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Italian Pages 1246 [1272] Year 1959
TRATTATO DI ANATOMIA PATOLOGICA SPECIALE
PIANO
DELL'OPERA V O L U M E I - Parte i»
C U O R E E V A S I - Prof. Staemmler (Aquisgrana); M A L F O R M A Z I O N I D E L C U O R E E D E I V A S I - Prof. Doerr (Berlino); S A N G U E E O R G A N I E M O P O I E T I C I - Prof). Bungeler e Rotter (Kiel). V O L U M E I - Parte 2» C A N A L E D I G E R E N T E E P E R I T O N E O - Prof. Merkel (Kiel); M A L A T T I E D E I D E N T I E D E L P A R A D E N Z I O - Prof. Meyer (Gòttingen); A N A T O M I A N O R M A L E D E L L E G H I A N D O L E E N D O C R I N E E R E G O L A Z I O N E END O C R I N A - Prof. Tonutti (Giessen); A N A T O M I A P A T O L O G I C A D E L L E G H I A N D O L E E N D O C R I N E - Doc. Dr. Fassbender (Mainz); T I M O Prof. Tesseraux (Pforzheim). V O L U M E II - P a r t e
ia
O R G A N I S E S S U A L I - Proff. Lang e Gògl (Innsbruck); R E N I - Prof. mler (Aquisgrana).
Staem-
V O L U M E II - Parte 2" F E G A T O - Prof. Keltler (Berlino); V I E B I L I A R I , C I S T I F E L L E A , P A N C R E A S - Prof. Gùthert (Erfurt). V O L U M E II - P a r t e 3» O R G A N I D E L L A R E S P I R A Z I O N E - Prof. Giese (Bremen); C U T E Prof. Herzberg (Hamburg); O S S A E A P P A R A T O D E L L A L O C O M O Z I O N E - Prof. Haslhofer (Vienna). VOLUME
III
M E N I N G I C E R E B R A L I E S P I N A L I (TBC. C O M P R E S A ) , S I S T E M A L I Q U O R A L E E V E N T R I C O L A R E - Prof. Wepler (Kassel); D I S T U R B I DI CIRCOLO E M A L A T T I E VASCOLARI D E L SISTEMA NERVOSO, E D E M A E R I G O N F I A M E N T O D E L C E R V E L L O - Prof. Staemmler (Aquisgrana); M O R F O L O G I A G E N E R A L E D E L L E R E A Z I O N I E D E G E N E R A Z I O N I D E L S I S T E M A N E R V O S O , M A L F O R M A Z I O N I (SIRINGOMIELIA COMPRESA), M A L A T T I E E R E D O D E G E N E R A T I V E (MALATTIE PSICHICHE, M A L A T T I E DI PICK E DI A L Z H E I M E R COMPRESE) E M A L A T T I E INFIAMMATORIE (SIFILIDE D E L CERV E L L O E D E L M I D O L L O S P I N A L E C O M P R E S A ) - Prof. Peters (Bonn); DISTURBI D E L RICAMBIO E DEPOSIZIONE DI PIGMENTO N E L C E R V E L L O E N E L M I D O L L O S P I N A L E - Prof. Volland (Colonia); SISTEMA N E R V O S O P E R I F E R I C O E G A N G L I SPINALI (TUMORI E S C L U S I ) - Prof. Kriicke (Francoforte); T U M O R I E P A R A S S I T I D E L S I S T E M A N E R V O S O - Prof. Ziilch (Colonia); O C C H I O - Prof. Kreibig (Francoforte); O R E C C H I O - Prof. Uffenorde (Gòttingen).
EDUARD KAUFMANN
T R A T T A T O DI ANATOMIA PATOLOGICA SPECIALE il"
e I2a
edizione
tedesca a cura
di
MARTIN STAEMMLER Professore ordinario e direttore dell'Istituto e B a t t e r i o l o g i c o di A q u i s g r a n a
QUINTA
EDIZIONE diretta
Patologico
ITALIANA da
ALFONSO GIORDANO D r . m e d . D r . biol. D r . h. c. P r o f e s s o r e o r d i n a r i o e d i r e t t o r e d e l l ' I s t i t u t o di A n a t o m i a e I s t o l o g i a d e l l ' U n i v e r s i t à di M i l a n o
Patologica
VOLUME SECONDO PARTE PRIMA Con 481 figure in nero e a colori nel testo
GASA EDITRICE DR. FRANCESCO VALLARDI
Titolo originale
dell'opera
LEHRBUCH DER SPEZIELLEN PATHOLOGISCHEN ANATOMIE WALTER DE GRUYTER & Co., Berlino
I» edizione 2» » » 3" » 4« » 5* 1» » 6» » 2» » » 7 a /8 a » 3a
4a 9 a / io a IIa/l2a 5a
»
» » »
tedesca »
» » » italiana tedesca italiana tedesca italiana » tedesca » italiana
1896 1901 1904 1907 1909 1912 1920 1920 1922 1925/1928 1929 1931/1941 1954/1961 1959/1964
Carta « Patinata Champion » della Cartiera Subalpina Sertorio S.p.A. di Torino Proprietà letteraria ed artistica riservata ©
Copyright 1912, 1920, 1925/28, 1929, 1959/64
by Casa Editrice Dr. Francesco Vallardi, Milano
HANNO COLLABORATO ALLA QUINTA EDIZIONE ITALIANA condotta sulla n a e i2 a edizione tedesca
VOLUME
SECONDO,
I LIBERI
PARTE
PRIMA
DOCENTI
G. BARBARESCHI - G. BAROLDI - S. BATTAGLIA F. COLOMBO - A. FORTINA - G. GRAMPA - L. LOCATELLI N. MASERA - T. MASINI - L. MATTURRI I. MORETTI GUERCIO - D. PALAZZI - L. PECCHI AI F. RILKE - G. SCOMAZZONI - E. SERVIDA - R. STIVAL A. TOMMASINI DEGNA - L. TROPEANO - H. WILHELM M. ZORZI
E I
DOTTORI
M. BRUNELLI - S. D'ANCONA - P. LAMPERTICO G. MORANDI - G. C. RABOTTI
DUE PAROLE DEI
TRADUTTORI
Nel faticoso cammino finora percorso, con l'intento di dare a questa edizione del Kaufmann buona forma italiana ed efficacia didattica, non ci sono finora mancati incoraggiamenti e lodi di Uomini, che con il loro prestigio e con la loro altezza spirituale e morale onorano il nostro Paese, e noi sentiamo di doverli vivamente ringraziare, perché, oltre ad esserci di sprone, hanno voluto chiudere benevolmente un occhio su qualche menda che un'opera di così grave pondo non può umanamente non avere. A qualche altro che non ci ha risparmiato suggerimenti e consigli, e che ci ha anche, a ragione, corretto, vogliamo dire che non ci avrebbe potuto fare regalo più grande e più gradito. Ed anzi invitiamo altri per l'avvenire a seguirne l'esempio. A quel che ci risulta, due soli sono i casi di coloro che, forse per disattenzione, ci hanno mosso qualche appunto che non meritavamo. Un collega d'oltralpe ci ha fatto carico di una non chiara microfotografia, che è del testo tedesco, attribuendocene gratuitamente la paternità (°). Un altro, italiano, ci ha mosso l'appunto di esserci lasciati sfuggire un « refuso» (sic\) perché non avevamo considerato i plasmocitomi tra i veri e propri tumori. A questo gentile collega è capitato ciò che capita spesso a chi vuol dire la sua su ogni cosa fidandosi di incerte, lontane, e non ben digerite nozioni generali. Infatti, a prescindere dal poco felice, anzi improprio impiego del termine « refuso », il critico frettoloso non ha letto bene o non ha letto del tutto la parte del primo volume che si riferisce ai plasmocitomi, i quali appunto non sono considerati da Bungeler tra i veri e propri tumori, sensu strictiori. Ma anche questi piccoli forse involontari colpi sparati a vuoto, li abbiamo di buon grado accettati, perché essi dimostrano che il nostro lavoro suscita un certo interesse. E ciò ci sprona a fare meglio nell'avvenire. ALFONSO GIORDANO
(°) Le fotografìe, in massima parte a colori, che noi abbiamo aggiunto a quelle originali del testo tedesco recano tutte la precisa indicazione dell'Istituto dal quale provengono. Per la loro preparazione ci siamo avvalsi dell'opera preziosa del tecnico sig. Osvaldo Ciarrocca, che desideriamo qui vivamente ringraziare.
INDICE PARTE ORGANI
PRIMA GENITALI
(Prof. Dr. H. GÔGL e Prof. Dr. F. J. LANG, Innsbruck) SEZIONE I —
Malformazioni degli organi genitali
Capitolo I - Embriologia 1. R e n e primitivo (mesonefro, corpo di Wolff) e d o t t o del rene primitivo (dotto di Wolff) 2. Cresta delle ghiandole germinali 3. D o t t i di Muller 4. Sviluppo degli organi genitali esterni 5. Sviluppo dell'apparato legamentoso 6. E c t o p i a delle ghiandole germinali e dei loro dotti escretori. Capitolo II - Hermaphroditismus (H) e Pseudohermaphroditismus (Psh) 1. Hermaphroditismus verus (glandularis, ambiglandularis) . . . . 2. Pseudohermaphroditismus masculinus (testicularis) ermafrodita testicolare 3. Pseudohermaphroditismus femininus (ovarialis), ermafrodita ovarico
3 3 3 4 6 7 8 9 10 11 12 12
Capitolo III - Malformazioni degli organi genitali femminili 1. Malformazioni dell'ovaia 2. Malformazioni dell'ovidutto 3. Malformazioni dell'utero e della v a g i n a a) Malformazioni conseguenti ad aplasia e a regressione dell ' a b b o z z o urogenitale agli stadi embrionali più precoci . . b) Malformazioni che si possono spiegare con la m a n c a t a coalescenza delle pieghe urogenitali (a) oppure per loro deficiente fusione (con persistenza del setto) (/?) c) Ginatresie d) Malformazioni dei tessuti dell'utero e della v a g i n a a) Il d o t t o di Gartner fi) Eterotopia epiteliale congenita nell'utero y) Deviazioni dai rapporti epiteliali normali 4. Tessuti eterotopici
19 23 23 23 24 24 25
Capitolo
25
IV
- Malformazioni
dell'ostio
genitale
Capitolo V - Malformazioni degli organi genitali maschili 1. Malformazioni delle ghiandole germinali maschili (Anomalie di numero, grandezza e posizione)
15 15 17 18 19
26 26 26
XII
INDICE
a) Anomalie di numero b) Anomalie della grandezza c) Anomalie di posizione . 2. Malformazioni delle vie seminali efferenti (epididimo e deferente) 3. Malformazioni dei genitali esterni e delle ghiandole accessorie. a) Pene b) Ghiandole accessorie SEZIONE I I —
O r g a n i genitali m a s c h i l i
A — Testicolo, epididimo, funicolo
spermatico e loro involucri
26 27 27 29 31 31 32 35
35
Capitolo I — Embriologia
35
Capitolo II - Anatomia e fisiologia
35
Capitolo III
- Distrofia, atrofia del testicolo
39
Capitolo IV - Rigenerazione del testicolo
42
Capitolo V - Disturbi di circolo locali
42
Capitolo VI - Flogosi aspecifica del testicolo e dell'epididimo 1. Flogosi acuta e cronica del testicolo (orchitis acuta, chronica). 2. Flogosi acute e croniche dell'epididimo (epididymitis acuta, chronica)
44 44
Capitolo VII — Flogosi specifiche del testicolo e dell'epididimo 1. Tubercolosi (orchitis et epididymitis tuberculosa) a) Tubercolosi del testicolo b) Tubercolosi dell'epididimo 2. Sifilide del testicolo e dell'epididimo (orchitis et epididymitis syphilitica) a) Sifilide del testicolo b) Sifilide dell'epididimo 3. Lebbra del testicolo e dell'epididimo (orchitis et epididymitis leprosa) 4. Actinomicosi (morva) 5. Moccio (morva) 6. Linfogranuloma
49 49 50 51
Capitolo Vili - Cisti del testicolo e dell'epididimo Appendice
60 61
Capitolo IX - Tumori del testicolo e dell'epididimo 1. Tumori non epiteliali benigni del testicolo e dell'epididimo.. 2. Tumori del testicolo e dell'epididimo maligni non epiteliali (sarcomi) 3. Tumori a cellule interstiziali del testicolo 4. Tumori epiteliali benigni del testicolo e dell'epididimo 5. Tumori maligni epiteliali del testicolo (carcinoma) a) Seminoma b) Pseudoseminoma 6. Teratomi solidi del testicolo a) Teratomi istologicamente benigni b) Teratomi istologicamente maligni
63 64
46
53 53 57 58 58 59 59
66 69 71 72 72 75 76 78 80
INDICE
XIII
7. Tumori del testicolo rari e difficilmente classificabili 8. Carcinoma e teratoma (solido) dell'epididimo 9. Metastasi nel testicolo e nell'epididimo
89 89 89
Capitolo X — Parassiti
90
Capitolo XI — Malattie della vaginale del testicolo e dell' epididimo e del funicolo spermatico 1. Idrocele (Hydrocele testis s. testiculi, vaginitis serosa, ecc.). 2. Ematocele (Haematocele testis, haematocele funiculi spermatici, periorchitis et perispermatitis haemorrhagica) 3. Vaginitis, periorchitis purulenta 4. Vaginalite tubercolare e sifilitica 5. Tumori del funicolo e della tunica vaginale 6. Parassiti B —
Vescicole seminali e dotti deferenti
Capitolo I - Anatomia
distrofiche e atrofia
94 95 95 96 96 97
e fisiologia
Capitolo II - Alterazioni
91 91
97 ..
98
Capitolo III - Infiammazioni aspecifiche delle vescichette seminali e del condotto deferente
99
Capitolo IV - Infiammazioni dotto deferente
specifiche delle vescichette seminali e del 100
Capitolo V — Tumori delle vescichette e del deferente C — Prostata
102 103
Capitolo I - Anatomia Capitolo II - Alterazioni Capitolo III
- Disturbi
103 distrofiche e atrofia della prostata di circolo della prostata
Capitolo IV - Infiammazioni Capitolo V - Infiammazioni
aspecifiche della prostata (prostatiti) . . specifiche della prostata
106 108 109 in
Capitolo VI - Cisti della prostata
114
Capitolo VII - Cosiddetta ipertrofia prostatica 1. Forma episfinterica (intravescicale) 2. Forma sottosfinterica (sottovescicale)
115 116 116
Capitolo VIII 1. Tumori 2. Tumori 3. Tumori
125 125 125 130
Capitolo IX
- Tumori della prostata benigni maligni secondari
- Parassiti
animali
D — Pene e scroto Capitolo I - Alterazioni
130 132
distrofiche e atrofia
132
Capitolo II — Disturbi di circolo
132
Capitolo III - Infiammazione 1. Gangrena 2. Balanite e balanopostite 3. Malattie dei corpi cavernosi
133 133 133 135
XIV
INDICE
Capitolo IV - Malattie veneree (sifilide esclusa) 1. Ulcera molle 2. L i n f o g r a n u l o m a inguinale o venereo
138 138 138
Capitolo V - Infiammazioni 1. Sifilide
139 139
specifiche
2. Tubercolosi Capitolo
VI - Cisti
139 del pene e dello scroto
141
Capitolo VII - Proliferazioni di tipo tumorale e tumori del pene e dello scroto 1. Elefantiasi nostrana 2. Condilomi acuminati 3. Corni cutanei 4. Carcinoma del pene 5. Carcinoma della cute scrotale 6. A l t r i tumori (rari)
142 142 142 143 144 146 146
Capitolo
148
Vili
- Calcoli
del prepuzio
SEZIONE I I I —• Organi genitali femminili
149
A —
149
Ovaia
(Ovarium)
Capitolo
I - Anatomia
Capitolo
II
- Istofisiologia
Capitolo
III
- Deviazioni
149 ed ormoni dell'ovaia nella posizione
155
dell'ovaia
157
Capitolo IV - Anomalie nel numero delle ovaie 1. M a n c a n z a dell'ovaia
157 157
2. O v a i e soprannumerarie Capitolo
V - Alterazioni
Capitolo
VI - Alterazioni
distrofiche. circolatorie
157 Atrofia
Capitolo VII - Infiammazione aspecifica dell'ovaia (Oophoritis) 1. F l e m m o n e dell'ovaia 2. Formazione ascessuale nell'ovaia 3. E m p i e m a follicolare Capitolo Vili - Infiammazioni specifiche dell'ovaia 1. 2. 3. 4. 5.
158
dell'ovaia
160 ....
Tubercolosi Sifilide Actinomicosi Lebbra Linfogranulomatosi
Capitolo IX - Cisti semplici dell'ovaia 1. Cisti follicolari 2. Cisti luteiniche 3. Corpi lutei cistici 4. Cisti endometrioidi - Cisti a c a t r a m e e rispettivamente a cioccolato Appendice: Piccoli noduli epiteliali e piccole cisti sopra e nell'ovaia, nelle tube e nei ligamenti larghi
162 163 163 164 166 166 167 167 168 168 169 169 171 173 175 179
INDICE
Capitolo X - Tumori dell'ovaia 1. Tumori epiteliali benigni e fibroepiteliali a) Adenoma tubulare b) Il cosiddetto tumore di Brenner c) Tumori epiteliali prevalentemente cistici (cistoadenomi, cistomi) a) Tumori pseudomucinosi (ad epitelio mucoso) (Blastoma epitheliale pseudomucinosum) fi) Tumori ad epitelio ciliato con contenuto sieroso (Blastoma cilioepiteliale) Alterazioni secondarie dei cistoadenomi Differenziazione tra cistomi papilliferi maligni e non maligni (Cistocarcinoma papillifero) Istogenesi dei tumori a epitelio muciparo e a cellule ciliate dell'ovaia Appendice: cisti dell'epoophoron (paraovariche) 2. Tumori epiteliali maligni a) Carcinoma primario b) Cistomi carcinomatosi c) Tumori a cellule della granulosa a) Forma prevalentemente folliculoide fi) Forma prevalentemente cilindromatosa d) Disgerminoma (seminoma) ovarico e) Il cosiddetto mesonefroma dell'ovaia f) Carcinomi ovarici metastatici 3. Tumori del tessuto di sostegno, dei muscoli e dei vasi a) Fibroma b) Tecoma (t) c) Altri tumori benigni (non epiteliali) dell'ovaia d) Sarcomi dell'ovaia 4. Tumori ovarici con azione mascolinizzante a) Arrenoblastoma (R. Meyer) b) Tumori « ipernefroidi » c) Tumori a cellule interstiziali 5. Teratomi dell'ovaia a) Teratoma cistico — Cisti dermoide dell'ovaia b) Teratoma solido dell'ovaia 6. Istogenesi dei teratomi ovarici 7. Parassiti B — Tuba
181 182 182 183 186 188 192 196' 198 199 202 206 207 209 212 214 215 219 222 223 227 227 228 230 232 234 234 239 240 242 243 246 247 252 253
Capitolo I - Anatomia Capitolo II - Malformazioni Capitolo III
XV
253 (v. pag. g)
- Disturbi di circolo della tuba
255 255
Capitolo IV - Infiammazione aspecifica della tuba - Salpingite (s.). 1. Decorso della salpingite. Perisalpingite. Sacche tubariche . . . 2. Eziologia della salpingite 3. Cosiddetta salpingite istmica nodosa 4. Cisti tubo-ovariche
256 259 262 264 267
Capitolo V - Infiammazione 1. Tubercolosi
268 268
specifica della tuba
XVI
INDICE
2. Actinomicosi 3. Sifilide
272 272
Capitolo VI - Tumori della tuba 1. Tumori benigni 2. Tumori maligni
274 274 274
Capitolo VII
278
- Parassiti
Capitolo Vili - Gravidanza al di fuori dell'utero - Gravidanza extrauterina (gr. e. u.) 1. Forme di gravidanza extrauterina 2. Comportamento dell'utero nella gravidanza extrauterina. . . . 3. Gravidanza tubarica, forma principale e più frequente della gravidanza extrauterina 4. Esito della gravidanza tubarica a) Rottura della tuba b) Aborto con morte del prodotto del concepimento 5. Ematocele retro- o periuterino 6. Esiti rari della gravidanza tubarica (e ovarica) C —
Utero
279 280 283 284 286 286 288 289 290 295
Capitolo I - Anatomia
295
Capitolo II - Malformazioni
dell'utero
Capitolo III
dei mezzi di sostegno e della
- Modificazioni
297 posizione
dell'utero
299
Capitolo IV — Prolasso dell'utero e della vagina (pr.)
300
Capitolo V - Stenosi ed atresie del canale genitale e loro conseguenze. Capitolo VI - Ferite dell'utero in particolare da strappamento e lacerazione (rottura) 1. Rottura spontanea dell'utero 2. Rotture violente
305 307 307 308
Capitolo VII - La mestruazione e i suoi disturbi 1. Le modificazioni cicliche della mucosa del corpo a) Fase proliferati va b) Fase secretoria c) Desquamazione d) Rigenerazione 2. Disturbi del ciclo a) Amenorrea b) Ipermenorrea c) Dismenorrea membranacea
309 310 311 311 311 312 314 314 315 315
Capitolo Vili struali
319
- Disturbi
di circolo dell'utero e emorragie extrame-
Capitolo IX - Ipertrofia e iperplasia nell'ambito dell'utero 1. Iperplasia ghiandolare e risp. glandulo-cistica della mucosa del corpo dell'utero. Iperplasia della mucosa del corpo dell'utero (i. g.) 2. Iperplasia della mucosa cervicale (hyperplasia mucosae cervicis). 3. Iperplasie circoscritte della mucosa (polipi) 4. Stati ipertrofici e iperplastici del miometrio
321
321 327 328 329
INDICE
Capitolo X - Infiammazione dell'utero e dei tessuti circostanti (esclusa la infezione puerperale) 1. Infiammazione della mucosa dell'utero: endometrite (e) . . . . a) Endometrite acuta b) Endometrite cronica c) Endometrite cervicale d) Eziologia dell'endometrite e) Cosid. erosione della portio, ulcera erosiva, ectropion . . . 2. Infiammazione del miometrio (miometrite) a) Miometrite acuta b) Miometrite cronica 3. Infiammazione del rivestimento sieroso dell'utero e del peritoneo pelvico (perimetrite, pelviperitonite) e del parametrio (parametrite) a) Perimetrite e pelviperitonite b) Parametrite
XVII
332 332 332 333 335 336 337 343 343 343 344 344 345
Capitolo XI - Infiammazioni specifiche dell'utero 1. Tubercolosi (tbc) dell'utero (metrite tubercolare) a) Tbc del corpo dell'utero b) Tbc della cervice 2. Sifilide dell'utero 3. Actinomicosi dell'utero 4. Linfogranulomatosi dell'utero
346 346 347 349 351 351 351
Capitolo XII - Tumori dell'utero 1. Tumori benigni dei tessuti di sostegno, vascolari e nervosi. . 2. Tumori benigni del tessuto muscolare (miomi) a) Forma, volume, struttura e sede dei miomi b) Istogenesi dei miomi uterini c) Genesi causale d) Alterazioni secondarie dei miomi e) Metastasi carcinomatose 3. Adenomiosi (am.), endometriosi (em.), adenomioma a) Adenomiosi uterina interna b) Adenomiosi uterina media c) Adenomiosi uterina esterna 4. Sarcomi dell'utero e tumori misti compreso il carcinosarcoma. 5. Tumori epiteliali benigni dell'utero 6. Tumori epiteliali maligni dell'utero (carcinoma) a) Carcinoma del collo b) Carcinoma del corpo a) Adenocarcinomi o carcinomi primitivamente similghiandolari (in parte secondariamente solidi) jS) Carcinomi primitivamente solidi c) Carcinomi metastatici dell'utero Appendice: Cenni di diagnostica differenziale nella preparazione ed elaborazione del materiale di raschiamento dell'utero per lo studio microscopico
353 353 355 355 359 360 361 364 366 367 369 370 376 384 385 386 399
Capitolo XIII
- Macroparassiti
dell'utero
D — Vagina Capitolo I - Anatomia e fisiologia
403 408 410 411 412 414 414
XVIII
INDICE
Capitolo II - Infiammazione aspecifica della vagina (vaginite o colpite). 1. Colpite pseudomembranosa (crupale e necrotizzante) 2. Formazione di ulcere nella vagina
417 419 421
Capitolo III - Infiammazioni 1. Tubercolosi (t.b.c.) 2. Sifilide
della vagina
422 422 422
Capitolo IV - Cisti (C) della vagina 1. Cisti da residui dell'epitelio di Muller 2. Cisti da resti di ghiandole e dotti parauretrali 3. Cisti del dotto di Gartner 4. Cisti epiteliali traumatiche 5. Cisti endometrioidi 6. Colpoiperplasia cistica
423 424 424 425 425 425 425
Capitolo V — Tumori della vagina 1. Tumori benigni 2. Neoformazioni maligne 3. Metastasi
427 427 428 430
Capitolo
VI
432
Capitolo
VII
- Parassiti
della vagina
- Modificazioni
Capitolo Vili - Soluzioni stole. Corpi estranei E —
specifiche
di posizione
di continuo
432
traumatiche
e spontanee.
Fi433
Vulva
434
Capitolo
I - Anatomia
Capitolo
II - Disturbi
Capitolo
III
434 di circolo e ferite
- Infiammazioni
Capitolo IV - Infiammazioni 1. Tubercolosi 2. Sifilide 3. Actinomicosi Capitolo V - Iperplasia mene) Capitolo VI - Tumori 1. Tumori benigni 2. Tumori
nell'ambito
della vulva
(elefantiasi
della vulva,
437 440 440 441 441
estio444 444
maligni
446
- Formazioni
VIII
- Malattie
cistiche
della vulva
delle ghiandole
Modificazioni
dell'utero
448
di Bartolini
e nel puerperio.
nella gravidanza -
della vulva . . .
442
VII
I
specifiche
nell'ambito
della vulva
Capitolo
Capitolo
aspecifiche
neoplastiforme
Capitolo
F — L'utero
435
nel
449
L'uovo corso
451 della
gravidanza.
Decidua
451
Capitolo
II - Le membrane ovulari (amnios
Capitolo
III
- L'utero puerperale
466
Capitolo
IV
- Patologia
468
della decidua
e corion).
Placenta
....
457
INDICE
XIX
Capitolo V - Patologia degli annessi fetali 1. Patologia, dell'amnios 2. Patologia, del corion 3. Patologia della placenta (PI.) a) Alterazioni regressive b) Disturbi del circolo c) Infiammazione aspecifica della placenta d) Sifilide e tubercolosi e) Tumori della placenta f) Cisti della placenta
469 469 473 480 480 480 484 485 488 490
Capitolo
493
VI - Patologia del funicolo ombelicale
Capitolo VII - Alterazioni dell'uovo e del feto in seguito a morte intrauterina del prodotto. Aborto 1. Mola 2. Alterazioni del prodotto morto
495 496 497
Capitolo
500
Vili
- Cosiddetti polipi placentari 0 fibrinosi
Capitolo IX - Corionepitelioma, corionepitelioma maligno (c. m.) . . . 1. Corionepitelioma ortotopico 2. Corionepitelioma ectopico
501 502 508
Capitolo X - Le malattie da infezione puerperale 1. Endometrite puerperale 2. Infiammazioni puerperali della parete uterina a) Metroflebite puerperale b) Metrolinfangite puerperale c) Metrite flemmonosa 3. Interessamento dei parametri 4. Interessamento del peritoneo
511 514 515 515 516 517 517 518
G — Mammella
(Ghiandola del latte, Mamma)
520
Capitolo I - Embriogenesi
520
Capitolo II - Anatomia
521
Capitolo III
- Difetti di sviluppo della mammella
526
Capitolo IV - Alterazioni regressive della mammella. Necrosi
527
Capitolo
530
V - Alterazioni
del circolo
Capitolo VI - Infiammazioni aspecifiche della mammella 1. Infiammazione del capezzolo (telite) 2. Infiammazione della mammella (mastite) a) Mastite intracanalicolare (M. infectiosa parenchymatosa). b) Mastite infiltrante e flemmonosa (M. infectiosa interstitialis, flemmone della mammella) c) Mastite ascessualizzante
531 531 531 532
Capitolo VII - Infiammazioni specifiche della mammella 1. Tubercolosi 2. Sifilide 3. Actinomicosi 4. Linfogranulomatosi, Sporotricosi, Blastomicosi
535 535 536 537 537
532 532
INDICK
XX
Capitolo Vili - Ipertrofia e iperplasia della mammella, macromastia e ginecomastia 1. Ipertrofia e iperplasia puberale 2. Ipertrofia e iperplasia della gravidanza 3. Ginecomastia (G. M.) Capitolo IX - Tumori della mammella 1. Neoplasie benigne dei tessuti di sostegno, del tessuto vasale, muscolare e nervoso 2. Tumori maligni dei tessuti di sostegno, del tessuto vascolare, muscolare e nervoso 3. Tumori epiteliali benigni della mammella a) Adenomi puri della mammella (Adenoma purum. Adenoma con la struttura della mammella secernente) b) Adenomi con spiccata proliferazione connettivale (Fibroadenoma, adenofibroma, adenoma fibrosum) a) Fibroadenoma pericanalicolare /S) Fibroadenoma intracanalicolare y) Fibroadenoma intracanalicolare fillode c) Papilloma intracanalicolare (fibroepitelioma papillare) della mammella 4. Tumori epiteliali maligni della mammella. Cancro (carcinoma) mammario
538 539 539 540 542 542 542 546 546 547 549 550 552 555 558
Capitolo X - Cisti della mammella 1. Formazioni cistiche in rapporto con la mastopatia 2. Formazioni cistiche senza rapporti con la mastopatia
575 575 581
Capitolo XI
582
- Parassiti
della mammella
PARTE
SECONDA
APPARECCHIO (Prof. Dr. SEZIONE
I —
MARTIN
URINARIO
STAEMMLER,
Aquisgrana)
Il rene
587
Capitolo I - Architettura e funzione del rene normale 1. Premesse anatomiche a) Il corpuscolo renale b) L'apparato tubulare c) Sistema vascolare d) Innervazione e) Alterazioni post-mortali 2. Premesse fisiologiche a) Filtrazione - riassorbimento b) Escrezione dei canalicoli c) Regolazione della funzione renale
587 587 587 590 594 599 599 601 602 603 604
Capitolo II - Sviluppo del rene e suoi disturbi 1. Sviluppo del rene 2. Malformazioni dei reni
609 609 61»
INDICE
XXI
a) b) c) d)
Aplasia (agenesia) del rene Ipoplasia («rene nano») Reni soprannumerari Malformazioni della forma del rene a) Rene «da fusione» fi) Malformazioni del rene singolo e) Distopia dei reni f) Malformazioni del bacinetto renale e dell'uretere Capitolo III - Reni e cisti renali 1. Il rene cistico puro a) I reni policistici negli adulti b) I reni cistici nei neonati c) Patogenesi dei reni cistici 2. Altre malattie cistiche del rene a) Cisti uniche b) Cisti multiloculari c) Cisti nelle cicatrici o in reni grinzi d) Cisti della midollare e) Cisti ilari
.
610 613 616 617 617 619 620 623 630 630 631 635 636 640 641 641 642 642 643
Capitolo IV - Alterazioni di circolo dei reni 1. Iperemia congestizia (attiva) 2. Iperemia venosa (passiva) a) Conseguenze dell'occlusione delle vene renali b) Rene da stasi c) Albuminuria ortostatica 3. Anemia (oligoemia) dei reni a) Occlusione completa dell'arteria renale b) Infarto renale anemico circoscritto c) Disturbi funzionali di irrorazione dei reni d) Embolia adiposa dei reni e) Emorragie nel tessuto renale Appendice
645 645 645 646 648 650 651 652 660 669 678 678 682
Capitolo V - Atrofia renale Morbus Brightii
686 688
Capitolo VI - Nefrosi 1. Morfopatologia generale della nefrosi a) Disturbi del ricambio proteico a) Il cosid. rigonfiamento torbido del rene /?) L a tesaurosi proteica a gocce j aline y) L a trasformazione idropica degli epiteli tubulari . . . . b) Disturbi del ricambio lipidico a) Steatosi da esteri glicerici fi) Steatosi da esteri colesterinici y) I reni in corso di lipoidosi c) Disturbi del ricambio glucidico a) I reni nel diabete mellito jS) Altre turbe del ricambio glucidico d) Turbe del ricambio minerale Deposizioni di calcio nel tessuto renale a) Calcificazioni distrofiche
690 690 690 690 694 701 702 702 709 712 713 713 720 722 722 722
XXII
INDICE
fi) Metastasi di calcio y) Altre turbe del ricambio minerale ò) L'infarto d'argento e) Appendice: Altre deposizioni nei reni in turbe generali del ricambio a) Deposizioni di acido urico fi) Eliminazione e deposizione di pigmenti biliari y) Eliminazione e deposizione di acido ossalico e suoi sali. f) La glomerulonefrosi 2. Anatomia patologica speciale delle nefrosi (I gruppi di malattie che dai clinici sono indicate come nefrosi e loro basi anatomiche) a) Le nefroblaptosi (nefrosi acute) a) Le nefroblaptosi tossiche da avvelenamento fi) Le nefroblaptosi ischemiche come conseguenza di disturbi circolatori y) Nefroblaptosi a genesi differente, generalmente non chiara o complessa b) Le nefrosi croniche pure a) L a nefrosi lipoidea fi) La nefrosi amiloide y) La nefrosi da plasmocitoma c) Malattie dei reni da influenze nervose d) Reni e ghiandole endocrine a) Ipofisi fi) Surrenali y) Ghiandole paratiroidi 3 r 5 , 1932; Zbl. G y n ä k . Nr. 20, 1932. — J . W . MILLER, Arch. Gynäk. 91, 263 1910; Zbl. G y n ä k . 1089, 1 9 1 1 ; Arch. G y n ä k . 1 0 1 , 568, 1914; in: H d b . der Gynäkologj (Veit-Stoeckel), B d . I / i , 1930. — MOTTA, Riv. ital. ginec. 10, 269, 1929; Zbl. G y n ä k e 1547, 1936. — MURAOKA, F r a n k f . Zschr. P a t h . 22, 208, 1919/20. — NELSON, Amer. P a t h . 14, 831, 1938. — NEUMANN, Zbl. G y n ä k . 465, 1925. — NEUMANN, Virchow Arch. p a t h . A n a t . 273, 5 1 1 , 1929. — NEUMANN, in: H e n k e - L u b a r s c h , H d b . der spez" p a t h . Anatomie, Bd. 7/2, 399, 1933. — J . NOVAK, Ber. Gynäk., Berlin. 17, 769, 1930 S — OETTLE, Zschr. G e r b u r t s h . 136, 294, 1952. — PAWLOWSKI, Endokrinologie, Leipzig з, 3 2 1 ,
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ORGANI
GENITALI
FEMMINILI
r
57
CAPITOLO I I I
DEVIAZIONI NELLA POSIZIONE DELL'OVAIA È importante soprattutto la dislocazione nelle ernie (hernia ovarii, cosidetto ovariocele, oophorocele). Può essere congenita (in tal caso abitualmente assieme alla tuba) (v. pag. 16) oppure è acquisita e ha luogo in tal caso o in un sacco congenito o in uno acquisito. Tra tutte le forme la più frequente è Yhernia ovarii inguinalis, la dislocazione dell'ovaia in una estroflessione peritoneale non obliterata conosciuta come diverticulum Nuckii (Voi. 1/2, pag. 335). L'ernia può sporgere accanto al ligamentum rotundum fino alle grandi labbra ed è per lo più riducibile (hernia o. labialis). Tra le dislocazioni in un sacco erniario acquisito ha maggiore importanza Yhernia ovarii cruralis, nella quale l'ovaia insieme alla tuba corrispondente risiede comunemente nel sacco erniario, non riducibile ed è concresciuta con altre parti del contenuto erniario (intestino, mesentere) pervenute nel sacco erniario insieme all'ovaia. Le altre ernie interessano pure occasionalmente l'ovaia (h. ischiadica, obturatoria, umbilicalis, perinealis, vaginalis, abdominalis, v. Voi. I/2, pagg. 335-338). Ampie esposizioni in K E R M A U N E R , J.
MILLER.
CAPITOLO
IV
ANOMALIE NEL NUMERO DELLE OVAIE 1. M A N C A N Z A
DELL'OVAIA
Vedi in proposito pag. 15. 2. O V A I E
SOPRANNUMERARIE
L'aumento unilaterale delle ovaie riferibile a doppi abbozzi (ovaria tertia) è estremamente raro e legato alla presenza di una o due tube soprannumerarie. K E R M A U N E R ritenne non dimostrabile la formazione di ovaie soprannumerarie in conseguenza di abbozzi soprannumerari. Molto più frequenti sono le cosiddette ovaria accessoria o succenturiata (appendici dell'ovaia), piccoli noduli al confine tra il peritoneo e l'epitelio superficiale dell'ovaia (linea di Farre-Wal-
I58
ORGANI
GENITALI
deyer) che e c c e z i o n a l m e n t e f o r m a n o un n o d o più grande (della g r a n d e z z a di u n a nocciola) (BEIGEL, SAENGER). U n a u m e n t o di n u m e r o delle o v a i e p u ò essere a n c h e s i m u l a t o dallo s t r o z z a m e n t o di un a b b o z z o o r i g i n a r i a m e n t e unico d e l l ' o v a i o (ovario, partita o disjuncta, cfr. SCHOTTLANDER, FRANKL). P e r t a l i divisioni e l o b a t u r e (ovaría trilobata) v a n n o prese in considerazione causale m a l f o r m a z i o n i per d i f e t t o d a u n lato, s t r o z z a m e n t i d a l l ' a l t r o (infiammazioni, strozzamenti) (v. CHIARI, Bibl.). Il loro significato consiste nel f a t t o c h e d o p o l ' a l l o n t a n a m e n t o delle due o v a i e la m e s t r u a z i o n e si p u ò conservare e che infine le p a r t i s t a c c a t e possono essere il p u n t o di p a r t e n z a di t u m o r i (cfr. STOLZ, WINTERNITZ-HENKE,
R.
T.
F R A N K , SIPPEL, ENGSTRÒM, T S U G E , VAN DE
Loo).
CAPITOLO V
ALTERAZIONI DISTROFICHE. ATROFIA Alterazioni regressive hanno scarsa importanza nell'ovaia. Regressione di follicoli (v. sopra) compare già in condizioni normali nell'infanzia. L a regressione dei follicoli primari è accelerata da malattie infettive acute e croniche, inoltre da intossicazioni, come pure da irradiazioni Rontgen e Radium. Alterazioni nella maturazione dell'uovo accadono anche in malattie del ricambio (diabete, mixedema), inoltre nelle alterazioni endocrine (acromegalia, adiposità ipofisaria), nell'anemia grave e nell'inanizione di lunga durata, nelle malattie della circolazione, nella nefrite cronica, infine nelle psicosi. STIEVE (1952) ha fatto oggetto di più estese ricerche l'influsso dell'eccitazione psichica sull'ovaio. Queste alterazioni regressive sono clinicamente contraddistinte da amenorrea passeggera o persistente (cfr. KOPPEN), anatomopatologicamente
da atrofia.
Involuzione senile dell'ovaia. — L'ovaia dell'anziana è piccola, dura, raggrinzita, con la superficie spesso simile alle circonvoluzioni cerebrali (sui solchi della superficie dell'ovaia v. BIEB). Già alcuni anni dopo la menop a u s a n o n si r i s c o n t r a n o p i ù f o l l i c o l i ( R . SCHRÒDER). BENTHIN
tuttavia
ne ha trovati ancora in una donna di 81 anni. I corpi fibrosi sono in numero variabile, specialmente in vicinanza della sostanza midollare. Il connettivo è aumentato a spese del parenchima. Non raramente si possono riconoscere infossamenti e strozzature dell'epitelio superficiale nello stroma (cfr. formazione di cistomi, pag. 199); compaiono anche corpi psammomatosi. L e più rilevanti alterazioni compaiono nei vasi; l'intima è ispessita, anche j alina, occasionalmente calcificata (cfr. WALLART-SCHEIDEGGER, SAURAMO e Voi. I/i, pag. 268). Un esteso sovvertimento strutturale dei vasi
ORGANI
GENITALI
FEMMINILI
I59
ovarici è descritto da SOHMA come sclerosi mestruale e dell' ovulazione, che corrisponde alla sclerosi mestruale e gravidica dell'utero ed è indipendente dalla senilità. Sul comportamento dell'ovaia nelle sclerosi multiple delle ghiandole
vascolari
di Falta
v . MEERWEIN
(Bibl.).
L ' a t r o f i a si m a n i f e s t a inoltre nella compressione di l u n g a d u r a t a (da t u m o r i , per esempio m i o m i dell'utero — cfr. in senso c o n t r a r i o KERMAUNER) e q u a l c h e v o l t a d o p o asportazione dell'utero (KEITLER, PRONAI). L ' i m p i c c o l i m e n t o dell ' o v a i a a v v i e n e per le s u d d e t t e cause l e n t a m e n t e e a t t r a v e r s o r i g o n f i a m e n t o t o r b i d o e degenerazione grassa delle cellule colpite per p r i m e (epiteli follicolari, cellule uovo). F o r m a z i o n e di colloide e microscopici depositi calcarei sono s t a t i g i à r i c o r d a t i nel corpus l u t e u m g r a v i d i d a t i s (J. MILLER). I n o l t r e è s t a t o a n c h e già f a t t o cenno della sclerosi jalina del tessuto c o n n e t t i v o e dei vasi. Sulla degenerazione amiloide d e l l ' o v a i a si sa s o l t a n t o poco. M o l t o f r e q u e n t i sono piccoli focolai calcarei n e l l ' o v a i a di d o n n e v e c c h i e nel territorio dei corpora a l b i c a n t i a . C o n c r e m e n t i r a v v o l t i nel t e s s u t o o v a r i c o (i così d e t t i calcoli dell'ovaia) visibili a d occhio n u d o sono riferibili a d e m a t o m i O ascessi (RIES, MOSCHCOWITZ, COORS). U n a c o m p l e t a calcificazione d e l l ' o v a i a è rara (HORCHLER). E s t e s a calcificazione e ossificazione sono t a l v o l t a visibili anche
nei
tumori
ovarici
KARIVIRTA). Ossificazioni OUTERBRIDGE,
O.
(POLANO,
HANDFIELD-JONES,
si riferiscono f r e q u e n t e m e n t e
KAUFMANN,
Bibl.,
ASCHHEIM,
JENTLER,
a calcificazioni
(v.
NÜRNBERGER).
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ORGANI
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CAPITOLO VI
ALTERAZIONI CIRCOLATORIE DELL'OVAIA La congestione sanguigna attiva è in parte fisiologica e sta in connessione con processi nel territorio della sfera sessuale (emorragia mestruale, gravidanza, coito). Congestione sanguigna da stasi è causata da alterazioni circolatorie locali e porta ad ingrossamento e colorazione blu-rossastra dell'ovaia. L'edema va riferito per lo più a stasi sanguigna di lunga durata (v. p. es. nella torsione del peduncolo o varicocele della vena ovarica o del plesso tubo-ovarico). L'ovaia edematosa è spesso ingrossata in modo sorprendente. Emorragie compaiono o nello stroma (ematoma interstiziale o stromale, ematoma dell'ovaio) o in cavità preesistenti (follicoli, corpi lutei). Emorragie interstiziali sono o a focolai o diffuse e accompagnate da un ingrandimento dell'ovaia (fino alla grandezza di una mela e più), che diventa simile ad una spugna intrisa di sangue e scende verso il Douglas. A seguito di una periooforite reattiva concomitante e ad aderenze, l'ovaia discesa in profondità viene mantenuta in questa posizione. Piccoli versamenti emorragici sono riassorbiti senza traccia, mentre i più grandi lasciano dietro di sé emosiderina. Raramente un ematoma dell'ovaia esita nel raggrinzamento o nell'insaccamento. In pochi casi sono osservati ematomi stromali già in neonati. Fra le emorragie in una cavità preesistente era fatta in passato distinzione fra l'ematoma del follicolo e quello del corpo luteo. Però, secondo le ricerche di H. RUNGE emorragie nel nucleo del corpo luteo compaiono dopo la mestruazione nel 70 % dei casi osservati. Ma solo raramente raggiungono una maggiore estensione. Cavità emorragiche più grandi (della grandezza di una noce, di un uovo di pollo fino a quella di una testa di bambino), che specie nella vecchia letteratura sono state descritte come ematomi del corpo luteo dovrebbero verosimilmente essere comprese tra le
ORGANI
GENITALI
FEMMINILI
L6L
endometriosi (v. pag. 175). Emorragie del follicolo (ematomi follicolari) sono molto più frequenti, per lo più multiple con ingrandimento dei follicoli (grandezza da una nocciola fino ad una noce e più grandi). L'emorragia proviene dai vasi della teca interna e si rompe nei follicoli o avviene dai vasi immediatamente prossimi ad essa, nella cavità follicolare (cfr. anche gravidanza ovarica, pag. 282). Conseguenze. — E m o r r a g i e dei follicoli c o n d u c o n o a distruzione d e l l ' u o v o e delle cellule follicolari. N e l decorso successivo il c o n t e n u t o si addensa, è riassorbito, e lascia u n a cicatrice con depositi di emosiderina. R a r a è la f o r m a zione cistica persistente con i n c a p s u l a m e n t o c o n n e t t i v a l e . N e l caso di scoppio degli e m a t o m i follicolari il sangue si v e r s a nella c a v i t à a d d o m i n a l e (v. quivi) e p r o v o c a o la m o r t e per e m o r r a g i a a c u t a o i n f i a m m a z i o n i peritoneali o la f o r m a z i o n e di un e m a t o c e l e r e t r o u t e r i n o (cfr. a n c h e LTJNZER, REINHARD, Bibl.). Cause delle emorragie: ovulazione
(PFEILSTICKER,
scoppio del follicolo, con annessa e m o r r a g i a e risp, SIMMONDS,
DOLYNSKYJ-BENZION,
AMBERGER
ed
altri), emorragie da corpi lutei recenti (BÜRGER, URBAN, MATZDORFF ed altri), g r a v i f a t i c h e fisiche p r i m a o d u r a n t e la mestruazione (ZIELKE, Bibl.), coito (v. WINIWARTER), m a l a t t i e i n f e t t i v e , colera, tifo, influenza (cfr. FRANZ), difterite, morbillo, parotite, p o l m o n i t e , ecc. Inoltre i n f i a m m a z i o n e peritoneale, nella q u a l e si h a n n o spesso numerose emorragie nello s t r a t o esterno d e l l ' o v a i a , fattori settici specialmente sepsi puerperale, così pure a v v e l e n a m e n t i (fosforo, p r o d o t t i di d e g r a d a z i o n e p r o t e i c a nel caso di ustioni), m a l a t t i e e m a t i c h e (leucemia, panmieloftisi), a v i t a m i n o s i (scorbuto). L e emorragie c o m p a i o n o a n c h e nel caso d i congestione e m a t i c a d a stasi (a c a u s a di i m p e d i m e n t o del deflusso e m a t i c o a d opera di t u m o r i , nel caso di retroflexio uteri fissata, nelle legature v a s a l i o trombosi, nel caso di varicocele, nella torsione del p e d u n c o l o d e l l ' o v a i a — norm a l m e n t e a causa di torsione di u n a cisti p a r a o v a r i c a ) , r a r a m e n t e anche nella stasi generale conseguente a vizio c a r d i a c o (Bibl. in CANTONI, STRASSMANN, RUKSTINAT).
Disturbi circolatori locali provocano in rari casi necrosi dell'ovaia. La torsione del peduncolo è causa abituale della necrosi anemica e porta a d u n a occlusione c o m p l e t a dei v a s i
WACHTEL). Infarto emorragico
(cfr. OGÓREK, B i b l . , A . W .
BAUER,
(«infarto da congestione») può
seguire alla formazione di un trombo ematico nelle vene efferenti (HASLHOFER). BICKENBACH descrive una necrosi da alcali nel caso di iniezione di soluzione di sapone nell'utero a scopo abortivo (cfr. anche RUNGE, FRITZ e a pag. 320).
Esiti: un assorbimento completo dell'ovaia necrotica è possibile, come pure una espulsione con conseguente cicatrizzazione (v. POZZI-BENDER, KAMNIKER, ME ILROY). A l contrario della asettica (blanda) precedente-
mente ricordata, viene descritta come necrosi settica, sepsi puerperale, una necrosi parziale del tessuto, che procede partendo dalla superficie nella peritonite purulenta. 11 —
KAUFMANX I I , p .
I
ORGANI
GENITALI
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BICKENBACH,
CAPITOLO
VII
INFIAMMAZIONE ASPECIFICA D E L L ' O V A I A (OOPHORITIS) L'infiammazione dell'ovaia non rappresenta una malattia molto frequente e dal punto di vista anatomo-patologico è caratterizzata principalmente dall'accumulo di corpuscoli del pus. Nella bibliografia più vecchia si fece uso più spesso della diagnosi di oophoritis ed in particolare, dopo S L A V J A N S K Y anche le modificazioni regressive (v. pag. 158) vennero considerate come ooforiti da causa tossica. L'espressione che si usava in questo caso di ooforite follicolare parenchimatosa, ha perduto la sua giustificazione dopo la netta distinzione tra alterazioni regressive e infiammatorie. Le infiammazioni che hanno luogo nell'ovaia cominciano con un edema da infiammazione (oophoritis serosa), però molto presto vengono dominate da migrazione leucocitaria (oophoritis purulenta). Qualche volta si hanno anche emorragie (oophoritis haemorrhagica). L'infiammazione purulenta dell'ovaia si manifesta in varia forma: come flemmone, come ascesso e come empiema follicolare.
ORGANI
GENITALI
FEMMINILI
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i. FLEMMONE DELL'OVAIA Il flemmone dell'ovaia porta ad una estesa infiltrazione di corpuscoli del pus e a ingrossamento dell'organo. Si ha in questo caso frequentemente una necrosi locale dei tessuti, più raramente si arriva a necrosi estese (oophoritis septica necroticans), e precisamente a seguito di infezione puerperale: per questo motivo la bibliografia più vecchia parla specificamente anche di una oophoritis septica puerperalis. Il flemmone dell'ovaia è accompagnato da una perioophoritis, riconoscibile attraverso emorragie puntiformi e a piccole macchie e fuoriuscita di essudato fibrino-purulento alla superficie (v. sotto).
2. F O R M A Z I O N E A S C E S S U A L E N E L L ' O V A I A L a formazione ascessuale nell'ovaia è soggetta a grandi variazioni per quanto concerne il numero, le dimensioni e la forma dei focolai di fusione purulenta. Generalmente l'ovaia è ingrossata, è più o meno dura secondo il grado del flemmone in corso, e in sezione si presenta occupata da una o più cavità di forma e dimensioni varie, dalle quali fuoriesce un materiale purulento giallastro oppure, nel caso di infiltrazione ematica notevole, rosso giallastro o bruniccio, talora putrido (oophoritis gangrenosa). In rari casi tutta l'ovaia è fusa ed è circondata soltanto dalla robusta tunica albugínea. Quando gli ascessi si avvicinano alla superficie, si sviluppa regolarmente una perioophoritis, da principio essudativa (fibrino-purulenta), che porta ad aderenze con gli organi vicini e più tardi anche ad estese concrescenze. L a neoformazione connettivale (fra ovaia, legamento largo uterino, sigma, rispettivamente appendice vermiforme, cieco, omento, intestino tenue, peritoneo del bacino) può essere tanto imponente che anche all'autopsia è diffìcile riconoscere l'ovaia e rende pure difficile l'interpretazione delle alterazioni avvenute. Gli ascessi dell'ovaia giunti nella loro diffusione in uno stato di riposo, sono incapsulati da proliferazioni di tessuto di granulazione della parete. La superficie interna è allora « finemente o grossolanamente granulosa «ruvida come velluto O a uova di rana» ( L A N G E R ) , la membrana piogena spesso pieghettata e colorata in giallo intenso, riferibile alla presenza di cellule schiumose. Queste cellule pseudoxantomatose e la loro falsa interpretazione come cellule luteiniche hanno dato motivo
164
ORGANI
GENITALI
di considerare ascessi ovarici con orlo giallastro come ascessi del corpo luteo ( L A N G E R , O R T H M A N N , F . C O H N , R . M E Y E R , N O V A K - T E L I N D E ) . Sepp u r e non sia da scartare la possibilità di formazioni ascessuali nel territorio di un corpo luteo, d e v e essere anche accentuato che in molti casi non è più possibile riconoscerne il punto di partenza, poiché la m e m b r a n a luteinica è distrutta dalla suppurazione (cfr. J . M I L L E R ) . A c c a n t o alle cellule schiumose nella parete degli ascessi più vecchi si presentano in numero notevole cellule plasmatiche qualunque sia l'agente della suppurazione. Linfociti e leucociti restano comunemente in secondo piano, occasionalmente si h a però u n a forte eosinofilia tessutale. L a grandezza dell'ascesso v a r i a : d a focolai purulenti miliarici v i sono tutti i gradi di passaggio fino alla grandezza di u n a testa di bambino. P e r i grandi ascessi v i è sempre d a prendere in considerazione la possibilità della suppurazione di una cisti. Esito degli ascessi dell' ovaia: L'incapsulamento, già sopraricordato, che comunemente si accompagna ad un addensamento del contenuto e molto spesso anche a calcificazione e formazione di concrementi (v. calcoli ovarici, pag. 159) o a raggrinzamento cicatriziale rappresenta un esito favorevole. Queste alterazioni, come pure gli ascessi ancora recenti, sono scoperti qualche volta casualmente all'ispezione cadaverica, in quanto non in tutti i casi provocano disturbi alla portatrice ( K E R M A U N E R ) . Negli ascessi incapsulati la perforazione è del tutto eccezionale e non molto frequente, neppure nei più recenti. L a perforazione segue o nella libera cavità addominale (con peritonite purulenta connessa) o in un organo cavo vicino unito per aderenza o fusione (retto, vescica, vagina) o attraverso alla parete addominale. L a perioophoritis che molto spesso si manifesta nel decorso di una oophoritis (in primo luogo stratificazioni di essudati, poi aderenze con gli organi vicini) porta spesso dislocamenti dell'epitelio superficiale, che in forma di tubi penetra in profondità e perde la connessione con la superficie. Da tali tubi epiteliali isolati si possono formare cisti (cisti corticali periooforitiche), forse anche cistomi papillari. Pure in corso di periooforite l'epitelio può penetrare nel follicolo attraverso la sede dello scoppio o rivestire ascessi aperti ( R . M E Y E R ) . L O stroma intorno a tali cisti qualche volta si trasforma in decidua durante la gravidanza ( R . M E Y E R ha voluto considerare anche la formazione di decidua che si osserva durante la gravidanza sulla superficie dell'ovaia (v. pag. 150) quale tessuto che ha subito un'alterazione infiammatoria (cfr. i n v e c e
CHIARI,
MARCHAND,
SCHMORL,
3. E M P I E M A
E.
FRAENKEL).
FOLLICOLARE
L'empiema follicolare (oophoritis apostematosa follicularis) è raro (R. e colpisce quasi esclusivamente i follicoli e le loro i m m e d i a t e vicinanze. MEYER)
ORGANI
Origine
della flogosi
GENITALI
FEMMINILI
165
ovarica: G l i a g e n t i f l o g o g e n i — d e s c r i t t i in p a s s a t o
come ooforite traumatica o come infiammazione da stress fisico hanno oggi valore soltanto come causa occasionale — raggiungono l'ovaia per diverse vie. 1. Per propagazione di una infiammazione dalle vicinanze attraverso la via canalicolare (tuba) o per via linfatica e risp. venosa, più raramente per un'invasione diretta di una infiammazione vicina. Questa forma di diffusione ha grande i m p o r t a n z a specialmente nella gonorrea. Il Micrococcus gonorrhoeae giunge sulla superfìcie ovarica con l'essudato tubarico oppure, quando per esempio l'infundibolo tubarico e l'ovaia, in seguito a spostamento si t r o v a n o distanziati, progredisce attraverso il peritoneo del bacino. Sugli ascessi gonococcici
nell'ovaia riferiscono WÀTJEN, FRANKL.
Quando nel corso di una salpingite gonorroica si formano aderenze tra la t u b a e l'ovaia, un successivo ascesso formatosi tra le aderenze può appartenere sia all'ovaia come alla t u b a (ascesso tubovarico). A c c a n t o ai gonococchi anche gli streptococchi hanno grande i m p o r t a n z a per la formazione di una flogosi ovarica. Essi preferiscono la v i a linfatica (oophoritis lymphangitica) e sono comunemente propagati da malattie dell'utero (in seguito ad infezioni durante il parto o dopo l'aborto), attraverso le vie linfatiche del legamento largo dell'utero all'ilo ovarico. L'azione tossica degli streptococchi porta qualche v o l t a a rapida necrosi l ' o v a i a che v a poi incontro a rammollimento (putrescentia ovarii). P i ù raramente l'infiammazione è trasmessa attraverso le vene parametrali (oophoritis thrombophlebitica). L a diffusione immediata di una infiammazione è soprattutto immaginabile nell'appendicite, i rapporti rimangono però molto frequentemente non chiari. 2. Per via ematogena metastatica. È un fenomeno molto strano, che diversamente dalla gonade maschile (cfr. pag. 44) l'infezione ematogena dell'ovaia — secondo gli scarsi dati esistenti proveniente per lo più dalla tonsilla palatina (v. MERLIN) o conseguenza di grippe (FOSSEL) — appartenga alle maggiori rarità. KERMAUNER a c c e t t ò solo u n c a s o (WILDER). KUSTA (Bibl.) e J. MILLER
negano però anche questo. Pure i dati sulla oophoritis durante o dopo la parotitis epidemica (CHEYNEL, BROOKS) mancano di conferma istologica; cfr. a n c h e H.
BOSCH.
A c c a n t o ai gonococchi e agli streptococchi, che vengono in prima linea come agenti di flogosi ovariche, altri agenti hanno soltanto scarsa importanza. Sono stati ammessi come tali: pneumococchi (D'ALLAINES), stafilococchi, B a c t e r i u m coli, B a c t e r i u m pneumoniae Friedlànder, B a c t e r i u m p y o c y a n e u m , Proteus vulgaris e anaerobii. Il B a c t e r i u m p a r a t y p h i B è stato t r o v a t o d a FELDMANN, che a m m e t t e una colonizzazione secondaria di un ascesso gonococcico divenuto libero di germi, e da CORDAU-KECK. Cfr. pure KERMAUNER. L'oophoritis cronica, cui ancora nella precedente edizione di questo T r a t t a t o fu dedicato un capitolo proprio, era soprattutto una diagnosi clinica. L'infiltrazione di piccole cellule presa in considerazione dagli autori precedenti per la diagnosi è s t a t a esclusa già d a WINTERNITZ. In più recenti riviste riassuntive (KERMAUNER, J. MILLER) viene ancora v a l u t a t o per la oophoritis cronica solo l'ascesso cronico.
166
ORGANI
GENITALI
L'oophoritis e la perioophoritis croniche sono state ammesse da H E G A R e altri per spiegare la cosiddetta degenerazione microcistica dell'ovaia, v. pag. 170.
BIBLIOGRAFIA D'ALLAINES, Bull. Soc. chir., Paris 1327, 1929. — BOSCH, Mschr. Gerburtsh. 104, 1936. — BROOKS, J. A m e r . Med. Ass. 359, 1913. — CHEYNEL, D e l'ovarite ourlienne Thèse de B o r d e a u x 1906. — CHIARI-MARCHAND-SCHMORL-E. FRAENKEL, Verh. D t s c h . P a t h . Ges. 396, 1913. — FR. COHN, Arch. G y n ä k . 99, 505, 1913. — CORDUA e KECK, Zbl. G y n ä k . 2747, 1926. — FELDMANN, Frommeis Jber. Fortschr. Geburtsh. 54, 1918. — FOSSEL, W i e n . klin. Wschr. 357, 1938. — O. FRANKL, Pathologische A n a t o m i e und Histologie der weiblichen Genitalorgane in: L i p p m a n n s H d b . der gesamt e m Frauenheilkunde B d . 2, Leipzig 1914. — HEGAR, Zit. bei Bulius in Hegars Festschrift 1889. — KERMAUNER, Die E r k r a n k u n g e n des Eierstoches in: Veit-Stoeckel, H d b . der G y n ä k o l o g i e B d . 7, 1932. — KUSTA, Beitr. p a t h . A n a t . , Jena 9 4 , 3 6 5 , 1934/ 35. — LANGER, Arch. G y n ä k . 49, 1895. — MERLIN, F r a n k f . Zschr. P a t h . 49, 76, 1935. R. MEYER, Zschr. Geburtsh. 74, 250, 1913; 75, 1914. — J. W . MILLER, Arch. G y n ä k . 88, 217, 1909; Mschr. Geburtsh. 36, 2 1 1 , 1912. — NOVAK e TELINDE, Johns H o p k i n s Hosp. Bull. 34, 289, 1923. — ORTHMANN, V e r h . D t s c h . G y n ä k . K o n g r . 1897. — SLAVJANSKY, Arch. G y n ä k . 3, 183, 1871. — W A T J E N , Beitr. Gerburtsh. G y n ä k . 16, H. 2, 1911. —
W I L D E R , J . A m e r . M e d . A s s . 66, N r . 8, 1 9 1 6 . —
Oophoritis Tübingen,
WINTERNITZ,
Chronische
1893.
CAPITOLO V I I I
INFIAMMAZIONI SPECIFICHE DELL'OVAIA 1.
TUBERCOLOSI
L a tubercolosi è rara. Non esiste una tubercolosi primaria, come l'hanno descritto v. FRANQUÉ e molti altri (v. MÜLLER, GHON). In tutti i casi si tratta della penetrazione dei bacilli tubercolari da un altro focolaio dell'organismo (tubercolosi secondaria). L'infezione dell'ovaia segue o per la via ematogena-metastatica da malattie del polmone, dell'intestino o dei linfonodi (cfr. WERTHEIMER, KERMAUNER che ha indicato questa via come quasi esclusiva) oppure per propagazione dalle vicinanze per diffusione immediata di una tubercolosi peritoneale o della tuba (diffusione per continuitatem) oppure per il tramite delle vie linfatiche, che però secondo l'opi-
ORGANI GENITALI
FEMMINILI
nione comune è soltanto eccezionale. L a diffusione immediata di una tubercolosi peritoneale o della tuba porta ad una perioophoritis tubercolosa, la quale talvolta consiste soltanto nella formazione di noduli miliari e può essere dimostrata soltanto per mezzo dell'esame istologico. Più spesso si trova un essudato secco disseminato di noduli raggruppati. Comunemente si formano fusioni tra gli annessi uterini. E dubbio se da una tubercolosi superficiale che talvolta penetra nella corticale possa anche derivare l'infezione di una preesistente cavità (COHN, JUHG, R . MEYER). All'infuori della perioophoritis tubercolosa sono ammesse per l'ovaia altre tre forme di manifestazioni della tubercolosi: i . Tubercoli miliari — presenti raramente e non regolarmente neppure nella tubercolosi miliare diffusa — situati generalmente nella corticale, eccezionalmente nella midollare (KUNDRAT, WERTHEIMER, che descrive i tubercoli anche in un corpo luteo e in corpora involutionis). 2. Tubercolosi caseosa 0 cavernosa (ascesso ovarico tubercolare), in cui l'ovaia per lo più ingrandita presenta grandi focolai caseosi, spesso confluenti, e cavità di rammollimento. L a tuba è quasi senza eccezione colpita anch'essa (tumore tubercolare degli annessi). È rara la formazione di un calcolo ovarico in una caverna tubercolare (MARKOVITZ). Molto raramente si hanno nell'ovaia 3. noduli tubercolari più grossi (forma tumorale della tubercolosi ovarico) con formazione di tessuto specifico di granulazione che — benché l'ovaia sia spesso notevolmente ingrandita (v. FRANQUÉ, HOFMEYER, MIKOLAS) — presenta soltanto limitata caseificazione. Più frequentemente la tubercolosi è stata osservata nelle cisti e nei tumori ovarici, Bibl. in MÒNCH, W . WEIBEL. In circa la metà dei casi la tubercolosi ovarica è bilaterale. L a perforazione di caverne tubercolari è rara.
2.
SIFILIDE
Sulla sifilide dell'ovaia vi sono pochi dati. H O F F M A N N , K U B I N Y I - J O H A N descrivono gomme (con riuscita dimostrazione di spirochete). Nelle gonadi di neonati sifilitici anche quando è dimostrata la presenza di spirochete, soltanto eccezionalmente si possono accertare alterazioni e anche queste poco caratteristiche. Bibl. in P . S C H N E I D E R .
3. A C T I N O M I C O S I L'actinomicosi è rara. L'infezione proviene di solito dall'intestino, principalmente dall'appendice vermiforme del cieco, è cioè secondaria. In pochi casi fu riconosciuto che la via di penetrazione degli Actinomiceti
168
era
ORGANI
genitale
(GIORDANO,
GENITALI
HASELHORST,
BARTH),
però
soltanto
in
uno
l'ovaia era malata (TIETZE). Comunemente vi è una diffusione immediata dalle vicinanze. Come actinomicosi primarie dell'ovaia sono state comunicate poche osservazioni, nelle quali non fu trovato alcun altro focolaio nel corpo (GELDNER,
TAYLOR-FISHER,
TÖNNIES,
WUNSCHIK).
Una
colonizzazione
ematogeno-metastatica è nel campo delle possibilità. Spesso oltre all'ovaia sono attaccate anche altre parti dell'apparato genitale. L'ovaia ammalata è ingrossata, variamente indurita e quasi senza eccezioni inglobata in aderenze, alla superficie di taglio spesso cosparsa di focolai purulenti, spesso come « tarlature ». Maggiori accumuli purulenti [caverne actinomicotiche) sono stati osservati più volte. Il tessuto dell'organo spesso non è più visibile; al suo posto si trova tessuto di granulazione cosparso di corpuscoli del pus, cellule pseudoxantomatose e plasmacellule. TÖNNIES e MITRA hanno trovato in grandi quantità cellule giganti (in parte con aspetto di cellule giganti di LANGHANS, in parte con accumuli nucleari in posizione centrale). Descrizioni esaurienti in KERMAUNER, J. MILLER, B i b l . i n NÜRNBERGER e EMMERICH, ALLSTRÖM, J . BLOCH, B U C U R A , CORNELL, RASHBAUM-MC
INTOSH,
4.
PAALMAN-DOCKERTY-MUSSEY.
LEBBRA
N o t i z i e su a l t e r a z i o n i lebbrose n e l l ' o v a i a sono scarse. B i b l . in KLINGMULLER, cfr. a n c h e J. MILLER.
5.
LINFOGRANULOMATOSI
La, linfogranulomatosi (granuloma maligno) d e l l ' o v a i a in f o r m a t u m o r a l e è r a r a (SCHLAGENHAUFER, BANG, SZENES). P i c c o l i f o c o l a i riconoscibili solo m i c r o s c o p i c a m e n t e si possono t r o v a r e p i ù spesso nella l i n f o g r a n u l o m a t o s i g e n e r a l i z z a t a . PRIESEL-WINKELBAUER h a n n o riferito di u n a l i n f o g r a n u l o m a t o s i t r a smessa p e r v i a d i a p l a c e n t a r e c o n i n t e r e s s a m e n t o d e l l ' o v a i a i n u n a b a m b i n a di 4 mesi e m e z z o ; v . a n c h e BRAITENBERG (Bibl.). Sugli infarti
leucemici
c f r . p a g . 380 e V o i . I / i , p a g . 828.
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CAPITOLO
IX
CISTI SEMPLICI DELL'OVAIA 1. CISTI FOLLICOLARI Cisti follicolari (secondo la più vecchia denominazione hydrops jolliculi o follicularis) — singole o multiple — si trovano non di rado in una o in ambedue le ovaie come cavità riempite di liquido acquoso chiaro, talora anche di colorito rossiccio brunastro per presenza di sangue. La loro grandezza media corrisponde a quella di un follicolo maturo, ma talora è maggiore. V I R C H O W considerò cisti follicolari cavità perfino della grandezza
170
ORGANI
GENITALI
d i u n a n o c e , K E R M A U N E R i n d i c ò q u a l e g r a n d e z z a possibile q u e l l a di u n u o v o di gallina, J . MILLER a m m i s e c o m e m a s s i m a g r a n d e z z a u n diametro di 5 c m . L a loro f o r m a z i o n e d a f o l l i c o l i p u ò essere d i m o s t r a t a in m o l t i casi d a l l a p r e s e n z a d e l l a m e m b r a n a g r a n u l o s a c h e i n v e r i t à p e r a l t r o p r e s e n t a s p e s s o f e n o m e n i d i d e g e n e r a z i o n e e spesso esiste s o l t a n t o c o m e u n o s t r a t o s e m p l i c e c o n n u c l e i i n p o s i z i o n e i r r e g o l a r e (cisti follicolare epiteliale),
p e r c u i si p u ò c o n t a r e s o l t a n t o e c c e z i o n a l m e n t e
con
anche
orlo sulla
p r e s e n z a d i o v o c i t i . L ' e p i t e l i o p u ò p u r e m a n c a r e c o m p l e t a m e n t e (cisti follicolari
senza orlo epiteliale).
P e r l a loro g e n e s i e n t r a n o i n g i u o c o t a n t o fol-
licoli di G R A A F q u a n t o f o l l i c o l i p r e c o c e m e n t e d e g e n e r a t i (cfr. in p r o p o s i t o a t r e s i a c i s t i c a a p a g . 1 5 2 , s u l l a p e r s i s t e n z a f o l l i c o l a r e p a g . 326). L a
forma-
z i o n e di cisti n e l l ' o v a i a a p p a r t i e n e n e i n e o n a t i q u a s i s e m p r e a l l a c o s i d d e t t a d e g e n e r a z i o n e m i c r o c i s t i c a (v. s o t t o , MORETTI, MORETTI e DEFENDI). L a delimitazione di u n a cisti follicolare con r i v e s t i m e n t o epiteliale monostratificato da un piccolo c i s t o m a sieroso non è sempre del t u t t o facile e qualche v o l t a perfino impossibile. Simili difficoltà sono s t a t e incontrate d a PFANNENSTIEL, in q u a n t o indicò come cisti follicolari cisti più piccole senza r i v e s t i m e n t o epiteliale, e quali n e o f o r m a z i o n i altre più grandi con rivestimento epiteliale interno (cystoma serosum symplex). In m o d o simile v . KAHLDEN (Bibl.) ha posto l ' h y d r o p s folliculi t r a le neoformazioni e l ' h a messo in relazione con l'adenocistoma. I n rapporto alle cisti follicolari v i è anche da considerare la c o s i d d e t t a degenerazione microcistica dell'ovaia, per la quale sarebbe più o p p o r t u n o usare l'espressione di ovaia policistica. I n questo caso si t r o v a n o nell'ovaia e precis a m e n t e in p r e v a l e n z a nella corticale, numerose vescicole piene di fluido chiaro della g r a n d e z z a da u n a t e s t a di spillo a quella di un pisello e di u n a piccola ciliegia. L ' o v a i a è qualche v o l t a ingrossata, la sua superficie piana-gibbosa. Spesso t r a le singole v e s c i c h e t t e si t r o v a ancora soltanto u n sottile strato di tessuto. R i g u a r d o alla f o r m a z i o n e di q u e s t a singolare alterazione si sono espressi n u m e r o s i s s i m i pareri. HEGAR, BULIUS, STRATZ e a n c h e PFANNENSTIEL
l'hanno
i m p u t a t a ad u n a flogosi dell'ovaia. BARTEL e HERMANN h a n n o visto q u i l'espressione di u n a a n o m a l i a costituzionale (ipoplasica). KERMAUNER — a c c a n t o a l l ' a t t i v i t à della tiroide e dell'ipofisi — considerò di particolare i m p o r t a n z a una congestione d a stasi nel bacino ed anche J. MILLER ritiene che d e b b a essere p a r t i c o l a r m e n t e v a l o r i z z a t a l'iperemia venosa degli organi del bacino. E . I. KRAUS ha scorto la causa della c o s i d d e t t a degenerazione microcistica in un iperpituitarismo in senso sessuale e t r o v ò l'alterazione nell'8o % dei casi di ipertensione cerebrale. T u t t i i pareri ricordati e molti altri non sono riusciti a dare u n a spiegazione soddisfacente. B i b l . in TIETZE, V. anche KRAUL, KESE-PÀLI. R . MEYER h a preso posizione contro la denominazione « cistica » ed h a v o l u t o identificare il f a t t o patologico « t u t t ' a l più nella f o r m a z i o n e s i m u l t a n e a e m u l t i p l a di follicoli m a t u r a n t i », c o m e già NAGEL parecchio p r i m a di lui. STIEVE (1930, 1942, 1952) h a t r o v a t o in g i o v a n i donne p e r f e t t a m e n t e sane t r a i 15 e i 19 anni le ovaie infarcite c o m p l e t a m e n t e da cisti follicolari. Il f a t t o che
ORGANI GENITALI
FEMMINILI
in questi casi le ovaie raggiungessero un peso di 650 g ( F A H R I N G ) , può tuttavia essere valutato come eccezione, quantunque un ingrossamento dell'ovaia sia la regola. Per l'espressione « ovaia ingrandita » cfr. F A U V E T . L'ovaia policistica compare già anche nei neonati e sarebbe da interpretare secondo D I A C A come dovuta a influenze ormonali materne. Peraltro essa negli anni dello sviluppo è un reperto piuttosto frequente e non raro neppure nelle portatrici di miomi. S T E I N e L E V E N T H A L hanno richiamato l'attenzione sulla coesistenza di ovaie policistiche con amenorrea, sterilità e abito di tipo mascolino con irsutismo. Dati più dettagliati sulla sindrome di Stein-Leventhal in I N G E R S O L L MCDERMOTT,
LEVENTHAL-COHEN,
HEITZEL,
2. C I S T I
PHILIPP-STANGE.
LUTEINICHE
Cisti luteiniche (descritte da ROKITANSKY e dopo di lui da molti altri come cisti del corpus luteum) sono cavità rivestite in t u t t a o parte della loro superficie interna di cellule luteiniche (cellule luteiniche della teca) e che secondo FRÀNKEL soltanto eccezionalmente raggiungono grandezza superiore a quella di un limone. Si sviluppano da follicoli in atresia (v. pag. 152), quando l'ovocita e l'epitelio della granulosa sono già regrediti e la teca interna ha subito una trasformazione in cellule luteiniche. L e cisti luteiniche, che non hanno mai un rivestimento epiteliale, ciò che è da rilevare in modo particolare in contraddizione con dati precedenti (dato che la delimitazione delle formazioni endometrioidi non era stata ancora compiuta) permettono di riconoscere spesso già a occhio nudo due strati, uno esterno connettivale ed uno interno generalmente più spesso di colore giallastro o bruniccio, che comunemente si lascia staccare facilmente per grandi tratti dall'esterno. Secondo J. MILLER una granulazione più marcata della superficie interna fa sospettare una membrana ascessuale. Qualche volta all'interno dello strato di cellule luteiniche si trova ancora uno strato connettivale; in questi casi la formazione cistica si è iniziata più tardi, cioè in un momento nel quale nei follicoli atresici si era già formato del connettivo verso la cavità follicolare (cfr. EUG. FRAENKEL, NAGEL, L. FRÀNKEL, SANTI, GROUZDEW,
MARTIN-ORTHMANN).
I l contenuto delle cisti luteiniche è o sieroso oppure, per mescolanza di sangue, rossiccio fino a bruno nero, color cioccolato o color catrame (cfr. in proposito però anche le cisti cioccolato e a catrame v. pag. 175). L a parete delle cisti luteiniche possiede in generale così poca solidità, che già un esame alquanto violento bimanuale della cisti può farla scoppiare ed anche nell'operazione spesso si ottengono soltanto dei sacchi vuoti e flosci. Già nel caso di una emorragia abbondante nella cavità, la cisti può scoppiare e ne segue un'emorragia nella cavità addominale. Come causa
172
ORGANI
GENITALI
per la formazione delle cisti luteiniche vengono imputate flogosi (L. FRÀNKEL E . FRAENKEL, MÌÌLLER, VOGT) ed effettivamente esse si trovano particolarmente frequenti negli annessi infiammati (NOVAK-TELINDE, OETTINGEN). Nella mola vescicolare (fig. 36) e nel corionepitelioma si trovano nelle ovaie talora bilateralmente (molto raramente da una parte sola) cisti luteiniche ripiene di un fluido chiaro e brunastro ematico, a causa delle quali l'ovaia diventa grande come una mela, eccezionalmente però grande anche come una testa di uomo e simile a cistoma (cosiddetto cistoma luteinico, pseudocistoma luteinico). Cfr. S T O C K E L , E . R U N G E , P I C K (Bibl.), K R E B S , R I S E L (Bibl.), R . S C H R O D E R ,
Fig. 36. Rivestimento parietale di una cisti luteinica nella mola vescicolare. Donna di 22 a. (E 1403/50). L A H M (Bibl.) A S C H H E I M , R . M E Y E R . Le cellule luteiniche formano nelle singole cavità uno strato di diverso spessore e verso l'interno sono spesso ancora ricoperte da uno strato fibrino-ematico ( P E N K E R T ) . Esse formano cellule polimorfe con un grosso nucleo chiaro e sono alquanto più piccole delle cellule luteiniche della granulosa. La loro origine è controversa. Da una parte vengono fatte derivare dalla membrana granulosa ( R . S C H R O D E R , A S C H H E I M , J O S E P H - R A B A U ) , d'altra parte sono interpretate come derivati tecali ( S E I T Z , G A I F A M I , V O Z Z A , R. M E Y E R ) . E. N O V A K e J. M I L L E R ritengono possibili ambedue le eventualità. Il tessuto tra le cisti è gelatinoso-edematoso e infarcito di ampi spazi linfatici. Corpi lutei gravidici sono stati riscontrati più volte. Lo sviluppo di cisti luteiniche e l'ingrossamento dell'ovaia è avvenuto in molte osservazioni con grandissima rapidità ( L E H M A N N , H U S S L E I N ) . D'altra parte spesso dopo lo svuotamento
ORGANI GENITALI
FEMMINILI
173
di una mola vescicolare è stata rilevata una rapida riduzione dell'ovaia (SANTI, ANDREWS, L. FRÀNKEL, Bibl., FRUHINSHOLZ). Diversi autori propendevano perciò a vedere la causa della formazione di cisti luteiniche nell'uovo fecondato, mentre altri vedono nella formazione eccessiva di cellule luteiniche la causa della degenerazione dell'uovo (JAFFÉ). Altri hanno ricondotto ambedue le alterazioni a una causa comune (PENKERT, Bibl., HEROLD). Una nuova interpretazione del problema è stata data da una pubblicazione di G. A. W A G N E R . W A G N E R ha trovato in una donna di 2 4 anni, che era amenorroica da 4 mesi, formazione di colostro e un tumore annessiale, che era stato interpretato come gravidanza extrauterina. L'operazione mise in evidenza cisti luteiniche dell'ovaia. In considerazione di questo reperto, che faceva pensare alla mola vescicolare o al corionepitelioma, venne intrapresa un'operazione radicale. L'esame permise di escludere una gravidanza. Dopo l'operazione si ebbe secrezione lattea e sviluppo di una neoplasia ipofisaria, che W A G N E R prese in considerazione per spiegare delle alterazioni dell'ovaia. W A G N E R fece dipendere la falsa gravidanza dalle cisti luteiniche (cfr. in proposito A S C H H E I M , R . M E Y E R , KERMAUNER, J . MILLER, che pensa ad una mola vescicolare espulsa).
3. C O R P I
LUTEI
CISTICI
I corpora lutea cistica, cioè corpi lutei con u n a c a v i t à centrale ripiena di fluido, sono descritti da I S E K I come formazioni della grandezza di u n a p r u g n a fino a quella di un uovo di gallina, nel cui strato di cellule luteiniche della granulosa, sono dimostrabili tutte le trasformazioni di un corpo luteo. N e l l a g r a v i d a n z a un tale quadro non è troppo raro né senza importanza. Metamorfosi cistica si p u ò inserire anche in un corpo luteo mestruale che si conserva al di là del t e m p o normale di 1 4 giorni (c. I. persistens) e ha richiamato molta attenzione per i fenomeni clinici che l'accompagnano. Già H A L B A N l'ha posto in relazione con l'amenorrea. In seguito è stato dimostrato che qui si possono avere anche degenerazione deciduale dell'endometrio e reazione positiva di gravidanza (Bibl. in H O N E C K E R , L I M B U R G , I S R A E L , KYANK), per cui in questi casi si è parlato di falsa gravidanza. A questo proposito, da N O V A K - T E L I N D E , J . M I L L E R (cfr. anche A S C H H E I M - V A R A N G O T ) viene richiamata l'attenzione sulla possibilità della regressione di una cellula uovo fecondata già prima dell'impianto o poco dopo. R. MEYER, che in un primo tempo ha sostenuto la stessa opinione, ha in seguito riconosciuto il c. 1. persistens, e ha indicato le corrispondenti condizioni dell'endometrio quale ipertrofia ultramestruale della mucosa. Il suo allievo V . P A L L O S ha ricondotto le emorragie uterine nell'« endometrio iperfunzionante » o nell'« ipertrofia funzionale » al corpo luteo con funzione esaltata o durata prolungata. Dati nella letteratura più vecchia sulle « cisti del corpo luteo » sono da considerare con prudenza tenendo conto di quanto esposto a pag. 163, e riguardano nella maggior parte dei casi cisti luteiniche e vecchi ematomi od ascessi.
ORGANI
174
GENITALI
Se la p a r e t e di u n corpus l u t e u m cistico si t r a s f o r m a in j alina si h a u n corpus albicans cistico (secondo la più v e c c h i a d e n o m i n a z i o n e , cisti d a corpus albicans). Si t r a t t a in t a l caso di c a v i t à della g r a n d e z z a d a u n nocciolo di ciliegia fino a quella di u n a nocciola c o n c o n t e n u t o chiaro e con p a r e t e r o b u s t a biancoo p a c a di d i v e r s o spessore (i a 4 m m ) , che i s t o l o g i c a m e n t e a p p a r e c o m e u n orlo p o v e r o di nuclei o m o g e n e o e jalino, n e t t a m e n t e d e l i m i t a t o dai tessuti circostanti. Q u a l c h e v o l t a sono riconoscibili sulla superficie interna resti della membrana
granulosa;
cfr.
KÒBNER,
F.
KOHN,
NOVAK-TELINDE.
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4. CISTI ENDOMETRIOIDI — CISTI A CATRAME E RISPETTIVAMENTE A CIOCCOLATO Proliferazioni endometrioidi (cfr. anche in peritoneo e a pag. 366), che spesso largamente imitano nella strattura l'endometrio, compaiono nell'ovaia sia nella midollare come pure nella corticale e sporgono qualche volta oltre la superficie. Lo stroma è ricco di cellule, ma presente in varia quantità, qualche volta riconoscibile solo difficilmente e in singole aree; le ghiandole hanno uno strato semplice di epitelio da cubico a cilindrico (fig. 37). Tra l'altezza dell'epitelio e lo stroma vi sono reciproche correlazioni, in quanto le cavità quando sono circondate da stroma, portano un epitelio più alto che non in sezioni prive di stroma ( L E U C H E ) . K O C H , S C H W A R Z - C R O S S E N descrivono granuli calcarei nelle ghiandole o nello stroma. Raramente nei focolai è stata trovata muscolatura liscia. La rassomiglianza delle isole mucose con l'endometrio non è solo morfologica, ma anche funzionale, cioè le proliferazioni endometrioidi sia nell'ovaia, come anche in altre sedi possono partecipare tanto alle alterazioni cicliche della mucosa dell'utero quanto anche alla trasformazione deciduale durante la gravidanza. Mediante esfoliazione della « funzionale » (v. pag. 310) nei focolai eterotopici, che avviene in sommo grado nell'ambito di ghiandole già presenti e dilatate, si arriva alla formazione di lacune, ripiene di sangue che in conseguenza di infiammazione, e trasformazione del sangue vengono influenzate nelle loro manifestazioni. Secondo la grandezza e il numero delle cavità sanguigne, all'osservazione a occhio nudo appare un quadro variabile. Focolai superficiali sono comunemente piccoli, hanno un diametro da 1 a pochi mm. e appaiono alla superficie dell'ovaia come piccoli focolai blu rossi 0 blu neri. Per riunione di lacune vicine si possono formare cavità più grandi. Gli ematomi che giacciono -più profondi nel parenchima sono in generale più grandi e possono rappresentare cisti che raggiungono fino a 15 cm di diametro od anche sacche più grandi ( S A M P S O N , T A F A S A K I , K . W O L F F , P O S A T T I ) . Il contenuto delle cisti è formato da un liquido denso
376
ORGANI GENITALI
nero-bruno o nerastro, simile a cioccolato o a catrame (cisti a catrame o a cioccolato). L a perforazione delle piccole come delle grandi cavità ematiche verso il peritoneo appartiene alla regola e porta, come conseguenza dell'azione irritante del contenuto, alla formazione di estese aderenze nelle vicinanze. Corrispondentemente l'operatore trova l'ovaia ammalata quasi sempre racchiusa dentro aderenze e concresciuta con gli organi vicini. La parete delle cisti è fragile e sulla superficie interna è colorata con diversa intensità da giallastro a brunastro. Le alterazioni riguardano spesso entrambi le gonadi.
Fig. 37Endometriosi dell'ovaia. T u b u l o g h i a n d o l a r e che p r e s e n t a solo d a un l a t o il limite epiteliale. ? a. 37 (A. 1608/50).
Istologicamente si possono avere reperti diversi delle cisti a seconda dell'età. Cavità ematiche più piccole possono presentare ancora un rivestimento epiteliale completo ed essere circondate totalmente o parzialmente da un evidente mantello stromale, nel quale sono rilevabili macrofagi con emosiderina. Cisti di più grandi dimensioni sono spesso prive di epitelio su grandi porzioni e sono delimitate da connettivo giovane o più maturo, in qualche caso anche jalinizzato, che specialmente negli strati più esterni è infiltrato da macrofagi con emosiderina (fig. 38) e verso il lume presenta spesso un gran numero di cellule pseudoxan tomato se, accanto ad esse però anche cellule rotonde (linfociti e plasmacellule variamente distribuite). Le cellule schiumose arrivano talora fino ed immediatamente sotto l'epi-
ORGANI
GENITALI
FEMMINILI
177
telio; si tratta di quei casi che nella vecchia letteratura sono stati descritti come « cisti del corpo luteo a rivestimento epiteliale » (p. es. DIEPGEN, IHM, PFANNENSTIEL. Sui « fluorociti » nella parete delle cisti a catrame cfr.
RECKENSCHAUB,
HAMPERL.
L e eterotopie e n d o m e t r i o i d i n e l l ' o v a i a si t r o v a n o di f r e q u e n t e associate a focolai simili in altre aree del piccolo bacino — Douglas, appendice, intestino crasso — e v e n g o n o messe in relazione con la r o t t u r a di cisti a c a t r a m e e l'imp i a n t o di tessuto endometrioide espulso. C o n t e m p o r a n e a m e n t e esiste di f r e q u e n t e u n a retroflexio o m y o m a t o s i s uteri, o p p u r e sono rilevabili polipi mucosi nell'utero.
Endometriosi
Fig. 38. dell'ovaia. Tubulo ghiandolare, circondato da molti macrofagi con ernosiderina. ? 35 a. (E. 3147/56).
L o sviluppo di carcinomi sul terreno di focolai endometrioidi n e l l ' o v a i a è raro, è s t a t o però g i à r i l e v a t o d a SAMPSON. Bibl. in CORNER-HU-HERTIG, BACHER-HERTZOG,
DUBRAUSZKY-NIENDORF,
HUNTER-KLEIN.
Sono s t a t e d a t e risposte diverse al quesito r i g u a r d a n t e l'origine dei focolai endometrioidi d e l l ' o v a i a come in genere delle proliferazioni nel\'endometriosis externa. D u e sono le possibilità d a prendere qui in considerazione: (1) l'endometrio eterotopico si origina d a l l ' u t e r o o p p u r e (2) si f o r m a in loco da u n a matrice cellulare. 1. S e c o n d o la teoria dell'impianto di SAMPSON particelle di e n d o m e t r i o d i s t a c c a t e nella m e s t r u a z i o n e sarebbero respinte in v i a r e t r o g r a d a a t t r a v e r s o la t u b a (via pertubarica) e si i m p i a n t e r e b b e r o sull'ovaia. D a l l ' o v a i a per scoppio di cisti endometrioidi p u ò seguire una n u o v a disseminazione nel peritoneo e 12 —
KAUFMANN I I , p .
I
ORGANI
I78
GENITALI
portare così allo sviluppo di nuovi focolai eterotopi. D a molte ricerche (JACOBSON, K A T Z - S Z E N E S , H . O . N E U M A N N , B R A K E M A N N , H . H . S C H M I D e d a l t r i ) è s t a t o
verificato che l'endometrio può essere t r a p i a n t a t o negli animali e nell'uomo. In particolare per la questione, se anche la mucosa uterina mestruale distaccata sia capace di accrescimento è s t a t a usata specialmente la tecnica delle colture di tessuti (HEIM, CRON-GEY, TRAUT ed altri), però solo raramente si è a v u t o successo (cfr. KEETTEL-STEIN) . Su risultati positivi o t t e n u t i su animali v. TELINDESCOTT, SCOTT-TELINDE-WHARTON. A n c h e l'evenienza di cisti a cioccolato nella ginatresia è s t a t a considerata più volte come elemento favorevole alla teoria dell'impianto (L. SEITZ, KRAUL, Bibl. in JACOBI). L a teoria ha g u a d a g n a t o n u o v o terreno dalle ricerche di PHILIPP e HUBER sulla frequente comparsa di endometrio del corpo nella porzione tubarica interstiziale (cfr. pag. 265); t u t t a v i a in essi non t r o v a n o spiegazione t u t t i i reperti di eterotopia endometrioide. G i à SAMPSON ha ammesso perciò la possibilità di u n a disseminazione per via linfatica e HALBAN-MESTITZ hanno valorizzato sopra t u t t o in questo senso i reperti nei linfonodi (cfr. pag. 395) (hysteroadenosis metastatica). Questa ipotesi non si è dimostrata invero molto sicura, viene però presa in considerazione per singole osservazioni nei linfonodi (WOLFF, TAUSCH, JAVERT). Per focolai e x t r a peritoneali, specialmente nelle estremità (cfr. pag. 373) d e v e essere presa in considerazione anche una disseminazione per via ematogena come già fece presente
SAMPSON
(1927).
PHILIPP-HUBER,
ASCHHEIM-BROCQ-VARANGOT,
LIM-
BURG descrivono la penetrazione dell'endometrio nei vasi ematici; v. anche le ricerche
di
HOBBS-BORTNICK).
2. L'opinione dell'origine di eterotopie endometrioidi da cellule esistenti in loco risale ad JWANOFF ed è stata condivisa da R . MEYER, E . NOVAK e all'inizio anche da LAUCHE. Originariamente è stato preso in considerazione in m o d o particolare l'epitelio, però già HEIM (1933) ha esteso questa teoria sierosoepiteliale con riferimento a l l ' i m p o r t a n z a del mesenchima. L a sua v e d u t a è s t a t a sostenuta dal p u n t o di vista embriologico d a GRUENWALD. Estese esposizioni e Bibl. in R . MEYER, ALBRECHT, HEIM (1930, 1941). HARBITZ,
RANNEY,
H.
PETRI.
L e cisti corticali periooforitiche sono state menzionate già nelle flogosi dell'ovaia, pag. 163. Per le cisti p r o v o c a t e dalla conglutinazione di fessure è sufficiente la sola citazione. Sulle cisti del cordone midollare, che negli adulti rappresentano piccole vescicole per lo più evidenti solo microscopicamente, m a che compaiono anche già nei bambini, cfr. R . MEYER; V. anche JOACHIMOVITS. I v i si t r o v a n o pure d a t i sulle cisti della rete ovarii. Per le cisti tuboovariche v. pag. 267.
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A p p e n d i c e : Piccoli noduli epiteliali e piccole cisti sopra e n e l l ' o v a i a , nelle tube e nei ligamenti larghi M. WALTHARD trovò in ricerche su 80 ovaie di diverse età nella sostanza corticale e in parte in connessione con l'epitelio superficiale accanto a focolai di cellule della granulosa e gruppi epiteliali, che egli considerò quali « prestadi di epiteli superficiali », anche focolai di cellule epiteliali piatte, di cellule ciliate e caliciformi, che egli ritenne nidi cellulari congenitamente ectopici e addusse a spiegazione dei frequenti tubuli ghiandolari e di piccole cisti su e nell'ovaia
i8o
ORGANI
GENITALI
discussi nella loro genesi (v. anche A K A G I ) . J . R I C H T E R ha potuto confermare in parte i reperti di W A L T H A R D , però non ha rilevato focolai di cellule citiate né caliciformi. Le isole cellulari di Walthard che almeno in parte hanno l'aspetto di epitelio piatto, sono state considerate fin da R . M E Y E R come il punto di partenza per il cosiddetto tumore di BRENNER (cfr. pag. 183). Piccoli noduli di epitelio piatto e piccole cisti (fig. 39) si trovano anche alla superficie della tuba, più di frequente sulla faccia posteriore che su quella anteriore e secondo le ricerche esistenti soltanto nella donna pubere ( S C H I F F MANN-STEINER).
Fig.
39-
Isole cellulari di Walthard al lato esterno della tuba. $ di 30 a. (E. 3373/41).
Tutti questi accumuli cellulari, tubuli e cisti sono in parte ritenuti risultato di una proliferazione rispettivamente di una vera neoformazione dell'epitelio peritoneale e dell'epitelio superficiale dell'ovaia considerato equivalente ( P I C K ) , in cui l'epitelio cilindrico e cubico piatto si trasforma in epitelio ciliato e nella sua proliferazione produce sia cisti come anche adenocistomi ciliati; queste piccole formazioni « rudimentali » sarebbero dunque essenzialmente equivalenti ai grandi cistomi papillari ciliari dell'ovaia. Seguendo il procedimento di FAB R I C I U S , S C H I C K E L E ha fatto derivare la maggior parte di quelle cisti dall'epitelio germinale, che sotto l'influsso di una flogosi dell'ovaia può estendersi sopra la tuba e i legamenti larghi e ha indicato « le piccole cisti di epitelio germinale » (cfr. anche M Ü L L E R ) come poste superficialmente sotto la sierosa, con epitelio piatto polistratificato ed una parete sottile fibrosa. Del resto già F I T T I G ha ricondotto i noduli formati sul lig. latum e sulla tuba in parte ad un « epitelio germinale » dislocato qui nel periodo embrionale (v. anche D U B R A U S Z K Y ) . v. F R A N Q U É ha già precedentemente descritto focolai di epitelio stratificato
ORGANI GENITALI
181
FEMMINILI
p i a t t o sulla t u b a e sulla faccia inferiore del mesovarium e li ha ricondotti all'epitelio peritoneale (piccole cisti epiteliali peritoneali). R. MEYER h a interpret a t o i noduli epiteliali sottosierosi, in parte in trasformazione cistica e presentanti tipi molto v a r i di epitelio, comparsi sulla t u b a e i ligamenta lata come d o v u t i a proliferazione infiammatoria dell'epitelio superficiale (cfr. in favore GREENEPECKHAM-GARDNER e c o n t r o
SCHIFFMANN-STEINER).
Sia ricordato incidentalmente che ROSSA e PICK considerarono le cisti e gli ammassi cellulari come surreni accessori in metamorfosi regressiva o in stadi giovanili; però questo è stato negato risolutamente da SCHICKELE e R. MEYER. A l t r e cisti nel lig. l a t u m e nell'ovaia all'ilo sono cisti dell'epoophoron (v. pag. 202).
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CAPITOLO
X
TUMORI DELL'OVAIA I t u m o r i d e l l ' o v a i a si d i s t i n g u o n o per u n a -particolare ricchezza di
forme.
U n a p a r t e n o n t r a s c u r a b i l e d i essi si r e n d e e v i d e n t e c o n l a produzione ormoni,
di
l a cui a t t i v i t à d e t e r m i n a in t a l e m i s u r a l a s i n t o m a t o l o g i a , c h e l a
f o r m a z i o n e t u m o r a l e c h e n e è a l l a b a s e r i m a n e p i ù o m e n o l a t e n t e e solo all'esame anatomico viene messa nella giusta
luce. P e r c i ò q u i si
dovrà
p r e s c i n d e r e a n c h e d a l l ' u s u a l e d i v i s i o n e b a s a t a solo su p u n t i di v i s t a morf o l o g i c i e b i s o g n e r à d a r e p a r t i c o l a r e c o n s i d e r a z i o n e ai c o s i d d e t t i funzionali.
tumori
l82
ORGANI
GENITALI
i. TUMORI E P I T E L I A L I BENIGNI E a) A D E N O M A
FIBROEPITELIALI
TUBULÄRE
L'adenoma tubuläre dell'ovaia che largamente coincide nella sua struttura con l'adenoma tubuläre testicolare (cfr. fig. in HEESCH) è stato descritto da L. PICK come un tumore nodoso, ben circoscritto, con superficie di taglio di color giallo burro e struttura lobosa e considerato come tumore nella parte testicolare di un ovariotestis — adenoma testiculare ovarii, adenoma testiculi ovotestis (v. anche SCHICKELE, WEYENETH). I tubi ghiandolari, dai quali il tumore è costituito, sono tortuosi, lunghi, di spessore regolare, l'epitelio monostratificato cubico-cilindrico. Nel tessuto i n t e r s t i z i a l e L . P I C K , e i n s e g u i t o a n c h e B E L L , H . O . NEUMANN, B E R N E R
trovarono grandi cellule epitelioidi in parte con goccioline grasse sudanofile, ciò che contribuì a far considerare queste cellule come cellule interstiziali testicolari. Contro la derivazione degli adenomi tubulari dell'ovaia dalla parte testicolare di una ghiandola ermafrodita, R. MEYER senza peraltro rifiutare del tutto l'opinione di PICK, ha richiamato soprattutto l'attenzione sull'epitelio midollare e sulla rete ovarii (cfr. in proposito POPOFF, J. MILLER), ed ha anche descritto un adenoma tubuläre carcinomatosum (cfr. p e r c o n t r o
KERMAUNER).
F i n q u i sono s t a t i resi n o t i solo p o c h i casi di a d e n o m a t u b u l ä r e d e l l ' o v a i a . Il più piccolo era g r a n d e c o m e u n a t e s t a di spillo (H. O. NEUMANN) ed è s t a t o t r o v a t o in u n l a t t a n t e di 14 giorni, a l t r i a r r i v a v a n o fino alla g r a n d e z z a di u n a mela. I n p o c h i casi in p o r t a t r i c i di a d e n o m i t u b u l a r i è s t a t a r i l e v a t a u n a mascolinizzazione così che u n a p a r t e di essi v i e n e c o m p r e s a nel g r u p p o degli arrenoblastomi. Bibl. in BÜTTNER; v. a n c h e PHELAN, BEHREND-LEVINE, J. R .
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b) IL COSIDDETTO T U M O R E DI B R E N N E R
Il cosiddetto tumore di Brenner è un tumore raro, dell'ovaia, che nell'anno 1907 è stato descritto ampiamente da F R I T Z B R E N N E R sotto la denominazione di oophoroma folliculare, poi caduta in disuso, e che come ha dimostrato R . M E Y E R compare in due forme diverse: a) come tumore compatto, che da grandezze microscopiche raggiunge la grandezza di una testa d'uomo (caso N E I M A N 6803 g) ed è duro fibromatoso. ¿3) come parte a forma di nodo piatto nella parete di un cistoma, che è quasi sempre un cistoma pseudomucinoso e solo eccezionalmente un cistoma ad epitelio ciliato (fig. 40). Il tessuto tumorale è in generale duro, tendineo, ordinato in fasci più o meno grossolani, bianco opaco fino a giallognolo tenue e spesso cosparso di piccole lacune il cui diametro raggiunge alcuni min., raramente più grande, con un contenuto gelatinoso, incolore o bruniccio. Istologicamente vi sono da distinguere due parti: aa) isole epiteliali di diversa grandezza e forma, composte di cellule polimorfe, chiare, nelle quali è stato dimostrato glicogeno (R. M E Y E R ) e che presentano spesso una cavità a posizione variabile, talora centrale, talora marginale, che è riempita di un contenuto eosinofilo, omogeneo o a zolle (fig. 41). Lo strato cellulare che circonda detta cavità è talvolta cilindrico, le cellule si presentano come in un cistoma pseudomucinoso, con nuclei basali. L a dimostrazione del muco è positiva così in queste cellule cilindriche come anche nel contenuto delle cavità. Le cisti più grandi hanno talvolta un solo strato di epitelio, che può assomigliare ampiamente a quello dei cistomi pseudomucinosi ( G L O C K N E R ) . V A R A N G O T ha richiamato l'attenzione su una segmentazione longitudinale del nucleo, che si verifica secondo D A N F O R T H anche nelle isole cellulari di W A L T H A R D . Tra le isole epiteliali si estende: /8/S) tessuto connettivo di diverso aspetto. In parte esso è ricco di cellule e simile allo stroma dell'ovaia, in altre parti prevale la sostanza interstiziale con fasci grossolani poveri di nuclei, che
184
ORGANI
GENITALI
non raramente appaiono omogenei e jalinizzati e di quando in quando presentano depositi di calcio (fìg. 42). In complesso il tumore ha una lontana rassomiglianza istologica con un cancro; così anche ORTHMANN già nell'anno 1899 ha descritto un tumore di questo tipo come fibroma papillare superficiale carcinomatosum (v. in proposito anche TIMMERBERG). Il cosiddetto tumore di BRENNER può anche essere considerato secondo le attuali conoscenze come un tumore benigno — descrissero la cancerizzazione
DUBRAUSZKY,
v.
MASSENBACH,
DUBRAUSZKY,
LIMBURG,
Fig. 40. Cosiddetto tumore di Brenner nella parete di un cistoma pseudomucinoso. Focolaio compatto di forma piatta nella parete di un cistoma pseudomucinoso della grandezza di una testa d'uomo. 0 65 a. (E. 5004/51).
RAWSON-HELMAN, cfr. anche BEHRENS — che comunemente è monolaterale, eccezionalmente però anche bilaterale (Bibl. in F o x , v. anche PEALE, REAGAN, JOHNDAHL-DOCKERTY-RANDALL, P E C K - L E A R Y , DORDI) e c h e p i ù
di frequente è stato trovato nell'età media tra i 40 e i 60 anni, eccezionalmente però anche in una donna di 81 anni (GEISSLER). Attività ormonali non sono state dimostrate per il cosiddetto tumore di BRENNER. C l i n i c a m e n t e si è t e n t a t o di stabilire relazioni con emorragie postclimateriche
(SCHIFFMANN,
K.
WOLFF,
MARWIL-BEAVBR,
però mancano prove dimostrative in tal senso.
KOLLNJ A-ULM),
ORGANI
GENITALI
Fig. I s o l e e p i t e l i a l i in u n c o s i d d e t t o tumore
di Hrenner.
Fig. Cosiddetto
tumore
FEMMINILI
185
41. F o r t e i n g r a n d i m e n t o d e l l a figura p r e c e d e n t e .
42.
di Brenner. J a l i n i z z a z i o n e e d e p o s i t o d i c a l c i o n e l l o s t r o m a . 9 4® ( D o n o d e l P r o f . A . PRIF.SEL, V i e n n a ) .
a-
i86
ORGANI
GENITALI
Istogenesi: R . MEYER h a f a t t o derivare il cosiddetto tumore di BRENNER dalle isole cellulari di WALTHARD (cfr. pag. i8o) ed espresse anche il sospetto che una piccola parte dei cistomi pseudomucinosi prendano la loro origine d a questo tumore. E. NOVAK h a manifestato la stessa opinione anche per i fibromi. Però secondo W . SCHILLER anche la rete ovarii sarebbe d a prendere in considerazione come luogo di origine (v. anche FAUVET, H . O. KLEINE, DHOM, GREENE, TEOH). ABRAHAM ammise un'origine comune per il cosiddetto tumore di BRENNER e per l'endometriosi. ELSE PETRI scorse in questi singolari tumori per i quali PLAUT propose la denominazione di fibroepitelioma mucinosum benig n u m le prime fasi di s v i l u p p o di un cistoma multiloculare a piccole concamerazioni.
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c) T U M O R I E P I T E L I A L I P R E V A L E N T E M E N T E (CISTOADENOMI,
CISTICI
CISTOMI)
I più comuni tumori benigni epiteliali dell'ovaia sono gli adenomi cistici (cistoadenomi, cistomi) che compaiono uni o bilaterali e sono di grandezza diversa.
ORGANI
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FEMMINILI
187
Molto raramente sono stati osservati perfino cistomi di oltre 50 kg. di peso (cosiddetti cistomi giganti). In un caso sezionato da E . K A U F M A N N il peso del liquido cistico arrivava perfino al peso eccezionalmente alto di 93 libbre. Bibl. in E . K E H R E R , L A J O S ; V. anche H O F M E I S T E R , U L L R I C H , E A M E S . — Sulle variazioni del situs toracico in questo caso v. R Ü B S A M E N . I cistomi compaiono già in bambine. I cistomi sono uni o multiloculati, raramente appaiono macroscopicamente « solidi », per quanto microscopicamente si possano riconoscere inclusi ghiandolari e piccole cisti. I cistomi multiloculari sono di gran lunga più frequenti di quelli « uniloculari » formati dalla fusione di più cisti, per quanto anche questi presentino ancora cisti microscopiche nella parete. L a grandezza delle concamerazioni è varia. Spesso esiste una cisti principale, nella quale confluiscono più o meno numerose piccole cisti. Si distinguono secondo l'aspetto e secondo l'attività dell'epitelio come pure secondo il contenuto: a) Tumori pseudomucinosi (di epitelio mucoso) a contenuto per lo più filante ed epitelio cilindrico alto a palizzata con nucleo basale. Secondo i caratteri indicati in seguito si possono distinguere le seguenti forme: tumore pseudomucinoso a parete liscia, papillare e acinoso e infine compatto. fi) Tumori ad epitelio ciliato con contenuto sieroso: il rivestimento delle concamerazioni per lo più multiple è formato da un epitelio cubico monostratificato, che in alcuni punti è ciliato. Accanto ad una forma con parete liscia semplice (Kystoma serosum simplex) vi sono neoplasmi di questo tipo con proliferazioni villose alla superficie interna delle cisti (1cistoma papillare ad epitelio ciliato) che qualche volta compaiono contemporaneamente anche alla superficie esterna del tumore o superficialmente su un'ovaia non alterata (papilloma superficiale). Rari sono il cistoma sieroso acinoso e quelli più « solidi » che macroscopicamente ricordano spesso un fibroma. v. F R A N Q U É ha separato completamente il cystoma serosum simplex dalle neoformazioni cistiche in senso stretto e lo ha posto in unico gruppo con le cisti follicolari (v. pag. 169). Cfr. in proposito R. M E Y E R (Bibl.) che in sostituzione della parola « cistoma » propose la seguente divisione: Blastoma cilio-epitheliale o serosum: adenomatosum (solidum), meglio adenoide, cysticum papillare e le combinazioni di queste varietà. Blastoma epitheliale pseudomucinosum: adenomatosum meglio adenoideo (solidum) pseudopapillare (con eccezionale rarità in parte papillare, partim papillare) . cysticum, combinato.
i88
ORGANI
GENITALI
a) Tumori pseudomucinosi (ad epitelio mucoso) (Blastoma epitheliale pseudomucinosum) La forma più frequente dei tumori ad epitelio mucoso dell'ovaia come dei tumori della tuba è principalmente il cystadenoma simplex (c. glanduläre, blastoma epitheliale, pseudomucinosum cysticum, cistoma pseudomucinoso a pareti liscie), tumore molto vario di grandezza, con talvolta solo una, ma comunemente più, fino a moltissime cavità di diversa ampiezza («cystadenoma multiloculare »), che in parte hanno contenuto liquido, filante, in parte però anche gelatinoso e similcolloideo. A questo gruppo appartengono i più grandi tumori dell'ovaia finora osservati (tumori mammut: F R A N Z , W A R D , B O E R M A , S T R I C K L A N D ; Bibl. in E A M E S ) . Aspetto macroscopico: Finché questi tumori non raggiungono una grandezza cospicua, la superficie è per lo più bitorzoluta; quelli molto grandi sono più sferici, arrotondati. Il tumore è più frequentemente, come si può riconoscere in sezioni trasversali, formato da cisti, che consistono per lo più di una o più cisti principali, nella cui parete vi sono molte piccole cisti, che sporgono nel lume delle più grandi. Talvolta tuttavia si trova una sola concamerazione, derivata dalla fusione di cisti più piccole. Quando più cisti, non particolarmente grandi, stanno vicine l'una all'altra, la consistenza diventa più dura, la sezione trasversale può apparire in tali casi alveolare. La parete nelle grandi sacche più vecchie è dura fibrosa, nelle più giovani è trasparente, sottile, lacerabile. La superficie interna delle cavità appare comunemente liscia, qualche volta tuttavia si possono riconoscere piccole aperture simili a pori, dalle quali sotto pressione si svuota del muco e che corrispondono ad aperture di ghiandole situate nelle pareti e a piccole cisti. Talvolta le formazioni ghiandolari e a piccole cisti sono tanto fittamente vicine tra loro, che danno l'impressione di una proliferazione solida. L'inesperto sospetta in tal caso una trasformazione di tipo neoplastico. Nel tessuto midollare biancastro o giallastro si possono però riconoscere fessure piccole molto irregolarmente conformate, che sono piene di una massa molle, biancastra. Il contenuto delle cavità ha proprietà molto varie, per lo più è fluido filante raramente addensato, solido al taglio, in altri casi quasi sieroso. L'aspetto mucosimile del contenuto è stato finora attribuito a mescolanza di pseudomucina, che è stata classificata fra i glicoproteidi e che si dovrebbe distinguere dalla vera mucina per mancata precipitazione con acido acetico. Secondo recenti ricerche sembra però trattarsi di mucopolisaccaridi, così che l'indicazione finora usata dovrebbe venire possibilmente abbandonata (cfr. E. R. F I S H E R ) . Varia molto l'aspetto del contenuto: ora è vitreo ora è acquoso chiaro, spesso opalescente o altre volte grigio torbido fino a giallo torbido o colorato
ORGANI GENITALI
FEMMINILI
189
d a e m o g l o b i n a in rosso fino a bruniccio e opaco. F i o c c h i e striscie gialli torbidi, c h e sono f r e q u e n t e m e n t e distribuiti nel f l u i d o vischioso a guisa di coaguli, consistono m i c r o s c o p i c a m e n t e di epiteli d i s t r u t t i , di leucociti, q u a l c h e v o l t a c o n m e s c o l a n z a di s q u a m e t t e di colesterina. Il c o n t e n u t o cistico è secreto dagli epiteli, nei q u a l i possono c o m p a r i r e cellule caliciformi e globose c o n v a c u o l i pieni di m u c o . Inoltre p u ò concorrere a l l ' a u m e n t o u n a t r a s u d a z i o n e di un liq u i d o c o n t e n e n t e a l b u m i n a dai v a s i della p a r e t e , p a r t i c o l a r m e n t e nella stasi venosa. D e l l a chimica del contenuto cistico si sono o c c u p a t i MITJUKOFF, BLAIRBELL e DATNOW. WATTS-ADAIR h a n n o a n c h e i n s t a u r a t o ricerche sul
contenuto
o r m o n a l e d u r a n t e la g r a v i d a n z a .
Fig. 43. Cistoma pseudomucinoso. Sezione della parete con introflessioni simili a ghiandole tubulari. Epitelio cilindrico con nuclei disposti alla base. K. KAUFMANN dis.
Istologicamente le cavità sono rivestite da un epitelio per lo più semplice, t a l v o l t a anche pluristratificato (W. SHAW) , che per lo più è formato di
cellule cilindriche e ha somiglianza con l'epitelio della cervix uteri o della colecisti (fìg. 43). Il corpo cellulare verso il lume appare vitreo chiaro, in vicinanza del nucleo basale granuloso. La dimostrazione del muco è positiva. Sebbene la forma cilindrica dell'epitelio si riveli come regola, pure sia nelle cisti vecchie grandi come anche negli spazi molto piccoli si trovano talvolta cellule epiteliali cubiche o piatte. Fra le cellule cilindriche quando non si teme la fatica di tale ricerca, si possono notare anche cellule caliciformi, il cui nucleo comunemente sta piuttosto verso il centro della cellula. MASSON h a dimostrato cellule
argentaffini
(v. anche MICHALANY). T u b i
igo
ORGANI
GENITALI
simil-ghiandolari rivestiti del medesimo epitelio si approfondano anche nella parete, entrano in contatto fra loro per mezzo di gemmazioni e formano così uno strato spesso di cavità alveolari, dal quale per stasi del secreto e riunione di tubuli vicini possono formarsi nuove cisti. Dei setti divisori originati per riunione delle cavità più piccole in una cisti più grande rimangono resti a forma di speroni che sporgono nel lume come papille. Queste, come rilevò W A L D E Y E R e come dimostrano i tagli in serie ( S A X E R ) , comunemente non sono vere proliferazioni papillari, che riempiono la lacuna primitiva, ma soltanto sporgenze a forma di liste ovvero setti, plicature (creste) di tutta la parete. G L O C K N E R rileva quale carattere di riconoscimento di questi cistomi pseudopapillari la comparsa diversamente abbondante di parti solide tra le cisti. Questo corrisponde anche alle esperienze di E. K A U F MANN. Del resto la parete dei cistomi pseudomucinosi appare formata da connettivo più o meno ricco in sostanza fondamentale; sulla muscolatura liscia e sui focolai ossei v. K U G E . Mentre nel complesso la parete del cistoma pseudomucinoso è dura o offre grande resistenza alla rottura, vi sono anche tumori con pareti sottili lacerabili, a contenuto spesso gelatinoso, che nella letteratura sono indicati come tumori gelatinosi ( G E B H A R D ) O come pseudomixoma ovarii. Un carattere molto particolare di questi tumori è il reperto di gelatina fra i fasci fibrillari della parete, che non è da ascrivere ad una degenerazione mucosa del connettivo, m a ad una assunzione del contenuto cistico nella parete (cfr. E . A L H S T R Ò M , Bibl.). Sulle conseguenze della rottura di un tale tumore (pseudomyxoma peritonei) cfr. Voi. I/2, pag. 581. Come forme rare di tumori dell'epitelio mucoso dell'ovaia sono descritte: aa) Il cistoma pseudomucinoso acinoso, nel quale il tumore è composto di numerose vescicole di grandezza molto varia, spesso peduncolate. E. K A U F MANN vide un tale tumore a lobi grossolani di volume superiore a quello di un pugno, in cui si era ridotta l'ovaia, ed i suoi acini a pareti sottili, spesso confluenti e spesso peduncolati contenevano un liquido molto filante gelatinoso ed anche microscopicamente corrispondevano ai cistomi ovarici pseudomucinosi. HIRSCHENHAUSER (Bibl.) suppose per il suo caso un fondamento teratoide (v. anche MULIER
e
TOMMASINI
cfr.
BOLAFFIO).
Sui
cistomi
parviloculari
v.
RILKE,
SCHILLER
e
DEGNA.
/?/?) Il cistoma pseudomucinoso papillare mostra qualche volta già all'esame ad occhio nudo proliferazioni circoscritte a cavolfiore (v. v. V E L I T S ) ma più frequentemente soltanto in sezioni trasversali villi, apparentemente liberi rotondeggianti od ovali, tagliati trasversalmente che similmente a villi intestinali sezionati trasversalmente mostrano un nucleo connettivale ed un rivestimento epiteliale (fig. 44). La prova che si tratta qui di vere escrescenze villose deve però essere data da sezioni seriate, poiché sono possibili confusioni con i setti, che attraversano una cavità. Eccezionalmente questi tumori sono uniloculari; la comparsa bilaterale è stata spesso osservata. Raramente si trovano papille anche alla superficie esterna delle cisti ( P F A N N E N S T I E I . , W . S H A W ) .
ORGANI
GENITALI
FEMMINILI
IGI
Cellule libere e impiantate sul peritoneo possono rappresentare il punto di partenza per nuovi cistomi chiusi. R . B R A N D B E R G ha riferito su un caso di cistoma ovarico pseudomucinoso bilaterale, nel quale 25 anni dopo asportazione del primo tumore dovette essere allontanata anche la milza ingrossata (2000 g). Del tessuto lienale erano rimasti soltanto scarsi resti corticali. B R A N D B E R G ha spiegato queste metastasi lienali con la colonizzazione nel peritoneo dell'ilo della milza e penetrazione lungo i vasi. Sei anni dopo l'asportazione della milza la paziente era ancora esente da recidive. Un'osservazione simile proviene da S C H U L T Z E - H E U B A C H . Formazione di una cosiddetta metastasi dopo asportazione di un tumore ovarico pseudomucinoso semplice fu osservata più volte spesso
Fig. 4 4 . Cistoma pseudomucinoso. Parte della parete con vere formazioni papillari. Donna 1 9 a. E . K A U F M A N N dis.
dopo un tempo molto lungo (10 fino a 20 anni) anche nel territorio della cicatrice ombelicale o dell'ombelico ( H . S C H R Ò D E R , K A T Z , B R I D E , cfr. anche H E N N E S S Y ) . Sono state interpretate in parte come metastasi da impianto avvenuto durante l'intervento operatorio. Per il resto i tumori pseudomucinosi papillari si comportano completamente come il cystoma pseudomucinosum simplex non producono, finché non sono grandi, particolari disturbi, raramente asciti, per cui si distinguono nettamente dai cistomi papillari ad epitelio ciliato, i frequentissimi cistomi ovarici papillari o anche impropriamente detti cistoadenomi papillari. yy) Molto rari sono infine i tumori pseudomucinosi, che ad occhio nudo, si presentano completamente solidi o accanto a cisti presentano parti compatte più piccole e più grandi. All'esame istologico le parti solide appaiono formate da cavità ghiandolari in parte strette in parte microcistiche circondate da epiteli chiari. P F A N N E N S T I E L ha usato per questi tumori il termine di adenoma solido. Appartengono qui i casi di G L O C K N E R (v. quindi R . M E Y E R , F R A N K L , K E R M A U N E R ) .
192
ORGANI GENITALI
fi) Tumori ad epitelio ciliato con contenuto sieroso (Blastoma cilioepiteliale) I tumori che appartengono a questo gruppo, come è già espresso nella definizione, sono caratterizzati da contenuto sieroso, fluido, solo qualche volta filante e da un epitelio almeno a tratti in -parte ciliato o semplicemente cubico monostratificato. La forma nella quale questi tumori vengono osservati è varia. Più frequentemente si tratta di sacche che mostrano una o più spesso più cavità e la cui parete è o liscia (cistoma sieroso a parete liscia semplice) o occupata da papille (cistoma papillare ad epitelio ciliato, cystoadenoma papillifero).
Fig.
Cistoma
papillare
ad epitelio
ciliato.
45-
Proliferazioni papillari anche sulla superficie. £ 65 a. E.
KAUFMANN
dis.
aa) Il cistoma sieroso semplice a parete liscia è uni o pluriloculare, spesso però con una cisti principale nettamente sviluppata in confronto alla quale le altre passano in seconda linea. Il tumore raggiunge eccezionalmente grandezza considerevole; conteneva in alcune osservazioni fino a 20 litri di contenuto (KERMAUNER) . La parete è per lo più dura, qualche volta dello spessore di un pollice. Il rivestimento epiteliale è formato da cellule monostratificate, cilindriche basse o cubiche, di quando in quando anche piatte. La presenza di ciglia è spesso solo difficilmente visibile. fifi) Il cistoma papillare ad epitelio ciliato. Il carattere predominante di questi tumori, che comunemente si presentano a più concamerazioni,
ORGANI
GENITALI
FEMMINILI
193
sono proliferazioni papillari, che possono essere così rigogliose che grandi parti di una 0 più cavità sono riempite di formazioni a cavolfiore (fig. 45). In altri casi si trovano solo singole escrescenze papillari alla superficie interna. Più grande è la cisti, più sicuramente come ha dimostrato O l s h a u s e n una gran parte della sua parete appare liscia o solo una piccola parte coperta di papille. Istologicamente queste proliferazioni si dimostrano formate da una matrice connettivale semplice, o ramificata, che nei più grandi tronchi è
Fig. Cistoma
papillijero
a epitelio
ciliato
46.
( p l u r i l o c u l a t o , v o l u m e di u n a t e s t a ) . 52 a n n i $ { E 1008/41).
ricca di vasi, nelle ramificazioni terminali spesso edematosa e povera di cellule. Il rivestimento epiteliale è cubico monostratificato, in alcuni punti con apparato ciliare (fig. 46). Transizioni a cellule cilindriche sono riconoscibili qua e là. Una certa somiglianza con l'epitelio della tuba è spesso manifesta ed ha trovato la sua espressione in indicazioni come cistoma ad epitelio tubarico-cistoma di Miiller ( G l a s u n o w ) o endosalpingioma ( B a r z i l a i ) . I nuclei sono relativamente molto più grandi di quelli del blastoma pseudomucinosum e si trovano più nel mezzo, che alla base delle cellule come in quello. T a y l o r ha distinto secondo l'altezza dell'epitelio una « forma relativamente inattiva » da una « fortemente iperplastica, già simile a cancro » (cfr. anche B r a k e m a n n ) . Molto di frequente si incontrano nei cistomi papillari granuli calcarei, i cosiddetti corpi psammomatosi che 13 —
KAUFMANN TI, p . 1
194
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sono rari nei t u m o r i p s e u d o m u c i n o s i . L e p a p i l l e si s e n t o n o in a l c u n i p u n t i c o m e g r a n u l i di s a b b i a . I corpi psammomatosì (corpora arenacea) consistenti di carbonato di calcio e di nucleo organico, sono formazioni stratificate concentricamente o moriformi o a zolle del t u t t o irregolari, che si t r o v a n o sia nel connettivo della parete cistica che nello stroma della papille (cfr. anche dura mater). L a formazione delle papille tanto qui come nei condilomi accuminati (pagina 142) e in altri tumori epiteliali papillari non è da attribuire al connettivo, m a anche all'epitelio come elemento propulsore. Gli epiteli proliferanti possono sovrapporsi fra di loro o anche, senza che ciò a v v e n g a , trascinare verso l'alto lo stroma, nel quale penetrano i vasi. Per concrescenza si possono formare lumi tabulari oppure essi penetrano in profondità e si biforcano in papille secondo il tipo dimostrato da FROMMEL per il papilloma superficiale (v. sotto). L e proliferazioni papillari perforano spesso la parete delle cisti accessorie o della cisti principale, sebbene queste per lo più siano notevolmente più spesse e più robuste che nei cistomi pseudomucinosi. Sporgono quindi liberamente nella cavità addominale a forma di villi a cavolfiore sovrastanti ad un peduncolo grosso o sottile. Contemporaneamente possono anche comparire alla superficie pure proliferazioni autonome (papilloma superficiale v. inoltre sotto). I cistomi p a p i l l a r i a d epitelio ciliato non r a g g i u n g o n o in complesso la g r a n d e z z a dei t u m o r i p s e u d o m u c i n o s i , t u m o r i della g r a n d e z z a di u n a t e s t a
sono t u t t a v i a n o n
I n u n ' e l e v a t a p e r c e n t u a l e di casi i t u m o r i sono bilaterali, p e r c e n t u a l e è v a r i a b i l e a s e c o n d a dei singoli A u t o r i (bibl. m a g g i o r p a r t e dei casi essi sono extraperitoneali foglietti del legamento largo
raramente
d'uomo. t u t t a v i a la
J. MILLER).
Nella
o v v e r o sono s i t u a t i t r a i
(intralegamentosi); sono q u i n d i per lo più
r i v e s t i t i d a l p e r i t o n e o e per la loro sede c a u s a n o s i n t o m i d a compressione. L e a d e r e n z e sono f r e q u e n t i c o m e p u r e l'ascile e l'idrotorace
(cfr. p a g . 227).
Forme particolari dei tumori a epitelio ciliato: yy) Papilloma superficiale. È stato già precedentemente detto che talora 1 villi di un cistoma papillifero a epitelio ciliato perforano la parete e rivestono la superficie libera. Contrariamente a ciò invece il tumore definito papilloma superficiale consiste nella formazione di papille situate fin da principio sulla superficie, per lo più contemporaneamente in entrambe le ovaie. Si t r o v a quindi un grande numero di papille molto fini e ricche di vasi di aspetto a tipo cavolfiore. Talora esiste una somiglianza con i tumori papilliferi della vescica. Se entrambe le ovaie sono rivestite da villi spessi e fitti, esse sono allora trasformate in tumori molli rossi di volume non superiore a quello di una testa di bambino. Sulla superficie di taglio si visualizza l'ovaia, nettamente separata dall'albuginea, immodificata o rimpicciolita oppure ingrandita e non di rado occupata da cisti. Anche in questo caso si può avere la formazione di corpuscoli psammomatosì. Contrariamente all'ipotesi di una formazione primitiva di villi sulla superficie ovarica, altri interpretano il papilloma superficiale come d o v u t o alla
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195
perforazione verso la superficie di villi formatisi originariamente in posizione intracistica
(R. MEYER,
HOFSTATTER,
J.
MILLER).
I papillomi superficiali producono per lo più un'ascite intensa e in una gran parte dei casi danno luogo a impianti sul peritoneo (cfr. voi. 1/2, pag. 581). Notevole è la scomparsa, ripetutamente osservata, delle metastasi peritoneali in seguito
a laparatomia
(E.
FRÀNKEL,
FLAISCHLEN), i n d i p e n d e n t e m e n t e
dal
f a t t o che il tumore primitivo fosse stato asportato o meno. In altri casi ricomp a r v e r o continue recidive anche in seguito ad asportazione delle proliferazioni sul peritoneo. SS) Cistoma ovarico sieroso a grappolo ( « p o l i p o s o » ) . In analogia col cistoma pseudomucinoso a grappolo descritto come forma molto rara tra i tu-
F i g . 47Cistoadenoma sieroso bilaterale delle ovaie. D o n n a di 65 anni. ( A u t . N. 32135 d e l l ' I s t i t . d i A n a t . e Istol. P a t o l . d e l l ' U n i v . di Milano).
mori ovarici ad epitelio mucoso, anche tra i tumori sierosi dell'epitelio ciliato si può osservare la rara forma a grappolo. Questi tumori sono costituiti da numerose vescicole, di v o l u m e variabile, fisse o peduncolate. L e pareti delle cisti sono generalmente sottili. Anche tra questi t u m o r i ne furono riscontrati alcuni del v o l u m e di u n a t e s t a o a n c h e p i ù grossi (BOLAFFIO, AMANN,
KERMAUNER)
e alcuni anche a sviluppo bilaterale (AMREICH). Poiché in numerose osservazioni entrambe le ovaie erano conservate immodificate accanto al tumore (GERSTENBERG,
DAHLGREN,
E.
NOVAK),
per
una
parte
dei
cistomi
sierosi
a
grappolo è stato ammesso lo sviluppo da ovaie accessorie o da abbozzi delle g o n a d i (AMANN, N E B E S K Y , PFANNENSTIEL) . Si p o s s o n o f o r m a r e q u a d r i a n a l o g h i
al cistoma a grappolo quando i villi di un papilloma superficiale si rigonfiano per assunzione di liquido nelle porzioni terminali come nella mola vescicolare,
ig6
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giusta q u a n t o è stato descritto p. es. da p o s t a d a T R E B E R d i « tumore
di
Klein
G. KLEIN. L a
» non è giustificata
denominazione pro-
(v.
STUBLER,
RÒSCH).
Il rigonfiamento idropico delle papille dei cistomi papilliferi ad epitelio ciliato è riscontrabile con relativa frequenza. ee) Come ultima f o r m a particolare tra i tumori a epitelio ciliato ricordiamo il fibroma ovarii adenocysticum, che nella letteratura è ricordato anche con altre denominazioni (adenofibroma o fibroadenoma, cistadenofibroma, fibroma con inclusioni sieroso-epiteliali). Questo raro tumore è denominato dallo sviluppo del connettivo e contiene inclusioni ghiandolari o cisti in numero variabile. L a componente predominante di connettivo c o m p a t t o e tendineo determina
Fig. Fibroma
ovarii
adenocysticum,
48.
t u m o r e del v o l u m e di un p u g n o .
35 a n n i $ ( E
521/43).
l'aspetto e la consistenza di tali tumori (fig. 48). Non sempre essi compaiono come neoformazioni c o m p a t t e e similfibromatose, m a t a l v o l t a formano proliferazioni nodose nella parete di un cistoma. FRANKL si è occupato dettagliatamente di questa particolare f o r m a (v. anche SCHOTTLÀNDER, H. O. NEUMANN, DWORZAK,
FRANKL-KLAFTEN,
GROLITSCH,
SCOTT).
Alterazioni secondarie dei cistoadenomi L a steatosi degli epiteli e dei leucociti nel liquido cistico e nella parete rappresenta reperto frequente. Nel contenuto cistico giallastro si riscontrano gocciole di grasso, cellule con granuli adiposi e colesterina.
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L e emorragie non sono rare (bibl. v . O. SCHÄFFER); V. a pag. 197 l'infarcimento emorragico in seguito a torsione del peduncolo. Circa le necrosi della parete in seguito a t r o m b o s i O sclerosi vascolare v . NÜRNBERGER. LESCHKE, BETXINGER descrissero proliferazioni simili ad epulidi nella parete di u n cistoma pseudomucinoso. L a calcificazione c o m p a r e sotto f o r m a dei già c i t a t i corpi p s a m m o m a t o s i o colpisce p a r t i della parete (cfr. WILSON). LAHM, KERMAUNER descrissero la presenza di pigmento senza reazione p o s i t i v a al ferro nella parete di un c i s t o m a pseudomucinoso. Cfr. p a g . 154. L ' i n f i a m m a z i o n e della parete con suppurazione (essudazione p u r u l e n t a dalla parete) e anche la suppurazione e gangrena h a n n o cause diverse: 1. Inquin a m e n t o batterico in seguito a puntura. 2. Infezione ematogeno-metastatica per v i a arteriosa. 3. Diffusione per contiguità di infezioni per v i a venosa o linfatica, a t t r a v e r s o la t u b a o aderenze. F r e q u e n t e m e n t e sono stati d i m o s t r a t i nei t u m o r i ovarici cistici bacilli tifo
(WERTH,
HINTERSTOISSER,
v.
OETTINGEN,
DETLEFSEN).
Secondo
del Ho-
NECKER (bibl.) l'infezione da bacilli del t i f o a v v i e n e in seguito a penetrazione di emboli b a t t e r i c i nei v a s i della parete cistica oppure per fuoriuscita di sangue infetto da v a s i scoppiati, in particolare in seguito a torsione del peduncolo. Cfr. anche le cisti dermoidi pag. 245. L a diffusione per v i a v e n o s a e l i n f a t i c a h a particolare i m p o r t a n z a in corso di sepsi puerperale (v. ooforite). L e aderenze facilitano la p r o v e n i e n z a dall'intestino (appendice) (v. MANGOLD). PUÒ seguire perforazione, precisamente nel retto o in altri t r a t t i intestinali; solo di rado nella vescica, nella v a g i n a o a t t r a v e r s o la cute. L a perforazione in vescica, nel retto, nel s i g m a e nell'ileo p u ò essere c a u s a t a come osservò E . KAUFMANN in un caso raro (pubblicato da H . MARTIN, V. figure), semplicemente dalla atrofia da compressione c a u s a t a dal cistoma. L a perforazione spontanea (rottura) in seguito ad assottigliamento della parete senza infiammazione determina, qualora si effettui nella c a v i t à a d d o m i nale, la f o r m a z i o n e o di un p s e u d o m i x o m a o di cisti chiuse o di papillomi (v. peritoneo, vol. I/2, pag. 581). A l l a perforazione verso l'esterno p u ò f a r seguito la guarigione
(p.
es.
O.
NEUMANN).
L ' i n f e z i o n e tubercolare è s t a t a osservata in alcuni casi (WECHSBERG, ROSENTHAL,
MOENCH,
R.
SCHNEIDER).
Torsione del peduncolo e sue conseguenze. — L ' a c c r e s c i m e n t o dei cistomi ovarici a v v i e n e o verso l'ilo ovarico, e conseguentemente d i v e n t a intralegamentoso, oppure a v v i e n e verso la c a v i t à addominale con f o r m a z i o n e di un « peduncolo », che è costituito dal l e g a m e n t o proprio dell'ovaia, dal l e g a m e n t o largo e d a l legamento sospensorio d e l l ' o v a i a e talora anche dalla t u b a d i v e n u t a per lo più ipertrofica. Se il t u m o r e sporge quindi dal bacino, e cosa del resto molto f r e q u e n t e , è mobile, è possibile la torsione del peduncolo a spirale. Secondo KÜSTNER la torsione a v v i e n e a sinistra con u n a spirale r i v o l t a verso destra, e a destra in senso inverso e può essere di 180, 360 gradi e oltre. A l t r i A u t o r i n o n notarono alcuna regolarità nella torsione (GOLDBERG, GROTENFELT. V. WATTENWYL). T r a le cause si citano la peristalsi intestinale, l'azione del torchio addominale, differenze di replezione t r a v e n e e arterie (« azione e m o d i n a m i c a », PARY, O. FRANKL), e trasmissione di m o v i m e n t i di torsione del corpo sul t u -
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more ( S E L L H E I M , cfr. all'opposto P U L V E R M A C H E R ) . Per lo strozzamento dei vasi decorrenti nel peduncolo può determinarsi blocco completo dell'afflusso sanguigno e necrosi oppure infarcimento emorragico seguito da emorragie nel cistoma. Se si aggiungono microorganismi della suppurazione (attraverso la parete intestinale?), è possibile la suppurazione e la gangrena del tumore. Alla torsione del peduncolo dei tumori ovarici si accompagna talora ascite, e se esistono aderenze con l'intestino può seguire ileo. Per detorsione del peduncolo si può giungere talora alla liberazione completa del tumore (cistoma libero). Nel caso di tumori di vecchia data e molto voluminosi si trovano di regola aderenze con organi vicini (soprattutto col peritoneo parietale e con l'omento). Trasformazione maligna. — Talora lo stroma diventa sarcomatoso. In altri casi si ha il passaggio in carcinoma. L'accrescimento maligno può avvenire sia nei tumori pseudomucinosi, sia in quelli sierosi. Talora soltanto una piccola parte di un voluminoso tumore diventa maligna ed è tale da non essere particolarmente visibile, pur potendosi già trovare disseminazioni in altri organi (linfoghiandole, fegato, ossa, ecc.). Sono noti anche carcino-sarcomi (cfr. R O T H A C K E R ) . - R . M E Y E R , N I C H O L S O N , K I T A I , S C H W A R Z hanno descritto un accrescimento destruente di cistomi pseudomucinosi istologicamente tipici. L a presenza di metastasi a livello di cicatrici della parete addominale in seguito ad asportazione di tumori pseudomucinosi istologicamente maturi è stata già descritta (pag. 191), come pure la diffusione di cistomi ad epitelio ciliato sul peritoneo (pag. 195).
Differenziazione tra cistomi papilliferi maligni (Cistocarcinoma papillifero)
e non maligni
Per ciò che riguarda il comportamento macroscopico questi tumori per lo più multiloculari e cistici rivelano alcune analogie soprattutto nelle parti villose del tumore. Inoltre entrambi hanno tendenza allo sviluppo bilaterale e alla formazione di corpi psammomatosi: questi ultimi però sono presenti in maggior numero nei cisto-carcinomi papilliferi. I carcinomi sono caratterizzati invece: da rapido accrescimento, da formazione di mestastasi per via ematica e linfatica, come pure da notevole e concomitante ascite. Sulla superficie di taglio del cistoma papillifero maligno si possono riscontrare con una certa frequenza, sia nelle parti spiccatamente villose come pure nei setti, zone biancastre solide, midollari o molli, che hanno una struttura alveolare, spesso riconoscibile già macroscopicamente. Microscopicamente nel tumore maligno si trova quasi sempre qua e là al di fuori dei villi, nelle parti solide, accanto a proliferazioni tipicamente adenomatöse, una struttura adeno-carcinomatosa evidente, che può avere perfino, anche se in miniatura, carattere papillifero; inoltre però ci sono anche zone nelle quali sono dimostrabili nidi carcinomatosi solidi come nel carcinoma solido-simplex o midollare. — Per ciò che riguarda i villi, nel carcinoma si nota marcatissimo polimorfismo degli epiteli di rivestimento dei villi, irregolarità di forma, di volume, di disposizione degli epiteli e infine del numero dei loro strati, come del resto si verifica in altri carcinomi papilliferi. L a pluristratificazione di cellule polimorfe, che ricordano in parte gli epiteli
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piatti e che inoltre si comportano variabilmente di fronte alla colorazione, sta indubbiamente a favore del carcinoma; invece la pluristratificazione di cellule press'a poco uguali può essere considerata soltanto come segno di proliferazione epiteliale esuberante. — Talora nei cistomi papilliferi maligni si osserva sull'asse delle papille una pluristratificazione cellulare particolarmente spessa con interruzioni in forma ghiandolare e costituita come da circonvoluzioni, MARTIN ha denominato questa forma (che egli ha osservato nella tuba) carcinoma gyriforme. Cfr. anche M E Y S E R , W O O D R U F F - E . R . N O V A K .
I s t o g e n e s i dei t u m o r i a epitelio m u c i p a r o e a cellule
citiate
dell'ovaia
L a questione dell'istogenesi dei cistomi ovarici ha dato origine a numerosissime interpretazioni, le quali non tutte sono convincenti allo stesso modo e in questa sede non possono essere riportate in quell'estensione nella quale sono state prospettate. In parte esse non hanno che valore storico, cosicché non è necessaria un'esposizione completa. Ciò vale in particolare per l'ipotesi sostenuta da K L E B S e W A L D E Y E R , che i cistomi pseudomucinosi abbiano origine dai tubuli di Pflùger (1). Poiché, come tra gli altri ha dimostrato FISCHEL (V. però anche l'esposizione sull'oogenesi a pag. 150), non esistono nell'uomo i tubuli di PFLÙGER, questa interpretazione è stata scartata. Anche l'origine dall'epitelio dei follicoli di Graaf (2), sostenuta da MARCH AND, v. V E L I T S e PFANNENSTIEL, ora non ha più sostenitori. Maggiormente suggestiva fu l'ipotesi che come punto di partenza delle neoformazioni epiteliali dell'ovaio, teneva in considerazione l'epitelio superficiale (3). Già W A L D E Y E R dimostrò nelle ovaie di donne anziane il nesso delle piccole cisti con l'epitelio superficiale e N A G E L fece notare la frequenza di inclusioni epiteliali e di piccole cisti alla superficie di ovaie con flogosi cronica e fu dapprima del parere di ricondurre tutte le neoformazioni epiteliali dell'ovaio a tali inclusioni, le quali sarebbero sempre la conseguenza di alterazioni infiammatorie croniche dell'ovaia. Per la spiegazione della genesi dei cistomi a epitelio ciliato fu data grande importanza al fatto che l'epitelio germinale (epitelio superficiale), può in condizioni patologiche presentare un apparato ciliare (FLAISCHLEN). Inoltre si riscontrarono inclusioni tubuliformi di epitelio superficiale nello stroma e una connessione tra queste e le cisti a epitelio ciliato (DE SINÉTY-MALASSEZ, FLAISCHLEN, COBLENZ); fu pure constatata una connessione tra « epitelio germinale » ciliato e epitelio ciliato delle cisti, naturalmente soltanto nel caso di cisti piccolissime (PFANNENSTIEL). Tuttavia questi quadri iniziali non sono in grado di fornirci una concezione convincente sulla genesi di un tumore adenomatoso proliferante. In questo senso diventa necessario un accenno ai (4) gruppi cellulari congeniti (cellule piatte, ciliate, caliciformi) nell'ovaia e ai loro rapporti con le cisti semplici e con gli adenocistomi proliferanti. Mentre W A L D E Y E R aveva già espresso il sospetto che le cellule caliciformi dei cistoadenomi provenissero da cumuli e tubuli epiteliali che fin da principio si trasformano in cistomi e non in follicoli, BURCKHÀRD espresse per primo l'idea che per l'evoluzione del tubulo in cisti avesse importanza anche una malformazione dell'abbozzo connettivale e della muscolatura liscia dell'ovaia ed egli potè constatare, in cistomi ovarici
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multiloculari, uno stroma diverso da quello ovarico normale. Ciò è confermato dalle ricerche di W A L T H A R D , le quali riescono a spiegare in modo più soddisfacente che non le ricerche precedenti, la formazione degli adenomi proliferanti a cellule ciliate e a cellule caliciformi. I dati di questo Autore limitano considerevolmente il significato di molti reperti più vecchi e particolarmente di quelli che si riferiscono a « inclusioni » di « epitelio germinale » e che dovrebbero essere state sufficienti per la spiegazione e l'interpretazione dei cistomi. W A L T H A R D potè dimostrare infatti tra gli epiteli superficiali e nello stroma piccoli gruppi di cellule, che egli considerò come prestadi di epiteli superficiali i quali, se assumono la forma di tubuli o si dilatano in cisti, possono dare talora un quadro analogo alla degenerazione microcistica (cfr. pag. 170). Inoltre W A L T H A R D riscontrò, nell'epitelio superficiale e nello stroma nidi di epitelio piatto, dai quali possono derivare piccole cisti (cfr. pag. 179). Inoltre si riuscì anche a dimostrare isole di cellule ciliate nell'epitelio superficiale e nello stroma senza connessioni con l'epitelio superficiale; da queste isole provengono direttamente le cisti e i tubuli a epitelio ciliato. Si trovarono anche nidi di cellule caliciformi, dai quali derivano tubuli e cisti. Gli stessi nidi furono osservati da A K A G I in ovaie di bambine, mentre R I C H T E R potè confermare soltanto in parte i reperti di W A L T H A R D , tuttavia non trovò mai nidi di cellule mucipare o di cellule ciliate. Anche R . M E Y E R che in un primo tempo aveva manifestato dubbi sui reperti di W A L T H A R D , in seguito condivise il parere che « i cistomi dei tipi più svariati derivano da abbozzi malformativi congeniti di W A L T H A R D ». Tuttavia egli non li considerò come nidi cellulari congenitamente ectopici, bensì come gradi diversi di differenziazione dell'epitelio celomatico, ivi compreso l'epitelio superficiale delle ovaie, grazie ad una multipotenza insita in esso che può svilupparsi in forma diversa a seconda della disposizione locale e delle condizioni corporee generali. Inoltre egli non considerò i nidi cellulari come « Pflasterepithel » (epitelio piatto) bensì come epitelio indifferente che possiede diverse possibilità di sviluppo. Anche W . S C H I L L E R espresse concezioni analoghe. (5) L a somiglianza talora rimarchevole esistente tra il rivestimento dei cistomi a epitelio ciliato e l'epitelio della tuba fece pensare che tra i due esistessero rapporti più stretti e ciò trova riscontro in determinate denominazioni. G L A S U N O W ha perciò proposto di denominare questi tumori come cistomi a epitelio tubarico 0 cistomi di Mùller. Il termine di endosalpingioma è di B A R Z I L A I . D U B R A U S Z K Y parla di endosalpingiosi. (6) Poiché talora i cistomi pseudomucinosi, ma anche i tumori a epitelio ciliato sierosi, coesistono con dermoidi è stata sostenuta infine anche l'origine teratomatosa, soprattutto dei tumori ad epitelio muciparo. H A N A U parlò già di teratomi endodermici a sviluppo unilaterale (v. anche R I B B E R T ) . R . M E Y E R ritenne questa ipotesi come la più probabile per la maggior parte dei tumori pseudomucinosi. L E C È N E - B I E R R Y dimostrarono che nell'epitelio intestinale e nell'epitelio dei tumori pseudomucinosi viene formato lo stesso fermento (sucrasi) (v. anche T A C H I B A N A ) . Anche W . S H A W e J . M I L L E R inserirono i tumori pseudomucinosi tra le neoformazioni teratoidi dell'ovaia. Infine non sono mancati tentativi (7) di ricondurre i cistomi ovarici a resti del mesonefro. A questo proposito si prese in particolare considerazione la rete ovarii (cfr. pag. 203) la quale veniva ritenuta comunemente un tempo come un
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derivato del mesonefro, mentre attualmente soltanto alcuni la considerano tale (p. es. R Ò S S L E - W A L L A R T ) . Indipendentemente dalla questione della sua origine, essa viene presa in considerazione per la genesi dei più diversi tumori ovarici (p. es. W A L L A R T , D U B R A U S Z K Y ) .
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I G
;
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2 I
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202
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A p p e n d i c e : cisti dell'epoophoron
(paraovariche)
L'epoophoron (WALDEYER), O parovarium (detto anche o r g a n o di è un c o r p o a f o r m a di p e t t i n e s i t u a t o t r a l ' o v a i a e la t u b a nelle v i c i n a n z e della fimbria o v a r i c a ed è a l l o g a t o t r a i foglietti del l e g a m e n t o largo e risp. nella mesosalpinge. Si t r a t t a di u n residuo del t r a t t o superiore (parte epigenitale, porzione genitale) del mesonefro (corpo di W O L F F ) . N e l l'uomo all'epoophoron corrisponde l'epididimo (v. p a g . 4). ROSENMULLER)
ORGANI GENITALI
203
FEMMINILI
L ' e p o o p h o r o n è c o s t i t u i t o d a 6 a 20 c a n a l i c o l i , d e c o r r e n t i n e l l a s t e s s a direzione,
che
partono dall'ilo
dell'ovaia
in u n c o n d o t t o p a r a l l e l o a l l a t u b a
(dotti
Q u e s t o c a n a l e l o n g i t u d i n a l e d e r i v a d a l condotto Wolff)
trasversali),
(dotto longitudinale)
e t a l o r a si c o n t i n u a n e l condotto
di Gartner
e terminano
o a f o n d o cieco.
mesonefrico
(condotto
di
(v. p a g . 23). L ' e p i t e l i o
d e i c a n a l i c o l i d e l p a r o v a r i o è p i a t t o , c u b i c o o c i l i n d r i c o e in a l c u n i t r a t t i p r e s e n t a d e l l e c i g l i a . A l l ' e s t e r n o t r o v a s i c o n n e t t i v o c h e c o n t i e n e fibre m u scolari lisce
aderente
all'epi-
telio è talora m o l t o ricco di nuclei ed assomiglia allo s t r o m a della
(cfr. HORSTMANN). LO s t r a t o c o n n e t t i v a l e
mucosa
u t e r i n a (BECKER, WICHMANN). I n r a r i c a s i i c a n a l i c o l i d e l l ' e p o o p h o r o n si e s t e n d o n o a n c h e n e l l ' o v a i a , fino s o t t o l a s u a s u p e r f i c i e (v. FRANQUÉ). L ' e p o o p h o r o n ha r a p p o r t i di v i c i n a n z a con la rete ovarli, che un t e m p o , e a n c h e r e c e n t e m e n t e d a RÒSSLE-WALLART v e n i v a f a t t a d e r i v a r e dal corpo di W o l f f , secondo FISCHEL d e v e però essere considerata c o m e propria dell'organo. I canalicoli dell'epoophoron c o n t r a g g o n o talora r a p p o r t i con la rete o v a r i i (così c o m e n e l l ' u o m o i d o t t i e f f e r e n t i si collegano r e g o l a r m e n t e con la rete testis). I canalicoli a p a r e t e spessa dell'epoophoron (mesonefrogeni) si riuniscono poi c o n gli s t r e t t i spazi della rete. Gli spazi della rete sono localizzati nell'ilo o v a r i c o , sono collegati a rete f r a di loro e sono rivestiti d a u n epitelio g e n e r a l m e n t e basso a tipo endotelio che in alcuni p u n t i però p u ò essere a n c h e c u b i c o o cilindrico, m a n o n è m a i ciliato (RIELÀNDER, bibl., R . MEYER, W E I SHAUPT, bibl.). I n c o n t r a s t o con i canalicoli d e l l ' e p o o p h o r o n m a n c a un particolare m a n t e l l o m u s c o l o - c o n n e t t i v a l e . L e ramificazioni i n t r a o v a r i c h e della rete m a n d a n o p r o l u n g a m e n t i nel tessuto ovarico. I cordoni midollari fetali, c h e orig i n a r i a m e n t e sono in c o n t a t t o a l l a periferia con lo s t r a t o corticale e verso l'ilo con la rete ovarii, non sono più presenti nell'adulto; t a l o r a ne residuano parti, alle quali sono forse riconducibili piccole cisti e t u b u l i che d a l l a rete si irradiano n e l l ' o v a i a (cfr. R . MEYER, WEISHAUPT, bibl.). Circa la f u n z i o n e dell ' e p o o p h o r o n v. NÜRNBERGER (bibl.), MATHIS, K i s s , per la morfologia f u n zionale
STANGE.
I l paroophoron r a p p r e s e n t a il residuo della porzione caudale (secretoria) del mesonefro (parte paragenitale) e secondo SWITALSKI, ASCHOFF, R . MEYER è localizzato, n e t t a m e n t e delimitato, t r a gli ultimi r a m i dell'arteria s p e r m a t i c a , p r i m a dell'ingresso n e l l ' o v a i a , poco all'interno del m a r g i n e libero del legam e n t o largo e sempre i m m e d i a t a m e n t e dietro al f o g l i e t t o peritoneale anteriore (RIELÀNDER). — N e l maschio al p a r o o p h o r o n corrisponde il paradidimo —• org a n o di GIRALDÈS, che è localizzato nell'angolo t r a la t e s t a dell'epididimo e il d o t t o deferente. —• I n periodi f e t a l i a v a n z a t i e nel n e o n a t o il p a r o o p h o r o n c o n s t a di rari residui glomerulari e di g r u p p i di stretti canalicoli l e g g e r m e n t e t o r t u o s i a decorso f r e q u e n t e m e n t e parallelo, c h e c o n t r a r i a m e n t e a l l ' e p o o p h o r o n n o n h a n n o u n a p a r e t e c o n n e t t i v a l e propria. L ' e p i t e l i o è semplice cubico, o cilindrico basso e p r i v o di ciglia. Nelle cellule epiteliali o nel c o n n e t t i v o circostante, c o m e pure nei lumi dei canalicoli si t r o v a t a l o r a p i g m e n t o b r u n o p r i v o di ferro. S e c o n d o WALDEYER il p a r o o p h o r o n s c o m p a r e senza lasciar t r a c c e già il p r i m o a n n o e secondo RIELÀNDER s o l t a n t o d o p o il 5 0 anno. FORSSNER pensò
204
ORGANI
GENITALI
di abbandonare del tutto il termine paroophoron e di distinguere soltanto tra i residui di mesonefro che formano organi permanenti (epididimo epoophoron) e quelli che subiscono una regressione già durante la vita embrionale. Come punto di partenza di piccole cisti furono considerate porzioni di paroophoron residuate e vennero inoltre prese in considerazione, oltre che per rapporti ipotetici con cistomi ovarici (v. sopra), soprattutto per la formazione di adenomiomi dell'utero e della parete tubarica (cfr. pag. 229). Per dettagli v. RIEL À N D E R , bibl., v. anche L I M B U R G . Cisti dell'epoophoron. — Le piccole cisti che derivano da un canalicolo dell'epoophoron rappresentano un frequente reperto casuale. Nel caso particolare è da distinguere se si tratti della forma giovanile di un blastoma oppure di una semplice cisti da ritenzione (SCHICKELE) . Non hanno alcuna importanza clinica. Come blastomi veri e propri si considerano soltanto le cisti voluminose che provocano disturbi alla portatrice e che sono clinicamente riconoscibili. Le cisti dell'epoophoron (paraovariche) sono generalmente monoloculate (raramente pluriloculate per affiancamento di cisti vicine), hanno parete sottile e piuttosto flaccida e sono ripiene di liquido chiaro, incolore, spesso opalescente, a basso peso specifico, di solito pseudomucinoso e per lo più povero di proteine (cfr. DIERKS-BECKER, WATTS-ADAIR) . Il volume medio è quello di un pugno. T u t t a v i a esistono osservazioni di tumori, appartenenti a questo gruppo, molto voluminosi (KUMMELL, GUTTLER 53 kg). L e cisti dell'epoophoron sono di regola a parete liscia. T u t t a v i a esistono proliferazioni papillari del volume anche di una nocciola (v. J. H. MULLER) e ciò rappresenta il segno caratteristico del tumore. Sono rivestite da epitelio monostratificato cilindrico 0 cubico, talora ciliato. L'accrescimento è lento. Il tumore è di regola flaccido, fluttuante, situato tra i foglietti del legamento largo (intralegamentoso) ed è rivestito da peritoneo, che è facilmente scollabile e i cui vasi si incrociano frequentemente con quelli della parete cistica: questo è un segno distintivo importante rispetto ad altre cisti ovariche. Microscopicamente v a distinto il rivestimento peritoneale dalla parete cistica propriamente detta. Tra questi due strati è presente, in quantità variabile, tessuto del legamento largo; con ciò si spiegano la spostabilità dei due strati e la possibilità di separar.-. Il rivestimento peritoneale è costituito da uno strato connettivale, rivestito da uno strato semplice di epitelio piatto. L a parte connettivale della parete della cisti è costituita da uno strato esterno povero di nuclei (lamellare) e uno interno (subepiteliale) più lasso, che però può mancare nelle cisti di antica data. Muscolatura liscia fu trovata da SCHICKELE e WICHMANN nella parete di piccole cisti. L'epitelio è monostratifìcato e estremamente variabile per quanto riguarda l'altezza. Cellule ciliate si alternano con cellule senza ciglia. Il colore in situ è più scuro di quello dei cistomi ovarici, tendente al bianco-verdastro. In genere mancano aderenze. L a tuba, che spesso è
ORGANI
GENITALI
205
FEMMINILI
n o t e v o l m e n t e a l l u n g a t a i n t i m a m e n t e a d e r e n t e ai t u m o r i p i ù (nel c a s o d i
PAYER
voluminosi
m i s u r a v a 76 cm) e p u ò c i r c o n d a r l i q u a s i c o m p l e t a m e n t e
oppure andare incontro a torsione
(CORBETTA
e
SERVIDA)
l'estremo
fim-
b r i a t o è s i t u a t o in d i e t r o e a l l ' e s t e r n o . ( A l c o n t r a r i o , nel c i s t o m a o v a r i c o , c h e di solito h a s v i l u p p o i n t r a l e g a m e n t o s o , l a t u b a è l i b e r a e s e p a r a t a d a l t u m o r e o v a r i c o m e d i a n t e u n a p o r z i o n e di m e s o s a l p i n g e , p o i c h é i l t u m o r e n o n p u ò d i s t e n d e r e il l e g a m e n t o d e l l ' u t e r o fino a l l a t u b a ) . L a t u b a è a p piattita e non è sollevabile ad eccezione della porzione ampollare; t u t t a v i a essa è p e r v i a a l s o n d i n o . T a l o r a a n c h e l ' o v a i a è t r a s f o r m a t a in u n a f o r mazione sottile e piatta, però è n e t t a m e n t e delimitata ed è situata dalla p a r t e i n t e r i o r e o p o s t e r i o r e d e l t u m o r e s e n z a r a p p o r t i con la p a r e t e .
È
n o t a a n c h e l a f o r m a z i o n e di u n p e d u n c o l o e ciò s p i e g a l a p o s s i b i l i t à di torsione di questo, malgrado NÜRNBERGER,
la p o s i z i o n e i n t r a l e g a m e n t o s a
(bibl.
vedi
KISS).
L a rottura di una cisti paraovarica è s t a t a descritta da MATTI, DELORE, e tubercolosi a carico di essa d a THYE. WITTINGHAM ne osservò trasformazione maligna, mentre SCHOTTLÄNDER, HÄGGSTRÖM descrissero metastasi carcinomatose (di un carcinoma dell'utero), infine SPANTON, GOLDSCHMIDT descrissero sarcomi della parete della cisti. A prescindere dalla formazione di cisti, l'epoophoron non ha quasi importanza pratica. T u t t a v i a venne descritto un fibroma (SIN) e un carcinoma ( L E N N O X - M E AGHER) .
L e cisti a partenza dalla rete ovarii, c i t a t a a pag. 203, sono rare, generalmente hanno grandezza microscopica e, se raggiungono volumi maggiori, sono facilmente confondibili con le cisti dell'epoophoron poiché si sviluppano nel legamento e contraggono rapporti analoghi con la tuba. T u t t a v i a una parte della cisti è fissata all'ovaia distesa. SOMMERS ha sottolineato la coincidenza di tali cisti con disturbi endocrini. Cfr. anche pag. 171. L e cisti linfatiche {linfangiomi cistici) del legamento largo, molto rare (LION, SCHICKELE) non dovrebbero porre difficoltà diagnostico-differenziali.
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2. T U M O R I E P I T E L I A L I
MALIGNI
Progressive conoscenze sulla struttura e sulla funzione hanno resa necessaria u n a suddivisione dei carcinomi ovarici in diversi gruppi. V a n n o trattati a parte separatamente i tumori della granulosa (pag. 212), il disgerminoma (pag. 219), ilmesonefroma (pag. 222) e g l i arrenoblastomi (pag. 234). U n ultimo gruppo comprende i carcinomi ovarici metastatici, tra i quali il tumore di K R U K E N B E R G rappresenta u n a forma particolare. Dopo aver separato questi tumori, che richiedono u n a trattazione particolare, rimane un grande numero di carcinomi, che si manifestano o (1) come neoformazioni macroscopicamente solide (carcinoma -primario) oppure (2) come blastomi a struttura cistica e che rappresentano per lo più cistomi con trasformazione maligna, non considerando per il momento la rara trasformazione maligna delle cisti dermoidi. Il carcinoma primitivo e i cistomi con trasformazione maligna hanno trascurabile incidenza fino a trenta anni. Circa la frequenza non si possono fornire che scarsi dati sicuri, poiché la tendenza proliferativa dell'epitelio spesso particolarmente accentuata nei cistomi, e già discussa a pag. 198, viene giudicata con criteri diversi e inoltre perché il limite tra la benignità e la malignità è talora difficilmente distinguibile in alcuni casi. Talora un carcinoma ovarico può svilupparsi prima del io° anno di vita ( W I T Z B E R G E R - A G E R T Y , bibl., S A G E R ) ,
ORGANI GENITALI
FEMMINILI
207
ed eccezionalmente già nel periodo fetale (E. E . ZIEGLER). LIBER riferisce su un'osservazione di carcinoma ovarico riscontrato nella madre e in 5 figlie; ulteriori dati sulla coincidenza di carcinomi ovarici bilaterali e g r a v i d a n z a si trovano in V. SzATHMARY, L. J. GOSSERT.
a) C A R C I N O M A P R I M A R I O
Il carcinoma primario dell'ovaia appare ad occhio nudo comeunaformazione tumorale solida, e di grandezza variabile da una noce fino a una testa umana, raramente più voluminosa, con superficie liscia o bernoccoluta.
F i g . 49. Carcinoma, dell'ovaia
destra in parte solido e in p a r t e g h i a n d o l a r e . D o n n a di 56 anni. (E 9240/54).
L a consistenza è variabile a seconda della quantità di connettivo presente e a seconda del grado delle alterazioni regressive; l'aspetto della superficie di taglio è pure dipendente dall'estensione delle emorragie e delle necrosi. Se ci si trova di fronte ad un carcinoma midollare, cosa frequente, la superficie di taglio è bianco-midollare o a chiazze, variegata. 1 stologicamente si nota oltre ad un rapporto variabile tra parenchima e stroma — per cui è possibile una distinzione tra carcinoma midollare, simplex, scirroso — una peculiare disposizione delle cellule maligne che in parte formano cordoni solidi e cumuli (carcinoma solido) e in parte proliferazioni pseudoghiandolari (adenocarcinoma) (fig. 49). Entrambe le
2O8
ORGANI
GENITALI
forme compaiono spesso affiancate nello stesso tumore e variamente mescolate. Nell'adenocarcinoma le proliferazioni pseudoghiandolari non solo sono variamente stipate ma manifestano anche gradi diversi di maturazione. Dall'epitelio monostratificato fino alla pluristratificazione sono possibili tutti i gradi di passaggio. L a struttura fiafiillifera è frequente, come pure il reperto di dilatazioni circoscritte dei lumi, cosicché si formano quadri analoghi a quelli dei cistadenomi. Le cellule maligne manifestano aspetti diversi a seconda del grado di maturazione raggiunto dal tumore. Il polimorfismo è talora assai elevato, talvolta con formazione di nuclei giganti e di cellule giganti (GLOCKNER). S A P H I R - L A C K N E R hanno descritto un adenocarcinoma dell'ovaia « a cellule chiare » (ipernefroide) che non comporta la mascolinizzazione e che perciò si distingue da altri tumori con struttura uguale o simile (cfr. pag. 239) (v. anche ANDERSON-LUPSE-RAPPOPORT) .
In questi ultimi tempi sono aumentate di frequenza le descrizioni sulla comparsa di adenocancroìdi dell'ovaia che un tempo erano considerati molto rari ( R A U S C H E R , H E S S ) e che si formano a quanto pare facilmente sul terreno di un'endometriosi (cfr. pag. 175, come pure E P P E R S O N - G E N S O N , K I S T N E R HERTIG). — Circa i « gradi di malignità » cfr. M O N T G O M E R Y . I cancri dell'ovaia sono frequentemente bilaterali. In una statistica per il cancro ovarico bilaterale J. MILLER calcola una percentuale del 50,5. Se questa comparsa bilaterale sia espressione di una formazione tumorale indipendente o sia condizionata dalla metastatizzazione da u n ' o v a i a nell'altra non è facilmente discriminabile. Entrambe le interpretazioni hanno trovato i loro sostenitori e E . KAUFMANN ha sempre ribadito la concezione dell'insorgenza primitiva bilaterale del carcinoma. T u t t a v i a già HEINRICHS e prima di lui BUCHER hanno sottolineato che la bilateralità deriva quasi sempre dalla colonizzazione di un'ovaia nell'altra. J. MILLER è dello stesso parere. T u t t a v i a è consigliabile di tener conto anche delle ricerche di H. HUBER sul carcinoma sistemico. Le modificazioni secondarie sono frequenti: emorragie, steatosi, necrosi, calcificazione, rara trasformazione gelatinosa delle cellule neoplastiche dello stroma e cisti da rammollimento. — Se si sovrappone infiammazione produttiva e carcinosi del peritoneo e se esistono aderenze tra le ovaie, ingrandite di poco, e l'intestino e l'utero, anche all'autopsia può essere, a tutta prima estremamente difficile constatare il punto di partenza della carcinosi peritoneale. — Nella calcificazione si formano numerosissimi corpi psammomatosi irregolari (cfr. anche E . W E R N E R ) sia nel tessuto interstiziale, sia nell'interno degli zaffi carcinomatosi e precisamente in questi ultimi; ciò avviene per calcificazione dei gruppi epiteliali o degli ammassi j alini nei quali si sono trasformate le cellule. Nei casi di calcificazione avanzata il tessuto tumorale è pallido, bianco-giallastro e la superficie di taglio dà l'impressione di carta vetrata, ruvida: schiacciando
ORGANI
GENITALI
FEMMINILI
209
fra le dita il tessuto si palpano grossolani granelli di sabbia. L a ossificazione contemporanea è rara (BUCH). L'istogenesi dei carcinomi ovarici primari è completamente oscura. Nell'intento di chiarirla sono state prese in considerazione t u t t e le possibilità citate per i cistomi (cfr. pag. 199). Circa le singole tendenze e i loro sostenitori cfr.
J.
MILLER.
b) CISTOMI C A R C I N O M A T O S I
I cistomi carcinomatosi (carcinomi cistici, cistocarcinomi) vengono considerati in modo diverso per ciò che riguarda la loro origine. Secondo P F A N N E N S T I E L possono essere considerati sia come trasformazione maligna di un cistoma, sia anche come forma cistica di accrescimento di un carcinoma primario. Questo modo di vedere è stato accettato anche da E . K A U F M A N N . Secondo altri punti di vista però ( F R A N K L , S T U B L E R - B R A N D E S S , J . M I L L E E ) in tutti i carcinomi cistici si tratta di cistomi con trasformazione maligna secondaria. Macroscopicamente tra questi tumori cistici si ritrovano tutte quelle forme descritte tra i tumori a epitelio ciliato con contenuto sieroso (pagina 192) e tra i tumori a epitelio muciparo. Questi ultimi però sono meno frequenti. Di gran lunga più frequenti sono i carcinomi cistico-papilliferi (cfr. pag. 192). In entrambi i casi sussistono notevoli somiglianze esteriori con il cistoadenoma benigno e anche istologicamente il comportamento benigno è qua e là conservato in modo evidente (figg. 50, 51, 52). Non di rado in un cistoma multilobulare con o senza papille e a parete spessa, e quindi di vecchia data, si possono riconoscere soltanto rare zone midollari biancastre che rivelano istologicamente una struttura carcinomatosa e in particolare quella dell'adenocarcinoma. In altri casi le zone maligne sono così piccole che durante il riscontro diagnostico il sospetto di malignità del cistoma sorge soltanto per la presenza di metastasi soprattutto sul peritoneo e nei linfonodi. I cistomi pseudomucinosi in trasformazione maligna (fig. 53) offrono soltanto di rado il quadro del carcinoma gelatinoso. L e metastasi dei carcinomi ovarici sono frequenti (secondo E. KAUFMANN nel 92 % ; secondo SCHOTTLÀNDER nell'89,2 % , secondo MALJEFF nell'89,7 % ) . Innanzi t u t t o è colpito il peritoneo, specialmente nelle zone inferiori. L e metastasi sono o piccole miliariformi e numerose (confusione con la tubercolosi!) o a grossi nodi e isolate. Circa la regressione completa delle metastasi peritoneali dopo asportazione del tumore primitivo, cfr. HOLZKNECHT, MICHOLITSCH, e circa le metastasi libere nella c a v i t à peritoneale v. DE VRIES. Metastasi si possono osservare anche nella parete addominale e precisamente nelle cicatrici in seguito a laparatomia o p u n t u r a (cfr. anche metastasi da inoculazione pag. 191), a livello della linea alba (rare) e dell'ombelico (OTTOW). Attenzione alle etero14 —
KAUFMANN
II,
p.
I
2IO
ORGANI
GENITALI
Fig. 50. Cistoma papillifero
Cistoma papillifero
carcinomatoso a epitelio ciliato dell'ovaia destra. Donna di 55 anni. (Aut. N. 260, 1941).
Fig- 51cancerizzato a epitelio ciliato (bilaterale). Donna di 38 anni (E 2436/39).
ORGANI
Papilloma
superficiale
GENITALI
211
Fig. 52. carcinomatoso dell'ovaia (del volume di un pugno). Donna di 61 anni (E 951/40).
Fig.
Cistoma pseudomucinoso
FEMMINILI
53-
cancerizzato dell'ovaia sinistra (del volume di un pugno, metastasi sul peritoneo). Donna di 48 anni (E 8298/55).
212
ORGANI
GENITALI
topie e n d o m e t r i o i d i ! I n u n a g r a n p a r t e dei casi si t r o v a n o inoltre m e t a s t a s i in t u t t e le possibili linfoghiandole', circa le m e t a s t a s i nei l i n f o n o d i s o p r a c l a v i c o l a r i , s p e c i a l m e n t e a sinistra c o m e s i n t o m o a d i s t a n z a , v. E R N S T , C . F L E I S C H M A N N — inoltre nel f e g a t o , p o l m o n e , pleura, r a r a m e n t e n e l l ' i n t e s t i n o — t a l o r a perfino nello s t o m a c o ( S C H O T T L À N D E R [ 4 casi dalla l e t t e r a t u r a ] , R A U , M A L J E F F e cfr. t u m o r i di KRUKENBERG), cervello, n e l l ' u t e r o e t u b a , ecc. M o l t o r a r a m e n t e è c o l p i t a la v a g i n a ( G . M. E V A N S ) .
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c) TUMORI A C E L L U L E D E L L A Tra
i tumori
dell'ovaia
hanno
assunto
GRANULOSA una
posizione
particolare
t u m o r i a cellule della granulosa, non soltanto per la loro struttura
i
talora
assai peculiare costituita d a formazioni similfollicolari, m a s o p r a t t u t t o pre l a l o r o funzione
ormonica
e azione
a distanza
su a l t r i o r g a n i
(utero,
mam-
ORGANI
GENITALI
213
FEMMINILI
melle), e sui tumori di essi (SERVIDA). Essi appartengono ai « tumori funzionanti » dell'ovaia (E. NOVAK) e sono sovrapponibili con i tecomi per ciò che riguarda l'azione e l'istogenesi (cfr. pag. 228), per cui vengono frequentemente considerati insieme (p. es. come mesenchimomi femminilizzanti da E. NOVAK). R . MEYER si è occupato in particolare della loro delimitazione e classificazione (definiti dall'Autore come carcinoma ovarico folliculoide e cilindrornato
so)
(v.
anche
ISBRUCH,
TIETZE,
V.
SZATHMARY,
KLEINE,
V.
PALLOS) .
Già precedentemente v. W E R D T aveva descritto tumori di diversa natura come t. gr. e nella letteratura vennero riportate altre osservazioni su tumori appartenenti a questo gruppo per le loro caratteristiche istologiche in parte col termine di « folliculoma » (v. M E N G E R S H A U S E N , V . K A H L D E N , H . S C H R O D E R , A L B E R T B L A U , V. anche A S C H N E R , H . O . N E U M A N N ) . K R O M P E C H E R classificò i t. gr. tra i tumori del tipo dei carcinomi a cellule basali, mentre J . M I L L E R li definisce senz'altro come tumori a cellule basali dell'ovaia. I t. gr. dell'ovaia si manifestano macroscopicamente o come neoformazioni solide o permettono di riconoscere accanto a porzioni compatte una o più cavità (a contenuto sieroso o mucoso spesso di colorito sporco); raramente si presentano macroscopicamente come tumori cistici con proliferazioni midollari circoscritte sulla superficie interna e per il resto con parete sottile. Circa il volume esistono differenze notevoli: quelli piccoli (fino al volume di un uovo di oca) sono più frequenti di quelli del volume di una testa 0 ancor più voluminosi. T . gr. di pochi m m di diametro o anche più piccoli sono stati trovati da TELINDE, CIANFRANI, KYANK, MCKAY-HERTIGHICKEY (cfr. anche BEHRENS). L a consistenza è pure variabile, ma è frequentemente molle, la superficie di taglio ha un colorito spesso spiccatamente giallo, presenta necrosi ed emorragie ed è divisa in campi da travate connettivali. Inoltre sulla superficie di taglio si trovano spazi più o meno grandi con contenuto incolore o variamente colorato. Lo sviluppo tumorale bilaterale è stato osservato come pure l'origine extraovarica (RAGINS-FRANKEL,
frequentemente, POWELL-BLACK,
ROTTINO-CROWN) .
Istologicamente i tumori a cellule della granulosa presentano quadri molto variabili, i quali sono riscontrabili quasi di regola contemporaneamente nello stesso tumore. Non possiamo quindi dare una descrizione microscopica valida per tutti i tumori appartenenti a questo gruppo, ma dobbiamo limitarci a segnalare quadri in un certo senso caratteristici che si ripetono con particolare frequenza. Sulla base dei lavori di R . MEYER si distinguono in genere oggigiorno due forme principali di tumori a cellule della granulosa, che compaiono raramente in forma isolata e esclusiva, ma più frequentemente mescolati nello stesso tumore, e precisamente la forma folliculoide (tipo di v . KAHLDEN) e la forma cilindromatosa.
214
ORGANI
GENITALI
a) Forma prevalentemente folliculoide L a forma prevalentemente folliculoide (fìg. 54) dei tumori a cellule della granulosa è caratterizzata dalla presenza di cavità rotondeggianti o allungate per fusione secondaria, situate entro nidi epiteliali di varia foggia. Poiché questi spazi sono per lo più assai irregolari e circondati da una fila di cellule cilindriche a disposizione radiata, e contengono materiale in
Kg- 54Tumore a cellule della granulosa (forma folliculoide). Donna di 37 anni (E 596/43).
parte omogeneo e in parte stratificato concentricamente e colorabile con l'eosina, è facile la comparazione con i follicoli, specialmente quando queste formazioni sono isolate e circondate da connettivo. D i rado nel contenuto sono presenti cellule sfaldate, i cui nuclei vennero interpretati erroneamente come appartenenti alla cellula uovo. Per lo più si osservano nidi cellulari piuttosto voluminosi separati da setti connettivali che contengono alcuni o anche numerosi spazi a contenuto eosinofilo, cosicché talora, alla prima impressione, il pensiero corre ad u n a struma ovarica (v. pag. 245). Molto più rari sono i piccoli focolai tumorali che permettono di riconoscere, accanto a vacuoli circondati da uno strato cellulare semplice, anche una seconda fila di cellule immediatamente adiacenti o poco lontane, alle quali
ORGANI GENITALI FEMMINILI
215
segue esternamente il connettivo. In questi casi i nuclei dello strato cellulare interno sono rivolti verso la c a v i t à (cioè situati verso l'interno), quelli dello strato esterno sono rivolti verso l'esterno (« posizione antipodica »). È anche possibile che più vacuoli con la loro corona epiteliale siano circondati da uno strato cellulare semplice e appaiano così disposti come entro un anello (cir. H. O. NEUMANN).
/?) Forma prevalentemente cilindromatosa Nella forma prevalentemente cilindromatosa (fig. 55) dei t. gr. le formazioni folliculoidi rimangono in secondo piano o mancano del tutto. L e cellule formano cordoni, strie o cumuli, nei quali penetra il connettivo che spesso presenta notevoli f a t t i di regressione jalina. D a t a l'intensa proliferazione connettivale, le isole cellulari vengono separate, divise e spostate, cosicché spesso si formano quadri particolari a vortice («tipo moiré, morule). È r e p u t a t a particolarmente caratteristica la disposizione a palizzata delle cellule al margine delle isole, che si t r o v a anche del resto nella prima forma nello strato marginale. L a f o r m a cilindromatosa dei t. gr. descritta anche come giri forme, è più frequente della forma precedentemente descritta. È già stato detto che entrambe compaiono spesso contemporaneamente. Occorre aggiungere che talora il quadro è dominato da u n a proliferazione disordinata (forma diffusa o parenchimatosa), che appare similsarcomatosa nella perdita del carattere epiteliale (fig. 56). Se a v v i e n e una m a r c a t a frammentazione del tessuto tumorale ad opera del connettivo si hanno talora quadri pseudoadenomatosi. A n c h e se generalmente si afferma che le cellule sono assai uniformi e che presentano una somiglianza notevole con le cellule della granulosa, non m a n c a n o reperti di m a r c a t o polimorfismo cellulare — perfino con formazione di cellule giganti (KERMAUNER) — e grande ricchezza in mitosi. In base a quanto è stato detto i t. gr. comprendono tumori con aspetti assai variabili. Cfr. BUSBY-ANDERSON. L a visualizzazione di fibre reticolari m e t t e talora in evidenza l'esistenza contemporanea di cellule della granulosa e tecali (cfr. IWANOW, BROSIG, TRAUT-KUDER-CADDEN, TRAUT-MARCHETTI, HENDERSON), cosa c h e
rende
perfettamente comprensibile, in v i s t a dell'attività orientata nello stesso senso e dell'istogenesi dei t. gr. e dei tecomi, la loro unificazione in un unico gruppo, come viene f a t t o ora in base alla proposta di NOVAK-BRAWNER. Tra i t. gr. assume una posizione particolare il « folliculome
lipidique »
(LECF.NE) , che è caratterizzato da un accumulo di lipoidi nelle cellule e ha perciò
in modo più o meno accentuato il carattere di un tumore a cellule luteiniche. La sua delimitazione rispetto a tumori ad analoga struttura, però appartenenti
216
ORGANI
Tumore
a cellule
della
GENITALI
F i g . 55granulosa (forma mista, m a prevalentemente D o n n a d i 38 a n n i (E 1866/37).
cilindromatosa).
F i g . 56. T u m o r e o v a r i c o c h e p e r l a s u a s t r u t t u r a p u ò c o r r i s p o n d e r e a d u n tumore a cellule della granulosa ( c o s i d d e t t a f o r m a p a r e n c h i m a t o s a ) o a u n t e c o m a . D o n n a d i 65 a n n i . ( E 3 5 5 0 / 5 1 ) .
ORGANI G E N I T A L I
217
FEMMINILI
a gruppi diversi, può essere difficile (cfr. pag. 239). Per altro può avvenire questa trasformazione di un t. gr. in un « luteoma » anche con formazione di progesterone. Tuttavia T E I L U M è giunto a tutt'altra concezione circa questo tumore, in quanto egli pone il « folliculome lipidique » sullo stesso piano dei tumori a cellule di Sertoli del testicolo e lo annovera tra gli androblastomi, termine col quale egli etichetta i tumori testicolari ed ovarici che hanno analoga struttura ed istogenesi (cfr. v. N U M E R S - G Y L L I N G , C H R I S T E N S E N - T O F T ) . I t. gr. non sono rari, sono riscontrabili in ogni età e a prescindere dai sintomi locali, si manifestano per la loro attività ormonica, che secondo H A B B E ha preciso significato diagnostico. Sui valori ormonali nelle portatrici di t. gr. esistono numerose ricerche ( S C H U S C H A N I A , P A L M E R e molti a.). Prima della pubertà i t. gr. possono determinare pseudo-pubertà precoce con emorragie uterine e sviluppo dei caratteri sessuali secondari (p. es. casi di P A H L , R U M M E L D , E . N O V A K , 1933, B L A N D - G O L D S T E I N , K L A F T E N , H A R M S , L U L L ) . T u t t a v i a il numero di queste osservazioni, accanto alle altre forme (tipo costituzionale, surrenale, cerebrale), è piccolo. Durante la pubertà i t . g r . condizionano amenorrea di lunga durata che può essere interrotta da emorragie irregolari. L a caduta del tasso ormonale per necrosi o disturbi circolatori del tumore viene considerata come responsabile della comparsa di tali emorragie. Durante la menopausa, sulla base di una iperplasia glandulo-cistica dell'endometrio, si possono avere emorragie che talora presentano un certo ritmo. L ' a u m e n t a t a produzione di ormone follicolare è causa dell 'ipertrofia dell'utero da mio-iperplasia, spesso presente, e che può raggiungere talora volumi considerevoli ( L E L L B A C H , V . S Z A T H M A R Y , 1935, R U S S E L ) , come pure la presenza di miomi dell'utero nel 70 % circa dei casi. L a coincidenza con l'adenomiosi è rara ( R O C K S T R O H , M C C A R T N E Y ) , In questi ultimi anni il numero delle comunicazioni sui carcinomi del corpo dell'utero in corso di t. gr. è aumentato in modo sorprendente (bibl. v. pag. 397), Sono scarsi invece i dati sui rapporti con lo sviluppo di carcinomi mammari. I t. gr. luteinizzati possono determinare modificazioni completamente diverse in rapporto alla loro attività ormonica. È stata osservata sia una fase di secrezione dell'endometrio ( G I O R D A N O - H A Y M O N D , E . N O V A K , 1941), sia una trasformazione deciduale dell'endometrio ( E . N O V A K , v . anche ARNOLD-KORNER-MATHIAS,
PLATE,
BENDA-KRAUS,
NUMERS
e
cfr.
le
co-
municazioni di K L A F T E N e S C H I L L E R circa la disposizione di tipo maschile dei peli nelle portatrici di t. gr.). L'adozione del termine t. gr. non deve far dimenticare che si tratta di carcinomi che però manifestano una certa capricciosità nel decorso clinico e che non offrono alcun appiglio all'istologo circa un giudizio sull'ulteriore decorso in base alla struttura istologica. Tumori piccoli limitati all'ovaia potranno naturalmente essere giudicati diversamente da quelli voluminosi e che già interessano gli organi vicini (cfr. M U T H - S T O L L ) . Occorre tener presente in particolare 14* —
KAUFMANN I I , p .
I
ORGANI
2I8
l e recidive
tardive
v.
HODGSON-DOCKERTY-MUSSEY,
anche
nei t. gr.
(HÜCKEL,
GENITALI
BERNHARDT, SEEGAR, SCIPIADES,
JONES-TELINDE;
HAINES-JACKSON,
HEN-
DERSON [1951], DIDDLE). L a combinazione con altri tumori ovarici è s t a t a ripetutamente descritta. Istogenesi: Delle molte ipotesi espresse circa l'istogenesi, soltanto poche sono sopravvissute. Per lungo t e m p o a p p a r v e meglio f o n d a t a l'ipotesi di R . MEYER, il quale f a c e v a derivare i t. gr. d a « ammassi di cellule della granulosa » rimasti inutilizzati. Secondo interpretazioni recenti, che prendono le mosse dalle ricerche di FISCHEL sullo sviluppo delle gonadi, l'origine dei t. gr. (e dei tecomi) andrebbe ricercata nel mesenchima ovarico, cosa che indusse E . NOVAK a comprendere t u t t i i tumori appartenenti a questo gruppo col termine di mesenchimomi femminilizzanti. A n c h e BOLCK a n n o v e r a i t. gr. tra le neoformazioni mesenchimali. I t. gr. riprodotti sperimentalmente e formatisi in diversi roditori in seguito ad irradiazione X o trapianto di tessuto ovarico nella milza e precedente castrazione, poterono confermare questa ipotesi (bibl. v. MÜHLBOCK, c f r . a n c h e H .
MÜLLER,
KYANK,
GARDNER).
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d)
DISGERMINOMA
(SEM1N0MA)
OVARICO
Nell'ovaia può insorgere una rara formazione tumorale che manifesta somiglianze istologiche così marcate con il « tumore testicolare specifico » (cfr. pag. 72) che anche per essa è stata scelta la definizione di seminoma (CHENOT). R . MEYER l'ha definita disgerminoma e nella letteratura anglo-
americana è denominata generalmente dysgerminom. In circa un terzo delle osservazioni il tumore è bilaterale (cfr. SEEGAR, SAILER) è variabile
per ciò che riguarda il volume e finché non supera una certa grandezza è per lo più incapsulato, e inoltre è più o meno evidentemente pastoso (FAUVET) .
Sulla superficie di taglio il tumore è solido, midollare, con un'impalcatura connettivale più o meno evidente, con necrosi ed emorragie e perciò anche il colore è molto variabile. Per quanto riguarda i reperti microscopici rimandiamo al seminoma testicolare (v. pag. 72). Anche nel disgerminoma ovarico le cellule sono disposte in accumuli e cordoni irregolari (fig. 57),
220
ORGANI GENITALI
sono molto labili e contengono glicogeno. L'aspetto delle cellule dipende moltissimo dal momento e dal tipo di fissazione. Lo stroma vascolare è infiltrato da cellule rotonde specialmente da linfociti in misura variabile. Non di rado nello stroma si osservano istiociti e cellule giganti, talora a disposizione tubercoloide e ciò comporta il pericolo di confusione con la tubercolosi (KERMAUNER-SCHILLER). Circa ia loro insorgenza sono stati
Fig- 57-
Seminoma (disgerminoma) dell'ovaia. Da tumore ovarico del peso di 450 g solido,
in ragazza di 20 anni. (Misure del tumore 14 : 9 : 6 cm). Ingrandimento medio. Osservazione di
E.
KAUFMANN.
•espressi diversi pareri (v. R. ZIMMERMANN, LISSOWETZKY, HANSEN, SAILER). HELLER riscontrò una reazione analoga anche nella tuba vicina e WEINTRAUB-ROSENBLATT, BRANDMAN riferiscono di focolai tubercoloidi nei polmoni e nelle linfoghiandole. Circa la comparsa di disgerminomi extraovarici (miometrio) cfr. SCHILLER (1934). Età: Il disgerminoma è sempre stato considerato un tumore delle giovani. Ciò risulta evidente anche dalla letteratura (tumeur de l'ovaire des fillettes nella letteratura francese, carcinoma ovarii puellarum, « grosszelliges solides Karzinom
ORGANI
GENITALI
221
FEMMINILI
der Jugendlichen und der Scheinzwitter » secondo R . M E Y E R ) . Il 27 % dei casi sinora descritti (cfr. i dati dell'età di 427 casi in M U L L E R - T O P K I N S - L A P P ) si riferisce al periodo tra i 10 e i 30 anni. Prima del i o 0 anno di età e dopo il 50° il tumore è raro. Unico è il reperto di un disgerminoma bilaterale in un feto di 30 settimane ( Z I E G L E R ) . Per la prognosi non si possono stabilire regole fisse. In genere i tumori piccoli con capsula integra vengono considerati favorevolmente circa le probabilità di guarigione. L'ascite emorragica è considerata come segno sfavorevole. L e metastasi compaiono principalmente nei gruppi linfoghiandolari retroperitoneali (paraortici), e più di rado in quelli più lontani. Spesso sono colpiti anche il peritoneo e il fegato, più di rado altri organi come il polmone, la milza, le ossa (cfr. K L A F T E N , V . S Z T H M A R Y , K L E I N E , F Ò D E R L , N O V A K - G R A Y , G R E E N BLAXT-PUND).
Il disgerminoma non manifesta in genere alcuna azione ormonale. T u t t a v i a in diverse osservazioni viene riportata una reazione di Aschheim-Zondek posit i v a ( F A U V E T 1936, P O T T E R , B U R G E , P E D O W I T Z - G R A Y Z E L ) . R E N D U - P O U Z E T riferiscono su emorragie irregolari precoci, T I E T Z E SU pubertà precoce (cfr. R E I F F E R S C H E I D , che riscontrò in un disgerminoma formazioni folliculoidi, come pure F O D E R L , S A I L E R ) . Sulla produzione di androgeni in disgerminomi riferì S C U L L Y , su manifestazioni di mascolinizzazione H O H A G E . In una parte delle osservazioni le portatrici di tumore erano pseudoermafrodite oppure donne del tipo astenico-ipoplastico (v. M A T S N E R , R . M E Y E R , B A B E S , H . O . N E U M A N N ) . Sui seminomi in ermafroditi veri v . D A U B E , C H R I S T O P H E - F I R K E T HOGGE,
BLOCKSMA).
Istogenesi: In base all'uguaglianza della struttura che indica come tumori omologhi i seminomi testicolari e quelli ovarici, bisogna ammettere un'origine comune per entrambi. Rimandiamo perciò ai dati a pag. 75. Secondo R . M E Y E R come punto di origine dovrebbe essere preso in considerazione l'epitelio germinale che « già prima della differenziazione in parenchima ovarico o testicolare è deviato dalla norma e h a perso le sue capacità specifiche germinali ». S C H I L L E R spostò il punto di origine nel mesenchima, come pure N I E D N E R . Circa la classificazione f r a le neoformazioni teratomatose cfr. pag. 76 e v. anche T E I L U M . BETTINGER
riferì su 3 sorelle con disgerminoma.
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LISSOWETZKY, Z b l . G y n a k .
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T935-
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SAILER,
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ZIEGLER,
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e) IL COSIDDETTO MESONEFROMA D E L L ' O V A I A Nell'anno 1936 W . S C H I L L E R riferì su un « nuovo tumore cistico dell'ovaio » che egli denominò mesonefroma ovari! e descrisse più dettagliatamente nel 1939. D o v e v a trattarsi di un tumore per lo più maligno la cui peculiarità compariva soltanto all'esame istologico e che macroscopicamente era in parte solido, in parte multiloculare microcistico e talora anche finemente papillomatoso. Dai particolari rapporti dell'epitelio, tra i quali citiamo il carattere endoteliosimile delle cellule di rivestimento degli spazi cavi più piccoli con nucleo spesso protrudente a forma di bottone, come pure lo sviluppo di formazioni a gemma (simili a glomeruli) nell'interno dei lumi, S C H I L L E R dedusse che questi tumori dovevano essere f a t t i derivare dal mesonefro. Dal punto di vista embriologico, dati gli stretti rapporti tra mesonefro e gonadi, non si presentava alcuna difficoltà per tale interpretazione. L o stesso tumore venne descritto da S C H I L L E R (1942) anche per il rene. I controlli dei dati di S C H I L L E R non sono ancora così numerosi da poter assumere oggi una posizione definitiva nei confronti di questa neoformazione. L e peculiarità della fine struttura sono state generalmente ammesse. L a loro interpretazione t u t t a v i a non è univoca. Già J O N E S - S E E G A R misero in dubbio la legittimità di accostare le proliferazioni papillifere con i glomeruli. Gli stessi dubbi vennero manifestati da K A Z A N C I G I L L A Q U E U R - L A D E W I G , J O N E S - J O N E S , S T R O M M E - T R A U T . T E I L U M (1943) sottolineò che tumori analoghi possono comparire anche nel testicolo e propose la denominazione di epitelioma adenopapilliferum ovarii s. testis = forma intermediaria della serie dei seminomi. In seguito ad ulteriori ricerche T E I L U M classificò il mesoblastoma ovarii nel gruppo dei disgerminomi-embriomi. Secondo W I L L I S si ritrovano strutture analoghe a quelle descritte d a S C H I L L E R in numerosi tumori ghiandolari papilliferi, p. es. della prostata, della tiroide o della mammella.
ORGANI GENITALI
Anche E.
FEMMINILI
223
si è pronunciato contro la concezione di S C H I L L E R . L E H M A N N trovarono in un adenofìbroma cistico dell'ovaia strutture del cosiddetto mesonefroma. Secondo il parere di questi Autori la definizione mesonefroide sarebbe sostenibile per caratterizzare la struttura di questo tumore. NOVAK
SCHALLOCK
Cfr. E . NOVAK-WOODRUFF-E.
R.
NOVAK, MARTIN-CABANNE-FEROLDI,
STOWE.
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f) CARCINOMI OVARICI METASTATICI Le metastasi carcinomatose dell'ovaia sono frequenti e determinano in molti casi notevole aumento di volume dell'organo e trasformazione di questo in una tumefazione dura, compatta, del volume perfino di una testa, con superficie liscia oppure nodosa e bernoccoluta. Le metastasi nel cistoma invece sono rare. Non di rado vengono interessate entrambe le ovaie. Il punto di partenza delle metastasi sono talora i carcinomi degli organi del bacino, tra cui v a sottolineato in particolare il carcinoma del corpo dell'utero ( S C H L A G E N H A U F E R , G L O C K N E R , O F F E R G E L D , S C H O T T L À N D E R - K E R MAUNER, F R A N K L , cfr. t u t t a v i a i lavori sul carcinoma sistemico di H U B E R ) , mentre i carcinomi della portio e il raro carcinoma della tuba passano in seconda linea. J . M I L L E R calcolò, dai dati di numerosi Autori, la frequenza delle metastasi ovariche nel carcinoma del corpo pari al 7,2 % . T u t t a v i a per l'insorgenza di metastasi in sede ovarica sono più importanti i carcinomi del tubo digerente, in particolare dello stomaco, del crasso, inoltre delle vie biliari e della mammella (cfr. R O S N E R , G A U T H I E R - V I L L A R S , O P I T Z , bibl. H. H. SCHMID, D I D D L E ) , mentre altri carcinomi (bronchi, pancreas, fegato) non hanno grande importanza. Non di rado tra il volume del tumore primitivo e le metastasi ovariche esiste un marcato rapporto inverso, cosicché può essere difficile riconoscere la natura dell'affezione ovarica.
224
ORGANI GENITALI
In corso di carcinoma primitivo dello stomaco compaiono, contemporaneamente alle metastasi ovariche, talora anche metastasi a livello dell'utero. Secondo FRANKL tali metastasi endolinfatiche nell'endometrio o nel miometrio sarebbero anzi piuttosto frequenti, come pure nelle tube. Diverse vie devono essere prese in considerazione per ciò che riguarda l'interessamento ovarico ad opera di un carcinoma: a) Il t u m o r e p u ò passare all'ovaia dalle vicinanze (in continuo). Altre possibilità sono d a t e dall'impianto (fi) o dalla penetrazione nei vasi (y e (5).
Carcinoma
Fig. 58. vegetante della piccola curva gastrica con voluminose metastasi bilaterali alle ovaie. (Tumore di K r u k e n b e r g ) . D o n n a di 60 anni. (Aut. N . 32009 d e l l ' I s t i t . di A n a t . e Istol. Patol. d e l l ' U n i v . di Milano).
/3) Impianto di cellule carcinomatose sulla superficie ovarica: Questa ipotesi viene caldeggiata specialmente quando l'interessamento è soltanto della corteccia ovarica, sia in forma di nodi sia in forma diffusa. Condizione necessaria è naturalmente che nella cavità peritoneale siano presenti cellule neoplastiche libere, circostanza non difficile a verificarsi p. es. nei carcinomi gastrici che abbiano raggiunto la sierosa. Ulteriore condizione è naturalmente l'insediamento sulla superficie ovarica. Perché si verifichi questo fatto dovrebbe essere necessaria, come sottolineò WOLFHEIM (SCHOTTLANDER), una soluzione di continuo dell'epitelio superficiale, condizione però che si verifica agevolmente in occasione di ogni ovulazione (apertura del follicolo scoppiato). SITZENFREY
ORGANI
GENITALI
FEMMINILI
225
riscontrò però cellule carcinomatose impiantate tra « l'epitelio germinale », e K O H L M A N N sottolineò che la struttura lassa dell'epitelio superficiale permette la penetrazione anche senza lesione (cfr. invece J. M I L L E R ) . Ovviamente ammettendo l'impianto si spiegherebbe molto facilmente la predilezione della corteccia ovarica (cfr. anche E. K R A U S , S C H L A G E N H A U F E R , P O L A N O , F R A N K L , L E F F E L - M A S S O N - D O C K E R T Y come pure la teoria dell'impianto nell'endometriosi a pag. 177, che è stata adattata da S A M P S O N anche per le metastasi ovariche nel carcinoma del corpo). y) La via linfatica (retrograda): Per questa via le cellule tumorali giungono nei vasi linfatici all'ilo dell'ovaia ( R Ò M E R , G L O C K N E R , F R A N K L , W . S H A W ,
Fig. Tumore
di
59.
