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Italian Pages 1223 [1232] Year 1959
TRATTATO
DI
ANATOMIA PATOLOGICA SPECIALE
PIANO
DELL'OPERA V O L U M E I - P a r t e i»
C U O R E E V A S I - Prof. Staemmler (Aquisgrana) ; M A L F O R M A Z I O N I D E L C U O R E E D E I V A S I - Prof. Doerr (Berlino); S A N G U E E O R G A N I E M O P O I E T I C I - Prof). Bungeler e Roller (Kiel). V O L U M E I - P a r t e 2» T U B O D I G E R E N T E E P E R I T O N E O - Prof. Merkel (Kiel); M A L A T T I E D E I D E N T I E D E L P A R A D E N Z I O - Prof. Meyer (Gòttingen); A N A T O M I A NORMALE D E L L E G H I A N D O L E E N D O C R I N E E R E G O L A Z I O N E END O C R I N A - Prof. Tonutti (Giessen); A N A T O M I A P A T O L O G I C A D E L L E G H I A N D O L E E N D O C R I N E - Doc. Dr. Fassbender (Mainz); T I M O Prof. Tesseraux (Pforzheim). V O L U M E II - Parte
i*
R E N I - Prof. Staemmler (Aquisgrana); O R G A N I S E S S U A L I - Proff. e Gògl (Innsbruck).
Lang
V O L U M E I I - P a r t e 2» F E G A T O - Prof. Ketller (Berlino); V I E B I L I A R I , C I S T I F E L L E A , P A N C R E A S - Prof. GOthert (Erfurt). V O L U M E I I - P a r t e 3» O R G A N I D E L L A R E S P I R A Z I O N E - Prof. Giese (Bremen); C U T E Prof. Herzberg (Hamburg); O S S A E A P P A R A T O D E L L A L O C O M O Z I O N E - Pro!. Haslhofer (Vienna). VOLUME
III
M E N I N G I C E R E B R A L I E S P I N A L I (TBC. C O M P R E S A ) , S I S T E M A L I Q U O R A L E E V E N T R I C O L A R E - Prof. Wepler (Kassel); D I S T U R B I DI CIRCOLO E M A L A T T I E V A S C O L A R I D E L SISTEMA NERVOSO, E D E M A E T U M E F A Z I O N E C E R E B R A L I - Prof. Staemmler (Aquisgrana); MORFOLOGIA GENERALE DELLE REAZIONI E DEGENERAZIONI DEL SISTEMA NERVOSO, MALFORMAZIONI (S1RINGOMIELIA COMPRESA), M A L A T T I E E R E D O D E G E N E R A T I V E ( M A L A T T I E PSICHICHE, M A L A T T I E DI P I C K E DI A L Z H E I M E R COMPRESE) E MALATTIE INFIAMMATORIE (SIFILIDE DEL CERVELLO E DEL M I D O L L O S P I N A L E C O M P R E S A ) - Prof. Peters (Bonn); D I S T U R B I DEL RICAMBIO E DEPOSIZIONE DI PIGMENTO N E L C E R V E L L O E N E L M I D O L L O S P I N A L E - Prof. Volland (Colonia); S I S T E M A N E R V O S O P E R I F E R I C O E G A N G L I S P I N A L I ( T U M O R I E S C L U S I ) - Prof. Krücke (Francoforte); T U M O R I E P A R A S S I T I D E L S I S T E M A N E R V O S O - Prof. Zìilch (Colonia); O C C H I O - Prof. Kreibig - Prol. Uffenorde (Göttingen).
(Francoforte); O R E C C H I O
EDUARD KAUFMANN
T R A T T A T O DI ANATOMIA
PATOLOGICA
SPECIALE na
e I2a edizione
tedesca a cura di
MARTIN STAEMMLER Professore ordinario e direttore dell'Istituto Patologico e Batteriologico di Aquisgrana
QUINTA
EDIZIONE
ITALIANA
diretta da
ALFONSO GIORDANO Dr. med. Dr. biol. Dr. h. c. Professore ordinario e direttore dell'Istituto di Anatomia e Istologia Patologica dell' Università di Milano
VOLUME PRIMO PARTE PRIMA Con
331
figure
in
nero
e a colori
nel
testo
e I
tavola
fuori
testo
CASA EDITRICE DR. FRANCESCO VALLARDI
Titolo originale
dell'opera
LEHRBUCH DER S P E Z I E L L E N PATHOLOGISCHEN ANATOMIE WALTER
DE
GRUYTER
& Co.,
Berlino
i a edizione tedesca 1896 2a » » 1901 3a » 1> 1904 4a » » 1907 5a » » 1909 ia » italiana 1912 6a » tedesca 1920 2a » italiana 1920 7 a /8 a » tedesca 1922 3a » italiana 1925/1928 4a » » 1929 9a/ioa » tedesca 1931/1941 na/i2a » » 1954/1961 5a » italiana 1959/1962
Carta « Patinata Champion » dalla Cartiera Subalpina Sertorio S.p.A. di Torino Proprietà letteraria ed artistica riservata Copyright 1912, 1920, 1925/28, 1929, 1959 b y Casa Editrice Dr. Francesco Vallardi, Milano
HANNO COLLABORATO ALLA QUINTA EDIZIONE I T A L I A N A condotta sulla n
a
I LIBERI
e I2 a edizione tedesca
DOCENTI
G. BAROLDI - S. BATTAGLIA - P. CARBONERA A. CASARINI - A. FORTINA - G. GRAMPA - S. LESCA L. LOCATELLI - P. L. MARIANI - N. MASERA - I. MORETTI D. PALAZZI - L. PECCHIAI - N. ROSSI - E. SERVIDA L. STIVAL - G. VERGA
E I
DOTTORI
G. BARBARESCHI - M. BRUNELLI - G. COLOMBO S. D'ANCONA - M. DE JACO - B. DELLA TORRE I. FERRARIO - E. GULÌ - P. LAMPERTICO - T. MASINI G. MORANDI - F. MORTILLARO - G. C. RABOTTI - F. RILKE 0. SALVI - G. SCOMAZZONI - G. SPINELLI A. TOMMASINI DEGNA - L. TROPEANO - H. WILHELM M. ZORZI
Il capolavoro di E D O A R D O K A U F M A N N , che nel corso dei decenni raggiunse una mirabile completezza, servì da guida a generazioni di patologi e di medici sia del settore scientifico che di quello pratico, in quanto il suo scopo era quello di elaborare chiare esposizioni dell'anatomia patologica e della patogenesi delle malattie. L'impronta caratteristica del « Kaufmann » consisteva nell'esposizione coscienziosa dei risultati della ricerca e delle opinioni teoriche, nella cernita accurata dei dati bibliografici, nelle illustrazioni e, non da ultimo, nella critica equilibrata e nella presa di posizione conscia e responsabile dell'Autore. Per queste ragioni, il « Kaufmann » è stato chiamato « la Bibbia dell'anatomia patologica ». La nuova n a - i 2 a edizione rimane fedele a questo indirizzo, e il suo direttore, lo Staemmler, come allievo di K A U F M A N N , è legato all'opera da decenni. Solo il carattere di « libro-scritto-da-un-unico-autore », l'ultima edizione del quale è già rimasta un moncone, dovette essere sacrificato alla spinta dello sviluppo scientifico e alla necessità di un più esteso rifacimento. Alcuni capitoli furono rifatti in modo completo, in altri potè essere conservato di più lo stile del vecchio « Kaufmann ». I capitoli sulle ghiandole endocrine e sugli organi di senso sono nuovi. Malgrado l'aumento di mole e il carattere più monografico del rifacimento, il nuovo « Kaufmann » non può e non vuole essere un trattato. Non ha quindi la pretesa di riportare per intero la bibliografia. Gli Autori si sono prefisso lo scopo di prendere in considerazione le pubblicazioni essenziali, apparse dopo l'ultima edizione, e i dati più importanti della bibliografia meno recente, per dare al lettore la possibilità di utilizzare il libro come punto di partenza per lo studio di questioni speciali. Le appendici bibliografiche vengono riportate alla fine delle singole sezioni. Fu sempre l'orgoglio di E . K A U F M A N N che anche molti medici pratici e periti medici utilizzassero il suo libro. Anche in questa edizione i punti di vista pratici della terapia e delle perizie ritrovano il loro fondamento nell'opera. Particolare cura fu dedicata alle illustrazioni, in conformità alla tradizione del « Kaufmann ». Al riguardo si potè costatare che i magistrali
X
disegni macroscopici della mano di K A U F M A N N potevano essere conservati in gran numero, per quanto lo consentiva la conservazione degli zinchi. ***
Il prof. M A R T I N STAEMMLER ha diretto dal 1 9 2 7 al 1 9 3 4 la prosettura di Chemnitz, dal 1934 al 1935 l'Istituto Patologico dell'Università di Kiel e dal 1 9 3 5 al 1 9 4 5 quello dell'Università di Breslau. Allievo del K A U F MANN, lo S T A E M M L E R è rimasto fedele alla tradizione di quello che il KAUFMANN, con legittimo orgoglio, chiamava « il libro ». ***
La traduzione del vecchio « Kaufmann » ebbe lusinghiero successo e arrivò fino alla quarta edizione; si può dire che numerose generazioni italiane di specialisti e di medici generici hanno attinto dalle pagine del vecchio « Kaufmann » non piccola parte delle loro cognizioni fondamentali di patologia. La traduzione del nuovo « Kaufmann » ( n a e I2A edizione 1957) è stata curata dal prof. A L F O N S O GIORDANO, Direttore dell'Istituto di Anatomia e Istologia Patologica dell'Università di Milano. Il prof. GIORDANO unisce alla preparazione scientifica e pratica nel campo della patologia un'ottima conoscenza della lingua tedesca, con particolare riferimento al linguaggio tecnico, che gli deriva dai suoi frequenti contatti con il mondo medico tedesco, specie del settore della patologia, e dalla frequenza di istituti germanici. Egli ha infatti frequentato per un intero anno accademico, nel 1 9 3 7 , l'Istituto di Patologia di Gòttingen, nel quale E D O A R D O K A U F M A N N insegnò dal 1 9 0 7 al 1 9 2 8 e dove potè conoscere di persona alcuni degli Autori dei capitoli del nuovo « Kaufmann ».
L'EDITORE
PREFAZIONE ALL'EDIZIONE
ITALIANA
II dottor Gianfranco Vallardi, che con tanto vigile amore mantiene vive e alte le tradizioni della Sua Casa Editrice, ormai largamente note alla classe medica italiana, mi ha gentilmente invitato a scrivere due parole di presentazione della edizione italiana del nuovo « Kaufmann ». L'invito mi onora e mi lusinga; ma debbo, per amore di verità, premettere una distinzione. Presentare il nuovo « Kaufmann » ai competenti è superfluo: costoro ne hanno apprezzato tutto il valore leggendolo nel testo tedesco e quindi sanno che esso rappresenta il migliore trattato di anatomia patologica speciale che esista al mondo, se si astrae dal ponderoso trattato, tuttora incompleto, in 34 volumi, di Henke e Lubarsch, che è più un testo di consultazione che di studio. La presentazione può essere necessaria per gli studenti di medicina e per il grosso pubblico. Ad essi dirò che i nomi dei Collaboratori delle singole parti sono quelli di studiosi della Germania odierna, i quali si sono affermati in campo internazionale per la grande competenza raggiunta, nelle varie branche della nostra disciplina. Il metodo della trattazione è quello ormai standardizzato da quel grande Maestro che fu Edoardo Kaufmann: un metodo di severa selezione dei fatti morfologici acquisiti da quelli incerti e tuttora in discussione, un esame analitico e profondo dei primi, anche nel loro significato patogenetico, un aggiornamento critico della letteratura mondiale. Del nostro lavoro di traduttori (che mi sono sforzato il più possibile di far sì che non fosse di « traditori ») mi resta poco da dire: la nostra preoccupazione è stata quella di mantenerci fedeli al testo tedesco, allontanandoci da esso solo di quel tanto che le necessità della nostra lingua e della chiarezza lo richiedessero. Alla parte iconografica, che in un testo di anatomia patologica speciale deve avere grande rilievo, abbiamo aggiunto quanto il ricco materiale del Settorato Universitario Milanese ci ha permesso di raccogliere completando il materiale iconografico, preparato in precedenza nell'Istituto di Anatomia e Istologia Patologica dell' Università di Pavia, sottoponendolo prima ad una rigorosa selezione, in riferimento al suo valore didattico e dimostrativo, nel piano generale dell'opera. Il nostro compito non è stato facile; ma noi, a nostra difesa, diremo che non ci siamo risparmiati. Il successo del libro dirà se siamo riusciti nell' impresa. Novembre 1959
ALFONSO GIORDANO
PREFAZIONE ALL'EDIZIONE TEDESCA Quando la Casa editrice osò prospettare l'idea di dare alle stampe una nuova edizione del trattato di Anatomia Patologica di Edoardo Kaufmann il rischio d'un tale piano sembrò scontato. Ancora però più fortemente sentita dall' Autore principale, incaricato dalla Casa editrice, fu la difficoltà del compito di riassumere tutta l'esperienza raccolta sia pure in senso lato nel campo della patomorfologia nel corso degli ultimi decenni in una forma che lasciasse inalterato il carattere di un manuale e che il giovane o vecchio lettore, interessato allo studio delle basi anatomiche e della patogenesi delle malattie, potesse ritrovare in esso quel consigliere che per lui è sempre stato il « Kaufmann ». Non c'è particolare bisogno di sottolineare che un solo rielaboratore oggi non sarebbe stato più in grado di ottemperare a questo compito. La suddivisione della materia tra un numero di Autori, i quali per il loro lavoro scientifico apparivano particolarmente versati in determinati campi, d'aver affidato questo compito, corrispose pienamente all'eredità che E. Kaufmann col suo libro ha lasciato nel mondo medico. Da questo deriva naturalmente il pericolo che l'unità dell'opera possa andare perduta, e che singole parti non siano tra loro armonicamente accordate, come è possibile in un'opera di un solo A., e che perfino possano sorgere nelle parti dei singoli AA. contraddizioni nella concezione di particolari problemi. Però d'altra parte ciò può in certi casi costituire per il lettore un vantaggio; attraverso tali contraddizioni la problematica di alcune teorie viene alla luce con più forza e non si ingenera cosi facilmente l'impressione che i problemi debbano essere considerati come definitivamente risolti. Il nuovo Kaufmann non sarà, come lo era il precedente, un trattato che espone con completezza tutta la letteratura. Il suo compito consiste nell'esporre i risultati più importanti dell'indagine anatomo-patologica in una forma che permetta anche al non patologo, e specialmente a lui, una visione dei fondamenti morfologici delle malattie e delle concezioni sulla loro patogenesi e che inoltre si addentri nei problemi importanti per il clinico ed il perito. Si darà perciò valore al fatto che gli A A. in base alla propria esperienza, prendono posizione nei problemi discussi in letteratura e non rifuggono anche dalla critica.
XIV
PREFAZIONE ALL'EDIZIONE
TEDESCA
L'arte dell' esposizione, per non appesantire singole parti del testo, impone delle limitazioni, che sicuramente non sempre soddisferanno, ma che in ogni caso non sono fatte per nuocere alla completezza. Ciò vale specialmente per i dati bibliografici. Abbiamo deciso di non ripetere tutto l'elenco bibliografico della edizione precedente, ma dei lavori più vecchi riportare generalmente solo quelli di valore storico o di importanza fondamentale, mentre i nuovi lavori (con una necessaria selezione) vengono riportati nel maggior numero possibile. Nella scelta delle figure furono ripetutamente presi i magistrali disegni di E. Kaufmann su preparati macroscopici, altri sostituiti o completati con fotografie. Maggior valore fu dato alle figure microscopiche, le quali nella loro grande prevalenza furono eseguite su microfotogrammi. Noi speriamo che il libro raggiungerà il suo scopo, di essere cioè per il lettore un consigliere ed una guida nel dedalo spesso inestricabile della letteratura e aiutarlo perciò, anche nei problemi della prevenzione delle malattie, della perizia e del trattamento, a prendere suggerimenti dal libro. Alla Casa spetta il ringraziamento dell'Autore principale e dei collaboratori per aver coraggiosamente affrontato tutto il piano e per la sua fatica di venire incontro ai desideri degli A A. per far si che il libro anche esternamente nella presentazione rappresenti un'opera moderna.
MARTIN
Aquisgrana, primavera 1955
STAEMMLER
INDICE PARTE
PRIMA
ORGANI DELLA CIRCOLAZIONE (Prof. Dr. M A R T I N S T A E M M L E R , Aquisgrana) SEZIONE
I — Cuore
3
Capitolo I - Pericardio (P) 1. Alterazioni del contenuto a) Idropericardio, Idrope pericardica, Hydrops p e r i c a r d i i . . . . b) Emopericardio c) Pneumopericardio 2. Infiammazione del sacco pericardico. Pericardite a) Pericardite sierosa e fibrinosa, rispettivamente sierofibrinosa. Ulteriore decorso della pericardite fibrinosa b) Pericardite (purulenta, suppurativa) e gangrenosa Eziologia della pericardite fibrinosa, purulenta e fibrinopurulenta c) Pericardite emorragica 3. Infiammazioni specifiche del pericardio 4. Tumori del pericardio 5. Parassiti 6. Tessuto adiposo del pericardio
3 4 4 6 9 11 11 14 20
Capitolo 1. 2. 3.
30 33 40 43 44 45 47 52 54 54 55 59 65 71
II — Endocardio Turbe del ricambio dell'endocardio (Endocardosi) Disturbi di circolo dell'endocardio Infiammazioni dell'endocardio (Endocarditi) a) I diversi quadri dell'endocardite a) Endocardite semplice o endocardite sierosa fi) Endocardite verrucosa (in senso stretto) y) Endocardite reumatica Ò) Endocardite ricorrente e) Endocardite di Libman-Sacks C) Endocardite ulcerosa acuta rf) Endocardite ulcerosa subacuta (lenta, ulcero-poliposa) 0) Endocardite parietale b) Patogenesi dell'endocardite Appendice: Endocardite cronica fibrosa (meglio fibroplastica) c) Esiti delle endocarditi a) Embolie /?) Vizi valvolari cardiaci (vizio cardiaco, vitium cordis). Quadro anatomico dei singoli vizi cardiaci 1. Vizi valvolari della mitrale
21 24 25 27 29 30
86 88 88 91 93 93
INDICE
XVI
2. Vizi della valvola aortica 3. Vizi della tricuspide 4. Vizi valvolari della polmonare Frequenza dei singoli vizi valvolari Conseguenze dei vizi valvolari
94 96 96 96 97
Capitolo III - Miocardio Il sistema di conduzione degli stimoli Turbe del ritmo cardiaco A. Malattie del miocardio per turbe della sua nutrizione (Miocardosi) 1. Atrofia del miocardio 2. Ricambio delle sostanze albuminoidi 3. Ricambio degli idrati di carbonio 4. Ricambio delle sostanze lipidiche 5. Ricambio delle sostanze minerali 6. Carenza di ossigeno 7. Muscolo cardiaco nelle turbe ormonali 8. Disturbi del ricambio vitaminico 9. Danni miocardici da radiazioni B . Malattie del miocardio secondarie a disturbi della sua irrorazione sanguigna 1. Conseguenze dell'occlusione coronarica C. Il miocardio nelle malattie infettive D. Il reumatismo E . L a miocardite Le principali forme di manifestazione e di decorso 1. L a miocardite prevalentemente alterativa 2. L a miocardite prevalentemente interstiziale F. Infiammazioni specifiche del miocardio G. I tumori del cuore H. Parassiti del cuore e del pericardio I. Lesioni traumatiche del cuore L . Variazioni delle dimensioni del cuore M. Formazione di trombi nel cuore (Appendice: coaguli cadaverici) Distinzione tra coaguli cadaverici (coaguli ematici) e trombi. . . .
136 140 157 171 185 185 186 188 199 204 219 222 227 241 241 246
SEZIONE II —
249
Arterie
Anatomia dei vasi sanguigni A . I disturbi del ricambio delle arterie (arteriosi) 1. Disturbi semplici del ricambio a. Disturbi del ricambio dei grassi (degenerazioni grasse della parete arteriosa, lipoidosi) b. Disturbi del ricambio delle proteine (proteinosi) c. Alterazioni del ricambio minerale specialmente del calcio (calcinosi) d. Necrosi della parete arteriosa 2. Alterazioni complesse del ricambio L'aterosclerosi a. Sclerosi coronarica b. Sclerosi cerebrale
99 102 104 108 108 108 ni 117 121 127 131 131 133 134
249 257 259 259 262 269 275 284 284 314 319
INDICE
B.
C.
D. E. F.
G. H.
c. Sclerosi delle arterie renali d. Sclerosi delle arterie addominali e. Sclerosi delle arterie delle estremità L'ipertensione 1. L'ipertensione ormonale 2. L'ipertensione nervosa 3. L'ipertensione renale 4. L'ipertensione chimica Appendice. L'ipertonia nel piccolo circolo Infiammazioni delle arterie 1. Infiammazioni non specifiche a. Infiammazioni delle arterie puramente locali b. Malattie infiammatorio-degenerative delle arterie nelle infezioni generali c. Le affezioni arteriose cosiddette reumatiche e reumatoidi.. (1) Affezioni arteriose nel reumatismo a r t i c o l a r e . . . . (2) L a periarterite nodosa (3) Tromboangioite obliterante (Winiwarter-Biirger). . L'arterite a cellule giganti (arterite temporale) Disturbi circolatori vasomotori (Angioneuropatie R a t s c h o w ) . . . . Infiammazioni specifiche delle arterie 1. Sifilide delle arterie 2. Tubercolosi delle arterie Aneurismi delle arterie 1. Aneurisma vero spontaneo 2. Il cosiddetto aneurisma dissecante (An. diss.) 3. Aneurisma embolico 4. Aneurisma per arrosionem (ulcerationem) Appendice: a) Aneurismi artero-venosi b) Aneurisma congenitum (raro) c) Flebarteriectasia genuina diffusa Ipoplasia e atrofia delle arterie Ipertrofia e neoformazioni
SEZIONE I I I —
Vene
Struttura istologica pag. 253 e segg A . Trombosi (formazione di trombo) ed embolia 1. Aspetto e struttura dei trombi 2. Dove e in quali circostanze si trovano trombosi ? 3. Condizioni genetiche della formazione di trombi 4. L'azione delle singole condizioni nell'insorgenza dei t r o m b i . . . 5. Migrazione secondaria dei trombi 6. Conseguenze della trombosi Appendice: L a cosiddetta trombosi delle vene ascellari (Claudicazione venosa intermittente delle estremità superiori secondo Lohr) B . Disturbi del metabolismo ed involuzione delle vene (fìebosi). . . . C. Infiammazione delle vene — Flebite 1. Flebite infettiva cosiddetta tromboflebite 2. Flebite produttiva 3. Appendice: Forme particolari di flebite
XVII
320 321 322 324 331 333 335 336 340 346 346 346 350 354 354 357 369 380 382 384 384 397 400 403 419 426 427 429 430 430 431 431 433 433 433 433 435 439 443 446 447 450 450 451 452 452 457 459
INDICE
XVIII
D. E. F. G.
Infiammazioni specifiche delle vene Dilatazione delie vene Comportamento di tumori rispetto alle vene. Metastasi tumorali. Parassiti
SEZIONE I V —
A. B. C. D.
Capillari
483
Comportamento dei capillari nell'infiammazione Disturbi metabolici dei capillari Dilatazione, restringimento, occlusione Emorragie
SEZIONE V —
463 466 478 481
Vasi linfatici
483 484 486 487 489
A . Infiammazioni dei vasi linfatici 1. Linfangite acuta 2. Linfangite cronica B . Infiammazioni specifiche dei vasi linfatici C. Occlusione e dilatazione dei vasi linfatici D. Disseminazione dei tumori maligni attraverso i vasi linfatici . . E . Parassiti SEZIONE V I — Tumori dei vasi sanguigni e linfatici A . Angiomi 1. Emangiomi Appendice: Angectasie 2. Linfangiomi 3. Tumori vascolari maligni B. Formazioni tumorali a partenza dalle pareti dei grossi vasi
490 490 491 493 494 496 498 499 499 499 506 507 509 513
P A R T E SECONDA LE MALFORMAZIONI DEL CUORE E DEI GROSSI VASI (Prof. D r . WILHELM DOERR, B e r l i n o )
Capitolo I - Osservazioni sullo sviluppo embrionale
517
Capitolo II - Malformazioni d'alto grado 1. Acardia Teorie patogenetiche dell'acardia 2. Ectopia 3. Diverticoli del cuore 4. Multiplicitas cordis
523 523 524 524 525 526
Capitolo III
- Alterazioni
nella formazione delle pareti cardiache
526
Capitolo IV - Malformazioni del sistema di conduzione degli stimoli (SC).
528
Capitolo V - Disturbi di sviluppo della regione senoatriale 1. Malformazioni nell'ambito delle vene cave a. Persistenza di entrambe le vene cave superiori b. Persistenza della vena cava superiore sinistra
529 530 530 530
INDICE
XIX
2. Malformazioni nell'ambito delle vene polmonari a. Anormale disposizione e imbocco delle vene polmonari . . b. Il cosiddetto cor triatriatum
531 531 532
Capitolo VI — Disturbi di sviluppo della regione atrioventricolare x. Ostio atrioventricolare comune 2. Disturbi di sviluppo in corrispondenza dell'O.a.v. sinistro. . . . a. Atresia dell'O.a.v. sinistro b. Fenditura nel lembo settale della v a l v o l a mitrale c. Aneurisma del lembo settale della v a l v o l a mitrale d. Il cosiddetto raddoppiamento dell'O.a.v. sinistro 3. Disturbi di sviluppo in corrispondenza dell'O.a.v. destro. . . . a. Atresia dell'O.a.v. destro b. Anomalie riguardanti il numero dei lembi v a l v o l a r i . . . . c. L a cosiddetta anomalia di Ebstein
534 535 535 535 536 536 536 536 536 537 537
Capitolo VII — Malformazioni del tronco arterioso x. Tronco arterioso comune persistente (Tr. a. c. p.) 2. Le stenosi arteriose a. Atresia e stenosi dell'aorta (Atr. Ao.; St. Ao.) b. Atresia e stenosi della polmonare (Atr. p.; Sten, p.) c. L e cause delle stenosi arteriose 3. Trasposizione di aorta e polmonare (Tr.) 4. Malformazioni delle coronarie
538 538 540 540 541 542 542 545
Capitolo 1. 2. 3.
Vili Difetti Difetti Difetti
I difetti settali del cuore del setto interatriale (septum atriorum, s. a.) del setto interventricolare (septum ventriculorum, s. v.) del setto del bulbo e del tronco
547 547 550 550
Capitolo 1. 2. 3.
IX - Malformazioni arteriose a distanza dal cuore Anomalie sopraaortiche Stenosi istmica dell'aorta Persistenza isolata del dotto arterioso di B o t a l l o (d. a. B . ) . .
551 551 553 555
Capitolo X - Note sul problema dell'inversione
556
Capitolo XI - Osservazioni sulla genesi causale e sulla frequenza dei vizi congeniti di cuore in genere
557
Capitolo XII - Appendice: geniti di cuore
558
La vascolarizzazione
PARTE
SANGUE
polmonare nei vizi con-
TERZA
E ORGANI
EMOPOIETICI
(Prof. D r . WOLFGANG ROTTER, GIESSEN, e P r o f . D r . W A L T E R BÙNGELER, KIEL)
SEZIONE I —
Sangue (Generalità)
571
Capitolo I - Colore e coagulazione del sangue del cadavere
571
Capitolo II - Quantità totale del sangue degli adulti
571
INDICE
XX
Capitolo III - Componenti Il plasma sanguigno Le sostanze proteiche del sangue, plasmaproteine del sangue. . I leucociti a. Granulociti neutrofili b. Leucociti con granulazioni eosinofìle c. Granulociti basofili d. Monociti e. Linfociti f. Forme di disintegrazione dei leucociti g. Anomalie costituzionali del nucleo dei leucociti h. Cellule del Lupus erythematodes (cosiddette « cellule L . e. »). Eritrociti Trombociti
572 573 573 582 583 587 588 588 589 591 592 592 594 598
SEZIONE II — L'impalcatura reticolare di sostegno degli organi emopoietici e il sistema reticolo-endotellale (S.R.E.)
603
Il cosiddetto sistema reticolo-endoteliale SEZIONE I I I — Il midollo osseo (M.O.) Anatomia, istologia e funzione Capitolo
I
-
Capìtolo II Capitolo III
607 615 615
Metodi
615
Vasi e nervi del midollo osseo
618
- Il reticolo (S.R.E. 0 S.R.I) del midollo osseo Piccola cellula reticolare linfoide L a grande cellula reticolare linfoide L a plasmacellula reticolare o cellula reticolare plasmocitaria L a cellula reticolare fagocitarla (cosiddetti macrofagi) . . Mastzellen tessutali L a cellula adiposa
619 619 619 620 622 622 623
Capitolo IV — Il parenchima emoformativo; emocitopoiesi L'emocitopoiesi embrionale Teorie sulla emocitopoiesi postnatale L a monocitogenesi Granulocitopoiesi L'eritrocitopoiesi Trombocitogenesi Linfocitopoiesi Numero assoluto di cellule e mielogramma
624 624 625 629 632 634 637 637 637
Capitolo V - Rapporti fra midollo emopoietico rosso e adiposo giallo. . . Modificazioni in rapporto all'età
639 639
Capitolo VI
641
-
Istotopografia
dello spazio midollare
Capitolo VII - Il meccanismo di liberazione delle cellule mature
642
Capitolo VIII
644
- Modificazioni
postmortali
INDICE
SEZIONE I V —
XXI
Insufficienza midollare
651
Capitolo I - Reperti midollari nell'insufficienza midollare 1. A t r o f i a o aplasia del midollo osseo come substrato della insufficienza mieloide Ipoplasie del midollo osseo 2. N o r m o e iperplasia del midollo osseo, quale substrato dell'insufficienza mieloide 3. Mielosclerosi, mielofibrosi, osteomielosclerosi
653
Capitolo
663
II
- Patogenesi
formale dell'insufficienza
del midollo osseo. ...
654 654 658 660
Capitolo III - Patogenesi causale dell'insufficienza del midollo osseo. . . . 1. F o r m e sintomatiche a. Insufficienza midollare a genesi allergica b. Insufficienza midollare a genesi tossica, non allergica. . . . c. Insufficienza midollare in seguito a lesioni d a r a g g i . . . . d. Insufficienza midollare d a causa splenica e. Insufficienza midollare da carenza di a t t i v a t o r i f. Insufficienza midollare da infezioni virali g. Insufficienza midollare d a infiltrazione nel parenchima midollare di tessuto estraneo, le cosiddette mielopatie da infiltrazione (WIENBECK) e rispettivamente mielopatie concomitanti (ROHR) h. F o r m e criptogenetiche idiopatiche
682 682
Capitolo IV - Forme di decorso della insufficienza 1. F o r m e a decorso a c u t o 2. F o r m e a decorso cronico
684 684 686
midollare
673 673 674 674 676 680 681 682
Capitolo V — Le conseguenze sull'intero organismo della insufficienza del midollo osseo e della conseguente citopenia del sangue circolante....
687
SEZIONE V —
695
Anemie da carenza
Capitolo I - Anemia perniciosa Anemia megaloblastica
(ADDISON, 1849 - BIERMER,
695
Capitolo II - Anemie da carenza di ferro. Anemie secondarie). Ipo- e ipersiderosi 1. Fisiologia del ricambio del ferro 2. P a t o l o g i a del metabolismo ferrico SEZIONE V I ietici
—
Reazioni
II
Capitolo
III
(anemie 710 710 715
e degli organi emopo-
di regolazione
- Reazioni - Reazioni
SEZIONE V I I — ietici Capitolo I reticulosi, cemiche e gnamento,
del sangue
ipocromiche
723
Capitolo I - Sistemi Capitolo
semplici
1868).
dei parenchimi
723 emoformatori
delle cellule del sangue
729
circolante
Le iperplasie sistemiche dei tessuti ed organi
731 emopo-
Iperplasie sistemiche del S.R.B. (S.R., S.R.I.), cosiddette retoteliosi, reticoloendoteliosi, reticoloistiocitosi, reticulosi leualeucemiche, reticulosi reattive ovvero reticulosi di accompagranulomatosi
739
741
INDICE
XXII
1. 2. 3. 4.
Definizione Suddivisione delle reticulosi Quadro anatomo-patologico delle reticulosi Iperplasia sistemica reattiva del S.R.E., reticulosi e granulomatosi a eziologia nota 5. Reticulosi da tesaurosi lipidica a. Morbo di Gaucher, splenomegalia ovvero splenoepatomegalia primaria idiopatica, ecc b. Morbo di Niemann-Pick, ecc 6. Reticolosi e granulomatosi ad eziologia sconosciuta a. Reticolosi essenziale, reticolosi in senso proprio o s t r e t t o . . (1) Reticolosi acute del lattante, ecc (2) Reticolosi acute e croniche dei bambini, ccc (3) La cosiddetta leucemia monocitica (4) Reticolosi emocitoplastiche b. Linfoadenopatia o iperplasia macro-follicolare, ecc c. Reticolosi concomitanti, granulomatosi, ecc a) Linfogranulomatosi, ecc (9) Il granuloma eosinofilo dell'osso, ecc y) Granulomatosi lipoidea, malattia di Hand, ecc J 933- — S A L T Y K O W , Virchows Arch. Bd. 183. — S A N S B Y e L A R S O N , Amer. J . Dis. Childr. 39, 1261, 1930. — SCHLAGENHAUFER, Handb. Geschlechtskrkh. — F I N G E R , JADASSOHN u s w . 1 9 1 0 . — SCHNABEL, Z. H y g . 9 3 , 1 9 2 1 . —
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86
ORGANI
DELLA
CIRCOLAZIONE
Appendice: Endocardite cronica fibrosa (meglio fibroplastica) È un processo più o meno cronico originatosi da una endocardite acuta, specie reumatica, durante il cui decorso si formano nel tessuto connettivo proliferazioni di tessuto ricco di cellule, che alla fine presenta carattere di tessuto cicatriziale e porta a retrazione (endocardite retraente). Si tratta quindi in parte di stati di guarigione con esiti cicatriziali, ed in parte di veri processi infiammatori che procedono in modo subdolo e che tendono spesso a riacutizzarsi. Nelle valvole il processo conduce ad ispessimenti, aderenze, raggrinzamenti, nell'endocardio parietale a ispessimenti callosi (cfr. endocardite parietale!) o a cicatrici biancastre profonde o superficiali (fibrosi parietale dell'endocardio). Regolarmente dalla base delle valvole si origina una neoformazione di vasi, come è stato dimostrato più volte con esperimenti mediante iniezioni (cfr. Istologia dell'endocardio, pag. 30). Se una endocardite verrucosa è soltanto superficiale, essa può guarire senza lasciar traccia. Ma se l'infiammazione si approfonda ed interessa più larghi territori, allora si determinano delle proliferazioni di tessuto connettivo più intense. GROSS e Coli, hanno messo in evidenza il fatto che l'endocardite reumatica conduce spesso a marcate alterazioni delle valvole, in quanto il processo infiammatorio ha grande estensione in tutto il tessuto valvolare e nell'anello delle valvole. Nell'endocardite fibroplastica non si tratta dunque mai di una organizzazione dei trombi da parte del tessuto sottoendoteliale, ma si tratta di un processo infiammatorio disorganizzativo che interessa tutto lo spessore della valvola e che da esso si propaga ai tendinetti. Si forma così alla fine un tessuto calloso molto esteso che ha tendenza alla retrazione, che provoca' un accorciamento delle valvole e dei tendinetti e che porta, attraversò ad una organizzazione fibrosa delle stratificazioni trombotiche delle valvole e dei tendinetti, ad un aspetto bernoccoluto della superfìcie delle valvole e ad un ispessimento in forma di mantello dei tendinetti. Se una endocardite ulcerosa (« batterica ») guarisce, questo può succedere solo — data l'importanza delle alterazioni necrotiche e ulcerose e spesso anche delle stratificazioni trombotiche — mediante una proliferazione connettivale intensa e di lunga durata. Noi possiamo osservare tali processi, almeno come processi di guarigione locale, specialmente nell'endocardite lenta, sebbene anche molte delle lesioni trovate, debbano essere interpretate come alterazioni vecchie dipendenti dalla malattia reumatica preparatoria (cfr. fig. 25!). Si può quindi arrivare a ispessimenti, aderenze, raggrinzamenti, fino all'organizzazione fibrosa completa o parziale delle stratificazioni trombotiche; in breve alla deformazione fino
CUORE
87
alla irriconoscibilità delle valvole. Proprio qui le parti ispessite e fibrose assumono spesso un colore giallastro e diventano dure come sassi in parte per calcificazione dei tessuti e dei trombi ed in parte anche per una vera e propria ossificazione. Può anche succedere che due valvole si fondano in una sola, cosicché si forma la cosiddetta valvola aortica a due nidi di rondine acquisita ( K O L E T Z K Y ) , che può essere facilmente scambiata con una valvola bicuspide congenita, specialmente se questa è infiammata. Molto spesso si può osservare che, su un processo vecchio e spento oppure ancora in atto, si impianta un nuovo attacco infettivo-infiammatorio, che presenta gli stessi caratteri del precedente, ma che però può anche corrispondere ad un altro tipo. Particolarmente caratteristica è la combinazione di una vecchia malattia reumatica con un processo ulceroso recente del tifo dell' endocardite lenta (vedi ivi). Si parla allora di una endocardite ricorrente. Deformazione delle valvole, disturbi nella nutrizione del tessuto, aumentato sforzo meccanico e vascolarizzazione delle valvole possono probabilmente favorire l'impianto dei germi e influenzare la capacità di reazione dei tessuti. Sedi dell' endocardite valvolare cronica fibrosa sono più frequentemente la mitrale e le valvole aortiche, più raramente la tricuspide, rarissimamente la polmonare. L'Autore ha l'impressione che una compartecipazione della tricuspide alle lesioni di altre valvole (della metà sinistra del cuore) sia più frequente di quel che non emerga dalla letteratura. Sovente è interessata solo una cuspide e la deformazione è minore che nella mitrale e nell'aorta. Secondo la forma le alterazioni consistono in sinechie delle cuspidi ispessite e fibrose oppure nella retrazione ed accorciamento delle valvole. Nelle valvole atrio-ventricolari prevale l'aderenza. Così la mitrale si trasforma in un imbuto breve, con pareti ispessite, rigide, con , lume a forma di fessura o di falce. L'ostio diviene stenotico (stenosi ad asola di bottone) (fig. 36), la valvola insufficiente. Da notarsi in modo speciale che di solito i tendini diventano più corti, più grossi e concrescono. Possono ritrarsi in modo così notevole che i margini di attacco delle valvole toccano gli apici dei muscoli papillari (fig. 37). In corrispondenza delle tasche valvolari prevale la retrazione. In tal modo le valvole aortiche si fanno più corte, accartocciate, rugose, rigide, insufficienti (fig. 25). Possono anche concrescere tra di loro, specialmente negli angoli tra le cuspidi, e così s'instaura una stenosi del lume.
88
ORGANI DELLA
CIRCOLAZIONE
Molto rara come conseguenza è una stenosi del cono, di origine infiammatoria, sia a sinistra che a destra (DILG). Per l'interpretazione delle cicatrici che alla fine s'instaurano diffusamente, specialmente sulla mitrale in seguito ad endocardite reumatica, occorre notare che parte di questa fibrosi delle valvole è di origine secondaria e precisamente causata tanto dall'alterata funzione delle valvole lese come anche per l'aumentata pressione del sangue nei vizi valvolari (ADAMI, BENEKE). In questi casi si osservano anche fibrosi secondaria della parete dell'endocardio e fibrosi dei muscoli papillari. In seguito si osservano frequentemente negli ispessimenti fibrosi delle valvole (tanto endocarditici che di origine secondaria) le sopra accennate turbe della nutrizione, il cui complesso è simile alla sclerosi ed all'ateromatosi delle arterie. Si osservano anche ossificazioni (ROHMER). Anche qui, come si disse sopra, possono depositarsi masse trombotiche, che simulano l'aspetto di una endocardite verrucosa e d'altra parte sorge una somiglianza che facilmente inganna con semplici alterazioni primarie a tipo degenerativo nei tessuti delle valvole e coi fenomeni che le accompagnano e le seguono. Notizie più dettagliate sulle turbe nutritive nei tessuti delle valvole a pag. 33 e segg.
BIBLIOGRAFIA ADAMI, Internat. Med. Journ. V o l . V I I I , Nr. 6, 1911. — BENEKE, Arch. E n t w . m e c h a n . 30, 1910. — DILG, V i r c h o w s A r c h . 91, 1883. — GROSS e FRIEDBERG,
Amer. J. Path. 12, 469, 1936. — KOLETZKY, Arch. int. Med. 67, 157, 1941. ROHMER, Virchows Arch. B d . 166, 1901.
—
C) ESITI DELLE ENDOCARDITI Gli esiti principali delle endocarditi sono: 1) le embolie, 2) i vizi valvolari. a) Embolie Può staccarsi polmoni, giungere
trattarsi: a) di emboli infetti che nell'endocardite ulcerosa possono dalle valvole, e dalle valvole del cuore destro arrivano nei da quelle del cuore sinistro passano nel grande circolo e possono nei diversi organi (miocardio, milza, reni, cervello, ecc.), dove
CUORE
89
danno origine ad infarti settici od ascessi metastatici (setticopiemia embolica). Ogni organo può esserne colpito. Sovente gli emboli sono piccoli, capillari, sono formati solo da cocchi (emboli da cocchi) ed inondano gli organi (si trovano facilmente nei glomerali dei reni). Possono riferirsi in parte ad influsso tossico le numerose emorragie puntiformi della pelle (esantemi emorragici), come anche degli organi interni (membrane sierose, reni, cervello, retina) che si osservano nell'endocardite ulcerosa. Ciò si vede specialmente nelle setticemie da stafilococchi. SIMMONDS (vedi anche LEMCKE) descrisse emorragie cerebrali conseguenti ad aneurismi cerebrali da emboli. Nell'occhio si osserva eventualmente una corioidite metastatica a focolai O corioretinite, talvolta con focolai purulenti visibili (KAUFMANN), raramente un'occlusione dell'arteria centrale della retina ( K O B E R ) . b) Nell'endocardite verrucosa si formano emboli blandi perché si staccano trombi asettici che portano alla conseguenza della semplice occlusione meccanica di un vaso (necrosi anemica, infarto). Lo stesso si può affermare quasi senza eccezione per le embolie nell'endocardite lenta, per la quale è caratteristico il reperto di infarti anemici non fluidificanti specialmente nella milza, cervello e reni, con grave distruzione ulcerosa delle valvole cardiache e formazione di trombi grossi e globosi. Anche l'affezione renale che spesso concomita viene da L Ò H L E I N riferita ad embolie di singoli capillari dei glomeruli e conseguentemente definita nefrite a focolaio non purulenta di origine embolica (contrari sono BRASS, BÒHMIG e K L E I N ) . Si rende evidente alla sezione specialmente per la presenza di emorragie puntiformi nella corteccia (nelle capsule dei glomeruli e nei canalicoli renali). Emorragie simili si osservano anche in seguito a lesioni dei capillari senza occlusione embolica (nefrite batterica a focolaio, F A H R ) . Per altre complicazioni dei reni nell'endocardite vedi B A E H R . Gli emboli nell'endocardite, specialmente nell'endocardite lenta, sono talvolta molto grossi tanto da otturare grossi vasi (specialmente le arterie degli arti inferiori e del cervello). Una conseguenza non rara dell'embolia arteriosa è la formazione di aneurismi embolici, come sono ripetutamente osservati nell'endocardite lenta. In questo caso hanno importanza alterazioni della parete vasale per azione tossica dei cocchi trascinati dagli emboli o meccaniche per parti calcificate dei trombi (confronta nell'endocardite lenta e nel capitolo sugli aneurismi).
9°
ORGANI
DELLA
CIRCOLAZIONE
F i g . 36. Vecchio vizio valvolare della mitrale. V e l o v a l v o l a r e rigido, concrescente, calcificato. Stenosi ad occhiello. V e d u t a d a l l ' a t r i o sinistro. U o m o di 47 anni. A u t . N . 349/1951.
Fig- 37Endocardite della valvola tricuspide di vecchia data. V e l o ispessito per cicatrice. C o r d e tendinee f o r t e m e n t e accorciate. Insufficienza della v a l v o l a . D i l a t a z i o n e dell'atrio destro. D o n n a d i 46 anni. A u t . N. 338/1952 ( c o n t e m p o r a n e a m e n t e v i z i o cardiaco della v a l v o l a aortica e della mitrale).
91
CUORE
¡ì) Vizi valvolari cardiaci (vizio cardiaco, vitium cordis) D a l complesso di t u t t e le alterazioni delle valvole risultano le turbe funzionali chiamate vizi valvolari organici (stenosi ed insufficienza dell'apparato valvolare) sia acute che croniche, causate da endocarditi (infettive o non infettive), non raramente anche da processi degenerativi da arteriosclerosi (specialmente nelle valvole aortiche, confronta alterazioni della nutrizione dell'endocardio a pag. 33 e segg.). Altre cause sono, oltre ai vizi valvolari Doerr), la lacerazione molto rara di valvole valvole e muscoli in seguito a violenti sforzi (urto, caduta, compressione — letteratura
congeniti (confronta il capitolo 0 tendini e lo strappamento di corporei o in seguito a trauma in STERN, RIMBAUD, KÙLBS,
STEINITZ, SCHWARTZ, B E C K H A U S , BERBLINGER, B . FISCHER, L A U C H E , ADAM).
(Notizie più dettagliate nel capitolo sulle lesioni t r a u m a t i c h e del cuore). Per il propagarsi di un infarto cardiaco sul muscolo papillare può succederne la rottura e conseguentemente un'insufficienza a c u t a della v a l v o l a (vedi turbe circolatorie del muscolo cardiaco). Endocardite t r a u m a t i c a vedi pag. 222. Raramente tumori dell'endocardio e delle zioni della loro funzione. a) Stenosi. — P u ò manifestarsi acutamente stringono il lume della valvola. Interviene per lo più in maniera subdola vole e s'instaura per lo più nelle cuspidi con accorciamento delle stesse e dei tendini.
valvole producono alteraquando grossi trombi reper concrezione delle valnotevole ispessimento ed
Aderenze e grossi depositi di calcio rivestono grande importanza nella formazione della stenosi dell'aorta. b) Insufficienza (insufficienza valvolare, incontinenza, incapacità di chiusura), può essere a c u t a o cronica: a c u t a per strappamento di tendini, raramente di un muscolo papillare, per perforazione delle valvole o per g r a v i lacerazioni delle valvole nell'endocardite ulcerosa (vedi CARROL); cronica per retrazione cicatriziale (accorciamento, accartocciamento delle valvole) (specialmente dell'aorta), indurimento fibroso (la v a l v o l a diviene rigida), aderenze della v a l v o l a con la parete (ventricolo o parete del vaso). Inoltre depositi e appendici sia acute che croniche possono rendere impossibile la chiusura di una valvola. (In una rottura trasversale vicino alle valvole dell'aorta il sangue che vi penetra nella diastole può estrofletterne il bordo inferiore e spingerlo con le valvole verso il cuore tanto da provocare un'insufficienza aortica, MARESCH).
92
ORGANI
DELLA
CIRCOLAZIONE
c) Stenosi ed insufficienza si combinano molto di frequente, specialmente in vizi valvolari cronici, perché le stesse cause possono impedire un sufficiente scostamento nell'apertura come un accostamento nella chiusura. Si può avere sovente insufficienza delle valvole senza stenosi, ma molto raramente stenosi senza insufficienza. In complesso le insufficienze sono più frequenti delle stenosi. Nella insufficienza relativa di una valvola non si osservano alterazioni anatomiche sulla stessa (o per lo meno non sono necessarie), le conseguenze sono però le stesse come nell'insufficienza organica. L'incapacità di chiudersi avviene per allargamento dell'ostio valvolare, mentre le valvole mantengono la loro primitiva grandezza, ma diventano troppo corte per chiudere il lume dilatato. Si osserva più di frequente nella tricuspidale (normalmente è pervia per 3 dita), poi nell'aorta. Frequentemente si nota insufficienza di una valvola (insufficienza muscolare) specialmente negli osti venosi, raramente nell'aorta, per insufficiente contrazione del ventricolo o dei muscoli papillari per es. in seguito ad una degenerazione adiposa, per una miocardite associata ad endocardite, per infarto o cicatrici nel muscolo cardiaco, per insufficiente nutrizione nelle anemie. Sono questi i casi dove in vita i rumori che si ascoltano fanno supporre la presenza di un'alterazione della mitrale, che non si trova alla sezione. Succede anche il contrario: gravi lesioni delle valvole, come per es. floride vegetazioni sulle stesse o tipiche pregresse malattie delle valvole (si parla di endocarditi funzionalmente guarite, AMSLER) senza i minimi rumori (rumori possono mancare anche in endocarditi ulcerose, che finiscono letalmente) (SCHOTTMÙLLER insiste su di ciò nell'endocardite da sepsi per stafilococchi). KÒSTER suppose che la chiusura delle cuspidi fosse dovuta più alla muscolatura che alle stesse, poiché queste formano un imbuto stretto con pieghe nel senso della lunghezza, che non funziona come vela ma come diaframma. Secondo HESSE e KREHL le cuspidi formano nella sistole una piega, si inarcano con la parte superiore nell'atrio, lo chiudono, mentre nella loro parte inferiore si addossano una sull'altra a forma di ventaglio. Secondo MAGNUS-ALSLEBEN la grande cuspide anteriore della mitrale unita alla parete del setto che le sta di fronte quasi parallela, agisce come un tubo di deflusso o un tratto di unione fra il ventricolo e l'aorta. Secondo NUSSBAUM (fissazione al formolo nella sistole) la chiusura della mitrale avviene per estroflessioni a forma di tasca fra i tendini. I cosiddetti ispessimenti dovuti all'età consistono nella fissazione di questa sporgenza sistolica. Cfr. le cosiddette valvole ad ombrello a pag. 38. Nelle valvole aortiche si nota insufficienza relativa per rilassamento arteriosclerotico o per dilatazione (sifilide, aneurisma dell'aorta), così come non di rado per ipertrofia cardiaca a genesi extracardiale in modo spe-
CUORE
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ciale quando questa è concomitante per insufficienza del muscolo cardiaco con dilatazione del ventricolo. Insufficienza relativa e muscolare possono regredire quando la muscolatura è in grado di ricupero.
Quadro anatomico dei singoli vizi cardiaci 1. Vizi valvolari della mitrale
a) Stenosi della mitrale (cfr. fig. 3 6 ) . — L ' o s t i o atrio ventricolare sinistro (nell'adulto permeabile per 2 dita, circonferenza 10 cm) è ristretto, il passaggio del sangue dall'atrio al ventricolo sinistro è dunque reso difficile (rumore diastolico, nel quale si può distinguere spesso una fase protodiastolica ed una presistolica), il sangue stagna nell'atrio e questo si dilata e può anche divenire ipertrofico per compenso (anche se di norma in misura limitata). L a dilatazione dell'atrio sinistro può raggiungere notevoli proporzioni 20 : 10 cm, contenuto di sangue 21. ( G O E D E L ) 2.5 ( G . M U E L L E R ) fino a 3I. (MINKOWSKI). Eventualmente lesioni del nervo ricorrente sinistro ( A L E X A N D E R , S T O E R K , SCHUBERTH); S T E R N B E R G osservò stenocardia per compressione della coronaria sinistra. Vedi il comportamento dell'esofago. Vedi SCHOTT, scambio con essudato pericardico. Il ristagno si propaga dall'atrio sinistro attraverso le vene polmonari prive di valvole e i capillari polmonari nelle arterie polmonari e nel ventricolo destro (i capillari del polmone fortemente ripieni divengono tortuosi e s'instaura l'indurimento rosso del polmone con gravi turbe del ricambio gassoso). Il ventricolo destro si dilata e tenta il compenso con un'ipertrofia talvolta rilevante. L'impossibilità di svuotarsi completamente si propaga dal ventricolo destro all'atrio destro, dove la tricuspidale molto distesa può divenire relativamente insufficiente; nella sistole del ventricolo destro il sangue parzialmente refluisce nell'atrio ed oltre questo nelle grandi vene che vi sboccano (polso venoso al collo, polso al fegato). Una forte dilatazione dell'atrio può portare a fibrillazione auricolare. Il riempimento del ventricolo sinistro non soffre per stenosi modeste, fino a che il ventricolo destro supera l'ostacolo con ipertrofia. L'accentuazione del secondo tono della polmonare indica un aumento della pressione nel piccolo circolo. Così la stenosi della mitrale può essere sopportata per lunghi anni senza gravi disturbi e viene scoperta non molto raramente alla sezione cadaverica come « reperto accessorio ». (KAUFMANN
94
ORGANI
DELLA
CIRCOLAZIONE
Ma nella stenosi di alto grado e così nell'insufficienza o graduale mancanza dell'adattamento del ventricolo destro, il riempimento del ventricolo sinistro, che riceve poco sangue per lo stretto foro dall'atrio, soffre, ed in tal modo la sua prestazione cala. Il ventricolo sinistro può così rimpicciolire nei casi puri e privi di complicazioni. Che questa atrofìa si manifesti raramente si spiega col fatto, che alla stenosi della mitrale è quasi sempre congiunta un'insufficienza della stessa valvola e spesso anche un vizio delle valvole aortiche. In complesso l'atrofia del ventricolo sinistro nella stenosi della mitrale è ancora in discussione (si pronunciano a favore BARTH, BAMBERGER e specialmente KIRCH, il quale ultimo accenna all'atrofìa isolata della via di afflusso, contrario W I D E R O E . Vecchia letteratura in T H O R E L ) . b) Insufficienza della mitrale. — Nella contrazione sistolica del ventricolo sinistro una parte del contenuto defluisce nell'atrio sinistro attraverso la valvola insufficiente (rumore sistolico soffiante, più chiaro sulla punta del cuore), questo viene fortemente dilatato e fino ad un certo limite ipertrofico. Siccome la sua facoltà di adattamento è scarsa si arriva ad un ristagno nelle vene del polmone e così a manifestazioni simili come nella stenosi della valvola. Il ventricolo sinistro riceve dall'atrio il sangue che vi ristagna in notevole quantità (il sangue delle vene polmonari e quello che va e viene come un pendolo) e deve evacuarlo nella sistole (volume di scarico aumentato). Così si dilata e diviene ipertrofico. Tutte le parti del cuore possono così dilatarsi e divenire ipertrofiche nell'insufficienza mitralica. c) Stenosi ed insufficienza della mitrale. — Si osservano molto di frequente unite, di solito come conseguenza di una vecchia endocardite reumatica. La valvola è ridotta ad un imbuto rigido e ristretto, permeabile solo per la punta di i dito, che rende impossibile ogni accostamento delle cuspidi. In tal caso i tendini sono così raccorciati, che le cuspidi toccano immediatamente i muscoli papillari. Talvolta anche vizi valvolari di così alto grado non danno sintomi clinici (KAUFMANN).
2. Vizi della v a l v o l a aortica
Ampiezza normale dell'ostio, 7 cm. a) Stenosi. — È causata da una endocardite con concrescimento delle valvole o più raramente da -processi prettamente ateromatosi con depositi calcarei talvolta imponenti. Nella forma pura è rara. Il lavoro del ventricolo sinistro, che deve nella sistole spingere il sangue attraverso l'ostio ristretto
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è aumentato (rumore sistolico). Il sangue ristagna d a v a n t i all'ostio stenotico. Il polso è tardo e piccolo, il secondo tono aortico fievole. Il ventricolo sinistro diviene ipertrofico e può dilatarsi con l'aumento del sangue residuo. Nella deficienza del ventricolo sinistro il sangue si accumula nell'atrio e nel piccolo circolo. Contrariamente il grande circolo viene alimentato con poco sangue. L a stenosi aortica può restare molto a lungo senza manifestazioni cliniche, perché il ventricolo sinistro possiede una buona facoltà di a d a t t a m e n t o per la sua forte muscolatura. Si osservano casi dove l'ostio è ridotto ad una stretta fessura, leggermente c u r v a od angolata, spesso con rilievi calcarei. (Sotto il nome di stenosi aortica subvalvolare si intende la formazione di un anello fibroso stenotico circa 2 cm. dalle valvole verso il cuore, che si origina da un ispessimento endocardico fetale), ( J A G I C e S C H L A G E N HAUFER).
Sembra più appropriato parlare di una stenosi sopra o prevalvolare, dato che le alterazioni si trovano sopra (davanti) la v a l v o l a tenuto conto della corrente del sangue. b) Insufficienza. — E causata da un 'endocardite o è conseguenza di una dilatazione dell'aorta per es. nella lue. Nella diastole il sangue rifluisce nel ventricolo sinistro attraverso l'ostio arterioso insufficiente (rumore diastolico soffiante); il ventricolo viene dilatato e reso ipertrofico per compensazione (pressione differenziale del sangue elevata, Pulsus celer et altus). Spesso notevole ingrandimento del cuore (cfr. fìgg. 30 e 35). Nell'insufficienza dell'aorta (e nella stenosi) non di rado si osservano sull'endocardio del Conus arteriosus degli ispessimenti con cicatrici a forma di linee o pieghe o mezzelune, che possono trasformarsi in piccole tasche (Segni di insufficienza di Z A H N , S C H M I N C K E ) . D i solito le tasche sono aperte verso l'aorta, raramente verso la punta del cuore
(SOTTI, KRASSO).
Secondo S A P H I R il primo caso si t r o v a nell'insufficienza dell'aorta, il secondo nella stenosi. A n c h e il lato ventricolare della grande cuspide mitralica può presentare tali ispessimenti. N o n si può parlare di u n a speciale funzionalità di tali tasche ( W I L K E , S T E I N I T Z , R O S E N B U S C H ) . L a loro genesi è ancora discutibile. L a supposizione di un'origine congenita non è sostenibile (SOTTI, V I G I ) . Le loro relazioni con le alterazioni delle valvole sono così chiare che in primo luogo si spiegano meccanicamente (nell'insufficienza dell'aorta per l'urto del sangue, che rigurgita nella diastole, nella stenosi per abnormi movimenti vorticosi), pure ammettendo ( K R A S S O ) che nella loro formazione hanno importanza processi infiammatori dell'endocardio (cfr. endocardite parietale a pag. 69). Insufficienza delle valvole aortiche accompagna spesso l'aortite luetica (vedi lì); si possono trovare le valvole gravemente alterate per creste,
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ispessimenti, rigidità, accorciamento, con aderenze più o meno estese con l'intima dell'aorta nel Sinus Valsalvae o sono relativamente insufficienti per dilatazione dell'aorta. Secondo A D L M U E L L E R 3/4 dei casi di insufficienza dell'aorta sarebbero di origine luetica. Ciò vale specialmente per persone di età avanzata, mentre nei più giovani l'insufficienza aortica è più frequentemente di origine endocarditica (cfr. W I T T G E N S T E I N e B R O D N I T Z e le esposizioni nella lue dell'aorta). Nell'insufficienza è frequente la paralisi cardiaca improvvisa (cosiddetta sincope cardiaca). 3. Vizi della tricuspide Ampiezza
normale dell'ostia 12 cm.
Alterazioni organiche (stenosi od insufficienza) sono rare in confronto all'insufficienza relativa (vedi pag. 92). Stenosi molto più rara dell'insufficienza. Anche se l'autore ha l'impressione che la tricuspidale sia lesa nell'endocardite reumatica cronica più di frequente di quanto generalmente si ammette, sono rare gravi alterazioni delle valvole che s'accompagnano a notevoli disturbi della funzionalità (stenosi di alto grado, vedi B R I E G E R , DRESSLER,
R.
FISCHER).
Vedi in Z A H N i criteri anatomici dell'insufficienza. Per le turbe funzionali dell'insufficienza della tricuspidale vedi sotto il capitolo stenosi della mitrale (cfr. fig. 37).
4. Vizi valvolari della polmonare
Straordinariamente rari come formazioni acquisite. Il reumatismo generalmente lascia indenni le valvole della polmonare. I gravi processi ulcerosi, che occasionalmente si osservano nelle gravi setticemie, non hanno quasi mai come conseguenza vizi valvolari, perché prima portano alla morte. Frequenza dei singoli vizi valvolari
I vizi della mitrale sono preponderanti. Secondo la grande statistica di più di 5000 casi la mitrale era rappresentata da sola col 58.3 % , in altri 14.7 % era compromessa con altri osti valvolari, in totale 73 % . Di contro l'aorta da sola col 23.7 % , ed associata con altre localizzazioni 13.5 %, totale 37.2 %. E D E N S SU
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L a tricuspidale in toto 3.3 % e la polmonare 0.4 % . Simili sono le statistiche di ROMBERG, HENSCHEN, LESCHKE, nelle quali i vizi mitraliei sono ancora più preponderanti, secondo BRUGSCH sono in numero minore. Secondo la statistica di BUDAY SU materiale anatomico la mitrale è quasi sempre lesa o da sola od in combinazione con altre valvole. Nel materiale di sezione dell'Istituto patologico di Breslavia la partecipazione totale della mitrale comportava il 75 % , dell'aorta il 46 % . Nello stesso materiale anatomico la tricuspidale è più rappresentata che in quello clinico, ma quasi sempre in combinazione con altre valvole (secondo BUDAY nel 31 % di tutti i casi). Secondo SHEEHAN e SUTHERLAND i vizi mitralici puri si trovano più frequentemente nelle giovinette, combinati con quelli della tricuspidale in giovani donne, negli uomini prevale la combinazione della mitrale con l'aorta. Per i vizi di cuore congeniti, che sono molto più rari di quelli acquisiti, vedi il capitolo svolto da DOERR.
Conseguenze dei vizi valvolari
1. Conseguenze per la distribuzione del sangue, le cavità e le pareti del cuore. — a) Distribuzione abnorme del sangue e precisamente stasi a monte della valvola lesa; nella stenosi perché il sangue non si svuota nella debita misura attraverso il foro ristretto, nell'insufficienza perché il sangue rifluisce. L a stasi si propaga all'in dietro fino a che viene ostacolata da una valvola (dunque dall'atrio sinistro attraverso i polmoni al ventricolo destro). A valle della valvola lesa si constata anemia, che si propaga nel sistema arterioso, mentre in quello venoso si osserva iperemia. L a differenza tra vizi a destra ed a sinistra consiste che in quelli l'anemia si propaga dall'arteria polmonare nel sistema dell'aorta, mentre in questi si osserva solo nel sistema dell'aorta, in quelli la stasi è presente solo nel sistema delle cave, in questi nelle cave e contemporaneamente nei polmoni. b) Alterazioni della capacità delle cavità. L a stasi provoca una dilatazione avanti al vizio della valvola, mentre la parte che giace dietro viene riempita insufficientemente attraverso l'ostio troppo ristretto. Nelle cavità dilatate si trovano non di rado trombi aderenti alle pareti se l'energia del cuore illanguidisce. Vedi più dettagliatamente sulla dilatazione miogena e tonogena nel capitolo miocardio (KIRCH). c) Alterazioni dello spessore della parete, consistenti in 7 —
KAUFMANN 1
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aa) assottigliamento per riempimento eccessivo od in seguito ad atrofia quando il riempimento è di continuo insufficiente (per es. nella stenosi mitralica, del ventricolo sinistro, vedi lì). bb) Ispessimento — ipertrofia compensatoria — nello svuotamento difficoltoso delle cavità troppo piene e con muscolatura atta alla compensazione. Sulla relazione tra dilatazione ed ipertrofia del miocardio vedi pag. 230. L'abnorme distribuzione del sangue scompare con l'instaurarsi del compenso. 2. Conseguenze generali per tutto l'organismo. — Si formano quando si manifestano alterazioni del compenso. L'alterazione che più colpisce è la stasi (cianosi). Questa interessa: a) il territorio del piccolo circolo (indurimento rosso dei polmoni, cellule da vizio cardiaco negli alveoli e nello sputo, infarto emorragico, catarro bronchiale, edema polmonare). Ammalati di cuore muoiono facilmente di edema polmonare. b) territorio del grande circolo (cianosi generalizzata, tumefazione e più tardi atrofia cianotica del fegato, indurimento cianotico e poi atrofia della milza e dei reni (urina da stasi con albumina) in fine idrope delle cavità ed edemi specialmente delle gambe). c) sistema della porta (ascite, catarro da stasi nello stomaco e nell'intestino). Il più alto contenuto di C0 2 nel sangue (morbo ceruleo, cianosi) si trova nei vizi congeniti del cuore destro. Relazione dei vizi delle valvole cardiache con la tubercolosi polmonare: la stenosi congenita dell'arteria polmonare crea una predisposizione per la tubercolosi polmonare. Vizi del cuore sinistro (che si manifestano con stasi venosa nei polmoni) creano un 'immunità relativa contro la tisi (vedi più dettagliatamente capitolo polmoni). Processi embolici nei vizi cardiaci possono comparire negli organi interni (reni, cervello, polmoni, milza) così come nelle estremità (cfr. pagine 89-91).
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CAPITOLO
III
MIOCARDIO Anatomia. — Il muscolo cardiaco è da considerarsi come un sincizio, che è suddiviso in una rete in q u a n t i t à più o meno estesa per mezzo di tessuto connettivo contenente vasi (HAEGGQVIST) . L e fibre e le t r a v a t e connesse per fusioni laterali (HEIDENHAIN) e che formano il sincizio constano di un citoplasma, che nella sua parte interna si chiama endoplasma e contiene i nuclei, nella parte di mezzo mesoplasma e si differenzia in fibrille, ed all'esterno mostra un ispessimento, exoplasma o sarcolemma.
IOO
ORGANI DELLA
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I nuclei di forma variante per l'aspetto e il contenuto di cromatina (per la loro forma ha importanza lo stato di contrazione delle fibre), giacciono di frequente ordinati in file (SOLGER), che secondo SCHIEFFERDECKER e S T A E M MLER hanno origine per diretta segmentazione dei nuclei, che comincia con la sezione dei nucleoli ( K O E R N E R ) . Secondo E . F I S C H E R non sono rare nei suini file di nuclei di 8-12 esemplari. STAEMMLER vede in esse una rigenerazione fisiologica dell'apparato nucleare anche perché non di rado si osservano nuclei pallidi, già condannati, evidentemente in processo di dissoluzione. L a segmentazione trasversale e la formazione in file non sono mai connesse con la divisione delle fibre. In condizioni patologiche si osservano negli animali (TORO) ed anche nei bambini (ME MAHON) mitosi accanto ad amitosi. Si possono considerare come inizio di una divisione della fibra in un cuore ipertrofico, quando la segmentazione dei nuclei avviene in senso longitudinale (KOERNER,
LINZBACH,
NIETH) .
L'endoplasma contiene granuli di pigmento dall'epoca della seconda infanzia, che coprono i poli dei nuclei a forma di cappuccio, nel preparato fresco hanno una forte rifrangenza ed un colore giallastro e di solito contengono sostanze che si rendono visibili con colori per i grassi. Questi sono mescolati col tipico colore che chimicamente è simile alla melanina e che certamente deriva dal ricambio dell'albumina ( H U E C K , B R A H N e SCHMIDTMANN,
LUBARSCH).
L a quantità di pigmento contenuto nelle singole fibre muscolari aumenta indubbiamente con l'età, quantunque non manchi neppure nei piccoli bambini ( H . MUELLER) .
L a denominazione è varia: lipofuscina, fuscina ( H U E C K ) oppure con una certa accentuazione del significato, pigmento da usura. BOEHMIG, H . M U E L L E R , v . F I N K (esperimenti sugli animali) rigettano l'ipotesi della sostanza come scoria del ricambio dell'albumina. L a trovarono perfino aumentata dopo intenso lavoro con muscolatura robusta e constatarono un'antitesi tra il contenuto di vitamina C delle fibre e quello di pigmento bruno. Similmente B L U M E N C R O N . Non si può del tutto rigettare l'ipotesi che i granuli di pigmento abbiano un significato funzionale nel ricambio, anche se i risultati delle ricerche di O T T O e JELINGHOFF non concordano con la teoria di B O E H M I G . K O B A Y A S K I non trovò alcuna relazione tra pigmentazione e larghezza delle fibre. Vedi nelle turbe del ricambio dell'albumina sulle granulazioni basofile (cianocrome) delle fibre. Endoplasma e sarcoplasma (la parte del mesoplasma che riempie lo spazio tra le fibrille) contengono glicogeno in misura variabile ( B E R B L I N G E R ) . Giace ordinato in forma di granuli o di reticolo (nei preparati fissati e colorati A R N O L D ) . Il contenuto di glicogeno rilevabile istologicamente (colorazione al carminio di B E S T ) e di quello con metodi chimici non è necessariamente concordante. Siccome dopo la morte può rapidamente succedere una lisi del glicogeno i risultati di esami su cuori di cadaveri sono di dubbio valore (vedi nelle turbe del ricambio del muscolo cardiaco a pag. 118 il comportamento differente nella tesaurismosi da glicogeno).
CUORE
IOI
Il sarcoplasma contiene inoltre la mioglobina, una sostanza colorante rossastra simile all'emoglobina, che evidentemente è identica a quella dei muscoli dello scheletro. L'elemento contrattile del muscolo cardiaco, cioè le fibrille incluse nel sarcoplasma ed ordinate in fasci, percorrono t u t t a la lunghezza della fibra (secondo ricerche di KISCH con il microscopio elettronico 300-700 fibrille per fibra). N o n è chiaro se la striatura trasversale che si osserva nelle fibre del muscolo cardiaco sia data da differenza di struttura delle fibrille o del sarcoplasma. L e fibre del muscolo cardiaco sono divise in segmenti da linee trasversali (strie lucenti di v . E B N E R , tratti di congiunzione di H E I D E N H A I N ; linee cementanti di E B E R T H , evidentemente ispessimenti del sarcoplasma fissati al sarcolemma ( K I S C H ) che servono a mantenere le fibrille in un ordine parallelo ( D I E TRICH,
KOERNER).
Mostrano per lo più un ordine a scala con le fibre vicine spostate una rispetto all'altra nel senso della lunghezza. Nello strato esterno il citoplasma è condensato in un sarcolemma privo di fibrille, che limita la fibra verso il tessuto interstiziale, exoplasma ( H A E G G Q V I S T ) . Per le differenze t r a le fibre degli atri e dei ventricoli vedi A S C H O F F , TAWARA,
PALCZEWSKA.
Secondo L I N Z B A C H il numero delle fibre del muscolo cardiaco è per l'uomo costante ed uguale nei due ventricoli, secondo H O R T nel neonato la metà che nell'adulto. L e differenze in peso tra il ventricolo destro e sinistro sono dovute al differente spessore delle fibre muscolari. Secondo WENDT ed HESSE la larghezza delle fibre nell'età giovanile è quasi eguale tanto a sinistra che a destra. Nel corso della crescita succede un ingrossamento a sinistra. Non si vuole qui esaminare l'importanza funzionale della struttura del cuore
(HAYEK).
tenta recentemente di sostituire il concetto di p o m p a a pressione con quello di eiettore discontinuo del cuore. Discussa è la funzione delle orecchiette, che B E N N I N G H O F F ritiene un dispositivo di lacune che riempiono le nicchie che si trovano ai lati dei grossi vasi, mentre L U G O crede che loro compito siano i movimenti vorticosi, importanti per la funzione delle cuspidi e vi attribuisce una forza a t t i v a che spinge in a v a n t i il sangue. G O O R M A G H T I G H descrive particolari estroflessioni della parete delle orecchiette. V e d i più diffusamente R O L L H À U S E R . HAVLICEK
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II sistema di conduzione degli stimoli Sotto la denominazione di sistema di conduzione degli stimoli intendiamo un sistema di fibre muscolari diverso dal muscolo a t t i v o del cuore, specifico nella forma e nella funzione, che serve per la formazione e la propagazione degli impulsi nel cuore e lo rende un organo che funziona automaticamente. Incomincia col nodo del seno (KEITH-FLACK, KOCH) che si allarga dallo sbocco della vena c a v a cranialis lungo il Sulcus terminalis e consta di un « intreccio di fini fibre muscolari senza ordine, che vengono a v v o l t e da connettivo copiosamente sviluppato » (BERGMANN) . Il nodo contiene numerose fibre nervose e cellule isolate gangliari e viene alimentato da due rami della coronaria destra (KOCH). L e sue fibre passano nella muscolatura dell'atrio. Il secondo t r a t t o è il sistema atrioventricolare che venne riconosciuto dal suo scopritore (W. H i s jun. 1893) come l'unica congiunzione muscolare tra atri e ventricoli e che si divide in due parti, il nodo di ASCHOFF TAWARA e il fascio di H i s . Il nodo di Aschoff T a w a r a (atrioventricolare) giace nella parete destra del setto interatriale, allo sbocco del Sinus coronarius e consta di due parti, s e c o n d o A S C H O F F , K O C H , N O E L , M O R I N , u n nodo
dell'atrio
ed uno del
ventricolo,
CUORE
IO3
(che giacciono nel territorio del Septum atriorum) e si distinguono per il vario contenuto di glicogeno. Secondo M O E N C K E B E R G ed A R P I N O sono una struttura unica. Il nodo attraversa il Trigonum fibrosum dextrum (BENNINGHOFF) e si immette senza confini nel tronco del fascio di His. Questo si biforca nelle due branche al margine inferiore del Septum membranaceum, che ora scorrono in basso lungo il Septum ventriculorum situate in massima parte sotto l'endocardio per perdersi alla base dei muscoli papillari in questi e nelle Trabeculae carneae. Nel territorio dei tronchi principali non ci sono collegamenti con la muscolatura del setto; pare anche che i due rami non siano uniti tra di loro (MEESSEN, contrario R O T H B E R G E R ) . Viene discussa la presenza di una guaina iniettabile isolante di tessuto connettivo
(AAGAARD e
HALL).
Le fibre di questo sistema di conduzione sono più esili nel nodo, nel tronco e nel tratto iniziale dei rami, più larghe delle fibre muscolari che le circondano nelle ramificazioni terminali. Corrispondono qui alle cosiddette fibre di P U R K I N J E degli ungulati. Può essere difficile singolarmente distinguere le fibre del S.d.C. dalle altre fibre muscolari in un cuore normale. Risaltano chiaramente in un cuore atrofico perché non prendono parte all'atrofia (MOENCKEBERG). Talvolta è notevole il calibro variante delle fibre del sistema specifico (BENNINGHOFF) .
Il contenuto di glicogeno è molto vario, ma per lo più alto (BERBLINGER) specialmente nelle ramificazioni periferiche. L a parte del ventricolo del nodo atrioventricolare dovrebbe distinguersi per il suo elevato contenuto di glicogeno da quella dell'atrio (ASCHOFF). Per esami più esaurienti sul contenuto di glicogeno vedi B U A D Z E , W E R T H E I M E R , Y A M A S A K I e Coli., N O L L e B E C K E R . Ha bisogno di riesame l'ipotesi emessa recentemente da A R P I N O che nel tessuto specifico non si tratti di muscolatura, ma di una forma speciale di fibre nervose (ricerca con la luce polarizzata). L'aspetto microscopico convalida in maniera preponderante la natura muscolare anche se l'abbondanza di sarcoplasma, la povertà di fibrille e la striatura trasversale meno netta conferiscano loro uno speciale carattere. L'alimentazione sanguigna del S.d.C. è copiosa ed avviene principalmente dai rami della coronaria destra; però v i prende parte anche la sinistra, H A A S e
SPALTEHOLZ.
Il sistema muscolare specifico del cuore ha il compito della formazione e della conduzione degli impulsi. Normalmente i primi impulsi per l'azione del cuore partono dal nodo del seno (centro primario), l'eccitazione passa nelle fibre dell'atrio senza che si possa dimostrare una speciale via di conduzione, si raccoglie nel nodo atrioventricolare (centro secondario) per espandersi nel miocardio attraverso i rami del fascio di His. Ogni segmento del S.d.C. può divenire un nuovo centro per la formazione di nuovi impulsi se i tratti superiori sono messi fuori funzione o sono separati.
104
ORGANI DELLA
CIRCOLAZIONE
L a conduzione dagli atri ai ventricoli subisce un ritardo nel nodo atrioventricolare che si manifesta nell'intervallo fra la contrazione del ventricolo e dell'atrio. L'azione cardiaca viene influenzata da nervi che provengono dall'esterno. Il vago (moderatore) ed il simpatico (acceleratore) terminano in gran parte in gruppi di cellule gangliari, dalle quali si dipartono di nuovo fibre nervose che avvolgono le fibre muscolari come una ragnatela. Mentre le cellule gangliari sono isolate o raccolte in piccoli gruppi nelle pareti dei ventricoli e nel Septum ventriculorum (LANDAU) esse sono poste in gangli di maggior mole specialmente nei nodi del S.d.C. Pare che il vago sinistro inibisca l'automatismo della formazione degli impulsi nel nodo atrioventricolare, il vago destro quella del nodo del seno ( L . R . M U E L L E R , G L A S E R , e per il N . depressor M O H A R R E M ) . Le fibre muscolari proprie del miocardio e quelle del sistema specifico vengono avvolte come una tela di ragno, dallo stesso plesso di base (BOEKE) o reticolo terminale (STOEHR) circondato da cellule interstiziali che anastomizzano tra di loro ( C A J A L ) come altri tessuti del ccrpo ( S A T O , Z I T Z L S P E R G E R , LANDAU,
AKKERINGA).
SATO descrive fibre sensibili nell'epicardio e nel miocardio munite degli stessi corpuscoli terminali come nelle terminazioni nervose pressorecettive nel Sinus caroticus e nell'aorta. L A N D A U sostiene l'importanza per la funzione cardiaca di fibre nervose midolla te. Vedi il lavoro interessante di E N D E R L E N - B O H N E N K A M P sulla denervazione del cuore, l'influenza della simpaticectomia ed estirpazione del N. Accelerans (innocuità relativa) ed in secondo luogo l'influsso dell'estirpazione di tutti i nervi del cuore (nel riposo non danno segni, al contrario nelle prove di carico, FRIEDENTHAL) . B E R N A B E O osservò dilatazione del cuore e turbe della circolazione dopo resezione del simpatico nel collo dei conigli. Estesa letteratura sull'anatomia e fisiologia del S.d.C. e sull'embriologia, vedi in M O E N C K E B E R G e T A N D L E R .
Turbe del ritmo cardiaco Normalmente il ritmo cardiaco viene dominato dall'impulso di contrazione che si forma nel nodo del seno (automatismo normotopo) questo ritmo è la normale frequenza del battito cardiaco 60-80 al minuto). Possono partire impulsi di contrazione da centri secondari (vedi sopra) come da qualsiasi altro posto (centri terziari) automatismo eterotopo, che hanno importanza solo se il loro tono è superiore a quello normale (vedi sotto fibrillazione degli atri) o quando quest'ultimo non può venire propagato per interruzione delle vie conduttrici. Quanto più basso è situato il centro che assume la conduzione, tanto meno frequente diviene il battito cardiaco che può calare fino a 20 battiti, al minuto.
I°5
CUORE
Turbe nella funzione del S. d. C. che vi possono avere la loro sede o che originano da influenze extracardiache, si manifestano in mutazioni della frequenza 0 della regolarità del ritmo. Distinguiamo tra turbe della formazione dell'impulso e turbe della conduzione. Turbe normotope della formazione dell'impulso partono dal nodo del seno: tachicardia del seno (specialmente se prevale l'azione del simpatico) e bradicardia del seno (se prevale il vago), aritmia del seno (nella fluttuazione del tono tra simpatico e vago). Nelle aritmie disordinate si deve pensare a danni organici del nodo del seno. Che questi compaiano anche nella bradicardia del seno viene dimostrato dall'osservazione di WINTERNITZ e SELYE che trovarono una trombosi dell'arteria del nodo del seno. Turbe eterotope nella formazione dell'impulso originano dalle parti più basse del S. d. C. (diversi tipi di extrasistoli parte sopraventricolari, parte ventricolari, tachicardia parossistica) dove però ha sempre importanza la intera regolazione vegetativa della funzione del cuore (extrasistoli del seno). L a fibrillazione dell'atrio consiste in una fibrillazione disordinata della muscolatura con frequenza di oltre 400 pulsazioni al minuto, dove non avviene una regolare contrazione degli atri ed il ventricolo riceve singoli impulsi con una successione senza ritmo. Se il processo si propaga al ventricolo o vi ha origine primariamente nasce la fibrillazione del ventricolo, una causa comune della cosiddetta morte del cuore in un secondo. I due processi possono verificarsi per malattie del muscolo cardiaco (e del sistema specifico) o per influssi extracardiali. L a vera causa della morte nelle fulminazioni per corrente elettrica è il danno che soffre il cuore (o le turbe circolatorie delle coronarie) nel 52 % dei casi, nel 48 % l'esito interviene per arresto della respirazione (SCHRIDDE) . L'arresto del cuore è certamente causato da fibrillazione dei ventricoli. KOEPPEN crede che si tratti di dirette lesioni del sistema di conduzione. Sui danni tardivi dopo infortuni per corrente elettrica vedi KARTAGENER, A S K A N A Z Y ,
VERDAN.
Può succedere fibrillazione dei ventricoli anche nella tireotossicosi, nella narcosi, nell'embolia polmonare, nelle improvvise stimolazioni della pelle. MOENCKEBERG e A. WEBER spiegano la sua origine per formazione politopa di stimoli nelle fibre muscolari del ventricolo. Turbe della conduzione dell'impulso sono caratterizzate dal blocco cardiaco (parziale o totale) che può variare da un prolungamento del tempo di conduzione alla totale sospensione della stessa. Il blocco è causato da una interruzione dei tessuti del fascio di His (cicatrici, gomme, miomalacie, ascessi, tumori vedi ARMSTRONG, MOENCKEBERG,
SEGRE,
STAEMMLER,
WOHLENBERG, LLOYD), d a
difetti
congeniti
ioó
ORGANI
DELLA
CIRCOLAZIONE
del setto ( U H E R , HOFF), può essere anche di natura funzionale per es. per irritazione del vago. Le ricerche di BUECHNER, W E E S E , DIECKHOFF, H U L I E N E LI, K O R T H , SPANG, L I N D N E R , B A U E R , R E I N D E L L e H I L B I N G stabiliscono che nell'avvelenamento da digitale si osservano necrosi nel muscolo cardiaco ed anche nel S . d. C . , lo stesso reperto rilevò V E I T H dopo avvelenamento con adrenalina. Si parla di blocco di branca nell'interruzione nelle parti più basse del sistema (secondo MEISSNER per focolai mieloidi nei neonati) e blocco delle ramificazioni (quando le alterazioni giacciono nelle diramazioni subendocardiali del sistema delle fibre). Tutte queste anomalie del ritmo si possono rilevare in vita con l'E.C. G. Vedi più dettagliatamente in HOFF, che noi abbiamo seguito nelle esposizioni della sua Fisiologia e patologia clinica. L'interruzione del fascio di His si manifesta nella frequenza del cuore con un automatismo indipendente dei ventricoli e con battiti meno frequenti, mentre il blocco di branca e delle diramazioni si può diagnosticare solamente con l'È. C. G. Gli attacchi di Adam-Stockes, che consistono in un passeggero arresto del cuore con deliqui e crampi si manifestano per il fatto che nell'instaurazione di un blocco totale (conseguente ad uno parziale) l'automatismo del ventricolo non agisce tosto, ma dopo una fase preautomatica, dove manca ogni sistole, o per il fatto che persistendo il blocco totale cessa temporaneamente la formazione di stimoli nei ventricoli. Anche qui si trovano grossolane lesioni del S. d. C. (GERAUDEL: endoarterite delle coronarie e dell'arteria del nodo atrioventricolare; GRASBERGER: infiltrazioni infiammatorie in diverse parti del cuore, anche nel S. d. C.; in altri casi il reperto è completamente negativo (GERAUDEL e COELHO). È possibile una dissociazione incompleta, quando la propagazione degli impulsi è resa difficile per processi cicatriziali nella muscolatura o quando questa non è più atta a reagire normalmente. Anche in questi casi possono avvenire attacchi di ADAM-STOCKES, (tipo muscolare). Si parla del tipo neurogeno del Morgagni quando le cause sono extracardiali (vago, midollo allungato) (MOENCKEBERG). In complesso i reperti anatomici nel blocco cardiaco sono molto vari. Accanto a singoli casi molto chiari di interruzione del S. d. C. ce ne sono molti nei quali si è costretti a ritenere che non ci siano anatomicamente danni rilevanti. Non porta oltre neppure l'esame dei nervi extracardiaci. Necessitano di riesame le comunicazioni di A W D E J E W e dei suoi collaboratori come quelle di LASOWSKY nella sclerosi delle coronarie. Esposizione dettagliata in MAHAIM.
CUORE
I07
Se c o m e h a n n o d i m o s t r a t o MARTINI e SCKELL « di solito » nel c u o r e m o r e n t e d e l l ' u o m o s u b e n t r a p r i m a u n a paralisi del n o d o del s e n o
(fre-
q u e n z a del seno c h e c a l a ) , il n o d o a t r i o v e n t r i c o l a r e lo s o s t i t u i s c e n e l l a g u i d a fino c h e a n c h e q u e s t o c e d e e l ' a t t i v i t à c a r d i a c a c e s s a . Così il n o d o a t r i o v e n t r i c o l a r e s a r e b b e l ' u l t i m u m m o r i e n s .
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Io8
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A. MALATTIE DEL MIOCARDIO PER TURBE DELLA SUA
NUTRIZIONE
Miocardosi 1. A T R O F I A D E L
(1) MIOCARDIO
Si chiama atrofia quello stato in cui il cuore è rimpicciolito in toto, le sue fibre diminuiscono in larghezza (e lunghezza) e certamente anche di numero. Dunque macroscopicamente il cuore atrofico è rimpicciolito, il peso può calare fino a 100 gr. ( O V E R Z I E R 79, 69 gr.) nell'uomo adulto normale (peso normale nell'età media secondo R O E S S L E e R O U L E T per i maschi 318 gr., per le femmine 275 gr.). Le pareti dei ventricoli sono assottigliate, il lume normalmente ampio o leggermente dilatato. K I R C H descrive un «crollo» dei muscoli papillari specialmente a sinistra con accorciamento, restringimento ed assottigliamento dello spazio infrapapillare. Le coronarie hanno nei casi più notevoli di atrofia di solito un decorso tortuoso (specialmente quando un cuore ipertrofico è divenuto secondariamente atrofico) e sono troppo lunghe per il cuore divenuto piccolo. L'epicardio è ampio e rugoso, simile l'endocardio. Il colore del miocardio va di solito dal bruno chiaro a quello scuro, in caso di concomitante degenerazione adiposa colore della pelle del capriolo. Microscopicamente il segno più importante e costante è la sottigliezza delle fibre (senza o raramente con diminuzione di numero) e di regola senza compartecipazione del tessuto muscolare specifico ( T A W A R A ) . (1) Sotto il termine di miocardosi si devono elencare tutte le alterazioni anatomiche del muscolo cardiaco, che si instaurano per turbe locali o generali del ricambio.
109
CUORE
Negli stadi iniziali è chiaramente riconoscibile la striatura trasversale e la struttura fibrillare, più tardi può scomparire per l'insorgere di precipitati granulosi d'albumina o per omogeneizzazione o formazione di vacuoli (STATKIEWITSCH, MOENCKEBERG), atrofia
degenerativa.
Importanti sono le alterazioni del plasma che LINZBACH ha osservato nel cuore da fame. Constavano specialmente di edema delle fibre, che egli spiega in parte con l'ipoproteinemia (che invade presto tutta la fibra oppure una zona a forma di mantello) e nella scomparsa di fibre a focolai con passaggio in miociti (focolai da fame). LINZBACH parla di atrofia sdifferenziante. OVERZIER non ha osservato simili reperti, ma solo assottigliamento delle fibre. I nuclei prendono parte all'atrofia e sono spesso picnotici. Si avvicinano gli uni agli altri, non si rileva un aumento di numero. Discusso è il comportamento del pigmento. Siccome non scompare col citoplasma è indubbio che in molti casi ci sia un relativo aumento. BOEHMIG e i suoi collaboratori negano che ci sia un aumento assoluto (cfr. capitolo sull'istologia normale del muscolo cardiaco). Anche per KOBAYASHI l'atrofia non ha alcun influsso sul contenuto di pigmento. È per lo meno dubbio se si abbia il diritto di parlare di atrofia bruna. Pigmentazione ed atrofia sono per lo meno indipendenti una dall'altra. Per la disposizione dei granuli di pigmento vedi fig. 43. L'atrofia del cuore è un reperto normale nella vecchiaia (cfr. ASCHOFF il cosiddetto cuore piccolo dei vecchi). Se il peso medio del cuore dei vecchi frequentemente non solo non è inferiore, ma perfino maggiore di quello di uomini di media età, dipende dal fatto che malattie della circolazione di vario tipo hanno una grande importanza (per il cuore sinistro specialmente l'ipertonia, per il destro l'enfisema polmonare), conducono ad una ipertrofia della muscolatura che secondo il suo grado compensa o addirittura sorpassa l'atrofia per età (il cosiddetto cuore grande dei vecchi). Proprio nel cuore dei vecchi la pigmentazione è molto evidente. Perché anche se il pigmento compare nella più tenera età non esiste alcun dubbio che aumenti nella vecchiaia. (Vedi in WIDEROE la differente compartecipazione alla diminuzione di peso dei singoli organi nella vecchiaia e le tabelle di ROESSLE e ROULET). Un'altra causa dell'atrofia del cuore è la fame cronica specialmente quando nella nutrizione manca l'albumina e conduce alla cosiddetta malattia da edemi. Letteratura più vecchia presso LUBARSCH (Manuale delle esperienze mediche nella guerra mondiale di SCHJERNING), JAFFÉ e STERNBERG, BETTINGER,
HUELSE,
PRYM,
studi più recenti
di LINZBACH e
OVERZIER.
Ilo
ORGANI
DELLA
CIRCOLAZIONE
L'autore stesso ebbe modo di sezionare dopo la fine della guerra un gran numero di cadaveri che si trovavano all'estremo grado della cosiddetta distrofia. Il cuore era fortemente interessato alla generale scomparsa dei tessuti (specialmente del grasso e dei muscoli) cosicché non erano rari pesi di 200 gr. in soldati giovani e nell'età di mezzo. ( L I N Z B A C H ne descrive di quelli del peso di 134, 140 e 195 gr., O V E R Z I E R fino a 1 6 0 , simili sono i pesi di J A F F É , STERNBERG, BETTINGER e HUELSE). O V E R Z I E R parla di una media di 229 gr. che arrivano a 220-221 detratto il fattore edema. In questi cuori era specialmente impressionante la trasformazione gelatinosa del tessuto adiposo nello spazio subepicardiale, che non si trova così sviluppata nel cuore dei vecchi. La pigmentazione per lo più non era così imponente, specialmente se si trattava di uomini giovani (vedi in contrario L U B A R S C H ) . L'atrofia del cuore era alquanto minore in confronto degli altri organi, raggiungeva il massimo sviluppo nel tessuto adiposo, nella muscolatura dello scheletro, nel fegato e nella milza. Gli stadi più intensi di atrofia del cuore si trovano nelle gravi cachessie (in seguito a the, ca., dissenteria, suppurazioni croniche, anche nelle cachessie ormonali). K A U F M A N N accenna a pesi di 100-125 g r - IN donne fra i 18 e 48 anni affette da tubercolosi o carcinoma. O V E R Z I E R 79.6 gr. in un uomo di 45 anni affetto da tubercolosi. Simili reperti si trovano nel morbo di Addison ( D I E T R I C H e S I E G M U N D ) , nella cachessia di Simmonds o in altre forme di magrezza patologica. In genere non ci sono differenze tra l'atrofìa per età e quella osservata nell'inanizione o malattie cachettizzanti anche se la pigmentazione è più sviluppata nel cuore dei vecchi ed i gravi danni al parenchima sembrano insorgere specialmente negli stati dovuti alla fame. L'atrofia del cuore generalmente procede senza gravi turbe della funzione, però lo scarso adattamento nella vecchiaia, nella fame e nella cachessia può avere qualche influenza e condurre ad un certo grado di ipotonia. F A H R pensa che vi si possano riferire anche certi casi di morte improvvisa. B E R B L I N G E R e D U K E N , J O S H I D A e v. M E Y E N B U R G , descrivono una partecipazione del cuore alla distrofia giovanile progressiva muscolare, v. M U E L L E R non ha mai osservato nulla di simile. Vedi T R A U T M A N N sulle alterazioni del cuore nella miastenia grave pseudoparalitica e G U I Z Z E T T I nell'atassia di Friedreich.
CUORE
III
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2. R I C A M B I O D E L L E S O S T A N Z E A L B U M I N O I D I Nel rigonfiamento torbido o intorbidamento albuminoso del cuore il muscolo cardiaco assume un colore più chiaro, macchiato, grigio bruno, torbido ed una consistenza floscia, molle, alquanto fragile, facilmente lacerabile. Microscopicamente la forma dell'affezione si rileva chiaramente al microscopio solo nei preparati freschi e risalta meglio se i granuli vengono sciolti con l'aggiunta di acido acetico all'i % o di idrato di sodio o di potassio. Trattasi di granuli di albumina che sono sospesi nel citoplasma. È ignoto il processo che sta alla base del rigonfiamento torbido; non sappiamo se i granuli derivino da granuli preformati, da fusione di granuli di albumina che si trovano normalmente nella cellula, da rigonfiamenti, coagulazioni o smescolamenti a gocce. Siccome troviamo l'affezione specialmente nelle malattie infettive (sepsi, difterite, scarlattina, tifo), in avvelenamenti ed anemie di alto grado è da ammettersi che sia l'espressione di una lesione della cellula. Nella maggior parte dei casi il processo è reversibile, in altri significa il primo passo di un processo necrobiotico, che termina con la morte della cellula. (Notizie più dettagliate nei testi di patologia generale).
112
ORGANI
DELLA
CIRCOLAZIONE
Ci si d e v e g u a r d a r e d a l c o n f o n d e r l a con l'intorbidamento postmortale s e n z a r i g o n f i a m e n t o delle fibre e c o n f r a g i l i t à del m u s c o l o cardiaco. Q u e s t o rappres e n t a u n processo d i autolisi. N e l l a p u t r e f a z i o n e il m u s c o l o c a r d i a c o assume d i f r e q u e n t e u n colorito a m a c c h i e , t o t a l m e n t e t o r b i d o , b r u n o sporco, c o n c h i a z z e giallastre che r i c o r d a n o f o c o l a i d i degenerazione e possono c o n q u e s t i essere s c a m b i a t i . T r a t t a s i di bollicine di gas n o n riconoscibili ad occhio nudo, che p e n e t r a n o nel m u s c o l o c a r d i a c o a c h i a z z e . C o n t e m p o r a n e a m e n t e d i solito l ' e n d o c a r d i o c o n le v a l v o l e e l ' i n t i m a dell ' a o r t a assume u n colore rosso sporco che d e r i v a d a autolisi (imbibizione d i s o s t a n z a c o l o r a n t e del sangue). L e c a v i t à c a r d i a c h e possono sangue.
essere d i l a t a t e
p e r f o r m a z i o n e d i gas
nel
Fig. 38. Rigonfiamento vacuolare delle fibre muscolari cardiache al margine di un infarto anemico Uomo di 50 anni. Aut. N 527/1951. U n ' a l t e r a z i o n e d e l l e fibre m u s c o l a r i , o s c u r a n e l l a s u a e s s e n z a e n e l s u o significato, è la LIEBEGOTT,
degenerazione
Consta della deposizione paiono
basofila
(mucoide)
(HEWITT,
HAUMEDER,
UMEDA).
bluastre
di masse basofile nel s a r c o p l a s m a , che
nella colorazione
con
ematossilina,
fortemente
ap-
positive
n e l l a c o l o r a z i o n e p e r il g l i c o g e n o e c h e si r e n d o n o b e n e e v i d e n t i c o n l a c o l o razione p e r inclusi di FEYRTER
(SCHOEN, ELSTER).
F E Y R T E R e SCHOEN p e n s a n o c h e si t r a t t i d i s o s t a n z e l i p o i d i o l i p o p r o t e i n i c h e ( c i a n o c r o m a t o s i ) , LINZBACH e DOERR d i s o s t a n z e s i m i l i a l l ' e p a r i n a .
113
CUORE
Non si può affermare se si tratti di reperti normali o di segni di turbe del ricambio. DOERR la trovò nel 38 % del suo materiale di sezione. Il suo aumento sembra che sia caratteristico per il cuore da mixedema (SCHULTZ, W . DIETRICH, DOERR e HOLLDACK, FISHER e MULLIGAN,
BREWER).
Molto simile al rigonfiamento torbido è la degenerazione vacuolare e la necrosi a zolle delle fibre muscolari. Nella prima osserviamo nel sarcoplasma delle c a v i t à ripiene di un liquido che non si colora e che s'ingrossano per confluenza.
Cfr. fig. 38. Forte
ingrandimento.
L'alterazione può apparire nel sistema muscolare specifico ed in quello contrattile insieme a sfacelo delle fibrille e degenerazione dei nuclei (MÒNCKEBERG).
Nella genesi di questo fenomeno ha grande importanza l'assorbimento abnorme di acqua nell'albumina del sarcoplasma. Sembra che tali formazioni di vacuoli siano molto frequenti nella deficienza a c u t a di ossigeno (MARTIN, LOEWENHART
e
BUNTING,
PICHOTKA,
MUELLER
e
ROTTER,
KETTLER,
GRUNDMANN).
I rapporti con la mancanza di ossigeno sono più evidenti al margine di infarti cardiaci recenti, dove le fibre muscolari non ancora completamente necrotiche mostrano uno spiccato rigonfiamento vacuolare (figg. 38 e 39). Si osserva anche nel cuore di ammalati di Beri-Bcri assorbimento di acqua 8 —
KAUFMANN I
ORGANI DELLA
II4
CIRCOLAZIONE
e rigonfiamento delle fibre, che portano a sarcolisi e a distruzione delle fibrille ( W E N C H E B A C H , D U E R C K , S C R I B A e L U C K N E R ) . Nella necrosi a zolle si osservano le fibre tramutate a tratti in masse non omogenee, senza alcun disegno, dove le zolle si ammassano le une sulle altre in forma irregolare. L'alterazione è simile alla degenerazione di Z E N K E R nella muscolatura dello scheletro e consiste in una coagulazione del sarcoplasma, che incomincia col disfacimento delle fibrille. Si osserva più di frequente nella difterite e nelle altre malattie infettive e si sviluppa spesso con deposito di sostanze adipose e reazione infiammatoria del connettivo. (Vedi muscolo cardiaco nelle malattie infettive). Si possono osservare tipici aspetti dello sfacelo a zolle anche ai margini di infarti cardiaci. Sembra che anche i raggi Roentgen possano portare a gravi alterazioni delle fibre del muscolo cardiaco per scomposizione di sostanze albuminoidi ( B A R T S C H e W A C H N E R , E N G E L M A N N , K A R L I N e M O G I L N I T Z K Y ; contrari RATING
e
PARADE).
Degenerazione amiloide del muscolo cardiaco (Paraamiloidosi) (cfr. Endocardio). Generalmente il cuore non prende parte alla solita amiloidosi generalizzata. Il deposito di sostanze amiloidi interessa tutt'al più le pareti dei piccoli rami delle coronarie. Molto più frequente è la sua compartecipazione nella cosiddetta paraamiloidosi, nella quale manca una malattia fondamentale che conduce a questa alterazione del ricambio e che lascia indenni gli organi che nell' amiloidosi generalizzata sono fortemente colpiti (capsule surrenali, milza, reni, fegato) e dove le reazioni per le sostanze amiloidi non riescono così regolarmente positive. Specialmente degni d'osservazione sono i casi nei quali l'amiloidosi del cuore è il reperto principale e può esserne l'unica localizzazione e domina anche il quadro clinico (insufficienza cardiaca). Dei lavori più recenti siano ricordati quelli di L U B A R S C H , W A R R E N , BROCHER, EKLUND, MAYER,
FERRIS, B U D D , P E R L A e GROSS, K A I W I N , R E I M A N N e K O U C K Y e BINDFORD,
v.
MEYENBURG,
BALLINGER,
MERKEL,
OBIDITSCH-
CORNELIUS.
Nel caso di R O L L E R è sottolineata in modo particolare l'insufficienza cardiaca, in quello di B U D D non si rilevarono sintomi clinici ad eccezione di un blocco parziale del cuore, secondo E I S E N il 5 4 % dei casi dava segni di attività cardiaca alterata. Secondo la statistica di L I N D S A Y il cuore di 43 casi venuti alla sezione era in 39 affetto da paraamiloidosi. La paraamiloidosi del cuore si diagnostica di frequente macroscopicamente. Il cuore può essere notevolmente ingrandito. In un caso osser-
CUORE
"5
vato dall'autore il cuore di un uomo di 70 anni pesava 500 gr.; nei casi di KALBFLEISCH 530, 460 e 300
gr.
La consistenza molto dura e gommosa del muscolo è simile a quella dell'ipertonia genuina. (E' facilissimo confonderlo col cuore degli ipertonici, solo il muscolo appare di aspetto vitreo, quasi trasparente). I depositi sono occasionalmente in forma di basse placche sull'endocardio, specialmente sugli atri, (così anche nel caso dell'autore), oppure conducono ad un inspessimento diffuso delle valvole cardiache, che divengono rigide e si
Fig. 40. Paramiloidosi
del muscolo cardiaco (cfr. fig. 10). Deposizioni di paramiloide nell'interstizio. Atrofia delle fibre muscolari. (Altre fibre ipertrofiche).
muovono con difficoltà. I depositi si trovano in massima parte nel connettivo del cuore, le fibre non sono quasi intaccate, ma mostrano un'atrofia dovuta ad un difetto di circolazione dei capillari (fig. 40). Si trova paraamiloidosi sull'endocardio, epicardio, sulle pareti delle coronarie e non di rado sulle pareti della polmonare e dei suoi rami e nella cava
(BUDD).
Col cuore sono occasionalmente affette parti della muscolatura dello scheletro e di organi (per es. lingua, come nei casi di ROLLER, BALLINGER e dell'autore), delle labbra (KOLETZKY e STECHER), la parete intestinale, i polmoni (osservazione personale) ed altri tessuti del mesenchima (il midollo osseo in ROLLER).
I IÓ
ORGANI
DELLA
CIRCOLAZIONE
I « tipici organi nei quali si riscontra la degenerazione amiloide » sono di solito indenni o mostrano lievi depositi nelle pareti dei loro vasi. Le alterazioni cardiache che si osservano in vita dipendono secondo BALLINGER da disturbi della circolazione dei capillari, da depositi nelle valvole del cuore, nei rami delle coronarie, da riduzione del lume delle arteriole dei polmoni (Cor pulmonale), da depositi nell'endocardio e nel pericardio. L a paraamiloidosi (anche quella del cuore) è sempre l'espressione di una paraproteinemia, anche se il rapporto tra plasma e sostanze albuminoidi non mostra deviazioni sostanziali. L a teoria di APITZ che si tratti di proliferazioni di cellule plasmatiche non è sostenibile dopo i casi pubblicati nella recente letteratura (cfr. DAHLIN, ENGEL c o n r e p e r t i p o s i t i v i , v . MEYENBURG, HOFFMANN-EGG, L A A S , O B I D I T S C H - M A Y E R , CORNELIUS c o n r e p e r t i Vedi
in
WUHRMANN,
HEGGLIN,
negativi).
SCHNEIDER,
LOTTENBACH
e
WUHR-
MANN notizie più esaurienti sulla miocardosi nella disproteinemia ed altre alterazioni del ricambio generale. Non si fa qui speciale menzione dei depositi ialini. Essi si trovano tanto nell'endocardio quanto principalmente nel connettivo intermuscolare dopo processi infiammatori che portano a cicatrici. Nel capitolo reuma vengono trattati il rigonfiamento fibrinoide e la fase della cicatrizzazione e degenerazione ialina di noduli reumatici susseguente ai granulomi. Che anche processi non infiammatori possano portare ad una degenerazione ialina lo mostrano le alterazioni negli apici dei muscoli papillari, nei quali nella vecchiaia (specialmente nell'atrofia del cuore per senescenza) regolarmente si osserva la scomparsa della muscolatura e la sostituzione con tessuto connettivo ialino, che spesso è invaso da depositi di grasso. Le alterazioni si possono elencare in quel gruppo che troviamo di solito nel corpo nei cosiddetti tessuti braditrofi e si associano ad una trasformazione del loro stato colloidale, la Hysteresis. Tra le alterazioni del ricambio delle sostanze albuminoidi devono essere annoverati anche i depositi di urati nel muscolo cardiaco, come sono s t a t i d e s c r i t t i d a BROGSITTER e B U N I M c o n
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CUORE
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3. R I C A M B I O D E G L I I D R A T I DI C A R B O N I O Il contenuto di glicogeno del muscolo cardiaco è variabile e può calare di circa il 90 % per contrazioni postmortali già 1 minuto dopo la morte (GRUNKE, SCHUMANN, BOEHM) e venire così fortemente ridotto per lisi pure post mortale, che non è possibile dire se uno scarso contenuto sia patologico. Pare che il contenuto di idrati di carbonio sia generalmente più alto nel lattante che nell'adulto (BLUME), nel cuore ipertrofico è relativamente basso
(COSTA).
È certo che il glicogeno scompare negli stati di inanizione e che le
118
ORGANI DELLA
CIRCOLAZIONE
fibre del S. d. C. possono distinguersi per il contenuto più elevato (BERBLINGER) o sono interessate dalla sua scomparsa (MOENCKEBERG). È una questione ancora da discutersi se un tale calo sia importante per il cedimento del cuore, come per es. ammette BOMSKOW per la morte timica e che spiega con l'aumentata quantità di ormone timico che viene immessa nella circolazione. MEESSEN trovò omogenizzazione delle fibre cardiache con passaggi in necrosi negli animali trattati con shock da insulina se sopravvivevano almeno 24 ore e la spiega con alterazioni del ricambio provocate dal farmaco. I risultati vengono convalidati da TANNENBERG che accenna alla scomparsa del glicogeno. Analoghe
esperienze
di NEGRI, HADORN
e WALTHARD
riuscirono
ne-
gative. Anche se i risultati di MEESSEN e TANNENBERG venissero ulteriormente convalidati ciò indicherebbe che il glicogeno è per il muscolo cardiaco non solo fonte di energia, m a che ha anche importanza per la conservazione della vita delle cellule. AKERT, che durante una cura con shock da insulina seguita da morte, osservò un'estesa lisi del sarcolemma del muscolo cardiaco e la definì «miocardosi da insulina», crede sia la conseguenza di uno stato di esaurimento del sistema endocrino secondo SELYE. PUTSCHAR dimostrò con l'esempio di una bambina di 13 settimane che il muscolo cardiaco può essere affetto da tesaurlsmosi da glicogeno (v. GIERKE) e che questo processo può avere una parte preponderante. POMPE, KIMMELSTIEL, ANTOPOL, HEILBRUNN CTUCHMAN, HUMPHREYS e KATSUGI, HERTZ e JECKELN,
K.
WOLFF, ESSER
e
SCHEIDEGGER
riferi-
scono su casi simili. L a cosiddetta ipertrofia idiopatica è indubbiamente da riferirsi nella maggior parte dei casi ad una tesaurismosi da glicogeno (v. CREVELD, v . CREVELD
e v.
d.
LINDE,
FINKELSTEIN,
JONXIS).
Per depositi locali di glicogeno possono avvenire formazioni di noduli, che prima si consideravano come rabdomiomatosi (OHLSEN e COOPER, KIDDER), m a con ciò non si intende affatto mettere in discussione la natura tumorale dei rabdomiomi. Nulla di concreto è conosciuto sulle cause della malattia in generale e su quella del cuore in particolare. SIEGMUND pensa in primo luogo ad alterazioni neurovegetative, che si accompagnano a quelle degli ormoni e dei fermenti. È strano che il glicogeno nella tesaurismosi è così legato alle cellule degli organi che non si diffonde od almeno in minima parte nei mezzi di fissazione acquosi, mentre normalmente non è presente nei preparati fissati con formalina.
CUORE
119
Fig. 41. Tesaurismosi glicogenica del cuore. Fibre muscolari in sezione trasversale. Colorazione ematossilina-eosina. Bambina di 5 mesi e mezzo. Peso del cuore gr. 125. Aut. N. 84/1951.
Tesaurismosi
Fig. 42. glicogenica del cuore (cfr. fig. 41). Fibre muscolari in sezione longitudinale. Colorazione del glicogeno nella sezione in paraffina.
120
ORGANI
DELLA
CIRCOLAZIONE
Nella tesaurismosi da glicogeno le fibre muscolari sono notevolmente dilatate. Sembrano dei grossi tubi con cavità centrale, ma con striatura trasversale chiara e sarcolemma disegnato nitidamente. Il glicogeno giace nel sarcoplasma in masse enormi, in gocciole piccole e grandi. L a sua massa totale può raggiungere più del 30 % della sostanza secca (WOLFF). Il S. d. C. può esserne fortemente colpito (WOLFF). Il peso del cuore è notevolmente aumentato nei casi conclamati. Di regola nei lattanti del primo mese raggiunge i 100 gr., m a in una bambina di 8 mesi 260 gr. (HUMPHREYS e KATSUGI). L'autore osservò un caso di tesaurismosi da glicogeno che aveva colpito il cuore di una bambina di 5 1/2 mesi con un peso di 125 gr. (Aut. N 84/51) (vedi le figg. 41 e 42). Anche in questo caso nulla si poteva dire della sua origine. Il sistema endocrino anatomicamente era normale. Forse le isole di Langerhans nel pancreas erano un po' ingrandite (cfr. S I E G M U N D ) , ma questa alterazione si deve spiegare come manifestazione di reazione e non come lesione primaria. Non si trovarono più grossolane alterazioni del ricambio delle fibre del muscolo cardiaco (specialmente degenerazioni adipose) come anche nei casi descritti nella letteratura.
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121
CUORE
4. R I C A M B I O D E L L E S O S T A N Z E
LIPIDICHE
Anche nel muscolo cardiaco, come nel fegato, esistono certamente delle relazioni tra contenuto di glicogeno e grasso nelle fibre con una certa regola dell'esclusione reciproca anche se non soggetta a leggi ben definite. Con ciò non si afferma che il grasso derivi dal glicogeno ( B E R B L I N G E R ) . Si deve rispondere negativamente alla domanda se il grasso depositato nslle fibre del muscolo cardiaco in forma di goccie sia in ogni caso da interpretare come un reperto patologico ( A S C H O F F , H O F B A U E R , E Y S E L I N , P U P K O ) e ciò vale per il neonato. W E G E L I N trovò nel muscolo cardiaco di un suicida adulto e sano, come negli animali macellati ed in quelli di laboratorio, un notevole contenuto di grasso, che egli riferì ad uno stato di ingrassamento. Però tali reperti sono da considerarsi come eccezionali. Generalmente il muscolo cardiaco di un uomo normale (che perde la vita per un infortunio) è libero istologicamente da grasso dimostrabile. Dobbiamo quindi cercare dei motivi speciali che spieghino la presenza di grasso nelle fibre, che si rende evidente con la colorazione col Sudan III, rosso scarlatto, acido osmico, che dà la reazione dei lipoidi col solfato di bleu Nilo secondo C I A C C I O O SMITH DIETRICH.
.
Dalle ricerche di B O R C H E R risulta che il muscolo cardiaco può contenere sostanze adipose, anche se le reazioni istologiche risultano negative, e che si rendono evidenti se si impiegano mezzi che sciolgono l'albumina (fanerosi del grasso). Similmente si può spiegare la reazione di colore rosso bruno sporco delle fibre col Sudan III o rosso scarlatto, che si osserva frequentemente nei cadaveri fortemente putrefatti (autolisi, analogamente nei reni e nel fegato). Però non si osserva la comparsa di sostanze grasse in forma di granuli o goccie. M O E N C K E B E R G perciò distingue un grasso stabile, possibilmente legato all'albumina, ed uno labile, che deriva dal nutrimento. Una degenerazione grassa dimostrabile può quindi in via di massima avvenire per deposizione dall'esterno o per fanerosi. Macroscopicamente nelle gravi degenerazioni adipose le fibre del muscolo cardiaco appaiono dapprima a macchie, poi colorate diffusamente di giallo, senza che di regola la loro distribuzione sia uniforme. Secondo G O E B E L le parti affette dalla degenerazione adiposa giacciono sotto l'epicardio e l'endocardio molto vicino al tessuto interstiziale sia connettivo che grasso. Le macchie formano spesso un disegno delicato che è visibile specialmente nelle trabecole e nei muscoli papillari in forma di linee a zigzag trasversali alla direzione delle fibre (figure di fulmini, di muro disegnato a strisce, di pelle di tigre).
122
ORGANI DELLA
CIRCOLAZIONE
Negli stadi più avanzati di degenerazione adiposa il muscolo cardiaco diviene floscio, fragile, di colore dal grigio torbido al giallastro, ciò che dipende anche dal grado dell'anemia concomitante. Frequentemente le cavità del cuore sono dilatate e le loro pareti assottigliate. Se contemporaneamente esiste atrofia con un forte contenuto di pigmento si osserva un colore bruno come la pelle del capriolo. Meno evidente è la modificazione della consistenza nel cuore infantile. Microscopicamente appaiono nelle fibre cardiache dapprima granuli o gocciole di grasso neutro fortemente rifrangenti isolati e poi in numero sempre
S t e a t o s i a piccole
F i g . 43gocce (sotto) e deposizione di lipofuscina nel muscolo c a r d i a c o .
maggiore, che alla fine possono mascherare la striatura e i nuclei. I granuli in principio mostrano un disegno parallelo in file, tanto in senso longitudinale che trasversale (stadio incipiente) (fig. 43). L a disposizione trasversale va sempre più perdendosi (stadio più avanzato), mentre una disposizione longitudinale resiste più a lungo. Nello stadio terminale scompare ogni disegno e le gocciole sono arrivate alle massime dimensioni e possono raggiungere quelle di un corpuscolo rosso o bianco. Quasi mai le fibre sono degenerate in tutta la loro lunghezza, almeno negli stadi iniziali, spesso solamente per brevi tratti che possono essere delimitati dalle linee cementanti.
CUORE
123
Ciò significa che nelle fibre esistono certe unità di nutrizione simili a cellule. Se nel caso specifico non possiamo sempre escludere assolutamente una fanerosi del grasso, dobbiamo però ragionevolmente ammettere che nella pluralità dei casi (specialmente in quelli senza gravi alterazioni del ricambio delle sostanze albuminoidi) un accumulo di goccie di grasso nel muscolo cardiaco istologicamente rilevabile avviene per apposizione dall'esterno, dunque una cosiddetta infiltrazione adiposa. In genere si rigetta l'ipotesi di una metamorfosi del grasso dall'albumina del sarcoplasma (VIRCHOW). Però LINZBACH trovò recentemente vacuoli delle fibre del cuore che contenevano, oltre che grassi neutri, anche un miscuglio di sostanze albuminoidi e lipoidi. Egli osservò nella « degenerazione vacuolare » il fenomeno dell'espulsione dei vacuoli nel tessuto interstiziale. Mentre secondo KREHL e ORGLER il muscolo cardiaco normale ha un contenuto di grasso di circa l ' u % di sostanza secca, questo può crescere fino al 26 % per es. nell'intossicazione da fosforo (KREHL, vedi studi più recenti
di DIBLE
e
GERRARD).
In quali condizioni osserviamo gravi degenerazioni grasse del muscolo cardiaco? 1) Nelle anemie gravi (perdite di sangue croniche, emolisi, ricambio del sangue insufficiente, malattia di Biermer, manifestazioni parziali di una leucemia o di gravi lesioni del midollo). 2) Negli stadi terminali di gravi ipertrofie cardiache con insufficienza, indifferentemente se questa sia la conseguenza di un vizio cardiaco, di un'ipertonia, di una cifoscoliosi, di una silicosi (MASSHOFF), di un enfisema polmonare. 3) Nelle gravi sclerosi delle coronarie anche se non arrivano a necrosi locali. 4) Negli avvelenamenti da fosforo, arsenico, cloroformio, alcool, funghi, negli stadi di distrofia acuta del fegato, negli stadi terminali del diabete mellito. 5) Nelle malattie infettive, specialmente difterite, scarlattina, sepsi combinate spesso con rigonfiamento torbido, degenerazione vacuolare, necrosi a zolle delle fibre. 6) Negli stati di mancanza di ossigeno generale o locale sia nell'esperimento di sottopressione, nell'avvelenamento da ossido di carbonio o al margine di infarti del muscolo cardiaco (BUECHNER, ROSIN, ULBRICH). Dunque tre cause sono importanti: a) maggiore afflusso di sostanze lipoidi come si osservano specialmente nelle lipemie che accompagnano gli avvelenamenti sopra accennati (fosforo) (cfr. fegato).
124
ORGANI
DELLA
CIRCOLAZIONE
Forse in questi casi vi prendono parte alterazioni del contenuto di fermenti delle fibre muscolari, che portano alla scomparsa del glicogeno in seguito all'impossibilità della sua sintesi, poiché l'ingrassamento puro dall'esterno non è capace di produrre gradi notevoli di degenerazione adiposa anche se se ne osservano di quelle più lievi (cfr. W E G E L I N ) . b) Afflusso insufficiente di ossigeno in seguito ad anemia, soppressione dell'ossigeno da parte dell'ossido di carbonio, insufficienza delle coronarie. Secondo R I B B E R T si spiega probabilmente in questo modo il disegno a macchie nella degenerazione adiposa che quei tratti delle fibre che soffrono nella loro alimentazione di ossigeno (e che giacciono in prossimità delle branche venose dei capillari) sono i primi ad essere invasi dalla degenerazione adiposa. BOEHMIG ha accennato al significato della funzione muscolare per il disegno della degenerazione adiposa. Anche qui è ben chiara l'importanza dell'insufficiente apporto di 0 2 . c) Danni tossici delle fibre muscolari con interessamento della formazione dei fermenti (nella difterite ed altre malattie da infezione e parecchi avvelenamenti) dove spesso la steatosi è solo una fase nel decorso della regressione necrobiotica delle fibre. È chiaro che i tre fattori possono combinarsi in maniera mutevole. La parte principale probabilmente è assunta dalla mancanza di ossigeno, che promuove la cosiddetta ritenzione di grasso. Al contrario è certamente rara una degenerazione adiposa per afflusso maggiore dello stesso. La forma tossica descritta sotto la lettera c si deve considerare da sola ed in modo principale come degenerazione adiposa, perché si tratta di alterazioni irreversibili, che si associano a gravi lesioni della funzione e conducono alla morte della cellula. Forse proprio per questa forma ha importanza la fanerosi del grasso, che si accompagna a gravi danni nel ricambio delle sostanze albuminoidi. A questo gruppo appartiene anche la malattia di Winkel dei neonati, la quale conduce all'esito con manifestazioni di cianosi, emoglobinemia, ittero e collasso ed anatomicamente si trova una grave steatosi del fegato e del muscolo cardiaco. La malattia viene fatta risalire generalmente ad infezioni (Bact. coli?). Anche nella malattia di Buhl dei neonati, nella quale il sintomo principale è la cianosi, si tratta certamente di una infezione settica che parte dall'intestino (LUCKSCH) O dall'ombelico ( R O E T H L E R ) . Il significato della steatosi del muscolo cardiaco consiste meno nel fatto che il contenuto di grasso danneggia le cellule, quanto nel fatto che essa è piuttosto un segno morfologico di una alterazione della nutrizione che interessa la funzione delle fibre muscolari e minaccia la loro vita,
CUORE
125
sia che manchi la sostanza principale per la vita, l'ossigeno, sia che non possa essere utilizzata per turbe dei fermenti. Il cuore non partecipa quasi mai ali 'adiposità generale con inclusione di gocciole di sostanze grasse nelle fibre, m a con aumento dell'adipe situato sotto l'epicardio, stato che noi chiamiamo adiftositas cordis 0 lipomatosi 0 « cuore grasso ». Il cuore in individui muscolosi e grassi è di frequente ingrossato (fino a tre volte più del normale), mentre in individui con muscolatura debole è per lo più piccolo.
l'ig. 44Lipomatosis
cordis. Fasci muscolari del ventricolo destro allontanati l'uno dall'altro dal tessuto adiposo. Donna di 73 anni. A u t . N. 95/1951.
Il tessuto adiposo copre il cuore dall'esterno, specialmente a destra, al margine destro ed all'apice in forma lipomatosa a lobi, con uno spessore da 0.5 a 1.5 cm., penetra tra i fasci e le fibre muscolari specialmente a destra (fig. 44) e nel massimo sviluppo è visibile perfino sotto l'endocardio, dove può formare piccoli lobuli lipomatosi o piccole striscie longitudinali e protuberanze. Tali reperti si trovano anche in cadaveri non grassi senza penetrazione dall'esterno. Nei bevitori si osserva di frequente adipositas cordis con infiltrazione grassa del fegato (FAHR).
I2Ó
ORGANI D E L L A
CIRCOLAZIONE
La funzione cardiaca infine può soffrire in seguito a questa invasione di grasso attorno e dentro al cuore, perché la pressione costante del grasso sui muscoli che attornia e secondariamente l'azione cardiaca resa difficile dalla zavorra dell'adipe conducono all'atrofìa delle fibre ed all'insufficienza cardiaca. Il grande cuore adiposo può mantenersi a lungo funzionante per l'ipertrofia di compensazione del suo muscolo valido, ma se diventa insufficiente troviamo o nessuna alterazione anatomica o una sclerosi delle coronarie che non di rado è concomitante col cuore adiposo (cfr. H I R S C H ) . Ad ogni perito settore esperto è noto ( P A S Q U A L I , S A P H I R e C O R R I G A N ) che l'adiposità del cuore può portare alla morte in brevissimo tempo, in ogni contingenza congiunta con un'attività più intensa (corsa sfrenata, pressione addominale, forte riempimento dello stomaco) come nella somministrazione di narcosi cloroformica. Se i cuori impregnati di adipe sono atrofici o se le fibre sono ripiene di gocciole adipose la parete può divenire fragile e friabile in sommo grado, cosicché in una repentina sollecitazione dell'attività cardiaca (eccitazioni, conati di vomito, tosse, movimenti muscolari esagerati) od anche senza queste cause, perfino nel sonno, può succedere in singoli casi una mortale rottura del cuore (DONAT). Il posto della rottura di solito è irregolare, frastagliato ed a brandelli e ciò si spiega per la contrazione di un muscolo composto di un sistema di fibre intrecciate in un modo così complicato. Il grasso sotto il pericardio viscerale è fortemente ridotto negli stati di inanizione generale e nelle gravi cachessie e tramutato spesso in una massa di tessuto trasparente come il vetro impregnata di liquido (atrofia gelatinosa del tessuto adiposo). Più evidentemente ciò si osserva nella fame cronica con edemi (malattia da edemi), ma anche nel carcinoma, tubercolosi e nei casi di magrezza di origine ormonica o nervosa. In questi casi il cuore è atrofico, di colore bruno chiaro o scuro (cfr. atrofia). Il cuore atrofico in casi molto più rari e nella magrezza generale può essere avvolto da uno spesso involucro di grasso (come troviamo in casi simili nei reni). Che il cuore possa essere compromesso nelle alterazioni generali del ricambio delle sostanze lipoidi si rileva dagli studi sulla xantomatosi generale (vedi W O L F F , F R A N Z , S I E G M U N D ) . Però, nelle fibre muscolari non si trovano depositi di colesterina, ma solo nell'endocardio, nelle valvole, nell'epicardio e nelle pareti dei vasi. Sulle alterazioni del cuore nelle tesaurismosi, vedi G I A M P A L M O .
127
CUORE
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5. R I C A M B I O D E L L E S O S T A N Z E
MINERALI
a) Calcificazioni si osservano nel muscolo cardiaco in due forme, calcificazione distrofica e metastasi di calcio. aa) L a calcificazione distrofica compare nel modo più evidente nei vecchi infarti del cuore. Le masse calcaree possono raggiungere una estensione tale che vaste parti della parete di un ventricolo sono trasformate in una corazza. Così l'autore osservò in un uomo di 43 anni una piastra calcarea di cm.5:3 nella parete anteriore del ventricolo destro. Microscopicamente in questa zona non si poterono più constatare fibre muscolari. Le masse calcaree erano circondate da un tessuto connettivo povero di cellule con degenerazione ialina, che evidentemente era da considerarsi territorio di cicatrizzazione di un infarto in via di organizzarsi. L'arteria coronaria destra era occlusa da un vecchio trombo. Strano che non si fossero riscontrate alterazioni funzionali rilevanti e perfino che l'E.C.G. non avesse scoperto reperti patologici (però senza la derivazione della parete del torace) (cfr. fig. 54 pag. 150). Casi simili di calcificazione massiccia sono piuttosto rari.
128
ORGANI
DELLA
CIRCOLAZIONE
BROWN ed EVANS a v e v a n o raccolto nella letteratura nell'anno 1940 14 casi, ai quali ne aggiunsero uno di osservazione personale. Nella maggior parte vi era un'occlusione della coronaria — altre osserv a z i o n i f u r o n o f a t t e d a MARTENS, Y A T E R e CORNELL, BISHOP e ROESLER, SCHOLZ, H I R S C H B O E C K ,
EDELSTEIN
BLACKFORD, HEWITT,
REDFEARN.
Secondo BREAN, SOSMAN e SCHLESINGER dovrebbero trovarsi calcificazioni nel 10 % di t u t t i i vecchi infarti del cuore (secondo le esperienze dell'autore il calcolo è troppo elevato). Gli autori riferiscono su 14 casi da loro osservati con u n ' e t à media di 63 anni. Nelle masse calcari occasionalmente formazione di osso (FINESTONE e
GESCHICKTER).
Oltre a queste calcificazioni degli infarti grossolani ce ne sono di quelle a piccole macchie, che si staccano dal colorito rosso bruno della muscolatura come chiazze giallo torbide, rotonde od allungate (KOESTER, B . FISCHER, HEDINGER, PAPPENHEIMER,
HART).
Anche in queste la base era la necrosi della muscolatura, m a solo di singole fibre o gruppi di fibre specialmente sotto la forma della necrosi a zolle. CEELEN le ha osservate anche nel sistema muscolare specifico ed in forma più grossolana le descrisse HINRICHSMEYER. B. FISCHER le osservò negli i m m a t u r i (accanto a lesioni dell'endocardio) e le considerò residui di flogosi fetale. Però si trovano anche senza segni di infiammazioni pregresse MUELLER,
(H.
DIAMOND).
Veleni che danneggiano le fibre cardiache possono avere un'importanza c a u s a l e , p e r es. il p i o m b o
(LANGERHANS), il s u b l i m a t o (TILP, R U E T T E R ) , i
veleni batterici (B. FISCHER, OHEIM, difterite). MOENCKEBERG dà un quadro di calcificazione del cuore a piccole macchie nella colecistite ulcerosa. bb) Nelle metastasi di calcio osserviamo occasionalmente depositi a piccole macchie in quei processi che decorrono con aumento del livello del calcio nel sangue (accanto a depositi di calcio nei polmoni, mucosa dello stomaco, reni, pareti dei vasi). Le malattie dei reni vi hanno un'importanza speciale (GOSE e ARONS in 13 casi 12 positivi; vedi inoltre SIEBENMANN, M. B. SCHMIDT, HEDINGER, ROESSLE,
BOLMAN).
Sono inclini a metastasi di calcio specialmente quei casi nei quali contemporaneamente si notano malattie dello scheletro (gotta da calcio, M.
B.
SCHMIDT).
Occasionalmente ARONS,
HERZENBERG,
ha importanza l'eccesso di vitamina
D
(GOSF. e
WAGNER).
L'autore osservò un caso di calcificazione a piccole chiazze del muscolo cardiaco (accanto ad estese calcificazioni della mucosa dello stomaco, dei reni e del sistema dei vasi) in una donna dell'età di circa 60 anni con osteodistrofia
CUORE
129
fibrosa generalizzata ed imponente iperplasia adenomatosa di tutte e quattro le paratiroidi. Come mostra la fig. 45 i granuli di calcio (colorati in nero col nitrato d'argento secondo K O S S A ) giacciono in file longitudinali nel sarcoplasma, come similmente fu dimostrato per i granuli di grasso. Le fibre muscolari sembravano del tutto indenni, nessun segno di sfacelo necrobiotico. Macroscopicamente le calcificazioni si riconoscevano come macchie giallo sporche, che ricordavano focolai di degenerazione grassa. (Notizie più dettagliate nella dissertazione di B U S C H M A N N , M Ü N S T E R 1949). S P I E G L riferisce su calcificazioni del muscolo cardiaco nei pulcini di anitra.
Fig- 45Metastasi calcari nelle fibre muscolari cardiache nell'osteodistrofia fibrosa generalizzata con grandi formazioni adenomatöse delle paratiroidi. Reazione del calcio secondo KOSSA. Donna di anni 60. A u t . N. 182/1948.
fj) Ricambio del ferro. — Nell'emocromatosi si trova come reperto frequente nelle fibre del muscolo cardiaco un pigmento che contiene ferro (PREISWERK,
DOERR).
In singoli casi accanto a processi di distruzione delle fibre cardiache con accrescimento lussureggiante del tessuto connettivo, alterazioni che ricordano la cirrosi pigmentaria (OSWALD, STROEDER, TUCKER, MOSS e WILLIAMS). LAUBRY definisce questa malattia come miocardio.. L a scuola francese spiega la sua genesi come dovuta a fattori endocrini (Syndrome endocrino-hepato-myocardique, Letteratura presso DONZELOT, DE G E N N E S 9 —
KAUFMANN
I
e GERMAIN,
H.
DE BALSAC
e
VANDOUR).
i3o
ORGANI
DELLA
CIRCOLAZIONE
SCHULZE-BUSCHOFF, SPANG e STOLLREITER distinguono una deposizione primaria di ferro con secondaria lesione muscolare come « degenerazione rugginosa » e una degenerazione primaria con secondaria deposizione di ferro come « arruginimento degenerativo ». Obbiezioni contro in DOERR. È respinta la tesi di una turba endocrina. GRUNDNER-CULEMANN riferiscono su gravi danni del muscolo cardiaco conseguenti a mancanza di calcio nella nutrizione (edema delle fibre, sfacelo a zolle con passaggio in necrosi e calcificazione).
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YATER
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CORNELL,
CUORE
6. MANCANZA DI OSSIGENO (Vedi capitolo sull'infarto
cardiaco a fiag. 136)
7. MUSCOLO CARDIACO N E L L E T U R B E ORMONALI Nel Morbo di Basedow ed altri gozzi con ipertiroidismo si osserva oltre ad un'ipertrofia del muscolo cardiaco degenerazione adiposa a chiazze delle fibre ed infiltrazione di cellule rotonde nel tessuto interstiziale, che da F A H R e R I E D E R vengono attribuite ad un fatto infiammatorio. L'insufficienza cardiaca nel morbo di Basedow viene spiegata da F A H R coi reperti sopra accennati. G O O D P A S T U R E , G O O D A L L con R O G E R S , L E W I S , W E G E L I N convalidano i reperti di F A H R , anche se in ogni caso singolo l'intensità delle alterazioni era molto varia. B O Y K S E N osservò nel cuore di 25 soggetti affetti da morbo di Basedow, nei quali nessun altro motivo sussisteva per una insufficienza cardiaca, in 20 processi degenerativi per lo più associati a formazione di cicatrici, in 13 infiltrazioni di linfociti. Anche Loos fa dipendere in un singolo caso una grave sclerosi del miocardio da danni da ipertiroidismo. Dalla massima parte degli studiosi che recentemente si occuparono dell'argomento non vengono riconosciuti come tipici per l'ipertireosi i reperti di F A H R o per lo meno in un numero assai limitato di casi ( K E P L E R e BARNES, CHATEL e MOLNÀR, MCEACHERN e R A K E , BASTENIE, FRIEDBERG
e
SOHVAL,
BAUST, ASKANAZY,
WHITE,
THOMAS,
RAUTMANN).
C E E L E N vede nelle infiltrazioni di linfociti un fenomeno parziale dello stato timico linfatico (che si trova di frequente nel morbo di Basedow) ed osservò necrosi con reazione fibroplastica. Similmente G R A N T , il quale non riconosce una correlazione sufficiente coi sintomi clinici. W E L L E R e W A N D S T R O M , G O R D O N e B U G H E R osservarono regolarmente come unica alterazione una fibrosi del miocardio, R O E S S L E e M A N Z I N I confrontarono le anomalie del muscolo cardiaco con quelle del fegato e le spiegarono come conseguenza di una infiammazione sierosa (alterazione della permeabilità dei capillari).
I risultati delle prove sperimentali sono favorevoli di massima alla concezione di F A H R , ( H A S H I M O T O , T A R A N E , B O Y K S E N , M E N N E e K E A N E , H E N R Y e J O N E S , V . Z A L K A , H E I N L E I N e D I E C K H O F F , Z E U S S [esauriente letteratura], V I Z E R e H A B A N , S C I A K Y , C O N N O R e altri). Si riferisce sulla perdita di glicogeno, che anche R A K E e M C E A C H E R N reputano sia il fattore principale, sulla formazione di vacuoli, degenerazione grassa delle fibre, infiltrazioni infiammatorie del tessuto interstiziale con
132
ORGANI D E L L A
CIRCOLAZIONE
passaggio in tessuto cicatriziale. L o stesso osservò ZEUSS dopo somministrazione di ormone tireotropo, RADNAI e PILTER dopo joduro di sodio. L'autore raramente ha osservato nel morbo di Basedow infiltrazioni di linfociti nel muscolo cardiaco, m a può convalidare il reperto di degenerazione grassa delle fibre e fibrosi del miocardio e vede le alterazioni principali nella perdita di glicogeno e nella lesione dei capillari (fig. 46). È ancora discusso se la morte da improvviso arresto del cuore nei suini sia la conseguenza di un ipertiroidismo (COHRS).
Fig. 46. Muscolo cardiaco neWipertireosi.
Miocardite sierosa con passaggio in fibrosi. Donna di 40 anni.
Nel mixedema è necessario tenere distinti gli effetti diretti sul cuore da quelli prodotti dalla ipercolesterinemia quasi sempre presente. A . SCHULTZ rilevò una modesta degenerazione mucoide della muscolatura, confermata
anche
da
DIETRICH e s o p r a t t u t t o
da
DOERR
e
HOLLDACK.
Alterazioni simili furono anche trovate nelle pareti dei vasi. Si può inoltre rilevare fibrosi dell'endo- ed epicardio, un'ipertrofia eccentrica del muscolo cardiaco ed un edema del perimisio. DOERR e HOLLDACK vedono il fattore causale in un disturbo del ricambio idrico, HIGGINS, WEBSTER e COOKE invece attribuiscono maggiore importanza a modificazioni del metabolismo colesterinico. L a degenerazione « basofila » delle fibre miocardiche osservata in casi di m i x e d e m a (HEWITT) è stata riscontrata, nel corso di ricerche seriate, nel 30 % circa di t u t t i i cuori esaminati (HAUMEDER, LIEBEGOTT,
133
CUORE
UMEDA, SCHÒN, ELSTER, DOERR); essa è c o n s i d e r a t a u n
d i s t u r b o d e l ri-
cambio (glicogeno, lipoproteine, mucina?) e viene da LIEBEGOTT interpretata come una reazione intravitale o « postmortale vitale » e non è comunque patognomonica della disfunzione tiroidea anche se viene repertata più intensa nel mixedema. Il fatto inoltre che variazioni del contenuto ionico possano di per se stesse portare ad alterazioni del muscolo cardiaco morfologicamente rilevabili è documentato dagli esperimenti di KASHIWAGE, il quale mediante iniezioni di KC1 ha potuto ottenere un rigonfiamento ed una lassità del sarcoplasma e, mediante iniezioni di CaCl, un raggrinzamento delle fibre. Risultati uguali a quelli ottenuti con le iniezioni di K si sono prodotti con la somministrazione di pilocarpina e blocco del simpatico, mentre con la somministrazione di adrenalina e atropina e vagotomia bilaterale, si è avuto lo stesso effetto provocato dal CaCl. Nelle disfunzioni ormonali non si conoscono alterazioni miocardiche di altro genere, se si escludono l'atrofia cardiaca nel morbo di Addison o nella cachessia di Simmonds, l'ipertrofia nel morbo di Cushing o in altre forme di ipertensione ormonale come nell'acromegalia, ed in altri quadri simili ancor meno caratteristici.
8. D I S T U R B I D E L R I C A M B I O
VITAMINICO
Tra le avitaminosi si osserva nel Beri-Beri con grande regolarità una dilatazione tonogena e miogena del ventricolo destro del cuore, mentre risulta normale o diminuito il sinistro. Come risulta dai rilievi microscopici
(DUERCK, WENCKEBACH, WERNLY e s p e r i m e n t a l m e n t e
in m o d o
speciale SCRIBA) il processo morboso ha inizio con una imbibizione delle fibre muscolari e secondaria scomparsa della striatura trasversa e delle fibrille e, più raramente, ialinosi e vacuolizzazione delle fibre, con sarcoplasmolisi finale. Alterazioni simili si sono trovate nei vasi del cuore e dei polmoni nonché nella muscolatura dello scheletro. A l determinismo di tutti questi processi contribuisce, oltre la carenza di vitamina B 2 , anche la carenza di sostanze proteiche (LUCKNER e SCRIBA). Nelle deficienze di vitamina E, GATZ e HOUCHIN osservarono idrope delle fibre cardiache con passaggio in necrobiosi ed edema interstiziale. Nella pellagra, SMITH e FÜRTH osservarono sclerosi dell'endo- e miocardio. Sull'ipervitaminosi D vedere Arterie, pag. 274. Nei casi gravi di rachitismo si vedono, talvolta, dilatazione ed insufficienza del cuore (MEIXNER).
