le sue banche, entrò a far parte del sistema politico-economico spagnolo; il Banco di San Giorgio, in particolare, diventò uno dei maggiori strumenti finanziari della Corona di Madrid. Venezia invece riuscì sempre a svolgere una politica autonoma: nonostante il generale declino e la diminuzione dei traffici con l’Oriente, continuò a essere una importante potenza economica e commerciale sul piano europeo. Una prova della sua vitalità fu, tra l’altro, la tenace resistenza che seppe opporre all’espandersi dell’Impero ottomano nel Mediterraneo orientale e nei Balcani; resistenza che, dopo la vittoria ottenuta dalla flotta veneziana e spagnola nel 1571 a Lepanto [ 32.1], continuò nel corso del Seicento per impedire che i turchi si attestassero nell’Adriatico.
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34.4 Gli Stati italiani indipendenti
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Povertà e rivolte L’immiserimento dell’Italia fu dovuto anche alla pesantissima pressione fiscale che la Spagna, impegnata nella guerra dei Trent’anni, impose ai suoi domìni, soprattutto nel Regno di Napoli e nel Ducato di Milano. La situazione provocò uno stato di generale malcontento, da cui presero origine diverse sommosse. A Milano, nel 1628, la mancanza di cibo fece esplodere un tumulto popolare, ricordato anch’esso da Alessandro Manzoni. Gli episodi più gravi scoppiarono nell’Italia meridionale: a Napoli nel 1647 la popolazione, esasperata per una nuova gabella sulla frutta, insorse guidata dal pescivendolo Tommaso Aniello (1620-1647), detto Masaniello e, in un secondo tempo, da Gennaro Annese, un armaiolo che diede alla rivolta un carattere radicale, proclamando la repubL’Italia dopo il 1559 blica e sperando in un esito simile a quello dell’Olanda. Ma già l’anno successivo le truppe del governo spagnolo SVIZZERA IMPERO ROMANO GERMANICO ripresero il controllo della città. La ribellione continuò nelDUCATO REPUBBLICA le campagne, sostenuta dai contadini contro i baroni, e si DI DUCATO DI VENEZIA MILANO estese alla Sicilia, dove a Palermo la popolazione si solleDI SAVOIA DI A ISTRIA . I V C U TO H. D vò nel 1648. Un’altra ribellione si ebbe a Messina nel 1674: ARC. ATO D AN MARCH. DI M FERR DUC. DI M I DUCATO N IMPERO ovunque le rivolte furono represse. SALUZZO MO I GE PARMA C. D NADI FERRARA
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REGNO DI SARDEGNA
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REGNO DI SICILIA
394
Modulo 8 Anche il Ducato di Savoia tentò di sviluppare una sua politica autonoma, con Emanuele Filiberto (1528-80), Carlo Emanuele I (1580-1630) e Vittorio Amedeo I (1630-37), che si destreggiarono tra Francia e Asburgo nei conflitti internazionali; ma il ducato finì subordinato alla monarchia francese.
Giorgio Vasari, Gli architetti mostrano a Cosimo I il progetto della fortezza di Portoferraio, XVI sec. [Palazzo Vecchio, Firenze]
In questo dipinto gli architetti mostrano a Cosimo I il progetto della fortezza di Portoferraio (una delle 43 fortezze sotto il suo controllo). Cosimo cercò di dare al granducato anche un solido ordinamento militare.
I modi della storia
Nell’Italia centrale La Toscana, che nell’età comunale e rinascimentale era stata uno dei massimi centri di attività finanziarie e mercantili d’Europa, si avviò a diventare una regione – al pari di altre – a economia prevalentemente agricola. Nelle sue città, tuttavia, si mantenne viva una tradizione di cultura e di civiltà che aveva solide radici. Trasformata in granducato sotto i Medici, la Toscana fu tenuta fuori dai grandi conflitti internazionali. Durante il governo di Cosimo I (1537-74) fu costruito il porto di Livorno, in sostituzione di quello di Pisa che si era interrato; nei decenni successivi, grazie ai privilegi fiscali concessi dai duchi, Livorno fu forse l’unica città a conoscere un notevole sviluppo delle attività commerciali, diventando la sede principale delle attività mercantili olandesi e inglesi nel Mediterraneo. A Cosimo I si deve anche la costruzione della Galleria degli Uffizi di Firenze, che è tuttora una delle maggiori raccolte d’arte del mondo. Degna di ricordo è pure la fondazione dell’Accademia del Cimento, un’istituzione voluta da Leopoldo de’ Medici (1621-70) allo scopo di dare sviluppo agli studi scientifici. Lo Stato pontificio, economicamente uno dei più poveri d’Italia, completò nel Seicento l’opera di accentramento politico iniziata due secoli prima [ 22.5 e 23.5], incorporando i domìni ancora soggetti a signorie locali: Ferrara (1598), Urbino
Fra storia e biologia: gli uomini e la peste
La terribile esperienza della peste, che colpì ripetutamente l’Europa nel XIV secolo e poi ancora nel XVII, mostra che la storia non è fatta solo dagli uomini, ma anche dagli animali, dai bacilli, dalle malattie: la storia non è solo politica, economia, cultura; è anche biologia, clima, natura. Ma una volta riconosciuta l’influenza dei fenomeni “naturali” nella vita degli uomini, la specificità della storia (cioè del racconto della presenza umana nel mondo) consiste nel mettere in evidenza i modi in cui le varie società hanno reagito a questi fenomeni, elaborando conoscenze, tecniche, strategie di sopravvivenza. Se il clima ha a che
G
fare con la storia dell’uomo, la storia si occupa dei modi in cui gli uomini reagiscono al clima spostandosi da un luogo all’altro, vestendosi o spogliandosi, costruendo case e capanne per ripararsi, utilizzando il fuoco per scaldarsi o l’acqua per rinfrescarsi. Allo stesso modo, se i bacilli entrano nella storia degli uomini, la storia si occupa dei modi in cui gli uomini reagiscono ai loro attacchi, sviluppando conoscenze scientifiche o pratiche medico-igieniche; oppure restandone vittime, come accadde durante le epidemie di peste del Trecento e del Seicento, per la perdurante incapacità di comprendere e quindi di affrontare il
li animi, sempre più amareggiati dalla presenza de’ mali, irritati dall’insistenza del pericolo, abbracciavano più volentieri quella credenza1: ché la collera aspira a punire: e, come osservò acutamente, a questo stesso proposito, un uomo d’ingegno, le piace più d’attribuire i mali a una perversità umana, contro cui possa far le sue vendette, che di riconoscerli da una causa, con la quale non ci sia altro da fare che rassegnarsi. Un veleno squisito, istantaneo, penetrantissimo, eran parole più che bastanti a spiegar la violenza, e tutti gli accidenti più oscuri e disordinati del morbo. Si diceva composto, quel veleno, di rospi, di serpenti, di bava e di materia d’appestati, di peggio, di tutto ciò che selvagge e stravolte fantasie sapessero trovar di sozzo e d’atroce. […] Se gli effetti
fenomeno, attribuito all’aria “malsana” o alle congiunzioni astrali. Nel XVII secolo, una diffusa reazione fu quella di attribuire la “colpa” della pestilenza a persone che volutamente la trasmettevano, i cosiddetti “untori”, capri espiatori della psicosi collettiva in cui sprofondava la società quando era colpita da queste tragedie. Il triste fenomeno della “caccia agli untori” è descritto anche da Alessandro Manzoni nelle pagine dei Promessi sposi (il romanzo, come si ricorderà, è ambientato appunto nel XVII secolo) dedicate alla peste a Milano. Ne leggiamo un brano.
non s’eran veduti subito dopo quella prima unzione, se ne capiva il perché; era stato un tentativo sbagliato di venefici ancor novizi: ora l’arte era perfezionata, e le volontà più accanite nell’infernale proposito. Ormai chi avesse sostenuto ancora ch’era stata una burla, chi avesse negata l’esistenza d’una trama, passava per cieco, per ostinato; se pur non cadeva in sospetto d’uomo interessato a stornar dal vero l’attenzion del pubblico, di complice, d’untore: il vocabolo fu ben presto comune, solenne, tremendo. Con una tal persuasione che ci fossero untori, se ne doveva scoprire, quasi infallibilmente: tutti gli occhi stavano all’erta; ogni atto poteva dar gelosia. E la gelosia diveniva facilmente certezza, la certezza furore.
1 Credenza secondo la quale alla base del contagio vi fossero degli unguenti velenosi.
A. Manzoni, I Promessi sposi, cap. XXXII
Capitolo 34 L’Italia spagnola: un lungo periodo di crisi (1613), Castro e Ronciglione (1649). Nel 1582, durante il pontificato di Gregorio XIII (1572-85), fu compiuta la riforma del calendario, che dal nome del papa fu detto “gregoriano”.
34.5 Distinzioni sociali e divisioni urbane L’urbanistica della disuguaglianza Molte città italiane sotto il dominio spagnolo subirono profonde modificazioni urbanistiche e architettoniche e assunsero un aspetto che rispecchiava fedelmente le divisioni e gli squilibri della società. Interi quartieri costituiti da modeste case d’abitazione furono abbattuti per far posto alla costruzione di palazzi grandiosi, ampie piazze, strade larghe e diritte, tagliate nelle zone centrali delle città. Questi palazzi, queste strade, queste piazze erano l’espressione della ricchezza e del fasto delle grandi famiglie aristocratiche, e sottolineavano anche in forma visiva, scenografica e spettacolare, il distacco fra governanti e governati, potenti e deboli. Le nuove strade, molte delle quali presero il nome di “corso”, ebbero soprattutto una funzione di esibizione mondana dei nobili, che in determinate ore del giorno uscivano per la passeggiata di rito, a vedere e a farsi vedere, scambiandosi saluti e riverenze da una carrozza all’altra. Severi divieti proibivano il transito delle merci e dei carri in queste strade, riservate all’eleganza e alla parata. Negozi per i ricchi, mercati per il popolo Un’altra forma di separazione dei ceti sociali fu data dalla nascita dei negozi. Nelle città del Seicento apparvero per la prima volta le botteghe con vetrina di esposizione, i negozi-salotto dove gli acquirenti potevano sostare senza essere disturbati dal traffico e dai rumori di strada (nel Medioevo e fino al Cinquecento, invece, la merce si esponeva su banchi all’aperto). Si formarono così due zone-mercato distinte e separate: una frequentata solo dai ceti alti, l’altra, il mercato tradizionale all’aperto, una volta luogo d’incontro di tutti i cittadini, declassata al rango di zona popolare. Il cibo come segno di distinzione Gli squilibri e i contrasti sociali si manifestavano anche nel regime alimentare, estremamente diverso a seconda della classe di appartenenza: era questo uno dei modi più immediati con cui tale appartenenza veniva Micco Spadaro, La piazza del mercato a Napoli durante la peste del 1656 [Museo Nazionale di San Martino, Napoli]
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Modulo 8 Europa che cambia (1550-1650) segnalata. I contadini mangiavano quasi esclusivamente vegetali: cereali, legumi, ortaggi; la carne era un segno del privilegio sociale, che contraddistingueva gli abitanti delle città e in particolare i nobili, veri divoratori di carne (molti di loro si ammalavano di gotta, una malattia dovuta all’eccesso di cibo e soprattutto di carne). Talvolta però capitava che anche in città la carne mancasse o costasse troppo cara; in tal caso i ceti popolari ricorrevano al pesce salato (merluzzo, aringhe) importato dai paesi atlantici. La separazione tra umili e potenti si mostrava anche nei modi di stare a tavola: appositi manuali di “buone maniere” insegnavano ai figli della nobiltà e dell’alta borghesia come comportarsi e atteggiarsi durante il pasto, come usare le posate, ecc.; tutto ciò definiva delle “forme” che servivano anch’esse a separare i gentiluomini dai contadini «rozzi e bestiali» (come quegli stessi manuali li descrivono).