Krukenberg ( i n t e r e s s a m e n t o d i e n t r a m b e le o v a i e , u n a d e l v o l u m e d i u n a e l ' a l t r a d e l v o l u m e d i u n a m e l a ) . D o n n a d i 39 a n n i ( E 3 4 9 / 4 3 ) .
noce
H. O F F E R G E L D ) . E. K A U F M A N N descrisse ciò in una donna di 24 anni con carcinoma gastrico, e in una donna di 45 anni con carcinoma gastrico e carcinosi peritoneale, nella quale il trasporto retrogrado per via linfatica aveva raggiunto le tube e, fatto rarissimo, perfino i reni. Il trasporto retrogrado ha importanza anche nel carcinoma mammario, le cui metastasi possono essere trasportate per le vie linfatiche della pleura, del diaframma e del peritoneo e dai grandi sistemi linfoghiandolari. Tuttavia nel carcinoma mammario ha importanza anche il trasporto per Ò) via ematogena. E. K A U F M A N N considerò come ematogene le metastasi carcinomatose di entrambe le ovaie in una donna di 40 anni con carcinoma mammario e numerose metastasi cerebrali. In un altro caso (donna di 57 anni con carcinosi osteoplástica in corso di carcinoma mammario) entrambe le 15 —
KUAFMANN I I , p . I
226
ORGANI
GENITALI
ovaie erano poco ingrandite, libere, tuttavia fittamente infiltrate da tessuto canceroso, mentre il peritoneo era liscio. Anche in un carcinoma della tiroide E . K A U F M A N N riscontrò metastasi ematogene nelle ovaie, fatto che pure appartiene alle rarità. Vedi anche H A N S C H I A R I , R I B B E R T , S T U B L E R - B R A N D E S S . L'aumento di volume ovarico ad opera dell'infiltrazione carcinomatosa è talora assai considerevole (volume della testa di bambino o di adulto e oltre), m a di regola non è molto evidente; talora in ovaie macroscopicamente immodificate si può dimostrare microscopicamente la presenza del carcinoma. L o stroma ovarico risponde alla penetrazione delle cellule carcinomatose in modo diverso, o con una proliferazione simil-sarcomatosa e ricca di cellule o più frequentemente con intensissima neoformazione connettivale, che può essere così marcata che le cellule maligne passano in seconda linea. Si spiegano così le confusioni tra scirri metastatici e sarcomi (perfino microscopicamente ) e l'interpretazione erronea come tumore ovarico primitivo (cfr. anche nei fibromi). F R . K R U K E N B E R G descrisse come fibrosarcoma ovarii mucocellulare (carcinomatodes) tumori a sviluppo generalmente bilaterale, costituiti da voluminose cellule del tipo ad anello con castone rigonfie accanto ad altre cellule epiteliali situate in un connettivo ricco di cellule (fig. 59). Che tali tumori possano essere anche primitivi (v. anche G L O C K N E R , S C H E N K ) può peraltro essere indubbio come del resto ritenne anche E . K A U F M A N N in base alla propria esperienza (v. anche M A R C H A N D , F R A N K L , H . O . N E U MANN, S T U B L E R - B R A N D E S S , A N D R E W S ) ; però queste sono rare eccezioni e la maggior parte dei tumori di Krukenberg sono metastasi di un carcinoma scirroso dello stomaco, più di rado dell'intestino, che manifesta produzione di muco di già nel tumore primitivo o soltanto nelle metastasi. U n a proliferazione connettivale vivace può simulare una proliferazione similfibromatosa 0 fibrosarcomatosa, fenomeno che appare di regola prevalentemente nella parte interna del tumore.
Si è potuto più volte dimostrare come il sospetto di un carcinoma gastrico primitivo latente, avanzato durante lo studio di tumori di Krukenberg, trovi sostegno al riscontro diagnostico autoptico (v. S T I C K E L , N O V A K - G R A Y , U H L M A N N K L E I N E ; b i b l . K E R M A U N E R , J . M I L L E R ; CHAVANNAZ, H .
H . SCHMID). C i r c a i
tumori di Krukenberg, G R E I L e B I T T M A N N sostengono pareri completamente diversi. Bibl. sulla coincidenza tra gravidanza e tumori di Krukenberg v.: H . H.
SCHMID,
DIDDLE.
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3. TUMORI DEL TESSUTO DI SOSTEGNO, DEI MUSCOLI E DEI VASI a) F I B R O M A I fibromi compaiono in qualsiasi età e c c e t t u a t a quella infantile, e non sono a f f a t t o così rari come si a m m e t t e generalmente (cfr. DOCKERTY-MASSON, RUBIN-NOVAK-SQUIRE); sono talora bilaterali, occasionalmente molto voluminosi; molto più frequenti sono però quelli di piccole dimensioni. F i b r o m i piccolissimi vengono riscontrati assai frequentemente sulla superficie delle ovaie sotto f o r m a di prominenze lisce oppure lobulate, papillari (cfr. però ovaie accessorie, pag. 157), quelli più voluminosi sono bernoccoluti, lisci, duri, fibrosi, solidi, talora peduncolati (con residuo ovarico), altri sostituiscono completamente l ' o v a i a ( F . senza residuo ovarico). L ' e d e m a può simulare una strutt u r a m i x o m a t o s a . L a f o r m a dell'ovaia è grossolanamente conservata nei fibromi voluminosi. Sotto l'aspetto macroscopico di un fibroma apparentemente puro può celarsi talora una metastasi di un carcinoma primitivo dello stomaco o dell'intestino
(cfr.
AMANN).
Che i fibromi dell'ovaia, specialmente i più voluminosi, possano essere a c c o m p a g n a t i d a ascite è noto da parecchio tempo. Secondo rare segnalazioni precedenti, MEIGS e CASS hanno richiamato l'attenzione sul f a t t o che in alcuni casi può essere presente anche idrotorace. Questa sindrome che prende il nome
228
ORGANI
GENITALI
d a MEIGS (fibroma o v a r i c o , a s c i t e e idrotorace) non è a n c o r a s p i e g a t a esaurient e m e n t e nei suoi r a p p o r t i . T u t t a v i a MEIGS-ARMSTRONG-HAMILTON h a n n o d i m o s t r a t o che l ' i n c h i o s t r o di c h i n a m e s c o l a t o al l i q u i d o a s c i t i c o c o m p a r e nella c a v i t à pleurica. D e l resto l ' a s c i t e e l ' i d r o t o r a c e possono riscontrarsi a n c h e in corso di a l t r i t u m o r i o v a r i c i , p. es. nel t u m o r e di B r e n n e r (KELEMEN), e nel tecoma
(PERLMUTTER, M E N D E L - T Y R O N E ,
STEIN-ELSON). N e l l a l e t t e r a t u r a
te-
d e s c a si sono o c c u p a t i della s i n d r o m e t r a l ' a l t r o KEHIDAI, NIESERT (il q u a l e u l t i m o a t t r i b u i s c e p a r t i c o l a r e i m p o r t a n z a ai v a s i l i n f a t i c i del d i a f r a m m a p e r l ' i n s o r g e n z a d e l l ' i d r o t o r a c e ) , J . ZIMMERMANN, B U R G E R , B i b l . v . H . H . SCHMID, MEIGS
(1954).
L a torsione del peduncolo è r e l a t i v a m e n t e f r e q u e n t e nel fibroma o v a r i c o (bibl. v. MAUTHNER). A c c a n t o a l l ' e d e m a , g i à c i t a t o in rari casi, si h a n n o a n c h e altri d i s t u r b i di circolo con necrosi, e m o r r a g i e e f o r m a z i o n e di pseudocisti. Può seguire c a l c i f i c a z i o n e t o t a l e o p a r z i a l e (cfr. FROBOESE). Sul fibroma
adenocistico
v. p a g . 196.
b) T E C O M A (t) LÒFFLER e PRIESEL descrissero « t u m o r i c o n n e t t i vali d e l l ' o v a i a di s t r u t t u r a p a r t i c o l a r e » e proposero la d e n o m i n a z i o n e di tumore a cellule tecali (fibroma o v v e r o fibrosarcoma thecocellulare xantìiomatodes). C o m e si s t a b i l ì in seguito, q u e s t i t u m o r i a p p a r t e n g o n o ai tumori dotati di funzione (cfr. p a g . 212) e sono s o v r a p p o n i b i l i i n t e r a m e n t e p e r q u a n t o r i g u a r d a la loro a t t i v i t à , ai tumori della granulosa. T u t t a v i a al t e n t a t i v o di a g g r e g a r e q u e s t o g r u p p o di t u m o r i ai t u mori della g r a n u l o s a , c o m e h a f a t t o p. es. E . NOVAK, p o s s o n o essere f a t t e d i v e r s e obiezioni. I n n a n z i t u t t o v a s o t t o l i n e a t o che i t.gr. v a n n o c o n s i d e r a t i c o m e carc i n o m i in b a s e al loro q u a d r o istologico e alla loro t e n d e n z a alle r e c i d i v e e alla f o r m a z i o n e di m e t a s t a s i , m e n t r e il t u m o r e a cellule tecali è generalmente una neoformazione benigna. I n a l c u n i rari casi, in b a s e alla fine s t r u t t u r a , è stata
posta
oppure
diagnosi
dimostrata
di
fibrosarcoma
la m a l i g n i t à
CARTER-DAHLIN-PRATT,
(LÒFFLER-PRIESEL, HUBER,
per p r e s e n z a
di
metastasi
PROCTOR- G R E E L E Y - RATHMELL,
LIMBURG),
(GEIST-GAINES
ROGERS - GORDON-
MARSH); cfr. PEDOWITZ-FELMUS-GRAYZEL. I n b a s e alle o s s e r v a z i o n i finora f a t t e , il t e c o m a è u n i l a t e r a l e e c o m p a r e p r i n c i p a l m e n t e t r a i 50 e i 70 a n n i (cfr. MCGOLDRICK-LAPP). L a più g i o v a n e p o r t a t r i c e del t u m o r e a v e v a 1 a n n o (GORDONMARVIN), l a p i ù v e c c h i a 92 (PATTERSON-CULLAGH). E c c e z i o n a l m e n t e il t u m o r e
è m o l t o p i c c o l o (2 m m , c a s o di DOCKERTY 1940); g e n e r a l m e n t e il d i a m e t r o è al di sopra del c m e t a l o r a p u ò r a g g i u n g e r e a n c h e v o l u m i c o n s i d e r e v o l i (caso di
KNIGHT
7727
g).
I tecomi sono simili ai fibromi per ciò che riguarda l'aspetto e la consistenza, se ne differenziano però sulla superficie di taglio per una colorazione gialla a chiazze grandi 0 piccole e talora presentano spazi cavi a contenuto liquido, però possono essere più o meno calcificati. L a somiglianza con i fibromi si ravvisa anche allo studio microscopico. Tuttavia la colorazione
ORGANI GENITALI
229
FEMMINILI
per i grassi r i v e l a a c c u m u l o i n t r a c e l l u l a r e di lipoidi b i r i f r a n g e n t i , p r e s e n t i in m i s u r a m a g g i o r e o m i n o r e a s e c o n d a delle z o n e . L e cellule sono p e r lo p i ù r i u n i t e in f a s c i , sono v a r i a b i l i d i f o r m a , spesso f u s a t e e t o z z e ; si h a a b b o n d a n t e f o r m a z i o n e di fibre reticolari
e p r e s e n z a v a r i a b i l e di c o l l a g e n o .
Spesso t r a le z o n e r i c c h e di cellule sono i n t e r p o s t i a m p i f a s c i j alini (fig. 60) e in b a s e a l l a p r o p r i a e s p e r i e n z a , q u a l o r a si e s a m i n i n o n u m e r o s e sezioni, si p o s s o n o m e t t e r e in e v i d e n z a r e g o l a r m e n t e a g g r e g a t i cellulari epitelioidi c o n a s p e t t o di cellule
luteiniche
della t e c a , cfr. p a g . 1 5 1
(fig. 6 1 ) .
Fig. 60. Tumore a cellule tecali con intensa jalinosi. Ovaia sinistra del volume di una noce. Donna di 54 anni (E 5290/53).
I tecomi, analogamente ai t. gr., possono essere riprodotti sperimentalmente negli animali (cfr. pag. 218) . Questi tumori dimostrano spesso mescolanza degli elementi di entrambe le forme tumorali. Questo reperto, accanto alla derivazione di entrambi i tipi tumorali dal mesenchima ovarico basata sulle ricerche di FISCHEL sullo sviluppo delle gonadi, ha indotto una serie di A u t o r i americani e s o p r a t t u t t o E. NOVAK a considerare insieme i tecomi e i t. gr. come mesenchimorni femminìlizzanti. E f f e t t i v a m e n t e entrambi i gruppi tumorali hanno m o l t o in comune a giudicare dagli effetti, d a t o che anche i tecomi, sia pure non con la stessa frequenza, si manifestano con produzione di ormone follicolare e determinano emorragie post-climateriche per iperplasia glandulo-cistica dell'endometrio. L a produzione ormonale non sembra essere così abbondante come nei t. gr. e una parte dei tecomi rimane m u t a dal p u n t o di vista ormonale. In dipendenza della funzione dei tecomi si possono sviluppare mioiperplasie o adeno-
230
ORGANI
GENITALI
miosi uterine. Sulla coincidenza con il carcinoma del corpo dell'utero esistono numerose comunicazioni (bibl. v. I N G R A M - N O V A K , V . anche H I N Z , L A R S S O N O L S O N e pag. 3 9 9 ) . Segnalazioni meno recenti sull'iperplasia dell'endometrio in corso di fibroma dell'ovaia ( B A B E S , F R A N K L ) o in corso di sarcoma ovarico ( S T A U D E R , W E H S E , B A B E S , R . M E Y E R ) appaiono oggi sotto luce diversa. Secondo ricerche più recenti sembra sussistere iperestrinismo anche in corso di iperplasia stromale nell'ovaia senile (cfr. W O L L - H E R T I G - S M I T H - J O N S O N , S T E R N BERG-GASKILL,
SCULLY,
SOMMERS-LOMBARD).
Fig. Tumore
a cellule
tecali
con f o c o l a i di cellule
61. l u t e i n i c h e . D o n n a d i 60 a n n i ( E 469/52).
L a cosiddetta iperlecosi (L. F R A N K E L ) non è ancora sufficientemente ben delimitata e si sovrappone con la sindrome di Stein-Leventhal (cfr. pag. 171, come pure G E I S T - G A I N E S , R O T T I N O - M C G R A T H , T U R N E R , C U L I N E R - S H I P P E L , P L A T E , D U T O I T ) . L'irsutismo che può comparire in questa occasione viene riscontrato da M A T O L A Y anche in corso di tecoma. Bibl. circa i tumori a cellule tecali v. R U Z I C S K A , V . P A L L O S , B A T I Z F A L V Y - D U B R A U S Z K Y , L A U , H. H. S C H M I D .
c) A L T R I TUMORI
BENIGNI (NON E P I T E L I A L I )
DELL'OVAIA
Accanto ai fibromi e ai tumori a cellule tecali dell'ovaia, gli altri tumori benigni hanno scarso significato. Mancano reperti sicuri sui condromi. I lipomi sono rari ( H E R R M A N N , E. F A H R ) . I miomi (fibro-leiomiomi) si comportano
ORGANI GENITALI
23I
FEMMINILI
a n a l o g a m e n t e ai fibromi, sono però m o l t o più rari e la loro esistenza è discussa d a alcuni (v. KERMAUNER). I t u m o r i muscolari sono spesso difficilmente distinguibili dai sarcomi a cellule f u s a t e (istologia e diagnosi differenziale cfr. u t e r o p a g . 359). L a c o m p l e t a calcificazione del m i o m a è rara. L a t r a s f o r m a z i o n e cistica, p e r fluidificazione a p a r t e n z a d a l centro, p u ò interessare o c c a s i o n a l m e n t e l'intero m i o m a (analogia c o n i rari m i o m i uterini cistici intralegamentosi); p u ò a v e r s i a n c h e l'ossificazione. B i b l . BAR, J. MILLER. Sugli emangiomi si h a n n o p o c h e o s s e r v a z i o n i (STAMM, M A R C K W A L D , SCHAEFFER-CANCELMO, come
pure
s u i linfangiomi
(SIDDALL-CLINTON,
GLAS).
ACKERMANN)
RICE-PEARSON-TREAD-
WELL descrissero u n l i n f a n g i o m a maligno, e FLEISCHER un' « o v a i a con degenerazione linfocistica ». Circa la c o m p a r s a d i t u m o r i d i tessuto n e r v o s o n e l l ' o v a i a cfr. JACHIMOVITS, S C H M E I S S E R - A N D E R S O N , R .
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PATTERSON e CULLAGH, J . O b s t e t r . G y -
232
ORGANI
n a e c . B r i t . E m p i r e 43, 1 1 8 6 , 1 9 3 6 . — s t e t r . G y n e c . 68, 1 5 1 9 , 1 9 5 4 . —
GENITALI
PEDOWITZ, FELMUS e G R A Y Z E L , A m e r . J . O b -
PERLMUTTER, A n n . I n t . M e d . 20, 1 3 2 , 1 9 4 4 . —
A c t a e n d o c r . K ' h v n 8, 1 7 , 1 9 5 1 . —
PLATE,
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stetr. Gynec. 62, 185, 1951. — RICE, PEARSON e TREADWELL, Amer. J. Obstetr. Gynec. 4 5 , 884, 1 9 4 3 . — —
R O G E R S , GORDON e MARSH: A m e r . J . O b s t e t r . G y n e c . 6 4 , 1 2 8 9 , 1 9 5 2 .
ROTTINO e MCGRATH, A m e r .
J. Obstetr.
G y n e c . 45, 863, 1943. — R U B I N ,
NOVAK
e
SQUIRE, Amer. J. Obster. Gynec. 48,601,1944. — RUZICSKA, Arch. G y n ä k . 139, 601, 1939. —
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1941. —
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SCULLY, A m e r . J. O b s t e t r . G y n e c . 65,
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1953.
d)
SARCOMI
DELL'OVAIA
I sarcomi primitivi sono piuttosto rari. E frequente la forma ovale del tumore come pure la formazione di rilevatezze sulla superfìcie. La consistenza dipende molto dal tipo di sarcoma. Accanto a tumori duri ed elastici si osservano anche quelli molli, friabili e fragili. Anche la superficie di taglio ha aspetto variabile (midollare nei sarcomi a cellule rotonde e fibrillare fascicolata nei sarcomi a cellule fusate). A seconda del quadro predominante nelle sezioni, si possono distinguere anche in questa sede come nelle altre, diverse forme: il sarcoma a cellule fusate con cellule fusate piccole o grandi (questa è la forma più frequente s e c o n d o E . KAUFMANN, STÙBLER-BRANDESS, KUSUDA). I n v e c e O . FRANKL,
STERNBERG, KERMAUNER considerano i sarcomi a cellule fusate come l'eccezione e ritengono come forma più frequente il sarcoma a cellule rotonde con superficie di taglio midollare. I sarcomi a cellule rotonde, specialmente quelli parvicellulari, si distinguono rispetto a tutti gli altri per la loro particolare malignità; sono molto spesso bilaterali e compaiono anche già nelle bambine. I sarcomi alveolari con cellule grandi che ricordano quelle epiteliali (bibl. A. WOLFF) sono spesso difficilmente distinguibili dai carcinomi, in particolare dal disgerminoma. I sarcomi a cellule miste con cellule giganti sono eccezioni, e i sarcomi con maturità tessutale più accentuata — cioè i mixo-, condro-, e osteosarcomi (DONATI, STOWE-WATT) e le forme miste — sono stati oggetto di qualche comunicazione isolata. I fibrosarcomi sono difficilmente distinguibili dai fibromi ricchi di cellule. BARRIS-SHAW, WALLART-SCHEIDEGGER riferiscono su un caso di
ORGANI
rabdomiosarcoma.
Esistono
o v a i e a l l a linfosarcomatosi
GENITALI
anche
FEMMINILI
osservazioni
233
sulla partecipazione
delle
(cfr. VAN HORN, 0 . W A L T H E R , WRIGHT, D U R F E E
e Coli.). D a p a r t e di B A B
(bibl.), WINTERNITZ, MARKUS, E . VOGT,
HERZOG, OTKEN si h a n n o o s s e r v a z i o n i s u melanosarcomi;
TH.
t u t t a v i a NOVAK
e J . MILLER c o n t e s t a n o l ' e s i s t e n z a d i t u m o r i m e l a n o t i c i p r i m i t i v i d e l l ' o v a i a e a m m e t t o n o soltanto la m e t a s t a t i z z a z i o n e e i t u m o r i melanotici secondari che cioè d e r i v a n o d a Nei sarcomi
dermoidi.
o v a r i c i si f o r m a n o f r e q u e n t e m e n t e
c a v i t à irregolari
in
seguito a r a m m o l l i m e n t o m i x o m a t o s o (edematoso), ad emorragie, steatosi, necrosi del t u m o r e . E s i s t o n o a n c h e cisti d a disfacimento di tessuto t u m o r a l e c h e h a n n o p a r e t i lisce e sono p e r t a n t o c o n f o n d i b i l i m a c r o s c o p i c a m e n t e con c i s t i v e r e . I s a r c o m i d e l l ' o v a i a c o m p a i o n o p e r lo p i ù i n d o n n e
giovani,
m a a n c h e in b a m b i n e . Spesso i s a r c o m i c o n t r a g g o n o a d e r e n z e e sono a c c o m p a g n a t i d a ascite. L a l e t t e r a t u r a m e n o recente c o n t i e n e n u m e r o s e o s s e r v a z i o n i su (cfr.
R.
come
KRUKENBERG,
pure
su
APELT,
endoteliomi
KWORONSTANSKY,
KUBO,
GRÄFE,
dell'ovaia KRÖMER,
BARRETT,
(ECKARDT,
GOTH,
ZINSSER,
HEINRICIUS,
SOVAK-CARABBA).
periteliomi BÜCHLER),
PAPAIOANNOU,
Secondo
P.
KLEMPERER
q u e s t i t u m o r i d e r i v e r e b b e r o dalle cellule interstiziali. M a v . WERDT ritenne fin d a l 1 9 1 4 c h e c o n q u e s t i t e r m i n i venissero d e f i n i t e f o r m e varie, c o m e p. es. i t u m o r i della g r a n u l o s a , s o s p e t t o q u e s t o e f f e t t i v a m e n t e g i u s t i f i c a t o per un certo n u m e r o di casi
(KUBO, CARL, E .
KRAUS, HOLTERMANN).
R. MEYER
ha
s e m p r e d u b i t a t o dell'esistenza di e n d o t e l i o m i d e l l ' o v a i a (cfr. MAURTHNER) e J. MILLER la n e g a espressamente. T u t t a v i a il p a t o l o g o esperto d o v r à a m m e t t e r e c h e t a l o r a è s t r a o r d i n a r i a m e n t e difficile, se non a d d i r i t t u r a impossibile, i n q u a d r a r e u n t u m o r e o v a r i c o in uno dei g r u p p i noti, c o m e è s t a t o d i m o s t r a t o in m o d o p a r t i c o l a r m e n t e e v i d e n t e nel c a s o del m e s o n e f r o m a (cfr. p a g . 222). Q u a n t o è s t a t o d e t t o per i p e r i t e l i o m i ed e n d o t e l i o m i , v a l e a n c h e per il carcinosarcoma
(bibl.
v.
ROTHACKER,
c o m e p u r e p e r il raro adenosarcoma
HARBITZ,
v.
anche
KLEINSCHMIDT),
(GLOCKNER, STEFANCSIK).
Circa la p a r t e c i p a z i o n e o v a r i c a alle leucosi cfr. p a g . 380 e voi. I / i , p a g . 8-28. I sarcomi ovarici metastatici sono rari e possono essere o s s e r v a t i occasion a l m e n t e in corso di s a r c o m a u t e r i n o O a n c h e della m a m m e l l a (SEGOUD-RENAUD) c o m e p u r e della tiroide, e c o m p a i o n o s o p r a t t u t t o in corso di melanosarc o m a t o s i e in q u e s t o c a s o si o s s e r v a n o n o d i m u l t i p l i o infiltrazione t o t a l e dell ' o v a i a o p p u r e , c o m e a m m e t t e E . KAUFMANN, si possono riscontrare v o l u m i nose c i s t i che sono r i v e s t i t e d a m a s s e t u m o r a l i b r u n o - n e r a s t r e .
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234
ORGANI
GENITALI
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4. T U M O R I O V A R I C I C O N A Z I O N E
MASCOLINIZZANTE
C o n q u e s t o t e r m i n e c o l l e t t i v o v e n g o n o riuniti in q u e s t o c a p i t o l o quei t u m o r i o v a r i c i che h a n n o in c o m u n e il m o d o di estrinsecazione sui c a r a t t e r i sessuali e che a p p a r t e n g o n o ai tumori
funzionanti
(cfr. p a g . 212), b e n c h é
d a l p u n t o di v i s t a istologico d o v r e b b e r o essere suddivisi in diversi gruppi.
a) A R R E N O B L A S T O M A (R. M E Y E R ) A p a g . 182 è già s t a t o d e t t o che l'adenoma può
determinare
occasionalmente
una
tubulare
ovarii
defemminilizzazione
WAGNER) alla quale si associa u n a mascolinizzazione
(L. PICK) (cfr. G .
A.
(distribuzione m a s c h i l e
dei peli, a b b a s s a m e n t o della v o c e , a l l u n g a m e n t o del clitoride) di g r a d o diverso. P e r c i ò R . MEYER h a p o s t o q u e s t o t u m o r e in un g r u p p o di neofor-
ORGANI GENITALI
FEMMINILI
235
mazioni per le quali egli creò il termine di arrenoblastomi. Egli ha considerato in particolare un tipo di tumore che verrà trattato in questa sede come arrenoblastoma in senso stretto. Il volume di questo tumore è molto variabile e può essere anche considerevole, ciò che naturalmente non costituisce la regola. Tumori del volume di una testa sono stati descritti ripetutamente, quelli di volume ancora maggiore sono però rari ( H a r t z ) . Per lo più è un tumore ben capsulato e sulla superficie di taglio è più o meno chiaramente lobulato, presenta in misura variabile zone di rammollimento, può essere chiazzato per emorragie
Fig.
62.
Arrenoblastoma del volume di una testa, d e l l ' o v a i a destra. A c c a n t o a porzioni cistiche vi sono anche p a r t i c o m p a t t e . D o n n a di 18 anni con amenorrea. A l c u n i mesi p r i m a dell'intervento la v o c e si è f a t t a baritonale. Distribuzione dei p e l i , secondo il tipo intersessuale. (Decorso post-operatorio ignoto). P u b b l i c a t o in K r e b s a r z t , W i e n 3, 182, (1948).
intratessutali e si può notare colorazione giallastra delle zone meglio conservate (figg. 62, 63). In base alla struttura istologica, R . M e y e r ha distinto 3 forme: a) L'adenoma tubulare ovarii, come è stato descritto per primo da L.
Pick
(cfr. p a g .
182).
/?) Un tumore solido che spesso presenta l'aspetto di un sarcoma e contiene numerosi focolai emorragici e necrotici o cisti (forma atipica). Come peculiarità di questi tumori ricordiamo lo sviluppo di cordoni cellulari tortuosi e a forma di ghirlanda, che accanto a formazioni ghiandolari irregolari, giustificano una trattazione separata di questi tumori anche dal punto di vista morfologico (figg. 64 e 66). Entrambe le forme citate
236
ORGANI
GENITALI
sono collegate dalla cosid. classe intermedia (y), in cui compaiono quadri misti che sono presenti nel tipo a e nel tipo fi, e i tubuli ghiandolari sono presenti anche se non in forma così completa come nel tipo a. Gli aspetti di questi tumori, e in particolare le forme /? e y, sono straordinariamente variabili e in genere mai così caratteristici da poterli distinguere con sicurezza rispetto ad altri tumori ovarici in base al solo studio istologico. Non è quasi possibile fare a meno di prendere in considerazione l'anamnesi e il quadro somatico. Fino a che punto possa essere utile la ricerca degli ormoni, non è chiarito a sufficienza. La diagnosi istologica può essere facilitata dalla dimostrazione delle cellule di Leydig (fig. 65), la cui presenza
Eig. 63. Altra superficie di taglio del tumore della fig. 62.
negli arrenoblastomi non è affatto eccezionale (cfr. pag. 182, come pure R.
MEYER
SZATHMARY,
1930,
casi
4
SCHILLER,
e 5, E.
TAYLOR-WOLFERMANN-KROCK,
NOVAK,
JONES-EVERETT,
GÒGL
KLEINE, e
v.
V.
anche
fìgg. di SEDLIS), e che non possono rappresentare un reperto privo di significato. Negli arrenoblastomi sono stati trovati anche tubuli con epitelio muciparo come nei cistomi pseudomucinosi (R. MEYER, ORRÙ, BENECKE, SPILLING, GÒGL e p a g . 238). O c c a s i o n a l m e n t e in u n a r r e n o b l a s t o m a
si
possono trovare porzioni che corrispondono per la loro struttura ad un tumore a cellule della granulosa. R. MEYER (1930, caso 7) definì queste formazioni tumorali intersessuali come ginandroblastomi (cfr. MECHLERBLACK,
HOBBS).
Le
osservazioni
di
HOLMER-PLATE,
KERSHNER-JACOBI-
ORGANI
GENITALI
Fig. Arrenoblastoma.
interstiziali
64.
Q u a d r o m i c r o s c o p i c o d e l t u m o r e d i c u i allo
Fig. Cellule
FEMMINILI
figg.
62 e 63.
65.
di Leydig in un arrenoblastoma. A s p e t t o parziale del d i c u i a l l a figura p r e c e d e n t e .
tumore
238
ORGANI GENITALI
rivelano quali siano le difficoltà possibili nella determinazione del tumore. L'arrenoblastoma è un tumore raro e compare con frequenza massima tra i 20 e i 30 anni. Eccezionalmente tuttavia compare anche più tardivamente e bilateralmente ( K N Y ) . L'asportazione del tumore ha determinato in molti casi la rifemminilizzazione e in alcuni casi ha reso possibile una gravidanza. La formazione di metastasi non è frequente, tuttavia è stata descritta, come pure la recidiva del tumore ( R . M E Y E R , T A Y L O R - W O L F E R KESSLER
Fig. 66. Arrenoblastoma ovarico. L'ovaia destra era trasformata in un voluminoso tumore cistico che raggiungeva l'arcata costale. La portatrice del tumore (16 anni) non era mestruata, e secondo i dati del chirurgo, presentava caratteristiche tipicamente mascoline (presenza di peluria al labbro superiore, voce baritonale; ipoplasia dell'utero). Decorso post-operatorio ignoto. (E 1284/39).
bibl. v. J A V E R T - F I B N , HUGHESono state eseguite ripetutamente ricerche sugli ormoni che però non hanno ancora dato risultati utilizzabili dal punto di vista diagnostico. MANN-KROCK, NORRIS, K . W . SCHULTZE, SDON-FRASER).
L'istogenesi degli a r r e n o b l a s t o m i non è s t a t a s u f f i c i e n t e m e n t e c h i a r i t a . R . MEYER pensò che l'origine fosse l e g a t a alla p r e s e n z a di cellule o r i e n t a t e in senso maschile. E g l i però prese a n c h e in c o n s i d e r a z i o n e la possibilità di r a p p o r t i con i teratomi, avendo valorizzato particolarmente i già citati tubuli con
ORGANI
GENITALI
239
FEMMINILI
epitelio muciparo. L'ipotesi di una origine teratomatosa degli arrenoblastomi (p. es. M C L E S T E R , K A N T E R - K L A W A N S ) è sostenuta dai reperti di K R O C K WOLFERMANN (focolai cartilaginei in una recidiva, cfr. anche G O L D B E R G G E I P E L ) e di G O G L (muscolatura liscia). Il fatto che gli arrenoblastomi non possano essere considerati come un gruppo tumorale omogeneo e che essi non presentino sempre un'attività ormonale, è stato sottolineato da D U B R A U S Z K Y , il quale riferì su un tumore derivante dalla rete ovarii. Ulteriore bibl. v. SEDLACZEK, F A U V E T ,
J. MILLER,
SELYE,
H.
H.
SCHMID.
b) TUMORI « IPERNEFROIDI » Oltre ai tumori descritti nel capitolo a) che hanno in comune la differenziazione ghiandolare più o meno spiccata, esistono neoplasie ovariche che pure possono condurre alla mascolinizzazione, m a che presentano una struttura totalmente diversa. Questi rari tumori vengono denominati nel modo più vario dal momento che la loro derivazione non è per nulla chiarita. Una parte di essi è stata descritta col termine di ipernefroma o tumore ipernefroide, dal momento che molti Autori concordano sulla loro struttura. Si hanno osservazioni di VONWILLER, ORRÙ-VOLPE, SCHWÒRER, H. O. NEUMANN,
HOCHLOFF,
GOUGH,
KIRK-EDWARDS,
KLEINE,
O.
NEUMANN.
I tumori erano bilaterali nelle osservazioni di v. ROSTHORN, KOMOCKI, J. MILLER. L a mascolinizzazione non è un reperto costante; esistono perfino casi con maturità sessuale precoce (DOWNES-KNOX, DELFOURD-LUCIEN, NEKRASSOW; cfr. i tumori a cellule della granulosa luteinizzati a pag. 217). Che questi tumori partano veramente da nidi di cellule della corteccia surrenale non è stato dimostrato, benché la presenza di tessuto corticosurrenale accessorio nell'ovaia sia nota (R. MEYER, SAPHIR-PARKER; cfr. a n c h e L . P I C K , H . O . NEUMANN, REICHELT, REIS-SAPHIR, NELSON, STANGE).
Questi turno: ! non presentano sempre una struttura uguale a quella dell'ipernefroma tipico del rene, ma sono spesso così simili alla struttura surrenale (« ipernefroide »), che le definizioni di « adrenal-like tumor », « adrenai rest tumor » sono giustificate tanto più che esplicano un'azione uguale a quella dei carcinomi della corteccia surrenale. All'azione mascolinizzante può aggiungersi anche una sindrome di Cushing (ipertensione, policitemia, diabete, obesità, osteoporosi). In questo gruppo rientrano le osservazioni d i S C H U L T Z E - B I N G E L , SELLHEIM, COSACESCO e C o l i . , N O V A K - W A L L I S , R O T -
TINO-MCGRATH, che crearono il termine di masculinovoblastoma,
BLACKMUN,
K E P L E R - D O C K E R T Y - P R I E S T L E Y ( b i b l . ) , CURTIS, D O U G L A S S , W I L L I A M S - M E N -
DENHALL, PEDERSEN (bibl.), WINSAUER-MANNING, EREZ-YENEN (bibl.). Nell'incertezza esistente sull'origine e sulla derivazione di questi tumori, si è fatta strada anche l'ipotesi che si possa trattare di tumori derivanti dalle cellule luteiniche (luteoma o luteinoma). T r a i sostenitori ricordiamo
240
ORGANI GENITALI
VOIGT e GROUZDEW e p a r t i c o l a r m e n t e G L Y N N t r o v a n o i n o m i di WALLART, LISSOWETZKY
(bibl.), e nella loro scia
( b i b l . ) , GIAMPALMO,
IRMTRAUD M A Y E R . T W O M B L Y o s s e r v ò c o n t e m p o r a n e a m e n t e
una
si
SAPHIR, reazione
deciduale dell'endometrio. Le obiezioni che si possono fare contro l'accettazione del luteoma sono citate da J. MILLER e E. NOVAK (cfr. anche pag. 215). I tumori descritti nel capitolo b) non sono stati sufficientemente studiati per quanto riguarda l'omogeneità del gruppo. È possibile che una parte delle neoformazioni descritte come ipernefromi debbano essere escluse. Secondo E. NOVAK esistono adenocarcinomi dell'ovaia che simulano l'ipernefroma nel quadro cellulare. È perciò per ora diffìcile una valutazione classifìcativa esatta di questi tumori nell'ambito delle neoplasie. Anche clinicamente non sono ben definiti, poiché non è possibile constatare in tutti i casi un'influenza morfogenetica e poiché la malignità fu dimostrata soltanto in una parte delle osservazioni. Le ricerche ormonali condotte finora non hanno dato però chiarimenti utili.
c) T U M O R I A C E L L U L E I N T E R S T I Z I A L I
Al di fuori dei gruppi a) e b) vi sono alcuni pochi tumori, che ora non sono più circondati da mistero come lo erano ai tempi della osservazione di BÜTTNER (bibl.). Si ha ora la possibilità di farli derivare dalle cellule ilari, che come si è già detto a pag. 154, sono da porsi sullo stesso piano delle cellule interstiziali di Leydig. Anche se non si può affermare che sull'attività endocrina delle cellule ilari si posseggano conoscenze complete, esiste tuttavia un buon numero di osservazioni sulle manifestazioni di m a s c o l i n i z z a z i o n e in corso di i p e r p l a s i a o di formazione t u m o r a l e
(SIMARD, T A L I A F E R R O e C o l i . )
(PETIT-PEYRON-COCU, BERGER, WAUGH e Coll.-
VV. H . S T E R N B E R G ) . A l c o n t r a r i o s e c o n d o HUSSLEIN l ' i p e r p l a s i a d e l l e c e l ,
lule ilari e la formazione di adenomi sono responsabili dell'iperplasia dell'endometrio e del carcinoma del corpo. Cfr. anche al riguardo KLEESMÜLLER, S C U L L Y e p e r l a t e s i c o n t r a r i a NIENDORF, DHOM.
Inoltre ricordiamo ancora in questa sede che le cellule interstiziali di LEYDIG hanno una parte anche nel gruppo a).
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K A U F M A N N I I , p.
I
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242
ORGANI
GENITALI
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5. TERATOMI DELL'OVAIA WILMS separò la cisti dermoide = teratoma cistico = embrioma = (parassita rudimentale) con tessuti completamente maturi e talora anche organi, che allo stesso t e m p o formano un rudimento di feto, dal teratoma solido = tumore embrioide, nel quale i tessuti embrionali continuano a proliferare illimitatamente e disordinatamente, senza giungere alla formazione di organi completi e mantenendo il carattere fetale in modo più o meno evidente. Mentre a proposito delle cisti dermoidi in genere si distinguono 1. un tipo semplice e precisamente a) epidermoide soltanto con la componente epidermoide della cute (molto rara nell'ovaia, CHAPUIS, bibl.), e /?) cisti dermoidi vere con cute e annessi cutanei (ghiandole, peli) le cisti dermoidi dell'ovaia sono sempre formazioni più complesse che vengono p e r t a n t o definite come cisti dermoidi composte (2) o teratomi cistici. (Le cisti dermoidi semplici vere, che si formano per invaginazione ectodermica nel corso dello sviluppo, sono diverse dalle cisti dermoidi dell ' o v a i a ora in discussione geneticamente, quasi sempre anche morfologicamente). In altre classificazioni si distingue il teratoma dal teratoide in q u a n t o il primo viene considerato come una specie di tronco umano, costituito d a tessuti maturi, mentre il secondo sarebbe un vero tumore (cfr. NEUHÀUSER) O teratoblastoma
(R. MEYER). ASKANAZY c o m e E .
KAUFMANN distinse le cisti der-
moidi dai teratomi; le prime contengono prevalentemente anche se non esclus i v a m e n t e tessuti maturi, i secondi sono tumori costituiti interamente o per lo meno in gran parte d a tessuti embrionali immaturi, mentre la presenza rara di tessuti fetali nei dermoidi o cisti dermoidi può essere spiegata a m m e t tendo l'arresto di sviluppo o l'atrofia di singole parti. L a maturazione e lo sviluppo raggiunge nei dermoidi un livello molto più elevato che nei t e r a t o m i veri e propri (cfr. LANDAU). Si distingue anche f r a teratoma = tridermoma con tessuti maturi dal teratoblastoma = tridermoma con tessuti immaturi. ASKANAZY distinse in base al grado di maturazione il teratoma coetaneo (adulto) che è costituito quasi solamente o esclusivamente da tessuti della stessa e t à del portatore, dal teratoma embrionale, che è costituito prevalentemente o esclusivamente d a tessuti embrionali. T u t t a v i a esistono teratomi solidi molto simili ai dermoidi (SJÒVALL); secondo SCHWALBE la netta distinzione tra le due forme non d o v r e b b e essere m a n t e n u t a (cfr. anche WILLIS).
ORGANI GENITALI FEMMINILI
a) T E R A T O M A
CISTICO =
CISTI D E R M O I D E
243
DELL'OVAIA
Il teratoma cistico = cisti dermoide è congenito e dà più l'impressione di una malformazione cistica che di un tumore. La sacca per lo più a pareti sottili e di volume variabile contiene un materiale oleoso a temperatura corporea che, con l'abbassamento della temperatura, solidifica rapidamente assumendo l'aspetto di una poltiglia cremosa simile al sebo, che contiene quasi regolarmente ciuffi di peli. Il colorito dei peli è generalmente biondo e non corrisponde a quello della portatrice, e può essere anche diverso nei casi di dermoidi bilaterali. Ricerche sui peli di cisti dermoidi umane furono eseguite da LOCHTE. In rari casi si trovano, per lo più in cisti uniloculate, non i soliti peli misti a blocchi di sebo, bensì numerose sfere dermoidi o di grasso o simili al burro del volume di un pisello fino a quello di un uovo di gallina. PLENZ ricondusse la loro formazione alla saponificazione di una parte dei grassi e all'azione meccanica della massa grassosa sospesa n e l l i q u i d o (bibl. v . E . SCHWALBE, R . LIPPERT, R . SCHRODER, cfr. D I E TRICH-KELLENDONK,
K.
FRIEDLÀNDER, EBERGENYI, J .
MILLER).
Quasi sempre è presente una prominenza sporgente dalla parete verso il lume (cosid. sprone o promontorio dermoide o abbozzo cefalico secondo WILMS), la cui base è formata da tessuto ovarico ed è, come pure le zone vicine e talora tutta la superficie interna della cisti, rivestita da epitelio piatto stratificato. In questa prominenza si possono dimostrare in quantità variabile e con gradi di maturazione diversa quasi regolarmente derivati di tutti e tre i foglietti germinativi. Prevalgono nella maggior parte dei casi i derivati dell'ectoderma, e cioè ghiandole sebacee, ghiandole sudoripare, peli, cosicché WILMS ha considerato il rivestimento del promontorio come cuoio capelluto (cfr. anche FISCHL, R. MEYER, sulla formazione di pigmento v. FISCHL, SU i nevi pigmentati LUBARSCH). Accanto alla cute e i suoi annessi, si riscontrano in una gran parte dei casi componenti del sistema nervoso centrale, generalmente soltanto proliferazioni gliali, raramente anche tessuto cerebrale o cerebellare differenziato (HAJEK) oculari con pigmento (HEIJL) e inoltre derivati degli altri foglietti germinativi, come tessuto connettivale adiposo, muscolatura, cartilagine, osso (v. HEJIL), tessuto mucoso, come pure formazioni ghiandolari di forma variabile. Queste ultime sono in parte uguali alle ghiandole sebacee, sudoripare, mucose salivari (fig. 67), in parte alle ghiandole gastriche o intestinali, oppure assomigliano a formazioni appartenenti ai cistomi ovarici semplici o papilliferi dotati di epitelio ciliato. Nell'ambito dell'abbozzo cefalico sono dimostrabili con particolare frequenza denti, spesso in grande numero (in un'osservazione di AUTEN-
244
ORGANI
GENITALI
RIETH si trattava di alcune centinaia), che sono situati non di rado su frammenti ossei simili a mascellari e che possono sporgere liberi con la corona nel lume oppure essere inclusi nel promontorio. Prevalgono i denti con struttura tipica e particolarmente i molari (v. MOSER, FREUNDLICH, STEINHOFF, WINKLMAIR). BLUNTSCHLI descrisse d e n t i di due dentizioni in
una cisti dermoide (v. anche MEISSNER, V. MÜLLER, KLEMM). Sull'età dei denti nelle cisti dermoidi cfr. SCHUBERT. Del resto i frammenti ossei che possono sporgere sulla superficie del promontorio possono presentare le forme più variabili e irregolari. V. SZATHMARY descrisse un'epulide, e ZAJEWLOSCHIN un adamantinoma primitivo maligno.
Fig. 67. Cisti dermoide dell'ovaia. Sezione del cosid. promontorio con ghiandole salivari e parti di tiroide. L a superficie è rivestita in parte da epitelio piatto e in parte da epitelio ciliato pluristratificato. Donna 32enne. (E 2581/41).
Particolarmente istruttive sono le cisti dermoidi costituite non soltanto da tessuto maturo, ma contenenti anche organi più o meno completi, e particolarmente arti, ma anche parti dell'apparato urinario e genitale (ma s e n z a gonadi). V e d i ALBRECHT, KABOTH, bibl. R . MEYER, J . MILLER.
Nelle cisti dermoidi ovariche è presente con una certa frequenza anche tessuto tiroideo (fig. 67) riconoscibile o soltanto con l'osservazione microscopica oppure osservabile già ad occhio nudo e che può costituire nodi fino al volume di una testa. Tale proliferazione di tessuto tiroideo può manifestarsi col quadro di un gozzo nodoso e può comportare talora la
ORGANI
scomparsa
degli
(KAUFMANN)
mucinosi e
GENITALI
altri tessuti
FEMMINILI
del t e r a t o m a
245
(struma
ovarli).
E.
tentò di interpretare i gozzi ovarici come cistomi
BAUER
pseudo-
(bibl.) v o r r e b b e p u r e c o n s i d e r a r e la m a g g i o r
HEINSEN
parte
di q u e s t e f o r m e c o m e c i s t o a d e n o m i con t r a s f o r m a z i o n e colloide (« c i s t o m a colloide s t r u m i f o r m e ») e c o n s i d e r e r e b b e c o m e a u t e n t i c i g o z z i o v a r i c i solt a n t o quelli in cui si d i m o s t r a la p r e s e n z a di J o d i o (v.
PLAUT).
U n a p a r t e dei g o z z i o v a r i c i a p p a r t i e n e ai cosid. tumori (cfr. p a g . 2 1 2 ) , p o i c h é u n a c o e s i s t e n t e ipertireosi a d a s p o r t a z i o n e del t u m o r e DANFORTH,
GANSE,
SZATHMARY, EMGE,
(KOVACS, KLEINE, H. 0 . NEUMANN,
CEELEN,
J.
H.
funzionanti
p u ò s c o m p a r i r e in s e g u i t o
TRAUGOTT).
POLANO,
MOENCH,
GUSBERG-
KÒRNER,
descrissero u n a trasformazione
MULLER
v.
carcino-
matosa in u n a s t r u m a o v a r i c a . I n v e c e l a d i s s e m i n a z i o n e di t e s s u t o t i r o i d e o sul p e r i t o n e o
(MORGEN,
WERTH,
SHAPIRO,
EMGE)
n o n v i e n e in
c o n s i d e r a t a c o m e segno di m a l i g n i t à . L e m e t a s t a s i ossee sono rare
genere
(WYNNE-
MCCARTNEY-MCCENDON) .
Nel promontorio delle cisti dermoidi si riscontrano frequentemente imitazioni più o meno complete delle vie aeree superiori, più raramente dello stomaco
o dell'intestino
(p. es.
H.
ROTH,
SCHÒNHOLZ,
SCHOTTENDFEL-LITTAUER),
assai spesso parti del sistema nervoso centrale (aggregati gliali, plessi corioidei, meningi con e senza melanofori, nervi, gangli, vescicole oculari). HEIJL attribuì una parte preponderante alla sostanza nervosa centrale nei teratomi solidi; anche le formazioni simil-corionepiteliomatose le ricondusse a tale sostanza (cfr. pag. 87). L e gonadi mancano costantemente nei teratomi ovarici, per cui R . MEYER sottolineò particolarmente l'aspetto puramente somatico dei teratomi. Il germe teratomatoso non d o v r e b b e perciò essere veramente completo. Generalmente si ha una sola cisti dermoide assai voluminosa, in rari casi possono essere multiple nella stessa o v a i a oppure in entrambe (J. NOVAK, J. R . MILLER, ANDREWS e coli, con bibl. per le cisti dermoidi bilaterali, che vennero asportate durante una gravidanza). L a grandezza varia tra quella di una testa di spillo (KERMAUNER, STEFANCSIK) fino a più di una testa di adulto. Si riscontrano anche nelle bambine, aumentano di volume generalmente molto lentamente, t u t t a v i a possono però accrescersi più celermente durante il periodo della m a t u r i t à sessuale e comportarsi in seguito clinicamente e s a t t a m e n t e come un cistoma. Spesso le cisti rimangono anche stazionarie. H a n n o tendenza alla torsione assiale e alla formazione di aderenze con i tessuti circostanti. L a suppurazione o v v e r o l'icorizzazione non sono rare — sull'importanza del Bacterium typhi
a q u e s t o p r o p o s i t o c f r . t r a l ' a l t r o K R I W S K Y , RICHTER-AMREICH, B A R S O N Y ,
HONECKER — e può seguire la perforazione nella c a v i t à addominale o in un organo vicino (vescica, retto, ecc.) o attraverso la parete addominale ^cfr. K . MEYER,
OTTOW,
V.
SZATHMARY,
L a parete delle cisti dermoidi
SCHAUBERGER,
TILLINGER,
bibl.).
p u ò r i v e l a r e q u a e l à la p r e s e n z a di c a v i t à ,
che t a l o r a sono assai r a v v i c i n a t e e si f o r m a n o p e r d i l a t a z i o n e dei v a s i linfatici
(KRMÒER).
SCHOTTLÀNDER
r i t e n n e che l a c a v i t à della cisti der-
246
ORGANI
GENITALI
moide propriamente detta fosse uno spazio linfatico dilatato. MARESCH dimostrò che questi spazi corrispondono a vasi linfatici, nei quali entrò ovvero ne uscì grasso dermoide (v. anche STUBLER). Circa gli oleogranulomi (fig. 68) v. PETROWA. Occasionalmente si osservano noduli
sul
peritoneo,
che in qualità di impianti del contenuto delle cisti (grasso, peli, sebo) o anche di frammenti dell'abbozzo del promontorio (v. BOXER) vanno distinti dalle metastasi. Cfr.
VELTEN.
Fig. Oleogranuloma
68.
in residuo o v a r i c o in cisti dermoide.
D o n n a 29 anni (E 4414/48).
L a formazione di un carcinoma in una cisti dermoide — g e n e r a l m e n t e si t r a t t a di carcinomi a epitelio piatto corneificanti — n o n è a f f a t t o r a r a (bibl. v . MASSONOCHSENHIRT, p r o s e g u i t a d a ALZAUER, J. MILLER, BREIPOHL). Il p u n t o d i p a r -
t e n z a del c a r c i n o m a è p e r lo p i ù il « p r o m o n t o r i o c e f a l i c o ». T u t t a v i a u n carcin o m a d e l l ' o v a i a o di u n c i s t o m a p u ò i n v a d e r e a n c h e u n a cisti d e r m o i d e . I n q u e s t i u l t i m i t e m p i sono s t a t i d e s c r i t t i a n c h e dei carcinoidi (STEWART-WILLISDESARAM,
GABRILOVE,
BLACKWELL-DOCKERTY,
MITCHELL-DIAMON).
Sulla
s t r u m a o v a r i c a c a r c i n o m a t o s a , cfr. p a g . 245. S u l l ' e r e d i t a r i e t à di cisti d e r m o i d i cfr. KOI.TANSKI, MANDELSTAMM,
ED-
MONDS-HAWKINS.
b) T E R A T O M A S O L I D O
DELL'OVAIA
Nei teratomi solidi (tumori embrioidi, teratoidi, teratoblastomi), i quali danno l'impressione di tumori misti solidi, anche se si può osservare un gran
247
ORGANI GENITALI FEMMINILI
numero di cisti piccole e piccolissime, noi osserviamo una varia mescolanza di diversi tessuti, istologicamente spesso ben differenziati (di tutti e tre i foglietti germinativi), t u t t a v i a non osserviamo alcun organo evoluto; nella mescolanza dei tessuti regna il massimo disordine immaginabile. Nel testicolo (pag. 76) i teratomi solidi sono molto più frequenti di quelli cistici; il contrario vale per l'ovaia, t u t t a v i a i teratomi solidi sono più voluminosi in quest'ultima e possono raggiungere il volume di una testa di adulto e pesare fino a 10 k g e oltre (E. PAYR). I teratomi solidi si manifestano per lo più soltanto nell'età m a t u r a — sui teratomi solidi in età infantile v . E . F R E U N D , NORDNARK, SARMA,
SMELTZER,
E.
R.
NOVAK,
e
b e r t à p r e c o c e in c o r s o di questi v . HARRIS, E . P A Y R , FASOLD,
sulla
pu-
KLAFTEN,
TSCHERNE-SCHÀFFER — , essi crescono per lo più rapidamente e illimitatamente. Clinicamente sono quasi tutti maligni (v. SJÒVALL, DORIGO, e cfr. pag. 76, ove sono forniti dati precisi sui corrispondenti tumori testicolari). In quella sede è stata discussa anche la comparsa di proliferazioni corionepiteliomatose nei teratomi solidi. Tali corionefiteliomi teratogeni si sviluppano talora anche nell'ovaia. L a delimitazione di questi tumori da quelli a ugual struttura dipendenti però dalla gravidanza può presentare difficoltà considerevoli. In ogni m o d o questa eventualità v a tenuta in debita considerazione, se la portatrice del tumore non è più in età infantile e inoltre bisogna tener presente che esistono anche carcinomi dell'ovaia che assumono somiglianza con il corionepitelioma per il polimorfismo cellulare e lo sviluppo di cellule giganti (cfr. MICHEL e PICK). Soltanto le osservazioni nelle bambine possono essere veramente dimostrative (BETTINGER, HEILMANN-WAPPLER). Circa le diverse concezioni sul corionepitel i o m a t e r a t o g e n o cfr. p a g . 87, e risp. SCHLAGENHAUFER, RISEL, KLOTZ, VOIGT, SCHWARZ-FREUND,
FIKENTSCHER,
SIMARD,
SCHMEEL,
BACKUS-GRIF-
FIN. Formazioni simili alla mola vescicolare nei teratomi sono state descritte, t u t t a v i a la loro validità non resistette a controlli microscopici esatti; esiste soltanto u n a simiglianza esterna.
6. I S T O G E N E S I
DEI
TERATOMI
OVARICI
WILMS ha espresso l'opinione che tutti i teratomi dell'ovaia (e del testicolo) fossero riconducibili ad un abbozzo germinale tridermico, che egli sospettò essere per l'ovaia la cellula uovo (per i teratomi testicolari la cellula germinale maschile) che entrasse in proliferazione per una specie di partenogenesi. Con l'ulteriore accrescimento si formerebbero poi singoli tessuti, che andrebbero incontro a distruzione rapidamente, mentre altri, particolarmente il cosid. abbozzo cefalico, raggiungerebbero un maggior sviluppo; ciò vale per le cisti dermoidi, mentre nel teratoma solido i tessuti una volta differenziati continuerebbero a crescere
248
ORGANI
GENITALI
illimitatamente e disordinatamente. P F A N N E N S T I E L , K R Ò M E R , A R N S P E R G E R ed altri hanno ulteriormente elaborato quest'ipotesi di W I L M S . Tuttavia da diverse parti ( B O N N E T , N E C K - N A U W E R C K , S A X E R , N A U W E R C K ed altri) vennero sollevate serie obiezioni contro l'ammissione di tale partenogenesi. Più tardi lo stesso W I L M S ha abbandonato la teoria della partenogenesi in favore del(MARCHAND, l'ipotesi secondo cui si avrebbe la provenienza da un blastomero B O N N E T ) aberrante isolato, non utilizzato per la formazione del corpo dell'embrione; anche se il reperto, riconosciuto da questo Autore come caratteristico, di derivati dei tre foglietti germinativi nella maggior parte dei dermoidi delle gonadi maschili e femminili (occasionalmente però anche di altre parti del corpo) rimane valido. (I blastomeri sono il risultato delle prime divisioni della cellula uovo fecondata prima dello stadio della blastula; è noto che negli animali inferiori essi possono produrre embrioni rudimentali anche isolatamente; cfr. le descrizioni di R . MEYER). Questa porzione isolata, dapprima quiescente per ciò che riguarda lo sviluppo, acquisterebbe la capacità di produrre tessuti dei tre foglietti germinativi ovvero un embrione anche se rudimentale (che ha rapporto di fratellanza con la portatrice) ovvero di formare soltanto alcuni abbozzi di organi, se è colpito da uno stimolo accrescitivo sufficiente, come la rimanente porzione dell'uovo fecondato che subisce l'ulteriore sviluppo regolare. Non si vede la ragione per cui vi debba essere una differenza sostanziale per il fatto che nei tessuti, forniti successivamente dal germe incluso (e secondariamente spostato) si possano dimostrare tutti e tre i foglietti germinativi o no. Infatti ora l'uno ora l'altro dei tessuti può venire soppresso nel corso della proliferazione; esistono infatti casi come quello di S A X E R in cui dell'intero abbozzo germinale tridermico si sviluppò nell'ovaia soltanto un unico dente che tuttavia rappresenta lo stesso un embrione, anche se sviluppato unilateralmente ( W I L M S ) . J U N G descrisse un encondroma puro (secondo J . M I L L E R condrosarcoma). I colesteatomi isolati (bibl. v. K U K O V E C , V. anche D R A G A N I C ) sono secondo P I L T Z embrioni sviluppati solo unilateralmente. A questo proposito ricordiamo ancora la struma ovarica. Inoltre il tessuto aberrante può anche non essere un germe totipotente (v. anche B O R S T ) p. es. può contenere soltanto ectoderma e mesoderma (cistoma dermoide bifillico [ A S K A N A Z Y ] cosid. bidermoma) come nei casi di N A U W E R C K ed altri (bibl. v. P I C K ) oppure in altri casi è in grado di produrre organi esclusivamente endodermici (apparato gastroenterico, A R N S P E R G E R , K A T S U R A D A ) . L a difficoltà maggiore è costituita dalla spiegazione della predilezione del tutto peculiare (anche se non esclusiva) dei ter atomi cistici e solidi per le gonadi. Già W I L M S aveva cercato di prendere in considerazione i disturbi di sviluppo locali che rientravano nell'ambito del sistema urogenitale; un germe escluso per un arresto di sviluppo (e quindi rimasto indifferente) verrebbe dislocato e precisamente, come suppose W I L M S , attraverso il dotto del rene primitivo mesonefrico. B A N D L E R interpretò gli embriomi ammettendo dislocazioni germinali in un periodo embrionale precoce, per cui cellule mesodermiche ed ectodermiche differenti potevano venir dislocate nell'ovaia dal corpo e dal canale di Wolff. Tuttavia B O N N E T ha decisamente respinto queste ipotesi per ragioni embriologiche (v. anche R E D L I C H , bibl.). R . M E Y E R cercò di trovare una spie-
ORGANI GENITALI
FEMMINILI
g a z i o n e n e l l ' a m b i t o dei processi e m b r i o l o g i c i locali. T u t t a v i a a n c h e t e n t a t i v o non è p i e n a m e n t e s o d d i s f a c e n t e .
249 questo
L . LOEB r i p o r t ò la partenogenesi in p r i m o piano; in o v a i e di c a v i a egli r i s c o n t r ò a l m e n o nel 10 % dei casi c u m u l i cellulari che egli i n t e r p r e t ò c o m e e m b r i o n i s v i l u p p a t i s i p a r t e n o g e n e t i c a m e n t e ; negli s t a d i s u c c e s s i v i q u e s t i e m brioni a v r e b b e r o u n a c e r t a s o m i g l i a n z a c o n il c o r i o n e p i t e l i o m a . Q u e s t e osserv a z i o n i v e n n e r o c o n s i d e r a t e d a LOEB c o m e la p r o v a che sia i c o r i o n e p i t e l i o m i sia i t u m o r i t e r a t o i d i o v a r i c i n o n d e r i v a s s e r o d a b l a s t o m e r i dislocati, bensì si p o t e s s e r o f o r m a r e p e r v i a p a r t e n o g e n e t i c a dalle cellule u o v o . R e c e n t e m e n t e i ric e r c a t o r i s o p r a t t u t t o f r a n c e s i diedero u n a c o n f e r m a dei reperti di LOEB (BRANCA, COURRIER-OBERLING, LELIÈVRE-PEYRON-CORSY) (I). Sulla d i v i s i o n e p a r t e n o g e n e t i c a di cellule u o v o u m a n e cfr. BARGMANN-SCHEFFLER. U n c e r t o c h i a r i m e n t o d e i m o l t i p r o b l e m i insoluti circa la genesi dei t e r a t o m i o v a r i c i è s t a t o d a t o d a BOSAEUS m e d i a n t e ricerche su r a n e e rospi. N e l l e sue esperienze gli riuscì di s t i m o l a r e alla divisione m e c c a n i c a m e n t e e c h i m i c a m e n t e ( p u n t u r a e c o n t a t t o c o n s p e r m a irradiato) u o v a isolate e di r i p r o d u r r e f o r m a z i o n i s i m i l - t e r a t o m a t o s e , i n n e s t a n d o l e in a n i m a l i a d u l t i . D a i r i s u l t a t i s p e r i m e n t a l i di BOSAEUS r i s u l t a c e r t o c h e f o r m a z i o n i s i m i l - t e r a t o m a t o s e si possono f o r m a r e d a cellule u o v o ; se però a n c h e n e l l ' u o m o la f o r m a z i o n e dei d e r m o i d i a v v e n g a nello stesso m o d o r e s t a p u r s e m p r e d u b b i o ; c f r . a n c h e terat o m i s p e r i m e n t a l i del testicolo (pag. 87). L ' i p o t e s i di J. NOVAK è i n t e r m e d i a , in q u a n t o c o m e m a t e r i a l e di p a r t e n z a p e r le cisti d e r m o i d i e p e r i t e r a t o m i egli c o n s i d e r a (cfr. a n c h e PRYM) s o l t a n t o i blastomeri sessuali e i loro d e r i v a t i (in c o n t r a p p o s i z i o n e a quelli s o m a t i c i , c o n t r a p p o s i z i o n e c h e a l c u n i n o n r i t e n g o n o essenziale, cfr. O. HERTWIG). Q u e s t e cellule delle p r i m e divisioni s a r e b b e r o in g r a d o di d e t e r m i n a r e inclusioni p a r t e n o g e n e t i c h e c h e sono simili a f e t i rudim e n t a l i . P o i c h é q u e s t i f e t i r u d i m e n t a l i a v r e b b e r o origine dalle cellule g e r m i n a l i p r i m i t i v e , s a r e b b e più c o m p r e n s i b i l e la loro più f r e q u e n t e c o m p a r s a p r o p r i o nelle g o n a d i , f a t t o q u e s t o c h e n o n e r a s u f f i c i e n t e m e n t e s p i e g a t o c o n la sola teoria dei b l a s t o m e r i . T u t t a v i a R . MEYER h a respinto q u e s t ' i p o t e s i , in q u a n t o c o n t i e n e delle « c o n t r a d d i z i o n i i n t e r n e ». I n v e c e s a r e b b e p i u t t o s t o d a preferirsi l ' i p o t e s i di INGIER (bibl.) che si a p p o g g i a in p a r t e a concezioni m e n o r e c e n t i di FISCHEL, il q u a l e a m m e t t e v a lo s v i l u p p o di t e r a t o m i testicolari ed o v a r i c i dalle cellule g e r m i n a l i (e r i s p e t t i v a m e n t e forse a n c h e d a epitelio g e r m i n a l e dislocato); cellule q u e s t e c h e h a n n o u n m o d o di d e r i v a z i o n e d i v e r s o dalle a l t r e cellule « s o m a t i c h e » (che f o r m a n o la r e s t a n t e p a r t e dell'organismo) in q u a n t o nella « linea g e r m i n a l e » (v. p a g . 5) si t r a t t a di d e r i v a t i p a r t i c o l a r i del « p l a s m a g e r m i n a t i v o ». P e r t a n t o i t e r a t o m i si f o r m e r e b b e r o p e r u n a d i f f e r e n z i a z i o n e p a t o l o g i c a delle cellule g e r m i n a l i che non d e v e essere c o n s i d e r a t a c o m e p a r t e nogenesi. INGIER pensò che la d i v i s i o n e delle cellule d e r i v a n t i d a l processo di s e g m e n t a z i o n e e c o n t e n e n t i la «linea g e r m i n a l e » p o t e s s e v e n i r r a l l e n t a t a p e r u n m o t i v o qualsiasi, q u a n d o q u e s t e cellule c o n t e n g o n o a n c o r a u n a p o r z i o n e s o m a t i c a , e che perciò, q u a n d o a v v i e n e la d i v i s i o n e d e f i n i t i v a in cellule sessuali e cellule so-
(1) A. GIORDANO (LO Sperimentale, 93, 1939) descrisse un teratoma embrionale spontaneo dell'ovaia in una cavia gravida, con metastasi da impianto al peritoneo e all'omento. (N. d. T.).
25°
ORGANI
GENITALI
matiche pure, queste ultime si trovino completamente avulse dalle restanti cellule somatiche frammiste alle cellule sessuali, in modo da essere infine situate nell'interno della gonade definitiva. Per ciò che riguarda i teratomi osservati al di fuori delle gonadi, FISCHEL ritenne che la spiegazione fosse che il territorio delle cellule germinali primitive fosse assai v a s t o nel periodo embrionale precoce e che queste cellule per raccogliersi nelle loro sedi successive, dovessero percorrere un t r a t t o non indifferente, cosicché facilmente si potesse verificare la possibilità di una f e r m a t a in sede inconsueta al di fuori dell'ovaia e del testicolo. A n c h e le conoscenze dell'embriologia sperimentale sul significato degli organizzatori (SPEMANN) devono essere tenute in debito conto per la comprensione delle formazioni teratoidi nell'uomo (GUDDE, WILLIS). Forse a questo proposito possono essere utili le determinazioni della crom a t i n a del sesso nel nucleo (HUNTER-LENNOX TAVARES).
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252
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7. Va
citata
la
rara
cisti
PARASSITI
da echinococco
(FREUND, SCHATZ,
TITTEL,
b i b l . v . NÜRNBERGER, J . C . LEHMANN, KERMAUNER, M A T Y A S ) . N e l l a c o l l e z i o n e di G ö t t i n g e n e s i s t e u n e c h i n o c o c c o d e l v o l u m e d i u n a nell'ovaia destra con coesistente cistoma della sinistra
mela
situato
(citato anche
da
ORTH, n e l s u o t r a t t a t o ) . T a l o r a n e l l ' o v a i a è s t a t o r i s c o n t r a t o a n c h e l ' E n t e robius
vermicularis
(GILL-SMITH).
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ORGANI
GENITALI
B —
FEMMINILI
253
TUBA
CAPITOLO
I
ANATOMIA
L a tuba (ovidotto, tromba uterina falloppiana) è costituita d a un canale muscolare, la cui lunghezza media v a da 10 a 14 cm. A l l a porzione inclusa nella parete uterina (parte uterina = interstiziale = intramurale, cfr. GRUNER) f a seguito un breve t r a t t o cilindrico e lineare (istmo), che si prosegue in una porzione ampollare, che è più ampia e leggermente serpiginosa. Così come la t u b a è in connessione con l'utero, anche l'estremo laterale (infundibulum tubae, morsus diaboli, padiglione tubarico) rivela un'apertura (ostio tubarico addominale) che è circondata da fimbrie e da queste ricoperta. Circa la fimbria ovarica, cfr. STANGE. G i à ad occhio nudo si riconoscono specialmente nell'ambito dell'ampolla, 3 0 4 pieghe parallele a decorso longitudinale che danno f o r m a stellata al lume sulla superficie di taglio. Queste pieghe, come si può dimostrare in sezioni istologiche, presentano ramificazioni arborescenti e danno l'impressione di villi e risp. papille (pseudopapille). Il rivestimento epiteliale delle pieghe è cilindrico monostratificato ed è costituito sia da cellule ciliate, sia da cellule non ciliate, che vengono considerate come cellule secretorie (cfr. SCHAFFER, R . SCHRÒDER, bibl., v. MIHALIK). U n a terza f o r m a cellulare, le cosiddette cellule a bastoncino, hanno significato non del t u t t o chiarito. Sulle cellule chiare della t u b a v. SCHLEMMINGER, H . G . MÜLLER, MILLESI. PRIESEL,
PLAUT-DREY-
FUSS, H . HUBER, WINTER hanno t r o v a t o epitelio piatto. Sulle modificazioni dell'epitelio tubarico durante il ciclo mestruale, v. TROSCHER, NOVAK-EVERETT, I W A T A , T I E T Z E , JOEL. L a m u s c o l a t u r a h a d i s p o s i z i o n e c i r c o l a r e e
longitudinale
esternamente
(cfr.
HORSTMANN,
internamente
HERRLIGKOFFER).
Dal
mo-
mento che risulta certa l'esistenza di una peristalsi (e di una antiperistalsi) (v. MIKULICZ-RADECKI, KOK, WESTMANN) si dà grande importanza alla muscolatura per la migrazione dell'uovo, in contrapposizione alla concezione precedente di una progressione dell'uovo ad opera della corrente delle ciglia. Nella mucosa tubarica non sono presenti ghiandole; t u t t a v i a nell'infiammazione cronica hanno origine formazioni similghiandolari per coesione delle pieghe e proliferazione dell'epitelio. Noduli linfatici nella parete tubarica sono rari e probabilmente segno di un'infiammazione cronica (v. HEDINGER, GUTT, MOTILOFF). Nell'involuzione senile la muscolatura scompare sempre di più mentre il connettivo a u m e n t a e diventa povero di nuclei. Per dettagli, v. TIETZE, SIDDAL (cfr. inoltre HÒRMANN). L'epitelio si abbassa fino a diventare piatto.
254
ORGANI
GENITALI
Funzione della tuba: il suo c o m p i t o principale è c o s t i t u i t o dalla a s s u n z i o n e e d a l t r a s p o r t o della cellula uovo liberatasi dal follicolo di Graaf s c o p p i a t o (v. s o p r a e ANDERES).
È s t a t a espressa a n c h e l'opinione che dalle cellule secretorie d e r i v a s s e r o sostanze n u t r i t i z i e p e r l ' u o v o in migrazione. Il m o v i m e n t o dell'uovo a v v i e n e in direzione dell'utero, quello degli s p e r m a t o z o i invece in senso inverso, in m o d o d a favorire l'incontro. Se l ' u o v o f e c o n d a t o r e s t a nella t u b a , si s v i l u p p a u n a gravidanza tubarica. L a t u b a è n u t r i t a d a u n r a m o d e l l ' a r t e r i a ovarica ed u t e r i n a . L e vene sono inserite t r a la r e t e u t e r i n a e quella ovarica. A n c h e i vasi linfatici h a n n o gli stessi collegamenti; c o n d u c o n o alle linfoghiandole a c c a n t o a l l ' a o r t a , alla a. iliaca ed ipogastrica (PELLE). Circa la fine innervazione cfr. HARTING; v. a n c h e BEAUFAYS, SUZUKI, che h a n n o s o t t o l i n e a t o la c o m p a r s a di corpuscoli di VaterPacini e inoltre BELONOSCHKIN. HAMPERL h a t r o v a t o oncociti nella t u b a .
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ORGANI
GENITALI
FEMMINILI
255
CAPITOLO II
MALFORMAZIONI (vedi pagina 17)
CAPITOLO III
DISTURBI DI CIRCOLO DELLA TUBA L'iperemia attiva è condizionata quasi esclusivamente da una infiammazione ed è ricondùcibile alle stesse cause, come l'iperemia infiammatoria della mucosa uterina. (La tuba non partecipa alla mestruazione, a meno che non sia incluso del tessuto endometrioide nel suo rivestimento epiteliale, cosa peraltro rara, v. pag. 265. Le comunicazioni sulla cosid. mestruazione tubarica vanno accolte pertanto con riserva). Nei casi di peritonite generalizzata recente l'ostio addominale della tuba ha colorito rosso vivo. L a congestione da stasi si verifica nei casi di vizio cardiaco come pure per strozzamento o torsione e comporta un ispessimento e un colore rosso bluastro della mucosa ovvero di tutta la parete. L a trombosi della vena ovarica (cfr. pag. 161) condiziona talora un infarcimento da stasi {cosid. ematoma) della tuba, v. HASLHOFER. KERMAUNER descrisse fleboliti nelle fimbrie. Le emorragie sono causate da infiammazione e tra l'altro anche da avvelenamento da fosforo; ne residua pigmento brunastro. Raccolte ematiche considerevoli, che determinano l'ematosalpinge, hanno come presupposto che l'ostio tubarico addominale sia chiuso (p. es. per aderenze) cosicché la strada verso la cavità addominale risulta sbarrata al sangue. Tutte le alterazioni nel bacino che determinano iperemia arteriosa o venosa possono avere come conseguenza delle emorragie nelle tube (pressione e trazione provocate da neoformazioni, per esempio miomi voluminosi, torsione del peduncolo degli annessi, aderenze che decorrono con stasi venosa); l'emosalpinge si forma talora in corso di malattie infettive acute (scarlattina, tifo, colera, morbillo); un'altra possibilità è data dall'occlusione congenita od acquisita del canale genitale (atresia genitale) per ristagno di sangue mestruale. Le emorragie che possono avere origine dalla parete tubarica stessa si spiegano pertanto con le alterate condizioni circolatorie, ma non devono
256
ORGANI
GENITALI
essere definite mestruazioni tubariche. In genere la dilatazione per la raccolta di sangue è tanto più voluminosa quanto più a monte è situata l'occlusione del canale genitale; la tuba è dilatata e si trasforma in un sacco tortuoso a forma di salsiccia; il sangue risulta per lo più ispessito, sciropposo, di colorito nero o cioccolato, e non coagula (secondo KLEBS per l'azione della secrezione tubarica) e si distingue perciò dalle emorragie da gravidanza tubarica. Per torsione del peduncolo ed emorragia da stasi si può però formare un'emosalpinge con contenuto coagulato. Le raccolte ematiche intratubariche sono riconducibili nella maggior parte dei casi a gravidanza tubarica (pag. 286). Esiti dell'emosalpinge: talora si ha perforazione o nella cavità addominale — con conseguente peritonite o emorragia interna mortali, e nei casi favorevoli formazione di ematocele retrouterino — o nel retto ovvero attraverso la cute dell'addome. Ulteriori pericoli sono dati dalla possibilità di una torsione del peduncolo (con necrosi ) o dall'infezione con suppurazione ovvero icorizzazione. (Sul distacco spontaneo degli annessi femminili per torsione v. OGOREK, bibl.).
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CAPITOLO
IV
INFIAMMAZIONE ASPECIFICA DELLA TUBA SALPINGITE (S.)
L a classificazione delle infiammazioni della tuba può essere fatta secondo diversi punti di vista: a) a seconda della durata {salpingite acuta, cronica), b) a seconda della sede ovvero dello strato della parete che è colpito per primo e che rivela le alterazioni più imponenti (endo salpingite, miosalpingite = s. interstiziale, perisalpingite, che però sono frequentemente dimostrabili contemporaneamente anche se in misura diversa), c) a seconda del tipo dell'essudato (s. catarrale, purulenta) e infine d) a seconda della natura dell'agente (cfr. pag. 262).
ORGANI GENITALI
L ' i n f i a m m a z i o n e recente
della
FEMMINILI
mucosa
257
si m a n i f e s t a c o n
arrossamento
e t u m e f a z i o n e e con secrezione di u n e s s u d a t o l i e v e m e n t e m u c o s o , t o r b i d o , r o s s o - g i a l l a s t r o (endosalpingite catarrale).
L e p l i c h e sono i n f i l t r a t e di cel-
lule s p e c i a l m e n t e a g l i apici, e l ' e p i t e l i o è i n v a s o d a l e u c o c i t i . L a c e s s a z i o n e d e l l ' i n f i a m m a z i o n e a q u e s t o l i v e l l o è u n ' e c c e z i o n e . G e n e r a l m e n t e le a l t e r a z i o n i p r o c e d o n o in p r o f o n d i t à e l ' e s s u d a t o v e r s o il l u m e d i v e n t a decisam e n t e p u r u l e n t o (salpingite purulenta), g i à cellule
m e n t r e n e l l a p a r e t e si d i m o s t r a n o
r o t o n d e e n u m e r o s e p l a s m a c e l l u l e . L e p l i c h e m u c o s e si a v v i -
c i n a n o a c a u s a d e l r i g o n f i a m e n t o e n o n d i r a d o v e n g o n o a c o n t a t t o f r a di l o r o in c o r r i s p o n d e n z a delle c r e s t e e si a c c o l l a n o nei p u n t i o v e h a n n o perso l'epitelio. G l i ascessi
della parete
tubarica,
c h e si s o n o p e r f o r a t i v e r s o il l u m e ,
v e n g o n o t a l o r a r i v e s t i t i d a l l ' e p i t e l i o p r o l i f e r a n t e per cui si f o r m a n o c a v i t à intramurali ramificate
(HOHNE).
KRÒMER
e MARESCH
richiamarono
tenzione sul fatto che nell'interpretazione dei dotti ghiandolari scolari b i s o g n a t e n e r p r e s e n t e a n c h e i d i v e r t i c o l i t u b a r i c i
l'at-
intramu-
congeniti.
Se l'infiammazione continua e assume carattere quindi cronico (s. cronica) si riscontrano alterazioni molto marcate per lo più in t u t t i gli strati. L'epitelio appare pluristratificato in alcuni punti, scompare apparentemente dalla superficie per incollamenti e aderenze agli apici delle creste e inoltre, d a t a la sua tendenza alla proliferazione, produce formazioni simil-adenomatose, che penetrano fin nella muscolatura (R. MEYER, NEU). L e proliferazioni epiteliali decorrono talora con polimorfismo e alterazioni regressive, in particolare con una vacuolizzazione; esse sono talora non molto demarcate rispetto al tessuto circostante; in questi casi la diagnosi differenziale dal carcinoma può essere difficile (v. FRANQUÉ). I più ingannevoli sono quei quadri che si ottengono per giustapposizione di strati epiteliali multipli e che pertanto simulano degli zaffi carcinomatosi solidi, polimorfo-cellulari, ampi che si distinguono nettamente, come nel carcinoma solido, dallo stroma intensamente colorato e infiltrato di cellule piccole. Se l'epitelio rimane monostratificato, in seguito all'accollamento delle pliche la mucosa appare compenetrata d a ghiandole (salpingite pseudofollicolare, libirinto tubarico, fig. 69). A l c u n e forme di salpingite cronica determinano raggrinzamento, cosicché la superficie tubarica interna d i v e n t a liscia. L a muscolatura può diventare sia atrofica, sia ipertrofica. Malgrado l'atrofia dello strato muscolare, la parete risulta però, almeno inizialmente, ispessita per un'iperplasia connetti vale (salpingite interstiziale) con aspetto talora tendineo. U n a f o r m a particolare dell'infiammazione cronica è d a t a dalla salpingite emorragica. SCHRIDDE si è o c c u p a t o particolarmente delle alterazioni che si creano nella tuba ad opera del gonococco. SCHRIDDE diede particolare i m p o r t a n z a alla presenza di numerose cellule essudatizie con nucleo rotondo (linfociti, linfoblasti, soprattutto però plasmacellule) nelle pliche tubariche, frammiste alla muscolatura e nel pus libero. L a predominanza di plasmacellule, specialmente nella parete, permetterebbe persino, in quei casi cronici, in cui il pus è ormai sterile, di accertare l'origine gonorroica. I n v e c e il pus dell'infezione streptococcica 17 —
KAUFMANN I I , p . I
258
ORGANI
GENITALI
sarebbe costituito da leucociti. Talora oltre alle plasmacellule, si trovano nella parete un gran numero di cellule eosinofìle, la cui grande frequenza è stata pure valorizzata da S C H R I D D E per la diagnosi istologica di salpingite gonorroica (v. anche A M E R S B A C H ) . Tuttavia i dati di S C H R I D D E non sono rimasti senza obiezioni ( J . W . M I L L E R , A . W O L F F , N E U , P L O G E R , W À T E J N ) . Anche H U B S C H M A N N , che constatò come in una salpingite gonorroica durata 6 settimane le plasmacellule non avevano entità particolare, sottolineò che il reperto di plasmacellule, peraltro assai frequente in genere, non sarebbe
Labirinto
tubarico.
F i g . 69. D o n n a di 28 a n n i (K
1253/54).
altro che l'espressione di un'infiammazione in via di cronicizzazione, causata anche da altri agenti. Tra questi v. F R A N Q U É citò l'infezione tubercolare, da streptococco lanceolato, da stafilococchi. Altri considerano valido il concetto che la comparsa massiccia di plasmacellule, in un'infiammazione acuta e subcronica recidivante, sia un segno caratteristico di infezione gonorroica (v. HEYNEMANN,
WEISHAUPT).
Nella disposizione degli strati cellulari subepiteliali in corso di gonorrea cronica, J O A C H I M O V I T S vide un segno diagnostico circa la genesi. Anche F R A N K L sottolineò che le infezioni streptococciche tubariche, che avvengono di regola per via linfatica, determinano quadri completamente diversi dalla gonorrea e che la ricchezza di plasmacellule possiede un significato diagnostico per la
ORGANI
GENITALI
259
FEMMINILI
gonorrea, a m e n o che non sussista e c c e z i o n a l m e n t e u n ' i n f e z i o n e a s c e n d e n t e d a streptococchi. L e a d e r e n z e t r a le pliche sono f r e q u e n t i e c o m p o r t a n o g r a v i c o n s e g u e n z e (sterilità, g r a v i d a n z a t u b a r i c a ) . N e l l a p a r e t e di t u b e i n f i a m m a t e c r o n i c a m e n t e , e s p e c i a l m e n t e negli s t r a t i interni, si r i s c o n t r a n o non di r a d o focolai giallastri, piani, che s i m u l a n o r a c c o l t e p u r u l e n t e , m a c h e si r i v e l a n o a l l ' e s a m e istologico c o m e r a c c o l t e di v o l u m i n o s e cellule schiumose, c o n t e n e n t i lipoidi b i r i f r a n g e n t i (cellule pseudoxantomatose)
(v.
L.
PICK,
SCHMINCKE
e
cfr.
ARNDT,
LETTERER).
1. D E C O R S O D E L L A S A L P I N G I T E . P E R I S A L P I N G I T E . SACCHE T U B A R I C H E Le salpingiti che dallo stadio acuto non passano alla guarigione, diventano croniche e vanno incontro ad una serie di modificazioni molto peculiari. Accanto alle aderenze già citate e agli ispessimenti fibrosi delle pliche della mucosa si hanno restringimenti del lume o dilatazioni per essudato ristagnante. Frequentemente alle salpingiti gonorroiche di più lunga durata, ma anche ad altre forme prevalentemente purulente della tuba, fa seguito la perisalpingite, che comporta la formazione di aderenze (perisalpingite produttiva adesiva) e che non di rado interessa poi l'ovaia (periooforite) o il peritoneo del bacino (pelviperitonite). La perisalpingite può insorgere anche nel quadro di una peritonite generalizzata indipendentemente da una salpingite oppure procedere dal rivestimento peritoneale dell'utero. L a forma della tuba può essere considerevolmente alterata ad opera delle aderenze; gli inginocchiamenti e gli strozzamenti sono la regola. Importante per la formazione di una sacca tubarica (1) è l'occlusione dell'ostio tubarico addominale, che in molti casi è già preparata dalla tumefazione infiammatoria delle pliche mucose e, di conseguenza, dall'arrotolamento delle fimbrie verso il lume tubarico e in altri casi è riconducibile ad aderenze di tessuti vicini. A livello dell'ostio uterino per determinare l'occlusione verso la cavità uterina è già sufficiente la tumefazione della mucosa. L a stasi del contenuto nella tuba determina allora una dilatazione sacciforme e la formazione di una sacca tubarica. A seconda della qualità del contenuto, bisogna distinguere tra un idro-emato- e piosalpinge. L a dilatazione colpisce dapprima il tratto ampollare. A seconda del grado di replezione e della distensione e posizione delle
(1) Invece di « sacca tubarica » A. MARTIN ha proposto il termine di sactosalpinge (igaiTsiv riempire, saxróg pieno zaffato). A seconda del contenuto si aggiunge «sierosa », « emorragica » oppure « purulenta ».
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aderenze, la tuba può essere serpiginosa, tortuosa, inginocchiata, ritorta a chiocciola o fusiforme, oppure a forma clavata, di salsiccia o di lambicco. Nei casi di idrosalpinge, che può raggiungere il volume di una testa u m a n a (p. es. WEIGT) l'ostio tubarico addominale è occluso (figg. 70 e 71); aderenze sono dimostrabili soltanto in una parte dei casi. MARTIN le riscontrò 46 volte su 137 casi. FRANKL (1936) riscontrò in t u t t i i casi alterazioni del rivestimento peritoneale, che egli ricondusse alla flogosi; per cui egli attribuì grande importanza all'iperemia infiammatoria per quanto riguarda la genesi dell'idrosalpinge. L a parete dell'idrosalpinge è spesso notevolmente sottile e trasparente, il contenuto è chiaro, siero-mucoso o puramente sieroso, e in genere sterile. L a genesi dell'idrosalpinge non è completamente chiarita. L a questione se trattasi di trasudato o essudato ha a v u t o risposte diverse.
Fig. 70. Idrosalpingc bilaterale. 1/4 t/r. nat. Donna 45enne. Osservazione di K. K a u f m a n n .
Il contenuto proteico e il peso specifico del liquido sono variabili (v. JÀGERROOS). Reperti di flogosi nella parete dei sacchi di vecchia data mancano spesso completamente, talora però anche già allo stadio iniziale. L a formazione di essudato sieroso ad elevato contenuto proteico, m a senza alterazioni infiammatorie della parete venne interpretata da FRANKL come infiammazione sierosa nel senso di EPPINGER. Anche la questione se u n a piosalpinge può trasformarsi in idrosalpinge è controversa. Cfr. HEYNEMANN, che ammette la possibilità e FRANKL che la nega. Se la pressione interna in un'idrosalpinge raggiunge un dato valore e la strada verso l'utero è libera, il liquido, per lo più alcune centinaia di cc, può svuotarsi attraverso l'utero (hydrops tubae profluens). L'ematosalpinge di origine infiammatoria si forma per rottura di vasi iperemici. Il contenuto è quasi sempre fluido al contrario del contenuto coagulato dell'ematosalpinge che f a seguito ad una gravidanza tubarica. Eccezionalmente il contenuto è coagulato. Nella piosalpinge la sacca fortemente tortuosa può raggiungere il volume di un pugno o di una testa di adulto; la parete è rigida e ispessita,
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come pure anche il rivestimento peritoneale, la mucosa è più o meno intensamente infiltrata da pus (cfr. pag. 256), fluidificata e nelle sacche vecchie può essere ridotta talora ad alcuni brandelli necrotici. Talora si può osservare anche una salpingite difterica pseudomembranosa. L a coalescenza di pliche condiziona spesso la formazione di sepimenti e di c a v i t à separate nell'interno (piosalpinge saccata)', in altri casi si formano concamerazioni per strozzamenti ad opera di residui di aderenze o per fissazione della tuba in posizione a v v o l t a a spirale.
Fig.
71.
Sezione della parete di sacca tubarica a contenuto acquoso. Macrofagi contenenti emosiderina, fluorociti e cellule p s e u d o x a n t o m a tose. Donna 4Óenne ( li 10006/55).
Esiti: la perforazione non è rara ed avviene o nelle aderenze, sempre presenti, per cui si formano sacche pluriloculate, o nella cavità addominale o in un organo vicino (retto, vescica, ovaia); in quest'ultimo caso si può formare un ascesso tuboovarico. Il pus può anche ispessirsi e calcificare (calcolo tubarico). Sulla trasformazione di una piosalpinge in un'idrosalpinge v. sopra. L'infiammazione cronica delle tube comporta in un'alta percentuale dei casi una infiltrazione parvicellulare degli strati esterni dell'appendice (MORITZ). Viceversa una periappendicite passa raramente alla t u b a (SCHRIDDE).
2Ó2
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Reperti batteriologici nelle sacche tubariche: il contenuto acquoso puro dell'idrope tubarico è considerato sterile. M a anche il pus di piosalpingi di v e c c h i a d a t a è spesso sterile. Se si riscontrano microrganismi si t r a t t a di: gonococchi, streptococchi, più raramente stafilococchi, B a c t e r i u m coli, pneumococchi, bacilli dell'influenza (KISSKALT), ecc.
2. EZIOLOGIA DELLA SALPINGITE L a sapingite è per lo più espressione di infezione verse vie:
e viene trasmessa per di-
a) per continuità per via canalicolare, e cioè generalmente ascendente dall'utero attraverso l'ostio tubarico uterino, raramente in senso inverso e quindi discendente per migrazione dei germi attraverso l'ostio tubarico addominale in corso di peritonite; b) per via linfatica, più raramente per via ematica nella parete della t u b a o v v e r o attraverso la parete. N e i catarri cronici semplici che determinano l'idrope tubarico, non è più possibile in genere dimostrare il p u n t o di partenza e la v i a seguita dall'iniezione. T r a gli agenti patogeni si d à grande importanza s o p r a t t u t t o al gonococco. T u t t a v i a le percentuali calcolate, spesso straordinariamente alte (70-90 % ) non possono venir generalizzate e valgono soltanto per il territorio d a cui provengono le a m m a l a t e . In un grande numero di casi non è poi possibile del t u t t o ricercare l'agente patogeno delle piosalpingi, poiché il contenuto delle sacche purulente si rivela frequentemente p r i v o di germi. Su 1262 casi di salpingoooforiti non tubercolari HOLTZ riscontrò 402 volte il gonococco e 748 casi non poterono essere chiariti dal punto di vista causale. L a salpingite gonorroica procede quasi esclusivamente in senso ascendente, specialmente nei casi di gonorrea latente. In questi casi l'infiammazione può raggiungere tosto il peritoneo e condurre a morte, oppure guarire oppure essere causa di una piosalpinge. A c c a n t o al gonococco, hanno grandissima importanza gli streptococchi aerobi ed anaerobi (cfr. SCHOTTMULLER-BARFURTH). A n c h e essi penetrano in molti casi attraverso l'ostio tubarico uterino, m a non di rado possono a r r i v a r v i anche per v i a linfatica o v v e r o per v i a venosa, oppure penetrano attraverso l'ostio addominale, q u a n d o nel c a v o addominale è presente pus libero. Il trasporto per via linfatica a v v i e n e o a partire dalle zone più profonde del canale genitale, e particolarmente dall'utero affetto d a endometrite puerperale. in seguito ad aborto o per tumori (carcinomi o miomi in disfacimento necrotico) per piometra, oppure in seguito a interventi intrauterini (raschiamenti, causticazione, candelette intrauterine e laminarie, insufflazione tubarica, isterosalpingografia). T a l o r a anche un'infiammazione dell'appendice potrebbe raggiungere le t u b e per v i a linfatica, a condizione che preesistano già aderenze. T u t t a v i a è molto più frequente il trasporto di germi a t t r a v e r s o l'essudato che si è f o r m a t o intorno all'appendice a m m a l a t a e penetra attraverso l'apertura t u b a -
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263
rica laterale. Un essudato infetto può derivare però anche da affezioni di altre porzioni intestinali. Ciò vale però anche per l'ovaia nel caso che si t r a t t i dell'organo primitivamente ammalato. Nei casi di flemmoni settici il contagio avviene in modo evidente attraverso la parete tubarica. È rimarchevole il f a t t o che in diverse infiammazioni, la cui partenza dalla mucosa uterina è considerata la regola (così nella s. gonorroica), sia l'endometrio sia l'estremo uterino della t u b a fino all'ampolla (sede preferenziale di t u t t e le salpingiti) possono rimanere completamente indenni. In questi casi bisogna ammettere una migrazione di germi per via linfatica oppure una rapida risoluzione dell'infiammazione nell'utero e nella porzione uterina della tuba. Di fronte al gonococco e ai diversi streptococchi, altri microorganismi come agenti di salpingiti, passano in seconda linea: stafilococchi, pneumococchi (cfr. K. W I R T H ) , pneumobacilli, Bact. coli, proteus, bact. typhi B (per i quali bisogna ammettere verosimilmente un trasporto ematogeno) e diversi altri microorganismi anaerobi. Tra le cause non batteriche di salpingite occorre sottolineare in particolare l'azione di mezzi di contrasto ( J O D I P I N ) , che possono causare la formazione di granulomi da corpo estraneo ( N E U M E Y E R , F E Y R T E R , B U N G E L E R , K N E E R , OBWEGESER,
J.
KÒNIG).
Infine ricordiamo l'azione irritante di parassiti, tra cui ha più grande importanza l'Enterobius vermicularis. Cfr. Voi. I/2, pag. 542, come pure PAWL I C K (bibl. M A R Q U A R D T , H A R T L , LESCHKE. L A C H N I T T ha dimostrato che anche un coprolita può causare eccezionalmente una salpingite.
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3. C O S I D D E T T A S A L P I N G I T E ISTMICA NODOSA Col termine di « salpingite ístmica nodosa » vennero descritti da HANS CHIARI e SCHAUTA ispessimenti nodulari della porzione Ístmica della tuba,
che possono essere presenti mono- o bilateralmente e raggiungere il volume da un grano di miglio fino a quello di una noce. (Da parte di KEHRER le stesse alterazioni vennero definite col termine di s. nodosa interstiziale, da ORTH s. p r o d u t t i v a ghiandolare nodosa).
L a sua comparsa non è limitata al solo istmo, tuttavia i noduli situati verso il centro della tuba rappresentano un'eccezione. Macroscopicamente appaiono duri e simili ai fibromiomi. Le peculiarità di questi nodi seno svelabili soltanto con la ricerca istologica. Accanto a un connettivo abbondante e muscolatura fascicolata si osservano ghiandole ramificate per lo più in grande numero e con frequenti dilatazioni cistiche, rivestite da epitelio monostratificato (fig. 72). Raccolte di cellule infiammatorie (linfociti, plasmacellule, talora anche piccoli ascessi) sono spesso dimostrabili, come pure un rapporto delle ghiandole dislocate in profondità con il lume ristretto, a condizione che si osservi un numero sufficientemente grande di frammenti di tuba in sezioni seríate (HÖHNE, MARESCH). L a concezione s o s t e n u t a d a C H I A R I che alla base delle f o r m a z i o n i nodulari v i sia u n a proliferazione i n f i a m m a t o r i a dell'epitelio con f o r m a z i o n e di t u b u l i simil-ghiandolari c o n s u c c e s s i v a proliferazione della m u s c o l a t u r a liscia, è s t a t a a p p r o v a t a s u c c e s s i v a m e n t e d a m o l t i A u t o r i (v. F R A N Q U É , K E H R E R , R . M E Y E R , R A B I N O V I T Z , ecc., bibl. v. H . A L B R E C H T , F R A N K L , R . M E Y E R 1930, N Ü R N B E R GER) . L a gonorrea e la tubercolosi f u r o n o c h i a m a t e in c a u s a in m o d o particolare (v.
BULIUS,
WALLART,
HORALEK).
I n base a t u t t e queste ricerche la genesi della s.i.n. — per la q u a l e f u r o n o proposti numerosi altri n o m i , p. es. a d e n o m i o s a l p i n g i t e , adenomiosi, adenosalpingite, adenosi mioplastica, endosalpingiosi — è postfetale su base infiammatoria. D'altra, p a r t e non sono m a n c a t i i t e n t a t i v i di i n t e r p r e t a r e d i v e r s a m e n t e le f o r m a z i o n i nodulari. v . R E C K L I N G H A U S E N che li ricondusse a canalicoli meso-
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nefrici dislocati e che f a c e v a derivare il tessuto ricco di cellule in vicinanza delle « ghiandole » dal rene primitivo (mesonefro) considerò i nodi come tumori da abbozzi congeniti (adenomiomi degli angoli tubatici). Anche SCHRIDDE-SCHÒNHOLZ posero i disturbi di sviluppo in primo piano nella loro concezione. Essi usarono i termini epiteliofibrosi e rispettivamente epiteliomiosi a seconda se le formazioni diverticolari e reticolari, che essi ritenevano congenite, erano situate nel connettivo o nella muscolatura. L e raccolte cellulari infiammatorie venivano interpretate come secondarie. KITAI si è pronunciato in senso contrario. SCHENKEN-BURNS invece su 329 nodi hanno riscontrato la presenza di diverticoli nell'81,7 % (v. anche WRORK-BRODERS).
Fig. Cosiddetta
salpingite
istmica
72.
nodosa. Reazione deciduale D o n n a 3 4 e n n e (K 4 4 1 5 / 5 1 ) .
per
gravidanza
tubarica.
LAHM e ROSENBERGER ammisero un altro disturbo di sviluppo, e precisamente una formazione eterotopa di endometrio, tenendo presente particolarmente la trasformazione deciduale dello stroma durante la gravidanza. Che tessuto endometrioide possa comparire nella tuba, era noto fin dal 1896 (WEBSTER) ed era considerato fino a non molto tempo f a come un reperto inconsueto e
raro
(SCHICKELE,
SCHINDLER, pag.
280).
LAHM,
POLSTER,
Poi però
SCHRIDDE-SCHÒNHOLZ,
bibl.,
R.
MEYER
PHILIPP e HUBER
1927, hanno
SCHWARZ-CROSSEN,
SZAMEK,
MARCHETTI,
dimostrato
HÒHNE,
cfr.
anche
che l'endometrio
del-
l'utero può penetrare con straordinaria frequenza nella porzione t u b a r i c a intramurale e che in questa sede si possono formare non di rado proliferazioni polipose, mentre fino allora la presenza di polipi nella t u b a era considerata una rarità
(ZANDER).
KELLER
e
ALBRECHT
(1944)
si s o n o
opposti
alla
definizione
266
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GENITALI
endometriosi di questo semplice sconfinamento. A n c h e sulla frequenza riferita da
PHILIPP
e
HUBER
i pareri
divergono
(RINTELEN,
VÒGE-WEISE,
CAFFIER).
Oggi si a m m e t t e in genere che su un terreno di eterotopia endometrioide può esistere u n ' a d e n o m i o s i della t u b a (FRANKL 1929, H . O. NEUMANN, R . M E Y E R , H E I M [ 1 9 4 1 ] , A L B R E C H T ) , c f r . a n c h e B E N J A M I N - B E A V E R ) . T u t t a v i a si s o t t o l i n e a
concordemente la rarità del reperto. Quindi per la stragrande maggioranza delle proliferazioni in corso di salpingite istmica nodosa bisognerebbe prendere in considerazione come base le infiammazioni o i disturbi di sviluppo. L a presenza di endometrio libero nella t u b a è riconducibile a una dislocazione dall'utero p e r i n t e r v e n t i o p e r a t o r i (LAHM 1 9 2 5 , H E I M 1 9 2 7 , B A E R ) . S u l l a mestruazione
tu-
barica per presenza di tessuto endometrioide v. SEITZ, sull'endometriosi in seguito a salpingectomia v. SAMPSON.
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4. CISTI TUBO-OVARICHE Per queste sacche cistiche a forma di storta, la cui parete è formata in parte dall'ovaia e in parte dalla tuba, si ammettono le seguenti possibilità istogenetiche: a) L'estremo fimbriato è concresciuto con una cisti ovarica (cisti follicolare, cisti luteinica, cistoadenoma), che si è svuotata nel lume della tuba i d r o p i c a (RICHARD).
b) U n a sactosalpinge sierosa adesa in un punto qualsiasi con una cisti ovarica, si mette in comunicazione con la cisti dopo la scomparsa della parete divisoria ( V E I T ) . Questa ipotesi fu sostenuta da O R T H M A N N e P R E I S E R per la maggior parte dei casi. c) L'estremo fimbriato della t u b a penetra in una cisti ovarica scoppiata e le pareti si saldano. Questi casi P F A N N E N S T I E L li spiegò in base alla formazione di un « piocele peritubarico » per cui il pus proveniente dalla tuba, e da una pelviperitonite produttiva circoscritta, che comporta la formazione di una membrana incapsulante, potrebbe causare una comunicazione tra ovaia e tuba. Dopo la scomparsa della parete tra piocele e cisti ovarica si formerebbe la cisti tubo-ovarica con contenuto dapprima purulento e in seguito sieroso. Secondo Z A H N (V. anche S T R Ü V E R e N I D E R E H E ) si tratta t u t t a v i a sostanzialmente di una tuba idropica, che si differenzia dalla forma comune dell'idrosalpinge per il fatto che l'ovaia, a causa dell'occlusione dell'ostio tubarico addominale, viene a far parte della futura parete cistica, ed è innicchiato in un certo senso come un calcolo nella parete della sacca. L e cisti tubo-ovariche raramente diventano voluminose, poiché l'estremità uterina pervia permette un deflusso saltuario (idrope ovarico profluente)\ t u t t a v i a possono raggiungere il volume di una testa di bambino. Per la cosiddetta tuba ovarica, in cui le fimbrie tubariche circondano l'ovaia in modo tale da includerla interamente o in parte nell'infundibolo, mancano prove sufficienti. Se un piosalpinge si perfora nell'ovaia, si forma una cavità purulenta comune, cioè un ascesso tubo-ovarico. Circa i rapporti con la gravidanza extrauterina v. pag. 280. Sul raro carcinoma in una cisti tubo-ovarica v. bibl. in O R T H M A N N 1906, N Ü R N B E R G E R .
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CAPITOLO
V
INFIAMMAZIONE SPECIFICA DELLA 1.
TUBA
TUBERCOLOSI
L a tubercolosi (tbc) o c c u p a il p r i m o posto. L a si riscontra associata alla tubercolosi dell'endometrio o isolata; nel p r i m o caso le alterazioni t u b a r i c h e sono m o l t o p i ù a c c e n t u a t e , e quindi più v e c c h i e di quelle uterine. S e c o n d o V . FRANQUÉ (1913) le t u b e p a r t e c i p a n o nel 90 % dei casi alla t b c genitale. L a stessa cifra v i e n e riferita anche d a FRANKL. Cfr. a n c h e T a b e l l a I in DIETEL c o m e p u r e THOM. Generalmente sono colpite entrambe le tube (fig. 73). N e i casi recenti la m u c o s a a p p a r e arrossata, t u m e f a t t a , e in seguito anche u l c e r a t a in alcuni p u n t i , r i c o p e r t a d a p u s o d a c a s e u m e infiltrata d a noduli grigi del v o l u m e di u n g r a n o di miglio. Il v o l u m e della t u b a p u ò non essere m o d i f i c a t o . I n casi antichi, con il progredire della m a l a t t i a , si h a r e g o l a r m e n t e u n ' a l t e razione di f o r m a e di v o l u m e della t u b a colpita: essa si ispessisce, d i v e n t a rigida e serpiginosa. Gli strati interni della p a r e t e v a n n o incontro a d estesa caseosi (tubercolosi canalicolare), nella p a r e t e o più spesso nel l u m e si raccoglie p u s caseoso, il quale — in seguito a occlusione dell'ostio a d d o m i nale — p u ò condizionare u n a d i l a t a z i o n e s a c c i f o r m e e p u ò t r a s f o r m a r e la t u b a in u n sacco a l l u n g a t o dello spessore di un b r a c c i o (piosalpinge tubercolare)', l a f o r m a a s t o r t a o a corno non è rara (fig. 74), le aderenze con gli o r g a n i circostanti sono f r e q u e n t i e spesso di t i p o cicatriziale. Se l'ostio t u b a r i c o a d d o m i n a l e r i m a n e p e r v i o , f a t t o che si verifica in circa m e t à dei casi secondo FROMME-HEYNEMANN, è possibile la penetrazione di c a s e u m fluidificato i n f e t t o nel peritoneo. D ' a l t r a p a r t e alla tubercolosi della t u b a si d à g r a n d e i m p o r t a n z a nei casi di tubercolosi peritoneale preesistente (cfr. sotto). — Dettagli istologici sulla t b c t u b a r i c a v . in HUBSCHMANN, c h e la riscontrò anche in u n a l a t t a n t e di 6 s e t t i m a n e . VOIGT,
KRAUS, v. FRANQUÈ
reattiva similcarcinomatosa
1911,
ZACHERL
descrissero
una
proliferazione
della mucosa tubarica in corso di salp. tub. L a dif-
ORGANI GENITALI
FEMMINILI
ferenziazione di q u e s t e proliferazioni epiteliali a t i p i c h e
269 (cfr. p a g . 2 5 7 ) d a l c a r -
c i n o m a p r e s e n t a s p e s s o g r a n d i d i f f i c o l t à . FRIST o s s e r v ò u n a p r o l i f e r a z i o n e s i m i ladenomatosa,
e GAIFAMI
(bibl.) u n a
papillare.
H g . 73Tubercolosi genitale in bambina di 5 anni. Salpingite caseosa e endometrite caseosa, numerosi tubercoli miliari della vagina. T tuba, O ovaia, U utero, V vagina. 4/5 gr. nat. Osservazione di
E.
KAUFMANN.
Fig- 74Tubercolosi genitale. Salpingite caseosa bilat., tubercolosi caseosa dell'ovaia sinistra (del volume di una noce). Inoltre tbc polmonare cavernosa cronica, tbc intestinale, tbc caseosa del surrene sinistro (peso 130 g) e dei linfonodi paraortici. Donna 38enne (Aut. n. 439, 1939).
F R A N K L c o n s i g l i ò l a d i s t i n z i o n e d i u n o stadio t a r i , d i u n o s t a d i o progredito della
guarigione
(forma
iniziale
c o n t u b e r c o l i soli-
(tubercolosi caseosa confluente) e di uno
fibro-caseosa).
Nei casi progrediti la t u b a
stadio
ammalata
270
ORGANI
GENITALI
h a la f o r m a di salsiccia, di c l a v a , di s t o r t a o di c o r o n a di rosario; t u t t a v i a q u e s t ' u l t i m a f o r m a n o n è così f r e q u e n t e d a p o t e r essere considerata caratteristica d a l p u n t o di v i s t a clinico. L a porzione istmica è in genere m e n o i n t e r e s s a t a d i q u e l l a a m p o l l a r e (cfr. H O R A L E K , K N A U S ) . L a c o n s i s t e n z a d e l l a t u b a è p e r lo p i ù p a s t o s a . Gli strati esterni a p p a i o n o f r e q u e n t e m e n t e siti
da
aumento
del
connettivo;
occasionalmente
si
notano
ispes-
dilatazioni
circoscritte a t i p o d i sacco erniario, ripiene di p u s caseoso, p r o d o t t e d a assott i g l i a m e n t i d e l l a p a r e t e . L a salpingite
istmica
nodosa
è r i c o n d u c i b i l e in u n a
p a r t e d e i c a s i a l l a t b c . ( C f r . p a g . 264). HEGAR le a t t r i b u i s c e a n z i u n a p a r t i colare importanza. Vie di infezione. — P o i c h é la t b c . t u b a r i c a è la p i ù f r e q u e n t e t r a le affezioni t u b e r c o l a r i d e l l ' a p p a r a t o g e n i t a l e f e m m i n i l e , e p o i c h é in u n a g r a n p a r t e dei casi a n c h e altri organi, e in p a r t i c o l a r e l ' u t e r o , p a r t e c i p a n o a l l ' i n f e z i o n e , si d à l ' o c c a s i o n e di d i s c u t e r e l a q u e s t i o n e d e l l a v i a d ' i n f e z i o n e al di là d e i l i m i t i del singolo organo. P r o p r i o c o m e nel c a s o degli o r g a n i genitali m a s c h i l i (cfr. p a g . 49) occorre d i s c u t e r e a n c h e p e r quelli f e m m i n i l i se e fino a che p u n t o sia possibile u n ' i n f e z i o n e primitiva. P e r Yostio genitale (vulva) e per le sezioni p i ù p r o f o n d e della v a g i n a si t r a t t e r e b b e di c o s a possibile q u a n d o in q u e s t a sede v e nisse d e p o s i t a t o dello s p e r m a c o n t e n e n t e bacilli, di u o m o a f f e t t o d a t b c . genitale; t u t t a v i a in q u e s t i casi a c c a n t o a l l ' a f f e z i o n e c u t a n e o - m u c o s a d o v r e b b e essere d i m o s t r a b i l e a n c h e u n i n t e r e s s a m e n t o dei linfonodi satelliti (complesso primario tbc.) che p u ò essere c o n s t a t a t o s o l t a n t o sul c a d a v e r e ed a p p a r t i e n e alle g r a n d i r a r i t à . P e r i g e n i t a l i interni le c o n d i z i o n i sono diverse: t u t t a v i a a n c h e p e r q u e s t e sedi nella l e t t e r a t u r a p a s s a t a , però a n c h e in q u e l l a p i ù recente, è s t a t a a m m e s s a u n a t b c . p r i m i t i v a . S e c o n d o le esperienze cliniche di HEGAR, cui t u t t a v i a si c o n t r a p p o n g o n o i r e p e r t i di altri clinici (BLAU, cfr. a n c h e MULLER) e p a t o l o g i (v. p. es. SIMMONDS), la t b c . t u b a r i c a s a r e b b e la f o r m a p i ù f r e q u e n t e di t b c . g e n i t a l e p r i m i t i v a della d o n n a . I n n a n z i t u t t o i bacilli della t u b e r c o l o s i v e r r e b b e r o t r a s p o r t a t i alle o v a i e e alle t u b e p e r v i a e m a t i c a o l i n f a t i c a , s e n z a che essi a b b i a n o c a u s a t o a l t e r a z i o n i nel p u n t o di ingresso. I n s e c o n d o l u o g o è s t a t a p r e s a in c o n s i d e r a z i o n e l ' i p o t e s i c h e i bacilli della tubercolosi, che a b b i a n o r a g g i u n t o l ' u t e r o p. es. c o n lo s p e r m a di u n s o g g e t t o t u b e r c o l o t i c o , p o s s o n o r a g g i u n g e r e la t u b a p e r v i a intracanalicolare, senza causare focolai nell'utero d u r a n t e il loro passaggio. P e r rendere più c o m p r e n s i b i l e q u e s t a m i g r a z i o n e d e i bacilli t u b e r c o l a r i , f u p r e s a in c o n s i d e r a z i o n e la m o t i l i t à p r o p r i a degli sperm a t o z o i ; t u t t a v i a i b a c i l l i t u b e r c o l a r i sono s t a t i d i m o s t r a t i nello s p e r m a , m a n o n negli s p e r m a t o z o i . L a t e o r i a del catarro bacillare (SIMMONDS, cfr. p a g . 49), cioè dell'escrezione di bacilli t r a s p o r t a t i p e r v i a e m a t o g e n a a t t r a v e r s o le v i e g e n i t a l i m a s c h i l i sane d o v e v a rendere p r o b a b i l e q u e s t a tubercolosi da contatto sessuale a n c h e nei casi in cui non s u s s i s t e v a u n a t b c . genitale m a s c h i l e (cfr. p a g . 49). I n o l t r e SIMMONDS a p p l i c ò l a sua t e o r i a a n c h e al sesso f e m m i n i l e . P o i c h é i n v e c e BAUMGARTEN e la sua s c u o l a (BASSO, KAPPIS) n e g a r o n o q u e s t a infezione ascendente ed a m m i s e r o s o l t a n t o la f o r m a discendente, p o n e n d o nella g i u s t a l u c e la f o r t e d i m i n u z i o n e d a l l ' i n t e r n o a l l ' e s t e r n o della c i f r a di m o r b i l i t à , si t e n t ò di decidere la q u e s t i o n e s p e r i m e n t a l m e n t e . I r i s u l t a t i s p e r i m e n t a l i di
ORGANI
GENITALI
FEMMINILI
27I
come pure di E N G E L H O R N e B A U E R E I S E N furono a favore, quelli di B A U M G A R T E N , B L A U invece contro (cfr. anche J U N G , T H O R N ) . In generale si può affermare che esiste una tubercolosi primitiva dell'ostio genitale, anche se rara; essa va però negata per i genitali interni (cfr. G H O N , bibl. v. H E I M A N N , W E I B E L , H E Y N E M A N N , F R A N K L , H E L D ) . Per la infezione secondaria, che, dopo quanto è stato detto, vale da sola almeno per la tbc. dei genitali interni, sono possibili diverse vie: JUNG-BENNECKE
1. L a via ematica (infezione ematogena metastatica), che presuppone l'esistenza di un focolaio tubercolare nell'organismo (polmoni, linfoghiandole, intestino). Questa forma fu considerata come la più frequente da K L E I N H A N S , AMANN,
GRÄFE,
WEIBEL,
FRANKL.
2. L a via linfatica (infezione linfogena metastatica) è meno frequente e ha importanza minore. In epoca recente è stata sostenuta da B A K A C S ; V . inoltre HIRSCH-HOFFMANN.
3. Diffusione per continuità, in particolare passaggio della tbc. dal peritoneo alle tube. Si può constatare con una notevole frequenza la comparsa contemporanea di una tbc. annessiale e peritoneale. S I M M O N D S calcolò il 63 % (su 71 casi di tbc. genitale 44 volte era interessato il peritoneo), L A B H A R D T , P E S T A L O Z Z A calcolarono che circa in 1 / 4 dei casi esistesse contemporaneamente tbc. peritoneale, HEIM ANN 65 % . A prescindere dalla possibilità di un'infezione singola ematogena indipendente sia del peritoneo sia della tuba, è molto difficile determinare la successione con cui si è svolta l'infezione. Poiché da un lato la tubercolosi tubarica può estendersi al peritoneo per fuoriuscita di caseum rammollito e contenente germi, d'altra parte è possibile la penetrazione di bacilli della tubercolosi attraverso l'ostio tubarico addominale con conseguente infezione della tuba. A questo proposito le interpretazioni divergono: SIMM O N D S , A L B R E C H T , K U N D R A T erano a favore dell'infezione primitiva della tuba con secondario interessamento del peritoneo, C O H N H E I M , B E R T O L I N I , G H O N e a. erano a favore del percorso inverso. K A F K A (bibl.) riscontrò in casi non eccessivamente avanzati differenze istologiche tra la tbc. tubarica per continuità, che secondo il suo parere è la forma più frequente, e che sarebbe inizialmente una infiammazione della mucosa tubarica, e la tubercolosi tubarica ematogena, nella quale gli strati intermedi della parete verrebbero colpiti per primi. Secondo v. F R A N Q U É 1913 (bibl.) l'infezione proveniente dal peritoneo ha la medesima frequenza di quella giunta per via ematogena. Anche le aderenze tra gli annessi e l'intestino affetto da tbc. devono essere prese in considerazione in tema di diffusione di una tbc. L a tbc. secondaria del peritoneo a partenza tubarica è, secondo E. K A U F MANN più frequente dell'infezione secondaria dell'utero; inoltre può seguire una peritonite tbc.-purulenta e persino gangrenosa, e occorre precisare che proprio questi casi si rivelano, come è stato constatato ripetutamente, essere delle infezioni miste con gonococchi. La peritonite tbc.-purulenta rimane talora limitata ad un piccolo spazio saccato nel Douglas', E. K A U F M A N N osservò in numerosi casi di questo tipo che le tube sboccavano libere nel focolaio saccato e che da questo penetravano una o più fìstole nel retto (cfr. anche P I O T R O W S K A , R o u x ) . È possibile anche la caseosi ovarica, persino di cistomi ovarici e di cisti tubo-ovariche. Una tubercolosi miliare generalizzata in seguito
272
ORGANI
GENITALI
a t b c . t u b a r i c a f u o s s e r v a t a d o p o p a r t o o aborto; sulla c o m p a r t e c i p a z i o n e della superficie i n t e r n a dell'utero, in t a l caso cfr. E . KRAUS, WEIBEL; V. a n c h e MEINRENKEN,
La
KLEES-MÜLLER,
comparsa
FRANQUÉ
191 I,
TENDEN-TAYLOR,
LIPSCHITZ,
v.
STÜPER.
di
tbc tubarica
STÜBLER,
BÜTTNER,
DICKSON-LODGE-WOODCOCK,
Sulla formazione STRONG,
bibl.
contemporanea
LEHMACHER,
e carcinoma P.
KLEIN,
descrissero
NIERDORF,
v.
CRUI-
WOLSKEL-BARNETT-SYMONS.
di osso in tuba tbc riferì FRANKL; V. a n c h e MICHAUD, REICHELT,
FOGED,
KULKA.
La
pseudotubercolosi
della
t u b a è c i t a t a d a DENTON-DALLDORF.
2.
ACTINOMICOSI
L ' a c t i n o m i c o s ì d e l l a t u b a è r a r a ( n e l l ' o s s e r v a z i o n e d i ZEMANN si t r a t t a v a di u n a s a c c a v o l u m i n o s a serpiginosa ripiena di pus, la cui
mucosa
proliferata era infiltrata d a focolai giallastri di tessuto di granulazione attin o m i c o t i c o s t e a t o s i c o ) . C i r c a l a s u a g e n e s i v a l g o n o l e stesse c o n s i d e r a z i o n i come per l'actinomicosi dell'ovaia associata
(cfr. p a g . 1 6 7 ) , c o n l a q u a l e è s p e s s o
(GELDNER, SCHLAGENHAUFER, HEDINGER, BRANDENSTEIN,
TH.
SCHMIDT, A . STEIN, AHLSTRÖM, SPRENGELL, B L A S E K ; b i b l . v . NÜRNBERGER, BUCURA, CORNELL, HZRTL, EMMRICH).
3. L a sifìlide è m o l t o
rara.
SIFILIDE
Sono
state
descritte
isolatamente
gomme
(bibl. v . FRANKL).
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1 8 —• K A U F M A N N
II, p.
I
274
ORGANI
GENITALI
CAPITOLO
V I
TUMORI DELLA TUBA
i. TUMORI
BENIGNI
I tumori benigni sono straordinariamente rari. Sono noti fibromi ( H E R D E ) , lipomi ( P A P E , S A M P O E R N O ) , condromi ( D E G R I S O G O N O ) , leiomiomi e fibroleiomiomi ( O T T O W , D I E T R I C H , S C H Ä F E R , C A S P E R , H O C H L O F F ed altri) come pure un emangioma cavernoso ( R A G I N S - C R A N E ) . Ripetutamente vennero descritti anche linfangiomi ( K E R M A U N E R , S T R O N G , A S C H H E I M , S C H I F F M A N N , V. S Z A T H M À R Y , S A N E S - W A R N E R , L A U F E ) , che però in questi ultimi anni subirono un'interpretazione diversa e vennero definiti da M A S S O N - R I O P E L L E , S I M A R D mesoteliomi, da G O L D E N - A S H tumori adenomatoidi (cfr. E V A N S , R A G I N S - C R A N E , L E A C H , T O M M A S I N I - D E G N A e R I L K E , e v. pag. 6 5 ) . I polipi della mucosa tubarica vennero citati già a pag. 265, e sono stati riscontrati anche in corso di gravidanza tubarica ( H O F F M A N N , L A H M ) e contengono talora delle ghiandole, cosa che rende verosimile la loro derivazione da endometrio ectopico (cfr. R. M E Y E R , P H I L I P P - H U B E R ) . Circa i papillomi descritti è opportuna una certa prudenza, dal momento che il carcinoma tubarico compare frequentemente in forma papillare. S C H E I D E L E R descrisse un condrangiolipofìbroma e M A R K L un cosid. tumore misto benigno.
2. T U M O R I
MALIGNI
I sarcomi appartengono alle rarità (cfr. DODD, JORGENSEN, SCHEFFEYLANG-NUGENT,
FALGE,
RILKE
e
Pozzi).
II carcinoma primitivo non è proprio frequente ( N Ü R N B E R G E R riunì fino al 1930 circa 300 casi dalla letteratura) e in un terzo circa delle osservazioni è bilaterale. L a tuba carcinomatosa presenta un'alterazione non solo del volume, m a anche di frequente della forma (a salsiccia, a clava, a storta) specialmente quando l'ostio addominale è occluso. L e aderenze ai tessuti circostanti sono frequenti. A l taglio la tuba permette di riconoscere nella maggior parte dei casi proliferazioni sia circoscritte (a forma di verrucche o di nodi) o molto estese, e soltanto di rado un tessuto neoplastico midollare privo di forma. Inoltre è spesso presente una quantità più o
ORGANI
GENITALI
275
FEMMINILI
meno grande di un liquido di colorito variabile (limpido oppure per presenza di sangue di color sporco rosso bruno o anche purulento). Sulla formazione di un carcinoma in un'idrosalpinge cfr. STANCA. Se un carcinoma villoso perfora la parete, compaiono delle proliferazioni a cavolfiore sulla superfìcie della tuba; talora esse protrudono anche dal forame addominale pervio. L'esame istologico rivela sia proliferazioni papillari (forma papillare), che si sviluppano verso il lume e che rivelano la natura maligna del tumore per la pluristratificazione e per il polimorfismo dell'epitelio come pure per la ricchezza in mitosi, caratteri questi evidenti almeno in alcuni punti
Fig- 75Carcinoma della tuba (bilaterale). D o n n a 44enne (E 4182/52).
(fig. 75), sia aggregati cellulari epiteliali, che si estendono nella parete e che sono per lo più solidi e poveri di connettivo (forma « alveolare »). L'associazione delle due forme costituisce la regola. Accanto alle formazioni cellulari solide della parete tubarica sono note però anche proliferazioni di tipo ghiandolare
(ECKART,
KUNDRAT,
SAI.IN,
v.
anche
THALER,
AMREICH,
FRANKL). ORTHMANN descrisse un carcinoma a epitelio piatto corneificante e HASELHORST un carcinoma gelatinoso. La massima frequenza della malattia è tra i 45 e i 50 anni. Tuttavia nessuna età è risparmiata ad eccezione dell'infanzia. Circa la genesi causale del carcinoma tubarico si è sempre attribuita grande importanza all'infiammazione; tra l'altro venne presa in considerazione la comparsa contempo-
276
ORGANI
GENITALI
ranea di tubercolosi e cancro (cfr. pag. 272) e lo sviluppo di un carcinoma in cisti tubo-ovariche (cfr. pag. 267) o in idrosalpingi (cfr. invece PEHAM, bibl., P. KLEIN). Il carcinoma primitivo della tuba si estende facilmente agli organi vicini (ovaia, utero); la diffusione può avvenire per continuità e può essere sia intracanalicolare (impianto) o per vìa linfatica ovvero venosa. Nei casi avanzati può essere talora difficile giudicare quale organo si sia ammalato per primo. Impianti nella mucosa uterina (BOXER, RÜGE, KITTLER, FRANKL [1928], LAX) vanno considerati in parte come metastasi per impianto, in parte però anche come avvenute per via linfatica (v. FRANQUÉ) . Che anche il peritoneo e in particolare quello pelvico, come del resto anche organi situati più lontano possano essere sede di metastasi per impianto, non c'è bisogno di sottolinearlo in modo particolare. T r a le linfoghiandole sono interessate principalmente quelle iliache, quelle lombari e le ipogastriche, più raramente le inguinali, eccezionalmente anche le sopraclavicolari (ROSSINSKY). Altre metastasi a distanza sono eccezionali: fegato (MANTEL), milza (SAITZ), cute (SELBERG). Sulle recidive in sede di cicatrice v. BAISCH-RAABE, SCHWEYKART. Bibl. sul carcinoma primitivo della tuba v . DIETRICH-PETSCH, LIANG, ZWEIFEL,
FRANKL,
NÜRNBERGER,
ROBINSON,
PLATZ,
MARTZLOFF,
MIT-
CHELL-MOHLER.
I carcinomi secondari della tuba partono generalmente da un organo vicino (ovaia, utero) e trapassano direttamente alla tuba oppure seguono una delle vie già esistenti (via linfatica, vene, lume tubarico). Cfr. figg. di S A M P S O N . Per la penetrazione di un carcinoma del corpo, l'endometrio della porzione tubarica intramurale può avere un ruolo particolarmente importante (PHIL I P P - H U B E R , T R E I T E , V Ö G E - W E I S E , H U B E R ) . Non bisogna dimenticare che anche un carcinoma ovarico metastatico può passare alla tuba per via linfatica. Anche carcinomi gastrointestinali dànno interessamento talora della tuba, sia per impianto di cellule carcinomatose libere sulla sierosa tubarica (contropartita ai carcinomi ovarici metastatici, molto più frequenti, della stessa genesi, v. pag. 223), più raramente in seguito a impianto nella mucosa attraverso l'ostio addominale. E. K A U F M A N N osservò un caso simile (donna di 59 anni, carcinoma gelatinoso del piloro interessante anche il duodeno, fitta infiltrazione dell'omento, metastasi nodulari diffuse del peritoneo, particolarmente della parete anteriore; sulle ovaie, piccole, soltanto pochi noduli gelatinosi) in cui le tube erano trasformate in formazioni a tipo cornucopia contenenti masse gelatinose protrudenti; dalle ampolle fuoriuscivano proliferazioni carcinomatose gelatinose emorragiche del volume superiore a quello di un uovo di gallina. Accanto a questo tipo di partecipazione della tuba per disseminazione bisogna prendere in considerazione anche il trasporto linfatico retrogrado, come potè constatare E. K A U F M A N N . In corso di carcinoma della cistifellea ( W A K A S U G I ) , del rene ( K E H R E R ) furono osservate eccezionalmente metastasi tubariche.
ORGANI GENITALI
277
FEMMINILI
U n carcino-sarco-endotelioma della t u b a è stato descritto d a v. FRANQUÉ 1902, e u n « m e s o n e f r o m a » (cfr. p a g .
Sul corionepitelioma singole.
Bibl.
v.
primitivo
NÜRNBERGER,
222) d a
CONNALLY.
della t u b a esistono numerose comunicazioni R.
MEYER,
MOHR,
LÖSCH.
Secondo
G.
HÖR-
MANN è d u b b i o che t u t t i i casi siano stati interpretati con esattezza. Appendice:
le cisti
dermoidi
della t u b a sono rare. Bibl. v. ORTHMANN,
F R A N K L , N Ü R N B E R G E R , D I E T R I C H - P E T S C H , A A R O N ; V. a n c h e P E N D L ,
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—
278
ORGANI
GENITALI
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SCHWEYKART, E i n F a l l
von
primärem Tubenkarzinom mit Metastasenbildung in den Bauchdecken. Inaug. Dissert. München 1916. — SELBERG, Dermat. Wschr. Leipzig 579, 1941. — STANCA. Zbl. Gynäk. 508, 1922. — STRONG, Surg. Gyn. Obstetr. 39, 318, 1924. — v . SZATHMARY, Zbl. Gynäk. 920, 1937. — THALER, Zbl. Gynäk. 576, 1920. TREITE, Zbl. Gynäk. 504, 1940. —
TOMMASINI,
DEGNA
e
RILKE,
Ann.
Ost.
e
Ginec.
80, 405,
1958. —
VÖGE
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CAPITOLO
VII
PARASSITI
Alla presenza di Enterobius vermicularis nella tuba è già stato fatto cenno a pag. 263. Assai raramente è stato riscontrato anche l'Ascaris lumbricoìdes ( N A C K E N , H O F S Ö T T E R , S T E R L I N G - G U A Y , B E E K H U I S ) . SVL\\'Echinococco della tuba cfr. H O L Z N A C H e bibl. v. N Ü R N B E R G E R , L E H M A N N , FRANKL,
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2046, 1936.
STERLING e G U A Y , J . A m e r . M e d . A s s .
107,
ORGANI
GENITALI
CAPITOLO
279
FEMMINILI
VILI
GRAVIDANZA AL DI FUORI DELL'UTERO GRAVIDANZA EXTRAUTERINA (gr. e. u.)
Talora l'uovo fecondato non si annida nell'utero, bensì al di fuori di questo e precisamente nella maggior parte dei casi nella tuba [gravidanza tubarica), raramente nell'ovaia [gravidanza ovarica) o nel peritoneo [gravidanza -peritoneale 0 addominale). Nel punto di annidamento, dove l'uovo emana la sua allantoide, si forma una placenta. Su gravidanze contemporaneamente extra- ed intrauterine esistono numerosi l a v o r i . B i b l . v . v . NEUGEBAUER, E . N O V A K , GEMMLL-MURRAY, SLOAT-PETERSON, MATHIEU,
MITRA,
ZAROU-SY.
Non eccessivamente rara è la gr. e. u. ripetuta
LUDWIG,
STUDDIFORD-SPECK,
TAUSCH, MARBACH-SCHINFELD,
DEVOE-PRATT,
MICHAELS,
(HASSELBLATT,
bibl.,
JAUCH).
Poiché la cellula uovo è suscettibile di fecondazione soltanto per un breve periodo di tempo, questa deve avvenire rapidamente dopo la rottura del follicolo e cioè o tra l'ovaio e la tuba 0 nella parte iniziale della tuba. Normalmente l'uovo fecondato migra fino nell'utero e qui si annida. Sulla durata di questa migrazione non si conoscono dati precisi. G R O S S E R ritenne che il periodo fosse da 1 0 a 12 giorni, tuttavia R O C K - H E R T I G riscontrarono un uovo fecondato nell'utero già 3 giorni dopo l'ovulazione. Le cause di gr. e. u. vengono ricercate in parte in disturbi funzionali, in parte in disturbi anatomici: a) Perdita dell'epitelio ciliato della mucosa tubarica in seguito a vecchi processi infiammatori, alterazioni della peristalsi e con ciò della progressione dell'uovo. L'insufficienza o la mancanza di ciglia a livello dell'istmo è caratteristico secondo H Ò H N E 1917 (bibl.) per le tube ipoplasiche. Tuttavia altri non riscontrarono tracce di catarro e constatarono che le tube erano anatomicamente normali. b) Alterazioni di forma della tuba, sia cioè lunghezza abnorme o mantenimento della sinuosità infantile (W. A. F R E U N D ) — cosa però considerata non sufficiente da H Ò H N E — oppure in seguito ad inginocchiamenti condizionati da aderenze ai tessuti circostanti, riconducibili talora anche ad operazioni precedenti (cfr. U R D A N , S I E G E L , K R A U L ) . I disturbi anzidetti sono spesso associati con alterazioni dell'ampiezza del lume, e in particolare a livello della parte istmica e interstiziale. Attraverso queste strettoie gli spermatozoi riescono a farsi strada verso l'uovo, mentre l'uovo fecondato non riesce a raggiungere l'utero. Se la comunicazione con l'utero è completamente occlusa, gli spermatozoi devono raggiungere l'uovo
28o
ORGANI
GENITALI
attraverso l'altra t u b a pervia (migrazione esterna degli spermatozoi), f a t t o non eccezionale secondo le recenti ricerche (v. H . B A U R , bibl.), anche se secondo H Ö H N E - B E H N E gli spermatozoi vanno incontro ad una fagocitosi nel giro di breve tempo, al massimo dopo 20 ore, oppure è stata riscontrata una migrazione esterna dell'uovo fecondato, cosa certa per casi eccezionali (cfr. B U R C K H A R D , v. anche P . M Ü L L E R , P O S A T T I ) . Sulla migrazione interna cfr. V O G E - S C H N E E HAGEN,
NEVINNY-STICKEL.
cj Altri ostacoli alla migrazione dell'uovo fecondato verso l'utero sono rappresentati dalle coalescenze infiammatorie e dalle aderenze delle pliche come pure dalla formazione del cosid. labirinto tubarico già citato a pag. 257. U n a infiammazione pregressa è senza dubbio di grandissima importanza per la formazione di una gravidanza tubarica. L ' a u m e n t a t a frequenza di gravidanza extrauterina constatata dalla prima guerra mondiale in poi viene ricondotta non da ultima all'aumento della gonorrea e dell'aborto provocato (v. T S C H E R T O K , E . B E R N H A R D , E C H O L S ) . In questo senso ricordiamo anche lo svilupparsi di una gravidanza in tuba tubercolotica. Bibl. v. R E I F F E R S C H E I D , B L A N D , S T O D DARD,
KISTNER-HERTIG-ROCK,
PENDL.
d) Poiché la proliferazione in profondità dell'epitelio tubarico viene considerata da alcuni ricercatori come possibile inibizione allo sviluppo (v. pag. 265), anche alcune malformazioni della tuba (condotti accessori, tube accessorie, diverticoli) sono state considerate responsabili di gravidanza tubarica ( H U F F M A N , S C H Ö N H O L Z , P A N K O W ) . Condotti tubarici accessori possono essere spiegati in molti casi con un'infiammazione pregressa (cfr. K L E I N E ) . K E R M A U N E R (bibl.) ed altri dubitano che M I C H O L I T S C H , F E L L N E R ed altri abbiano portato la dimostrazione inoppugnabile di un annidamento in un diverticolo; ciò non ostante, v. F R A N Q U É - G A R K I S C H vi riuscirono in modo indubbio (cfr. anche discussione a P A N K O W di O P I T Z , V . F R A N Q U É , A L B R E C H T , F R A N K L ) . T r a le considerazioni sulle cause della gravidanza extrauterina L A H M mise in primo piano arresto della differenziazione con tendenza alla formazione di decidua nella mucosa tubarica. e) Senza dubbio anche Veterotopia endometrioide ha una certa importanza nell'insorgenza della gravidanza extrauterina (cfr. pag. 265, come pure W E I S S , HASELHORST,
SEITZ,
SENGUPTA,
VARA,
FRANKEL-SCHENK,
V.
TORZSAY-KISS).
f) I polipi mucosi, i miomi, ecc. hanno un ruolo di scarsa importanza in quanto ostacoli meccanici alla migrazione dell'uovo ( H Ö H N E , L A H M , L E H M A N N , S E H M I S C H , Z A N D E R ) . Certamente le cause di gr. e. u. sono molteplici. Che l'infiammazione abbia un'importanza decisiva è fuori discussione. Fino a che punto le altre possibilità abbiano una certa importanza, non può essere stabilito quantitativamente (v. anche G R E G E R S E N , H O L T Z , R E I M A N N ) .
I. F O R M E D I G R A V I D A N Z A i. La
forma
decisamente
più
EXTRAUTERINA
frequente
è la
(graviditas tubaria). A seconda della sede dell'uovo ampollare,
gravidanza
tubarica
si distinguono: a) gr.
secondo a m p i e statistiche (PÜTZ, FALK-ROSENBLOOM) la f o r m a
ORGANI
GENITALI
FEMMINILI
281
più frequente. Come sottotipi si considerano: aa) L a gravidanza tuboaddominale; in questa forma una parte dell'uovo protrude attraverso l'apertura tubarica laterale nella cavità addominale, tuttavia la placenta è collegata sempre, almeno in parte, con la parete tubarica; ßß) L a rarissima gravidanza tuboovarica (gravidanza in una tuba ovarica o in cisti tuboovarica; cfr. pag. 267, come pure HÖHNE, bibl., WESTMAN). — ß) Gravidanza istmica, pure frequente, statisticamente viene subito dopo la forma ricordata sotto a). Ostacoli alla discesa dell'uovo si ripercuotono particolarmente su questa porzione. — y) Gravidanza interstiziale (bibl. HÖHNE, FRANKL, HASELHORST), che tutto sommato è rara ed è riconducibile all'annidamento dell'uovo nella parte intramurale. Circa l'anatomia della porzione tubarica decorrente nell'utero cfr. HÖHNE-ZORN, HERMSTEIN-NEUSTADT, GRUNER. Tra le cause FRANKL (1935) ricorda le ciglia insufficienti, la peristalsi alterata, malformazioni e alterazioni infiammatorie (salpingite istmica nodosa) — v. anche SCHIFFMANN, W. SCHMITT — e l'adenomiosi (cfr. anche NAUJOKS, LEHWIRTH come pure le ricerche di PHILIPP-HUBER). Se l'uovo si sviluppa contemporaneamente nell'utero si ha la gravidanza tubouterina. Nella gravidanza interstiziale raramente avviene l'apertura nell'utero e passaggio dell'uovo in questo, ma per lo più la perforazione verso l'esterno e precisamente nella parete posteriore. Non va confusa con la gravidanza interstiziale la gravidanza in un diverticolo uterino (pag. 307), in cui la tuba è invece immodificata. Rara è la Ó) gravidanza infundibulare (gravidanza fimbrica) quando si ha annidamento nell'ambito delle fimbrie; v. HÖHNE (1923), GEISSELSÖDER, P. SINGER, sulla gravidanza fimbrica nella tubercolosi tubarica v. ALEXANDER-MOSZKOWICZ, SCHRÖDER-RAU, cfr. anche sopra. Dati sulla gravidanza in una tuba accessoria (gravidanza paratubaricoì) provengono da FINSTERER, WALTHARD, bibl., EKLER, HÖHNE (1923). Una gravidanza in moncone tubarico è stata descritta ripetutamente (DIEMER, 0 . v. SCHRÖDER ed altri). Anche sulla gravidanza contemporanea in entrambe le tube esistono numerose
osservazioni
(bibl.
v.
LANHARDT,
UNTERBERGER,
OLOVSON,
FISHBACK, HARRIS-LEVITON, ABRAMS-LANTER, KARTSCH), c o m e p u r e s u l l a
gravidanza gemellare nella stessa tuba (bibl. v. AREY, FALK-BLINIK, HAUKOHL-ANDERSON). MOSSETIG descrisse un toracopago in gravidanza tubarica, DIAMANT trigemini. Una gravidanza tubarica intralegamentosa (bibl. v. CHAMPION-TESSITORE; v. anche WOLFE-NEIGUS) si forma quando la sacca contenente il prodotto si infiltra durante il suo accrescimento tra i foglietti del legamento largo, mentre la placenta resta attaccata alla tuba. Secondo SCHUCHARDT la sacca può essere circondata completamente da muscolatura tubarica oppure soltanto dal peritoneo del legamento largo e in questo caso la parete tubarica si è distesa dalla parte opposta a quella in cui si ha l'inserzione della placenta.
282
ORGANI
GENITALI
2. Gravidanza ovarlca: è rara. (Bibl. v. FREUND-THOMÉ, KRAPF, LIEBE, BOWING, HÖHNE-HASELHORST, GERSTEL, R I L K E e MICHELETTI). S i d i s t i n -
guono due tipi: a) l'annidamento di superficie SALLA, S E R E B R E N I K O W A , R .
(superficiale, corticale) (Bu-
ZIMMERMANN, G E R S T E L ,
KOVACS) c h e
viene
ricondotto da un lato a una fissazione meccanica dell'uovo fuoriuscito dal follicolo in una nicchia o in un'insenatura della superfìcie ovarica — forse anche in rapporto con alterazioni infiammatorie — (HÖHNE [1917], HENNES), d'altra parte può essere spiegato con la presenza di tessuto endometrioide (KLEINE, MCKENZIE). Assai più frequente della forma superficiale (cfr. invece J. MILLER) è la ß) cosid. gravidanza ovarica intrafollicolare che avviene a condizione che dopo lo scoppio del follicolo l'uovo venga fecondato quando si trova ancora nella cavità follicolare anziché quando è già libero. STRASSMANN pensò che la causa della mancata fuoruscita dell'uovo fosse un insufficiente spostamento del cumulo ooforo. ARRONET ha proposto recentemente di distinguere nella gravidanza ovarica una forma follicolare da una extrafollicolare. Circa l'annidamento cfr. FRANZ, HÖHNE (1923), KERMAUER, J. MILLER. In questi Autori v. anche trattazione sulla posizione del corpo luteo relativo. La formazione di decidua nell'ovaia in corso di gr. ovarica non è costante e solo raramente è dimostrabile in maggiore estensione (cfr.
KOMOCKI,
FLETCHER-GALT,
H.
SCHUMANN).
Esiti della gravidanza ovarica: è frequente la rottura della capsula embrionale con o senza espulsione dell'uovo e con emorragia. FORSSNER considerò la gravidanza ovarica come la causa principale se non unica delle emorragie dall'ovaia (v. anche HEIJL, GERSTEL). Meno spesso si forma una mola ematica, come nell'osservazione di H. FUCHS; in questo caso esisteva inoltre un'insufficienza tubarica dalla stessa parte, cosicché occorre ammettere una migrazione esterna degli spermatozoi (v. anche KUPFER). In condizioni favorevoli il prodotto può anche essere portato a termine
(MICHOLITSCH, SÄNTTI, SCHORSCH, NICHOLLS). Sulla
gravidanza
addominale secondaria cfr. bibl. LEOPOLD, FÜTH. Sulla pietrificazione v. pag. 290. SCHUBERT, BENDIEK,
MILNOR-BOWLES
h a n n o descritto
l'evenienza
contemporanea di gravidanza ovarica e uterina, PUDNEY, BITTMANN hanno descritto gravidanze ovariche e tubariche contemporanee. 3. L a gravidanza peritoneale primitiva (0 addominale) è rara, ma certamente esistente. L'uovo fecondato si fissa in un punto del peritoneo. VEIT che negava l'esistenza di una gravidanza peritoneale primitiva, pose per il suo riconoscimento la condizione, che, al di fuori di ogni partecipazione delle tube e delle ovaie, così come in assenza di una tuba accessoria, un uovo vivo stesse in connessione vitale con il peritoneo. Anche se soltanto una parte delle osservazioni risponde a questi requisiti
(KÖHLER,
WALKER,
REIFFERSCHEID
[1922],
BRUGNATELLI,
HAS-
SELBLATT) altre osservazioni non sono meno dimostrative. Abbastanza
ORGANI GENITALI
283
FEMMINILI
s p e s s o i l s a c c o a m n i o t i c o è s t a t o r i s c o n t r a t o n e l c a v o d e l D o u g l a s (RICHTER, FLEISCHHAUER, STUDDIFORD), VAN
DE
JAQUIN,
BÜTTNER,
eccezionalmente
Loo),
splenica
(W.
J.
anche
MEYER,
in regione
NAGEL,
LAUBSCHER, epatica
KUSHNER-DOBRZYNSKI),
(FARRIS-KUSH-JACOBS) o p p u r e a n c h e in r e g i o n e o m e n t a l e
POSATTI,
(SEELIGMANN, gastrica
(LINDEMANN).
N e i c a s i d i g r a v i d a n z a p e r i t o n e a l e il p r o d o t t o d e l c o n c e p i m e n t o p u ò e c c e z i o n a l m e n t e g i u n g e r e a l l a v i t a . GÜRTLER r i f e r ì s u l l a g r a v i d a n z a p e r i t o n e a l e con
contemporanea L a gravidanza
gravidanza
-peritoneale
intrauterina.
secondaria
(o m e g l i o falsa)
si v e r i f i c a q u a n d o
l a c e l l u l a u o v o o il p r o d o t t o v e n g o n o e s p u l s i d a l l a t u b a o I n a l t r i c a s i e s i s t e u n a gravidanza
addominale
parziale
dall'ovaia. (tubo-addominale).
E n o t e v o l e il f a t t o c h e i n q u e i c a s i i n c u i n e i m e s i s u c c e s s i v i si v e r i f i c a v a u n a r o t t u r a d a distensione della t u b a senza che la rottura interessasse la p l a c e n t a , il f e t o p o t e s s e m a n t e n e r s i i n v i t a p e r m e s i t r a le a n s e i n t e s t i n a l i al di fuori dell'amnios C i r c a l e ricerche rine
(HARRIS, b i b l . ) .
sperimentali
v . BRUNO W O L D F ,
sulla
genesi delle
gravidanze
extraute-
NOVAK-EISINGER.
2. C O M P O R T A M E N T O
DELL'UTERO
NELLA
GRAVIDANZA
EXTRAUTERINA L ' u t e r o d i v e n t a ipertrofico, l ' e n d o m e t r i o d i m o s t r a t r a s f o r m a z i o n e deciduale, c o m e nella g r a v i d a n z a n o r m a l e . Q u a n t o più è r e c e n t e la g r a v i d a n z a e q u a n t o più v i c i n a a l l ' u t e r o è la sede della cellula u o v o , t a n t o p i ù sono a c c e n t u a t e le m o d i f i c a z i o n i della m u c o s a e della m u s c o l a t u r a d e l l ' u t e r o . A n c h e le mammelle v a n n o i n c o n t r o a ipertrofia. T a l o r a la m u c o s a u t e r i n a r i s p o n d e solt a n t o più t a r d i . L ' e p i t e l i o superficiale e quello g h i a n d o l a r e d e l l ' u t e r o p o s s o n o subire t r a s f o r m a z i o n i sinciziali (M. B . SCHMIDT). L a t r a s f o r m a z i o n e d e c i d u a l e r a g g i u n g e il t e r z o superiore della c e r v i c e e p u ò d e t e r m i n a r e t a l o r a la f o r m a zione di cellule di t i p o g i g a n t e (W. H . SCHULTZE). Col q u a r t o m e s e cessa l ' a u m e n t o di v o l u m e d e l l ' u t e r o . Se la g r a v i d a n z a e x t r a u t e r i n a v i e n e i n t e r r o t t a , l ' u t e r o regredisce e la d e c i d u a v i e n e e l i m i n a t a in u n a p a r t e d e i casi intera, s o t t o f o r m a di sacco a tre punte, e s t e r n a m e n t e r u g o s o e villoso e i n t e r n a m e n t e liscio, l e g g e r m e n t e rigonfio e che p r e s e n t a u n a p e r f o r a z i o n e in ogni a n g o l o , o p p u r e s o t t o f o r m a di piccoli f r a m m e n t i . T a l o r a il s a c c o d e c i d u a l e u t e r i n o espulso è c a p o v o l t o e i n v e r t i t o (BUCHE). Se u n a g r a v i d a n z a u t e r i n a v i e n e interr o t t a p r e c o c e m e n t e (4 a -5 a s e t t i m a n a ) la d e c i d u a u t e r i n a p u ò a n c h e regredire. D i q u e s t o a r g o m e n t o si sono o c c u p a t i e s t e s a m e n t e BANIECKI, MEINRENKEN, HINZ-TERBRUGGEN, OVERBECK. C o m u n q u e l ' e s a m e d e l l ' e n d o m e t r i o in corso di g r a v i d a n z a e x t r a u t e r i n a i n t e r r o t t a e la d i s t i n z i o n e r i s p e t t o a d u n a b o r t o r a p p r e s e n t a n o u n c o m p i t o i n g r a t o in q u a n t o d i f f i c i l m e n t e risolvibile, specialm e n t e q u a n d o sono g i à i n t e r v e n u t i f e n o m e n i e m o r r a g i c i (cfr. MORITZ-DOUGLAS,
284
ORGANI
GENITALI
GEIST-MATUS, BÒRNER, SIDDALL, KNEPPER, BENXHIN, H . SCHNEIDER, W I L L E R , ROMNEY-HERTIG-REID,
ARRONET-STOLL,
K.
W.
SCHULTZE,
HOMMA).
L'iper-
plasia g h i a n d o l a r e c o m e è s t a t a descritta d a KIEF-MUTH n o n si verifica (TIETZE). Sull'iperplasia deciduale (cfr. p a g . 469) nella g r a v i d a n z a t u b a r i c a , v. SPEISER. D e c i d u a e c t o p i c a p u ò essere messa in e v i d e n z a t a l o r a c o m e nella g r a v i d a n z a normale.
3. GRAVIDANZA TUBARICA, FORMA PRINCIPALE E PIÙ FREQUENTE DELLA GRAVIDANZA EXTRAUTERINA U n t e m p o si p e n s a v a c h e nella sede in c u i la cellula u o v o aderisce alla m u c o s a tubarica a v v e n i s s e r a p i d a m e n t e la f o r m a z i o n e r e a t t i v a di u n a d e c i d u a . I n b a s e a numerosi l a v o r i si p u ò ritenere che ciò n o n a v v i e n e o per lo m e n o nei primi mesi s o l t a n t o in misura m o l t o r i d o t t a (bibl. ASCHOFF); cfr. per la tesi c o n t r a r i a LAHAM. Se i n t e r v i e n e la f o r m a z i o n e di decidua, ciò a v v i e n e s o l t a n t o nei mesi successivi e in sede p l a c e n t a r e essa m a n c a c o m p l e t a m e n t e ; q u i n d i u n a decid u a basale n o n si f o r m a se la t u b a n o n è r i v e s t i t a d a e n d o m e t r i o (cfr. p a g g . 265 e 280). L a cellula u o v o n o n t r o v a u n terreno n u t r i t i v o a d a t t o nella t u b a e l'annid a m e n t o d e l l ' u o v o e la f o r m a z i o n e della p l a c e n t a c o m p o r t a n o la p e n e t r a z i o n e d e i villi f e t a l i nella m u c o s a e nello s t r a t o muscolare (FUTH) . Mentre la reazione deciduale nel p u n t o di a n n i d a m e n t o , c o m e è s t a t o g i à d e t t o , viene q u a s i gener a l m e n t e n e g a t a , esistono t u t t a v i a sufficienti osservazioni sulla reazione decid u a l e a f o c o l a i o nella t u b a in corso di g r a v i d a n z a t u b a r i c a (TRANKU-RAINER, bibl., ZIMMERMANN, OSIANKA-SCHMATOK). LAHM riferì a n c h e sulla t r a s f o r m a zione d e c i d u a l e c o m p l e t a della m u c o s a t u b a r i c a . Occorre però sottolineare che d a l corion p r e n d e le mosse u n a così intensa m i g r a z i o n e cellulare, c h e il tessuto m a t e r n o c i r c o s t a n t e ne è c o m p l e t a m e n t e infiltrato, cosicché viene s i m u l a t a f a c i l m e n t e u n a t r a s f o r m a z i o n e d e c i d u a l e d i q u e s t o . A n c h e in q u e s t a sede, c o m e è s t a t o o s s e r v a t o a n c h e nell'utero, si h a la fusione dei villi epiteliali f e t a l i che f o r m a n o così un secondo guscio intorno alle m e m b r a n e o v u l a r i , cioè u n a p l a c c a di a s s o r b i m e n t o (ASCHOFF) s o r r e t t a dai villi a m o ' di pilastri, c h e a p r e i vasi m a t e r n i c o m p o r t a n d o così la f o r m a z i o n e di u n circolo p l a c e n t a r e . Q u e s t a infiltrazione d e s t r u e n t e (figg. 76 e 77) p u ò raggiungere la sierosa. L a lenta distruzione della p a r e t e t u b a r i c a per la p r o g r e s s i v a proliferazione delle cellule f e t a l i viene c o p e r t a in p a r t e d a coaguli s a n g u i g n i o r g a n i z z a t i o d a e s s u d a t o fibrinoso, con s u c c e s s i v a t r a s f o r m a z i o n e c o n n e t t i v a l e e ispessimento della sierosa. WERTH distinse u n a n n i d a m e n t o o v u l a r e colonnare ed uno intercolonnare. Q u e s t ' u l t i m o a v v i e n e nella m u c o s a perfino t r a due pieghe; nel p r i m o caso i n v e c e l ' u o v o è l o c a l i z z a t o sull'apice di u n a piega o p p u r e t r a p i e g h e secondarie a p p a r t e n e n t i a d u n a principale. N a t u r a l m e n t e nella f o r m a colonnare il pericolo di u n a b o r t o è m a g g i o r e a causa della minore superficie di coesione. N e l l a f o r m a intercolonnare i n v e c e la p a r e t e t u b a r i c a , nella q u a l e p e n e t r a l ' u o v o , è più esposta alla r o t t u r a .
ORGANI
GENITALI
Fig. Gravidanza
Gravidanza
tubarica.
tubarica.
FEMMINILI
76.
Infiltrazione della p a r e t e a d o p e r a di masse D o n n a di 38 a n n i . ( E 399/40).
trofoblastiche.
K g - 77V a s i con p r o l i f e r a z i o n i t r o f o b l a s t i c h e . S t e s s o c a s o d e l l a fig. 76.
286
ORGANI
GENITALI
Inoltre WERTH distinse una rottura delle membrane ovulari interne [aborto tubarico) da una rottura delle membrane ovulari esterne (rottura tubaricd). D a l momento che la localizzazione più frequente è quella nel segmento ampollare è più facile che si giunga a una rottura verso l'interno, cioè nel lume residuo (aborto), mentre nell'annidamento a livello dell 'istmo la parete tubarica viene rapidamente infiltrata dagli annessi ovulari (rottura)] nell'annidamento nella porzione intermedia della tuba, o dove le fusioni delle pliche e i dotti epiteliali parietali sono in equilibrio, l'aborto e la rottura presentano la stessa frequenza. Mentre l ' u o v o penetra nella parete tubarica, non solo la mucosa, m a anche la muscolatura liscia finiscono col ricoprirlo. Questo strato capsulare o v v e r o pseudoriflessa viene distrutto nel corso dell'ulteriore sviluppo nel giro di poche settimane ad opera delle masse trofoblastiche proliferanti dell'uovo che si sviluppa o per emorragie (VOIGT). L e circostanze descritte spiegano le condizioni sfavorevoli in cui si t r o v a l ' u o v o nella t u b a e rendono comprensibile la facile insorgenza di una r o t t u r a tubarica o anche di un aborto; la rottura avviene nelle prime settimane di g r a v i d a n z a naturalmente soltanto nella sede placentare. D ' a l t r a parte i v a s i situati in tessuto esclusivamente fetale sono particolarmente predisposti alla rottura, che viene c o m p l e t a t a dalle contrazioni della tuba. L e emorragie che ne derivano portano poi alla rottura o ali 'aborto tubarico. Mentre la muscolatura tubarica è fortemente assottigliata nella sede placentare oppure può mancare del t u t t o o può essere sostituita da tessuto cicatriziale peritoneale, nelle restanti porzioni essa può diventare talora ipertrofica, probabilmente in seguito alle contrazioni indotte dallo stimolo dell'uovo (particolarmente di quello morto).
4. E S I T O D E L L A
GRAVIDANZA
TUBARICA
D i r e g o l a q u e s t a g r a v i d a n z a v i e n e i n t e r r o t t a nei p r i m i t r e mesi (con m a s s i m a f r e q u e n z a d u r a n t e il secondo). E s i s t o n o in t a l c a s o d u e p o s s i b i l i t à :
a) ROTTURA DELLA TUBA L a rottura
aperta della tuba,
con e m o r r a g i a e con o s e n z a f u o r i u s c i t a
d e l l ' u o v o , a v v i e n e r a r a m e n t e d o p o il 3°-4° m e s e e d h a l a m a s s i m a f r e q u e n z a t r a l a 6 a e l ' 8 a s e t t i m a n a . L a r o t t u r a a v v i e n e p i ù spesso q u a n d o mento
è avvenuto
nella parte prossimale
(uterina)
l'annida-
della tuba.
Cause:
P r o g r e s s i v o a s s o t t i g l i a m e n t o d e l l a p a r e t e l a d d o v e i v i l l i f e t a l i e le m a s s e cellulari p e n e t r a n o in q u e s t a e ne s c o m p a g i n a n o gli s t r a t i p a r i e t a l i ; le c o n t r a z i o n i e i t r a u m i c o m e quelli d a t r a z i o n e e d a s c u o t i m e n t o p o s s o n o p r o d u r r e d i r e t t a m e n t e la r o t t u r a . L e c o n t r a z i o n i i n t e r e s s a n o o l ' a n e l l o m u s c o l a r e
ORGANI GENITALI
FEMMINILI
287
disteso al di sopra della convessità dell'uovo oppure, come ritenne F E H L I N G , anche segmenti tubatici ancora conservati per cui l'uovo viene spinto contro un punto cedevole della tuba chiusa e ne consegue lo scoppio dell'uovo e della parete assottigliata. Secondo altri punti di vista la rottura è causata per lo più secondariamente da emorragie in sede placentare tra l'uovo e l'organo che lo contiene; queste possono verificarsi per aumenti della pressione sanguigna (p. es. sollevamento di grandi pesi). L a rottura dalla quale fuoriesce dapprima il sangue è spesso una piccolissima soluzione di continuità della grandezza di una testa di spillo. Talora la rottura è più grande; è situata in sede placentare (in questo caso possono fuoriuscire villi coriali che rimangono inclusi in coaguli ematici o nelle sue vicinanze; in questi casi l'emorragia può essere molto grave e provenire da arterie e vene, nelle emorragie « foudroyantes » il sangue deriva dagli spazi intervillosi nei quali sboccano direttamente le arterie. Le rotture voluminose si formano talora perché l'uovo, ingrandito per la presenza del sangue, fuoriesce attraverso un orificio originariamente piccolo della parete tubarica, che si trova sotto tensione, e le cui pareti indebolite si lacerano ulteriormente, nel qual caso il sacco amniotico elastico può anche non rompersi, mentre in altri casi attraverso la rottura tubarica — che può essere localizzata di fronte alla sede d'impianto della placenta — può fuoriuscire il prodotto del concepimento in seguito a scoppio degli annessi ovulari oppure anche l'uovo intero il quale esercita una forte pressione per la presenza dell'emorragia. L ' u o v o però può rimanere anche nella tuba. K I U T S I distinse tra rottura, cioè la soluzione di continuo capsulare acuta, e usura, che ne sarebbe la forma cronica. Conseguenze della rottura possono essere: 1. La morte per emorragia interna acuta. 2. Formazione di una raccolta ematica saccata e cioè un'ematocele retrouterino oppure di un ematoma (in caso di rottura intralegamentosa). 3. Guarigione completa. Destino del prodotto del concepimento'. Questo può essere già morto molto tempo prima della rottura; probabilmente però muore per lo più quando si verifica la rottura. In casi rari esso può rimanere in vita dopo aver raggiunto la cavità peritoneale attraverso la rottura, e particolarmente quando la placenta resta attaccata alla tuba. In questo caso si ha una gravidanza peritoneale secondaria (falsa). L'uovo morto — sia rimasto nella tuba o giunto nella cavità peritoneale in occasione della rottura — può essere riassorbito senza lasciar traccia e anche la decidua tubarica come pure la decidua uterina e la raccolta emorragica possono regredire completamente, ciò che significa guarigione completa. Di regola però si instaura un ematocele retrouterino (v. pag. 289), per cui nel fondo dello spazio del Douglas si riscontrano villi coriali misti a sangue e di rado anche il corpo fetale.
288
ORGANI
b) A B O R T O
CON M O R T E D E L
GENITALI
PRODOTTO DEL
CONCEPIMENTO
L'aborto è più frequente quando l'annidamento dell'uovo avviene nella porzione distale (addominale) della tuba. Nell'aborto tubarico la gravidanza viene interrotta per un'emorragia tra uovo e placenta. L'emorragia proviene dai vasi mucosi situati nell'ambito della proliferazione delle cellule coriali che si lacerano per improvvisi aumenti pressori o per contrazioni della muscolatura della tuba. Secondo ASCHOFF i vasi più esposti a questo pericolo sono quelli appartenenti allo strato pseudoriflesso formato dalla mucosa e dalla muscolare infiltrate. L'uovo viene a morte. L'emorragia può avvenire anche nell'interno dell'uovo. Le ulteriori alterazioni sono variabili; si può avere un uovo abortivo nella tuba per cui l'embrione morto viene rapidamente riassorbito, mentre l'amnios e soprattutto i villi coriali (come pure interi nidi di cellule di LANGHANS entro il tessuto materno, HEINSIUS) rimangono per un tempo più lungo nella tuba ripiena di coaguli sanguigni (ematosalpinge) e possono continuare ad infiltrare ulteriormente la parete (e talora determinarne persino la rottura, cfr. ASCHOFF, bibl.). Il sangue raccolto tra uovo e annessi ovulari (ematoma) circonda completamente l'uovo. L'uovo, liberato interamente a causa dell'emorragia può essere espulso in toto dall'infundibolo fimbriato (aborto tubarico completo) e può raggiungere con il sangue la cavità peritoneale, lasciando indietro villi coriali, oppure il feto da solo può venire espulso insieme al sangue e può venire incapsulato in seguito in un punto qualsiasi della cavità peritoneale, oppure dalla apertura tubarica addominale può fuoriuscire soltanto sangue, mentre l'uovo racchiuso in coaguli resta fissato come mola emorragica (aborto tubarico incompleto). KÓBERLE descrisse la fuoriuscita del prodotto di concepimento attraverso l'utero e la vagina in un caso di gravidanza Ístmica (aborto tubo-uterino), e LABES un aborto rettale. Un uovo venuto a morte molto precocemente può determinare l'emorragia sia verso l'interno, cioè nella cavità addominale, come verso l'esterno; quest'ultimo fatto può avvenire indipendentemente da un'eventuale espulsione di decidua. — In questi casi le emorragie per lo più subentranti nella cavità addominale determinano la formazione frequente di un ematocele. — L a morte per emorragia è rara nell'aborto tubarico, cosa che si spiega in base ai rapporti anatomici già discussi. — Sulla guarigione spontanea non molto frequente della gravidanza extrauterina per riassorbimento e organizzazione della formazione molare del giovane uovo, cfr. SCHIFFMANN (bibl.),
BORELL,
NÜNBERGER
(bibl.),
SCHONHOF,
circa
la formazione
mole vescicolari vere e proprie bibl. vedi HÜCKEL, KIRCH.
di
ORGANI GENITALI
FEMMINILI
5. E M A T O C E L E R E T R O - O
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PERIUTERINO
L'emorragia interna che segue alla rottura del sacco amniotico o all'aborto tubarico è generalmente tanto più intensa quanto più avanzata la gravidanza. Se l'emorragia nella cavità addominale è violenta, la morte per dissanguamento della madre può essere molto rapida. In altri casi si forma un ematocele retrouterino, che è per lo più dovuto, anche se non sempre (v. pagg. 161 e 256), ad una gravidanza extrauterina e precisamente ad una gravidanza tubarica. Non di rado l'emorragia avviene tra le aderenze e nelle pseudomembrane connettivali che si formano frequentemente in corso di gravidanza tubarica o che preesistevano in seguito a peritonite pelvica e che rivestono lo spazio del DOUGLAS. Talora il sangue penetra forzatamente tra i foglietti del legamento largo (ematoma intralegamentoso) a condizione che la placenta si formi nell'ambito della mesosalpinge e l'emorragia sia intensa. Tuttavia per la formazione di un ematocele tipico le condizioni citate non sono obbligatorie; questo avviene piuttosto nel modo seguente. Si ha un'emorragia da aborto a livello della tuba (talora anche emorragia da rottura) che poi si ferma; il sangue misto ad elementi fetali che si è raccolto nello spazio del DOUGLAS può coagulare (forse il tempo di coagulazione è aumentato, HEINSIUS), oppure il suo riassorbimento ¿impedito da alterazioni primitive del peritoneo pelvico. Gli organi vicini e precisamente le anse intestinali, la parete uterina posteriore, l'omento, il legamento largo circondano la massa di sangue e vi aderiscono, la loro sierosa si infiamma e prolifera. In seguito si aggiunge a pouséess nuovo sangue; ciò è tipico ed è caratterizzato da dolori. Il sangue penetra in uno spazio già capsulato da membrane di connettivo giovane e lo estende ulteriormente. Si forma così un ammasso sanguigno globoso similtumorale di consistenza molto variabile che si ingrandisce sempre di più e può raggiungere il volume di una testa di adulto. Si tratta quindi dell 'organizzazione di una raccolta emorragica avvenuta nel cavo addominale (cfr. MAENNEL) Anche ematoceli molto voluminosi possono subire un riassorbimento spontaneo completo. Talora alla periferia del coagulo si forma (nel giro di mesi) una capsula compatta costituita da fibrina e connettivo. Un tale ematoma capsulato come una cisti e che talora può essere totalmente scapsulato viene denominato ematocele capsulato, ematocele solitario. — Se un ematocele va incontro a suppurazione o gangrena, cosa non rara e causata verosimilmente da un'infezione di origine intestinale o dalla tuba precedentemente infiammata, esso può perforare la parete rettale anteriore o il fornice vaginale posteriore. 19 —
KAUFMANN
II,
p.
I
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6. ESITI RARI DELLA GRAVIDANZA TUBARICA (E OVARICA) L a g r a v i d a n z a tubarica può giungere eccezionalmente a termine. Secondo LICHTENSTEIN a v v e r r e b b e la penetrazione dei villi nel c o n n e t t i v o ricco di vasi del mesosalpinge e la formazione della placenta sarebbe « basiotropa » (cfr. R . MEYER, HÒHNE [1923]), cioè sarebbe localizzata verso la base dell'organo contrariamente a q u a n d o è rivolta verso la superficie, nel q u a l caso si ha, facilmente la perforazione. (Se la g r a v i d a n z a ovarica giunge alla seconda m e t à del t e m p o o anche al termine è perché la placenta si è i m p i a n t a t a nella direzione dell'ilo). Di regola il sacco amniotico è allora connesso con gli organi circostanti mediante numerose aderenze. P e r lo più la q u a n t i t à del liquido amniotico è scarsa; malformazioni (piede torto, torcicollo e a.) del prodotto del concepimento sono frequenti per questa ragione; cfr. LELLING, SUTER-WICHSER. Se, q u a n d o il prodotto del concepimento è m a t u r o — bibl. sulle gravidanze extrauterine a termine
con feto
vivo v e d i SITTNER, R O S E N B L A T T , D E H L E R , V. G I E S E N , H E L L -
MANN-SIMON, W A R E
J R . , M C E L I N - R A N D A LL —
n o n si
interviene
(laparatomia
e estrazione del feto), questo muore, poiché la placenta si stacca; allora segue l'espulsione della decidua uterina con emorragia. P e r contrazione del sacco amniotico (ad opera della muscolatura della t u b a e del legamento largo) può a v v e n i r e anche la rottura che determina il dissanguamento. P u ò intervenire anche una peritonite. Destino del sacco ovulare. 1. Se il contenuto del sacco amniotico rimane asettico e il liquido viene riassorbito, il sacco diminuisce sempre di più di v o l u m e e aderisce intimamente al feto come uno stretto mantello. E s t e r n a m e n t e il sacco può essere circondato d a un c o n n e t t i v o denso. D o p o alcuni anni la placenta è scomparsa. Si verifica la mummificazione del feto (la mummificazione p u r a viene definita anche come dermatopedion, cfr. KRÒMER), che porta alla formazione del litopedion. Se i sali di calcio si depositano soltanto esternamente si parla, secondo KÜCHENMEISTER di litocheliphos. Se si calcificano le m e m b r a n e ovulari e gli strati superficiali del feto concresciuti con le membrane (fig. 78), si parla di litocheliphopedion (bibl. v. R . FREUND, FASTENAU). Questi furono osservati raramente anche in casi di g r a v i d a n z a o v a r i c a (bibl. v. WEIBEL). Se il feto si t r o v a nella c a v i t à addominale privo di membrane ovulari e connesso con anse intestinali o con l ' o m e n t o soltanto mediante aderenze (connesso soltanto con l ' o m e n t o p. es. nell'osservazione di BIENER, V. anche SCHEIDBUKOFZER, E. VOGT) ed è impregnato di sali di calcio fin negli strati più profondi, si parla di litopedion, Steinkind (letteralmente « b a m b i n o di pietra »), che è, in base alle accurate statistiche di STRAUSS (bibl.), la f o r m a più frequente, tenendo presente che non si t r a t t a di una calcificazione completa, q u a n t o piuttosto di una pietrificazione analoga a quella delle mummie. A n c h e dopo alcuni anni gli organi interni permettono di riconoscere la loro struttura. L a striatura trasversa delle fibre muscolari si mantiene particolarmente a lungo, E . KAUF-
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MANN la o s s e r v ò p. es. nella m u s c o l a t u r a d e l l a l i n g u a in un c a s o di l i t o p e d i o n in d o n n a di 85 anni; c f r . i r e p e r t i istologici di DAMBLÉ e v. a n c h e M. B . SCHMIDT. I l p i g m e n t o e m a t i c o d i f f u s o e t r a s f o r m a t o c o n f e r i s c e al l i t o p e d i o n un c o l o r i t o g i a l l o - r o s s a s t r o (V. a n c h e M. B . SCHMIDT). Q u e s t e f o r m a z i o n i p o s s o n o conser-
Fig. 7 8 . Litocheliphopedion in donna di 85 anni. Disegnato in situ da E. K A U F M A N N . (Vedi W A I . L A R T , Zschr. Geburtsh. 59 [1907]).
3/4
grand, nat.
v a r s i a n c h e per d e c e n n i . I l i t o p e d i sono l o c a l i z z a t i di r e g o l a n e l l a c a v i t à a d d o m i n a l e r a r a m e n t e nella t u b a (KRATZEISEN). L i t h o c h e l y p h o p e d i o n n e l l ' u t e r o v.
J.
WERTH,
v.
MAUDACH,
THALER.
2. S p e s s o s a c c h i o v u l a r i di a n t i c a d a t a possono essere i n f e t t a t i , p r o b a b i l m e n t e d a l l ' i n t e s t i n o , e g i u n g o n o a suppurazione o a gangrena. I l f e t o v a i n c o n t r o a l l o r a a p u t r e f a z i o n e e v i e n e m a c e r a t o fino alle o s s a (scheletrizzazione del f e t o ) . P u ò s e g u i r n e u n a p e r i t o n i t e m o r t a l e con o senza r o t t u r a del sacco. P i ù
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GENITALI
frequente è la perforazione del sacco negli organi vicini in seguito ad adesione ad essi. Il contenuto liquido e in seguito anche le ossa del feto macerato possono gradatamente svuotarsi attraverso il retto, la vescica, raramente attraverso la vagina oppure attraverso la parete addominale; nella vescica possono essere causa di litiasi. Quando tutto il contenuto è stato espulso, cosa che può durare anche per anni, il sacco va incontro a raggrinzamento e cicatrizza. Più spesso interviene la morte per i fenomeni febbrili di lunga durata a causa del riassorbimento settico e per la perdita di liquidi. L a scheletrizzazione del feto è molto rara finché il sacco rimane chiuso e asettico. Bibl. v. anche E . KRAUSS, HÒHNE (1928),
HASELHORST,
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ORGANI
GENITALI
FEMMINILI
295
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C — UTERO
CAPITOLO
I
ANATOMIA Nella donna adulta non gravida l'utero costituisce un organo cavo, piriforme, nel quale si distingue un corpo (corpus uteri) e un collo (collum uteri, cervice) che sono in comunicazione tra di loro attraverso l'istmo. Una parte della cervice sporge libera nella vagina (portio vaginalis). T u t t e le parti citate sono costituite oltre alla muscolatura liscia fascicolata (miometro) da una mucosa (endometrio) variabile per aspetto e per comportamento funzionale, che riveste la cavità dell'utero (cavum uteri). Il rivestimento sieroso del corpo dell'utero viene denominato perimetrio. Istologìa della mucosa: a) Cervice: La porzione che sporge libera nella vagina, è rivestita da epitelio piatto pluristratificato ricco di glicogeno ( W E G E L I N ) che però non rivela corneificazione. Il connettivo sottostante forma un corpo papillare più o meno evidente. Il canale cervicale (canalis cervicis) è rivestito da un epitelio cilindrico, muciparo che si approfonda nella parete in forma di ghiandole ramificate ed è costituito da uno strato semplice di cellule cilindriche alte con citoplasma chiaro e nuclei situati alla base. La presenza di rare cellule epiteliali ciliate tra le cellule secernenti è ammessa da ricercatori competenti ( R . M E Y E R , R . S C H R Ö D E R ) . Il passaggio dall'epitelio pavimentoso stratificato in quello cilindrico muciparo avviene in corrispondenza dell'orificio uterino esterno, senza però seguire nettamente il limite anatomico. Per ciò che riguarda i canali epiteliali nelle pareti laterali della cervice, cfr. ampolla del condotto di Gärtner (v. pag. 23). b) Istmo: La mucosa dell'istmo uterino, che non è sempre ben delimitato rispetto alla cervice, è caratterizzata da epitelio cubico che pure si approfonda in forma di ghiandole dirette verso l'alto, situate in uno stroma ricco di cellule. Sulle modificazioni cicliche, che anche se dimostrabili, non sono mai così marcate come nel corpo, cfr. N Ü R N B E R G , S T I E V E , R . S C H R Ö D E R , F R A N K L , S J Ö V A L L , SHETTLES.
296
ORGANI
GENITALI
c) Il quadro della mucosa del corpo dell'utero soggiace nella d o n n a sessualmente matura, non gravida, salvo modificazioni patologiche, a continue variazioni che si ripetono. Esposizione a pag. 310. Il tessuto elastico è particolarmente studiato nelle pubblicazioni di WOLTKE, IWANOFF, STEFANCSIK, KUNDRAT. Sulle fibre reticolari esistono lavori recenti di CENTARO-SERRA,
STAEMMLER, V. Z E D T W I T Z .
Sull'architettura
della
parete
muscolare dell'utero e sul suo significato funzionale v. GÒRTTLER. L ' u t e r o è nutrito dall'arteria uterina (ramo dell'a. ipogastrica) che è connessa con l'a. ovarica. L e vene formano un plesso sulle pareti laterali (plesso uterino). Il deflusso del sangue a v v i e n e d a una parte a t t r a v e r s o il plesso ovarico nella v e n a ovarica, e dall'altra nella v e n a ipogastrica. Ricerche sistematiche sulla vascolarizzazione dell'utero furono eseguite d a WIEGAND, KUSTERMANN, v . M A S S E N B A C H , F A U L K N E R . JOACHIMOVITS d e s c r i s s e v a r i a z i o n i
dell'anastomosi
t r a arteria o v a r i c a e uterina. Sulle arterie a cuscinetto v . ROTTER. I v a s i linfatici formano una fitta rete e conducono ai linfonodi ipogastrici e lombari. Esistono anche connessioni con i linfonodi inguinali. Ricerche sull'apparato nervoso sono state eseguite d a DAHL, KEIFFER,
KOPPEN.
Forme cellulari particolari: Sulle cellule chiare dell'endometrio cfr. FEYRTER, FEYRTER-FRÒWIS,
GIESEMANN,
ROTTER-EIGNER,
GUNDELACH,
HAMPERL,
sui
« fluorociti » v . pag. 154 e MULLER-CARIOBA, sulle cellule specifiche v. NUMERS, sulle « cellule granulose endometriali » HELLWEG.
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ORGANI
GENITALI
FEMMINILI
297
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CAPITOLO
MALFORMAZIONI
II
DELL'UTERO
Alle malformazioni dell'utero si accennò già a pag. 18. T r a le malformazioni tessutali ha sempre attratto particolarmente l'attenzione la comparsa di nidi di epitelio piatto (fig. 79) nella mucosa del corpo. Quando vengono riscontrati
t'ig. 79Noduli di epitelio piatto in iperplasia granulo-cistica. D o n n a 3 1 a n n i (E 3391/47).
in bambine ( R . M E Y E R , 1898, F R I E D L À N D E R , H O H L , N A T A N S O N ) , si tratta certamente di malformazioni. Più difficile è invece il giudizio di questi nidi nell'adulta, non soltanto per ciò che riguarda la loro derivazione, ma anche per
298
ORGANI
GENITALI
ciò che riguarda i loro rapporti col cancro. Le osservazioni compiute finora permettono di ritenerli probabilmente formazioni benigne situate in una mucosa iperplastica, costituite da isole cellulari ramificate, situate in parte nelle ghiandole e in parte nello stroma, senza atipia dei nuclei cellulari (« cespugli di epitelio piatto », R . M E Y E R ) forse paragonabili ai carcinoidi dell'intestino. Vedi H U N Z I K E R (bibl.), R . M E Y E R 1921, 1922, T I L L M A N N S , A S C H H E I M , A H L S T R Ò M , HINTZE,
A.
GOLDSCHMIDT,
EISERTH,
HEROLD-EFFKEMANN,
SIEGERT,
PISTO-
prescindere dalle componenti cartilaginee dei tumori misti (pag. 381) furono riscontrati in questi ultimi anni con una certa frequenza, esaminando dei raschiamenti, dei focolai cartilaginei — raramente anche ossei ( E R B S L Ò H - S C H W E I K A R T , B R O C O - F E Y E L , SLUCZEWSKI) — inclusi in endometrio carcinomatoso O comunque patologico FIDIS,
(H.
O.
PELKONEN,
NEUMANN,
NIEMEYER,
BRUNTSCH,
BRAKEMANN,
R.
MEYER
RANDERATH.
1930,
BLASEK,
A
RÒSSLER,
KOVÀCS,
bibl., F E L L E R , B R U N T S C H ) . Fino a che punto per la spiegazione di una metaplasia si possa prendere in considerazione una malformazione tessutale o un'anomalia di abbozzo è difficile a dirsi, v. G I E R K E (bibl.) paragonò questa forma alla tracheopatia condro-osteoplastica e propose la definizione di endometriopatia condroplastica. J A K U B O W I T Z riscontrò cartilagine sotto la sierosa, R . M E Y E R (1929) la riscontrò anche in aderenze con gli annessi. ISBRUCH,
SYREK,
PUTZ,
HOFSTÀTTER,
Assolutamente eccezionale è la presenza di glia nella mucosa uterina Anche il reperto di ghiandole sebacee nell'ambito della portio appartiene alle rarità ( H I N S E L M A N N , P I L L E R , D O U G H E R T Y , D O N N E L L Y - N A V I D I ) . (JAROSCHKA).
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ORGANI GENITALI
FEMMINILI
299
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CAPITOLO I I I
MODIFICAZIONI DEI MEZZI DI SOSTEGNO E DELLA POSIZIONE DELL'UTERO La trattazione più particolareggiata delle alterazioni di posizione è d'interesse prevalentemente ginecologico. Qui basti una rapida revisione. Esposizioni dettagliate con numerose citazioni bibliografiche v. v. JASCHKE, R.
MEYER.
L'utero è generalmente molto mobile e modifica la sua posizione a seconda dello stato di replezione della vescica e del retto, e a seconda della variazione di pressione nella cavità addominale. L a muscolatura dell'apparato di sostegno e il proprio peso più la tensione del pavimento del bacino e della vagina determinano la posizione fisiologica. In posizione eretta con retto e vescica vuoti, la posizione è di anteversio-flessione. Il corpo dell'utero ha un asse orizzontale, mentre il collo un angolo aperto in basso e in avanti. Alterazioni di posizione e di fissazione. Un'alterazione di posizione viene definita patologica, quando essa è permanente; le cause vanno ricercate per lo più in alterazioni al di fuori dell'utero. Così l'organo, di per sé inalterato, può essere spostato in alto al di fuori dal piccolo bacino {elevazione) ad opera di tumori sottostanti oppure per raccolte di essudato o di sangue (ematocolpo) oppure scende verso il basso per cedevolezza dell'apparato di sostegno e di appoggio (descensus uteri). Una raccolta di essudato nel parametrio o la trazione di aderenze o la retrazione del legamento largo hanno per conseguenza talora uno spostamento laterale dell'utero (lateroposizione) che può essere sia una destro- sia una sinistroposizione. Se in seguito ad una trazione continuata e permanente, p. es. aderenze retraenti pelvi-peritonitiche, tutto l'organo, cioè con la cervice, ruota, si parla di rotazione (KUSTNER). Una rotazione di grado modesto verso destra è fisiologica e diventa più marcata con la gravidanza. L a torsione sull'asse è data da una marcata rotazione del corpo dell'utero, per lo più verso destra, mentre la cervice rimane fissa nella sua posizione. Queste torsioni sull'asse sono riconducibili a tumori uterini (miomi) od
3°°
ORGANI
GENITALI
ovarici e particolarmente quelli cistici, e colpiscono talora anche l'utero gravido o durante il parto. — L'inginocchiamento fìsso con diminuzione dell'angolo fino ad angolo acuto tra corpo e collo dell'utero viene definito antiflessione patologica; mentre la fissazione dell'utero in una posizione con inclinazione in avanti rispetto alla norma viene definita antiversione. Le cause sono: la retrazione dei leg. larghi in seguito ad infiammazioni croniche; ciò comporta lo stiramento in addietro della cervice con inginocchiamento ad angolo acuto rispetto al corpo; inoltre si possono citare: l'accorciamento dei leg. sacrouterini, più raramente aderenze che stirano l'utero in avanti. Anche un arresto di sviluppo della muscolatura del corpo uterino può determinare la condizione per un'anteflessione patologica. Nella retroversione l'asse uterino rappresenta un prolungamento della direzione della vagina. (Una retroversione temporanea si osserva in caso di forte replezione della vescica). L'angolo tra corpo e collo dell'utero è annullato oppure invertito, e cioè aperto verso l'osso sacro (retroflessione). Il corpo, il cui fondo scende verso lo spazio del DOUGLAS e la cui superficie inferiore guarda ora verso l'alto, forma con la cervice un angolo aperto in dietro. Se questa situazione perdura per lungo tempo, l'utero aumenta di volume e si indurisce per congestione in seguito alla stasi delle vene del leg. largo. Cause'. Ha soprattutto importanza la lassità dell'apparato di sostegno (in particolare dei legamenti sacrouterini e rotondi), talora anche una cedevolezza del pavimento del bacino, cosicché le varie forze nello spazio addominale possono agire sul sostegno e sulla posizione dell'utero. Perciò la retroversioflessione è di frequente soltanto fenomeno parziale di una debolezza generalizzata dell'apparato legamentoso e spesso associato ad enteroptosi, non di rado anche con ipoplasia dei genitali, la quale ultima diventa concausa ad opera dell'alterato rapporto tra corpo e collo. La cedevolezza e l'aumentata mobilità dell'utero dopo il parto creano pure la premessa per il formarsi di una retroversio-flessione. Il suo verificarsi dipende però dalla coincidenza di una serie di circostanze (cfr. v. J A S C H K E ) .
CAPITOLO
IV
PROLASSO DELL'UTERO E DELLA VAGINA (PR.)
I gradi più elevati di discesa (descensus uteri) portano al prolasso dell'utero, il quale può essere incompleto (parziale) — quando soltanto le parti inferiori dell'utero sporgono attraverso l'apertura vulvare — oppure
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può essere completo (prolasso totale) quando attraverso la vulva fuoriesce tutto l'utero rivestito dalla vagina estroflessa verso l'esterno. I disturbi di circolo delle parti prolassate condizionano un edema cronico e aumento del connettivo; entrambi determinano un aumento di volume e di spessore specialmente della portio; la sua superficie, poiché non viene più inumidita, diventa asciutta e cornea (epidermizzata) e diventa spesso anche bruna come la cute esterna. Sulla deposizione di pigmenti vedi HINSELMANN, HINSELMANN-GUNTHER. [Da questa forma v a t e n u t a distinta la deposi-
zione di argento granuloso (argirosi), che è stata osservata in alcuni casi in seguito ad uso terapeutico di preparati all'argento (cfr. DWORZAK, GELLHORN, LASH-SIMMEL-DAVIDSOHN)].
I n s e g u i t o a d i n s u l t i e s t e r n i si v e r i -
ficano perdite di epitelio ed ulcerazioni {ulcere erosive, abrasioni, ulcere da compressione e da decubito), soprattutto nella parte inferiore del pr., cioè nelle vicinanze dell'orificio uterino esterno, tuttavia però anche in altre sedi come nell'ambito della vagina. Secondo KERMAUNER si tratterebbe di ulcere da rottura o da lacerazione. Quasi sempre l'orificio uterino è allargato (e ciò è favorito da vecchie lacerazioni cervicali) e la mucosa del canale cervicale è più o meno estroflessa (ectropio). L a dilatazione con arrovesciamento del collo può arrivare al punto che la regione dell'orificio uterino interno rappresenta il punto più basso del prolasso. In questi casi la mucosa del canale cervicale può essere rivestita da epitelio pavimentoso pluristratificato, mentre le ghiandole si obliterano; è possibile anche il verificarsi di erosioni (v. pag. 337). Il pr. p u ò essere riducibile o p p u r e la riposizione p u ò d i v e n t a r e impossibile per aderenze nel piccolo bacino. Conseguenze per gli organi vicini: cistocele. Nei gradi più e l e v a t i di cistocele p u ò essere interessata a n c h e la porzione uretrale più v i c i n a alla v e s c i c a cosicché essa f o r m a un arco a p e r t o in a v a n t i . Solt a n t o nel pr. m o l t o p r o n u n c i a t o si h a la f o r m a z i o n e di d i v e r t i c o l i della p a r e t e r e t t a l e inferiore anteriore (rettocele). S e c o n d o la concezione oggi d o m i n a n t e , l ' a b b a s s a m e n t o o v v e r o il prolasso d e l l ' u t e r o è il f e n o m e n o p r i m i t i v o e la c o m p a r t e c i p a z i o n e v a g i n a l e ne è dipendente. Il manifestarsi di u n pr. è f a v o r i t o d a l l ' a l t e r a t a posizione dell'utero, s p e c i a l m e n t e d a l l a retroversio-flessione, poiché la pressione i n t e r n a a d d o m i n a l e n o n colpisce la p a r e t e superiore c o m e nell'utero in posizione normale, bensì il f o n d o o persino la superficie inferiore dell'utero e h a perciò la possibilità d i porre s e m p r e più l ' u t e r o nella posizione di retroversione e di spingerlo al d i fuori del b a c i n o (KUSTNER). S c e n d e n d o , l ' u t e r o arrovescia s e m p r e di più la v a g i n a . P e r l a stessa ragione nella retroversio-flessione si p u ò d i m o s t r a r e quasi s e m p r e anche u n l i e v e a b b a s s a m e n t o . Il pr. completo p u ò s v i l u p p a r s i a n c h e r a p i d a m e n t e in seguito a d u n i m p r o v viso a u m e n t o di pressione nella c a v i t à a d d o m i n a l e (portare pesi, sollevarli) senza c h e v i sia s t a t o u n a u m e n t o del peso o del v o l u m e d e l l ' u t e r o c h e possano a v e r f o r n i t o il prolasso. Se il pr. si f o r m a l e n t a m e n t e , si p u ò c o n s t a t a r e , freq u e n t e m e n t e nell'utero e s p e c i a l m e n t e a livello della cervice, u n a u m e n t o di
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volume. Q u e s t a « ipertrofia » è determinata dalla stasi venosa, le cui cause sono spiegate in vario modo (modificata posizione delle vene nei legamenti, strozzamento attraverso l ' a p e r t u r a vulvare, differenze pressorie tra le porzioni situate sopra e sotto la « porta erniaria »); l ' a u m e n t o di volume è in parte d o v u t o ad un edema reversibile, m a in parte ad un'iperplasia connettivale, esempio di iperplasia che f a seguito a stasi venosa e ad edema cronico. Se i tessuti che sostengono l'utero sono più lassi e il c o n n e t t i v o del bacino è rilassato per scomparsa di tessuto adiposo, se l'utero è a u m e n t a t o di v o l u m e e di peso o se la v a g i n a è d i l a t a t a (per un pessario troppo voluminoso), un a u m e n t o i m p r o v v i s o intenso o ripetuto della pressione addominale interna può causare un pr. completo istantaneamente o progressivamente. Circa il problema delle cause e condizioni del pr. genitale, due teorie si divisero il c a m p o per un certo tempo. Secondo una, sostenuta particolarmente d a HALBAN e TANDLER ( b i b l . ) , l a c o n d i z i o n e p e r l ' a b b a s s a m e n t o e p e r il p r o -
lasso a n d a v a ricercata nella debolezza della muscolatura del p a v i m e n t o del bacino che è il p u n t o d'appoggio dell'utero. Si t r a t t a soprattutto in tal caso del d i a f r a m m a pelvico costituito dall'elevatore dell'ano, attraverso il quale sboccano posteriormente il retto e anteriormente la v a g i n a e l'uretra (jato genitale) e sul quale (oppure sulla guaina dell'elevatore) appoggiano il segmento superiore della parete vaginale posteriore e la cervice, mentre la parete vaginale anteriore e la porzione posteriore del p a v i m e n t o vescicale situata al di sopra della plica interureterica sono posti sopra l ' j a t o genitale. Questo a p p a r a t o di sostegno riceve un ulteriore rinforzo per opera del d i a f r a m m a urogenitale. L a cedevolezza di questa lamina di chiusura comporta la dilatazione dello j a t o genitale e lo può trasformare in porta erniaria. Spesso la causa di questa insufficienza v a ricercata in lesioni da parto (rottura di fasci muscolari, strappo di inserzioni muscolari, p. es. della parte pubica, ecc.). L ' a b b a s s a m e n t o che si verifica per tal causa interessa d a p p r i m a le porzioni della vescica e della vagina situate al di sopra dello jato. Successivamente attraverso lo jato fuoriesce anche l'utero e spesso per prima la sola portio. Se la porzione superiore dell'utero resta fissata sulla lamina dell'elevatore, quella inferiore viene stirata e si ispessisce per le ragioni sopra citate. Anche casi di pr. in spina bifida occulta (v. questa,
cfr.
anche
EBELER-DUNKER,
HEYNEMANN, JACOBY)
e d i pr.
in
neonate
con spina bifida sacrale (GRAF, NOYES, TORPIN) vengono citati come dimostrazione dell'importanza predominante dell'apparato muscolare di sostegno. Se il 3° e 4° nervo sacrale, che innervano il muscolo elevatore dell'ano, cadono nell'ambito della spina bifida, il muscolo degenera sempre più e ne segue il prolasso. L ' a p p a r a t o fibroso legamentoso rimane inalterato. Contrariamente all'ipotesi di HALBAN-TANDLER, E. MARTIN * (bibl.) trasportò il fulcro sull'apparato legamentoso dei genitali femminili, in particolare sui legamenti e sulle fasce connettivali. L e concezioni più recenti invece, tendono ad eliminare questa distinzione e le considerazioni unilaterali, ora dell'apparato di sostegno, ora di quello legamentoso, a f a v o r e invece di una considerazione sintetica per cui le condizioni necessarie per un prolasso v a n n o ricercate in una debolezza di entrambi. Questa debolezza è inoltre spesso soltanto un'espressione di una ficienza
costituzionale
( c f r . v . JASCHKE, GRAFF).
insuf-
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Tuttavia non in tutti i casi in cui davanti alla vulva si osserva un « tumore » rivestito dalla vagina rovesciata, e al cui estremo inferiore si riconosce l'orificio uterino, si ha a che fare effettivamente con un pr. completo dell'utero, bensì in molti di questi casi la portio si trova effettivamente innanzi alla vulva, ma il fondo si trova ad altezza pressoché normale; la retroversione in tal caso è piuttosto frequente. L'utero è quindi considerevolmente allungato; può raggiungere da 12 a 15 cm. In questi casi secondo S C H R Ò D E R il fatto primitivo è un prolasso vaginale che interessa soltanto la parete anteriore oppure la parete
WSWmh t '
Fig.
-
80.
Sezione sagittale non p e r f e t t a m e n t e m e d i a n a a t t r a v e r s o un prolasso della vagina, e specialmente della sua parete anteriore, con abbassamento dell'utero lungo 12 cm ( U ) . Ipertrofia della porzione m e d i a n a della cervice. VMl l a b b r o u t e r i n o anteriore, che trapassa nella parete vaginale anteriore ispessita ed arrovesciata. H M l l a b b r o posteriore. 0 orificio uterino esterno; s i t u a t o d a v a n t i alla v u l v a . H Fornice v a g i n a l e posteriore a n c o r a conservato; è d e l i m i t a t o anteriormente dalla p a r t e e v a g i n a t a della parete v a g i n a l e posteriore, che t r a p a s s a nel HMl. Ur uretra, presente nella sezione s o l t a n t o anteriormente. B vescica con cistocele. Il r e t t o {colpito al di fuori della linea mediana) diviso d a l s i g m a (R) d a una v a l v o l a di Houston del retto. LO o v a i a sinistra, LT t u b a sinistra. DR p u n t o più p r o f o n d o dello spazio del Douglas posteriore. 2/3 g r a n d e z z a naturale. Disegno E . K A U F M A N N .
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anteriore e quella posteriore della v a g i n a . L a v a g i n a rilasciata o l a c e r a t a p. es. d a i p a r t i si spinge verso il v a s s o e esercita u n a trazione sulla cervice, la quale risponde a questo stimolo con un'ipertrofia. I singoli t r a t t i della cervice possono partecipare v a r i a b i l m e n t e all'ipertrofia. Se prolassa soltanto la p a r e t e v a g i n a l e anteriore, si h a ipertrofia della porzione media, se prolassano la p a r e t e v a g i n a l e anteriore e quella posteriore, si ispessisce la p a r t e s o p r a v a g i n a l e e si allunga sempre di più, inoltre la p o r t i o p u ò essere f o r t e m e n t e ispessita. Il f o n d o dell ' u t e r o si a b b a s s a di poco o anche a f f a t t o , in q u a n t o p u ò essere m a n t e n u t o nella sua posizione normale sia in m o d o solito oppure per presenza di aderenze, di t u m o r i o altro. L'orificio uterino segue la v a g i n a che lo trascina e fuoriesce dalla v u l v a . L a v a g i n a a b b a s s a t a è ispessita. Se a q u e s t i f a t t i si a g g i u n g o n o condizioni che c o m p r o m e t t o n o il m a n t e n i m e n t o del f o n d o al livello solito (rilassamento d e l l ' a p p a r a t o di fissazione, c o m e si verifica poco d o p o il parto, inoltre peso dell'organo e f o r t e pressione) oppure l ' u t e r o ipertrofico v a incontro a d atrofia (in seguito ad involuzione senile o per ritenzione di l u n g a d u r a t a m e d i a n t e pessario) si h a l ' a b b a s s a m e n t o dell'utero oltre a quello della v a g i n a e si giunge p e r t a n t o al pr. completo. HENKE richiamò l ' a t t e n z i o n e su u n tipo particolare di prolasso in corso di gravidanza (per lacerazione della parete v a g i n a l e posteriore). Bibl. sul pr. dell'utero g r a v i d o FINDLEY, cfr. anche HANNAH. L ' i n f e z i o n e delle porzioni genitali prolassate può essere p u n t o di p a r t e n z a di sepsi (HANNAH, BÒHM, bibl.). Il carcinoma nel prolasso è considerato come una r a r i t à (p. es. HÒGLER, EMMERT-TAUSSIG,
PERCIVAL,
ASHTON,
PAALMAN-COUNSELLER,
RENDELSTEIN).