134
ORGANI DELLA CIRCOLAZIONE
9. D A N N I M I O C A R D I C I D A R A D I A Z I O N I Sono da sottolineare i danni da raggi Rontgen e in ispecie le necrosi da Radium del miocardio. Mentre sono state già descritte alterazioni specifiche del miocardio, consistenti nella dilatazione del tubo sarcolemmatico, plasmolisi, cioè fuoruscita di zolle dal tubo del sarcolemma, disfacimento di quest'ultimo e del nucleo come conseguenza di raggi X (E. SCHWEIZER e altri) nonché un caso di pneumopericardio dopo necrosi da Radium in un carcinoma del cardias (GOTTESMANN e BENDICK); WEGELIN e RENFER hanno riferito su due casi di carcinoma dell'esofago, nei quali le applicazioni di radium erano seguite da gravissime necrosi tardive del muscolo cardiaco: uno dei due casi venne ad exitum per rottura del cuore sei mesi dopo le applicazioni di radium. BARTSCH e WACHNER riconducono i danni miocardici susseguenti ad applicazioni di raggi all'azione di prodotti di disintegrazione proteica. RATING e PARADE negano qualsiasi azione dannosa sul muscolo cardiaco, mentre ENGLMANN la ammette. Appendice: Per fragmentatio myocardii si intende una frammentazione delle fibre cardiache che si attua o all'altezza delle linee cementanti (strie intercalari [segmentatio] o fra esse [fragmentatio]) e che è facilmente riscontrabile nei cadaveri (soprattutto di persone anziane). L a si reperta solo nella muscolatura dei ventricoli, mai nei nati morti, solo raramente nei bambini e secondo STAMER e LISSAUER con particolare frequenza nei cuori atrofici con accumulo di pigmento. Non è riproducibile sperimentalmente in animali (HAMPERL). Il fatto che la fragmentatio myocardii non sia un'alterazione vitale vera e propria è anche provato dalla mancanza di reazioni evidenti a carico degli estremi di rottura. Essa viene perciò generalmente interpretata come di origine agonica o addirittura postmortale anche se, secondo STAMER, può essere constatata nei cuori posti in liquidi di conservazione subito dopo il decesso, v. RECKLINGHAUSEN pensa agli effetti di « contrazioni irregolari agoniche », STAMER all'effetto della fibrillazione ventricolare. L'autore desidera far notare a tale riguardo il seguente particolare: negli infarti cardiaci piccoli e ancora recenti, nei quali il territorio del muscolo cardiaco necrotico è riconoscibile soltanto dalla colorazione più pallida del nucleo e tutt'al più ai margini è visibile una piccola area d'infarcimento grassoso, si nota spesso l'assenza della fragmentatio, mentre essa è presente nella muscolatura circostante. Ciò fa pensare che per l'instaurarsi della fragmentatio è certamente necessaria una certa capacità di contrazione agonica che le fibre necrotiche non sarebbero più in grado di avere. Ciò
CUORE
135
dovrebbe significare, in accordo con le vedute di v. R E C K L I N G H A U S E N e STAMER, che non dobbiamo vedere nella fragmentatio un processo puramente postmortale, ma una alterazione che risale alle ultime (e di certo disordinate) contrazioni delle fibre. Questo concetto deve essere connesso strettamente con l'idea ripetutamente espressa, che in tutto ciò ha anche la sua parte un accumulo di acido lattico.
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I36
ORGANI
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DELLA
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GORDON
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B. M A L A T T I E DEL MIOCARDIO S E C O N D A R I E A D I S T U R B I DELLA
SUA
IRRORAZIONE
SANGUIGNA
Anemia generale si verifica acutamente nella morte per dissangua mento. Il muscolo cardiaco — premesso che fosse sano — diventa pallido, grigio-rossastro o grigio-giallastro. L a consistenza compatta del cuore nei casi di dissanguamento acuto serve come elemento di diagnosi differenziale con la steatosi. In forma cronica, l'anemia rispettivamente l'oligoemia agisce sul cuore in diverse malattie che comportano emorragie, alterazioni ematiche o deficiente eritropoiesi, e che inducono disturbi del ricambio lipidico con deposizione di sostanze grasse nelle fibre muscolari. Il cuore può avere colore giallo chiaro o di argilla. Le più gravi sono le alterazioni osservate nella anemia perniciosa non curata, nella quale il massimo grado di anemia è connesso a steatosi. Dopo l'introduzione dei nuovi metodi di cura dell'anemia di Biermer, questi quadri cardiaci si trovano solo raramente, mentre si presentano ancora abbastanza pronunciati nelle leucemie croniche. (Per maggiori dettagli vedere le alterazioni del ricambio lipidico, pag. 121). Riguardo alle necrosi miocardiche nelle anemie, specialmente in quelle di origine sperimentale, vedi il paragrafo riguardante l'insufficienza coronarica. Anemia locale in aree più o meno estese del cuore è condizionata da alterazioni delle arterie coronarie. Le coronarie, distinte in destra e sinistra, originano alla radice dell'aorta per portarsi poi in avanti sotto le auricole, l'una a destra l'altra a sinistra dei grossi vasi. La sinistra si suddivide subito dopo la sua origine in due rami pressoché dello stesso diametro, il ramo discendente (sinistro anteriore) che decorre, nel solco longitudinale anteriore, al limite dei due ventricoli, verso il basso, verso la punta del cuore, e il ramo orizzontale che circonda il cuore nel solco atrioventricolare e che si divide nella parete posteriore del ventricolo sinistro in rami più piccoli, di cui uno più grande si dirige in basso in prossimità del solco longitudinale posteriore. La destra decorre fin dalla sua origine come un grosso ramo indiviso tra l'atrio destro e il cono arterioso sinistro nel solco coronario, giunge con esso fino alla parete posteriore del cuore e termina, dopo aver dato numerosi rami collaterali, come ramo discendente posteriore nel solco longitudinale posteriore vicino alla punta. Nel solco coronarico, le arterie
137
CUORE
d e l cuore f o r m a n o u n a specie di c o r o n a di v a s i . L e loro r a m i f i c a z i o n i e i territori di irrorazione si p o s s o n o e v i d e n z i a r e nel m o d o p i ù preciso i n i e t t a n d o s o s t a n z e R o e n t g e n - o p a c h e o m e d i a n t e p r o c e d i m e n t i di corrosione (SPALTEHOLZ, NUSSBAUM,
AMENOMIYA,
SAGEBIEL,
SCHLESINGER,
CoRREIRA,
SCHOENMACKERS).
L a coronaria destra irrora l ' a t r i o destro, il v e n t r i c o l o destro, esclusa u n a striscia m e d i a l e anteriore, la p a r t e posteriore del s e t t o e u n a p a r t e d e l l a p a r e t e p o s t e r i o r e d e l v e n t r i c o l o sinistro. L a coronaria sinistra irrora la m a g g i o r p a r t e d e l v e n t r i c o l o sinistro, la p a r t e anteriore d e l s e t t o e u n a p a r t e m e d i a l e anteriore d e l v e n t r i c o l o d e s t r o . Sono irrorati d a tutte e due le arterie coronarie: il m u s c o l o p a p i l l a r e posteriore del v e n t r i c o l o sinistro e l ' a n t e r i o r e del destro (vedi fig. 47 d a u n d i s e g n o di AMENOMIYA).
Fig. 47Territori d'irrorazione delle arterie coronarie. Sezione trasversa comprendente i due ventricoli Visione dal basso. La parte punteggiata corrisponde al territorio della coronaria destra, quella bianca al territorio della coronaria sinistra. Muscolo papillare a) anteriore, b) posteriore del ventricolo sinistro, c) maggiore, d) mediale, e) laterale del ventricolo destro, b) e c) sono irrorati da ambedue le coronarie. Disegno di K A U F M A N N da una fig. di A M E N O M I Y A . Grandezza 9/10 del naturale.
I l s i s t e m a d i c o n d u z i o n e d e g l i s t i m o l i r i c e v e il suo s a n g u e d a l l e d u e arterie, m a s o p r a t t u t t o d a l l a d e s t r a . C o m p l e s s i v a m e n t e si h a n n o f o r t i v a r i a z i o n i indiv i d u a l i n e l l o s v i l u p p o dei d u e r a m i p r i n c i p a l i e delle loro p i ù g r a n d i suddivisioni, c h e i n d u c o n o a d i s t i n g u e r e u n t i p o di irrorazione c a r d i a c a n o r m a l e , u n t i p o s i n i s t r o e u n o d e s t r o (SCHOENMACKERS). S u l l a d i v i s i o n e in tre r a m i d e l l a c o r o n a r i a sinistra v e d i B o s c o . I r a m i d e l l e d u e coronarie m o s t r a n o anastomosi fra loro, c h e s e c o n d o JAMIN e MERKEL oscillano m o l t o d a i n d i v i d u o a i n d i v i d u o , s e c o n d o HIRSCH e SPALTEHOLZ i n v e c e sono s e m p r e e a b b o n d a n t e m e n t e e v i d e n z i a b i l i c o n iniezioni a n c h e se i n d i v i d u a l m e n t e d i f f e r e n t i . Ciò v a l e s p e c i a l m e n t e p e r i p i ù fini r a m i p e r i f e r i c i nei m u s c o l i p a p i l l a r i , p e r gli s t r a t i s u b e n d o - e s u b e p i c a r d i c i (spec. a b b o n d a n t i n e l s e t t o , CRAINICIANU), m e n t r e grossolane a n a s t o m o s i si v e d o n o solo in p o c h e sedi (atrio sinistro). S e c o n d o SCHLESINGER e BLUMGART, DAVIS
138
ORGANI DELLA
CIRCOLAZIONE
e ZOLL le anastomosi, nei cuori normali, non superano il diametro vasale di 40 Rossi e D O R D I videro con metodo di iniezione anche raccordi più grandi. Similmente P R I N Z M E T A L , S I M K I N , B E R G M A N e K R Ü G E R (fino a 1 8 0 fi). Perciò le coronarie non si possono definire anatomicamente arterie terminali. Ma le anastomosi (che aumentano di numero con l'avanzare dell'età) non sono per lo più in grado di impedire il formarsi di infarti per occlusione acuta dei rami più grossi. Il caso di P A G E N S T E C H E R (vedi pag. 141) dimostra però che alcune volte, soprattutto in individui giovani, esse ne sono capaci. È certo che in alcune condizioni patologiche p. es. nell'arteriosclerosi, si possono formare molte nuove anastomosi, che possono arrivare fino ad un ordine di grandezza di 200 ¡JL (SCHLESINGER) e che nella occlusione lenta di un ramo coronarico, come spesso avviene nell'aortite cicatriziale sifilitica, si può costituire per dilatazione dell'altra arteria coronaria, lentamente un circolo collaterale sufficiente dal punto di vista funzionale, in grado persino di alimentare un cuore fortemente ipertrofico. Circa il rilievo stereoscopico-radiografico delle vie vascolari normali e compensatone, vedi C A M P B E L L . H U D S O N , M O R I T Z e W E A R N , S C H O E N M A C K E R S hanno descritto anastomosi extracardiache. Le coronarie dispongono di speciali dispositivi nella parete per regolare il flusso sanguigno (cuscinetti intimali fibroelastici e muscolari, ZINCK) . Inoltre si trovano anastomosi arterovenose con o senza cellule epitelioidi (HIRSCH,
/LI.
BUCHER).
Nella vecchiaia (eccezion f a t t a per le grossolane alterazioni arteriosclerotiche) il calibro dei vasi non dovrebbe subire apparenti variazioni (SAGEBIEL, mediante iniezioni di solfato di bario misto a gelatina). L'autore, che non dispone di ricerche a tale riguardo, ha tratto dalle esperienze al tavolo anatomico l'impressione che, come nelle altre arterie così anche in quelle del cuore, esista un'ectasia dovuta a senescenza. Le vene coronarie si uniscono nel solco omonimo per formare il seno coronario (vena magna cordis) che imbocca l'atrio destro (valvula sinus coronarii = valvula Thebesii). Inoltre esistono piccoli vasi degli strati interni del muscolo cardiaco che sfociano liberamente nelle cavità cardiache (atri, soprattutto il destro, conosciuti come Foramina Thebesii, e ventricoli) o che da loro dipartono (v. LANGER, TOLDT, CRAINICIANU,
UNGER,
AHO,
SCHOENMACKERS).
ILLINSKY
distingue quelli che hanno connessione con i vasi coronarici e quelli che non ne hanno. E C K S T E I N e R O B E R T S , G R E G G e W E A R N distinguono tra « vene di Tebesio » che mettono in comunicazione la vena coronaria con la cavità cardiaca e i « vasi luminali » che uniscono le arterie coronarie con dette cavità (vedi anche W E A R N e METTIER,
KLUMPP e
ZSCHIESCHE).
In caso di deficienza del circolo coronarico potrebbe verificarsi, in determinate circostanze, una sufficiente nutrizione del muscolo cardiaco per mezzo di questi vasi (KRETZ, BELLET, GOULEY e MCMILLAN). Le alterazioni delle coronarie che possono determinare disturbi locali di circolo grossolani, sono le seguenti: a) occlusione acuta per emboli circolanti oppure per trombi a genesi locale. Si staccano p. es. masse trombo-
CUORE
139
tiche da una valvola aortica o da una zona ateromasica ulcerata dell'intima dell'aorta e imboccano il circolo coronarico. L'occlusione embolica di un ramo coronarico è certamente rara. Nella propria casistica dell'ultimo anno, l'autore ha visto (accanto a numerose occlusioni trombotiche) soltanto un caso in cui con molta probabilità l'occlusione era di origine embolica (uomo di 30 anni con endocardite lenta e embolia recente del ramo discendente sinistro; morte improvvisa prima dell'instaurarsi di un infarto). Nelle diramazioni più piccole tali embolie sono più frequenti. Questo è sottolineato dalle frequenti callosità miocardiche reperibili nelle endocarditi reumatiche più antiche. Ma più spesso si trovano occlusioni di altro genere, b) Stenosi fino all' occlusione per alterazioni locali delle arterie, cioè: 1. Arteriosclerosi comune, come si trova specie nell'età avanzata, ma che non è rara negli individui giovani (specialmente uomini) (MÖNCKEBERG; vedi più precisamente sotto arteriosclerosi!). In tali casi il primo tratto delle coronarie è per lo più libero. Il processo sclerotico con i suoi ispessimenti a placche della parete e restringimento del lume comincia in genere più distalmente, e può colpire in modo diffuso tutti i rami oppure un singolo ramo o rimanere puramente locale dando un restringimento del tutto circoscritto del lume. Ciò capita con particolare frequenza nel ramo discendente anteriore della coronaria sinistra, circa a un cm. dalla sua origine dal ramo principale. Può sopravvenire trombosi, che è la causa più frequente dell'infarto. Per la particolarità della coronarosclerosi giovanile e dei suoi rapporti con la endoarterite obliterante vedi ALBERTINI e BREDT nel capitolo sulla endoarterite. Secondo WHITE essa è molto rara. STRYKER insieme a MENTEN e FETTERMANN l a descrissero nei b a m b i n i ;
PICKARD in un bambino di un anno descrisse una periarterite coronarica con infarto. E. MÜLLER indica imbibizioni acute dell'intima sclerotica e BOYD l'infiammazione acuta della coronaria sclerotica con occlusione trombotica, come cause di una morte improvvisa cardiaca. 2. Restringimento degli osti coronarici nella mesoaortite sifilitica, mentre le arterie coronarie stesse nel loro decorso ulteriore sono per lo più ampie e di parete sottile. Alterazioni luetiche delle coronarie stesse sono del tutto rare (vedi sotto sifilide delle arterie!). È noto che anche l'occlusione completa della coronaria, al suo punto di origine, nella mesoaortite luetica conduce solo raramente ad un infarto. Qui appare l'importanza del fattore tempo nell'instaurarsi di un grave disturbo di irrorazione, specie dell'infarto. Ogni occlusione lenta (anche se dovuta ad arteriosclerosi progressiva) dà la possibilità della formazione di anastomosi funzionalmente sufficienti, mentre le occlusioni acute (trombosi, imbibizioni, embolie) appaiono invece deleterie. CONDORELLI per tutti i processi a decorso lento parla di « piccola sindrome coronarica », in opposizione di una « grande sindrome coronarica » nelle occlusioni acute.
140
ORGANI
DELLA
CIRCOLAZIONE
3. Coronanti acute, come accadono a volte nelle malattie infettive di diverso tipo (scarlattina, pioemia, reumatismo, endocardite). I rami principali sono per lo più indenni mentre si ammalano quelli piccoli. Sulle alterazioni dei piccoli rami coronarici, per deficienza di 0 2 , riferiscono ALTMANN, MEESSEN (collasso) e ZINCK
(ustioni).
4. Estensione di una endocardite dall'aorta all'albero coronarico. 5. Molto rara è una trombosi traumatica, come è descritta in un caso da E. FRÀNKEL per allacciatura dell'arteria nella sutura del cuore, ma che può anche sopravvenire nei traumatismi ottusi del torace come conseguenza di disturbi funzionali della circolazione (SCHRADE, MEESSEN, STAEMMLER, e inoltre vedi sotto contusio cordis). Nelle ferite da arma da fuoco, lesioni grossolane delle pareti vasali possono avere una loro parte accanto alle alterazioni funzionali della contusio cordis (ATTINGER, VEITH) . Sulle occlusioni sperimentali delle arterie vedi ICHTERMANN, BRONSON e altri. ABBOT e FAY discutono e risolvono affermativamente il problema se una ferita della testa possa provocare una coronarosclerosi e una trombosi (con ischemia cerebrale). 6. Discusse sono le occlusioni puramente funzionali delle coronarie, almeno per i rami più grossi. FRIEDBERG e HORN hanno visto ciò di frequente p. es. 12 volte solo nelle embolie polmonari (riflesso pneumo-coronarico); GROSS e STERNBERG riferiscono di 15 casi per lo più con ipertensione, HARRISON e WOOD (3 casi). NORDMANN è molto scettico riguardo all'instaurarsi funzionale del grande infarto cardiaco. DIETRICH comunica un caso che egli mette in relazione con una condizione prestatica nel letto vascolare terminale causata da eccitazione psichica. Però si trattava di un uomo di 57 anni con una notevole coronarosclerosi. In una percentuale alta (34 %) MILLER, BURCHELL e EDWARDS videro infarti cardiaci recenti, senza occlusione coronarica acuta. Complessivamente l'autore ritiene che bisogna giudicare con molto riserbo. Però rimangono sempre alcuni casi in cui malgrado ogni critica non si può escludere la possibilità di tali occlusioni funzionali. A favore di ciò parlano anche le osservazioni della cosiddetta contusio cordis (vedi anche le ferite del cuore) in cui si possono sviluppare estesi infarti senza occlusione coronarica, i cosiddetti « infarti funzionali ».
1. C O N S E G U E N Z E D E L L ' O C C L U S I O N E
CORONARICA
a) L'occlusione di ambedue le coronarle 0 l'occlusione di una quando l'altra era già occlusa (o molto ristretta) conduce alla morte istantanea o in pochi minuti fino ad alcune ore. ¡3) Se viene occluso in modo acuto un grosso ramo o il tronco di una arteria coronarica, anche allora si può avere la morte immediata oppure
I4I
CUORE
dopo alcune ore con il quadro dell'angina pectoris. Questi diversi effetti dipendono dal tipo dell'occlusione (subito completa per un embolo oppure per subentrante trombosi o per primitiva trombosi), dallo stato dell'altra arteria coronarica non occlusa e del miocardio. Se la coronaria non occlusa è arteriosclerotica e il miocardio non efficiente funzionalmente (atrofico, steatosico, lipomatoso 0 calloso) allora l'occlusione acuta, sia a destra che a sinistra, può provocare la morte immediata (OESTREICH, BARTH, THOREL). Questa genesi la vediamo assai spesso nella morte cardiaca improvvisa dei vecchi (vedere le ricche nuove documentazioni di HALLERMANN, M Ü N K ,
RABSON e HELPERN,
FOORD).
Ma anche con sistema coronarico indenne, la occlusione acuta di un tronco può portare alla morte improvvisa. Questo fu visto da KAUFMANN in un uomo di 35 anni, che venne a morte per embolia della coronaria sinistra con trombosi sovrapposta dopo 6 ore, benché l'arteria destra e il miocardio fossero del tutto sani. HEDINGER descrisse un caso del genere, in cui vi era stata peraltro una precedente intossicazione da CO. L ' A . ha visto simili casi di morte improvvisa con occlusione trombotica recente del ramo discendente della coronaria sinistra, «L'arteria della morte immediata» (WHITE), sulla base di un focolaio sclerotico localizzato, senza alterazioni anatomiche della restante coronaria e del miocardio, specialmente in giovani soldati (cfr. anche E . MUELLER, ALBERTINI, BREDT). In questi casi a v e v a ripetutamente una sua parte, uno sforzo eccessivo acuto del cuore, responsabile non solo dell'instaurarsi della trombosi, ma anche di un deficiente riequilibrio dell'irrorazione. Ciò avviene naturalmente anche in soggetti anziani, come l'A. potè osservare in un uomo di 63 anni, in cui dopo una recente occlusione trombotica del ramo sinistro discendente, subentrò la morte seriza che gli altri rami mostrassero restringimenti apprezzabili del loro lume. Bisogna anche considerare che dalla sede di occlusioni insorgono riflessi vasali, che conducono allo spasmo di arterie di altre zone, di modo che l'irrorazione sanguigna del cuore risulta ancora maggiormente compromessa
(KISCH).
L'osservazione di PAGENSTECHER che riscontrò e legatura operatoria del ramo discendente anteriore patologiche, dimostra al contrario come l'occlusione possa essere superata senza manifestazioni secondarie. su trombosi coronariche senza infarto.
insulti traumatici senza conseguenze di un grosso ramo WOHLRAB riferisce
Di regola però, dopo occlusioni acute trombotiche od emboliche di un tronco o dei rami di maggior calibro delle coronarie, si instaura l'infarto cardiaco. L a stessa conseguenza si ha dopo legatura sperimentale di una coronaria
(HIRSCH, BICKEL,
ICHTERMANN, BRONSON). S u l l ' i n f a r t o
speri-
mentale dopo la legatura di vasi venosi, vedi MCALLISTER e LEIGHINGER. L'estensione della zona infartuata è proporzionale all'area d'irrorazione del vaso occluso e dipende dalla quantità di apporto ematico alle zone
I42
ORGANI
DELLA
CIRCOLAZIONE
periferiche mediante le anastomosi. Anche le conseguenze dell'occlusione di più piccoli rami, dipendono dal costituirsi di sufficiente irrorazione compensatoria. Le malattie delle coronarie con gli infarti ad esse legati appaiono oggi come le cause più frequenti di morte, e si ha l'impressione che negli ultimi io anni abbiano avuto un incremento ( R Y L E e R U S S E L L ) , non già solo nelle età più avanzate ma anche nei giovani ( H A U S A M M A N N , N E W M A N , M E D O U G A L L ) . B A R N E S e B A L L trovarono su IOOO autopsie 49 casi di infarto cardiaco, Z I N N e C O S B Y hanno riferito su 679 casi di infarto miocardico. C L A W S O N trovò su 30265 autopsie 4678 casi di morte cardiaca, di cui 1215 per « coronary heart disease ». Sul significato delle coronaropatie e dell'infarto come causa naturale di morte improvvisa vedi H A L L E R M A N N , M A S T E R , M U N K , R A B S O N e H E L P E R N , F O O R D ; sulla casistica dell'esercito americano (individui giovani, con età media di 32,6 anni) Y A T E R e T R A U M , B R O W N , F I T Z G E R A L D , G E I S L E R e W I L C O X . Dati clinici vedere H O C H R E I N , U H L E N B R U C K , B R U G S C H , dati anatomici e clinici comparativi vedere B Ü C H N E R , W E B E R e H A A G E R . Noi abbiamo potuto osservare nel corso di 4 anni su 1805 necroscopie di uomini al di sopra dei 30 anni, 95 infarti recenti, che costituirono la causa di morte. E ciò ha dimostrato che l'infarto acuto è la causa di morte nel 5 % circa degli uomini oltre i 30 anni. E inoltre, per un valore quasi doppio di questa frequenza, vi erano zone di scleria secondaria a grossi infarti. Dopo l'esposizione di questo materiale non si può dire che l'infarto miocardico sia una rarità come causa di morte ( R I N T E L E N , B R U G S C H ) . Negli uomini l'infarto cardiaco è più frequente che nelle donne (secondo B E A N 2 : 1, secondo B A R N E S e B A L L 40 : 9, B L A N D e W H I T E 84 : 16, P A R K I N S O N e B E I F O R D 86 : 1 4 , C L A W S O N 4,2 : 1 , in proprie ricerche 43 : 1 7 ) , per la trombosi coronarica, secondo C O N N E R e H O L T 85 : 1 5 , similmente H O C H R E I N (cfr. B R U G S C H ) . Sembra accertato inoltre che negli uomini si verifica da 1 a 2 decenni prima. « Malattia degli uomini d'affari ». Nella localizzazione tutto tre tipi:
degli infarti cardiaci, bisogna distinguere soprat-
a) L'infarto della parete anteriore con preferenza della punta del ventricolo sinistro e della parte antero-inferiore del setto per occlusione del ramo discendente anteriore della coronaria sinistra. b) L'infarto della parete posteriore localizzato alla base del ventricolo sinistro con partecipazione della parte media del setto e del ventricolo destro, in caso di occlusione della coronaria destra. c) Me C A L L U M e T A Y L O R distinguono ancora, come terzo tipo, la formazione dell'infarto nelle parti medie del ventricolo sinistro con partecipazione del setto dovuta ad occlusione del ramo circonflesso sinistro. L ' A . secondo la propria esperienza ritiene che il tipo b) e il tipo c) non siano separabili nettamente l'uno dall'altro e che l'infarto della parete posteriore possa insorgere sia per occlusione della coronaria destra come
CUORE
143
per occlusione del ramo circonflesso sinistro. Si trovano infarti recenti per trombosi di rami appartenenti ad un altro territorio, come se detti rami avessero funzionato in qualità di collaterali dopo l'occlusione di un altro vaso; l'occlusione di queste collaterali condurrebbe all'infarto (BLUMGART
e
SCHLESINGER).
Gli infarti localizzati alla sola parete del ventricolo destro sono rarissimi e avvengono in genere nella occlusione della coronaria destra. Per frequenza sta al primo posto l'infarto della parete anteriore (HoCHREIN: ramo discendente anteriore 62 volte, arteria coronaria destra 15, arteria destra e sinistra 22. BARNES e BALL: parete anteriore 28 volte, parete posteriore 24. Proprie osservazioni: alla sola parete anteriore 25 volte, alla sola parete posteriore 18, pareti anteriore e posteriore interessate contemporaneamente 17 volte. Per i rari infarti delle auricole vedi CUSHING).
Se una coronaria o un suo ramo si occlude, ne segue assenza di sangue e ischemia nel territorio corrispondente. L a consistenza rimane dapprima mantenuta, il colore diventa più chiaro. Un infarto non si può riconoscere nei primi stadi sia macroscopicamente che microscopicamente con sicurezza; poi il tessuto muore, diventa di colore argilla, torbido, spesso tendente al giallo verdastro e generalmente più consistente e asciutto delle parti circostanti (necrosi da coagulazione). Si definisce come necrosi anemica o come infarto anemico. Le parti necrotiche sono per lo più nettamente circoscritte, ma possono formare, a seconda dei distretti vasali, strane figure a carta geografica di assai diversa forma ed estensione. L a superficie dell'infarto è (nella legatura sperimentale) meno estesa del territorio di irrorazione dell'arteria interrotta (PARADE). Al microscopio, la struttura grossolana è dapprima ancora mantenuta, la striatura trasversale da principio è ancora visibile: ma i nuclei, fatta eccezione per le strutture connettivali, per lo più non si colorano. Le fibre muscolari necrotiche vanno poi in degenerazione vacuolare o ialina o cerea, in parte si disintegrano, trasformandosi in zolle o granuli; il disegno diviene allora confuso e senza limiti precisi. Inoltre localmente si vedono, specie nelle aree periferiche dove la colorazione dei nuclei non è del tutto scomparsa, fibre con accumulo di gocce di grasso. Negli interstizi tra le fibre muscolari, si trovano nei focolai recenti (di alcuni giorni) leucociti in degenerazione grassa (fig. 48). Qualche fibra muscolare è molto rigonfia. Sui segni clinici dell'infarto cardiaco vedi i Trattati di medicina interna, s p e c i a l m e n t e HOCHREIN, BRUGSCH, HOFF, PARKINSON e BEDFORD e BUECH-
NER, WEBER e HAAGER. In essi si trovano anche le alterazioni dell'elettrocardiogramma. BRACK riferisce su casi di morte rapida per necrosi anemica del muscolo papillare anteriore sinistro. Alla periferia della zona infartuata si vede di regola un alone rosso causato dall'iperemia. Spesso si giunge anche a stravasi di sangue dai
i44
ORGANI
DELLA
CIRCOLAZIONE
vasi vicini. Se l'area necrotica viene infarcita di sangue, e ciò avviene talora ma raramente nei piccoli focolai, allora si ha infarto rosso scuro emorragico; queste aree diventano più tardi brune o di colore ruggine. Tra l'alone rosso e la zona argillosa si vede spesso un sottile alone giallo, seghettato, che è indice di degenerazione grassa delle fibre. Questa può inoltre essere presente nelle zone periferiche dei distretti anemici, nei quali l'anemia non è ancora totale, in modo che si può diffondere una minima quantità di sangue dalle aree circostanti iperemiche; dove l'anemia è completa si ha la necrosi (fìg. 48).
Fig. 48. Infarto miocardico recente. Scomparsa dei nuclei. Degenerazione a zolle delle fibre muscolari. Infiltrazione leucocitaria nell'interstizio. Donna di 77 anni. Aut. N. 604/1950.
Qual'è l'esito degli infarti anemici? Si può avere un rammollimento secondario del miocardio che diventa flaccido e, per processi autolitici si dissolve (myomalacia cordis). In casi relativamente rari si giunge inoltre alla rottura del cuore. Su questo argomento vi è un'abbondante letteratura antica in K R U M B H A A R e C R O W E L L (1925) e più recenti descrizioni di B E N S O N , HUNTER e MANLOVE, DIAZ-RIVERA e MILLER, ICKER e WHITE,
e
e
FRIEDMANN
Gli ultimi trovarono in 679 infarti 34 = 5 % , D I A Z - R I V E R A e M I L L E R in 53 infarti 5, H O C H R E I N in 103 casi 3 rotture, M U N K 6,5 %, l'A. su 95 infarti recenti, 16 rotture di cui 7 della parete anteriore, 6 di quella posteriore del ventricolo sinistro, 1 del ventricolo destro, 1 del setto e 2 di un muscolo papillare della mitrale (vedi fig. 51). WHITE, ZINN
COSBY.
CUORE
145
GANS ha raccolto dalla letteratura 732 casi di rottura del cuore in infarti recenti, con u n a frequenza del 9 % . Quasi sempre la sede di rottura è il ventricolo sinistro, così per es. in tutti i 34 casi di BENSON, HUNTER e MANLOVE (11 volte la parete anteriore, 6 la posteriore, 9 volte la laterale, 7 volte la punta). MUNK riferisce di 26 rotture di cui 23 del ventricolo sinistro. Sulle rotture dell'atrio vedi CLOWE, KELLERT e GORHAM come B A T T R O e L A T T I E N D A , s u l l e d o p p i e r o t t u r e C A R R O L e CUMMINS. A n c h e
le
rotture del setto non sono del t u t t o rare. Finora si sono t r o v a t i circa 50 casi (vedi H Y M A N , GROSSE, YOUMANS, SAGER, RINTELEN, N A D L E R , STANLEY, LÉONARD e DANIELS,
FORD).
;
.¿a?:
Fig. 49. Vasto infarto della parete anteriore del ventricolo sinistro con rottura della punta. Donna di 75 anni. Prot. N. 28524 Istit. Anat. Patol. Univ. Milano.
L a fig. 50 mostra u n a di queste antiche rotture del setto in un uomo di 45 anni, che ha determinato un foro circondato da tessuto sclerotico, di circa 2 cm. di diametro (aut. n. 122/49). Su simili reperti hanno riferito MAHRBURG
e
HUBER).
R a r a è u n a rottura del muscolo papillare
infartuato
(WANKEL,
FISCHER, v . GLAHN e HOROWITZ). N e l 1 9 3 5 STEVENSON e TURNER
B.
hanno
raccolto 21 casi dalla letteratura. Di 16 casi in cui la localizzazione era indicata, 2 interessavano i muscoli del ventricolo destro, 14 i muscoli papillari della mitrale, di cui 10 il muscolo papillare posteriore. L a preponderanza a carico di quest'ultimo appare anche da altre osservazioni io —
Kaufmann I
146
ORGANI DELLA
(WAGNER, JEZLER GUES,
e
FINKELDEY,
CIRCOLAZIONE
HANSEN-FAURE
e
HASENJÀGER,
MORA-
DAVISON).
In un caso dell'A. concernente una donna di 77 anni con un grave infarto antico della parete posteriore, una necrosi recente era stata provocata da una occlusione trombotica acuta del ramo circonflesso sinistro; necrosi che aveva colpito anche il muscolo papillare posteriore della mitrale. L'ammalata era da lungo tempo in cura ospedaliera per ipertensione e mori per collasso cardiaco
Fig. 50. Difetto del setto in v i c i n a n z a della p u n t a , secondaria a d i n f a r t o . Coronarosclerosi g r a v e . U o m o di 45 anni. A u t . N. 122/1949.
acuto pochi giorni dopo l'instaurarsi di un improvviso rumore sistolico. L'autopsia mostrò una lacerazione recente del muscolo papillare posteriore della mitrale, con deposizioni trombotiche in sede di rottura (reperto clinico dalla Clinica Medica Prof. H O F F ) . La fig. 51 mostra un singolare intreccio delle corde tendinee in un altro caso appartenente ad un uomo di 87 anni, Aut. N. 238/53. L a rottura del cuore consiste generalmente in una lacerazione irregolare, spesso limitata (molto raramente molteplice) del miocardio, i cui bordi e le zone vicine del muscolo necrotico, sono infiltrate di sangue;
CUORE
H7
l'epicardio può essere sollevato da una raccolta ematica rosso-bluastra per trasparenza. Si instaura così un emopericardio (cfr. pericardio) con tamponamento del pericardio. Tra l'inizio della necrosi e la rottura del cuore passa un certo tempo (necessario per l'attuarsi della colliquazione); vedi anche DIAZ-RIVERA e MILLER. Secondo GANS la rottura avviene per lo più entro i primi 4 giorni, ma a volte anche dopo due o tre settimane, secondo WHITE entro i 10-14 giorni. Anche la rottura può necessitare di un certo tempo per indurre la morte; può anche svilupparsi lentamente e per
Fig. 51Rottura del muscolo papillare
posteriore della mitrale, secondaria ad infarto. Uomo di 87 anni. A u t . N. 238/1953.
stillicidio ematico determinare un tamponamento del cuore nel decorso di giorni (13 giorni in PETROWYCH). Sia, d'altra parte, ben chiaro che ogni rottura di cuore non è necessariamente preceduta dalla formazione di un infarto. Su 34 casi di BENSON, HUNTER e MANLOVE, questo era presente in 22. Gli A A . attribuiscono una certa importanza anche se scarsa alla sifìlide, alla tubercolosi, all'endocardite, alle parassitosi e ai tumori. JAFFÉ e BROSS fanno notare l'importanza della stasi del circolo terminale, DONAT vide rotture in adipositas cordis circoscritta (vedi capitolo sul ricambio dei grassi), COSTA negli infiltrati leucemici, PULVERTAFT nella intossicazione da CO. Nonostante tali singole osservazioni resta fermo il dato che l'in-
148
ORGANI
DELLA
CIRCOLAZIONE
farto è il fattore più importante per l'instaurarsi di una rottura di cuore ed appare non giustificato negare questo rapporto ( B E R E S F O R D e E A R L ) . A volte la parte necrotica e malacica viene inizialmente spinta all'in fuori (aneurisma acuto del cuore), e la rottura avviene in cima alla sporgenza che si è formata. Se la rottura perfora solo gli strati inJ erni subendocardici, il sangue allora si infiltra fra gli strati del miocardio che si distaccano a volte per vaste zone e si parla così di aneurisma dissecante. La superficie del cuore può sollevarsi a forma di emisfero. La lacerazione totale avviene infine come nell'aneurisma acuto, all'apice della sporgenza, più frequentemente alla base cardiaca. Però l'esito dell 'infarto più frequente della rottura o della morte acuta, è l'organizzazione. Là dove le fibre muscolari vengono distrutte dal processo necrotico si stabilisce un tessuto di granulazione, mentre il materiale necrosato viene fagocitato e riassorbito; tessuto di granulazione che costituisce una reazione infiammatoria a partenza dal tessuto interstiziale e che più tardi si trasforma in connettivo a fibre robuste e lucenti. Il risultato finale è una cicatrice del cuore, cicatrix myocardii (figg. 52-53); fintanto che essa è ancora in fase formativa, il processo si definisce miocardite fibrosa o meglio fibroblastica. Le aree in trasformazione connettivale appaiono di colore grigio-rosso, leggermente infossate; più tardi si approfondano rispetto alla superficie di taglio, tanto più quanto più avanzata è la trasformazione in cicatrici grossolane, bianche e povere di vasi, spesso chiazzate di bruno. Negli stadi iniziali si trova un tessuto lasso, ricco di cellule, molto vascolarizzato, con vasi ampi, costellato di granuli giallo-bruni, che stipano cellule connettivali con ampio protoplasma e polimorfe (fagociti). Il pigmento deriva in parte da quello ematico per emorragia, e in questo caso dà la reazione del ferro, in parte dalla lipofuscina delle fibre muscolari necrotiche ed allora è privo di ferro. Perifericamente alle callosità si vedono spesso, oltre ad infarcimento grassoso, fibre muscolari ipertrofiche, alcune con nuclei particolarmente grossi, ricchi di cromatina e a volte cellule giganti muscolari. Sembra ovvio che esse debbano venire considerate come tentativi di rigenerazione. Una vera e propria rigenerazione con sostituzione di elementi funzionanti non esiste ( I C H T E R M A N N ) o eventualmente solo nei bambini ( M E M A H O N ) . MALLORY, WHITE e SALCEDO h a n n o c e r c a t o d i s t a b i l i r e
cronologicamente
il decorso della guarigione dell'infarto. N e l l a p r i m a s e t t i m a n a hanno repertato una necrosi con infiltrazione di leucociti (sec. ICHTERMANN p r e v a l e l'infiltrazione istiocitaria) e inizio dello smaltimento del materiale necrotico da parte di cellule connettivali. N e l l a seconda, incomincia la neogenesi delle fibre collagene. L a zona rossa perinfartuale impallidisce sempre più; il tessuto di granulazione, umido a l l a sezione di taglio, s'infossa a causa della diminuita irrorazione e cede il posto a grossolano tessuto cicatriziale. U n piccolo infarto può cicatrizzarsi in 5 settimane, uno esteso necessita di almeno 2 mesi. Nel
CUORE
Fig.
149
52-
Fase dì organizzazione di un infarto miocardico. Smaltimento del materiale necrotico. Tessuto di granulazione ricco di cellule. Uomo di 74 anni. A u t . N. 391/1950.
Fig-
53-
Vecchie cicatrici del cuore dopo infarto. Tessuto connettivo povero di nuclei, ricco di fibre. Uomo di 66 anni. Aut. N. 521/1950.
i5°
ORGANI DELLA
CIRCOLAZIONE
muscolo necrotico (non ancora riassorbito) possono verificarsi vaste calcificazioni (occasionalmente anche ossificazioni). Vedere pag. 127 e fig. 54. BRONSON nella legatura temporanea del ramo anteriore discendente, vide già dopo una interruzione di 30 minuti una necrosi del territorio ischemico, e dopo un'interruzione di due ore subentrava un indiscutibile infarto. Se le cicatrici sono piccole, m a numerose, allora il miocardio (su tagli a piatto della parete ventricolare) può apparire chiazzato di bianco o striato. Di frequente l'infarto cardiaco non è a priori una necrosi totalmente
Fig- 54Calcificazione a grosse zolle in forma di piastra di un infarto miocardico. Masse calcari circondate da tessuto cicatriziale. Residui di muscolatura. Uomo di 43 anni. Occlusione coronarica da trombosi antica.
compatta e uniforme, ma è costellato da zone e strisce di muscolo, rimasto intatto, che deve la sua conservazione alle anastomosi con rami coronarici non occlusi. Le cicatrici derivanti da tali infarti « interrotti » mostrano una struttura corrispondente chiazzata-striata. Quadri variegati si formano poi quando focolai di connettivo vecchi (callosi, striati in bianco e bruno) e giovani (grigio-rossi) si avvicendano con necrosi recenti (di color argilla e che possono presentare una zona gialla di steatosi e un bordo iperemico) e con zone rosse di infarto emorragico, sulla stessa superfìcie di sezione. Se si instaurano piccolissime e diffuse necrosi trasformatesi poi in cicatrici allora si ha la miocardite fibrosa disseminata. Di frequente si
CUORE
accompagna un indurimento del cuore (cirrosi miocardica) e una ipertrofia ovviamente compensatoria. Ciò non è raro da vedersi nei grandi cuori senili. Le cicatrici cardiache si trovano più di frequente a sinistra (territorio della coronaria sinistra) che a destra. Sulle conseguenze delle cicatrici cardiache vedi pag. 194. Sulla partecipazione dell' endocardio e pericardio agli infarti vedi pagg. 69 e 23 (STEWARD e T U R N E R ) .
Se l'apporto di ossigeno al cuore è insufficiente, senza che vi siano delle complete interruzioni organiche del flusso sanguigno, allora si parla di insufficienza coronarica. Anche qui si instaurano nel miocardio delle necrosi, come hanno dimostrato specialmente le ricerche di B Ü C H N E R e della Sua scuola. Il più delle volte non si rivelano ad occhio nudo, almeno negli stadi recenti; più facilmente invece se esse hanno condotto alla formazione di piccole cicatrici. Una insufficienza coronarica, secondo B Ü C H N E R , si instaura: 1) per restringimenti nel sistema coronarico (aterosclerotici, sifilitici, forse anche spastici), 2) per difficoltata irrorazione sanguigna (per vizi valvolari e collasso), 3) per diminuzione della tensione di 02 (depressione barometrica, anemia, intossicazione da CO, formazione di metaemoglobina), 4) per abnorme iperlavoro del cuore. Decisiva in ogni caso è l'alterazione nei rapporti tra bisogno e offerta di 0 2 . Esposizione approfondita e recente di B U D E L M A N N . Da tempo sono note le necrosi per intossicazione da CO (HERZOG, Esse sono più vaste delle forme che vedremo poi, e si possono vedere già macroscopicamente, specialmente nei casi sopravvissuti oltre i due giorni dall'intossicazione. Preferiti sono gli apici dei muscoli papillari che assumono un aspetto torbido-argilloso e possono essere disseminati di emorragie; ma dette alterazioni hanno sede anche negli strati muscolari subendocardici e della via di deflusso del ventricolo sinistro (esse sono dello stesso tipo delle necrosi dovute ad emorragie che si trovano spesso nelle intossicazioni da CO, simmetricamente nel globo pallido, nonché secondo B Ü C H N E R anche nei nuclei del midollo allungato e del ponte, ma che possono anche essere situate nella sostanza bianca del cervello). A volte si possono trovare anche nell'intossicazione leggera da CO dopo un intervallo di 2 4 - 7 2 ore i segni di un grossolano infarto e che sono da ricondurre a trombosi delle coronarie e si possono spiegare anche con paralisi del miocardio intossicato ( K R O E T Z ; I lavori più recenti di B Ü C H N E R e Coli., GEIPEL, G E Y , TESSERAUX).
RADTKE,
J E C K E L N , W A L C H E R , MONACCI, H I L D E B R A N D T , B R E U ,
CHRIST).
Sperimentalmente le necrosi sono riproducibili nel modo più sicuro, se gli animali vengono sottoposti a sforzo intenso nel cilindro rotante, aumentando così il fabbisogno di 0 2 del cuore. Nella formazione delle necrosi possono avere una parte, oltre alla anossiemia, anche alterazioni locali di circolo e forse anche azioni tossiche del CO sul muscolo. Però osserva-
152
ORGANI
DELLA
CIRCOLAZIONE
zioni su uomini e animali con grave anemia dimostrano che la deficienza di 0 2 rappresenta un fattore essenziale, specialmente se gli animali anemizzati vengono sottoposti a sforzi (BÜCHNER e LUKADOU). Questi risultati sono stati confermati da BLOCH, mentre HOCHREIN e MATTHES nonché ZIMMERMANN nelle anemie gravi dell'uomo, hanno visto verificarsi solo raramente fenomeni stenocardici e perciò credono che devono intervenire inoltre, spasmi coronarici o alterazioni organiche dei vasi cardiaci. Convincenti sono però le numerose esperienze tratte da esperimenti in bassa pressione
(LUFT, SCHIRRMEISTER, T A N N E N B E R G , GRUNDMANN), n o n c h é
con
collasso artificialmente provocato (MEESSEN) oppure con respirazione di a r i a p o v e r a di ossigeno KISSIN, DIETRICH e
Cicatrici
(PICHOTKA, MÜLLER e ROTTER, ROTHSCHILD e
SCHWIEGK).
Fig. 55da ipossiemia della m u s c o l a t u r a c a r d i a c a in u n caso di i p e r t e n s i o n e con i p e r t r o f i a m a r c a t a del c u o r e . A u t . N . 320/1950.
Le alterazioni primitive del miocardio sono state studiate al microscopio specialmente da SOLBACH e GRUNDMANN. Esse consistono inizialmente (già dopo 15 minuti) in alterazioni dei granuli del protoplasma, increspature del sarcolemma a forma di corona di perle (SOLBACH) e form a z i o n i v a c u o l a r i (PICHOTKA, MÜLLER e ROTTER e p r i m a di t u t t o GRUND-
MANN), spesso accompagnate da deposizione di grasso e che conducono infine (5 ore secondo SOLBACH) alla necrosi ialina (coagulativa). Più tardi sopravvengono cumuli di leucociti e proliferazioni disordinate di fibroblasti, che conducono alla trasformazione cicatriziale della zona necrotica (fig. 55) • Si capisce, dopo le esposizioni precedenti, che anche un grave sovraccarico del cuore nell'uomo (p. es. per vizi valvolari, ipertensione,
153
CUORE
enfisema polmonare di alto grado o silicosi), per insufficiente adattamento dell'afflusso coronarico (quindi specialmente per coronarosclerosi), deve condurre a un difetto di 0 2 del muscolo (vedi VIVELL). COSÌ sono stati descritti focolai di necrosi della muscolatura cardiaca del ventricolo des t r o d a W E I N S C H E N K , E P P I N G , N I E T H , DE B R Ü X e d a T A T E R K A ( c o n i s t a -
mina), da WALDER e da MEESSEN per embolia polmonare sperimentale. Necrosi simili vengono anche trovate a causa di azioni tossiche. BÜCHNER le descrisse dopo forti dosi di digitale e lascia aperto il quesito se abbia avuto una parte la insufficienza coronarica o direttamente l'effetto del farmaco. Questi risultati sono confermati da WEESE e DIECKHOFF, KORTH e SPANG, L I N D N E R , L A D U E , B A U E R e R E I N D E L L e H I L B I N G , i l q u a l e u l t i m o
fa rilevare soprattutto le alterazioni del sistema di riconduce le alterazioni cardiache che egli chiama al forte aumento dell'attività del cuore, in seguito ad di adrenalina, in carenza di ossigeno. VEITH potè dell'adrenalina nei gatti. L'importanza del tabacco controversa TERSON e
conduzione. FROBOESE necrosi da esaurimento, iniezioni intracardiache confermare tale effetto (nicotina, CO) è ancora
(BÜCHNER, LAURENTIUS, HUMPERDINCK, MATHERS c o n
PAT-
LEVY).
Non si è ancora sicuri se gli spasmi delle coronarie possano provocare una
necrosi
locale
(MORAWITZ,
VOLHARD,
KUTSCHERA-AICHBERGEN,
BÜCHNER). Questo punto ha importanza circa il costituirsi di alterazioni del miocardio negli epilettici, descritte per la prima volta da GRUBER e LANZ e successivamente in modo esteso da NEUBÜRGER. Su 34 casi egli ne riscontrò ben 14. Queste alterazioni consistevano in degenerazione a chiazze delle fibre, in necrosi e cicatrici. NEUBÜRGER ritiene che la morte improvvisa degli epilettici sia dovuta a questi disturbi della circolazione (vedi anche HADORN, TILLMANN come pure FATTOVICH). Pur rimanendo ancora vari problemi da risolvere, il concetto dell'insufficienza delle coronarie è giustificato. Le necrosi e le susseguenti formazioni di callosità osservate, sono l'espressione di una lesione del miocardio secondaria a insufficiente rifornimento di 0 2 , specie quando la richiesta supera la norma. In questo caso, le necrosi sono soltanto la manifestazione anatomica estrema di un processo più diffuso, in parte reversibile, che avviene in varie sedi del cuore e che può provocare il collasso in seguito ad un'anossia intramiocardica, prima ancora che si sia formato nella maggior parte di esse un substrato evidente dal punto di vista anatomico. In tal modo l'insufficienza delle coronarie può provocare l'insufficienza cardiaca (con e senza necrosi). (Vedere HUBERT per le osservazioni critiche al concetto di insufficienza delle coronarie). Questa anossia del muscolo cardiaco è in stretto rapporto con il quadro clinico della 3. Angina pectoris. Con questo nome si intendono disturbi soggettivi che insorgono improvvisamente, caratterizzati da una leggera oppressione precordiale, che aumenta fino a divenire un dolore 10* —
KAUFMANN
I
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ORGANI
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CIRCOLAZIONE
acuto, irradiantesi generalmente dal cuore verso il braccio sinistro. Si può arrivare ad uno stato di completa prostrazione con sintomi di insufficienza cardiaca, e, come conseguenza estrema, alla morte improvvisa. Quando la morte sopravviene durante un attacco o in un intervallo, si riscontrano generalmente nel cuore gravi alterazioni delle coronarie (specialmente trombosi, embolie, restrizione arteriosclerotica del lume, occlusione sifilitica dell'ostio). Tuttavia non è necessaria un'occlusione totale; molto spesso infatti, il reperto anatomico mostra soltanto una stenosi del lume di grado più o meno elevato. Un esame al microscopio rivela però, come è stato dimostrato specialmente da BÜCHNER, le stesse necrosi recenti (o callosità in casi di ripetuti attacchi [KLEINMANN]), del miocardio, già descritte nella insufficienza delle coronarie. È logico quindi vedere in questi piccoli focolai, con i loro stessi prodotti di disintegrazione, o nell'ischemia diffusa, la cui espressione è appunto costituita da questi focolai, l'origine dell'irritazione dei nervi sensitivi del cuore, che tramite il simpatico cervicale, comunicano al cervello la percezione del dolore (HOFF) . Secondo BRUGSCH, l'angina pectoris è il sintomo guida dell'insufficienza coronarica e ad essa si possono riferire tutti i processi descritti per l'insufficienza delle coronarie. HOFF stabilisce 5 condizioni che possono determinare l'angina pectoris: 1) Stenosi delle coronarie da alterazioni organiche delle loro pareti; 2) insufficiente dilatabilità delle arterie coronarie, con impossibilità di adattamento alla dinamica cardiaca; 3) disturbi del controllo neuro-vegetativo del circolo coronarico, capaci di originare spasmi in seguito ad un'irritazione centrale o riflessa del vago (ad es.: embolie polmonari, sindrome di Roemheld, traumi psichici). (Tra i disturbi vasomotori puramente locali con instaurarsi di spasmi o di condizioni peristatiche nel tratto terminale dell'albero circolatorio v a compresa pure l'angina pectoris secondaria a traumi violenti della parete toracica (commotio cordis, vedere capitolo relativo). Bisogna tenere presente che questi disturbi della circolazione, che in un primo tempo hanno un valore puramente funzionale, possono provocare in seguito una trombosi delle arterie coronarie, con conseguenti infarti più grandi (vedi SCHRADE, ATTINGER). 4) Meiopragia cardiovasomotoria (ad es.: nelle stenosi dell'aorta, ipertensione, collasso) che rende insufficiente l'afflusso nelle coronarie (vedi HOCHREIN). (Sono qui compresi i casi di ipertrofia miocardica in cui la circolazione, già appena sufficiente in condizioni normali (ad es.: nell'ipertensione) non è in grado di adeguare il proprio volume in caso di improvviso sovraccarico). In tal modo si possono spiegare i casi di morte improvvisa, in seguito a sforzi eccessivi (specie nei vizi di cuore o nell'ipertensione), ma anche in seguito a traumi psichici. 5) Ipossiemia (nell'anemia e negli avvelenamenti per CO, ecc.) collegata ad insufficiente rifornimento di 0 2 . Questa esposizione serve a dimostrare che l'angina pectoris può sopraggiungere anche quando le arterie coronarie sono indenni; rari sono
CUORE
155
tuttavia gli attacchi violenti. La cosiddetta angina pectoris vasomotoria dipende, perciò da disturbi puramente funzionali, che secondo BRUGSCH sono condizionati principalmente da spasmi delle coronarie. KOHN attribuisce singoli casi di decesso, in seguito ad incidenti o shock psichico, a spasmi delle coronarie. L'ipotesi, sostenuta da A L L B U T T e WENCKEBACH, secondo la quale l'angina pectoris è considerata un'aortalgia in seguito alla dilatazione dell'aorta per un aumento della pressione sanguigna, viene generalmente respinta (KOHN, STERNBERG, ROMBERG, E . M E Y E R , BRUGSCH).
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CIRCOLAZIONE
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C. IL MIOCARDIO NELLE M A L A T T I E
INFETTIVE
a) L a difterite è la malattia infettiva in cui il miocardio viene più spesso e maggiormente colpito. M O H R , nelle sue ricerche sui cuori di soggetti deceduti in seguito a difterite, ha trovato il 73 % affetto da miocar-
158
ORGANI
DELLA
CIRCOLAZIONE
dite, mentre solo il 6 % presentava uno stato normale (136 casi). BEHR ha riscontrato, su 230 casi di cosiddetta difterite maligna, affezioni del miocardio di natura clinica o ecgrafìca nel 54 % dei soggetti. KIENLE ha pubblicato di recente una monografia sull'argomento. Anche nella moderna letteratura an atomo-patologica vi sono numerosi lavori sulle lesioni del miocardio in corso di difterite. Basti citare DONNERSTAG,
CHIARI,
MASSHOFF,
OHEIM,
GÙNTHER,
SCHILDHAUS
e
le
ricerche
sperimentali specie di SCHUMANN e BOEHM come pure di GUKELBERGER, che servirono a confermare ed a completare i reperti precedenti di RIBBERT, F A H R , HÙBSCHMANN e
MÒNCKEBERG.
Nella maggioranza dei casi riportati, specie nei primi stadi della malattia, si osserva una alterazione delle fibre muscolari stesse, sul tipo descritto nel capitolo riguardante i disturbi del metabolismo: rigonfiamento torbido, patosi grassa, degenerazione a zolle (coagulazione di albumina), degenerazione cerea, che si concludono con il quadro della miolisi (FAHR) (fig. 56). Quasi sempre è riscontrabile una degenerazione grassa a piccole gocce, mentre la striatura longitudinale e trasversale delle fibre e la colorazione del nucleo sono conservati. A d essa si collegano i fenomeni degenerativi del sarcoplasma, che OHEIM ha potuto dimostrare già al 2°-4° giorno e in modo più evidente al 7 0 e 13 0 giorno di malattia. FAHR ha trovato fenomeni di degenerazione grassa dal 2 0 al 3 0 , più intensa dal 5 0 al 15 0 , miolisi a partire dal y°-g° giorno. Anche nei casi riportati da ROMBERG il primo sintomo morfologico di una alterazione sembra riconoscersi in una lipidosi generale delle fibre. Analoghi risultati vengono riportati da DONNERSTAG e CHIARI. Non di rado si notano calcificazioni delle fibre necrotiche (OHEIM 8 volte su 50 casi — lievi dal 3 0 al 9 0 giorno, più marcate dal 13 0 giorno in avanti). Topograficamente queste alterazioni avvengono di preferenza negli strati muscolari longitudinale interno e in quello circolare. Inoltre sono riconoscibili certe differenti modalità di comportamento fra i due ventricoli. Nel tessuto connettivo interstiziale si verificano altri processi che consistono in infiltrazioni di leucociti anche eosinofili, e più spesso di linfociti (TANAKA, W . FISCHER, WULFFIUS, LIEBMAN), oltre a cellule m o n o n u c l e a t e
di natura istiocitaria. Questi infiltrati cellulari possono comparire già assieme alle alterazioni del parenchima, ma diventano più evidenti in fasi più avanzate (HALLWACH) e vengono considerati dalla maggioranza degli AA.
(MÒNCKEBERG, JAFFÉ,
HÙBSCHMANN) u n a r e a z i o n e
secondaria
del
tessuto interstiziale ai processi patosici parenchimali. (L'espressione « miocardite interstiziale » viene considerata inadeguata da MÒNCKEBERG, poiché in questo caso si dovrebbe riscontrare una alterazione primaria del tessuto interstiziale). Le recenti comunicazioni di OHEIM e GÙNTHER si staccano da questo concetto (priorità del parenchima) dal momento che essi mettono in primo
159
CUORE
piano l'edema interstiziale o « miocardite sierosa » (GÜNTHER) secondario ad un'alterazione della circolazione capillare e delle pareti vasali. L a sua importanza viene sottolineata dal fatto che vi sono frequenti emorragie specie subendocardiche, insieme alle quali BERBLINGER ha potuto dimostrare in alcuni casi dei veri quadri di arterite. Queste emorragie sono frequenti soprattutto nel sistema di conduzione e possono condurre anche ad alterazioni delle fibre di questo sistema (BERBLINGER). Questo partecipa anche alle alterazioni del parenchima in modo più o meno note-
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Miocardite difterica. Disintegrazione a zolle delle fibre muscolari. Iperplasia cellulare del tessuto interstiziale. 120 giorno di degenza. Preparato del Dr. Wehrsig.
vole e in alcuni casi la degenerazione grassa delle sue fibre ha una parte preponderante
(MÒNCKEBERG,
AMENOMIYA,
ENGEL,
TANAKA,
FRIED-
MANN).
MÒNCKEBERG insiste sul fatto che i processi infiammatori dell'interstizio non sono strettamente collegati alle alterazioni del parenchima, bensì possono comparire talvolta indipendentemente. In questo caso però essi non hanno alcun valore pratico. Nella difterite quindi due fatti hanno particolare importanza: i disturbi del ricambio e processi regressivi delle fibre muscolari e alterazioni delle pareti capillari. Da ulteriori ricerche si potrà individuare se l'aumentata permeabilità dei capillari sia da ritenersi il momento causale capace di
i6o
ORGANI DELLA CIRCOLAZIONE
indurre disturbi trofici delle fibre. Gli infiltrati cellulari e la proliferazione connettivale sono da ritenersi quasi sempre una reazione alle alterazioni del parenchima. Questi processi di alterazione delle fibre e dei tessuti interstiziali vengono osservati anche sperimentalmente (ABRAMOW, ANITSCHKOW, JAFFÉ); soprattutto i primi hanno una parte predominante. Anche GUKELBERGER osserva diminuzione della reazione delle ossidasi nelle fibre e GRUNKE, SCHUMANN e BOEHM p a r l a n o , in particolare, di s c o m p a r s a del
glicogeno. L'esito della miocardiopatia difterica dipende principalmente dal grado delle alterazioni del parenchima; tuttavia nei casi in cui non interviene precocemente la morte, sembra vi sia una restitutio ad integrum. Mentre ROSTOSKI ha riscontrato nelle prime settimane, nel 45 % di 1371 pazienti affetti da difterite, delle modificazioni all' ECG, in un esame successivo egli ha potuto rilevare alterazioni leggere solo nel 2,5 % . Anche secondo JONES e WHITE e ALSTEAD i disturbi cardiaci post-difterici sono molto rari. Il ripristino funzionale non implica tuttavia un quadro anatomico completamente normale. Senza dubbio le alterazioni del parenchima di grado più leggero (rigonfiamento torbido, steatosi) sono reversibili. Quando si giunge a fenomeni degenerativi più marcati del sarcoplasma la fibra muore; essa potrebbe venir sostituita da fibre muscolari rigenerate o da tessuto cicatriziale. Non è stato ancora dimostrato che i quadri descritti da HELLER siano la prova di una pura rigenerazione efficiente in senso funzionale, anche se altri A A . lo confermano (FRENZEL, HÙBSCHMANN, WARTHIN) . Mitosi in generale non sono state osservate sinora (COLLIER, KARSNER e SAPHIR e TODD) anche se talvolta si vedono scissioni longitudinali delle fibre, specie nel bambino (MALLORY) . ME MAHON ha repertato in un bimbo di 6 anni, affetto da una grave miocardite difterica già in fase cicatriziale, segni indubbi di mitosi delle fibre muscolari e ritiene dimostrata una vera rigenerazione nell'infanzia. Io credo che nel miocardio la mitosi non abbia un'importanza decisiva, giacché sappiamo che si hanno scissioni nucleari amitotiche, sia in condizioni normali (vedi struttura del miocardio), sia in quelle patologiche (vedi LINZBACH). Si potrà quindi, e specie nell'infanzia, far conto su una certa sostituzione rigenerativa delle fibre degenerate. Senza dubbio però la proliferazione del tessuto connettivo con evoluzione cicatriziale, ha una funzione d'importanza maggiore. Più volte sono state osservate cicatrici del miocardio dopo difterite (ANITSCHKOW). Esse sono spesso sottili, striate, ma talvolta possono sostituire massivamente la muscolatura (fibrosi cardiaca, cirrosi cardiaca) e, anche di rado, sono repertabili delle callosità grossolane (HÙBSCHMANN, SCHMINCKE, KRATZEISEN) per cui dopo naturalmente non si è sempre sicuri se veramente esse sono dipendenti dalla difterite. Una miocardite sierosa potrebbe avere importanza nella loro patogenesi.
CUORE
161
L ' A . ha osservato di recente una sclerosi estesa, specie della parete posteriore del ventricolo sinistro in un uomo di 31 anni che a v e v a c o n t r a t t o una grave infezione difterica 8 anni prima della sua morte durante il periodo militare. Decesso i m p r o v v i s o per collasso cardiaco. L e v a l v o l e , l ' a o r t a e le arterie coronarie non presentavano alcun segno patologico (fig. 57).
La miocardite grave difterica si riconosce nei casi tipici per una dilatazione « miogena », a palla, del ventricolo sinistro. Nella maggior parte dei casi di morte precoce, in cui si possono vedere per lo più le fibre infarcite di grasso a piccole gocce, questa dilatazione non è ancora evidente,
Fig.
Sclerosi
del miocardio
57.
(esito di u n a miocardite fibroblastica) d o p o difterite d a t a n t e d a 8 anni in un u o m o di 31 anni. (Aut. N. 244/1951).
ma la si troverà quasi sempre dopo una settimana di malattia. Anche la « fibrosi cardiaca » può condurre alla dilatazione ventricolare. Un'insufficienza miocardica acuta sopraggiunge generalmente nelle prime fasi della malattia, ma è tuttavia possibile anche settimane dopo la scomparsa dei sintomi precoci. Da tutto ciò non si deve però concludere che solo la tossina difterica influisca sul miocardio. Una parte delle morti precoci è provocata da un disturbo della circolazione periferica, i cui reperti anatomici rientrano nel più esteso gruppo del collasso, come espressione soprattutto della distribuzione del sangue nei diversi organi. II
—
KAUFMANN
I
IÓ2
ORGANI DELLA
CIRCOLAZIONE
b) Dalle ricerche di VIRCHOW e ROMBERG risulta che la scarlattina induce alterazioni patologiche del miocardio simili a quelle descritte per la difterite, più evidenti in genere nell'interstizio. Su 602 casi di scarlattina NEUBAUER ne ha osservati 36 = 6 % con complicazioni cardiache, di cui 32 miocarditi e 4 endocarditi (WHITE). STEINMANN distingue fenomeni secondari settici (endocardite verrucosa e ulcerosa, miocardite batterica di natura embolica, pericardite) e asettici (miocardite precoce e tardiva e, raramente, endo- e pericarditi) (GLANSMANN). BENGTSSON, BIRKE e WINGSTRAND a c c e n n a n o in m o d o
particolare
alle modificazioni dell'ECG. Le alterazioni anatomiche sono costituite da infiltrati linfocitari, diffusi o a focolaio, nel connettivo interstiziale, ai quali si frammischiano anche istiociti e plasmacellule, principalmente in forma di accumuli di grosse cellule basofìle istiocitarie del tessuto periarterioso, che ricordano i noduli reumatici con i quali sono identificati (SIEGMUND, KLINGE) o d a i q u a l i sono t e n u t i d i s t i n t i (FAHR, STOEBER, MAGDAL E R Y e BILLINGS). H E R Z E N B E R G e W A S S I L J E W e F E D O R O W h a n n o
riscon-
trato una miocardite produttiva-essudativa in casi di scarlattina nell'87 % , mentre solo in 2 casi su 38 si sono viste alterazioni del parenchima. Ulteriori ricerche sono quelle di ECKERT-MÖBIUS, HAHN, SPANG e WELSCH,
BEZI. STOEBER ha visto in casi di morte improvvisa per scarlattina, infiltrati cellulari ed emorragie nelle due branche del sistema di conduzione. Vedi SIEGMUND per le alterazioni dell'endocardio e dell'intima dei vasi nella scarlattina. c) Anche nel tifo addominale sono rari i casi di affezione delle fibre del miocardio
(ROMBERG,
MÖNCKEBERG,
ASCHOFF).
Secondo
WÄTJEN
si
vedono proliferazioni nodulari istiocitarie con edema circostante del tessuto interstiziale, specie durante lo stadio dell'ulcera e della sua detersione. « Tifomi » specifici non vengono mai riscontrati (dati più precisi in DONAT) . d) Relativamente rari sono i casi di alterazioni del miocardio anche nell'influenza (BEITZKE). SCHMORL distingue due forme, nella prima delle quali è preponderante una disintegrazione a zolle, nella seconda una infiltrazione interstiziale. Nei casi studiati da SISSOEW e ROULET si sono notate gravi alterazioni del parenchima: lipidosi diffusa, disintegrazione granulosa delle fibre muscolari, accanto a infiltrati di cellule rotonde nel tessuto interstiziale, e nella fase seguente (ROULET, 23 0 giorno) focolai «di collasso » con fibroblasti e reticoli fibrillari pericellulari. È ancora incerto se questi fatti siano condizionati dal virus stesso o da infezioni miste. Cfr. anche il caso di WERCKMEISTER e FREUND. L'isolamento del virus A, o t t e n u t o d a F I N L A N D , P A R K E R , B A R N E S e J O L L I F F E , d i m o s t r a c h e il v i r u s
dell'influenza è presente nella miocardite interstiziale. (Ulteriori notizie si possono avere nel capitolo che tratta la cosiddetta miocardite isolata). e) Vedere MANCA sulla miocardiopatia nella parotite epidemica e ALLAN e KELLNER nella mononucleosi infettiva.
CUORE
163
/) Nel tifo petecchiale stanno in prima linea i processi a livello dell'i'wterstizio. Sin dal 1916 GRUBER h a sottolineato la loro frequente insorgenza, e nella seconda guerra mondiale ciò è stato completamente confermato. Secondo HERZOG e RODRIGUEZ nel 97 % di t u t t i i casi mortali senza reperto macroscopico si può trovare un fatto infiammatorio nell'interstizio a focolaio o diffuso, spesso con infiltrati attorno ai capillari e precapillari, formati da leucociti, linfociti, plasmacellule, fibroblasti e cellule parietali dei vasi e, nelle pareti vasali stesse, rigonfiamento e desquamazione dell'endotelio. Spesso non si vedono necrosi delle pareti vasali (GRUBER, 1942). SCHOPPER h a riscontrato, su 70 decessi per tifo petecchiale, 52 casi di miocardite di grado diverso. Contrariamente a GOEDEL, che insiste su una somiglianza con la difterite, l'interessamento delle fibre viene sempre v a l u t a t o di scarsa entità (BOHN riporta dati clinici). g) L a miocardite da a f t a epizootica ha m o l t a somiglianza con quella da difterite
(JOHNE, K I T T , J O E S T , N I E B E R L E , M Ò N C K E B E R G ,
EMMERICH).
Mentre però JOEST pone in primo piano i processi interstiziali, MÒNCKEBERG dà maggiore rilievo alle lesioni del parenchima. A n c h e negli esperimenti è particolarmente evidente la lipidosi e necrobiosi delle fibre muscolari. Molto spesso è visibile macroscopicamente u n a evidente « striatura t i g r a t a » del miocardio (HOLZ). L ' A u t o r e ha visto, al microscopio, necrosi di alto grado (vedi figg. 58 e 59) delle fibre muscolari (simile alle alterazioni della difterite) con reazioni t u t t a v i a molto più accentuate nell'interstizio. h) N o n sono rari i casi in cui il miocardio viene colpito nelle virosi del s i s t e m a n e r v o s o . LARSON, SAPHIR, W I L E , P E A L E e LUCCHESI, DOLGOPOI.
e CRAGAN, LUDDEN e EDWARDS lo hanno già descritto nella poliomielite. Vi sono leggere modificazioni delle fibre. P i ù frequente è l'edema interstiziale. Infiltrati cellulari in genere non sono rari e poco estesi (secondo DOLGOPOL e CRAGAN 11 su 92 casi). T u t t a v i a vi sono casi molto g r a v i (LUDDEN ed EDWARDS 6 volte su 45 casi). Ognuno di questi ultimi A A . h a visto una endocardite verrucosa, una endoarterite ed una rottura dell'atrio destro. Anche DOLGOPOL e CRAGAN parlano di u n a partecipazione dell'endocardio e del pericardio. GEFTER e Coli, hanno osservato alterazioni d e l l ' E C G ed anche LAAKE (nel 3 7 % dei casi). Secondo LÉPINE il miocardio verrebbe attaccato principalmente dal gruppo di Lansing (circa il 26 % ) . Vedere UNGAR: miocardite interstiziale nelì' encefalite epidemica. T r a le malattie tropicali, nella malaria non sono rari i casi di interessamento clinico del miocardio. L e lesioni permanenti devono t u t t a v i a essere considerate con una certa precauzione in questa m a l a t t i a (FISCHER e REICHENOW). La lepra non colpisce generalmente il cuore (MOHR). Nel vaiolo sembra che le affezioni del miocardio siano più frequenti di quanto si sospetti (HÒRING), mentre esse sono u n elemento importante nella malattia
del
sonno
(HAWKING
e
GREENFIELD,
FISCHER
e
REICHENOW).
ORGANI
DELLA
Fig.
CIRCOLAZIONE
58.
Miocardio nell'afta epizootica del vitello. Disintegrazione delle fibre. Forte reazione monocitaria nell'interstizio.
mmWmM Fig. 59Miocardite interstiziale di alto grado nell'afta epizootica del vitello. Disintegrazione delle fibre muscolari. Macroscopicamente: « Cuore tigrato ».
CUORE
L o stesso v a l e per la schistosomiasi
165
(JAFFÉ, VOGEL e MINNING) e per la
malattia di Chagas (FISCHER e REICHENOW). In genere si hanno processi flogistici interstiziali. PAIGE, COWEN e WOLF (dimostrazione di parassiti) come pure BENGSSON hanno trattato le affezioni cardiache nella toxoplasmosi. i) Oltre a queste malattie infettive nettamente distinte, non vi è forse nell'uomo alcuna infezione nella quale non si sia riscontrata occasionalmente una miocardite dal punto di vista clinico o anatomico. Le infezioni da streptococchi hanno qui una certa importanza. Nella endocardite ulcerosa acuta il miocardio raramente è esente da alterazioni infiammatorie, ora in forma di infiltrati interstiziali ora come conseguenza di emboli da cocchi. Nella endocardite lenta la partecipazione del miocardio è generalmente molto limitata, tuttavia quasi sempre presente. Spesso i processi infiammatori sono legati ai piccoli vasi. NAVASQUEZ li collega a microembolie, ma in genere non sono una conseguenza bensì un fenomeno parallelo della endocardite (vedere sotto endocardite. Lavoro recente di SAPHIR, KATZ e
GORE).
Sono stati osservati nelle polmoniti processi miocarditici da LIEBMANN, SAPHIR e AMROMIN come pure da ARNOLD (nodo del seno !), nella bronchite purulenta da JECKELN, nelle complicanze della gonorrea da BANG, nelle infezioni cutanee leggere o più gravi da KAUFMANN, WOLF, ASCHOFF, SELLENTIN, HUG, negli e c z e m i d a FOERSTER e BERNHEIM-CARRER
come
pure da STEINER, nella dissenteria da HABS. Nelle infezioni « focali » le affezioni del cuore e quindi anche del miocardio sono particolarmente interessanti. I lavori su questo soggetto sono per la m a g g i o r p a r t e di n a t u r a clinica (PAESSLER, ROSENOW, VEIL, GUTZEIT, A S S M A N N , P A R A D E , H A U C K , SCHOENHOLZER, G L A T T H A A R , G E D I C K E ,
KISS).
GORE e SAPHIR hanno osservato, nelle affezioni acute nasofaringee, talvolta un preponderante interessamento delle fibre muscolari, talvolta un'infiltrazione di cellule mononucleari nel tessuto connettivo peri vascolare. In questi casi si può anche arrivare ad una fibrosi del miocardio (fig. 60). WEICKER e RETZLAFF sono riusciti a produrre una miocardite interstiziale nel coniglio sperimentalmente mediante culture in agar-brodo di tonsille, sede di processi flogistici. I risultati delle ricerche di FOERSTER e ZINCK sulle ustioni e di SCHLEUSSING sulle ustioni da sole, dimostrano che fatti infiammatori del miocardio non sono sempre la conseguenza immediata di batteri e delle loro tossine, bensì spesso di prodotti di disintegrazione proteica che provocano lesioni delle pareti dei capillari. FRANZ ritiene che anche sostanze tossiche (adrenalina) possano provocare alterazioni analoghe. Talvolta vengono chiamati in causa anche i sulfamidici (FAWCETT è contrario a questa affermazione). Per quanto riguarda i processi allergici la non rara combinazione di nefrite e miocardite sembra confermare l'esistenza di un certo rapporto
i66
ORGANI
(GORE e SAPHIR,
BOHN
DELLA
CIRCOLAZIONE
e FELDMANN,
FLAGG e FROEHNER,
STEINMANN,
WEPLER e s p e r i m e n t a l m e n t e (nefrite di « M a s u g i ») LETTERER e SEYBOLD),
di carattere principalmente interstiziale. Sulla miocardite allergica vedere SKRYZDLEWSKI.
Queste considerazioni ci portano ad un'affezione cardiaca, che viene definita come isolata, diffusa (idiopatica) interstiziale e chiamata, dal primo autore che l'ha osservata clinicamente, miocardite di Fiedler. SCHMORL, SELLENTIN e SALTYKOW l'hanno studiata istologicamente individuando in essa una composizione molto varia degli infiltrati infiammatori: leucociti,
Fig. 60. Miocardite fibroplastica a focolai dopo angina. Morte cardiaca improvvisa. Uomo di 33 anni (Aut. N. 234/1951).
plasmacellule, istiociti, grandi cellule giganti miogene. Le fibre muscolari presentano spesso un aspetto quasi normale, talvolta si osserva una degenerazione ialina ed una necrosi granulosa (HAUSMANN e SCHENKEN) . In taluni casi si osservano proliferazioni granulomatose a forma nodulare, che ricordano ora i noduli di Aschoff ed ora i tubercoli. Quando dette proliferazioni sono più evidenti, allora si parla di miocardite granulomatosa o a cellule
giganti
(JONAS, W . K O C H , DIDION, W . FISCHER, KOOPMANN, MAGNER).
I granulomi non compaiono sempre e solo nel muscolo cardiaco, bensì anche in altri organi (GENTZEN, JONAS, DIDION). L a loro somiglianza con i tubercoli può essere notevole, tanto più che si osserva una proliferazione di cellule epitelioidi tipiche e talvolta aree limitate di necrosi. Non
167
CUORE
si sono mai repertati tuttavia bacilli di Koch. DIDION pensa ad una parentela con il sarcoide di Boeck. Sembra che la frequenza di questa malattia nella letteratura sia in aumento, ma non si è certi però che tutto quanto viene fatto rientrare sotto questo grappo sia veramente attinente. SCOTT e SAPHIR riportano fino al 1929 u n a t r e n t i n a di casi. D E LA CHAPELLE e GRAEF, MITTELBACH, HAUSMANN POPPER,
W.
e
SCHENKEN,
SIKL,
FREUNDLICH,
FISCHER, WUHRMANN,
CARBONCINI,
GRIESHAMMER BONSDORFF,
(sifilide?), ECK
ripor-
tano osservazioni più recenti. La sua comparsa anche nell'infanzia viene confermata
da
SINGER,
LINDBERG,
RAEBURN,
HOUSE,
SAPHIR
e
REIN-
GOLD. Non si è certi se a questo gruppo appartenga anche il cuore «calloso » del lattante
(STOEBER, FROBOESE). LIND e HULTQUIST r i p o r t a n o 4 casi
mortali di miocardite isolata in neonati e in bambini piccoli. STOEBER ha osservato una miocardite in forma epidemica nei lattanti a Monaco e dintorni: 140 casi autoptici sicuri in 8 anni. L a relazione di CHIARI parla di una combinazione tra miocardite ed encefalite. Per un esame più esteso della letteratura recente vedi SAPHIR, 1941 e 1942; MARCUSE e KREBS riportano risultati di ampie ricerche seriate sul cuore. Per questa determinata forma di miocardite si tratta di casi morbosi in cui non era facile trovare un rapporto con altri fatti infettivi, quantunque non fosse possibile escludere completamente l'influenza di un focolaio infiammatorio in un'altra parte dell'organismo. WUHRMANN pensa piuttosto ad una reazione da ipersensibilità ad una qualsiasi infezione di tipo « influenzale». Secondo SIKL potrebbero entrare in gioco la sifilide ed il salvarsan. Egli ha trovato comunque in un caso un'eosinofilia evidente dell'infiltrato, che considera segno di reazione allergica. Altri casi secondari a somministrazione di salvarsan sono stati comunicati da NELSON e ZALKA. In casi analoghi STOECKENIUS ritenne si trattasse di una reazione sul tipo di quella di Herxheimer. KAUFMANN ha osservato macroscopicamente due casi in cui l'intera muscolatura era disseminata di aree translucide, bianco-grigiastre o grigiogiallastre, che ricordavano gli infiltrati leucemici, tra le quali non restava che poca muscolatura indenne; DE LA CHAPELLE e GRAEF descrivono queste aree di colore bruno-giallastro. Il cuore può essere ingrossato notevolmente
(600 g r . D E LA CHAPELLE e GRAEF, c o r b o v i n u m CARBONCINI).
Quasi sempre i ventricoli sono dilatati, mentre l'epicardio, l'endocardio e le coronarie rimangono normali; le ultime possono presentare talvolta fatti infiammatori che fanno pensare ad un processo infettivo (MITTELBACH). Le formazioni cicatriziali si estendono a piccole chiazze o in modo più diffuso quando dalla forma acuta si passa alla forma cronica (cuore calloso) (fig. 61). In tal modo al quadro primitivo della miocardite di Fiedler si aggiungono altri elementi che si scostano alquanto dal quadro di una forma acuta.
ORGANI
DELLA
CIRCOLAZIONE
Rimane comunque confermato che il processo si localizza principalmente nel tessuto interstiziale, e che nella maggior parte dei casi non vi sono rapporti dimostrabili con altre malattie infettive note. Una dimostrazione del genere però, diviene sempre più diffìcile man mano che lo stadio granulomatoso-cicatriziale progredisce. Osservazioni analoghe a quelle dell'uomo sono state fatte da C. MILLER nel coniglio. FRENCH e WELLER comunicano di essere riusciti a provocare questa affezione mediante sulfamidici nei conigli, ratti e topi. FINLAND, BARNES, PARKER e JOLLIFFE hanno isolato il virus A dell'influenza in due
Fig. 61. Disseminazione di cicatrici nel muscolo cardiaco in seguito a miocardite interstiziale a focolaio ad eziologia non definita. Uomo di 50 anni (Aut. N. 4/1952).
cuori affetti da miocardite interstiziale; HELWIG e SCHMIDT sono riusciti a fare lo stesso nella miocardite cronica delle scimmie, trasferendola anche con successo nei topi bianchi (SCHMIDT). In alcuni casi si è provocata una miocardite cronica inoculando nei conigli il Virus III (PEARCE, PEARCE e LANGE).
Con questo non si intende affermare che ogni miocardite interstiziale acuta (o cronica) isolata sia una malattia da virus. Si dovrebbe piuttosto ritenere che nella maggior parte dei casi la sua insorgenza sia dovuta a processi allergici. Gli esperimenti con siero eterogeneo, che provocano talvolta una miocardite interstiziale, sembrano dimostrarlo. Si pone così la domanda se essa sia identificabile con la miocardite reumatica (KLINGE
169
CUORE
e Coll., MCKEOWN,
GONZALES-SIRIT). A n c h e gli e s p e r i m e n t i di CAVELTI
e J A F F É e HOLZ, in c u i si è p r o v o c a t a u n a m i o c a r d i t e diffusa o n o d u l a r e , t r a t t a n d o il coniglio c o n e s t r a t t o di c u o r e o m o l o g o , s t a r e b b e r o a c o n f e r m a r l o (essi h a n n o u s a t o a n c h e e s t r a t t o di f e g a t o o siero e t e r o g e n e o ) . MUTH lo c o n f e r m a s p e c i e c o n l'iniezione a d d i z i o n a l e di s t r e p t o c o c c h i . L e o s s e r v a zioni di HEJTMANCIK, B R A D F I E L D e MILLER sulla atassia
di Friedreich
e di
FRANZ s u l l a d i s t r o f ì a m u s c o l a r e p r o g r e s s i v a , p r o v a n o l ' e s i s t e n z a di p r o c e s s i m i o c a r d i t i c i nelle m a l a t t i e del s i s t e m a n e r v o s o . ASKANAZY, K R U C K E e SALFELDER si s o n o o c c u p a t i d e l l a
partecipa-
zione dei n e r v i c a r d i a c i ai f a t t i i n f i a m m a t o r i del m i o c a r d i o .
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D. IL
REUMATISMO
Seguirà una discussione breve sul problema del reumatismo, poiché molte questioni dell'eziologia reumatica si inseriscono nella discussione sulle malattie cardiache e vasali. Questa esposizione non potrà contenere tutti i dati di una immensa letteratura sull'argomento, ma si limiterà piuttosto a brevi cenni, assumendo in tal modo un carattere più soggettivo. Come sempre in questo libro, il punto di partenza è costituito dalla morfologia, anche se nella discussione successiva si cercherà di penetrare nel campo della ricerca causale. Dopo che
BOUILLAUD
(1836) aveva accennato all'importanza del reu-
172
ORGANI
DELLA
CIRCOLAZIONE
matismo nella genesi di malattie cardiache, e GOODHART (1879) e anche BRET (1890) a v e v a n o riferito alcune osservazioni di infiltrati del miocardio, senza t u t t a v i a riconoscerli specifici del reumatismo, nel 1904 ASCHOFF ha descritto caratteristici noduli del tessuto connettivo del miocardio. Essi sono divenuti il punto chiave per il problema del reumatismo (confermati da GEIPEL, FRAENKEL, FAHR e da altri nella letteratura straniera), dal punto di vista morfologico. (Vedi letteratura: E . FRAENKEL, TALALAJEW, KLINGE,
GROSS e Coli.,
TINI e G R U M B A C H ,
V.
GRAEFF,
BERGMANN,
CHIARI,
ROESSLE,
GERÖNNE,
VEIL,
DIETRICH, GRIFFITH,
V.
ALBER-
MURPHY).
Nella letteratura tedesca le descrizioni più esaurienti sulla presenza e lo sviluppo dei noduli di Aschoff sono state f a t t e da KLINGE e Coli., nella letteratura americana da GROSS e dalla Sua scuola. I noduli più tipici sono situati nel tessuto connettivo perivascolare del miocardio. Si presentano in tre forme diverse, che si possono identificare come i tre momenti di u n processo progressivo: 1) rigonfiamento fibrinoide del tessuto connettivo (l'infiltrato precoce secondo KLINGE), 2) nodulo cellulare (ASCHOFF, GEIPEL), 3) cicatrice reumatica. Nella prima fase si osserva u n rigonfiamento della sostanza fondamentale del connettivo con trasformazione in un materiale che assume la colorazione della fibrina, in genere non molto intensa (da cui l'espressione rigonfiamento fibrinoide), mentre con impregnazione argéntica si m e t t o n o in evidenza particolare le fibrille reticolari in essa presenti. (Descrizione p i ù d e t t a g l i a t a : BAHRMANN. S e c o n d o W . W . M E Y E R e BÖHMIG c o n
KLEIN,
si dovrebbe parlare di una infiammazione interstiziale fibrinosa, ed evitare l'espressione fibrinoide). Il tessuto circostante presenta un'imbibizione sierosa. L e formazioni di questi focolai sono visibili in modo particolare nella parete del cuore sinistro nel reumatismo articolare febbrile acuto. L e reazioni cellulari all'inizio sono scarse e non caratteristiche. Nella seconda fase si forma al margine del rigonfiamento u n nodulo costituito da elementi cellulari, rotondo, ovale o fusiforme (granuloma). E composto di grandi cellule istiocitarie a nucleo polimorfo e citoplasma basofilo (BRACHT e WÄCHTER), tra le quali non è raro vedere cellule giganti polinucleate o a nuclei particolarmente grandi, di natura istiocitaria o anche miogena (fig. 62). Spesso le cellule del granuloma sono disposte a guisa di epitelio intorno al focolaio centrale di imbibizione privo di nuclei, il quale riceve per ciò una certa somiglianza con u n tubercolo. U n disfacimento più grossolano delle fibre (come negli ascessi o nei tubercoli) di solito non si produce nel focolaio reumatico o, se mai, soltanto nei grandi nodi reumatici (situati per lo più nel sottocutaneo). Il granuloma è spesso circondato da un mantello di linfociti (non molto ampio). A l l a fine, il nodulo si trasforma in cicatrice, la quale nel muscolo cardiaco si distingue per la forma a fuso e per la situazione perivascolare (fig. 63). In essa l'impregnazione argéntica è ora meno evidente, le masse
CUORE
I73
Fig. 62. Noduli reumatici del miocardio in un caso di miliare tubercolare generalizzata. Donna di 21 anni (Aut. N. 92/1951).
fìbrinoidi sono scomparse, le cellule assumono forme di fibrociti (sono sostituite da fibrociti), le fibre appaiono più grosse, e sparisce anche l'infiltrazione di linfociti. GROSS e EHRLICH rilevano la diversità spesso assai
Fig. 63. Callosità reumatiche perivascolari nel muscolo cardiaco. Donna 53enne (Aut. N. 312/1950).
174
ORGANI DELLA
CIRCOLAZIONE
marcata delle forme delle cellule e dei tessuti dei noduli: essi distinguono un tipo a corona microcellulare, un tipo a corona macrocellulare, un tipo a corona sinciziale, un tipo a corona reticolare, un tipo a mosaico, un tipo polarizzato (orientato) e un tipo fibrillare. Hanno rarissimamente visto fibrina nei noduli, considerano le fibre elastiche come indenni e anche nelle fibre muscolari vedono solo poche alterazioni. Questi noduli di Aschoff (in parte legati ai vasi, in parte « intramuscolari ») appaiono ora dappertutto nel cuore, nell' endocardio, nel tessuto sottoendocardico, e nei tessuti connettivi della muscolatura cardiaca e del sistema conduttore degli stimoli, nelle valvole e nei tendinetti, nel pericardio e nelle pareti dei grossi vasi del cuore; ma essi sono distribuiti in modo vario e presentano certi luoghi di predilezione (parete d e l l ' a g o sinistro, Septum ventriculorum, muscoli papillari; vedi specialmente GROSS e Coli.). Si trovano più particolarmente in casi di reumatismi febbrili recenti, ma anche nelle riacutizzazioni di vecchie malattie reumatiche. Quanto più il processo passa allo stadio cronico, tanto più prevale il quadro della cicatrice reumatica. I noduli allora si trovano pure fuori del cuore, nei tessuti mesenchimali, nei tessuti perivascolari, come noduli tendinei (GRAEFF), di forma alquanto differente, ma essenzialmente identici, nelle articolazioni, nella muscolatura del corpo (nel qual caso anche le fibre muscolari presentano dei mutamenti, B R O G S I T T E R ) , nelle pareti vasali (con predilezione per la media e l'avventizia), attorno alle tonsille (mentre il tessuto tonsillare stesso rimane libero), sulle sierose, ma anche nelle grandi ghiandole della cavità addominale (seppure in forma meno caratteristica), nei polmoni ( G O U L E Y , M A S S O , con R I O P E L L E e MARTIN), nella pelle, dunque sempre là ove nel corpo si trova del tessuto mesenchimale, specie collageno. Però quanto alla frequenza del loro apparire il cuore tiene il primo posto. GROSS e E H R L I C H hanno cercato di fissare le tre fasi descritte nella formazione dei noduli secondo l'età ed hanno pensato che la prima si estenda fino alla quarta settimana, la seconda dalla quarta alla tredicesima, la terza dalla nona alla sedicesima settimana. T A L A L A J E W e K L I N G E giungono ad analoghi risultati. Per quanto chiari siano la natura e lo sviluppo di questi noduli reumatici, le opinioni sulle cause del processo reumatico sono ancora assai svariate. Questo dipende in prima linea dal fatto che l'intero concetto di reumatismo non è abbastanza nettamente delimitato. Bisogna comprendervi soltanto ciò che è caratterizzato dalla presenza dei noduli di Aschoff (Rheumatismus infectiosus specificus, G R A E F F , granuloma reumatico, F A H R ) ? Si può separare da questo un non specifico reumatismo da cocchi? Oppure conviene riassumere tutti e due nell'unità più vasta di mutamenti allergici del corpo, partenti per lo più da un focolaio d'infezione, ed interpretarli soltanto quali diverse forme di evoluzione? A tale domanda è difficilissimo rispondere per il fatto che anche la delimitazione clinica del reuma-
CUORE
175
tismo articolare da altre malattie delle articolazioni (e dei muscoli) non è per ora possibile, e che si osservano « autentici » mutamenti reumatici nel muscolo cardiaco e in altri organi, senza che fosse mai esistito il quadro clinico del reumatismo articolare pienamente conclamato. La malattia reumatica (dell'endocardio, miocardio, dei vasi, della pelle) senza partecipazione delle articolazioni apporterà sempre nell'intero complesso di questi problemi un fattore di incertezza e di arbitrio. Il primo quesito è: si può considerare specifica, anatomicamente l'alterazione reumatica? ASCHOFF, G R A E F F , F A H R , GROSS e EHRLICH non esitano a rispondere di si, fintantoché si tratti di granulomi, mentre esiste unanimità nel ritenere che la cosiddetta degenerazione fibrinoide non è specifica. Essa si produce in forma simile o uguale in svariatissime lesioni infettive, tossiche e chimiche e si trova con particolare frequenza in malattie che si collegano con processi allergici, anche se non ne sono la prova. Specialmente le malattie streptococciche sembrano provocarla di frequente. Autori americani aggruppano un certo numero di malattie nelle quali i tessuti connettivi siano affetti primariamente nella loro parte extracellulare (reumatismo, lupus erythematosus disseminatus, sclerodermia, dermatomiosite, periarteriitis nodosa) quali « collagen diseases », ossia malattie del collagene ( K L E M P E R E R ) ; però P O P P E R e LUNSETH sottolineano che da tali somiglianze nel quadro anatomico non si deve inferire un'etiologia comune. E i noduli di Aschoff (granulomi)? Noduli macrocellulari nella muscolatura cardiaca si trovano spesso nella scarlattina. La loro identità con i noduli di Aschoff viene contestata da F A H R , ammessa da K L I N G E . ASCHOFF rileva che evidentemente la scarlattina si presenta non di rado in combinazione col reumatismo genuino e che di li si spiega il reperto occasionale di tipici granulomi reumatici nella scarlattina. Una tale possibilità non si può escludere, specialmente se si ammette che esistono reumatismi febbrili senza malattie delle articolazioni, ma non si può neanche dimostrare. La stessa cosa vale per le formazioni di noduli nel muscolo cardiaco, che MASUGI ha trovato per primo, nella tubercolosi. Che esse vi vengano osservate in forme « reumatiche » del tutto tipiche è indubbio, anche se la loro frequenza è giudicata in maniera assai diversa. S A I . F E L D E R e SANDRITTER in una grande serie di casi esaminati le videro non più frequenti nella tubercolosi che in altre malattie. È egualmente discusso se i noduli siano prodotti dalla tubercolosi stessa oppure se essi siano la conseguenza di una infezione mista. MASUGI e i suoi collaboratori propendono per la prima ipotesi e sottolineano certe differenze di fronte ai noduli di Aschoff, consistenti specialmente nella mancanza del rigonfiamento fibrinoide nei primi stadi. S T O E B E R respinge del tutto i reperti di MASUGI, mentre FRANZ pensa a una combinazione col reumatismo nei rari casi in cui i noduli assomigliano ai reperti di ASCHOFF. Anche GIUDIZI, LANZA,
176
ORGANI DELLA
CIRCOLAZIONE
FIORI e STIGLIANI si esprimono in q u e s t o senso. NICOL osservò t u t t e le transizioni d a g r a n u l o m i non caratteristici a d a u t e n t i c i noduli di A s c h o f f e t u b e r c o l i e a c c o r d a loro solo u n a specificità r e l a t i v a . A n a l o g a m e n t e SIEGMUND, KLINGE, HELLY, DE COURTEN, STRUKOW, MASSHOFF. L ' A . recentemente ha osservato il caso abbastanza singolare di una donna di 21 anni affetta da tubercolosi miliare, morta poco dopo il parto. Il cuore nell'endocardio e miocardio era già macroscopicamente invaso da noduli. All'esame microscopico questi presentavano t u t t e le transizioni da autentici tubercoli miliari a noduli di Aschoff con tipica struttura e sicura localizzazione perivascolare. Bacilli della tubercolosi non poterono essere constatati nei preparati. Il bambino morì dieci settimane dopo il parto, di tubercolosi connatale con grosso complesso primario caseoso nel fegato e disseminazione miliare e super-miliare in tutti gli organi. Formazioni « reumatiche » non furono t r o v a t e nell'organismo infantile. Non si potrà fare a meno di attribuire, in simili casi, il prodursi dei noduli di Aschoff all'effetto dei bacilli della tubercolosi e alla speciale condizione di difesa dei tessuti materni. Del resto si può assentire all'opinione di SALFELDER e SANDRITTER che granulomi reumatici siano rari in altri casi di tubercolosi. A n c h e nell'endocardite lenta Aschoff
v e n g o n o t r o v a t i non di r a d o noduli
di
nel m u s c o l o cardiaco. Ma tale r e p e r t o n o n d i m o s t r a m o l t o , poiché,
c o m e già r i l e v a t o
nel r i s p e t t i v o capitolo,
l ' e n d o c a r d i t e l e n t a si i n n e s t a
volentieri s u u n v e c c h i o v i z i o c a r d i a c o di origine r e u m a t i c a . rebbe p i u t t o s t o l'opinione
Comprove-
(vedi sotto) che u n v e c c h i o r e u m a t i s m o
può
v e n i r a t t i v a t o d a n u o v i processi i n i e t t i v i e s t i m o l a t o a f o r m a r e g r a n u l o m i n u o v i (GROSS e FRIED). P e r rispondere alla d o m a n d a p o s t a sarà bene riconoscere c h e effett i v a m e n t e nel r e u m a t i s m o articolare tipico, e c l i n i c a m e n t e u n i v o c o , noduli di A s c h o f f a p p a i o n o nel m u s c o l o c a r d i a c o e in altre p a r t i del m e s e n c h i m a in g r a n n u m e r o e in f o r m a p a r t i c o l a r m e n t e caratteristica, m a c h e a n a l o g h i o u g u a l i reperti si possono verificare o c c a s i o n a l m e n t e a n c h e in altre m a lattie i n f e t t i v e , t r a le quali la s c a r l a t t i n a e la tubercolosi h a n n o u n a c e r t a i m p o r t a n z a . Il nodulo di A s c h o f f è quindi così t a n t o o così p o c o specifico, q u a n t o il tubercolo,
allo stesso m o d o
come
probabilmente
non
esiste
u n ' a s s o l u t a specificità dei tessuti nel corpo. Nella questione delle cause del reumatismo articolare le ricerche di REITTER e di LÖWENSTEIN hanno per qualche tempo a v u t o un ruolo notevole; ricerche che dimostrarono la presenza di bacilli di tubercolosi nel liquido sinoviale e nel sangue. Secondo LÖWENSTEIN, STRASSER e WEISSMANN, le culture di sangue per bacilli T b c . nel reumatismo articolare acuto erano positive nel 34 % , nei non malati e nelle altre malattie febbrili invece le culture davano sempre risultati negativi. Soltanto nella corea, nella sclerosi multipla, nella schizofrenia e nella neurite retrobulbäre risultarono anche reperti positivi. REITTER riferisce di aver dimostrato, tra 199 casi di poliartrite acuta, in oltre 137 la presenza
CUORE
I77
di bacilli della tubercolosi. BERGER accettò i risultati di REITTER e LÒWENSTEIN. Le ricerche sono poi state riprese in grande stile da POPPER, in parte coadiuvato dalla CORONINI e da altri collaboratori. Essi ottennero pure risultati positivi, sebbene con percentuale minore (specialmente se si vuol valutare come positive soltanto le culture virulente per animali). Anche reperti sierologici di BRANDT e RUTSCHERA diedero simili risultati. Questo fu riconosciuto anche da HORSTER, il quale non riusci mai a provare la presenza di bacilli della tubercolosi nel sangue. La maggior parte degli altri sperimentatori ebbero gli stessi risultati negativi nelle loro esperienze con culture (FISCHER e HEUNES, STREMPEL e BRÜKI con estesa compilazione della letteratura relativa). SCHRAMEK considera che anche i risultati ottenuti nell'Istituto di LÒWENSTEIN col materiale da lui mandato ispirano dubbi circa le conclusioni di REITTER e LÒWENSTEIN. Similmente STENGEL. Non sembra quindi che al bacillo della tubercolosi spetti un'importanza considerevole nella genesi del reumatismo, anche se non si vuole negare che occasionalmente abbia qualche parte nel prodursi di un reumatismo, come provato già dal cosiddetto reumatismo di Poncet. Ma in questo finora non sono state constatate « autentiche » formazioni di granulomi reumatici, come pure la combinazione di reuma e di tubercolosi è rarissima
(GLANZMANN).
Immensa è la letteratura sulla etiología da streptococchi del reumatismo. Si incolpa ora lo streptococco emolitico (vedi specialmente LANCEFIELD), forse in una sottoforma particolare, ora l'autentico viridans o a l t r e specie v e r d e g g i a n t i
(cfr. GREEN, THOMSON e INNES, ALBERTINI e
GRUMBACH, MANTEUFEL, VEIL). Esami del sangue e del liquido sinoviale ottenuto con la paracentesi non hanno però quasi mai dato risultati positivi (cfr. FISCHER e WEHRSIG). Per l'importanza degli streptococchi si danno come prove: 1) la correlazione tra la diffusione geografica del reumatismo e degli streptococchi emolitici; 2) le relazioni fra infezioni della gola e acuti attacchi reumatici; 3) lo sviluppo di anticorpi contro gli streptococchi emolitici al prodursi di un attacco di reuma; 4) la formazione di streptolisina nei r e u m a t i c i (COBURN e R . PAULI). ME EVEN h a
rilevato
in un sommario apparso di recente che il titolo dell'anti-streptolisina O (TODD, COBURN e R . PAULI, BUNIM e ME EVEN) e il titolo
dell'anti-ialuro-
n i d a s i (SWIFT, FRION e W E N N E R , THOMPSON e MOSSES, HARRIS), c h e i n d i c a
gli anticorpi contro la ialuronidasi streptococcica, risultano positivi nella maggior parte dei casi di reumatismo, ma anche in altre malattie con streptococchi emolitici. Se si considerano le strette relazioni che esistono fra reumatismo articolare ed endocardite lenta (con il loro più frequente agente patogeno, lo streptococcus viridans), e l'importanza di infezioni locali (per lo più da streptococchi), nonché la somiglianza già prima discussa fra i noduli della scarlattina e quelli del reumatismo, si torna sempre all'idea che gli strepto12 —
KAUFMANN I
I78
ORGANI DELLA CIRCOLAZIONE
cocchi debbono avere una certa parte nell'etiologia. Tale idea viene propugnata particolarmente nella letteratura tedesca da VEIL, e in quella americana da LANCEFIELD e GRIFFITH. Cfr. anche la recente sintesi compilata
da
BOHMIG e
KLEIN.
Questo potrebbe pure essere il caso se si riuscisse a trovare un virus coefficiente nella genesi del reumatismo. Autori inglesi (SCHLESINGER, SIGNY, AMIES
e BARNARD, come
pure
EAGELS, EVANS, FISHER e
KEITH)
hanno trovato nell'essudato pericardico nel reumatismo corpuscoli elementari di tipo virale, che poterono essere dimostrati con la colorazione dei flagelli di LÒFFLER e ZETINOW e si lasciarono agglutinare col siero dei malati. È ancor incerto se essi abbiano importanza come agenti morbigeni (cfr. BIELING: Viruskrankheiten, 1941). Contro una malattia da virus si oppone certamente la mancante o raramente osservata contagiosità del reumatismo. Laddove si verificano occasionalmente endemie minori di poliartrite (SCHILLING), probabilmente si tratta per lo più di malattie streptococciche. Sebbene dunque non si sappia nulla di certo su una infezione da virus, il concetto di una simile etiología si è pur mantenuto (ASCHOFF, MANTEUFEL), in base soprattutto al quadro clinico e anatomico del reumatismo articolare acuto febbrile, che presenta caratteri così specifici come si vedono di solito soltanto nelle infezioni prodotte da agenti morbigeni particolari. Questo concetto di un agente specifico (batterio o virus) incontra la più forte opposizione nel gruppo di autori, i quali, seguendo e continuando le idee di WEINTRAUD, non vogliono riconoscere la specificità nella natura della noxa morbigena, ma nella speciale sensibilizzazione e prontezza di difesa dell' organismo. Per essi il reumatismo è un fenomeno puramente allergico con reazione iperergica, causata da un focolaio d'infezione che produce cambiamento nella reazione organica, col provocare la disseminazione di antigeni nel torrente circolatorio. Tale ipotesi si basa su due serie di osservazioni: i ° Sulla similitudine dei reperti anatomici in caso di reumatismo e in caso di infiammazione iperergica sperimentale (come nel caso particolare del fenomeno di Arthus), quale è stata descritta da RÒSSLE, GERLACH, KLINGE e dalla sua scuola e successivamente confermata da un gran numero di ricerche; 2° sull'osservazione clinica che il reumatismo compare di regola come seconda infezione, e che pertanto la sua origine è legata ad una particolare preparazione dell'organismo, che consiste in un processo infettivo, di solito locale. ^ Uno dei reperti comuni presentati sia dall'infiammazione iperergica del fenomeno di Arthus che dal reumatismo è costituito anzitutto dall'imbibizione fibrinoide del tessuto connettivo che dà in seguito origine ad un processo necrotico (infiammazione d'arresto, RÒSSLE). Tale fenomeno è stato pertanto considerato come uno dei punti fondamentali della interpretazione del reumatismo, anche se si può obiettare che esso compare
CUORE
179
anche in altri processi, che non hanno alcuna relazione con fenomeni allergico-iperergici (vedi per es. T S A I T U N G WU). Si deve pertanto rifiutare l'interpretazione, che viene data in numerosi lavori, della imbibizione fibrinoide come dimostrazione di un fenomeno iperergico-reumatoidereumatico. Maggiore importanza deve invece venir attribuita al passaggio da una fase essudativa a quella produttiva. Tale aspetto può veramente venir considerato come una modificazione della reattività, che può venir causata solamente da una contrapposizione tra il macroorganismo ed il processo infettivo e cioè dall'allergia. D'altra parte questa trasformazione si nota in gran parte dei processi infiammatori di natura infettiva, anche in quelli da comuni germi piogeni, in cui ad uno stadio di flemmone segue quello di regressione con una infiammazione di natura linfocitaria-plasmacellulare o quello di formazione di tessuto di granulazione con cicatrizzazione. Pertanto ciò indica solamente che, nella lotta dell'agente patogeno con l'organismo, il rapporto di forze di ambedue si sposta, ma non che tale lotta sia fin dall'inizio di natura allergica. Non vogliamo assolutamente negare che, nel corso di un reumatismo articolare si instauri un'allergia; coi mezzi della morfologia non è però possibile dimostrare, che tale malattia sia preceduta da una modificazione in senso allergico dell'organismo, che cioè la malattia sia l'espressione di una sensibilizzazione. La natura allergica di una malattia infiammatoria viene indicata solamente dalla sua intensità temporale e quantitativa (come è stato ulteriormente ribadito da R Ö S S L E in una critica del lavoro di G R A F F ) . L'organismo reagisce dunque più rapidamente e con maggiore intensità. In luogo del concetto di malattia allergica, GERÖNNE propone per il reumatismo quello di malattia allergizzante (vedi G R I F F I T H ) . Notevole importanza, per questo problema, hanno le ricerche in cui si è cercato di sensibilizzare l'animale da esperimento con siero etcrologo nella zona in cui si cercherà in seguito di ottenere una «reazione scatenante» (per es. nell'articolazione) o con ulteriori lesioni orientate o anche solo mediante iniezioni intravenöse ad alte dosi ( K N E P P E R , SCHMITT, JUNGHANS) per ottenere alterazioni reumatiche nelle articolazioni, nel rimanente tessuto mesenchimale e in particolare nelle pareti vasali (per. es. nelle arterie coronarie, K L I N G E e V A U B E L ) . È indubbiamente stato possibile ottenere, anche senza ulteriori danni dei tessuti locali, alterazioni dell'endocardio e delle pareti vasali che hanno una certa somiglianza con quelle del reumatismo articolare (e della periarterite nodosa); non si può peraltro considerare dimostrata una identità tra queste lesioni e quelle del reumatismo articolare (ASCHOFF). Ciò è anche dimostrato per es. dalle estese ricerche di B I E L I N G e B R U N N i quali, mediante iniezioni intravenöse ad alte dosi di agenti patogeni o di siero eterologo, misero in evidenza molteplici processi infiammatori a carico del cuore e dei vasi, ma mai tipici noduli di Aschoff. Gli stessi risultati sono stati ottenuti da MASUGI e T O M I -
i8o
ORGANI
DELLA
CIRCOLAZIONE
Z U K A , S A T O e M U R A S A W A e d a M E E S S E N e M E T Z . I n o l t r e , le r i c e r c h e GRUMBACH, H E I N L E I N , C E C I L e C o l i , e d i G R A F F h a n n o d i m o s t r a t o
di
come,
anche senza sensibilizzazione, si possano provocare gravi processi infiammatori, prevalentemente a carico del sistema vascolare. Come conseguenza di tutte queste ricerche, si può considerare dimostrato che, mentre è possibile ottenere, mediante la sensibilizzazione degli animali da esperimento con albumina eterogenea, delle reazioni infiammatorie, che hanno carattere iperergico, non si è riusciti, d'altro canto, ad ottenere con tale metodo un vero e proprio reumatismo articolare. E quando le articolazioni — in molti processi allergici — partecipano con fenomeni infiammatori, esse presentano, come avviene per es. nel reumatismo di Poncet o nel dissenterico, sempre quadri tessutali aspecifici. Il problema del significato dei foci infettivi è strettamente connesso con il problema della natura allergica del reumatismo articolare (PÀSSLER, ROSENOW, SLAUCK ed altri). L'esperienza clinica ci dice senza alcuna possibilità di dubbio che da un focolaio infettivo limitato localmente possono dipartirsi azioni a distanza e portare ai più vari quadri morbosi di natura locale o generale. Può trattarsi sia di una immissione in circolo di batteri, che di una cosiddetta tossicosi focale, o di influssi di altro tipo, che prendono origine per sensibilizzazione ed agiscono per via umorale o nervosa. Tale azione a distanza può esercitarsi, oltre che sul cuore, sui reni, sui nervi e gli occhi anche sulle articolazioni. Ci troviamo quindi di fronte in questo caso ad una chiara rappresentazione di malattia secondaria, la cui origine viene attribuita per lo più ad una particolare alterazione della risposta del tessuto. L'effetto di tale alterazione consiste nel fatto che, come nell'esperienza col siero, sostanze, che normalmente non provocano alcun danno ai tessuti, si trasformano in veleni per i tessuti resi sensibili. Non vi è alcun dubbio che questi foci abbiano importanza nel quadro del reumatismo articolare. È noto infatti come, dopo asportazione delle tonsille, si osservi non raramente subito dopo l'intervento un peggioramento acuto della malattia reumatica e come d'altra parte la tendenza alle recidive venga diminuita dopo asportazione radicale di foci infettivi. Inoltre, non sussiste alcun dubbio che il reumatismo articolare acuto viene spesso scatenato da un'angina. Di norma non si tratta di una tonsillite cronica, per la quale possiamo immaginare questo tipo di sensibilizzazione, ma invece di un attacco acuto, spesso il primo di una affezione a carattere infettivo delle tonsille palatine, a cui segue dopo breve tempo un reumatismo articolare acuto. Si può pertanto ammettere, che in tal caso la tonsilla palatina rappresenti la porta d'ingresso per l'infezione reumatica specifica, come è già noto per altre infezioni (per es. scarlattina o poliomielite). Pertanto GRAEFF, basandosi anche su ricerche anatomiche, interpreta le alterazioni orofaringee come infezione reumatica primaria, un'ipotesi che viene peraltro discussa da altri (KLINGE), che considerano
181
CUORE
le alterazioni nella capsula tonsillare solo come una manifestazione parziale della malattia reumatica generale. Non è ancora dimostrato che foci situati in altre localizzazioni del corpo (come ad es. i denti, i seni paranasali, la cistifellea, l'appendice, i genitali) abbiano rapporto analogo con la prima manifestazione reumatica acuta, anche se possono mantenere in attività un processo reumatico cronico e portarlo a nuovi attacchi. Il vero reumatismo acuto febbrile è una malattia che inizia acutamente, ma che poi passa ad una forma morbosa lenta, che decorre spesso ad attacchi, e che con l'andar del tempo, può localizzarsi nelle più varie sedi. Tali attacchi vengono originati o rinforzati da foci e possono venir « regolati a distanza », ma essi non possono mai dare origine alla malattia primaria. Tale affermazione viene avvalorata dai seguenti dati: i . Il reumatismo acuto febbrile è nel suo primo attacco, quasi sempre una malattia dell'età infantile o giovanile. Per quanto concerne l'inizio intrauterino vedi RISSANE e KOONS. Nell'età più avanzata non lo si osserva quasi mai (DE GRAFF e
LINGG,
ROTH,
LINGG e WHITTEMORE,
APPELMANN,
FELMANN
e
HARNS, ASH, STROND e TWADDLE). L'età media della prima infezione è — secondo ASH — 6, 9 anni per il bambino e, secondo DE GRAFF e LINGG 17 anni per l'adulto. Secondo WHITE la massima frequenza del primo attacco si avrebbe nel 7 0 ed 8° anno di vita. D'altra parte la probabilità di nascondere foci infettivi, aumenta e non diminuisce per l'uomo in età più avanzata (si pensi solo ai granulomi dentari, alle malattie croniche degli annessi, alla formazione di focolai nei genitali maschili, ecc.). Tali foci sembrano dunque poter attivare i focolai reumatici già esistenti nel corpo, ma non possono invece dar origine a focolai primari. 2. Nelle grandi guerre si hanno ferite a milioni, che hanno sede in tutte le regioni immaginabili del corpo e che vengono infettate con tutti i possibili germi, suppurando per mesi o per anni e che portano alla formazione di focolai capsulati con germi virulenti o attenuati. Ci si dovrebbe attendere che a causa di essi prendano origine i più vari gradi di sensibilizzazione e di allergizzazione dell'organismo. Eppure non è noto che questi foci abbiano portato ad un aumento dei casi di reumatismo articolare acuto. 3. Gli animali, in cui si esegue il maggior numero di esperienze di sensibilizzazione e di modificazione della risposta, sono i conigli e le cavie. Nel corso degli esperimenti sono stati osservati in essi tutti quei quadri da cui si è appreso a conoscere il decorso dell'infiammazione iperergica. Essi sono quindi appropriati per esperimenti sull'allergia. Eppure in essi non si osserva mai spontaneamente reumatismo articolare acuto, come del resto non si riscontra negli altri animali a noi noti. Si deve escludere dunque che essi presentino mai una sensibilizzazione spontanea da infezione, tale da estrinsecarsi con la comparsa di un reumatismo articolare? Evidentemente il reumatismo articolare acuto febbrile è una malattia legata al genere umano, che non sarebbe pensabile, se fosse indipendente
182
ORGANI DELLA CIRCOLAZIONE
dal tipo dell'agente, ma solo dalle particolari modificazioni del macrorganismo. Sembra più logico ammettere che l'agente in questione, ancora sconosciuto, sia patogeno soltanto per l'uomo e risparmi pertanto gli animali a noi conosciuti. Con ciò non vogliamo affermare, che l'infezione focale non abbia alcun ruolo nel decorso del reumatismo. Soltanto sembra più logico ammettere, che l'affezione reumatica già esistente nel corpo venga attivata dall'azione di un focus, forse nel senso delle ricerche di KNEPPER, che cioè la localizzazione dell'infiammazione iperergica indotta dal focus venga determinata dai precedenti focolai reumatici e questi vengano in tal modo esaltati. L'autore non vede pertanto nel reumatismo acuto febbrile una malattia primariamente di natura allergica, ma invece un'affezione nel cui decorso si sviluppa un'allergia. Nel suo decorso esso ha analogie col tifo addominale, col morbo di Bang, con la scarlattina, con la tubercolosi (come ha messo in evidenza RÒSSLE) e forma nel corso delle sue estrinsecazioni allergiche granulomi e cicatrici, tende a recidivare e a dare tumefazioni articolari che compaiono sempre di nuovo, esantemi cutanei ed alterazioni vasali, di cui solo una piccola parte presenta segni morfologicamente evidenziabili di un fenomeno reumatico, mentre la maggior parte sono di natura aspecifica o presentano solo il carattere di una infiammazione iperergica. Deve pertanto essere differenziato dalle cosiddette forme reumatoidi (GERHARDT), in cui, come nel reumatismo di Poncet e nella dissenteria, i processi infiammatori non presentano mai il carattere moderato, dalla periarterite e da altre malattie vasali generalizzate o più localizzate che presentano le loro caratteristiche proprio nel loro quadro anatomico. Per l'ubiquità delle sue estrinsecazioni, con particolare interessamento dell'apparato connettivale e vascolare (« degenerazione collagena ») può essere comparato al tifo petecchiale che, anch'esso non presenta alcun vero focolaio di infezione primaria ben riconoscibile, o al tifo in cui le alterazioni grossolane a carico dell'intestino rappresentano evidentemente solo la sede secondaria della localizzazione dei germi. Esso è una sepsi con reazione iperergica, ma una sepsi da agente sconosciuto, causata forse da una simbiosi fra virus e streptococco, una malattia che viene notevolmente dominata nel suo decorso da influssi focali, che tende a combinarsi con malattie da streptococchi e che facilita la loro localizzazione in particolare a livello delle valvole cardiache e che, essa stessa, viene influenzata dalle affezioni streptococciche nel proprio decorso, venendo sempre di nuovo attivata localmente. Secondo l'opinione predominante degli A A . americani (SWIFT, PAUL, COBURN), il reumatismo articolare acuto, « rheumatic fever », è una reazione del tessuto mesodermico ipersensibile ad una infezione delle vie aeree superiori da parte di Streptococchi emolitici del Gruppo Lancefield A.
CUORE
183
Non si può ancora prevedere se le ipotesi sul reumatismo subiranno una trasformazione in seguito alle nuove conoscenze portate da S E L Y E sulla sindrome di adattamento e sulle malattie da adattamento. Per ora si può solamente dire che anche tutto l'apparato di difesa dell'organismo e l'attività del mesenchima sono maggiormente sottoposti di quanto avessimo saputo finora all'influenza del sistema endocrino e neuro-vegetativo (TONUTTI) e che tali influenze possono dare origine a modificazioni del tipo di reazione, che possono avere ora carattere iperergico ed ora ipoergico (vedi SLAUCK, RICKER, CARSTENS, SIEGMUND). Analogamente, anche il focus infettivo potrebbe esercitare la sua azione non solamente attraverso una disseminazione di cocchi, tossine od altri allergeni nel sangue, ma anche per via nervosa attraverso l'ipofisi ed il diencefalo.
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E. L A MIOCARDITE Le principali forme di manifestazione e di decorso Dopo aver trattato nei capitoli precedenti le alterazioni del muscolo cardiaco dal punto di vista dell'infezione, dobbiamo ancora prendere in esame brevemente la miocardite nelle sue varie forme con l'inizio, il decorso, gli esiti, la patogenesi e l'eziologia. Anche se fondamentalmente una infiammazione interessa prevalentemente l'apparato circolatorio e connettivale, manifestandosi con disturbi della circolazione sanguigna nel circolo terminale, della permeabilità delle pareti vasali e con processi neoformativi di elementi cellulari e fibrillari delle pareti vasali e del tessuto connettivale, proprio nel muscolo cardiaco ci è dato di vedere un primo gruppo- di malattie in cui le alterazioni del ricambio dei tessuti ed i fenomeni degenerativi delle fibre muscolari stanno in primo piano ed un secondo in cui le fibre muscolari sembrano piuttosto scarsamente interessate e dove l'alterazione principale è quella del tessuto connettivo intermuscolare. Ci si deve chiedere naturalmente se si devono comprendere i cosiddetti processi degenerativi tra i fatti infiammatori o piuttosto attribuirli a un periodo precedente ad essi e tali da determinarli secondariamente. D'altra parte in molti casi i due processi sembrano così strettamente collegati tra di loro ed anche così poco distanziati nel tempo, da formare un complesso di manifestazioni collegate. Non ha molta importanza se in questi casi si parla di infiammazione degenerativa, parenchimale od alterativa. Pertanto la chiameremo piuttosto alterativa, poiché come VIRCHOW, noi non vediamo nella partecipazione del parenchima un segno di reattività, di aumentata attività, di ricambio tissurale esaltato, ma quello di un ricambio alterato, di funzione alterata, poiché molte volte si ha il passaggio dal rigonfiamento torbido alla degenerazione a zolle del sarcoplasma e pertanto alla morte del tessuto. Pertanto distinguiamo infiammazioni prevalentemente alterative e prevalentemente interstiziali.
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ORGANI DELLA CIRCOLAZIONE
i. LA MIOCARDITE PREVALENTEMENTE
ALTERATIVA
Essa è presente in modo particolarmente evidente e con la massima frequenza nella difterite. Le fibre muscolari cardiache si presentano in tal caso in modo irregolare in preda a rigonfiamento torbido e soprattutto a degenerazione grassa. Quest'ultima si presenta come reperto di primo piano in particolar modo nei casi di morte precoce. Essa non è disposta come nell'anossia generalizzata o dovuta a disturbi di circolo locali (cuore tigrato), ma colpisce le singole fibrille in modo molto più irregolare, anche se determinate parti del miocardio sembrano preferite. Le alterazioni nel contenuto in glicogeno e nell'attività dei fermenti cellulari ossidativi indicano come anche alla base della degenerazione grassa stia un danno delle cellule stesse. Noi non siamo in grado di distinguere, se il deposito di goccioline di grasso sia la conseguenza di una ritenzione (in seguito ad insufficiente combustione) o sia invece dovuta ad una lipofanerosi. Oltre alla degenerazione grassa, che in questo caso può a diritto essere definita una vera e propria degenerazione, vediamo una vacuolizzazione e un disfacimento a zolle, fenomeni che portano alla morte della cellula. Contemporaneamente però, o immediatamente dopo, compaiono veri e propri processi infiammatori nel tessuto interstiziale, che probabilmente consistono inizialmente (forse anche prima delle alterazioni parenchimali, GÜNTHER, OHEIM) in una fuoriuscita di liquido sieroso dai capillari, ma a cui fa seguito rapidamente una infiltrazione cellulare con migrazione e neoformazione di cellule nel tessuto interstiziale. Pertanto le alterazioni parenchimali non si possono distinguere con sicurezza da quelle interstiziali sulla base della loro insorgenza nel tempo e del rapporto che esse hanno una con l'altra, anche se le alterazioni a carico delle fibre muscolari prevalgono di regola negli stadi iniziali. Non si potrà dire definitivamente, che le alterazioni del tessuto connettivale debbano esser considerate come una semplice conseguenza della degenerazione parenchimale (JAFFÉ), ma sembra più logico ammettere, che le tossine circolanti nel sangue (forse di natura diversa, FAHR) determinino, oltre alle alterazioni del parenchima, anche quelle delle pareti vasali, anche se sono di entità molto diversa. In favore di tale teoria stanno soprattutto le alterazioni nelle altre parti del corpo. Proprio la cosiddetta difterite tossica presenta frequentemente anche in altre sedi una marcata tendenza a colpire i capillari con emorragie (anzitutto nella regione faringea, dove senza dubbio l'azione tossica è più intensa), ma causa anche danni cellulari, che non possono essere considerati dipendenti dai vasi, ma sono molto probabilmente dovuti ad una azione tossica diretta sul
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citoplasma (necrosi nei follicoli della milza, nei linfonodi, degenerazione delle guaine mieliniche, nelle radici nervose e nei gangli spinali, polineurite difterica). Si dovranno pertanto considerare le alterazioni in corso di difterite come azione diretta dei veleni sulle cellule stesse dell'organismo. Le ricerche sperimentali nella cavia con bacilli della difterite o con la tossina dimostrano che i processi allergici non hanno in questo caso alcuna parte. Condizioni simili a quelle della difterite si realizzano nell'afta epiz o o t i c a d e g l i u n g u l a t i (JOEST, MÒNCKEBERG, EMMERICH, N I E B E R L E , HOLZ).
Per quanto concerne l'esito della miocardite alterativa, ricordo quanto ho detto per la difterite: di solito restitutio ad integrum. In presenza di più marcate necrosi delle fibre si hanno tentativi di rigenerazione e formazione di cicatrici, talora anche estese. Hanno particolare significato i casi di morte improvvisa negli stadi iniziali, ma anche quelli nello stadio della formazione di cicatrici. Abbiamo accennato in precedenza ai reperti macroscopici, ed in particolare alla imponente dilatazione miogena del ventricolo sinistro. Anche la « miocardite perniciosa » descritta da BOIKEN, va inquadrata fra le forme alterative dell'infiammazione del muscolo cardiaco. Si tratta di una forma in cui si ha una progressiva degenerazione molecolare con distruzione delle fibre e proliferazione del tessuto connettivale. L ' A . ha osservato più volte in quest'ultimo tempo una particolare forma di miocardite a focolaio con danno particolarmente grave delle fibre muscolari. In questi casi il muscolo cardiaco (di ambedue i ventricoli) presentava una distribuzione irregolare di piccoli focolai di aspetto torbido, giallastri, della grandezza di una testa di spillo fino ad una lenticchia, che avevano microscopicamente l'aspetto di neocrosi di degenerazione grassa. Microscopicamente si dimostrò trattarsi di necrosi di aspetto infartoide, anche se meno nettamente delimitate, della muscolatura, che presentavano nella maggioranza dei casi un alone di fibre in degenerazione grassa o che si riunivano a formare distretti in degenerazione grassa e che erano circondate e infiltrate da accumuli particolarmente notevoli di leucociti. L a netta delimitazione dei piccoli focolai indicava l'importanza di un fattore vascolare benché non fosse possibile dimostrarlo sotto forma di alterazioni organiche dei vasi. Anche le coronarie di maggior calibro erano regolarmente libere. Clinicamente l'affezione cardiaca era talora preceduta da un processo infettivo (foruncolosi), in altri casi questo mancava. L a morte compariva talora improvvisamente, in piena salute, o dopo una malattia durata 1-2 giorni. Non fu mai possibile dimostrare la presenza di batteri. Anche gli altri reperti (milza, ecc.) non permettevano di riconoscere alcuna affezione settica.
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ORGANI DELLA
CIRCOLAZIONE
2. LA MIOCARDITE P R E V A L E N T E M E N T E I N T E R S T I Z I A L E a) Miocardite sierosa con aumentata permeabilità dei capillari e fuoriuscita nel tessuto di un liquido ricco di albumina, da cui può svilupparsi, per formazione di fibrille, una sclerosi. R Ò S S L E interpreta le alterazioni del morbo di Basedow e della tireotossicosi, come conseguenza di una miocardite sierosa di questo tipo, similmente a quanto si ha nel fegato. Le alterazioni parenchimali in questi casi (perdita di glicogeno e steatosi, miolisi) vengono considerate in parte come conseguenza dell'alterazione generale del ricambio e in parte come disturbi locali della nutrizione, per allontanamento delle fibre dai capillari. Essi portano alla « sparenchimizzazione ». Processi di questo tipo giocano probabilmente una parte nell'instaurarsi di una miocardite per ustioni ( F O E R S T E R , Z I N C K ) e per insolazione ( S C H L E U S S I N G ) e in altre gravi malattie della pelle (sostanze istaminiche.) E P P I N G E R e R O U L E T hanno messo in evidenza come si abbia una infiammazione sierosa anche in corso di malattie infettive (in particolare per le forme influenzali) e come questa abbia significato in vari casi di debolezza cardiaca e di cosiddetta myodegeneratio cordis. Anche D E G A E T A N I attribuisce notevole significato alla forma sierosa. Non sembra possibile portare tutti questi casi ad un denominatore comune, se si considerano le loro cause primarie. Ciò che le accomuna è il danno della permeabilità capillare, che spesso non si limita al cuore, ma compare anche in altri organi. fi) Miocardite purulenta. E dovuta all'interessamento della parete cardiaca da parte di una endocardite ulcerosa (si forma un'ulcera del cuore) o degli strati esterni del miocardio da parte di una pericardite purulenta, o infine (il che costituisce il reperto più frequente) per l'arrivo nel muscolo cardiaco attraverso il circolo sanguigno delle coronarie, di batteri, e cioè di stafilococchi e più raramente di pneumococchi o gonococchi ( C O U N C I L MAN) in corso di gravi malattie infettive (particolarmente endocardite ulcerosa acuta e pioemia generalizzata). Nelle sedi dove si arrestano i cocchi si sviluppano piccoli focolai torbidi di aspetto maculato, nel cui interno si trovano i batteri che sono spesso contenuti nell'interno dei vasi. Intorno ad essi si ha una necrosi ed all'esterno una steatosi ed un rigonfiamento torbido delle fibre muscolari. Le parti necrotiche sono per lo più circondate da una zona di corpuscoli bianchi del sangue. Se corpuscoli del pus penetrano nel focolaio necrotico e lo fluidificano, si ha un ascesso. Si possono anche osservare casi in cui non si giunse alla formazione di ascessi e in cui l'azione dei batteri penetrati, rispettivamente delle loro
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tossine, si limitava ad una necrosi con infiltrazione leucocitaria periferica (demarcazione). Naturalmente è spesso impossibile dire quale sarebbe stata l'evoluzione del focolaio, se l'exitus fosse intervenuto in un periodo più tardivo: se cioè l'ascessualizzazione è stata solo interrotta (MÖNCKEBERG) O se il focolaio rappresentava la fase terminale di un processo acuto, in quanto la vitalità dei batteri era fin da principio ridotta. Ciò si riscontra spesso nell'endocardite da pneumococchi. A causa di una proliferazione riparativa connettivale possono insorgere piccole cicatrici. Esistono anche casi in cui non si arriva ad una colliquazione purulenta, ma nei quali si trova una disseminazione nel tessuto interstiziale di infiltrati cellulari, composti da cellule fisse connettivali proliferate, da linfociti e leucociti (anche eosinofili). Peraltro tali forme conducono piuttosto alla miocardite a focolai intestiziali non purulenta. L a miocardite purulenta è un processo, che insorge apparentemente senza altra preparazione umorale ed in particolare senza una sensibilizzazione, per una azione diretta dei batteri e delle loro tossine sulle fibre muscolari. In ciò essa è uguale alla endocardite ulcerosa acuta e dev'essere considerata come la sua manifestazione parallela (o immediatamente susseguente). Le condizioni necessarie per la sua insorgenza sono rappresentate da una disseminazione batterica di sufficiente virulenza e dalla capacità dell'organismo di rispondere con una reazione leucocitaria. Le formazioni ascessuali in corso di miocardite purulenta appaiono macroscopicamente come piccoli focolai a palla o allungati (a forma lineare), che possono essere presenti in numero molto grande. Di solito sono di grandezza limitata. Talora possono peraltro confluire e raggiungere la grandezza di un pisello od anche più. Se gli emboli infettivi sono più grandi, le manifestazioni infiammatorie si associano a quelle meccaniche, e si può avere l'insorgenza di infarti anemici e di ascessi, con passaggio dei primi nei secondi. Di solito, i piccoli focolai purulenti sono circondati da un alone iperemico o emorragico. Secondo KÖSTER la localizzazione di tali focolai dimostra certe sedi di predilezione nei muscoli papillari e negli strati muscolari sottoepicardici. Destino degli ascessi: quelli più piccoli possono guarire con formazione di cicatrice; i batteri muoiono, si ha degenerazione dei corpuscoli del pus, che vengono riassorbiti, il tessuto di granulazione che penetra dalle regioni circostanti invade il focolaio e si trasforma in seguito in una cicatrice fibrosa (cicatrice miocarditica). Similmente i piccoli focolai necrotici si possono trasformare senza fusione purulenta. In altri casi l'ascesso viene incapsulato, ma solo raramente si ha una calcificazione. In un ulteriore gruppo di casi la formazione ascessuale è seguita da gravi conseguenze che dipendono notevolmente dalla grandezza e dalla sede dei focolai: a) se il focolaio si trova al disotto dell'epicardio, esiste il pericolo di una pericardite (purulenta o puralento-fibrinosa, vedi WEISS e WILKINS).
igo
ORGANI D E L L A
CIRCOLAZIONE
b) Se ha sede in un muscolo papillare, questo può rompersi e dare origine a una insufficienza valvolare acuta, c) Se si trova al disotto dell'endocardio, quest'ultimo da una parte può aprirsi dando così origine a nuove embolie (in particolare alla milza e ai reni) e, d'altro lato, provocare la formazione di un'ulcera cardiaca acuta (miocardite ed endocardite parietale ulcerosa). Se il sangue solleva la cavità ulcerosa, essa si dilata considerevolmente entro breve tempo; dall'ulcerazione prende origine un aneurisma cardiaco ulceroso acuto, e in alcuni casi, peraltro rari, si può giungere ad una rottura mortale con tamponamento cardiaco (vedi WEPLER) . d) Se l'ascesso o l'ulcerazione hanno sede nel setto interventricolare (di solito nella sua parte superiore), si può avere un'abnorme comunicazione tra i ventricoli (vedi infarti del setto!), e) L'ulcerazione può protrudere verso l'atrio di destra 0 l'arteria polmonare. Si giunge alla rottura o alla trombosi sul lato esterno di tale aneurisma, con la possibilità dell'insorgenza di embolie polmonari. L a parete degli aneurismi ulcerosi cronici col tempo diventa cicatriziale. y) Miocardite interstiziale non purulenta, diffusa o a focolai. Ve ne sono due forme: a) come fenomeno concomitante di numerose malattie infettive da agenti noti e b) come malattia apparentemente indipendente, « idiopatica » (FIEDLER). L a caratteristica più evidente della prima forma è, nei casi recenti, la disseminazione diffusa o più a focolai nel tessuto connettivale intermuscolare (meno in quello perivascolare) di cellule infiammatorie mononucleate (linfociti, istiociti, plasmacellule), di fronte alle quali stanno in secondo piano i leucociti polinucleati e gli eosinofili. Noi la troviamo nelle più diverse affezioni da streptococchi, nella scarlattina (accanto alle formazioni granulomatose gigantocellulari), nell'influenza, nella gonorrea, nelle infezioni nasofaringee acute, nelle affezioni cutanee di modesta entità, nella poliomielite e nelì' encefalite (per ulteriori particolari vedi nel capitolo: il miocardio nelle malattie infettive), e in forma simile, anche se lievemente modificata, accanto alle formazioni nodulari perivascolari, nel tifo petecchiale. Di regola, le fibre muscolari sono poco alterate, o per lo meno non quanto nella difterite e nell'afta epizootica. D'altra parte vengono di continuo descritti in altre malattie infettive (p. es. da SCHMORL nell'influenza), quadri in cui il danno parenchimale è ben più evidente. Comunque è certo che i due processi non hanno andamento parallelo, ma sono indipendenti uno dall'altro e insorgono probabilmente in modo diverso (pur potendo influenzarsi a vicenda). Talora, accanto agli infiltrati, si descrive un edema intermuscolare, che è indizio di un danno capillare. Pertanto un certo numero di casi si possono ascrivere alla infiammazione sierosa, come del resto nella miocardite tireotossica, accanto alla infiammazione sierosa si ha la comparsa di infiltrati linfocitari. Peraltro ciò non si può dire con certezza di tutti 1 casi. Sembra invece piuttosto che l'irritazione non cominci primitivamente nella parete dei capillari (endotelio), ma nel connettivo stimolandolo alla
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formazione di nuove cellule, prevalentemente di tipo linfocitario ed istiocitario. Di quali stimoli si tratta? Rifacendosi alle osservazioni di D I E T R I C H e S I E G M U N D sull'intima dei vasi e sull'endocardio, si è indotti a pensare ad attivazioni del mesenchima date da un passaggio delle sostanze sensibilizzanti attraverso la parete capillare, con induzione nel tessuto pericapillare di una iperattività e pertanto della formazione di nuove cellule. Si interpreta ora pertanto da molti la miocardite interstiziale come il segno di una manifestazione allergica. In favore di tale ipotesi sta il fatto che essa ha potuto venir indotta anche sperimentalmente, per es. con estratti omologhi di cuore ( C A V E L T I , come anche J A F F É e H O L Z , M U T H ) , con iniezioni di siero ( M C K E O W N ) , anche con siero omologo e con siero dello stesso animale ( H E I N L E I N e M U S C H A L L I K ) . Va però ricordato, che nella miocardite cellulare interstiziale, almeno negli stadi iniziali, mancano quelle alterazioni dei tessuti, che vengono considerate come un reperto particolarmente frequente (anche se non caratteristico) nei fenomeni allergici, in particolare le imbibizioni fìbrinoidi del tessuto, l'edema emorragico, la reazione leucocitaria (vedi le ricerche di R O S S L E e G E R L A C H sull'infiammazione iperergica e quelle di K L I N G E e Coli, sul reumatismo). Anche la localizzazione è diversa. Le reazioni allergiche nel senso inteso da K L I N G E si svolgono piuttosto nel tessuto perivascolare, la miocardite interstiziale preferisce invece il tessuto intermuscolare. Inoltre manca il reperto di endocardite, di pericardite o di affezioni articolari. Pertanto non è possibile pronunciare giudizi probativi sulle cause di questa miocardite interstiziale acuta, che insorge in corso di malattie infettive e dobbiamo pensare all'azione di veleni batterici o dei loro prodotti di disfacimento, tenendo presente però anche l'azione di fattori sensibilizzanti ed allergizzanti. M U T H conferma i dati di J A F F É , ma ha osservato l'insorgenza di alterazioni più marcate solo dopo una ulteriore iniezione di streptococchi uccisi. L'esito di questa forma di miocardite è spesso la restitutio ad integrum, che può venir raggiunta tanto più presto quanto minore è la frequenza di gravi perdite di parenchima. Se il danno agisce per un tempo più lungo, si ha il prevalere dei processi di neoformazione, che portano alla proliferazione del connettivo intermuscolare od alla formazione di granulomi. In contrapposizione a questa malattia che compare come miocardite concomitante o consecutiva, si ha la miocardite indifendente [idiopatica) ( F I E D L E R ) . Essa può essere molto simile alla prima nelle forme iniziali, ma tende molto di più al passaggio a stadi granulomatosi di carattere particolare (per dati più precisi vedi pag. 166). La possibilità di una genesi allergica di questa forma è ancora la più suggestiva, ma i reperti di virus devono sempre ammonire a non contentarsi troppo facilmente con tale interpretazione.
192
ORGANI
DELLA
CIRCOLAZIONE
Se si confronta la frequenza delle forme di miocardite finora descritte, si può affermare che il primo posto è occupato senz'altro da quella non purulenta interstiziale. L a m. alterativa si limita nell'uomo quasi esclusivamente alle forme difteriche, quella purulenta è ora poco frequente (forse come risultato della maggiore possibilità di combattere attivamente le infezioni batteriche); la m. aspecifica non purulenta interstiziale si mette in evidenza chiaramente negli esami seriati del muscolo cardiaco (vedi MARCUSE e
KREBS).
ò) L a miocardite reumatica si distingue dalla forma descritta nel terzo paragrafo per la sua localizzazione e per il particolare aspetto dei suoi processi produttivi ed essudativi. Come abbiamo già descritto nel capitolo generale sul reumatismo, le alterazioni tipiche miocardiche si trovano in prevalenza a livello del tessuto perivascolare (anche se non sono rari gli infiltrati infiammatori nel tessuto connettivo intermuscolare). Nelle forme iniziali esse consistono in imbibizioni fibrinoidi locali, si trasformano nel nodulo granulomatoso di Aschoff e terminano come cicatrice scleroticofibrosa (KLINGE). Le fibre muscolari sono, di regola, solo poco alterate, ma presentano, specie in prossimità dei focolai reumatici, alterazioni regressive di vario tipo. Alla miocardite si associa di solito una endocardite. Peraltro è stato descritto un certo numero di casi (secondo GARBER 1 7 fino a l 1 9 3 3 ) i n c u i
(ASCHOFF, G E I P E L , F R A E N K E L , LIBMAN, v .
GLAHN
e PAPPENHEIMER, CHIARI, ZISCHINSKY ed altri) era colpito solo il muscolo cardiaco. Anche l'Autore ha osservato un caso del genere in un giovane soldato, in cui il cuore si presentava fortemente ingrandito in toto, con le cavità dilatate, e una disseminazione di focolai a piccole macchie nel muscolo cardiaco, che si presentava di colore rosso-bruno. Tali focolai si rivelarono essere noduli di Aschoff e imbibizioni locali del tessuto. QUINLAN descrive un caso di morte improvvisa per pura miocardite reumatica in un bambino di due anni e mezzo. Il sistema di conduzione del cuore è di regola libero o presenta solo infiltrati infiammatori aspecifici (MAHAIM, TODD, GROSS e FRIED). Solo molto raramente, accanto alle comuni alterazioni reumatiche si osserva nel muscolo cardiaco la formazione di grossi noduli (AZEVEDO).
La miocardite reumatica si osserva prevalentemente nelle poussées acute di reumatismo articolare e quasi mai nel reumatismo cronico (KLINGE, ROGEN), molto raramente nelle infezioni croniche da streptococchi (se si esclude l'endocardite lenta che è preceduta in molti casi da un reumatismo articolare) e inoltre si osserva in forma simile (o eguale?) in qualche caso di tubercolosi e nella scarlattina (il che viene negato da FAHR e da altri, vedi sotto reumatismo!). L'esito della malattia è rappresentato da una infiltrazione nel muscolo cardiaco, di piccoli focolai cicatriziali fusati, prevalentemente in prossimità dei rami coronarici. Non sempre è però possibile riconoscerne con sicurezza la natura reumatica.