Aa Documenti Come usare le posate I manuali di “buone maniere”, che stabiliscono le norme di comportamento alle quali ci si deve attenere per far parte degnamente della “buona società”, sono un genere letterario molto diffuso nell’Europa del Seicento e del Settecento. Per quanto riguarda in particolare il comportamento a tavola, questi testi insistono sull’uso delle posate individuali, che servono a “separare” il cibo da colui che lo mangia, accentuando il carattere formale e cerimonioso del gesto alimentare. Questo insistere sull’argomento è dovuto
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al fatto che si trattava di un uso relativamente nuovo e ancora poco diffuso: se in certi paesi, come l’Italia, la forchetta era impiegata già nel Medioevo (soprattutto per mangiare la pasta), altrove essa entrò in uso solo fra il Sei e il Settecento, con difficoltà e fra molte resistenze. Mangiare con le mani, come si era sempre fatto, evidentemente piaceva di più. Leggiamo, per esempio, le istruzioni dettate da un “galateo” del francese JeanBaptiste de La Salle (1651-1719). Il loro estremo dettaglio, che entra in partico-
uando cucchiaio, forchetta e coltello sono sporchi, oppure unti, è assai sconveniente leccarli, e non è affatto corretto ripulirli con la tovaglia, come del resto vale per ogni altro oggetto: in queste e altre analoghe occasioni bisogna servirsi del tovagliolo, mentre per quanto riguarda la tovaglia bisogna aver cura di mantenerla sempre molto pulita, senza lasciarvi cadere acqua né vino né altro che possa insudiciarla. Quando il piatto è sporco, guardatevi bene dal raschiarlo con il cucchiaio o la forchetta per pulirlo, oppure di ripulirlo con le dita o con il fondo di un altro piatto: questo è un uso indecente, e quindi non bisogna toccarlo oppure, se si ha la possibilità di cambiarlo, bisogna farlo portare via e farsene dare un altro.
lari minimi al limite del grottesco, rivela che le posate sono una assoluta novità, così da creare imbarazzo in molti che non sanno ancora usarle. Ciò vale in particolare per la forchetta, usata per i cibi solidi (che tradizionalmente si prendevano con le mani), e per il coltello, che non era mai stato un accessorio individuale, ma prerogativa di un unico “trinciante” che tagliava la carne per tutti. Il cucchiaio invece si usava da sempre, perché indispensabile per i cibi liquidi.
Quando si è a tavola non è conveniente tenere per tutto il tempo il coltello in mano: è sufficiente impugnarlo quando bisogna servirsene. È altrettanto incivile portare alla bocca un pezzo di pane tenendo in mano il coltello; peggio ancora è portarlo alla bocca con la punta del coltello. La stessa regola bisogna osservare quando si mangia una mela o un altro frutto. È contrario all’educazione impugnare con tutta la mano la forchetta o il cucchiaio, come se si impugnasse un bastone; bisogna sempre tenerli soltanto con le dita. Non ci si deve servire della forchetta per portare alla bocca vivande liquide; per questo genere di cose è adatto il cucchiaio. È assai bene educato servirsi sempre della forchetta per portare alla bocca la carne, in quanto la buona educazione non permette di toccare con le dita cibi unti, oppure salse, oppure sciroppi. Se qualcuno lo facesse, non potrebbe evitare di commettere qualche ulteriore trasgressione, come quella di doversi ripulire di continuo le dita nel tovagliolo, rendendolo sudicio e disgustoso a vedersi, oppure di asciugarsi le dita nel pane, cosa quanto mai incivile, oppure di leccarle, usanza questa che non può essere consentita a una persona ben nata e ben allevata. J.-B. de La Salle, Les règles de la bienséance et de la civilité chrétienne (in N. Elias, La civiltà delle buone maniere, Bologna 1982, pp. 210-211)
Posate, fine XVI sec. [Musée des Arts Décoratifs, Parigi]
Le posate, come nel Medioevo, ancora nel XVII-XVIII secolo erano poco utilizzate. Per mangiare i cibi solidi si preferivano le mani. Solo il cucchiaio, per i liquidi, era davvero necessario.
Capitolo 34 L’Italia spagnola: un lungo periodo di crisi
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Andrea Pozzo, Gloria di sant’Ignazio, 1691-94 [Chiesa di Sant’Ignazio, Roma]
Nel dipinto barocco l’impegno fondamentale dell’artista consisteva nell’eliminazione del confine tra scultura e pittura. Senza soluzione di continuità, grazie all’illusione prospettica e alla grande maturazione stilistica, si passa dalla scultura architettonica al disegno architettonico.
34.6 La cultura italiana ed europea del Seicento. Il Barocco Un’arte per stupire Nel XVII secolo, nonostante la decadenza economica e politica, l’Italia continuò a essere un importante punto di riferimento della cultura europea. Dal nostro paese prese avvio e si diffuse nel resto del continente un nuovo stile artistico, letterario e musicale che prese il nome di “Barocco”. Il termine sembra derivare da un’antica parola portoghese, barroco, che indica una perla “scaramazza”, ossia irregolare, asimmetrica. L’arte barocca si caratterizzò infatti come un’arte “fuori misura”, eccentrica, fantasiosa, bizzarra, che voleva stupire con le sue forme e con i giochi visivi, per esempio i trompe-l’oeil (in francese, ‘inganni dell’occhio’) che, soprattutto nelle architetture, utilizzavano sofisticati giochi di prospettiva per suggerire la presenza di oggetti (finestre aperte, tendaggi, colonne) in realtà inesistenti. L’arte barocca evitava le linee semplici e preferiva giocare sulle forme curve, disegnate in modi complessi e sinuosi, a spirale, a ellissi, con motivi che si intrecciavano fra di loro. Gli artisti tendevano a riempire tutti gli spazi a disposizione, come se avessero avuto “paura del vuoto” (in latino, horror vacui). Nulla doveva essere semplice, tutto doveva destare meraviglia, con un forte senso scenografico e teatrale. Letteratura e musica La poesia barocca amava giocare con le parole, costruendo frasi e immagini di grande effetto, che volevano stupire l’ascoltatore con l’arditezza delle figure retoriche: «è del poeta il fin la meraviglia», recita un famoso endecasillabo del poeta italiano Giambattista Marino (1569-1625). Fu l’età d’oro del teatro, che trovò i suoi massimi rappresentanti in Inghilterra con William Shakespeare (1564-1616) e in Francia con Jean Racine (1639-1699) e Molière (1622-1673), mentre Miguel de Cervantes (1547-1616), in Spagna, con il Don Chisciotte inventò un nuovo genere di romanzo, fatto di invenzione e di fantasia. Anche la musica diede molto spazio al virtuosismo, ricercando complicate variazioni attorno ai temi di partenza. Una forma tipica della musica barocca fu la cosiddetta “fuga”, in cui si inseguono e si intrecciano una pluralità di voci diverse. Di questo genere musicale sarebbe stato maestro il compositore tedesco Johann Sebastian Bach (1685-1750). L’eccellenza italiana Il primato dell’Italia fu evidente nel campo musicale: gli artisti italiani erano ritenuti decisamente all’avanguardia e per questo motivo si diffuse l’abitudine di usare, in tutte le lingue, parole italiane per indicare le caratteristiche dei brani
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Modulo 8 Europa che cambia (1550-1650) musicali. Adagio, Allegro, Forte, Largo, Lento, Piano, ecc. diventarono allora, e sono ancora oggi, parole usate dai compositori di tutto il mondo. Una novità fu lo sviluppo del melodramma, “opera” come fu chiamata, un genere che univa insieme musica, parola e azione scenica, cantanti solisti, coro e orchestra. Creazione tipicamente italiana, nata sul finire del Cinquecento, l’opera ebbe nel Seicento i suoi massimi centri a Roma, Venezia e Napoli e di qui si irradiò nelle maggiori capitali europee, Vienna, Parigi, Londra; in quei decenni, artisti come Alessandro e Domenico Scarlatti, Nicolò Porpora, Giovanni Battista Pergolesi, Nicola Jommelli, Antonio Vivaldi diedero all’Italia il primato musicale.
Il teatro pubblico Un’importante innovazione fu introdotta a Venezia nel 1637: quell’anno per la prima volta i teatri furono aperti al pubblico, a pagamento (analogamente a quanto era accaduto in Inghilterra al tempo di Shakespeare, I tempi della storia, 32.3). Fino ad allora i teatri italiani, essendo (non solo a Venezia, ma ovunque) proprietà delle famiglie nobili più ricche, erano stati usati in forma esclusivamente privata. L’idea di aprirli ebbe successo e si dimostrò conveniente dal punto di vista finanziario, tanto che nel giro di pochi anni molte città imitarono l’esempio veneziano. Ai nobili furono riservati i palchi, al popolo e ai borghesi la platea.
Le vie della cittadinanza
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Il privilegio di imparare
ggi, nella maggior parte dei paesi, l’istruzione è estesa a tutti attraverso l’organizzazione scolastica dello Stato. Nei secoli passati invece l’istruzione era riservata alle classi superiori, ai nobili e alla grande borghesia. La scuola di Stato non esisteva, non solo in Italia ma in nessun altro paese d’Europa. Negli Stati italiani del Cinque-Seicento l’insegnamento era praticato quasi totalmente dal clero e dagli ordini religiosi, dai gesuiti in primo luogo, nei loro numerosi e bene organizzati collegi. Qualche famiglia, invece di mandare i figli al collegio, chiamava a casa un insegnante privato, il cosiddetto “precettore”, di solito un sa-
cerdote, a cui venivano affidate l’istruzione e l’educazione dei ragazzi. Le classi inferiori erano escluse dall’istruzione. Fu un uomo di Chiesa, lo spagnolo Giuseppe Calasanzio (1556-1648), ad aprire a Roma la prima scuola popolare gratuita d’Europa, in cui l’istruzione religiosa si univa a quella letteraria e scientifica. L’iniziativa da Roma si estese ad altre parti d’Italia e d’Europa per opera di una speciale congregazione religiosa, chiamata “Scuole pie” o “scolòpi”, istituita dallo stesso Calasanzio. Oggi la Chiesa non ha più il monopolio dell’istruzione che, invece, viene impartita rispettando i princìpi stabiliti dalla nostra
Costituzione e primo fra tutti l’articolo 30, che sancisce il diritto/dovere allo studio e all’istruzione: «È dovere e diritto dei genitori mantenere, istruire ed educare i figli». L’argomento è ulteriormente sviluppato dall’articolo 34 che ribadisce il principio di uguaglianza sociale tra tutti i cittadini italiani affermando che «La scuola è aperta a tutti. L’istruzione, impartita per almeno otto anni, è obbligatoria e gratuita. I capaci e meritevoli, anche se privi di mezzi, hanno diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi. La Repubblica rende effettivo questo diritto con borse di studio, assegni alle famiglie e altre provvidenze, che devono essere attribuite per concorso».
Maestro dell’annuncio ai pastori, Maestro di scuola, XVII sec.
Una bambina in classe studia al microscopio
[Collezione privata, Napoli]
[© Mike Kemp/Rubberball/CORBIS]
Capitolo 34 L’Italia spagnola: un lungo periodo di crisi
Sintesi
L’Italia spagnola: un lungo periodo di crisi
Il ristagno della vita economica Nei primi decenni del XVII secolo, si registrarono in Italia i primi segni di decadenza economica, specie nei settori manifatturiero e commerciale. Vi fu una sensibile riduzione del numero delle navi, che si accompagnò alla perdita del monopolio del commercio delle spezie con l’Oriente. Anche il settore tessile conobbe una forte contrazione: si continuarono a produrre tessuti di pregio, non assorbiti dal mercato e l’esportazione prevalente divenne quella delle materie prime, anziché dei manufatti. Le cause del fenomeno furono: le scoperte geografiche e la navigazione oceanica, che relegarono l’Italia in una posizione secondaria nell’economia internazionale; la scelta di mercanti, banchieri e imprenditori di investire nell’acquisto di terreni, sottraendo i capitali al commercio; la dipendenza dalla Spagna, che aumentò lo sfruttamento fiscale dei territori assoggettati. Una società squilibrata: l’Italia dei privilegiati e degli sfruttati I ceti dirigenti (nobiltà e borghesia) vivevano sulla rendita proveniente dalle proprietà terriere, difendendo i propri privilegi senza investire nel settore commerciale. I contadini, che erano il ceto più numeroso, perlopiù lavoravano come braccianti sulle terre padronali. Si diffuse il fenomeno delle migrazioni stagionali. In città i domestici delle famiglie nobili, che potevano contare sulle mance e su una certa stabilità, erano forse coloro che vivevano meglio. Gli operai avevano orari di lavoro durissimi e stipendi
miseri; la crescita della povertà era resa visibile dalla presenza di miserabili e di accattoni nelle strade cittadine.
mente, completò il suo accentramento politico assoggettando le ultime signorie locali, come Ferrara e Urbino.
Il ritorno della peste. Disagi, povertà, sommosse Le condizioni igieniche e alimentari carenti, la malnutrizione, gli eserciti che avevano attraversato l’Europa provocarono il ritorno della peste. Se ne ebbero due ondate: la prima colpì l’Italia settentrionale a partire dal 1630; la seconda, alla metà del secolo, colpì le zone meridionali e mediterranee. L’aumento della miseria fu la causa di alcune sommosse: a Milano, dove vi fu un tumulto di popolo, e a Napoli, dove l’insurrezione, guidata da Masaniello, portò alla proclamazione di una repubblica. Si estese alle campagne ma già dopo un anno la Spagna riprese il controllo della situazione.
Distinzioni sociali e divisioni urbane Durante il dominio spagnolo, nelle città italiane si ebbero diversi interventi urbanistici e architettonici, che ne modificarono sensibilmente l’aspetto rappresentando anche visivamente gli squilibri sociali. Si costruirono piazze, palazzi, strade. Nacquero i negozi e si formarono due zone distinte di mercato, una per i ceti alti, l’altra – il mercato all’aperto – per il popolo. Anche l’alimentazione era un segno di distinzione sociale: i contadini mangiavano verdure, i ricchi carne, i popolani cittadini pesce salato. Era data importanza anche al modo di stare a tavola: esistevano manuali di buone maniere riservati ai gentiluomini.