L'Inversione dell'utero è dapprima una invaginazione (i° grado) del fondo nel cavo (depressione uterina); Yarrovesciamento completo (20 grado) si ha quando il fondo fuoriesce attraverso l'orifìcio uterino ed è infine seguito dal prolasso (30 grado). Guardando dalla cavità addominale, si osserva nel fondo del bacino una estroflessione a tasca nella quale giacciono gli annessi. Cause: L'inversione acuta si origina o spontaneamente d u r a n t e il p a r t o o v v e r o il puerperio o p. es. per trazione al funicolo ombelicale o v v e r o alla p l a c e n t a . U n a parte dei casi è riconducibile alla trazione esercitata da t u m o r i i m p i a n t a t i con a m p i a base nel fondo e che assottigliano la parete uterina (inversione orogenetica)', la sede di i m p i a n t o si a p p r o f o n d a e viene t i r a t a verso il basso sempre di più dal tumore. L e contrazioni dell'utero accelerano spesso il processo. I casi nei quali m a n c a n o le condizioni dianzi citate, v e n g o n o definiti c o m e inversioni idiopatiche che si riscontrano occasionalmente nel prolasso di donne anziane, per cui STEPHAN parlò di « inversione da prolasso » e considerò l'inizio della inversione c o m e un'eversione dei labbri dell'orificio uterino in seguito alla trazione della v a g i n a prolassata. T r a le alterazioni di posizione dell'utero, bisogna annoverare infine anche la trasposizione in un sacco erniario (ernia uterina, isterocele), che è quasi esclusivamente una ernia uterina inguinale (LOCATELLI) ed è spesso complic a t a anche da g r a v i d a n z a . Bibliografia v . R . MEYER, MOTILOFF.
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R . SCHRÖDER, H d b . der.
Krankheiten
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CAPITOLO
V
STENOSI ED ATRESIE DEL CANALE GENITALE E LORO CONSEQUENZE L e s t e n o s i e le atresie d e l c a n a l e g e n i t a l e ( g i n a t r e s i e ) s o n o (cfr. p a g . 23) o acquisite fiamento retrazione
congenite
e in q u e s t o c a s o sono la c o n s e g u e n z a d i u n rigon-
i n f i a m m a t o r i o d e l l a p o r t i o o d i lesioni ulcerose e d e t e r m i n a n t i cicatriziale,
p . es. v a g i n i t e
gangrenosa
in corso
di
malattie
i n f e t t i v e (difterite) in e t à i n f a n t i l e , o d i t r a u m i c o n s u c c e s s i v a c i c a t r i z z a z i o n e (in s e g u i t o a l a c e r a z i o n e , c a u s t i c a z i o n i p r o f o n d e , a m p u t a z i o n e d e l l a 20 —
K A U F M A N N I I , p.
I
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portio, in seguito a raschiamento e asportazione di tumori e a.). — È frequente la obliterazione senile dell'orificio uterino esterno o interno o in sedi qualsiasi del corpo dell'utero. Nella sede dell'occlusione secondo R. MEYER (in: HENKE-LUBARSCH) l'epitelio manca soltanto in alcune sedi e spesso può essere dimostrato anche in forma di cisti in profondità. Queste obliterazioni sono un reperto occasionale, frequente durante la necroscopia e decorrono per lo più con la formazione di un idro o piometra (vetularum) di grado modesto. Dettagli v. sotto. Le ginatresie acquistano particolare importanza all'inizio delle mestruazioni, in quanto il sangue si raccoglie al di sopra dell'occlusione, e determina una dilatazione. Quando l'occlusione della vagina è al livello dell'imene (atresia vaginale imenale) il sangue dilata considerevolmente il canale vaginale (ematocolpo); il sangue è piceo, di colore cioccolata fino a nero, e ispessito. Contemporaneamente viene dilatato anche l'utero e più precisamente inizialmente viene dilatata la cervice. Quando l'atresia vaginale è situata a livello più alto, la cervice viene dilatata quasi subito e in seguito anche il corpo (ematometra). Se l'orificio uterino interno è occluso, la forma della cervice rimane immodificata e soltanto il corpo si dilata in forma sferica. Non di rado esistono contemporaneamente raccolte ematiche intratubariche (ematosalpinge), probabilmente non tanto per un ristagno del sangue nell'utero, quanto piuttosto per emorragie autoctone dalla parete tubarica in seguito a chiusura dell'ostio addominale. Se l'orificio tubarico laterale è pervio, il sangue defluisce dalle tube nella cavità addominale. — Se l'occlusione dell'orificio uterino si forma dopo la menopausa nella cavità uterina si raccoglie un liquido sieroso o mucoso e talora simile al miele (Idrometra, serometra). L a dilatazione è per lo più insignificante e sempre minore di quella dell'ematometra. Raro è il « colesteatoma » dell'utero, per cui la cavità uterina che presenta occlusione localizzata ed è alquanto dilatata nelle parti rimanenti, è ripiena di una massa torbida, cremoso-biancastra e splendente (v. pagg. 335 e 408). — Il piometra è riconducibile ad un catarro purulento. Un tipo particolare di piometra di grado lieve, si forma spesso nell'utero assottigliato ed atrofico di donne vecchie per raccolta di liquido mucoso e purulento dietro all'orificio uterino interno occluso (piometra senile). Se il contenuto emorragico o purulento va incontro a disfacimento, esso diventa gangrenoso e si ha la formazione di gas, cosicché si forma il fisometra (raro) connesso con una dilatazione sferica di alto grado. Il fisometra (timpania uterina) è riconducibile alla penetrazione di aria nell'utero durante il parto oppure alla formazione di gas di origine batterica (cfr. malattie del puerperio). Esiti dell'emato- pio- e /isometra', in u n a p a r t e dei casi a v v i e n e la perforazione n e l l ' a m b i t o dell'atresia, q u a n d o l ' o s t a c o l o cede in seguito a necrosi o g a n g r e n a o per t r a u m a , in altri casi si h a la rottura del t r a t t o d i l a t a t o (vagina o utero), per cui il c o n t e n u t o fuoriesce o nella c a v i t à a d d o m i n a l e o nel t e s s u t o cellulare
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del bacino, da cui in seguito può trovare una via verso l'esterno attraverso un organo vicino (vescica, retto) o attraverso la cute. Nei casi di canale genitale doppio con ginatresia monolaterale può avvenire che soltanto una metà venga trasformata in ematocolpo e risp. ematometra (talora con ematosalpinge).
CAPITOLO
VI
FERITE DELL'UTERO IN PARTICOLARE DA STRAPPAMENTO E LACERAZIONE (ROTTURA)
Bibl. vedi
P. ZWEIFEL,
R.
FREUND,
R. MEYER,
ANTOINE.
L a lacerazione dell'utero colpisce o tutti gli strati della parete (rottura completa) oppure è incompleta, nel qual caso in genere viene risparmiato il rivestimento sieroso (rottura incompleta). Secondo la classificazione comune si distinguono rotture uterine spontanee e violente.
1. R O T T U R A S P O N T A N E A
DELL'UTERO
La rottura spontanea dell'utero compare 1. raramente durante la gravidanza. Sull'importanza dell'annidamento dell'uovo in diverticoli uterini cfr. bibl. P I S T A C E K , H Ò H N E , H A S E L H O R S T , sull'evaginazione acuta del fondo W. A. F R E U N D , S H A W , R U B O V I T S . Più frequenti sono le 2. lacerazioni con feto a termine e durante il parto, che compaiono allora più frequentemente nell'ambito del collo ovvero del segmento uterino inferiore, più raramente a livello del fornice vaginale posteriore e hanno prevalentemente decorso traversale. Sulla lacerazione completa della portio v. bibl. I N G R A H A M - T A Y L O R , P. S C H W A R Z . Per l'insorgenza della rottura hanno significato causale: ostacoli al parto in seguito ad alterato rapporto di volume tra pelvi e contenuto, in particolare: bacino stretto, stenosi ed atresie del canale genitale, volume eccessivo del feto, gravidanza multipla, idrocefalo, alterazioni di posizione (posizione trasversa o obliqua), alterazioni della parete uterina, che comportano una diminuzione della resistenza alla rottura e che non resistono all'aumento di pressione durante il parto (e talora già anche durante la gravidanza). In tal caso si hanno in parte
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malformazioni, come uno sviluppo insufficiente della muscolatura nell'utero bicorne, in parte si tratta di una diminuzione acquisita della resistenza della parete uterina p. es. in seguito a infiltrazione ed assottigliamento della muscolatura per il corion proliferante ovvero una mola vescicolare oppure in seguito a localizzazione abnorme della placenta. Particolare menzione meritano le cicatrici della parete uterina, le cui cause sono molteplici: aborti pregressi o asportazione manuale della placenta, raschiamenti, taglio cesareo, specialmente nell'ambito del corpo dell'utero (più raramente in seguito a taglio cesareo più profondo cervicale — P. M Ü L L E R , W I L L E , W E T T E R W A L D ) , quando la ferita guarisce in modo incompleto ed è prevalentemente fibrosa (cfr. E R B S L Ö H , STIEVE). Anche in seguito ad asportazione di miomi, ecc. rimangono cicatrici. Sono citate anche altre alterazioni isolate della parete uterina, come premessa per una lacerazione, come la degenerazione jalina della muscolatura del connettivo, la degenerazione delle fibre elastiche (cfr. O. HORN), infiammazioni ( L E D E R E R , F R I E D R I C H ) , adenomiosi (P. S C H Ä F E R , bibl. S T O N E ) . La lacerazione dell'utero non è comune in seguito ad errato dosaggio di preparati ipofisari (v. P R O B S T N E R , J U N G H A N S , bibl. v. A N T O I N E ) .
2. ROTTURE VIOLENTE Le rotture violente si verificano per interventi violenti durante la gravidanza o durante il parto, ecc. mediante istrumenti (forcipe, ecc.). Talora la rottura spontanea viene prodotta per interventi di poco conto (introduzione della mano per rivolgimento). Le perforazioni, e più raramente le lacerazioni grossolane, si verificano con relativa frequenza in seguito a raschiamento dopo aborto incompleto e specialmente in seguito ad aborto criminale (v. P E H A M K A T Z , CARTSBURG).
Una forma peculiare è costituita dalla cosiddetta fistola cervico-vaginale laqueatica, formazione fistolosa tra il canale cervicale e il fornice vaginale posteriore, che si forma in parte spontaneamente in seguito ad aborto o parto, e in parte viene messa in rapporto con lesioni prodotte specialmente da aborti provocati (bibl. W I C Z Y N S K I , B R U N N E R , O T T O W ) . Come è stato detto anche 1 'ematometra può portare alla rottura. B A U E osservò la rottura della cervice per presenza di teleangectasie. I tumori (miomi, sarcomi, carcinomi) dell'utero favoriscono — durante la gravidanza o anche al di fuori di questa — una lacerazione che avviene per lo più nel corpo. Sono importanti le profonde lacerazioni laterali che colpiscono il collo e spesso anche i punti di inserzione della vagina, e aprono la strada al tessuto cellulare del parametrio, che avvengono quando, il passaggio del feto è rapido. Le conseguenze sono gravi, talora mortali emorragie (a. uterina), o la formazione di ematomi intralegamentosi (cfr. bibl. K N A U E R , A N T O I N E ) . Talora ne deriva una infezione puerperale. Lacerazioni superficiali dei margini dell'ostio uterino sono molto frequenti durante il parto. REISEN
ORGANI
GENITALI
FEMMINILI
309
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CAPITOLO
VII
LA MESTRUAZIONE E I SUOI DISTURBI L'endometrio, che, nella d o n n a adulta, non gravida, c o m e
descrive-
r e m o i n s e g u i t o , s u b i s c e u n a t r a s f o r m a z i o n e c h e c o n t i n u a m e n t e si r i p e t e a intervalli di t e m p o press'a p o c o uguali, a seconda dello s t a t o funzionale i n c u i si t r o v a , è c o s t i t u i t o d a u n a m u c o s a d i c o l o r e r o s a p a l l i d o c h e a d e r i s c e i n t i m a m e n t e alla muscolatura senza interposizione di u n a
sottomucosa.
L ' e p i t e l i o s u p e r f i c i a l e m o n o s t r a t i f i c a t o c i l i n d r i c o , c h e d u r a n t e il della m a t u r i t à sessuale p u ò essere ciliato in z o n e e in a p p r o f o n d a a f o r m a di tubuli. lora dimostrano
ramificazioni
Le dei
ghiandole tratti
(ghiandole
terminali,
periodi
periodo
d i v e r s i , si
uterine),
sono situate
che
ta-
in
uno
ORGANI
GENITALI
stroma ricco di cellule. L'interstizio è costituito da cellule a limiti indefiniti, fusiformi o ramificate, e connesse a mo' di rete, contenenti nuclei ben visibili ricchi di cromatina, e da una rete di fibre a graticciata, che dimostra densità variabile durante i continui rimaneggiamenti della mucosa
(HORMANN, SEKIBA, W E R M B T E R , STAEMMLER, v . ZEDTWITZ).
Questa
rete di fibre argentatimi dimostra disposizione più fitta sotto l'epitelio superficiale e ghiandolare e attorno ai vasi («strato delle fibre limitanti» secondo HORMANN). I rari linfociti, che si trovano nello stroma come cellule libere, non sono da interpretare come reperto infiammatorio. I cumuli cellulari a focolaio negli strati profondi, spesso in forma di noduli con centri germinativi evidenti, vengono considerati reperto normale da MÒNCH, H. O. NEUMANN, FORLINI-GABBI, quando si riscontrano durante il periodo della maturità sessuale; una frequenza eccessiva di questi noduli (H. O. NEUMANN) e la presenza nella mucosa dell'utero infantile, sono da interpretarsi forse come segni di uno stato linfatico (cfr. RUCK).
i . L E M O D I F I C A Z I O N I C I C L I C H E D E L L A MUCOSA D E L
CORPO
Esposizioni dettagliate con bibl. v. R. SCHRÖDER, TIETZE. L'emorragia mensile dall'utero (regola, periodo, mestruazione) si manifesta, nelle donne appartenenti alla razza bianca, in media tra il 14° e il 16 0 anno di età (menarca) e si ripete durante i circa 20 anni di maturità sessuale della donna, a distanza di circa 4 settimane. La cessazione delle emorragie mensili (menopausa) avviene in media intorno al 4.70 anno di età, tuttavia esistono notevoli variazioni in più e in meno come del resto per il menarca (MORETTI). Ogni volta che si giunge all'emorragia, la mucosa dell'utero va incontro ad una trasformazione dovuta all'influenza di ormoni, formati in parte dal follicolo in via di maturazione, e in parte dal corpo luteo che ne è derivato; questa trasformazione viene interrotta in seguito alla regressione del corpo luteo e cessa con l'eliminazione della mucosa preparata e con l'emorragia dall'utero ad essa legata. Le alterazioni della mucosa tra due mestruazioni, che furono descritte per la prima volta con grande precisione nel lavoro di HITSCHMANN e ADLER, non interessano l'endometrio in tutto il suo spessore, bensì soltanto lo strato interno (strato funzionale o dell'annidamelo secondo R. SCHRÖDER) mentre lo strato esterno aderente alla muscolatura (strato basale secondo R. SCHRÖDER) non partecipa alle trasformazioni cicliche oppure vi partecipa soltanto eccezionalmente in misura modesta. Da questo strato parte la rigenerazione della mucosa dopo l'emorragia. Nello strato funzionale R. SCHRÖDER distingue 4 fasi:
ORGANI GENITALI
FEMMINILI
3"
a) F A S E P R O L I F E R A T I V A
La fase proliferativa (stadio evolutivo secondo F R A N K L ) decorre dal 5 0 al 14 0 giorno dopo l'inizio della mestruazione. In questo periodo si ha un aumento di spessore per lo più considerevole della mucosa. Le ghiandole hanno inizialmente decorso rettilineo, tuttavia manifestano in seguito una lieve tortuosità, ma non hanno alcun contenuto. Le mitosi sono talora frequenti. Il decorso dei vasi corrisponde a quello delle ghiandole.
b) F A S E
SECRETORIA
L a fase secretoria va dal 14° al 28° giorno (stadio trasformativo secondo stato funzionale «pregravido» nella definizione di R. M E Y E R ) . Le ghiandole diventano più ampie e la tortuosità si accentua. Infine compaiono delle pieghe della parete che condizionano la « forma a sega » delle ghiandole. La posizione del nucleo diventa irregolare, e nelle cellule compaiono zone di chiarificazione; la dimostrazione di lipoidi ( S U G I , A S C H H E I M , F R O B O E S E , bibl. G O H L I S C H ) , di glicogeno ( D R I E S S E N , W E G E L I N , A U G U S T I N ) e di muco diventa sempre più evidente verso la fine di questa fase. Lo stesso contenuto si riscontra anche nei lumi ghiandolari. Anche nello stroma sotto l'epitelio superficiale si possono dimostrare notevoli alterazioni. Le cellule si liberano dalle loro connessioni, diventano voluminose, rotondeggianti, simili alle cellule deciduali; il nucleo è meno intensamente colorabile. R. M E Y E R osservò formazione di decidua particolarmente evidente nell'endometrio intensamente infiltrato da cellule rotonde. Poiché il colletto delle ghiandole non presenta la tortuosità e le pieghe della parete come le porzioni più profonde, nell'endometrio si possono distinguere 3 strati: internamente uno strato compatto (con colletti ghiandolari diritti e stretti e con stroma trasformato come descritto più sopra), uno strato spongioso (particolarmente evidente per l'aspetto a denti di sega delle pareti ghiandolari) e infine uno strato basale, senza modificazioni che possano essere definite cicliche. CLAUBERG,
c) D E S Q U A M A Z I O N E
L a desquamazione della mucosa, che decorre dal 28° fino al i ° o 2 0 giorno dell'emorragia successiva, e premesso che non si sia verificato l'annidamento di una cellula uovo, determina la distruzione della mucosa
312
ORGANI
GENITALI
pregravida così preparata; il processo distruttivo viene avviato all'iperemia dei capillari come pure da emorragie dai piccoli vasi (per diapedesi e per rexi) e per intensa infiltrazione leucocitaria dello strato funzionale. Rapidamente si associano fenomeni degenerativi delle cellule con addensamento dei nuclei e distruzione di questi. Infine l'aggregato cellulare a rete si distacca. L a distruzione ha inizio dagli strati superficiali, m a procede rapidamente verso la profondità e lascia immodificato soltanto lo strato basale, cosicché rimane una superficie cruenta con i tratti terminali delle ghiandole e i monconi vascolari. Circa l'estensione della distrazione mucosa in profondità i pareri sono un poco discordi (cfr. MEYER-RUEGG, che compara la mestruazione all'aborto, SEKIBA, BOHNEN).
d)
RIGENERAZIONE
Dallo strato basale prende le mosse la rigenerazione, che decorre molto rapidamente, cosicché la ferita è ricoperta dai residui ghiandolari già 1 0 2 giorni dopo, e pertanto è possibile una nuova ricostruzione della mucosa. Alle modificazioni cicliche della mucosa del corpo partecipano anche i vasi dell'endometrio, cosa che è stata presa in seria considerazione soltanto in questi ultimi 2 decenni (cfr. OBER), benché già in precedenza fossero state condotte ricerche su i rapporti di vascolarizzazione ( L E O P O L D , L A H M , M I K U L I C Z R A D E C K I ) . Le ricerche istologiche dettagliate di B E R T E L M E Z e D A R O N come pure le osservazioni sull'endometrio trapiantato nella camera anteriore dell'occhio (MARKEE), hanno posto sempre più in primo piano l'importanza delle modificazioni cicliche vascolari per l'insorgenza della mestruazione. O K K E L S E N G L E hanno distinto nell'endometrio 2 tipi di arterie, diverse per comportamento e per struttura, di cui le cosiddette arterie spirali sono frequentemente ben visibili durante la fase secretoria come «campi arteriosi» (KAISER). In questi ultimi tempi S C H L E G E L e D A L G A A R D hanno accennato alla presenza di anastomosi artero-venose nell'endometrio. L'accrescimento dei vasi e la circolazione in essi vengono regolati dagli ormoni ovarici. I disturbi di circolazione hanno importanza decisiva per l'insorgenza della mestruazione. Il giudizio delle modificazioni cicliche sull'endometrio ottenuto per raschiamento, è frequentemente reso difficile dalle recenti emorragie dovute all'abrasione. Le formazioni ghiandolari doppie e le rispettive invaginazioni frequentemente dimostrabili, sono da considerarsi come un artefatto. R. S C H R O D E R consiglia come colorazione quella all'emallume-mucicarminio ovvero emallumecarmimo secondo BEST. L'ematossilina-eosina non è adatta in quanto importanti dettagli, come i processi secretori, non vengono sufficientemente visualizzati. Circa le possibilità di variazione nella struttura della mucosa uterina cfr. BEHRENS,
WINTER.
ORGANI GENITALI
FEMMINILI
313
L ' i n t e r v a l l o f r a due emorragie non soltanto è variabile nella stessa donna — le donne con mestruazioni regolari ad intervalli uguali costituiscono secondo recenti rilievi delle eccezioni; cfr. bibl. KNAUS — , m a anche d a d o n n a a donna, cosicché ognuna h a la sua propria « regola ». Ciò v a l e anche per la d u r a t a dell' emorragia e per l'intensità della perdita ematica. Come d u r a t a media si considerano 3-4 giorni. L a quantità media del sangue perso è, secondo HOPPESEYLER nei soggetti giovani, di circa 37 cc.; BARER-FOWLER calcolarono 50 cc (6,55 limite inferiore, 178 cc limite superiore). Piccoli f r a m m e n t i di tessuto, scarsamente colorabili si t r o v a n o regolarmente nel liquido mestruale (v. d. L E Y E N , b i b l . L I N D N E R , S. H . GEIST). B I R N B A U M - O S T E N , H A S L I N G E R , ZONDEK
(bibl.)
ROSENMANN-BRAUN,
RONA-WALDBAUER,
HUGGINS
STICKELe
a.
si
sono o c c u p a t i della chimica del sangue mestruale e della diminuita capacità di coagulazione, Secondo KRISTEA-DENK, CANTONI il sangue mestruale però non presenterebbe una coagulabilità particolare. È notevole l'elevato contenuto di arsenico
(ICHMANITZKY-RIES, FROMMER, GUTHMANN-HENRICH). L a
presenza
di una sostanza tossica (« veleno mestruale », « menotossina ») è s t a t a controllata ripetutamente dopo la comunicazione di SCHICK; i risultati sono molto variabili GENBACH,
(cfr. M .
FRANK,
H.
SÀNGER,
SCHUBERT-STEUDING,
SIEBURG-PATZSCHKE, LABHARDT,
KLAUS,
ELTZ,
MOMMSEN,
GEN-
SMITH, MACHT,
B.
ZONDEK). Dalle ricerche di R.
MEYER-RUGE,
II, R.
SCHRÒDER
(1913,
1915),
SEITZ
e WINTZ e molti altri risulta p r o v a t o che tra le modificazioni cicliche dell'endometrio e dell'ovaia esistono rapporti reciproci molto stretti. D a queste risulta che la ricostruzione dell'endometrio (fase proliferativa) decorre parallelamente ed è dipendente dalla maturazione del follicolo; il passaggio alla fase secretoria è legato alla presenza di un corpo luteo. Con la sua regressione, rivelata istochimicamente per la presenza di lipoidi (cfr. pag. 151), la mucosa, precedentemente proliferata si stacca della c a v i t à uterina e viene espulsa (mestruazione). Questi rapporti causali e temporali tra modificazioni dell'apparato follicolare e dell'endometrio, riconosciuti originariamente con la ricerca c o n d o t t a sull'ovaia e sull'utero, sono stati confermati da esperienze con ormoni follicolari e luteinici sintetici nella donna c a s t r a t a (C. KAUFMANN ed altri). Il momento dello scoppio del follicolo (ovulazione) non è definito esattamente. Secondo KNAUS (bibl.) a v v i e n e spontaneamente al 15 o giorno prima dell'inizio della mestruazione; cfr. BREWER-JONES, TIETZE (bibl.), inoltre SCHAFER, SCHRANK-KOCH, STIEVE
1950,
IBRÜGGER.
Nella scimmia è nota d a t e m p o l'eliminazione ad intervalli regolari durante i mesi estivi, dell'endometrio del corpo in fase proliferativa, cioè a dire senza i n t e r v e n t o di u n c o r p o luteo (HEAPE, CORNER, ALLEN, HARTMAN,
ZUCKERMAN).
L'esistenza di tali emorragie (emorragie anovulari) anche nella donna, è dimos t r a t a d a l l e c o n s t a t a z i o n i d i E . N O V A K , W E S T M A N , MAZER-ZISERMAN, v . KULICZ-KAUSCH, MANN,
STIEVE
MAZER-ISRAEL-KACHER, (1942),
PICINELLI-FANA,
ROCK-BARTLETT-MATSON, WONG-ENGLE-BUXTON.
R.
MI-
EFFKEMAYER
(1946) h a preso posizione contro la tendenza ad interpretare come mestruazioni queste emorragie. Circa le modificazioni cicliche della tuba, v. pag. 253, della vagina, pag. 414, della mammella e dell 'organo della cavità ascellare, pag. 522; la partecipazione
314
ORGANI
GENITALI
delle eterotopie endometrioidi venne citata già a pag. 175 a proposito dell'ovaia (cfr. anche pag. 367). Talora già pochi giorni dopo la nascita si osservano emorragie vaginali (« mestruazioni » delle neonate), che vengono interpretate come alterazioni gravidiche e ricondotte agli ormoni materni che sono giunti al prodotto manifestando la propria attività ( H A L B A N ) . Secondo E. P H I L I P P queste emorragie derivano dall'eliminazione della mucosa cervicale ipertrofizzatasi sotto l'influenza dell'ormone follicolare materno. Osservazioni sulla comparsa eccezionalmente precoce di emorragie (« menstruatio praecox »), per lo più collegate con pubertà precoce generalizzata, sono raccolte da L E N Z , H Ò R M A N N , R . S C H R Ò D E K . Accanto alla forma costituzionale (cfr. E . N O V A K , M A S O N ) , hanno importanza le iperplasie e i tumori del surrene (v. questi), i tumori dell'ovaia, in particolare i tumori a cellule della granulosa (cfr. pag. 212, come pure bibl. S C E F F E Y , T E R M E E R ) e infine i tumori dell'ipofisi e dell'infundibolo (v. questi).
2. D I S T U R B I D E L C I C L O I disturbi del ciclo sono frequenti e non possono qui essere descritti per esteso. Descrizioni dettagliate v . R . SCHRÒDER e TIETZE. T u t t a v i a è necessario descrivere brevemente almeno i disturbi principali, poiché la loro conoscenza è indispensabile all'istopatologo. L a nomenclatura non è unitaria (cfr. SEITZ, LÒNNE).
a) AMENORREA L'amenorrea (a.) significa sospensione del ciclo. È fisiologica durante la gravidanza. Si distingue spesso tra a. primaria e secondaria, m a ciò non dice nulla sulla genesi. Tenendo conto dell'interazione fra più organi affinché la mestruazione abbia un decorso regolare, le tendenze odierne cercano di precisare esattamente la sede del disturbo. Perciò si possono distinguere varie forme di a. A. uterina: prescindendo dai casi di pseudoamenorrea• da ginatresia e da estirpazione dell'utero, tutto l'utero nel suo complesso può essere inabile alla funzione per un'ipoplasia, spesso associata a malformazioni della vagina e in particolare all'aplasia (cfr. P H I L I P P ) , oppure soltanto l'endometrio, che non reagisce agli stimoli ormonali ovarici. Anche l'atrofia dell'endometrio conseguente all'applicazione intra-uterina di radium può esserne la causa, come pure le malattie dell'endometrio e soprattutto la tubercolosi.
ORGANI GENITALI
FEMMINILI
315
P i ù f r e q u e n t e è Va. ovarica. R i c o r d i a m o in particolare l'aplasia congenita (cfr. p a g . 15) e inoltre l ' i p o f u n z i o n e dell'organo, che p u ò a r r i v a r e alla sospensione d e l l a f u n z i o n e e che p u ò c o m p a r i r e t r a l ' a l t r o per inanizione c o m e pure per malattie infettive a c u t e o croniche, in particolare la tubercolosi, inoltre per cardiopatie, emopatie, e infine per m a l a t t i e delle ghiandole endocrine, specialm e n t e della tiroide. C h e il cambiamento di ambiente, la paura e l'eccitazione possano agire b l o c c a n d o la f u n z i o n e o v a r i c a c o n d i z i o n a n d o in q u e s t o m o d o L'a., è s t a t o d i m o s t r a t o c h i a r a m e n t e dalle esperienze di q u e s t ' u l t i m a guerra (« amenorrea da fuga »; cfr. TIETZE). L ' a . con a t r o f i a dell'utero e secrezione m a m m a r i a c o n s e r v a t a è n o t a c o m e sindrome di CHIARI-FROMMEL (FROMMEL, SHARP, MENDEL). Circa l'a. per corpo luteo persistente cfr. p a g . 173, per la sindrome di STEIN-LEVENTHAL v . pag. 1 7 1 . STURGIS distingue inoltre u n a forma ipofisaria e una forma ipotalamica dell'a.
b) I P E R M E N O R R E A Le
cause
menorragia,
di u n a
emorragia
mestruale
troppo
intensa
(ipermenorrea,
n e l l a v e c c h i a l e t t e r a t u r a ) v a n n o r i c e r c a t e nell'utero
(contrat-
tilità debole od alterata per miometrite, miomi, cicatrici, adenomiosi, ipoplasie, d i f e t t o di posizione o di venosa)
fissazione,
iperemia d a ipertensione o stasi
(cfr. SCHRODER-KESSLER-TIETZE) .
Sia p u r e con certe limitazioni, in q u e s t o c a p i t o l o si possono collocare a n c h e l a « espulsione rallentata e insufficiente » e la « rigenerazione rallentata » delle quali si
sono
occupati
PANKOW,
KAUFMANN-HÒCK,
BANIECKI,
HOLMSXROM-MC
LENNAN, STADTMULLER, F A N A . W I N T E R - K L E I N , c h e p e r ò s e c o n d o R .
SCHRODER
non s a r e b b e r o d i a g n o s t i c a b i l i m e d i a n t e r a s c h i a m e n t i , Cfr. a n c h e i l a v o r i di v . PALLOS sull'«endometrio i p e r f u n z i o n a n t e » e sulla «ipertrofia funzionale», per le c o s i d d e t t e emorragie aggiuntive, v . R . SCHRODER, TIETZE. Il d i s s a n g u a m e n t o per m e n a r c a è raro (PLAUT).
c) D I S M E N O R R E A Col termine frammenti
d i dismenorrea
di membrane
MEMBRANACEA
membranacea
si d e f i n i s c e l'espulsione
o c a l c h i d e l l ' u t e r o durante
la mestruazione,
di
p e r lo
più decorrente con dolori a tipo di colica o di doglia. L a s t r u t t u r a di queste formazioni, la cui conoscenza ha grande importanza pratica, p u ò
essere
diversa. a) P e r lo più si t r a t t a dell'espulsione della m u c o s a u t e r i n a in f r a m m e n t i p i u t t o s t o g r a n d i (decidua mestruale, « endometrite dissecante esfoliativa »). T a l o r a p u ò venire espulso persino u n v e r o e proprio calco dell'utero, eccezional-
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ORGANI
GENITALI
mente anche delle tube (WILLIAMS), che esternamente è ruvido e villoso e internamente è liscio e dotato di numerosi sottili forellini corrispondenti alle ghiandole. Microscopicamente le membrane si rivelano essere mucosa uterina, t u t t a v i a con aspetto assai variabile. Di frequente la mucosa è spessa e intensamente infiltrata da leucociti ed ha pertanto quadri caratteristici per l'endometrio durante la desquamazione (v. pag. 311). Il processo distruttivo degli epiteli ghiandolari si rivela spesso per una scarsa colorabilità o per un'evidente disgregazione. I fondi ghiandolari mancano e questo è un dato utilizzabile per la valutazione della profondità del distacco. L o stroma rivela non di rado una trasformazione deciduale a focolai o diffusa, che può essere di grado così elev a t o da rendere difficile o impossibile la distinzione da una decidua gravidica. Inoltre si osservano emorragie e necrosi. Talora si osservano anche reti e feltri di fibrina con globuli rossi e bianchi, cosa che ha portato all'ipotesi che l'essenza della malattia risieda in un'infiammazione (ASCHHEIM, SCHÄFFER ed altri). Altri Autori interpretano la malattia come dovuta a una distruzione insufficiente della mucosa e un distacco frammentario o completo dello strato funzionale. HITSCHMANN e ADLER (bibl.) affermano che se l'orificio interno è ristretto, il deflusso del sangue mestruale è ostacolato, e che perciò possono venir scatenate contrazioni violente (v. anche v. d. LEYEN, LINDNER, MEYER-RÜEGG). Per ricerche sperimentali v. HAZAY-RECHNITZ, GREENBLATT-HAMMONDCLARK. Secondo R. MEYER non ha nessuna importanza «il voler considerare il processo di natura infiammatoria o meno ». — ß) In altri casi le membrane sono costituite da uno o più strati di epitelio piatto e rivelano talora dei sottili forellini circondati da epitelio piatto concentrico o disposto in più strati. Queste membrane, quando sono costituite soltanto da frammenti di epitelio piatto derivano o dalla vagina o dalla portio (colpite esfoliativa ovvero dissecante). — y) L e membrane sono raramente coaguli compatti, costituiti da fibrina, da emazie e da abbondanti globuli bianchi, che talora danno l'impressione di una membrana tessutale. — d) U n a rarità è costituita anche da calchi quasi esclusivamente fibrinosi, solidi o cavi, esternamente lisci e internamente irregolari (esfoliazione mucosa fibrinosa); che non sempre è collegata con un'infiammazione; è stata osservata anche una comparsa familiare ereditaria (bibl. MEYER, LÖHLEIN). WALLART osservò in una donna di 59 anni con mioma uterino, e che da 7 anni si t r o v a v a in menopausa, l'espulsione ripetuta di coaguli fibrinosi di forma poliposa, rivestiti da epitelio piatto — fibrinorrea plastica. Le dismenorree pseudomembranose nascondono non di rado un aborto precedente. Nei casi in cui v e n g o n o espulsi s p o n t a n e a m e n t e d a l l ' u t e r o dei f r a m m e n t i di tessuto, che possono a v e r e a n c h e f o r m a a sacco a tre p u n t e , p u ò essere difficile la diagnosi
differenziale
t r a u n a decidua mestruale e u n a
decidua gravidica delle p r i m e s e t t i m a n e , la cui espulsione p u ò essere prov o c a t a sia per interruzione di u n a g r a v i d a n z a e x t r a u t e r i n a , sia a n c h e di u n a g r a v i d a n z a i n t r a u t e r i n a per m o r t e del p r o d o t t o . C o m e è s t a t o d e t t o , nella d e c i d u a m e s t r u a l e le cellule del t e s s u t o interstiziale possono assum e r e in alcune zone f o r m e assai v o l u m i n o s e (pag. 311) a n a l o g a m e n t e alla
ORGANI G E N I T A L I
FEMMINILI
317
decidua gravidica, benché in quest'ultima le cellule deciduali mature e voluminose (aumentate di volume specialmente nel corpo cellulare) e poliedriche (simili alle cellule dell'epitelio piatto) siano prevalenti ovunque e disposte in aggregati collegati; tuttavia anche questo carattere differenziale non è sempre presente (cfr. anche E i c k e , bibl.); inoltre i vasi sono ancora più dilatati che nella decidua mestruale. Ma soprattutto gli epiteli della superficie e quelli ghiandolari nella decidua mestruale sono inalterati, alti e cilindrici, mentre nella decidua gravidica sono bassi, cubici e piatti pseudoendoteliali. Negli stadi precocissimi di gravidanza come pure nei casi di gravidanza extrauterina, anche queste caratteristiche possono venir meno; allora, quando viene espulso un sacco, occorre ricercare l'uovo! (v. l'osservazione di H i t s c h m a n n ) . Dettagli v. decidua.
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GENITALI
319
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STADT-
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CAPITOLO
VILI
DISTURBI DI CIRCOLO DELL'UTERO E EMORRAGIE EXTRAMESTRUALI
L'edema
dell'endometrio
è un reperto riscontrabile
frequentemente
sia in c o r s o d i i n f i a m m a z i o n e sia in a s s e n z a d i q u e s t a , p . es. in c o r s o d i iperplasia ghiandolare. P e r la patogenesi v.
H.
DERICHSWEILER,
CRAMER.
L e e m o r r a g i e s e n z a a l c u n r a p p o r t o con la t r a s f o r m a z i o n e c i c l i c a d e l l ' e n d o m e t r i o (« m e t r o r r a g i e », emorragie
uterine acicliche)
sono p i ù f r e q u e n t i
dei d i s t u r b i m e s t r u a l i p r o p r i a m e n t e d e t t i e s o n o d o v u t e o a c a u s e g e n e r a l i o a c a u s e locali e si m a n i f e s t a n o t a l o r a c o m e e m o r r a g i e
persistenti.
1. Emorragie per cause generali si manifestano talora in corso di malattie infettive (tifo, sepsi, peritonite generalizzata), in corso di avvelenamenti (fosforo), emopatie,
in
particolare
trombopenie
(HALBAN,
HASELHORST,
B.
ZONDEK,
G Ö C K E , CREMME, B A T I Z F A L V Y ) , m a a n c h e i n c o r s o d i l e u c e m i e e p a n m i e l o p a t i e .
2. Emorragie acicliche da causa locale sono riconducibili a infiammazione, polipi, t u m o r i (carcinoma, mioma) corpi estranei, iperplasia ghiandolare (v. pag. 321), pseudoerosioni della portio. Particolare durante
menzione
0 dopo il parto.
meritano
Cause:
queste emorragie nella
gravidanza
e
aborto, morte del prodotto per gravidanza
e x t r a u t e r i n a (cfr. p a g . 288), a t o n i a u t e r i n a (un c a s o d i a t o n i a di u n u t e r o recentemente sgravato con dissanguamento f u osservato da
E.
KAUFMANN
320
ORGANI
GENITALI
anche in corso di flebectasia generalizzata). Le metrorragie puerperali e nel periodo successivo sono dovute per lo più a residui placentari o ritenzione deciduale. Sulla frequenza delle singole cause, vedere le ricapitol a z i o n i d i R . SCHRODER, T I E T Z E , G Ò C K E , s u l l e c o s i d d e t t e emorragie vento
cfr.
da
spa-
STIEVE.
Il termine di apoplessia uterina si riferisce a un'emorragia nella mucosa del corpo, talora anche nella cavità dell'utero, che è molto frequente in età a v a n z a t a e che è s t a t a riferita d a v. KAHLDEN,
SIMMONDS,
KON-KARAKI,
alla sclerosi e alla calcificazione delle arterie uterine (nel quadro di una sclerosi generalizzata). TERASAKI interpretò l'apoplessia uterina vetularum come un'emorragia da stasi agonica o preagonica. L'iperemia da stasi si riscontra in varie modificazioni di posizione dell'utero (v. pag. 299) e soprattutto nei vizi cardiaci. L'utero è ingrandito, piuttosto consistente alla palpazione, di colorito grigio-bluastro, la mucosa è striata dalle vene dilatate, è rosso-scura, rigonfia, umida e spesso infiltrata da emorragie. — Talora nell'utero non ingrandito si possono notare flebectasie (Voi. I/i, pag. 466) che possono essere così marcate, da conferire un aspetto cavernoso alla parete; la superficie dell'organo dissanguato si affloscia in numerosi piccoli infossamenti. Nei plessi venosi (plesso spermatico, utero-vescicale) le vene sono dilatate e possono raggiungere lo spessore di un pollice. Tali flebectasie generalizzate si formano talora in corso di gravidanza analogamente alle varici che determinano il trombus vaginae (v. pag. 436). Cfr. H. EHRLICH, circa le
arteriectasie
BERLIN-HORWITZ,
sulle
fistole
artero-venose
GANIES-
GREÉNWALD.
L'infarcimento emorragico circoscritto 0 completo dell'utero è stato osservato in pochi casi in seguito a occlusione trombotica ed embolica dell'arteria uterina ovvero dell'ipogastrica (DANISCH, bibl., BENTHIN), oppure come infarto da stasi per ostacolato deflusso del sangue in seguito per
lo p i ù
a
trombosi
delle
vene
(BRAKEMANN, WERMBTER).
MESTITZ
riferì su metrorragie irrefrenabili per trombosi della vena cava inferiore. Particolari necrosi in parte anemiche in parte emorragiche sono state descritte come « necrosi da sapone » ovvero da « alcali » in seguito a uso di soluzioni saponose per la p r o v o c a z i o n e dell'aborto
(RUNGE, TILCHER, cfr.
anche pagg. 161 e 518).
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B . ZONDEK, Z b l . G y n ä k . 1 7 9 1 , 1 9 3 1 .
CAPITOLO I X
IPERTROFIA E IPERPLASIA NELL'AMBITO DELL'UTERO
1. I P E R P L A S I A G H I A N D O L A R E E R I S P . D E L L A MUCOSA D E L CORPO
GLANDULO-CISTICA DELL'UTERO
I P E R P L A S I A D E L L A MUCOSA D E L CORPO D E L L ' U T E R O
(I. G.)
L a i. g. è una delle cause più frequenti delle emorragie cicliche e compare con elevata frequenza nei raschiamenti; è stata in precedenza considerata come espressione di un'infiammazione, e ciò trova riscontro nelle definizioni di endometrite cronica iperplastica, endometrite fungosa (OLSHAUSEN) (cfr. più sotto). Macroscopicamente la mucosa del corpo dell'utero appare spesso molto ispessita — eccezionalmente lo spessore può arrivare a 25 MM (OPPENHEIMER) — , è soffice, rossastra, e talora con chiazze emorragiche. Di frequente l'ispessimento non colpisce in modo regolare t u t t a la mucosa, cosicché la superficie interna presenta delle zone mammellonate e rilevate (endometrite iperplastica poliposa della vecchia terminologia). Sulla superficie di taglio si possono osservare talora già ad occhio nudo delle piccole cisti. Macroscopicamente il limite verso la muscolatura è netto. L'endometrio che si può ottenere mediante raschiamento è talora sorprendentemente abbondante. Microscopicamente hanno sempre colpito le modificazioni particolarmente delle ghiandole, e ciò è appunto rivelato dal termine iperplasia ghian21 —
KAUFMANN I I , p . I
322
ORGANI
GENITALI
dolare, benché all'iperplasia partecipino anche lo stroma e i vasi. Poiché però le alterazioni dell'endometrio durante il ciclo sono particolarmente ben evidenti nelle ghiandole è giustificato tener conto nella descrizione di questo quadro morboso, innanzi tutto delle alterazioni delle ghiandole. Colpisce soprattutto il disordine, non soltanto per quanto si riferisce alla disposizione, ma anche per ciò che riguarda la forma delle ghiandole. Manca l'uniformità del quadro caratteristica della mucosa normale indipendentemente dalla fase in cui si trova. Anche la stratificazione in tre strati
F i g . 81. Iperplasia
glaitdulo-cistica
dell'endometrio con atipie.
D o n n a 46enne. (E 3342/55).
cioè compatta, spongiosa e basale non è dimostrabile. Le ghiandole sono disordinate, sono in parte diritte in parte tortuose, talora anche ramificate sia nelle porzioni profonde sia talora nelle parti più superficiali; esse rivelano delle dilatazioni irregolari cistiche con scarso contenuto, che conferiscono spesso un aspetto caratteristico già all'osservazione ad occhio nudo sulla superficie di taglio (iperplasia glandulo-cistica, « aspetto tipo formaggio svizzero»). Talora si rilevano anche pieghe della parete, naturalmente senza disposizione regolare e alcun ordine. Anche se talora esiste una certa somiglianza con la « forma a sega » delle ghiandole durante la fase secretiva, esiste tuttavia una differenza notevole che caratterizza l'essenza della malattia, cioè la mancanza di attività secretoria, come invece è osservabile in corso di trasformazione ciclica. Il glicogeno è
ORGANI GENITALI FEMMINILI
323
più spesso presente in t r a c c e , m a solo e c c e z i o n a l m e n t e in g r a n d i q u a n t i t à (cfr. BANIECKI, BREIPOHL, v . PALLOS). L'epitelio delle ghiandole è per lo più appiatt i t o n e l l ' a m b i t o delle d i l a t a z i o n i cistiche, e c c e z i o n a l m e n t e p u ò essere in alcuni t r a t t i a n c h e cilindrico nelle cisti, c o s i d d e t t e proliferanti, non di r a d o p u ò essere in a l c u n e zone a d u e file o a due strati. L e « f o r m a z i o n i d o p p i e » e i n v a g i n a z i o n i delle g h i a n d o l e , f r e q u e n t e m e n t e riscontrabili, n o n h a n n o a l c u n valore d i a g n o stico, p o i c h é si t r a t t a c e r t a m e n t e , per lo m e n o in p a r t e , di a r t e f a t t i . Sui processi i n v o l u t i v i dell'epitelio cfr. RATZENHOFER-SCHMID.
Fig. 82. ìperplasia glandulo-cistica dell'endometrio con atipie. Donna 5ienne. (E 4659/50).
Lo stroma dimostra sia zone edematose con struttura lassa, sia zone di addensamento specialmente nelle vicinanze dei vasi con formazione di cellule fusate e accentuazione più marcata della sostanza interstiziale collagena
(per
dettagli
v.
MASSHOFF,
LETTERER-MASSHOFF).
WERMBTER,
TERASAKI, ECKERT si sono occupati delle modificazioni del reticolo. Le emorragie nello stroma appartengono al quadro della i. g., esse vengono messe in rapporto con disturbi di circolo e con vasi che pure sono proliferati e spesso assai dilatati. Specialmente R. SCHRÒDER e la sua Scuola (TIETZE) danno particolare importanza alle trombosi dei piccoli vasi. Le emorragie e le trombosi sono perciò la causa delle necrosi parcellari dalle quali deriva l'emorragia riscontrabile clinicamente. Nelle vicinanze di queste necrosi circoscritte sono dimostrabili frequentemente leucociti e deposizioni di fibrina.
ORGANI
324
GENITALI
Raccolte più vaste di cellule rotonde (linfociti, plasmacellule) indicano che all'iperplasia si è aggiunta un'infiammazione da riassorbimento. — Circa la trasformazione secretoria che può comparire anche spontaneamente, v.
GRUNER,
RICHTER-GERSTBERGER.
L a i. g. non colpisce sempre uniformemente tutto l'endometrio nella sua estensione; la comparsa a isolotti è nota e può essere ben messa in evidenza usando la colorazione del glicogeno. R. MEYER sottolineò il fatto che le alterazioni sono dimostrabili spesso inizialmente in modo particolarmente evidente a livello
F i g . 83. Iperplasia
glandulo-cistica
dell'endometrio con atipie.
D o n n a 52enne. (E 6513/52).
dello strato basale (con o senza partecipazione del restante endometrio), e che la muscolatura adiacente viene spostata in alcune aree e infiltrata (« iperplasia basale »). In generale la diagnosi microscopica della i. g. nor presenta difficoltà. T u t t a v i a compaiono talora nell'ambito di questi raschiamenti campi in cui il disordine delle ghiandole è particolarmente evidente e anche l'epitelio si presenta irrequieto. L a reale o apparente pluristratificazione, accanto alla formazione di gettoni solidi e la disposizione stipata delle ghiandole, fanno facilmente sospettare in questi casi un adenocarcinoma iniziale e anche per l'istologo esperto può essere impossibile la delimitazione di queste atipie (pseudomaligne) (cfr.
R.
MEYER,
NOVAK-YUI,
NOVAK-RUTLEDGE,
HUSSLEIN-SCHULLER,
C.
WINTER come pure figg. 81-84). L i rado l'epitelio diventa simile a quello della tuba o simil-sinciziale (E. NOVAK) oppure vagamente oncocitario (OBIDITSCH-
ORGANI GENITALI FEMMINILI MEYER). D e i cosid. noduli di epitelio s t a t a f a t t a m e n z i o n e a p a g . 297.
piatto
nell'endometrio
325 ìperplastico
è già
Clinicamente la i. g. è caratterizzata innanzi tutto e quasi esclusivamente da emorragie irregolari — che sono spesso emorragie durature e compaiono in seguito ad un'amenorrea di durata più 0 meno lunga. Sono colpite prevalentemente le donne verso la fine della maturità sessuale, più raramente le donne più giovani nei primi tempi dopo il menarca (cosid. emorragie giovanili). L'età fra i 20 e i 30 anni non è colpita se non in piccola
Fig. 84. Iperplasìa glandulo-cistica dell'endometrio con atipie. Donna 6oenne (E 7732/53); nell'utero asportato si è avuto inoltre reperto di adenomiosi interna.
percentuale (cfr. LIMBURG), talora in seguito a parto o aborto (HEITGRESS). In questi ultimi anni l'abuso di stilbenici ha determinato un aumento nella frequenza della malattia durante il climaterio. Che anche i tumori ovarici, e in particolare i tumori a cellule della granulosa e i tumori a cellule tecali possano determinare una struttura della mucosa uterina del tipo dell' i. g. e provocare emorragie in donne già da tempo in menopausa, è già stato ricordato a pagg. 217 e 229. Indipendentemente da ciò, anche molto tempo dopo la menopausa (cfr. v. PALLOS-TREITE) può comparire un'iperplasia dell'endometrio (« iperplasia senile »), le cui cause non sono ancora chiare. Si ritiene che in parte ne siano responsabili le cosid. cellule ilari dell'ovaio (cfr. pag. 154) (HUSSLEIN, DHOM). Inoltre viene presa in considerazione la corticale sur-
326
ORGANI
GENITALI
renale. Si hanno ricerche sull'endometrio dell'età senile di BREIPOHL, E. NOVAK-RICHARDSON, GIANAROLI, SPEERT, M C B R I D E . I. g. e « persistenza follicolare »: dalle ricerche di R . SCHRODER, E . NOVAK, R . MEYER, BABES e a. è s t a t o a c c e r t a t o che tra l ' o v a i a e la i. g. esistono rapporti molto stretti. L e o v a i e di queste d o n n e rivelano quasi c o s t a n t e m e n t e u n follicolo del v o l u m e di u n a nocciola fino a u n a ciliegia, a c c a n t o al q u a l e se ne possono riscontrare altri in genere più piccoli, m a s o l t a n t o e c c e z i o n a l m e n t e invece un corpo luteo g i o v a n e (p. es. K Y A N K ) . L a m e m b r a n a granulosa p u ò essere
Fig. 85. Iperplasia
glandulo-cistica dell'endometrio associata D o n n a d i 5 1 a n n i (K 660/48).
ad
adenocarcinoma.
i n t a t t a , rivela però f r e q u e n t e m e n t e fenomeni d e g e n e r a t i v i segnalati g i à d a R . SCHRÒDER e R. M E Y E R
(cfr. a n c h e V O G E L - P O K R O W S K Y ) .
Secondo
R.
SCHRÒDER
« persistenza follicolare non significa t a n t o la persistenza di uno od e v e n t u a l m e n t e a n c h e più follicoli, q u a n t o p i u t t o s t o u n ' a z i o n e dell'ormone follicolare c h e oltrepassa i limiti della d u r a t a e dell'intensità » (v. anche RUPPERT). R . MEYER considerò p i u t t o s t o l ' i n c o m p l e t a m a t u r a z i o n e d e l l ' u o v o . E n t r a m b e le concezioni a m m e t t o n o u n a d i m i n u i t a f u n z i o n a l i t à o v a r i c a e d a n n o u n a spiegazione logica della f r e q u e n t e c o m p a r s a della i. g. verso la fine della m a t u r i t à sessuale in c o i n c i d e n z a con la s c o m p a r s a della m a t u r a z i o n e d e l l ' u o v o e d e l l ' o v u l a z i o n e (« metropatìa emorragica » nel senso di SCHRÒDER). L ' i p o f u n zione o v a r i c a , per lo più nel q u a d r o di u n a d e b o l e z z a costituzionale, p o t r e b b e spiegare anche le emorragie g i o v a n i l i (cfr. anche p a g . 170). I. g. e carcinoma
del corpo: Secondo la concezione generale, la coincidenza
ORGANI
GENITALI
FEMMINILI
327
d i u n a i. g. c o n u n c a r c i n o m a d e l c o r p o è c o n s i d e r a t a r a r a (LIMBURG, CRAMER, G. WINTER, H. WAGNER, GRUBER-RÙTTNER, RIMBACH, E. R.
NOVAK,
WASCHKE;
c f r . a n c h e p a g . 339 e fig. 85). P e r i dati
storici
d e l l a i. g., la c u i d i p e n d e n z a d a l l a f u n z i o n e o v a r i c a
fu
s o s p e t t a t a p e r l a p r i m a v o l t a d a BRENNECKE, c f r . TIETZE, R U C K .
2. IPERPLASIA DELLA MUCOSA CERVICALE (Hyperplasia
mucosae cervicis)
(Vedi pagg. 335 e 451)
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N O V A K e RICHARDSON JR., A m e r . J . O b s t e t r . G y n e c . 42, 5 6 4 , 1 9 4 1 . — -
NOVAK e RUTLEDGE, A m e r .
J. O b s t e t r . G y n e c . 55, 46, 1948. —
NOVAK e Y u i ,
Amer.
J. Obstetr. G y n e c . 32, 674, 1936. — E . R . NOVAK, J. A m e r . Med. Ass. 154, 217, 1954. — OBIDITSCH-MAYER, K l i n . Med. W i e n 1, 500, 1946. — OLSHAUSEN, Arch. G y n ä k . 8, 97, 1875. — OPPENHEIMER, Frankf. Zschr. Path. 26, 275, 1921. — v. PALLOS, Zschr. Geburtsh.
124, 237,
1942. —
v. PALLOS e TREITE, Zschr. Geburtsh.
RATZENHOFER e SCHMIDT, B e i t r . p a t h . A n a t . , STENBERGER,
Zbl. G y n ä k .
29,
1951. —
Jena
114, 417, 1954. —
RIMBACH, Zbl. G y n ä k .
1536,
122, 28, 1 9 4 1 .
—
RICHTER e GER1953. —
RUCK,
Zbl. allg. Path. 88, 3 1 7 , 1 9 5 2 . — RUPPERT, Arch. G y n ä k . 181, 505, 1952. — R . SCHRÖDER, Arch. G y n ä k . 104, 55, 1915; 110, 633, 1919. — R . SCHRÖDER Zbl. G y n ä k . 1401, 1920. —
R . SCHRÖDER, G e b u r t s h . u. F r a u e n h k .
1, 7 2 7 , 1 9 3 9 . —
R . SCHRÖDER, A m e r . J.
Ob-
stetr. Gynec. 68, 204. 1954. — SPEERT, Surg. G y n . Obstetr. 89, 551, 1949. — TERASAKI, Beitr. path. Anat., Jena, 79, 819, 1928. — TIETZE, Arch. G y n ä k . 142, 680, 1930; I 55> 5 2 5> I 934- — VOGEL e POKROWSKY, Mschr. Geburtsh. 103, 146, 1936. — H. WAGNER, Arch. G y n ä k . 177, 460, 1950. — WASCHKE, Geburtsh. u. Frauenhk. 1 5 , 5 5 7 , 1955. — WERMBTER, Virchows Arch. path. Anat. 253, 735, 1924. — G. WINTER, Zbl. G y n ä k . 38, 1952; 880, 1950. —
3*8
ORGANI
GENITALI
3. I P E R P L A S I E C I R C O S C R I T T E D E L L A MUCOSA
(POLIPI)
Le proliferazioni mucose indipendenti, locali, similtumorali, di aspetto poliposo sono molto frequenti e hanno aspetto variabile. I limiti tra iperplasia e tumore sono difficilmente delineabili. T u t t a v i a i polipi non hanno nulla a che vedere con l'iperplasia mucosa diffusa.
Nel corpo dell'utero i polipi sono per lo più molli (molluscum), a larga base, piatti o emisferici, e spesso triangolari e appiattiti per la compressione delle pareti dell'utero; essi prediligono gli angoli. Nella cervice sono più consistenti, hanno peduncoli lunghi e possono fuoriuscire dall'orificio uterino, inoltre possono avere un aspetto piriforme e fuoriuscire con l'estremo più voluminoso e penetrare in vagina, ove possono raggiungere una considerevole lunghezza. I polipi cervicali sono di rado finemente papilliferi. Il volume dei polipi è assai variabile; raramente sono più grossi di una noce, ma se ne osservano anche di quelli con volume di un uovo di gallina fino al volume di una testa di bambino. Molto spesso si osservano cisterelle che nei polipi del corpo sono per lo più piccole e contengono una sostanza fluida, mentre nei polipi cervicali, ove raggiungono talora il volume di un pisello, contengono un materiale ispessito dovuto a ristagno di secreto. Talora si formano veri e propri polipi cistici. Di frequente nella cervice le uova di Naboth diventano polipi peduncolati. Non di rado la superficie rivela infossamenti riconducibili a cisti scoppiate o a sbocchi ghiandolari aperti e dilatati. Oltre alle cisti della mucosa cervicale, che hanno origine infiammatoria, esistono cisti di origine embrionale da residui o invaginazioni dei dotti di Gartner o di Miiller; non formano polipi peduncolati e sono circondati da strati di fibre muscolari lisce.
I polipi mucosi semplici sono quelli in cui sono presenti uniformemente tutte le parti della mucosa. Nei cosid. polipi adenomatosi prevalgono le proliferazioni ghiandolari; sulla superficie di taglio hanno aspetto bucherellato a setaccio. Altri polipi sono cistici, altri ancora teleangectasici. II termine di polipo è una definizione puramente esteriore, senza riferimento istologico. Oltre ai polipi mucosi puri benigni, esistono anche miomi, sarcomi e carcinomi poliposi. L a superficie dei polipi, q u a n d o originano dalla mucosa del corpo o della cervice, è rivestita generalmente da epitelio cilindrico; i polipi che hanno origine dalla superficie esterna della portio sono rivestiti d a epitelio piatto e di frequente sono soltanto fibromi localizzati superficialmente. Il reperto di epitelio p i a t t o sulla superficie di polipi del corpo (BILLROTH, KÜSTNER, V. pag. 408)
ORGANI
GENITALI
329
FEMMINILI
viene ricondotto a metaplasia. I polipi del corpo reagiscono talora all'ormone del corpo luteo con lo sviluppo di una fase secretoria. I polipi cervicali rivelano spesso una sostituzione circoscritta o completa dell'epitelio cilindrico con epitelio piatto (cosld. epidermizzazlone). In parte questo reperto è stato interpretato come trasformazione dell'epitelio cervicale in epitelio piatto (metaplasia) ( O E R I , bibl., D U B R A U S Z K Y ) . E . K A U F M A N N , R . M E Y E R invece riferirono l'epitelio piatto a piccolissimi isolotti cellulari indifferenti situati sotto l'epitelio cervicale, che sollevano nel loro Ulteriore accrescimento. Importante soprattutto è il fatto che l'epitelio pluristratificato non soltanto riveste la superficie del polipo in parte o totalmente, ma penetra anche nelle ghiandole (per cui si osserva spesso l'accrescimento sotto l'epitelio cilindrico e un restringimento del lume), e in questo caso è facile la confusione con un carcinoma (cfr. pag. 340). I polipi con trasformazione maligna sono rari in confronto alla frequenza dell'epidermizzazione, e la proliferazione maligna può originare dall'epitelio superficiale o da quello ghiandolare o da entrambi (bibl. OERI). Tuttavia la distinzione tra proliferazioni epiteliali benigne e maligne può presentare spesso notevoli difficoltà diagnostiche (cfr. B E N T H I N , H. M E Y E R , HINTZE,
FRANKL-RINGER.
KREMER-NAEIK,
TWEEDDALE-TANNER).
La
tra-
sformazione deciduale di polipi del corpo è possibile; anche i polipi cervicali rivelano talora una reazione deciduale, raramente i polipi della portio (cfr. pag- 454)I polipi si rendono manifesti con emorragie che spesso rappresentano soltanto un'emorragia aggiuntiva alla mestruazione. Tuttavia possono comparire anche emorragie atipiche che possono condurre a gradi elevati di anemia, v. B R A I T E N B E R G ha descritto la possibilità che un polipo del corpo si perfori verso la cavità addominale. LAHM riscontrò tessuto adiposo in polipi cervicali.
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4. S T A T I I P E R T R O F I C I E I P E R P L A S T I C I D E L
MIOMETRIO
Così come l'iperplasia ghiandolare dell'endometrio è stata ritenuta per decenni espressione di un'infiammazione (cfr. sopra), anche l'ingrandi-
ORGANI
33°
GENITALI
mento uniforme dell'utero, non raramente osservabile e caratterizzato clinicamente talora da un'aumentata sensibilità alla pressione e da emorragie irregolari, è stato considerato una metrite cronica (SCANZONI), e il termine è stato mantenuto anche quando con fini ricerche strutturali si è potuto mettere in evidenza che soltanto una piccola parte di questi casi è da considerarsi come reliquato di un'infiammazione. Nella maggior parte dei casi mancano completamente i segni infiammatori. Gradualmente si è distinto anche qui fra l'ipertrofia ovvero iperplasia dell'utero non infiammatoria, più frequente, e quella infiammatoria e per le prime esiste una nomenclatura diversa: metropatia cronica (ASCHOFF, PANKOW), mioiper-
plasia corporis uteri, miosi, ipertrofia dell'utero, « mioma diffuso ». Macroscopicamente
la mioiperplasia
dell'utero è condizionata da un
aumento volumetrico dell'utero che interessa generalmente tutto l'organo in modo uniforme. Lo spessore del corpo può essere di 3 cm. e oltre (invece dei 2 cm circa della norma). A seconda della durata dell'alterazione l'utero è o molle, carnoso, rossastro, oppure, nei casi di maggior durata, consistente come un fibroma, stridente al taglio. Nelle forme più vecchie l'aumento volumetrico spesso non è molto visibile. Istologicamente si o s s e r v a i n i z i a l m e n t e u n a u m e n t o u n i f o r m e del c o n n e t t i v o e della m u s c o l a t u r a (SHAW, LAUTH, R . MEYER). Gli s t a d i successivi p e r m e t t o n o di riconoscere p e r lo più u n a p r o g r e s s i v a sclerosi del connettivo e dei vasi. G o c ciole di grasso nelle cellule m u s c o l a r i sono s t a t e d i m o s t r a t e d a UNTERBERGER, EHRMANN. Q u e s t i casi p u r i di iperplasia c o n r a p p o r t o i n a l t e r a t o f r a m u s c o l a t u r a e c o n n e t t i v o non h a n n o di c e r t o nulla a che v e d e r e c o n l ' i n f i a m m a z i o n e e vengono riscontrati talora contemporaneamente all'iperplasia dell'endometrio. Più difficile è l ' i n t e r p r e t a z i o n e dei casi in cui esiste in aumento reale del connettivo
(cfr.
THEILHABER,
THEILHABER-MEYER,
v.
LORENTZ,
SHOEMAKER-
KAHLER), u n a cosid. fibrosis myometrii; p r o b a b i l m e n t e si t r a t t a di u n ' i n f i a m m a z i o n e p r o d u t t i v a di v e c c h i a d a t a , a n c h e se nelle sezioni non se ne r i s c o n t r a n o più i segni, forse a n c h e s o l t a n t o di g r a d i p r o g r e d i t i di iperplasia c o n intensa sclerosi
( c f r . A H R E I N E R , H U E T E R , HIRSCH) o d i u n a r e g r e s s i o n e
insufficiente
nel p u e r p e r i o (O. H . SCHWARZ). L ' i n f i a m m a z i o n e q u i n d i n o n h a c h e u n ruolo m i n i m o nelle alterazioni q u i descritte. L ' i p e r p l a s i a g h i a n d o l a r e d e l l ' e n d o m e t r i o spesso p r e s e n t e c o n t e m p o r a n e a m e n t e , suggerì di p o r r e in r a p p o r t o la mioiperp l a s i a c o n l'attività
ovarica
(BAKER, WILLIAMS-KINNEY,
TRUEMMER-KAUMP).
Q u e s t ' i p o t e s i f u a p p o g g i a t a a n c h e d a l f a t t o che si t r a t t a p r i n c i p a l m e n t e di d o n n e nel p e r i o d o t e r m i n a l e della v i t a sessuale (spesso le regole si m a n t e n g o n o per l u n g o t e m p o ) che v e n g o n o a l l ' o s s e r v a z i o n e m e d i c a p e r e m o r r a g i e prolung a t e o t a l o r a a n c h e per m e t r o r r a g i e , U n c o f a t t o r e è forse l ' i p e r e m i a c r o n i c a (cfr. S C H I C K E L R - K E L L E R ,
L.
ADLER, bibl.,
R.
M E Y E R , T A Y L O R JR.), i n d i f f e r e n -
t e m e n t e d a l f a t t o c h e si t r a t t i di i p e r e m i a a t t i v a o p a s s i v a .
Casi puri di iperplasia muscolare acquisita si osservano con frequenza massima in rapporto a formazioni tumorali, particolarmente in corso di miomi, specialmente nei sottomucosi, mentre negli interstiziali si avrebbe
ORGANI
GENITALI
FEMMINILI
331
contemporaneamente anche un aumento del connettivo ( B E R T E L S M A N N ) . Nelle ipertrofie muscolari pure, che si verificano anche in corso di altri tumori (carcinoma, sarcoma, corionepitelioma maligno) dell'utero, e talora anche in seguito a ematometra, il tessuto appare più lasso, con stratificazione lamellare come nella gravidanza. Il contenuto abnorme nella cavità uterina e la presenza di queste formazioni nella parete scatenano le contrazioni e queste a loro volta l'ipertrofia vera. L ' « ipertrofia » della portio, i n t e s a c o m e e c c e s s o p r o l i f e r a t i v o , è s t a t a oss e r v a t a a n c h e c o m e f o r m a congenita t e v o l e (elongatio
e si m a n i f e s t a c o n u n a l l u n g a m e n t o
no-
colli, c f r . K. HEGAR), c h e p u ò essere così c o n s i d e r e v o l e c h e l'ori-
fìcio u t e r i n o p u ò r a g g i u n g e r e l ' i m e n e m e n t r e il c o r p o è s i t u a t o a l l ' a l t e z z a n o r m a l e nel b a c i n o (cosid. prolasso
senza abbassamento).
S e l ' a l l u n g a m e n t o c o l p i s c e sol-
t a n t o u n l a b b r o , e p e r lo p i ù l ' a n t e r i o r e , l a p o r t i o a s s u m e f o r m a di p r o b o s c i d e (col tapiroid).
S e il c o r p o d e l l ' u t e r o si s v i l u p p a
i n s u f f i c i e n t e m e n t e , la p o r t i o
m a n t i e n e a n c h e in s e g u i t o l a p r e d o m i n a n z a . (Sull'ipertrofia cfr.
POTOTSCHNIG, bibl.,
c e r v i c e s o n o conseguenza
WINDSHEIMER,
di alterazioni
HERFORTH). —
di posizione
congenita Altre
dell'utero
della portio
ipertrofìe
della
e della vagina che
d e t e r m i n a n o s t a s i , c o m e p u r e di i n f i a m m a z i o n i (cfr. i p e r t r o f ì a c i s t i c a , p a g . 336). L'ipertrofia della portio vaginale, condizionata da miometrite
e da
altri
p r o c e s s i i n f i a m m a t o r i , c o n s i s t e e s s e n z i a l m e n t e in un i s p e s s i m e n t o . Q u e s t ' u l t i m o p u ò essere u n i f o r m e o n o d o s o . L ' i p e r t r o f ì a d e l l a p o r t i o s o p r a v a g i n a l e si o s s e r v a c o n f r e q u e n z a m a s s i m a nel p r o l a s s o d e l l a p a r e t e v a g i n a l e a n t e r i o r e o p o s t e r i o r e (cfr.
p a g . 300).
BIBLIOGRAFIA ADLER, Hypertrophische und hyperplastiche Zustände des Uteruskörpers, Metropathien und Verwandtes in: Halban-Seitz, Biologie u. Pathologie des Weibes, B d . 4, 1928. — AHREINER, Arch. G y n ä k . 85, 1908. — ASCHOFF, Path. Anatomie, 1, A u f l . , B d . II, 592, 1909. — BAKER, Amer. J. Path. 9, 369, 1933. — BERTELSMANN, Arch. G y n ä k . 50, 1895. — EHRMANN, Zschr. Geburtsh. 69, 1919. — K. HEGAR, Beitr. Geburtsh. G y n ä k . 12, 1908. — HERFORTH, Mschr. Geburtsh. 55, 1921. — L. HIRSCH, Virchows Arch. path. A n a t . 196, 502, 1909. — HUETER, Arch. G y n ä k . 87, 643, 1909. — LAUTH, Mschr. Geburtsh. 42, 1915. — v. LORENTZ, Arch. G y n ä k . 70, 309, 1903. — R. MEYER, in: Henke-Lubarsch, Hdb. d. spez. path. A n a t . Bd. VII/I, 1930. — PANKOW, Zschr. Geburtsh. 65, 336, 1909. — POTOTSCHNIG, Zbl. allg. Path. 29, 297, 1918. —
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TRUEMNER e KAUMP, A m e r . J. C l i n .
P a t h . 19, 544, 1949. — UNTERBERGER, Arch. G y n ä k . 90, 441, 1910. — WILLIAMS e KINNEY, Amer. J. Obstetr. Gynec. 47, 380, 1944. — WINDSHEIMER, Über Hypertrophie der Portio bei Neugeborenen, Dissert. München 1920.
332
ORGANI
GENITALI
CAPITOLO
X
INFIAMMAZIONE DELL'UTERO E DEI TESSUTI CIRCOSTANTI (ESCLUSA L A INFEZIONE PUERPERALE) Essendo i vari strati della parete uterina intimamente connessi, anche le infiammazioni non si limitano per lo più ad una sola parte. Così nell'infiammazione della mucosa (endometrite) risultano per lo più ammalati anche contemporaneamente gli strati viciniori del connettivo intermuscolare (miometrite) e d'altra parte un'infiammazione del miometro si estende spesso alla mucosa e al rivestimento peritoneale dell'utero (perimetrité). Tuttavia si è dimostrato utile scegliere il termine a seconda che l'affezione colpisca prevalentemente uno o l'altro strato della parete.
i . I N F I A M M A Z I O N E D E L L A MUCOSA ENDOMETRITE a) ENDOMETRITE
DELL'UTERO:
(E) ACUTA
L a mucosa è tumefatta, iperemica, più molle del solito e rivela talora emorragie puntiformi o a chiazza. Talora è colpito soltanto il corpo e la cervice. La secrezione è aumentata. Il secreto cervicale è mucopurulento e quello del corpo è più fluido. L a cervicite decorre per lo più con una secrezione più intensa dell'infiammazione della mucosa del corpo. Il quadro microscopico è caratterizzato da iperemia, da essudazione nel tessuto interstiziale di un liquido sieroso contenente fibrina e ricco di leucociti, da essudazione di corpuscoli del pus nei lumi ghiandolari e sulla superficie. Cause: prescindendo dai casi in cui la causa è meccanica, chimica o termica, e che costituiscono soltanto una piccola percentuale, per la genesi di un'endometrite acuta intervengono soprattutto i batteri e le loro tossine e in particolare il gonococco. (L'importanza degli streptococchi verrà discussa a proposito delle malattie del puerperio).
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FEMMINILI
333
L'e. gonorroica colpisce per lo più la cervice e secondo WERTHEIM è una e. decorrente con catarro purulento che determina frequentemente u n ' a t t i v a proliferazione ghiandolare che può estendersi anche al connettivo tra gli strati muscolari più superficiali (endomiometrite). Per l'istologia dell'endometrite gonorroica v. LÀNSIMAKI, cfr. anche pag. 258. U n a e. emorragica del corpo non del t u t t o chiara nella sua genesi e nella sua essenza, nella quale accanto a cellule del pus compaiono nel tessuto anche emazie ed anche emorragie atipiche è descritta, specialmente nella letteratura passata, in corso di malattie infettive acute (colera, polmonite, tifo, scarlattina, ecc.). Un'infiammazione necrotizzante (e. difterica) con necrosi della mucosa più o meno estesa è scatenata sia d a microorganismi m a più spesso d a cause chimiche, termiche o radianti, specie se applicate per v i a intrauterina (sostanze caustiche, ecc. aborto provocato). Eccezionale è l'endometrite da eliminazione di ammoniaca in corso di uremia, causata dall'escrezione di urea o v v e r o dalla degradazione ammoniacale di questa nella mucosa dell'utero (SCHLAGENHAUFER). Gli agenti dell'infiammazione arrivano nella maggior parte dei casi nell'utero per v i a ascendente (Gonococchi?) dalla v a g i n a o dalla portio. L a mestruazione, l'aborto e il p a r t o facilitano questa ascesa. Gli strumenti c o m u n q u e introdotti nella c a v i t à uterina sono spesso i v e t t o r i batterici immediati o per lo meno facilitano la strada a un'infezione.
b) E N D O M E T R I T E CRONICA
L a rapida guarigione della e. acuta non è rara. Ciò vale in particolare per le infiammazioni causate da microorganismi. Se lo stimolo infiammatorio persiste oppure se gli fanno seguito ulteriori irritazioni (di natura batterica o di altro genere) allora l'infiammazione diventa cronica, cosa che sì manifesta con la comparsa di cellule rotonde. L a diagnosi è facile quando le cellule rotonde sono disseminate diffusamente nello stroma (fig. 86). La diagnosi diventa più difficile quando si riscontrano cumuli o gruppi di queste cellule con o senza chiarificazione della parte centrale, poiché questi aggregati simili a follicoli linfatici sono stati frequentemente considerati, per es. da H I T S C H M A N N - A D L E R , M N Ó C H , S E I T Z , H. O . N E U M A N N , F O R L I N I - G A B B I , R U C K (bibl.), come reperti normali o come segni di linfatismo. Secondo H I T S C H M A N N - A D L E R il segno più sicuro di un'infiammazione di lunga durata sono le plasmacellule, dimostrabili per lo più in grande numero nell'infiammazione recente e riscontrabili però anche dopo anni isolatamente e che possono essere ben visualizzate con la colorazione verde di metile-pironina secondo U N N A - P A P P E N H E I M , a condizione che il tessuto sia stato fissato in alcool. Tuttavia la valorizzazione unilaterale del significato diagnostico delle plasmacellule non è stata universalmente accettata, anche in un periodo in cui l'iperplasia ghiandolare dell'endometrio veniva ancora considerata come un'infiammazione e perciò
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u t i l i z z a t a p e r i c o n t r o l l i d e i d a t i d i HITSCHMANN-ADLER. MEIER, WEISHAUPT (bibl.), K E L L E R , F R E Y , SCHICKELE-LELLER
THEILHABER-
ALBRECHT-LOGOTHETOPULOS,
(bibl.) s o l l e v a r o n o o b i e z i o n i c o n t r o u n a
generalizza-
z i o n e di t a l e c o n c e z i o n e . L . ADLER (bibl.) h a t u t t a v i a s o s t e n u t o a n c h e in s e g u i t o q u e s t o s u o m o d o di v e d e r e e h a s o t t o l i n e a t o in p a r t i c o l a r e c h e s p e s s o singole plasmacellule
sono l'unico segno
di u n ' i n f i a m m a z i o n e
pregressa.
A n c h e s e c o n d o RUCK esse h a n n o v a l o r e m o l t o p r o b a t i v o .
Fig. 86. Endometrite cronica con numerose plasmacellule. Donna di 46 anni (E 2669/56). Il ciclo mensile della mucosa rimane di f r e q u e n t e i m m o d i f i c a t o dall'infiammazione. Secondo R . SCHRÒDER (bibl.), SCHRÒDER e NEUNDORFF-VIEK, le cui ricerche v e n n e r o c o n f e r m a t e d a E . KAUFMANN, occorrerebbe distinguere: a) L ' e n d o m e t r i o che rivela segni di infiammazione, però con quadro ciclico inalterato. I n questi casi c o m p a i o n o cellule r o t o n d e in focolai e strie più o m e n o fissi che si riscontrano t a l o r a di più nello strato basale p e n e t r a n d o più o meno p r o f o n d a m e n t e in quello f u n z i o n a l e e che t a l o r a h a n n o disposizione subepiteliale, o p p u r e sono distribuiti in modo diffuso senza predilezione per un d e t e r m i n a t o strato. fi) E n d o m e t r i o con segni di infiammazione e con conseguente quadro ciclico alterato. In questi casi lo s t r o m a , i cui v a s i possono essere dilagati e a u m e n t a t i di n u m e r o , è i n f i l t r a t o d a cellule linfoidi, plasmacellule e t a l o r a anche d a corpuscoli del pus. N e i lumi g h i a n d o l a r i si riscontrano linfociti, leucociti e cellule epiteliali alterate e d e s q u a m a t e . N o n è possibile u n a precisazione dello s t a t o ciclico,
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L'espulsione di g r a n d i p a r t i della m u c o s a con la m e s t r u a z i o n e determina anche l'allontanamento
degli agenti p a t o g e n i
situati nello
strato
funzionale, f a t t o non p r i v o di i m p o r t a n z a per la guarigione di u n a e. I microorganismi rimasti nello s t r a t o basale possono rimanere a t t i v i in questa sede, e con ciò si spiega la r a c c o l t a di cellule r o t o n d e proprio nello s t r a t o basale — o p p u r e estendersi alla m u c o s a n e o f o r m a t a . T u t t a v i a anche un'infiammazione
già esistente da più lungo t e m p o p u ò guarire senza lasciare
alterazioni m o l t o
evidenti.
T a l o r a si h a n a t u r a l m e n t e esaurimento della m u c o s a e c o n s e g u e n t e atrofia. In q u e s t a endometrite atrofica la m u c o s a è c o s t i t u i t a s o l t a n t o d a u n o s t r a t o sottile con p o c h e ghiandole e u n o s t r o m a p i ù m a r c a t a m e n t e fusocellulare. I focolai cicatriziali sono rari. Metaplasia dell'epitelio: L a sostituzione dell'epitelio cilindrico dell'utero con epitelio piatto stratificato, che può corneificare, è, contrariamente ai dati di ZELLER, un fenomeno così raro nella e. cronica, che la sua comparsa in seguito a infiammazione può essere negata in accordo con HITSCHMANN. Quando però, specialmente nell'età a v a n z a t a (« e. senile »), si verifica tale epidermizzazione dell'utero («psoriasi, ictiosis uteri» ZELLER), occorre sempre controllare in modo particolare l'eventuale esistenza di un carcinoma (cosid. carcinoma a zucchero candito) (pag. 408). T u t t a v i a esistono casi nei quali si ha soltanto il reperto di epitelio piatto al posto dell'epitelio cilindrico (E. KAUFMANN) localizzato o sulla superficie o nella profondità delle ghiandole. Ricordiamo inoltre a questo proposito che isole di epitelio piatto poterono essere riscontrate anche già in bambine (cfr. pag. 297 e bibl.), e che è spesso difficile distinguere nel singolo caso nell'adulta la formazione di epitelio piatto nella cavità dell'utero da malformazione. D ' a l t r a parte si verifica però anche l'estensione dell'epitelio della portio nella cervice e poi nella cavità dell'utero (v. anche C. RUGE I). Se la cavità uterina dilatata, con parete sottile, è riempita da una poltiglia ateromatosa splendente, e costituita da colesterolo e epiteli piatti desquamati e la mucosa è atrofica, fino a pochi residui ghiandolari e rivestita da epitelio pluristratificato corneificante, si parla anche di colesteatoma dell'utero. Cfr. HENGCE. MOTYLOFF,
BUSANNY-CASPARI,
FLUHMANN.
c) E N D O M E T R I T E
CERVICALE
L a m u c o s a cervicale p u ò i n f i a m m a r s i a c u t a m e n t e 0 c r o n i c a m e n t e d a sola senza la p a r t e c i p a z i o n e del c o r p o dell'utero. L ' i n f i a m m a z i o n e si e s t e n d e per lo p i ù alla v a g i n a e si f e r m a spesso all'orifìcio uterino interno. S p e c i a l m e n t e l a gonorrea resta l i m i t a t a alla cervice s e n z a oltrepassare l'orificio uterino interno, b e n c h é forse ciò non sia così f r e q u e n t e c o m e si a m m e t t e v a in passato. — In altri casi il c a t a r r o cervicale f a p a r t e di u n a m i o m e t r i t e c h e segue a un p a r t o o a u n puerperio.
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Nel catarro cervicale l a m u c o s a è ispessita, più lassa, e infiltrata d a cellule (Cellule del p u s n e l l ' i n f i a m m a z i o n e recente, linfociti, e plasmacellule, t a l o r a in a c c u m u l i simil-follicolari n e l l ' i n f i a m m a z i o n e cronica). L ' e s s u d a t o è p e r lo più v i t r e o e mucoso. Se il c a t a r r o è cronico, le ghiandole d i l a t a t e e ipertrofiche anche nei loro e l e m e n t i cellulari proliferano v e r s o le p a r t i p r o f o n d e della m u c o s a infiltrata d a cellule, e perfino entro la m u s c o l a t u r a . Si verificano a n c h e proliferazioni papillifere dell'epitelio superficiale e sostituzione c o n epitelio p i a t t o . M o l t o di f r e q u e n t e si f o r m a n o piccole cisti da ritenzione ( u o v a di N a b o t h ) c h e r a r a m e n t e oltrepassano il v o l u m e di u n pisello. L a ritenzione del secreto h a c a u s e diverse: secreto a u m e n t a t o e ispessito (lo spazio g h i a n d o l a r e che si d i l a t a si p r e c l u d e la v i a di uscita verso il d o t t o escretore p e r v i o ad opera della stessa d i l a t a z i o n e ) , t u m e f a z i o n e i n f i a m m a t o r i a nel d o t t o escretore con esclusione d e l lume, atrofia cicatriziale e s t r o z z a m e n t o , come si verifica a n c h e conseguent e m e n t e a lacerazioni, ecc. Il contenuto cistico è vitreo, incolore o p p u r e b i a n c o torbido o giallo p u r u l e n t o ; le cisti sono t r a s p a r e n t i o t o r b i d e per presenza di p u s oppure di colorito b l u a s t r o o b r u n a s t r o p e r presenza di sangue. T a l o r a nel cont e n u t o si t r o v a n o piccolissimi corpuscoli calcifici s t r a t i f i c a t i (E. KAUFMANN). Crescendo ulteriormente le cisti si a f f o l l a n o in p a r t e sulla superficie, p a r t i c o l a r m e n t e l a d d o v e il tessuto c i r c o s t a n t e è lasso e cedevole, e in p a r t e esse v e n g o n o in u n certo senso sollevate l a d d o v e il t e s s u t o c i r c o s t a n t e n o n si lascia c o m p r i m e r e . A l t r e rimangono s i t u a t e nella p a r t e p r o f o n d a singolarmente o r a c c o l t e in g r u p p i . Se t u t t a la portio è o c c u p a t a d a queste cisti d a ritenzione, essa a p p a r e per lo più a u m e n t a t a di v o l u m e (ipertrofia follicolare o cistica) e sulla superficie di taglio a p p a r e areolata. N o n d i r a d o q u e s t a ipertrofia, s p e c i a l m e n t e q u a n d o la superficie p r e s e n t a delle ulcerazioni, s i m u l a u n t u m o r e (le cisti più v o l u m i n o s e in u n l a b b r o uterino e p r i v e di epitelio m u c i p a r o sono s t a t e r i c o n d o t t e d a HENKEL al d o t t o di GARTNER). — L e cisti sollevatesi sulla superficie del c a n a l e cervicale si possono spesso liberare al p u n t o t a l e d a p r o t r u d e r e s o t t o f o r m a di polipi cistici e persino fuoriuscire dall'orificio uterino m e d i a n t e peduncolo.
d) E Z I O L O G I A T r a l e c a u s e d e l l a e. acuta perali
e l a gonorrea.
DELL'ENDOMETRITE
r i c o r d i a m o in p a r t i c o l a r e le infezioni
puer-
L a d i m o s t r a z i o n e d e l l ' a g e n t e c a u s a l e n e i casi
cronici
è difficile e spesso impossibile specialmente nella gonorrea. I n altri l ' i n f i a m m a z i o n e è d e t e r m i n a t a d a stimolazioni miche,
meccaniche,
chimiche
casi e ter-
c o m e si v e r i f i c a p e r t r a t t a m e n t o m e d i c o o p p u r e p e r i n t e n z i o n i cri-
m i n o s e . P r o p r i o i n q u e s t e f o r m e n o n è r a r a l'escarificazione
della
mucosa
che è talora seguita d a atresia parziale o totale. In questi ultimi anni è s t a t a r i p e t u t a m e n t e c o n s t a t a t a u n a c o s i d . e. da talco zione intrauterina
di sulfamidici)
(in seguito
ad
applica-
(RÒSSLE, B E C K E R , MARTIN, STRAKOSCH-
WURM, LUCKER, ASHÒLTER-HOLLSTEIN). B A N K d e s c r i s s e u n a m u c o r m i c o s i d e l l ' e n d o m e t r i o . CARTER e Coli, h a n n o e s e g u i t o r i c e r c h e s u l c o n t e n u t o b a t t e r i c o d e l piometra
(v. p a g . 306).
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Grande importanza causale ha la ritenzione di isole di decidua o di villi coriali dopo l'aborto o il parto. Questi residui possono agire di per se stessi se vanno incontro a necrosi, come di regola succede, come causa di infiammazione da corpi estranei, m a non di rado l'infiammazione diventa batterica per successiva infezione. Questa endometrite post abortum (o post partuni) si manifesta clinicamente con emorragie e dà in genere quadri microscopici molto variabili: isole deciduali più o meno ben colorabili e spesso molto pallide, che sono infiltrate da cellule infiammatorie miste e da esse circondate, oppure necrosi jaline, pure circondate da tessuto infiammato, che ripetono i contorni di un vaso; questi sono reperti caratteristici che frequentemente si ripetono. Di regola non si riscontrano villi coriali meno profondamente alterati, sono però talora dimostrabili, come pure un'invasione coriale particolarmente nelle vicinanze dei vasi. Inoltre si riscontrano spesso frammenti di mucosa rigenerata intensamente vascolarizzata in istato infiammatorio e non di rado anche membrane di fibrina e cellule essudatizie. Cfr. pag. 500.
e) COSID. EROSIONE DELLA PORTIO, ULCERA EROSIVA, ECTROPION L a cosid. erosione della portio è un'alterazione straordinariamente frequente, di grande importanza pratica, che si instaura con la massima frequenza come conseguenza di un catarro cervicale. La conoscenza esatta del quadro microscopico della cosid. erosione è necessaria, soprattutto in quanto talora anche gli stadi iniziali del carcinoma possono presentarsi con quadri analoghi macroscopicamente. Per questa ragione si praticano spesso escissioni bioptiche dalle erosioni sospette al fine di porre una diagnosi istologica. Il quadro comune della cosid. erosione della portio è il seguente: sulla portio, e precisamente su uno o sui due labbri, si trova una zona più o meno grande, lucente, intensamente arrossata, per lo più come un alone attorno all'orificio uterino, che trapassa immediatamente nella mucosa cervicale e si stacca per lo più nettamente, e talora anche con sfumature, dalla mucosa grigiastra o rosso-bluastra della portio. Talora questi punti arrossati sono situati isolatamente sulla portio e localizzati anche a una certa distanza dall'orificio uterino; soltanto di rado la cosid. erosione si estende dall'orificio uterino su entrambi i labbri fin verso la cupola vaginale. L a superficie delle zone rosse presenta aspetto vellutato o vellutato o zigrinato, talora anche con proliferazioni papillifere (fig. 87), e proprio questi casi sono quelli che possono essere confusi con un carcinoma. 22 —
KAUFMANN
ir,
p.
1
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Malgrado la notevole somiglianza con le ulcere granuleggianti, l'esame istologico di queste zone rivela quadri completamente differenti. T u t t a v i a esistono anche ulcere autentiche (ulcere erosive, erosione granuleggiante o vera) della portio (FISCHEL), il cui fondo è costituito da tessuto di granulazione; manca il rivestimento epiteliale e mancano anche le ghiandole in profondità. Di rado il corpo papillare denudato prolifera più intensamente in modo da dare un aspetto ruvido alla superficie. Queste ulcere si osservano frequentemente sulla superficie di prolassi di una certa entità nei punti che vengono particolarmente lesi durante il cammino (ulcere da decubito)\ non di rado sono ricoperte da pus e da fibrina.
Nella maggior parte dei casi però nella cosid. erosione della portio (erosione ginecologica, pseudoerosione) si tratta di qualcosa di completamente diverso. Le aree rosse riscontrabili macroscopicamente, rivelano, come è stato dimostrato per la prima volta da J . VEIT e RUGE, microscopicamente (cfr. fig. 88), contrariamente alle previsioni, un rivestimento epiteliale di uno strato semplice di epitelio cilindrico. Lo stroma della mucosa è intensamente vascolarizzato, infiltrato da cellule e proliferante; particolarmente rimarchevole è la formazione di ghiandole e spesso interi campi ghiandolari Fig. 87. (« ghiandole da erosione ») che sì ' formano per Pseudoerosione della portio, proliferazione in profondità dell'epitelio superprevalentemente papillifera. Gr. nat. Dis. di E. KAUFMANN. ficiale. La cosid. erosione ha fiotevolissima somiglianza con la mucosa cervicale infiammata e ricca di vasi. Il comportamento delle ghiandole è variabile nei diversi casi; con ciò si modifica anche l'aspetto microscopico dell'erosione con conseguente possibilità di classificare diverse forme, che però presentano forme di passaggio fra di loro. In genere si distinguono le seguenti forme: Pseudoerosione semplice: superficie liscia o vellutata. Ghiandole rare e piccole. Pseudoerosione papillare superfìcie finemente granulosa o irregolare. Ghiandole numerose, fittamente stipate, che si approfondano come tubuli semplici o ramificati. La proliferazione contemporanea del connettivo (che talora è molto ricco di cellule) tra gli sbocchi ghiandolari verso la superficie determina la formazione di papille (fig. 88). Pseudoerosione ghiandolare e glandulo-cistica: numerose le ghiandole, spesso con dilatazione cistica e ripiene di muco. Le cisti corrispondono per la loro genesi alle uova di Naboth della cervice; si tratta di cisti da ritenzione delle quali alcune possono raggiungere il volume di un pisello; l'epitelio è straordinariamente alto e sottile ed è frequentemente situato a forma di cespugli su prominenze a forma di creste; forme simili alle cellule
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caliciformi non sono rare. Sulla partecipazione del tessuto nervoso cfr. FEYRTER. Istogenesi della cositi, erosione: m e n t r e l ' a n a t o m i a dell'erosione e la classi ficazione delle diverse f o r m e v e n n e r o tosto riconosciute e c o n f e r m a t e , l'istogenesi dell'epitelio cilindrico a livello della portio, c o m e p u r e l'istogenesi delle g h i a n d o l e v e n n e r o i n t e r p r e t a t e assai d i v e r s a m e n t e nel corso del t e m p o . P e r q u a n t o r i g u a r d a le cause, alcuni h a n n o preso in considerazione l ' i n f i a m m a zione e altri i n v e c e p i u t t o s t o i d i s t u r b i di sviluppo.
Pseudoerosione
Fig. 88. papillare della portio. Donna 25enne (E 877/52).
a) Genesi infiammatoria: RUGE-VEIT sostennero l'ipotesi che l'epitelio cilindrico, che riveste la cosid. erosione, si f o r m a in loco, nel senso che, in seguito ad eliminazione degli s t r a t i più superficiali dell'epitelio p i a t t o per m a c e r a z i o n e ad opera del secreto, lo s t r a t o più p r o f o n d o , cioè lo s t r a t o basale (cilindrico), rimanesse c o n s e r v a t o c o m e s t r a t o epiteliale cilindrico a u t o n o m o con accrescim e n t o g h i a n d o l i f o r m e in p r o f o n d i t à . SCHOTTLANDER (bibl.) pensò che le ghiandole escluse per eliminazione del d o t t o escretore e p r o v e n i e n t i dalla m u c o s a cervicale i n f i a m m a t a , si conservassero talora negli strati p r o f o n d i della portio e, proliferando, raggiungessero la superficie p e r f o r a n d o l'epitelio p i a t t o e aprendosi in essa; in q u e s t o m o d o si f o r m e r e b b e in p a r t i c o l a r e l'erosione cistica. E . KAUFMANN condivise q u e s t o parere. R . MEYER giunse ad u n a ipotesi c o m p l e t a m e n t e diversa; in base alle sue estese ricerche, egli a f f e r m a che inizialmente si h a u n a p e r d i t a locale di epitelio p i a t t o , per lo più su base i n f i a m m a t o r i a , cioè esiste u n a v e r a e p r o p r i a erosione, che però non si m a n t i e n e a lungo, poiché l'epitelio della c e r v i c e o v v e r o delle g h i a n d o l e eterotopiche, d o t a t e di epitelio
34°
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GENITALI
muciparo, viene utilizzato rapidamente dalla portio per reintegrare la perdita di sostanza (pseudoerosione, « primo stadio della guarigione »). U n a parte delle ghiandole (ghiandole d a erosione ») è da ricondurre a proliferazioni in profondità dell'epitelio superficiale cilindrico muciparo. U n ' a l t r a piccola parte di queste ghiandole, nel corso di un catarro cervicale, è proliferata e penetra fino nel connettivo della portio, d a questo p u n t o l'epitelio giunge alla superficie in q u a n t o vi è s t a t a la perdita del rivestimento della portio e viene utilizzato per la riepitelizzazione. Con la cessazione dell'infiammazione e con la diminuzione della secrezione infiammatoria, l'epitelio piatto ricomincia a proliferare ai margini della pseudoerosione e nell'ambito di piccole isole residuate — mentre come sottolineò in particolare R . MEYER, non si ha trasformazione di epitelio piatto (metaplasia) — , poi l'epitelio piatto si accresce sotto l'epitelio cilindrico, e nelle porzioni più a v a n z a t e è spesso ancora chiaramente monostratificato e con l'aspetto dello strato delle cellule basali, mentre subito accanto è t u t t a v i a pluristratificato — lo solleva e penetra più o meno estesamente nelle ghiandole, i cui lumi sono ristretti dal progressivo ispessimento dell'epitelio (« epidermizzazione » secondo stadio della guarigione »). Poiché questa sostituzione dell'epitelio non a v v i e n e o v u n q u e in modo uniforme bensì compare per lo più a isolotti, si osservano frequentemente i più diversi quadri gli uni accanto agli altri (fig. 89). A l c u n e ghiandole perdono il c o n t a t t o con la superficie ad opera della proliferazione dell'epitelio piatto nella zona del loro sbocco, vengono strozzate e non di r a d o si dilatano per a c c u m u l o di secreto (cfr. l'interpretazione sopracitata di queste ghiandole secondo SCHOTTLANDER). Se l'infiammazione si riaccende, cosa che costituisce quasi la regola, l'epitelio superficiale ne f a di nuovo le spese, le ghiandole si riaprono verso la superficie e producono ora per proliferazione del loro epitelio un n u o v o rivestimento. Finché le ghiandole sono rivestite soltanto in parte da epitelio piatto, la guarigione definitiva è possibile, poiché la n u o v a situazione è costantemente minacciata da nuove riviviscenze infiammatorie ad opera di microorganismi situati in profondità. Si può parlare di guarigione completa soltanto q u a n d o le ghiandole, rivestite fino in fondo da epitelio piatto, hanno il lume obliterato e il loro epitelio ha ceduto alla pressione esercitata dall'esterno. Allora gli zaffi di epitelio p i a t t o a g g e t t a n o dalla superficie in profondità —• e la f o r m a originale della ghiandola viene ripetuta a b b a s t a n z a fedelmente — , che però non permangono, bensì vengono respinti g r a d a t a m e n t e di n u o v o verso la superficie e da questa riassorbiti. Non è necessario sottolineare ancora che sia il principiante, sia il patologo p r o v e t t o possono avere grandi difficoltà nell'esatta interpretazione dell'epitelio p i a t t o che prolifera lungo le ghiandole verso la profondità, specialmente q u a n d o la maturazione delle ghiandole non è ancora conclusa e la stratificazione non è ancora chiara, e inoltre q u a n d o la sostituzione dell'epitelio ghiandolare non è del t u t t o completata. Per la delimitazione dal cancro occorre tener presente il grado di m a t u r i t à delle cellule come pure l'ordine nella stratificazione dell'epitelio. L a decisione è resa ancor più difficile dal f a t t o che è accertata la possibilità dello s v i l u p p o del carcinoma sul terreno dell'erosione (R. MEYER). fi) Genesi embrionale: si basa sulla conservazione dell'epitelio cilindrico originariamente presente sulla portio, o v v e r o sulla persistenza di mucosa cervicale (epitelio cilindrico monostratificato e ghiandole) sulla portio non di
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341
rado più grande delle norma, f a t t o che d'altra parte altri A A. non considerano come malformazione da inibizione, bensì al contrario come sviluppo embrionale in eccesso dell'epitelio cervicale (v. R. MEYER). FISCHEL riscontrò in quasi il 36 % di t u t t i i neonati epitelio cilindrico a livello della portio e denominò questo f a t t o ectropion istologico congenito (è meglio però invece di ectropion usare il termine erosione). L e ricerche di R . MEYER hanno insegnato che durante la v i t a embrionale si verifica un conflitto di confine fra l'epitelio piatto della portio e l'epitelio cervicale e che l'epitelio piatto, che penetra nel canale cervicale nel 6° mese fetale, viene respinto verso l'esterno nei mesi successivi dall'epitelio cervicale che invade anche la portio (pseudoerosione congenita).
Fig. 89. Guarigione di erosione nell'ambito di un ectropion da lacerazione. Donna 3oenne (E 1248/38).
Queste isole di epitelio cilindrico non permangono però a lungo, ma vengono presto sostituite n u o v a m e n t e da epitelio piatto. Come sottolineò ORT, è verosimile ammettere che in questi casi le ghiandole già presenti si possono talora mantenere in profondità anche se la superficie è già rivestita da epitelio piatto; in seguito l'epitelio p i a t t o viene asportato dalla macerazione e sostituito dall'epitelio cilindrico delle ghiandole sottostanti, e in questo modo la mucosa riproduce la s t r u t t u r a di quella della cervice. Perciò non sarebbe necessario considerare t u t t e le ghiandole della portio come neoformazioni patologiche. L e cosid. erosioni rivelano talora durante la g r a v i d a n z a una reazione deciduale. y) U n a piccola p a r t e della cosid. erosione della portio potrebbe essere ricondotta a\Yeversione (ectropion) del canale cervicale o essere confusa con essa.
Nell'ectropion o e v e r s i o n e la mucosa cervicale arrossata, morbida e tumefatta, può fuoriuscire dall'orificio che talora è molto ristretto, per cui
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GENITALI
si r e n d o n o v i s i b i l i l e p i e g h e d e l l ' a r b o r v i t a e ectropion
della
mucosa)
(ectropion
infiammatorio
o p p u r e , c o s a p i ù f r e q u e n t e , si f o r m a n o
o
lacerazioni
e la cervice è s p a c c a t a (reperto m o l t o c o m u n e nelle pluripare) e p a r t i della mucosa labbri
vengono
rovesciate
della portio hanno
l'esterno
verso l'esterno, subito
(ectropion parietale,
un
dopo che uno o entrambi
progressivo
da lacerazione,
arrovesciamento
i
verso
cicatriziale).
L e p o r z i o n i libere di m u c o s a sono esposte a lesioni e infezioni p r o v e n i e n t i d a l l a v a g i n a e t e n d o n o t a l o r a alla secrezione i n f i a m m a t o r i a e alla proliferazione. —• U n e s e m p i o grossolano è Yectropion da prolassi dell'utero. In questo caso l'orificio u t e r i n o v i e n e d i l a t a t o p e r la t r a z i o n e e s e r c i t a t a sui fornici v a g i n a l i e la c e r v i c e v i e n e a r r o v e s c i a t a e in u n c e r t o senso v i e n e a f a r s e m p r e più p a r t e della v a g i n a , cosicché l'orificio u t e r i n o i n t e r n o p u ò d i v e n t a r e perfino il p u n t o p i ù basso del prolasso. L a m u c o s a c e r v i c a l e e v a g i n a t a a s s u m e f a c i l m e n t e (cont r a r i a m e n t e all'erosione) u n a s t r u t t u r a e p i d e r m o i d e (vaginale). Sulle ulcere erosive vere nei prolassi v. p a g . 301. A n c h e nella retroflessione e in m o l t i c a r c i n o m i della p o r t i o si h a eversione ( K Ü S T N E R ) .
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FKMMINILI
SCHRODER e N E U E N D O R F F - V I K K , A r c h . G y n a k .
343 115,
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A.
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2. INFIAMMAZIONE D E L MIOMETRIO (MIOMETRITE) a) MIOMETRITE
ACUTA
A prescindere dalle infiammazioni post partum o post abortum (v. malattie puerperali) l'infiammazione del tessuto connettivo dell'utero situato tra la muscolatura avviene per infezione in seguito a lesioni (sondaggio, ferite, raschiamenti), come pure in corso di endometriti di natura molto varia (infiammazioni ascendenti da stasi di secreto ad opera di pessarii, laminarie, ecc., piometra) particolarmente in corso di gonorrea (v. pag. 333)A seconda della gravità dell'infezione, l'utero si tumefà localmente o interamente in misura spesso notevole; il tessuto interstiziale è infiltrato da un essudato sieroso e cellulare, specialmente nelle vicinanze dei vasi. L'ascessualizzazione (dal volume di un pisello fino a quello di una mela) non è frequente, tuttavia è stata osservata sia durante il puerperio come in corso di gonorrea e tubercolosi; essa determina spesso suppurazione estesa e necrosi della muscolatura (cfr. TRANCU-RAINER e pag. 517) e col pericolo di un'estensione al perimetrio ovvero della perforazione nella cavità addominale. Come eccezione è ricordata l'ascessualizzazione metastatica nel miometrio, nell'angina. Il miometrio non è mai interessato isolatamente; è sempre presente un'endometrite, che nella maggior parte dei casi è l'affezione primitiva, oppure una perimetrite.
b) M I O M E T R I T E CRONICA
La miometrite cronica, che nei tempi passati veniva ritenuta responsabile dell'aumento di volume uniforme dell'utero (cfr. ipertrofia dell'utero, pag. 329), anche se si ammette che l'ipertrofia dell'utero in una piccola parte dei casi sia forse riconducibile a un'infiammazione cronica, è rara e compare soltanto isolatamente nella letteratura recente. L'ADLER riconobbe come caratteristica della miometrite la comparsa di accumuli roton-
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deggianti e a strie di cellule rotonde (con plasmacellule) presenti nelle vicinanze dei vasi e precisamente soprattutto negli strati sottomucosi e sottosierosi, fino alla profondità di i o mm; anche i focolai connettivali in questi strati egli li ricondusse all'infiammazione. In considerazione particolare è stata tenuta nella letteratura un'osservazione di HETER in cui si osservò un'intensa produzione di tessuto di granulazione con fitta infiltrazione cellulare (linfociti, plasmacellule, singole cellule giganti). L a formazione di osso è rara (v. PALLOS).
3. I N F I A M M A Z I O N E D E L R I V E S T I M E N T O S I E R O S O D E L L ' U T E R O E DEL PERITONEO PELVICO (PERIMETRITE, PELVIPERITONITE) E DEL PARAMETRIO
(PARAMETRITE)
a) PERIMETRITE E PELVIPERITONITE È detta perimetrite l'infiammazione del rivestimento sieroso dell'utero; tuttavia non manca quasi mai una partecipazione del peritoneo del bacino circostante. Perciò è preferibile il termine di pelviperitonite. L'eziologia della perimetrite è assai variabile: infiammazioni dell'utero, tube, ovaie, una parametrite, proctiti-paraproctiti, cistiti-paracistiti, persino infiammazioni delle porzioni ossee e muscolari del bacino (coxite, psoite, in corso di spondiloartrocace (1)) possono estendersi al rivestimento peritoneale del pavimento del bacino. Bisogna aggiungere anche le infiammazioni delle porzioni profonde dell'intestino e gli ascessi peritiflitici. Nella peritonite diffusa è interessato anche il peritoneo pelvico.
Forme dell'infiammazione: l'infiammazione, specialmente nelle forme puerperali e che fanno seguito ad interventi chirurgici, è purulenta o putrida; per lo più fa seguito una peritonite generalizzata oppure si formano focolai purulenti saccati. In altri casi l'essudato è fibrinoso o fibrinosopurulento, per cui si verificano coalescenze tra i visceri pelvici. L'infiammazione cronica produttiva è molto frequente e ne conseguono aderenze. Specialmente nelle salpingiti gonorroiche e nelle ooforiti, l'utero e gli annessi sono rivestiti da fitte aderenze che in seguito divengono prive di vasi e assumono una forma velamentosa o a ragnatela. Gli organi dislocati possono causare infiammazione produttiva nei punti di contatto col peritoneo. Alterazioni anche minime del peritoneo con perdita
(1) Dal greco qrpóvdvXot; = vertebra, àgQoov — articolazione e yjìxrj = cat-
tivo stato; significa genericamente « articolazione gravemente ammalata ». Di solito, però, il termine viene riferito alle forme gravi tubercolari con carie ossea (N. D. T.).
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delle cellule di r i v e s t i m e n t o c a u s a n o t a l o r a aderenze f r a superfici g i u s t a p p o s t e . Se l ' o r g a n o ritorna nella posizione originale sia artificialmente, sia s p o n t a n e a mente, le aderenze si stirano e d i v e n t a n o cordoniformi; ciò è osservabile nella retroflessione dell'utero, c o m e p u r e nel d i s l o c a m e n t o delle o v a i e ingrandite e d i v e n u t e più pesanti. — Il sangue c h e r a g g i u n g e lo spazio della c a v i t à addominale d a u n a t u b a s c o p p i a t a , subisce non di r a d o un i n c a p s u l a m e n t o ad opera dell'infiammazione del peritoneo colpito (v. ematocele retrouterino, pag. 289). A n c h e le n e o f o r m a z i o n i possono irritare il peritoneo; la p e r d i t a locale di cellule di r i v e s t i m e n t o , l ' i p e r e m i a , a d e r e n z e lasse o t e n a c i ne sono la conseguenza. —• Se t r a le aderenze si c o n s e r v a e s s u d a t o sieroso originano formazioni pseudocistiche.
b)
PARAMETRITE
[Bibl. v. ED. MARTIN, H . O. NEUMANN,
R.
FREUNDI.
L a parametrite è una infiammazione di tutto il tessuto cellulare pelvico situato sotto il rivestimento peritoneale, e precisamente non soltanto di quello situato nell'ambito del « parametrio » (che si trova sul margine laterale dell'utero, tra i foglietti del leg. largo e al di sopra del diaframma pelvico e che contiene connettivo, grasso, muscoli, vasi, nervi) bensì anche del connettivo situato tra il diaframma pelvico e la vagina. Le infiammazioni in questa sede si formano di frequente in seguito a lesioni da parto, e specialmente quelle della cervice. Se la cervice si lacera o si forma un'ulcera profonda, il parametrio può essere infettato. In altri casi il punto di ingresso è rappresentato da lacerazioni profonde della vagina o della vulva. L'estensione dell'infiammazione, la cui causa sono per lo più gli streptococchi, avviene sotto forma di tromboflebite, di linfangite ovvero di flemmoni. L'edema e l'imbibizione dei visceri pelvici e del cellulare pelvico sono una comoda via di propagazione per l'infezione. D e t t a g l i v . m a l a t t i e i n f e t t i v e puerperali p a g . 5 1 1 .
La parametrite non puerperale è limitata per lo più alle immediate vicinanze dell'utero. Le cause sono generalmente interventi non asettici sulla cervice e sulla vagina. Più raramente si ha parametrite in seguito a tumori rettali, a proctite ulcerosa, peritiflite, carie delle ossa pelviche. Ancor più rara è la parametrite metastatica da influenza, angina (LÒSER e d a l t r i , b i b l . i n H . O . NEUMANN). L ' i n f i a m m a z i o n e è c o s t i t u i t a t a l o r a d a un'essudazione sierosa cellulare o siero-emorragica, t a l a l t r a si m a n i f e s t a col q u a d r o del f l e m m o n e ; q u e s t ' u l t i m o è costituito o s o l t a n t o d a u n r i g o n f i a m e n t o e d e m a t o s o - g e l a t i n o s o e infiltrazione ricca di fibrina del c o n n e t t i v o di colorito giallastro o con a s p e t t o di miele, o p p u r e d e t e r m i n a la suppurazione del tessuto, la f o r m a z i o n e di accessi, cui p u ò
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far seguito la perforazione nel c a v o addominale o in un organo vicino. — Se un'infiammazione essudativa diventa cronica, la produzione connettivale passa gradualmente in primo piano; l'esito è rappresentato da ispessimenti cicatriziali. (Ulteriori dettagli istologici v. B U S S E ) . Decorso. Se la parametrite essudativa è recente ed è costituita essenzialmente solo da un essudato liquido, si può avere un completo riassorbimento; se la parametrite è di lunga durata, si hanno frequentemente indurimenti cicatriziali, che stirano i visceri pelvici dislocandoli. Gli ascessi capsulati si riaccendono talora anche dopo molti anni, e si può constatare una rapida moltiplicazione degli agenti patogeni; è allora ancora possibile la perforazione in un organo vicino (p. es. nel sigma romanum), ovvero la pioemia. E. K A U F M A N N osservò in una donna di 32 anni con ascesso multiloculato del lato destro e numerose ramificazioni fistolose, l'estensione alla sincondrosi sacroiliaca, alla coscia destra, al grande labbro destro e la perforazione nell'articolazione dell'anca destra. — Il pericolo principale della parametrite è la diffusione al peritoneo, cioè la peritonite.
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CAPITOLO
XI
INFIAMMAZIONI SPECIFICHE DELL'UTERO 1. T U B E R C O L O S I (METRITE
(TBC)
DELL'UTERO
TUBERCOLARE)
Colpisce i n n a n z i t u t t o l ' e n d o m e t r i o (endometrite tbc). è colpito il solo miometrio. L a ferimetrite
Eccezionalmente
tbc p u ò essere sia u n a m a n i f e s t a -
zione p a r z i a l e o u n a f o r m a p a r t i c o l a r e di u n a t b c peritoneale.
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L a tbc primitiva (esogena) è possibile per lo m e n o per la portio, forse a n c h e per la cervice, t u t t a v i a non è sufficientemente d i m o s t r a t a . C e r t a m e n t e si t r a t t a di un'eccezione rara (cfr. la t r a t t a z i o n e a p a g . 270). In t u t t i gli altri casi la t b c si è g i à insediata nell'organismo e a d essa si ricollega l'affezione dell'utero. P e r q u e s t a tbc secondaria v a n n o prese in considerazione le seguenti vie: la più freq u e n t e è la p r o p a g a z i o n e (infezione discendente) dalle t u b e già a f f e t t e (per v i a e m a t o g e n a ) che r a p p r e s e n t a n o la sede più f r e q u e n t e di tubercolosi genitale p r i m i t i v a (cfr. p a g g . 268 e 49) o p p u r e per estensione attraverso le tube dal peritoneo g e n e r a l m e n t e per v i a canalicolare (diffusione intracanalicolare), più raram e n t e p e r v i a linfatica; m e n o f r e q u e n t e di q u e s t a estensione per c o n t i n u i t à , l'infezione per v i a e m a t i c a (infezione ematogena), t a l o r a con i n t e r e s s a m e n t o delle t u b e d a u n focolaio l o n t a n o (tbc p o l m o n a r e o linfoghiandolare). P e r il resto le concezioni sulle singole vie seguite dall'infezione sono assai d i v e r g e n t i (cfr. HUBSCHMANN, DIETEL, HELD, ERIKSEN,
ZANDER).
Naturalmente anche l'utero può essere sede di localizzazione ematogena in una tbc miliare generalizzata. (Circa l'ipotesi di una tbc ascendente, sostenuta in passato e in parte anche attualmente, cfr. pag. 270). L a tbc dell'utero si verifica in ogni età, anche se più frequentemente negli adulti che nei bambini (v. anche G. GRAEFE, bibl.). Essa è rara inoltre nella gravidanza o nel puerperio (bibl. v. E. KRAUS, cfr. anche SCHMORL, BEITZKE,
HUGHESDON,
HERTZOG-CHAPMAN-HERING
e
pag.
271
come
pure 487).
a) TBC DEL CORPO
DELL'UTERO
L'endometrite tbc (del corpo) si manifesta anatomicamente con quadri variabili. Talora si riscontrano nella mucosa macroscopicamente poco modificata dei noduli miliari grigi o caseificati giallastri, che hanno spesso disposizione seriata che talora sono in parte aggregati e formano ulcere quando vanno in necrosi. I tubercoli sono per lo più distribuiti disordinatamente nello stroma; talora sono localizzati vicinissimi alle ghiandole, i cui epiteli possono presentare fenomeni proliferativi, v. FRANQUÉ ha considerato con particolare attenzione queste proliferazioni ed ha inoltre indicata la presenza di metaplasie epiteliali estese e stratificazioni irregolari degli epiteli ghiandolari e superficiali specialmente negli stadi iniziali dell'endometrite tbc. ALTERTHUM, E. KAUFMANN e a. hanno confermato questi reperti (secondo SCHOTTLÀNDER questi stessi quadri ghiandolari comparirebbero anche poco dopo la gravidanza come pure in seguito a gonorrea). Dal punto di vista diagnostico hanno importanza determinante soltanto i tubercoli. ZANDER ha descritto la trasformazione di cellule dello stroma in cellule epitelioidi, NEVINNY-STICKEL hanno studiato in particolare le funzioni della mucosa nella tbc dell'endometrio.
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In altri casi (fig. 90) la m u c o s a è u n i f o r m e m e n t e caseificata negli strati superficiali o in t u t t o il suo spessore, è p r o f o n d a m e n t e t u m i d a e s o l c a t a e la c a v i t à p u ò essere ripiena di m a t e r i a l e 0 p u s caseoso (endometrite tbc caseosa). Se l'orifìcio uterino interno o quello esterno sono occlusi e il c o n t e n u t o ristagna, la c a v i t à p u ò a u m e n t a r e fino al v o l u m e di u n a p a l l a d a biliardo e la p a r e t e essere assottigliata (piometra tubercolare). Se la c o m u nicazione con la v a g i n a r e s t a p e r v i a , f a t t o frequente, si possono osservare o c c a s i o n a l m e n t e tubercoli o ulcere t b c a n c h e sulla p o r t i o e nella v a g i n a .
F i g . 90. Tubercolosi ulcero-caseosa dell'endometrio del c o r p o d e l l ' u t e r o (E/). N o d u l i miliari nella cervice. Tubercolosi caseosa delle tube ( R T e LT). V v a g i n a . 4/5 g r . n a t . Dis. E . K A U F M A N N .
Nell'endometrite caseosa la dimostrazione istologica del carattere tbc può essere talora impossibile. L a diagnosi è allora data dalla dimostrazione del bacillo, o spesso anche dal reperto di tubercoli nella sierosa. D ' a l t r a parte non esiste alcuna affezione dell'endometrio con questo aspetto, poiché un'endometrite gommosa è eccezionale. Dall'endometrio la tbc può invadere anche il miometro, sia per necrosi della mucosa, sia per via linfatica. Per questa via si può verificare anche la penetrazione nella mucosa di una perimetrite tbc (v. KUNDRAT). E. KAUFMANN osservò
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una t b c miliare in una donna di 34 anni, che prese le mosse d a un'endometrite t b c in seguito al parto; in questo caso i tubercoli a v e v a n o colpito eccezionalmente anche la parete dei vasi sanguigni nella profondità della parete uterina (cfr. W E I L , B . W A L T H A R D , c o m e p u r e B U N G E L E R e BRASS, c h e o s s e r v a r o n o
tbc
miliari a c u t e in seguito a raschiamenti di endometrite tbc). D ' a l t r a parte E . KAUFMANN osservò in una donna di 29 anni, che a v e v a partorito 2 mesi prima un interessamento della cervice ad opera di tubercoli miliari nel q u a d r o di una tubercolosi miliare generalizzata con meningite tbc, a partenza d a focolai polmonari di vecchia data. Come rarità sono note: una forma macronodulare di t b c (HEESCH), come pure un ascesso parietale tbc isolato (AMANN). —• L a forma cronico-fibrosa della tbc endometriale è relativamente rara (WILLIAMS).
b) TBC DELLA CERVICE
Va sottolineato il fatto che l'endometrite tbc nella maggior parte dei casi non si estende in basso oltre l'orificio uterino interno. L a mucosa cervicale sembra essere più resistente all'infezione con bacilli della tubercolosi. Se essa è affetta da tubercolosi, si riscontrano generalmente tubercoli miliari (fig. 91) oppure ulcere. L a tbc cervicale isolata è rara. E. KAUFMANN descrisse il caso di una donna di 79 anni, in cui la superficie interna dell'utero, che p r e s e n t a v a un'infiltrazione fibro-caseosa, somigliava macroscopicamente a un carcinoma torpido cavitario, mentre l'orificio uterino interno ed esterno erano immodificati (AMANN ritenne questo essere l'unico caso sicuro di t b c uterina primitiva). — In rari casi l'affezione cervicale può assumere una f o r m a papillifera che ricorda il carcinoma a cavolfiore (EUGEN, FRAENKEL, GLOCKNER,
MALY,
EVERLING,
NOHALES,
cfr.
anche
BONNET-BUILLARD,
MO-
RILLO).
U n piometra tbc si verifica di regola in donne vecchissime — E. KAUFMANN l'osservò in una donna di 81 anni — (v. KRZYWICKI, DEYMEL), nelle q u a l i l'atresia è probabilmente un fenomeno senile primitivo. In rari casi sono stati riscontrati nell'utero contemporaneamente tbc e carcinoma. E. KAUFMANN osservò questa associazione in un raschiamento (donna di 50 anni, adenocarcinoma) e inoltre in un secondo caso, in cui i tubercoli e il carcinoma infiltravano il tessuto cervicale anche in profondità; queste due osservazioni sono comunicate dettagliatamente d a WALLART (bibl.) Bibl. v. E . SCHMIDT, STRACHAN, N O V A K - W I N D H O L Z , KRISS,
RAVID-SCHARFMAN,
Tbc
nei
polipi
V. a n c h e G . H I R S C H ,
NIEMEYER-REICHENMILLER,
venne
osservata
da
ZAHN,
MATZDORFF,
EVELBAUER.
MICHAELIS,
E.
KAUFMANN.
Un'associazione tra tbc e adenomiosi (fig. 92) fu c o m u n i c a t a da GRÜNBAUM, bibl.,
SCHÜTZE.
HOLLSTEIN,
Bibl.
HEESCH,
TERÀSVUORI,
KOBERLE,
VAUX, STEWART-OLDFIELD,
RIGDON,
HOWELL.
Alterazioni tbc in mlomi furono descritte d a WASSMER, DICKSON, BARBANTI-SILVA, F A I N , FAGIOLI, DESTRO,
LEWIN.
35°
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Raschiamento
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Fig. 9 1 . cervicale con tubercoli miliari e aggregati. Donna 34enne (K 5870/49).
Fig. 92. Tubercolosi e aclenomiosi uterina interna. Sezione dal fondo dell'utero. Donna 3oenne (E 1346/41).
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2. SIFILIDE DELL'UTERO L e sclerosi iniziali e l'ulcera dura si possono osservare nella portio particolarmente sul labbro anteriore, come pure sifilidi maculo-papulose e gomme, (come pure l'ulcera molle non sifilitica). A l t a v o l o anatomico questi reperti sono rari. CAFFIER e CORDUA (V. anche MÖBIUS) sottolineano le difficoltà della diagnosi differenziale tra sifilide e tbc.. Sulla frequenza dell'ulcera dura della portio cfr. WIDERMANN, sulla presenza della Spirocheta pallida nel secreto cervicale, v. DORA FUCHS, LINDEMAYR. Bibl.
R.
MEYER,
GUSZMANN.
3. ACTINOMICOSI DELL'UTERO L'actinomicosi dell'utero è rarissima. Si associa generalmente all'actinomicosi intestinale (dell'appendice). (Soltanto nelle comunicazioni di GIORDANO, HASELHORST, B A R T H , K . T I E T Z E si r i t i e n e c h e l ' u t e r o s i a l a p o r t a
d'ingresso
della lesione, pur non essendo necessario che esso stesso ne sia affetto). In un caso osservato nell'Istituto di G ö t t i n g e n (HÜFFER, bibl.) — donna 4oenne che a v e v a partorito 14 giorni prima per la dodicesima volta, asportazione dell'utero —- dalla parete posteriore, adesa alle formazioni vicine, p r o t r u d e v a un tumore molle, finemente bernoccoluto, che si spingeva profondamente per 2,5 cm nella parete dello spessore di 4 cm, era di colorito pallido e di consistenza stopposa, ed era costituito da tessuto di granulazione, ricco di leucociti con numerosi focolai di suppurazione e conteneva numerose druse attinomicotiche. Nell'osservazione di VEROCAY l'utero era trasformato in un tessuto spugnoso, fino alla portio. MITRA osservò un'actinomicosi estesa del bacino con un focolàio della grandezza di una nocciola nella portio JAFFÉ riscontrò druse in una ghiandola c e r v i c a l e d i l a t a t a . B i b l . v . NÜRNBERGER, J. BLOCH, B U C U R A , EMMERICH.
4. LINFOGRANULOMATOSI DELL'UTERO È s t a t a osservata finora soltanto in pochi casi (K. M. WALTHARD, SZENES, LEWINSKI,
UDDSTRÒMER,
NAUMANN).
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CAPITOLO
XII
TUMORI DELL'UTERO 1. T U M O R I
BENIGNI
DEI
VASCOLARI
TESSUTI DI E
SOSTEGNO,
NERVOSI
A pag. 328 si è già parlato delle proliferazioni polipose simil-tumorali della mucosa. I fibromi puri appartengono alle massime rarità. Come forma tumorale particolare dell'utero, che talora può essere difficilmente catalogabile tra i tumori connettivali o vascolari, R . M E Y E R ha isolatoli cosid. fibroma linfocistico (linfangiocistofibroma) e questi reperti sono stati in seguito completati da ulteriori osservazioni. Questi tumori hanno sede intramurale, volume da una nocciola a un pugno e macroscopicamente sono ben delimitati. Istologicamente si osservano, accanto ad una porzione variabile di tessuto connettivo in parte ricco e in parte povero di cellule, che è mal delimitato rispetto al tessuto circostante, cavità più o meno voluminose, che talora possono anche essere una sola, nelle quali penetrano peculiari proliferazioni, che partono dalla parete e hanno forma bernoccoluta o a cresta. Le cavità sono rivestite da endotelio e corrispondono a vasi linfatici proliferati (anche i vasi sanguigni partecipano alla proliferazione). Numerose aree simil-sarcomatose ( R . M E Y E R USÒ il termine di sarcomatoide o facoltativamente sarcomatoso) fanno pensare spesso a una neoformazione maligna; t u t t a v i a finora è noto soltanto un caso che clinicamente e istologicamente si rivelò essere un sarcoma ( M O T I L O F F ) . Si hanno comunicazioni di I S B R U C H , H . O . N E U M A N N , C. K A U F M A N N , D W O R Z A K , M U S C H I K , M . B R E N N E R , P A H L , L I M B U R G , P L A U T , H . B . L A N G , H I N Z . R . M E Y E R catalogò in questa forma anche un caso pubblicato nel 1915 ( R E U T E R ) . R I N I K E R riferì su un linfangiocistofibroma nel leg. largo. Un mixoma fu comunicato da O . R O K I T A N S K Y (cfr. anche K L A H N ) , un osteocondroma dell'utero venne descritto da S T A D E , W . M A N N . Sulle isole di cartilagine nell'utero v. pag. 298, v. anche sarcoma e tumori misti. 23 —
KAUFMANN I I , p . I
354
ORGANI
GENITALI
I lipomi ovvero lipomiomi sono rari, sono situati per lo più nella parete del corpo dell'utero, sono più raramente sottosierosi o nella cervice e possono in tal caso comparire come polipi. Bibl. v. S E Y D E L , D W O R Z A K , R I T T E R - S T R I N G E R , I K O N O M O U , G. W E B E R , B R A N D F A S S e E V E R T S - S U A R E Z . In passato si è parlato di metaplasia del connettivo o della muscolatura per la spiegazione di queste forme, però dalle ricerche di R . M E Y E R in poi si ritiene in genere che siano dovuti a una dislocazione di germi embrionali. V . anche G R E V E . Anche sugli emangiomi dell'utero, che in parte sono intramurali, però più spesso sottomucosi e talora anche poliposi, si hanno solo poche comunicazioni. Bibl. v. R . M E Y E R , H . O . N E U M A N N . P E D O W I T Z - L A U R E N C E - G R A Y Z E L ; v. anche BARTSCH,
HORGAN,
KLEE,
TAKÀCS,
WEED,
MISCHEL,
MARSH,
RITCHIE-GILES,
Sugli angiofibromi riferirono R . M E Y E R e E I S E R T H , sugli angiomiomi S C H I N K E L E e C A T S A R A S - P A T S O U R I - S O U L I O T O U . R A T Z E N H O F E R (bibl.) riscontrò un'angiomatosi dell'utero come causa di una metrorragia (cfr. R Ù D E N B U R G , H O L L S T E I N ) . Ancor più rari sonoi linfangiomi ( Z A K R Z E W S K I , K R E U Z E R , U M E D A LUKIC.
RO,
THAISZ-LÀNYIK).
Sono stati resi noti anche alcuni tumori del tessuto nervoso: neuromi ( K L E I N E , Q U I N T O , F I N G E R L A N D - S I K L , B A N I E C K I ) , partecipazione alla neurofibromatosi (OBIDITSCH-MAYER, PIRINGER-KUCHINKA e T U R N H E I M , B U S B Y ; V. anche I N G L I S ) , simpatomi ( L . P I C K , L E M E L A N D - D U R A N T E ) e un glioma ( B O S A E U S S V A N B E R G ; sui reperti di glia cfr. pag. 2 9 8 , sulle proliferazioni gliali simil-tumorali O R S Ò S ) . Rarissime sono le cisti dermoidi ( S C H Ò N H O L Z , H E L L E N D A L L , F O R S T E R ) e i teratomi ( W . M A N N , bibl.) cfr. anche L A C K N E R - K R O H N .
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—
BOSAEUS
e
SVANBERG,
ORGANI GENITALI
FEMMINILI
355
Anat. 2 7 3 , 663, 1 9 2 9 . — MARSH, Arch. Path., Chicago 49, 490, 1 9 5 0 . — R . M E Y E R , Erg. allg. Path. 9, 1905; Charite-Ann., Berlin 35, 1911; Zschr. Geburtsh. 87, 653, 1924; Arch. Gynäk. 126, 609, 1925. — R. MEYER, in: Henke-Lubarsch, Hdb. d. spez. path. Anat. Bd. VII/i, 1 9 3 0 . — M I S C H E L , Arch. Geschwulstforsch. 3, 224, 1 9 5 1 . — M O T I L O F F , Arch. Gynäk, 1 4 8 , 6 7 4 , 1 9 3 2 . — MUSCHIK, Zbl. Gynäk. 2 3 8 9 , 1 9 3 3 . — H. O. NEUMANN, Arch. Gynäk. 131, 50, 1927; 139, 161, 1929; 139, 1930. — OBIDITSCH-MAYER, Wien, klin. Wschr. 799, 1949. —ORSÖS, Zschr. Geburtsh. 107, 1934. —PÄHL, Zschr. Geburtsh. io 7 . 3 r 3. x934- — PEDOWITZ, L A U R E N C E e G R A Y Z E L , Amer. J. Obstetr. Gynec. 69, 1 2 9 1 , 1 9 5 5 . — P I C K , Berliner klin. Wschr. 1 9 1 2 . — P I R I N G E R - K U C H I N K A e T U R NHEIM, Zschr. Geburtsh. 136, 170, 1952. — PLAUT, Amer. J. Obstetr. Gynec. 51, 842, 1946. — QUINTO, Studi Sassaresi 14, 169, 1936. — RATZENHOFER, Wien. klin. Wschr. 874, 1940. — REUTER, Frankf. Zschr. Path. 17, 345, 1915. — RINIKER, Schweiz, med. Wschr. 26, 1 9 5 6 . — RITCHIE e G I L E S , J. Obstetr. Gynaec. Brit. Empire 62, 7 7 , 1 9 5 5 . R I T T E R e STRINGER, Amer. J. Obstetr. Gynec. 40, 5 0 1 , 1940. — R O K I T A N S K Y , Krebsarzt, Wien 6, 341, 1951. — RÜDENBURG, Verh. Dtsch. Path. Ges. 32, 342 1948; Zbl. allg. Path. 85, 1 1 6 , 1 9 4 9 . — SCHINKELE, Wien. klin. Wschr. 6 1 7 , 1 9 4 7 . — SCHÖNHOLZ, Arch. Gynäk. 120, 330, 1925. — SEYDEL, Zschr. Geburtsh. 50, 1903. —STADE, Niederrhein.-westfäl. Ges. Geburtsh. 7, 1928. — TAKACS, Virchows Arch. path. Anat. 309, 550, 1 9 4 2 . — THAISZ e L Ä N Y I K , Arch. Gynäk. 1 7 4 , 5 4 6 , 1 9 4 3 . — UMEDA e Ro, Keijo J. Med. 6, 1 8 6 , 1 9 3 6 . — G. W E B E R , Arch. Vecchi anat. pat. Firenze 20, 7 3 3 , 1 9 5 4 . — W E E D , Amer. J. Obstetr. Gynec. 56, 991, 1948. — ZAKRZEWSKI, zit. R. Meyer in: HenkeLubarsch 7/1, 1930, Veit-Stoeckel 6/1, 1930.
2. T U M O R I B E N I G N I D E L T E S S U T O M U S C O L A R E (MIOMI) a) FORMA, VOLUME, STRUTTURA E SEDE DEI MIOMI I leiomiomi (myoma laevicellulare) sono tumori costituiti da muscolatura liscia con uno stroma connettivale quantitativamente variabile e sono i tumori più frequenti dell'utero. L a maggior parte delle portatrici di mioma sono donne fra i 40 e i 50. I miomi nelle donne giovani, specialmente prima dei 20 anni, sono grandi eccezioni (raccolta di H. H. SCHMID, v . anche AMREICH,
CLASON).
II t e r m i n e molto usato di fibromioma è da usarsi secondo R . M E Y E R solt a n t o per i rari t u m o r i misti con c o n t e m p o r a n e a proliferazione muscolare e connettivale. I miomi dell'utero sono generalmente globosi (miomi globosi) specialmente quando sono situati nella parete, tuttavia specie quando sono sotto la sierosa o sporgono verso la cavità dell'utero, assumono spesso forme irregolari. Talora la superfìcie è simile a quella delle circonvoluzioni cerebrali (myoma gyratum, R . MEYER). I miomi con componente predominante di cellule muscolari sono molli, succulenti, carnosi e di colorito rossogrigiastro fino a roseo. Se predomina il connettivo, fatto che è probabil-
356
ORGANI
GENITALI
mente in rapporto con disturbi della nutrizione (cfr. trasformazione fibrosa, pag. 361), il tumore è duro, stridente al taglio, sulla superficie di taglio è striato ovvero con disposizione vorticosa e il colorito è biancastro fino a tendineo lucido. Il connettivo è spesso estesamente jalinizzato (altre alterazioni regressive v. pag. 361). Tuttavia in questo caso non si tratta di un semplice processo cicatriziale (che è stato posto perfino in parallelo col raggrinzamento scirroso della mammella).
Fig. 93. Mioma peduncolato della parete uterina posteriore, con superficie bernoccoluta, intensamente vascolarizzata, sviluppantesi attraverso la cervice accorciata e la portio quasi completamente scomparsa nella vagina dilatata. Nella cavità dell'utero a sinistra un polipo mucoso cisticoadenomatoso, rotondeggiante e in parte appiattito. Donna 55enne. 2/3 gr. nat. Dis. E . KAUFMANN.
Ciò risulta già dal fatto che proprio i miomi voluminosi presentano un notevole sviluppo della componente fibrosa, mentre i più piccoli sono piuttosto muscolari, L a sostituzione connettivale delle fibre muscolari degenerate si verifica soltanto in alcune aree per lo più centrali. I fasci muscolari sono frequentemente intrecciati e sulla superficie di taglio vengono perciò interessati in varie direzioni. Le superfici di taglio
ORGANI GENITALI FEMMINILI
357
che colpiscono la fibra a livello del nucleo simulano talora delle cellule rotonde; tuttavia un'attenta osservazione del polimorfismo delle superfici trasversali rivela che inoltre, dal momento che non tutte le fibre sono sezionate a livello del nucleo, esistono anche sezioni prive di nucleo. La muscolatura è intrecciata con tralci connetti vali poveri di vasi. Travate connettivali suddividono i singoli nodi dai quali i miomi più voluminosi sono costituiti e che aggettano sulla superficie di taglio di alcuni tumori; inoltre si riscontrano su tutta la superficie finissime fibrille connettivali che circondano a maglia ogni singola fibra muscolare.
Fig. 94. Numerosi miomi sferici per lo più sottosierosi dell'utero (altri intramurali e sottomucosi). P portio, RO ovaia destra, LO ovaia sinistra. RT tuba destra, LT tuba sinistra. Donna 4.5enne. 1/2
gr.
nat.
Dis.
E.
KAUFMANN.
Il volume dei miomi varia da dimensioni microscopiche fino a quelle di una testa di adulto e oltre. I miomi giganti del peso di 20 kg e oltre appartengono alle eccezioni (comunicazioni recenti di OWINGS, WHEELING-ORRIS, BEACHAM ed altri). I miomi dell'utero sono singoli o multipli (fino a 50). A seconda della sede si distinguono in miomi intramurali (intraparietali), sottomucosi e sottosierosi (figg. 93 e 94). L a sede più frequente del loro sviluppo è il corpo dell'utero e particolarmente la parete posteriore vicino al fondo, però anche gli angoli tubarici e la regione dell'orifìcio uterino interno. L a frequenza dei miomi nella cervice (sia nella parete anteriore, sia in quella posteriore, talora anche multipli) è riferita con dati diversi. H. ALBRECHT
358
ORGANI
GENITALI
c a l c o l ò in b a s e a n u m e r o s e singole c o m u n i c a z i o n i u n a c i f r a m e d i a d e l 4 % . Colpiscono più frequentemente la porzione sopravaginale, eccezionalmente anche la portio. Come forma particolare molto rara è descritto il mioma a grappolo, che può svilupparsi sia in sede sottosierosa, come in sede sottomucosa (KNORR, MANDL, FRANKL). I cosid. miomi intravasali, che sono stati riscontrati sia nelle vene (KNAUER, SITZENFREY, SEYLER) s i a a n c h e n e i v a s i l i n f a t i c i (BIRCH-HIRSCHFELD,
R. MEYER) si manifestano come noduli o v v e r o polipi, e, in base alle scarse osservazioni finora compiute, sono rivestiti da endotelio sulla loro superficie libera, f a t t o questo che f a pensare a una genesi della parete vasale, ma che non esclude un'invaginazione locale ad opera di un mioma situato vicino al vaso. Questi casi particolari v a n n o distinti dalle penetrazioni intravasali di tumori muscolari maligni dell'utero. DÜRCK riferì persino su un mioma dell'utero penetrato nella v e n a c a v a inferiore ed estendentesi ininterrotto fino al cuore. I miomi sottomucosi, che frequentemente sono molli, si formano negli strati vicini alla mucosa, si accrescono verso la c a v i t à uterina, protrudendo sia in f o r m a emisferica oppure d i v e n t a n o polipi peduncolati oppure sessili a base larga. L a migrazione verso il basso di questi miomi fino entro la v a g i n a può essere d o v u t a sia a contrazioni dell'utero oppure a una inversione dell'utero (oncogenetica). In entrambi i casi è possibile un'espulsione spontanea per disturbi di circolo nel peduncolo (strozzamento, torsione, trombosi). I nodi sviluppatisi verso la c a v i t à condizionano un assottigliamento della mucosa sia sulla porzione protrudente, sia però anche dalla parte opposta. I disturbi di circolo (edema ed emorragie) dipendono in parte d a questo f a t t o ; per il resto l'endometrio dell'utero miomatoso non presenta alterazioni costanti. I miomi sottosierosi sono spesso multipli e si sollevano sempre di più dall'utero nel loro accrescimento e divengono peduncolati. Per torsione del peduncolo si può verificare una necrosi completa del mioma e v e n t u a l m e n t e preceduta d a infarcimento emorragico per strozzamento delle vene (necrosi rossa, la colorazione rosso pallida fino a rosso scura è d o v u t a essenzialmente alla diffusione di emoglobina); cfr. anche sotto. I miomi sottosierosi possono svilupparsi tra i foglietti dei legamenti larghi', se il peduncolo v a in atrofia si h a l'impressione che si siano f o r m a t i in questa sede in m o d o autoctono. Circa la rottura spontanea della capsula di un mioma sottosieroso v. SCHÜTZE, AHLTORP, bibl. I miomi intralegamentosi, che si dipartono preferenzialmente dalle porzioni ricche di muscolatura del legamento largo vicine ai margini laterali dell'utero (O. BURKARD) e si accrescono spesso profondamente nel bacino, sono facilmente scapsulabili, se non sono troppo voluminosi; MOND riferì di un caso del peso di 15 kg. Miomi sottoperitoneali di volume medio possono condizionare talora spostamenti e deformazioni dell'utero allungando la cervice. L a t u b a può essere tesa come un nastro lungo e sottile sul tumore; anche le ovaie subiscono talora analogo allungamento e appiattimento. I miomi sottosierosi non di rado contraggono aderenze con gli organi vicini. I miomi Intramurali di volume considerevole modificano il c a v o uterino
ORGANI GENITALI
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FEMMINILI
allungandolo e allargandolo spesso considerevolmente; contemporaneamente la muscolatura uterina può subire un considerevole ispessimento totale, diventare ipertrofica e assumere una stratificazione lamellare come nella gravidanza. (In v i v o questa « capsula » può contrarsi spasticamente). Questi miomi possono essere per lo più facilmente scapsulati (enucleazione). Se i diversi tipi di miomi sono associati, cosa non rara, la c a v i t à uterina assume spesso le forme più bizzarre. L a torsione assiale (torsione cervicale) dell'utero miomatoso è rara (B. S. SCHULTZE, bibl., OLOW, POTH), inoltre la atresia da distensione della cervice stessa con successivo distacco del corpo dalla cervice per la sola trazione (HEDRÉN, v .
anche
THOREL).
L a rottura di vene superficiali emorragie
con
pericolo
di
vita
sottosierose, (bibl.
in
spesso varicose può determinare
HOFFMANN,
WEIDEKAMP,
SHELFO;
cfr. anche BRUNTSCH). MESTITZ descrisse vasi decorrenti liberamente sulla superficie di miomi (dopo r o t t u r a della sierosa); SCHEUER osservò estese v a r i c i nel grande omento in corso di miomi uterini. — Su dilatazioni dei vasi linfatici (fino al v o l u m e di un u o v o di gallina) nei leg. larghi in corso di m i o m a uterino v . TODYO ( l i n f a n g e c t a s i e o m e n t a l i v . TRANCU-RAINER).
P e r l a d i a g n o s i microscopica
n o n si p r e s e n t a n o in g e n e r e d i f f i c o l t à .
U n aiuto notevole è rappresentato dalla conformazione delle
fibrocellule
nucleare
tipica
m u s c o l a r i lisce (cosid. n u c l e o a b a s t o n c i n o ) , n o n s e m p r e ,
m a m o l t o f r e q u e n t e m e n t e d i m o s t r a b i l i . N e i casi di s c a r s a m a t u r i t à
cel-
lulare, c o m e si o s s e r v a s p e c i a l m e n t e in n o d i r i c c h i di cellule, n o n è s e m p r e f a c i l e l a distinzione
rispetto
si o s s e r v a n o strutture MEYER
1930,
G.
a un sarcoma
ritmiche
OPITZ, W .
(cfr.
GERLACH)
a cellule
KRUMBEIN,
fusate.
Occasionalmente
LAUCHE,
SCHILLER,
R.
c o m e nei n e u r i n o m i .
Inoltre, come dimostrò PIRINGER-KUCHINKA, si possono distinguere t r a i miomi 2 gruppi a seconda del c o m p o r t a m e n t o del tessuto con la colorazione Ematossilina-Eosina, quelli chiari e quelli scuri, che hanno una diversa distribuzione nell'età e rispecchiano una caratteristica propria anche del miometrio ( v . a n c h e REITTER).
Su materiale ben fissato si possono dimostrare con colorazioni particolari (v. BENDA, R . MEYER, MALLORY, OGATA, GLASUNOW, b i b l . ) , m a
anche
con
la
colorazione secondo VAN GIESON (V. DAELS) nelle fibre muscolari numerose fini fibrille (fibrille di mioglia) che si riuniscono in fibrille più grossolane in vicinanza dei poli.
b) ISTOGENESI
DEI MIOMI
UTERINI
L a questione del p u n t o di partenza dei miomi e delle loro cellule madri ha r i c e v u t o diverse risposte nel corso del tempo. VIRCHOW, C. F. RUNGE riscontrarono nei piccoli miomi cellule rotonde, la cui derivazione dal connettivo o dalla muscolatura e f f e t t i v a m e n t e non p o t e v a essere stabilita e questi due A A .
36o
ORGANI
GENITALI
ne constatarono il passaggio in cellule con l'aspetto delle fibre muscolari lisce. R Ò S G E R considerò come punto di partenza l'avventizia delle piccole arterie; G O T T S C H A L K fu di parere analogo considerando i vasi in questione come arterie del nucleo del tumore (cfr. anche S C H W A R Z - W I S S N E R ) . Secondo C O R D E S lo sviluppo dei miomi sarebbe iniziato da piccoli rigonfiamenti dei fasci muscolari (cfr. anche S C A L O N E ) . R I C K E R , O R L O F F diedero per dimostrato che anche i miomi sferici si possono sviluppare in seguito alla stimolazione di germi epiteliali dislocati, mentre questi germi regrediscono per la pressione accrescitiva esercitata dal tumore; H . F R E U N D , il quale sostenne in seguito e recentemente questa ipotesi, ritenne che gli uteri insufficientemente sviluppati e malformati fossero particolarmente predisposti a questi miomi. L a dislocazione fetale di germi muscolari (con dislocazione occasionale anche di epitelio), fu considerata responsabile dello sviluppo dei miomi da R I B B E R T . Secondo R . M E Y E R l'inizio dello sviluppo miomatoso sarebbe in piccolissimi focolai, privi di capsula e mal delimitati, che si possono mettere bene in evidenza per l'addensamento cellulare e per la maggiore tingibilità, particolarmente colorando con l'ematossilina ferrica secondo W E I G E R T e decolorando con acido picrico. Questi focolai, che sono in comunicazione con i fasci muscolari della parete uterina mediante i cosid. « collegamenti penducolari », si staccano nettamente dal tessuto circostante quando si accrescono e formano piccolissimi noduli privi di capsula del diametro di 20 fi. H E I M A N N e B E C H E R giunsero a risultati sovrapponibili e osservarono i primi inizi dei miomi nel rigonfiarsi di fasci di fibre muscolari intrecciantesi (cfr. R E I T T E R , che parla di una « irrequietezza premiomatosa »). S A K U R A I e A S C H O F F , che pure compirono osservazioni su piccolissimi miomi, riscontrarono una netta delimitazione dei focolai ad opera del connettivo. A S C H O F F sospettò che i piccolissimi focolai fossero « germi » esclusi e considerò come secondari i collegamenti peduncolari descritti da R . M E Y E R . H . A L B R E C H T (bibl.) negò l'esistenza di isole cellulari istologicamente differenziate o capsúlate e pensò che i miomi derivassero da elementi dell'aggregato normale cellulare. S C H O S S L E R (cfr. anche U L E S K O - S T R O G A N O W A , S C H I L L E R ) non negò la formazione di miomi da cellule mature, ma pensò che i responsabili di tutti i tumori di grande volume fossero le cellule avventiziali e gli istiociti (centri germinali ovvero zone indifferenziate nel senso di S C H A P E R e C O H E N ) che diventano mioblasti e manifestano la loro attività già fisiologicamente durante la gravidanza (cfr. S T I E V E ) .
c) GENESI C A U S A L E Dal momento che i miomi uterini sono molto frequenti e che hanno una distribuzione peculiare nell'età, la questione dell'eziologia d o v e v a necessariamente assurgere a importanza particolare. Malgrado l'intenso lavoro su questo problema, esso non ha tuttora trovato una soluzione universale valida. L e teorie a questo proposito sono diffusamente trattate da A L B R E C H T , R . M E Y E R , M I T T E L S T R A P . In questa sede ricordiamo soltanto che da molto tempo sono stati presi in particolare considerazione i rapporti fra formazione dei miomi e secre-
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FEMMINILI
361
zione interna, con riferimento principale a\Yovaia. T u t t a v i a non si p o t é riscontrare u n « ormone dei m i o m i », c o m e lo a m m i s e SEITZ e circa il significato dell'iperfollicolinismo, s o s t e n u t o p a r t i c o l a r m e n t e d a WITHERSPOON n o n si p o t é raggiungere u n accordo. E s p e r i m e n t i t e n d e n t i a riprodurre miomi negli a n i m a l i s o m m i n i s t r a n d o estrogeni sono in p a r t e riusciti (LIPSCHÜTZ e Coli.) e in p a r t e sono falliti. L ' e s i s t e n z a di u n a molteplice i n t e r f e r e n z a t r a le v a r i e ghiandole endocrine, è s t a t a considerara nell'espressione del c o n c e t t o di costituzione miomatosa, che però c o m p r e n d e f a t t i m o l t o diversi (cfr. ASCHNER). A q u e s t o proposito si è anche t e n u t o c o n t o della comparsa familiare (p. es. WINKLER, WINKLER-HOFFMANN). R i c o r d i a m o s o l t a n t o i n c i d e n t a l m e n t e che sono s t a t e prese in considerazione per la chiarificazione del p r o b l e m a eziologico anche infezioni pregresse o l a t e n t i (specialmente la lue). V e n n e r o p u r e considerate l ' i p e r e m i a degli organi pelvici, le stimolazioni sessuali, i p a r t i pregressi, ecc., senza contribuire m o l t o alla chiarificazione del p r o b l e m a . V a c i t a t o il f a t t o che i m i o m i sono m o l t o più f r e q u e n t i nelle negre a m e r i c a n e che non nella popolazione b i a n c a (cfr. d a t i di TORPIN-PUND-PEEPLES) .
d) A L T E R A Z I O N I S E C O N D A R I E
D E I MIOMI
a) Alterazioni regressive sono straordinariamente frequenti e compaiono contemporaneamente con aspetti diversi. I miomi duri, macroscopicamente lucenti, rivelano per lo più molto chiaramente nelle porzioni centrali una netta prevalenza del connettivo con contemporanea atrofia della muscolatura condizionata dalla compressione (trasformazione fibrosa o sclerosante, indurimento). Rapporti nutritizi deficitari potrebbero avere la loro importanza e condizionare in parte un'atrofia vascolare delle fibre muscolari più sensibili. Segue generalmente trasformazione jalina di vaste aree che contribuisce ulteriormente all'indurimento di questi miomi che in seguito a queste alterazioni diminuiscono di solido di volume. (I miomi irradiati rivelano di frequente gradi elevati di questa trasformazione fibrosa). L a deposizione di amiloide è rara. — Molto frequenti sono la degenerazione grassa e la necrosi di fibre muscolari. Tutte le alterazioni citate compaiono talora durante la gravidanza (v. sotto) e non di rado durante il puerperio, per cui il mioma partecipa all'involuzione puerperale dell'utero soprattutto sotto forma di degenerazione grassa (MARTIN). L a calcificazione si riscontra più frequentemente nei miomi sottosierosi, meno spesso in quelli intramurali, soltanto di rado in quelli sottomucosi. Essa colpisce o soltanto gli strati superficiali e allora determina la formazione di una capsula, oppure forma un'impalcatura calcarea spugnosa; tuttavia è possibile anche la calcificazione completa di miomi del volume di un pugno e oltre; la superficie del tumore di consistenza lapidea (calcolo uterino, mioma pietrificato) rivela gibbosità pianeg-
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ORGANI
GENITALI
gianti o rilievi tipo circonvoluzioni cerebrali. E . K A U F M A N N osservò un mioma intramurale scapsulabile, sferico, completamente calcificato del diametro di 17 cm con ampie circonvoluzioni a tipo cerebrale in una donna di 64 anni. E stata osservata anche l'espulsione di tali miomi calcificati, come pure la penetrazione in vescica o nel retto (bibl. v. P A Y R ) . v. F R A N Q U E osservò (in seguito a rottura della capsula) iniziale espulsione di un mioma intramurale (non calcificato) nella cavità addominale. Nell'interno di miomi calcificati si notano talora focolai di una poltiglia molle, ateromatoide o rossastra. Decalcificando (acido cloridrico) si osservano talora nelle aree calcificate ancora fibre muscolari lisce. Le calcificazioni dei miomi si verificano per lo più, ma non esclusivamente (cfr. G R U N B A U M , bibl.), solo in donne anziane. La calcificazione può essere seguita talora da ossificazione. Circa la rottura della capsula di miomi sottomucosi e raramente sottosierosi e intramurali v. S C H I F F M A N N e pag. 3 5 8 . /3) I disturbi di circolo sono nella maggior parte dei casi la causa delle alterazioni secondarie descritte finora. Specialmente la torsione del peduncolo di miomi sottosierosi e sottomucosi determina rapidamente infarcimento da stasi oppure necrosi anemica. La rottura di vene superficiali rappresenta una conseguenza pericolosa, e si verifica anche spontaneamente (cfr. pag. 3 5 9 ) . I miomi rosso scuri in preda a necrosi con abbondante vascolarizzazione, formazione di trombi e fuoriuscita di sangue nei tessuti, vengono detti miomi carnosi. Si parla anche di « degenerazione rossa » ovvero « necrosi rossa » oppure « mioma rosso » (cfr. C E T R O N I , S P I R I T O , I M P A R A T O , F A U L K N E R , 1 9 4 7 ) . L E I T H considerò responsabili della colorazione rossa, che deriva dall'emoglobina, batteri emolizzanti, mentre H O F F M A N N - P L A T O ricondusse la colorazione rossa a miocromoproteidi disciolti. D u r a n t e la gravidanza i miomi possono a u m e n t a r e di volume in seguito a edema di grado elevato, t u t t a v i a secondo OPITZ possono anche rimpicciolirsi, probabilmente in seguito a u n peggioramento della circolazione per trazione e s p o s t a m e n t o dei vasi, cui p u ò far seguito necrobiosi ovvero necrosi (bibl. v. IHM; AHLSTRÒM; v. anche R A N D A L L - O D E L L ) . In obliterazioni vasali riferì E . BURGHARDT.
Nei cosid. miomi cistici si t r a t t a di: aa) miomi mixomatosi. Il connettivo e anche le fibre muscolari v a n n o incontro a u n rigonfiamento mucoide, o p p u r e si fluidificano c o m p l e t a m e n t e con necrosi delle cellule; si f o r m a n o allora degli spazi cavi, privi di p a r e t e propria I fasci muscolari vicini possono avere a s p e t t o lasso, lacerato e sfioccato e r a p presentare q u a e là i p u n t i nodali, duri d o t a t i di prolungamenti, di u n tessuto a rete. Il risultato, di queste alterazioni è r a p p r e s e n t a t o talora da enormi formazioni cistiche, trasparenti, contenenti liquido, che ricordano i cistomi pseudomucinosi. — Quadri analogni sono offerti dai miomi edematosi, riconducibili all'imbibizione del connettivo con liquido edematoso, per cui le fibre muscolari v a n n o incontro ad atrofia. Si t r a t t a in tal caso di u n processo di rammollimento
ORGANI
GENITALI
FEMMINILI
363
o di dissoluzione delle cellule muscolari; nel quale le miofibrille appaiono spesso ben evidenti, specialmente colorando col metodo di VAN GIESON; infine si giunge ad una fluidificazione gelatinosa giallastra. L ' e d e m a può comparire per es. in seguito a torsione del peduncolo (bibl. PIQUAND). E. KAUFMANN osservò questi fenomeni in un mioma del v o l u m e doppio di una testa di adulto, pseudof l u t t u a n t e , edematoso emorragico, inserito sulla parete posteriore della cervice con un peduncolo dell'ampiezza di un dito. I voluminosi miomi edematosi monoloculati contenenti più litri di liquido sono rari (pseudocistoma edematoso, cfr.
LOWENSTEIN,
Cosiddetto
SCHERER,
TISCHLER).
F i g . 95mioma teleangectasico o cavernoso d e l l ' u t e r o . D a t u m o r e i n t r a m u r a l e r o s s o b l u a s t r o d e l v o l u m e d i u n p u g n o . D o n n a 5 o e n n e . F o r t e i n g r . D i s . E . KAUFMANN.
fi fi) miomi molli. Per steatosi, necrosi e dissoluzione del tessuto muscolare si formano aree molli e talora anche c a v i t à . yy) miomi linfangectasici. Gli spazi alveolari sono rivestiti in parte d a endotelio e contengono linfa. BECKMANN descrisse un tumore di questo genere del peso di 30 libbre
(vie linfatiche dei m i o m i v. POLANO, SCHLEICHER,
LEITH).
dò) miomi teleangectasici o cavernosi. Contrariamente al c o m p o r t a m e n t o solito dei miomi, caratterizzati da pochi capillari e invece da robuste arterie muscolari (con frequenti alterazioni secondarie tardive) si riscontrano in questi miomi, oltre ad arterie e ad ampie vene molto numerosi spazi sanguigni capillari a m p i che compaiono in una parte e raramente in t u t t o il tumore (fig. 95).
ORGANI
364
GENITALI
I n questi vasi si può verificare trombosi; nei legamenti uterini si p u ò verificare una dilatazione eccezionale (fino al diametro di un pollice) delle vene. Sulla vascolarizzazione
dei
miomi
v.
SAMPSON
HOLMGREN, FAULKNER,
1944,
sulle
arterie a cuscinetto e sulle vene a cuscinetto JANSSON. Circa il raro mioma angiomatoso, difficilmente differenziabile rispetto ai sarcomi, v. R. MEYER e GARDNER.
ee) alcuni spazi c a v i sono d o v u t i ad emorragie (che però sono rare, cfr. v. SZATHMARY) con successiva trasformazione del versamento ematico. y) Infiammazione nei miomi. Piccole raccolte parvicellulari non sono rare. L'infiltrazione purulenta, la fusione purulenta o la icorizzazione si verificano talora durante il puerperio, inoltre spesso in seguito a interventi chirurgici locali di piccola entità anche però per diffusione e m a t o g e n a (cfr. v. FRANQUÉ, SITZENFREY e bibl in KLAFTEN, I. MILLER). Come agenti sono stati rinvenuti: stafilo - e streptococchi, bacilli pseudodifterici, B a c t . coli (forse tramite aderenze tra miomi sottosierosi ed intestino), eccezionalmente gonococchi (NIXON) e Salmonella suipestifer (GRAY). Sulla tubercolosi cfr. pag. 349.
e) M E T A S T A S I C A R C I N O M A T O S E L e metastasi di carcinomi in miomi sono rare (SCHAPER, SCHMORL, WILLIS). Nel nodo miomatoso si f o r m a più facilmente un carcinoma per penetrazione dal peritoneo carcinomatoso o d a un carcinoma dell'utero, v . WINIWARTER sottolineò che a questo proposito può essere facilmente simulata una degenerazione sarcomatosa dello stroma del tumore, cioè un carcinosarcoma. L e metastasi a distanza di miomi istologicamente benigni (mioma maligno) sono note in qualche caso. SCHLAGENHAUFER (bibl.) descrisse un caso di questo tipo con metastasi miomatose nel fegato e nel polmone (cfr. anche pag. 378 e bibl. in
P.
E.
STEINER,
HUFNAGL).
R a b d o m i o m i puri non sono noti. Sui mioblastomiomi dell'utero (gravido) riferi VOSSHUHLER; cfr. in contrario FROBOESE. È possibile che l'osservazione di GRILL, assolutamente peculiare, appartenga a questo gruppo.
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3. A D E N O M I O S I
(AM.), E N D O M E T R I O S I
(EM.),
ADENOMIOMA
B i l b . v . R . M E Y E R , ALBRECHT, HEIM.
Definizione e nomenclatura: Endometriosi significa eterotopia (benigna, non infiammatoria) dell'endometrio del corpo e comprende sia lo sconfinamento verso gli strati profondi come pure la comparsa di mucosa uguale 0 simile nell'ambito degli organi genitali 0 al di fuori di questi senza rapporti dimostrabili con il rivestimento del cavo dell'utero. PHILIPP e HUBER definiscono con questo termine anche l'estensione in superficie dell'endometrio nella porzione tubarica intramurale (cfr. pag. 265). FRANKL propose il termine di adenomlosi, che si è imposto per le alterazioni dell'utero e che oggi viene usato con lo stesso significato dell'em. mentre FRANKL stesso usò i due termini per definire forme diverse. I termini di adenofibrosi, a d e n o f i b r o m a t o s i (LAUCHE), a d e n o s i (ALBRECHT), i s t e r o a d e n o s i
(HALBAN)
non sono più attuali, mentre sono abbandonati i termini di adenomiometrite, adenometrite, adenomiosite, definizioni che R . MEYER considerò a suo tempo adatte in quanto secondo l'opinione originaria di questo Autore l'infiammazione a v e v a importanza causale; egli però li sostituì in seguito con quello di adenomioiperplasia. HOMMA non è riuscito nella sua proposta di sostituire il termine comune em. con quello di endometrosi. Suddivisione: è consuetudine generale fare una classificazione a seconda della sede e perciò distinguere una em. nell'ambito dell'utero e delle tube [em. interna) e una em. esterna, che viene ulteriormente suddivisa a seconda della presenza internamente o esternamente alla cavità addominale (o del peritoneo). Adenomiosi dell'utero (am.) : R . MEYER distinse a seconda del punto di partenza della proliferazione a) una am. uterina interna (endometriale), b) una am. uterina media (intramurale) e c) una am. uterina esterna (perimetriale).
ORGANI GENITALI FEMMINILI
367
Per quest'ultima F R A N K L (1937) propose il termine di endometriosi uterina sottosierosa. Con ciò non è detto nulla sulla profondità della proliferazione.
a) A D E N O M I O S I U T E R I N A
INTERNA
Macroscopicamente l'utero in corso di am. uterina interna rivela o un aumento di volume uniforme con ispessimento della parete (tuttavia l'aumento di volume può anche mancare) oppure soltanto determinate sezioni, come p. es. la parete posteriore oppure il fondo dell'utero, spiccano per il loro aumento di volume. Sulle superfici di taglio le zone affette da am. interna — per lo più si tratta soltanto degli strati muscolari interni o medi — presentano una struttura trabecolare irregolare biancastra nella quale sono inclusi focolai grigio-rossastri, molli, che generalmente sembrano leggermente avvallati; accanto a questi focolai sono dimostrabili talora anche piccolissime cisti poco evidenti o talora più voluminose, che contengono un materiale giallastro o bruno sporco. Se mancano cisti più voluminose riconoscibili ad occhio nudo e la am. è più o meno uniformemente sviluppata, si può riscontrare soltanto l'ipertrofìa dell'utero e riconoscere la causa dell'ipertrofia soltanto istologicamente. Le parti della parete uterina non interessate dalla proliferazione della mucosa possono essere infiltrate e dilatate, fatto che è riconoscibile dallo slaminamento a strati. In circa la metà dei casi esiste contemporaneamente iperplasia della mucosa marcata spesso poliposa; di frequente si riscontrano anche contemporaneamente piccoli miomi nella parete uterina, che raramente sono più voluminosi e che solo eccezionalmente contengono inclusioni ghiandolari. Raramente la am. assume forma poliposa (bibl. F I N K E ) . La ricerca microscopica (cfr. fig. 9 6 e fig. in F R I E S E ) rivela nella am. interna travate e isole di endometrio che si addentrano a partire dallo strato basale più o meno profondamente con ampiezza diversa tra i fasci muscolari e si localizzano spesso negli strati muscolari intermedi apparentemente senza alcun rapporto con la mucosa dell'utero. Le isole di mucosa eterotopica imitano più o meno esattamente l'aspetto dell'endometrio. Esse consistono di ghiandole e di stroma ricco di cellule (« citogeno »). Una partecipazione delle ghiandole alle trasformazioni cicliche dell'endometrio non è frequente o per lo meno dimostrabile soltanto in singoli gruppi. Quadri della fase secretoria (cfr. E. N O V A K - A L V E S DE LIMA) appartengono alle eccezioni. Anche la presenza di un contenuto emorragico nelle ghiandole dilatate non dimostra un'espulsione mestruale della mucosa (i focolai endometrioidi lontani dall'utero partecipano molto più di frequente alle modificazioni cicliche, cfr. BUTOMO-SCHERESCHEWSKY, SCHERESCHEWSKY, LISSOWETZKIB U J K O ) . Le isole di mucosa proliferanti in profondità decorrono dapprima
3 68
ORGANI
GENITALI
lungo il connettivo intermuscolare, tuttavia in un secondo tempo provocano anche la distruzione della muscolatura vicina (MEYER-KITAI, KITAI). D'altra parte la muscolatura nella am. diventa iperplastica in toto oppure nelle vicinanze delle isole di mucosa. La proliferazione dello stroma nelle vicinanze di vasi linfatici determina talora introflessioni a guisa di ernie verso il lume, che però sono rivestite dall'endotelio vascolare. Questi
Fig. 96. Adenomiosi uterina intema. Utero del volume di un uovo, a pareti spesse, asportato per emorragie. Donna di 65 anni. Dis. E. K A U F M A N N .
reperti sono stati considerati in particolare da HALBAN, MESTITZ e a. come sostegno della loro teoria del trasporto di piccoli frammenti di endometrio. E nota una reazione deciduale dello stroma durante la gravidanza, che però rappresenta un'eccezione (bibl. in BATIZFALVY, SCOTT, LOCK-MYERS), e n o n c o s t i t u i s c e la r e g o l a
(AMOS, ASCHHEIM e d altri; SCHÄFER,
STONE
osservarono contemporaneamente la rottura dell'utero). I focolai più vecchi presentano uno stroma scarso e meno ricco di cellule.
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Per quanto riguarda le cause dell'adenomiosi uterina interna e dopo l'abbandono dell'ipotesi mesonefrica di v. REKLINGHAUSEN (cfr. pag. 371) è stata attribuita in origine da R . M E Y E R un'enorme importanza all'infiammazione, e a ciò sono riconducibili i termini di adenomiometrite ovvero adenomiosite. Tuttavia R . M E Y E R (1925) ha abbandonato questa concezione o per lo meno l'ha limitata a casi eccezionali, e pensò che lo stimolo continuo esercitato dall'ovaia sulla mucosa uterina durante la maturità sessuale potesse essere la causa di un'iperrigenerazione specialmente degli strati basali della mucosa (« iperplasia basale »), che determina infine la penetrazione nella muscolatura. Un rilassamento degli strati muscolari interni (per parti, aborti, raschiamenti, ecc. pregressi) può facilitare la penetrazione, come già ammise anche F R A N K L . Frequenza, età e dati clinici. — Benché non vi sia alcun dubbio che la a m . interna sia la più frequente tra tutte le forme di em., la sua frequenza viene riferita con dati diversi ( F R A N K L [1922], R O C K S T R O H , C O U N S E L L E R , DREYFUSS,
FALLAS-ROSENBLUM,
SPATT, HUNTER-SMITH-REINER).
La
ma-
lattia presenta il suo massimo tra i 40 e i 50 anni. Più tardi è rara (cfr. F R A N K L - G E I S T ) , e prima del 20° anno rappresenta un fenomeno eccezionale, come in genere la em. costituisce un'eccezione a questa età ed è riscontrabile con frequenza massima soltanto nell'ambito delle ovaie (v. pag. 175 e cfr. F A L L O N , C L A R K , J A V E R T ) . Soltanto W E Y E N E T H ha riferito sulla am. congenita. I disturbi derivanti dalla am. uterina interna sono costituiti nelle donne durante l'attività sessuale per lo più da menorragie, dopo la menopausa da metrorragie; possono essere collegati con forti dolori. Molto frequentemente si riscontrano contemporaneamente miomi e un'iperplasia ghiandulo-cistica dell'endometrio. Anche nella cervice può esistere una proliferazione in profondità delle ghiandole che non fa parte dell'endometriosi e viene definita adenosì (cfr. pag. 336 come pure HOMMA, e l'osservazione peculiare di NEIDHART-DOWNS). Tuttavia esiste come forma eccezionale anche una em. del collo dell'utero che non deriva dalle zone circostanti ( F E L S , H O B B S - L A Z A R , SIDDALL-MACK, R A N N E Y - C H U N G , ZWEIBEL) .
b) ADENOMIOSI UTERINA MEDIA Per la am. uteri media (intramurale) bisogna ammettere dislocazioni epiteliali dai dotti di Miiller (isole endometrioidi nella parete dell'utero, senza connessione con l'endometrio o il perimetrio), come pure per una parte delle cisti dell'utero. Un altro gruppo costituisce una forma particolare di adenomiosi, detta meglio adenomiosi cistica per la dilatazione delle ghiandole (cfr. T H I E S S E N ) . Le cisti dell'utero, dette nella letteratura passata anche « cistomiomi » a causa dell'iperplasia talora dimostrabile della muscolatura circostante (benché non si tratti di tumori), non sono state osservate 24 —
KAUFMANN I I , p . I
37°
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molto frequentemente e sono rivestite internamente o da epitelio semplice o da endometrio. L a loro sede è variabile, e si riscontrano con la massima frequenza lungo la linea mediana della parete posteriore fino al fondo. Possono raggiungere volume notevole (di una testa di bambino o di adulto) e h a n n o sede o i n t r a m u r a l e
(AMANN, F R A N K L [ 1 9 1 1 ] , M . HERZOG, F U K U -
SHIMA, HAMBLEN, bibl.) oppure aggettano alla superfìcie e possono allora a n c h e essere p e d u n c o l a t e
(DE JOSSELIN DE JONG-DE SNOO, V. FRANQUÉ,
PRIBRAM, OTTO, FÒCKING, SCIPIADES JUN.,PALMSTIERNA, TREITE). DUBRAU-
SKY osservò anche una cisti sottomucosa. Cisti uterine carcinomatose furono d e s c r i t t e d a FRANKL [ 1 9 1 2 ] , DWORZAK, EICHENBERG (V. a n c h e R . M E Y E R ,
bibl. e FUKUSHIMA-SAITO). Sulle pseudocisti
cfr. pag. 362.
C) ADENOMIOSI U T E R I N A
ESTERNA
Adenomiosi uterina esterna (perlmetriale). — Endometriosi sottosierosa del corpo dell'utero. Focolai endometrioidi nell'ambito del perimetrio, in parte piuttosto estesi, in parte a focolaio, in base alle ricerche di SAMPSON (cfr. pag. 175) non rappresentano reperti rari, colpiscono prevalentemente la parete posteriore del corpo dell'utero e sono frequentemente accompagnate da formazioni analoghe sul restante peritoneo pelvico ovvero con cisti a cioccolato delle ovaie. Sono inoltre frequenti le aderenze tra utero e organi circostanti. Col termine di am. esterna ci si riferisce in particolare a quei casi, nei quali il tessuto endometrioide penetra nella muscolatura della superficie, cioè dall'esterno, infiltrandola a diversa profondità stimolandola contemporaneamente alla iperplasia. L a trasformazione deciduale durante la g r a v i d a n z a p u ò r a g g i u n g e r e g r a d i e l e v a t i (DE JOSSELIN DE JONG-DE SNOO) . Molto più frequenti rispetto alla a m . uterina esterna sono le invaginazioni tubulari e le piccole cisti entro e t r a le aderenze a cordone e membranose t r a u t e r o e organi vicini. Esse sono r i v e s t i t e d a epitelio c u b i c o basso, c o n t e n g o n o , q u a n d o sono più voluminose, liquido chiaro e sono c i r c o n d a t e d a s t r o m a in p a r t e ricco di cellule e in p a r t e povero. M o l t o p r o b a b i l m e n t e si f o r m a n o dall'epitelio peritoneale s o t t o l ' i n f l u e n z a di stimoli i n f i a m m a t o r i (cfr. MEYER [1905]). Q u e s t o f e n o m e n o fu d e n o m i n a t o d a FRAKL adenosi della sierosa. Secondo R . MEYER d a q u e s t e i n v a g i n a z i o n i dell'epitelio peritoneale p u ò derivare u n ' a d e n o m i o s i u t e r i n a esterna. T u t t a v i a TERASAKI distinse n e t t a m e n t e le d u e forme. — A q u e s t e proliferazioni dell'epitelio della sierosa possono essere r i c o n d o t t e a n c h e cisti sottosierose dell'utero (v. v. MEYENBURG) e sono note anche nel peritoneo. L ' a d e n o m i o m a , inteso c o m e tumore misto b e n delimitato, costituito da g h i a n d o l e e m u s c o l a t u r a liscia, è s t r a o r d i n a r i a m e n t e raro, secondo H . ALBRECHT e R . MEYER. Macroscopicamente n o n si differenzia d a u n m i o m a semplice, a condizione c h e le g h i a n d o l e n o n a b b i a n o s u b i t o d i l a t a z i o n e cistica. S o l t a n t o m i c r o s c o p i c a m e n t e è riconoscibile la sua peculiare s t r u t t u r a . L e ghiandole sono
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in parte diritte, in p a r t e tortuose e ramificate, sono rivestite d a epitelio cubico cilindrico che d i v e n t a appiattito negli spazi dilatati e sono circondate a t r a t t i d a un orletto di diversa ampiezza di connettivo più o meno ricco di cellule. L ' a m . , e precisamente sia quella interna come quella esterna, possono essere n e t t a m e n t e circoscritte, come è già stato detto, e determinate con la progressiva iperplasia della muscolatura, proliferazioni nodose più o meno ben delimitate, che possono aggettare sia verso la c a v i t à uterina, sia verso la c a v i t à addominale e dare l'impressione, all'osservatore s p r o v v e d u t o , di un tumore. U n fenomeno completamente diverso è costituito dai miomi con inclusioni epiteliali; anch'essi non sono frequenti. Piccoli miomi sottosierosi possono contenere occasionalmente sia superficialmente oppure verso la zona centrale, isole epiteliali (cfr. RICKER, ORLOFF, V. pag. 360), che sono d a affiancare all'adenosi della sierosa e rappresentano inclusioni più o meno fortuite. D ' a l t r a parte occorre tener conto della possibilità che un mioma sottosieroso possa essere associato con una am. esterna. Sulla genesi delle inclusioni epiteliali negli « adenomiomi » (usato in questa sede come termine collettivo secondo la vecchia concezione) sono state sviluppate molte teorie. Per una parte, cioè gli adenomiomi mesonefrici (secondo L . PICK) valse per un lungo periodo di t e m p o la derivazione da residui mesonefrici, ammessa d a v. RECKLINGHAUSEN (cfr. SCHICKELE, O. ERNEST, bibl.). T u t t a v i a questa teoria è s t a t a a b b a n d o n a t a . Si è pensato che determinate porzioni e precisamente quelle paraoofore, del corpo di Wolff venissero incluse nei dotti di Müller (pagg. 6 e 203). Come dimostrazione microscopica, fu considerata la disposizione a pettine dei tubuli ghiandolari, che corrisponde al mesonefro e ai suoi residui (paraovario e epididimo), condizionata dal canale principale a forma di ampolla, nel quale si gettano numerosi canalicoli laterali, che hanno decorso pressoché parallelo e terminano con dilatazioni cistiche. L e cellule epiteliali sono p r o v v i s t e in parte di ciglia. Inoltre è s t a t a sottolineata la presenza di granuli di pigmento nel lume dei canalicoli e nello stroma, come pure il reperto di c. d. pseudoglomeruli, i quali ultimi rappresentano rilevatezze ricche di vasi, sferiche o emisferiche, situate a livello dei tratti dilatati terminali e delle ampolle tubulari e che furono considerati corrispondenti alle forme involutive dei glomeruli mesonefrici, descritti da A . CZERNY nell'organo di G i RALDÈS. — L a questione dei rapporti della componente muscolare rispetto a quella epiteliale, se cioè entrambe derivino dai tubuli dell'epooforon, che pure hanno una guaina muscolare, o se il mioma si formi per stimolazione della componente ghiandolare, è s t a t a giudicata d a v. RECKLINGHAUSEN nel senso di questa seconda ipotesi. L . PICK e R. MEYER attribuirono alla componente muscolare una parte secondaria e non considerarono la muscolatura come una componente importante per l ' a b b o z z o e la formazione del « tumore ». Mentre KOSSMANN e RICKER rifiutarono completamente questa teoria, R . MEYER addivenne con le sue ricerche al parere già espresso in precedenza da v. FRANQUÉ che la morfologia degli adenomiomi noti sino allora non corrispond e v a al tipo « paraooforale » di v. RECKLINGHAUSEN e che nulla d i m o s t r a v a e nulla n e g a v a la derivazione mesonefrica dell'epitelio, anche se la possibilità della genesi di tumori da germi del paraooforon nella porzione tubarica vicina all'utero o nel corno uterino o anche nel fondo uterino nel senso di v. RECKLIN-
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non potesse essere esclusa ( M . M E Y E R si occupò diffusamente di questi argomenti nel 1905; cfr. in contrario le esposizioni di S C H I C K E L E , V . anche O . E R N E S T ) . Come unico adenomioma mesonefrico sicuro è stato considerato per lungo tempo un'osservazione di R . M E Y E R ; L I M B U R G ha comunicato due ulteriori osservazioni. C U L L E N negò invece assolutamente l'esistenza degli adenomiomi mesonefrici. GHAUSEN,
Gli « adenomiomi » inguinali sono pure stati ricondotti a germi mesonefrici (bibl. in E M A N U E L , C H E V A S S U , che riscontrò un « glomerulo renale »); si tratta di nodi di volume variabile, in regione inguinale, considerati con particolare attenzione a causa dell'aumento di volume e della dolorabilità che compaiono durante la mestruazione e che in alcune osservazioni (p. es. L A U C H E ) erano collegate con un'emorragia verso l'esterno. Oggi vanno sotto il termine di adenomiosi (endometriosi) inguinale. L a derivazione dal mesonefro è stata abbandonata, benché da parte di R . M E Y E R e F O R S S N E R (V. anche W E I S H A U P T , bibl.) nella regione inguinale di feti siano stati dimostrati glomeruli. Secondo la maggior parte delle osservazioni queste proliferazioni sono in rapporto con la porzione extrapelvica del legamento rotondo, che è il legamento inguinale mesonefrico; talora però si trovano soltanto nelle sue vicinanze; in questo caso nella proliferazione manca anche la muscolatura. Poiché in molti casi esistevano contemporaneamente piccole ernie della regione inguinale e frequentemente coesistevano focolai (endometrioidi) in sede più alta, cioè peritoneale ovvero anche delle cisti a cioccolato, S A M P S O N ha sostenuto anche a questo proposito la sua teoria dell'impianto senza negare completamente la possibilità di metastasi linfogene o venose (v. inoltre bibl. in R . M E Y E R , H A R B I T Z ) . L a porzione in traperitoneale del leg. rotondo è molto meno spesso la sede di una am. (cfr. K A N T H E R , P O L S T E R ) . È rara l'adenomiosi (endometriosi) del leg. ovarico proprio ( S I T Z E N F R E Y , bibl., F R A N K L ) , come pure quella dei leg. larghi (v. A V O N I , cfr. SCHICKELE).
Per una parte ancora di cistoadenomi e di adenomiomi sono stati considerati come punto di partenza residui del dotto di Wolff (Gartner) (BREUS). Nell'utero sono state riscontrate anche cisti semplici del dotto di Gartner (O. B U R C K H A R D T , v. anche H E N K E L , R O C K S T R O H ) ; più raramente sono voluminose e oggetto di intervento chirurgico (p. es. caso di G . K L E I N ) . Si sviluppano per lo più verso il peritoneo e nell'interno del leg. largo. — Anche gli adenomiomi vicini alla volta vaginale zono stati ricondotti al dotto di Wolff (v. H E R F F , P F A N N E N S T I E L , P I C K ) . Cfr. anche pag. 24. Anche i dotti di Miiller ovvero la mucosa ghiandolare di questi non hanno più oggigiorno quell'importanza che avevano un tempo nell'istogenesi dell'adenomiosi dell'utero. Sono stati considerati come punto di partenza in parte proliferazioni abnormi in profondità delle ghiandole o gemmazioni fetali dell'epitelio dei; dotti di Miiller (v. R E C K L I N G H A U S E N , R I C K E R , R . M E Y E R ) , in parte germi mucosi embrionali aberranti ( R . M E Y E R . P I C K ) , quindi ghiandole e tessuto « citogeno », oppure dislocazione embrionale di abbozzi ghiandolari ( B A B E S , D I E S T E R W E G , H A U S E R ) e in parte strozzamenti postembrionali di ghiandole uterine (C. S C H R Ò D E R , R U G E ) . Oggi la questione è decisa nel senso che l'adenomiosi uterina interna (quella che una volta era il cosid. adenomioma
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mucoso o adenomioma della mucosa v. CULLEN, 1903) v a ricondotta a un accrescimento infiltrativo dell'endometrio. A proposito della am. uterina v a ricordata anche la etti, retrocervicale, che si m a n i f e s t a con proliferazioni nel setto genitorettale in parte dure nodose, e in parte diffuse e di tipo cicatriziale, che determinano restringimento di g r a d o e l e v a t o del retto rendendo necessari i n t e r v e n t i chirurgici. Spesso coesistono cisti a cioccolato ovariche. L a proliferazione penetra talora fin sotto la m u c o s a degli organi c a v i vicini (cervice, v a g i n a , retto) o v v e r o penetra in essi p a r t e c i p a n d o spesso alla mestruazione, f a t t o che d e t e r m i n a da un lato u n ' a c c e n t u a z i o n e della stenosi d u r a n t e la mestruazione, e d ' a l t r a parte, q u a n d o la mucosa infiltrata viene perforata, emorragie dalla parete vaginale o v v e r o rettale (cfr. CULLEN, LAUCHE, FURST-SKORPIL). Circa la genesi nelle eccezioni è s t a t a a m m e s s a u n a estensione di u n a am. uterina interna, per altri casi R . MEYER, SITZENFREY hanno d i m o s t r a t o che il p u n t o di p a r t e n z a è l'epitelio del Douglas. Circa la questione della malignità cfr. SEITZ, H . ALBRECT 1933; bibl. in A . MAYER, R . F R E U D , R . M E Y E R , V. a n c h e H A S E L H O R S T ,
CHYDENIUS.
L a em. delle ovaie fu già discussa a pag. 175, quella delle t u b e a pag. 265. Sulla em. dell'intestino cfr. V o i . I/2, pag. 1 1 7 7 , come pure HAUFLER, OEHLECKER,
NEUMEYER,
GAUTHIER-VILLARS
e
LAMY,
COLLINS,
SUTTON-
HARDY, su quella dell'ombelico Voi. 1/2, pag. 324. Circa la genesi delle proliferazioni endometrioidi nelle cicatrici laparatomiche (bibl.
in
HARBITZ,
WESPI-KLETZHANDLER,
SAMPSON
1945),
HASELHORST
e
OTTO hanno d a t o un i m p o r t a n t e c o n t r i b u t o con la dimostrazione di u n rapporto diretto t r a ghiandole delle proliferazioni della parete addominale e quelle dell'utero. A l l e endometriosi cicatriziali a p p a r t e n g o n o anche i reperti a livello d e l p e r i n e o e i n s e g u i t o a episiotomia GROSSBARD,
CATHERWOOD-COHEN,
( N E U W E I L E R , P R A G E R , JESSNIG, SCHMITZDUBAS,
GOLDFARB).
Sull'em.
della
vagina,
v u l v a e della vescica cfr. i corrispondenti capitoli. I n r a p p o r t o alla questione della loro genesi, i focolai endometrioidi nelle linfoghiandole del bacino e dell'inguine sono s t a t e considerati con particolare a t t e n z i o n e (cfr. a p a g . 396, c o m e p u r e H A L B A N , MESTITZ, K . W O L F F ,
HANSMANN-
SCHENKEN, RUSSELL, JAVERT). Ciò v a l e anche per l'em. n e l l ' a m b i t o delle estremità
(MANKIN,
NAVRATIL-KRAMER.
BIEBL,
SCHLICKE,
SCHULZ-ZEHER),
co-
lonna vertebrale (S. FISCHER), regione scapolare (G. V o s s , v . anche POCHE), pleura
(NICHOLSON, BARNES), rene
BLUM)
uretere
Sulla
em.
(MARSHALL, MASLOW-LEARNER,
FRUHLING-
(RANDALL). sperimentale
v.
H.
H.
SCHMID,
BRAKEMANN,
TELINDE-SCOTT,
SCOTT-TELINDE-WHARTON, ALLEN-PETERSON-CAMPBELL. D ' a l t r a parte nella s c i m m i a esiste anche la em. spontanea (FRASER, JOACHIMOVITS). Sui rapporti adenomiosi uterina e tubercolosi cfr. pag. 349. Il carcinoma e l'am. uterina possono coesistere (cfr. ROCKSTROH). Il carcinoma che prende le mosse d a u n a am. o d a una em. è raro. R e c e n t i osservazioni si h a n n o d a parte di HÒPPNER, HANSER, E . VOGT, ELSNER (bibl.). Molto rari reperti contrapposti a questi sono gli « adenomiomi » sarcomatosi dell'utero. E . KAUFMANN ne osservò u n o in u n a donna di 72 anni: il t u m o r e , del v o l u m e di u n a t e s t a di adulto, intramurale, in parte ancora m i o m a t o s o semplice, a v e v a subito per la maggior parte u n a trasformazione m i x o s a r c o m a t o s a contenendo in alcuni p u n t i a n c h e
374
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piccole q u a n t i t à di cartilagine e di osso ed era infiltrato nel suo interno d a numerosi tubuli ghiandolari simili alle ghiandole uterine e frequentemente circondate come da un mantello di tessuto molle simile a quello endometriale (v.
anche
IWANOFF,
BAUEREISEN,
R.
RUPPERT). L a « stromal endometriosis
MEYER,
FRÒSCHMANN,
PHILIPP-HUBER,
» appartiene ai sarcomi (cfr. pag. 377).
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4. S A R C O M I
DELL'UTERO
COMPRESO
IL
E
TUMORI
MISTI
CARCINOSARCOMA
I sarcomi dell'utero sono r e l a t i v a m e n t e rari; la loro f r e q u e n z a r i s p e t t o a quella dei carcinomi è di 1 : 50. A prescindere d a l l a s t r u t t u r a , la classificazione dei sarcomi d e l l ' u t e r o p u ò essere eseguita anche in base alla sede in cui il t u m o r e si s v i l u p p a (corpo, cervice), o p p u r e a seconda dello strato della farete dal q u a l e h a n n o inizio (mucosa, m a n t e l l o muscolare). 1. I sarcomi colpiscono per lo più il corpo dell'utero e h a n n o origine o dalla m u c o s a (sarcomi della mucosa) o dalla p a r e t e (sarcomi della parete). a) I sarcomi della m u c o s a , che h a n n o origine dallo s t r o m a dell'endometrio, differiscono spesso così p o c o d a l l a s t r u t t u r a del c o n n e t t i v o della m u c o s a che il c a r a t t e r e t u m o r a l e è scarsamente a c c e n t u a t o ed è e v i d e n z i a t o s o l t a n t o d a l l ' a l t e r a t o r a p p o r t o t r a « s t r o m a » e ghiandole. I sarcomi della m u c o s a sono spesso inizialmente circoscritti (forma poliposa) nel q u a l c a s o si f o r m a n o proliferazioni m a m m e l l o n a t e , polipose o lobulate, a cresta di gallo, e r a r a m e n t e anche a f o r m a di grappolo, che p r o t r u d o n o v e r s o l'interno e per il loro accrescimento possono ingrandire l'utero fino al v o l u m e di u n a t e s t a di a d u l t o . I disturbi di circolo e i processi necrotici che seguono sono la regola nelle f o r m e a r a p i d a crescita, cosicché l'espulsione di p a r t i d i t u m o r e a t t r a v e r s o la v a g i n a non sorprende. D ' a l t r a p a r t e i sarcomi della m u c o s a h a n n o la t e n d e n z a a infiltrare la p a r e t e e a c o m p e n e t r a r l a e v e n t u a l m e n t e fino alla sierosa, la q u a l e p u ò p u r e rivelare la presenza di nodi tumorali. /?) I sarcomi che h a n n o origine d a l l a parete dell'utero ( s a r c o m i della parete) sono per lo più circoscritti, nodosi, più o m e n o ben delimitati a seconda del g r a d o di m a t u r i t à del t u m o r e e v e n g o n o f a t t i d e r i v a r e in p a r t e d a l tessuto interstiziale e in p a r t e dalle cellule m a d r i della m u s c o l a t u r a .
ORGANI
I sarcomi
diffusi
GENITALI
FEMMINILI
377
della parete, i q u a l i s o n o m o l t o rari, c o n d i z i o n a n o spesso
u n a u m e n t o di v o l u m e i m p o n e n t e e u n i f o r m e d e l l ' u t e r o . S u i r a p p o r t i t r a m i o m a e sarcoma cfr. sotto. I sarcomi del corpo dell'utero possono infiltrare la parete e penetrare negli organi vicini. L a peritonite, la perforazione nell'intestino o attraverso la parete addominale, sono conseguenze possibili. Spesso il sarcoma dell'utero rimane circoscritto in loco per lungo tempo e, contrariamente al carcinoma lascia liberi anche i parametri per lo più a lungo. L e metastasi forse non sono così rare come si pensa; dal momento che si disseminano principalmente per v i a ematica prediligono i polmoni; t u t t a v i a anche altri organi (fegato, linfoghiandole, ovaie, scheletro) non rimangono risparmiati. Circa le metastasi nella vagina, a c c a n t o alla possibilità di un'estensione per continuità e a quella di f r a m m e n t i di tessuto tumorale. L a presenza di nodi sul peritoneo può essere spiegata con la perforazione del tumore nella c a v i t à addominale e con la disseminazione c o m e pure una parte di metastasi nell'ovaia. L e recidive post-operatorie possono presentare un'estensione straordinariamente diffusa. 2. I sarcomi o p p u r e lobulati, zionalmente,
della cervice m o l t o p i ù rari sono f r e q u e n t e m e n t e a n c h e a grappolo
KEITLER,
bibl.,
poliposi
( f o r m a che nel c o r p o c o m p a r e solo e c c e -
FRANKL),
molli,
spesso e d e m a t o s i
ovvero
m i x o m a t o s i . (Sui t u m o r i m i s t i c h e p r e s e n t a n o gli stessi q u a d r i m a c r o s c o p i c i v . p a g . 3 8 1 ) . I s a r c o m i d e l l a mucosa f r e q u e n t e m e n t e in forma
poliposa
cervicale
in p a r t i c o l a r e si a c c r e s c o n o
e possono pendere nella vagina,
n o n di r a d o v a n n o i n c o n t r o a g a n g r e n a
m u c o s i ! ) . A c a u s a della r a p i d a c r e s c i t a e p o i c h é r e c i d i v a n o sono estremamente
maligni.
ove
(possibile c o n f u s i o n e con p o l i p i rapidamente
A n c h e a l i v e l l o dei labbri dell'orificio
uterino
p o s s o n o o s s e r v a r e p o l i p i s a r c o m a t o s i . B i b l . sul s a r c o m a della portio v .
si
LORK.
A l microscopio i sarcomi dell'utero sono assai variabili. I sarcomi globocellulari e quelli parvi o magnifusocellulari (fig. 97) sono osservabili in questa sede come altrove; spesso le cellule rotonde e le cellule fusate di v o l u m e e spessore variabilissimi, con nuclei estremamente polimorfi, sono mescolati; si osservano talora in forma isolata e talaltra anche in numero rilevante delle cellule giganti polimorfe con enormi nuclei lobulati (FELLÀNDER, bibl., LELLI). Esistono sarcomi dell'utero che macroscopicamente appaiono costituiti d a tessuto tumorale e con consistenza simile a quella della sostanza cerebrale e che accanto alla tendenza a proliferare in forma poliposa verso il lume rivelano spesso anche la capacità di proliferare nei vasi linfatici e sanguigni dilatati dell'utero fin nei parametri. Microscopicamente questi tumori sono costituiti d a un tessuto che corrisponde p e r f e t t a m e n t e allo stroma della mucosa e che non è caratterizzato da una particolare ricchezza di mitosi né da polimorfismo. Per questo tipo di tumore nella letteratura anglo-americana sono state usate numerose definizioni che creano una certa confusione p. es. « stromal myosis », (GOODALL, MILLER-TENNANT, HENDERSON
PARK,
LASH-LASH,
EMBREY).
37«
ORGANI
GENITALI
Non di rado nelle proliferazioni sarcomatose si riscontrano cellule che corrispondono in tutti i particolari alle fibre muscolari lisce e che sono spesso riunite in fascetti che costituiscono piccole o grandi parti del tumore. Sarcomi con cellule muscolari più o meno mature compaiono di regola in forma di nodi localizzati nella parete e che rivelano non di rado grande somiglianza con i miomi, nei quali però la ricerca istologica, con il riscontro di un polimorfismo cellulare e nucleare locale può mettere in evidenza la malignità e quindi la loro vera natura.
F i g . 97. Sarcoma della mucosa dell'utero. T r o m b i neoplastici nel miometrio. D o n n a di 50 anni (E 3638/47).
Anche se però la ricerca istologica si rivela insufficiente, risulta sufficientemente dalle osservazioni, che tumori con la struttura dei miomi con cellule apparentemente completamente mature determinano la formazione di metastasi e quindi si comportano biologicamente come tumori maligni. Questo « leiomioma maligno » ha dato lo spunto per numerose considerazioni e ha posto sul tappeto la questione dell'istogenesi dei sarcomi dell'utero. Occorre premettere che la maggior parte dei sarcomi della parete dell'utero ha origine da cellule che hanno la possibilità di maturare e trasformarsi in cellule muscolari lisce (sarcomi mioblastogenì) e che questi sarcomi compaiono frequentemente in forma nodosa pura con una delimitazione più o meno ben definita rispetto al tessuto circostante.. Questi due fatti e soprattutto l'esistenza
ORGANI
GENITALI
379
FEMMINILI
di f o r m e a m a t u r i t à p r o g r e d i t a c o n s t r u t t u r a locale n o t e v o l m e n t e simile a q u e l l a dei miomi, hanno condotto ad ammettere una « degenerazione sarcomatosa » (o s e c o n d o RÒSSLE evoluzione) dei m i o m i . O r a n o n esiste a l c u n d u b b i o che in u n m i o m a preesistente p u ò o c c a s i o n a l m e n t e f o r m a r s i a n c h e u n s a r c o m a (v. sotto) s o l t a n t o che q u e s t o e v e n t o non è così f r e q u e n t e c o m e si e r a r i t e n u t o a suo t e m p o in base al r e p e r t o di fibre muscolari lisce nei sarcomi. G l i sforzi di allora (v. K A H L D E N , W I L L I A M S , MORPURGO, M A S T N Y e m o l t i altri) c e r c a v a n o d i r e n d e r e
credibile la possibile t r a s f o r m a z i o n e di cellule m u s c o l a r i lisce o v v e r o del m i o m a in cellule s a r c o m a t o s e (metaplasia). C o n t r o q u e s t a ipotesi h a n n o preso posizione tra gli altri RICKER,
V. F R A N Q U É e p a r t i c o l a r m e n t e
Fig. S e z i o n e d i sarcoma
miocellulare
R.
MEYER.
I
sarcomi
98.
(poliposo) dell'utero.
Donna 45enne
(E
2382/46).
c o n u n a c o m p o n e n t e p i ù o m e n o estesa di cellule m u s c o l a r i lisce v a n n o d e n o m i n a t i s e c o n d o la sua p r o p o s t a sarcomi miocellularl. I s t o l o g i c a m e n t e q u e s t i off r o n o u n a s p e t t o assai v a r i a b i l e . E c c e z i o n a l m e n t e le cellule r a g g i u n g o n o u n a m a t u r i t à così e l e v a t a d a p o t e r considerare « m a t u r o >> a n c h e m i c r o s c o p i c a m e n t e il t u m o r e , che però d e t e r m i n a m e t a s t a s i (leiomioma maligno); cfr. SCHLAGENHAUFER,
P.
F.
STEINER,
HUFNAGL,
HUSSY.