CUORE
193
Non vi può essere dubbio, che nell'origine o almeno nello sviluppo della miocardite reumatica, abbiano una parte fenomeni allergici. Ciò si deduce già dal decorso a fasi, che sta ad indicare una modificazione della reattività dei tessuti. Ciò non dimostra però che essa sia dovuta primitivamente ad una modificazione in senso allergico dell'organismo. Senza dubbio si tratta di condizioni simili a quelle della miocardite interstiziale isolata indipendente, in particolare della forma che si accompagna alla formazione di granulomi e di cellule giganti. e) Miocardite cronica fibroplastica (fibrosa). La maggior parte delle alterazioni che vengono indicate con tale nome non possono venir considerate come malattie a sé stanti, ma sono stadi di guarigione di una delle forme precedentemente descritte di infiammazione acuta o subacuta, prevalentemente alterativa o prevalentemente interstiziale del miocardio o formazioni cicatriziali, dopo necrosi più o meno estese del miocardio. Esse possono sia presentare il carattere di proliferazioni a tipo granulomatoso, che si trasformano gradualmente in tessuto connettivale ricco di fibre, a tipo cicatriziale, sia prendere origine da infiammazioni interstiziali diffuse o a focolai, che cominciano con un edema ricco di albumina nel tessuto interstiziale, si trasformano quindi in infiltrati cellulari linfo-istiocitari, facendo insorgere proliferazioni di fibroblasti e terminando con una neoformazione di fibre. Tale infiammazione produttiva secondaria può associarsi ai seguenti processi: a) formazioni infartuali più o meno estese dovute per lo più ad occlusioni delle arterie coronarie o dei loro rami, che possono essere di natura arteriosclerotica, trombo-embolica, endoarteritica o sifilitica. Appartengono a questo gruppo anche le già descritte necrosi anossiemiche, che compaiono negli avvelenamenti da CO, nelle anemie, nelle ipertrofie cardiache di alto grado (per es. nell'ipertensione), cioè in seguito ad alterato rapporto tra fabbisogno di ossigeno ed apporto di ossigeno. Queste, come le formazioni infartuali più estese, dopo riassorbimento del materiale necrosato, vengono infiltrate dalle proliferazioni di tessuto di granulazione e trasformate così in tessuto connettivale. Così, in particolare nei gravi vizi di cuore e nelle gravi forme ipertensive non è raro trovare nel miocardio una disseminazione di numerose piccole cicatrici. Nello stesso gruppo devono essere comprese le formazioni cicatriziali che si trovano nel muscolo cardiaco, nell'aortite sifilitica con stenosi degli imbocchi delle coronarie, b) Altre necrosi del muscolo cardiaco che non sono di natura anossiemica, compaiono dopo trattamento rontgen o radiumterapia, e forse anche per azione di alcuni veleni, c) Miocarditi acute alterative, per es. dopo difterite, in particolare, quando si accompagnano a necrosi grossolane delle fibre muscolari e non portano immediatamente a morte. Di regola questi focolai fibrosi saranno solo di piccole dimensioni, ma possono anche, come abbiamo accennato prima, confluire in cicatrici di maggiori dimensioni ed essere talora difficilmente distin13 —
Kaufmann
I
194
ORGANI
DELLA
CIRCOLAZIONE
guibili dalle cicatrici da infarto, anche se di regola non si limitano così strettamente ad un particolare territorio di un'arteria coronaria, d) Miocardite acuta interstiziale, in particolare sotto forma di ascesso del muscolo cardiaco, ma anche sotto forma di infiltrati a focolaio, nel cui ambito vanno in necrosi gruppi di fibre, che vengono sostituite da proliferazioni di tessuto connettivale. Anche le formazioni a focolaio che compaiono nella muscolatura in corso di endocardite lenta sono dovute in parte a queste miocarditi locali, ma sono anche in parte di natura embolica o arteritica. e) L a miocardite cronica sierosa (per es. nella tireotossicosi) ha un decorso subdolo che porta alla sparenchimizzazione e alla sostituzione con tessuto connettivale, seguendo in questo caso di più la via della sclerosi acellulare che quella della proliferazione di tessuto di granulazione con fibrosi, f) Invasione da parte dei processi infiammatori a partenza dal pericardio o dall'endocardio parietale, tanto da giungere in alcuni casi alla stenosi del cono della polmonare e dell'aorta. Le « fibrosi » che si osservano così spesso negli apici dei muscoli papillari dei soggetti anziani e in cui si ha sostituzione delle fibre muscolari da parte di tessuto connettivo povero di nuclei, spesso infiltrato di sostanze lipidiche o calcaree, possono venir interpretate come alterazioni della nutrizione delle fibre muscolari. Il prodotto finale di tutti i processi descritti è la cicatrice cardiaca. Essa consta di tessuto connettivale povero di nuclei, per lo più anche di vasi, che contiene inizialmente una modesta quantità e indi un numero sempre maggiore di fibre elastiche. Tali cicatrici si riconoscono meglio praticando un taglio a piatto attraverso il muscolo cardiaco e appaiono allora, nello stadio iniziale, di colore grigio-rossastro e consistenza molle, più tardi di colore grigio-giallastro o bianco, rilucente con aspetto asbestoso, a cordoni grossolani, depresse sulla superficie di taglio rispetto al tessuto muscolare conservato. L a loro consistenza è straordinariamente coriacea ed esse stridono al taglio. Nel loro ambito, la parete del cuore è assottigliata. L a struttura generale non consente di distinguere se una di queste cicatrici sia derivata da un infarto, da una necrosi di altro tipo o da un focolaio infiammatorio. Si potrà al più trovare qualche punto di appoggio nella sua estensione e nella posizione: le grosse cicatrici compatte insorgono di solito sulla base di infarti, quelle piccole, disseminate in forma di macchioline, strie o a banda, fanno pensare all'origine da numerosi piccoli focolai singoli e possono derivare da processi infiammatori o da necrosi miliari. Ma anche nell'occlusione coronarica di maggiore entità, dipende dallo sviluppo di rami collaterali se la cicatrice forma un campo isolato unico, o se viene interrotta da isole più o meno grandi di muscolatura conservatasi intatta. È dubbio se, accanto alle forme descritte di miocardite « secondaria
CUORE
195
fibroplastica » esista anche una forma indi-pendente di infiammazione cronica a decorso subdolo. Tale sviluppo dovrebbe venir ammesso per le alterazioni miocardiche in corso di morbo di Basedow. F r a le malattie infettive bisognerebbe prendere in considerazione il reumatismo articolare, in cui però il processo miocarditico si svolge maggiormente nel tessuto connettivale perivascolare, portando alle cicatrici fusiformi prima descritte. Per il resto, ricorderemo innanzi tutto la miocardite a cellule giganti e le altre forme di miocardite isolata, che sono state discusse a pag. 166. Parte di esse hanno effettivamente un decorso subdolo fin dall'inizio. Forse ciò ha anche valore per il « cuore a cicatrici » del lattante (FROBOESE) , sulla cui grande importanza, nella genesi delle morti cardiache improvvise degli infanti, ha particolarmente insistito, sulla base di materiale molto vasto, STOEBER. Secondo RUHLAND, tale condizione può prendere origine da una miocardite fibroplastica dopo infezioni cutanee. Vedansi anche i lavori
di
SINGER,
KNOPF
e
NEUBERT.
HABERDA ha richiamato l'attenzione su una formazione diffusa di cicatrici negli strati interni della parete del ventricolo sinistro con ispessimento dell'endocardio, appiattimento e assottigliamento delle trabecole e sfiancamento cronico del ventricolo sinistro, che compare nei bambini — prevalentemente in quelli rachitici — e che sarebbe da prendere in considerazione come causa di morte improvvisa. Si tratterebbe in questi casi di u n danno miocardico dovuto al rachitismo (MEIXNER). Vedi fig. 24 in « endocardite parietale ». Per quanto concerne la miocardite sifilitica (WARTHIN) vedi il capitolo speciale sulla sifilide del cuore. Conseguenze delle cicatrici cardiache. Se le cicatrici interessano ad anello il cono della polmonare o dell'aorta, si può giungere a stenosi di queste parti. Ciò si riscontra però molto raramente. È invece frequente che nella sede, dove si ha una grossa cicatrice della parete cardiaca, si formi un'estroflessione causata cronicamente dalla pressione sanguigna, un aneurisma parietale del cuore (ROKITANSKY) O aneurisma cardiaco cronico. N o n bisogna peraltro credere che si tratti di una formazione molto pronunciata; di solito è diffìcile distinguere l'aneurisma all'ispezione esterna e lo si mette in evidenza solo al taglio del cuore. Esistono anche casi in cui si vede già dall'esterno una grossa (solo molto raramente due o tre) estrofìessioni a forma di palla, che possono anche raggiungere il volume di un pugno e più (cuore a bisaccia). La sede di elezione dell'aneurisma è, nell'84 % dei casi (STERNBERG), la parete anteriore del ventricolo sinistro in prossimità della punta (territorio del ramo discendente anteriore dell'arteria coronaria sinistra, che rifornisce inoltre da sola il muscolo papillare anteriore della mitrale). I soggetti anziani sono più colpiti (STRAUCH) . Accanto a queste, non sono rare estrofìessioni piatte alla base della parete posteriore (che corrispondono agli infarti della parete posteriore).
ig6
ORGANI
DELLA
CIRCOLAZIONE
Esse raggiungono di rado la grandezza e l'estensione di quelle prossime alla punta. Vi sono anche forme più rare di aneurismi cronici, che insorgono per formazione di cicatrici nella parete settale e spesso sporgono verso il ventricolo destro. Le altre localizzazioni sono ancora più rare. (L'ectasia spesso colossale dell'atrio di sinistra nella stenosi della mitrale viene indicata, specialmente nella letteratura francese anche come « aneurisma ». Vedi L U T E N B A C H E R , B A CALOGLU).
Quando gli aneurismi hanno raggiunto una certa estensione, la loro parete è costituita solo da tessuto cicatriziale, talora di spessore papiraceo. In qualche
28121
F i g . 64. Grosso aneurisma, del ventricolo sinistro. U o m o d i 61 a n n i ( I s t . A n a t . I s t o l . P a t . U n i v . M i l a n o . A u t . N . 2 8 4 2 1 / 5 7 ) .
caso queste cicatrici sono calcificate. All'esterno si trova di solito un ispessimento cicatriziale dell'epicardio, e non di rado anche aderenze a cordone o su piccole superficie dei due foglietti pericardici, che derivano da una pericardite asettica sierofibrinosa al disopra dell'infarto necrotico. Anche l'endocardio negli aneurismi è regolarmente bianco non trasparente, ispessito, come conseguenza di una endocardite parietale avvenuta sopra l'infarto. Una forte trasformazione cicatriziale del miocardio ne rende naturalmente più difficile l'attività. In presenza di una sufficiente possibilità di compenso si
CUORE
197
sviluppa spesso una notevole ipertrofia delle parti muscolari conservate ed infine una dilatazione, in particolare del ventricolo sinistro. KAUFMANN ha osserv a t o cuori del peso di oltre 900 gr. Negli aneurismi insorgono molte volte grossi t r o m b i stratificati (chiamati anche t r o m b i parietali), che talora si rammolliscono nella parte interna, frammentandosi o invece, dopo lungo tempo, si disseccano assumendo una durezza cornea.
Fig- 65. Aneurisma cronico del ventricolo sinistro su v a s t a cicatrice fibrosa. U o m o di 64 anni (Ist. A n a t . P a t o l . U n i v . P a v i a . A u t . N . 7920).
A n c h e se ciò non a v v i e n e molto spesso, le embolie delle arterie delle estremità, dei reni, del cervello e financo dell'aorta addominale riconoscono questa origine. P i ù rara l'organizzazione dei trombi. Si possono avere nuove occlusioni vasali delle coronarie, attacchi di angina pectoris ed anche morte i m p r o v v i s a cardiaca. L a r o t t u r a di un aneurisma cardiaco è r e l a t i v a m e n t e rara; si h a i n f a t t i
198
ORGANI D E L L A
CIRCOLAZIONE
una prima protezione d a p a r t e dell'ispessimento cicatriziale dell'endocardio e di frequente, anche del pericardio e in secondo luogo anche i t r o m b i parietali stratificati offrono un certo g r a d o di protezione d a l l a rottura. T u t t a v i a la rott u r a di u n aneurisma h a u n a p a r t e nel gruppo delle rotture spontanee del cuore (vedi pag. 146Ì.
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199
CUORE
F. INFIAMMAZIONI SPECIFICHE DEL MIOCARDIO 1. Tubercolosi del cuore. Bisogna anzitutto distinguere tra alterazioni tubercolari vere e proprie delle pareti del cuore e processi aspecifici, che si osservano a carico della muscolatura cardiaca nei cadaveri di soggetti affetti da tubercolosi. Vi sono quattro forme di tubercolosi vera del miocardio (vedi la letteratura
nei
KROGSGAARD,
lavori
di
LUNDT,
MÒNCKEBERG,
KIRCH,
HUBSCHMANN,
ANDERS,
WILBUR).
a) Interessamento degli strati esterni del miocardio da parte di una tubercolosi elei pericardio. Si può giungere allora, come è stato osservato dall'A., ad una penetrazione attraverso la parete dell'atrio ed allo svuotamento di masse caseose nella cavità atriale. Analoghe osservazioni sono state fatte da COHEN. In questi casi la manifestazione primitiva è data, nella maggioranza, da una tubercolosi delle ghiandole mediastiniche (GOULEY,
BELLET e
MCMILLAN).
fi) Nella tubercolosi generalizzata ematogena, la partecipazione dell'endocardio e del miocardio non è molto infrequente (HORN e SAPHIR), e in questi casi sì possono avere anche grossi noduli con interessamento dei vasi (per una buona rassegna della letteratura vedi DAHL!). GOULEY, BELLET e MCMILLAN descrivono due casi con interessamento delle coronarie sotto forma di una arterite tubercolare diffusa, di una arterite da « contatto » o di una tubercolosi miliare dell'intima. Nel caso di v. BROCKHAUSEN erano interessate sia le arterie che le vene, che presentavano granulomi dell'intima. ALFONSE riporta invece i dati su una flebite tubercolare del miocardio a carattere più indipendente. Altri dati vedi in PEDONE e
WILBUR.
y) Tubercolosi del miocardio sotto forma di noduli più grossi o conglomerati (nel caso di KAUFMANN, della grossezza di un uovo d'oca nella parete dell'atrio destro che, secondo ANDERS, sarebbe colpito con particolare frequenza). Nella maggioranza dei casi, si osservano anche una pericardite tubercolare o vecchie aderenze pericardiche (KACH, PERETTI, REICHENFELD) che originano probabilmente quasi sempre da linfoghiandole caseose (ROSENBAUM e LIMI). Tale processo appartiene dunque al gruppo 1. I noduli possono anche talora portare alla rottura del cuore (OUDENDAL) o, per penetrazione in cavità, alla tubercolosi miliare (osservazione personale di DAHL). Per la formazione di aneurismi vedi anche MAFFEI. ó) Miocardite tubercolare cronica diffusa. È caratterizzata da infiltrati infiammatori interstiziali con proliferazioni a forma di noduli costituite da cellule epitelioidi e da cellule giganti. In qualche caso è possibile la dimo-
200
ORGANI
DELLA
CIRCOLAZIONE
strazione .dei bacilli di Koch all'esame istologico (LÜSCHER, AFANASSJEWA con quattro casi personali) o mediante cultura (MASSINI). Nei casi in cui ciò non è possibile (BROSIG), la diagnosi di tubercolosi è dubbia, in quanto, come abbiamo fatto notare prima (pag. 166) esiste anche una forma granulomatosa della miocardite, che ha bensì qualche elemento in comune con la tubercolosi, ma non è causata da bacilli tubercolari (HIRAYAMA ed altri). L a miocardite diffusa cronica tubercolare può guarire con esiti cicatriziali portando ad estese cicatrici del miocardio. Ricorderemo a questo proposito ancora una volta la forma « reumatica » della miocardite in corso di tubercolosi (MASUGI, FRANZ, KLINGE), che abbiamo discusso a pag. 175. TAUBE, SU 100 cuori di soggetti morti per tubercolosi, ha trovato 44 volte alterazioni del miocardio, 25 delle quali avevano un carattere nodulare. In alcuni casi si aveva una notevole somiglianza con i veri granulomi reumatici. Anche le ricerche di MÜLLER e in particolare quelle di BERBLINGER (nel 71 % dei casi!) hanno messo in evidenza come, ad un esame accurato del miocardio di soggetti tubercolosi, si trovino segni di una trascorsa miocardite (aspecifìca). NEIDHARDT e RUMRICH, come del resto la maggioranza degli A A . , lo considerano un segno di reazione allergica. Pertanto la tubercolosi può condurre nei modi più diversi ad un interessamento patologico del miocardio (per la pericardite tubercolare, vedi pag. 25). Più frequentemente, ciò avviene per via linfatica attraverso una pericardite tubercolare. In tal caso, o vengono interessati solamente gli strati superficiali del miocardio o si formano grossi tubercolomi. L a tubercolosi miliare si origina per via ematogena e porta non raramente alla formazione di noduli nel miocardio e nell'endocardio. Nella miocardite diffusa od a focolaio dei tubercolosi, bisogna distinguere le forme specifiche da quelle che vengono interpretate come allergiche e portano alla formazione di granulomi reumatoidi o hanno un carattere del tutto aspecifico. Sempre in tema di tubercolosi ricorderemo ancora la partecipazione del cuore al sarcoide di Boeck (Sarcoidosi), che descritta per la prima volta d a BERNSTEIN, COUNCILMAN e SIDLICK è s t a t a i n s e g u i t o r i f e r i t a d a SCHAUMANN, COTTER e in p a r t i c o l a r e d a JOHNSON e JASON. U l t e r i o r e n e i l a v o r i d i L O N G C O P E e F I S H E R , SCOTTI e M C K E O W N comprendente
12 casi), di K U L K A ,
2. Per la linfogranulomatosi
ADICKES,
(con u n a
ZIMMERMANN e
casistica tabella
CARDWELL.
del miocardio vedi SCHLAGENHAUFER,
K R E N , GARVIN. CATSARAS e PATSOURI d e s c r i v o n o u n a
linfogranulomatosi
poliposa (trombosimile) dell'endocardio e dei vasi linfatici. Essa aveva carattere tumorisimile nel caso di SYDNES. In genere è però estremamente rara (secondo ROTTINO e HOFFMANN, fino al 1952 sono stati descritti solo 5 casi). Il pericardio sembra essere interessato un po' più frequentemente, almeno per il foglietto parietale (vedi pericardio!). Il miocardio può anche essere interessato in corso di micosi fungoide generalizzata (CECCHIERI).
CUORE
20I
3. Sifilide del miocardio. Già VIRCHOW distingueva la miocardite cicatriziale da quella gommosa. L a prima potrà venir riconosciuta come sifilitica solo quando essa è in combinazione con formazioni gommose o quando contiene spirochete. Per la letteratura sulla sifilide vedi in particolare STOCKMANN, BAUMGARTNER, HERXHEIMER, WARTHIN, MÒNCKEBERG.
WARTHIN ha descritto la miocardite cronica interstiziale in corso di lue acquisita. Secondo le sue osservazioni, essa prende inizio con un edema e con infiltrati cellulari perivascolari di linfociti e plasmacellule, contenendo in tale stadio spesso una notevole quantità di spirochete, trasformandosi poi in fibrosi cicatriziale. Si hanno notevoli alterazioni dei vasi. Anche il muscolo cardiaco in questi casi è ipertrofico od atrofico, le fibre sono infiltrate di granuli lipoidei e in parte necrotiche. Non raramente si ha una morte improvvisa. Reperti simili vengono riferiti da MAGILL e da GRIESHAMMER (non spirochete!); nel caso di quest'ultimo A. era interessata anche la valvola polmonare. SAPHIR non ha mai osservato questi reperti nel miocardio e non ha mai potuto dimostrare in 130 cuori di sifilitici con tipiche alterazioni aortiche la presenza di spirochete nel muscolo cardiaco. Il significato della miocardite sifilitica viene variamente valutato d a clinici (ARNOLDI, MULZER, FERNBACH, BARTSCH e LEWICKI,
BRUGSCH).
Secondo le esperienze personali dell'Autore e dalla valutazione critica delle osservazioni riportate dalla letteratura, bisognerà essere molto prudenti nel porre diagnosi di miocardite interstiziale sifilitica nell'adulto e riconoscerla solo quando si possono dimostrare le spirochete o se esiste una combinazione con formazioni gommose nel cuore, come nei casi di K u x e di HAAM e OGDEN. SWANSON riferisce sulla c o m b i n a z i o n e t r a m a -
lattia reumatica e sifilitica del cuore (4 casi). Nei bambini le circostanze sono differenti. Nella lue congenita sono state spesso osservate alterazioni miocarditiche, che possono essere senza alcun dubbio attribuite alla sifilide e prendono origine dalla presenza di spirochete (dimostrate in parte anche istologicamente): SIMMONDS, B. FISCHER, MRACEK, ADLER, DRESSLER. T a l o r a si o s s e r v a a n c h e la c o m b i -
nazione con formazioni gommose nello stesso organo o in altra sede (SEITZ, LANZA, FROBOESE). Osservazione personale dell'Autore nella fig. 66. Più nota, anche se ora si osserva molto raramente, è la gomma del miocardio degli adulti. La sua dimensione è molto varia (fino alla grossezza di un uovo di gallina). Allo stato iniziale è formata da masse molli in trasformazione caseosa o fibro-caseosa e pertanto più consistenti. In seguito, al centro di tale massa si osserva non raramente una necrosi solida giallotorbida, che è circondata da una grossolana capsula cicatriziale o trasformata in toto in un tessuto cicatriziale. Microscopicamente è composta da proliferazioni granuleggianti, che contengono spesso cellule giganti miogene. A secondo della loro posizione, le gomme possono dare origine a una endo- o pericardite cicatriziale. Si trovano isolate o in un certo numero 13* —
Kaufmann
I
202
ORGANI
DELLA
CIRCOLAZIONE
(HAAM e OGDEN), talora (vedi sopra) sono combinate con una miocardite interstiziale o compaiono esse stesse in forma più diffusa (THOREL, BERBLINGER): si ha allora una miocardite gommosa diffusa, che si distingue peraltro dalla infiammazione descritta più sopra per la sua tendenza alla caseificazione. La diagnosi differenziale rispetto ai processi tubercolari può essere impossibile nei casi in cui non si metta in evidenza l'agente eziologico. Normalmente il numero degli elementi giganti (che sono probabilmente quasi sempre di origine miogena) è particolarmente elevato.
Miocardite interstiziale
fibroplastica
Fig. 66. d i f f u s a in lue congenita. B a m b i n o di 6 s e t t i m a n e (Aut. N . 334/1951).
Le formazioni gommose prediligono come sede il setto interventricolare e possono pertanto determinare disturbi della conduzione degli impulsi. In caso di localizzazione alla parete esterna della cavità si può sviluppare un aneurisma
(BRAUNSTEIN, B A S S e THOMAS). NORRIS
descrive
un'ulcera gommosa dell'endocardio, MOTTURA una stenosi del cono per granulazioni sifilitiche cicatrizzate. Non raramente i processi miocardici descritti si combinano con affezioni sifilitiche dell'aorta o dell'arteria polmonare
(COELHO e O L I V E I R A , R O E P E R ,
vedi pag. 384 e
segg.).
Nella lue congenita, le formazioni gommose del miocardio si osservano più frequentemente, benché anche questa localizzazione possa considerarsi rara. SEITZ e FROBOESE descrivono una combinazione notevolmente estesa con la miocardite interstiziale diffusa.
203
CUORE
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ORGANI
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CIRCOLAZIONE
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G. I TUMORI DEL
CUORE
I tumori veri primitivi del cuore sono rari, nonostante siano stati de scritti in numero notevole nella letteratura, solitamente come comunicazioni su casi isolati. Per la casistica di più vecchia data vedi LINK (1909), MANDELSTAMM
(1923), RIBBERT e MÒNCKEBERG
(1924).
R e v i s i o n i p i ù re-
centi e molto ampie si trovano nella letteratura straniera in LYMBURNER, Y A T E R , MAHAIM, L E A C H , A M S T E R D A M c o n G R A Y Z E L e L O U R I A , L U B S C H I T Z
con LUNDSTEEN e FORCHHAMMER. Secondo questi AA., il numero complessivo dei tumori primitivi del cuore finora descritti è di circa 200 casi (secondo MAHAIM addirittura 400). (Molto più frequenti sono invece le osservazioni di metastasi di carcinomi e sarcomi, in particolare degli organi toracici; la loro frequenza rispetto alle forme primitive sarebbe di 15-18 : 1). La percentuale delle forme tumorali maligne primitive è calcolata del 20 % circa. L'inquadramento dei tumori del cuore viene reso difficile dal fatto che, in una parte delle formazioni descritte (in particolare nei cosiddetti mixomi) è difficile stabilire se essi appartengono ai tumori veri e propri o se devono essere indicati come « pseudotumori » (HUSTEN) e debbano venir considerati pertanto come trombi trasformati. 1. L a forma tipica di tumore del miocardio è il Rabdomioma (cardiomioma,
FISCHER-WASELS, DIETRICH). D e s c r i t t o p e r p r i m o d a v .
RECKLIN-
GHAUSEN, interpretato correttamente da HLAVA e descritto più esattamente da SEIFFERT e ABRIKOSSOFF è stato studiato più volte anche recentemente (STEINBISS,
WOLBACH,
BERT, D I E T R I C H ,
FARBER,
YATER,
III
e GRAY, WEGMANN
R A E , LARSON e SHEPPARD, LABATE,
OLSEN e
e
EG-
COOPER,
H I L L M A N , H A Y M O N D e G I O R D A N O , STROUSE e i n f i n e d a L E A C H e H E R T Z O G .
Letteratura vedi in BATCHELOR e MAUN). Si presenta a nodi isolati (in particolare nella regione della punta), più frequentemente sotto forma di numerosi nodi, in parte riconoscibili solamente al microscopio o in forma più diffusa (SCHMINCKE, YATER, HULPER). I nodi infiltrano tutte le parti della parete e possono comparire al disotto dell'endocardio (vedi fig. 67, ricavata da SEIFFERT). Essi constano di un sistema di cellule plurimi cleate, con molti prolungamenti a forma fusata o a tubulo, che contengono glicogeno (ABRIKOSSOFF), talora anche grasso e che, nei loro distretti peri-
CUORE
205
ferici, presentano fibrille con una striatura trasversale. Esse hanno una certa rassomiglianza con le larghe fibre periferiche del sistema di conduzione degli stimoli, anche se non sembra possibile dimostrare la provenienza da esse (MÒNCKEBERG). Finora sono stati osservati in totale 60 di questi tumori (HERTZOG). L a maggioranza di essi è stata riscontrata in neonati o in bambini. Solo in 7 casi i portatori avevano una età superiore ai 15 anni (i casi citati da KAUFMANN nell'ultima edizione avevano un'età di 3 e 7 anni). Per la classificazione di questi tumori hanno particolare importanza tre momenti: 1. Il loro coincidere con altre malformazioni del corpo, in parte di natura tumorale, come i tumori misti del rene (W. FISCHER) O gli adenomi sebacei della cute (KAUFMANN), i lipomi (BUNDSCHUH), che possono
Fig. 67. Rabdomìomi multipli del cuore (visione del ventricolo sin. aperto). Bambino di 7 mesi. (Ricavato da S E I F F E R T , Verh. dtsch. path. Ges. I l i Congr. 1901, Pag. 64, Berlino, G. Reimer) (Disegno di E . K A U F M A N N ) .
anche comparire contemporaneamente ai rabdomiomi nel cuore stesso, molto frequentemente con la sclerosi cerebrale tuberosa (secondo CAGNETTO nel 50, secondo REHDER perfino nel 60 % ed oltre dei casi), o con i gliomi cerebrali veri o le gliosi nelle meningi spinali (WOLBACH), con rene policistico (FARBER), ma anche con disturbi di sviluppo del cuore (Ipoplasia dell'aorta, difetto atriale, LABATE). Sembra pertanto logico ammettere, che, anche nel caso dei rabdomiomi, si tratti di malformazioni di qualche tipo. 2. L a minima tendenza alla crescita progressiva, che conferisce loro più il carattere di amartie o amartomi (LUBARSCH, REHDER, MÒNCKEBERG, HERTZOG) che quelle di vere formazioni tumorali. (Non entrerebbe bene in questo gruppo il grosso tumore descritto da LEACH). 3. Il contenuto in glicogeno delle cellule del mioma, che è stato confermato dopo le ricerche di ABRIKOSSOFF nella maggioranza dei casi, ma non deve essere necessaria-
2o6
ORGANI
DELLA
CIRCOLAZIONE
mente sempre presente (HERTZOG). BATCHELOR e MAUN parlano addirittura di tumori glicogenici. Si è anche ventilata l'ipotesi che almeno una parte dei cosiddetti rabdomiomi possa venir considerata come una malattia da accumulo di glicogeno (OLSEN e COOPER). D'altra parte, questo allineamento non può venir accettato, poiché nella malattia di v. Gierke non si trovano mai con tale frequenza le altre malformazioni, come si presentano assolutamente di regola nei rabdomiomi. Pertanto, dobbiamo considerare oggi ancora i rabdomiomi come vere malformazioni tumoriformi del muscolo cardiaco. Talora portano ad un ingrandimento diffuso del cuore (SCHMINCKE, ÜHLINGER). Sembra molto raro che essi trapassino a d u n a f o r m a m a l i g n a (BRADLEY ed ELMER, W . MÜLLER). P e r a l t r o HAR-
GROVE, HELL e DIENST, hanno descritto un rabdomiosarcoma metastatizzante dell'auricola di destra. Gli A A . ricordano 5 osservazioni simili nella letteratura americana. Vedi anche LARSON e SHEPPARD. Il caso di « mioblastoma granuloso » del miocardio descritto da ROTH e SPAIN potrà oggi venir inquadrato fra i neuromi. 2. Una forma molto discussa di tumore del cuore è il cosiddetto mixoma. Esso non è di riscontro infrequente. Il numero dei casi descritti a t u t t ' o g g i è d i c i r c a 1 2 0 ( H U S T E N , F O S S E L , C I E C H A N O W S K I , B E H R V. d .
REIS
e MEYLER). Per la letteratura più antica vedi in particolare DE VECCHI, BRONNER, MEROZ. Osservazioni più recenti sono state fatte da BINDER, CHIARI, HOLZ, CETT
FABRIS,
CLERC e
ALLISON
GÖRLITZER,
assieme
WARD,
a
FERRARI,
e SUCMAN,
HÜBSCHMANN,
NOWICKI,
GAUTHIER-VILLARS, LORANDO
WEINSTEIN
e
PANOURGIAS,
e ARATA,
SCHWARZ,
DELAMARE
e
WIND-
ROGÉ,
YOUNG
e
FAW-
HUNTER
MACONN.
Il mixoma del cuore forma grossolane proliferazioni a cavolfiore villose o anche nodi rotondeggianti lisci in superficie, che sono in rapporto con la parete, ma che si sviluppano di preferenza all'interno delle cavità (;polipi cardiaci, fig. 68). L'atrio sinistro risulta preferito, in particolare nel contorno del foro ovale. I tumori possono raggiungere dimensioni considerevoli, riempiendo quasi completamente l'atrio (HUSTEN), insinuandosi nell'apertura delle valvole atrio-ventricolari, portando così a gravi disturbi di circolo e anche a morti improvvise (LÜBSCHITZ, LUNDSTEEN e FORCHHAMMER,
LAMPEN
e
WAAG).
La loro crescita può essere molto lenta (STROUSE, periodo di osservazione di 43 anni!). Per la morte improvvisa per embolia gassosa della carotide interna, vedi KALBLEISCH. A l taglio, questi tumori hanno un aspetto umido-traslucido, un colore a macchie bruno-rosse o grigio-giallastre, sono spesso ricchi in vasi e presentano versamenti emorragici. Microscopicamente sono costituiti da tessuto connettivale lasso, che è impregnato da un liquido, che perlomeno ricorda il muco, anche se non sempre dà le reazioni caratteristiche di tale sostanza, da numerosi vasi ematici, spesso a pareti sottili, rappre-
CUORE
207
sentati talora solo da tubuli endoteliali; contengono talora (poche) fibre elastiche, nessuna muscolatura. Spesso si presentano infiltrati da una notevole quantità di pigmento ematico, ma non è dato riconoscere struttura trombotica né alla superfìcie, né in profondità. All'esame microscopico, non è quasi mai possibile riconoscere se si tratti di veri tumori o di « pseudotumori » (HUSTEN), di blastoidi (MARTIN) o di trombi organizzati. RIBBERT ha elencato le ragioni in favore della natura tumorale (grandezza, tipo della vascolarizzazione, mancanza di masse trombotiche fresche ed ancora riconoscibili, natura mucoide del tessuto). Ciono-
Fig. 68. Cosid. mixoma dell'atrio destro. Donna di 62 anni (Aut. N. 519/1952;.
nostante, in numerosi casi il problema della natura tumorale di queste neoformazioni appare ancora aperto. Contro una genesi trombotica per tutti i casi stanno le osservazioni nei neonati (SCHINK, ECK, nel cui caso si aveva una partenza dalle valvole). Per la natura tumorale stanno le forme metastatizzanti
(HUEBSCHMANN, FENSTER). W . MULLER h a o s s e r v a t o m e t a s t a s i
polmonari in tumori che corrispondevano esternamente ai comuni mixomi dell'atrio e presentavano microscopicamente un'architettura in parte fibrosarcomatosa e in parte mixomatosa. Anche nel caso di RINGERT sono state messe in evidenza formazioni metastatiche (al cervello e agli organi addominali e una proliferazione distruttiva nelle arterie). LÙBSCHITZ con
208
ORGANI DELLA
CIRCOLAZIONE
LUNDSTEEN e FORCHHAMMER hanno osservato una crescita infìltrativa verso l'epicardio e metastasi nodulari nella parete posteriore del cuore. Poiché una trasformazione dei trombi in tumori maligni non è stata osservata in altre sedi del torrente circolatorio, sembra logico che la non infrequente comparsa di una trasformazione sarcomatosa dei mixomi debba venir considerata come un ulteriore segno della loro vera natura tumorale. Con ciò non intendiamo naturalmente escludere che anche un trombo possa subire, durante la sua organizzazione, delle alterazioni che lo rendano molto simile ad uno di questi mixomi. L'insorgenza di queste formazioni tumorali dalle valvole cardiache è molto più rara. Secondo JALESKI fino al 1934 erano noti 22 casi, che vengono così suddivisi a seconda della loro sede: Polmonare 8, aorta 4, mitrale 4, tricuspide 6. Nella maggioranza dei casi, si trattava di piccole formazioni che non si distinguevano molto dalle escrescenze di Lambì. RIBBERT ha peraltro attirato l'attenzione su formazioni più grandi, compatte. (Il tumore di JALESKI della tricuspide misurava 6 : 4, quello di MARINACCIO 1 1 : 4 : 3 m m . , q u e l l o di AMSTERDAM, GRAYZEL e LOURIA, d e s c r i t t o p e r a l t r o
come emangioendotelioma, 12 cm!). MAHAIM descrive un mixoma del fascio di His (senza blocco totale). 3. Simili ai mixomi sono gli angiomi, di cui, secondo LINK sono noti 12 casi fino al 1942 (vedi anche ESCHER, SCHUSTER, POMMER). Compaiono anche come angioreticulomi (GULLINO), sono stati descritti per il pericardio d a BENCINI e SCHEIDEGGER e p o s s o n o essere m a l i g n i (HEWER e
KEMP)
e comparire sotto forma di endotelio-ma maligno (LÙBSCHITZ, LUNDSTEEN e FORCHHAMMER, BRUNS e VOIGT) o c o m e STERDAM,
G R A Y Z E L e LOURIA)
K Y L E ) , o angioendotelioma
O come
maligno
emangioendotelioblastoma
angiosarcoma
(TACKET,
(GREENBERG e ANGRIST), o
(AMJONES
e
afigioreticolo-
endotelioma (KAPOSI) (CHOISSER e RAMSEY). Varici tumori-simili sono state descritte d a ELAUT.
4. I fibromi del cuore sono estremamente rari (TEUSCHER, KULKA). MACHEREY ne ha descritto uno, particolarmente voluminoso, nella parete anteriore del ventricolo sinistro. SYMEONIDIS e LINZBACH, che ne hanno osservato tre casi (due in bambini e uno in un uomo di 53 anni), li considerano come amartie fibroelastiche. ENGEL ammette nel suo caso il passaggio da una iperplasia ad un tumore vero e proprio. NEUGEBAUER parla di amartoma (fibroangioma). Per i fibromi embrionali dell'atrio destro vedi anche SCHINK. Per i lipomi vedi DIETTRICH e COSTA come anche MUTH.
5. Del sarcoma del cuore sono stati finora descritti circa 80 casi (RINDT e SCHWARZ, HARTMANN,
BRUNS e VOIGT).
P e r la
letteratura
più
v e d i STERNBERG, TOBIESEN, MEROZ, B R A D L E Y e M A X W E L L , p e r le v a z i o n i p i ù recenti DENEKE, DIEBOLD, LERICHE e BAUER, FENSTER, D L E R e C o l i . , H A R T M A N N , H Ò L E R , M A R T I N e C o l i . , SOMOLINOS,
antica osserFIE-
D'ARDOIS,
209
CUORE
DOUZELOT e EMAM-ZADÉ, W O L L e VICKERY, DLUHOS, ADAMSON, e
LEBEDEWA,
SHELBURNE,
WHORTON).
Possono
anche
SCHGENTI
raggiungere
un
volume considerevole (BRADLEY ed ELMER: IOOO gr. !). L a sede preferita sembra essere atriale (in particolare a destra), ma si possono osservare anche nelle pareti delle cavità ventricolari, nel setto interventricolare e sulle valvole (HARTMANN, BRUNS e VOIGT). L a loro architettura istologica è molto variabile. Piuttosto rari sono i fibrosarcomi, talora hanno una componente angiomatosa 0 mixomatosa 0 rabdomiomatosa, e si vedono anche, accanto a queste, forme fusocellulari pure, rotondocellulari o polimorfocellulari, in alcuni rari casi un reticolosarcoma (DLUHOS). Per quanto concerne la crescita sono talora a grossi nodi e talaltra a tipo infiltrativo. Le dimensioni della formazione tumorale descritta da DOUZELOT e EMAMZADÉ (fibrosarcoma della parete del ventricolo sinistro) erano di 2 0 : 18 : 15 cm (!). Il cuore pesava 3800 gr. Le metastasi non sono del tutto rare: interessano l'epicardio, il miocardio (HÒLER, distruzione del nodo sinusale, vedi per la letteratura HARTMANN), i polmoni, i linfonodi (DIEBOLD), m a anche il fegato, i surreni, il cervello
(FENSTER), i reni (DLUHOS), le v e r t e b r e (WOLL e V I C K E R Y ) ,
l'ipo-
fisi, la ghiandola tiroidea, il pancreas (HARTMANN). 6. Solo molto raramente si trovano nel cuore inclusi epiteliali. Per es. nel caso di RABSON e THILL avevano sede nell'angolo tra atrio sinistro e ventricolo e consistevano in formazioni di aspetto ghiandolare con dilatazioni cistiche, che erano rivestite da epitelio cubico o da accumuli solidi di cellule. Sono già stati descritti da ARMSTRONG, e MONCKEBERG (endotelioma?), GERS,
KOLATSCHOW,
ANDERSON
e
DE CHATEL, B A Y E R ,
DMYTRIK, recentemente
DAVIDSOHN,
anche
da
PERRY e
BRANDT,
Ro-
possono
anche contenere epitelio vibratile e vengono attribuiti ora a germi aberranti dall'intestino anteriore, ora a gemme tiroidee (BRANDT), come sono state descritte per es. da REZEK e LEICHER nella regione del fascio di conduzione. Queste proliferazioni vengono ora interpretate come vere formazioni epiteliali, ora come linfangioendoteliomi. Nel caso di LEICHER, il tumore a v e v a l'aspetto di un basalioma cilindromatoso. Forse, sulla base di questi germi epiteliali aberranti, si possono spiegare anche i carcinomi primari del pericardio, come sono stati descritti da KÒHLMEYER e KNIRSCH (carcinoma a cellule piatte!). Per una analisi dei casi di carcinomi del cuore v e d i SCHÓPPLER e OHLINGER
(critica!). TACCONE e d ORLANDI, c o m e
anche
SATKE e SALZER hanno osservato un tumore epiteliale benigno del pericardio parietale. Per i tumori delle cellule di rivestimento del pericardio vedi i tumori del pericardio. SOLOMON descrive un caso di teratoma maligno del cuore. I tumori metastatici del cuore sono molto più frequenti di quelli primari e probabilmente anche più frequenti di quanto non si ammetta di solito ad un 14 —
KAUFMANN
I
è 210
ORGANI DELLA
CIRCOLAZIONE
esame macroscopico del cuore. HORANYI e TINSCZAK, SU 32 casi di cancro, h a n n o t r o v a t o 7 volte metastasi al cuore, di cui u n a sola era riconoscibile all'esame macroscopico. Mentre NICHOLLS, SU quasi 4000 autopsie di soggetti morti per cancro t r o v ò segnalate metastasi cardiache solo in 109 = 0,129 % . LYMBURNER, su 8500 autopsie t r o v ò 52 neoplasie secondarie e 4 primarie del cuore. POLLIA e GOGOL su 12000 autopsie con 1450 t u m o r i
F i g . 69.
Metastasi nel miocardio d a carcinoma tiroideo. D o n n a d i 72 anni (Aut. N . 558/1950).
maligni trovarono 29 v o l t e un interessamento secondario del cuore, BURKE su 327 t u m o r i maligni 14 volte, WILLIS, SU 323,20 v o l t e , S C O T T e G A R V I N SU I I I O O a u t o p s i e
con
1082
tumori maligni, 118 metastasi cardiache. M e t tendo insieme questi dati, si ottiene un interessamento m e t a s t a t i c o del cuore nel 0,7 % circa di t u t t e le autopsie e nell'8,3 % dei casi di t u m o r i maligni (tenendo peraltro presente che viene compreso in questo novero, specialmente
da
SCOTT
e GARVIN,
l'interessamento
Questo interessamento diretto è più frequente che la v e r a e propria metastatizzazione e si osserva, come è naturale, principalmente nelle formazioni tumorali della cassa toracica (carcinoma bronchiale e polmonare, più raramente cancro mammario ed esofageo, linfosarcomi del mediastino). Ma, anche nella m e t a s t a tizzazione v e r a e propria, p r e v a l g o n o i t u m o r i primari degli organi della cassa toracica (POLLIA e G O G O L , R I T S C H I E , R E U L I N G e
RAZINSKI,
PIOTTI [23 casi di carcinoma, 7 di sarcoma]). Il f a t t o che possano anche insorgere per t u mori primitivi in sede addominale è dimostrato d a l l e o s s e r v a z i o n i di LISA c o n HIRSCHHORN e H A R T (rene, p a n c r e a s ) , W A R D WARA, D U S E Y
e BAKER
(piloro),
(duodeno),
MCNA-
ROCKEN-
SCHAUB (collo d e l l ' u t e r o ) . W E G E L I N , B A R T H E L , SMITH, KOPELOWITSCH r i f e r i s c o n o s u m e t a s t a s i
cardiache da carcinoma tiroideo. I 12 casi della cui un estensione descrivono inoltre maligno. K a uosservate carcinoma f mfuori aun n ncaso nell'ultima del d adella diKIRSCHNER comune cancro tiroide edizione cnel u t aletteratura tipo TZER. in aper nmiocardio veeuovndescrive l'ipernefroma aèacon U donna spn toartmetastasi caso tosono a(fig. tosservato il odimolto modo stati ad 69). 72e anni una dcardiache, KLOSTERMANN riuniti a interessante secondo di BREUS metastatizzazione (Aut. recente d a per JAKOBI che N il . il d quale 558/50), sono di aetl el 'TREITE rA equesto autstate SELnodi o t omrin diea
CUORE
211
Fig. 70. Masse sarcomatose a c o r o n a di rosario, d i aspetto fllamentoso-nodulare impigliate ed i m p i a n t a t e sulla v a l v o l a mitrale (Disegno di E. KAUFMANN).
Fig. Metastasi
cardiache
da melanoma
maligno
71.
dell'occhio.
U o m o d i 62 anni ( A u t . N . 507/53).
212
ORGANI
Infiltrazione
DELLA
CIRCOLAZIONE
Fig. 7 2 . metastatica del miocardio da reticolo-sarcoma mediastinico. D o n n a di 31 anni (Aut. N. 31/1952).
Fig. 73Lo stesso t u m o r e della Fig. 72. Impregnazione del reticolo secondo GÒMORI.
CUORE
213
neoplastici (nel carcinoma dello s t o m a c o e nel sarcoma della tiroide) dopo penetrazione nella corrente sanguigna vengono trasportati nell'interno del cuore e si impigliano nella tricuspide o possono venire i m p i a n t a t i in qualunque p a r t e dell'endocardio (vedi anche l e t t e r a t u r a più antica; fig. 70). Secondo SCOTT e GARVIN, su 118 tumori secondari del cuore, 89 erano carcinomi, 13 sarcomi, 14 linfoblastomi e 2 leucemie mieloidi; POLLIA e GOGOL hanno osservato 22 carcinomi e 7 sarcomi, LYMBURNER 36 carcinomi accanto a 16 sarcomi. In t o t a l e sembra p e r t a n t o che il sarcoma (che è molto più raro) abbia una tendenza r e l a t i v a m e n t e maggiore a metastatizzare al cuore. N o n rare sono le metastasi nei melanomi maligni (particolarmente invasivi) (MoRAGUES).
(Vedi
fig.
71).
Fig. Donna
d i 51
74.
Metastasi al cuore di carcinoma polmonare anni (Ist. A n a t . Istol. P a t . U n i v . Milano. A u t .
Come localizzazione, è preferito il pericardio. THOREL, MÒNCKEBERG
N.
28476).
Secondo YATER, BÒTHER,
c o m e p u r e H O R A N Y I e TINSCZAK, le m e t a s t a s i
muscolari
prediligono il cuore destro. L ' A . h a osservato metastasi di reticolosarcoma nel miocardio di estensione inusitata in una donna di 31 anni (Aut. N . 31/1952). L a fig. 72 dimostra l'interessamento della parete del ventricolo sinistro e del setto, la fig. 73, l'aspetto microscopico con la colorazione per il reticolo. L'endocardio e le v a l v o l e cardiache non sono di solito interessati. Eccezionali le osservazioni di MORGAN (metastasi di un t e r a t o m a testicolare nella tricuspide) e
214
ORGANI
DELLA
CIRCOLAZIONE
Fig- 75renale: A, vegetazioni-trombotico metastatiche della tricuspide; B, vegetazione dell'ostio aortico Uomo di 56 anni (Ist. Anat. Istol. Pat. Univ. Pavia A u t . N. 10290).
Carcinoma
CUORE
215
di W I N T E R (endocardite trombotica parietale carcinomatosa da carcinoma del pancreas). K Ö B E R L E riferisce sugli infiltrati leucemici delle valvole cardiache: per i dati sulle osservazioni più antiche sulle infiltrazioni leucemiche della muscolatura cardiaca, vedi anche M Ö N C K E B E R G . Nelle figg. 7 7 e 78 sono riportati quadri di infiltrazione leucemica della parete dell'atrio destro da leucemia mieloide in un uomo di 46 anni.
F i g . 76. Metastasi da carcinoma polmonare nell'atrio sinistro del cuore U o m o di 50 anni (Ist. A n a t . Istol. P a t . U n i v . P a v i a . A u t . N. 10291).
Nella maggioranza dei casi, le metastasi tumorali vengono constatate durante l'autopsia come un reperto accessorio senza manifestazioni cliniche. Sono rare le penetrazioni di masse metastatiche nelle cavità cardiache. Nel caso di metastasi cardiache da carcinoma tiroideo citato più sopra dall'A. si era avuta una penetrazione di queste ultime nell'endocardio in più punti, tanto da portare a ulcerazioni superficiali con formazione locale di trombi. Contemporaneamente, si aveva una infiltrazione cancerosa dell'epicardio, che però non aveva dato luogo in questo caso ad una pericardite di qualche entità, come viene osservato in altri casi. L a pericardite emorragica è più frequente in corso di infiltrazione carcinomatosa o sarcomatosa del foglietto esterno del pericardio (specie nel carcinoma mammario e bronchiale). KRUMBHAAR
e
CROWELL,
come pure
MCNAWARA
con
DUSEY
e
BAKER
ORGANI
DELLA
CIRCOLAZIONE
KiMii
Infiltrazione
Fig. 77leucemica dell'atrio destro in leucemia mieloide. Uomo di 46 anni (Aut. N. 261/1952).
. 1, Si «K> ' sì- KÌ
tV'Tw.v-
v. Fig. 78. Come la fig. 77. Ganglio
cardiaco.
217
CUORE
(carcinoma primario del duodeno) riferiscono su casi di rottura del cuore in conseguenza di metastasi. M E N C A R E L L I ha osservato una obliterazione tumorale quasi completa del ventricolo destro per carcinoma sarcomatodes della tiroide. Talora le metastasi nel sistema di conduzione possono dare origine a disturbi del ritmo, che, come nel caso di R E U L I N G e R A Z I N S K Y possono portare a blocco completo con sindrome di Adam-Stokes. Nei melanomi maligni il muscolo cardiaco può essere molto fittamente infiltrato da nodi pigmentati e non pigmentati, che sono visibili anche al disotto dell'endo- e dell'epicardio. Si osserva anche la morte improvvisa ( K A U F M A N N ) . 4 casi di metastasi da melanoma nel muscolo cardiaco sono riportati da
LEFKOVITS.
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14* —
KAUFMANN I
HARGROVE, H A L L E
DIENST>
2l8
ORGANI
DELLA
CIRCOLAZIONE
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interstiziale
(HÙBNER, KNORR, GRUBER, ZOLLER,
WUHRMANN),
a volte con infiltrati eosinofili. L a patogenesi viene riferita all'azione tossica dei parassiti o a reazioni allergiche. JAFFÉ fa rilevare che altri parassiti possono determinare una miocardite cronica, come la Bilarziosi e VAnchilostomiasi. I Sarcosporidi sono Protozoi situati specialmente nella muscolatura striata. Essi si trovano talora nel miocardio (specialmente dei bovini, cfr. fig. 79) e nelle valvole cardiache (LINDEMANN). I lavori più recenti sono di LAMBERT, SCOTT, HERTIG. In generale non si vedono reazioni intorno ai parassiti. Nella Blastomicosi (Paracoccidiosi) il cuore può essere colpito (in tutti gli strati). Si formano dei granulomi con degenerazione caseosa e con cellule giganti e
BRIAN,
DA
CUNHA
MOTTA).
( L E COUNT, H U R L E Y , S T O B E R ,
SIDOROV
riferisce
che
nella
BAKER
Balantidiosi
si ha formazione di granulomi nel cuore. Gli Echinococchi sono rarissimi nel cuore e possono essere primitivi (DÉVÉ) e solitari o, più raramente, secondari e multipli (fig. 80). Gli Echinococchi solitari preferiscono il setto interventricolare e possono raggiungere il volume di un pugno (KAUFMANN) . ISCHANOW riferisce di una cisti del diametro di 14 cm. nella parete del ventricolo sinistro. Ma l'invasione più grande fu quella del caso di MOREAU e BOUDIN (cisti in entrambi gli
220
ORGANI DELLA
CIRCOLAZIONE
atri, nel setto interventricolare, echinococcosi secondaria nel pericardio. Peso del cuore gr. 2500! L a cisti dell'orecchietta sinistra aveva il volume di una testa di bambino e conteneva numerose cisti figlie).
Fig. 79Sarcosporidi nel miocardio di un vitello. Rigonfiamento delle fibre muscolari. Nessuna reazione delle zone vicine.
L'Echinococco del cuore può decorrere senza alcun sintomo. Ma si può anche avere: a) la rottura nelle cavità cardiache, che è poi seguita da embolie di vescicole figlie, scolici o frammenti di membrane nei più vari organi. LINZZO riferisce di occlusione estesa dei rami dell'arteria polmonare. Più raramente avviene: b) la rottura totale del cuore (riferita da PEPERE, LECHNIR,
DOBROTIN,
VASILESCU,
DUNGAL,
BENHAMON
con
BOUDIN,
WYDRIN).
POSSELT,
MONTPELLIER
e
DÉVÉ,
SAGLAM,
SOLAL,
LINZZO,
ISCHANOW, MOREAU
e
221
CUORE
Fig. 80. Echinococcosi primitiva del cuore: cisti del volume di un pisello subendocardica in corrispondenza del muscolo papillare posteriore. Uomo di 30 anni (Istituto Anat. Pat. Univ. Milano. Aut. N. 28173). RABOTTI G . C . , COLOMBO F . , MEUCCI M . : A r c h . I t . A n a t . I s t o l . p a t . R956, 30, 4 7 0 - 4 9 3 .
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222
ORGANI DELLA
CIRCOLAZIONE
I. LESIONI T R A U M A T I C H E DEL CUORE L'esperienza clinica dimostra che, in seguito a traumi contusivi della regione cardiaca, anche di grado non elevato possono manifestarsi, immediatamente o dopo intervalli più o meno lunghi, gravi disturbi funzionali, che hanno esito letale. Se la morte avviene immediatamente dopo il trauma si possono trovare gravi lesioni del miocardio, lacerazioni delle valvole o perfino rotture dei ventricoli o delle orecchiette. VELTEN e W . FISCHER distinguono con REVENSTORFF rotture da scoppio, rotture da strappo e rotture da schiacciamento. Nelle rotture da scoppio di solito l'apertura interna della lacerazione è più piccola dell'esterna. Esse si trovano specialmente nelle pareti dei ventricoli, delle orecchiette e nel tratto iniziale dei grossi vasi. Le rotture da strappo con i margini lacerati si trovano soprattutto al confine tra orecchiette e ventricoli, ma anche nel setto interventricolare. Le rotture comminute da schiacciamento sono la conseguenza di azioni violente molto forti e determinano gravi spappolamenti e lacerazioni nei ventricoli. Le più frequenti sono le rotture da scoppio. L ' A . vide recentemente una di queste rotture allo sbocco della vena cava ini. nell'atrio destro di una donna di 57 anni, che in uno scontro automobilistico fu gettata col petto contro il cruscotto e che per compressione del torace ebbe una serie di fratture costali. Spesso il pericardio rimane illeso. S W I N E F O R D descrive in varie multiple fratture ossee la triplice rottura per trauma indiretto. Avvenendo la lacerazione di un muscolo papillare o il distacco di un filamento tendineo subentrano i sintomi di un vizio cardiaco, che però si possono manifestare quando, in seguito alla scomparsa delle gravi conseguenze della lesione, si riprende il lavoro e si sottopone di nuovo il cuore ad uno sforzo maggiore (v. A L B E R T I N I ) . Di questi vizi cardiaci da trauma (senza vera endocardite) rifer i s c o n o S I E B E R T , L Ü C K E , H U S T E N , L I B M A N , SXEINITZ, A H L B E R G , BÖHMIG,
e gli scritti di
EN-
Altri recenti lavori di W I G A N D , L A C H M A N N , G O R E , H A D O R N , G R O E D E L e soprattutto R. A. S T E R N , che dà dimostrazioni dettagliate della importanza del trauma per la genesi ed il peggioramento delle malattie cardiache con ricco materiale casistico. Occasionalmente anche semplici sforzi eccessivi possono portare a rottura delle valvole ( H O F F M A N N , H O W A R D ) . Le lacerazioni traumatiche si osservano più spesso nelle valvole aortiche, meno della metà nella mitrale, mentre a destra sono rarissime ( A D A M ) . DRISS,
WARBURG.
Molto più di rado appare probabile l'origine di una vera endocardite da una lesione delle valvole per trauma (BOURQUIN, DE QUERVAIN, DIETHELM, SIEGMUND) O per sforzo eccessivo. Cfr. la esposizione critica di R . A . STERN, il quale f a anche rilevare che la prima guerra mondiale non riportò esperienze di endocarditi in seguito a traumi ottusi del torace.
CUORE
223
Le lesioni del miocardio da traumi non penetranti, prescindendo dalle lesioni da arma da fuoco, in cui il pericardio non deve essere necessariamente trapassato (invaginazione), sembrano colpire di preferenza il setto interventricolare ( M O N C K E B E R G , H U S T E N ) . Ne possono conseguire perforazioni del setto. Non di rado si osservano anche disturbi nel sistema di conduzione degli stimoli. Una parte singolare hanno nel quadro delle lesioni cardiache le lesioni coronariche. Esse possono essere di natura puramente funzionale (cfr. il quadro della commotio cordis), ma possono anche portare alla occlu-
Fig. 81. Trombosi traumatica di un'arteria coronaria aterosclerotica per rottura della lamina connettivale che copriva l'intima a livello del focolaio ateromasico. Uomo di 54 anni (Aut. N. 456/1951).
sione trombotica di rami delle arterie coronarie. Su questi casi riferiscono S C H M I N C K E (urto contro stanga di carro), K I E N L E (incidente sciistico), M C D O N A L D e R A N D E R A T H (gioco del calcio), M E E S S E N , H E D I N G E R (aneurisma dissecante), S T A E M M L E R . La trombosi si sviluppa di preferenza su un vecchio focolaio sclerotico leso dal trauma, come l ' A . ebbe a dimostrare con sezioni istologiche (cfr. fig. 81), cfr. C A C C U R I . Più discussa è la questione della trombosi coronarica secondaria a sforzo, molto valorizzata da B O A S , discussa da M A S T E R , D A C K e J A F F É . Un gran numero di esperti cardiologi si sono schierati assolutamente per la causale dell'eccessivo lavoro (soprattutto R . A . S T E R N ) . L ' A . stesso vide ripetutamente durante la guerra in giovani soldati, dopo gravi ed
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ORGANI
DELLA
CIRCOLAZIONE
estenuanti sforzi, mortali trombosi delle coronarie, in cui lievi formazioni sclerotiche a focolai ne determinavano la localizzazione. Cfr. l'osservazione di un maratoneta di AUFDERMAUR e le conclusioni di PIERACH. In cuori già precedentemente lesi queste avverranno naturalmente con più facilità
(HALLERMANN) .
Anche i traumi psichici qualche volta sembrano avere importanza (osservazione personale di R. A. STERN), come pure possono provocare, a sclerosi coronarica già esistente, l'improvviso arresto del cuore (STAEMMLER). Riguardo alla trombosi coronarica dopo shock vedi DAVIS. Sulle lesioni delle valvole cardiache da proiettile, che non furono immediatamente letali, vedi bibl. di MERKEL nel Manuale di Esperienze Mediche durante la Guerra Mondiale e di VON GIERKE (Lesioni di Guerra del Cuore, 1920). Molto più difficili da chiarire sono i casi in cui, dopo una lesione confusiva della regione cardiaca, si sviluppano dei disturbi funzionali che possono avere esito letale assai rapido od anche solo dopo parecchio tempo, in cui però, almeno nei casi recenti, non è possibile constatare un grave reperto anatomico. Questa forma di lesione cardiaca viene definita Commotio cordis (SCHLOMKA, BRIGHT e BECK). Se la morte segue immediatamente la lesione, per es. dopo un colpo di boxe contro la punta del cuore (DEUTSCH) o un calcio di cavallo, urto di stanga, urto contro il volante dell'automobile, il reperto anatomico può essere completamente negativo (NORDMANN), oppure si possono avere stenosi dei rami delle arterie coronarie e dilatazioni delle vene, che indicano l'esistenza di turbe di irrorazione sanguigna del miocardio (CSEH). Esse si possono associare a formazioni recenti di trombi nelle vene ed a segni di degenerazione acuta delle fibre (BÓHMIG), mentre si riscontrano caratteristici nodi di contrazione delle fibre (A. MÜLLER); spesso si trovano emorragie subendocardiche, la cui importanza è tuttavia discutibile (NORDMANN), od anche emorragie nel miocardio, nel pericardio, nell'avventizia e media dei grossi vasi, rotture di pareti venose e relativi trombi (VEITH le rilevò nelle gravi lesioni da proiettile del torace senza lesione diretta del cuore). I disturbi della irrorazione, dapprima di aspetto molto insignificante, possono in seguito causare gravi distrofie delle fibre muscolari, che rappresentano le conseguenze tardive di questa Commotio cordis, le quali possono portare ad estese necrosi muscolari, « infarti funzionali » (FROMENT, CAMELIN e BLANCHARD) attraverso a formazioni callose (v. MARENHOLTZ), all'aneurisma cardiaco ed alla cosiddetta rottura tardiva (STEINMANN, STÒRMER, BARBER).
BLUMENBERGER delle coronarie. Casi farti cardiaci callosi questi sono connessi
pensa che vi sia persistente tendenza agli spasmi letali si verificano anche dopo qualche anno per insenza sclerosi coronarica o trombosi (WILBRANDT); coi sintomi clinici della angina pectoris, che natu-
225
CUORE
ralmente possono anche scomparire, ma che si estrinsecano in una funzionalità minorata ed in alterazioni dell'E.C.G. (GLATZEL). Anche se nella maggior parte dei casi i disturbi cardiaci scompaiono presto, la prognosi rimane però incerta (R. A. STERN). Del resto possono eventualmente portare alla commotio cordis anche traumi all'addome (SCHORRE) od al dorso (SPÙHLER). Altre ricerche sulla commotio cordis sono state condotte da
BECK,
ELKIN,
HENSCHEN,
K U L K A , CACCURI, HODGES e
SCHILDER,
JAKOBI,
SPUHLER,
HOCHREIN,
GILMOUR.
KÙLBS e SCHLOMKA insieme ai loro collaboratori si occuparono della commotio cordis in numerosi lavori sperimentali. Già dopo lievi traumi al torace si manifestavano diminuzione della pressione arteriosa, aumento della pressione venosa, e alterazione dell'E.C.G. esitanti nel quadro clinico della dilatazione acuta traumatica del cuore. Questa può causare la morte acuta con o senza fibrillazione ventricolare, oppure regredire e scomparire completamente, oppure trasformarsi in una dilatazione secondaria con esito letale. Anche negli esperimenti su animali il risultato dell'esame microscopico del cuore nei casi recenti è per lo più negativo od accenna soltanto a disturbi funzionali di irrorazione sanguigna, che SCHLOMKA paragona allo spasmo vascolare segmentano traumatico. In circa il 60 % di questi esperimenti fu possibile sviluppare per mezzo di un trauma una lesione cronica del cuore, che procedeva con necrosi, formazione callosa e sviluppo di aneurisma cardiaco e che anatomicamente non fu possibile distinguere da un tipico infarto cardiaco. Risultati identici ebbero MORITZ, ATKINS e KASTERT, secondo i quali eventualmente si possono distinguere le alterazioni iniziali da quelle dell'infarto cardiaco, giacché negli stati tardivi si hanno identici quadri di guarigione callosa. Pertanto si può dire in generale che il quadro clinico della commotio cordis è basato su disturbi di irrorazione provocati dal trauma, che ora regrediscono dopo breve durata, ora portano a gravi necrosi muscolari o perché la primitiva lesione vasomotoria è tanto grave da condurre alla necrosi estese zone del miocardio, o perché si sviluppa la tendenza a ripetuti spasmi coronarici. Non sembra necessario ricercare un ulteriore fattore della commozione diretta (HADORN). Forse è giusto distinguere con HEDINGER, analogamente come per il cervello, una commotio senza un vero reperto anatomico da una contusio cordis con lesioni delle valvole cardiache, del miocardio o delle arterie coronarie. L a frequenza delle malattie cardiache secondarie a traumi contusivi è assai variamente considerata. RISSANE ha visto dal 1930 158 casi personalmente riscontrati all'autopsia.
15 —
Kaufmann I
22Ó
ORGANI
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L. V A R I A Z I O N I D E L L E D I M E N S I O N I D E L
CUORE
( L A E N N E C ) . Il Il cuore ha normalmente il volume del pugno dell'individuo peso medio viene dato da numerose misurazioni ( W . M Ü L L E R , V I E R O R D T ) , f r a le quali si trovano in R Ö S S L E e R O U L E T quelle più accurate, prescindenti dalle condizioni morbose. In base alla tabella di questi due A . A . i valori oscillano per l'uomo fra 274 e 344 gr., con media di 318; le cifre corrispondenti per le donne variano da 240 a 340, sec. R Ö S S L E e R O U L E T il peso medio è di 275 gr. s u o complesso dipende più In relazione al corpo il cuore pesa circa il 5 °/oo e dal peso che dalla statura dell'uomo ( G E W E R T ) . L e indicazioni del volume del cuore (lunghezza, circonferenza) sono più importanti per giudicare la dilatazione che l'ipertrofia. Mentre nel feto e nel neonato i ventricoli destro e sinistro sono in complesso quasi uguali, nell'adulto il sinistro h a un rilevante sopravvento. Riguardo ai metodi per determinare questi rapporti v . W . MÜLLER e RÖSSLE.
Il peso della muscolatura del ventricolo sinistro (dopo dissezione dell'epicardio e del tessuto adiposo sotto epicardico) negli uomini tra 20-50 anni, senza la parte del setto, è gr. 85,5-91,8, quello del destro 48,5-50,8 gr. ( R Ö S S L E e R O U L E T ) . « L'indice di funzione » t r a destro e sinistro (W. M Ü L L E R ) è dunque di circa 0,55 (secondo D Ü L L 0,43-0,52). Per risultati personali v . F R I E D R I C H . Nell'ipertrofia del ventricolo sinistro il valore scende a 0,2-0,3, nei disturbi della circolazione polmonare può essere maggiore di uno, anzi in casi singoli può salire oltre 2. In t u t t i i dati sull'ipertrofia cardiaca è molto importante determinare queste proporzioni, come pure il peso assoluto dei due ventricoli. Secondo R Ö S S L E e R O U L E T il cuore dell'uomo dai 20 ai 25 anni h a un peso medio di 305 gr., nelle donne di 266 gr., poi nei successivi decenni h a una spiccata tendenza all'aumento della massa (fino a circa 330-350 gr. per l'uomo e 300 gr. per la donna), per diminuire di nuovo oltre i 70 anni. See. G E W E R T questa diminuzione si verifica nell'uomo a cominciare dai 59 anni, nella donna dai 65. Per determinare lo spessore delle pareti delle cavità del cuore, bisogna tener conto della rigidità cadaverica, che induce una contrazione del cuore (forma appuntita ed indurimento). Essa avviene assai precocemente, dopo una-due ore, e rende più difficile ( S T R A S S M A N N , F U C H S , V O L K H A R D T , A S C H O F F ) stabilire in quale fase dell'azione cardiaca sia a v v e n u t a la morte; sebbene si possa sicuramente ritenere che il cuore si arresti sempre in diastole (esperimenti di R O T H B E R G E R , E C K S T E I N SU animali). Come ultimum moriens è il cuore destro, specialmente l'orecchietta destra ( F O E R S T E R L I N G ) , sec. M A R T I N I e S C K E L L sarebbe più frequentemente il nodo atrio-ventricolare. (Sui rarissimi
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ORGANI DELLA CIRCOLAZIONE
casi di contrazione automatica post-mortale di singole parti del cuore, specialmente dell'orecchietta destra, vedi POLSTORFF). All'autopsia di solito il cuore è quasi completamente vuoto (posizione in sistole) nel ventricolo sinistro, ripieno di sangue (in quantità media tra la diastole e la sistole, mezza diastole) nel ventricolo destro. Se la rigidità si risolve e il sangue nell'orecchietta sinistra è ancora fluido, si può riempire il ventricolo sinistro. Il cuore, una volta risolta la rigidità, diventa nel complesso più ampio, flaccido e di minore consistenza. (Nel cadavere il ventricolo destro e l'orecchietta destra si trovano di solito molto pieni di sangue, che, come è noto, nella morte viene spinto dalle arterie, contraentisi, nelle vene). Questo stato non esclude né la morte per paralisi cardiaca, né dimostra la morte per asfissia. In generale depone per la morte da paralisi (sincope) la dilatazione a palla del ventricolo sinistro, mentre nella morte per asfissia (p. es. nell'occlusione embolica del tronco dell'arteria polmonare) si trova il ventricolo destro riempito al massimo. Nella grave degenerazione parenchimatosa del miocardio, p. es. nella sepsi, intossicazione cloroformica (anche nell'intossicazione da fosgene, cfr. W . KOCH) la rigidità può mancare o essere rapidamente risolta per via della putrefazione. A causa della putrefazione ed imbibizione il sangue può scomparire dalle cavità cardiache. i . Piccolezza abnorme. — Può essere: a) congenita ed è allora indicata come ipoplasia del cuore. Gradi molto spiccati sono rarissimi. Gradi più lievi (« cuore a goccia », 200 gr.), associati a scarso sviluppo delle arterie e riduzione di calibro del sistema aortico, si osservano nella clorosi (VIRCHOw); è ancora discutibile quale sia la causa e quale l'effetto. V i è poco accordo sulla questione se esista una riduzione di calibro congenita dell'aorta (oppure una ifoplasia, nella quale anche la stessa parete dovrebbe essere più sottile del normale, RÒSSLE e ROULET), e quale ne sia l'importanza. In complesso in questi ultimi tempi la questione ha perduto di interesse. Se essa avviene durante il periodo dell'accrescimento (SCHEEL), è considerata come segno di un certo grado di infantilismo, se nell'età adulta, come segno parziale di una generale ipoplasia costituzionale (BAUER). Benché nel giudicare la larghezza dell'aorta possano avere una certa importanza degli errori a causa della retrazione elastica post mortale (L. KAUFMANN, JAFFÉ e STERNBERG) O della trazione in lunghezza dei polmoni nel lungo torace tisico (STEINERT), molti A A . (così pure E . KAUFMANN nella I X e X edizione di questo libro) ritengono t u t t a v i a che effettivamente esista l'aorta angusta. Anche l'A. vide dei casi in cui ebbe l'impressione si trattasse di una congenita ristrettezza e ipoplasia dell'aorta, ma non riesce a persuadersi che questa formazione ridotta conduca all'ipertrofia o alla dilatazione del cuore oppure abbia una speciale tendenza all'arteriosclerosi (KAUFMANN). Inoltre rimane il dubbio se vi sia un rapporto col cosiddetto Status thymolymphaticus, finché non venga chiarito questo stesso stato. MONCKEBERG nega la presenza frequente dell'aorta angusta nello status thymolymphaticus. Dettagli mag-
CUORE
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giori riguardo alla larghezza dell'aorta ed allo spessore della sua parete sono riferiti da RÒSSLE e ROULET. (La larghezza nel tratto sopra valvolare è nei giovani di 5,5 cm., nella vecchiaia di 8-9 cm., in corrispondenza del diaframma 4-6, nel tratto addominale al di sopra della biforcazione 3-5 cm.). b) Un rimpicciolimento acquisito del cuore si chiama atrofia. Le fibre muscolari si assottigliano. Nell'atrofia generale senile, negli stati di inanizione, tisi, cachessia da carcinoma, il peso del cuore può calare fino a 150 gr. e anche meno. Secondo LEVINE e CARR la diminuzione di peso del cuore nella cachessia, però, di solito è minore di quella del peso generale del corpo. (Per particolari sull'atrofia vedi cap. delle distrofie del cuore). In vivo alla radiografia risalta il profilo stretto e lungo del cuore insieme ad una aorta lunga e stretta e ad abbassamento del diaframma (KULBS, E. MEYER). 2. Grossezza abnorme. — È causata dall'ipertrofia con ispessimento della parete o dalla dilatazione oppure molto spesso da entrambe le cause. L'ipertrofia è un aumento misurabile della massa miocardica, dovuto ad aumentata attività (KIRCH). Si distinguono: a) una ipertrofia semplice, cioè ispessimento della parete senza alterazione della cavità, e b) una ipertrofia eccentrica, cioè ipertrofia con dilatazione. Secondo ricerche di KIRCH e Coli, è incerto se esista una ipertrofia completamente esente da dilatazione (almeno all'inizio). Però è certo, che in un gruppo di casi l'ipertrofia è assolutamente preminente, mentre in un altro è associato ad una notevole dilatazione delle cavità. È meglio abolire il termine di « ipertrofia concentrica » (ispessimento della parete con riduzione del lume). LINZBACH lo usa nel senso della ipertrofia semplice. E impossibile chiamare « ipertrofico » il cuore del feto e del neonato con le sue pareti spesse e le cavità ridotte (MIURA). COSÌ pure si dovrebbe evitare il termine di « falsa ipertrofia » per una dilatazione del cuore o per una infiltrazione della muscolatura con materiale non muscolare (tessuto tumorale, parassiti, glicogeno). Nell'ipertrofia le singole parti del cuore sono abbastanza indipendenti una dall'altra, anzi, nell'interno del medesimo ventricolo può verificarsi una diversa ipertrofia delle fibre. Molto spesso sono colpite da ipertrofia singole fibre muscolari o gruppi di fibre in vicinanza di formazioni callose (LINZBACH) . Per dilatazione si intende l'allargamento misurabile delle cavità, indipendentemente dalla forma assunta dalla cavità e dallo spessore della parete (KIRCH). Si è ormai imposta l'ipotesi suggerita da MORITZ e dimostrata da KIRCH, che occorre fondamentalmente distinguere 2 forme di dilatazione, la dilatazione miogena, in cui le cavità sono prevalentemente allargate e dilatate, e la tonogena, in cui esse sono prevalentemente allungate (cfr. KERN, LINZBACH). L a prima è la dilatazione del miocardio leso, funzionalmente minorato, la seconda quella del miocardio efficiente. L a dilatazione miogena porta all'insufficienza cardiaca, la tonogena all'ipertrofia.
23°
ORGANI
DELLA
CIRCOLAZIONE
Variazioni di forma del cuore nell'ipertrofia e nella dilatazione. Nell'ipertrofia dei ventricoli le trabecole d i v e n t a n o rotonde, sporgenti, i recessi t r a di esse sono profondi. I muscoli papillari sono grossi e appaiono accorciati. Spesso è particolarmente ispessita la muscolatura nelle zone di imbocco dell'aorta e dell'a. polmonare. L a parete del ventricolo destro, che alla sezione di solito si affloscia, assume un aspetto rigido e contratto, e nell'ipertrofia delle orecchiette i muscoli p e t t i n a t i sporgono come grossi tronchi. A n c o r a più evidente è la variazione di f o r m a dei v e n t r i c o l i nella sezione trasversa (figg. 82-84), in cui appare chiaramente la proporzione t r a lo spessore della parete e la larghezza del lume, nell'ipertrofia sinistra il ventricolo destro spesso si appoggia soltanto come un'appendice insignificante, p i a t t a a l l a sezione circolare del ventricolo sinistro. L a sezione trasversa è anche da sola a d a t t a a mettere in evidenza la massa muscolare del setto. E s s a spiega pure il termine di ipertrofia « concentrica », perché d a essa i n f a t t i si h a spesso l'impressione di u n a riduzione (almeno relativa) del lume del ventricolo. L a p u n t a del cuore, che normalmente è f o r m a t a dal ventricolo sinistro, nell'ipertrofia più spiccata appare chiaramente allargata. Nell'ipertrofia sinistra il ventricolo destro si allontana maggiormente d a l l a punta, nell'ipertrofia destra p u ò formare esso stesso la p u n t a . D i l a t a z i o n i delle c a v i t à contribuiscono maggiormente a questo spostamento. N e l l a dilatazione la parete del ventricolo appare assottigliata, le trabecole sono appiattite, i muscoli papillari sottili ed allungati. Il cuore in complesso è lungo, cilindrico, o tozzo, sferico. N e l l a dilatazione tonogena la cosa più evidente è l'allungamento dei ventricoli ed u n a rotazione del cuore attorno al proprio asse longitudinale. Se è colpito il ventricolo destro, il cuore è r u o t a t o a sinistra ed il ventricolo destro occupa la parte principale della parete anteriore del cuore, nella dilatazione tonogena del ventricolo sinistro si h a l'inverso. I l solco anteriore coronarico si spinge a destra, e la parete anteriore del ventricolo sinistro è più a m p i a m e n t e visibile. Poiché la dilatazione tonogena è quasi sempre acc o m p a g n a t a da una ipertrofia (tranne che nei casi recenti, nei quali questa non è ancora iniziata), l ' a p p i a t t i m e n t o delle trabecole e dei muscoli papillari non è t a n t o m a r c a t a . A n z i per lo più essi sono n e t t a m e n t e e fortemente sporgenti, come sopra descritto per l'ipertrofia. Soltanto nella regione della p u n t a dei ventricoli, l ' a p p i a t t i m e n t o dei muscoli della parete p u ò essere evidente. P e r questo a l l a r g a m e n t o dello spazio intrapapillare i muscoli papillari sembrano d i v e n u t i più sporgenti. N e l l a dilatazione miogena il quadro è dominato dalla larghezza ed ampliam e n t o dei ventricoli. L e p u n t e sono arrotondate, il cuore è a p a l l a . I muscoli papillari non sono sollevati, anzi si t r o v a n o nello spazio v u o t o . Qui, se in m o d o particolare non v i è contemporaneamente ipertrofia, i muscoli papillari e le trabecole appaiono chiaramente appiattiti. N e è esempio più tipico la dilatazione del ventricolo sinistro nella miocardite difterica. E s s e n d o v i nello stesso t e m p o un'ipertrofia, l ' a p p i a t t i m e n t o delle trabecole muscolari non è cosi spiccato, m a t u t t a v i a è evidente in confronto della p u r a ipertrofia. N e l materiale d'autopsia la dilatazione miogena è più frequente della tonogena, il reperto più frequente è la dilatazione miogena del cuore ipertrofico. Nelle orecchiette prevale di molto la dilatazione rispetto alla ipertrofia, anche
CUORE
Fig. 82.
Fig. 84. Figg. 82-S4. Tre sezioni trasversali di cuore per illustrare le proporzioni di volume dei due ventricoli. Fig. 82. Cuore normale. Fig. 83. Ipertrofia del ventricolo sinistro. Fig. 84. Ipertrofia del ventricolo destro.
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ORGANI DELLA CIRCOLAZIONE
se quest'ultima è eventualmente riconoscibile dalla maggiore sporgenza dei muscoli pettinati. L a dilatazione diviene particolarmente evidente, perché in generale le orecchiette sono ripiene di grandi quantità di sangue fluido o coagulato. A dilatazione più intensa un'orecchietta può contenere da 1/2 a i litro di sangue. Il volume del cuore si riconosce in generale all'apertura del torace dall'ampiezza del sacco pericardico prominente, non coperto dai polmoni (cui possono contribuire certamente versamenti pericardici). I cuori ipertrofici e dilatati sono situati più profondamente, con la punta verso sinistra ed adagiati sul diaframma; il piccolo « cuore a goccia » è coperto dai polmoni ed è allontanato dallo sterno. A diaframma innalzato il cuore può essere spostato verso l'alto e sospinto verso la parete anteriore del torace (v. ZEZSCHWITZ). Nella sindrome gastro-intestinale di ROEMHELD i rapporti tra innalzamento del diaframma e disturbi di conduzione cardiaca (aritmia, extrasistolia, tachicardia parossistica, insufficienza cardiaca) giungono alla espressione clinica. L'origine della ipertrofia e della dilatazione del cuore. — L'ipertrofia presuppone una abbondante nutrizione ed una capacità di adattamento del miocardio. Quest'ultima è maggiore nella giovane età che nella vecchiaia. L'aumento di massa avviene in primo luogo per mezzo di una ipertrofia (ingrossamento ed allungamento) della singola fibra muscolare, che si inizia con un assorbimento di acqua (ricerche recenti di L I N Z B A C H e NIETH). Oltre il peso critico del cuore di circa 500 gr. si aggiunge una moltiplicazione delle fibre per scissione ( L I N Z B A C H ) . I nuclei nelle fibre possono essere molto ingranditi: nuclei giganti (NIETH). L a fig. 86 mostra alterazioni caratteristiche delle forme nucleari a superficie ingrandita. Il fatto che provoca l'ipertrofia delle fibre è la loro distensione (vedi K I R C H , B O H N E N C A M P , K R A K O W E R e H E I N O ) . Essa avviene (MORITZ, K I R C H ) per una aumentata resistenza all'evacuazione o per un aumentato afflusso e porta dapprima alla dilazione tonogena, come fu messo in evidenza specialmente da K I R C H e Coli. ( D Ö R I N G , M Ö N K S , S T A H L , G R Ü N B A U E R , N Ü R M B E R G E R ) nell'uomo e sull'animale da esperimento. L a dilatazione tonogena inizia sempre nella via di efflusso del ventricolo (probabilmente perché qui la massa residua di sangue porta più a lungo ad una distensione delle fibre muscolari) e si propaga lentamente verso la punta. Secondo L I N Z B A C H le ragioni immediate dell'accrescimento armonico sono l'aumento di superfìcie secondario alla distensione e la contemporanea aumentata irrorazione sanguigna coronarica. Anche una dilatazione miogena cronica (per es. postdifterica) può qualche volta causare una ipertrofìa cardiaca (LINZBACH). WEIZSÄCKER,
Il tempo, che occorre alla formazione della ipertrofia cardiaca, non è certo lungo (nei giovani non più di alcune settimane). L o dimostrano anche gli esperimenti sugli animali di K I R C H e dei suoi allievi. Il nesso tra ipertrofia e dilatazione tonogena si vede chiaramente soltanto negli stadi
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CUORE
iniziali, in seguito la dilatazione viene quasi superata dall'ipertrofìa, ed allora non appare così evidente il sollevamento della punta e l'innalzamento dei muscoli papillari. In parte ciò si connette certamente al fatto, che all'autopsia vediamo spesso l'ipertrofìa nello stato di scompenso, dove all'ispessimento delle pareti dei ventricoli si è aggiunta la dilatazione miogena. Questa sicuramente deriva (quando si aggiunge ad una ipertrofìa) prevalentemente da una insufficienza coronarica latente. DOCK e VIVELL constatano che nel miocardio ipertrofico esiste una diminuzione del rapporto tra corrente e massa muscolare (vedi al contrario Russow), e I m
m* C^WÈ
|
W-
'élmd
Deformazioni
Fig. 85. nucleari nelle fibre muscolari in ipertrofia cardiaca di alto grado (dal ventricolo sinistro del cuore) della fig. 83.
LINZBACH può dimostrare che il quoziente muscolare cardiaca diminuisce. Ora come mancanza di 0 2 determina la comparsa di (specialmente nella regione subendocardica furono
constatati
da
LISA,
BRACK,
superfìcie/volume della fibra nella ipossia sperimentale la piccole necrosi nel miocardio e nei muscoli papillari), così
BÜCHNER,
WEINSCHENK,
LINZBACH,
DE BRÜX delle necrosi miliari anche in cuori ipertrofici, tendenti all'insufficienza. In esse si può vedere il substrato anatomicamente rilevabile dell'insufficienza coronarica che compare nell'ipertrofìa (e che si riscontra anche all'È.C.G.)
(KORTH,
REINDELL
e BAYER,
BÜCHNER).
BÜCHNER
richiama
l'attenzione sull'importanza del contenuto in glicogeno, KUTSCHERAAICHBERGEN su quella dei fosfatidi. Che anche il sistema endocrino abbia una qualche importanza lo dimostrano i reperti delle capsule surrenali
234
ORGANI DELLA
CIRCOLAZIONE
(aumento della corticale) di LUCADOU e LIEBEGOTT e la non tanto rara (benché neppure regolare) invasione basofìla del lobo posteriore dell'ipofisi. Anche nell'ipertrofia prolungata e grave del cuore, specialmente se unita ai segni di insufficienza, troviamo di solito lesioni delle fibre miocardiche anatomicamente riscontrabili. Molto spesso vi sono degenerazioni grasse, che probabilmente possono già considerarsi come segni di turbe del ricambio delle fibre muscolari (una ipossia). Inoltre si trovano necrosi miliari e le formazioni callose da esse provocate. I processi miocarditici interstiziali già accennati particolarmente da KREHL e ROMBERG sono probabilmente da mettere in rapporto, almeno in parte, con queste necrosi. Naturalmente sarebbe errato scorgere in questi reperti anatomici, spesso poco estesi, ai quali si contrappongono anche casi in cui mancano, completamente o quasi (FAHR), alterazioni miocardiche reperibili, la causa della deficienza cardiaca. Essi sono soltanto gli estremi reperibili morfologicamente di uno stato di disturbo latente del ricambio, probabilmente molto più esteso, che provoca la deficienza del cuore. Tuttavia non bisogna dimenticare che la causa che sostiene l'ipertrofia molte volte ha tendenza a progredire, migliorando in tal modo la dinamica del cuore, e che spesso si accompagnano alla ipertonia malattie del sistema coronarico, che come minimo portano al fatto che l'adattamento dell'irrorazione miocardica non sta alla pari con l'ipertrofia. Tutti questi eventi conducono dunque alla conclusione, che il cuore ipertrofico presenta una certa tendenza al deficit. Ciò vale in modo speciale per gli alti gradi di ipertrofia (al di là del cosiddetto peso critico del cuore, LINZBACH), ma non deve significare che qualunque ipertrofia indichi già una minorazione del miocardio (cfr. cuore da sporti). Naturalmente va da sé, che la primitiva dilatazione miogena del cuore, che qualche volta può anche trasformarsi in una ipertrofia, in questo caso ha però un altro aspetto e porta in sé molto più spesso il pericolo dello scompenso (cfr. miocardite). Sotto il termine di insufficienza cardiaca si intende la sproporzione tra la prestazione cardiaca necessaria e quella realizzata. Essa inizia, come accenna in particolare KERN, che seguiamo nella esposizione, con una incompleta evacuazione dei ventricoli nella sistole (sangue residuo). KERN distingue l'insufficienza miogena (dovuta alia diminuzione della funzione contrattile) dall'insufficienza ergogena (in seguito a sforzi eccessivi). L'insufficienza miogena di solito è secondaria a lesioni infettive (nei giovani) o a disturbi di nutrizione (nei vecchi) della muscolatura. In questi casi il cuore si troverà spesso in stato di dilatazione miogena. Ma vi è anche una insufficienza miogena senza dilatazione riscontrabile all'autopsia. L'insufficienza ergogena è sempre di natura emodinamica ed ha per lo più come anello intermedio una ipertrofia. L'insufficienza cardiaca è monolaterale (insufficienza sinistra ed insufficienza destra) o bilaterale. Come conseguenza dell'insufficienza cardiaca monolaterale si forma la stasi in
CUORE
235
ogni parte della circolazione (arterie, capillari, vene). Pertanto ne deriva per il ventricolo antistante un aumento di lavoro, cui risponde con l'ipertrofia. Per l'aumento di afflusso di sangue nella parte del cuore insufficiente e per la minorata evacuazione (sangue residuo), essa si dilata e così (per aumentata funzionalità delle fibre muscolari) viene stimolata ad una più forte contrazione (insufficienza compensata). U insufficienza sinistra porta alla congestione polmonare (cellule da vizio cardiaco), eccitazione nervosa del centro respiratorio, diminuzione della pressione sanguigna nel grande circolo, aumento nel piccolo circolo, all'ipertrofia del ventricolo destro, mentre il sinistro è in genere dilatato. L'insufficienza ergogena si forma specialmente nell'ipertensione e nei vizi aortici, la miogena nelle malattie infettive ed arteriosclerotiche dei miocardio. L'insufficienza destra porta alla congestione nel grande circolo con cianosi ed edemi, specialmente a notevole congestione epatica, all'aumento della pressione (generalmente non alta), all'ipertrofia del ventricolo sinistro e si accompagna a dilatazione del destro. Essa si verifica specialmente nei vizi mitralici e nei disturbi di irrorazione polmonare, ma anche come conseguenza delle insufficienze di sinistra di ogni genere, che rendono più difficile lo svuotamento del cuore destro. L'insufficienza bilaterale è per lo più di natura miogena. Se colpisce in modo perfettamente eguale le due parti, non esiste alcuna stasi. Il sintomo è la debolezza di contrazione. Cause particolari di origine della ipertrofia (I) e della dilatazione (D). a) Per il cuore destro: alterazioni polmonari con disturbi di circolazione delle arterie polmonari, e cioè con stenosi od obliterazione di tratti dell'arteria polmonare, come nell'enfisema, polmonite cronica interstiziale, vizio cardiaco di sinistra, specialmente della mitrale, catarro bronchiale cronico, bronchiectasie, indurimento silicotico delle ghiandole bronchiali (che comprimono i vasi bronchiali e polmonari, specialmente venosi), inoltre negli essudati pleurici di lunga durata, nel pneumotorace permanente (BRUNS), nella sinfisi pleurica, infine nelle deformazioni del torace, particolarmente nella cifo-scoliosi, e raramente in seguito alla cosiddetta sclerosi polmonare primitiva (malattia di Ayerza, POSSELT, BREDT, WIESE, STAEMMLER, MERKEL. Per dettagli vedi pag. 340), che può colpire perfino bambini lattanti
(WÀTJEN, STAEMMLER e SCHMITT) e che v a
attribuita
in parte all'arterite polmonare, in parte alla vera arterio- e arteriolo-sclerosi ed in una parte dei casi ad una ipertensione nel piccolo circolo (STEINBERG,
STAEMMLER).
A d una notevole ipertrofia del ventricolo destro (spesso con dilatazione primitiva e soprattutto secondaria) si giunge nella grave silicosi polmonare. Essa va attribuita in parte alla estesa sclerosi del tessuto polmonare, con scomparsa di grandi parti del sistema capillare e contempo-
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ORGANI DELLA CIRCOLAZIONE
ranco enfisema polmonare, in parte a processi endoarteritici nei medi vasi polmonari (GERSTEL) e praticamente ha molta importanza, perché indica le ripercussioni, così importanti ai fini giuridici, della silicosi polmonare sul sistema circolatorio. Se la silicosi si accompagna alla tubercolosi spesso manca l'ipertrofia destra (LETTERER). Nella tubercolosi stessa le circostanze sono talmente complicate perché si associano a) disturbi di circolazione nel sistema polmonare, specialmente nelle forme tubercolari croniche, che spesso sono collegate a cicatrici pleuriche estese, b) processi miocarditici (secondo BERBLINGER in oltre il 40 % di tutti i casi), c) tendenza alla cachessia, che si manifesta anche sulle condizioni di volume e peso del cuore, e d) questioni relative alla piccolezza primitiva del cuore nei tisici. PFEIL su 75 autopsie di tisici vide il cuore nel 33,3 % dei casi di volume normale, nel 61,3 % troppo grande e soltanto nel 5,3 % piccolo. L'indice del rapporto tra il ventricolo destro ed il sinistro era nei cuori di peso maggiore quasi sempre superiore al 0,5, avendosi pertanto un'ipertrofia prevalente del ventricolo destro. BERBLINGER vide nel 65 % una ipertrofia destra, di cui il 26 % era di volume notevole. Egli vede anche qui nella dilatazione tonogena primitiva la causa dell'ipertrofia. b) Per il cuore sinistro: i vizi valvolari, innanzitutto la stenosi aortica (anche la calcificazione non endocarditica delle valvole aortiche) e l'insufficienza aortica, la sifilide aortica, quando procede con raggrinzamento o diastasi delle valvole oppure quando ha per conseguenza un grave aneurisma, l'insufficienza mitralica, in cui il « sangue pendolare » conduce ad un eccessivo riempimento del ventricolo sinistro, tutte le forme dell'ipertonia (tanto quella genuina come la renale o l'ormonale), l'obesità generale (anche senza adipositas cordis). L'arteriosclerosi dell'aorta e degli altri grossi vasi non determina quasi mai l'ipertrofia essenziale quando non è collegata all'ipertonia. Si possono inoltre trovare non di rado perfino cuori piccoli, specialmente nell'età avanzata. Nella sclerosi coronarica con abbondante callosità del miocardio si trova spesso una notevole ipertrofia del cuore, anche senza ipertonia. Cause più rare sono le anastomosi arterovenose e gli emangiomi cavernosi (MATAS e HENINGER). L'ipertrofia sinistra può assumere gradi tanto elevati, che per spostamento del setto interventricolare a destra subentra una stenosi del ventricolo destro (sindrome di Bernheim, BERNHEIM,
MARTINI
e JOSELEVICH,
EAST
e
BAIN).
c) Per entrambe le emisezioni cardiache (ipertrofia totale): i vizi valvolari, specialmente i vizi combinati della mitrale e dell'aorta, anche la stenosi e l'insufficienza della mitrale, inoltre le aderenze pericardiche, il morbo di Basedow (di solito non grave), le ipertensioni nel grande e piccolo circolo, la combinazione di ipertensione con enfisema polmonare, come si verifica spesso nell'età avanzata. A questo punto si deve far notare, che in complesso non sono frequenti le pure ipertrofie monolaterali. Se
CUORE
237
nei vizi cardiaci, ipertensioni, malattie polmonari croniche, ecc., si procede sistematicamente a pesare le due parti del cuore secondo il metodo di W . M Ü L L E R , si trova spesso veramente evidente nell'« indice di funzionalità » un peso eccedente di un ventricolo, ma si vede poi molte volte che il peso assoluto è aumentato anche nell'altro. Ciò dipende secondo dimostrazioni di K E R N da una prolungata insufficienza compensata della parte del cuore primitivamente ammalata, che però già si accompagna ad un maggiore lavoro dell'altra. Poiché in fondo ogni ipertrofìa cardiaca si spiega con una aumentata prestazione di lavoro, la questione del volume del cuore richiede una particolare attenzione nelle professioni a lavoro materiale più faticoso e negli sportivi. A questo punto sorge molte volte il dubbio se si debba considerare ipertrofico un cuore, che, pur avendo peso assoluto aumentato, presenti un rapporto normale rispetto al peso del corpo e dei muscoli. L ' A . propenderebbe per ammetterlo, come pure chiama ipertrofia l'aumento di massa della muscolatura corporea che si ha nell'aumentata prestazione di lavoro. L a muscolatura scheletrica degli atleti (atletica pesante) è ipertrofica, così pure lo è il cuore, se ha assunto al pari della muscolatura scheletrica un volume maggiore. Perché l'ipertrofia non significa minorazione, ma anzitutto un sicuro aumento di capacità funzionale, anche se più tardi per disturbi della irrorazione può svilupparsi una insufficienza. Sulla questione del cuore sportivo esiste un numero straordinariamente abbondante di lavori di natura clinica e radiologica. Sta di fatto che dopo una prestazione sportiva importante il cuore viene trovato quasi sempre piccolo, ma in seguito a lunga attività sportiva specialmente professionale si può giungere all'ingrossamento del cuore ( H E R X H E I M E R , MORITZ, R E I N D E L T , F R A N K e B R E T S C H N E I D E R ) . Questo ingrossamento può essere segno di un danno cardiaco (DEUTSCH). Si tratta soltanto della questione, se ciò avvenga sempre, se quindi il « cuore sportivo » ingrossato sia sempre già un sintomo di una certa minorazione funzionale (che si esprime in generale con una dilatazione miogena). Questa questione è stata risolta dagli esami anatomici di K I R C H su sportivi morti improvvisamente e dagli esperimenti su animali eseguiti dai suoi collaboratori (DÖRING, G R Ü N B A U E R , N Ü R M B E R G E R , cfr. anche precedenti risultati simili di K Ü L B S , T H Ö R N E R , H I R A M A T S U , S E C H E R , e più recenti di K O E P PLIN) nel senso che nella attività sportiva prolungata vi è senz'altro una ipertrofia del cuore (anche se non molto grave), che si sviluppa da una dilatazione tonogena e si esplica prevalentemente con un allungamento del cuore. Inoltre ora è più ingrossato il ventricolo destro (fondisti e pugili), ora più il ventricolo sinistro (ciclisti, canottieri, sciatori, nuotatori). Nei topi corridori comparve una ipertrofia sinistra, nei topi nuotatori si osservò più spesso l'ipertrofia destra. In questa ipertrofia cardiaca (che
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nell'esperimento sull'uomo come sull'animale, è capace di regredire) KIRCH vede il vero substrato del « cuore sportivo », il quale quindi non è un organo con funzionalità diminuita, bensì con funzionalità aumentata. Il fatto che all'esame clinico o radiologico molte volte non si riscontri, si spiega con la mancanza della dilatazione e con la maggiore difficoltà di giudicare nella radiografia l'allungamento. Riguardo ai reperti cardiaci nel lavoro materiale faticoso, che essenzialmente sono identici a quelli dello sport, vedi PODKAMINSKY, KAPLUNOWA, TUNG con HSIEH, BIEN e DIONDE.
E certo che in un uomo sano può subentrare un danno cardiaco in seguito ad eccessivo sforzo fisico. Riflettendo quale somma di regolazioni delicatamente armonizzate occorre per portare quantità sufficienti di sangue ai vasi del cuore, malgrado il fabbisogno fortemente aumentato nei polmoni e nei muscoli scheletrici si può così immaginare come sia possibile che per « distonia vagotonica circolatoria » (SCHLEICHER) O per altri disturbi chimici od ormonali o nervosi nel meccanismo regolatore, si possa determinare un arresto dell'irrorazione cardiaca con inprovvisa morte cardiaca. Spesso in tali morti acute da eccessivo sforzo (come [si osservano ripetutamente anche nel servizio militare) hanno importanza le infezioni, che ledono il miocardio e ne determinano l'arresto. Le morti improvvise per « sincope cardiaca » durante il bagno si devono attribuire in generale a stimolazione vagale acuta. Alterazioni anatomiche del miocardio di solito mancano. Una parte importante ha l'eccessiva ripienezza dello stomaco con spinta in alto del diaframma (sindrome di Roemheld). Per dettagli vedi capitolo «ferite cardiache». Ipertrofie particolarmente massive con pesi al di sopra di 750 e perfino oltre i 900 gr. riscontrarono EWANS e WHITE che le trovarono specialmente frequenti nelle ipertonie e nei vizi cardiaci combinati dell'aorta e della mitrale. Il peso massimo fu da loro osservato in un vizio combinato della mitrale con I 3 5 ° g r - Queste ipertrofie estreme colpiscono di preferenza gli uomini (GOLDEN e BRAMS). Altre osservazioni furono segnalate da HERZOG e STERNBERG. SILBERBERG vide un peso di 2950 gr. in un giovane con insufficienza delle valvole aortiche. Anche nei vizi cardiaci congeniti furono osservati gradi straordinari di ipertrofia.
È ancora in discussione la questione della cosiddetta ipertrofia cardiaca idiopatica, che oggi si designa per lo più come I. ad eziologia non chiara. Sebbene in una parte dei casi abbiano sicuramente importanza le malattie cardiache reumatiche, la malattia da tesaurismosi glicogenica, ed altre malattie del miocardio, rimane pur sempre un certo numero di casi, in cui non è possibile constatare l'origine dell'I. (KUGEL, KUGEL e STOLOFF, BONSDORFF). In una parte dei casi esiste contemporaneamente una endocardiofibrosi (ME MAHON). Altrettanto dubbia è la questione se l'aumentata ingestione di liquidi (birra, vino) porti all'ipertrofia (bevitori
CUORE
239
di b i r r a di M o n a c o , b e v i t o r i di v i n o di T ü b i n g e n , BOLLINGER, MÜNZINGER, THOREL, SEYDERHELM, CRAMER). C e r t a m e n t e nelle o s s e r v a z i o n i di q u e s t a
specie ha qualche importanza il grande lavoro fisico. Però quasi sempre vi partecipa u n a ipertonia genuina
(ROMBERG, MÖNCKEBERG).
Se
esista
una pletora vera e quali siano i suoi effetti sul cuore non è ancora chiarito.
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24I
CUORE
M. FORMAZIONI DI TROMBI NEL CUORE (.Appendice: coaguli
cadaverici)
I trombi si formano nel cuore nei più vari processi, insorgenti con perdita dell'endotelio nell'endocardio (endocardite, alterazioni aterosclerotiche delle valvole, al di sopra di infarti, in aneurismi cardiaci, sui punti di rottura nelle lacerazioni dei muscoli papillari, in seguito a lesioni traumatiche [non regolari], lacerazioni valvolari, ecc.). Gli emboli che non di rado se ne distaccano costituiscono il pericolo principale.
Fig. 86. T r o m b o p a r i e t a l e del c u o r e . S t r u t t u r a z i g r i n a t a f o r m a t a d a p i a s t r i n e in nero, leucociti e s c a r s a fibrina.
Ma vi è anche uno speciale tipo di trombi parietali (chiamati anche polipi cardiaci), che si distinguono da quelli sopra accennati per la loro forma spesso molto regolarmente globosa o poliposa. Essi si trovano nei ventricoli tra le trabecole, in genere verso la punta del cuore, più spesso nel ventricolo destro (ipertrofico e specialmente dilatato) che nel sinistro, come pure nelle orecchiette e soprattutto nelle auricole dilatate. Essi iniziano come trombi bianchi (piastrine, leucociti, poca té —
Kaufmann I
fibrina)
242
ORGANI DELLA
CIRCOLAZIONE
nel recesso tra le trabecole e si innalzano a strati, mentre vengono a depositarsi sempre nuove quantità di sangue (disposizione zigrinata) (fig. 86). Verso l'alto essi si arrotondano (specialmente nel ventricolo) in generale ad emisfero, hanno superfìcie per lo più liscia, talvolta sono anche zigrinati a rete mediante un delicato sistema a listerelle (specialmente nelle orecchiette e nelle auricole) e sporgono a bottone (Boutons du coeur) nella cavità cardiaca; essi raggiungono il volume di una noce (fig. 87). Nelle auricole trombi autoctoni formatisi tra i muscoli pettinati ora sporgono nelle orecchiette a forma di polipi, ora riemFig. 87. Trombi parietali a palla e a sfera piono completamente l'auricola (fig. 88). tra le trabecole del cuore destro Raramente l'orecchietta può essere perfino molto dilatato. A destra un cosi detto follicolo piogeno (trombo ramstipata di masse di trombi, cosi che ci si mollito al centro), il cui contenuto è meraviglia come in genere il sangue potesse fuoriuscito. Grand, nat. (Disegno di E. K A U F M A N N ) . ancora scorrere dalle vene del corpo o dei polmoni (cfr. fig. 89 di un caso di vizio mitralico). Essi sono stratificati o uniformemente misti, a superficie ondulata o liscia. I trombi a forma di bottone (nei ventricoli) possono a causa di processi autolitici disfarsi nell'interno e rammollire ed allora contengono una sostanza cremosa giallognola o biancastra o color cioccolato; essi possono
Fig. 88. Trombo zigrinato nell'orecchietta sinistra. Donna di 34 a. con stenosi mitralica. 3/4 grandezza nat. (Disegno di E. K A U F M A N N ) .
CUORE
243
aprirsi o lacerarsi, svuotarsi e lasciare delle c a v i t à follicolari. Possono seguire embolie. In passato questi trombi rammolliti v e n i v a n o chiamati follicoli di pus, per l'aspetto purisimile della poltiglia (puriformi) (« detrito granuloso con cellule granulo-adipose », VIRCHOW). Se avviene l'organizzazione (molto raramente, m a più spesso nell'orecchietta sinistra), i trombi diventano in parte duri e bianchi, come fibromi, ed in certe circostanze non si possono distinguere neanche microscopicamente dai tumori (cfr. tumori cardiaci, specialmente mixomi). L'endocardiofibrosi parietale può determinare l'organizzazione di trombi parietali piatti.
Fig. 89. Trombosi quasi completa dell'orecchietta sinistra in stenosi mitralica. Uomo di 50 a. (N. aut. 283/1951).
Come cause di origine per questi trombi sono da prendere in considerazione: a) dilatazione e stasi, come sono quelle condizionate dai vizi cardiaci; b) alterazioni del miocardio di natura a c u t a o cronica, che impediscono un energico s v u o t a m e n t o sistolico, per cui si determina rallentamento della corrente negli strati marginale e parietale della circolazione sanguigna e formazione di vortici nei recessi profondi, che non possono evacuare
244
ORGANI
DELLA
CIRCOLAZIONE
completamente il loro sangue (vedi RECKLINGHAUSEN). In tal modo la formazione di trombi nei ventricoli e specialmente nelle orecchiette e nelle auricole è spesso un sintomo di u n a insufficienza del miocardio; c) alterazioni proprie dell' endocardio spesso soltanto lievi (degenerazione grassa dell'endotelio). Ma le lesioni dell'endotelio sembra abbiano per la formazione appunto di questi trombi una importanza molto relativa t u t t ' a l più localizzata (vedi dettagli nel capitolo trombosi).
Fig. 90. Distacco di un trombo dall'auricola sinistra in stenosi mitralica. Formazione di un trombo a palla. Superficie ruvida, riconoscibile il punto d'inserzione. Donna di 58 a. (Aut. N. 122/1951).
In rari casi si rinviene per lo più nell'orecchietta sinistra (di raro nella destra), un trombo rotondo liberamente mobile, il cosiddetto trombo a palla (W. WOOD, v. RECKLINGHAUSEN). D i solito si t r o v a nella stenosi della mitrale. Il trombo a palla si f o r m a quando un trombo staccato dalla parete, specialmente dell'auricola sinistra, a causa di rotolamenti e giramenti nella corrente sanguigna si ingrossa e si arrotonda. Per il concetto
CUORE
2
45
di trombo a palla occorre pertanto la forma sferica e la posizione libera nell'orecchietta. Però poco dopo il distacco dall'auricola, forse in seguito ad una occlusione valvolare della mitrale, si riesce a trovare all'autopsia un punto ruvido sulla superficie, che può indicare ancora il luogo della primitiva inserzione sulla parete cardiaca. (Esempi di tali trombi a palla senza occlusione della mitrale riferiti da KAUFMANN-ROSENBACH e P. STANGE, Bibl. vedi GOLJAJEW). Nel caso riportato (fìg. 90) si trattava di una paziente, curata da molto tempo per un vizio cardiaco, venuta improvvisa-
Fig. 91. Trombo a palla nell'orecchietta sinistra in stenosi mitralica. Trombo sferico, levigato. Uomo di 62 a. (Aut. N. 282/1951).
mente all'exitus. Il trombo raffigurato giaceva libero nell'orecchietta sinistra, ma non era ancora levigato e liscio e vi si poteva ancora vedere un punto di inserzione. In questo caso evidentemente il distacco provocò direttamente l'occlusione della mitrale stenotica, portò all'arresto della circolazione e quindi alla morte improvvisa. Diverso è il vero trombo a palla, levigato (fig. 91), che si trova pure in una orecchietta sinistra dilatata da una vecchia stenosi mitralica (uomo di 62 anni, Aut. N. 282/51).
246
ORGANI DELLA
CIRCOLAZIONE
Distinzione tra coaguli cadaverici (coaguli ematici) e trombi / coaguli cadaverici sono: a) coaguli cruorosi', se il sangue si coagula rapidamente si forma il cruor (coagulo), una massa grumosa, leggera, morbida, uniformemente rosso scura, che aderisce solo leggermente alla parete cardiaca e che penetra poco tra le trabecole (un intreccio di filamenti di fibrina, le cui fibre si depositano attorno a centri di piastrine (centri di coagulazione) e contenente siero, globuli rossi e globuli bianchi; se il cruor si ritrae ne viene spremuto il siero). Il cruor diventa bruno nella metaemoglobinemia, rosso chiaro nell'avvelenamento da CO, come gelatina di lampone nella leucemia, b) coagulo lardaceo o coagulo fibrinoso; questi sono elastici e, a seconda della struttura degli ammassi di fibrina più molli, reticolari o più fitti, a fibre longitudinali e, a seconda del contenuto in siero, umidi, molli, gelatinosi o duri, molto elastici, alquanto più asciutti ed a seconda della quantità notevole o scarsa di piastrine e di leucociti tra i blocchi di fibrina, omogenei, bianco-giallastri o gialli (di un giallo intenso nell'ittero, verdastri nella leucemia, rossi per imbibizione nell'emolisi, bruni nella metaemoglobinemia); spesso si diramano, a volte tra le trabecole sono molto infiltrati (apparentemente aderenti), ma staccabili in toto. Il coagulo si forma più lentamente, i globuli rossi dapprima si depositano e formano il cruor, il plasma coagula in membrana lardacea. Spesso coesistono coaguli bianchi e rossi, affiancati e sovrapposti (nella posizione supina del cadavere la parte lardacea è in alto, cfr. MARCHAND) O variamente frammisti (coaguli variopinti). Velocità di sedimentazione e formazione di coaguli fibrinosi. I coaguli fibrinosi si formano nel sangue di cadavere (analogamente alla pellicola lardacea nel sangue di salasso, cfr. FAHRAEUS) perché gli eritrociti si depositano prima che il sangue coaguli. La velocità di eritrosedimentazione (VES), che si trova aumentata rispetto alla norma nella gravidanza ( F A H R A E U S , L I N Z E N M E I E R , TRAGL) e nella massima parte dei casi di infiammazione (febbrili), spesso nelle formazioni tumorali maligne (soltanto di alcuni millimetri l'ora) (« Y E S aumentata » equivale a diminuita stabilità di sospensione del sangue), è una conseguenza diretta dell'aumentata aggregazione spontanea degli eritrociti, che a sua volta è secondaria ad alterazioni del quadro sieroproteico. In tal modo molto spesso l'aumento della V E S in vita e la formazione di pellicola lardacea nel cadavere vanno di pari passo. Poiché anche la diminuzione del numero di eritrociti aumenta la V E S , negli stati anemici i coaguli fibrinosi sono in genere abbondantemente sviluppati (REICHE). Dopo lunga agonia il sangue cadaverico, specialmente anche nel cuore, è ricco di coaguli fibrinosi. Pochi coaguli, in prevalenza cruorosi, contiene il sangue con aumentata concentrazione di acido carbonico', sec. T E N D E L O O anche nella morte improvvisa; completamente liquido lo è in massima parte nella morte rapida asfittica e nella intossicazione da CO. Ma esistono anche eccezioni: casi di asfissia con coaguli sanguigni nel cuore e nei grossi vasi (HABERDA). Questi possono essere casi, in cui esisteva iperinosi, la quale colpisce le gravide (KAUFMANN). Ciò è importante nella pratica forense.
247
CUORE
I trombi sono in m a s s i m a p a r t e secchi, friabili, fragili, p o c o elastici (coaguli u m i d i , molli, elastici); sono rossi o grigio scuri o b i a n c h i o b r u n i o g i a l l o g n o l i , di c o m p o s i z i o n e spesso i r r e g o l a r m e n t e m i s t a , m o l t e v o l t e s t r a t i f i c a t i . (I coaguli sono di c o m p o s i z i o n e o m o g e n e a ) ; l a loro superfìcie, c h e è s t a t a a c o n t a t t o c o l s a n g u e f l u i d o ( t r o m b o d i separazione) è f i n e m e n t e r u v i d a o a g r o s s o l a n e nerv a t u r e o a listelli o a rete (quasi m a i liscia e lucida, c o m e la m a g g i o r p a r t e d e i coaguli); essi a d e r i s c o n o s a l d a m e n t e in t u t t o o in p a r t e s u l l a b a s e d i i m p i a n t o (i c o a g u l i n o n a d e r i s c o n o m a i , t u t t ' a l p i ù si a d d e n s a n o t r a le t r a b e c o l e e le corde). Altri particolari sulla diagnosi differenziale t r a trombi e coaguli cadaverici v. in ROST, RIBBERT,
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(Trombi
dell'A.
polmonare).
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SEZIONE
II
ARTERIE
Il nome deriva dall'antichissimo concetto, che le arterie trasportino aria (ano roti àéga TY/OCIV, contenere aria), perché dopo la morte sono senza sangue. Canali del sangue (BLUTADERN), invece, si chiamavano le vene, come si fa ancora oggi. All'opposto perciò « vasi pulsanti » si chiamano le arterie.
ANATOMIA DEI VASI SANGUIGNI (Capillari,
arterie, vene, fig. 92)
I capillari sono t u b i d i 0,007-0,01 m m . di d i a m e t r o . L a loro p a r e t e consiste i n t e r n a m e n t e s o l t a n t o di u n semplice s t r a t o d i cellule endoteliali trasparenti, l o n g i t u d i n a l m e n t e p i a t t e , che sono unite d a m o l t e linee s o t t i l i di s o s t a n z a cem e n t a n t e (dimostrabili con t r a t t a m e n t o di argento). Q u e s t e r a p p r e s e n t a n o delle listerelle di chiusura, che obliterano l a fessura intercellulare v e r s o il l u m e (BENNINGHOFF). S t o m i p r e f o r m a t i p r o b a b i l m e n t e n o n esistono nella p a r e t e capillare. Si p u ò p i u t t o s t o pensare che le a l t e r a z i o n i più g r a v i d e l l a p e r m e a b i l i t à d e l l a p a r e t e capillare sono c a u s a t e d a l l a v a r i a z i o n e dello s t a t o di aggregazione della s o s t a n z a intercellulare ( K . HUECK) . Sulle alterazioni d e l l a p e r m e a b i lità dei capillari v . spec. EPPINGER (cfr. i l a v o r i sulla « infiammazione sierosa » di EPPINGER
e R Ò S S L E e s u l collasso
di EWIG,
GÜNTHER, MEESSEN e d
altri).
O g n i cellula endoteliale h a u n n u c l e o ovale, m a forse esistono a n c h e l a m e l l e s e n z a nucleo. I l corpo cellulare a p p a r e in complesso omogeneo, m a in q u a l c h e capillare il m e t o d o di G o l g i p e r m e t t e d i rilevare u n a t r a m a (ZIMMERMANN). L a c a p a c i t à a l l ' i m m a g a z z i n a m e n t o è l i m i t a t a nelle c o m u n i cellule endoteliali. T r a le cellule e n d o t e l i a l i si t r o v a n o , sebbene s o l t a n t o in u n a p a r t e dei capillari (fegato, milza, m i d o l l o osseo, surreni), cellule m a r g i n a l i istiocitarie, che si d i s t i n g u o n o d a l l e c o m u n i cellule endoteliali p e r l a loro n o t e v o l e c a p a c i t à di i m m a g a z z i n a m e n t o , p e r a p p a r t e n e r e al s i s t e m a reticolo-endoteliale (p. es. le cellule s t e l l a t e d i K u p f f e r del f e g a t o ) . R e c e n t e m e n t e è s t a t o s o t t o p o s t o ad esperimenti s p e c i a l m e n t e l'endotelio dell'aorta c o n osservazioni in superficie per m e z z o del microscopio a c o n t r a s t o di fase, LINZBACH, SINAPIUS). D a tali osservazioni l ' e n d o t e l i o a p p a r e c o m e u n grande sincizio, i cui territori cellulari sono c o l l e g a t i m e d i a n t e anastomosi, m a n o n r a p p r e s e n t a n o u n o s t r a t o di rives t i m e n t o n o n i n t e r r o t t o d a fessure. LINZBACH li crede ricoperti di u n a l a m i n a
250
ORGANI D E L L A
CIRCOLAZIONE
j a l o p l a s m a t i c a , la cui esistenza è n e g a t a d a SINAPIUS. P e r s t u d i sulla
permea-
b i l i t à v . S T R Ò D E R e S T U R M , p e r le l a m i n e n u c l e a r i n e l l ' e n d o t e l i o d e l l e g r o s s e vene v . MANZ. Il t u b o endoteliale del capillare è circondato esternamente d a u n a
membrana
basale, c h e si p u ò m e t t e r e in e v i d e n z a c o n v a r i m e t o d i d i i m p r e g n a z i o n e a r g é n t i c a o s e c o n d o il m e t o d o d i M A L L O R Y O A Z A N e c h e è c o m p o s t o d i fibre a g r a t i c c i a t a intrecciate a spirale. Esso d e v e avere u n grado assai e l e v a t o di elasticità. L a t e r z a f o r m a c e l l u l a r e , c h e f a p a r t e d e l l a s t r u t t u r a d e i c a p i l l a r i , s o n o le così
Fig. 92. Ricostruzione schematica dei vasi sanguigni secondo KAUFMANN. A, Capillari; A 2 Aspetto della superficie dell'endotelio; B, Arteriola in sezione longitudinale, C, Arteria più grande in sezione trasversa, a, Avventizia; m, Media o muscolare; i, Intima. ABC; A più forte ingrandimento; D, Parete dell'aorta; a, Avventizia, con vv, vasa vasorum; m, Muscolare in cui decorrono due vasi obliquamente; i, Intima, limitata all'esterno verso la media dalla lamina limitante elastica, nell'interno rivestita da endotelio (ingrand, debole). E, Cosi dette cellule stellate dell'intima, lacune a stella con prolungamenti; nell'interno cellule, ingrand, circa 500; F, Capillare cerebrale in degenerazione grassa; gocciole di grasso colorate in scuro con acido osmico; G, Intima dell'aorta in degenerazione grassa vista dalla superficie forte ingrand.); H, Arteria calcificata; si vedono trasparire gli anelli calcarei della media; grandezza naturale.
ARTERIE
251
dette cellule avventiziati ( M A R C H A N D ) 0 periciti ( Z I M M E R M A N N ) , chiamate anche cellule di Rouget (per bibl. v. spec. B E N N I N G H O F F , T A N N E N B E R G e F I S C H E R WASELS). Esse abbracciano il tubo endoteliale dall'esterno, hanno forma e grandezza assai varie e mostrano passaggi verso le cellule muscolari delle arterie più piccole. Hanno la capacità all'immagazzinamento di sostanze coloranti acide e sono messe sotto molti aspetti in rapporto colla capacità di contrazione del capillare, benché manchino di miofibrille. Esse sono probabilmente poste nell'involucro di fibre reticolate ( P L E N K , L Ò S C H K E ) . H. e E. L O S C H K E le considerano anche come matrici della membrana basale, ma probabilmente esse hanno pure un ruolo importante nel ricambio. Che siano gli unici elementi capaci di contrazione capillare, non è ammissibile ( P F U H L , S A N D E R S con E B E R T e FLOREY). Esposizioni di dettaglio sulle osservazioni dei capillari in vivo v. spec. O . M Ü L L E R , K R O G H , T A N N E N B E R G e F I S C H E R - W A S E L S , K L I N G M Ü L L E R . Arteriole, precapillari, capillari, postcapillari e venule vengono comprese in una speciale unità funzionale denominata « circolazione terminale », le cui reazioni sotto l'effetto del sistema nervoso vascolare furono studiate da R I C K E R e dalla sua Scuola sul vivo (pancreas del coniglio). I risultati di questo esperimento hanno avuto una grande importanza; però l'Autore crede che, come R I C K E R ha espressamente ammonito, ai reperti osservati sull'organismo morto siano attribuite conclusioni più vaste di quello che possa conciliarsi con la teoria di RICKER. Trattandosi però di un argomento della patologia generale della circolazione, non possiamo entrare in particolari più precisi su questo punto. Soltanto
NORDMANN,
SIEGMUND,
DIETRICH
sostengono
vigorosamente
nei
loro lavori la teoria di R I C K E R , mentre T A N N E N B E R G e F I S C H E R - W A S E L S ne dissentono. L a critica alla « teoria graduale » di RICKER, sorta di recente in base ad accurate ricerche, porta bensì notevoli contributi al formarsi della stasi; però non riesce a diminuire l'importanza della « corrente terminale » e delle sue particolari reazioni ( S A A T H O F F e specialmente I L L I G ) . Nei vasi sanguigni maggiori l\< accessoria », cioè la parete vasale all'esterno del tubo endoteliale (SCHIEFFERDECKER), occupa uno spazio assai più esteso. Essa è formata da quattro componenti: muscolatura liscia, fibre o membrane elastiche, tessuto connettivo collageno ed uno stroma reticolare di fibre, che tutto avvolge e compenetra. Il tessuto connettivo è in gran parte imbevuto di una sostanza mucosimile ed è definito da A . S C H U L T Z come connettivo cromotropo. Queste masse « mucoidi » sono distribuite molto variamente negli strati della parete vasale. Nell'aorta si trovano in ogni parte della media, specialmente abbondanti nel terzo interno. L'intima ne è quasi priva, ma in condizioni patologiche può anche contenere sostanza cromotropa in abbondanza ( H O L L E la mette in rapporto alla neoformazione di fibre, ma a mala pena si può generalizzare questo fatto, in base ai reperti della media normale). Ad ogni modo va espressamente ricordato che la presenza di sostanza mucoide non rappresenta in se stessa stato morboso. Tutt'al più può essere avvalorato il suo aumento, così come in alcuni casi di distrofia della media dell'aorta, che si trova nelle lacerazioni spontanee. L'« accessoria » v a considerata come un tessuto mesenchimale spugnoso attraversato da lacune linfàtiche ed in cui le fibre collagene e reticolari, aggrovigliandosi tra di loro, costituiscono strie di ispessimento, per lo più a spirale
252
ORGANI
DELLA
CIRCOLAZIONE
che rendono possibile più facilmente una cedevolezza delle fibre collagene anelastiche nella dilatazione dei vasi. Sullo s v i l u p p o vascolare v . TH. KROMPECHER. Arterie. — Seguendo i capillari verso il cuore, compare già nei v a s i intermedi (i precapillari) attorno al t u b o endoteliale con la sua m e m b r a n a basale un'altra m e m b r a n a sottile, costituita d a tessuto c o n n e t t i v o cellulare ricco di fibre, la tunica esterna o avventizia. Q u e s t a a c c o m p a g n a il v a s o ed è unita in m o d o continuo al tessuto c o n n e t t i v o degli organi o di p a r t i del corpo così che non si p u ò n e t t a m e n t e delimitarla verso l'esterno. T r a la m e m b r a n a interna e l'esterna si insinua poi a partire dalle arteriole la Tunica media o muscolare. L e cellule muscolari sono disposte parallelamente l ' u n a accanto all'altra, ed hanno decorso essenzialmente circolare, di m o d o che i loro lunghi nuclei sono perpendicolari all'asse del vaso. L a s t r u t t u r a della media è nelle arterie (muscolari) piccole e medie in linea di massima o v u n q u e la medesima anche se il rapporto delle singole parti strutturali varia. T r a le fibre muscolari disposte ad anello si v e d e una fine i m p a l c a t u r a di fibre reticolari e collagene che a v v o l g e i muscoli e che è a t t r a v e r s a t a da fibrille elastiche. Mentre nelle arterie precapillari e nelle arteriole le cellule muscolari ricordano in parte ancora i periciti (cellule di Rouget) dei capillari e giacciono più isolate nel reticolo mesenchimale, la loro posizione nelle grandi arterie è c o m p a t t a . L e fibre elastiche nella media presentano in parte decorso radiale, in parte circolare. L a muscolatura serve allora a tenere questi elementi elastici in tensione. Ciò è più evidente nelle grandi arterie (elastiche) (aorta, a. polmonare, carotide, iliaca) dove le componenti elastiche della media d i v e n t a n o grosse membrane, il cui decorso è ordinato a spirale, per rendere possibile la tensione longitudinale e radiale (BENNINGHOFF). Così distinguiamo le arterie muscolari, la cui funzione principale consiste né\.V allargare e restringere il lume vasale, e le arterie elastiche, che garantiscono la funzione di camera d'aria della aorta e dei suoi rami principali e sono di grandissima i m p o r t a n z a per l'azione cardiaca. L e prime hanno specialmente il c o m p i t o della distribuzione del sangue, le altre quello di coadiuvare il motore mediante trasformazione di energia cinetica in energia potenziale. M a anche qui v i sono differenze tra i singoli distretti vascolari. Cosi la muscolatura nei rami dell'arteria polmonare è meno s v i l u p p a t a di quella del grande circolo. L e sue fibre hanno spesso un decorso obliquo e sono certamente responsabili degli strozzamenti e rigonfiamenti a pallone del t u b o vascolare che si osservano in sezioni longitudinali (BENNINGHOFF). A n c h e nelle arterie del cervello la muscolatura è in complesso meno sviluppata, in alcune altre arterie, p. es. in quelle dei muscoli papillari h a u n a evidente disposizione a spirale
(WOLFF).
Q u a n t o più grande è l'arteria, t a n t o più si sviluppa sotto la m e m b r a n e l l a endoteliale una Intima indipendente, la cui s t r u t t u r a p u ò essere m o l t o complicata nei v a s i più grandi. T r a endotelio ed elastica interna si insinua uno strato di tessuto connettivo, che consiste di una rete di fibrociti e contiene cellule istiocitarie. I n questo strato si svolgono, in t u t t e le condizioni morbose possibili, importantissime reazioni. A i fibrociti appartengono c e r t a m e n t e anche le cellule stellate, anastomizzantisi (LANGHANS), che però f u n z i o n a l m e n t e si distinguono dai soliti fibrociti per la loro c a p a c i t à di i m m a g a z z i n a m e n t o , specialmente per le sostanze grasse.
ARTERIE
253
Secondo J O R E S , V O I G T S , H A L L E N B E R G E R , A S C H O F F si riscontra fisiologicamente dalla nascita un progressivo ispessimento dell'intima, in modo che dalla lamina elastica interna fenestrata, di solito omogenea (elastica interna, v. più avanti) si staccano delle bande elastiche, tra le quali vi sono sottilissimi strati di tessuto connettivo con nuclei allungati. Nelle arterie più grandi, specialmante nella aorta (come pure nelle arterie coronarie), l'ispessimento è molto abbondante e gli strati situati immediatamente al di sopra dell'elastica interna si trasformano mediante accrescimento in uno strato longitudinale elastico-muscolare (THOMA, JORES), mentre il successivo strato interno (il cosiddetto strato iperplastico di JORES) si forma con bande di fibre elastiche; nella parte più interna al di sotto dell'endotelio si trova uno strato di tessuto connettivo. Questo processo di formazione della sostanza fondamentale elastica raggiunge il suo maximum e rimane poi (dal terzo fino al quarto e quinto decennio) stazionario. Nei punti meccanicamente impegnati in modo rilevante (punti di biforcazione, ecc.) l'ispessimento dell'intima è fin dal principio più grande (fenomeno di adattamento. Per dettagli sul cambiamento di struttura delle arterie nell'accrescimento v. T H O M A , A S C H O F F , O P P E N H E I M ) . L E W I N mostra differenze individuali nello sviluppo post-fetale dell'intima. Le arterie dei singoli distretti vascolari sono, anche riguardo all'intima, inegualmente costruite, evidentemente in concordanza con certi carichi funzionali ( K R O M P E C H E R ) . COSÌ le arterie coronarie hanno un'intima particolarmente spessa, che ricorda più quella della aorta e subisce anche processi di ingrossamento analoghi a questa. Le arterie della base cerebrale e specialmente le arterie polmonari hanno essenzialmente pareti più deboli. Certamente questa differenza riguarda più la media che l'intima. Verso la media l'intima è limitata da una cosiddetta membrana elastica, l'elastica interna. Questa comincia già nelle arteriole, dove sembra svilupparsi gradatamente da una fine pellicola reticolata e si riconosce chiaramente nelle arterie a struttura muscolare (SCELKUNOW), mentre nelle arterie elastiche rappresenta soltanto la più interna delle membrane elastiche, talvolta alquanto ispessita (lo « strato limitante elastico »). Quasi sempre si vede l'elastica interna quando l'intima, che nella contrazione della muscolare forma pieghe in senso longitudinale, appare alla sezione trasversa delle arterie a forma di colletto increspato; essa ha un doppio contorno, fortemente rifrangente e segna nettamente il limite tra l'intima e la media. Molto meno nettamente è limitata la media verso l'avventizia mediante l'elastica esterna. Da un'elastica all'altra corrono nelle arterie e vene medie, fibre radiali, disseminate nella media (DÜRCK), di modo che tutti gli elementi elastici costituiscono una unità completa (più abbondanti sono secondo B A R A C H nelle arterie di tipo muscolare). Come strutture funzionali della aorta (spec. della parete posteriore) E R N S T indica come frequenti all'osservazione linee ondulate e sporgenti nell'intima a mo' di listelli, orizzontali, bianche, tendinee, che si intersecano frequentemente ad angolo acuto e rappresentano ispessimenti di tessuto elastico. Sul loro significato cfr. anche R I B B E R T . Le Vene si distinguono dalle arterie per il minore sviluppo della muscolare. Sotto l'endotelio delle vene più grandi .segue ad uno strato di tessuto connettivo sottoendoteliale poco sviluppato, che può contenere rare fibre elastiche, uno
2
54
ORGANI
DELLA
CIRCOLAZIONE
strato interno di fibre elastiche; le fibre elastiche sono però abbondanti in t u t t a la parete ed hanno disposizione circolare molto uniforme e ricoprono insieme al connettivo le fibre muscolari circolari più sottili, spesso interrotte e raggruppate a fasci, disposte a spirale (KÜGELGEN). La s t r u t t u r a delle vene è assai varia (NAITO). Alcune vene, p. es. quelle delle gambe (spec. la v. poplítea), hanno una media abbastanza grossa; ad altre, p. es. quelle della Pia e della Dura, manca quasi completamente la muscolatura. Una considerevole tunica muscolare longitudinale hanno la vena porta e la vena renale (all'esterno della muscularis circularis). I n modo particolarmente spiccato è sviluppata la muscolatura longitudinale nelle vene centrali della capsula surrenale. Nell'avventizia di alcune vene piccole e medie si trovano in quantità notevole fibre muscolari, in massima parte disposte longitudinalmente. Sull'aumento della muscolatura longitudinale nella vecchiaia v. M A N Z . La nutrizione della parete dei vasi più grossi avviene in primo luogo per mezzo dei Vasa Vasorum, che dalla avventizia si inoltrano con direzione obliqua fino alla media. Questi vasi a propria parete si riscontrano fino ad un calibro di i mm. Il terzo interno della media e l'intima normalmente sono senza vasi. Il loro nutrimento avviene quindi da parte del lume. Però le zone di rifornimento non hanno naturalmente limiti netti tra loro. L a maniera di nutrizione (dell'intima e della parte interna della media) richiede una corrente di liquidi nelle lacune dei tessuti, che negli strati esterni passa nelle Venulae vasorum. Per dettagliata descrizione sul ricambio nelle pareti vasali v. SCHÒNHOLZER.
Sulla s t r u t t u r a dei vasi linfatici v. questi. Sulla Innervazione del vasi siamo edotti specialmente dalle ricerche di L . R. M Ü L L E R e G L A S E R , come pure di P H . S T Ò H R J U N . Nella rete nervosa periavventiziale entrano t a n t o fibre provenienti dal simpatico come dal vago, m a anche da altri nervi del cervello e del midollo spinale. Non t u t t e servono alla regolazione dei vasi, ma sono unite con le fibre dei nervi degli organi in una rete, nella quale non è possibile distinguere i veri nervi vasali da quelli concomitanti. Dai plessi avventiziali si sviluppa u n fine sistema reticolare, che penetra nella muscolatura e vi forma il reticolo terminale descritto da S T Ò H R , che con finissimi prolungamenti arriva fino all'intima ed al suo endotelio, ed è disseminato di nuclei, che devono attribuirsi al sistema nervoso (cellule interstiziali o intercalari, S T Ò H R , R E I S E R , B O E K E , F E Y R T E R ) . Recentemente F E Y R T E R parla di un « tessuto neurale» proprio dei vasi (angioneurio), che però in condizioni normali sicuramente non si lascia dimostrare, ma che fornisce il substrato per processi di proliferazione di n a t u r a neurofibromatosa. Apparati nervosi terminali di fibre afferenti si possono riscontrare sotto forma di corpuscoli di VaterPacini o di clave terminali di Krause nella avventizia delle arterie più grandi. In q u a n t i t à molto abbondante si trovano apparati terminali sensitivi nel Sinus caroticus e nel t r a t t o iniziale della aorta; essi appartengono in p a r t e al « nervo del seno» (HERING), un ramo del n. glossofaringeo, in parte (aorta) ad un ramo del vago (n. depressor). Per dettagliate descrizioni sull'apparato nervoso nel sinus caroticus v. S U N D E R - P L A S S M A N N . I n relazione a questi campi di ricezione stanno il paraganglio carotideo ed il ganglio aortico sopracardiale, con i quali si intrecciano di nuovo rami del simpatico e del vago. Anche le vene
ARTERIE
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hanno di questi organi terminali sensitivi, specialmente nei punti di sbocco delle vene cave e delle vene polmonari nel cuore. Il rifornimento in nervi dei capillari è così intimamente connesso a quello degli organi da essi irrorati, che non è possibile distinguere dai nervi capillari veri e propri (proposti da S T Ö H R ) . Maggiore attenzione incontrano di recente le anastomosi arterovenose e i meccanismi di chiusura nei vasi sanguigni, che sono evidentemente di particolare importanza per la circolazione. Da molto tempo sono conosciuti i « bottoni arteriosi» nella tiroide ( H Ö R N E , M. B . S C H M I D T ) , le anastomosi arterovenose nella cute dei polpastrelli delle dita, del naso e dell'orecchio. Ricerche più estese hanno sempre più determinato in nuovi punti del corpo dispositivi analoghi. ( G R O S S E R , V . S C H U M A C H E R , W A T Z K A , H A V L I T Z E K , S P A N N E R , V . HAYEK,
CLARA,
V.
MÖLLENDORFF,
MARK,
V.
VOLKMANN,
MERKEL,
PATZELT
K u x , R O T T E R , B U C H E R , V O S S e H E R S C H E L , ecc.), in modo che non esiste forse nessun organo, in cui manchino. (Sugli speciali dispositivi nei reni v. ivi). Si distinguono 4 gruppi di questi vasi speciali: 1) Arterie di chiusura e arterie a cuscinetti con sfinteri, cuscinetti e bottoni di muscolatura liscia a decorso longitudinale, situati verso l'interno dell'elastica interna e nell'avventizia. 2) Anastomosi arteriovenöse con « cellule rigonfiabili » epitelioidi (SCHUMACHER, HAVL I C Z E K ) nel peduncolo arterioso. 3) Formazioni a gomitolo delle piccole arterie con cellule muscolari epitelioidi. 4) Arterie con cellule epitelioidi senza formazioni a gomitolo ( M A R K ) . Vi appartengono ancora 5) anastomosi a struttura organica specifica (p. es. nel giorno coccigeo e carotico). È comune alle anastomosi artero-venose, che siano sempre preposte alla circolazione capillare, che le arterie che vi convergono abbiano specialmente pareti spesse e siano capaci di chiusura e presentino contrazioni ritmiche autonome indipendenti dalla pulsazione arteriosa ( C L A R A ) . Una elastica interna manca alla parte arteriosa delle anastomosi. Tutti gli A A . sono d'accordo che qui si tratti di importanti regolatori locali della circolazione. L a chiusura dei rami afferenti avviene mediante contrazione degli orletti muscolari (specialmente della muscolatura longitudinale) e mediante rigonfiamento delle cellule muscolari epitelioidi. Inoltre molti credono che queste cellule abbiano una capacità secretoria (forse acetilcolina). Particolare attenzione hanno le zone di rigonfiamento nei vasi afferenti dei reni [cuscinetti polari ( Z I M M E R M A N N ) , B E C H E R e F E Y R T E R ] , See. S P A N N E R vi sono anche nelle zone dei Sinus renales e della capsula renale corti circuiti dei vasi. Di grande importanza appaiono questi regolatori della circolazione negli organi, nei quali vasi con condizioni di pressione sanguigna molto differenti stanno in comunicazione (p. es. le Art. bronchiali con le diramazioni dell'A. polmonare e l'Art, epatica con le diramazioni del sistema della V . porta, H A Y E K , M E R K E L , C O R O N I N I ) . Sull'innervazione più fine di parti determinate del sistema artero-venoso v. H E T T . Apparecchi di chiusura analoghi come in certe arterie sono noti anche nelle vene sotto forma di anelli muscolari o fasci muscolari longitudinali nell'intima (p. es. nelle vene epatiche, P O P P E R ) . Che vie brevi di chiusura possano collegare anche parti di circolazione perfettamente isolate, lo dimostrano le connessioni tra aorta e vena porta e tra quest'ultima e la vena cava inferiore ( S P A N N E R ) .
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ORGANI
DELLA
CIRCOLAZIONE
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A. I DISTURBI DEL RICAMBIO DELLE ARTERIE (ARTERIOSI) Sotto questo concetto riuniamo tutte quelle alterazioni della parete delle arterie, i cui sintomi essenziali consistono nel fatto, che la composizione chimica e lo stato fisico della parete vasale o di determinate parti di essa sono alterati. Normalmente si riconoscono per il fatto, che all'esame istochimico mediante l'aiuto di reazioni tintoriali appaiono sostanze, che di solito non si vedono nei tessuti o di cui la proporzione quantitativa è cambiata. I metodi morfologici usati hanno lo svantaggio di essere molto inferiori per precisione all'analisi chimica quantitativa e di comprendere in genere soltanto quelle sostanze che si lasciano mettere in evidenza con gli stessi mediante una reazione di colorazione (per es. degli idrati di carbonio principalmente il glicogeno). Essi hanno il vantaggio di poter determinare esattamente il luogo dei depositi. Alterazioni delle condizioni tìsiche possono invece essere reperite anche soltanto dall'intensità della reazione tintoriale e dalle proporzioni quantitative tra sostanze solide, fibrose e sostanze liquide o colloidi. 17 —
KAUFMANN I
ORGANI
DELLA
CIRCOLAZIONE
Considerando le distrofie della parete arteriosa (lo stesso vale per le pareti delle vene e dei capillari) si deve partire da due presupposti: a) dalla struttura della parete e b) dalla natura della sua alimentazione. a) La parete dei vasi come parte del mesenchima, per quanto la struttura possa essere differente anche nelle sue singole parti, consiste fondamentalmente di 2 componenti, le cellule (fra le quali vanno annoverate anche le fibre della muscolatura liscia) e la sostanza intercellulare. Questa ultima forma il substrato, nel quale vengono trasportate le sostanze nutritive che giungono alle cellule. In essa dobbiamo distinguere diverse parti ( H U E C K ) : le fibre e membrane formate, che nella loro condizione rappresentano l'elemento più durevole e costante (fibre reticolate, fibre collagene e fibre elastiche e membrane), la sostanza fondamentale colloidale o sostanza cementante ed il liquido dei tessuti. Sostanza fondamentale e liquido dei tessuti servono al movimento ed al ricambio delle sostanze e sono i vettori delle reazioni fisico-chimiche, legate alla superficie, e delle reazioni puramente chimiche. Certo non si distinguono nettamente l'una dall'altra né chimicamente né fisicamente, ma possono passare l'una nell'altra. Anche le fibre reticolari sono probabilmente formazioni poco stabili, ma si possono dissolvere molto rapidamente sotto l'azione imbibente del tessuto con liquido, e viceversa riformarsi di nuovo molto rapidamente, come l'A. potè osservare specialmente nella mucosa dell'utero. b) L'alimentazione della parete dei vasi si effettua da due parti, dal lume e dai vasa vasorum. Componenti del liquido ematico passano attraverso lo strato delle cellule endoteliali, dotate di funzione di barriera, entrano nel sistema delle lacune linfatiche dell'intima, sono raccolti dalla sostanza fondamentale e dal liquido dei tessuti e da questi trasmessi alle cellule. Questi componenti penetrano anche nella membrana elastica interna, in cui il loro movimento probabilmente si rallenta, ed entrano negli strati interni della media. Negli strati esterni della media devono congiungersi col sistema capillare, formato dai vasa vasorum. Così dunque una lenta corrente linfatica va dall'endotelio agli strati esterni della parete vasale e rende gli interni un tessuto braditrofico, la cai imbibizione deve dipendere dai più svariati fattori: dalla pressione del sangue gravante sulla membrana interna, dalla permeabilità dell'endotelio, dalla larghezza delle lacune linfatiche, dallo stato fisico e chimico delle sostanze liquide o colloidi che la riempiono, con le loro forze di affinità chimica e di adsorbimento di superficie, dalla permeabilità della parete dei capillari efferenti, dalla loro ampiezza e dall'intensità della circolazione del sangue in essi. Questa circolazione linfatica è pertanto aperta e perciò molto meno regolata, risentendo molto più che la rete capillare chiusa dei disturbi degli strati esterni delle pareti vasali. Quindi non deve meravigliare che per l'appunto gli strati interni delle pareti vasali presentino così facilmente disturbi del loro ricambio, che si
259
ARTERIE
rendono manifesti con depositi di varia natura. Si distinguono opportunamente agli effetti di una suddivisione i disturbi semplici con deposito di una sola sostanza da quelli combinati con depositi di sostanze di natura diversa; i reversibili dagli irreversibili; gli stazionari dagli evolutivi; quelli che per la struttura della parete vasale sono senza importanza ed altri che portano a gravi processi di trasformazione. Inoltre si dimostra che la massima parte delle evenienze da trattare qui sono di natura combinata. Solo per ragioni di chiarezza vengono anzitutto rappresentate singolarmente.