Gli Stati italiani indipendenti Alcuni Stati italiani indipendenti entrarono di fatto sotto l’influenza della monarchia spagnola, come Genova. Altri cercarono di sviluppare una politica autonoma. Venezia mantenne una sua posizione di rilievo nei commerci internazionali, nonostante il declino, e cercò di arrestare l’avanzata turca nel Mediterraneo. Il Ducato di Savoia entrò a far parte della sfera di influenza francese. La Toscana abbracciò forme di economia agricola e divenne un granducato. Sotto il regno di Cosimo I venne inaugurato il porto di Livorno che, grazie alla concessione di privilegi fiscali, si svilupperà fino a diventare la sede delle attività mercantili inglesi e olandesi nel Mediterraneo. Lo Stato pontificio, arretrato economica-
La cultura italiana ed europea del Seicento. Il Barocco Nel Seicento l’Italia continua a rivestire un ruolo culturale centrale, con la nascita del Barocco, un nuovo stile artistico, letterario e musicale caratterizzato dalla ricerca dello stupore e della meraviglia, mediante un’arte eccentrica e bizzarra. La poesia si basava su giochi di parole, frasi, immagini tese a stupire. Ebbe un’enorme diffusione il teatro, con scrittori come Shakespeare, Molière, Racine; vennero aperti i primi teatri pubblici. La musica era caratterizzata da virtuosismi; i musicisti italiani erano notissimi e si affermò l’uso di termini italiani per designare le caratteristiche dei brani musicali; si affermò il genere del melodramma.
Esercizi Comprendere e ordinare 1. Colloca sulla linea del tempo gli eventi elencati in ordine sparso. 1582
1. 2. 3. 4.
1613
1628
1630
apertura del primo teatro pubblico a Venezia istituzione del calendario gregoriano Urbino viene incorporata nello Stato pontificio epidemia di peste nell’Italia settentrionale
1637
1647
5. 6. 7. 8.
1648
1674
tumulto popolare a Milano rivolta di Masaniello a Napoli sollevazione popolare a Palermo sollevazione popolare a Messina
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400
Modulo 8 Europa che cambia (1550-1650)
2. Associa alle seguenti parole chiave il significato corretto.
e. Nel corso del Seicento Venezia: ebbe una posizione di primo piano nei commerci internazionali. perse ogni importanza economica. mantenne autonomia e una certa importanza economica. venne sconfitta dal predominio turco nel Mediterraneo.
accademia • accattone • bracciante • capitale • caporale • corso • fuga • gabella • rifeudalizzazione • sommossa Componimento musicale in cui si intrecciano una serie di voci diverse
f. Il termine “melodramma” indica una particolare forma: musicale. teatrale. artistica. letteraria.
Colui che abitualmente chiede l’elemosina Sollevazione popolare di massa Denaro o altro valore che permette di avviare imprese che producono reddito
g. Nel Seicento il monopolio del commercio delle spezie passò: a Venezia. all’Inghilterra. alla Spagna. all’Olanda.
Associazione con lo scopo di sviluppare gli studi in un particolare settore Tassa diretta o indiretta
h. Secondo molti storici la decadenza economica italiana dipese principalmente:
Capo di una squadra di lavoratori
dal mercato tessile, che richiedeva prodotti di pregio. dallo spostamento dei traffici commerciali internazionali verso l’Atlantico. dall’impossibilità di commerciare materie prime. dalla scomparsa delle manifatture della seta.
Fenomeno caratterizzato dal riflusso di capitali verso la proprietà terriera Strada urbana di ampia estensione Lavoratore salariato agricolo
3. Nelle frasi seguenti, segna il giusto completamento. a. Nell’Italia seicentesca dipendevano direttamente dalla Spagna: Milano e Napoli. Milano, Napoli, Genova, Sardegna. Milano, Napoli, Venezia, Genova. Milano, Napoli, Sicilia, Sardegna. b. La rifeudalizzazione ebbe come conseguenza: la crescita delle campagne a danno delle città. l’estensione della dominazione spagnola sull’Italia. l’incremento degli investimenti e delle attività commerciali. l’allontanamento dei capitali dai settori commerciali e produttivi. c. La città che ebbe maggior sviluppo nel Granducato di Toscana fu: Pisa. Livorno. Firenze. Prato. d. In città, i lavoratori che godevano di migliori condizioni di vita erano: i braccianti. gli operai. i domestici. gli stagionali.
4.
Evidenzia sulla cartina, indicandoli con un colore diverso, i territori assoggettati alla Spagna, direttamente o di fatto, e quelli che conservarono una loro autonomia.
Capitolo 34 L’Italia spagnola: un lungo periodo di crisi
5. Completa il seguente testo inserendo le informazioni mancanti. artistico • perla asimmetrica • Barocco • capitali • cultura • curve • italiani • decadenza economica • eccentrico • figure retoriche • irregolare • letterario • melodramma • meraviglia • musica • ruolo • spazio • stupore • suoni • teatrale • variazioni • Italia • barroco
UNA NUOVA ARTE: IL BAROCCO Nonostante la ......................................., l’......................................... del XVI secolo fu caratterizzata dalla permanenza di un .............................................. ......... centrale nella ................................... . Nacque in quel secolo un nuovo movimento ......................................., musicale e .........................................., il ...................................., termine che derivava da ........................................, il nome di una ......................... . Questo nuovo movimento si prefissava di dare vita a ciò che fosse .................................................................., ..........................................; mirava anzitutto a suscitare nel destinatario dell’opera .................................... e ........................................... . L’arte dava rilievo alle ................................................ complesse, alla spirale, all’ellissi, cercando di riempire ogni ........................................ disponibile. La poesia giocava con le parole, con i ..................................., le immagini, le ................................. . Il genere letterario che ebbe maggiore diffusione fu quello ..............................................., in cui si cimentarono, tra gli altri, Shakespeare, Moliére, Racine. La ......................................... barocca si basava su virtuosismi e ......................................... su un tema principale; il genere principale fu il ................................................, in cui i musicisti ............................................. eccellevano e che si diffuse nelle maggiori capitali d’Europa.
Analizzare e produrre 6. Completa la seguente tabella. LA SOCIETÀ DEL XVI SECOLO
ATTIVITÀ SVOLTE
IN CITTÀ
CLASSI AGIATE
CLASSI POPOLARI
......................................................................................................
• In campagna: ...........................................................................
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• In città: ........................................................................................
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• Contadini: ..................................................................................
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..........................................................................................................
......................................................................................................
• Popolo cittadino: ....................................................................
......................................................................................................
..........................................................................................................
COME SI COMPORTAVANO IN SOCIETÀ
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..........................................................................................................
......................................................................................................
..........................................................................................................
A TEATRO
......................................................................................................
..........................................................................................................
COSA MANGIAVANO
Leggi il documento “Come usare le posate” a p. 396 e rispondi alle seguenti domande. 1. 2. 3. 4. 5. 6. 7.
Che cosa sono i manuali di “buone maniere”? Quando si diffuse l’uso delle posate? Perché molti manuali ne parlano? Che cosa bisogna fare e che cosa bisogna evitare per pulire le posate? Che cosa bisogna fare e che cosa bisogna evitare quando il piatto è sporco? Che cosa bisogna fare e che cosa bisogna evitare usando il coltello? Che cosa bisogna fare e che cosa bisogna evitare usando la forchetta? Che cosa bisogna fare e che cosa bisogna evitare di fare con le mani? Per quale motivo?
Sulla base delle informazioni raccolte con la tabella e con le risposte, scrivi un testo di almeno 10 righe dal titolo “In città nel XVI secolo”.
401
Modulo 8 Europa che cambia (1550-1650)
35 Nascita della
Capitolo
402
scienza moderna
Percorso breve Tra XVI e XVII secolo gli studi scientifici conobbero in Europa un rapido sviluppo. In campo astronomico prese corpo la teoria eliocentrica (il Sole è il centro dell’Universo, non la Terra come pretendeva la scienza ufficiale del tempo, sostenuta anche dalla Chiesa che proponeva un’interpretazione letterale della Bibbia): a ciò condussero gli studi del polacco Copernico, del tedesco Keplero e infine di Galileo Galilei, che dimostrò in termini matematici la nuova teoria, avvalendosi anche dell’osservazione diretta del cielo fatta attraverso uno strumento di nuova invenzione, il cannocchiale. Al di là dei contenuti innovativi, proprio il fatto di volersi basare sull’osservazione diretta della natura, e inoltre su un metodo “sperimentale” riproducibile in laboratorio, costituirono la base metodologica di quella che gli storici hanno chiamato “rivoluzione scientifica” dell’età moderna. Oltre alla fisica (che trovò coronamento nella teoria della gravitazione universale di Isaac Newton) il rinnovamento degli studi coinvolse le altre scienze, dall’astronomia alla medicina, dalla chimica alla meccanica. Il carattere libero e sperimentale della nuova scienza incontrò la dura opposizione della Chiesa, che condannò la teoria di Galileo come “assurda” ed “eretica”, costringendolo ad abiurare e ad abbandonare gli studi.
Cannocchiali costruiti da Galileo [Museo di Storia della Scienza, Firenze]
Capitolo 35 Nascita della scienza moderna
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35.1 Teorie astronomiche rivoluzionarie La Terra non è (più) il centro dell’Universo Tra Cinque e Seicento gli studi astronomici portarono a nuove scoperte, che posero le basi della fisica e dell’astronomia moderne. Da esse derivarono nuove teorie sull’Universo, rivoluzionarie nei confronti dei princìpi comunemente accolti, che risalivano ai filosofi e naturalisti dell’antica Grecia, precisamente ad Aristotele (IV sec. a.C.) e a Tolomeo (II sec. d.C.), e che erano considerati verità indiscutibili. Tali princìpi erano costruiti su due presupposti di base: a) la Terra sta immobile al centro dell’Universo e intorno a essa ruotano il Sole e gli altri astri; b) il Cielo e la Terra sono due mondi di natura diversa, il primo perfetto e infinito, il secondo imperfetto e finito. «Il Sole è una stella fissa» Queste idee furono messe in discussione per la prima volta da un astronomo polacco del Cinquecento, Mikolay Kopernik (1473-1543), meglio noto col nome latinizzato di Niccolò Copernico [ 24.4], il quale, in un’opera intitolata Delle rivoluzioni dei corpi celesti, aveva scritto: «Dopo lunghe ricerche io mi sono infine convinto: che il Sole è una stella fissa, circondata da pianeti che girano intorno a essa e di cui essa è il centro; che la Terra è un pianeta principale, soggetto a un triplice movimento; che tutti i fenomeni del movimento giornaliero e annuale, il ritorno periodico delle stagioni e tutti i cambiamenti dell’atmosfera che l’accompagnano sono il risultato della rotazione della Terra intorno al suo asse e del suo movimento periodico intorno al Sole; che il corso apparente delle stelle non è che una illusione ottica, prodotta dal movimento reale della Terra e dalle oscillazioni del suo asse». Copernico individuò l’ellissi come forma tipica delle orbite celesti, collocando il Sole in uno dei due fuochi dell’ellissi. L’eliocentrismo Nel XVII secolo la teoria di Copernico fu approfondita da Giovanni Keplero (1571-1630), uno studioso tedesco, e specialmente da Galileo Galilei (15641642), un fisico e matematico italiano, professore all’Università di Pisa. Sulla base de-
Andreas Cellarius, Il sistema copernicano, XVII sec. [da Atlas coelestis seu Harmonia macrocosmica; Bibliothèque Municipale, Lille]
La teoria copernicana sconvolse le credenze che per quasi duemila anni erano rimaste immutate. L’eliocentrismo, in qualche modo, minava anche l’idea cristiana (fondata su un’interpretazione letterale della Bibbia) che voleva la Terra al centro dell’Universo: per questo i suoi sostenitori furono fortemente ostacolati e inquisiti.
L’astronomo, XVII sec. [dalla Selenographia di Johannes Hevelius]
Questa tavola, parte integrante del trattato Selenographia, ritrae un astronomo polacco (indossa copricapo, calzari e tunica chiusa per mezzo di alamari tipici di quelle zone) intento a scrutare con il suo cannocchiale il cielo di notte. L’utilizzo di strumentazione scientifica fu una delle condizioni essenziali per lo sviluppo del metodo scientifico.
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Modulo 8 Europa che cambia (1550-1650) gli studi e delle osservazioni di questi scienziati si consolidò l’idea che non il Sole si muove intorno alla Terra, ma, viceversa, la Terra intorno al Sole (questa teoria ebbe nome “eliocentrismo”, dal greco hélios che significa appunto ‘Sole’). Inoltre, questi scienziati dimostrarono che Cielo e Terra non sono due mondi separati, fatti di sostanze diverse, ma due aspetti della medesima realtà fisica.