Molto
più
frequente
tuttavia
il q u a d r o cellulare r i v e l a n o t e v o l i d i f f e r e n z e . I n q u e s t o si r i s c o n t r a n o a c c a n t o a fibre m u s c o l a r i a n c h e cellule f u s a t e più c o r t e che d i m o s t r a n o la loro i m m a t u r i t à c o n lo scarso c o n t e n u t o in fibrille e le loro m a l i g n i t à p e r le c o n s i d e r e v o l i dev i a z i o n i d a l l a n o r m a p e r ciò che r i g u a r d a il v o l u m e , la f o r m a e il c o n t e n u t o c r o m a t i n i c o dei nuclei (fìg. 98). S e c o n d o R . MEYER sono cellule s a r c o m a t o s e p e r ò a n c h e le altre, che p e r la f o r m a z i o n e di miofibrille e per il r a p p o r t o nucleo
ORGANI
3So
GENITALI
c i t o p l a s m a t i c o n o n si distinguono dalle cellule muscolari lisce m a t u r e , solo c h e h a n n o r a g g i u n t o u n a maggiore maturità. Il r a p p o r t o t r a cellule m a t u r e e i m m a t u r e condiziona a n c h e il diverso a s p e t t o dei sarcomi mioblastogeni. A l l ' i n i z i o della serie v a n n o posti quelli costituiti e s c l u s i v a m e n t e d a cellule i m m a t u r e , f a t t o c h e rende per lo più impossibile la loro inclusione tra i s a r c o m i mioblastogeni, e nel m e z z o quelli nei quali si osservano c o n t e m p o r a n e a m e n t e cellule m a t u r e e imm a t u r e . Il caso estremo c o s t i t u i t o infine d a l leiomioma m a ' i g n o con n o t e v o l e m a t u r i t à delle cellule. T u t t a v i a R . MEYER sottolineò che a c c a n t o alla disposizione s t i p a t a delle cellule anche la f r e q u e n t e f o r m a i n f u s a t a dei nuclei e la scarsa form a z i o n e di mioglia rivelano u n a m a t u r i t à cellulare i n c o m p l e t a (cfr. a n c h e R A A B c h e d u b i t a dell'esistenza di questi casi, LAHM, FRANKL). L a proliferazione sarc o m a t o s a di cellule i m m a t u r e residuate p u ò a v v e n i r e però soltanto q u a n d o la m a t u r a z i o n e f o r m a l e era q u i c o m p l e t a e a v e v a d e t e r m i n a t o la f o r m a z i o n e di un m i o m a . N e l l a nomenclatura di questi tumori d o m i n a n o t e v o l e confusione (cfr. R . MEYER): m i o m a s a r c o m a t o d e s (WILLIAMS, E . KAUFMANN), s a r c o m a m i o g e n e s (KATHE), s a r c o m a leiomioblastico (BORST) o v v e r o leiomioma sarcomatoso. R . MEYER riunì nel n o m e la genesi e la s t r u t t u r a in q u a n t o egli indicò la genesi (mioblastogena) b r e v e m e n t e con u n a g g e t t i v o e parlò di s a r c o m a m i o g l o b c c e l lulare (forma i m m a t u r a ) , miofusocellulare (forma più m a t u r a a cellule f u s a t e muscolari) e di s. miocellulare (miotipico) invece di leiomioma maligno. FRANKL usò i n v e c e il termine « sarcoma di elevata maturità formale ». D a q u a n t o è s t a t o d e t t o emerge anche la difficoltà di distinguere q u a n t o spesso si forma un sarcoma da un mioma preesistente. L a possibilità non è m a i s t a t a messa in dubbio. C o m e p u n t o di origine v e n n e r o considerati d a u n a p a r t e g e r m i inclusi resid u a t i di cellule muscolari, d a l l ' a l t r a lo s t r o m a c o n n e t t i v a l e del m i o m a (sarcomioma o miosarcoma secondo R . MEYER, sarcoma nel mioma o p p u r e sarcoma intramiomatoso nella definizione di RIBBERT e H. ALBRECHT). Circa la freq u e n z a di q u e s t o f e n o m e n o i pareri sono m o l t o discordi (cfr. MARIETTA VOGT, STEINHARDT, MEISER,
FRANKL,
KURT
GAL,
RICHTER,
S u l l e strutture
ritmiche
KLAFTEN-NAVRATIL, NOVAK-ANDERSON,
PLENGE-FALGE,
TREITE-
TASCH).
cfr. GEISLER, BRAKEMANN, W .
GERLACH.
Alterazioni secondarie nei sarcomi: la parziale t r a s f o r m a z i o n e m i x o m a t o s a del tessuto t u m o r a l e n o n è rara. I disturbi di circolo h a n n o per c o n s e g u e n z a il r i g o n f i a m e n t o idropico, degenerazione grassa c o m e p u r e le necrosi che possono d e t e r m i n a r e la fluidificazione e le f o r m a z i o n e di false cisti.
Sarcomi più rari dell'utero. Una linfosarcomatosi dei genitali femminili c o n p a r t e c i p a z i o n e d e l l ' u t e r o f u d e s c r i t t a d a SCHLAGENHAUFER (bibl.), c h e
considerò come punto di origine i noduli linfatici dell'endometrio (cfr. p a g . 3 1 0 ) , WEGELIN e W A L T E R
(bibl.). C f r . a n c h e WERTHEMANN,
HURT,
R. KAISER. Ricordiamo in questa sede anche le alterazioni dell'utero in corso
d i leucemia
(GEIPEL,
VILLATA, MCDONALD-WAUGH,
GAUPTMANN-
TAUSSIG, REISS, NEVINNY-STICKEL, H E L D , WEGENER, BERWIND, OSTERTAG, WINKELSTEIN-KATO-SHARNOFF). DERSEN.
Un
plasmocitoma
è
ricordato
da
AN-
ORGANI
GENITALI
38I
FEMMINILI
Analogamente al riscontro nell'endometrio sano di cartilagine (v. pag. 297), si riscontrano nei sarcomi del corpo dell'utero, ma più frequentemente nei sarcomi a grappolo della cervice, localizzate nel tessuto ricco di cellule e riconoscibili già ad occhio nudo e palpabili nel tessuto tumorale molle, isole cartilaginee di forma molto diversa (a forma bernoccoluta, di coralli o di fibbia) che microscopicamente si rivelano costituite da cartilagine jalina. E . KAUFMANN riscontrò in casi di sarcomi della mucosa del corpo dell'utero frammenti di cartilagine riconoscibili già ad occhio nudo. Tali condrosarcomi sono r a r i (v. GEBHARD, DUCHINOFF, b i b l . , PIETZOLD, b i b l . , A K K E R E N ,
HARTFALL, PENA). Altri sarcomi contengono fibre muscolari striate (sulla presenza di muscolatura striata cfr. pag. 25). Bibl. su questi rabdomiosarcomi
v . L Ä W E N , HUNZIKER, R .
M E Y E R , CAMPBELL,
KULKA-DOUGLAS.
In parte si tratta, come del resto nei condrosarcomi, di tumori costituiti da tessuti diversi variamente mescolati, cioè di tumori misti mesodermici (tumori da combinazione secondo R . MEYER) , che si sviluppano come formazioni polipose particolarmente spesso nelle sezioni inferiori della cervice, che però sono anche note nel corpo dell'utero (cfr. bibl. in KEHRER, R . MEYER, GLASS-GOLDSMITH, LIEBOW-TENNANT, R I L K E e P o z z i ) . U n a p a r t e dei t u m o r i
descritti come sarcomi a forma di grappolo della cervice appartiene a questo gruppo. Sono presenti in tutte le età e tendono frequentemente, m a non costantemente, a rapida ed estesa formazione di metastasi. Le inclusioni epiteliali non sono del tutto rare e sono state interpretate in parte come resti più o meno occasionali di endometrio. T u t t a v i a non vi sono praticamente dubbi che le componenti epiteliali appartengano quasi sempre al tumore come le altre componenti. L a loro presenza è facilmente spiegabile in base all'embriologia dell'utero, il cui epitelio ha appunto origine mesodermica. Del resto già WILMS a v e v a ammesso per i tumori misti dell'utero l'esistenza di un abbozzo congenito nel senso di una dislocazione di tessuto mesodermico in seguito all'accrescersi in senso caudale del condotto di Wolff (cfr. LAHM, R.
M E Y E R , MCFARLAND, B E C K , RÖSSLE, MÖGEN, G . WINTER,
GRAHAM-THORNTON-NOSKES,
WILSON-
ALZNAUER).
U n g r u p p o particolare di t u m o r i misti è r a p p r e s e n t a t o d a l carcinosarcoma dell'utero. L a diagnosi u r t a t a l o r a c o n t r o a l c u n e difficoltà, poiché i c a r c i n o m i dell'utero proliferano n o n di r a d o per a m p i t r a t t i con a s p e t t o s a r c o m a t o i d e (carcinoma sarcomatoides o pseudosarcomatoides), f a t t o cui E. KAUFMANN a v e v a g i à a c c e n n a t o d a m o l t o t e m p o . Inoltre esiste t u t t a v i a la possibilità che un carc i n o m a e un s a r c o m a a p a r t e n z a o r i g i n a r i a m e n t e distinta entrino reciprocam e n t e in c o n t a t t o e si infiltrino (« tumore da collisione ti secondo R. MEYER), o p p u r e anche che lo s t r o m a di un c a r c i n o m a d i v e n t i s a r c o m a t o s o (« tumore da composizione ») t u t t a v i a FRANKL ritenne q u e s t a u n a semplice supposizione n o n d i m o s t r a t a . In b a s e a d u n a revisione di H. ALBRECHT (cfr. a n c h e AMREICH, HINZ, FELLER) si t r a t t a per lo più di polipi sarcomatosi, nei q u a l i dalla superficie o dalla base p e n e t r a u n c a r c i n o m a (per lo più u n a d e n o c a r c i n o m a ) .
382
ORGANI
GENITALI
Se nello stesso organo (utero) si riscontrano un sarcoma e un carcinoma e questi rimangono topograficamente separati, si parla di sarcoma + carcinoma (v. bibl. in BREITER, HENNESSY). L e metastasi di carcinosarcomi sono generalmente sarcomatose. Secondo una proposta di J. KLEIN il termine di carcinosarc o m a dovrebbe essere a b b a n d o n a t o e sostituito da quello di carcinoma pleiomorfo, dal momento che il sarcoma dell'apparato genitale è in grado di differenziarsi sia come tessuto di sostegno, sia in senso epiteliale (cfr. anche LANGLESMITH-WOODCOCK) .
Come particolare rarità sono stati descritti anche melanoblastomi dell'utero. H. ALBRECHT sostenne valido il caso di SCHICKELE richiamando le comunicazioni di BABÉS sulla melanina nella portio prolassata (v. anche pag. 301). R. MEYER (bibl.) non negò completamente questa possibilità m a ritenne che per lo meno nelle osservazioni meno recenti fosse s t a t a possibile una interpretazione erronea in seguito a imbibizione con pigmento ematico. I tumori maligni descritti come endoteliomi interessanti per lo più la cervice (AMANN,
PEPERE,
KIRCHGESSNER,
bibl..
SELL,
bibl.,
SCHUGT,
ULESKO-STRO-
GANOWA, bibl.) sono stati ridiscussi criticamente da SPERBER, R. MEYER. A n c h e E . KAUFMANN non ha osservato alcun tumore che giustificasse questa ipotesi (v. anche STOLZ). R . MEYER assunse un analogo atteggiamento critico nei confronti degli angiosarcomi sotto il quale termine sono state riunite forme molto diverse — periteliosarcomi (p. es. GOTTSCHALK, RUTTEN) e altri sarcomi perivascolari, inoltre endoteliomi intravascolari che sono facilmente confondibili col carcinoma (casi di HANSEN e BECKHAUS) e angiosarcomi con degenerazione jalina della parete, denominati da alcuni anche cilindromi. POLANO descrisse un sarcoma angioplastico; una ricerca di PEDOWITZ-FELMUS-GRAYZEL è dedicata alì'emangiopericitoma. L a diagnosi microscopica sul materiale o t t e n u t o d a raschiamento può essere difficile nel caso dei sarcomi. L e caratteristiche del sarcoma della mucosa sono secondo E. KAUFMANN: infiltrazione completa dell'endometrio a d opera di cellule rotondeggianti, fusate o polimorfe, che non hanno o v u n q u e la stessa densità e non rivelano t u t t e le stessa cromofilia, p o v e r t à di ghiandole o v v e r o manc a n z a di queste, occasionalmente anche m a n c a n z a dell'epitelio di superfìcie — talaltra m a n c a n z a di stratificazione e nella stessa sezione presenza di zone disordinate e mescolate, ora ricche di cellule rotonde o fusate oppure presenza di aree lasse con zone ben colorabili e altre scarsamente colorabili oppure cromofobe per la necrosi e m a n c a n z a di ghiandole. Se però si riscontrano in alcuni p u n t i delle ghiandole innicchiate nel tessuto fondamentale, anche se il tessuto interstiziale è ricchissimo di cellule e « sospetto di essere sarcoma » — specialmente se si osserva subito con forti ingrandimenti — , non può sussistere un tumore sarcomatoso a partenza dell'endometrio.
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3«4
ORGANI
GENITALI
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5. TUMORI EPITELIALI BENIGNI DELL'UTERO 1. A d e n o m a . I l termine di a d e n o m a viene usato s o l t a n t o per quei tumori epiteliali costituiti d a g h i a n d o l e e dal r e l a t i v o s t r o m a vascolare. F r e q u e n t i sono i polipi mucosi in cui le proliferazioni ghiandolari sono spesso la c o m p o n e n t e d e t e r m i n a n t e . I n q u e s t o caso n o n si t r a t t a però di tumori. P i u t t o s t o sono d a c a t a l o g a r e t r a le iperplasie; i n f a t t i nell'iperplasia grandulocis t i c a è s t a t o più sottolineato il f e n o m e n o delle proliferazioni polipose spesso irregolari (pag. 321). A n c h e la ipertrofia follicolare della portio già c i t a t a (pag 336) non h a nulla a che v e d e r e c o n i t u m o r i e v a c a t a l o g a t a t r a le adertosi (:fr. pag. 369). L'adenoma diffuso descritto nella l e t t e r a t u r a a n t i c a d e v e essere probabilm e n t e il r i s u l t a t o di u n a confusione con l'iperplasia ghiandolare. Sul cosid. adenoma maligno cfr. p a g . 403. 2. Il papllloma ( fibroepitelioma papillare) in u n a p a r t e dei casi è s o l t a n t o u n polipo r i c c a m e n t e f r a s t a g l i a t o . I papillomi v e r i n o n sono frequenti. Ricord i a m o fin d a ora che i carcinomi dell'utero possono c o m p a r i r e in f o r m a papillifera (cfr. pag. 392). SCHMECHEL descrisse u n papilloma del corpo del v o l u m e q u a s i di u n p u g n o (cfr. anche H . v. VÉGH, F. BECKER). Sono note proliferazioni con la struttura dei condilomi acuminati della portio in p a r t e diffuse, in p a r t e circoscritte
(KLEEMANN.
SURAN-MEISTER,
WOLFE,
MÒHNLE,
MARSH,
TREITE,
EDMONDSON-LEVI-EVANS-HORN,
WOLF-JANNACH).
Sono
colpite
soprattutto
ORGANI
GENITALI
FEMMINILI
385
le donne durante la gravidanza. Si possono osservare in questi casi anche atipie epiteliali benigne (GREENE-PECKHAM). Sul papìlloma verrucoso della portio cfr.
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6. T U M O R I E P I T E L I A L I M A L I G N I D E L L ' U T E R O
(CARCINOMA)
RUGE e VEIT distinsero a seconda del p u n t o di origine il c a r c i n o m a della portio, d e l l a cervice e del corpo dell'utero. I p r i m i due v e n g o n o definiti anche carcinomi del collo. Sulla frequenza del c a r c i n o m a dell'utero esistono numerose ricerche, da t u t t e le quali risulta c h e l'utero, e in p a r t i c o l a r e la portio, è u n o r g a n o prediletto d a l c a r c i n o m a . P e r ciò il c a r c i n o m a d e l l ' u t e r o a p p a r e con u n a f r e q u e n z a n o t e v o l e a n c h e tra il m a t e r i a l e a u t o p t i c o degli i s t i t u t i a n a t o m o patologici. E . KAUFMANN calcolò per gli I s t i t u t i di B a s e l e G ò t t i n g e n il 14,74 e il I 5 . 5 9 % di t u t t i i casi di carcinomi. È superato però dai carcin o m i del t r a t t o digerente. A n c h e sulla distribuzione in rapporto all'età esistono ricerche d e t t a gliate. P r i m a del 20° a n n o di e t à t u t t e le f o r m e d i c a r c i n o m a dell'utero sono m o l t o rare. P e r l o più si t r a t t a di a d e n o c a r c i n o m i della cervice, che sono s t a t i riscontrati a n c h e e c c e z i o n a l m e n t e nell'età del lattante, c o m e nelle osservazioni di BUMM-ASCHHEIM, WATERS, WUKETICH. B i b l . b. GLÒCKNER, G . GUTMANN, DIDDLE, BOWING-MCCULLAUGH, MOREHEAD, POLLAKTAYLOR, HERM CHIARI, V. a n c h e SPEERT, SADUGOR-PALMER. S u l l ' i n f l u e n z a della razza e delle a b i t u d i n i di v i t a sulla f r e q u e n z a del c a r c i n o m a della portio v . WYNDER-CORNFIELD-SCHROFF-DORAISWAMI (bibl.); cfr. OBERREINER e p e r la patologia geografica del c a r c i n o m a d e l l ' u t e r o S c h w e i z . Zschr. P a t h . 18, 732 e segg. (1955). 2 5 —• KAUFMANN I I , p. I
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Circa l'influenza della gravidanza sul carcinoma della portio i pareri sono f o r t e m e n t e discordi; cfr. NF.VINNY, V. FRANQUÉ, PELLER, A . MAYER.
Molto raramente il carcinoma del corpo e la gravidanza coesistono (E. A. SCHUMANN, WALLINGFORD, WESTMAN, GUSECK; cfr. anche
PAUWEN).
BIBLIOGRAFIA B A A T Z , Zschr. Geburtsh. 118, 124, 1939. — B O W I N G e M C C U L L A U G H , Amer. J. Roentgenol. 45, 819, 1941. — B U M M - A S C H H E I M , Ref. Zschr. Geburtsh. 65, 1909. — H E R M A N N C H I A R I , Pathologische Anatomie des Gebärmutterkarzinoms in: SeitzAmreich, Biologie u. Pathologie des Weibes Bd. 4, 534, 1955. — D I D D L E , Amer. J. Cancer 39, 207, 1940. — v. F R A N Q U £ , Mschr. Krebsbekämpf., München 2, 368, 1934. — G L Ö C K N E R , Zschr. Geburtsh. 63, 182, 1908. — G U S E C K , Zbl. Gynäk. 1089, 1949. — G. G U T M A N N , Frankf. Zschr. Path. 52, 15, 1938. —• A. M A Y E R , Med. Klin. 913, 1953. — M O R E H E A D , Arch. Path., Chicago 38, 141, 1944. —• N E V I N N Y , Zschr. Geburtsh. 99, 1931. — O B E R e R E I N E R , Schweiz. Zschr. Path. 18, 774, 1955. — P A U W E N , Zbl. Gynäk. 795, 1948. — P E L L E R , Mschr. Krebsbekämpf., München 2, 364, 1934. — P O L L A C K e T A Y L O R JR., Amer. J. Obstetr. Gynec. 53, 135, 1947. — R Ü G E e V E I T , Zschr. Geburtsh. 7, 138, 1882. - Der Gebärmutterkrebs. Stuttgart 1881. — S A D U G O R e P A L M E R , Amer. J. Obstetr. Gynec. 56, 680, 1948. — E. A. S C H Ü M A N N , Amer. J. Obstetr. Gynec. 14, 573, 1927. — S P E E R T , Amer. J. Obstetr. Gynec. 54, 982, 1947. — W A L L I N G F O R D , Amer. J. Obstetr. Gynec. 27, 224, 1934. —• W A T E R S , Amer. J. Obstetr. Gynec. 39, 1055, 1940. — W E S T M A N , Acta obstetr. gynec. Scand. 14, 191, 1934. — W U K E T I C H , Wien. klin. Wschr. 591, 1952. — W Y N D E R , C O R N F I E L D , S C H R O F F e DoRAISWAMI, Amer. J. Obstetr. Gynec. 68, 1016, 1954.
a) CARCINOMA DEL COLLO Con questo termine si comprendono il carcinoma della portio e della cervice. Il carcinoma della portio è il più frequente ed è generalmente un carcinoma a epitelio piatto. L'accrescimento avviene o sotto forma di infiltrazione (endofitico), ciò che può determinare un forte ispessimento di t u t t a la portio o di un labbro (figg. 99 e 100), oppure verso la superficie (esofitico), per lo più in forma di proliferazioni papillifere, a cavolfiore. L a distruzione ulcero-gangrenosa a partenza della superfìcie, con formazione di una perdita di sostanza piatta o di un cratere profondo, è un fenomeno frequente. Anche la distruzione completa della portio nei casi avanzati non è inconsueta. Tipo di diffusione dei carcinomi del collo. Il carcinoma della portio penetra presto nella parete vaginale e nelle zone profonde della portio o per via linfatica, anche nel tessuto del parametrio, mentre soltanto più tardi
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si estende al canale cervicale e alla mucosa del corpo, benché in base alle ricerche di SCHOTTLÀNDER-KERMAUNER quest'ultimo fenomeno non sia affatto raro, ma anzi si sia constatato microscopicamente nella metà dei casi di carcinoma della cervice. Le isole tumorali sono bianche, granulose e dapprima dure; se subiscono una intensa degenerazione grassa o si rammolliscono facilmente in seguito a infezione batterica, che proviene dall'esterno,
Fig. 9 9 .
Fig. 1 0 0 . Fig. 9 9 .
Nodo carcinomatoso (K) nel labbro uterino posteriore ( H M ) con cratere ulceroso (G). Labbro anteriore ( V M ) . Ingresso nel canale cervicale (Ce). Nella parete dell'utero 2 piccoli miomi. 3/4 g r . n a t .
Dis.
E.
KAUFMANN.
Fig. 1 0 0 . Carcinoma della Portio infiltrante (carcinoma a epitelio piatto) con scarsa ulcerazione, stenosi della cervice e infiltrazione della vescica (B). (CU) Cavum uteri (piometra). ( V) Nodo carcinomatoso della vagina separato da una zona macroscopicamente sana. Sezione mediana sagittale. Donna di 6 7 anni. 3/4 gr. nat. Dis. E . K A U F M A N N .
fuoriesce alla spremitura poltiglia cremosa. In genere le zone infiltrate da carcinoma vanno incontro a distruzione, di frequente con gangrena; spesso si formano ulcere rapidamente estese (fig. 101). Le ulcere neoplastiche secernono per lo più un liquido sieroso, che subisce molto frequentemente una decomposizione putrida e determinano emorragie, che, quando vengono
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erosi grossi vasi, sono pericolose, ma solo eccezionalmente sono immediatamente mortali (v. ASKANAZY). Le emorragie sono spesso il primo sintomo clinico. Il canale cervicale con i tessati immediatamente vicini può prol u d e r e , come un tubo nudo, nella volta vaginale ulcerata dal carcinoma.
Fig. i o i . Carcinoma ulceroso del collo. Residuo della porzione vaginale della cervice (CP). Il carcinoma penetrò nel parametrio sinistro (LPm), che si apre nella vagina, sopra la linea i n n o m i n a t a fino all'ileopsoas; conseguenti ascessi gangrenosi da questa sede con abbassamento dell'utero, trombosi della vena ipogastrica ed iliaca, trasformazione cicatriziale-carcinomatosa del tessuto cellulare pelvico. Corpo dell'utero (U) fortemente ingrandito, particolarmente ispessito (c.d. metrite cronica). (LO) L'ovaia sinistra rugosa, con la t u b a (7") t i r a t a artificialmente e ripiegata in avanti. (RO) Ovaia destra. Collezione Breslau. 3/4 gr. n a t . Dis. E. K a u f m a n n .
Si osservano però anche casi, in cui il carcinoma della portio si infiltra, senza perdita di sostanza macroscopica, sia verso la vagina sia verso la vescica, e penetra nella parete della cervice, restringendo il canale del collo e causando piometra. Il carcinoma della cervice, andando incontro a distru-
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zione, scava la cervice stessa e penetra per lo più rapidamente in profondità nei parametri fino alle ossa del bacino, mentre l'orificio uterino esterno può restare indenne e ristretto; più di rado rimane circoscritto alla cervice, escavata per un lungo periodo di tempo. Se la distruzione ad opera del carcinoma è già più a v a n z a t a , non è più possibile stabilire con certezza se il p u n t o di partenza sia s t a t a la portio o la mucosa cervicale; in tal caso occorre parlare soltanto di carcinoma del collo. Spesso si riscontra totale distruzione del collo e infiltrazione completa dei parametri per imponenti proliferazioni carcinomatose; l'infiltrazione neoplastica rende i tessuti così duri che gli organi del bacino appaiono murati dentro il bacino, per cui si verifica la frequentissima estremamente g r a v e stenosi degli ureteri e d'altra parte insorgono intensissimi dolori; oppure i parametri si aprono nella v a g i n a come ampie c a v i t à carcinomatose e gangrenose, che spesso raggiungono la parete posteriore ossea del bacino. Il retto e la v a g i n a si aprono in questa c a v i t à come in una cloaca; di t u t t o l'utero frequentemente rimane conservato soltanto il corpo e talora anche soltanto parti di questo, formando sulla linea mediana come una cupola che chiude la c a v i t à carcinomatosa rispetto alla c a v i t à addominale; molto spesso gli organi vicini (specialmente le anse intestinali) sono intimamente aderenti. D o p o l'amputazione sopravaginale dell'utero miomatoso può far seguito lo sviluppo di un carcinoma nel moncone uterino (si t r a t t a di questo e non dell'esito di una cicatrice) (cosid. carcinoma del moncone). E. KAUFMANN comunicò nell'anno 1898 un'osservazione in cui un carcinoma originò dal moncone cervicale di un utero miomatoso a m p u t a t o per v i a sopravaginale 5 anni prima, sono noti però anche casi a maggior distanza di t e m p o (cfr. AMREICH, ISBRUCH; BLACK, HENRIKSEN,
RUHL).
I carcinomi della portio si comportano istologicamente a) per lo più come i carcinomi a epitelio piatto (figg. 102 e 103) della cute (cfr. L A U T E R W E I N ) . Esistono forme ad elevata maturità formale (strato basale, delle cellule cilindriche, cellule spinose) — carcinoma maturo a epitelio piatto —, talora anche con corneificazione molto estesa (carcinoma corneificante), nel quale (come nei carcinomi corneificanti della cute) non di rado si osservano cellule giganti, che in parte vengono considerate cellule carcinomatose in degenerazione, e in parte cellule giganti da corpo estraneo (bibl. O B A T A , MONCH,
W.
SCHILLER).
In un secondo gruppo più numeroso non esiste questa regolarità nella struttura dell'epitelio, il quadro cellulare è più disordinato e polimorfo, mancano le perle cornee e anche la formazione di punti intercellulari è deficiente o soltanto dimostrabile in alcuni punti (carcinoma a epitelio piatto di media maturità). In un terzo gruppo infine non è più possibile riconoscere una disposizione ad epitelio piatto del quadro cellulare, poiché gli isolotti carcinomatosi sono costituiti da cellule non caratteristiche e di solito polimorfe; quest'ultimo gruppo (carcinoma a epitelio piatto immaturo) alla cui struttura partecipano in misura maggiore o minore cellule
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Piccolo
carcinoma
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Fig. 102. della portio (carcinoma a epitelio piatto). Donna 46enne (E. 4555/47).
Fig. 103. Carcinoma della portio con accrescimento in profondità lungo le ghiandole cervicali. Donna 48enne (E. 2107/54).
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cilindriche, è stato posto da KROMPECHER tra i cosid. carcinomi a cellule basali. Questi carcinomi immaturi formano zaffi solidi di larghezza variabile con necrosi centrale, spesso estesa, che ricordano da lontano ghiandole. Lo stroma che circonda questi zaffi, come generalmente avviene nei carcinomi dell'utero, contiene spesso un numero elevato di cellule contenenti granuli eosinofili, che penetrano anche nei cordoni carcinomatosi (secondo SCHOCH i casi con abbondante eosinofilia locale sarebbero prognosticamente favorevoli per il trattamento radiante). Nel tessuto interstiziale sono dimostrabili spesso in grande quantità anche linfociti e plasmacellule.
Fig. 104. A denocarrinomadella portio. Donna 6oeiuie (E 6539/51).
Il carcinoma a cellule basali è stato riconosciuto da E. KAUFMANN, mentre è s t a t o n e g a t o d a a l t r i (SCHOTTLÄNDER-KERMAUNER, v . FRANQUÉ, LAHM)
e accettato con riserva anche da R. MEYER. Occasionalmente le cellule del carcinoma del collo sono ricche di glicogeno e chiare
( B A B E S e LAZARESCU-PANTZU,
ANGEL-WITTING).
D a p a r t e di m o l t i A u t o r i il c a r c i n o m a a epitelio p i a t t o della p o r t i o e di 'altre sedi c o n cosid. m u c o s a c u t a n e a , è definito carcinoma epidermoide e suddiv i s o in n u m e r o s i s o t t o g r u p p i (cfr. O. PENDL, SCHÜLLER). ß) A l c u n i c a r c i n o m i della p o r t i o sono adenocarcinomi (fig. 104) i cui p u n t i di origine sono c o n s i d e r a t i d a m o l t i le g h i a n d o l e della erosione (v. a n c h e K E I TLER) O g r u p p i g h i a n d o l a r i s i t u a t i nella p r o f o n d i t à del t e s s u t o (v. p a g . 340). S i p u ò allora f o r m a r e u n n o d o p r o f o n d o s i t u a t o nel c o n t e s t o di u n l a b b r o , che
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d e t e r m i n a u n b r u s c o s o l l e v a m e n t o e che p u ò ulcerarsi in seguito d e t e r m i n a n d o u n a v e r a e p r o p r i a e s c a v a z i o n e . — Il carcinoma papillifero (a cavolfiore) è istol o g i c a m e n t e per lo più un c a r c i n o m a a epitelio p i a t t o e r a r a m e n t e u n c a r c i n o m a a cellule cilindriche. L a icorizzazione superficiale è frequente. E s i s t o n o anche proliferazioni benigne papillifere sulla portio; prescindendo dalla erosione papillifera, esistono f o r m a z i o n i dure, verrucose, inoltre condilomi a c u m i n a t i e a n c h e fibroepiteliomi papilliferi (cfr. p a g . 384).
Nella lotta contro il carcinoma della portio, così frequente, deve avere importanza particolare il riconoscimento dello stadio precoce. Sono state prese in considerazione in questo senso soprattutto le alterazioni epiteliali che sono state descritte già da alcuni decenni (cfr. SCHAUENSTEIN, PRONAI)
riscontrabili analogamente nella cute (morbo di Bowerì) e nel pene [eritroplasia). Queste alterazioni epiteliali (fig. 105) comprendono alterazioni grossolane della struttura e della citologia (pluristratificazione disordinata, polimorfismo cellulare e nucleare con contenuto cromatinico variabile, aumentata attività mitotica). Oggigiorno sono entrati nell'uso i termini proposti da parte dei ginecologi di carcinoma 0, carcinoma in situ, carcinoma preinvasivo, deposito carcinomatoso superficiale; in effetti la diagnosi di carcinoma non potrebbe essere posta in base a questi dati, ragion per cui da diversi A u t o r i questi termini sono stati rifiutati (cfr. TREITE, HELD, GLATTHAR,
WERTHEMANN,
BÜNGELER-
DONTENWILL,
DÒRR,
FEYRTER,
v . a n c h e SCHINZ-UEHLINGER, VETTER).
L'esperienza ha tuttavia dimostrato che dopo un periodo di latenza di durata variabile, che raggiunge occasionalmente molti anni (cfr. raccolta di questi casi in NAVRATIL), dallo a stadio preinvasivo » (SCHILLER)
origina il carcinoma con invasione. D'altra parte è stata constatata con una certa frequenza la regressione spontanea delle alterazioni ora citate della p o r t i o (WESPI, PETERSON, M C K E L V E Y , HOFFMAN- FARELL-HAHN). N e d e -
riva che il giudizio diagnostico è alquanto difficile; interpretazioni errate si possono inoltre verificare, quando venga misconosciuta la c.d. iperattività delle cellule basali (E. R . NOVAK-GALVIN, GUIN) oppure in corso di gravidanza
(NESBITT-HELLMANN,
HAMPERL-KAUFMANN-OBER,
RUNGE-STOLL).
Il riconoscimento clinico di q u e s t e modificazioni è opera p r i n c i p a l m e n t e di HINSELMANN (cfr. anche L A X , MESTWERDT) con l ' i n t r o d u z i o n e del colposcopia come p u r e di SCHILLER con l ' i n t r o d u z i o n e della prova allo jodio. N e g l i ultimi anni ai m e t o d i di i n d a g i n e si è a g g i u n t o a n c h e il m e t o d o di PAPANICOLAOU, sul quale esiste g i à u n a ricca bibliografia. D e t t a g l i v. ZINSSER, LIMBURG, NAVRATIL.
O r i g i n a r i a m e n t e il p r o b l e m a dello stadio precoce del c a r c i n o m a della p o r t i o era connesso s t r e t t a m e n t e c o n quello della leucoplachia. L e u c o p l a c h i a però è un termine collettivo per diverse alterazioni istologiche. T r a l ' a l t r o nella p o r t i o si riscontrano anche le alterazioni descritte nel V o i 1/2 pag. 17 (ispessimento dell'epitelio con corneificazione, proliferazione dello s t r a t o g e r m i n a t i v o con for-
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mazione di zaffi verso la profondità e accumulo di cellule infiammatorie nel connettivo sottostante); spesso però si t r a t t a di trasformazioniprosoplastiche dell'epitelio, che t r o v a n o la loro espressione in una corneificazione più o meno completa degli strati superficiali (leucocheratosi, leucoparacheratosi, leucoipercheratosi) che è chiarita solo in parte nella sua eziologia. È già s t a t a c i t a t a la « epidermizzazione » (leucocheratosi) dell'epitelio della portio in corso di prolasso', è s t a t a incolpata anche la sifilide che però h a importanza soltanto in minima parte dei casi. In epoca recente è s t a t a considerata f r a l'altro anche la deficienza vitaminica. In analogia con le leucoplachie della bocca e del glande del pene, è
Fig. 105. Epitelio
atipico
n e l l ' a m b i t o della p o r t i o (c.d. c a r c i n o m a in situ). D o n n a soenne (E 5889/51),
stato ammesso anche per la portio, particolarmente da HINSELMANN, un rapporto tra leucoplachia e sviluppo di carcinoma, che è stato accertato anche in diverse osservazioni (anche se l'intervallo temporale è spesso di molti anni) (cfr. v . FRANQUÉ, ESSER, HASELHORST, GELLER, BÀRSONY-KOVACS, LEIP-OTTO,
R.
MEYER,
SCHILLER,
TREITE,
EMMRICH,
SCHOPHOL).
I carcinomi della cervice sono di regola adenocarcinomi (cfr. LIMBURGTHOMSEN), nei quali la stratificazione dell'epitelio ed anche zaffi solidi non sono rari, meno spesso sono carcinomi a cellule piatte, i quali secondo KAUFMANN e a. hanno origine o dall'epitelio delle ghiandole, dopo che questo si è trasformato in epitelio piatto, oppure dall'epitelio superficiale cilindrico, che assume la f o r m a a epitelio piatto durante la proliferazione carcinomatosa, oppure dall'epitelio superficiale che ha già subito la trasformazione metaplastica. R . MEYER, che non a m m e t t e v a la trasformazione di cellule già differenziate 25*
—
KAUFMANN
II,
p.
I.
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GENITALI
in epitelio di sede diversa (teoria metaplastica) ammise, per spiegare la genesi di carcinomi con epitelio diverso da quello solito in quella sede, l'origine da cellule immature o indifferenti (cfr. anche erosione e v. KROMPECHER). Nel caso del « carcinoma cervicale profondo » e del nodo cervicale centrale, che nella maggior parte dei casi rappresenta probabilmente un carcinoma ad accrescimento endofitico, occorre prendere anche in considerazione la derivazione dal dotto di Gartner. I carcinomi dal dotto di Gartner vennero considerati fino a poco tempo fa una notevole rarità ( R . M E Y E R , G . A . W A G N E R , R O C K S T R O H ) . In questi ultimi tempi tuttavia la casistica si è assai arricchita (v. B R A I T E N B E R G , GOSCH, H U B E R ,
STOLL, H . W A G N E R ,
B A L T Z E R , SCHMITT,
LINDEMANN,
RABL,
il quale ne riscontrò un caso di una lattante, W I L L E M S , C A M P A N A - S C H A D T ) . Una forma rara di carcinoma del collo è il carcinoma gelatinoso (MILLER, R.
MEYER-WIRZ,
POP,
ODENTHAL,
TILMANN,
KLEES,
HEPLER-DOCKERTY-
RANDALL). Sulle metastasi di un carcinoma gelatinoso nella portio cfr. pag. 410. C H A R L O T T E H I R S C H descrisse un carcinoide della cervice. La parete del corpo dell'utero in corso di carcinoma del collo può apparire macroscopicamente non infiltrata dal carcinoma, ed essere dura e di colorito rosso, oppure può essere intensamente o eccezionalmente anche interamente infiltrata da striature carcinomatose biancastre ed essere talora considerevolmente ispessita fino al volume di un pugno ed oltre. Microscopicamente si riscontrano, già fin dagli stadi iniziali apparenti del carcinoma del collo, infiltrazioni carcinomatose che raggiungono la parte alta dell'organo nella parete del corpo, e precisamente in prevalenza negli strati muscolari esterni, ma anche nello spessore della mucosa. L'estensione avviene lungo le vie linfatiche; sono interessate dapprima le vie linfatiche accompagnanti i vasi sanguigni e in secondo luogo quelle intermuscolari (SEELIG). Nell'endometrio del corpo si possono osservare in corso di carcinoma cervicale una pluristratificazione dell'epitelio superficiale e talora anche l'aspetto dell'epitelio piatto. Questi reperti sono stati interpretati variamente (cfr. K R A U S e pag. 4 0 8 ) . — Talora la cavità dell'utero è dilatata e ripiena di pus (piometra). L a frequente infiltrazione neoplastica dei parametri, nella quale le cellule carcinomatose che penetrano nelle vie linfatiche (anche perivascolari e perineurali) spesso vengono inizialmente captate dalle piccole linfoghiandole (cfr. KUNDRAT), determina molto frequentemente restringimento degli ureteri, idronefrosi e pielonefrite, cui consegue sepsi cronica o uremia, che sono nella maggior parte dei casi la causa di morte. Gli ureteri possono anche aprirsi liberi nelle cavità necrotiche dei parametri; in questi casi si osserva non di rado il quadro del massimo marasma, benché non manchino le osservazioni, in cui le portatrici di carcinoma presentano un buono stato di nutrizione, se non addirittura adiposo (cfr. anche H . F À R B E R , DE A L VAREZ). L'infiltrazione carcinomatosa dei parametri può condizionare, anche dopo l'estirpazione totale, gravi stenosi per es. del crasso inferiore. Se il carcinoma penetra nella parete vescicole o nel retto e v a in necrosi, si formano ampie fistole tra vescica, retto e vagina. Specie in questi casi, si aggiunga spesso il decubito sacrale con atroci dolori; la perforazione è
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possibile anche nel sigma o nel colon discendente. Il peritoneo che riveste i parametri può venir spinto verso l'alto, e il DOUGLAS può essere obliterato. Spesso si osservano aderenze, pseudomembrane, talora nodi carcinomatosi, a volte numerosi, sul peritoneo; si osserva anche una carcinosi diffusa ed estesa del peritoneo. L a peritonite purulenta è rara. I linfonodi (bibl. v. BRUHNS, KROMER, SCHOTTLÀNDER), e precisamente quelli ipogastrici, sacrali, iliaci e lombari sono colpiti nel 35 % dei casi, secondo WERTHEIM, HAENDLY, TAUSSIG
(cfr. a n c h e
BRUNSCHWIG-PIERCE,
HENRIKSEN). Per il collo la prima stazione è rappresentata dai linfonodi
Fig. 106. Linfonodo
pelvico con tubulo ghiandolare in corso di carcinoma della portio Donna 35enne (E 467/53).
(epidermoide).
ipogastrici e sacrali (PEISER); possono essere interessati occasionalmente anche linfonodi più distanti (portali, bronchiali, tracheali, sopraclavicolari di sinistra e di destra, ecc.). Sulla metastatizzazione nei linfonodi sopraclavicolari come sintomo a distanza cfr. S. ERNST. Dal punto di vista della diagnosi differenziale hanno particolare importanza le inclusioni di epitelio di tipo ghiandolare o tubulare nei linfonodi regionali in corso di carcinoma dell'utero (fig. 106), che sono stati riscontrati frequentemente anche quando il carcinoma primitivo era a epitelio piatto. W E R T H E I M riscontrò questi aspetti già precedentemente descritti da altri ( R I E S , K R O M E R , B O R S T ed altri) nel 1 3 % dei carcinomi dell'utero e li ritenne dapprima metastasi. Questa concezione fu però generalmente rifiutata. Da molti Autori queste formazioni vennero spiegate ammettendo aa) una trasforma-
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zione di endoteli in cellule di tipo epiteliale talora dotate perfino di ciglia e ammettendo inoltre una proliferazione di queste su base infiammatoria, così anche da parte di R . M E Y E R , il quale riscontrò quadri ghiandolari analoghi perfino in linfoghiandole inguinali infiammate, senza che fosse presente alcun carcinoma primitivo. F A L K N E R , B R U N E T ed altri (bibl. v. S I T Z E N F R E Y ) confermarono questi dati e anche E. K A U F M A N N osservò spazi rivestiti da cellule cilindriche in linfonodi inguinali, ascellari e cervicali in corso di infiammazioni del territorio tributario (mentre per i linfonodi cervicali la spiegazione più probabile dovrebbe essere quella di dislocazioni di ghiandole salivari, cfr. Voi. I / I , pag. 1065 e v. L U B A R S C H ) . R I E S , W Ü L F I N G , B O R S T , L Ü T H Y , G E I P E L pensarono a proposito dei reperti di W E R T H E I M a ßß) dislocazioni o residui dei corpi di W O L F F . Anche H . A L B R E C H T - A R Z A T ammisero disturbi di sviluppo. S C H O T T L Ä N D E R - K E R M A U N E R spiegarono le inclusioni in parte come è stato detto nel paragrafo aa) e in parte essi pensarono ad un'origine dalle yy) cellule di rivestimento della sierosa, mentre non riscontrarono alcun dato in appoggio alla teoria del mesonefro. S C H I N D L E R rifiutò aa) e pensò che
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Fig. 250. Necrosi epiteliali nei tratti principali in avvelenamento con cibazol. Esperimento E 5. Ratto.
Già dopo pochi giorni si iorma così il quadro della nefroidrosi (fig. 252: 4 giorni dopo l'inizio di iniezioni di eleudron nella dose totale di 0,7 g) con dilatazione delle capsule di Bowman e di tutti i canalicoli corticali. Dalla
Fig. 251. Mitosi negli epiteli tubulari in avvelenamento da cibazol. Esperimento E 5. Ratto.
fig. 253 in accordo anche con i reperti di K A T Z E N S T E I N e W I N T E R N I T Z si vede che si può arrivare a gravi forme di pielite che riproduce una necrosi dei calici con emorragia e formazione di essudato purulento.
782
Necrosi dell'angolo
APPARECCHIO
URINARIO
Fig- 253di un calice con pielite emorragica da avvelenamento da eleudron. Esperimento E 12. Ratto.
IL
RENE
783
Evidentemente nei danni renali da sulfamidici si combinano diversi processi: disturbi di escrezione, in parte in relazione con danni circolatori (nell'esperimento), danni epiteliali dei tubuli contorti i quali devono piuttosto essere messi in relazione con l'azione diretta delle sostanze, albuminuria con cilindruria sino al quadro della nefroidrosi. Ed infine gravi processi infiammatori locali del bacinetto renale che sono in relazione con ammassi di cristalli di sulfamidici o con precipitati a tipo di concrementi.
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bb) Lesioni renali nella gravidanza, specialmente nell'eclampsia. I tre fenomeni principali sono edemi, ipertensione, e albuminuria. A questi si aggiunge la tendenza ai crampi e disturbi visivi (probabilmente attraverso spasmi delle arterie retiniche sino a quadri di retinopatia angiospastica). L a escrezione delle sostanze urinarie è normale e non si ha iperazotemia. La malattia è anche chiamata nefropatia gravidica 0 nefrosi gestosica. La sua forma più grave è l'eclampsia accompagnata da crampi muscolari. Tale forma si verifica prevalentemente già nella prima gravidanza, ed è
7
84
APPARECCHIO
URINARIO
più frequente nelle gravidanze gemellari e nella mola vescicolare, non comincia quasi mai prima del 5 0 mese di gravidanza e può anche cessare quando
il
feto
è
m o r t o . ZANGEMEISTER,
ZWEIFEL,
SEITZ,
SCHROEDER
hanno svolto ampi studi sui reperti clinici e metabolici. Recente rivista sintetica in VON HOFBAUER.
Riguardo ai reperti anatomo-patologici, ricorderemo brevemente solo quelli della placenta (infarti più o meno vasti), del fegato (necrosi paren-
Fig. 254. Glomerulo in corso di eclampsia. Anse ischemiche, pareti imbibite. Donna di anni 30. Aut. N. 380/51.
chimali con trombosi capillari e emorragie), del fondo oculare (retinopatia angiospastica), del cervello (edema cerebrale). I reni non mostrano un reperto macroscopico specifico. A volte essi sono ingranditi (BELL) e possono dare dei quadri di « tumefazione torbida ». Come regola FAHR non vide alcun aumento volumetrico e parla di una corteccia pallida che si stacca bene dalle piramidi midollari scure. In singoli casi si hanno necrosi grossolane a tipo infarto (v. pag. 669) che possono occupare grandi parti della corteccia. Nelle forme senza infarto (e senza danno renale, che preceda già la gravidanza), i glomeruli mostrano le alterazioni più significative. Di
IL
RENE
785
regola essi sono ischemici come P E L S - L E U S D E N ha già osservato nel 1895 (v. figg. in A L L E N ! ) . L O E H L E I N e F A H R fecero delle ricerche più precise; B E L L , A L L E N e G O V A N studi più recenti. Le anse glomerulari sono (invero con varia intensità) dilatate e agglomerate, scarse in nuclei, spesso con tenui depositi di grasso ( L E Y D E N , F A H R ) (figg. 254-255). I lumi capillari sono ristretti in alto grado a causa dell'ispessirsi delle membrane basali e del rigonfiarsi degli endoteli ( L O E H L E I N , B E L L ) . L'ispessimento delle membrane basali può essere così cospicuo che i gomitoli assomigliano a quelli che si osservano nel lupus eritematoso (anse a filo
Fig- 255. Glomerulo in corso di eclampsia. Colorazione con rosso scarlatto. Deposizioni di grasso. Donna di anni 30. Aut. N. 380/51.
di ferro). Non si osserva una proliferazione delle cellule dei glomeruli o solamente in poche anse ( G O W A N ) , se non vi è un'autentica glomerulite come in certi casi di eclampsia. F A H R parla perciò di nefrosi glomerulare o glomerulonefrosi, anche BELL la considera tra le alterazioni degenerative del glomerulo, A L L E N parla di nefrite glomerulare membranosa diffusa (avvicinandola alla nefrosi lipoidea). Comunque non esiste un'alterazione istopatologica glomerulare specifica della gravidanza o della eclampsia. I reperti a livello dei tubuli sono molto meno caratteristici. Non sono rare difatti le steatosi. A L L E N menziona depositi a gocce ialine mentre le necrosi sono rare. F A H R ricorda specialmente il reperto di cilindri di emoglobina nei tubuli collettori e nei tratti intercalari. A volte tale reperto 50 — Kaukmank II, p. I
786
APPARECCHIO
URINARIO
è infatti cospicuo, però non appartiene al quadro vero e proprio del rene da eclampsia (fig. 256). Secondo F A H R il reperto renale non mostra alcun parallelismo, nella sua espressione morfologica, con la gravità del quadro clinico. Se si cerca di classificare le alterazioni renali nel sistema delle altre malattie renali si deve ammettere che è molto difficile. Da un punto di vista clinico esse non possono essere classificate come nefrosi acute (nefro-
F i g . 256. Midollare del rene in corso di eclampsia. Cilindri di e m o g l o b i n a nei canalicoli midollari. Infiammazione interstiziale. D o n n a d i anni 32. J N 4248/54.
blaptosi) perché mancano proprio i sintomi principali caratteristici di queste (oliguria con azotemia). Con la nefrite glomerulare esse hanno in comune l'ipertensione, con le nefrosi autentiche l'albuminuria grave e la tendenza agli edemi ma sono differenti da esse sia anatomicamente che clinicamente. L'esame del fondo oculare dimostra che gli spasmi vasali hanno molta importanza nel determinismo di tale sindrome. A tali spasmi si dovrebbero anche le gravi forme di necrosi corticale simmetrica (cfr. pag. 669). Anche le necrosi epiteliali tubulari osservate in precedenza da S E H M O R L e B E N E K E sarebbero da chiarire soprattutto in questo modo. La fig. 257 mostra una notevole ischemia corticale con dimostrazione degli eritrociti secondo
IL RENE
787
LEPEHNE. SOPHIAN vede il fattore decisivo nel corto circuito del sangue (di TRUETA) in conseguenza del riflesso utero-renale scoperto da FRANKLIN e SOPHIAN il quale entrerebbe in azione quando l'utero si dilata. Con questo non si potrebbero però spiegare i fenomeni extra-renali dell'eclampsia dai quali non si può prescindere per il quadro generale. Nella genesi delle alterazioni organiche sono responsabili oltre che gli spasmi vasali anche azioni tossiche senza che sia possibile riconoscere la
Fig. 257. Cospicua anemia della corteccia con dimostrazione del sangue secondo LEPEHNE in corso di eclampsia. Donna di anni 32. JN 4248/54.
specie dei veleni. Alcuni fatti fanno pensare che si tratti di tossine che si formano a livello della placenta. Tali veleni dovrebbero per prima cosa avere effetto sugli endoteli capillari e così si potrebbe spiegare facilmente la escrezione di albumina a livello dei glomeruli e la tendenza agli edemi. Questi ultimi non sono sicuramente da mettere in relazione alla perdita di albumina e alla ipoalbuminemia. L'aumentato interesse che vien dato agli ormoni corticosurrenali (SELYE) fa pensare anche che essi abbiano importanza nel determinare la nefropatia gravidica, tanto più che la corteccia del surrene in gravidanza di solito è ispessita, nell'eclampsia solo in parte ispessita (CHIRIÈ e SAMBALINO), in parte assottigliata (FAUVET)
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APPARECCHIO
URINARIO
e che a mezzo degli ormoni corticali possono essere provocate certe alterazioni renali funzionali e morfologiche, simili a quelle della nefrosi gravidica; per esempio, aumento della permeabilità capillare ( H E R L A N T e T I M I R A S e che nella nefropatia gravidica si trovò inoltre un aumento nella increzione di A C T H ( J O R E S , E L E R T , C R I B I T S C H ) . Secondo H . J . S T A E M M L E R la nefrosi gravidica dipende da una aumentata formazione di corticosteroidi che durante la gravidanza vengono trattenuti in quantità nell'organismo. Sui rapporti con l'ipofisi vedi K N E P P E R e H O F B A U E R . Se D I E T E L parla di nefrite sierosa eclamptica allora ha anche importanza per la sua formazione come fattore decisivo l'aumento della permeabilità capillare.
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cc) La nefroblaptosi Ipocloremica. Nell'anno 1923 P O R G E S , E S S E N e K A U D E R S riferiscono sulla comparsa di coma dopo forte vomito; che riconducono alla perdita di cloruro di sodio e chiamano coma ipocloretnico. Inoltre indicano anche i risultati ottenuti sperimentalmente da G R U E N W A L D con deficit di cloruro di sodio.
IL
789
RENE
Questa osservazione viene convalidata negli anni successivi da numerosi A u t o r i
(BROWN, EUSTERMANN, HARTMANN, ROWNTREE,
GOLLWITZRE,
MEIER, FREY). Autori francesi se ne sono interessati particolarmente (BLUM e RATHERY con i loro collaboratori), e parlano della sindrome azotemica da mancanza di sale («Syndrome azothémique par manque du sei»). P e r la storia v e d i PASTEUR VALLERY, RADOT, DELAFONTAINE,
HAMBURGER
e MILLIEZ in: Traité de Médecine, volume X I V , anno 1949, pag. 223. Sono fattori caratteristici la diminuzione della quantità d'urina, l'albuminuria (tanto maggiore quanto è minore la quantità d'urina, P. MEYER) la cilindruria e la presenza di singoli globuli rossi nell'urina, la ipocloremia (e ipocloruria particolarmente intensa), la iperazotemia, che non decorre parallela alla caduta del cloruro di sodio e infine l'uremia. I lavori sperimentali più importanti di questo periodo sono quelli di HADEN, ORR, BILBAO, VAN CAULAERT e Coli. Segue poi tutta una serie di
lavori
GOMORI,
singoli SARMANI
(BORTS, JEZLER,
TSCHILOW,
FRANK,
MELLINHOFF,
MEYER,
ROHLAND,
JUNG, KERPEL,
BUSCHKE, FRONIUS,
PEREZ, CASTRO, HATANO, LEHBERG, BUECHNER (così c o m e g r a n d i r i v i s t e sintetiche
di
GLATZEL,
GSELL,
NONNENBRUCH).
Come risultato si può constatare: azotemia fino all'uremia quando vi è perdita di cloruro di sodio (più per gli ioni di cloro che per quelli di sodio) e specialmente se questa si verifica rapidamente. Tali conseguenze non sembra avvengano obbligatoriamente in quanto si possono osservare anche casi di ipocloremia senza aumento dell'azoto residuo; così l'Autore vide ultimamente un caso di morbo di ADDISON nel quale la cloremia era abbassata fino a 303 mmg % senza che l'azoto residuo si fosse innalzato al di sopra di 50 mmg % . Come causa dell'ipocloremia abbiamo il vomito, la diarrea, perdita parenterale di cloruro di sodio per ascite (MACH e MACH), lo spostamento di cloro nei tessuti (per esempio nella polmonite, cfr. il suddetto trattato francese a pag. 234), l'insufficiente assunzione di cloruro di sodio e la funzione diminuita del surrene (HATANO). Qualcosa di simile si osserva nel diabete e dopo l'estirpazione del pancreas (MEYER e BISCH). Dando delle piccole quantità di sale di cucina si può eliminare questo stato (MEYER, PEREZ, e CASTRO). KERPEL-FRONIUS dà alla perdita d'acqua maggiore importanza dato che egli potè eliminare sperimentalmente l'iperazotemia con somministrazione di acqua. HEINTZ ha fatto notare particolarmente in questi ultimi tempi l'importanza della essiccosi dato che proprio per mancanza di liquido è impedita la secrezione dell'urea e dell'azoto residuo ed è aumentata la degradazione dell'albumina propria del corpo e con ciò la produzione di sostanze proprie dell'urina. II reperto anatomico renale è molto differente. Mentre già prima che si ponesse mente alle conseguenze dell'ipocloremia erano già stati osservati
790
APPARECCHIO
URINARIO
depositi calcarei nei reni dopo vomito e diarree (NAZZARI, SCHLOSS, GRASERFELD) che in parte ricordavano i reperti negli avvelenamenti da sublimato (NAZZARI) , questi reperti vennero confermati dopo che venne sottolineata l'importanza della ipocloremia (BROWN e Coli. ZEEMAN, FRIEDMAN, MANN, HOFFMANN [nella f e b b r e g i a l l a c o n diarrea], BORST, PORGES, HOFF, TSCHILOW, COOKE, GSELL, UEHLINGER,
H A T A N O , GOMORI, SARMAI,
ROH-
LAND, BUECHNER, PYRAH). Bisogna però far osservare che in molti casi malgrado l'iperazotemia sicuramente provata manca qualsiasi reperto re-
Fig. 258. Cilindri calcarei nei canalicoli urinari in corso di polmonite (verosimilmente come conseguenza di una ipocloremia). Uomo di 51 anni. Aut. N. 80/53.
n a i e di q u a l c h e i m p o r t a n z a (MEYER, GOMORI, SARMAI, KERPEL, FRONIUS, LEHNBERG) .
Molto differenti sono quindi le ipotesi circa l'importanza delle alterazioni renali che possono portare all'iperazotemia. Mentre difatti ROHLAND li considera come essenziali, spiegando anche la nefrosi da sublimato come conseguenza dell'ipocloremia (che questa ipotesi sia errata è stato già dimostrato nel capitolo del rene da sublimato), BORST aveva già dei dubbi circa il significato eziologico delle alterazioni renali (e come lui PORGES, GOMORI, SARMAI, LENHBERG in base ai loro dati sperimentali). Anche HEINTZ inquadra la ipocloremia (con essiccosi) con le sue conseguenze nella azotemia extrarenale; una cosa comunque si può dire con sicurezza, e cioè che in questi casi sono molto rare alterazioni renali marcate, che po-
IL
79I
RENE
trebberò spiegare un reale deficit della funzione escretrice. Anche se come si vede nella fig. 258 in un caso di polmonite numerosi canalicoli sono pieni di cilindri calcarei tali reperti non potrebbero essere convalidati come substrato anatomico di una insufficienza renale. BELL indica una degenerazione idropica degli epiteli tubulari; però su 19 casi osservati l'ha visto solo due volte. E completamente misterioso come si formi questa alterazione renale. L'Autore ritiene probabile che i disturbi circolatori portino ad un aumento della permeabilità glomeralare ed alla escrezione di albumina nei tubuli e che tali masse albuminose si impregnino di calcio asportandolo dall'urina stessa. I disturbi circolatori potrebbero inoltre avere importanza anche per spiegare però gravi lesioni cellulari in singoli casi.
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APPARECCHIO
URINARIO
dd) La sindrome epatorenale. Secondo N O N N E N B R U C H si può parlare di sindrome epatorenale « quando a fianco di una malattia epatica spiccata ed anatomicamente comprovata si trovano i segni di un disturbo renale, che decorre secondo diversi tipi di disfunzionalità, spesso prendendo parte decisamente od in modo essenziale al quadro della malattia e specialmente al coma epatico ». Il combinarsi delle alterazioni renali con quelle epatiche è già conosciuto da molto tempo. R I C H A R D I E R E parlò di epatonefrite. Sotto questa denominazione la sindrome è stata studiata da molti autori specie francesi (PASTEUR,
VALLERY,
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VAGUE,
FORTINA).
e D E R O T distinguono L'epatonefrite nel vero senso e cioè in uno sviluppo contemporaneo di forme acute e croniche epatorenali a fattore eziologico comune e la sindrome epatorenale in cui sono anche presenti ambedue le sintomatologie, però, l'eziologia comunque è problematica. La epatonefrite acuta è in parte infettiva (malattia di WEIL, Leptospirosis, grippotyphosa, febbre gialla, febbre ricorrente, setticemia da stafilococchi e da coli, ecc.), in parte tossica (fosforo arsenico, oro, piombo, solfuro di carbonio, cloroformio e numerosi altri veleni industriali, medicamentosi o criminali, in cui l'ipersensibilità individuale può avere la sua importanza), in parte di natura anafilattica o criptogenetica (tale schema mostra già che molta parte di ciò che qui viene chiamato epatonefrite, secondo il nostro punto di vista appartiene più alle nefrosi ed alle nefroblaptosi che alle nefriti). L'oliguria, talora però anche la poliuria, l'ipocloruria e la ipoazoturia, l'albuminuria sono in generale associate con ipoproteinemia, azotemia, ipocloremia ed ipercolesterinemia. In casi gravi vi è una diatesi emorragica con emoglobinemia ed emoglobinuria. L'epatonefrite cronica è caratterizzata innanzitutto dalla sua natura luetica, da ingrossamento del fegato (raramente con ittero), da ipertensione ed iperazotemia, mentre i segni urinari sono scarsi e incostanti. Dal punto di vista anatomico il fegato presenta, nelle forme acute, il quadro della tumefazione torbida, che si avvia verso una epatite acuta. Questa forma vien detta iperplastica. Le fa contrasto un'altra forma che talvolta corrisponde al quadro della distrofia acuta del fegato e viene indicata come tipo degenerativo. Le alterazioni anatomiche del rene sono molto variabili; generalmente prevalgono quelle dei tubuli, che vanno dalla tumefazione torbida, alle necrosi estese; sono però descritte anche iperemia dei glomeruli con escrezione di albumina, proliferazione delle cellule della capsula e processi infiammatori interstiziali (VAGUE). Nel complesso si ha l'impressione che qui, come già nella letteratura francese, lo studio delle alterazioni funzionali venga anteposto a quello delle alterazioni anatomiche. La patogenesi PASTEUR VALLERY-RADOT
IL
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RENE
di questa « epatonefrite », che nei casi cronici può portare a processi di raggrinzamento, non è chiarita. Per prima cosa viene da pensare all'effetto delle nefrotossine, che si formano nel fegato attraverso lesioni di natura tossi-infettiva
( H E E R I N G e SCHUTZ).
Il ruolo principale del fegato nella sindrome epatorenale mi pare metta quindi particolarmente in evidenza che le più diverse lesioni, perfino traumatiche, e malattie del fegato possono portare allo stesso quadro di lesioni renali. Accanto alle epatiti acute e croniche vengono considerati stati congestizi (EMMERICH) , formazioni carcinomatose, infiltrati con nodi linfogranulomatosi, interventi chirurgici sul fegato e sulle vie biliari (CLAIRMONT e H A B E R E R , SCHUTZ, H E L W I G e K U H N , S O Y K A ) , s p a p p o l a m e n t i m e c canici
del
fegato
(FURTWÀNGLER,
HELWIG
e
KUHN,
BELL),
interventi
chirurgici sulla cavità addominale, che incidono con alterazioni secondarie del fegato, probabilmente anossiemiche. Un ruolo particolare spetta alla cirrosi epatica. Nel quadro clinico fa risalto, come nell'epatonefrite dei Francesi, la oliguria, che può giungere fino all'anuria e all'uremia. Può però comparire anche poliuria. La capacità di concentrazione del rene è molto variabile. Secondo NONNENBRUCH l'aumento dell'urea nel sangue significa insufficienza renale e l'aumento dell'azoto residuo significa una lesione epatica. Spesso si trova anche ipocloremia. Molto diversi sono i reperti anatomici nel rene. I più importanti sono nel morbo di Weil, nel quale il rene mostra il quadro di una grave forma infiammatoria interstiziale. Ci si chiede in tale malattia se la lesione renale può essere in relazione con quella epatica; tanto più che gli agenti patogeni posson venir eliminati attraverso i reni. Nella distrofia acuta del fegato si trova costantemente steatosi degli epiteli tubulari. Non ho visto mai necrosi cellulare. Le steatosi sono piuttosto indice della lipemia acuta. Tra gli Autori che si sono occupati in modo più particolare della patologia renale nelle gravi malattie epatiche, sono soprattutto da ricordare ARSÉNIO-NUNES, H A R T L , B E G T R U P e N I E L S E N e L A S L Ó e G A A L e CROWSON e
MOORE. Essi trovano processi patologici nei glomeruli (con rigonfiamento e dilatazione delle membrane delle anse e passaggio di albumina negli spazi capsulari e necrosi fìbrinoide delle pareti capillari) e negli epiteli tubulari (rigonfiamento, intorbidamento trasformazione vacuolare, degenerazione grassa talora necrosi (ALLEN). Inoltre compaiono formazioni di cilindri nelle parti profonde del nefrone in parte con pigmenti biliari, rotture dei tubuli con formazioni granulomatose peritubulari; dunque nell'insieme si tratta di processi inquadrabili nella nefrosi glomerulo-tubulare e paragonabili alla lower nephron-nephrosis. Secondo SOYKA nelle malattie biliari e secondo CATTAN, SEBOUK e HABIL nella cirrosi epatica, è frequente la comparsa di una vera glomerulo-
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APPARECCHIO URINARIO
nefrite. Anche l'autore ha osservato di frequente le ipertrofie degli epiteli d e s c r i t t e d a CAPPELL e PHILLIPS, EISEN, HANDLAR e SAXTON n e l l e m a l a t t i e
del fegato e da HOLMES nelle diverse forme di ittero. Le alterazioni renali nella cirrosi epatica sono molto irregolari. Una parte di ciò che è stato descritto, mi sembra non sia da distinguere dai processi postmortali; occasionalmente sono evidenti escrezioni di albumina col quadro del rigonfiamento torbido (fig. 259).
Fig. 259. Escrezione di albumina nei glomeruli e « tumefazione torbida » degli epiteli tubulari nella cirrosi epatica. Uomo di 21 anni. Aut. N. 171/52.
Deve però essere confermato ciò che NONNENBRUCH ha sottolineato espressamente; che c'è discordanza tra l'insufficienza funzionale e il reperto anatomico renale. Le alterazioni renali sono, come sottolineò anche ARSÈNIONUNES, conseguenza più di una disprotidemia, a causa del danno epatico, che malattie proprie del parenchima renale. Inoltre hanno importanza, come nella nefroblaptosi emoglobinurica, condizioni di shock (soprattutto nei casi di grossolani spappolamenti del fegato e dopo interventi operatori sull'apparato di escrezione della bile, oppure disturbi circolatori locali del rene. NORDMANN parla di irritazione a tipo di shock del sistema nervoso vegetativo con una disfunzione d'origine nervosa del rene. Le alterazioni anatomiche, piuttosto scarse e incostanti, non sono tali da spiegare l'insufficienza renale. In stretta relazione con la sindrome epatorenale sta quel gruppo di malattie che NONNENBRUCH chiama sindrome renale extrarenale, con cui si
IL RENE
795
intendono quei disturbi funzionali del rene sino all'anuria letale, che decorrono senza reperto anatomico tipico. Il fatto primitivo è al di fuori del rene, ma al fattore extrarenale se ne aggiunge uno renale. Per lo più si trova oliguria (occasionalmente anche poliuria). L'urina è concentrata o di peso specifico basso. Segni dell'insufficienza renale si trovano soprattutto nell'oliguria, occasionalmente anche nella poliuria. L'azotemia viene sempre considerata da N O N N E N B R U C H conseguenza della insufficienza funzionale renale. L a sindrome renale extrarenale si distingue solo in un modo molto indefinito dalle vere lesioni renali. N O N N E N B R U C H comprende in essa sia le nefrosi ipocloremiche (compreso l'avvelenamento da sublimato e la nefrosi nell'insufficienza surrenale), come le alterazioni renali nel diabete, nel plasmocitoma, nella emo e miolisi acuta, ma anche la nefrite interstiziale sierosa, cioè malattie renali di indubbia natura organica, con evidenti lesioni anatomiche. È quindi necessario fare una più netta distinzione, perché il concetto di sindrome extrarenale non deve assolutamente essere confuso con quello di nefrosi (o con la nefroblaptosi). Molto meno chiarito è il significato dell'« anuria postoperatoria » (la insufficienza renale postoperatoria), della quale di recente hanno trattato specialmente G E I S T H Ò V E L e K I R C H H O F F , H E R M A N E K e H A S C H E K . Il reperto clinico è ancora principalmente l'anuria con l'iperazotemia. Anche le nefropatie nelle malattie gastrointerstinali nell'ileo, nella peritonite ( H Ò P K E R , K U L K A , J E N S E N , E U F I N G E R , N E U M A N N ) non sono a genesi chiara, né sicuramente univoca. Accanto alle lesioni epatiche e alla ipocloremia possono avere importanza anche le essiccosi e i disturbi circolatori, sia nel senso di uno shock generale, sia di corto circuito nel senso di Trueta. La monografia di G E I S T Ò V E L e K I R C H H O F F mostra chiaramente come i reperti anatomici renali siano variabili, poiché comprendono quadri dal tipo della necrosi corticale simmetrica fino a quello della nefrite acuta generalizzata con lesioni tubulari; reperti che si possono trovare soprattutto nell'esame istologico di reni di cadaveri. Io credo che si debba pensare prima di tutto alle conseguenze di gravi stati di shock, con disturbi funzionali circolatori dei reni. — A ciò si aggiungono forse disturbi del ricambio albuminico che appartengono al campo dell'azotemia extrarenale in cui se vengono trovate alterazioni anatomiche dei reni, devono essere considerate come fenomeni secondari e non come basi anatomiche del processo patologico.
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ee) I reni nelle malattie Infettive. Quanto è importante descrivere l'insieme delle alterazioni renali che compaiono nel corso di infezioni generali, altrettanto difficile è elencarle con ordine. Non vi è una sola forma di malattia renale che non possa comparire durante o dopo un'infezione, sia che si tratti di una nefrosi o di una nefroblaptosi di diversa forma, o di una glomerulonefrite o di una nefrite tossiinfettiva a focolai, sia di processi che si svolgono nel tessuto interstiziale (nefrite acuta interstiziale) o nei vasi renali. Si ha ora l'impressione che l'agente infettivo o le sue tossine esercitino azione nociva sui capillari, sui glomeruli e sugli epiteli tubulari; ora vengono ammessi fattori sensibilizzanti, che portano a reazioni iperergiche nel sistema vascolare. L a più frequente e per così dire più aspecifica è quella forma che appare clinicamente come « albuminuria febbrile » e anatomicamente come rigonfiamento torbido degli epiteli tubulari con accumulo di albumina a fini granuli; la causa è probabilmente da attribuire ad una lesione dei capillari glomerulari con aumentata permeabilità alle albumine del plasma normale. Il processo è nettamente reversibile nella maggioranza dei casi. In pochi casi subentra una lesione degli epiteli tubulari; possono anche osser-
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varsi alterazioni più grossolane, irreversibili, fino alla necrosi dei tratti principali. D a MUNK viene ritenuta particolarmente responsabile la difterite nel determinismo delle nefrosi più gravi nel suo lavoro (vedi anche letteratura precedente). Egli descrive necrosi dei tubuli (che non sono del tutto convincenti nelle illustrazioni). FAHR conferma l'esistenza di nefrosi difterica; ha però riscontrato soltanto singole forme particolarmente gravi. Secondo HOTTINGER il clinico vede non di rado nella difterite nefropatie tossiche con eliminazione di albumina e cilindri che si compongono di frammenti cellulari. L'autore stesso ha visto più di frequente « rigonfiamento torbido » e steatosi dei tubuli nella difterite tossica, mentre le necrosi sono molto rare. Che esse compaiano lo mostrano casi di necrosi della corticale con aspetto grossolano di infarto, che occasionalmente si osservano nella difterite (cfr. pag. 669). Tali casi dimostrano che probabilmente l'azione tossica dei bacilli non è la causa o la sola causa, mentre possono ancora avere importanza disturbi circolatori, non rari nella difterite tossica. Viene sostenuto da FAHR che nella difterite possa subentrare anche una nefrite interstiziale acuta per il sovrapporsi di infezione streptococcica. ZOLLINGER, che ha una esperienza particolarmente profonda sulla nefrite interstiziale, ne ha osservato un solo caso nella difterite, mentre FAHR e DAKE l'hanno vista più spesso. L a componente circolatoria ha sicuramente particolare importanza nel determinare la lesione renale nel corso del colera, nel quale deve essere considerata come coefficiente anche la essiccosi. Da lavori di FRAENKEL e SIMMONDS, AUFRECHT e KRAUSE si deduce che si deve tener presente anche un'azione diretta delle tossine sull'epitelio. L a malattia può assumere il carattere di una gravissima nefrosi necrotizzante e portare a morte per u r e m i a (NAUCK).
Nella dissenteria (raramente) si trovano reperti analoghi (M. B. SCHMIDT, MUNK, WALTER). JAFFÉ e STERNBERG h a n n o s o t t o l i n e a t o p a r t i c o l a r m e n t e
una degenerazione vacuolare degli epiteli canalicolari. WALTER afferma l'importanza delle perdite di cloro e sodio per l'instaurarsi dell'azotemia. Nel tifo addominale MOSCHL vide nefropatie in un caso di paratifo B processi infiammatori interstiziali a focolaio, ricchi di linfociti eplasmacellule. Qualcosa di simile descrive ZOLLINGER. M. B. SCHMIDT non ha mai osserv a t o alterazioni specifiche tifose e descrive invece necrosi epiteliali, che si ha l'impressione siano in parte di natura postmortale, autolitiche. Secondo BINGOLD nei reni i focolai necrotici non sono rari. Estesa descrizione si ha in B. MULLER. Nel paratifo si parla di una speciale forma di nefro-paratifo (KLIEMBERGER). L. PICK vide su 48 casi, nove volte, ascessi renali. FRAENKEL, STEPHAN, FRENZEL, NOWICKI, STERNBERG c o m u n i c a n o c h e
compare
anche una glomerulonefrite emorragica (cfr. WIESNER nel Trattato su esperienze mediche nella guerra mondiale). Bisogna però dire in complesso che
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URINARIO
le alterazioni più gravi dei reni nel tifo e nei paratifi sono un'evenienza rara e che sono dovute piuttosto a complicazioni. Nella febbre -petecchiale si osservano di frequente formazioni nodulari nei reni, come risulta dai casi raccolti da DAVIDOWSCKI, CEELEN e ROTH. Inoltre la glomerulonefrite diffusa giuoca un ruolo apparentemente regionale di diversa intensità. E. HERZOG la notò nel Cile nei due terzi dei casi degli anni 1932-1935. Analoghi sono i dati di ALLEN e SPITZ; secondo RANDERATH circa il 25 % . Vedi anche WETZEL e GÜNTHER (Patologia delle vene e dei linfatici). Infine, nella febbre petecchiale, va ricordata la nefrite interstiziale che compare apparentemente con una certa frequenza (anche se di diversa intensità) (SCHOPPER). La più conosciuta è la infiammazione acuta interstiziale nello stadio precoce della scarlattina, i cui infiltrati sono soprattutto in vicinanza dei vasi sanguigni (vasi arcuati ed afferenti). MÜNK vide questa forma sedici volte su diciotto casi mortali di scarlattina. Secondo FAHR si tratterebbe soprattutto di un'azione degli streptococchi. Lavori di BRODY e SMITH e di ZOLLINGER con ampia letteratura. Nell'ambito della seconda malattia noi vediamo la glomerulonefrite emorragica nella scarlattina che sarà trattata più avanti estesamente. Per i particolari vedi GLANZMANN nel trattato di medicina interna 4.a edizione 1952 e SCHLOSSMANN e HOTTINGER, POSPISCHILL
e
WEISS.
Alle malattie, nel corso delle quali ha importanza particolare e spesso perfino decisiva per l'esito la nefrire acuta interstiziale, appartiene Yittero infettivo
di W e i l (BEITSKE, PICK, KANEKO, DOHMEN). L a m a l a t t i a renale a p -
pare clinicamente come nefrite con oliguria, albuminuria, eritrociti e cilindri nell'urina ed aumento dell'azoto residuo, fino a 400 mgr % , che è però di natura in parte extrarenale (o epatorenale). Sembra abbia importanza anche l'ipocloremia (GSELL). Microscopicamente è vicina alla nefrite interstiziale da scarlattina. ZOLLINGER descrive anche necrosi degli epiteli tubulari. Nella febbre gialla hanno principale importanza le necrosi tubulari con calcificazione (HOFFMANN). Poiché anche il fegato è gravemente leso, ha importanza anche una componente epato-renale (NAUCK). Riguardo alle lesioni renali di diverso tipo (nefrite interstiziale, glomerulonefrosi e glomerulonefrite emorragica) abbiamo recenti notizie da NOCENTINI e PUCCINI.
Nella malaria non compare una vera nefrite, anche se i sintomi nefrotici con notevole albuminuria, soprattutto nella malaria quartana, non sono rari (FISCHER e REICHENOW). Non sono descritte lesioni croniche dei reni. Vedi TYARS, STRONG e VERHOOVER per più estese notizie. Nella malaria è da temere la febbre Utero emoglobinurica con la sua emolisi intravasale, la grave anemia e oliguria, fino all'anuria. Anatomicamente si trova il quadro del rene da emolisi (nefrosi emoglobinurica e mioglobinurica; lower nephron-nephrosis). Per la insufficienza della funzionalità renale, che nel
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799
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50 % dei casi è mortale, hanno i m p o r t a n z a i disturbi locali della circolazione renale. T r a le m a l a t t i e tropicali e subtropicali è ancora d a menzionare la peste nella quale si osservano focolai metastatici con necrosi e formazioni di ascessi nei reni (HORMANN); e inoltre la lebbra, nella quale sono rare alterazioni specifiche dei reni; m a nei casi cronici subentra spesso l'amiloidosi, occasionalmente nefrite interstiziale (MOHR). N e l vero Vaiolo, oltre ad un'alb u m i n u r i a febbrile, si osservano nei reni focolai necrotici (HORING). U n a importanza notevole hanno i reni nella brucellosi dell'uomo. SiGNORELLI distingue: 1 . u n a nefrite benigna; 2 . u n a pielonefrite brucellare; 3. u n a glomerulonefrite rispettivamente epatonefrite con anuria e uremia; 4. u n a nefrite a focolaio. V e d i reperti anatomici specialmente in L O E F F L E R , A L B E R T I N I e L I E B E R H E R R (nefrite interstiziale con formazione di granulomi) . È d a menzionare una comparsa rara di nefrite emorragica nel morbillo ( R O L L Y , P E T H E Ò ) e nella rosolia ( G L A N Z M A N N ) . Ne\\'influenza sono descritte in generale, oltre a d un rigonfiamento torbido e steatosi degli epiteli t u bulari, soltanto pochi infiltrati linfocitari, emorragie puntiformi; m a altrimenti nessuna grossolana alterazione renale ( M A S S I N I e B A U R ) . Nelle pagine successive si t r a t t e r à del f a t t o che nelle malattie settiche compaiono processi nefritici delle più diverse specie (glomerulonefriti, nefriti a focolaio, nefriti interstiziali). Nella più g r a v e emolisi intra vitale (specialmente nella sepsi puerperale da bacilli gassogeni, BINGOLD), v e d i a m o il tipico quadro del rene da emolisi.
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fi) Lesioni renali da radiazioni. Il rene appartiene in complesso agli organi poco radiosensibili, cosicché non compaiono lesioni collaterali da raggi in seguito all'irradiazione di organi vicini. Naturalmente diviene maggiore il pericolo se l'organo renale stesso, per tumore maligno, deve venir sottoposto a più alte dosi di radiazioni. Praticamente, però, anche ciò ha un'importanza relativa, poiché l'organo ammalato di solito viene asportato. Riguardo a lesioni tardive nell'uomo e riguardo ai risultati ottenuti in seguito a lesioni sperimentali da radiazioni nei conigli hanno riferito nel 1 9 2 5 E M M E R I C H e D O M A G K . Essi notarono processi di raggrinzamento di alto grado con obliterazione della maggior parte dei tubuli, aumento del connettivo e degenerazione dei glomeruli. D O M A G K , in seguito all'impiego
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di colorazioni granulari e intravitali, è d'avviso che le prime alterazioni Ròengten dei reni interessano gli epiteli tubulari e che lo stadio finale è da considerare come rene grinzo nefrotico. Nel corso degli ultimi anni è stato descritto nell'uomo un gruppo di altri casi di lesioni renali, che di solito vanno sotto il nome di nefrite da irradiazione
o
di
R o e n t g e n n e f r i t e (ZUELZER
con
PALMER
L U X T O N , SMITH e W I L L I A M S , GROSSMANN). I n o l t r e , q u a n d o
e
NEWTON,
v e n g o n o ese-
guite ricerche microscopiche, si trovano alterazioni patologiche nei glomeruli, nei tubuli e nell'apparato connettivo-vascolare. I primi consistono soprattutto nel rigonfiamento e nella ialinizzazione delle membrane delle anse (SMITH e WILLIAMS), che poi portano alla obliterazione dei glomeruli, non accompagnate però da reazione infiammatoria. Negli epiteli vengono descritti rigonfiamento idropico e accumulo di gocce j aline e quadri di atrofia (ZUELZER e Coli., SMITH e WILLIAMS). Nel tessuto connettivo compare proliferazione con rigonfiamento fibrinoide delle pareti vasali. Maggiore è il numero dei lavori sperimentali, tra i quali soprattutto da ricordare quello di ZOLLINGER, che tratta estesamente la letteratura meno recente. Gli esperimenti sugli animali confermano i reperti che si riscontrano nell'uomo. Riguardo ai glomeruli vengono osservate dilatazioni delle anse (GABRIEL e DAVID, in parte anche ZOLLINGER), rigonfiamento degli elementi cellulari e soprattutto lesioni delle membrane, che portano ad una aumentata permeabilità capillare con passaggio di albumina e accumulo di gocce j aline. Le alterazioni nei vasi glomeralari possono poi trasformarsi in sclerosi con obliterazione (v. anche GROSSMANN). Dei canalicoli vengono descritti come prevalentemente interessati ora i tratti principali
(EMMERICK e D O M A G K ) , o r a l e a n s e d i H E N L E
(PAGE,
ZOLLINGER). In queste ultime ZOLLINGER vide picnosi nucleare, notevoli formazioni di cellule giganti e occasionalmente anche moltiplicazione mitotica dei nuclei, fino a giungere a necrosi, soprattutto nella parte esterna della sostanza midollare. L a lesione tubulare ha un'importanza essenziale per l'esito del processo, come l'ha quella dei glomeruli (DOMAGK, OELS, ADAMS e Coli.). Di minore importanza sembrano essere le alterazioni dei vasi, che corrispondono a quelle che si trovano in altri tessuti irradiati (HARTMANN e C o l i , e ZOLLINGER).
Si può dunque dire riassumendo, che tanto l'apparato glomerulare quanto quello tubulare dei reni vengono lesi dalle radiazioni, fino a poter giungere occasionalmente anche a lesioni secondarie. L a sensibilità dei reni è però relativamente bassa; non vi è una vera glomerulonefrite da irradiazioni Roentgen (DOMAGK). Le lesioni renali che si possono ottenere sperimentalmente con gli ultrasuoni sono piuttosto scarse (GLOGGENGIESSER LUKAS) e da mettere in relazione a influenze circolatorie. Occasionalmente possono però avere come conseguenza anche una necrosi corticale totale. 51
—
KAUFMANN
II,
p.
I
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URINARIO
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gg) Riassunto delle nefroblaptosi (nefrosi acute). Se si considerano le singole forme di lesioni renali che vengono descritte come nefrosi acute (nefroblaptosi) è diffìcile trovare uniformità del processo. Il quadro clinico sembra mostrare una certa concordanza in quanto nella maggior parte delle forme, la oliguria, con l'azotemia ed il passaggio ad uremia acuta caratterizzano il decorso. Come esempio di ciò è da ricordare, l'avvelenamento da sublimato, la cui lesione renale si avvicina a quella da cromati e da sali di uranio. Allo stesso gruppo apparterrebbe la nefrosi ipocloremica, la nefrosi emo- e mioglobinica, il rene da shock, la lesione renale postoperatoria e il rene con necrosi bilaterale corticale simmetrica. Diverse sono le condizioni nella nefrosi gravidica e nei quadri che vediamo di solito nell'eclampsia. Qui manca l'aumento delle sostanze azotate nel sangue, mentre dominano il quadro l'albuminuria e la formazione di edemi. Anche il rene da Viomicina sembra provocare altre conseguenze cliniche. In ogni caso abbiamo solo di rado appoggio dai dati sperimentali, nel senso della comparsa acuta di manifestazioni uremiche. Nella sindrome epatorenale o epatonefrite dei Francesi le condizioni sono del tutto diverse, per cui non si può trovare assolutamente nessuna unicità di decorso clinico. Dai reperti anatomici si possono in certo qual modo distinguere sicuramente tre gruppi: 1. Il p r i m o è c a r a t t e r i z z a t o d a accumulo di veleni negli epiteli dei t u b u l i c o n t o r t i e in p a r t e delle anse di HENLE, m e n t r e i glomeruli, sebbene p r o v v e d a n o all'eliminazione del veleno, a t t r a v e r s o l ' u r i n a primaria, r i m a n g o n o indenni. N e g l i epiteli dei t u b u l i s u b e n t r a n o alterazioni d e g e n e r a t i v e g r a v i che port a n o a necrosi cellulari estese. Q u i la lesione delle cellule è a p p a r e n t e m e n t e
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diretta per accumulo del veleno negli epiteli canalicolari, mentre il veleno cont e n u t o in forma molto diluita nei capillari glomerulari non danneggia le pareti di questi. Questa f o r m a di m a l a t t i a renale potrebbe anche esser definita come nefrosi da i m m a g a z z i n a m e n t o tossico (nefroblaptosi). 2. L a seconda mostra nei suoi casi estremi il quadro di u n ampio infarcimento ischemico del tessuto renale. Come esempio sia c i t a t a la necrosi simmetrica della corticale renale che è s o p r a t t u t t o frequente nell'eclampsia, m a che si osserva anche nelle infezioni acute. In queste forme non vi può esser dubbio che il primo fattore sia un grave disturbo circolatorio dei reni, a n a t o m i c a m e n t e non riscontrabile e perciò c h i a m a t o « funzionale ». A questo gruppo appartengono chiaramente anche quelle lesioni dei rem che subentrano in casi g r a v i di shock (dopo interventi operatori o grossolane lesioni traumatiche). Se i disturbi del circolo sono meno gravi o di durata più breve, non si giunge ad un quadro di infarto con necrosi dell'intero tessuto corticale, bensì ad una necrosi delle parti più sensibili alla anossiemia. L e alterazioni sono proprio come quelle che si riscontrano nella chiusura sperimentale di breve d u r a t a del peduncolo renale o in seguito ad ischemia p r o v o c a t a con artereno). U n a d u r a t a maggiore del pinzettamento, una anossia intensiva e di lunga d u r a t a d'origine nervosa, p o r t a all'infarto; un'anossia di d u r a t a breve o meno completa porta a necrosi isolate di tubuli contorti. In questi casi bisogna sicuramente tener conto di uno stadio in cui la m a n c a n z a di ossigeno paralizza la funzione senza però portare ancora alla necrosi a n a t o m i c a m e n t e dimostrabile, e quindi, se subentra la morte, per lo più non attraverso lesioni renali, m a per uno shock sopra ordinato si f o r m a un quadro renale che non ci spiega l'insufficiente funzionalità renale e che in tal modo induce ad una sproporzione f r a m a n c a t a funzionalità renale e assenza di un sufficiente reperto anatomico.
Potremmo perciò avere due tifi fondamentali del quadro anatomico della nefroblaptosi acuta: « la nefrosi tossica da immagazzinamento e la nefrosi ischemica », in cui l'ischemia può esser conseguenza di una insufficienza circolatoria generale, soprattutto nelle forme di shock, o anche attraverso disturbi circolatori locali del rene (o nel rene), pressapoco nel senso d i T R U E T A . 3. C o m e terzo tipo si può considerare quello in cui l'occlusione dei canalicoli urinari attraverso una escrezione nei glomeruli sia di sostanze albuminoidee, sia di sostanze estranee, come per esempio sulfamidici, d à al quadro renale un aspetto particolare e sembra spiegare i disturbi funzionali. Questa nefrosi da ostruzione h a a v u t o in passato maggiore importanza, mentre ora si ritiene piuttosto che la permanenza di cilindri nei canalicoli urinari non sia causa, m a piuttosto conseguenza dei disturbi di secrezione dei reni. S o p r a t t u t t o nella nefrosi emo e mioglobinurica e nelle altre alterazioni dei reni che vengono classificate come lower nephron-nephrosis, si è ora inclini a dare scarsa imporr t a n z a alla ostruzione dei canalicoli; per quel che a me sembra troppo scarsa perché, anche se le formazioni di cilindri non rappresentano verosimilmente la causa v e r a e propria dell'oliguria o dell'anuria, sono t u t t a v i a in grado, quando il processo è durato un certo tempo, di ostacolare la ripresa della escrezione
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renale, specialmente quando in conseguenza di esse compaiono gravi lesioni tubulari con tubuloressi e formazioni granulomatose peritubulari che fissano la impcrvietà della via di deflusso. Vi sono dunque processi nei quali ha importanza di primo piano l'occlusione dei canalicoli (rene da sulfamidici) e altri nei quali questa ha importanza almeno minore e complementare. 4. Si ricorderà qui in breve che anche processi infiammatori acuti possono portare al quadro della insufficienza renale acuta. Nella glomerulonefrite diffusa acuta può subentrare improvvisamente un'oliguria inaspettata o anuria con conseguente uremia. Z O L L I N G E R , inoltre, ritiene importante e significativo della nefrite interstiziale acuta, il fatto che l'edema, che interessa tutto il tessuto interstiziale, può portare ad una imbibizione del tessuto renale, ad una più elevata tensione capsulare e perciò a disturbi della circolazione renale col quadro del cosiddetto « glaucoma renale » ( H E N S C H E N ) . Anche nel rene emo- e mioglobinurico ha un'importanza essenziale quest'infiammazione acuta interstiziale. Ho in molti casi l'impressione che ciò che vien definito come edema infiammatorio riposi su una imbibizione urinaria del rene, che subentra quando i glomeruli riprendono la loro funzione secretoria, ma i canalicoli sono lesi in modo tale che l'urina primaria altera la membrana basale e così penetra nel tessuto interstiziale. Mi pare degno di nota ricordare l'intenso odore di urina del rene, che ricorda i reperti della stasi urinaria acuta. Ma se prescindiamo dai processi infiammatori sembrano avere importanza tre fattori per la genesi della nefrosi acuta (nefroblaptosi) : l'accumulo di tossici negli epiteli canalicolari; il disturbo di circolazione e l'occlusione dei canalicoli renali da sostanze estranee. Con ciò non è a dire che in questa suddivisione siano comprese tutte le forme. Ma queste tre potrebbero in un primo tempo venire isolate dal grande numero dei quadri che si osservano. Ancora minor importanza deve avere l'elencazione, poiché ogni volta solo uno dei fattori è decisivo. In molti casi dobbiamo certamente tener conto di una combinazione di più fattori: disturbi della circolazione e occlusione dei canalicoli, disturbi della circolazione con accumulo di tossici; forse anche lesioni da tossici con occlusione dei canalicoli ad opera degli epiteli necrotici esfoliati. In ogni caso non si può dire che abbia importanza un solo fattore in tutte le forme. Nelle nefrosi da accumulo di tossici sembra che in generale i disturbi della circolazione non abbiano importanza, se la intossicazione generale del corpo non porta ad una insufficienza cardiaca e circolatoria. Viceversa si ha l'impressione che nella lower nephron-nephrosis, da emo o mioglobinemia, passi in seconda linea una componente tossica dell'emoglobina. Un'altra questione è se i reperti anatomici possano spiegare l'insufficienza funzionale del rene. Se si tratta di disturbi circolatori gravi, generali o locali, si può spiegare in modo relativamente facile che la filtrazione dei glomeruli sia ridotta e perciò ne risulta oliguria, anuria e mancata escrezione delle sostanze urinarie.
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Più difficile è la spiegazione di quei quadri per ciò che riguarda la nefrosi da accumulo tossico. Mentre io dapprima ero incline a dare valore decisivo alla grave necrosi tubulare (WOLLHEIM) tanto più che non si può rilevare nei glomeruli alcun reperto che deponga per una insufficienza dell'apparato di filtrazione, e non si trova nemmeno riduzione della irrorazione sanguigna, le esperienze con Viomicina mi hanno reso scettico verso questa interpretazione. Nei reni da Viomicina vediamo le stesse, ed egualmente estese, necrosi dei tubuli contorti e il rene non dà segni di deficit, non vi è uremia; subentra piuttosto in breve tempo rigenerazione dell'apparato canalicolare. Forse in questi fenomeni di rigenerazione, che, per quanto io sappia, in nessuna malattia renale intervengono in modo così rapido ed esteso, vi è una decisiva differenza rispetto al sublimato, al che si aggiunge anche il fatto che il mercurio è un veleno potente ad azione lesiva generale, mentre la viomicina è escreta più facilmente dall'organismo e meglio sopportata. In ogni caso conseguenze morbose funzionali e anatomiche, persino nella nefroblaptosi tossica da accumulo, si sovrappongono in maniera solo incompleta. Ed ora un altro punto: la maggior parte delle malattie renali suddette appartengono al gruppo delle cosiddette nefrosi. Proprio attraverso i lavori di RANDERATH si è verificato un cambiamento della nostra interpretazione sull'essenza delle nefrosi. Mentre per FAHR la parte primitivamente lesa dell'organo è l'apparato tubulare, RANDERATH ha mostrato in modo convincente, soprattutto con l'esempio della cosiddetta degenerazione a gocce jaline, che noi in questa (per lo meno nella maggior parte dei casi) dobbiamo vedere una aumentata funzionalità attiva degli epiteli canalicolari, che si manifesta con un elevato accumulo di sostanze proteiche, che vengono eliminate attraverso i glomeruli. Però il glomerulo vien posto in primo piano e la nefrosi è, secondo RANDERATH, primitivamente un disturbo di permeabilità dei corpuscoli malpighiani. Questo è sicuro per le nefrosi croniche vere e proprie, ma non è valido per le sunnominate nefrosi tossiche da accumulo. La permeabilità del glomerulo è in esse del tutto normale; in questo senso non vi è dunque una glomerulonefrosi. Ma ciò che è escreto dai glomeruli con la urina primaria e viene filtrato nei canalicoli è una sostanza che, in appropriata concentrazione, danneggia le cellule epiteliali e porta alla necrosi. Avrebbe lo stesso effetto sulle cellule glomerulari, sugli endoteli capillari o sulle cellule di rivestimento, se venisse in loro contatto in concentrazione più elevata; in tal caso lederebbe corrispondentemente anche gli altri endoteli capillari del corpo. La concentrazione dannosa viene raggiunta appunto negli epiteli tubulari, per accumulo e sovraccarico di questi. Io penso che l'avvelenamento da uranio ne sia una buona prova. Se si inietta il nitrato di uranio sottocute o per via intraperitoneale, compare il quadro della nefrosi tubulare, con necrosi delle cellule, se si inietta
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direttamente nel sangue (BAEHR), (a concentrazione più alta) si formano lesioni dei glomeruli che si definiscono come nefrosi glomerulo-tossica. Probabilmente assai simili sono i dati sperimentali con sublimato, soprattutto in seguito ad introduzione per via arteriosa. Nei tipi sunnominati di nefrosi da ritenzione tossica la parte per prima lesa è l'epitelio dei tubuli. Per esso non vale l'asserzione di R A N D E R A T H (senza nefrosi glomerulare nessuna nefrosi tubuläre). È perciò errato definire con lo stesso nome due entità con decorso clinico così diverso, come la vera nefrosi (lipoidonefrosi, ecc.) e la nefrosi tossica da ritenzione, Poiché secondo R A N D E R A T H la nefrosi è un disturbo di permeabilità del glomerulo, allora il rene da sublimato non è nefrosi. Però, se la lesione degli epiteli canalicolari rappresenta il dato caratteristico per questa denominazione (e questa lesione subentra secondariamente secondo R A N D E R A T H anche nelle vere nefrosi dell'epitelio tubuläre), allora il disturbo di permeabilità non può esser collocato al centro delle argomentazioni sulla nefrosi. Propongo perciò di non includere entrambi i processi sotto la stessa denominazione e di definire la lesione acuta da tossici come nefroblaptosi (ßMnreiv-ledere). Non si deve dimenticare che sarà difficile collocare nella stessa categoria tutti i sottotipi delle ultime forme, e soprattutto delle forme ischemiche. Ma i tubuli rappresentano per lo più la parte più sensibile e presentano quindi lesioni in seguito a disturbi della circolazione (fino alla necrosi), quando i glomeruli, meno sensibili, sono ancora ben conservati.
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b) L E N E F R O S I C R O N I C H E
PURE
Con questo nome si intende un gruppo di malattie che hanno un decorso spiccatamente cronico e subdolo e sono caratterizzate da notevole eliminazione di albumina con le urine, ipoalbuminemia ed anche forte tendenza alla formazione di edemi, mentre la funzione del rene come organo di eliminazione non presenta alterazioni, o al più nelle ultime fasi. Perciò i valori
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di urea o di azoto residuo nel sangue non sono aumentati; non si ha tendenza alla uremia; e anche i valori pressori del sangue si mantengono per lo più normali. Sembra quindi molto problematico se si tratti di malattie primitive pure dei reni; infatti vengono trovate alterazioni così gravi del ricambio generale, soprattutto delle proteine e dei lipidi, da far pensare che questo disturbo del ricambio sia primitivo, e che il rene sia interessato solo secondariamente. Nel gruppo delle nefrosi pure si distinguono tre forme delle quali si deve trattare prima singolarmente: la nefrosi lipoidea, la nefrosi amiloidea e la nefrosi paraproteica del mieloma multiplo (plasmocitoma).
a) La nefrosi lipoidea Essa rappresenta il capitolo più discusso tra le malattie renali; meno discussa per il suo substrato anatomico che per la sua valutazione. Dopo che M U N C H nel 1908 nel suo lavoro « sulla degenerazione lipoidea » creò il concetto della nefrosi lipoidea e nel 1910 con la dimostrazione della escrezione di sostanze birifrangenti nell'urina rese possibile anche la diagnosi clinica, non è ancora pacifico dove sia da ricercare il disturbo funzionale del rene, essenziale e decisivo per il quadro clinico, quali dati si possano avere dal reperto anatomico, e soprattutto se si tratti di una malattia dei reni o non soltanto di un disturbo primitivo del ricambio dei grassi e proteine, che agisca solo secondariamente sui reni in quanto organi emuntori, qualcosa come è stato inteso da E P S T E I N col suo diabete albuminurico. E per il quadro del rene stesso, si può, come soprattutto da lavori tedeschi ( V O L H A R D , M U N K , F A H R , R A N D E R A T H , T E R B R Ù G G E R , ma anche O L I V E R , EHRICH, Z O L L I N G E R ) , pensare alla nefrosi (in questo caso è discusso ed ancora dubbio il concetto della nefrosi), o ad una nefrite (come fanno E L L I S , B E L L , A L L E N , che la classificano tra le glomerulonefriti; ma le riconoscono il carattere di una forma particolare strettamente affine alla glomerulonefrite intracapillare di H E L L I S 0 identica ad essa) come « glomerulo-nefrite idropica o membranosa », mentre i Francesi, che generalmente nella classificazione delle malattie dei reni danno maggior importanza ai reperti funzionali e fisiologici che anatomici, danno alla nefrosi lipoidea una posizione particolare ( V A H L , G E R A R D e W O L F R O M M ) . Cominciamo dalla sintomatologia clinica: consiste in una albuminuria spesso di grado molto elevato (eliminazione fino a 50 gr di albumina al giorno), in cui vengono eliminati con l'urina cilindri di tipo ialino, granuloso, o soprattutto a contenuto colesterinico, nella comparsa di edemi superficiali e profondi, non raramente associati a versamenti nelle cavità sierose, ed impoverimento del sangue in sostanze proteiche (soprattutto una
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ipoalbuminuria con albumine totali 3,5-4 % a differenza del normale 6-8 %) con aumento relativo delle globuline e spesso considerevole aumento degli esteri della colesterina (0,3 fino a 1,3 % invece dello 0,2 % della norma); manca qui nei casi puri l'aumento della pressione del sangue, mancano alterazioni del fondo oculare, manca azotemia, mancano segni di insufficienza renale. La quantità dell'urina è generalmente ridotta, non c'è ematuria. In numerosi casi si combinano i segni della nefrosi lipoidea « pura » con quelli della nefrite, sia che la pressione del sangue mostri una tendenza ad aumentare, sia che subentrino segni determinati di insufficienza renale. Nella maggior parte di questi casi non si tratterà di una nefrosi lipoidea «primaria» (MÜNCH), bensì di manifestazioni concomitanti di una glomerulonefrite pura. Sembra però che talora la nefrosi possa anche tramutarsi in nefrite. Ciò è sostenuto soprattutto da BELL, che fa una differenza tra forme pure e forme miste, e spiega il passaggio al quadro della nefrite, sostenendo che la imbibizione e l'ispessimento della parete dei capillari glomerulari possano divenire così intensi da determinare disturbi di circolo nelle anse. L a malattia predilige nella sua forma pura l'età infantile, in cui l'insorgenza a carattere familiare o perfino congenita, e la concomitanza con sintomatologie di tipo allergico, induce a sospettare fattori costituzionali (FANCONI e BIENENSTEIN). Le infezioni hanno però un'importanza essenziale nell'insorgenza della malattia, nel suo decorso e nel suo esito finale (VoLHARD, G A L A N , R A N D E R A T H , G I O R D A N O , C H A P T O L e C o l l a b . ) . V e n g o n o p a r t i -
colarmente chiamati in causa i pneumococchi; BELL dà maggior importanza agli streptococchi, soprattutto per l'esito letale. MÜNCH pensava che la sifilide dovesse avere maggior importanza; anche VOLHARD. F. MÜLLER, TH.
FAHR c i t a n o a n a l o g h e
osservazioni.
DELAFONTAINE
e
WOLFROMM
indicano fattori tossici e parassitari. Vengono chiamate in causa anche la difterite, la tbc, la linfogranulomatosi e la malaria. W. FREY pensa all'importanza dell'avvelenamento cronico da metalli pesanti e all'azione di diuretici; CATEL all'aumento della permeabilità dei glomeruli, in seguito alla carenza di corticoidi (perciò successi terapeutici con ACTH). Vi sono dunque poche lesioni esogene che possano venir escluse nella genesi della nefrosi lipoidea. Ma tutti questi però sono soltanto fattori scatenanti come anche BELL sottolinea, nel senso che infezioni iniziali vengono più spesso osservate nella glomerulonefrite che nella nefrosi lipoidea. Il decorso della malattia di solito è cronico. Quando BELL nel suo lavoro sintetico cita non pochi casi di malattia a breve decorso e in cui ha visto in circa 1/5 l'esito in uremia, questo fatto parla in favore dell'opinione che almeno un numero notevole poteva esser escluso a stretto rigore dalle nefrosi lipoidee (ZOLLINGER). Nell'esito letale ha spesso importanza un'infezione pneumo o streptococcica (BELL)
IL
RENE
809
(soprattutto del peritoneo) che LINNEWEH pensa di poter spiegare con una diminuzione della frazione gammaglobulinica nel plasma e una insufficienza del sistema reticolo-endoteliale. I reni nella nefrosi lipoidea sono di regola ingrossati (peso del singolo organo fino a 250 gr). La capsula facilmente svolgibile; la superficie esterna liscia; la corticale ispessita, di colore grigiastro o grigio-giallastro (FAHR); non raramente si vedono alla superfìcie esterna e al taglio, nella corticale, macchioline biancastre irregolarmente distribuite. La midollare si distingue di regola per il suo colorito più scuro, soprattutto rispetto ai setti del BERTIN, che sono dilatati e che protrudono sulla superfìcie di taglio.
Fig. 260. Nefrosi lipoidea. A m p i o gruppo di tratti principali, le cui cellule epiteliali sono infarcite di sostanze lipidiche. Colorazione con rosso-scarlatto. B a m b i n o di 5 anni e 1/2- A u t . N. 387/52.
Al microscopio le alterazioni più grossolane ed evidenti si vedono negli epiteli dei tubuli; essi mostrano il quadro della tumefazione torbida e sono infiltrati mai regolarmente, ma a chiazze, di sostanze grasse, che in parte considerevole mostrano birifrangenza e quindi constano di esteri della colesterina (fig. 260). Il nucleo della cellula è per lo più immodifìcato, i lumi canalicolari sono spesso dilatati e contengono masse di albumina a fini granuli, alle quali sono commisti epiteli sfaldati più o meno numerosi. Anche sostanze grasse si trovano non di rado nel lume canalicolare. Gli epiteli e le masse di albumina ispessite formano cilindri nelle sezioni più profonde del nefrone. Mancano grossolane necrosi degli epiteli. Le cellule sfaldate vengono sostituite per proliferazione dello strato basale. In generale non compaiono mitosi. 51*
—
KAUFMANN
II,
p.
I
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URINARIO
I glomeruli appaiono poco alterati. Però uno studio più preciso, soprattutto con colorazione delle membrane (AZAN, GOLDNER, PAS) mostrale pareti delle anse capillari molto dilatate e imbibite (anche infiltrate da sostanze grasse). Nei casi infantili puri questi ispessimenti possono mancare (BELL, ALLEN); EHRICH li h a v i s t i a n c h e qui r e g o l a r m e n t e (fig. 261). Gli
ispessimenti delle pareti capillari possono essere così intensi da provocare una rigidità del gomitolo (cfr. i quadri nel lupus eritematosus acutus, ALLEN) e in certi casi un restringimento del lume. BELL così spiega l'origine del-
Fig. 261. Nefrosi lipoidea. Glomerulo: allargamento delle pareti delle anse. Materiale proteico fuoriuscito nello spazio capsulare. Rigonfiamento torbido degli epiteli tubulari. Colorazione A z a n . B a m b i n o di 5 anni e i/ s . A u t . N. 387/52.
l'ipertonia e i segni dell'insufficienza renale, come anche i disturbi della nutrizione dei tubuli, che portano ad atrofia. In singoli casi vengono osservate coalescenza delle anse e proliferazioni di cellule di tipo reattivo, per cui può esser difficile la separazione dalla glomerulonefrite pura o dalla nefrite a focolaio. Se tali alterazioni dei glomeruli progrediscono creano le basi per un « rene grinzo nefrotico », che però è molto raro nella nefrosi lipoidea. Il tessuto interstiziale è caratterizzato da inclusioni di lipoidi in grandi cellule schiumose, che spesso si trovano in piccoli gruppi o ammassi e si localizzano nelle zone di degenerazione grassa grossolana dei tubuli. Esse sono il substrato anatomico delle chiazze biancastre della corteccia renale. È da ritenersi verosimile che i depositi di cole-
IL
8l I
RENE
sterina si trovino specialmente nell'endotelio dei vasi linfatici e siano in questi arrivati dagli epiteli tubulari in degenerazione. L'alterazione primitiva del rene nella nefrosi lipoidea ha la sua sede nel glomerulo, e ciò può esser ritenuto sicuro. Qui l'albumina plasmatica passa con i lipoidi dai capillari nello spazio della capsula del Bowman. Tali mescolanze di lipoidi e albumina di regola non sono dimostrabili istologicamente nello spazio capsulare. Ciò non è facile da spiegare, ma ha forse la sua ragione d'essere nella diluizione della soluzione di albumina, che con i comuni mezzi di fissazione non viene coagulata. Anche soluzioni coloranti (Carminio, Trypanblau) spesso non si possono dimostrare negli spazi capsulari. E qual'è il motivo di questo passaggio? O una lesione della membrana basale che potrebbe avere la sua spiegazione anatomica nella trasformazione di aspetto poroso delle pareti capillari (BELL, CHAPTOL e Coli., HARTMANN), in cui l'ispessimento sarebbe soltanto conseguenza dell'impregnazione albuminica, o in una primitiva deviazione dalla norma delle albumine plasmatiche, per cui le anse glomerulari altrimenti normali sarebbero permeabili. La prima tesi ritiene quindi la nefrosi lipoide una vera malattia renale; la seconda una malattia del ricambio con lesione secondaria degli organi di escrezione (come si deve ritenere con sicurezza per il rene da plasmocitoma e per l'amiloidosi). Mentre BELL, ALLEN, ELLIS, KAHLER v e d o n o l'essenza della m a l a t t i a
in una forma speciale di glomerulonefrite, altri, per esempio EPSTEIN (già nel
1922),
WUHRMANN
e
WUNDERLY,
DREWS, THOMAS e W E L K E R ,
HOFF,
LEDERER
e
CANIVEZ,
AN-
GOETTSCH e R E E V E S , r i t e n g o n o le a l t e r a z i o n i
del quadro albumino-lipoideo del plasma sanguigno di così alto grado che la loro insorgenza non sarebbe spiegata da una lesione renale solamente. Essi parlano di diabete lipoproteinico-albuminurico. Analogamente si e s p r i m o n o OETTEL, TERBRÜGGER (proteinonefrosi genuina). SARRE si pro-
nuncia di recente in senso contrario e mette in evidenza le lesioni glomerulari e tubulari dei reni (anche secondo ricerche con la nefrite di MASUGI, analogamente HARTMANN) . A mio parere non si possono tralasciare anche due punti: in primo luogo la combinazione della nefrosi lipoidea con la glomerulonefrite e il passaggio di una forma morbosa nell'altra (i casi « misti ») così frequente secondo le ricerche di BELL e ALLEN e di altri. In secondo luogo, il fatto che nella nefrosi lipoidea molto ben di rado si trova immagazzinamento a gocce ialine nei tubuli (FAHR) ; che dunque manca, quasi o per lo più, uno dei segni più importanti della paraproteinemia. Potrebbe venir fatta nuova luce sul problema della nefrosi lipoidea, forse per mezzo dei risultati della ricerca sperimentale, sulla genesi della nefrite, dopo che HEYMANN e LUND sono riusciti a ottenere in giovani ratti una nefrosi lipoidea da siero antirene, che si manifesta con notevole albuminuria e ipoproteinernia. Così GOEBEL-SCHMIDT. Questi risultati furono confermati da EHRICH, il quale richiama l'attenzione sull'importanza della dose del siero etcrologo. MOENCH, SARTORIUS e PÜTTER videro in espe-
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APPARECCHIO
URINARIO
rimenti con nefrotossina in giovani conigli, perfino in animali della stessa nidiata, circa nella metà di casi nefrosi e nell'altra metà nefrite. Da queste ricerche risulta una stretta affinità tra glomerulonefrite e nefrosi lipoidea sperimentale; però i risultati non si possono trasferire senz'altro alla malattia nell'uomo. Vedi dettagli in « glomerulonefrite ». Il quesito della primitività della malattia renale o del primitivo disturbo del ricambio lipoproteico rimane dunque per il momento aperto. Ho l'impressione che attualmente un maggior numero di fatti parlino in favore della malattia renale.
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IL RENE
813
p) L a n e f r o s i a m i l o i d e
L'amiloidosi dei reni compare come manifestazione parziale di una amiloidosi generale (BATTAGLIA) O, di rado, colpisce solo il rene. TERBRUGGER ha stabilito due tipi fondamentali di amiloidosi: il tipo «milza sagù» e il tipo « milza prosciutto ». Nel primo tipo che compare in prevalenza nelle forti distruzioni di albumine, specialmente nella tubercolosi essudativa, in tempo
Fig. 262. Amiloidosi splenica, renale e surrenale, Spondilite tubercolare (3 a , 4 a , 5 a vertebra dorsale), con ascesso ossefluente. Uomo di 34 anni. (Aut. N. 31182 dell'Istit. di Anat. e Istol. Patol. dell'Univ. di Milano).
relativamente breve (da mesi fino a pochi anni; secondo ALLEN in casi sporadici già anche dopo settimane), il rene è leso solo in grado minimo. Un rene grinzo amiloide non si sviluppa nel tipo « sagù ». La nefrosi però può esser clinicamente evidente. Nel tipo « milza prosciutto » compare una amiloidosi massiva dei glomeruli, che porta a obliterazione dei glomeruli e non di rado raggrinzamento dell'organo con insufficienza ed uremia. Qui si tratta per lo più di una malattia fondamentale che dura diversi anni, con minima distruzione di albumina. Questa classificazione, che viene confermata anche da RANDERATH (per quanto anche egli abbia riscontrato
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APPARECCHIO
URINARIO
più di un caso di transizione) concorda con l'esperienza che le deposizioni amiloidi e la sindrome nefrotica non debbono necessariamente sempre procedere parallele (FAHR, RANDERATH, ed altri). Etiologicamente hanno la parte principale la tbc dei polmoni e suppurazioni croniche delle ossa di altra natura (osteomielite, empiemi a lungo decorso, bronchiectasie, pielonefriti e pionefrosi croniche, actinomicosi, talora artrite cronica (osservazione personale di BELL). Prima la lue gommosa aveva importanza ancora maggiore. MAURICE e GODET menzionano inoltre la linfogranulomatosi, le leucemie, la poliartrite cronica, la malaria. Queste non hanno però praticamente grande importanza. La amiloidosi dei reni si può sovrapporre ad altre malattie renali («forme associate» dei francesi, MAURICE e GODET); per esempio una nefrite, una nefrosi lipoidea, una ipertonia genuina (cfr. WILLER). Ma di continuo si osservano casi isolati, nei quali non è dimostrabile una malattia precedente univoca (cfr. F A H R , B E L ) .
Nel quadro clinico dominano i sintomi di una nefrosi cronica pura: albuminuria (in cui le globuline vengono eliminate in maggior quantità, che nelle altre nefrosi [GEIL, HILLER e Coli., LEMIERRE]), edemi più o meno imponenti, oliguria con alto peso specifico o poliuria (soprattutto negli stadi tardivi dell'insufficienza). Nel sedimento urinario si trovano in quantità molto variabile cilindri di diverse specie, ma non cilindri amiloidi. Si può trovare scarsa ematuria; questa non appartiene però al quadro tipico; manca quasi sempre una retinopatia. Le proteine plasmatiche sono diminuite, soprattutto per diminuzione delle albumine; le globuline si comportano variamente. Anche esse possono diminuire (anche se sempre in misura minore delle albumine; BELL), in altri casi aumentano (MAURICE e GODET). Negli esperimenti sugli animali la iperglobulinemia, soprattutto nella fase preamiloide, è un reperto evidente e costante (BERGER, LETTERER, SCHNEIDER, B O H L E , HARTMANN e P O L A ) . WUHRMANN n e l l a a m i l o i d o s i h a
potuto
dimostrare anche corpi albuminoidi anormali nel plasma sanguigno. Il contenuto in colesterina del plasma è spesso aumentato. Generalmente non si trova aumento della pressione del sangue, e se c'è, indica il passaggio al rene grinzo (sebbene anche per questo non sia necessaria la presenza di un'ipertonia, soprattutto se c'è una notevole amiloidosi dei surreni - BERBLINGER).
Accanto ai casi di amiloidosi renale che offrono un quadro completo di nefrosi, non raramente se ne osservano alcuni in cui nel quadro clinico non compare nessun segno di deposizione amiloidea (forme latenti) o in cui si trova soltanto una certa albuminuria (forme fruste) (cfr. ÀBRAMI, B E R T R A N D - F O N T A I N E , LICHTWITZ e L A U D A T , R O S E N S T E I N , F .
KOCH).
Il quadro macroscopico del rene amiloide dipende ampiamente dal modo in cui si associano lesioni canalicolari e deposizione di amiloide. Nei casi completamente caratterizzati, tale associazione mostra il quadro del cosid-
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RENE
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detto grosso rene bianco amiloide (LITTEN). Il rene è ingrossato, pesante (fino a 300-400 grammi), duro; la capsula facilmente svolgibile, la superfìcie liscia e pallida. L a corticale e la midollare più nettamente delimitate l'una dall'altra; la midollare per lo più rossiccia (rosso-ortensia), chiara o scura. La corteccia ispessita e le colonne di Bertin dilatate, sono di colorito grigio chiaro ed, in seguito all'anemia e al deposito di lipidi o di lipoidi, a chiazze gialle o bianche. Le parti grigie sono trasparenti, asciutte, ceree, a superficie spulita; le parti gialle e bianche non trasparenti. Se la « componente nefro-
Fig. 263. Nefrosi amiloide in corso di bronchiettasie. Uomo di 41 a. A u t . N. 2/56.
tica » è minore, il colore può essere grigio chiaro (rene « lardaceo » 0 « cereo ») (fig. 263). I puntini simili a gocce di rugiada nella corteccia, i glomeruli e le sottili striature corrispondenti alle pareti vasali e membrane basali dei canalicoli della midollare, infiltrati di amiloide, si colorano in bruno con la soluzione di Lugol. Inoltre, l'aggiunta di acido solforico dà una colorazione blu-nera e fa spiccare le zone amiloidi. Una complicazione frequente è la trombosi di numerosi rami venosi. Se questa compare bilateralmente può portare ad uremia (ZADEK). I trombi possono continuare nel tronco delle vene renali, e perfino nella cava. Nel quadro microscopico prevale l'alterazione dei glomeruli. Negli stadi recenti si nota una massa nella parete capillare quasi omogenea o legger-
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APPARECCHIO
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mente a zolle. Essa si trova tra l'endotelio e la membrana basale ( H u e t e r , B e l l ) , e solleva l'endotelio (che può essere anche staccato completamente); la membrana basale dapprima è ancora chiaramente evidente ( B e l l ) ; in un secondo tempo è compresa nelle deposizioni amiloidi (fig. 264). Il lume dei capillari si fa sempre più ristretto, infine obliterato ed impervio. Così un capillare dopo l'altro (cominciando nella regione del peduncolo, in contrapposizione con ciò che avviene nella glomerulosclerosi diabetica che incomincia al polo opposto, A l l e n ) , viene compreso nel processo di obli-
F i g . 264. N e f r o s i amiloide. D e p o s i z i o n e
i n i z i a l e d i amiloide nella p a r e t e A u t . N . 2/56.
dei capillari
glomerulari.
terazione finché l'intero gomitolo vascolare è trasformato in una piccola massa impervia, le cui anse o fasci di anse danno ancora la tipica reazione dell'amiloide (metacromasia con violetto di genziana o di metile, colorazione rossa o rosa con Rosso Congo, colorazione bruna con iodio, colorazione blu con Azan). Nei casi di insuccesso delle reazioni tintoriali che non sempre riescono positive si deve ammettere, come nelle corrispondenti alterazioni in altri organi, che l'amiloide non è una sostanza unica, ma è costituita di diverse sostanze di struttura simile, a carattere proteico. Più tardi il processo invade anche i vasi afferenti ed efferenti e successivamente può finire col trasformare in modo analogo quasi tutti i vasi arteriosi e venosi (e in parte anche i capillari) della corteccia e anche della midollare, in forme in cui è prediletta dai depositi la tonaca media dei vasi.
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RENE
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Anche le membrane proprie dei canalicoli urinari, specialmente nella midollare, sono impregnate dall'amiloide, talvolta persino in modo anche più imponente delle pareti vasali (osservazione dell'autore in un caso di osteomielite cronica). Secondo ROMANYI la sostanza amiloide, specialmente con colorazioni al Rosso Congo, presenta birifrangenza alla luce polarizzata. Secondo E. FAHR dà fluorescenza, sotto l'azione dell'acido cloridrico o in seguito a colorazione con rosso Congo 0 Tripaflavina. Con la colorazione per i grassi con Sudan III o con rosso scarlatto è molto spesso dimostrabile una reazione positiva nei glomeruli, specialmente in quelli in cui l'occlusione è molto estesa. Accanto a questi depositi di sostanze evidentemente di natura proteica nelle pareti vasali e nelle membrane basali dei tubuli, in moltissimi casi si notano spiccate alterazioni degli epiteli canalicolari, che, individuate già da tempo, sono state da FAHR definite come « degenerazione grassa ed a gocce jaline ». RANDERATH, con i suoi vasti e fondamentali studi sulla nefrosi in genere e sulla amiloidosi del rene, ha portato nuove basi per l'interpretazione di queste alterazioni, che son già state discusse nella parte generale del capitolo sulle nefrosi. I depositi a gocce jaline sono di solito abbondanti e facilmente dimostrabili (essi si colorano in rosso chiaro con l'eosina, in blu o blu-violetto con i coloranti per la fibrina, con l'Azan, in rosso, blu o verde (GOLDNER) a seconda dell'intensità); possono però anche regredire o mancare del tutto, specialmente nel rene grinzo amiloide. Essi vengono definiti come coacervati di albumina (passaggio allo stato sol allo stato gel, BUNGENBERG DE JONG) e si formano dall'unione di corpi albuminoidei riassorbiti con i mitocondri delle cellule epiteliali (ZOLLINGER). Una lesione cellulare, non è dimostrabile dapprima (anche se può sopravvenire più tardi). Verrà in altra sede chiarito se accanto all'immagazzinamento puro di albumina esiste anche una « degenerazione a gocce jaline genuine » nel senso di FAHR e anche di HALLEN, come in base ad alcuni reperti nelle nefrosi acute (nefroblaptosi) non è del tutto improbabile. Nell'amiloidosi le gocce jaline sono il prodotto di un immagazzinamento dal lume canalicolare. Secondo RANDERATH si tratta di sostanze estranee al sangue, di tipo globulinico, che vengon escrete nei glomeruli, anche se questa escrezione si può dimostrare solo raramente. Per lo più le formazioni di cilindri nei canalicoli sono intense e possono essere occlusi la maggior parte dei tubuli, sia nella corticale che nella midollare. L'epitelio di tali canalicoli, soprattutto nella corteccia, è spesso appiattito. Non è raro trovare anche una dilatazione delle sezioni più alte del nefrone per intenso accumulo di cilindri nella midollare, cosicché originano quadri marcati di nefroidrosi (fig. 265). I tubuli dilatati sono spesso qui ripieni di stampi di contenuto albuminoideo e i loro epiteli appiattiti. RANDERATH e FRESEN danno notizia di depositi di cristalli nell'amiloidosi renale. Questi si trovano negli epiteli, nei lumi canalicolari urinari e 52
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KAUFMANN
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soprattutto nel tessuto interstiziale (endoteli dei vasi linfatici). Essi vengono indicati come cristalli paraproteici-lipoidei; non sono identici ai cristalli che si possono trovare nella sostanza amiloide e neppure danno reazioni dell'amiloide. Attorno ad essi si possono formare granulomi contenenti cellule giganti. L'amiloidosi del rene è dovuta, secondo RANDERATH, ad una precipitazione amorfa delle paraproteine che si trovano nel circolo sanguigno allo stato di « preamiloide liquido ». Questo può anche trovarvisi sotto forma di
Fig. 265. Nefrosi amiloide. Fitto addensamento di cilindri jalini nella midollare del rene. Uomo di 63 a. Aut. N. 736/55.
coacervati di albumina, anche se più raramente che nel rene da plasmocitoma, nel lume dei vasi. Queste proteine, attraverso il processo di filtrazione, giungono in parte nei canalicoli, mentre un'altra parte si deposita nei tessuti. Nel passaggio attraverso le anse glomerulari, vengono assunte sostanze grasse, che possono poi venire riassorbite dal lume negli epiteli. I cilindri rimasti in quantità variabile nei tubuli, danno reazione in parte positiva al rosso Congo; sono dunque perlomeno vicini all'amiloide. RANDERATH vede il primitivo processo in una formazione di albumina (non in una distruzione), e pensa a relazioni col sistema plasmacellulare. Lascia aperta la questione sul modo come avvenga la precipitazione di questa paraproteina come amiloide. È da pensare a processi di precipita-
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zione, che LOESCHKE e LETTERER hanno ammesso alla base della loro tesi nella genesi dell'amiloide e che viene sottolineata da MOLLER. Se si vuol includere il rene amiloide fra le nefrosi, esso appartiene più alle glomerulonefrosi che alle malattie tubulari. Ciò che avviene nei tubuli è qualcosa di secondario, che inizia con un immagazzinamento di albumina e che può finire con una distruzione delle cellule. Sotto questo profilo esso appartiene alle vere nefrosi, la cui essenza RANDERATH ha indicato in un'aumentata permeabilità delle anse glomerulari. La malattia fondamen-
Fig. 266. Reni grinzi amiloidi (peso 60 e 90 g). Uomo di 63 a. Aut. N. 736/55.
tale è, prima del rene, nel plasma sanguigno (anche se non si è dimostrata una particolare forma di globuline atipiche nel sangue), o nelle sedi di formazione delle sostanze albuminoidee ematiche (cfr. HARTMANN). E strano come sia poco manifesta nel quadro clinico la riduzione dei lumi vasali, specialmente nei glomeruli. Si osserva raramente ipertensione; in ogni modo non la si trova prima di arrivare al rene grinzo. RANDERATH ascrive alla occlusione spesso considerevole dei canalicoli per la presenza di cilindri minima importanza rispetto al plasmocitoma, mentre BELL la ritiene responsabile dell'insorgenza dei segni dell'insufficienza. Il rene grinzo amiloide è dovuto specialmente alla progressiva obliterazione di glomeruli. I canalicoli relativi divengono atrofici, il tessuto connettivo prolifera e mostra talora reazione parvicellulare. L'intero rene si
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può notevolmente rimpicciolire. Nei primi stadi è caratterizzato da irregolari retrazioni, con infossamenti che si distinguono dal tessuto circostante vitreo-lardaceo per un colore più rosso. Più tardi la superficie può farsi liscia o finemente rugosa (come nella fig. 266, in cui il peso dei reni era di 60 e 90 g). In questo caso non si potè stabilire nessuna malattia fondamentale (e anche in un secondo caso di reni grinzi amiloidi col peso di 220 g). Il peso del cuore nel primo caso era di 360 g nel secondo di 480 gr. In un terzo caso (di reni grinzi amiloidi in bronchiectasie con peso di 160 g) il cuore pesava 330 g. Clinicamente non c'era ipertonia.
Fig. 267. Aspetto microscopico del rene grinzo amiloide della fig. 266. Glomeruli addensati quasi completamente atrofici. Atrofia di alto grado dei tubuli. Lo stroma è aumentato e infiltrato da cellule.
Nel quadro clinico vediamo (non in modo regolare) nel rene grinzo amiloide segni di insufficienza, con isostenuria, azotemia, che infine può p a s s a r e in u r e m i a
(DANISCH, HÜCHEL,
KÜHNEL,
DIXON, MARK e
ROSEN-
THAL, BELL). La pressione del sangue può aumentare considerevolmente, ma può anche essere normale o bassa. Certamente però si riscontrano in minor numero casi con ipertensione (WILLER). Tra i 21 casi della tabella 35 con grave amiloidosi (di Bell) se ne riscontra soltanto uno con pressione sanguigna superiore a 200. Secondo BERBLINGER ha in ciò importanza l'amiloidosi del surrene corrispondente, il cuore ora è ipertrofico, ora è di peso normale (vedi sopra). Nella tabella 35 di BELL con amiloidosi del
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821
RENE
rene di alto grado il peso del cuore raggiunge in media i 350 grammi. Per altro vi sono solo 5 casi nei quali il peso di entrambi i reni è al di sotto dei 200 grammi. Il quadro microscopico può assomigliare molto a quello del rene grinzo arteriosclerotico (fig. 267) e solo le reazioni amiloidi svelano la causa della obliterazione dei glomeruli e della trasformazione j alina delle pareti vasali. Le alterazioni tubulari possono in questi stadi essere di ben scarso rilievo; in ogni modo per ciò che concerne l'immagazzinamento a gocce jaline e la steatosi, evidentemente perché attraverso i glomeruli obliterati non può essere eliminata albumina. In primo piano sta la notevole atrofia dei canalicoli, che è da attribuire ad una scarsa circolazione sanguigna. L'urina può in questi casi aumentare (MÜNK) e non contenere più così elevata quantità di albumina, e niente cilindri. Riguardo all'amiloidosi da siero di cavallo (anche nei reni), vedi WEIDLICH, lavori sperimentali
s o p r a t t u t t o di LOESCHKE, LETTERER, SCHNEIDER;
sopra il contenuto basofilo nel lobo anteriore dell'ipofisi BERBLINGER, HÖPPLI,
LITTNA.
Nella paramiloidosi dei reni possono occasionalmente essere interessati anche piccoli vasi e glomeruli; una grave malattia che porti all'insufficienza renale non si riscontra (APITZ). Dettagli sulla paramiloidosi nel sistema urogenitale, vedi in BURSELL.
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y) La nefrosi da plasmocitoma È strettamente imparentata con l'amiloidosi renale e rappresenta la forma più marcata delle paraproteinosi, nelle quali corpi albuminoidei estranei al sangue, che non sono assimilabili dall'organismo, vengono, dopo che sono penetrati nel plasma sanguigno eliminati attraverso i reni, e in questo richiamano il quadro della nefrosi. Dove si formano le paraproteine, soprattutto in riferimento ai plasmocitomi (mielomi multipli), vedi la parte svolta da R O T T E R e B Ù N G E L E R (sangue e organi emopoietici). L'eliminazione avviene attraverso i glomeruli, nei cui spazi capsulari occasionalmente si possono dimostrare ammassi di albumina ( A P I T Z ) , 0 formazioni di cristalli albuminoidei ( A R N O L D ) . Come risulta dai lavori fondamentali di A P I T Z , B R A S S , R A N D E R A T H , che concordano con i reperti clinici di M A G N U S - L E V Y , W U H R M A N N e W U N D E R L Y , la paraproteinemia si distingue particolarmente per la sua azione sui reni, per la comparsa di coacervati di albumina ( B U N G E N B E R G D E J O N G , W A L L G R E N , M E Y E R ) , di cristalli ( L Ò H L E I N , K L E I N E , G U N N - M A H L E , S I K L ) , che non dimostrano birifrangenza, e di cilindri ricchi di albumina nel lume canalicolare (con 0 senza cellule giganti), attraverso accumuli di albumina a gocce jaline e cristalline negli epiteli tubulari e attraverso precipitati a gocce j aline e cristallini nel tessuto connettivo interstiziale (fìg. 268). B R A S S ha dimostrato che si possono trovare
IL
RENE
823
anche nei lumi dei vasi sanguigni gocce di albumina jalina, in parte in conglomerati, e cristalli. Il rene allora si ingrossa per lo più considerevolmente (BELL, ELLENBECK, ZOLLINGER), i canalicoli si d i l a t a n o (nefroidrosi, EHRICH) (fig. 269),
il loro epitelio è appiattito, in degenerazione 0 in rigenerazione con formazione di cellule giganti sinciziosimili (ALLEN) e si può riscontrare spesso anche un'atrofia a focolai dei canalicoli, che non è necessariamente vascolare o glomerulare (ALLEN).
Fig. 268. Nefrosi da plasmocitoma
con cristalli proteici. Colorazione per la fibrina sec. Weigert. Donna di 69 a. A u t . N. 590/55.
L'eliminazione di albumina è generalmente considerevole. Tra le specie di albumina che passano attraverso il glomerulo ha speciale importanza il corpo di Bence-Jones, per le sue proprietà fisico-chimiche (precipitazione con riscaldamento dell'urina a 55 0 e dissoluzione con ulteriore aumento della temperatura). Esso però si trova solo in una parte dei casi (secondo WUHRMANN circa nel 50 % , ALLEN fino al 70 %-8o %) per cui si debbono considerare difficoltà a dimostrarlo (JACOBSON e WILNER). È questo quindi se presente, un sintomo importante (APITZ); dalla sua mancanza però nell'urina non si debbono trarre conclusioni contro la presenza di plasmocicitomi (mielomi). Nel materiale della Clinica Medica di questo ospedale
824
APPARECCHIO
URINARIO
(prof. WEICKER) colpì il fatto negli ultimi anni che malgrado la presenza di plasmocitomi sicuri e accertati autopticamente, o plasmocitosi più diffusa, mancasse non solo il corpo di Bence-Jones nell'urina, ma anche mancassero completamente alterazioni renali (cliniche e microscopiche) (V. anche ZOLLINGER). Dunque certamente non ogni formazione plasmocitomatosa porta alla nefrosi. Accanto al corpo di Bence-Jones (o in sua vece) possono essere eliminate anche altre paraproteine (che però clinicamente non si distinguono dalle normali, ma si distinguono soltanto per la forma-
Fig. 269. Corticale renale in corso di plasmocitoma generalizzato. Diffusa dilatazione I lumi contengono ammassi proteici coagulati granulosi.
dei
tubuli.
zione di precipitati, cristalli, e attraverso depositi nei tessuti) e corpi albuminoidi inalterati (SANDKUHLER). Gli ultimi non sembrano però essere immagazzinati dagli epiteli e perciò non portano al quadro istologico della nefrosi. Dall'albumina amiloidea si distinguono nel plasmocitoma le paraproteine per il fatto che i loro cristalli non contengono nessuna componente lipoidea. Che esse però siano imparentate con le proteine e che siano molto simili nelle dimensioni molecolari si deduce dal fatto che vengono depositate allo stesso livello nel nefrone. Occasionalmente vi è formazione di paraamiloide nei plasmocitomi, anche se è rara la concomitanza (APITZ, B R A S S , WUHRMANN, s e c o n d o A L L E N c i r c a n e l 6 % ) .
Del resto osservazioni di HARTMANN e MUCKE (vedi inoltre cristalli di emoglobina nelle gravi emo- e mioglobinurie pag. 771) dimostrano che pos-
IL RENE
825
sono comparire occasionalmente anche formazioni di cristalli albuminoidei nel rene senza dimostrabili p l a s m o d i orni (e senza amiloidosi). Non si può giungere ad una conclusione più precisa sulla causa della formazione delle paraproteine. Che non si tratti di un disturbo congenito del ricambio si deduce dal fatto che la nefrosi è principalmente una malattia dell'età media e a v a n z a t a . In favore dell'importanza delle plasmacellule nella formazione di corpi albuminoidei abnormi stanno i reperti di cristalli albuminoidei e di depositi di paraamiloide nei tumori stessi, così come la formazione di vacuoli e di inclusi (corpuscoli di Russel) nelle plasmacellule, che vengono interpretati in parte come processi di secrezione, in parte come processi di immagazzinamento (APITZ, BRASS, RANDERATH). A n c h e i rapporti dell'amiloide neoplastiforme con gli ammassi locali di plasmacellule potrebbero essere interpretati in tal senso, m a anche come reazione del tessuto circostante. Così ROTTER e BÙNGELER, dopo una estesa esposizione della letteratura ritengono che il disturbo del metabolismo dell'albumina con formazione di paraproteine (nel fegato?) sia il processo primitivo al quale segue la formazione di plasmocitomi 0 di più diffusa plasmocitosi nel senso di una iperplasia reattiva (vedi voi. I/i, pag. 996). L a paraproteinemia costituisce un sovraccarico notevole per la funzione
renale.
HOEPKER,
ARMSTRONG,
BOUSSER,
VERNANT
e
POISSON
se
ne sono occupati particolarmente. APITZ e BELL mettono in evidenza la notevole tendenza all'insufficienza renale e vedono, con RANDERATH e ALLEN, la sua origine essenzialmente nell'ostruzione dei canalicoli per la presenza di cilindri, che porta infine alla atrofia dei canalicoli e al rene grinzo. Ciò concorda con l'ipotesi di BOHNENKAMP e EHRICH sull'importanza della nefroidrosi. Certamente però giuoca in tal caso un ruolo molto i m p o r t a n t e a n c h e l a glomerulonefrosi
(HOEPKER,
ELLENBEK,
BRASS)
che
deriva dal passaggio di albumina attraverso le pareti capillari e una nefrite interstiziale (ZOLLINGER) O sclerosi. U n a parte dei processi interstiziali che portano alla sclerosi è, secondo APITZ, condizionata dall'infiltrazione del tessuto interstiziale con l'urina che ristagna nei canalicoli urinari. T u t t o il processo morboso viene indicato da APITZ come nefrosi da immagazzinamento. Noi preferiamo vedere riservato il termine di nefrosi o nefroblaptosi da immagazzinamento a quei processi in cui una sostanza tossica eliminata dai glomeruli raggiunge, per deposito ed accumulo negli epiteli dei tubuli, quel grado di concentrazione che danneggia la v i t a delle cellule e porta alla necrosi degli epiteli tubulari. Nel rene da plasmocitoma la lesione decisiva sta non nell'immagazzinamento intracellulare dei corpi albuminosi, m a nel loro ispessirsi intratubulare con occlusione dei lumi e disturbi della filtrazione glomerulare. Se si osservano ora i tre quadri descritti di nefrosi vera, cronica, si può affermare con sicurezza che nel rene il glomerulo è la parte dell'organo colpita per prima, sia che esso sia leso nelle sue anse capillari (come vorremmo
826
APPARECCHIO
URINARIO
ammettere per la lipoidonefrosi), sia che vi sia un disturbo primitivo del ricambio dell'albumina, che porta a formazione di proteine a basso peso molecolare, che attraversano le pareti dei capillari e giungono così nei canalicoli. E merito di R A N D E R A T H aver trovato che questa elevata permeabilità dei capillari glomerulari è il fattore decisivo della nefrosi. E una questione di nomenclatura il fatto se si debba parlare di glomerulonefrosi anche quando lo stesso glomerulo non è leso, ma permeabile soltanto a proteine a basso peso molecolare. Siccome però in ogni caso si può arrivare più tardi ad un rigonfiamento delle pareti con una minore pervietà dei lumi, come vediamo soprattutto nella nefrosi amiloidea, ma anche nella nefrosi lipoidea, non vi è nulla da obiettare contro il concetto della glomerulonefrosi. Gli epiteli canalicolari prendono dapprima parte attiva al processo solo nel senso di immagazzinamento. Il sovraccarico delle cellule da parte delle proteine porta poi ad una lesione delle cellule, con degenerazione e sfaldamento ( R A N D E R A T H ) . A l contrario delle nefroblaptosi (le nefrosi acute), nelle quali la lesione primaria colpisce l'apparato tubulare, la vera nefrosi deve essere quindi riconosciuta, secondo R A N D E R A T H , come malattia glomerulare con elevata permeabilità delle pareti delle anse capillari.
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c) M A L A T T I E D E I R E N I D A I N F L U E N Z E
NERVOSE
Che la funzione dei reni sia soggetta a regolazioni nervose è stato già brevemente trattato nel capitolo sull'anatomia e fisiologia (pag. 604). I reni sono attraversati da un sistema di fibre nervose, che entrano nell'organo con il peduncolo, e che si risolve in un finissimo sincizio nervoso, che avvolge tutti i vasi sanguiferi fino ai più fini capillari. Secondo NONNENBRUCH (il quale cita PH. STÒHR) questo sistema regola anche i canalicoli urinari. MYLDER nega fibre secretorie e ammette solo l'esistenza di fibre vasomotrici. Tra i fenomeni che dimostrano nel modo più univoco influenze periferiche riflesse di natura nervosa è da menzionare innanzitutto l'anuria riflessa, che si riscontra con particolare frequenza dopo incuneamenti di calcoli nell'uretere e che colpisce anche il rene con uretere pervio. Il sovrariempimento della vescica urinaria o il suo svuotamento improvviso, interventi operatori sul rene o sull'apparato genitale o anche in altre sedi della cavità addominale, possono portare a disturbi funzionali identici, che talvolta possono essere eliminati con iniezioni di novocaina, e con ciò mostrare l a l o r o c a u s a n e r v o s a (HOFF, W I L D B O L Z , J . F R E Y , B E C H E R , S U T E R , I L L Y É S ,
NIKOLICH, HORSCH). In seguito ad esperimenti su animali, l'anuria riflessa non può essere provocata senza lesione del parenchima del rene controterale
(LICHTENSTERN).
Gli esperimenti di TRUETA e Coli, hanno mostrato che allacciando le estremità posteriori o eccitando lo sciatico si può arrivare all'abolizione della funzione renale e che subentra un netto disturbo dell'irrorazione sanguigna intrarenale. Potrebbe sembrare che l'anuria riflessa nell'uomo sia solo questione di irrorazione sanguigna dei reni, come sostenuto da ORMOND e BEST, secondo i quali tra anuria riflessa e lower nephron-nephrosis vi è una differenza solo di tempo e di grado. E. e F. FREY hanno insistentemente sottolineato (in base ad esperimenti di F. FREY) il parallelismo tra i vasomotori intrarenali e le diverse forme della secrezione dei reni e vedono l'influsso dei nervi del tutto prevalente per la loro azione sui vasi renali. Secondo le ricerche di SCHNEIDER e WILDBOLZ anche il denervamento del rene provoca notevole aumento dell'irrorazione sanguigna. E con questo è però in contraddizione il risultato di esperimenti di SPRIN-
8a8
APPARECCHIO
URINARIO
GORUM, secondo i quali nell'anuria provocata per via riflessa non è necessario che l'irrorazione sanguigna dei reni sia alterata. Si dovrebbe perciò pensare, se i risultati verranno confermati, a speciali influenze nervose secretorie. Il rene con anuria riflessa mostra non di rado alterazioni anatomiche, che dimostrano che esso, prima della cessazione acuta della funzionalità, non era completamente normale (ISRAEL); tuttavia BAETZNER potè riscontrare reperti anche completamente negativi. Questo lo sostiene soprattutto HAVLICEK, che afferma che anche dopo un'anuria di giorni, riflessa, mortale, il quadro microscopico del rene può presentarsi normale. Questo si potrebbe considerare una prova di un puro arresto di secrezione; può però anche essere inteso come un corto circuito intrarenale della circolazione sanguigna, con esclusione dei glomeruli, come ritiene HAVLICEK (vasa privata e vasa pubblica). Esempio di una tale « anuria riflessa »: uomo di 57 anni con calcolo dell'uretere sinistro, il cui allontanamento dalla vescica non riesce. 4-6-54 nefrectomia sinistra: calcolo che non si può asportare mediante cateterismo. Grave pielonefrite cronica. Al terzo giorno dopo l'intervento si blocca la escrezione del rene destro (quantità di urina 700-450 cc, poi per tre giorni anuria completa. Aumento dell'azoto residuo a 104 mgr %). L ' i 1-6 exitus. Grave colite uremica. Il rene destro non mostra all'infuori di isolate cicatrici prive di importanza funzionale, nessun reperto patologico. Glomeruli privi di sangue. Non stasi di urina né nefrite interstiziale. Diagnosi anatomica: anuria riflessa con uremia. Recentemente SARRE e MOENCH hanno ottenuto, con iniezioni di olio di croton nella zona dei gangli renali, gravi nefrosi necrotizzanti (con albuminuria ed ematuria), che vengono ritenute conseguenti ad una ischemia sperimentale per via nervosa. In alcuni esperimenti appropriati la reazione fortemente infiammatoria alterò, per formazione di una grave perinefrite, il giudizio sulla patogenesi. Più significative mi sembrano perciò le lesioni renali menzionate nel capitolo «Disturbi della circolazione» (pag. 669), che subentrano quando si pone un manicotto Gelitta imbevuto di Arterenol intorno al peduncolo del rene. Insorgono qui reazioni infiammatorie che potrebbero portare ad uno strozzamento meccanico della irrorazione sanguigna, come pure trombosi vasale. E si raggiungono lesioni del parenchima di tutte le gradazioni, da infarti parziali fino a necrosi a focolaio dei tubuli contorti. Essi evidentemente sono il risultato della irritazione dei nervi simpatici e degli spasmi vasali in tal modo prodotti e possono venire paragonati alle necrosi corticali simmetriche. Possono servire come esempio le tre figure 270, 271 e 272. La figura 270 mostra un infarto renale circoscritto cuneiforme, incompleto, dopo l'azione di un tale manicotto di Arterenol. Esso rimase 25 ore. Intervallo fino all'uccisione dell'animale 93 ore.
IL
RENE
829
F i g . 270. I n f a r t o r e n a l e i n c o m p l e t o c u n e i f o r m e in c o n s e g u e n z a d e l l ' a z i o n e d e l l ' a r t e r e n o l sul p e d u n c o l o renale. E s p e r i m e n t o O 77 1. R a t t o .
Fig. 271. N e c r o s i dei t r a t t i p r i n c i p a l i in c o n s e g u e n z a d e l l ' a z i o n e d e l l ' a r t e r e n o l sul p e d u n c o l o r e n a l e . E s p e r i m e n t o O 78 1. R a t t o .
83O
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URINARIO
Nella fìg. 271 non si è determinato un infarto, però una gran parte dei tubuli contorti, particolarmente sensibili all'ischemia, è necrotica, mentre i glomeruli sono rimasti illesi. Il quadro ricorda nefroblaptosi tossiche da immagazzinamento; soltanto le necrosi in questo caso non sono di solito così diffuse (come, p. es., nel rene da sublimato o da Viomicina), ma più a focolaio. Un ultimo stadio (con intervallo di 5 settimane) è rappresentato dalla fìg. 272. Qui, nel territorio del focolaio ischemico, si è arrivati alla cicatrizzazione, mentre i canalicoli in parte andavano in necrosi completa, in parte si sono atrofizzati e mostrano altri segni di incompleta rigenerazione; infiltrazione cellulare del tessuto interstiziale con passaggio a cicatrizzazione.
Fig. 272. Focolaio ischemico meno recente nella corteccia renale per azione dell'arterenolsul peduncolo renale. Latenza di 5 settimane. Esperimento O 82 1. Ratto.
Non sarà qui trattata più particolarmente la questione del disturbo a genesi centrale della secrezione renale (v. cap. « Osservazioni fisiologiche » e i trattati e manuali di fisiologia patologica). Per emorragie dei glomeruli a genesi centrale v . nei disturbi della irrorazione sanguigna.
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d) R E M E G H I A N D O L E
ENDOCRINE
Questo capitolo contiene solo brevi accenni, poiché una particolareggiata trattazione si trova in TONUTTI e F A S S B E N D E R . Una raccolta dei più importanti riferimenti in H E I N T Z e H O F F , inoltre in J O R E S e Z O N D E K .
a) Ipofisi Il lobo posteriore dell'ipofisi contiene una sostanza, la adiuretina, che riduce la diuresi per aumento del riassorbimento dell'acqua e dei sali nei tubuli. La formazione della sostanza avviene, secondo le ricerche di R A N S O N , B A R G M A N N , ORTMANN e H I L D , nei nuclei dell'ipotalamo, soprattutto nel nucleo sopraottico. In seguito a deficit dell'ormone per distruzione del lobo posteriore (con integrità del lobo anteriore), o per processi morbosi nei nuclei nell'ipotalamo (encefalite, febbre petecchiale), insorge il quadro del diabete insipido. In tal caso non si ha un'alterazione anatomica del rene. Il fatto che nella distruzione totale dell'ipofisi non si verifichi il diabete insipido potrebbe mostrare l'importanza del lobo anteriore nella formazione dell'urina, forse nel senso della produzione di un ormone promovente la diuresi, come dimostrano occasionalmente anche osservazioni cliniche (v. H A N N , R I C H T E R , R A N S O N , H E I N T Z ) . Per il diabete insipido nefrogeno (familiare, soprattutto nei bambini) vedi E L L B O R G e FORSSMAN.
/3) Surrenali Il deficit della corteccia surrenale ha per conseguenza una diminuzione della filtrazione glomerulare. Anche la corrente del plasma nei reni può
APPARECCHIO
«32
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essere ridotta. L'eliminazione di sodio e cloro può aumentare negli ammalati di Addison, mentre è alterato il riassorbimento del sodio. Così nel morbo di Addison si può giungere, specialmente se col vomito si hanno perdite notevoli, ad una ipocloremia e ad essiccosi, che nelle crisi di Addison possono portare ad iperazotemia. Prescindendo dagli ultimi casi, che possono avere come conseguenza il quadro della lesione renale ipocloremica, nell'insufficienza dei surreni il rene dev'essere considerato anatomicamente normale, come hanno già posto in evidenza nel 1939 GUTTMAN, BARKER, GERSH e
GROLLMAN.
y) Ghiandole paratiroidi Chiarissimi e morfologicamente evidenti sono i rapporti tra i reni e le ghiandole paratiroidee, comprensibili per il fatto che entrambi gli organi sono inseriti nella maniera più intima nel metabolismo minerale. S e c o n d o r i c e r c h e di T W E E D Y , CHILCOTE e PATRASS, T W E E D Y e CAMPBELL,
HARRISON, JACOBOS e VERBANCK, sotto l'effetto del paratormone la escrezione dei fosfati nell'urina aumenta per il fatto che, secondo HARRISON e HARRISON, il riassorbimento del fosfato nei canalicoli viene inibito. EGER e GELLER videro dopo estirpazione delle paratiroidi una evidente diminuzione dell'azione della fosfatasi alcalina nei canalicoli urinari, e mettono questa in rapporto con i disturbi della escrezione dei fosfati. Altri autori (FAY, BEHRMAN e BUCK) pensano più a influssi diretti del paratormone sul ricambio del calcio. A l contrario, a quanto pare, una insufficienza renale può una stasi di fosfati (ALBRIGHT e Coli.) O per la formazione di (in seguito a insufficiente formazione di N H 3 ad opera dei reni) samento del tasso del calcio nel sangue, un'attivazione delle (KATASE,
FAZEKAS,
EGER,
creare, per una acidosi con abbasparatiroidi
RUTISHAUDER).
Si comprende in tal modo come sia iperplasie primarie delle paratiroidi (p. es. formazioni tumorali) esercitino la loro azione sulla funzione (e la struttura morfologica) del rene, sia anche lesioni primitive dei reni influenzino l'attività delle paratiroidi e in tal modo agiscano sui depositi principali del calcio dell'organismo cioè sulle ossa. Le alterazioni renali legate ad un iperparatiroidismo primitivo consistono essenzialmente in calcificazioni (metastasi calcaree) nel parenchima renale (vedi a pag. 725), le quali si possono repertare sia nelle pareti vasali che nelle membrane basali dei tubuli (vedi fig. 104 nel voi. I/i). Vengono osservati anche cilindri calcarei nei canalicoli. In seguito alle alterazioni degli epiteli e alla distruzione delle membrane basali specialmente nella midollare si giunge a processi infiammatori di natura reattiva, localizzati nell'interstizio con formazione di granulomi e si realizza la impervietà dei canalicoli
IL
833
RENE
efferenti. In tal modo si possono alla fine sviluppare raggrinzamenti renali anche se non troppo frequentemente (vedi ALBRIGHT, BAIRD, COPE e BLOOMBERG,
ALBRIGHT,
BAUER
e ANDERSON
così come
NORRIS).
L a tendenza alla formazione di calcoli renali è più importante nella iperparatireosi p r i m i t i v a
(ALBRIGHT e Collab., ROGERS e KEATING). P e r
ulteriori dati vedi a pag. 725 al capitolo Nefrolitiasi); i quali agiscono allora sulla funzione escretoria dell'organo e possono favorire infezioni ascendenti. Di maggiore significato pratico è l'effetto, che viene esercitato sul sistema osseo da una insufficienza renale sulle paratiroidi « iperparatiroidismo renale secondario ». A tale argomento ha fatto per primo cenno MCCALLUM. Ricerche sistematiche sulle paratiroidi di cadaveri di portatori di lesioni renali
croniche
(BERGSTRAND,
ALBRIGHT,
WARD, CURTIS e FELLER, GRINZLER e nefropatie],
BERNER,
GILMOUR
DRAKE
e SULKOWITSCH,
JAFFÉ, RULE
e MARTIN,
e GROLLMAN
PAPPENHEIMER
HAY[osteo-
e WILMS,
CA-
STLEMAN e MALLORY, OHNTRUP, GIORDANO, ecc.) h a n n o in n u m e r o s i casi
stabilito la esistenza di iperplasia della ghiandola endocrina (vedi in ALBRIGHT e REIFENSTEIN, EGER). A d eguale risultato condussero lavori sperimentali, che attraverso lesioni meccaniche ( JARIET e Collab. RUTISHAUSER) e specialmente mediante lesioni chimiche dei reni (RUTISHAUSER, EGER) poterono conseguire evidenti ingrossamenti delle paratiroidi. Come conseguenza di tali lesioni si presentarono, soprattutto nei giovani animali, alterazioni ossee con i caratteri della « osteodistrofia fibrosa » (RECKLINGHAUSEN), lesioni che mancavano allorquando le paratiroidi fossero state in precedenza asportate (EGER). Tale osservazione porta a far comprendere l'essenza della osteodistrofia renale (anche nell'adulto), del nanismo renale e delle alterazioni affini nella costituzione e nello sviluppo dello scheletro, le quali nei bambini vengono per lo più denominate come « rachitismo renale ». Le lesioni ossee riscontrabili in questa malattia sono trattate nel relativo capitolo (HASLHOFER). Viene sempre più ribadito il concetto (SCHELLACK, BERNER, EGER) che non si tratti di un vero rachitismo, ma di una osteodistrofia fibrosa. Le lesioni renali sono qui sicuramente di natura non univoca (BERNER). Nella maggioranza dei casi viene trovata una nefrite cronica interstiziale ( c o n f r o n t a W E L Z , SCHELLACK, K L U G E ,
HAMPERL e WALLIS,
PETER,
ZOL-
LINGER). In altri casi vengono riscontrate nefrosi (LIGNAC, FANCONI), glomerulonefriti croniche con nefrosi lipoidea (FINKELDEY, MEIER e THÒNES), pielonefrite con passaggio al rene grinzo (LIGNAC, KLUGE). I legami esistenti fra il « rachitismo renale » e l'età infantile e la giovinezza rendono comprensibile come malformazioni congenite dei reni possano eventualmente g i o c a r e u n r u o l o (WELZ, KÒHNE e GELINSKY, BÙNGELER), p e r e s e m p i o i
reni cistici (KRETSCHMER). Sulla importanza di fattori familiari
v. ZOL-
LINGER, FROHNER, WOLGAMOT. S e c o n d o FAHR q u a d r i d i p i e l o n e f r i t e cro53 — Kaufmann I I , p. I
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APPARECCHIO URINARIO
nica possono insorgere sulla base di un incompleto sviluppo congenito dei reni (nefrite ipogenetica), come siffatti disturbi dello sviluppo possono anche predisporre alla insorgenza di altre malattie dei reni (sclerosi maligna, glomerulonefrite) ( A S K U P M A R K , P A T R A S S I ) . Anche disturbi primitivi del metabolismo per esempio del ricambio della cistina ( B E U M E R e W E P L E R , B E U M E R e H Ü C K E L ) potrebbero giocare una parte importante per mezzo di influenze secondarie sui reni. In tutte queste malattie renali (degli adulti e dei bambini) va però sottolineato che esse non hanno assolutamente come conseguenza regolari alterazioni dello sviluppo e della formazione scheletrica. Deve inoltre intervenire ancora, evidentemente, un particolare fattore. Secondo ALBRIGHT si tratta del fatto che sia i glomeruli che i tubuli renali vengono danneggiati nella loro attività funzionale (mentre i processi puramente tubulari conducono alla osteomalacia renale). L'interpretazione viene confermata da ÜHLINGER e messa in dubbio da E G E R . Il grado del danno renale dunque potrebbe giocare un ruolo importante — soprattutto per la sua influenza sulla eliminazione dei fosfati —. Non deve essere qui discusso se sia importante una generale meiopragia congenita (non soltanto dei reni, ma anche del sistema osseo), come viene ammesso da L O E S C H K E e HOTTINGER. Il momento decisivo nella origine del « rachitismo renale », del « nanismo renale » e della « osteodistrofia renale » spetta certamente alle malattie dei reni con le loro azioni sul metabolismo minerale e pertanto sulle paratiroidi. Il decorso della alterazione del ricambio minerale può in qualche modo essere ricostruito nei seguenti termini ( H E R B E R T , M I L L E R e RiCHARDSON): — aumento del fosforo plasmatico — caduta del calcio plasmático — attivazione delle paratiroidi — decalcifìcazione e distorsione della struttura dell'osso. Un ruolo sostanziale viene anche attribuito alla acidosi, che si verifica a causa della insufficienza dei reni ( R U T I S H A U S E R , EGER). Per una dettagliata illustrazione delle ipotesi e per la suddivisione delle osteonefropatie vedi in H U G H E S e GISLASON. Che le paratiroidi non mostrino sempre dal punto di vista anatomico evidenti alterazioni nel corso di malattie ossee di origine renale è ammesso anche nel lavoro di B E R N E R . Talora in queste alterazioni del ricambio organico si giunge alla calcinosi massiva, per esempio nei pressi delle articolazioni ( B R O W N e GINSBURG, B U R K H O L D E R e B R A U N D ) .
ò) Ghiandola tiroide
Poche sono le conoscenze sulle alterazioni renali nelle malattie della tiroide. L'ipertiroidismo si accompagna ad una esaltata eliminazione di calcio e di fosforo senza che le cause di tale fatto siano conosciute (ZONDEK).
IL
RENE
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L a situazione opposta noi osserviamo nello stato di ipofunzione della tiroide. N e l mixedema B E A U M O N T e R O B E R T S O N dimostrarono u n abbassam e n t o della « U r e a clearance », che secondo C O R C O R A N e P A G E si ricollega a d u n a diminuzione dell'irrorazione sanguigna dei reni. M A R I N O produsse mediante intossicazione di conigli con tiroxina u n a glomerulonefrosi con esaltata permeabilità delle anse capillari e con conseguente accumulo e degenerazione degli epiteli tubulari.
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1953-
CAPITOLO
VII
LA NEFRITE Sotto la denominazione di nefrite, prescindendo dalle forme direttamente condizionate dagli agenti piogeni, vengono raccolte, secondo le vedute predominanti, innanzi tutto due distinti gruppi di malattie infiammatorie, di cui l'uno interessa principalmente il glomerulo e viene definito come « glomerulonefrite », mentre l'altro gruppo mostra come sede principale delle alterazioni il tessuto interstiziale intertubulare « nefrite interstiziale ». Entrambe le affezioni portano i caratteri di processi infiammatori, vale a dire esse sono distinte dalla presenza di processi essudativi e proliferativi. Il quesito, che qui senza dubbio si impone, è sull'estensione da dare al concetto di « infiammatorio ». Nella letteratura francese (vedi la suddivisione fatta da G A U T H I E R S - V I L L A R S e J E A N M A R T I N nel Trattato di
IL
RENE
837
Medicina, Vol. X I V , 1949) si parla anche di una nefrite epiteliale e di una nefrite a predominanza vascolare (sotto questa denominazione è sostanzialmente da intendere la nefrosclerosi maligna) ed ALLEN considera, come si dovrà discutere più oltre, le alterazioni della eclampsia e della nefrosi lipoidea come « glomerulonefrite acuta membranosa », nell'ambito delle malattie infiammatorie. Qui di seguito si seguirà innanzi tutto lo schema di FAHR e si parlerà di più fini differenziazioni del medesimo (specie da parte di ELLIS). Che anche nella letteratura tedesca le delimitazioni non sempre vengano tracciate in modo netto risulta dalla revisione delle malattie renali compiuta da W. FREY nel Trattato di Medicina Interna, 4 a edizione 1951, dove l'Autore enumera fra le cause della nefrite anche le intossicazioni esogene, come il piombo e il CO, quindi ovviamente forme, le quali non presentano carattere infiammatorio vero e proprio. Le malattie renali di natura flogistica che colpiscono il glomerulo ed il tessuto interstiziale sono fondamentalmente da separare le une dalle altre, anche se resta fermo in modo preciso che nella glomerulonefrite si possono presentare processi infiammatori del tessuto interstiziale intertubulare come manifestazioni concomitanti, che essi compaiono proprio regolarmente, e che d'altra parte il processo infiammatorio primitivamente localizzato all'interstizio non sempre lascia del tutto indenni i glomeruli. Alle alterazioni dei tubuli viene oggi attribuito in genere il carattere di fenomeno secondario e viene rifiutato il termine di nefrite « parenchimatosa » o « tubuläre ». È merito di REICHEL (1905) aver posto la distinzione fra glomerulonefrite e nefrite interstiziale.
1. L A G L O M E R U L O N E F R I T E Anche in questo capitolo sono nuovamente da tener distinte due diverse forme anatomiche, cliniche e patogenetiche: la glomerulonefrite diffusa e la glomerulonefrite a focolai. Nella forma diffusa, per lo meno nello stadio iniziale, sono colpite da flogosi tutte le anse del glomerulo, mentre nella forma a focolaio il processo morboso si estende solo ad una parte delle anse capillari. Il concetto di forma diffusa e a focolaio si riferisce quindi in primo luogo alla diffusione delle alterazioni nel singolo glomerulo, e secondariamente al fatto che nella forma diffusa in fase precoce si ammalano pure tutti i glomeruli di entrambi i reni e il processo è dunque diffuso anche in relazione al rene in toto, mentre nella glomerulonefrite a focolai si repertano sempre numerosi glomeruli inalterati, i quali conservano la normale funzione (HUCKEL).
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Anche dal punto di vista clinico viene giustificata la divisione fra la forma a focolai e quella diffusa. L a prima è generalmente un fenomeno concomitante (relativamente privo di importanza) di un processo infettivo, settico o tossico, nel quale l'affezione renale può essere veramente, dal punto di vista diagnostico, importante, m a raramente il quadro morboso domina, così come avviene di regola nella glomerulonefrite diffusa. Sarà ancora più avanti ripreso l'argomento per vedere quanto siamo oggi autorizzati — particolarmente sulla base dei risultati sperimentali — a tracciare un limite netto fra le due forme morbose.
a) L A G L O M E R U L O N E F R I T E
DIFFUSA
Distinguiamo tre stadi, acuto, subacuto e cronico con passaggio al cosiddetto rene grinzo secondario (infiammatorio). Mentre la glomerulonefrite acuta diffusa si dimostra un fatto morboso in sé sufficientemente circoscritto con un substrato anatomico tipico, che viene a guarigione completa, oppure conduce ad ulteriori molteplici alterazioni anatomiche spesso di natura del tutto diversa, il passaggio dallo stadio subacuto a quello subcronico e da questo ancora a quello cronico è più fluido. L a durata dei singoli stadi può essere molto diversa, cosicché spesso non è possibile dal quadro terminale macro- e microscopico dei reni trarre conclusioni sulla durata della malattia. I processi di raggrinzamento possono eventualmente, già 5 mesi dopo l'inizio della malattia, essere più rilevanti che dopo anni dalla comparsa dei primi sintomi. E anche degno di nota il fatto che lo stadio cronico si può instaurare subdolamente e lentamente (vedi in particolare E L L I S ) senza che vi siano stati i segni allarmanti di un inizio acuto e che l'attacco acuto si può osservare in mezzo a periodi stazionari da tempo ora più ora meno lungo.
a) Lo stadio acuto della glomerulonefrite diffusa Si tratta di quella forma di affezione renale che secondo la opinione generale è la meglio definita nel suo decorso clinico e nel suo quadro anatomico, ma che nella sua patogenesi comprende ancora la maggior parte di quesiti insoluti. D i regola la gl.nefrite acuta inizia, come soprattutto hanno dimostrato le esperienze con « la nefrite da campo » durante entrambe le guerre mondiali, con edemi a insorgenza inaspettata, ematuria, albuminuria, diminuzione della quantità di urina ed elevazione della pressione arteriosa. Di
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solito questa m a l a t t i a viene preceduta —
i n t e m p o di p a c e —
da
infezione
(tonsillite,
tracheo-
delle
vie
aero-digestive
superiori
faringite,
ima
b r o n c h i t e ) , c e s s a t a l a q u a l e (per lo p i ù d o p o c i r c a 2-3 s e t t i m a n e d a l s u o inizio), si i n s t a u r a n o i f e n o m e n i renali. L a scarlattina
rappresenta una frequente
m a l a t t i a p r e n e f r i t i c a . N e l l a nefrite da campo spesso l a m a l a t t i a p r e c e d e n t e d i n a t u r a i n f e t t i v a m a n c a : a l c o n t r a r i o in t a l i f o r m e n o n r a r a m e n t e si oss e r v a u n a n d a m e n t o e p i d e m i c o o e n d e m i c o , c h e n e l l e n e f r i t i d e l t e m p o di p a c e n o n si r i s c o n t r a (vedi c a p i t o l o s u l l a n e f r i t e d a c a m p o a p a g . 868). Dallo stadio iniziale della m a l a t t i a così descritto si distinguono numerose deviazioni: 1) La forma iperacuta, rapida, in parte addirittura con il q u a d r o di un a v v e l e n a m e n t o , molte v o l t e con disturbi della coscienza e convulsioni e che conduce fino alla morte (HERXHEIMER, HÙCKEL). E s s a venne descritta nella prima guerra
mondiale
da
DIETRICH,
BEITZKE,
OBERNDORFER,
HERXHEIMER,
più
t a r d i v e n n e c o n f e r m a t a d a LITZNER, d a HEILMAN e d a H Ù C K E L a n c h e p e r il
t e m p o di pace. Quest'ultimo A . h a pubblicato nel 1929 e nel 1932 due osservazioni di siffatta forma, l ' u n a che interessava una donna di 39 anni e l'altra una r a g a z z a di 16 anni; delle quali il primo caso v e n n e a morte in 29 ore e il secondo in tre giorni. L a causa della morte fu scoperta solo attraverso la ricerca microscopica. A p p u n t o con riferimento a tale esperienza è dimostrato come p u ò essere importante esaminare minuziosamente, nei casi di morte i m p r o v v i s a per causa sconosciuta, i reni, che spesso non lasciano scorgere alcunché di sospetto all'esame macroscopico. 2) Le forme mono- od oligosintomatiche, nelle quali compare ora soltanto l'edema, ora una insufficienza i m p r o v v i s a di cuore, ora una casuale dispnea. N e i successivi esami possono in seguito comparire anche altri sintomi — per esempio: a u m e n t o della pressione sanguigna — , m a fanno difetto i sintomi renali propriamente detti: «nefrite senza n e f r i t e » (NONNENBRUCH, HOFF). Sembra che questa f o r m a sia comparsa molte volte nell'ultima guerra mondiale come nefrite d a campo. 3) I casi a decorso lento ed
inosservato.
Se si esamina l'anamnesi di malati ricoverati in istato di nefrite cronica, si constata sempre più che non si h a cenno nella anamnesi di una fase acuta, poiché le affezioni si presentano in m o d o subdolo dall'inizio, senza che si sia verificata una ematuria riconoscibile dal malato stesso. Tale esperienza h a condotto quindi a far introdurre dagli A u t o r i inglesi una particolare « classificazione d e l L o n d o n - H o s p i t a l », s e c o n d o l a q u a l e (ELLIS, E V A N S e W I L S O N ) u n T i p o
i°,
che si instaura per lo più dopo un f a t t o infettivo, si distingue per l'inizio imp r o v v i s o con evidente ematuria, edemi lievi o di media entità e con gravi disturbi generali e colpisce in prevalenza l ' e t à giovanile, mentre il T i p o 2° è caratterizzato da inizio lento e subdolo, d a edemi m a r c a t i e dalla assenza di ematuria, di regola non p e r m e t t e di individuare una infezione preesistente e preferisce meno n e t t a m e n t e l ' e t à giovanile. Mentre il primo tipo nell'82 % dei casi esita in guarigione dell'attacco acuto, gli A u t o r i osservarono quasi sempre nel 2 0 tipo il passaggio ad una lesione cronica dei reni con esito letale. Questo tipo di affé-
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zione renale può soprattutto creare difficoltà per un giudizio diagnostico peritale, perché la fase acuta talora è lontana negli anni ed è decorsa senza alcun sintomo, per cui la sua esistenza sfugge nei precedenti storici. B E R G S T R A N D considera questo 2° tipo più fra le nefrosi che dipendono da alterazioni del ricambio dell'albumina, nelle quali le lesioni renali rappresentano qualcosa di secondario (analogamente alla glomerulonefrite diabetica e alla nefrosi amiloide). A me sembra che tale quadro non si adatti completamente al 2 0 tipo descritto da
ELLIS.
Il quadro macroscopico della glomerulonefrite acuta è poco caratteristico. I reni sono molte volte leggermente ingrossati, mostrano un colore talora slavato o rosso-bruno sporco e possono essere cosparsi sulla superficie esterna di punti emorragici simili a punture di pulce. Quando esistono tali aspetti, la diagnosi di gl.nefrite acuta (diffusa o a focolai) non è difficile, anche se si possono certamente osservare quadri consimili nella nefrosclerosi maligna. Nei casi senza componente emorragica mancano però le punteggiature ematiche. Allora soltanto un certo ingrossamento dei reni con un disegno uniformemente sbiadito può indirizzare verso un processo infiammatorio acuto. In altri casi manca qualsiasi alterazione degli organi, riconoscibile ad occhio nudo. I glomeruli, che nei reni normali di regola sono appunto individuabili senza lente come punticini rossi, nella gl.nefrite acuta per il loro scarso contenuto sanguigno appaiono tutt'al più come formazioni finissime di aspetto vitreo. Il quadro microscopico nei casi già evoluti è assai caratteristico. A t traverso i lavori di L A N G H A N S , N A U W E R C K , L O H L E I N , H E R X H E I M E R , F A H R , e H Ü C K E L ci è noto come il prototipo delle alterazioni viene ancora oggi espresso nel modo migliore secondo lo schema descrittivo dato da H Ü C K E L nel 1941 nell'ultima edizione di questo T r a t t a t o che riproduce la descrizione di L O H L E I N . Tale descrizione dice così: « 1) Di regola si reperta un notevole aumento di volume di tutti o di quasi tutti i glomeruli, aumento che dipende in sostanza da dilatazione o dall'allungamento di tutte le loro anse capillari. 2) Si riscontra per solito una deviazione dalla norma del contenuto delle anse, le quali o non dimostrano affatto nessun contenuto di globuli rossi oppure ne contengono soltanto una quantità assai scarsa. Il lume dei capillari marcatamente dilatato contiene elementi cellulari ora più ora meno numerosi, ma sempre in numero assai notevolmente aumentato rispetto alla norma. Questi ultimi sono in parte leucociti polinucleati, in parte cellule di tipo endoteliale. Esse giacciono in un sistema reticolare per lo più abbastanza delicato, di natura in apparenza plasmatica, ma non sempre bene determinato. Oltre a ciò talvolta si riscontra nelle anse una quantità più o meno considerevole di grasso o di sostanza similgrassosa. 3) Di solito si presentano con intensità molto variabile alterazioni degli endoteli dei glomeruli, le quali vanno da una lieve tumefazione, fino ad una evidente proliferazione e desquamazione.
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4) La cospicua ricchezza in nuclei dei corpuscoli del Malpighi, che costituisce una particolare caratteristica della gl.nefrite acuta, dipende in primo luogo dall'aumento degli elementi cellulari posti nell'interno delle anse. 5) Si repertano iniziali alterazioni desquamative a carico degli epiteli dei canalicoli contorti di i° ordine. Nel lume dei tubuli contorti di 2° ordine, più raramente anche negli altri canalicoli della corteccia, si osservano in quantità variabile cilindri ialini, talvolta — parimenti con estensione molto varia — conglomerati di globuli rossi ».
Fig. 273. Glomerulonefrite acuta. Glomeruloingrossato, ischemico. Assairicca proliferazione degli endoteli capillari (secondo un preparato gentilmente concesso dal prof. K R A U S P E e appartenente alla collezione di F A H R ) .
Dei reperti istologici, possono essere considerati i più importanti e più caratteristici: a) il rigonfiamento e l'ipernucleosi dei glomeruli, b) l'ischemia delle anse capillari sovente con tumescenza delle anse e con raccolta di componenti plasmatici nell'interno delle anse stesse, c) chiari processi degenerativi (glomerulonefrosi di Fahr) sotto forma di tumefazione e caduta degli endoteli capillari o degli epiteli glomerulari e sotto forma di imbibizione delle membrane basali. L a moltiplicazione dei nuclei (si deve giudicare su sezioni sottili altrimenti si giunge a false conclusioni!) si reperta prevalentemente, secondo la opinione generale, nell'interno dei capillari e deriva dall'accumulo di leu-
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cociti e dalla proliferazione di endoteli (mitosi vedi in G R O S S , H A R T Z e Collab.), dove prevale per la massima parte l'ultima manifestazione, mentre la prima, specialmente mediante la reazione della ossidasi, è obiettivabile più facilmente ( G R À F F ) (fig. 2 7 3 ) . Soltanto J O N E S sottolinea più nettamente le prime alterazioni del mesangio e considera le cellule mononucleate proliferate come istiociti (non come endoteli). La ischemia dei capillari viene interpretata dall'A. come secondaria alla permanente adesione di leucociti (alle pareti capillari) e alla compressione delle pareti stesse ad opera della diffusione del processo negli spazi intercapillari. Attraverso il rigonfiamento delle anse e l'aumento numerico generale delle cellule, il glomerulo può assumere una grossezza tale da essere fortemente compresso entro la capsula di Bowman oppure questa fa ernia e, specialmente nei preparati in paraffina, lo spazio, avente forma di fessura compreso fra il glomerulo e la capsula, altrimenti bene riconoscibile (dilatato per il raggrinzamento) scompare quasi completamente. Non raramente si riscontra fuoriuscita di elementi sanguigni dalle anse capillari nello spazio della capsula (plasma, eritrociti, leucociti) con penetrazione degli elementi stessi nei canalicoli urinari. Così noi osserviamo gruppi di tubuli contorti ripieni di globuli rossi freschi, per cui si formano nella corteccia in sede sottocapsulare le « punture di pulci » puntiformi, sovente particolarmente poliedriche, di colore rosso o rosso-cupo. Altri canalicoli contengono ammassi di albumina a forma di nubecole, le quali evidentemente sono passate attraverso la parete capillare dei glomeruli nei canalicoli stessi. In questo stadio della gl.nefrite acuta si riscontrano talvolta nei vasi afferenti rigonfiamenti con steatosi degli endoteli come pure occasionalmente formazioni trombotiche ( G A R R E I S - D Ó L L I T Z S T U R M ) . Sulle alterazioni dei tubuli si dovrà ritornare più oltre. Il processo a carico dei glomeruli mostra quindi, da un punto di vista patologico generale, tre caratteristiche: a) un disturbo circolatorio, che consiste in una deficiente irrorazione sanguigna e in un accumulo di leucociti nei capillari. b) un processo essudativo con imbibizione plasmatica delle pareti capillari e fuoriuscita di essudato albuminoideo con leucociti ed eritrociti nello spazio capsulare. c) un processo proliferativo con proliferazione di endoteli, forse anche degli epiteli e delle cellule del mesangio, così come più tardi degli epiteli del foglietto capsulare parietale. È da ammettere già fin da ora che queste alterazioni eterogenee e parziali non sempre divengano evidenti con espressioni anatomiche eguali. Così già F A H R sottolinea che ora sono predominanti i processi essudativi ora quelli proliferativi e che per la comparsa dei primi il processo abbia decorso più acuto e più tumultuoso. Nella letteratura anglo-americana si tenta di differenziare più nettamente le singole forme e di sovrapporle a dif-
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ferenti quadri clinici o tipi di decorso. Così B E L L distingue: a) la glomerulonefrìte diffusa proliferativa, di gran lunga la più frequente, nella quale l'ingrossamento e la proliferazione degli endoteli capillari domina completamente il quadro e condiziona anche la sintomatologia clinica attraverso l'impedimento della circolazione sanguigna, mentre passano del tutto in seconda linea gli ammassi di leucociti; b) la glomerulonefrìte essudativa, nella quale invece i capillari glomerulari, gli spazi capsulari e numerosi tubuli sono ripieni di leucociti e si possono formare persino « ascessi glomerulari »; c) la forma emorragica, che comprende un « tipo benigno » (per la prima volta descritto da BAEHR), nel quale vi è soltanto la eliminazione di sangue senza che si repertino altri segni di nefrite, mentre nella « forma grave » può sopravvenire nel corso di emorragie massive per rottura di capillari, la morte per uremia acuta, che BELL spiega con la occlusione dei tubuli ad opera del sangue. Mentre la forma essudativa e quella emorragica benigna praticamente hanno esito sempre in guarigione; BELL riscontrò nella forma proliferativa acuta la morte nel 5-10 % durante l'attacco acuto e in circa il 40 % mise in rilievo il passaggio nelle forme a decorso cronico, mentre soltanto il 50 % perveniva alla guarigione in fase acuta. In ordine d'importanza statistica secondo BELL la glomerulonefrìte acuta proliferativa sta del tutto in primo piano. Analoga è la suddivisione di A L L E N in 4 forme principali: 1) glomerulonefrìte acuta proliferativa diffusa; 2) gl.nefrite acuta essudativa diffusa; 3) gl. nefrite acuta emorragica diffusa. A queste si aggiunge come 4 0 tipo, una gl.nefrite acuta diffusa necrotizzante con necrosi delle anse capillari e dei vasi afferenti e con formazioni trombotiche dei vasi glomerulari. Infine viene citata come 5 a forma la gl.nefrite membranosa acuta, quale viene descritta nel rene da eclampsia e negli stadi precoci della nefrosi lipoidea, quindi quadri patologici, che noi includiamo piuttosto nelle glomerulonefrosi (o in generale nelle nefrosi). In merito alla prognosi delle singole forme bisogna soprattutto accennare alle esperienze di A D D I S . I rapporti fra quadro clinico ed anatomico vennero posti in risalto nel modo più evidente dagli Autori prima citati del London Hospital (soprattutto da ELLIS) . Il primo tipo si distingue nelle fasi iniziali per la proliferazione delle cellule endoteliali con fuoriuscita di leucociti nelle capsule di Bowman; a tali processi subentrano nei casi che non guariscono, formazioni a « semiluna » degli epiteli capsulari. Il tipo viene denominato come extracapillare e viene in prevalenza considerato benigno. A d esso sta di fronte il tipo 2 0 , assai più maligno, che si instaura in modo subdolo, che comporta caratteri meno infiammatori e che in sostanza consiste in un ispessimento « ialino » delle pareti capillari. Questo tipo decorre innanzi tutto con una esaltata permeabilità per l'albumina e porta perciò a forti perdite di sostanze proteiche ed a edemi e, più tardi, alla impervietà dei lumi capillari, che determina una ischemia renale e con ciò si produce il meccanismo della ipertensione. Il 2° tipo viene designato con il termine di forma intracapillare della gl.nefrite ed è considerato dal punto di vista prognostico come una forma incerta e sovente maligna.
Esaminando queste distinte rappresentazioni del quadro anatomopatologico della gl.nefrite acuta, si giunge alla conclusione che i concetti
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di BELL e di ALLEN in sostanza collimano con quelli degli Autori tedeschi, quand'anche la differenziazione in forma proliferativa ed essudativa sia fatta risaltare in modo più netto e una forma emorragica della infiammazione venga rappresentata come qualche cosa di particolare, mentre il 2° tipo di ELLIS cade fuori dalla cornice delle usuali descrizioni morfologiche, poiché in esso la importanza delle proliferazioni endoteliali viene completamente posta in seconda linea di fronte al concetto di un danno primitivo della membrana basale dei capillari. Appare anche del tutto comprensibile come nello studio dei casi acuti questa forma descritta da ELLIS si sottragga alla osservazione, poiché essa si instaura in modo subdolo, non conduce alla ematuria ed innanzi tutto si mette in evidenza solo con gli edemi. E se si pone mente che molti casi di lesioni renali croniche iniziano in modo inosservato, e mostrano una anamnesi remota muta, allora tale circostanza sarebbe del tutto compatibile con il concetto della sua derivazione dal 2° tipo. Di questo avviso è SCHALLOK, il quale riferisce sulla propria esperienza su 17 casi di « gl.nefrite intracapillare », i quali però giunsero tutti all'esame nello stadio cronico. L'Autore potè infatti confermare con certezza che fra i casi di gl.nefrite che terminano con l'uremia il tipo intracapillare prevale sugli altri, così come potè affermare che essi, come sopra si è sottolineato, sono stranamente poveri di sintomi, oppure completamente muti nella loro anamnesi remota. Il quesito è soltanto il seguente: tali casi originano effettivamente seguendo lo schema di sviluppo del tipo 2 0 della classificazione del London Hospital oppure si sviluppano dalla forma proliferativa con proliferazioni degli endoteli e cioè in definitiva dal I° tipo, come ammise FAHR e come più tardi dovrà essere di nuovo prospettato in modo più esteso? ENTICKNAP e JOINER non riconoscono un limite netto fra la i a e la 2 a forma. Nella insoluta questione gioca una parte anche il problema nefrite-nefrosi. Per ELLIS questa separazione non ha logicamente più nessun significato. Il 2 0 tipo corrisponde di più a quello, che si dovrebbe designare come glomerulonefrosi, per la quale (vedi la parte sulla nefrosi lipoidea a pag. 807) il rigonfiamento e la « metamorfosi ialina » delle pareti capillari con esaltazione della loro permeabilità e successivo restringimento dei lumi — forma mista secondo ALLEN — sono le note caratteristiche. ZOLLINGER si pronuncia però contro la eguaglianza delle due forme morbose e mette in risalto come fattore decisivo i processi di proliferazione e di slaminamento delle membrane basali nella gl.nefrite intracapillare. L a questione potrebbe forse essere chiarita qualora venissero alla osservazione stadi del tutto precoci della gl. nefrite acuta. Tale evenienza diviene un fatto relativamente frequente nel i ° tipo di ELLIS oppure nella gl.nefrite acuta proliferativa od essudativa degli altri Autori, in quanto che le infezioni acute che la condizionano (vuoi scarlattina o altre malattie da streptococchi) conducono già di per se stesse alla morte e per ciò possono
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permettere l'osservazione degli stadi precoci della malattia renale, come reperti collaterali. I reperti di cui sopra possono occasionalmente essere reperiti anche perché in altri casi la ipertensione instauratasi acutamente può condurre a morte per sovraccarico del cuore. Tali fatti non si verificano nel 2 0 tipo di ELLIS, in quanto che questa forma non tende a siffatti inizi drammatici, mai conduce a morte in modo acuto e quand'anche ciò accadesse, il riconoscimento della malattia renale come inizio di una gl.nefrite intracapillare a decorso subdolo incontrerebbe considerevole difficoltà. Che cosa si riconosce nei casi precoci 0 precocissimi? Brevi o più dettag l i a t e descrizioni f u r o n o c o m p i u t e d a LÓHLEIN, DIETRICH, BEITZKE, OBERNDORFER,
HERXHEIMER,
GROSS,
HUCKEL,
FAHR
BELL
(forma
subclinica),
DUNN e G R A Y , LITZNER e HEILMANN, e si riferiscono a m o l t i casi, che se-
condo i segni clinici non hanno avuto durata maggiore di un solo o di alcuni giorni. In questo caso è da tener presente che la malattia funzionale ed anche anatomica dei reni non ha bisogno di produrre nei suoi primi inizi manifestazioni cliniche così evidenti, per le quali gli ammalati debbano ricorrere alle cure del medico. Nella maggior parte dei casi di « gl.nefrite iperacuta », in cui la morte intervenne in modo improvviso (DIETRICH), essa si verificò con la comparsa di crampi, oppure dopo grave obnubilamento, quindi in una « uremia con crampi » (pseudouremia), nella quale potè talvolta essere dimostrato un edema cerebrale, che faceva difetto in altri casi. E perciò del tutto possibile che la nefrite in una parte di questi casi si sia sviluppata più lentamente, ma che sia passata dal quadro subclinico a quello clinico, con la produzione di manifestazioni eclamptiche. REICHEL, AUFRECHT, SÓRENSEN, LÒHLEIN h a n n o in t a l m o d o d i m o -
strato che anche nella scarlattina, nella quale i primi sintomi renali di regola si stabiliscono circa tre settimane dopo la comparsa dell'esantema, l'inizio delle alterazioni anatomiche renali si deve trasferire in una più precoce fase della malattia. Parimenti HUCKEL in un uomo di 24 anni, che morì tre giorni dopo l'inizio della scarlattina, trovò una tipica glomerulonefrite recente. A d onta di ciò, è naturalmente importante vedere quale sia il reperto anatomico in questi casi, che conducono a morte in modo così imprevisto. Di comune senza eccezione di leucociti e al descrizione del
accordo la ricchezza in nuclei (ipernucleosi) venne quasi attribuita alla proliferazione degli endoteli e all'accumulo rigonfiarsi dei glomeruli. Certe differenze sussistono nella contenuto sanguigno entro le anse. Secondo BEITZKE,
FAHR, HUCKEL, DUNN e GRAY le anse capillari sono, per lo m e n o in p a r t e ,
ampie e intensamente ripiene di sangue, secondo HERXHEIMER una porzione delle anse capillari si mostra marcatamente iperemica, mentre altre parti si palesano ischemiche. RICKER considera la peristalsi dei capillari glomerulari come il fenomeno iniziale. La maggior parte degli Autori sottolinea però l'ischemia dei glomeruli come uno dei segni più significativi (DIETRICH nella p l u r a l i t à dei suoi casi; OBERNDORFER, GROSS, LÒHLEIN).
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BELL si esprime contro la descrizione data da DUNN e da GRAY asserendo che le loro ricerche non si fondavano su nessun caso effettivamente recente. Egli stesso ha riscontrato sempre come primo fenomeno le proliferazioni endoteliali, le quali però — nei casi cosiddetti subclinici — ancora non bastavano a determinare occlusione delle anse. HUCKEL sottolinea nella sua osservazione del 1937 la particolare iperemia dei vasi afferenti. Come primo fenomeno dunque (FAHR) sembra che si verifichi una forte iperemia delle anse glomerulari, la quale però (secondo HERXHEIMER) trapassa molto rapidamente in una anemia. In questo giudizio io credo che non si possa eludere una osservazione di patologia generale che è la seguente: siamo in linea generale autorizzati dal quadro microscopico osservato dopo la morte a trarre deduzioni così estese sulla situazione funzionale dei piccoli vasi di un organo in vita? Noi sappiamo che la iperemia acuta infiammatoria, che denominiamo attiva, congestizia, di regola dopo la morte scompare, poiché essa viene a stabilirsi attraverso una irritazione dei vasodilatatori. Noi riconosceremo una iperemia da paralisi vascolare o da stasi; la iperemia di una erisipela, di una enterite acuta o di una tracheite non si possono dimostrare in modo chiaro oppure escludere né macroscopicamente né alla osservazione istologica. Io penso perciò che la questione della iperemia dei capillari glomerulari negli stadi precoci della gl.nefrite non ha l'importanza che ad essa si è attribuita per comprendere l'essenza della malattia. Però accanto a questi casi precoci propri della gl.nefrite comune, essa potrebbe avere ora caratteri piuttosto di tipo proliferativo oppure essudativo, che noi dovremmo in ogni modo attribuire al i ° tipo secondo lo schema di ELLIS; osserviamo alcune descrizioni che accennano ad alterazioni di altro tipo e sono sembrati qualche cosa di particolare ad osservatori esperti come HERXHEIMER. Tali sono per esempio i casi X V I e X V I I di quest'ultimo Autore, a proposito dei quali egli a pag. 417 scrive (abbreviato): glomeruli ingrossati, in parte iperemici, in parte ischemici. Endotelio soltanto in modico grado proliferato. Leucociti non eccessivamente abbondanti. « Di contro le anse sono sede di evidente rigonfiamento ialino nelle loro pareti ed ispessite ». E a pag. 473: L a medesima descrizione con termini pressoché uguali. Analoghi reperti presentano in parte i casi di DIETRICH ed anche l'osservazione di HUCKEL dell'anno 1929 mi sembra che qui sia da annoverare, per cui HUCKEL stesso definisce discutibile se sia possibile una sicura differenziazione fra gl.nefrite e gl.nefrosi. Io vorrei però ammettere che si abbia a che fare, in quei casi, con fasi iniziali del tipo 2 0 di ELLIS. Forse oggi anziché di « ispessimento ialino » si dovrebbe piuttosto parlare di « imbibizione di plasma ». In ogni modo il punto difficile da comprendere non consiste nella moltiplicazione cellulare e nella proliferazione endoteliale, m a nell'ispessimento e nel rigonfiamento della membrana basale, fatti questi che si potrebbero forse
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interpretare come una forma dell'infiammazione sierosa. Ma nelle descrizioni di H E R X H E I M E R viene pure fatto ripetutamente cenno ad una certa moltiplicazione dei leucociti e degli endoteli. Il quesito successivo deve essere così formulato: la alterazione glomerulare sopra descritta negli stadi precoci della malattia deve designarsi come vero -processo infiammatorio ? In tal caso v a espressamente sottolineato che con il termine di « infiammazione » viene designato soltanto qualcosa di puramente formale; il che non ammette alcuna deduzione sulle cause del processo. Per riconoscere un processo come flogistico è necessaria secondo la concorde opinione degli studiosi la dimostrazione di una alterazione tessutale, di una iperemia, di un processo essudativo e proliferativo (in cui tutti i fenomeni non hanno sempre bisogno di essere presenti contemporaneamente). La alterazione deve essere dimostrata sotto forma di disturbi locali del ricambio nelle cellule del glomerulo con degenerazione grassa a piccoli granuli, rigonfiamenti, tendenza alla cariolisi, necrosi ed esfoliazioni cellulari, sempre presenti anche se solo in esigua entità. Che gli endoteli dei capillari subiscano danni molto rilevanti, emerge dal fatto che appartiene all'essenza della gl.nefrite nei suoi ulteriori stadi di sviluppo, l'osservazione che le anse, private del loro endotelio, sono occluse e si trasformano in cordoni ialini. Per quanto riguarda il problema della iperemia vedi quanto è sopra accennato. In molti casi non sussiste alcun dubbio circa una proliferazione degli endoteli capillari, come per esempio viene comprovato dai reperti di mitosi ( G R O S S , H A R T Z e Collab.). Ma la essudazione ? Un accumulo di leucociti nei capillari non costituisce ancora un processo essudativo. Si chiama essudazione un fenomeno di fuoriuscita di liquido albuminoideo con o senza migrazione di cellule dai vasi. Tale fatto significa esaltata permeabilità delle pareti capillari per sostanze che altrimenti, per lo meno in quantità, non possono oltrepassare la parete. Ciò è dimostrabile nella gl.nefrite acuta? Nelle forme cosiddette essudative ed emorragiche non esiste alcun dubbio su ciò. Nelle forme, più frequenti, a carattere nettamente o principalmente proliferativo la comparsa di albuminuria, la quale in pratica non manca quasi mai e della quale noi sappiamo che deriva dai capillari glomerulari, indica una esaltata permeabilità della parete e quindi una alterazione flogistica della stessa. L'urina con albumina contiene, per così dire, l'essudato delle anse glomerulari. E questo essudato mescolato o meno con elementi cellulari, si lascia dimostrare anche quasi di regola nello spazio delle capsule di Bowman (anche se non di tutti i glomeruli). Oppure quando ciò non si verifica, noi osserviamo almeno che le pareti delle anse si rigonfiano e divengono ispessite; esse vengono descritte come « ialine » (cioè a dire prodotte dalla imbibizione di albumina plasmatica), allungate e rigide. Questa alterazione localizzata nella membranella basale dei capillari è da considerarsi già come una essudazione conseguente alla accentuata permeabilità degli endoteli capillari lesi. E questa forma di essudazione fissata alle pareti dei capillari si riscontra in tutte le forme di gl.nefrite acuta, anche nel tipo II di ELLIS. La differenza è piuttosto nella cronologia del processo e nella gravità della lesione delle pareti.