1. D I S T U R B I S E M P L I C I D E L
RICAMBIO
a) DISTURBI DEL RICAMBIO DEI GRASSI (DEGENERAZIONI GRASSE DELLA PARETE ARTERIOSA,
LIPOIDOSI)
Questi colpiscono a) l'intima. Appaiono macroscopicamente come macchie e strisce bianco-giallastre, non o soltanto poco sporgenti, che spesso sono disposte nel senso della lunghezza (specialmente tra le arterie intercostali sulla parete posteriore della aorta) e qualche volta anche a forma di rete. L'intima può essere normalmente liscia, sottile. Microscopicamente si vedono, specialmente su preparati di superficie, nella zona delle macchiette disposte a rete, fini gocciole di grasso nelle lacune linfatiche t r a le fibrille dell'intima e nelle cellule fusiformi e stellate dell'intima. Sede di questi depositi di grasso sono di preferenza gli strati interni dell'intima. Una proliferazione connettivale vi può completamente mancare. Nei primissimi stadi si vede alla colorazione con sudan I I I o rosso scarlatto, soltanto una diffusa tonalità giallo-rossastra dell'intima, senza che si possano già delimitare gocciole distinte. Ma in seguito la formazione di gocce si effettua assai rapidamente (fig. 93). Questo deposito è straordinariamente frequente e non di rado esiste già nella prima infanzia, perfino in lattanti ( Z i n s e r l i n g ) . Esso può essere la sola alterazione dell'intima, specialmente nell'aorta, nelle carotidi, nelle coronarie (gli stessi depositi di grasso formano le cosiddette macchie bianche della mitrale). Spesso si accompagna ad un certo rilassamento della compagine dell'intima, dove le lacune linfatiche appaiono dilatate e ripiene di liquido (fig. 94). In altri casi esso è un sintomo parziale di un disturbo molto più grave. Così vediamo nell'arteriosclerosi (v. più avanti) vicino agli ispessimenti piatti e rilevati dell'intima, con le sue formazioni di focolai ateromasici, normalmente anche finissime degenerazioni grasse degli strati superficiali dell'intima. In questi casi si può a ragione interpretare la degenerazione
2ÖO
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grassa dell'intima come sintomo parziale dell'aterosclerosi; con ciò non è affatto detto che ogni deposito adiposo nell'intima sia già da considerare come aterosclerosi incipiente (cfr. J O R E S , M A R C H A N D , L U B A R S C H , S A L T Y K O W , R I B B E R T , H U E C K , K A U F M A N N ) . L O dimostra nel modo più univoco l'osservazione sul lattante, nel quale dobbiamo mettere in rapporto la loro comparsa con il contenuto lipoideo dell'alimentazione. E come in essi il processo è reversibile, le sostanze grasse scompaiono di nuovo dall'intima, così ciò può avvenire anche nel caso di età avanzata.
Fig. 93Deposito digrasso, in parte diffuso, in parte a gocce nell'intima, elastica interna e tratto superficiale della media dell'aorta in ragazzo di anni 15 1/2, morto per lesione da corrente ad alta tensione. (Aut. N. 295/1951.) Rosso scarlatto.
Che le sostanze grasse derivino dal sangue, è oggi universalmente noto (cfr. A N I T S C H K O W , H U E C K , A S C H O F F ed altri). Chimicamente si tratta di mescolanze lipoidee, tra le quali ha una particolare importanza la colesterina. I processi, che si svolgono con valori aumentati di colesterina nel sangue portano di solito a depositi anche maggiori nelle pareti vasali. Ciò risulta nel modo più univoco dagli esperimenti con alimentazione di colesterina negli erbivori (cfr. con l'aterosclerosi sperimentale). Sembra quindi che l'aumento del contenuto lipoideo nella corrente linfatica che attraversa l'intima sia uno dei fattori che porti a riscontrare microscopicamente i depositi. Ma è nuovamente ingiustificata la conclusione, che ogni deposito lipoideo stia ad indicare aumento di contenuto lipoideo nel siero. I lipoidi contenuti normalmente nella corrente linfatica dell'intima frammisti con albumina sotto forma di fini particelle submicroscopiche (BÜCH-
ARTERIE
2ÓI
NER) possono rendersi visibili per il fatto che confluiscono in gocce più grosse, forse, perché nella sostanza vettrice avviene una trasformazione del suo stato fisico: lipofanerosi. Ed infine alterazioni della pressione sanguigna, del tono delle pareti vasali, disturbi nel deflusso della corrente linfatica, e forse anche quelli dell'ossigenazione della parete vasale possono portare alla formazione di precipitati di colesterina e di altri lipoidi nella sostanza fondamentale, che in seguito vengono assunti dalle cellule intimali.
Fig- 94Degenerazione grassa dell'intima dell'aorta a gocce e a granuli con rilassamento (imbibizione di liquido) del tessuto. Estensione della degenerazione grassa alla media. Stesso caso della fig. 93. Rosso scarlatto.
Così si spiega la frequenza dei depositi lipoidei nelle condizioni fisiche e chimiche più varie, la loro stretta connessione con disturbi nella ripartizione dell'albumina, la loro combinazione con calcificazioni (vedi più avanti). E dubbio se anche le infezioni vi abbiano importanza (FABER, MÒNCKEBERG,
ZINSERLING,
RIBBERT).
In seguito ad eliminazione di endoteli in degenerazione grassa e nella loro sostanza intercellulare di lamelle superficiali in degenerazione grassa e rammollite possono formarsi nell'intima perdite poco profonde di sostanza (usura grassa, VIRCHOW); SU queste si possono depositare eventuali trombi. Così KAUFMANN riferisce il caso di una giovane donna nella quale si era formato un trombo sopra una usura grassa dell'aorta ascendente, da cui ebbe origine una embolia mortale. Oltre a questi depositi di grasso superficiali dell'intima una sede particolarmente favorita è l'elastica interna (strato limitante elastico del-
2 62
ORGANI
DELLA
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l'aorta), rispettivamente lo strato dell'intima più profondo immediatamente vicino a quella e non di rado anche gli strati più interni della media confinanti con l'elastica (cfr. figg. 93 e 94). Qui si trovano i lipoidi, in gran parte sotto forma di goccioline finemente ripartite, e spesso sono riconosciuti soltanto per una colorazione rossa diffusa (con rosso scarlatto o Sudan III). Dei depositi più grossi che si hanno nell'arteriosclerosi, non si tratterà per ora in questo punto. Sulla jalinosi con degenerazione grassa delle arteriole vedi nei disturbi del ricambio dell'albumina. b) La media. Nelle arterie più piccole, specialmente quelle cerebrali e renali, anche la media può subire nello stesso tempo una grave degenerazione grassa. Le cellule muscolari sono allora infiltrate da goccioline di grasso e distrutte. A causa di lacerazioni vasali si possono formare emorragie. Anche nella media dell'aorta non sono rari i depositi di grasso. Essi sono un sintomo concomitante dell'aterosclerosi, ma compaiono anche senza di questa, benché più raramente delle degenerazioni dell'intima. Negli strati più interni subintimali della media anzi sono assai frequenti (cfr. più sopra). Secondo F A B E R vi hanno importanza le infezioni, secondo K L O T Z l'aumento di pressione nei vasi.
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b) DISTURBI DEL RICAMBIO DELLE PROTEINE (PROTEINOSI) A l contrario dei disturbi del ricambio dei grassi quelli delle albumine sono stati per la prima volta presi in maggiore considerazione in questi ultimi tempi, sebbene la ialinosi sia nota da altrettanto tempo come la lipoidosi. Ma per l'appunto le alterazioni precoci, specialmente dopo le
ARI li un;
263
ricerche di R O S S L E , B K L D I . HOI.LI-, W . W . M E Y E R , S I N A P I U S , oggi vengono studiate di più e la lo:o importanza nell'insorgenza di alterazioni aterosclerotiche viene valutata qualche volta perfino, a quanto sembra, in modo eccessivo ed unilaterale. Esse sono più difficili da rilevare perché istologicamente le sostanze albuminoidi si lasciano evidenziare così poco chiaramente ed in verità si rendono manifeste soltanto per l'aumento della loro quantità e della densità fisica, e perché non si presentano mai da sole, ma sempre insieme ad altri disturbi per lo meno del bilancio idrico, spesso anche con quelli del ricambio delle sostanze lipoidi. Inoltre sono molto legate alla questione della loro valutazione come segni di processi
Fig- 95Edema dell'intima
dell'aorta a contenuto proteico con rilassamento a favo del tessuto Uomo di 49 anni (Aut. N. 326/1953, EM. Eos.).
infiammatori (BREDT), di modo che la loro classificazione nei singoli gruppi delle malattie delle arterie pone in difficoltà. Ma di questo tralasciamo per ora di trattare. a) L'edema dell'intima contenente albumine (HOLLE, W . W . MEYER,
SINAPIUS), si trova sotto forma di cuscinetti dell'intima trasparenti come vetro, nei quali la sostanza interstiziale è notevolmente aumentata, spesso a figura di favo e può contenere fibrina stravasata a forma di rete (W. W MEYER) (fig. 95). Nella zona dell'edema avviene in parte la dissoluzione e la frammentazione, in parte il rigonfiamento delle fibre con colorazione analoga alla fibrina [rigonfiamento fibrinoide). All'edema
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ORGANI DELLA CIRCOLAZIONE
sono spesso associate sostanze lipoidee, sotto forma di fini granulazioni, ma gli stadi iniziali possono essere privi di lipoidi. In seguito anche la degenerazione grassa delle cellule si fa più intensa e si mettono in evidenza figure di necrosi degli elementi cellulari. Nei primi stadi le alterazioni sono completamente reversibili, ma in seguito a rigonfiamenti più spiccati, ripetute infiltrazioni di albumine, distruzione cellulare, neoformazione di cellule e di fibre possono diventare cuscinetti permanenti, e con ciò rappresentare l'inizio di un processo aterosclerotico. L'edema dell'intima contenente albumine si forma per infiltrazione di plasma dal lume, plasmaforesi ematica (W. W. M E Y E R ) . Ancora non si può giudicare come questa insorge, se nella sua genesi giocano una parte disturbi della permeabilità dell'endotelio (disoria, S C H Ü R M A N N ) , alterazioni dello stato chimico-fisico dei componenti dell'intima o fattori meccanici. L ' A . sarebbe dell'opinione che tutti i fattori che facilitano la penetrazione di corpi albuminoidi nell'intima e ostacolano il loro trasporto attraverso la normale corrente dei liquidi interstiziali potrebbero agire nello stesso senso. jS) Tumefazione fibrinoide nell'intima e nella media. È stata già ricordata precedentemente, ma ha un'importanza molto maggiore in altre malattie delle arterie, specialmente in quelle a carattere infiammatorio. Ha preso il nome dal fatto che parti del connettivo in rigonfiamento assumono una colorazione che ricorda la fibrina (meno nella colorazione con il Weigert che in quella con Azan. Ambedue le colorazioni non sono specifiche per la fibrina, ma dipendono principalmente dalla densità del tessuto, cioè dal suo stato fisico-chimico, dal rigonfiamento e dal contenuto in proteine. Non si può dire in nessun caso che l'esito positivo sia prova di presenza di fibrina [ W . W . M E Y E R , B A H R M A N N ] , benché possa essere causato da questa). Il rigonfiamento fibrinoide si trova in tutte le possibili parti del mesenchima, così nelle pareti dei vasi, nella sinoviale delle articolazioni, nei tendini e nelle guaine tendinee, al limite del trofoblasto nella placenta, nel fondo dell'ulcera gastrica, nei più svariati processi reumatici. Si manifesta nelle pareti dei vasi specialmente nella nefrosclerosi maligna (fig. 96), nella periarterite nodosa, nella sindrome di Winiwarter-Bürger, nell'endoflebite epatica obliterante, in alcuni casi di tromboendoarterite polmonare, si trova anche però in vicinanza e nello stroma di tumori maligni (per es. nei gliomi), nei più diversi processi infiammatori nettamente localizzati, nella zona marginale degli infarti e sicuramente non rappresenta un processo unico (fig. 97). Qualche volta è l'esito di un processo di rigonfiamento ( B A H R M A N N ) , qualche volta di una vera imbibizione di fibrina (W. W. M E Y E R ) , qualche volta una necrosi dei tessuti con infiltrazione del tessuto morto da parte di sostanze plasmatiche proteiche. Se si ricorda qui il rigonfiamento fibrinoide delle pareti dei vasi con le alterazioni del ricambio proteico è perché le sostanze proteiche vi
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partecipano sempre, queste possono tanto essere infiltrate dall'esterno nel tessuto quanto giungere nello stroma in seguito a distruzione di tessuti contenenti sostanze proteiche e qui essere accumulate. In una parte dei casi di imbibizione fibrinoide si può ottenere, nelle zone rigonfiate, un'evidente dimostrazione di fibrille argentatimi (KLINGE). Questa indica un rilassamento della struttura fibrosa causato dall'imbibizione, ma non vale per tutte le forme della cosiddetta imbibizione fibrinoide. y) Addensamento jalino (Jalinosi). — A n c h e questa è un'alterazione del ricambio proteico, più di natura fisica che chimica, con il risultato di addensamento ed indurimento prodotto da coagulazione della sostanza fondamentale del connettivo e di ispessimento ed omogeneizzazione delle
Fig. 96. Rigonfiamento fibrinoide di una piccola arteria del pancreas (con reazione infiammatoria delle zone circostanti) nella nefrosclerosi maligna. Uomo di 47 anni (Aut. N. 502/1951, E m . Eos.).
fibre (HUECK). Si trova molto diffusa nel connettivo come deposizione di zucchero candito negli organi addominali (qui evidentemente come prodotto di un precipitato), come ispessimento delle membrane basali (dei canalicoli urinari, dei canalicoli spermatici, dei dotti galattofori), nello stroma dei tumori (specialmente fibromiomi dell'utero e adenomi della tiroide, m a anche in carcinomi della mammella, dello stomaco), negli stati cicatriziali di processi infiammatori cronici di natura specifica e non specifica, dunque in zone svariate, dove vi sono alterazioni della circolazione ematica e dei liquidi interstiziali. Si manifesta sempre con una diminuzione delle cellule dei tessuti, associata spesso a scomparsa quasi completa delle cellule e rappresenta così una fase della necrobiosi del tessuto. L a sostanza proteica che si è depositata in questo caso non
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ORGANI
DELLA
CIRCOLAZIONE
ha composizione chimica unica. Tante volte vi sono associate anche altre sostanze, che accennano a complesse alterazioni del ricambio, così soprattutto lipoidi e calcio. La jalinosi si trova nei vasi, specialmente nell'intima dell'aorta e delle altre grandi arterie (specialmente anche delle arterie coronarie) e nelle vene e si sviluppa molto facilmente dalle alterazioni, che sono state già descritte sotto a) e b). Si ha spesso l'impressione che, se permane a lungo, l'edema ricco di proteidi passi nella fase di addensamento jalino. Nel quadro dell'aterosclerosi localizzata la jalinosi ha notevole importanza e rappresenta, con la moltiplicazione delle fibrille, il substrato anatomico della « sclerosi ». L a jalinosi si presenta inoltre come un processo comple-
Fig. 97. Degenerazione fibrinoide delle arterie in un sarcoma.
tamente autonomo, indipendente da altre aterosclerosi nelle arteriole degli organi, più spesso, e già in età giovanile, nella milza (cfr. soprattutto HERXHEIMER, NAKONTSCHNY, HESSE), p i ù tardi, s p e c i a l m e n t e
nell'iper-
tonia generalizzata, nei reni (fig. 98) e nel cervello dove, oltre alle necrosi delle pareti dei vasi (arteriolonecrosi), ha importanza nella formazione dell ' e m o r r a g i a c e r e b r a l e (cfr. SCHOLZ, N E U B U R G E R , B Ò H N E , W O L F F , STAEMMLER.
Vedi più precisamente sotto alterazioni circolatorie cerebrali). Infine si trova anche nelle arteriole con grave regressione dell'organo, per esempio nell'atrofia del testicolo da ectopia inguinale (STAEMMLER), in ovaie atrofiche accanto ad altre manifestazioni di regressione dei vasi. Questa jalinosi delle arteriole è spesso, ma non sempre, associata ad una forte lipoidosi.
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L a jalinosi è di regola una condizione irreversibile, che si sviluppa lentamente. Ma non è del tutto da escludere che appunto la jalinosi delle arteriole qualche volta possa manifestarsi in forma acuta. È incerto se talvolta possa regredire. Comincia sempre nell'intima, ma può nelle arteriole aggredire anche gli strati esterni delle pareti e così colpire tutta la parete vasale. ò) Amiloidosi. — E strettamente affine a y, ma meglio delimitabile chimicamente (ed anche istochimicamente) e molto meno diffusa. In questa si vedono più abbondanti depositi a zolle di sostanze proteiche tra le fibre,
Fig. 98. Jalinosi di un vaso afferente nel rene nell'«ipertonia essenziale» Uomo di 50 anni (Aut. N. 527/1951), v. GIESON.
per lo più nella media delle medie e piccole arterie e intorno ai capillari e alle fibre degli organi a struttura reticolare, sempre inclusa nella sostanza fondamentale e nell'intreccio delle fibre reticolate. Anche i capillari sono ristretti, i loro rapporti con le cellule dell'organo sono sconvolti, le fibre muscolari della media delle arterie sono, nella maggior parte, distrutte. L'amiloidosi delle arterie è comunemente manifestazione parziale dell'amiloidosi generale ed è particolarmente manifesta nel cosiddetto tipo di milza a prosciutto (TERBRUGGEN). I grandi vasi sanguigni sono per lo più indenni o risultano colpiti soltanto nei loro vasa vasorum. Possono essere maggiormente coinvolti nella cosiddetta « paramiloidosi » come l ' A .
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ha osservato in un caso nel quale, oltre al cuore, era colpita anzitutto l'arteria polmonare nel suo tronco e nei suoi rami medi. e) Infiltrazione mucoide. — È stato ricordato nelle note sulla struttura normale dei vasi che sostanze con reazione metacromatica alla colorazione con particolari coloranti (specialmente cresylvioletto, tionina, ecc.) formano un costituente normale della parete dei grossi vasi. Si trovano specialmente negli strati interni della media e negli esterni dell'intima. La loro presenza non è dunque patologica (cfr. anche CELLINA, HOLZINGER). Si tratta certamente di sostanze proteiche, che derivano in qualche modo dal plasma sanguigno, si mescolano alla sostanza fondamentale e
Fig. 99. « Elastosi » delle arteriole dell'ovaio in vicinanza di un corpus candicans.
assumono qui speciali proprietà fisiche (consistenza gelatinosa, particolare rigonfiabilità) e chimiche (reazione del muco). Aumentano rapidamente negli stati patologici dell'intima (ciò, secondo HOLLE, indica una tendenza alla neoformazione di fibre), spesso si trovano diminuite (per es. nell'edema proteico, SINAPIUS). E molto dubbio se vi sia un'alterazione del metabolismo, che consista in un aumento primario della sostanza cromotropa. La questione ha importanza nella cosiddetta rottura spontanea dell'aorta, nella quale alcune volte si trova nella media una cosiddetta degenerazione mucoide-cistica (GSELL, ERDHEIM) con scomparsa delle fibre elastiche. Si può supporre che in questi casi la scomparsa degli elementi elastici sia il fattore primario (vedi dettagli nel capitolo sulle rotture spontanee). £) Elastosi delle arterie. — È una forma particolare di alterazione del ricambio, che si trova regolarmente nelle arterie dell'utero e dell'ovaia
269
ARTERIE
(sclerosi della mestruazione, della gravidanza, dell'ovulazione) e soprattutto nelle ovaie in vicinanza dei follicoli atresici ed in particolar modo nei corpi albicanti già in età giovanile (fig. 99) (SZASZ-SCHWARZ, PANKOW, SOHMA, WOLTKE). Anche questa incomincia (come L'A. può confermare in base alle ricerche della TRUSE) con un'infiltrazione della parete vasale, a partire dal lume dei vasi che dopo la regressione del corpo luteo collabiscono e diventano molto tortuosi. Queste sostanze assumono poi una struttura a grani, a zolle, a fibre e danno reazioni coloranti, che ricordano la vera elastina, anche se sono di ben altra natura. Simili elastosi si trovano regolarmente nella cute dei vecchi, molto spesso nei dotti galattofori della mammella e la loro origine è ancora poco chiara.
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C) ALTERAZIONI DEL RICAMBIO MINERALE SPECIALMENTE DEL CALCIO (CALCINOSI) I sali di calcio sono depositati nelle fibre e, soprattutto nel tessuto interstiziale, sotto forma di granuli piccoli, lucenti o di zolle grossolane, più raramente di grandi placche. Secondo KLOTZ, il calcio non si trova mai in cellule viventi, ma la calcificazione è spesso preceduta da una steatosi. II calcio si colora con l'ematossilina in un bleu intenso. Questa colorazione è infatti spesso indice di una deposizione di calcio, ma è così poco specifica da non essere più che un indizio. La reazione istochimica più sicura è quella di
270
ORGANI
DELLA
CIRCOLAZIONE
Kossa (con la quale può essere specialmente, ma non esclusivamente dimostrato il fosfato di calcio [ R O U L E T ] ) . Le sezioni sono tenute alla luce in una soluzione all'1-1,5 % di AgNo 3 da 5 minuti a 2 ore. Poi in acqua distillata, colorazione dei nuclei: formazione di fosfato di argento nero. Per la prova chimica si usa la solubilità in acido cloridrico (con formazione di bolle di gas nel carbonato di calcio) e formazione di cristalli di gesso con aggiunta di acido solforico. Come anche in altre calcinosi patologiche si distinguono nei vasi calcinosi distrofiche e calcinosi metastatiche. L a calcinosi distrofica presuppone sempre una lesione dei tessuti. E spesso molto lieve e consiste solo in un disturbo della nutrizione di cui è stato detto a 1 e 2. Così le deposizioni di lipoidi tendono, già a intensità molto debole, a far precipitare i sali di calcio. Le jalinosi sono molto spesso associate a depositi di sali di calcio sotto forma di nubecole. Nell'intima delle arterie grandi e medie si trovano calcificazioni soprattutto in occasione di complesse alterazioni del ricambio, che denominiamo come aterosclerosi e delle quali si tratterà nel capitolo seguente. Esse compaiono qui già nelle lipoidosi leggere e specialmente vicino allo strato limitante elastico ed isolatamente talvolta nell'elastica interna, si trovano sotto forma di depositi a zolle grossolane o a placche nei focolai di disfacimento ateromatoso, m a anche nelle placche superficiali jaline sclerotiche, senza nuclei, così che l'intima dell'aorta appare trasformata in u n tubo di calcio rigido che si rompe facilmente all'asportazione del vaso. Il processo è particolarmente ben evidente molto spesso nelle art. coronarie (dove si possono associare la calcificazione dell'intima e quella della media) tanto che in questi casi esse non possono essere tagliate con le forbici. Ma anche la media non rimane indenne. RIBBERT, FABER, FARKAS e FASAL come HESSE, in ricerche sistematiche sulla media dell'aorta, trovarono, già dal 15 0 anno, piccolissimi depositi di calcio molto frequenti, senza che si potessero rilevare macroscopicamente o microscopicamente altre alterazioni strutturali più gravi. Nella patologia vasale ha particolare importanza la calcinosi della media delle arterie delle estremità (soprattutto degli arti inferiori), che MÒNCKEBERG divide fondamentalmente dall'aterosclerosi (cfr. in questo capitolo). Si formano depositi anulari che possono anche ossificare e che danno all'arteria femorale u n aspetto « a tipo di trachea d'oca » o la trasformano in un tubo di calcio rigido, tortuoso, fragile (figg. 1 0 0 , 1 0 1 , 1 0 2 ) . Queste calcificazioni cominciano di regola negli strati medi della media, hanno sede nella sostanza fondamentale, possono in un primo tempo risparmiare le fibre muscolari, mentre distruggono le fibre elastiche. Si sa molto poco sulla causa del processo. Il fatto che questo processo compaia specialmente negli uomini e che risparmi in molti casi l'arteria poplitea che è mobile nel cavo popliteo (OBERNDORFER) depone in favore della partecipazione di fattori meccanici. Anche qui i fat-
ARTERIE
271
tori principali sono alterazioni della circolazione dei liquidi interstiziali ed invecchiamento dei colloidi della sostanza fondamentale.
Calcificazione
Fig. 100. della media dell'arteria femorale (formazione anulare grossolana). Uomo di 77 anni (Em. Eos.)
Fig. 101. La stessa arteria come in fig. 100 in sezione longitudinale.
Quelle forme che si possono produrre sperimentalmente nell'aorta del coniglio con adrenalina e, con numerosi altri mezzi, che determinano una relativa acidosi, hanno una certa rassomiglianza con la calcinosi della media (cfr. J O S U É , F I S C H E R - W A S E L , V . B A L O ) . Esse appartengono infatti
272
ORGANI DELLA CIRCOLAZIONE
già al capitolo delle calcificazioni nelle alterazioni generali del ricambio, però si associano anche ad alterazioni locali dei tessuti (arterionecrosi, FISCHER-WASELS) e stanno così al confine tra le calcificazioni distrofiche e le metastasi calcaree. Le osservazioni, peraltro rare, di calcificazioni congenite vasali, processi di calcificazione talvolta largamente diffusi in estese zone vasali, come ha descritto per es. IFF in un caso di un prodotto prematuro all'8° mese, vissuto soltanto pochi minuti, dimostrano che ci sono calcificazioni dei vasi
Fig. 102. Calcificazione della media e in parte dell'elastica interna con sclerosi dell'intima di una arteria tibiale anteriore. Uomo di 74 anni. Gangrena della gamba.
senza precedenti alterazioni delle pareti. Il calcio si t r o v a v a nella media di arterie grandi e medie, ma anche altrove nel connettivo. Simili osservazioni, con raccolta della bibliografia, in BAGGENSTOSS e KEITH (in 10 bambini da 2 giorni fino a 2 anni e mezzo, 4 volte malattie renali), ANDERSEN (in neonato di madre trattata con vit. D), LINGMARK e MURRAY (fino al 1946 17 casi nella letteratura) e DONAT. Possono anche colpire singoli territori vasali, per es. l'aorta (cfr. fig. 103) o le arterie coronarie (BROWN e RICHTER). Qui si collegano i casi di osteodistrofia fibrosa con tumori od ipertrofia delle paratiroidi (ASSMANN, PETERSEN, alcune osservazioni dell'A.
ARTERIE
273
Fig. 103. Calcificazione
nella media dell'aorta di neonato con vizio cardiaco congenito.
Fig. 104. Metastasi calcarea nelle pareti arteriose e nelle membrane basali dei tubuli contorti del rene nel corso di grave osteodistrofia fibrosa con iperplasia adenomatosa di tutte le para tiroidi. Colorazione secondo KOSSA (cfr. fig. 45). Donna di 60 anni (Aut. N. 182/1948). 18
—
KAUFMANN
I
274
ORGANI
DELLA
CIRCOLAZIONE
Fig. 105. Calcificazione
delle arterie nel polmone nel rene grinzo. Donna di 27 anni (Aut. X. 290/1952).
(fig. 104)) che colpiscono però per lo più uomini di età media o anche avanz a t a , 1 ' iperdosaggio
di vitamina
D (SCHMIDTMANN, HERZENBERG, HUCKEL,
PUTSCHAR, GERLACH) con malattie renali (HESSE), ed altre alterazioni generali del ricambio, nelle quali si verifica una mobilizzazione di calcio dallo scheletro e si ha una calcemia generale (metastasi calcari, gotta calcica). Spesso un'acidosi generale (LINZBACH, numerosi dati della letteratura) ha importanza nella calcificazione - ~ . " ' ' generalizzata dei vasi. La fig. 105 tp - • i mostra una tale calcificazione va0 , v ^ sale nel polmone in un caso di rene /V f grinzo. Relativamente frequenti so>t)J ' K M noie calcificazioni di piccoli vasi nel J cervello, nelle quali non tutto ciò, j f J^ \ che ad una semplice colorazione dei ^jm^ffii l^ì nuclei, appare come calcio, è da \ S """^jf ' identificare come tale (« pseudoX. ' „ calcio»). Si vedono simili depositi N *ÌÉ soprattutto nei gangli della base * •' i «Bj ( P e r e s - nell'avvelenamento da CO) X I (HERZOG), nell'encefalite letargica (DUERCK e altri), nel corno di AmIQ6 Itnpregnazione ferrica in vaso polmonare nell'indurimento cronico da stasi. (Aut. N. 63/1953. Grave vizio cardiaco).
mone, come 1 A. ha da poco OSServato 0 nei territori di alterazioni .
..
, ,
.
1 •
/
localizzate del ricambio (per es. in
275
ARTERIE
vicinanza dei gliomi, nella malattia di S T U R G E - W E B E R ) . Le sostanze colloidi, che si depositano nelle guaine linfatiche dei piccoli vasi o nella loro avventizia, sembrano agire come captatrici del calcio (cfr. V O L L A N D ) . Ma le calcificazioni possono comparire anche completamente indipendenti senza che si possano stabilire le cause prossime (cfr. E . F R A E N K E L , T I M A E U S , W I E D E M A N N , W E I M A N N , S T A E M M L E R , A L T S C H U L ) . Vedi più dettagliatamente sotto cervello. Nell'indurimento cronico da stasi si vedono occasionalmente impregnazioni ferriche pure nei vasi polmonari (fig. 106).
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d) N E C R O S I D E L L A
PARETE
ARTERIOSA
Quando la nutrizione delle pareti arteriose è completamente interrotta interviene, come negli altri tessuti, la necrosi. Così avviene negli infarti anemici. In questi le pareti dei vasi subiscono le stesse alterazioni che si
276
ORGANI
DELLA
CIRCOLAZIONE
trovano nei tessuti circostanti. L a corrente
dei liquidi
interstiziali
n u t r e le t u n i c h e i n t e r n e è i n t e r r o t t a d a l l a sospensione d e l l a
che
circolazione
e m a t i c a , i v a s a v a s o r u m n o n s o n o p i ù n u t r i t i d a l s a n g u e : il v a s o m u o r e . I r e p e r t i sono simili in q u e l l e p a r t i di u n m a g g i o r t r o n c o
arterioso
che siano colpite i m p r o v v i s a m e n t e da un embolo. L ' A . ha p o t u t o osservare ciò in modo m o l t o evidente dopo occlusione embolica di un'art, femorale in un uomo di 40 a. N e l territorio dell'embolo fu t r o v a t a una necrosi c o m p l e t a dell'intima e del terzo interno della media. Il
Fig. 107. Necrosi del terzo medio della media dell'aorta nel distacco dell'avventizia per aneurisma dissecante. Uomo di 63 a. Aut. N. 275/1953.
terzo esterno era integro ed era nutrito dai v a s a v a s o r u m . Per q u a n t o l'organismo avesse sopperito con una circolazione di compenso dall'esterno mediante u n ' a t t i v a proliferazione dei vasi a v v e n t i z i a l i nella media, pure non a v e v a pot u t o impedire la necrosi delle parti interne. Inverse erano le condizioni nel territorio di un grande aneurisma dissecante dell 'aorta. Nelle parti nelle quali la corrente sanguigna invadente la parete v a s a l e a v e v a s t a c c a t o l ' a v v e n t i z i a dalla media, questa p r e s e n t a v a un quadro m o l t o singolare di v a s t a necrosi del suo t r a t t o medio, mentre il terzo rivolto verso l'intima e il terzo esterno erano provvisti di nuclei (fig. 107). E v i d e n t e m e n t e lo strato interno della m e d i a con-
ARTERIE
277
tinuava ad essere nutrito dall'intima, il terzo esterno riceveva nutrimento dalla circolazione collaterale, mentre la parte media, che non era interessata da nessuna di queste correnti nutritive, moriva. Questi sono pure esperimenti standard, che mostrano come si deve manifestare in un grande vaso l'interruzione acuta della circolazione. Se l'interruzione è di poca entità o si svolge più lentamente, rimane così il tempo per vari processi di compenso. Ciò si vede qualche volta nell'occlusione del dotto di Botallo. Quando si esamina questo in sezioni longitudinali e trasversali già alcuni giorni e settimane dopo la nascita, si vedono le immagini più diverse. Abitualmente sono conservate le parti più esterne della muscolatura, gli strati medi della parete vasale sono completamente
Fig.
108.
Intima del dotto di Botallo pochi giorni dopo la nascita. Notevole infiltrazione edematosa e rilassamento del tessuto (cfr. fig. 95 che dimostra l'alterazione precoce nell'aterosclerosi).
necrotici, spesso impregnati di sali di calcio e all'interno, dove rimane una piccola circolazione residuale dall'aorta, si vede u n rilassamento ed ispessimento dell'intima con quadri che ricordano i primi stadi dell'aterosclerosi e consistono in una specie di infiammazione sierosa, di infiltrazione con edema ricco di albumina, al quale possono essere frammisti anche lipoidi (fig. 108). Così lo sbocco aortico del dotto di Botallo è dapprima chiuso da una placca connettivale molto rigonfiata che in seguito jalinizza, calcifica ed è attraversata da fibre elastiche e forma il substrato per una « placca sclerotica » che si costituirà in seguito. Per quanto vari siano anche i quadri che si formano (sono stati descritti nella giovane età da SWENSSON, SZABO e HORVATH come pure da BLU-
278
ORGANI DELLA CIRCOLAZIONE
MENTHAL), è proprio decisiva per la loro realizzazione la mancanza di 0 2 , che porta da un lato a contrazioni della muscolatura, da un altro lato, in parte alla necrosi completa, in parte ad un ricambio da asfissia e, attraverso una più elevata permeabilità degli endoteli, ha per conseguenza imbibizione sierosa delle pareti vasali, che può manifestarsi in svariati processi metamorfici. Questi processi sono perciò specialmente importanti, perché essi mostrano, come nell'esperimento standard, quali conseguenze si possono avere nella parete vasale per mancanza di 0 2 . Simili, ma non completamente uguali, sono le condizioni nelle arterie ombelicali, sulle quali esistono le recenti più estese ricerche di SCHALLOCK e JANKOVICH. Il risultato finale è anche in queste di regola la formazione di un cordone fibro-jalino. Quindi il lume può mantenersi anche più a lungo (o in modo duraturo) e in esso svilupparsi contemporaneamente un nuovo tubo vasale. Lo sviluppo differenziale delle modificazioni della parete dipende in principal modo dal fatto se, dopo la legatura, per contrazione della muscolatura, il lume si chiude completamente e con ciò interrompe ogni nutrizione oppure se la circolazione rimane conservata fino al punto di legatura. Nel primo caso si vedono, come nel dotto di Botallo, vaste necrosi della parete, che possono associarsi ad infiltrazioni calcaree. Nel secondo caso si arriva soltanto ad una diminuzione della circolazione nutritiva nell'interno e quindi nella parete vasale, ad un trasudato di plasma ricco di albumina nell'intima e quindi alla formazione di proliferazioni connettivali, a jalinizzazione, a formazione di fibre elastiche od elastosiche e così ad una sclerosi diffusa o addirittura a quadri che ricordano una periarterite nodosa, anche se mancano i processi più grossolani infiltrativi ed essudativi. Nel processo primario di contrazione sembrano avere importanza meccanismi di occlusione similvalvolare nella parete interna dell'arteria ombelicale (JANKOVICH). Analoghe alterazioni della circolazione e quindi del nutrimento delle pareti vasali possono avere importanza nell'avvelenamento da adrenalina, nel congelamento (cfr. SIEGMUND, STAEMMLER, JUDMAIER). Non è quindi necessario che l'occlusione vada sempre così avanti da interrompere qualsiasi circolazione nel lume vasale. Si può piuttosto tener conto che, in seguito ad un tono duraturo della parete vasale o di un aumento di carico della superficie interna per compressione della parete, la circolazione dei liquidi interstiziali giunga in questa ad una stasi, per cui ne possono risultare gravi alterazioni nel nutrimento della parete (cfr. H U E P E R e ROTTER nella patogenesi dell'aterosclerosi). GRUENWALD descrive necrosi nelle pareti delle arterie coronarie nei neonati osservate in casi di morte per asfissia ed in relazione con alterazioni del rifornimento di 0 2 . Sono similmente da chiarire le alterazioni dei rami delle coronarie nel collasso ( M E E S S E N ) . ROTTER considera simili alterazioni
279
ARTERIE
nutritive responsabili di danni da thorotrast dei vasi e così si possono anche più facilmente spiegare le necrosi delle pareti dei vasi dell'art, polmonare nei vizi cardiaci congeniti (OLD e RUSSEL). In collegamento con queste descrizioni si deve anche accennare alla rottura spontanea delle grandi arterie. 1. Aorta. — Accanto alle rotture dell'aorta avvenute spontaneamente per cause conosciute in seguito ad un piccolo trauma su base batterica, purulenta (vedi per es. MERKEL), tubercolare, sifilitica o (più raramente) arteriosclerotica, soprattutto attraverso uno stadio intermedio di aneurisma vero o dissecante, le rotture « spontanee » dell'aorta prediligono due tratti: a) immediatamente al disotto (a valle) delle valvole o b) nella zona dell 'istmo o sopra di questo, normalmente legate con un restringimento dell'istmo. Molto più rare sono le rotture dell'aorta addominale, come mostra la fig. 109. subito sopra la biforcazione. L a rottura colpisce l'intima quasi sempre trasversalmente, è però di grandezza varia e può colpire approssimativamente t u t t a la circonferenza; nella zona dell'istmo si osservano anche rotture oblique. L a media normalmente è perforata alla stessa altezza ed estensione, almeno nelle parti interne. Le parti esterne possono in primo luogo essere scisse dal sangue infiltrato e poi insieme all'avventizia essere scavate in altre sedi. L a localizzazione delle rotture indica l'azione di fattori meccanici, m a secondo OPPENHEIMER nei punti delle rotture tipiche spontanee vi è la maggior pressione sanguigna, la più forte tensione delle pareti e la maggior dilatazione elastica. V a interpretata nello stesso senso la contemporanea esistenza di stenosi dell'istmo congenita o precocemente acquisita nelle rotture che compaiono in questo territorio e dell'ipertrofia cardiaca (in seguito ad ipertonia), nelle rotture in prossimità delle valvole. Contrariamente NEUMANN ha espresso l'opinione che nella localizzazione delle rotture (come anche nell'aortite sifilitica) hanno importanza alterazioni dell'irrorazione sanguigna della « cardiaorta » in seguito alla sua alimentazione attraverso ai rami delle arterie coronarie. Del resto sembrano non essere molto rare le rotture dell'aorta anche nei cavalli e nei suini
(WINTERHALTER,
REDLICH).
Mentre alterazioni più grossolane della parete, macroscopicamente riconoscibili, non vengono trovate comunemente nelle « rotture spontanee » e l'aterosclerosi non ha evidentemente una importanza molto grande, GSELL e ERDHEIM hanno rilevato alterazioni della parete che chiamano « medionecrosi idiopatica cistica ». Caratteristica di essa è un'atrofia senza reazione delle lamelle elastiche e della muscolatura, con scarsa tendenza a processi rigenerativi e formazione di cavità nella media, riempite di sostanza mucoide. Rotture dell'aorta su questa base sono state descritte circa 50 volte (HOLLÉ). I reperti microscopici di GSELL e ERDHEIM sono stati confermati da numerosi ricercatori (LEVINSON, KLOTZ e SIMPSON,
¿8o
K.
ORGANI
DELLA
CIRCOLAZIONE
W O L F F , N E U B Ü R G E R , M O R I T Z , P F E I L , V. M E Y E N B U R G
ECK,
GÖGL
ROBERTS,
e
PLATZGUMMER,
GÜNTHER,
SCHLENKER,
JANISCH, MAGNER
SPONHOLZ,
e MCKENZIE,
[in due fratelli], CASTELLANETA,
UHLBACH,
GORE
e
e altri). È importante che le ricerche sul rimanente sistema vasale abbiano potuto mostrare che la « degenerazione mucoide cistica » non è limitata alla sede della rottura (perciò non è da riguardare soltanto come conseguenza SEIWERT
Fig. 109. Rottura nella parte addominale dell 'aorta. Uomo di 76 a. Aut. N. 277/1953.
della rottura) (cfr. G L O G G E N G I E S S E R ) , ma anche si può trovare nell'aorta addominale, nelle arterie polmonare, carotide, iliaca, femorale e quindi in tutte le arterie di tipo elastico ( W O L F F , P F E I L ) . In tal senso parla il fatto che R O T T I N O e W E I S E hanno trovato la degenerazione cistica della media con ricerche sistematiche in cadaveri sopra i 40 anni anche senza rotture, specialmente nell'aorta ascendente e nell'arco. Si sottolinea nei reperti microscopici la predilezione per gli strati interni e medi della media, l'indipendenza delle formazioni a focolaio dalle pareti vasali e la pura regressione
ARTERIE
umorale senza alcuna reazione infiammatoria. Lafig. n o mostra un esempio di una tale interruzione delle membrane elastiche della media, nella rottura dell'aorta addominale (cfr. fig. 109). Qui le fibre muscolari erano nella maggior parte conservate, mentre gli elementi elastici erano molto ridotti ed erano attraversati da lacune. Secondo G O R E e S E I W E R T esistono accanto ai casi nei quali prevale la scomparsa dell'elastica anche casi con lamelle elastiche conservate, ma con atrofia della muscolatura. L'A. ha visto che è necessario, in una ferita da arma da fuoco dell'aorta, essere molto cauti nel considerare la parete dei vasi in vicinanza di una rottura. Nei pressi della sede della ferita da arma da fuoco si poteva constatare un'evi-
Fig. n o . Grave atrefia degli elementi elastici dell'aorta nella rottura dell'aorta addominale (cfr. fig. 109).
dente perdita dei nuclei delle fibre muscolari nella media, mentre le membrane elastiche erano conservate. Un'alterazione morfologica, simile a quella ora descritta, è la medionecrosi disseminata ( C E L L I N A ) . Però in questa non si arriva a gravi interruzioni strutturali e quindi neppure a rotture. Questo Tipo Cellina è più frequente che quello di G S E L L e E R D H E I M ( R O T T I N O ) , e si osserva di preferenza nella vecchiaia (v. M E Y E N B U R G ) . Recenti contributi sulla medionecrosi dell'aorta e distruzioni delle fibre elastiche delle pareti vasali sono stati portati da AMROMIN come pure da BALÓ e BANGA.
La malattia di G S E L L e E R D H E I M è considerata patogeneticamente come conseguenza di un'alterazione della barriera emato-tessutale con infiltrazione di plasma nella parete e distruzione del tessuto, cioè nel senso di
282
ORGANI
DELLA
CIRCOLAZIONE
u n a disoria (SCHÜRMANN) O di u n ' i n f i a m m a z i o n e
sierosa
(MERZ, HOLLE,
HOMMERICH). M a sull'eziologia n o n v i è n u l l a di certo. GSELL e ERDHEIM
pensavano all'azione di infezioni ed intossicazioni (cfr. i reperti di WIESEL e WIESNER), altri a rapporti con malattie vasali reumatiche (KLINGE e VAUBEL WIGAND, SCHLENKER), ipotesi accettata da molti ricercatori. Reperti in lattanti (WOLFF) parlano in favore di debilità congenita di formazione del mesenchima, specialmente se si presentano con altre malformazioni mesenchimali (HOLLÉ) o compaiono in fratelli (v. MEYENBURG). Nel complesso è però preferita l'età avanzata a cominciare dal 5 0 decennio (HOLLE); nella maggior parte dei casi un'ipertrofia cardiaca è indice di ipertensione. Ma sebbene questa possa produrre anche la rottura, raramente può essere considerata la causa unica. Spesso si accenna ad alterazione dei vasa vasorum, dalle quali vengono chiarite le lesioni della media
(OPPENHEIMER,
GOTTWALD, GÜNTHER, WIGAND); m a
c'è da
chie-
dersi se tali casi appartengono ancora alle forme pure della malattia e non debbano essere riguardate come forme speciali di aortite non completamente guarita. TREIDER pensa a degenerazioni ipossiemiche in seguito ad azione dell'adrenalina sui vasa vasorum. In ricerche su animali HUEPER e ICHNIOWSKI hanno provocato, per mezzo di istamina alterazioni simili nelle pareti dell'aorta e le ritengono conseguenza dell'ipotonia nel collasso da istamina. Analoghi esperimenti sono stati fatti anche da MERKEL, ma i risultati di questo A. corrispondono piuttosto al tipo adrenalinico della malattia aortica. HAMMER sottolinea l'importanza dei traumi, soprattutto se piccoli e ripetuti. Ritiene dovuta a questi una speciale forma di alterazione della media « elasticoressi » (cfr. anche HALLERMANN e ORSOS). Pare all'A. che attualmente per questa malattia i fattori fisico-meccanici siano tenuti troppo in seconda linea. La statistica dimostra però l'importanza del sovraccarico della circolazione (più frequente comparsa negli uomini [2:1], nelle donne nella gravidanza o durante il parto, quasi di regola in combinazione con l'ipertensione). Appunto le osservazioni sulla stenosi dell'istmo lasciano pensare che non solo la rottura stessa sia conseguenza di maggiore tensione, ma che questa favorisca anche la formazione di alterazioni della media. EINHAUSER ha accennato esplicitamente ad una «malattia da trasformazione per causa meccanica» dell'aorta e REIFENSTEIN, LEVINE e GROSS hanno dimostrato ultimamente, in un esteso riassunto della letteratura, che una parte abbastanza grande degli ammalati di istmostenosi muore per rottura dell'aorta. Se si osserva tutto il materiale delle rotture aortiche si trova tra queste la m a l a t t i a d i GSELL e ERDHEIM c i r c a in 1/3 dei casi. MINOVICI e BONCINI
trovarono in 40 rotture aortiche 12 casi della già descritta necrosi della parete, 14 casi erano dovuti ad aterosclerosi, 12 a sifilide, 2 ad alterazioni congenite.
ARTERIE
descrive numerose rotture incomplete dell'aorta. 2. Le rotture spontanee delle altre arterie, all'infuori di quelle del cervello hanno minore importanza (se non si considerano gli aneurismi e le erosioni che saranno trattati in seguito). Casistica: vedi J O R E S . H O M M A e Y E N I K O M S H I A N trattano della rottura di un 'arteria coronaria su base infiammatoria, S C H R Ò D E R della succlavia, L A A S la ritiene connessa a traumi (a. meningea media). W O L F F ha mostrato nell'arteria polmonare simili alterazioni della parete come quelle di G S E L L e E R D H E I M nell'aorta. Esse possono portare alla formazione di fini fossette e depressioni nell'intima. MERZ
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KLINGE
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284
ORGANI
DELLA
CIRCOLAZIONE
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2. A L T E R A Z I O N I C O M P L E S S E D E L R I C A M B I O L'aterosclerosi L'arteriosclerosi (LOBSTEIN), endoarterite cronica nodosa o deformante (VIRCHOW), aterosclerosi (MARCHAND) è di gran lunga la più frequente malattia del sistema arterioso, che si osserva al tavolo anatomico e che il medico incontra nella sua quotidiana assistenza al malato. L'attuale composizione per età della popolazione fa sì che essa con le sue conseguenze sia una delle cause più frequenti di morte (GRUBER in vecchi 26 %). Secondo SINGER (1935), negli ultimi 7 anni prima della sua relazione, a Berlino, Budapest, New York, Praga, Vienna, Zurigo, ecc. il 27 % degli uomini è deceduto per malattie di cuore e della circolazione. Una parte notevole di queste era dovuta ad aterosclerosi. Se si prendono in considerazione tutte le alterazioni primitive, che si possono verificare solo anatomicamente e che non hanno clinicamente ancora segni evidenti di malattia, si può ben dire che nessun uomo oltre i 40 anni ne è completamente esente, ma che già si osserva di frequente anche nei precedenti decenni e che non di rado minaccia la vita specialmente in certe espressioni locali (arterie coronarie). Così l'aterosclerosi, soprattutto come sclerosi delle coronarie, ha notevole importanza specialmente nella morte improvvisa di uomini giovani e vecchi, come risulta dalle ricerche statistiche di BOEMKE, sulla morte improvvisa da causa naturale in soldati dell'ultima guerra (lavori più vecchi sulla morte i m p r o v v i s a d i KOLISKO, KOOPMANN, B R A C K , WEYRICH, LAUREN, MERKEL, p i ù r e c e n t i di HALLERMANN,
UHLINGER
e
WUHRMANN,
YATER,
TRAUM,
e Coli, e SABSON con WAYNE e HELPERN). L'aterosclerosi, forse con piccole deviazioni nella frequenza e gravità della sua comparsa, è rappresentata in tutto il mondo in modo abbastanza omogeneo. L a grande inchiesta della Società internazionale di Patologia geografica (1934) non ha potuto rilevare
ARTERIE
285
differenze importanti tra i vari paesi, che non fossero da spiegare con la distribuzione dell'età nella popolazione (ANITSCHKOW, FELLER, SJOVALL e WILMAN,
LUNDQVIST
e
BJÒRNWALL, DORMANNS e EMMINGER,
THIERSCH,
DE VECCHI e ROGERS, MAASSEN e altri). Opinioni contrarie non sono nella maggior parte, nient'altro che supposizioni o impressioni. Ciò dipende semplicemente dalla difficoltà di valutare q u a n t i t a t i v a m e n t e il grado dell'A. Essa appartiene senza dubbio alle malattie più importanti della vecchiaia, m a con ciò si vuol dire soltanto che è preferita la vecchiaia, m a non che venga esclusivamente colpita. Sul modo di manifestarsi ed originarsi dell'A. si sono affermati negli ultimi 20 anni nuovi importanti criteri, che potrebbero anche assumere significato nella lotta contro l ' A . e che perciò richiedono u n a trattazione speciale PER,
(RÒSSLE, H U E C K ,
KLINGE, BREDT, HOLLE, W .
W.
MEYER,
HUE-
LEARY).
L a prima difficoltà nella trattazione si presenta già nel compito di definire e di localizzare l'A. come quadro morboso specifico o come alterazione anatomica. I n f a t t i in nessun'altra malattia come nell'A. è così grande la differenza tra ciò che il patologo considera morboso e ciò che il clinico ritiene tale, perché causa disturbi funzionali. L'interessamento degli organi (GRAEFF) è infinitamente molto più frequente che la vera malattia. E p p u r e anche minime alterazioni dell'intima, t a l v o l t a nemmeno riconoscibili macroscopicamente, possono qualche v o l t a nascondere, mediante formazione di usure superficiali, il germe di conseguenze letali e rappresentano una diminuzione della capacità di sforzo e della possibilità di sopravv i v e n z a e sono quindi da ritenere patologiche. Malgrado ciò, non si deve però indicare come A . qualsiasi piccola infiltrazione lipoidea dell'intima in un bambino, anche se essa compare in sedi dove più tardi si sviluppa la vera A . (ALBERT). In essa rientrano i concetti di progresso, trasformazione e deformazione della parete vasale, però anche qui non t u t t e le malattie delle arterie che portano a una trasformazione progressiva possono essere considerate come A . (per es. non la sifilide dell'aorta e l'endoarterite). A n c h e la definizione di « malattia da usura » non è applicabile, perché contiene già un giudizio sulla genesi non ancora provato. L a definizione deve essere descrittiva, non v a l u t a t i v a e non deve escludere ulteriori ricerche. Quindi l ' A . deve anzitutto essere circoscritta come una « malattia cronica progressiva delle arterie, che si manifesta con depositi di prodotti abnormi del ricambio, con proliferazioni e fenomeni di disfacimento dei tessuti e che porta ad estesa deformazione della parete vasale ». Questa definizione comprenderebbe anche quelle alterazioni della parete che non corrispondono al quadro consueto della malattia, che predilige l'intima (calcificazione della media, arteriolosclerosi) e dice presso a poco lo stesso di quel che intendeva HUECK con la sua definizione più concisa di « trasformazione della parete con progressiva alterazione trofica ».
286
ORGANI
DELLA
CIRCOLAZIONE
Il quadro macroscopico è dominato, soprattutto nell'aorta, da due alterazioni parietali che riguardano l'intima e hanno f a t t o sì che l ' A . , per lungo tempo, sia s t a t a considerata una pura malattia dell'intima: la sclerosi, cioè indurimento (e ispessimento) e l'ateromatosi cioè il disfacimento poltiglioso della parete. A m b e d u e i processi si trovano spesso insieme, mentre la sclerosi normalmente precede l'ateromatosi grave, non procedono però parallelamente in estensione. Ora prevale la sclerosi (fig. 112), ora l'ateromatosi, così specialmente nella f o r m a osservata nell'età più a v a n z a t a (KAUFMANN) (fig. 113). L a m a l a t t i a è ora diffusa, estesa a gran
Fig.
in.
Arteriosclerosi d e l l ' a o r t a nella porzione t o r a c i c a , a, Cuscinetti e placche sclerotiche. Spesso le stesse sono i n t o r n o alle sedi d i e m e r g e n z a delle arterie intercostali, b, P l a c c h e calcaree lisce n e l l ' i n t i m a ispessita, c, S t e a t o s i d e l l ' i n t i m a in f o r m a di strie oblunghe. 3/4 della g r a n d e z z a naturale. (Disegno di E . K A U F M A N N ) .
con evidente dilatazione del lume, e in questa forma è prevalentemente ateromatosa; o si presenta nettamente con l'aspetto di chiazze, f o r m a singole placche sclerotiche, separate le une dalle altre con localizzazione preferita nelle diramazioni delle arterie più grandi, e s o p r a t t u t t o delle piccole (per es. delle intercostali) e nelle biforcazioni dei rami dell'aorta. Se queste placche confluiscono più intensamente e si rompono verso la superficie, il quadro può rassomigliare molto a quello dell'ateromatosi diffusa. L ' i n t i m a tra le placche, per lo meno nei gradi più g r a v i di t u t t o il
ARTERIE
Fig.
287
112.
Ateromatosi g r a v i s s i m a d e l l ' a o r t a addominale. S o l t a n t o p o c h i l ' i n t i m a ispessita. T u t t e le arterie del corpo erano g r a v e m e n t e le arterie della base del cervello). U o m o di 78 a. (accademico); fino alla fine s e n z a diminuzione della sua alta intelligenza. (Disegno da E . K A U F M A N N ) .
resti a c a r t a geografica delcolpite (anche le coronarie e (morto per broncopolmonite) 3/4 della g r a n d , naturale.
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DELLA
CIRCOLAZIONE
processo, non rimane indenne, ma presenta molto regolarmente, almeno al microscopio, una sclerosi più diffusa con alterazioni ateromatose di minor grado. Si pone allora la questione se sia giustificato fare una differenza basilare tra la malattia diffusa e quella a focolai, come fa v. ALBERTINI (mesaortitis en flaques »). KOCH e RUHL, secondo la diffusione della malattia, hanno classificato determinati tifi (A. centrale toracica, centrale addominale, discendente, ecc.), ma ritengono che i tipi puri siano rari. Sono sempre colpiti di preferenza l'arco dell'aorta e l'aorta addominale inferiore, ora singolarmente, ora insieme. È più importante il fatto che spesso siano colpite, quasi isolatamente, le arterie di singoli organi (arterie coronarie, arterie cerebrali, arterie renali), mentre altri organi, anche in una A . altrove grave, ne rimangono quasi completamente indenni (a. delle meningi spinali e del midollo spinale stesso, STAEMMLER). Si vede la preferenza di determinate parti di singole arterie (parete posteriore dell'aorta, RANKE; tratto del canale osseo dell'arteria carotide interna, ALBRECTH, DÒRFLER), mentre l'arteria poplitea, nell'articolazione del ginocchio, ne rimane abitualmente libera (OBERNDORFER). E ' sempre stato rilevato (MÒNCKEBERG) che le calcificazioni della media spesso molto gravi nelle arterie degli arti inferiori non procedono nella loro evoluzione parallelamente all'A. centrale. Anche l'arteriolosclerosi nei reni, milza, pancreas, cervello segue evidentemente particolari leggi. In tutte queste differenze nella diffusione si deve peraltro tener fermo il principio fondamentale che l'A. è una malattia sistemica del sistema arterioso, nella quale perciò, come in altre malattie sistemiche, l'interessamento delle singole parti del sistema non procede uniformemente e soprattutto non deve essere necessariamente contemporaneo. In complesso, secondo la diffusione dell'A. nell'organismo, si può presentare il seguente schema (cfr. THOMA): I. A . centrale, prevalentemente dell'aorta (ora accentuata quella toracica, ora quella addominale) con estensione ai grandi rami efferenti (discendenti). Le porzioni periferiche delle arterie degli organi possono essere qui del tutto sottili. 2. Organi periferici, di frequente con preferenza per un organo o per un sistema di organi (sclerosi coronarica, cerebrale, nefrosclerosi), mentre l'aorta può esserne estesamente indenne. 3. Sclerosi delle estremità, parte in forma di prevalente malattia dell'intima con restringimento del lume (A. obliterante, HINES e BARKER), parte in forma di calcificazione della media. 4. Arteriolosclerosi, specialmente della milza, dei reni, del pancreas e del cervello, spesso senza sclerosi delle arterie più grandi. Appunto nell'osservazione dell'A. negli organi periferici colpisce il fatto che i vasi sono talvolta diffusamente dilatati, talvolta notevolmente
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ristretti. Ciò si vede, nel modo più evidente, nelle arterie coronarie e ha portato a distinguere dalla comune A. una forma di A. come « coronante obliterante » (v. A L B E R T I N I , BREDT). Nel cervello le grandi arterie della base sono per lo più dilatate, le piccole ramificazioni ristrette; i tronchi delle arterie della milza e dei reni sono per lo più ampi (ad eccezione dei punti di origine, che possono essere ristretti da placche sclerotiche dell'intima dell'aorta). Si può allora ritenere come regola (se anche con eccezioni) che le arterie grandi e medie mostrano nell'A. una dilatazione (un restringimento è forse indice di particolarità nella genesi), mentre i rami più piccoli sono per lo più ristretti. Ne consegue che la media delle grandi arterie è per lo più assottigliata, quella delle piccole arterie è di normale spessore. La partecipazione completamente irregolare e, a quanto pare arbitraria dei singoli territori vascolari al processo arteriosclerotico, non permette di trarre conclusioni da una provincia vascolare ad altra. È anzi da rilevare che il tronco delle arterie degli organi può avere un aspetto completamente diverso da quello delle ramificazioni periferiche, in modo che queste possono essere sclerotiche in alto grado quando le arterie della base cerebrale sono a parete sottile. Le placche sclerotiche si sollevano sul livello dell'intima circostante, sono di durezza variabile, per lo più simile alla cartilagine, bianche, lucide come la porcellana o di color bianco-giallo e a superficie liscia. Ma si vedono sempre, accanto a questi cuscinetti sporgenti, anche se l'aorta è gravemente lesa, piccole macchie giallo-sporco nel piano dell'intima circostante, o strie con netta delimitazione periferica. Molto caratteristica è, proprio nell'aorta, la sezione delle placche sclerotiche. Essa dimostra che, in sostanza, queste appartengono all'intima, che nel territorio delle placche, è ispessita a gobba, dura e dapprima di colore uniformemente bianco sporco o giallo bianco. Non di rado colpisce uno speciale aspetto vitreo. Nelle placche di più vecchia data si vede, di regola, in profondità, una zona giallo sporca, piatta, granulosa, adiacente alla media od anzi che la invade, e dalla quale con la pressione si può ottenere una massa poltacea che, come mostrano i preparati freschi, consiste di cellule in disfacimento, grani lipoidei e cristalli di colesterina. Questo « focolaio ateromatoso » può essere delimitato nettamente, ora è posto solo in una stretta zona sulla superficie interna della media o interessa grandi parti della sporgenza, in modo che allora è coperto, verso l'interno, soltanto da una sottile pellicola di tessuto compatto, o arriva fino alla superficie, l'attraversa verso l'interno e costituisce solo il fondo di una perdita di sostanza, che viene indicata come ulcera ateromatosa. Tali ulcere possono confluire in estensione molto vasta, in modo che l'aorta mostra una superficie interna straordinariamente ruvida e come corrosa. Al microscopio, le macchie gialle, che si sollevano ancora poco sulla 19 —• IÍAUFMANN I
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superfìcie, mostrano soprattutto un'infiltrazione compatta nel tessuto intimale di sostanze grasse per lo più birifrangenti. Queste infiltrano diffusamente la sostanza interstiziale, si infittiscono nella zona dello strato limitante elastico, imbibiscono le fibre elastiche stesse e si trovano anche nell'interno delle cellule dell'intima (fig. 113). L'imbibizione diffusa precede l'accumulo nelle cellule (ASCHOFF). Negli stadi precoci di questa imbibizione dell'intima con sostanze grasse, l'intima non presenta ancora ispessimento connettivale, ma non di rado si vede una certa dilatazione della tunica interna (JORES, ALBERT). Questa non deve essere necessariamente condizionata da una moltiplicazione delle fibre dell'intima, m a
Fig. 113. Aterosclerosi recente dell'aorta. Intima rilassata, dilatata, infiltrata di lipoidi extra ed intracellulari. Grave infiltrazione Iipoidea nella zona dello strato limitante elastico con invasione della media. Donna di 73 a. Aut. N. 27/1951. Coloraz. rosso scarlatto.
consiste per lo più soltanto di un'imbibizione edematosa o plasmatica del connettivo, alla quale hanno accennato di recente, specialmente BREDT, HOLLE, E . MÜLLER, ROTTER, W .
W.
MEYER
(cfr.
fig.
95). L e
alterazioni
descritte dell'intima non si possono considerare certamente in tutti i casi come vera A . Inoltre esse non devono avere sempre carattere progressivo. Esse possono essere presclerosi, cioè possono condurre ad una vera A., m a non lasciano riconoscere senz'altro in ogni singolo caso questa tendenza evolutiva. Nei giovani sono certamente reversibili, si trovano nei lattanti nella valvola mitrale e nell'intima dell'aorta ascendente, nella pubertà nell'aorta toracica, nelle età più avanzate, accanto alle suddette localizzazioni, specialmente nell'aorta addominale (ASCHOFF). L a coincidenza
291
ARTERIE
nella localizzazione mostra che esse possono avere a che fare con la vera A. (ALBERT). Non di rado essa si trova accanto ad altri segni di un'A. progredita. ASCHOFF pensa che sono responsabili di ciò i processi di senescenza, poiché nella vecchiaia la steatosi non regredisce come nella giovane età, ma è progressiva. In concordanza con ricerche antecedenti di STUMPFF, ASCHOFF, ZINSERLING, R Ö S S L E , CHIARI e B R E D T , H O L L E c o n s t a t a c h e l a prima
altera-
zione dell'intima che si osserva nell'A. non è questa lipoidosi, ma un rilassamento edematoso del tessuto subendoteliale, che può anzi invadere la media attraverso lo strato limitante elastico. Nello stesso tempo possono sia formarsi sia anche mancare depositi di lipoidi. Ai medesimi risultati arriva W . W . MEYER, che ne trae anche le stesse conclusioni di HOLLE, cioè che si tratti di un'infiammazione sierosa. Ambedue vedono l'imbibizione plasmatica « plasmaforesi del sangue » (W. W. MEYER) come il punto fondamentale per lo sviluppo successivo dei focolai, mentre attribuiscono soltanto importanza secondaria all'infiltrazione lipoidea. Simili opinioni ha ROTTER, per il quale anche l'alterazione della permeabilità dell'endotelio e l'imbibizione degli strati sottostanti rappresentano l'inizio del processo sclerotico (benché egli non consideri questo come infiammatorio), vedi anche BÜCHNER, ed E. MÜLLER. DUGUID ha di recente espresso l'opinione, che almeno in una parte dei casi, il primo processo consista in una deposizione di fibrina sulla superficie interna dei vasi, che viene ricoperta poi dall'endotelio e dà origine alla formazione di fibre nel suo contesto. Il punto fondamentale della questione sull'inizio di formazione dei focolai aterosclerotici consiste dunque nell'accertare, se sia più importante una imbibizione dell'intima con sostanze proteiche, almeno strettamente affine all'infiammazione, nella quale i lipoidi hanno soltanto una importanza secondaria, oppure se la deposizione (infarcimento) delle sostanze grasse dal plasma sanguigno e la loro sedimentazione nella parete vasale induca la successiva trasformazione dell'intima. L a questione non può essere, anzitutto, risolta in via puramente anatomica, ma soltanto dopo discussione dei risultati sperimentali. Come è comunemente riconosciuto, si può dedurre anzitutto che il processo aterosclerotico comincia con un'infiltrazione della parete vasale, che si differenzia dalla imbibizione normale per il fatto che sostanze, che altrimenti prendono la loro via attraverso la parete vasale e qui vengono elaborate, sedimentano e compaiono in forme che le rendono riconoscibili istochimicamente. Questa « stasi dei liquidi interstiziali » (HUECK) , con un'occlusione dei pori della parete vasale non può essere indifferente per la nutrizione. La differenza delle opinioni consiste in sostanza solo in questo, che si dà un'importanza maggiore ora alle sos t a n z e p r o t e i c h e , o r a a i l i p o i d i ( N O R D M E Y E R , GÖRÖG, G I G A N T E , ZINSERLING, MALJATZKAJA, MOIA e B A T T L E ) .
EFSKIND,
292
ORGANI DELLA
CIRCOLAZIONE
Da questa opinione divergono sostanzialmente soltanto due autori. Il primo è LEARY. Secondo la sua opinione, il grasso non entra in forma disciolta dal plasma sanguigno nella parete vasale, ma viene assunto da lifofagi del S R I dal sangue e con questi viene portato con la corrente ematica nella parete vasale. Questa opinione ha trovato comunemente poco favore (cfr. GORDON come SIMONTON e HOFMAN). Anche l'opinione di WINTERNITZ, THOMAS e LE COMPTE che le e m o r r a g i e d a i v a s a v a s o r u m
nella parete vasale hanno maggiore importanza nella genesi dell'A., non può essere generalizzata. Secondo HUEPER dapprima si deposita, a causa di disturbi dell'equilibrio colloido-plasmatico del sangue, un fine strato di colesterina sulla superficie dell'intima, lede l'endotelio per alterazione dello scambio gassoso e penetra così nel tessuto degli strati interni della parete vasale, le cui cellule si trasformano, per assunzione di colesterina, in cellule schiumose. Sul significato di sostanze mucoidi nella parete vasale (BJÒRLING, A. SCHULTZ) le opinioni differiscono ancora. In dati limiti quantitativi esse non sono da considerare come patologiche. Però si trovano normalmente più nella media che nell'intima. Ma pare che abbiano una certa affinità per la deposizione di grassi e di sali di calcio (SCHULTZ, HUECK). Mentre dunque in un primo tempo nel quadro delle alterazioni dell'intima prevalgono i depositi di sostanze grasse ed i rigonfiamenti edematosi, nelle placche sclerotiche predette prevale un aumento del connettivo. Esso si forma per neoformazione di fibre collagene che sono infiltrate in quantità molto variabile da elementi elastici. Questi sono ora in collegamento topografico con lo strato elastico limitante preformato, sono dunque originati per scissione o divisione da questo e giacciono quindi in profondità nel cuscinetto sclerotico. Parte si trovano però anche più negli strati sottoendoteliali (HOLLE) e perdono qui i collegamenti con la vecchia tunica elastica (fig. 114). ARAGONA richiama l'attenzione sul fatto che la colorazione di questi tessuti elastici è diversa da quella delle fibre elastiche comuni, da cui si deve dedurre che non possano essersi originate per scissione. Anche l'A. è convinto che in nessun caso tutte le fibre elastiche, che si trovano nelle placche sclerotiche, hanno a che fare con il vecchio strato confinante elastico, ma che si trovano formate in gran parte indipendentemente nel cuscinetto dell'intima. Ciò si vede soprattutto nella sclerosi delle arterie medie, specialmente delle coronarie. Nei cuscinetti più vecchi viene man mano a diminuire il contenuto in fibre elastiche. Il connettivo stesso mostra una struttura a trabecole grossolane. Diventa, mediante assunzione di sostanze proteiche, sempre più ialino, condizione che da HUECK e HOLLE viene considerata come una specie di necrosi da coagulazione. Nella formazione delle -placche sclerotiche hanno importanza maggiore due fattori che spesso sono difficilmente delimitabili fra loro: il rigonfiamento della sostanza fondamentale delle fibre per assunzione di materie
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plasmatiche dal sangue (j alinosi, necrosi da rigonfiamento) e la vera neoformazione di fibre, che si collega con una proliferazione delle cellule del connettivo dell'intima o si sviluppa nel senso di « sclerosi » (RÒSSLE) senza che si arrivi a questa. Secondo HOLLE sostanze mucoidi devono appunto avere importanza nella neoformazione del connettivo. Le placche sclerotiche sono infiltrate, con densità molto variabile, da sostanze grasse che in parte sono distribuite come polvere nel cuscinetto, in parte, ma in minor grado, giacciono nell'interno delle cellule, in parte si accumulano in forma di focolai ateromatosi alla base delle placche e possono anche invadere la media (figg. 115 e 116). Qui la loro presenza
Fig. 114. Placca sclerotica dell'intima dell'arteria polmonare in grave enfisema polmonare. Colorazione dell'elastina. Neoformazione di fibre elastiche alla base e nelle parti superficiali della placca. Focolaio ateromatoso in profondità. (Aut. N. 454/1951).
è collegata con morte completa del tessuto. Questa morte del tessuto incomincia per lo più negli strati più interni delle placche, nella zona della jalinosi. Essa non è, secondo HOLLE, la conseguenza di un deposito di grasso con « asfissia » del tessuto, ma lo stadio terminale di una necrosi da imbibizione. Però hanno anche importanza alterazioni della nutrizione dell'intima ispessita i cui spazi per la circolazione dei liquidi interstiziali sono ostruiti. Il carico di sostanze grasse si origina dall'impossibilità del tessuto, precedentemente leso, di elaborarle. Così si sviluppa il focolaio di distruzione ateromatoso o, in casi di diffusione fino alla superficie interna, l'ulcera ateromatosa. L a degenerazione grassa e la jalinosi, forse anche un contenuto più alto di sostanze mucoidi sono i fondamenti per calcificazioni dell'intima,
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Fig. 115. Placca sclerotica nell'intima dell'aorta. Nel centro distruzione del tessuto con degenerazione grassa a grani di polvere, ai margini grossolani depositi intra ed extra cellulari di lipoidi. Donna di 40 anni (Aut. N. 261^951). Coloraz. rosso scarlatto.
Fig. 116. Placca sclerotica nell'intima dell' aorta con grande focolaio di disfacimento ateromatoso alla base. Strati superficiali di connettivo povero di cellule con depositi di lipoidi a fini granuli. Uomo di 75 anni con ipertonia (Aut. N. 470/1950).
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che specialmente nella grave degenerazione ateromatosa possono formare placche disposte molto vicine in quantità talmente grande che determinano, insieme ad ulcere ateromatose molto estese, il quadro molto marcato dell'arteropatia cronica deformante (ASCHOFF). M a g i a nei primi stadi della jalinosi e lipoidosi vi è una decisa tendenza all'assunzione di sali di calcio, che si trovano per lo più soltanto in forma di colorazioni bleu scure nubecolari (ematossilina) ora di particolare intensità nelle membrane elastiche, che possono infiltrare gli strati confinanti dell'intima, ma anche della media. W . W . MEYER ha dimostrato che depositi di calcio possono essere nuovamente sciolti. Come si presentano gli altri strati delle pareti, specialmente dell'aorta, nell'aterosclerosi? È noto che in casi gravi il processo distruttivo ateromatoso può oltrepassare lo strato elastico e invadere la media. Anche in focolai sclerotici od ateromatosi si possono trovare infiltrati linfocitari che circondano i vasa vasorum e che si accompagnano a piccole formazioni cicatriziali. Sappiamo pure da lungo tempo, che la muscolatura dell'aorta può essere infiltrata da depositi calcarei finemente granulari, che le lamelle elastiche e le fibre muscolari possono contenere gocce di grasso; ma tutto ciò è stato fino ad ora considerato più o meno come fenomeni secondari, funzionalmente senza grande valore e parzialmente soltanto conseguenza di processi, che avvengono nell'intima. Anche quegli A A . che vedono nelle lesioni della media lo stimolo per la f o r m a z i o n e dell'aterosclerosi
(THOMA, FABER, BEITZKE) n o n h a n n o p o -
tuto portare nessun reperto anatomico in favore di questa concezione. E d è tanto più notevole il lavoro di SCHULZ e KLINGE i quali, in un materiale assai vasto, hanno potuto constatare molto spesso lesioni circoscritte della media, che consistevano in rigonfiamento, formazione di cicatrici ed infiltrati linfocitari e spesso si trovavano proprio sotto le placche sclerotiche. Questi si trovano accumulati nel reumatismo recente o di più vecchia data e sono attribuiti ad azioni lesive infettive reumatiche. Prima dei 40 anni tali cicatrici, secondo SCHULZ e KLINGE, si trovano soltanto nel reumatismo. Le alterazioni della media compaiono specialmente nelle aorte con sclerosi a forma di placche e di cuscinetti, mentre si riducono nell' ateromatosi diffusa, ma possono mancare talvolta del tutto nonostante gravi malattie dell'intima. Se anche una parte delle alterazioni sono da considerare reazioni secondarie alla malattia dell' intima, SCHULZ e KLINGE credono però di vedere, nella maggior parte, gli stessi segni delle malattie indipendenti di natura tossi-infettiva, le quali, come nella mesaortite luetica, portano con sé secondariamente ad alterazioni dell'intima, in quanto queste non devono essere ritenute come danni dell'intima stessa, prodotti dalle stesse noxe, che si manifestano parallelamente. È dimostrato dalle ricerche di SCHULZ e KLINGE che tali malattie degenerative ed infiammatorie della media sono evidentemente più frequenti di
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quanto finora sia stato ammesso. L ' A . sarebbe alquanto perplesso nel giudizio che si tratti qui di alterazioni che sono significative per la formazione di processi aterosclerotici dell' intima. In ogni caso non si potè convincere, che nella maggior parte delle sclerosi dell'intima a forma di placche, al di sotto delle placche si potevano riconoscere alterazioni grossolane della media, le quali si iniziavano col reperto di un piccolo diradamento delle fibre elastiche e con lievi infiltrati linfocitari perivascolari (spesso mancavano anche questi) e dimostravano un carattere proprio dal quale si poteva spiegare l'alterazione dell'intima. Secondo l'opinione dell'A. la coincidenza di alterazioni della media e dell'intima non è così costante e la loro manifestazione non procede così parallela da potere riconoscere da questa una dipendenza causale della sclerosi dell'intima da una lesione della media. D'altra parte non si deve disconoscere che alcuni casi dell'aterosclerosi nella gioventù, come per esempio è stata descritta da GIRGENSOHN si possano più spesso considerare originati sul terreno di malattie vasali infiammatorie (in modo simile si esprimono SCHLOMKA, J O N E S e ROGERS,
JOOB).
Se si cerca di farsi un'idea delle cause dell'aterosclerosi si ha per certo che non c'è causa unica, ma numerose condizioni la cui coincidenza nelle più svariate combinazioni produce l'eventuale quadro terminale (cfr. W. W. MEYER). Soltanto attraverso all'analisi di casi, possibilmente numerosi e possibilmente semplici, si può arrivare a riconoscere il significato dei singoli fattori e forse anche determinare fino a quando il prevalere di un fattore sopra gli altri conferisce all'aterosclerosi in casi singoli un aspetto speciale. Certamente si tratterà allora spesso di casi « limite », la cui analisi non deve essere generalizzata nel suo risultato, ma si deve vedere soltanto la eventuale particolarità del caso come possibile fattore. Tale caso limite è per es. la comparsa preferita di un focolaio isolato sclerotico al punto del primitivo sbocco del dotto di Botallo cioè in un luogo dove un difetto della muscolatura dell'aorta è chiuso da una specie di tessuto cicatriziale che certamente produce anche speciali condizioni di sollecitazione meccanica, ma forse anche della nutrizione per la caratteristica dell'intima sovrastante. Ma questo è soltanto un esempio. Tra le condizioni che hanno importanza nella genesi dell'aterosclerosi rientra in prima linea la struttura delle pareti arteriose. Non ci si può aspettare, che una grande arteria di tipo elastico, risponda ad una lesione fisica o chimica nello stesso modo come una di tipo muscolare o magari di un'arteriola la cui parete, oltre l'endotelio, consiste praticamente soltanto di una sottile pellicola forse di singole fibre elastiche e cellule muscolari alle quali aderisce in modo immediato l'avventizia. Una parete arteriosa, che come l'aorta, viene nutrita in parte dall'interno, in parte per mezzo dei vasa vasorum deve comportarsi altrimenti che un'arteriola la cui nutrizione è provveduta completamente da imbibizione dal-
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l'interno. E così le arterie degli animali da laboratorio devono mostrare altre reazioni che quelle degli uomini. L'aorta dei conigli non corrisponde nella sua struttura a quella dell'uomo, ma si presenta piuttosto come intermedia tra il tipo elastico e quello muscolare. Ci deve anche essere una differenza se una lesione o una somma di lesioni colpisce un sistema vasale giovane o uno più vecchio che, come per es. l'aorta, ha già subito una serie di processi di trasformazione e la cui intima, già da sola, presenta condizioni nutritive completamente diverse mediante formazione di strati muscolari ed elastici intermedi. Non è senz'altro giustificato di concludere da differenze nel quadro apprezzabile morfologicamente differenze nel raggruppamento delle cause. Così l'A. è anche del parere, che la cosiddetta calcificazione della media delle arterie degli arti inferiori poiché si differenzia tanto evidentemente dalla malattia dell'intima nell'aorta, non sia da separare fondamentalmente dall'aterosclerosi. Anche essa è un disturbo progressivo della nutrizione della parete vasale. Pure in essa il processo patologico si svolge nell'accessoria ed è pure anche questa una malattia dell'età avanzata. È dunque senz'altro possibile se anche non provato, che certi fattori, che portano ad alterazioni dell'intima nelle grandi arterie elastiche producano qui nella media i loro effetti. Anzitutto non si può far nient'altro che elencare le condizioni, che si credono di poter riconoscere per esperienze al letto del malato, al tavolo anatomico e nell'esperimento e di cercare di vagliare il loro significato per l'origine dell'aterosclerosi come una delle malattie dei vasi più frequenti nell'uomo. A questi fattori appartiene in primo luogo l'età. L'aterosclerosi è una malattia dell'età, cioè una malattia che preferisce appunto l'età più avanzata. L a sua importanza è aumentata, perché la nostra composizione dell'età è molto più elevata di quanto non fosse 50 anni fa. E quando vi sono determinate differenze geografiche nella sua frequenza (WESTENHÒFER, JAFFÉ, SITZEN, MAASSEN) esse dipendono in g r a n p a r t e d a d i v e r s a
composizione per età della popolazione. L a stessa cosa sottolinea F o x nei mammiferi e negli uccelli. GRUBER trovò in 1193 autopsie di vecchi 304 volte, cioè il 26 % l'aterosclerosi come causa di morte. F o x su 736 sezioni di vecchi sopra i 75 anni soltanto in 9 casi ha potuto constatare che non vi era alcuna sostanziale alterazione aterosclerotica. Naturalmente non è l'aterosclerosi una funzione semplice della vecchiaia, ma non corrisponde alle comuni esperienze che GRODDECK in sezioni di uomini sopra gli 80 anni nel 33 % 0 HUMPHREY perfino nel 72 % non hanno notato l'aterosclerosi. Però si deve rilevare espressamente che certe localizzazioni dell'aterosclerosi avvengano più spesso già in anni giovani (per es. la coronarosclerosi e soprattutto l'arteriolosclerosi della milza che diventa più grave con l'aumento dell'età, che però anche negli anni giovani è abbastanza frequente).
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L'aterosclerosi non è una pura alterazione senile. Questa consiste in primo luogo in una dilatazione delle arterie (F. W . B E N E K E , SCHEEL, KAM) che si accompagna a perdita dell'elasticità (HERRINGHAM e W I L L S , SCHEEL, FABER, K R A F K A , vedi la critica di REUTERWALL). Il fatto che l'aterosclerosi sia una malattia della vecchiaia non è in contraddizione con la sua ripetuta osservazione in bambini, anche in lattanti e neonati (JAFFÉ, IFF), ma appunto la pubblicazione di simili casi singoli (dei quali HUEPER nel suo vasto lavoro porta 59 autori e HIRSCH solo, 32 casi) conferma che tali osservazioni devono essere valutate come qualcosa di eccezionale. Però la revisione più accurata di una parte di questi casi dimostra che non si possono senz'altro identificare con le forme comuni dell'aterosclerosi. Così parlano HESSE e ZINSERLING di una « sclerosi proteica »; nei casi di GUILD, K I N D E L L e GIBSON come anche in quello di E . HERZOG erano presenti elevati aumenti della pressione ematica, in SCHEIDEGGER l'aorta era completamente libera ed erano colpite soltanto le arterie degli organi, così in H A U S E e A N T E L L ; qualcosa, che nei giovani è descritto come aterosclerosi, è da valutare soltanto come uno stadio iniziale e dimostra soltanto che i primi inizi della malattia possono risalire alla giovane età (BEITZKE). L'età non è da riguardare soltanto come funzione del tempo nel senso, che nel decorso di 60 o 70 anni vi è maggiore occasione di lesioni che in 10 o in 20, ma procede con trasformazione dei colloidi cellulari e tissurali, con alterazione dell'adsorbimento (FREY) e con deposito di scorie, che secondo BÜRGER sono vicine chimicamente all'acido controitinsolforico (HOLZINGER). L a localizzazione delle placche sclerotiche dimostra che fattori fisicochimici hanno importanza nell'origine dell'aterosclerosi. È diffìcile spiegare diversamente la preferenza dei punti di uscita dei rami laterali e delle biforcazioni delle grandi arterie. Qui possono agire tanto forze dilatanti quanto radenti come l'urto dell'onda sfigmica, formazioni di vortici, acceleramenti e rallentamenti della circolazione (THOMA, DORMANNS). Sovraccarichi locali della parete arteriosa avvengono nella istmostenosi dell'aorta, nell' aumento della pressione causato meccanicamente nel piccolo circolo (LJUNGDAHL, per lavori più recenti vedi BREDT, STAEMMLER, MERKEL, ROTTER), nella persistente pervietà del dotto di Botallo, nelle anastomosi arterovenose nel territorio delle vene, nei territori arteriosi a circolazione collaterale elevata, hanno di regola come conseguenza un'aterosclerosi localizzata o particolarmente accentuata. Disturbi vasomotori con alterazione grave e frequente della circolazione e con corrispondente dilatazione e restringimento delle arterie possono essere di speciale importanza per la malattia di singole zone vasali. Queste sono certamente finora troppo poco apprezzate. Ciò dipende anzitutto dal fatto che è molto diffìcile riscontrare esatti reperti anatomici nel territorio dei nervi vasali. STAEMMLER ha ricercato già nel 1923 di collegare la gravità
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delle alterazioni arteriosclerotiche di certe zone vasali con processi scleroatrofici nei gangli simpatici, se anche non era possibile dimostrare in modo sicuro un parallelismo tra questi due processi. Simili ricerche sono state fatte ultimamente con metodi migliori da HERMANN e si sono occupate in special modo della sclerosi delle coronarie. L a questione può essere chiarita in modo univoco soltanto se si riesce così esattamente a dimostrare le ramificazioni periferiche del sistema nervoso simpatico che dalle alterazioni morfologiche si possano dedurre anche alterazioni della funzione nervosa, come ha tentato ROSARIO con le sue colorazioni secondo CAJAL e DE CASTRO, sulle arterie coronarie. Dalle ricerche antecedenti di A. FRAENKEL, LEWASCHEW, LAPINSKY ed altri (letteratura vedi JORES) si rileva che interventi sperimentali sul sistema nervoso possono produrre alterazioni vasali. Anche nell'uomo lesioni o malattie nervose (atrofia muscolare neurogena) hanno di conseguenza alterazioni vasali distruttive, che si differenziano però dall'aterosclerosi comune (KRÜCKE). Per l'importanza di processi nervosi nell'origine dell'aterosclerosi come malattia generale parla anche l'estensione diversa nelle differenti professioni perché sono colpiti maggiormente gli intellettuali in confronto dei lavoratori, gli uomini delle grandi città in confronto a quelli delle piccole città e dei comuni rurali. Ultimamente si attribuisce maggiore importanza alle malattie locali della media con i loro effetti fisici sull'intima sovrastante (BEITZKE e
KLINGE).
Non è stata univocamente giudicata l'influenza di un aumento della pressione ematica. Secondo le ricerche dell'A. delle quali si tratta più dettagliatamente nel capitolo dell'ipertonia, non vi è dubbio che l'ipertonia favorisce in alto grado lo sviluppo dell' aterosclerosi, anche se si osservano tuttora dei casi, dove nonostante un'alta pressione di vecchia data, manca un'aterosclerosi più grave. L a chiusura delle arterie ombelicali (THOMA, SCHALLOCK), del dotto di Botallo (BELL, BENDA, BLUMENTHAL) come la cosiddetta sclerosi ovarica e sclerosi mestruale delle arterie ovariche ed uterine (PANKOW, SOHMA, HUECK) dimostrano come anche la diminuzione della circolazione possa condurre ad estese alterazioni dei vasi. THOMA ha accennato specialmente all'importanza del rallentamento circolatorio per l'origine di ispessimenti dell'intima sopra e sotto allacciature arteriose (proliferazioni dell'intima come accrescimento di adattamento) (fig. 117). Queste sclerosi da adattamento hanno probabilmente importanza anche nei processi locali di atrofia degli organi. STAEMMLER ha indicato una arteriolosclerosi nei testicoli atrofici nel criptorchismo. Nuove ricerche hanno dimostrato che questa si sviluppa molto spesso anche in altre atrofie dei testicoli. Analoghe alterazioni si trovano nei reni, nell'area di cicatrici pielonefritiche (LINDER). Tutti questi processi hanno esteriormente una certa rassomiglianza con l'aterosclerosi e sono importanti in quanto, anche in
3°°
ORGANI
DELLA
CIRCOLAZIONE
essi, si trovano alterazioni parziali dell'aterosclerosi. Sono però profondamente da differenziare da essa. Ricerche sperimentali che producono un'aterosclerosi generale o locale per aumento di fattori meccanici, non possono essere considerate in genere c o m e riuscite di
(KLOTZ, ZIEGLER, BORST e ENDERLEN. V a s t a
bibliografìa
HUEPER).
Senza dubbio hanno importanza anche i fattori meccanici sull'origine dell'aterosclerosi. Hanno tanto influenza sul luogo del loro sviluppo (fattori di localizzazione) come anche nella comparsa dell'aterosclerosi come malattia in genere (W. W. MEYER). Anche il fatto che alcuni territori vasco-
Fig. 117. « Sclerosi da adattamento » nei grandi rami dell'a. renale con lento restringimento del tronco arterioso per tumore proliferante in esso (cfr. endotelioma dell'aorta). E m . Eos.
lari rimangano quasi sempre indenni da aterosclerosi può essere preferibilmente spiegato mediante l'assenza di determinate condizioni meccaniche. Così STAEMMLER cerca di spiegare il fatto che le arterie del midollo spinale e delle sue membrane siano risparmiate anche nelle sclerosi più gravi delle arterie cerebrali per mezzo di speciali possibilità di compenso della pressione ematica nei sistemi collaterali molto estesi di questo territorio vascolare. Il fatto che sia risparmiato il sistema venoso mette in rilievo anzitutto l'importanza di fattori meccanici per la formazione dell'aterosclerosi. Il quadro istologico delle alterazioni sclerotiche in tutti gli stadi cronologici del loro sviluppo lasciava sempre pensare all'importanza delle sostanze grasse. Ne erano indice i depositi di grassi birifrangenti con loca-
30I
ARTERIE
lizzazione nel tessuto, che si formano attraverso un'invasione dal sangue e deposizione nel tessuto. È certo che i lipoidi si trovano abitualmente nel sangue e che invadono le pareti vasali; soltanto che normalmente non sono istologicamente dimostrabili nei tessuti e sono presenti anche, in quantità piccolissima, come hanno dimostrato ricerche chimiche (SCHÓNHEIMER, BÙRGES, Z E E K e altri). La composizione dei lipoidi delle pareti vasali è però, almeno nei primi stadi dell'aterosclerosi, la stessa del sangue (SCHÓNHEIMER, KIMMELSTIEL, L A N D E e SPERRY, HIRSCH e WEINHOUSE). Soltanto i grassi neutri sembrano presenti nel sangue in quantità maggiore che nei focolai ateromatosi (ME ARTHUR). I lipoidi invadono dunque, in quantità aumentata, la circolazione della parete vasale o vi sono pure trattenuti in quantità abnorme o sono, in forma di grosse gocce, separati da complessi lipoproteici. O sono forse soltanto un prodotto del ricambio patologico locale nel connettivo ispessito dell'intima la cui costituzione colloidochimica è in disordine? I primi stadi delle sclerosi dell'intima diffuse o a focolai mostrano molto chiaramente che gravi ispessimenti o « degenerazioni » del tessuto intimale non sono le condizioni preliminari per la deposizione di lipoidi. Ma è da presumere che fini alterazioni chimiche della sostanza fondamentale o delle stesse fibre hanno importanza nella deposizione di sostanze grasse (ASCHOFF, HUECK). Non è inverosimile, che qui l'invecchiamento dei colloidi agisca o possa agire con una specie di rigonfiamento gelatinoso od un'isteresi (condensamento, MUNK). Ma non si deve dimenticare che appunto nei bambini e nei giovani si trovano spesso depositi lipoidi nell'intima, nei quali non si può ancora parlare di processi di invecchiamento. Per H U E P E R l'inizio dei processi è dato da precipitazione di colesterina, dalla sua soluzione nel plasma (o in conseguenza di una ipersaturazione nell'ipercolesterinemia o in conseguenza ad un aumento di altre sostanze nel plasma ematico, che diminuiscono la dispersità della colesterina). Si arriverebbe ad un disturbo del ricambio gassoso tra il sangue e l'endotelio vasale, a lesione dell'endotelio, ad aumentata permeabilità e ad una penetrazione della colesterina nel connettivo sottoendoteliale. Non ha trovato molto riconoscimento l'idea di L E A R Y che cellule ripiene di lipoidi del SRI si stacchino da questo, arrivino con la circolazione nel sistema arterioso, attraversino gli endoteli e trasportino così attivamente la colesterina nella parete vasale. Così sorge la questione dell'importanza discolloidità del plasma per la colesterina.
dell'ipercolesterinemia
e
della
Che stati di ipercolesterinemia (per es. nelle nefrosi lipoidee, diabete, ecc., MORRISON e BOGAN, LEUTENEGGER, L E V Y e BOAS, R O O T e Coli.) spesso insorgono con aumentata deposizione di lipoidi nell'intima, non si discute. Specialmente da parte americana, recentemente si è molto insistito
3°2
ORGANI
DELLA
CIRCOLAZIONE
sul parallelismo tra ipercolesterinemia insorta
e sclerosi coronarica precocemente
(BOAS, BOAS e ADLERSBERG, GERTLER, GARN e WHITE).
Parimenti
non sono poche le osservazioni sulla presenza di arteriosclerosi precoce n e l l a xantomatosi
tuberosa
(FRANZ, C. MÜLLER, HOFFMEYER, W O L F F ,
LIE-
BXG e K O T T L O R S , A D L E R S B E R G c o n P A R O T S e B O A S , GOFMAN e C o l i . , M O R -
RISON e JOHNSON, FIRSTBROOK, qui p a r t i c o l a r m e n t e per sclerosi c o r o n a -
rica), nella malattia di Hand-Schüller-Christian, neWipotiroidismo (HÓLZER, MERKEL) e nelle nefropatie croniche. SCHETTLER e DIETRICH ultimamente mostrano che tra le diverse forme di iperlipemia ha importanza, in prima linea, l'ipercolesterinemia familiare essenziale per l'insorgenza dell'arteriosclerosi (specialmente della sclerosi coronarica). Ampia letteratura su ciò in HUEPER. Egli pensa con altri A A . che anche le placche lipoidosiche delle valvole cardiache e dell'aorta, siano da attribuire nei bambini alla ricchezza di colesterina dell'alimentazione lattea, per il non ancora equilibrato ricambio infantile. Corrispondenti osservazioni sui conigli lattanti in SSLOWJEW. Per un aumento di tutti i lipidi nel plasma sanguigno parlano i risultati di BARKER. Altre ricerche non hanno mostrato però tali differenze dalla norma. Forse ha meno importanza l'altezza del tasso lipoideo che il rapporto dei diversi lipoidi tra di loro (W. W .
MEYER).
Nel complesso dalle ricerche eseguite, si conclude che la colesterina può avere un'importanza nell'insorgenza dell' arteriosclerosi umana e ciò non solo nel senso che l'aumentato apporto di colesterina modifica l'aspetto del processo morboso, ma anche che agevoli l'insorgenza e l'ulteriore sviluppo della malattia. Sino ad un certo grado anche lo sviluppo dell'aterosclerosi procede parallelamente allo stato di nutrizione (WILENS, GORDON, BLAND e WHITE, FIRSTBROOK) . Il significato del diabete mellito per l'arteriosclerosi è discusso
( F A B E R e L U N D , RODRIQUEZ-MINON) .
L a tesi dell'importanza della colesterina viene confermata dai risultati dell' ipercolesterinemia prodotta artificialmente in animali erbivori (IGNATOWSKI,
CHALATOW, A N I T S C H K O W ,
WACKER
e HUECK), ai quali
fu
dato un alimento misto, ricco di proteine e di grasso (STEINBISS) e recentemente per lo più colesterina in soluzione oleosa (VERSÉ ed altri). Cosi sembra che si arrivi piuttosto ad aumenti della pressione sanguigna
(SCHMIDTMANN). ANITSCHKOW
e ZINSERLING, c o m e
p u r e re-
centemente KATZ e STAMLER (nei giovani polli) mostrarono che negli esperimenti non è necessario che il tasso colesterinico arrivi a valori estremi. In generale gli esperimenti non riescono nei carnivori (risultati positivi nei cani con alimentazione a base di colesterina e trattamento con Tiuracile, vedi STEINER, DAVIDSON e KENDALL). Anche una ipercolesterinemia ormonale provocata con iniezioni di stilbestrolo (senza particolare alimentazione), permise di produrre un'aterosclerosi nei conigli e nei polli (SIPERSTEIN, CHAIKOFF e CHERNICK). Negli esperimenti con colesterina riusciti,
ARTERIE
303
fu osservata anzitutto la comparsa di una sostanza lipoidea nel tessuto sottoendoteliale ed il suo assorbimento da parte di istiociti. Soltanto più tardi si arriva a proliferazioni tissurali e a fenomeni regressivi. Che anche nell'insorgenza di questa sclerosi colesterinica, che dal punto di vista puramente anatomico rassomiglia all'aterosclerosi umana, possano giocare fattori meccanici, in special modo per la localizzazione, è dimostrato dagli esperimenti di WILENS, il quale potè produrre, mediante fissazione giornaliera e per ore in posizione verticale di conigli da esperimento, un'arteriosclerosi con preferenza dell'aorta addominale, arteriosclerosi simile a quella umana, e di M . SCHMIDTMANN e P F L E I D E R E R , i quali ottennero una grave coronarosclerosi anche nei ratti a mezzo di colesterina e Vigantol e con u n maggiore strapazzo fisico (MOSEBACH non potè confermare l'importanza del lavoro corporeo). In questa sede non si tratterà con maggiore dettagli sui diversi esperimenti per rinforzare, accelerare o ritardare l'insorgere della sclerosi colesterinica per mezzo di fattori chimici (per es. lo jodio, l'ormone tiroideo, ecc.). In generale si può dire che le sostanze che danneggiano la parete vasale (specie la media) come l'ergosterina (Vigantol, vedi SCHMIDTMANN, P F L E I D E R E R ) , accelerano o rinforzano la sclerosi colesterinica; sostanze che aumentano il ricambio generale o abbassano il tasso colesterinico (jodio e tiroxina), diminuiscono l'azione della colesterina, mentre l'asportazione della tiroide agisce in senso di un rafforzamento (BRUGER e FITZ, ROSENTHAL, M E N N E , GORDONOFF e ZURUKZOGLU, BALLÒ, COLLAZO). Però la concordanza dei risultati sperimentali non è grandissima e le dosi impiegate giocano sicuramente una parte (BREUSCH e T H I E R S C H ) . Secondo SCHMITT danni alle pareti vasali in esperimenti di iperergia, possono rinforzare e localizzare il deposito di colesterina in maniera evidente, THIERSCH così JOBLING e M E E K E R non trovarono risultati corrispondenti (con tossine streptococciche, con somministrazioni di peptone, con shock anafilattico, ecc.). D U F F ritiene che negli esperimenti noti ad ogni deposito di colesterina preceda una lesione della parete vasale. Con una dieta puramente proteica non riuscì a SCALABRINO e HEINSFORTH come pure a F R E Y B E R G di produrre una arteriosclerosi nei conigli, mentre secondo M E E K E R e K E S T E N una dieta ricca di proteine non solo incrementerebbe la sclerosi da colesterina, ma produrrebbe, senza aggiunta di colesterina, un quadro simile alla sclerosi colesterinica (vedi anche NEWBURGH e S Q U I E R ) . In t u t t i questi esperimenti non si deve dimenticare che nei conigli è abbastanza frequente la sclerosi spontanea. In complesso si dovrà anche oggi ancora dire che secondo le osservazioni fatte sull'uomo e secondo gli esperimenti fatti su animali, il ricambio colesterinico nell'insorgenza dell'aterosclerosi esplica una funzione importante. Tale teoria gode di grande considerazione anche oggi presso molti AA. (specialmente americani) ( D U F F e MCMILLAN, BRUGER e OPPENHEIM) , mentre altri pren-
3°4
ORGANI DELLA CIRCOLAZIONE
dono una posizione molto critica specialmente nei riguardi del potere dimostrativo degli esperimenti fatti con diete. Non si dovrà quindi credere che per l'insorgenza dell'arteriosclerosi umana sia sempre necessaria una evidente colesterinemia. L A N D E e S P E R R Y , come pure D A V I D , S T E R N e L E S N I C K non hanno potuto stabilire in ricerche anatomiche e chimiche, alcun parallelismo t r a il tasso di colesterina nel sangue ed il grado di arteriosclerosi, mentre L I E B I G ha trovato per lo meno una associazione piuttosto frequente tra ipercolesterinemia ed affezioni arteriose. Sussiste però ancora indiscusso il fatto che una ipercolesterinemia di tipo duraturo negli uomini, può sfociare precocemente in una arteriosclerosi. Non è noto che i disturbi generali del ricambio proteico possano agire in maniera analoga. Localmente è però sicuramente di importanza nei depositi di colesterina nelle pareti vasali, il contenuto in sostanze proteiche ed il loro stato colloido-chimico. Di grande attualità è oggi il problema dell'importanza delle malattie infettive nell'insorgenza dell'arteriosclerosi. Avendo già precedenti AA. (SALTYKOW,
LUBARSCH,
OPHYLS,
FABER,
MÒNCKEBERG,
SCHMIDTMANN,
altri AA. vedi in J O R E S ) accennato alla grande frequenza e al sempre più considerevole sviluppo di placche lipoidosiche nell'aorta dei bambini morti in seguito ad una malattia infettiva, ed essendo già riuscito a K L O T Z e S A L T Y K O W di produrre, per mezzo di iniezioni di batteri alterazioni vasali simili a quelle dell'arteriosclerosi umana e dopo che W I E S E L e W I E S N E R avevano richiamato l'attenzione sulle alterazioni degenerative nella media delle arterie con distruzione delle fibre elastiche e successiva scomparsa della muscolare nelle malattie infettive, osservazioni che da allora sono state ripetutamente confermate, dopo che S I E G M U N D e D I E T R I C H hanno ulteriormente dimostrato che si possono osservare in infezioni spontanee e sperimentali vivaci reazioni intimali nelle arterie e nelle vene, è giustificato l'interrogativo se da simili danni e reazioni della parete vasale non si possano sviluppare alterazioni da considerare nell'ambito dell'arteriosclerosi. Ha quivi poi spesso importanza il problema dell'inquadramento del processo arteriosclerotico, in quanto gli AA. che lo ritengono in t u t t o il suo sviluppo come infiammatorio, sono più inclini a considerare queste alterazioni infiammatorie in rapporto ad una qualunque causa tossi-infettiva. Si deve restringere il problema se stati terminali cicatriziali di processi flogistici noti delle arterie (acuti e cronici) (come la periarterite nodosa e il morbo di Winiwarter-Buerger) possono offrire quadri che siano differenziabili difficilmente o affatto dalla vera arteriosclerosi. Forse è possibile che qualcosa da noi attribuito fino ad oggi all'arteriosclerosi, nella sua insorgenza segua un cammino del tutto diverso e quindi è da delimitarsi dalla vera arteriosclerosi (cfr. B R E D T e v. A L B E R T I N I e le loro opinioni sull'insorgenza della sclerosi coronarica giovanile). Indubbiamente trova la sua giustificazione in questo senso parlare di un'arteriosclerosi
ARTERIE
secondaria, come noi bene la conosciamo nell'arteriosclerosi che si aggiunge a una mesoaortite luetica. Ma accanto a questa c'è l'arteriosclerosi primitiva (HUECK). Il problema che si pongono HUECK e KLINGE è quello della frequenza di questa forma secondaria o dell'importanza che si deve attribuire alle lesioni tossi-infettive per l'insorgenza dell'arteriosclerosi come malattia sistemica (quindi non soltanto dell'aorta). A questa domanda si risponde in modo differente come risulta dai lavori della scuola di ASCHOFF, HUECK,
RÖSSLE,
KLINGE
e v.
ALBERTINI.
SCHULZ
e
KLINGE
nelle
loro
molto estese ricerche di aorte con sclerosi a placche e a cuscinetti, hanno trovato come reperto frequente nella media, rigonfiamenti gelatinosi, cicatrici con vasi, sclerosi senza vasi e infiltrati linfocitari. Anche l'avventizia era spesso infiltrata di focolai linfocitari. Queste alterazioni si trovano specialmente in affezioni reumatiche ed in infezioni croniche di altro tipo. Esse possono presentarsi come aspetti morfologici di una mesoaortite reumatica, e gli ispessimenti a cuscinetto dell'intima vengono considerati come conseguenza degli effetti meccanico-funzionali di queste lesioni della media (come pure accade nella mesoaortite luetica). L'infiltrazione di lipidi osservata spesso in questi casi, viene considerata secondaria. Si trovano edemi dell'intima senza lesioni della media, e questi sono interpretati come effetti diretti delle lesioni reumatiche. In caso di arteriosclerosi diffusa e ateromatosi predominante non si riscontrano lesioni alla media nella stessa frequenza ed intensità. In particolare gli infiltrati linfocellulari non vanno di pari passo al grado di distruzione ateromasica (o soltanto in piccola parte) e quindi non vengono interpretati come reazioni secondarie al processo di distruzione dell'intima. Secondo queste ricerche appare quindi che l'infezione, specialmente sotto forma di reumatismo abbia una parte determinante nell'insorgenza dell'aterosclerosi, teoria questa che è stata espressamente riconosciuta da HUECK (cfr. i lav o r i d i B R E D T , JÄGER, H O L L E , V. A L B E R T I N I , W . W . M E Y E R ) . I n t a l m o d o
le
vedute di BEITZKE non trovano soltanto una conferma, bensì viene loro riconosciuta una grande importanza, ma anche qui non mancano contraddizioni: ZEEK e GIGANTE non soltanto negano in base a ricerche in casi di malattie cardiache reumatiche la dipendenza dell'arteriosclerosi da queste, come anche la grande inchiesta della Società Internazionale di Patologia Geografica, non ha fornito alcun rapporto tra malattie infettive e aterosclerosi. Simili risultati si hanno da altre ricerche statistiche, come per es. in GROTEL e Coli.
Anche l'Autore è perplesso circa una generalizzazione eccessiva delle tesi espresse; esse sono le seguenti: i . SCHULZ e KLINGE ammettono sì la possibilità di processi infiammatori secondari nella media in arteriosclerosi stazionarie e progressive, ma sembrano attribuirvi minima importanza. 2. Gran parte delle placche sclerotiche, particolarmente quelle che non mostrano focolai ateromasici grossolani, non si accompagnano a cicatrici 20
—
KAUFMANN
I
3°6
ORGANI DELLA CIRCOLAZIONE
nella media. 3 . 1 casi di ipertonia nel materiale raccolto da SCHULZ e K L I N G E mostrarono, nel loro complesso, le stesse alterazioni della media che si riscontrano nel reumatismo in fase iniziale od a v a n z a t a . 4. L a maggior parte delle aorte sclerotiche mostrano dei gradi di passaggio assolutamente sfumati dalle sclerosi diffuse a quelle a forma di placche dell'intima, cosa diffìcilmente collegabile con l'insorgenza locale di natura meccanica delle placche per stimolo da parte dei focolai della media. 5. V i sono numerose forme di lesioni della media molto g r a v i (per es. nella degenerazione m u coide secondo G S E L L e ERDHEIM, sotto forma di calcificazione della media delle arterie delle gambe, di fibrosi della media delle arterie di tipo muscolare) che procedono senza o con minimi ispessimenti dell'intima. 6. L'infezione reumatica è una m a l a t t i a essenzialmente dell'età giovanile; essa dovrebbe quindi portare ad u n accumulo statisticamente facilmente inquadrabile di arteriosclerosi precoce. L ' A . ha esaminato a questo riguardo i vizi di cuore osservati al tavolo anatomico in quest'ultimo anno e mezzo. Si trattava di 25 casi (di cui 11 uomini e 14 donne), oltre ad un caso di vecchia pericardite reumatica e ad una poliartrite cronica (probabilmente reumatica). E t à media, al momento della morte, 59 anni (28-74). L a mitrale sola fu colpita 10 volte, con le altre valvole 11 volte, l'aorta soltanto o prevalentemente 4 volte. L'arteriosclerosi dell'aorta era irrilevante in 17 casi, moderata in 9, grave soltanto in un unico caso. Solo in quest'ultimo caso, (uomo di 55 anni con un vizio cardiaco di natura reumatica vecchio di tutte le valvole) l'alterazione dell'aorta si differenziava da quelle normalmente osservate a quest'età. Essa consisteva in placche dell'intima simili a porcellana, molto fitte, che si sviluppavano, in gran parte con focolai ateromasici e formazioni ulcerose, nell'aorta toracica ed in tutta quella addominale, parte presentava ulcerazioni e focolai ateromasia ed una trombosi estesa dell'aorta addominale inferiore. Ma anche in questo caso non si potè dimostrare microscopicamente una affezione della media, specialmente della struttura elastico-muscolare conservata ovunque e che non presentava in nessun punto grossolane interruzioni. Si riscontrarono in complesso e in numero ed in estensione esigui, infiltrati perivascolari di linfociti attorno ai vasa vasorum della media e dell'avventizia. Probabilmente la degenerazione ateromasica dell'intima aveva invaso lo strato interno della media. Anche in questo caso non ci viene quindi offerto un confronto con l'aterosclerosi secondaria od aortite luetica, anche se non si potrà negare che qui il reumatismo articolare abbia avuto una parte nell'insorgenza dell'arteriosclerosi. Di particolare interesse fu un caso di reumatismo articolare acuto molto grave in una bambina di 8 anni con mio-, peri- ed endocardite reumatica spiccata (caratterizzata da numerosi noduli di Aschoff). L'aorta era molto sottile e non faceva riconoscere anche microscopicamente alcuna traccia di processi infiammatori reumatici o di altra natura. In un uomo di 23 anni con endocardite recidivante reumatico-ulcerosa dell'aorta (con interessamento della mitrale) e peso del cuore di gr. 645, si trovò nel tratto addominale dell'aorta, una singola placca sclerotica, della grandezza circa di un pfenning. Sotto di questa
ARTERIE
si lasciavano riconoscere microscopicamente nella media fenomeni di smagliatura con distruzione della muscolatura, ma rimanevano conservate le fibre elastiche, fenomeni che rientrano precisamente nel gruppo delle lesioni della media di WIESNER. La media era nell'ambito della placca assottigliata e estroflessa. Sembra all'autore che anche in questo caso non si possa dimostrare chiaramente un rapporto con lesioni reumatiche, anche se è evidente per l'età giovane del soggetto. Si deve dunque dubitare nel complesso che talora una malattia reumatica grave possa costituire un fattore nell'insorgenza dell'arteriosclerosi; l'autore non ritiene fino adesso dimostrata la sua grande importanza per Varteriosclerosi come malattia sistemica del sistema arterioso. Infine si dovrà esaminare il problema del significato delle azioni tossiche non infettive. Purtroppo è molto poco ciò che noi conosciamo e che è effettivamente dimostrabile. L'importanza del piombo viene sottolineata fortemente; la sua azione gioca un certo ruolo specie sui reni con insorgenza di una nefrosclerosi maligna (RUTISHAUSER). KOELSCH è dell'opinione che troppo frequentemente venga accettata nel complesso una relazione tra avvelenamento da piombo ed alterazioni vasali. Sembra che l'alcool non abbia alcuna importanza (WILENS): nei maomettani, nonostante essi non bevano alcool (GROTEL e Coli.), si riscontra spesso l'arteriosclerosi. Circa la nicotina è aperta la questione se questa agisca direttamente oppure se provochi una scarica di adrenalina dai surreni, i quali in esperimenti, nell'avvelenamento cronico da nicotina, possono offrire chiari segni di iperplasia della midollare con stadi di passaggio verso la formazione di adenomi (STAEMMLER). Se poi l'arteriosclerosi sia proprio condizionata dalla nicotina non è certo. Il clinico è in generale incline a riconoscere rapporti corrispondenti (MUNCK, RAAB e FRIEDMANN). Anche nella raccolta statistica della Società Internazionale di Patologia Geografica, essi vengono spesso sottolineati (ANITSCHKOW, FELLER). ASCHOFF ne ammette l'influenza. Secondo HAMPERL una relazione non è t u t t a v i a esattamente dimostrabile. Nell'insorgenza della coronarosclerosi viene sottolineata più fortemente l'importanza del tabacco (BENEKE, JEDLICKA, ENGLISH, WILLINS e BERKSON, GROTEL, MEESSEN). T u t t a v i a attualmente si discute se la sclerosi coronarica, specialmente quella che insorge in età giovanile, in cui si ammettono volentieri rapporti con l'abuso di nicotina, sia da annoverare nella vera arteriosclerosi, oppure nel morbo di Winiwarter-Burger (v. ALBERTINI, BREDT). Anche i risultati degli esperimenti su animali trattati con nicotina, sono nell'insieme molto variabili (letteratura in HUEPER). STAEMMLER, così pure THIENES e BUTT, non poterono produrre in ratti alcuna lesione vasale nonostante u n avvelenamento nicotinico di lunga durata e di alto grado. HUEPER giunse ad altri risultati, t u t t a v i a predominavano le alterazioni della media del tipo della sclerosi adrenalinica.
3
O8
ORGANI
DELLA
CIRCOLAZIONE
Enorme è il numero degli esperimenti che furono intrapresi dopo i primi risultati positivi ottenuti con adrenalina da JosuÉ nel 1903. Essi condussero a necrosi e calcificazione della media dell'aorta e di numerosi altri distretti vasali, il più delle volte con lesione primitiva dello strato muscolare ma, secondo BRAUN e LANGE con un dosaggio più debole, anche ad ispessimenti dell' intima. Sebbene in complesso si sia dell'opinione che la sclerosi o « necrosi » adrenalinica (FISCHER-WASELS) non sia da paragonare all'arteriosclerosi umana ma piuttosto alla calcificazione della media, tuttavia noi osserviamo pure nei tumori della midollare del surrene che mettono in circolo adrenalina (feocromocitomi) chiari casi di arteriosclerosi grave del tipo comune (BIEBL e WICHELS, PAUL e altri). L a sclerosi adrenalinica è molto simile a quella prodotta dalla vitamina D o dall' ergosterina o a quella osservata nell' uomo (SCHMIDTMANN, NICOLE, EISLER, GERLACH, PUTSCHAR). R i s u l t a t i n e g a t i v i in
SCHALLOCK.
Alterazioni vasali uguali si ottennero ripetutamente in esperimenti su animali
(HUECKEL
e WENZEL,
SCHMIDTMANN,
HEUBNER).
Noi conosciamo circa l'azione ormonale che l'ipertiroidismo è in grado, in esperimenti su animali, di arrestare l'insorgere dell' arteriosclerosi, mentre ì'ipotiroidismo (Tiuracile) ha un effetto contrario, ed è stata osservata ripetutamente in stati di ipotiroidismo umano una grave e precoce arteriosclerosi (MERKEL, HOELZER). Neil'iperparatiroidismo osserviamo calcificazioni vasali, nell'iperpituitarismo ripetute volte gravi processi sclerotici (RUGGIERI). Nei tumori della corticale dei surreni possono presentarsi sclerosi vasali precoci. Tuttavia, in tutti questi processi hanno una forte determinante accanto all' azione diretta degli ormoni, aumenti duraturi della pressione sanguigna (cfr. DOLJAN e gli studi sull'ipertonia). È indiscusso il fatto che il sistema nervoso vasale abbia importanza essenziale con i suoi effetti locali sulla tensione delle pareti, sulla circolazione, i restringimenti vasali, le dilatazioni, gli accorciamenti e gli allungamenti. Così possono avere in vario modo azione i fattori psichici e possono essere determinati chiaramente vari gradi di intensità dell'insorgenza dell'aterosclerosi nelle singole regioni vasali (LANGE). Essi contribuiscono indubbiamente anche alla predisposizione familiare ereditaria all' aterosclerosi a cui accennò KAUFMANN nell' ultima edizione di quest'opera con un esempio molto istruttivo. Relazioni locali tra lesioni vasali e affezioni nervose sono state fortemente sottolineate in precedenza a n c h e d a A . FRAENKEL e STAEMMLER. DIETRICH d e s c r i v e
recentemente
un'aterosclerosi precoce in conseguenza di ferita d'arma da fuoco del midollo spinale. Qualora si potessero dimostrare lesioni vasali da abuso di caffeina, sarebbero spiegabili allora anch'esse attraverso effetti sul sistema nervoso. Osserviamo così dunque una gran quantità di fattori ritenuti determinanti o cooperanti nell'insorgenza o nello sviluppo dell'arteriosclerosi.
AKTERIK
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Qualcosa è dimostrato, molto ipotetico, forse meno come fattore principalmente che nella valutazione della sua importanza. È quindi possibile ridurre tutti questi elementi parziali ad un comune denominatore? Alcuni lo chiamano logorio e comprendono con ciò sia l'azione di sforzi meccanici eccessivi, che l'invecchiamento chimico dei colloidi (ASCHOFF, HUECK). Altri considerano l'arteriosclerosi come processo infiammatorio che si sviluppa nel « parenchima » della parete vasale per penetrazione di lesioni d a l l u m e v a s a l e (BREDT, HOLLÉ, W . W . MEYER). HUEPER h a r e c e n t e m e n t e
tentato di spiegare le lesioni nella parete vasale per mezzo di una ipoossiemia, che si sviluppa in tutti i processi che influenzano sfavorevolmente lo scambio di gas tra il sangue e la parete vasale o la circolazione dei liquidi interstiziali nella parete vasale stessa. Essa si verifica per esempio in seguito all'aumento o alla diminuzione della corrente intravasale, in seguito all'aumentata o diminuita tensione della parete vasale o a disturbi delle condizioni di solubilità colloidale dei lipoidi e delle proteine del sangue. A d una simile veduta è giunto pure ROTTER con i suoi esperimenti sugli infarti renali e miocardici ed ha messo in primo piano l'importanza della scarsità di ossigeno per l'insorgenza dell'endoarteritis obliterans e dell'aterosclerosi. L ' A . ritiene infatti che in questo fattore si nasconde appunto un momento molto importante per l'insorgenza dell'arteriosclerosi, e che le teorie di ASCHOFF, HUECK, BREDT, HUEPER
(solo per n o m i n a r e a l c u n i nomi)
permettono nel miglior modo di essere riunite nel senso che tutti quegli agenti i quali influenzano sfavorevolmente l'afflusso di liquido dal lume vasale alle venae vasorum portano allo sviluppo dell'aterosclerosi, e per conseguenza essi: 1. Disturbano la funzione di barriera dell'endotelio, forse non solo nel senso di un rilassamento ma anche di ispessimento. 2. Pregiudicano meccanicamente o chimicamente il flusso attraverso gli spazi dei tessuti, determinando così un ristagno ed un assorbimento maggiore di plasma nella sostanza fondamentale e nelle fibre della parete vasale. 3. Rendono più difficile il deflusso nelle venae vasorum in quanto la loro parete viene ispessita per processi infiltrativi e che ispessiscono i tessuti o viene sclerosato il tessuto connettivale circostante. Questo fatto sarebbe da inquadrare essenzialmente nell'ipotesi del ristagno di liquido di Hueck, tesi sostenuta pure da NORDMANN. In tal modo i fattori meccanici e chimici produrrebbero una loro azione e dalla loro combinazione originerebbe il quadro polimorfo dell'aterosclerosi. Si spiegherebbero così facilmente anche i passaggi e le strette affinità tra le alterazioni indicate come endoarterite e quelle attribuite ad aterosclerosi, le quali si distinguono più secondo il tempo, il grado o lo stadio, che secondo il principio. Se si debbano indicare i processi che si presentano nell'aterosclerosi
ORGANI DELLA
CIRCOLAZIONE
come infiammatori o degenerativi e iperplastici, ci sembra di scarsa importanza. Ciò che noi vediamo come depositi lipoidei, dovrebbe essere ritenuto parte conseguenza di un eccesso colesterinico nell'ipercolesterinemia, parte come un arresto di lipoidi in caso di stasi della corrente dei liquidi interstiziali parte come indice di una vera e propria distruzione degenerativa in seguito a disturbi di nutrizione grossolani della parete vasale. Quando si arriva ad una maggiore imbibizione di liquido sieroso o plasmático, allora insorge l'edema dell'intima sottolineato specialmente da HOLLE, la necrosi da coagulazione della « degenerazione ialina » (HUECK) nei casi protratti, e insorge così la sclerosi. Dai danni molto estesi della nutrizione si sviluppa, specialmente sul fondo delle placche sclerotiche, unitamente a imbibizioni, la necrosi e la calcificazione. Si comprende facilmente che anche processi infiammatori ad inizio acuto e poi passati in una lenta neoformazione connettivale (ad es. nel quadro della malattia di WiniwarterBiirger) possono presentare, nello stadio finale, quadri simili dovuti ad una nutrizione insufficiente dell'intima ispessita, mentre la circolazione è ancora mantenuta. Se la media poi rivesta una parte così determinante in questo processo, come ritengono T H O M A , B E I T Z K E ed ora particolarmente K L I N G E , è secondo l'A. ancora dubbio. Essi sono naturalmente immaginabili anche ad esempio per un rallentamento della circolazione sanguigna (nel senso di THOMA) e conseguente ridotta nutrizione della parete vasale o per disturbi circolatori in seguito ad un ispessimento o compressione delle Venae vasorum.
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Tra i distretti vasali che sono preferibilmente colpiti dall'aterosclerosi o il cui interessamento è di particolare significato, prenderemo in considerazione quattro localizzazioni importanti: le arterie del cuore, del cervello, dei reni e quelle delle estremità inferiori. 1. L a sclerosi coronarica con le sue conseguenze per il ricambio del muscolo cardiaco, rappresenta attualmente una delle cause di mortalità più importanti. Secondo studi eseguiti da GRUBER essa si presenta frequentemente tra le affezioni circolatorie mortali dei vecchi. L a sua parte in caso di decesso cardiaco improvviso, viene rappresentata da HALLERMANN in 783 casi, d a RABSON e HELPERN in 2030 casi.
STEPHAN,
NEWMAN, BREDT sottolineano che essa prende un posto sempre più importante anche nell'età giovanile. Il sesso maschile è più frequentemente colpito (BREDT). Anche STEPHAN e JEDLICKA forniscono un rapporto numerico analogo, anche se non così grossolano come i precedenti. Gli stessi dati risultano dalla sclerosi coronarica in persone più anziane (BAKER e WILLINS). Il tipo costituzionale picnico è più frequentemente colpito (BÄHR, JEDLICKA). Nelle classi sociali più elevate la sclerosi coronarica
suole
essere
più
frequente
(GORDON,
BLAND
e
WHITE,
SMITH).
Per quanto riguarda la razza, sembra che la bianca sia più colpita della nera (però potrebbe essere dimostrato il contrario), tuttavia sembra che l'ambiente eserciti una notevole influenza (JOHNSTON). Considerando le particolarità anatomiche della sclerosi coronarica, non si dovrà tralasciare di considerare la struttura normale di queste arterie. Esse appartengono cioè alle arterie di tipo muscolare, ma si distinguono da queste per ispessimenti iperplastici elastico-connettivali precoci dell'intima che s o n o s i m i l i a q u e l l i d e l l ' a o r t a (GROSS, E B S T E I N e K U G E L , M E E S S E N , K U S N E T Z O W S K Y ) . SPALTEHOLZ e H O C H R E I N n e s o t t o l i n e a n o l ' i m p o r t a n z a f u n z i o n a l e .
WOLFF, UEOKA, ZINCK, BUCHER h a n n o a c c e n n a t o alle p a r t i c o l a r i t à della
muscolare ed agli apparati di chiusura nell'intima. Importanti sono, oltre a queste particolarità della struttura delle pareti, le irregolarità della disposizione e della grandezza delle singole diramazioni principali, tra le quali ha il sopravvento ora quella di destra ora quella di sinistra, ed
ARTERIE
315
evidentemente sostiene il peso principale della circolazione sanguigna ( H A L O N E N , Z O L L ) . S C H L E S I N G E R vide nel 48 % dei cuori esaminati una prevalenza della destra, nel 18 % dell'arteria coronaria sinistra. S C H Ò N MACKERS trovò soltanto nella metà dei casi un tipo di distribuzione normale, in un terzo prevaleva la sinistra, in un sesto prevaleva l'aterosclerosi coronaria destra. L'Autore ha l'impressione che, in tali anomalie, di regola il ramo principale ipoplasico venga colpito dall'arteriosclerosi meno fortemente e meno precocemente che quello più sviluppato. ORsoá e R A U B I T S C H E K sottolineano specialmente l'importanza della posizione dei punti di diramazione dall'aorta. Di grande importanza è la presenza di anastomosi tra i punti di ramificazione dei rami principali che sono molto più ricche di quanto non si fosse precedentemente supposto (MORITZ e B E C K , M O Z E R , L E A R Y e W E A R N ) . Esse possono permettere un regolare afflusso di sangue, specie quando le occlusioni insorgono lentamente. Resta insoluto il problema se anche le vene di Tebesio possano rivestire una certa importanza. Sulla fisiologia della circolazione coronarica consulta R E I N , S C H R E T Z E N M A Y R , O R Z E C H O W S K I . Macroscopicamente si rileva nello studio della sclerosi coronarica, ora una dilatazione ora un restringimento del lume vasale. W . K O C H parla di una forma benigna calcificante e di una maligna ateromatosa. Nel secondo caso si ha una predisposizione alla trombosi. A L B E R T I N I osservò 29 volte dilatazione diffusa e 22 restringimento diffuso. Inoltre egli sottolinea il restringimento a focolaio che si può presentare ora in arterie dilatate ora in arterie ristrette. Anche se per il momento non si possono stabilire delle regole di valore generale, sembra tuttavia che la dilatazione diffusa si presenti più frequentemente in età avanzata, mentre il restringimento a focolaio predilige l'età giovanile. Importante è, in relazione a ciò, lo stato dello strato muscolare e dell'elastica interna, il cui rilassamento funzionale porta all'ectasia (fig. 118). Istologicamente nei casi precoci che permettono ancora un giudizio, predominano ora i depositi di lipoidi ( K U S N E T Z O W S K Y , W O L K O F F , B A E H R , L E A R Y ) , ora gli ispessimenti fibrosi dell'intima ( B E N E K E ) , in cui sembrano predominare, nel gruppo dei casi giovanili, questi ultimi (fibrosi), in quello degli uomini in età avanzata i primi ( L E A R Y ) . In complesso la neoformazione connettivale nella sclerosi coronarica è più intensa che nella sclerosi aortica. La muscolare in generale inizialmente non viene interessata, mentre più tardi fu trovata spesso fortemente atrofica. Ma si deve dire che il giudizio dello spessore dello strato muscolare è fortemente dipendente dal criterio soggettivo, e 1' ampiezza della media in gran parte dalla rigidità postmortale. Per il resto il processo sclerotico si sviluppa nel complesso in modo analogo a quello dell'aorta. Solo pare che stati di imbibizione acuta delle placche sclerotiche e emorragie nella parete ispessita, abbiano un ruolo importante e siano di essenziale importanza per alcune conseguenze della scie-
316
ORGANI DELLA
rosi c o r o n a r i c a
CIRCOLAZIONE
(HORN e FINKELSTEIN, E . MÜLLER, ORSOS, MEESSEN). N e g l i
esperimenti, accanto all' alimentazione con colesterina, riveste u n ruolo anche il t r a t t a m e n t o degli animali con V i g a n t o l (SCHMIDTMANN, WOLKOFF, HAM e LEWIS). LO sforzo fisico eccessivo nel tamburo girante, porta ora ad un intensificarsi d e l l ' e f f e t t o (PFLEIDERER), m a talora questo viene a mancare
(MOSEBACH).
T r a i fattori che contribuiscono all'insorgenza della sclerosi coronarica, accanto ai disturbi del ricambio (il diabete aumenta la tendenza alla coro-
Fig. 118. Sclerosi coronarica. Ispessimento di alto grado dell'intima con depositi di lipoidi e degenerazioni ateromasiche. Forte restringimento del lume. Uomo di 42 anni (Aut. N. 548/1950). Coloraz. Rosso scarlatto. n a r o p a t i a , s e c o n d o NATHANSON, CULLINAM e GRAHAM, LEFKOVITS, STEARNS,
SCHLESINGER e RUDY) si sottolineano fortemente d a molti, momenti meccanici (oscillazioni circolatorie e della tensione della parete, allungamenti, strappi, specie in corrispondenza di curvature, scuotimenti nelle contrazioni cardiache, colpi laterali da parte dell'arteria polmonare, A . SCHULTZ). Per mezzo dei fattori meccanici potrebbe venire spiegato anche il tipo particolare di estensione del processo morboso nel sistema delle arterie coronarie. In prima linea vengono colpiti i 3 rami principali, che si deve
ARTERIE
317
ammettere si trovino sotto l'influenza diretta più forte dei battiti e dei tre quello più frequentemente colpito è il ramo anteriore discendente, e precisamente ad una distanza ben determinata dal suo punto di origine (1 cm. circa). Nei rami medi il processo sclerotico generalmente è minore e nelle diramazioni intermuscolari più piccole è di solito addirittura minimo, anche se in questi casi, non raramente si osservano Iipoìdosl diffuse della parete. Qui cominciano a rendersi palesi gli effetti di apparati di occlusione che equilibrano le differenze di pressione e attenuano l'azione dell'onda pulsante. Invece nei cuscinetti stessi insorgono preferibilmente alterazioni sclerotiche (ZINCK, ROTTER). L'ipertonia aumenta la tendenza ad un'affezione progressiva (BÀUERLE) , gli influssi nervosi sembrano rivestire una particolare importanza (A. DIETRICH, MEESSEN). Anche L'aumento della sclerosi coronarica, per es. nell'età giovanile, è spiegabile nel miglior modo anzitutto con fattori di natura nervosa, da interpretare come risultato di una serie di cause psico-somatiche. Come agiscano i fattori ereditari-familiari, indubbiamente presenti (NEWMAN) , facilmente sottovalutati nella loro importanza dai patologi, se essi producano una labilità vasomotoria maggiore o se influenzino direttamente la struttura anatomica o chimica delle pareti vasali, oppure se portino ad una tendenza ereditaria verso l'ipercolesterinemia (BOAS e Coli.), è, per il momento, un problema ancora insoluto. YATER potè stabilire nella sua vasta serie dì osservazioni su circa 900 casi di sclerosi coronarica in soldati in guerra, l'influenza dell'ereditarietà come fattore etiologico importantissimo. Dalla sclerosi pura delle arterie coronarie, si stacca recentemente una forma speciale che viene inquadrata nel gruppo del morbo di WiniwarterBiirger
(v.
ALBERTINI,
BREDT).
v. ALBERTINI osservò in un sottotipo della sclerosi coronarica, che porta a stenosi circoscritte, distruzioni a focolaio della media, infiltrati cellulari flogistici e proliferazioni cellulari che potevano andare fino alla formazione di tessuto di granulazione e vide qui effetti di danni tossiinfettivi. Egli sottolinea l'età giovanile di questa forma (media 37 anni) e la preferenza del sesso maschile, e la chiama Arteriitis stenosans coronaria. BREDT si associa pienamente a questa ipotesi ed attribuisce particolare importanza all'insorgenza di degenerazioni fibrinoidi nell'intima. ME DOUGALL arriva alla stessa conclusione in un caso di una fanciulla sedicenne. Naturalmente nessuno dei due A A . afferma che ogni sclerosi coronarica abbia origine in questo modo, ma qui, come anche altrove, differenziano l'aterosclerosi secondaria (insorta per via infiammatoria), dalla primaria (autentica genuina). Tuttavia queste ipotesi non rimasero i n c o n t r a s t a t e (MEESSEN,
W A L T H A R D , W E G E L I N , HAUSAMMANN,
NEWMAN). Rigettare completamente questa teoria, sarebbe
BÀUERLE,
certamente
318
ORGANI DELLA
CIRCOLAZIONE
sbagliato. Già JÄGER dimostrò pure che la periarterite nodosa può condurre all'aterosclerosi giovanile. Poiché la trombangite obi. (WINIWARTER-BÜRGER) è un'affezione che è da considerare una malattia generale dei vasi, ma che si presenta molto frequentemente localizzata, dato che noi sappiamo che essa colpisce, non raramente, nella sua generalizzazione, le arterie coronarie, è del tutto probabile che in alcuni casi possano anche venire colpite solo le arterie coronarie e per singoli casi si potranno accettare le ipotesi accennate. Il problema è se si debba attribuire una sostanziale importanza a questa genesi infiammatoria e, come accettato, tossi-infettiva, nel grande grappo della sclerosi coronarica. L a decisione al riguardo è molto diffìcile, poiché
Fig.
ng.
Sclerosi coronarica in un uono di 22 anni morto improvvisamente (Aut. N. 135/1953). Nessun segno di vecchia endoarterite. Forte imbibizione plasmatica del cuscinetto intimale.
nel caso singolo, se non è di natura molto recente, non è possibile distinguere l'infiammazione secondaria originata principalmente dal processo sclerotico da quella primaria, come fu detto già precedentemente parlando delle alterazioni della media dell'aorta. YATER trovò su 866 casi di sclerosi coronarica (dei quali 450 sezionati) che soltanto 10 presentavano alterazioni valvolari di natura reumatica. Ciò non depone per la genesi tossi-infettiva. Le osservazioni furono condotte su uomini di giovane età (soldati in guerra). In ogni modo non si può dare eccessivo valore ai risultati di tali grandi serie di osservazioni, basati per lo più sullo studio di protocolli. L ' A . non si è potuto convincere in una serie di casi esaminati di sclerosi coronarica giovanile e letale, che ci fossero delle
ARTERIE
3X9
alterazioni anatomiche che dimostrassero o rendessero probabile la loro genesi da una endoarterite (vedi fìg. 119 di un uomo di 22 anni, morto improvvisamente per cardiopatia). Su gli aspetti evolutivi della sclerosi coronarica, in questa sede non sarà trattato più dettagliatamente. Sono da mettere in primo piano: necrosi del muscolo cardiaco grossolane o fini. (Per dettagli più particolari consultare l'infarto cardiaco). Lo scompenso cardiaco acuto mortale è fenomeno che si verifica frequentemente. Continuamente si accenna al fatto che, specialmente nella morte coronarica improvvisa, non sempre è dimostrabile l'occlusione completa di uno dei rami maggiori. Sembra piuttosto che la circolazione coronarica, in caso di forte restringimento dei grossi rami, si venga a trovare addirittura in un equilibrio così labile, con una nutrizione ancora sufficiente della muscolatura, che già piccoli disturbi funzionali sotto forma di spasmi o di dilatazioni di origine nervosa del circolo terminale, potrebbero bastare a produrre un'anossiemia grave ed acuta e con ciò provocare attacchi di angina pectoris o sincope cardiaca. A questi si aggiungono poi imbibizioni delle pareti acute specialmente messe in evidenza da OR£O£ e E. MÜLLER che all'autopsia non sono facilmente viste (vedi fig. 110). Una parte analoga possono averla le emorragie nella parete che possono fare rigonfiare gli strati più interni dell'intima ed ostruire il lume (WARTMAN, cfr. pure WINTERNITZ).
È sorprendente come le sclerosi coronariche tendano a complicarsi con processi trombotici, completamente in contrasto per es. con l'aorta, dove l'ateromatosi di grado elevato viene riscontrata molto frequentemente senza trombosi. Ci si sente indotti a paragonare la patogenesi di questi trombi con quella del morbo di Winiwarter-Biirger e di metterli in unione causale con il rigonfiamento fibrinoide del BREDT, del connettivo sottoendoteliale. Certamente anche i fattori emodinamici giocano un ruolo nella loro insorgenza come conseguenza di una insufficienza cardiaca originata da disturbi circolatori (cfr. le trattazioni sulle trombosi). Sul significato del circolo generale per l'insorgenza di queste trombosi arteriose acute oppure di occlusioni non trombotiche delle arterie coronariche, offrono a m p i s c h i a r i m e n t i le osservazioni di BLUMGART, SCHLESINGER e ZOLL,
come pure quelle di MEESSEN, dove le occlusioni si associano direttamente ad uno schock. Sull'arteriosclerosi dei rami dell'arteria coronarica nel miocardio, consulta WEGELIN. 2. L'aterosclerosi delle arterie cerebrali presenta nel complesso un quadro diverso. Il lento, progressivo restringimento dei rami principali è molto più raro che nelle arterie del cuore. Più frequentemente si osserva una dilatazione diffusa e qualche volta addirittura aneurismatica. Ciò è collegato con la muscolare della media molto meno sviluppata (BAKER), la quale porta anche al fatto che il processo sclerotico, nei riguardi delle
320
ORGANI DELLA
CIRCOLAZIONE
arterie cerebrali, sembra spesso dall'esterno molto più importante di quanto non lo sia in realtà. DÖRFLER accenna alla preferenza dei vasi della base in opposto a quelli della volta ed alla arteriosclerosi particolarmente grave delle arterie carotidi nel canale carotico, che egli collega, come già altri A A . , con fattori meccanici (la solida fissazione, il giacere sull'osso e le curve). VOUCKEN si sofferma sui difetti della media. Per i reperti istologici, che corrispondono in fondo a quelli dell'aterosclerosi comune, consulta WOLKOFF. Di particolare importanza è, nelle arterie cerebrali, la forte tendenza alla trombosi (cfr. il paragrafo trombosi nel capitolo Vene). L'aterosclerosi dell'arteria cerebrale media è la più frequente. Ma la lesione più grave nella sclerosi delle arterie cerebrali, si trova alla periferia. Qui il processo assume un altro aspetto come risulta specialmente dall'osservazione delle piccole arterie cerebrali nell' apoplessia emorragica. Deve avere relazione con la capacità di resistenza e la prontezza di reazione locale delle arterie di varie regioni vasali il fatto che nelle forme gravi di ipertonia, i rami dell'arteria lenticulostriata (ma anche altre) mostrano una tendenza spiccata alle necrosi della parete (Angionecrosi, STAEMMLER, WOLFF, Jalinosi, SCHOLZ), che poi sono la causa della formazione di aneurismi o rotture, quadri che ricordano quelli della nefrosclerosi maligna, mentre negli stessi casi le arterie renali di eguale grandezza, permettono di riconoscere una forte iperelastosi, spesso senza sostanziale steatosi e del tutto senza segni di necrosi, le arteriole dello stesso organo, offrono il quadro della ialinosi e della lipoidosi. (Per notizie più dettagliate consulta «disturbi della circolazione del sistema nervoso centrale »). 3. Nell'esame dell'arteriosclerosi delle arterie renali è in primo luogo importante il restringimento (mono o bilaterale) dei punti di emergenza dall'aorta, poiché questo non solo compromette l'afflusso di sangue ai reni, e perciò può portare all'atrofìa generale dell'organo, ma può essere nelle condizioni di provocare una ipertensione renale (cfr. paragrafo Ipertonia). Sclerosi più grossolane nell'ulteriore decorso dei tronchi delle arterie renali sono relativamente rare e un restringimento diffuso del lume non si osserva. Dilatazioni più grossolane del lume sono molto più rare che ad es. nell'arteria splenica. Si potrebbe supporre che l'uscita perpendicolare delle arterie renali produca una certa interruzione dell'onda sfìgmica il cui urto si effettua solo nell'ambito dei punti di emergenza. Ma molto più importante è, anche nei reni, la periferia. Qui il raddoppiamento o lo slaminamento dell'elastica interna è un reperto così frequente, specialmente nelle arterie interlobulares, da non sapere se considerarlo già come indice di una aterosclerosi oppure come un'alterazione presclerotica (fìg. 120). Questa elastosi insorge in grado più accentuato in tutte le forme di ipertonia, ma per es. anche in focolai di raggrinzamento nella pielonefrite cronica (LINDER), in cui non si sa con precisione se la si debba ritenere conseguenza di un processo
ARTERIE
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infiammatorio guarito oppure con un aumento locale della pressione di fronte ad un ostacolo o addirittura come una proliferazione compensatoria per caduta della pressione periferica. L'elastosi nell'ipertonia procede per lo più senza sostanziali depositi di lipoidi. Si è inclini ad indicarla, da un punto di vista meccanico, come un fenomeno di adattamento all'aumentata tensione della parete. E la stessa sofferenza fondamentale porta, nelle arteriole, alla degenerazione ialina e lipidica già descritta, dove si riconosce più chiaramente l'aumentata imbibizione di sostanze plasmatiche della parete vasale e precisamente non solo dell'intima, ma anche della sottile media.