35.2 Galileo e il metodo scientifico
Memo
Indice dei libri proibiti Durante la Riforma cattolica, per combattere le eresie e le idee dei dissidenti, la Chiesa di Roma istituì la Congregazione dell’Indice, una commissione di ecclesiastici con il compito di redigere un elenco dei libri proibiti perché ritenuti immorali o non conformi ai princìpi della fede cristiana [ 30.4].
La condanna della Chiesa Le nuove idee apparvero una rivoluzione, e realmente lo erano: esse sconvolgevano convinzioni millenarie, andavano contro il modo di pensare comune e contro l’interpretazione letterale delle Sacre Scritture, generalmente accettata dalla Chiesa. Perciò, nel 1616, a oltre settant’anni dalla sua pubblicazione, l’opera di Copernico fu inserita nell’Indice dei libri proibiti; a Galileo fu vietato di diffondere le teorie eliocentriche. Inutilmente Galileo cercò di vincere l’ostilità dei teologi e degli astronomi tradizionalisti, che si rifiutavano di ammettere la verità delle nuove scoperte e continuavano a sostenere che la Terra è immobile al centro dell’Universo. Nel 1633, in seguito alla pubblicazione del Dialogo sopra i due massimi sistemi del mondo, tolemaico e copernicano, che confermava le teorie di Copernico e di Keplero, Galileo fu convocato davanti al tribunale dell’Inquisizione, costretto a ritrattare le nuove idee e a ritirarsi a vita privata nella sua casa di Arcetri. Ipotesi verificabili La principale innovazione introdotta da Galileo fu quella di avere praticato e teorizzato un metodo sperimentale di ricerca, che viene considerato la base del pensiero scientifico moderno. Fin dall’antichità la natura era stata osservata, studiata, descritta. Ma, affermò Galileo, per studiare i fenomeni naturali non basta osservarli e descriverli. Bisogna anche saper leggere le regole matematiche su cui quei fenomeni si fondano. Poi, su questa base, si cercherà di riprodurre in laboratorio quei fenomeni: se il risultato della prova sarà positivo, ciò vorrà dire che l’intuizione dello studioso non è più solo un’ipotesi di lavoro, ma una verità accertata.
I tempi della storia Un proverbio che non torna: il calendario gregoriano Verso la fine del Cinquecento l’interesse per l’astronomia, i movimenti dei corpi celesti e la misurazione del tempo portò a un importante cambiamento nel computo dell’anno e all’introduzione di un nuovo calendario. Ancora oggi a testimoniare questa avvenuta sostituzione permangono le parole di un vecchio proverbio che dice: «Santa Lucia è il giorno più corto che ci sia». Ma “vecchio” quanto? Il suo stesso contenuto contiene un indizio: tutti infatti sappiamo che il solstizio invernale (il “giorno più corto” dell’anno) cade fra il 21 e il 22 dicembre, non il 13, festa di santa Lucia. Dobbiamo dedurne che il proverbio afferma il falso? Che la tradizione popolare ignorava le certezze dell’astronomia? Non necessariamente. Se riferiamo il proverbio al calendario che era in uso in Europa prima del 1582, tutto si spiega.
Quell’anno, una commissione insediata da papa Gregorio XIII istituì un nuovo calendario (quello attualmente in uso) che sostituiva il cosiddetto calendario “giuliano”, introdotto in età romana da Giulio Cesare e rimasto in vigore fino a oggi nei paesi europei di religione ortodossa. Questo calendario aveva comportato, rispetto all’anno solare, una differenza di 3 giorni ogni 4 secoli. Si propose dunque di eliminare il bisestile (l’anno di 366 giorni anziché 365, che ricorre ogni 4 anni) negli anni di fine secolo non multipli di 400: in questo modo il calendario gregoriano ristabiliva l’equilibrio tra anno solare e anno civile. Restava tuttavia un problema: il calendario giuliano aveva accumulato, anno dopo anno, ben dieci giorni di differenza rispetto al ciclo solare. Perciò, quando il nuovo sistema entrò in vigore, dieci giorni furono letteralmente cancellati dal calenda-
rio: il giorno prima era stato il 4 ottobre 1582, il giorno dopo fu il 15 ottobre. Di questo “salto” non potevano tenere conto proverbi e modi di dire, pronunciati in forma di rima, tradizionalmente legati al computo del tempo. Ecco perché ancora oggi si continua a dire «Santa Lucia è il giorno più corto che ci sia», anche se ciò era vero solamente col vecchio calendario giuliano, quando Santa Lucia (il 13 dicembre) era effettivamente il «giorno più corto», dopo il quale le giornate ricominciavano ad allungarsi, le ore di luce a crescere (per questo motivo santa Lucia è tradizionalmente ritenuta la protettrice degli occhi e della vista). Il nostro proverbio è dunque, sicuramente, più antico del 1582. Probabilmente risale al Medioevo. In ogni caso, questa piccola vicenda insegna che anche i proverbi possono essere un documento storico.
Nel modo di procedere di Galileo appaiono ormai definiti gli aspetti fondamentali del metodo scientifico moderno: l’osservazione sperimentale, l’interpretazione matematica, la riprova di laboratorio.
Il cannocchiale Le osservazioni astronomiche di Galileo, che accompagnarono sempre i suoi studi matematici, furono fatte utilizzando un “occhiale” fabbricato da artigiani olandesi, capace di ingrandire gli oggetti lontani, di cui lo studioso italiano ebbe notizia verso il 1609 e che immediatamente si procurò. In seguito, egli stesso apportò all’apparecchio dei miglioramenti tecnici, costruendo un «occhialino per veder da vicino le cose minime» nella propria abitazione di Padova (città in cui visse a lungo) dove aveva costruito un’officina, un vero laboratorio scientifico, con la collaborazione dell’operaio Marcantonio Mazzoleni. Il coraggio delle idee Peraltro, il maggior merito di Galileo non furono i miglioramenti tecnici apportati al cannocchiale, bensì il coraggio intellettuale di attribuire al nuovo apparecchio una funzione di conoscenza scientifica basata sull’osservazione diretta della natura: «L’Universo – scrisse – è come un grandissimo libro che ci sta aperto davanti agli occhi, ma non si può intendere se prima non si impara a intendere la lingua e a conoscere i caratteri nei quali è scritto. Egli è scritto in lingua matematica, e i caratteri sono triangoli, cerchi e altre figure geometriche, senza i quali mezzi è impossibile intendere umanamente parola; senza questi è un aggirarsi vanamente per un oscuro labirinto».
Il processo a Galileo, XVII sec. [Museo di Storia della Scienza, Firenze]
Dopo le pesanti accuse di eresia mosse contro di lui, Galileo fu costretto ad abiurare e a giurare sulla Bibbia che tutto ciò che aveva avuto l’ardire di scrivere era falso. Il coraggio espresso nello scrivere ciò che pensava lo portò, alla fine, dinnanzi al tribunale dell’Inquisizione.
Aa Documenti La condanna di Galileo Il 22 giugno 1633, il tribunale dell’Inquisizione condannò Galileo Galilei per la sua teoria «assurda e falsa in filosofia, e formalmente eretica, per essere espressamente contraria alla Sacra Scrittura». Già nel 1615 egli era stato denuncia-
E
to per questa “falsa dottrina”, secondo cui il Sole, e non la Terra, è il centro del mondo. Avendo egli – nonostante le assicurazioni in senso contrario – perseverato nella sua teoria, e avendola ulteriormente confermata nel Dialogo sopra i due
ssendo che tu, Galileo, figlio del fu Vincenzo Galilei, Fiorentino, dell’età tua d’anni 70, fosti denunziato del 1615 in questo Santo Offizio, che tenevi come vera la falsa dottrina, da alcuni insegnata, ch’il Sole sia centro del mondo e imobile, e che la Terra si muova anco di moto diurno; ch’avevi discepoli, a’ quali insegnavi la medesima dottrina; che circa l’istessa tenevi corrispondenza con alcuni mattematici di Germania; che tu avevi dato alle stampe alcune lettere intitolate “Delle macchie solari”, nelle quali spiegavi l’istessa dottrina come vera; che all’obbiezioni che alle volte ti venivano fatte, tolte dalla Sacra Scrittura, rispondevi glosando1 detta Scrittura conforme al tuo senso; e successivamente fu presentata copia d’una scrittura, sotto forma di lettera, quale si diceva esser stata scritta da te a un tale già tuo discepolo, e in essa, seguendo la posizione del Copernico, si contengono varie proposizioni contro il vero senso e autorità della Sacra Scrittura. […] Diciamo, pronunziamo, sentenziamo e dichiariamo che tu,
1 Commentando.
massimi sistemi del mondo, il Sant’Uffizio intervenne con una condanna definitiva, che costrinse Galileo ad abiurare, cioè a rinnegare le teorie da lui formulate. Leggiamo alcuni passi della sentenza di condanna del 1633.
Galileo sudetto, per le cose dedotte in processo e da te confessate come sopra, ti sei reso a questo Santo Offizio veementemente sospetto d’eresia, cioè d’aver tenuto e creduto dottrina falsa e contraria alle Sacre e divine Scritture […] e conseguentemente sei incorso in tutte le censure e pene dai sacri canoni e altre constituzioni generali e particolari contro simili delinquenti imposte e promulgate. Dalle quali siamo contenti sii assoluto, pur che prima, con cuor sincero e fede non finta, avanti di noi abiuri, maledichi e detesti li sudetti errori e eresie, e qualunque altro errore e eresia contraria alla Cattolica e Apostolica Chiesa, nel modo e forma da noi ti sarà data. E acciocché questo tuo grave e pernicioso errore e transgressione non resti del tutto impunito, e sii più cauto nell’avvenire e essempio all’altri che si astenghino da simili delitti, ordiniamo che per publico editto sia proibito il libro de’ Dialoghi di Galileo Galilei. in G. Galilei, Opere, a cura di F. Flora, Milano-Napoli 1953
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35.3 Nuove scoperte della fisica e della medicina Lo studio di Isaac Newton [Trinity College, Cambridge]
Le teorie di Newton non solo diedero forza all’eliocentrismo ma sconvolsero l’interpretazione dell’intero Universo.
Isaac Newton e la legge di gravità Il rinnovamento degli studi scientifici trovò il suo coronamento nelle teorie di Isaac Newton (1642-1727), fisico, matematico e astronomo inglese. La sua maggiore scoperta, nota come legge della gravitazione universale, compiuta all’età di ventiquattro anni, non solo riconfermò l’eliocentrismo già affermato da Copernico e Galileo, ma diede un’originale interpretazione dell’intero Universo, concepito come una macchina regolata da leggi matematiche. Una macchina i cui componenti, la Terra, il Sole, la Luna e gli altri astri, sono soggetti a una forza unica, la gravitazione, in virtù della quale ciascun astro ha una sua posizione nello spazio e si muove in maniera precisa e prevedibile. L’Universo appare in tal modo paragonabile a un immenso orologio, i cui movimenti procedono all’infinito, regolari e uniformi. La Terra e la mela: un’attrazione reciproca Secondo il celebre racconto di un amico di Newton, William Stukeley, la scintilla che avrebbe fatto scaturire queste riflessioni sarebbe stata la vista di una mela caduta da un albero. «Noi uscimmo in giardino all’ombra di un melo, e sir Isaac mi narrò come si fosse trovato nelle medesime circostanze allorché per la prima volta gli era balenata l’idea della gravitazione. Mentre sedeva in giardino meditando, una mela cadde dall’albero vicino ai suoi piedi. Perché, si chiese Newton, un peso cade sempre perpendicolarmente? Perché non di lato, ma sempre verso il centro della Terra? Ci deve essere nella materia una forza di attrazione concentrata nel centro della Terra. Se la materia attrae così un’altra materia, deve esserci una proporzione con la sua massa. Perciò la mela attira la Terra, come la Terra attira la mela. Deve esistere, in definitiva, una forza simile a quella che noi chiamiamo forza di gravità, diffusa in tutto l’Universo».