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Da un punto di vista patologico generale non esiste dunque alcun dubbio che il processo localizzato ai glomeruli sia da definire « infiammatorio ». Esso ha per ciò una particolare caratteristica, quella per cui nel maggior numero dei casi la fase proliferativa si instaura molto precocemente e predomina molto presto. Tale fatto deve avere particolari motivi, che possono risiedere nella causa di tutto il fenomeno morboso, ma anche nella specifica reazione dei tessuti glomerulari e forse sono anche legati alla specifica funzione dei glomeruli quale apparato di filtrazione. La partecipazione delle altre porzioni tessutali del rene allo stadio acuto della gl.nefrite diffusa. Tali alterazioni giocano soltanto un ruolo subordinato accanto alle alterazioni glomerulari. Neil'epitelio dei tubuli si riscontra, più o meno chiaramente, un aspetto grossolanamente granuloso del citoplasma, come abbiamo imparato a conoscere nelle nefrosi genuine. Si parla perciò di uno screzio nefrosico. Non raramente gruppi di tubuli possono anche palesare a carico dei loro epiteli un accumulo di sostanza jalina sotto forma di goccioline oppure contengono fini granula:-ioni lipoidee. Secondo il concetto attuale dobbiamo sostanzialmente ricollegare questa alterazione al passaggio di materiale albuminoideo attraverso i capillari glomerulari, nel qual caso l'albumina può agire come mezzo di trasporto dei lipoidi. Non si giunge qui però alla distruzione dei nuclei e dei citoplasmi, quindi a veri processi degenerativi. Questa componente nefrosica può però dare al rene un aspetto patologico più grave dal punto di vista macroscopico. Il rene ha un peso superiore alla norma, appare inoltre notevolmente ingrossato, molle, friabile. L a capsula è tesa e facilmente svolgibile. L a corteccia è torbida, di spessore aumentato, un po' rigonfia, di colore grigiobiancastro o giallognolo, il disegno è confuso oppure, talvolta, per una certa ineguaglianza nei processi di accumulo delle sezioni di singoli canalicoli, può apparire persino più evidente che di norma. Nella forma più grave tutti questi fenomeni compaiono solo negli stadi più avanzati della gl.nefrite diffusa e conducono al quadro del « grosso rene bianco o variegato ». L'ingrossamento dei reni diviene più marcato, quando alle alterazioni tubulari si associano processi infiammatori nell'interstizio. Essi consistono in una imbibizione edematosa del tessuto interstiziale, alla quale possono partecipare migrazioni di leucociti dai capillari intertubulari, specialmente nelle vicinanze dei glomeruli. Tali processi si presentano di preferenza in quelle forme, che noi abbiamo designato più sopra come sottotipo essudativo, mentre nel gruppo delle forme proliferative non solo l'interstizio rimane più indenne, ma anche i tubuli partecipano meno al processo, cosicché l'ingrossamento del rene è soltanto lieve e può essere ancora più difficile riconoscere questa forma della gl.nefrite diffusa macroscopicamente. O b e r l i n g sottolinea la frequente evenienza di tali processi infiammatori interstiziali, che H u c k e l contrassegna come fenomeno concomitante e contrappone alla nefrite interstiziale autonoma; espressione, che anche
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da ZOLLINGER viene ripresa: « nefrite concomitante interstiziale ». Essa si presenta in prevalenza o esclusivamente nelle zone circostanti ai glomeruli ammalati, per cui si parla anche di « periglomerulite ». In ogni caso questi processi concomitanti indicano come nella gl.nefrite diffusa abbiamo a che fare con un processo infiammatorio puro. Osservazioni su alcuni importanti segni clinici della gl.nefrite acuta diffusa. aa) Urina: A D D I S e O L I V E R sottolineano in modo particolarmente marcato l'importanza dell'esame dell'urina per la prognosi sul decorso della malattia, parere questo che potrebbe provocare qualche contraddizione. L a quantità d'urina è di regola diminuita, eventualmente fino all'anuria. Costante è il reperto di albumina nelle urine. Essa deriva dal sangue delle anse glomerulari e può di conseguenza apparire soltanto finché le anse sono aperte, ma sono permeabili alle proteine. (Per questo si repertano le più alte escrezioni nella nefrosi lipoidea, nella quale — per lo meno nei casi genuini — non si arriva alla occlusione dei capillari). M U R P H Y e R A S T E T T E R riscontrarono perdita di albumina fino a 20 gr al giorno. Essi rifiutano di considerare l'alta eliminazione della albumina come un segno prognostico. Lo stesso vale per la fuoriuscita di eritrociti. L'ematuria grossolana è relativamente rara nelle forme proliferative acute, ma è frequente nei tipi emorragici benigni innanzi citati (BAEHR, BELL). Circa il reperto di eritrociti in urine di soggetti con reni normali vedi in A D D I S (riportato da W . FREY). Il colore delle urine nella gl.nefrite acuta è del tutto variabile, di regola è quasi scuro, talvolta torbido, molte volte leggermente o nettamente ematico. Nel sedimento oltre ai diversi sali si repertano, accanto ai suddetti eritrociti, globuli bianchi e cilindri in quantità più o meno abbondante. Questi ultimi, che derivano in sostanza dalla albumina eliminata attraverso i glomeruli, possono però comprendere epiteli sfaldati dei glomeruli e dei tubuli, leucociti ed eritrociti. bb) Edemi: l'idrope della pelle (anasarca) e delle membrane sierose può precedere l'albuminuria (LICHTWITZ) ed è, soprattutto agli inizi, localizzato alle palpebre. Con ciò già si indica come l'edema non sia da spiegare in prima linea come un fenomeno di natura emodinamica. Esso è più ricco in albumina che l'edema da stasi e l'edema nefrosico, corrisponde quindi più ad un essudato che ad un trasudato, e con questo si indica bene come alla sua origine abbia una parte il fattore della esaltata permeabilità dei capillari. Una più severa perdita di albumina del plasma sanguigno si deve rendere manifesta con un abbassamento della pressione oncotica e questo fatto può sostenere la predisposizione all'edema. H O F F ammette che oltre a ciò abbia anche importanza un fattore tessutale che consiste in una aumentata idrofilia. Nello stesso tempo entrano in gioco disturbi dei fattori che regolano il ricambio idro-salino (ritenzione di cloruro di sodio). 54
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cc) Ipertensione: essa è un segno costante, anche se presente non senza eccezioni. Per lo più non è molto elevata (da 140 a 160 mm di Hg, raramente più alta di 200). Particolarmente importante è l'innalzamento della pressione diastolica. L'origine della ipertensione presenta considerevoli difficoltà per la sua spiegazione. Secondo i risultati degli esperimenti di pinzettamento (vedi Voi. I/i sotto ipertonia a pag. 335) essa è condizionata da sostanze pressorie, le quali vengono formate nei reni in seguito ad alterazioni della irrorazione sanguigna dei glomeruli, come una parte degli Autori ha ammesso dopo lo schema interpretativo fornito da VOLHARD (FREY, HAUTSCHMANN, SCHWARTZ). Però la dimostrazione di tali sostanze nel sangue non è possibile ottenerla in modo chiaro (HESSEL, BECHER, HOFF), cosicché viene sempre riposto sul tappeto il concetto se un disturbo nel territorio capillare generale (KYLIN) non possa essere responsabile della origine della ipertensione oppure se non lo siano i disturbi del centro regolatore della pressione sanguigna (NONNENBRUCH). In favore di ciò potrebbe essere anche addotta la circostanza che l'aumento della pressione sanguigna precede non raramente (per esempio nella scarlattina) i sintomi renali (KYLIN, VOLHARD, RICKER), per cui è senza dubbio da prendere in considerazione il fatto che la comparsa dei reperti urinari non debba necessariamente segnare il primo inizio della malattia renale. All'aumento della pressione sanguigna segue automaticamente — fin quando esiste una corrispondente capacità di adattamento — la ipertrofia di cuore, in modo preponderante a carico del ventricolo sinistro, il quale secondo STRAUB si lascia mettere in evidenza già dopo tre settimane. Naturalmente importante è soprattutto lo studio della funzionalità renale. dd) Funzionalità renale: essa viene ora studiata soprattutto con il metodo della « clearance ». Secondo la sintesi fatta da H. SMITH e secondo le grandi raccolte sui risultati di questo metodo elaborate da HAMBURGER, e RYCKEWAERT così come da HILDEN, sono abbassate tanto la corrente del plasma che la grandezza di filtrazione, la quale ultima è però più marcata della precedente. Ciò si dimostra anche nelle ricerche sul rene di MASUGI (vedi a pag. 859), nel quale SARRE, con l'aiuto dell'emodromometro di REIN, constatò una buona irrorazione sanguigna, la quale potè essere dimostrata anche nei capillari glomerulari mediante la iniezione di inchiostro di china. Anche FOUTS, CORCORAN e PAGE giungono ad analoghi risultati ottenendo una primaria iperemia del rene trattato secondo MASUGI, la quale trapassa più tardi in un disturbo della irrorazione sanguigna con più grave alterazione delle anse capillari. In seguito ai disturbi della filtrazione — e alla diminuzione della irrorazione sanguigna, che interviene certamente negli stadi ulteriori — si giunge alla ritenzione di acqua e di cloruro di sodio (il contenuto di cloruro di sodio nelle urine è abbassato). L a ritenzione di azoto nella gl.nefrite acuta non è per lo più troppo alta, in particolare il contenuto ematico di
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prodotti della fermentazione intestinale (indacano, fenolo, ossi-acidi aromatici) di regola non si eleva (HOFF). I crampi di carattere eclamptico, che si possono eventualmente presentare all'inizio della gl.nefrite, non sono accompagnati da una elevazione assai grave dell'azoto residuo; si t r a t t a dunque, in tale forma, non di segni di uremia vera, m a di pseudo-uremia oppure, secondo il suo sviluppo evolutivo di « uremia a c u t a », di « affezione a crampi dei reni », che dal punto di vista anatomico si ricollega con edema o tumefazione del cervello, per cui è possibile giungere all'aumento della pressione liquorale e alla papilla da stasi. LICHTWITZ e FAHR vedono in una ischemia cerebrale il momento scatenante. P u ò forse entrare in gioco anche qui una esaltata permeabilità dei vasi più piccoli. L a falsa uremia cronica, che non presuppone parimenti nessun aumento delle sostanze urinarie nel sangue e che può decorrere silenziosamente senza crampi, dipende sicuramente dalle alterazioni della circolazione cerebrale, ma si osserva meno di frequente nella gl.nefrite acuta che nella nefrite interstiziale
(BECHER,
HOFF).
ee) Il fondo oculare mostra in una parte dei casi di gl.nefrite a c u t a arterie ristrette, papilla torbida — edema della retina e della papilla — ed emorragie poste radialmente. Decorso, esito e prognosi della gl.nefrite acuta. L a gl.nefrite diffusa, che si instaura in modo acuto, con tempestivo e idoneo trattamento può nel maggior numero di casi passare a guarigione completa (VOLHARD). BECHER sottolinea nel 2 0 Volume delle sue malattie renali (pubblicato da VOLHARD dopo la sua morte) che, secondo una statistica di BEST, su 98 casi 96 sarebbero pervenuti a guarigione. I casi mortali nella fase a c u t a nella Clinica di VOLHARD non vennero più osservati negli ultimi anni. Anche il passaggio in malattia cronica dei reni non sarebbe mai stato osservato. Ammoniscono alla prudenza l'albuminuria residua e gli innalzamenti della pressione sanguigna, quando tali reperti vengono osservati ancora molto tempo dopo il superamento della fase acuta. A risultato pressoché analogo giunge ALLEN, il quale soltanto in una scarsa percentuale di casi acuti riscontrò il passaggio alle forme croniche con insufficienza renale. A l t r e esperienze sono però più sfavorevoli. Ricerche molto estese sul decorso e sui sintomi secondari della « nefrite da guerra » furono presentate da PILGERSTORFER. Su 594 casi l'8,7 % divennero cronici e il 21,7 % mostrarono guarigione incompleta. Analoghe sono le cifre riferite da SARRE, secondo il quale di 75 nefriti degli anni 1945-46, nel 1952 circa il 70 % erano guarite e il 18 % erano passate in malattia cronica dei reni. Anche ADDIS ammette il passaggio alla insufficienza renale nel 20 % dei casi. BELL fa una netta distinzione fra le forme primitivamente proliferative, quelle essudative e quelle emorragiche. Mentre il tipo essudativo e quello emorragico « benigno » non palesavano nessuna tendenza a trasformarsi in forme a decorso cronico, egli vide nella gl.nefrite acuta proliferativa diffusa nel 5-10 % dei
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casi sopravvenire la morte nella fase acuta, mentre il 50 % raggiungevano la completa guarigione, e il rimanente mostrò soltanto una guarigione con difetto o passaggio in rene grinzo. Ancora più rigida è la differenziazione prognostica di ELLIS. Tipo I: 82 % DI guarigioni, 4 % di morte nell'attacco acuto, 4 % di decorso subacuto mortale e 10 % di passaggio alla malattia cronica dei reni. Tipo II: 95 % di trasformazione in malattia renale subdola con uremia. Queste sorprendenti differenze nella prognosi sono perciò condizionate dal fatto che BECHER prende le mosse dai casi con inizio acuto (che quindi appartengono al Tipo I di ELLIS) , mentre non sono presi in considerazione quei casi che troppo di sovente vengono alla osservazione del clinico e del patologo, quando cioè i malati presentano già segni di grave malattia cronica dei reni, senza che nella anamnesi possa trovarsi la dimostrazione di una fase acuta nel decorso. Il lento avvio di questo tipo II di ELLIS porta palesemente al fatto che i malati in pratica si presentano in clinica fin dall'inizio con i sintomi della insufficienza renale, in un'epoca, in cui la terapia eziologica giunge troppo tardiva. Per il tipo I ELLIS fa poi osservare che sia una mancanza della ipertensione arteriosa, così come una ascesa della stessa particolarmente accentuata, compromettono la prognosi, la prima perché porta con sé il pericolo della oliguria e della anuria con uremia, e la seconda perché aumenta il pericolo della encefalopatia e della insufficienza di cuore. Riassumendo brevemente, si può dunque affermare che la gl.nefrite diffusa, che si instaura in modo acuto, con un tempestivo e appropriato trattamento ha in complesso una prognosi buona, mentre le forme morbose, che si instaurano fin dall'inizio in modo subdolo hanno una prognosi spiccatamente più cattiva. Perciò sembra che il comportamento della pressione sanguigna — specie quella diastolica — sia per la prognosi più importante che il reperto urinario. Osservazioni sulla interpretazione dell'essenza della glomerulonefrite acuta diffusa. I sintomi cardinali della gl.nefrite acuta diffusa sono: ipertensione, edemi ed alterazioni urinarie (albumina, sangue, cilindri) assieme a disturbi della funzione escretrice dei reni. Venne già indicato dianzi come questi sintomi non sempre siano complessivamente dimostrabili, ma come possano eventualmente mancare del tutto i reperti urinari (« forma di gl.nefrite a decorso extrarenale », « nefrite senza nefrite », NONNENBRUCH) . FAHR respinge in modo deciso, che si debba parlare in tali casi di una nefrite. Il quadro dovrebbe essere chiamato capillaropatia periferica. Non è cosa del tutto rara che l'ipertensione si presenti come primo sintomo (così come talvolta avviene anche nella nefrite da scarlattina, JAHN, KUSTER). Con ciò essa raggiunge una certa posizione di rilievo. Il quadro anatomico dei casi completamente acuti, che sovente terminano inaspettatamente con la morte, mostra assieme alla proliferazione
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degli endoteli, agli accumuli di leucociti nei capillari e ai segni di fuoriuscita di componenti sanguigni nella capsula di Bowman una sindrome istologica la quale è sufficientemente collegata al contenuto di sangue dei capillari glomerulari e viene interpretata come infiammatoria. In tal modo sarebbero spiegate in modo soddisfacente le alterazioni urinarie, ponendole in dipendenza della aumentata permeabilità delle pareti capillari dei glomeruli che interviene con l'infiammazione. La difettosa funzione escretoria dei glomeruli potrebbe essere considerata conseguenza dei disturbi dell'irrorazione sanguigna attraverso i capillari, a causa della proliferazione degli endoteli ( R A N D E R A T H ) . Trova però così una spiegazione t u t t o il complesso sintomatologico della gl.nefrite come malattia generalizzata? Come si giunge alla ipertensione e all'edema? V O L H A R D ammette, come è noto, un primitivo spasmo vasale generalizzato con particolare partecipazione delle arteriole renali e vede in esso la causa della ipertensione, e al di là di questa l'evento che induce e spiega le ulteriori alterazioni della gl.nefrite. Ma tale spasmo dei vasi afferenti non è logicamente visibile nei preparati microscopici né è da escludersi però con sicurezza (in quanto che esso avrebbe potuto scomparire dopo la morte). Le esperienze meno recenti di K L E I N , F I S C H L e soprattutto AuFRECHT, le quali tendevano a spiegare i disturbi della circolazione sanguigna dei reni con una arterite primaria del polo vascolare del glomerulo, devono pure essere considerate come non confermate, così come i reperti di K u c Z Y N S K I e D O S Q U E T di un edema anulare dei vasi afferenti. Un simile reperto viene riscontrato in verità occasionalmente, ma non è in nessun caso tipico della gl.nefrite acuta diffusa (HUCKEL, CORONINI). Inoltre si ha l'impressione che qui in p a r t e esistano confusioni con i reperti dell'apparato iuxtaglomerulare, i quali in quel tempo non erano ancora t a n t o conosciuti. Può essere quindi affermato con sicurezza un solo punto, e cioè che nella gl.nefrite non esiste un substrato anatomico evidente a favore del blocco dei vasi afferenti. In verità, non possiamo escludere la esistenza di uno spasmo sulla scorta dei reperti anatomici, ma non potremmo riconoscere ad esso, qualora in realtà fosse esistente, alcun ruolo importante nella origine delle alterazioni microscopiche della gl.nefrite. Ricerche sulla fisiologia della circolazione compiute da S A R R E con l'emodromometro di R E I N hanno dimostrato in modo evidente che la circolazione sanguigna renale negli stadi precoci della nefrite di MASUGI non è diminuita e che anche il sangue passa effettivamente attraverso i glomeruli (non viene deviato per corti circuiti). Anche i risultati del metodo della « clearance », più sopra accennati ( H . S M I T H , R E U B I ) hanno palesato piuttosto il quadro dei disturbi di filtrazione che di quelli di irrorazione. Con questo non si deve contestare che tali disturbi possano sopravvenire, allorquando si verifica una assai rigogliosa proliferazione degli endoteli
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fino all'impedimento della circolazione attraverso i capillari glomerulari (RANDERATH). Se noi consideriamo le conseguenze dell'impedimento circolatorio artificiale dei reni
(HARTWICH, G O L D B L A T T , CORCORAN e P A G E ,
SELYE), che mai conduce alla insorgenza di una glomerulonefrite, bensì determina tutt'al più una atrofia (collasso) dei canalicoli, deve essere abbandonato il concetto di un primitivo disturbo del circolo sanguigno quale fattore determinante la gl.nefrite secondo il parere di VOLHARD. FAHR ha giustamente indicato ripetutamente che nella eclampsia, nella quale gli spasmi vasali sicuramente entrano in gioco (e possono portare fino alla necrosi corticale simmetrica) interviene una glomerulonefrosi, ma mai una vera e propria gl.nefrite. Conclusione: gli spasmi vasali (che potremmo ritenere causa della ipertensione generale) non porterebbero alla spiegazione delle alterazioni glomerulari nella gl.nefrite acuta, anche ammettendo la compartecipazione delle arteriole renali. Un primitivo disturbo circolatorio dei reni non è dimostrato negli stadi precoci della gl.nefrite. Ma non potrebbe al contrario la malattia del glomerulo avere come conseguenza la ipertensione? FAHR pensa ad un processo di compensazione, che viene attuato dalla impervietà dei capillari glomerulari. Con ciò invece contrastano anche i reperti di SARRE e REUBI e le osservazioni innanzi citate, secondo le quali la ipertensione appare non di raro prima dei sintomi renali. Inoltre non vengono trovate di regola nella gl.nefrite acuta sostanze ad azione pressoria. Per questo si prospettano argomenti diversi per ammettere che la ipertensione nella gl.nefrite acuta non è di natura renale. Come essa però debba altrimenti essere chiarita sfugge completamente alla nostra conoscenza. NONNENBRUCH pensa ad una attuazione a partenza dal diencefalo (vedi VEIL e STURM). Ma ciò non è dimostrato. Tale modo di pensare però indica che forse la gl.nefrite non è una vera e propria malattia renale. Comunque non siamo ancora in grado di spiegare la ipertensione come una conseguenza della malattia del glomerulo. Analogamente difficile è la situazione patogenetica che riguarda l'edema. Lo vediamo sovente comparire in modo del tutto acuto e localizzarsi in sedi ove sicuramente non entrano in gioco fattori emodinamici. Esso non è certamente legato, come avviene tanto di sovente nella nefrosi, alla cospicua eliminazione di albumina con conseguente ipo-albuminemia: può comparire prima della albuminuria, può quindi non essere un sintomo puramente renale (LICHTWITZ). Per questo soprattutto i clinici prospettano sempre con insistenza l'opinione, secondo la quale alla sua origine giochi una parte una lesione generalizzata dei capillari (capillaropatia universale acuta, vedi soprattutto KYLIN e MUNCK). È però diffìcile, come patologi, prendere posizione in tal senso. Come FAHR ha più volte sottolineato, non è possibile dal punto di vista anatomico dimostrare un danno capillare generalizzato. Rimangono pure sovente risparmiati dai processi, che entrano in gioco nella gl.nefrite, persino i capillari intertubulari dello stesso rene.
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L e ricerche di SARRE e di SOSTMANN hanno però dimostrato che nello stadio precoce della gl.nefrite a c u t a esiste a c c e n t u a t a permeabilità dei capillari principali per i liquidi e per l ' a l b u m i n a , permeabilità che non si può più m e t t e r e in e v i d e n z a nelle fasi ulteriori della m a l a t t i a (confronta anche KYLIN e 0 . MÜLLER). A d o n t a di ciò FREY ritiene che u n a diffusa alterazione dei capillari non sia finora s t a t a dimostrata. E g l i considera come fattore più i m p o r t a n t e per la origine degli edemi un particolare s t a t o dei colloidi tessutali, una specie di idrofilia. In ogni m o d o nel p r o b l e m a dell'edema si giunge allo stesso risultato come in quello della ipertensione arteriosa: tali fenomeni non vengono sufficientemente chiariti dalla m a l a t t i a stessa renale ed indicano perciò che la glomerulonefrite diffusa non è una malattia puramente renale, m a che alla sua base sta un f e n o m e n o morboso ben più esteso, che non possiamo ancora comprendere. I l rene a tale processo partecipa visibilmente in m o d o particolare sia in senso q u a n t i t a t i v o che formale, forse perché in esso il c o n t a t t o con sostanze nocive per mezzo della sua funzione escretoria è particolarmente intenso (confronta anche STRAUB, VOIT, HOFF). La eziologia della glomerulonefrite acuta diffusa. L a gl.nefrite diffusa, che si instaura in m o d o a c u t o (Tipo I di ELLIS) si riconduce sempre facilmente ad u n a infezione (batterica). S e m b r a inoltre che giochi u n certo ruolo la sede del focolaio i n f e t t i v o (secondo VOLHARD e VANCURA in 3/4 dei casi nelle tonsille e nell'anello linfatico del faringe). A l di fuori della scarlattina, secondo le a t t u a l i osservazioni potrebbero avere come conseguenza u n a nefrite infezioni d e t e r m i n a t e dai p i ù svariati agenti. BECHER n o m i n a fra l'altro l'influenza, la polmonite, il morbillo, la parotite epidemica, la varicella, l'erisipela (confronta l'antica classificazione di WAGNER e le p i ù recenti di VOLHARD, FISHBERG, LYTTLE, ecc.). A n c h e in coincidenza di m a l a t t i e cutanee acute o croniche, come la foruncolosi, la scabbia (SHINOZAKI) l ' i m p e t i g o c o n t a g i o s a
( M Ü N K ) , e c c . (FUTSCHER, PANNHORST,
per esempio dopo eritema solare) possono svilupparsi gl.nefriti. V e n g o n o indicati come agenti patogeni p n e u m o c o c c h i d a NAUWERCK, BELL, ALLEN, s t a f i l o c o c c h i e m e n i n g o c o c c h i d a GRUBER, HERXHEIMER,
gonococchi d a HUEBSCHMANN. L e nefriti d a LAMBERT) oppure da leptospire (ME INTYRE tosto di tipo interstiziale (confronta la nefrite a poco si è f a t t o manifesto il ruolo preponderante
HUEBSCHMANN,
spirochete (LEREBOULLET e e MONTGOMERY) sono piutnel m o r b o di Weil). A p o c o degli streptococchi (LÖHLEIN,
F A H R , V O L H A R D , LICHTWITZ, B E C H E R , F R E Y ) e i n v e r o s e m b r a c h e u n d e -
t e r m i n a t o tipo (lo streptococco emolitico tipo X I I ) sia da c h i a m a r e in causa p a r t i c o l a r m e n t e spesso
(RAMMELKAMP e W E A V E R , L Y T T L E e
LOEB,
W I L M E R S , W E R T H E I M , CUNLIFFE e W I L L I A M S , R E U B I e L O E F F L E R ) ;
esso
si p u ò quasi di regola individuare negli strisci di materiale delle fauci dei pazienti. Sulla eliminazione degli streptococchi a t t r a v e r s o i glomeruli in c a m p o sperimentale v e d i ELOVAINIO. A n c h e nella endocardite lenta ac-
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canto alla nefrite a focolaio che sarà discussa più avanti non raramente si osserva una gl.nefrite diffusa (VILLAREAL e SOKOLOFF). Per ulteriori notizie sulle alterazioni renali nella endocardite lenta confronta GERMER, FISCHER e GLOCKNER. Negli animali sembra che la tendenza alla gl.nefrite acuta decorra in modo parallelo alla loro sensibilità verso gli streptococchi (HENSCHEN).
Che esista anche u n a forma di gl.nefrite acuta, della quale si deve ammettere che si presenti come una m a l a t t i a specifica infettiva primaria originata da particolari agenti, viene accennato anche nel capitolo della « nefrite da guerra », per la quale si pensa all'azione di un virus. In essa sovente vengono a mancare stretti rapporti con infezioni pregresse degli organi del collo. Depone inoltre in tale senso l'apparire endemico od epidemico della forma morbosa. Il quesito è però ora questo: come si sviluppa la infezione nella forma abituale di gl.nefrite del tempo di pace? Che nella origine della nefrite scarlattinosa, la quale nella sua frequenza è soggetta nel corso delle singole epidemie ad oscillazioni molto forti (SIEBECK, LICHTWITZ), le tossine degli streptococchi abbiano particolare significato fu dimostrato da G. F. e G. H. DICK. Contro l'azione immediata di questi tossici, i cui rapporti con i capillari si possono già osservare nella cute, parla la lunga incubazione della malattia renale. Anche la ipotesi di FRIEDEMANN, secondo cui la mancata formazione di antitossine possa portare alla nefrite, in base alle ricerche del test di DICK non si può considerare verosimile. ESCHERICH e SCHICK pensano perciò pure a reazioni allergiche dell'organismo nell'incontro del virus di Schick con gli anticorpi formati dall'organismo. F r a questi entrano in gioco sostanze antiendotossinosimili accanto alle antibatteriche, le quali conducono alla liberazione degli agenti stimolanti sotto forma di endotossine. Se tali sostanze non vengono formate contemporaneamente con gli anticorpi antibatterici, le endotossine possono esplicare la loro azione nociva. In tal modo FRIEDEMANN vede nella precoce formazione di corpi antibatterici, la quale non è seguita dalla produzione di antiendotossine, la causa per la liberazione delle endotossine e per ciò per lo sviluppo della nefrite scarlattinosa. I tentativi sperimentali, intrapresi da DUVAL e HIBBARD per giungere a dimostrare la possibilità di produrre una vera gl.nefrite diffusa con l'uso di endotossine artificialmente preparate, hanno dato luogo in verità a gravi alterazioni glomerulari, le quali però non possono essere considerate equivalenti a quelle della nefrite scarlattinosa (HUEBSCHMANN). A d onta di ciò anche HUEBSCHMANN attribuisce un ruolo importante alla azione delle endotossine, le quali nella prolungata circolazione del sangue nei capillari glomerulari si accumulano in questi. In contrapposto a questo concetto di una più diretta azione delle tossine o delle endotossine sono state prospettate nel corso di ulteriori ricerche
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sull'uomo e sugli animali (per questi vedi oltre) opinioni, le quali depongono a favore di una origine della gl.nefrite diffusa attraverso una particolare preparazione dell'organismo. Quattro fatti costituiscono il punto di partenza per tali considerazioni: 1. Nella urina dei portatori di gl.nefrite a c u t a non si poterono mai dimostrare agenti patogeni di sorta, in particolare streptococchi. 2. L a gl.nefrite vera e propria non si combina mai con suppurazioni del tessuto renale, come ci si d o v r e b b e aspettare (per lo meno occasionalmente), se si trattasse semplicemente di colonizzazioni metastatiche di natura batterica (FAHR c o n t r o B E L L e HARTZELL).
3. L a malattia non si presenta di regola contemporaneamente con l'infezione degli organi del collo, ecc., ma si sviluppa di solito 2-3 settimane più tardi (KYLIN).
4. Non si riesce seguendo la via sperimentale e mediante il semplice trattamento con agenti stimolanti o con loro tossine a provocare una vera gl.nefrite. Ciò è finora riuscito soltanto con preventivo t r a t t a m e n t o di animali, il che dà modo di pensare ad una allergia p r o v o c a t a artificialmente.
Appare dunque chiaro come per lo sviluppo della gl.nefrite non basti attuare una inondazione dell'organismo mediante tossine o endotossine streptococciche od altri agenti patogeni, ma che debba giocare un ruolo un processo qualunque preparante, al quale vada attribuita una azione di sensibilizzazione o di allergizzazione ( V O L H A R D , S A R R E , H O F F , K À M M E R E R , L E T T E R E R , ecc.). A favore della importanza di una sensibilizzazione depongono secondo A L L E N e B E L L anche la concomitanza della gl.nefrite con altri segni della malattia da siero e della allergia, la intensa reazione cutanea dei malati di nefrite verso filtrati di streptococchi emolitici, gli sfavorevoli influssi sul decorso della malattia esercitati da nuove infezioni delle fauci ad opera di streptococchi, ed infine il fatto che, nonostante la specie evidentemente ben differente degli agenti patogeni, il decorso clinico ed anatomico dell'affezione ha qualche cosa in sé di molto uniforme, ciò che indica una corrispondenza nel meccanismo patogenetico ( S A R R E ) . Senza dubbio sono poi da fare tre obiezioni: 1. Ogni organo dispone in genere di possibilità limitate di reazione, con le quali risponde ai più diversi influssi, che provengono dal di fuori. Per cui si potrebbe certamente pensare che un lieve danno glomerulare conduca al q u a d r o anatomico della gl.nefrosi, mentre danni più gravi possano produrre la gl. nefrite. 2. Anche nella nefrite da guerra, nella quale secondo l'anamnesi (sopratt u t t o per la m a n c a n z a di una infezione precedente) e per la comparsa endemica o epidemica abbiamo l'impressione piuttosto di una malattia i n f e t t i v a a c u t a p r o v o c a t a direttamente da un agente vivo, il quadro anatomico è di regola il medesimo che nella gl.nefrite diffusa del periodo di pace (in contrasto vedi CHWALLA e
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3. Per contro noi osserviamo uno sviluppo in apparenza molto divergente e più subdolo in quella forma di gl.nefrite che ELLIS indica come II Tipo. Anche in essa sembra che manchi la malattia infettiva pregressa. Sono quasi del tutto mancanti le violente reazioni infiammatorie del tessuto renale. La caratteristica è la « ¿alinosi » delle anse glomerulari, la quale porta ad una occlusione che progredisce lentamente. Non possiamo perciò porre sullo stesso piano la glomerulonefrite con la glomerulo-nefrosi, m a dobbiamo piuttosto differenziare l'una dall'altra e per ognuno dei precedenti tipi dobbiamo porre n u o v a m e n t e il quesito circa la origine. Ma in linea di massima si afferma pure che i processi di allergizzazione siano fattori importanti per la gl.nefrite. A favore di un cambiamento immuno-biologico parla anche la diminuzione del titolo di complemento nel sangue dei nefritici (VEIL e BUCHHOLZ), mentre l'indice antistreptolisinico non mostra alcuna c u r v a caratteristica (LYTTLE e Collab.). L a tesi opposta viene invece ammessa da ALLEN così come da BRADLEY e dai suoi collaboratori, i quali misero in rilievo, anche con una certa frequenza, nel siero precipitine contro le frazioni nucleo-proteiche di streptococchi emolitici. T u t t i questi concetti, così sviluppati, poggiano certamente su fondamenti incerti, qualora le osservazioni di REICHEL, AUFRECHT e SÒRENSEN dovessero essere confermate; osservazioni, secondo le quali la nefrite scarlattinosa non si presenta settimane dopo l'esantema, m a anatomicamente sarebbe già dimostrabile in un t e m p o molto più precoce. In tale senso depone anche una osservazione di HÙCKEL e WESTPHAL già sopra citata, nella quale un uomo di 24 anni venne a morte nella 3 a giornata dopo l'inizio di un tipico esantema scarlattinoso e nel quale venne già in quella fase riscontrata una tipica gl.nefrite diffusa. Così anche BELL è del parere che una prova effettivamente convincente nel senso che una allergia batterica sostenga un ruolo decisivo, finora non sia stata fornita, soprattutto in quanto l'intervallo dopo la infezione primaria è eventualmente più breve di una settimana: tempo questo, che non risulta bastevole per provocare una sensibilizzazione. Oltre a diffusa come terica, come del concorso e
ciò egli riscontrò in modo non del tutto raro una gl.nefrite stadio terminale di una malattia principale non di natura batad esempio nella ipertonia di altra genesi. Alla eventualità di una ipersensibilità ai sulfamidici pensano RIDGON, SIDDON
FLETSCHER.
Fra i fattori ambientali nocivi che possono favorire l'insorgere della malattia viene molte volte nominato in primo luogo « il raffreddamento ». Esso raggiunse particolare interesse nella « nefrite da guerra », la quale si sviluppa in apparenza in molti casi per opera della umidità e del freddo (FREY). Ma si potrebbe forse spiegare un tale influsso del raffreddamento pensando
IL RENE
859
agli effetti sulla circolazione renale. In parecchi casi
però con il « raffreddamento », come avviene nelle malattie acute infettive delle vie respiratorie superiori e degli organi delle fauci, nella malattia di WiniwarterBiirger, ecc., viene parimenti stabilito che la sensazione di freddo sia piuttosto un segno dell'inizio della malattia infettiva o del deficit circolatorio locale e che quindi non preceda l'esordio della malattia stessa, ma ne rappresenti una parte. Per questo si afferma anche che i sintomi clinici della nefrite secondaria all'azione del freddo seguano spesso in modo così immediato che in realtà non rimane alcun intervallo di tempo utile per lo sviluppo del processo anatomico. LURMANN con VOLHARD e KOCH appunto per questo m o t i v o ha assunto un atteggiamento critico nei confronti della importanza del freddo. L o stesso punto di vista devesi assumere nei riguardi del fattore « trauma ». LURMANN con KOCH riconosce soltanto l'infezione traumatica come ponte di passaggio fra lesioni e malattia renale, mentre egli non considera valida una vera eziologia traumatica. Contro tale opinione sta il parere di KIRCH e NORDMANN fondato su due osservazioni da loro fatte circa l'origine di una infiammazione renale, a v v e n u t a a causa di un eccessivo assorbimento di prodotti nocivi di disintegrazione proteica in estese distruzioni tessutali. Se ciò fosse esatto, si dovrebbero osservare con maggiore frequenza associazioni di Crush-nefrosi con nefriti. In ogni modo il fatto se esista una relazione fra trauma e malattia renale va giudicato con molta riservatezza, qualora non v i sia la interferenza di un processo infettivo. A n c h e STERN, il quale ha raccolto dalla letteratura le comunicazioni sulla nefrite traumatica, si esprime in modo scettico. Che nella origine della gl.nefrite diffusa possano giocare un certo ruolo fattori ereditari, anche se « la infezione e gli altri influssi ambientali favorevoli siano di essenziale importanza », WERNER ha tentato di dimostrare con ricerche familiari, con le quali però rimane del t u t t o insoluto il modo secondo il quale opera la condizione ereditaria. L a letteratura su « la nefrite familiare » è stata raccolta da HERZOG. Egli osservò nefrite scarlattinosa ed impetiginosa in due germani. Analoghe osservazioni furono compiute da RINKOFF, STERN e SCHUMER (su tre fratelli). A n c h e se nella comunicazione di K i D D u n a madre, dopo la nascita del primo bambino, si a m m a l a di lesioni renali e divengono poi ammalati di reni tutti gli altri bambini, non è per tale fatto ancora raggiunta la dimostrazione della ereditarietà della malattia. Si potrebbe anche trattare di una qualche trasmissione di sostanze nocive così come VOLHARD ammette per una parte dei casi di nefrite congenita. Più recenti osservazioni sulla gl.nefrite congenita furono compiute d a F R I S C H K N E C H T , ZOLLINGER e K A I S E R , c o m e d a F A N C O N I , e
KOUSMINE
FRISCHKNECHT.
Tentativi sperimentali su animali per produrre una glomerulonefrlte diffusa. Nella ricerca della eziologia della gl.nefrite diffusa non sono
86o
APPARECCHIO
URINARIO
mancati tentativi di produrre la malattia artificialmente negli animali. Essi si suddividono in tre gruppi: a) semplici
iniezioni
di batteri, di tossine batteriche o di altri veleni;
b) tentativi, mediante sensibilizzazione con siero o con molteplici inoculazioni di batteri, di elevare la quota dei casi positivi; c) tentativi con anticorpi
tessutali.
a) I risultati della prima serie sono brevemente riassumibili così: con tale procedimento si riesce soltanto a provocare lesioni glomerulari a focolaio, le quali debbono ritenersi piuttosto appartenenti al campo della gl.nefrosi o della lesione capillare locale. Sono ancora da prendersi in considerazione nella discussione della nefrite a focolaio infettiva e tossica. Per un quesito eziologico della gl.nefrite diffusa tali ricerche indicano solo il dato negativo e cioè permettono di affermare che a questa semplice inondazione con batteri o con le loro tossine i reni non rispondono con la formazione di una gl.nefrite diffusa. Una certa eccezione a questa regola sembra costituiscano tre serie di esperienze: i . Quelle condotte da DOMAGK e NEUHAUS con inoculazione di quantità molto elevate di stafilococchi direttamente nell'aorta a livello dell'imbocco delle arterie renali (in parte già dopo sensibilizzazione con colture di germi uccisi). Gli Autori ottennero abbondanti fagocitosi di cocchi con tumefazione degli endoteli, anche nei capillari glomerulari, ma nessuna alterazione che in effetti fosse sovrapponibile con la gl.nefrite acuta dell'uomo. 2. Le ricerche di HÜCKEL con iniezione di tossina-Dick nelle vene renali di conigli condussero a iperemia con leucocitosi nei capillari glomerulari e « in qualche punto ad una proliferazione del tutto lieve di epiteli capsulari », cosicché si poté parlare di una certa glomerulite diffusa, senza però che tale trattamento fosse capace di provocare il quadro completo di una glomerulonefrite. Ancora meno dimostrativi furono i risultati di AHLSTRÒM mediante iniezioni di tossina-Dick nelle arterie renali in animali sensibilizzati. 3. SEMSROTH e KOCH lavorarono con inoculazioni intracutanee (e endovenose) di pneumococchi virulenti ed estesero però le loro indagini soltanto per un periodo di 48 ore. Essi ottennero rigonfiamento e proliferazione degli endoteli capillari, le cui anse più profonde erano sovente dilatate e vuote oppure contenevano una rete di albumina filamentosa, mentre gli accumuli di leucociti e le reazioni epiteliali passavano in seconda linea. Tali Autori parlano di gl.nefrite acuta diffusa. I loro risultati sono accettati da FAHR. Se però da queste alterazioni precoci si possa passare ad una gl. nefrite corrispondente a quella dell'uomo non si può affermare. Del resto qui per la prima volta viene dimostrato che le alterazioni nei glomeruli erano disposte in modo ora diffuso ora piuttosto localizzato a focolaio, donde sembra risultare che la differenza fra entrambe non debba essere di natura così fondamentale, come per lo più viene ammesso. I risultati otte-
IL
86l
RENE
nuti da OKABAYASI, il quale mediante iniezione con streptococchi emolitici nella cavità del mascellare superiore dice di aver conseguito una gl.nefrite, abbisognano di una conferma. La bibliografia sulle ulteriori ricerche seguite da alterazioni a focolaio oppure non seguite da alcuna lesione è raccolta da
PATRASSI.
b) Gli esperimenti condotti per conseguire una gl.nefrite diffusa mediante la sensibilizzazione di animali con albumina debbono egualmente essere prese in considerazione con molta avvedutezza (LONGCOPE, BOUGHTON,
PENTIMALLI,
APITZ,
ecc.).
B E L L e HARTZELL
come
pure
VAUBEL
rifiutano di ammettere qualsiasi rapporto fra i risultati ottenuti e la gl.nefrite dell'uomo. La raccolta bibliografica fatta da MASUGI e SATO, i cui esperimenti con albume d'uovo condussero a stasi e trombosi, oppure alla scomparsa degli eritrociti con accumuli di plasma dei capillari, con ispessimenti plasmatici delle pareti delle anse e con talune proliferazioni endoteliali, produssero quindi un quadro, che ricorda già più da vicino una gl.nefrite (però non si avrebbero, procedendo in tale modo, risultati così convincenti quali quelli forniti dagli esperimenti successivi con sieri anti-rene). La stessa considerazione vale per le iniezioni ripetute di batteri (FABER e MURRAY, LEITER, CLAWSON
e
HARTZELL,
LE
HELMHOLZ, K U C Z Y N S K I , COUNT
e
JACKSON,
OPHYLS,
TAKENOMATA,
BELL
con
DUVAL
e
HIBBARD), anche quando le iniezioni scatenanti venivano praticate direttamente nei vasi renali o persino nel tessuto renale (COULTER e PAPPENHEIMER, L O N D e F I N N E R [ c o n b a c i l l i - T b ] L U K E N S e L O N G C O P E ) . I r e p e r t i
di REED e MATHESON con iniezioni ripetute di streptococchi del tipo 12 sono pure non del tutto convincenti. Un po' più intense reazioni endoteliali (che essi considerano come conseguenza di alterazioni circolatorie primitivamente provocate) furono ottenute da MASUGI e ISHIBASI mediante sensibilizzazione con coli-bacilli, con statilo- e streptococchi, nelle quali questi ultimi germi si dimostrarono come i più efficaci, così come gli esperimenti di OGATA mediante la inoculazione di frazioni glucidiche di streptococchi scarlattinosi. Un po' più fecondi di risultati furono gli esperimenti con siero di cavallo (ME LEAN e Collab.) e la associazione di iniezioni di siero di cavallo con strepto- e stafilococchi compiute da AHLSTRÒM, così come gli esperimenti con globuline di bue svolti da MOR e WAUGH, sui quali ritorneremo più avanti. c) Una decisiva svolta determinarono poi gli esperimenti di MASUGI effettuati con l'impiego di un « siero anti-rene », che venne ottenuto trattando più volte una specie animale (dapprima conigli, più tardi anitre) con poltiglia di reni di animali di una seconda specie. Inoculazioni di siero di animali trattati così in precedenza portarono negli animali donatori di reni a gravi alterazioni dei vasi glomerulari, ad ischemia o stasi con trombosi, a leucocitosi, ad esaltata permeabilità dei capillari e a proliferazioni endoteliali. Evidenti in sommo grado furono poi i reperti, quando come
862
APPARECCHIO
URINARIO
particolare animale da esperimento (e donatore di poltiglia renale) veniva usato il coniglio e come « produttore del siero antirene » l'anitra. I risultati delle ricerche, per quanto concerne le alterazioni anatomiche nei reni, sono assolutamente convincenti, non consistono soltanto negli stadi iniziali di una glomerulite, ma conducono anche alle fasi più avanzate della malattia, come si riscontra in analoga forma nell'uomo. Anche il quadro clinico con albuminuria, ipertensione, ritenzione di sostanze urinose è assolutamente paragonabile a quello della gl.nefrite diffusa dell'uomo. Negli stadi più avanzati viene osservata una forma evolutiva intra- ed extracapillare. Questi esperimenti di MASUGI sono stati ripetuti con frequenza infinita e con tutte le possibili variazioni, ed hanno prodotto tutta una letteratura, la quale indica nel modo migliore quale grande interesse abbia incontrato questo esperimento, per la prima volta effettivamente riuscito, per produrre una vera gl.nefrite. Nomino soltanto HEMPRICH, WEISS, F A H R , T S U J I , MOERS, N E U H A U S , A R N O T H c o n K E L L A R e M A T T H E W , F U J I -
MOTO, LETTERER e SEYBOLD (osservazioni in v i v o su reni di rana), SMADEL
e Collab. Questi ultimi si sono occupati specialmente della produzione di stadi cronici che ottennero con l'aiuto di ben dosate inoculazioni. I controlli hanno fondamentalmente confermato i reperti di MASUGI, anche se i quadri non sempre siano stati fra loro concordi. In generale domina la forma intracapillare (EHRLICH e Collab.), ma vengono anche osservate formazioni a semiluna. I risultati alquanto divergenti ottenuti da FERNÁNDEZ-BALLAS e FERNÁNDEZ con la più marcata accentuazione delle cellule di rivestimento glomerulari rimangono isolati. Su nefrite di MASUGI e parabiosi vedi PFEIFFER e Collab. Una importante indicazione circa il modo, con il quale si attua la malattia dei reni, venne portata dalle ricerche di SARRE e WIRTZ. Se durante la inoculazione di siero anti-rene uno dei reni transitoriamente viene escluso dalla circolazione, esso rimane risparmiato dalla malattia. Deve quindi avvenire a livello delle anse glomerulari e in un tempo molto breve l'unione di determinati corpi da siero estraneo (la quale poi provoca probabilmente nella stessa sede della sua unione la reazione antigene-anticorpo). Se a ratti, immediatamente prima della introduzione di siero antirene, viene inoculata una sospensione di poltiglia renale, viene a mancare l'azione dannosa del siero; evidentemente perché questo viene del tutto legato alla poltiglia renale. Il decisivo progresso degli esperimenti di MASUGI è quindi condizionato al fatto che si riesce con questo ordine di esperimenti a fissare gli anticorpi s u i g l o m e r u l i ( v e d i MASUGI, P F E I F F E R e B R U C H , S A R R E e R O T H E R . M O E L L E R ) ,
La reazione antigene-anticorpo può essere inibita con anti-istaminici così c o m e con cortisone,
ACTH,
ENDERLIN e SPÜHLER,
eparina
KLEINERMANN).
(ANDRINI, REUBI, ZOLLINGER
con
IL
RENE
863
Le ricerche di MASUGI furono talvolta variate, nel senso che invece di conigli e di anitre vennero impiegati ratti e conigli, nel qual caso il ratto funzionava da vero animale da esperimento (vedi anche SMADEL e in parte FAHR e SWIFT, s t u d i o sintetico in WAGENHÀUSER, inoltre
HIERONYMI,
B O H L E e HARTMANN, W E I N R E B c o n SOULE e W I S S L E R , EHRICH, FORMAN
e SEIFERT). Mentre il gruppo degli Autori nominati ritenne le alterazioni renali così ottenute come una glomerulonefrite, da HEYMANN e LUND, così come da HIERONYMI, BOHLE e HARTMANN venne considerata come una glomerulonefrosi e fu sottolineata la sua somiglianza con la nefrosì lipoidea. Secondo EHRICH, FORMAN e SEIFERT con dosi elevate di siero anti-rene si sviluppa nel ratto il quadro della nefrosi lipoidea, con piccole dosi e con sieri poco attivi, una gl.nefrite intracapillare, donde ne seguirebbe che per lo meno in queste ricerche non si possono separare in modo netto entrambi i tipi di malattia renale. Analoghi sono i risultati ottenuti da WAGENHÀUSER così come da WEINREB e Collab. e da JEMÉNEZ-DIAZC Collab., anche se le interpretazioni in qualche punto differiscono. Essi si orientano soprattutto nel senso di una gl.nefrite intracapillare con assai grave danno delle membrane basali dei capillari. Dagli esperimenti sembra che si ottengano certi passaggi anche verso la nefrite a focolai, come TSUJI constatò in esperimenti originali secondo la tecnica di MASUGI. Come portatrici di anticorpi renali nel siero degli animali donatori furono considerate in genere la gamma-globuline, la cui azione negli esperimenti sui ratti (con siero di coniglio) è però variabile (LIPPMAN con MARTI, JACOBS e
CAMPBELL).
Una ulteriore variazione fu portata al classico esperimento di MASUGI con l'introduzione dell'uso di poltiglia di aorta (invece di poltiglia di rene) di conigli, allo scopo di ottenere la sensibilizzazione di cavie. Dopo l'introduzione intravenosa del siero « anti-aorta » o meglio « anti-endotelio » così ottenuto si sviluppò nei conigli egualmente una glomerulonefrite (STREHLER). Corrispondenti esperimenti furono compiuti da OTTO con tessuto polmonare e d a L O E B , K N O W L T O N , STOECK e S E E G E L e M C C A U G H E Y c o n a u t o l i s a t i p l a -
centari. Però dopo le nuove esperienze di HAWN e JANEWAY e soprattutto d i MORE, W A U G H e K O B E R N I C K c o s ì d a W A U G H e MORE n o n s e m b r a c h e s i a
necessario come un tempo, un siffatto corpo anti-organo di natura eterologa. Gli Autori ottennero soltanto mediante iniezione di gamma-globuline bovine la gl.nefrite nei conigli, soprattutto se un rene veniva in precedenza asportato. La aumentata esigenza funzionale sembra in tale circostanza promuovere la « tendenza » alla unione dell'albumina estranea ai capillari glomerulari. RATHER riscontrò persino in una semplice nefrectomia subtotale senza altro intervento sui resti renali la formazione di un quadro uguale a quello della gl.nefrite.
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Il quesito più importante è ora il seguente: quale conclusione si può trarre dalle esperienze di MASUGI e delle sue varianti circa la origine della gl.nefrite umana? SI comprende facilmente come l'ordinamento sperimentale di MASUGI complicato e così estraneo alle naturali condizioni dell'uomo non permetta senz'altro conclusioni eziologiche. Il grande merito di MASUGI sta innanzitutto e in primo luogo nell'aver chiarito la genesi formale, non quella causale della malattia. Relativamente a quest'ultima è da riconoscere che MASUGI ha dimostrato come sia possibile, con un particolare processo di sensibilizzazione, provocare nei conigli una gl.nefrite diffusa, la quale dal punto di vista morfologico concorda completamente con quella presentata dall'uomo. Il quesito suggerito dalla serie degli esperimenti deve essere ora questo: se nell'uomo entrino in gioco anticorpi anti-rene, un po' simili i quali potrebbero essere naturali e non di specie etcrologa. CAVELTI affermò di aver provocato mediante sensibilizzazione di conigli con poltiglia dei loro stessi reni e con iniezione di streptococchi la glomerulonefrite. Con altri tipi di tessuto non si sarebbero invece sviluppati processi infiammatori renali. I risultati furono in parte confermati (SARRE, HOFF), ma per la maggior parte vennero rigettati. Una dettagliata spiegazione dei fenomeni con corredo bibliografico si può trovare in KRECKE, il quale pure, così come avvenne a BOHLE e Collab., non riuscì ad ottenere alcun risultato positivo. Nell'uomo in corso di gl.nefrite acuta non vennero mai repertati auto-anticorpi anti-rene, mentre lo furono nelle nefriti croniche (però anche in altre affezioni renali) (PFEIFFER e BRUCH). Anche questi ultimi Autori come pure VORLÄNDER, S A R R E e R O T H E R , H U M P H R E Y s o n o d e l p a r e r e c h e g l i a n t i c o r p i
non giochino alcun ruolo indicativo nello sviluppo della gl.nefrite. L a concezione di CAVELTI non può essere considerata dunque come dimostrata. Anche le ricerche di READER miranti a provocare malattie renali con siero di nefritici sono rimaste senza risultati: vedi anche JEMÉNEZDIAZ e
Collab.
Con ciò non si deve naturalmente contestare che nello sviluppo della gl.nefrite umana entrino in gioco o possano entrare in gioco processi di allergizzazione. Ma è necessario cercare il fattore che proprio verso i reni orienta le reazioni antigene-anticorpo. La sostanza albuminoidea eterogenea viene nell'uomo principalmente formata da streptococchi. Essa in qualche modo si fissa ai glomeruli e per ciò ha luogo qui la reazione antigene-anticorpo. Ma perché essa venga fissata ai capillari glomerulari non sappiamo. E assolutamente comprensibile come questa adesione si possa concatenare con la funzione escretrice dei reni (FAHR, LETTERER). In questo senso potrebbe parlare per esempio l'osservazione di FAHR di gl.nefrite unilaterale, nella quale l'altro rene era escluso per la presenza di una idronefrosi (confronta in REUBI). Ma sarebbe sicuramente non corrispondente
IL
865
RENE
al vero tirare ora la conclusione sulla concordanza del quadro (osservato da FAHR) con la nefrite di MASUGI e dedurre che qualsiasi anticorpo anti-rene nell'uomo debba giocare un siffatto ruolo direttivo (HADFIELD, HOFF).
Il quesito non è ancora risolto, ma necessita di ulteriori ricerche. Dove sia da collocare, nel sistema delle malattie renali, la « nefrosonefrite » emorragica recentemente descritta da K i s s e DÉVAI non è possibile ancora dire.
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Appendice: La nefrite da guerra 0 da campo Una certa posizione particolare nella trattazione della nefrite occupa la « nefrite da campo o da guerra », la quale venne già osservata nella prima guerra mondiale, ma era molto diffusa in singole aree apparentemente in maniera speciale nelle truppe tedesche dell'est, e molte volte appariva in forma epidemica o endemica. Già questo carattere epidemico che evidentemente non solo fu simulato dal fatto che grandi quantità di uomini erano costretti a vivere in circostanze ambientali egualmente sfavorevoli m a che si lasciava riconoscere nelle osservazioni di contagi fra il personale di assistenza o nelle endemie, che si presentavano in modo improvviso in piccole comunità lavorative (uffici, ecc.), le quali vivevano assieme in favorevoli condizioni esterne, e in diffusioni da un teatro di guerra all'altro, o con la fine delle guerre in patria, la distingue appunto dalla nefrite del tempo di pace, nella quale non furono osservati analoghi fenomeni di con-
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tagio. L'inizio acuto, sovente febbrile, senza precedenti morbosi, la constatazione di un tempo di incubazione abbastanza fisso da 2 a 4 settimane permisero di ritenere molte volte che la malattia fosse di natura infettiva e venisse provocata da un agente specifico (forse un virus) (GUTZEIT, ASSMANN); concezione questa, che però non rimane incontestata (ASCHEBRENNER). Anche nelle modalità con cui si svolge il decorso clinico si palesano certe varietà, sebbene non esista una sostanziale differenza con la nefrite del tempo di pace. Così vennero osservate forme monosintomatiche, particolarmente frequenti, nelle quali potevano passare del tutto in seconda linea i segni della malattia renale, mentre il quadro clinico poteva essere dominato da una dispnea o da una insufficienza cardiaca instauratasi in modo improvviso, oppure dominavano il quadro edemi particolarmente marcati e albuminuria
(VOIT, GERSTANBERG, RANDERATH, HOFF).
Nella maggioranza dei casi la nefrite da campo non è dal punto di vista anatomico distinguibile dalla forma abituale di gl.nefrite acuta. HERXHEIMER, che si occupò dello studio bibliografico della prima guerra mondiale, riscontrò « una gl.nefrite esclusivamente pura e diffusa ». La concezione di RANDERATH si rivolge nella stessa direzione anche se egli sottolinea che in determinati casi i disturbi della permeabilità dei glomeruli sono particolarmente gravi, mentre al contrario i disturbi circolatori vengono in seconda linea e le alterazioni flogistiche possono essere sovente molto lievi (donde allora il carattere « nefrosico » di grado particolarmente accentuato). FAHR e SCHULTZ sottolineano più fortemente la esistenza di una « nefrite sierosa » caratterizzata da imbibizione edematosa del tessuto interstiziale dei reni e da dilatazione dei canalicoli con appiattimento del loro epitelio, In questi casi anche il decorso clinico è in certo qual modo cambiato, per cui in essi si riscontra in definitiva anuria o per lo meno oliguria, e si giunge più facilmente alla uremia, la quale al contrario nelle nefriti da campo viene osservata solo raramente. Forse è necessario chiederci se questi casi ad andamento acuto con anuria ed uremia debbano considerarsi come una vera nefrite da campo. Se dovesse risultare che la nefrite da campo è dal punto di vista clinico-biologico e causale una malattia a sé stante, allora ciò dimostrerebbe ancora una volta come sia poco giustificato concludere, sulla base della eguaglianza dei quadri anatomici, che esiste una concordanza anche dei fattori causali; fatto questo, al quale si è già accennato sopra e che risulta importante anche nei riflessi di un giudizio sulla nefrite di MASUGI. Dettagliate descrizioni della nefrite da campo furono fornite dal punto di vista clinico da PILGERSTORFER. Nella febbre petecchiale vennero osservate in tempo di guerra forme di nefrite emorragica particolarmente grave (RANDERATH, BOEHNE). Sulle altre lesioni renali nel corso della febbre petecchiale, soprattutto sui processi infiammatori a carattere interstiziale, in parte con i caratteri di veri e propri nodi petecchiali, vedi ROTH e SCHOPPER.
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/?) L o s t a d i o s u b a c u t o
e cronico della glomerulonefrite diffusa
C o m e si è a c c e n t u a t o n e l l a d e s c r i z i o n e d e l l a f a s e a c u t a , l a
maggior
p a r t e dei casi di gl.nefrite con inizio a c u t o viene a guarigione
in
settimane. È evenienza del t u t t o rara quella di poter esaminare
microsco-
picamente u n siffatto rene dopo u n a gl.nefrite clinicamente
poche
superata
e
sicura. U n a osservazione singola d à brevemente la dimostrazione di questo fatto. U n u o m o di 41 a n n i d a l l ' e t à di 5 a n n i s o f f e r e n t e di a s m a b r o n c h i a l e , il 28-4-1952 f u a c c o l t o in corsia c o n i segni di n e f r i t e a c u t a . Pressione sang u i g n a : 190/120. U r i n a : a l b u m i n a 2 °/ 00 , n u m e r o s i eritrociti, t e m p e r a t u r a elev a t a , a z o t o r e s i d u o 62 m g . % , v o m i t o . P e s o specifico delle urine 1012 (nella p r o v a della d i l u i z i o n e 1003 fino a 1016). N e l l e s u c c e s s i v e s e t t i m a n e miglioram e n t o della eliminazione. Il n u m e r o degli eritrociti nelle urine si riduce nett a m e n t e . Il g i o r n o 3-6-1952 le urine e r a n o q u a s i normali. Il 14-6-52 m o r t e in stato asmatico. A u t o p s i a n. 238/52: a l t o g r a d o di e n f i s e m a p o l m o n a r e , ipertrofia del cuore d e s t r o c o n sclerosi della p o l m o n a r e , reni l i e v e m e n t e ingrossati, gr. 360. D a l p u n t o di v i s t a m i c r o s c o p i c o , q u a l e residuo della e m a t u r i a pregressa, si riscont r a n o a n c o r a a b b a s t a n z a n u m e r o s i cilindri c o n eritrociti nelle anse di H e n l e e nei t u b u l i collettori. I glomeruli sono in gran p a r t e normali; il c o n t e n u t o e m a t i c o è scarso. I l r e p e r t o p i ù s o r p r e n d e n t e consiste nel f a t t o che in una
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parte dei glomeruli si riconosce una più marcata lobatura del gomitolo per accollamelo di anse (fig. 274). Si a g g i u n g e a ciò u n a dilatazione delle membrane capillari a forma di focolai localizzati con omogeneizzazione di tali anse, la q u a l e è p a r t i c o l a r m e n t e e v i d e n t e nei p r e p a r a t i colorati con A z a n . L i e v e a u m e n t o del mesangio. In singoli corpuscoli m a l p i g h i a n i si h a n n o s f a l d a m e n t i di endoteli e piccole aderenze fibrose fra g l o m e r u l o e capsula. Si t r a t t a q u i n d i di m o d e s t i segni di quella alterazione, che noi d o v r e m o definire in seguito c o m e f o r m a intracapillare della gl.nefrite s u b a c u t a .
Fig. 274. S t a t o residuale dopo glomerulonefrite acuta. Lobatura del glomerulo con aderenza delle anse e dilatazione della membrana basale. Uomo di 47 anni. A u t . N 238/52.
L'osservazione mostra come casi di gl.nefrite, che clinicamente e in base al reperto urinario vengono considerati guariti, possano palesare ancora certi residui del processo infiammatorio acuto. Evidentemente una parte degli endoteli capillari proliferati va in necrosi ed è così facile che si verifichino aderenze delle pareti delle anse. Sulla base di questo reperto ci si rende ben conto come reni in simile condizione mostrino una certa accentuata sensibilità e come siano inclini a nuove poussées. Il reperto ricorda la descrizione di RUSSEL e BELL di reni con gl.nefrite cronica latente in soggetti in cui al momento della morte non esistevano segni di malattia renale e nei quali il decesso era seguito ad un'altra malattia. Anche BELL descrisse tali reni come modestamente ingrossati con superficie esterna liscia. Dal punto di vista microscopico, egli trovò accanto alla ¡alinosi di singoli glomeruli un ingrossamento ed una aumentata
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lobatura dei restanti corpuscoli di Ma]pighi, con ispessimento delle parti interne, mentre in generale i capillari della periferia erano ancora bene pervi. Si tratta dunque chiaramente di quei casi a guarigione incompleta, dei quali secondo l'esperienza clinica si sa che non raramente si trasformano più tardi in malattie croniche dei reni. Nonostante tali reperti, siamo però in grado di ammettere che la maggioranza dei casi di gl.nefrite ad inizio acuto giunge a completa guarigione senza postumo alcuno, nel corso di alcune settimane. Se ciò non si verifica, si sviluppa lo stadio subacuto, che porta all'esito mortale o che trapassa in quello cronico. Il confine fra stadio subacuto e cronico, viene in genere segnato nel decorso di un anno. Se nella fase subacuta sia ancora possibile una guarigione senza difetti e senza postumi non si può dire. Dal punto di vista clinico la questione deve essere risolta affermativamente; dal punto di vista anatomico si deve però calcolare che una parte dei glomeruli viene obliterata ma la loro deficienza viene coperta con l'aumento di funzione da parte di altri glomeruli. Un simile maggior carico funzionale significa però, come ha sottolineato specialmente FAHR, un pericolo certamente più elevato. Nel decorso protratto della gl.nefrite avviene che si formino più gravi alterazioni tubulari, le quali in sostanza costituiscono il quadro macroscopico del rene ed hanno indotto a parlare di nefrite cronica parenchimatosa. È in modo particolare LÒHLEIN che ha indicato come tali casi siano da considerare quasi senza eccezione stadi tardivi della gl.nefrite. F a eccezione la nefrosi lipoidea, la cui classificazione nel sistema delle malattie renali non può essere ancora considerata del tutto chiarita (vedi capitolo corrispondente). Gli Autori inglesi ed americani tendono nettamente a comprendere la nefrosi lipoidea fra le malattie infiammatorie e parlano di una gl.nefrite membranosa (vedi soprattutto ALLEN). Come conseguenza della necrosi glomerulare, della atrofia tubulare e dei processi infiammatori (sieroso o siero-cellulare, nefrite interstiziale concomitante, ZOLLINGER) si giunge di regola nel corso della fase cronica ad una proliferazione del tessuto connettivale intertubulare, la quale assieme con l'atrofia delle parti specifiche permette il costituirsi del quadro del rene grinzo secondario, che è contrassegnato da un marcato rimpicciolimento ed indurimento dell'organo e per lo più da un aspetto granuloso della superficie esterna. Questo decorso a stadi dall'inizio acuto sino al « rene grinzo secondario » dal punto di vista clinico non sempre e in modo preciso si mantiene eguale in tutti i casi. Già parlando delle forme acute si accennò al fatto che la gl.nefrite inizia fin dal principio ma in modo subdolo e può passare inosservata nello stadio cronico. Anche le esperienze dell'autore permettono di affermare appunto che una parte considerevole, forse la maggior parte, dei casi di gl.nefrite diffusa che terminano con uremia, hanno un'anamnesi muta;
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nulla si sa di un inizio acuto e si ignora l'esistenza di un trattamento ospedaliero. Del resto FAHR ha già insistito su ciò con l'osservazione che l'inizio povero di sintomi è in modo particolare pericoloso, per il fatto che impedisce il ricovero in ospedale ed un adeguato precoce trattamento.
Alcuni sintomi clinici importanti della gl.nefrite subacuta e cronica aa) Urina: la sua quantità è per lo più diminuita in un primo tempo; più tardi appare spesso poliuria, la quale negli ultimi stadi può nuovamente passare in oliguria. Il contenuto in albumina v a lentamente decrescendo e per lo più non è superiore all'i °/00. Quando esso è sostanzialmente più elevato, nasce il sospetto che esista una nefrosi lipoidea. Anche l'ematuria diminuisce, se pure singoli eritrociti possono essere dimostrabili fino negli stadi più tardivi. Importanti sono il peso specifico e la capacità di diluizione e di concentrazione renale per mezzo delle prove funzionali. Tali attitudini funzionali vanno gradualmente diminuendo sino a giungere, alla fine, alla ipostenuria o isostenuria con un peso specifico stabilizzato attorno a 1010. Nel sedimento i cilindri di diversa qualità, abbondanti nello stadio acuto (ialini, granulosi, carichi di goccioline di grasso, di cellule di sfaldamento e di leucociti), più tardi si riducono di numero. ADDIS parla nella fase finale di « cilindri da insufficienza renale ». L a eliminazione del cloruro di sodio e di urea si abbassa, i risultati della prove di « clearance » si trovano raccolti nella relazione di H. SMITH. Essi dimostrano come sia la massa della filtrazione sia la corrente di passaggio plasmatico attraverso i reni siano abbassate in diverso grado e come nella fase finale esse stiano intorno a valori assai bassi. (CARGILL e Collab., CORCORAN con TAYLOR e PAGE,
FINDLEY
e Collab.,
HAMBURGER
e RYCKEWAERT,
HILDEN,
STEI-
NITZ, ecc.). Mentre negli stadi precoci la funzione dei tubuli nella loro attività d i riassorbimento si è mantenuta in buona efficienza, la poliuria della forma cronica è da considerare espressione di una insufficienza tubulare, W . FREY. bb) Edemi: essi hanno intensità del tutto diversa, mancando secondo BELL in quasi la metà dei casi. Il liquido edematoso negli stadi più tardivi diviene meno ricco in albumina. Non esiste nessun dato in appoggio di una capillarite generalizzata, nessun rapporto sicuro con la quantità di proteine plasmaiiche o con la stasi nel grande circolo, come per esempio nel fegato. Molte volte gli edemi vengono considerati di genesi cardiaca (p. es. ALLEN). cc) Ipertensione: di regola è molto pronunciata, ma meno elevata e perciò anche meno oscillante che nella ipertensione essenziale: soprattutto importante è la elevazione della pressione diastolica, la cui ascesa però non dimostra ancora senz'altro la natura renale della ipertensione. Nel sangue sono dimostrabili nella gl.nefrite cronica sostanze pressorie.
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dd) Retinopatia con edema della papilla, emorragie e formazioni di essudato nella retina. Rapporti stretti con la ipertensione. Dal punto di vista prognostico rappresenta un segno importante e sfavorevole. ee) Il sangue mostra una anemia, che v a lentamente aumentando e che viene spiegata con la perdita di sangue nell'urina, con la distruzione di globuli rossi e con la loro deficiente neoformazione del midollo osseo (TOWNSEND, EMERSON). Il contenuto plasmatico in proteine è abitualmente abbassato, il tasso di colesterolo elevato. Mentre nella fase subacuta la eliminazione delle sostanze urinarie è di regola ancora sufficiente, nella fase cronica osserviamo la tendenza all'aumento dell'azoto residuo, specialmente dell 'urea. D i ancora maggiore significato è l'aumento delle sostanze da putrefazione intestinale, e soprattutto dell'indacano e del fenolo, e lo sviluppo di una acidosi con cachessia acidosica. L a comparsa della insufficienza renale si rende apprezzabile attraverso nicturia, stancabilità, cefalea, epistassi, vomito, disturbi della vista. Alla fine si giunge al quadro completo della uremia (latente), la quale procede sempre con un aumento considerevole delle sostanze urinarie nel sangue, mentre la pseudouremia eclamptica, che conduce a morte il malato, non del t u t t o raramente nello stadio precoce della gl.nefrite, non è espressione della insufficienza escretoria renale, m a sta in relazione o con la ipertensione e con gli spasmi dei vasi cerebrali, oppure con un edema cerebrale. Nel corso della uremia osserviamo la comparsa di fenomeni infiammatori delle membrane sierose (soprattutto pericardite, gastrite e colite); gli ultimi processi patologici possono essere analoghi a quelli della dissenteria. L a durata complessiva di una gl.nefrite cronica è straordinariamente diversa, sovente è molto difficile da calcolare per il fatto che l'inizio della malattia rimane indeterminato. A d ogni modo decorsi della durata di 30 anni non costituiscono assolutamente una rarità (secondo HADFIELD in più del 30 % , confronta anche FREHSE, BELL). Il decorso è inoltre complicato dal fatto che con una certa frequenza compaiono esacerbazioni acute, le quali fanno di una affezione subdola, improvvisamente, una malattia con tutti i segni di un fenomeno acuto (confronta AUFRECHT, MANN, SEEGAL. BELL ha osservato tali riacutizzazioni 17 volte nel suo ampio materiale rappresentato da 268 casi). Che nel quadro microscopico della gl.nefrite cronica tali poussées acute, sovente localizzate, appartengano al novero dei reperti abituali sarà discusso ancora più avanti.
Forme macroscopiche della glomerulonefrite subacuta e cronica aa) Il grosso rene bianco 0 tumefatto (o giallo). Il rene appare per lo meno di normale grandezza, per la maggioranza dei casi più voluminoso
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che di norma, di quando in quando è ingrossato anche in modo rilevante da 2 a 3 volte. Quanto maggiore è il volume, tanto più molle risulta di regola il rene. La capsula tesa si svolge facilmente sulla superficie esterna, la quale per lo più appare liscia e più raramente mostra piccoli avvallamenti. Il colore della superficie esterna è grigio-pallido o bianco-giallastro, molte volte chiazzato in modo irregolare. Il notevole pallore è una conseguenza della anemia. Particolari formazioni stellate di natura venosa possono risaltare in modo evidente sulla superficie esterna. Alla sezione la corteccia è di ampiezza aumentata in grado diverso, spesso molto marcato e le colonne del Bertini sporgono sulla superficie di taglio. Il colore di questa corrisponde a quello della superficie esterna. Di frequente la corteccia si presenta molle, umida e lucente. Molte volte si osservano sul fondo pallido, quasi vitreo, striscie e macule sottili, opache, di colore giallognolo (corrispondenti a gruppi di canalicoli urinari in degenerazione grassa), mentre macchie di colore bianco opaco sono legate alla presenza di lipoidi, soprattutto a sede interstiziale. Quando i glomeruli sono gravemente colpiti, essi possono essere visti macroscopicamente come granuli trasparenti, grigio-pallidi, assai prominenti. L a sostanza midollare offre per lo più, in contrapposizione alla corteccia pallida, un più vivace contrasto di colore ed è intensamente rossa e sovente striata in modo evidente e marcato. bb) Il grosso rene variegato 0 rosso. Di quando in quando si riscontrano grossi reni bianchi, nei quali piccoli punti di aspetto ematico corrispondono alle cavità capsulari dei corpuscoli malpighiani oppure, più sovente, a gruppi di canalicoli ripieni di sangue; in quest'ultimo caso essi risultano più grossi e di frequente angolosi, così come fossero screziati con strie iperemiche di colore rossastro. Ma quando si giunge alla osservazione di numerosissimi punti emorragici, di parecchie macchie rosse rigate e di una iperemia generalizzata, cosicché la tonalità rossa dell'organo diviene effettivamente predominante, si parla allora di un grosso rene variegato o rosso. Di regola il suo volume non raggiunge quello del rene bianco: anche la sua consistenza non è, per lo più, molle in modo così pronunciato. Non ogni rene variegato corrisponde però ad una gl.nefrite cronica. Quadri analoghi vennero infatti osservati anche nella nefrite a focolai e nella sclerosi maligna; però l'ingrossamento dell'organo in tali casi è per lo più meno marcato. i.Il quadro microscopico della gl.nefrite subacuta e cronica. Esso è vario e polimorfo. La sua descrizione deve essere suddivisa in due parti: a) Di quale natura sono le alterazioni, che si osservano nelle singole parti dei tessuti renali? b) A seconda della prevalenza di un determinato processo anatomico è possibile proporre una divisione degli stadi tardivi in diverse forme e che dia anche un orientamento circa il decorso, il risultato finale e in tal modo circa la prognosi della malattia?
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1) I glomeruli: nella fase acuta domina (con eccezione degli stadi del tutto iniziali, vedi sopra) la oligoemia delle anse glomerulari. Il glomerulo è ricco di cellule, nella forma proliferativa in primo luogo adopera del processo moltiplicativo degli endoteli, nella forma essudativa in seguito all'accumulo di leucociti. A ciò si aggiunge la fuoriuscita di essudato nello spazio capsulare. Il tessuto interstiziale mostra, soprattutto nelle vicinanze dei glomeruli, una nefrite concomitante interstiziale, periglomerulite. Oltre a ciò si repertano, forse non sempre osservate con sufficiente atten-
t'ig. 275. Glomerulonefrite subacuta (intracapillare). Capsula indenne. Donna di 54 a. A u t . N. 414/54
zione, alterazioni regressive degli endoteli capillari, del glomerulotelio e delle membrane basali, le quali possono essere imbibite di liquido plasmatico, ispessite e di aspetto «ialino» e più o meno esfoliate (BELL, ZOLLINGER). Il loro danno si palesa soprattutto nella esaltata permeabilità per l'albumina e gli eritrociti. Il rapporto fra le lesioni reattivo-infiammatorie e quelle regressive si rispecchia nella divisione in un I e II tipo di ELLIS. Se, come è la regola nei casi ad inizio acuto, si arriva alla guarigione completa, i capillari devono ridiventare del tutto pervii, cioè le cellule endoteliali proliferate devono disfarsi ed essere allontanate con la corrente capillare. Certi difetti della guarigione ci mostrano che si può giungere al collasso e all'obliterazione di singole anse (cfr. il caso suddescritto con la fig. 274). Tenteremo di dimostrare con alcune immagini quel che avviene
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dei glomeruli, quando tali lesioni residue dei capillari assumono proporzioni maggiori. Uno stadio abbastanza recente è riprodotto nella fìg. 275. Glomerulo ancora completamente privo di sangue, ricco di cellule; membrane basali delle anse fortemente tumide, disgregate; anse accollate le une con le altre, onde « iniziale lobulazione ». La forma dei nuclei indica aumento delle cellule endoteliali e altresì delle cellule del mesangio; accollamento di singole anse per distacco degli endoteli glomerulari. Capsula non interessata.
Fig. Glomerulonefrite subacuta
276.
(intracapillare). Iniziale obliterazione ialina delle anse D o n n a di 51 a. A u t . N . 170/51.
capillari.
A questo « stadio dell' obliterazione cellulare » segue, dopo la necrosi di queste cellule, che vengono escluse dalla corrente sanguigna in ampia misura e per ciò compromesse nella loro nutrizione, \'obliterazione delle anse con più intensa tumefazione delle membrane capillari e passaggio alla « ialinizzazione », che però non deve necessariamente colpire l'intero gomitolo uniformemente, ma lascia dapprima libere singole parti con irrorazione sanguigna integra (fìg. 276). Questo stadio dell' « obliterazione ialina » è ulteriormente progredito nella fìg. 277. Pervietà di capillari estesamente perduta. Il gomitolo diventa sempre più povero di cellule. Essenzialmente sono conservate file di cellule di rivestimento del glomerulo e scarsi nuclei del mesangio. Circoscritte aderenze tra i foglietti della capsula, con cellule di rivestimento epitelizzate.
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Tali immagini conducono poi finalmente alla completa trasformazione del glomerulo in un nodulo connettivale, quasi anucleato, che talora è aderente con la capsula, spesso però è ancora separato da essa da uno spazio a fessura. In questi casi il processo morboso si è svolto con assoluta prevalenza proprio nel gomitolo vascolare. Esso consiste, come già prospettò F A H R , dapprima in una proliferazione endoteliale, poi in necrosi degli endoteli con ispessimento, adesione e progressiva ialinosi delle pareti capillari, che ora colpisce solo singole parti del gomitolo, ora comprende
Fig. 277Glomerulonefrite cronica (intracapillare). S t a d i o di estesa obliterazione delle anse gromerulari. U o m o di 31 a . A u t . N. 134/54.
l'intero glomerulo e finisce con la sua completa obliterazione e trasformazione connettivale. Se solo singole anse sono obliterate in questo modo, mentre in altre la pervietà si è restaurata, possono originare immagini che ricordano la nefrite a focolaio. In genere, però esiste la tendenza a interessare l'intero glomerulo. F A H R chiama questa forma della malattia « tipo intracapillare » della glomerulonefrite cronica. Accanto a questo processo dell'obliterazione capillare, compaiono nel territorio della capsula alterazioni, che danno al quadro istologico del rene una nota particolare, ma che però non si possono dimostrare sempre regolarmente. In casi di gl.nefrite intracapillare possono mancare completa-
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mente o quasi completamente; quando però esse sono presenti, le anse stesse non sono mai risparmiate. Come esempio valga soprattutto la fig. 278. Il glomerulo anche qui è chiaramente lobulato. Pareti capillari ispessite. Localmente perfino ialinosi iniziale. A ciò si aggiunge una proliferazione a semiluna degli epiteli del foglietto esterno delle capsule di Bowman, che si dispongono, in parte ben conservate in parte in disfacimento, in strati, occupano una parte considerevole dello spazio capsulare e spingono da una parte il gomitolo vascolare.
F i g . 278. Glomerulonefrite cronica (intra- ed extracapillare). Proliferazione a seniiluna degli epiteli capsulari. L o b u l a z i o n e del gomitolo con a d e r e n z a delle anse. Donna di 33 a. A u t . N . 565/53.
Mentre le cellule delle capsule conservano ancora qui il loro carattere « epiteliale », la loro natura nella fig. 279 è dubbia. Modesta proliferazione emilaterale, che comprende circa 2/3 dello spazio interno della capsula e spinge lateralmente il gomitolo. In questo, obliterazione di una parte delle anse. Proliferazione in parte di cellule « epiteliali » univoche, che spesso rivestono spazi a guisa di ghiandole, in parte di cellule allungate con nuclei fusiformi, che ricordano i fibroblasti. Questa « trasformazione fibrosa » della semiluna è molto più chiara nella figura 280, in cui tutti i nuclei mostrano forma fusata e tra di essi si è sviluppato un tessuto interstiziale fibroso. Il gomitolo vascolare, quasi completamente incapsulato dalla proliferazione cellulare, è completamente
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privo di sangue, in stato di avanzata ialinosi. Solo nel centro gruppi di nuclei conservati. Dunque si combinano in tutti questi casi il processo intra e quello extracapillare, anche se quest'ultimo dà più nell'occhio. Ci sono quindi forme della glomerulonefrite cronica che puramente o con tutta prevalenza hanno decorso intracapillare, ma affatto alterazioni extracapillari. Perfino nel singolo glomerulo si possono vedere sempre, accanto a proliferazioni della capsula, processi di restringimento o d i obliterazione dei capillari.
Fig. 279. Glomerulonefrite cronica (intra- ed extracapillare). Semiluna con iniziale trasformazione fibrosa. Anse glomerulari in parte obliterate. Uomo di 51 a. Aut. N 156/53.
È stata molto discussa la questione sul modo di spiegare le alterazioni glomerulari nella fase subacuta e cronica. I processi capillari che in ambedue le forme sono l'essenziale, ciò che è decisivo per l'ulteriore sviluppo, devono essere considerati espressione di una grave lesione della parete capillare, che supera quella della glomerulonefrosi e conduce alla necrosi definitiva degli endoteli. La moltiplicazione cellulare (endoteli) che interviene nello stadio recente è ben da considerare come segno di tentata rigenerazione che di regola ha successo e porta alla perdita durevole e con ciò all'obliterazione dei capillari solo quando la causa tossica agisce ulteriormente. E simile è da ritenere la genesi delle semilune. LOHLEIN e FAHR hanno posto l'accento sul fatto che la forma extracapillare della gl.nefrite è quella a decorso più acuto, più tumultuoso, che quindi riposa su più
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intensa azione tossica. Le formazioni a semiluna non sono limitate alla GÌ.nefrite pura, ma compaiono anche, pur se non in forma così diffusa, nella nefrosclerosi maligna e talora nell'amiloidosi (FAHR, RANDERATH), possono anche essere osservate come complicazioni nella nefrosi lipoide o in altre forme della glomerulonefrosi (SCHMINCKE nel tifo addominale) nella pielonefrite (ALLEN) e nella nefrite a focolai. Anche nelle forme in netta prevalenza intracapillari si vedono sempre alcuni glomeruli, nei quali si è giunti a proliferazioni dell'epitelio capsulare (cfr. fig. 281). in tal caso
Fig. 280. Glomerulonefrite cronica (intra- ed extracapillare). Completa trasformazione fibrosa della semiluna capsulare. Concrescenza con il gomitolo vascolare esternamente obliterato. Donna di 68 a. Aut. N. 93/52.
si constata non di rado che le alterazioni dei capillari danno l'impressione di essere anteriori a quelle della capsula, queste ultime evidentemente debbono la loro origine ad un insulto più acuto di una malattia meno recente. Nei casi più recenti si vedono non di rado accanto a proliferazioni epiteliali del foglietto parietale (o anche prima di esse) fuoruscite di eritrociti e fibrina nello spazio capsulare; si vedono cellule capsulari singole o desquamate in gruppi, che ora contengono ancora i nuclei, ora sono colpite da disfacimento, analogamente a quanto ha constatato HUCKEL nei suoi esperimenti con gli streptococchi. Si dovrà quindi anche pensare al fatto che più intense azioni tossiche non solo danneggiano le pareti capillari e così portano alla fuoruscita di fibrina e di eritrociti, ma si rendono anche mani56 —
K a u f m a n n I I , p. I
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feste negli epiteli capsulari meno sensibili e qui portano a necrosi ed esfoliazioni, ma anche a proliferazioni rigenerative. In questo caso le emorragie non sono sempre sicura premessa per la formazione delle semilune ( F A H R ) , come anche non ogni emorragia nella capsula porta alla proliferazione epiteliale (cfr. nefrite a focolai, pag. 894). In complesso l'autore vede nella formazione delle semilune un processo rigenerativo che si sviluppa nel corso della lesione epiteliale, come fu già ammesso da v. K A H L D E N (cfr. H U C K E L , R A N D E R A T H ) . La tendenza della semiluna alla trasformazione
Fig. 281. Glomerulonefrite cronica intracapillare con atrofia delle anse e proliferazione (recente) degli epiteli capsulari. Donna di 33 a. Aut. N. 565/53.
connettivale mostra che accanto a tali rigenerazioni giocano una parte anche processi di organizzazione di un essudato capsulare fibrinoso-emorragico. Le alterazioni dei glomeruli fin qui considerate non colpiscono mai nello stadio subacuto e cronico tutti i gomitoli. La funzione del rene (e quindi la vitalità) può proprio nel passaggio dallo stadio acuto al successivo rimanere conservata solo quando una certa parte dei glomeruli ritorna permeabile ed esercita la sua filtrazione. Anche nello stesso glomerulo la malattia dapprima del tutto diffusa passa spesso in uno stadio terminale più a focolai, nel quale un'ansa o un gruppo di anse è obliterato mentre altre ritornano permeabili. Inoltre si deve particolarmente rimarcare, che anche negli stadi tardivi della gl.nefrite, quando già una gran parte dei
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glomeruli si t r o v a in istato di completa obliterazione connettivale, si vedono regolarmente in singoli corpuscoli malpighiani alterazioni recenti con tumefazioni delle anse, proliferazioni endoteliali, e formazioni di semilune, che denunciano il progresso subdolo della malattia a piccole poussées. In ciò FAHR vede le conseguenze dell'eliminazione di scorie attraverso i glomeruli che hanno acquisito attraverso lesioni acute, superata ed esaltata prestazione funzionale, un'esagerata sensibilità, e si richiama a spiegazioni analoghe di LUBARSCH sulla cronicizzazione di altri processi flogistici. A c c a n t o a questo quadro polimorfo delle alterazioni glomerulari, si vedono sempre gomitoli, che, nelle singole anse o in totalità, mostrano un considerevole ingrandimento, che si dovrebbe interpretare come ipertrofia compensatoria da iperfunzione. 2. Le alterazioni delle parti residue del tessuto renale nella glomerulonefrite subacuta e cronica. Mentre nello stadio a c u t o la partecipazione dei canalicoli al processo morboso è in genere esigua e si limita al reperto nel loro lume di cumuli di eritrociti (nelle forme emorragiche) e leucociti (nei tipi spiccatamente essudativi), e negli epiteli è possibile riconoscere un certo grado di tumefazione torbida per assunzione di albumina eliminata, questa partecipazione dei canalicoli negli stadi subacuti e cronici, spesso emerge in primo piano in modo così intenso, che prima si è parlato di una « nefrite parenchimatosa » e FAHR e VOLHARD la denominano « screzio nefrotico » della glomerulonefrite. L e alterazioni epiteliali talora consistono nell'immagazzinamento di sostanze, particolarmente protidi e lipidi. Come già discusso nella nefrosi, queste deposizioni hanno p r o v o c a t o v i v a c e discussione sulla loro genesi: degenerazione o immagazzinamento? Oggi, prevalentemente secondo le ultime interpretazioni, ci d o v r e m m o decidere (RANDERATH) e riconoscere che le deposizioni a gocce jaline sono da interpretare come coacervati di proteine, che hanno superato le anse glomerulari danneggiate e vengono assunti dagli epiteli dei tubuli e in essi accumulate (verosimilmente nei mitocondri). Ciò non è neanche contraddetto dal fatto, che spesso non è dimostrabile un parallelismo tra la m a l a t t i a dei glomeruli e le alterazioni degli epiteli canalicolari, perché proprio i glomeruli con più lieve lesione dei loro capillari lasceranno passare sostanze proteiche a preferenza di quelli le cui anse sono già estesamente obliterate. Se qua e là si arriva alla disintegrazione e alla esfoliazione di epiteli tubulari (che già si estrinsecano anche nel reperto di cilindri epiteliali nell'urina) questa lesione delle cellule può originare, come nella nefrosi, per l'accumulo stesso, m a ben anche per disturbi nella nutrizione delle cellule. A l q u a n t o incerto rimane per altro il m o t i v o per cui si vede così poco l'infiltrazione a gocce jaline nella fase acuta, nella quale l'escrezione di albumina è intensissima. Non si nasconde nella infiltrazione a gocce jaline qualche cosa di diverso da un riassorbimento e accumulo di proteine? (cfr. ALLEN).
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L'Autore preferirebbe non considerare ancora come del tutto dimostrato, che tutte le sostanze lipidiche, che si trovano negli epiteli, raggiungano gli epiteli per la via canalicolare servendosi delle proteine come veicolo. Poiché però non di rado anche nell'urina compaiono sostanze lipidiche nella gl.nefrite cronica, è evidente che almeno una parte di esse ha trovato la sua via nella corrente urinaria. Le deposizioni di adipe possono conferire al rene un aspetto torbido bianco-gialliccio, che però per lo più non interessa tutto il parenchima corticale, ma è distribuito a chiazze. Queste chiazze sono in parte gruppi di canalicoli urinari, il cui epitelio contiene gocciole adipose, in parte accumuli di lipoidi (particolarmente colesterine) nel
Fig. 282. Deposizioni di colesterina nel tessuto interstiziale nella glomerulonefrite cronica (polarizzazione). A u t . N. 141/56. Donna di 52 a.
tessuto interstiziale, dove si trova in cellule tesaurizzanti di aspetto schiumoso (verosimilmente in parte endoteli dei vasi linfatici) (fig. 282). Accanto a deposizioni protidiche a gocce j aline e a steatosi si riscontra non di rado una specie di trasformazione idropica degli epiteli tubulari, che è espressione di assunzione o accumulo di acqua aumentati. L a seconda alterazione dei tubuli talora prevalente e dominante particolarmente nei casi cronici è l'atrofìa. Il lume diventa stretto, l'epitelio basso, i canalicoli collabiti nello stadio terminale in un piccolo cumulo di cellule, circondato da una membrana basale sottile 0 ispessita per jalinosi. Particolarmente caratteristica è la sdifferenziazione delle cellule, che perdono le loro tipiche strutture protoplasmatiche, così che nelle sezioni istologiche non si può ancora distinguere se si tratti di parti di un tratto principale o di un tratto intermedio. Le membrane basali possono in tal
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caso essere considerevolmente ispessite («jaline»). In generale viene riconosciuto che questa atrofìa è conseguenza della morte del glomerulo. Sono contemporaneamente responsabili dell' origine dell'atrofia (figg. 283 e 284) la diminuzione della nutrizione e la sospensione della funzione con blocco della corrente urinaria. Nella discussione del rene cicatriziale arteriosclerotico, degli infarti incompleti e delle conseguenze dello strozzamento dei vasi (SELYE « rene endocrino ») abbiamo visto che una diminuzione dell'irrorazione sanguigna può portare ad un'atrofia dei canalicoli corticali
Fig. 283. Glomerulonefrite cronica. Atrofia dei canalicoli urinari con sdifferenziazione del loro epitelio. Edema del tessuto interstiziale. Donna di 33 a. Aut. N. 565/53.
spesso di altissimo grado. Tali distretti atrofici si trovano nella gl.nefrite già in uno stadio, in cui il rene in toto è ancora ingrossato nella condizione del cosiddetto « rene grande bianco » o « rene grande variegato ». In questa fase devono quindi esistere alterazioni, che determinano l'ingrandimento dell'organo. Queste consistono talora in una dilatazione del lume dei canalicoli. OLIVER e LUCY hanno dimostrato che l'atrofia interessa più le parti distali dei canalicoli, la dilatazione più quelle prossimali. In questi ultimi gli epiteli sono per lo più appiattiti, il lume è ripieno di masse protidiche, finemente schiumose più spesso addensate, o di formazioni cilindroidi omogenee. Il rivestimento cellulare è sdifferenziato in analogia a quanto avviene nell'atrofia. Se la maggior parte dei canalicoli è dilatata, si deve arrivare ad
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un ingrandimento considerevole dell'organo, se le dilatazioni sono piuttosto a focolaio, essi possono protrudere alla superfìcie come bozze. Le granulosità che compaiono in maniera così chiara nel rene grinzo secondario, sono almeno in parte legate a gruppi di canalicoli urinari dilatati. Le masse albuminoidi omogenee o filanti originano evidentemente per stasi e ispessimenti locali di proteine, che sono state eliminate a livello dei glomeruli, Come ulteriori alterazioni vediamo pure ipertrofie dei tubuli con lumi ampi, ma grandi epiteli intensamente sporgenti in senso intraduttale che dimo-
Fig. 284. Atrofia dei canalicoli con ispessimento della membrana basale nella glomerulonefrite cronica. Uomo di 54 a. A u t . N. 438/53.
strano struttura a bastoncello e un orlo a spazzola, talora hanno accumulato masse proteiche sotto forma di gocciole e quindi si dimostrano capaci di funzione. Essi di solito sono ordinati a gruppi intorno a un glomerulo ben conservato. Non del tutto raramente in tali canalicoli si trovano manifestazioni di proliferazione dell'epitelio con divisioni nucleari mitotiche e amitotiche e « cellule giganti » polinucleate. Queste gemmazioni epiteliali possono comparire in forma localmente esaltata e condurre al quadro di piccoli adenomi o per lo meno di iperplasie adenomatoidi. Nel lume di molti canalicoli si trovano epiteli esfoliati, spesso arrotondati, steatosici, o i loro resti, gocciole di adipe, sferule jaline di diversa grandezza, spesso considerevole, e soprattutto cilindri jalini, granulosi o cellulari che possono contenere anche globuli rossi, i loro resti o pigmento ematico
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granulare. ADDIS richiama l'attenzione nell'insufficienza del rene su cilindri particolarmente grandi, che riempiono i tubuli collettori, spesso in v i a di disfacimento e in filtrati di leucociti. I punti grossolanamente triangolari, rossi o rosso-neri, spesso ancora riconoscibili alla superficie nella fase subacuta e anche in quella cronica, constano di gruppi di canalicoli urinari, che sono pieni di eritrociti. Il tessuto interstiziale, sia nello stadio subacuto che in quello cronico della gl.nefrite è coinvolto, nel primo più in forma di edema infiammatorio,
Fig.
285.
A r t e r i o l a con n e c r o s i p a r i e t a l e e i n f i l t r a t o p e r i a r t e r i o s o n e l l a g l o m e r u l o n e f r i t e D o n n a d i 68 a. A u t . N . 93/52.
cronica.
nell'ultimo con netto aumento delle fibre. L'infiltrazione edematosa, « nefrite interstiziale concomitante» (HÙCKEL, ZOLLINGER), può contribuire considerevolmente all'ingrandimento dell'organo. Di regola si trovano anche infiltrati cellulari, particolarmente di plasmacellule e linfociti, ora attorno ai vasi, ora preferibilmente al limite tra corticale e midollare o in focolai e strie tra i canalicoli. Si è già accennato alle deposizioni di sostanze lipidiche nel tessuto interstiziale. Insieme con l'atrofia dei canalicoli si instaura (un aumento, almeno relativo, del tessuto connettivo fibroso, in cui però proliferazioni di tessuto di granulazione o più intense proliferazioni
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di fibroblasti non hanno alcuna parte e il processo decorre quindi evidentemente più nel senso della sclerosi dopo infiammazione sierosa (RÒSSLE). Anche i vasi sanguigni non rimangono illesi nell'alterazione del tessuto renale. Le arterie più grandi mostrano principalmente il quadro della cosiddetta endoarterite obliterante con restringimento del lume di alto grado, spesso unilaterale, come si vede spesso anche in altra sede nei processi infiammatori cronici di altri organi. Quadri che ricordano la periarterite nodosa (fig. 285), con necrosi parietali e infiltrati intensi costituiti da varie specie cellulari, sono relativamente rari. Altre alterazioni arteriose appartengono più al tipo
Fig. 286. Iperplasia concentrica lamellare dell'intima in arteria renale di medio calibro in corso di glomerulonefrite cronica. Donna di 38 a. Aut. N. 444/53.
dell 'arteriosclerosi e constano nei rami più grandi di iperplasie intimali concentriche lamellari con o senza slaminamento delle lamelle elastiche (cfr. fig. 286) (cfr. le alterazioni vasali nella cosiddetta ipertensione essenziale), o sono da addebitare all'arteriosclerosi e mostrano i quadri della linosi e della lipoidosi. Nella loro genesi potrebbe giocare una parte l'aumento della pressione sanguigna, però è certo importante anche la soppressione del territorio di ramificazione nell'obliterazione dei glomeruli Queste alterazioni vascolari possono contribuire all'atrofia dei tubuli. È poco verosimile che esse, come pensa VOLHARD, siano responsabili della cronicizzazione della malattia renale. W . W . MAYER ha dimostrato che anche arterie al di fuori dei reni possono presentare alterazioni parietali che con-
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sistono in parte in deposizioni fibrinoidi e in parte in infiltrazioni di cellule xantomatose, perfino in quadri simili alla periarterite nodosa. Egli pensa ad effetti dell'ipertensione, e soprattutto a influenze tossiche. Riconsiderando la gl.nefrite subacuta e cronica e le diverse alterazioni tessutali che in esse colpiscono il rene, si potrà dire con certezza che la malattia dei glomeruli è il fattore di guida in tutte le fasi. Ciò che si svolge nei tubuli e nel tessuto interstiziale dipende essenzialmente dalla lesione dei capillari di quelli e dalla loro obliterazione 0 restitutio ad integrum. Così rimane da dare risposta alla seconda questione posta sopra se a seconda del prevalere di un determinato processo anatomico si può prospettare una suddivisione in forme diverse, che dia anche qualche suggerimento sul decorso, sull'esito finale e quindi sulla prognosi. Può restare come fermo con una certa determinatezza che: a) La maggior parte dei casi di gl.nefrite a insorgenza acuta va in guarigione senza esiti O con minima compromissione parenchimale ( V O L H A R D e la sua scuola, E L L I S , S A R R E , A D D I S ) . Se tali casi arrivano all'indagine microscopica, si trovano obliterazioni delle anse e aderenze con le capsule solo in singoli glomeruli. b) La maggior parte dei casi cronici, che noi vediamo al tavolo anatomico nello stadio dell'uremia, ha anamnesi acuta e mostra anatomicamente il quadro delle alterazioni prevalentemente intracapillari. c) Se vediamo nella gl.nefrite subacuta o cronica una più intensa partecipazione degli epiteli con l'aspetto di formazioni a semiluna-si tratta di solito di casi con più rapido decorso ( L Ò H L E I N , F A H R ) . d) Nella maggior parte dei casi di gl.nefrite cronica si possono dimostrare accanto a vecchi processi altri di natura più recente, che indicano un progresso a poussées delle alterazioni. D a quanto detto sembra legittimo distinguere due tipi fondamentali nel senso di ELLIS. Il tipo I si instaura acutamente e di regola si spegne senza lasciar traccia (85 %). In una piccola percentuale di casi esso ha esito letale già nello stadio acuto per insufficienza renale o cardiaca, in circa il 10 % passa nello stadio cronico, la cui durata è molto diversa e presenta un decorso più rapido nel tipo a semilune extracapillare che in quello intracapillare. In PILGERSTORFER e SARRE dati numerici un po' diversi. Il tipo II comincia in modo del tutto subdolo, per lo più solo con edemi, senza ematuria grossolana, senza ipertensione, porta al ricovero ospedaliero in questo stadio relativamente di rado e in più del 90 % dei casi passa in quella forma, che è caratterizzata dal prevalere delle alterazioni intracapillari. Con decorso lento, talora di decenni, esso conduce a morte per uremia. Naturalmente questa suddivisione non è assoluta; soprattutto non v a dimenticato che anche nel tipo II possono insorgere poussées acute, nelle quali poi si arriva alla formazione di semilune o a nuove proliferazioni
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endoteliali o anche a processi maggiormente essudativi nei glomeruli ancora conservati o ricostituiti. Ma nel complesso l'A. ha però l'impressione, che la suddivisione di E l l i s rappresenta un progresso.
y) Stadi terminali della glomerulonefrite cronica. Il cosiddetto rene grinzo secondario Quando la malattia renale non porta a morte nello stadio subacuto o cronico, si arriva, per lo più dopo anni, al quadro anatomico del rene grinzo secondario (infiammatorio). Il rene la cui capsula si lascia staccare dalla corteccia solo ancora con certe perdite di sostanza, mostra una superficie a fini granuli e un rimpicciolimento più o meno notevole. Talora il rimpicciolimento non è considerevole e in tal caso si deve ritenere che l'organo nello stadio del « grosso rene bianco » o del « grosso rene variegato » era ingrandito. L'impicciolimento può però essere anche molto considerevole, così che il peso dei due reni complessivamente non supera i 60 g (E. K a u f m a n n ) (figg- 287 e 288). La superficie è a piccoli o pianeggianti rilievi o piuttosto a grosse granulazioni, può però talora essere anche completamente liscia (rene grinzo secondario glabro, cfr. fig. 288, Aut. N. 291/56, uomo di 66 anni. Le aree sporgenti sono di colorito giallo, bianco giallastro o rossastro. Esse corrispondono al tessuto renale meglio conservato con gruppi di glomeruli e canalicoli ipertrofici. Le aree interposte, rientranti sono di colore rosso scuro o rosso grigiastro, possono però ancora mostrare piccolissime punteggiature gialle o biancastre (piccoli focolai lipoidi) e corrispondono ai territori corticali atrofici con connettivo ispessito. Non di rado si vedono tra le granulazioni aree di sclerosi, cicatriziali, retratte profondamente, che corrispondono ad arterie intensamente alterate e che si continuano nella corteccia più profondamente restringendosi a guisa di cuneo. A l taglio, la corteccia appare ispessita fortemente, ma irregolarmente. Il disegno è confuso e talora screziato di focolai e strie giallastri o grigiobiancastri. Anche la sostanza midollare è atrofica, le piramidi sono piccole, il limite tra midollare e corticale può essere poco netto. Se il rene grinzo secondario proviene da un grosso rene rosso, il colore delle granulazioni è in parte più rosso e i reni hanno nel complesso una tinta più grigiorossastra. Il quadro del rene grinzo secondario può avere una certa somiglianza con il rene grinzo genuino (arteriolosclerotico). Solo il colore di quest'ultimo per lo più tende al rosso. La diagnosi differenziale macroscopica di frequente non è possibile, e perfino al microscopio la distinzione può essere difficile. In relazione a ciò, si deve accennare al fatto, che anche in altre condizioni
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F i g . 287. R e n e g r i n z o secondario g r a n u l o s o d a g l o m e r u l o n e f r i t e c r o n i c a . U o m o di 45 a. A u t . N . 130/54.
F i g . 288. Rene grinzo secondario g l a b r o d a glomerulonefrite cronica in tracapillare. U o m o di 66 a. A u t . N . 291/56.
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la diagnostica macroscopica della malattia renale è molto difficile, e che quasi sempre soltanto l'esame microscopico porta ad una chiarificazione univoca del processo. Comportamento microscopico del rene grinzo secondario, aa) I glomeruli dallo stadio della gl.nefrite si sono ulteriormente sviluppati nel senso dell'obliterazione. Una gran parte è trasformata in sferule connettivali, nelle quali particolarmente nei preparati colorati al van Gieson si può distinguere l'jalino glomerulare più giallastro dall'jalino capsulare a tinta più rosso splendente. L o spazio capsulare è per lo più scomparso per coalescenza dei
F i g . 289. D u e piccoli c i s t o a d e n o m i nella corticale renale in rene g r i n z o secondario. D o n n a di 34 a. A u t . N. 224/52.
due foglietti. Però non di rado si vedono anche gomitoli completamente obliterati con scarsi nuclei cellulari rotondi o allungati liberi in una capsula di B o w m a n con modesto ispessimento connettivale (particolarmente nelle forme a prevalente alterazione intracapillare). In conseguenza dell'atrofìa dei canalicoli i corpuscoli di Malpighi si addossano strettamente gli uni agli altri. T r a i glomeruli esclusi se ne vedono sempre alcuni che sono ben conservati e pervi o che perfino possono mostrare una cospicua ipertrofia. Quasi sempre, anche negli stadi terminali, si trovano singoli glomeruli con alterazioni infiammatorie più recenti e anche formazioni a semiluna, le quali indicano che il processo non è ancora giunto completamente alla fine. Però a questo proposito non si dovrebbe trascurare, che anche nel rene
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grinzo si possono trovare singole formazioni a semiluna, la cui genesi non risale ad una gl.nefrite diffusa. bb) Nei canalicoli prevale l'atrofia. Essa è spesso così intensa, che i tubuli non si possono più riconoscere come condotti cavi, ma riempiono lo spazio tra i glomeruli obliterati come una massa cellulare poco differenziata. Però le membrane basali sono conservate e si riconoscono con la colorazione al van Gieson o al Pas. Esse possono anche presentare ispessimento jalino. Altri gruppi di canalicoli, che appartengono a glomeruli pervi, presentano spesso cospicua ipertrofia con dilatazione del lume e epitelio alto. Altri gruppi sono in dilatazione cistica, ma rivestiti da cellule epiteliali appiattite. Solo molto scarse sono vere e proprie manifestazioni rigenerative. Neoformazione di cellule epiteliali con divisione mitotica o amitotica o tentativi incompleti di divisione con formazione di cellule giganti polinucleate non sono rari; non è dimostrata neoformazione di interi canalicoli perfino di glomeruli. Reperto non inconsueto sono formazioni adenomatose piccole, cistiche o cistico-papillari che si sollevano alla superficie dei reni come piccoli focolai giallastri di grandezza da quella di una testa di spillo a quella di una lenticchia. Esse originano ovviamente per lo più in piccole cisti tubulari e sono da valutare come tentativi di rigenerazione (fig. 289). Immagazzinamento di grasso e di albumina sotto forma di depositi a gocce j aline nelle cellule dei tubuli passano completamente in seconda linea negli stadi terminali. Ciò certamente dipende dalla impcrvietà della maggior parte dei glomeruli. Nei gruppi di canalicoli conservati o ipertrofici si osservano in singole aree. cc) Il tessuto interstiziale si è ulteriormente accresciuto, zioni connettivali e formazioni cicatriziali più grossolane sono è il reperto di infiltrati linfocitari nello stroma. Anch'essi negli stadi terminali. Per le alterazioni vascolari vale quanto nel capitolo precedente.
ma proliferarare. Costante diminuiscono è stato detto
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b) LE GLOMERULONEFRITI A FOCOLAI
Quasi sempre si m a n i f e s t a n o c o m e f e n o m e n o c o n c o m i t a n t e di u n a m a lattia s e t t i c a c h e ne s t a alla base. I l sintomo g u i d a nel q u a d r o clinico è l'ematuria. A c c a n t o a d esso si t r o v a n o nell'urina escrezioni proteiche, per lo più in q u a n t i t à esigua, talora cilindri e leucociti. N e l l a m a g g i o r p a r t e dei casi m a n c a n o segni p i ù grossolani di alterazione f u n z i o n a l e del rene in r a p p o r t o al suo potere di eliminazione. Così m a n c a a n c h e l'ipertensione, così c o m e di regola g l i edemi, e non si g i u n g e alla r e t i n o p a t i a e all'uremia. Sulla f r e q u e n z a delle nefriti a focolai nel m a t e r i a l e a u t o p t i c o v e d i P A C H T E R . Il quadro macroscopico del rene è in complesso p o c o c a r a t t e r i s t i c o . G l i organi possono essere a l q u a n t o ingrossati, talora m o s t r a n o u n a irrorazione s a n g u i g n a irregolare, a chiazze, così d a ricordare il q u a d r o d e l rene « v a r i e g a t o » e non di r a d o sono d i s s e m i n a t i d i emorragie p u n t i f o r m i , che d i regola però non sono così n u m e r o s e c o m e nella glomerulonefrite d i f f u s a . L a diagnosi m a c r o s c o p i c a della glomerulonefrite a focolai è diffìcile e spesso impossibile. A l microscopio è c a r a t t e r i s t i c o il f a t t o che solo u n a p a r t e dei glomeruli sono alterati e che le alterazioni n o n colpiscono l'intero g o m i t o l o , m a sono a f o c o l a i . R i m a n e quindi sempre u n a p a r t e dei g l o m e r u l i f u n z i o n a n t e e di
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frequente anche nei gomitoli alterati una parte delle anse. Ciò spiega la mancanza di segni di deficit renale. Con FAHR possiamo distinguere tre forme della glomerulonefrite a focolai.
a) La cosiddetta nefrite a focolai embolica non purulenta (Lohlein) Costituisce la forma più frequente o almeno che richiama più intensamente l'attenzione della nefrite a focolaio che si insedia nel glomerulo e compare con particolare regolarità nella endocardite lenta, così che per la diagnosi clinica di questa m a l a t t i a i sintomi della nefrite a focolaio hanno particolare significato. GERMER, FISCHER e GLOCKNER hanno di recente raccolto 81 casi di endocardite lenta e solo in 12 casi non hanno t r o v a t o sintomi renali. Le manifestazioni cliniche e, quando sono state eseguite, le ricerche microscopiche parlavano in generale per una nefrite a focolai, anche se in 10 casi la lesione renale giunse fino alla produzione di un'uremia. L ' A u t o r e può confermare sulla base delle sue esperienze settorie che ci sono anche casi di endocardite lenta senza malattia renale. D i fronte a ciò sta il f a t t o che non è per niente una rarità di trovare negli esami di routine di reni dal materiale autoptico alterazioni glomerulari, per lo più di antica genesi che chiaramente devono la loro origine ad una nefrite a focolaio. D i recente processi del genere mi hanno colpito nella polmonite interstiziale di prematuri, nei quali però solo una piccola parte dei glomeruli era sempre colpita e non venne osservato disturbo della funzione renale. Il processo nei reni è quindi a focolai. Ciò significa che si ammala solo una parte dei corpuscoli di Malpighi (anche se talora la maggior parte) e che il singolo gomitolo si ammala solo nell'ambito di singole anse o di gruppi di anse. I capillari colpiti sono ampiamente t u m e f a t t i nella loro parete, per lo più privi di nuclei, omogenei o come coagulati a fini granuli; parete vasale e contenuto sono trasformati in una massa che si colora intensamente con l'eosina e che ricorda quell'alterazione che è stata descritta nel capitolo « Infiammazioni vasali » voi. I / i , pag. 358 nella periarterite e che viene indicata come necrosi fibrinoide (fig. 290). Il processo appare simile a quello che si ha nella nefrosclerosi maligna, m a si limita come già fu rilevato da SCHÙRMANN e MAC MAHON, al tratto capillare terminale del glomerulo, mentre nella sclerosi maligna il glomerulo, pur potendo essere colpito, è sede di un processo che trapassa nei capillari solo dalle arteriole malate che sono la sede della lesione principale. Mediante colorazione della fibrina può comparire nelle anse alterate una certa colorazione blu, però essa per lo più non è intensa. Le colorazioni con Azan e
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Goldner danno toni di colore di un rosso sbiadito quali sono propri delle necrosi. Nei contorni delle anse così alterate si vedono non di rado reazioni infiammatorie, fuoriuscita di eritrociti e di masse plasmatiche contenenti fibrina nello spazio capsulare, che provocano adesioni con il foglietto capsulare parietale, raccolte locali di leucociti e proliferazioni di endoteli. Talora anche si può arrivare a esfoliazioni e proliferazioni circoscritte o più estese di epiteli capsulari con formazione di semilune (come nella glomerulonefrite
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Fig. 290. Nefrite a focolai recente non purulenta ( L o e h l e i n ) in endocardite lenta. Focolaio di necrosi circoscritto nel glomerulo. Uomo di 46 anni. Aut. N. 124/51.
diffusa). Però tali reperti sono rari e si rilevano sempre solo in una piccola parte dei glomeruli colpiti. L a comparsa di corpuscoli rossi, ora ben conservati, ora in disfacimento, nei canalicoli urinari pertinenti ai gomitoli malati rappresenta un'importante manifestazione associata. Dentro le capsule gli eritrociti si possono perfino dimostrare solo con relativa rarità, evidentemente perché essi di regola vengono portati via rapidamente dalla corrente urinaria, che ancora è in azione. Nei canalicoli si vedono anche masse di albumina. Più grossolane deposizioni del tipo a gocce ialine o necrosi degli epiteli canalicolari sono rare. Il tessuto interstiziale nei dintorni dei glomeruli ammalati può
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presentare alcune manifestazioni concomitanti flogistiche sotto forma di edema con accumulo di cellule migranti. Però il reperto raramente è molto marcato. L'elemento decisivo è pertanto la necrosi di singole anse 0 di gruppi di anse, con passaggio di albumina ed emazie attraverso le pareti vasali, fintanto che il lume vasale è ancora pervio e contiene sangue. Dal punto di vista microscopico non sarà generalmente difficile valutare esattamente gli stadi iniziali della nefrite di LOEHLEIN. Ciò risulterà
Fig. 291. Nefrite a focolaio non purulenta meno recente (LÒHLEIN) in endocardite lenta guarita. Focolaio fibroso nel glomerulo aderente alla capsula. Uomo di 59 anni. A u t . N. 325/55.
tuttavia più difficoltoso nelle fasi meno recenti. In queste si verifica una trasformazione connettivale-j alina delle anse alterate, spesso con estesi collabimenti con la capsula (fig. 291). Tale stadio fibrocicatriziale terminale interessa spesso gran parte del glomerulo, cosicché in confronto con le fasi iniziali si ha l'impressione che la necrosi delle anse si sia gradatamente estesa nel glomerulo, tanto che molte anse vengono ad essere alla fine totalmente obliterate, e si giunge alla completa trasformazione connettivale già nota anche per altre forme di affezioni renali. Quale è allora il significato del processo? È noto che lo stesso LOEHLEIN, al quale dobbiamo la conoscenza di questo tipo di nefrite, pensava alla disseminazione di 57
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emboli di materiale trombotico contenente cocchi, staccati dalle valvole cardiache, e che considerava l'alterazione come una specie di infarto blando corrispondente agli estesi infarti degli organi quali si possono riscontrare nel corso della endocardite lenta ad es. nella milza ed anche nello stesso rene. Questa interpretazione che ha raccolto la maggior parte dei clinici e dei patologi, e che trova anche la sua espressione nella denominazione stessa della malattia (cfr. FAHR), si contrappone all'altra, secondo la quale si tratterebbe di necrosi delle anse ad origine locale, nelle quali entrerebbero
Fig. 292. Nefrite a focolaio meno recente non purulenta (LÒEHLEIN) in tubercolosi polmonare senza endocardite. Uomo di 60 anni. Aut. N. 95/48.
in gioco colonizzazioni di singoli cocchi (senza grossolana obliterazione del lume vasale), forse associate all'intervento di una sensibilizzazione dell'organismo con ipersensibilità degli endoteli capillari (VOLHARD, LICHTWITZ, DIETRICH, A L B E R T I N I e GRUMBACH). I n m a n i e r a p a r t i c o l a r e , i n
un
lavoro del 1948, BRASS si è dichiarato favorevole a questa interpretazione e ha prospettato la insostenibilità dell'ipotesi di LÒEHLEIN, e insiste sulle numerose discordanze tra le supposte microembolie glomerulari e le macroembolie con formazione di infarto nel restante parenchima renale, ed inoltre pone l'accento sul fatto che la nefrite di tipo LÒEHLEIN può insorgere anche in assenza di endocardite e nella endocardite isolata delle valvole polmonari, e valorizza il fatto già noto che non si riesce a dimostrare la presenza di
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cocchi nelle necrosi delle anse capillari glomerulari. E g l i interpreta perciò il rene di Lòhlein c o m e la n e f r i t e a focolai dell'organismo iperergico, « u n f e n o m e n o a n a l o g o in sede capillare delle arteriti che e v o l v o n o con escrezione di masse fìbrinoidi ». P r o p r i o anche il c o n f r o n t o con le f o r m e di n e f r i t e a focolai insorte nel corso di e n d o c a r d i t e a c u t a ulcerosa e nella p i e m i a g e n e r a l i z z a t a (v. sotto) rende c h i a r a m e n t e comprensibile un t a l m o d o d i vedere. L ' i n t e r p r e t a z i o n e d a t a d a BRASS s e m b r a v i e p p i ù diffondersi a n c h e nella l e t t e r a t u r a straniera: a d es. BELL, a p p a r e n t e m e n t e senza essere a conoscenza del l a v o r o di BRASS, p o r t a gli stessi a r g o m e n t i . S a l v o che la s u a teoria differisce a l q u a n t o p e r il f a t t o che egli tiene ben d i s t i n t a la f o r m a fibrosa d a quella recente necrotico-jalina, e perché non ritiene la p r i m a s t a d i o r i s o l u t i v o della seconda. A n c h e ALLEN c h e h a sostituito il t e r m i n e di « n e f r i t e e m b o l i c a a focolai » con quello di glomerulonefrite necrosante a focolai, v e d e in essa u n processo allergico che s t a v i c i n o a quello della periarterite nodosa. A n c h e lo scrivente v o r r e b b e associarsi a q u e s t a i n t e r p r e t a z i o n e s o s t e n u t a in G e r m a n i a s o p r a t t u t t o d a V O L H A R D , HUEBSCHMANN, D I E T R I C H e B R A S S , t a n t o p i ù c h e si è i m b a t t u t o
p e r s o n a l m e n t e in osservazioni nelle quali era insorta u n a glomerulonefrite a focolai del t i p o LÒHLEIN in assenza di endocardite l e n t a (v. a fig. 292 u n g l o m e r u l o di q u e s t o t i p o in corso di T b c cronica, m a l a t t i ache è s t a t a a n c h e altre v o l t e r i t e n u t a t r a le m a l a t t i e f o n d a m e n t a l i nella nefrite di LÒHLEIN).
fi) L a glomerulonefrite a focolai di origine batterica Si t r a t t a di u n t i p o di affezione renale g e n e r a l m e n t e p o c o considerata, che è t u t t a v i a p i ù f r e q u e n t e di q u a n t o si p o t r e b b e ritenere s t a n d o alla l e t t e r a t u r a . In merito a d essa v i e n e riferito q u a l c h e cosa di più preciso solo d a FAHR e d a ALLEN.
N e l q u a d r o clinico (VOLHARD e SCHEIDEMANTEL) s t a in p r i m o p i a n o anche l ' e m a t u r i a . L a pressione s a n g u i g n a non è a u m e n t a t a e la f u n z i o n a l i t à renale è c o n s e r v a t a . L ' u r i n a contiene, oltre a d e m a z i e in q u a n t i t à v a r i a bile, a l b u m i n a , cilindri e leucociti. L a n e f r o p a t i a insorge nel corso di u n a m a l a t t i a i n f e t t i v a per lo p i ù s o s t e n u t a d a cocchi, m a anche d a altri a g e n t i (nefrite infrainfettiva, GRAEFF) . M a c r o s c o p i c a m e n t e i reni a p p a i o n o p e r lo più p o c o ingrossati, la corteccia a l q u a n t o a m p l i a t a , r i l e v a t a , ed in superficie ed al t a g l i o t e m p e s t a t a di n u m e r o s e p u n t e g g i a t u r e emorragiche rosse o bruno-nerastre, per lo p i ù angolose, che si d i s t i n g u o n o c h i a r a m e n t e d a l t e s s u t o circostante e che f a n n o subito pensare all'esistenza di u n a nefrite e m o r r a g i c a d i f f u s a o del t i p o a focolai.
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Nei preparati microscopici il reperto può essere assai vario. Sempre il dato più notevole è l'intasamento di gruppi di canalicoli contorti ad opera di emazie conservate. Anche nelle anse e nei canali collettori è di regola possibile riconoscere ammassi di emazie ben conservate oppure emolizzate e trasformate in una massa brunastra, a fini granuli tanto che l'ostruzione di numerosi tubuli midollari da parte di questi cilindri fornisce un quadro analogo a quello del rene da schiacciamento. Di solito, nei casi recenti, si notano anche infiltrazioni ematiche nella capsula di B o w m a n , senza che si possano peraltro mettere in evidenza
Fig. 293. Glomerulonefrite a focolai ad eziologia batterica in flemmone streptococcico. Non endocardite. Donna di 72 anni. Aut. N. 247/54.
grossolane rotture dei capillari. Inoltre si rileva spesso una certa dilatazione dei tubuli della corticale, che contribuisce per conto suo all'aumento di volume dell'organo, e che è verosimilmente in rapporto con l'ostruzione dei tubuli efferenti. Accanto ai cilindri ematici si riconoscono pressoché di regola escrezioni albuminoidi negli spazi capsulari e nei tubuli uriniferi, nonché cilindri jalini nelle porzioni distali. Se si osservano più da vicino le lesioni glomerulari, in particolare in quei glomeruli la cui capsula contiene sangue, il reperto può risultare del tutto negativo. L'Autore ha osservato un quadro corrispondente in una donna di 67 anni, (Aut. N. 191/51) la quale, in seguito ad empiema del seno sfenoidale, venne a
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morte per trombosi settica dei seni cavernosi con piemia generalizzata da stafilococco aureo. Nel corso di ricerche microscopiche assai accurate, fu possibile riconoscere in parecchie capsule glomerulari ed in gruppi di tubuli emazie ben conservate; non fu però possibile dimostrare eventuali alterazioni diffuse o circoscritte delle anse glomerulari, per cui venne proposta la denominazione di « porpora renale », nonostante non vi fosse dubbio che le lesioni capillari che stavano alla base delle emorragie capsulari, dovessero essere in rapporto con i cocchi o con le loro tossine, e pertanto il processo appartenesse al gruppo delle glome-
Fig. 294. Formazione sottile a semiluna in glomerulonefrite a focolai ad eziologia batterica (cfr. fig. 293).
rulonefriti a focolai di origine batterica. La ricerca dei cocchi nelle sezioni di rene diede però esito negativo. Reperti più chiari si riscontrarono in una donna di 72 anni (Aut. N. 247/54) nella quale, in seguito all'infezione di un ematoma traumatico del femore, si era sviluppato un flemmone infiltrante la muscolatura e il periostio, per cui venne a morte (senza endocardite). Nelle urine presenza di albumina con parecchi leucociti e molto numerose emazie. Anemia (Hb 50-60 %) con leucocitosi ematica. Aumento della pressione arteriosa (200/90) verosimilmente espressione di una ipertonia preesistente. Azotemia m§%• I n questo caso si osservarono diverse lesioni glomerulari del tipo di quelle illustrate da F A H R nelle figg. 57 e 58 del trattato di H E N K E e L U B A R S C H (voi. VI/i). La maggior parte dei glomeruli era comunque indenne. In minor (ma non esiguo) numero singole anse apparivano esangui e infarcite da cellule endoteliali. V i erano locali rigonfiamenti della parete del tipo della necrosi
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fibrinoide (fig. 293). Nello spazio capsulare, oltre al sangue, masse albuminoidi numerose ed epiteli desquamati ed eventualmente fibrina, grazie alla quale il glomerulo può essere adeso in tratti limitati alla capsula. Talora sono presenti piccole semilune (fig. 294). I tubuli sono ir gran parte dilatati, gli epiteli appiattiti. Numerosissimi canalicoli sono intasati da sangue, leucociti e masse albuminoidi. Nei tubuli midollari si notano cilindri di albumina ed eritrociti o di emoglobina a granuli. Il connettivo è modicamente imbibito da edema, e presenta piccoli infiltrati cellulari e mantello attorno ai corpuscoli alterati. Quale definizione e quale interpretazione si può dare di questo processo? Per la sua distribuzione appartiene senz'altro alla nefrite a focolai; è di natura infiammatoria e colpisce soltanto singoli glomeruli e in questi sempre solo singole anse. E di natura essudativa per la fuoriuscita di sangue, fibrina e leucociti, produttiva per le proliferazioni dell'endotelio capillare e capsulare, presenta inoltre, come fa notare anche A L L E N , fondamentalmente gli stessi aspetti della glomerulonefrite diffusa. Concludendo essa sta tra quest'ultima e la nefrite tipo Loehlein. F A H R insiste sul reperto di cocchi in queste forme. A L L E N non ne ha mai riscontrati. Nei nostri casi non erano evidenziabili cocchi nei glomeruli colpiti. T u t t a v i a nel secondo caso, accanto alle già descritte lesioni, si osservavano nella midollare singoli focolai essudativi, aree di fusione purulenta a striscie che sicuramente erano riferibili alla disseminazione di cocchi. Perciò si potrebbe ritenere che forse anche i focolai di lesione glomerulare siano stati causati da una azione diretta dei cocchi, i quali sono stati certamente asportati successivamente dalla corrente urinaria divenendo indimostrabili nei preparati (cfr. F I S H B E R G e M U N C K [«nefrite infettiva»]). Si potrebbe quindi meglio definire questa malattia « nefrite non purulenta da eliminazione » in quanto è evidente che essa può associarsi a processi purulenti a focolaio. E singolare che questo tipo di nefropatia abbia suscitato così poco interesse. B E L L non la ricorda neppure, a meno che forme di questo tipo non debbano essere accomunate alla sua « nefrite emorragica benigna ». L a prognosi è in questo caso completamente legata alla malattia infettiva di sfondo. L a maggior parte dei glomeruli la cui lesione si limita ad una certa proliferazione degli endoteli con imbibizione plasmatica delle membrane basali, può anche guarire senza esiti duraturi. A L L E N ritiene che singoli glomeruli che sono stati più gravemente lesi possano evolvere verso la obliterazione. In tal modo verrebbe ad essere anche spiegato il reperto di glomeruli jalini isolati in reni altrimenti sani, come un reliquato di lievissime forme pregresse di questo tipo di nefrite a focolai. E del resto un fatto ben noto ai clinici che nel corso di malattie infettive acute, ad es. tonsilliti, non raramente si verifica la comparsa di albumina, leucociti ed emazie nelle urine. Queste alterazioni per lo più fugaci e guaribili senza esiti sono verosimilmente da riportare a questo tipo di nefrite a focolai.
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y) Glomerulonefrlte a focolai di origine tossica Viene causata da veleni solubili che circolano nel sangue e che passano attraverso i glomeruli. V i appartengono quelle forme di glomerulonefrite che possono essere prodotte sperimentalmente in animali, specialmente con uranio (BAEHR). Questa nefrite da uranio presenta caratteri di particolare intensità per la assoluta preminenza delle necrosi a focolai. In tal caso è possibile giungere anche ad emorragie e a processi trombotici nelle anse. Anche i vasi afferenti ed i tubuli vanno incontro a processi degenerativi. Nell'uomo un tale tipo di lesione tossica è raramente osservabile nella forma conclamata. FAHR ha descritto un caso di questo tipo, mentre HUECKEL nella sua recente pubblicazione ha raffigurato un glomerulo nel quale predominavano le necrosi a focolaio. In questo caso era presente una sepsi streptococcica e pertanto la malattia renale dovrebbe verosimilmente essere ricondotta alla nefrite infettiva descritta nell'ultimo paragrafo.
ò) Periglomerulite granulomatosa Come forma particolare di nefrite a focolaio deve essere considerata la periglomerulite granulomatosa descritta da WEGENER e R i x , i quali l'hanno potuta osservare in associazione con processi necrotizzanti delle vie aeree superiori. Nei casi di FORMER le anse glomerulari presentano in questo caso alterazioni simili a quelle descritte per la nefrite di LOEHLEIN. L a malattia è senza dubbio in rapporto con la sepsi lenta e decorre in associazione ad arterite e periarterite, specie dei vasi afferenti. MCMANUS e HORNSBY hanno osservato quadri corrispondenti nella poliartrite. Anche la « glomerulonefrite gigantocellulare » di RUTTNER e GLOOR deve essere ascritta a questo gruppo. BLAINEY ha descritto una glomerulonefrite acuta necrotizzante con estese necrosi corticali. Non è ancora possibile dare una classificazione della nefropatia epidemica osservata da STUHLFAUTH e HORTLING nel corso dell'ultimo conflitto, e da MYRMAN nel nord della Scandinavia.
e) Lupus erythematodes acuto disseminato Nel Lupus erythematodes acuto disseminato i glomeruli presentano una certa somiglianza con quelli della nefrite a focolaio ma anche con quelli
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della glomerulo-nefrosi. V i si osserva infatti una imbibizione fìbrinoide a focolai della parete di singole anse glomerulari, tale che si parla di glomer u l i t e c o n a n s e r i g i d e (BAEHR, KLIMPERER, e SCHIFRIN, POLLACK e BAEHR,
STICKNEY e KEITH). C o n l ' i n t e r e s s a m e n t o d i g r a n n u m e r o d i g l o m e r u l i si
può anche instaurare una insufficienza renale. L ' a s p e t t o esterno del rene può far ricordare macroscopicamente u n a nefrosi maligna, con la sua irregolare marezzatura rosso-grigia e le sue non del t u t t o rare soffusioni emorragiche, oppure una glomerulonefrite o un rene da periarterite nodosa (cfr. fig.
i n ALLEN; v e d i a n c h e a p a g . 740 s o t t o
glomerulonefrosi).
Circa le alterazioni cardiovascolari di questa malattia verrà riferito in particolare nel relativo capitolo. Il processo renale non è però del t u t t o specifico, può essere riscontrato incidentalmente anche nella sclerodermia e nella dermatomiosite, per quanto si riscontri nel lupus erythemadotes acuto circa nel 60 % dei casi (ALLEN).
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9°5
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c) NEFRITE
INTERSTIZIALE
Come in t u t t e le forme infiammatorie renali, anche nella nefrite interstiziale è più facile definire le alterazioni anatomiche che non tracciare una delimitazione rispetto ad altri tipi di nefropatie infiammatorie. Non esiste alcuna m a l a t t i a renale la quale decorra con danno od involuzione di certe parti del parenchima senza che anche il tessuto interstiziale risponda con determinate manifestazioni infiammatorie che possono consistere ora nella comparsa di essudato albuminoideo, ora in infiltrati cellulari, od in certi processi produttivi. Ciò si può constatare sia in una parte delle nefrosi (Crash-rene, Z O L L I N G E R ) come nelle più diverse forme di glomerulonefrite diffusa o a focolai, m a anche nella nefrosclerosi benigna e ancor più nella maligna. L ' a u m e n t o di volume dell'organo che spesso è presente in tali malattie, è frequentemente d o v u t o a tale infiltrazione del tessuto interstiziale. Questa alterazione da designare come « nefrite interstiziale concomitante » ( H U E C K E L , Z O L L I N G E R ) verrà t r a t t a t a nei capitoli corrispondenti. Nella forma più conclamata essa si riscontra naturalmente nelle nefriti purulente (ematogene o ascendenti). Qui verranno prese in considerazione soltanto le forme più autonome di nefrite interstiziale.
a) Nefrite interstiziale acuta sierosa È stata descritta in modo particolare da F A H R , S C H M I D T H . e Z O L L I N G E R « e ne è stata riconosciuta la importanza in taluni casi di uremia insorta bruscamente (anche nella nefrite bellica, F A H R ) . Il rene appare ingrossato, simile a quello della tumefazione torbida ( S C H M I D T ) . L a capsula è tesa, la corticale allargata, il disegno confuso, il colore per lo più impallidito, diafano quasi vitreo. L a midollare è poco interessata (a meno che non si tratti di una forma ascendente). L'alterazione tessutale si limita ad un edema albuminoideo scarsamente cellulare del tessuto interstiziale che provoca una diastasi di un certo grado dei tubuli e che comprime i capillari (v. fig. 295). I glomeruli non sono generalmente interessati; m a si possono anche riscontrare
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essudazioni albuminoidi della capsula di Bowman; raramente si osservano in questa e nell'interstizio, emorragie (ASSMANN). Il fattore distintivo sta in una aumentata permeabilità delle pareti capillari, specie nel tessuto interstiziale, come del resto si trova in ultima analisi in tutte le infiammazioni sierose (RÒSSLE, EPPINGER). L a malattia può presentare carattere del tutto autonomo (come in certi casi di nefrite da campo), oppure la presenza di processi infettivi a focolaio in altre sedi (tonsille, denti, flemmoni del connettivo, v. ASSMANN) la fa ricondurre alla azione di tossine batteriche
Fig. 295. Nefrite interstiziale acuta ematogena, del tipo sieroso intertubulare. (Da un fotogramma gentilmente concesso dal prof. Z O L L I N G E R St. Gallen).
o di prodotti tossici di degradazione proteica, assieme ai quali possono svolgere la loro influenza processi di natura allergica (ASSMANN). Se l'edema infiammatorio diviene eccessivo, può portare ad una considerevole tensione della capsula renale e di conseguenza ad una costrizione del sottostante tessuto renale e dei vasi in esso decorrenti, determinando un'ischemia che danneggia la funzione renale. Si verifica anche in questo caso ciò che HENSCHEN, a proposito del Crush-rene, ha definito come glaucoma renale. Di regola questa « nefrite sierosa » si risolve senza ulteriori conseguenze, a meno che non porti a morte in maniera acuta per uremia. Se essa possa, persistendo più a lungo, sfociare anche in una forma sclerosante con passaggio al rene grinzo, verrà discusso a proposito del tipo cellulare di nefrite interstiziale.
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P) Nefrite Interstiziale acuta cellulare È soprattutto nota come manifestazione collaterale della scarlattina, nel corso della quale può comparire nello stadio precoce già nella prima settimana. Anche qui il rene è ingrossato, tumefatto, torbido, con capsula tesa. In superficie il colore fondamentale bruno-giallo pallido è marezzato d a piccole macchie rosso-cupe che in sezione risultano connesse a striature rosse disposte radialmente (ZOLLINGER). Istologicamente è caratteristico l'accumulo di linfociti e di plasmacellule (COUNCILMAN, C E E L E N ) eventualmente di leucociti ( H U E B S C H M A N N ) e di istiociti eosinofili ( Z O L L I N G E R ) , prevalentemente al limite tra la corticale e la midollare nell'avventizia od alla periferia dei vasi, per lo più a focolai, ma anche spesso confluenti in modo tale che si può parlare di una forma più diffusa. All'infiltrazione cellulare è di regola associata una imbibizione edematosa del tessuto interstiziale. Nell'ambito degli infiltrati i tubuli sono distanziati e mostrano varie alterazioni dei loro epiteli pur senza grossolane distruzioni della parete. Nel complesso i glomeruli non sono interessati. La malattia non ha per lo più manifestazioni appariscenti e passa per innocua. Sono stati t u t tavia osservati anche casi di uremia (SÓRENSEN, KOCH, rassegna sintetica di Z O L L I N G E R ) . Per quanto concerne la prognosi, A L L E N fa una n e t t a distinzione t r a il tipo diffuso e quello parcellare, il che vale non solo per la forma scarlattinosa m a anche per la nefrite interstiziale in generale. Per 1 'etiología si pensa soprattutto all'importanza di tossine streptococciche, mentre F I S H B E R G attribuisce maggiore importanza alla penetrazione dei germi stessi nei reni. Contro la partecipazione di fenomeni allergici sta la frequente precocissima comparsa della malattia. Questa nefrite interstiziale linfocito-plasmacellulare non è limitata alla sola scarlattina. Una malattia nella quale essa ha un ruolo particolarmente importante è l'ittero infettivo di Weil. Come risulta dalle osservazioni di B E T Z K E , H E R X H E I M E R , P I C K , B U S C H , K A N E K O , D O H M E N (esauriente rassegna della letteratura in L U B A R S C H ) , I reni sono in questo caso notevolmente ingrossati, di colorito giallo torbido (ittero!) e con superficie esterna e di taglio intersecata da chiazze e striature rosse. Nel quadro microscopico risalta un intenso edema del tessuto interstiziale con infiltrati linfocitari e plasmacellulari prevalentemente piccoli, irregolarmente disseminati ( H E R X H E I M E R ) . B E I T Z K E riporta anche la necrosi degli epiteli dei tubuli, imbibiti fortemente dal pigmento biliare, confermata da Z O L L I N G E R . Nell'insieme il quadro nefropatico del morbo di Weil corrisponde a quello
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scarlattinoso, soltanto che v i compaiono più evidenti le lesioni tubulari mentre l'ittero gli conferisce una nota particolare. Alterazioni renali similari sono però osservabili anche nel corso di molti altri processi infettivi acuti, nei quali gli streptococchi sembrano rivestire una particolare importanza. A n c h e l ' A u t o r e ha osservato incidentalmente nel corso di gravi infezioni streptococciche soprattutto infantili, quadri nefritici di questo tipo, ora a focolai, ora più diffusi. In aggiunta a ciò, vengono t a l v o l t a riferite osservazioni nelle quali il reperto anatomico è analogo, m a non sembra esista una m a l a t t i a infettiva f o n d a m e n t a l e . N e l c a s o d i RUTISHAUSER, RABINOWICZ e LAUPIN e r a p r e sente u n a disprotidemia,
I c a s i d i RAMSPERGER, ZOLLINGER e
FROBOESE
erano contraddistinti da evidenti infiltrati magnicellulari, nella cui genesi entravano in gioco proliferazioni di elementi epiteliali di tubuli lesi, oppure accumuli di grandi cellule istiocitarie.
y) La nefrite interstiziale cronica H a t r o v a t o di recente maggiore interesse grazie soprattutto ai lavori di SPUEHLER e ZOLLINGER. È caratterizzata clinicamente da insorgenza subdola, anemia, acidosi, minimi referti urinari ed incostante aumento della pressione sanguigna; porta alla ipo o isostenuria e infine all'uremia. Il decorso dura da 3 a 6 mesi. I reni, nelle fasi iniziali, sono irregolarmente bernoccoluti, poi fortemente raggrinziti e finemente granulosi. Microscopicamente si rilevano infiltrati infiammatori molto estesi, di linfociti, plasmacellule, istiociti e fibroblasti, particolarmente al limite tra corticale e midollare con aumento dell'interstizio, compressione dei capillari e dei tubuli distali le cui membrane basali presentano spesso un ispessimento jalino (v. fig. 296 — per la quale oltre che per l a f i g . 295 ringrazio il prof. ZOLLINGER di St. Gallen). Non di rado si giunge alla osteodistrofia renale, riferibile all'aumentata eliminazione di fosfati. THOELEN riferisce su 4 casi del genere osservati nel corso di un decennio. Secondo SPUEHLER e ZOLLINGER (1952) vengono annualmente accertati a Zurigo da 9 a 10 casi di questa malattia al tavolo anatomico. Circa la patogenesi della nefrite cronica interstiziale gli A u t o r i si dimostrano riservati. Che talora u n a nefrite interstiziale acuta possa trasformarsi in uno stadio cronico è stato documentato da OBERLING nella nefrite scarlattinosa. L'insorgenza acuta non viene però mai osservata per la nefrite interstiziale cronica; si può t u t t a v i a supporre che tale fase acuta, come spesso accade anche per la scarlattina, decorra asintomatica, sfociando poi in un edema cronico il quale gradatamente si trasforma in sclerosi. Sulla etiología non si può dire nulla di certo. SPUEHLER e ZOLLIN-
IL RENE
909
GER a v a n z a n o il dubbio se non si d e b b a attribuire importanza all'impiego di sulfamidici ed antibiotici o forse anche ad abuso di farmaci sedativi. Con notevole frequenza nel corso della nefrite interstiziale cronica si osservano necrosi delle papille renali. Ciò fa pensare che in una parte dei casi svolgano un ruolo pregressi processi pielonefritici. I quadri macroscopici e microscopici dei reni potrebbero essere interpretati in tal senso, anche se i bacinetti non mostrano di regola alterazioni grossolane. A d ogni modo l'Autore vorrebbe sottolineare che talune forme poste da ZOLLINGER nel
Fig. 296. Nefrite interstiziale cronica, corteccia. (Da un fotogramma gentilmente concesso dal prof. Z O L L I N G E R St. Gallen).
gruppo della nefrite interstiziale cronica, vengono da altri considerate come pielonefriti croniche, anche se non raramente il bacinetto appare indenne. È perciò legittimo chiedersi se si t r a t t a effettivamente di una affezione n u o v a o comunque di recente insorgenza, oppure se in una parte dei casi non si tratti di una particolare forma e v o l u t i v a della pielonefrite cronica. N o n è chiara la sistemazione n o s o g r a f i a della nefropatia familiare descritta da POLI. Essa ha marcati caratteri di cronicità e porta a d alterazioni glomerulari (sclerosi), interstiziali (infiammatorie) e vascolari con processi regressivi dei tubuli.
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URINARIO
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CAPITOLO
VIII
LA NEFROSCLEROSI
Con il nome di nefrosclerosi indichiamo quelle nefropatie nelle quali l'alterazione organica dominante inizia a carico delle arterie e rientra nel gruppo dell'aterosclerosi. Ciò vale anche per quella affezione che secondo FAHR viene designata come Nefrosclerosi maligna, almeno nella maggior parte dei casi, nei quali, come verrà detto oltre, la sclerosi arteriolare costituisce lo sfondo sul quale si inserisce in seguito una alterazione secondaria. Non è qui la sede di approfondire particolarmente la evoluzione storica della dottrina delle forme a genesi vascolare della nefropatia brightiana
IL
RENE
(GULL E SUTTON, BARTELS, ZIEGLER, JORES, LOEHLEIN VOLHARD,
9
II
FAHR).
Essa è stata trattata da FAHR in entrambi i suoi contributi del trattato di HENKE e LUBARSCH. In questi è riportata anche la bibliografia precedente. Parliamo di arteriosclerosi quando sono alterate da sole o in maniera prevalente, le branche maggiori e medie delle arterie renali, cioè quando esse sono rese stenotiche soprattutto per ispessimento dell'intima, e parliamo di arteriolosclerosi nel caso di una preponderante alterazione delle arteriole, specialmente dei vasa afferentia, e da questa escludiamo con FAHR la nefrosclerosi maligna nella quale, accanto a processi sclerotici (e solo di rado senza di essi) il quadro è dominato da necrosi delle medie e piccole arterie da alterazioni infiammatorie delle pareti vasali.
1. L ' A R T E R I O S C L E R O S I R E N A L E (RENE CICATRIZIALE ARTERIOSCLEROTICO) L'aterosclerosi del tronco dell'a. renale e dei suoi rami maggiori vi appare come manifestazione parziale di una aterosclerosi generalizzata, a tal riguardo bisogna notare che spesso l'arteriopatia non colpisce con ugual intensità tutti i distretti del sistema arterioso, e che è colpita più gravemente ora l'aorta, ora le coronarie, o le arterie cerebrali, oppure il sistema arterioso renale (v. pag. 320 — voi. I/i, al capitolo sulla aterosclerosi). L'arteriosclerosi dei grandi e medi vasi è malattia dell'età avanzata. BELL denomina rene senile arteriosclerotico la nefropatia da essa causata. ALLEN rene grinzo senile ma è migliore la definizione di rene cicatriziale senile o arteriosclerotico. Questo perché il termine di rene grinzo viene di solito collegato con il quadro della insufficienza renale funzionale, la quale invece non si presenta quasi mai nel rene cicatriziale arteriosclerotico. Clinicamente l'arteriosclerosi renale pura, anche con la più intensa cicatrizzazione, non comporta di regola segni di malattia, né in senso di insufficienza funzionale né di ipertensione costante. Si rimane perfino sorpresi che, specie in base ai risultati della ischemia indotta sperimentalmente, non si riscontri più frequentemente una ipertensione renale. Verosimilmente vi gioca una parte essenziale la cronologia della stenosi vasale. La lenta stenosi arteriosclerotica di singoli rami arteriosi può essere compensata dalla dilatazione di altri rami. Macroscopicamente anche in casi conclamati il rene non è di regola apprezzabilmente ridotto di volume (non più di quanto si osserva in una atrofia senile generalizzata). Tuttavia la superficie è irregolarmente bernoccoluta, disseminata da rientranti depressioni cicatriziali, le quali presentano a loro volta una fine granulazione della superficie, e possono con-
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trarre aderenze con la capsula. Le depressioni cicatriziali sono rosse e le parti rilevate più chiare, più grigie, grigio-rosse o grigio-giallastre. Di frequente si osservano cisti piccole o anche alquanto più grandi, contenenti una massa fluida, oppure colloidea, talvolta anche giallo-bruniccia. Solitamente le arterie che entrano nell'ilo appaiono già chiaramente sclerotiche, le alterazioni di questo tipo si fanno più intense, sebbene distribuite irregolarmente, nelle arterie arciformi ed interlobulari, le quali possano apparire rigide e sporgenti sulla superficie di taglio del tessuto renale. Di solito i due reni non risultano colpiti con uguale intensità. Microscopicamente, nelle arterie più grandi si notano ispessimenti dell'intima dovuti ad un connettivo j alino, povero di nuclei, che di regola contiene solo poche sostanze grasse. Alterazioni ateromatose più grossolane sono rare; le membrane elastiche possono essere aumentate, ma non mostrano disposizione regolare concentrica come nella « ipertonia genuina ». Le arteriole non sono solitamente grossolanamente ristrette, anche se raramente manca del tutto una certa compromissione di vasi afferenti. La difettosa irrorazione sanguigna di singole porzioni parenchimali, similmente a quanto si verifica per l'infarto incompleto da trombosi, nella periarterite nodosa o nell'endoarterite obliterante, porta dapprima alla atrofia dei tratti principali ( S T A E M M L E R ) che collabiscono, mentre il loro epitelio perde l'orlo a spazzola e le strutture plasmatiche basali, divenendo piccolo ed indifferenziato, cosicché non è distinguibile dall'epitelio dei tratti intermedi. Le membrane basali (in maniera per lo meno relativa) possono ispessirsi ed avvolgere il tubulo collassato come un denso mantello. Se i tubuli divengono impervi, il contenuto può ristagnare nelle porzioni prossimali del nefrone, concentrarsi e diventare colloideo. Così si formano le retrazioni cicatriziali della superficie con cisti più piccole o più grandi. Con l'aggravarsi del disturbo circolatorio, specie se l'arteriosclerosi procede maggiormente verso la periferia, si arriva anche nei corpuscoli del Malpighi ad un collabimento delle anse. Il loro endotelio scompare, mentre le membrane basali si rigonfiano e divengono jaline. Alla fine il glomerulo si riduce ad una sferula connettivale omogena, senza nuclei, più o meno aderente alla capsula. A causa dell'atrofia canalicolare i glomeruli si trovano addensati tra loro, cosicché è spesso possibile osservare gli uni accanto agli altri corpuscoli completamente jalini, collassati (ma non del tutto obliterati) ed ancora pervi, immersi in un tessuto connettivo infiltrato di linfociti, con tubuli appena riconoscibili come piccali- cumuli epiteliali, Nelle aree meglio conservate si può instaurare una certa ipertrofia compensatoria dei glomeruli con dilatazione dei tubuli, ma queste alterazioni compensatorie non svolgono nel complesso una parte importante. Oltre ai centri maggiori di atrofia di origine vasale, si osservano, disseminati in più o meno grande numero nella corticale, singoli glomeruli obliterati e divenuti jalini. K I M M E L S T I E L parla di ispessimento assiale o in tracapillare delle
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anse glomerulari come di una forma di obliterazione nel rene senile. Nella midollare si osserva non raramente aumento del connettivo intertubulare, in seguito alla deposizione di sostanze albuminoidee e grasse, cui può essere commisto anche calcio: infarto adiposo-calcareo. Comunque questa alterazione non è legata all'arteriosclerosi. Dalla forma descritta di nefropatia senile che è contraddistinta da un quadro cicatriziale relativamente grossolano della superficie, nella quale le cicatrici possono essere scambiate con quelle causate da infarti o da processi infiammatori ascendenti, si staccano due tipi: nel primo si nota una riduzione diffusa e assai spiccata, per lo più monolaterale, del rene, con forte stenosi del tronco dell'arteria renale per alterazioni arteriosclerotiche dell'intima. La superficie può in questo caso tuttavia essere pressoché liscia o anche presentare singole cicatrici. La seconda forma è la cosiddetta atrofia marginale senile ( M o n t a l d o ) . In questa il rene è per lo più ridotto e non mostra più ampie cicatrici. La superficie presenta tuttavia una fine granulosità, più rugosa che granulosa. La corteccia è ridotta ed il disegno ben conservato al taglio. Microscopicamente, in .questo tipo di atrofia renale si osservano numerose piccolissime aree di raggrinzamento, localizzate nelle regioni più periferiche della corteccia, nelle quali singoli glomeruli sono obliterati ed il corrispondente nefrone atrofizzato. Non si rilevano alterazioni vascolari più grossolane. Non è possibile specificare se alla base di questo rene grinzo « periferico » stia una difettosa irrorazione sanguigna delle diramazioni distali delle arterie renali, oppure se più verosimilmente entri in gioco un irrigidimento del tessuto capsulare senescente. Questo tipo di nefropatia è la più frequente ad osservare nell'uomo di età avanzata e avanzatissima.
2. L ' A R T E R I O L O S C L E R O S I (RENE GRINZO
RENALE
ARTERIOLOSCLEROTICO)
È molto più importante di quella descritta in 1). Essa rappresenta il tipo di lesione renale propria della ipertensione genuina, con le sue manifestazioni secondarie. F a h r distingue (a prescindere dalla sclerosi maligna sulla quale si tornerà in seguito) una forma compensata ed una forma scompensata (cardiaca o renale). In entrambe è ancora fondamentalmente preminente la lesione dei rami arteriosi medi (soprattutto delle arterie interlobulari) e piccoli (arterie afferenti). Fra le manifestazioni cliniche che vengono provocate da questa nefropatia vascolare, per lo meno negli stadi iniziali, svolgono una parte secondaria quelle legate all'alterazione della funzione escretoria, anche se esse j8 —
K a u f m a n n I I , p. I
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si verificano certamente, e si manifestano fondamentalmente con l'insufficiente capacità di concentrazione dell'urina (W. FREY). Esse compaiono assai più di frequente nella « nefrosclerosi maligna », anche quando questa di frequente si instaura come evoluzione secondaria dello stadio « benigno ». Il sintomo predominante della nefrosclerosi benigna è l'ipertensione (ipertensione rossa di VOLHARD). È aumentata soprattutto la pressione sistolica, mentre la diastolica è normale in circa il 45 % dei casi, per quanto a sua v o l t a possa essere significativamente modificata (W. FREY).
Fig.
297.
Reni grinzi genuini. A d e n o m a corticale del surrene sinistro. Arteriosclerosi cerebrale, con piccoli focolai di e n c e f a l o m a l a c i a nel ponte e nel b u l b o . Ulcera p e p t i c a callosa del d u o d e n o . U o m o d i 45 a n n i . ( A u t . 3 1 4 5 8 d e l l ' I s t i t . d i A n a t . e I s t o l . P a t o l . d e l l ' U n i r , d i M i l a n o ) .
Anche l'Autore ha di recente osservato un caso di grave ipertonia in un uomo di 46 anni, con valori pressori di 240/170, nel quale si riscontrarono a carico dei reni solo alterazioni da cosiddetta « nefrosclerosi benigna » con modico raggrinzamento del parenchima renale (Aut. n. 59/56). Non si deve però senz'altro concludere che, dato l'aumento della pressione diastolica, si tratti di una ipertensione primitiva renale, anche se l'insufficienza circolatoria che si instaura
IL
nei reni
con
l'evoluzione
dell'arteriolosclerosi
sull'aumento della pressione
915
RENE
non
è
certo
priva
d'influenza
diastolica.
Sulla frequenza di comparsa della nefrosclerosi nella cosiddetta ipertensione genuina, hanno svolto particolari ricerche HERXHEIMER e SCHULTZ (v. pag. 919): Ma nefrosclerosi non è sinonimo di rene grinzo arteriolosclerotico. In base alle ricerche svolte negli ultimi anni dallo scrivente, quest'ultimo si riscontra al massimo nel 10 % dei casi di ipertensione genuina (su 494 casi di ipertensione, 21 presentavano un rene cicatriziale arteriosclerotico e 33 un rene grinzo arteriolosclerotico).
Fig. 298. R e r e grinzo arteriolosclerotico. Uomo di 53 anni. Morte per emorragia cerebrale. Aut. N. 576/54-
Macroscopicamente non si osserva nulla di particolare a carico dei reni nella maggior parte dei casi di nefrosi pura su base arteriosclerotica. I reni sono di volume normale, la superfìcie liscia, la corticale non è ridotta, è ben delimitata e presenta un disegno evidente. Soltanto in una parte dei casi si giunge al quadro del rene grinzo nefrosclerotico (arteriolosclerotico) (v. fig. 298). In tale caso il rene è rimpicciolito (talvolta fino a pesare 50 o finanche 30 gr), la superficie appare in genere regolarmente e finemente granulosa, di solito rossa m a talvolta anche grigio-pallida. L a capsula connettivale è un poco più aderente. In sezione la corticale è nettamente ridotta, talora cosparsa di piccolissime cisti, e con disegno poco evidente.
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La midollare è di solito normale, i bacinetti non sono dilatati, mentre è di solito considerevolmente aumentato il tessuto adiposo della pelvi renale. Microscopicamente il reperto più costante è la alino si e la lipoidosi dei vasi afferenti (cfr. nel capitolo « cuore e circolazione » paragrafo ipertensione, voi. I/i, pag. 324), che di solito esordisce come una deposizione in strato sottile nello spessore dell'intima, sotto l'endotelio, e che si propaga poi verso la superficie ed in profondità, fino ad interessare tutta la parete arteriolare, in modo che questa appare in sezione come un anello omogeneo, nei quale non è più riconoscibile la delimitazione dei singoli strati e sono scom-
Fig. Ialinosi e lipoidosi
299.
delle arteriole nella nefrosclerosi b e n i g n a D o n n a d i 67 a n n i . A u t . N . 322/50.
(rosso
scarlatto).
parse le fibrocellule muscolari. L a massa jalina si colora in giallo con il V a n Gieson, in azzurro nei preparati colorati con Azan, in contrasto con le aree necrotiche della forma maligna che assumono una colorazione rossa finemente granulosa (v. in particolare in S c h u r m a n n e M a c M a h o x ) . Si tratta evidentemente di sostanze del plasma sanguigno che infiltrano dall'interno la parete vasale, e nelle quali le proteine agiscono da vettori dei lipòidi ( H u e c k ) . Particolarmente evidente appare l'estensione dell'arteriolosclerosi solitamente nei preparati al congelatore con la colorazione dei grassi, per quanto j alinosi e lipoidosi non si sviluppino sempre parallelamente (v. fig. 299). Mentre all'inizio il lume dei vasi afferenti è di ampiezza normale e talora perfino dilatato, con l'aumento della ipertensione diventa più stretto e infine completamente occluso. Se precocemente si verifica la necrosi dell'endotelio possono costituirsi formazioni trombotiche.
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L a seconda alterazione consiste in un ispessimento lamellare delle membrane elastiche e collagene dell'intima dei rami delle arterie di medio calibro. Sono meno evidenti fatti di degenerazione grassa e non rara è una ¡alinosi delle pareti delle stesse arterie. Anche se la muscolatura delle arterie appare assottigliata, essa però, da un punto di vista assoluto, risulta invece aum e n t a t a in massa. L a elastosi e la collagenosi non determinano per lo più apprezzabili restringimenti del lume di questi vasi (fig. 300). D i queste due alterazioni vascolari l'arteriolosclerosi è sicuramente la più costante (HERXHEIMER e SCHULZ, FAHR e la maggior parte degli
Fig. 300. Elastosi delle arterie di medio calibro nella nefrosclerosi benigna.
altri Patologi). Essa costituisce inoltre la causa diretta di ulteriori alterazioni del tessuto renale, e cioè dei glomeruli e dei tubuli. Il processo nei primi incomincia (secondo LÒHLEIN e FAHR) o con un generale collasso delle anse glomerulari oppure con una lenta infiltrazione di sostanza ialina nelle membrane basali dei capillari. Anche la capsula prende parte al processo di obliterazione così che ne deriva, attraverso un graduale suo ispessimento, un collasso ed uno strozzamento del glomerulo stesso. Se i capillari non vengono più irrorati di sangue, l'endotelio cade in necrosi, le membrane basali si conglutinano e si ¡spessiscono con deposizione di sostanza ialina, per modo che il glomerulo è trasformato completamente in un globo di tessuto connettivo. Esso si unisce alla capsula pure ispessita le cui fibre a decorso circolare, si differenziano in genere dalla sostanza jalina del glomerulo, per la particolare affinità tintoriale.
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Con la obliterazione dei corpuscoli di M A L P I G H I , si va incontro ad una sempre maggiore inattività e ad una insufficiente nutrizione ed anche all'atrofia dei corrispondenti nefroni, i cui epiteli assumono quell'aspetto amorfo, che è stato descritto nella cicatrice arteriosclerotica. A causa della atrofia sempre più progressiva dei canalicoli, i glomeruli ialini si avvicinano più strettamente l'uno all'altro, così che nell'ambito delle piccole depressioni della superficie si può osservare un accumulo di corpuscoli renali obliterati in un tessuto fondamentale molto ricco di cellule (costituito da tubuli atrofici e da altri rimasti conservati, spesso infiltrati da linfociti e forse anche da connettivo iperplastico). In conseguenza del passaggio di albumina attraverso i capillari glomerulari alterati e dei disturbi nel passaggio di questo filtrato residuo nei canalicoli atrofici e collabiti, si formano cilindri ialini che, talvolta, possono presentarsi in grande numero e fanno assumere alle porzioni atrofiche di corteccia un aspetto microcistico, che ricorda quello della tiroide (cfr. il rene grinze pielonefritico a pag. 962). Probabilmente intervengono in questo processo anche fenomeni di escrezione nei canalicoli. In questo modo possono originare anche cisti più grandi da ritenzione (e secrezione?). Poiché le lesioni arteriolosclerotiche non sono uniformemente distribuite, alcune porzioni di corticale risultano meglio irrorate di sangue e possono perfino mostrare una certa ipertrofia compensatoria dei glomeruli, oltre che una dilatazione dei canalicoli, costituendo così quelle formazioni granulose che sporgono alla superficie della corticale. Talora si istituiscono, quali complicazioni, processi infiammatori nel tessuto renale, specialmente nei gomitoli vasali. Consistono in ipernucleosi, per lo più circoscritte, e fatti proliferativi delle cellule della capsula: si possono riscontrare però anche necrosi di singole anse e deposizioni a gocce ialine negli epiteli dei tubuli e delle capsule di Bowman. F A H R vede in questi processi segni di azioni tossiche da ritenzione di scorie dovute a scompenso cardiaco o renale, e parla perciò di « nefrosclerosi benigna scompensata » che egli distingue dalla « nefrosclerosi maligna » che verrà discussa oltre, sebbene le alterazioni abbiano molta somiglianza le une con le altre (qualitativamente e non quantitativamente). Questi processi infiammatori e necrobiotici giuocano, in complesso, nella nefrosclerosi benigna solo una parte assai esigua. Non v'è dubbio alcuno che la discussa forma di rene grinzo sia da considerare nel gruppo dell'arteriosclerosi come malattia primitiva delle arteriole e perciò, a ragione, viene designata come rene grinzo arteriolosclerotico. Essa talora può anche essere unilaterale, come è dimostrato dalla fig. 301. In quale rapporto sta dunque il sintomo dominante, l'ipertensione, rispetto alla malattia renale? Non si può contestare che entrambi abbiano qualche rapporto fra di loro.
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H E R X H E I M E R e S C H U L Z trovarono ipertensione nel 96 % dei loro casi di arteriolosclerosi renale e nel 97 % dei casi di ipertensione la descritta alterazione arteriosa dei reni. In tal caso la ialino-lipoidosi delle arteriole era più regolare e più caratteristica dell'ipertensione « genuina » che la collagenosi e la elastosi delle arterie più grandi (vedasi per la tesi contraria Z O L L I N G E R 1950). Per quanto riguarda il parallelismo quantitativo tra valori della pressione del sangue e alterazioni delle arteriole, nulla di preciso poterono stabilire nemmeno H E R X H E I M E R e S C H U L Z . Della stessa opi-
Fig. 301. Rene grinzo arteriosclerotico monolaterale in un caso di grave ipertensione. Peso del cuore 650 gr. Rene dx. 75, sin. gr 150. Donna di 45 anni. Aut. N. 419/53.
nione è pure F A H R il quale, a questo proposito, sottolinea esservi casi di ipertensione durati anche più a lungo senza sclerosi arteriolare e, per converso, classiche sclerosi arteriolari dei reni senza ipertensione. Dello stesso parere sono M O R I T Z e O L D T i quali trovarono in soggetti sopra i 50 anni, normotesi, nel 16 % sclerosi arteriolare renale. L'Autore per lungo tempo ha portato particolare attenzione al problema del rapporto fra ipertensione essenziale e malattia renale. E un fatto certo che l'ipertensione essenziale negli ultimi decenni ha subito un aumento, e figura molto più frequentemente di quanto lo fosse 30 anni or sono come causa di morte, secondo quanto risulta anche dall'esperienza dei Clinici e dei Patologi. L'Autore ha però l'impressione che il rene grinzo arteriolosclerotico non sia diventato più frequente, ma anzi più raro di prima e che
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in particolare accompagni solo raramente l'ipertensione senile. Molto più di frequente si riscontrano alterazioni dei vasi senza conseguenze per il tessuto renale, quindi trattasi di arteriolosclerosi senza processi di raggrinzamento. Rimaniamo però sempre sorpresi come spesso siano poco marcate le alterazioni arteriolari, anche in casi di ipertensioni gravi e duranti da lungo tempo. A questo proposito l'Autore, proprio di recente in una donna di 54 anni che, secondo le sue stesse affermazioni, soffriva da 25 anni di ipertensione e che alla morte presentò un cuore del peso di quasi 500 gr., ha osservato reni macroscopicamente ben conformati e normali e solo microscopicamente si riscontrarono rare arteriole ialine con chiazze lipoidosiche. Glomeruli jalini del tutto isolati. L'opinione di ZOLLINGER, secondo cui la ipertensione decorre più di frequente senza, piuttosto che con arteriolosclerosi, è accettabile se si considerano i casi ben spiccati di nefrosclerosi, mentre non è più valida se vengono valutate come positive anche le alterazioni lievi (le quali spesso ben difficilmente si possono differenziare dalle sclerosi arteriolari nei soggetti vecchi normotesi). Certo diversamente stanno i rapporti nella ipertensione « giovanile » in cui per lo più sono pur marcate le alterazioni dei vasi. In ogni caso quindi la causa della ipertensione non può essere l'arteriolosclerosi, e neanche una semplice conseguenza di questa, pur ammettendo che la tendenza all'insorgere della malattia arteriolare è influenzata dalla ipertensione
(FAHR, BELL, J . SMITH, al c o n t r a r i o
ZOLLINGER,
il
quale
vede nella ipertensione la causa determinante delle alterazioni delle arterie). Se dal confronto fra il materiale bioptico e quello autoptico di ipertesi l'arteriolosclerosi risulta meno marcata nel primo (ALLEN, CASTLEMAN e SMITHWICK), ciò depone anche nel senso che la malattia vascolare si sviluppa solo nel corso dell'ipertensione. Le diverse forme di ipertensione genuina, che BELL distingue, non possono essere considerate in questo ambito. Le ricerche sperimentali sulla ipertensione hanno portato nuovi contributi decisivi al problema ipertensione e nefrosclerosi? Prendiamo qui in considerazione solo brevemente gli esperimenti riferentisi al rene stesso come si t r o v a n o r a c c o l t i n e i
lavori
di
P A G E e CORCORAN, B E L L , A L L E N , H A N T -
SCHMANN. Le ricerche sperimentali sono state condotte con diversi metodi. 1. Riduzione del parenchima del rene per asportazione di grosse porzioni dell'organo (PÀSSLER e HEINEKE, 1905) oppure per legatura di grossi rami dell'arteria renale (JANEYVAY, 1908, MARK, HANTSCHMANN) oppure per mezzo di legatura di un uretere (HARTWICH). 2. Riduzione della vascolarizzazione dei reni mediante pinzettamento delle arterie (GOLDBLATT e Coli.). 3. Avvolgimento del rene in una rigida capsula di cellophan, di seta 0 di altre sostanze 0 produzione artificiale di una perinefrite cronica (PAGE e C o l i . , GROLLMAN, R A U , SABIN, ZBINDEN, BOHLE c o n KOHLER e TOMSCHE).
IL
RENE
921
4. Restringimento dell'aorta fra le origini delle due arterie renali per la produzione di un cosiddetto «rene endocrino» (SELYE e Coli.). Ai metodi è pertanto comune (fatta eccezione per quelli del I gruppo i cui risultati sono incerti) la riduzione della irrorazione sanguigna dei reni, ottenuta sia attraverso una diminuzione della pressione sanguigna intrarenale (riduzione dell'afflusso) oppure con un suo innalzamento (ottenuto con una costrizione del rene dall'esterno). La funzione di eliminazione del rene non è necessario che sia per questo sensibilmente alterata (ALLEN, BELL). Anche dal punto di vista anatomico si riscontra spesso solamente un lieve grado di atrofia (BELL). Gravi alterazioni dei vasi si osservano nelle esperienze ottenute con la riduzione della vascolarizzazione soltanto nel rene non completamente occluso (dimostrazione del significato della pressione del sangue), mentre la forma necrotizzante della arterite porta per lo più alla uremia (ALLEN); ciò però, non è sempre valido (BOHLE e Coli.). Se l'ipertensione ottenuta sperimentalmente è durevole, se essa scompare o persiste dopo l'allontanamento della costrizione vascolare, dipende fra l'altro dalla nutrizione, dalla specie animale, dalla durata dell'ischemia, dal comportamento del rene controlaterale e dal grado della lesione parenchimale del rene reso ischemico (in caso di atrofia troppo avanzata la produzione di sostanze pressorie apparentemente cessa oppure è così esigua che l'altro rene conservato compensa la loro azione con sostanze ad azione contraria). Più difficile sarebbe interpretare i risultati in base alla concezione di GROLLMAN, il quale ritiene che nella diminuzione di irrorazione non è la produzione di sostanze ipertensive, ma invece la deficienza di sostanze ipotensive che porta all'ipertensione. D'altra parte la concezione di GROLLMAN serve a interpretare meglio il fatto che la nefrectomia bilaterale, per esempio in una coppia di animali in parabiosi o mantenuti in vita con rene artificiale, produce ipertensione (GROLLMAN e RUHLE, BRAUNMENENDEZ e E U L E R , MONTGOMERY e
MUIRHEAD).
È possibile arrivare a delle conclusioni sul problema della nefrosclerosi e dei suoi rapporti con l'ipertensione, in base ai risultati delle ricerche sperimentali? Conclusioni positive sicure non sono possibili. Si possono fare le seguenti considerazioni: un quadro anatomico normale ed una normale funzione eliminatrice del rene non sono contro la possibilità che nel rene si formino sostanze ad azione ipertensiva, che vengono immesse nel sangue e che costituiscono il primum movens per l'insorgenza di una ipertensione. Non si deve però seguire la concezione di GOLDBLATT e cioè che ogni ipertensione sia di natura renale (cfr. l'esposizione degli argomenti contrari di SMIRK e SMITH). Con maggiore sicurezza si può dire che un 'ipertensione artificialmente provocata può condurre ad alterazioni vascolari nel rene (ed anche in altri organi) e che un locale abbassamento della pressione nel rene ischemico, protegge questo da alterazioni vascolari ipertensive. Ciò però non significa naturalmente che tutte le alterazioni arteriosclerotiche o 58*
—
KAUFMANN
II,
p.
I
922
APPARECCHIO
URINARIO
arterio-necrotiche debbano essere considerate quale conseguenza di una ipertensione. Circa questa interdipendenza patogenetica deve essere ancora brevemente esaminato il problema, poiché è certo che malattie renali monolaterali conducono alla ipertensione, e d'altra parte si è dimostrato che la nefrectomia abolisce l'ipertensione. Il problema è stato già brevemente trattato nel capitolo della ipertensione (Voi. I/i, pag. 336). In primo luogo devesi ben stabilire un punto: numericamente le cosidette malattie renali chirurgiche giuocano soltanto una parte molto subordinata nella genesi della ipertensione. Secondo WACKERLIN circa il 95 % delle ipertensioni sono da considerare come « essenziali »; soltanto nel 5 % dei casi si può dimostrare una causa della ipertensione. RATH e RUSSEK riscontrarono in 6000 ipertesi il 10 % con malattie urologiche, numero che è ben più alto del valore medio negli uomini normotesi. PUPPEL e ALYEA valutano una percentuale soltanto del 2 % . Il tipo di queste malattie renali monolaterali è molto vario, Più frequenti sono il rene grinzo pielonefritico, la calcolosi renale, l'idronefrosi, rare le affezioni vascolari renali (BRASS, OWEN e PEARLMAN) di tipo trombotico, stenosi circoscritte (WANG, FREEMAN e HENTLEY) o (molto rare) fistole artero-venose dei vasi del rene (RIEDER, HAMILTON, GETZ e JEROME). ZOLLINGER h a p u b b l i c a t o i n t e r e s s a n t i osser-
vazioni nel rene mastice tubercolare monolaterale, KREUTZMANN nelle cisti renali monolaterali, MASERA in un voluminoso fibrolipoma perirenale. Rivista sintetica in GYÒRI. A l t r a bibliografìa Voi. I/i, pag. 338. L'Autore nel suo materiale di questi ultimi 7 anni, ha osservato solamente un caso nel quale, con probabilità, l'ipertensione poteva essere considerata conseguenza di una malattia renale monolaterale (donna di 28 anni, rene grinzo pielonefritico sinistro [peso gr 60], rene destro con cicatrici isolate [peso gr 155]. Funzione renale non compromessa nel complesso. Peso del cuore gr 650. Morte per emorragie del ponte di Varolio (Aut. N. 16/57). L a prima nefrectomia per ipertensione seguita da successo, fu praticata da BUTLER nel 1937. Negli anni più vicini si trovano soprattutto comunicazioni sul risultato di operazioni più isolate da cui però emerge che l'esito è quanto mai variabile
(SCHROEDER e FISH, RICHARDSON
e SMART).
Nel-
l'anno 1944 SEUSENBACH riunì 75 casi pubblicati in letteratura. Di questi un terzo mostrò risultato favorevole, in un altro terzo la pressione del sangue era diminuita, ma non normale, l'altro terzo fu senza beneficio (cfr. anche MOORE). SABIN dalla letteratura riferisce sul 50 % di successi ma il tempo di osservazione è spesso ancora insufficiente. Identici sono i risultati di BARKER e BRAASCH (1947), LINDER, BRAASCH (1925). KILMAN, BRADFIELD e SIMPSON fanno cenno al significato dell'età dei malati ed alla durata della ipertensione prima dell'intervento. Molto scettici sulla interdipendenza in generale e contro i risultati chirurgici
IL
RENE
s o n o GOLDRING e CHASSIS, H . SMITH, H I N E S e L A N D R Y . Specialmente
923 gli
esiti a distanza dell'intervento non sembrano molto incoraggianti (BELL, OKULICZ e MARSHALL) se non si tratta di soggetti giovani (MAATZ). In complesso si potrà dire quanto segue: fra gli ipertesi si trovano al massimo il 2-5 % nei quali l'aumento della pressione del sangue è causato da malattie renali
monolaterali
(RATLIFF, NESBIT, PLUMB e BOHNE). I n u n a p a r t e
di
questi, a causa dell'età (stenosi arteriosclerotiche di una arteria renale) e a causa della lunga durata dell'ipertensione, la nefrectomia non è più in grado di dare risultato favorevole. Dopo l'intervento, in circa un terzo dei casi è da aspettarsi un miglioramento di lunga durata. Il gruppo più forte dei casi da operare è costituito dalle pielonefriti croniche e dal rene grinzo pielonefritico, più di rado dalla tubercolosi monolaterale dei reni (in cui il criterio operatorio è indicato anche da altre ragioni), dalle idronefrosi (specie nei bambini), dalle cisti. Anche nella calcolosi renale l'aumento della pressione sanguigna può costituire a volte il sintomo principale. Si è prospettata anche l'opinione che l'apparato iuxtaglomerulare possa avere un certo rapporto con la irrorazione del rene e con la ipertensione, sollevando così il problema se ad esso apparato sia da attribuire la formazione delle sostanze ipertensive. FEYRTER ritiene che gli ammassi cellulari di Becker rappresentino organi endocrini diffusamente distribuiti, il cui increto agisce forse sui plessi nervosi e sulle cellule epitelioidi dei vasi afferenti, regolando così la circolazione del rene. Secondo FEYRTER e LUDWIG, negli ipertesi detti cumuli cellulari sono aumentati. Non è pacifico se le sostanze ivi formate agiscano restringendo o dilatando i vasi. ZOLLINGER accetta l'opinione di FEYRTER sui luoghi di formazione delle sostanze attive. Più seguita è l'opinione che le cellule epitelioidi dei vasi afferenti (RUYTER, OBERLING, FEYRTER, BECHER) possano costituire il luogo di produzione delle sostanze ad azione pressoria (GOORMAGHTIGH). Le cellule mostrano, secondo questo Autore, un ciclo ghiandolare, il quale si manifesterebbe nel modo più evidente con una attività endocrina. STAUBESAND e CLARA ritengono innanzi tutto che trattisi di sostanze ad azione vasodilatatrice. Da un certo numero di Autori venne dimostrato in casi di ipertensione di diversa natura, un aumento delle cellule epitelioidi (KAUFMANN, HAND O V S K Y , E L A U T , D E S P R E Z ) . S e c o n d o OBERLING, W A C K E R L I N G e SCHLOSS
tale parallelismo non esisterebbe; secondo BOHLE le cellule in individui con ipertensione sono perfino diminuite. DES PREZ riconosce un aumento solamente per quei casi di ipertensione che insorgono con uremia, GOORMAGHTIGH le trovò anche in caso di rene da schiacciamento. I risultati di queste ricerche mostrano ancora una volta in modo molto significativo come sia difficile e incerto trarre dai reperti istologici delle conclusioni, su differenze quantitative di qualsivoglia natura.
APPARECCHIO URINARIO
924
Chiari ed univoci risultati non esistono dunque per la ipertensione dell'uomo. Altrettanto variabili sono i risultati ottenuti nella ipertensione sperimentale con modificazione artificiale della circolazione renale, sia mediante legatura vasale o con incapsulamento dei reni. GOORMAGHTIGH ha osservato un aumento delle cellule epitelioidi nella pinzettatura dei vasi ma anche dopo salasso, cioè negli abbassamenti della circolazione renale. Egli conferma le opinioni di DUNIHUE e cioè che la ipossia possa giuocare un ruolo anche nell'aumento delle cellule nelle ipotensioni ottenute con surrenalectomia. BOHLE e Coli., nel « rene endocrino » artificiale (SELYE) ed in diverse forme di ipotensione, osservarono un aumento delle cellule, mentre CORCORAN e PAGE riscontrarono una diminuzione nell'incapsulamento di reni. Essi sono pertanto del parere che una diminuzione della irrorazione del rene determini un aumento del numero delle cellule (cfr. GOORMAGHTIGH e DUNIHUE). Ciò s t a c o n t r o la o s s e r v a z i o n e di TVERDY
che dopo nefrectomia monolaterale in casi di reni con aumentata irrorazione sanguigna da esaltata funzione, avrebbe visto un notevole aumento delle cellule epitelioidi. In relazione alla ipertensione sperimentale si dovrà in ogni caso dire, che essa può accompagnarsi sia ad un aumento che ad una diminuzione delle cellule e che anche la massa del sangue circolante nel rene stesso pare non rivesta valore risolutivo. HARTROFT ha osservato nella alimentazione ipoclorurata un aumento ed in quella iperclorurata una diminuzione delle cellule ed egli crede perciò che esse possano influire sulla regolazione della pressione sanguigna. Sulle altre porzioni che costituiscono l'apparato iuxtaglomerulare (:macula densa, cuscinetto cellulare di Goormaghtigh, gemmazione dai tubuli contorti di primo ordine) non è possibile ricavare finora elementi di giudizio importanti dal punto di vista funzionale. L a concezione del « rene endocrino » (SELYE) non regge alla critica (SIMONSEN, BOHLE e Coli.). Per il momento sono quindi oscure tutte le relazioni che intercorrono fra ipertensione e apparato iuxtaglomerulare e perciò sfuggono anche quelle considerazioni conclusive che si potrebbero trarre in rapporto alla genesi della nefrosclerosi. Nonostante ciò possono mantenere il loro significato le ricerche sperimentali brevemente esposte sulla produzione artificiale della ipertensione, poiché esse possono dare un indirizzo per l'interpretazione di certe forme di ipertensione nell'uomo. Altra bibliografia si veda a n c o r a i n L I N D E R , B R A A S C H c o n W A L T E R S e HAMMER, BAGGENSTOSS c o n BARKER,
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3. L A N E F R O S C L E R O S I
MALIGNA
Secondo FAHR è sinonimo del cosiddetto rene grinzo genuino dei Clinici e della nephrosclerosis arteriolosclerotica progressa secondo LÒHLEIN, ASCHOFF,
HERXHEIMER.
Essa costituisce ancora un capitolo molto discusso della patologia renale non tanto per le alterazioni anatomiche, ma piuttosto per quanto concerne il loro significato e la loro patogenesi ed i suoi rapporti con l'ipertensione genuina e la nefrosclerosi ad essa strettamente collegata. Ciò appare già dal contrasto fra il termine usato maggiormente dai Clinici « ipertensione maligna » con quello proposto da FAHR di « nefrosclerosi maligna ». Questa contraddizione è per se stessa ingiustificata. Il concetto
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di « ipertensione maligna » e di natura puramente clinica. Esso è maggiormente comprensivo di quanto esprima il quadro anatomico della nefrosclerosi maligna. A R N O L D e B O C K insistono per primi brevemente in una loro pubblicazione, che vi sono casi di ipertensione maligna senza nefrosclerosi (come anche casi di nefrosclerosi maligna senza ipertensione, F A H R e SCH ÜRMANN con M C M A H O N ) . La caratteristica distintiva della ipertensione maligna non è anatomica ma soltanto clinica, e consiste precipuamente in un progressivo aggravamento della pressione sanguigna non influenzabile dalla terapia. Il quadro finale si accompagna ad uno scadimento delle condizioni generali fino alla cachessia ed alla comparsa di gravi alterazioni di circolo in organi importanti per la vita, in cui il rene facilmente giuoca una parte particolarmente frequente e dal punto di vista prognostico particolarmente sfavorevole, ma possono anche stare in primo piano le ripercussioni sul cuore e sul cervello. U ipertensione maligna è pertanto una speciale forma progressiva della malattia ipertensiva (con notevole prevalenza per l'età giovanile). Essa deriva ora da una ipertensione genuina, come stadio finale oppure compare fin dall'inizio in questa forma a rapida evoluzione e senza possibilità di influenze terapeutiche. Ad essa viene contrapposta la nefrosclerosi maligna quale malattia dei vasi renali, spesso però con compartecipazione di altri distretti vascolari. Essa corrisponde ad un concetto morfologicamente ben caratterizzato il cui rapporto con l'ipertensione dovrà essere discusso specialmente nella forma cosiddetta genuina e nella cosiddetta nefrosclerosi benigna. Io vorrei perfino dire che il termine di « ipertensione maligna » ha maggiore giustificazione di quello di « nefrosclerosi maligna », poiché una malattia dei vasi renali al suo inizio, non può essere considerata benigna o maligna. Queste sono espressioni che, considerate nel loro stretto significato, rappresentano un quadro clinico della malattia, poiché esse si riferiscono precipuamente al significato prognostico. N O N N E N B R U C H distingue la ipertensione benigna e maligna e la nefrosclerosi benigna e maligna; alla ipertensione maligna appartengono i casi che sfociano nella retinopatia angiospastica e terminano con l'apoplessia (spesso in età giovanile). (Classificazione pertanto secondo un punto di vista clinico!). Nella nefrosclerosi maligna l'Autore considera invece i casi con necrosi delle arteriole renali, endoarterite obliterante e granulomi perivascolari (classificazione quindi secondo un punto di vista anatomico!). L'Autore, in base alle acquisizioni degli ultimi anni, può proprio dire che ha esaminato autopticamente numerosi casi di ipertensione, i quali dal Clinico erano stati diagnosticati come ipertensioni maligne e in cui le alterazioni dei reni non si differenziavano da quelle della cosiddetta nefrosclerosi benigna. La nefrosclerosi maligna fu originariamente tenuta distinta dalla solita nefrosclerosi da V O L H A R D e F A H R e designata col termine di « forma di combinazione », data la presenza di certi processi infiammatori. Non si
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può discutere che per il passato raramente si potevano osservare combinazioni di nefrosclerosi con glomerulonefrite pura. Esse non rappresentano però, come FAHR stesso più tardi ha sottolineato, il vero fondamento di quella alterazione descritta poi da lui come nefrosclerosi maligna. Secondo FAHR il carattere distintivo è piuttosto una malattia delle prearteriole e delle arteriole, la quale si stacca dal quadro della comune arteriolo-sclerosi (con ialinosi e lipoidosi) e presenta un carattere infiammatorio-necrotizzante. Non esiste nella letteratura accordo sulla comparsa, sulla genesi, e sul significato di questa alterazione arteriosa. Il quadro macroscopico della nefrosclerosi maligna è poco caratteristico. I reni sono ora nettamente rimpiccioliti e la loro superficie finemente granulosa su un fondo a chiazze bruno-rossiccio, riproducono pertanto il comune quadro del rene grinzo arteriolosclerotico; ora invece i reni sono poco ridotti di volume, la loro superficie è liscia, di colore variegato e screziato (ripetono il quadro del cosiddetto grosso rene variegato, ma con scarso e poco significativo aumento di volume). Nella maggior parte dei casi sulla superficie esterna compaiono delle emorragie puntiformi « a morsi di pulce » che si vedono nella corticale sulla superficie di taglio. L a corticale può essere assottigliata e con disegno confuso. In altri casi può presentarsi edematosa ed il suo normale disegno radiale può essere solo diffìcilmente riconosciuto. Nella sostanza midollare è presente una sclerosi più o meno marcata. Fra le alterazioni che colpiscono gli altri organi è specialmente evidente, di solito, la ipertrofia del cuore: secondo SCHURMANN e MCMAHON essa raggiunge il peso medio di gr 638 (nel materiale dell'A. peso medio di gr 570). Le osservazioni di HUCKEL mostrano che il cuore può anche presentare un peso molto modesto, 330-380 gr, però sono casi eccezionali. Nel muscolo cardiaco sono state descritte necrosi e aree di atrofia (cuore a chiazze), simili alterazioni si possono trovare qualche volta nella milza e nel pancreas e sono secondarie ai disturbi di circolo (fig. 302). Perlo più l'aorta ed i suoi rami mostrano una aterosclerosi, la quale colpisce pure il sistema vascolare del cervello e non di rado conduce ad una emorragia cerebrale mortale (nel materiale di SCHURMANN e MACMAHON in un sesto dei casi), sebbene la morte per uremia rappresenti la regola. Con iniezione di mezzi di contrasto si può mettere in evidenza, nel quadro radiologico del rene, un restringimento dei rami distali delle arterie con dilatazione dei tratti intercalari (SCHURMANN e MACMAHON). Importanti sono soprattutto le alterazioni microscopiche la cui sede principale trovasi nel territorio delle arteriole. FAHR indica come particolarmente caratteristici accanto ai processi che si trovano anche nella solita nefrosclerosi (« benigna ») e che consistono in fatti di ialinosi e lipoidosi delle arteriole ed elastosi e collagenosi dei rami arteriosi più grossi:
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1. necrosi parietale (arteriolonecrosi) che di frequente dai vasi afferenti passa ai glomeruli; 2. endoarterite e periarterite (che ricordano la periarterite nodosa) e 3. ipernucleosi e proliferazioni delle cellule dei glomeruli. FAHR insiste sulla somiglianza delle lesioni vascolari con quelle della glomerulonefrite cronica. Il tipo delle alterazioni delle arterie viene discusso poi più da vicino da SCHURMANN e MCMAHON: sono specialmente messe in rilievo la dege-
Fig. 302. Milza a chiazze nella nefrosclerosi maligna. D o n n a di 51 anni. A u t . N. 259/53.
nerazione mucoide, la istolisi dell'intima ed innanzi t u t t o l'infiltrazione plasmaiica con coagulazione della fibrina, ed emorragie parietali, considerate quali « alterazione specifica delle arterie ». Esse sono attribuite ad una disoria con necrosi dell'endotelio, atrofia della membrana basale e secondario passaggio di sangue, plasma e fibrina nelle pareti. Questa arteriolonecrosi infartoide dei vasi afferenti che può diffondersi al glomerulo può portare talora anche alla necrosi completa delle sue anse e può ben essere considerata quale caratteristica alterazione vascolare della nefrosclerosi maligna (figg. 303 e 304). A queste lesioni seguono poi, a seconda del decorso più 0 meno lento o più o meno grave, quadri istologici che ricordano la endoarterite di Wimwarter-Burger e altri che ricordano più la periarterite granulomatosa. KIMMELSTIEL e WILSON v e d o n o in tali lesioni il vero sub59
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II,
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s t r a t o della ipertensione m a l i g n a . L e alterazioni dei v a s i non sono del resto l i m i t a t e ai reni, m a possono anche comparire in altri organi
(cervello!)
e p o r t a r e t a l o r a a necrosi infartoidi. I glomeruli
sono quindi spesso essi stessi lesi dal processo n e c r o t i z z a n t e
dei v a s i e possono m o s t r a r e un q u a d r o di t o t a l e i n f a r c i m e n t o emorragico. Si v e d o n o perciò collasso delle anse, imbibizione della s o s t a n z a f o n d a m e n t a l e , non differenziata in senso di m e m b r a n a , ispessimenti della capsula di diverso tipo, r a r a m e n t e del tipo della degenerazione ialina, c o m e è c a r a t t e r i s t i c a
Fig.
303.
A r t e r i o l o n e c r o s i d e l v a s o a f f e r e n t e in u n c a s o d i n e f r o s c l e r o s i m a l i g n a . D o n n a d i 51 A u t . N . 329/55.
anni.
della f o r m a b e n i g n a della nefrosclerosi. LÜDERS sottolinea a n c o r a alterazioni di n a t u r a i n f i a m m a t o r i a sierosa che si possono instaurare nel glomerulo e q u i v i determinare u n a dilatazione del m e s a n g i o ed u n a essudazione sierosa nello spazio capsulare: glomerulite a c u t a sierosa. T r a t t a s i però di alterazioni che c o m p a i o n o s e c o n d a r i a m e n t e nella nefrosclerosi m a l i g n a e che non rivestono c a r a t t e r e distintivo di questa. Nell'apparato tubulare si osservano oltre ai q u a d r i della nefrosi a c u t a i quali si c o m p o n g o n o di quelli d e l l ' i m m a g a z z i n a m e n t o e di altri della degenerazione con necrosi cellulare (LÜDERS), f a t t i necrotici a c h i a z z e del p a r e n c h i m a , quali esiti di alterazioni della irrorazione sanguigna sia s o t t o f o r m a di infarti necrotici sia c o m e « sparenchimizzazione » a lento decorso. A n c h e qui possono p a r t e c i p a r e quelle alterazioni vascolari preesistenti
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che appartengono alla sclerosi benigna. Devesi perciò ben precisare che accanto alle speciali alterazioni considerate come « malattia specifica dei vasi », nella maggior parte dei casi, si riscontra la presenza, in numerose arteriole, di quel processo di ialino-lipoidosi che è stato descritto nella nefrosclerosi benigna. Frequentemente si trovano gruppi di canalicoli urinari che sono occlusi da sangue. A volte si può vedere lo stravaso di sangue nello spazio della capsula del Bowman. Nelle parti più profonde dei tubuli, frequentemente si possono trovare cilindri in grande quantità, per la maggior parte di aspetto
Fig. 304Glomerulo invaso dalla necrosi arteriolare in un caso di nefrosclerosi maligna. Uomo di 47 anni. A u t . N. 502/51.
ialino-omogeneo e che dipendono dal passaggio dell'albumina attraverso le anse glomerulari alterate. Sangue e cilindri epiteliali costituiscono pure un reperto frequente. Nel tessuto interstiziale si osserva di regola edema (nefrite sierosa interstiziale), accompagnato da aggregati di linfociti e non di rado anche da globuli rossi, da infiltrati perivascolari e da formazioni granulomatose specialmente nelle regioni circostanti alle pareti vascolari necrotiche. Molto raramente si possono vedere deposizioni di lipoidi, specie colesterina, nello stroma; detti depositi sono ritenuti caratteristici della glomerulonefrite cronica. HUCKEL, nei casi dubbi, vede un criterio differenziale diagnostico con la glomerulonefrite cronica e con la nefrosclerosi maligna nella presenza o assenza di questi depositi lipidici.
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Mentre esiste accordo generale per quanto concerne il tipo del processo anatomico, sono invece molto diverse le opinioni sul criterio classificativo della sclerosi maligna. Della genesi formale della « alterazione arteriosa specifica » si sono profondamente occupati SCHÙRMANN e MCMAHON. Essi ammettono il seguente schema evolutivo: dilatazione delle arterie — necrosi dell'endotelio — atrofia della membrana basale — passaggio di sangue e plasma con fibrina nella parete — degradazione cellulare ed organizzazione fino alla formazione di granulomi. Essi vedono il momento decisivo e più importante nella alterazione della funzione di sbarramento dell'endotelio, fra sangue e tessuto, con secondaria possibilità di penetrazione di un plasma eterogeneo nella parete dei vasi, e cioè la disoria. LUDERS, che si occupa sicuramente più della fase finale della alterazione tessutale nelle nefrosclerosi maligne, attribuisce alla infiammazione sierosa un ruolo speciale. La questione fondamentale è se la nefrosclerosi maligna, la cui posizione particolare clinica ed anatomica non è discutibile (cfr. i lavori di SJÒVALL,
BELL
e CLAWSON,
STERBERG,
KLEMPERER
e OTANI,
HUCKEL,
e MCMAHON), sia da considerare solamente quale varietà della comune nefrosclerosi ( J O R E S , ASCHOFF, H E R X H E I M E R , M U R P H Y e G R I L L ) forse con un tempo accelerato (LÒHLEIN, S T E R N , A L L E N con la definizione di malignant or accelereted nephrosclerosis) oppure secondo VOLHARD come una fase finale con l'intermezzo di uno spasmo vascolare generalizzato oppure, per ragioni di principio e per la sua stessa natura, essa deve essere tenuta distinta dalla nefrosclerosi benigna. F A H R non contesta che la sclerosi benigna, in corso di scompenso renale o cardiaco, modifichi i suci caratteri istologici per il fatto che possano sopravvenire (forse a seguito della stasi di scorie) processi infiammatori e fatti degenerativi più imponenti (necrosi delle anse, ipernucleosi, proliferazioni epiteliali, ecc.) alterazioni che certamente orientano nel senso della nefrosclerosi maligna. Egli vede però in questa ultima una malattia primitiva delle arteriole di natura non arteriosclerotica ma, al contrario, di tipo speciale. In questo senso concordano con lui un certo numero di Autori p. es. H U C K E L , K I M SCHÙRMANN
MELSTIEL e W I L S O N , MCMAHON,
SIOVALL.
Secondo la concezione di FAHR le lesioni necrotiche ed infiammatorie delle pareti dei vasi sarebbero dovute all'azione di veleni esogeni (piombo), tossine di natura infettiva (sifilide, reumatismo articolare) oppure di natura allergica. Questa concezione oggi non può più essere sostenuta. Non esiste completa e sicura conferma (cfr. SCHÙRMANN e MCMAHON) che la intossicazione da piombo, la sifilide e la poliartrite possano giocare un ruolo importante nella genesi della nefrosclerosi maligna. Come già più sopra è stato messo in rilievo, nella nefrosclerosi maligna si riscontrano gradi spiccati di ipertrofia cardiaca. Poiché il decorso di quest'ultima malattia è generalmente molto breve (ciò vale quale carattere particolarmente differenziale con la forma benigna), nella maggior parte dei casi deve pre-
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cedere uno stadio di più lunga durata in cui, pur non essendo ancora palesi altri sintomi della malattia, è però già presente una ipertensione. La maggior parte dei casi di ipertensione essenziale si innesta pertanto su una nefrosclerosi benigna. Se ciò malgrado, come FAHR più volte ha fermamente sostenuto l'età, nella nefrosclerosi maligna a esito mortale è di un decennio più bassa che nella forma benigna, questo però non è una prova contro la concezione che la sclerosi maligna si innesti primitivamente su una fase benigna. Così, in base a un tale innesto della sclerosi benigna, il suo decorso, già molto lento, potrebbe venire accorciato in modo che la morte può verificarsi in media circa un decennio prima. Le ricerche sperimentali sulla ipertensione hanno dimostrato che nella stenosi di alto grado di una arteria renale o in altre alterazioni artificiali della circolazione, si producono delle lesioni arteriose nel rene (non ischemico) e in altri organi (per esempio nel miocardio) come quelle che si trovano nella nefrosclerosi maligna, sia nel rene che in altri organi. Con diversi accorgimenti sperimentali (già esposti prima), è stato sicuramente dimostrato che i rapidi aumenti di pressione giocano un ruolo definitivo nella genesi di tali infiammazioni necrotiche delle arterie, che ricordano proprio quelle della periarterite nodosa. Come negli esperimenti su animali, anche nell'uomo vengono osservati casi di nefrosclerosi maligna monolaterale in corso di alterazioni della circolazione dell'altro rene (FAHR 1939, SCHWARTZ e GROSS). ZOLLINGER insiste particolarmente sull'importanza della ipertensione nella genesi delle alterazioni vascolari. In tale dipendenza patogenetica sono pure da considerare i quadri corrispondenti dei rami della arteria polmonare nella ipertensione del piccolo circolo (STAEMMLER). D'altra parte non si può naturalmente contestare che nonostante la ipertensione elevata e di lunga durata, con pesi del cuore estremamente elevati, il quadro della nefrosclerosi maligna non deve necessariamente svilupparsi. Si deve pertanto aggiungere qualche altro fattore. LÒHLEIN e ALLEN insistono sul tempo per lo sviluppo della ipertensione. I quadri che si osservano nella forma benigna scompensata, potrebbero deporre per un'azione di sostanze ritenute e pertanto per una specie di azione tossica. Se esaminiamo la letteratura tedesca e quella straniera, si deve concludere che una considerevole parte di Autori ritiene la nefrosclerosi maligna soltanto una fase finale nel decorso della ipertensione essenziale, come già hanno fatto SCHÙRMANN e MCMAHON. ALLEN la ritiene soprattutto e solamente una complicazione di diverse malattie renali legate con l'ipertensione (ipertensione essenziale, glomerulonefrite, pielonefrite), e egli l'ha pure riscontrata nel feocromocitoma. L'aumento della pressione diastolica (WILSON e BYROM) O l'insufficienza renale (GOLDBLATT) sono ritenute responsabili della sua genesi. Identiche sono le concezioni (per lo meno per una
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parte dei casi) riportate nei maggiori trattati angloamericani di patologia (cfr. A N D E R S O N ed altri). Anche H A N T S C H M A N N e F R E Y accettano la opinione di V O L H A R D e ritengono responsabile del precipitato decorso, negli stadi finali della malattia, l'aumento di azione della renina. In posizione contraria stanno B E L L , M C M A H O N , K I M M E L S T I E L e W I L S O N e propendono più per la concezione di F A H R nel senso della separazione fondamentale della forma benigna da quella maligna. K I M M E L S T I E L e W I L S O N vedono nella endoarterite diffusa la caratteristica e tipica alterazione della nefrosclerosi maligna e nella arteriolo-necrosi una conseguenza dello stadio finale della insufficienza renale. La concezione di F A H R può essere ritenuta giusta specialmente in quella parte dei casi in cui la malattia ha avuto sicuramente uno sviluppo acuto e si è manifestata già nell'infanzia (STERN, H E R X H E I M E R , S J Ò V A L L , H U C K E L , K L E I N , A D O L F S , FAHR) e nei quali le ricerche microscopiche non hanno mostrato alcun segno di processo arteriosclerotico pregresso (v. MEYENBURG). Questi casi sono molto vicini alla arteriosclerosi trombotica anipertesa di S C H U R M A N N e M C M A H O N i quali la considerano come conseguenza di una peristasi del circolo distale secondaria a restringimenti dei rami arteriosi a monte e la riconducono a cause infettive e tossiche. La concezione di S C H U R M A N N , M A C M A H O N e A N D E R S O N sembra pertanto la più giustificata; essi distinguono due forme di necrosi maligna, una assai vicina alla comune arteriosclerosi e per lo più innestata su di essa ed un'altra forma da tener distinta dalla prima per il quadro anatomico e per la forma acuta del suo decorso. In questo secondo tipo si pensa ad una genesi tossica, endogena o esogena, senza però che fino ad oggi ne sia stata data sicura dimostrazione. A S K U P M A R K , L E W I N , P A T R A S S I hanno sottolineato che anche disturbi di sviluppo del rene possono giocare una parte. J A F F É riferisce di una particolare incidenza della nefrosclerosi maligna nei negri di Chicago.