Fig. 120. Elastosi delle arterie medie del rene nell'ipertonia. Donna di 75 a. Aut. N. 457/1950. Coloraz. Weigert elastina.
4. Per quanto riguarda l'arteriosclerosi delle altre arterie addominali ne sottolinea la limitazione ai rami grossi e medi, l'aumento con l'età e la localizzazione in punti particolarmente sottoposti a lavoro. La dilatazione spesso molto pronunziata e la forma serpigginosa dell'arteria splenica è spiegabile in primo luogo meccanicamente (milza come serbatoio di sangue con riempimento vario delle sue lacune e variazioni notevoli del suo volume e della sua posizione nell'addome, S P R I N G O R U M , T H I E R S C H ) . A questo fatto si aggiunge, come specialmente ha affermato S T A E M M L E R , l'atrofìa della muscolare della media con una sostituzione di connettivo e quindi con un tessuto che possiede un'elasticità molto scarsa. R E I T A N O riferisce di un caso di arteriosclerosi grave dello stomaco e del fegato, T H I E S S E N H U S S E N su alterazioni dell'arteria linguale. MALJATZKAJA
21 — KaufmANN I
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ORGANI DELLA
CIRCOLAZIONE
Per la sclerosi dell'arteria polmonare consulta il paragrafo corrispondente nel quadro delle arteriti. 5. Nelle arterie dell'estremità, specialmente delle gambe, da un punto di vista anatomico, dobbiamo distinguere 2 processi: calcificazione della media ( V I R C H O W , M Ò N C K E B E R G ) e sclerosi dell'intima vera e propria. Se si debba escludere completamente la prima dall'aterosclerosi autentica oppure includerla ( M Ò N C K E B E R G , J O R E S ) , come sostiene anche K A U F M A N N , dipende dalla definizione che più o meno si dà all'arteriosclerosi. Se si considerasse la calcificazione della media come affezione a sé stante, ben raramente si avrebbe nelle arterie delle gambe una « autentica » arteriosclerosi. In ogni modo, come già si disse precedentemente, le alterazioni della media e dell'intima non procedono parallelamente. La pura calci-
Fig. 121.
Fig. 122.
Fig. 121. Cosiddetta arteriosclerosi obliterante dell'arteria femorale. Uomo di 59 anni (Aut. N. 2171/1951). Gangrena della gamba. Fig. 122. Calcificazione della media con sclerosi intimale stenosante dell' arteria femorale. Gangrena della gamba per occlusione trombotica parziale del lume residuo. Donna di 69 anni (Aut. N. 107/1952).
ficazione della media procede in genere di pari passo con la dilatazione del lume vasale. Essa si associa quindi all'ectasia senile o presenile. Una scomparsa della muscolare con fibrosi, precede la calcificazione. La calcificazione va definita come « distrofica ». I sali di calcio incrostano un tessuto il quale viene in seguito alterato per disturbi di nutrizione ed in qualche modo nella sua vitalità ed anche nella forma dei suoi colloidi (cfr. figure 100 a, 102). Nella seconda forma, definita da H I N E S e B A R K E R come arteriosclerosis obliterans, le placche sclerotiche dell'intima o l'ispessimento diffuso sono molto pronunziati (fig. 121), ma anche qui non mancano del tutto danni
ARTERIE
323
della media che possono talora spingersi addirittura fino al quadro completamente sviluppato della calcificazione della media (fig. 122). Entrambe queste affezioni colpiscono in prevalenza il sesso maschile. Il rapporto con il sesso femminile è, secondo H I N E S e B A R K E R , di 6 : 1 . In complesso si è indotti a collegare le due affezioni delle arterie femorali con condizioni statiche ( B U C H E R ) . Clinicamente l'arteriosclerosis obliterans riveste un'importanza molto più grande poiché presenta una predisposizione alla trombosi e può determinare il quadro della gangrena senile o presenile. Gli animali si comportano, per quanto riguarda l'aterosclerosi, in modo molto diverso ( K R A U S E , K L O T Z ) . In alcune specie di gallinacei sembra che si verifichi più frequentemente ( P A T E R S O N , M I T C H E L L , W A L L A C E , come pure H O R L I C K , K A T Z e S T A M L E R ) e l'alimentazione sembra avere un ruolo importante, mentre lesioni prodotte da infezioni non hanno alcun valore. In complesso gli animali domestici vengono uccisi troppo presto per poterne studiare l'arteriosclerosi.
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B. L'IPERTENSIONE Sebbene l'aumento della pressione sanguigna — come sintomo o malattia — sia anche un problema di patologia generale, si dovrà discutere in breve qui poiché essa, con le sue conseguenze, occupa una posizione assai importante nel sistema degli organi circolatori. Tre fattori rivestono una parte determinante nella produzione della pressione sanguigna: 1) Il cuore come motore. Una sua insufficienza provoca una caduta della pressione nelle arterie. Ogni aumento della pressione sanguigna richiede una prestazione ed una potenza maggiore del miocardio. Se consiste in un aumento della massa sanguigna espulsa nella unità di tempo, parleremo di ipertensione volume ¡minuto. 2) L'accumulo della forza cardiaca nelle pareti delle grandi arterie elastiche (funzione di « serbatoio d'aria compressa »). Se l'elasticità diminuisce, ad egual grandezza ed ugual rendimento del cuore, la pressione sistolica sale e quella diastolica cade: ipertensione da elasticità. 3) L a resistenza nella circolazione periferica, principalmente subor-
ARTERIE
325
dinata al tono delle piccole arterie. Se questa sale, ne conseguirà: l'ipertensione da resistenza. Noi conosciamo l'ipertonia come sintomo (per es. nelle affezioni renali, disturbi endocrini e nervosi) e l'ipertonia come malattia. Nell'ultimo caso l'aumento della pressione costituisce il sintomo conduttore e dominante del quadro clinico. Con ciò ci riferiamo all' ipertensione essenziale o genuina. Questa forma verrà appunto discussa in questa sede e paragonata alle forme sintomatiche. Poiché il patologo non può misurare la pressione, per lo studio del suo materiale, dovrà basarsi su dati clinici e sulle osservazioni di certi aspetti morfologici secondari dell'ipertonia. I primi potrebbero essere inesatti, in considerazione del fatto che un ammalato ricoverato con insufficienza cardiaca, malgrado la preesistente malattia pressoria, non lascia riscontrare un'apprezzabile ipertensione. L'ipertrofia cardiaca è il più importante tra i fenomeni di orientamento posti a disposizione del morfologo. Se durante un'autopsia si trova una ipertrofia misurabile della sezione sinistra del cuore senza alterazioni delle valvole, del miocardio o dell'aorta, essa sarà un indice sicuro che vi è stata una ipertonia di un tipo qualsiasi. Anche una grandezza normale del cuore non la esclude. Poiché l'ipertrofia cardiaca è una conseguenza dell'ipertonia, essa può mancare quando l'aumento della pressione è insorto da poco tempo (glomerulonefrite acuta e subacuta). U n cuore ipertrofico può anche diventare successivamente atrofico e quindi in rapporto al suo peso non sarà distinguibile da uno normale. Una « ipertrofia cardiaca essenziale » può essere tralasciata in una raccolta statistica. La ipertonia genuina appartiene alle malattie più frequenti specialmente dell'età avanzata. Ecco ora alcuni dati raccolti da protocolli dell'A. negli ultimi 18 mesi. Su 889 autopsie di soggetti oltre i 20 anni furono trovati 139 casi di ipertonia come malattia (19 casi di ipertonia come sintomo), ciò vale a dire che nel 15,6 per cento di tutte le autopsie di adulti, l'ipertensione genuina costituiva la malattia fondamentale. Così essa viene ad occupare il 3 0 posto nella scala della mortalità (tumori 19 % , affezioni cardiache e vasali senza ipertensione 16 % , e precede pure la tubercolosi (6 % compresi i bambini). Naturalmente questi dati non sono rappresentativi in senso assoluto, ma dipendono dalle condizioni generali del paziente e dalla sua età. Le donne vengono colpite più gravemente e fortemente degli uomini. Di tutti gli uomini oltre i 50 anni, il 17 % morì per ipertonia, delle donne della stessa età il 28 % . 'L'ipertonia genuina è una malattia essenzialmente dell'età avanzata, per lo meno per ciò che concerne l'esito letale. L'età media degli uomini al momento del decesso era di 66 anni, quella delle donne di 69.
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ORGANI D E L L A
CIRCOLAZIONE
Secondo il proprio materiale di osservazione morirono per ipertonia fra 30-40 anni 1,5 % 40-50 » 5,2 % 50-60 » 16 % 60-70 » 34 % 70-80 » 35 % oltre gli 80 » 8 % di tutti i morti secondo quest'ordine di età. Appare quindi evidente che l'ipertonia genuina non diminuisce la media della vita. Ciò non vale naturalmente nei casi, relativamente rari, di ipertonia genuina e giovanile. Non è però giusto pensare che escludendo l'ipertonia genuina come malattia estesa legata all'età, le probabilità di vita media sarebbero più elevate. L'ipertonia, con le sue conseguenze, costituisce una delle cause più frequenti di morte improvvisa (sincope, collasso); tra le cause di morte immediata nell'ipertonia genuina l'insufficienza cardiaca (62 casi) occupa il primo posto, compresa la sclerosi coronarica. Un'embolia polmonare, che in questi casi è pure spiegabile da u n punto di vista emo dinamico (cfr. il cap. Trombosi) si trovò 18 volte. Dunque il 58 % dei casi morirono in seguito ad un'insufficienza cardiaca. In contrapposto a ciò stanno 49 casi con emorragie e rammollimenti cerebrali, pari al 35 % . In rapporto a ciò l'uremia (solo 1 caso), non ha praticamente nessuna importanza; analoghi sono i dati di BELTON, anche se raccolti con un sistema differente. L'ipertrofia cardiaca occupa il primo posto fra i reperti rilevati macroscopicamente all' autopsia. Essa colpisce prevalentemente il ventricolo sinistro e porta il peso del cuore fino a 1100 gr. In media esso pesa 470 grammi. Il ventricolo destro, in confronto all'altro, è più piccolo, il cosiddetto indice di funzione secondo A . MÜLLER, diminuisce (DÜLL). Ma se con il vaglio dei pesi assoluti di ambedue le parti del cuore si paragona il loro peso con quello normale, si t r o v a di regola anche un aumento di massa della parete del ventricolo destro che, qualche volta, sarà di poco inferiore a quello di sinistra. Ciò può avere 3 motivi: primo: è collegato con la ipertonia, (specialmente in persone anziane) spesso un enfisema polmonare (che porta all'ipertrofia destra), secondo: una insufficienza cronica del ventricolo sinistro, provocherà col tempo una ipertrofia destra (cfr. KERN) e, terzo: si deve tener conto del fatto che gli stessi fattori, i quali nel grande circolo portano all'ipertonia, hanno simili conseguenze anche nel piccolo circolo (cfr. il cap. sulla Sclerosi polmonare primaria!). Con l'aiuto di pesate sistemiche MERKEL, MERKEL e NADOLNY e nell'Istituto dell'A., FRIEDRICHS, sono giunti a risultati simili. Nello stato di insufficienza il ventricolo sinistro può essere dilatato specialmente se, in seguito a malattia delle arterie coronarie, la sua circolazione subisce dei danni.
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A l secondo posto osserviamo frequentemente un'aterosclerosi pronunziata dei grossi vasi (specialmente dell'aorta, delle arterie coronarie e cerebrali). Tuttavia un parallelismo tra aterosclerosi e ipertonia non esiste. Se però si confronta il grado di aterosclerosi nei casi di morte per neoplasia con quelli per ipertonia genuina, si osserva che i casi di malattia delle arterie di alto grado sono molto più frequenti nell'ipertonia. Da ciò non si può trarre la conclusione che l'aterosclerosi sia la causa o una delle cause dell'ipertonia e ciò è dimostrato dai numerosi casi di aterosclerosi gravissima di persone anziane senza ipertrofia cardiaca e senza aumento della pressione dimostrabile clinicamente. L a tendenza allo sviluppo dell'aterosclerosi di alto grado evidentemente è agevolata dall'aumento della pressione sanguigna. Lo stesso dicasi per la sclerosi coronarica, dove un'insufììcienza cardiaca da ipertonia, porta, non raramente, all'insorgenza di una trombosi. Del tutto differenti sono i reperti dei reni. Nella maggioranza dei casi essi non presentano alterazioni macroscopiche oppure soltanto una lieve diminuzione di volume con una certa granulosità della superficie; forme grossolane di reni grinzi « genuini » (arteriolosclerotici) « piccolo rene rosso», sono per contro rari (25 % circa). Nel cervello si osservano generalmente reperti di piccoli rammollimenti (sostanza bianca, gangli della base), specialmente negli ipertesi in età avanzata. Emorragie più grossolane nei casi di morte sotto i 70 anni sono più frequenti che non dopo i 70. Trombosi dei grossi rami delle arterie della base con estesi rammollimenti, sono relativamente rare. Nei surreni si ha piuttosto frequentemente un aumento di spessore della corticale con forte deposito lipoideo. Esso è non raramente collegato con la formazione di piccoli adenomi della corticale. Queste alterazioni non sono in ogni modo caratteristiche o addirittura specifiche dell'ipertonia e non raramente si osservano anche in casi senza alcun aumento della pressione; ma naturalmente sono più frequenti nell'ipertonia (cfr. più oltre). Fra le alterazioni microscopiche, le più costanti sono quelle delle arteriole renali. Esse consistono: i ° in una lipoidosi e ialinosi delle arteriole, specialmente dei Vasa afferentia. I vasellini sono per lo più ristretti (ciò però non è necessario negli stadi iniziali), la loro parete appare omogenea ed impregnata di sostanze grasse che si depositano a gocce e sembrano essere impregnate di fini sali di calcio. L a sostanza si trova anzitutto nell'intima che per lo più è impregnata soltanto a tratti e spesso in una parte della sua circonferenza, ma può spingersi anche fino alla media, cosicché l'intero vaso appare come un anello omogeneo e quasi privo di nuclei che è'internamente tappezzato da cellule endoteliali (confr. fig. 99). Le sottili fibre elastiche negli stadi iniziali possono essere mantenute o addirittura aumentate, ma * successivamente spariscono. 2 0 In una iperplasia con elastosi dell'intima delle arterie di grosso calibro (a. interlobulares). L a
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ORGANI
DELLA
CIRCOLAZIONE
elastosi non consiste in una proliferazione di fibrille sottili, bensì in uno slaminamento della lamina elastica interna (fino a io e più anelli, cfr. fig. 121). Processi degenerativi scompaiono del tutto, fatti di steatosi si trovano più frequentemente nelle pareti esterne che nell'intima ispessita; il lume delle arterie è spesso ristretto ma non così come l'ispessimento dell'intima fa pensare. Apparentemente, quindi, l'elastosi dell'intima è collegata con una certa dilatazione muscolare. La muscolare delle arterie medie, nella maggior parte dei casi, non presenta grossolane alterazioni. SCHONMACKERS ha recentemente accennato ad un aumento della sua massa dimostrabile misurando la circonferenza dei vasi. Delle due alterazioni vasali sopraccennate, l'arteriolosclerosi, con la sua lipoidosi e ialinosi, è la più costante. La elastosi si presenta più frequentemente anche senza l'ipertonia, anche se più raramente in forma così marcata. La sclerosi delle arteriole dei reni è molto frequente nell'ipertonia genuina ( G U L L e SUTTON, JORES, F I S H B E R G , B E L L e C L A W S O N , F A H R , H E R X H E I M E R e SCHULZ, MORITZ e O L D T , K I M M E L S T I E L , S C R I B A e altri), e quando la malattia ha breve durata, secondo esperienze fatte dall'A., viene raramente rilevata ( F A H R , SHAPIRO, SCRIBA) oppure è così scarsa che la si trova in forma simile in persone anziane anche senza ipertensione. È stato stabilito da tutti i ricercatori, che il suo sviluppo non procede parallelamente all'ipertensione. Le arterie e le arteriole del resto del corpo si comportano in modo molto differente. L'estensione dell'arteriosclerosi a tutto il corpo, come affermano G U L L e SUTTON, è stata confermata solo parzialmente. Oltre ai reni sono colpiti preferibilmente: milza, pancreas, cervello e surreni (per dati statistici consulta MORITZ e O L D T ) . Già i vasi della capsula renale sono generalmente liberi (FAHR), fegato e tubo digerente sono poco colpiti, la partecipazione dei vasi della muscolatura scheletrica è considerata da qualcuno come fortemente marcata (KERNOHAN, A N D E R S O N e K E I T H , SCOTT con SEECOT, H I L L e C L E V E L A N D come pure A N D R U S ) , anche se nel senso di una fibrosi della media. L. SCHMIDT al contrario attribuisce loro una minima importanza. Le alterazioni delle arterie del cervello sono appunto molto chiare ( N E U B Ù R G E R , W O L F F , STAEMMLER, SCHOLZ, A N D E R S e E I C K E , R I N T E L N , SCHEINKER), ma si differenziano nelle diverse regioni del cervello e nella loro manifestazione specialmente nelle arterie di grosso calibro, diversamente da quel che accade nei reni. Esse ricordano fortemente la sclerosi maligna che tratteremo più avanti nel capitolo dedicato ai reni e sono indicate ora come aterosclerosi, ora come « arterionecrosi » ed ora come ialinosi. Le arteriole nel miocardio sono colpite raramente in forma grave (WEGELIN). È da sottolineare il fatto che le arterie più piccole nel pancreas delle persone anziane e nella milza spesso anche nei giovani ( H E R X H E I M E R , H E S S E , MATSUMO), possono essere alterate gravemente senza l'esistenza di una ipertensione (MORITZ e OLDT). Nel pancreas L'A. ha notato che non raramente accanto alla ar-
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teriolo-sclerosi nell'ipertonia si notano delle alterazioni nelle arterie più grandi che apparterrebbero di più al quadro dell'endoarterite; consistono in una proliferazione di cellule e di fibre del connettivo intimale e non lasciano trovare affatto depositi di lipoidi (fìg. 123). Si può quindi dire che fondamentalmente nell'ipertonia genuina di regola esiste nel corpo una arteriolosclerosi generale, che tuttavia non procede parallelamente all'altezza e alla durata della pressione, che sussistono nei singoli organi forti differenze e che vi sono degli organi (spec. la milza) in cui la presenza di un'arteriolosclerosi non rivela necessariamente anche un aumento
Fig. 123. Proliferazione intimale fìbrocellulare in un'arteria media del pancreas nell'ipertonia genuina. Uomo di 50 a. Aut. N. 210/1951.
della pressione. Il fatto che l'arteriolosclerosi si presenti come un'affezione puramente locale, senza alcun rapporto con la pressione generale, è stato dimostrato da STAEMMLER nel testicolo (nelle atrofie e specialmente nel criptorchidismo) e da LINDER nel rene grinzo pielonefritico (anche monolaterale). Si deduce quindi che fattori locali abbiano un ruolo determinante nella sua insorgenza, probabilmente quelli della circolazione e della variazione di corrente. Qui le alterazioni microscopiche degli organi non verranno trattate dettagliatamente, in quanto sono condizionate ai vasi. Esse consistono nei reni in tutti i gradi più marcati di obliterazione di singoli glo-
33°
ORGANI DELLA
CIRCOLAZIONE
menili fino al rene grinzo arteriolosclerotico « genuino ». E conseguenze analoghe possono presentarsi nel pancreas. Nel miocardio si osservano quasi regolarmente piccole necrosi e cicatrici, come segno di insufficienza coronarica. Piccoli rammollimenti sono un reperto molto frequente nel sistema nervoso centrale, tuttavia è più importante stabilire se nel cervello si trovino dei processi del tutto indipendenti dai vasi, i quali possono spiegare l'ipertonia genuina come disturbo circolatorio di origine centrale. CEELEN riteneva di averli individuati nelle alterazioni della fossa romboidea; i reperti non trovarono alcun riconoscimento e
F i g . 124. A u m e n t o delle cellule basofile nel lobo anteriore ipofisario nell'ipertensione D o n n a di 23 anni ( A u t . N . 1 5 / 1 9 5 1 ) .
genuina.
anche recentemente non poterono essere confermati da WEHRLE. Di grande importanza sono i reperti nella ipofisi. Dopo che BERBLINGER ebbe dimostrato fin dal 1920 un aumento delle cellule basofile nel lobo anteriore dell'ipofisi nell'ipertonia renale, il loro rapporto nelle forme essenziali dell'ipertensione sia nel lobo anteriore come pure la loro invasione nel lobo posteriore è stato spesso oggetto di osservazione microscopica. Si può ben stabilire, come risultato che può essere confermato pure dall'A. in base a ricerche da lui stesso eseguite, che la tendenza all'aumento delle cellule basofile nel lobo anteriore e all'immigrazione nel lobo posteriore è aumentata nell'ipertonia genuina (fig. 125), ma che essa si presenta non di rado anche nell'ipertonia renale e la si incontra in non pochi casi anche senza aumento
331
ARTERIE
della
pressione
(cfr.
AHLSTRÒM,
MARCANO,
BERBLINGER,
SCRIBA,
BERG-
FELD e W E E S S E N , DONZELOT, GRAEF, KOCH). L ' i m p o r t a n z a f u n z i o n a l e
del
reperto sarà considerata più tardi. Nel tentativo di valutare funzionalmente i reperti anatomici nell'ipertonia genuina, bisognerà stabilire 4 gruppi di alterazioni'. a) Fenomeni di compensazione in caso di prestazione aumentata del sistema vasale, con neoformazione di materiale tessutale di alto valore: l'ipertrofia delle fibre miocardiche, l'ipertrofia della muscolare e delle membrane elastiche delle arterie medie (specialmente del rene). b) Segni di superaffaticamento del sistema vasale, in cui vorremmo includere l'aterosclerosi dei grossi vasi e arteriolosclerosi (in special modo nei reni e nel cervello). c) Disturbi di circolazione negli organi che si sviluppano da b) (rene, miocardio, cervello, pancreas). d) Alterazioni funzionali di tipo non chiaro, in special modo nelle ghiandole endocrine, la cui importanza fisiologica è ancora da esaminare. L'interrogativo che ci si pone è questo: sono in grado i reperti anatomici di spiegare l'insorgenza dell'ipertonia? Per a) - c) la risposta è negativa. Nei casi precoci il reperto nel cuore e nei vasi è negativo. Ciò che noi osserviamo in essi è da considerare come pura conseguenza. L'ipertonia inizia come sofferenza puramente funzionale, e con una labilità della pressione. In questa fase fino ad oggi non si sono dimostrate alterazioni anatomiche. L'arteriolosclerosi è sì in grado di stabilizzare la pressione alta, m a non di spiegarla. L a patogenesi della ipertonia genuina è tuttora completamente oscura. Per considerarla più da vicino ci poniamo i seguenti due quesiti: i ° Esistono altre forme di ipertensione più facilmente comprensibili? 2° Rivestono alterazioni organiche reperibili in esse, una parte anche nell'insorgenza dell'ipertensione genuina?
1. L ' I P E R T E N S I O N E
ORMONALE
aa) Il surrene. — L a sua insorgenza è molto nota nel feocromocitoma (tumore cromoaffine) della midollare dei surreni o di altri organi cromoaffini. Alla prima descrizione di MANASSE seguirono numerose altre documentazioni e più ampie trattazioni sull'argomento. Letteratura più
vecchia
in
DIETRICH
e
SIEGMUND,
KAHLAU, BRUNSCHWIG e HUMPREYS ZELOT,
HANTSCHMANN,
FINGERLAND,
più recente
in PAUL,
BÜCHNER,
(104 casi della L e t t e r a t u r a ) , SACK,
GOLDENBERG,
DON-
ARANOW,
SMITH e FABER. L a sostanza messa in circolo dai surreni, accanto all'adre-
332
ORGANI
DELLA
CIRCOLAZIONE
nalina, è soprattutto l'arterenol (HOLTZ). Le ripercussioni anatomiche per quanto riguarda il cuore e i vasi possono corrispondere a quelle dell'ipertensione genuina (BIEBL e WICHELS). L'interrogativo se la midollare del surrene, con una produzione maggiore di adrenalina o arterenol, abbia un ruolo nell'insorgenza dell'ipertonia essenziale, viene giudicata variamente, in generale negata. V. LUCADOU trova spesso maggiori valori midollari nei surreni, ma è più propenso a considerarli come stati consecutivi dell'aumentata prestazione del cuore. KONSCHEGG pensa di poter dimostrare nel sangue di persone affette da ipertensione, in quantità maggiore, una adrenalina strettamente collegata ad un lipoide. I risultati hanno bisogno di un riesame. HOLTZ riferisce di un aumento dell'arterenol (nor-adrenalina) nel sangue di ipertonici. Esperimenti di STAEMMLER con nicotina, hanno dimostrato che in seguito ad una aumentata funzione persistente della midollare del surrene, si possono sviluppare iperplasie ed adenomi. In complesso, tuttavia, l'importanza dell' adrenalina e dell'arterenol nell'insorgenza dell'ipertensione essenziale è dubbia. È certo che tumori della corteccia del surrene siano essi di natura benigna o maligna, portano ad aumenti di pressione (cfr. PLAZY e GERMAIN). L ' A . sezionò recentemente una bambina di 9 anni con tumore maligno del peso di K g . 31/2 della corteccia del surrene sinistro che era penetrato nella vena cava inferiore. Pressione 160-170. Peso del cuore 255 grammi! Modificazioni di alto grado in senso maschile dei caratteri secondari, forte crescita dei peli della barba dopo il 6° anno di vita (direttore Dr. Herink, Ospedale della corporazione dei minatori del Bardenberg). Più intensa era l'ipertonia nei casi comunicati dall'A. nel 1949 (ragazzo di 14 anni con 180 di pressione, bimbo di 2 anni con pressione di 220 mm. Hg); anche in altre forme della sindrome adrenogenitale e nel morbo di Cushing (in cui la corteccia del surrene mostra anche una rilevante ipertrofia) gli aumenti di pressione fanno parte del quadro nosologico. Nell'ipertonia genuina si riscontrano con una certa frequenza iperplasie e adenomi nodosi della corteccia del surrene (consulta NEUHAUS, HANTSCHMANN, OPSAHL, BARATH, A . OSWALD, CHWALLA, OPPENHEIMER e FISHBERG, R E I N HART e C A P E L L E R , C A S T L E M A N e S M I T H W I C K , R U S S I , B L U M E N T H A L e G R A Y .
Raccolta dei dati sulle azioni del surrene in OEHME). Vengono pure trovate, con una analoga frequenza, anche in altre ipertensioni (per es. di tipo renale) e non raramente anche senza ipertonia (secondo NEUHAUS, 1/3 degli adenomi della corteccia del surrene, possono presentarsi senza ipertonia!). Ciononostante si afferma sempre più la ipotesi che nell'insorgenza dell'ipertensione in generale, la corteccia del surrene riveste un ruolo determinante. A suo favore parlano i bassi valori pressori nel morbo di Addison, la dimostrazione dell'aumento della sostanza corticotropa nel sangue di ipertonici (JORES, WESTPHAL e SIEVERT), la produzione di ipertensione per mezzo di complessi lipoidali della corteccia con colesterina secondo RAAB, e secondo SELYE
333
ARTERIE
con desossicorticosterone. Tutte queste ricerche e queste esperienze dimostrano solo che nell'insorgenza di una ipertensione i surreni sono necessari, ma non confermano tuttavia che la loro iperfunzione abbia un ruolo nell'ipertonia genuina (cfr. PFEFFER e STAUDINGER, che non riuscirono a dimostrare una maggiore eliminazione di corticoidi minerali nell'urina di ipertonici). bb) Analoga è pure la situazione per quanto riguarda l'ipofisi. I casi di m o r b o
di
Cushing
(RUGGIERI,
JONÁS,
JORES,
RAAB,
A.
OSWALD),
ci
mostrano l'esistenza di una ipertensione ipofisario.. Spesso anche se non sempre, questa si presenta insieme con una iperplasia della corteccia del surrene. Circa il problema della basofilia del lobo anteriore dell'ipofisi e l'invasione basofila nel lobo posteriore, si è già parlato precedentemente. Anche qui notiamo in alcuni casi di ipertonia genuina quadri veramente significativi, ma osserviamo pure valori corrispondenti alla media e non raramente una rilevante invasione di elementi basofili senza alcun segno di ipertensione. In ogni caso il complesso ipertonia-basofilia, morfologicamente non può essere considerato come certo. Tuttavia KYLIN, JORES, WESTPHAL e SIEVERT insistono sull'importanza della ipofisi nell'insorgenza dell'ipertonia genuina ed essi vedono in questa un fatto ipofisario-surrenale che viene confermato in base alle osservazioni interferometriche di HALBRON e KLOTZ. Negativi furono invece i risultati ottenuti da MONASTERIO e GIGLI come pure quelli di BOGAERT e VAN BAARLE. CUSHING pensa sempre più ad una iperfunzione del lobo posteriore dell'ipofisi. In ogni modo il problema non può considerarsi risolto. Forse, i risultati delle ricerche di SELYE ci danno la prospettiva di potere andare più oltre (ipertonia come malattia di adattamento). In complesso abbiamo dei punti d'appoggio nel fatto che il sistema endocrino riveste un'importanza enorme nella regolazione della pressione e nei disturbi di questa regolazione, anche se fino ad oggi non è molto probabile che una determinata ghiandola svolga una funzione determinante. Circa l'azione associata di fattori endocrini, parla pure l'insorgenza di una ipertonia nella sindrome di Morgagni e nel climaterio (HOFF).
2. L ' I P E R T E N S I O N E
NERVOSA
E certa l'importanza del sistema nervoso vegetativo nell'insorgenza dell'ipertonia. Non sono mancate le ricerche per dare una solida base a questo principio sia da un punto di vista sperimentale, sia da un punto di vista anatomico. Con l'eliminazione dei freni pressori (HERING) O col blocco novocainico si può produrre una ipertensione prolungata che procede con
334
ORGANI
DELLA
CIRCOLAZIONE
una frequenza del polso aumentata (« Ipertensione da perdita dei freni»). H E R I N G fa risalire una parte dei casi di ipertensione nell'uomo a disturbi nell'ambito di questo sistema di regolazione. Reperti chiari nell'aorta o nel Sinus caroticus non esistono (HASSELBACH, K E E L E ) . D I X O N e H E L L E R produssero con iniezioni di caolino nella cisterna cerebello-medullaris aumenti della pressione intracranica e osservarono come conseguenza un aumento prolungato della pressione, per quanto non è sicuro se dei processi infiammatori nel pavimento del quarto ventricolo non vi abbiano preso parte. Tanto il sistema ormonale come pure il chimismo ematico non sembrano alterati (HÖGLER, UBERRACK, Z E L L e FALTA). Per mezzo di lesioni sperimentali nel pavimento del I I I ventricolo (BOGAERT) O nei corpi mammillari ( H O F F e URBAN) si può produrre ipertensione. NORDMANN, come pure MÜLLER, W E S T P H A L e LÖBLICH, trovò nei casi di •poliomielite con ipertensione, distruzione di cellule nella substantia reticularis grisea della medulla oblongata ed ammette una ipertensione da perdita dei freni (inibitori). I reperti trovano conferma in SALUS e LACHMUND. Analoghe osservazioni furono fatte nella polineurite con compromissione del glossofaringeo (LAMPEN, VOLHARD, BODECHTEL) O nell'infiammazione del ganglio di Gasser (TRÉMOLIERES e V E R A N ) . Che vi siano ipertensioni di natura centrale, ma sempre solo transitorie (!), lo dimostrano inoltre osservazioni in encefalografie (A. MEYER) dopo traumi (BEIGLBÖCK, WEISSMANN, STERN, RAAB, SARRE cfr. anche F . KOCH, il quale con B O DECHTEL vede criticamente questo rapporto), nell'encefalite e nella febbre petecchiale (raramente!) (ROBBERS, FISHBECK e Cpll.) e in altre infezioni (ARNOLD), in intossicazioni con CO (STÄMMLER e PARADE) e piombo ( V I G DORTCHICK). Tuttavia dal punto di vista peritale si raccomanda una certa riservatezza in special modo nel problema dell'insorgenza dell'ipertensione dopo amputazione (come conseguenza di irritazioni del moncone ( v . V E I L e STURM). A . STURM vede in genere nell'ipertensione un sintomo diencefalico e fa distinzione tra forme diencefaliche primarie che si originano da una minorazione organica congenita oppure una lesione cerebrale diretta, e forme diencefaliche secondarie originate da influenze centrìpete sull'ipotalamo. Nella parete posteriore del I I I ventricolo si trova secondo H E S S il campo pressorio. E non v'è dubbio circa il fatto che questi centri più profondi situati nel diencefalo e nel rombencefalo si trovino sotto l'influenza di parti cerebrali più alte e inoltre che essi sono fortemente influenzati da fattori psichici. È difficile stabilire l'entità di questa influenza e fino a che punto possa condurre a ipertensione durevole. Tutti i risultati sopracitati di ricerche sperimentali e anatomiche sono difficilmente valorizzagli per la patogenesi dell'ipertonia genuina umana, poiché in essa sino ad oggi, non conosciamo alterazioni anatomiche chiare nel sistema nervoso centrale e periferico. I precedenti reperti di CEELEN
335
ARTERIE
nel midollo allungato non furono confermati da ricercatori posteriori (RÜCKERT, e DEILMANN, WEHRLE). Anche i vasi del midollo si presentavano inalterati negli esperimenti eseguiti da TUTHILL in contrasto con i reperti di BORDLEY e BAKER. Con ciò non è detto tuttavia che delle alterazioni di tipo funzionale, restate fino ad oggi anatomicamente non apprezzabili, possano avere una certa importanza. In questo senso parla oltre tutto il fatto che l'ipertonia genuina comincia innanzitutto con una ipertensione labile che soltanto in seguito si trasforma in una forma stabile. Se si confermassero i risultati ottenuti da ATEROTH e KREUZIGER (diminuzione dell'elasticità del sinus caroticus nell'ipertonia essenziale), si avrebbe un indizio che questa forma (come VOLHARD suppose) poteva essere originata primariamente da una diminuita stimolazione dei freni pressori. Un aumento di grandezza del glomus caroticus supposto da LANGE nell'ipertonia non poté essere confermato da R i x e SCHREYER.
3. I P E R T E N S I O N E
RENALE
Tra le malattie renali, regolarmente, la glomerulonefrite diffusa con i suoi esiti nel rene grinzo secondario, porta all'ipertensione. L a stessa cosa si osserva frequentemente nella pielonefrite cronica (secondo BRETSCHGER nel 42-58 % , secondo CHWALLA solo occasionalmente) e più raramente nei reni cistici (WILLER, HOLLO e KOLBENHEYER) come pure nella idronefrosi bilaterale (specie infetta, BRETSCHGER) e nel rene grinzo amiloide. Le nefrosi non procedono con ipertonia (eccezioni: rene da sublimato, sindrome da schiacciamento, rene da gravidanza). Per maggiori schiarimenti consulta il capitolo sui reni. Dopo che nel 1898 TIGERSTEDT e BERGMANN trovarono in estratti di reni una sostanza ipertensiva che essi chiamarono renina, HARTWICH e GOLDBLATT c o m e p u r e HOUSSAY e PAGE c o n CORCORAN m o s t r a r o n o c h e
si poteva ottenere una ipertensione continua con restringimento della circolazione renale. Questa insorge probabilmente per azione della renina sull'ipertensinogeno prodotto dal fegato e formazione di ipertensina. Secondo ENGER si trova nel sangue un'altra sostanza che egli chiama nefrina. Dopo strozzamento prolungato si presentano nei reni delle alterazioni vasali simili a quelle dell'ipertonia genuina, in parte simili a quelle della nefrosclerosi maligna; contemporaneamente l'ipertensione diventa stabile e non ritorna normale neppure dopo lo scioglimento delle morsette o dopo l'asportazione del rene strozzato. Come già negli animali un danno monolaterale della circolazione renale è sufficiente a produrre un'ipertensione (per lo meno transitoria), osserviamo pure nell'uomo ipertonie originate non
336
ORGANI
DELLA
CIRCOLAZIONE
raramente da un'affezione renale monolaterale (arterosclerosi o restringimento trombotico di una arteria renale, idronefrosi monolaterale, calcolosi renale m o n o l a t e r a l e . Cfr. i l a v o r i di YUILE, FREEMAN, e HARTLEY, STEWART, L E I T E R , MORITZ e O L D T , O P P E N H E I M E R , K L E M P E R E R e M O S C H K O W I T Z , R I C H A R -
DSON. B u o n a s i n t e s i i n GYÓRI. Q u a d r i clinici in HEINTZ, LOSSE, GÒRLITZ).
Anche in trombosi (BRASS) O stenosi circoscritte (WEN-WANG) può presentarsi una ipertensione da strozzamento. Così è talora possibile vincere una ipertonia per mezzo di una nefrectomia monolaterale (BUTLER, SCHRÒDER e FISCH, BRAASCH e HAMMER, LINDER). C i r c a l ' i n s o r g e n z a d e l l ' i p e r -
tensione genuina questi quesiti risultano di importanza secondaria dato che per lo meno negli stati iniziali i reni sono inalterati e le sostanze pressorie accennate non sono aumentate nel sangue (BILECKI). Forse la situazione in stadi più avanzati sarà diversa quando, in seguito all'arteriosclerosi, si avrà un restringimento delle vie circolatorie e gli elementi endocrini dei reni (Cumuli cellulari di BECHER, FEYRTER) avranno subito un aumento. Per il rene endocrino (SELYE) consulta il capitolo dei reni. Ancora non è chiaro come insorga l'ipertensione nella glomerulonefrite acuta e nell'eclampsia. In complesso si dovrà ammettere che il meccanismo dell'ipertensione renale non riveste alcuna importanza nell'insorgenza dell'ipertonia essenziale.
4. I P E R T E N S I O N E
CHIMICA
L'espressione è forse esagerata e con essa si vuol solo dire che i fattori del ricambio hanno un ruolo nell'insorgenza dell'ipertensione. Gli esperimenti di M. SCHMIDTMANN ci hanno mostrato che l'ipercolesterinemia prodotta artificialmente, fa aumentare la pressione. Con ciò non è detto naturalmente che qualsiasi forma non ancora chiarita di ipertonia derivi da un aumento di colesterina nel sangue. Un simile aumento nell'ipertonia genuina fu in alcuni casi effettivamente trovato (PRIBRAM e KLEIN, WESTPHAL,
DECOURT,
DOMENECH
e LAFUENTE,
BARBILIAN), in a l t r i n o n lo si p o t è
individuare
NICOLESCO,
HERESCO
(FAHRIG e
e
WACKER,
MEDVCI, STRISOWER, PUXEDDU e LEONI, PAGE, K I R K e S L Y K E , KIRCHGESS-
NER) ed in altri ancora fu considerata non essenziale. HANDOVSKY c o m e p u r e ALVAREZ e
NEUSCHLOSS si s o f f e r m a n o su
situazioni particolari della soluzione della colesterina nel sangue. Per l'importanza del ricambio generale parla la maggiore incidenza di ipertonia genuina nelle persone grasse (MARTINI) nei diabetici come pure l'esperienza degli anni di carestia in cui il numero di persone affette da disturbi pressori diminuì mentre aumentò quello degli ipotonici.
ARTERIE
337
Riassumendo si potrà quindi dire che lo studio delle forme di ipertensione patogénicamente apprezzabili non fornisce in alcun punto una chiara indicazione circa il modo di insorgenza dell'ipertonia genuina, ma ci fornisce quei fattori la cui influenza dovrà essere considerata in una ulteriore ricerca: fattori ormonali, nervosi e chimici (OEHME). Noi non sappiamo ancora in quale gruppo delle varie forme di ipertensione si debba inserire l'ipertonia genuina. VOLHARD pensa in prima linea ad una ipertensione da elasticità, HOFF ad una ipertensione da resistenza. È comunque possibile che l'ipertonia genuina inizi come ipertensione da elasticità per diventare poi ipertensione da resistenza. Dato che la patogenesi è incerta lo è di conseguenza ancor più il complesso di cause che ne determinano l'insorgenza. Sotto queste possono essere nominate alcune condizioni. Abbiamo al primo posto l'età. Secondo i dati precedentemente esposti il numero di soggetti con ipertensione tra i 30-40 anni è ancora minimo. Tra i 40 e i 50 si ha circa il 5 % di mortalità; tra i 50 e 60 anni il 16 % . Tra i 60-80 anni, una persona su tre muore per ipertonia. E qui si aggiunge come momento molto importante il significato dell'ereditarietà (WEITZ, KAUFFMANN, SMIRK), che secondo PLATT è d i m o s t r a b i l e nel 90 % dei casi.
Ma dove questi fattori ereditari si insediano, se nel sistema neuro-vegetativo, se nelle ghiandole endocrine oppure nelle stesse pareti vasali, non è chiaro. L'importanza della costituzione è deducibile dal fatto che l'ipertonia si presenta frequentemente nei picnici e molto raramente nei leptosomi. L'importanza poi di fattori generali dell'ambiente e della civilizzazione la si osserva nel fatto che nei negri residenti in patria l'ipertonia è quasi sconosciuta, mentre individui della stessa razza in America, sono colpiti da questa malattia più frequentemente dei bianchi (SCHULZE e SCHWAB, WEISS
e
PRUZMACK,
KRESILMAN).
R.
JAFFÉ
ha
constatato
lo
stesso
sulla nefrosclerosi a Chicago, SMIRK per i Cinesi, Negri e Indiani. Tra questi danni della civiltà possono giocare un ruolo anche l'alimentazione e i veleni voluttuari (specialmente la nicotina). È certo più importante tutto l'insieme di stimoli che colpisce il sistema nervoso generale e vegetativo, a cui l'organismo non è adattato sufficientemente e a cui esso reagisce con le malattie di adattamento nel senso di SELYE. Se tra questi stimoli anche quelli di tipo infettivo rivestano una certa importanza come è sostenuto da ARNOLD, il dimostrarlo sarà compito di un'ulteriore ricerca. Circa il problema della nefrosclerosi maligna e dell'ipertensione maligna, si troveranno particolari più dettagliati nel capitolo dei reni. Ivi si troveranno pure notizie più particolareggiate sulla ipertensione renale sperimentale.
22
—
KAUFMANN
I
338
ORGANI DELLA
CIRCOLAZIONE
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Appendice. L'Ipertonia nel piccolo circolo
Un aumento della pressione nel grande circolo ha in generale come premessa 2 fattori: i ° un aumento di resistenza alla periferia vasale e 2° un miocardio che è abbastanza adattabile, in grado di vincere la maggiore resistenza con u n maggiore rendimento. L'aumento della resistenza periferica è in genere di natura funzionale. Non esiste alcuna malattia organica dei vasi che si possa spiegare con un restringimento del letto vasale (se noi escludiamo il restringimento dell'aorta stessa, ad es. presso l'istmo). Nelle stesse affezioni generalizzate delle arterie per es. periarterite nodosa, morbo di Winiwarter-Biirger, endarterite generale, di solito, non sono colpiti vasi così numerosi da dar luogo ad un restringimento sostanziale di tutto il circolo. Se noi in esse osserviamo un aumento della pressione sanguigna, questa sarà spiegata con una diminuita circolazione re-
ARTERIE
341
naie come risulta dagli esperimenti di strozzamento di HARTWICH e GOLDBLATT.
Differente è la situazione nel piccolo circolo. Qui tutto il sangue deve passare attraverso il sistema vasale di un singolo organo e ogni ostacolo nell'afflusso nei vasi polmonari o nel deflusso del sangue polmonare, si ripercuoterà nel ventricolo destro. Questo si adatta alle aumentate esigenze, e si ipertrofìzza. In caso di insufficienza si avrà una dilatazione. Noi parliamo di cuore polmonare. Misurando la pressione nel ventricolo destro (come adesso questa viene praticata con il sondaggio dal sistema venoso) questa è aumentata. Si tratta dunque di un'ipertonia nel piccolo circolo (ipertonia polmonare).
Fig. 125. Aterosclerosi grave dell'a. polmonare (ramo di calibro medio) con depositi di lipoidi e di calcio in un caso di vecchio vizio nutralico. Donna di 47 anni (Aut. N. 197/1950).
Questa si presenta con maggiore frequenza nei vizi organici della mitrale, che portano a stenosi od insufficienza. Come conseguenza non manca quasi mai una aterosclerosi delle arterie polmonari nei casi cronici. Essa si presenta più di frequente nei grossi rami nei disturbi di nutrizione dell'intima con depositi di lipoidi e formazione di ateromi, mentre nei rami più piccoli, predominano ispessimenti iperplastici con elastosi dell'intima (fig. 125). In questi casi si parla di sclerosi polmonare secondaria. Le concomitanti alterazioni delle arterie polmonari vengono considerate generalmente come conseguenza dell'aumentata pressione, mentre BREDT fa responsabile di ciò una endoarterite flogistica di tipo reumatico corrispondente alla
342
ORGANI DELLA
CIRCOLAZIONE
endocardite. Se in alcuni casi questa teoria si è rivelata esatta, non la si deve generalizzare poiché anche affezioni del parenchima polmonare stesso e del torace, che ostacolano la circolazione, possono portare a quadri simili di sclerosi polmonare. Questo vale in special modo per la cifoscoliosi, per l'asma bronchiale, l'enfisema polmonare, per la silicosi, tubercolosi cronica, aderenze pleuriche, bronchiti croniche con bronchiectasie, restringimenti cicatriziali (silicotici) delle vene polmonari e processi simili (cfr. THORHORST, L J U N G D A H L W . F I S C H E R , J O R E S , MOSCHOWITZ, C O R B I N I , T O S E T T I ,
MERKEL,
Le alterazioni delle arterie polmonari presentano forti differenze e non procedono parallelamente all'aumento di pressione (e ipertrofia del miocardio), e quindi non sono evidentemente da attribuire soltanto ad un fattore meccanico. In un secondo gruppo di casi si riscontrano occlusioni trombotiche o emboliche di zone più vaste del sistema arterioso polmonare, che spiegano l'aumento della resistenza nel piccolo circolo e la conseguente ipertrofia del ventricolo destro ( L J U N G D A H L , G Ò D E L , F O S S E L , D E S C L I N e R É GNIER). Anche questo gruppo appartiene alla «sclerosi polmonare secondaria ». In un terzo gruppo si nota al tavolo anatomico in primo luogo una ipertrofia del cuore destro che non viene spiegata da affezioni più grossolane dei polmoni stessi o dei vasi più grossi. E così anche quando in tali casi i grandi rami dell'arteria polmonare presentano placche sclerotiche e processi ateromasici, questi non sono da considerare come cause, ma conseguenza dell'ipertonia nel piccolo circolo che porta all'ipertrofia del ventricolo destro. In tali casi si parla della cosiddetta « sclerosi polmonare primaria » ( R O M B E R G ) , senza che venga dato con questa denominazione, un giudizio sulla natura del processo morboso. Lo studio dei distretti periferici dell'arteria polmonare, offre alterazioni molto varie: a) Una arterio- e arteriolosclerosi ( M Ó N C K E B E R G , L J U N G D A H L , G Ó D E L , ROTTER).
POSSELT,
ROSENTHAL,
FOETZ,
SEELY,
KAUMP
e
D R Y , MERKEL,
MAUER,
e J O N E S ) , in cui dei processi proliferativi si presentano in forma più marcata che nel grande circolo. Se si debbano considerare questi processi come cause dell'ipertonia, è molto dubbio. Probabilmente si tratta di manifestazioni secondarie ( M E R K E L , D E L I U S , W I T Z E N H A U S E N ) . b) In una parte dei casi si riscontrano delle alterazioni infiammatorie nelle piccole arterie ( B R E D T , R Ò S S L E , W I E S E , S T A E M M L E R , H Ò N I G , H Ò R A , N A G E L , S T A E M M L E R e SCHMITT, J U N G ed altri), che vengono definite da B R E D T come endoarterite polmonare e da W I E S E tromboarterite polmonare obliterante (fig. 126). B R E D T sottolinea in questi casi specialmente le alterazioni della media e pensa a relazioni con affezioni vasali reumatico-infiammatorie di natura allergica come viene riferito da v. G L A H N e P A P P E N H E I M E R . W I E S E PARMLEY
ARTERIE
343
considera fatto essenziale l'attivazione dell'endotelio con formazione di vegetazioni verrucose di natura trombotica. c) In un ulteriore numero di casi, anche l'accurata ricerca microscopica non fu in grado di accertare un processo morboso delle arterie, che potesse spiegare la resistenza nel piccolo circolo. Si trovarono soltanto iperplasie degli elementi elastici e ipertrofìe (un po' dubbie) della muscolare delle arterie
(STAEMMLER,
MERKEL,
LANGE,
JARRET,
ENZER,
STAEMMLER
e
SCHMITT, MCKEOWN). La resistenza alla periferia dei vasi deve dunque essere di tipo funzionale.
Fig. 126. « Endoarterite obliterante » nel ramo maggiore di un'arteria polmonare nella cosiddetta «sclerosi polmonare primaria». Osservazione di S T A E M M L E R e S C H M I T T in bambino di un anno e mezzo (Aut. N. 310/1950).
d) Si osservano, infine, dei casi in cui si trovano sì delle alterazioni nel senso di WIESE, ma l'estensione e l'età dei processi non sono sufficienti a spiegare l'ipertrofia del ventricolo destro. STAEMMLER perciò con più forte accentuazione dell'opinione di STEINBERG e ROSENTHAL, è del parere che qui l'ipertonia nel piccolo circolo è primitiva, e che da questa, con l'affaticamento dei vasi, si sviluppino secondariamente, alterazioni della parete delle arterie. A questa interpretazione si sono affiancati ROTTER, LANGE,
MERKEL,
FLIEGE,
DELIUS;
in proposito
NAGEL
come
DELIUS
e
WITZENHAUSEN sostengono l'opinione, che malattie locali dei vasi possono scatenare in via riflessa un aumento universale della pressione del sangue.
344
ORGANI D E L L A
CIRCOLAZIONE
Le alterazioni nelle osservazioni raccolte nel gruppo 3, particolarmente nelle sottoforme a, c, d, corrispondono perciò ampiamente a quelle trovate nella cosiddetta ipertensione genuina nella grande circolazione. I reperti anatomici rilevati hanno il carattere di alterazioni vasali secondarie e non spiegano la genesi dell'ipertonia. Questa è piuttosto da considerarsi primaria : « ipertonia primaria del piccolo circolo », nella quale TURCHETTI e SCHIROSA distinguono uno stadio funzionale ed uno organico. Che il sistema vasale polmonare sia sottoposto a forti oscillazioni vasomotorie è d i m o s t r a t o dalle ricerche di D A L Y DE BURGH, DUKE e WEATHERALL.
Forse entrano anche in gioco anastomosi fra arterie bronchiali e polmonari (LAPP).
Fig. 127. Obliterazione capillare con proliferazione di fibre reticolari nelle pareti alveolari del polmone quale causa di una ipertonia nel piccolo circolo. Donna di 41 anni. (Aut. N. 491/1950). (Osserv. di S T A E M M L E R e S C H M I T T ) .
Anche una parte delle alterazioni vasali del sottogruppo b) si dovrà spiegare (STAEMMLER) col fatto che il sovraccarico meccanico dei vasi polmonari attraverso la penetrazione di plasma sanguigno nelle pareti vasali provoca l'insorgere di un'endoarterite (ROTTER), mentre per l'altra parte lesioni vasali infiammatorio-infettive od allergiche (BREDT, STAEMMLER e SCHMITT) possono rappresentare il fatto primitivo. L a concezione di STAEMMLER dell'importanza dell'ipertensione primaria nel piccolo circolo e delle alterazioni arteriose secondarie sviluppantesi da essa, è suffragata dal fatto, che anche nelle sclerosi polmonari sicu-
ARTERIE
345
ramente secondarie, che non sono affezioni vasali primarie, si sviluppano nelle arterie processi, che somigliano a quelli della cosiddetta sclerosi polmonare primaria (MERKEL, ROTTER). Anche nei casi di vizi cardiaci congeniti sono state ripetutamente trovate uguali alterazioni delle arterie che erano da ascriversi ad una iperpressione (WÀTJEN, GOESSNER, GEMBERT,
LENZ).
Questa cosiddetta sclerosi polmonare primaria non è perciò da considerare come una affezione unitaria. Essa ha a volte quale substrato anatomico vere e proprie malattie infiammatorie vasali primarie (come appare del resto anche evidente dalla partecipazione del sistema vascolare polmonare nella malattia di Winiwarter-Buerger, vedi questa!), le quali, almeno in parte sono di natura allergica (vedi BREDT, ROESSLE, STAEMMLER e SCHMITT), oppure sono causate da una vera e propria arteriosclerosi (nella quale non si sa quale sia la causa primaria), come pure da una ipertonia funzionale primaria nel piccolo circolo, dalla quale si possono sviluppare secondariamente alterazioni vascolari di vario tipo. Se eziologicamente abbia importanza pure la sifilide, come riteneva AYERZA, è dubbio. Ultimamente anche HEJTMANCIK e Coli, tornano sulla stessa ipotesi. L a malattia non è affatto rara. Essa viene osservata maggiormente in soggetti giovani che non anziani, è però (quale ipertonia del piccolo circolo, ipertonia
polmonare,
LANGE, F L I E G E , D E L I U S )
verosimilmente più
frequente
negli anziani e si manifesta nella sua forma infiammatoria già in giovani e bambini (STAEMMLER e SCHMITT). La dimostrazione della ereditarietà della ipertonia polmonare per LANGE ha grande importanza proprio in confronto con l'ipertonia comune. STAEMMLER e SCHMITT hanno comunicato ultimamente un reperto, in cui una ipertensione del piccolo circolo è stata provocata da una malattia obliterante primaria dei capillari nei polmoni. Essa dovette essere considerata conseguenza di una infiammazione sierosa nel tessuto polmonare (fig. 127).
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C. INFIAMMAZIONI DELLE ARTERIE 1. INFIAMMAZIONI NON S P E C I F I C H E a)
INFIAMMAZIONI
DELLE
ARTERIE
PURAMENTE
LOCALI
Arterie che si trovano nell'interno di processi infiammatori -purulenti 0 gangrenosi vengono non di rado coinvolte da questi. La parete viene fusa, e segue erosione con emorragia. Qualche volta la rottura è preceduta da un aneurisma da erosione. Tali complicazioni, spesso mortali, di processi purulenti locali, vengono osservate in ferite d'arma da fuoco infette, in ascessi polmonari e caverne gangrenose, in tonsilliti purulente, ascessuali o gangrenose, in grandi foruncoli e nel carbonchio, nell'ambito di processi suppurativi osteomielitici, in affezioni ghiandolari (ghiandole linfatiche inguinali e del collo), ma in forma simile pure in formazioni tumorali in disfacimento gangrenoso (cfr. anche K A U F M A N N dopo tracheotomie). Fonti emorragiche particolarmente frequenti sono i rami arteriosi del fondo di un'ulcera gastrica o duodenale (fig. 128), sul fondo di una ulcera tifoidea, di una ulcerazione dissenterica della mucosa. In tutti i
ARTERIE
347
i ^ l l i P i l
Fig. 128. Erosione di un ramo maggiore arterioso sul fondo di un'ulcera acuta dello stomaco. Uomo di 38 anni (Aut. N. 739/1951).
Fig. 129. Endoarterite purulenta nello spazio subaracnoideo in un caso di meningite purulenta. Ragazza di 17 anni (Aut. N. 433/1950).
34»
ORGANI
DELLA
CIRCOLAZIONE
casi la rottura dei vasi è preceduta da una arterite, il più delle volte non specifica, con distruzione della parete vasale, che è tanto più pericolosa quanto più celermente si sviluppa. Talvolta i rami arteriosi che si trovano nell'ambito di processi infiammatori acuti (per es. nello spazio subaracnoideo nel corso di meningite purulenta, vedi fig. 129) mostrano una pura endoarterite purulenta con un forte ispessimento infiammatorio dell'intima. Nel caso di un progredire lento si ha di regola una proliferazione di alto grado dell'intima, con o senza formazioni trombotiche, che restringe od occlude completamente il lume impedendo così la rottura. Ciò è anche la causa del fatto che queste emorragie sono relativamente rare in vene maggiori, poiché in queste si sviluppa più facilmente una trombosi con obliterazione del lume.
Fig. 130. Endoarterite obliterante in nodo sicliotico in silicotubercolosi dei polmoni. Uomo di 60 anni (Aut. N. 176/1951).
Tentativi sperimentali con l'introduzione di batteri nel tessuto avventiziale (WINTERNITZ e LE COMPTE) portarono regolarmente in breve tempo alla formazione di proliferazioni dell'intima e conseguentemente non alla rottura. Nell'ambito di processi infiammatori cronici le proliferazioni dell'i«tima nelle arterie sono in primo piano. Esse di solito hanno inizio con una infiltrazione di liquido edematoso-albuminoso attraverso l'endotelio nello strato subendoteliale della intima, come si pi ò osservare in modo parti-
ARTERIE
349
colarmente chiaro nei vasi dello spazio subaracnoideo in casi di meningite subacuta (SPANG, EICKE, SCHALLOCK), ma praticamente quasi sempre a una certa distanza da un ascesso e nel territorio marginale di un'infiammazione demarcante in casi di congelamento, ecc. . . . Si forma dunque una endoarterite sierosa alla cui genesi possono partecipare pure i vasa vasorum. Indi si inizia lo stadio della proliferazione cellulare e fibrosa, l'intima si ispessisce, il più delle volte eccentricamente, il lume viene ristretto. L'elastica è quasi sempre ben delimitata e non interrotta. A volte si possono avere anche proliferazioni granuleggianti che dall'avventizia si aprono il varco attraverso la media spingendosi fino all'intima. L a proliferazione neoformata dell'intima diviene man mano più povera di cellule, più ricca di fibre, il tessuto diventa più rigido e ialino a causa dell'addensamento di albumina. Se il processo si arresta ed il lume permane, intorno al residuo del lume si forma spesso una nuova elastica; all'esterno di questa si può formare anche una muscolatura anulare. Così si sviluppa l'endoarterite obliterante con il suo quadro finale molto variabile, specialmente nel tessuto cicatriziale calloso sul fondo dell'ulcera, di frequente in casi di colecistite cronica, in vecchi processi polmonari cicatriziali (come pure nella t u b e r c o l o s i e silicosi)
(GERSTEL, ARAI)
(fig. 130).
Fra i processi infiammatori locali possono essere annoverati anche quei processi che si sviluppano dopo l'eliminazione fisiologica di certi tratti vasali (dotto arterioso di Botallo, arterie e vene ombelicali, dotto venoso di Aranzio) (cfr. anche disturbi del ricambio delle arterie, pag. 276 e 277). Anche l'occlusione vasale in seguito a legatura ha luogo in maniera simile.
Guarigione delle ferite delle arterie Se un'arteria viene ferita, la soluzione di continuo, sempreché sia piccola e non si giunga alla formazione di un aneurisma spurio (p. es. nel caso di piccole ferite da puntura) viene occlusa innanzitutto da un trombo, che sporge verso l'interno (pericolo di embolia!) e verso l'esterno, consistente principalmente di piastrine, globuli bianchi e fibrina. Dai bordi della ferita può arrivarvi anche endotelio. Nel trombo si forma poi del tessuto connettivo giovane, ricco di cellule, che viene formato per la massima parte dagli strati più interni dell'intima e parzialmente da altri strati parietali (MANZ, STICH, ZOEPPRITZ). Questo « callo vasale » diventa poi cicatriziale. La cicatrice vasale rimane libera da fibre muscolari e da lamelle elastiche, formandosi invece fibre elastiche più sottili. Se un'arteria viene schiacciata o strappata, o tagliata trasversalmente (p. es. nel caso di amputazione), il moncone ritraendosi si può contrarre in modo tale
35°
ORGANI
DELLA
CIRCOLAZIONE
(particolarmente se favorito dall'immissione locale di adrenalina) da piegare più volte l'intima su se stessa (cosiddetto arrotolamento dell'intima) ed arrestare totalmente o parzialmente l'emorragia. La chiusura definitiva avviene tuttavia soltanto attraverso l'endoarterite produttiva che insorge all'estremità accollata dalla fibrina. In altri casi (che però costituiscono eccezioni) si forma un trombo più grande nel moncone interrotto; come pure quando in seguito ad arteriosclerosi le pareti siano rugose, avviene l'organizzazione del trombo tramite endoarterite produttiva. I vasi che compaiono provengono dai vasa vasorum (i rapporti sono molto simili quando si tratti di vene). In individui anziani o cachettici la proliferazione dell'intima e quindi la chiusura vasale è spesso molto deficiente (pericolo di emorragia secondaria). Nella riparazione di una sutura arteriosa tutti e tre gli strati della parete proliferano, però meno intensamente la media; nell'intima si ha copiosa neoformazione di fibre elastiche ( H . JACOBSTHAL). Pezzi vasali innestati si amalgamano quasi completamente, ma l'innesto viene col tempo assorbito e sostituito dal tessuto proliferante dell'ospite (BORST, bibl.). Sull'organizzazione dei trombi si veda il capitolo della trombosi (nelle vene).
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b) M A L A T T I E
INFIAMMATORIO-DEGENERATIVE NELLE
INFEZIONI
DELLE
ARTERIE
GENERALI
Le conoscenze in questo campo risalgono alle ricerche sistematiche di W I E S E L e WIESNER, che richiamarono l'attenzione su processi più che infiammatori, degenerativi, nella media delle arterie nei casi di infezioni generali. In un gruppo (tifo, difterite, influenza, polmonite) erano colpite maggiormente le fibre elastiche, nelle malattie settiche invece maggior-
ARTERIE
351
mente la muscolatura. A risultati analoghi giunsero S T O E R K e E P S T E I N come pure S T U M P F , mentre i risultati di S C H A R P F F ammoniscono ad una maggior prudenza nel giudizio (bibliografia in J O R E S ) . Un ruolo particolare hanno le infezioni da streptococchi inclusa la scarlattina, nelle quali particolarmente S I E G M U N D , F A H R , F R E Y dimostrarono processi infiammatori di diversa specie, di tipo infiltrativo e produttivo, nella media ed intima delle arterie, particolarmente anche nell'aorta. Simili sono i reperti di E B E R H A R D , S P R O U L , H A W T H O R N E , W E B E R di aortite diffusa non purulenta, mentre in altri casi si hanno perfino ( K O H L M E I E R ) processi flemmonosi nell'aorta (cfr. M E R K E L ) . F U osservata anche più volte aortite ulcerosa (SIEGMUND, D U E N T Z E R , S T U E B L E R , G E R L A C H , O E T I K E R ) .
Fig. 131Arteriolite nella cute in sepsi meningococcica. Bambino di 3 anni (Aut. N. 272/1952).
Non ci dilungheremo qui sugli aneurismi embolico-micotici. Che in seguito a lesioni vasali si possano avere trombosi e con ciò gangrena dei piedi e delle braccia, fu dimostrato da G A S T E W A nel tifo addominale. Di particolare importanza sono le alterazioni vasali nella febbre petecchiale. E. F R A E N K E L dimostrò che in tali casi si può avere un processo produttivo necrotizzante alle piccole arterie della cute, che ricorda la periarterite nodosa. Il tema venne trattato ampiamente al Congresso di patologia di guerra del 1916 a Berlino e venne ampiamente svolto da C E E L E N e D A V I D O W S K I E . Questi A A . ed H E R Z O G osservarono, in casi di tifo petecchiale, anche alterazioni nell'aorta, che ricordavano quelle della sifilide. Per nuove osservazioni e per la bibliografia vedi S C H O P P E R . In sepsi meningococciche B E N D A vide lesioni dei piccoli vasi, che si distinguevano da quelle della febbre petecchiale solo per la mancanza di necrosi (vedi fig. 131). Erano facilmente dimostrabili meningococchi.
352
ORGANI
DELLA
CIRCOLAZIONE
Vogliamo qui brevemente accennare alle relazioni intercorrenti tra malattìe vasali
reumatiche
(KLOTZ, V. GLAHN e PAPPENHEIMER, K L I N G E e V A U B E L ,
CHIARI) e q u e l l e c o s i d d e t t e reumatoidi
(RÖSSLE, BREDT, JÄGER) d a
una
parte e le coronanti e arteriosclerosi a placche dall'altra (v. ALBERTINI). Che in seguito ad alterazione allergica dell'organismo si possa giungere a malattie generalizzate delle arterie è dimostrato dalle osservazioni di BERBLINGER nella malattia da siero dell'uomo. Cosicché è verosimile interpretare alterazioni vasali simili quali reazioni allergico-iperergiche (GRIESHAMMER). Particolarmente l'arterite eosinofila diffusa (LUMB, WALTON e ASHBY) e l'aortite granulomatosa a cellule giganti (ME MILLAN, MAGAREY) che evidentemente sono affini alla miocardite granulomatosa e all'arterite temporale, fanno presumere processi allergici. Relazione sintetica sulle alterazioni vasali in malattie allergiche vedi BERGSTRAND. In generale si hanno alterazioni vascolari in malattie infettive acute ed ancora maggiormente in quelle croniche, ora di natura piuttosto degenerativa ora infiammatoria o cicatriziale, ma soltanto raramente esse assumono una marcata gravità o più ampie dimensioni. Ciò avviene particolarmente quando vi sia penetrazione di agenti suppurativi direttamente dal lume nella parete vascolare o attraverso i vasa vasorum, con produzione di processi infiammatori più grossolani. Più spesso ciò accade in casi di endocardite ulcerosa acuta o lenta. In questi casi il processo distruttivo può, dalle valvole aortiche, trasmettersi direttamente all'aorta, oppure viene ad interessare l'intima attraverso il contatto e l'impianto delle masse trombotiche cariche di germi, oppure gli agenti patogeni cadono nella corrente sanguigna delle arterie coronarie giungendo così alla parte iniziale dell'aorta, dove si attaccano provocando processi infiammatori. Così possono nascere placche infiammatorie, escrescenze verrucose, ulcere, ascessi parietali o flemmoni parietali, i quali nel loro sviluppo hanno grande rassomiglianza con l'endocardite ulcerosa {arterite ulcerosa, cfr. fig. 26 nell'endocardite lenta). Alterazioni arteriosclerotiche favorirebbero l'attecchimento di questi agenti patogeni. Se nel punto leso si hanno manifestazioni trombotiche si parla di aortite 0 arterite Trombotica (DESCLIN). Anche l'arteria polmonare può essere aggredita se il dotto di Botallo
è pervio
(HOCHHAUS, GILCHRIST e MERCER). Se il
processo si sviluppa in arterie più piccole si giunge all'obliterazione a causa della reazione infiammatoria dell'intima, oppure la parete arteriosa diventa purulenta o gangrenosa o per lo meno molto danneggiata nella sua struttura. In conseguenza della pressione interna si può avere un aneurisma infettivo-embolico oppure addirittura una rottura del vaso (BOETTGER). Anche nell'aorta, nell'arteria polmonare od in altre grandi arterie si possono sviluppare in questa maniera un flemmone parietale, un'ulcera parietale, un aneurisma fino alla vera e propria rottura (SCHMALTZ, SCHMORL, VANZETTI, L I N D A U ,
HAUSBRAND,
AUERBACH,
ROCHA-SANTOS, VIRGILLO).
CO-
ARTERIE
353
munque si hanno aortiti infettive anche senza infezione valvolare (OETIKER, A U E R B A C H , L A U B R Y e R O Y E R D E VERICOURT). Infezioni purulente dell'arteria polmonare
d o v u t e a Streptotricee
vute allo Schistosoma Mansoni
da
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23
—
KAUFMANN
I
ORGANI DELLA
354
CIRCOLAZIONE
C) L E A F F E Z I O N I
ARTERIOSE
COSIDDETTE R E U M A T I C H E 1. Affezioni
E
REUMATOIDI
a r t e r i o s e nel r e u m a t i s m o
articolare
Sull'importanza del reumatismo articolare acuto quale causa di affez i o n i a o r t i c h e a c c e n n a r o n o p e r p r i m i G E I P E L , COOMBS, K L O T Z . D a l 1 9 2 4 i n
poi ebbero maggior considerazione particolarmente in seguito alle ricerche d i v . GLAHN e P A P P E N H E I M E R , CHIARI, SHAW, G I R A L D I , P E R L A , D E U T S C H , MCCLENAHAN, KLINGE
e Coli., HARBITZ, ROESSLE, BREDT, H U E C K .
Men-
tre dapprima vennero studiate soprattutto le alterazioni dell'aorta, in seguito venne data molta importanza anche a quelle delle a. polmonari ( P A U L , S A C K S , K U G E L e d E P S T E I N , CHIARI) e p i ù t a r d i a n c o r a a
quelle
delle coronarie e cerebrali. Di particolare importanza diventarono questi reperti dopoché prevalse l'opinione che l'aterosclerosi, particolarmente dell'aorte, in un gran numero di casi, era una conseguenza di affezioni reumatiche (KLINGE, HUECK), sebbene essa decorra senza che le articolazioni ne siano interessate. Nell'aorte l'affezione parietale manifestantesi nel reumatismo acuto o cronico ha una certa affinità con la mesaortite sifilitica. Macroscopicamente si vedono come in questa rientramenti cicatriziali, scanalature, ma spesso anche rilievi pianeggianti e vitrei dell'intima. Il tubo vascolare può essere dilatato (RIST e VERAN) anche se non sono così frequenti formazioni aneurismatiche (LOUTFY). Qualche volta aneurisma diss e c a n t e (GRAY e AITKEN). GERLACH d e s c r i v e d i a s t a s i delle v a l v o l e a o r t i c h e .
Nella localizzazione la differenza sta nel fatto che la parte toracica viene al secondo posto rispetto all'aorta addominale (KLINGE), tuttavia si conoscono casi in cui anche l'aorta toracica è fortemente colpita (LIEBER, GENGENBACH, M e CLENAHAN e P A U L , N E U M A N N , GROSS) o d a n z i n e è p r o -
tagonista (GERLACH). L a malattia presenta a volte il quadro dell'arteriosclerosi a placche (della « arteriosclerosi secondaria » v. ALBERTINI, HUECK, v e d i a n c h e ROESSLE, BREDT, BEITZKE,
CHIARI).
Microscopicamente il processo infiammatorio è localizzato soprattutto negli strati esterni parietali. KLOTZ descrive neoformazioni dei vasa vasorum.
KLINGE
e
CHIARI
pongono
l'accento
particolarmente
sull'edema
peri vascolare, i rigonfiamenti fibrinoidi, e gli infiltrati cellulari nell'avventizia e nella parte esterna della media. Le fibre elastiche vengono distrutte, casi più avanzati mostrano formazioni cicatriziali nella tunica vascolare media. Noduli di Aschoff vengono osservati relativamente di rado, per lo più in casi iniziali. GROSS li vide 11 volte su 66 casi di reumatismo in atto. KLINGE vide quadri molto simili in affezioni settiche di tutte le specie,
ARTERIE
355
sottolinea però che in casi di reumatismo le imbibizioni fibrinoidi a focolaio e le infiltrazioni macrocellulari nel tessuto connettivo sono particolarmente evidenti, rendendo possibile la diagnosi di reumatismo (particolarmente quando si possa escludere la scarlattina). Nell'intima si trovano soprattutto accanto alle lesioni della media, proliferazioni di cellule e di fibre che spesso si sviluppano da un edema infiammatorio (GROSS, HOLLE) e vengono considerate quali manifestazioni conseguenti all'affezione della media o processi indipendenti dell'intima. Punto di partenza dell'affezione vengono considerati (come similmente avviene nella sifilide aortica) per lo più i vasa vasorum. L a diagnosi dell'aortite reumatica (come pure quella dell'affezione polmonare) si basa di regola sul reperto delle altre stimmate reumatiche (nel miocardio, endocardio, pericardio) sulla predilezione per la parte addominale dell'aorta, sul reperto di infiltrati linfocitici nell'avventizia e nella media, sulle interruzioni dei sistemi elastici della media, che il più delle volte sono meno grossolane che nella sifilide e (in casi rari) sulla presenza di granulomi macrocellulari che ricordano i noduli di Aschoff. Le conclusioni, che si traggono in riferimento alle relazioni con l'aterosclerosi
sono s t a t e c o n f u t a t e (GIGANTE, WINTER, ASCHOFF, ME CALLUM).
Gli infiltrati della media e della avventizia vengono considerati dagli autori suddetti come conseguenze secondarie dei processi disintegrativi aterosclerotici, mentre noduli reumatici non furono trovati proprio nell'aorta addominale. Innegabile è dunque l'esistenza di un processo reumatico che si svolge in prevalenza nella media e avventizia dell'aorta e di altre arterie (molto più raramente nelle vene, WAALER) mentre viene differentemente valutata la sua importanza nella genesi dell'aterosclerosi. Anche l'autore non si è finora potuto convincere, che in vecchie affezioni cardiache reumatiche, particolarmente nell'affezione reumatica così frequente della mitrale, vi sia particolare tendenza a più grave aterosclerosi dell'aorta addominale, anche se in singoli casi non si possano respingere dei rapporti (cfr. capitolo dell'aterosclerosi!). Nella localizzazione del reumatismo vascolare hanno, a quanto pare, particolare importanza le arterie coronarie, ed in prevalenza i piccoli rami intermuscolari, che vengono a trovarsi nell'immediata vicinanza di infiltrati precoci e granulomi. KARSSNER e BAYLERS trovarono quasi costantemente alterazioni infiammatorie e fibrose, raramente anche imbibizioni fibrinoidi (come vengono descritte anche da KLINGE). FRASER descrive essudazione fibrinosa, necrosi, cellule giganti reumatiche e distruzione delle fibre elastiche. Nel lavoro molto particolareggiato di GROSS, KUGEL ed EPSTEIN si mette l'accento particolarmente sull'edema ed ipertrofia della media ed infiammazione di tutti gli strati parietali in diversi gradi, da esigui infiltrati linfocitici fino a quadri che ricordano la periarterite nodósa.
ORGANI
356
DELLA
CIRCOLAZIONE
Una endoarterite verrucosa con formazioni trombotiche può avere ampia somiglianza con una endocardite e, a causa di processi di organizzazione, portare alla occlusione del vaso. Anche gli autori nominati sopra vedono le più gravi alterazioni nei piccoli rami muscolari, hanno tuttavia osservato intensi processi infiammatori e degenerativi nei rami principali e ritengono dimostrata una correlazione tra una sclerosi delle coronarie g i o v a n i l e e d u n a a r t e r i t e c i c a t r i z i a l e (cfr. v . ALBERTINI, B R E D T ) . I r e p e r t i
descritti sono stati confermati da ulteriori ricerche di GADRAT (escrescenze papillomatose dell'intima, occlusioni trombotiche su base infiamm a t o r i a ) , MULAZZI
e
BROVELLI
(panarterite
e
panflebite),
LINDBERG,
CEELEN, LISTO ed altri, cosicché non vi sono dubbi sulla loro presenza e frequenza in casi di grave reumatismo (cfr. anche TRAUT). Ultimamente hanno acquistato importanza maggiore anche le alterazioni reumatiche delle arterie
intracraniche,
d a c c h é BODECHTEL, SANTHA e BRUETSCH h a n n o
richiamato l'attenzione su di esse (vedi anche BUCHANAN, WALKER e CASE, V. D. HORST, ROJAS e V I L A ) . S e c o n d o CASTRÉN n e l l a c o r e a è d a a n -
nettere grande importanza alle alterazioni vascolari. SANTHA osservò processi endoarteritici ed endoflebitici nelle meningi con gravi lesioni del parenchima. BRUETSCH sottolinea l'interessamento dei vasi della corteccia, DEUST e NEUBUERGER osservarono le alterazioni principali nelle arterie basali, pongono in rilievo la somiglianza con la malattia di WiniwarterBuerger, ma non hanno constatato l'insorgenza da esse di aterosclerosi. Un'affezione vascolare generalizzata con sindrome di Sjdrngren è descritta da
HAAS.
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2. L a perlarterlte nodosa
Per perlarterlte nodosa intendiamo, dalle prime osservazioni di K u s s e M A I E R (1866), un'affezione generalizzata delle arterie che presenta processi infiammatori numerosi, delimitati, rotondi od ovali nella parete delle arterie. Ciò che inizialmente saltò soprattutto all'occhio furono ammassi circoscritti di cellule infiammatorie nell'avventizia, i quali, spesso collegati con estroflessioni aneurismatiche delle arterie, provocavano tumefazioni nodulari delle arterie. Solo più tardi si vide che il più delle volte partecipano al processo infiammatorio tutti gli strati parietali dell'arteria (da ciò il termine di Panarterite spesso usato oggi dalla letteratura anglo-americana), e che hanno molta importanza necrosi della parete vascolare, particolarmente della media, con distruzione della muscolatura e delle membrane elastiche, e che in tal modo si spiega la tendenza alla formazione di aneurismi e rotture vascolari (panarterite necrotica, anche, poliarterite necrotica). Quasi esclusivamente ne sono colpite arterie medie (arterie coronarie, mesenteriche, gastriche, renali) e piccole, cioè quelle di tipo muscolare. L'affezione è macroscopicamente riconoscibile in alcuni casi tipici particolarmente nel cuore, ove si possono vedere o tastare i noduli attraverso l'epicardio, e nell'ambito delle diramazioni delle a. mesenteriche nella sierosa dell'intestino, anche nell'epidermide, dove biopsie permettono la diagnosi in vivo. Il più delle volte la diagnosi sul cadavere è posta più per le conseguenze sugli organi che non per il riconoscimento di noduli. Particolarmente importante è, fra esse, l'alterazione dei reni (reni cicatriziali peri od endoarteritici) caratterizzata da una superficie screziata a nodi piatti, formata da piccoli infarti anemici e soprattutto incompleti MAUL
358
ORGANI DELLA
CIRCOLAZIONE
(che compaiono come avvallamenti rossi). Nel materiale di RALSTON e KOALE SU 30 casi autoptici ve ne erano 24 con le tipiche manifestazioni ai reni. Simile può essere il quadro della milza, che ricorda quello della milza a chiazze (FEITIS, RAKE). Nel fegato vengono osservati, oltre ad infarti rossi, quadri simili a quelli cirrotici, nell'intestino prevalgono infarti emorragici circoscritti, qualche volta formazioni ulcerose. Il quadro macroscopico viene perciò dominato da disturbi circolatori con le conseguenze sugli organi, alle quali possono aggiungersi aneurismi ed emorragie. Fondamentalmente si tratta di un'affezione generale del sistema arterioso, cioè numerosi rami arteriosi ne vengono colpiti contemporaneamente od uno dopo l'altro. Tuttavia si osserva quasi regolarmente una partecipazione di diversa intensità delle singole regioni vascolari. Estese raccolte di dati in GRUBER. Preferiti sono il cuore, i reni, il fegato, stomaco, intestino, cistifellea, milza, nervi periferici (e secondo le esperienze dell'autore il pancreas ed il connettivo delle capsule dei surreni), da cui si spiega anche in parte la sindrome clinica che oltre ad altre manifestazioni presenta sintomi di natura neuromialgica, enterica e renale. Non raramente si riscontra pressione alta, che viene considerata conseguenza della P. n. a volte, mentre altre volte ne è considerata fattore eziologico (WILENS e GLYNN, SELYE). Ma proprio negli ultimi anni sono usciti parecchi lavori, in cui si pone l'accento sulla preponderanza di un organo o sistema organico, anche nel caso che ne siano affetti altri organi. Nomino soltanto (come esempi): sistema nervoso: BALÓ e NACHTNEBEL, RUNGE
e
MELZER,
ERLANDSSON
e
LUNDQVIST,
WOLTMAN, B R E N N E R , URECHXA. Occhio:
HAMPEL,
KERNOHAN,
GJERTZ, NORDLOEW e
SVENMAR,
E S K E L U N D . Polmone:
HAMPEL, B R E D T , B E C K E R , POSTEL e L A A S ,
LUND,
respiratorie
KOLPAK.
Vie
B A L Ó e NACHTNEBEL. Intestino:
superiori:
MUEHE. Ghiandole
ESKE-
endocrine:
SZENTPETERY, FOSSEL, e c c . P e r il
clinico
è particolarmente importante la partecipazione dell'epidermide. Sulle alterazioni diversissime manifestantisi hanno particolarmente attirato l'attenzione MELCZER e VENKEL, secondo i quali nel 15 % dei casi l'epidermide ne costituisce l'epicentro. Di gangrena epidermica parl a n o LOEHE e ROSENFELD.
Il quadro istologico e l'istogenesi della periarterite nodosa sono stati per lungo tempo causa di vivacissime dispute; ora era l'avventizia, ora era l'intima o la media ad essere indicate come il primo strato aggredito (ulteriori dati in Jores). Ora può essere ritenuto accezione generale che la malattia inizia con un processo necrobiotico nella media, dove secondo GRUBER vengono aggrediti maggiormente gli strati esterni della muscolare nelle arterie maggiori, quelli interni nelle piccole. ARKIN distingue 4 stadi: 1. Fase degenerativa con necrosi della media ed edema ed essudato fibrinoso nell'ambito dell'elastica interna. L'alterazione della media viene oggi per lo più definita come « necrosi fibrinoide » e viene spiegata come una imbibizione
ARTERIE
359
della muscolatura oppure di tutta la parete arteriosa con sostanze plas m a t i l e sanguigne in seguito a disturbi della funzione di membrana limitante dell'endotelio (disoria, SCHUERMANN, fìg. 132). Già in questo primo stadio (e nel secondo) appaiono, a causa del cedimento della capacità di resistenza della parete vasale, delle dilatazioni aneurismatiche o rotture vascolari, che possono produrre emorragie letali. Spesso anche delle trombosi dei tratti vascolari affetti, trasformandosi in connettivo, complicano il quadro. 2. Fase acuta infiammatoria con fitti infiltrati cellulari nell'avventizia e nella media, composti da leucociti, eosinofìli, linfociti e plasmacellule. Questa fase è particolarmente caratterizzata dalla formazione di noduli (fìg. 133). 3. Fase delle proliferazioni granulose, che perforano la media necrotica partendo dall'avventizia. 4. Stadio della guarigione con formazione di tessuto cicatriziale e proliferazioni dell'intima, riduzione del lume e fibrosi periarteriosa (fìg. 134). GRUBER sottolinea che spesso viene aggredita solo una piccola parte della media e che l'endotelio viene trovato il più delle volte intatto. Le forme di decorso sono estremamente diverse. Nello stesso caso perfino nello stesso organo, si possono osservare a volte tutte le fasi, che spesso si trovano così immediatamente una vicino all'altra, che bisogna pensare ad un decorso a poussées della malattia (cfr. le figure 138 a-c). Tuttavia a volte prevalgono i quadri recenti degenerativo-infiammatori, a volte quelli produttivi cicatriziali. A volte l'endoarterite domina talmente il quadro, che nasce il dubbio se si tratti di vera e propria periarterite nodosa (come in parecchi casi osservati dall'autore). Osservazioni più accurate fanno scoprire poi alcune alterazioni parietali delle arterie, che indicano chiaramente necrosi della media con cicatrizzazione, interruzione della muscolatura e della elastica interna (fìg. 135). Non sempre si arriva alla grossolana necrosi della media, ma il processo può arrestarsi localmente nella fase di infiammazione sierosa, indi attenuarsi fino a terminare con una proliferazione cellulare-fibrosa dell'intima, mentre in altra sede si passa da una fase all'altra producendosi gravi distruzioni della media e dell'elastica. Quadri di guarigione locali non sono perciò rari. In certe condizioni essi conducono all' occlusione vascolare o ad alterazioni che hanno grande somiglianza con quelle dell'aterosclerosi (JÄGER) nonché alterazioni ateromatose, specie quando la corrente ristagna nel vaso e vengono neoformate fibre elastiche nel connettivo intimale proliferato (JÄGER, KNAUER) .
Nel caso di occlusione totale del vaso si scopre il grado della distruzione della parete vasale soltanto colorando le fibre elastiche. Il decorso della malattia è generalmente subacuto. Casi che si prolunghino oltre l'anno sono rari. Casi cronici sono descritti da JAEGER (3 anni),
360
ORGANI DELLA CIRCOLAZIONE
Fig. Periarterite nodosa. Forte « necrosi fibrinoide » infiltrazione infiammatoria della avventizia e (Aut. N.
132. della parete vascolare (Intima e media). Forte del connettivo circostante. Uomo di 50 anni. 32/1950).
Fig- 133Periarterite nodosa nell'arteria renale. Estesa distruzione parietale. Interruzione della media ed elastica interna. Ispessimento dell'intima. Intorno al resto del lume necrosi fibrinoide. Forte infiltrazione infiammatoria di tutti gli strati parietali. Uomo di 26 anni. (Aut. N. 24/1950).
ARTERIE
361
F i g . 134. S t a d i o t a r d i v o d i u n a periarterite nodosa, nel p a n c r e a s . E s t e s a obliterazione del lume arterioso. I n t e r r u z i o n i dell'elastica. U o m o d i 50 a. A u t . N . 32/1950.
F i g . 135. Periarterite nodosa. S t a d i o dell'endoarterite. A r t e r i a nel plesso brachiale. G r o s s o l a n a interruzione della m e d i a e della elastica (aneurisma arterioso obliterato). U o m o di 44 a. A u t . N. 284/1951.
362
ORGANI DELLA CIRCOLAZIONE
(4 anni), W E V E R e P E R R Y (7 anni), C O N T R A T T O (8 anni) e L I N D B E R G (9 anni), S A M P S O N e Coli. (10 anni). Nel caso L I N D B E R G il decorso pluriennale potè essere chiaramente seguito per la comparsa di noduli epidermici. Tolte poche eccezioni ( S C H M O R L , B E N E D I K T , v. H A U N , C A R L I N G e H I C K S , assicurato da biopsie di controllo, K N A U E R ) il decorso della malattia è in ogni caso letale. Casi letali acuti li osserviamo conseguenti a rotture vasali, p. es. nel pericardio in periarterite nodosa delle coronarie ( V A N C E ) od a gravi emorragie dell'aorta ( N O R D M A N N e R E N Y S S ) oppure sono conseguenti a peritonite nel caso di infarto intestinale ( K R E U T E R ) , ad una uremia ( G E I S L E R ) o ad una lesione del cervello. ARKIN
Spesso tuttavia la periarterite nodosa è accompagnata da una grave cachessia che provoca la morte per una generale perdita di forze con dimagramento (forse a volte a causa di una concomitante affezione delle ghiandole endocrine, cfr. B A L Ó e N A C H T N E B E L , A R K I N ) . L'autore stesso ha osservato ripetutamente nella corteccia surrenale necrosi a focolaio, ma non ha mai visto così intensa distruzione nel sistema endocrino da potergliene attribuire la causa determinante il decesso. Sulle alterazioni dei reni, fegato ed intestino abbiamo già fatto cenno precedentemente. Nei polmoni si può presentare il quadro della « Sclerosi polmonare primaria » o del cosiddetto polmone a campo di stoppie ( B E C K E R ) , nel cervello vediamo rammollimenti ed atrofia ( R U N G E e M E L Z E R ) , nei nervi periferici a volte infarti emorragici ( K E R N O H A N e W O L T M A N ) , il più delle volte soltanto disintegrazione della guaina midollare con raccolta di cellule con granuli di grasso (fig. 136). I disturbi funzionali originati da queste alterazioni organiche dominano (assieme al marasma generale) il quadro clinico, che si compone principalmente di sintomi polineuritico-mialgici, gastrointestinali e spesso renali e che conduce a volte alla diagnosi della malattia proprio per questo poco chiaro quadro polisintomatico. La morte è conseguenza delle lesioni organiche o del marasma generale, a volte viene osservata amiloidosi atipica ( V O L L A N D ) . Un aumento generale della pressione sanguigna non fa parte del quadro clinico. Ma non è raro, specie se è ostacolata l'irrorazione sanguigna dei reni (in osservazioni proprie si ebbe 3 volte, con ipertrofia del cuore di 500-600 gr.). Anche se la Periarterite nodosa è fondamentalmente una malattia sistematica del sistema arterioso vi sono tuttavia un congruo numero di casi nei quali essa si limita ad un solo organo (cfr. inoltre la comunicazione di Brandenburgo). La malattia colpisce secondo L U N D Q V I S T prevalentemente individui dai
ARTERIE
20 ai 40 anni. Tuttavia l'infanzia
363
non ne è immune. Osservazione in lat-
t a n t e di RUGER. S e c o n d o K R A H U L I K , ROSENTHAL, e LONGHLIN n o n c h é HUNGERLAND
e
GREIFELT erano stati osservati fino al 1935, 36 casi di bambini. Ora saranno forse 50. P. n. delle arterie coronarie in bambina di 9 mesi è stata descritta da SINCLAIR e NITSCH. Che anche gente più anziana ne venga colpita (HAMPEL, DIETRICH) si deduce dalle esperienze dell'Autore i cui casi osservati danno una età media di 49 anni. Quanto frequente sia la malattia è difficile poterlo dire. L'Autore ha l'assoluta impressione che negli ultimi anni essa sia diventata più frequente. Egli potè fare negli anni dopo l'ultima guerra 12 osservazioni in proposito, sia pure in una casistica di autopsie limitata, cioè sensibilmente di più dei precedenti 25 anni.
Fig. 136. Distruzione della guaina midollare con cellule con granuli di grasso nel nervo ulnare in periarterite nodosa. Uomo di 26 anni (Aut. N. 24/1950).
4 di questi casi vennero clinicamente diagnosticati, 1 dal quadro sintomatologico generale (Prof. HOFF), 3 per mezzo di biopsie (una volta dal pancreas per manifestazioni addominali poco chiare (dr. KLOSTERMEYER) , una volta dal muscolo deltoide (Prof. SCHROEDER) (fig. 137), una dalla cistifellea asportata). Ove non si trovino noduli epidermici è raccomandabile una biopsia dalla muscolatura del braccio! L'interesse maggiore è rivolto oggi alla natura ed alla causa della malattia. Sia detto subito che non conosciamo la causa o, forse meglio le condizioni che provocano la malattia. L'opinione più diffusa è quella di GRU-
364
ORGANI DELLA CIRCOLAZIONE
BER che assieme a SPIRO vede in essa « solo una condizione di reazione particolarmente frequente del sistema arterioso in seguito ad una qualsivoglia infezione, ma non una malattia sui generis esattamente circoscritta, « una reazione difensiva iperergica ». Questa concezione si basa intanto sul dato di fatto che la P. n. insorge qualche volta come « malattia secondaria » dopo processi infettivi. Così SPIEGEL trova in 17 casi nell'anamnesi 7 volte tonsillite, sinusite od appendicite, 2 volte scarlattina, 3 volte reumatismo articolare acuto, 1 volta allergia con asma ed orticaria. (L'Autore ha trovato solo raramente rapporti con infezioni precedenti). Anche da BERGSTRAND e TISELE viene osservato un rapporto con l'asma, come pure da BAHRMANN.
Fig. 137. Periarterite nodosa. Biopsia dal muscolo deltoide. Uomo di 57 anni (Aut. N. 24/195ij.
Anche MIALE, DOEGE e PIELL richiamano l'attenzione sull'insorgenza di panarterite acuta in allergici. Nello stesso senso è da interpretare l'eosinofilia del sangue (a volte di grado molto elevato) (MOTLEY fino al 67 % e THOMENIUS).
Su particolari relazioni con processi infiammatori, necrotizzanti nelle mucose delle vie respiratorie veniamo informati da WEGENER e R i x . A volte pare sia la tubercolosi il movente (KUENZLI, CONTRATTO) oppure la dissenteria
(WEGENER) ola
sepsi lenta (MAINZER e JOEL). GRUBER
descrive rapporti analoghi. Particolarmente importante sembra la connessione con il reumatismo articolare acuto (ROESSLE, FRIEDBERG e GROSS, FROBOESE), che del resto per lo più viene considerato quale espressione di
ARTERIE
365
una aumentata sensibilità dei tessuti ai veleni antigeni. (Nessuna esperienza diretta dell'Autore). Un'ulteriore dimostrazione della natura allergica della P. n. è ritenuta la somiglianza del suo quadro istologico con quello dell'arterite iperergica sperimentale. Si notino in proposito i lavori di KLINGE e della sua
s c u o l a (VAUBEL, JUNGHANS, RINTELEN, KNEPPER), di
RICH e l'osservazione di arterite generalizzata nella malattia da siero dell'uomo (BERBLINGER). Le particolari caratteristiche dell'infiammazione iperergica ROESSLE (con GERLACH e KLINGE) le vede in tumefazioni a forma di focolaio del connettivo, accumuli di cellule intorno al focolaio, formazioni granulomatose e spesse cicatrici sclerotiche, facendo tuttavia notare
Fig. 138 a. Fig. 138 a-c. Periarterite nodosa. Tre stadi del processo vascolare nella capsula di un surrene dalla stessa sezione. Infiammazione iniziale con forte distruzione della parete ed infiltrazione cellulare.
che le stesse alterazioni si hanno nell'organismo normergico nel caso di forti azioni tossiche (cfr. anche le osservazioni di ABRIKOSSOFF di alterazioni « allergiche » nell'ambito di processi infiammatori locali). Per le malattie vascolari allergiche, o come egli le chiama, malattie vascolari reumatoidi, è caratteristica, secondo ROESSLE, la natura infiammatoria, l'origine dal sangue, la localizzazione alle arterie muscolari ed il decorso istologico con imbibizioni di tessuti, infiltrati cellulari, essudazioni fibrinose, eosinofilia, formazione di cuscinetti nell'intima, distruzione della muscolare ed elastica. Non vi può essere alcun dubbio che fra P. n. e arterite sperimentale allergica come pure con certe forme di arterite generalizzata in malattia da siero (BERBLINGER) vi sia un rapporto di parentela e che in questo grappo
366
ORGANI
DELLA
CIRCOLAZIONE
Fig. 138 b. Stadio dell'endoarterite cellulo-fìbrosa.
Fig. 138 c. Imbibizione ialina della proliferazione endoarteritica.
ARTERIE
367
siano da annoverare altre malattie dell'uomo, fra esse la malattia di Winiwarter-Burger, certe forme della cosiddetta sclerosi polmonare primaria, forse L'endoflebite epatica (ROESSLE). KLEMPERER ed i suoi collaboratori annoverano fra le « malattie del collageno » anche la dermatomiosite ed il lupus eritematoso diss. (cfr. POPPER e LUNSETH in TRAUT, Rheumatic Diseases 1952). Ma con la parola affinità si indica appunto che esse hanno comunanze, non che esse siano anche nella eziologia identiche. Anche nella sclerodermia diffusa si osservano alterazioni vascolari, che ricordano quelle della P. n. (KRAUS) e quelle della malattia di Winiwarter-Buerger. (MASUGI e YA-SHU). Nonostante queste rassomiglianze la P. n. è tuttavia qualcosa di particolare (MARESCH, KAUFMANN). Se ci si accontenta del concetto allergico-iperergico è per lo meno strano che non sia aumentata nel quadro delle lesioni traumatiche di guerra, con le sue innumerevoli forme eli complicazioni infettive. Di contro si ha l'impressione che fra gli ammalati la maggior parte sia composta da combattenti e reduci dalla prigionia, una realtà che potrebbe nuovamente far pensare all'importanza di infezioni superate (o di un effetto di adattamento dopo «Stress»?). Perciò è necessario ricercare ulteriormente i fattori eziologici. Alcuni autori, particolarmente
americani
(v.
RYSSEL
e
MEYLER,
OLESON
e
MYSCHETZKY,
GOODMAN, GELFAND e ARONOFF, SELBERG, D U F F e B O Y D f r a gli altri)
pen-
sano a relazioni con l'uso di Sulfamidici, spiegazione che, pur con il grande e generalizzato consumo di questi farmaci, non convince. Precedenti tentativi di provocare sperimentalmente la P. n. mediante innesti di tessuti malati del corpo umano (v. HAUN) sono da considerare falliti (LEMKE). SMITH e ZEEK sostengono ultimamente di aver prodotto una P. n. tramite estirpazione di un rene ed avvolgimento dell'altro con seta infetta, vedendo nell'ipertonia così prodotta un determinante elemento di insorgenza. L a malattia così prodotta sembra bensì avere una certa somiglianza con un'arterite iperergica, ma si differenzia però dalla P. n. Forse esiste una correlazione con i reperti dei vasi del pancreas, della coroide e delle capsule surrenali nei casi di glomerulonefrite cronica (W. W . MEYER), nei quali potrebbe anche giocare un aumento della pressione sanguigna. Che abbia la sua importanza anche il sistema endocrino sembra confermarsi con gli esperimenti di SELYE con somministrazione di desossicorticosterone o estratti totali dell'ipofisi anteriore ad azione corticotropa, dove la nefrectomia unilaterale e l'aggiunta di sale da cucina aumentano le probabilità di successo. (Maggiori particolari nel capitolo dei reni, nella parte « ipertonia sperimentale » e sotto « arterite da pressione elevata»). Dunque ancor oggi non si può affermare una eziologia definitiva. Processi allergici iperergici hanno certamente un ruolo importante nella vera P. n. T u t t a v i a devono giocare altri fattori (di natura tossica, endocrina
368
ORGANI DELLA
CIRCOLAZIONE
forse anche vasomotoria) per produrre il quadro della P. n., che pur con tutte le variazioni di decorso rappresenta un'unità a sé stante. Che la malattia si manifesti pure in animali è dimostrato da comunicazioni di J O E S T , N I E B E R L E , G R U B E R , L U N D Q V I S T .
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3. Tromboanglolte obliterante (WINIWARTER-BURGER)
La malattia, descritta per la prima volta da BILLROTH nel 1871, studiata istologicamente dal suo allievo v. WINIWARTER nel 1879 e dimostrata con abbondante materiale morfologicamente da L. BUERGER nel 1924 e contraddistinta col nome troniboangioite obliterante deve essere considerata, al pari della periarterite nodosa, fondamentalmente come una affezione generale del sistema vascolare (in primo luogo delle arterie, m a con partecipazione delle vene), anche se la sua diffusione si limiti il più delle volte a vasi singoli o a regioni vascolari circoscritte. Ciò è stato dimostrato soprattutto dalle ricerche di JAEGER. Essa presenta delle affinità con la P. n., ma si differenzia in certi punti da essa in modo così netto, che non possiamo parlare di identità, anche se in singoli casi possa essere difficile la classificazione. L a tromboangioite obliterante è molto più frequente della periarterite nodosa. HORTON comunica dalla clinica Mayo, nell'anno 1938, 948 casi ivi osservati nello spazio di 30 anni, di cui il 98 % uomini. Dati analoghi s u l l a r i p a r t i z i o n e s e s s u a l e s o n o r i p o r t a t i d a BUERGER, SILBERT, HERRELL e
ALLEN. Secondo MILLMAN fino al 1938 erano noti solo 22 casi di donne. Sembra t u t t a v i a che la percentuale di donne sia in aumento. SILBERT porta 25 osservazioni personali. A differenza della P. n. la tromboangioite obliterante è una malattia spiccatamente cronica, che di regola si trascina per molti anni, non rara24 —
KAUFMÀNN I
37°
ORGANI
DELLA
CIRCOLAZIONE
mente per decenni (GUETHERT, per 30 anni). La durata media della malattia è secondo AVERBRUCH e SILBERT di 12 anni e mezzo. Essa ha inizio di regola con disturbi circolatori agli arti inferiori, nelle donne più frequentemente alle mani (SILBERT). Essi vengono avvertiti maggiormente nei momenti di maggior fabbisogno di sangue agli arti (alle gambe durante il cammino, molto più raramente alle mani) (Duus e FRANK) e conducono al sintomo dalla « claudicazione intermittente ». L a espressione viene usata anche in senso traslato nei disturbi circolatori di organi interni. Le manifestazioni appaiono, a differenza del morbo di Raynaud, asimmetriche, migrano nei rami arteriosi maggiori con assenza di pulsazioni (ciò che non viene mai osservato nel morbo di Raynaud) e mostrano per lo più inclinazione a durevoli remissioni, particolarmente in seguito a misure terapeutiche fisiche od operative, portano tuttavia spesso a gravi necrosi dei tessuti, che richiedono amputazioni. Poiché sono colpite di preferenza persone di età giovane o media, si usa denominare la malattia anche gangrena giovanile per le conseguenze. Secondo KLOSTERMEYER tuttavia diverse forme che clinicamente vanno sotto questa denominazione, sono da valutarsi diversamente e piuttosto da considerarsi come trombosi primaria. Lo stadio dei disturbi circolatori può essere preceduto di molti anni da una tromboflebite migrante (vedi nel capitolo delle vene). Molti autori la includono addirittura nel quadro mori oso della tromboangioite obliterante. Oltre alle manifestazioni alle gambe si hanno manifestazioni al cervello per lo più (su 500 casi della clinica Mayo ve ne sono 14, HAUSNER e d ALLEN). L e prime sono s t a t e descritte d a CSERNA, BAUER e RECHT, FRIEDMANN. Ci sono osservazioni s u s s e g u e n t i di FOERSTER e GUTTMANN, STAUDER, BIRNBAUM e C o l i , e p a r t i c o l a r m e n t e d i SPATZ e inoltre di
ANTONI,
SUNDER-PLASSMANN,
Coli., ZOLLINGER, W .
MEVES,
PLATH,
FISCHER, L L A V E R O ( m o n o g r a f i a d e l
LINDENBERG, STRAUSSLER C
1948).
Le localizzazioni cerebrali possono manifestarsi anche precedentemente a quelle degli arti (FOERSTER e GUTTMANN), a volte anzi ne sono l'unica localizzazione. Il più delle volte esse non portano a notevoli rammollimenti nel cervello, ma piuttosto ad una atrofia granulare della corteccia cerebrale (SPATZ e LINDENBERG, BODECHTEL). Sull'importanza della tromboangioite obliterante negli intorbidamenti giovanili del corpo vitreo vedi MARCHESANI, MESZAROS e F . LANGE. Ulteriori localizzazioni si h a n n o nei
vasi mesenterici,
gastrici
e dell'intestino
(KÒHLMEIER TAUBE, TEILUM,
NORPOTH, H U S T E N e R A M B , L A U S E C K E R ) , n e i polmoni
(HADORN, K R A U S P E ) ,
nelle ossa (WIENBECK), nella cute (KOEHLMEIER). COHEN
e BARRON, WENZL
e DECKSTEIN, MAGRI
e
BURIANI
raccol-
gono casi di tromboangioite obliterante « centrale » o « viscerale ». Una importanza particolare ha l'interessamento delle arterie coronarie (LEMANN, HAUSER), che è in parecchi casi la vera causa del decesso (RATSCHOW,
ARTERIE
371
HOCHREIN, HASSELBACH). Secondo SAPHIR si sono osservati fino al 1936 circa 30 casi; tuttavia in questi casi si trovò quasi sempre anatomicamente un'arteriosclerosi, quasi mai un'arterite (come è descritta da SAPHIR stesso, che accenna al fatto che dalla trombosi obliterante si sviluppano quadri che non possono essere distinti da quelli dell'arteriosclerosi). In ulteriori sviluppi di tali ipotesi v. ALBERTINI e BREDT sono del parere che parecchi casi di sclerosi coronarie giovanili sono da tenersi distinti dalla vera e propria aterosclerosi e sono da attribuirsi piuttosto al morbo di Winiwarter-Buerger, la qual cosa verrebbe confermata in questa età dalla distribuzione sessuale (rapporto di 10 maschi per 1 femmina). Non è tuttavia da trascurare il fatto che la sclerosi coronaria colpisce gli uomini più che le donne (vedi ivi). Nei casi rari di endoarterite generalizzata in giovani (che decorrono senza disturbi circolatori delle estremità) è difficile stabilire se si tratti di tromboangioite obliterante 0 di periarterite nodosa o se piuttosto non si tratti di u n a m a l a t t i a p a r t i c o l a r e (vedi MCMICHAEL, JAEGER, STAEMMLER, D E LITALA, H A D O R N ,
RATSCHOW, RLX,
CHVILIVICKAJA,
CIUETHERT,
HILLEN-
BRAND e WOLF, NORDMANN). I trombi nei vasi non si notano quasi mai; il quadro è dominato da proliferazioni cellulari fibrose dell'intima con forte restringimento del lume. Casi della malattia di Winiwarter-Buerger con splenomegalia sono descritti da HENSCHEN. Fra le cause di decesso nella tromboarterite obliterante hanno importanza preponderante le trombosi arteriose di vasi che non siano quelli delle estremità (AVERBRUCK e SILBERT), in primo luogo quelle delle arterie coronarie (vedi sopra). Per le trombosi aortiche vedi BOHLE. L'alterazione macroscopica consta (secondo JÄGER) di tre processi: 1. Ispessimenti a focolaio dell'intima a forma di cuscinetto con restringimenti del lume soprattutto nei grandi vasi, perciò particolarmente nell'a. femorale. Possono avere grande rassomiglianza con placche aterosclerotiche (fig- 139)2. Riempimento delle parti periferiche delle stesse arterie con un « tessuto riempitivo » (cfr. fig. 140) che ricorda un trombo ricanalizzato. 3. In trombi recenti, rossi senza o con insignificanti processi di organizzazione. Il quadro microscopico è diffìcilmente giudicabile per il fatto che oltre alle alterazioni fondamentali caratteristiche e determinanti la malattia arteriosa vi si trovano alterazioni conseguenti ai disturbi circolatori (« tessuto di compenso », (HUECK) ed anche perché il morbo si presenta nei diversi vasi, ed anche nella stessa arteria, in diversi stadi e perché alla maggior parte degli osservatori erano a disposizione solo parti di arti, che non permettono il riconoscimento del morbo fondamentale. Se in tali casi è d'aiuto l'osservazione autoptica, il KLOSTERMEYER come clinico sottolinea l'importanza della osservazione arteriografica nel vivente, che permette il
37 2
ORGANI
DELLA
CIRCOLAZIONE
Fig. 139. Larga placca sclerotica nell'intima dell'arteria femorale in uomo di 34 anni con morbo di Winiwarter-Buerger (Aut. N. 230/1952).
Fig. 140. Art. tibiale anteriore occlusa da tessuto di riempimento. Dello stesso paziente della fig. 139.
ARTERIE
373
riconoscimento di stadi precoci, piuttosto che con la necroscopia che permette di riconoscere solo stadi tardivi. Nel quadro microscopico sono da distinguere 4 processi (cfr. J A E G E R , 1
FOSSEL, W .
W.
MEYER,
HUECK):
1. Solamente endoangioitici con manifestazioni essudative, sierofibrinose e produttive, fibroplastiche limitate all'intima (cfr. fig. 139). 2. Proliferazioni di granulazione, che infiltrano dall'esterno la parete vascolare, possono mostrare strutture tubercoloidi e decorrono con distruzioni e rimaneggiamenti della parete vascolare. 3. Trombi organizzati dalla parete e trasformati in tessuto riempitivo ricco di vasi (cfr. fig. 140). (Nel quale vi può essere deposito di sali calcarei e formazione di ossa, K R U E C K E ) . 4. Proliferazioni dell'intima, condizionate dagli alterati rapporti circolatori. H U E C K riassumendo parla di tessuto di compenso e di riassorbimento, considera quest'ultimo, sviluppatosi in conseguenza di veri e propri processi infiammatori e di formazioni trombotiche, come l'elemento tipico della tromboangioite obliterante. J A E G E R descrive quale alterazione fondamentale ispessimenti dell'intima a forma di placca o nodi dei grandi vasi (particolarmente dell'art, femorale), consistenti di connettivo lasso, ricco di sostanze cromotrope, non di fibre elastiche, ma qualche volta anche di connettivo contenente capillari, negli strati più profondi formazioni ateromasiche, in quelli più superficiali necrosi fibrinoidi disseminate di trombi. L a formazione della placca è considerata quale un vero e proprio processo infiammatorio, essudativo-produttivo dell'intima, nella cui genesi M E Y E R sottolinea l'importanza Ac\\'infiammazione interstiziale fibrinosa. Nelle piccole arterie è aggredita tutta la parete e non soltanto l'intima e tutto questo primo atto decorre con una reazione molto più vivace di quella dell'aterosclerosi. Negli stadi successivi si manifestano maggiormente processi di organizzazione che progrediscono con distruzione e penetrazione degli strati parietali interni, formando nei grandi vasi dei quadri che ricordano le verruche endocarditiche e distruggendo in quelli piccoli tutta la parete. Oltre a questi processi possono essere importanti anche trasformazioni acellulari dei cuscinetti, mentre dall' edema infiltrato di fibrina si possono sviluppare fibre collagene, che man mano trasformano i cuscinetti in placche sclerotiche (W. W. M E Y E R ) . Perciò si formano anatomicamente strette relazioni con l'aterosclerosi. W . W . M E Y E R considera la tromboangioite obliterante come un' aterosclerosi recidivante, decorrente ad accessi acuti. In contrasto con la periarterite nodosa non si riscontrano gravi necrosi nella media. Nello stadio cicatriziale non si riesce spesso a distinguere i due processi. Il tessuto riempitivo periferico nasce dall'organizzazione di trombi, che si depositano sulle necrosi fibrinoidi dell'intima dei vasi. Tuttavia anche
374
ORGANI
DELLA
CIRCOLAZIONE
il tessuto avventiziale può invadere il lume vascolare senza precedente trombosi
(v. ALBERTINI).
I quadri puramente endoarteritici con formazione di connettivo lasso, non elastico dell'intima e con restringimento del lume sono da considerarsi almeno in parte come manifestazioni di adattamento all'alterata circolazione (cfr. fig. 117). L a trasformazione secondaria dei cuscinetti dell'intima dipende interamente dalla circolazione e dalla nutrizione della parete vascolare. Se la circolazione si mantiene, si sviluppano fibre elastiche e lamelle, se cessa esse non si sviluppano. Nutrizione insufficiente dal lume fa nascere nei cuscinetti necrosi e processi degenerativi simili a quelli dell'aterosclerosi. Tutto il processo non si svolge in una fase, ma in diversi momenti sovrapponentisi, cosicché si possono osservare vicino a stadi finali cicatriziali necrosi fibrinoidi e processi infiammatori recenti nonché trombi di diverso sviluppo. Quadri precocissimi non sono ancora stati osservati; è dubbio che quello presentato da R i x possa annoverarsi fra questi. Esso è più un'arterite allergica, si differenzia in ogni caso nella forma di decorso dalle osservazioni usuali. Confrontando i nuovi reperti istologici con quelli degli Autori precedenti, dunque particolarmente con GRUBER, DUERCK, CEELEN, ecc. si hanno delle differenze senz'altro imputabili al materiale a disposizione, che allora consisteva per lo più in parti amputate degli arti, mentre oggi sono sfruttate maggiormente le esperienze autoptiche. Così la trombosi perde di importanza ed è considerata per lo più un elemento aggiuntivo, di secondaria importanza per la natura del morbo. Un concetto opposto sostiene ultimamente KLOSTERMEYER che vede nella trombosi à poussées la manifestazione primaria e spiega in parte la necrosi fibrinoide come conseguenza della trombosi. L a concezione, basata essenzialmente su reperti arteriografìci, è giustificata probabilmente per il fatto che diverse manifestazioni, che secondo il quadro clinico appartengono al morbo di Winiwarter-Burger, sono condizionate da processi vascolari diversi i quali, come nella vera e propria tromboangioite obliterante, conducono al restringimento od all'occlusione totale dell'arteria femorale. Così potrebbero naturalmente agire anche trombi. In tal caso bisognerebbe però nuovamente chiarire perché si abbia trombosi in età relativamente giovane. Se alla base dei trombi esistono ispessimenti dell'intima del tipo dell'aterosclerosi viene spontaneo pensare che si tratti anche qui di stadi tardivi della tromboangioite obliterante, la quale come sembra, può a volte manifestarsi in forma localizzata. La concezione di S. KROMPECHER di una teleangiostenosi primaria per una proliferazione di elastoblasti nell'intima non ha potuto affermarsi (GRUBER). Se perciò esiste una concordanza abbastanza completa nella concezione della istologia e della istogenesi della tromboangioite obliterante vera e propria, vi è una fortissima discordanza nella concezione delle
375
ARTERIE
cause del processo morboso. Constatiamo come dati di fatto: i . L a tromboangioite obliterante si manifesta per lo più nell'età media (raramente nella vecchiaia, quasi mai nei bambini). 2. Essa colpisce quasi esclusivamente i maschi. 3. Essa è indipendente da influenze di razza (anche se in principio sembrava che fossero più colpiti gli individui di razza ebraicoorientale e si sostenga che i negri siano meno frequentemente colpiti [DAVIS e KING, YATER] ed il morbo sia di decorso più blando nei mongoloidi, NoBLE). 4. Essa colpisce quasi esclusivamente i fumatori (anche quando vengono colpite donne si tratta sempre di fumatrici). HASSELBACH su 218 casi non ne trovò uno che non fosse fumatore. Nel materiale di HORTON il 93 % erano fumatori di sigarette. Vedi inoltre NOBLE, LICKINT, SPITZMUELLER. Sull'importanza della nicotina in genere per il sistema vascolare vedi WEICKER. In maniera simile alla nicotina sembra si comporti il piombo (VIGDORTCHIK). 5. Fattori ereditari sembra abbiano a volte qualche importanza, ma non sono rilevanti rispetto al numero dei casi osservati (SAMUELS,
MEULENGRACHT
e OLLGAARD,
WEBER
e
HUBER,
PARKES
e
HUBER, MESZAROS [8 membri di una stessa famiglia ungherese]). 6. A volte sembra siano traumi a provocare il processo (BRÀUCKER), forse per mezzo di produzione di spasmi arteriosi (AHMED). Per la claudicazione intermittente post traumatica cfr. BERNER e UEHLINGER. A d un effetto causale di gas di guerra pensa Me DOUGALL. 7. Molto combattuta è l'importanza del freddo che dagli uni è ritenuto importante fattore (STAPF, AMINJEW,
ROEPKE,
SEBERT,
GRUBER,
ASSMANN, DELITALA, O .
STAEMMLER, HERBST, STEPP, HILLENBRAND e W O L F , JUDMAIER), p a r t i c o l a r m e n t e d a RATSCHOW, HASSELBACH, KLOSTERMEYER,
MEYER, da
altri
PAESSLER,
FUCHSIG quasi del tutto insignificante. Un numero rilevante di casi in gruppi professionali, molto esposti al freddo ed all'umidità, non è accertato (RATSCHOW). Io penso che sia senz'altro possibile, che nei casi addotti ad esempio di tromboangioite obliterante in seguito ad assideramento non si tratti di una forma vera, ma di una forma sintomatica (secondaria, locale) del morbo vascolare (cfr. WOLF), dove il danno provocato dal freddo con danneggiamento del sistema nervoso vascolare degli arti colpiti evolve, attraverso disturbi nutritivi della parete vascolare, in un'endoarterite localizzata, che però può avere la propria sede al di sopra del congelamento stesso (STAEMMLER). Vedi simili endoarteriti sintomatiche nel capitolo delle infiammazioni locali delle arterie. Se vi sono segni di malattia sistemica bisognerà essere molto cauti a giudicare dal punto di vista peritale il congelamento come causa. In confronto all'enorme numero di casi di congelamento delle due grandi guerre il numero di casi di tromboangioite obliterante è molto esiguo. 8. L a affinità con la periarterite nodosa e le infiammazioni vascolari reumatiche fa naturalmente pensare anche a danni infettivi-tossici e fa vedere nella necrosi fibrinoide l'espressione di una particolare reazione dei tessuti parietali vascolari (ROESSLE, JAEGER, GUETHERT,
37&
ORGANI
DELLA
CIRCOLAZIONE
R i x , DONAT). A volte si pensa a relazioni con reazioni di ipersensibilità per lo iodio
(HERZENBERG, e MASCHKILEISSON) e p e r il t a b a c c o
(HARKAVY),
n o n c o n f e r m a t e d a altri (WESTKOTT e WRIGHT).
Tentativi sperimentali di produrre artificialmente la tromboangioite obliterante non sono finora riusciti. Le alterazioni vascolari ottenute da MAGGI e MAZZOCCHI con trapianti di surreni, consistenti in ipertrofia e degenerazione della media, difficilmente possono identificarsi con la tromboangioite obliterante, e quando LÉRICHE e FROELICH intraprendono fino a 40 di questi trapianti su conigli, il successo ottenuto nei vasi non può essere senz'altro considerato come condizionato dagli ormoni e non è possibile valutarlo nel suo reale valore causale. Cfr. VASILEV i cui trapianti di surrene rimasero senza alcun successo. L'estirpazione unilaterale del surrene a scopi terapeutici nell'uomo (LÉRICHE e LAFONTAINE) ha dato raramente successo. Esferimenti con ergotina su coda di ratto portano a quadri anatomici diversi e dimostrano eventualmente soltanto che la gangrena può essere impedita da sostanze estrogene. FRIEDLÀNDER, SILBERT e LASKEY ottennero, tramite somministrazione di nicotina in ratti, gangrena alle dita dei piedi. A STAEMMLER non è mai riuscito ciò nonostante intensivi trattamenti. Mediante l'inoculazione di streptococchi pleomorfi e tessuti vascolari di una tromboangioite obliterante in vicinanza di vasi del coniglio HORTON e DORSEY ottennero proliferazioni locali dell'intima con trombosi e qualche volta gangrena. Ma non si può parlare di un morbo generalizzato come nel caso della tromboangioite obliterante. Anche i tentativi di SCHMIDT-WEYLAND su animali non sono convincenti. Gli esperimenti su animali non hanno fino ad ora fatto segnare progressi. L'eziologia è pertanto aperta. Il carattere di malattia generale dei vasi (anche le vene ne sono spesso affette) ed il loro aspetto anatomico fece pensare a
processi
allergici
(HANSEN, CURTIUS, FRIEDERICH W E N Z L
e DICK-
STEIN); la localizzazione preferita potrebbe essere la conseguenza di uno stato allergico specifico. Cause tossico-infettive non sono però conosciute (ed in una malattia così decisamente cronica difficilmente dimostrabile). Secondo LÉRICHE non si è ancora riusciti a migliorare una tromboangioite obliterante con la guarigione di focus (cfr. di contro HOFF). Forse un'allergia da tabacco (innata od acquisita in seguito) potrebbe avere la sua importanza. Difficilmente è accertabile se abbiano anche importanza disturbi vasomotori ai quali pensano
GRUBER,
NEUBUERGER,
PYRO,
NORDMANN. L a
rassomi-
glianza delle alterazioni vascolari con quelle da congelamento (SIEGMUND, STAEMMLER) lo fa pensare. In seguito alla variazione allergica potrebbe essere prodotta una capacità di reazione vascolare abnorme, che, tramite la tendenza a spasmi, provoca disturbi nutritivi nella parete vascolare stessa iniziando così il processo anatomico. Che nei gangli del simpatico si abbiano nel caso di disturbi di irrora-
ARTERIE
377
zione (e di altre alterazioni neuro-vegetative) alterazioni morbose delle cellule gangliari e delle cellule circostanti non è più messo in dubbio dopo le ricerche
di
STOEHR,
BLOCK, PLENGE
SUNDER-PLASMANN,
HAGEN,
SCHMITZ,
( a n c h e se i n c e r t i c a s i di SKOOG e CRAIG c o n
FEYRTER, KERNOHAN
non ve n'è traccia); sulla loro importanza patogenetica non vi è ancora certezza. HERZOG è su posizioni critiche. SCHRADER è del parere che malattie vascolari obliteranti possano essere attribuite a disturbi nutritivi della parete vascolare, causati da prolassi delle guaine delle fibre. Rapporti con la gangrena di Raynaud, in cui hanno la maggior importanza alterazioni nervose, sono quasi inesistenti (vedi appendice a questo capitolo).
Fig. 141. Endoarterite obliterante dell'arteria brachiale in cosiddetta sindrome dello scaleno.
I disturbi di irrorazione che si hanno nei lavoratori che lavorano con aria compressa (JUNGHANNS, MOSCHINSKI) e che certamente sono condizionati da modificazioni vasomotorie, sono del gruppo Raynaud. D'altra parte è sicuro che dall'arteria affetta si originano azioni nervose che aumentano i disturbi irroratori. La forte preferenza per il sesso maschile fa pensare naturalmente a fattori ormonici, perlomeno nel senso che l'ormone follicolare esercita un certo effetto protettivo aumentando l'irrorazione periferica. MORCHOK accertò che in maschi affetti da tromboangioite obliterante mancavano completamente ormoni delle ghiandole sessuali femminili nel sangue. La nicotina, la cui importanza è indiscussa, potrebbe esercitare la sua
37»
ORGANI
DELLA
CIRCOLAZIONE
a z i o n e d i r e t t a m e n t e sui c e n t r i v a s o m o t o r i o m e d i a n t e la l i b e r a z i o n e
di
a d r e n a l i n a . I n t o t a l e si p u ò r i t e n e r e c h e per l ' i n s o r g e n z a d e l l a
trombo-
angioite obliterante concorrono
disturbi
fattori della sensibilizzazione
e
d e l l a r e g o l a z i o n e n e u r o - o r m o n i c a . D i p i ù n o n si p u ò a n c o r a dire. A n c o r a è d a v e d e r s i se i r a p p o r t i c o n la t o x o p l a s m o s i ,
ultimamente
a m m e s s i d a SCHRADER e W E S T P H A L , si c o n f e r m e r a n n o . I n casi d i d i s t u r b i d ' i r r o r a z i o n e g r a v i alle b r a c c i a (per lo p i ù u n i l a t e r a l i « sindrome leno ») si t r o v a n o a v o l t e
(non s e m p r e ) a l t e r a z i o n i v a s c o l a r i
dello
b r a c h i a l e , c h e h a n n o g r a n d e r a s s o m i g l i a n z a c o n la t r o m b o a n g i o i t e terante
sca-
nell'arteria obli-
(cfr. fig. 1 4 1 ) .
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ZOL-
1.
L'arterite a cellule giganti (Arterite temporale) Essa è stata descritta nel 1932 da HORTON e MAGATH della clinica Mayo e denominata da essi come pure da ROBERTSON arterite temporale. KILBOURNE e WOLF la denominano arterite craniale, mentre si è maggiormente imposto il nome arterite a cellule giganti.
F i g . 142. Arterite temporale
con g r a n u l a z i o n i gigantocellulari dell'intima (arterite a cellule giganti) e f o r t e riduzione del lume. U o m o di 81 anni (da u n m i c r o f o t o g r a m m a d o v u t o a l l a cortesia del Dr. HÒRSTEBROK, Miinster).
ARTERIE
381
La sua natura generalizzata è particolarmente sottolineata da COOKE, SCHRADER, CROSBY
JENNINGS,
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WEIL,
HOERSTEBROCK.
Fino ad oggi sono stati descritti circa 100 casi. Prevalentemente colpiti i vecchi, e più le donne degli uomini. Quadro morboso subfebbrile, con dolori alla testa, alle articolazioni ed ai muscoli, stanchezza, a volte manifestazioni renali, in un terzo dei casi cecità. Il più delle volte è colpita l'arteria temporale, indi l'arteria occipitale e l'arteria retinica centrale, più raramente le arterie cerebrali, coronarie e delle estremità (FRANGENHEIM). Secondo osservazioni singole, particolarmente di BROCH e YTZEHUS nonché di HOERSTEBROCK, si ha l'impressione che la malattia si possa manifestare concentrata nel tempo e localmente. Istologicamente si riscontra una rilevante distruzione della media ad opera di un tessuto di granulazione ricco di cellule giganti. L'intima mostra proliferazioni connettivali più o meno intense aspecifìche, l'avventizia infiltrati cellulari. Trombi parietali possono condurre all'occlusione (fig. 142). In generale il morbo termina senza gravi danni generali. Per la partecipazione delle arterie oculari, delle meningi, del cuore possono originarsi gravi complicazioni anche letali (cecità, angina pectoris). HARRISON e FRANGENHEIM rendono noti casi di gangrena delle estremità.
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3«2
ORGANI
D.
DISTURBI
DELLA
CIRCOLAZIONE
CIRCOLATORI
(.Angioneuropatie,
VASOMOTORI
RATSCHOW)
L'insorgenza di determinate malattie vasomotorie, che portano a notevoli disturbi d'irrorazione della periferia senza produrre però di norma modificazioni anatomiche dei vasi sanguigni, è piuttosto oscura. Ad esse appartiene innanzitutto la cosiddetta malattia di Raynaud. RATSCHOW la annovera tra le angiopatie delle arterie dovute a esagerata tendenza al restringimento. Accanto a questa egli ricorda malattie dovute a tendenza a dilatazione (eritralgie, acrocianosi). La malattia colpisce prevalentemente le donne c per lo più le dita, e può interessare anche il naso, il mento, i lobuli degli orecchi e la lingua e consiste in disturbi di irrorazione ad andamento accessuale. Negli stadi iniziali le arterie sono normali ed in seguito pare che si possano sviluppare ispessimenti della muscolare come pure dell'intima (LEWIS) . Anche PYRO osservò formazioni a cuscinetto endoarteritiche contenenti numerose fibre elastiche, analogamente a GAGEL e WATTS. Queste modificazioni vasali sono di grande interesse perché dimostrano che in seguito ad una erronea regolazione puramente vasomotoria, possono comparire modificazioni anatomiche a carico dei vasi, cosa alla quale P Y R O ha particolarmente accennato anche in riferimento alla genesi della malattia di Winiwarter-Buerger. Sugli stretti rapporti fra malattie funzionali ed organiche dei vasi vedi in particolare RATSCHOW. Che nella malattia di Raynaud si tratti di un danno primario del sistema neuro-vegetativo non è quasi più da mettere in dubbio. SCHARAPOW come pure GAGEL E W A T T S considerarono come substrato anatomico le modificazioni delle cellule gangliari delle corna laterali del midollo spinale («irritazione primitiva»), SUNDERPLASSMANN e F E Y R T E R quelle dei gangli del simpatico, mentre L E W I S ritiene che il disturbo della reazione vascolare sia da ricercarsi nei capillari della periferia. Si tratterebbe pertanto di « crisi vascolari » organicamente condizionate o puramente funzionali nel senso di PAL, nell'insorgenza delle quali possono entrare in gioco anche fattori ormonali (RATSCHOW). Anche se il reperto di modificazioni anatomiche grossolane a carico del sistema nervoso vegetativo non dovesse venir confermato per tutti i casi, fatto questo ammesso dall'Autore, resta il dato di fatto che regolazioni erronee del sistema d'innervazione dei vasi possono condurre a gravissimi disturbi d'irrorazione ed avere come conseguenza modificazioni anatomiche. Per una esposizione dettagliata vedi in particolare F E Y R T E R . Nello stesso modo dobbiamo immaginare anche la genesi delle malattie
383
ARTERIE
vascolari in seguito a congelamenti. Secondo le ricerche sperimentali dell'A. con i suoi collaboratori
(BÒTTCHER, H . - J .
STAEMMLER, B A H R ,
SWIERC-
ZYNSKI) quando si impiegano stimoli da freddo che non portano ad un congelamento del tessuto insorge dapprima un blocco dell'afflusso arterioso, che può essere così intenso, che dall'arteria della coda del ratto sezionata non fuoriesce sangue. Se le stimolazioni del freddo sono sufficientemente prolungate e ripetute di sovente, si verifica un grave disturbo di nutrizione che porta anche fino alla necrosi della cute, della muscolatura, dei nervi e delle ossa. In questo caso non sono constatabili modificazioni anatomiche della parete delle arterie. Uno spasmo vasale, puramente funzionale, ottenuto artificialmente, può anche provocare necrosi dei tessuti. Disturbi di nutrizione della parete stessa del vaso possono condurre però secondariamente, quando venga riattivato il passaggio della corrente nutritizia, a infiltrazione plasmatica della parete tramite lesione dell'endotelio che presenta modificazioni di tipo dell'endoarterite. Si forma così un processo di endoarterite locale come lesione da freddo che non va però considerata alla stregua della malattia di Winiwarter-Biirger, anche se dal punto di vista puramente anatomico presenta somiglianze con questa. Secondo le ricerche di WURST, in seguito alla guarigione di stati di congelamento dei piedi, di frequente residuano disturbi riguardanti la reazione del sistema nervoso, manifestantisi anche nella regolazione vasomotoria. Sulla base di questi disturbi si possono spiegare quelle alterazioni tardive della parete arteriosa, prima descritte da STAEMMLER e recentemente da HILLENBRAND e W O L F
ed
anche da
JUDMAIER.
E quanto vale per le stimolazioni da freddo ha probabilmente valore anche per altri stimoli. H. SCHMIDT comunica osservazioni di infarti, a livello di organi, su base angiospastica. Nel cervello sovente si osservano gravi deficienze funzionali anche monolaterali, con l'alternativa di riequilibrarsi nuovamente oppure di condurre a morte repentina, che si manifestano senza un chiaro ed evidente substrato anatomico vasale (cfr. WESTPHAL, « angiospasticher Insult »). KÜLBS osservò emiplegie temporanee dopo abuso di nicotina. PAL volle accentuare in modo particolare l'importanza di queste crisi vasali. È fuori di dubbio che mediante tali meccanismi si possa arrivare a disturbi di nutrizione a carico dei tessuti dei vari organi. Naturalmente è difficile dimostrare con esattezza se da tali disturbi vasomotori possano conseguire alterazioni della parete stessa del vaso sul tipo di quelle da congelamento, come viene ammesso da WESTPHAL per i vasi cerebrali. Lesioni della parete vasale non devono necessariamente arrivare fino alla necrosi, però possono condurre a quadri definibili come endoarterite e, negli stadi successivi, come arteriosclerosi. Pertanto, secondo l'autore, meritano molto interesse le esperienze fatte sui congelamenti, poiché esse ci rendono conto dell'importanza che rivestono i mo-
ORGANI DELLA
3«4
CIRCOLAZIONE
menti vasomotori nelle malattie delle arterie di tipo endoarteritico (e probabilmente anche di tipo aterosclerotico).
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E. INFIAMMAZIONI SPECIFICHE DELLE A R T E R I E 1. S I F I L I D E D E L L E
ARTERIE
A proposito della sifìlide arteriosa, vanno distinte forme autonome da altre forme che insorgono nel territorio di lesioni gommose. Le prime interessano soprattutto le grosse arterie (aorta, a. polmonare) e le medie arterie (specialmente le arterie del cervello), ma sono anche reperibili in corrispondenza di rami terminali (per esempio nelle arteriole del cervello). Più frequentemente è interessata l'aorta. Dal tempo delle ricerche di DOEHLE (1885), di HELLER e della sua scuola, come anche di PUPPE, ai risultati dei quali si sono uniti dapprima BOLLINGER e E. KAUFMANN e più tardi, dopo le discussioni al Congresso dei patologi tedeschi del 1903 (CHIARI, BENDA), anche la maggior parte dei patologi tedeschi, l'aortite sifilitica è nota come malattia autonoma e ben caratterizzata, specie dopo che REUTER (1906) e SCHMORL (1907) dimostrarono spirochete nella parete dell'arteria malata. (La dimostrazione della spirocheta riesce molto raramente, specialmente nei casi trattati. A. RICHTER riferisce di aver trovato in un caso abbondanti spirochete). L a sifìlide aortica è malattia frequente. Anche se le cifre trovate nei settorati delle grandi città non possono essere considerate rappresentative
ARTERIE
385
e costituire indice della diffusione generale, in quanto la sifilide è indubbiamente molto meno diffusa nelle campagne, tuttavia le statistiche elaborate dagli istituti di patologia danno un indizio della frequenza, relativamente al materiale umano esaminato. Secondo queste statistiche la frequenza oscilla fra il 2 % ( G R U B E R per Mainz, H E R X H E I M E R per Wiesbaden) e l'8-g % ( H A R T per Berlino 1914 e M. SCHILLER per Kiel 1924). Anche più recenti statistiche danno in generale gli stessi valori ( J A F F É 1931, R A D N A I 1934, N I C K E L 1936). A distanza di circa 65 anni dalla scoperta della malattia, essa non subì un sostanziale aumento, come si sarebbe potuto presumere date le migliorate possibilità della diagnosi clinica ed anatomica (JUNGMANN e H A L L , L A N G E R ) . Sembra piuttosto, secondo le statistiche di settorati ed in base ad esperienze proprie specialmente degli ultimi anni, di assistere a una diminuzione. E' mutato nei reperti dei settorati il rapporto fra lue dell'aorta e quella di altri organi; però le cifre che si riferiscono alla sifìlide del sistema nervoso non sono del tutto attendibili e sicure, poiché buona parte di paralitici muore in istituti speciali e in molti istituti di patologia non è computata. Al contrario E. K A U F M A N N giustamente sottolinea, nell'ultima edizione di questo testo, come negli ultimi decenni la constatazione di formazioni gommose al tavolo settorio sia diventata una vera rarità. Fra le forme di lue terziaria, l'aortite sta nettamente al primo posto (STADLER, GÜRICH) e rappresenta oggi il 70-80 % di tutti i casi. L'opinione che la lue aortica sia rara nella tabe e nella paralisi progressiva (FRISCH, L Ò W E N B E R G , SCHLESINGER) non trova conferma nella pratica settoria (SCHERER, G R U B E R , H E R X H E I M E R , G A N Z E R ) . Secondo L A Z A R O V I T S è presente aortite luetica nel 43-44 % dei casi di tabe e, a seconda dell'età, nel 62-75 % delle forme paralitiche (secondo H E A L E Y nel 74 %). Però sembra che alquanto raramente essa costituisca l'immediata causa di morte. Generalmente ciò è da riportare, almeno in parte, alla minore probabilità di sopravvivenza dei tabetici e dei paralitici, che, non arrivando allo stadio terminale della mesoaortite, solo di rado presentano aneurismi. La costituzione sembra avere una certa importanza nella formazione dell'aortite sifilitica. Secondo LAZAROVITS il 90 % dei portatori sono di abito atletico o pícnico. Ciò vale per le forme paralitiche, mentre la tabe sembra attaccare maggiormente i tipi leptosomici. L'aortite va considerata come manifestazione tardiva della sifìlide e secondo S T A D L E R e D E N E K E il tempo medio intercorrente fra l'infezione e l'osservazione dei primi sintomi è di circa 20 anni. Però i sintomi della malattia spesse volte sono solo l'espressione di certe complicazioni (insufficienza valvolare, restringimento delle arterie coronarie, formazioni di aneurismi). In tal caso il decorso della malattia fino alla morte abitualmente non supera 1-2 anni (STADLER). Al tavolo settorio si può constatare che la lue dell'aorta più frequentemente colpisce soggetti fra i 40 e i 60 anni (60 %), 25
—
KAUFMANN
I
3 86
ORGANI
DELLA
CIRCOLAZIONE
prima dei 40 anni nel 15 % e dopo i 60 anni nel 25 % LIEK, JESSNER, WODTKE, SCHULTE
riferiscono
(HERXHEIMER).
su lesioni p r e c o c i , mani-
festantisi cioè nel primo anno dall'inizio dell'infezione. HERZOG però sottolinea che le prime alterazioni aortiche sovente si manifestano subito dopo l'infezione, come egli stesso potè dimostrare su materiale autoptico. Se tali risultati trovassero conferma, allora si dovrebbe pensare che il processo stia allo stato di latenza per molto tempo e decorra asintomatico. Molto rari sono i casi di morte prima del ventesimo anno di vita (HERXHEIMER). N e l l e o s s e r v a z i o n i d i ACUNA, WINOCUR e OROSCO ( b a m b i n a di
8 anni!), NORRIS (morte al 9 0 e 17 0 anno), LIPPMANN (17 anni), JUNGE e NEUMANN (19 anni), probabilmente si trattava, nella maggior parte dei casi, di lue congenita, nella quale WIESNER dimostrò alterazioni dell'aorta (cfr. SCHNEIDER, JORES. JUNGE considera il suo caso come acquisito). Gli uomini sono più colpiti delle donne. Le cifre oscillano fra il 56 e 1*89 % . HERXHEIMER trovò, su materiale autoptico, il 75 % di uomini. JAFFÉ, riguardo al sesso, constatò nei bianchi il rapporto di 1,2:1 a favore delle donne, nei negri 0,5:1. Secondo COCHEMS e KEMP sono più colpiti gli uomini che eseguono lavori pesanti; tuttavia simili circostanze sono veramente difficili da dimostrare. L'aortite sifilitica costituisce causa di morte nel 40-70 % dei casi osservati
al t a v o l o
settorio
(LENZ, STADLER,
OBERNDORFER,
GRUBER,
HERXHEIMER).
Macroscopicamente sono caratteristiche dell'aortite luetica: modificazioni della superficie interna, assottigliamento di tutta la parete aortica e diffusione del processo morboso. All'esame dell'intima talvolta si osserva un fine disegno cicatriziale con superficie simile a pelle zigrinata percorsa da rughe e pieghe irregolari (non solo a direzione longitudinale) con assottigliamento della parete, oppure retrazioni stellate (punzonature) più estese oppure formazioni rilevate di colore simile a quello della porcellana, oppure superficie diffusamente cicatriziale di colore leggermente biancogrigio o bluastro (figg. 143 e 144). Generalmente le prime lesioni sono localizzate subito al di sopra delle valvole, donde possono però estendersi a tutta l'aorta ascendente, all'arco, all'aorta discendente e solo occasionalmente fino nel tratto addominale. Sovente è tipica la constatazione di un netto arresto verso la parte discendente. Viene a formarsi così ora una limitata banda trasversale al disotto delle valvole, ora un processo diffuso che arriva sino all'inizio dell'aorta addominale o fino alla biforcazione delle arterie renali. A l disotto di queste è molto rara, pur essendo ogni tanto constatabile. Quasi sempre tale affezione, specialmente quando il processo è estesamente diffuso, comporta dilatazione dell'aorta, molto spesso si combina con processi sclerotici ed ateromatosi che possono essere tanto rilevanti da mascherare il processo sifilitico, riconoscibile unicamente dal netto e caratteristico arresto verso
ARTERIE
387
i tratti inferiori. L a diagnosi è resa ancor più diffìcile quando, ad aterosclerosi preesistente, si sovrappone lue aortica; in tale circostanza il processo sclerotico supera spazialmente quello sifilitico, interessando l'aorta distale ed anche le arterie del bacino.
Kg- 143Aortite sifilitica (mesoaortite). A o r t a ascendente di g i o v a n e d o n n a sifilitica presentante profonde e d e n t e l l a t e r e t r a z i o n i (punzonature) a c o n t o r n i irregolari. Indenni le v a l v o l e e la res t a n t e p a r t e del v a s o . Circa 3/4 della g r a n d e z z a n a t u r a l e . (Disegno di E . K A U F M A N N ) .