Le vie della cittadinanza
«L
Ricerca e libertà
a Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica». Così recita l’articolo 9 della Costituzione italiana, esprimendo l’idea, oggi comunemente condivisa, che la ricerca e la sperimentazione costituiscano la base non solo dello sviluppo tecnologicoscientifico di un paese, ma, più in generale, della sua crescita culturale. Premessa indispensabile di tutto ciò è la libertà di ricerca, di cui oggi molto si discute, anche perché essa richiede importanti investimenti e in assenza di fondi pubblici rischia di diventare succube degli interessi dell’industria, che regolarmente finanzia la ricerca ma, ovviamente, la indirizza verso scopi da essa stessa individuati come utili in prospettiva – al profitto
Jan Vermeer, L’astronomo, part., 1668 [Musée du Louvre, Parigi]
aziendale. Per questo è necessario che, nei limiti del possibile, anche lo Stato si faccia carico di sostenere la ricerca scientifica, liberandola dai vincoli che in
tanti casi la mantengono subordinata agli interessi industriali. Del resto, il lavoro di ricerca non si esaurisce nei settori tecnico e scientifico ma
Capitolo 35 Nascita della scienza moderna La tradizione medica e lo studio del corpo Nel XVII secolo si verificarono decisivi cambiamenti anche nel pensiero medico. Fino ad allora il corpo umano era rimasto sostanzialmente un mistero per la scienza: si ignorava la funzione degli organi, nessuno sapeva con precisione a che cosa servissero il fegato, il cuore, i polmoni, le arterie, le vene. Le teorie mediche facevano ancora riferimento alla teoria degli “umori” e dei “temperamenti”, sviluppata da Galeno nel II secolo d.C. sulla base della tradizione ippocratica, che ipotizzava una corrispondenza fra la natura del corpo umano (microcosmo) e la natura dell’Universo (macrocosmo), basati entrambi su quattro elementi-base ossia la terra, l’acqua, l’aria e il fuoco, e su quattro qualità fondamentali ossia il caldo, il freddo, il secco e l’umido [ 9.4]. La scoperta della macchina umana Una delle prime importanti scoperte fu fatta da un inglese, William Harvey (1578-1657), il quale mostrò che il corpo umano funziona come una macchina, che il cuore è una pompa e il sangue circola di continuo attraverso un doppio sistema di canali, le arterie e le vene. Circa cinquant’anni dopo uno studioso italiano, il bolognese Marcello Malpighi (1628-1694), servendosi di un apparecchio di recente invenzione, il microscopio – messo a punto da Galileo e perfezionato dall’olandese Antoni van Leeuwenhoek (1632-1723) –, scoprì l’esistenza dei vasi capillari (arterie sottilissime non visibili a occhio nudo) e descrisse la struttura del tessuto polmonare e del fegato, dando inizio a quella branca della scienza medica chiamata istologia. Nuove scoperte biologiche Il metodo sperimentale, favorito dall’uso del microscopio, portò a nuovi risultati nel campo della biologia: il medico e naturalista toscano Francesco Redi (1626-1697) studiò i parassiti delle uova e dimostrò la falsità delle teorie tradizionali sulla “generazione spontanea” dei vermi. Frattanto la chimica (che si sarebbe pienamente sviluppata nel secolo successivo grazie agli studi di AntoineLaurent Lavoisier) ricevette un impulso decisivo dalle ricerche dell’irlandese Robert Boyle (1627-1691).
coinvolge tutti gli aspetti della cultura, comprendendo quelli umanistici, storici, letterari, artistici. Anche in questi campi la ricerca avanza solamente quando è dotata di mezzi e quando può svolgersi liberamente, senza censure né pregiudizi. Tutto ciò può apparire ovvio, ma non è necessario andare troppo indietro nei secoli per trovare atteggiamenti diversi nei confronti della libera ricerca: il rispetto delle “autorità”, il commento e l’interpretazione dei testi antichi e (in campo religioso) della Bibbia furono a lungo ritenuti l’elemento decisivo del lavoro intellettuale. Nel Medioevo non si sollecitava il pensiero creativo e l’ansia della “ricerca” era ritenuta da molti sconveniente, e ancora nel Cinque-Seicento la Chiesa condannava quanti si fidavano della propria osservazione più che delle tesi consolidate dalla tradizione. Lo stesso Galileo, ritenuto il fondatore del moderno metodo
scientifico, fu perseguitato dall’Inquisizione ecclesiastica e costretto a ritrattare le sue tesi. Solo tre secoli e mezzo più tardi, nel 1992, papa Giovanni Paolo II ha riconosciuto “ingiusto” il processo intentato a Galilei, ritirando la condanna della Chiesa cattolica allo scienziato e riconoscendo pubblicamente l’errore nonché – ovviamente – la validità e la verità scientifica delle teorie galileiane.
Al lavoro in un’impresa di elettronica [Double’s, Milano]
L’indipendenza della ricerca è l’unica via che l’uomo possiede per svincolarsi dalle logiche del mercato. Il mercato è importante ma non può essere esclusivo. È uno strumento non un fine.
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William Harvey, De motu cordis, 1628 In queste due figure sono rappresentati gli esperimenti di spremitura e interruzione digitale delle vene fatti da Harvey sul flusso del sangue venoso.
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35.4 Scienza, tecnica, filosofia Dalla scienza alla filosofia Il successo del metodo sperimentale e la polemica contro i pregiudizi uscirono ben presto dall’ambito strettamente scientifico, per diventare il nuovo parametro della cultura europea, un nuovo modo di pensare la ricerca e gli studi. Il filosofo inglese Francis Bacon o Bacone (1561-1626) intitolò Novum Organum ossia ‘nuovo strumento’ la sua opera più famosa, pubblicata nel 1620, che contrapponeva il procedimento tecnico-scientifico alla vecchia logica aristotelica (Organum era il titolo dato all’insieme delle opere logiche di Aristotele). Un altro filosofo, il francese René Descartes o Cartesio (1596-1650), assunse la matematica (base della ricerca di Galileo e degli altri protagonisti della rivoluzione scientifica) come fondamento del pensiero umano e delle indagini sulla natura; egli fu un tenace sostenitore del cosiddetto “meccanicismo”, che pensava gli esseri viventi come altrettante macchine, prospettando una corrispondenza tra studi fisici e fisiologici, tra lo studio della macchina-uomo e quello della macchina-universo. Nuovi metodi di calcolo matematico – con la scoperta del calcolo infinitesimale – furono messi a punto dal filosofo tedesco Gottfried Leibniz (1646-1716). Scienza e tecnica Lo stretto rapporto fra scienza e tecnica caratterizzò la nuova ondata di studi. Lo sviluppo della riflessione scientifica si basò in modo sempre più sistematico su strumenti di misurazione precisi e affidabili. L’invenzione del cronometro e del sestante, per esempio, consentirono alla cartografia di fare rapidi passi avanti. Lo stesso orologio, che esisteva da secoli, raggiunse un alto grado di precisione solo grazie ai miglioramenti tecnici apportati dall’olandese Christiaan Huygens (1629-1695), che introdusse la molla a spirale e il pendolo, il cui moto regolare era già stato studiato da Galileo, senza però trovare alcuna applicazione pratica. La combinazione fra il calcolo matematico e la tecnologia dell’orologio (in particolare della ruota dentata) fu all’origine della prima calcolatrice meccanica a ingranaggi, inventata dal francese Blaise Pascal (1623-1662). Verso un sapere enciclopedico La crescita degli studi teorici e sperimentali nei più diversi campi portò, sul finire del XVII secolo, ai primi tentativi di abbracciare le scienze in un unico sapere enciclopedico: pioniere di questo approccio al mondo della conoscenza è ritenuto il filosofo e scrittore francese Pierre Bayle (1647-1706), il quale, rifugiatosi in Olanda per sfuggire alle persecuzioni contro i protestanti, pubblicò tra il 1697 e il 1702 un Dizionario storico-critico che in 2038 articoli discute i fondamenti del pensiero umano, dei suoi pregiudizi, dei suoi errori, delle sue conquiste. Le prime accademie scientifiche Ancora nel Seicento nacque un nuovo, caratteristico genere di istituzione culturale: le accademie scientifiche, luoghi di incontro e di discussione che in breve tempo diventarono la sede privilegiata degli scambi intellettuali su scala internazionale. La prima accademia fu quella dei Lincei, fondata a Roma nel 1603, che difese Galileo e i suoi allievi dalle accuse del Sant’Uffizio. Nel 1657 nacque a Firenze l’Accademia del Cimento, nel 1662 a Londra la Royal Society, nel 1666 a Parigi l’Académie Royale des Sciences. Analoghe associazioni nacquero, col tempo, in tutti i paesi europei.
Thomas Sprat, La Royal Society e il re, 1677 [da History of the Royal Society; Royal Society, Londra]
L’incisione rappresenta un’immaginaria visita di Carlo II, re d’Inghilterra, alla Royal Society di Londra. Il patrocinio e la protezione che il sovrano inglese accordò accrebbero moltissimo il prestigio dell’accademia.
Capitolo 35 Nascita della scienza moderna
Sintesi
Nascita della scienza moderna
Teorie astronomiche rivoluzionarie Tra XVI e XVII secolo gli studi astronomici portarono a scoperte nuove e rivoluzionarie, che misero in crisi i princìpi tolemaici generalmente accettati, basati sull’idea di una Terra immobile al centro dell’Universo, e di Cielo e Terra come fatti di sostanze diverse, il primo infinito e perfetto, la seconda finita e imperfetta. Il primo a mettere in discussione queste teorie fu Niccolò Copernico, seguito nel Seicento da Keplero e Galileo Galilei. Mediante studi e osservazioni essi ipotizzarono che la Terra si muovesse intorno al Sole e che entrambi condividessero la stessa sostanza, che fossero due aspetti della stessa realtà fisica. Galileo e il metodo scientifico Le nuove idee contrastavano con le convinzioni accettate da tutti e dalla Chiesa, basate su un’interpretazione letterale dei testi sacri. L’opera di Copernico fu posta all’Indice nel 1616 e a Galileo fu proibito di diffondere le teorie eliocentriche. Dopo aver tentato vanamente di convincere teologi e astronomi tradizionalisti della fondatezza della propria dottrina, Galileo fu convocato dal tribunale
dell’Inquisizione e dovette ritrattare tali idee, ritirandosi a vita privata. La sua principale innovazione è stata quella del metodo sperimentale: lo studio dei fenomeni naturali deve basarsi sull’interpretazione delle leggi matematiche che ne sono alla base e sulla riproduzione dell’esperimento in laboratorio, con esito positivo. A quel punto si può parlare di una verità dimostrata. Tale metodo è alla base del pensiero scientifico moderno. Per osservare direttamente i fenomeni naturali, Galileo usò il cannocchiale, strumento ideato da artigiani olandesi a cui egli apportò dei miglioramenti tecnici. Nuove scoperte della fisica e della medicina Il rinnovamento degli studi scientifici portò alla scoperta, da parte di Isaac Newton (1642-1727) della legge della gravitazione universale, in base alla quale la legge fondamentale su cui si regge l’Universo è quella della gravitazione; esso appare come un orologio, nel quale i movimenti dei componenti sono infiniti, regolari, uniformi. Altri cambiamenti decisivi si ebbero nella medicina: si iniziò a capire il funziona-
mento del corpo umano, con gli studi di William Harvey (1578-1657), che spiegò la funzione del cuore e di vene e arterie; Marcello Malpighi (1628-1694) descrisse la struttura dei polmoni e del fegato. Alti progressi si ebbero nella biologia e nella chimica. Scienza, tecnica, filosofia L’uso del metodo sperimentale nella ricerca si estese fino a creare una nuova concezione degli studi e della ricerca. In filosofia, Francis Bacon (1561-1626) contrappose il pensiero scientifico alla logica aristotelica; Cartesio (1596-1650) pose la matematica alla base del suo pensiero meccanicista; Liebniz (1646-1716) mise a punto un nuovo metodo di calcolo, quello infinitesimale. Il rapporto tra scienza e tecnica portò a sviluppare nuovi strumenti di misurazione, come il cronometro, il sestante, la calcolatrice meccanica e a perfezionare quelli già esistenti, come l’orologio. Alla fine del secolo si ebbero i primi tentativi di associare le diverse scienze in un sapere enciclopedico e nacquero inoltre le prime accademie, luoghi di incontro e discussione tra intellettuali, che si svilupparono in tutti i paesi europei.
Esercizi Comprendere e ordinare 1. Associa alle seguenti parole chiave il significato corretto. cartografia • eliocentrismo • ellissi • gravitazione • istologia • meccanicismo • metodo sperimentale • microscopio • sestante • vasi capillari Strumento ottico che ingrandisce notevolmente le immagini di oggetti Teoria astronomica per la quale il Sole si trova al centro dell’Universo Arterie molto sottili e non visibili a occhio nudo Branca della biologia che studia la struttura dei tessuti animali o vegetali Strumento per misurare l’altezza degli astri o la distanza tra di essi Teoria della conoscenza basata sui risultati di un esperimento Forma tipica dell’orbita percorsa da un corpo celeste Branca della geografia che riguarda la raffigurazione planimetrica Teoria che descrive gli esseri viventi come simili a delle macchine Attrazione che si verifica tra due corpi composti di materia
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2. Colloca sulla linea del tempo gli eventi indicati in ordine sparso. 1603
1. 2. 3. 4.