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CAPITOLO
IX
PROCESSI INFIAMMATORI DOVUTI ALL'AZIONE IMMEDIATA DI AGENTI PATOGENI PENETRATI NEL PARENCHIMA RENALE Premessa: il titolo di questo capitolo appare troppo esteso e a limiti indistinti. H Ù C K E L nell'ultima edizione del suo libro fa ancora distinzione fra nefrite ematogena o purulenta-metastatica e « pielonefrite » protratta. Questa distinzione, anche se appare così semplice, non è più valevole, poiché certamente molte forme che il Clinico considera come pieliti o pielonefriti, possono derivare da agenti patogeni, attraverso disseminazione di germi per via ematica o per via linfatica. PUTSCHAR considera perciò come pielonefriti tutte quelle forme di infiammazioni dei reni nelle quali
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partecipa alla lesione anche il bacinetto renale. Esse sono appunto quelle nelle quali agenti patogeni arrivano nel bacinetto, sia discendendo dal rene, come, per via ascendente, dai tratti sottostanti delle vie urinarie: il carattere differenziale consiste pertanto nella loro diretta e immediata azione. Anche la natura purulenta del processo non è risolutiva in senso assoluto, poiché a causa di diminuita virulenza del germe o di speciale resistenza dell'organismo anche processi infiammatori non purulenti, possono instaurarsi tanto per via ematica che per via ascendente. Per la forma ascendente vorrei unicamente ricordare la calcolosi renale, che senza dubbio non è sempre di natura infettiva, ma molto facilmente riconosce una componente infettiva, la quale le conferisce, al di fuori delle semplici conseguenze della stasi renale, una nota speciale. Anche nelle altre forme non è da dimenticare che una combinazione di diversi fattori causali, può giocare una parte. BELL sostiene in particolar modo che le stasi urinarie a livello dei reni, principalmente quindi l'idronefrosi, predispongono in special modo alle infezioni ematogene, poiché è chiaro che i germi, eliminati rapidamente in condizioni di diuresi normale, a causa della stasi, possono rimanere più a lungo nel bacinetto e quivi, come pure nel tessuto renale stesso, esercitare la loro azione patogena. A seconda delle fonti di infezione PUTSCHAR distingue (per la « pielonefrite ») tre forme: a) origine nell'organismo, al di fuori del sistema urogenitale, con compromissione del rene per via ematica o linfatica; b) origine nel sistema urogenitale stesso, con compromissione del rene per via ascendente intraureterale, linfogena o ematogena; c) origine nei tessuti pararenali con infezione per contatto diretto. SUTER parla di infezione endogena con focolaio primario nell'organismo e di infezione esogena quando gli agenti patogeni, provenienti dal di fuori del corpo, penetrano nelle vie urinarie e nel rene. La classificazione di ZOLLINGER mostra chiaramente le difficoltà di una distinzione: essa prende le mosse dalla « nefrite interstiziale », separa la forma purulenta da quelle non purulente e distingue in singoli gruppi le forme con origine ascendente e quelle ematogene. Alle forme ematogene non purulente dovrebbero essere ascritte anche le nefriti acute sierose e linfo-plasmacellulari e così pure la forma sclerosante del plasmocitoma, la quale, dal punto di vista della sua patogenesi, è del tutto a sé stante. Appare così più giustificato porre in posizione centrale l'azione diretta degli agenti patogeni, così come ha fatto SUTER, il quale parla di « malattie infettive » (non tubercolari) dei reni e delle vie urinarie. Ciò mi sembra anche giustificato da un particolare fondamento. Una importante caratteristica della glomerulonefrite, nelle sue diverse forme, e della nefrite acuta interstiziale, è appunto la mancanza di agenti patogeni dimostrabili. È per questo motivo che queste malattie vengono annoverate almeno in parte,
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nell'ambito delle reazioni allergiche. Nelle forme di nefrite che sono state ora discusse si vede, direttamente sotto il microscopio, l'azione esercitata dai germi (penetrati ed insediati nel tessuto), nello stesso modo con cui essa si può osservare negli esperimenti sugli animali, mediante inoculazione di ceppi batterici patogeni per la specie animale in esperimento. In questi casi abbiamo a che fare quindi, evidentemente, con reazioni normoergiche. Si dovrebbe ora evidentemente fare con SUTER una suddivisione in infezioni endogene ed esogene. In una tale classificazione sarebbe difficile porre la pielonefrite (poiché essa è ora discendente, ematogena, ora ascendente) . E poiché essa ancor oggi per i Clinici costituisce un quadro morboso importante, più o meno delimitato, che per di più colpisce soprattutto e con grande frequenza i reni, è necessario addivenire ad un compromesso tenendo valida la classificazione dell'ultima edizione, con una deviazione che considera il progresso della pielonefrite. a) La nefrite purulenta ematogena o metastatica senza sostanziale compromissione del bacinetto. b) La pielonefrite (urinogena, ematogena o linfogena).
i. LA N E F R I T E PURULENTA EMATOGENA O METASTATICA SENZA SOSTANZIALE COMPARTECIPAZIONE D E L
BACINETTO
Nelle gravi malattie infettive generalizzate (specialmente nell'endocardite settica, nella piemia) i germi piogeni (per lo più streptococchi o stafilococchi) possono arrivare nel sangue e per ciò anche nei reni. Quivi una parte di essi può sicuramente abbandonare la via ematica senza visibili lesioni del tessuto (cfr. il capitolo sopra la glomerulonefrite a focolaio, pag. 894) e venire eliminata con l'urina (ROLLY) come vediamo frequentemente per il b. tifico. STOERK fa osservare a questo proposito che nonostante la indubbia frequenza di cariche batteriemiche, soltanto proporzionalmente rare sono le lesioni a focolaio nei reni anche se il rene costituisce uno degli organi nei quali tali lesioni vengono osservate con frequenza massima. In tali casi si osservano occasionalmente (per esempio nella erisipela, STOERK) i capillari delle anse glomerulari infarciti di cocchi. Le pareti dei vasi glomerulari possono essere completamente inalterate oppure mostrare « necrosi ». Alcuni di questi « trombi batterici » sono sicuramente da considerare come colonie sviluppatesi dopo la morte da cocchi isolati rimasti nel sangue stagnante. Perfino la mancanza locale di nuclei nelle anse glomerulari, non dimostra ancora chiaramente l'origine vitale poiché anche
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dopo la morte può verificarsi una certa cariolisi sotto l'azione dei cocchi. Necrosi più estese depongono per una origine intravitale, specialmente poi se è possibile dimostrare ancora altre « reazioni vitali ». Se i germi penetrano in un punto qualsiasi o nella parete dei vasi, o nei capillari del glomerulo o in quelli del tessuto stromale, oppure sotto forma di piccole masse trombotiche nei rami delle arterie più piccole, se la virulenza è sufficiente, si arriva ad una infiammazione purulenta. Noi osserviamo con grande frequenza quest'ultima sotto forma di ascessi corticali disseminati solitamente sopra la superficie di entrambi i reni. Essi hanno una grandezza variabile da una punta di spillo a quella di un pisello e, dopo l'asportazione della capsula fibrosa, protrudono alla superficie della corticale come noduli gialli circondati da un alone rosso iperemico od emorragico. Nella manovra di strappamento della capsula, i noduli possono essere asportati oppure lacerati avendo essi oltrepassato i limiti della corticale ed invaso la capsula. I piccoli focolai alcune volte sono distribuiti uniformemente sulla corticale, altre volte mostrano aggruppamenti come si vede spesso in maniera simile nella pielonefrite). Anche sulla sezione di taglio della corticale si riconoscono piccole formazioni a focolaio, rotonde o striate. Per lo più la sostanza midollare non è libera, bensì contiene quei « focolai di eliminazione » dei quali più tardi ci occuperemo, in forma di strie, situate nella direzione dei raggi dei coni midollari. In casi rari i piccoli focolai corticali sono presenti solamente in numero esiguo oppure sono unici, raggiungono un volume considerevole, protrudono fortemente sulla superficie e sono paragonati alle pustole carbonchiose della pelle (« carbonchio renale », ISRAEL,
STADMAN,
JUNKER,
INGRISH).
Microscopicamente i focolai rotondi purulenti, fintanto che sono piccoli e recenti, lasciano riconoscere nel loro interno anse glomerulari stipate di cocchi o capillari intertubulari od altre arteriole, con pareti prive di nuclei e necrotiche (vedi la fig. di STOERK) . All'intorno il tessuto o è in completa fusione purulenta, o mostra nel suo interno un centro privo di nuclei e necrotico che è circondato da un vallo di leucociti. All'esterno la flogosi si smorza e trapassa in un edema ricco di leucociti. I canalicoli renali nell'ambito del focolaio degenerano, e vanno in necrosi così come il tessuto interstiziale. In questo modo prende origine l'ascesso. Se vengono ostruiti piccoli rami delle arterie dal trapasso di materiale trombotico-settico, si sviluppa un infarto settico, in cui la necrosi centrale comprende un territorio più ampio e la reazione purulenta presenta piuttosto i caratteri di un vallo di demarcazione. Se i germi nel focolaio muoiono, allora interviene una proliferazione di tessuto di granulazione con trasformazione in cicatrice. In caso di scarsa virulenza dei germi il processo flogistico può regredire prima della fusione purulenta e residuare un focolaio cicatriziale nel quale i tubuli sono distrutti, i glomeruli obliterati ed un tessuto connettivo proliferante con infiltrati linfocitati documenta la preesistenza di una
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flogosi. L a superficie dei reni in tali zone può essere retratta nella stessa maniera come si vede nei vecchi infarti o nelle cicatrici pielonefritiche. La descritta nefrite purulenta ematogena non deve necessariamente emergere in modo particolare dal punto di vista clinico nel quadro generale del processo settico. Ciò vale specie per le complicazioni renali nella endocardite ulcerosa e nella piemia. Vi sono però certamente dei casi in cui la malattia renale sta in primo piano soprattutto nella malattia dei bambini definita per lo più come « pielite ». BELL nel suo libro sui reni fa la storia in poche parole delle nostre conoscenze su questa malattia infantile che, fino al 1909 era ritenuta come pielite pura. Poi nel 1909 THOMSOY e MACDONALD nel 1 9 1 0 THIEMIC, nel 1 9 1 8 WIELAND e n e l 1 9 2 7 CHOWN, in p a r t e su m a t e -
riale autoptico, dimostrarono che la « pielite » o « piuría » dei bambini si accompagna sempre ad una compromissione renale, che è da considerare ematogena e derivante da un qualsiasi focolaio infettivo situato nell'organismo e solo secondariamente porta a compromissione del bacinetto (cfr. anche GRIFFIN e PUTSCHAR). Una gran parte di questi casi può anche probabilmente giungere a guarigione, senza lasciare grossolane cicatrici nella corteccia renale. Il processo quindi non deve necessariamente passare attraverso una fase di fusione purulenta, ma al contrario il focolaio o i focolai possono rimanere allo stadio della infiltrazione locale leucocitaria e poi regredire. Si veda più avanti sotto « pielonefrite ». Nella nefrite purulenta ematogena, accanto ai piccoli focolai corticali, come più sopra abbiamo accennato, compaiono non di rado anche focolai nella sostanza midollare. Essi possono pure costituire un reperto isolato e si distinguono di norma (se non hanno già costituito grosse masse in colloquazione) per la loro forma sottile e striata e per il loro colore giallo. Essi originano secondo due modalità: a) o si formano in connessione con ammassi di cocchi che sono situati nei vasi sanguigni, specialmente nei capillari interlobulari della midollare e sono perciò completamente equivalenti ai piccoli focolai corticali; b) oppure essi si originano dopo che i germi, essendosi verificata la distruzione dei capillari glomerulari, giungono nello spazio capsulare e così nei canalicoli urinari. Quivi i germi ulteriormente veicolati dall'urina, arrivano nelle parti centrali e medie dei coni midollari, per lo più nelle anse o nei tubuli collettori, ove spesso trovano sulla loro strada cilindri urinari che li possono trattenere e che allo stesso tempo servono loro come terreno nutritivo. Qui essi determinano necrosi della parete dei canalicoli e formazioni ascessuali (« focolai di eliminazione »). ORTH parla di nefrite midollare metastatica (fig. 305). Anche nei casi poco progrediti, non è più possibile stabilire se la colonizzazione dei germi ha avuto luogo primitivamente nei vasi sanguigni o nei canalicoli, tanto più che, una volta instaurata la suppurazione, si verifica secondariamente l'invasione dei canalicoli urinari e così questi ultimi, infarciti di cocchi e leucociti, possono simulare una genesi canalicolare del focolaio infiammatorio.
94°
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Nei casi in cui gli apici delle papille sono fittamente stipati di occhi (nei canalicoli oppure nei capillari) possono verificarsi delle necrosi piuttosto estese (nefrite papillare batterica, O R T H , «necrosi midollare capillare metastatiche», SCHÓMER). SU queste necrosi ci intratteremo ancora più avanti.
Fig- 305Focolaio di infiammazione purulenta metastatica nella sostanza midollare del rene («focolaio di eliminazione ») in un caso di osteomielite acuta. Nel centro una arteriola con cocchi. Bambina di 1 anno. N R S 314/56.
Si comprende che in tali fusioni purulente ematogene della sostanza corticale e midollare si arriva ad una eliminazione di pus e batteri nel bacinetto e perciò ad una compartecipazione al processo infiammatorio della mucosa dei calici, del bacinetto, ed anche di parti più basse delle vie urinarie escretrici (nefropieliti). In simili casi è del tutto imprecisa la delimitazione rispetto alla seconda forma delle malattie batteriche renali.
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2. L A N E F R O P I E L I T E E L A
PIELONEFRITE
Parliamo di nefropielite e di pielonefrite, come abbiamo spiegato nella premessa a questo capitolo, quando nel quadro anatomico e clinico sono presenti processi infiammatori che interessano contemporaneamente bacinetto e tessuto renale (PUTSCHAR) indipendentemente dalla via attraverso cui l'infezione è entrata nel corpo e si è localizzata ai reni. Non deve però a questo punto essere trascurato completamente un certo rapporto quantitativo. Le ricerche di GOHRBANDT dimostrano infatti che, sia le glomerulonefriti acute che subacute, si accompagnano di regola a infiltrati linfocitari della mucosa del bacinetto. Nessuno però potrà, per tal motivo parlare di una pielonefrite. Noi pertanto non vogliamo considerare come pielonefrite la « pustola renale », né ogni nefrite purulenta metastatica a focolai isolati, in cui microscopicamente può essere dimostrata una esigua e insignificante compartecipazione del bacinetto, né pielonefrite gravidica se la compartecipazione alla malattia dei tratti più bassi del tessuto renale è insignificante. Per non perdere ogni criterio di delimitazione nei confronti delle infiammazioni renali purulente metastatiche o nei confronti delle semplici cistopieliti sarà opportuno parlare di pielonefrite solo quando il processo morboso in entrambe le porzioni degli organi urinari contribuisce in modo univoco alla fisionomia del quadro complessivo. Ciò è ancora relativamente facile stabilire negli stadi acuti, mentre per quelli cronici e per le fasi cicatriziali, esistono difficoltà nel senso che un processo infiammatorio che decorre con lesioni del tessuto renale, guarisce solo attraverso la formazione di una cicatrice riconoscibile anche dopo anni, mentre la capacità rigenerativa della mucosa del bacinetto può cancellare completamente i segni del processo infiammatorio pregresso. Così non di
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rado siamo soliti osservare, nelle forme di pielonefrite ascendente che lentamente si sviluppano nel rene lievi reliquati di alterazioni flogistiche nel bacinetto. E designeremo viceversa come pielonefrite o meglio nefropielite, una malattia renale infettiva dell'infanzia verosimilmente insorta per via ematogena da un focolaio infettivo situato al di fuori del rene, con lesione prima del rene e poi del bacinetto anche se le manifestazioni fondamentali sono quelle di una pielite. L a pielonefrite con le sue manifestazioni secondarie è certo una delle malattie renali più frequenti e anzi la più frequente, a prescindere dalle alterazioni vasali senza importanza e senza significato per la funzione renale. Ciò è stato dimostrato da ricerche sul rene grinzo pielonefritico compiute nell'Istituto
dell'Autore
(STAEMMLER e DOPHEIDE,
PFEIFFER)
e d a lavori di WESSEL, HAGE, BELL, OBERLING. N e l m a t e r i a l e degli ultimi
sei anni, su 3765 autopsie (delle quali circa 3000 di soggetti sopra i 10 anni) erano compresi 77 casi di pielonefrite acuta e subacuta e 25 casi di rene grinzo pielonefritico. Mentre nei primi, come sottolinea anche BELL, predomina largamente la forma legata a ostacolo di deflusso (ostruttiva) (92 % secondo BELL, 76 % nel nostro materiale), nei reni grinzi pielonefritici, quando si lasciano da parte quelli con formazione di calcoli, la via di insorgenza in circa il 50 % dei casi, non è univocamente accertabile. Parrebbe che sia più frequente la forma ematogena. Questo significherebbe che, nelle alterazioni più gravi del deflusso urinario, il processo infettivo ascendente, o conduce a morte più frequentemente già nello stadio acuto, a causa di interessamento purulento del tessuto renale, oppure si spegne dopo la rimozione dell'ostacolo urinario, poiché esso era essenzialmente limitato alla vescica, agli ureteri ed ai bacinetti. Circa la suddivisione della pielonefrite per età e sesso, si ammette generalmente che la malattia ha, nel complesso, frequenza doppia nel sesso femminile rispetto al maschile. Ciò vale, peraltro, principalmente per le classi di età più giovani; nell'età più avanzata, ha una parte importante l'ipertrofia prostatica ed il sesso maschile compare con frequenza maggiore (raccolte s t a t i s t i c h e di NECKER, WESSEL, PUTSCHAR, HAGE). N e l p r o p r i o m a t e r i a l e
di studio (con riferimento al numero di autopsie o dei due sessi) fino a.1 50° anno di vita, il numero delle pielonefriti e dei reni grinzi pielonefritici era tre volte più frequente nelle donne che negli uomini (KAMPMANN). Il quesito principale sulla insorgenza della pielonefrite è quello inerente alla via della infezione, a proposito della quale bisogna distinguere tra la porta d'ingresso del germe nell'organismo e la via attraverso la quale esso raggiunge il rene. Non vi è dubbio che la pielonefrite può insorgere per via ematogena, linfogena e urinogena. Attualmente si sottolinea particolarmente l'importanza della via ematica (ROWSING, KAPSAMMER, RUXEBERT, L E FUR, MALLORY, CRANE e EDWARDS), a l q u a n t o d i s c u t i b i l m e n t e ,
peraltro
(ALLEN), se si considera il complesso dei casi, secondo il parere dell'Autore. Ciò
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vale soprattutto per il notevole gruppo delle malattie che si accomp agnano a alterato deflusso urinario, che BELL calcola attorno al 92 % . Anche PUTSCHAR, HUCKEL e HAGE c o n s i d e r a n o la v i a a s c e n d e n t e c o m e la p i ù
frequente. Ma ascendente non significa incondizionata diffusione per la via di deflusso. Dopo che da ricerche anatomiche specie di BAUEREISEN, furono dimostrati collegamenti di vasi linfatici dalla vescica lungo gli ureteri fino al rene, la possibilità della risalita della infezione lungo questa via fu stidiata (SUGIMURA, WALKER, NECKER), e resa verisimile mediante studi nell'uomo e negli animali da esperimento (EISENDRATH e Coli.). Da una parte degli Autori più recenti questa via linfatica è molto valorizzata
(WINSBURG-WHITE,
HART,
KEISERLING,
GIRGENSOHN),
anzi
da alcuni è considerata l'unica modalità di infezione ascendente (MALLORY, CRANE e EDWARDS). ALLEN, peraltro, non accetta questa interpretazione. E certo che nelle gravi infezioni ascendenti dell'uretere, nelle quali talvolta l'intera mucosa è trasformata in una membrana incrostata, anche i vasi linfatici partecipano al processo infiammatorio, ma non è dimostrato ed è ben poco verosimile che questa via di diffusione della infezione sia l'unica. Dopo le ricerche di FRANKE sulle connessioni di vasi linfatici tra cieco, colon e rene destro, si è dato molto peso a questa via, senza che essa possa essere considerata effettivamente come dimostrata nell'uomo (PUTSCHAR, SUTER). GOHRBAND è della opinione che processi infiammatori renali collegati a malattie intestinali insorgono ben più frequentemente per via ematogena che per via linfogena. Le vie principali, lungo le quali gli agenti dell'infezione raggiungono le parti superiori del sistema urinario sono quindi la via ematogena (nella quale è il rene per lo più la parte primariamente colpita) e la via ascendente (che colpisce innanzitutto il bacinetto renale e solo secondariamente il rene). L a prima forma è a ragione designata nefropielite, la seconda pielonefrite. Che le due forme non siano spesso distinguibili è sottolineato tra gli altri p a r t i c o l a r m e n t e d a WEISS e PARKER.
deflusso urinario- dalla vescica con colonizzazione di germi nell'urina, spesso legata a infiammazione della parete vescicale. L'alterazione può essere determinata da un ostacolo meccanico specie in corrispondenza delle vie urinarie più profonde oppure insorge attraverso una insufficienza neuromuscolare della vescica, per esempio nelle malattie spinali. Si giunge ad una stasi retrograda dell'urina dalla vescica sovrappiena, particolarmente per insufficiente chiusura degli sfinteri agli sbocchi ureterali (riflusso vescico-ureterale, vedi particolarmente TALBOTT e BUNTZ). Se si aggiunge una antiperistalsi ureterale, l'urina infetta per contrazioni della vescica può giungere sino nel bacinetto renale (DIETLEN e LIDTENBERG, PFLAUMER). Le cause più frequenti degli ostacoli profondi di deflusso sono restringimenti dell'uretra per malattie della prostata o stenosi dell'uretra (l'infezione della
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vescica, non raramente, in questi casi, è conseguenza della necessità di ripetuti cateterismi), calcoli o tumori della vescica, sia primitivi, sia a punto di partenza dall'utero o dalla prostata. Come ricordato, hanno inoltre importanza stati di paralisi vescicale. Una buona parte dei soggetti con paralisi da sezione midollare trasversa, muore per infezione urinaria ascendente. V a l g a come esempio la seguente osservazione: in un uomo di 31 a. (Aut. N. 344/56) in seguito ad una lesione delle radici nervose lombosacrali, si era giunti ad un alterato s v u o t a m e n t o della vescica nella quale era dimostrabile
Fig. 306. Ipertrofia d'alto grado della muscolatura vescicolare con cistite cronica in seguito ad una paralisi neurogena della vescica urinaria della durata di quattro anni. Piouretere, pionefrosi e rene g ó n z o pielonefritico. Peso del cuore 620 g. Uomo di 31 a. Aut. N. 344/56.
un residuo urinario costante di 750 cc. Ne conseguirono una ipertrofia d'alto grado della muscolatura vescicale (che a p p a r v e solo quando mediante catetere a permanenza fu reso possibile lo svuotamento) ed un piouretere bilaterale con pionefrosi e conseguente rene grinzo pionefrotico-pielonefritico (figg. 306 e 307). Morte in uremia circa 4 anni dopo l'inizio della paralisi vescicale. Ipertrofia cardiaca d'alto grado con peso cardiaco di 620 g.
Manifestazioni tardive simili possono conseguire ad un diverticolo della parte terminale dell'uretere, che impedisce il completo svuotamento della vescica dall'uretra, mentre il ristagno dell'urina residua favorisce una infezione e conduce tramite riflusso cisto-uretero-pelvico, all'insorgenza di un piouretere e di una pionefrosi con pielonefrite (cfr. fig. 308).
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È già più difficilmente comprensibile come ostacoli più alti (stenosi o ritenzione di calcoli negli ureteri, tumori uretrali, calcoli e tumori nel bacinetto renale) conducano all'insorgenza di una pielonefrite ascendente. Non è chiaro se abbiano importanza onde antiperistaltiche nell'uretere. In questo caso si dovrà pensare anche ad infezioni ematogene, nelle quali il ristagno dell'urina è importante in quanto agenti che altrimenti avrebbero superato i reni e sarebbero stati eliminati con la corrente urinaria senza danneggiare il tessuto, rimangono più a lungo nel bacinetto
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i
F i g . 307.
F i g . 308. Fig.
307.
Rene della fig. 306. Rene grinzo pielonefritico con focolai purulenti recenti. F i g . 308. D i v e r t i c o l o della porzione terminale dell'uretere (non visibile nella figura) con conseguenze per la vescica urinaria (cistite cronica con ipertrofia della m u s c o l a t u r a ) , uretere (riflesso cisto-ureterale con piouretere) e rene (pionefrosi, pielonefrite purulenta). U o m o di 57 a. A u t . N. 462/56.
e vengono così a svolgere azione tossica. Così B E L L ammette, per l'insorgenza della pielonefrite in caso di ostacoli di deflusso a sede alta, una infezione discendente. L'Autore giunge a conclusioni sovrapponibili sulla base di ricerche su animali: 60
— KAUFMANN II, p.
I
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Se si lega in ratti un uretere, in un certo numero di animali insorge una pionefrosi con grave pielonefrite, mentre il rene con uretere pervio rimane indenne. Non è possibile dire se gli agenti patogeni siano giunti nell'organismo come conseguenza dell'intervento operatorio oppure se abbia importanza qualche rapporto con la flora intestinale (per lo più si tratta di infezioni da coli). È sorprendente che l'infezione di regola compaia solo abbastanza tardivamente dopo la legatura, ciò che parla contro una correlazione con l'operazione. In ogni caso, l'ostacolo del deflusso urinario determinato operatoriamente, è responsabile del permanere dell'infezione, che probabilmente si instaura per via discendente. Non sembra verosimile che si possa sviluppare una infezione ascendente attraverso l'uretere sottoposto a doppia legatura, dato che la vescica non è interessata nella colonizzazione dei bacteri. Nella pielite infantile (che in effetti per lo più è una pielonefrite) di solito non sono dimostrabili grossolane alterazioni di canalizzazione dell'urina, se non quando depositi urinari ostacolano alquanto il deflusso. L a prevalenza del sesso femminile (GÒPPERT, WIELAND, STJTER) induce a pensare ad una insorgenza della infezione dall'esterno attraverso la breve uretra. T u t t a v i a anche qui spesso si sottolinea l'insorgenza ematogena (CHOWN, GRIFFIN, BELL). Molto dibattuta è la insorgenza della pielite in gravidanza. L a predilezione per il lato destro potrebbe deporre per un ostacolo meccanico ma anche per la dibattuta insorgenza linfogena dal cieco (HICKS, KRETSCHMER, RICHTER), mentre forse il rilasciamento della mucosa gioca un ruolo per il permanere dei germi. STOECKER considera la pielite primitiva della gravidanza alla stregua di una tossicosi gravidica da causa ormoniche, nella quale una paralisi ureterale conduce a ristagno dell'urina che in seguito viene infettata dall'intestino (cfr. STÜRMER). Anche la pressione dell'utero gravidico potrebbe giocare un ruolo. BELL pensa ad un certo grado di idronefrosi con infezione ematogena (cfr. SCHROEDER,
STOEKER).
ALLEN
(come
a n c h e OPITZ, R U P P A N N E R , K E H R E R ,
EN-
GELHORN, GUSTAFFSON) comprende la pielite gravidica nella forma ascendente. D a queste considerazioni si vede quanto sia tenue il limite tra forme ascendenti e discendenti. L'insorgenza ematogena avrà maggiore verosimiglianza in tutti quei casi nei quali sia da escludere l'ostacolo di deflusso meccanico, un danno neuromuscolare dello svuotamento urinario ed una grave infiammazione della vescica determinata dal penetrare di germi dall'esterno (tipo non ostruttivo secondo BELL). Ma anche nelle forme ostruttive, specie in quelle con ostacolo a sede alta, l'importanza della infezione dal sangue con penetrazione nei reni non v a trascurata. Sulle relazioni della pielonefrite e particolarmente dei reni grinzi con ipoplasie congenite r e n a l i r i f e r i s c o n o F A H R , EMMETT, A L V A R E Z J E R E N A e M A C D O N A L D . D ' a l t r o
canto la maggior frequenza della malattia nel sesso femminile sia nei bambini che negli adulti, induce ulteriormente a considerare la più facile pos-
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sibilità di infezione della vescica urinaria femminile e quindi la importanza della v i a ascendente. L a possibilità che i germi salgano nel lume degli ureteri è, a mio giudizio, dimostrata da quei casi nei quali l'urologo, dopo rimozione della vescica per un tumore, impianta l'uretere nella parete addominale. In questi casi è a stento possibile, impedire, a lungo andare, l'infezione ascendente del bacinetto renale e del rene. Gli ammalati v a n n o incontro, in un lasso di tempo più o meno lungo, ad una pielonefrite purulenta. Che in questo caso nella midollare le raccolte di batteri e di pus si ritrovino prevalentemente nell'interno dei canalicoli, risulta dalla fig. 314. In qual modo ora, in un caso di infezione primitiva del bacinetto, si arriva alla partecipazione, del parenchima renale stesso? D o p o che in passato la v i a della diffusione ascendente canalicolare era considerata la più frequente (veduta che anche HÜCKEL ancora sostiene nell'ultima edizione), a partire dalle ricerche di A . MÜLLER ed in particolare di KEISERLING, si è rivolta maggiore attenzione ai vasi linfatici intrarenali. In ispecie giocano un ruolo importante per la penetrazione degli agenti patogeni e la successiva diffusione nel parenchima renale quelle vie che giacciono nella immediata vicinanza dei calici e che vengono facilmente aperte per fissurazioni del fornice d a stasi urinaria. Così in casi di pielite di lunga data non raramente si possono seguire processi linfatici almeno sino al confine cortico-midollare (GIRGENSOHN) e MÜLLER ha già mostrato che in casi recenti di pielonefrite le raccolte di cellule infiammatorie nel tessuto renale si trovano spesso più nell'interstizio che nei canalicoli urinari. È certo che le colliquazioni purulente che insorgono per questa v i a secondariamente possono penetrare anche nei tubuli. T u t t a v i a , all'Autore sembra indimostrato che la diffusione dell'agente patogeno non possa- svolgersi anche lungo la v i a canalicolare, per lo meno quando si giunge ad alterazioni del deflusso urinario dal bacinetto. Così anche in casi recenti di pielite si possono trovare canalicoli colmi di bacteri (cfr. HÜCKEL) senza che si debba ammettere una secondaria invasione dei tubuli da colliquazioni purulente situate più a monte. Per i casi di pielonefrite ascendente, specie quelli legati ad ostruzione, la v i a più probabile è quindi una diffusione linfogena ed intracanalicolare della infezione dal bacinetto nel tessuto renale. Ma anche nelle forme ematogene, nelle quali anche il bacinetto è infettato dal rene, si deve tener conto di una ascesa secondaria della infezione dal bacinetto nel tessuto renale, dopo che il processo infiammatorio si è diffuso nel bacinetto, particolarmente quando, per rigonfiamento della mucosa e interessamento della muscolatura, si giunge ad alterazioni di svuotamento del bacinetto renale. Così anche qui si osserva un intimo legame tra processi discendenti ed ascendenti come in seguito vedremo di n u o v o nella tubercolosi degli organi urinari. Questa modalità secondaria e retrograda della infezione del tessuto renale
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da parte del bacinetto infettato primitivamente per via ematogena, potrebbe spiegare come, di regola, le alterazioni anatomiche nella pielonefrite sono molto più gravi (e spesso anche visibilmente più vecchie) nella midollare che non nella corticale. Se il bacinetto renale si ammala, in esso si produce una riserva di germi ed una alterazione dello svuotamento urinario ed ambedue fanno sì che il processo infettivo infiammatorio in seguito si diffonda alla midollare, particolarmente dai calici.
Fig. 309. Pielonefrite purulenta con focolai purulenti raggruppati nella corteccia, insorta dopo estirpazione della vescica urinaria ed impianto dell'uretere nella cute addominale. Uomo di 56 a. Aut. N. 143/56.
Tra i germi che hanno importanza nella pielonefrite predominano i colibacilli. Accanto ad essi gli agenti più frequenti sono stafilococchi, sebbene occasionalmente si osservino germi di ogni tipo. Secondo SUTER l'infezione con cocchi piogeni parla per un'infezione endogena (discendente), quella con colibacilli per un'infezione ascendente.
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T u t t a v i a , come sopra ricordato, anche colibacilli possono giungere negli organi urinari per v i a linfatica, forse talvolta anche per v i a ematica (Bumm), come sembra verosimile dalla non rara combinazione con la pielonefrite di malattie intestinali (maggiori particolari in P u t s c h a r ) . D a quando sono impiegati i sulfamidici e gli antibiotici, le infezioni delle vie urinarie da proteo e piocianeo rivestono maggior importanza ( C a r r o l ) . Il quadro macroscopico della pielonefrite è dominato dalla modalità del processo infiammatorio e dalla forma della sua diffusione, ed è quindi molto variabile. Nei casi iperacuti (o nelle fasi più precoci) si vedono nel tessuto renale soltanto rigonfiamenti a strie o a cuneo, di colorito rosso sporco che nel centro spesso permettono già di riconoscere piccole colliquazioni e che attraversano irregolarmente, m a di solito in disposizione radiale, midollo e corteccia. Dopo l'asportazione della capsula i focolai corticali sporgono rispetto ai tessuti circostanti, sono di consistenza molle, e formano frequentemente chiari raggruppamenti di singoli focolai relativamente grandi, che sono meno nettamente delimitati e più voluminosi di quelli osservati nella nefrite purulenta metastatica. F i g . 310. Quasi sempre anche la midolPielonefrite purulenta. Superfìcie di taglio con focolai purulenti a disposizione radiale nella corticale lare è interessata, sebbene con e nella midollare. U o m o di 19 a. A u t . N. 7091/54. intensità variabile. T a l v o l t a si possono osservare, anche solo sulla superficie di taglio, attraverso il tessuto renale strie colorate di rosso che percorrono la midollare e si diffondono nella corticale. Se il processo evolve, il quadro è dominato dalla colliquazione, i focolai sporgono sulla superficie esterna come rilevatezze gialle, spesso si aprono quando si asporta la capusla, oppure la invadono. Anche sulla superficie di taglio la colliquazione purulenta spicca rispetto all'edema cellulare infiammatorio (figg. 309 e 310). Gli apici papillari possono essere colpiti in notevole grado. Quasi di regola anche la mucosa del bacinetto è già macroscopicamente interessata e mostra arrossamento, tumefazione, emorragia e spesso depositi pseudomembranosi di pus, fibrina, o frustoli di tessuto necrotico (fig. 311). Quasi sempre il bacinetto renale è allargato, anche se non in grado molto notevole. Ciò dipende non soltanto da alterazioni del flusso urinario, m a è
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anche visibilmente condizionato da alterazioni tessutali dello stesso bacinetto renale, particolarmente della sua muscolatura. D'altra parte anche il rigonfiamento della mucosa ureterale può qui giocare una parte, che si apprezza per lo più meglio sul pezzo operatorio che all'autopsia. La parete dell'uretere può essere particolarmente rigida e molto ispessita. I processi infiammatori nel bacinetto renale sono per lo più particolarmente estesi nei
Fig. 3 " . Pielonefrite purulenta. Bacinetto lievemente ingrandito, mucosa arrossata a chiazze, e d e m a t o s a , c o s p a r s a d i e m o r r a g i e . U o m o d i 08 a. con i p e r t r o f i a p r o s t a t i c a . A u t . N . 365/54.
calici (fig. 312). Qui si raccoglie l'essudato, qui si osservano di preferenza pseudomembrane ed emorragie e da qui i fenomeni necrotici possono diffondersi alle papille della midollare. Queste ultime possono essere ampiamente colliquate e mostrare crateri ulcerati superficiali o più profondi. Alterazioni infiammatorie della vescica mancano assai di rado completamente si fanno in breve tempo molto pronunciate ed in breve regrediscono notevolmente a confronto di quelle nei bacinetti renali.
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Nelle fasi più croniche, quando i focolai purulenti sono delimitati o sostituiti da tessuto di granulazione, al posto degli ascessi o accanto ad essi compaiono formazioni a focolaio grigie 0 grigio-giallastre 0 giallo sporche nella midollare e nella corticale che possono addirittura ricordare moduli tubercolari. Esse sono più nettamente delimitate delle colliquazioni recenti e mostrano una consistenza che aumenta con l'età. Il colorito giallo del focolaio è determinato da accumulo di lipoidi nelle proliferazioni granulomatose (cfr. fig. 313, tratta da una papilla che era quasi completamente trasformata in un tessuto di granulazione ripieno di lipoidi).
Fig.
312.
Grave pielite purulenta dei calici in un caso di pielonefrite acuta. Rene calcolotico. Donna di 44 a. N. 588/54.
BARRIE parla di granulomi a cellule schiumose. Nell'ulteriore decorso essi si trasformano in cicatrice, si approfondano dalla superficie esterna come infarti, sono tenacemente aderenti alla capsula, ed al taglio possono apparire come strie cicatriziali grigio-rosse, grigio-gialle o grigiastre. Nel bacinetto i processi essudativi regrediscono ora notevolmente, la parete è ispessita, la mucosa spesso sulla superficie interna è ruvida, granulosa per trasformazione dell'epitelio che assume colorito grigio biancastro, che ricorda quello dell'epidermide. Talvolta esso è più intensamente granuloso o zigrinato. Accanto a queste forme tipiche, con colliquazione purulenta, che successivamente trapassano in tessuto di granulazione e in cicatrici, non raramente si osservano forme nelle quali i processi infiammatori non giun-
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gono alla colliquazione, m a consistono soltanto di spessi infiltrati leucocitari dell'interstizio, che successivamente sono sostituiti da linfociti ed altre cellule mononucleate. T a l i focolai si distinguono dai tessuti circostanti per il loro colorito grigio-biancastro o giallo-biancastro e sono di consistenza maggiore. L a distinzione tra corticale e midollare è scomparsa. In certi casi potrebbe trattarsi, in tali focolai, soltanto di stadi iniziali della colliquazione purulenta, m a in altri il processo regredisce senza distruzione tessutale. Qui rientra anche il rene maculato nefroidrotico che VON TÒRNE vide in una bambina di 13 mesi.
Fig- 313Papilla renale nella pielonefrite cronica p u r u l e n t a . Quasi c o m p l e t a trasformazione in tessuto di granulazione con a c c u m u l o di grasso. Pionefrosi calcolotica. D o n n a di 39 a. N 5594/54.
Infine dobbiamo ricordare anche le forme croniche di pielonefrite non purulenta che decorrono sin dall'inizio silenziosamente, come si riscontra particolarmente nelle formazioni calcolotiche nel bacinetto renale, quando non si giunga alla infezione o il processo infettivo sia solo di modesta intensità. Questa forma di m a l a t t i a non è però limitata al rene calcolotico, m a compare anche come malattia a sé stante, come si osserva particolarmente negli esiti finali cioè nei reni grinzi pielonefritici. Esse formano una buona parte di quei casi designati da STUHLER e ZOLLINGER come nefrite cronica interstiziale (cfr. OBERLING). Sulla pielonefrite cronica nel neonato (ematogena, ZOLLINGER) danno ragguagli CLAIREAUX
e
PEARSON.
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Il quadro microscopico si ricava così ampiamente dai reperti macroscopici che meritano di essere descritti particolarmente solo alcuni punti. Nei processi recenti domina l'infiltrato leucocitario con passaggio nella colliquazione. Per lo più è colpito particolarmente il tessuto interstiziale, ma sia i canalicoli della midollare sia quelli della corteccia possono essere ripieni di leucociti. Questa combinazione della raccolta purulenta nei canalicoli midollari e nell'interstizio è riconoscibile nella fig. 314, mentre nella 315 predomina l'infiltrazione interstiziale ed i tubuli sono in parte distrutti, in parte dilatati e ripieni di cilindri. Come reperto molto frequente, specie
Fig. 3HPielonefrite purulenta. Canalicoli, midollare e tessuto interstiziale delle piramidi infiltrati da pus. Uomo di 57 a. N. 3719/54.
negli stati recenti, si osservano vasi linfatici a parete infiltrata, dilatati e ripieni di masse simil-trombotiche (tromboidi), costituiti da coaguli di albumina, ai quali spesso sono in abbondanza commisti leucociti (figg. 316 e 317). Nelle colliquazioni più grossolane in parenchima va incontro a distruzione, compresi i glomeruli. Alla periferia questi ultimi rimangono conservati abbastanza a lungo. In essi si possono riconoscere due alterazioni forse non del tutto trascurabili per la patogenesi. Di regola si giunge ad un ispessimento della capsula di Bowman che dapprima si presenta rigonfia, edematosa, e successivamente collagenizzata ed in trasformazione ialina (fig. 318). Questa ialinizzazione spesso non colpisce l'intero corpuscolo del Malpighi, ma forma cuscinetti che sporgono verso l'interno accanto al-
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Fig.
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315.
Pielonefrite purulenta. Diffusa infiltrazione leucocitaria dell'interstizio delle p i r a m i d i renali. C i l i n d r i n e i c a n a l i m i d o l l a r i p i ù a l t i . U o m o d i 27 a . N . 9 7 3 / 5 2 .
Fig.
316.
L i n f a n g i t e r e n a l e in c o r s o d i p i e l o n e f r i t e a c u t a ,
l ' o r n o di 7 9 a. S . X . 7 1 8 / 5 5 .
IL
Fig. Tromboide
nei
317.
v a s i l i n f a t i c i d e l l a m i d o l l a r e in u n a p i e l o n e f r i t e p u r u l e n t a . N . 3613/54.
Fig. Ispessimento
della
capsula
di
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U o m o di 55
a.
318.
B o w m a n d e l g l o m e r u l o in u n c a s o d i p i e l o n e f r i t e D o n n a d i 56 a . N . 7 8 0 / 5 : .
cronica.
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l'ingresso del vaso afferente restringendone l'imbocco. Inoltre si osservano non raramente fusione delle anse glomerulari e aderenze con la capsula, che ricordano quelle della nefrite a focolai, e possono evolvere in distruzione delle anse (fìg. 319). Nel primo caso un collasso massivo delle anse sembra provocare la distruzione del gomitolo glomerulare, nel secondo un processo che si diffonde dall'interno delle anse sembra provocare l'obliterazione capillare. Sarebbe pensabile che il punto di attacco sulla capsula indichi una diffusione del processo infiammatorio per via ascendente, intersti-
Fig. 319Rarefazione delle strutture glomerulari nella pielonefrite cronica con coalescenze capsularil Uomo di 30 anni. J N 3566/54.
ziale, forse linfogena, e che il punto di attacco sul glomerulo stesso indichi una insorgenza per via ematogena. Fatto essenziale nella pielonefrite, anche nelle forme croniche, è la marcata compromissione della midollare a tipo di dissociazione o sostituzione cicatriziale, diffuse o a focolai, che possono portare a quadri in cui in alcune piramidi non si riconoscono più canalicoli (fìg. 320). La proliferazione connettivale ha in questi casi carattere cellulare-fibroso e si differenzia dalla comune sclerosi, che si osserva negli stadi terminali dell'idronefrosi, 0 dalla jalinosi, reperto frequente nel rene senile. Spesso si osserva infatti, tanto nei casi recenti che in quelli più antichi, una elettiva localizzazione dei processi infiammatori o cicatriziali al limite corticomidollare, dove si
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possono costituire accumuli infiltrativi linfocitari e plasmocitari così densi che a loro livello non è più possibile riconoscere i canalicoli atrofici. Anche gli stadi terminali cicatriziali possono raggiungere in questa sede grado considerevole. E facile riconoscere in questi fenomeni segni della diffusione dell'infezione per via linfatica, poiché il sistema vascolare linfatico è particolarmente sviluppato proprio in prossimità dei vasi arcuati.
Fig. 320. Scomparsa del tessuto midollare nella pielonefrite cronica (uomo anziano). A u t . N. 24/56.
Mentre il bacinetto renale, negli stadi recenti del processo, mostra tutti gli stadi di passaggio, dall'infiammazione catarrale a quella purulenta, emorragica e pseudomembranosa, spesso particolarmente pronunciata agli apici dei calici con erosioni e formazioni ulcerose e conseguente apertura delle vie linfatiche della midollare renale, negli stadi cronici osserviamo anche in questa sede comparsa di intensi processi produttivi. La tunica propria della mucosa è tutta ispessita. L'epitelio può ispessirsi, tende alla formazione di abbondanti nidi cellulari di v. Brunn, può talora trasfor-
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marsi in epitelio piatto e presentare corneificazione (leucoplachia, cfr. sotto «Bacinetto renale», pag. 1135). Particolarmente significativa è, di solito negli stadi avanzati, l'infiltrazione della tunica propria della mucosa da parte di linfociti e plasmacellule, con formazione di noduli linfatici, unici o multipli, che possono anche presentare tipici « centri germinativi » (MAEDA, HASCHE-KLÙNDER), quadri che non si rinvengono nei bacinetti normali (GOHRBANDT). Si parla in questi casi di pielite nodulare 0 granulare (fig. 321). Di tali quadri e della pielite cistica, che si sviluppa da proliferazioni dei nidi cellulari di v. Brunn, si parlerà ancora nella trattazione del bacinetto renale.
Fig. 321. Pielite granulare in pielonefrite calcolosa. Donna di 44 anni. N. 558/54.
Se anche nel tessuto del bacinetto si sono determinate colliquazioni purulente, queste vengono sostituite, nella fase di regressione, da proliferazioni di tessuto di granulazione, che possono (così come anche nel rene) per tesaurosi lipidica, acquistare colorito giallo zolfo (fig. 322). Il processo pielonefritico è, nella maggior parte dei casi, di solito bilaterale, anche se spesso di intensità diversa nei due reni. Ma anche lo sviluppo monolaterale non è raro. Questo è un altro elemento che differenzia la forma dalla nefrite purulenta metastatica. Questa può manifestarsi sotto forma di « pustula renale » anche monolateralmente, ma compromette di regola i due reni quasi con la stessa intensità. L a monolateralità della malattia si può spiegare più facilmente nelle infezioni ascendenti che in
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quelle ematogene. Non si deve tuttavia dimenticare, che anche in una batteriemia, germi si localizzano più frequentemente in un rene con alterato deflusso urinario che in uno con escrezione senza ostacoli. In tal modo, il disturbo di svuotamento del bacinetto renale ha nella maggior parte dei casi notevole importanza, sia consentendo una ascensione diretta dei batteri nell'urina ristagnante, sia comportando un'antiperistalsi o almeno una difficoltà all'eliminazione di germi trascinati dalla corrente ematica o linfatica, con conseguente possibilità di una più facile esplicazione della loro azione tossica.
F i g . 322. Pielite cronica p u r u l e n t a con t r a s f o r m a z i o n e della m u c o s a del b a c i n e t t o renale in proliferazioni di tessuto di granulazione con tesaurosi lipoidica. D o n n a di 39 anni. N . 5594/54.
La pielonefrite cronica, purulenta o non purulenta, conduce progressivamente al rene grinzo pielonefritico. Noi parliamo di rene grinzo solo quando realmente ampie porzioni di tessuto renale siano andate distrutte, i reni mostrino un notevole rimpicciolimento e la loro funzione sia compromessa. In casi con singole e grossolane cicatrici è più proprio il termine di rene cicatriziale pielonefritico. Caratteristica del suo quadro macroscopico è l'ineguaglianza dell'alterazione ai due lati, per cui vi sono forme puramente monolaterali, benché più frequentemente, accanto ad un considerevole raggrinzamento dell'organo di un lato si trovino per lo meno alcune cicatrici anche nell'altro rene. Le cicatrici pielonefritiche sono spesso diffi-
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cilmente distinguibili da quelle da infarti o da stenosi vasali arteriosclerotiche. Il rene grinzo pielonefritico è quindi rimpicciolito. L a sua superficie è di solito del tutto irregolarmente bozzoluta (in rari casi però anche a fini granuli, impossibile a distinguersi da quella di un rene grinzo secondario glomerulonefritico; cfr. BELL, in particolare la sua fig. 70). T r a ampi infossamenti superficiali, talora anche assai estesi, le porzioni conservate sporgono come bozze fortemente rilevate, talora quasi come noduli adenomatosi. L a super-
Fig. 323. Rene grinzo pielonefritico bilaterale, a sin. di 40 gr. a destra di 150 gr. Il rene sinistro con grossolane cicatrici, il destro finemente granuloso. Ipertensione, ipertrofia cardiaca. Donna di 73 a. A u t . N. 40/54.
fide degli infossamenti è a fini granuli. Spesso vi si osserva, almeno con la lente, un aspetto microcistico (figg. 323 e 324). Sulla superfìcie di taglio, il parenchima renale è, a livello degli infossamenti, notevolmente assottigliato e non vi si rileva più alcun disegno. I calici sono dilatati, le papille appianate, la midollare trasformata in cicatrice. A n c h e le parti ben conservate, in ipertrofia compensatoria, hanno disegno corticale per lo più slavato. Il loro colore è, in contrasto col grigio rosso delle cicatrici, per lo più stranamente chiaro, quasi bianco-giallastro. Il bacinetto renale è per lo più dilatato, ma solo in grado lieve o medio, la mucosa è ispessita, rugosa, grigio biancastra. Raramente vi si rilevano intensi processi infiammatori. Spesso è addirittura sorprendente la scarsità delle alterazioni del bacinetto renale.
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Nel quadro istologico è patognomonica, ai fini diagnostici, l'intensa partecipazione della midollare al processo di raggrinzamento, che (all'infuori che nelle gravi idronefrosi) non si ritrova altrimenti nei reni grinzi. I processi infiammatori di accompagnamento, in particolare gli infiltrati linfocitari, possono essere ancora in atto, benché diminuiscano gradatamente con l'avanzare del processo, così che terminalmente si riscontra solo tessuto cicatriziale, nel quale si osservano unicamente alcuni resti di collettori, compressi o talora lievemente dilatati. Particolarmente vivace può essere
Fig. 324Rene cicatriziale pielonefritico monolaterale senza sostanziale rimpicciolimento. L'altro rene è normale. Donna di 70 anni. A u t . N. 102/56.
la proliferazione ccnnettivale al limite cortico-midollare, costituendo in questa sede una barriera nella quale si riscontrano ancora solo singoli cordoni epiteliali come residui dei tubuli retti. Le alterazioni corticali sono state oggetto di studio soprattutto da parte di S T A E M M L E R e D O P H E I D E e P F E I F F E R . Secondo questi Autori si possono distinguere quattro stadi. 1. Infiltrazione diffusa della corticale da parte di linfociti, plasmacellule e leucociti in numero variabile (talora resti di formazioni ascessuali). Atrofia dei canalicoli, glomeruli conservati, spesso fittamente addensati, capsula spessa o con gradi diversi di ispessimento (fig. 325). 2. Scomparsa progressiva dei glomeruli per ispessimento capsulare con formazione di cuscinetti jalini, particolarmente al polo vascolare (PUTSCHAR) 61
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KAUFMANX
II,
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Fig.
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Rene grinzo pielonefritico. Stadio dell'infiltrazione interstiziale con atrofia dei tubuli; i glomeruli sono conservati e giacciono addensati. Uomo di 69 anni. A u t . N. 74/53.
Fig.
326.
Rene grinzo pielonefritico. Stadio della scomparsa dei glomeruli. Uomo di 82 anni. A u t . N. 116/50.
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o per progressiva obliterazione delle anse con coalescenze capsulari (cfr. l'immagine nella pielonefrite cronica) (fig. 326). 3. Modificazioni a tipo di otricoli tiroidei dei canalicoli, il cui epitelio diviene progressivamente atrofico, si sdifferenzia e il cui lume è ripieno di una massa che ricorda la colloide (fig. 327). Tra questi si ritrovano glomeruli ialini più o meno numerosi o si osserva completa assenza di essi. La loro scomparsa si
Fig. 327. Rene grinzo pielonefritico. Trasformazione tireosimile della corticale. Scomparsa della midollare. Donna di 57 anni. Aut. N. 517/50.
determina per una distruzione cellulare, così che spesso si possono ancora riconoscere residui erosi della capsula j alina o del convoluto vascolare atrofico, persino nel tessuto di granulazione. 4. Completa sostituzione connettivale del tessuto corticale, del quale permangono praticamente solo i vasi e alcune cisti tubulari. Le alterazioni vascolari sono state studiate soprattutto da L I N D E R . Accanto a processi endoarteritici si riscontrano diversi quadri che non si possono distinguere da quelli della comune aterosclerosi. Anche le arteriole possono andare incontro a una
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progressiva ialinosi. Più recenti ricerche sulla pielonefrite e sui suoi esiti si r i t r o v a n o in OBERLING.
Le alterazioni descritte sono specifiche del rene grinzo pielonefritico? I singoli processi sicuramente no. L a trasformazione tiroido-simile si osserva, meno accentuata, anche in reni grinzi vascolari e in grado notevole nell'idronefrosi (dove spesso è difficile stabilire quanta parte possano avervi avuto concomitanti processi infiammatori). Essa è già ricordata nella descrizione di P O N F I C K dell'idronefrosi. Più importanti, nella diagnosi differenziale, sono i processi sclerotici della midollare, che, come è stato ricordato più sopra, negli altri reni grinzi non sono così accentuati (naturalmente ad eccezione del rene grinzo calcolotico, che rientra nel gruppo dei reni grinzi pielonefritici). A L L E N rileva come tipici del quadro istologico i seguenti caratteri: addensamenti locali di glomeruli ialini, ispessimento fibroso delle capsule di Bowman, con anse glomerulari ben conservate, cisti colloidi dei tubuli atrofici, fibrosi interstiziali e endoarterite obliterante. Rileva però come nessuna di queste alterazioni sia patognomonica del rene grinzo pielonefritico, anche se importante ai fini diagnostici. Sulle modalità di costituzione del rene grinzo pielonefritico, non è il caso di insistere, dato che i fatti essenziali sono stati trattati nella parte precedente. E comunque certo che anch'esso può costituirsi tanto in seguito ad infezioni ascendenti che ematogene. Forse nel suo istituirsi interviene anche un'infezione da ostacolato deflusso; in questi stadi tardivi non si può però più distinguere se l'infezione si sia estesa al rene per via canalicolare, linfatica o ematogena. A questo proposito possono essere indicativi soprattutto rilievi statistici. S T A E M M L E R e D O P H E I D E hanno riscontrato reni grinzi pielonefritici con una frequenza tre volte superiore nelle donne che negli uomini (ciò vale anche per il nostro materiale più recente! cfr. K A M P M A N N ) . H A S L I N G E R ha ottenuto reperti analoghi. Il rene grinzo pielonefritico si osserva anche in età giovanile. S T A E M M L E R e D O P H E I D E l'hanno riscontrato in due bambine di 6 e 12 anni, P F E I F F E R , in una giovane di 17 anni. In questi casi non vi era evidente ostacolo urinario. L a frequenza del rene grinzo pielonefritico non viene v a l u t a t a in modo del tutto univoco. Ciò dipende in parte ovviamente da ciò che si intende con questo termine. Ma anche non comprendendo nel termine di rene grinzo pielonefritico le idronefrosi infettate con i loro quasi costanti focolai pielonefritici ( H A S L I N G E R ) , le pielonefriti con alcune cicatrici ( B R U C A U F F ) , e il rene cicatriziale pielonefritico, come l'Autore ritiene opportuno, i reni grinzi pielonefritici vanno sempre annoverati tra le forme più frequenti di rene grinzo. P F E I F F E R riscontrò in un limitato materiale di 970 autopsie 27 reni grinzi vascolari, 3 glomerulonefritici e 23 pielonefritici. I dati di B E L L sono notevolmente inferiori e maggiormente in accordo con le nostre più recenti esperienze.
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RENE
L'Autore osservò infatti negli ultimi 6 anni in un materiale non selezionato, costituito da 3765 casi (tra questi 3000 casi di individui di età superiore ai 10 anni) complessivamente 74 reni grinzi. Di questi, 33 erano vascolari (arteriosclerotici), 16 glomerulonefritici, 25 pielonefritici. Ancor oggi il rene grinzo pielonefritico ha quindi una fondamentale importanza anche se il rapporto di frequenza si è spostato dalle forme vascolari in favore di quelle secondarie (glomerulonefritico). Il significato pratico del rene grinzo pielonefritico potrebbe tuttavia essere minore, dato che il processo è spesso monolaterale o almeno più accentuato monolateralmente, e quindi non rappresenta una causa di morte così frequente come il rene grinzo glomerulonefritico o quello vascolare. Nel materiale di PFEIFFER nove casi ebbero esito in uremia, nel nostro attuale materiale settorio tale esito si ebbe in 12 su 25 casi. A questo proposito, non vi è, secondo l'esperienza personale dell'Autore, alcun dubbio che il rene grinzo pielonefritico bilaterale possa portare a ipertensione. Ciò è stato dimostrato anche da precedenti ricerche con DOPHEIDE. (Nel caso sopra ricordato dell'uomo di 31 anni, cfr. pag. 944, il peso del cuore raggiungeva i 620 gr). Alle stesse conclusioni sono perven u t i WEISS e PARKER (peso m e d i o del cuore 450 gr) e LONGCOPE. SAPHIR
e TAYLOR ritengono di poter ricondurre persino una notevole percentuale di casi di ipertensione maligna e di nefrosclerosi maligna ad una « pielonefrite lenta » occulta. Anche OBERLING ritiene l'aumento di pressione una conseguenza della malattia, mentre CRABTREE l'ha osservata solo raramente, e BELL la considera più come una complicanza indipendente. Per quanto riguarda i casi monolaterali, l'autore concorda pienamente con quest'ultimo: BELL che ha raccolto dalla letteratura un gran numero di casi, in cui l'asportazione di un rene grinzo pielonefritico ha portato ad una caduta della pressione ematica, ritiene però che se miglioramenti transitori dell'ipertensione sono stati osservati abbastanza frequentemente, solo raramente è stato ottenuto un abbassamento persistente della pressione (cfr. H. SMITH. Ulteriori notizie nella sezione sulla nefrosclerosi e ipertensione, pag. 913). Sperimentalmente, HEPTINSTALL e GORRILL poterono dimostrare solo occasionalmente aumento di pressione nella pielonefrite. Come forma speciale di malattia renale di tipo infettivo deve essere ancora considerata la necrosi delle papille, alla quale negli ultimi tempi è stata rivolta maggiore attenzione, soprattutto da parte degli urologi. Secondo MUIRHEAD, VANATTA e GROLLMAN essa è stata osservata per la prima volta da FRIEDREICH, nel 1877, NEL diabete. Notizie dettagliate sono s t a t e d a t e di q u e s t a f o r m a d a SCHÒMER, GUNTHER, FROBOESE, NORDMANN, PRAETORIUS, A L K E N , THELEN, SCHNEIDER, OVERZIER, HARRISON e B A I L E Y , EDMONDSON c o n MARTIN e E V A N S , DAHLMANN, centemente
d a MANDEL,
SLIPYAN
e BARLAND,
ROBBINS e Coli., p i ù KNUTSEN
con
re-
JENNINGS,
BRINES e AXELROD, e così pure da SWARTZ. Fino al 1950 ne sarebbero stati
966
APPARECCHIO
URINARIO
comunicati nella letteratura circa 160 casi. Ciò però non corrisponde affatto alla frequenza della manifestazione. A ogni patologo infatti, che abbia a propria disposizione un materiale settorio abbastanza ampio, la necrosi delle papille appare un reperto non eccezionale. Essa è più frequente nella pielonefrite con diabete (FROBOESE) m a può comparire anche indipendentemente dal diabete (FROBOESE, GÙNTHER, DAHLMANN, MELLGREN c o n
REDELL). Ciò è stato ripetutamente
osservato
anche dall'Autore. Secondo i dati della letteratura, un diabete sarebbe presente nel 60-70 % dei casi. Nel materiale di EDMONDSON, MARTIN e
Fig. 328. Necrosi midollare cuneiforme, a tipo infartuale con demarcazione purulenta nella pielonefrite. Non vi era diabete. Uomo di 85 anni. Aut. N. 412/55.
EVANS, 107 di 859 diabetici a v e v a n o una pielonefrite, e di questi 29 necrosi delle papille. In 1023 pielonefriti senza diabete si sono trovate necrosi 21 volte. All'inverso, si osserva talora necrosi delle papille nel diabete senza pielonefrite. L a necrosi delle papille si manifesta macroscopicamente come un focolaio opaco grigio-giallo in una o più piramidi (mono- o bilateralmente), che non raggiunge necessariamente gli apici papillari. Il focolaio è circond a t o d a u n alone giallo puruloide che manca quando causa della necrosi è il solo diabete senza pielonefrite; cfr. sezione diabete e figg. 222, 328 e 329. L a papilla necrotica può venir completamente espulsa (DAHLMANN),
IL
RENE
967
rimanere nel bacinetto (MELLGREN e REDELL) giungere nella vescica (FROBOESE, DAHLMANN, KAUFMANN) 0 venir anzi espulsa con l'urina (LAUCHE).
Microscopicamente si apprezzano necrosi estese della midollare, ancora ben conservate nella loro grossolana struttura, circondate da un ampio orlo di leucociti in preda a colliquazione purulenta, e ricordano da vicino un infarto (figg. 328 e 329). Le parti necrotiche sono per lo più (ma non sempre) ampiamente dissociate da accumuli batterici. Questi si trovano talora nei collettori, talora riempiono i capillari della midollare. SCHÓMER di conseguenza parla di « necrosi midollari capillaro-metastatiche ».
Fig. 329. Necrosi dell'apice papillare con incrostazione di sali uratici nella pielonefrite cronica senza diabete. Uomo di 63 anni con carcinoma vescicale. A u t . X. 298/56.
Egli le riscontrò in tre casi di batteriemia (nell'endocardite ulcerosa ed erisipela) e ritiene che nei suoi casi, per un rallentamento della corrente ematica nelle piramidi, si sia determinata una colonizzazione dei germi nei capillari, così che la necrosi deve essere considerata, come conseguenza in parte, del disturbo di vascolarizzazione, in parte dell'azione tossica dell'agente. Questa evidente origine ematogena non vale però per la maggior parte dei casi, nei quali si deve piuttosto pensare ad una risalita di cocchi, per via canalicolare o linfatica, dal bacinetto renale. Che però un difetto di vascolarizzazione possa avere importanza nella genesi delle necrosi della midollare, è dimostrato dai casi in cui si può sicuramente escludere una
968
APPARECCHIO
URINARIO
infezione batterica. KALBFLEISCH, ad esempio, ha osservato talora necrosi della midollare da avvelenamento da narcotici. Molto frequentemente la si osserva nella legatura sperimentale dell'uretere, come descritto da MuiR H E A D , V A N A T T A e G R O L L M A N e come l'Autore può confermare, in base a ricerche sperimentali personali e ad osservazioni di H A B E D A N K . In queste forme le necrosi tessutali sono situate per lo più in vicinanza dell'apice delle papille, mentre il rivestimento epiteliale può essere conservato. Nella maggior parte dei casi le necrosi della midollare si costituiscono quindi attraverso una combinazione di disturbi di vascolarizzazione con localizzazione batterica (per v i a canalicolare o ematogena), nella quale può avere significato la particolare recettività (sensibilità) tessutale del diabetico. L'edema gassoso dei reni (« Schaumniere » = rene schiumoso) si costituisce secondo CHRISTELLER talora nell'infezione puerperale da bacillo gassogeno (cfr. anche H I T S C H M A N N e L I N D E N T H A L , S A N D E R ) . Combinazione della pielonefrite con altre malattie renali. È sorprendente la rarità con la quale vengono riferite complicazioni del genere, particolarmente con la glomerulonefrite diffusa. Se fosse realmente vero che anticorpi anti-rene nel senso di C A V E L T I abbiano importanza nella genesi della glomerulonefrite, ci si dovrebbe attendere che specie le forme di pielonefrite cronica monolaterali o più accentuate monolateralmente coincidano con glomerulonefriti. Talora è stato osservato qualcosa del genere; l'Autore osservò infatti la comparsa in forma associata di un rene cicatriziale pielonefritico con glomerulonefrite subacuta in un u o m o di 67 anni (N. prot. 557/54). Questo è t u t t a v i a l'unico caso che l'Autore potè notare, e anche nella letteratura non sono riportati dati in questo senso.
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CAPITOLO
X
LE INFIAMMAZIONI SPECIFICHE DEGLI ORGANI URINARI
1. L A
TUBERCOLOSI
a) TUBERCOLOSI DEI REM a) La vìa d'infezione Si può considerare opinione generale e fatto ben documentato che l'infezione ematogena del rene sta senz'altro in primo piano. Nell'ambito degli organi urinari il rene è quasi sempre l'organo ammalato per primo. Un'eccezione fanno tutt'al più quei casi, nei quali un'affezione tubercolare dei genitali maschili, in particolare delle vescicole seminali e della prostata, si diffonde alla vescica, e di qui conduce ad una disseminazione ascendente dei bacilli tubercolari. Vescica urinaria e uretere vengono molto più di frequente infettati dall'urina contenente bac. di K o c h . Anche la circostanza che molto di frequente esiste tubercolosi renale senza tubercolosi della vescica, ma con grande rarità la situazione inversa, e che dopo nefrectomia precoce la malattia specifica della vescica si arresta o guarisce, parla nettamente in favore della primitività della localizzazione renale. U n a forma particolarmente significativa della malattia ematogena è rappresentata dalla partecipazione del rene alla tubercolosi miliare nella quale si trovano quasi sempre tubercoli più o meno numerosi nella corteccia, m a anche nel midollo. In tal guisa, nelle monografie sulla tubercolosi renale, la via discendente ematogena viene posta in tutte in primo piano (SHOERCK, BESKOW,
HUEBSCHMANN, BELL,
WILDBOLZ,
PUTSCHAR, R.
CIBERT,
MÜLLER,
ISRAEL,
ALLEN,
SUTER,
ecc.).
Senza dubbio, però, esiste una difficoltà di interpretazione in ciò, che la tubercolosi miliare ematogena colpisce i reni sempre bilateralmente, mentre
IL
RENE
971
la cosiddetta tubercolosi renale chirurgica di solito colpisce, o per lo meno sembra colpire dapprima solo un rene. Su ciò ritorneremo ancora. Se quindi consideriamo la v i a ematica come la più frequente, allora sorge la questione: quando, cioè particolarmente in quale stadio della tubercolosi interviene l'infezione del rene? Essa presuppone una batteriemia tubercolare e con ciò quindi un altro focolaio tubercolare presente nel corpo, attivo e liberante bacilli nel sangue. U n a tale batteriemia la vediamo specialmente nel cosiddetto stadio secondario, quella fase nella quale interviene la tbc miliare generalizzata, ma anche nella cosiddetta disseminazione precoce, cioè in quella fase che per lo più segue immediatamente il complesso primario. Poiché quest'ultimo molte volte, anche se ora non più in prevalenza, interviene nell'età infantile e giovanile, si dovrebbe pensare che anche gli inizi della tubercolosi renale prediligono questa età. Ora ciò chiaramente non è il caso. Come viene di continuo constatato dagli urologi la cosiddetta tbc renale chirurgica si t r o v a di prevalenza nel 3 0 e 4 0 decennio, mentre è relativamente rara nei bambini. Si è quindi costretti ad ammettere che i bacilli tubercolari disseminati nei reni dormicchino in essi più a lungo (ALLEN) e qui forse conducano a formazioni a focolaio del t u t t o locali, che dimostrano la tendenza alla cicatrizzazione o all'incapsulamento. GUTGEMANN v a l u t a la durata di questo intervallo fra la formazione del focolaio e la manifestazione clinica da quattro a otto anni. Per la comparsa di quest'ultima devono quindi coagire altri particolari fattori. Secondo WILDBOLZ il 90 % dei malati di tubercolosi renale hanno altri focolai di organo dimostrabili, latenti o attivi. Questi dati vengono confermati da altri (BELL, CIBERT più bassi con circa 30 fino al 60 % ) . Ma una cosa è sicura: l'urologo vede di rado la combinazione di una tbc polmonare grossolana con la tbc renale (JSRAEL). Ciò è però un aspetto parziale della constatazione generale che nello stadio d e l l a tubercolosi di organo « isolata » viene colpito solo un organo o sistema di organi, mentre gli altri rimangono liberi. Secondo R . MÙLLER l'associazione di tubercolosi scheletrica e renale sembra relativamente frequente. I dati riferiti non valgono però per i casi ad esito letale. Secondo MEDLAR, SPAIN e HOLLIDAY, L'85 % dei cadaveri con tubercolosi urogenitale a v e v a n o una tubercolosi polmonare caseosa o cavernosa. E quando MEDLAR constata, nella sua accuratissima ed estesa ricerca, che su 30 casi di tubercolosi polmonare mortale all'esame di 100.000 sezioni istologiche di rene poterono essere t r o v a t i 367 piccoli focolai tubercolari, una parte considerevole dei quali conteneva ancora bacilli di K o c h , mentre altri mostravano il quadro della guarigione cicatriziale, questi sono proprio risultati di stadi finali di tubercolosi, dei quali il patologo sa che anche in altri organi dimostrano di frequente focolai di disseminazione terminale (p. es. quasi regolarmente nel fegato). Si t r a t t a qui di quella fase nel decorso della tubercolosi, nella quale in conseguenza dell'abbassam e n t o delle forze generali di difesa, si attraversa ancora una v o l t a una specie
972
APPARECCHIO URINARIO
di stadio di generalizzazione, che poi può anche condurre alla tbc miliare generalizzata o alla meningite tubercolare (stadio IV di PAGEL) . Le ricerche di MEDLAR hanno sicura importanza per la questione della capacità di guarigione e di cicatrizzazione delle formazioni tbc a focolaio nel rene, ma dicono poco sull'origine della vera e propria tbc renale chirurgica, poiché si tratta piuttosto di disseminazione tardiva nello stadio finale. Malgrado quindi queste esperienze statistiche in parte contraddittorie, si dovrà però dire che, in generale, nel tempo in cui compaiono le prime manifestazioni di una malattia tubercolare del rene, si dimostra un altro focolaio nell'organismo, però latente. Anche ciò parla per l'opinione, che l'infezione dei reni con bacilli tubercolari di regola dapprincipio non porta ad una malattia progressiva di quest'organo, ma si sviluppa inosservata, diviene una formazione a focolaio con tendenza alla cicatrizzazione e all'incapsulamento, e solo in condizioni particolari assume carattere progressivo (destruente). Che la via ematica abbia parte speciale nella genesi della tubercolosi renale viene dimostrato anche da ricerche sperimentali, fra le quali andrebbero particolarmente sottolineate quelle di v. BAUMGARTEN, BORREL, PELS-LEUSDEN, COULAND e DOSSOT. Essi d i m o s t r a r o n o che g r a d u a n d o il
numero dei germi e la virulenza si possono ottenere per infezione ematogena sia tubercolosi miliare come forme più isolate della malattia renale che possono essere paragonate sempre con le malattie che compaiono nell'uomo. Più avanti si tratterà di particolari risultati riguardo alla distribuzione dei focolai in corteccia e midollo. L a questione se c'è anche una tubercolosi renale primaria viene risolta da WILDBOLZ nel senso che essa deve essere considerata possibile, anche se si riconosce che i bacilli tubercolari penetrano nel corpo e così per via ematica possono arrivare ai reni senza provocare alterazioni tessutali specifiche nella porta di entrata. Accanto alla via ematogena viene sottolineata come importante da TENDELOO e BROUGERSMA quella linfogena. Gli autori indicano particolarmente il parallelismo tra tubercolosi pleuro-polmonare da una parte e tubercolosi renale dall'altra, e spiegano questa coordinazione con una diffusione per via linfatica attraverso i linfonodi paraortici al bacinetto renale e alle papille renali. CIBERT è uno dei pochi ad ascrivere a questa via una certa importanza, mentre essa da altri in generale viene rifiutata o solo accettata come eccezione del tutto rara (WILDBOLZ, ALLEN, ISRAEL, STOERK, HUEBSCHMANN).
Discussa è anche l'importanza dell'« infezione ascendente ». Nel complesso è da rifiutare che essa abbia una parte nella genesi della tbc nel primo rene, anche se non è da rigettare del tutto la possibilità che una tbc ematogena della prostata con invasione della vescica, per interessamento dello sbocco ureterale conduca ad un riflusso dell'urina e in tal modo all'infezione
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del bacinetto renale, tanto più che WILDBOLZ con iniezioni intraureterali di bacilli di K o c h ottenne risultati positivi nei bacinetti renali. In tal caso la stasi urinaria costituisce sempre la premessa (ABBARRAN). (Cfr. la questione della pielonefrite ascendente). L'esperienza dei chirurghi che la nefrectomia precoce non raramente impedisce la compartecipazione del secondo rene (WILDBOLZ) parla per la sua infezione a partenza dalla vescica. SUTER è invero dell'avviso che la « bilateralità secondaria » della tbc renale può essere simulata da sviluppo irregolarmente rapido del processo specifico in entrambi i lati. Così anche da FEY, da K u s s e CIBERT l'infezione ascendente del 2° rene viene considerata un'eccezione e dalla verosimiglianza della sua comparsa non deriva nessuna indicazione per una nefrectomia precoce. Secondo CIBERT, il secondo rene non ammala più frequentemente nel trattamento medico che in quello chirurgico. Se però si prendono in considerazione i casi, nei quali alla compromissione di un rene e della vescica si associa quella dell'uretere controlaterale solo alla sua terminazione inferiore (HOTTINGER, BAETZNER) non ostante l'ammissione della frequenza di una primitiva bilateralità della malattia, si deve attribuire ugualmente importanza ad un processo secondario ascendente del secondo rene, anche se tale frequenza può essere v a l u t a t a in modo molto variabile. (ISRAEL, ALLEN). Che poi l'ascesa del processo si determini attraverso il lume ureterale libero (per rigidità del suo ostio e il conseguentemente possibile reflusso urinario) o per via linfatica, è una questione di non eccessiva importanza pratica.
/?) Costituzione dei primi focolai tubercolari nel rene È indiscusso che bacilli tubercolari possano giungere nella corrente ematica nei più diversi stadi della malattia tubercolare, e anche nello stadio della cosiddetta tisi d'organo isolata. Se essi non vengono resi innocui in questa sede o negli organi del S R I , pervengono anche ai reni. Ciò però non implica ancora che i bacilli abbandonino in questa sede i vasi e provochino alterazioni patologiche dell'organo. Una questione assai discussa è se essi analogamente ai germi dei gruppo del tifo o ai cocchi, possano venire eliminati senza costituzione di focolai renali. Esiste una bacilluria tubercolare senza malattia tubercolare renale? L a questione ha ovviamente anche considerevole importanza pratica, dato che la risposta ad essa ha significato nello stabilire se ogni rene, nella cui urina sono stati evidenziati bacilli di Koch, deve venir allontanato chirurgicamente (nel caso in cui l'altro rene sia indenne). L'urologo tende, sulla base della sua esperienza clinica, a rispondere in senso afferma-
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tivo alla questione della bacilluria tubercolare senza focolai, in quanto constata, che, anche in casi di osservazione protratta per anni, e in cui è stata accertata con sicurezza una bacteriuria tubercolare, non si è sviluppata alcuna malattia tubercolare renale clinicamente evidenziabile (BREU, osservazione protratta per più di i o anni). La questione è stata per la prima volta sollevata da FOULERTON e HILLIER. Alla loro interpretazione, che il rene inalterato possa permettere la fuoriuscita con l'urina di bacilli tubercolari, si associò, per esperienze compiute sull'uomo e per ricerche sperim e n t a l i , DEIST. A n c h e HUEBSCHMANN, WIESE, HEUSCH, c o n c o r d a r o n o con
questo punto di vista, mentre DIMTZA, KARTEL e SCHAFFHAUSER considerano un'eliminazione bacillare sempre segno di una tubercolosi renale iniziale. D e l l a stessa opinione sono HUTH e LIEBERTHAL, RIEDER, BADER,
STUDER. KIELLEUTHNER assume viceversa una posizione intermedia, in quanto non ritiene necessaria una alterazione specifica tubercolare dei reni, ma, in base alla piuria, concomitante all'eliminazione bacillare, conclude che debba esistere una qualche lesione renale. Ulteriore trattaz i o n e d e l p r o b l e m a si t r o v a in HARRIS, BAND, SPORER e GREENBERGER, WILDBOLZ,
MUNRO,
GUTGEMANN,
PUTSCHAR,
SICKINGER
(per
lo
più
in
senso negativo) (cfr. inoltre le ricerche sopra ricordate di MEDLAR e quelle di WILDBOLZ e WALTHARD). R e c e n t e m e n t e BREU si schiera d e c i s a m e n t e
in favore della bacilluria pura (senza focolai renali), in quanto egli in quattro casi di personale osservazione, anche all'atto dell'autopsia e con ricerche istologiche molto accurate, non ha potuto rilevare nei reni alcun focolaio tubercolare e in 23 malati con bacilluria seguiti per più anni non osservò sviluppo di una tubercolosi renale chirurgica. Si deve quindi concordare con questo Autore e con CIBERT, che una bacilluria senza piuria non implica necessariamente una tubercolosi renale di significato chirurgico. Dalle ricerche sperimentali di CRUGNOLA e SOSTEGNI sembra che, dopo inoculazione nell'a. renale di bacilli tubercolari si determini già dopo poche ore, un'eliminazione dei bacilli nell'urina, che perdura alcuni giorni. In questo periodo di tempo si possono osservare nei glomeruli necrosi, emorragie, aumento di cellule, essudazioni capsulari, mentre si rinvengono bacilli nei glomeruli e nei tubuli. Più tardi si ha formazione di infiltrati intertubulari con tendenza alla trasformazione fibrosa. Se questi reperti vengono confermati, la eliminazione di bacilli tubercolari dovrebbe avvenire tramite una lesione acuta del parenchima renale, che non ha alcun carattere specifico, che rientra nel gruppo delle nefriti a focolaio e che può regredire senza gravi reliquati. Questa tendenza alla guarigione è forse anche per processi specifici maggiore di quanto non sia stato ritenuto fino ad oggi. Il fatto che MAASENS e SCHURMANN in 60 cavie con tubercolosi sperimentale abbiano trovato in tutti i casi in cui si rinvennero bacilli tubercolari nell'urina anche tubercoli renali, ma mai una caseificazione progressiva renale, e che MUNRO
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in tre bambini che eliminavano bacilli senza nefropatia evidenziabile abbia potuto osservare in sezioni seriate oltre ad alterazioni corticali, per lo più glomerulari, con tubercoli e caseificazione, anche processi di guarigione cicatriziale, fa ritenere che, di regola, l'eliminazione di bacilli tubercolari nell'urina abbia significato di malattia tubercolare renale, che però solo in una piccola parte dei casi porta ad una tubercolosi progressiva chirurgica del rene, e quindi non rappresenta una indicazione incondizionata all'intervento operatorio. Le esperienze relative alla tubercolosi miliare sono quelle che meglio ci consentono di riconoscere quale sia la localizzazione dei focolai tubercolari recenti in corso di inondazioni massive per via ematica. A questo proposito si devono tener presenti due fatti: i . La partecipazione dei reni è sempre bilaterale e 2 .La corticale è nei confronti della midollare, più frequentemente compromessa. Essa appare disseminata di piccoli focolai grigio-biancastri fìtti 0 radi, che risaltano sul fondo bruno-rosso e che, secondo il decorso della forma, mostrano più o meno caseificazione e si differenziano da analoghe formazioni in altri organi per i loro limiti indistinti. L a midollare non è risparmiata. In questa sede i focolai hanno spesso più forma striata e corrispondono ai cosiddetti «focolai da eliminazione» (Ausscheidungsherde) ( O R T H ) dei processi settico-piemici, parallelismo sul quale hanno insistito specialmente H U E B S C H M A N N e P U T S C H A R . Quindi, secondo H U E B S C H M A N N , lo stadio essudativo con necrosi dei glomeruli e dei tubuli e vallo linfocitario a limiti indistinti precede quello produttivo con formazione di tubercoli a cellule epitelioidi. Questi dati relativi alla tubercolosi miliare, trovarono un importante completamento nelle già ricordate ampie ricerche di M E D L A R . I piccoli focolai da lui trovati avevano sede per il 75 % nella corticale ed erano sempre bilaterali. Analoghi sono i risultati di ricerche su singoli reni con eliminazione di bacilli, di W I L D B O L Z e W A L T H A R D . Questi lavori dimostrano quindi, in accordo con le esperienze relative alla tubercolosi miliare, che nel campo di una batteriemia tubercolare si ha prevalentemente una bilateralità di formazione di focolai nei reni (cfr. anche M A R T I , H O E S S ) e che in questo caso la corticale è colpita di preferenza rispetto alla midollare. Questi dati sono stati confermati in esperimenti su animali da M E D L A R con S A S A N O , C O U L A U D , D O S S O T e K R À M E R . Tanto in cavie che in conigli si ebbe di solito dapprima la formazione di focolai nella corticale (cfr. la fig. 330 di un coniglio che a scopo diagnostico è stato iniettato con un ceppo di tipo bovino). I piccoli focolai corticali avrebbero secondo D O S S O T dapprima carattere puramente infiltrativo, ma già in questo stadio sarebbero accompagnati da ematuria e bacilluria. Vi era tendenza alla guarigione, mentre i focolai della midollare trapassavano più frequentemente in caseificazione e colliquazione. I focolai nella mi-
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dollare si erano costituiti in parte solo secondariamente, per apertura dei focolai nei canalicoli corticali. L'orientamento attuale è quello di considerare la tubercolosi renale umana come una malattia inizialmente bilaterale che, in seguito alla guarigione di molti focolai isolati (specialmente corticali), assume secondariamente i caratteri di una affezione chirurgica monolaterale (CIBERT, WILDBOLZ, BRAASCH e SUTTON). LO stadio chirurgico vero e proprio è preceduto da uno stadio di « parenchimatosi ». CIBERT distingue lo stadio precoce reale da quello chirurgico. Nel primo si può avere una bacilluria, in certi casi
Fig. 330. Tubercolosi miliare renale del coniglio, inoculato con bacillo di tipo bovino. Formazione di focolai nella corticale.
accompagnata da piuria, senza che si possa dimostrare, con gli abituali metodi clinici e radiologici, una localizzazione renale. Questa « bilateralità latente », che può anche essere chiaramente presente nel corso di una tubercolosi midollare chirurgica, deve indurre ad intervenire chirurgicamente con p r u d e n z a
(GUTGEMANN).
È incontestabile che durante il corso della tubercolosi renale possono avvenire processi di guarigione locale. È però dubbio che questi possano avvenire dopo lo stadio di « parenchimatosi ». Su questo punto WILDBOLZ si dimostra molto scettico. BAGGENSTOSS e GREENE riportano, dalla Clinica Mayo, 15 casi di tubercolosi renale « guarita », nei quali però istologicamente sono stati osservati ancora residui attivi di tessuto di granulazione tubercolare. Altre ricerche su questo punto di CHWALLA, MORO, SCHAFFHAUSEN, MINDER. Si discuterà più avanti della cosiddetta «autonefrectomia » in seguito all'esclusione, parziale o totale, del tessuto renale
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caseificato, per obliterazione di un calice o di un uretere. Un rene così escluso non è un rene guarito.
y) C o m e si p a s s a d a l l o s t a d i o « p r e c l l n i c o » a q u e l l o « c l i n i c o » della cosiddetta tbc renale
chirurgica?
Più frequente è l'inizio unilaterale della malattia. Questo risulta più chiaramente dal materiale chirurgico che da quello anatomo-patologico, nel quale si osservano per lo più gli stadi terminali. Nello stadio iniziale (della tubercolosi chirurgica) la bilateralità clinica oscilla tra il 12 % e il 15 % (WILDBOLZ), mentre nel materiale autoptico può giungere fino al 50 % (WESSEL) e all'88 %
(SPORER). D a t i s t a t i s t i c i a n a l o g h i in PUTSCHAR.
Si
deve inoltre considerare anche, che al clinico possono sfuggire alcune lesioni iniziali. L a tubercolosi del rene superstite, spesso dopo anni, nonostante la nefrectomia, non sempre è dovuta ad infezione ascendente della vescica, bensì all'attivazione di processi tubercolari silenti in quest'altro rene. I dati clinici rappresentano quindi i valori inferiori (CIBERT, GÜTGEMANN). Nei bambini la bilateralità sembra essere più frequente che negli adulti, anche nel senso di tubercolosi renale caseo-cavernosa progressiva. KLASSON d à u n a p e r c e n t u a l e del 25 %
( c o n t r o il 1 2 , 6 % n e g l i a d u l t i ) , F A L C I
del 27 % (contro il 14 %). L a maggiore frequenza della tubercolosi renale nei bambini, da tutti accettata, viene particolarmente sottolineata da R.
MÜLLER.
Secondo PUTSCHAR la localizzazione del « focolaio precoce » (nel senso clinico-chirurgico) è sempre papillare, vicino all'apice o nella zona del calice. S i m i l a r i s o n o i d a t i p i ù v e c c h i d i W E G E L I N e W I L D B O L Z , STOERK e d i p i ù r e c e n t i d i W I L D B O L Z , B E L L , CIBERT, ISRAEL ( s p e c i a l m e n t e a i p o l i r e n a l i ) .
Soltanto che oggi non viene più così rigidamente sostenuta l'esclusività della localizzazione midollare, come già precedentemente sosteneva HUEBSCHMANN. Difatti BELL, su 35 casi di tubercolosi renale unilaterale, 24 volte vide localizzazione soltanto midollare, 5 volte erano attaccate midollare e corticale, 6 volte trovò un unico focolaio tubercolare nella corticale. Si deve quindi considerare come regola (sebbene non senza eccezioni) che, come detto sopra, l'infezione primaria del rene conduce spesso allo sviluppo di focolai corticali, ma che la vera tubercolosi renale cavernosa progressiva inizia con un focolaio midollare. Questo contrasto potrebbe essere dovuto al fatto che i focolai corticali (forse in conseguenza di una migliore irrorazione del tessuto) mostrano una maggiore facilità alla guarigione cicatriziale, mentre il processo midollare è più incline alla caseificazione ed alla colliquazione cavernosa. 62
—
KAUFMANS
II,
p.
I
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La fotografia 331 può servire da esempio. È tratta dal rene di una bambina di 17 mesi affetta da tubercolosi miliare cronica, in cui i tubercoli corticali avevano prevalentemente carattere produttivo e superavano appena in grandezza un grano di miglio, mentre i tubercoli midollari raffigurati hanno la grossezza di una lenticchia e mostrano chiaramente caseificazione e tendenza alla colliquazione.
Fig. 331Focolaio midollare in corso di tubercolosi miliare cronica con tendenza alla caseificazione ed alla colliquazione. Bambina di 17 mesi. Aut. N. 572/54.
Per quale motivo i tubercoli midollari più grossolani sono così spesso monolaterali? Anche se in alcuni casi possono essere portate come spiegazione particolari condizioni di un lato (come calcoli, malformazioni 0 qualche altro processo conducente a stasi urinaria, che, già sappiamo, favorisce l'instaurarsi di una pielonefrite, sia pure di forma discendente), tali associazioni sono da considerare casuali. E più probabile che nella batteriemia tubercolare transitoria, o per scarsa virulenza, o per migliori condizioni di difesa (si vedano le ricerche di PELS-LEUSDEN), abbiano origine soltanto scarse o addirittura isolate localizzazioni, delle quali la maggior parte giunge alla guarigione per caseificazione, e, da ultimo, ne residua una soltanto che si trasforma in tubercolosi localizzata progressiva. PUTSCHAR paragona, a ragione, questi singoli focolai con le corrispondenti localizzazioni delle malattie settiche (pustola renale, ascessi renali). Allo stesso modo, come singole colonizzazioni in corso di batteriemia transitoria, sono
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interpretabili anche l'osteomielite, e gli ascessi tifosi, l'ascesso del fegato ematogeno. Secondo le esperienze di WEGELIN e WILDBOLZ, valide ancora oggi, i primi focolai progressivi midollari hanno sede sottoepiteliale, all'apice oppure sulla superficie laterale delle papille', essi vanno incontro a caseificazione, formano una caverna midollare e, con la distruzione dell'epitelio
Fig. 332. Formazione di tubercoli periarteriosi in corso di tubercolosi miliare e grossolani focolai midollari recenti. Cfr. la fig. 331. Bambina di 17 mesi. Aut. N. 572/54.
di rivestimento, un ascesso tubercolare del bacinetto renale. Gli infiltrati quindi si svilupperebbero inizialmente nel tessuto interstiziale e comprimerebbero i canalicoli nei quali si svuoterebbero solo in un secondo tempo (cfr.
EKEHORN,
SÒDERLUND
e
PERSSON,
estesa
rassegna
in
PUTSCHAR).
Ovviamente l'osservazione di casi in fase così precoce non è molto comune. A questi primi focolai tubercolari si associano ben presto, ed assai di frequente molto estesi, infiltrati infiammatori che accompagnano i vasi e possono interessare la corticale, ove assumono distribuzione simile a quella degli infarti. Questi focolai sono spesso collegati con file perliformi di tubercoli giovani, posti lungo il decorso dei vasi, localizzazione questa che fa supporre una diffusione lungo i vasi linfatici (PUTSCHAR). Come esempio di queste formazioni nodulari periarteriose (nel caso specifico si tratta di una tubercolosi miliare) si veda la fig. 332. Si trovano associati processi infiammatori specifici ed aspecifici, corrispondenti a quelli della comune
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pielonefrite, che determinano quelle lesioni del tessuto renale che sono state precedentemente discusse a proposito della pielonefrite cronica. Inoltre possono giocare un ruolo importante le infezioni miste che risalgono dal bacinetto renale e che sono favorite da disturbi del deflusso urinario. Frequentemente i processi infiammatori aspecifici sono così intensi da divenire preminenti in alcune aree, per cui il carattere tubercolare della malattia
Fig- 333Processo infiammatorio aspecifico della corticale renale, a tipo di pielonefrite cronica, in corso di tubercolosi midollare. Uomo di 28 anni. Aut. N. 297/54.
può essere appena riconoscibile in gran parte del rene (fig. 333). In caso di più gravi distruzioni del tessuto renale, si hanno, come conseguenza, retrazioni a tipo cicatriziale della superficie della corticale, al cui livello dapprima è riconoscibile una atrofìa dei canalicoli (in parte con dilatazione), più tardi anche una rarefazione dei glomeruli. L'aumento del tessuto interstiziale determina poi una ulteriore retrazione delle aree cicatriziali. WEG E L I N e W I L D B O L Z ritengono eccezionale che questi processi siano la con-
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seguenza di lesioni delle pareti arteriose, come a f f e r m a v a n o gli A u t o r i precedenti. N e l l a fig. 334 si v e d e u n esempio di q u e s t a arterite tubercolare, che h a p r o v o c a t o un i n f a r t o i n c o m p l e t o nell'area di distribuzione del vaso; l ' a u t o r e d e v e t u t t a v i a a m m e t t e r e che t u t t o s o m m a t o queste i m m a g i n i sono di non f r e q u e n t e riscontro. T r a t t a z i o n i d e t t a g l i a t e delle alterazioni precoci della tubercolosi renale chirurgica si t r o v a n o in ROSENSTEIN, TITTINGER, SCHUPPBACH, MARION, KOIKE, EKEHORN, SÒDERLUND, PERSSON, PUTSCHAR.
Fig. 334Arterite tubercolare del rene (con infarto corticale incompleto). Donna di 40 anni. Aut. N. 4539/54Se il processo c o l l i q u a t i v o con formazione di c a v e r n a raggiunge il b a c i n e t t o renale ne risulta la pielonefrite caseosa, che, di regola, si estende d a un calice all'altro e, d a questo, di n u o v o alla papilla. In q u e s t a diffusione la v i a linfatica g i o c a verosimilmente il ruolo principale, anche se la v i a canalicolare non p u ò essere esclusa; q u e s t ' u l t i m a è seguita s p e c i a l m e n t e nel successivo s v i l u p p o della f o r m a ascendente.
ó) I singoli quadri della tubercolosi renale F r a i numerosi t e n t a t i v i di classificazione della tubercolosi renale che furono a t t u a t i , sia dal p u n t o di v i s t a clinico che a n a t o m o - p a t o l o g i c o , si
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è imposto unicamente quello che contrappone la tubercolosi miliare, praticamente quasi priva di significato, alla tubercolosi cronica di organo isolata, detta anche tubercolosi renale chirurgica o caseo-cavernosa (HUEBSCHMANN, SCHLEUSSING, HÜCKEL). Quest'ultima comprende un certo numero di sottoforme, che è più opportuno interpretare come stadi del medesimo processo. Anche la distinzione tra forma ematogena e forma ascendente è più che altro da considerare una distinzione fra due stadi della malattia, dato che il focolaio primario ha quasi sempre origine ematogena, mentre l'infezione tubercolare ascendente si sviluppa nell'altro rene solo dalla vescica infettata per via discendente. Una rara eccezione è rappresentata da quei casi, osservati sporadicamente, nei quali una tubercolosi ematogena dei genitali maschili, per svuotamento nelle vie urinarie, provoca la formazione del focolaio renale primitivo per infezione ascendente (ROVSING, • BARTH, SCHLEUSSING). In linea di massima si deve naturalmente tenere presente anche che la vescica o un uretere possano essere infettati per via ematogena primitivamente e costituire il punto di partenza della propagazione ascendente. Praticamente però si può trascurare la possibilità di un simile decorso. Dal gruppo della tubercolosi renale isolata, vengono tenute distinte un certo numero di forme che si distinguono dai quadri consueti per la particolarità del loro reperto anatomico e del loro decorso clinico. Si tratta della tubercolosi a noduli disseminati e della tubercolosi fibrosa indurativa, alle quali viene aggiunta anche la « nefrite tubercolare ». Le ultime sono state contrapposte come forme mediche alla forma chirurgica (ISRAEL). Benché CIBERT, in base al decorso clinico, distingua una forma acuta, che si estende a tutto il rene, da una forma torpida e consideri in un gruppo particolare i casi con ostacolo totale o parziale al deflusso urinario, il che può essere giustificato dal punto di vista clinico, dal punto di vista anatomopatologico queste forme non costituiscono entità a sé stanti. aa) La tubercolosi miliare del rene. Essa fa parte del quadro della tubercolosi miliare generalizzata, nella quale il rene non viene mai risparmiato, benché l'entità della sua partecipazione possa essere molto differente; non è rara, inoltre, nello stadio della tubercolosi isolata di organo (p. es. del polmone). Dai dati della letteratura, secondo SCHLEUSSING, vi si trova nel 30-60 % dei casi. Nella tubercolosi miliare il rene di solito non è aumentato di volume, o lo è, tutt'al più, a causa di un certo grado di iperemia e di rigonfiamento torbido (SCHLEUSSING). ESSO è disseminato di noduli miliari, o più grossolani, grigio-bianchi e più giallastri, talvolta con alone rosso, i quali prediligono la corticale, hanno distribuzione uniforme oppure compaiono raggruppati o allineati, rotondeggianti nella corticale, di forma più allungata nella midollare, spesso non ben delimitati. Caseificazione o rammollimenti estesi sono rari. Accanto ai noduli si osservano frequentemente aree con tendenza alla necrosi, simili ad infarti o corrispondenti a veri e propri infarti
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(fig- 336) • Istologicamente i piccoli focolai in fase precoce consistono di agglomerati puramente cellulari, ben delimitati (leucociti e linfociti), al cui centro si possono trovare glomeruli o tubuli necrotici ( H U E B S C H M A N N sottolinea soprattutto la scomparsa dei corpuscoli malpighiani). Ben presto si costituisce un vallo di cellule epitelioidi frammiste a cellule giganti; il vallo linfocitario è più o meno ampio e mal delimitato verso l'esterno. La proliferazione fibroblastica può condurre alla sclerosi dei tubercoli. Lesioni delle pareti vasali (arteriose e venose) non sono di frequente osservazione, ma sono però corresponsabili delle formazioni infartoidi (cfr. S T O E R K , M E D L A R , L I E B E R T H A L e le figg. 3 3 2 e 3 3 4 ) .
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j
ìxlil
Fig. 335Nefrite interstiziale tubercolare, tubercolosi p l e u r o - p o l m o n a r e bilaterale e splenica. D o n n a di 58 anni. (Aut. N . 3 1 7 3 7 d e l l ' I s t i t . di A n a t . e Istol. P a t o l . d e l l ' U n i v . di Milano).
bb) La tubercolosi cronica renale di organo (tubercolosi renale isolata; tubercolosi chirurgica dei reni), i . La tubercolosi renale caseo-cavernosa. È difficile farsi un'idea precisa della sua frequenza. Secondo H U E B S C H M A N N viene al terzo posto dopo la tubercolosi polmonare e genitale. Nel materiale autoptico si trova nello 0 , 5 - 1 % delle autopsie ( A S C H O F F , W E S S E L , K A P S A M M E R , H E R B U T fornisce i dati più recenti della letteratura americana). T u t t i questi dati dipendono naturalmente in gran parte della composizione del materiale autoptico. Questo vale ancora di più per i contributi dei reparti chirurgici e urologici. I S R A E L ritiene che circa un terzo delle affezioni
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purulente renali siano condizionate dal bacillo tubercolare. Indubbiamente la tubercolosi renale come malattia di organo, nell'infanzia, è relativamente rara (cfr. R. MÜLLER, che, fra le tubercolosi attive osservate in ospedali, per bambini, comprende quella renale con una frequenza dell'i % circa. L'Autore però ritiene che la tubercolosi renale infantile sia divenuta più frequente, come risulta anche dai dati di GLOOR) . Per concorde ammissione la massima frequenza della tubercolosi si osserva nel 3 0 e 40 decennio di vita. I sessi sono colpiti ambedue con la medesima incidenza. La questione della monolateralità o bilateralità è già stata precedentemente esaminata.
Fig. 336. Tubercolosi miliare del rene con focolai infarto-simili della grossezza di un grano di miglio ed in parte più grossi. Bambina di 17 mesi. Aut. N\ 572/54.
Nonostante tutti i dati discussi, rimane come principio fondamentale: la forma di tubercolosi renale chirurgica attivamente progressiva comincia, di regola (in circa 8o-go % dei casi), come malattia unilaterale. Con questo non si vuol dire che l'altro rene debba essere completamente esente da lesioni tubercolari, ma il chirurgo deve sempre tener presente che, in casi precoci l'altro rene può non mostrare alcuna delle manifestazioni della tubercolosi progressiva. WILDBOLZ calcola che la bilateralità della tubercolosi renale chirurgica primaria si aggiri attorno al 12,5 % (cfr. anche BUSSER e GOUYGOU). Rimane accertato, nonostante le precedenti considerazioni, il fatto che la tubercolosi renale chirurgica predilige, al suo inizio, la midollare. Si deve ritenere che si giunga alla costituzione del quadro clinico della tuber-
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colosi renale, piuttosto che attraverso una primitiva colonizzazione ematogena di bacilli, attraverso l'interessamento secondario midollare, dopo una localizzazione primaria tubercolare corticale, con formazione di focolai papillari. Il primo focolaio che dà manifestazione clinica è sempre midollare. In che cosa consiste? Come abbiamo detto sopra, e come mostra WILDBOLZ nella fìg. 80, tratta da un preparato dell'Istituto Patologico di Berna, esso consiste in un focolaio tubercolare con tendenza alla caseificazione situato in una (raramente più di una) papilla renale, con preferenza delle
F i g . 337Grossolani focolai caseosi tubercolari conglomerati del rene, con colliquazione. Donna di 36 a. A u t . X. 3538/55.
parti laterali e delle parti vicine al calice del cono papillare. Come risulta da ricerche di CHEVASSU e ISRAEL, anche l'apice delle papille può essere colpito per primo (« forma papillare »). WILDBOLZ sottolinea che, dal punto di vista clinico, le sedi del focolaio primario possono essere i calici stessi o la superficie delle papille. Ciò deporrebbe a favore dell'interpretazione che la colonizzazione dei bacilli non dovrebbe essere necessariamente ematogena, m a potrebbe originare da un focolaio corticale, dal quale, per emissione di bacilli nei canalicoli, si avrebbe un accumulo di questi a livello dei calici, come può essere dimostrato nel residuo urinario fisiologico. Il primitivo focolaio papillare può essere inizialmente chiuso (forma chiusa della tubercolosi renale, particolarmente difficile da riconoscersi
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clinicamente). Nel caso che il focolaio papillare v a d a incontro a colliquazione si forma dapprima una caverna midollare, ancora chiusa, la quale h a però una notevole tendenza a svuotarsi nel calice (ascesso tubercolare del calice). Inizia così l'infezione del bacinetto renale e la tubercolosi renale entra nella fase aperta (anche precedentemente possono comparire nell'urina bacilli in scarso numero). Contemporaneamente avviene anche l'ulteriore espansione nel tessuto renale del focolaio midollare. Questa a v v i e n e principalmente seguendo il decorso dei vasi linfatici, induce la formazione di focolai disposti a catena
F i g . 338. C a v e r n a t u b e r c o l a r e a m p i a m e n t e c o m u n i c a n t e con il b a c i n e t t o r e n a l e . P i e l i t e ed caseose. U o m o di 42 a n n i . A u t . N . 1706/56.
ureterite
che seguono i vasi midollari e del confine cortico-midollare, formando noduli lungo il loro decorso, e sale fino alla corticale, ove si associa a processi infiammatori diffusi, senza caratteri di specificità. Il confluire di singoli focolai, che si fondano in pieno parenchima sconfinando nella midollare e nella corticale, può dare origine a noduli più grossolani, caseificati (fig. 337). In questa fase, a volte, il rene, dalla superficie esterna, non appare neppure alterato, non è ingrossato, e, solo nel caso che i focolai corticali, nell'espandersi, abbiano raggiunto la zona sub-capsulare, può mostrare noduli superficiali. L a fase successiva dell'ulteriore sviluppo è costituita dall'invasione del bacinetto renale. L a caverna si allarga, le sue pareti caseifícate si sgretolano e vengono eliminate (fig. 338). Si formano tubercoli nella
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mucosa del bacinetto, i quali a loro volta caseificano e si ulcerano, conducendo così ad infiltrazione ulcerosa dei calici o di tutto il bacinetto renale. In altri casi il processo è pressoché esclusivamente essudativo-caseoso e trasforma la superfìcie del bacinetto renale in una membrana completamente caseifìcata (v. fìgg. 339 e 340). Nella parete del bacinetto renale, ai processi specifici si sovrappone sempre una flogosi aspecifica, con grossolani infiltrati linfocitati, formazione di noduli linfatici con centri germinativi, e di tessuto di granulazione ad evoluzione sclerotica.
Fig. 339. Pielite tubercolare con tubercoli fittamente stipati in preda a caseificazione e svuotamento Uomo di 42 anni. A u t . N. 1706/56.
Contemporaneamente il processo di caseificazione e di colliquazione procede, dalla piramide renale, verso la corticale. Per espulsione delle masse necrotiche, si formano ampie e profonde caverne del bacinetto renale, separate da residui delle colonne del BERTINI e dei tessuti dell'ilo ed infine si sovrappongono l'una all'altra più lesioni analoghe. Parallelamente, dal bacinetto renale, originano processi infiammatori a carico di papille precedentemente non ammalate, i quali attaccano direttamente l'apice della papilla e si estendono nel tessuto renale, dando origine a nuovi focolai in altre parti del rene, o per erosione oppure seguendo le vie linfatiche. Gli stadi precoci possono assumere il tipo a focolai disposti radialmente che ISRAEL
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F i g . 340. T u b e r c o l o s i c a s e o s a di v e c c h i a d a t a d e l b a c i n e t t o r e n a l e c o n s p e s s o s t r a t o i n t e r n o c a s e i f i c a t o , c i r c o n d a t o d a u n s o t t i l e o r l o d i t e s s u t o d i g r a n u l a z i o n e s p e c i f i c o . U o m o d i 25 a n n i . A u t . X . 1650/53-
f i g - 341P i o n e f r o s i t u b e r c o l a r e (rene a s a c c o ) . U o m o d i 28 a n n i . A u t . X .
297/52.
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chiama forma raggiata e che paragona al modo di diffondersi delle pielonefriti aspecifiche. Finché il disfacimento e l'espulsione delle masse caseose procedono senza ostacoli, il rene si svuota del contenuto senza aumentare di volume. L'aumento di volume inizia con il manifestarsi della stasi urinaria, in conseguenza di un ostacolo al deflusso a livello della giunzione pielica oppure nello stesso uretere. Si instaura così la pionefrosi tubercolare, nella quale, dopo lo svuotamento del contentuto, il rene si trasforma, da un sacco grossolanamente bitorzoluto, in un sacco afflosciato a pareti ispessite (fig- 34i)Se la chiusura è completa, si può giungere ad un addensamento del contenuto della sacca pionefrotica, per riassorbimento della parte liquida, e ne risulta il rene cemento, il rene mastice o, se vi sono grossolane deposizioni di sali di calcio, il rene calcifico tubercolare. Allo stesso modo, anche in una singola grossa caverna senza comunicazione col bacinetto renale, o per secondaria obliterazione del punto di rottura, si può avere ispessimento cretaceo del suo contenuto, che viene completamente racchiuso in una capsula (fig. 342). Questo esito è stato interpretato come una specie di autoguarigione della tbc renale (autonefrectomia), ma va tenuto presente che il processo tubercoFig. 342. lare non giunge quasi mai ad una comFocolaio di tubercolosi renale incapsulato di vecchia data con addensamento cretapleta guarigione biologica, bensì, geneceo delle masse caseose. Non vi è comunicazione con il bacinetto renale. ralmente, nelle pareti assottigliate delle sacche, si trova ancora tessuto di granulazione attivo, con caseosi, che si presenta a volte come un processo tubercolare lentamente progressivo, ed a volte sotto forma di esacerbazioni, dopo una transitoria remissione della malattia. In effetti la chiusura del bacinetto renale presenta il vantaggio che cessa l'infezione discendente delle vie urinarie e della vescica, che possono giungere a completa guarigione, ma non può essere considerata una forma di guarigione della tubercolosi renale, poiché, quanto meno, si può avere invasione del tessuto capsulare o dell'adipe pararenale, oppure disseminazione ematogena.
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Se la chiusura è incompleta, ma vi è notevole ostacolo al deflusso dal bacinetto renale, quest'ultimo aumenta sempre più di volume come abbiamo visto precedentemente e si giunge alla pionefrosi tubercolare sacciforme a superficie gibbosa. Istologicamente, in questa fase, le papille midollari appaiono completamente atrofiche, nell'ambito delle parti del rene appiattite o bernoccolute. Le masse caseose (se non sono completamente eliminate) vengono delimitate, rispetto alla corticale, da un tessuto di granulazione ricco di cellule, che più tardi si trasforma spesso in un tessuto connettivo j alino, povero di nuclei, nel quale si può depositare calcio sotto forma di fini granuli. La parte più interna della midollare, al di là di questa barriera di tessuto connettivo, la quale non contiene più alcun tubulo urinario, e la corticale ad essa corrispondente soggiacciono ad atrofia di alto grado e a degenerazione microcistica. I restanti tubuli, il cui epitelio assume forme sempre più indifferenziate, si riempiono di contenuto simile a colloide. I glomeruli si rarefanno e possono andare incontro ad atrofia; fatti infiammatori aspecifici e granulomatosi giocano un ruolo di aggravamento di questi processi. Si costituiscono così immagini simili alla tiroide, come nella pielonefrite cronica (STAEMMLER e DOPHEIDE) (fig. 343). Tra queste aree residuano, nella maggioranza dei casi, porzioni di tessuto meglio conservato, che può andare incontro ad ipertrofia locale compensatoria. Fra le protuberanze della pionefrosi tubercolare si osservano non di rado retrazioni cicatriziali simili ad infarti, nel cui ambito il tessuto renale viene frequentemente sostituito da connettivo, sulla cui genesi possono giocare anche le alterazioni dei vasi, le quali vengono ricondotte agli effetti tossici del bacillo di Koch o ad infezioni miste. Le cicatrici possono anche essere l'espressione della guarigione di focolai tubercolari. Tali processi di guarigione si riscontrano spesso, ma definitiva autoguarigione non si verifica quasi mai nella forma ulcerosa della malattia. HÜCKEL, nell'ultima edizione di questo trattato, distingue, più nettamente di quanto sia accaduto sin qui, la forma discendente ematogena da quella ascendente. L'esistenza di quest'ultima non può essere posta in dubbio; indubbiamente essa non gioca alcun ruolo nella formazione del focolaio primario, ma rappresenta la via attraverso cui si infetta il secondo rene e la malattia si diffonde al lato ammalato, dopo svuotamento della caverna midollare nel bacinetto. Una più particolareggiata descrizione della malattia è superflua, dato che costituirebbe una ripetizione di quanto è stato detto precedentemente a proposito dell'evoluzione del processo tubercolare. E logico ammettere l'importanza delle alterazioni del bacinetto renale nei primi stati dell'aggressione tubercolare al secondo rene, dato che vediamo le prime fasi della tubercolosi, più che altro, a livello dei calici, degli apici delle papille e sotto forma di diramazioni raggiate, che risalgono nelle piramidi. Negli stadi successivi tali differenze diven-
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gono ancora meno marcate, poiché, anche nel rene ammalato per primo, il processo ascendente, che dal bacinetto infettato attacca secondariamente i calici e le papille, gioca il ruolo principale. Insomma, nella « tubercolosi renale isolata » più che differenti forme nettamente distinguibili l'una dall'altra, vediamo differenti stadi e varietà nel decorso del processo, che dipendono, in parte, da fattori locali,
Fig- 343Tubercolosi di vecchia data guarita per cicatrice nel bacinetto renale, con atrofìa e trasformazione simil-tiroidea della midollare e della corticale. Donna di 53 anni. A u t . N. 3554/53.
ma, principalmente, dal reciproco rapporto fra organismo e tubercolosi intesa come malattia generale, come si verifica anche per la tubercolosi polmonare. Si accenna solo brevemente al fatto che, oggi, a causa del vasto impiego di antibiotici, anche nel rene, come negli altri organi, il quadro della tubercolosi va modificandosi e che possiamo notare, in alcuni focolai, processi di guarigione e cicatrizzazione. In conclusione, il decorso della tubercolosi renale cronica isolata («chirurgica») avviene attraverso tre fasi (cfr. WILDBOLZ): I° stadio:
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focolaio tubercolare in una o più papille, chiuso o con rottura in un calice o ulcerazione pielica o papillare primaria (quest'ultima assai raramente costituisce l'evento primario). Gruppi di noduli nelle piramidi, raramente partecipazione della corticale, focolai isolati simili ad infarti; 2° stadio: completo sviluppo dello sfacelo cavernoso in aperta comunicazione con il bacinetto renale. Infezione tubercolare del bacinetto renale, progressione del processo di caseificazione e di sfacelo nelle parti periferiche della midollare e nella corticale, con utilizzazione della v i a ematica, linfatica e canalicolare; 3 0 stadio: pionefrosi tubercolare, con aumento di volume dell'org a n o (a causa della stasi urinaria) o raggrinzamento. Formazione del sacco tubercolare o (in caso di completa chiusura) del rene calcestruzzo. Dalla forma fondamentale sopradescritta della tubercolosi renale, la quale con le sue infinite varianti dà origine ad un quadro alquanto polimorfo, in cui però si può in definitiva riconoscere un decorso sempre identico, costituito dalla caseificazione del focolaio midollare con rottura nel bacinetto renale, tre forme si allontanano, sia per decorso clinico, sia per quadro anatomopatologico, con t a n t a frequenza da dover essere illustrate a parte. A queste appartengono: 2. La cosiddetta forma nodulare disseminata: essa è molto più rara della sopradescritta forma principale, e WILDBOLZ la ritrova da 6 a 7 volte su 1000 casi di nefrectomia. A n c h e i dati di KOIKE e SUKIGARA sono simili, mentre sono un po' più elevati quelli di WESSEL (critica in PUTSCHAR). U n quadro particolarmente paradigmatico di questa alterazione è riportato nel t r a t t a t o di WILDBOLZ (3A ed. 1952, pag. 188). L a sua caratteristica è d a t a dallo sviluppo di tubercoli conglomerati più grossi (tubercolomi), con cellule giganti ed epitelioidi, e minima, o completamente assente, caseificazione, e, soprattutto, con nessuna tendenza alla colliquazione. In complesso (pur con qualche eccezione) la corticale è maggiormente colpita della midollare
(CASPER,
BRONGERSMA,
WILDBOLZ
e WALTHARD).
L'evo-
luzione è benigna. Non si h a svuotamento nel bacinetto renale. Si deve ritenere che anche questa forma si sviluppi dal focolaio corticale primario ematogeno, che, di solito, o guarisce, o causa la formazione del focolaio midollare progressivo; in questo caso speciale però, per motivi che non si sanno ancora spiegare (sicuramente le difese organiche generali giocano un ruolo essenziale), talvolta progredisce localmente, m a in conseguenza della scarsa tendenza alla caseificazione, non dà origine a focolai midollari grossolani né a diffusione nel bacinetto renale (cfr. FRIEDHOFF). 3. La forma fibrosa 0 indurativa, della tubercolosi renale, con tendenza alla formazione di rene grinzo: i reni sono diminuiti di volume e percorsi da cicatrici irregolari simili ad infarti: ricordano gli stadi finali della pielonefrite cronica. Casi simili sono stati descritti soprattutto da SCHÓNBERG,
CEELEN,
KIRCH,
FEODOROFF.
Istologicamente
si
osservano
infiltrati cellulari aspecifici e piccoli tubercoli che tendono alla evoluzione
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sclerotica ed alla retrazione, per disfacimento del tessuto specifico. L a natura tubercolare è provata dall'osservazione dei tipici tubercoli, presenti per lo più in scarso numero; in altri casi (ad es. SCHÒNBERG), questi mancano completamente, ma nelle urine si possono trovare bacilli tubercolari. Anche nella tubercolosi miliare, come abbiamo detto precedentemente e come sottolinea KIRCH, si ha, nel rene, comparsa di tubercoli che mostrano notevole tendenza alla guarigione cicatriziale. Nella tubercolosi renale fibrosa indurativa, accanto ai processi infiammatori interstiziali ad evoluzione sclerotica, pare che abbiano importanza anche alterazioni delle pareti vasali, sia specifiche che aspecifiche, che determinerebbero disturbi locali di circolazione nella corticale (CIBERT). Da quanto detto risulta evidente che esistono forme di passaggio verso la forma a noduli disseminati. L a caratteristica di quest'ultima sarebbe la tendenza ancora maggiore alla formazione di veri tubercoli, ancora più grossolani, mentre nella forma fibrosa indurativa sta in primo piano l'evoluzione cicatriziale. 4. « La nefrite tubercolare ». Ci siamo già chiesti, a proposito della bacilluria tubercolare, se il rene completamente intatto, quando esiste un focolaio tubercolare extra-renale, può emettere bacilli attraverso l'urina. Sicuramente non è necessaria l'esistenza di un grossolano processo tubercolare nel rene. Però, nella maggior parte dei casi, si osservano lesioni renali, le quali hanno come conseguenza una aumentata permeabilità dei capillari glomerulari ai bacilli tubercolari (cfr. pag. 973). Anche W. FISCHER, nel corso di ricerche sistematiche sui reni di malati di tubercolosi, vide infiltrati di cellule raccolte in focolai, senza caseificazione né formazione di cellule giganti, i quali sono pertanto da definirsi dal punto di vista istologico « non specifici », ma che comunque, in qualche modo, sono da mettere in relazione con la tubercolosi. HEYN ha potuto dimostrare bacilli di Koch in focolai sclerotici (anche senza che si potessero osservare strutture tubercolari). Nel caso di SCHÒNBERG sopra ricordato, essi si trovano in minor numero nelle urine. Quindi in corso di tubercolosi vi sono senza dubbio processi di infiammazione renale che ricordano a volte la nefrite a focolai, a volte sono piuttosto di tipo interstiziale ed a volte contengono bacilli tubercolari (cfr. JOUSSET). Anche HUEBSCHMANN è dell'opinione che infiltrati linfocitari nel rene possano essere ricondotti a « tenui e fuggevoli infezioni con bacilli tubercolari ». Esaurienti lavori sulla nefrite tubercolare si trovano soprattutto nella letteratura francese (CHAUFFARD, LANDOUZY e BERNARD,
RIST con
LÉON-KINDBERG
e LÉON-KINDBERG
nella sua
tesi
di Parigi, 1913). In tutti i casi si tratta di affezioni renali in tubercolotici, senza che si abbiano alterazioni renali tipicamente tubercolari. ISRAEL distingue una forma superacuta (probabilmente di natura allergica), del tipo di infiammazione sierosa, una forma acuta, con il quadro di una malattia grave, senza caratteristiche cliniche particolari, una forma ipertonica, azotemica, caratteristica dell'età avanzata, che forse è da con63 —
K a u f m a n n II, p. I
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siderare conseguenza della sovrapposizione di una comune nefrite, ed una forma che decorre più che altro con il quadro di una nefrosi con grave albuminuria, edema, cilindri ed ipotonia. Istologicamente egli distingue la nefrite follicolare (comune nefrite con formazione di tubercoli), dalla nefrite non follicolare, nella quale a volte predomina il danno epiteliale, a volte predominano gli infiltrati interstiziali. Le descrizioni sono difficilmente paragonabili con la nostra presentazione delle singole forme di vera nefrite, in quanto la differenziazione fra nefrosi e nefrite interstiziale ed associazione di glomerulonefrite con focolai tubercolari non è eccessivamente difficile dal punto di vista anatomico, mentre è molto più difficile differenziare le forme di decorso clinico. Il reperto del rene grinzo tubercolare fornisce già di per sé una risposta positiva alla domanda se esista una nefrite tubercolare. Pare, come accreditano anche i dati di W . FISCHER, che tragga prevalentemente origine da una nefrite interstiziale. Non si può stabilire se una vera e propria glomerulonefrite possa essere provocata dai bacilli tubercolari o dalle loro tossine, oppure se intervengano sempre, al loro inizio, infezioni miste (cfr. HUEBSCHMANN). Esauriente rassegna della letteratura in SCHLEUSSING. In questo capitolo non si parla dell'amiloidosi renale, che frequentemente si osserva nel decorso di una tubercolosi cronica, della quale si parla a pag. 813 assieme alle nefrosi. Tubercolosi renale e trauma. Secondo le ricerche di SCHEELE e SCHLEUSSING non si conoscono casi accertati di tubercolosi insorta in seguito a trauma. Ciononostante esistono alcune osservazioni che potrebbero far apparire verosimile questa evenienza; esse sono state raccolte da R. A. STERN (1945). Tra esse, non sono da considerare veramente dimostrativi i casi di ORTH e KAUFMANN, poiché l'intervallo di tempo fra l'incidente e la malattia renale è troppo grande e viene a mancare quindi la necessaria dimostrazione del rapporto temporale. PIÙ chiare sono le ultime ricerche di PERSSON e SERGENT, secondo i quali, dopo lesioni traumatiche evidenti dell'addome e della regione lombare, si manifestarono, subito o dopo settimane od anni, ripetute ematurie con algie nella zona del rene colpito, e, dopo anni, comparve una caverna tubercolare renale piuttosto circoscritta. ZOLLINGER, il quale afferma la realtà dell'esistenza di una « tubercolosi post-traumatica » del rene, pensa che, in alcuni casi, la soluzione di continuo eserciti un'azione di localizzazione, ma ammette anche la possibilità di peggioramento di un focolaio tubercolare latente esistente (il quale potrebbe condurre alla tubercolosi miliare) e di rottura di un focolaio tubercolare estraneo al rene, con arrivo di germi al rene. Bisogna prestare attenzione a che il trauma, diretto o indiretto, abbia colpito il rene, sia stato di intensità notevole, abbia condotto a dolore locale ed ematuria e che il peggioramento abbia avuto luogo o nel corso di poche settimane o, se più tardi, con evidente rapporto. Anche CIBERT e GÙTGEMANN attri-
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buiscono allo spappolamento il significato di formazione di un luogo di minore resistenza o di attivazione traumatica di un vecchio focolaio renale o polmonare con susseguente immissione in circolo di germi. Vecchia letteratura in KÜSTER e FÜRBRINGER. Esperimenti, mediante batteriemia provocata e traumi artificiali locali di un rene, parrebbero confermare l'accresciuta vulnerabilità dell'organo danneggiato nei confronti dei bacilli tubercolari circolanti nel sangue (SEELIGER, KUBOTA). In definitiva, nel riconoscere i rapporti fra trauma e tubercolosi renale si mantiene un atteggiamento giustamente critico. Tubercolosi e malformazioni del rene. Esiste un gran numero di osservazioni, sia cliniche che anatomopatologiche, che mettono in evidenza la contemporanea presenza di malformazioni renali e di malattia tubercolare. Di speciale significato è, a questo proposito, la tubercolosi del rene unico (quindi nell'aplasia primaria dell'altro rene) così come del rene a ferro di cavallo, nel quale spesso si ammala soltanto una metà (HUTH). Cenni sulle complicazioni diagnostiche e cliniche in WILDBOLZ, HEYMANN, CASPER. D'altra parte nulla di più ci può fornire la casistica. SCHLEUSSING e PUTSCHAR fanno una breve rivista dell'argomento. Nella maggioranza dei casi non si accenna a rapporti intimi fra le due malattie, e parrebbe quindi verosimile che un certo disturbo di deflusso possa favorire l'attecchimento dei bacilli di Koch provenienti dal sangue. È stato precedentemente spiegato come la unilateralità (clinica) della malattia tubercolare renale è in alcuni casi presumibilmente da mettere in rapporto con tali fattori di localizzazione. Tubercolosi e calcolosi renale. L'associazione sémbra essere più frequente di quello che corrisponde al puro caso (GOTTSTEIN). Nella calcolosi operata si trova tubercolosi in circa l ' I % dei casi (TARDO) e nella tubercolosi renale operata in circa l ' i , 4 % dei casi si trovano formazioni di calcoli (HOWALD). Una parte di questi calcoli è di tipo secondario e corrisponde a quelli che si trovano anche nelle forme gravi di pielonefrite; essi risultano composti principalmente di fosfati e di carbonati. È dubbio che la calcolosi primaria (specialmente quindi quella di ossalati e urati) possa favorire l'instaurarsi di una tubercolosi. Esaurienti rassegne casis t i c h e i n GOTTSTEIN e PUTSCHAR.
La tubercolosi della capsula renale. I processi tubercolari nel rene giungono fino alla superficie della corticale e si possono così instaurare processi infiammatori della capsula propria e del tessuto adiposo perirenale. Essi sono, come dice WILDBOLZ, per lo più di natura aspecifica, m a possono però avere come base morfologica veri tubercoli, oppure diffondersi sotto forma di fungosità perirenali, ad integrare la « perinefrite fungosa ». L a rottura grossolana di una pionefrosi tubercolare può condurre alla formazione di un ascesso freddo paranefritico, che si svuota negli organi circostanti.
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b) TUBERCOLOSI DELLE VIE DI DEFLUSSO DELL'URINA a) Tubercolosi del bacinetto e degli ureteri Il bacinetto renale v a incontro a lesioni tubercolari o solo nell'ambito di questa o quella piramide caseosa, o, come di frequente, nella sua totalità. Si vedono o noduli circoscritti, o piccole ulcere o masse granulo-caseose o caseoso-villose, che ricoprono in spesso strato la superfìcie interna del bacinetto dilatato, mentre al di fuori si possono aggiungere granulazioni tubercolari di data più recente grigio-vitree o grigio rosse. Il contenuto del bacinetto consta allora spesso di un liquame sieropurulento o di una massa più densa cremoso-caseosa, o pastosa a mastice giallo-bianca. Non raramente si riscontrano pure incrostazioni con fosfati terrosi e calcoli. Raramente il bacinetto renale (eventualmente anche l'uretere) è rivestito di masse lucenti, laminate, tipo asbesto o squame di pesce (costituite da epiteli corneificati, gocciole di grasso, colesterina), cfr. la leucoplachia del bacinetto. L'uretere può presentare alterazioni analoghe a quelle del bacinetto. Esso mostra o noduli ed ulcere disseminati, o la sua mucosa è estesamente caseificata e tutta la parete dell'uretere in seguito all'infiltrazione, ispessita e dura. Per lo più esso, ad eccezione del tratto che penetra in vescica, è dilatato, talora sino ad un pollice e più. L a dilatazione è in gran parte conseguenza dell'urina stagnante a monte del tratto di entrata in vescica. Questo fatto favorisce anche una infezione ascendente sino al rene. Per cui può allora in tal modo stabilirsi un circolo vizioso, che cioè l'uretere infetto da una tubercolosi discendente provochi da parte sua una tubercolosi ascendente urinogena nel segmento ureterale superiore, nel bacinetto e nel rene. L'uretere però può anche essere stenosato, spesso più volte, per cui allora diventa varicoso, e a tratti può essere obliterato da materiale caseoso o fibrocaseoso, e talora financo diventare in tutta la sua estensione fibro-cicatriziale (fig. 344). L'urina in tali casi di pionefrosi tubercolare caseosa chiusa monolaterale, non contiene bacilli tubercolari. L'uretere può essere anche ostruito da masse caseose. K A U F M A N N vide tale ostruzione causata da frammenti di papille renali necrotiche.
fi) Vescica L a parte di gran lunga maggiore delle malattie tubercolari della vescica ha luogo per infezione con l'urina in corso di tubercolosi primitiva dei
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reni. Sulla frequenza di questa partecipazione vedi specialmente K O I K E , W E S S E L , R U B R I T I U S . Più rara è la propagazione dagli organi genitali maschili ( R O V S I N G e C A T H E L I N ) O dalle tube ( S F A K I A N A K I S , I S R A E L ) O dall'intestino ( H O T T I N G E R ) . Rivista sintetica in P U T S C H A R e S C H L E U S S I N G . L'origine ematogena (per partecipazione ad una tubercolosi miliare generalizzata, WESSEL) è praticamente insignificante. Sulla tubercolosi « primitiva » della vescica viene riferito da W I L D B O L Z , W Y L E R , V A L E R I O , S U T E R (infezione da punti di sutura, da catetere). In generale si debbono accogliere con scetticismo i casi di tubercolosi primitiva.
Fig. 344Fibrosi con obliterazione completa dell'uretere in tubercolosi di vecchia data. Uomo di 50 a. Prot. 636/56.
Per quanto riguarda la localizzazione delle alterazioni sta al primo posto l'area circostante gli sbocchi ureterali ed il trigono, per lo meno fin quando la diffusione è ancora limitata. Nelle infezioni dalla prostata il collo vescicale è la sede preferita. Nel quadro anatomico sono da distinguere, come dappertutto nella tubercolosi, forme prevalentemente produttive e forme prevalentamente essudative, in tal caso può rimanere indeterminato, se secondo la tesi di HUBSCHMANN sempre in primo luogo iniziano la malattia tubercolare lesioni tessutali e processi essudativi e più tardi seguono le alterazioni produttive (HUBSCHMANN,
SCHLEUSSING).
A seconda della diffusione si può parlare di una forma disseminata e di una diffusa. La prima molto più frequente comincia (secondo H E R B U T ) con iperemia circoscritta, edemi e formazioni a cuscinetto pianeggianti
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locali della mucosa, poi insorgono noduli specie nelle vicinanze degli sbocchi ureterali, o infiltrati più pianeggianti o grossolanamente granulosi aggettanti (WILDBOLZ), tra i quali la mucosa spesso mostra alterazioni assai scarse. I noduli sporgenti, inizialmente emisferici, in seguito ad un infossamento centrale si trasformano in ulcera, la quale per lo più è nettamente delimitata, lievemente sottominata, mostra margini dentellati ed è coperta da materiale necrotico caseoso sino a che questo viene eliminato. Le ulcere in un primo tempo singole possono confluire in grandi gruppi, il loro fondo può incrostarsi di sali dell'urina. Nel preparato istologico si vedono ai margini e nel fondo spesso tubercoli cellulari recenti, che talora si lasciano dimostrare anche negli strati più profondi della parete; probabilmente per disseminazione per via linfatica. Così l'ulcera può accrescersi in larghezza e profondità. Dunque i processi produttivi ed essudativi procedono insieme. Il fatto prevalente è costituito però per lo più dal processo ulcerocaseoso. Su distruzioni particolarmente profonde della parete della vescica informano HALLÉ,
MOTZ e
HELLER.
L a guarigione delle ulcere avviene per formazione di tessuto di granulazione aspecifico, che evolve in cicatrice e che può essere riepitelizzato dalla mucosa vicina. Se il processo ulceroso è profondo ed esteso, allora si ha con la guarigione la vescica grinza tubercolare. Deve essere però sottolineato che la tendenza della tubercolosi della vescica di questa forma alla guarigione è molto marcata, non appena vengano impedite con la nefrectomia le reinfezioni dal rene. Spesso risulta per altro una vescica con capacità diminuita (WILDBOLZ). Molto più seri sono i casi (rari) di ibc vescicole diffusa ulcerocaseosa (SCHLEUSSING), in cui tutta la parete interna è coperta da masse caseose giallo sporche e in grande estensione può essere eliminata. Questa forma rappresenta nello stesso tempo il grado più estremo del tipo essudativo. Microscopicamente in questi casi spesso non sono visibili formazioni di tubercoli. Le masse caseose sono delimitate da tessuto di granulazione a struttura più aspecifica. Anche l'uretra può essere interessata, anche se per lo più in forma più lieve (HUCKEL, SCHLEUSSING). In casi recenti si può arrivare alla perforazione dell'organo (SCHÙRER), nella guarigione a raggrinzamenti di alto grado. Le infezioni miste giocano molte volte una parte importante. Queste forme gravi della tbc vescicale sono spesso combinate con malattie dei genitali maschili, nel qual caso può essere difficile distinguere dove è da ricercare la localizzazione primitiva, se trattasi dunque di una tbc urogenitale ascendente o discendente. Di fronte a queste forme gravi essudativo-caseose si hanno anche molto raramente forme quasi puramente produttive di tbc della vescica e nei casi più spiccati come cosiddetti « tubercolomi » a carattere neoplastiforme (BOWEN e BENNET, 5 cm di diametro). Anche i casi di WILD-
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BOLZ e KIMLA ricordanti la malacoplachia erano di tipo prevalentemente produttivo. Tra le complicazioni della tbc vescicale siano solo brevemente accennate (cfr. HERBUT): stenosi e ostruzione dei meati ureterali con conseguente idronefrosi, stenosi del tratto iniziale dell'uretra specie nel passaggio del processo morboso a questa, formazione di fistole, diffusione agli organi genitali maschili, abolizione della funzione della vescica e restringimento del suo lume per distruzione cicatriziale della parete, rottura della vescica, estese deposizioni di calcio nella parete della vescica (RÙCKENSTEINER).
L a combinazione con la tbc genitale è molto più frequente nell'uomo che nella donna. COHN vide il propagarsi di una tbc peritoneale alla parete della vescica. Appendice. Il sarcoide di Boeck del rene dopo le prime comunicaz i o n i d i SPENCER e W A R R E N , L E I T N E R e LONGCOPE, U . F R E Y è s t a t o p i ù
volte descritto. Mentre, quando l'interessamento dei reni è scarso, mancano sintomi clinici, in caso di forte distruzione può insorgere il quadro della nefrosclerosi maligna con reni grinzi, ipertrofia cardiaca, emorragia cerebrale (cfr. RUTISHAUSER e RYWLIN), anche nei bambini (FICK, processi arteritici intensi!). Sulle lesioni glomerulari vediTEILUM, BERGERe RELMAN.
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2. L A S I F I L I D E D E G L I O R G A N I U R I N A R I Nello stadio precoce della sifilide non esistono reperti sicuri di malattia dei reni. Tra i più noti della letteratura tedesca sono i reperti di STOECKENIUS, il quale in 4 casi di lue recente (età dei pazienti dai 18 ai 24 anni) vide la corticale e la midollare infiltrate di placche e strie grigio biancastre, che erano costituite da infiltrati di linfociti e plasmacellule e granulomi con necrosi e cellule giganti tipo Langhans spesso in rapporto con l'avventizia dei vasi, e furono da lui considerate come espressione di una « nefrite interstiziale ». Simili sono i reperti di RICH in 19 casi di sifilide acquisita, nei quali per altro furono sottolineati fortemente sconfinamenti degli infiltrati nei tubuli e accumuli di cristalli di colesterina nei macrofagi. I glomeruli non sono in generale colpiti e non si ha disturbo funzionale dei reni. Il processo viene indicato come nefrite interstiziale luetica a focolai. Sembra che esso possa evolvere sino alla formazione di cicatrici circoscritte. Spirochete non ne furono trovate né da RICH né da BRITO e SILVA.
Incontestabilmente, anche se molto raramente, vi sono nel terzo stadio della sifilide formazioni di gomme nei reni, come p. es. furono illustrate da STOERK. Anch'esse possono evolvere in cicatrice e portare al rene grinzo sifilitico. Il RÒSSLE ha osservato un caso estremamente avanzato di « completa atrofia di un rene per processi gommosi ». Tale esito può talora aver luogo anche apparentemente per processi sifilitici a lento decorso, più diffusamente estesi nel tessuto interstiziale, in cui l'interessamento delle arterie e delle vene indica la natura luetica (WOHLWILL). Più discusso è già il significato della sifilide nell'insorgenza della nefrosi lipoidea (MUNK), per quanto non deve essere messo in dubbio che tra le infezioni che hanno una parte nella produzione di questa malattia del rene talora anche la sifilide può avere importanza (vedi specialmente BAUER). Anche per l'insorgenza della sclerosi maligna FAHR prende in considerazione la lue come momento etiologico. Essa non può essere molto importante, poiché la diminuzione numerica della sifilide non ha fatto univocamente regredire né la nefrosi lipoidea né la sclerosi maligna. Nella letteratura francese vengono fortemente sottolineate negli stadi iniziali della sifilide le lesioni tubulari. Esposizione sintetica in MAURIC e GODEL, meno recente in FIESSINGER (Les Néphrities syphilitiques) e SCHULMANN e LEMAIRE (La syphilis rénale). Nei casi acutissimi mostrano il carattere delle nefrosi diffuse gravi con necrosi degli epiteli tubulari, mentre quelli a decorso più lento mostrano lesioni tubulari più a focolaio,
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e qui spiccano più intensamente i processi vascolari e glomerulari. I reperti abbisognano di un riesame, specie in rapporto al problema, della parte giocata dalla terapia al tempo del trattamento mercuriale e salvarsanico. Negli stadi tardivi MAURIC e G O D E L distinguono le vere e proprie formazioni gommose, l'infiltrazione gommosa diffusa, e il rene grinzo sclero-gommoso. Nel complesso si deve però dire che le malattie sifilitiche dei reni (specie quelle con effetti funzionali) sono ben rare, e che non tutto quello che fu considerato come conseguenza della sifilide è incontestato. È noti come nel corso di una lue cronica si possa arrivare all'amiloidosi, in cui anche i reni sono interessati. Anche nella lue congenita i reni appartengono agli organi meno caratteristicamente alterati, sebbene in essi possano essere trovate spirochete in grande quantità. Qualcuna di quelle lesioni che furono descritte come infiltrazione cellulare, appartiene senza dubbio al gruppo dei focolai emopoietici, i quali non sono rari nel tessuto perivascolare del rene stesso e del bacinetto (A. GIORDANO). È dubbio se, come H E C K E R pensa, una infiltrazione cellulare della parete e delle aree circostanti delle più piccole arterie corticali sia patognomonico per la sifilide congenita, anche in base al reperto di plasma-cellule (CEELEN). Ugualmente i reperti di ritardi di sviluppo della corteccia con comparsa di glomeruli incompletamente formati nella zona subcapsulare sono da valutare con prudenza, poiché essi negli immaturi come anche nei neonati a termine anche senza sifilide sono ben frequenti (v. STOERK). Dal capitolo della sifilide congenita debbono essere completamente lasciati fuori i reperti di quelle grosse cellule che ricordano i protozoi ( R I B B E R T , P E R R A N D O , J . MÜLLER) nei tubuli renali che vengono discussi nel capitolo sulla citomegalia (pag. 592), e con la sifilide non hanno nulla a che fare (CIULLA M . ) . Nelle vie urinarie di deflusso la sifilide è sicuramente ancora più rara. Gomme possono trovarsi per le più nelle vicinanze dei meati ureterali ( G A Y E T e F A V R E ) , talora in sede submucosa (CARRERA); sono rilevate, e formano ulcere che possono raggiungere la muscolatura. Osservazioni cliniche informano più di frequente su lesioni cistoscopicamente non caratteristiche, di tipo ulceroso, neoplastiforme, papuloso, papillomatoso (cfr. LEDERMANN,
POSNER,
ASCH,
DREYER,
BAYE,
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3. A L T R E I N F I A M M A Z I O N I S P E C I F I C H E L a linfogranulomatosi del rene è estremamente rara, essa può secondo STOERK, analogamente alle proliferazioni leucemiche, insorgere in forma di nodi grandi o piccoli, mentre infiltrati diffusi sinora non ne sono stati osservati. Singoli minuscoli focolai non dovrebbero essere del tutto rari (STERNBERG). D a t i statistici in STEFANI c o m e p u r e in CATSARAS e PATSPRI.
Infiltrazioni grossolane del rene descrivono E. FRAENKEL, FALCI, RODEHÙSER. L a linfogranulomatosi della vescica di certo sempre proveniente dagli organi vicini, è rara (SZENES). Lo stesso vale per il cointeressamento degli ureteri nelle malattie delle ghiandole retroperitoneali. L'actinomicosi del rene insorge (molto raramente) per diffusione del processo dalle aree circostanti, o per via ematogena. Se essa rappresenta nel corpo l'unico focolaio visibile la cui porta d'entrata rimane ignota, si parla allora di actinomicosi « primitiva » o « isolata » dei reni (ISRAEL) . Troviamo l'affezione in forma piuttosto di colliquazione purulenta, con formazione di ascessi spesso multipli, in cui le singole cavità possono essere tra loro comunicanti a mezzo di fistole, oppure in forma più produttiva, come nodi di dimensione spesso considerevole. Combinazione con pielonefrite (COHN), pionefrosi, nefrolitiasi (RACIC). La raccolta molto dettagliata della letteratura di BARON e ARDUINO contiene 28 casi di localizzazione isolata del rene. WILLE-BAUMKAUFF informa su un caso in un bimbo di 10 anni considerato quale carbonchio del rene, e che solo con l'osservazione microscopica (GG. B. GRUBER) potè essere riconosciuto come actinomicosi.
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RENE
L'actinomicosi delle vie urinarie di deflusso insorge quasi sempre per invasione dagli organi vicini ( R O S E N S T E I N ) . Nel caso di R U P P l'alterazione della vescica, ricordava una neoformazione maligna. Micosi dei reni del genere Aspergillus ( W E G E L I N ) o Fusarium ( G Ü T T E R e H A S C H E K ) possono portare a distruzione caseocavernosa dell'organo, o a quadri che ricordano il rene mastice tubercolare. Sull'infezione da mughetto comunica A L B E R S e sulla cistite da mughetto M O U L D E R .
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CAPITOLO
XI
PARASSITI D E L L ' A P P A R A T O URINARIO L'echinococco del rene è molto raro anche nei territori dove il parassita è per altro trovato di frequente ( M A D E L U N G , B L U M , R A C I C ) . Nell'echinococcosi il rene è colpito nel 3-4 % dei casi ( B Ö H R I N G E R , W I L D B O L Z , S U R R A C O ) . Sino adesso ne sarebbero stati osservati nel complesso 700 casi. Rivista della letteratura in H O S E M A N N , M . K O C H , B E G G , H E R B U T , A . S C H M I D T , P A S M A , S U R R A C O . Quasi sempre si tratta del E. hydatidosus, mentre il multilocularis nei reni sinora non è stato osservato. Quasi sempre si trova solo una singola cisti, che insorge nello stesso tessuto renale e agisce comprimendo gli organi circostanti. Non raramente (secondo W I L D -
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APPARECCHIO
URINARIO
BOLZ in circa la metà dei casi) si arriva ad una perforazione nel bacinetto, per cui parti del verme (vesciche, uncini e scolici) attraverso gli ureteri possono passare nella vescica. Più rara è la perforazione nell'intestino o nelle cavità peritoneale o pleuriche. Il più importante parassita delle vie urinarie è lo Schistosoma haematobium che ha in Egitto la sua principale diffusione, ma anche in altre parti dell'Africa e dell'Asia, e talora si incontra nell'Europa del Sud e dell'Est, e fu scoperto da B I L H A R Z (bilharzia) al Cairo nel 1851. Lo sviluppo del parassita è legato alla presenza di lumache d'acqua dolce, da cui le giovani cercarie atte alla infezione vengono immesse in acqua. L'infezione dell'uomo ha luogo attraverso la pelle. Per accumulo di uova deposte nei vasi sanguigni e forse anche per il loro passaggio nei tessuti stessi si arriva a processi flogistici cronici, in prima linea della mucosa vescicale, più raramente e in minor grado del bacinetto, degli ureteri e dell'uretra con formazione di ulcere, di proliferazioni granuleggianti, di papillomi che più tardi possono diventare carcinomi. I reni rimangono risparmiati dalla bilharziosi. Sull'interessamento di un rene nella schistosomiasi Mansoni v. SANJURIO e
KOPPISCH.
La Filaria sanguinis hominis può provocare ematochiluria, nel qual caso l'urina per presenza di numerose gocciole di grasso assume aspetto lattiginoso. Una bella documentazione dell'uscita di filarie da un glomerulo nel tubulo in M. K O C H (secondo un preparato di O . S T O E R K ) . L'Eustrongylus visceralis (gigas), molto raro nell'uomo, ha sede nel bacinetto e provoca gravi distruzioni nella sostanza renale come pure dilatazione talora con calcificazioni del bacinetto renale. Il Cysticercus cellulosae e il Pentastomum del rene sono rari e privi di significato. Trattazione dettagliata dei parassiti con letteratura in M. K O C H .
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CAPITOLO
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XII
TRAUMI DEL RENE La rottura traumatica del rene, più frequente a destra che a sinistra, avviene a prescindere dalle ferite da arma da fuoco (cfr. KÙMMELL), più raramente per trauma diretto, ad es. calcio di cavallo, piuttosto che per caduta (sci), per seppellimento, come pure più di frequente per spappolamento negli incidenti stradali con arrotamento. Quando prevalgono le lacerazioni, esse si dipartono principalmente dall'ilo. Importante per questo orientamento è l'architettura anatomica del rene (cfr. GEILL). Le ferite penetranti condizionano spesso estese formazioni d'infarti (DIETRICH ed altri), può seguire morte per dissanguamento. Bibl. in WAGNER. Se si arriva alla guarigione delle rotture o di tagli operativi (nefrotomia), insorgono cicatrici connettivali (cfr. LOBENHOFFER). HUCKEL sezionò un uomo in cui il rene destro in seguito a ferita da pallottola di shrapnel consisteva di due parti unite, quasi soltanto da cicatrice. Sui processi degenerativi dopo ferite renali v. a pag. 1008 in basso. Sui rapporti fra trauma e insorgenza di una glomèrulonefrite v. pag. 859, e per la tubercolosi dei reni cfr. pag. 994. Trauma e nefrosi mioglobinurica a pag. 766.
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XIII
RIGENERAZIONE ED IPERTROFIA COMPENSATORIA DEL PARENCHIMA RENALE Si capisce molto facilmente che in un organo come il rene con la sua funzione di eliminazione delle scorie metaboliche e dei veleni formatisi nell'organismo o in esso immessi, con la particolare attività dei glomeruli come sede della filtrazione e dei tubuli come sede dell'assorbimento, possono talora insorgere danni che portano a distruzione di parti dell'organo. Noi l'abbiamo constatato in modo particolarmente evidente negli avvelenamenti da sublimato, cromo, uranio, viomicina. Non è proprio necessario sempre che i danni siano di alto grado, perché essi, come di frequente nel rene da sublimato, blocchino completamente la funzione dei reni e così provochino condizioni pericolose per la vita. Noi vediamo non raramente gradi più lievi di lesione renale che dopo brevi disturbi della funzione vengono nuovamente compensati e possiamo perciò concludere che l'organo è nelle condizioni di compensare con la rigenerazione i danni anatomici. Così non sono mancati esperimenti per lo studio dei processi rigenerativi del parenchima renale. È per altro rimarchevole che corrispondenti ricerche per lo più datano da molto tempo, mentre la nuova letteratura non contiene sostanziali lavori su questo tema. Rivista dettagliata della letteratura si trova in T I L P e v. M Ò L L E N D O R F . Sulla rigenerazione dopo avvelenamento da sublimato si rimanda particolarmente al lavoro di H E I N E K E . Nel problema della rigenerazione noi dobbiamo distinguere due punti di attacco fondamentalmente diversi: a) la rigenerazione nei processi grossolani che distruggono la trama di sostegno del rene come ferite, infarti, ascessi, focolai tbc, tumori, ecc.; b) la rigenerazione del rivestimento cellulare dei tubuli con trama di sostegno conservata, specie con membrane basali dei tubuli indenni. Ad a) ferite grossolane del tessuto renale, come furono provocate da P O D W Y S S O W S K I , B A R T H , R I B B E R T e P E I P E R S , T H O R E L guariscono con formazione di tessuto di granulazione ed esito in cicatrice. In tal caso talora nelle cicatrici si trovano tubuli che sono interpretati da B A R T H come neoformati. Anche R I B B E R T e P E I P E R S come J O R E S pensano trattarsi per lo meno di germinazioni canalicoliformi che possono essere spinte nel tessuto di granulazione. Una vera neoformazione di interi tubuli viene per altro
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da tutti negata. Del pari tutti gli Autori sono d'accordo nel dire che non si arriva mai ad una neoformazione di glomeruli. Per contro si vedono più volte nelle vicinanze di ferite, necrosi ed altre formazioni a focolaio, tentativi di rigenerazione dei tubuli rimasti indenni (in questi casi viene attribuita talora ai contorti, talora ai retti una maggiore attitudine alla proliferazione cellulare). Si trovano mitosi, divisioni nucleari amitotiche, formazione di cellule giganti plurinucleate (RÒSSLE, LUBARSCH). A b) Un'importanza molto più grande hanno i processi rigenerativi nelle lesioni diffuse del parenchima renale, come insorgono specialmente dopo avvelenamenti e appartengono al gruppo delle nefrosi acute (nefroblaptosi). Essi sono stati già osservati nel 1879 da WEIGERT nell'avvelenamento sperimentale da cromati. L a vecchia letteratura si trova in THÒREL e HEINEKE. Quest'ultimo ha studiato il problema in una serie di casi di nefrosi da sublimato nell'uomo, e stabilito in questi che già pochi giorni dopo l'insorgenza di gravi necrosi dell'epitelio dei tubuli contorti di primo ordine si forma sulle membrane basali dei tubuli un nuovo rivestimento cellulare piatto, che contribuisce al distacco degli epiteli esfoliati; a dir vero in parte va più tardi nuovamente in necrosi, però infine produce pure un rivestimento cellulare che per il suo aspetto morfologico deve essere considerato capace di funzionare. Negli stadi precoci di questa neoformazione cellulare sembra che la attività adsorbente degli epiteli sia ancora scarsa, come risulta dagli esperimenti con materie coloranti di RIBBERT e v. MÒLLENDORFF. Analoghe formazioni cellulari di ricambio vengono descritte dopo le più diverse lesioni. Così già l'immagazzinamento di alto grado con sostanze coloranti (SUZUKI, v. MOLLENDORFF), e ad es. anche l'irradiazione degli animali con raggi ultravioletti (ECKSTEIN e v. MÒLLENDORFF) sembrano portare a distacco delle cellule e a neoformazione compensatoria. Questo « compenso cellulare intracanalicolare » (THOREL) è poi esaurientemente illustrato da TILP nella sua monografia ed è stato valutato nella sua importanza funzionale. Esso anche nell'uomo per il compenso di lesioni tubulari è sicuramente di considerevole importanza. Due questioni sembra all'Autore che necessitino ancora di una chiarificazione dall'esperimento: 1. quella sull'origine della neoformazione cellulare e sul modo della sua insorgenza. Nei nostri esperimenti con viomicina (STAEMMLER e KARHOFF) poté essere stabilito che dopo trattamento con una serie di iniezioni per 5-6 giorni si ha necrosi estesa degli epiteli dei tratti principali, la quale, analogamente alle osservazioni di HEINEKE nei reni da sublimato dell'uomo, già dopo pochi giorni viene riparata da un nuovo rivestimento cellulare (fig. 345). Rimase qui oscuro da quali elementi sopravvissuti proviene questa neoformazione. A l momento più intenso della lesione non rimanevano più nei tubuli elementi che si potessero considerare atti alla moltiplicazione. Così rimane solo l'opinione che 64 —
KAUFMANN
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p.
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dalle parti più basse del nefrone, nelle quali manca una lesione cellulare o per lo meno è molto più scarsa, si spinga avanti verso l'alto sulla membrana basale un nuovo rivestimento cellulare che si accresce sotto le masse necrotiche. In queste parti non vengono trovate mitosi. Il processo sembra decorrere prevalentemente per via amitotica. Nelle vicinanze delle parti del nefrone che si trovano al confine corticomidollare erano per contro visibili abbondanti divisioni cariocinetiche. Qui dove la lesione era evidentemente molto più scarsa, il processo di divisione nucleare è ad andamento così vivace, che molti tubuli sembrano essere addirittura ripieni di
Fig- 345Rigenerazione
epiteliale dei t u b u l i c o r t i c a l i d o p o necrosi estesa p e r lesione da E s p e r i m e n t o E 7 5 r a t t o (cfr. S T A E M M I . E R e K A R H O F F ) .
viomicina.
elementi neoformati (fìg. 346). Forse si trova qui il vero distretto di rigenerazione, da cui le giovani cellule si spingono verso l'alto. Ciò ricorderebbe certi reperti nella rigenerazione epiteliale dell'epidermide nell'ambito di ferite cutanee. Dal punto di vista dell'anatomia patologica generale questo tipo, e la sede della neoformazione cellulare, significherebbe per altro che lo stimolo alla divisione cellulare non è un tentativo di rigenerazione « alquanto mitologico », ma che esso risale direttamente ad un'azione del veleno sulle cellule, che qui nelle parti più profonde del nefrone non raggiunge a provocare la morte delle cellule, ma tuttavia ha per conseguenza disturbi del metabolismo cellulare che stimolano il nucleo alla divisione. Si potrebbe dunque parlare addirittura di
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mitosi « degenerative », il cui esito evidentemente è rappresentato da una neoformazione di cellule. Uguali reperti abbiamo incontrato (HABEDANK) sperimentalmente nei ratti con la legatura dell'uretere. In essi abbiamo visto dal 3 0 al 6° giorno, quando si era arrivati proprio alla dilatazione dei tubuli, nei tratti principali una divisione mitotica cellulare molto vivace, senza che potessero essere dimostrate in qualche parte necrosi o esfoliazione di cellule. Le mitosi sembrano essere provocate qui dall'aumento della pressione intratubulare con le sue conseguenze sul metabolismo cellulare.
Fig. 346. Estese proliferazioni epiteliali nei tubuli al confine corticomidollare in seguito a lesione da
viomicina
(cfr.
STAEMMLER
e
KARHOFF).
L a seconda questione è in che misura e a partire da quando le cellule neoformate hanno attività funzionale, cioè in primo luogo lasciano riconoscere la loro capacità di assorbimento. Il problema fu studiato (come prima da RIBBERT e da v. MÓLLENDORFF) con l'ausilio di iniezioni di sostanze coloranti (Tripan blu). Così abbiamo notato nei nostri esperimenti due fasi in seno al processo di rigenerazione. Nella prima il rivestimento cellulare è già completato, non mostra ancora però alcuna o soltanto molto scarsa capacità di immagazzinamento (anche l'eliminazione di rosso fenolo non è ancora possibile). Questa poi aumenta lentamente e passa dopo settimane ad un comportamento funzionale abbastanza normale, nel qual caso però dapprima rimangono sempre risparmiate certe isole di tessuto
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renale, le quali sotto questo riguardo danno l'impressione di incompleta funzionalità e anche riguardo alla struttura cellulare, specie dei mitocondri basali, appaiono immature. Di particolare interesse fu l'avere stabilito che in questo periodo di rigenerazione « incompleta, afunzionale » i tubuli renali erano del tutto insensibili alle iniezioni di sublimato o ad una nuova serie di viomicina, dunque dosi che avrebbero portato in ratti normali con sicurezza a grave necronefrosi, non lasciarono riconoscere alcun tipo di lesione cellulare. Ciò corrisponde alla nostra opinione (STAEMMLER, STAEMMLER e KARHOFF) , che sia la lesione da sublimato che da viomicina dei reni ha luogo negli epiteli dei reni per meccanismo di immagazzinamento, che ha come premessa la capacità di riassorbimento delle cellule. Se si lascia trascorrere un certo tempo dopo la serie di viomicina compare di nuovo completamente la lesione tardiva da sublimato, perché infine anche la rigenerazione funzionale si è insediata. Rimarchevoli sono in queste serie di esperimenti i risultati dell'esame del siero di sangue per l'azoto residuo e i prodotti della putrefazione intestinale. Alla fine della prima serie viomicinica, così come nell'avvelenamento da sublimato, l'azoto residuo del sangue è alto (esso oscilla, rispetto ai valori normali nei ratti di circa 20 mg % tra 80 e 150), la reazione all'indacano e la xantoproteica sono fortemente positive. Alla fine della serie di iniezioni spesso già nei primi giorni i valori regrediscono fortemente e raggiungono molto rapidamente di nuovo i valori normali con negatività della reazione all'indacano e xantoproteica, sebbene in questo periodo la rigenerazione degli epiteli sia ancora del tutto incompleta. Essi mostrano lo stesso comportamento anche quando le iniezioni di viomicina non vengono interrotte, ma continuate ulteriormente. (Per le conclusioni che da qui si possono trarre sulla funzione dei reni, vedi la pubblicazione dettagliata dell'Autore). Un fenomeno parallelo alla rigenerazione del parenchima renale è l'ipertrofia compensatoria. Noi la vediamo nel modo più marcato nella nefrectomia monolaterale, nella quale il rene rimasto può ingrandirsi molto considerevolmente, talora sino al doppio della norma. Noi abbiamo osservato in singoli casi un peso al di sopra dei 300 gr. Sperimentalmente negli animali in cui non solo si toglie un rene, ma si riduce l'altro operatoriamente, l'ipertrofia del parenchima residuo può salire sino al 500 % (RIBBERT e PEIPERS, MOBERG). I n t a l caso si a r r i v a a d u n
ingrandimento
dimostrabile dei glomeruli e degli epiteli tubulari per lo più con una certa dilatazione del lume dei tubuli. Il numero dei gomitoli vascolari rimane però immodificato, una neoformazione di corpuscoli renali non ha luogo (RIBBERT), e invero neanche nell'animale in accrescimento come GALEOTTI e VILLA SANTA hanno ammesso. Convincenti esperimenti di ALLEN e MAN, ARATAKI,
MOORE
e
HELLMAN,
JACKSON
e
SHIELS.
Recentemente
NIES-
SING pensa di poter dimostrare un aumento dei corpuscoli renali (dopo
IL
RENE
IOI3
la primitiva necrosi d a superlavoro) per aumento delle formazioni glomerulari gemellari, opinione che non ha trovato alcun riconoscimento (SCHOKKER, MOLL e BEINTEMA, come pure LINZBACH nell'Handbuch der allg. Pathologie). Nell'ambito dei tubuli il giudizio è più difficile. Sicuro è che essi in generale si ingrandiscono, il loro lume si dilata, gli epiteli si ipertrofizzano. Tuttavia sicuramente si può dire che una vera neoformazione di tubuli non ha luogo. Anche la formazione di « canalicoli collaterali » (estroflessioni a fondo cieco) che JORES ha ammesso, non è da considerare come segno di proliferazione, ma può essere attribuita alle normali gemmazioni dei tubuli (cfr. nella parte anatomica normale la discussione sulle isole cellulari di BECKER p a g . 596).
Sembra però che sull'insorgenza di mitosi negli epiteli non vi sia alcun dubbio (LINZBACH), mentre nel rene normale sono trovate solo isolate e in particolari condizioni. Ciò potrebbe essere forse interpretato nel senso di un aumento in lunghezza dei tubuli, come specie JORES ha ammesso. LUBARSCH e v. MÒLLENDORFF sottolineano con ragione la difficoltà di una esatta dimostrazione di questo fatto. Dati sul decorso dell'ipertrofia comp e n s a t o r i a in M C K A Y e Coli., ROLLASON, MANDEL e Coli.
La questione sul valore funzionale della ipertrofia compensatoria non viene generalmente posta, ma considerata come incontestabile. Solo MoBERG pensa che interviene con essa un miglioramento funzionale, in quanto egli dà valore alla determinazione della riserva funzionale. La discussa alterazione dei reni non è in alcun caso limitata ai casi di perdita di un organo. Essa ha una parte molto importante in tutti i processi di raggrinzamento a focolai ed è con essi un substrato anatomico della superficie renale granuleggiante, che si riscontra negli stadi tardivi dell'arteriosclerosi e più intensamente negli stadi tardivi della glomerulonefrite e della pielonefrite. Qui non vi può essere dubbio che essa abbia importanza per il mantenimento della funzione delle parti rimanenti del tessuto renale. È dubbio se anche gli adenomi renali siano da interpretare come segni di tale ipertrofia compensatoria con rendimento funzionale, come ammette JORES.
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APPARECCHIO
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CAPITOLO
XIV
I TUMORI D E L RENE 1. T U M O R I B E N I G N I a)
ADENOMI
Gli adenomi dei reni sono molto frequenti. APITZ li trovò negli adulti in circa il 9 % di tutte le autopsie, ALLEN nel 4 % . In circa 1/3 sono multipli, spesso anche bilaterali. Questo vale specialmente per quelli molto piccoli, che si sviluppano in concomitanza a ferite o a processi di raggrinzamento. L a maggior parte degli adenomi si trova nella corticale, di solito immediatamente sotto la capsula. Essi sono per lo più grandi quanto un pisello 0 una lenticchia e di colore bianco, giallo o brunastro, talora di aspetto poroso. Non raramente già macroscopicamente si può riconoscere un'associazione con formazioni cistiche. Grandi adenomi furono descritti da JUDD e SIMON ( 1 3 x 1 1 x 1 5
cm), da DSCHU-YU-BI ( 1 8 x 8 x 7 cm), d a
PROSKAUER
(uno con un diametro di 20 cm, l'altro con un peso di i960 gr), da KALK e HÙCKEL
(5750 gr),
BUCKLEY
(8x7x5
cm),
STRAUSS
(II c m
di
dia-
metro), JACOBS e SALWEN, HICKS e altri. Il più grande, descritto da GOR-
IL
RENE
I0I5
e T A Y L O R pesava 22 libbre (donna di 20 anni). Nell'insieme il numero degli adenomi renali di grandi dimensioni asportati chirurgicamente arriva nella letteratura secondo HIGGINS (1944) circa a 50. Dalla maggior parte degli Autori questi tumori di grandi dimensioni vengono fondamentalmente separati (BELL) dai piccoli (che si trovano in corrispondenza dei focolai di raggrinzamento), sebbene anche la struttura istologica essenzialmente concordi. Il criterio di benignità è qui spesso difficile. Letteratura specialmente in B U G B E E , sul giudizio clinico in CABOT DON
e MIDDLETON, CRISTOL, MCDONALD e d
EMMETT.
Fig. 347Adenoma tubuläre e cistopapillare in rene grinzo arteriosclerotico. Uomo di 53 anni. Prot. N. 576/54-
Istologicamente si distingue una forma tubuläre (semplice) ed una cistopapillare, per quanto però più volte sono osservati tipi misti. Proprio nei più piccoli nodi la struttura cistopapillare è di frequente particolarmente spiccata (NUERNBERG), cosicché si può proprio parlare solo di cisti con proliferazioni epiteliali papillari. U n esempio d e l l ' u l t i m o t i p o m o s t r a la fig. 347, piccolo t u m o r e p a r t e tubuläre, p a r t e c i s t o p a p i l l a r e in u n u o m o di 53 a n n i c o n rene grinzo v a s c o l a r e . Sin d o v e però possa a r r i v a r e la sdifferenziazione g i à nei piccoli nodi a d e n o m a t o s i si p u ò c o m p r e n d e r e dal n o d o della fig. 348, che p r o v i e n e p a r i m e n t i da un rene grinzo (uomo di 75 anni). U n ' a l t r a p a r t e dello stesso t u m o r e lascia riconoscere u n a s t r u t t u r a t u b u l ä r e a l t a m e n t e d i f f e r e n z i a t a (fig. 349).
ioió
APPARECCHIO
URINARIO
Fig. 348. Adenoma indifferenziato in rene grinzo. Uomo di 65 anni. Prot. N. 609/54.
Parte puramente tubulare dello stesso tumore come nella figura 348.
IL
RENE
IOI7
Sui tumori con formazioni a tipo di glomerulo (glomerulomi) riferiscono OWEN, e VEGA e CHAVÉZ. T r a le cellule che costituiscono gli adenomi MASSON distingue le acidofile, le basofile e le chiare. Queste ultime formano specialmente quei tumori chiamati da ALLEN e BELL adenomi solidi, da APITZ strume renali e che furono separati dai veri adenomi. Un tale tumore è rappresentato nelle figure 350 e 351. Istologicamente essi mostrano una struttura che impareremo ancora a conoscere nei cosiddetti ipernefromi. Queste cellule chiare, trasparenti non sono però limitate a questi tumori, ma, talora, sebbene anche raramente, si incontrano nei piccoli adenomi dei reni grinzi. (Cfr. fig. 352 di un piccolo nodo in un rene con pielonefrite cronica). La struttura era qui spiccatamente tubulare. ALLEN ha dimostrato in queste cellule immagazzinamento di glicogeno. APITZ ha descritto e fotografato negli adenomi renali un altro tipo cellulare, gli oncociti (HAMPERL), che di frequente si incontrano insieme con cellule cilindriche acidofile. Si tratta qui di grandi cellule con citoplasma granuloso, i cui granuli si colorano in rosso con fucsina acida. Per immagazzinamento di grassi le cellule degli adenomi possono acquistare un aspetto schiumoso. Vere cellule schiumose talvolta si incontrano anche nello stroma dei tumori (ZEITLHOFER); non raramente si trovano calcificazioni. Gli adenomi possono nell'insieme essere considerati benigni. CRISTOL e Coli., CABOT e MIDDLETON, LEARY dimostrarono degenerazioni maligne. Talora si vede perforazione della capsula senza altri segni di malignità (FUCHSMAN
e ANGRIST,
PEARSE).
Non può esservi alcun dubbio che gli adenomi, per lo meno i frequenti, piccoli, specie cistopapillari e tubulari, hanno origine dai tubuli renali (EWING, OLIVER, LUND e LUCY). Non si trova alcuna fondata ragione di metterli in rapporto con processi disontogenetici. Contro tale tesi parla specialmente il così frequente riscontro in corrispondenza di ferite e di focolai di raggrinzamento. APITZ comunica una osservazione in cui in un caso di atrofia idronefrotica monolaterale trovò 26 adenomi del rene malato, mentre il lato sano ne mostrò uno solo. L ' A u t o r e recentemente ha riscontrato un caso analogo. Che anche adenomi più grandi possano essere multipli lo dimostra l'osservazione di MEISEL, nella quale il rene S. di un uomo di 30 anni mostrò una adenomatosi con un peso di 880 gr. Sembra sicuro che la maggior parte degli adenomi della corticale renale stia in rapporto con processi di rigenerazione e di ipertrofia compensatoria (locale). Sui rapporti coi cosiddetti ipernefromi (SUDECK, STORK, CREEVY, TRINKLE) vedi nella corrispondente sezione pag. 1031. CRISTOL, MCDONALD ed EMMETT trovarono di frequente combinazione tra ipernefroma ed adenoma renale.
APPARECCHIO
Fig.
URINARIO
350.
A d e n o m a b e n i g n o i p e r n e f r o i d e ( s t r u m a r e n a l e di APITZ). U o m o d i 63 a n n i . P r o t . N . 44/56.
Quadro istologico del tumore
Fig.
351-
della
fig.
350: c o r d o n i d i c e l l u l e
chiare.
IL
RENE
IOI9
Di particolare significato sono i risultati sperimentali di ZOLLINGER, a cui riuscì con avvelenamento cronico di -piombo di produrre nei ratti adenomi e carcinomi del rene. In tal caso comparvero tutte le forme di tumori (solidi e tubulari, papillari, cistici) con cellule basofile, acidofile, oncocitarie e chiare. I tumori corrispondevano dunque estesamente a quelli osservati nell'uomo. Essi non stavano in rapporto coi processi di raggrinzamento; piuttosto si aveva l'impressione come se gli epiteli tubulari venissero stimolati direttamente alla proliferazione dal piombo. Questi risultati confer-
Fig.
352.
Adenoma tubulare a cellule chiare in rene grinzo pielonefritico. Uomo di 4r anni. N. 7156/54.
mano l'esperienza tratta dall'uomo, che gli adenomi (e in parte anche i carcinomi) si sviluppano dagli epiteli dei tubuli, in seguito a stimoli proliferativi ripetuti e di lunga durata, e che i carcinomi sono da attribuire ad uguali stimoli che gli adenomi, e probabilmente derivano fìnanco da essi. Tumori ipernefroidi non furono osservati da ZOLLINGER. Per altre vie riuscì a LEARY (conigli, impianto di colesterina in corso di nefrosclerosi) e a KIRKMAN e BACOL (hamster, trattamento con ormoni femminili, e stilbestrolo), di produrre adenomi e carcinomi renali (cfr. DEMING). FRACCARO e GÒSSNER li hanno descritti in topi con adiposità ereditaria. Una molto rara osservazione rappresenta l'endometriosi del rene o s s e r v a t a d a MASLOW e LEARNER e d a BLUM e FRUHLING.
1020
APPARECCHIO
b) T U M O R I
URINARIO
BENIGNI MESENCHIMALI a)
DEL
RENE
Fibromi
Sono frequenti a livello delle piramidi e vengono indicati come « fibromi midollari ». Di regola si tratta qui di nodi (talora multipli) nettamente delimitati, leggermente protrudenti sulla superfìcie di taglio, grigio-biancastri, grandi da un grano di miglio ad una lenticchia che constano di connettivo ricco di fibre, poco ordinato, talora alquanto mucoide e rigonfio e possono contenere singoli tubuli urinari. Essi vengono in genere considerati come amartìe senza tendenza all'accrescimento (GENEWEIN, TRAPPE, LUBARSCH, B E L L ) , ZANGEMEISTER
pensa
a vere formazioni
neoplastiche
sul terreno di una fibrosi midollare. Questa interpretazione potrebbe essere appoggiata dal fatto che non si incontrano nei neonati e aumentano di numero in modo molto evidente con l'età. Fibromi corticali sono molto rari. Alcuni più grandi sono stati descritti da KUKODSHANOFF e da CLAR.
0)
Miomi
Anche i miomi costituiti da muscolatura liscia (leiomiomi) non sono di regola più grandi di una lenticchia e si trovano nella corticale per lo più immediatamente sotto la capsula, come noduli appiattiti a forma di lenticchia o piuttosto sferici (APITZ), i quali sono costituiti da cellule muscolari allungate oppure epitelioidi. APITZ ha trovato nel suo materiale non meno di 227 miomi veri, altri si associavano con componenti lipomatose. Tumori più grandi con sintomatologia clinica sono stati raccolti dalla letteratura d a GORDON, KIMMELSTIEL e C A B E L L . I l c a s o d a l o r o s t e s s i o s s e r v a t o
mi-
surava cm 15 X12 X7. Che si tratti qui di tumori disontogenetici lo dimostrano le occasionali osservazioni in bambini nei primi giorni di vita, ad es. quelle
di ZUCKERMAN,
di 12 giorni ( 7 X 5 X 5
KERSHNER,
L A Y T N E R e HIRSCHL
in
un
neonato
cm).
Anche l'associazione con componenti lipomatose e angiomatose parla i n q u e s t o s e n s o (APITZ, H E C K E L e P E N I C K , c f r . f ì g . 3 5 3 ) . COOKE
descrisse
un leiomioma maligno. I rabdomiomi sono molto più rari. Per quanto riguarda tumori grandi bilaterali di questo tipo vedi CONSTANCE in un bambino di 1 anno. Sui rapporti con la sclerosi tuberosa del cervello verrà detto più tardi.
IL
RENE
I02I
y) Angiomi Non del tutto rari sembrano gli emangiomi, in ogni caso essi nella letteratura recente vengono ricordati di più. Essi per lo più si trovano nella midollare e hanno importanza, quando la loro sede è all'estremità delle papille, nell'insorgenza delle cosiddette « emorragie renali essenziali » (cfr. pag. 669).
Fig- 353Tumore mesenchimale misto con parti lipomatose, miomatose e angiomatose in rene grinzo. Uomo di 75 anni. Prot. N. 609/54.
Nell'insieme si possono trovare in letteratura circa 70 osservazioni (LAZARUS e MARKS, r a c c o l t a dei casi sino a l 1 9 4 1 , da RILEY e SWAN, ulteriore
casistica
in
PILCHER,
STEIDZ,
WHITE
e
BRAUNSTEIN,
DORMAN
e
FOWLER, LOWNES e C o l i , GOETZ [grande quanto una nocciola, comprendente la mucosa del bacinetto e il parenchima renale], CHENERY e BENSON, WILLIAMS,
PALETZ
e SEWELL
[multipli,
probabilmente
bilaterali],
BUTT
e PERRY). Una parte dei casi riguardavano il bacinetto. Un emangioma della corticale con grandi vasi poco differenziati mostra la fig. 354 (una varice della grandezza di una testa di spillo di una papilla in un uomo di 30 anni a v e v a portato ad emorragie per anni; cfr. fig. 205). Su una varice della vena renale della grandezza di 3 X4 cm in una donna di 31 anni rifer i s c o n o B E I N , MELLINGER e SHARP.
1022
APPARECCHIO
URINARIO
ó) Lipomi
Con relativa frequenza vengono osservati nel rene lipomi e tumori misti lipomatosi (mioangiolipomi), cfr. fìg. 353. Essi sono talora difficilmente differenziabili dalle distopie di tessuto adiposo e sono sempre da attribuire a distopie di componenti della capsula.
Fig. 354Emangioma della corticale del rene formato da grandi vasi arteriosi, a pareti spesse. Donna di 79 anni. Prot. N. 347/54. R O B E R T S O N e H A N D danno una raccolta di 14 casi di tumori più grandi con manifestazioni cliniche. Vecchia letteratura in P E M B E R T O N e M C C A U GHAN, come pure L O W E R e B E L C H E R , recente in M O O L T E N , M A L L O R Y , I N G L I S , T A H A R A ed H E S S . Nella raccolta dell'Armed Forces Institute of Pathology secondo R U S C H E se ne sono trovati 52 casi in uomini, di cui 8 avevano dato manifestazioni cliniche. I due tumori descritti da T A H A R A ed H E S S misuravano 20 X15 x i o cm, e 18 x 8 x 8 cm. Di considerevoli dimensioni possono essere ( M C C A R T N E Y e W Y N N E , H A R T W I G e F R O U G ) anche le varietà maligne (liposarcomi).
Più frequenti dei lipomi puri sono le proliferazioni lipomatose della capsula e del tessuto adiposo della pelvi, come vengono osservate specialmente nei reni grinzi litiasici. Ne faremo cenno più tardi a pag. 1168.
IL
IO23
RENE
e) Tumori misti nella sclerosi tuberosa del cervello Tumori particolari multipli quasi esclusivamente nella corticale, nettamente delimitati, piccolissimi sino più di frequente alla grandezza di una lenticchia o di un pisello o di una noce, raramente quanto una piccola mela, parte grigio biancastri sino a grigio gialli, o a giallastri molli, grigio rossi, duri, si incontrano in ambedue i reni molto spesso in associazione con rabdomiomi del cuore e sclerosi tuberosa del cervello (dal 60 al 75 % ) ; nello stesso tempo talvolta possono essere presenti, come E . KAUFMANN vide, molte piccole cisti. Essi rappresentano malformazioni tessutali in cui si mescolano in vario rapporto tessuto adiposo, muscolatura liscia e vasi arteriosi, per cui si parla di lipomiomi, angiolipomi, jibrolipomiomi, e angiolipomiomi. Le rare varietà maligne ricche di elementi cellulari vengono chiamate lipomiosarcomi, liposarcomi, angiomiosarcomi. Di regola però essi sono tutti benigni e clinicamente asintomatici. Poiché i tubuli renali mancano, mentre i glomeruli sono presenti in vario grado di maturazione, essi possono essere considerati come tumori condizionati da malformazioni del tessuto renale o come disturbi neoplastiformi dello sviluppo (amartomi e rispettivamente coristomi, FRACCARO). Per dati più esaurienti vedi HARBITZ, E L L E R , W .
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DEL
RENE
EPITELIALI
Premessa : I n ogni altro o r g a n o a s t r u t t u r a epiteliale e p a r t i c o l a r m e n t e ghiandolare, i t u m o r i maligni p r o v e n i e n t i dalle cellule epiteliali sono indicati c o m e carcinomi. Essi m o s t r a n o c a r a t t e r e ghiandolare, i m i t a n o nella loro s t r u t t u r a le f o r m a z i o n i dei t r a t t i t e r m i n a l i ghiandolari o i canali escretori o a t t r a v e r s o differenziazione m e n o m a r c a t a o sdifferenziazione passano in f o r m e che non lasciano più riconoscere c h i a r a m e n t e il tessuto d'origine. In ogni caso siamo a v v e z z i dalla somiglianza delle cellule e delle s t r u t t u r e da loro f o r m a t e a trarre conclusioni sul p u n t o di p a r t e n z a di un t u m o r e . Ciò v a l e ancor p i ù per i t u m o r i benigni, che già per la m a g g i o r p a r t e lasciano riconoscere n o n solo nella f o r m a cellulare, m a a n c h e nella loro f u n zione accenni al t e s s u t o d'origine. B a s t a s o l t a n t o rifarsi ai t u m o r i delle ghiandole endocrine, che a d d i r i t t u r a r a p p r e s e n t a n o u n a miniera per lo studio delle n o r m a l i f u n z i o n i di quelle ghiandole endocrine. I n generale si è p a r t i t i dall'idea che le cellule, g i u n t e a c o m p l e t a m a t u r i t à nel periodo dello s v i l u p p o o più tardi, possiedano a n c o r a la c a p a c i t à i m m a n e n t e , in seguito a q u a l c h e s t i m o l o sulle loro fini s t r u t t u r e , specie quelle del citop l a s m a , di andare incontro a d u n a proliferazione illimitata, nel q u a l caso di solito la loro differenziazione diminuisce e la funzione ne soffre. S e c o n d o i risultati della ricerca sperimentale dei t u m o r i non c'è nessun o r g a n o epiteliale in u n a n i m a l e a d u l t o , le cui cellule non possano d i v e n t a r e cancerose per m e z z o di a g e n t i chimici. L a f r e q u e n z a della f o r m a z i o n e di t u m o r i in singoli organi m o s t r a perciò u n certo parallelismo col loro potere di rigenerazione fisiologica e p a t o l o g i c a . U n a certa eccezione a q u e s t o c o m p o r t a m e n t o degli organi e dei tessuti, cioè di d a r luogo da cellule m a t u r e a formazioni t u m o r a l i , s e m b r a fare il sistema nervoso, nel q u a l e noi possiamo assai f a c i l m e n t e c o m p r e n dere e classificare l ' a b b o n d a n z a delle più diverse formazioni t u m o r a l i , se p e n s i a m o a disturbi di s v i l u p p o e consideriamo c o m e m a t r i c i dei t u m o r i molteplici cellule, che c e r t a m e n t e h a n n o u n a p a r t e negli s t a d i precoci della m a t u r a z i o n e del s i s t e m a n e r v o s o , m a che non si t r o v a n o più nel cervello m a t u r o . C h e ci siano però anche nel cervello t u m o r i m a l i g n i che si a v v i c i n a n o al t e s s u t o d'origine m a t u r o , lo m o s t r a n o i f r e q u e n t i glioblastomi e astrocitomi, che c o m p a i o n o specialmente n e l l ' e t à m e d i a e a v a n z a t a , nei quali noi n o n v e d i a m o nessuna necessità di ricondurli a disturbi di sviluppo. E le esperienze con sostanze cancerogene, con le quali nel cervello possono 65
—
KAUFMANN
II,
p.
I
I02Ó
APPARECCHIO
URINARIO
essere prodotte le più diverse forme tumorali, lasciano sorgere il sospetto che qualche tumore, che noi abbiamo riportato a cellule embrionali, in realtà debba la sua struttura immatura ad una secondaria sdifferenziazione. Nei reni però i rapporti sembrano essere diversi. Qui esiste ancora completa oscurità su cosa noi intendiamo per il cosiddetto ipernefroma (tumore ipernefroide, tumore di Grawitz) e da quale tessuto preesistente lo dobbiamo far derivare. E questo tumore ha invero una parte principale tra le proliferazioni renali maligne. Se anche, come LUBARSCH e WEPLER espressamente affermano e nello studio della vecchia letteratura è chiaramente riconoscibile, i dati sulla frequenza dei singoli tumori maligni devono essere considerati come estremamente non attendibili, così non vi è alcun dubbio pure che il tumore comunemente indicato come ipernefroma, le cui particolarità caratteristiche sono ancora da discutere, è il tumore maligno di gran lunga più frequente del rene. Secondo la rassegna della letteratura eseguita da WEPLER, costituisce dal 75 fino al 94 % di tutti i tumori maligni. Esso domina così fortemente che dai singoli Autori del tempo passato (IPSEN, LINDSTRÒM) il carcinoma non è affatto riconosciuto accanto ad esso. Anche WEPLER e APITZ praticamente considerano (con singole eccezioni) tutti i tumori epiteliali maligni del rene come qualcosa di unitario e li separano dai comuni cancri, specie per la loro origine. In contrasto a ciò il carcinoma viene considerato da LUBARSCH, HUCKEL, CHWALLA come una particolare forma di tumore maligno e dagli Autori francesi ed angloamericani (nomino solo MAURIC con GAUTHIERS-VILLARS, GODEL e WOLFROMM, inoltre ALLEN e BELL) si è p a r l a t o a n c o r a di carcinomi,
dagli ultimi addirittura di adenocarcinomi, e il cosiddetto ipernefroma viene derivato dal tessuto renale. WILDBOLZ lascia aperto il problema, ma riconosce una certa particolare posizione dei tumori « ipernefroidi » rispetto ai carcinomi; HERBUT raccoglie tutti i tumori renali epiteliali maligni sotto la qualifica di carcinoma, modo di vedere che quasi generalmente è sostenuto nella letteratura americana (v. p. es. DEMING, HARVEY, FOOT con HUMPHREYS
e WHITMORE,
RICHES
con
GRIFFITHS
e THACKRAY).
Nella
letteratura tedesca si riflette il contrasto delle opinioni nei lavori di GRAWITZ, STOERK e APITZ, il primo derivò il tumore in questione da germi aberranti surrenali, il secondo considerò come matrice i canalicoli renali e l'ultimo pensa a tumori disontogenetici del mesotelio (similmente WEPLER) .
Non si deve considerare proprio come inverosimile che un organo, che così intensamente tende alla formazione di adenomi circoscritti, che APITZ su 4309 autopsie nel 9 % trovò di tali tumori, in cui dunque in determinate condizioni esiste una considerevole tendenza a proliferazioni epiteliali, che un tale organo non dovesse produrre mai o quasi mai dai suoi canalicoli proliferazioni similghiandolari, derivanti dallo stesso tessuto degli adenomi, sicuramente provenienti dall'apparato tubulare maturo?
IL
RENE
IO27
D e v e qui in primo luogo, conformemente al lavoro di HUCKEL nell'ultima edizione, essere tenuta ferma la divisione tra carcinomi e tumori ipernefroidi, a cui però non danno motivo le considerazioni sopra esposte ma le esperienze che si trovano nella letteratura.
a) Il carcinoma del rene Sotto questa denominazione vengono raccolti tumori, che sono di natura epiteliale e mostrano accrescimento destruente, m a che non lasciano riconoscere forme cellulari e strutture tipiche dei tumori ipernefroidi. LUBARSCH parla di cancri a struttura omologa. Egli distingue perciò: i ° 1 'adenocarcinoma, in parte a carattere più tubulare, in parte cistico-papillifero (come è stato descritto in particolare da BATTAGLIA) ;2° Il carcinoma midollare, o carcinoma semplice, con mancanza di formazioni tubulari e particolare tendenza a teleangectasie e necrosi e 3 0 II carcinoma scirroso infiltrante ricco di stroma. Simile è la suddivisione di CHWALLA (ghiandolare, alveolare, papillare). Tra i casi di WEPLER uno è sicuramente un tumore glandulo-cistico, il secondo un carcinoma diffusamente infiltrante, come bene sono s t a t i descritti p r i m a d a ORTH, LUBARSCH, MANASSA, FROBOESE, simili
al carcinoma mammario scirroso. I tre ultimi casi, che anche WEPLER annovera tra i cancri, mostrano, in base alla descrizione e alle figure, formazioni, che ricordano l'ipernefroma. Secondo BELL la maggior parte degli adenocarcinomi del rene è « cistoadenomatosa ». Nel trattato francese di medicina interna (cfr. sopra MAURIC e Coli.) è proposta la suddivisione in epiteliomi tubulari, papillari, microcistici e atipici (nei quali ultimi sono da c o m p r e n d e r e gli ipernefromi. FRYFOGLE, DOCKERTY,
CLAGETT
e
EMMETT
separano sotto l'indicazione di « adenocarcinomi a cellule scure » su 788 tumori esaminati 29, che non presentano somiglianze di nessuna specie col quadro degli ipernefromi. F r a essi vi erano 6 tumori tubulari con cellule di tipo adulto, 16 papillari, 2 adenocarcinomi, con avvicinamento ai tumori a epitelio piatto, uno con formazioni sarcomatose e 4 la cui struttura non era accertabile. T r a i «carcinomi corticali» di HARVEY il 71 % aveva carattere ipernefroide, il resto carcinomatoso. FOOT, HUMPHREYS e WHITMORE, che fanno derivare tutti i tumori corticali dal « parenchima escretorio » distinguono: 1. a cellule chiare, solide (prima indicati come ipernefromi); 2. a cellule chiare, tubulare, con cisti (prima carcinomi a cellule chiare); 3. a cellule granulose, papillari-cistici (prima adenocarcinomi papillari a cellule granulose) e 4. a cellule chiare o granulose, puramente tubulare (prima carcinomi tubulari). In base ai reperti macroscopici dei carcinomi si distinguono tumori nodosi solidi, nodosi cistici e diffusamente infiltranti', in merito LUBARSCH
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APPARECCHIO
URINARIO
sostiene che quelli nodulari solidi spesso non sono distinguibili a occhio nudo dagli ipernefroidi. Essi sono molte volte, come questi, a limiti relativamente netti e tendono a penetrare nei bacinetti renali e nei vasi renali. Riassumendo si deve dunque dire che tra i tumori epiteliali maligni del rene, c'è un gruppo, nell'insieme abbastanza piccolo, che in base alla sua struttura si deve indicare come carcinomi. Essi hanno un tipo di accrescimento nodulare o diffusamente infiltrante e sono composti di proliferazioni epiteliali ghiandolari, glandulo-cistico-papillari o solide; le loro cellule hanno un citoplasma denso (« scuro »), per lo più granuloso. Formazioni che ricordano un ipernefroma, vi possono mancare completamente.
F i g . 355Adenocarcinoma de) rene a struttura altamente differenziata. Uomo di 49 anni. N. 4620/56.
Come esempi possono servire le figure 355-359. L e figg. 355 e 356 mostrano un tumore puramente tubulare, del quale si p o t e v a dubitare se fosse da qualificare come adenoma o come adenocarcinoma (N. 4620/56 di uomo di 49 anni). Il tumore della fig. 357 deve essere qualificato come adenocarcinoma, le cui formazioni ghiandolari ricordano molto i canalicoli renali e non presentano somiglianza di nessuna specie con epiteli della corteccia surrenale; la fig. 358 illustra il tipo di tumore cistico-papillare, e la 359 proviene da una metastasi polmonare di un carcinoma renale a struttura puramente ghiandolare.
Questi tumori, per la maggior parte della grandezza circa di un uovo di gallina, sono con grande probabilità da far derivare dai tubuli renali,
IL
RENE
Fig. 356. Quadro microscopico dells fig. 355. Carattere puramente tubulare del tumore (adenoma o adenocarcinoma?).
Fig.
357-
Adenocarcinoma tubulare del rene. Uomo di 54 anni. N. 141/56.
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APPARECCHIO
URINARIO
mostrano ampia somiglianza con gli adenomi tubulari o cistico-papillari, e non c'è nessun motivo di mettere in rapporto la loro origine con disturbi di sviluppo. Non si può dire se essi originano direttamente dai canalicoli della corticale o se si sviluppano da un adenoma (STOERK). Proprio nei tumori papillari è verosimile quest'ultima ipotesi, come le osservazioni di HUCKEL e KALK e di BATTAGLIA fanno concludere. A l riguardo senza prova di metastasi, in base alla intera struttura, non è spesso possibile dire se il tumore è di natura benigna o maligna.
Fig- 358C a r c i n o m a cist-papillare del rene. U o m o d i 47 a n n i . N. 7141/55.
In un caso esaminato nel 1953 dall'Autore (N. 853/53) di un uomo di 78 anni, il rene era completamente interessato dal tumore di grandezza superiore a quella di un pugno; nessun dubbio dunque sulla malignità. Microscopicamente il tumore però aveva (similmente a quello illustrato da H U C K E L ) una struttura cisto-papillare molto regolare (simile alla fig. 358), così che una biopsia non aveva permesso la diagnosi di malignità. In una seconda osservazione vi era un tumore primario del rene del peso di 2 kg in un uomo di 50 anni (Prot. N. 23/54) penetrato nella vena renale, accresciutosi fin nella cava e che aveva dato metastasi nei polmoni, nei linfonodi broncopolmonari e nel cervello. Nella sua struttura esso non mostrava in nessun luogo accenni a un tumore ipernefroide, ma dovette essere classificato come carcinoma a grandi alveoli, ad accrescimento solido, di forma nodosa.
IL
I03I
RENE
Dato il piccolo numero dei carcinomi renali pubblicati e della delimitazione molto diversa eseguita tra essi e i cosidd. ipernefromi non si può dire nulla di definitivo, se tra ambedue i tipi tumorali esistano differenze nella metastatizzazione. B E R N E Y e C H U R C H I L L riferirono su un adenocarcinoma con metastasi polmonari, R A T N E R e S C H N E I D E R M A N SU metastasi nella cute ed all'endometrio. Un carcinoma renale bilaterale in reni cistici osservarono B O R S K I e K I M B R O U G H . L'associazione di adenocarcinoma e di tubercolosi del rene è pubblicata in una serie di osservazioni personali ed
F i g . 359Metastasi polmonare di un adenocarcinoma del rene. Uomo di 63 anni. Prot. N. 565/55.
in base ad una rassegna della letteratura da N E I B L I N G e W A L T E R , pure si tratta bene di forme tumorali ipernefroidi. Su tumori in reni ectopici e ptosici (per lo più carcinomi e cosidd. ipernefromi) riferì G I L B E R T .
/?) Il cosiddetto ipernefroma del rene
[tumore ipernefroide,
carcinoma
ipernefroide,
tumore di
GRAWITZ)
Noi intendiamo con queste espressioni formazioni tumorali, che nella loro struttura hanno una certa somiglianza con la corticale del surrene e perciò da G R A W I T Z furono ricondotti a germi surrenali aberranti nel tes-
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APPARECCHIO
URINARIO
suto renale (struma lipomatoides aberrata renis). Il nome di ipernefroma proviene da BERGSTRAND, LUBARSCH le chiama neoformazioni ipernefroidi o tumori di tipo surrenale. Vengono qui trattati nei tumori epiteliali maligni, sebbene una parte di essi sia sicuramente di natura benigna. APITZ chiama questi u l t i m i strume renali. L a delimitazione dalla forma maligna è però così difficile che meglio conviene discutere t u t t o il gruppo insieme.
Fig. 360. Carcinoma a cellule chiare del rene sinistro. Macroglobulinemia di Waldenstrom, tubercolosi polmonare apicale bilaterale. Uomo di 55 anni. (Aut. 31481 dell'Istit. di Anat. e Istol. Patol. dell'Univ. di Milano).
Il -problema è ora se essi realmente formano un gruppo a sé. N e l modo più certo questo si può dire dei piccoli nodi (delle strume renali di A p i t z ) . Esse sono di regola della grandezza da una lenticchia fino ad una ciliegia (pure ci sono tumori della stessa struttura fino alla grandezza del pugno di un uomo, APITZ) di forma tondeggiante o rotondo-angolare, nettamente delimitati da una capsula, e sulle sezioni di taglio di colore giallo zolfo. Sono situate sempre nella corticale, per lo più sotto la capsula; t a l v o l t a sono infiltrate da emorragie e mostrano all'interno trasformazione cistica o cicatriziale. Constano di cordoni cellulari a decorso parallelo, solidi diritti o tortuosi, che sono separati l'un dall'altro da uno stroma esile, consistente quasi solo di capillari. L e cellule sono disposte per lo più in due
IL RENE
I°33
file i m m e d i a t a m e n t e a c c a n t o alla p a r e t e dei capillari, sono di f o r m a poligonale e si distinguono specialmente per il loro citoplasma
chiaro,
trasparente,
che è ricco di sostanze grasse e glicogeno e v i t a m i n a A (fluorescenza, ALLEN). Così la struttura ricorda la costituzione
della corticale surrenale,
cellule non è veramente lo stesso. Poi il citoplasma surrenale
è spumoso — a favo, non
Che ci siano germi
della
l'aspetto
delle cellule della
delle
corticale
chiaro.
corticale
surrenale
aberranti
nella
corticale
del rene, non si d e v e n a t u r a l m e n t e contestare. L a fig. 361 d à un esempio
Fig. 361. Germe cortico-surrenale aberrante nella corticale del rene. Uomo di 54 anni. Prot. X. 611/54.
di u n tale « coristoma », m e g l i o definito « coristia » che giace b e n delimitato, s o t t o la capsula del rene, e nella sua s t r u t t u r a corrisponde c o m p l e t a m e n t e a quella della corticale del surrene. N i e n t e a f f a t t o r a r a m e n t e si v e d o n o distrofie v o l u m i n o s e (talvolta concernenti grosse p a r t i di u n o o di a m b e d u e i surreni) s o t t o la capsula del p o l o superiore dei reni. S i a b r e v e m e n t e m e n z i o n a t o che a n c h e f u o r i del rene si o s s e r v a n o tali distrofie, p. es. n e l l ' a m b i t o del sistema genitale. Se noi c o n f r o n t i a m o ora le forme cellulari di queste distopie con quelle dei t u m o r i ipernefroidi (cfr. figg. 362 e 363), si osserva c h i a r a m e n t e la d i f f e r e n z a t r a il t i p o cellulare s p u m o s o delle p r i m e e quello chiaro di queste ultime. Queste cellule chiare sono l'elemento caratteristico della cosidd. struma renale. P e r ò ci sono a n c h e t u m o r i a s t r u t t u r a simile, che sono composti 65* — KAUFMANN II, p. I
1034
APPARECCHIO
URINARIO
F i g . 362. Cordoni cellulari d a germe cortico-surrenale aberrante. C i t o p l a s m a non chiaro, m a spumoso. Particolare dal p r e p a r a t o 361.
F i g . 363. Cordoni di " c e l l u l e c h i a r e " in t u m o r e ipernefroide. D o n n a di 60 anni. N . 3583/54.
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i n t e r a m e n t e o in p a r t e d i c e l l u l e p i c c o l e , p o v e r e d i p l a s m a . E s s e s o n o ind i c a t e d a W E P L E R (non d e l t u t t o a r a g i o n e ) p e r f i n o c o m e il t i p o c e l l u l a r e v e r o e proprio. A n c h e la s t r u t t u r a grossolana m o s t r a t a l v o l t a differenze, in q u a n t o nei cordoni
cellulari
c o m p a i o n o cavità
c h e in p a r t e h a n n o l u o g o
p e r n e c r o s i c e l l u l a r e e d e m o r r a g i e o e s s u d a z i o n e sierosa, in danno
l'impressione
di
cavità
preformate
puramente
d u n q u e il c o n t r a s t o c o n gli a d e n o m i n o n è d e l t u t t o
parte
però
ghiandolari.
Così
rigido
Lu-
(come
BARSCH lo h a e s p o s t o ) , m a si p u ò essere inclini, c o n STOERCK a t r o v a r e som i g l i a n z e t r a a m b e d u e (o, c o m e egli p e n s a , s t a d i d i p a s s a g g i o ) .
Fig. 364. Sezione da piccolo tumore «ipernefroide » del rene. Struttura cordoniforme a cellule grandi, vescicolose, chiare. Uomo di 67 anni. Prot. N. 22/55.
C o m e possa essere diverso il tipo s t r u t t u r a l e e cellulare è desumibile dalle figg. 364 fino a 366, che p r o v e n g o n o t u t t e dallo stesso t u m o r e renale, della g r a n d e z z a di una ciliegia, n e t t a m e n t e delimitato, a p p a r e n t e m e n t e benigno. N e l l a fig. 364 la s t r u t t u r a è solida, a f o r m a cordonale, le cellule sono chiare; nella fig. 365 si v e d o n o a c c a n t o a cellule t r a s p a r e n t i in p r e v a l e n z a quelle con p l a s m a scuro, finemente granuloso e f o r m a nucleare molto irregolare; e nella fig. 366 la s t r u t t u r a è microcistico-papillare, le f o r m e cellulari e la loro colorabilità c a m b i a n o ; queste parti r i c o r d a n o di più le f o r m a z i o n i a d e n o m a t ö s e , come f u r o n o sopra descritte. A n c h e con l ' a i u t o della reazione per la f o s f a t a s i alcalina (GÖMÖRI) non si possono stabilire r a p p o r t i univoci. I piccoli a d e n o m i renali sono per lo più f o s f a t a s i n e g a t i v i , i t u m o r i ipernefroidi m o s t r a r o n o in personali ricerche c o m p o r t a m e n t o vario.
1036
APPARECCHIO
URINARIO
Proprio nell'interno dei piccoli tumori (benigni) si vedono spesso processi di cicatrizzazione con necrosi delle cellule specifiche e sostituzione con un tessuto connettivo povero di cellule, rigonfio per edema (fig. 367). Per lo più le cellule residue sono piccole, il loro citoplasma scuro. Si è dunque pensato che qui si riflettano certi fenomeni regressivi. Come sono ora da interpretare questi piccoli tumori? APITZ li ritiene benigni, finché consistono solo di cellule chiare. E g l i è però del parere che essi più tardi possano trasformarsi in forme maligne, in cui si cambia il
Kg- 365Dallo stesso tumore della fig. 364. Cellule tumorali irregolari per grandezza e forma. Forte variabilità dei nuclei. Citoplasma solo in singole cellule chiare, per lo più compatto, finemente granuloso. Nessuna somiglianza con la corteccia surrenale.
loro tipo cellulare (v. in seguito). BELL non vide mai metastasi in tumori al di sotto di 3 c m di diametro; secondo MAURIC e Coli, come ALLEX non vi è alcun parallelismo tra struttura, forma cellulare e prognosi. CHWALLA vide metastatizzazione ad esito letale in tumore ipernefroide di aspetto interamente « m a t u r o ». Metastasi singole, che sono paragonabili a quelle della « struma colloide », sono state spesso osservate (APITZ) . Non si hanno influssi ormonali e influenze sulla pressione sanguigna (SUTER, ALLEN). Ciò è considerato dalla maggior parte dei ricercatori come prova contro la natura surrenale. E da notare, che anche gli adenomi puri del corticosurrene, in ogni caso in adulti, mai portano a disturbi incretori evidenti, finché sono di piccolo volume. Però anche nei grandi ipernefroidi, « benigni »
IL
RENE
Fig.