Microscopicamente il processo morboso interessa innanzitutto l'avventizia e la media. Consta di infiltrati di cellule infiammatorie, di plasmacellule, di linfociti e di istiociti che circondano i vasa vasorum ed infiltrano in senso obliquo la media. Ora spiccano maggiormente nella media, ora nell'avventizia. Parallelamente a queste si riscontrano modificazioni delle arterie parietali, consistenti in riduzione o obliterazione completa del lume (figg. 145 e 146). I processi infiammatori conducono alla formazione di tessuto di granulazione ed alla produzione di tessuto connettivo cicatriziale che infiltra la media in modo disordinato. Contemporaneamente si inizia una pronunciata distruzione della muscolatura e delle lamelle elastiche così che la parete è grossolanamente interrotta o cospicuamente assottigliata (fig. 147). Talvolta in stadi recenti si notano necrosi grossolane della parete, in vicinanza delle quali si sviluppano processi infiammatori dove sono
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Fig.
144.
Mesoaortite sifilitica, b r u s c o passaggio dalla g r a v e alterazione d e l l ' a o r t a toracica a l l ' a s p e t t o normale d e l l ' a o r t a a d d o m i n a l e . U o m o d i 38 anni 2/3 della g r a n d e z z a n a t u r a l e . (Disegno d i E . K A U F M A N N ) .
388
ORGANI
DELLA
CIRCOLAZIONE
visualizzabili cellule giganti da corpo estraneo (PUPPE). Il materiale necrotico viene riassorbito e sostituito da tessuto cicatriziale. Oltre a questo processo infiammatorio cronico che conduce alla cicatrizzazione (aortite fibrosa), molto più raramente si repertano formazioni gommose con necrosi
e
cellule g i g a n t i di LANGHANS
(DOEHLE,
HELLER,
HEINE,
FABRIS,
KAUFMANN, BECK, SIKL) (fig. 148). Raramente furono messe in evidenza spirochete.
Fig. 145Mesoaortite sifilitica. Copiosa infiltrazione cellulare della media e dell'avventizia. Grossolana interruzione della media. Ispessimento sclerotico dell'intima.
In un primo tempo l'intima non partecipa al processo. Però essa stessa è interessata dall'infiammazione (con o senza penetrazione di vasi) che favorisce la produzione, specialmente verso lo strato interno, di tessuto connettivo ricco di fibre, in cui sono presenti anche fibre elastiche, e che presenta solo modesti fenomeni regressivi. Più tardi si possono sviluppare estesi processi ateromasici e ciò prova come in certe forme di arteriosclerosi la proliferazione irregolare del tessuto connettivale sia primitiva. Non sempre però il processo aterosclerotico inizia come infiammazione, propagantesi
ARTERIE
389
F i g . 146. Mesoaortite sifilitica. N o t e v o l e infiltrazione cellulare della m e d i a e dell'avventizia." E n d o a r t e rite obliterante dei v a s i d e l l ' a o r t a . Sclerosi dell'intima. U o m o di 48 a. A u t . N . 353/1951.
FiS- 147Mesoaortite sifilitica. Colorazione di W e i g e r t per le fibre elastiche. Grossolana interruzione della media. Sclerosi d e l l ' i n t i m a con n e o f o r m a z i o n e d i fibre elastiche. U o m o d i 44 a. A u t . N . 283/1950.
39°
ORGANI DELLA CIRCOLAZIONE
dall'interno verso l'esterno, bensì può anche farsi strada internamente, nell'intima dalla media, tramite focolai di infiltrazione plasmatico-lipoidea (vedi dettagli nel paragrafo dell'aterosclerosi). Da un punto di vista anatomico il processo morboso a carico dell'aorta non è, nella maggioranza dei casi, da considerare strettamente specifico per la sifilide, in quanto presenta manifestazioni analoghe anche in altre malattie infettive e specialmente nel reumatismo articolare. Tuttavia in questo caso di rado è così pronunciato e non conduce quasi mai a grossolane distruzioni del tessuto elastico, che nell'aortite luetica, può risultare del tutto
Fig. 148. Focolaio gommoso della media in un caso di aortite gommosa. Cellule giganti, epitelioidi, rotonde e necrosi. Forte ingrandimento (osservazione di E . KAUFMANN, cfr. PAUL, BECK, diss. inaug. Basilea 1903).
mancante o essere ridotto a piccoli residui; non dà mai una così caratteristica endoarterite obliterante dei piccoli vasi parietali, non colpisce la media con necrosi così estese e soprattutto non conduce mai alla formazione di vere gomme. Difficilmente le forme poco marcate di ambedue le malattie sono distinguibili con sicurezza. Differenze si trovano nella localizzazione: la malattia reumatica colpisce soprattutto la porzione addominale, mentre la sifilide quasi esclusivamente la porzione toracica ( E . F R A E N K E L , V. G L A H N e PAPPENHEIMER, K L I N G E e Coli.). Anche in altre malattie infettive si osservano simili modificazioni ( W I E S E L , V. W I E S N E R , KLOTZ, SIEGMUND),
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che sono però meno evidenti di quelle dell'aortite sifilitica o vanno incontro addirittura a vere fusioni purulente che esitano, a guarigione avvenuta, in gravi distruzioni e formazioni cicatriziali. In genere l'aortite sifilitica (nella sua forma completamente sviluppata), può essere distinta tanto negli stadi recenti che in quelli vecchi cicatriziali, per il grado della distruzione della media, della localizzazione del processo, ma anche di peculiari quadri istologici che differiscono da quelli di altre malattie infettive; per una diagnosi differenziale può aiutare anche l'esito della reazione di Wassermann che però, nei vecchi processi cicatriziali, può risultare negativa. Fra le complicanze più frequenti dell'aortite sifilitica va ricordata l'alterazione valvolare che conduce al quadro clinico dell'insufficienza aortica. H E R X H E I M E R valuta la frequenza dell'interessamento delle valvole nel 30-40 % ( W O L F F 40, M A R T L A N D 60, R A D N A I 64 %). Anatomicamente troviamo: a) deiscenza 0 diastasi delle valvole dipendente dal fatto che i rispettivi punti di impianto si allontanano uno dall'altro, per l'interposizione di una specie di solco. Tale solco è dato da irregolare formazione di tessuto connettivale dell'intima, insinuantesi in corrispondenza della base di impianto delle valvole. I punti di impianto possono venir distanziati passivamente l'uno dall'altro in seguito alla dilatazione dell'aorta; b) estensione del processo infiammatorio al tessuto valvolare stesso con ispessimento della valvola che poi si accartoccia, si arrotola, diventa rigida e fissa, oppure fusione del margine libero con quello di chiusura e formazione di un margine ruvido e arrotondato, che rende impossibile l'unione dei margini di chiusura; c) completa aderenza di tutta la superficie valvolare con la parte interna del seno di Valsalva ( F A B R I S , E N G E L , S A P H I R e S C O T T , K. K O C H , P A T T A U F , H E R X H E I M E R , M A R E S C H , D U L B E C C O ) . In merito alle modificazioni istologiche valvolari vedi i lavori di L U P U e B A T T A G L I A . M A R T L A N D assegna molta importanza alle alterazioni valvolari come causa di morte improvvisa. La seconda complicazione consiste nel restringimento o nella chiusura dell'imbocco delle coronarie in cui spesso sono interessati entrambi gli osti, sia pure in modo diverso, oppure vino solo.* Il sinistro"appare più frequentemente colpito del destro. Il restringimento avviene tramite accrescimento dell'intima dell'aorta verso l'ostio ( S T R A U B , B E N D A , C H I A R I , G R U B E R ) oppure impianto di focolai gommosi veri in corrispondenza dell'imbocco delle coronarie ( S I K L , spirochete!). Il restringimento degli imbocchi delle arterie coronarie sovente è causa di angina pectoris e non infrequentemente conduce a morte improvvisa ( S C H R I D D E ) , talora con la formazione di trombo recente ( O B E R N D O R F E R , H E R X H E I M E R ) . S U 1 0 1 casi di morte improvvisa da lue cardiovascolare, M A R T L A N D ha osservato 36 volte insufficienza aortica, 15 restringimento coronarico, fra cui una volta in un uomo di 23 anni, e v. B R U E N N 39
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volte su 118 casi di morte in sifilitici. MARESCH valuta la frequenza del restringimento delle coronarie intorno al 25 % . Più rara è l'occlusione o il restringimento di imbocchi delle arterie più grosse, ad esempio della succlavia (GRUBER) o di più rami compresa l ' a r t e r i a c a r o t i d e c o m u n e (FAHR, M O T L E Y e MOORE, TÖPPICH, BINI, LAMPEN
e WADULLA, da cui il quadro clinico della «stenosi dell'istmo rovesciata»), dell'anonima (HÖLSCHER), delle arterie intercostali (TÖPPICH). L'arteria rimane costantemente pervia nel suo ulteriore decorso e le arterie coronarie presentano pareti perfino straordinariamente sottili, dimostrandosi in tal modo rara una contemporanea sclerosi coronarica di una certa gravità
(WINKLER).
L'aneurisma dell'aorta come complicazione dell'aortite verrà discusso più avanti. Talvolta si osservano dilatazioni di uno o più seni del Valsalva (SNYDER e HUNTER, BARNSCHEIDT, HABAN), i n t e r p r e t a b i l i q u a l i espressioni
di debolezza congenita delle strutture. Va poi menzionata la rottura spontanea dell' aorta non dilatata, in cui il reperto macroscopico può essere così poco saliente che solo l'indagine microscopica può informare sulla natura sifilitica del processo aortico (LIFVENDAHL, MINOVICI e BOUCIN). I m p a r e n t a t o con q u e s t a è l ' a n e u r i s m a artero-venoso
(ARMSTRONG,
COGGIN,
HENDRICKSEN).
KASTNER,
BRIGGS,
CRAVEN, BUDAY e SWANSON indicano come complicazioni l'endocardite reumatica e lenta. STAEMMLER e GEIPEL hanno notato che la mitrale partecipa al processo sifilitico. Assai più rara è la sifilide di altre arterie. Secondo SAPHIR e POLJAKOWA e KARSNER come COSTA e MARIOTTI, a una indagine più accurata, risultano sovente interessate, oltre all'aorta, anche l'a. polmonare, la carotide, la femorale, le arterie cerebrali e spleniche. Sulle varie modalità di partecipazione dell'arteria polmonare vedi BUCHALY. Tuttavia sono rare le forme isolate a carico dell'a. polmonare. I primi casi sicuramente accertati sono q u e l l i o s s e r v a t i d a HENSCHEN, p o i d a BARTH, HARE e R o s s , R E E K E , N E U -
BÜRGER, PLENGE, PENDL, HEDLUND; u n r i a s s u n t o p i ù esteso della l e t t e r a t u r a p i ù v e c c h i a si t r o v a nei l a v o r i di POSSELT, LAUBRY-THOMAS, ZEEK.
JAFFÉ, SU vasto materiale da lui stesso esaminato, ne ha riscontrati 3 casi. Neil 'aneurisma dell'a. polmonare, già di per sé raro, la lue riveste considerevole
importanza
(HENSCHEN,
JENNUS,
DETERLING
e
CLAGETT).
L a forma gommosa viene descritta da WAGNER e QUIATKOWSKI. Complessivamente nella letteratura però non si trovano più di 10-15 c a s i di sifilide autoctona dell'a. polmonare (HEDLUND 1942: 8). Le manifestazioni infiammatorie sono del tutto sovrapponibili a quelle visualizzabili a livello dell'aorta e possono propagarsi dal tronco verso i rami più grossi e persino verso le piccole diramazioni e in parte manifestarsi con granulazioni irregolari della media, in parte con endoarterite obliterante (HEDLUND, HEJTMANCIK, BRADFIELD e RIGTON; cfr. il capitolo della « cosidetta scie-
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393
rosi polmonare primaria »). A proposito della differenziazione con altri processi infiammatori si consultino i lavori di CHIARI (reumatismo!). fc Oltre al predetto restringimento degli osti coronarici, viene anche osservata una vera e propria coronante sifilitica. A sua volta essa gioca un particolare ruolo nella formazione degli aneurismi coronarici (secondo SCOTT su 47 aneurismi, 6 erano di natura sifilitica). Nella maggior parte dei casi l'affezione coronarica è tutt'uno con quella aortica e consiste talvolta in processi infiammatori cronici, niente affatto caratteristici, con restringimento del lume, spesso seguito da improvviso esito letale, oppure in formazione di processi gommosi ( M O R I T Z , S E Y D E L C H U N T E R , J A C K e N o R R i s ) . L a più frequente manifestazione sifilitica a carico delle medie arterie riguarda i vasi della base del cervello. Le prime osservazioni sono di HEUBNER (1870 e 1874): la natura sifilitica fu dapprima contestata (FRIEDLÀNDER, BAUMGARTEN), ma più tardi ammessa.
Fig. 149. Cosiddetta endoarterite obliterante di una arteria basilare del cervello in un caso di meningite gommosa. A , avventizia con infiltrazione cellulare. M, muscolare indenne. J, intima ispessita di aspetto fibroso-cellulare. Il lume è eccentrico (Disegno di E . K A U F M A N N ) .
Vanno distinte 3 forme: 1) la endoarterite obliterante (HEUBNER) con proliferazione dell'intima, ricca di cellule e di fini fibre e con restringimento del lume di alto grado (fig. 149); nella maggioranza dei casi l'elastica interna è conservata e si distingue, rispetto all'arteriosclerosi, soprattutto per la scarsa tendenza alla neoformazione di fibre elastiche e la mancanza di fenomeni regressivi. Essa va considerata come stadio finale di una arterite generale (JORES), che — come è noto — prende origine dall'avventizia (BENDA) . La natura sifilitica non è chiaramente dimostrabile neanche istologicamente. E più tipica la localizzazione che non la fine struttura tessutale. Ciò vale specialmente per la differenziazione con la malattia
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di Winiwarter-Bürger, che solitamente non si localizza alla base, bensì in corrispondenza della convessità delle meningi. 2) L'arterite gommosa, con formazione di tessuto di granulazione caseoso, in cui gran parte della parete dei vasi, ma specialmente la media e l'elastica, viene distrutta. Anche qui i processi di guarigione portano a proliferazione dell'intima con o senza formazioni di trombi e restringimento del lume. È ancora l'avventizia il punto di partenza del processo morboso, specialmente se l'arterite gommosa (alla stregua dell'endoarterite sifilitica) si combina con meningite sifilitica ( L I G N A C , P O T ) . Sulla arterite gommosa dell'arteria vertebrale dà notizia E S S E R . 3) La terza forma è data dall'endoarterite sifilitica delle piccole arterie cerebrali, dapprima osservata da S C H Ü L E e descritta in seguito più dettagliatamente da N I S S L e A L Z H E I M E R , J A K O B , S I O L I . È costituita da attiva proliferazione delle cellule della parete dei vasi e da manifestazioni a carattere regressivo. Tale quadro fu riscontrato da U E H L I N G E R nel midollo spinale. Tuttavia P E N T S C H E W mette in dubbio la natura luetica di queste alterazioni. La sifilide delle arterie cerebrali sovente si manifesta già nello stadio iniziale della malattia luetica. Secondo M I T T E R H U B E R 1/3 dei casi viene osservato nei primi 3 anni dopo l'infezione. Per la casistica si veda specialmente in H E R X H E I M E R . Discussa è l'importanza della lue nei riguardi della formazione degli aneurismi cerebrali della base, non tanto in quanto si tratta della effettiva comparsa di queste alterazioni, ma piuttosto per la frequenza dell'etiologia sifilitica degli aneurismi. (Secondo M A A S S il processo molto frequentemente è di natura sifilitica; M C D O N A L D e K O R B hanno riscontrato lue solo nel 5,6 % , P I R N I T Z E R su 17 casi una sola volta. Anche l'Autore non attribuisce grande importanza alla sifilide nella genesi degli aneurismi della base del cervello). Talvolta è dato anche di osservare nella lue alterazioni delle arterie delle estremità. È però particolarmente difficile la differenziazione con la malattia di Winiwarter-Bürger. J O R E S considera questa forma con molto scetticismo e d'altra'parte S C H L E S I N G E R e H E R X H E I M E R l'hanno ravvisata in una parte dei casi osservati. F R E U N D per altro è riuscito a dimostrare spirochete in sezioni istologiche. Sono anche riferiti casi, seppure del tutto isolati, di arterite sifilitica generalizzata che ricordano molto la periarterite nodosa oppure la endoarterite obliterante: molto verosimilmente le presunte forme luetiche sono da ricondurre a queste malattie anche se contemporaneamente sia stata visualizzata la presenza di spirochete ( D E R I C K e H A S S , S A T O ) . Anche nella lue congenita sono interessati i vasi, come già precedentemente abbiamo riferito (cfr. sifilide aortica dei giovani). L'ha descritta per primo W I E S N E R , fu contestata da S C H A R P F F , ma più tardi di nuovo riconosciuta, essendo stata dimostrata la presenza di spirochete ( R E B A U D I ,
ARTERIE
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THOENES, JORES, SCHNEIDER). Analoghi reperti sono stati constatati a livello delle arterie cerebrali (CHIARI, BIERFREUND, GRAUPNER). Vedasi c a s i s t i c a e l e t t e r a t u r a in HERXHEIMER. S e c o n d o BIERMANN e VEROKAY
anche nelle estremità si instaurano alterazioni vasali su base luetica congenita.
Fig. 150. Arterite sifilitica di un piccolo ramo coronarico e miocardite sifilitica in un bambino di 6 settimane. A u t . N . 334/1951.
L'Autore ha osservato in un bambino di 6 settimane con grave miocardite sifilitica, arterite dei piccoli rami coronarici (fig. 150).
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2. T U B E R C O L O S I D E L L E A R T E R I E Rara è la localizzazione di tubercoli, formatisi a livello dell'intima delle arterie, mediante colonizzazione di bacilli della tubercolosi. Più sov e n t e si v e d o n o nell'aorta
e n e l l a a. -polmonare
(WEIGERT, LUCKSCH, JORES,
STROEBE, BENDA). Essi costituiscono espressione localizzata di una miliare generalizzata
(WASER, H A A S , NEUBERT), m a a n c h e d e l l a t u b e r c o l o s i p o l -
monare nodoso-cavernosa (IFF); ora si presentano in forma di piccoli nodi rotondeggianti della grandezza di una capocchia di spillo, ora a guisa di formazioni polipose più voluminose
(KAUFMANN, JORES, W A S E R ,
IKLÉ,
ORSOS) che possono andare incontro a estesa caseificazione e costituire il punto di partenza di una tubercolosi miliare. Secondo KAUFMANN i tubercoli dell'intima sono frequenti a livello delle arterie renali e conducono alla formazione di infarti anemici o alla disseminazione di tubercoli nel distretto di diramazione.
398
ORGANI D E L L A
CIRCOLAZIONE
La seconda forma di tubercolosi arteriosa è pure ematogena e raggiunge il vaso attraverso i vasa vasorum, conducendo in tal modo alla mesoarterite tubercolare
(HEDINGER,
BAUMGARTEN
e
CANTOR,
GANDER,
BARNARD,
IKLÉ). Si può verificare quindi una estesa distruzione della media con form a z i o n e d i a n e u r i s m i (BAUMGARTEN e CANTOR, SCOTT, M A X W E L L e GRIMES),
oppure il processo progredisce in direzione dell'avventizia o dell'intima, determinando in quest'ultima ulcerazioni polipose. Questi reperti sono descritti oltre che per l'aorta anche per l'a. carotide e l'a. femorale.
Fig. 151. Aneurisma da arrosione da arterite tubercolare in una caverna polmonare. Donna di 32 anni. A u t . N. 120/1952.
Più frequentemente (sebbene più raramente che nelle vene) la tubercolosi si propaga dall'esterno e si instaura direttamente sulla parete del vaso arterioso. Secondo GROSS fino al 1933 sono stati descritti 50 casi di tubercolosi aortica, per la maggior parte riconducibili a questo gruppo. Il più delle volte il punto di partenza è costituito da una ghiandola linfatica caseosa
(DITTRICH, B A U E R ,
JORES, B U B A K ,
HABAN,
GELLERSTEDT
e
SAF-
WENBERG), più raramente da un ascesso prevertebrale conseguente a una carie vertebrale (SCHNYDER). Le conseguenze consistono in: formazione di veri o pseudo-aneurismi oppure rottura dell'aorta e più raramente sviluppo
399
ARTERIE
di una miliare tubercolare. L'a. polmonare è assai raramente interessata (GROSS).
A questo punto debbono essere ricordate le erosioni arteriose nelle caverne polmonari, spesso precedute da formazioni aneurismatiche sulla base di una arterite tubercolare o aspecifica (fìg. 1 5 1 ) (cfr. K A S P E R ) . Più spesso si trova arterite caseosa in mezzo a focolai tubercolari caseificati, come ad esempio nella polmonite caseosa, nella tubercolosi renale o ossea. Nella meningite tubercolare spesso si repertano tubercoli o centri di caseificazione in corrispondenza dell'avventizia dell'arteria, specialmente nelle forme puramente essudativo-caseose, partecipazione della parete vasale sovente con carattere di infiammazione aspecifica (endoarterite sierosa) (SPANG), ma che può anche portare alla caseificazione o alla obliterazione del vaso mediante formazione di trombi. Ne deriva, in tal modo, un più o meno esteso infarcimento emorragico del tessuto cerebrale. Questo tipo di arterite attualmente si osserva più di frequente, nei casi di meningite tubercolare cronicizzata in seguito a trattamento streptomicinico ( E I C K E , S C H A L L O C K , ecc.). c) L'actinomicosi delle arterie è rara. Sull'aneurisma dell'arteria polmonare actinomicotico, vedi R E I C H E .
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400
ORGANI D E L L A
CIRCOLAZIONE
F. ANEURISMI D E L L E
ARTERIE
Aneurisma (àvsvgvvco, dilato, laxo) sta a significare dilatazione dell'arteria dipendente da modificazioni della parete. Può presentarsi in modo diffuso ed allora viene chiamato aneurisma diffuso (spesso anche arteriectasia) oppure, quando coinvolge un tratto circoscritto, aneurisma circoscritto; esistono anche forme di passaggio (fig. 152). Secondo POMMER esisterebbe una fondamentale differenza fra arteriectasia ed aneurisma, anche se tutte e due le forme possono essere associate e la seconda derivare dalla prima. Però, mentre l'aneurisma è caratterizzato da interruzioni della continuità delle strutture elastiche della media, l'arteriectasia deriverebbe unicamente da assottigliamento della media. (Secondo STAEMMLER, nelle arterie di tipo muscolare, la dilatazione del lume dipende da degenerazione fibrosa della muscolatura, come stanno a dimostrare l'arteriectasia senile e l'arteriectasia dell'arteria splenica, la quale ultima subisce una trasformazione (allungamento) a serpentino). Gli aneurismi, in base alla vecchia denominazione, si possono dividere in veri e spuri. Nell'aneurisma vero la zona di dilatazione è costituita dalla parete del vaso alterata e comunque da una parete in cui sono riconoscibili resti e frammenti dell'arteria stessa. Nell'aneurisma spurio il sangue, fuoriuscito dalla arteria discontinuata da trauma o da processo morboso, forma un alveo nel tessuto cellulare periarterioso: dapprincipio si forma cioè un ematoma diffuso delimitato dal tessuto cellulare limitrofo che in seguito viene incapsulato a guisa di sacco. Questo sacco, comunicante con l'arteria, non risulta però formato dalla parete del vaso. L'aneurisma spurio traumatico si forma in seguito a traumi (coltello, baionetta, schiacciamento, ferite d'arma da fuoco). Qualora l'apertura interessi solo un tratto, in seguito alla proliferazione del tessuto connettivale limitrofo, si può verificare una formazione limitata a mo' di voluminoso sacco allogato in un punto circoscritto del vaso — aneurisma falso circoscritto, ematoma incapsulato. — L a soluzione di continuo può venire occupata da trombo e chiusa da un processo di arterite produttiva. Di regola però sussiste soluzione di continuo, tramite la quale il sacco è in comunicazione con l'arteria: il sangue può, in tal caso, allargare ulteriormente il sacco cistico (talvolta in modo addirittura enorme) e prolungare di molti mesi la definitiva circoscrizione e la cosiddetta « maturazione » istologica (cfr. JUSTI) del processo. Secondo BIER ed altri ed in base alle osservazioni di KAUFMANN, negli stadi iniziali si constata il seguente quadro: l'ematoma di grandezza molto variabile è coagulato e si disperde,
4oi
Fig. 152. Aneurismi arteriosi di vario tipo. 1) Aneurisma cirsoideo. 2) Aneurisma navicolare. 3) Aneurismi miliari di arteria cerebrale (microscopico). 4) Aneurisma dissecante sacciforme. Rottura dell'intima. 5) Aneurisma fusiforme. 6) Aneurisma sacciforme della basilare, grandezza naturale. 7) Aneurisma sacciforme dell'aorta, in sezione. 8) Capillari cerebrali con raccolta di sangue nella sua guaina linfatica (microscopico). 9) Aneurisma falso da ferita da punta. 10) e 11) Due forme di aneurisma artero-venoso da contemporanea ferita dell'arteria e della vena. Nella prima comunicazione fra vena e arteria e distensione della vena da parte del sangue arterioso; l'arteria, la cui parete è stata perforata due volte, presenta aneurisma. Nella seconda si ha un sacco aneurismatico posto fra l'arteria e la vena che sbocca nella vena e una dilatazione aneurismatica sacciforme di quest'ultima che presenta flebectasia diffusa (da O. WEBER). 12) Aneurisma dissecante diffuso, che dall'aorta arriva fino alle iliache. La freccia superiore conduce, attraverso la lacerazione dell'intima, nel falso letto, la freccia inferiore, da questo nel lume interno (vecchio letto (schematica)). 13) Arteria allacciata, occlusione organica da organizzazione del trombo, sostituito da connettivo ricco di vasi. Lume dell'arteria e dintorni del moncone occupati da connettivo vascolarizzato; i intima; m media; a avventizia. 14) Arterite tubercolare; a avventizia infiltrata; m media in parte ialina in parte infiltrata; i intima con proliferazione tubercolare, in parte caseificata; vi si riscontrano due cellule giganti. 15) Aneurisma dell'arteria polmonare che aggetta in una piccola caverna, che a sua voltasi apre in un bronco (schematica) (Disegno di E. KAUFMANN). 26 —
KAUFMANN
I
4-02
ORGANI DELLA CIRCOLAZIONE
infiltrandosi, nel tessuto circostante. Asportata la massa scura coagulata, nell'immediata vicinanza della soluzione di continuo dell'arteria si visualizza una cavità in genere relativamente piccola, rotondeggiante, o conica, ripiena di sangue fluido (oppure, nel cadavere, coagulato in modo omogeneo) e comunicante con il vaso. Essa è quasi modellata nella massa cruorosa dell'ematoma e mostra una specie di membrana, spesso lamellare, in generale un po' più chiara e sottile. Certuni ritengono che questa membrana possa considerarsi come espressione dell'allargamento del trombo piastrinico e fibrinoso, formatosi immediatamente nel punto di rottura del vaso (fra gli altri K A L L E N B E R G E R , bibl. H E D I N G E R ) , secondo B I E R la membrana si forma dai coaguli dello stesso ematoma in seguito alla pressione esercitata dal sangue nella cavità. Anche K A U F M A N N è della stessa opinione, ma ritiene che questa membrana fibrinosa (che contiene trabecole di piastrine e, qualora insorgano complicazioni infiammatorie, anche numerosi leucociti, rappresenti in parte un precipitato trombotico secondario, determinato dal sangue circolante nella cavità. Più tardi, quando i coaguli dell'ematoma, e cioè del rivestimento che circonda la piccola sacca, sono già in parte riassorbiti e via via infiltrati dal tessuto di granulazione delle zone circostanti, anche la membrana del sacculo si organizza e si fonde con i tessuti vicini in una massa di tessuto connettivo duro; si è formato così un vero sacco aneurismatico nel quale il sangue circola come in un aneurisma vero. (Possono anche formarsi fremiti, come nell'aneurisma vero). Trombi costituiti a guisa di scaglie di cipolla (è predominante la fibrina) possono rivestire o, più o meno, riempire l'aneurisma. Se successivamente si occlude l'apertura dell'arteria, riesce alquanto difficile riconoscere la vera natura del sacco cistico che può nettamente isolarsi dai tessuti circostanti, tenuto conto che nel corso di mesi il contenuto si è trasformato e quindi non si presenta più sanguigno ma sieroso mentre la superficie interna della sacca è liscia e può essere per molto tempo ancora ricoperta da pigmento bruno (Aneurisma da guerra, vedi J U S T I , M . B . SCHMIDT e dettagliata letteratura fino al 1919 in STICH e F R O M M E ) . Successivamente gli aneurismi veri sono stati classificati come segue: 1. Aneurisma vero spontaneo (e traumatico). 2. Aneurisma dissecante (forma di passaggio fra l'aneurisma vero e falso). 3. Aneurisma embolico: a) semplice, b) infettivo o micotico. 4. Aneurisma per erosione (ulcerazione). Per ultimo: aneurismi artero-venosi e aneurismi congeniti.
4°3
ARTERIE
i. ANEURISMA VERO
SPONTANEO
L'aneurisma vero spontaneo può assumere diversa forma; per questo vanno distinti l'aneurisma diffuso o cilindrico e l'aneurisma circoscritto. In certi casi si parla di aneurisma sacciforme, a barca e fusiforme (fig. 140). Quando parecchi aneurismi fusati si trovano l'uno accanto all'altro si parla di aneurisma fusiforme multiplo. Nell'aneurisma cirsoideo (a viticcio) l'arteria si presenta dilatata e allungata e di conseguenza tortuosa; questa forma si osserva più frequentemente a livello della arteria splenica. Fra gli aneurismi spontanei il più importante e tipico è costituito dall'aneurisma circoscritto sacciforme. Il sacco è rotondo o allungato e spesso fornito di diverticoli secondari o terziari. Il volume dell'aneurisma è alquanto variabile e può raggiungere diametri di una testa d'uomo (H. SACHS) O perfino quelli di un secchio (EPPINGER); nella maggioranza dei casi il volume raggiunto è solo quello di un pugno. Gli aneurismi diffusi vengono anche denominati aneurismi da dilatazione: il segmento del vaso colpito, ad esempio l'arco aortico, in seguito ad alterazioni della sua parete (arteriosclerosi, aortite callosa) diventa troppo debole per sostenere la pressione del sangue, talché si dilata sino a raggiungere, ad esempio, dimensioni doppie o anche maggiori. L'aneurisma circoscritto sacciforme a volte è un aneurisma da dilatazione e possiede allora una ampia comunicazione che, senza un punto più ristretto o collo, è connessa con un sacco generalmente non molto più ampio (i trombi sono rarissimi); oppure è un aneurisma da rottura-, in un punto circoscritto della parete si può verificare rottura della media, poiché quest'ultima, distrutta ad esempio da un focolaio sifilitico, è divenuta discontinua. Dapprima la parete è formata (nell'aneurisma da dilatazione) da tutte e tre le tonache, la cui diversità di struttura è in seguito sempre meno apprezzabile. Per prime si hanno alterazioni della media, e specialmente della sua membrana elastica (EPPINGER). Secondo KAUFMANN negli aneurismi arteriosclerotici la media presenta trasformazione fibroialina stratiforme, propagantesi a guisa di cerchi concentrici dagli strati interni verso quelli esterni, mentre negli aneurismi sifilitici predominano immagini di focolai mesoaortitici diffusi e formazioni callose. L'avventizia è infiltrata, l'intima, che nell'aneurisma arteriosclerotico è sempre ispessita ed eventualmente ateromasica, nell'aneurisma sifilitico si trova talvolta ispessita secondariamente (di diversa opinione è AMENOMIYA). — Con l'aumento progressivo delle dimensioni della sacca, la media che in corrispondenza del collo della sacca stessa possiede all'incirca il primitivo spessore, si presenta man mano che ci si avvicina alla regione polare del-
ORGANI DELLA CIRCOLAZIONE
l'aneurisma, sempre più frammentata e assottigliata e infine completamente sostituita da tessuto connettivo, in parte pervenuto nella media anche dall'avventizia sclerotica, e notevolmente ispessita. Gli strati normali della parete si possono ancora riconoscere, ma in modo indistinto. Infine all'avventizia, sempre più ispessita, spetta essenzialmente l'ufficio di far da barriera verso l'esterno e di fronteggiare, con il concorso dell'intima ispessita, della media divenuta fibrosa e frequentemente anche della parete calcifica (specie nella forma arteriosclerotica), una ulteriore distensione. Tuttavia la crescita di questi sacchi, per così dire, fibrosi, dimostra come il tessuto connettivale non sia in gradó di formare una barriera di difesa tale da impedire e contenere un'ulteriore dilatazione. Raramente si assiste a ossificazione della parete. Se a lungo andare la parete dell'aneurisma non è in grado di opporsi alla dilatazione e qualora i tessuti vicini non riescono ad arginare il difetto, ne deriva rottura della formazione aneurismatica, oppure, nel caso che i tessuti connettivi delle parti molli limitrofe vadano incontro a proliferazione reattiva, si costituisce un nuovo sacco e di conseguenza un aneurisma falso. Patogenesi degli aneurismi veri spontanei. — Alla base di ogni formazione aneurismatica sta una debolezza della parete arteriosa e specialmente di quelle strutture cui compete l'efficienza elastica del vaso, vale a dire della muscolare e delle membrane elastiche della media e dell'intima. Secondo BENDA la formazione degli aneurismi è riconducibile soprattutto a fenomeni di sofferenza del tessuto connettivo collageno, tessuto cui egli attribuisce notevole resistenza elastica; tuttavia è da rilevare che l'elasticità delle fibre collagene è alquanto scarsa ed inadeguata a sostenere anche una modesta dilatazione causata da aumento della pressione sanguigna. L'indebolimento della parete arteriosa può essere determinato dalla scomparsa graduale della muscolatura, a sua volta sostituita da tessuto connettivo, analogamente a quanto descrive STAEMMLER per le arterie muscolari, da necrosi della parete (come nella periarterite nodosa) oppure da infiammazione sifilitica, tubercolare o micotica, da rigonfiamento fibrinoide, come nel reumatismo articolare acuto, ma anche essere la conseguenza di deficienze congenite della parete, come viene ammesso per una parte delle arterie della base del cervello. Quanto più estesa è la compromissione della parete, tanto maggiore è la tendenza alla formazione di aneurismi diffusi, quanto più essa è circoscritta tanto più facilmente si presentano aneurismi sacciformi limitati. L a formazione quindi degli aneurismi ha una comune patogenesi formale, ma molto diverse cause. L a notevole importanza dell'aortite luetica nei riguardi della formazione degli aneurismi dell'aorta, è stata sempre più ribadita da quando f u i n d i v i d u a t a e definita la m a l a t t i a (MALMSTEN 80, HELLER 86, DIETRICH
ARTERIE
405
95 % di tutti gli aneurismi dell'aorta su base sifilitica (fig. 153). Le piccole differenze riscontrabili nelle singole statistiche sono da attribuire a diversità del materiale esaminato. Secondo HERXHEIMER si trova aneurisma nel 15-30 % dei casi di aortite luetica (nel 20 % secondo GRUBER, nel 38 % secondo MARTLAND). Nell'età avanzata riveste maggiore importanza l'aterosclerosi (media età dell'aneurisma sifilitico 49 anni, aterosclerotico
Fig. 153Aortite sifilitica con formazione di aneurisma sacciforme. Esso hg le dimensioni di una castagna e arriva in basso nel seno posteriore del Valsalva; trombi all'interno, valvole indenni. (Un secondo aneurisma del volume di una ciliegia, situato sull'aorta discendente si era perforato nel bronco sinistro; morte per sommersione interna e asfissia). 2 / 3 della grandezza naturale. Collezione di G O T T I N G A (Disegno di E. K A U F M A N N ) .
72 anni; RUFFIN, CASTLEMAN e WHITE). Mentre l'aneurisma sifilitico predilige la 'parte toracica dell'aorta e specialmente l'aorta ascendente e l'arco, risparmiando la parte addominale (dettagliata revisione della letteratura in HERXHEIMER), l'aneurisma aterosclerotico si localizza soprattutto in
406
ORGANI DELLA CIRCOLAZIONE
corrispondenza dell'aorta addominale (17 su 20 casi di R U F F I N , C A S T L E M A N e W H I T E ) . Per contro K A M P M E I E R ritiene che anche per gli aneurismi addominali abbia maggiore importanza la sifilide che non l'aterosclerosi (40 su 72 casi). L'aterosclerosi complessivamente, per quanto concerne la formazione di aneurismi dell'aorta, va tenuta in minor conto (secondo BAGOZZI 91 casi sifilitici contro 12 aterosclerotici). Ultimamente si è prestata maggior attenzione alle alterazioni aortiche nel corso di altre malattie infettive. Innegabilmente hanno importanza in tali circostanze la scarlattina, il tifo, l'influenza, e soprattutto le malattie streptococciche e il reumatismo articolare (vedi arterie nelle malattie infettive, pag. 350). Tuttavia gli aneurismi in questi casi sono molto rari (SIEGMUND, R I S S E , R O T H , L I M A , letteratura più vecchia in K A U F M A N N ) . L O stesso dicasi per la periarterite nodosa ( W O L F F ) , per la tubercolosi (letteratura più vecchia in J O R E S e più recente in R O S E N T H A L , G I U N T I , SCOTT, M A X W E L L e G R I M E S , H O L Z M A N N ) ; in quest'ultima però solitamente si tratta di erosione dall'esterno della parete del vaso per opera di ghiandole linfatiche caseifícate; non del tutto rari sono gli aneurismi « micotici » nell'endocardite ulcerosa 0 lenta, dove l'agente patogeno viene direttamente trasportato all'intima, dalle deposizioni sulle valvole aortiche, oppure arriva alla parete aortica mediante la corrente sanguigna (SIEGMUND, N E I M A N , MORITZ e G Y E R G Y A Y ) .
Gli aneurismi dell'aorta non sono unicamente su base infettiva: è dimostrato con esperimenti su animali che mediante adrenalina (JOSUÉ) si possono provocare, alquanto regolarmente, gravi distruzioni della media, con calcificazioni e dilatazioni aneurismatiche dell'aorta di conigli. S A N T O considera i difetti congeniti della parete (nella stenosi Ístmica) quali momenti causali nella formazione degli aneurismi (oltre l'aumento della pressione). K O R N S parla di aneurismi combinati quando coesistono processi aterosclerotici e infiammatori. Anche la genesi traumatica non va completamente trascurata; in questo caso si arriva all'aneurisma attraverso necrosi circoscritta oppure rottura di un tratto della parete, cui segue la formazione di cicatrice ( H E L L E R , O R T H , J O R E S , K A U F M A N N , S T R Y K E R , H O R N , STÒRMER, D U E R C K , B Ò R G E R ) , se prima non interviene una rottura mortale (aneurisma traumatico vero). Tali aneurismi traumatici veri sono più frequenti a livello delle arterie periferiche che dell'aorta. Per via sperimentale M A L K O F F ottenne risultati negativi, mentre F A B R I S e N A S S E T T I sono riusciti a provocare distruzione della parete e formazione di aneurismi mediante nitrato d'argento (per ulteriori ricerche sugli aneurismi da ferite dei vasi vedi O R T H come anche STICH e F R O M M E ) . Le recenti acquisizioni sulla formazione della cosiddetta commotio cordis (cfr. ferite del cuore!) lasciano supporre che sia possibile anche la commotio aortae, che, mediante disturbi vasomotori dei vasi della parete aortica, comporta danni a carico della media aortica. È raccomandabile però molta prudenza nella valutazione
ARTERIE
peritale di questi casi. Nella genesi dell'aneurisma dissecante vanno soprattutto tenute in considerazione cause traumatiche. I fattori meccanici hanno importanza anche nei riguardi degli aneurismi infettivi, specie di quelli sifilitici, come risulta dalla scala di frequenza in relazione alla localizzazione corrispondente, secondo RINDFLEISCH, alla « linea del frangente dei marosi », nel cui ambito si sviluppa una pressione particolarmente elevata della corrente sanguigna contro la parete aortica. Questa linea dapprima percorre la parete anteriore del
Fig. 154Aneurisma dell'arco aortico. Museo dell'Ist. di Anat. e Istol. Pat. dell'Università di Pavia.
bulbo, gira poi a spirale verso destra e all'indietro, esaurendosi verso la parte posteriore dell'aorta, in basso e a sinistra. IN questo modo si istituiscono i rapporti degli aneurismi con l'arteria polmonare, con lo sterno, con il bronco destro e, nella parte discendente, con la trachea, l'esofago, con il ricorrente e il bronco sinistro. (Molto rari sono gli aneurismi del seno del Valsalva. MAYNARD e THOMPSON, fino al 1948, hanno trovato 16 casi nella letteratura.
Letteratura
p i ù v e c c h i a i n SCHWARZ, N O A C K ,
HERXHEIMER.
Sembra che la sifilide non rivesta alcuna importanza nei riguardi di questi aneurismi, poiché essi sono riscontrabili già nell'età giovanile. Sulla loro possibile dipendenza anche dalla sifilide, vedi HAUSER).
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ORGANI DELLA CIRCOLAZIONE
Gli aneurismi sono più frequenti negli uomini che nelle donne (E. 108 : 75, B A U L E R = 37 : 21); questo dato coincide con la maggiore frequenza della sifilide nel sesso maschile. La distribuzione secondo l'età è circa la stessa che per l'aortite sifilitica. Secondo H E R X H E I M E R il 77 % dei casi viene trovato al tavolo settorio MULLER =
Fig. 155Aneurisma dell'arco aortico con erosione cospicua dei corpi vertebrali. Museo dell'Ist. di A n a t . e Istol. P a t . dell'Univ. di Pavia.
fra il 30° e il 6o° anno di vita. È degna di nota la loro relativamente frequente comparsa nel 40 decennio di vita (27 %). In certo qual modo ciò dimostrerebbe come l'aortite abbia maggior tendenza a dare aneurismi negli uomini più giovani che in quelli di età più avanzata. Sugli aneurismi dei giovani e dei bambini riferiscono P I N C H E R L E e D A L L A V O L T A , P A U L , JUNGE.
ARTERIE
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Come è noto (CHIODI), gli aneurismi dell'aorta non di rado sono multipli (figg. 154. 155 e 156). Gli aneurismi dei grossi vasi, che si dipartono dall'aorta (anonima, carotide, succlavia, iliaca, femorale), hanno la stessa genesi degli aneurismi di questo vaso, ma sono però molto più rari e peraltro in essi l'arterite sifilitica raramente acquista carattere altamente distruttivo.
Fig. 156. Aneurisma fusiforme del tratto toraco-addominale dell'aorta. Museo dell'Ist. di Anat. e Istol. Pat. dell'Univ. di Pavia.
Gli aneurismi della polmonare e dei suoi rami sono oltremodo infrequenti (vedi, per la letteratura meno recente, in H E N S C H E N , P O S S E L T , P L O E G E R , W A R T H I N , COSTA, per quella più recente, in B O R G H E T T I , P L E N C Z N E R , B O Y D e M C G A V A C K ed anche in D E T E R L I N G e C L A G E T T , S P I T Z B A R T H e FASSBENDER). In tutto sono noti 170 casi circa. La sifilide (sulla sua
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ORGANI DELLA CIRCOLAZIONE
comparsa nella arteria polmonare vedi pag. 392) non sembra avere in questi casi una parte predominante. Più frequentemente si osservano malformazioni e nel 20 % circa persistenza del dotto di Botallo (DETERLING e CLAGETT, BIÓRCK e CRAFOORD). M o l t o r a r a è l ' a t e r o s c l e r o s i
(OKKELS e
THER-
KELSEN); un po' più frequenti sono l'aneurisma micotico (LELLI, URBANEK, STEINBERG) e quello reumatico (CHIARI). ESSER ammette ipoplasie con-
Aneurismi
Fig- 157arteriosclerotici multipli delle arterie vertebrali e dell'a. basilare con ectasia diffusa. Donna di 81 anni. Aut. N. 554/1950.
genite della parete del vaso. CASTEX e BATTROS riferiscono di un aneurisma artero-venoso conseguito a un colpo di rivoltella. WATSON riscontrò forme congenite, delle quali buon numero fu operato con successo. Secondo SCOTT, fino al 1948 erano stati descritti 47 casi di aneurismi delle arterie coronarie di cui 15 congeniti, 12 micotico-embolici, 6 sifilitici, 6 aterosclerotici. L a coronaria destra è maggiormente interessata della sinistra e gli uomini sono più spesso colpiti delle donne. PACKARD e WECHSLER ritengono che la maggioranza dei casi sia di origine arterio-
ARTERIE
4
II
sclerotica o infettiva, mentre SNYDER e HUNTER insistono in special modo sull'importanza causale della sifilide. SEYDEL distingue casi frequenti di panarterite o di endoarterite sifilitica da quelli, rari, di arterite gommosa (MORITZ, O D D O e M A T T E I ) . E L L I N G E R e CHIARI h a n n o d e s c r i t t o u n
aneu-
risma spurio per rottura di una coronaria, LÒWENHEIN un aneurisma arterovenoso e HARRIS un aneurisma cirsoideo. Aneurismi delle arterie coronarie sono stati più volte descritti in manzi (REID, SCHÒNDUBE, SCHANDER) e in vitelli
(RUBLI).
L'etiologia degli aneurismi intracranici è discussa. Secondo l'importante raccolta di MCDONALD e KORB, comprendente 1125 casi desunti da 407 lavori, il 48 % ha sede nella carotide e nella cerebrale media, il 28 % nella comunicante posteriore, il 15 % nella comunicante anteriore. L'età colpita va da un anno e mezzo a 87 anni, ma il 54 % si trova oltre i 40 anni. Uomini e donne sono interessati in proporzioni circa uguali. La frequenza della rottura è proporzionata all'incidenza degli aneurismi nei singoli distretti. Nel 50 % dei casi sono di natura arteriosclerotica, nel 12 % micotico-embolica, mentre nel 5,6 % è chiamata in causa la sifilide (su questa etiologia MAASS ha particolarmente insistito). L a genesi aterosclerotica è messa in particolare rilievo da BERGER, WALI.ESCU, ESSER, DIAL. KAHLAU fa una descrizione dei casi dipendenti da traumatismi e illustra due casi di personale osservazione. Recenti sono le segnalazioni fatte da KRAULAND. Secondo l'esperienza dell'autore la sifilide è raramente in causa. Nelle grosse arterie della base cranica, in particolare nell'arteria basilare, l'aterosclerosi occupa una parte essenziale, e può condurre a dilatazioni aneurismatiche sia diffuse, sia sacciformi (fig. 157); mentre l'aterosclerosi è generalmente assente nei rami più piccoli specie di alcune arterie (arteria comunicante anteriore e posteriore, e anche arteria cerebrale media). È presumibile che intervengano anomalie di sviluppo della parete su base
congenita
(REINHARD,
BUSSE,
L . SCHMIDT, SLANG, K R A U L A N D )
e
in
particolare lacune della media o imperfezioni del suo apparato muscolare (STAEMMLER) (fig. 158). In favore di questa ipotesi sta il fatto che non di rado gli aneurismi sono legati ad anomalie del decorso delle arterie del circolo del W i l l i s (SLANG, PIRNITZER).
In confronto alle localizzazioni suddette, gli aneurismi di altre arterie non hanno che scarsa importanza. Prescindendo da quelli traumatici, essi più frequentemente si presentano solo nel corso dell'endocardite lenta, in cui non di rado si formano grossi aneurismi micotico-embolici soggetti a rottura, e non raramente causa di morte (estremità, cervello, milza, reni). Per l'aneurisma embolico vedi più avanti. In questi casi pure l'arteria mesenterica può essere colpita, con relativa frequenza (STENGEL e WOHLFERTH, HEDINGER). Gli aneurismi delle arterie della milza presentano, durante la gravidanza, tendenza alla rottura e sono prevalentemente di natura aterosclerotica o micotica (COSGROVE, WATTS e KAUMPF). Neppure gli
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ORGANI DELLA
CIRCOLAZIONE
aneurismi dell'arteria epatica, riguardanti prevalentemente il tratto extraepatico, costituiscono una rarità. Secondo MADONIA ne sono stati finora descritti 103 casi. In base all'esposizione fatta, si può vedere che l'eziologia degli aneurismi si distingue nettamente a seconda dei singoli rami interessati; nell'aorta la sifilide ha particolare significato, in altri vasi prevale l'aterosclerosi, oppure vi sono cause micotico-emboliche (estremità) oppure determinati difetti congeniti della parete (arterie cerebrali). Solo una circostanza è comune a tutti i casi: innanzitutto colpita è la media: le fibre muscolari e l'elastica interna sono spesso interrotte.
Fig.
158.
Aneurisma dell'«, cerebrale media. R o t t u r a . E m o r r a g i a sub-aracnoidea. N o n aterosclerosi, non lue. U o m o di 47 anni. A u t . N . 257/1951.
Decorso e conseguenze degli aneurismi spontanei veri. — Quanto più piccole sono le arterie ed esteso il tratto dilatato, tanto più a lungo l'aneurisma non subisce modificazioni. Così capita spesso di trovare un aneurisma cirsoideo in persone molto anziane. Per l'aneurisma sacciforme le condizioni sono meno favorevoli, particolarmente per quelli che hanno colletto largo, attraverso il quale può istituirsi il passaggio di un forte flusso sanguigno ad azione ulteriormente dilatante. Questi sono gli aneurismi progressivi, suscettibili di rottura tanto più facilmente quanto più sono piccoli. Negli aneurismi a forma di barca e in quelli dal collo stretto facilmente si instaura trombosi.
ARTERIE
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Raramente si tratta di vera trombosi da ristagno, in quanto spesso v'è concomitanza di vari fattori quali: rallentamento della corrente nel territorio dilatato e modificazioni della superficie interna della sacca (caduta e irregolarità dell'endotelio). L a prima concomitanza determina agglomerati, in zone periferiche, di globuli bianchi e formazione di vortici cui segue il conglutinarsi delle piastrine, mentre la seconda favorisce l'adesione alla parete delle piastrine e dei globuli bianchi. L a fibrina partecipa abbondantemente alla formazione del trombo. L a deposizione successiva di uno strato sull'altro determina stratificazione trombotica a cipolla.
F'g- 159Aneurisma cirsoideo dell'arteria splenica. Museo dell'lst. di Anat. e lstol. P a t . dell'Univ. di Pavia.
Se il trombo cresce in modo da adattarsi al lume del vaso si verifica una circostanza favorevole. Ma se esso aggetta nel vaso, possono distaccarsi frammenti embolici, oppure occludersi le diramazioni vicine. Gli aneurismi della poplitea (al pari della legatura di questo vaso, cfr. HOLTZ) sono particolarmente temuti per il pericolo di gangrena (cfr. HAELLER). Raramente si ha spontanea e completa organizzazione, il che equivale ad una guarigione. È particolarmente favorevole l'estensione del trombo lungo l'arteria stessa, e la parziale sua occlusione, fino alla più vicina collaterale. L'aneurisma è in questo caso totalmente escluso. Qualora
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DELLA
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esistesse un circolo collaterale che distribuisse sangue al territorio trombizzato, si raggiunge lo stesso risultato, preconizzato da ANTYLLUS col suo metodo operatorio (legatura sopra e sotto l'aneurisma, apertura, svuotamento e tamponamento della sacca). I grossi aneurismi dell'aorta (arco e tratto toracico e loro grossi rami ascendenti, raramente l'aorta addominale, BYLOFF) hanno particolare importanza per la compressione e l'usura di organi vicini (fig. 161), con i
Fig. 160. Trombosi dell'aorta toracica e addominale. Uomo di 53 a. (Aut. N. 28598 dell'Ist. di Anat. e Istol. Pat. dell'Univ. di Milano).
quali concrescono, sia che si tratti di parti molli o di ossa. Vengono danneggiati, in parte per stenosi e spostamenti, in parte per perforazioni i seguenti organi: trachea, bronchi, polmoni, pleura, arteria polmonare (letteratura e clinica in ROHR e RYFFEL), pericardio, esofago. Possono verificarsi rotture o perforazioni dell'aneurisma in uno dei predetti organi o in più organi contemporaneamente (così ad es. KAUFMANN in una donna di 51 anni osservò perforazione dell'esofago, grossa come una moneta da
ARTERIE
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due marchi, e un'altra nel bronco sinistro, lunga tre cm. e larga uno) oppure nell'addome, per cui interviene la morte. (Secondo BAER la morte per perforazione avverrebbe solo nel 1 5 % dei casi di aneurisma dell'aorta; vedi anche BAETGE). T r a i n e r v i è c o l p i t o s o p r a t t u t t o il ricorrente di sinistra).
d e l v a g o (in p a r t i c o l a r e q u e l l o
(Il r i c o r r e n t e s i n i s t r o si r i b a t t e s u l l ' a r c o d e l l ' a o r t a , q u e l l o d e s t r o
sulla succlavia destra). L a compressione del ricorrente dà paralisi della corda v o c a l e o m o l a t e r a l e ( p o s i z i o n e c a d a v e r i c a ) . N e l l a p a r a l i s i u n i l a t e r a l e l a v o c e ris u l t a s o l o d i m i n u i t a d i i n t e n s i t à , n e l l a p a r a l i s i b i l a t e r a l e si h a a f o n i a . L ' i r r i t a ;
Fig. 161. Posizione dei visceri dopo allontanamento della parete posteriore del tronco (Figura ripresa da E . K A U F M A N N dalla fig. A della Tavola V in R U D I N G E R , Anatomia Topografica Chirurgica dell'uomo). I) Velo palatino con ugola. 2) Introito della laringe e epiglottide. 3) Esofago. 4) Trachea, che sporge un poco a destra dell'esofago. 5) Arco dell'aorta con aorta toracica. 6) Carotide comune, che decorre a lato della faringe. 7) Vena giugulare comune. 8) Divisione della trachea nei due bronchi; questi, all'ilo polmonare, sono stati isolati. 9) Vene polmonari, che sboccano nell'atrio sinistro. 10) Cava inferiore, che, al disotto del diaframma riceve le vene epatiche. II) I due polmoni. 12) Margine epatico posteriore, ottuso. 13) Diaframma, più basso a sinistra che a destra. 14) Milza e arteria lienale, decorrente sopra il pancreas. 15) Stomaco. 16) Duodeno aperto posteriormente, in modo da rendere visibile la superficie duodenale del piloro. 17) Pancreas col dotto escretore; questo nella concavità del duodeno si unisce al coledoco, che decorre curvilineo dall'alto. Trasversalmente sopra il pancreas decorre la vena porta, che riceve la vena lienale e rami dei vasi del tenue e che, davanti alla porzione orizzontale inferiore del duodeno, volge in alto dietro al pancreas e allo stomaco, in direzione dell'ilo epatico.
4i6
ORGANI
DELLA
CIRCOLAZIONE
zione delle fibre del ricorrente con prevalenza di quelle che provvedono alla chiusura della glottide dà spasmo della rima glottidea (spasmo della glottide). Raramente si riscontra -perforazione nell'atrio sinistro (letteratura in DAHLÉN, vedi anche SPRING), nella cava superiore (KIESERITZKY, SHENNAN) e nell'arteria
polmonare
(KAPPIS, HENSEN, JANKOWICH,
H.
STERNBERG).
Per il continuo martellamento dell'aneurisma si hanno gravi ripercussioni anche sulle ossa. Nelle vertebre ad es. la sostanza ossea subisce rapida usura, mentre il disco intervertebrale e i legamenti resistono più a lungo. D i rado consegue rammollimento da compressione del midollo spinale (GOLDSCHMIDT-HAAS). Più di frequente l'usura porta a perforazione delle coste e dello sterno. Ma anche la parete della sacca, insieme alle aderenze contratte dall' aneurisma, qualora si sia verificata usura delle ossa, può essa stessa logorarsi, fino alla perforazione. Si formano in questo modo aneurismi falsi che sporgono sotto la pelle in corrispondenza dello sterno o della gabbia toracica (figura 162). In rari casi può avvenire perforazione attraverso la pelle assottigliata; ma solitamente una estesa trombosi della sacca evita l'emorragia mortale. I cosiddetti aneurismi miliari. — Occupano una posizione particolare Fig. 162. e sovente si trovano in corrispondenAneurisma gigante dell'aorta, toracica, che, za delle medie e piccole arterie ; di eroso lo sterno, estroflette a cono la cute regola sono piccoli, possono raggiundel torace. Uomo di circa 48 a.,nord-brasiliano. Fig. del Dott. K . S C H M I D T delgere anche il volume di una lenticchia l'Hospital di Chirurgia di A r a c a j u o di un pisello, m a talvolta hanno dia(Brasile) 1952. metri quasi microscopici; si presentano sempre multipli e sovente in grandissimo numero. Sono frequentemente reperibili, specialmente nel cervello (dove risultano soprattutto interessati i nuclei della base) e u n tempo erano considerati come le più comuni cause di emorragie da colpo apoplettico (cfr. cervello); le altre localizzazioni sono molto meno frequenti (intestino, polmoni). Gli aneurismi miliari del cervello sono fusiformi o globosi, talvolta
ARTERIE
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sacciformi. La loro natura è discussa. Secondo E L L I S (buone figure) e PICK questi aneurismi miliari dei vasi cerebrali in parte sono a) aneurismi dissecanti, in quanto il sangue attraverso una lacerazione dell'intima, si insinua nella media o fra la media e l'avventizia, e in parte b) aneurismi spuri, piccole sacche sanguigne o ematomi, che comunicano col lume del vaso attraverso un foro della sua parete, e sono delimitati da fibrina, sostanza cerebrale alterata ed elementi male identificabili appartenenti alla parete vasale discontinuata. Questi ultimi si formano direttamente, per rottura di un vaso arteriosclerotico, oppure da un precedente aneurisma dissecante. Ma contrariamente ai risultati di precedenti ricerche, E L L I S e PICK non poterono riscontrare aneurismi « veri », interessanti sicuramente tutte le tonache (vedi anche UNGER). Se l'aneurisma si rompe, si formano per lo più aperture multiple, più o meno fini; se la parete della sacca è spessa e assottigliata solo all'altezza della base (colletto), l'aneurisma può, in questo punto, rompersi totalmente.
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4i8
ORGANI DELLA CIRCOLAZIONE
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ARTERIE
419
2. I L C O S I D D E T T O A N E U R I S M A D I S S E C A N T E (AN. DISS.) L'an. diss. è affezione alquanto frequente. Sembra sia stato LAENNEC a descriverlo per primo. RESNIK e KEEFER (1925) e SHENNAN (1934) riportarono una esauriente rassegna della letteratura. Comprese le osservazioni descritte fino ad oggi in tutta la letteratura, si contano all'incirca 400 casi, tuttavia questa bassa incidenza non corrisponde alla reale frequenza dell'evento, ma trova spiegazione nel fatto che questi aneurismi non vengono descritti se non quando presentano peculiarità nel loro decorso o nella loro modalità di insorgenza. L'an. diss. è di gran lunga più frequente nell'aorta, però è reperibile anche in altre arterie (H. J. SCHMID, arterie coronarie). Il punto di partenza è sempre condizionato da una massa sanguigna, per lo meno temporaneamente in aperta comunicazione con il lume del vaso, che infiltra la farete della arteria e ne dissocia gli strati, per svuotarsi poi in un secondo punto, sovente molto lontano, fuori o dentro il vaso, portando così ad emorragie oppure ad « autoguarigione » interna. È opportuno distinguerlo dal semplice ematoma parietale che non rappresenta che una breve fase, come ad esempio nel corso di una rottura acuta dell'aorta; e si parla quindi di an. diss. quando si forma veramente un nuovo lume, attraverso il quale fluisce, almeno per un certo tempo, il sangue dell'aorta. L'opinione più comune è che la formazione dell'an. diss. prenda inizio da una lacerazione degli strati interni dell'aorta (o di altre arterie), donde infiltrazione ematica della parete. L a separazione delle tonache vasali può verificarsi a diversa profondità. Più frequentemente è colpita la media. KRUKENBERG e TYSON ritengono che di regola l'emorragia iniziale derivi dai vasa vasorum intraparietali e che la lacerazione dell'intima non sia che secondaria (quasi come avvenisse dall'esterno verso l'interno) (cfr. anche ÜHLINGER). A d ogni modo la lacerazione dell'intima riveste, per l'insorgenza dell'an. diss., significato veramente decisivo; infatti essa rende possibile la libera comunicazione della massa di sangue intramurale, che si è costituito un nuovo letto con il sangue presente nel lume dell'aorta, e permette così la formazione di una corrente contigua e comunicante. Si distingue, a seconda della forma, l'an. diss. sacciforme, circoscritto (raro), cilindrico (più frequente), diffuso (figg. 163, 164, 165). Localizzazione. — Più di frequente l'intima dell'aorta si lacera a livello del tratto intrapericardico, poi dell'arco. Prossimalmente la tipica rottura si verifica (pressapoco 1-2 cm. a valle delle valvole), secondo gli uni attraverso una trazione nel punto di inserzione delle valvole, durante la diastole (SHENNAN), ma per RINDFLEISCH invece durante la si-
420
ORGANI DELLA CIRCOLAZIONE
stole; ha decorso circa trasversale e sovente quasi circolare, e può anche apparire dentellata o uncinata. Però si verificano anche rotture longitudinali (rotture da scoppio), molto più rare sono le rotture all'altezza dello sbocco del dotto di Botallo (JAKOBSEN, JORES) o dell'aorta discendente (BOSTROEM), occasionalmente dell'aorta addominale (parte inferiore) subito al disopra della sua divisione (fig. 109). Gli an. diss. cilindrici, il cui punto di rottura prossimale spesso si t r o v a nell'aorta ascendente, possono estendersi, per
Fig. 163.
Fig. 164.
Fig. 163. Aneurisma dissecante di una arteria iliaca riempito da masse trombotiche. L'apertura dell'intima, comunicante con la sacca intraparietale, non è visibile nella figura. 9/10 della grandezza naturale. Raccolta di Breslau. (Disegno di E . K A U F M A N N ) . Fig. 164. Aneurisma dissecante dell'aorta addominale, sporgente a forma di gobba, riempito di trombi; ateromatosi dell'aorta. Uomo di 76 anni. Taglio sagittale; 9/10 grandezza naturale. Raccolta di Breslau. (Disegno di E . K A U F M A N N ) .
lungo tratto distalmente, in direzione cioè della corrente, interessando t u t t a l'aorta e i suoi grossi rami fino alla arteria poplitea inferiormente e fino all'arteria carotide superiormente; t u t t a la circonferenza o soltanto una parte di essa può venir dissecata, così che si forma un rivestimento c a v o pieno di sangue intorno al tubo primitivo (il vecchio letto) oppure
ARTERIE
42 I
soltanto un doppio tubo. Le diramazioni, siano esse dissecate o integre, possono rimanere in rapporto con il tubo interno oppure strapparsi cir-
Fig. 165. Aneurisma dissecante dell'aorta (da O. BUSSE, Virchow Arch., 183, 1906). a) Superficie interna dell'aorta con rottura della parte ascendente, b) Superficie posteriore dell'aorta discendente e addominale non aperta (tubo primitivo in posizione normale) e parte anteriore del nuovo tubo aperto (tagliato durante la dissezione), c) Superficie interna del nuovo lume aneurismatico ricoperta da un rivestimento neoformato, d) Origine delle arterie intercostali e superficie interna delle iliache comuni; qui il nuovo canale si apre nel letto primitivo attraverso a una fessura dell'intima. (Disegno di E . KAUFMANN).
422
ORGANI DELLA
CIRCOLAZIONE
colarmente vicino al loro imbocco; in quest'ultimo caso i loro tronchi rimangono in comunicazione con il tubo interno isolato e la parte principale distale del tronco arterioso (che si può trovare dissecato o meno) viene irrorata dal lume esterno. Strappamenti con occlusione di numerose arterie intercostali possono pregiudicare il nutrimento del midollo spinale che è solo nutrito dalle arterie vertebrali; può conseguirne paraplegia (REITTER, FREISTADT, DUFSCHMID). Il sangue, penetrato attraverso la primitiva lacerazione può circolare fra le tonache dissociate (fra l'intima e la media oppure in mezzo alla media) come in un secondo tubo vasale (tubo esterno); se frattanto il sangue trapassa di nuovo l'intima in più punti, come talora capita (l'ateromatosi favorisce tale circostanza, WEYRAUCH, E . KRUKENBERG) la corrente sanguigna ritorna dallo pseudolume dentro il t u b o primitivo interno (perforazione retrograda). Generalmente si rompe la parete esterna dell'an. diss. (media esterna e avventizia). Se questa seconda rottura avviene nell'ambito del pericardio provoca emopericardio e morte dopo poche ore. L'an. diss. può anche perforarsi nel cavo pleurico o nei polmoni e portare a morte per emorragia o asfissia (KAUFMANN). L a sacca intraparietale può presentarsi liscia e rivestita da una specie di intima e provvista di endotelio (BOSTROEM), soprattutto quando il sangue dell'aneurisma si è fatto di nuovo strada verso l'antico letto, come generalmente accade nel cosiddetto an. diss. cronico, contrariamente a quanto invece succede nell'aneurisma acuto, sicuramente mortale, quando v a incontro a rottura verso l'esterno. Questo fatto viene interpretato c o m e u n a specie VORPAHL,
E.
di guarigione
SCHMIDT,
HART,
(HARBITZ, BÒRGER, SCHEDE, MCCALLUM, CONSTON)
e si v e r i f i c a
secondo
WEISS,
KINNEY e MAHER in circa il i o % dei casi. L'intima neoformata può subire trasformazione ateromatosa (SCHILLING, A . LOESCHKE, WEISS e Coli., CONSTON). L'an. diss., in rari casi, può anche guarire per cicatrizzazione; il primitivo punto di rottura si occlude con cicatrice. L'Autore solo recentemente ha avuto occasione di osservare un caso analogo in un uomo di 56 anni nel quale si poteva vedere, all'altezza dell'arco aortico una semplice cicatrice (figg. 166-167), mentre era chiaramente riconoscibile nell'ambito dell'aorta addominale la fessura trasversale della perforazione retrograda. Il canale dell'an. diss. era estesamente occluso da trombi. Anche rotture delle tuniche interne del tratto iniziale dell'aorta che non conducono sempre e necessariamente ad an. diss. ampiamente sviluppato, possono dapprima guarire residuando un solco o una fessura beante (rottura dell'aorta guarita); in un secondo tempo però il punto cicatrizzato può estroflettersi a guisa di aneurisma (aneurisma vero secondario). Letteratura
paragrafo
in HAMPELN,
riguardante
HELLER,
ERNST, ASAHI,
la rottura dell'aorta.
BUSSE.
Vedi
anche
ARTERIE
423
C H I A R I e M A R E S C H hanno osservato un caso di morte istantanea per inversione della parete (cilindro) interna in un aneurisma dissecante della parte ascendente dell'aorta; la parete dissecata poco prima del punto di imbocco dei grossi vasi si ripiegava a mo' di cercine, ostruendo l'imbocco stesso e interrompendo di conseguenza il circolo cerebrale. Forma analoga è stata osservata d a MEHLING e
BECKER.
(Il riempimento degli spazi linfatici perivascolari dei piccoli vasi cerebrali da parte di versamenti ematici attorno ad una emorragia cerebrale può dare una
Fig. Aneurisma
dissecante
166.
dell'aorta. Guarigione cicatriziale della r o t t u r a prossimale dell'intima. U o m o di 50 anni. A u t . N . 210/1950.
immagine abbastanza simile all'aneurisma dissecante (an. diss. falso). Non si tratta però della formazione di un aneurisma, ma della penetrazione del sangue in spazi linfatici preformati. Occorre però osservare che an. diss. veri si presentano proprio anche nelle piccole arterie cerebrali). Per quanto riguarda le modalità di insorgenza della rottura dell'intima e di conseguenza dell 'an. diss. intervengono vari fattori tra cui a) momenti
424
ORGANI
DELLA
CIRCOLAZIONE
meccanici e b) modificazioni della parete dell'aorta. In merito al significato dei fattori meccanici, i casi di vere rotture traumatiche dell'aorta depongono per una aumentata richiesta di lavoro della parete (ginnasti e aviatori; cfr. JAFFÉ e STERNBERG, LETTERER) per una brusca elevazione della pressione, dovuta a innalzamento della colonna sanguigna, ad esagerato allungamento dell'aorta o a rottura del cuore in corrispondenza dei grossi vasi; è possibile la coesistenza di stenosi istmica, ipertrofia cardiaca, rene grinzo, alterazioni nelle quali è presumibile o dimostrabile aumento della pressione sanguigna (LÒFFLER, KUTSCHERA; cfr. anche il paragrafo sulla rottura spontanea dell'aorta). L'an. diss. si riscontra abbastanza di frequente nelle giovani donne in
gravidanza
(SCHNITKER e B A Y E R ,
ANDERSON).
WEGELIN
lo v i d e
nel-
l'arteria tiroidea in un caso di eclampsia. Aumenti bruschi della pressione possono anche condurre a rottura intimale dell'aorta e all'an. diss., come ad es. durante sforzi violenti (BUSSE, JENNER, OHLINGER), le doglie (KAUFMANN), per eccitazione psichica (HART). Più di un caso è stato descritto con parete aortica inalterata, tanto dal punto di vista macroscopico che microscopico (BUSSE, LETTERER), oppure casi in cui l'alterazione era insorta già durante l'età giovanile (LILIENFELD — 14 anni — , HUEBSCHMANN — 15 anni Inoltre la rottura, localizzata di preferenza subito sopra le valvole, è spiegata, almeno in parte, da momenti meccanici. Però le lesioni più significative sono quelle della parete dell'aorta (o dell'arteria colpita). Mi basti ricordare gli an. diss. (anche se di grandezza microscopica) che si possono sviluppare nel corso della periarterite nodosa, alla base dei quali sicuramente sussistono alterazioni parietali primarie. Mentre prima si conferiva alla aterosclerosi aortica importanza predominante, attualmente si considerano con più attenzione le modificazioni della media
(SHENNAN, C L A N D Y ,
CASTLEMAN
e WHITE,
HOLLAND e
BAYLEY,
ANDERSON). Sarebbe peraltro difficile capire se il fatto più importante consista veramente nell'alterazione dell'intima, considerato che, in confronto alla grandissima frequenza di gravi processi ateromasici dell'aorta che portano ad estese ulcerazioni e quindi a difetti dell'intima, spesso accompagnati da aumenti della pressione sanguigna, di rado si riscontra un contemporaneo processo dissecante. Bisogna inoltre considerare il numero non esiguo degli an. diss. nei giovani che non presentano alcuna lesione arteriosclerotica dell'intima. Non si può naturalmente negare ogni significato all'arteriosclerosi, solo che l'arteriosclerosi non provoca la formazione dell'aneurisma ma la sua localizzazione. L'intima si rompe perché sotto di essa la media è alterata. Così anche LEARY e WEISS pongono l'accento sugli aneurismi dissecanti con grave ateromatosi ed alterazioni della media, ottenuti nei conigli con dieta colesterinica. Scarsa è la partecipazione di grossolani processi infiammatori della parete aortica e neppure la sifilide viene considerata come essenziale (VAN DE KROON), nonostante sia stata
ARTERIE
425
d i m o s t r a t a in casi i s o l a t i (SCHÀCHTELN, LOESCHKE). GLANDY, CASTLEMAN
e WHITE trovarono in 8 casi su 19 necrosi idiopatica della media, già discussa (v. GSELL e ERDHEIM) ; essi stessi attribuiscono irrilevante significato alla lue (vedi anche la fig. 110). UEHLINGER e GORE riservano grandissima importanza alle emorragie primitive della parete che sono da mettere in relazione con danneggiamenti della media. C'è però da chiedersi come mai non si riscontrino emorragie della parete indipendentemente dagli aneurismi. Pure SHENNAN pone l'accento sulle alterazioni degenerative della
Fig. 167. Microfotografia della fig. 166. Rottura dell'intima cicatrizzata. Dissociazione della media da parte di masse sanguigne trombotiche. Colorazione dell'elastina di Weigert.
media. Rimangono tuttavia sempre numerosi casi nei quali finora non è stata trovata nessuna causa esauriente e ciò è stato anche recentemente sottolineato da HOLLAND e BAYLEY. Bisogna quindi pensare all'intervento di occasionali alterazioni funzionali nell'ambito dei vasa vasorum, di disturbi di nutrizione della media, all'inizio anatomicamente non visualizzabili, capaci di provocare un'acuta dilatazione locale, cui l'intima non sa adattarsi specie nei punti dove è lesa dall'ateromatosi, conseguendone rotture. Anche distacchi dell'avventizia possono secondariamente determinare gravi disturbi di nutrizione della media aortica (vedi fig. 107).
426
ORGANI
DELLA
CIRCOLAZIONE
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3. A N E U R I S M A
1) causa
Aneurisma del trasporto
embolico embolico
EMBOLICO
semplice. —
Insorge,
di particelle
secondo
appuntite,
PONFICK,
dure e
staccatesi dalle v a l v o l e cardiache o da t r o m b i , che si infiggono, terno, nella parete di u n piccolo r a m o arterioso. In altri casi d u r o e c a l c i f i c o , c a u s a necrosi stante.
da compressione
della
parete
a
calcifìche, dall'in-
l'embolo,
arteriosa
sotto-
I n a m b e d u e i casi la parete d i v e n t a m e n o resistente in quel deter-
427
ARTERIE
minato punto. Questi aneurismi sono, in confronto a quelli micotici, molto rari e più di sovente si reperiscono nelle arterie della base cranica (vedi anche BERGER); la rottura può rapidamente portare ad emorragia intracranica (subdurale o intrameningea) mortale. Nello stesso modo insorgono i cosiddetti aneurismi da vermi (an. equi verminosum) del cavallo, grossi come una nocciola fino a una testa di bambino, con sede principalmente nelle arterie mesenteriche. Un parassita — Strongylus armatus o bidentatus —• penetra nei vasi e vi provoca alterazioni parietali che portano alla formazione di aneurismi (cfr. OLT). 2) Aneurisma etnbolico infettivo 0 micotico. — Secondo EPPINGER è causato da emboli infetti che originano per lo più nel corso di una endocardite ulcerosa micotica (spesso lenta, LUBARSCH) nell'ambito del cuore sinistro (raramente sono colpite le arterie polmonari; vedi polmoni). Gli emboli di preferenza si arrestano nel punto di biforcazione delle arterie, sopra tutto arterie addominali, specie A. mesenterica sup., inoltre arterie della base cerebrale, aorta spec. toracica. A. femoralis e altre (UNGER, bibl.) e provocano processi ulcerativi acuti nella parete arteriosa che hanno inizio dall' intima. Infine la parete arteriosa si estroflette ed origina un aneurisma, nel quale si trova un trombo infiltrato di germi oppure blando; si può arrivare alla rottura. Cfr. anche KAUFMANN, HAMBURGER, EICHELTER e
KNOFLACH.
Con BENDA si può parlare di aneurisma metastatico-micotico, quando il materiale infettivo non rimane fisso oppure occlude (come un embolo), ma aderisce solamente all'intima. Per l'aneurisma artero-venoso traumatico dell'arteria e vena femorale, infettato secondariamente dai germi nell'endocardite aortica vedi BRETSCHNEIDER (e cfr. anche WALZ).
4. A N E U R I S M A P E R A R R O S I O N E M
(ULCERATIONEM)
Se ne possono distinguere due tipi, a seconda che gli aneurismi insorgono per ulcerazione a) dal di fuori b) dal di dentro. 1. Gli aneurismi originano in questo modo: un'arteria, per il pus di una cavità traumatica o di un focolaio purulento qualunque, soprattutto per proliferazioni tubercolari o per il contenuto necrotico di una caverna polmonare tisica, inoltre in un'ulcera (ulcera peptica dello stomaco) (cfr. fig. 128) a cominciare dall'avventizia quindi come periarterite, in un'area circoscritta, viene infiltrata dalla fìogosi, rammollisce o si trasforma a poco a poco in tessuto fibroso, così che essa presto o col tempo si dilata (.Aneurisma verum) oppure arriva direttamente alla rottura per fatti di usura. Nello stomaco talora è difficile trovare la sede dell'emorragia (in
428
ORGANI DELLA CIRCOLAZIONE
alcune circostanze mortale), poiché di solito si tratta soltanto di piccole recenti erosioni con aneurismi miliari (cfr. HOELZER). Se le tuniche esterne sono distrutte in un'area circoscritta, e le interne si spingono fuori attraverso di essa, si parla di An. herniosum. Si può formare anche un An. spurium, ciò che avviene perfino nell'aorta. FoÀ descrisse per es. un caso del genere, nel quale l'arrosione proveniva da linfonodi suppurati. RÒSNER vide una rottura mortale di un aneurisma dell'aorta ascendente provocato da un ascesso mediastinico, come complicazione del tifo. Le piccole sacche aneurismatiche dell'A. polmonare che originano nelle caverne polmonari (cfr. fig. 151) raggiungono per lo più la grandezza di una testa di spillo o di un cece, di rado di un fagiolo. La parete degli aneurismi risulta o della parete necrotica del vaso o soltanto di materiale trombotico dilatato (piastrine e fibrina, cfr. An. spur. traum. pag. 400). (Istologia in MÉNÉTRIER, MILIAN). Se l'aneurisma si rompe, segue emoftoe, perché la caverna comunica con un bronco. Secondo le ricerche di FRAENTZEL alla Charité di Berlino si trovano aneurismi nel 75 % di tutte le emorragie polmonari mortali nella tisi. Aneurismi si possono anche osservare nelle bronchiectasie, di rado anche nell'attinomicosi (REICHE). 2. Un aneurisma micotico ex ulceratione interna (a parte l'aneurisma embolico, vedi sopra) può originare per es. nell'aorta ascendente per propagazione o infezione per contatto in una endocardite ulcerosa aortica (cfr. arterite purulenta, pag. 347); esso può colpire oltre il seno di Valsalva, altre porzioni vicino alle valvole (vedi STOLTING, SECRET AN). Un tale aneurisma, che di solito non è più'grande di un cece, può provocare, quando si rompe, emopericardio e morte improvvisa per tamponamento
cardiaco.
KAUFMANN, STAEMMLER
(ragazza di 17
anni).
Poiché la parete dell'aorta, nel tratto iniziale, riceve vasa vasorum dalle arterie coronarie si deve pensare anche qui ad un'eventuale origine micotica-embolica di questi aneurismi, con inizio negli strati pariet a l i p i ù e s t e r n i (cfr. GAMBAROFF, ME CRAE, KLOTZ, KLOSS,
PESCATORI).
Molto rara è una colonizzazione metastatica di materiale infettivo, che proviene da parti del corpo situate lontano, sulla superficie interna dell'aorta, con conseguente formazione di aneurismi (aneurismi metastatici —
non embolici)
(VANZETTI, KORITSCHONER,
EDENHUIZEN).
P e r l ' a n e u r i s m a m i c o t i c o al di s o t t o di u n a stenosi dell'istmo n e l l ' e n d o c a r dite lenta v e d i BENEKE, E . HAMMERSCHLAG. P e r gli aneurismi m i c o t i c i del t r o n c o dell'a. p o l m o n a r e nella p e r v i e t à del d o t t o di B o t a l l o v e d i TERPLAN. BRETSCHNEIDER descrive colonizzazione m i c o t i c a in u n a n e u r i s m a artero-venoso dell'a. e v . f e m o r a l e n e l l ' e n d o c a r d i t e lenta.
429
ARTERIE
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Appendice a) ANEURISMI ARTERO-VENOSI
a) Varix aneurysmaticus. Nella ferita comune di un'arteria e di una vena ad essa strettamente contigua (come a v v e n i v a prima di frequente, nella vena mediana e nell'arteria brachiale, a causa della lancetta da salasso), il sangue arterioso può penetrare nella vena, dilatarla in senso varicoso localmente o per estensioni maggiori e renderla pulsante (aneurisma artero-venoso con sacco venoso). D a questo è da distinguere la fistola artero-venosa semplice senza vera e propria formazione di varici. b) Aneurysma varicosum (intermedium), più precisamente An. varie, intermedium saccatum ( B R O C A ) . Nella ferita contemporanea di un'arteria e della vena contigua si forma un aneurisma falso tra arteria e vena (onde la denominazione di An. intervasale, R U B A S C H E W ) , un sacco intermedio pulsante, che permette il passaggio del sangue dall'arteria nella vena. L a vena può essere dilatata in senso varicoso per l'abnorme pressione sanguigna (fig. 152) (An. artero-venoso con sacco falso).
43°
ORGANI
DELLA
CIRCOLAZIONE
c) Aneurysma arterio-venosum (in senso stretto). Origina per il fatto che un aneurisma vero perfora secondariamente una vena, per es. un aneurisma dell'aorta ascendente nella vena c a v a superiore o dell'arteria femorale nella vena femorale (aneurisma artero-venoso con sacco arterioso). a) Si può anche indicare come aneurisma arterioso con sacco venoso, b) come lo stesso con sacco falso, c) come lo stesso con sacco arterioso. In a) la parte principale nella formazione del sacco spetta alla vena, in b) e in c) all'arteria. Ci sono anche fistole artero-venose acquisite e congenite, le prime le descrisse già W . HUNTER (1757), sulle ultime così come sugli aneurismi art e r o - v e n o s i c o n g e n i t i v e d i W . H . RIENHOFF e OLOVSON, HORTON, ILLMANN-
CHRIST. Maggiore attenzione meritano (particolarmente dopo le esperienze dell'ultima guerra) le conseguenze emodinamiche di fistole e anastomosi grossolane artero-venose, sia in riferimento all'intera circolazione come alle alterazioni parietali delle arterie e delle vene (FICK). (Secondo KÙTTNER pseudoaneurismi potrebbero anche essere simulati per il fatto che il rumore di un aneurisma artero-venoso puro, nascosto, viene trasmesso per lunghi tratti e per ragioni anatomiche viene rilevato in maniera più chiara in sede lontana).
b) ANEURYSMA CONGENITUM (RARO) Si presenta nel dotto di Botallo, talora anche nelle arterie cerebrali (vedi ivi) e nell'aorta addominale. LEXER vide un aneurisma congenito fusiforme dell'arteria brachiale in un bambino di 1 anno. Cfr. anche il capitolo precedente.
c) FLEBARTERIECTASIA GENUINA DIFFUSA Con questo nome si indica secondo LÄWEN una rara dilatazione progressiva, verosimilmente congenita negli inizi, di un distretto vascolare arterioso, soprattutto dell'estremità superiore (O. WEBER), compresi i capillari e le vene efferenti senza neoformazione vascolare. L'estremità si può allungare (EBSTEIN). Secondo ERDHEIM, la fìebectasia diffusa genuina sarebbe una fase cronologica più precoce della fìebarteriectasia diffusa genuina.
ARTERIE
431
G. IPOPLASIA E ATROFIA DELLE A R T E R I E Sull'ipoplasia dell'aorta (aorta angusta) vedi pag. 228. Nello status lymphaticus v . WIESNER trovò ipoplasia dell'aorta e anche dei vasi cerebrali, che erano a parete sottile e dotati di scarsa muscolatura, ZEEK in giovani apoplettici; BINSWANGER e SCHAXEL descrivono ipoplasia delle arterie cerebrali in disturbi psichici di diversa natura, ORLIANSKY nelle stesse condizioni e inoltre nei suicidi, così come causa di emorragie cerebrali nell'eclampsia. L'ipoplasia interessa particolarmente gli elementi elastici e muscolari, atrofìa (con sconvolgimento della parete vascolare) si vede in condizioni fisiologiche nella obliterazione del dotto di Botallo e delle arterie ombelicali (vedi pag. 277), inoltre nella regressione dei vasi dell'utero gravido. L'atrofia senile si vede poi nella media delle arterie muscolari con sostituzione di tessuto connettivo (angiofibrosi) nell'età avanzata, spesso pure nella media nell'arteriosclerosi, secondariamente dopo sclerosi dell'intima.
H. IPERTROFIA E NEOFORMAZIONI 1. Ipertrofia. Dal punto di vista fisiologico noi vediamo ipertrofia con dilatazione durante l'accrescimento, poi però anche, per es., nelle arterie uterine nella gravidanza, particolarmente nella media. Dopo che i vasi nell'involuzione puerperale hanno subito un'atrofia di alto grado — scomparsa della muscolatura per disfacimento adiposo e trasformazione jalina — si verificherebbe secondo GOODALL ulteriormente una neoformazione formale di una parete vascolare nell'interno del vecchio condotto vasale. Secondo WERMBTER si tratta solo per converso di uno sconvolgimento delle pareti dei vasi uterini che si completa nel corso del tempo e solo dopo sopravvenuta gravidanza e nel quale viene fornito un compenso al disfacimento regressivo della media integrato da rilassamento e imbibizione, per mezzo di un connettivo che si colora metacromaticamente e che produce fibre elastiche, il quale penetra dall'intima e dall'avventizia nella media alterata (processi simili descrive Di FRANCESCO nell'arteria ovarica nei tumori dell'ovaia). Vediamo l'ipertrofìa funzionale della muscolatura quando esiste una pressione più intensa nel sistema arterioso. Essa è analoga all'ipertrofìa da lavoro del cuore e come questa interviene con frequenza massima nella nefrite cronica (SCHÒNMACKERS, cfr. ipertensione).
432
ORGANI
DELLA
CIRCOLAZIONE
L'ipertrofia viene sempre accompagnata da un ispessimento dell'intima. Un'ipertrofia vicariante con dilatazione, parzialmente anche con neoformazione vasale, origina quando devono entrare in azione vie collaterali, quando per es. un rene è completamente atrofico e l'altro sano assume la sua funzione (l'art, renale del rene atrofico si atrofizza e rimpicciolisce); cfr. anche le vie collaterali nella stenosi dell'istmo. Se si forma in ùn organo un grosso tumore, che presenta grandi richieste per la sua nutrizione, si forma non solo un'ipertrofia dei vasi presenti, ma anche un'iperplasia, cioè una neoformazione di vasi. Negli aneurismi serpiginosi (Aneurysma cirsoideum) vediamo che alla dilatazione e all'allungamento si associa ispessimento della parete. Se la muscolatura degenera, la parete diventa più tardi atrofica e assottigliata. 2. Per i tumori vascolari vedi alla fine del capitolo sui vasi.
BIBLIOGRAFIA BINSWANGER e SCHAXEL, A r c h . P s y c h i a t r . 58, 1 9 1 7 . —
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anévrismes
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SEZIONE
III
VENE Struttura istologica pag. 253 e segg.
A. TROMBOSI (FORMAZIONE DI TROMBO) ED EMBOLIA La trombosi — da Ogo/ufìów — faccio coagulare — formazione di tappi (trombi) nell'interno di vasi sanguigni che originano intravitalmente dalle componenti del sangue (e possono indurre un'occlusione parziale o totale del lume, e l'embolia cioè il trasporto di masse trombotiche che segue alla prima, sono processi frequenti. La trombosi gioca nelle vene una parte così importante, che noi dobbiamo anche qui sottolineare brevemente questo tema, che propriamente appartiene all'anatomia patologica generale. Per recenti trattazioni sulla trombosi vedi TANNENBERG e FISCHERWASELS,
DIETRICH,
ASCHOFF,
APITZ,
BRASS,
MARX,
LENGGENHAGER.
(Si parla anche di trombi neoplastici, quando i vasi sono più o meno obliterati da masse neoplastiche, di trombi tubercolari e gommosi in contrapposto ai trombi puri e semplici, che si compongono di parti costituenti del sangue).
i. A S P E T T O E S T R U T T U R A D E I T R O M B I Secondo la struttura, che in generale anche si esprime nell'aspetto esterno dei trombi, distinguiamo aa) trombi rossi, bb) trombi bianchi o grigi, cc) trombi jalini. Nella pratica i più frequenti sono i trombi misti, nei quali o si alternano nel senso della lunghezza parti grigie e parti rosse o nella sezione trasversale strati di diverso genere (fig. 168). Non di rado la componente grigia forma qui come un guscio, che è ripieno di masse rosse o si alternano irregolarmente strati di diversa struttura così che origina una specie di pasta sfoglia (HUECK). Il trombo rosso esternamente ha una grande somiglianza con il coagulo cruoroso postmortale, tutt'al più è solo non del tutto così liscio alla superfìcie, meno elastico, in genere anche un po' più consistente, più 28 —
KAUFMANN
I
434
ORGANI DELLA
CIRCOLAZIONE
asciutto, e leggermente friabile. Consta di tutti i componenti del sangue e riceve la sua consistenza tenace dalle masse di fibrina, che sono fittissimamente infiltrate di eritrociti. Quanto più esso è recente, tanto più è molle e umido e tanto meno differenziabile da coaguli postmortali. Questa differenziazione diventa poi particolarmente diffìcile, quando su un trombo rosso originato localmente o trasportato si depositano secondariamente coaguli cruorosi. Se il coagulo rosso nel suo interno mostra manifestazioni di disfacimento e di fluidificazione, può con grande verosimiglianza essere ritenuto di origine intravitale. I rapporti con la parete vascolare non sono spesso indicativi per la differenziazione, per il fatto che trombi rossi recenti non sono in genere aderenti alla parete, e per ciò si lasciano estrarre facilmente dal lume vasale. Se però un coagulo rosso di natura da determinare si continua verso la periferia con una formazione ramificata ad albero che riempie le diramazioni laterali dei vasi, facilmente estraibile, estensibile in maniera elastica e nella quale possibilmente si alternano irregolarmente fra di loro parti ancora rosse e più lardacee con parti bianche, si può essere sicuri che ci si trova di fronte a un coagulo postmortale.
F i g . 168. Trombo nella vena femorale sinistra, a, T e s t a , t r o m b o misto, v a r i e g a t o , b , T r o m b o rosso, c, C o d a di esso, d, V a l v o l a ; il t r o m b o presenta le impressioni delle v a l v o l e , e, V e n a femorale p r o f o n d a con t r o m b o rosso. 4/5 della g r a n d e z z a naturale. (Disegno di E. KAUFMANN).
Al microscopio il trombo rosso consta di fibrina, corpuscoli rossi e (scarsi) bianchi. Di frequente si vedono in esso formazioni stratificate le quali indicano che la coagulazione non è intervenuta improvvisamente, ma c'è stato il tempo per determinati ordinamenti e sedimentazioni. Anche al microscopio la distinzione con un eoa-
VENE
435
gulo postmortale può essere diffìcile o impossibile. Essa è ancora sicura in sommo grado, quando vengono trovate nel trombo rosso componenti bianche, e anche più grossolani accumuli di piastrine. I trombociti costituiscono la caratteristica del trombo bianco o grigio. Esso ricorda un po' nel colore il coagulo postmortale lardaceo, con il quale però non può essere confuso. Esso è asciutto, granuloso, anelastico, friabile alla superfìcie spesso variegato o scanalato. Pure il suo colore non è così splendente come quello del coagulo lardaceo, ma torbido da giallogrigio a rosso grigio. Nel territorio delle dilatazioni vasali, come negli aneurismi e negli atri del cuore, esso ha spesso un aspetto spiccatamente stratificato, che origina per il fatto che il trombo bianco non è quasi mai puro, ma di frequente si mescola con parti rosse, che ora formano il suo nucleo, ora (nelle grandi vene) la sua parte lontana del cuore (tronco e coda) oppure in forma lamellare condizionano insieme con le parti grigie l'aspetto stratificato della massa trombotica. Così origina il trombo misto. L'elemento strutturale del trombo bianco, che si vede particolarmente bene nei trombi parietali del cuore e nella « testa » di grandi trombi venosi, è una travatura (struttura a corallo, a spugna) di piastrine, nella quale ogni cordone è circondato da un mantello di leucociti (cfr. fig. 86). Gli spazi liberi tra le travate sono ripieni di eritrociti o di (in genere solo poca) fibrina. Quanto più fìtto è lo scheletro, tanto più chiaro appare il colore del trombo. In alcune forme di endocardite si trovano trombi quasi puri di piastrine. È chiaro che per questa complicata costruzione occorre tempo e che essa può solo originare attraverso deposizioni di elementi corpuscolati dal sangue circolante. Lo si designa per ciò come trombo da agglutinazione o conglutinazione o da separazione in contrapposto ai trombi da coagulazione (o Gerinnungsthromben) (i trombi rossi), nei quali gioca evidentemente la parte più importante il processo intravitale della coagulazione del sangue. Trombi jalini si trovano prevalentemente nei capillari e nelle piccole vene, e constano di una massa omogenea fìbrinosimile, la cui natura è ancora poco chiarita. Sembra che essi abbiano anche una parte come copertura della parete interna del vaso in aree rugose (BENDA).
2. D O V E E IN Q U A L I C I R C O S T A N Z E SI T R O V A N O T R O M B O S I ? I trombi si formano in qualsiasi punto del sistema vasale. Noi trattiamo questo argomento in questo capitolo delle vene per il fatto che qui sono più frequenti. In alcuni plessi venosi (soprattutto nel plesso prostatico e uterino) si riscontrano quasi costantemente nel reperto
436
ORGANI DELLA CIRCOLAZIONE
autoptico di individui anziani. Essi non hanno qui una sostanziale importanza. Di particolare significato sono i trombi delle vene delle gambe, dei polpacci (RÒSSLE), della pianta dei piedi (NEUMANN) e della vena femorale. BRASS distingue nelle vene delle gambe una trombosi « isolata » con un solo trombo che non oltrepassa il segmento principale, una « trombosi intermittente » nella quale si riscontrano parecchi trombi isolati indipendenti l'uno dall'altro, e, trombi « migranti » mono o pluricentrici con uno o più punti di attacco. Il luogo della primitiva origine si trova di gran lunga più frequente in corrispondenza delle valvole venose o di particolari punti del vaso, dove ostacoli alla corrente sanguigna disturbano il flusso del sangue (forse per l'architettura peri vascolare, NEUMANN). Qui compare inizialmente il trombo bianco piastrinico che si estende poi verso la periferia (discendente) oppure bilateralmente (intermedio, BRASS). Mentre tempo fa veniva data grande importanza come punto di origine dei trombi alla vena femorale, viene oggi considerato come luogo iniziale delle grandi trombosi a distanza il territorio delle radici fino alle più fini ramificazioni delle vene (e capillari, HUECK) ipotesi questa che è però negata da W . KOCK, il quale pensa che il contemporaneo riscontro di trombosi nelle gambe e nella vena femorale sia dovuto a processi che compaiono successivamente, ma che sono tuttavia indipendenti nella loro essenza l'uno dall'altro. Anche l'Autore è della convinzione che in molti casi la vena femorale è interessata primitivamente e da sola. Specialmente frequenti ed estese sono le trombosi che si trovano nelle vene delle gambe in corrispondenza soprattutto di gavoccioli varicosi. Scarsa importanza hanno i trombi venosi delle estremità superiori (vedi appendice sulla cosiddetta trombosi delle vene ascellari). Sarebbe chiamata trombosi « spontanea » quella che compare senza grossolana lesione o visibile danneggiamento della parete in corrispondenza ad esempio delle vene renali e surrenali, della vena splenica, delle vene mesenteriali e della vena porta (le quali però presentano per lo più una malattia della parete vasale, anche se questa è al momento dell'esame autoptico non sempre riconoscibile). Ricordiamo anche brevemente la trombosi venosa dei seni della dura madre e della vena magna di Galeno, presente qualche volta anche in bambini piccoli. Tutte queste forme sono relativamente rare. Un secondo gruppo di trombosi è caratterizzato dal fatto che esse si impiantano sul terreno di una intima vasale patologicamente alterata. L'esempio più comune è rappresentato dalla cosiddetta tromboflebite (vedi pag. 452). In questi casi, nelle forme più grossolane il processo purulento-colliquativo della parete venosa sta in primo piano, in altri casi prevale qualche volta il quadro della cosiddetta « trombosi blanda »; tuttavia una ricerca minuziosa mette in evidenza anche in questi casi l'affezione infiammatoria della parete vasale con perdite dell'endotelio
VENE
437
(vena giugulare, uterina, ovarica, ombelicale, seni della dura madre). Spesso sul trombo flebitico si impianta un trombo « blando » per lo più rosso. Analoghi processi non sono rari nelle arterie. La tromboangioite (WINIWARTER-BURGER) di cui si è parlato prima è una infiammazione primitiva della parete arteriosa, accompagnata molto spesso da trombosi. Nella periarterite nodosa, si trovano non raramente trombi nei vasi aneurismatici o con parete necrotica. A questo gruppo appartengono anche i trombi della endocardite verrucosa e ulcerosa. Tipici esempi sono inoltre le trombosi delle arterie coronarie e cerebrali, nelle quali per lo più sta alla base un processo arteriosclerotico, più raramente un processo arteritico. L'aterosclerosi può essere accompagnata da trombosi anche nell'aorta e nelle grandi arterie della cavità addominale (arteria mesenterica, celiaca, renale), sebbene proprio nell'aorta siano rari i grossolani trombi anche in casi di grave aterosclerosi (trombi più fini si riscontrano invece frequentemente). Questi ultimi esempi dimostrano anche come, a prescindere da poche localizzazioni (estremità inferiori e plesso prostatico e uterino), i trombi venosi non siano per niente molto più frequenti di alcuni trombi arteriosi. I trombi venosi a carico delle vene cerebrali e coronarie sono decisamente rari. Tutte queste trombosi, che possono essere tanto pericolose a causa della loro localizzazione, rimangono di regola localizzate e non hanno tendenza ad estendersi a grandi distretti circolatori. Si devono ricordare fra le trombosi puramente locali anche quelle che si sviluppano in corrispondenza di ferite vasali, suture, ecc., senza superare la sede della loro origine. A questo gruppo appartengono anche le trombosi traumatiche, le quali possono formarsi in vene ed arterie e che non sempre hanno come punto di partenza una grossolana lacerazione del vaso. Così sono stati osservati da SCHMINCKE, MEESSEN, RANDERATH trombosi coronariche su base traumatica. L'Autore vide un caso molto interessante nel quale subito dopo trauma confusivo senza soluzione di continuo della parete toracica sinistra anteriore si sviluppò una grave malattia cardiaca che portò a morte in dieci settimane. L'autopsia mise in evidenza trombosi in via di organizzazione di una arteria coronaria alla cui base potè essere dimostrata una lacerazione dell'intima al di sopra di un focolaio ateromatoso (vedi capitoli sui traumi del cuore, ivi anche fig. 184). È stata osservata (BECK) nell'Istituto dell'Autore una trombosi sicuramente traumatica di una arteria renale dopo un trauma confusivo dell'addome. Infine vediamo separazione grossolana di masse trombotiche nell'interno del cuore, specialmente frequenti nelle auricole, tra le trabecole degli atri e dei ventricoli, soprattutto negli sfiancamenti aneurismatici, che si sono sviluppati da infarti cardiaci, ma anche in infarti recenti, prima che si sia formato un aneurisma. Nelle vene vediamo inoltre trombi (più raramente nelle arterie) quando
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ORGANI DELLA
CIRCOLAZIONE
la circolazione nel vaso è molto ridotta per compressione del vaso dall' esterno o per infiltrazione da parte di un tumore, soprattutto in quei casi in cui l'intima della parete vasale subisce contemporaneamente qualche lesione. Tali restringimenti ed infiltrazioni delle vene si osservano per esempio non raramente nei carcinomi broncopolmonari nel territorio della vena cava superiore, e la penetrazione nel vaso soprattutto negli ipernefromi e nei tumori della tiroide.
Fig. 169. T r o m b o s i neoplastica della c a v a inferiore e della renale sinistra d a c a r c i n o m a renale. U o m o di 56 anni (Prot. N . 10T50 Ist. A n a t . e Istol. P a t . U n i v . P a v i a ) .
Accanto a questa trombosi locale si vede non raramente una tendenza più generale alla formazione trombotica, nella quale vene e arterie possono prendere parte al processo e infine può intervenire la morte per occlusione trombotica di un'arteria coronarica o cerebrale. S Y M M E R S
VENE
439
indica come microangiopatia trombotica un quadro morboso già descritto da MOSCHCOWITZ, che decorre con le manifestazioni di una porpora trombopenica e insorge con formazioni di trombi molto estese in arteriole, capillari e venule (vedi anche nella sezione capillari!). Per ultimo ricorderemo ancora le trombosi non localizzate, quali si sviluppano in forma acuta talora dopo trasfusioni di sangue, intossicazioni da gas asfissianti (difosgene) o nella grave essiccosi in porzioni estese del sistema venoso. Riguardo al rapporto del trombo con la parete vasale e il lume vasale noi distinguiamo trombi fissi alla parete, fissi alle valvole e occludenti (fig. 170). Gli ultimi possono originare dai primi due per protratta (lenta) apposizione — allora sono stratificati concentricamente — o originano in modo che 1' acFig. 170. crescimento trombotico dei primi porta improvvisaTrombo valvolare con mente alla chiusura del vaso e a formazione di risuperficie z i g r i n a t a della vena crurale destagno (trombosi da ristagno) al di là della chiusura. stra in un caso di tifo addominale. Uomo di Inoltre si distinguono trombi autoctoni cioè originati 35 anni. Metà della in loco e trombi propagati (verso il tronco più grande grandezza naturale. Collezione di Basilea. prossimo o in senso prossimale e distale). Una parte (Disegno importante può giocare una trombosi secondaria, che d i E . KAUFMANN). si associa ad un' embolia arteriosa, così p. es. nell'occlusione incompleta da parte di un embolo a cavallo della biforcazione aortica, il trombo si deposita su questo, rende perfetta l'occlusione o si continua nelle ramificazioni.
3. C O N D I Z I O N I G E N E T I C H E D E L L A F O R M A Z I O N E D I T R O M B I Se si considerano i quadri di trombosi, come si incontrano al tavolo anatomico, qualche volta abbiamo l'impressione di un processo puramente locale, che insorge là dove una lesione locale della parete entra in contatto con la corrente sanguigna, per es. in sede di sutura o di altre ferite: FISCHERWASELS parla di trombosi locale traumatica. Gli stessi rapporti esistono nelle necrosi acute locali e nei processi infiammatori delle pareti vasali (per es. della periarterite nodosa, nell'usura ed erosione di un'arteria o vena per azione dal di fuori, nelle iniezioni locali di soluzioni, che corrodono l'intima o danneggiano altrimenti l'endotelio). In tutti questi processi,
44°
ORGANI DELLA
CIRCOLAZIONE
che si possono riprodurre anche nell'esperimento, il quadro è concluso con la riparazione locale del difetto, non è progressivo. Vediamo però d'altra parte numerosi casi di distruzione ben grossolana dell'intima, particolarmente per aterosclerosi, che non hanno alcuna o solo minima tendenza alla formazione di trombi. E chiaro quindi che non è la ruvidezza, la irregolarità della superficie (poiché essa non è mai così spiccata come nell'ateromatosi grave!) che dà occasione alla trombosi. Proprio usure recenti superficiali dell'aorta tendono di più ad essa che non le ulcere ateromatose profondamente scavate! Nell'endocardite verrucosa il difetto non si vede a occhio nudo! È chiaro che qui molto dipende dal fatto che nella sede della lesione intimale muoiono cellule, persistono resti necrotici di cellule, dal cui plasma in disfacimento passano sostanze nella corrente sanguigna che vi scorre sopra ! Trombosi locale origina quindi non di rado come conseguenza di distruzione locale di cellule nell'endotelio vasale! Questo è quello che vediamo nella « trombosi locale traumatica ». Queste trombosi traumatiche sono trombi bianchi da agglutinazione, che principalmente si compongono di piastrine e leucociti. In altri casi di trombosi abbiamo l'impressione che una lesione vascolare non gioca alcuna parte essenziale, ma che il fattore determinante è un'alterazione della composizione del sangue. Ciò vale particolarmente per le trombosi che si sviluppano talora dopo trasfusione e nei gravi ispessimenti del sangue (p. es. dopo intossicazioni da difosgene). A questo gruppo appartiene la tendenza alla trombosi nella policitemia e in altre malattie del sangue con aumentato contenuto e distruzione di trombociti. Le trombosi hanno qui prevalentemente il carattere dei trombi da coagulazione, sono rosse, ricche di fibrina o, se miste, con una porzione prevalente rossa e scarsa bianca. A questo gruppo appartengono pure i casi di cosiddetta predisposizione alle trombosi, nei quali contemporaneamente o a poussées si sviluppano formazioni trombotiche nelle arterie e nelle vene, senza che preceda un'alterazione della parete vascolare. Sono qui da considerare anche i grossi « trombi a distanza » soprattutto nelle vene delle gambe, che si possono estendere dalla pianta del piede fino alla cava inferiore, sia che siano attaccati uno all'altro, sia che presentino delle interruzioni. In questi casi non si possono dimostrare di regola alterazioni della parete vasale. Essi originano invero con frequenza massima in soggetti vecchi con disturbi del circolo, ma si formano non raramente anche in soggetti più giovani dopo operazioni, dopo il parto e rappresentano poi il punto di partenza di mortale embolia polmonare. Questi trombi si possono spiegare nel loro complesso solo con alterazioni della composizione del sangue. Ma anche per essi è da considerarsi un fattore locale. Infatti essi compaiono sempre o quasi solo nelle gambe o nelle vene del bacino, mai nel territorio della vena cava superiore. Però il fattore locale non è costituito da una alterazione della parete vasale, ma da un disturbo del circolo. E questo
VENE
44I
costituisce in generale, il terzo fattore per l'insorgenza della trombosi. Negli atri del cuore, soprattutto nelle auricole, compaiono trombi quando diminuisce la forza del miocardio e quindi atri e auricole non si svuotano completamente. L o stesso vale per le trombosi negli aneurismi e nelle v a rici, in vene compresse ed infiltrate da tumori, e per i trombi parietali dei ventricoli del cuore scompensato (sempre che non esistano alterazioni dell'endocardio in casi di infarto del miocardio oppure che non vi sia una endocardite valvolare che abbia determinato lesioni dell'endocardio parietale) . Noi vediamo in caso di scompenso di un cuore ipertonico trombosi delle arterie coronarie la cui intima è per lo più arterio-sclerotica ma che non si è alterata prima della formazione della trombosi. Qui il processo morboso della parete costituisce unicamente il fattore locale. L a trombosi si forma perché il cuore cede ed essa compare in questo luogo proprio perché qui esiste un danno della parete. Quanto più bassa è la velocità del sangue, tanto maggiore è la tendenza alla trombosi (per questo motivo le vene sono predilette, nei confronti delle arterie e per lo stesso motivo le vene degli arti inferiori di soggetti giacenti a letto sono predilette nei confronti delle vene della restante parte del corpo). Sono dunque tre i fattori che partecipano alla formazione dei trombi: 1) Danni locali della parete vasale, specialmente quelli con recenti necrosi cellulari e tissurali. 2) Alterazioni generali della composizione del sangue. 3) Alterazioni del circolo generale e locale che portano ad un rallentamento e ad una irregolarità della corrente sanguigna. A queste condizioni sopra riportate si associano frequentemente anche cause coadiuvanti, la cui importanza per l'insorgenza di determinati trombi può essere v a l u t a t a statisticamente. Questo vale soprattutto per i « grossi trombi » delle vene delle gambe e per l'embolia polmonare provocata frequentemente da essi. Dopo l'ultima guerra e specialmente dopo gli anni dell'inflazione, è stato segnalato da diverse parti un aumento delle trombosi e delle embolie polmonari ( F A H R , O B E R N D O R F E R , M A R E S C H , H E R X H E I M E R , W E R T H E I M E R , B E L A , Z I N C K , R Ò S S L E , P R E T T I N , ecc.). Contrariamente all'opinione di S T I C K , G E I S S E N D Ò R F E R , F E L L E R , S C H U L T E , S I T S E N e B A R T S C H questo aumento può essere stabilito statisticamente e non considerato come dovuto solo alla senescenza. L a frequenza delle embolie polmonari mortali riscontrata al tavolo anatomico nel periodo 1 9 3 0 - 3 3 (a seconda del tipo del materiale esaminato) è stata stabilita per il 3-11 % . Anche nelle statistiche dell'anno 1948 si è verificato un aumento delle embolie polmonari mortali (BRASS e SANDRITTER). L ' A u t o r e vide negli anni 1 9 5 0 - 5 3 1 4 9 embolie polmonari mortali, nell'8,5 % di tutte le autopsie, nel 10 % di tutte le autopsie di soggetti al di sopra di 20 anni. Anche la vecchiaia ha una parte molto importante (FELLER: per lo più 6 0 - 7 0 , B E L A : media 6 0 anni, nel materiale autoptico dell'Autore 6 5 28* —
KAUFMANN
I
442
ORGANI D E L L A
CIRCOLAZIONE
anni). I 2/3 di tutti i casi delle osservazioni personali colpivano soggetti al di sopra dei 60 anni. Non vi è quindi alcun dubbio che il fattore età è importante per l'insorgenza di grandi trombosi venose (oltre alla maggior parte delle trombosi arteriose). Quindi una statistica che non prenda in considerazione l'età media dei soggetti pervenuti al tavolo anatomico, è priva di significato. L'età è naturalmente come fattore in se stesso complesso, comprende almeno i fattori pareti vasali e forza del cuore. RÒSSLE,
GEISSENDORFER,
FELLER, PRETTIN,
richiamano
l'attenzione
sul fattore obesità per l'aumento delle trombo-embolie. È proprio nelle esposizioni di BRASS e SANDRITTER che viene considerata probabile l'importanza della supernutrizione. RÒSSLE lo dimostrò attraverso ricerche di un indice metabolico. Anche qui si deve pensare in prima linea ad influenze emodinamiche. Tra le malattie fondamentali dei soggetti morti per embolia polmonare stanno in primo piano quelle della circolazione. Ipertensione, vizi cardiaci, sclerosi coronarica costituiscono una percentuale particolarmente elevata (FELLER la valuta maggiore del 90 %, PRETTIN arriva a simili cifre elevate, egli la computa nel materiale personale di osservazione circa il 48 %). GEISSENDORFER dà molta importanza alla costituzione ed alla cachessia. Giuocano una parte importante le malattie infettive, sulle quali hanno già
insistito
LUBARSCH
e BENDA,
BELA
e
HUECK.
Nel
materiale
del-
l'Autore le malattie infettive fondamentali costituiscono circa il 16 % , tra di esse stavano in primo luogo la tubercolosi e la ipertrofia prostatica infetta (vecchiaia, cachessia). Per spiegare la loro importanza si deve pensare che esse abbiano una parte importante nel determinare oltre che il danneggiamento del cuore e del circolo, anche una modificazione della composizione del sangue, che si manifesta con un aumento della protrombina, delle globuline, del fibrinogeno, ecc. L'Autore ha l'impressione che proprio le infezioni finali (polmoniti, bronchiti, cistiti) abbiano l'influenza maggiore, come egli ha potuto stabilire in base alla maggior parte delle statistiche. Infine bisognerebbe ricordare l'insorgenza di estese trombosi dopo interventi operatori, parti, traumi e altri grossi processi distruttivi (p. es. tumori). Se le trombosi « post-operatorie » e la embolia polmonare da èsse provocata non hanno una gran parte nel complesso degli esiti mortali (secondo il materiale dell'Autore esse costituivano 1/6 circa di tutte le embolie polmonari mortali), esse sono tuttavia di particolare significato perché colpiscono più di frequente soggetti giovani e costituiscono sempre un avvenimento particolarmente allarmante. Dopo simili interventi, quando si verifica demolizione dei tessuti ed estesa degenerazione tissurale, noi vediamo nel sangue le medesime alterazioni della sua composizione che si verificano
VENE
443
nei processi infettivi, cosicché questi casi sarebbero da aggiungere al gruppo da infezione, che quindi si eleva, con l'aggiunta di essi, al di sopra del valore percentuale del 70 % di tutti i casi mortali di embolia polmonare (vedi S T A E M M L E R e W I L H E L M S ) . A proposito dell'importanza dei disturbi vegetativi che si possono manifestare a carico del cuore, del circolo periferico, anche nella composizione del sangue ( H O F F ) , si potrebbe parlare della correlazione tra embolia polmonare e condizioni meteorologiche qualora queste correlazioni potessero essere dimostrate statisticamente. D E R U D D E R ha pubblicato un lavoro fondamentale. La letteratura nell'argomento è molto estesa, l'Autore vuol ricordare tra i lavori più recenti solo quelli di S T I C H , G E I S S E N DÒRFER,
BÀRTSCHI,
ORTMANN,
FELLER,
PRETTIN,
BARTSCH,
ANDRESEN,
con B E C K E R , H A S S e soprattutto B E R G così come S A N D R I T T E R e B E C K E R . L'Autore ha studiato nel suo materiale le frequenze delle embolie polmonari nelle varie stagioni dell'anno. Non ottenne differenze sensibili. K A Y S E R , WASMUHT, STRÒDER
Nelle ricerche condotte da W I L H E L M S nell'Istituto dell'Autore sulle correlazioni tra condizioni metereologiche e embolie polmonari, ricerche che avrebbero dovuto spiegare le relazioni tra i diversi corpi aerei e i passaggi dei fronti, non ci siamo potuti convincere che si possa statisticamente dimostrare in modo attendibile una tale correlazione. In tal modo furono confermati i risultati di B E R G che vennero ottenuti su materiale più ampio. Così vediamo che le cause eventuali agiscono nelle medesime direzioni come è stato riassunto a pag. 441 in 1-3. Nella maggior parte dei casi è probabile che per l'insorgenza di un trombo contribuiscono almeno due fattori, dei quali uno è decisivo per una data localizzazione. Spesso si può dire o ritenere a quale fattore spetta la parte principale. Per l'esperienza sul proprio materiale di sezione vedi il lavoro di S T A E M M L E R e
WILHELMS.
4. L ' A Z I O N E D E L L E SINGOLE CONDIZIONI NELL'INSORGENZA D E I TROMBI Dalla loro struttura istologica i trombi dimostrano di avere una origine molto diversa. Nel trombo rosso predomina la fibrina, quindi la coagulazione, nel trombo bianco il conglomerarsi dei trombociti, quindi la conglutinazione e la separazione. I primi si formano soprattutto nei luoghi di stasi (oppure di rallentata circolazione), gli ultimi nel sangue circolante. La coagulazione è un processo caratteristico dovuto agli enzimi del sangue, quindi un processo chimico, la conglutinazione è invece un processo prc-
ORGANI DELLA CIRCOLAZIONE
444
valentemente fisico. Tuttavia entrambi i processi avvengono susseguendosi uno all'altro in determinate fasi della coagulazione. L a coagulazione avviene in quanto la protrombina presente nel sangue (formata nel fegato) sotto l'influenza della trombochinasi in presenza di calcio, si trasforma in trombina, indi dal fibrinogeno attraverso la profibrina si forma la fibrina. L a trombochinasi è un enzima che è ceduto da trombociti e da cellule tissurali in disfacimento. Sarebbe quindi ben comprensibile come in corrispondenza di piccole lesioni della parete vasale si formino piccolissimi processi di coagulazione locale per l'aumento della trombochinasi liberatasi nel sangue che viene a contatto della parete vasale stessa. Questi processi portano secondo l'opinione di LENGGENHAGER, A P I T Z e B R A S S a l l ' a v v i l u p p a m e n t o d e i t r o m b o c i t i c o n u n
tenue
film di fibrina o profìbrina, li rendono così più facilmente agglutinabili portandoli a depositarsi sulla parete vasale. Un processo di coagulazione rappresenta dunque il primo atto anche nella formazione di un trombo bianco per l'aumentata liberazione di trombochinasi per esempio da parte di piccole ferite della parete vasale. Sul significato di deposizione di fibrina per l'insorgenza di trombi arteriosi ha insistito in modo particolare APITZ accentuando reperti di LEARY, MEESSEN, CLARK. In questo grappo si devono computare anche le formazioni trombotiche ottenute da A . DIETRICH sperimentalmente per sensibilizzazione degli animali di esperimento e che sarebbero riconducibili solo a reazione endoteliale, e proliferazione cellulare e separazione di fibrina. Che tali sensibilizzazioni non portino necessariamente sempre alla trombosi, lo dimostrano i reperti giornalieri al tavolo anatomico e le ricerche di TANNENBERG, che non confermano i dati di DIETRICH
(vedi
FISCHER-WASELS,
ASCHOFF).
Anche
per
DIETRICH
c'è
sempre un fattore circolatorio (strozzamento delle vene del collo) che ha una parte predominante. Per la « trombosi locale da ferita » rimane come fattore fondamentale la liberazione locale di trombochinasi, la formazione locale di fibrina o profibrina con conseguente agglutinazione di piastrine e leucociti. Come causa coadiuvante meno importante sta una alterazione locale della corrente sanguigna. Si potrebbe chiamare questo tipo di trombosi come «trombosi locale reattiva ». Per i grandi trombi a distanza (vene della coscia) si ritorna al fattore vasale (locale). Caratteristica è la preferenza delle vene del bacino e delle cosce, la coincidenza con l'età e con la tendenza all'obesità, la frequenza delle malattie della circolazione, infine poi le relazioni con le infezioni generalizzate, con le malattie del sangue, con gli interventi operatori e gravi traumi. Qui gioca una parte essenziale accanto al fattore circolatorio anche quello di una alterata composizione del sangue (aumento delle globuline), del fibrinogeno e della protrombina. Accanto ai casi di generica tendenza alla trombosi, in caso di trombosi da trasfusione, di essiccosi (difasgene) parte almeno di questi
VENE
445
trombi a distanza potrebbero essere compresi nel gruppo delle « trombosi discrasiche ». Probabilmente i grandi trombi a distanza insorgono inizialmente con un processo puramente locale (anche quando non è per lo più visibile una alterazione della parete vasale) analogamente a quanto accade per i « trombi locali da ferita ». Il fatto poi che il processo non si instaura con ciò o che interviene contemporaneamente in sedi numerose, evidentemente per una minima occasione, si deve ricondurre alle particolarità della composizione del sangue. Quando in questo sistema di coagulazione molto labile è comparsa una volta una trombosi locale, partono dai trombociti raccoltisi e distruttisi qui nuove influenze chimiche, che conducono attraverso formazioni di profibrina alla sovrapposizione di un nuovo trombo più grossolano (coagulazione della fibrina) o portano all'agglutinazione di nuovi trombociti, processo nel quale il restringimento del lume vasale gioca una parte prevalente unitamente al rallentamento della corrente sanguigna. L a formazione di un trombo bianco o rosso, è per lo più una questione inerente alla durata della coagulazione. Se questa procede lentamente nel sangue circolante, la profibrina formatasi di recente determina l'agglutinazione rapidamente progressiva dei trombociti e leucociti; si forma e cresce un trombo bianco. Se essa invece procede rapidamente fino alla formazione di fibrina (specialmente nel sangue ristagnante) allora si arriva alla coagulazione fibrinosa e alla formazione del trombo rosso. Devono essere infine riuniti in un terzo gruppo quei casi in cui il fattore circolatorio gioca apertamente la parte principale: le formazioni trombotiche negli aneurismi, negli atri ed auricole in caso di vizi cardiaci, in alcune varici, in vene ristrette o infiltrate da processi proliferativi tumorali. Quando in casi di sangue ristagnante o fortemente rallentato avviene una distruzione locale di trombociti oppure quando a causa dell'insufficiente nutrizione della parete si verifica un danneggiamento dell'endotelio vasale, con conseguente liberazione di trombochinasi, questa ha tutto il tempo di agire con maggiore efficacia dopo che il circolo è disturbato o per il rallentamento della circolazione o per la formazione di vortici. Si potrebbe indicare questo tipo come « trombosi emodinamica » per mettere in rilievo che il fattore fisico del disturbo circolatorio gioca la parte principale. Appartenenti a questo tipo sono da considerarsi anche quei trombi arteriosi che si formano in una arteria cerebrale o coronaria sclerotica nel momento in cui cede la forza del cuore; in questo caso al fattore vasale (che era presente anche prima), si aggiunge, come fattore determinante per la formazione del trombo, anche il rallentamento della corrente sanguigna. Noi distinguiamo dunque: 1) la trombosi locale reattiva, 2) la trombosi dlscrasica e
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ORGANI DELLA CIRCOLAZIONE
3) la trombosi emodinamica, sottolineando il fatto che il nome dipende dal fattore predominante e che per lo più parecchi fattori si combinano.
5. M I G R A Z I O N E S E C O N D A R I A D E I T R O M B I Il colore del trombo rosso diventa col tempo bruno ruggine, infine marrone chiaro (in parte pigmento granulare in parte cristallino); il trombo si raggrinza e si secca, diventa più duro. Un trombo può inoltre colliquarsi e dai trombi rossi può formarsi in questo caso una poltiglia rossa o rosso bruna, opaca. Si distingue: colliquazione purisimile, trasformazione cioè in una poltiglia simile a pus quale prodotto dell'autolisi cellulare della massa trombotica (frequente soprattutto nei trombi parietali del cuore). Colliquazione purulenta, una vera e propria suppurazione in seguito a processi infettivi (trombo settico). Colliquazione putrida, la quale insorge per infezione da parte di germi anaerobi; il trombo diventa molle, quasi liquido e di un colorito marrone sporco fino a verde nerastro. I trombi infetti possono essere causati da un processo fìebitico e viceversa possono essi stessi provocare una flebite (vedi flebite). Se il trombo prolifera nelle compagini della parete venosa, si parla allora della cosiddetta organizzazione del trombo. Questa si presenta come per primo dimostrò v. BAUMGARTEN, come una infiammazione produttiva della parete venosa (tromboflebite produttiva), processo nel quale le masse trombotiche che si sono ispessite per disidratazione, si comportano passivamente e sono distrutte e sostituite da un tessuto di granulazione molto vascolarizzato e ricco di cellule. Indispensabile per il compimento della organizzazione è l'integrità della parete. Per il procedere perfetto della sostituzione, non debbono intervenire processi infettivi. Essa inizia dalla periferia del trombo. L'intima ed i componenti connettivali degli strati più interni della media, producono cellule (fibroblasti) le quali insieme ai vasi penetrano dall'avventizia e dalla media nel trombo: dai vasi fuoriescono scarsi leucociti; cellule migranti; cellule avventiziali e cellule endoteliali dei capillari arricchiscono le scarse masse cellulari che penetrano nel trombo. Poi compare sostanza interstiziale tra le cellule proliferate (prima fibre reticolari, più tardi fibre collagene), e si forma un tessuto che si impoverisce più tardi di capillari e cellule, diventa fibroso e contiene frequentemente ancora granuli bruni di emosiderina, in parte anche nell'interno delle cellule (occasionalmente anche ematoidina). (Nell'organizzazione di trombi infetti compare un tessuto di granulazione ricco di leucociti, linfociti e plasmacellule. Vedi a n c h e ESCH).
VENE
447
Piccole vene o arterie trombosate possono trasformarsi in cordoni cicatriziali fibrosi; vasi più grandi presentano spesso il quadro della cosiddetta ricanalizzazione, nella quale però i vasi che percorrono il trombo non hanno di solito alcuna comunicazione con il lume vasale e non conducono quindi alla ricanalizzazione del vaso. In casi ecce/Jffi, r" zionali di trasformazione grossolana, sinuosa afk""'->b> e cavernosa del trombo, si ha una ricanaliz^Sfisl f zazione della vena. Un esempio particolarjj V^à fr mente chiaro di una simile trasformazione -/yliSr J7 è rappresentato dalla fig. 171 secondo un {jf \ jf preparato di E . K A U F M A N N . -'Si* ÙJ I trombi possono anche seccarsi e piev ~ trificarsi per impregnazione con sali di cai/,'M* I'•v^/^Sr ciò. Si osserva questo a carico dei trombi bianchi mobili situati in vene e plessi venosi sacciformi-varicosi. Compaiono così le cosid"v Asag! K m 1 dette pietre venose, fleboliti, che si sono vjvw y formati da trombi bianchi ricchi di fibrina JJ calcificata, essiccati, per distacco e in forma 1 .¡fi. rotondeggiante per le successive rotazioni VJ •Et nel sangue, ricchi di fibrina. ITO Secondariamente possono diventare di nuovo aderenti alla parete del vaso. In alK g . 171. tri casi compare una ossificazione ( W Y D L E R ) . Trasformazione a forma di seno La loro sede più frequente è rappresen- (metamorfosi cavernosa) della vena comune sinistra e della vena tata dalle vene della milza, nel legamento iliaca ipogastrica; nella vena crurale si largo della donna, nel plesso prostatico e trova un vecchio trombo cilindrico aderente (in parte tagliato dalle uterino, raramente nella vescica e nel retto. forbici). Operaia di fabbrica di 21 Si trovano anche in emangiomi cavernosi anni con polmonite caseosa. 5/6 grandezza naturale. Raccolta Basel ( K A U F M A N N nella cute dello scroto in un (Disegno di E. KAUFMANN). ragazzo di 12 anni). Non abituali sono i fleboliti nelle non molto frequenti flebectasie delle vene minime nel setto atriale del cuore, per lo più a destra, in corrispondenza del margine inferiore O laterale del foro ovale ( G E I P E L , E S C H E R , WEBER,
FRANK,
NAUWERCK,
KAUFMANN).
6. CONSEGUENZE D E L L A TROMBOSI Esse consistono: 1) In disturbi locali della circolazione degli organi, che possono arrivare in caso di ostruzione trombotica delle vene fino all'infarcimento emorragico (p. es. nel cervello, nell'intestino), in parecchi
448
ORGANI DELLA CIRCOLAZIONE
casi possono essere compensati da formazione di circoli collaterali e manifestarsi solo con una tendenza a stasi venosa ed edema. Per la cancrena delle estremità in seguito a trombosi venosa vedi HAIMOVICI. In caso di ostruzione arteriosa il pericolo dell'insorgenza di infarti anemici è molto maggiore ed una considerevole parte di morti improvvise è condizionata da ostruzione trombotica delle arterie coronariche o cerebrali. 2) In casi di trombi venosi può venire come successiva complicazione la migrazione embolica dei trombi. Essi si riscontrano di regola oltre il cuore destro nei polmoni. Qui essi possono costituire il punto di partenza per la formazione di un infarto emorragico (specialmente quando contemporaneamente esiste una stasi ematica, come per esempio in caso di vizi cardiaci), spesso tuttavia passano senza ulteriori conseguenze, poiché la circolazione del sangue è mantenuta da parte di circoli collaterali. L'ostruzione embolica del tronco dell'arteria polmonare o di un suo ramo principale o di parecchi rami di media grandezza può condurre improvvisamente a morte non raramente anche senza arrivare ad una interruzione grossolana della circolazione polmonare, probabilmente a causa di un riflesso polmonare-coronarico. In caso di pervietà del foro ovale si osservano occasionalmente degli emboli « paradossi » formati da trombi ematici migrati dalle vene nelle arterie del grande circolo. Si intende per embolia « retrograda » la migrazione di trombi ematici dal ventricolo destro in senso retrogrado verso la cava inferiore e la vena epatica. L a loro evenienza è contrastata. Se i trombi sono infetti allora si formano dopo una ostruzione embolica infarti settici i quali vanno incontro ad una colliquazione purulenta dal centro necrotico verso la periferia oppure si trasformano massivamente in ascessi o in focolai cancrenosi; anche questi vengono osservati in primo luogo nei polmoni; essi costituiscono qui il substrato caratteristico della « piemia » che si instaura per lo più in conseguenza di una « tromboflebite purulenta » delle vene ovariche e uterine, giugulari, angolari oppure una corrispondente affezione a carico di uno dei grossi seni della dura madre. Anche dai trombi del sistema arterioso (specialmente del cuore e dell'aorta) possono partire emboli e condurre a disturbi del circolo pericolosi per la vita a causa di occlusione delle arterie delle estremità, del cervello ma anche di altri organi. Per quanto riguarda gli emboli delle coronarie che sono molto più rari delle trombosi vedi SAPHIR. CIECHANOWSKY accetta una embolia arteriosa retrograda nel cervello in seguito a lesione trombotica dell'aorta addominale e di entrambe le arterie iliache. La trombosi con le sue conseguenze rappresenta una parte importante fra le cause di morte. Nell'Istituto dell'Autore, sono state riscontrate 244 trombosi ed embolie mortali negli ultimi tre anni su 1738 autopsie, delle quali 1388 di individui oltre i 20 anni di vita, il 14 % quindi di tutte le cause di morte. Tra queste vi erano: embolie polmonari: 149, casi di trom-
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449
bosi coronarica mortale acuta: 55. casi di trombosi mortale delle grandi arterie cerebrali 35 e 4 casi di diffusa trombosi aortica. I soggetti più anziani erano i più fortemente colpiti tanto che oltre i 60 anni di vita su ogni 4 soggetti si poteva riscontrare come causa di morte una trombosi e una embolia. Vedi più particolarmente nel lavoro di S T A E M M L E R e W I L H E L M S .
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45°
ORGANI DELLA
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A p p e n d i c e : la cosiddetta trombosi delle vene ascellari (1Claudicazione venosa
intermittente
delle estremità
superiori
secondo
LÒHR)
La malattia fu descritta per la prima volta da v. SCHROTTER nel 1884, rimase inosservata per lungo tempo, trova dal 1929 sempre maggiore interesse tanto che fino al 1940 sono stati esposti nella letteratura ben 130 casi circa. Essa insorge per lo più improvvisamente in seguito a traumi minimi, specialmente in occasione di un affaticamento forte dell'arto, e consiste in una grave stasi della circolazione che rende impossibile l'uso dell'arto. L'alterazione può regredire spontaneamente, ma tende a recidivare. Dal 1929 fu considerata come substrato anatomico di questa affezione una trombosi acuta della vena ascellare. LOHR dimostrò per mezzo di interventi operatori che solo in una piccola parte di casi si poteva riscontrare veramente una trombosi (secondo BIEBL in circa 25 %). Oltre alla trombosi furono riscontrati e incolpati svariati processi nelle vicinanze della vena, i quali produrrebbero il processo morboso mediante pressione sulla parete venosa (processi infiammatori di ghiandole tumefatte (LÒHR), formazione di cordoni (WULSTEN), malattie delle fasce (LOHR, LJUNGGREN), pinzettamelo delle vene per schiacciamento contro le coste (ROELSEN), la così detta sindrome dello scaleno (JENSEN). Ma poiché tutte queste ipotesi non soddisfano, WAGNER considera come causa dell'alterazione circolatoria uno spasmo del vaso causato da uno stiramento o da una distensione della vena. Infatti si può dire che i sintomi regrediscono nella maggior parte dei casi in seguito a somministrazione di antispastici e col riposo (MAJER). Le osservazioni di PUHL, HENNINGSEN, KEITEL dimostrano tuttavia che anche danneggiamenti delle vene con trombosi e processi di flebosclerosi possono avere una parte importante. EBHARDT fece rilevare che qualche volta si può riscontrare una periarterite callosa. L'Autore stesso osservò una endoarterite obliterante. Nel suo complesso il quadro mor-
VENE
451
boso deve essere considerato ancora poco conosciuto. Probabilmente alla sua base non sta un unico substrato anatomico. Vedi una esposizione più particolareggiata specialmente in B I E B L .
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B. DISTURBI DEL METABOLISMO ED INVOLUZIONE (FLEBOSI) DELLE VENE I disturbi del metabolismo giocano una piccola parte nel sistema venoso contrariamente a quanto avviene per le arterie. Questo significa che oltre ai motivi riportati precedentemente (vedi capitolo sulla arteriosclerosi) hanno una grande importanza sul sistema arterioso anche altri fattori meccanici, emodinamici nel determinare l'insorgenza delle arteriosi, compresa la arteriosclerosi. I reperti di C R A M E R , SCHILLING, G E I TINGER sull'ateroma della cava inferiore nel tratto fra la biforcazione dell'aorta e la colonna vertebrale, dimostrano la particolare importanza del fattore pressione per l'insorgenza di alterazioni arteriosclerotiche (nelle vene). Nell'atrofia senile la media muscolare scompare e viene sostituita a poco a poco da tessuto connettivo, contemporaneamente si associano anche lievi ispessimenti dell'intima: fìebosclerosi senile (vedi SINDONI e A R A G O N A , L E V e S A P H I R ) . Alterazioni analoghe della parete venosa si osservano nelle varici (vedi pag. 470) e a seguito di processi infiammatori delle vene. Tesaurismosi grassa, deposizioni ialine ed altre alterazioni del ricambio protidico (ed anche amiloidosi) hanno scarsa importanza. Processi più gravi di fìebosclerosi si osservano occasionalmente nella vena lienale in caso di occlusione cronica della vena porta e nella medesima nella sclerosi epatica; in questi casi si deve sottolineare ancora l'impor-
452
ORGANI D E L L A
CIRCOLAZIONE
tanza dell'aumento della pressione. Dopo amputazioni ed estirpazioni di organi, le vene si possono trasformare in cordoni fibrosi nei quali però sono in causa per lo più processi trombotici. Nella sclerosi sperimentale colesterinica del coniglio, il sistema venoso (per es. la vena porta) è interessato solo eccezionalmente (SEMETZ e
MICHELEWA).
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70. 399. !938-
C. INFIAMMAZIONI DELLE VENE. FLEBITE La struttura della parete venosa (vedi pag. 253) è tale da non permettere di regola una netta separazione tra endo, meso- e periflebite, ma tutti gli strati della parete partecipano ai processi infiammatori. Nelle malattie infiammatorie dei tessuti, le piccole vene sono interessate in grado molto maggiore delle arterie dal processo morboso. Vedi monografia di LEGER e FRILEUX (1950). Si possono distinguere diverse forme di flebiti:
1. F L E B I T E I N F E T T I V A , COSI D E T T A T R O M B O F L E B I T E Si tratta qui di una infezione determinata da microrganismi per lo più cocchi. Gli agenti infettivi aggrediscono la parete venosa dall'esterno o dall'interno. L'effetto di questi agenti infettivi è alquanto vario, cosicché si possono distinguere forme lievi (flebite essudativa semplice) e forme gravi (flebite suppurativa e cancrenosa). Con straordinaria frequenza si associa alla flebite una trombosi (tromboflebite o meglio trombosi flebitica). a) Se una periflebite rappresenta il punto di partenza e gli agenti
VENE
453
infiammatori (per lo più lo streptococco piogene, B E N D A ) penetrano dall'esterno nella parete venosa, compare inizialmente una imponente iperemia della parete vasale, fuoriesce poi un essudato dal vaso che impregna il tessuto perivenoso e la stessa parete venosa. L'essudato è inizialmente prevalentemente liquido (edema infiammatorio), poi ricco di cellule, tra le quali predominano i leucociti polimorfonucleati, accanto ai quali si trovano in numero esiguo istiociti migranti e linfociti. Il processo può assumere un carattere nettamente purulento, flemmonoso. Se esso resta limitato al tessuto perivenoso, allora si forma una suppurazione a mantello nella quale la vena medesima suppura, perdendo la sua normale delimitazione anatomica, il colliquamento dei vasa vasorum può portare ad una necrosi progressiva della parete venosa. Per invasione della parete venosa quest'ultima diventa rigida e spessa, si colora di macchie rosse e giallastre e lascia vedere già macroscopicamente la degenerazione purulenta. La muscolare si colliqua precocemente, mentre le fibre elastiche si conservano più a lungo ( B E N D A , F I S C H E R - W A S E L S ) . Anche l'intima può essere invasa e soggiacere ad una colliquazione diffusa o parziale. Il lume vasale non è necessariamente all'inizio ristretto in modo sensibile. K Ö S T E R dimostrò, che nella flebite i vasi linfatici trasmettono l'infiammazione alla parete vasale ed essi stessi possono partecipare al processo infiammatorio. La flebite è una linfangite della parete venosa ( K Ö S T E R ) o per lo meno comincia con una linfangite. I vasi linfatici sono anche quelli che trasportano gli agenti infettivi lungo la parete venosa. Questa stretta correlazione tra vasi linfatici e vene si osserva per es. nelle ferite infette delle estremità (ad es. in corrispondenza di un trauma al piede, in occasione di un foruncolo); prima compaiono delle strie lisce brano rossastre — i segni della linfangite — ; poi quando si instaura la flebite si formano dei grossi cordoni bluastri che si induriscono se subentra la trombosi. Quest'ultima si associa volentieri ai processi infiammatori infettivi delle vene. Non da tutti è accettato che la trombosi segua sempre alla compartecipazione iniziale dell'intima. Sicuramente possiamo pensare che in una parte dei casi essa sia presente sotto forma di lesioni circoscritte dell'endotelio e di formazioni di fini coaguli di fibrina sull'endotelio stesso, come è stato affermato a questo proposito e anche altrove da K L E M E N S I E W I C Z e D I E T R I C H .
In altri casi si deposita sull'intima un grossolano essudato, che fuoriesce dalla parete e che costituisce il terreno per l'insorgenza della trombosi. J O H N H U N T E R (1758-93) chiamò questo tipo « flebite pseudomembranosa », O R T H e SCHUM: « flebite essudativa ». I leucociti che emigrano dalla parete nel lume vasale portano alla formazione del trombo che per il resto è costituito dai componenti del sangue circolante. Se esso divenuto purulento si colliqua, diventa verdastro ed al taglio della vena ne fuoriesce vero e proprio pus. L'intima sotto-
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ORGANI
DELLA
CIRCOLAZIONE
stante può essere necrotica, ma spesso essa è liscia, biancastra o giallastra. A l taglio cola anche pus dal flemmone o dai numerosi ascessi della parete venosa. Nelle masse trombotiche e nel pus della parete si possono evidenziare grandi quantità di agenti infettivi. A causa della costante coesistenza della trombosi con la flebite si parla invece che di flebite infettiva anche di tromboflebite (o di trombosi flebitica (fig. 172). Un processo flebitico con carattere alquanto diverso lo osserviamo non raramente nel cordone ombelicale. In caso di infezione del liquido amniotico (specialmente in aborti provocati) si può osservare una migrazione straordinariamente vivace di
-
Fig. 172. Tromboflebite purulenta. Parete venosa con infiltrazione flemmonosa, lume vasale riempito da masse trombotiche purulente colliquate. Aut. N. 4541/1950.
leucociti giovani al di fuori del lume della vena ombelicale (e dell'arteria ombelicale), i quali in questo processo di migrazione trasformano la parete vasale in modo quasi flemmonoso, e si ammassano poi tutti intorno al vaso a mo' di un fitto mantello e da qui infiltrano la gelatina di Wharton (flemmone del cordone ombelicale). Gli agenti infettivi sono raramente riscontrabili nella gelatina di Wharton, la quale però presenta frequentemente gravi processi degenerativi fino a estese necrosi. Se a questo processo flemmonoso e perivascolare (periflebitico e periarteritico) possano partecipare anche leucociti materni, che siano migrati dagli spazi intervillosi attraverso il chorion e l'amnios nel liquido amniotico non è ancora completamente chiarito
( v e d i GRAEFF, WOHLWILL e B O C K , SORBA e STAEMMLER).
VENE
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Tempo addietro tutte queste alterazioni erano considerate come segni di lue congenita (vedi EVELBAUER, sifilide nel Testo delle malattie della pelle e sessuali di JADASSOHN, voi. X V I , 2, 1931); oggi invece è stato chiarito che un'origine luetica costituisce l'eccezione (EKEHORN, BANIECKI). Anche l'Autore può dire, dopo sistematiche ricerche su oltre 150 feti nei diversi stadi di maturazione che la sifilide non ha nessuna importanza. Inoltre questo processo non ha nulla a che vedere con le infezioni dell'ombelico dopo la nascita e con la conseguente tromboflebite della vena ombelicale.
Fig. 173Endoflebite con trombosi in u n a piccola v e n a dell'utero in u n caso di endometrite post p a r t u m . D o n n a di 36 anni (Aut. N. 166/1950).