1609
1616
1620
1633
1662
1666
1697
5. l’opera di Copernico è inserita nell’Indice dei libri proibiti 6. Galileo Galilei è convocato davanti al tribunale dell’Inquisizione 7. inizio della pubblicazione del Dizionario storico-critico di Pierre Bayle 8. fondazione a Roma dell’Accademia dei Lincei
fondazione a Londra della Royal Society pubblicazione del Novum Organum di Francis Bacon fondazione a Parigi dell’Académie Royale des Sciences Galileo Galilei venne a conoscenza dell’invenzione del cannocchiale
3. Indica se le seguenti affermazioni sono vere o false.
f. Secondo la legge di gravitazione universale, ogni astro ha una sua posizione e si muove.
V
F
a. Gli studi di Francesco Redi diedero inizio alla branca medica dell’istologia.
V
F
b. Il maggior merito di Galileo consiste nell’invenzione del cannocchiale.
g. Pierre Bayle è stato tra i primi a diffondere il metodo dello studio enciclopedico.
V
F
V
F
c. Cartesio prospettava un parallelismo tra lo studio dell’uomo e quello dell’Universo.
h. Le accademie scientifiche diventarono il centro principale degli studi nazionali.
V
F
V
F
d. Pascal permise di apportare dei miglioramenti tecnici all’orologio.
i. Davanti all’Inquisizione Galileo fu costretto a ritrattare il suo sostegno alla teoria eliocentrica.
V
F
V
F
e. Le teorie astronomiche accettate dalla Chiesa tra XVI-XVII secolo derivavano da Aristotele e Tolomeo.
j. Secondo Galileo i fenomeni naturali sono basati su leggi matematiche che vanno comprese.
V
F
V
F
k. Keplero affermò che la Terra si trova al centro dell’Universo senza muoversi.
V
F
4. Completa la seguente tabella inserendo le informazioni mancanti (alcuni termini possono essere usati più volte). Aristotele • acqua • asse • aria • calcolatrice • caldo • canali • capillari • cielo • Copernico • corpi • corpo • cronometro • cuore • descrizione • eliocentrica • esperimento • fegato • fenomeni • finita • freddo • fuoco • Galeno • Galilei • geocentrica • Keplero • infinito • laboratorio • natura • orbite • orologio • pianeti • polmoni • secco • sestante • Sole • studio • Terra • tessuti • Tolomeo • umido • umori • Universo • verità
ASTRONOMIA
METODO PER LO STUDIO DELLA NATURA
MEDICINA
STRUMENTI DI MISURAZIONE
PRIMA
DOPO
• Protagonisti della teoria ...........................: .......................... (IV sec. a.c.); .......................................................... (II sec. d.c.) • ..................................... immobile al centro dell’Universo • ..................... e Terra: corpi di diversa .................................. • ........................................: ......................................... e perfetto; • ......................................: ....................................... e imperfetta
• Protagonisti della teoria ..........................: .........................., .........................., ........................... • ..................................... immobile al centro dell’Universo • ............... e altri ............... si muovono attorno al .............. • ............: movimento sul suo .......... e intorno al ............... • ................................ ellittiche
Osservazione, ....................................., .........................................
• Osservazione ................................... dei .................................. • Riproduzione in ................................... • ................................... con esito positivo: ................................ scientificamente dimostrata
• Teoria degli ............................: ......................... (II sec. d.c.) • Corrispondenza tra .................... umano e ........................ • quattro elementi base: ..........................., ..........................., ............................, .............................. • quattro qualità: ...................................., ................................., ...................................., ....................................
• Osservazione del ................................... umano • Harvey: ................................... pompa; il ................................. circola attraverso sistema di .................................................. • Malpighi: vasi .......................; descrizione .......................... di .......................... e ..........................
orologio
......................................................., .....................................................
• Huygens: perfezionamenti tecnici dell’.......................... • Pascal: prima .................................................... meccanica
Capitolo 35 Nascita della scienza moderna
Analizzare e produrre 5. Leggi la citazione di Niccolò Copernico riportata a p. 403 e rispondi alle seguenti domande. 1. 2. 3. 4.
Quali sono le caratteristiche attribuite al Sole? Quali sono le caratteristiche attribuite alla Luna? Da cosa dipende l’alternanza di giorni, anni, stagioni, clima? Che cosa è detto riguardo alle stelle?
Leggi la citazione di Galileo Galilei riportata a p. 405 e rispondi alle seguenti domande. 1. A che cosa è paragonato l’Universo? 2. In che modo esso può essere compreso? 3. Che cosa accade quando esso non è compreso? Leggi la citazione di William Stukeley riportata a p. 406 e rispondi alle seguenti domande. 1. Quando Newton intuisce per la prima volta la legge di gravitazione universale? 2. In seguito all’osservazione di quale fenomeno? 3. Quali domande si pone? Quali ipotesi formula? 4. A quale conclusione giunge? Sulla base delle informazioni raccolte, scrivi un testo di almeno 10 righe dal titolo “Il progresso scientifico nel XVII secolo”.
6. Verso il saggio breve Leggi il brano “La condanna di Galileo” a p. 405 e rispondi alle seguenti domande.
1. Quando avviene il processo a Galileo di fronte al tribunale dell’Inquisizione? 2. Quale sua opera conteneva i princìpi che gli vengono contestati? 3. Quali sono i caratteri della sua dottrina messi sotto accusa? 4. Quali altri suoi comportamenti vengono contestati? Con quali motivazioni? 5. Quale giustificazione aveva dato Galileo all’accusa di contraddizione verso le Sacre Scritture? 6. Di che cosa è sospettato? Per quale motivo? 7. Quale conseguenza questo comporta per la sua persona? E per la sua opera? Leggi la scheda “Le vie della cittadinanza” alle pp. 406-407 e rispondi alle seguenti domande. 1. Che cosa sancisce l’articolo 9 della Costituzione italiana? 2. Quali princìpi sono sostenuti e promossi da tale articolo? 3. Quali rischi sono connessi attualmente alla libera ricerca? Quali conseguenze comportano? 4. Quali settori sono coinvolti dalla ricerca? Che cosa occorre perché essa possa svilupparsi? 5. Quali elementi erano ritenuti in passato la base su cui il lavoro intellettuale poteva svilupparsi? 6. Tra Cinquecento e Seicento quali atteggiamenti erano condannati? Da chi? Per quale motivo? Sulla base delle informazioni raccolte, scrivi un testo di almeno 15 righe dal titolo “Il rapporto tra la ricerca scientifica e la libertà tra passato e presente”.
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La discussione storiografica
La rivoluzione scientifica P
er “rivoluzione scientifica” – espressione introdotta dagli storici della scienza nella seconda metà del Novecento – si intende un insieme di cambiamenti che a partire dal XVI secolo coinvolsero gli studi fisici, astronomici e naturalistici. Rispetto alla tradizione precedente, la rottura consistette non solo nei “contenuti”, ma anche e soprattutto nei “metodi” di studio: nuove
importanti scoperte furono effettuate (a cominciare dal ribaltamento dell’immagine del mondo, quando Copernico, Keplero e Galileo affermarono che non la Terra, ma il Sole si trova al centro dell’Universo) ma ciò che giustifica l’impiego del termine “rivoluzione” sono i modi con cui gli scienziati “moderni” affrontarono la ricerca scientifica. Essa non consisteva più nel riprendere il sa-
pere trasmesso da filosofi e scienziati dell’antichità, né nell’adeguarsi all’interpretazione letterale della Bibbia proposta dalla Chiesa, ma nell’utilizzo di un metodo “sperimentale” che consisteva nell’osservare la natura (mediante strumenti di recente invenzione come il cannocchiale) e nel tentare di interpretarla mediante calcoli matematici.
dell’uomo libero. Nel secondo brano, il sociologo e storico della scienza Steven Shapin illustra come questo cambiamento abbia avuto conseguenze anche sul piano linguistico, portando a utilizzare il linguaggio matematico quale linguaggio funzionale a spiegazioni di tipo meccanicistico dei fenomeni naturali. Peraltro, Shapin tende a non enfatizzare il carattere “rivo-
luzionario” della nuova scienza, mostrando come essa in qualche modo abbia costituito lo sviluppo di tendenze già presenti nella cultura antica (in particolare, l’importanza del linguaggio matematico per “leggere” il libro dell’Universo, sostenuta da Galileo, è rivendicata già dai filosofi della Grecia classica).
I testi Nel primo dei due brani seguenti, lo storico della filosofia Paolo Rossi mostra come la rivoluzione scientifica abbia potuto affermarsi solo grazie al superamento di antichi pregiudizi nei confronti delle “arti meccaniche”, cioè i saperi tecnologici, che la cultura antica e medievale considerava inferiori rispetto alle arti “liberali”, non legate a scopi pratici e perciò ritenute degne
Il riscatto delle “arti meccaniche” Paolo Rossi
Alle radici della grande rivoluzione scientifica del Seicento sta quella compenetrazione fra tecnica e scienza che ha segnato (nel bene e nel male) l’intera civiltà dell’Occidente e che, nelle forme che ha assunto nei secoli XVII e XVIII (e che si sono poi estese a tutto il mondo), era assente nella civiltà antica e in quella medievale. […] Aristotele aveva escluso gli «operai meccanici» dal novero dei cittadini e li aveva differenziati dagli schiavi solo per il fatto che attendono ai bisogni e alle necessità di più persone mentre gli schiavi hanno cura di una persona sola. L’opposizione fra schiavi e liberi tendeva a risolversi nell’opposizione fra tecnica e scienza, tra forme di conoscenza volte alla pratica e all’uso e una conoscenza volta alla contemplazione della verità. Il disprezzo per gli schiavi, considerati inferiori per natura, si estende alle attività che essi esercitano. Le set-
te arti liberali del trivio (grammatica, retorica, dialettica) e del quadrivio (aritmetica, geometria, musica, astronomia) si chiamano liberali perché sono le arti proprie degli uomini liberi in quanto contrapposti ai non liberi o schiavi che esercitano le arti meccaniche o manuali. La conoscenza non subordinata a fini che siano esterni a se medesima costituisce, in Aristotele e nella tradizione aristotelica, l’unico sapere nel quale si realizza l’essenza dell’uomo. […] Alla discussione sulle arti meccaniche, che raggiunse una straordinaria intensità fra la metà del Cinquecento e la metà del Settecento, sono legati alcuni grandi temi della cultura europea. Nelle opere degli artisti e degli sperimentatori, nei trattati degli ingegneri e dei tecnici si fa strada una nuova considerazione del lavoro, della funzione del sapere tecnico, del significato che hanno i processi artificiali di
La discussione storiografica La rivoluzione scientifica
alterazione e trasformazione della natura. Anche sul piano della filosofia emerge lentamente una valutazione delle arti assai diversa da quella tradizionale: alcuni dei procedimenti dei quali fanno uso tecnici e artigiani per modificare la natura giovano alla conoscenza della realtà naturale, valgono anzi a mostrare (come verrà detto in esplicita polemica con le filosofie tradizionali) la «natura in movimento». Solo se si tiene presente questo contesto acquista un significato preciso l’atteggiamento assunto da Galilei e che
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è alla radice delle sue grandi scoperte astronomiche. Nel 1609 Galilei puntava verso il cielo il suo cannocchiale. Ciò che segna una rivoluzione è la fiducia galileiana in uno strumento nato nell’ambiente dei meccanici, progredito solo per pratica, parzialmente accolto negli ambienti militari, ma ignorato, quanto non disprezzato, dalla scienza ufficiale. P. Rossi, La nascita della scienza moderna in Europa, Roma-Bari 1997
Studio della natura e linguaggio matematico Steven Shapin
La fiducia del XVII secolo nella precisione e nel potere di uno statuto matematico per la filosofia della natura aveva un’origine antica. I filosofi della natura moderni si rifacevano a Pitagora [571-496 a.C.] e in special modo a Platone (ca. 427-347 a.C.), per legittimare una considerazione del mondo in termini matematici, citando il detto platonico secondo cui «il mondo è una lettera scritta da Dio per il genere umano» e «essa fu scritta in caratteri matematici». Secondo Galileo, la filosofia della natura doveva essere articolata in forma matematica, avendo la natura stessa una struttura matematica. I moderni filosofi della natura, e non soltanto quelli che abbracciavano una teoria meccanicistica e corpuscolare, erano largamente d’accordo sul fatto che la matematica fosse la forma di conoscenza più certa, e per tale ragione una delle più apprezzate. […] Che fosse possibile studiare la natura in termini matematici non era, in linea di principio, oggetto di dubbio, ma era anche utile e filosoficamente legittimo? Su questo punto non c’era affatto accordo tra gli uomini di scienza del XVI e del XVII secolo. Alcuni filosofi influenti erano certi che il
fine della scienza fosse, e dovesse essere, stabilire leggi di natura espresse in termini matematici, mentre altri dubitavano che delle rappresentazioni matematiche potessero catturare il carattere contingente e complesso dei processi naturali reali. […] Studiosi come Bacone [1561-1626] e Boyle [1627-1691] ammettevano che le descrizioni matematiche funzionavano molto bene quando la natura veniva considerata in astratto, ma un po’ meno bene quando ci si riferiva a essa nei suoi aspetti specifici e concreti. […] Questa fiducia nella matematica raggiunse il suo punto più alto durante la prima modernità, nei Philosophiae naturalis principia matematica [‘princìpi matematici della filosofia naturale’] di Isaac Newton, pubblicati anche in inglese col titolo The Mathematical Principles of Natural Philosophy. Il mondo-macchina seguiva leggi che erano matematiche nella forma e potevano essere espresse nel linguaggio della matematica. Matematica e meccanicismo dovevano fondersi in una nuova definizione di filosofia della natura. S. Shapin, La rivoluzione scientifica, Torino 2003
Indice Memo e Parole Memo Carolingi 26 Diocesi 87 Franchi 5 Grande Muraglia 161 Impero arabo 41
Impero ottomano 390 Impero romano d’Occidente 5 Impero romano d’Oriente 47 Indice dei libri proibiti 404 Islam 8
Longobardi 27 Pace di Augusta 380 Pace di Costanza 148 Peste nel Trecento 392 Reconquista 122
Sacco dei Visigoti 333 Stati generali 210
cognatizio 109 concubinato 315 contadino 88 conventi 140 corsaro 367 epidemia 203 eresia 138 fisco 119
frati 140 mandarino 165 manso 110 maso 110 mecenatismo 267 monaci 140 monasteri 140 monopolio 304
nepotismo 256 Nuovo Mondo 283 oligarchia 245 potere assoluto 363 simonia 29 sultanato 171 sultano 171 zar 234
Parole agnatizio 109 antropofagia 192 aristocrazia 245 bolla 49 borghese 76 burocrazia 216 bussola 78 capitale 391
Capitolo 5 L'Islam, l'Impero bizantino, le Crociate
Indice dei nomi I numeri in corsivo si riferiscono alle occorrenze in didascalia e in scheda.