I°37
366.
D a l l o s t e s s o t u m o r e d e l l e figg. 364 e 365. S t r u t t u r a c i s t o p a p i I l a r e c o u p r e d o m i n a u z a d i c e l l u l e chiare.
Fig.
367.
T u m o r e i p e r n e f r o i d e d e l r e n e . Z o n a c e n t r a l e in s e d e c i c a t r i z i a l e , l ' o m o di 7 1 a n n i . P r o t . X . 364/53.
APPARECCHIO
URINARIO
non sono stati dimostrati effetti ormonali. Solo CHWALLA e KLIMPEL pensano che pure si possano constatare più spesso. L'Autore osservò poco tempo fa un caso, in cui era seducente l'idea di un effetto ormonale e di una regolazione nel sistema endocrino. In un uomo di 54 anni con ipoplasia di alto grado dei testicoli e tipo di struttura corporea spiccatamente femminile (anche larghe, mani sottili, accentuata formazione mammaria, mancanza di crescita di barba) esisteva una marcatissima iperplasia nodosa della corteccia surrenale (che forse anche era da rendere responsabile dell'ipoplasia dei testicoli, ma della buona evoluzione e maturazione della prostata) e come « reperto accessorio » un tumore ipernefroide, circa della grandezza di un uovo di colombo, le cui cellule dimostravano citoplasma uniforme chiaro e trasparente e si differenziavano per ciò molto chiaramente dal citoplasma schiumoso delle iperplasie corticali del surrene. Era naturalmente ovvio che qui un germe aberrante della corticale surrenale, contemporaneamente con la corticale del surrene venne attivato endocrinamente e perciò portato alla proliferazione neoplastica. L'Autore personalmente però (proprio a causa della diversità dei tipi cellulari) vorrebbe considerare come casuale la coincidenza di iperplasia dei surreni con il tumore renale ipernefroide. Non si può contestare (LUBARSCH) che nella struttura dei tumori ipernefroidi esista una certa somiglianza con la struttura della corticale surrenale e con i suoi adenomi; da ciò però trarre conclusioni sulla loro origine non è possibile per la diversità delle forme cellulari. I rapporti con gli adenomi dei reni sono molto discussi. APITZ li rifiuta completamente e accenna che le cellule chiare non comparirebbero mai negli adenomi renali. Sicuramente ciò non vale senza eccezioni, come è stato dimostrato nella precedente sezione. L'opinione di STOERK fu già menzionata. Nella letteratura inglese e americana le « strume renali » di solito vengono annoverate fra gli adenomi o i carcinomi del rene, però viene loro pure concessa una posizione particolare come « adenomi (0 carcinomi) a cellule chiare ». Le grandi formazioni tumorali ipernefroidi del rene mostrano dunque variazioni straordinariamente forti nella loro struttura, così che è difficile in genere stabilire un tipo della loro struttura e forma cellulare. Persino nello stesso tumore, nella stessa sezione microscopica, i quadri possono essere così diversi, che ci si meraviglia che appartengano allo stesso tumore. Ciononostante si può rilevare un fatto e cioè che il tipo principale delle forme cellulari è anche qui la « cellula chiara » col suo grande citoplasma molto rigonfio e col nucleo piccolo, compatto, posto ora più alla periferia ora al centro. Inoltre si vedono però considerevoli deviazioni da questo tipo cellulare. Sono talora grandi cellule « ricche di plasma » (APITZ) con citoplasma compatto, spesso granuloso e colorazione basofila. Esse possono mostrare una polimorfía molto considerevole e cambiarsi in forme del tutto irregolari, spesso plurinucleate, che non lasciano più riconoscere nessuna somiglianza
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I039
con le cellule chiare. Di solito in tal caso anche le strutture sono molto più irregolari (su ciò più tardi si tratterà, pag. 1042). Autori francesi parlano ancora di grandi cellule chiare con citoplasma omogeneo, colorato intensamente in rosa (eosinofilo). STOERK ha descritto ancora cellule chiare particolarmente grandi. ALLEN distingue cellule chiare e granulose, BELL chiare e scure. Il passaggio da un tipo all'altro è costituito dalle cellule « intermediarie » di APITZ.
Fig. 368. Grande tumore ipernefroide a cordoni grandi, composti di cellule chiare e «intermediarie» più piccole (APITZ). Donna di 64 anni. JN 5ro/5i. V a l g a n o c o m e esempi le fìgg. 368 t u r a c o m p o s t a di cordoni tortuosi con corrispondono alla f o r m a i n t e r m e d i a u n t u m o r e con cellule scure che però « ipernefroide ».
e 369. L a fig. 368 m o s t r a la t i p i c a s t r u t cellule che in p a r t e sono chiare, in p a r t e di APITZ; nella fig. 369 è r a p p r e s e n t a t o in altre p a r t i m o s t r a v a a n c h e c a r a t t e r e
L a cellula chiara però rimane il tipo fondamentale che si perde sempre più nei tumori evidentemente maligni che si accrescono distruggendo e dando metastasi, sino a che origina una cellula tumorale del tutto atipica della quale si può difficilmente ancora distinguere se ha carattere epiteliale o mesenchimale. Si aggiunge a ciò la tendenza dei tumori ad andare incontro in toto o in parte a proliferazioni che secondo la loro struttura istologica si possono indicare solo comt sarcomi (fig. 370 da una metastasi di un tumore ipernefroide nel miocardio).
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Fig. 369. Grande tumore ipernefroicle a cellule irregolari con plasma per lo pili scuro. S t r u t t u r a cordonale disordinata. Uomo di 72 anni. Prot. X . 495/53.
Fig. 370. Parte sarcomatosa di 1111 tumore ipernelxoide del rene da metastasi nel miocardio. Uomo di 73 anni. Prot. X . 482/55.
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E con ciò veniamo alle diverse varianti della struttura grossolana dei grandi tumori maligni « ipernefroidi ». Qui dominano a dir vero in generale disposizioni trabecolari ed alveolari delle cellule tumorali, che noi abbiamo descritto nei piccoli tumori « benigni ». Inoltre però quasi sempre si vedono parti a struttura ghiandolare o glandulo-cistica, nelle quali non si ha affatto l'impressione che le cavità siano originate per distruzione cellulare. Il rivestimento epiteliale si delimita in essi così rettilineo verso la cavità spesso dilatata, come noi non lo possiamo trovare in maniera più tipica negli adenocarcinomi veri e propri (o nei tubuli urinari). Le cellule tumorali pos-
Fig. 371Grande tumore ipernefroide a s t r u t t u r a ghiandolare, però a cellule chiare. Donna di 60 anni. JN. 3583/54.
sono ivi, come nelle forme solide, serbare il loro aspetto chiaro o anche presentare un protoplasma più scuro, compatto (fig. 371 di una donna di 60 a.: struttura tubulare con cellule chiare; e fig. 372, struttura tubulare a cellule con protoplasma compatto, finemente granuloso). E alla fine si vedono sempre più formazioni papillari, come noi abbiamo imparato a conoscere negli adenomi (fig. 373). Se in questi tipi la struttura è da considerare ancora come ordinata, può andare completamente perduta la struttura alveolare, trabecolareo tubulare. Si arriva a formazioni che ricordano molto i sarcomi o addirittura debbono essere indicate come tali, tanto più che si ha talvolta l'impressione che le cellule tumorali abbiano anche la capacità di produrre fibre, così da avvicinarsi al tipo fibroblastico (cfr. fig. 370 a pag. 1040). 56
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Di solito i tumori non sono puramente tubulari o cistico-papillari (tali furono descritti nella precedente sezione e indicati come carcinomi, pag. 1027), ma hanno solo parti più piccole o più grandi, in cui tali particolarità strutturali spiccano, mentre nelle altre parti quantitativamente prevalenti predomina il tipo trabecolare a cellule chiare o più a cellule scure. In questo caso la forma cellulare e la struttura non vanno parallele. Ci sono tipi trabecolari a cellule chiare e a cellule scure, tubulari a cellule chiare e scure, e cistico-papillari con le stesse differenze cellulari (cfr. F O O T , H U M P H R E Y S e W H I T M O R E ) . Tutte queste forme e sottoforme sono conosciute naturalmente da molto tempo (cfr. G R A W I T Z stesso, H O R N , K O S T S C H E N K O ,
Fig. 372. Grande tumore ipernefroide a struttura ghiandolare, però a cellule con citoplasma compatto, granuloso. Uomo di 80 anni. N. 4889/5^
e degli Autori più recenti ed altri). Non sono mancati anche tentativi di giungere ad una classificazione degli « ipernefromi » in base alla struttura e alla forma cellulare prevalente ( R O S E N F E L D , L U B A R S C H , C H W A L L A ed altri). Tutte queste divisioni non corrispondono naturalmente a limiti naturali, ma sono più o meno arbitrarie ( W E P L E R ) . L a più netta è la divisione di A P I T Z , che indica come strume renali solo i tumori composti da cellule chiare e li considera benigni, mentre p. es. H U C K E L distingue tra le forme maligne le «tipiche», che ricordano nella loro struttura il surrene, dalle « atipiche » distorte nella loro strutROSENFELD,
STOERK,
CHWALLA, WEPLER,
LUBARSCH,
OBERZIMMER
APITZ, ALLEN,
BELL
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tura. Secondo tale Autore l'ipernefroma tipico può essere benigno o maligno, mentre l'atipico è sempre maligno. Questa spiegazione di HÜCKEL è anche oggi ancor valida e se APITZ scrive che occasionalmente strume renali pure danno metastasi singole, ciò significa appunto che quelle costituite del tutto tipicamente per vero di regola sono benigne, m a talora presentano proprietà maligne. A l riguardo si deve in accordo con APITZ indicare che le metastasi non sempre constano solo di cellule atipiche, ricche di plasma o « intermediarie », ma quasi sempre, anche talvolta persino come elemento principale, sono composte di cellule chiare. L a cellula trasformata non rappresenta evidentemente il tipo mutato definitivamente della malignità.
Fig- 373Grande tumore ipernefroide a struttura ghiandolare e papillare a grandi cellule chiare. Uomo di 54 anni. N. 4754/51.
Il problema principale è quali conclusioni si devono trarre, dalla costituzione dei tumori e dalla variabilità delle loro strutture, sulla loro origine. Nella moderna letteratura si è d'accordo su 2 punti: 1. L e f o r m a z i o n i t u m o r a l i suddescritte sono di natura e genesi uniche. Se q u e s t o assioma v a l e anche per gli a d e n o c a r c i n o m i p u r i o cistopapilliferi e per i t u m o r i scirrosi d i f f u s a m e n t e infiltranti, resta per il m o m e n t o insoluto. V a l e però almeno per q u e i tumori, il cui tipo è la cellula chiara, anche se d a essa c o m p a i o n o varie deviazioni. 2. Questi tumori non hanno nulla a che fare con la corticale del surrene. L a v e c c h i a opinione di GRAWITZ e della sua scuola, che in u l t i m o fu p a t r o c i n a t a
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ancora da LUBARSCH per i tumori trabecolari ipernefroidi a cellule chiare, ha ceduto alla nuova che i tumori derivino dai canalicoli renali (STOERK, ROUSSY e L E R O U X e B U S S E R , A L L E N , B E L L , PICCOLO e F E R R A R A ) e l i r i c o n d u c e a d u n o
stretto collegamento con gli adenomi corticali, come fa anche H A M P E R L nel suo manuale, o attribuisce loro una origine disontogenetica da stadi precoci dello sviluppo renale o del mesotelio, come noi vediamo specialmente in W E P L E R , APITZ e R I O P E L L E .
Secondo APITZ, che si è occupato particolarmente per esteso del problema, la forma fondamentale del tumore è « la struma renale » con la sua struttura trabecolare a cellule chiare o povere di citoplasma. Essa è benigna. Lo sviluppo della malignità procede con la trasformazione delle cellule nel tipo ricco di plasma o intermediario, che quasi regolarmente si trova nelle metastasi, e anche nei tumori primari che danno metastasi, ed è per così dire il substrato della malignità. L'opinione non è in generale condivisa con questa precisione, sebbene anche C A H I L L abbia indicato che la prognosi dei tumori consistenti solo di cellule chiare in generale è più favorevole. In favore dell'origine disontogenetica valgono', a) l'alto contenuto in glicogeno delle cellule tumorali, che sarebbe proprio e particolare dei tessuti embrionali; b) la variabilità di alto grado dei tumori che nelle formazioni tumorali di tessuti maturi è meno probabile; c) la tendenza alla trasformazione sarcomatosa, la quale indica che i tumori derivano da una matrice, che conserva ancora potere di formare mesenchima (GERSTEL); d) la combinazione con malattie sicuramente di natura disontogenetica, in particolare con la malattia di L I N D A U e con la sclerosi tuberosa del cervello ( W O L F F e D O N A T H , A P I T Z , G R E E N e R O S E N T H A L ) . Anche da A S C H O F F , S C H M I N C K E , K Ö N I G , S C H O E N e M O S E N G E L sono state espresse opinioni simili. L'epoca della formazione embrionale dell'abbozzo tumorale dovrebbe così essere considerata molto precoce ( W I L S O N e W I L L I S , W . e W . G E R L A C H , L E F È B R E ) . Allora sarebbe anche spiegabile la somiglianza tra i tumori del rene con le neoplasie del surrene, che indubbiamente esiste nella struttura (se non anche nella forma cellulare (APITZ). Malgrado questi punti di vista da prendere in considerazione seriamente, la ipotesi dell'origine embrionale non è accettata e, secondo il parere dell'Autore, con ragione. Al riguardo è in primo luogo ancora una volta da sottolineare quell'obiezione che già fu portata all'inizio del capitolo. Sarebbe addirittura senza parallelo nell'oncologia, che un organo come il rene che è così fortemente capace di rigenerare e tende verso la formazione di adenomi e con ciò dimostra la capacità di proliferazione del suo epitelio tubuläre in particolari circostanze, dovrebbe produrre come forma di gran lunga più frequente di tumori maligni, quelli di natura disontogenetica, i quali per di più, in tutte oppure in singole parti, presentano una certa somiglianza con gli adenomi. A queste, altre obiezioni si aggiungono ancora contro l'ipotesi che riconduce i tumori a difetti precoci di sviluppo embrionale del mesoderma. Noi ab-
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biarao nei cosiddetti adenosarcomi embrionali tumori che con ogni verosimiglianza sono di natura disontogenetica e originano da materiale cellulare simile oppure molto affine. E come rare sono combinazioni di questi tumori con tumori ipernefroidi! E il fattore età: noi sappiamo da altre esperienze che formazioni tumorali da difetti di differenziazione embrionale tendono a comparire già in età giovanile. I cosiddetti ipernefromi sono però in prevalenza tumori dell'età adulta, epoca cioè in cui si trovano anche la maggior parte degli adenomi. Ipernefromi nei bambini sono straordinariamente rari. HEMPSTEAD, DOCKERTY e PRIESTLEY e LOGAN t r o v a r o n o n e l m a t e r i a l e
della Mayo Clinic in 21 anni due casi corrispondenti (in età di 8 e 14 anni) e ritengono le osservazioni comunicate prima non incontestabili. Dati gli stretti rapporti genetici tra rene e ghiandole germinali si dovrebbe veramente anche aspettare che queste ultime più frequentemente producessero tipi tumorali affini ai tumori renali discussi. Anche di ciò non può trattarsi. Le esperienze biologiche generali della patologia tumorale e le nozioni sullo sviluppo del mesoderma parlano quindi in prevalenza contro l'ipotesi che riconduce i cosiddetti ipernefromi a fattori disontogenetici. L a difficoltà dell'ordinare i tumori ipernefroidi sta a mio parere non tanto nella occasionale trasformazione sarcomatosa, che forse sta in rapporto col fatto che proprio anche gli epiteli canalicolari del rene derivano dal mesoderma e con ciò forse ancora possiedono una certa potenza di differenziazione mesenchimale, quanto nella particolare posizione delle « cellule chiare » che è proprio il vero tipo della « cellula dell'ipernefroma » e senza la quale non dovremmo parlare di carcinoma renale. Perciò non si è mancato di cercare le cellule madri di essa. L'idea di PUHR, che i tumori di GRAWITZ siano reticoloendoteliomi, è sicuramente da respingere. Anche l'interpretazione come angioepiteliomi (NEURNBERG), se anche come forma particolare, è sicuramente falsa. FEYRTER tende a considerare i tumori solidi di GRAWITZ come tumori endocrini delle gemme cellulari di BECHER. L a prova univoca per questo dovrebbe essere portata, specialmente con la dimostrazione di determinate cellule e attività endocrine. C'è però da domandarsi se la particolarità del corpo cellulare della cellula di GRAWITZ che si manifesta nella tendenza ad immagazzinamento di grasso e glicogeno e dà così alla cellula il suo aspetto chiaro, non sia in rapporto con la proprietà fondamentale degli epiteli tubulari al riassorbimento ed immagazzinamento. Questa qualità fondamentale dovrebbe poi negli ipernefromi più maturi (le strame renali) essere mantenuta ancora nel modo migliore nell'ulteriore sdifferenziazione, però sempre più andare perduta e così lasciare originare una cellula con protoplasma denso, basofilo ad eosinofilo (non più tesaurizzante). Le cellule dell'ipernefroma ricordano nella loro forma le cellule di ARMANNI-EBSTEIN nel diabete. In esse la capacità di immagazzinamento di glucosio dall'urina e la capacità di sintesi del glicogeno raggiungono espressione morfologica. Nelle cellule
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tumorali, che non sono più in comunicazione con la corrente urinaria, ma stanno in rapporto col sistema capillare in modo intimo, questo immagazzinamento potrebbe aver luogo dal sangue. Così sarebbe anche comprensibile che i tumori benigni di G R A W I T Z consistano solo di cellule chiare mentre i maligni presentano parti più o meno grandi di cellule « funzionalmente poco differenziate ». In contrasto con questa opinione sta veramente
Fig- 374Grande carcinoma ipernefroide, fisso ad un polo, con penetrazione nel bacinetto e nella vena renale. Uomo di 74 anni. N 5675/55.
la constatazione di Li V O T I , che negli ipernefromi le parti a cellule scure presentano reazioni enzimatiche positive (fosfatasi, nucleotidasi), mentre quelle a cellule chiare non dimostrano questa reazione. Ciò parlerebbe piuttosto in favore del fatto che le cellule chiare sono quelle indifferenziate, ma sarebbe interpretato da Li V O T I nel senso che gli ipernefromi derivano dall'epitelio renale, tanto più che le cellule surrenali corticali non mostrano le reazioni enzimatiche. Ciò l'Autore può interamente confermare per le fosfatasi, mentre la reazione secondo GÒMÒRI nei tumori ipernefroidi era varia.
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Per ora si deve quindi dire che sicuramente i cosiddetti tumori di Grawitz, e una gran parte dei carcinomi, sono di natura e origine unica, che per vero certi momenti paiono parlare per una origine dei primi da cellule immature del mesoderma, ma motivi molto importanti di patologia generale e di embriologia fanno più verosimile l'origine dai canalicoli renali stessi o da formazioni adenomatöse, tanto più che la struttura delle formazioni tumorali in molti casi mostra interamente somiglianza con gli adenomi tubulari e cistico-papillari.
Fig- 375C a r c i n o m a i p e r n e f r o i d e gigantesco o c c u p a n t e quasi l ' i n t e r o r e n e , a s t r u t t u r a n o d u l a r e e a sezione v a r i e g a t a (emorragico). U o m o di 47 a. N . 2245/55.
L'aspetto macroscopico dei « carcinomi ipernefroidi » — come sono da nominare specialmente in rapporto alla tradizione storica ed all'opinione corrente sulla loro propria essenza e per ribadire la loro posizione particolare, malgrado la suddetta opinione — è straordinariamente variabile e fortemente condizionato dalle alterazioni secondarie del parenchima neoplastico. Caratteristica è la loro tendenza ad una certa delimitazione per mezzo di una specie di capsula, che però spesso è interrotta, così che vicino al tumore principale nel tessuto renale spesso si trovano altri nodi (apparentemente autonomi, in realtà da mettere in relazione col tumore principale). La sede del tumore è spesso ad un polo del rene ( W i l d b o l z ) , talora però anche piuttosto nel mezzo dell'organo (cfr. figg. 374 e 375). Caratteristica è ancora la loro tendenza molto spiccata ad invadere il bacinetto renale e a
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riempirlo con zaffi tumorali compatti (v. particolarmente LJUNGGREN). Così si spiega l'ematuria, che accanto a dolori locali non ben definiti molte volte è il primo sintomo allarmante della malattia (ALBARRAN e IMBERT, LJUNGGREN, JUDD e HAND). Si p u ò giungere all'obliterazione dell'uretere.
Così l'invasione del sistema venoso del rene è un fenomeno particolarmente frequente, in cui non solo la vena renale stessa può essere occlusa da masse tumorali, ma queste possono spingersi nella cava inferiore e persino nel cuore destro (cfr. figg. 376 e 377).
Fig. 376. Carcinoma ipernefroide del rene, invasione della vena renale. Trombo tumorale ampio, che riempie la vena. Uomo di 74 anni. Prot. N. 338/55.
BELL vide nel suo materiale solo 22 volte trombi tumorali nella cava, 4 volte si erano spinti nel cuore destro. Nonostante queste grossolane invasioni vascolari non sempre si giunge obbligatoriamente a metastasi ematogene. Hanno luogo anche invasioni tumorali attraverso la capsula fibrosa, sono però relativamente rare (cfr. KUSTER, osservazione di E. KAUFMANN). La superficie di sezione dei tumori è per lo più di colore variegato composto di parti del colore dello zolfo, giallo-bruniccie, con parti rosse e bianche, variamente mescolate. Nei tumori piccoli, che sono delimitati nettamente e appaiono benigni, il colore giallo è predominante, nei grandi tumori, ta-
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lora occupanti quasi t u t t o il rene, prevale il colore variegato della superfìcie di sezione. Particolarmente frequenti sono le emorragie (cfr. fig. 375). Per la grande ricchezza di sangue e per la natura delicata della parete dei capillari, spesso dilatati irregolarmente, si giunge facilmente alla fuoriuscita di sangue nel parenchima tumorale. In tal caso ampie zone dei cordoni cellulari possono essere così stipate di sangue nei loro
Fig. 377. Trombo tumorale nella vena renale in carcinoma ipernefroide a struttura tubulare, a cellule chiare. Donna di 60 anni. N. 3583/54.
assi, che si ha l'impressione di tubuli epiteliali con contenuto ematico e viene suscitata l'impressione di un « angioepitelioma » (NEUERNBERG), denominazione che LUBARSCH ha riconosciuto, mentre WEPLER la rifiuta. Sicuramente una parte dei « pseudolumi » nei cordoni epiteliali sarà spieg a t a da tali emorragie, in altre sedi si ha interamente l'impressione che le emorragie a v v e n g a n o in cavità preformate. All'origine delle emorragie contribuiscono essenzialmente le invasioni
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sopra menzionate del tumore nei vasi sanguigni. Anche i disturbi di nutrizione, che nei carcinomi ipernefroidi non sono una rarità e possono giungere fino a necrosi estese, sono in parte da spiegare attraverso tali invasioni dei vasi. Trasformazioni fibrose del tessuto tumorale possono essere interpretate come processi di cicatrizzazione di necrosi. Esse non sono rare, come in tutti i tumori maligni, sono trovate più spesso veramente nelle formazioni tumorali benigne (a lento accrescimento) (cfr. all'inizio di questo capitolo, pag. 1036).
Fig. 378. Metastasi miocardica di carcinoma ipernefroide a struttura raggiata, in parte a cellule chiare, in parte a cellule scure. (Cfr. fig. 370; parte sarcomatosa). Uomo di 73 anni. Prot. N. 482/55.
L a metastatizzazione di tutti i carcinomi renali avviene più per via ematica che per via linfatica. B e l l confronta 181 casi con metastasi con 156 senza metastasi. A l riguardo si dimostra (v. la sua tab. 70) il rapporto della frequenza delle metastasi con la grandezza del tumore primitivo. Tumori di diametro inferiore a 3 cm si dimostrarono (in base alle loro metastasi) solo eccezionalmente maligni. Nell'ordine degli organi colpiti da metastasi i polmoni stanno in prima linea. Poi seguono fegato, linfonodi, ossa, surreni peritoneo, cervello ( B e l l ) . Similmente H a r v e y (polmoni, ossa, fegato, linfonodi; anche l'altro rene è non di rado sede di metastasi) e W a l t h e r . Come esempi di metastatizzazione di tipo insolito servono le figg. 378 (metastasi nel miocardio) e 379 (dello stesso caso) con numerose metastasi nel midollo lombare, cono terminale e coda equina.
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Ripetutamente viene segnalato nella letteratura che le prime manifestazioni cliniche talvolta possono essere provocate da una metastasi (specie nelle ossa con frattura spontanea) ( S I M M O N D S , A N G S T E I N , B U M P U S , W I L L I S , S C H I N Z e U E H L I N G E R , W A L T H E R , M A N N , Lett. in H U C K E L , vasta rivista sintetica in P R I E S T L E Y . Qui e in D E N N I N G , F O O T e H U M P H R E Y S e W H I T M O R E indicazioni sulla prognosi). Secondo W I L D B O L Z libertà di recidiva dopo operazioni solo in circa il 30 % , la maggior parte delle recidive nei primi 3 anni, talvolta però anche dopo 6 fino a 11 anni. Altra letteratura sulla prognosi postoperatoria in HERBUT. Sulle manifestazioni tardive da metastasi riferiscono P A S C H E N , K A U F M A N N , W U L FINGHOFF. Le metastasi possono nella struttura corrispondere completamente al tumore primario e essere composte in prevalenza talvolta di cellule chiare, così che dall'esame istologico della metastasi nella biopsia si può riconoscere la natura del tumore primario. In altri casi la struttura è altamente atipica e può presentare accanto alle epiteliali anche strutture sarcomatose (LUBARSCH).
Alcune osservazioni cliniche sul capitolo dei tumori renali. Il sintomo più importante, spesso anche il primo, è l'ematuria (cfr. W I L D B O L Z , S U T E R ) . Quest'ultimo raccoglie nella letteratura la frequenza delle emorragie urinarie, che è valutata fino a 90 % (ISRAEL). Nei tumori renali di bambini pare essere molto più rara. In qualche caso (specie negli adulti) coaguli ematici vermiformi vengono eliminati con l'urina e possono portare alla comparsa di coliche. Le altre modificazioni dell'urina sono poco univoche. Gli esami citologici dei sedimenti urinari „ • , , 11 j ' • possono m un certo numero portare ana diagnosi
Fl®-
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Metastasi nel midollo lombos a c r a l e (e a l l a c o d a equina
Il metodo è considerato da dello stesso caso della fig. 378. come da G U T T E R , H A S C H E K e M E U S E R come un arricchimento della diagnostica, però (secondo il giudizio di questi ultimi) comporta circa il 20 % di errori diagnostici. Sia solo brevemente accennato che dolori e tumefazione locale dimostrabile sono importanti (cfr. i manuali e i trattati clinici). Molto di rado i tumori renali sono causa di uremia. Ciò è comprensibile dal fatto che di gran lunga la maggior parte delle proliferazioni renali si sviluppano unilateralmente. A B E S H O U S E e G O L D S T E I N su 1480 tumori re(PAPANICOLAU).
BUNGE
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KRAUSHAAR,
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nali maligni metastatici non videro m a i u n a insufficienza renale, K R E T SCHMER su 7 7 bilaterali (di cui 38 sarcomi) 6 casi. S u di un caso di uremia in linfosarcoma del rene informano W A L L A C H , S C H A R F M A N e A N G R I S T . T a l v o l t a l'ipernefroma p o r t a all'amiloidosi ( A S K - U P M A R K : 1 6 casi dalla letter a t u r a e 2 personali, H Y M A N e L E I T E R : 4 osservazioni personali). S u l l a guarigione spontanea negli ipernefromi riferisce H U L T Q U I S T . Sulle azioni endocrine cfr. C H W A L L A e K L I M P E L . La bilateralità dell'ipernefrorna è straordinariamente rara (KÙSTER, A L B A R R A N , e I M B E R T , C H U T E ) . I n t u t t o sono segnalati a p p e n a 20 casi nella letteratura ( S E N G E R , B O T T O N E e M U R R A Y , come B A I L E Y , con Y O U N G SBLOOD e R U M M E L H A R D T ) . I n tal caso, d a t a la tendenza dei tumori alla metastatizzazione (anche nell'organo controlaterale) non si può dire se si t r a t t i sempre di tumori primari bilaterali.
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IL
RENE
IO53
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b) T U M O R I M A L I G N I
MESENCHIMALI
DEL
RENE
a ) S a r c o m i del r e n e
Sarcomi puri del rene sono straordinariamente rari. L U B A R S C H ha raccolto dalla letteratura meno recente e dal materiale di osservazione personale in tutto 76 osservazioni, che in certo qual modo sembrano resistere
io
APPARECCHIO
54
URINARIO
alla critica. L a m a g g i o r p a r t e dei v e c c h i l a v o r i statistici non a d e m p i o n o a queste esigenze, t a n t o più che più v o l t e il t u m o r e del t u t t o caratteristico del rene infantile, il cosiddetto « a d e n o s a r c o m a embrionale » (il « t u m o r e di WILMS ») è s t a t o a n n o v e r a t o t r a i sarcomi puri. LUBARSCH distingue il sarcoma a cellule rotonde (che spesso non è b e n delimitato dalle m a l a t t i e sistemiche d e l l ' a p p a r a t o ematopoietico), il sarcoma a cellule fusate (il più frequente), il sarcoma a cellule polimorfe e a c c a n t o i sarcomi misti, c o m e l'emangio, il linfangio, il m i o l i p o s a r c o m a e il m i x o s a r c o m a (che r a p p r e s e n t a u n a v a r i e t à del s a r c o m a a cellule fusate). S u liposarcomi
(p. es. nella sclerosi
cerebrale
tuberosa)
riferiscono
NEWMANN e R E E D , B E L L , F I S H e M C L A U G H L I N , B R A D Y e W A Y B U R N . S e -
c o n d o questi ultimi A u t o r i , ci s a r e b b e r o 12 casi del genere nella l e t t e r a t u r a . Fibrosarcomi coma
furono descritti da POWELL e CLARK, MOORE, RUFF, un sar-
a cellule
fusate
(16 anni dopo pielografìa con T h o r o t r a s t ) d a ZOL-
LINGER, e u n o d a R I Z Z A , miosarcomi
da
N E Y R A U D e ISIDOR,
TETELMAN
e LISA, BLUM e FRUHI.ING ( n u o v a r a c c o l t a in KRETSCHMER), un a cellule polimorfe
d a RATHCKE, osteosarcomi
H A M E R e W I S H A R D , linfosarcomi D A V I S e OLIVETTI)
sarcoma
d a WEBER, HAINING e POOLE,
d a B I D O N E , GIBSON, M I L L E R , c o m e
da
(I).
PRIESTEY v a l u t a il n u m e r o dei sarcomi a circa il 5 % dei t u m o r i renali maligni, u n n u m e r o che secondo POWELL e CLARK e le esperienze personali d e l l ' A u t o r e d o v r e b b e essere s i c u r a m e n t e t r o p p o alto. BELL nel suo v a s t o m a t e r i a l e e s a m i n a t o p a r t i c o l a r m e n t e bene, h a o s s e r v a t o solo u n a v o l t a un sarcoma, S e c o n d o RUFF (1953) il n u m e r o t o t a l e dei sarcomi renali oss e r v a t i negli adulti a m m o n t a a p o c o più di 100. A l t r a l e t t e r a t u r a più v e c c h i a i n J U D D e D O N A L D e MINTZ, p i ù r e c e n t e i n C U L P e H A R T M A N .
L'Autore
stesso osservò un grosso s a r c o m a a cellule f u s a t e di circa 1200 g r nella p a r t e inferiore del rene di un u o m o di 52 anni (fig. 380). Che sarcomi renali in casi m o l t o rari possano anche c o m p a r i r e bilateralmente, m o s t r a n o le o s s e r v a z i o n i d i SANTOS e B A G O L A N .
¡J) I tumori embrionali maligni dei reni A l g r u p p o dei t u m o r i disontogenetici a p p a r t e n g o n o s i c u r a m e n t e nella g r a n p a r t e i t u m o r i che c o m p a i o n o in b a m b i n i piccoli (però t a l v o l t a anche negli adulti, cfr. in seguito), di cui il r a p p r e s e n t a n t e principale è il c o s i d d e t t o « adenosarcoma
embrionale »; possono però m o s t r a r e
anche il c a r a t t e r e di
s a r c o m a p u r a m e n t e cellulare e di t u m o r e di tessuto m i s t o m e s e n c h i m a l e .
(1) Su un emangiopericitoma
riferiscono BLACH e HEINEMANN.
IL
I055
RENE
Essi sono indicati nella letteratura straniera per lo più come tumori di WILMS (I tumori misti, Leipzig 1899). L a maggior parte di questi tumori viene all'osservazione nei primi due anni di vita, 90 % entro i primi sette anni. Secondo la tabella di LUBARSCH (cfr. anche MUTO) sono osservati già in feti e neonati. Nella letteratura, LUBARSCH ne trovò 9 oltre i 10 anni; le osservazioni in adulti sono molto cresciute nell'ultimo tempo: SPARKS 1942 ne trovò 26, L O E B 1 9 4 3 , 30, E S E R S K Y , PANOFF e JACOBI 1 9 4 7 b e n 56,
G i g a n t e s c o s a r c o m a a cellule
CULPCHART-
Fig. 380. f u s a t e del r e n e in u o m o di 52 a n n i (peso di circa 1200 gr). P r o t . N . 559/55-
MAN 1948, 97, LIVERMORE 1953 circa 100 osservazioni corrispondenti nella letteratura. BELL in 18 casi personali 3 in età di più di 50 anni. Il portatore più vecchio era una donna di 80 anni (CLAY). Altre nuove comunic a z i o n i di GLEICHMANN, ORMOS e
OLMSTEAD,
FRUHLING e BLUM e LEGAL,
Molto rari sono i tumori bilaterali MERKEL, casi
ADAM,
JAKOBOVITS.
AGERHOLM-CHRISTENSEN,
familiari
(WALKER,
DEUTICKE,
(KRETSCHMER e HIBBS, LADD,
CAMPBELL). T a l v o l t a FISCHER-WASELS,
sono
MASLOW,
osservati BOBBIO
(3 germani, da GAULIN anche in gemelli monovulari). Per quanto riguarda la frequenza dei tumori di WILMS, PRIESTLEY e BRODERS offrono un punto di riferimento con la constatazione che essi costituiscono circa il 20 % di tutte le neoformazioni maligne nei bambini.
1056
APPARECCHIO
URINARIO
Per quanto riguarda il reperto macroscopico si t r a t t a per lo più di tumori grandi, evidentemente a rapido accrescimento, molli, che ora sono sviluppati in un polo del rene, ora interessano t u t t o l'organo diffusamente, m a solo relativamente tardi invadono la capsula. Sulla sezione di taglio sono di colore grigio-bianco sporco, di tipo sarcomatoso e possono mostrare necrosi ed emorragie. Istologicamente circa 2/3 di questi tumori mostrano la struttura del cosiddetto « adenosarcoma embrionale », cioè consistono di una massa molto
Fig. 381. Cosiddetto adenosarcoma embrionale del rene in un bambino di 4 anni. Materiale ottenuto per puntato.
ricca di cellule rotondeggianti o fusate o piuttosto stellate con nuclei intensamente colorati e citoplasma m a l delimitato in cui, più o meno abbondanti e chiaramente delimitate sono disseminate cavità a forma tubuläre con rivestimento similepiteliale (fig. 381). Questi tubuli sono ora delimitati nettamente dalla sostanza fondamentale, spesso però si ha l'impressione che essi passino in essa senza limiti netti, o si differenziano d a essa più in forma di cordoni cellulari. T a l v o l t a gli accumuli epiteliali ricordano formazioni neuroepiteliali (MASSON, HARBITZ), formazioni di tipo glomerulare possono essere accennate, mancano però nella maggior parte dei casi. Molto raramente si v e d o n o formazioni cistiche o cistico-papillari (LUBARSCH).
IL
RENE
I°57
Un terzo dei tumori mostra una struttura più complicata e contiene fìbrocellule muscolari striate o lisce, tessuto connettivo mixomatoso e perfino elastico (HERZOG) e cartilagine. In base alla predominanza di tali parti, LUBARSCH distingue adenosarcomi veri, rabdomiosarcomi, e tumori con altri tipi di tessuti mesenchimali. Descrizioni microscopiche meno
recenti
specie
di
WILMS,
BIRCH-HIRSCHFELD,
RIBBERT,
MERKEL,
F i g . 382. Leucemìa linfoblastica subacuta sistemica (fegato, milza, reni, linfonodi, p a n c r e a s e polmoni). U o m o di 16 anni. ( A u t . 32545 d e l l ' I s t i t . di A n a t . e Istol. P a t o l . d e l l ' U n i v . di Milano).
R.
MEYER,
MASSON,
HEDRÉN,
WENGRAF,
NEVINNY,
più
recenti
di
LUBARSCH,
BELL.
Talvolta i tessuti sembrano presentare una più intensa maturazione, specie negli uomini anziani (forma adulta, TWINEN). Sulla mielopoiesi extramidollare nei tumori vedere SVENDSEN. MASSON divide i gruppi tumorali suaccennati in 3 forme: a) disembriomi senza carattere regionale, in particolare senza tessuto renale; b) di67 —
KAUFMANN I I , p . I
IO58
APPARECCHIO
URINARIO
sembriomi complessi con parti di tipo renale e altre derivate del primitivo mesoderma e c) disembriomi nefrogeni. Che talvolta parti del tumore ricordino i tumori di GRAWITZ, risulta
dalle
descrizioni
di
CHEVREL-BODIN
e
MARUELLE,
HULTQUIST
e
MUYLDER.
1
1 é Jf Fig. 383Interessamento diffuso del rene nella leucemia acuta paramieloblastica. Bambino di 5 anni. Prot. N. 224/53.
Il problema, da dove i tumori provengano e come essi in base a ciò siano da denominare, non è ancora chiarito. Sicuramente essi originano sulla base di disturbi di sviluppo nell'ambito del mesoderma o dell'abbozzo renale da esso derivante, sia del rene primitivo (come suppone BIRCH-HIRSCHFELD) O del pronefro (BELL), sia dal blastema del rene definitivo (MUNS, BUSSE, GRUBER, NEVINNY) O, come è più probabile, a causa della così frequente associazione di parti muscolari e cartilaginee, da un tessuto germinale ancora non differenziato del primitivo mesoderma (WILMS, RIBBERT)
IL RENE
I059
forse con un'unione «illegale» di germi mesodermali indifferenti col blasfema renale (R. MEYER, WENGRAF). Qui tanto più l'origine dell'abbozzo del germe tumorale si sposta indietro nello sviluppo embrionale, tanto meno si ha bisogno di ricorrere a diffìcili ipotesi di metaplasia secondaria. Se, come HARBITZ suppone, elementi neuroepiteliali hanno importanza nella formazione di canalicoli a forma di ghiandole o di rosette, si dovrebbero intendere i tumori persino come teratomi a più foglietti o separare un gruppo di essi puramente ectodermale. Però questa idea di HARBITZ non è generalmente approvata
(cfr. MUYLDER).
Fig. 384. Quadro microscopico della fig. 383. Infiltrazione leucemica della corticale del tutto diffusa. Glomeruli ampiamente risparmiati.
ROUSSY, LEROUX e OBERLING li t r a t t a n o t r a i « cancers embryonnaires
»
e li indicano come tumori embrionali del tipo del blasfema renale. Meglio è raccoglierli come tumori maligni embrionali del rene. Il nome di « sarcoma » dà luogo a riserve per una formazione tumorale che è in preponderanza, di natura mesodermica-epiteliale (il cosiddetto adenosarcoma embrionale nel quale le cellule indifferenziate rotonde o stellate devono essere già bene intese come elementi epiteliali poco differenziati del mesoderma). Esso sarebbe giustificato per la forma particolare rabdomiomatosa (più rara). Anche il termine di « nefroma maligno » o di « nefroblastoma » (FARKAS, SISSONS) non ha il potere di comprendere tutte le formazioni tumorali qui appartenenti.
io6o
APPARECCHIO
URINARIO
Benché i tumori crescano rapidamente, la loro metastatizzazione appare però relativamente rara (secondo L U B A R S C H solo 1 6 volte su 1 3 7 casi della sua raccolta). Anche W I L D B O L Z indica la comparsa relativamente tardiva di metastasi. Esse sono osservate nei polmoni, fegato, linfonodi, però anche nel cervello, nei surreni e altri organi (BELL), in cui le metastasi istologicamente possono anche somigliare poco al tumore primario ( A L L E N ) . Anche B A U E R vide metastasi in parte « carcinomatose », in parte sarcomatose.
Fig. 385Interessamento diffuso della mucosa del bacinetto renale nella leucemia mieloblastica. Donna di 26 anni. Prot. N. 550/53.
L a prognosi dei tumori è ciononostante in generale infausta (cfr. e C H I L K O , P R I E S T L E Y e S C H U L T E ) . Se in seguito alla terapia chirurgica la recidiva non interviene entro 2 anni, l'ulteriore prognosi può essere buona (LADD). L a variabilità istologica del tumore dice poco sul comportamento biologico e per ciò sulla prognosi. MCNIELL
Talvolta si osservano in bambini tumori maligni renali, che si lasciano male inquadrare nei gruppi suddescritti, però sicuramente sono anche di natura disontogenetica (ULTZMANN, GOETERS). Forse deve essere posto qui anche il carcinoma renale papillare in un bambino di 6 mesi, che è descritto da GURSEL, e che egli chiama mesonefroma.
IL
RENE
IOÓI
7) La partecipazione dei reni alle proliferazioni leucemiche Molto frequente è la partecipazione dei reni ai processi leucemici, specie nella leucemia acuta (mieloblastica) o nella linfatica, come anche nella linfosarcomatosi. Nelle leucemie l'interessamento del rene può essere ora
Fig. 386. Infiltrazione nodulare del rene in leucemia linfatica. Uomo di 52 anni. Prot. 407/52.
diffuso ora a nodi, e portare a ingrandimento molto considerevole degli organi. Un esempio di una leucemia acuta (paramieloblastica) in u n bambino di 5 anni danno le figg. 383 e 384. Ivi, nonostante l'infiltrazione di alto grado della corticale, nella quale i canalicoli non sono più visibili nella figura, mentre i glomeruli si sono conservati bene, non è necessario che compaia una insufficienza dell'organo, finché ancora parti sufficienti sono rimaste risparmiate.
10Ó2
APPARECCHIO
URINARIO
L a compartecipazione della mucosa del bacinetto renale è riconoscibile nella fig. 385. Un'infiltrazione piuttosto nodulare nella leucemia linfatica mostra la fig. 386. Esposizione più particolareggiata sulla partecipazione dell'apparato urinario nelle malattie del sangue vedi in STOERK, il quale porta anche figure dimostrative e distingue la forma a grossi nodi, a piccoli nodi e diffusa. POWELEIT si interessa più precisamente della frequenza della partecipazione renale. Secondo WATSON, SAUER e SADUGOR questa nella leucemia linfatica supera il 90 % (V. anche SHIVERS e AXILROD).
Fig. 387. D a un carcinosarcoma del rene. Parte carcinomatosa a struttura cistico-papillare. Uomo di 52 anni. Prot. N. 559/55.
ò) Osservazioni isolate di rari tumori renali D i osservazioni isolate di rari tumori renali siano ricordate: un corionepitelioma di una pluripara di 42 anni alla 4 a gravidanza, descritto da MIOLA e MANNELLI. Un carcinosarcoma del peso di 1400 gr. osservò l'Autore in un uomo di 52 anni (cfr. figg. 387 e 388). Esso mostrava nella sua parte epiteliale una struttura glandulo-papillare, nella mesenchimale un carattere fuso-cellulare-sarcomatoso. Quadri che fossero da ascrivere ad un « ipernefroma » non furono trovati.
IL
RENE
IO63
Fig. 388. Dallo stesso tumore dellafig.387. Parte sarcomatosa con la struttura di un sarcoma a cellule fusate.
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3. M E T A S T A S I D I T U M O R I M A L I G N I DI ALTRI ORGANI NEI RENI Esse sono più frequenti dei tumori primitivi maligni, anche se si manifestano di raro clinicamente. I nodi per lo più sono piccoli, spesso sono presenti in gran numero, nettamente delimitati. Grossolane distruzioni
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1065
del tessuto renale con insufficienza della funzione vengono osservate solo di rado. LUBARSCH dà un elenco dei tumori primari che tendono a metastatizzazione nel rene. Però esso non ha validità generale. Secondo le esperienze dell'Autore le formazioni tumorali che tendono alla diffusione ematogena stanno in testa. Specialmente siano ricordati i tumori bronchiali e polmonari, i melanomi maligni, ma anche carcinomi della mammella e della prostata. Se si vede la superficie renale cosparsa di nodi miliari fino alla grandezza di piselli, si può contare di trovare anche metastasi glomerulari
33356
Fig. 389. Tumore melanotico generalizzato (reni, fegato, encefalo, surreni, pancreas, tiroide, intestino, mesentere, pericardio, peritoneo, pleure e tessuto adiposo sottocutaneo). Donna di 61 anni. (Aut. 33356 dell'Istit. di Anat. e Istol. Patol. dell'Univ. di Milano).
pure, che ora proliferano in una singola ansa, ora si estendono nello spazio capsulare (fig. 390, quadri simili in WALTHER). In altri casi i capillari intertubulari (nella corticale o nella midollare) paiono essere sede del primo impianto. Si può osservare in tal caso che nel tessuto tumorale i glomeruli sono per così dire risparmiati, inalterati, così come se le capsule impedissero la penetrazione delle cellule tumorali (fig. 391). E. KAUFMANN vide nel corionepitelioma maligno numerosi emboli tumorali nei rami arteriosi renali con infarti anemici. Secondo LUBARSCH la metastatizzazione nei reni è più frequente nei sarcomi, secondo ALLEN particolarmente nei melanosarcomi. Un esempio
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Fig. 390. Metastasi glomerulare in carcinoma bronchiale.
Fig- 391Metastatizzazione di un carcinoma bronchiale nei capillari intertubulari. Glomeruli non interessati. Uomo di 46 anni. Prot. N. 281/54.
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RENE
di formazione di metastasi di un sarcoma a cellule rotonde in un bambino di 6 anni mostra la fìg. 392; tumore primitivo nell'intestino tenue. Anche nei sarcomi originano formazioni nodulari nettamente delimitate, per lo più multiple. Metastasi sarcomatose in un carcinosarcoma della tiroide ricorda KAUFMANN, carcinomatose in un teratoma maligno dell'ovaia HUCKEL.
Fig. 392. Metastasi di un sarcoma a cellule rotonde (tumore primitivo nell'intestino) nel rene di un bambino di 6 anni. Prot. N. 2 7 1 I 5 2 .
Nella diffusione dei tumori maligni per via linfatica nei reni si tratta meno di un libero trasporto che di un accrescimento continuo, come p. es. nella fig. 162, in cui un retotelsarcoma (originato da un morbo di BRILLSYMMERS) aveva invaso il rene esclusivamente attraverso le vie linfatiche (Prot. N. 334/54). Caso simile è descritto da VOGEL e SINNER. Un tipico esempio dà E. KAUFMANN: donna di 54 anni con carcinoma dello stomaco e carcinosi peritoneale. Nei reni nessun nodo, ma rivestimento a manicotto dei grandi vasi da parte di masse tumorali bianche, midollari. ALLEN
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menziona dirette invasioni di tumori maligni dello stomaco, pancreas, surrene, intestino crasso. La via linfatica retrograda è non del tutto raramente percorsa dai tumori da epitelio piatto del bacinetto renale. Qui la diffusione corrisponde press'a poco al quadro della pielonefrite ascendente, nella quale anche la via linfatica ha la sua parte (cfr. LAUTERBERG e HWANG). E alla fine deve essere menzionata ancora l'invasione del rene dalle vene, se voluminose formazioni tumorali penetrano nella vena cava inferiore e da essa nelle vene renali (v. RECKLINGHAUSEN, E. KAUFMANN). ALLEN nomina in tal caso specialmente carcinomi delle ovaie e tumori dell'altro rene.
Fig- 393Metastasi al rene destro di cistoadenocarcinoma ovarico destro. Donna di 53 anni. (Aut. 32350 dell'Istit. di Anat. e Istol. Patol. dell'Univ. di Milano).
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IL RENE
4. T U M O R I E CISTI D E L L E C A P S U L E
RENALI
Tra i tumori delle capsule renali, che sono ben da distinguere da quelli dello spazio retroperitoneale (LEBBIN), in primo piano stanno secondo ULRICH i lipomi. Essi possono raggiungere una grandezza molto considerevole (cfr. LUBARSCH, qui e in HUCKEL vecchia letteratura con osserva-
Fig. 394. Neurofibroma della capsula renale in donna di 53 anni. N. 1720/52.
zioni di BORK, FRANK, VOGELWEID e altri, inoltre letteratura più recente in
PEMBERTOK
e
MCCAUGHAN,
GORDON
e
TAYLOR,
HIRSCH
e
WELLS
(quasi 70 libbre) e allora danno manifestazioni cliniche (PFEIFFER e GANDIN, ROBERTSON e HAND). Spesso i tumori del tessuto adiposo sono misti ad altre parti mesenchimali di tipo fibromatoso, miomatoso o mixomatoso (LEBBIN). Raramente essi sono maligni nel vero senso della parola e danno metastasi
(MCCARTNEY
e
WHYNNE).
Talvolta si osservano fibromi puri, mixomi, miomi o fibromiomi. Un preparato del tutto inconsueto mostrano le figg. 394 e 395 di un neurofibroma gigantesco della capsula renale in una donna di 53 anni, operata dal Docente Dr. HEUSCH di Aquisgrana.
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APPARECCHIO
URINARIO
T r a i sarcomi, molto rari, sono menzionati i lipoblastici gli osteoblastici
(BINKLEY
e STEWART, WEBER),
(SCHULTE),
i polimorfocellulari
(SI-
CKINGER e SUCHOWSKI), a cellule rotonde (BOLCK) e tra questi ultimi un sarcoma granulomatode. Letteratura particolare in LUBARSCH. UNGEHEUER descrive un fibrosarcoma in un rene a ferro di cavallo e rimanda a HAAS per le osservazioni precedenti di tumori renali in reni a ferro di cavallo.
Fig- 395Quadro microscopico della fig. 394. (Neurofibroma della capsula renale).
U n sarcoma della grandezza della testa di un uomo, di composizione mista descrive NIEWALDA. ZOLLINGER vide comparire, in seguito ad a v v o l g i m e n t o prolungato dei reni in capsule plastiche in ratti, in numero considerevole (8 su 21 animali) sarcomi capsulari, in parte con metastasi. Sulle cisti linfatiche nel tessuto peripelvico, in parte di tipo multiplo, che circondano il peduncolo renale, e i veri linfangiomi vedi SCHOLL.
IL
IO7I
RENE
KREUTZMANN, HENTHORNE, KRETSCHMER e HIBBS, ALLEN. A n c h e LEBBIN
parla di un fibro-mio-linfangiolipoma che conteneva ancora canalicoli, era dunque di natura disontogenetica. Anche in altre occasioni sono talora osservate cisti con epitelio e ricondotte a resti dei corpi di Wolff o dei bottoni ureterali. SPRIGGS distingue (similmente prima di lui BLOCK) tra le cisti perirenali: a) quelle che originano dalla fuoruscita perirenale di urina; b) quelle che originano dagli ematomi perirenali e c) quelle di origine non chiara.
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CAPITOLO
XV
STASI DELL'URINA E SUE CONSEQUENZE PER IL RENE. L'IDRONEFROSI L'eliminazione dell'urina nel bacinetto renale è una conseguenza della pressione di filtrazione nei glomeruli. Questa non è più alta di circa 20 fino a 25 mm di Hg, giacché corrisponde alla differenza tra la pressione del
1072
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sangue nei capillari gl. (45 mm) e la pressione colloidoosmotica del plasma ematico (circa 22 mm). Già nei calici renali la progressione dell'urina è favorita da contrazione attiva delle pareti dei calici (JONA). Sulla muscolatura dei calici (m. sphincter papillae), che fu già descritta da HENLE, vedi LAUBER e JATHO, all'uscita dal bacinetto renale, STEIGLEDER. Lo svuotamento del bacinetto renale e dell'uretere avviene per mezzo di onde peristaltiche. L'entrata dell'urina nella vescica non avviene perciò continuamente, ma a poussées. Se l'eliminazione dell'urina in qualsiasi punto al disotto del bacinetto renale trova un ostacolo, origina una stasi dell'urina, che continua indietro fino nel bacinetto renale, specie se anche si verificano contrazioni antiperistaltiche dell'uretere. Un tale ostacolo può essere di natura meccanica, ma ha luogo anche per disturbo dell'innervazione dell'uretere e soprattutto della vescica. Stimolazione del simpatico con eccitazione dello sfintere o paralisi del parasimpatico con rilassamento del detrusore portano a ritenzione di urina nella vescica (HOFF). Tali casi di aumento di pressione condizionata dal sistema nervoso (con vescica tesa, gonfia, ma senza dilatazione sostanziale del bacinetto renale) sono serviti particolarmente a HELMKE come esempi nelle sue ricerche sulla stasi acuta dell'urina. La pressione nel bacinetto renale sale. Che questo aumento, specie nell'occlusione meccanica del deflusso, non ha luogo solo attraverso la continuazione della filtrazione nei glomeruli, lo dimostra bene l'altezza della pressione, che secondo ricerche di HINMAN come di MCDONALD, MANN e PRIESTLEY può giungere nei cani a quasi 100 mm di Hg, dunque sicuramente è condizionata da contrazione attiva della muscolatura del bacinetto renale. Per più lunga durata, la pressione veramente diminuisce di nuovo. Un aumento di pressione da 25 fino a 30 mm di Hg sopprime con sicurezza la filtrazione nei glomeruli, anche se la pressione ematica generale dovesse subire un certo aumento (BELL). Che ciò porti ad insufficienza della funzione renale, WILMER e ERÀNKÒ con NIEMI così come WACHSTEIN lo dimostrarono, per il fatto che nell'idronefrosi sperimentale già dopo pochi giorni la fosfatasi alcalina spariva dagli epiteli tubulari. Come dimostrarono le ricerche di questi ultimi Autori, la fosfatasi rimane però per un certo tempo conservata in una parte dei nefroni, fatto che poté essere confermato da HABEDANK in questo Istituto con esperimenti propri. Rimarchevole era, in questi ultimi, il fatto che dopo scomparsa delle fosfatasi nei canalicoli se durava più a lungo, la legatura degli ureteri regolarmente portava ad un annerimento dei glomeruli nel preparato al Gòmori, dunque apparentemente si accumulavano in essi fosfatasi alcaline. Secondo esperimenti di LAKOS, DRASKOCZY e JANCSO il riassorbimento tabulare dopo legatura degli ureteri si mantiene più a lungo che la filtrazione glomerulare.
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I°73
Che cosa succede ora se l'urina nei bacinetti renali si trova ad una pressione così fortemente aumentata (nel qual caso veramente c'è da tenere conto che lo stato di contrazione della muscolatura non ha bisogno di essere regolare, ma può oscillare)? La farete del bacinetto renale viene distesa. Non si trova invece dapprima una sensibile dilatazione della cavità. Verosimilmente tali passeggeri aumenti di pressione condizionati per via nervosa sono un avvenimento relativamente frequente, al quale il tessuto del bacinetto renale con la sua muscolatura è ampiamente adattato. Siccome il bacinetto renale forma con i tubuli collettori della midollare un sistema di tubi comunicanti, la pressione deve continuarsi nel sistema canalicolare, finché questi tubuli non sono schiacciati e con ciò isolati dal tessuto renale. Origina il « riflusso pielotubulare », come BLUM e TENNANT poterono constatare con iniezioni di collargolo. Si giunge abbastanza presto ad una dilatazione dei canalicoli urinari, che può continuare dai canalicoli collettori attraverso le anse di Henle fino nei tubuli contorti e n e l l e c a p s u l e g l o m e r u l a r i (PONFICK, MORISON, GIRGENSOHN e GABRIELLI).
La dilatazione non è però uguale in tutte le parti del sistema canalicolare. HELMKE ritiene di non aver mai visto nell'uomo il riflusso pielotubulare. Negli esperimenti su animali (dopo legatura ureterale nel ratto) esso è del tutto univoco (fig. 396, 10 giorni dopo la legatura). In tal caso si vede nello stesso tempo (nella figura) che la dilatazione principale colpisce le anse, mentre i canalicoli collettori sono rimasti relativamente stretti. Nell'uomo i rapporti cronologici si possono raramente osservare in modo chiaro. Che però la dilatazione si possa qui anche estendere fino nelle capsule di Bowman, lo dimostra la fig. 397, nella quale secondo il decorso clinico la stasi di urina deve essere sopravvenuta in maniera acuta o subacuta. Non si deve del resto trascurare che, così come nel bacinetto, la dilatazione dei canalicoli non ha bisogno di comparire insieme con l'aumento di pressione, ma richiede un certo tempo. Morfologicamente, il riflusso pielotubulare si può quindi dimostrare sempre solo dopo un certo tempo. La dilatazione dei tubuli urinari, in particolare delle anse, non è però sicuramente solo conseguenza di una dilatazione dei bacinetti renali per riflusso di urina, ma la dilatazione origina contemporaneamente per la continuazione della filtrazione e la resistenza che l'urina defluente trova nelle parti basse del nefrone. Forse si spiega così che la parte media del nefrone, specie il tratto delle anse di Henle, mostra la dilatazione principale. In questo stadio precoce della stasi urinaria acuta il rene è chiaramente ingrandito, il suo peso aumentato, il colore è per lo più singolarmente pallido, grigio-giallastro, diafano, il disegno sbiadito. Particolarmente caratteristico può essere l'odore d'urina del rene. Per lo più, in questo rene da stasi acuta dell'urina il bacinetto non è dilatato in forma grossolana. Nel 6S —
K a u f m a n n II, p. I
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quadro microscopico masse finemente coagulate, mucoidi, di albumina possono riempire le capsule dilatate e trovarsi anche nei tubuli. Esse parlano per una aumentata permeabilità delle anse capillari. PONFICK parlò di una « trasudazione albuminosa ». In che modo essa ha luogo, non è ben chiaro. Esperienze in disturbi di circolazione (cfr. il capitolo corrispondente, pag. 669) fanno pensare che qui unitamente intervengono disturbi
Fig. 396. Stasi acuta dell'urina da legatura degli ureteri. Intervallo di 10 giorni. Esperimento O 116 L. Ratto.
di circolazione. Gli epiteli tubulari si appiattiscono e perdono lentamente la loro struttura fondamentale a bastoncino e, come sopra ricordato, il contenuto in fosfatasi alcalina. BLUM e MOISE hanno dimostrato che sotto aumento di pressione si può giungere perfino ad una rottura dei tubuli con filtrazione dell'urina nel tessuto interstiziale e nei piccoli vasi. Che questa filtrazione possa sopravvenire anche senza gravi lacerazioni della parete lo dimostra l'imbibizione edematosa dell'interstizio, che è visibile anche nella fig. 397 e contribuisce all'ingrandimento del rene.
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Secondo BABICS e R É N Y I - V A M O S , la permeabilità dei capillari intertubulari è aumentata per liberazione di istamina e in tal modo contribuisce alla genesi dell'edema interstiziale. Naturalmente occorre anche qui un certo tempo, così che nei primissimi stadi della stasi urinaria non c'è bisogno che abbia luogo un ingrandimento dell'organo (HELMKE). Ciò si vede specie se la stasi dell'urina è fin dal principio bilaterale e perciò porta in modo relativamente rapido a morte. Proprio in tali casi i reni sono poco ingranditi, i bacinetti appena dilatati, le papille non appiattite. I reni però sono singolarmente pallidi e odorano fortemente di urina. Anche B E L L
Fig. 397Stasi urinaria subacuta del rene con dilatazione generale dei canalicoli della corticale e delle capsule di Bowman. Donna di 33 anni con carcinoma dell'utero. Prot. N. 132/53.
e A L L E N rilevano che nell'idronefrosi acuta bilaterale il reperto anatomico è proprio scarso. A L L E N vide nella maggior parte dei casi dilatazione dei tratti principali e delle capsule di Bowman, B E L L descrive lieve atrofia degli epiteli tubulari. Le differenze dei reperti sono collegate essenzialmente con la velocità di comparsa della stasi dell'urina. Di questo bisognerà ancora parlare nelle rotture dei fornici. Altrettanto importante, ma più facilmente riconoscibile come l'aumento di pressione descritto nei tubuli, è nella stasi acuta dell'urina il passaggio di urina dal bacinetto renale nel tessuto connettivo, nelle vene e nei vasi linfatici, che viene indicato come « riflusso pielointerstiziale, pielo-
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venoso e pielolinfatico ». Dopo che ripetutamente nell'uomo come conseguenza del riempimento retrogrado del bacinetto erano comparse complicazioni mortali ( R Ò S S L E , F A H R , R A C I C e G R U B E R , letteratura in H E L M K E e GIRGENSOHN) e erano state spiegate con lacerazioni della parete dei calici, il meccanismo di questo processo fu chiarito soprattutto con le ricerche di F U C H S e H I N M A N coi loro collaboratori come R O L N I C K e S I N G E R . Con particolare dettaglio H E L M K E si è poi occupato delle conseguenze di queste « rotture del fornice »: Egli insiste sul fatto, in accordo con P O N F I C K , che nella stasi acuta dell'urina spesso si possono ben vedere ad occhio nudo piccole emorragie nei punti di attacco dei calici nelle papille renali, che hanno luogo per lacerazione della parete dei calici e danno all'urina occa-
Fig. 398. Rigonfiamento idropico degli epiteli del bacinetto renale in stasi acuta di urina. Donna di 50 a. N. 3783/54.
sione di penetrare nel tessuto connettivo peripelvico e nei vasi linfatici vicini e nelle vene. Contemporaneamente, per lacerazione della parete delle vene può essere aperto il sistema vasale. Il sangue che vien fuori arriva nel calice renale (« emorragia renale essenziale », cfr. l'osservazione di C E E L E N e la sezione corrispondente sotto « turbe circolatorie », pag. 680) o il sistema vascolare linfatico. Tali rotture possono guarire, sembra, per un processo di granulazione senza lasciare tracce o solo piccoli depositi di pigmento ematico (HELMKE). Solo rare e tuttavia chiaramente dimostrate in singoli casi, rotture del fornice furono ottenute con legatura unilaterale dell'uretere, in esperimenti su animali ( H A B E D A N K ) . Anche nell'uomo nella stasi urinaria acuta spesso non vengono osservate rotture grossolane di calici. Soltanto si osserva, in sede corrispondente un'imbibizione del tessuto, che dimostra passaggio di liquido attraverso la parete del calice e che occasionalmente è connessa con particolari tumefazioni idropiche degli epiteli del bacinetto (fig. 398). MORRISON attribuisce
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maggior significato a questo assorbimento linfatico, che non alle rotture vere e proprie. Contemporaneamente alla imbibizione del tessuto così originata, egli vide anche quella che è da riferire a filtrazione di urina attraverso le pareti dei canalicoli (assorbimento tubulare). I reperti sono molto più spiccati nella stasi urinaria di lunga durata, la quale nella maggior parte dei casi è di origine meccanica. Il rene appare in questi casi ingrossato notevolmente, vitreo. D a p p r i m a sia corticale che midollare sono tumefatte, il disegno confuso, il colore grigio-giallastro-
Fig- 399Idronefrosi e idrouretere in u n a donna di 68 a. con carcinoma uterino: dilatazione del bacinetto e dei calici. Assottigliamento diffuso della corteccia. SN 549/54.
pallido, la consistenza compatta, m a friabile. L'odore urinoso del viscere è intenso. A questo punto si f a più evidente la dilatazione del bacinetto con una tipica idronefrosi. A poco a poco si instaura una distensione delle pareti dei calici, u n appiattimento delle papille, un assottigliamento dei setti del Bertini e infine, con lenta progressione, una riduzione del tessuto renale, finché t u t t o l'organo è trasformato in una sacca a parete sottile, nella quale non si t r o v a n o più residui del parenchima (figg. 399-401 di uno stadio di medio grado di idronefrosi). Il quadro macroscopico del rene da stasi urinaria, attraversa dunque quattro fasi: i a fase: riempimento sotto tensione del bacinetto senza dilatazione. Reni poco ingrossati, leggermente imbevuti di liquido. Rotture del fornice con
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emorragie localizzate nella mucosa dei calici; 2 a fase: evidente dilatazione del bacinetto, ingrossamento dei reni per infiltrazione urinosa del tessuto. Forte odore urinoso dell'organo con a u m e n t a t a consistenza; 3 a fase: distensione progressiva dei calici, appiattimento delle papille, e, inoltre aspetto bozzuto della superfìcie renale, dovuto in parte a distensione e atrofia del tessuto al di sopra dei calici dilatati, in parte a processi proliferativi
Fig. 400. Idronefrosi e idrouretere in una donna di 42 a. con carcinoma uterino. Imponente riduzione del parenchima renale S N . 550/54.
compensatori; 4 a fase: l'organo si t r a s f o r m a in una grossa cavità unica a forma di sacca, talora con evidenti ispessimenti a forma di creste della parete, d o v u t i a residui di parenchima atrofico e ad ispessimento della capsula. L e modalità di sviluppo di tale quadro dipendono da diverse condizioni: lenta o rapida insorgenza del blocco al deflusso dell'urina, o bilaterale,
idronefrosi
unilaterale
« chiusa » o « aperta » o « intermittente ». L e forme
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completamente chiuse sono certamente rare nell'uomo. GRAUHAN distingue tre forme, prima che intervenga lo stadio terminale della idronefrosi: a) ampollare con bacinetto sporgente a sacco; b) comune con distensione ugualmente distribuita al bacinetto e ai calici e c) pluriconcamerata con una dilatazione che interessa specialmente i calici (v. anche WILDBOLZ). L a compartecipazione dell'uretere alla dilatazione è naturalmente dipen-
Fig. 401. Idronefrosi e idrouretere in un uomo di 56 a. con ipertrofia prostatica. S N . 235/55.
dente in prima linea dalla sede dell'ostacolo al deflusso. Su una dilatazione particolarmente grossolana (fino alla spessore di anse intestinali fortemente dilatate) riferisce E . KAUFMANN. Il volume della idronefrosi corrisponde in genere a due tre volte quello del viscere normale, ma talora è molto più grande e può giungere a contenere diversi litri di liquido. Su queste idronefrosi giganti vedi in STIRLING e HOFFMAN; CAMPBELL,
HUNSICKER
e MARCONIS r i f e r i s c o n o s u u n a
idro-
nefrosi posttraumatica con un contenuto di 4 litri (per costrizione cicatri-
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ziale dell'uretere). Ripetute « paracentesi per ascite ». In un caso di E A R L A M il contenuto avrebbe raggiunto i 18 litri. Il sacco idronefrotico può essere già così grosso nel neonato da protrudere alla apertura del cavo addominale, come se si trattasse di una enorme vescica (fig. 402). Nella idronefrosi unilaterale in genere si assiste a una ipertrofia compensatoria dell'altro rene, se la condizione ha sufficiente durata e la fun-
Fig. 402. Idronefrosi gigante in un neonato. SN. 408/54.
zione del rene ammalato è soppressa. Nei controlli sperimentali tale ipertrofia è più marcata negli animali giovani che negli adulti ( M A A T Z ) . Il sacco idronefrotico contiene in un primo tempo albumina e i normali componenti dell'urina (urea, ecc.). Con il tempo il contenuto perde però il carattere di urina e consiste di un liquido a lieve contenuto proteico, che in parte proviene dai vasi ed è interpretabile come una specie di trasudato, in parte invece è prodotto di essudazione della mucosa del bacinetto. In rari casi il contenuto è denso, colloide, talora emorragico o di color cioccolato o ricco di colesterolo ( W I L D B O L Z ) , ma si tratta sempre allora di conseguenze di processi infettivi.
IL
D a l punto di vista microscopico,
RENE
Io8l
si deve distinguere un primo
stadio,
nel quale il parenchima renale è ancora esteso, da un secondo stadio nel quale la riduzione
del parenchima
è prevalente.
HELMKE ha dedicato particolare medio tra la stasi urinaria
attenzione al primo (stadio inter-
acuta e la idronefrosi
vera e propria),
m a sono
soprattutto da ricordare le classiche ricerche di PONFICK. Non si vedono più rotture dei fornici; se erano presenti prima, sono guarite. Il f a t t o più sorprendente è il reperto di singolari masse mucoidi nei linfatici e nelle
Fig. 403. « Tromboidi » dei linfatici nella stasi urinaria. Uomo di 68 a. JN. 1440/53.
vene del bacinetto, del tessuto periilare e del rene stesso, che da HELMKE sono indicate come « cilindri linfatici o venosi » (Tromboidi), e che sono interpretate come liquido urinario addensato con particolare accumulo di mucoidi urinari. Spesso sono accompagnati da infiltrati infiammatori delle pareti vasali (figg. 403 e 404). Contemporaneamente si stabilisce una imbibizione dell'interstizio renale che allontana i canalicoli l'uno dall'altro e contribuisce in modo essenziale all'ingrossamento dell'organo. PONFICK e STROXG indicano il liquido come edema. Certo si tratta innanzitutto di una infiltrazione urinosa (v. ZOLLINGER), come chiaramente dimostra già l'odore del rene (CRACIUM e ZANNE, HELMKE). Essa è d o v u t a anzitutto a infiltrazione di urina attraverso le pareti dei tubuli dilatati. Dall'interstizio l'urina passa nelle fessure e nei vasi linfatici e da questi nelle vene, 68*
—
KAUFMANN
II, p.
I
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APPARECCHIO
URINARIO
dove subisce il sopra citato addensamento. Tale imbibizione può essere accompagnata da infiltrati cellulari; se questi sono leucocitari, sono da riferire a una infezione ascendente, se linfocitari possono dipendere anche da reazione locale alla semplice filtrazione di urina con sali urinari (ZOLLINGER). Comunque questo fenomeno è alla base di una nefrite interstiziale (ZOLLINGER). In seguito si sviluppa un aumento del connettivo interstiziale che può raggiungere considerevoli proporzioni. Esso può essere così marcato già in stadi abbastanza iniziali, specie nella midollare, che
Fig. 404. « Tromboidi » dei linfatici nella stasi urinaria con infiltrati infiammatori della parete. Donna di 33 anni con ca. dell'utero. SN 132/53.
questa può essere trasformata in un blocco connettivale contenente solo alcuni canalicoli atrofici. I tubuli passano attraverso tre alterazioni che devono essere in parte interpretate come stadi successivi di un processo progrediente: a) Dilatazione del lume con appiattimento dell'epitelio (v. fig. 405), come si vede già in grado minore nelle forme di stasi urinaria acuta, b) Atrofia con scomparsa del lume e trasformazione dei canalicoli in travate solide di epitelio indifferenziato e c) Trasformazione microcistica con cavità piene di una sostanza che ricorda la colloide tiroidea, colorandosi intensamente con eosina, e per questo ben distinguibile dal contenuto mucoide delle vene e dei linfatici (v. P O N F I C K ) .
IL R E N E
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Diversi sono i fattori che determinano le alterazioni tubulari. Il primo è la sospensione della eliminazione urinaria almeno in una gran parte dei glomeruli con conseguente atrofia da inattività dei canalicoli, alla quale BELL attribuisce particolare importanza. Il secondo è la contropressione del contenuto ristagnante nel bacinetto. Sulla sua entità nell'uomo si hanno però scarse informazioni. Essa viene indubbiamente influenzata dalla attività filtrante dei glomeruli non ancora esclusi, dal tono della muscolatura del bacinetto (che certamente è molto irregolare), dalla essudazione infiam-
F i g . 405. A t r o f i a , sdifferenziazione e p a r z i a l e d i l a t a z i o n e dei t u b u l i corticali nella idronefrosi. E s s u d a t o nella c a p s u l a del B o w m a n n . D o n n a di 30 a. con ca. dell'utero. S N 25/54.
materia della sua mucosa, e dal reflusso nella parete del bacinetto conseguente alla stasi linfatica e venosa. Un secondo fattore nella morfogenesi del quadro canalicolare è rappresentato dall'ostacolato deflusso a causa della occlusione dei canalicoli nella midollare, i quali inoltre, per la pressione nel bacinetto che ne appiattisce le papille, assumono spesso una direzione più tangenziale alla superficie dei calici. Hanno infine indubbia importanza alterazioni circolatorie (KITANI), determinate da compressione dei grossi vasi alla periferia dei calici dilatati, da compressione dei capillari intertubulari per la infiltrazione urinosa, o la reazione infiammatoria interstiziale. Una contropressione aperta determina dilatazione dei tubuli con appiattimento dell'epitelio, inattività e deficiente irrorazione, atrofia, blocco del
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APPARECCHIO
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deflusso, e formazione di masse colloidosimili che si originano per il riassorbimento della parte acquosa di una urina ristagnante ad alto contenuto albuminico. Per quanto riguarda la atrofia dei canalicoli della corticale, è ammesso che, in quanto rappresentano la parte più sensibile, siano in genere colpiti prima i tubuli contorti (fig. 405). Per effetto della loro atrofia, si avvicinano e si raggruppano i glomeruli, senza peraltro presentare dapprima particolari alterazioni dimostrandosi come i più resistenti alla stasi urinaria (ORTH, PONFICK). Anche in casi di atrofia d'alto grado dei canalicoli essi possono apparire indenni, liberi nel lume della loro capsula, che talora è alquanto ispessita. Negli stadi iniziali si è osservata (PONTIFICK) spesso una « essudazione albuminosa « a carico delle capsule dilatate; la dilatazione delle capsule può persistere anche a lungo, e, non di rado, si possono trovare anche in stadi avanzati, masse albuminoidi negli spazi capsulari e nei tubuli, indice di una elevata permeabilità capillare. Dapprima la irrorazione sanguigna delle anse glomerulari non dimostra alcuna evidente diminuzione, ma infine i capillari appaiono collabiti e in obliterazione jalina, e possono venire talmente demoliti da elementi fagocitanti del tessuto interstiziale, da riconoscersi solo dei resti delle loro capsule oppure queste sono totalmente scomparse. Se contemporaneamente i canalicoli subiscono una dilatazione microcistica, si stabilisce il quadro istologico similtiroideo già descritto da PONFICK e su cui hanno richiamato la attenzione STAEMMLER e DOPHEIDE nel rene grinzo pielonefritico (v. fig. 323 a pag. 960). Il quadro terminale dimostra infine un rene, in cui la midollare è gravemente obliterata e consiste di connettivo denso con isolati residui canalicolari, i cui epiteli sono piccoli, sovente appiattiti, non più corrispondenti agli epiteli cilindrici alti dei canali collettori (fig. 406). L a corticale è estremamente assottigliata, senza che siano più riconoscibili tubuli ben conservati (o solo alcuni eccezionalmente sfuggiti ai fattori atrofizzanti), e presenta compatti gruppi di glomeruli jalinizzati, e un generale aumento del connettivo, spesso infiltrato irregolarmente da linfociti. I vasi delle due sostanze presentano pareti spiccatamente ispessite, talora sotto l'aspetto di una iperplasia elastico-muscolare (a volte con particolare ispessimento della muscolare delle pareti venose) talaltra sotto l'aspetto di una arterio o fìebosclerosi oppure di una endoarterite. Le differenze si spiegano sulla base dei diversi processi infiammatori concomitanti. Nelle grosse sacche idronefrotiche residuano spesso solamente i vasi, alcuni glomeruli obliterati e alcune cisti sparse a contenuto colloideo. La capsula renale solitamente è ispessita. Il bacinetto dimostra per lo più ispessimento della sua mucosa, spesso con accumuli linfocitari in forma di circoscritti noduli linfatici che sporgono come fini granuli, inoltre con aumento dello stroma connettivale e una iperplasia diffusa o più di tipo
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papillare dell'epitelio. Anche lo strato muscolare del bacinetto può essere notevolmente ispessito (LOFFLER). Occasionalmente, anche nelle idronefrosi non (o non evidentemente) infette, si possono osservare gravi alterazioni trofiche dei residui delle papille renali, con distruzione del tessuto e con eliminazione di cristalli colesterinici. CHIARI descrive necrosi più grossolane delle papille, che non sono per nulla rare nelle ricerche sperimentali con legatura dell'uretere. Non è qui il caso di insistere sul quadro clinico della idronefrosi (v. WILDBOLZ,
SUTER e i t r a t t a t i
di
urologia).
Fig. 406. Jalinosi della midollare nella idronefrosi. Uomo di 69 a. con ca. della prostata. SN 79/53.
Particolare interesse assume la questione della ipertensione che accompagna lo sviluppo mono- o bilaterale della malattia. Già un aumento di pressione fu dimostrato sperimentalmente da HARTWICH nella legatura degli ureteri. HANTSCHMANN pensa in proposito a un meccanismo riflesso. È ancora dubbio se possa in tal caso stabilirsi anche una ipertensione duratura. Anche se esistono osservazioni singole di riduzione di una ipertensione in seguito alla asportazione di un rene idron e f r o t i c o (ad es. ONELL e MUNOZ, LERICHE, COQUARD) a n c o r a m o l t i a u t o r i
pongono in dubbio una ipertensione da idronefrosi unilaterale (BELL, ALLEN), sebbene BELL stesso abbia osservato aumenti di pressione anche in un discreto numero di idronefrosi unilaterali giovanili.
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APPARECCHIO
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i. LE CAUSE DELLA a) I D R O N E F R O S I
IDRONEFROSI
D A STENOSI 0 OCCLUSIONE D E L L E V I E DI a)
URINARIE
DEFLUSSO
Malformazioni
congenite
Stenosi congenite del meato esterno dell'uretra, spesso associate con fimosi (HEINRICHSDORF, GRUBER), formazione di pieghe mucose nella parte prostatica dell'uretra (HINMANN, BELL), estrofia della vescica con turbe degli sbocchi ureterali, occlusioni congenite degli stessi (ZIMMERMANN), diverticoli della vescica allo sbocco degli ureteri (diverticoli terminali), distopie di tale sbocco, trasposizioni dei reni (reni a focaccia, a ferro di cavallo, rene mobile [in genere con idronefrosi di lieve entità]), distacco ad angolo acuto dell'uretere dal bacinetto con occlusione a valvola dell'imbocco, quando il bacinetto è riempito (idronefrosi a valvola, che può già stabilirsi nella vita endouterina, v. BAZY, E. KAUFMANN). Particolare importanza assumono i vasi renali aberranti che incrociano e restringono l'uretere
( E K E H O R N , M E R K E L , K L U K O W , HUTCHINSON, L I E K ,
HAENSELT).
Anche il tronco o i rami dell'A. o della V. renale o della V. spermatica d. possono incrociare o circondare ad ansa l'uretere (GRUBER e BING). BELL su 59 casi di idronefrosi unilaterale limitata al bacinetto ne trovò 20 determinati da vasi accessori. In non pochi di questi casi coesisterebbe però una stenosi del punto di passaggio dal bacinetto all'uretere (GERAGHTY e FRONTZ, JEWETT) oppure il blocco dell'uretere è favorito dapprima da una ptosi del rene (WILDBOLTZ) la quale del resto anche per se stessa può provocare l'idronefrosi. Di solito, nella idronefrosi da vaso anomalo, che per lo più ha carattere intermittente, solo il grande bacinetto comune è dilatato e protrude in forma globosa. Sull'idronefrosi in lattanti e bambini v . s o p r a t t u t t o HAGENBACH, LUTZ, CAMPBELL. Q u e s t ' u l t i m o su 3 1 6 casi
controllati all'autopsia, osservò l'ostacolo al deflusso in sede sopravescicale 260 volte (152 monolaterale e 108 bilaterale), e 56 volte infravescicale. Le lesioni prevalenti consistevano in stenosi ureterale all'origine, lungo il decorso, o nello sbocco in vescica. L ' A . in ricerche su idronefrosi congenite in neonati o nati morti (bilaterali congenite v. ZEISS), da cause non sempre anatomicamente chiare, trovò che, malgrado spiccata dilatazione del bacinetto, il tessuto renale presenta spesso solo molto scarse alterazioni regressive. Anche se le piramidi della midollare sono fortemente appiattite, e la direzione dei tubuli contorti ne risulta deformata, la corticale, come
IL
I087
RENE
mostra la fig. 408, non presenta alterazioni della sua struttura. Si vede solo una certa dilatazione dei canalicoli della midollare, mentre i glomeruli sono dovunque ben conservati. In altri casi si osserva però anche più grave obliterazione (oppure incompleto sviluppo) della midollare, come pure il sistema dei canalicoli corticali appare inibito nel suo sviluppo, mentre una degenerazione dei glomeruli non è mai evidente.
3
1
i
t
i
5
f,
T
è
i
1Q
32367 F i g . 407. Idronefrosi bilaterale congenita e m e g a u r e t e r i da atresia bilaterale degli orifizi ureterali in vescica. N e o n a t o v i s s u t o 21 h. ( A u t . 32367 d e l l ' I s t i t . d i A n a t . e Istol. P a t o l . d e l l ' U n i v . d i Milano).
fi) Stenosi e occlusioni acquisite delle vie urinarie di deflusso L a causa principale di una stenosi acquisita dell 'uretra consiste nella infiammazione gonorroica, con assoluta prevalenza nei maschi (oltre l'8o % secondo WILDBOLTZ). BELL su 33 casi la osservò 31 volte. T u t t a v i a tale frequenza si è molto ridotta dopo il migliorato trattamento delle uretriti come
rilevano
A T T W A T E R , BOTSFORD,
HARRISON,
e TRIBEL.
Molto
più
rare sono le stenosi luetiche per lo più limitate alla porzione anteriore del-
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l'uretra, o quelle da banale uretrite o da tubercolosi dell'uretra. Le stenosi traumatiche secondo WILDBOLTZ sono le più frequenti dopo le gonorroiche (v. a n c h e
HERBUT).
Grande importanza come causa di disturbo del deflusso dell'urina assume, negli uomini anziani, la cosiddetta ipertrofia della prostata. Per essa l'uretra o viene compressa lateralmente e trasformata in una sottile fessura, oppure, come nei casi di « lobo medio » particolarmente prominente, incurv a t a a S o inginocchiata; oppure ancora il lobo medio si può disporre, quando la muscolatura vescicale preme più fortemente, come una v a l v o l a
Fig. 408. Idronefrosi congenita senza gravi modificazioni della struttura corticale. Femmina nata morta. N.
586/53.
all'inizio dell'uretra, restringendola o chiudendola completamente (WILDBOLTZ). N e l 38,9 % dei casi di ipertrofia della prostata fu constatata idronefrosi da KRETSCHMER e SQUIRE. Più di rado il carcinoma della prostata porta a strozzamenti e stenosi dell'uretra, più di frequente si sviluppa nella vescica e in tal modo può stenosare o l'imbocco dell'uretra o lo sbocco di un uretere. A n c h e una prostatite banale o tubercolare può portare a turbe dello svuotamento urinario. Nelle donne ha invece grande importanza il carcinoma uterino, quando restringe o invade l'uretere. U n notevole numero di portatrici di questo tumore, specie del collo uterino, muore per uremia da occlusione degli ureteri, non raramente con il quadro di un rene da stasi urinaria a c u t a con anuria improvvisa. U n interessamento dell'uretere, con le stesse con-
IL R E N E
1089
seguenze, si può osservare anche nelle metastasi peritoneali da tumori addominali (stomaco, colecisti, ecc.). Fra le malattie della vescica va ricordata innanzitutto la cistite, che, per interessamento (spesso unilaterale) dell'uretere, danneggia la funzione sfinterica e così porta ad infezioni ascendenti, oppure genera onde antiperistaltiche. In questi casi il processo infiammatorio ha maggiore risalto dell'alterazione meccanica allo svuotamento urinario. Sono più importanti
F i g . 40Q. Idronefrosi bilaterale c o n calcolosi e p i e l o n e f r i t e s u b a c u t a . Cistite c i s t i c a . F o c o l a i m u l t i p l i di e n c e f a l o m a l a c i a . D o n n a di 75 a n n i . ( A u t . 32316 d e l l ' I s t i t . di A n a t . e Istol. P a t o l . d e l l ' U n i v . di M i l a n o ) .
le neoformazioni della vescica, quando restringono l'inizio uretrale o l'imbocco di un uretere (dal cui contorno prendono spesso origine specialmente i tumori papillari). Le formazioni tumorali papillomatose che interessano l'uretere stesso o l'insieme delle vie di deflusso, dal bacinetto renale alla vescica, e possono estesamente occluderne il lume, sono rare (vedi più avanti). Interessamenti meccanici della vescica si possono vedere più facilmente come manife69
—
KAUFMANN
II,
p.
I
1090
APPARECCHIO
URINARIO
stazione collaterale di grossi tumori addominali, e in particolare cistomi ovarici, come anche formazioni miomatose dell'utero, e, nel prolasso dei genitali femminili, con formazione di un cistocele. A l primo posto fra gli ostacoli acquisiti degli ureteri, stanno le formazioni calcolose, che prendono origine nel bacinetto e si incuneano nell'uretere. I calcoli determinano per lo più solo stasi urinaria acuta, m a possono anche rimanere a lungo, talora anni, nell'uretere (specie al suo punto di ingresso nella vescica), e in tal m o d o provocare idrouretere e idronefrosi. Per la loro pressione sulla mucosa, possono determinare anche ulcere da decubito, che portano a stenosi cicatriziali. Sarà riferito in seguito sul fatto che infezioni ascendenti si stabiliscono facilmente nella calcolosi. Anche calcoli nella vescica e specialmente nel bacinetto possono dare origine ad una idronefrosi. Secondo PONFICK la maggior parte delle idronefrosi dei primi anni di v i t a sarebbero la conseguenza di calcoli nelle vie urinarie, m a noi abbiamo la impressione che a b b i a n o maggior importanza le alterazioni malformati ve. BELL e CAMPBELL riconoscono uno speciale valore per lo stabilirsi di una idronefrosi infantile, ai restringimenti dell'uretere al suo distacco dal bacinetto. Non sono però rare anche stenosi o occlusioni complete immediatamente al di sopra della vescica o in corrispondenza della porzione intramurale dell'uretere. L a fig. 170 illustra appunto una simile occlusione con formazione di un ureterocele vescicale, di una idronefrosi di alto grado con idrouretere. L e loro cause sono poco note, perché in genere non si dimostrano processi infiammatori (BELL), e solo eccezionalmente tubercolosi (E. KAUFMANN) o stenosi traumatiche. Infine è da ricordare la idronefrosi gravidica, la quale è molto più rara che non l'idrouretere, che sulla base di ricerche radiologiche, si sviluppa quasi regolarmente negli ultimi mesi della gravidanza sia bilateralmente che, più spesso, a destra e, più di rado, a sinistra, solamente. Sulla pielite gravidica vedi la sezione precedente.
b) I D R O N E F R O S I
DA
DISFUNZIONI
NEUROMUSCOLARI
Bisogna sempre pensare a queste quando non è dimostrabile un ostacolo meccanico. Però il WILDBOLTZ richiama giustamente l'attenzione sul f a t t o che ostacoli che appaiono rappresentati da fattori puramente meccanici, come ad es. un inginocchiamento dell'uretere, sono in realtà da interpretarsi come la conseguenza di un disturbo dinamico, come una atonia dell'uretere. Così, anomalie congenite del sistema nervoso centrale, anencefalia, amielia, spina bifida, si accompagnano spesso a una dilatazione generale delle vie
IL
IO9I
RENE
urinarie, in seguito alla mancanza di stimoli contrattili agenti sul detrusore vescicale. E ad una idronefrosi, possono condurre anche lesioni midollari da traumi, sifilide, sclerosi multipla, mielite, neoplasie. Più raramente si osservano invece per lesioni radicolari nella regione lombosacrale (v. fìg. 306 e pag. 421). Tali dilatazioni si osservano occasionalmente anche senza alterazioni anatomiche dimostrabili del midollo, e vengono riferite ad una mancata coordinazione tra la peristaltica ureterale e la apertura dello sfintere uretero-vescicale (« acalasia dello sfintere»; spasmi della vescica, HUTCH). Ciò porta alla costituzione del megauretere, alterazione da considerare parallela al megacolon, al megaesofago, ecc. Al contrario anche una incontinenza dello sfintere ureterale per reflusso di urina dalla vescica può portare forse a dilatazione del bacinetto e dell'uretere. Una estesa esposizione delle conseguenze dell'alterata funzione e dell'atonia degli ureteri si trova in W.
LEHMANN e in G . B .
GRUBER.
2. L A I D R O N E F R O S I
TRAUMATICA
Non si tratta certo di un'evenienza frequente. WILDBOLTZ sottolinea il suo instaurarsi dopo ferita di un uretere; qui si può talora sviluppare molto rapidamente. In modo acuto possono determinarsi occlusioni del lume ureterale quando coaguli grossolani provenienti dal bacinetto occludono l'uretere. STERN raccoglie dalla letteratura esempi di guarigione cicatriziale dell'uretere dopo ferite, con stenosi del lume. Una idronefrosi traumatica può poi essere dovuta anche alla compressione esercitata da raccolte emorragiche perirenali o periureterali o dal loro raggrinzamento (WAGNER, PICARD, STERN). Di rado poi può accadere che dopo una simile stenosi traumatica dell'uretere in vicinanza del rene (WAGNER, PLETSCHNER, LUNDEN) si verifichi lo scoppio della sacca idronefrotica così originata, e per il sollevamento della capsula adiposa, si formi una nuova enorme sacca da neoformazione connettivale infiammatoria (pseudoidronefrosi). Del resto anche in seguito a ferite del rene stesso, senza una vera e propria idronefrosi primitiva per l'accumulo di urina e sangue nel tessuto perirenale si può in rari casi formare una massa cistica epirenale, che palpatoriamente dà la stessa impressione di una idronefrosi. Essa viene indicata come idronefrosi peri o pararenale oppure come pseudoidronefrosi traumatica. Una estesa letteratura con contributi sperimentali si trova in GIRGENSOHN.
Nel caso di questo A. la idronefrosi perirenale era comparsa in seguito a rottura del fornice. Però come GIRGENSOHN rimarca, non tutte le raccolte cistiche perirenali sono da ritenersi la conseguenza di una stasi urinaria.
1092
APPARECCHIO
URINARIO
Sulle rotture di sacche idronefrotiche vedi in V .
SAAR, BABITZKI, ALBERT,
BRENTANO.
3. L A
PIONEFROSI
La pionefrosi si stabilisce per infezione secondaria ascendente o discendente di una idronefrosi. Nell'Istituto dell'Autore si è dimostrato con esperimenti di legatura di un uretere, che essa si può stabilire non di rado anche per via ematogena con suppurazione secondaria della sacca idronefrotica ( H A B E D A N K ) , V . anche in «pielite».
Fig. 410. Piocalicosi di un calice renale. Uomo di 32 a. J N . 3534/55.
Se un calice, per un processo aderenziale infiammatorio produttivo o per una turba muscolare dello svuotamento, viene isolato dal bacinetto, si stabilisce una idro- o pionefrosi del calice, che è indicata col nome di idro- o piocalicosi. Si parla anche di diverticoli del bacinetto (v. B R I N , LOWER e BELCHER, DAMM, W A T K I N S , RUDSTROM, WILHELMI,
WEIRAUCH,
e F L E M I N G [congenita]). La fig. 410 ne dimostra uno (di genesi non chiarita) in un uomo di 32 a.
IL
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RENE
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CAPITOLO
X V I
UREMIA È uno stato tossico condizionato da insufficienza renale, che consegue alla ritenzione di sostanze dell'urina. Il tipo del veleno uremico non è conosciuto. Esso non corrisponde probabilmente all'urea dimostrata in aumentata quantità nel sangue. Non può tuttavia essere compito di trattato di anatomia patologica analizzare i problemi specifici della uremia, ma soprattutto quello di discutere la questione delle alterazioni anatomopatologiche che si possono dimostrare nella uremia, e se è possibile stabilire la diagnosi di uremia dopo la morte. I reperti anatomopatologici più grossolani consistono in processi infiammatori nel canale gastrointestinale e nel pericardio (gastrite, enterocolite, pericardite uremica). L a mucosa gastrica è più di frequente colpita. In genere essa è notevolmente ispessita, rigonfia, di rado rivestita da grossolane « pseudomembrane » e permette di avvertire nei casi più marcati un intenso odore ammoniacale. Questo si verifica solo quando il contenuto acido della mucosa gastrica è diminuito in modo che l'ammoniaca non viene più legata
IL R E N E
I095
all'acido (FOSSEL); esso m a n c a quindi in molti casi di uremia acuta. A n c h e la gastrite del resto non è una manifestazione così regolarmente connessa all'uremia da potersi trarre conclusioni negative quando essa Istologicamente si t r a t t a per lo più di un edema
flogistico
manchi.
(infiammazione
sierosa) della mucosa, che si può estendere anche alla sottomucosa (fig. 411). Il reperto anatomico è spesso più grossolano nella mucosa
Fig.
intestinale,
411.
Gastrite uremica con rigonfiamento edematoso della mucosa e intensa produzione del muco. Uomo di 57 a. Glomerulonefrite cronica. A u t . N . 323/54.
specie nel tratto inferiore del colon. Si vedono qui i più gravi quadri di colite necrotica che ricordano reperti della dissenteria e dell'avvelenamento da mercurio. T u t t a la superfìcie può essere trasformata in un'escara nei casi più gravi, e, nei più leggeri, sono invece colpiti specie gli apici delle pieghe mucose con deposizioni granulari giallo-grigiastre facilmente asportabili (fig. 412). Esse consistono di accumuli di essudato coagulato includenti porzioni necrotiche esfoliate della mucosa intestinale. L ' e d e m a della
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APPARECCHIO
URINARIO
sottomucosa è di solito particolarmente accentuato nel crasso. Mancano di regola alterazioni vascolari grossolane che possano spiegare la necrosi. Quando esse si presentano in forma di trombi recenti, devono essere interpretate come manifestazioni parziali o conseguenti alla colite e non come causa di essa. Il terzo organo colpito da infiammazione uremica (abatterica) è il pericardio. L a pericardite è quasi sempre di n a t u r a recente e marcatamente fibrinosa. In genere si osservano solo fini depositi fibrinosi, specie sulla
Fig. 412. Colite uremica con pseudomembrane di muco, fibrina, leucociti e porzioni isolate della mucosa. Stesso caso della fig. prec.
parte viscerale della sierosa. In rari casi, quando lo stato uremico si è protratto più a lungo o si sono a v u t i attacchi uremici ripetuti, si possono trovare anche grossolane essudazioni fibrinose, con aderenze fra i due foglietti della sierosa nei quali intervengono processi organizzativi (v. fig. 413). RIVA sottolinea processi infiammatori che interessano il miocardio, e steatosi di questo e del fegato. Il prurito uremico si accompagna a una dermatite, molto variabile per carattere e per intensità. D a semplici infiammazioni del corion si passa a forme necrotizzanti, fino al quadro di una pandermatite necrotica ed erpetiforme (CHIARI, RÒSSLE). Non si possono invece riconoscere nel rene segni tipici di una uremia. Circa le alterazioni glomerulari della « nefrosclerosi scompensata » che FAHR riconduce a stasi di scorie vedasi a pag. 918. Per quanto poi riguarda i
IL
RENE
IO97
grossi cilindri che intasano i canali collettori (ADDIS) nella insufficienza renale, vedasi a pag. 873 a proposito della glomerulonefrite cronica. Il cervello è molto più alterato nella cosidetta « Pseudouremia » (uremia falsa, uremia eclamptica) decorrente senza ritenzione azotata e accompagnata in genere da convulsioni, che non nella uremia vera. Si trova in questa spesso un edema notevole e alterazioni trofiche parcellari, che piuttosto sono da riferire a spasmi vascolari. Vedasi in proposito in BECHER e HOFF. Sulle alterazioni cerebrali più fini vedasi in PETERS.
F i g . 413P e r i c a r d i t e u r e m i c a c r o n i c a c o n d e p o s i t i fibrinosi o r g a n i z z a t i n e l p e r i c a r d i o . G i o v a n e di 1 6 a . c o n r e n e g r i n z o s e c o n d a r i o S N 708/55.
Già nel capitolo della ipertensione si è parlato della basofilia del lobo anteriore della ipofisi, che RIVA osservò 81 volte su 129 casi di uremia (v. Voi. I / i , pag. 333). Comunque la dimostrazione di un tale aumento quantitativo è sempre difficile e possibile solo dopo un esteso esame seriato della ghiandola. Il problema del riconoscimento della uremia nel cadavere, spesso così importante per poter stabilire la causa della morte, ha dato origine a una estesa letteratura. Nella maggior parte dei casi di insufficienza renale cronica, l'odore urinoso ammoniacale delle mucose gastrointestinali, come di t u t t o il cadavere (e, durante la vita, l'alito) è così spiccato che consente una immediata diagnosi. N o n sono necessarie altre ricerche, tanto più se si t r o v a poi anche 69* —
Kaufmann
I I , p. I
APPARECCHIO
URINARIO
una gastrite col tipico ispessimento della mucosa gastrica, o una colite o una pericardite. Tuttavia, per obbiettivare il reperto, ci si può servire del metodo consigliato da FOSSEL, che dimostra la presenza di ammoniaca nella mucosa gastrica mediante il reattivo di NESSLER, con il quale si determina una colorazione gialla. Tale metodo ci ha sempre dato buoni risultati ed è più dimostrativo di quello descritto da KONSCHEGG, che peraltro si basa sullo stesso principio. Se però l'odore ammoniacale e il rigonfiamento della mucosa gastrica sono poco pronunciati, allora, specie nei casi di uremia acuta, la reazione di FOSSEL non riesce, e comunque la sua intensità non corrisponde ai valori azotemici dimostrati durante la vita. Per una dimostrazione più esatta può servire la determinazione titrimetrica del contenuto ammoniacale (FOSSEL, MERKEL). Sono importanti per questo le ricerche di GUETHERT, WEISS, CZERWEK, con le quali si è cercato di stabilire esattamente il fattore putrefattivo, attraverso la determinazione del contenuto ammoniacale della mucosa gastrica, e di utilizzarlo nel giudizio dei reperti. Altri metodi consistono nella valutazione di una concentrazione di urea oppure di un aumento dell'azoto residuo nel sangue del cadavere o negli organi. Come dimostrazione ottica serve la reazione allo xantidrolo, che porta alla precipitazione di cristalli ureici di dixantidrolo nei tessuti e così consente di apprezzare la quantità delle sostanze ureiche (OESTREICHER). Non è però possibile con questo metodo una vera valutazione quantitativa. Lo stesso vale per la dimostrazione di fosfato triplo nella mucosa delle fauci (WEGELIN).
Naturalmente la dimostrazione più importante e più corrispondente ai comuni rilievi clinici, sarebbe quella di un aumento della azotemia cadaverica. Ma purtroppo bisogna tener presente che dopo la morte questi valori si elevano, come è stato dimostrato da NECKERMANN, WUHRMANN, O T T E N , S C H I L L E R , H E B O L D , e B U R C H A R D . S e c o n d o R I V A si p o s s o n o
rite-
nere ancora normali dei valori che giungono fino a 100 mg % , corrispondendo ai valori azotemici i numeri al di sopra di 100 mg nella morte rapida, e al di sopra di 200 mg in quella lenta. L a diagnosi è quindi incerta per valori fra 100 e 200 mg essendo per lo più superiori a 300 mg % nella vera uremia. Anche HEBOLD in ricerche sul sangue femorale ha dato significato per una uremia, a valori al di sopra di 250 mg % . Insomma i metodi per il riconoscimento della uremia nel cadavere sono compromessi da diversi fattori di incertezza, ed è ancora da provare che essi possano servire a riconoscere quelle forme che si osservano nelle nefrosi acute e che non provocano peraltro evidenti alterazioni organiche.
IL
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SEZIONE
SECONDA
LE VIE URINARIE EFFERENTI
CAPITOLO
I
LA STRUTTURA ANATOMICA
L'apice delle papille è rivestito da epitelio monostratificato che, nelle parti laterali si fa bistratificato ( V . M O E L L E N D O R F ) e già nella plica di passaggio assume il carattere del cosid. epitelio di transizione, che presenta nello strato cellulare più superficiale verso il lume, un ispessimento del citoplasma (crosta). Questo epitelio di passaggio si continua fin nella porzione iniziale dell'uretra. L'epitelio si appoggia sullo stroma della mucosa senza una membrana basale vera e propria, e consiste di numerosi strati cellulari che si appiattiscono verso la superficie libera; i più superficiali di questi sono indicati come cellule di copertura e si distinguono per il contenuto in glicogeno e in fosfatasi, e per possedere più nuclei ( B A R G M A N N ) . Si vedano anche le recenti ricerche di F E Y R T E R sul contenuto di tali epiteli in polisaccaridi e mucoproteidi mediante la reazione del PAS e la colorazione-inclusione con tionina. Alla base dello strato epiteliale si trovano in quantità molto variabile, gemme epiteliali, che spesso possono essere aumentate in seguito a situazioni irritative croniche ( A S C H O F F ) , e che non di rado presentano un piccolo lume centrale e vengono chiamate « nidi cellulari di Brunn » (fig. 414). Non possono essere interpretati come vere e proprie ghiandole. Queste si osservano invece in corrispondenza del trigono ( L E H N D O R F , V . M O E L L E N D O R F ) e nella parete dell'apice della vescica, dove sono interpretate come residui dell'uraco, potendo continuarsi anche nel legamento vescico-ombelicale mediale. Il loro epitelio assomiglia a quello della mucosa intestinale e forma muco. Connesse con le ghiandole del trigono sono poi quelle che si vedono all'imbocco dalla vescica nell'uretra. Esse sono indicate come ghiandole periprostatiche e possono, come nella prostata, contenere piccoli concrementi; si osservano però anche nella vescica femminile ( J O R E S , T H O R E L , H E R X E I MER, P U N D con Y O U N T e B L U M B E R G ) . Sotto l'epitelio si trova la tonaca propria con il suo strato interno ricco di capillari e quello esterno fibrillare; essa è separata dalla tonaca muscolare mediante una « sottomucosa » lassa, una specie di strato discorrimento (V. M O E L L E N D O R F , B A R G M A N N ) . La costi-
II02
APPARECCHIO
URINARIO
tuzione degli strati non è uniforme in tutte le parti delle vie urinarie efferenti, così pure varia la entità della componente elastica. Nella vescica la muscolatura consiste di tre strati, di cui l'esterno e l'interno longitudinale e quello intermedio circolare, tuttavia essi non possono ritenersi rigidamente separati uno dall'altro, costituendo un sistema di fasci muscolari, fra loro connessi e ordinati a spirale (BARGMANN). Lo strato muscolare longitudinale interno è particolarmente sviluppato nell'uretere, soprattutto in corrispondenza dello sbocco nella vescica. Nella parete dei calici renali poi,
Fig. 414. Parete del bacinetto renale con cosiddetti nidi di v. BRUNN fittamente ammassati. L'ispessimento dello strato proprio depone per un processo infiammatorio cronico. Uomo di 44 a. JN 639/53.
la muscolatura (in modo apparentemente incostante) può essere così sviluppata da poter parlare in certi casi di sfintere della papilla. Uno sfintere simile è descritto anche all'imbocco del calice nel bacinetto. Invece in questo la muscolatura non è così nettamente divisa in strati. Si vedono dovunque intrecci di fasci muscolari con fibre elastiche. Lo svuotamento dell'urina dal bacinetto e attraverso l'uretere si verifica per contrazioni muscolari peristaltiche. Lo svuotamento della vescica sottostà al sistema nervoso vegetativo con inserimento di impulsi volontari. Il simpatico (N. ipogastrico) inibisce il muscolo detrusore ed eccita lo sfintere; così l'urina può venir trattenuta. Sotto l'influsso del parasimpatico (N. pelvico), che eccita il detrusore, e inibisce lo sfintere, si verifica lo
LE VIE URINARIE EFFERENTI
IIO3
svuotamento. Centri autonomi si trovano nel midollo lombo-sacrale e nel cervello medio, i centri volontari corticali nella regione motoria dell'encefalo (HOFF).
Può essere importante, a fini terapeutici, sapere se può avvenire un riassorbimento da parte della vescica o del bacinetto, con immissione nella circolazione. Ciò è stato riscontrato, per quanto in modico grado, e più a carico d e l b a c i n e t t o c h e della v e s c i c a (SCHAER, FUCHS, STELLER, e VONDRA,
MONTIGONE). SIESS dimostrò che, in seguito a sensibilizzazione intravescicale con proteine eterogenee si può provocare uno shock. L'epitelio dell'uretra maschile nella parte prostatica è uguale a quello della vescica, e si abbassa verso il collicolo seminale; nella parte membranosa (diaframmatica) diventa stratificato e in quella caverncsa si trasforma in epitelio cilindrico semplice. Nelle parti più interne della fossa navicolare l'epitelio è cilindrico pluristratificato, nelle parti più esterne è piatto non corneificante; i limiti fra i diversi tipi di epiteli sono assai poco netti. Lungo tutta l'uretra si trovano sparse isolate o raccolte le ghiandole intraepiteliali del Littre. L a mucosa è riccamente vascolarizzata, povera in fibre muscolari lisce (manca una muscularis mucosae continua) presenta pieghe che circondano le lacune del Morgagni. La sezione trasversale dell'uretra non è rotonda ma è piuttosto una fessura irregolare. Nell'uretra maschile sboccano oltre ai dotti eiaculatori (vasi deferenti), gli annessi ghiandolari sessuali (Prostata e ghiandole del Cowper, queste ultime nel terzo posteriore alla superficie inferiore della parte cavernosa). — L'epitelio dell'uretra femminile presenta spiccate differenze individuali, essendo rappresentato o da un epitelio piatto stratificato o da un epitelio cilindrico monostratificato (porzione inferiore) o da epitelio di transizione (porzione superiore). All'imbocco dell'uretra o per Io più nel suo lume, si trovano due aperture come capocchie di spillo, che portano ai dotti parauretrali (0,5-3 c m di lunghezza). Secondo NAGEL e WALDEYER queste formazioni, descritte per la prima volta da SKENE sono le vie di escrezione di più grossi complessi ghiandolari corrispondenti alle formazioni prostatiche dell'uretra femminile (FELIX). Secondo KOCKS e altri dovrebbero essere i residui del dotto di Gartner. TESTUT descrisse poi come ghiandole periuretrali numerose piccole ghiandole mucose che sboccano sulla papilla. Altri fanno menzione di cripte alla superficie delle papille uretrali in numero e disposizione irregolari, che raramente si approfondano per più di 1 fino a 5 MM (BERCH).
1104
APPARECCHIO
URINARIO
CAPITOLO
II
MALFORMAZIONI DELLA VESCICA E DELL'URETRA (vedi anche pagg. 623-627)
L a vescica si sviluppa dalla cloaca, l'ultima parte dell'intestino terminale, che viene separato dall'esterno mediante lo sviluppo, in direzione cranio-caudale al disotto dell'ombelico, della membrana cloacale, e si continua poi come allantoide verso il cordone ombelicale. La membrana cloacale consiste dapprima di un semplice abbozzo ento- ed ectodermico. Solo più tardi fra questi due strati si sviluppa il mesenchima. Lo spazio cloacale dapprima unico viene poi diviso in due sezioni da un setto divisorio frontale, sviluppato in senso craniocaudale, il setto urorettale. Nel punto dove questo setto si incontra con la membrana cloacale origina il perineo. Finché questa connessione non si è ancora stabilita, resta aperto il dotto cloacale tra il seno urogenitale e il retto. Il setto urorettale divide perciò la cloaca in una porzione intestinale dorsale, il retto, il cui lume perfora la membrana cloacale in un embrione di 16 mm di lunghezza, cosicché l'intestino si apre ormai all'esterno. L a parte ventrale della cloaca, nella quale sboccano i dotti di Wolfì, diventerà, per il tratto craniale l'abbozzo della vescica (essendo probabilmente coinvolti nel processo di formazione della parete vescicale i tratti terminali dei dotti di Wolff e gli ureteri, STARCK), per il tratto medio, l'uretra primitiva (comprendente nell'uomo la parte prostatica fino all'imbocco dei dotti eiaculatori, nella donna tutta l'uretra), per il tratto caudale il seno urogenitale, dal quale si sviluppano nell'uomo la maggior parte dell'uretra e le ghiandole sessuali accessorie, e, nella donna, l'ultimo tratto dell'uretra e il vestibolo della vagina. Il dotto allantoideo, connessione del polo craniale della vescica con il cordone ombelicale, indicato come uraco, già nel secondo mese della vita embrionale si oblitera con la estremità fusiforme superiore della vescica embrionale, diventando il legamento vescicoombelicale mediale. Con la crescita della metà inferiore del corpo si ha la discesa della vescica che viene a porsi dietro la sinfisi (v. GRUBER, HEUCKEL, STARCK e la letteratura da essi riportata). L'epitelio della vescica è in gran parte di natura entodermica. Non è ancora ben chiarito se anche parti mesoteliali (del dotto di Wolff) partecipano alla costituzione del trigono. Sulle particolarità dell'epitelio del trigono nella donna (somiglianze con quello vaginale) si veda in HEYMANN,
PUTSCHAR,
CIFUENTES.
LE VIE URINARIE EFFERENTI
II05
1. A P L A S I A D E L L A V E S C I C A Assai rara e in genere connessa con altre malformazioni, specie nei sirenidi (LACROIX). G. B. GRUBER distingue la agenesia, o assenza primitiva dell'abbozzo, dal difetto, nel quale intervengono processi regressivi secondari (cfr. KERMAUNER e FLEISCHMANN). Per la distinzione sono necessarie estese ricerche microscopiche che esaminino anche lo sviluppo del restante apparato urinario. Pure assai rara è l'osservazione di una ifioplasia pura (vescica nana). Secondo KERMAUNER essa potrebbe ricondursi a turbe dello sviluppo del tratto caudale del dotto di Wolff. Cfr. anche CAMPBELL.
2. A L T E R A Z I O N I DI S V I L U P P O D A D I F E T T O S A C H I U S U R A DELLA
VESCICA
a) INCOMPLETEZZA DEL SETTO URORETTALE (FORMAZIONE A CLOACA)
Originano comunicazioni fra il crasso e la vescica oppure con i derivati del seno urogenitale, che spesso sono connessi con una atresia dell'intestino o dell'uretra (atresia dell'ano urogenitale, vestibolare [nella donna] uretrale, perineale, scrotale, suburetrale [nell'uomo], oppure in caso di elevato imbocco, la fìstola retto-vescicale o l'atresia retto-vescicale). Se lo sbocco della cloaca è chiuso, si ha, per la stasi del contenuto la cosiddetta cloaca gigante, la quale, tra l'altro può costituire per la massiva sporgenza dell'addome fetale un ostacolo al parto (bibl. in G. B. GRUBER contributi a trattati). Accanto a questa è da citare, per quanto rara, la vera vescica gigante, per la quale non potrebbero essere evidenziate con sicurezza alterazioni nella formazione della cloaca. In una parte dei casi è responsabile della dilatazione della vescica una mancata pervietà dell'uretra, in altri casi invece si tratta di vere e proprie formazioni in eccesso (KERMAUNER, STEINHARDT) oppure possono aver importanza turbe della coordinazione neuromuscolare come del resto è stato ammesso in maniera analoga per il megacolon (cfr. le ricerche sulle turbe neurovegetative di RULAND e poi JONES, TREITE). L a dilatazione della vescica si può accompagnare a idronefrosi
e idrouretere
(GRAMPA e BASSI, GRAMPA e CARLETTI,
GULÌ,
MASINI e RONCHETTI), che si possono anche sviluppare come conseguenza 70 — Kaufmann II, p. I
no6
APPARECCHIO
URINARIO
di u n a ipertrofìa congenita del collo vescicale
( V A L L e STONE).
HERBUT
distingue 4 forme di malformazioni della cloaca, (con passaggi): 1. Comunicazione tra retto e vescica o uretra. Manca la apertura anale. Le feci si svuotano attraverso l'uretra. 2. Come nella i , ma l'ano è aperto, mentre manca la formazione dell'uretra; svuotamento delle urine attraverso l'ano. 3. Cloaca vera e propria includente intestino, ureteri, ghiandole genitali. Mancano ano e uretra. Piccola apertura della cloaca all'esterno. 4. Grande difetto della parete addominale anteriore al disotto dell'ombelico, con cloaca largamente aperta, nella cui parete si riconoscono gli sbocchi dell'intestino, delle ghiandole sessuali e degli ureteri. Somiglianza con l'estrofia della vescica.
b) P E R S I S T E N Z A D E L L A P E R V I E T À
DELL'URACO
Per uraco si intende, secondo FISCHEL e BEGG, la parte residua più craniale della vescica, che originariamente si prolunga fino all'ombelico (leg. vescico-ombelicale medio), e nella quale, in molti casi si possono dimostrare al microscopio residui canalicolari, almeno in forma di isole epiteliali solide (V. MOELLENDORF). Se il dotto rimane pervio allora l'urina si può svuotare dall'ombelico, avendosi una fistola vescico-ombelicale, che non è tanto rara nel neonato (WUTZ), ma che in genere si forma più tardi (BAURMANN, CARVIN). HERBST nella letteratura fino al 1937 trovò circa 150 casi di uraco pervio. Sono da aggiungere i casi di SIMON e BRANDEBERRY. Una pervietà parziale è stata osservata tanto alle due estremità quanto nel tratto intermedio (VAUGHAN). In quest'ultimo caso si può giungere alla formazione di cisti dell'uraco che possono raggiungere talora notevoli dimensioni (HERBUT ricorda un caso con un contenuto di più litri). KREIBICH riferisce su una grossa cisti dell'uraco in una donna di 70 a. Si v e d a la l e t t e r a t u r a recente in HASCHE-KLUENDER
e
MUENZENBROCK-
CRONE. Tra le complicazioni frequenti e preoccupanti di queste cisti e fistole vi sono le infezioni p. es. da coli, da piogeni, raramente tubercolari (WINER e DANCIGER, ME K E L L A N D e DAVIS, r a c c o l t i d a HERBUT), calcolosi (BANDLER, MILBERT e A L L E Y ) e t u m o r i (BEGG, HERBST) f r a i q u a l i s o n o s t a t i
osservati soprattutto adenomi, fibroadenomi, adenocarcinomi, ma anche forme mesenchimali, fibromi, miomi, sarcomi. Gli adenocarcinomi mucipari della volta vescicale vengono per lo più riferiti a resti dell'uraco (RAPPAPORT e NIXON). Per altri dati vedi in «tumori della vescica».
IIO7
LE VIE URINARIE EFFERENTI
c) E S T R O F I A D E L L A
VESCICA
(FISSURAZIONE ADDOMINO-VESCICALE,
CISTOSCHISI)
Essa (v. fìg. 415) non è eccezionale. KERMAUNER calcola una estrofia ogni 100.000 parti. Secondo ABESHOUSE e WILHELMI si osserva però molto più frequentemente. Essa consiste nel fatto che parti della parete addominale anteriore al disotto dell'ombelico vengono a mancare e la vescica al-
Fig. 415. Estrofia della vescica in un neonato (da un disegno di E.
KAUFMANN).
largata ed aperta protrude con la sua mucosa rossa e a una superficie spesso irregolare. Vi si possono scorgere anche gli sbocchi degli ureteri, dai quali sgocciola urina. Si distingue una apertura totale e parziale (superiore e inferiore). Nella forma completa e in quella parziale inferiore il processo si estende per lo più anche all'uretra ed è in connessione con epispadia. La sinfisi è chiusa solo nelle forme superiori, nelle altre è aperta. GRUBER indica come « fessura vescicole complicata » quelle forme nelle quali si osservano anche alterazioni della chiusura intestinale. Le include, come HERBUT, negli stati di « cloaca aperta ventralmente » e parla di Schistosoma addominale con fessura dell'intestino, della vescica e degli organi sessuali. Nella mucosa esposta compaiono col tempo, metaplasie epiteliali piatte e cilindriche ghiandolari con produzione di muco. È ovvio che in queste parti aperte
no8
APPARECCHIO
URINARIO
si vada incontro a processi infiammatori. Essi si estendono spesso attraverso gli ureteri ai reni, tanto che HARVARD e THOMPSON hanno trovato segni di pielonefrite nei 2/3 dei pazienti con lunga sopravvivenza. Di rado si sviluppano tumori, più spesso adenocarcinomi mucipari, più di rado cancri a epitelio p i a t t o (ENDERLEN, JUDD e THOMPSON, EHRICH, b i b l . in
HUECKEL). Fino al 1943 si sono osservati secondo ABESHOUSE 26 casi di carcinoma. Per quanto riguarda la genesi della estrofia vescicole, i pareri concordano nel riconoscere che nessun significato hanno grossolani fattori meccanici (ritenzione di liquidi) e processi infettivi, infiammatori, ulcerosi, ma che invece si tratta di una mancata formazione della membrana cloacale, che non
si è d i f f e r e n z i a t a nel m e s o d e r m a
MAUNER,
(ENDERLEN,
STERNBERG,
KER-
WYBURB).
L a ectopia della vescica è invece in contrapposto alla estrofia una pura trasposizione della vescica già chiusa, in una diastasi tra i muscoli retti dell'addome al di sopra della sinfisi iliaca aperta (cfr. GRUBER).
3. S U D D I V I S I O N I D E L L A V E S C I C A Queste, che molte volte sono indicate anche come sdoppiamenti, di frequente dipendono dallo sviluppo di una membrana divisoria sagittale che non sempre raggiunge l'uretra. Così si deve distinguere la formazione di un setto totale o parziale. Di solito gli ureteri sboccano uno per parte. La forma esterna della vescica può per altro essere conservata, oppure il fondo può venirne incurvato ad arco. Le alterazioni corrispondono a quelle che si riscontrano nell'utero (duplice, settato, arcuato). Secondo KERMAUNER, CHWALLA e GRUBER si deve trattare in tale malformazione di una aplasia o ipoplasia della vescica con dilatazioni giganti dei tratti terminali degli ureteri. Sono più rare le formazioni di setti trasversali, che portano alla formazione di una « vescica a clessidra congenita ». Esse vengono ricondotte ad una pervietà e dilatazione della parte vicina alla vescica dell'uraco (GRUBER), O ad alterazioni nella parte terminale degli ureteri (CHWALLA). Per la letteratura e la distinzione delle diverse forme, vedi in CHWALLA, G R U B E R , B U R N S , CUMMINS e H Y M A N , S E N G E R e SANTARE,
HERBUT.
In stretta connessione con tali malformazioni sono anche i diverticoli congeniti della vescica, invero assai più rari degli acquisiti, ma tuttavia osservati con sicurezza e già nei bambini (KRETSCHMER). In età infantile vengono pure riscontrati i diverticoli della vescica (KRETSCHMER ne trovò
LE
VIE
URINARIE
EFFERENTI
IlOg
8 casi al disotto di i anno) con una strana frequenza maggiore nei bambini che nelle bambine. I diverticoli possono essere presenti in numero superiore all'unità. Particolarmente caratteristici e certamente congeniti sono i cosid. diverticoli terminali dell'uretere, per lo più bilaterali (v. fig. 416). Secondo WILDBOLZ sta alla base della maggior parte dei diverticoli una debolezza congenita della parete vescicale (VOIGT) . Non è possibile una diagnosi differenziale tra diverticoli congeniti e acquisiti sulla base del comportamento e della robu-
Fig. 416. Diverticolo terminale dell'uretere bilaterale in uomo di 43 anni. Aut. N. 557/53.
stezza della muscolatura. Non si intende qui insistere sulle loro conseguenze legate particolarmente alla ritenzione dell'urina e al suo inquinamento batterico. Le cisti (parietali) della vescica (HEUSCH) sono sempre acquisite e si spiegano con una ritenzione in proliferazioni epiteliali cistiche.
4. M A L F O R M A Z I O N I
DELL'URETRA
Tra le malformazioni dell'uretra si ricordino brevemente: occlusioni e strutture
totali
o parziali
(POSNER,
HOCK,
LEBRUN,
HEINECKE,
RIEDEL,
Ilio
APPARECCHIO URINARIO
PRIESEL), formazione di pieghe e valvole nella parte prostatica (MINKOWSKI e CLAISSE, JAKOBOVITS), difetti dell'uretra, ad es. nella formazione della cloaca, sepimentazioni, ROLNICK,
CHAUVIN,
sdoppiamenti
MOORE,
(RONA, HASLINGER, EISENDRATH e
O'HEERON
e
WESSTER),
che
interessano
quasi sempre i maschi e molto di rado le femmine (GRUBENMANN, FANTL) e sono associati a pene semplice o (più di rado) doppio. Per la frequenza con cui questa fessura del tipo della epispadia, si accompagna a estrofia della vescica vedi pag. 1107. Su epispadia e ipospadia vedi anche in malformazioni dei genitali. In casi di pene semplice si devono indicare come « uretra doppia » secondo R. MEYER, solo quei canali che decorrono per la loro maggior lunghezza dorsalmente alla uretra normale. Si osservano sbocchi nel glande, nel solco coronario, e più frequentemente sul dorso del pene; secondo MEYER sarebbe possibile anche la formazione di un unico canale accessorio solo dalla parete superiore dell'uretra, abbozzata come canale u n i c o (PRIESEL). P e r a l t r i d o t t i a c c e s s o r i v e d i i n L E J A R S e S T I E D A .
I diverticoli dell'uretra non sono molti rari e appaiono più di frequente nel sesso femminile che nel maschile. E però diffìcile distinguere se sono congeniti o acquisiti. PATÉ e BUNS nel 1951 ne raccolgono dalla letteratura 197 osservazioni in uomini; di questi 102 interessavano l'uretra anteriore e 95 quella posteriore; 57 dei primi e 6 dei secondi sono stati considerati c o n g e n i t i ; si v e d a a n c h e i n L O W S L E Y e G U T I E R R E Z , R E P M A N e W A R R E N .
SCHAEFFER osservò in un bambino di 1 anno un diverticolo particolarmente grande a sede alta. Su formazioni corrispondenti nel sesso femminile si veda i n L O W S L E Y e K I R W I N , M E N V I L L E e MITSCHELL. M e n t r e p e r i d i v e r t i c o l i
congeniti si pensa a rapporti col dotto di Gartner, o col dotto di Wolff o ad abnormi formazioni di pieghe durante lo sviluppo dell'uretra (JOHNSON, M C M A H O N , P A R M E N T E R , K I R K Y e R E Y N O L D S ) ; p e r i d i v e r t i c o l i
acqui-
siti dovrebbero avere importanza formazioni ascessuali nel territorio delle ghiandole uretrali, traumi, formazioni calcolose. Essi vengono osservati occasionalmente dopo prostatectomia soprapubica (FAGERSTROM).
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CAPITOLO
III
ALTERAZIONI CIRCOLATORIE E INFIAMMATORIE DELLE VIE URINARIE Emorragie accompagnano frequentemente i processi infiammatori; esse si trovano inoltre nella leucemia e in altre diatesi emorragiche ( M . di W E R L HOFF, Panmieloftisi, v. fig. 419) e inoltre in certe malattie infettive, soprattutto nel vaiolo, negli avvelenamenti, ad es. da fosforo. Forti emorragie si osservano nel bacinetto in casi di calcolosi, tumori, traumi, parassiti. In questi casi si eliminano nella urina sotto una sintomatologia di colica, dei coaguli sanguigni cilindrici. Non tanto di rado compaiono anche emorragie cosiddette nervose, nel bacinetto nel corso di processi cerebrali acuti (ad es. dopo traumi cerebrali).
1. INFIAMMAZIONI D E L BACINETTO E DEGLI U R E T E R I Esse si stabiliscono per il fatto che materiali infettanti vengono eliminate attraverso i reni e infettano il bacinetto o gli ureteri o l'urina ristagnante (pielite e ureterite infettiva da eliminazione). Vedasi per una estesa esposizione in pielonefrite pag. 941. Si vedono infiammazioni di questo tipo nelle
LE V I E U R I N A R I E E F F E R E N T I
II13
malattie infettive (Tifo, vaiolo, piemia, vedi in SAATHOFF) ma anche in infezioni da saprofiti relativamente innocui, che probabilmente passano nel sangue dal canale intestinale e poi raggiungono i reni. Sulla piuria abatterica v e d i MOORE, BRIGGS, ABERHART (rapporti con la m a l a t t i a di REITER)
Questa infiammazione primaria è per lo più di tipo catarrale o desquamativo,
Fiff. 417. Tubercolosi polmonare cavitaria bilaterale con amiloidosi generalizzata. Edema gelatinoso della mucosa vescicale. Donna di 29 anni. (Aut. 31098 dell'Istit. di A n a t . e Istol. Patol. dell'Univ. di Milano).
ma può anche avere carattere purulento (pionefrosi tifosa, v. MEYER e AHREINER). — Una pielite può essere provocata anche da parecchie sostanze tossiche (ad es. cantaridina, balsamo di copaive e altre) eliminate attraverso i reni (pielite ureterite e cistite tossica da eliminazione). — Una pielite e ureterite autoctona si aggiungono ad alterazioni locali come calcoli, tumori, parassiti, coaguli sanguigni e corpi estranei. Le forme più frequenti sono quelle sulla base di formazioni calcolose. L'infezione avviene per l'arrivo 70*
—
KAUFMANN
II, p.
I
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di cocchi o di batteri del tipo coli direttamente dal sangue o forse dall'intestino attraverso la via linfatica (v. F r a n k e ) . Sulla pielite gravidica e su quella in genere delle donne e dei bambini v. nel capitolo della pielonefrite pag. 941. — Con frequenza maggiore una pielite o ureterite si stabilisce per propagazione da malattie dell'uretra o della vescica (ureterite e pielite ascendente). Soprattutto sono qui da ricordare alterazioni dell'uretra: gonor-
F i g . 418. Leucemia
acuta sistemica; petecchie emorragiche della parete vescicale. U o m o di 46 anni. ( A u t . 3 1 3 1 9 delÌ'Istit. d i A n a t . e Istol. P a t o l . d e l l ' U n i v . d i Milano).
rea, restringimenti per stenosi e per ipertrofìa prostatica: malattie della vescica: cistite nella paralisi vescicale da lesioni midollari, da calcoli e da tumori, nella ipertrofìa prostatica e dopo cateterismo. La pielite ascendente che spesso si complica con una pielonefrite, ha per lo più un carattere purulento o difterico. Batteriologicamente si trovano germi piogeni, molto raramente (Bumm) cocchi della blenorragia,
LE VIE URINARIE EFFERENTI
III5
ma soprattutto il bacterium coli. Gli ureteri possono: a) estendere in maniera continua l'infezione dalla vescica al bacinetto, sia per la via canalicolare che per quella sottomucosa o anche delle vie linfatiche periureterali (v. BAUEREISEN) oppure b) possono venire saltati ed i germi salgono passivamente verso l'alto nell'urina ristagnante. La pielite può mascherare i sintomi dell'appendicite (AMANN). Una pielite molto frequente e di pratica importanza è quella che più propriamente si chiama pielocistite o pielonefrite dell'infanzia, che si osserva
Fig. 419. Rene policistico con emorragia massiva nella mucosa del bacinetto in un uomo di 33 a. con panmieloftisi. SN. 210/56.
soprattutto nelle bambine fra il i ° e il 3 0 anno e dipende dalla risalita dall'uretra di colibacilli. Sec. WILDBOLZ e SIPPEL anche nella cosiddetta pielite da deflorazione si tratta di una infezione da coli che risale dall'uretra e dalla vescica ma bisogna fare attenzione a non confonderla con una gonorrea. Sec. WILDBOLZ essa può anche dare origine ad una pielite gravidica. I reperti macroscopici nella pielite e nella ureterite. Nelle infiammazioni acute possono essere molto esigui. Nella forma più leggera di tipo catarrale o desquamativo, si osserva una lieve tumefazione e un arrossamento maculato della mucosa, che talora è cosparsa di piccole emorragie. Il processo può interessare più intensamente i calici renali (talora solo alcuni) per cui è importante sottoporli ad accurata dissezione ed esaminarne la mucosa. Qui è più facile osservare spiccate emorragie e erosioni superficiali. A l mi-
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croscopio prevale in questa forma un edema infiammatorio della tunica propria della mucosa con dilatazione dei capillari e una rada infiltrazione del connettivo da parte di leucociti ed istiociti. L'epitelio può essere conservato o essere interrotto in piccole aree. Il contenuto del bacinetto è leggermente torbido e contiene leucociti ed epiteli desquamati. Nella pielite acuta purulenta il bacinetto è in genere, almeno lievemente dilatato. L a mucosa è tumida di color rosso torbido ricoperta da depositi purulenti, molte volte leggermente granulosa; esistono quasi sempre emorragie. Negli angoli dei calici tutte le alterazioni sono più pronunciate
Fig. 420. Pielite p u r u l e n t a s u b a c u t a con arrossamento a chiazze della m u c o s a e emorragie nei calici. D o n n a di 75 a. S N . 548/54.
(fig. 420). Nella maggior parte dei casi anche il parenchima renale non è risparmiato. Quando mancano più grossolane alterazioni, dal focolaio purulento, si vedono tuttavia abitualmente striature rossastre, che attraversano radialmente la midollare e la corticale e finiscono spesso in un piccolo focolaio purulento sottocapsulare. Microscopicamente la sottomucosa è intensamente infiltrata di leucociti, fino ad assumere carattere flemmonoso. In questi casi l'epitelio è completamente caduto o ridotto solo a piccoli resti (fig. 421). Negli strati più esterni la infiammazione ha carattere più attenuato e prevalentemente linfocitario, in confronto agli strati più profondi. Le raccolte purulente raggiungono la massima intensità in corrispondenza degli angoli dei calici, e l'epitelio è qui pure interrotto (fig. 422). L a infezione può propagarsi
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F i g . 421. Ureterite purulenta con infiltrazione flemmonosa della mucosa (in un caso di c i s t o p i e l o n e f n t e p u r u l e n t a g e n e r a l i z z a t a ) . D o n n a di 75 a. S N 342/54.
F i g . 422. Pielite p u r u l e n t a in un calice renale con focolaio d i r a m m o l l i m e n t o in u n a piramide. U o m o di 55 a. J N 1441/53
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ai linfatici, alle pareti laterali delle piramidi, con formazioni dì perdite di sostanza circoscritte e al tessuto circostante la pelvi. Non sono rari anche processi flebitici con infiltrazione purulenta delle pareti vasali. Sulle alterazioni del parenchima renale vedi nel capitolo delle pielonefriti a pag. 941. Se la infiammazione purulenta passa alla stadio cronico, come si vede specie nella idronefrosi infetta, allora la mucosa viene trasformata dal tessuto di granulazione in una membrana piogena, che può assumere, per
F i g . 423. Pielite cronica p u r u l e n t a con t r a s f o r m a z i o n e della mucosa in lina m e m b r a n a piogena e tesaurismosi lipidica. D o n n a di 43 anni. Rene calcoloso. J N 2454/56.
accumulo lipidico, color giallo zolfo (fig. 423) (cfr. il capitolo sulla pielite granulosa, poliposa, pag. 1127). Il tessuto di granulazione può venire riepitelizzato secondariamente da residui epiteliali. Se il processo si arresta a questo stadio, allora si assiste alla trasformazione connettivale con ispessimento cicatriziale della parete del bacinetto. Il processo assume i caratteri della infiammazione fibrinosa 0 necrotizzante o difterica quando porta alla formazione, sulla superficie della mucosa, di pseudomembrane più o meno aderenti, che sono costituite di essudato fibrinopurulento coagulato oppure di porzioni necrotiche della mucosa. Se le pseudomembrane vengono eliminate, si costituiscono delle perdite di sostanza, appiattite (erosioni) oppure profonde (ulcerazioni,
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Illg
pielite ulcerosa) che possono venire a guarigione per proliferazione del tessuto di granulazione e rigenerazione epiteliale. Il tipo della infiammazione dipende dalla virulenza dei germi e dalle capacità di resistenza e di difesa dell'organismo. In queste condizioni hanno notevole importanza le alterazioni dello svuotamento, che possono essere condizionate da concrementi, stenosi, insufficienze neuromuscolari (paralisi trasverse!). Le pseudomembrane necrotiche 0 fibrinose possono impregnarsi di sali urinari incrostati. Anche secondariamente si possono associare al processo infiammatorio formazioni calcolose.
F i g . 424. Pielite cronica e peripielite. J N . 759/55.
Si può poi sviluppare una pio- o idrocalicosi se il tessuto di granulazione all'imbocco dei calici determina aderenze e occlusioni del lume dei calici. Se il decorso è lungo e il processo infiammatorio più attenuato, la infiltrazione leucocitaria viene a poco a poco sostituita da linfociti e plasmacellule. L a parete è particolarmente ispessita. Negli infiltrati infiammatori, che interessano tutti gli strati e possono raggiungere anche il tessuto adiposo circostante, si sviluppano proliferazioni fibroblastiche con formazioni di connettivo fibrillare. Il bacinetto renale diventa rigido, la sua motilità e la sua possibilità di svuotamento si riducono, la muscolatura può essere
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sostituita da connettivo (pielite cronica fibrosa) (fig. 424). Sulla peripielite e sulla periureterite
plastica
v e d i DIECKOW, VEST, BARELARE, LEBBIN.
L'uretere può partecipare a tutte le suddescritte alterazioni. Per lo più il processo vi è meno marcato, evidentemente perché il ristagno del suo contenuto non vi assume la stessa importanza. Ma anche qui si può arrivare a gravi distruzioni della parete con necrosi della muscolatura e estesi difetti dell'epitelio.
Fig. 425Ureterite cronica produttiva. Iperplasia della mucosa. Rigenerazione epiteliale. N. 365/54
Ne possono conseguire dilatazioni, e, per processi di guarigione cicatriziale anche stenosi localizzate od estese come si osservano soprattutto in corrispondenza di calcoli incuneati nell'uretere, accompagnati da processi infiammatori ulcerosi locali. L a fig. 425 illustra una infiltrazione linfocitaria diffusa della parete con aumento del connettivo. Per quanto riguarda le proliferazioni dei nidi epiteliali del BRUNN e la formazione di follicoli linfatici, si veda nel precedente capitolo.
2. I N F I A M M A Z I O N I D E L L A V E S C I C A Etiologicamente per le infiammazioni della vescica intervengono gli stessi fattori ricordati a proposito della pielite e della ureterite. Di gran
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VIE
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lunga più frequente è qui la parte giocata dai batteri, sia per una diretta irritazione infiammatoria della mucosa, sia per la trasformazione ammoniacale dell'urina e la sua azione lesiva sui tessuti. Fra le sostanze chimiche vanno ricordate la cantaridina l'urotropina (WILDBOLZ), sulfamidici a reazione fortemente basica (SCHON e WILLE-BAUMKAUFF), ma anche sostanze che sono occasionalmente usate per lavande come sublimato, acetato d'allumina (HUECKEL), nitrato di argento, che può condurre anche all'argirosi della mucosa vescicale (GETZ e DEMING). Occasionalmente hanno una parte i parassiti come il « trichomonas vaginalis » (quasi esclusivamente in donne, ROCH), i quali però possono avere importanza anche per le infiammazioni dell'uretra maschile e della prostata (KUNSTMANN). In certi paesi dell'Africa e dell'Asia (particolarmente in Egitto, Arabia, ma anche in India, Cina, Sudafrica) il più frequente agente della cistite è lo « Schistosomum haematobium (Bilharzia). Essa presenta un decorso, in questo caso, spiccatamente cronico. Per quanto riguarda i rapporti con lo sviluppo di papillomi e carcinomi, vedi nel capitolo dei tumori vescicali. Molto rara è la Miasi delle vie urinarie (JUNGHANS). Tra i batteri sono da ricordare in prima linea il B. Coli e lo Stafilococco, inoltre di minore importanza, lo Streptococco, il Gonococco, il B. Proteus, questi ultimi però forse d'importanza sempre maggiore. L a decomposizione ammoniacale dell'urina può essere provocata dal batterio e dal micrococco « ureae » (LEUBE, GRASER). Per l'infezione tubercolare vedi oltre. Casi d i Actinomicosi
f u r o n o o s s e r v a t i d a PONCET, R O S E N S T E I N , R U P P , H A T C H e
W E L L S , H E R G E R , P E S Q U E I R A e E L G E L K I N G . R A F F I N e MOULDER r i f e r i s c o n o
sul « mughetto », GILLIAM SU quella da Penicillium. Tra le Vie di infezione gioca una parte importante la penetrazione diretta di agenti infettivi attraverso l'uretra. Di particolare importanza è l'infezione per mezzo del catetere, il quale è esso stesso infetto oppure trasporta dalle parti esterne dell'uretra nella vescica gli agenti patogeni. Se la cistite è tanto più frequente nella donna che non nell'uomo, è perché la larghezza, la brevità dell'uretra e il suo sbocco nella zona fortemente pullulante di batteri della vulva, hanno una notevole parte. In generale però infezione batterica non è sinonimo di insorgenza di una cistite. La stessa iniezione di culture batteriche nella vescica spesso non dà seguito a una infiammazione (ROVSING, WILDBOLZ). Il fatto più determinante è il disturbo dello svuotamento dell'organo in seguito allo stabilirsi di paralisi, di restringimenti oppure di inginocchiamenti della parte iniziale dell'uretra (ipertrofia prostatica, tumori della vescica), di restringimenti dell'uretra stessa, di formazioni calcolose, di estroflessioni sacciformi del lume vescicale, come vediamo nel cistocele e nei diverticoli congeniti o acquisiti della vescica. Ogni condizione che porta alla formazione di un' «urina residua» nella vescica, dopo lo svuotamento, facilita l'instaurarsi di un processo infiammatorio. Le stesse malattie infettive dell'uretra 71 —
Kaufmann
II, p. I
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URINARIO
(gonorrea e uretrite non specifica) si propagano tanto più facilmente alla vescica quanto più la funzione della muscolatura vescicale (dello sfintere per la chiusura, del detrusore per lo svuotamento) è alterata. Accanto all'infezione per via ascendente sta per importanza quella attraverso la corrente urinaria. Così come i bacilli del tifo si possono di regola osservare nell'urina quando ha luogo una batteriemia tifosa, così anche germi piogeni, che raggiungono la corrente sanguigna, possono passare attraverso il filtro renale (probabilmente anche senza lasciare qui visibili alterazioni vascolari) alla corrente urinaria. E in numerosi casi di pielonefrite discendente è di regola una infezione dell'urina. Ma anche questa non conduce sempre assolutamente a una cistite constatabile clinicamente o anatomicamente, fino a che lo svuotamento urinario rimane inalterato. Noi possiamo vedere la propagazione dei processi infiammatori da organi adiacenti alla vescica particolarmente nelle malattie dell'intestino crasso, del retto e dei parametri. Un esempio particolarmente grossolano è costituito dalle fistole vescico-vaginali e vescico-vagino-rettali, come possiamo vedere non raramente in seguito al disfacimento di carcinomi del collo uterino, per esempio sotto l'azione della irradiazione. Ma anche senza grossolana perforazione possono instaurarsi nella vescica infezioni attraverso la via linfatica. I più rari sono certamente i trasporti di agenti morbosi dalla corrente sanguigna nella parete della vescica stessa (WILDBOLZ) . Questa via ematogena viene percorsa anche dal già accennato schistosomum haematobium. Oltre al ristagno possono in casi particolari favorire la localizzazione dell'infezione, le ferite della parete vescicale (interventi operatori, corpi estranei, p. es. catetere, calcoli). Anche anomalie congenite dello sviluppo della vescica (v. ivi) possono avere importanza. Le forme anatomiche della cistite. — Esse debbono qui essere illustrate dettagliatamente solo per quel tanto per cui si differenziano dalle infiammazioni dei bacinetti renali e degli ureteri.
a) L A
CISTITE
ACUTA
Noi distinguiamo: a) L a cistite catarrale o desquamativa come la forma più leggera. L a mucosa è leggermente ispessita, arrossata a chiazze, talora infiltrata da piccole emorragie. Microscopicamente l'epitelio dimostra segni di desquamazione, che possono giungere fino alla formazione di erosioni superficiali. Lo stroma è infiltrato da edema infiammatorio, con leucociti e altre cellule migranti. Non si ha fusione flemmonosa e ascessuale. L a guarigione avviene
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EFFERENTI
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senza cicatrizzazione o raggrinzamento, l'epitelio rigenera. Restitutio ad integrum. fi) La cistite purulenta. L a mucosa è più fortemente tumefatta, arrossata a chiazze, oppure colorata in grigio-giallo sporco, o in verde-grigio, per lo più infiltrata da emorragie. Sulla superficie spesso numerose, per lo più piatte, erosioni, ma non formazioni ulcerose profonde. Si hanno deposizioni di masse di essudato purulento frammentate oppure compatte L'urina spesso è addirittura trasformata in pus, per lo più maleodorante. Microscopicamente l'epitelio è più fortemente disgregato che in a). Lo strato proprio è infiltrato da un edema ricco di leucociti oppure è trasformato in flemmone o fusione purulenta più diffusa o più localizzata. Propagazione della suppurazione al rivestimento peritoneale della vescica (pericistite) oppure al tessuto connettivo circostante del bacino (paracistite). Qualche volta si possono avere penetrazioni purulente attraverso la sierosa, con peritonite, oppure in organi adiacenti (intestino, vagina). In casi di più lunga persistenza e di estinzione dell'infiammazione si sviluppano nella zona della suppurazione proliferazioni di tessuto di granulazione, le quali conducono a una trasformazione connettivale callosa estesa, con raggrinzamento della vescica, particolarmente se il processo infiammatorio ha infiltrato anche la muscolatura. Così origina la vescica raggrinzita o cicatriziale, infiammatoria, la quale talora prende per ciò, talora, la forma a clessidra, in quanto la parte prossimale dell'uretra si dilata e così forma una specie di seconda cavità nella zona dello sfintere interno, verso la vescica vera e propria ( B L U M ) . L'epitelio superficiale può rigenerare ma per lo più rimane incompleto. Meno gravi sono le conseguenze se l'infiltrato purulento della mucosa si riassorbe senza fusione e origina una fibrosi della mucosa attraverso diffusa proliferazione di fibrcblasti. •y) La cistite pseudomembranacea con formazione di deposizioni più lasse oppure tenacemente aderenti al fondo sulla mucosa privata del suo epitelio (cistite fibrinosa) oppure per trasformazione necrotica degli strati superficiali o anche di quelli più profondi (cistite necroticans o difterica). Le necrosi possono incrostarsi con i sali urinari. Quando esse si distaccano si formano ulcere più o meno profonde [Cistitis ulcerosa). Il processo può svilupparsi in forma di focolai cosicché si possono vedere delle placche a forma di aiuola abbastanza nettamente delimitate, protrudenti in principio verso la superficie interna, sulla mucosa diffusamente ispessita per lo più colorata in rosso sporco e infiltrata da emorragie (placche al cui posto più tardi si formano le ulcere), oppure si arriva ad ampio distacco escarotico di grandi parti della mucosa (cistitis dissecans gangrenosa, S T O E C K E L , W I L D B O L Z , K A S T E N D I E K ) , perfino dell'intera mucosa, la quale viene trovata nella vescica come una membrana arrotolata ( J S A J I ) . Raramente ha luogo in tal caso la rottura della vescica ( G L E I C H MANN). Tali gravi processi distruttivi della mucosa vengono trovati parti-
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APPARECCHIO
URINARIO
colarmente nella paralisi vescicale e nelle alterazioni del deflusso urinario di grado elevato. Per il loro instaurarsi hanno importanza oltre alle infezioni batteriche anche disturbi di nutrizione della parete conseguenti alla eccessiva distensione. Una causa non rara di cistite necrotico-ulcerosa è costituita dall'azione delle irradiazioni. Essa appare soprattutto nella irradiazione Roentgen dell'utero e dell'ovaia (fig. 4 2 6 ) . Secondo D E A N e S L A U G H T E R il numero delle infiammazioni vescicali osservate dopo irradiazione dei tumori del collo
Fig. 426. Roentgen-necrosi della mucosa vescicale con forte reazione purulenta in seguito a irradiazione di un carcinoma dell'utero. Donna di 31 anni. Aut. N. 94/48.
uterino era superiore al 7 % , secondo W A T S O N , H E R G E R e S A U E R era del 4 % . I danni da radium sono molto più rari. Mentre le reazioni precoci di regola si estinguono rapidamente e consistono principalmente in dilatazioni dei vasi sanguigni (occasionalmente con emorragie), edema infiammatorio e al massimo lesioni superficiali dell'epitelio, i danni tardivi, i quali si instaurano con una latenza di un anno o perfino di un tempo più lungo sono caratterizzati dalla tendenza a necrosi e ad ulcerazioni. Quindi sembra che abbiano una parte importante le alterazioni vascolari con proliferazioni dell'endotelio e obliterazione del lume, come di solito nella formazione delle ulcere da raggi Roentgen. Circa le ricerche sperimentali con raggi Roentgen vedi HUEPER, particolari sui danni da irradiazione in HERBUT.
LE
L a cistite
fibrinosa,
VIE
URINARIE
II25
EFFERENTI
superficiale, guarisce m e d i a n t e rigenerazione del-
l'epitelio, quella con lesioni più p r o f o n d e , f o r m a z i o n e di escare e d i ulcere guarisce m e d i a n t e proliferazione di t e s s u t o di granulazione. Se il processo è esteso, si p u ò giungere, c o m e è s t a t o r i c o r d a t o per le forme f l e m m o n o s e , fino al raggrinzamento ò) C o m e forma particolare c o s i d d e t t a cistite
enfisematosa
cicatriziale
della cistite
della
acuta si d e v e
vescica. accennare
alla
la q u a l e è c a r a t t e r i z z a t a d a l l a c o m p a r s a di
vescicole gassose nella m u c o s a
(per lo p i ù nei vasi linfatici). L a p r i m a
osservazione è di EISENLOHR, quelle ulteriori di KEDROWSKI, RUPPANNER, SCHOENBERG,
NOVICKI,
HUEPER,
MLLLS,
ORTMAYER,
TEASLEY,
Coli., FAINGOLD e Coli., WHEELER. U n b u o n riassunto della
LUND E
letteratura
m e n o recente è d o v u t o a PUTSCHAR (con osservazioni personali e
figure).
L a m a l a t t i a è m o l t o r a r a . S e c o n d o TEASLEY si d o v r e b b e r o considerare fino al 1949, 44 casi osservati, secondo FAINGOLD fino al 1953, 48 casi (fig. 426). D a l p u n t o di v i s t a causale g i u o c a n o u n a p a r t e i batteri gasogeni (spesso v i e n e t r o v a t o il b . Coli). Il diabete s e m b r a favorire l'instaurarsi di tale f o r m a (HUEPER e altri). C h e anche n e l b a c i n e t t o renale o c c a s i o n a l m e n t e a p p a i a la f o r m a z i o n e di g a s
( P n e u m o n e f r o s i , Pneumaturia)
è già s t a t o osservato d a SENATOR
n e l 1891 nel diabete. Ulteriori c o n t r i b u t i di KELLY e MAC CALLUM, RILEY e BRAGDON,
RANDALL,
MATHÉ
con
DE
LA
PENA
e
PINEDA,
ALEXANDER,
WELCH e PRATHER. E n t r a m b i gli u l t i m i autori v i d e r o c o n t e m p o r a n e a m e n t e u n a papillite n e c r o t i c a (in u n a d o n n a diabetica). Circa la chiluria v e d i SENATOR, MAGNUS-LEV, LAZZARO e MARKS.
b) L A CISTITE CRONICA C h e q u e s t a possa svilupparsi dagli s t a t i a c u t i di ogni g r a d a z i o n e è g i à s t a t o a c c e n n a t o . P e r lo più in q u e s t o caso la p a r e t e vescicale è ispessita, la m u c o s a h a subito la t r a s f o r m a z i o n e fibrosa. L a m u s c o l a t u r a p u ò essere ipertrofica e sporgere a m o ' di t r a v a t u r a o p u ò a n c h e a n d a r e incontro a u n processo di atrofia. Il l u m e è ristretto, p a r t i c o l a r m e n t e nella v e s c i c a g r i n z a i n f i a m m a t o r i a , o p p u r e d i l a t a t o . L a m u c o s a è m a c r o s c o p i c a m e n t e di solito di colore rossastro o grigio-ardesia a c h i a z z e (emorragie recenti e a n t i c h e ) . A p p a i o n o erosioni dell'epitelio a c c a n t o a ispessimenti a t i p o poliposo circoscritti. Q u e s t e forme non caratteristiche di cistite cronica si osservano p a r t i c o l a r m e n t e nei d i s t u r b i di s v u o t a m e n t o della vescica di l u n g a d u r a t a , nelle calcolosi e nei casi di t u m o r e . E s s e possono a c c o m p a g n a r s i con sclerosi dello sfintere (HECKENBACH e WASKOENIG).
11 26
APPARECCHIO
URINARIO
Una forma particolare che è caratterizzata da edema della mucosa, infiltrati cellulari, proliferazioni del tessuto connettivo e formazione di ulcere piatte è denominata dal tempo di HUNNER come « cistite interstiziale ». A causa del difficile riconoscimento delle ulcere HUNNER parla di « ulcere elusive ». Altre dimostrazioni sono di POWELL, TAHARA con LECHNER e
HESS,
HAND,
SMITH,
MCDONALD
con
UPCHURCH
e
STURDEVANT
(in bambini). Appartiene a questo gruppo anche il cosiddetto « ulcus simplex
» (FENWICK, L E F U R , PASCHKIS, BLUM, PUTSCHAR, E . M E Y E R , CON-
VELLALE e LECA), il quale mediante impregnazione del suo fondo diventa ulcus incrustatum, così anche l'ulcera cronica callosa (BUERGER). Spesso la mucosa circostante l'ulcera dimostra processi infiammatori stranamente di modesta entità (WILDBOLZ). Anche la cosiddetta malacoplachia della vescica è da includere nella cistite cronica; dapprima osservata da MICHAELIS e GUTMAN e poi più esattamente studiata da v. HANSEMANN. In questa forma la mucosa è ricoperta di placche singole o fittamente numerose (fino a 100 e più) della grandezza variabile da una testa di spillo fino ad una moneta di un marco, molli, giallastre o giallo-brune, rilevate o ombelicate al centro, le quali raramente compaiono anche negli ureteri e nel bacinetto renale, perfino nel tessuto renale stesso (GIBSON, BARETA e LAKE). La malattia compare per lo più in donne anziane (BLUM) e sembra colpire particolarmente persone cachettiche (combinazione con la tubercolosi). Nonostante numerose nuove pubblicazioni (la più antica letteratura in PUTSCHAR, la più recente in LEDERGERBER,
CRISTOL,
KOLPAK,
sarcoide di BOECK, HAGEMAN,
FRENCH
BLEISCH e
e
MASON
KONIKOV,
(combinazione BENNETT) le
col
prime
descrizioni hanno anche oggi un valore attuale. L a caratteristica della malattia è la costituzione dei focolai con grosse cellule rotonde o poligonali del tipo dei macrofagi, le quali oltre a leucociti e eritrociti contengono spesso peculiari inclusi talora stratificati concentricamente, fortemente rifrangenti, grandi da i a i o micron, che possono dare le reazioni del ferro e del calcio, non ancora chiariti nella loro natura. Essi possono trovarsi anche al di fuori delle cellule (v. GIERKE). Il più delle volte si possono osservare nell'urina colibacilli. Se nella formazione di questo tessuto di granulazione particolare, evidentemente dotato di forte attività fagocitaria, ha una parte l'infiltrazione dell'urina nel tessuto lasciato scoperto dall'epitelio, è a n c o r a p o c o c h i a r o (PAPPENHEIMER, HORT, LOELE, MINELLI, V.
GIERKE, WEGELIN). Se tale azione avesse importanza, la malattia si dovrebbe osservare molto più di frequente. Secondo HAGEMANN nella letteratura sono raccolti fino al 1951 circa 60 casi. Che una tubercolosi nel senso di un'infezione della vescica vera e propria esista (ZANGEMEISTER, KIMLA) è del tutto inverosimile (cfr. PUTSCHAR). Per il momento l'eziologia deve essere considerata del tutto oscura. La malattia è da includere nel
LE VIE
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EFFERENTI
1127
capitolo dei granulomi specifici (con ciò non si vuole dire che entri in gioco un particolare agente morboso). Particolari forme di infiammazione cronica delle vie urinarie efferenti, le quali procedono con più spiccate proliferazioni di tessuto e solo per questo già macroscopicamente offrono un quadro particolare, vengono riunite da H E R B U T sotto la denominazione di « cistite, pielite e ureterite proliferativa ». Esse sono caratterizzate dal fatto, che sulla mucosa per lo più ispessita e a chiazze rossastre, talora però anche con aspetto del tutto normale, si elevano delle formazioni nodulari di colorito bianco opaco oppure di trasparenza a guisa di gocce di rugiada, oppure proliferazioni polipose con superficie liscia o rugosa. Si parla di cistite (0 di pielite) follicolare, ghiandolare, cistica o granulosa (poliposa). Esse sono, come appare dalla rassegna storica di P U T S C H A R , conosciute da lungo tempo e vengono descritte sempre di nuovo.
a) La pielite e cistite follicolare L a pielite e cistite follicolare è caratterizzata dalla formazione di noduli linfatici (con i cosiddetti centri germinativi) nello strato proprio delle vie urinarie. Questi possono localizzarsi anche nella sottomucosa, perfino negli strati muscolari più interni (particolarmente nel bacinetto renale) e sono sempre inclusi in una più diffusa infiltrazione di linfociti nelle parti circostanti, e rappresentano una manifestazione parziale di una infiammazione cronica, come praticamente si osserva dappertutto nell'organismo, dove ha luogo un processo infiammatorio di lunga durata. Noi li osserviamo in idronefrosi croniche molto spesso in reni calcolosi e in altre forme di pielite cronica, nelle quali i noduli possono aggettare nel lume talora a guisa di polipi, più spesso ( K R E T S C H M E R ) nella vescica (cfr. la figura 67 di P U T S C H A R ) dove prediligono il trigono, ma possono anche infiltrare irregolarmente la mucosa. L'epitelio sopra di essi è per lo più ben conserv a t o oppure mostra interruzioni più circoscritte.
/?) La pielite, ureterite e cistite cistica Questa è, nella forma meno accentuata esternamente non apprezzabile, molto frequente, particolarmente nella vescica (secondo S T I R L I N G e ASH si può trovare nell'i,4 % di tutte le autopsie), in forma grossolana è relativamente rara e si può allora vedere particolarmente nel bacinetto renale e negli ureteri (cfr. fig. 427). Le formazioni cistico-ghiandolari sono
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APPARECCHIO
URINARIO
in intima relazione con i nidi cellulari di Brunn già prima ricordati. Fino a che punto questi debbano essere considerati come normali introflessioni dell'epitelio oppure già come proliferazioni patologiche sulla base di stati irritativi infiammatori cronici, vedi PUTSCHAR. Che essi siano aumentati nella cistite e nella pielite o nella ureterite cronica, è fuori di dubbio. Qnadri corrispondenti a quello della fig. 19 nel contributo trattatistico di GRUBER o della nostra fig. 414 si possono osservare soltanto nei processi infiammatori cronici. Nella fig. 428 i nidi cellulari hanno carattere compatto e sono localizzati in spessi accumuli nello strato proprio, nella fig. 429 si vede nel modo più spiccato la formazione di lumi nettamente delimitati, dei quali viene sempre sollevata la questione se abbiano origine per distruzione di cellule oppure per un processo secretivo LEDORF,
(HERXHEIMER STOERK
e
e
SALTYKOW,
ZUCKERKANDL,
estesa bibliografia in PUTSCHAR). L'Autore vorrebbe vedere nei lumi nettamente circoscritti piuttosto un segno di funzione cellulare secretoria, tanto più che si possono vedere occasionalmente nella pielite cronica anche formazioni epiteliali che hanno assolutamente l'aspetto di vere ghiandole (v. fig. 431). In questa occasione deve essere solo accennata brevemente la questione del rapporto di queste formazioni con il carcinoma della vescica. Nel caso (fig. 404) illustrato si trovò contemporaneamente un tumore infiltrante piatto del tipo di un carcinoma a cellule basali, la Fig. 427. cui origine è evidentemente a carico Ureterite cistica (con rene grin/.o pielonefritico). Donna di 68 anni. Aut. N. 369/55. della proliferazione dei nidi di cellule di Brunn (se non si vuole essere del parere che il tumore è il fenomeno primitivo e che il processo infiammatorio cronico che si accompagna ad esso nella vescica è insorto secondariamente alla sua formazione — cfr. FARKAS — fig. 432). Dai nidi cellulari si sviluppano anche cavità; queste sono da principio piccole, però possono aumentare così fortemente di grandezza da sospingere la parete della cisti, piatta o peduncolata, all'interno del lume (particolar-
LE
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URINARIE
EFFERENTI
I 1 29
Fig. 428. Ureterite cronica con accumuli spessi di nidi cellulari di Brunn. J N . 6404/53.
Cistite
Fig. 429. cronica con proliferazione spiccata di nidi cellulari di Brunn a tipo ghiandolare. (In un carcinoma della vescica). Uomo di 47 anni. J N . 1547/52.
71*
Kaufmann
—
II, p.
I
H3°
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mente del bacinetto renale e degli ureteri) e questo venire ristretto (cfr. GROSSMANN e GUETGEMANN) particolarmente quando, come accade in casi del tutto rari (HOYT) si sviluppano perfino come tumori unici. Letter a t u r a recente in PATCH, SAUER e BLICK, KRETSCHMER. N o n è sempre
pos-
sibile in stadi così avanzati dimostrare i segni di una infiammazione cronica mediante ricerche microscopiche. Così p. es. nel caso 369/55, nel quale si
F i g . 430. Ipertrofia prostatica con vescica a colonne, idrouretere sinistro e ureterite cistica bilaterale. Focolaio di r a m m o l l i m e n t o e di emorragie multiple nell'encefalo. U o m o di 74 anni. ( A u t . 31603 d e l l ' I s t i t . d i A n a t . e Istol. P a t o l . d e l l ' U n i v . di Milano).
era sviluppata una forma, di grado particolarmente elevato, di pielite e ureterite cistica monolaterale (senza cistite) (analogamente alla fig. 68 A di PUTSCHAR). Le cisti spesso polipose, peduncolate, sporgenti verso il lume, sono rivestite soltanto da un epitelio piatto monostratificato. La parete degli ureteri è distesa, atrofica, ma non dimostra infiltrati cellulari infiammatori. Però esisteva nella donna di 68 anni dallo stesso lato un rene
LE
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II
3
Fig. 431A u t e n t i c h e f o r m a z i o n i g h i a n d o l a r i n e l b a c i n e t t o r e n a l e in p i e l i t e c a l c o l o s a . X .
Fig-
432.
C a r c i n o m a d e l l a v e s c i c a d a l l o s t e s s o c a s o d e l l a fig. 4 2 9 .
3768/56.
I
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grinzo pielonefritico, il quale indica che possono essersi svolti anche nel bacinetto renale e nell'uretere processi infiammatori cronici. Ci sembra poco convincente che queste vescicole che si staccavano così fortemente dal tessuto circostante, ed erano ripiene di un contenuto di tipo colloideo, debbano essersi formate soltanto attraverso la distruzione di elementi cellulari. Occasionalmente le cisti sono concamerate (PUTSCHAR). Appendice: Nettamente da distinguere dai quadri su accennati è la « pielite ghiandolare » come è stata descritta da PASCHKIS, BRUETT, FOOT,
F i g . 433Pielite granulosa. Infiammazione cronica del bacinetto renale con proliferazioni di tessuto di granulazione a tipo poliposo. Donna di 43 anni con calcolosi renale. N. 2454/56.
TORASSA. In questo caso il bacinetto renale era rivestito da una mucosa che ricordava la mucosa dell'intestino crasso, cioè conteneva cellule caliciformi mucipare, che altrimenti non occorrono nella pielite cistica. Quadri simili nella vescica sono connessi con i residui dell'uraco (e hanno una parte nell'istogenesi degli adenocarcinomi della vescica). Se essi nel bacinetto renale si accompagnano con alterazioni dello sviluppo embrionale o se debbano essere considerati come alterazioni locali del ricambio con carattere di metaplasia, non è chiaro (cfr. anche la fìg. 104 di HERBUT).
LE
VIE
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"33
EFFERENTI
y) La pielite e la cistite granulosa (poliposa) Come terza forma della cistite (e della pielite) proliferante viene considerata la forma granulosa (poliposa) di HERBUT. Anch'essa è caratterizzata da una granulosità oppure da una irregolarità poliposa villosa della mucosa del bacinetto renale e della vescica. Tali proliferazioni sono costituite da tessuto di granulazione che infiltra la mucosa e costituisce la superficie interna di essa, spesso anfrattuosa. Noi troviamo tali alterazioni il più spesso in pionefrosi o nei loro esiti. Nella fig. 433 è presentata una pionefrosi calcolosa in cui i calici renali fortemente dilatati erano ricoperti da membrane piogene, le cui cellule di granulazione erano costituite principalmente di istiociti con intensa infiltrazione lipoidea. In questo caso la superficie interna era liscia, ma priva di epitelio, il bacinetto renale fortemente dilatato era ricoperto di proliferazioni villose, irregolarmente anfrattuose e presentava perciò una superficie poliposa necrotica. Tali proliferazioni di tessuto di granulazione possono assumere maggiormente il carattere di rilevaiezze peduncolate circoscritte, rivestirsi di epitelio a partire da un lato, subire la trasformazione fibrosa nello stroma di sostegno, e così costituire il substrato di una pielite (o di una cistite) poliposa.
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ò) La cosiddetta leucoplachia delle vie urinarie P e r leucoplachia di u n a m u c o s a noi intendiamo u n a alterazione del suo epitelio, il quale assume, diffusamente o in parti più circoscritte, un a s p e t t o biancastro, o grigio-perla come porcellana. L ' a l t e r a z i o n e del colore d a l rosso pallido al bianco a v v i e n e per il f a t t o che il rivestimento epiteliale d i v e n t a opaco, e perciò non lascia trasparire il colore sanguigno della rete capillare sotto-epiteliale. L a base di ciò è u n ispessimento e s o p r a t t u t t o u n a corneificazione dell'epitelio, il quale, nel caso delle v i e urinarie si trasforma da epitelio di transizione in epitelio p i a t t o pluristratificato, m e n t r e gli strati cellulari superficiali si differenziano in cellule spinose con formazione di sostanza cheratoliania e corneificazione. Si p a r l a di metaplasia o di prosoplasia. L a corneificazione può anche m a n c a r e (CORSDRESS). Forse in tali casi l'espressione pachidermici è p i ù esatta. L e s q u a m e cornee superficiali possono distaccarsi in f o r m a lamellare e (particolarm e n t e nel b a c i n e t t o renale) depositarsi nei calici sotto f o r m a di u n a poltiglia biancastra. T a l i deposizioni conducono al quadro designato come colesteatoma, che non è un'espressione felice, perché troppo facilmente risveglia il pensiero di u n a formazione t u m o r a l e o per lo meno di u n a formazione simile a u n tumore. D o p o i più v e c c h i lavori di HALLE e LAVONIUS sono particolarmente n o t e v o l i nella l e t t e r a t u r a tedesca, le pubblicazioni d i K Ù T T X E R , CORSDRESS, F R A N C K E e PUTSCHAR,
ARNHOLDT e
KELLER,
nell'italiana quelle di SACCO e PAOLETTI-PERINI, nell'anglo-americana le p i ù v e c c h i e d i B E E R , KRETSCHMER,
HINMAN c o n KUTZMANN
e GIBSON,
P A T C H e le r e c e n t i d i ARMSTRONG c o n H A R L I N e F O R T , M C C R E A ,
SENGER
c o n B O T T O N E e K E L L E H E R c o s ì c o m e q u e l l e d i NAUMANN e SABATINI.
P e r q u a n t o riguarda la localizzazione, la vescica sta al primo posto (secondo CORSDRESS 38 v o l t e su 50; secondo PATCH H O v o l t e su 152 casi; secondo PASCHKIS così come N E Y e EHRLICH essa è p i ù frequente nella vescica delle donne nella zona del trigono in f o r m a di piccole placche). L a letteratura t r a t t a per lo più principalmente della m a l a t t i a dei bacinetti renali, la quale dal p u n t o di v i s t a numerico sta al secondo posto. L ' u r e t e r e
1136
APPARECCHIO
URINARIO
da solo è raramente interessato, più spesso insieme alla vescica o al bacinetto renale. Anche i tubuli collettori della midollare renale possono essere coinvolti nel processo (NAUMANN e SABATINI). Sulla comparsa bilaterale riferiscono
SENGER,
BOTTONE
e
KELLEHER.
Per quanto riguarda l'età, prevalgono il quinto e sesto decennio. Le osservazioni in bambini sono molto rare. CORSDRESS ne riferisce tre casi. L'Autore osservò insieme a FRANCKSON una leucoplachia bilaterale nei ba-
F i g . 434Leucoplachia
del b a c i n e t t o renaie. R i v e s t i m e n t o della p a p i l l a renale con epitelio p i a t t o corneificato. B a m b i n a di 8 mesi. A u t . X . 162/53.
emetti renali e negli ureteri, in una bambina di otto mesi (figg. 434 e 435). Il caso più giovane è riferito da LEBER (bambina di quattro mesi con « xerosis corneae »). Tra le cause dell' instaurarsi della malattia stanno certamente al primo posto le infezioni croniche con processi infiammatori recidivanti, formazione di difetti epiteliali con conseguente rigenerazione. Spesso esse si stabiliscono sul terreno di formazioni calcolose. Inoltre sembra avere importanza occasionalmente la mancanza di vitamina A, come indica l'osservazione di LEBER (xerosis corneae). Anche in alcuni casi dell'A. si doveva pensare a tale concomitanza. Nelle malattie di persone più anziane la mancanza di vitamina è però certamente senza importanza. Per quanto riguarda la riproduzione sperimentale di leucoplachia mediante sottrazione di vitamina A
vedi
LAUBER, STEINER, ZUGER e KRAMER, r e c e n t e m e n t e
HE-
LE VIE URINARIE EFFERENTI
H37
DENBERG. Anche nei danni provocati sperimentalmente dalla mancanza di vitamina A possono precedere la leucoplachia processi infettivo-infiammatori (FRONTALI, PRETO). K . BIEDERMANN vide processi corrispondenti nel trattamento lungamente protratto di ratte femmine con ormoni follicolari. L a ricerca dimostrò contemporaneamente che la pielonefrite connessa con la leucoplachia non sempre ne è la causa, ma talora anche può essere la conseguenza della metaplasia epiteliale.
Fig. 435Leucoplachia del bacinetto renale. Lamelle cornee distaccate nel calice renale. Lo stesso caso della fig. 434.
Sui rapporti della leucoplachia con la formazione di carcinomi, particolarmente a cellule epiteliali piatte, vedi PASCHKIS, PATCH, KELLER e cfr. il capitolo corrispondente. Per quanto riguarda le infiammazioni specifiche del bacinetto renale, dell'uretere e della vescica, vedi a pag. 996 nel capitolo delle corrispondenti malattie del rene. 72
—
KAUFMANN
II,
p.
1
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APPARECCHIO
URINARIO
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3. L E I N F I A M M A Z I O N I D E L L ' U R E T R A
(URETRITE)
a) LA GONORREA L a forma più importante è la gonorrea, 0 blenorragia, una infiammazione catarrale suppurativa il cui agente morboso è il gonococco. L a malattia gonorroica è frequènte in ambo i sessi, a decorso spesso lieve, mentre in altri casi si dimostra una malattia grave, talora perfino inguaribile, e che per mezzo delle sue complicazioni può mettere in pericolo la stessa esistenza. L'importanza della malattia è molto diminuita dal tempo della scoperta delle sostanze antibatteriche. Il gonococco fu scoperto nel 1879 da N E I S S E R e da questi ricevette il nome; esso fu coltivato per la prima volta nel 1886 in forma pura da B U M M SU terreno al siero di sangue umano coagulato e inoculato con risultato positivo. WERT H E I M indicò quindi un metodo di coltura su un miscuglio di siero di sangue umano e brodo-agar peptonato. Per quanto riguarda i terreni di coltura oggi
LE VIE URINARIE EFFERENTI
1139
usuali vedi KOLLE-HETSCH-SCHLOSSBERGER. — Qui anche maggiori particolari sulla forma del germe e sulla sua colorazione in strisci di pus blenorragico. Le ricerche sull'uomo per provocare la gonorrea sperimentale sono quasi sempre positive usando pus blenorragico, mentre i risultati positivi diventano più rari con inoculazione di colture di gonococco e sono quasi sempre negativi nelle ricerche sugli animali (HILL, MAHONEY e Coli.). Più facilmente gli esperimenti riescono sui conigli, letteratura in HERBUT. Nello stato acuto della gonorrea la mucosa dell'uretra, particolarmente nella sua parte distale, appare tumefatta, arrossata e ricoperta di pus. Nello stadio cronico le alterazioni sono talora più diffuse, talora a focolai, e consistono in tumefazione edematosa, arrossamento a chiazze, granulosità della superficie (dovuta a proliferazione di tessuto di granulazione) formazioni polipose locali e stenosi (cfr. HERBUT). Sui reperti microscopici negli stadi precoci vi sono le ricerche di FINGER (con GHON e SCHLAGENHAUFER), JADASSOHN (trattato delle malattie veneree) CRISTELLER-JAOBY (nel trattato sulla gonorrea di BUCHKE e LANGE) di PELOUZE (biopsie sui prigionieri di guerra da parte di KEYES, cfr. HERBUT). Un'esposizione dettagliata è quella di MARESCH e CHIARI. Secondo tali ricerche i gonococchi si trovano dapprincipio sulla superfìcie della mucosa e si moltiplicano in modo particolare nelle lacune. Secondo PELOUZE già circa 38 ore dopo l'infezione si possono osservare i germi tra gli epiteli delle lacune. Qui si osserva anche nel tessuto connettivo sottostante iperemia e emigrazione di leucociti, i quali infiltrano l'epitelio superficiale (particolarmente là dove esso è costituito di cellule cilindriche) e si diffondono sulla superficie della mucosa. Il processo incomincia quindi generalmente piuttosto a focolai (MARESCH e CHIARI). L a fagocitosi dei gonococchi ha luogo in prima linea sulla superficie, meno tra le cellule epiteliali, mai nel tessuto connettivo, pur potendo trovare i cocchi anche negli spazi linfatici della mucosa. L'epitelio superficiale dell'uretra anteriore appare disorganizzato e tende alla paracheratosi. Negli stadi ulteriori appaiono al posto dei leucociti un maggior numero di linfociti e plasmacellule e l'intero processo dimostra la tendenza a localizzarsi nelle ghiandole del LITTRÉ e nelle lacune del MORGAGNI. Nell'uretra posteriore, dove mancano ghiandole e lacune, il processo infiammatorio si sviluppa in modo più diffuso. Negli stadi cronici l'alterazione principale ha luogo nel tessuto connettivo sottoepiteliale, mucoso e sottomucoso, nel quale l'infiltrazione cellulare viene piuttosto sostituita da proliferazione di tessuto di granulazione e dalla trasformazione fibrosa (uretrite cronica sclerosante). L'epitelio tende alla degenerazione idropica, distacco con formazione di erosioni e ulcere, e a processi iperplastici con trasformazione in epitelio piatto corneificato. A causa della guarigione cicatriziale delle ulcere e delle diffuse proliferazioni del tessuto connettivo si giunge alla formazione delle temute stenosi, le quali possono essere limitate, a forma di anello, o callose, estese,
1140
APPARECCHIO
URINARIO
rigide e l'uretra può essere per tratti estesi ristretta e deformata. Spesso le stenosi sono rivestite da epitelio piatto-corneificato, per il quale si discute se si tratti di una formazione metaplastica o di residui embrionali (CED E R K R E U T Z , H U B N E R , R O S T , K Ù T T N E R ) . La sede delle stenosi è di preferenza la parte bulbosa e membranacea ( R O T H S C H I L D , M O R O , M A R E S C H e C H I A R I ) . Non raramente esse sono multiple. Le stenosi però non in tutti i casi sono causate dalla gonorrea (cfr. le parti sulle infiammazioni specifiche e sulle lesioni dell'uretra, pagg. 1143 e 1148). Particolarmente dopo lacerazioni con infezione possono svilupparsi gravissime stenosi uretrali. Nella donna le stenosi uretrali sono un'evenienza rara. Esse possono anche qui apparire dopo infiammazioni gonorroiche o di altra natura, ma sono più di frequente conseguenza di lesioni di natura chirurgica o traumatica da parto ( W I L D B O L Z , S I N C L A I R , B R A N A N ) .
Conseguenze delle stenosi uretrali
Nella maggior parte dei casi le stenosi insorgono a causa di una gonorrea o di un trauma. Dietro una stenosi si forma unadilatazione dell'uretra. Anche il collo vescicale può essere disteso e divenire insufficiente. Ciò porta come conseguenza l'incontinenza dell'urina (iscuria paradossa). (Si distingue disuria, minzione laboriosa e dolorosa, stranguria, minzione goccia a goccia, iscuria, ritenzione completa). La parete della vescica può essere ipertrofica oppure è dilatata. La dilatazione può propagarsi agli ureteri e ai bacinetti renali (idrouretere e idronefrosi). In conseguenza di infezione insorge la pielonefrosi con pielonefrite ascendente, e in qualche caso si arriva al rene grinzo pielonefritico. Tra le altre complicazioni nell'uretra stessa sono da prendere in considerazione la follicolite e perifollicolite gonorroica, una specie di formazione di empiema (ascesso) all'interno delle ghiandole uretrali, il cui sbocco nell'uretra è chiuso a causa del processo infiammatorio. Si può giungere alla perforazione verso il lume oppure verso l'esterno attraverso la pelle. In quest'ultimo caso si forma una fistola urinaria. Per quanto riguarda la periuretrite e la cavernite con fusioni purulente, nelle quali può avere importanza un'infezione mista, vedi C H R I S T E L L E R e M A R E S C H con C H I A R I . Possono aggiungersi la linfangite, la linfoadenite e la flebite gonorroica. Altre diffusioni del processo gonorroico hanno luogo per continuità o per metastasi ( C H R I S T E L L E R ) . L'infiammazione acuta può propagarsi nell'uomo alla vescica e ai reni, più spesso, seguendo i dotti eiaculatori, agli organi sessuali, soprattutto all'epididimo e al didimo, poi alle vescicole seminali e inoltre alle ghiandole annesse, cioè alla prostata e alle ghiandole del
LE VIE URINARIE EFFERENTI
II4I
Cowper. Anche i dotti parauretrali e i dotti prepuziali del Tyson e rispett. le ghiandole, possono infettarsi e divenire asilo per il gonococco (particolari in
GROSZ).
Nella donna il processo primario colpisce in modo quasi ugualmente frequente o le vie genitali infettate mediante il coito, soprattutto la cervice uterina, oppure anche l'uretra, o entrambe insieme. I dotti parauretrali possono albergare i gonococchi. L a propagazione alla vescica è molto più rara (cfr. KNORR) come la propagazione alla cavità uterina, alle tube, alle ovaie e talora alle ghiandole del Bartolini. Idonee per l'infezione sono le parti del canale genitale con rivestimento epiteliale più delicato. Le parti con rivestimento epiteliale a tipo epidermico, come vulva e vagina, sono poco adatte per l'insediamento dei gonococchi; pure queste parti nella blenorragia acuta vengono macerate e infiammate dal secreto contenente i cocchi, defluente spesso sotto forma di correnti dalle parti soprastanti. Nella gonorrea cronica, la quale si localizza nella cervice o nell'uretra, esse non sono interessate. Un ricettacolo per i gonococchi può essere costituito inoltre dal « Praeputium clitondis ». Nelle bambine anche la vulva e la vagina costituiscono una frequente localizzazione di gonorrea di lunga durata. Esistono anche metastasi ematogene lontane della gonorrea dovute alla penetrazione locale dei gonococchi nelle vene più fini (WERTHEIM), come infiammazioni delle articolazioni, dei tendini e delle borse mucose. Inoltre si hanno casi di endocardite (E. KAUFMANN) che spesso si accompagnano a nefrite acuta emorragica (ROTKY), raramente di miocardite, pericardite, aortite (SCHAPHNER), talora di mielite che si fa risalire alla blenorragia (letteratura in KULBS, SCHAFFER). Si parla in tali casi, nei quali si possono osservare gonococchi anche nel sangue, di sepsi gonococcica (SOCIN, JUEBSCHMANN, MASSINI, SCHACHNER). Si possono presentare anche triti, retiniti, corioiditi con conseguente «phtisis bulbi» (GREEFF). Le metastasi ematogene alla cute sono rare (WEILL). Per la letteratura sulle malattie metastatiche gonorroiche vedi NOBL. — Anche la congiuntivite blenorragia, la quale insorge soprattutto in neonati (per infezione con l'essudato della madre) è una conseguenza del gonococco. HOFFMANN e SCHNEIDER videro anche nei neonati sepsi gonococciche. Parecchie forme di gonorrea si accompagnano a gravi processi suppurativi dei tessuti. Questi sono causati soprattutto da infezioni miste, nelle quali successivamente altri batteri della suppurazione, in primo luogo i cocchi, giungono dall'uretra. La distruzione dei tessuti dovuta al gonococco stesso è in generale molto meno intensa e rapida di quella che ha luogo per opera dei comuni germi piogeni. Questi processi suppurativi appaiono sotto forma dei cosiddetti ascessi periuretrali i quali secondariamente possono aprirsi nell'uretra e aver sede nella sottomucosa e perfino nei corpi cavernosi (cavernite).
1142
APPARECCHIO
URINARIO
Una parte di questi focolai suppurativi sono in realtà « falsi ascessi », raccolte di pus nelle ghiandole del Littré (JADASSOHN) i cui dotti escretori sono obliterati dall'epitelio desquamato. Simili pseudo-ascessi gonorroici vengono osservati nei dotti escretori delle ghiandole del Bartolini. In altri casi tuttavia si possono avere autentiche suppurazioni dei tessuti, le quali possono assumere la lunghezza di parecchi centimetri. Anche nella prostata si possono formare dei veri ascessi. Viceversa gli ascessi della prostata possono aprirsi nell'uretra.
b) A L T R E F O R M E DI I N F I A M M A Z I O N E
DELL'URETRA
Non tutte le uretriti sono di natura gonorroica. Come agenti morbosi entrano in questione talora quegli stessi schizomiceti che si possono osservare anche nell'uretra normale (colibacilli, stafìlo- e streptococchi e così via). Essi possono in particolare divenire patogeni, quando fattori predisponenti, come malformazioni, infiammazioni precedenti (p. es. la gonorrea), stenosi, tumori, lesioni meccaniche (traumi, calcoli) favoriscono la loro penetrazione nella mucosa (HERBUT); così ha origine anche la « uretrite postgonorroica » (WILDBOLZ). E possibile trovare anche i più diversi germi (cfr. l'esteso riassunto di MARESCH e CHIARI) fra i quali oltre i cocchi e i bacilli (p. es. il bacillo del tifo, ORSOS, e CIARROCCHI), spirochete (REITER), [miceti come mughetto] (GIRARD, PIERANGELI) e streptotricee (ROCEK) amebe
(STRAUB),
tricomonadi
(KATSUNUMA,
HECKEL,
LYDON,
ZAHN)
possono avere importanza. Nell'infezione con schistosomi (Bilharzia) possono aversi molto grossolane alterazioni anatomiche nell'uretra (PFISTER). Come forme particolari vanno brevemente accennate l'uretrite cronica non gonorroica di Waelsch (rapporti con linfogranuloma?) vedi MELCZER e WLASSICS-VENKEL), l'uretrite infettiva abatterica con corpi inclusi (LINDNER) l'uretrite da germi del gruppo della pleuro-polmonite (cfr. SCHLOSSBERGER) la partecipazione dell'uretra all'afta epizootica e al linfogranuloma inguinale (R. MÜLLER e GRUPPER), alla malattia di Reiter (letteratura recente in PINK e CREECY c o n BEAZLIE), r i g u a r d o la q u a l e n o n esistono a n c o r a ri-
cerche istologiche. Riguardo alla partecipazione dell'uretra al « Herpes genitalis»
v e d i MARESCH e CHIARI).
Oltre a queste cause infettive sono infine da nominare le irritazioni meccaniche e chimiche, le quali hanno luogo per eliminazione di calcoli, introduzione di corpi estranei nell'uretra, per azione di medicamenti troppo concentrati o per scambio con sostanze caustiche. Come uretrite « ab ingestis » MARESCH e CHIARI indicano lievi processi infiammatori i quali vengono osservati dopo assunzione di determinate bevande o in caso di alterazioni del ricambio (diabete, gotta, fosfaturia). Una raccolta delle varie
LE
VIE
URINARIE
EFFERENTI
"43
forme di uretrite non gonorroica dell'uomo è nel lavoro di HESSE, di quelle relative allo sbocco uretrale, v. KRAETZ. Nelle forme croniche di ogni genere di uretrite possono presentarsi proliferazioni iperplastiche poli-pose, o perfino papillari della mucosa (E. KAUFMANN, HÙCKEL). Riguardo alle caruncole uretrali vedi alla parte riguardante i tumori e le formazioni a tipo tumorale. Le ghiandole del Cowper le quali hanno sede posteriormente al bulbo e i cui canali escretori sboccano immediatamente davanti al bulbo nella parte spugnosa dell'uretra, possono partecipare alle infiammazioni dell'uretra, soprattutto alla gonorrea ed eventualmente suppurare. Si possono anche avere per obliterazioni degli sbocchi ectasie cistiche le quali talora sono seguite da stenosi uretrali. Molto raramente si forma in tal caso un carcinoma, come comunica E. KAUFMANN.
c) I N F I A M M A Z I O N I S P E C I F I C H E
DELL'URETRA
a) La tubercolosi è certo rara, ma non talmente rara come in generale viene ritenuta. Le cifre di PANELL (secondo KILBURN) con sette osservazioni su 380 casi di tubercolosi urogenitale e quelle di PELOUZE con 42 reperti positivi in 3500 cistoscopie non corrispondono verosimilmente alla reale frequenza. WILDBOLZ calcola nell'uomo la partecipazione dell'uretra alla tubercolosi urogenitale già esistente, con il 12 fino al 15 % dei casi, essendo preferite le parti posteriori. Una infezione primaria tubercolare, la quale teoricamente potrebbe essersi stabilita mediante contatti sessuali, circoncisione o cateterismo, non è stata sicuramente dimostrata (WALTHARD e altri). Anche l'insorgenza di una tubercolosi ematogena appartiene al campo delle più grandi rarità (KUDLICH). Nella grande maggioranza dei casi il processo tubercolare dell'uretra ha origine per propagazione dalla vescica, dalle ghiandole del Cowper o dalla prostata. WALTHARD distingue la forma granulosa (prevalentemente produttiva), quella ulcerosa, e quella infiltrativa caseosa, una suddivisione che può avere valore anche per la tubercolosi delle restanti vie urinarie efferenti. Si possono aggiungere la periuretrite, cavernite e pericavernite tubercolare. Sono state osservate stenosi consecutive alla guarigione. Per maggiori particolari vedi MARESCH e CHIARI così come WILDBOLZ. /?) La sifilide dovrebbe essere relativamente frequente sotto forma di lesione primitiva nell'uretra e viene calcolata da LOVEMAN e MORROW circa il 10 % di tutte le localizzazioni primarie. Possono formarsi in conseguenza della guarigione, delle stenosi. Per quanto riguarda infiltrati dello stadio secondario con la dimostrazione di spirochete vedi FRIEDLÀNDER. La forma terziaria si presenta secondo ISRAEL come formazione gommosa,
1144
APPARECCHIO
URINARIO
come « infiltrato sclerotico » o come ulcera. Anche queste possono condurre alla formazione di stenosi. y) Per quanto riguarda la partecipazione dell'uretra alla lebbra e alla micosi fungoide vedi M A R E S C H e C H I A R I .
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LE
VIE
URINARIE
II45
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CAPITOLO
IV
PARASSITI ANIMALI DELLE VIE URINARIE EFFERENTI
Sono qui da ricordare: 1. « filaria sanguinis »; in tale infestazione si possono formare, per obliterazione dei vasi linfatici della vescica delle pseudocisti linfatiche, le quali sporgono nella cavità vescicale ed eventualmente si rompono (ematochiluria). 2. « schistosomum haematobium » (BILHARZ), Molto diffuso in Egitto, può condurre a stasi e rottura delle vene vescicali e alla proliferazione della mucosa (BILHARZ) , la quale può essere mammellonata e finemente villosa (scambio con la tubercolosi o col carcinoma, Gg. B. GRUBER). GOEBEL (bibl.) descrive tumori granulomatosi, polipi villosi benigni, combinati con la cistite da Bilharzia (cistite cistica proliferante), e tumori maligni (50 %) e cioè tanto sarcomi come anche in netta prevalenza carcinomi e tra questi ultimi prevalentemente tumori corneificanti; vedi anche PFISTER e cfr. la parte riguardante il carcinoma della vescica (pag. 1206). Anche calcoli (soprattutto primitivi) possono aver origine il cui n u c l e o è f o r m a t o d a
conglomerati
di u o v a
(GRIESINGER,
GOEBEL,
EBSTEIN). 3. « Echinococchi » i quali dagli ureteri o in seguito a rottura raggiungono la vescica, costituiscono una rarità. 4. « Molto raramente raggiungono la vescica attraverso una rottura ascaridi e ossimi. 5. Casualmente si p u ò
trovare
a n c h e t a l o r a i l trichomonas
(MARCHAND, MIURA,
Maggiori particolari sui parassiti nel lavoro di M. KOCH.
72* —
KAUFMANN I I , p .
I.
MAY).
APPARECCHIO
URINARIO
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CAPITOLO
V
A L T E R A Z I O N I DI POSIZIONE ACQUISITE D E L L E VIE U R I N A R I E E F F E R E N T I La più frequente è il cistocele vaginale, un prolasso per cui il fondo della vescica fa sporgenza verso la vagina; questo avviene per lo più secondariamente, a causa della trazione esercitata dall'utero prolassato, oppure nella retroflessione e retroversione dell'utero. Il cistocele per lo più comporta stasi urinaria, compressione degli ureteri e conseguente idronefrosi (cfr. HIROKAWA) e catarro cronico vescicale. — L a distopia in ernie, e soprattutto in quelle inguinali crurali (per esempio LANG), paraperitoneali ed altre, avviene di regola soltanto parzialmente con una estroflessione a tipo diverticolare, in cui questa appare soltanto come un'appendice dell'intestino o dell'omento, costituenti il contenuto del sacco erniario; queste rare ernie vescicali (ernie vescicali o veri cistoceli) si presentano in uomini di età avanzate (nell'età dell'ipertrofia prostatica) e nelle donne fra i 30 e i 40 anni ( l e t t e r a t u r a in BRUNNER e EGGENBERGER,
FELTEN lett., FINSTERER).
Se nelle donne l'apice della vescica protrude verso l'interno, può allora alla fine uscire rovesciato attraverso l'orificio uretrale. Si designa ciò come inversione, invaginazione 0 prolasso della vescica. Vedi MICHILETTI per la descrizione di un'inversione totale in seguito a grave lacerazione del perineo in una primipara attempata. Per quanto riguarda le alterazioni di posizione congenite delle vie urinarie vedi tra le malformazioni a pag. 623.
LE VIE URINARIE EFFERENTI
CAPITOLO
II47
VI
ALTERAZIONI DELLA CONTINUITÀ NELL'AMBITO DELLE VIE URINARIE EFFERENTI 1. L A V E S C I C A Queste possono aver luogo 1. a causa di traumi (lett. in BARTELS, GEILL e NORDMANN, GALAKTINOW, FINSTERER). A c c a d e spesso s e c o n d a -
riamente a causa di frammenti ossei acuminati in fratture del bacino, particolarmente quelle della branca orizzontale del pube; la vescica in questo caso viene per lo più lacerata anteriormente; può anche accadere che si laceri la parte di vescica circondante l'imbocco uretrale a causa dell'azione indiretta della forza lesiva (FROMME). La vescica può anche arrivare a rompersi isolatamente (scoppio) per l'azione diretta di una forza contundente locale (pugno, calcio, urto). Queste rotture primitive della vescica hanno la loro sede per lo più al vertice o vicino ad esso, presso la parete posteriore (occasionalmente però anche da un lato) e con decorso quasi sempre sagittale; il forte riempimento della vescica facilita la loro evenienza. La rottura spontanea della vescica sana per eccessivo riempimento (che può giungere fino a 3,5 litii, FRIEBERG) è straordinariamente rara (v. HOSEMANN, MOSER); per distinguere se in tali casi si tratta realmente di ima parete vescicale sana, ricerche microscopiche sono indispensabili (FAHR); in questo caso dal punto causale sono efficaci gli sforzi, i quali si accompagnano a una forte tensione della parete addominale. Ma un forte riempimento della vescica facilita l'evenienza di una rottura, tanto in caso di trauma diretto quanto occasionalmente in caso di precipitazione 0 di caduta sull'addome, p. es. nell'ubriachezza. FRIEBERG sostiene l'opinione che il sovrariempimento della vescica sotto l'influsso dell'ubriachezza (paresi della parete vescicale da intossicazione alcoolica) anche da sola può portare alla rottura di una vescica non patologicamente alterata. L a perforazione avviene o nella cavità peritoneale, ciò che di regola conduce a morte e propriamente secondo ROST attraverso l'uremia oppure avviene al di fuori della cavità peritoneale, così che si trova una infiltrazione urinosa del tessuto cellulare del bacino e quindi si arriva alla intossicazione urinaria (uremia, urotossiemia). A causa del sopraggiungere di batteri e in seguito alla decomposizione dell'urina prendono origine para-
1148
APPARECCHIO
URINARIO
cistiti, ascessi o focolai gangrenosi, che possono propagarsi a tutto il tessuto del bacino, eventualmente perforarsi in qualsiasi organo e talvolta di qui raggiungere lo scroto e la regione inguinale. Tra gli altri traumi sono da ricordare: la compressione della testa del neonato durante il parto o lo schiacciamento per mezzo di strumenti ostetrici, soprattutto con il forcipe, più raramente la compressione di un pessario; la parete vaginale anteriore e la parete posteriore della vescica vengono schiacciate contemporaneamente; con questo meccanismo si forma una fìstola vescico-vaginale. 2. Possono avvenire a causa di alterazioni patologiche della parete rotture patologiche spontanee della vescica (v. OEHLECKER) in conseguenza di erosione della parete vescicale a causa di calcoli vescicali oppure di corpi estranei, di cistite purulenta (perfino nella frattura della colonna vertebrale con paralisi della vescica), raramente in conseguenza del disfacimento di infiltrati tubercolari oppure nella lipomatosi della parete vescicale (HEDRÉN) , più facilmente nei tumori della vescica (carcinoma, sarcoma), ma soprattutto in conseguenza di tumori perforanti degli organi adiacenti. L a rottura a causa di iperdilatazione in caso di sfìancamento parziale degenerativo della parete avviene in rari casi nella vescica a colonne (soprattutto quando è alterata da gravi infiammazioni, cfr. HUEBSCHMANN) nell'ipertrofia prostatica e molto raramente nei casi di stenosi uretrali, in cui è in giuoco per lo più anche una infiammazione protratta della vescica (MOSER), talora in cicatrici vescicali (dopo intervento chirurgico per calcoli). La fistola vescicovaginale carcinomatosa, dovuta a carcinoma della cervice, è la più frequente perforazione patologica, quindi segue la fistola retto-vescicale. Inoltre anche un carcinoma primitivo della vescica può perforarsi. Fistole esterne possono instaurarsi a causa di malattie della prostata (ascessi, tubercolosi) oppure in conseguenza di traumi (punture, colpi, ecc.) e per esempio possono raggiungere l'esterno attraverso lo scroto o il perineo.
2. L ' U R E T R A Le soluzioni di continuo possono avvenire a causa di traumi diretti come punture, colpi, ecc. In caso di urti, calci e cadute di sella si lacera particolarmente la parte dell'uretra situata superficialmente in corrispond e n z a del perineo (BAILEY, RAYNARD).