Questo processo si riscontra soprattutto nei feti nel periodo intermedio della gravidanza ed è limitato a quella parte dei vasi ombelicali che si trova nell'interno del sacco amniotico. b) Il processo decorre in modo inverso se gli agenti infiammatori si trovano nel lume della vena e se insorge qui inizialmente una trombosi infettiva. Questo processo è il più frequente e si chiama ugualmente tromboflebite. Dall'interno del lume vasale penetrano i microrganismi nello spessore dell'intima e si colonizzano su di essa (fig. 173). È controverso in quale modo essi vi penetrino. BENDA è dell'opinione che essi non provengano dai capillari e che non giungano nelle vene per via di un processo
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ORGANI
DELLA
CIRCOLAZIONE
trombotico ascendente verso il cuore, ma che più di frequente essi penetrino per lo più nell'intima proprio da un focolaio periflebitico circoscritto. Se perciò l'insorgenza di un processo peri ed endoflebitico costituisce all'inizio quasi un unico processo, tuttavia in seguito i due processi morbosi si distinguono nettamente uno dall'altro, ed è quindi giustificato tenerli distinti. Bisogna tuttavia anche tener conto che gli agenti infettivi possono raggiungere l'intima attraverso i vasa vasorum oltre che dal lume vasale (come nella endocardite ulcerosa). Nella forma trattata qui la trombosi sta in primo piano, mentre le alterazioni della parete, che erano così imponenti nella periflebite, possono restare nettamente in sott'ordine. Anche il trombo non deve tradire necessariamente il suo carattere infettivo, ma può avere l'aspetto anche di un innocente trombo da stasi. Nella maggior parte dei casi compaiono però anche danni più evidenti della parete vasale tanto che diventa impossibile una distinzione con la periflebite, anche se l'ispessimento della parete venosa è di grado minore e se manca la colliquazione purulenta del tessuto peri venoso. Particolarmente evidente è il grande contenuto nelle masse trombotiche di batteri (per lo più streptococchi); essi provocano una necrosi dell'intima e possono, a seconda della virulenza del germe, produrre una flebite purulenta e putrida. Di regola poi il trombo si fluidificherà e si trasformerà in una massa purisimile o purulenta. Questi « trombi settici » comportano il pericolo di infarti settici, di ascessi embolici e di una piemia generalizzata. Essi costituiscono i caratteristico « focolaio settico » di SCHOTTMÙLLER, il quale dunque si può impiantare dovunque nel sistema venoso e inondare soprattutto i polmoni di germi, ma può essere anche localizzato nelle vene polmonari e portare a inondazione batterica del grande circolo. I chirurghi si sforzano, qualche volta con successo, di eliminare la sorgente della piemia colla 1< gatura della vena. Una particolare modificazione è stata apportata però dai nuovi mezzi terapeutici con gli antibiotici (sulfamidici, penicillina, streptomicina, ecc.), dopo l'uso dei quali la tromboflebite settica e la conseguente piemia non si osservano che raramente al tavolo anatomico. In casi rari l'occlusione trombotica di una vena principale porta anche alla gangrena (per esempio della gamba). Qualche volta può anche accadere che il processo infiammatorio si estenda dalla vena alla arteria provocando così una endoarterite; può anche formarsi però (la gangrena) in caso di insufficiente formazione di circoli collaterali o di scompenso cardiaco come conseguenza di una pura stasi ematica ( A N D I E R e HAIMOVICI). Probabilmente in questo caso hanno una parte anche disturbi vasomotori dei vasi terminali. Interessanti sono le osservazioni di LAEWEN, secondo le quali una trombosi massiva della vena femorale porta allo spasmo riflesso dell'arteria corrispondente, provocando dei sintomi che fanno pensare ad una embolia arteriosa. Quando l'organismo vince l'infezione batterica
VENE
457
localmente, si forma allora, dalla « tromboflebite ulcero-difteroide » (BENDA) 0 « purulenta », la « forma granuleggiante » nella quale hanno la prevalenza 1 processi di organizzazione del trombo e la vena può infine trasformarsi in un solido cordone connettivale. Questi casi sono appena distinguibili dalla semplice organizzazione del trombo nel suo stadio finale. Le vene più frequentemente colpite da « tromboflebite » sono: a) L a vena safena nell' « ulcus cruris » (vedi varici, pag. 470). Il processo ha nel suo complesso raramente un carattere drammatico settico. b) L a vena uterina in coincidenza con infezioni della parete uterina così come nell'aborto settico o nel distacco provocato della placenta. L a tromboflebite purulenta può estendersi alla vena ovarica o ipogastrica e perfino alla vena cava inferiore e alle vene femorali (in quest'ultimo caso si produce la cosiddetta Phlegmasia alba dolens (vedi il capitolo della febbre puerperale). c) Le vene angolari e i seni cavernosi in caso di foruncolosi del labbro superiore o del naso. d) Le vene del midollo osseo nella osteomielite. e) Le vene della diploe (prive di valvole, molto ramificate, comunicano con le vene dell'interno del cranio e con quelle della sua superficie esterna) e i seni della dura madre (eventualmente anche la vena giugulare). Il pericolo della tromboflebite (e inoltre della meningite e dell'ascesso cerebrale) minaccia in caso di ferite infette del cranio e soprattutto in caso di processi purulenti nella rocca petrosa del temporale, accompagnati spesso da carie ossea (pericolo per il seno sigmoideo e inoltre per la giugulare interna) conseguenti a malattie infettive dell'orecchio medio (vedi cervello). /) L a vena ombelicale dei neonati (vedi fegato). g) La vena porta e le sue radici (vedi appendicite e pileflebitc al capitolo del fegato). h) Le vene emorroidarie, vescicali e del plesso venoso prostatico. Più frequenti di queste grossolane forme di flebite purulenta, sono invece piccoli processi locali che si instaurano durante processi infettivi generalizzati e che si manifestano con depositi di fibrina a tipo verrucoso sull'endotelio o con imbibizione sierosa oppure con proliferazione di istiociti e con piccoli infiltrati nell'intima composti da cellule rotondeggianti perossidasi-negative
(cfr.
SIEGMUND,
2. F L E B I T E
DIETRICH
e SCHROEDER,
MANZ).
PRODUTTIVA
Essa viene chiamata anche adesiva o organizzativa, perché la proliferazione infiammatoria cresce nella compagine del trombo e lo organizza. Essa può iniziare 0 dall'interno facendo seguito ad una trombosi (vedi
45«
ORGANI DELLA CIRCOLAZIONE
pag. 446: organizzazione del trombo), o dall'esterno in seguito a un processo infiammatorio della regione circostante alla vena (periflebite). Una flebite cronica produttiva porta all'ispessimento di tutti gli strati [flebite cronica iperplastica), ad una trasformazione fibroso-ialina dei medesimi con scomparsa della muscolare e delle fibre elastiche, ad una configurazione irregolare, ad un restringimento del lume e qualche volta all'obliterazione Questo si vede frequentemente nella regione della vena safena. Si parla anche di flebosclerosi (vedi BARACH, STAHL e ZEH) (fig. 174).
Fig. 174. Flebite cronica produttiva (flebosclerosi) della vena poplitea in un caso di estesa, vecchia ulcera cruris. Donna di 67 anni. Aut. N. 719/1952.
Alla generale proliferazione in occasione di una flebite cronica iperplastica possono partecipare anche le fibre muscolari. Queste ultime si possono vedere incurvarsi ad arco e penetrare nell'intima ispessita (p. es. nel tessuto luposo, WALLART, KAUFMANN). STAEMMLER osservò in un caso di congelamento dei piedi una particolare forma di « endoflebite a favo » con infarcimento di lipidi nell'intima ispessita al punto tale da occludere il lume vasale.
VENE
459
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1938. —
469,
e
HAIMOVICI,
BANIECKI,
1930.
Appendice 3. F O R M E P A R T I C O L A R I D I F L E B I T E 1. L a tromboflebite migrante è una malattia infiammatoria a sé stante delle vene, che decorre con formazione di trombi e che non si differenzia dai processi infettivi che colpiscono la parete venosa dall'esterno o dall'interno. L e prime descrizioni risalgono a WOLFNER, ERLENMEYER, SCHWARZ, NEISSER, BUSCHKE, FOERSTERLING (che h a anche c o n i a t o il t e r m i n e di
tromboflebite migrante; oltre a questo vengono usati anche altri termini come « trombosi saltante », « flebite saltante », « venopatia saltante» e simili). Dopo l'estesa e completa esposizione di BARKER la malattia è già nota dal 1848, ma essa è stata oggetto di una più accurata attenzione solo quando fu messa in rapporto con la tromboangioite obliterante (WINIWARTERBÙRGER) che essa di frequente precede (qualche volta anche per decine di anni, d'ABREu). Che essa non sia poi così rara, come può apparire dalle sporadiche descrizioni nella letteratura, è dimostrato dal fatto che BARKER assegna a questo gruppo morboso ben 40 dei casi di trombosi di alcuni anni.
460
ORGANI DELLA
CIRCOLAZIONE
Vengono colpite per lo più vene piccole o di media grandezza del sottocutaneo (soprattutto rami della vena safena). Tuttavia HENSCHEN distingue accanto a questa forma superficiale anche la forma profonda periferica e viscerale (cuore, polmoni, mesentere, ecc.). Si tratta di processi infiammatori di breve durata, che localmente esitano in guarigione per ricomparire di nuovo in altri luoghi, spesso dopo molti anni, accompagnati per lo più da febbre e leucocitosi. Per lo più sono colpiti uomini giovani. Hanno richiamato l'attenzione sulla compartecipazione delle vene degli organi i n t e r n i MOREHEAD e ABRAHAMSON, R Y L E , W A R N E R e DAUPHINÉE, W . MEYER,
KONRAD.
GERBER
e MENDLOWITZ
parlano
di t r o m b o f l e b i t e
C. mi-
grante viscerale. Le alterazioni istologiche consistono in infiltrati leucocitari e linfocitari con proliferazioni fìbroblastiche della media e avventizia, interruzioni della elastica interna, formazione di un tessuto di granulazione con noduli miliari simili ai tubercoli, contenenti cellule giganti, noduli che possono occludere il lume vasale. Si può associare trombosi o può anche mancare. L'esito è la obliterazione del lume (CEELEN, HENSCHEN). POCO si conosce sulle cause dell'affezione. Non si riscontrano agenti causali. I rapporti con la tromboangioite obliterante (che già furono segnalati da BÜRGER) inducono a pensare a quei fattori, che giocano una parte in quest'ultima affezione. Non è chiaro se l'allergia ha una qualche importanza, manca eosinofilia. Una volta fu riscontrata la coesistenza con la malattia reumatica (MIESCHER). Occasionalmente si ha una vera e propria generalizzazione come nei casi di MANZINI e W .
C.
MEYER.
Anche le alterazioni oculari nella cosiddetta periflebite retinica (angiopatia retinica giovanile, AXENFELD) fanno pensare a rapporti con la malattia di Winiwarter-Bürger. 2. L'endoflebite epatica obliterante fu descritta per la prima volta da CHIARI e interpretata di natura sifilitica (BEITZKE, sifilide congenita). Descrizioni particolareggiate più recenti furono fatte da INTHORN, CORONINI e OBERSON, SCHÜPBACH, B U R C K H A R D T , VAMOS, W U R M .
In tutto
sono
resi noti fino ad oggi circa 80 casi della malattia. Essa consiste in un processo infiammatorio lento dei rami medi e grossi della vena epatica e conduce a un restringimento di alto grado o alla completa obliterazione specialmente dei rami principali vicino al loro sbocco nella vena cava, tanto che ne consegue una stasi epatica di alto grado. Occasionalmente sono interessate anche le diramazioni più fini. Di particolare importanza sono le ricerche di CORONINI. Essa riscontrò un iniziale interessamento dell'intima con rigonfiamento, imbibizione sierosa e proliferazione del tessuto connettivo e anche processi distruttivi nella media, che esitavano fino alla necrosi, e richiama l'attenzione sul fatto che analoghe alterazioni si possono contemporaneamente riscontrare anche in altri organi (pancreas, milza, reni, occasionalmente muscolo cardiaco). Essa vede quindi nella
VENE
461
endoflebite epatica una ubicazione locale di una malattia generale del sistema venoso (riscontrò anche contemporaneamente e occasionalmente noduli reumatici nel muscolo cardiaco). Si è quindi inclini a pensare ad un processo allergico, come viene sottolineato da W . C. MEYER, sebbene dall'anamnesi non necessariamente risultino pregresse malattie infettive (vedi a n c h e RÓSSLE, TEILUM, NOTTER-BLUM).
WURM descrive una incidenza in parecchi casi contemporaneamente, a tipo endemico. Occasionalmente la malattia è stata osservata già in b a m b i n i , persino nella v i t a fetale (WURM, PENKERT, A.
MÜLLER,
VAMOS,
KONIG, WEBER e
BURKHARDT).
Più dettagliatamente vedi nel capitolo del fegato. In questa occasione è bene fare alcune osservazioni sui processi infiammatori vasali in generale. L'allargarsi delle concezioni porta a considerare (RÓSSLE) la periarterite nodosa come una malattia iperergica (reumatoide) e a riunirla in un unico gruppo delle malattie allergiche, insieme ad altre affezioni vasali, di cui si è precedentemente parlato, la malattia di Winiwarter-Bürger, la cosiddetta sclerosi polmonare primaria, la flebite migrante, l'endoflebite epatica obliterante. Non è sorprendente, come raramente tali malattie si combinino insieme, eccetto casi isolati significativi, e come raramente siano accompagnate da puri processi reumatici a carico del cuore? (per es. endo o miocardite reumatica). Per quanto vi siano in questi casi analogie morfologiche, come per es. degenerazione fibrinoide e distruzione della parete vasale, le malattie sopraelencate rappresentano tuttavia unità a sé stanti e nettamente separate le une dalle altre. Anche le relazioni con processi infettivi sono molto spesso altamente discutibili. Naturalmente è sempre possibile nell'anamnesi dei pazienti affetti da queste forme riconoscere pregresse malattie infettive, che fanno apparire la sofferenza vasale come una malattia conseguente. Ma tali processi infettivi non si riscontrano forse con la stessa frequenza e alla medesima distanza di tempo, vicina o lontana, anche nella maggior parte degli altri individui? L a certezza statistica ottenuta tramite la «controprova », è talvolta così esigua e il fatto di voler ricondurre l'eziologia della malattia a fattori batterici dà spesso l'impressione di una cosa talmente voluta, che l'Autore cerca di porre in guardia nel considerare queste correlazioni come dimostrate, in quanto ciò diminuirebbe la possibilità di tutta una serie di ulteriori ricerche. 3. Altrettanto incerte come per l'endoflebite epatica obliterante sono le condizioni dei quadri morbosi non poi così rari, che vengono chiamati « trombosi della vena porta » o « trombosi della vena splenica ». Essi decorrono con notevole ingrossamento della milza e hanno come conseguenza gravi disturbi circolatori nell'ambito delle radici della porta e terminano non raramente con emorragie per rottura di varici esofagee. Sono naturalmente esclusi tutti quei casi nei quali la trombosi della vena porta sia
462
ORGANI
DELLA
CIRCOLAZIONE
dovuta ad infiltrazioni da parte di un tumore, a propagazione di processi infiammatori epatici o progressione di continuità di alterazioni flebitiche nelle regioni delle radici della vena porta; si tratta invece di quei casi nei quali l'affezione si sviluppa in modo subdolo, senza cause riconoscibili, come un processo a sé stante (sono da escludere quindi anche i casi di accertata trombosi traumatica della porta). Nei casi insorti « spontaneamente » non si trova di solito un unico trombo, ma una occlusione da parte di tessuto connettivale oppure una cosiddetta trasformazione cavernosa della vena porta che qualche volta (L. PICK) fu interpretata come un tumore di natura angiomatosa. Qualche volta può la lue essere in causa nell'insorgenza dell'affezione venosa, ma non è la regola; soprattutto è da escludere in quei casi, in cui il processo compare già nell'infanzia. Una parte di questi ultimi casi ha forse qualche relazione con i disturbi della chiusura della vena ombelicale, dalla quale le alterazioni infiammatorie si possono trasmettere per continuità alla vena porta (letteratura dettagliata sulle osservazioni nei bambini nei lavori d i NOBEL e W A G N E R , BRUGSCH, BILLMANN e POHL, HORA, R I X ) . R i m a n g o n o
però sempre casi in cui mancano questi precedenti e per i quali si ha l'impressione di una infiammazione primitiva della vena porta accompagnata da trombosi. Su come essa si sviluppi non si può fino ad oggi dire nulla, per mancanza di casi ai primissimi stadi nel materiale di osservazione. Il quadro finale è simile a quello della endoflebite epatica obliterante. Non ci si può pronunciare sulle cause nella maggior parte dei casi.
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D. INFIAMMAZIONI SPECIFICHE DELLE VENE a) Tubercolosi. — I tubercoli dell'intima delle vene, specie delle vene polmonari, sono di notevole importanza, sebbene qualche volta discussa. La tubercolosi venosa insorge per il fatto che aa) bacilli tubercolari raggiungono l'intima dal sangue provocandovi la formazione di tubercoli (endoflebite tubercolare) con formazione di noduli submiliari o miliari o anche poliposi (i così detti trombi tubercolari) (per es. nelle vene mesenteriali in caso di tubercolosi intestinale, RANDERATH), oppure bb) processi tubercolari della regione circostante (focolai polmonari, linfoghiandole, leptomeningi, intestino) invadono la parete venosa (periflebite tubercolare); se poi il processo penetra negli strati della parete venosa (originando perciò una panflebite), allora anche l'intima entra in attiva proliferazione portando alla formazione di escrescenze piatte o polipose che vengono indicate pure come trombi tubercolari, sui quali si possono eventualmente sovrapporre i soliti trombi (tromboflebite tubercolare). Per la obliterazione della vena cava superiore a causa di un processo tubercolare, vedi NIGGLI. Se i tubercoli dell'intima si rammolliscono e cadono in necrosi ; e se il sangue viene invaso più o meno ininterrottamente oppure massivamente da bacilli tubercolari (lo si è riscontrato più volte in vita), allora insorge la tubercolosi miliare generalizzata subacuta o acuta (WEIGERT). Invece non sono pericolosi i tubercoli non degenerati dell'intima o incapsulati per proliferazione del tessuto connettivale dell'intima o per deposizione di trombi che in seguito si organizzano. Nella tubercolosi miliare degli adulti si possono quasi regolarmente riscontrare nell'intima delle grosse vene dei polmoni o del grande circolo noduli tubercolari grossolani (della grandezza di un fagiolo, spesso poliposi). Nella tubercolosi miliare degli infanti tale riscontro non avviene con uguale costanza. E ancora incerto e discusso se questi «tubercoli dell'intima di Weigert » siano da considerarsi come cause o come epifenomeni della tubercolosi miliare (HÙBSCHMANN). (Per maggiori dettagli vedi il cap. sulla tubercolosi polmonare) (fig. 175). Una singolare forma di tubercolosi venosa delle vene meningee è stata descritta da K A U P . Una compartecipazione delle vene negli spazi sub-
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ORGANI
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CIRCOLAZIONE
aracnoidei è un reperto molto frequente nella meningite tubercolare. Il processo infiammatorio della parete vasale presenta a volte carattere specifico, a volte non specifico. Grossolane rotture di focolai tubercolo-caseosi in grosse vene sono rari. K A U F M A N N ne descrive una a carico della vena giugulare interna da parte di una linfoghiandola cervicale caseosa (analogamente vedi W I L L e HUEBSCHMANN).
b) Sifilide. — L'importanza della lue venosa nei confronti della stessa malattia a carico delle arterie, sta in secondo piano, fino a che si tratta del processo morboso a sé stante. Frequente è invece la compartecipazione delle piccole vene nelle più svariate forme morbose sifilitiche degli organi. Si tratta di peri-, meso- ed endoflebite di tipo, a volte più essudativo,
Fig. 175. Tubercolo dell'intima, piatto caseificato in un ramo della vena polmonare. Tubercolosi miliare generalizzata. Donna di 21 anni. Aut. N. 92/1951.
a volte più produttivo. Esse possono instaurarsi già nell'affezione primaria (RIEDER), compaiono nella lue secondaria in forma di infiammazione cordoniforme o nodosa, dove le alterazioni dei singoli strati della parete possono essere caratterizzate anche da proliferazione di tessuto di granulazione con formazione di cellule giganti (HOFFMANN); si riscontrano nell'eritema nodoso e multiforme sifilitico ( M A R K U S , H O F F M A N N ) , nel leucoderma sifilitico (GEBER) e si trovano a carico dei più svariati organi nei processi infiammatori sifilitici (specie gommosi), processi nei quali si giunge per lo più a fenomeni di obliterazione (testicolo, fegato, ossa, stomaco [ B I R G F E L D e S T A E M M L E R ] , polmoni [ G A E D E C K E ] ) . Le alterazioni gommose delle grosse vene sono rare, sia nella forma di trombosi gommosa, sia nella forma di periflebite gommosa con tromboflebite secondaria non specifica e obliterazione ( A . F R A E N K E L , P A W E L , BENDA,
STÓCKLIN).
VENE
465
Circa l'importanza della lue per le alterazioni infiammatorie del cordone ombelicale vedi sotto flebite, per l'endoflebite epatica obliterante vedi in questo capitolo. Molto rara è una flebite e periflebite gommosa-sclerosante della vena cava superiore con obliterazione cicatriziale e risp. trombotica (BENDA, BERBLINGER). Sulla flebite sifilitica autonoma delle piccole vene nella lue secondaria e terziaria vedi FRIBOES. VERSE descrive una grave flebite sifilitica cerebrospinale in uno studente di 19 anni, 9 mesi dopo l'infezione. c) Actinomicosi compare nelle vene secondariamente, quando queste si trovano nell'interno di focolai actinomicotici, ad es. nel fegato. d) Lebbra. — Sulla periflebite leprosa vedi BENDA e LIE (diagnosi differenziale nei confronti della lue). e) Diverse altre infezioni. — SIEGMUND descrisse formazioni nodulari e proliferazioni cellulari a placca sull'intima in occasione delle più svariate infezioni generali e le considera come espressione anatomica di aumentata difesa (funzione di riassorbimento) in un organismo immunizzato. Circa la compartecipazione delle vene piccole e piccolissime nella febbre petecchiale vedi REINHARDT, nel tifo OPPENHEIM, nel paratifo GUNNBANGSON, nel morbo di Bang WEGENER, nella febbre ricorrente (endoflebite lienale ed epatica)
STAEMMLER.
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30 —
KAUFMANN
I
466
ORGANI
DELLA
CIRCOLAZIONE
E. DILATAZIONE DELLE VENE
Secondo la suddivisione in uso di R . V I R C H O W e R O K I T A N S K Y riportata dettagliatamente da B E N D A si distinguono forme diffuse (cilindriche, spesso anche cirsoidee e serpentine), con allungamento del vaso associato alla dilatazione, che vengono chiamate flebectasie e forme circoscritte (fusiformi, sacciformi, a forma di botte, nodulari), che vengono chiamate varici. Questa classificazione è incompleta in quanto non pone alcuna distinzione tra le dilatazioni venose transitorie dovute ad un momentaneo adeguarsi della parete ad una diminuzione del deflusso oppure ad un aumentato afflusso (per es. collaterale) e quelle dilatazioni vasali diventate permanenti. Nel primo caso la vena è solo allargata, la sua parete è distesa e a lungo andare diventa forse ipertrofica, nel secondo caso invece osserviamo grossolane alterazioni nella struttura della parete con spostamento del comportamento reciproco delle singole parti costituenti la parete stessa. È chiaro che entrambe le condizioni possono succedersi una all'altra, e spesso ciò accade, e allora i due processi sono talmente collegati tra di loro che ogni distinzione diventa praticamente impossibile. Ma resta ancora una differenza, quando ad es. si formano nell'esofago vene della grandezza di un dito in caso di cirrosi epatica o di trombosi della vena porta, che danno origine a gravissime emorragie; tuttavia nel materiale anatomico queste vene si vedono appena, poiché in seguito all'uscita del sangue la vena assottigliata, ma non necessariamente alterata, collabisce; d'altra parte in caso di gravi varici, che conducono alle ben note formazioni nodulari nella cute delle gambe, compaiono contemporaneamente nella stessa gamba o anche in altre regioni della cute o degli organi interni dilatazioni diffuse delle vene, che per le alterazioni della loro parete sono molto più vicine alle vere e proprie varici che non alle semplici ectasie venose da sovraccarico. SCHAMBACHER ha richiamato l'attenzione su queste differenze e ha posto in primo piano per la suddivisione il movente patogenetico. Ciò è tuttavia sempre diffìcile eseguire per il fatto che, come vedremo più tardi, non si può dire tanto facilmente che l'una forma si instaura per sovraccarico, l'altra forma per primitiva debolezza della parete. Tuttavia si dovrebbe almeno fare una distinzione tra dilatazioni puramente funzionali e quelle dovute alle strutture tessutali, nel qual caso dovrebbe essere in primo luogo indifferente se le alterazioni tessutali, che si evidenziano con uno sconvolgimento della parete venosa, insorgono primitivamente
VENE
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in maniera autonoma oppure si sviluppano per sovraccarico funzionale delle vene. Si distinguono quindi opportunamente a) semplici flcbectasie senza grossolane alterazioni della parete, b) varici pure (diffuse o nodulari) con grossolano sconvolgimento della parete venosa e c) flebectasie varicose
Fig. 176. Flebectasie della faccia mediale della gamba. Museo dell'Ist. di Anat. e Istol. Pat. dell'Univ. di Pavia.
nelle quali è già comparso un substrato istologico della dilatazione della vena, dove però l'alterata struttura sta in secondo piano rispetto alla dilatazione del lume vasale. L a struttura della parete delle grosse vene, della quale è essenziale parlare qui diffusamente, è molto diversa e dipendente dall'età del soggetto e dalla sede, da cui proviene la vena (specificità regionale, R. NEUMANN).
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ORGANI DELLO
CIRCOLAZIONE
Mentre l'intima nei giovani è costituita quasi esclusivamente da endotelio, compare in essa con la crescita dell'organismo un aumento del tessuto connettivo collageno (con fibrociti e istiociti) e delle fibre elastiche. Proprio sotto questo punto di vista si devono stabilire delle differenze regionali considerevoli. L'elastica interna è ben distinguibile ma è molto meno sviluppata che nelle arterie. La media già normalmente contiene una maggiore quantità di tessuto connettivo, la sua muscolatura è meno serrata, m a più disposta a fasci. Essa decorre in uno strato più interno secondo la lunghezza e in uno strato più esterno secondo degli archi disposti a spirale (media longitudinale e media circolare) ed è attraversata abbondantemente da fibre elastiche. L'avventizia possiede, oltre che fibre collagene ed elastiche, anche una propria muscolatura longitudinale disposta in singoli gruppi e fasci. Secondo le ricerche di R. N E U M A N N la vena nella sua funzione è molto più soggetta delle arterie ed influenzata da parte dello stato del tessuto che la circonda (specialmente per ciò che riguarda la facoltà di distendersi e la capacità di compenso). A quali elementi della parete venosa è attribuibile la capacità elastica? Generalmente queste proprietà vengono attribuite alle fibre elastiche e muscolari. Solo B E N D A insiste sull'importanza delle fibre collagene, come anche per le arterie. A questo proposito non sembra si consideri abbastanza, che il tessuto collageno esercita una resistenza notevolmente elastica, ma possiede una scarsa perfezione elastica. Cioè si lascia distendere, come un nastro di tela, a volte notevolmente a volte meno, ma una volta disteso, quando la pressione interna diminuisce, non ritorna al suo volume primitivo ma rimane nella posizione di distensione acquistata. Il tessuto collageno rappresenta un materiale funzionalmente molto incompleto, in quanto da una parte rende più difficile la possibilità di dilatazione dei vasi, diminuisce la loro capacità di adattamento a richieste funzionali locali del circolo, dall'altra parte favorisce dilatazione permanente. Come nelle arterie anche nelle vene vediamo comparire nella media col progredire dell'età, secondo R. N E U M A N N , una collagenosi con elasteresi e musculosteresi, che ci spiega la tendenza allo sfiancamento nel senso della lunghezza e della larghezza e che conduce alla comparsa nella vecchiaia di allungamento e allargamento dei vasi. Non ci si deve quindi meravigliare, che la tendenza a dilatazione permanente delle vene aumenta con la vecchiaia. Nella fine struttura tissurale le semplici flebectasie (per lo più funzionali) dimostrano un assottigliamento della parete, che condizionata dalla distensione, è quindi solo relativa. Spesso si può osservare a carico della media un (assoluto) ispessimento della muscolatura che avrebbe un significato di compenso. Anche le fibre elastiche possono aumentare di numero. Nelle varici pure (diffuse e soprattutto nodulari) sta in primo piano l'alterazione degenerativa della media. Essa consta di una progressiva
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scomparsa della muscolatura, per cui permangono isolati fasci muscolari che possono anche essere ipertrofici (SCHAMBACHER, BENDA). L'elastica interna scompare quale lamella chiusa di confine. L a parete è costituita in maggioranza da tessuto connettivo collageno, nel quale si trovano irregolarmente disposte quantità variabili di fibre elastiche, che trapassano
Fig. 177. Flebectasie della cute del capo. Museo dell'Ist. di Anat. e Istol. Pat. dell'Univ. di Pavia.
nel tessuto elastico dell'avventizia. KALLENBERGER e BENDA insistono sulle rotture della elastica con raggomitolamento dei lembi. R. NEUMANN chiama questo stato anche qui collagenosi, musculosteresi, elasteresi della media. L'intima dimostra di frequente ispessimento del tessuto connettivo, che può essere ora diffuso ora disposto a placche.
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Nelle flebectasie con alterazione tissurale (varicose) i reperti microscopici sono simili a quelli delle varici pure, soltanto di grado minore. Essi corrispondono di più agli stadi iniziali, come sono stati descritti già più volte, ma interpretati in modo molto vario. Anche qui viene attribuita la principale importanza ora alla scomparsa della muscolatura ( E P S T E I N , SCAGLIOSI, LEHMANN), ora a quella delle fibre elastiche ( B . F I S C H E R , KALLENBERGER). L'opinione di B . F I S C H E R , che cioè un processo infiammatorio stia alla base dell'alterazione, è da scartare anche se naturalmente possono impiantarsi secondariamente processi infiammatori. Nei primissimi stadi l'intima può essere perfettamente normale oppure può già mostrare una certa iperplasia del tessuto connettivo. Su di questa si può in seguito sviluppare una flebosclerosi, che nelle flebectasie varicose è più frequente che nella forma spiccatamente nodulare. In parte può essere in rapporto con l'istaurarsi di questa sclerosi dell'intima, se dall'ectasia diffusa si forma una varicosi nodulare. L'ispessimento dell'intima può in qualche caso essere cosi imponente, da impedire l'allargamento del lume vasale, che invece diventa più stretto. Qualche volta compaiono anche processi ateromatosi e calcificazioni in questi ispessimenti dell'intima. Come dobbiamo porci formalmente il problema dell'insorgenza delle varici? « Nessuna varice senza flebectasia » (BENDA). Il processo inizia con un semplice allargamento delle vene, che è causato da aumento dell'afflusso sanguigno o da difficoltato deflusso, quando non dipende da primitiva debolezza della parete venosa. La parete venosa si adatta all'aumento del carico in primo luogo con l'aumento del tessuto adatto allo scopo (muscolatura e fibre elastiche), anche l'intima può contemporaneamente essere ispessita per elastosi e collagenosi. In seguito assistiamo alla scomparsa della muscolatura, rottura delle fibre elastiche, aumento del tessuto connettivo nella media. Viene facile attribuire queste alterazioni della media ad un difetto di irrorazione della media per restringimento dei vasa vasorum conseguente alla dilatazione della parete. In questa dilatazione vengono a soffrire per prime le parti più delicate, cioè le fibre della muscolatura liscia. Esse degenerano e vengono sostituite da tessuto connettivo il quale può nutrirsi per diffusione dell'essudato formatosi nella parete venosa a causa della stasi ematica. Così si è ottenuta l'alterazione strutturale della vena, la cui parete è ormai irreversibilmente compromessa e danneggiata nel corredo elastico, anche se per qualche tempo mantiene ancora una certa distensibilità. Nell'ulteriore decorso si possono formare dilatazioni circoscritte nodulari, per la formazione dei quali ci deve essere alla base una qualche disposizione locale. Questo avviene per lo più nelle vene provviste di valvole, per quanto l'importanza di queste ultime per l'insorgenza dei noduli varicosi non è ancora completamente chiarita. Esse hanno indubbiamente il compito di sostenere il sangue che ritorna indietro dal cuore, e di scomporre
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la colonna di sangue in singoli segmenti ( B E N D A ) . Le ectasie varicose sono solite instaurarsi in corrispondenza delle valvole non solo verso il cuore ma anche verso la periferia ( L E D D E R H O S E ) . È quindi ancora da chiarire come il sangue che scorre verso il cuore ristagni nel vaso dilatato prima dell'anello valvolare relativamente stretto e poco estensibile e produca qui una dilatazione del lume vasale, nello stesso modo come un sottile tubo di gomma, il cui contenuto sia sottoposto a pressione, si allarga a mo' di palla davanti ad un punto ristretto ad arte. A ciò non contrasta neppure il fatto che le valvole venose siano considerate insufficienti ( T R E N D E L E N B U R G , M A G N U S ) , poiché la loro incapacità di perfetta chiusura aumenta ulteriormente in caso di stasi ematica il sovraccarico della parete venosa (per ricerche anatomiche vedi soprattutto D E L B E T , H E S S E e S C H A A K e più recentemente E D W A R D S e E D W A R D S , per il comportamento emodinamico nelle varici vedi M A G N U S , L O H E e T O L L E , M A A T Z ) . Per quanto riguarda il processo di estroflessione secondo R. N E U M A N N ha una grande importanza lo stato del tessuto connettivo perivascolare. Una diminuzione della sua forza di resistenza per ripetuti edemi o per infiltrazione grassa favorisce l'insorgenza di dilatazioni del lume venoso, diffuse e nodulari. I trombi non sono rari nelle varici; nelle varici sacciformi sono spesso rotondeggianti e si trasformano a volte per calcificazione in fleboliti (vedi pag. 446). Se le estroflessioni e i sacchi varicosi si trovano a contatto tra di loro, possono fondersi insieme per atrofia della parete causata dalla pressione del sangue, per cui si giunge alla formazione di spazi sanguigni cavernosi (varice anastomotica). La rottura di varici porta ad emorragie, che qualche volta possono essere mortali. Soprattutto fatali sono le emorragie da flebectasia e varici degli organi interni (esofago, stomaco, milza, ecc.). Molto frequentemente si trovano dilatazioni venose nel plesso emorroidario (emorroidi), alle gambe (varici), nel plesso venoso del cordone spermatico (varicocele), specialmente a sinistra, nel plesso pudendo, che è situato intorno alla prostata, nel plesso utero-vaginale e vescicale. Dilatazioni venose in corrispondenza dei margini e della base della lingua sono molto frequenti nella vecchiaia, così pure quelle della cute del volto (naso, guance). In altre sedi esse sono meno frequenti, così nella mucosa della vescica urinaria, nell'esofago (vedi cirrosi epatica), nella faringe, nella parete intestinale ( K I R S C H N E R , Z O L L I N G E R ) , nelle vene piali, nell'encefalo ( A N D E R S , E S S E R , K A U F M A N N ) . Per la varice congenita della vena magna di Galeno vedi W O H A K , del seno longitudinale ( M A R X ) , del cordone ombelicale ( D W O R Z A K ) . S U imponenti flebectasie dell'utero gravido riferiscono H A L B A N e K A U F M A N N . Sul varicocele del legamento largo vedi in M I L L E R , C A R L I N I , K A U F M A N N , della cervice (con emorragia) W I E L O C H . Varici dei polmoni sono descritte da H E D I N G E R , N A U W E R C K , del nervo
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sciatico da REINHARDT, della vena giugulare esterna da KALLENBERG, SUSSIG, dell'interna da ZUCKSCHWERDT. Per quanto riguarda la flebectasia genuina diffusa al braccio o alla gamba, considerate quale conseguenza di anomalia vasale congenita (diagnosi differenziale col cavernoma, coll'angioma venoso cirsoideo e con la flebo-arterio-ectasia diffusa) vedi BOCKENHEIMER, BIRCHER, SONNTAG, K U N T Z E N , O R E L , A . SCHMIDT, STÒHR, REID e CONWAY.
L a causa fondamentale delle flebectasie e delle varici consiste in una sproporzione tra pressione interna della vena e resistenza della parete vasale. a) Una diminuzione della resistenza può essere congenita ed essere causata sia da una debolezza congenita forse ereditaria della parete (DE VECCHI) oppure anche da una struttura deficiente della parete stessa (KRAEMER). Già nella norma si possono evidenziare grandi differenze nello spessore della parete di vene corrispondenti in soggetti diversi; nella parete di una medesima vena ci sono punti più resistenti e punti più deboli. Questi ultimi sarebbero importanti secondo BACHMANN come punti di inizio di varici. KOCHER parla di stadi prevaricosi. HESSE e SCHAAK considerano assieme a KRAEMER come fattore favorente l'insorgenza di varici la mancanza di valvole al di sotto (a valle) del punto di confluenza della vena safena, riscontrata nel 23 % dei casi. CURTIUS ha insistito sulla eziologia ereditaria delle varici e le considera dal punto di vista dello stato varicoso, cioè una displasia generale delle pareti venose ereditaria, che si estende anche alle flebectasie dei tegumenti (anche dei nevi vascolosi) e che sta in stretti rapporti genetici con le displasie costituzionali generalizzate del tessuto connettivo (VOGEL), per cui viene richiamata l'attenzione sulla frequente coincidenza di ernie, enteroptosi, prolassi, ecc. con le flebectasie. Per l'insorgenza delle varici sembra essere indispensabile un semplice gene dominante con alleli multipli (CURTIUS e PASS), per cui poi gli altri fattori meccanici e ormonali hanno soltanto il ruolo di fattori scatenanti. Il dato di fatto, che qualche volta già sin dalla nascita esistono evidenti dilatazioni venose, che poi conducono alla formazione nella giovinezza di diffuse varicosi (DIEHL), parla chiaramente nel senso di situazioni preesistenti di disposizione costituzionale. Contro alle conclusioni di CURTIUS hanno preso posizione SIEMENS e WEITZ. SONNTAG attribuisce al patrimonio ereditario una importanza essenziale. Per quanto riguarda poi la diminuzione della capacità di resistenza della parete acquisita nel corso degli anni, vengono ritenuti responsabili insulti infiammatori e tossici (tra questi tossine batteriche e malattie infettive (ZESAS), forse anche autointossicazioni). Anche il fatto che durante la gravidanza si sviluppano varici, prima che possa cooperare una compressione vasale, viene attribuito ad influenze chimiche (SIEKL).
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R A T S C H O W insiste su influssi ormonali (mancanza di ormone tiroideo ed eccesso di ormoni ovarici). b) È indiscutibile che le alterazioni meccaniche del circolo hanno pure una grande importanza. Esse consistono in un impedimento del deflusso venoso, per cui la pressione nella vena aumenta e si produce una stasi. La stasi può essere dovuta a cause generali, come scompenso cardiaco, vizi di cuore, malattie polmonari, influenza della gravità, oppure può dipendere da condizioni locali, come per es. impedimento della circolazione portale per malattie epatiche, gf^ • ' ' pressione sulle vene da parte , '' di un tumore, del retto pieno, i \ V > ^¡¿jl dell'utero gravido («varici da \ V fi - h - J ' gravidanza »); per altre cause \\ Jr^ ^ ^ V i .! V vedi più sotto. L'importanza f\ ^ 1 r ¿y^f ^J della stasi, della pressione li \ \ O • ^T^'.'.VV* idrostatica si dimostra chia1 ì . _ ! jr ramente nelle varici delle •> " '* p ^ t ( estremità inferiori (vene vari|i \ ' . J / cose) (fig. 178). È noto che lo l\ \ ! | | ^ stare in piedi a lungo, la staV I \ v zione eretta abituale senza ; \ )'V sufficienti movimenti degli arI \ Nt • -v \ ti inferiori fortemente impeA ^J ? M / ^ X A I K Ì -A gnati, specialmente nei sogA getti di sesso maschile con \\ ^ "•'< " ^ ( } f p \ \ arti inferiori lunghi, facilita \ \ I Y 8' \ \ l'insorgenza e la formazione yv VI V i , / di varici degli arti inferiori V; \ » / 1) jf (soprattutto a sinistra, KAZ\1 * [ € R DA); l'attività aspirante nella Fig. 178. regione del foro ovale attiva Varici superficiali della gamba. Lacute vistadall'interdurante i movimenti, che è no. Le vene sono vuote. 4/5 grandezza naturale. Racprodotta dall'alternante tencolta di Breslau. (Disegno di E. KAUFMANN). sione e rilassamento dei confluenti venosi riuniti in questa sede come in una specie di cuore aspirante (BRAUNE), non può entrare in azione quando i movimenti degli arti inferiori vengono a mancare. Quando le vene sono dilatate per la stasi si instaura facilmente insufficienza relativa delle valvole. H A S E B R O C K ritiene più probabile l'importanza dell'azione pressoria arteriosa che è prodotta dall'elevato afflusso nel lavoro muscolare ed è causa di squilibrio fra afflusso e deflusso. Per ulteriori informazioni vedi anche M A G N U S , KLAPP,
30*
E.
LEHMANN,
KAUFMANN 1
SONNTAG.
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Per quanto riguarda le emorroidi (la forma più frequente delle flebectasie) hanno particolare importanza, nei soggetti predisposti, oltre al momento meccanico della stasi fecale persistente anche le modificazioni infiammatorie della mucosa che si estendono alle pareti delle vene e ne diminuiscono le capacità di resistenza (fig. 179). Hanno inoltre importanza le particolarità strutturali anatomiche del sistema venoso in questa sede con le strutture a gavocciolo e le dilatazioni venose ampollari dell'anello emorroidario e del plesso emorroidario particolarmente sviluppato. Le vene dilatate possono protrudere come nodosità dall'apertura anale e sono particolarmente predisposte all'emorragia durante la defecazione.
F i g . 179. C o r o n a di voluminosi nodi emorroidali (emorroidi interne), l o c a l i z z a t a due c e n t i m e t r i al di sopra dell'anello anale. U o m o di 59 a. con enfisema p o l m o n a r e e ipertrofia del cuore, d e c e d u t o per b r o n c o p o l m o n i t e . ( A u t . 148, 1904, Basel). L a sezione trasversale dei nodi ne d i m o s t r a la s t r u t t u r a alveolare. E n t r a m b e le figg. 7/8 della g r a n d e z z a naturale. (Disegno d i E . KAUFMANN).
Col termine di caput medusae si definisce una forte dilatazione collaterale, collegata con un'ipertrofia e con allungamento serpiginoso delle vene convergenti verso l'ombelico, a decorso radiale, della parete addominale anteriore, che si può formare, quando p. es. diviene più o meno impossibile il passaggio del sangue della vena porta attraverso il fegato (in corso di trombosi della vena porta, cirrosi epatica). Intervengono in senso compensatorio: le vene ipogastriche, le vene spermatiche, le vene della capsula
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renale, dell'esofago (queste possono subire dilatazioni varicose e condurre non di rado ad emorragie mortali), inoltre le vene epigastriche inferiori, mammarie interne e le intercostali, le quali conducono in parte attraverso la vena azygos e rispettivamente emiazygos, in parte direttamente, alla vena cava superiore. Talora dalla vena porta si dipartono rami del diametro di una matita, nei legamenti sospensorio e rotondo, attraverso la vena ombelicale riaperta o persistente (rispettivamente attraverso il suo residuo) dirigendosi verso la parete addominale anteriore (BAUMGARTEN, LOTSCH); le vene cutanee fortemente dilatate della regione ombelicale e del tronco formano così il quadro del Caput Medusae. Per altri particolari vedi THOMAS e SAXER, GILBERT C VILLARET. Neil 'occlusione della vena cava inferiore si formano occasionalmente delle ectasie venose e delle varici molto voluminose, serpiginose c del diametro di un dito, sul tronco [dalla parete addominale anteriore sino alle cavità ascellari e fin sotto le mammelle; soprattutto le anastomosi tra le vene epigastriche e le vene mammarie provvedono alla circolazione collaterale (GLOBIG), oppure questa si svolge, nascosta esternamente, esclusivamente nelle vie venose profonde, p. es. attraverso la vena mesenterica inferiore e la vena porta (FELLER)]. Nell'occlusione della vena cava superiore (più rara) generalmente si sviluppano vene cutanee collaterali specialmente sulla parete anteriore toracica fino al collo, specialmente se è occlusa anche la vena azygos, attraverso la quale potrebbe avvenire uno scarico delle vene della metà superiore del corpo. Per altro anche in questo caso sono di aiuto le vene mammarie ed epigastriche. Le conseguenze delle flebectasie per i tessuti, ne i quali esse sono situate si manifestano con stasi venosa, edema, aumentata secrezione sudorifera, catarri ostinati delle mucose, e di frequente emorragie. Sono molto rimarchevoli le conseguenze delle varici degli arti inferiori. Il tegumento al di sopra di esse dimostra spesso notevole assottigliamento (atrofia da compressione), desquamazione epidermica, eczema (eczema varicoso), modificazione del colore con aspetto bruno sporco ad opera del pigmento di piccole emorragie. L'edema da stasi cronico nella cute può condurre ad un indurimento fibroso notevole e all'ispessimento della cute e del tessuto sottocutaneo. A ciò contribuiscono essenzialmente anche infiammazioni più spesso ricorrenti, a cui sono esposti i tessuti particolarmente vulnerabili a minime lesioni producibili dall'esterno, e alle quali soggiacciono anche i vasi linfatici. Con ciò si può formare un ispessimento informe (elefantiasi flebectasica), che è osservabile soprattutto agli arti inferiori (particolarmente alle gambe, cosiddette a calzone di odalisca) e l'epidermide può proliferare in forma di escrescenze verrucose e d'altra parte anche l'osso (con o senza ulcera) può manifestare un'osteite ed una periostite vivacemente ossificante (cfr. ossa e cute).
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ORGANI
DELLA
CIRCOLAZIONE
Da piccole escoriazioni prodotte o dall'infiammazione o da insulti meccanici, si formano di frequente sulla gamba ulcere varicose molto torpide, profonde e talora circolari, che prediligono il terzo inferiore ed hanno fondo e bordi callosi, ulcera cruris (fig. 180). Sul fondo dell'ulcera si può spesso osservare l'osso ispessito. Si possono associare anche una tendenza alla erisipela come pure alla formazione di \ ascessi della cute e infiammazione delle \ I ghiandole sebacee (foruncoli). Per ciò che I riguarda la flora batterica dell'ulcera vedi /
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BAERTHLEIN.
Tutte
le suddette
alterazioni,
alle
quali si aggiungono quelle dei piccoli vasi cutanei, dei nervi, delle articolazioni e delle unghie (onicogrifosi) sono state definite da NOBL come complesso sintomatologico varicoso. KLAPP opina che un disturbo metabolico regionale dei tessuti, indotto dalla presenza di materiale catabolico e di CO, nel sangue delle varici, sia la causa di queste manifestazioni secondarie del complesso. Sono soprattutto importanti gli stati peristatici e le stasi nel distretto circolatorio terminale (MAGNUS), che hanno per conseguenza l'imbibizione sierosa dei tessuti e la carenza di ossigeno, v - W S k . Le vene rigidamente infiltrate e friabili si rompono in seguito ad insulti minimi (rottura della varice) e si formano così \ t delle gravissime emorragie finanche mortali. Il trasporto embolico di trombi (che Fig. 180. dalle varici si continuano verso la vena Grande ulcus cruris circolare con fonfemorale) possono condurre all' embolia do e bordi callosi; sul fondo si osserva la tibia ispessita e superficialmente polmonare mortale. Ma ciò è un'evenienza con segni di carie. Edema duro della decisamente rara in quanto le varici in gamba. (Ritenuta clinicamente un carcinoma. Osservazione fatta a Bregenerale non manifestano grande tendenza slau; disegno di E. K A U F M A N N ) . alla trombosi. La tromboflebite e la linfangite possono divenire complicazioni pericolose. Sul terreno di un ulcus cruris si può sviluppare un carcinoma (molto di rado ad entrambi gli arti inferiori, GROSSER) che poi penetra fino all'osso della gamba. In un 'osservazione di KAUFMANN l'ulcera persistette per 50 anni. á i\ jf YW Í¡i I \ I 4 l V " ''J&Jm i '(^miWm ' ( 'llalla 1 I /i§t;é * "S.SP co e
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I DIFETTI SETTALI DEL
CUORE
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« shunt sinistra-destra » aumenta fortemente il volume/minuto del ventricolo destro. Ulteriori indicazioni in JEROFEJEFF, KURZ-FISCHER, NEGRI, KUCSKO-THURNHER. Una rassegna critica dei casi di sindrome di Lutembacher ci è fornita da DRESSLER e ROESLER. Quest'ultimo parla di soli 62 casi fino al 1934, e TINNEY trova, fino al 1940, altre 22 osservazioni. Secondo questi A A . , l'interpretazione di LUTEMBACHER (stenosi mitralica primitiva, difetto del s. a. secondario) non sembra sostenibile; molto più decisiva sarebbe la persistenza del difetto settale. Poiché la
Fig. 212. Uomo di 48 anni. Ist. di Pat. di Heidelberg; interno dell'atrio e del ventricolo di destra; ai confini tra atrio e ventricolo, il lembo posteriore della tricuspide ampiamente disteso; forame ovale aperto; visibile il lembo del septum primum; dilatazione di tutto il cuore destro, ipertrofia del ventricolo destro (cfr. lo spessore delle pareti di destra e di sinistra sulla sezione orizzontale della parte inferiore). Cosidd. Sindrome di Cossio (del tutto corrispondente alla Sindrome di Lutembacher, eccetto per quanto riguarda la stenosi mitralica, che però in questo caso manca).
pressione sanguigna nell'atrio sinistro è generalmente un po' più forte che nel destro, si addiviene facilmente, in caso di difetto del s. a., ad un sovrariempimento
del v e n t r i c o l o d e s t r o (MASSEE, HULL, SELZER-LEWIS).
Una
consecutiva dilatazione dell'arteria polmonare appare quindi comprensibile. Cossio ha richiamato l'attenzione soprattutto sulla concomitanza di difetto
550
L E MALFORMAZIONI D E L C U O R E E D E I GROSSI V A S I
del s. a. e di ipertrofia eccentrica del cuore destro (fig. 212). L'ipertensione volume/minuto del ventricolo destro poi, può rendersi responsabile di una dilatazione aneurismatica dei rami principali dell'arteria polmonare (con trombosi secondaria, infarti, emorragie da perforazione, ecc.) ( J O U L E S , R A V A U L T , C U M I N G H A M ) . La più lunga durata di vita con difetto del s. a. del diam. di 2,5 : 3,5 cm. fu raggiunta dalla paziente di E L L I S - G R E A V E S H E C H T , con 82 anni. Cfr. anche i tentativi fatti da H . R. M U E L L E R onde risalire alla determinazione della parte del cuore in cui si aveva iperpressione, a partire dall'osservazione della sporgenza della pars membranacea del s. a.
2. D I F E T T I D E L SETTO INTERVENTRICOLARE (SEPTUM VENTRICULORUM, s. v.) Possono interessare o la pars membranacea (ed in tal caso appartengono più propriamente, in parte, al gruppo c) o la parte muscolare. Possono giacere al di sopra o al di sotto del S C . T E S S E R A U X (a) discute ampiamente sul modo di verificarsi e sulle cause dei difetti muscolari (« fori intertrabecolari », « difetti da perforazione »). Difetti piccoli e non complicati (« maladie de Roger ») non danno luogo ad una speciale sintomatologia clinica (non cianosi, prognosi buona). Difetti più ampi della parte anterosuperiore del s. v., oltre i cm. 1,5 di diam., sono 10 volte più rari e provocano dita a bacchetta di tamburo, cianosi, ecc. ( H E R M A N N M U E L L E R J R . , C). S E L Z E R riporta 92 casi. Grossi difetti con « shunt sinistra-destra » provocano anche qui, secondo alcuni, sovraccarico della polmonare ( W E G M U E L L E R ) . K R O O P e G R I S H M A N N sono invece del parere che in caso di difetto del s. v. anche la dilatazione dell'arteria polmonare debba essere congenita (pulmonalis lata congenita). I grandi difetti del setto sono generalmente anche sottoaortici. Vi sono varie forme di passaggio col complesso di E I S E N MENGER.
3. DIFETTI DEL SETTO DEL BULBO E D E L TRONCO Difetti totali o subtotali di questo setto provocano il quadro del tr. a. c. p. tipico o parziale. Fori settali più piccoli portano, secondo la loro localizzazione, ad una fistola aortico-polmonare (forame subsettale), oppure a soluzioni di continuo della pars membranacea. Data la genesi non unitaria di quest'ultima, non si deve identificare un difetto totale del septum bulbi con un difetto totale della pars membranacea. Su una fistola
MALFORMAZIONI ARTERIOSE A DISTANZA DAL CUORE
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congenita fra aorta e polmonare riferiscono J A C O B I ed H E I N R I C H . Gli aneurismi congeniti della pars membranacea rappresentano un grado meno alto del difetto di sviluppo. In un caso di L E C K E R T e S T E R N B E R G si trattava di una formazione tubulare a dito di guanto, della lunghezza di 6 cm. e del diam., al suo sbocco, di 2 : 2,5 cm. La convessità di simili aneurismi è rivolta solitamente verso destra. La possibile concomitanza con bivalvolazione dell'aorta conferma l'impressione che ci si trovi di fronte ad un disturbo di sviluppo, contro l'ipotesi di una genesi secondaria. Vedi particolari presso L E V e S A P H I R (70 casi) e Z O R Z I . Naturalmente, come in ogni vizio congenito di cuore, nella sede della malformazione può sopraggiungere in seguito una endocardite.
CAPITOLO
IX
MALFORMAZIONI ARTERIOSE A DISTANZA DAL CUORE
Noi comprendiamo in questo capitolo, in contrapposto alle vere e proprie malformazioni di cuore, i disturbi di sviluppo riguardanti il sistema delle arterie degli archi branchiali. La fig. 213 illustra la storia dello sviluppo. Si deve aver ben chiaro il concetto, che i vasi si generano in loco, che soltanto in minima parte sono presenti contemporaneamente, e che una serie di mutamenti secondari (discesa del cuore, nuova apertura di tronchi che si erano già chiusi, e migrazione delle origini dei rami lungo i tronchi [succlavia]), concorrono a formare la situazione definitiva. Soltanto l'anatomia comparata può permettere in questo campo la necessaria comprensione (DE G A R I S , cfr. i richiami di D O E R R , g).
1. ANOMALIE
SOPRA-AORTICHE
Le possibili anomalie nel sistema degli archi aortici sono innumerevoli. Le comuni forme fondamentali dei tipi di significato pratico sono esposte da G R O B e D O E R R . Spesso esiste un anello vasale arterioso intorno alla trachea ed all'esofago, che può provocare disturbi del respiro e della deglutizione. L'anello è formato o da un doppio arco aortico, oppure da una parte dall'arco aortico e dall'altra da una succlavia ad origine abnorme. In genere si tratta di questo: la succlavia sinistra si origina come ultimo ramo dell'arco aortico,
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LE MALFORMAZIONI DEL CUORE E DEI GROSSI VASI
F i g . 213. Schema dello sviluppo delle arterie degli archi branchiali. I segni di blocco, in nero, corrispondono ai p u n t i d i predilezione delle stenosi. A = stenosi d e l l ' a r c o (nella z o n a d i sbocco d e l l ' a r t e r i a del 5° arco branchiale sinistro V-l; cosidd. stenosi del quinto); B = stenosi dell'istmo p r o p r i a m e n t e d e t t a (nella z o n a di sbocco d e l l ' a r t e r i a del 6° arco b r a n c h i a l e sinistro V I - I ; c o s i d d e t t a stenosi del sesto); C = stenosi d e l l ' a o r t a discendente (nella z o n a dì sbocco dell'arteria del 4 0 arco branchiale destro I V - r ; cosidd. stenosi del q u a r t o ) . D a C6 di ciascuna parte, l ' a r t e r i a s u c c l a v i a .
all'estremità distale di questo, e decorre tra esofago e colonna vertebrale, da sinistra verso destra (secondo MOUTON, nell'80 % dei casi tra esofago e colonna vertebrale, nel 14 % tra esofago e trachea, e nel 6 % davanti alla trachea). A causa del carattere intermittente della difficoltà alla deglutizione, suscitata dalla compressione pulsante della parete esofagea, si parla di disfagia lusoria. In tutti quei casi in cui la disfagia viene originata dalla a. succlavia, J . S C H M I D T parlerebbe di « arteria lusoria» (cfr. J. SCHMIDT, dettagliata letter.; vedi anche THURNHER!).
Tale arteria viene in osservazione nello 0,2-1,0 % di tutte le autopsie. Situazioni specularmente simili a quella più sopra esposta non sono rare. In rari casi si è addivenuti ad una emorragia da erosione della succlavia anomala, per cancrena da decubito provocata dalla sonda esofagea a permanenza (E. K A U F M A N N , SCOVILLE, FOSSEL, DOERR; cfr. la osservazione di L E B ) . Sulle anomalie della carotide, v. SCHREIBER, H Y R T L , ADACHI; su quelle della vertebrale v. anzitutto K I R C H (origine della vertebrale dx. dalla carotide comune: si trattava di una donna di 57 anni, alla quale durante un intervento per stru-
MALFORMAZIONI
ARTERIOSE A DISTANZA DAL
CUORE
553
m e c t o m i a f u l e g a t a q u e s t a v e r t e b r a l e a n o m a l a c o m e s u p p o s t a a. tiroidea; si e b b e r a m m o l l i m e n t o c e r e b r a l e p e r t r o m b o e m b o l i a ) . — U n u l t i m o g r u p p o di a n o m a l i e di significato p r a t i c o che d e b b o n o q u i essere c i t a t e , r i g u a r d a l a polmonare. L ' i m p o r t a n z a d i t a l e g r u p p o s t a nel f a t t o c h e in a l c u n i d i q u e s t i casi l ' a p p o r t o di s a n g u e ai p o l m o n i si c o m p i e in m o d o d e l t u t t o s i n g o l a r e . L a con o s c e n z a d i q u e s t a p o s s i b i l i t à è m o l t o i m p o r t a n t e , q u a n d o in u n p o r t a t o r e di m a l f o r m a z i o n e d e l l a p o l m o n a r e si d e b b a f a r e u n a l o b e c t o m i a p o l m o n a r e t o t a l e o p a r z i a l e . P a r t i m a l f o r m a t e d i u n l o b o p o l m o n a r e (cisti, b r o n c h i e t t a s i e c o n g e n i t e ) r i c e v o n o p e r lo p i ù l ' a p p o r t o d i s a n g u e a r t e r i o s o d a f o n t i p a r t i c o l a r i ( d a l l ' a o r t a t o r a c i c a d i s c e n d e n t e o d a l l ' a r t e r i a celiaca). L o s v i l u p p o dei v a s i p o l m o n a r i è s t r e t t a m e n t e connesso c o n q u e l l o d e l plesso c a p i l l a r e ipob r a n c h i a l e , s i t u a t o i n t o r n o a l t u b o g a s t r o e n t e r i c o . S e c o n d a r i a m e n t e si stabilisce u n a c o m u n i c a z i o n e t r a l a g e m m a d e l 6° a r c o aortico, s c a t u r i t a d a l t r o n c o arterioso, e l ' a b b o z z o d e l l e v e n e p o l m o n a r i , g i a c e n t e nel m e s o c a r d i o dorsale. I n direzione d o r s a l e si s t a b i l i s c o n o c o n t e m p o r a n e a m e n t e le n o t e connessioni c o n le v e n e c a r d i n a l i ed in c e r t i casi c o n le v e n e d e l s a c c o v i t e l l i n o (v. p a g . 522). S e le v a r i e a n a s t o m o s i d o r s a l i p e r m a n g o n o , si o r i g i n a n o a l l o r a v e n e ed arterie p o l m o n a r i p a t o l o g i c h e (pag. 522). Q u e s t a a b n o r m e v a s c o l a r i z z a z i o n e d e l p o l m o n e si g e n e r a c o n t e m p o r a n e a m e n t e a d u n a erronea d i f f e r e n z i a z i o n e d e l l ' a b b o z z o di u n a p a r t e d e l p o l m o n e stesso r i s p e t t o a l l e p a r t i r i m a n e n t i . BOLCK ritiene p r i m i t i v o il d i s t u r b o di s v i l u p p o d e l p o l m o n e ; l ' a b n o r m e v a s c o l a r i z z a z i o n e ne s a r e b b e la conseg u e n z a . S e c o n d o BRUWER-CLAGETT-MCDONALD sono s t a t i resi n o t i 47 c a s i di a n o r m a l e f o r m a z i o n e delle arterie p o l m o n a r i ( d a l l ' a o r t a d i s c e n d e n t e ) . — I n u n c a s o di SCHOPPER l a v a s c o l a r i z z a z i o n e a r t e r i o s a del p o l m o n e d e s t r o e r a forn i t a d a u n grosso r a m o d e l l ' a o r t a t o r a c i c a d i s c e n d e n t e , c h e f u i d e n t i f i c a t o c o m e u n r a m o a o r t i c o d e l s i s t e m a delle a r t e r i e d e g l i a r c h i b r a n c h i a l i . GRAYZEL-TENNANT e BOPP i n f o r m a n o sulla p o s s i b i l i t à di origine d e l l a arteria p o l m o n a r e d e s t r a d i r e t t a m e n t e d a l l ' a o r t a a s c e n d e n t e . — C f r . a n c h e SCHEID e LEO MUELLER.
2. S T E N O S I I S T M I C A
DELL'AORTA
L ' i s t m o dell'aorta è quella parte dell'arco aortico situata tra l'origine della s u c c l a v i a sinistra e lo s b o c c o del d o t t o arterioso di B o t a l l o . D u r a n t e lo s v i l u p p o e m b r i o n a l e l ' i s t m o h a u n a l o c a l i z z a z i o n e d i v e r s a r i s p e t t o l'adulto,
e ciò in r a p p o r t o
s u c c l a v i a . Distinzione
alla migrazione, fisiologica, dell'origine
d e l l e s t e n o s i i s t m i c h e (s. i.) secondo la forma:
NYK: stenosi superiore,
tipica,
inferiore, secondo
al-
della
1 . HAMER-
la localizzazione
della
stenosi, cranialmente allo sbocco del d o t t o di Botallo, allo sbocco stesso, o c a u d a l m e n t e a d e s s o . 2. BONNET: t i p o I =
t i p o n e o n a t a l e (cioè s t e n o s i
di f o r m a conica nella zona dell'istmo propriamente detto). Tipo I I = a d u l t o (cioè s t e n o s i i n f o r m a d i d i a f r a m m a f o r t e m e n t e m a r c a t a —
tipo even-
t u a l m e n t e atresia — , allo sbocco del d o t t o arterioso di B o t a l l o o d in s u a
554
L E
MALFORMAZIONI
DEL
CUORE
E
DEI
GROSSI V A S I
vicinanza). Tipo III = tipo adulto in bimbi o tipo neonatale in adulti. Tipo IV = stenosi in altri punti. 3. D O E R R : grappo A = stenosi dell'arco, o «stenosi del quinto» (nell'ambito dell'arco, tra l'arteria carotide comune sinistra e la succlavia sinistra: regione del primitivo sbocco della 5 a arteria branchiale). Gruppo B = stenosi istmica propriamente detta, o «stenosi del sesto » (nell'ambito dell'istmo propriamente detto: regione del primitivo sbocco del dotto arterioso di Botallo = 6 a arteria branchiale). Grappo C = stenosi discendente, o «stenosi del quarto» (al termine dell'arco aortico, nell'aorta toracica discendente, eventualmente nel tratto superiore dell'aorta addominale: regione del primitivo sbocco della 4* arteria branchiale destra). Quest'ultima distinzione vuol far rilevare i rapporti topografici tra i punti delle stenosi e gli antichi punti di sbocco di vasi fetali obliterati e scomparsi. Distinzione secondo la patogenesi'. 1. Stenosi obliterante; 2. Stenosi ipoplasiogena. Le prime originano da un esagerato processo di obliterazione degli archi arteriosi fetali, verso l'aorta ( S K O D A , A N D R E E S E N , A S C E N Z I , A . D I E T R I C H , b), le seconde da una primitiva ipoplasia o da una secondaria atrofia (p. es., tipo neonatale di B O N N E T ) . Ci sono poi sicuramente anche altri fattori causali: H . ZIMMERMANN riporta il caso di un piccolo bimbo con stenosi atipica, che verosimilmente può essere interpretata come esito di una infiammazione fetale. Tali osservazioni non possono e non devono mettere in discussione il valore sistematico della suddetta distinzione delle più frequenti forme di stenosi istmica. In caso di s. i. d'alto grado, si origina un circolo arterioso collaterale tra la parte superiore e la parte inferiore del corpo, di particolare interesse clinico-diagnostico. Sulla possibilità di dilatazione aortica poststenotica (in caso di s. i.), v. H A L O N E N - A H O e G R I E S H A M M E R . Dati numerici sull'associazione della s. i. con altre malformazioni vengono forniti da S C H N E L L E R , D O E R R e R E I F E N S T E I N . Recenti ricerche istologiche sulla struttura della parete aortica cranialmente e caudalmente alla stenosi (condotte su materiale operatorio da B E N N I N G H O F F ) non hanno dimostrato alcuna differenza strutturale in tali tratti di parete. SCHORN esaminò istologicamente un tratto di aorta trapiantata, dopo resezione istmica, in una donna di 23 anni (morta due anni dopo l'operazione per rottura di un aneurisma arterioso alla base del cervello). Il reperto istologico fu quello di un buon attecchimento, e di una evidentemente lenta ricostruzione di tessuto nell'ambito del trapianto (graduale riassorbimento di quest'ultimo e sostituzione con tessuto proprio dell'organismo ospite). In appendice, si ricordi la possibilità di esistenza di un ponte intraaortico di tessuto, che forse può essere messo in rapporto genetico con il 5 0 arco branchiale sinistro obliterato ( B R E N N E R , a).
MALFORMAZIONI
ARTERIOSE
A
DISTANZA
DAL
CUORE
555
3. P E R S I S T E N Z A I S O L A T A D E L D O T T O A R T E R I O S O DI B O T A L L O (d. a. B.) Il dotto arterioso di Botallo normale è, alla nascita, lungo 4-20 mm. ed ha un diametro di 6 mm. Nel mezzo è un po' più stretto che alle due estremità. L a muscolatura della media è disposta in strette spirali (VON HAYEK). Subito dopo la nascita si ha probabilmente soltanto un restring i m e n t o riflesso, f u n z i o n a l e (BARCLAY, BARCROFT, BOYD, HEFNER-CLARK),
al quale segue poi l'obliterazione, tramite una proliferazione della parete vasale (HORVATH), sempreché non sia presente alcun fattore che disturbi questo processo (pressione sanguigna abnorme in caso di malformazione cardiaca, malformazioni della parete del dotto, infiammazione, e così via). Mentre nella vita fetale la pressione del sangue è maggiore nella polmonare che nell'aorta, dopo la nascita si verifica una graduale inversione. Il lasso di tèmpo intercorrente fra il raggiungimento di un'eguaglianza di pressione tra aorta e polmonare, e lo stabilirsi di una prevalenza della pressione aortica su quella polmonare, è il periodo critico per una indisturbata obliterazione del dotto (DOERR, g). L a persistenza del d. a. B. in caso di malformazione cardiaca è comprensibile. Problematica è invece l'interpretazione della permanenza di un d. a. B. pervio in caso di sistema cuore-vasi normale. Ciò dipende dal fatto che noi non possiamo ancora avere una visione sufficientemente completa di tutti i fattori dell'obliterazione fisiologica del dotto. L a persistenza isolata del dotto è un problema clinico. Uno studio clinico-anatomico di SCHAEDE e SCHOENMACKERS mette in evidenza le difficoltà di diagnostica differenziale che si incontrano nella formulazione di una corretta diagnosi di d. a. B. pervio in vivo. Secondo la forma del d. a. B., si distinguono (GERHARDT): I. Tipo a finestra (d. molto ampio, corto); 2. Forma ad imbuto; 3. Forma a cilindro; 4. Forma aneurismatica. Il dotto pervio viene percorso da sangue proveniente dall'aorta. A causa della deviazione, attraverso il d., di una determinata quantità di sangue dall'aorta alla polmonare, si ha un aumento di lavoro per il cuore. L a resezione operatoria del dotto deve quindi avere u n b e n e f i c o e f f e t t o . I n u n a o s s e r v a z i o n e di JOHNSON, WERNER, KUSCHNER
e COURNAND (donna di 42 anni), potè essere dimostrata, tramite misurazioni in vita della pressione e dell'ossigeno ematico, una inversione alternante di corrente nel dotto di Botallo. Su alterazioni delle arterie polmonari in caso di d. a. B., v. EDWARDS e WELCH; su trombosi del dotto, v. BETTINGER; SU processi infettivi v. ROTH; SU formazioni aneurismatiche v. KAUFMANN,
LELLI,
G.
W.
GROSS,
FELL;
su
dilatazione
pseudoaneuri-
556
LE
MALFORMAZIONI
DEL
CUORE
E
DEI
GROSSI
VASI
smatica v . Pozzi; sulla chiusura del dotto come fenomeno istopatologico, v. BLUMENTHAL; per quanto riguarda dati statistici, v. DOERR. È nota la possibilità di persistenza di un d. a. B . bilaterale, originantesi dalla 6. arteria branchiale di sinistra e di destra (KEISEY, GILMORE ed EDWARDS) . L a sola persistenza del d. a. B. destro può dare il reperto, di difficile analisi patogenetica, di una anastomosi fra arteria succlavia e arteria polmonare destra. Si parla qui di cosiddetto Blalock spontaneo. Con questa espressione, si vuole esprimere il fatto che esiste una anastomosi naturale tra succlavia e polmonare, quale viene praticata chirurgicamente in casi di tetralogia di Fallot (operazione di BLALOCK-TAUSSIG), per migliorare l'irrorazione polmonare. Sopra un caso di BLALOCK spontaneo, v . SCHOENMACKERS. Circa la critica del concetto di « Blalock spontaneo », v . M. L . LINDER. Sulla documentazione roentgencinematografica di una anastomosi corrispondente press'a poco al Blalock spontaneo, però tra la succlavia sinistra e la polmonare sinistra, v . JANKER.
CAPITOLO
X
NOTE SUL PROBLEMA DELL'INVERSIONE
Si possono distinguere, con S P I T Z E R : I . Destroposizione del cuore (erronea posizione del cuore per trazione o per pressioni patologiche esercitate da formazioni vicine). 2. Destroversione del cuore (punta del cuore oscillante, per fattori meccanici, verso destra). 3. Destrocardia vera e propria (autentico situs inversus di tutto il cuore). — In una raccolta di S T A R K , in 21 SU 100 casi di trasposizione fu reperita una (parziale) inversione. P E R N K O P F considera la trasposizione come un caso speciale di s. inversus (« posizione centrale simmetrica, tra l'asimmetria normale e quella inversa »). T O R G E R S E N è della stessa opinione. Si può invece dimostrare che inversione e trasposizione sono formalmente molto ben distinguibili ( D O E R R ) . Si può pensare infatti che si tratti di «malformazione accoppiata » (cfr. anche G U E N T H E R ) . — Una buona veduta d'insieme ci è fornita da B O P P , ed una esauriente rassegna della letteratura troviamo presso D O N A L D D E F. B A U E R (1000 lavori circa!).
GENESI CAUSALE
E FREQUENZA
DEI VIZI CONGENITI DI CUORE
CAPITOLO
557
XI
OSSERVAZIONI SULLA GENESI CAUSALE E SULLA FREQUENZA DEI VIZI CONGENITI DI CUORE IN GENERE
Per quanto riguarda la genesi causale, vengono presi in considerazione fattori diversi, nel senso di una autentica ereditarietà ( P E R N K O P F , G A E N S S LEN,
TORGERSEN,
ROESLER,
COCKAYNE,
LAMY-SCHWEISGUTH,
CAMPBELL,
critica presso S T E I N L E I N ) , come pure nel senso di lesioni esogene del prodotto del concepimento (iniezione virale materna nella 6 A - 8 A settimana di gravidanza, G R E G G , S W A N ; disturbi di nutrizione, W A R K A N Y , S C H R O E D E R e altri). A quest'ultimo gruppo di fattori appartiene anche il problema dell'infiammazione fetale del cui verificarsi e della cui importanza non si può dubitare ( F R O B O E S E , W I L L E R e B E C K , A B R A H A M , SORENSEN,
WERNER;
PUESCHEL, AMSCHLER, RAHN-SCHENETTEN, WOERDEHOFF, ME DONALD). D i
particolare importanza sono le ricerche di W I L S O N e di W A R K A N Y : questi AA. poterono ottenere, sottoponendo ratte gravide a dieta deficiente in vitamina A, malformazioni congenite del 40 e del 6° paio di arterie branchiali, difetti settali e disturbi di sviluppo della muscolatura parietale dei ventricoli. Le malformazioni di cuore costituiscono il 7,5 % di tutte le affezioni cardiache. Nel 17,5 % sono sede di una endocardite batterica (PARDEE). Le più importanti malformazioni di cuore si dividono, su 1000 casi esaminati (ABBOTT), come segue: difetti della parete settale atriale: 402 casi; difetti della parete settale ventricolare: 315 casi; stenosi istmiche dell'aorta: 142 casi; trasposizione dei grossi vasi: 74 casi; dotto a. di Botallo persistente: 242 casi, di cui 92 primitivi (cioè persistenza isolata del d. a. B.), e 150 secondari; tronco arterioso comune persistente: 21 casi; stenosi della polmonare: 150 casi; stenosi dell'aorta: 35 casi; stenosi della tricuspide: 19 casi; stenosi della mitrale: 11 casi. — Trattazioni riassuntive, con particolare riguardo alle necessità cliniche, ci vengono offerte da TAUSSIG, MANNHEIMER, GROB e Rossi, F . L I N D E R ; vedi specialmente i Verh. Deutsche Ges. Kinderheilk. Heidelberg 1951, come pure l'eccellente opera di SOULIÉ e Coli.
55§
LE
MALFORMAZIONI
DEL
CUORE
E
DEI
GROSSI
VASI
CAPITOLO X I I
APPENDICE: L A VASCOLARIZZAZIONE POLMONARE NEI VIZI CONGENITI DI CUORE Con la ravvivata attenzione generale per le malformazioni cardiache, si è ripresentato il problema delle alterazioni delle arterie polmonari concomitanti coi vizi congeniti di cuore. Sono da nominare in questo campo s o p r a t t u t t o i l a v o r i d i J . E . EDWARDS (Clinica M a y o ) : È noto che i piccoli rami muscolari prearteriolari delle arterie polmonari f e t a l i mostrano un lume stretto, un'intima r e l a t i v a m e n t e sottile, u n a media spessa e u n ' a m p i a zona di tessuto a v v e n t i z i a l e . N e l corso dei primi 6 mesi di v i t a si addiviene ad un riordinamento della loro struttura, che h a il significato di un a d a t t a m e n t o ai c a m b i a m e n t i di pressione e di corrente che si sono andati verificando. Il lume delle piccole diramazioni muscolari delle arterie polmonari viene cioè ampliato, lo spessore d e l l ' i n t i m a rimane inalterato, mentre diminuisce quello della media e d e l l ' a v v e n t i z i a . T r a le alterazioni delle arterie polmonari reperite in casi di vizi congeniti di cuore, v e n g o n o distinte, secondo la forma: 1. Persistenza delle condizioni architettoniche f e t a l i delle piccole arterie muscolari: « Carry-over ». 2. R i o r d i n a m e n t o della struttura, nel senso di una assimilazione morfologica delle arterie polmonari alle arterie somatiche periferiche: « periferializzazione ». 3. Processi scleroateromatosi e infiammatori secondari. Per q u a n t o riguarda il significato di questi reperti, v e n g o n o messi in c a m p o due punti di vista, secondo i quali le alterazioni morfologiche delle arterie polmonari muscolari sarebbero, rispettivamente: 1. Espressione di un fenomeno di regolazione più o meno a t t i v a . 2. Conseguenza di una reazione a c c o m o d a t i v a a carattere passivo. L a prima ipotesi è adattabile al « c a r r y - o v e r » e alla « periferializzazione », la seconda ai processi scleroateromatosici ed infiammatori. L a difficoltà di una netta distinzione t r a questi processi, che si sovrappongono spesso t r a di loro, è evidente. EDWARDS t e n t a di portare una chiarificazione, descrivendo i modi di comportarsi delle arterie polmonari in 4 forme f o n d a m e n t a l i di v i z i congeniti di cuore. a) V i z i di cuore, nei quali esiste il pericolo di un eccessivo passaggio dì sangue attraverso i polmoni (« V o l l - L a u f e n » dei polmoni). A questo gruppo appartengono: la stenosi istmica superiore con d. a. B . aperto, il tronco arterioso
A P P E N D I C E : LA V A S C O L A R I Z Z A Z I O N E P O L M O N A R E N E I VIZI C O N G E N I T I DI C U O R E 5 5 9
comune persistente, il complesso di EISENMENGER, il cor univentriculare (senza stenosi della polmonare), il complesso di T A U S S I G - B I N G (polmonare a cavaliere, destroposizione dell'aorta). In questi casi si avrebbe il « carry-over » come fenomeno di regolazione! b) Vizi di cuore implicanti un troppo scarso passaggio di sangue attraverso i polmoni: in tali casi le arterie polmonari sarebbero, grosso modo, inalterate (cfr. invece G I A M P A L M O e S C H O E N M A C K E R S ) . Si annoverano in questo gruppo: la tetralogia di Fallot, l'atresia della tricuspide, il tronco arterioso comune persistente con polmonare ristretta o mancante (pseudotronco aortico). c) Vizi di cuore con corti circuiti artero-venosi (« a.-v. shunts »). Essi sono: i difetti del setto interatriale, lo sbocco delle vene polmonari nel cuore destro, i difetti del setto interventricolare, la persistenza isolata del dotto arterioso di Botallo, le stenosi istmiche inferiori, e le anastomosi aortico-polmonari. In questi casi furono osservate anzitutto alterazioni dell'intima. Esse sarebbero la conseguenza di un aumento del flusso ematico attraverso i polmoni! Di questo tipo sono le alterazioni delle arterie polmonari riscontrate nella sindrome di Cossio. Iperplasie intimali fibro-elastiche appaiono associate a fenomeni infiammatori, a necrosi a focolaio della parete, talvolta ad eccessivamente spiccata infiltrazione di grassi e protidi (DOERR, K). d) Vizi di cuore con aumentata stasi nelle vene polmonari: atresia mitralica ed aortica, cor triatriatum, sclerosi endocardica stenosante (alterazioni valvolari in seguito ad endocardite fetale, ecc.). E D W A R D S informa sulla possibilità in questi casi, di dilatazione varicosa dei capillari polmonari e di proliferazioni endoteliali nelle piccole arterie. Reperti tipici, comparabili con quelli dei gruppi a-c, non sembra siano stati finora resi noti. Ulteriori ricerche relative alle alterazioni vasali polmonari in casi di vizi congeniti di cuore sono state condotte da O L D e R U S S E L I , C I V I N ed E D W A R D S , come pure da E D W A R D S e C H A M B E R L I N . Su alterazioni delle anastomosi artero-venose nei polmoni f r a l ' a l t r o in u n caso di difetto del setto interatriale, richiama l'attenzione K U C S K O (« anastomosite »). H . H . SCHUMACHER descrive e raffigura con illustrazioni (dimostrative!) rotture dei vasi polmonari ed emorragie perivascolari con versamento di sangue nelle vie linfatiche polmonari, in caso di trasposizione dell'aorta con la polmonare. G I A M P A L M O e SCHOENMACKERS, in base a u n gran numero di osservazioni, hanno formulato u n a critica contro l'anastomosi tra il sistema arterioso aortico e quello polmonare come correzione in casi di insufficiente afflusso ematico attraverso i polmoni (stenosi della polmonare). Questa anastomosi, oltre che venir creata chirurgicamente con l'operazione di BlalockTaussig, può presentarsi spontaneamente (anastomosi tra a. polmonare e aorta o a. succlavia o a. bronchiali). I suddetti A A . hanno dimostrato che tale anastomosi causa un eccessivo carico delle più piccole diramazioni dell'arteria polmonare. Questo f a t t o condiziona a sua v o l t a frequentemente u n a « compressione alveolare capillarectasica », con secon-
=j6o
LE
MALFORMAZIONI
DEL
CUORE E
DEI
GROSSI
VASI
dario danneggiamento della parete alveolare, vale a dire formazione di ispessimenti jalino-elastici, membrane elastiche, ecc. L'« a o r t a l i z z a z i o n e » ( G I A M P A L M O - S C H O E N M A C K E R S ) dei p o l m o n i , cioè l ' a u m e n t o d e l l ' a p p o r t o di s a n g u e ai p o l m o n i t r a m i t e u n ' a n a s t o m o s i c o n il s i s t e m a aortico, a p p a r e q u i n d i di d u b b i o v a l o r e . N o n è presente u n p o l m o n e da stasi. I risultati d e l l e ricerche di G I A M P A L M O - S C H O E N M A C K E R S s o n o a t t i a far apparire in l u c e critica le c o n s e g u e n z e a d i s t a n z a d e l l ' o p e r a z i o n e di B L A L O C K - T A U S S I G ! . — Sulla t e c n i c a d e l l a preparazione delle arterie nel c a d a v e r e , vedi SCHOENMACKERS e V I E T E N .
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P A R T E TERZA
SANGUE E ORGANI EMOPOIETICI (Prof. Dr.
WOLFGANG
ROTTER
e Prof. Dr.
WALTER
BÙNGELER)
569
La citomorfologia e la citopatologia del sangue e degli organi emopoietici sono di grande interesse clinico anche in considerazione del fatto che con la diffusione — a scopo diagnostico — della puntura sternale intra vitam, i lavori clinici di ematologia sono stati condotti in forte maggioranza anche sul midollo osseo. I relativi dettagli di tecnica non possono costituire oggetto di trattazione in questa sede. I più importanti riferimenti bibliografici si trovano nel testo. Indicazioni ulteriori si trovano nei lavori riuniti a pag. 601, che non sono stati riportati nell'elenco bibliografico dei vari capitoli. Nel testo essi sono contrassegnati da un asterisco (*). I disegni sono del Dr. P E T E R H A N S E N , Kiel.
SEZIONE I
SANGUE (GENERALITÀ')
CAPITOLO
I
COLORE E COAGULAZIONE DEL SANGUE DEL CADAVERE Il colore del sangue dipende essenzialmente dal grado di saturazione in ossigeno degli eritrociti. Il sangue arterioso è rosso chiaro, quello venoso rosso-blu scuro. In ambiente freddo il sangue appare rosso chiaro, perché l'ossigeno è legato più tenacemente alla emoglobina. Inoltre il sangue può apparire da rosso chiaro a rosso ciliegia negli avvelenamenti con ossido di carbonio e acido cianidrico. Nei cadaveri si trovano coaguli cruorosi e fibrinosi — prevalendo il coagulo fibrinoso in una aumentata velocità di sedimentazione dei globuli rossi — però sempre insieme con più o meno abbondante sangue fluido. Il sangue rimane fluido a lungo nella morte improvvisa, specialmente se violenta (asfissia esogena e endogena, ad es. nella morte da altitudine e negli avvelenamenti acuti [ossido di carbonio, acido cianidrico e altri]). Questa incoagulabilità del sangue dei cadaveri è stata attribuita ad una distruzione del fibrinogeno ( M O R A W I T Z , S C H L E Y E R , L E N G G E N H A G E R ) ; altri Autori sono dell'opinione che il sangue post mortem coaguli lassamente e venga ridisciolto, con molta probabilità, immediatamente dopo per mezzo della fibrinolisina, cfr. H A L S E , B A Y E R L E ed altri, M O L E , B E R G (in questi lavori si trovano anche informazioni sulle proprietà farmacologiche del sangue di cadavere).
CAPITOLO
II
QUANTITÀ TOTALE DEL SANGUE DEGLI ADULTI Il volume totale del sangue degli adulti si aggira intorno al 6-8 % del peso corporeo, e ammonta, come media, circa a 5 litri. Solo una parte del sangue circola nei vasi, mentre l'altra parte viene trattenuta negli organi di deposito (milza, cellulare sottocutaneo, fegato). Un aumento del volume
572
SANGUE
E
ORGANI
EMOPOIETICI
totale del sangue oltre la norma (normovolemia) viene chiamato « ipervolemia », « poliemia » o « pletora vera »; una diminuzione al di sotto del normale viene chiamata « ipovolemia » o « oligoemia » (cfr. tab. I).
CAPITOLO
III
COMPONENTI
Il sangue consta di una parte liquida — plasma — di colore giallastro e di elementi morfologici corpuscolati: gli eritrociti, i leucociti ed i trombociti o piastrine. Con l'aiuto del metodo dell'ematocrito si è potuto calcolare che il 42-46 % del sangue è costituito da eritrociti e il 54-58 % da plasma sanguigno. Le possibili variazioni sono schematizzate nella tabella I. TABELLA
I.
—
RAPPRESENTAZIONE
SCHEMATICA
DELLE
VARIAZIONI
DEL
VOLUME
D E L S A N G U E IN R A P P O R T O A L SUO C O N T E N U T O IN P L A S M A E D E L E M E N T I C O R P U S C O L A T I (da WÖHRMANN
e W U N D E R L Y : LE PROTEINE DEL SCHWABE, BASEL, 1952).
SANGUE
DELL'UOMO.
1) V o l u m e t o t a l e d e l s a n g u e n o r m a l e , n o r m a l e p e r c e n t u a l e d e l l a f r a z i o n e c e l l u l a r e = normovolemia semplice-, 2) v o l u m e t o t a l e d e l s a n g u e n o r m a l e , d i m i n u i t a p e r c e n tuale della frazione cellulare (tipo p i ù f r e q u e n t e di a n e m i a ) = normovolemia oligocitemica; 3) v o l u m e t o t a l e d e l s a n g u e n o r m a l e , a u m e n t a t a t u a l e d e l l a f r a z i o n e c e l l u l a r e = normovolemia bulica;
perceniperglo-
4) v o l u m e t o t a l e d e l s a n g u e a u m e n t a t o , n o r m a l e t u a l e d e l l a f r a z i o n e c e l l u l a r e = ipervolemia (poliemia)-,
percensemplice
5) v o l u m e t o t a l e d e l s a n g u e a u m e n t a t o , d i m i n u i t a p e r c e n t u a l e d e l l a f r a z i o n e c e l l u l a r e = ipervolemia oligocitemica; 6) v o l u m e t o t a l e d e l s a n g u e a u m e n t a t o , a u m e n t a t a p e r centuale della frazione cellulare (tipo della policitemia v e r a ) = ipervolemia iperglobulica; 7) v o l u m e t o t a l e d e l s a n g u e d i m i n u i t o , n o r m a l e t u a l e d e l l a f r a z i o n e c e l l u l a r e = ipovolemia (oligoemia) ;
percensemplice
8) v o l u m e t o t a l e d e l s a n g u e d i m i n u i t o , d i m i n u i t a p e r c e n tuale della f r a z i o n e cellulare (tipo delle a n e m i e g r a v i ) = ipovolemia oligocitemica-, 58%
9) v o l u m e t o t a l e d e l s a n g u e d i m i n u i t o ; a u m e n t o p e r c e n tuale della frazione cellulare (perdita della frazione a c q u o s a , i n s p i s s a t i o s a n g u i n i s ) = ipovolemia pseudopoli' globulica.
SANGUE
573
(GENERALITÀ)
L a proporzione degli elementi cellulari e liquidi nel sangue viene ampiamente mantenuta costante per mezzo di meccanismi di regolazione neuroormonica e umorale (pag. 723). Il sistema in toto o le sue varie parti sono in grado di adattarsi ad esigenze endogene ed esogene (cfr. pag. 723); esistono inoltre correlazioni intime fra plasma sanguigno e metabolismo dei tessuti e degli organi.
IL P L A S M A S A N G U I G N O Il plasma sanguigno, viscoso, leggermente giallo, limpido, è costituito essenzialmente da plasmaproteine e per circa il 90 % da acqua. In caso di un maggior contenuto in acqua, ad es. in seguito ad emorragia o a malattia renale, si parla di idr ernia) dopo forti perdite di acqua, ad es., in caso di collasso protoplasmatico, diarree gravi che durano a lungo (colera, ecc.) o vomiti, o in caso di edema polmonare od altro, si instaura una anidremia nel qual caso il sangue si ispessisce a mo' di catrame o di mirtillo. Sull'insorgenza in tal caso di una pseudoglobulia o una pseudooligocitoemia cfr. pag. 596. Il plasma sanguigno contiene inoltre sostanze nutritive, sali, ormoni, vitamine, cataboliti ed altre; fondamentalmente contiene tutto ciò che deve essere portato ai tessuti per la formazione e il mantenimento della struttura dei tessuti stessi e per le loro esigenze energetiche ai fini metabolici, e tutto ciò che deve essere portato via dai tessuti come prodotti catabolici. Il plasma può venir intorbidato da un forte eccesso di grassi neutri (lipemia); per un forte aumento del contenuto in bilirubina, esso si colora in giallo-verde (ittero).
LE
SOSTANZE
PROTEICHE
DEL
SANGUE,
PLASMAPROTEINE DEL SANGUE {Sintesi, struttura, funzione, (BENNHOLD, DANIELLI,
KYLIN
FELIX
e
e
RUSZNIÀK,
SCHÜTTE,
WHIPPLE,
WUHRMANN e
HOCH,
e
formazione) MADDEN
e WHIPPLE,
WUNDERLY
[Bibl.],
DIRR, MARRACK
ZÖLLNER).
L e proteine plasmatiche (Pl.-Pr.) costituiscono il 4 % del sangue totale (circa 180-200 gr.). Esse contengono 26 tipi di a-aminoacidi, di cui 10 indispensabili, costituiti d a C (50-55 % ) , H (6,5-7 % ) . N (15-18 % ) , O (19-24 % ) , S (0,3-
574
SANGUE E ORGANI
EMOPOIETICI
2 , 4 % ) . Gli ct-aminoacidi si legano (in qual successione metodica, risp. ritmica è sconosciuto) per mezzo di legami peptidici costituendo lunghe catene, e danno luogo ai polipeptidi i quali di nuovo si riuniscono a formare le plasmaproteine. L e più piccole, le albumine (60 % di t u t t e le plasmaproteine) posseggono un peso molecolare di 60.000. Seguono le globuline (35 % di t u t t e le plasmaproteine) con un peso molecolare di 155.000 fino a 165.000 ed il fibrinogeno (0,2-0,4 % di t u t t e le proteine plasmatiche) con un peso molecolare di 500.000. Esistono dunque nel sangue molecole dell'ordine di grandezza di i o - 5 fino a i o - 7 chiamate macromolecole, le quali possono dare soltanto soluzioni colloidali (sistema idrofilo colloidale). L e tre frazioni di proteine plasmatiche, le albumine, le globuline e il fibrinogeno possono ancora essere suddivise in numerosi sottogruppi. Cosi, tra le albumine vengono distinti ad esempio, i sieroglicoidi e le albumine cristalline. L e gloDecorso normale buline si differenziano, a seconda del metodo di frazionamento, in euglobuline e pseudoglobuline (per precipitazione frazionata con sali neutri) e in a, fi, y globuline in relazione alla loro diversa velocità di migrazione in campo elettrico (elettroforesi secondo THISELIUS). L a velocità di migrazione delle proteine plasmatiche è indipendente dalla grandezza delle loro particelle. Il diagramma elettroforetico normale (fig. 214) mostra che le a-globuline migrano più velocemente ß agO^A di tutte e perciò raggiungono la cima più alta (tra le globuline). Direzione della migrazione L'intera suddivisione delle proteine plasmatiche in diverse frazioni e sottofrazioni è arbitraria e vincolata a differenze metodologiche contingenti. In realtà esse mostrano, dalle più piccole (60.000) alle più grandi (500.000) un continuo aumento della loro grandezza molecolare, fenomeno che può venir considerato come « spettro plasmatico ». U n a parte dello spettro comprende le più piccole (a molecole sempre più grandi in serie continua) le cosi dette albumine, seguite dalle pseudoglobuline e poi dalle euglobuline, le quali a loro v o l t a si ricongiungono alla frazione del fibrinogeno. Fig. 214. Diagramma elettroforetico normale (secondo i dati di F R A N K , Clin. Med. Univ. Kiel).
L a suddivisione in eu- e pseudo-globuline da una parte ed in a, fi, y globuline dall'altra, come prima abbiamo già fatto notare, è puramente basata sulle metodiche. Nella frazione pseudoglobulinica sono contenute prevalentemente a e globuline, nella frazione euglobulinica prevalentemente fi e y globuline. Nella frazione globulinica migrano però anche molecole molto più piccole come la proteina di Bence-Jones (cfr. pag. 996) che h a un peso molecolare di 37.000. L ' a l t a viscosità del plasma sanguigno induce a dedurre che le plasmaproteine abbiano analogamente alle proteine stromali delle cellule una struttura submicroscopica (Gelstrutture micellari). L e catene molecolari più lunghe (90 fi, 900 Á), chiamate molecole filamentose (proteine lineari) sono possedute dal fibrinogeno con un rapporto assiale di 1 : 30. L e molecole filamentose formano
SANGUE (GENERALITÀ)
575
una struttura a rete o a grata (proteine formanti una impalcatura); ai punti di attacco esse sono legate tra di loro lassamente, cosi che questo « sistema disperso reticolare » può regolare il suo stato di rigonfiamento e stirarsi o coartarsi (misurabile come pressione colloidosmotica o oncotica). L a variabilità dei legami dei punti di coesione rende possibili modificazioni della struttura e determina l'alta capacità di adattamento (dinamica) delle proteine plasmatiche. Nelle lacune delimitate dalla rete si trovano i restanti componenti del plasma sanguigno, le sieroproteine, le lipo- e glicoproteine, le albumosi, le protiosi, i peptoni, i polipeptidi, aminoacidi liberi isolati, e inoltre idrati di carbonio, grassi, lipoidi, colesterolo, esteri di colesterolo, fosfatidi, basi puriniche, urea, acido urico, creatina, pigmenti (bilirubina) ed altre sostanze. Tra queste v a data particolare importanza alle sieroproteine, cioè alle albumine e alle globuline. In contrapposto alle proteine lineari esse presentano un rapporto assiale solo di i : 4 (albumine) fino a 1 : 9 (globuline), e le loro catene molecolari sono fortemente ripiegate e raggomitolate. Strutturalmente si presentano come ellissoidi di rotazione ravvicinati, e perciò sono chiamate sieroproteine (« sistema disperso corpuscolare »). L a viscosità del siero (plasma del sangue senza fibrina) è perciò sostanzialmente più bassa che quella del plasma. Il forte ripiegamento e raggomitolamento condiziona un enorme sviluppo di superficie (energia di superficie) delle sieroproteine, che è di significato decisivo per la loro funzione. Essa ammonta circa a 140.000 m 2 contro i 3000 m 2 degli eritrociti. Anche le albumine e le globuline sono legate lassamente fra di loro e con altre proteine ai punti di contatto. Sul significato delle catene laterali libere e della carica elettrica, che è responsabile della forte capacità di reazione del sistema, sarà accennato solo brevemente. L e proteine plasmatiche costituiscono la vera sorgente di proteine delle cellule dell'organismo; per questa ragione viene dato loro anche il significato di «proteine di riserva» che vengono adoperate soltanto in caso di bisogno. Il plasma, introdotto in animali affamati con bilancio proteico negativo, migra immediatamente negli organi, e senza aumento della escrezione di azoto. Viceversa, dopo ingenti perdite di sangue, il tasso delle proteine circolanti può essere riportato alla norma in breve t e m p o (la maggior parte in 1 o 2 giorni) per opera delle proteine labili dei tessuti (proteine di riserva dei tessuti), specie del fegato e dei linfonodi. A n c h e in condizioni normali esiste u n equilibrio dinamico tra proteine del plasma sanguigno e proteine labili dei tessuti; u n abituale scambio con meccanismo di « v a e vieni » paragonabile alla « alta e bassa m a r e a » ( W H I P P L E , M A D D E N e W H I P P L E ) . N o n è ancora chiarito se le molecole proteiche del sangue attraversino i capillari e le membrane cellulari come tali ( F E L I X e S C H Ü T T E , K L I N G E N B E R G e P E T E R S ed altri) o come aminoacidi e risp. peptidi; la maggioranza degli A u t o r i si è pronunciata a favore della seconda ipotesi. Negli ultimi tempi le ricerche condotte con aminoacidi marcati, con isotopi (idrogeno pesante, azoto, zolfo e altri) hanno dimostrato che gli eie-
57&
SANGUE
E
ORGANI
EMOPOIETICI
menti costitutivi delle molecole proteiche del plasma vengono metabolizzati velocemente. Aminoacidi marcati, somministrati per via orale, prima di tutto vengono assorbiti nell'intestino e qui sintetizzati per la maggior parte a formare molecole proteiche (al massimo dopo 6 ore). Una piccola parte, insieme ai secreti intestinali, v a a finire nel lume intestinale. L a maggior parte, al contrario, — sotto forma di aminoacidi liberi o di polipeptidi o di protidi (in quale rapporto reciproco, non è ancora abbastanza chiarito) viene portata al fegato per via portale e in quest'organo depositata (al massimo dopo 6-9 ore). Dal parenchima epatico questi metaboliti vengono poi rapidamente immessi di nuovo nel sangue e veicolati ai diversi organi. Poiché anche negli organi esiste un ricambio costante e veloce degli aminoacidi appartenenti alle molecole proteiche, questi migrano, per mezzo delle sostanze proteiche del plasma, da organo ad organo (equilibrio dinamico). In questo modo il plasma sanguigno riceve un afflusso di aminoacidi da tre parti, cioè dall'intestino, dal fegato e dagli altri organi; questi aminoacidi, per la maggior parte, vengono sintetizzati a formare proteine plasmatiche. Solo una piccola parte resta libera nel plasma — e come è noto, anche nelle sue cellule compresi i globuli rossi — . L a durata della vita delle sostanze proteiche del plasma è stata stimata di 3 o 4 settimane ( K E I L H A C K ) . Oltre ad assolvere una funzione nutritiva le plasma-proteine fungono da colloidi di protezione e da sostanze-tampone per l'equilibrio idrico e minerale (isoidria, isotonia, isojonia). L a forte idrofilia dell'albumina, circondata da un alone acquoso, la rende capace in particolar modo di regolare la pressione colloidoosmotica o oncotica. Una ipoalbuminemia e la conseguente caduta della pressione oncotica che ne deriva conduce alla formazione di edemi e alla diminuzione del volume del sangue. B E N N H O L D e Coli, hanno scoperto la capacità delle proteine plasmatiche di legare ioni, specie cationi, alle catene laterali e l'hanno indicata come « funzione veicolante ». Le albumine sono particolarmente adatte al trasporto di sostanze con qualità idrofile, così per esempio al trasporto di ioni inorganici (Ca), di molti farmaci e antibiotici, dei glicosidi ad azione sul cuore, della bilirubina, della vitamina C e della vitamina K e di diverse sostanze colorate (pigmenti). Le globuline (specie le a e le /? globuline) trasportano i grassi neutri, i lipoidi, i lipocromi, i polisaccaridi, le vitamine, gli ormoni, il ferro e altro. La funzione veicolante rende possibile un trasporto diretto (anche di molti medicamenti) a determinati organi e sistemi di organi e ha importanza per il luogo di eliminazione di determinate sostanze. Essenzialmente sono di primaria importanza la natura del veicolo e la stabilità del legame. Così i pigmenti legati lassamente alle albumine si eliminano attraverso i reni, quelli legati più tenacemente attraverso il fegato. I veicoli arrivano con il materiale trasportato nell'interno della cellula; solo qui quest'ultimo diviene libero. È interessante che il processo di assorbimento può modificare talmente la natura del veicolo da riuscire a far passare questo intero attraverso la membrana cellulare. M . B . S C H M I D T richiamò l'attenzione sul fatto che la fissazione in formalina, che distrugge fortemente, secondo B E N N H O L D , la capacità di legarsi delle plasmaproteine, cagiona la scissione dei grassi e dei lipoidi dalle loro sostanze-veicolo, fenomeno che spiega la colorazione assunta nei preparati
SANGUE
(GENERALITÀ)
577
istologici del plasma sanguigno, quando si usano coloranti al Sudan. È probabile che nello stesso modo si possa spiegare la colorazione di FEYRTER, il cui risultato positivo è noto come sia da attribuire al precedente fissaggio in formalina. Per quello che riguarda il significato del fibrinogeno nella coagulazione sanguigna (cfr. pag. 949) e il significato delle y-globuline come anticorpi (cfr. DÖRR), saremo molto brevi in questa sede. Vogliamo inoltre far notare la speciale funzione di alcune plasmaproteine altamente differenziate contenute nel plasma sanguigno, come l'ipertensinogeno, numerosi ormoni, sistemi fermentativi, enzimi ed altri. Se le plasmaproteine normali siano sintetizzate in un determinato tipo di cellula o in molti tipi di cellule, in un tessuto, in un organo o in vari organi non è stato ancora chiarito ( J Ü R G E N S , D I R R , F L E I S C H H A C K E R , M A D D E N e WHIPPLE,
WHURMANN
e
WUNDERLY,
HEINLEIN,
KEILHACK,
1944,
DOERR).
Come possibile fonte per la genesi delle plasmaproteine sono stati presi in considerazione il fegato, il midollo osseo, la milza, i linfonodi, l'apparato gastrointestinale e i polmoni. Particolare attenzione hanno richiamato le cellule del sistema reticoloendoteliale e, in prima linea, quelle del fegato, del midollo osseo e della milza. Tra le cellule del midollo osseo tutte furono indicate, almeno una volta, come produttrici di plasmaproteine; sia quelle appartenenti alla serie dei granulociti e degli eritrociti, come pure i megacariociti, i trombociti, i monociti, le cellule endoteliali e le plasmacellule. Mentre alcuni pensano che tutto lo spettro delle proteine venga prodotto da un solo tipo di cellula, altri ritengono che la produzione delle diverse frazioni proteiche sia dovuta a diversi sistemi cellulari ed organi, così per esempio le albumine del fegato e le frazioni proteiche grossolanamente disperse nel sistema reticoloendoteliale e nel midollo osseo. Alcuni Autori pensano alla possibilità che si formi un unico corpo proteico all'inizio, ad esempio nel fegato o nel sistema reticoloendoteliale, in seguito esso assume il suo aspetto definitivo in organi determinati (ad esempio nel sistema reticoloendoteliale, comprese le plasmacellule). L a tesi secondo la quale, in caso di aumento del fabbisogno, le globuline verrebbero sintetizzate dalle albumine e le albumine si formerebbero dalla scissione delle globuline, è stata argomento di critica (DÖRR). Inoltre, le plasmaproteine devono poter essere formate direttamente nel sangue circolante dalle proteine assorbite durante la nutrizione, dal lume intestinale. Tuttavia, ancora oggi, dalla maggioranza degli Autori, viene sostenuta l'origine cellulare della formazione delle plasmaproteine. Con molta probabilità l'intero processo di produzione delle proteine è regolato da meccanismi e KLAUSSEN, SCHRADE e
neuroormonici
(HOFF, PODHARDSKY,
HENRIQUES
altri).
Sulla formazione e immagazzinamento del fibrinogeno e dell'albumina per la maggior parte nel fegato, regna oggi un certo accordo. Quanta parte sia da attribuire all'azione delle cellule epatiche di per sé o all'azione delle cellule del sistema reticoloendoteliale intraepatico, non è stato ancora chiarito. È stata invece molto discussa la possibile formazione del fibrinogeno nel midollo osseo (cfr. F L E I S C H H A C K E R , K E I L H A C K , W U R M A N N e W U N D E R L Y , bibl.). Le globuline, secondo l'opinione di un gruppo di Autori, si formerebbero nel fegato, altri invece tendono a rendere responsabili della loro 37 —
KAUFMANN I
57»
S A N G U E E ORGANI
EMOPOIETICI
produzione anche o soltanto sistemi cellulari extraepatici. Più di tutte fu sostenuta, negli ultimi tempi, la capacità dei linfociti e delle plasmacellule a produrre delle globuline e in particolare quelle con caratteri anticorpali. Per primi M E M A S T E R e Coli., E H R I C H e H A R R I S , W H I T E e D O U G H E R T Y e altri, sulla base di osservazioni sperimentali su animali, hanno designato i linfociti come portatori di anticorpi, e come produttori di anticorpi (per altra letteratura cfr. D Ò R R , H A D F I E L D e G A R R O D ) , affermazione che, pur essendo stata contestata da molti Autori (bibl. in D A R C Y ) fu ripresa più tardi dallo stesso E H R I C H a favore delle plasmacellule ( E H R I C H , D R A B K I N e F O R M A N ) . Come dimostrazione che gli anticorpi vengono prodotti dalle plasmacellule, cellule che derivano dal sistema reticolo-endoteliale, viene segnalato il fatto che a un alto titolo di anticorpi si accompagna un aumento di plasmacellule ( K O L O U C H , B J O R N E B O E e Coli., B I N G e C H R I S T E N S E N , D O U G H E R T Y e G O R M S E N , G O R M S E N , R I C Ò e altri); inoltre che in animali sensibilizzati gli organi con maggior numero di plasmacellule presentano anche il più alto titolo di anticorpi (al contrario degli organi ricchi in linfociti) e che la forte basofilia (acido ribonucleico) del citoplasma si può spiegare, sulla base dei lavori istochimici di K A S P E R S O N , come indizio di sintesi proteiche all'interno del protoplasma delle plasmacellule ( B I N G , F R A G R A E U S e T H O R E L L e altri); F R A G R A E U S , K O LOUCH e Coli., M A R S H A L L e W H I T E , R I N G E R T Z e A D A M S O N , K E U N I N G e S L I K K E dimostrarono che il numero delle plasmacellule nella polpa rossa della milza, in conigli sensibilizzati, aumenta in modo proporzionale al titolo degli anticorpi nel sangue. Frammenti della milza contengono scarsi anticorpi, se però vengono trapiantati in vitro, allora il tasso di anticorpi cresce, e cresce molto di più nella polpa rossa ricca di plasmacellule che nella polpa bianca ricca di linfociti ( K E U N I N G e S L I K K E ) . In sostanza, sarebbero le plasmacellule immature che cedono anticorpi al mezzo di cultura ( M Ò S C H L I N e D E M I R A L ) . E V A N S osservò, in pazienti che avevano fatto una cura di raggi Roentgen, una diminuzione della produzione di anticorpi che andava parallelamente alla diminuzione del numero dei linfociti. M Ò S C H L I N e Coli. (cit. da M Ò S C H L I N e D E M I R A L ) poterono dimostrare, al contrario, che la produzione di anticorpi « in vitro » non viene influenzata, quando viene inoculato ACTH o cortisone ad animali sensibilizzati poco prima o dopo la reiniezione, anche se con ciò viene alterata la produzione di linfociti. Se gli ormoni invece vengono somministrati alcuni giorni prima della reiniezione, la produzione di anticorpi risulta fortemente diminuita (cfr. R E I S S e altri, S M I T H e Coli.). K E U N I N G e S L I K K E , D O E R R , B E G E MANN pensano che, insieme alle plasmacellule ci siano particolari cellule nei centri di reazione dei follicoli linfatici che sono cointeressate alla produzione di anticorpi. Nei lavori riportati viene affermata all'unanimità l'osservazione che quando si ha da una parte aumento del numero delle plasmacellule (specie di quelle immature) dall'altra corrisponde un aumento del titolo degli anticorpi locale (regionale) e risp. generale; per queste osservazioni la maggioranza degli Autori ha localizzato la produzione degli anticorpi nelle plasmacellule. Tuttavia nessuno degli esperimenti presi in considerazione parla contro — qualcuno anzi parla a favore ( D U B O I S - F E R R I È R E , D A R C Y ) — la possibilità che le plasmacellule prendano dal sangue e dai liquidi intercellulari degli organi proteine alterate, ad
SANGUE
(GENERALITÀ)
579
esempio antigeni come batteriotropine, tossine, proteine derivanti dalla lisi dei corpi cellulari e altre, e che l'aumento delle plasmacellule sia cosi l'espressione di una iperplasia compensatoria da aumentato lavoro di riassorbimento ( K A B E L I T Z , D U B O I S - F E R R I È R E , D A R C Y ) . Gli esperimenti di F R A G R A E U S , secondo i quali una immunizzazione passiva non provocherebbe un aumento sensibile di plasmacellule, non possono confutare in modo decisivo questa tesi. L a nota affermazione che il titolo di anticorpi, nel caso di un apporto circoscritto di antigeni, comincia a salire prima di tutto nei linfonodi regionali •— e parallelamente alla proliferazione delle plasmacellule immature — e solo in un secondo tempo salirebbe nel sangue, è stata messa in dubbio in base alle ricerche di H A B E L e E N D I C O T T . Secondo questi Autori almeno la gran parte degli anticorpi che si possono ritrovare nei linfonodi, deriva dal sangue; valori relativamente alti di anticorpi si potevano trovare soltanto in quei linfonodi che presentavano uno stato di irritazione. Anche M C N E I L osservò nel siero di sangue un titolo di anticorpi molto più alto che nei linfonodi e da questo dedusse che con molta probabilità sono molti i sistemi cellulari deputati alla produzione delle plasmaproteine. S C H W E I Z E R e R E B E R dimostrarono che è vero che in un primo stadio gli anticorpi vengono formati localmente nei linfonodi regionali (titolo degli anticorpi della linfa del dotto toracico più alto che nel siero di sangue), che però in una fase più tardiva la produzione di anticorpi avviene anche in altri luoghi (titolo degli anticorpi più alto nel siero di sangue). H E I N L E I N , dopo iniezione di vaccino di Shiga, notò un aumento nettamente sensibile del titolo degli anticorpi, ma nessun aumento delle plasmacellule. Con ciò la tesi della produzione degli anticorpi da parte delle plasmacellule non può essere considerata valida ( D A R C Y , D U B O I S - F E R R I È R E , H A B E L e E N D I C O T T , ecc.). Noi stessi vediamo nelle plasmacellule, insieme a D U B O I S F E R R I È R E , prima di tutto un sistema cellulare deputato al riassorbimento e alla disintossicazione di proteine eterogenee. Le plasmacellule del midollo osseo fissano l'inchiostro di china e rispondono a stimoli di sostanze eterogenee con una netta tendenza alla proliferazione ( D U B O I S - F E R R I È R E ) , inoltre in condizioni particolari fissano anche emosiderina (cfr. pag. 621). Fino a che punto le plasmacellule siano interessate nella produzione di anticorpi, oltre che nella disintossicazione delle proteine, rimane da stabilire; non si può escludere la possibilità che tutte le cellule che partecipano alla infiammazione (istiociti, granulociti) siano anche deputate alla formazione di anticorpi. Si ricordi in breve che anche la derivazione delle plasmacellule dalle cellule del sistema reticolo-endoteliale è ancora «sub judice » (cfr. pag. 621). Secondo D U B O I S - F E R R I È R E e K L I M A queste possono essere anche interpretate come linfociti immagazzinanti proteine eterogenee, cioè come una fase funzionale (fase irritativa) dei linfociti stessi. Ancora molto problematico resta il punto di vista di molti Autori secondo i quali le plasmacellule darebbero origine alla frazione proteica del plasma sanguigno grossolanamente dispersa (globuline e secondo alcuni anche fibrinogeno); in prima linea vengono rese responsabili di questo le plasmacellule reticolari del midollo osseo ( B I N G , B R A S S , H E N N I N G , F L E I S C H H A C K E R , M A R K O F F , M Ò S C H L I N , R O H R , S C H O E N e T I S C H E N D O R F e altri). A P I T Z descrive
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SANGUE E ORGANI
EMOPOIETICI
semplicemente le plasmacellule come produttrici di plasmaproteine (anche U N D R I T Z , K . H E C K N E R ) . Le plasmacellule, in condizioni fisiologiche, si troverebbero prevalentemente nella mucosa dell'apparato gastrointestinale e nel sistema linfatico. A favore della formazione nelle plasmacellule delle plasmaproteine grossolanamente disperse vengono riportati i seguenti argomenti: 1) L a forte basofilia del citoplasma delle plasmacellule parlerebbe, in base alla teoria di K A S P E R S S O N , per una produzione di proteine (cfr. anche le ricerche al microscopio a contrasto di fase ed altri di M O S C H L I N e dei suoi collaboratori). 2) Frequentemente, nelle infiammazioni croniche, si trovano nel citoplasma delle plasmacellule, e raramente anche nel nucleo (cfr. K A N Z O W ) O anche negli spazi intercellulari, degli aggregati proteici di grandezza variabile, i cosi detti corpi di R U S S E L e (più raramente) cristalli proteici ( A P I X Z , K A N Z O W , Lett., Z E T T E R G R E N ) . K A B E L I T Z li ha trovati anche nelle plasmacellule normali del midollo osseo. Sulle loro proprietà tintoriali cfr. pag. 976. Essi furono interpretati in questi ultimi 50 anni in modo assai differente ( A P I T Z , K A N Z O W ) . In questa relazione ricordiamo unicamente che A P I T Z (1940) sulla base dei suoi risultati definì le plasmacellule nel loro insieme come produttori fisiologici specifici di plasmaproteine. Secondo P E A R S E i corpiccioli di Russel sarebbero costituiti in prevalenza da mucoproteine con acido ribonucleico come sostanza cementante. Essi sarebbero espressione di secrezione cellulare o di degenerazione. L a presenza di vacuoli situati nel citoplasma sarebbe ugualmente da interpretare come espressione di attività secernente. 3) Secondo U N D R I T Z la plasmacellula è filogeneticamente la più antica cellula sanguigna. L a comparsa delle prime plasmaproteine del sangue sarebbe strettamente collegata con la presenza di plasmacellule nelle specie superiori di animali. U N D R I T Z parla di un « sistema ghiandolare di plasmacellule » che sarebbe comune a tutti gli animali e presiederebbe alla formazione delle plasmaproteine sanguigne. 4) In stati patologici di iper- e para-proteinemie, così ad esempio nel plasmocitoma (cfr. pag. 996) e inoltre in determinate infezioni croniche ed altre affezioni, che mostrano alterazioni proteiche simili o del tutto uguali (cfr. pag. 1005), si trova molto spesso una fortissima proliferazione delle plasmacellule nel midollo osseo e spesso anche delle plasmacellule al di fuori del midollo stesso. 5) L'aspetto delle plasmacellule del midollo osseo del plasmocitoma presenta alcune particolarità, in q u a - t o alcune frazioni delle plasmaproteine del sangue si modificano in senso patologico (cfr. pag. 996). Contro la teoria della secrezione si possono riportare gli argomenti seguenti: D U B O I S - F E R R I È R E , appoggiandosi ai vecchi lavori di A S C H O F F e A S K A N A Z Y ha sostenuto che la basofilia dei citoplasmi e la loro vacuolizzazione sono piuttosto da riferire a un processo di riassorbimento delle proteine. Anche le nuove conoscenze di citochimica (ricchezza in acido ribonucleinico) non devono essere per forza interpretate come espressione di produzione di proteine, ma possono essere benissimo interpretate come espressione di demolizione di proteine, cioè di elaborazione delle proteine che segue il loro assorbimento.
SANGUE
(GENERALITÀ)
581
KANZOW ammise che i corpi di Russel e i cristalli proteici che si trovano nelle infiammazioni croniche non fossero espressione di una secrezione di proteine, ma di un riassorbimento (cfr. anche DUBOIS-FERRIÈRE e K A B E L I T Z ) . Visto che proteine fisiologiche non presentano fenomeni di coacervazione (comparsa di gocce Jaline) né di cristallizzazione (viene negato da KABELITZ), si tratta evidentemente (KANZOW) del riassorbimento di plasmaproteine atipiche che si trovano nel tessuto in disfacimento (paraproteinosi locale, KANZOW) . DUBOIS-FERRIÈRE e poi KABELITZ trovarono nel citoplasma delle plasmacellule, in varie condizioni, inclusi proteici e cristalli in parte omogenei, in parte diffusi o a forma di goccia o con altri aspetti. A favore della teoria del riassorbimento parlano inoltre le ricerche di TERBRÙGGEN e di R A N DERATH sul riassorbimento a goccie jaline nell'epitelio tubulare del rene (cfr. questo capitolo) e le ricerche di ALTMANN sulla cellula epatica. L o stesso vale per il plasmocitoma (cfr. pag. 1006). L a presenza di vacuoli nel citoplasma di una cellula è senz'altro molto significativa. È anche molto significativo il f a t t o che il numero delle plasmacellule normali del midollo osseo (APITZ) e anche, all'infuori di questo, l'intero sistema fisiologico di plasmacellule (WUHRMANN e WUNDERLY) non basta per spiegare la produzione fisiologica di plasmaproteine. Inoltre, secondo ASKANAZY e DUBOIS-FERRIÈRE (DUBOIS-FERRIÈRE, 1943) le plasmacellule comparirebbero nella mucosa gastrointestinale del neonato soltanto con l'instaurarsi dei processi digestivi e di assorbimento dei cibi. ANDREASEN ed altri estirparono il sistema linfatico il più completamente possibile (90 % circa) (timo, linfonodi e milza); dopo di ciò non notarono alcuna modificazione degna di rilievo nel tasso delle plasmaproteine, e negarono perciò qualsiasi significato particolare di questi organi per la produzione delle proteine plasmatiche. FRAGRAEUS trovò finalmente dopo ripetute plasmaferesi, che durante la fase della rigenerazione globulinica non si verificava alcun aumento delle plasmacellule (contro la teoria della secrezione parlano anche i lavori di KLINGEMANN). Gli argomenti che contestano i punti 4 e 5 si trovano a pag. 1005 e seguenti.
R i a s s u m e n d o si p u ò affermare che l'ipotesi della formazione delle plasmaproteine grossolanamente disperse all'interno delle plasmacellule è d i v e n u t a m o l t o poco accettabile (cfr. H E I N L E I N , D U B O I S - F E R R I È R E , K A N Z O W ed altri). L a parte principale nella sintesi delle plasmaproteine sarebbe da riportare al f e g a t o e al sistema reticoloendoteliale nella sua f o r m a indifferenziata e cioè nelle sue p a r t i intra ed e x t r a e p a t i c h e , opinione q u e s t a sostenuta d a H E I N L E I N , L E T T E R E R e Coli., W U H R M A N N , D O E R R , D U B O I S F E R R I È R E e altri. W U H R M A N N sostiene energicamente la funzione delle plasmacellule nel riassorbimento delle proteine, e si pronuncia contro « la più o meno esclusiva origine delle proteine sanguigne, specie quelle grossolanamente disperse, nelle plasmacellule del midollo osseo, in particolare in condizioni patologiche ». L e sue argomentazioni e le r e l a t i v e contestazioni sono, per la m a g g i o r p a r t e riportate nel testo che precede. P a r i m e n t i egli sostiene che le plasmacellule a v r e b b e r o u n a certa relazione con la produzione delle plasmaproteine. Esse rappresenterebbero
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SANGUE E ORGANI
EMOPOIETICI
uno stadio funzionale di alcune multipotenti cellule del sistema reticoloistiocitario, per così dire, il loro più alto grado di maturazione e evidentemente in condizioni fisiologiche e patologiche parteciperebbero alla formazione delle plasmaproteine, e, come dimostrò B R A S S per la prima volta (1943), degraderebbero le sostanze proteiche. In condizioni patologiche esse devono prendere dal sangue le proteine (grossolanamente disperse) alterate, immettendone però anche alcune nel sangue, così detti trasformatori proteici ( B R A S S , 1943). C'è da domandarsi a questo punto se la paraproteinemia del sangue potrà essere chiarita soltanto con questa attività alterata. Anche" se non si può affermare nulla di definitivo, noi crediamo si possa dire che le plasmacellule rappresentano forme patologiche di irritazione del sistema reticolo-endoteliale o dei linfociti ( D U B O I S F E R R I È R E , K L I M A ) (nuovi lavori sperimentali hanno messo in dubbio i loro rapporti con le cellule del reticolo; cfr. pag. 621 e segg.) e che esse, come minimo, immagazzinano in forte maggioranza delle proteine, specie quelle con caratteristiche di antigeni. I reperti morfologici riportati per dimostrare una formazione o una trasformazione delle proteine, stanno più ad indicare un processo di riassorbimento o sono da interpretare in senso duplice. Mentre la possibilità che la produzione degli anticorpi avvenga attraverso le plasmacellule non è del tutto da rigettare, ci sembra che esse abbiano una importanza molto secondaria nella produzione delle altre globuline (1), sia in condizioni fisiologiche che patologiche. Come principio generale bisogna pensare che le sieroglobuline normali secondo D Ò R R (1949) molto probabilmente devono la loro origine alle stesse cellule che danno luogo agli anticorpi.
I LEUCOCITI La classe dei leucociti comprende i granulociti a nucleo lobato o polimorfo, i piccoli linfociti e i monociti. Il loro numero totale è di 6000 fino a 8000 in un mm 3 e comprende il 60-70 % di granulociti neutrofili (di cui l'i-3 % con nucleo a bastoncello), l'i-4 % di granulociti eosinofili, lo 0-1 % di granulociti basofili, il 20-30 % di linfociti, il 6-8 % di monociti. In caso di incertezza è possibile distinguere i granulociti dai tipi di cellule prive di granulazioni (linfociti, monociti, plasmacellule) per mezzo delle seguenti reazioni istochimiche: i granulociti sono ossidasi — e perossidasi — positivi, le altre cellule negative; i nuclei delle cellule (1) DUBOIS-FERRIÈRE ritiene che le y-globuline siano solo i vettori degli anticorpi e vengano formate nel fegato.
SANGUE (GENERALITÀ)
583
della serie mieloide sono molto ricchi in acido ribonucleinico, quelli delle altre cellule contengono in maggioranza acido desossiribonucleinico (test di Brachet con ribonucleasi e desossiribonucleasi, THOMA, 1950). L'ultima reazione viene anche usata per distinguere le leucosi linfatiche dalle mieloidi ( O B E R N D O R F E R ) .
a) I G R A N U L O C I T I
NEUTROFILI
I granulociti maturi presentano un nucleo molto segmentato, quasi picnotico. Il citoplasma scarsamente colorabile mostra una fine, compatta granulazione neutrofila. I granuli, secondo GORDIN, non sono solidi, ma fluidi, cioè « goccioline »; queste sono unite fra loro per mezzo di fili e ponti (struttura reticolare del citoplasma con le goccioline ai punti nodali). I ponti e i legami sono reversibili, per cui la struttura a rete ha possibilità di modificazioni. Al microscopio a contrasto di fase i granuli presentano particolarmente durante un aumentato metabolismo e durante gli spostamenti cellulari, vivaci movimenti ( F R A N K E ) . I granuli contengono probabilmente un estere dell'acido jaluronico; nella lisi dei leucociti queste sostanze (secondo L A V E S - T H O M A ) devono influenzare il tasso in glicoproteine del plasma sanguigno. Le ossidasi e le perossidasi sono legate ai granuli ( L A V E S THOMA). La ossidasi (fermento termostabile) può essere messa in evidenza dopo aggiunta di alfa-naftolo con dimetil-parafenilendiamina. Per azione dell'ossidasi, si forma per deidrogenazione, indofenolo blu. Le perossidasi sono fermenti relativamente termostabili, il gruppo attivo delle quali è chimicamente identico a quello delle emine. Esse sono tuttavia milioni di volte più attive delle emine. La loro attività catalitica agisce in presenza di perossidi che si formano durante il metabolismo della cellula. Per la loro presenza vengono ossidate anche altre sostanze che constano di combinazioni aromatiche deidrogenate che non possono essere attaccate direttamente dall'ossigeno e dai perossidi. Per la loro resistenza si può metterle in evidenza anche in materiale fissato in alcool e incluso in paraffina. Si lascia agire su una fettina o su uno striscio da esaminare acqua ossigenata e benzidina in ambiente acidificato. Si formano allora dei precipitati blu-verdastri o bruni. Quando si impiega l'alfa-naftolo i granuli contenenti l'enzima si colorano in bruno-nerastro. Sulle inclusioni di lipoidi, glicogeno e ferro dei diversi tipi di granulociti e dei loro prestadi cfr. G I B B e S T O W E L L , E R À N K Ò , W I S L O C K I e Coli., RHEINGOLD e W I S L O C K I , STORTI e P E R U G I N I , che danno notizie anche sul contenuto in lipoidi delle cellule patologiche. Sulla sintesi del blu di indofenolo dei leucociti cfr. SCHÙMMELFEDER; sul contenuto in fosfatasi, P L U M , H A I G H T e R O S S I T E R , K E R P O L A dove si tro-
SANGUE E ORGANI EMOPOIETICI
5«4
vano anche notizie sul contenuto in fosfatasi di cellule in condizioni patologiche.
P e r l a c i t o c h i m i c a c f r . T H O R E L L , L A V E S , THOMA e
altri.
L'esame al microscopio elettronico ci dà la rappresentazione della ultrastruttura dei leucociti in base alla loro distensione su determinate superfici (fig. 215). Nel mezzo si trova il nucleo opaco. Seguono poi:
Fig. 215. Granulocita con pseudopodi lunghi e delicati, fotografato al microscopio elettronico. Le zone chiare in alto corrispondono al nucleo (da B E R N H A R D , B R A U N S T E I N E R , F E B V R E e H A R E L , 1950).
1. L a zona perinucleare (finemente reticolata) che contiene i granulini neutrofili e corpiccioli più piccoli identificabili con i mitocondri e i condrioconti; 2. L a zona dello jaloplasma (struttura reticolare a fili sottili) che racchiude i più piccoli microsomi; 3. L a zona degli pseudopodi, molto sottili, lunghi e ramificati (BESSIS e
BRICKA,
BERNHARD,
BRAUNSTEINER,
FEBVRE
e
HAREL).
Con l'aiuto dei loro pseudopodi i granulociti sono capaci di movimenti
SANGUE (GENERALITÀ)
585
ameboidi; essi attraversano i sottili pori della barriera endoteliale e migrano nei tessuti con una velocità di circa 3 mm. all'ora. Essi sono capaci di aderire alle superfìcie (specie ineguali) e di distendersi su di esse. Su questa possibilità è basata molto probabilmente la loro tendenza alla aggregazione, che aumenta in tutte le infezioni, salvo che nell'endocardite lenta (in cui c'è anche una diminuzione dell'attività fagocitarla) ( T I S C H E N D O R F e F R I T Z , Lett.). F L E C K chiama questa tendenza dei leucociti di conglobarsi «leucoergia». Al fenomeno prenderebbero parte autoagglutinine specifiche per i granulociti e per i linfociti. Funzionalmente i granulociti sono deputati alla fagocitosi (microfagi). Corpi estranei o non estranei, viventi (microrganismi) o morti, e in particolare sostanze nocive all'organismo vengono captate dai granulociti e, se possibile, distrutte e neutralizzate. Secondo F R A N K E i granulociti potrebbero attaccarsi agli eritrociti e ai megacariociti coi loro prolungamenti e aspirare il contenuto di questi ultimi (osservazione fatta al microscopio a contrasto di fase). L'attività fagocitarla è dipendente dalla tensione superficiale e può essere influenzata in senso positivo o negativo da diversi fattori, p. es. dalla temperatura, dai raggi Rontgen, da sostanze chimiche, da fattori nutritizi (carenza di proteine) e da suppurazioni croniche, dal diabete mellito, vitamine, ormoni (ACTH, ormoni corticosurrenalici, ovarici, tiroidei) e da disturbi del diencefalo ( H O F F , B E N E T A T O ed altri) attraverso il sistema nervoso vegetativo; altre particolarità sull'argomento sono riportate da B E R R Y e S P I E S S . Secondo F R I T Z E , F R I T Z E e D Ò R I N G il potenziale elettrico della cellula (carica e tensione superficiale) influenza l'agglutinazione, l'aggregazione, la migrazione, la motilità e la fagocitosi e determina ad es. da un lato l'attività fagocitaria dei granulociti nelle infiammazioni acute, dall'altro quella dei linfociti nelle infiammazioni croniche. L'attività fagocitaria inoltre è rinforzata dall'azione delle opsonine e delle batteriotropine, tuttavia W O O D e Coli, e M. R. S M I T H e Coli., hanno dimostrato che sostanze estranee possono venir fagocitate dai granulociti anche in assenza di opsonine. I granulociti sono attirati verso la parete vasale e verso gli altri granulociti, e si formano piccoli coaguli di fibrina che fissano gli agenti patogeni. Con ciò i granulociti diventano viscosi, aderenti, assumono movimenti ameboidi, fagocitano. La fagocitosi e i movimenti ameboidi avvengono senza che aumenti il consumo di ossigeno della cellula. I granulociti danno origine a delle sostanze protettive così dette « Leuchine », contengono inoltre enzimi come proteasi, diastasi, lipasi, catalasi, nucleotidasi, fosfatasi, ossidasi e perossidasi ( P L U M C. M., 1950). La reazione della perossidasi diventa positiva quando i leucociti sono alterati, circa nello stesso lasso di tempo necessario perché, in una alterazione del sangue in toto, avvenga l'emolisi (i corpuscoli del pus diencefalo sono sempre perossidasi-positivi). Il fenomeno si basa evidentemente su una alterazione della struttura dei granulociti e indica l'esistenza di una
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SANGUE E ORGANI EMOPOIETICI
relazione con il loro contenuto in acido ascorbico che sembra avere una azione inibente sulla attivazione delle perossidasi ( B E T K E ) . Perciò i granulociti costituiscono una parte indispensabile e necessaria alla vita, del sistema di difesa dell'organismo. Una deficienza di leucociti porta alla anergia con tutte le sue conseguenze (cfr. pag. 687). I granulociti, dopo la nascita, in condizioni fisiologiche, sono prodotti solo dal midollo osseo. In condizioni patologiche possono essere prodotti in qualsiasi luogo dalle cellule indifferenziate del sistema reticolo-istiocitario (v. pag. 626). Nelle infiammazioni i granulociti migrano dal sangue e attraverso la parete vasale si portano nei tessuti (per lo meno la maggior parte) ( C O H N HEIM, T A N N E N B E R G , B Ù N G E L E R , B Ù N G E L E R e W A L D , ulteriore Lett. in B Ù N G E L E R ) . v. M Ò L L E N D O R F e Coli., prima di tutti, si sono opposti a questa tesi sostenendo che la maggior parte dei granulociti prendono origine in loco dai fibrociti. Contro questa tesi parlano i seguenti esperimenti e risultati: 1. T A N N E N B E R G ha visto l'emigrazione dei granulociti dal letto vasale nei tessuti direttamente intra vitam, osservandola in particolare nella camera di Clark nell'orecchio del coniglio e riprendendola con un film. 2. Durante l'agranulocitosi umana e nelle neutropenie sperimentali indotte dal benzolo ( G E R L A C H ) , i granulociti non mancano soltanto nel sangue, ma anche nei tessuti infiammati. La giustificata (1) obiezione di v. M Ò L L E N D O R F che in queste malattie potrebbe essere leso il mesenchima in toto, viene a cadere di fronte ai seguenti esperimenti di B Ù N G E L E R . Dopo una iniezione parenterale di proteine si sviluppa notoriamente negli animali da esperimento una leucocitosi e risp. una leucopenia, in modo che per parecchie ore nel territorio splancnico rimane una leucocitosi e nei territori sanguigni periferici cutanei una leucopenia. Se ad un certo punto si provoca un processo infiammatorio nell'ambito di ambedue i territori sanguigni nello stesso tempo, ad es. con una iniezione di trementina, si può allora vedere che la infiltrazione leucocitaria manca del tutto nei territori cutanei, mentre il tessuto infiammato nell'ambito del territorio splancnico è inondato addirittura di leucociti. L'esperimento lascia chiaramente intendere che il contenuto in leucociti dei tessuti infiammati dipende interamente dal contenuto in leucociti del letto sanguigno. 3. Coloranti vitali (ad es. inchiostro di china) inoculati sottocute, vengono immagazzinati dagli istiociti sotto forma di granuli. In questo modo B Ù N G E L E R marcò le cellule connettivali che avevano facoltà granulopessica (1927). Agendo, più tardi nello stesso distretto, con uno stimolo infiammatorio (ad es. una iniezione di trementina) ci si doveva aspettare che i leucociti contenessero delle particelle di colore vitale, se essi veramente derivavano dalle cellule connettivali. L'esperimento tuttavia di( 1) C f r . BÙNGELER, BÙNGELER e WALD.
SANGUE
587
(GENERALITÀ)
mostrò che i granulociti contenevano particelle di colore vitale solo quando nel tessuto, a causa della iniezione di trementina, era intervenuto un processo necrotico. Così fu dimostrato che i granulociti dei territori infiammati non derivano dagli istiociti del connettivo ma provengono direttamente dal lume dei vasi. Una argomentazione significativa per la tesi presentata da P. GRAWITZ, P . B U S S E - G R A W I T Z , K R E M E R , LEPESCHINSKAJA, A L E K S A N D R O W I C S e
altri, secondo la quale i granulociti potrebbero originare ovunque attraverso forme nane e intermedie (forme di passaggio) dalla sostanza amorfa intercellulare del connettivo (cosiddetta patologia molecolare) non è stata sinora addotta. I granulociti invecchiati normalmente (durata della vita circa 2 o 5 giofni), vengono immagazzinati dalle cellule del sistema reticolo istiocitario e distrutti. In caso che la distruzione dei leucociti aumenti, ad es. nelle leucosi, allora i nucleoproteidi (il così detto acido urico endogeno) si accumulano negli organi (infarti di acido urico) e nell'urina.
b) L E U C O C I T I
CON G R A N U L A Z I O N I
EOSINOFILE
I leucociti con granulazioni eosinofile 0 granulociti eosinofili, come tutti gli altri granulociti, prendono origine esclusivamente dal midollo o s s e o . L a l o r o o r i g i n e n e i t e s s u t i (v. MOLLENDORF, N E U M A N N e HOMMER,
BUSSE-GRAWITZ e altri) non è stata finora dimostrata con sicurezza. I granuli eosinofili, acidofili, sono più grandi e più grossolani dei neutrofili. I granuli dei granulociti eosinofili a fresco sono fortemente rifrangenti, di colore verdastro e muniti di membrana semipermeabile (VERCAUTERN) . L ' i s t o c h i m i c a d e i g r a n u l i è s t a t a s t u d i a t a d a P E T R I , N E U M A N N , THOMA, L A V E S , e THOMA, V E R C A U T E R N
e altri.
L'interno dei granuli
è
costituito da proteine, ricche in istoni, specialmente in arginina. Le nucleoproteine mancano. L a membrana è molto ricca in lipoidi, specie in fosfolipoidi che sono essenziali per gli eosinofili. I granuli e i cristalli di CHARCOT-LEYDEN che da questi derivano contengono fosfato di sperm i n a . S u i cristalli di CHARCOT-LEYDEN cfr. AGRESS e STARKEY.
L a funzione dei granulociti eosinofili è strettamente collegata con i processi allergici, durante i quali essi si trovano regolarmente nel sangue e nei tessuti (organi di shock). Probabilmente sono interessati a reazioni enzimatiche di neutralizzazione (secondo GODLOWSKI) e al trasporto degli antigeni. I granuli devono essere anche secreti all'intorno dalla cellula. Visto che i granulociti eosinofili sono ricchi in istamina, questi furono anche indicati come donatori di istamina (DALTON). È probabile che si tratti di
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SANGUE E ORGANI EMOPOIETICI
una assunzione e disintossicazione dell'istamina (VERCAUTERN) , al qual proposito è interessante il fatto che la spermina è dotata di una forte azione antiistaminica. Secondo K À D A S i granulociti eosinofìli assorbono e disintossicano i fenoli. L'alto contenuto in ferro dei granuli ha fatto pensare a una relazione tra i granuli degli eosinofìli e il trasporto del ferro. L a durata della vita dei granulociti eosinofìli è di circa 10-14 giorni (JEANNERT e FISCHER). I granulociti eosinofìli sono influenzati dagli ormoni corticosurrenalici (pag. 725).
c) G R A N U L O C I T I B A S O F I L I
I granulociti basofili (mastzellen del sangue) sono anche essi prodotti dal midollo osseo. I granuli basofili, ossidasi-positivi (1), contengono anche essi, come le mastzellen degli organi, polisaccaridi altamente esterificati (esteri polisolforici dell'acido ialuronico), verosimilmente del tipo del polimero acido mucoitinsolforico, e forse anche acido ribonucleico ( L A V E S e THOMA). Da queste sostanze derivano probabilmente, così come dalle mastzellen degli organi (cfr. pag. 622) le sostanze del tipo dell'eparina inibenti la coagulazione sanguigna (THOMA e WIERCINSKI, BEHRENS e TAUBERT).
d) MONOCITI
I monociti dell'uomo normale, che somigliano agli istiociti, sono le cellule più grandi del sangue circolante (12-20 micron). Essi sono rotondi o leggermente ovali. Il nucleo, grande, rotondo, spesso però reniforme, ombelicato o fortemente lobato, mostra una trama di cromatina discontinua, reticolata. Il loro citoplasma si colora col Giemsa in grigio-blu e contiene fini granuli azzurri e corpiccioli di forma finemente granulare, più o meno appariscenti, ossidasi e perossidasi positivi. I monociti costituiscono un componente regolare della parte del sangue circolante (3-8 %). A l microscopio elettronico essi si differenziano dagli altri leucociti soprattutto perché non presentano pseudopodi, ma hanno invece una membrana ondulata (fìg. 216). Nel citoplasma perinucleare si trovano numerosi fini mitocondri. Per altre notizie sui monociti, cfr. pagg. 609 e 629.
(1) I g r a n u l i delle m a s t z e l l e n d e i t e s s u t i s o n o
ossidasinegativi.
SANGUE (GENERALITÀ)
589
Fig. 216. Monocita fotografato al microscopio elettronico (da
BERNHARD,
BRAUNSTEINF.R,
e)
FEBVRE
e
HAREL).
LINFOCITI
I linfociti hanno origine negli organi linforeticolari (pag. 1017). Essi si trovano nel sangue del feto fin dal quarto mese di gravidanza. Le piccole cellule presentano un nucleo ammassato rotondo, molto ricco di cromatina, fortemente basofilo, e molto ricco in acido timonucleinico (LAVES e THOMA) . Con speciali preparazioni per i ribopolinucleotidi si possono mettere alcune volte in evidenza nel nucleo uno, talora due, di rado più corpuscoli nucleari (STOCKINGER e KELLNER, THOMA). Il sottile strato di citoplasma circonda il nucleo tutto intorno o, più frequentemente, a forma di falce; esso è molto ricco in ribopolinucleotidi. Sul loro contenuto in fosfatasi prevalentemente acida confronta HAIGHT e ROSSITER. Non sono molto chiare le conoscenze sul modo di dividersi dei linfociti. Mitosi se ne osservano solo molto raramente: secondo STOCKINGER e KELLNER la divisione segue
59°
S A N G U E E ORGANI EMOPOIETICI
lo strozzamento del nucleo (carionomia). L'osservazione al microscopio elettronico (fig. 217) mostra che i linfociti posseggono degli pseudopodi che sono più corti, più larghi e più rigidi di quelli dei granulociti e che circondano la cellula in modo regolare come una corona raggiata. Il loro citoplasma contiene solo scarsi mitocondri (BERNHARD ed altri) (cfr. pag. 1017).