A
Abulafia, David, 156, 157. Adriano di Utrecht, vedi Adriano VI. Adriano VI (Adriaan Florenszoon Boeyens), papa, 340. Aertsen, Pieter, 366, 366. Agostino d’Ippona, santo, 316. Ahmad ibn Fadlan, 235. Alberti, Leon Battista, 267, 271. Albornoz, Egidio, 144. Aldaberone di Laon, 19. Alessandro Magno, 181. Alessandro VI (Rodrigo Borgia), papa, 255, 256-57, 257, 292. Alfonso X, re di Castiglia, 122. Alighieri, Dante, 141, 144. Aloisio da Milano, 234. Altavilla, Costanza d’, imperatrice, 129, 130. Altavilla, Roberto d’, detto il Guiscardo, duca di Puglia e Calabria, 32, 40, 49, 130. Altavilla, Ruggero II d’, re di Sicilia, 40, 41, 130. Alzate, Anselmo da, 90. Andrea del Castagno, 243. Angiò, Carlo d’, re di Sicilia, 119, 123, 131, 133, 249. Angiò, Carlo Roberto, re di Francia, 230. Angiò, Carlo VIII d’, re di Francia, vedi Valois, Carlo VIII di. Angiò, Luigi, detto il Grande, re di Francia, 230. Aniello, Tommaso, detto Masaniello, 393, 393. Antonio da Romagno, 204. Aragona, Alfonso d’, detto Il Magnanino, 249. Aragona, Caterina d’, regina, 323, 323, 324. Aragona, Ferdinando I d’, detto Ferrante, re di Napoli, 249, 253, 254, 255. Aragona, Ferdinando II d’, detto il Cattolico, re di Spagna, 217-218, 217, 256, 257, 330, 352. Aragona, Giovanni II d’, re di Spagna e di Sicilia, 249. Ariosto, Ludovico, 218. Aristarco, 273. Aristotele, 108, 270, 276, 280, 403, 408. Arnolfo di Cambio, 120.
Asburgo, Carlo V d’, imperatore, 330-335, 330, 331, 332-333, 334, 335. Asburgo, Ferdinando I d’, imperatore, 334. Asburgo, Filippo II d’, re di Spagna, 334, 335, 352, 363-365, 364, 366, 367, 370. Asburgo, Massimiliano I d’, imperatore, 222, 229, 257, 330, 365. Atahualpa, re inca, 290. Atenagora I, patriarca, 48. Aviz, Enrico d’, detto il Navigatore, re del Portogallo, 280.
B
Bach, Johann Sebastian, 397. Bacone, Francesco (sir Francis Bacon), 408. Balducci Pegolotti, Francesco, 81. Ball, John, 210-211. Basilio II, imperatore, 47, 48. Basin, Thomas, 220-221. Bautista de Toledo, Juan, 364. Bayazid, detto il Fulmine, emiro, 231. Bayle, Pierre, 408. Beccadelli, Antonio, 268. Becket, Thomas, arcivescovo di Canterbury, 38. Bellini, Gentile, 231. Benedetto XI (Nicola Boccasini), papa, 143. Benvenuto di Giovanni, 86, 144. Berckheyde, Job Adriaenszoon, 382. Berengario II di Ivrea, re, 26. Bernini, Gian Lorenzo, 389. Berruguete, Pedro, 241, 345. Biondo, Flavio, 268. Bloch, Marc, 26, 60, 66, 120. Boccaccio, Giovanni, 205. Bodin, Jean, 300. Bolena, Anna, 323, 324, 367. Bonifacio VIII (Benedetto Caetani), papa, 120-21, 120, 141-142, 143, 144. Bonvesin da la Riva, 70, 150, 151. Borbone, Enrico IV di, re di Francia, 351, 351. Borgia, Cesare, detto il Valentino, 256-257, 256, 257. Borgogna, Carlo di, detto il Temerario, 221, 365. Borgogna, Filippo di, detto il Buono, 221. Borgogna, Filippo di, detto l’Ardito, duca, 221-222. Borgogna, Giovanni di, detto Senza Paura, duca, 221. Borgogna, Maria di, 330, 365.
Borromeo, Carlo, 341, 341, 343, 375. Bosch, Hieronymus, 366. Botticelli, Sandro di Mariano Filipepi detto, 271. Boyle, Robert, 407. Braciolini, Poggio, 268. Bramante (Donato di Angelo di Pascuccio), 271. Braudel, Fernand, 26, 305. Brozik, Wenzel von, 377. Bruegel, Pieter, il Vecchio, 306, 366. Brunelleschi, Filippo, 271, 271. Bruno, Giordano, 269, 345, 352. Buffalmacco, Buonamico di Martino detto, 207. Buonarroti, Michelangelo, 268, 271, 342. Burckhardt, Jacob, 242, 261. Busca, Giacomo, 205.
C
Ca’ da Mosto, Alvise, 279. Caboto, Giovanni, 282. Cabral, Pedro, 282, 283, 292. Cabrera-Bejerano, Juan, 281. Calasanzio, Giuseppe, 398. Callisto II, papa, 32. Callot, Jacques, 377, 379, 379. Calvino, Giovanni, 321, 321, 322-23, 352, 353. Campi, Antonio, 341. Campi, Giulio, 341. Camporesi, Piero, 306. Canaletto, Giovanni Antonio Canal, detto, 80. Cantino, Sebastiano, 293. Canuto il Grande, re vichingo, 235. Capeto, Carlo IV, re di Francia, 121, 219. Capeto, Filippo Augusto, re di Francia, 39, 119, 121, 139. Capeto, Filippo III, detto l’Ardito, 120. Capeto, Filippo IV, detto il Bello, re di Francia, 120, 121, 121, 142. Capeto, Luigi VI, re di Francia, 39. Capeto, Luigi VII, re di Francia, 39. Capeto, Luigi VIII, re di Francia, 119, 121, 139. Capeto, Luigi IX, detto il Santo, re di Francia, 53, 119, 120, 121, 133. Capeto, Ugo, re di Francia, 38, 121. Carlo IV del Lussemburgo, imperatore, 229, 237. Carlo IX di Francia, vedi Valois, Carlo IX di. Carlo Magno, 5, 5, 7, 8, 26, 27, 48, 77, 130, 224, 330.
415
Indice dei nomi
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Carlo, detto il Calvo, imperatore, 7, 26. Carlo, detto il Grosso, imperatore, 8, 26. Cartesio (René Descartes), 408. Casimiro III, re di Polonia e Lituania, 236. Castellione, Sebastiano, 352. Castiglione, Baldassarre, 268. Cati, Pasquale, 339. Cellarius, Andreas, 403. Cervantes, Miguel de, 397. Chabod, Federico, 261. Chittolini, Giorgio, 261, 262-263. Cielo d’Alcamo, 133. Clemente V (Bertrand de Gouth), papa, 143. Clemente VII (Giulio di Giuliano de’ Medici), papa, 268, 323, 332, 333, 350. Cola di Rienzo (Nicola di Lorenzo Gabrini), 143, 248. Colombo, Cristoforo, 9, 191, 218, 280-281, 281, 282, 283, 285, 290-291, 291. Comneno, Alessio I, imperatore, 49, 81. Confucio (Kong Fuzi), 165-66, 166. Copernico, Niccolò (Mikolay Kopernick), 272, 403, 404, 406. Cortés, Hernán, 191, 193, 192-93, 290. Corvino, Mattia, 230. Costantino, Flavio Valerio, imperatore, 50, 269. Cranach, Lucas, il Vecchio, 316. Cristiano IV, re di Danimarca, 378. Crosby, Alfred W., 310-311. Crove, Benedetto, 391. Cuyp, Albert, 381.
D
Diaz del Castillo, Bernal, 192. Diaz, Bartolomeo (Bartolomeu Dias), 280, 282. Diego de Landa, 189, 190. Diocleziano, imperatore, 87. Domenico di Guzmán, santo, 140-141. Donatello (Donato di Niccolò di Betto Bardi), 271. Drake, sir Francis, 367. Drengot, Rainulfo, 39. Dubois, François, 351. Dubois, Jacques, detto Sylvius, 305. Dürer, Albrecht, 315, 333.
E
Elliot, John H., 261. Enrico II di Francia, vedi Valois, Enrico II di. Enrico II di Sassonia, imperatore, 28. Erasmo da Narni, detto il Gattamelata, 242. Erasmo da Rotterdam, 315, 315, 316. Ezzelino I da Romano, 244. Ezzelino II da Romano, 244. Ezzelino III da Romano, 244.
F
Fasoli, Gina, 59. Federico I di Svevia, vedi Hohenstaufen, Federico I.
Federico II di Svevia, vedi Hohenstaufen, Federico II. Ferdinando III, re di Castiglia, 122. Fibonacci, Leonardo, 106. Ficino, Marsilio, 268. Ficino, Marsilio, 268. Filippo da Messina, 133. Fioravanti, Aristotele, 234. Foscari, Francesco, 246. Francesco Bussone, conte di Carmagnola, 246. Francesco d’Assisi, santo, 140-141, 142-143. Francesco Foscari, doge, 246. Francesco I di Francia, vedi Valois, Francesco I di. Francesco II di Francia, vedi Valois, Francesco II di. Francken, Frans, 335. Franconia, Corrado II di, imperatore, 12, 32. Franconia, Enrico IV di, imperatore, 31-32, 32, 90. Franconia, Enrico V di, imperatore, 32, 90. Frobisher, Martin, 367. Froissart, Jean, 211. Fulcherio di Chartres, 55. Fumagalli, Vito, 59.
G
Galilei, Galileo, 272, 345, 403-405, 405, 406, 407, 408. Gengis Khan, vedi Temudjin. Gernet, Jacques, 163. Gesualdo da Venosa, 271. Giacomo I, detto il Conquistatore, re di Aragona, 123. Gilberto di Nogent, 85, 120. Giorgio di Podebrady, re di Boemia, 237. Giotto di Bondone, 141. Giovanna d’Arco, santa, 220, 221. Giovanna di Castiglia, detta la Pazza, 330, 330. Giovanni di Paolo, 208. Giovanni Paolo II (Karol Józef Wojtyla), papa, 141. Giovanni Senza Terra, vedi Plantagenéto, Giovanni. Giovanni XII, papa, 27. Giulio II (Giuliano della Rovere), papa, 257, 257, 270. Giustiniano, imperatore, 107, 203. Gonzales, Miguel, 289. Gregorio VII (Ildebrando Aldobrandeschi di Soana), papa, 29, 31-32, 31, 32. Gregorio IX (Ugolino di Anagni), papa, 130, 131. Gregorio XI (Pierre Roger de Beaufort), papa, 144, 144. Gregorio XIII (Ugo Buoncompagni), papa, 395, 404. Grimmelshausen, Hans Jakob Christoffel von, 376. Grimmer, Abel, 305.