Particolarmente temute sono, sotto questo punto di vista, le cosiddette ferite da impalamento. In altri casi le lacerazioni hanno luogo a causa di traumatismi indiretti, p. es. nelle fratture del bacino oppure nella caduta sulle natiche, in cui o si lacerano soltanto le parti attorno all'uretra oppure
LE VIE URINARIE
EFFERENTI
1149
invece l'uretra stessa in senso longitudinale oppure s'interrompe completamente in senso trasversale. Sulle lesioni dell'uretra da compressione del bacino, con e senza frattura del bacino stesso, vedi D A N Z I G E R , B A U M A N N , S T E I N T H A L , SIMPSON-SMITH, C U L P , W I L D B O L Z . Nelle donne non sono rari gli schiacciamenti durante il parto (a causa della testa del neonato o del forcipe). Per lo più si formano in un primo tempo necrosi, più tardi lacerazioni. Spesso le soluzioni di continuità dell'uretra vengono provocate dal cateterismo, e si parla allora di false vie. Queste conducono dall'uretra nelle sue immediate adiacenze e decorrono parallele ad essa, a fondo cieco (« false vie incomplete ») oppure sboccano di nuovo nell'uretra stessa o nella vescica, raramente nel retto ( A N D R É ) , « false vie complete » ( W I L D B O L Z ) . L a loro sede preferita è nella parte bulbosa, nella parte nuda e in quella prostatica. Nelle gravi lacerazioni traumatiche e negli schiacciamenti, il decorso di frequente è del tutto sfavorevole, perché le ferite guariscono con formazione di stenosi cicatriziali. Spesso però la guarigione è del tutto impedita a causa della concomitante infiltrazione urinosa dei tessuti adiacenti, la quale è seguita da un flemmone suppurativo o icoroso (Flemmoni urinosi, ascessi periuretrali). Questi ascessi si estendono spesso verso il perineo e alla fine si perforano qui oppure nello scroto, nel pene o perfino nella coscia mediante orifici multipli (fistola urinaria esterna). Possono però farsi strada anche lungo l'uretra ed aprirsi in questa con orifici multipli. Non raramente si forma, a causa di una interruzione trasversale della parte nuda, un'imponente cavità ascessuale nello spazio pre-vescicale (« cavum Retzii »), tra la vescica e la sinfisi pubica, la quale quando l'addome viene aperto per praticare la prevista « sectio alta » appare completamente come una vescica aperta ed è stata appunto già scambiata con essa. Le fistole urinarie interne, le quali si formano a causa dell'aprirsi di ascessi periuretrali verso il retto, sono rare. Se l'ascesso e le fistole sono di vecchia data, hanno una parete rigida e possono in parte essere rivestite da epitelio. Se più tardi vengono a guarigione, ne conseguono spesso gravissime stenosi. Quando gli ascessi dalle parti adiacenti si aprono nell'uretra, formano un diverticolo urinario che viene chiamato falso diverticolo. Sulla frequenza di fistole e di diverticoli dell'uretra nei paraplegici vedi COMARR e B O R S . Soluzioni di continuo dell'uretra possono avvenire anche parimenti dall'interno di essa, quando a causa dell'eliminazione di un calcolo o di un corpo estraneo si formano ulcerazioni o ferite.
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CAPITOLO
VII
IPERTROFIA D E L L A MUSCOLATURA (VESCICA A COLONNE)
VESCICALE
Se la muscolatura diviene ipertrofica, la parete si ispessisce e allora 0 la capacità primitiva della vescica rimane inalterata (ipertrofia concentrica) oppure si istaura una dilatazione (ipertrofia eccentrica). L a forte ipertrofia causa già all'esame esterno un aspetto rugoso, ineguale della vescica. All'interno le travate muscolari ipertrofiche sporgono come creste incrociantisi, tra le quali spesso si formano profonde estrofìessioni (celle) (vescica a colonne) (fig. 436). Cause: a) ostacoli allo svuotamento della vescica come l'ipertrofia prostatica le stenosi uretrali, la formazione di calcoli, 1 tumori della vescica, la compressione da parte dell'utetro prolassato, ecc. L'ipertrofia origina per una maggiore richiesta funzionale durante lo svuotamento della vescica, contro una resistenza aumentata, b) Stimoli i quali provocano una più forte contrazione della muscolatura, senza che esista un ostacolo. Questi stimoli possono insorgere in infiammazioni croniche, calcoli, tumori, corpi estranei, alterazioni neuromuscolari dello svuo-
LE VIE
URINARIE
EFFERENTI
Fig. 436. V e s c i c a a colonne in un caso di ipertrofia della p r o s t a t a . Numerose « celle » a guisa di diverticoli f r a le t r a v a t e m u s c o l a r i ipertrofiche. U o m o di 86 anni. A u t . N. 605/53.
Fig.
437-
Ipertrofia della m u s c o l a t u r a del b a c i n e t t o renale in u n caso di alterazione dello s v u o t a m e n t o vescicale. U o m o di 31 anni (cfr. fig. 306). A u t . N. 344/56.
1152
APPARECCHIO
URINARIO
tamento con aumentato « residuo urinario ». La fig. 437 dimostra che anche la muscolatura del bacinetto renale può partecipare a tale ipertrofia, in caso di difetto di svuotamento della vescica.
F i g . 438. Ipertrofia prostatica con vescica a colonne e calcolosi vescicale. T r o m b o s i delle v e n e femorali e della arteria polmonare, con infarti multipli polmonari. U o m o di 88 anni. ( A u t . 32514 d e l l ' I s t i t . di A n a t . e Istol. P a t o l . d e l l ' U n i v . d i Milano).
CAPITOLO V i l i
DILATAZIONE DELLA VESCICA 1. D I L A T A Z I O N E
TOTALE
Si forma a causa di ristagno dell'urina, il quale può essere dovuto a occlusione o restringimento del collo vescicale oppure dell'uretra, ma anche a paralisi vescicale. Nella dilatazione a insorgenza acuta la parete diviene
LE VIE URINARIE EFFERENTI
"53
trasparente, sottile; se lo svuotamento è soltanto ostacolato, allora la parete diviene in pari tempo ipertrofica. Dilatazioni della vescica possono essere dovute in bambini piccoli a una disfunzione dello sfintere che può manifestarsi per lo più con la mancanza del riflesso di apertura (cosiddetta acalasia) oppure anche con spasmi (W. L E H M A N N ) . La vescica mostra ipertrofia oppure atrofia della parete. Eventualmente si può anche arrivare alla dilatazione delle parti restanti delle vie urinarie. Per quanto riguarda la vescica gigante congenita vedi le malformazioni a pag. 1105.
2. DILATAZIONE PARZIALE, DIVERTICOLO E N G L I S C H distingue « tasche » (o veri e propri diverticoli) la cui parete è costituita, oltre che della mucosa, di entrambi o soltanto di uno degli strati muscolari, e « celle » (estroflessioni della mucosa tra i fasci muscolari nell'ipertrofia trabecolare, falsi diverticoli). La distinzione si è andata oggi sempre più attenuando ( G R U B E R ) . Sulla questione se queste formazioni sono congenite o acquisite v. R E N N E R e P A S C H K I S . G R U B E R si esprime nel senso che si possono avere senza dubbio diverticoli congeniti, ma che comunemente i fenomeni di pulsione ( A N S C H U T Z ) e L U R T Z ) contribuiscono all'instaurarsi dei diverticoli, là dove la parete presenta uno sfiancamento locale della muscolare. Spesso è molto diffìcile tenere distinti uno dall'altro i singoli fattori che contribuiscono alla formazione di diverticoli. Sono prediletti il sesso maschile e l'età più avanzata. S C H R A M M descrive una fessura del cercine sfinterico (estroflessione a forma di incavo o di sacca della porzione dorsale dello sfintere, cosiddetto fenomeno di S C H R A M M ) . Si trova particolarmente in casi in cui vi è un disturbo dell'innervazione della vescica (p. es. nella tabe e nei traumi del midollo spinale), e può aver luogo secondo A E P P L I anche in infiammazioni croniche dell'uretra posteriore.
I diverticoli (tasche) possono essere più grossi della vera e propria vescica, cosicché questa appare come un'appendice del diverticolo. Non è raro osservare contemporaneamente numerosi diverticoli. La parete del diverticolo è, in conseguenza della distensione durante la minzione, più sottile e floscia di quella della vescica, anche in vesciche ipertrofiche. Il collo della tasca (orificio del diverticolo) è spesso molto stretto. Sedi predisposte: parete laterale della vescica prima degli sbocchi ureterali (più frequentemente a sinistra), fondo vescicale al di sopra del legamento interureterico, vertice della vescica e propriamente in una sede posteriore a quella del diverticolo dell'uraco. La spiccata ipertrofia muscolare della vescica con diverticoli ha per lo più la sua causa in un sovraccarico funzionale perché il diverticolo, col 73
—
KAUFMANN
II, p.
I
11
54
APPARECCHIO
URINARIO
cedere della contrazione del suo colletto, riempie subito nuovamente la vescica. Le celle (ernie della parete vescicale), rotonde, allungate o a forma di fungo, sono di grandezza variabile da quella di un pisello a quella di un pugno, per lo più multiple, raramente fino a 20 e più. Sede preferita: al di sopra dell'imbocco degli ureteri, sulla parete vescicale postero-laterale. Cause: l'aumento della pressione interna della vescica a causa di ostacoli allo svuotamento, particolarmente in casi di ipertrofia prostatica, nella quale è molto frequente anche la vescica a colonne. Conseguenze: infiammazioni nelle tasche e celle, pericistite, aderenze con le parti circostanti, partecipazione delle vie urinarie superiori all'infezione, compressione ureterale (raramente invaginazione negli stessi), perforazione nella cavità peritoneale o nel tessuto cellulare del bacino, flemmone dello spazio pre-vescicale o diffuso a tutto il tessuto cellulare del bacino (WAGNER), raramente inversione del diverticolo, eventualmente prolasso attraverso l'uretra. Non raramente si hanno calcoli nelle tasche, per lo più solo unici, nelle celle spesso multipli (TJOMKIN). Anche la leucoplachia (STEVENS), i papillomi benigni (BACHRACH) e soprattutto carcinomi possono formarsi nel diverticolo, particolarmente nel sesso maschile (cfr. pag. 1206). Inoltre questi hanno luogo più frequentemente sull'orlo che nel diverticolo stesso (carcinomi primari diverticolari, KUNT); questi ultimi sono cancri a epitelio piatto o villosi, possono riempire completamente il diverticolo e perfino sporgere fuori di esso. Su un carcinoma con calcolosi del diverticolo e numerose metastasi riferisce AMON; LEUEMBERGER descrive un papilloma sarcomatoso del diverticolo. BLUM chiama falsi diverticoli le cavità ascessuali comunicanti con la vescica come vengono osservate dopo flemmoni pericistitici.
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LE
VIE
URINARIE
EFFERENTI
"55
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CAPITOLO
IX
FORMAZIONI CALCOLOSE NELL'AMBITO DELLE VIE URINARIE (NEFROLITIASI, MALATTIA CALCOLOSA) I calcoli renali possono formarsi o nel bacinetto renale e nei calici renali oppure invece essere situati nel rene stesso e completare il loro ulteriore sviluppo nel bacinetto renale. Anche una parte dei calcoli vescicali proviene dal bacinetto renale, mentre altri si formano nella vescica stessa. Una documentazione molto accurata e circostanziata della malattia calcolosa delle vie urinarie è quella di GG. B. GRUBER nel Trattato di Anatomia e Istologia Patologica di HENKE e LUBARSCH, vol. VI, 2, 1934. BELL trovò su 46.442 autopsie in tutto 451 volte calcoli renali e ureterali (calcoli vescicali non inclusi). Questo corrisponde a una percentuale dello 0,97 di tutte le autopsie. Di queste, circa i 3/5 avevano provocato fenomeni clinici e anatomici. L a cifra data da ROSENOW del 5,4 % di tutte le autopsie è secondo il materiale dell'Autore sicuramente troppo elevata. Sulle differenze geografiche nella frequenza della calcolosi si parlerà ancora più avanti. L a maggioranza dei calcoli sono monolaterali: secondo BELL nel 70 % dei casi; nei lavori clinici la monolateralità viene ancora più spiccatamente accentuata (WILDBOLZ, KÜSTER, quasi 90 %). Il rene destro appare colpito più frequentemente del sinistro (KÜSTER, HESS, SIEDAMGROTZKY, R A N D A L L , MENNEKIN, PARMENTER). S o n o p r e f e r i t e le e t à m e d i e .
A seconda della grandezza dei calcoli si distingue: a) sabbia renale polverulenta; b) renella a grani relativamente grossolani, la quale appare come una sabbia a grani grossolani. L a sabbia e la renella sono costituite per lo più da acido urico e dai suoi sali. Esse possono facilmente passare attraverso gli ureteri, c) Calcoli renali, o concrementi più grossolani. Il numero, la grandezza, il peso e la costituzione dei calcoli sono molto vari. L a maggior parte dei calcoli renali sono di grandezza variabile da quella di un grano di miglio a quella di un pisello. I calcoli formatisi nei calici sono spesso a forma di bottiglia o di clava, i calcoli del bacinetto renale rotondi, ovali, a forma di fagiolo o di piramide (come coni di incenso)
H56
APPARECCHIO
URINARIO
Fig- 439Calcolo di urati e fosfati; del bacinetto renale a forma di corna (da un disegno di E .
KAUFMANN).
oppure sono ramificati, o a forma di corallo o di corna, e possono riempire il bacinetto renale talora a stampo (figg. 439 e 440). Singoli pezzi possono essere congiunti uno all'altro a mo' di articolazione. Calcoli giganteschi, spesso immobili, per lo più non procurano alcun dolore. Un'accurata documentazione sulla grandezza, forma e colore dei calcoli si trova nei lavori di K L E N S C H M I D T , G O T T S T E I N , N A K A N O e parti-
Fig. 440. Calcolo a forma di corna simile a quello della fig. 439 nella sua sede nel bacinetto renale. Uomo di 33 anni. N. 6928/54.
LE VIE URINARIE EFFERENTI
"57
colarmente GG. B. GRUBER, il quale fornisce anche una buona rassegna su i moderni metodi di esame dei calcoli, per cui debbono essere applicati metodi clinici, radiologici (K. H. BAUER, DSCHU YU-BI) e recenti metodi cristallografici (PRIEN, PRIEN e FRONDEL). Per quanto riguarda i calcoli « mammut » nel bacinetto renale vedi DUNCAN (315 g), DIETRICH (550 g), BAILEY
e EBERHARDT
( 1 5 6 5 g ) , H O L L I D A Y e C A M P B E L L ( b i l a t e r a l e , il s i n i -
stro 720, il destro 1680 g, compreso il residuo renale).
1. C O S T I T U Z I O N E CHIMICA D E I C A L C O L I R E N A L I A seconda della varia costituzione chimica si distinguono (cfr. particolarmente
NAKANO, DSCHU, Y Ù - B I ,
GG. B .
GRUBER).
1. Calcoli di urati, calcoli di acido urico puro o di sali dell'acido urico. Essi sono calcoli più frequenti, di media durezza, per lo più lisci o granulosi 0 mammellonati in quanto alla superficie, di colore gialliccio, bruniccio o rosso-bruno. Sulla superficie di sezione essi sono costituiti di regolari zone, parallele al contorno esterno, con struttura chiaramente radiata. L a formazione dei calcoli di acido urico presuppone una abnorme reazione delle urine, fortemente acida. Secondo KAHN i calcoli di urati puri sarebbero rari costituendo l'ossalato di calcio una componente quasi costante (i piccoli calcoli di urato si sciolgono in formalina e si possono abbastanza bene elaborare nelle sezioni microscopiche, ORTH. Alla reazione della muresside con ammoniaca divengono rosso porpora, con potassa, violetto porpora). 2. Calcoli di ossalato, calcoli di ossalato di calcio, molto duri, per lo più piccoli, verrucosi, moriformi, a forma di stella del mattino, atti a ferire la mucosa, di colore a causa di una mescolanza di albumina (forse anche di sostanze coloranti urinarie) chiaro o bruno scuro, rifrangenti. L a superficie di sezione ha struttura talora radiata. Questi calcoli sono raramente puri. Spesso formano un mantello intorno ai calcoli di acido urico; l'ossalato di calcio e gli urati possono anche alternarsi a strati (fig. 441). Anche questi calcoli si formano nell'urina acida. 1 e 2 possono anche essere mescolati molto spesso. 3. Calcoli di fosfati, calcoli costituiti da sali dell'acido fosforico, con superficie liscia o granulosa. Il fosfato di calcio e il fosfato ammonio-magnesiaco (fosfato triplo) il più delle volte appaiono mescolati. Essi sono cretacei, facilmente friabili e tanto più fragili quanto più fosfato triplo essi contengono. Si formano talvolta sul terreno di una diatesi, spesso familiare, ma anche specialmente, nelle urine infette, che hanno subito decom-
II58
APPARECCHIO
URINARIO
posizione alcalina. Spesso formano il mantello intorno a calcoli di acido urico o di ossalato. P i ù raramente sono puri. Calcoli rari. 4. Calcoli di cistina per lo più rotondi, biancastri o giallo ambrati, lucenti come perle, a superficie liscia, con superficie di sezione lamellare; essi possono essere presenti nel bacinetto renale in grande numero (la collezione anatomo-patologica di GOTTINGA possiede un calcolo di cistina della vescica della grandezza di un u o v o di gallina e del peso di 130 g, estratto dal dottor SCHULTHEIS, WILDUNGEN, dalla vescica). L a costituzione dei calcoli di cistina a lamelle esagonali, può essere dimostrata su scheggie oppure meglio dopo cristallizzazione della soluzione ammoniacale o nei sedimenti urinari. Essi si formano quando il rene elimina la
Fig. 441. Calcolo stratificato (dalla vescica) con nucleo di urati e mantello di ossalati. (Da un disegno di E. K A U F M A N N ) .
cistina, ciò che è molto raro, e secondo BAUMANN e v. UDRANSKY, BRIEGER è d o v u t o ad una decomposizione di proteine nell'intestino. U n a tale cistinuria può durare per t u t t a la v i t a in parecchi individui. Essi possono raggiungere un'età a v a n z a t a e sono per lo più senza alcun disturbo fino a che non si formano i calcoli. SEEGER e KEARUS SU 181 casi di cistinuria ne trovarono 124 con calcoli. L a cistinuria come è noto da lungo tempo, appare in determinate famiglie come carattere ereditario (cfr. ABDERHALDEN, E . KAUFMANN, ACKERMANN, KRETSCHMER, JACOBY, FREUDENBERG).
Essa
è espressione di una malattia del ricambio con alterazione della demolizione delle molecole proteiche (vedi anche BEUMER e HUCKEL, BEUMER e WEPLER, LIGNAC, ROTJLET, LOOSER) e viene osservata anche nella sindrome di FANCONI
(MYERSON
e
PASTOR,
DRABLOS).
Non
raramente
la malattia
è
associata con il nanismo, ulteriori notizie vedi a pag. 833. 5. Calcoli di carbonato di calcio, per lo più piccoli, biancastri o bruni con superficie di sezione terrosa (questi calcoli sono più frequenti nei vegetariani). 6. Calcoli di xantina (molto rari) duri, lisci, lucenti, stratificati, bruno-
LE V I E URINARIE
EFFERENTI
1159
giallastri, rosso cinabro fino al bruno scuro. Mediante sfregamento della superficie di sezione, divengono lucidi come cera (prova della muresside con ammoniaca, colore giallo; con potassa, colore arancio). Fluorescenza in luce ultravioletta con colorazione rossastra. 7. Cosiddetti calcoli albuminosi (MARCET, EBSTEIN, GRUBER). Sono molli e consistono di coaguli fibrinosi ordinati concentricamente il più delle volte, e mostrano una struttura fibrosa pronunciata (fig. 442). Le masserelle albuminose possono talvolta essere incrostate con sali di calcio. Occasional-
Fig. 442. Calcolo stratificato di fibrina (albumina) batteri dal bacinetto renale in un caso di pielonefrite. Donna di 64 anni. N. 2460/52.
mente danno la reazione dell'amiloide (M. B. SCHMIDT, MIYAUCHI). WAXELBAUM ne vide numerosi calcoli albuminosi, molto piccoli, in parte visibili a occhio nudo, a costituzione stratificata, nel bacinetto renale di un lattante, che egli considera come stadio iniziale di una nefromicrolitiasi albuminosa. PFEIFFER ne illustra di più grossi nella pielonefrite cronica. Nella loro formazione i processi infettivi sembra che abbiano sempre una parte. Occasionalmente si può arrivare alla escrezione di frammenti membranosi, distaccatisi dalla superficie dei calcoli con l'urina (MORAWITZ e ADRIAN, HORSTMANN). Calcoli batterici sono ammassi di batteri in un'impalcatura albuminosa, secondo BORNEMANN calcoli fibrinosi man mano sempre più sostituiti dai batteri (C. MEYER e HERZOG). Ancora più rari sono i cosiddetti calcoli di grassi, i quali si formano a causa della deposizione di grasso
n6o
APPARECCHIO
URINARIO
dall'urina su un'impalcatura di sostanze organiche (nella lipuria, chiluria) (cfr. SCHALL, F E I B E R ) . N e l c a s o d i V O I G T si t r o v a r o n o c o n c r e m e n t i u r i n a r i
molli, oltre che nel bacinetto renale, anche nel rene stesso. Per quanto riguarda i calcoli urinari « che non dannò ombra » vedi KUNSTMANN. Per quanto riguarda la presenza di cristalli d'indaco nei calcoli renali, più raramente nei vescicali, a causa dei quali molto di rado i calcoli possono assumere macroscopicamente un colore bleu, vedi PFISTER. Secondo DORNER, nella sua osservazione, l'indossile liberato per la reazione alcalina dovette essere ossidato a indaco da parte dei leucociti e degli eritrociti. GRUBER descrive calcoli colorati da sostanze medicamentose all'interno della vescica. Per quanto riguarda la urolitiasi medicamentosa vedi COOPER, GRON e SCOTT.
2. F A T T O R I C H E H A N N O U N A P A R T E N E L L A FORMAZIONE DEI CALCOLI a) DIFFUSIONE G E O G R A F I C A
DEI CALCOLI
URINARI
Per quanto la letteratura sulla distribuzione della malattia calcolosa nei singoli continenti e regioni sia tanto grande, e tanto discordi le statistiche dai risultati delle quali vengono tratte argomentazioni conclusive, una cosa può tuttavia essere detta con assoluta sicurezza: La malattia calcolosa non è diffusa in modo omogeneo, ma mostra nella sua frequenza notevoli differenze (vedi particolarmente i risultati di GROSSMANN, riassunti da GRUBER in tabelle. Qui e anche nel lavoro di BIBUS si hanno indicazioni sulle cause di errore delle statistiche. Infatti hanno una parte in questo tanto, da un lato, le deficienze diagnostiche, quanto, dall'altro lato, la particolarmente estesa accettazione di casi di calcoli da parte degli urologi in special modo interessati. Ciò viene particolarmente indicato dalle ricerche d i P R A U N D L S B E R F E R i n B o s n i a , e RACIC i n D a l m a z i a ) . S e c o n d o
JUSTIN-
BESAN^ON e WOLFROMM si hanno nel mondo determinati distretti calcolosi tra i quali bisogna mettere la valle del Volga, la Mesopotamia, la Persia, ecc. Nelle regioni costiere del nord e dell'est Africa la malattia calcolosa appare molto frequente, mentre essa nel Sudafrica manca del tutto. Così la nefrolitiasi domina nell'est e nel sud della Francia, mentre la Normandia ne è quasi libera. Quest'ultimo fatto vale anche per la Svizzera. Che i tropici ne siano liberi (DAVALOS) non è da generalizzare. Per altri dati numerici v e d i GRUBER, c o n c l u s i o n i in SUTER, WILDBOLZ. L a d i f f u s i o n e dei
vescicali (GRUBER).
calcoli
e dei calcoli renali non sembra procedere in modo parallelo
LE VIE URINARIE
IL6L
EFFERENTI
La malattia calcolosa non soltanto è distribuita in modo non omogeneo ma essa può variare la sua frequenza anche in uno stesso territorio. Accanto a paesi nei quali essa è diminuita (Olanda, Lorena; WILDBOLZ), ne vediamo altri in cui si parla di ondate di calcolosi (KNEISE e BEYER, BIBUS, TAKAHASHI), che nell'Europa centrale sarebbe iniziata circa dal 1925 (WILDBOLZ).
La qualità del suolo ed il clima non possono avere parte nella ineguale diffusione della malattia, poiché non chiarirebbero le variazioni in un determinato territorio e nessun fattore comune è stato possibile individuare, nel quale i territori dei calcoli mostrino corrispondenza. Anche il contenuto di calcio dell'acqua potabile appare privo di importanza (BESANÇON e WOLFROMM) altrimenti sarebbe impossibile spiegare l'elevata frequenza di calcoli in Canton in cui l'acqua è povera di calcio, e la loro rarità in Svizzera in cui l'acqua ha un alto contenuto di calcio. Così determinate azioni climatiche non si possono valutare dal punto di vista statistico.
b)
ALIMENTAZIONE
Sulla sua importanza per la formazione dei calcoli non vi è ancora nulla di convincente da dire. L'alimentazione vegetariana sembra in generale che aumenti la tendenza ad essi, che l'alimentazione con latticini la diminuisca (JUSTIN BESANÇON e WOLFROMM). Molto discussa è l'importanza della deficienza di vitamina A. Mentre negli animali può valere come dimostrata, la formazione di calcoli renali e vescicali mediante sottrazione di vitamina
A
(FUJIMAKI,
GASPARJAN
e
OWTSCHINNIKOFF,
Me
CATTISON,
HIGGINS), appare dubbia la giustificazione di riferire questi risultati all'uomo (JAKI, HOFF). L a questione se nei portatori di calcoli si trovino altri segni di avitaminosi A, come particolarmente i disturbi dell'adattamento al buio, viene risolta in modo molto vario. Mentre ERICKSON e FELDMAN, LONG e PYRAH, HIGGINS citarono reperti positivi nel 40 e più per cento dei loro pazienti, BELL così come JUSTIN-BESANÇON e WOLFROMM prospettano un più grande numero di esami che hanno avuto risultato negativo. Anche la somministrazione di vitamina A in generale non avrebbe alcun influsso favorevole sulla malattia calcolosa (BELL). Comunque si potrebbe, particolarmente in bambini denutriti o nutriti in modo incongruo prendere in considerazione tale fattore (cfr. RACIC e GRUBER). Nelle formazioni di calcoli degli adulti, almeno nelle popolazioni normalmente nutrite, tale fattore non ha importanza.
II 62
APPARECCHIO URINARIO
c) E T À DEI P O R T A T O R I DI C A L C O L I
In generale le età medie della vita sono quelle più fortemente colpite (cfr. BELL, WILDBOLZ, SUTER, GRUBER). Q u e s t ' u l t i m o r i c h i a m a
l'atten-
zione come anche SUTER, sul fatto, che in tutti i territori più fortemente colpiti dalla malattia calcolosa anche i bambini (quasi soltanto i maschi) sono frequentemente colpiti, come emerge dalle ricerche di PREINDLSBERGER in B o s n i a , di RACIC in D a l m a z i a , di v . B O K A Y in U n g h e r i a , di HEUSCH e
TANER in Turchia. In verità in esse il reperto di calcoli nella vescica e nei reni non è sempre considerato separatamente. VOIGT descrisse calcoli di ossalato in due fratelli dell'età di i o anni. Per quanto riguarda la tendenza ereditaria alla formazione di calcoli non si conosce finora nulla di preciso (HANHART) se si prescinde dalla cistinuria e dalla formazione di calcoli ad essa dovuta. Anche l'appartenenza a una razza ha ancor meno importanza dell'alimentazione, dell'ambiente sociale o magari di determinate consuetudini sociali. Così secondo ROBERT in India l'inibizione volontaria dello svuotamento urinario ha la sua importanza.
d) SESSO
Gli uomini sono in senso assoluto colpiti più di frequente delle donne, essendo in generale il rapporto di 2 a i . Per quanto riguarda i calcoli vescicali, il sesso maschile appare ancor più spiccatamente prediletto (GRUBER).
e) A N O M A L I E D E L R I C A M B I O
E ovvio che si attribuisca importanza, per la formazione di calcoli, a determinate anomalie del ricambio, se si giunge a causa di essi a un innalzamento nella concentrazione nell'urina delle « sostanze che formano i calcoli ». Così viene particolarmente sottolineata l'elevata eliminazione di calcio con l'urina (FLOCKS, 60 % dei portatori di calcoli con ipercalciuria; RIEGEL e Coli, danno cifre ancora più elevate). Tale elevata eliminazione di calcio viene osservata o ammessa particolarmente dopo fratture ossee o nei gravi processi destruenti dello scheletro
(BRÜCKE e DOBRITZ, SCUPPBACH, FULTON, SCHULZE - T u b e r c o l o s i
dello scheletro). Che le fratture della colonna vertebrale in modo partico-
LE VIE URINARIE
EFFERENTI
lare sembrino condurre alla formazione di calcoli può anche essere condizionato da cause nervose, le quali o esercitano un'azione sulla funzione renale o provocano una cistopielite, magari transitoria (KLAGES, HOFF). Sulla frequenza dei calcoli dopo paralisi da sezione trasversale del midollo vedi PRATHER e MAGNUS (fino a 33 %). Occasionalmente la nefrolitiasi costituisce anche una complicazione in corso di poliomielite (in cui oltre alla decalcificazione dello scheletro, anche l'immobilità dei malati, p. es. di quelli che devono giacere più a lungo nel polmone di acciaio, può avere una parte
(cfr. B R A D Y e
WILSON).
In concomitanza con l'ipercalciuria, l'importanza delle paratiroidi viene nei tempi recenti più fortemente sottolineata (ALBRIGHT e Coli., B A R N E Y e MINTZ, COPE, CHUTE, COOK e KEATING,
e
KREITNER,
KRETSCHNER, GRIFFIN, B E A R D e GOODYEAR, HORTOLOMEI c o n
BURGHELE
e
JULIU,
SCHUPPBACH,
UEHLINGER,
HIGGINS,
MEUSER
MUGLER,
ALLEN,
UHLER).
In una determinata parte dei portatori di calcoli, viene constatato nel sangue e nell'urina un aumento del tasso del calcio e quindi si conclude per uno stato di iperparatiroidismo. I dati numerici oscillano tra lo 0,2 (GRIFFIN e Coli.) e il 15 % (COPE). Il giusto rapporto sarebbe dal 2 (KEATING e COOK,
HIGGINS)
fino
al 5 %
(BARNEY
e MINTZ,
UHLER).
MORTENSEN,
EMMETT e BAGGENSTOSS tra le cause della malattia calcolosa ammettono l'iperparatireosi nella percentuale del 41,7 % (Clinica Mayo). SNAPPER e MANDL riferiscono risultati negativi. Si vede da questa breve esposizione quanto largamente differiscano uno dall'altro i risultati dei singoli autori. Più chiari appaiono i rapporti tra iperfunzione delle paratiroidi e formazione di calcoli nel rene, se si parte da casi accertati di iperparatiroidismo. Secondo COOK e KEATING di 15 malati con constatata iperfunzione delle paratiroidi 14 avevano calcoli urinari, secondo CHUTE di 36 casi, 30 (di cui il 53 per cento bilaterali). Anche l'ipercalciuria con la molto facile possibilità di precipitazione di sali di calcio sicuramente ha una certa parte. Accanto alle iperparatireosi primitive e alle secondarie, nei casi di osteomalacia e nefrite cronica (cfr. « rachitismo o osteodistrofia renale »), può condurre all'ipercalciuria anche l'acidosi renale (BUTTLER, JAMES e WILSON) e la sindrome di Fanconi con alterazioni del riassorbimento dei tubuli. Inoltre sembra esistere una forma idiopatica (diabete calcico, SCHUPPBACH), la cui causa è sconosciuta (SOMMER). In modo simile sono da considerarsi i rapporti con le alterazioni del ricambio, che conducono alla elevazione del tasso di altre sostanze formatrici di calcoli, particolarmente dell'acro ossalico e dell 'acido urico. Calcoli urinari (o per lo meno renella) si formerebbero nei piccoli bambini, in connessione con l'eliminazione degli infarti di acido urico. Sui rapporti tra leucemia e formazione di calcoli di urati danno indicazioni BUHLER e POWELEIT. È discussa l'importanza della gotta; JOLY e REICH la contestano. Secondo KITTREDGE e DOWNS dal 14 al 17 % , di 324 pazienti di
II64
APPARECCHIO
URINARIO
gotta avevano un'anamnesi che parlava di calcoli. Dei calcoli di cistina è stato già parlato più sopra. Vedi K R E T S C H M E R per una raccolta dei casi di calcolosi xantinica in casi di xantinuria. Tutte queste « diatesi » sono in grado di provocare un'aumentata formazione di sedimenti, ma non si possono rendere responsabili da sole della formazione di calcoli.
f) CONDIZIONI L O C A L I D E L L A F O R M A Z I O N E DEI C A L C O L I
Accanto a questi fattori che interessano l'intero organismo, per il predominio dei quali si parla di « calcoli organismici » oppure di « formazione calcolosa primitiva » vi è un buon numero di condizioni locali a proposito delle quali si parla di « calcoli degli organi » oppure « formazione secondaria di calcoli ». Questo emerge dal fatto che nella maggioranza dei casi la nefrolitiasi compare da un solo lato. Tra le condizioni locali sta in prima linea l'infezione delle vie urinarie con viraggio alcalino della reazione urinaria, la quale contribuisce alla formazione di calcoli di fosfato di calcio e di carbonato di calcio, mentre nell'urina acida si formano calcoli di urati e di ossalati. È soltanto, spesso, non chiaro, in casi di infiammazione, se questa sia primitiva da un punto di vista causale o non sia invece conseguenza della malattia calcolosa, con la sua più grande tendenza a provocare infezioni. Del tutto particolarmente i calcoli con un nucleo di urati, ossalati ed un mantello periferico di fosfati o carbonati confortano l'opinione che su un processo di formazione calcolosa « primitivo » se ne è innestato uno « secondario ». Che un processo infettivoinfìammatorio in nessun modo forzatamente conduca alla formazione di calcoli, emerge dal grande numero di pielonefriti non calcolose. Sull'importanza dell'infezione vedi particolarmente L E T T , H A R R I N G T O N , R O S E N O W e M E I S S E R , i quali però indicano anche il numero non insignificante di casi di calcolosi sterili. Tra i germi patogeni, accanto ai colibacilli sembra che abbiano la parte principale gli stafilococchi e i bacilli del genere Proteus ( H I G G I N S ) . Per quanto riguarda la pionefrosi tifosa con calcoli vedi G O L D S T E I N , R O S E N B E R G , D R E I Z I N e M A I S E L . Qui anche la letteratura più vecchia. Un altro fattore locale importante è costituito dalla stasi urinaria (urostasi). Essa è senza dubbio capace di favorire la formazione dei più grossi concrementi, già per questo fatto che piccoli calcoli non possono essere trasportati via così facilmente e perciò hanno la possibilità di aumentare in più grosse formazioni. Essa facilita anche l'instaurarsi di processi infiammatori mediante la penetrazione, per via ematogena o per via ascendente, di germi nel bacinetto renale.
LE VIE URINARIE EFFERENTI
Anche malformazioni del rene e del bacinetto renale sono non del tutto raramente connesse con la nefrolitiasi (GRUBER) in questo caso pure le alterazioni dello svuotamento possono avere una parte. Nei reni non vengono quasi mai trovate formazioni calcolose. Una parte non del tutto trascurabile hanno i corpi estranei (in senso lato), cioè sia che essi penetrino dall'esterno, nella vescica o nel bacinetto renale, oppure che si formino internamente, in forma di coaguli di sangue o di essudati. Così i traumi possono anche partecipare al meccanismo di formazione dei calcoli in cui GRUBER distingue tra conseguenze immediate delle ferite (in cui il coagulo sanguigno fornisce il nucleo del concremento) e conseguenze mediate (in cui sono incluse le infezioni). Nel gruppo dei « calcoli da corpo estraneo » dovrebbero finalmente essere inclusi anche quelli che, secondo l'ipotesi di RANDALL, si formano con questo meccanismo, che primitivamente una papilla renale si calcifica e questo focolaio calcificato si impregna con sali urinari cristallizzati. A causa del distacco dei calcoli, dapprima ancora sovrapposti alla papilla, concresciuti con essa (come l'ha raffigurata in situ ALLEN) si arrivano a formare calcoli liberi nel bacinetto renale. Questa ipotesi ha trovato nella letteratura americana molto consenso, per es. di ROSENOW il quale insiste sulla frequenza di tali placche calcificate nelle papille renali (PRIEN) mentre invece, con piena ragione, viene messa in dubbio nella sua validità generale d a B E L L , e JUSTIN-BESANÇON c o m e a n c h e d a VERMOOTEN e
KJOLHEDE,
LARSEN e considerata più un caso speciale di formazione di calcoli (cfr. a n c h e D O M A N S K I , U N G A R , SCHEELE).
Anche le precipitazioni di calcio nei dotti collettori delle papille renali sono state prese in considerazione per la formazione del nucleo del calcolo. Questa « nefrocalcinosi » in cui si hanno deposizioni di calcio nelle più svariate parti del rene e per le cause più diverse (ANDERSON, ENGEL, ALLEN) deve avere rapporti con la formazione dei calcoli. Essa è in parte da considerare come un fenomeno parallelo, il quale insorge a causa dell'aumentata eliminazione di calcio con l'urina. Che « corpi estranei » come nuclei di calcoli non debbano essere sempre di natura grossolana, fu già accennato a proposito di coaguli di fibrina e di sangue. Così pure possono avere importanza epiteli e masse cornee sfaldate, come quelle che nella leucoplachia raggiungono il bacinetto renale, ed anche frammenti di cellule e batteri, particolarmente se essi vengono bagnati da urina molto ricca di sostanze formanti calcoli e per qualche motivo locale non vengano trasportati via dalla corrente urinaria. Sono evidentemente le superfici estranee che danno il via alla cristallizzazione dei sali dell'urina.
1166
APPARECCHIO
URINARIO
3. L ' I N S O R G E N Z A D E I C A L C O L I U R I N A R I Se si conosce dunque un numero di fattori, che concorrono alla formazione dei calcoli renali, non è però chiaro ancora il modo più preciso della loro insorgenza. L a vecchia concezione dell'importanza dominante della cristallizzazione dei sali esistenti in soluzione soprasatura nell'orma (HELLER, ULTZMANN, ASCHOFF, KLEINSCHMIDT) ha dovuto cedere il posto alla concezione più accreditata dell'importanza dell'impalcatura organica (EBSTEIN, SCHADE, LICHTWITZ, TANNHAUSER), r i c o n o s c e n d o la p a r t e
princi-
pale per la prima formazione dei calcoli in un processo chimico-colloidale, che determina la flocculazione delle sostanze che fungono nell'urina da colloidi protettori. Così che può venire ammessa la spiegazione che HÜCKEL fornisce nell'ultima edizione di questo libro sull'insorgenza della formazione di calcoli. I diversi sali organici ed inorganici vengono tenuti in soluzione per mezzo di una emulsione di colloidi protettori, sotto forma di sospensione colloidale (HÀRI); come colloidi protettori fungono l'acido condroitinsolforico presente nell'urina, l'acido nucleínico (e specialmente per l'acido urico, secondo SCHADE, l'urocromo). Se l'azione dei colloidi protettori viene meno, precipitano le sostanze esistenti in soluzione soprasatura (formatrici di calcoli). L a sospensione dell'azione dei colloidi protettori può derivare da diverse circostanze. Innanzitutto si forma il nucleo del calcolo (formazione primaria del calcolo), che il più spesso consta di un gruppo di microliti; in questa insorgenza possono avere una parte importante anche corpi con superfici estranee di natura diversa (nubecola dell'urina, coaguli di sangue, corpi estranei). Quindi segue attorno al nucleo una formazione a guscio (formazione secondaria del calcolo) di natura infiammatoria o non infiammatoria, il calcolo cresce, mentre seguono uno dopo l'altro precipitazione di colloidi ed incrostazione. Non è provato che la crescita del calcolo abbia luogo come una precipitazione di sedimento (LICHTWITZ) . La composizione del guscio è varia e dipendente più che altro dalla reazione dell'urina. La striatura radiale che EBSTEIN poté riscontrare nei piccolissimi concrementi urinari, trova la sua spiegazione nelle leggi della cristallizzazione, ciò che si poté provare su scheggie sottili (NAKANO). Principalmente l'acido urico nelle sue particelle primarie è ordinato in strie radiali ben nette. La stratificazione lamellare concentrica dei calcoli nella maggior parte dei casi già macroscopicamente visibile dipende dalle più diverse cause. Talora i vari strati possono insorgere, a causa di differenti variazioni delle
LE VIE URINARIE
II67
EFFERENTI
reazioni dell'urina da materiali chimicamente diversi (più volte calcoli zonati), oppure la quantità del colloide cambia ad intervalli ritmici, mentre la precipitazione cristallina procede in modo uniforme (SWIFT). In altro modo si comporta la formazione di calcoli a strati, nella cui costituzione essenzialmente prende parte una stessa sostanza (calcoli semplicemente zonati). L'oscillazione nella profondità dei toni di colore viene ottenuta o a causa di diverso spessore del deposito cristallino (GRUBER), oppure perché il contenuto di pigmento del calcolo varia nei singoli strati (MIR-KASSIMOFF). I sali possono precipitare assieme a diversi pigmenti o combinazioni di pigmenti, oppure anche restare completamente senza questi. MIRKASSIMOFF denomina questi pigmenti: urofaina - giallo o bruno giallo; urrodino - brunastro-rosso; uroglaucina - bleu; uroeritrina - giallo-rosso; ematina - brunoso fino a nero. Non sono mancati tentativi di ottenere artificialmente negli animali calcoli urinari (principalmente nella vescica). Risultati positivi furono ottenuti per mezzo della sottrazione di Vitamina A (OSBORNE, MENDEL e FERRY,
FUJIVMAKI,
ME
CARRISON,
HIGGINS),
p e r m e z z o d i infezioni
con
streptococchi (ROSENOW e MEISSER), per mezzo della mineralizzazione artificiale dell'urina (ME CARRISON, HAMMARSTEN), per mezzo dell'introduzione di corpi estranei (VERMEULEN, e Coli.), dove però per lo stimolo alla formazione dell'urina può venire impedita la insorgenza dei calcoli (GROVE e Coli.), e per mezzo del trattamento di giovani animali con ormoni estrogeni
(WILSON con LEAHY e BENJAMIN), p e r m e z z o di avvelenamento
con
oxamid (KEYSER), dove però la dieta degli animali giocava una parte importante o stimolante. L'importanza della fosfatasi degli epiteli dei tubali urinari non è chiarita
(BREEDIS c o n F L O R Y , H E P L E R e SIMONDS,
CORDON-
NIER e MILLER). In studi sperimentali per mezzo di alimentazione con oxamid, sulfamidi e carbonato di calcio, KOCH ha cercato di seguire la formazione dei calcoli dal loro inizio. Essa incomincia secondo KOCH con una « crisi calcolosa » con la comparsa di corpuscoli colloidali della grandezza da 1 fino a 20 micron nelle capsule di Bowman, che si mescolano, nei canalicoli urinari, con l'urina. Da essi derivano per mezzo di cristallizzazione di sali urinari, « sferoliti », più tardi « microliti » e più grandi concrezioni a stratificazione concentrica. L a crescita a poussées si spiega con nuove crisi calcolose. Come causa della escrezione delle sostanze colloidali viene ammesso un disturbo della circolazione del sangue nei reni, che BOSHAMER ritiene nell'uomo conseguenza di infezione locale, con azione sul sistema nervoso centrale. Così egli considera la formazione dei calcoli conseguenza di un « processo neurodistrofico » (cfr. anche STURM sulla formazione dei calcoli renali e lesione cerebrale). Egli è d'accordo con KOCH, in quanto anch'egli riconosce nei disturbi della circolazione del sangue nei reni la causa frequente della escrezione di albumina; particolarmente osservò in gravi alterazioni da sulfonamide (nelle prove in animali) l'insorgenza di spe-
i l 68
APPARECCHIO
URINARIO
ciali corpuscoli colloidali nei tubuli. Negli stessi animali venne provata più volte l'esistenza di sabbia calcolosa nel bacinetto renale e nella vescica (maggiori dettagli vedi nel capitolo sulla nefrosi da sulfonamidi, pag. 777). Queste ricerche di KOCH e le esperienze proprie dimostrano che la formazione dei calcoli non è un puro processo di cristallizzazione, ma bensì innanzitutto che può essere accostato alle interpretazioni sopradette chimico-colloidali
(cfr. a n c o r a LOEWENBERG, SLOANE e CHODOFF,
CHEJA e OHMORI, G A E R T N E R , H E L A N D E R e d
4. C O N S E G U E N Z E
DELLA
TSU-
altri).
NEFROLITIASI
Le conseguenze immediate della formazione di calcoli nel bacinetto renale consistono in una « pielite calcolosa ». Nelle forme lievi l'epitelio del bacinetto renale è conservato, il connettivo della mucosa si ispessisce ed è infiltrato da linfociti e da plasmacellule. Queste possono anche raggiungere gli strati esterni della parete. Spesso insorgono, a causa di lesioni meccaniche, emorragie e necrosi della parete che possono essere ricoperte da un essudato tendente a coagularsi e demarcate da un accumulo di leucociti. Qualora intervengano infezioni, il processo infiammatorio può assumere carattere purulento. Noi vediamo questo particolarmente quando insorgono disturbi del deflusso dell'urina. Gli agenti dell'infezione possono procedere nell'urina ristagnante, ma anche per via ematogena raggiungere il bacinetto renale. L'esperienza dimostra che in ogni forma provocante ristagno dell'urina, germi che per la via del sangue raggiungono i reni, in questi stessi e nel bacinetto renale facilmente attecchiscono e portano a processi infiammatori (cfr. capitolo sulla pielonefrite, pag. 941). Così un rene, calcoloso, non resta a lungo libero da infezione, e le alterazioni che intervengono nel tessuto renale, sono per lo più, in quanto non siano nettamente di tipo idronefrotico, da ricondurre a processi infiammatori infettivi, ora acuti, purulenti e ora subdoli raggrinzanti. Con l'occlusione del deflusso, che è spesso intermittente, raramente completo, insorge una idronefrosi con le conseguenze summenzionate oppure, per una più intensa azione dell'infezione, la pionefrosi. Esaminando il tessuto renale nelle idronefrosi calcolose, si trovano sempre in esso processi infiammatori, che hanno il carattere della pielonefrite ascendente, a stria, spesso cuneiforme, dalla midollare alla corticale. Anche essi sono sicuramente in parte di derivazione discendente-ematogena, possono però anche giungere salendo dal bacinetto renale per la via dei canalicoli urinari, dei vasi linfatici oppure dei tessuti interstiziali.
LE
VIE
URINARIE
H69
EFFERENTI
Nel corso della pionefrosi va in necrosi l'epitelio del bacinetto renale e dei calici. Nel tessuto connettivo della mucosa si formano sotto l'azione degli agenti piogeni proliferazioni di tessuto di granulazione, le quali per l'accumulo di sostanze lipidiche dalle masse purulente in disfacimento vengono trasformate in « membrane piogene » di color giallo zolfo. Le pareti dei calici vengono più o meno colliquate; la colliquazione interessa anche il tessuto renale. Diventa così, infine, il rene un sistema di spazi vuoti cavernosi, che sono in libera comunicazione col bacinetto renale, e ricordano le caverne tubercolari. Se si estingue il processo infettivo, le proliferazioni di tessuto di granulazione si trasformano in tessuto cicatriziale. Il bacinetto renale stesso e le pareti dei calici nelle parti superstiti sono ispessiti da tessuto connettivo; i reni sono trasformati in sacche ripiene di calcoli e di pus a pareti lisce. Le infiammazioni recidivanti con alternanze di perdite di epitelio e rigenerazioni di questo, possono infine evocare il quadro della leucoplachia del bacinetto renale (COSDRESS, KELLER), sul quale si trattò a pag. 1135. Esso viene osservato non raramente nelle formazioni calcolose e può occasionalmente offrire la matrice di un cancro ad epitelio piatto del b a c i n e t t o renale
(ADLER-RÀCS, ATKINSON, MARIGHIANO). L a
figura
414
mostra nidi di cellule di Brunn particolarmente ricchi in un rene calcoloso. L a distruzione del tessuto renale è ampiamente dipendente dalle proporzioni dell'infezione. Se essa è lieve, rimane, anche in caso di grave idronefrosi, in modo sorprendente molto tessuto renale conservato. Se essa invece è grave, compaiono tutte le alterazioni che furono descritte nella trattazione del rene grinzo pielonefritico (cfr. STAEMMLER e DOPHEIDE, PFEIFFER,
PUTSCHAR).
Come complicazioni particolari vediamo occasionalmente in corso di malattie da calcoli, con necrosi da compressione nel bacinetto renale, perforazioni, le quali già prima dell'insorgenza di più grossolane colliquazioni possono instaurarsi nel tessuto renale. In rari casi anche la pionefrosi può farsi strada nella cavità addominale, nel tessuto perirenale o peripelvico o (come una forma di guarigione spontanea) nell'intestino. Dalla pielonefrite purulenta insorge non raramente (anche se spesso resta localizzata) una peri- e paranefrite. Forme leggere di pielonefrite calcolosa, in cui non si arriva a colliquazioni purulente, si trasformano in reni grinzi calcolosi, i quali ricordano del tutto gli stadi finali della comune pielonefrite simili a tessuto tiroideo. In tal caso si arriva, in casi singoli, ad una forma di proliferazione ex vacuo del tessuto adiposo perirenale e peripelvico che non soltanto circonda i reni, ma che anche può penetrare ulteriormente (cosiddetti « reni grassi perirenali »). Le diverse forme di questa complicanza sono illustrati da SCHULTHEIS in base al materiale dell'Istituto di Patologia di Gottinga e possono venir confermate dall'autore a seguito di esaurienti ricerche in proposito. Sul grado del raggrinzamento di tali reni calcolosi vedasi HUCKEL. 74 —
Kaufhann
II, p . I
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APPARECCHIO
URINARIO
Se un calcolo renale discende, diviene un calcolo ureterale. L a maggior parte di questi sono piccoli. BAUER riporta un calcolo di 90 grammi, di cm 18 di lunghezza nell'uretere. Una parte dei calcoli passa nel corso di una o più coliche. Se ciò non avviene, i concrementi si arrestano con particolare predilezione nelle stretture fisiologiche (punto d'emergenza dal bacinetto renale, incrocio degli ureteri con la linea innominata, e poco prima dell'ingresso dell'uretere nella vescica, WILDBOLZ). Qui possono provocare necrosi da decubito e processi infiammatori e talvolta portano a perforazione. Queste avvengono con frequenza massima nel punto di attraversamento della parete della vescica (fìstole uretero-vescicali con discesa dei calcoli in vescica). Quando un calcolo nel passaggio attraverso l'uretere incontra un ostacolo, insorge la cosiddetta colica renale. Come causa viene ritenuto l'aumento acuto della pressione intrarenale. L a chiusura nel punto di incuneamento diviene di regola completa per la contrazione della muscolatura ureterale e a causa del rigonfiamento infiammatorio della mucosa irritata dal calcolo. Della lesione locale della mucosa si ha prova nell'ematuria. Il dolore della colica si irradia di solito in basso ai testicoli, alla vescica, al pene 0 alle grandi labbra, talvolta anche alla parte superiore o inferiore della coscia. Coliche analoghe possono avvenire quando coaguli di sangue ingombrano il punto di passaggio dell'uretere attraverso la parete della vescica. A l di sopra dell'ostacolo si arriva in caso di lungo ristagno ad una dilatazione e a un allungamento con serpeggiamento dell'uretere e col tempo ad un ispessimento della sua parete. I reni non restano completamente senza attività per un certo tempo, ma secernono ancora, particolarmente quando l'occlusione della via urinaria non è completa. Si può anche però arrivare, nel corso di un incuneamento di un calcolo nell'uretere, ad una anuria riflessa dell'altro lato, pur se questo evento non è frequente o per lo meno non dura a lungo. Più di frequente una tale anuria è condizionata dal fatto, che l'altro rene non è funzionante per pregressa malattia oppure la formazione di calcoli è bilaterale (WILDBOLZ) . Di regola segue, dopo 8-10 giorni di tale anuria, la morte per uremia. Che calcoli urinari possano spontaneamente scomparire, vedi in CRONAU.
5. P E C U L I A R I T À D E L L A M A L A T T I A DA C A L C O L I V E S C I C A L I Si parlerà solo in breve sulle particolarità della malattia da calcoli vescicali. I calcoli urinari possono pervenire in vescica o dal bacinetto renale o dall'uretere, oppure insorgere in questa primariamente. I calcoli di urati o di ossalati provenienti dal bacinetto renale, possono divenire nella
LE VIE URINARIE
EFFERENTI
I I 71
vescica calcoli combinati, particolarmente sotto l'azione di processi infettivi-infiammatori, rivestiti a strati con mantelli di fosfati terrosi. In singoli casi è spesso difficile stabilire, se un « calcolo puro » si è formato nella vescica o nel bacinetto renale. Che già nella vescica possano formarsi dei calcoli, 10 dimostrano i « calcoli da corpi estranei », che si formano attorno a corpi introdotti dall'esterno nella vescica (pezzi di catetere, peli) oppure che raggiungono da soli la vescica (parassiti, per esempio Bilharzia, schegge di ossa, contenuto di cisti dermoidi dalle ovaie; vedi HÖCKEL, ecc.). I disturbi del deflusso dell'urina (nell'ipertrofia prostatica, stenosi uretrali, paralisi) favoriscono la formazione e la crescita dei calcoli. I calcoli della vescica sono molto più frequenti negli uomini che nelle donne. Le osservazioni su queste ultime indicano nelle grandi statistiche di EGYEDI,
LATZKO, GG. B .
GRUBER,
PRENTIS, CHRISTOL e G R E E N E
una
frequenza dal 3 al 4 % . WISHARD e NOURSE osservarono in 242 pazienti con calcoli vescicali, 225 uomini e 17 donne. Un'osservazione propria dell'Autore si riferisce a un calcolo in una donna di 29 anni, del peso di gr. 249. Sulla comparsa in bambini, i dati sono assai variabili, evidentemente in dipendenza di fattori geografici. Secondo HERBUT la sua frequenza raggiunge nel Nordamerica circa il 2 % , in Cina il 25 % , RACIC indica per la Dalmazia il 73,7 % , nel mentre CHWALLA a Vienna in 16 anni non vide mai un bimbo malato di calcoli alla vescica (ulteriori notizie v. pag. 1160 nel capitolo sui fattori geografici). Sulla composizione dei calcoli della vescica cfr. quanto detto sui calcoli renali, pag. 1157. L a grandezza dei calcoli della vescica è variabile; da grandi come piselli fino a uova di gallina ed anche maggiori. La vescica può venire riempita fino a restare solo una piccola fessura (LITTLEWOOD ricorda, come il calcolo più grosso, quello osservato da MILTON del peso di gr 975. HoCHENECK ricorda addirittura un calcolo, osservato da PITHA, del peso di gr 2500). La forma è per lo più rotondo-allungata, a forma d'uovo, talvolta cilindrica, eventualmente a forma di pipa (ENGLISCH), nodosa, di rado faccettata; le ultime provengono di solito dal bacinetto renale. Calcoli allungati provengono generalmente dall'uretere. Se corpi estranei formano 11 nucleo, dalla forma si può rilevare l'origine. Talvolta i calcoli della vescica giacciono in diverticoli (PLESCHNER, LION, HECKENBACH), nel qual caso probabilmente si può far risalire l'origine al ristagno dell'urina. Raramente si verifica il disgregamento spontaneo di un calcolo della vescica in piccoli pezzi (distruzione spontanea), della quale si ha già la premessa nella formazione dei calcoli, rispettivamente nella loro struttura (WILDBOLZ e KOHLSCHÜTTER), e cioè nell'alta dispersione dell'acido urico, nella inclusione di sostanze colloidali e quindi nella struttura stratificata concentrica e nella suddivisione in gusci sottili. L'età dei calcoli porta ad una diminuzione della dispersione dell'acido urico e delle sostanze colloidali con
1172
APPARECCHIO
URINARIO
diminuzione del volume, per cui si formano radiazioni e linee tangenziali con fratture. V. FRISCH crede che sia attiva la pressione di crescita dei batteri penetrati nelle fessure, KAPSAMMER spiega lo sgretolamento secondo la vecchia concezione di CIVIALE a causa delle contrazioni della vescica (teoria meccanica), mentre GEINITZ, ULTZMANN e altri pensano a d una modificazione della sostanza del calcolo per un'alterazione della secrezione urinaria. Esaurienti notizie da NAKAMO. Le conseguenze dei calcoli vescicali. Per lo più insorge una cistite calcolosa, che è spesso unita ad ematuria. Quando un calcolo si arresta prima dell'imbocco dell'uretra, si rende difficile la minzione oppure da un momento all'altro si interrompe, ciò che è causa di forti dolori. Spesso si ha stimolo impellente di urinare. In seguito al continuo forte stimolo di contrazione della muscolatura, si ha ipertrofia della stessa. Se è difficoltato lo svuotamento, si giunge a una dilatazione della vescica. Alla cistite calcolosa può associarsi anche la pielonefrite. Sulla leucoplachia cfr. pag. 1135, sull'importanza per l'insorgenza di carcinomi v. pag. 1206.
6. C A L C O L I
URETRALI
Si distinguono i calcoli dell'uretra primari, veri, che insorgono generalmente in una parte dilatata dietro una stenosi, oppure anse a forma di tasca (calcoli dei diverticoli), di rado in una uretra normale. Essi sono composti di regola prevalentemente da fosfati (C. KAUFMANN, BREITNER, NEUGEBAUER,
BOEMINGHAUS),
eccezionalmente
da
urati
(FINSTERER,
DELORY e LABRY). I calcoli uretrali secondari provengono da sezioni più alte, hanno spesso un nucleo di sali di acido urico, o di ossalati e si ingrossano nell'uretra, dove essi nelle parti più strette, nella pars nuda e più avanti nella fossa navicularis, rimangono più lungo tempo. Il loro ulteriore ingrandimento ha luogo generalmente nella vescica, oppure anche il calcolo provoca un diverticolo uretrale vero o falso. Una parte dei calcoli insorge, secondo FINSTERER, anche in modo primario nei diverticoli. I calcoli hanno forma molto diversa e variano per numero e grandezza. Particolarmente nella pars membranacea cedevole possono raggiungere la grossezza di un uovo di gallina e anche più. L ' e t à infantile ed il sesso maschile sono preferiti. Di rado i calcoli giungono a perforare il retto o formano fistole verso l'esterno. N u o v a b i b l . in RIVOIR, JUNKER, ZIESS, HERBUT.
LE
VIE
URINARIE
EFFERENTI
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CAPITOLO
X
LE FORMAZIONI TUMORALI DELLE VIE URINARIE EFFERENTI 1. I T U M O R I D E L B A C I N E T T O R E N A L E a)
I TUMORI
PAPILLARI
La parte di gran lunga maggiore dei tumori del bacinetto renale (e dell'uretra) sono a struttura papillare e vengono perciò indicati come « papillomi » (fibroepiteliomi papillari) oppure come carcinomi papillari. In modo differente viene determinato il limite tra forme tumorali benigne e maligne. HUECKEL vede nella prova della crescita infiltrante il criterio discriminante, una presa di posizione questa che può venire considerata esatta, fin tanto che non si consideri anche in altre mucose il « carcinoma superficiale » come tale e si riconosca pure assieme l'atipia delle cellule tumorali come elemento decisivo di giudizio. Le esperienze degli urologi dimostrano che un numero importante di « papillomi » si dimostrano più tardi come carcinomi, ciò che indusse LAZARUS già nel 1925 a vedere nei papillomi proliferazioni precancerose (cfr. per la vescica urinaria HERBST H E U S C H ) . S e c o n d o ME D O N A L D e P R I E S T L E Y v i v e v a n o
fra i portatori
di
papillomi « benigni » del bacinetto renale dopo 5 anni ancora il 52 % . Essi distinguono perciò: a) Epiteliomi papillari, non infiltranti', b) Epiteliomi papillari, infiltranti e c) Epiteliomi infiltranti, non papillari, dove la parola epitelioma è da considerarsi eguale a carcinoma. Corrispondente è la classificazione di HERBUT: a) carcinomi papillari a basso grado di malignità: papilloma; b) carcinomi papillari in senso vero e proprio, c) carcinomi infiltranti. La classificazione di ME DONALD e PRIESTLEY è stata assunta nella letteratura tedesca da VON FRAUBOES, che considera tutti i papillomi (anche quelli istologicamente « benigni ») come potenzialmente maligni. Ciò porterebbe, particolarmente se si applica il principio ai tumori della vescica urinaria (ciò che si deve considerare esatto), a conseguenze sul modo di trattamento di questi, che non si potrebbero giustificare. Noi
LE VIE URINARIE
EFFERENTI
I I 77
dobbiamo perciò nel giudizio pratico di un tumore inviatoci, stabilire la diagnosi non soltanto sulla prova della crescita infiltrante, bensì utilizzare come importanti segni tutti gli altri caratteri morfologici (come grandezza dei nuclei, forma degli stessi, contenuto in cromatina, numero delle mitosi) di una forte anaplasia, ma non dobbiamo considerare ogni tumore
Carcinoma
F i g . 44 3multiplo dei bacinetti e degli ureteri con pielonefrite purulenta bilaterale e m e t a s t a s i linfonodali multiple. U o m o di 6o anni. (Aut. 31649 d e l l ' I s t i t . di A n a t . e Istol. P a t o l . d e l l ' U n i v . di Milano).
papillifero
papillare fibroepiteliale come cancro. Come primo esempio valga il tumore della fig. 444 di un uomo di 57 anni; il quale anche nella sua struttura microscopica non dà nessun segno sicuro per un carcinoma (fig. 445). Nel trattamento terapeutico dei tumori del bacinetto renale e degli ureteri è da usare una severità maggiore in confronto a quelli della vescica, poiché in questi ultimi le ricerche di controllo future sono di più facile accessibilità, e perciò possono essere rilevate ed asportate le formazioni recidivanti. 74*
—
KAUFMANN
II,
p.
I
1178
APPARECCHIO
URINARIO
Ci sono invero certamente tumori fibroepiteliali benigni delle mucose delle vie urinarie efferenti. Se e quanto essi possano restare benigni, non si può determinarlo mai, neppure con le più accurate osservazioni microscopiche. L a classificazione dei tumori papillari secondo G U T G E M A N N in: a) fibroepiteliomi tipici papillari con struttura regolare senza atipie cellulari e senza crescita infiltrante, b) fibroepiteliomi atipici con atipie cellulari, ma senza crescita infiltrante e c) carcinomi papillari con crescita infiltrante, è anche giustificata dal punto di vista dei morfologi, dove il gruppo b) comunque è da considerarsi come potenzialmente maligno (se
F i g . 444. T u m o r e papillare fìbroepiteliale del b a c i n e t t o renale (« papillonia »). U o m o 57 a. J N 1084/55.
le atipie cellulari non sono secondarie, per esempio, a disturbi della nutrizione) . Non c'è comunque nessun segno morfologico (oltre alla metastasi) che ci lasci con sicurezza stabilire se si tratta di tumore benigno o di maligno. Anche la crescita infiltrante da sola può portare con sé degli errori. Essa può mancare nel caso di tumori certamente maligni, oppure non essere apprezzabile, e si può in altri tumori, che si comportano biologicamente come benigni, essere chiaramente presente (si può solo pensare al cosiddetto carcinoide dell'intestino). Si deve quindi oltre alla modalità di accrescimento, prendere in considerazione tutto ciò che generalmente si riassume con le parole atipie cellulari. E si aggiunge anche il « genius loci ». Un tumore che secondo la sua struttura e l'aspetto delle cellule in una mucosa, senza alcuna preoccupazione, sia da ascriversi come benigno, può in un'altra essere da considerare, secondo le esperienze cliniche, dubbio nella sua prognosi.
LE VIE URINARIE
EFFERENTI
1179
E da questo punto di vista puramente pratico il fibroepitelioma del bacinetto renale e dell' uretere è condizionatamente maligno, non soltanto per le conseguenze indotte nel tessuto renale, che sono logicamente conseguenza delle turbe del deflusso dell'urina, bensì anche perché non si sa mai come esso evolva. Per il giudizio macroscopico può servire come norma, che un tumore del bacinetto renale t a n t o più facilmente è benigno quanto più mostra
F i g . 445A s p e t t o m i c r o s c o p i c o d e l t u m o r e d i fig. 444.
superficie finemente villosa, e tanto più probabilmente maligno q u a n t o più mostra aspetto compatto, fungoso, come quello nella fig. 446, il quale t u t t a v i a p a r e v a microscopicamente benigno! (cfr. BORGHI). Nei tumori delle vie urinarie superiori come ulteriore fattore che rende diffìcile il giudizio è da considerarsi la molteplicità della comparsa. U n a parte considerevole dei tumori del bacinetto renale non è o non resta limitato a questa localizzazione, bensì mostra una estensione agli ureteri ed alla vescica, nel qual caso è dapprima incerto se questa metastatizzazione prò-
n8o
APPARECCHIO
URINARIO
ceda per via linfatica o per impianto, oppure nel senso di una formazione di tumore primario nel sistema (GUALTIERI, HAYES e SEGAL). Poiché secondo le ricerche di KAPLAN, MCDONALD e THOMPSON i tumori a crescita non infiltrante mostrano molto più frequente molteplicità in confronto a quelli di tipo infiltrante, l'ipotesi della diffusione linfogena non è da prendersi certamente in considerazione. Un impianto di un tumore papillare su un epitelio di transizione delle vie urinarie conservato ha poca verosimiglianza. E anche notevole che i tumori dei reni spesso sporgenti nel bacinetto
Fig. 446. Tumore fungoso a struttura poco papillare del bacinetto renale. Incerta benignità. Uomo di 54 a. N. 2942/56.
renale, spesso di tipo spiccatamente maligno e tendenti alla metastatizzazione (particolarmente i carcinomi e i cosiddetti ipernefromi), mai provocano metastasi per impianto (MACALPINE, HOVENANIAN). La maggior parte dei tumori multipli delle vie urinarie deve la sua insorgenza ad uno sviluppo primario molteplice, cfr. BUSSE, GRAUHAN, nel qual caso la primitiva naturale predisposizione viene accentuata, secondo GRAUHAN, STOERK, KOHLHARDT, dai fattori originari dovuti a croniche irritazioni. Per la formazione multipla primaria parlano anche le recidive insorgenti sull'uretere dopo l'asportazione di tumori del bacinetto renale (GUTGEMANN FRAUBOES) talora dopo molti anni dall'operazione (FERRIS, KAPLAN, THOMPSON), e la non rara bilateralità. Sulla frequenza della molteplicità v.
STRICKER.
LE VIE URINARIE
EFFERENTI
Il8l
Come esempio di una tale molteplicità si vedano le figg. 447-450. In un uomo di 67 a. si trovò nel bacinetto renale un grosso tumore del volume di una prugna, compatto, non papillare, tenacemente sessile (fig. 447). Esso fu considerato come carcinoma e tale diagnosi venne confermata dall'esame microscopico (fìg. 448). (Accrescimento infiltrante la sede di attacco). Inoltre si trovò una papillomatosi ampiamente diffusa dell'uretere (fig. 449), nel quale microscopicamente le papille erano in parte esili, villose, in parte più grosso-
Fig. 447. Carcinoma del bacinetto renale della grandezza di una prugna. Uomo 67 a. JN
6112/54.
lane, mostravano larghi mantelli epiteliali però mancavano grossolane atipie cellulari e non mostravano nessuna crescita dell'epitelio nello stroma connettivo (fig. 450). Il caso mostra contemporaneamente che nel quadro dell'accennata molteplicità i singoli tumori si possono comportare in modo differente nella loro valutazione biologica. Complessivamente sono rare le formazioni primitive di tumori del bacinetto renale. Bibliografia fino al 1934 in HÙCKEL. SENGER e BOTTONE raccolsero fino al 1937 in totale 225 casi. BELL vide in 272 ipernefromi
I I 82
APPARECCHIO URINARIO
maligni, 18 tumori maligni del bacinetto renale, HUNT in 318 tumori renali operati (Clinica Mayo) 23 carcinomi del bacinetto renale, KUTZMANN su 3499 tumori dei reni, 226. La percentuale rispetto ai tumori dei reni sta tra 5 e 8.
b) I C A N C R I S P I N O C E L L U L A R I
PRIMITIVI
INFILTRANTI
Accanto ai tumori papillari sono da segnalare al secondo posto i cancri a epitelio piatto di tipo spinoso con o senza corneificazione e a crescita primitiva infiltrante (meno l'esofitica) (BIBUS). Essi rappresentano secondo HERBUT circa 1/4 dei carcinomi del bacinetto renale. Secondo GAHAGAN e REED si trovavano citati nella letteratura fino al 1949 circa 106 casi. Alla loro insorgenza pare che le formazioni calcolose (che non sono più frequenti nei carcinomi papillari
Fig. 448.
Fig. 449.
Fig. 448. — Aspetto microscopico del tumore di fig. 447. Fig. 449. — Papillomatosi del corrispondente uretere (da figg. 447-448).
in confronto dei reni liberi da tumori, DOSZA, cfr. però SAVITSCH e V. D. STRICHT) e la leucoplachia giochino una parte importante (ALBARRAN, STÜSSER, K Ü M M E L L , E N E S C U e M E N K E S . S e c o n d o G A H A G A N e R E E D i l 4 8 % ,
LE VIE URINARIE EFFERENTI
cfr. inoltre
O B E R K I R C H N E R con STAUBITZ e B L I C K , B A U E R , Esauriente letteratura in I N N O C E N T I ) . La diffusione dei carcinomi nel parenchima renale avviene o con una netta delimitazione del tessuto canceroso ( P F E I F F E R ) oppure con diffusa infiltrazione, nel qual caso vengono preferite le vie linfatiche ( F R A N K e G R U B E R ) , oppure (di rado) viene infilata la via dei canalicoli urinari. Qualcosa di simile videro L I S A e G I O I A in un carcinoma papillare che era derivato evidentemente da una papilla renale. Si può arrivare a riempimenti cancerosi dello spazio delle capsule di Bowman ( G R A U H A N e H W A N G ) , d'altra parte il cancro può svilupparsi nell'uretere e addirittura apparire in vescica. ATKINSON,
MARIGLIANO.
Fig. 450. Preparato microscopico della fig. 440.
C) L ' A D E N O C A R C I N O M A
MUCIPARO
Il tipo più raro è 1'adenocarcinoma muciparo del bacinetto renale, che viene fatto derivare da una metaplasia dell'epitelio di transizione in epitelio muciparo ( S T O E R K e Z U C K E R K A N D L , B R U T T , F O O T ) e che viene posto in connessione con i nidi di cellule di v. Brunn ( R A G I N S e R O L N I C K , A C K E R J I A N N ) . Sulla questione del significato dei nidi di cellule di Brunn per l'insorgenza del cancro ha esaurientemente indagato F A G E R S T R O M . Egli vide in stati cronici di irritazione e d'infiammazione, iperplasia e
1184
APPARECCHIO
URINARIO
m e t a p l a s i a dell'epitelio di transizione con formazione cisti
(cfr. STOERK
e ZUCKERKANDL,
MORSE,
HINMAN
di g h i a n d o l e e di c o n JOHNSON
e
ME
CORKLE e PATCH). Sul r a p p o r t o dei n i d i di cellule con la genesi del cancro v e d i a n c h e CRAIG, WILSON, BOTHE, A I K E N , EVERETT e W A Y B U R N .
Questi
u l t i m i v i d e r o in u n a d o n n a di 55 anni t u t t o l'uretere ed il b a c i n e t t o renale c o m p l e t a m e n t e zeppi di nidi di cellule che d i m o s t r a r o n o il p a s s a g g i o v e r s o q u a d r i che si d o v e v a n o considerare u n cancro a epitelio p i a t t o . L e metastasi nel cancro del bacinetto renale si osservano r e l a t i v a m e n t e precoci e per le v i e s a n g u i g n a e linfatica. Esse si t r o v a n o p a r t i c o l a r m e n t e nel peritoneo, nel fegato, nei polmoni, nelle ossa, nei linfonodi. P e r i cancri ureterali v a l e lo stesso (SCOTT).
Fig. 4 5 i . Emangioma cavernoso della parete del bacinetto renale come sorgente di emorragia renale < . occulta ». Donna 64 a. X. 8014/54.
S u un caso di emorragia m o r t a l e in corso di e m a t o n e f r o s i a seguito di u n p a p i l l o m a del b a c i n e t t o renale, v e d i GUTSCHE. N o t i z i e sulla diagnostica del cancro delle v i e urinarie sulla base delle cellule nell'urina v e d i CHUTE e
WILLIAMS.
d) A L T R I TUMORI DEL BACINETTO R E N A L E Altri tumori del bacinetto renale costituiscono rarità. P i ù spesso v e n g o n o descritti a n c o r a emangiomi (particolarmente a l l ' a p i c e delle papille, cfr. il c a p i t o l o sulle emorragie occulte dei reni! p a g . 681). S e c o n d o ROFF e PODOLSKY v i sono nella l e t t e r a t u r a in t o t a l e 68 e m a n g i o m i dei reni, di cui I I nel b a c i n e t t o renale (cfr. anche LAZARUS e MARKS così p u r e ANDER-
LE
VIE
URINARIE
EFFERENTI
II85
SON, LEE, HANCOCK e BLANCK). U n emangioma del bacinetto renale, che p r o v o c ò emorragie durate lunghi anni, è rappresentato nelle figg. 451 e 452, Esso era sviluppato in forma appiattita nella parete del bacinetto renale e nel tessuto grasso peripelvico circostante, era composto di vasi sanguigni cavernosi a parete sottile, e m o s t r a v a all'altezza di una lieve sporgenza a cuscinetto una piccola erosione dalla quale g e m e v a sangue nel bacinetto r e n a l e . F u r o n o d e s c r i t t i fibromi PALMER
d a C O O N E Y , BOROSS, IMMERGUT e C O T T L E R ,
e G R E E N E , u n fibrosarcoma
d a RALPH e così p u r e
da
GARVEY,
Fig- 4 5 2 . Aspetto microscopico della fìg. 451. C L I N E e C A R P E N T E R , u n neurofibroma
d a R A V I C H , neuroblastomi
da
HAR-
RISON, WARRES e FUST. V e d i BETTINGER sulla decidua ectopica nel bacinetto renale nella ematuria.
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Arch,
Chir.,
2. I TUMORI DEGLI U R E T E R I a)
I
CARCINOMI
I papillomi ed i carcinomi possono venire ricordati brevemente, poiché essi fondamentalmente non si differenziano da quelli del bacinetto renale. Vecchia letteratura vedi in A L B A R R A N , K R E T S C H M E R , C H A U V I N e C E R A T I
LE VIE
URINARIE
EFFERENTI
Fig- 454Sezione a t t r a v e r s o un uretere con papillomatosi generalizzata, l ' o m o 78 a. Aut. N. 40/53.
I i 88
APPARECCHIO
URINARIO
così p u r e H U C K E L , r e c e n t e in HIGGINS, FOORD e FERRIER, COOK e COUNSELLER, SCOTT, LAZARUS e MARKS, LONG, GUALTIERI c o n H A Y E S e SEGAL, TAYLOR, SENGER e F U R E Y ,
KEEN,
ZIMMER. Il n u m e r o
delle
osservazioni
raccolte nella letteratura è di circa 250 (contro circa 80 tumori benigni). Il cancro primitivo degli ureteri è dunque, nonostante l'ampia letteratura, un tumore assai raro.
Fig- 455Carcinoma dell'uretere del tipo di cancro superficiale, di costituzione poco papillare.
Come localizzazione è preferita la parte inferiore dell'uretere (secondo ZIMMER 60 %). Non raramente è colpito l'intero uretere (FOORD e FERRIER). Occasionalmente il cancro può apparire allo sbocco dell'uretere (HARRISON, WARRES e FUST) . Gli uomini appaiono più di frequente colpiti in confronto alle donne (SCALFÌ e MASSONE, 63,8 %). Il 6° e il 7 0 decennio di vita sono particolarmente colpiti. I più giovani pazienti erano secondo FINSTERER e HOFMANN di 35 a n n i , s e c o n d o BURFORD, GLEN e BURFORD di 22 a n n i . T r a
LE VIE URINARIE EFFERENTI
i sintomi clinici sta in primo luogo l'ematuria. Molto spesso subentra come conseguenza idro- o pionefrosi. Fra i tipi strutturali è prevalente il carcinoma papillare (LONG, 60 % , PETROVIC c i r c a il 7 0 % , L A Z A R U S e MARCS 5 5 % , T A Y L O R 7 5 % ) ; q u i
però
incontra le già accennate difficoltà, come detto in precedenza, la delimitazione verso il papilloma « benigno » (fibroepitelioma). I tipi non papillari sono per lo più cancri a cellule piatte (e possono, come nel bacinetto renale evolvere assieme a una leucoplachia o svilupparsi da essa, cfr. JUDD e STRUTHERS). Talora vengono descritti adenocarcinomi (ACKERMAN), car-
Fig. 456Dal caso della fig. 455. Crescita infiltrante.
cinomi solidi e midollari a cellule indifferenziate, carcinomi scirrosi (cfr. LAZARUS e
MARKS).
Relativamente alla tendenza alla molteplicità e all'ipotesi sulla loro origine vedi quanto detto sui tumori del bacinetto renale (BAILEY, FORT e HARLIN, r i a s s u n t o della l e t t e r a t u r a
in FERRIS, K A P L A N e
THOMPSON).
MORTENSEN e MURPHY videro papillomatosi estesa del bacinetto renale, degli ureteri e della vescica urinaria. La combinazione con « papillomi » vescicali viene spesso riferita (TRESIDDER e WARREN). Sulla comparsa bilaterale di papillomi vedi FERRIS, KAPLAN e THOMPSON, di carcinomi RATLIF, BAUM e BUTLER. N e i p r i m i esisterebbero
contemporaneamente
epiteliomi papillari della vescica. Ulteriori osservazioni in CHAUVIN e R O M I E U , CHAUVIN e C E R A T I , SOMMER. L a
fig.
453 m o s t r a u n a sezione di
i igo
APPARECCHIO
URINARIO
un papilloma solitario, la fig. 454 una sezione trasversa dell'uretere con papillomatosi diffusa, la fig. 455 un carcinoma che dà l'impressione, nel punto illustrato, di un cancro superficiale, mentre nella fig. 456 appare il suo accrescimento infiltrante. Sulle cause del carcinoma (e del papilloma) dell' uretere nella maggior parte dei casi non è possibile esprimere un giudizio. I tumori da anilina
Fig. 457. Iperplasia poliposa peduncolata della mucosa dell'uretere di uomo di 47 a. JN.
1643/51.
della vescica urinaria fanno pensare naturalmente che qualche sostanza cancerogena venga escreta dai reni. A. MÜLLER descrive i papillomi degli ureteri dopo lesioni da benzidina. Particolari su ciò si hanno a proposito dei tumori della vescica. Sull'insorgenza di certe forme speciali di carcinoma e rispettivamente di adenocarcinoma vengono avanzati rapporti coi nidi e
MAU)".
di
cellule
di
Brunn
(PATCH
e RHEA,
STIRLING
e ASH,
JACOB
LE V I E URINARIE
b) T U M O R I
1191
EFFERENTI
BENIGNI
I tumori benigni dell'uretere (con eccezione dei fìbroepiteliomi papillari) sono molto più rari dei maligni. MORTENSEN e MURPHY trovarono nella letteratura mondiale fino al 1950, su 245 tumori maligni, 77 benigni. Siano in
breve
ricordati:
fibromi
(BURCKHART,
SCHMIDT
e
BUSANNY-CASPARI),
Fig. 458. Quadro microscopico della fig. 457 in sezione.
fibromiomi (in parte in forma di polipi peduncolati, BRONGERSMA, PALMER e G R E E N E ) , fibrolipomi
( C O H N ) , linfangiomi
( J E P P E S E N ) , emangiomi
(CAULK,
HOLMES, HERBUT, BRAASCH e EMMETT, GAILBRAITH, B R O D N Y e HERSHAM).
Nelle figg. 457 e 458 è rappresentata una iperplasia poliposa della mucosa con lunghi peduncoli, molto peculiare.
c)
SARCOMA
DELL'URETERE
Anche i sarcomi sono occasionalmente descritti da HELLER, WILUTZKY, TARGETT (sarcoma a cellule rotonde), NEUWIRT (sarcoma a cellule
I 192
APPARECCHIO
URINARIO
fusate), W Ä T J E N , WEINSTOCK, ALZNAUER (miosarcomi). R I B B E R T e B I N D E R descrivono tumori
disontogenetici.
d) T U M O R I M E T A S T A T I C I E s t r e m a m e n t e r a r i s e m b r a n o i tumori
DELL'URETERE
metastatici
dell'uretere
(cfr. K L E I N -
e PRESMAN con EHRLICH, che raccolsero dalla letteratura 35 casi).
MAN
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LE
VIE
URINARIE
3. I T U M O R I D E L L A V E S C I C A a) I T U M O R I P A P I L L A R I
1193
EFFERENTI
URINARIA
ED I CANCRI D E L L A VESCICA
URINARIA
Insieme con i reni, la vescica è la sede più frequente di formazione di tumori, molto più del bacinetto renale e degli ureteri. Secondo JEWETT il carcinoma della vescica costituisce all'incirca il 3,2 % dei cancri letali nell'organismo. L a forma predominante di tumore è anche qui il fibroepitelioma papillare (papilloma) e il carcinoma papillare (80 fino a 90 % secondo HERBUT). Come sede preferita è la parte inferiore della parete posteriore della vescica, particolarmente il trigonum e la zona di sbocco degli ureteri. Gli uomini sono più spesso colpiti delle donne (rapporto secondo ASH 3 : 1 ) . L a questione della relazione fra fibroepitelioma papillare e carcinoma, anche per la vescica urinaria, non è decisa. Da parte degli urologi viene in generale ammesso che il primo si trasformi nel secondo oppure che una recidiva dopo l'asportazione di un papilloma, può dimostrare il carattere di un carcinoma. In tal modo viene ammessa una scala variabile di malignità dal fibroepitelioma apparentemente benigno al carcinoma (HERBST, HEUSCH), tale opinione raccomanda anche FA., in base alla propria esperienza sul materiale d'operazione urologico di HEUSCH, in Aquisgrana. L ' o p i n i o n e v i e n e c o n t r a d d e t t a d a HUGGINS e JOHNSON e r e c e n t e m e n t e KLOOS e STEFFEN,
sebbene
anche
KLOOS
nella
sua
raccolta
accenni
da a
2 casi di carcinomi insorti « su terreno di papillomi ». Sebbene, come nel bacinetto renale e nell'uretere, i tumori papillari della vescica vengano qui trattati insieme non si deve con ciò ammettere che tutti questi tumori siano da ritenere come cancri dall'inizio, solo perché non si sa ciò che avverrà di essi. Non si può senz'altro accettare senza riserve la denominazione di « carcinoma papillare a basso grado di malignità » per il fibroepitelioma (HERBUT). Ci si deve però porre la domanda, a motivo del giudizio pratico di ogni singolo caso, se l'esame microscopico di un tumore (escisso con la base d'impianto), offra la possibilità di stabilire: a) se al b) se il La serie di
momento dell'esame si ha una proliferazione benigna o maligna; quadro morfologico consente una previsione sul futuro sviluppo. Società americana di Urologia si è occupata in numerose grandi ricerche di una più fine suddivisione dei tumori papillari, secondo
la struttura
e la f o r m a delle
cellule
(KRETSCMER,
DART, ASH, DEAN
e
MOSTOFI, THOMSON e C L A R K ) . U l t e r i o r i l a v o r i n e l l a s t e s s a d i r e z i o n e d i G A Y , COLBY e SNIFFEN, R O Y C E e ACKERMAN, FRANKSSON. Si è d a t o v a l o r e a l l a
regolarità della struttura papillare, alla minore o maggiore atipia delle cellule epiteliali, alla grandezza e forma del nucleo, al numero delle mi-
1 194
APPARECCHIO
URINARIO
tosi e alla tendenza all'infiltrazione della membrana basale (?), con invasione nello stroma tu morale (stroma delle papille), oppure al punto di attacco del tumore nella parete della vescica. FRANKSSON distingue 7 gruppi di crescente malignità, il numero delle variazioni delle cellule viene dato in misura considerevolmente maggiore (DART). In totale si distinguono 3 forme principali: 1. Papillare, costruito regolarmente, assente 0 scarsa anaplasia delle cellule dell' epitelio di transizione, nessuna crescita infiltrante nel peduncolo oppure nella parete della vescica, scarse mitosi.
Fig. 459Voluminoso papilloma a vegetazione a tipo villoso (fibroepitelioma papillare) della vescica urinaria in uomo di 50 anni. JN. 5600/55.
2. Papillare, ma alquanto più grossolano nella struttura, spesso a base larga, di frequente multiplo 0 recidivante, più forte anaplasia delle cellule dell'epitelio di transizione più numerose mitosi, crescita infiltrante nello stroma delle papille. 3. Papillare-infiltrante oppure infiltrante a larga base, nodoso. Spiccata anaplasia delle cellule, tendenza alla metaplasia epiteliale piatta, oppure a formazione di abbozzi di ghiandole, numerose mitosi, tendenza alle necrosi, crescita invasiva nella parete della vescica. Si deve qui però sempre di nuovo far presente la mancanza di parallelismo fra il comportamento anatomico e quello clinico (ASH, MELICOW, OKELY,
FASOLIS, FARNETI
e SCHMID). J E W E T T e L E W I S e c o s ì p u r e
KERR
LE
VIE
URINARIE
EFFERENTI
"95
e COLBY mettono in rilievo per la prognosi particolarmente la profondità della penetrazione nella parete della vescica (cfr. HEJTMANCIK e CHILDERS).
a) Il fìbroepitelioma papillare b e n i g n o ( p a p i l l o m a )
È un tumore molle, villoso, che ha o un unico peduncolo di tessuto connettivo sporgente dalla mucosa, che può più volte dividersi dicotomicamente, oppure adagiarsi con larga base sulla mucosa con numerosi pe-
Fig. 460. Sezione di un papilloma della vescica urinaria a fine struttura papillare. Buona delimitazione verso lo stroma della mucosa. Uomo di 58 anni. JNT. 8654/55.
duncoli (il più frequente!). Il tumore è tanto più scorrevole sulla mucosa nella sua parte inferiore, quanto più sottile è il peduncolo e la sede di attacco (fig. 459). Il papilloma si presenta prevalentemente singolo, multiplo in circa 1/6 dei casi. I tumori, che possono raggiungere considerevole grandezza, hanno colore rosso, scuro o pallido, possono essere infiltrati da emorragie, mostrano però soltanto di rado necrosi o sfacelo ulceroso. Microscopicamente essi consistono dello stroma papillare e del rivestimento epiteliale (fig. 460). Il primo è generalmente molto ricco di vasi, povero di fibre connettive e non raramente infiltrato di cellule migranti
ng6
APPARECCHIO
URINARIO
dell'infiammazione. Su di esso riposa, separato da una membrana basale, l'epitelio di transizione a molti strati, il cui strato basale consta di cellule cilindriche, che hanno il loro asse longitudinale perpendicolare allo stroma. I seguenti i o fino a 12 strati di cellule verso l'esterno hanno forma più poliedrica e possono appiattirsi nello strato estremo. I nuclei, che nello strato basale si trovano nella parte basale del citoplasma, si spostano di più verso il centro del corpo cellulare, si arrotondano e possono assumere persino una posizione trasversale. La grossezza del nucleo corrisponde all'incirca a quella dell'epitelio della normale mucosa della vescica, oppure
Fig. 461. Papille da un papilloma della vescica urinaria. Ingrandimento più forte. Epitelio di transizione molto regolare e ben delimitato. Uomo di 61 anni. 3054/52.
è più piccola di questa (KLOOS). Non si vede un più grossolano polimorfismo, la struttura totale dell'epitelio è tranquilla e regolare (fig. 461). La delimitazione dell'epitelio verso lo stroma è dappertutto netta. Sezioni tangenziali possono invero occasionalmente simulare un approfondimento dell'epitelio nel tessuto connettivo, una perforazione della membrana basale (?) non si riscontra nelle forme più mature del fibroepitelioma. In questi fibroepiteliomi da indicare come benigni, si possono non del tutto raramente sviluppare alterazioni secondarie, che sono da riportarsi a disturbi circolatori nel tumore e ad ostacoli alla nutrizione. Quando la parte libera flottante della neoformazione viene spinta avanti nel collo della vescica, si ha clinicamente ritenzione d'urina; si può giungere a emor-
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EFFERENTI
1197
ragie intrapapillari e alla superficie libera. Tali emorragie rappresentano spesso il primo segnale d'allarme per un papilloma della vescica. Papille staccate possono mescolarsi all'urina. Se compaiono (di rado) necrosi alla superficie della neoformazione si arriva all'impregnazione con sali urinari e colonizzazioni di batteri, che portano ad un processo infiammatorio secondario. A causa di subentranti disturbi della nutrizione si possono avere
F i g . 462. Sezione di un papilloma della vescica urinaria. Papille più t o z z e di quelle della fig. 461. T r a s f o r m a z i o n e del r i v e s t i m e n t o epiteliale in epitelio p i a t t o (« fìbroepiteìioma a t i p i c o »). U o m o di 60 a. N. 2392/52.
degenerazioni di cellule, che spesso si riesce a distinguere difficilmente dalle atipie cellulari anaplastiche. Con l'asportazione operatoria del « papilloma » si può arrivare ad una guarigione completa. Non raramente però si ha una recidiva, con cui si tratta per lo più di una neoformazione da una zona di mucosa vicina. Si può però anche avere la recidiva (specialmente dopo numerose ripetizioni ed asportazioni) come carcinoma oppure (cfr. E. KAUFMANN) come sarcoma.
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/?) Il fibroepitelioma « atipico »
Il fibroepitelioma «atipico » (CHRISTELLER), il cosiddetto «papilloma maligno)) (STENIUS), la «forma di transizione », può assomigliare esternamente al tipo benigno, a struttura villosa e scorrevole sulla parte sottostante. Non di rado mostra una superficie basale larga, le papille possono essere tozze, fisse, non così fiottanti, ma più a forma di cavolfiore. Carat-
Fig. 463D a un « papilloma » della vescica urinaria, che mostrava nella maggior parte dei punti, una struttura molto regolare fibroepiteliale, però qui (nella zona delle papille) lascia riconoscere passaggi verso un epitelio piatto polimorfocellulare con penetrazione nello stroma papillare. Uomo 71 a. Aut. X . 16/53.
teristica è la maggior atipia dell'epitelio, che però non in tutto il tumore può essere egualmente evidente (fig. 462). Così singole parti possono dare un'impressione regolare e ordinata, mentre in altre il polimorfismo dell'epitelio è già più considerevole. Più forte atipia delle cellule significa sempre prognosi più cattiva, per lo meno dubbia. E perciò sempre da accettare con riserva, nel caso di un grosso tumore, che non può venire mai completamente esaminato microscopicamente, la diagnosi di benignità dall'esame di singole parti, perché non si sa mai se in altre parti vi siano segni di grave disordine. Però proprio questo fatto, che tale disordine
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può manifestarsi in zone più ristrette, rende molto probabile il fatto che in un fìbroepitelioma primitivo benigno si possa secondariamente avverarsi una trasformazione secondaria locale nella direzione del carcinoma. Nella atipia cellulare, che si riconosce particolarmente nella diversità della grossezza dei nuclei e della loro colc razione, si ha spesso come segno di più forte moltiplicazione cellulare un gran numero di mitosi. Con ciò si arriva non di rado a necrosi locali, disgregazione di cellule, caduta dell'epitelio. Il grado della anaplasia sviluppantesi è molto diverso e ha condotto, come accennato, a diverse classificazioni (cfr. per es. B r o d e r s ) , che però nella
F i g . 464. D a 1111 fibroepiteliona « a t i p i c o » della v e s c i c a . S t r u t t u r a p a p i l l a r e . I n v a s i o n e dell'epitelio nello s t r o m a papillare. U o m o di 69 a. X . 8205/55.
loro delimitazione sono arbitrarie in base al criterio di divisione. In questo « epitelioma atipico » sono da rilevarsi solo occasionalmente nelle parti circostanti infiltrazioni dell'epitelio nello stroma (figg. 463 e 464). Con ciò si attua il passaggio al carcinoma papillare.
y) Il carcinoma papillare È da approvare H u c k e l (ultima edizione di questo libro) quando dice: « L a chiara differenza del cancro papillare in confronto al papilloma
I200
APPARECCHIO
URINARIO
Fig. 465. Carcinoma papillare vescicale con grave anaplasia degli epiteli che corrisponde di più al tipo epiteliale piatto. Uomo di 76 a. JN'. 5672/52.
benigno sta nel fatto che la proliferazione dell'epitelio penetra contemporaneamente nella profondità del terreno di impianto oppure anche soltanto nelle radici fibrose del tumore papillare . . . . . . Con l'invasione, la crescita infiltrante e distruggitrice, è da individuare nel modo più sicuro il carcinoma. Una tale invasione può essere giudicata molto difficilmente ed è da distinguere dalle sezioni tangenziali. E tanto più convincente se con l'invasione si produce anche la forte sdifferenziazione delle cellule, come è dimostrato nella fig. 465. L'invasione avviene generalmente alla base del tumore, arriva però anche con sicurezza alla parte esterna dello stesso,
Fig. 466. Schema della relazione tra papilloma e carcinoma della vescica urinaria secondo K. HEUSCH: Cancro vescicale. Thieme, Lipsia 1942.
LE VIE U R I N A R I E
EFFERENTI
120I
cfr. fig. 466 secondo lo schema di HEUSCH. Proprio nel caso indicato nella illustrazione era perfettamente visibile che ampie parti del tumore offrivano il quadro puro del fibroepitelioma papillare, mentre in una parte circoscritta l'infiltrazione dell'epitelio diventato atipico, si poteva vedere nello stroma papillare, il quale dimostrava che il tumore primariamente benigno era diventato secondariamente canceroso. Come tali trasformazioni avvengano, è nel miglior modo da riconoscere nel caso dei tumori da anilina,
32522 Fig. 467. Urotelioma di IV grado della vescica con metastasi linfonodali. Pielonefrite acuta purulenta ascendente. Uomo di 59 anni. (Aut. 32522 dell'Istit. di A n a t . e Istol. Patol. dell'Univ. di Milano).
dei quali noi sappiamo che un eguale stimolo produce, in una vescica un papilloma, in un'altra un carcinoma, per cui in analoghi pazienti può conseguire la formazione di papillomi e di carcinomi. Il carcinoma è dunque di regola anche distinto da una forte atipia dell'epitelio proliferato. Le papille divengono più tozze e possono fondersi l'una con l'altra, le cellule cancerose mostrano in grado maggiore quei segni di anaplasia (cfr. fig. 465), spesso con formazione di nuclei giganti, con mitosi atipiche. Lo stroma mostra inoltre infiltrazioni infiammatorie (STENIUS,
76
—
BRODERS).
KAUFMANN
II,
p.
I
1202
APPARECCHIO
Macroscopicamente
URINARIO
il tumore dimostra una tendenza all'indurimento,
all'irrigidimento delle papille ed alla
fissazione
alla sua base.
Tuttavia
anche qui i gradi di passaggio sono molto sfumati (fig. 466). A u m e n t a la tendenza alla necrosi e all'ulcerazione. R e s t a stabilito che con la p r o v a della crescita distruttiva, si ha la diagnosi di carcinoma. Difficile è la diagnosi, se tale crescita infiltrante
Fig. 468. Voluminoso carcinoma papillare della parete posteriore della vescica con ipertrofia della prostata. Uomo di 74 a. SN. 645/54.
non si è ancora stabilita, m a vi sia una più forte atipia cellulare, come fu detto al paragrafo /?). Secondo l'esperienza, per esempio nel cancro della portio, è da ammettere che si nascondano tra i casi del paragrafo fi) alcuni casi di carcinoma nello stadio pre-invasivo, cosiddetto « intraepiteliale », « carcinoma superficiale », che corrisponde al concetto del « carcinoma latente » di ZUCKERKANDL. Questa rappresentazione non vale soltanto per le vegetazioni papillari. HOLLOWELL parla di « cancro intrauroteliale », lo
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URINARIE
EFFERENTI
I203
paragona alla malattia di Bowen della pelle, e riporta 20 casi del tratto urogenitale, uno dei quali localizzato nel bacinetto renale, 2 nell'uretere, 17 nella vescica, 5 nell'uretra e 5 nel pene. Prime descrizioni relative di J e s s n e r . M e l i c o w parla di processi « precancerosi » nelle pareti della vescica non aggredite dal tumore, in forma di proliferazioni cellulari. Le formazioni a focolai si osservano nel papilloma primario multiplo.
ó) II carcinoma a cellule piatte Accanto ai carcinomi papillari, le cui cellule conservano il tipo dell'epitelio di transizione, se pure in forma sfumata, gioca un ruolo meno impor-
Fig. 469. C a r c i n o m a a cellule e p i t e l i a l i p i a t t e , p i a n o , non p a p i l l a r e della vescica con crescita infiltrante nella m u s c o l a t u r a . U o m o di 61 a. J N . 2026/54.
tante il cancro epiteliale piatto, e costituisce dal 10 al 20 % delle formazioni tumorali della vescica. Esso forma una infiltrazione della parete vescicale appiattita, dimostra prestò tendenza ad una forte disgregazione e all'ulcerazione, particolarmente nelle sue forme più ricche di cellule, può anche in maniera scirrosa penetrare, con abbondante tessuto stromale connettivo, nella parete vescicale. L a caratteristica sta « nella tendenza primitiva alla crescita endofitica (fig. 469). Nella maggior parte dei casi esso è un cancro
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a cellule spinose, più di rado (BIBUS) un cancro a cellule basali. Per la insorgenza del tipo di cellule spinose, spesso con corneificazioni, è da ammettersi una notevole metaplasia epiteliale, come essa si presenta nella leucoplachia della mucosa vescicale. CONNERY ha ricordato 45 casi istologicamente accertati di leucoplachia, dei quali 6 erano combinati con il carcinoma. Però non tutte le leucoplachie si trasformano in carcinoma e non si può presumere da ogni carcinoma a cellule piatte una leucoplachia. Se anche in generale il cancro papillare consta di epitelio di transizione ed il carcinoma primitivo infiltrante sia un cancro di tipo a cellule piatte, a tali concetti non deve essere dato valore assoluto. ME DONALD e THOMPSON per esempio videro in carcinomi non papillari con infiltrazione 118 casi con carattere di carcinoma a cellule epiteliali piatte o di adenocarcinoma, m a anche 71 che erano costituiti da epitelio di transizione. DUKES e MASINA distinguono tra i carcinomi a cellule di transizione papillari, il solido con tipo di cellule indifferenziate, una forma di cancro, da trasformazione dall'epitelio di transizione all'epitelio piatto, ed il puro carcinoma ad epitelio piatto con carattere infiltrante. Come si può constatare, si riconoscono esattamente i vari" tipi principali di tumori; qui però il raggruppamento principale nel carcinoma papillare a cellule di transizione ed il carcinoma primitivo infiltrante a cellule piatte non viene conservato.
e) L'adenocarcinoma L a forma più rara è 1'adenocarcinoma. ASH ne vide su 2000 casi di cancro 2, dei quali uno con formazione di muco. Secondo ABESHOUSE esso forma l'I,6 % dei tumori vescicali, HOWARD e BERGMANN ne videro su 1064 tumori 8. Letteratura esauriente in KRETSCHMER, nuova in PENITSCHKA e ROTH, che condussero i loro lavori sull'ancora più raro adenoma. L a fig. 470 dà un esempio di un adenocarcinoma non formante muco. MOSTOFI, THOMPSON e DEAN trovarono nell'Istituto Patologico dell'Armata americana 44 adenocarcinomi derivanti sicuramente dalla vescica, dei quali 18 mostravano una struttura papillare e 26 erano infiltranti nodosamente. 17 di essi erano derivati dall'uraco. SAPHIR descrive una particolare derivazione cioè il diffuso infiltrante proliferante « carcinoma a cellule a castone di anello » (simili osservazioni da SCHOURUP, il quale riferisce anche su altri rari tumori della vescica maligni). Come punto d'insorgenza vengono considerate le ghiandole periuretrali e prostatiche (FONTANA, THOMAS) del collo della vescica, poi formazioni di ghiandole in cistite cistica e ghiandolare (POSNER, ZAUSCH,
BLUM,
(cfr. HERBUT,
SCHMIDTMANN, KRETSCHMER).
PATCH e
RHEA)
oppure
resti
dell'uraco
LE VIE U R I N A R I E
EFFERENTI
I205
f ) Il carcinoma dell'uraco
E per lo più mucigeno, giuoca un ruolo speciale. Si trova all'apice della vescica, e può pendere a forma di grappolo ( H U C K E L ) . Esauriente letteratura ( L A V E N A N T , G O T T S T E I N , K I E L L E U T H N E R , B E G G , H A Y E S e S E G A L [46 casi dalla letteratura], H I G G I N S , R A P P O P O R T e N I X O N , H U R W I T Z con J A C O B S O N e O T T E N S T E I N [53 casi nella letteratura], L O E B , W A R D , B A N -
Fig. 470. Adenocarcinoma vescicale non muciparo. Uomo di 49 anni. JN. 3439/52. D L E R e R O E N [uomo di 83 anni], S C H A F F A R Z I C K ) . La consistenza dimostra molta somiglianza con il carcinoma del retto. Dalla degenerazione carcinomatosa della vescica estrofica derivano di regola cancri ghiandolari gelatinosi ( E N D E R L E N , E H R I C H , H A G E N , S C H E U E R , J U D D e T H O M P S O N , G O Y A N N A e E M M E T T , M C I N T O S H e W O R L E Y ) . Secondo gli ultimi ci sono circa 30 casi riportati. Molto di rado si osservano cancri vescicali in bambini ( L O W R Y , S O A N E S e
FORBES).
Non raramente compaiono cancri nei diverticoli della vescica. La prima osservazione 1909 di Y O U N G , successivamente di D E M I N G , K R E T SCHMER e B A R B E R , L E C O M T E , H I G G I N S , A B E S H O U S E e G O L D S T E I N . Nella
I2O6
APPARECCHIO
URINARIO
clinica Mayo furono osservati fino al 1947 N. 25 casi (JUDD e SCHOLL, HUNT, HARDWICK e PRIESTLEY). N u m e r o t o t a l e finora 80 (G. MUELLER,
secondo MAYER e MOORE addirittura 150). Come forma di accrescimento e come tipo di cellule ne furono osservati di ogni specie che normalmente si trovano nella vescica (BOYLAN, GREENE, MCDONALD). Sono tuttavia frequenti i cancri ad epitelio piatto. Sulla causa del cancro della vescica non si possono avere nella maggior parte dei casi testimonianze fondate. Occasionalmente possono giocare un ruolo importante le infiammazioni croniche con formazione di ascessi e metaplasie epiteliali come leucoplachie. Così può anche avere importanza la formazione di calcoli. Tuttavia non può venir dimenticato nella associazione di calcoli della vescica col cancro che, anche secondariamente la cistite cistica e ghiandolare vennero invocate per la interpretazione della genesi dell'adenocarcinoma. Tuttavia, almeno per la maggior parte dei tumori vescicali papillari benigni e maligni, non vi sono elementi di appoggio per Ittiologia. Una certa indicazione si potrebbe rilevare dalla osservazione dei tumori da anilina, i primi dei quali vennero osservati da REHN nel 1895. Tra le amine aromatiche che vi possono svolgere una parte, sono da citare soprattutto l'anilina, la benzidina, la beta-naftilamina e la toluidina
(v. NASSAUER,
LEUENBERGER,
GEHRMANN,
RUEPER, A .
MUEL-
LER, TELEKY, BAADER). I tumori della vescica si riscontrano 32 volte più frequentemente nei lavoratori di aniline che nella restante popolazione (GEHRMANN). Il tempo di latenza tra l'inizio dell'occupazione e la insorgenza della malattia è caratterizzato da ampie oscillazioni. Sono stati segnalati intervalli di pochi mesi (KOELSCH, A. MUELLER) come pure di diversi anni. Il tempo di latenza medio sembra essere attorno agli 8 anni, o attorno ai 17 anni secondo A. MUELLER. I tumori possono insorgere anche fino a 17 anni dopo la cessazione del lavoro pericoloso. Su 137 casi di lesioni da anilina delle vie urinarie, osservate da A. MUELLER in Svizzera, 19 presentavano solo una cistite emorragica, 23 « papillomi », 63 tumori primitivi e 23 papillomi che più tardi evolsero in cancro. Proprio queste osservazioni sui tumori da anilina dimostrano la trasformazione da papilloma a carcinoma. Talora si presentano anche tumori doppi (ROHMAN e SOMMERS). Le sostanze nocive entrano nell'organismo attraverso le vie respiratorie. Sperimentalmente è stato possibile riprodurre in conigli, dopo prolungata inalazione di naftilamine, polipi e papillomi talvolta con caratteri cancerosi (SCHAER). HUPER ottenne lo stesso risultato in cani mediante somministrazione di beta-naftilamina. Se però gli ureteri erano stati in precedenza trapiantati nel sigma, non si aveva comparsa di tumori vescicali (SCOTT e BOYD). Particolarmente dimostrative sono le ricerche di MCDONALD e LUND, i quali hanno trasformato operatoriamente la volta della vescica di cani e conigli in una tasca la cui cavità non era più in comunicazione con la vescica. In seguito a somministrazione di beta-nafti-
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URINARIE
EFFERENTI
I207
lamina i tumori (papillomi e carcinomi papillari) sono comparsi solo nella porzione di vescica che si riempiva di urina. Le ricerche dimostrano pertanto che la sostanza lesiva viene convogliata nella vescica mediante il flusso urinario. SCOTT e BOYD hanno riferito di un carcinoma sperimentale dell'uretere. Sulla predisposizione individuale hanno indagato OPPENHEIMER e SCHEELE. L a nozione del fatto che sostanze cancerogene delle urine possano svolgere un ruolo nella genesi, e forse anche nella evoluzione dei tumori
Fig. 471. Vasta infiltrazione proliferativa della parete vescicale da tumore del collo dell'utero in unadonna di 68 anni. SN. 549/54.
della vescica, ha indotto ad eseguire il trapianto degli ureteri nel colon nel caso di tumori. E stato anche riferito sulla regressione di tumori cancerosi della
vescica
(PEARSE,
HELLSTROM,
TRABUCCO,
GOLDBERG,
ABESHOUSE
e SCHERLIS, GIRONCOLI, FORT e Coli.). In altri casi era evidente la riduzione di volume, ma al microscopio il carcinoma non era del tutto sparito (PEARSE, D A V I S , CRONE-MUENZEBROCK e BOEMINGHAUS).
Resta perciò da aspettare una conferma delle osservazioni riferite. L'Autore è però scettico sulla realtà della guarigione di un vero carcinoma in seguito a trapianto degli ureteri. Circa la ricerca delle sostanze cancerogene nelle urine umane vedi STEELE, KOCH, STEINER ed anche ECKMAN e
STROMBECK.
Tra le cause del carcinoma della vescica deve essere ancora menzionata
1208
APPARECCHIO
URINARIO
l'infezione da Bilharzia (Schistosoma hematobium o, più raramente Mansoni), che è particolarmente diffusa nella valle del Nilo e che è stata studiata fin dalla spedizione di Napoleone in Egitto. Dopo le manifestazioni cutanee e i sintomi tossici, compaiono nel corso del 4° stadio gravi processi infiammatori emorragico-ulcerosi della vescica, i quali possono finalmente portare alla comparsa di papillomi e di carcinomi. Può precedere una leucoplachia
(vedi OCKULY, PETERS con HUNTRESS e
PORTER).
Fig. 472. Invasione di adenocarcinoma prostatico nella parete della vescica. Uomo di 77 anni. J N . 8062/54.
L a diffusione del tumore della vescica avviene: a) nella parete vescicale che diviene dura e che può essere ispessita più volte. T a l v o l t a si può avere proliferazione in un diverticolo O in un uraco persistente (GOEBEL); B) nelle adiacenze, dove viene infiltrato il connettivo. Estensione al retto, sigma, utero, vagina, uretra e cute. Comparsa di fistolizzazione con il retto e la cute. T a l v o l t a perforazione in peritoneo, specialmente nel carcin o m a a d epitelio pavimentoso.
LE VIE URINARIE
Metastasi
I209
EFFERENTI
si verificano per v i a l i n f a t i c a nei linfonodi
parametrali,
iliaci, e paraaortici. P e r v i a e m a t o g e n a (sec. SAPHIR, HERGER e SAUER, HERBUT) v e n g o n o interessati i reni, i surreni, i polmoni, le pleure, le ossa, a d es. il bacino, la colonna v e r t e b r a l e , le coste, il femore, v . KRETSCHMER e MCDONALD, e quasi sempre con caratteri osteoclastici, e più r a r a m e n t e la c u t e (KRETSCHMER, ATKINSON, HIGGINS e HAUSFELD, HAMER e NOURSE,
MANTEL e HAMILTON). P e r le m e t a s t a s i nei corpi cavernosi cfr. FORT, BAILEY e KICKLIGHTER. E incerto se si possano
avere
anche
metasta-
tizzazioni per v i a urinaria.
F i g . 473Metastasi di carcinoma mammario nella parete della vescica. Ostruzione dell'orifizio utererale destro. Donna di 48 anni. SN. 493/53.
F r a i t u m o r i secondari della v e s c i c a sono di gran l u n g a p i ù frequenti quelli che la r a g g i u n g o n o d a l l a cervice, dalla p r o s t a t a , e p i ù r a r a m e n t e dall'intestino, e che v i p r o t r u d o n o a f u n g o o p p u r e ne infiltrano la p a r e t e più o m e n o d i f f u s a m e n t e (v. figg. 4 7 1 e 472). I n seguito a necrosi e a d ulcerazione si verificano, specie nei carcinomi del collo, fistole vescicov a g i n a l i o vescico-uterine. Anche
le m e t a s t a s i
peritoneali di t u m o r i
degli
organi
addominali
possono aggredire l a p a r e t e vescicale ed infiltrarla. P i ù di raro si verificano m e t a s t a s i e m a t o g e n e o linfogene nella p a r e t e vescicale stessa (figg. 473 e 474). Metastasi v e r e della p a r e t e vescicale sono v e r a m e n t e rare. P i ù f r e quenti sono, secondo 76* —
K a u f m a n n l ì p., I
KLINGER, nei t u m o r i del « g r a p p o del l i n f o m a ».
I2IO
APPARECCHIO
URINARIO
Sulle metastasi di un melanoma maligno è stato riferito da WOOLNER e EMMETT. Essi trovarono 3 osservazioni consimili nella letteratura. Sulla ricerca di cellule tumorali nell'urina (il cui sedimento deve essere preferibilmente incluso in paraffina) vedi DAUT e MCDONALD. Solo i referti positivi hanno valore (HERBUT). La cistoscopia deve essere sempre preferita per la diagnosi. Talvolta vengono espulsi con l'urina interi villi o parti di essi.
Fig. 474. Metastasi di carcinoma prostatico nella mucosa vescicale. U omo di 67 anni. SN. 74/53-
Circa la eliminazione di albumina plasmatica che impregna i villi vedi DOBROTWORSKY. Nell'urina può anche comparire mucina nel corso di tumori mucosi (BLUM) ed anche nella cistite ghiandolare (EDELMAN). L a presenza di gocce lipoidee può deporre per dermoidi perforate. In caso di leucoplachie si può arrivare anche alla fuoriuscita di lembi di epitelio pavimentoso (KUEMMEL).
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b) IL S A R C O M A D E L L A
VESCICA
Esso è molto più raro del carcinoma. Secondo D U R A N D ne vennero riportati in letteratura 227 casi fino al 1950. Compare in tutte le età e si presenta talvolta già nei bambini ( D E M I N G , H E N R Y , W A Y , M I S Z E R A C K ) . Secondo WAY fino al 1952 ne erano stati descritti 91 casi in bambini al di sotto dei 10 anni. Ugualmente ne sono stati osservati in neonati ed in feti ( W I N C K E L ed H A R R I S ) . Secondo H U E C K E L ed H E R B U T si possono distinguere per la forma macroscopica come vegetazioni nodulo-acinose o, più raramente, infiltranti. Per la localizzazione, similmente al carcinoma, è prevalente l'area del trigono e del collo vescicale. I sarcomi possono raggiungere considerevoli dimensioni con diametri da 1 0 a 15 cm ( H E R B U T ) e si estrinsecano sia in vescica che extra vescica. Primitivamente essi compaiono singolarmente, ma in seguito alla espansione nella sottomucosa possono simulare secondariamente una mol-
LE
VIE
URINARIE
EFFERENTI
Fig- 475Sarcoma infiltrante esteso della vescica. Uomo di 68 anni. J X . 7058/53.
Fig. 476Quadro microscopico della fig. 475. Sarcoma a cellule fusate polimorfe.
1213
1214
APPARECCHIO
URINARIO
teplicità. U n a parte dei sarcomi si manifesta come una infiltrazione piana della parete vescicale e non è macroscopicamente differenziabile da un carcinoma infiltrante (fig. 475). Il punto di insorgenza della manifestazione sarcomatosa si t r o v a per lo più negli strati medi ed esterni della parete vescicale. Per contro, sono stati osservati relativamente di frequente, al di fuori di fibrosarcomi e di sarcomi fusocellulari (v. in PICH e WEBER nel divertic o l o ) , a n c h e miosarcomi
(KRETSCHMER
e DOERLING, CRANE e TREMBLAY
LEV e BELL, KATZEN, SILBAR e SILBAR). A n c h e questi sono stati rilevati già nei bambini (FISHER e LUND). L ' e t à giovanile è colpita ancor più nettamente dal rabdomiosarcoma, il quale risulta spesso particolarmente ricco di cellule e immaturo, e mostra la tendenza a esibire cellule allungate, non raramente plurinucleate, con striature longitudinali e trasversali. (KHOURY e SPEER, HERBUT).
Il r a b d o m i o s a r c o m a
è considerato
come
la
più rara manifestazione tumorale della vescica (v. KRETSCHMER, MEISEL, HEATH
e MILLER,
RIDDEL
e KUDISCH).
Eventualmente
le
proliferazioni
sarcomatose contengono elementi epiteliali di tipo canalicolare che sono probabilmente da considerare come residui del dotto di Wolff (BUSER). Nei bambini sono stati osservati anche mixomi e mixosarcomi. Questi possono assumere forma poliposa R O L A ) . Linfosarcomi
(cfr. HUESSLER, PUCCINI, CANARD e R I V A -
sono stati descritti d a G. WAGNER, RATHBUM e WEHR-
BEIN, KREUTZMANN, HIGGINS, L E V A N T e ROSENFELD, MOLONEY, DRAPIEWSKY e PURCELL,
JAKOBS e SYMINGTON.
Finora
BURROS,
sono giunti
alla
osservazione circa una dozzina di tali casi. Su un retotelsarcoma ha riferito ZAFFAGNINI, su un angioreticolosarcoma DELAINI, SU osteo- e condrosarcomi B E N E K E e FISCHER. ARNOLD o s s e r v ò u n c a r c i n o - s a r c o m a
teratoide.
E g l i ha reperito in letteratura 8 casi analoghi e pensa a germi tissulari dei canali di Wolff e dei peduncoli dei segmenti primitivi. Che carcinoma e sarcoma possano indipendentemente originare l'uno dall'altro è dimostrato della osservazione di MACKLES, IMMERGUT, GRAYZEL e
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c) T U M O R I B E N I G N I E Q U A D R I T U M O R I S I M I L I D E L L A
VESCICA
Secondo NORA e MARCEL essi rappresentano all'incirca il 3,5 % di tutti i tumori vescicali (eccezion fatta per i papillomi). Gli adenomi della vescica sono in linea di massima da riferire a ghiandole aberranti parauretrali e paraprostatiche (KLEBS e PASCHKIS), ma possono talora originare anche da proliferazioni ghiandolari dei nidi cellulari di BRUNN, secernere muco ed anche manifestarsi come cistoadenomi (PASCHKIS, BAYER, ROTH). Particolari « adenomi nefrogeni » con formazioni tubulari i cui canalicoli rammentano quelli della corteccia renale, vennero descritti da FREEDMANN e KUHLENBECK e vennero ritenuti come coristomi od amartomi. Per gli adenofibromi vedi LEVI e SOLOMON, per gli adenomiomi vedi SINNER. Fra i tumori benigni di genesi mesenchimale debbono essere ricordati gli emangiomi per lo più a costituzione cavernosa, che possono talora causare gravi emorragie. Letteratura arretrata in SCHILLINGS, LANGHANS SOTTI, K A T Z , H U E B N E R , MALCAPINE, l a p i ù r e c e n t e i n H Y A M S e
SILBERBLATT,
K A H L E e M A L T R Y e V I C E R Y , SEGAL e F I N K , STUMPF, R I C H E S .
Secondo CAMPBELL e GISLASON circa un quarto dei tumori benigni mesenchimali sono di natura angiomatosa. Circa le emorragie da varici v e s c i c a l i v e d i M A T U S O W S K Y e W E I S E . T r a i fibromi
(HIGGINS,
PIERSON,
KOLL, WHITE, SEXTON) ne sono descritti di duri, ricchi di fibre e molli, ricchi di cellule e di vasi; i mixomi sono per lo più fibromi edematosi (HERBUT).
Circa i mixomi ed i sarcomi mixomatosi nei bambini vedi a pag. 1214.
I2IÓ
APPARECCHIO
URINARIO
S C H O L L descrive un xantoma. I leiomiomi, come nell'utero, possono risiedere in diverse sezioni della vescica ( S A M E N I U S ) (fig. 4 7 7 ) .
Complessivamente sembra ne siano stati pubblicati circa 60 casi R E I S T , K L E I T S C H ) . Su di un tumore gigante ( 9 2 0 0 g) di questo tipo vedi K U S N E T Z K Y . E . K A U F M A N N e H U E S S L E R hanno osservato un fibroleiomioma con inclusioni cartilaginee. I rabdomiomi sono estremamente rari (sec. H E R B U T ne sono stati accertati circa 1 2 ) e da ritenere senz'altro come coristomi ( R . F . M U E L L E R ; S T U M P F ) . (HOUTAPPEL,
Fig. 477N o d u l o m i o m a t o s o nella p a r e t e della vescica. U o m o d i 70 a n n i . JN. 3520/52.
Nella fig. 478 è riportato un fibro-mixo-rabdomioma acinoso da un disegno di E . K A U F M A N N (in un bambino di 7 anni). Debbono essere ancora brevemente ricordati i neurofibromi della mucosa vescicale, in genere quali componenti di una neurofibromatosi generalizzata (NAGAHARA), e che possono conferire alla mucosa l'aspetto di una cistite cistica (cfr. H A S L I N G E R , B L U M ) e che eventualmente formano anche grossi nodi ( S T E D E N ) . Essi sono citati da T H O M P S O N e M C D O N A L D ma non sono ricordati da C A M P B E L L e G I S L A S O N . W Y M A N , C H A P P E L L e J O N E S riferiscono di un ganglioneuroma della vescica in un uomo di 17 anni sottoposto ad osservazione per 5 anni (caso apparentemente unico nella letteratura). Le rarissime dermoidi, che alla cistoscopia possono apparire come una concrezione vescicale ( C A S T A N O )
LE VIE URINARIE
I 217
EFFERENTI
sono per lo più sferiche, più raramente si tratta di teratomi cistici (embriomi), più spesso di dermoidi con componente esclusivamente ectodermica. Secondo COSTA l'interessamento della vescica è solo secondario, la localizzazione primaria è paravescicale od ovarica. Peli e gocce adipose possono essere evacuati con l'urina. Addendum. L'endometriosi della vescica (detta anche « adenomioma » o « endometrioma »). Secondo R. MEYER se ne dovrebbero distinguere 3 forme: l'endometriosi (adenomiosi) interna, l'è. peritoneale, e la combinazione delle due forme. Dalla bibliografia, von MUKULICZ-RADECKI ne desunse nel 1936 quarantuno casi, KRETSCHMER nel 1945 sessantaquattro.
Fig. 478. Fibromixorabdomioma acinoso della vescica in un ragazzo di 7 anni (da un disegno di E . K A U F M A N N ) . L a v o r i s u c c e s s i v i d i D R E Y F U S , N I S C O N , H E N I G , B A L F O U R , O ' CONNOR e GREENHILL, O C K U L Y e d HELWIG, KONRAD, HEINEM, EVELBAUER, FITZGERALD e
KUHN.
Le manifestazioni cliniche sono largamente corrispondenti a quelle delle altre localizzazioni; solo compaiono stati di eretismo della vescica, non raramente si verifica ematuria. Nella mucosa si producono tumefazioni p i a t t e (JOSEPH), b e r n o c c o l u t e (MUELLER) o cistiche
(OEHLECKER).
Le nodosità possono apparire singolarmente o in gran numero. Si ha rigonfiamento con incremento delle manifestazioni soggettive nel premestruo ed all'inizio della mestruazione, e deplezione nell'inter77
—
KAUFMANN
II,
p.
I
I2l8
APPARECCHIO
URINARIO
mestruo. Sulla costituzione microscopica non si può dire nulla di più particolare. WEINBERG ha riferito di un corionepitelioma della vescica in un uomo. Cosiddetto tumore amiloide della vescica. E noto ai patologi dalle descrizioni di SOLOMIN e LUCKSCH, HERSCHEIMER e REINHART, T I L P (uretra), AKIMOTO (bacinetto), LEHMANN (uretere), ed è stato clinicamente osservato per la prima volta da CHWALLA (uretra). Secondo SIMON, CRAIG, SENGER, THOMLEY e MCMANUS, GILBERT e MCDONALD, BEANES ne sono stati comunicati per la vescica appena io casi. I più mostrano la presenza di infiltrazioni piane della mucosa e della muscolatura, con assembramento reattivo di linfociti, plasmacellule e cellule giganti da corpo estraneo. Quasi sempre si verificano emorragie. ROEN e W I E N E R hanno riferito circa il trattamento con resezione transuretrale.
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LE
VIE
URINARIE
EFFERENTI
I2I9
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HILL, S u r g e r y , S . L o u i s 80, 1 1 3 , 1945. —
O'CONOR e G R E E N -
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PASCHKIS,
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SAMENIUS, A c t a c h i r . S c a n d . 99, 30, 1949. —
3, 4 1 2 , 1 9 3 1 . —
ROTH, Z b l . a l l g . P a t h . 89, 36,
SCHILLINGS, R e v . b e i g e s c .
SCHOLL, J . U r o l . , B a l t i m o r e 52, 305, 1944. —
B a l t i m o r e 47, 453, 1942. —
SEGAL e F I N K , J .
SENGER, THOMLEY e MCMANUS, J . U r o l . ,
med. Urol.,
Baltimore
63,
79°, 1950- — SEXTON, J. Urol., Baltimore 67, 309, 1952. — SIMON, Zschr. Urol. 36, 217, 1942. — SINNER, Zschr. Urol. 48, 447, 1955. — SOLOMIN, Prag. med. Wschr. 22, 3, 1897. —
SOTTI, P a t h o l o g i c a , G e n o v a 13, 135, 164, 186, 1 9 2 1 . —
STEDEN,
Dtsch.
Zschr. Chir. 177, 137, 1923. — STUMPF, Beitr. path. Anat., Jena50, 1911. — E. STUMPF, Zschr.
Urol.,
38/39, 54,
1944/46. —
THOMPSON e
MCDONALD,
J.
Urol.,
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43, 831, 1940. — TILP, Zbl. allg. Path. 20, 913, 1909. —WEINBERG, Amer. J. Path. 15, Nr. 6, 1939. — WEISE, Zbl. allg. Path. 86, 266, 1950. — WHITE, J. Urol., Baltimore 26, 253, 1 9 3 1 , —
W Y M A N , CHAPPELL e JONES, J. U r o l . , B a l t i m o r e 63, 526, 1950.
4. T U M O R I
DELL'URETRA
1) L a proliferazione tissurale più frequente dotata di caratteri tumorali è la caruncola dell'uretra. Si presenta solo nelle donne, preferisce l'età avanzata e si manifesta come una formazione rosseggiante, fortemente aderente o peduncolata, alquanto spugnosa, che in seguito al toccamento sanguina lievemente. Il suo diametro supera raramente i 5 mm., ma si possono formare talora anche noduli fino a 3 cm di grossezza (HERBUT). L a costituzione microscopica è variabile. Per lo più si tratta di una iperplasia poliposa della mucosa uretrale, alla quale partecipano epitelio, vasi sanguigni e lo stroma mucoso connettivale, il quale è per solito infiltrato di linfociti e plasmacellule e che può talvolta contenere veri linfonoduli con centro germinativo (SCHROEDER) (figg. 479-481). Secondo il particolare carattere della proliferazione mucosa si distinguono: a) forme epiteliali 0 papillomatose; b) forme angiomatose e e) forme granulomatose
( N O V A K , FRIEDMAN e A S H ) ; d a q u i a n c h e l e
denominazioni
di « adenoma poliposo o epitelioma », « polipo vascolare », « emorroidi uretrali », « granuloma uretrale ». Vedi la letteratura recente in particolare in PALMER,
EMMETT e
MCDONALD,
HERBUT,
SCHLOSS
e
BRUNTSCH.
L'epitelio superficiale, che nell'uretra va dal tipo cilindrico a quello piatto pluristratificato, può essere considerevolmente ispessito ed anche corneificato; le formazioni ghiandolari accessorie (ghiandole di Skene) proliferano, e presentano accanto a depressioni dell'epitelio superficiali, forme cellulari regolari, vedi in H. R. SCHMIDT circa un adenoma poliposo.
1220
APPARECCHIO
URINARIO
2) Fra le manifestazioni tumorisimili deve essere citata la amiloidosi tumorisimile dell'uretra (TILP, HERXHEIMER e REINHART, V. ALBERTINI che può portare alla stenosi ed all'infiammazione (cfr. vescica). 3) Cisti, spesso di notevole grandezza, originano per ritenzione del secreto dei cosiddetti tubuli uretrali della uretra femminile. Per le cisti della porzione prostatica cfr. WESSON, UNDERBILL, BUERGER e O P PENHEIM.
4) Molto alla lunga sono da citare i condilomi acuti, quali si manifestano nelle infiammazioni croniche dei genitali e talvolta anche nella uretra.
Proliferazione poliposa
Fig- 479 fibro-epiteliale della mucosa uretrale (coruncola Donna di 52 a. Biopsia N. 2i6r/56.
fibro-epiteliale).
MCDONAL ed EMMETT riferiscono su 27 casi di osservazione personale presso la Clinica Mayo. Per il loro aspetto macro- e microscopico essi sono simili ai 5) Papillomi, fibroepiteliomi primitivi dell'uretra, che possono apparire anche numerosi e che per sede possono prediligere entrambe le estremità dell'uretra. Gli esterni possono prolassarsi sulla superficie libera, mentre i profondi protrudono in vescica; i primi sono composti da epitelio piatto, i secondi da epitelio di transizione. W I G G E R descrive un papilloma della grossezza di un uovo di pollo nella uretra interna in un uomo di 63 anni. Si ha l'impressione come se anche l'uretra talvolta prenda parte alle papillomatosi più generiche delle vie urinarie defluenti ( K I E F E R , POTAMPA). MORROW,
6) Adenomi sembrano comparire solo nell'uomo (HERBUT), sono localizzati alla parte prostatica, ricordano per la loro costituzione le prolifera-
LE VIE URINARIE
EFFERENTI
1221
F i g . 481. G r a n u l o m a poliposo (caruncola granulomatosa) d e l l ' u r e t r a . D o n n a di 54 anni. J N . 2351/56.
1222
APPARECCHIO
URINARIO
zioni ghiandolari dell'ipertrofìa prostatica, possono divenire anche cistici ( P U P P E L ) e sono evidentemente da ricondurre alla proliferazione di ghiandole periuretrali (cfr. M A R E S C H e C H I A R I ) . 7) Del tutto rare sono anche le manifestazioni tumorali mesenchimali benigne: Fibromi (v. letteratura arretrata in H U E C K E L e recente in L A ZARUS). Essi sono solitari oppure multipli e possono raggiungere dimensioni notevoli (fino a 375 g, H E R B U T ) ; adenofibromi ( L I P P M A N N W U L F ) , mixomi, che nell'uomo occupano la porzione prostatica (SCHOLL e B R A A S C H ) e la fossa navicolare ( L A Z A R U S ) e nella donna la parte interna dell'uretra ( R A T N E R e S T R A S B E R G ) . Sono ampiamente adesi o peduncolati e hanno tendenza ad alterazioni degenerative ( H E B U T ) ; amangiomi possono anche presentarsi in qualche caso ma non sempre sono differenziabili da caruncole ricche di capillari (cfr. H A N S E R ) . Vedi in V A R N E Y circa un emangioepitelioma maligno. 8) Più importanti sono naturalmente i carcinomi dell'uretra. Essi si manifestano in entrambi i sessi presso a poco con la stessa frequenza, o meglio con la stessa rarità. Nell'uomo ne sono stati descritti circa 230 casi a tutto il 1954 (ampia documentazione in K R E U T Z M A N N e C O L L O F F , L O W E R e HAUSFEED,
ZASLOW
e
PRIESTLEY,
MCCREA
e
FURLONG, BACKER, GRAF
e V A N D E N B E R G ) . La loro rarità emerge dal fatto che nel ricco materiale della clinica Mayo ne comparvero solo 25 casi in 35 anni. Come sede sembra essere preferita la zona di transizione tra parte bulbare e parte membranacea ( H A M M E L ) , in circa il 50 % dei casi coesiste una stenosi ( H O T C H K I S S e A M E L A R ) . Il tumore è inizialmente spesso papillare, (secondo B E L L originerebbe da un papilloma) in seguito diviene ampiamente esteso e fisso sui piani sottostanti. Secondo H E R B U T si distinguono per aspetto macroscopico 3 forme: a) forma nodulare fungosa, molle, modicamente sanguinante peduncolata o ampiamente adesa, a sede prevalentemente anteriore; b) infiltrazione circolare con stenosi del lume, a sede più interna; c) proliferazione con forte tendenza alla ulcerazione spesso connessa con manifestazioni ascessuali. Per la fine costituzione microscopica sono stati distinti ad epitelio piatto con o senza corneificazione (circa 88 %), tumori papillari dell'epitelio di transizione (circa 10 %) e tumori ghiandolari (circa 2 %) che originano dalle ghiandole periuretrali ( K R E U T Z M A N N e C O L L O F F , HAMMEL,
HERBUT).
Nelle donne il numero di casi di carcinoma dell'uretra pubblicati sale a circa 350 ( B R A C K e F A R B E R , D I D D L E , H A H N , B R U N T S C H . Letteratura precedente in H U E C K E L ) . Le forme macro- e microscopiche sono presso a poco le stesse di quelle dell'uomo. Particolarmente accentuata è la possibilità di confusione con la caruncola dell'uretra. R I T T E R distingue un carcinoma ad epitelio pavimentoso esofitico ed endofitico, un adenocarcinoma e forme rare indifferenziate. E . K A U F M A N N ha osservato un carcinoma anulare dell'orifizio uretrale esterno, a epitelio pavimentoso, in una donna
LE VIE URINARIE EFFERENTI
1223
di 54 anni, ed un carcinoma cilindrocellulare poliposo-papillare in una donna di 51 anni. Secondo HERBUT dovrebbero essere distinti dai tumori uretrali veri quei tipi che prendono origine dalle ghiandole del Cowper. Essi assomigliano ai carcinomi della prostata, secondo GUTIERREZ ne erano state pubblicate 6 osservazioni fino al 1936. 9) Estremamente rari sono i melanoblastomi primitivi dell'uretra. Nella clinica Mayo ne vennero accertati 3 casi in 40 anni (LONG, COUNSELLER e D O C K E R T Y ) . K Y R L E h a r a c c o l t o n e l 1 9 4 0 c o m p l e s s i v a m e n t e
11
casi dalla letteratura. Istologicamente i tumori osservati avevano struttura in parte epiteliale ed in parte sarcomatosa. Il contenuto in pigmento era assai variabile. 10) Circa i sarcomi che sono altrettanto straordinariamente rari, cfr. NEBESKY, H R .
SCHMIDT, P U H L , CAMPBELL e F E I N ,
HUBBEL.
Ne vengono descritti forme diverse (fusocellulare, polimorfocellulare, ecc.). PUHL descrisse un rabdomioma sarcomatodes in un bambino di 8 settimane, PICCAGLI un reticolosarcoma, KAPSAMMER un linfosarcoma. Tumori metastatici secondari dell'uretra sono molto rari. Un caso insolito nel corso di carcinoma rettale è riferito da HUECKEL. U l t e r i o r i d o c u m e n t a z i o n i i n SINGER e D E W B A R N .
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1224
APPARECCHIO
URINARIO
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INDICE
ANALITICO
A Aborto, 495. — alterazioni del prodotto morto, 497— feto papiraceo, 498. sanguinolento, 498. — incompleto, 498. — mola, 496. — — di Breus o mola da ematoma, 497— — calcarea, 497. carnosa, 497. — — ematica o trombotica, 496. — — virtuale o uovo effimero, 496. — mummificazione, 498. — polipi placentari o fibrinosi, 500. — ritenuto, 496. — scheletrizzazione intrauterina, 498. — uovo abortivo, 496. Acalasia dello sfintere, 1 0 9 1 . Acido ossalico, 738. — — deposizione nei reni, 738. — — eliminazione, 738. Acidosi ipercloremica, 728. — renale, 728. Actinomicosi del rene, 1004. Adenomi del rene, 1 0 1 4 . e avvelenamento da piombo, 1019. Adenomiosi, 366, v. endometriosi. — carcinoma nell'adenomiosi, 177. — extragenitale, 373. — istogenesi, 372. — dei linfonodi, 373. — miomi con inclusioni epiteliali, 37i— dell'ovaia, 177. — provenienza, 177. — del rene, 1020. — dell'utero, 366. — della vescica, 1 2 1 7 .
Agenesia del rene, 610. — — bilaterale, 610. — — monolaterale, 610. Albuminuria febbrile, 796. — ciclica, 651. — ortostatica, 650. Amnios, 457, 469. — patologia, 469. — — difetti cutanei, 4 7 1 . idramnios, 470. — — membrane intramniotiche, 4 7 1 . — — nodoso, 4 7 1 . noduli amniotici, 471. — — oligoidramnios, 470. — — raccolte leucocitarie, 4 7 1 . Anemia dei reni, 6 5 1 . Aneurismi dell'arteria renale, 652. Angioma del rene, 1 0 2 1 . Annessi fetali, patologia, 469. Antibiotici. — viomicina, neomicina e reni, 7 5 1 . Anuria riflessa, 774, 1 1 7 2 . Aplasia del rene, 610. — bilaterale, 610. — monolaterale, 610. Apoplessia delle logge renali, 682. Apparato juxtaglomerulare, 596. — — cellule del gruppo di Goormaghtigh, 597. — — cumuli cellulari di Becher, 597. — — cuscinetti polari, 597. macula densa, 597. — — pressione, 597. Apparecchio urinario, 585. Arrenoblastoma dell'ovaia, 234. Ascesso uterino puerperale, 516. Ateroma del testicolo, 46. Ateromatosi dello scroto, 1 4 1 . Atresia, 1 1 0 5 . — ani urogenitalis, 1 1 0 5 . — dei follicoli, 6. — perinealis, 1 1 0 5 .
1226
INDICE
Atresia s u b u r e t h r a l , 1105. — urethralis, 1105. — vestibularis, 1105. Atrofia del rene, 686. — senile, 686. Autonefrectomia, 989. Avvelenamenti da sali di cromo, 756. Azotemia extrarenale, 795. B Bacilluria tubercolare, 973. Bacinetto renale. adenocarcinoma muciparo, 1183. — — altri tumori, 1184. — — cancri spinocellulari primitivi infiltranti, 1182. infiammazioni, 1112. malformazioni, 623. — — tubercolosi, 996. tumori, 1176. — papillari, 1176. Balanite, 133. — circinata gonorroica, 134. — diabetica, 134. — erosiva, 135. — gangrenosa, 135. — micotica, 134. — seborroica, 133. — xerotica obliterante, 135. Blenorragia, 1138. Brucellosi, 799. C Calcinosi della cute dello scroto, 141. Calcoli albuminosi, 1159. — batterici, 1159. — di carbonato, 1158. — di cistina, 1158. — da corpo estraneo, 1165. — di fosfati, 1157. — di grassi, 1159. — di ossalato, 1157. — di urati, 1157. — di xantina, 1158. Calcoli renali, 1155. — — alimentazione, 1161. — — anomalie del ricambio, 1162. — — condizioni locali della formazione, 1164. costituzione chimica, 1157.
ANALITICO
Calcoli renali, diffusione geografica, 1160. età dei portatori di calcoli, 1162. insorgenza, 1166. — — sesso, 1162. Calcoli ureterali, 1170. Calcoli vescicali, 1170. cistite calcolosa, 1172. da corpi estranei, 1171. disgregamento, 1171. — — grandezza, 1171. Canale utero-vaginale, 6. Cancri embrionali, 1054. Capsula renale. — — tubercolosi, 995. tumori e cisti, 1069. Caruncola dell'uretra, 1219. — angiomatosa, 1219. — epiteliale, 1219. — granulomatosa, 1219. Cellule. — di Chaletzsky-Neumann-Hofbauer, 476. — chiare ricche di plasma, 1038. — del gruppo di Goormaghtigh, 597. — interstiziali dell'ilo dell'ovaia, 154. di Leydig, 5. di Sertoli, 35. Cervice. — alterazioni tubercolari in miomi, 349— tubercolosi, 349. — — e adenomiosi, 349. e carcinoma, 349. Cervicite, 332. Chiluria, 1125. Ciclo mestruale, 309. disturbi del ciclo della mucosa uterina, 309. amenorrea, 314. dysmenorrhoea membranacea, 315ipermenorrea, 315. metrorragie, 319. Cilindri. — di calcio, 675. — da collasso, 704. — lipoproteici, 676. — di pigmenti biliari, 736. — dei vasi linfatici, 1081. — venosi, 1081. Cisti dell'ilo del rene, 643.
INDICE
Cisti endometrioid^ 175. Cistite, 1120. — acuta, 1122. — catarrale o desquamativa, 1122. — cistica, 1127. — cronica, 1125. — enfisematosa, 1125. — follicolare, 1127. — granulosa o poliposa, 1133. — interstiziale, 1126. — necrotico-ulcerosa, 1124. — proliferativa, 1127. — pseudomembranacea, 1123. — purulenta, 1123. — ulcerosa, 1123. Cistitis dissecans gangrenosa, 1123. Cistocele vaginale, 1146. Citomegalia, 592. Cloaca gigante, 1105. Coacervati di albumina, 818. — nella nefrosi amiloide, 813. da plasmocitoma, 822. Colera, 797. Colesteatoma dell'utero, 335. Colica renale, 1170. Collagenosi (A. interlobulari), 917. Coma ipocloremico, 788. Condilomi acuminati del pene, 142. Congiuntivite blenorragica, 1141. Corion, 457. — mola vescicolare, 473-480. genesi formale e causale, 476. — istologia, 474. destruente, 477. penetrante, 477. — patologia, 473. Corionepitelioma, 501-509. — cisti luteiniche, 509. — ectopico, 508. — extragenitale, 86. — ortotopico, 502. metastasi, 505. rapporti con la gravidanza, 504. regressione spontanea, 506. — dell'ovaia, 509. — del rene, 1062. — del testicolo, 82, 509. — della tuba, 509. Corionepiteliomatosi, 507. Corpo di Bence-Jones, 823. — di Wolff, 4.
I227
ANALITICO
Corpus albicans o fibrosum, — luteum, 151. graviditatis, 152. — — menstruationis, 151. prolasso, 151. Cresta genitale, 4. Criptorchidismo, 27. Crisi calcolosa, 1167. Cromoproteinuria, 675. Crush
Syndrom,
151.
766.
Cumuli cellulari di Becher, Cuore a chiazze, 928.
597.
D Decidua, 315, 451. — alterazioni distrofiche, 468. — basale, 452. — capsulare, 452. — disturbi di circolo, 468. — ectopica, 454. — gravidica, 316. — idrorrea, 469. — iperplasia, 469. — istologia, 452. — marginale, 452. — mestruale, 315, 316. — parietale, 452. — — strato esterno (strato basale, basale), 453. interno (strato cellulare compatto, compatta), 452. medio (strato ghiandolare spumoso, spongiosa), 453. — patologia, 468. — processi infiammatori, 468. — tubercoli, 469. Deferentite, 99. Dermatomiosite, 904. Diabete da allossana, 721. — florizinico, 720. — lipoproteinico - albuminurico, 811. — mellito, rene in, 713. accumulo di glicogeno, 713. cellule di Armanni-Ebstein, 713. glomerulosclerosi intercapillare, 715— diffusa, 717. — nodulare, 717. necrosi delle papille, 719. — renale, 720. Difterite, 797.
1228
INDICE
Disembrioma del rene, 1774. Disgenesia delle gonadi, 15. Disgerminoma dell'ovaia, 219. Dissenteria, 569. Distopia dei reni, 620. Distruzione di globuli rossi, 763. Diverticolo della vescica, 1153. Dotti deferenti. — — anatomia, 97. — — infiammazioni aspecifiche, 99. — — tubercolosi, 101. tumori, 102. Dotto di Gartner, 23. — di Miiller, 6. — di Wolff, 4. E Eclampsia, 783. Ectopia del rene, 620. — della vescica, 1108. Edema gassoso del rene, 968. Elastosi (delle A. interlobulari), 917. Elefantiasi del pene e dello scroto, 142. — E. arabum, 142. — E. nostrana, 142. Eleudron, 781. Emangioma del rene, 1021. Ematocele, 94. — retro- o periuterino, 289. — del testicolo, 94. Ematoma perirenale, 682. Ematometra, 22, 23, 306. — ematocolpo, 23, 306. Ematosalpinge, 23, 259, 260. Ematuria essenziale, 678. Embolia adiposa dei reni, 678. — di liquido amniotico, 471. Emoglobinuria, 764. Emorragia renale essenziale, 678,1076. Emorragie anovulari, 313. Emosiderosi, 763. Empiema dei follicoli, 164. Endometrio, 295, 309. Endometriosi, 366, v. adenomiosi. — carcinoma nell'endometriosi, 177. — dell'ovaia, 177. — punto di partenza, 177. — del rene, 1020. — dell'utero, 366, v. adenomiosi. — della vescica, 1217.
ANALITICO
Endometrite, 332. — acuta, 332. — cervicale, 335. — cronica, 333. atrofica, 335. — — metaplasia dell'epitelio, 335. — da eliminazione di ammoniaca. 333— difterica, 333, 514. — eziologia, 336. — gonorroica, 333. — iperplastica diffusa o polipoca o tuberosa, 469. — placentare gommosa, 486. — post abortum (o post partum), 337— puerperale, 514. — putrida, 514. — senile, 335. — settica, 514. Endosalpingioma, 192. Endosalpingite catarrale, 257. Enfisema uterino, 518. Epatonefrite, 792. Epididimite, 46. — acuta, 46. — cronica, 48. — eosinofila, 47. — gonorroica, 47. — quadro macroscopico, 47. — — microscopico, 47. — — — metaplasia epiteliale, 47. — vie di infezione, 46. Epididimo. — carcinoma, 89. — cisti, 60. — emangiomi, 66. — infiammazioni, 46, v. epididimite. — lebbra, 58. — metastasi, 89. — sifilide, 57. — teratomi, 89. — tubercolosi, 49, 51. — tumori, 63. — — benigni non epiteliali, 64. — — maligni non epiteliali, 66. Epispadia, 1107, i n o . Epoophoron, 202. — cisti, 202. Eritroblastosi, 481. Ermafroditismo (hermaphroditismus), 10.
INDICE
Ermafrodita ovarico, 12. — testicolare, 12. Ermafroditismo vero (hermaphroditismus verus, glandularis, ambiglandularis), 11. Ernia dell'ovaia, 157. — dell'utero, 23, 304. Erosione, 337. Estrofia della vescica, 1107. Eversione, 341. — ghiandolare, 338. — papillare, 338. F Febbre gialla, 798. — petecchiale, 798. — puerperale, forma tromboflebitica, — — — linfatica, 516. Fibroma del rene, 1020. Fibrosis testis, 46. Fissurazione addomino-vescicale, 1107. Fistola urinaria, 1140. Fluorociti, 154. Follicoli atresici, 6. — di Graaf, 6. Fungus benignus testis, 46. — syphiliticus benignus, 57. — testis tuberculosus, 53. Funicolo. — parassiti, 96. — tumori, 96. — varicocele, 94. Funicolo ombelicale, 493. — — abnorme lunghezza, 493. — — attorcigliamenti, 493. — — infiammazione, 494. — — inserzione abnorme, 493. — — patologia, 493. — — sifilide, 494. — — strappamenti, 493. — — tumori, 494. G Gangrena gassosa dell'utero, 518. Ghiandole di Bartolini, 449. — — bartolinite, 449. — — cancro, 450. malattie delle ghiandole di Bartolini, 449.
ANALITICO
1229
Ghiandole di Bartolini, tubercolosi, 450. Ghiandole germinali, 4. — — cresta, 4. femminili, 6. Ghiandole sudoripare apocrine, 524. Ginatresie, 23, 305. Ginecomastia, 524, 538, 540. Glomerulo, 587. — gomitolo capillare, 587, 588. — membrana basale, 589. Glomeruloma del rene, 1017. Glomerulonefrite, 837. — acuta diffusa, 857. — allergia, 857. — — — edemi, 849. essenza, 852. — — — eziologia, 855. — — — fattori ereditari, 859. — — — iondo oculare, 851. — funzionalità renale, 850. — glomeruli, 840. — — — interstizio, 848. — ipertensione, 850, 853. — — — raffreddamento, 858. — — — scarlattina, 856. — — — sensibilizzazione, 857. streptococchi, 855. — — — trauma, 859. tubuli, 848. — — — urina, 849. — cronica, stadi terminali, 890. — diffusa, 838. decorso, esito e prognosi, 851. — — guarigione incompleta, 872. — — quadro macroscopico, 840. — — quadro microscopico, 840. — — screzio nefrosico, 883. — — sintomi clinici, 849. — — stadio acuto, 838. — — stadio cronico, 870. — — stadio subacuto, 870. — — tentativi sperimentali su animali, 859. — — tessuto interstiziale, 887. — — tipo extracapillare, 879, 880. intracapillare, 878. vasi, 888. — a focolai, 894. batterica, 899. — — di origine tossica, 903.
I230
INDICE
Glomerulonefrite subacuta e cronica, 870. — alterazioni tubulari, 883. — deposizione di sostanze lipidiche, 884. — durata, 874. forme macroscopiche, 874. — — funzionalità renale, 874. quadro microscopico, 875. — sintomi clinici, 873. — — edemi, 873. — ipertensione, 873. retinopatia con edema — della papilla, 874. — sangue, 874. urina, 873. Glomerulonefrosi, 740, 785. — amiloidosi, 741, 819. — eclampsia, 742, 783. — gotta, 734, 742. — intercapillare, 743. — lupus erythematodes acutus, 742. — nefrite a focolai di Löhlein, 742. — nefrosi paraproteinica, 741. da uranio, 744. Glomerulosclerosi diffusa, 7 1 7 . — intercapillare nel diabete, 7 1 5 . — nella gotta, 734. — nodulare, 7 1 7 . Gonadodisgenesia, 15. Gonadonefrotomi, 3. Gonorrea o blenorragia, 1 1 3 8 . Gotta, 733. — calcoli vescicali, 733. — glomerulonefrosi, 734. — rene grinzo, 734. Granuloma lipofagico della mammella, 528. — venereo, 138. Gravidanza, 4 5 1 . — extrauterina, 279. — — comportamento dell'utero, 283. — ovarica, 282. — peritoneale primitiva o addominale, 282. secondaria o falsa, 283. — tubarica, 280, 284. aborto con morte del prodotto del concepimento, 288. esiti, 386. — rari, 290. — — litopedion, 290.
ANALITICO
Gravidanza tubarica, esiti rari, mummificazione del feto, 290. scheletrizzazione del feto, 291. — tubo-addominale, 283. Grosso rene bianco o tumefatto, 874.
Ictiosis uteri, 335. Idatidi peduncolate di Morgagni, 1 7 . Idrocalicosi, 1 1 1 9 . Idrocele, 54, 9 1 . — diffuso, 91. — funiculi spermatici, 91. — muliebris, 92. — testis, 91. — spermatica, 54. Idrocolpos, 23. Idronefrosi, 1 0 7 1 - 1 0 9 2 , 1 1 6 8 . — aperta, 1078. — cause, 1086. — — da disfunzioni neuromuscolari, 1090. formazioni calcolose, 1090. gravidanza, 1090. malattie della vescica, 1089. malformazioni, 1086. — — stenosi e occlusioni acquisite delle vie urinarie di deflusso, 1087. — — stenosi o occlusione delle vie urinarie di deflusso, 1086. — chiusa, 1078. — intermittente, 1078. — e ipertensione, 1085. — nel neonato, 1080. — quadro macroscopico, 1077. — — microscopico, 1 0 8 1 . — — terminale, 1084. — traumatica, 1 0 9 1 . Idrope congenita universale, 481. Idrosalpinge, 259, 260. Igroma perirenale, 682. Induratio penis plastica, 136. Infarcimento del rene, 646. Infarti di acido urico nei neonati, 7 3 1 . nella gotta, 733. nella leucemia, 733. Infezione puerperale, 5 1 1 . — e intossicazione puerperale putrida, 5 1 1 . Intersessuali, 14.
INDICE
Invaginazione della vescica, 1146. Iperadrenocorticismo, 13. Iperemia dei reni, 645. — congestizia (attiva), 645. — venosa (passiva), 645. occlusione delle vene, 448. rene da stasi, 648. Ipernefroma del rene, 1031-1052. — aspetto macroscopico, 1047. — bilateralità, 1052. — forme cellulari, 1038. — genesi, 1043. — manifestazioni cliniche, 1051. — metastasi, 1050. — sede, 1047. — struttura, 1041. Iperparatiroidismo, 832. — e calcoli renali, 1163. Iperplasia ghiandolare e glandulocistica dell'endometrio, 321, 322. — atipie pseudomaligne, 324. — basale, 324. — e carcinoma del corpo, 326. — persistenza dei follicoli, 326. — senile, 325. Iperplasie ghiandolari circoscritte, 328, v. polipi. — della mucosa cervicale, 327. Ipertecosi dell'ovaia, 230. Ipertensione, 918. — apparato juxtaglomerulare, 923. — nelle malattie renali monolaterali, 922. — maligna, 926. — e rene, 918. — ricerche sperimentali, 920. Ipertiroidismo, 834. Ipertrofia della muscolatura della vescica, 1150. — del rene, 1008. Ipocalemia, 729. Ipocloremia, 788. — nefroblaptosi ipocloremica, 788. Ipofisi e reni, 831. Ipogonadismo, 41. Ipoplasia del rene, 613. Ipospadia, i n o . Ipossidosi, 701. Isole cellulari di Walthard, 180. Isterocele, 23, 304. Ittero dei reni, 735. — emolitico, 763.
I23I
ANALITICO
L Linea genitale, 5. Linfogranuloma inguinale o venereo, 138. Linfogranulomatosi dei reni, 1004. Lipoidosi (dei vasa afferentia), 916. Lipomi del rene, 1022. Liquido amniotico, 457. embolia, 471. Lupus erythematodes acuto disseminato, 903. M Macula densa, 598. Malacoplachia della vescica, 1126. Malaria, 798. Malattia di Niemann-Pick e rene, 712. — di Paget della mammella, 561. — di Reiter, 1113, 1142. — di Weil, 792. — di Winiwarter-Buerger dei vasi renali, 667. Mammella, 520. — actinomicosi, 537. — adenocarcinoma, 564. — adenomi con spiccata proliferazione connettivale, 547. puri, 546. — alterazioni del circolo, 530. — amastia, 526. — anatomia, 521. areola mammaria, 524. capezzolo, 521. colostro, 523. ghiandole apocrine, 524. — eccrine, 524. sudoripare apocrine, 524. latte, 523. — — mioepiteli mioteli, 522. — atrofia, 527. — assenza congenita, 526. — blastomicosi, 537. — — cancro a corazza, 570. — carcinoma, 558. — — adenoidi, 566. alterazioni secondarie, 569. a comedone, 566. — — decorso, 569. — — diffusione, 569. diffuso, 563.
1232
INDICE
Mammella, carcinoma a epitelio piatto, — — — — — — — — — — —
— — — — — — — — — — — — — — — — — — — — — — — — — — — —
— — — — —
erisipelatoide, 570. forma cistica, 563. gelatinoso, 564. istogenesi, 568. istologia, 563. solido, 563. cellule di Paget, 561. cisti, 575. — adenosi o adenomatosi, 579. epiteliali pallide, 576. — involutive, 581. — mastopatia e carcinoma, 580. — p a p i l l o m a intracanalicolare, 577in rapporto con la mastopatia, 575— senza rapporti con la mastopatia, 581. cistica, 576. difetti di sviluppo, 526. embriogenesi, 520. emorragie, 530. granuloma lipofagico, 528. fibroadenoma, 547. — intracanalicolare, 550. intracanalicolare fillode, 552. — pericanalicolare, 549. ginecomastia, 524, 538, 540. infiammazioni (v. anche mastite), 53iinvoluzione senile, 527. ipermastia, 526. ipertelia, 526. ipertrofia e iperplasia, 538. — — gravidica, 539. puberale, 539. linfogranulomatosi, 537. macromastia, 538. malattia di Paget del capezzolo, 561. micromastia, 526. microtelia, 526. necrosi, 527. papilloma intracanalicolare (fibroepitelioma papillare), 555. parassiti, 582. polimastia, 526. politelia, 526. sarcomi, 542. — metastatici, 544. sifìlide, 536.
ANALITICO
Mammella sporotricosi, 537. — tessuto mammario in sede abnorme, 526. — tubercolosi, 535. — tumori, v. tumori mammari, 542. — — epiteliali benigni, 546. maligni, 558. — — maligni dei tessuti di sostegno, del tessuto vascolare, muscolare e nervoso, 542. Mammelle aberranti, 526. — accessorie, 526. Mastite, 531. — acuta, 531. — ascessualizzante, 532. — cause, 531. — comedomastite, 534. — cronica, 533. — — cistica, 580. — infiltrante e flemmonosa, 532. — intracanalicolare, 532. — plasmacellulare, 533. — puerperale, 531. — da stasi, 534. — tifosa, 531. Mastitis obliterans, 533. Mastopatia, 576. — cistica (displastica), 580. Megauretere, 626. Menotossina, 313. Mesonefroma dell'ovaia, 222. Mesotelioma del testicolo, 65. Mestruazione e suoi disturbi, 309. — disturbi del ciclo, 314. — modificazioni cicliche della mucosa del corpo uterino, 310. Metaemoglobina, 775. Metrite dissecanté, 517. — flemmonosa, 517. Metroflebite puerperale, 515. Metrolinfangite puerperale, 516. Milza a chiazze, 928. Mioglobinuria, 763. Mioma del rene, 1020. Miometrio, fibrosi, 330. — ipertrofia e iperplasia, 330. — — della portio, 330. Miometrite, 343. — acuta, 343. — cronica, 343. Mixedema, 725. Mola destruente, 477.
INDICE
Mola genesi, 476. — istologia, 474. — p e n e t r a n t e , 477. — vescicolare, 474. — virtuale, 496. Morbus Brightii, 688. Morbillo, 799. N Nefrite, 836. — carbonchio renale, 938. — focolai di eliminazione, 938. — a focolai embolica n o n p u r u l e n t a (Lòhlein), 895. — da guerra o da campo, 868. — interstiziale, 774, 778, 905. a c u t a cellulare, 907. — sierosa, 905. — —• cronica, 908. — d a irradiazione, 801. — papillaie batterica, 940. — parenchimatosa, 883. — purulenta ematogena o metastatica, 937-94°— sierosa interstiziale, 769. — tubercolare, 993. Nefroblaptosi, 746. — da accumulo, 750. —• con cromoproteinuria, 766. — ipocloremica, 788. — ischemica, 760. con e m a t u r i a e mioglobinuria, 763— tossica d a avvelenamento, 746. Nefrocalcinosi, 725, 1 1 6 5 . Nefroidrosi, 772. — d a eleudron, 781. Nefrolitiasi, v. calcoli renali, 1 1 5 5 . — conseguenze, 1168. N e f r o p a t i a epidemica, 903. — gravidica, 742, 783. Nefropielite, 941. Nefrosclerosi, 910. — amiloide, 741. — maligna, 926-934. Nefrosi, 690. — acuta, 746. — amiloide, 813. — a n a t o m i a patologica, 745. •— calcarea d a a v v e l e n a m e n t o d a sublimato, 722. 78
—
KAUFMANN
II,
p.
I
ANALITICO
1233
Nefrosi calcarea ischemica, 723. — colemica, 736. — croniche pure, 806. —• disturbi del ricambio glucidico, 713— lipidico, 702. —• — — minerale, 722. proteico, 690. — emoglobinurica, 675. — eritrolitica, 775. — f o r m e fruste, 814. latenti, 814. — gestosica, 742, 783. — glomerulare o glomerulonefrosì, 785— glomerulo-tubulare, 769, 793. — grossolana, 778. — ipocloremica, 722. — e ipofisi, 821. — lipemica, 707. — lipoidea, 807. — mioglobinurica, 675. — morfopatologia generale, 690. —• del nefrone inferiore, 674. — osmotica, 757. — paraproteinica, 741. — p i g m e n t a r i a ischemica, 773. — d a plasmocitoma, 822. — q u a d r o clinico, 814. — coacervati di albumina, 818. cristalli, 818. — — macroscopico, 814. — — microscopico, 815. — d a uranio, 744. Nefrotomi, 3. Neurofibroma della capsula renale, 1069. Nidi cellulari di B r u n n ,
noi.
0 Oligoidramnion, 470. Ooforite, 162. Oogonio, 6. Oophoritis cronica, 165. — gangrenosa, 163. — haemorrhagica, 162. — lymphangitica, 165. — p u r u l e n t a , 162. — serosa, 162. — thrombophlebitica, 165. Orchite, 44.
1234
INDICE
Orchite cronica, 46. — decorso, 45. — fibrosa, 46. — gommosa, 55. — interstiziale fibroplastica, 53. — parotitica, 45. — quadro macroscopico, 45. — — microscopico, 45. — sifilitica, 53. — traumatica, 44. — tubercolare, 50. Organi genitali, 1. malformazioni, 10-33. — — sviluppo, 3-10. Osteomalacia, 725. Osteonefropatia, 725. Ovaia, 149. — actinomicosi, 167. — adenoma tubuläre, 182. — agenesia, 15. — alterazioni circolatorie, 160. — — della forma, 16. della grandezza, 16. — altri tumori benigni (non epiteliali), 230. — anatomia, 149. — aplasia dell'ovaia, 15. —• arrenoblastoma, 234. — ascesso, 163. — atresia, 152. — atrofia, 158. — blastoma cilioepiteliale, 192. epitheliale pseudomucinosum, 188. — carcinoma primario, 207. — carcinomi metastatici, 223. — cellule interstiziali dell'ilo, 154. — cisti, 169. a catrame, 175. a cioccolato, 175. dermoide, v. teratoma cistico, 242, 243. — — endometrioidi, 175. — — dell'epoophoron (paraovariche), 202, 204. follicolari, 169. luteiniche, 171. — cistoadenomi, 186. emorragie, 196. infiammazione, 197. perforazione spontanea (rottura), 197.
ANALITICO
Ovaia, cistoadenomi, simplex, 188. torsione del peduncolo, 197. — — trasformazione maligna, 198. — cistocarcinoma papillifero, 198. — cistoma, 186. — — carcinomatosi, 209. — — ovarico sieroso a grappolo (poliposo), 195. papillare ad epitelio ciliato, 192. pseudomucinoso acinoso, 190. — — — papillare, 190. — — — a pareti lisce, 188. sieroso semplice a parete liscia, 192. — corpi lutei cistici, 173. — corpus albicans cistico, 174. — o fibrosum, 151. luteum graviditatis, 152. — d e v i a z i o n e nella posizione, 16, 157— disgerminoma (seminoma), 219. — distrofia, 158. — emorragie, 160. — empiema follicolare, 164. — fibroma, 227. — — ovarii adenocysticum, 196. — flemmone, 163. — follicoli primari, 150. — follicolo di Graaf, 150. — infarto emorragico, 161. — infiammazioni, v. ooforite, 162. — ipoplasia, 16. — isole cellulari di Walthard, 180. — istofisiologia, 155. — lebbra, 168. — linfogranulomatosi, 168. — malformazioni, 15. — — tessutali, 16. — mesonefroma, 2?. — necrosi, 161. — noduli epiteliali, 179. — ormoni, 155. — papilloma superficiale, 194. — parassiti, 252. — rete ovarii, 203. — sarcoma, 232. — sifilide, 167. — struma ovarii, 245. — tecoma, 228. — teratomi, 242. — — cistici, 243.
INDICE
Ovaia, teratomi, istogenesi, 247. solidi, 246. — tubercolosi, 166. — tumori, 181. con azione mascolinizzante, 234. —- — di Brenner, 183. a cellule della granulosa, 212219. interstiziali, 240. differenziazione tra cistomi papilliferi maligni e non maligni, 198. epiteliali benigni e fibroepiteliali, 182. maligni, 206. prevalentemente cistici, 186. ad epitelio ciliato con contenuto sieroso, 192. di Krukenberg, 226. ipernefroidi, 239. istogenesi tumori a epitelio muciparo e a cellule ciliate, 199. pseudomucinosi, 188. del tessuto di sostegno, dei muscoli e dei vasi, 227. — zona corticale, 149. midollare, 149. Ovaie soprannumerarie, 157. Ovulazione, 313. P Parafimosi, 135. Parametrite, 344, 345. — ascessi capsulati, 346. — diffusa, 517. — metastatica, 345. — puerperale, 345. Paramiloidosi e rene, 822. Paraninfe, 25. Paraophoron, 203. Paraovario, 4. Paraproteinosi, 822. Parassiti dell'apparato urinario, 1105. Paratifo, 797. Pelviperitonite, 344. Pene, 31. — actinomicosi, 140. — alterazioni distrofiche, 132. — anatomia, 132. — atrofia, 132. — balanite, 133. —• carcinoma, 144.
ANALITICO
1235
Pene, cavernite, 133, 135. — cisti, 141. del rafe, 32. — condilomi acuminati, 142. — corni cutanei, 143. — diphallus, 31. — disturbi di circolo, 132. — edema, 132. — eritroplasia, 145. — gangrena, 133. — induratio penis plastica, 136. — infiammazione, 133. — lebbra, 140. — leucoplachia, 145. — linfogranuloma, 140. inguinale o venereo, 138. — malattia di Peyronie, 136. — malformazioni, 31. aplasia, 31. epispadia, 31. fimosi, 31. ipoplasia, 31. — osso penieno, 132. — parafimosi, 135. — postite, 133. — sifilide, 139. — tubercolosi, 139. — tumori, 142. — ulcera molle, 138. Periarterite nodosa del rene, 666. Pericistite, 1154. Periglomerulite granulomatosa, 903. Perimetrite, 344. Perioophoritis, 163. Periorchite, 91. — adesiva, 93. — emorragica, 94. — plastica, 93. — profilerà, 93. — purulenta, 95. — tuberculosa, 95. Peripielite, 1120. Perisalpingite, 259. Peritonite diffusa puerperale, 518. Periureterite plastica, 1120. Peste, 799. Phlegmasia alba dolens, 515. Pielite, 1113. — acuta purulenta, 1116. — ascendente, 1114. — autoctona, 1113. — calcolosa, 1168.
1236
INDICE
Pielite cistica, 1127. — cronica fibrosa, 1120. purulenta, 1118. — fibrinosa o necrotizzante o difterica, 1118. — follicolare, 1127. — ghiandolare, 1132. — granulosa o poliposa, 1133. — gravidica, 946, 1114. — infantile, 946. — nodulare o granulare, 958. — proliferativa, 1x27. — reperti macroscopici, 1115. — •— microscopici, 1116. — ulcerosa, 1119. Pielonefrite, 941. — associata ad altre malattie renali, 968. — caseosa, 981. —• con diabete, 966. — dell'infanzia, 1115. Pigmenti autogeni degli epiteli renali, 592. Piocalicosi, 1119. Pioemia puerperale, 512. Pionefrosi, 1092, 1168. — tubercolare, 989. Piosalpinge, 259, 260. Piuria abatterica, 1113. Placenta acereta ed increta, 464. — adhaerens, 464. — alterazioni regressive, 480. — cellule coriali, 461. —• cisti, 490. — corioangioma, 489. — cunei di fibrina, 481. — disturbi di circolo, 480. — edema, 480. — emangiomatosi diffusa, 489. — embriopatie virali, 488. — emorragie, 481. — eso- od extracoriale, 464. — forma e sede, 463. — formazione di ormoni, 464. — gonadotropina coriale, 464. — infarti bianchi, 481. — infezioni diaplacentari, 488. — infiammazione, 484. — invasione coriale, 461. — linfogranulomatosi, 488. — metastasi, 490. — necrosi, 481.
ANALITICO
Placenta, ormone coriale, 464. — patologia, 480. — previa, 463. — sifilide, 485. — spazio intervilloso, 460. — tubercolosi, 487. — tumori, 488. Pneumaturia, 1125. Pneumonefrosi, 1125. Polipi della cervice, 328. — del corpo uterino, 328. — della mucosa uterina, 328. — con trasformazione maligna, 328. Porpora renale, 680. Portio. — ectropion, 337, 341. cicatriziale, 342. infiammatorio, 342. da lacerazione, 342. parietale, 342. da prolasso dell'utero, 342. — erosione, 337. ginecologica, 338. granuleggiante o vera, 338. istogenesi, 339. — eversione, 341. — ipertrofia, 331. follicolare o cistica, 336. — leucocheratosi, 393. — leucoplachia, 392. — pseudoerosione, 338. — — ghiandolare e glandulo-cistica, 338. papillare, 338. — — semplice, 338. — ulcera erosiva, 337, 338. Prepuzio. — calcoli, 148. Proctite gonorroica, 419. Prolasso della vescica, 1146. Prostata, 103. — actinomicosi, 113. — alterazioni distrofiche, 106. — anatomia, 103. — atrofia, 106, 107. — blastomicosi, 113. — calcoli, 107. — carcinomi, 126-130. — cisti, 114. — concrementi, 106. — disturbi di circolo, 108. — flemmoni periprostatici, 110.
INDICE
Prostata, infiammazioni aspecifiche, v. prostatiti, 109. specifiche, 111. — ipertrofia prostatica, 115-125. forma episfinterica, 116. — — — — sottosfinterica, 116. —• parassiti, 130. — sarcomi, 125. — sifilide, 113. — tubercolosi, 111. — tumori, 125. — — benigni, 125. maligni, 125. secondari, 130. Prostatite, 109. — ascesso, 109. — caverna prostatica, n o . — a cellule giganti, n o . — cronica, n o . — endoghiandolare, 109. — follicolare, 109. — ghiandolare, 109. Pseudohermaphroditismus, 10. — femininus (ovarialis), 12. — masculinus (testicularis), 12. Pseudopubertà precoce, 217.
R Rachitismo renale, 725. Reazione antigene-anticorpo nella nefrite acuta, 862. Reazioni per l'amiloide, 817. Rene, 587. — acidosi ipercloremica, 728. renale, 728. — actinomicosi, 1004. — adenocarcinoma, 1027. — adenomi, 1014-1019. — adenosarcoma embrionale, 1054. — agenesia, 610. — albuminuria febbrile, 796. ortostatica, 650. — alterazioni di circolo, 645. post-mortali, 599. — amiloide, 741. — anatomia, 587. — anemia, 651. — angiomi, 1021. — anuria postoperatoria, 795. riflessa, 676. — aplasia, 610.
ANALITICO
1237
Rene, apparato juxtaglomerular, 596. — — tabulare, 590. — architettura e funzione, 587. — argirosi, 729. — arteriolosclerosi renale, 913. — arteriosclerosi renale, 911-924. e ipertensione, 918. — atrofia, 686. — autonefrectomia, 989. — azotemia extrarenale, 795. — brucellosi, 799. — calcificazioni distrofiche, 722. — calcifico tubercolare, 989. — carcinoma, 1027. ipernefroide, 1031. — carcinosarcoma, 1062. — cicatriziale arteriosclerotico, g i i . — — pielonefritico, 959. — cisti, 641. nelle cicatrici, 642. ilari, 643. — — della midollare, 642. multiloculari, 641. nei reni grinzi, 642. — — uniche, 641. — cistico, 630. ipoplastico, 613. nei neonati, 635. patogenesi, 636. puro, 630. — colera, 797. — da collasso, 670. — — cromoproteine, 757. — — fusione, 617. shock, 773. stasi, 648. — corionepitelioma, 1062. — corpuscolo renale, 587. — cristallino, 778. — degenerazione grassa, 698, 708. — deposizioni di acido urico, 731. di calcio, 722. — diabete mellito, 713. — difterite, 797. — distopia dei reni, 620. — disturbi funzionali di irrorazione, 669. — echinococco, 1005. — edema gassoso, 968. — eliminazione e deposizione di acido ossalico e suoi sali, 738. - d i pigmenti biliari, 735.
1238
INDICE
Rene, ematoma perirenale, 682. — ematuria essenziale, 680. familiare, 681. — embolia adiposa, 678. — emoglobinuria da freddo, 764. da marcia, 764. paralitica, 764. — emorragia renale essenziale, 1076. — emorragie angioneurotiche, 678. da piccolo focolaio, 680. spontanee massive della loggia renale, 682. nel tessuto renale, 678. — epatonefrite, 792. — escrezione dei canalicoli, 603. — febbre gialla, 798. — — petecchiale, 798. — fibromi, 1020. — filtrazione, 602. — fisiologia, 601. — fistole tubulo-venose, 774. — e ghiandole endocrine, 831. ipofisi, 831. — — paratiroidi, 832. surrenali, 831. tiroide, 834. — gotta, 733. — — calcarea, 726. — grassi perirenali, 1169. — grinzo amiloide, 819. arteriolosclerotico, 913. calcolosi, 1169. genuino, 926. gottoso, 734. granuloso, 890. pielonefritico, 959. — — — e ipertensione, 965. da piombo, 758. — — secondario, 890. comportamento microscopico, 892. formazioni adenomatose, 893glabro, 890. — infarcimento emorragico, 646. — infarto anemico circoscritto, 660. — — d'argento, 729. bilirubinico, 733, 735. — — calcareo, 723. colesterinico degli apici papillari, 710. — — grasso o adiposo, 709.
ANALITICO
Rene, infarto di grasso e calcio, 723— — incompleto, 666. — infiammazioni, 935. — influenza, 799. — innervazione, 599. — iperemia congestizia, 645. venosa, 645. — ipernefroma, 1031-1052. — iperparatiroidismo renale secondario, 833. — ipoplasia, 613. — — bilaterale, 614. — ittero infettivo di Weil, 798. — lebbra, 799. — lesioni renali causate da altri veleni, 756. — — — da antibiotici, 751. nella gravidanza, 783. — da nitrato di uranio, 758. da radiazioni, 800. — da sublimato, 746. da sulfamidici, 777. — linfogranulomatosi, 1004. — linfosarcomatosi, 1061. — lipoidosi, 712. — lipomi, 1022. — malaria, 798. — malattia da accumulo di glicogeno (v. Gierke), 721. — malattie cistiche, 640. infettive, 796. da influenze nervose, 827. — malformazioni, 610. della forma, 617. del rene singolo, 619. — mastice, 989. — metastasi, 1064. di calcio, 725. — miomi, 1020. — morbillo, 799. — morbus Brightii, 688. — nano, 613. — necrosi degli apici delle papille, 678. — — midollare capillare metastatica, 940. delle papille, 719, 966. simmetrica della corticale, 669, 760. — occlusione completa dell'a. renale, 652.
INDICE
Rene, occlusione delle vene, 646. — osteodistrofia fibrosa renale, 725. — osteonefropatia, 725. — osteoporosi, 725. — peste, 799. — porpora renale, 680. — prerene, 606. — primitivo, 3. dotto del rene primitivo, 3. — processi leucemici, 1061. — rabdomiosarcoma del rene, 1054. — rachitismo renale, 725, 833. — rari tumori renali, 1062. — regolazione della funzione renale, 604. — riassorbimento, 602. — rigenerazione ed ipertrofia, 10081013. — rigonfiamento torbido, 690. — sarcoide di Boeck, 999. — sarcomi, 1053. — scarlattina, 798. — sistema vascolare, 594. — soprannumerari, 616. — steatosi, 785. — — da esteri colesterinici, 709. — — — glicerici, 702. — sviluppo, 609. — tesaurosi proteica a gocce jaline, 694. — tifo addominale, 797. — trasformazione idropica degli epiteli tubulari, 701. — traumi, 1007. — trombosi delle vene, 647. — tubercolosi, 970. e calcolosi renale, 995. costituzione dei primi focolai, 973cronica di organo, 983. forma fibrosa o indurativa, 992. nodulare disseminata, 992. e malformazioni del rene, 995. — — miliare, 982. — — singoli quadri, 981. — — e trauma, 994. — — via d'infezione, 970. — tubuloressi, 774. — tumori, 1014. benigni, 1014. — mesenchimali, 1020. embrionali maligni, 1054.
ANALITICO
1239
Rene, glomeruloma, 1017. — — di Grawitz, 1031. — — ipernefroide, 1031. maligni epiteliali, 1025. — mesenchimali, 1053. misti nella sclerosi tuberosa del cervello, 1023. osservazioni cliniche, 1051. — vaiolo, 799. Rete ovarii, 6. Rete testis, 5. Riflusso, 1073. — pielointerstiziale, 1075. — pielolinfatico, 1076. — pielotubulare, 1073. — pielovenoso, 1075. Rottura del fornice, 1076. — della vescica, 1147. S Sacca tubarica, 259. Salpingite, 256. — acuta, 256. — cronica, 256, 257. — decorso, 259. — emorragica, 257. — eziologia, 262. — interstiziale, 257. — istmica nodosa, 264. — pseudofollicolare, 257. — purulenta, 257. Sarcoide di Boeck del rene, 999. Sarcoma del rene, 1053. — dell'uretere, 1191. Scarlattina, 798. Scirro, 563. Sclerodermia, 904. Scroto. — ateromatosi, 141. — carcinoma, 146. — cisti, 141. — elefantiasi nostrana, 142. Sepsi da bacilli gassogeni, 518. — da gonococco, 1141. — puerperale, 512. Setticopioemia, 512. Siero antirene, 861. Sifilide. — degli organi urinari, 1002. — del pene, 139. — dei reni, 1002.
1240
INDICE
Sifilide dei reni, formazione di gomme, 1002. nella lue congenita, 1003. stadio precoce, 1002, — delle vie urinarie di deflusso, 1003. Sincizioma, 503. Sindrome azotemica da mancanza di sale, 789. — di Burnett o sindrome da latte e alcali, 728. — congenita adrenogenitale, 13. — di De Toni-Fanconi, 729. — epatorenale, 792. — di Kimmelstiel-Wilson, 718. — di Klinefelter, 41. — di Lightwood-Albright, 729. — renale extrarenale, 794. — di Stein-Leventhal, 171. — di Turner, 15. Sperm atoangitis fibrosa obliterans, 54Spermatocele, 60. Spermatocistite, 99. Spermiofagi, 40. Struma del rene, 1032. — lipomatoides aberrata renis, 1032. — ovarii, 245. Sublimato, lesioni renali, 746. Sulfonamide, lesioni renali, 777. T Telite, 531. Teratoma dell'ovaia, 242. — cistico, 243. — — struma ovarii, 245. — corionepitelioma teratogeno, 509. — istogenesi, 247. — solido, 246. — del testicolo, 78. Testicoli, 35. —• actinomicosi, 58. — addominali, 27. —• adenocarcinoma, 81 — adenoma, 71. ovarii, 71. — — testiculare, 71. tubulare, 71. — anatomia, 35. — anomalie di grandezza, 27. — — di migrazione, 28. di numero, 26.
ANALITICO
Testicoli, anomalie di posizione, 27. — anorchidia, 26. — ascesso cronico, 46. — ateroma, 46. — atrofia, 40. del testicolo ectopico, 28. — carcinoma, 72. — cisti, 60. dermoidi, 61. — — galattocele, 60. idatidi, 60, 61. spermatocele, 60. — condromi, 64. — corionepitelioma, 82. — criptorchidismo, 27. — distopia, 28. — distrofia, 39. — disturbi di circolo, 42. — ectopia, 28. — emorragie, 43. — fibromi, 64. — gomme, 54, 55. — infarto emorragico, 42. da stasi, 42. — infiammazione, v. orchite, 44. — inguinale, 27. — involucri, 37. — ipoplasia, 27. — lebbra, 58. — linfogranuloma, 59. — lipomi, 64. — malformazioni, 26. — metastasi, 89. — microliti testicolari, 40. — miomi, 64. — mixomi, 64. — moccio (morva), 59. — monorchidia, 26. — necrosi ischemica, 42. — ormoni, 37. — osteomi, 64. — parassiti, 90. — pseudocorionepiteliomi, 86. — pseudoseminoma, 75. — rigenerazione, 42. — ritenzione, 27. — sarcomi, 66. — seminoma, 72-75. — sifilide, 53-57. — teratomi benigni, 78. — — cistici, 61. — — maligni, 80.
I24I
INDICE ANALITICO
Testicoli, teratomi solidi, 76-78. — torsione, 42. — triorchidia, 27. — tubercolosi, 50. — tumori a cellule interstiziali, 69. epiteliali benigni, 71. maligni, 72. non epiteliali benigni, 64. —• — maligni, 66. rari difficilmente classificabili, 89.
e trauma, 63. — tunica vaginalis communis, 37. propria, 37. — vasi, 37. Tetano puerperale, 513. Tifo addominale, 797. Trasformazione idropica degli epiteli tubulari, 701. Traumi del rene, 1007. Tromboidi dei vasi linfatici, 1081. Trombosi delle vene renali, 647. Tuba, 253. — accessoria, 17. — actinomicosi, 272. — anatomia, 253. — aplasia, 17. — ascessi, 257. — carcinoma, 274. — cisti tubo-ovariche, 267. — disturbi di circolo, 255. — diverticoli, 17. — emorragie, 255. — gravidanza tubarica, v. gravidanza extrauterina, 280, 284. — infantile. 17. —• infiammazione, v. salpingite, 256. — ipoplasia, 17. — labirinto tubarico, 257. — malformazioni, 17. tissutali, 18. — parassiti, 278. — rottura, 286. — sarcoma, 274. — sifilide, 272. — tubercolosi, 268. — tumori, 274. benigni, 274. — — maligni, 274. Tubercolosi del testicolo, 50. — delle vie urinarie efferenti, 996. Tubulorhexis, 774.
Tumore di Brenner, 183. — di Brushke-Lòwenstein, 1 4 1 . — acellule interstiziali dell'ovaia, 240. del testicolo, 69. — ipernefroide, 1031. dell'ovaia, 239. — di Krukenberg, 226. — mammari, 542. neoplasie benigne dei tessuti di sostegno, del tessuto vasale, muscolare, nervoso, 542. — del testicolo, 63. —• di Wilms, 1055. Tympania uteri, 518.
U Ulcera cronica callosa della vescica, 1126.
— venerea molle, 138. Ulcus callosum, 1126. — incrustatum, 1126. — molle, 138. — simplex della vescica, 1126. Uovo, 451. — abortivo, 496. — effimero, 496. — membrane ovulari, 457. Uraco, carcinoma, 1205. — persistenza della pervietà, 1106. Uremia, 1094-1099. — colite uremica, 1095. — gastrite uremica, 1094. — pericardite uremica, 1096. — riconoscimento dell'uremia nel cadavere, 1097. Uretere, 623. — anomalie dell'ampiezza dell'uretere, 624. — — del decorso dell'uretere, 624. — carcinoma, 1186. — diverticolo, 623. — — terminale, 1009. — infiammazioni, 1 1 1 2 . — malformazioni, 623. — sarcoma, 1 1 9 1 . — sdoppiamento dell'uretere, 623. — tubercolosi, 996. — tumori, 1186. benigni, 1 1 9 1 . — — metastatici, 1192. Ureterite ascendente, n 14.
1242
INDICE
Ureterite autoctona, 1113. — cistica, 1127. Ureterocele vescicale, 625. Uretra, 1103. — adenomi, 1220. — amiloidosi tumorisimile, 1220. — anatomia, 1103. — calcoli uretrali, 1172. — carcinoma, 1222. — caruncola, 1219. — cisti, 1220. — condilomi, 1220. — diverticoli, i n o , 1149. — false vie, 1149. — ferite da impalamento, 1148. — fistola urinaria esterna, 1149. — interna, 1149. — flemmoni urinosi, 1149. — follicolite gonorroica, 1140. — infiammazioni, v. uretrite, 1138. complicazioni, 1139. gonorrea, 1138. specifiche, 1143. — lebbra, 1144. — malformazioni, 1104, 1109. — melanoblastomi, 1223. — micosi fungoide, 1144. — occlusione, 1109. — papillomi, 1220. — perifollicolite gonorroica, 1140. — sarcomi, 1223. — sifilide, 1143. — stenosi uretrali, 1139. — conseguenze, 1140. — traumi, 1148. — tubercolosi, 1143. — tumori, 1219. mesenchimali benigni, 1222. Uretrite, 1138. — cronica sclerosante, 1139. — — di Waelsch, 1142. — infettiva abatterica con corpi inclusi, 1142. — postgonorroica, 1142. Urina, stasi, 1071. — rene da stasi urinaria, 1077. Utero, 295. — actinomicosi, 351. — adenocarcinoma della portio, 391. — adenoma, 384. — adenomioma, 366, 370. — adenomiosi, 366.
ANALITICO
Utero, adenomiosi esterna (perimetrale), 370. inguinale, 372. — — interna, 367. dell'intestino, 373. media (intramurale), 369. retrocervicale, 373. della sierosa, 370. — alterazioni di posizione e di fissazione, 299. — amenorrea, 314. — anatomia, 295. — — endometrio, 295. — angiofibromi, 354. — antiflessione patologica, 300. — antiversio-flessione, 299. — antiversione, 300. — aplasia, 19. — — eterotopia epiteliale congenita, 24. — apoplessia uterina, 320. — carcinoma, 381, 385. della cervice, 380. — — del collo, 380-399. gelatinoso, 394. del corpo, 399-410. — istologia, 403. metastatico, 410. — primitivamente similghiandolare o adenocarcinoma, 403. — primitivamente solido, 408. portio, 380. — epidermoide, 391. psammomatoso (psammocarcinoma), 408. a zucchero candito, 335. — carcinosarcoma, 376. — catarro cervicale, 336. — cisti, 369. — — endometriosi, 366. da ritenzione (uova di Naboth), 336. — colesteatoma, 335. — descensus uteri. 299. — dismenorrea membranacea, 315. — disturbi del ciclo, 314. — — di circolo, 319. — — mestruazione, 309. — echinococchi, 412. — emangiomi, 354. — ematocolpos, 23, 306. — ematometra, 22, 23, 306.
INDICE
Utero, emorragie, 319. anovulari, 313. — endometrite cronico-fibrosa, 349. emorragica del corpo, 333. tubercolare, 346, 347. — — — caseosa, 348. — endoteliomi, 382. — ernia uterina, 304. — ferite, 307. — fibroma, 353. —• — linfocistico, 353. — fibromioma, 355. — fibrosis myometrii, 330. — fisometra, 306, 518. — ictiosis uteri, 335. — idrocolpos congenito, 23. — idrometra, 306. — infarcimento emorragico, 320. — infiammazione dell'endometrio, v. endometrite, 322. — — del miometrio, v. miometrite, 343puerperale della parete, 515. del rivestimento sieroso, 344. specifiche, 346. — inversione utero, 304. — iperemia da stasi, 320. — ipermenorrea, 315. — iperplasia, 321-327. — — basale, 324. circoscritta della mucosa, v. polipi, 328. cervicale, 327. glandulo-cistica, 322. e carcinoma del corpo, 326. — — — e persistenza follicolare, 326. — ipertrofia, 321. — isterocele, 23, 304. — lateroposizione, 299. — leiomioma, 355. — — maligno, 378. — linfangiomi, 354. — linfogranulomatosi, 351. — linfosarcomatosi, 380. — lipomi, 354. — malformazioni, 18, 297. — — tessutali. 297. — focolai cartilaginei, 298. ghiandole sebacee, 298. glia, 298. nidi di epitelio piatto, 297. — melanoblastomi, 382.
ANALITICO
I2
43
Utero, mestruazione, 309. — metrite tubercolare, 346. —- metropatia emorragica, 326. — metrorragie, 319. — mioiperplasia, 330. — miometrio, stati iperplastici, 329. — miomi, 355. alterazioni regressive, 361. secondarie, 361. — — angiomatosi, 364. cistici, 362. disturbi di circolo, 362. — — genesi causale, 360. infiammazione, 364. — — intralegamentosi, 358. — — intramurali, 358. istogenesi, 359. linfangectasici, 363. — — metastasi carcinomatose, 364. — — mixomatosi, 362. — — molli, 363. sottomucosi, 358. sottosierosi, 358. — — teleangectasici o cavernosi, 363. — mixoma, 353. — modificazioni cicliche mucosa, 310. — osteocondroma, 353. — ovulazione, 313. — papilloma, 384. — parassiti, 412. — perimetrite tubercolare, 346, 348. — piometra, 306. — — tubercolare, 348. — polipi, 328. — — adenomatosi, 328. — — cistici, 328. — — epidermizzazione, 329. — — mucosi semplici, 328. teleangectasici, 328. trasformazione deciduale, 329. maligna, 329. — prolasso, 300. con carcinoma, 304. — — in spina bifida, 302. — psoriasi, 335. — puerperale, 466. — puerperio, 451. — retroflessione, 300. — retroversione, 300. — rottura, 307. — — spontanea, 307. — — violenta, 308.
1244
INDICE
Utero, sarcomi, 376. — — alterazioni secondarie, 380. a forma di grappolo della cervice, 381. miocellulari, 379. della mucosa, 376. della parete, 376. — serometra, 306. — sifìlide, 351. — stenosi e atresie, 305. — torsione sull'asse, 299. — tubercolosi, 346. miliare generalizzata, 347. — tumori, 353. — — adenomiosi, 366. benigni dei tessuti di sostegno, vascolari e nervosi, 353. — epiteliali, 384. — — — maligni, 385. — — misti, 376. — mesodermici, 381. — uova di Naboth, 336. Uterus bicornis, 20. — corno accessorio rudimentale, 21. — didelphys, 19. — fetalis, 22. — hypoplasticus, 22. — infantilis, 22. — rudimentarius, 21. — septus, 20, 22. — subseptus, 20. — unilateralis o uterus unicornis, 19. V Vagina, 414. — anatomia, 414. — cancro, 428. — cisti, 423. del dotto di Gartner, 425. endometrioidi, 425. — — epiteliali traumatiche, 425. gassose, 426. da residui dell'epitelio di Miiller, 424. da resti di ghiandole e dotti parauretrali, 424. — colpite acuta, 417. — — adesiva, 418. catarrale, 417. — — crupale, 419. — — enfisematosa, 426.
ANALITICO
Vagina, colpite gonorroica nelle adulte, 419. granulare o nodulare, 418. — — necrotizzante, 419. — — pseudomembranosa, 419. — colpodistrofia postclimaterica desquamativa, 418. — colpoiperplasia cistica, 425. — corpi estranei, 433. — difterite, 419. — ferite, 433. — fisiologia, 414. — fluor psicogeno o neurogeno, 419. — gangrena della vagina, 419. — infiammazione, 417. — inversione, 432. — ipertrofie papillari, 418. — macchie di Haller, 418. — metastasi, 430. — modificazioni di posizione, 432. — mughetto, 420. — neoformazioni maligne, 420. — noma dei genitali, 419. — parassiti, 432. — perivaginite flemmonosa, 420. — prolasso, 300, 432. — sifilide, 422. — soluzioni di continuo spontanee, 434— — — traumatiche, 433. — tubercolosi, 422. — tumore primario (ectopico) corionepiteliale, 430. — tumori, 427. benigni, 427. — trombo della vagina e della vulva, 433— ulcera, 421. — — rotonda o semplice, 421. varicosa, 421. Vaginale testicolo, ematocele, 94. — — idrocele, 91. periorchite, 91. periorchitis adhaesiva, 93. plastica, 93. — — — prolifera, 93. — tumori, 96. — vaginite o colpite, 95, 417. — — cronica, 417. — — esfoliativa, 418. fluor albus, 417. gonorroica dell'infanzia, 419.
INDICE
Vaginale, vaginite secondaria, 419. — sifilitica, 95. — tubercolare, 95. — vescicolosa, 417. — vetularum, 418. Varici nelle papille renali, 681. Varicocele, 94. Vasi linfatici del rene, 598. Veleno mestruale, 313. Vescica, n o i , 1104. — a colonne, 1150. — adenocarcinoma, 1204. — agenesia, 1105. — alterazioni di posizione, 1146. — — di sviluppo da difettosa chiusura, 1105. — anatomia, n o i . — aplasia, 1105. — atresia, 1105, 1106. — carcinoma, 1193. da Bilharzia, 1208. — — cause, 1206. a cellule piatte, 1203. — — papillare, 1199. — cisti, 1109. dell'uraco, 1106. — cistoschisi, 1107. — corionepitelioma, 1218. — dilatazione parziale, 1153. totale, 1152. — diverticolo, 1153. — — celle, 1153. — — congenito, 1108. tasche, 1153. — ectopia, 1108. — endometriosi, 1217. — estrofia, 1107. — falsi diverticoli, 1154. — fibroepitelioma atipico, 1198. papillare benigno (papilloma), ii95— fissurazione addomino-vescicale, 1107. — fistola vescico-ombelicale, 1106. — gigante, 1105. — grinza tubercolare, 998. — incompletezza del setto urorettale, 1105. — infiammazioni, v. cistite, 1120. — invaginazione, 1146. — inversione, 1146. — ipoplasia, 1105.
ANALITICO
1245
Vescica, malacoplachia, 1126. — malattia da calcoli vescicali, 1170, — malformazioni, 1104. — nana, 1105. — prolasso, 1146. — rottura spontanea, 1147. — — patologica spontanea, 1148. — sarcoma, 1212. — scoppio, 1147. — suddivisioni, 1108. — tasche infiammazioni, 1154. — tubercolosi, 996. — — complicazioni, 999. — — diffusa, 997. disseminata, 997. — — localizzazione, 997. tubercolomi, 998. — — ulcero-caseosa, 998. — traumi, 1147. — tumori, 1193. — — da anilina, 1206. — — benigni e quadri tumorisimili, 1215. — — carcinoma a cellule a castone di anello, 1204. — — diffusione, 1208. — — papillari, 1193. papilloma maligno, 1198. — ulcus simplex, 1126. Vescicole seminali, 97. — — alterazioni distrofiche, 98. anatomia, 97. atrofia, 98. cisti, 102. empiema, 99. idrope, 102. infiammazioni aspecifiche, 99. — — — specifiche, 100. tubercolosi, 100. — — tumori, 102. Vie urinarie efferenti, n o i . — alterazioni c i r c o l a t o r i e , 1112. — — della continuità, 1147. — di posizione, 1146. anatomia, n o i . nidi cellulari di Brunn, noi. colesteatoma, 1135. emorragie, 1112. — — — formazioni calcolose, 1155. — — — infiammazioni, 1112.
1246
INDICE
Vie urinarie efferenti, leucoplachia, "35— — — pachidermia, 1135. — — — parassiti animali, 1145. — tubercolosi, 996. — — — tumore amiloide, 1218. Vigantol, lesioni, 727. Villi coriali, 458. — — sincizio e risp. plasmodio, trofoblasto, plasmodale, 459. strato cellulare di Langhans, citotrofoblasto, 458. — secondari, 460. — terziari, 460. Vulva, 434. — abbozzi di mammelle soprannumerarie, 445. — actinomicosi, 441. — anatomia, 434. — cancro, 446. — caruncole mirtiformi, 435. — cisti, 448. — craurosi, 438. — disturbi di circolo, 435. — edema da stasi, 436. — elefantiasi, 442. condilomatosa o papillomatosa, 442. glabra, 442. linforragica, 442.
ANALITICO
Vulva, elefantiasi pendula, 442. — — tuberosa, 442. — ematoma o trombo, 436. — emorragie, 436. — estiomene, 442, 443. — ferite, 435, 436. — fibromi, 444. — idroadenomi, 445. — imene, 435. — infiammazioni, 437. gangrenosa, 439. pseudomembranosa e difterica necrotizzante, 438. — iperemia, 435. — iperplasia neoplastiforme, 442. — lacerazioni perineali del diaframma urogenitale, 436. — leiomiomi, 444. — leucodermia, 438. — leucoplachia, 437. — piccole labbra, 435. — sifilide, 441. — tubercolosi, 440. — tumori, 444. — — benigni, 444. maligni, 446. — ulcera acuta, 439. Vulvite acuta (catarrale), 437. — cronica, 437. Vulvovaginite gangrenosa, 419. — gonorroica primaria, 437.
ERRATA =CORRIQE VOLUME
Pag. 238 » 705
Rigo 17 Rigo 32
»
887
nota (1) rigo 2
»
956
Rigo 13
terzultimo rigo Rigo 25
PARTE
PRIMA
inprovvisa leggi improvvisa quantità maggiori di timina leggi quantità maggiori di timidina. divenne priva di valore dopo i successi terapeutici, è stata discussa leggi divenuta priva di valore dopo i successi terapeutici, è stata effettivamente discussa. emofillici leggi emofilici.
VOLUME
Pag. 286 » 289
PRIMO -
PRIMO -
PARTE
SECONDA
picuosi leggi picnosi che si decor leggi che decor
FINITO
DI
STAMPARE
NEGLI STAB.
RIUN.
D'ARTI
GRAFICHE
DELLA CASA
EDITRICE
DR.
APPIANO
FRANCESCO
GENTILE
NOVEMBRE
VALLARDI
(COMO)
I964