Groot, Huig van, 380. Grozio, Ugo (Huig van Groot), 380, 381. Guamán Poma de Ayala, Felipe, 290. Guercino, Giovanni Francesco Barbieri, detto il, 391. Guglielmo di Nogaret, 142. Guglielmo Tell, 223, 224. Guglielmo, detto il Conquistatore, duca di Normandia, 36-37, 37. Guicciardini, Francesco, 254, 257, 267, 332-333. Guido delle Colonne, 133. Gustavo Adolfo, re di Svezia, 378. Gustavo Vasa, re di Svezia, 235, 237. Gutenberg, Johann, 274-275, 318.
H
Harold di Wessex, re, 36. Harris, Marvin, 197, 198-199. Harvey, William, 407, 407. Hawkins, John, 367. Herrera, Juan de, 364. Herri Met de Bles (Herri de Patinir), 303. Hintze, Otto, 261. Hohenstaufen, Enrico VI, re di Sicilia, 129, 131. Hohenstaufen, Federico I, detto Barbarossa, imperatore, 53, 91, 92, 92, 129, 131, 148, 149. Hohenstaufen, Federico II, imperatore, 129-133, 130, 131, 132, 133. Hondius, Jodocus, 285. Hus, Jan, 237, 237. Huygens, Christiaan, 408.
I
Ignazio di Loyola, 343, 343. Innocenzo III (Lotario dei Conti di Segni), papa, 39, 119, 129, 130, 138, 140, 141, 345. Innocenzo IV (Sinibaldo Fieschi dei Conti di Lavagna), papa, 131. Innocenzo VIII (Giovanni Battista Cybo), papa, 354. Institor, Heinrich, 354, 355. Ippocrate, 101. Isabella di Castiglia, regina di Spagna, 217, 280, 330, 352. Ivan I, zar, 233. Ivan III, detto il Grande, zar, 233. Ivan IV, detto il Terribile, zar, 233, 234, 235.
J, K
Jacopo da Lentini, 132, 133. Jagellone, Casimiro IV, re di Polonia e Lituania, 236. Jagellone, Ladislao II, re di Polonia e Lituania, 236. Jagellone, Ladislao VII, re di Polonia e Boemia, 237. Kantorowicz, Ernst, 156. Keplero, Giovanni, 273, 403-404. Kubilai Khan, 162-163, 163, 164.
Indice dei nomi
L
La Salle, Jean-Baptiste de, 396. Ladislao I, re di Polonia e Lituania, 236. Lamberto di Ardres, 11. Lancaster, Enrico V di, re d’Inghilterra, 220. Las Casas, Bartolomeo de, 290, 291. Le Goff, Jacques, 54, 68, 144. Leeuwenhoek, Antoni van, 407. Leeuwenhoek, Antoni van, 407. Leibniz, Gottfried, 408. Leonardo da Vinci, 244-45, 266, 271, 272, 272-73. Leone Africano, 182. Leone III, papa, 5, 26. Leone X (Giovanni di Lorenzo de’ Medici), papa, 257, 317, 318. Leto, Pomponio, 268. Lévi-Strauss, Claude, 197. Liefrinck, Hans, 323. Livi Bacci, Massimo, 114, 115. Lorenzetti, Ambrogio, 87, 89. Ludovico, detto il Pio, imperatore, 7. Luigi XI, re di Francia, 221, 222, 253. Luigi XII, re di Francia, 256. Luigi XIII, re di Francia, 378. Lutero, Martin, 316-318, 316, 317, 320, 322, 331, 333, 340, 341.
M
Machiavelli, Niccolò, 247, 254, 256-257. Magellano, Ferdinando, 283, 285. Magnusson, Lars, 358, 359. Mallett, Michael, 242-243. Malpighi, Marcello, 407. Manuzio, Aldo, 275. Manzoni, Alessandro, 392, 393, 394. Maometto II, sultano, 231, 231. Maometto, 41. Marcel, Etienne, 210, 219. Marenzio, Luca, 271. Marino, Giambattista, 397. Martini, Simone, 149. Martino V (Ottone Colonna), papa, 248. Masaccio (Tommaso di ser Giovanni di Mone Cassai), 271, 271. Masaniello, vedi Aniello, Tommaso. Masegne, Pier Paolo dalle, 105. Mastegnanega, Gerardo da, 90. Matilde di Canossa, contessa, 31-32, 110. Matteo Di Niccolò Corsini, 152. Mazzoleni, Marcantonio, 405. Medici, Caterina de’, 350. Medici, Cosimo de’, detto il Vecchio, 247. Mèdici, Giovanni de’, detto dalle Bande Nere, 333. Medici, Giuliano de’, 247. Medici, Lorenzo de’, detto il Magnifico, 247, 248, 253. Medici, Piero de’, 254. Meloni, Altobello, 257. Metsys, Quentin, 298, 366. Michele Cerulario, patriarca, 48.
Michele di Lando, 211. Miller, Mary, 190, 191. Mohammed al-Khuwarizmi, 106. Molière, Jean-Baptiste Poquelin detto, 397. Montanari, Massimo, 310, 311. Montezuma II, re azteco, 290. Montezuma, re azteco, 192-193, 193. Morelli, Giovanni di Pagolo, 110, 151. Moro, Tommaso (Thomas More), 315, 315, 323. Müntzer, Thomas, 320.
N
Neri, Filippo, 343. Newton, Isaac, 406. Niccolò di Iamsilla, 155. Niccolò II, papa, 29, 30. Nuñez de Balboa, Vasco, 283.
O
Odo delle Colonne,133. Onorio di Autun, 172. Onorio III, papa, 130. Orange, Guglielmo I d’, 366, 367. Ortiz, tommaso, 291. Othman, 231. Ottokar II, re di Boemia, 237. Ottone di Frisinga, 85. Ottone I di Sassonia, imperatore, 26-28, 26, 30, 90. Ottone II di Sassonia, imperatore, 27, 28. Ottone III di Sassonia, imperatore, 28, 28.
P
Palladio, Andrea (Andrea di Pietro), 271. Paolo da Certaldo, 151. Paolo III (Alessandro Farnese), papa, 340, 340. Paolo IV (Gian Pietro Carafa), papa, 354 Paolo VI (Giovanni Battista Enrico Antonio Maria Montini), papa, 48. Paolo Uccello, 271. Pascal, Blaise, 408. Perrissin, Jean, 324. Petrarca, Francesco, 108, 268. Pfister, Charles-Edouard, 52. Pico della Mirandola, Giovanni, 269. Pier delle Vigne, 132, 133. Piero della Francesca, 271. Pietro III, re di Aragona, 123, 134. Pietro Valdo, 138. Pigafetta, Antonio, 284. Pio IV (Giovanni Angelo Medici di Marignano), papa, 341. Pio V (Antonio Ghislieri), papa, 365. Pizarro, Francisco, 194, 290, 290. Plantagenéto, Edoardo I, re d’Inghilterra, 121, 122, 124, 223. Plantagenéto, Edoardo II, re d’Inghilterra, 223. Plantagenéto, Edoardo III, re d’Inghilterra, 219, 222, 223.
417
Plantagenéto, Enrico II, duca di Normandia, 37, 39. Plantagenéto, Giovanni I, detto Senza Terra, re d’Inghilterra, 38, 39, 122, 124, 223. Plantagenéto, Giovanni, detto Cuor di Leone, re d’Inghilterra, 38, 39, 53, 223. Platone, 270, 275. Pohl, Walter, 224. Polo, Marco, 80, 108, 163, 163, 164, 173, 173. Pontano, Giovanni, 268. Pozzo, Andrea, 397.
R
Racine, Jean, 397. Redi, Francesco, 407. Ribera, Jusepe de, 392. Ricci, Matteo, 344, 344. Ricci, Sebastiano, 340. Richelieu, Armand-Jean du Plessis duca di, 378. Rinaldo d’Aquino, 133. Robbia, Luca della, 211. Rodrigo Diaz de Bivar, detto el Cid Campeadòr, 42. Rollone, capo dei Normanni, 9. Romolo augustolo, imperatore, 5. Rops, Daniel, 97. Rossi, Paolo, 412-413. Rubens, Pieter Paul, 381. Ruffo, Marco, 234.
S
Saenredam, Pieter, 324. Salah-ad-Din, detto Saladino, 52, 181, 181. Saladino, vedi Salah-ad-Din. Salimbene da Parma, 155. Salutati, Coluccio, 268. Salutati, Coluccio, 268. Sanzio, Raffaello, 257, 270, 271. Saverio, Francesco, 344. Savoia, Emanuele Filiberto I di, 334, 335, 394. Savonarola, Girolamo, 255, 255. Scaramuccia, Luigi, 375. Schele, Linda, 190, 191. Schiera, Pieangelo, 261, 262. Sciarra Colonna, 142. Sebastiano di Braganza, re del Portogallo, 365. Segni, Giambattista, 305. Selim II, sultano, 365. Sepúlveda, Juan Ginés de, 291. Sepúlveda, Juan Ginés de, 291. Serveto, Michele, 352. Settia, Aldo A., 59, 61. Seymour, Jane, 323. Sforza, Francesco II, 332, 334. Sforza, Francesco, 242, 243, 244. Sforza, Galeazzo Maria, 253. Sforza, Ludovico Maria, detto il Moro, 253, 253, 254, 256, 257.
Indice dei nomi
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Sforza, Massimiliano, 257. Shakespeare, William, 368, 369, 397, 398. Shapin, Steven, 412, 413. Sickingen, Franz von, 319. Siddharta Gàutama, detto il Buddha, 166, 175. Sigismondo del Lussemburgo, re di Boemia, 237, 244. Silvestro I, papa, 269. Simone di Mariano Filipepi, 255. Sisto IV (Francesco della Rovere), papa, 253. Smythe, Thomas, 301. Solari, Pietro Antonio, 234. Soler, Jean, 197, 198. Solimano, detto il Magnifico, sultano, 331. Soranzo, Girolamo, 376. Spadaro, Micco, 393, 395. Spinoza, Baruch, 381. Sprat, Thomas, 408. Sprenger, Jakob, 355, 355. Stefano I, re degli Ungari, 26. Stefano IV Dušan, re di Serbia, 230. Storck, Abraham, 383. Strilgel, Bernard, 228. Stuart, Giacomo I, re d’Inghilterra, 384. Stuart, Maria, regina di Scozia, 368.
T
Tamerlano, vedi Timùr Leng. Tedaldi, Jacopo, 232. Temple, William, 382. Temudjin, detto Gengis Khan, 161, 161, 162, 163, 165, 171, 233.
Teodosio, imperatore, 5, 47. Ter Borch, Gerard, 380. Timùr Leng, detto Tamerlano, 164, 171, 231. Tolomeo, 280, 284, 403. Tommaso d’Aquino, santo, 108, 140, 141, 217. Toscanelli, Paolo dal Pozzo, 280, 280. Toubert, Pierre, 59, 60. Tudor, Edoardo VI, re d’Inghilterra, 323, 324. Tudor, Elisabetta I, regina d’Inghilterra, 323, 324, 352, 367-369. Tudor, Enrico VII, re d’Inghilterra, 222. Tudor, Enrico VIII, re d’Inghilterra, 323324, 332. Tudor, Maria I, detta la Sanguinaria, regina d’Inghilterra, 323, 324, 352, 368. Tyler, Wat, 210.
U, V
Urbano II (Ottone di Lagery), papa, 30, 49, 49, 50. Usodimare, Antoniotto, 279. Valdés Leal, Juan de, 343. Valla, Lorenzo, 268, 269. Valois, Carlo V, re di Francia, 219. Valois, Carlo VI, re di Francia, 220. Valois, Carlo VII, re di Francia, 220, 220-221. Valois, Carlo VIII di, re di Francia, 222, 253, 254, 254-55. Valois, Carlo IX di, re di Francia, 350. Valois, Enrico II di, re di Francia, 334.
Valois, Filippo VI, re di Francia, 219. Valois, Francesco I di, re di Francia, 257, 330, 331, 332-333, 334. Valois, Giovanni II, detto il Buono, re di Francia, 219, 221. Van Dyck, Antoon, 381. Vandano, Vittoria, 40. Vannini, Ottavio, 248. Vasari, Giorgio, 349, 394. Vasco da Gama, 282, 282, 284, 285. Vecellio, Tiziano, 270, 329, 362, 363. Vega, Gracilaso de la, 194. Vermeer, Jan, 381, 406. Vesalio, Andrea (Andreas van Wesel), 273. Vesalio, Andrea, 273. Vespucci, Amerigo, 282-283. Visconti, Filippo Maria, 243. Visconti, Gian Galeazzo, 243. Visscher, Cornelius, 369. Volterra, Daniele Ricciarelli, detto da, 342.
W, Z
Walcott Adams, John, 384. Waldseemüller, Martin, 283. Wallace, Willam, detto Braveheart, 122. Wallerstein, Immanuel, 304. Weber, Max, 358-359. White, Lynn Jr, 114, 115. Witt, Johannes de, 369. Wolfram, Herwig, 224. Wycliffe, John, 210, 237. Zuccari, Taddeo, 318. Zwingli, Ulrich, 321.