Fig. 217. Linfocita fotografato al microscopio (da
BERNHARD,
BRAUNSTEINER,
elettronico
FEBVRE
e
HAREL).
In certe malattie (roseola, epatite epidemica e altre) si trovano nel sangue le così dette plasmacellule « linfocitarie » (cfr. pag. 1017). Molto vicini come tipo alle plasmacellule linfocitarie sono i monociti linfoidi o linfatici (cfr. pag. 1018). Essi si trovano in gran numero soprattutto nella monomi cleosi infettiva, ma anche nella roseola e in altre forme morbose. I movimenti ameboidi dei linfociti sono molto più limitati di quelli dei granulociti. Come questi ultimi, essi attraversano gli epiteli delle mucose e si portano nei territori infiammati passando attraverso la parete vasale. I linfociti dominano principalmente il quadro delle infiammazioni croniche insieme alle plasmacellule; si trovano anche però qualche volta in gran
SANGUE
(GENERALITÀ)
591
numero in alcune reazioni infiammatorie acute (Tbc.). Essi contengono meno enzimi dei granulociti, soprattutto lipasi, e non hanno capacità fa gocitarie; mentre si può loro attribuire una probabile funzione nei meccanismi di riassorbimento (proteine eterogenee, antigeni, anticorpi). La loro possibile partecipazione alla produzione di anticorpi (gamma-globuline) è discussa (cfr. pag. 578). La durata della vita dei linfociti non è fissata. Alcuni attribuiscono una vita molto breve, altri lunga.
f) FORME DI DISINTEGRAZIONE DEI LEUCOCITI
È noto da molto tempo che dopo una lunga permanenza del sangue in una provetta si verificano fenomeni di disfacimento a carico dei leucociti. La stessa cosa si può notare nel cadavere, in particolar modo nei vasi del fegato, in minor misura anche nel polmone, nel midollo delle ossa, nei linfonodi, mentre in altri organi, compresa la milza, il fenomeno non si verifica (STAEMMLER). Alterazioni dello stesso tipo si possono notare nelle cellule che sono fuoriuscite dai vasi sanguigni (essudati, ascessi, necrosi, infarti, ecc.). S T A E M M L E R le ha indicate come ipersegmentate, giacché i nuclei si spezzettano in molti frammenti (fino a 20) (carioressi). La granulazione del citoplasma diventa allora meno chiara, però la reazione ossidasica è ancora positiva. Già S T A E M M L E R aveva notato che la carioressi interviene per una minima parte già « intra vitam », e per la gran parte solo post mortem. Negli ultimi tempi furono notati fenomeni simili anche in strisci di individui viventi. Questi tipi di piccole « cellule leucocitarie di disintegrazione » appaiono in gran quantità a ondate, per così dire a crisi ( H U N D R I T Z , H E I L M E Y E R e v. M U T I U S , L Ù B B E R S , K O C H ) . Esse sono contraddistinte da nuclei rotondeggianti, fortemente picnotici, segmentati (4-5 segmenti). Il citoplasma presenta l'agglutinazione dei granuli; più tardi la struttura diventa alveolare e si arriva alla vacuolizzazione e finalmente alla lisi della cellula. Tali modificazioni vengono indicate come segni di invecchiamento, di morte e di disintegrazione. Nella maggioranza dei casi si tratta di granulociti segmentati e più raramente di linfociti e monociti e forme immature dei primi. Qualche volta le cellule disintegrate vengono fagocitate da altre cellule (reticolociti, monomacrofagi). In maggior numero si trovano nelle infezioni, nei disturbi del circolo, dopo le operazioni, le encefalografie, le emorragie, l'irradiazione con raggi Rontgen ( W A G N E R ) , dopo iniezione di iprite, tiouracile, tiroxina, cortisone, ormoni corticotropi e tireotropi, durante processi neoplastici, ma anche spontaneamente senza alcuna causa determinata ( H E C K N E R ) . Per l'eziologia vengono presi in considerazione, oltre ai fattori costituzionali, meccanismi di risparmio
592
SANGUE E ORGANI EMOPOIETICI
nel logorio cellulare (HEILMEYER e v . MUTIUS), alterazioni a carico del sistema reticolo-endoteliale (eliminazione di cellule fagocitate dalle cellule del reticolo, UNDRITZ, REMY e HAUPTMEIER), stasi, stimoli nervosi centrali (LÙBBERS), influenze endocrine (KOCH e MECHOW) e altri. Secondo HECKNER sono per la genesi delle forme di disintegrazione senza significato la gravità di una malattia, la stasi sanguigna, la condizione del sistema reticolo istiocitario (la disintegrazione intracellulare dei leucociti at J raverso la cariolisi, non a v v i e n e attraverso la carioressi come nel sangue circolante) e le tossine nocive alle cellule. Egli interpreta il fenomeno, in analogia alla carioressi dei normoblasti nell'anemia perniciosa, come espressione di una perdita patologica del nucleo. LENNERT e STIRNWEISS hanno studiato la disintegrazione leucocitaria nella milza del topo e hanno descritto caratteristici « cristalli leucocitari » intracellulari che erano differenti dai cristalli di Charcot-Leyden (ivi anche ulteriore bibliografìa sulle forme di disintegrazione).
g) A N O M A L I E C O S T I T U Z I O N A L I
DEL NUCLEO DEI
LEUCOCITI
Tra le anomalie costituzionali del nucleo dei leucociti sarà semplicemente menzionata quella chiamata, dal nome dello scopritore « anomalia di Pelger », malattia ereditaria dominante (NACHTSHEIM, SCHILLING, 1952; STEFFEN e HEGER: genesi formale dell'anomalia nucleare; vedi anche i trattati). Sui rapporti dell'anomalia di Pelger con il quadro della condrodistrofia fetale, cfr. KLEIN. Nell'uomo non si sono ancora trovate anomalie scheletriche (DEGENHARDT e WIEDEMANN) neanche nel caso di un omozigote (HAVERKAMPS e Coli.). Sulla possibile associazione della anomalia
c o n l a t u b e r c o l o s i , l a l e u c e m i a e c c . c f r . STEFFEN e HEGER, ALDER
e SCHAUB
(bibl.).
h) CELLULE DEL LUPUS ERYTHEMATODES (cosiddette « cellule L. e. ») Esse compaiono nel Lupus erythematodes acutus disseminatus e nella sindrome di Libman-Sacks. Si tratta di granulociti maturi — polinucleati neutrofili — nel. cui corpo cellulare sono contenuti grossi inclusi tondeggianti, omogenei e basofili, evidentemente rappresentanti resti nucleari fagocitati, in sostanza dei desossiribonucleotidi (Feulgen positivi). I nuclei dei granulociti fagocitanti non di rado sono spinti alla periferia e appaiono deformati. Spesso i granulociti si dispongono in forma di rosette intorno ai detriti nucleari, per poi fagocitarli.
SANGUE (GENERALITÀ)
593
Le cellule L. e. si trovano in grande quantità nel midollo osseo e nel sangue di malati cui siano stati somministrati anticoagulanti. Si tratta qui di un fenomeno sopravitale; le cellule L. e. possono però comparire anche spontaneamente, ma in misura molto più ridotta, nel midollo osseo, nel sangue, negli essudati e nei tessuti. Nel siero di sangue di malati di L u p u s e r y t h e m a t o d e s , HARGRAVES e HASERICK r i s c o n t r a r o n o l a p r e s e n z a
di un fattore cellulare L. e., il quale provocherebbe la cariolisi (depolimerizzazione degli acidi desossiribonucleici), l'agglutinazione e la fagocitosi di certe cellule mesenchimali e perciò è da ritenersi responsabile dell'origine della cellula L. e. Infatti si riesce, iniettando siero di pazienti nel sangue di individui sani a produrre la formazione di cellule L. e. (fenomeno di Hargraves-Haserick). Nei conigli si ha la formazione di anticorpi contro il fattore L. e. (gamma-globuline). Recentemente INDERBITZIN riuscì ad ottenere la formazione di cellule L. e. in individui sani soltanto con l'aggiunta di « Liquoid » (Roche) e di P V A S (Roche), mentre tali cellule non compaiono somministrando medicamenti anticoagulanti. Il liquoid altera le sieroproteine e queste soltanto in un secondo tempo danno origine a cellule L. e. INDERBITZIN ritiene che le cellule L. e., presenti nel Lupus erythematodes acuto, siano da ricondurre alla presenza di sostanze patologiche simili all'eparina (eparinoidi). Per il patologo è interessante il fatto che anche nel cadavere si possano istologicamente osservare nei casi di Lupus erythematodes acuto (sindrome di Libman-Sacks) detriti zolle Feulgen positive, delle masserelle nucleari basofìle che sono i così detti « corpuscoli L. e. » i quali si conglomerano in masse che possono raggiungere persino 100 micron. Le singole masserelle astrutturate, di forma da ovale fino a fusata, presentano la grossezza di un nucleo oppure di frammenti nucleari; con l'ematossilina-eosina si colorano in bleu od in rosso porpora oppure in bleu violetto fino a bleu rossoscuro. Tali formazioni astrutturate contengono acido desossiribonucleinico depolimerizzato e non contengono sali di calcio. I « corpuscoli L. e. » si trovano soprattutto sopra e dentro le valvole cardiache (i); inoltre si osservano nel rene (nel lume capillare dei glomeruli oppure nello stroma), nei noduli linfatici (in gran parte nei seni), nella milza, nei polmoni, e cioè in quasi tutti gli organi. Che essi derivino dalle cellule mesenchimali andate in disfacimento, come istiociti, fibroblasti, granulociti, linfociti, cellule endoteliali, ecc., è dimostrato dalla crescente omogeneizzazione e dalla sempre più variabile colorazione dei nuclei di queste cellule. Picnosi e carioressi caratteristiche sono molto più rare; i fenomeni infiammatori di solito mancano. I frammenti si rinvengono in uno solo od in parecchi organi, talvolta in numero esiguo, ma in altri casi possono man-
ti) Anche nelle deposizioni trombotiche dell'endocardite di Libman-Sacks; nel tessuto spesso nelle necrosi e in vicinanza di necrosi. 38 —
KAUFMANN
I
594
S A N G U E
E
O R G A N I
E M O P O I E T I C I
care del tutto. I « corpuscoli L. e. » sono, secondo KLEMPERER e altri AA., da considerarsi patognomonici per la diagnosi di lupus erythematodes acuto (LIBMAN-SACKS). Le cellule L. e. (istiociti e granulociti) si riescono ad evidenziare post-mortem su sezioni istologiche, soltanto molto di rado (KLEMPERER ed altri, SCHÙRMANN e H A U S E R e altri).
Eritrociti (Struttura,
citochimica,
funzione,
genesi,
distruzione,
ecc.)
Gli eritrociti del sangue circolante sono anucleati ed hanno forma di dischetti biconcavi, il cui centro è di conseguenza un poco più chiaro oppure presentano la caratteristica forma a campana. Nei preparati per striscio essi presentano un diametro di circa 7,5 micron ed uno spessore di circa 2 {u (zb 0,2). Un eritrocita pesa in media 96,9 fig (CHENTING CH'IN). 30 Ittero °/oemolitici}S 25
0 t01 E
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11,0
Fig. 218. Curve di Price-Jones in un caso di ittero emolitico (anemia microcitica), in un individuo sano e in un individuo affetto da anemia perniciosa (anemia megalocitica) (Da H E I L M E Y E R e B E G E M A N N , Handb. inn. Med. Bd. I I , Springer, 1951, fig. 40).
Le variazioni di grandezza degli eritrociti assumono il nome di macrocitosi o megalocitosi e rispettivamente di microcitosi. Se si osservano differenze nel diametro degli eritrociti, si parla di anisocitosi. Con la determinazione del diametro di un numero elevato di eritrociti si ottiene la curva di P R I C E - J O N E S (fig. 218). La deviazione a destra e a sinistra della curva corrisponde ad una micro- o macro- oppure ad una megalocitosi. Una curva a base larga corrisponde ad una anisocitosi. Invece dei valori
SANGUE (GENERALITÀ)
595
di grandezza assoluti per il volume del singolo eritrocita, viene sovente indicato « l'indice volumetrico globulare » ottenibile dalla formula volume totale degli eritrociti in % del valore normale numero degli eritrociti in % del valore normale' volume singolo della cellula in confronto alla norma ed il suo valore è = i,o. L'oscillazione fra 0,85 e 1,15 rientra nei limiti normali. In genere i microciti hanno un indice globulare più basso, i megalociti uno più alto » (cfr. H E I L M E Y E R e B E G E M A N N ) . Le modificazioni della forma si manifestano con forme sferoidali, elissoidali, ovali, oppure si possono avere cellule diametro spessore falciformi. L'indice sferico = — ——: = 0,3 + 0,05 è la diametro circonferenza espressione numerica che indica la percentuale di sferociti (cfr. H E I L M E Y E R e B E G E M A N N ) . Nella poichilocitosi si osservano eritrociti della più diversa forma (a mezza luna, a forma di pera, di clava). La poichilocitosi è fenomeno molto frequente e si ritrova in tutte le gravi affezioni del midollo osseo e particolarmente nelle anemie. Una « anemia poichilocitica giovanile con artrite urica » venne descritta da N O R D M A N N e H Ò H N E come una nuova entità nosologica. Forme ricordanti la bacca di stramonio od eritrociti moriformi sono da considerarsi degli artefatti, dovuti all'azione della soluzione ipertonica oppure all'essiccamento come avviene nell'allestimento dei preparati a fresco. Lo stesso vale per la cosiddetta formazione a pila di monete degli eritrociti, che si osserva nei preparati non fissati. Il numero degli eritrociti è di circa 5.000.000 per mmc. nel maschio e di circa 4.500.000 nella donna (in tutto 25 bilioni di eritrociti). Quando è diminuito il numero assoluto degli eritrociti nel sangue circolante, si parla di anemia (più propriamente di oligocitemia) ; quando c'è un aumento numerico di eritrociti circolanti si parla di poliglobulia » (iperglobulia, eritrocitosi, ipereritrocitosi). La denominazione di « policitemia » dovrebbe essere riservata, in contrapposizione alle « poliglobulie sintomatiche » (pag. 735), soltanto alla « policitemia idiopatica del tipo di Vaquez-Osler » (vedi pag. 855), perché soltanto in questa affezione sono numericamente aumentate nel sangue circolante le cellule derivanti da tutti e tre i tipi di cellule del midollo osseo, ossia gli eritrociti (in prevalenza), i granulociti ed i trombotici. Quest'ultima malattia fu spesso chiamata anche « eritremia » in analogia con la leucemia. Il termine di eritremia fu poi usato da Di G U G L I E L M O per indicare certe eritroblastosi acute. F R E S E N infine dà il nome di eritremia (eritroblastemia, eritrocitosi sintomatica) a tutti quegli stati che sono accompagnati da un aumento reattivo di eritrociti e loro prestadi. Secondo questo A. si chiamerebbero « eritrosi » tutti i processi autonomi che prendono origine dal sistema eritropoietico (eritroblastosi, eritrocitosi). L'eritremia di Di G U G L I E L M O rientrerebbe in tal caso fra le
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SANGUE
E
ORGANI
EMOPOIETICI
eritrosi (eritroblastosi), secondo FRESEN (!). Da queste considerazioni emerge il fatto che in questo campo è nata una grande confusione nelle denominazioni dei diversi quadri nosologici, senza arrivare fino ad oggi ad una nomenclatura generalmente accettata. Nell'anidremia oppure iperidremia (pag. 415) è apparentemente aumentato il numero di eritrociti, 0 viceversa diminuito. Tali stati definiti come « pseudoiperglobulie » oppure « pseudooligocitemie », vengono contrapposti alla « poliglobulia vera sintomatica » e alla « policitemia vera idiopatica » e alle vere e proprie anemie. Il costituente più importante dell'eritrocito è l'emoglobina (Hb). 100 cc. di sangue contengono 16 g. di Hb. Sulle differenze in relazione al sesso cfr. i vari trattati, ed inoltre MAKLOFF. L'indice colorimetrico ci dà il contenuto in Hb del singolo eritrocita. Nell'individuo sano tale indice è = 1,0 (0,9-1,1). Quando il valore è inferiore a 1,0 allora vuol dire che il singolo eritrocita ha un contenuto di Hb inferiore alla norma. Nei preparati a fresco l'emoglobina conferisce all'eritrocita una tonalità di colore giallo-verdognolo. L ' H b è acidofila. Nei preparati fissati gli eritrociti si colorano perciò intensamente coi coloranti acidi. L a diversa affinità verso 1 coloranti, usati nella tecnica ematologica, si deduce dalla presenza di anisocromia (diversa colorabilità) e di policromasia (ossia più intensa basoffia). L a policromasia e le granulazioni basofile sono espressione di una aumentata rigenerazione eritrocitaria. I corpuscoli di Howell-Jolly sono da considerarsi resti di cromatina, che col Giemsa assumono un color rosso lucente; si osservano quando è in atto una esaltata neoformazione di eritrociti. Con il termine di « siderociti » si intendono quegli eritrociti che contengono uno o parecchi granuli colorabili positivamente col blu di Berlino. Essi non hanno nulla a che fare con la sostanza reticolo-filamentosa. Compaiono nei casi di avvelenamento da piombo, nell'anemia perniciosa e nelle anemie emolitiche. Le granulazioni vengono interpretate come un prodotto di demolizione dell'Hb di cellule in disfacimento (CASE, REMY) oppure come espressione di una deviazione, non meglio definita, della sintesi emoglobinica (BILGER) (pag. 928). Sui corpuscoli interni vedi pag. 927. Per altre notizie particolari consulta trattati di ematologia clinica. La struttura ultramicroscopica degli eritrociti corrisponderebbe ad un intreccio spugnoso, le cui maglie sono ripiene di Hb. Secondo altri A A . invece si dovrebbe trattare di una formazione a forma di pallone con una capsula solida, la cui cavità è ripiena di Hb. Le ricerche col microscopio elettronico sembrerebbero aver dimostrato questa tesi (JUNG, BRAUNSTEINER ed altri), non essendosi riuscito a mettere in evidenza nell'interno dell'eritrocita emolizzato alcuna struttura. Secondo BRAUNSTEINER si avrebbe, attraverso la rapida differenziazione (processo di invecchiamento) del proeritroblasta e attraverso la « perdita di ribonucleoproteidi e imma-
SANGUE
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(GENERALITÀ)
gazzinamento di emoglobina, la formazione di una membrana per disidratazione dello strato protoplasmatico esterno. Contemporaneamente l'interno della cellula si fluidifica, così che si forma uno stadio intermedio viscoso-colloidale, che non ha più alcuna struttura, ma che d'altra parte non è una semplice soluzione. A questo stadio intermedio competono altre proprietà protoplasmatiche, quali l'intimo legame con la membrana e la stretta conservazione della forma. In questo stadio di maturazione l'eritrocita compie la sua funzione altamente differenziata ». Se questo equilibrio biologico viene disturbato da ulteriori processi di fluidificazione nell'interno dell'eritrocita e da un abbassamento di resistenza della membrana, si giunge allora alla perdita della forma (modificazione a cellula sferica) ed alla distruzione della cellula, processo questo che può essere accelerato in condizioni patologiche. Altri AA. ( S C H I L L I N G , bibl. e altri) mettono in dubbio invece il valore dimostrativo dei reperti osservati al microscopio elettronico, che ritengono solo artefatti. HUG e Coli, affermano che i loro reperti osservati al microscopio elettronico e al microscopio con contrasto di fase sono inconciliabili con la « Ballontheorie » (teoria della forma a pallone). La membrana dell'eritrocito ha lo spessore di circa 180 À (20 m/i) ed è formata da una impalcatura proteica micellare in cui sono immagazzinati lipoidi (cosiddetta struttura a mosaico) ( W O L P E R S ) . B E S S I S e B R I C K A , B R A U N S T E I N E R descrissero invece dei microsomi collegati fra di loro con strutture reticolari, formanti un reticolo, nelle cui maglie o pori non sono contenuti lipoidi. Probabilmente la membrana è circondata all'esterno da uno strato dello spessore di 20-40 Ä, formato da lipoidi e mucosaccaridi. (Per altre particolarità circa l'ultrastruttura degli eritrociti e dei reticulociti vedere R U S K A e Coli., W O L P E R S , W I N K L E R e Coli., J U N G , B E S S I S e BRICKA,
BESSIS,
BRICKA
e
DUPIUY,
PERTERS
e
WIEGAND,
LINDEMANN,
Sul contenuto in calcio, ferro e potassio dell'eritrocito in diverse condizioni, vedere K R U S Z Y N S K I . BERNHARD, BRAUNSTEINER, WAUGH) .
Le ricerche istochimiche hanno messo in evidenza che gli eritrociti contengono fosfatasi acida, fosfatasi alcalina soltanto in tracce ( B E H R E N D T , bibl. in P L U M C. M. 1950), inoltre lipoidi in tracce ( R H E I N G O L D e W I S L O C K I ) ; anche nel plasma di sangue si trova fosfatasi acida. Ulteriori notizie sul punto isoelettrico degli eritrociti in D Ö R I N G . Gli eritrociti assolvono al compito di trasportare ossigeno e di distribuirlo nell'organismo. Dopo la nascita, gli eritrociti si formano soltanto nel midollo osseo, naturalmente in condizioni fisiologiche. La durata di vita del singolo eritrocita è di circa 120 giorni. Gli eritrociti invecchiati vengono demoliti nel sangue circolante (pag. 643).
598
SANGUE
E
ORGANI
EMOPOIETICI
TROMBOCITI Le piastrine — elementi anucleati — (grandezza 1-4 fi) sono formate da proteine, nucieoproteidi (i reperti non sono univoci, cfr. GUTTMANN) e lipoidi. Il loro numero nel sangue è di circa 600.000-900.000 per mmc. (per altre notizie vedi a pag. 950).
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S E Z I O N E II
L'IMPALCATURA RETICOLARE DI SOSTEGNO DEGLI ORGANI EMOPOIETICI E IL SISTEMA RETICOLO-ENDOTELIALE (S.R.E.)
Agli organi emopoietici appartengono il midollo osseo ed il tessuto linfatico largamente diffuso nell'organismo, in prima linea rappresentato dalla milza e dai linfonodi; viene poi il tessuto linfatico distribuito nelle mucose del canale digerente, nel timo ed in altri organi. Anche il fegato ha condizionatamente funzione emopoietica.
Fig. 219. Schema di un complesso cellulare sinciziale a maglie larghe di cellule ramificate (tipo mesenchimale). Uno schema di M Ò L L E N D O R F (da W . B A R G M A N N , Istologia e anatomia microscopica dell'uomo. Voi. I, 1948, Thieme, Stuttgart).
Questi organi emopoietici hanno in comune uno stroma reticolare, fibrillo-sinciziale il quale rappresenta, dal punto di vista anatomico e funzionale, una entità a sé; esso viene chiamato « tessuto reticolare » oppure «sistema reticolare» (S. R.). Il mesenchima embrionale primitivo consiste di un reticolo tridimensionale formato da elementi cellulari dendritici anastomizzantisi l'uno
604
SANGUE E ORGANI
EMOPOIETICI
con l'altro, ma senza fibre reticolari (figg. 219 e 220). Si tratta delle cellule madri degli endoteli dei capillari, dei fibrociti, delle cellule reticolari, comprese le cosiddette cellule di sponda dei sinusoidi, degli istiociti tessutali, delle cellule emopoietiche primitive (i così detti emocitoblasti), degli osteoblasti, ecc.
Fìg. 220. Mesenchima di embrione di anitra di 7 giorni (colorazione ematossilina-eosina, ingrandimento 730 x). Si notino le cellule arrotondate, colte in divisione mitotica. (Da W . B A R G M A N N , Istologia e Anatomia microscopica dell'uomo. Voi. I, 1948, Thieme, Stuttgart).
Da questo reticolo spugnoso mesenchimale proviene, nel decorso dell'ulteriore sviluppo, nel midollo osseo, nel sistema linfatico e nel fegato, il così detto « tessuto reticolare », ossia un sincizio di cellule ramificate, unite le une alle altre da membrane oppure da sottili prolungamenti (figura 221). Questo sincizio viene rafforzato da una rete in parte intra- ed
L'IMPALCATURA RETICOLARE DI SOSTEGNO
DEGLI ORGANI EMOPOIETICI
605
in parte extra-cellulare, formata da sottili fibre reticuliniche; oppure sulle fibre di questo reticolo sono disposti in fila oppure pendono come i gattini del salice dall'intreccio delle fibre i « retoteli » (cellule di rivestimento) . I retoteli dai più vengono chiamati « cellule reticolari » ; esse sono collegate direttamente le une alle altre mediante sottili prolungamenti citoplasmatici di tipo filamentoso o membranoso, oppure indirettamente per mezzo di fibre reticuliniche; queste cellule di congiunzione formano un reticolo sincizio-fibrillare.
Fig. 221. Sezione di tessuto connettivo reticolare nel linfonodo di gatto. Membrane citoplasmatiche molto estese e sottili prolungamenti cellulari che si ispessiscono in fibre reticolari M = macrofago (metodo di Azan, 800 x). (Da W. B A R G M A N N , Istologia e anatomia microscopica dell'uomo. Voi. I, 1948, Thieme, Stuttgart).
Le cellule reticulari sono caratterizzate da un nucleo chiaro, vescicoloso, tondeggiante o anche di forma ovale, spesso scissurato o addirittura lobato, con struttura cromatinica molto delicata, con membrana nucleare evidente e con uno o parecchi nucleoli di varia grandezza. Il loro protoplasma è chiaro, per lo più acidofilo o leggermente baso-
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SANGUE E ORGANI EMOPOIETICI
filo. Non posseggono granulazioni. Le cellule reticolari sogliono essere intimamente collegate con le terminazioni dei nervi periferici (reticolo terminale) ( R I E G E L E , V. D. M E E R e ZELDENRUST). La cellula reticolare da cui derivano le fibre è una cellula differenziata, un poco paragonabile al fibrocita oppure alla cellula endoteliale. Inoltre certe « cellule mesenchimali indifferenziate » (MAXIMOW, EHRLICH) debbono mantenersi nel tessuto reticolare durante tutta la vita; queste cellule indifferenziate vengono interpretate anche come residui del tessuto mesenchimale embrionale, perciò conservano logicamente anche le sue proprietà: esse sono pluripotenti, ossia possono dare origine a tutti i tipi di cellule mesenchimali. Queste cellule sono molto piccole, a contorni sfumati; il corpo cellulare è molto sottile, appena riconoscibile, leggermente basofilo oppure acidofilo. Il nucleo piccolo, alquanto appiattito, oblungo, chiaro, povero in cromatina, contiene blocchi cromatinici piccoli ed irregolari; sono presenti 1 0 2 piccoli nucleoli. Le cellule hanno la tendenza a disporsi lungo le fibre reticolari adiacenti. La « cellula mesenchimale indifferenziata » non forma però fibre reticolari e non ha potere di immagazzinamento. Se sia possibile distinguere con sicurezza nel preparato istologico tali cellule dalle comuni cellule reticolari, sembra essere messo in dubbio da BARGMANN. Noi concordiamo con lui. Le fibre reticuliniche o Gitterfasern si possono mettere elettivamente in evidenza con i metodi all'impregnazione argéntica. Esse vengono perciò sovente chiamate anche fibrille argirofile. Sono evidenziabili anche col microscopio a contrasto di fase e non rappresentano un artefatto ( F R E S E N , 1952). Ricerche al microscopio elettronico (v. H E R R A T H e D E T T M E R ) hanno messo in evidenza che esse sono formate da parecchie fibrille singole ed hanno un diametro medio di 45 m/i. Negli spazi della rete sincizio-reticolare, che all'osservazione col comune microscopio a luce normale, appaiono apparentemente vuoti, si possono mettere in evidenza al microscopio elettronico altri fasci di fibre più sottili e di fibrille isolate, che fra di loro si intersecano parzialmente, formando una rete a strette maglie. Le maglie del « reticolo sinciziale » (reticolo-fibrillare) sono collegate fra di loro (come nella fig. 219); nell'interno di queste maglie del midollo osseo si trova insieme a liquido dei tessuti, la forma giovanile della eritrogranulo-trombocitopoiesi, ossia il « sistema mieloreticolare »; in quelle degli organi linfatici i linfoblasti ed linfociti: « sistema linforeticolare ». Nelle maglie reticolari si trovano qua e là degli interstizi (fig. 310), che sono delimitati dalle stesse cellule reticolari e da un reticolo di delicate fibre a graticcio e sono irrorate da sangue o linfa. Sono questi i « sinusoidi » di MINOT. Le cellule endoteliali che rivestono questi sinusoidi, appiattite ed ancorate con i loro prolungamenti al reticolo in genere, corrispondono alle « cellule di sponda » (SIEGMUND) , ossia ai così detti componenti « endoteliali » del S.R.E.
L'IMPALCATURA RETICOLARE DI SOSTEGNO DEGLI ORGANI EMOPOIETICI
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Poiché le cellule di sponda non sono morfologicamente (e come vedremo più avanti anche funzionalmente) distinguibili dalle cellule reticolari, esse vengono oggi considerate insieme al S.R.E. I sinusoidi del midollo osseo e della milza sboccano nei seni venosi, che all'opposto dei primi, lasciano riconoscere la tipica struttura di vasi sanguigni; essi posseggono infatti una membrana basale e, dal punto di vista anatomico e funzionale, dei veri e propri endoteli. Le caratteristiche proprie del S.R.E. (cellule reticolo sinciziali anastomizzantisi a formare una rete con maglie e pori) contribuiscono a spiegare l'osservazione che i sinusoidi rappresentino una via linfatica o sanguigna aperta. Di conseguenza sangue e linfa si trovano a contatto, attraverso i pori, con il parenchima limitrofo (cfr. pagg. 1016 e 1090); tali pori sono così larghi che gli eritrociti vi possono penetrare. Sulla struttura del midollo osseo, che è relativamente contrastata, vedi pag. 641. Dal punto di vista formativo e funzionale, il sistema reticolo-endoteliale è quello fra i tessuti dell'organismo adulto che è più vicino al mesenchima embrionale. Esso rappresenta il substrato di molti importanti fenomeni vitali e nello stesso tempo è caratterizzato da una straordinaria capacità di reazione. R O S S L E ha molto opportunamente considerato il tessuto reticolare come il « secondo parenchima » degli organi sopra nominati.
IL COSIDDETTO SISTEMA RETICOLO-ENDOTELI ALE (1) risultati dei metodi di colorazione intravitale ( R I B B E R T , G O L D M A N N A S C H O F F e Coli., K I Y O N O ed altri) permisero ad A S C H O F F e L A N D A U nel 1913 di stabilire il concetto di sistema reticolo-endoteliale. Questo sistema abbraccia tutte quelle cellule dell'organismo che sono caratterizzate da una particolare capacità di immagazzinamento. Il S.R.E. rappresenta perciò una unità funzionale e non anatomica. Quali precursori della teoria di Aschoff, rivelatasi col passar del tempo sempre più feconda di risultati, ricordiamo brevemente i lavori di P O N F I C K , R A N V I E R (clasmatociti del connettivo lasso e dell'omento), di M A R C H A N D (cellule avventiziali), di M E T C H N I K O F F (macrofagi) e di M A X I M O W (poliblasti) sulla struttura del connettivo e l'attitudine che hanno certe sue cellule all'immagazzinamento, alla fagocitosi e alla formazione di sostanze anticorpali. Già G O L D M A N aveva ammesso che i detti tipi di cellule si identificano fra di I
LANDAU,
(1) L a v o r i r e c e n t i : GICKLHORN, SAMARAS, JAFFÉ, HADFIELD e GARROD WÀTJEN, KETTLER, FRESEN, DÒRR, SMULDERS, i v i a l t r a b i b l .
(bibl.),
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SANGUE
E
ORGANI
EMOPOIETICI
loro. A seconda del grado di capacità di assunzione le cellule mesenchimali si possono suddividere in diversi gruppi: 1. Endoteli dei vasi sanguigni e linfatici (debolissima capacità di immagazzinamento, solo in caso di esagerata colorazione vitale). 2. Comuni cellule connettivali, fibrociti (immagazzinano in grado diverso in complesso debolmente). 3. Cellule reticolari della polpa della milza, dei noduli corticali e dei cordoni midollari dei linfonodi ed anche dello stroma reticolare di tutto il sistema linfatico e del midollo osseo (più elevata capacità di immagazzinamento in confronto alle cellule connettivali comuni). 4. Cellule endoteliali dei seni linfatici dei linfonodi, dei seni sanguigni della milza e del midollo osseo, dei capillari dei lobuli epatici (cellule stellate di Kupffer), dei capillari del midollo osseo, della corteccia surrenale e dell'ipofisi (forte potere di immagazzinamento). 5. Gli istiociti tessutali (secondo KIYONO) chiamati anche clasmatociti (RANVIER e RIBBERT), cellule leucocitoidi, cellule avventiziali (MARCHAND), cellule endoteliali (MALLORY), poliblasti oppure cellule migranti in riposo (MAXIMOW) e macrofagi (METSCHNIKOFF) hanno la proprietà di immagazzinamento, come le cellule endoteliali del n. 4. I nuclei di forma ovale, talvolta anche reniformi degli istiociti sono più piccoli di quelli dei fibrociti ed hanno cromatina a struttura più compatta. Gli istiociti posseggono una membrana nucleare molto evidente, ma delicata, spesso rugosa; nell'interno dei nuclei la cromatina è irregolare e grossolana; i nucleoli non sono nettamente disegnati. Il citoplasma è debolmente basofilo, esso contiene inclusi di diverso tipo, che vengono assunti dall'esterno (fagociti-macrofagi). Di fronte ad uno stimolo anche il più modesto (introduzione di sost. coloranti, ecc.) gli istiociti si staccano dal loro ambiente ed emigrano con movimenti ameboidi verso il punto in cui è sorto lo stimolo e lì si ammassano in gran numero (« cellula di migrazione istiocitaria » KIYONO) . Assumendo essi corpi estranei in gran numero, ciò che avviene di regola, vengono contrapposti ai « microfagi » (granulociti e linfociti) come « macrofagi ». Anche le cellule reticolari e soprattutto le cellule di sponda si possono staccare dalla loro compagine fibrillo-sinciziale (« Faseraufbruch » secondo FRESEN) ed allora vengono indicate come istiociti. All'opposto delle cellule connettivali e delle cellule reticolari « fisse », questi istiociti liberi e arrotondati sono situati fra le maglie del mesenchima e dello stroma reticolare oppure nel lume sinusoidale ed entrano, sebbene in numero relativamente piccolo, nel sangue circolante (« Endoteliociti », « cellule istiocitarie del sangue » oppure « istiociti del sangue », KIYONO). Gli istiociti del sangue sono identici ai monociti che immagazzinano i coloranti (cfr. pag. 630). Come cellula madre dell'istiocita è da considerarsi quella cellula che si è staccata dal reticolo di fibrociti. Altri la fanno derivare dalla cellula madre mesenchimale indifferenziata oppure dalla piccola cellula madre
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EMOPOIETICI
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linfoide (MAXIMOW). Che i linfociti si possano trasformare in istiociti è poco probabile e non è stato finora dimostrato con sicurezza. Nel sistema reticolo-endoteliale gli istiociti derivano dalle cellule reticolari, specialmente dalle cellule di sponda, ma nello stesso tempo anche dalle cellule avventiziali dei vasi situati negli organi emopoietici. L a definizione di istiociti non è univoca. Numerosi A A . considerano come istiociti tutte le cellule libere provenienti dal mesenchima e dal sistema reticolare specifico (tessuto reticolare incluse le cellule della sponda), cellule che hanno una tendenza all'immagazzinamento maggiore di quella dimostrata per es. dalle cellule reticolari fisse, considerate quali istiociti da KIYONO e altri. Noi aggiungeremmo anche le cellule mesenchimali fisse, dotate di potere di immagazzinamento, del comune tessuto connettivale (KIYONO le chiama, in contrapposizione agli istiociti migranti, « clasmatociti »), ma non le cellule reticolari del tessuto reticolare ancora collocate nella compagine sinciziale. Le cellule raggruppate sotto 3 e 4 sono state considerate da ASCHOFF e LANDAU come « sistema reticolo endoteliale in senso stretto »; le cellule delle voci da 3 a 5, come « sistema reticolo-endoteliale in senso lato ». Le cellule dei gruppi 1 e 2 furono escluse. Le cellule di cui abbiamo parlato possono assumere qualunque materiale etcrologo, indifferentemente, sia si tratti di una soluzione colloidale oppure di una sospensione di piccolissime particelle. Quali sostanze estranee, che vengono immagazzinate o fagocitate, ricordiamo ad es.: i coloranti vitali acidi (carminio, Trypanblau ed altri), i metalli colloidali (ferro, argento, rame, oro, bismuto, torio ed altri), colloidi grossolanamente dispersi (inchiostro di China, fuliggine, eritrociti, ecc.), prodotti colloidali del ricambio intermedio (emoglobina, lipoidi, colesterina ed altri), proteine etcrologhe (« antigeni ») che possono avere origine dalla demolizione di tessuto omologo; tutti gli agenti infettivi vitali e le loro tossine; infine una serie di altre sostanze della più svariata composizione chimica (per es. anche medicamenti, sostanze succedanee del sangue, ecc.). In questi casi si tratta o di un processo localmente delimitato (granuloma) oppure della partecipazione generalizzata di distretti più o meno vasti del sistema reticolo-endoteliale oppure anche del sistema nella sua totalità (per es. negli stati di sepsi, particolarmente nella sepsi lenta, nella lebbra, nel tifo, nella malaria, ecc.). Un aumentato cimento (colorazione vitale, infezioni batteriche, ecc.) conduce sempre ad una iperplasia del sistema, rapidamente insediantesi e spesso rilevante; da qui deriva un ingrossamento specialmente dei tessuti e degli organi, molto ricchi in tali cellule, come per es. la milza, il fegato ed i nodi linfatici. Sulla desquamazione delle cellule del sistema reticolo-endoteliale nel sangue circolante confrontare pag. 630. L'attività pessica e di fagocitosi dipende in prima linea dalla tensione 39 —
KAUFMANX I
6io
SANGUE E ORGANI EMOPOIETICI
superficiale (in parte anche dal potenziale elettrico di superficie) delle cellule e dei corpi estranei. Tale attività viene influenzata inoltre da numerosi fattori, quali ad es. la temperatura, le sostanze chimiche, l'alimentazione (per es. il digiuno), le alterazioni del metabolismo, dalla narcosi, ed infine dall'azione di ormoni (spec. ACTH, corticosurrene, adrenalina) e da attivatori umorali, come l'istamina (SAMARAS 1 9 3 9 , SIMKOVICS, TÒRO), l'acetilcolina, le opsonine (COSTA e CIPRIANI); viene influenzata da vitamine (UOTILA e SIMOLA) ed infine dal sistema nervoso vegetativo (SAMARAS); vedi al proposito la bella rivista sintetica di B E R R Y e SPIES, e confronta anche TÒRO e Coli., S E L Y E ed il Symposium di Freiburg. Il mesenchima embrionale possiede già tutte le proprietà del sistema reticoloendoteliale ( K N O L L , 1 9 4 5 ) ; l'estensione funzionale del sistema reticolo-endoteliale è però minima nell'embrione e nel neonato (BENECKE, immagazzinamento vitale nel prodotto del concepimento [bibl.]). Il torpore dell'attività fagocitaria può essere superato, in una certa misura, a causa di processi infiammatori (piodermiti, polmoniti) (MARCOZZI). Secondo O B E R T I e F E R NANDEZ la funzione di immagazzinamento primitivamente per lo più latente, viene attivata o stimolata mediante proteina eterologa e germi saprofiti, che dopo la nascita colonizzano nelle mucose. Ancora minore è probabilmente la capacità del lattante a produrre anticorpi (immuncorpi e anticorpi naturali). La formazione delle isoagglutinine, per es., incomincia nel 3 ° - 6 ° mese di vita, ma raggiunge il suo massimo soltanto nel io 0 anno di e t à
(DÒRR).
Da un punto di vista finalistico, lo scopo di tutti i processi di tale specie è quello di eliminare il materiale eterologo, e perciò dannoso, dai liquidi circolanti dell'organismo, di fissarlo e, se possibile, di demolirlo, di neutralizzarlo e di svelenarlo. A tale funzione probabilmente partecipano diversi enzimi, ma soprattutto anticorpi (immunoglobuline e anticorpi naturali), che vengono prodotti dalle cellule del sistema reticolare stesso e secondariamente vengono immessi anche nei tessuti e nel sangue circolante (bibliografia in D Ò R R ) . S A B I N nel 1 9 3 9 pensò di poter studiare questo fenomeno osservando direttamente antigeni marcati iniettati in circolo. Gli anticorpi formatisi nel citoplasma per distruzione del plasma raggiungono i liquidi tessutali e poi il sangue (critica in D Ò R R , 1 9 4 8 ) . Mediante iniezione endovenosa di sostanze indifferenti, non aventi cioè alcuna azione tossica (per es. inchiostro di China) ma che possono venire immagazzinate dal sistema reticolare, si riesce a bloccare il sistema, ossia ad ostacolarne la funzione. È stata ripetutamente discussa una insufficienza funzionale del sistema quando esista una sua lesione che può essere causata per es. dal torio (Thorotrast). Infine viene ammesso che il sistema si possa specificamente esaurire in questo senso, in seguito ad una eccessiva prestazione avente per scopo la formazione di anticorpi (GREINER). A dire il vero un blocco totale del sistema reticolare è impossibile
L'IMPALCATURA RETICOLARE DI SOSTEGNO DEGLI ORGANI EMOPOIETICI
6II
(LETTERER, HADFIELD e GARROD e altri) dato che, come abbiamo già ricordato, esiste la tendenza a sempre nuovamente proliferare, creando nuove generazioni di cellule, funzionalmente attive, tanto che si può arrivare persino ad una attivazione del sistema. Ciò spiega i risultati discordanti delle innumerevoli ricerche che esistono a questo riguardo, allo scopo di dimostrare l'importanza fisiologica di questo sistema (blocco, splenectomia) ai fini della difesa dell'organismo contro lesioni di varia natura, principalmente verso le infezioni, le intossicazioni ed anche i tumori (BUNGELER,
1927).
Riassumendo, costatiamo che le cellule del sistema reticolo-endoteliale si caratterizzano per la loro capacità di immagazzinare sostanze coloranti vitali, di fagocitare sostanze non viventi omologhe ed etcrologhe e germi patogeni viventi; si distinguono anche per la capacità di formare anticorpi ed immuncorpi. Tali cellule sono deputate alla demolizione fisiologica e a quella patologicamente elevata dell'emoglobina, trasformandola in emosiderina e bilirubina oppure ematoidina; esse presiedono infine al metabolismo del ferro, delle proteine e dei lipoidi. Possiamo considerare il S.R.E. come un organo del ricambio, distribuito per tutto l'organismo, per cui i processi di digestione parenterale, aventi lo scopo di purificare tessuti e succhi organici dalle scorie metaboliche e dalle sostanze etcrologhe di varia natura, rappresentano una delle caratteristiche più notevoli di questo sistema. Esso ha un importante ruolo nei processi infiammatori ed infettivi (l'essenza di tutti i processi flogistici consiste, secondo RÒSSLE, in una digestione parenterale). Talvolta si tratta di una prestazione funzionale e proliferazione più o meno generalizzata di tutto quanto il sistema o di gran parte di esso (malattie infettive). Altre volte si tratta di reazioni localmente circoscritte (per es. demolizione di un ematoma oppure di una necrosi, infezione localizzata, ecc.). LETTERER mette in dubbio che il S.R.E. « abbia effettivamente il potere di depurare il sangue dalla presenza di materiale etcrologo in misura sufficiente ». Ciò varrebbe tanto per la colorazione vitale quanto per la capacità di fagocitare i batteri. Tutte le reazioni del S.R.E. sono sotto l'influenza regolatrice del sistema neurovegetativo e delle ghiandole a secrezione interna, fra le quali oggi viene preso in particolare considerazione il sistema ipofisi-corteccia surrenale. Così ad es. l ' A C T H ed i glicocorticoidi inibiscono la proliferazione degli istiociti e la produzione degli anticorpi (secondo MÒSCHLIN ed altri viene inibita l'azione fagocitarla, mentre FRIEBEL nega questa inibizione). A l contrario il T S H ed i corticoidi minerali aumenterebbero la produzione degli anticorpi. KLOOS osservò che l ' A C T H aumentava la capacità proliferativa del S.R.E. nella milza e la sua attività macrofagica. Ma queste questioni richiedono ulteriori conferme. Senza dubbio non si può nettamente separare il S.R.E. dalle restanti cellule dell'organismo, per le sue proprietà. L a fagocitosi è secondo
612
SANGUE
E
ORGANI
EMOPOIETICI
LUBARSCH e KUCZYNSKI una proprietà generale delle cellule, e ciò vale anche per la produzione di anticorpi (BIELING). Secondo v. MÒLLENDORFF, il così detto S.R.E. non è un sistema a sé stante, ma ovunque nell'organismo esistano elementi avventiziali e fibrocitari che siano messi in condizione di immagazzinare materiale, alcuni di essi possono andare soggetti ad una trasformazione morfologica e differenziarsi dagli altri elementi cellulari, come macrofagi. SIEGMUND afferma che, accanto alle cellule costantemente sollecitate (obbligatoriamente) ad intense prestazioni metaboliche e alla funzione di immagazzinamento, possono venire attivate anche altre cellule, quali gli endoteli dei vasi e le cellule avventiziali, alle quali può venir richiesta una analoga prestazione (« mesenchima attivo »). SCHEYER fa rientrare nel sistema reticolo-endoteliale tutto il sistema connettivale, BAUER tutto il connettivo più lasso e WASSERMANN infine gli elementi dai quali hanno origine il tessuto adiposo ed i lipomi. Recentemente GILLMAN e altri hanno richiamato l'attenzione sul fatto che iniezioni ripetute di Trypanblau stimolano la quasi universale proliferazione delle cellule connettivali fìsse, compreso il sistema reticolo-endoteliale e gli endoteli venosi e capillari, con la contemporanea tendenza a differenziarsi in tessuti emopoietici. Se noi riflettiamo a quale importanza assumono gli istiociti dei tessuti e le cellule di sponda nelle reazioni infiammatorie locali o sistemiche della più diversa natura (infiammazione cronicogranulomatosa e soprattutto allergico-iperergica), risulta chiaro che diluita e ampliata su più larga scala la concezione di ASCHOFF dovrebbe apparire problematica. JAFFÉ propose di abbandonare la concezione generale di sistema reticolo-endoteliale. Altri, come GILLMAN, mettono in dubbio che si debba dare ad esso un posto speciale entro il tessuto connettivo preso in senso lato. Queste considerazioni ricordano il dibattito sorto intorno al « concetto di infiammazione ». Come questo però, il concetto di ASCHOFF del sistema reticolo-endoteliale si è dimostrato finora utile ed euristico e non si può certo eliminare dal linguaggio medico. Come nell'infiammazione si arriverà sempre al punto di vista che noi ammettiamo. In prima linea ci dobbiamo preoccupare di limitare il concetto al nucleo ideologico della concezione originaria e di adattarlo agli eventuali bisogni che sorgono dallo stato attuale della ricerca. Come abbiamo già detto, il S.R.E. è in primo luogo una unità funzionale di determinate cellule e di determinati sistemi cellulari. Tuttavia da taluni A A . viene sostenuto (recentemente con insistenza da FRESEN) che il S.R.E. abbia alla base anche un substrato morfologico unitario. Questo substrato corrisponde al « tessuto reticolare », ossia è il « sistema reticolare » che forma l'impalcatura dei tessuti emopoietici (cfr. pag. 604). Infatti noi affermavamo in quel punto che gli « endoteli » dei sinusoidi (cellule di sponda) formano una unità anatomica con le restanti cellule del tessuto reticolare. Anche dal punto di vista funzionale, per
L'IMPALCATURA
RETICOLARE
DI SOSTEGNO
DEGLI
ORGANI
EMOPOIETICI
613
quanto riguarda la loro capacità di immagazzinamento, esse non sono da separare dal tessuto reticolare preso nella sua totalità (FRESEN). Lo stesso A. poté infine dimostrare che la spiccata capacità di immagazzinamento precedentemente assegnata agli endoteli dei capillari e dei seni venosi del midollo osseo, dei surreni e dell'ipofisi, non corrisponde alla realtà. Partendo da queste considerazioni, FRESEN si sente autorizzato a negare al sistema reticolare una componente endoteliale e a rinunciare perciò alla denominazione di S.R.E., sostituendola con quella di « sistema reticolare o retoteliale ». Mentre FRESEN è del parere che i sinusoidi del fegato abbiano la stessa struttura sinciziofibrillare dei sinusoidi del midollo osseo, della milza e dei linfonodi, SCHWENK ha recentemente messo in rilievo che le cellule stellate di Kupffer non dimostrano d'aver alcun rapporto con il « Gitterfaserrohr » ed il « Gitterfasertapete » (tubo di fibre a graticcio e tappeto di fibre a graticcio), circondante i sinusoidi epatici. Questo A. non contesta però la natura istiocitaria delle cellule stellate di Kupffer e la necessità di tenerle distinte dalle comuni cellule endoteliali, sia dal punto di vista morfologico che funzionale. Nel sistema reticolare dei tessuti emopoietici sono da includere le « zone neutre » avventiziali e subintimali, inoltre il tessuto di sostegno delle ghiandole endocrine ed esocrine, poiché sotto adeguati stimoli può risultarne la stessa struttura reticolare (FRESEN). Esse formano la parte principale del S.R.E. in senso lato. Ciò è importante in merito alla proliferazione sistematica da parte degli elementi cellulari istiocitari, che si osserva nelle reticolosi e nelle leucosi. Le cellule del S.R.E. dimostrerebbero istologicamente sempre (sia nella concezione ampia che in quella ristretta di esso) una struttura sinciziale fibrillare (fibre reticuliniche). Se questa concezione è attendibile, allora si deve considerare il sistema reticolare una vera unità anche dal punto di vista morfologico. Ma questo punto non è ancora stato chiarito. Poiché gli istiociti della più svariata provenienza ed i monociti ad essi strettamente imparentati (cfr. pag. 629) svolgono un importante ruolo nei diversi processi vitali locali o generalizzati, si usa sostituire al posto della denominazione di ASCHOFF « S.R.E. » l'altro termine di « sistema reticolo istiocitario » (CAZAL, ROHR, SCHWENK ed altri). Insieme alle funzioni più sopra accennate, il sistema reticolare svolge probabilmente anche una funzione emopoietica (cfr. al riguardo pag. 626).
SEZIONE
III
IL MIDOLLO OSSEO (M.O.)
Anatomia, istologia e funzione Nell'uomo il midollo osseo è localizzato nelle maglie dell'osso spugnoso e nelle cavità delle ossa lunghe tubulari. Pesa complessivamente 2600 ± 1000 g (di cui il 50 % circa è midollo adiposo), pari al 4,6 % del peso corporeo ( A S K A N A Z Y , let.). Nelle sue linee fondamentali ha ovunque la stessa struttura e forma un'unità funzionale (cosiddetto organo midollare).
CAPITOLO
I
METODI Durante l'autopsia è necessario esaminare sempre la colonna vertebrale (per l'esame di routine è sufficiente scalpellare un segmento di essa interessante le cavità toracica ed addominale in tutta la lunghezza) ed almeno un osso tabulare lungo (femore) in sezione longitudinale. Se vi è il sospetto di una malattia del midollo osseo è bene esaminare e fare prelievi da tante parti dello scheletro, quanto più è possibile. Per l'esame istologico occorre prelevare tessuto midollare in molte zone. I corpi vertebrali devono essere sempre esaminati, poiché solo in questa sede viene mantenuta in piena funzione l'attività emopoietica midollare sino alla tarda età, mentre il midollo delle ossa lunghe si trasforma precocemente in midollo grasso. Lo studio macro e microscopico è di grande importanza poiché, tra l'altro, il rilievo dell'estensione dell'emopoiesi dimostrabile permette importanti conclusioni sulle reazioni midollari iperplastiche. L'esame ad occhio nudo non è però sufficiente. Lo studio del solo midollo femorale è un errore grossolano, tuttavia non deve essere mai omesso. Il midollo sternale sta per importanza tra il midollo vertebrale e quello femorale (WIENBECK, HOLTKOTTEN), tuttavia dovrebbe essere sempre studiato, non fosse altro che per confronto con lo studio del midollo sternale compiuto intra vitam.
6i6
SANGUE
E
ORGANI
EMOPOIETICI
Oltre ai consueti preparati all'ematossilina-eosina, le colorazioni panottiche secondo G I E M S A sono indispensabili. Poiché è noto che vi sono difficoltà nell'esecuzione ricordiamo brevemente due metodi che danno con sicurezza buoni risultati. May-Grùnwald-Giemsa Fissazione in « Susa
(secondo
HEIDENHAIN)
H
12-24
secondo
Fitting
Alcool 96 % cambiato più volte 12 h Alcool 100 % cambiato 6 h Creosoto I 6 h Creosoto I I ad libitum Benzolo I 2 h Benzolo I I 2 h Benzolo-paraffina 2 h Paraffina molle 6-10 h Paraffina dura 2 h
Se è presente ancora tessuto osseo: trattamento con ac. tricloracetico al 5 % (Roulet) o con l'apparecchio per la decalcificazione elettrolitica 1) Alcool a 90 % cambiato più volte 12 h Alcool a 90 % e soluzione di Lugol (color cognac) 3 h 1) apparecchio ditta Pfenning-Kiel.
I tempi sono indicativi per frammenti grossi, per frammenti piccoli i tempi devono essere ridotti in proporzione. Ulteriore Xilolo Xilolo Alcool Alcool Alcool Alcool gol Acqua
I II
trattamento 10 min. IO
»
100
%
IO
»
100
%
5
»
2
»
96% 70 % e soluz. di Ludistillata I
15
»
5
»
delle
sezioni
Acqua distillata I I 5 Acqua distillata più tiosolfato sodico (1 g : 100 g) 15 Acqua distillata I 5 Acqua distillata I I 5 Acqua distillata tamponata secondo H A D E N (vedi ROMEIS)
5
Colorazione May-Griinwald e acqua distillata (Haden) (7 cc : 55 cc) a 54°C 20 min. (mettere in termostato solo all'inizio della colorazione) Giemsa (originale Hollborn, Lipsia) e acqua distillata (Haden) (3 cc : 75 cc) a temperatura ambiente 60 min. Per colorazione intensiva rinnovare la soluzione colorante dopo 30 minuti. Acqua distillata (Haden) I: lavare rapidamente Acqua distillata con acido acetico glaciale (1 goccia su 100 cc): differenziare brevemente! Acqua distillata (Haden) I I : interrompe la differenziazione (controllo al microscopio. Ritornare eventualmente all'acqua distillata con acido acetico glaciale).
IL MIDOLLO OSSEO
617
(M.O.)
A c q u a dist. (Haden) I I I : s c i a c q u a r e r a p i d a m e n t e A c q u a dist. (Haden) I V : l a v a r e A s c i u g a r e i v e t r i n i p o r t a o g g e t t i ed i p r e p a r a t i c o n c a r t a d a liscia e p o r t a r e i m m e d i a t a m e n t e in Acetone-xilolo I (95 cc : 5 cc) 1 Acetone-xilolo II (70 cc : 30 cc) !• m o l t o b r e v e ! A c e t o n e - x i l o l o I I I (30 cc : 70 cc) J Xilolo
I
1
min.
5 min. filtro
Xilolo II
C a e d a x , m o n t a g g i o ; usare v e t r i n i c o p r i o g g e t t i m o l t o
2 min. sottili!
N o t a : l ' a c q u a d i s t i l l a t a t a m p o n a t a s e c o n d o H a d e n possiede u n p H di 6,2-6,4. G l i s p o s t a m e n t i v e r s o l ' a c i d i t à d a n n e g g i a n o g l i e l e m e n t i basofili ed azzurrofili, m e n t r e g l i s p o s t a m e n t i v e r s o l ' a l c a l i n i t à d a n n e g g i a n o g l i e l e m e n t i eosinofili. L o x i l o l o e l ' a c e t o n e d e v o n o essere a s s o l u t a m e n t e p u r i e p r i v i d i acidi. 2) Metodi
secondo
Lennert
F i s s a z i o n e in Z e n k e r - f o r m o l o s e c o n d o MAXIMOW O HELLY (1): a g o c c d i l i q u i d o di Z e n k e r a g g i u n g e r e 10 cc (secondo HELLY 5 cc) d i f o r m a l i n a n o n d i l u i t a , imm e d i a t a m e n t e p r i m a di i n t r o d u r r e i p r e p a r a t i ( t e m p o d i fissazione 6-12 h., n o n p i ù di 18 h.) l a v a r e in a c q u a d i f o n t e 24-48 h . c o n s e r v a r e i n a l c o o l 70 % decalcificare i n a c i d o n i t r i c o 5 % (2) (24 h.) o p p u r e a c i d o t r i c l o r a c e t i c o o p p u r e m e t o d o e l e t t r o l i t i c o di decalcifìcazione (3) s o l f a t o d i sodio (neutralizzazione) 24 h . a c q u a di f o n t e 24-48 h . inclusione in p a r a f f i n a o celloidina-parafììna, p r e f e r i b i l e il p a s s a g g i o in metil-benzoato. Colorazione L ' a c q u a d i s t i l l a t a necessaria p e r l a p r e p a r a z i o n e d e l l e soluzioni e p e r i l a v a g g i d e v e essere t a m p o n a t a s e c o n d o HADEN, b a s t a p e r ò f a r bollire p e r 1/4 h . a c q u a d i s t i l l a t a a s s o l u t a m e n t e p u r a . a) A z u r I I - e o s i n a s e c o n d o MAXIMOW ( p r e v i a fissazione s e c o n d o MAXIMOW ! V e d i sopra) 12 h . D i f f e r e n z i a r e in a l c o o l 96 % finché l ' o s s o s p u g n o s o d i v e n t a d i c o l o r rosa (decisivo p e r l ' e s i t o d e l l a colorazione!). A d i f f e r e n z a d e l l a m e t o d i c a u s u a l e LENNERT i n t e r r o m p e la d i f f e r e n z i a z i o n e in H a r t o s o l p e r d u e v o l t e p e r 1/2-1 m i n . ( e v e n t u a l m e n t e a n c h e d i più), p e r p a s s a r e i p r e p a r a t i in s e g u i t o a t t r a v e r s o 3 v a s e t t i d i x i l o l o p u r o , p r i v o cioè d i a l c o o l e d i acidi. M e d i a n t e q u e s t a tec-
(1) Oppure Susa oppure alcool-formolo secondo SCHAFFER. (2) Liquido abbondante e concentrazione esatta. Allontanare compatto! (3) Apparecchio della Ditta Pfenning, Kiel.
prima
l'osso
6i8
SANGUE E ORGANI
EMOPOIETICI
nica si ha la sicurezza che i preparati sono luminosi anche dopo molti anni come al primo giorno. Qualora i preparati sbiadiscano dopo anni a causa di tracce di acido o di alcool nello xilolo o nel mezzo di montaggio (Caedax, balsamo del Canada), essi possono essere nuovamente ricolorati nello stesso modo senza alcun danno. b) Giemsa (circa 1-2 cc di soluzione madre in 75 cc di acqua distillata bollita, rinnovabile eventualmente ogni ora) 2-3 h. Prima della differenziazione con alcool 96 % le sezioni devono essere passate in una soluzione di acido acetico in acqua dist. (1 goccia di acido acetico su 100 cc di acqua dist.), in cui avviene un cambiamento di colore del connettivo collagene e delle trabecole ossee dal bleu al rosso. Quando le parti ossee del preparato sono di colore vicino al rosso-violetto, i preparati vengono portati in alcool al 96 % per la differenziazione definitiva. L'ulteriore trattamento avviene come nel metodo di M A X I M O W . Il metodo è possibile anche eventualmente su materiale fissato in formalina, qualora si possa rinunciare alla decalcifìcazione; la decalcifìcazione rende il materiale fissato in formalina totalmente inutilizzabile per la colorazione col Giemsa. Per l'evidenziazione dei mielociti basofili, i cui granuli sono idrosolubili, L E N N E R T raccomanda una fissazione in alcool-formolo secondo SCHAFFER oppure in alcool assoluto. Colorazione con soluzione di bleu di toluidina all'i % in metanolo 1/2 h., brevissimamente (!) sciacquare con acqua di fonte, passaggio in Hartosol e xilolo. Il materiale decalcificato è inutilizzabile.
CAPITOLO
II
VASI E NERVI DEL MIDOLLO OSSEO
I vasi nutritivi portano il sangue al M. O. che è molto ricco di vasi. Le arterie del M. 0 . posseggono una parete molto sottile e povera di fibre muscolari, probabilmente perché non sono esposte a variazioni di pressione nella capsula ossea completamente chiusa. I capillari hanno terminazione imbutiforme nei sinusoidi della impalcatura fondamentale reticolo-sinciziale, i quali sono anastomizzati fra loro come una rete mirabile. I sinusoidi trapassano senza limiti netti nei seni venosi. Le vene efferenti decorrono come le arterie. I vasi sono accompagnati da nervi mielinici ed amielinici. Le ramificazioni più fini si distribuiscono nel parenchima (cosiddetti plessi nervosi perisinusoidali).
IL MIDOLLO OSSEO (M.O.)
CAPITOLO
6ig
III
IL RETÌCOLO (S.R.E. 0 S.R.I.) DEL MIDOLLO OSSEO
Lo stroma reticolare del M. O. rivela la struttura istologica descritta a pag. 603. Per quanto riguarda le fibre reticolari nelle varie età cfr. BORS E T T A e C A V A Z Z A N A . Dopo l'introduzione della puntura sternale ( A R I N K I N ) le cellule , sono state classificate in diversi tipi da parte degli ematologi soprattutto in base ai preparati per striscio. La classificazione più comune ( R O H R ) distingue: 1) Piccola cellula reticolare linfoide (cel. ret.); 2) grande cellula reticolare linfoide; 3) plasmacellula reticolare; 4) cellula reticolare fagocitaria (macrofago); 5) mastocita tessutale e 6) cellula adiposa del M. O.
Piccola cellula reticolare linfoide Essa contiene un nucleo rotondo o eventualmente leggermente ellittico con struttura cromatinica notevolmente lassa e con uno o più nucleoli; i nuclei tendono alla picnosi. Il citoplasma si colora in blu pallido e nello striscio è mal delimitato. Frequentemente si riscontrano piccoli gruppi cellulari senza limiti cellulari distinti. Nello striscio di M. 0. normale si osservano molto raramente. Le cellule assomigliano notevolmente a piccoli linfociti. R O H R le definisce come forme di quiescenza. La loro appartenenza al S.R.E. e il loro significato funzionale sono tuttavia ancora discussi (FLEISCHHACKER) .
La grande cellula reticolare linfoide I nuclei sono di dimensioni maggiori, molto lassi e persino vescicolosi. Il citoplasma è azzurro chiaro. In condizioni normali vengono riscontrati molto di rado, più frequentemente nei processi rigenerativi. Dimostrano notevole somiglianza con i mielo- e i proeritroblasti (fig. 222). Nel puntato stemale essi si differenziano da questi ultimi per la delimitazione incerta, per il citoplasma più chiaro e per la struttura cromatinica più lassa; spesso
Ó20
S A N G U E E ORGANI
EMOPOIETICI
costituiscono più piccoli raggruppamenti liberi. Occasionalmente contengono fini granulazioni azzurratile. Le grandi cellule reticolari linfoidi sono identiche, secondo ROHR, agli « emoistioblasti » (cellule del Ferrata) non granulosi, ovvero alla « cellula staminale linfoide ». Nel preparato istologico non è possibile una suddivisione dei diversi « blasti » (emocitoblasti) in vista delle rispettive potenze prospettive (mielocito, proeritrocito, e megacarioblasti, plasmoblasti, ecc.). Quando la cellula reticolare si separa dall'aggregato sincizio-fibrillare, essa si può evidentemente sviluppare ulteriormente nei diversi tipi cellulari. Essa diviene o un istiocita ovvero un macrofago, oppure anche u n emocitoblasta (pag. 626). Per ciò che riguarda la ulteriore discussione sulla controversa cellula del Ferrata v . ROHR, HEILMEYER e altri. L a grande cellula reticolare linfoide viene per lo più interpretata come la forma funzionalmente attiva della piccola cellula reticolare linfoide quiescente (FITTING e altri), mentre TISCHENDORF definisce la piccola cellula reticolare linfoide come la forma ipermatura, la cui capacità citoformativa si sia spenta. FLEISCHHACKER pensa che la grande cellula reticolare linfoide derivi direttamente dal mesenchima.
La plasmacellula reticolare 0 cellula reticolare plasmocitaria L a plasmacellula reticolare tendenzialmente ovale (fig. 222, 11) è di grandezza variabile (fino a 20 micron e più, nella sezione da 6 a 9 micron) e normalmente poco più grande di un eritroblasta non completamente maturo. I nuclei, per lo più disposti eccentricamente, posseggono una struttura a raggi di ruota più o meno evidente e frequentemente da
Spiegazione
della tavola a colori Fig. 222.
Sul lato sinistro della tavola sono riprodotti le cellule della serie mieloide, sul lato destro le cellule della serie eritropoietica, più la plasmacellula e la mastcellula frontali. Nell'ambito delle singole colonne, le cellule del preparato per sezione — segnato con a — sono riprodotte a sinistra, mentre le cellule del preparato per striscio asciutto — segnate con b — sono riprodotte a destra. Il disegno è stato eseguito in scala secondo il microscopio, p u r t u t t a v i a le cellule del preparato per striscio vennero rappresentate più piccole di un terzo rispetto a quelle del preparato per sezione; pertanto l'ingrandimento dei preparati per sezione è di 1 : 3000, mentre quello dei preparati per striscio è di 1 : 2000. Le differenze dimensionali tra le singole cellule dei preparati per sezione e per striscio sono di natura accidentale. I preparati per sezione sono colorati con Azur-II-eosina secondo Maximow o Giemsa, la cellula 6 a invece con soluzione alcoolica di blu di toluidina. Le cellule dei preparati per striscio sono colorate esclusivamente con il consueto metodo di Pappenheim per le cellule ematiche. Cellula 1: grande emocitoblasta o v v e r o mieloblasta ovvero grande proeritroblasta. Cellula 2: promielocita, Cellula 3: mielocita neutrofìlo. Cellula 4: metamielocita neutrofilo. Cellula 5: mielocita eosinofilo. Cellula 6: (pro)mielocita basofilo. Cellula 7: proeritroblasta (forma piccola). Cellula 8: eritroblasta basofilo. Cellula 9: eritroblasta policromatofilo. Cellula 10: normoblasta, di cui in TOC aspetto regressivo del nucleo in un preparato per striscio. Cellula 11: plasmacellula. Cellula 12: mastzellen tessutale.
IO c
Confronto delle cellule del midollo osseo al tavolo anatomico (materiale autoptico!) e nello striscio (preparati da biopsie di midollo sternale!). Da « Frankfurter Zeitschrift für Pathologie », volume 63; L E N N E R T 1952. 39
—
KAUFMANN
I
IL
MIDOLLO
OSSEO
621
(M.O.)
uno a due nucleoli. Le forme più immature hanno strutture cromatiniche più lasse. Non sono rari gli elementi plurinucleati (2-4). Il corpo cellulare è assai voluminoso in confronto al nucleo, è mal delimitato, per lo più intensamente basofilo e rivela spesso una zona chiara iuxtanucleare. Occasionalmente esso contiene granuli azzurratili fini o grossolani, raramente bastoncini di Auer. Il citoplasma dimostra, specialmente durante l'attivazione funzionale, non di rado, delle strutture alveolari irregolari, inoltre uno o più vacuoli otticamente e cromaticamente vuoti. Spesso le cellule sono disposte in piccoli gruppi. L a loro appartenenza al S. R., sostenuta da FERRATA, ROHR e altri, è discussa (cfr. pag. 1017). Per l'appartenenza a questo sistema sta tra l'altro il fatto che esse vengono osservate non di rado in aggruppamenti sinciziali, ma soprattutto la loro spiccata capacità all'accumulo ed all'elaborazione di proteine abnormi (cfr. pagg. 581, 582). Secondo DUBOIS-FERRIÈRE, esse accumulano anche inchiostro di china. KOSZEWSKI potè inoltre dimostrare che in determinate condizioni e precisamente nella combinazione: emocromatosi (cirrosi pigmentaria) e anemia perniciosa, possono contenere anche emosiderina. DOWNEY, APITZ e altri sottolineano la loro stretta parentela con i mieloblasti ed i linfoblasti e con le cellule avventiziali (teoria della convergenza). Secondo DUBOIS-FERRIÈRE anche le plasmacellule del M. O. sono forme irritative dei linfociti ed entrano in circolo in seguito a reazione corrispondente. Altri ancora vedono nella plasmacellula midollare un tipo cellulare ampiamente indipendente (KEILHACK e L I N K , K L I M A , F L E I S H H A C K E R ,
UNDRITZ
(1938),
BRASS, K .
HECK-
NER) con sviluppo proprio da una cellula staminale derivata direttamente dal mesenchima: proplasmoblasta (emocitoblasta con potenza plasmacelluloformativa), plasmoblasta, proplasmocita, plasmocita (MOREL) e forme reattive proprie. È da notare che le forme giovanili si possono riscontrare di regola soltanto dopo stimoli di varia natura (MOREL); mentre in base ai lavori più recenti di KLIMA verrebbe da pensare se invece di forme giovanili non si tratti piuttosto di forme irritative che si sviluppano dalle cellule «mature» (cfr. pag. 1018). Anche il loro significato funzionale non è deciso. Alcuni le considerano come cellule protidosecernenti, altri come cellule protidoassorbenti (cfr. pag. 581). Un'iperplasia reattiva delle plasmacellule midollari è stata osservata durante le seguenti malattie: durante determinate fasi dell'insufficienza mieloide, nei portatori di carcinomi del fegato, nel linfogranuloma (STERNBERG, HODGKIN), in a l c u n e anemie, leucosi, ecc. (cfr. FLEISHHACKER,
WUHRMANN e WUNDERLY, ROHR, ecc.), inoltre soprattutto durante infezioni acute e croniche, in particolare nel linfogranuloma inguinale, determinate poliartriti, sepsi, sepsi lenta, tbc, polmonite lobare, scarlattina, sarcoidosi, actinomicosi, Kala-Azar e altre malattie tropicali, dopo im-
622
SANGUE E ORGANI EMOPOIETICI
munizzazione attiva, e talora l'iperplasia è così intensa che la differenziazione rispetto ad un plasmocitoma diffuso diventa difficile o impossibile. (Sui loro rapporti con le paraproteinemie cfr. pag. 996 e segg.).
La cellula reticolare fagocitarla (cosiddetti macrofagi) L a cellula reticolare fagocitarla possiede per lo più nuclei piuttosto piccoli, eccentrici, rotondeggianti e lassamente vescicolosi (tendono alla picnosi); inoltre possiede un corpo cellulare voluminoso, mal delimitato, azzurro, con inclusioni di granuli di pigmento, di gocciole lipidiche, e anche di microorganismi; spesso esse hanno un contenuto granuloso finemente polverulento azzurrofilo. Fenomeni eritrofagici avvengono, secondo ROHR, solo post mortem (?).
Mastzellen
tessutali
Le mastzellen tessutali (fig. 201/12) sono cellule piuttosto polimorfe, di dimensioni più o meno grandi (nella sezione da 6 a 9 micron), rotonde, ovali, fusiformi o anche stellate, dotate di prolungamenti e con nuclei piuttosto piccoli per lo più rotondi. Il citoplasma contiene granuli basofìli di grandezza ed addensamento variabili, i quali si colorano metacromaticamente in rosso porpora col violetto di metile o col blu di toluidina. Le cellule si trovano ovunque nel tessuto connettivo lasso, isolate o disposte in cordoni o in cumuli, spesso nell'avventizia specialmente dei piccoli vasi; inoltre nella capsula, nelle trabecole, nelle avventizie vascolari e nei cordoni midollari delle linfoghiandole e della milza, nel fegato, nei polmoni, nell'utero, mammella, ecc. Nell'uomo esse sono meno numerose che negli a n i m a l i
(cfr. BREMY, JANES e ME DONALD).
Nel M.O. umano
esse non sarebbero riscontrabili nell'individuo sano (1), t u t t a v i a in condizioni patologiche sono frequentemente aumentate di numero. Esse sono molto simili alle cellule reticolari linfoidi grandi e piccole, sono localizzate in parte in aggregati reticolo-sinciziali e in parte anche libere nel tessuto. Le mastzellen tessutali vengono fatte derivare oggidì prevalentemente dal S . R . E . ed in particolare dagli istiociti. Nel tessuto embrionale esse si riproducono eteroplasticamente, dopo la nascita prevalentemente per via omoplastica. Istochimicamente i granuli sono costituiti prevalentemente da polifi) Secondo ROHR nel p u n t a t o sternale, nel quale, secondo KABELITZ esse sono presenti in piccolo numero.
IL M I D O L L O
OSSEO
(M.O.)
623
esteri solforici dell'acido jaluronico (acido polisaccarico del tipo di un acido mucoitinsolforico polimero, il quale è responsabile della metacromasia). La sostanza è simile o identica all'eparina ( J O R P E S e altri) per cui le mastzellen sono anche chiamate « eparinociti » ( H O L M G R E N e W I L A N D E R ) . Anche funzionalmente esse rivelano rapporti con la coagulazione del sangue (azione anticoagulante antitrombinica). Secondo Z O L L I N G E R è probabile che i granuli delle mastzellen siano costituiti da mitocondri. La struttura fondamentale dei granuli è costituita da un complesso lipoidoproteico che contiene l'eparina idrosolubile. Invece S Y L V É N ritiene che l'eparina occupi una posizione intergranulare nei microsomi. I granuli sono circondati da una capsula sottile di sostanza metacromatica facilmente asportabile mediante lavaggio. L'eparina sarebbe legata lassamente ad una lipoproteina. Se le mastzellen accumulino o secernano la sostanza eparinosimile non potè essere deciso sinora; secondo F R I C K esse compiono entrambi i processi. I granuli contengono fosfatasi alcalina ed acida ( R I L E Y e D R E N N A N , M O N T A G N A , W I S L O C K I ) , le quali avrebbero importanza nella loro formazione ( R I L E Y e D R E N N A N ) . I granuli sono ossidasi-negativi; il citoplasma contiene una citocromo-ossidasi stabile ( M O N T A G N A ) . È stata presa in considerazione anche la possibilità che esse producano o accumulino istamina. Da parte di R O H R e B R E M Y si sospetta che le mastzellen posseggano determinati rapporti con l'infiammazione c forse anche coi processi allergici. In quanto derivate dal S.R.E. esse parteciperebbero in qualità di fattore parziale ai processi di difesa dell'organismo. È noto che esse non di rado sono aumentate di numero nei processi infiammatori cronici, nella milza in corso di sepsi lenta e di mononucleosi infettiva, inoltre nelle vicinanze di tumori maligni, nei linfonodi regionali che non contengono metastasi ( J A N E S e altri), ecc. Sono stati prospettati anche rapporti con l'amiloide ( B R E M Y ) . La loro iperplasia può andare di pari passo con una esaltata attività antitrombinica. Recentemente B R E M Y dimostrò che in corso di « mielite interstiziale cronica » esse vanno incontro a notevole accumulo. Questa malattia ha rapporto con i fenomeni allergici ed anafilattici, decorre spesso con blocco maturativo dell'emocitopoiesi e può rivelare negli stadi terminali, quadri di fibrosi midollare (cfr. pag. 665). Per particolari sulla morfologia, funzione e patologia delle mastzellen tessutali v. B R E M Y (bibliografia).
La
cellula
adiposa
È possibile osservare tutti i passaggi tra la cellula reticolare priva di grassi fino alla cellula adiposa tipica. Per confluenza di piccole gocciole singole si forma la grossa cellula adiposa monovacuolizzata. Il processo è reversibile.
624
S A N G U E E ORGANI
EMOPOIETICI
Questa suddivisione della cellula del reticolo può essere a p p l i c a t a anche al preparato per sezione. Infatti esistono cellule reticolari con voluminosi nuclei vescicolosi (grandi cellule reticolari linfoidi) e altre con nuclei piccoli scuri del tipo dei linfociti (piccole cellule reticolari linfoidi). Secondo F I T T I N G è probabile l'esistenza di un passaggio dalla piccola alla grande cellula reticolare linfoide. Nel preparato per sezione come pure nello striscio le piccole cellule reticolari linfoidi non sono distinguibili con sicurezza dai linfociti ( R O H R , L E N N E R T ) . Le grandi cellule reticolari linfoidi possono trasformarsi in « emocitoblasti » ( F I T T I N G ) mediante una riduzione del volume ed u n addensamento del citoplasma con aumento della basofìlia. L a cosa più importante per l'istologo è di poter precisare la disposizione della cellula del reticolo nel sistema reticolare fibrillo-sinciziale, così per esempio se si tratti di una cellula di sponda, in quale posizione dello spazio midollare essa sia situata, se essa contragga rapporti con l'endostio o con le cellule avventiziali, ecc. Possibilmente si dovrebbero sempre mettere in evidenza le fibre reticolari per riconoscere quali cellule siano disposte nel sistema sincizio-fibrillare ovvero quali cellule si siano liberate dall'aggregato (istiociti, macrofagi, grosse cellule basofìle (cfr. W I E N B E C K ) emocitoblasti (?), ecc.). A pag. 603 abbiamo descritto l'aspetto della struttura del tessuto reticolare, cioè delle cellule reticolari e delle fibre a graticciata nel preparato istologico.
CAPITOLO
IL
PARENCHIMA
IV
EMOFORMATIVO,
EMOCITOPOIESI
Il parenchima emoformativo è collocato nelle maglie del sistema sinciziale reticolare. Recentemente P I R I N G E R - K U C H I N K A ha cercato di dimostrare che gli elementi del tessuto emopoietico sono collegati a sincizio sia tra di loro, sia con le cellule del reticolo mediante prolungamenti e che si liberano soltanto con la progressiva maturazione.
L'emocitopoiesi embrionale Le prime cellule ematiche embrionali si formano dal mesenchima. Gli isolotti neoformati compaiono dapprima nel sacco vitellino, nel funicolo e nel chorion (13-18 giorno), più tardi (dalla 4 a settimana) anche nell'em-
IL
MIDOLLO
OSSEO
625
(M.O.)
brione. Dalle cellule periferiche delle « isole emoformative » si formano gli endoteli capillari, mentre quelle centrali si trasformano in « emocitoblasti ». Dapprima si differenziano i megaloblasti primitivi, che contengono già Hb. L'emopoiesi nel feto è minima rispetto a quella coriale, si mantiene t u t t a v i a fino alla nascita p. es. nel tessuto adiposo, nella mammella, nel mesentere, nell'omento, ecc.; questi sono i tessuti in cui notoriamente è possibile un'emopoiesi postnatale facoltativa. Questa cosiddetta emopoiesi mesoblastica cessa nel 3 0 mese embrionale. In questo periodo l'emopoiesi passa al mesenchima del fegato e, dal 4 0 al 7 0 mese anche a quello della milza (emopoiesi epatolienale) ; compaiono prestadi di eritro-, granulo-, megacariocitogenesi. L'emopoiesi splenica cessa relativamente presto, mentre quella epatica solo alcuni giorni dopo la nascita. L'organo emopoietico del periodo postnatale è il M. O. L a emopoiesi midollare inizia già alla fine del 3°-4° mese di gravidanza e predomina dal 7 0 mese in poi (KNOLL, FRÜHLING e altri con indicazioni sulla composizione del sangue circolante fetale. Cfr. anche le pagg. 632, 633, 920, e i trattati).
Teorie sulla emocitopoiesi postdatale Mentre secondo gli unitaristi tutte le cellule ematiche provengono dopo la nascita da una cellula staminale mesenchimale indifferenziata (monofiletismo), i dualisti sostengono che i linfociti e i granulociti provengono da cellule staminali distinte. L o sviluppo del mesenchima primitivo in queste cellule staminali sarebbe concluso con la nascita e non più riproducibile. Anche gli eritrociti ed i megacariociti posseggono una cellula staminale particolare; il dualismo, con questa considerazione, diviene un polifiletismo. Gli unitaristi (tab. I l i ) riconoscono un'unica cellula staminale per tutte le cellule ematiche, a t t i v a per t u t t a la vita, unitariamente totipotente, presente ubiquitariamente nell'organismo, che essi identificarono dapprima con i linfociti. I n seguito essi parlarono di cellule linfoidi ovvero di cellule staminali, di linfoidociti o cellule rotonde basofìle, o infine di emocitoblasti. TABELLA
III.
• — TEORIA
UNITARIA
(MONOFILETISMO)
Emocitoblasti (cellule staminali linfoidi)
1 1
Megacariociti
1
Eritrociti
N
Linfociti
1
Granulociti
I
Monociti
Il linfocita del sangue circolante è in grado di ritrasformarsi in cellula staminale in qualsiasi momento e di svilupparsi nelle altre serie filetiche 40 —
KAUFMANN
I
626
S A N G U E E ORGANI
EMOPOIETICI
per questa via. L a differenziazione dei granulociti, degli eritrociti e dei monociti è viceversa irreversibile. I dualisti (tab. IV) sostengono invece che le cellule bianche del sangue posseggono due cellule staminali divise con determinismo irreversibile nella fase postnatale. L a cellula staminale dei granulociti e dei monociti è il mieloblasta del M. O. L a cellula staminale dei linfociti è il linfoblasta del tessuto linfatico. Questo dualismo divenne più tardi un polifiletismo, in quanto anche le altre serie filetiche posseggono cellule staminali proprie. Così gli eritrociti derivano dagli eritroblasti, ed i trombociti dai megacarioblasti. UNDRITZ suddivide i « mieloblasti » ulteriormente in: neutrofìloblasti, eosino- e basofiloblasti, megacarioblasti, monoblasti e plasmoblasti. Essi sono molto simili tra di loro. Tuttavia una siffatta estrema differenziazione delle cellule staminali (polifiletismo estremo) è molto discussa. TABELLA I V . —
TEORIA DUALISTICA
Megacarioblasti
Proeritroblasti
Promegacariociti
Eritroblasti
I
/
Mieloblasti
Promielociti
Linfoblasti
\
Promonociti
Mielociti
Normoblasti
gr. Linfociti
Metamielociti
Megacariociti Trombociti
(POLIFILETISMO)
Granulociti
Eritrociti
Monociti
Linfociti
I « trialisti » aggiunsero al sistema dei dualisti (linfo- e mieloblasti) il S. R. E . come 3 a cellula staminale leucocitaria, dalla quale fanno derivare i monociti (cfr. pag. 629). Il dualismo moderno ad impronta trialistica ammette soltanto una monocitogenesi dal S.R.E. facoltativa, sotto l'influenza di stimoli patologici, fa derivare invece il monocita normale del sangue dal mieloblasta, secondo i dettami della teoria dualistica. TABELLA V . —
TEORIA NEOUNITARIA
Emocitoblasti (S. R. E.) Megacarioblasti
I
Eritroblasti Promegacariociti
I
Normoblasti
I
Trombociti
Promielociti
I
Linfoblasti
S.R.E.
Promonociti gr. Linfociti
Mielociti Metamielociti
Megacariociti
I
I
Mieloblasti
Proeritroblasti
Eritrociti
I
Granulociti
Monociti
Linfociti
Monociti
Il dualismo ovvero trialismo moderno ad impronta unitaria (cosiddetta teoria neounitaria) (tab. V), infine sostiene la multipotenza della cellula
IL MIDOLLO OSSEO
(M.O.)
627
staminale mesenchimale indifferenziata, cioè dell'emocitoblasta nel periodo postnatale, tuttavia la limita a condizioni patologiche (funzione emopoietica facoltativa del S.R.E.). Dopo la nascita, quindi, la moltiplicazione « eteroplastica » viene completamente soppressa a favore di quella « omoplastica » in condizioni fisiologiche; mentre sotto l'influenza di stimoli patologici, la prima potrebbe ricomparire.
(Da
ROHR,
Fig. 223. Emocitopoiesi etero ed omoplastica. Das menschliche Knochenmark, 2" edizione, 1949, Thieme, Stuttgart).
Riassumendo le teorie sull'emopoiesi attualmente più riconosciute, si ottiene quanto segue: Nell'embrione le cellule ematiche si sviluppano dalle cellule mesenchimali primitive, per cui ad ogni mitosi si ottiene un tipo cellulare più maturo (fig. 223 verticale). Questo tipo di sviluppo è detto eteroplastico. Durante il periodo post-natale, soltanto i « blasti » specificamente indiriz-
628
SANGUE E ORGANI EMOPOIETICI
zati in un'unica direzione sono in grado di produrre cellule ematiche. Essi entrano in funzione soltanto sotto stimolazione particolarmente intensa dell'emopoiesi, in condizioni cioè di emergenza. In condizioni fisiologicamente normali la riproduzione cellulare parte dai mielociti e dai normoblasti ( R O H R ) . Essi dimostrano la massima attività mitotica e di norma maturano senza ulteriori mitosi trasformandosi in cellule con piena capacità funzionale. Questo tipo di sviluppo viene contrapposto a quello eteroplastico, e detto omoplastico (fig. 223 orizzontale). I promielociti, 1 metamielociti e i giovani elementi con nucleo a bastoncello, possono occasionalmente moltiplicarsi per mitosi (per l'eritrocitogenesi cfr. fig. 224), tuttavia questa non è la regola. Il tipo omoplastico di emopoiesi viene abbandonato solo in condizione di emergenza, cosicché per la copertura dell'aumentata richiesta l'emopoiesi ricorre agli elementi cellulari più giovani in genere assai inattivi come i promielociti, i mieloblasti ovvero proeritroblasti. Questi si riproducono dapprima eteroplasticamente per coprire in queste circostanze la richiesta di mielociti. Particolarmente in condizioni di blocco maturativo persistente, anche le forme giovanili del tipo dei promielociti ovvero macroblasti, possono maturare omoplasticamente, cioè senza ulteriori inserimenti di mitosi (fig. 224). Il lasso di tempo è piuttosto lungo, cosicché questo tipo di maturazione deve essere considerato decisamente antieconomico in vista della copertura della richiesta periferica di cellule mature (cfr. la formazione di megalociti nell'anemia perniciosa). In queste circostanze, si formano granulociti ovvero macro(eritro)citi particolarmente voluminosi ed ipersegmentati, mentre si sviluppano anche piccoli granulociti a bastoncino ovvero micro(eritro)citi, in quanto i metamielociti e i micronormoblasti si dividono una seconda volta per mitosi e poi maturano (fig. 224); per altri dettagli vedi R O H R . Qualora insorgano stimoli emopoietici più intensi di natura più precisamente patologica, l'organismo può mobilitare cellule mesenchimali indifferenziate primitive molto giovani (cosiddette «primitive cells»), scavalcando i «blasti» (teoria neounitaria); in queste cellule primitive sono ancora insite possibilità evolutive totipotenti. (Secondo alcuni AA. queste cellule sarebbero tuttavia già orientate specificamente in una direzione). In queste circostanze verrebbe quindi risvegliata la funzione emopoietica fetale del mesenchima primitivo che è generalmente a riposo nel periodo postnatale (funzione di estrema emergenza); il tipo maturativo omoplastico ritornerebbe perciò a quello eteroplastico. Si tratta di cellule contenute ubiquitariamente nel tessuto reticolo-endoteliale (pag. 606). Evidentemente esse corrispondono, secondo la nuova nomenclatura, alle cosiddette cellule reticolari linfoidi del tessuto mieloide e linfatico. Tale eritropoiesi reticologena è stata osservata frequentemente in corso di anemie che decorrono con un'intensa rigenerazione del M. O. (piccole cellule reticolari linfoidi, grandi cellule reticolari linfoidi, emocitoblasta, proeritro-
IL
MIDOLLO
OSSEO
629
(M.O.)
blasta, secondo F I T T I N G ) , (cfr. inoltre SCHLAG e A L B R E C H T ) . Molto probabilmente esiste anche una genesi reticulogena dei granulociti, megacariociti e linfociti. La teoria neo-unitaria riconosce perciò la teoria dualistica ovvero trialistica per le condizioni fisiologiche, riconosce tuttavia che in condizioni patologiche la cellula mesenchimale primitiva totipo-
Emocitopoiesi. (Da
ROHR,
Fig. 224. Das menschliche Knochenmark, Stuttgart).
2A
edizione, 1949, Thieme,
tente possa entrare in azione in qualsiasi momento, per cui non risulta precisato se morfologicamente è possibile distinguere nell' organismo adulto questa cellula mesenchimale primitiva dalle cellule reticolari (pagina 606).
La
monocitogenesi
L'unica cellula ematica, che secondo la teoria di v. SCHILLING (trialismo v. s.) si formerebbe nel periodo post-fetale dalle cellule del S.R.E. anche in condizioni fisiologiche, è il monocita. Tuttavia questa teoria è molto controversa (riviste sintetiche: SCHILLING, P F U H L , STODTMEISER, B Ù C H M A N N , F L E I S C H H A C K E R , H I T T M A I R , P I E C H L — molto dettagliata — , FRESEN).
630
SANGUE E ORGANI
EMOPOIETICI
La derivazione dei monociti (raon.) è tuttora dubbia. Una considerazione storica del problema rispecchia la contesa per il riconoscimento delle tre teorie (tab. I I I - V ) sulla genesi delle cellule ematiche (cfr. P I E C H L ) . Secondo la teoria unitaria tutte le cellule ematiche, e quindi anche i monociti, derivano dall'emocitoblasta, cellula staminale linfoide, ubiquitariamente distribuita nell'organismo. Anche il linfocita del sangue circolante è in grado di ritrasformarsi in emocitoblasta e di svilupparsi con diversi orientamenti (cfr. pag. 624). E H R L I C H e inoltre G R A W I T Z definiscono i monociti come « forme di passaggio » dei linfociti ai granulociti. Ciò comportò nella passata letteratura il nome di « Ubergangsformen-Leukàmie » alla leucemia monocitica (leucemia a forme di passaggio). Per la dimostrazione della genesi linfogena dei monociti furono eseguite soprattutto osservazioni su culture di tessuto e su tessuti infiammati. Quest'ipotesi è oggi per lo più completamente abbandonata. Z I E G L E R , S C H R I D D E , S T E R N B E R G e soprattutto N A G E L I come rappresentanti della teoria dualistica, fanno derivare i monociti dai mieloblasti ovvero promielociti (promonociti). Altri considerano il monoblasta e anche ( R O H R ) la cellula reticolare del M. O. come cellula staminale. Secondo la teoria trialistica infine ( S C H I L L I N G e altri) il S. R. E. è considerato come la sede di formazione dei monociti. (Nella letteratura più recente ciò è sostenuto da W I S E M A N , W A T J E N , F R E S E N e altri). Che i monociti maturi provengano da tutto il S. R. è dimostrato da innumeri esperimenti, sia con la cultura dei tessuti, sia nell'organismo ammalato e rappresenta oggi un dato di fatto sicuro ed incontrovertibile. La discussione riguarda oggidì soltanto se il monocito ha origine esclusivamente reticulogena in senso trialistico puro oppure se il monocito normale derivi dal M. 0. (genesi mielogena), comparendo invece i monociti reticulogeni nel sangue soltanto in seguito a stimolazione patologica del S. R. In questo modo il S. R. avrebbe soltanto una capacità emopoietica facoltativa. Il dato di fatto che cellule monocitoidi derivanti dal S. R. possano comparire nel sangue è stato dimostrato soprattutto sperimentalmente con la colorazione vitale ( A S C H O F F - K I Y O N O , B Ù N G E L E R , S C H I T T E N H E L M e E R H A R D , N O R D E N S O N (bibl.), C A T T A N E O , H O F F , H O L L E R , L A M B I N , M A S Y
MARGO,
CUNNINGHAM,
SILBERBERG, HENNING
e
FRESEN
SABIN
e
DOAN,
WISEMAN,
e molti altri. Bibl. in
PIECHL,
LEWIS,
SCHILLING,
ENGELBRETH-HOLM,
KEILHACK).
Si tratta di elementi cellulari istiocitari di cui è possibile- riconoscere tutte le forme di passaggio fino al mon. tipico. Che si tratti di cellule desquamate del S. R. può essere dimostrato nel preparato istologico: con un'intensa somministrazione di sostanza colorante il S. R. va incontro ad una iperplasia, con l'iniezione ripetuta cellule sempre nuove accumulano; la desquamazione nel sangue può essere accelerata mediante inie-
IL MIDOLLO OSSEO
(M.O.)
63I
zione di sostanze proteiche, cui segue un notevole arricchimento di mon. nel sangue ( B Ù N G E L E R ) . Una gran parte delle cellule può essere trattenuta dai polmoni ( B Ù N G E L E R , H O L L E R e altri), e può partecipare in questa sede anche a reazioni flogistico-essudative (vedi sotto). In condizioni infettive e settiche, in particolare in corso di sepsi lenta, il passaggio delle cellule proliferate e desquamate del S. R. E. (cellule di sponda) in circolo può essere seguito direttamente (cosiddetta reazione leucemoide del S . R. E . ) . Per la monocitemia reticulogena cfr. F R E S E N (i95i). I mon. subirebbero la loro differenziazione definitiva soltanto in circolo ( S E E M A N N ) . Essi possono abbandonare il circolo in qualsiasi momento e reimmigrare nel tessuto. Ciò è generalmente causato da Stimoli locali ( B Ù N G E L E R ) . Essi non possono essere distinti con criteri morfologici nel tessuto dalle cellule migranti istiogene. Culture di tessuto e osservazioni su flogosi granuleggianti fanno persino pensare che essi possano ancora trasformarsi in istiociti ed in fìbroblasti ( P F U H L , B Ù N G E L E R , L E W I S ) . Esiste perciò la relazione: fibroblasta ^ I T istiocita monocita ( W I S E M A N ) . Secondo S C H I L L I N G il loro aumento numerico nel sangue in corso di infezioni segue alla « fase acuta leucocitaria » e viene chiamata « fase di difesa o del sopravvento ». Essa decorre parallelamente ad una attivazione generalizzata ovvero una sensibilizzazione del S. R. E. La fase del sopravvento viene a sua volta sostituita da una « fase leucocitaria di guarigione ». È importante" sottolineare che tali monocitemie reattive a eziologia infettiva nota, devono essere distinte dalla leucemia monocitica vera (pag. 771). Infine ricordiamo che anche nelle culture di tessuto è possibile seguire la formazione di cellule monocitoidi dalle cellule reticolari ( S I L B E R B E R G , S H I O M I , T E M P R A e K U B I C Z E K e altri). Come ulteriori argomenti a favore della genesi esclusivamente reticulogena dei mon. si riferisce tra l'altro che essi reagiscono indipendentemente dai sistemi linfocitari e granulocitari (p. es. fase di difesa monocitica, v. sopra) e che essi sono dimostrabili nel M. O. normale con estrema rarità. Per la dimostrazione viene presa in considerazione anche la leucemia monocitica (pag. 771). All'obiezione dei dualisti che i mon. sono ossidasi-positivi, si risponde che le granulazioni sono molto deboli ed incostanti, e che potrebbero essere ricondotte ad un fenomeno di accumulo. Inoltre si tratterebbe di ossidasi labili ( B Ù N G E L E R ) . La constatazione che non tutti i monociti accumulano sostanze coloranti, indusse alcuni AA. ( R I N E H A R T , S A B I N e D O A N , S C H I T T E N H E L M e E R H A R D e altri) a distinguere i mon. propriamente detti dagli istiomonociti ad attività pessica. P A P P E N H E I M e soprattutto K I Y O N O supposero in base a questa constatazione, che i mon. fossero di origine diversa. K I Y O N O distinse mon. mielogeni, reticulogeni e linfogeni. Il monocita fisiologicamente presente sempre nel sangue sarebbe di origine mielogena. Anche A S C H O F F
632
SANGUE E ORGANI EMOPOIETICI
(1924) era del medesimo parere; tuttavia più tardi egli si associò nuovamente alla teoria di SCHILLING (cfr. i lavori dei suoi allievi SEEMANN e MASUGI). SCHILLING e altri avevano obiettato che i mon., pessici e non, rappresentassero soltanto diverse fasi funzionali, che entrambe le forme cellulari potessero trapassare L'una nell'altra (DOAN, SABIN e altri) e che, mediante ripetute iniezioni di materiale colorante si poteva osservare che l'accumulo provocava una iperplasia del S. R. per cui erano sempre presenti cellule libere. Inoltre proprio le cellule cariche venivano trattenute in gran quantità nel filtro capillare polmonare. In ogni modo oggi si è sempre più imposta l'opinione che il mon. circolante fisiologico è (« per lo più » ROHR) di origine mielogena, e che il S. R. produce « istiociti ematici », i quali possono essere di regola distinti dai
primi
citomorfologicamente
(DOWNEY,
ROHR,
HITTMAIR,
PIECHL,
TISCHENDORF, SCHOEN e TISCHENDORF), s o l t a n t o in s e g u i t o a s t i m o l a z i o n i
molto intense (colorazione vitale, infezioni, leucemia monocitica, ecc.), cioè in condizioni patologiche. Essi assomigliano più agli istiociti e sono sempre ossidasi-negativi, mentre i monociti mielogeni ossidasi-positivi non hanno capacità di accumulo. I grandi monociti istiocitari reticulogeni sono detti anche monomacrofagi oppure istiomonociti. Il S. R. avrebbe perciò una capacità emopoietica soltanto facoltativa, teoria denominata anche dualismo moderno ad impronta trialistica (per dettagli vedi PIECHL). L a funzione fondamentale del S. R. consiste perciò nella sua attività metabolica, mentre in confronto la facoltà emopoietica passa in seconda linea (HITTMAIR e altri). Resta pertanto oscuro se il mon. mielogeno derivi dalla cellula reticolare del M. O. (HEILMEYER), dai mieloblasti o dai promielociti giovani (ROHR). Secondo HEILMEYER i monociti derivano dal S. R. in accordo con la teoria trialistica, ritiene però che i monociti normali del sangue derivino dal reticolo del M. O. e li contrappone da un lato ai linfomonociti derivanti dal reticolo linfatico (vedi sotto) e dall'altra agli istiociti derivanti dalle cellule reticolari tessutali. TISCHENDORF e altri distinguono i linfomonociti come terzo gruppo, i' quali compaiono p. es. in corso di mononucleosi infettiva in grande numero nel sangue e non possegg o n o p o t e r e di f a g o c i t o s i
(CATTANEO, K L I M A , MÒSCHLIN, R O H R , SABRAZES
e altri). FORKNER infine considera i mon. come un tipo cellulare a sé stante che non dimostra alcun rapporto né coi mielociti né col S. R.
Granulocitopoiesi
Le prime cellule di questa serie compaiono nell'embrione nella 6 a settimana circa (cfr. pag. 624). Nel periodo di sviluppo postnatale la granulocitopoiesi normale avviene soltanto nel M. O. L a cellula più gio-
IL
MIDOLLO
OSSEO
(M.O.)
633
vane, la cellula staminale della granulocitopoiesi è il mieloblasta (fig. 222/1), cellula relativamente voluminosa (10-20 micron/A; 6-10 micron/S (1) con nuclei rotondeggianti o grossolanamente ovalari e con sottile orlo citoplasmatico basofilo privo di granuli. L a struttura nucleare è a reticolo delicato con 1-3 nucleoli. Nei preparati per sezione tutti i nuclei dimostrano aspetti più vescicolosi. Il numero dei mieloblasti è molto scarso (0,5-2 %). Il mieloblasta è identico all'emato e all'emocitoblasta, che secondo la scuola di FERRATA è la cellula staminale comune dell'entro e granulocitopoiesi. Secondo NAEGELI è invece orientato specificamente in senso granulopoietico. In questa sede sottolineiamo soltanto che isomorfismo non significa necessariamente isogonismo. Rimandiamo ai trattati specialistici di ematologia per i dettagli su questo punto controverso. Nel preparato istologico non è possibile distinguere i « mieloblasti » ossidasinegativi e privi di granuli dai « proeritroblasti », cosicché ci sembra utile denominarli in comune come emocitoblasti (di cui esistono tipi di maggiore 0 minor dimensione), senza che con questo venga pregiudicato il loro determinismo genetico, fino a che queste questioni non siano definitivamente risolte. Nel preparato è talora possibile classificare gli emocitoblasti in base ai rapporti spaziali con le cellule più mature. I « mieloblasti » sono disposti per lo più singolarmente e talora anche più fittamente, mai però in piccoli gruppi come i «proeritroblasti » (WIENBECK). I promielociti (8-11 micron/S) sono più voluminosi; la ipertrofia avviene a spese del citoplasma (fig. 222/2). La struttura nucleare diventa un poco più grossolana, compare tendenza alla lobulazione (aspetto reniforme), 1 nucleoli sono ancora perfettamente riconoscibili. E rimarchevole la progressiva comparsa di granulazioni nel citoplasma basofilo, che sono dapprima rossastre e polverulente e in seguito grossolane e basofile. Secondo LAVES e THOMA e altri, i granuli sono vettori di fermenti ossidanti. Le cellule danno perciò una reazione ossidasi-positiva. Nella sezione si osserva, nelle vicinanze del nucleo, una granulazione delicata, rosso violetta, che si estende progressivamente a tutto il citoplasma e che va di pari passo con la scomparsa della basofilia. Con la progressiva maturazione i mielocitì (6-9 micron/S) diventano più piccoli, la struttura cromatinica diviene più grossolana e i nucleoli scompaiono (fig. 222/3). Nello striscio il citoplasma diventa sempre più acidofilo e le granulazioni più fini e neutrofile; nella sezione si osservano granuli rosso-violetti fini e regolari su fondo rosa. A questo punto avviene la differenziazione in mielociti neutrofili, basofili ed eosinofili (fig. 222/3, 5, 6). Tutti sono ossidasi-positivi. La tesi di UNDRITZ, secondo la quale la differenziazione in senso neutrofilo, eosinofilo o basofilo sia già defer-
ti) A = misura riferita allo striscio. S = misura riferita al preparato istologico. Queste ultime sono fornite da LENNERT.
634
SANGUE
E
ORGANI
EMOPOIETICI
minata nel mieloblasta o nel promielocita (DAUTCHER) è fortemente controversa. Il mielocita è la cellula più frequente del midollo osseo. L a riproduzione cellulare postnatale e con ciò il rifornimento di granulociti, avviene a livello del mielocita e del metamielocita (i) (riproduzione omoplastica secondo ROHR). Seguono i metamielociti (6 micron/S) con nuclei sinuosi reniformi (figura 222/4) ed infine i granulociti maturi con nuclei a bastoncino e segmentati. I nuclei e i citoplasmi dei blasti contengono abbondante quantità di acido ribonucleinico (ARN) (2). Anche i nuclei dei granulociti maturi, in contrapposizione agli altri leucociti, contengono in larga misura A R N (LAVES, THOMA). Con la comparsa dei granuli, l ' A R N scompare progressivamente dal citoplasma. L ' e l e v a t o contenuto di A R N dovrebbe essere strettamente legato alla capacità proliferativa delle cellule e all'attività formativa di strutture citoplasmatiche specifiche. Per il contenuto in lipoidi, glicogeno, ferro e per la fosfatasi, cfr. pag. 583, nella bibliografia citata ci sono anche indicazioni sulle cellule del midollo osseo. PIERINGER-KUCHINKA attribuisce alla « carionomia » (sec. FEYRTER strozzamento del nucleo) una particolare importanza per la riproduzione cellulare nell'emopoiesi (forme di riserva), accanto alla divisione mitotica.
L'eritrocitopoiesi Nell'embrione (cfr. pag. 624) compaiono eritrociti (eri.) nucleati circa 14 giorni dopo la fecondazione (KNOLL, KNOLL e PINGEL). I megaloblasti embrionali sono molto grandi e si sviluppano ubiquitariamente nel mesenchima. Per le modalità della riproduzione prevalentemente amitotica cfr. BURKL. L a prima generazione megalocitica scompare alla fine del 3° mese. L a 2 a generazione segue al più tardi dalla metà del 2° mese con normoblasti e normociti, che sono più piccoli di quelli della i a generazione. Si sviluppano nel fegato e nella milza e, dal 3°-4° mese anche nel midollo osseo (KNOLL, K N O L L e PINGEL, FRÙHLING e altri).
L a perdita del nucleo della cellula rossa primitiva inizia, secondo THOMPSON, nella 6 a settimana, nella quale si trova nel sangue il 0,1 % di eritrociti anucleati. Nella 7 a settimana si raggiunge il 0,5 % , nell'8 a settimana il 9 % , nella 9® settimana il 60 % , nella i o a settimana il 94 % , n e l l ' i i a settimana il 97,8 % e nella 24 a settimana il 99,8 % . L a curva
(1) Il massimo mitotico è a livello dei mielociti semimaturi. (2) O s s e r v a z i o n i c i t o c h i m i c h e i n L A V E S , T H O M A , T H O R E L , e
METAIS,
bibl.
J. C . W H I T E ,
MANDEL
IL MIDOLLO OSSEO (M.O.)
635
è così costante da permettere la determinazione dell'età anche su frammenti di embrioni (il punto di prelievo di sangue è indifferente). Dopo la nascita (cfr. pag. 624) gli eri. vengono formati, in condizioni normali, soltanto nel midollo osseo. Nella sezione non è possibile distinguere i proeritroblasti basofili (a) dagli altri blasti (pag. 632). LENNERT distingue un eritroblasta grande (7-8 micron/S) da uno piccolo (5,5-6,5 micron/S) (fig. 222/7), il quale è morfologicamente identico al mieloblasta. Questi « eritrogoni » posseggono citoplasma blu scuro basofilo con nucleo voluminoso rotondeggiante ed impalcatura cromatinica lassa. Nella sezione i nuclei sono chiari, vescicolosi, con struttura cromatinica abbastanza regolare e alcuni nucleoli. L'ulteriore sviluppo passa attraverso (fi) Yeritro0 macroblasta dapprima basofilo poi policromatofilo ed in seguito al y) normoblasta acidofilo ortocromatico (fig. 222/8-10). Il nucleo diventa progressivamente più piccolo. Le variazioni statistiche delle misurazioni nucleari permettono di riconoscere, secondo JACOBJ, che l'eritropoiesi avviene per mezzo di quattro mitosi eteroplastiche a partire dall'eritroblasta basofilo; il volume nucleare cioè viene dimezzato ad ogni mitosi (LEIBETSEDER). Nella rigenerazione accentuata WOLFERS trovò anche una 2 a generazione di eritroblasti. Più è piccolo il nucleo, più le strutture cromatiniche sono grossolane ed addensate; spesso sono a raggiera. Il piccolo nucleo picnotico ed eccentrico del normoblasta rivela strutture cromatiniche addensate (picnosi) e solo in parte struttura a raggiera. Le forme nucleari carioressiche spesso reperibili nel materiale autopsico rappresentano spesso fenomeni postmortali. Il volume del normoblasta corrisponde circa a quello dell'eritrocitopoiesi. Nel midollo osseo normale 1 normoblasti sono i più frequenti (circa il 20 % di tutte le cellule nucleate), seguono gli eritroblasti col 5 % ed i proeritroblasti con l ' i % . I normoblasti sono spesso disposti in nidi più o meno grandi. I normoblasti di media grandezza, per lo più ancora un po' policromatici, dimostrano l'attività mitotica più intensa di tutti gli eritroblasti (divisione omoplastica). Il contenuto nucleare in acido desossiribonucleico diminuisce con la progressiva maturazione (MARINONE, cfr. anche THOMA). La perdita del nucleo viene interpretata variamente. Alcuni la riconducono ad una carioressi o ad una cariolisi intracellulare (NÀGELI, PAPPENHEIM, HEILMEYER e altri), altri ad una espulsione del nucleo (MAXIMOW, FIESCHI e ASTALDI ,LEIBETSEDER e altri, b i b l . in ALBRECHT). R e c e n t e m e n t e
ALBRECHT potè osservare direttamente l'espulsione del nucleo in coltura di tessuti. Il processo è accompagnato da vivaci movimenti di contrazione da parte dell'eritroblasta. La carioressi è evidentemente un fenomeno patologico che si osserva non di rado in corso di anemia perniciosa (cfr. ROHR, p a g . 87). BOSTROEM e C. M. PLUM s o s t e n g o n o i n v e c e c h e l a f o r m a -
zione degli eritrociti avviene mediante strozzamento del citoplasma dei normoblasti. ROLSHOVEN (Anatomentgg. und Medizinische 1952) infine
636
SANGUE E ORGANI
EMOPOIETICI
ritiene di aver messo in evidenza una ulteriore divisione degli eritrociti anucleati in circolo. I corpi di Howell-Jolly sono resti nucleari picnotici degli eritrociti che compaiono in corso di ipo- o asplenismo (pag. 1098). La basofilia delle forme giovanili è dovuta alla ricchezza di acidi ribonucleinici (citoplasma, nucleoli e nucleo; WHITE, THOMA, THORELL) ed è espressione di una forte tendenza proliferativa. Soltanto dopo la perdita dell'acido ribonucleico si giunge alla differenziazione ed all'immagazzinamento dell'Hb acidofìla (THORELL e altri) la quale condiziona l'intensa acidofìlia dell'eri, maturo. L a presenza di residui più o meno voluminosi di sostanza basofìla determina la comparsa di policromasia, punteggiatura basofila 1) e della sostanza reticulo-filamentosa (S. Ret. fìl.) 2), nell'eritrocita giovane non ancora completamente maturo. I tre fenomeni sono perciò « modificazioni sostanzialmente identiche » (SCHILLING, HEILMEYER e altri) della stessa « sostanza giovanile basofila degli eritrociti ». Recentemente si è persino ammesso che gli eri. policromatofili e a punteggiatura basofila siano sovrapponibili agli eritrociti con granuli vitali; la policromasia e la punteggiatura basofila sarebbero artefatti della medesima sostanza fondamentale basofila (HAENEL, bibl.) determinati dalla fissazione alcoolica (1). L a formazione della sostanza reticulo-filamentosa non avrebbe perciò niente a che fare coi nuclei, mentre alcuni A A . la interpretano come residui nucleari (KINKEL, bibl., ROHR, bibl.). Le cellule (2) con «granuli vitali» sono chiamate «reticolociti » o « proeritrociti ». HEILMEYER ne ha descritto minutamente i vari stadi maturativi. In corso di eritropoiesi accentuata ed accelerata, si giunge ad una reticolocitemia in quanto entrano in circolo eritrociti non ancora completamente maturi (importante fenomeno diagnostico) ; cfr. SCHILLING,
HEILMEYER,
NINNI
(monografia),
PLUM
(1949),
bibl.
Osservazioni al microscopio elettronico fecero sospettare che la sostanza reticulo-filamentosa fosse una sostanza preformata vitalmente (JUNG e ASEN, BRAUNSTEINER) e che fosse forse un residuato citoplasmatico intracellulare estesamente ma non completamente sostituito dall'emoglobina ( B a l l o n t h e o r i e ) . SCHILLING, H A E N E L e R I V A , K O S E N O W e a l t r i
sostengono
invece che la sostanza giovanile basofila è dapprima distribuita omogeneamente e che compaia soltanto dopo il contatto con le sostanze coloranti vitali, ed al microscopio elettronico. L a sostanza reticolo-filamentosa sarebbe perciò un artefatto. Secondo SCHILLING la sostanza giovanile basofila sarebbe legata ad una ipotetica struttura spugnosa dell'eritrocita (cfr. pag. 596). Circa il contenuto in fosfatasi degli eritroblasti e degli eri. in condizioni normali e patologiche, cfr. PLUM, KERPPOLA.
col
(1) D o p o fissazione alcoolica. (2) L a S. R e t . fil. si evidenzia generalmente con Brillantcresile.
una colorazione
sopravitale
IL MIDOLLO OSSEO (M.O.)
637
Trombocitogenesi
I megacariociti (mgc.) sono oggidì considerati come le cellule generatrici delle piastrine. Queste si formano per frammentazioni citoplasmatiche dei mgc., ma contengono apparentemente anche sostanze nucleari (cfr. R O H R ) . I mgc. si formano dai megacarioblasti i quali non possono essere morfologicamente distinti nella sezione dagli altri emocitoblasti. I voluminosi promegacariociti contengono grossi nuclei tondeggianti od ovali, in parte irregolari; il citoplasma è più chiaro, bluastro, e contiene granuli sparsi. II mgc. è la cellula più voluminosa delM. 0. (60 micron/A-20-30 micron/S). Il citoplasma acidofilo contiene numerosi granuli molto fini, che non compaiono bene nel preparato sezione. I grossi nuclei polimorfi e lobulati non contengono nucleoli. I nuclei si suddividono ripetutamente senza corrispondente divisione citoplasmatica, in parte anche soltanto per via endomitotica (poliploidismo) (1). Nel materiale autopsico i nuclei sono di frequente fortemente picnotici. Le piastrine sono ben riconoscibili nel preparato per striscio, non invece nei preparati da sezione (v. anche i trattati).
Linfocitopoiesi
Nel M. O. essa ha un'importanza solo secondaria, per quanto (contrariamente a K A B E L I T Z ) W I L L I A M S , R O H R , W I E N B E C K sostengono che occasionalmente si possano trovare nel M. 0. delle isole di tessuto linfatico ed in parte persino follicoli tipici con centri chiari di reazione da considerarsi fisiologici. Secondo A S C H O F F si riscontrano occasionalmente voluminosi follicoli linfatici nel M. O. dei vecchi. Sulle difficoltà di differenziazione di singoli linfociti dalle cellule reticolari linfoidi cfr. pagg. 446, 472.
Numero assoluto di cellule e mielogramma
Il parenchima midollare reagisce sostanzialmente sempre nello stesso modo nella sua totalità e viene denominato « organo midollare ». Il numero assoluto di cellule nucleate per mmc. è stato ripetutamente determinato. I valori tuttavia danno variazioni enormi e ciò è comprensibile se teniamo presente che il risultato finale della conta è enormemente influenzato dal contenuto adiposo, presenza di sangue, malattie a focolaio, ecc. È rimarchevole il fatto che le conte eseguite su materiale autopsico hanno (1)
UNDRITZ,
cit.
da
ROHR,
1949.
638
SANGUE E ORGANI
EMOPOIETICI
dato valori molto più elevati dei puntati sternali (mescolanza di sangue?). I valori ottenuti dai vari A A . mediante conte intra vitam oscillano tra 7000 e 250.000. Anche conte ripetute eseguite sulla stessa persona oscillano del 50-75 % . Come media si possono calcolare 15.000-25.000 ( L E I T NER), 37.000 ( F R U H L I N G e R O G E R ) , 70.000-80.000 (SEGERDAHL) e più cellule per mmc. Valori molto più elevati sono stati osservati nel materiale ottenuto post-mortem: 270.000-1.500.000 (LOSSEN) 900.000-1.000.000 (ISAACS). Dati ulteriori e bibl. v. C. M. P L U M (1948), R O H R , F R U H L I N G e R O G E R . F R U H L I N G e R O G E R determinarono il numero cellulare assoluto in corso di diverse malattie (tab. VI). TABELLA V I . —
NUMERO
ASSOLUTO DI CELLULE IN CORSO ( s e c o n d o FRUHLING E R O G E R )
DI
ALCUNE
MALATTIE
Cellule nucleate Normale Malattie infettive A n e m i e ipocromiche A n e m i e ipercromiche Leucemie Sindrome emolitica Poliglobulie
(DA
ROHR,
25.000- 55.000 33.000-320.000 42.000-200.000 14.000-115.000 80.000-270.000 84.000-238.000 27.000- 86.000
media 37.000 » 120.000 » 90.000 11 51.000 11 200.000 n 180.000 » 47.000
per m m c .
T A B E L L A V I I . — « EMOMIELOGRAMMA » NORMALE MENSCHLICHE KNOCHENMARK. 2 . E D . , 1 9 4 9 THIEME,
DAS
STUTTGART)
Puntato sternale Cellule reticolari : Macrofagi plasmocitari linFoidi Cellule endoteliali Cellule adipose Megaloblasti
Eritroblasti
: basoriii
:
policromatofili acidofili basofili policromatofili acidofili
Mieloblasti Mielociti
immaturi
Mielociti
semimaturi . . . .
Mielociti
maturi
Metamielociti Neutrofili con nucleo a bastoncello Neutrofili con nucleo segmentato Eosinofi Basofili Monociti Linfociti
10 20
30
40 50
60 70 80
90 100%
IL MIDOLLO OSSEO (M.O.)
639
Molto più importante è la determinazione della compartecipazione delle diverse serie cellulari alla costituzione dell'organo midollare e la percentuale in cui i diversi tipi cellulari nucleati sono presenti nel midollo osseo. Il risultato di tali conte su 500 o 1000 cellule è definito mielogramma (tab. VII). Seguendo una proposta di ROHR si procede riferendo gli eritroblasti e le cellule del reticolo al 100 % delle cellule bianche. È sempre molto importante determinare il rapporto delle cellule nucleate appartenenti alle serie rossa e bianca, il cosiddetto « indice G - E », che si aggira normalmente
intorno
a 3 : 1
(sec.
ROHR).
CAPITOLO
V
RAPPORTI FRA MIDOLLO EMOPOIETICO ROSSO E ADIPOSO GIALLO
Modificazioni in rapporto all'età Nel neonato e nei primi mesi di vita il M. O. è ovunque emocitoformativo e rosso all'osservazione macroscopica (midollo emopoietico, cosiddetto «midollo cellulare»). Progressivamente le cellule reticolari si trasformano in numero sempre maggiore in cellule adipose, senza perdere però il loro carattere reticolare. Ogni cellula adiposa è circondata da fibre reticolari. L a trasformazione in « midollo giallo adiposo » si accompagna con una scomparsa del parenchima emopoietico. In caso di attivazione dell'emopoiesi il midollo giallo può ritrasformarsi in quasiasi momento in midollo rosso. Le cellule adipose cedono il grasso e si ritrasformano in comuni cellule reticolari. Le maglie del reticolo vengono riabitate da cellule staminali della serie rossa e bianca, sia per continuitatem, sia per colonisationem a partire dalle zone ancora emopoietiche. FITTING potè recentemente dimostrare con ricerche molto accurate, che almeno la formazione delle cellule staminali rosse poteva partire anche direttamente dalle cellule reticolari, per cui queste hanno anche nell'adulto una funzione emopoietica facoltativa occasionale. Negli adulti (1) il midollo rosso si trova soprattutto nelle ossa piatte (corpi vertebrali, coste, sterno, ala iliaca, ecc.), mentre le ossa lunghe contengono prevalentemente midollo adiposo. L'ammontare totale del (1) A partire già dal i 3 ° - i 5 ° anno di vita.
640
SANGUE E ORGANI EMOPOIETICI
midollo rosso e giallo è in rapporto di circa 1 : 1 . L a sostituzione del midollo rosso col midollo giallo inizia nel bambino a partire dal 6° mese di vita. L a sostituzione comincia sempre nelle ossa lontane dal tronco e si estende nel midollo delle ossa cilindriche per continuità in direzione centripeta (legge di NEUMANN). In genere restano tuttavia nei distretti prossimali, specialmente dell'omero e del femore, aree più o meno estese di midollo rosso, che sono dimostrabili occasionalmente anche nel vecchio. ASCHOFF pensa persino che nei vecchi si possa giungere a una riviviscenza del M. 0. mieloide e che in questi casi si abbia addirittura l'impressione di un ringiovanimento del M. O. nell'età avanzata. Soltanto nel 5-10 % dei vecchi si trova midollo giallo puro. L'atrofia gelatinosa del midollo adiposo si osserva soltanto nelle cachessie. L a presenza di midollo rosso nel terzo superiore del femore e dell'omero è ancora un fenomeno fisiologico. L a rigenerazione in midollo rosso avviene sempre in direzione centrifuga dal tronco verso l'estrema periferia (legge di NEUMANN). Essa parte dai residui midollari rossi prossimali, p. es. nel femore dalla metà del collo, e nelle regioni spongiose sottocorticali. Di norma tuttavia non vi sono limiti netti tra midollo rosso e giallo; così non di rado si osservano istologicamente p.es. nel midollo giallo di soggetti giovani, isole rosse e d'altra parte, ad eccezione dei primi anni di vita, si trovano regolarmente nelle ossa piatte cellule adipose in numero variabile, oppure anche un'intima commistione di isole di tessuto adiposo che però non influenzano quasi, di norma, il colore rosso macroscopicamente rilevabile. Isole di midollo giallo visibili ad occhio nudo sono rare. Il contenuto ovvero la distribuzione del midollo rosso e giallo rivelano variazioni notevolissime nell'ambito dello scheletro nella sua totalità e nelle sue parti. È stato già osservato che il parenchima emopoietico non si modifica, in condizioni normali, solo nel midollo vertebrale sino a tarda età. Le prime cellule adipose vi compaiono solo nel 2° anno di vita e raggiungono il massimo nel 25 0 . Il tessuto adiposo in questo periodo sta al parenchima nel rapporto 1 : 2 . Questo rapporto si sposta di poco anche in età avanzata, mentre si sposta notevolmente nelle altre ossa. Così p. es. lo sterno sta circa a metà tra il midollo vertebrale e femorale. L a mancanza di tessuto adiposo nelle ossa piatte del tronco deve far sospettare un processo iperplastico, un aumento invece, un processo ipo- o aplastico. Per particolari v. NEUMANN, ASKANAZY, TING,
CUSTER
e AHLFELD
HALLERMANN, e
FAHR, MÜLLER e RICHTER,
FIT-
altri.
A prescindere dalle eccezioni sopraddette, le modificazioni in rapporto all'età dell'« organo midollare » consistono in una regressione progressiva del parenchima rispetto al tessuto adiposo (BÜRGER e altri). Secondo BÜRGER anche le capacità rigenerative decrescono, cosa che potrebbe essere riconosciuta nell'impoverimento relativo in eritrociti giovani del sangue circolante. In compenso gli eritrociti possiedono una vita media più lunga. Ulteriori notizie e bibl. sulle modificazioni in rapporto all'età del M. O.
IL
MIDOLLO
OSSEO
(M.O.)
64X
e del sangue, del volume totale del sangue, del plasma e della componente cellulare v. MATZDORFF. Una trasformazione più 0 meno estesa 0 anche totale del midollo giallo in midollo rosso (iperplasia) può essere riscontrata in tutte le circostanze decorrenti con una eritropoiesi aumentata. Nell'iperplasia prevalente della granulopoiesi il M. 0. appare di colore grigio o grigio-giallastro. Anche in questo caso si può giungere ad una considerevole o completa sostituzione del midollo adiposo. In complesso possiamo perciò distinguere: M. O. normoplastico (tenendo conto dell'età!), ipoplastico, fino ad atrofico, e iperplastico. Il tessuto adiposo si comporta in modo inversamente proporzionale al midollo cellulare.
CAPITOLO
VI
ISTOTOPOGRAFIA DELLO SPAZIO MIDOLLARE Il preparato istologico è in grado di completare sotto molteplici aspetti i dati citomorfologici del parenchima midollare sopra riportati. È merito di W I E N B E C K l'aver dimostrato che le cellule partecipanti alla
Fig. 225. Istotopografia dello spazio midollare. Disegnato in base allo schema di Wienbeck (1938). a, Zone di formazione; b, zone di maturazione; c, cumuli di eritrogoni. 41
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strattura del parenchima del M. O. permettono di riconoscere eventualmente una disposizione istotopografica caratteristica. L'osservazione di ossa spugnose, p. es. le vertebre e lo sterno, permette di delimitare degli spazi midollari (fig. 226), i quali sono sempre circondati da trabecole ossee ravvicinate (istomorfologia dello « spazio midollare »). Spesso è possibile constatare che una zona aderente all'endostio, e un'altra che circonda a mantello le piccole arterie, sono costituite prevalentemente da mielociti (semimaturi e maturi) = zona di formazione. Nel centro dello spazio midollare, nell'ambito dei seni venosi, prevalgono invece le cellule mature (metamielociti con nuclei a bastoncino e segmentati) = zona di maturazione. L'eritropoiesi si compie in piccoli nidi distribuiti irregolarmente, per lo più situati in vicinanza dei seni, ovvero, sec. V A R E L A , circondanti a mantello i capillari. In condizioni ortologiche i nidi cellulari sono costituiti prevalentemente da normoblasti di media grandezza, frequentemente ancora alquanto policromatofili. Mentre W I E N B E C K potè dimostrare dette zone di formazione soltanto nei bambini, R O H R sottolinea che la struttura zonale è presente in quasi tutte le situazioni iperplastiche, anche nella mielosi cronica. Esisterebbero però incertezze nei dettagli che renderebbero necessaria una revisione.
CAPITOLO
VII
IL MECCANISMO DI LIBERAZIONE DELLE CELLULE MATURE
La questione della disseminazione delle cellule mielogene nel sangue circolante è strettamente connessa con la struttura del M. 0. Sta di fatto che in condizioni normali soltanto le cellule mature raggiungono il sangue. Negli stati rigenerativi, tuttavia, entrano in circolo anche, p. es. reticolociti ed elementi con nucleo a bastoncino che non sono completamente maturi. Secondo R O H R cellule ancor più giovani, come cellule rosse nucleate e mielociti, derivano sempre da focolai emopoietici extramidollari, concezione questa che non è universalmente riconosciuta nella sua totalità (cfr. pag. 864). Secondo N I Z E T nel M. O. non vengono accumulati ad es., eritrociti maturi, tuttavia H E T E N Y I potè dimostrare che, in determinate condizioni, essi possono essere messi in circolo acutamente in numero considerevole (pag. 725). R O H R respinge la possibilità di un «blocco di liberazione » delle cellule mature, che viene invocata da altri per la
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spiegazione di determinati stati carenziali di cellule ematiche mature nel sangue circolante. Nei confronti di tali tentativi di spiegazione è decisiva la questione se il M. 0. possieda una circolazione aperta o chiusa nei confronti del parenchima midollare, cioè in altre parole, quale struttura abbiano i sinusoidi del midollo. Un fatto sicuro è che le cellule di sponda dei sinusoidi siano cellule reticolari appiattite (Belegzellen o cellule di rivestimento) che si adattano organicamente nel restante reticolo fibrillo-sinciziale. Mentre però BARGMANN, CHAMPI e LUCAS e altri sostengono la concezione che le pareti dei sinusoidi siano costituite da un sincizio cellulare povero di nuclei, senza limiti cellulari (cosiddetta circolazione chiusa in confronto alla milza), la cui continuità subisce interruzioni solo temporanee, altri sono del parere che la struttura reticolo-sinciziale permetta di ammettere per questa sede la preesistenza di sottili pori permeabili ai corpuscoli del sangue (FRESEN). GOHS e recentemente PATRASSI sospettano la presenza nel M. 0. di una doppia circolazione; la prima sarebbe chiusa e servirebbe alla nutrizione, la seconda invece sarebbe aperta verso il parenchima midollare e sarebbe costituita da un sistema di sinusoidi collettori, i quali sarebbero in continuo rimaneggiamento, a seconda delle necessità, cioè corrispondentemente all'attività emopoietica. Soltanto i sinusoidi accoglierebbero le cellule ematiche mature. Entrambe le circolazioni avrebbero vene collettrici comuni. Premesso che la circolazione sia chiusa, si può ammettere che granulociti maturi (e solo quelli maturi!) possano attraversare la membrana con movimenti attivi. Come si potrebbe però spiegare in queste circostanze il passaggio degli eritrociti nel sangue circolante? DOAN, SABIN e CUNNINGHAM sostengono che, al contrario della granulocitopoiesi, l'eritropoiesi sia intravascolare, cioè nel lume dei sinusoidi, concezione questa non sostenibile. Altri pensano che con l'aumento della rigenerazione cellulare si giunge, con diverse fasi, ad un aumento della pressione e con ciò alla rottura delle membrane, per cui gli eri. maturi penetrano nel lume dei sinusoidi dopo che è stata sciolta la sostanza fondamentale che li tratteneva. Finora non è stato possibile risolvere con sicurezza né in un modo né nell'altro le questioni citate qui solo accennate. Anche l'ipotesi di ROHR, secondo la quale soltanto le cellule mature abbandonano il M. O., mentre quelle immature derivano da centri formativi extramidollari, è discussa per lo meno per il suo schematismo.
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SANGUE E ORGANI EMOPOIETICI
CAPITOLO
VILI
MODIFICAZIONI POSTMORTALI
Il valore di una ricerca sul M. O. e sulle sue cellule, prelevate da materiale cadaverico, è sempre stato posto in discussione ( R O H R e H A F T E R e altri, bibl. in R O H R (1949), F I T T I N G , L E N N E R T ) . Questa constatazione vale a ragione indubbiamente per ciò che riguarda il preparato per striscio di materiale postmortale, mentre vale solo in modo relativo per il preparato istologico. Nel preparato per striscio eseguito su materiale post-mortem, il numero dei granulociti neutrofìli maturi è abbassato già poco tempo dopo la morte rispetto alla norma stabilita in vita. Già 14 ore dopo la morte non sono più dimostrabili cellule (caduta post-mortale dei granulociti). La tesi, secondo la quale la caduta post-mortale dei granulociti sia dovuta ad una immissione in circolo agonica di queste cellule, è rifiutata da R O H R e Coli. La scomparsa delle cellule sarebbe piuttosto dovuta ad autolisi post-mortale. Già 2 ore dopo la morte si avrebbe infatti un rigonfiamento delle cellule che renderebbe molto diffìcile il riconoscimento dei nuclei o lo renderebbe addirittura impossibile. Le cellule con nuclei a bastoncino somiglierebbero ai mielociti e si avrebbe in questo modo uno spostamento a sinistra artificiale del mielogramma. 6-10 ore dopo la morte la struttura nucleare sarebbe così alterata da fare apparire rotondi la maggior parte dei nuclei. Dalla 5 a ora in poi compare la lisi nucleare e si formano detriti nucleari. Già dopo 2 ore il citoplasma dimostra una vacuolizzazione progressiva. « In questo modo si ottiene il solito 'preparato autoptico' non più adatto all'interpretazione morfologica» ( R O H R ) . I mielociti invece sono meno deformati. L'autolisi è favorita da precedenti gravi malattie. Negli eritroblasti si osserva una carioressi spesso già dopo pochi minuti dalla morte, mentre mancano spostamenti quantitativi. I leucociti eosinofili, i megacariociti, e le plasmacellule dimostrano minime variazioni. Le eritrofagie avverrebbero sostanzialmente solo postmortem ( R O H R ) . W I E N B E C K e F I T T I N G hanno sottolineato fermamente che tali modificazioni sono dimostrabili solo negli strisci midollari, mentre non varrebbero per i preparati istologici. Anche in preparati istologici fissati solo da 40 a 70 ore dopo la morte, secondo F I T T I N G non si riconoscerebbe un rigonfiamento sostanziale, né a carico dei nuclei, né del citoplasma dei
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mielociti e dei granulociti a bastoncino e segmentati. Le strutture cromatiniche, compresi i nucleoli, sono bene evidenti. La disposizione topografica delle cellule, non permetterebbe tuttavia di riconoscere sempre con sicurezza la forma dei nuclei. Sarebbe soprattutto diffìcile da riconoscere se un nucleo è ancora tondeggiante, o rivela già una segmentazione iniziale o una forma a bastoncino. Numerosi granulociti neutrofìli sarebbero fortemente segmentati (spesso 4, 5, 6, raramente ancor più segmenti) (FITT I N G ) . Mentre perciò, secondo W I E N B E C K e soprattutto secondo F I T T I N G , non è quasi necessario tenere conto degli artefatti post-mortali, nel preparato istologico, L E N N E R T ammette che già durante le prime ore dopo la morte si abbia una riduzione rimarchevole di granulociti e metamielociti. Egli sottolinea però che, d'altra parte, il M. O. prelevato anche post-mortem permetterebbe un riconoscimento assai sicuro, in quanto si può tenere conto della diminuzione dei granulociti maturi, che è costante e nota nella sua estensione. Anche se sono indiscutibili i vantaggi che presenta, sotto diversi aspetti, il materiale ottenuto in vita, sottolineamo decisamente in questa sede che, sia pure con certe limitazioni, lo studio istologico del M. O., anche se di materiale ottenuto post-mortem, fornisce notevoli vantaggi rispetto alla valutazione del solo puntato midollare, e che una rinuncia dell'anatomo-patologo alla interpretazione dei suoi preparati è fuori posto, in quanto egli può tenere conto delle sopracitate cause di errore (caduta dei leucociti, spostamento a sinistra) e lavora in stretto contatto con il clinico. La differenza sostanziale dei preparato istologico rispetto a quello per striscio, consiste nel fatto che i nuclei di quest'ultimo rivelano una struttura cromatinica più densa, mentre nella sezione essi sono vescicolosi (fig. 222). Il diverso comportamento dei nuclei è dovuto al fatto che nello striscio essi si retraggono durante l'asciugamento dei preparati per la forte perdita idrica, artefatto questo che in parte rende diffìcile la dimostrazione dei nucleoli ( L E N N E R T ) . Anche il fatto che le cellule nella sezione sono più piccole di circa 1/3 rispetto a quelle dello striscio, non diminuisce sostanzialmente la possibilità di differenziare i tipi cellulari, qualora la tecnica sia perfetta. Agli innegabili svantaggi, dal punto di vista citomorfologico, si contrappone però il vantaggio sostanziale di poter studiare numerose sedi dello scheletro e inoltre, soprattutto la possibilità di compiere studi — nel corso della valutazione dei preparati per sezione — dal punto di vista istologico, sulle strutture reticolari e connettivali in genere (colorazione delle fibre e rappresentazione dei loro rapporti con le cellule), sui vasi, sui nervi e sull'osso, e di giudicare correttamente il contenuto adiposo, l'istotopografìa dello spazio midollare, la densità midollare, ecc. Un'ulteriore discussione sul valore e sugli svantaggi di entrambi i metodi ci sembra scarsamente profìcua (cfr. R O H R , W I E N B E C K , F I T T I N G , L E N N E R T e altri).
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S A N G U E E ORGANI
EMOPOIETICI
La collaborazione proficua nell'ambito delle discipline sarà sempre decisiva per la prospettiva di ottenere nuove conoscenze; inoltre occorre sempre tener presente che una differenziazione cellulare eccessiva esclusivamente orientata in senso citomorfologico, contiene in sé cause di errore che diventano realmente gravi se si sorpassano i limiti del metodo. Tra l'altro si verifica sempre che dalla contiguità di forme cellulari simili e di corrispondenti forme di passaggio, si conclude per una successione cronologica, procedimento questo che non sempre è ammissibile. Occorre anche ricordare sempre che isomorfismo non deve necessariamente significare isogenesi e isofunzione e che, viceversa, tipi cellulari differenti possono compiere la stessa funzione ovvero adempire a compiti funzionalmente affini (scambio di fase).
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OSSEO
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SEZIONE
IV
INSUFFICIENZA MIDOLLARE
Insufficienza mieloide — Anemia aplastica — Panmieloftisi — Panmielo•patia — Agranulocitosi — Aleucia emorragica — Trombocitofenia maligna Col termine di insufficienza midollare si intende l'incapacità dell'organo midollare « di coprire le necessità del sangue circolante e dei tessuti (p. es. aumentata richiesta di granulociti nell'infiammazione) in elementi cellulari maturi funzionalmente capaci, cioè eritrociti, granulociti e trombociti. L'insufficienza midollare si manifesta pertanto con una mancanza di elementi cellulari nel sangue circolante. Questo stato è detto « citopenia ». Dalle citopenie lievi, fino alla totale scomparsa, si osservano tutti i gradi di passaggio. Se mancano gli eritrociti, i granulociti e i trombociti, esiste una pancitopenia (i), se manca invece un solo tipo cellulare, si parla rispettivamente di eritropenia, granulocitopenia (2) (agranulocitosi) ovvero di trombocltopenia (3) ; se infine mancano i granulociti e i trombociti si parla di aleucia emorragica (FRANK). Altri A A . , nella denominazione degli stessi quadri morbosi, hanno tenuto conto del reperto midollare e non del quadro ematico periferico. Si formò così il termine di panmieloftisi (PAPPENHEIM, FRANK). Quando tuttavia si riconobbe che in molti casi, col quadro della citopenia, il midollo osseo non era aplastico, bensì piuttosto normo o iperplastico (pag. 658), si coniarono dei termini non pregiudizievoli in questo senso, come p. es. mielopatia o panmielopatia (NÀGELI), o panmlelosi (ROHR). I termini di anemia aplastica (EHRLICH), anemia mielopatica e anemia arigenerativa (HIRSCHFELD), vennero basati sull'insieme delle modificazioni ematiche e midollari. Le pancitopenie, le granulocitopenie pure (agranulocitosi), le trombocitopenie e le aleucie emorragiche, sono relativamente frequenti, mentre sono molto rare le eritrocitopenie (dette eritroblastoftisi tenendo solo conto del M. O.). Il concetto di anemia aplastica viene usato, concordemente, per la definizione di pancitopenie, (1) Sono sinonimi: panemocitopenia, (2) Sono sinonimi: agranulocitosi nulocitopenia
(NÀGELI),
aleucia
panemoftisi (STODTMEISTER). (SCHULTZ), agranulocitemia (ASKANAZY),
gra-
(FRANK).
(3) Sono intese le cosiddette forme sintomatiche, ovvero « maligne » (FRANK); la trombocitopenia benigna idiopatica è una caratteristica del morbo di Werlhoff, cfr. pag. 842 e segg.
652
SANGUE E ORGANI EMOPOIETICI
ovvero panmielopatie, a meno che non si parli specificamente di un'anemia aplastica isolata, e risp. di un'eritrocitopenia. Effettivamente l'anemia è, non di rado, molto spiccata nelle anemie aplastiche (in senso di pancitopenie). L'accresciuta esperienza di questi ultimi decenni ha insegnato che l'insufficienza midollare non decorre esclusivamente con una citopenia, ma che piuttosto questa è talora sostituita da leucocitosi o da poliglobulie sintomatiche e inoltre, e ciò non di rado, compaiono violente reazioni leucemoidi o eritremoidi (pag. 665). Queste ultime decorrono generalmente con una iperplasia del parenchima midollare notevolmente spostata a sinistra e con una iperplasia sistemica mieloide extraossea spesso molto intensa (pag. 665). Le modificazioni possono essere così intense da non poter essere distinte dal quadro completo della leucemia acuta o mieloblastica o paramieloblastica (pagg. 862-883) né per quanto riguarda il quadro ematologico, né per quanto riguarda il reperto morfologico. H O F F , inoltre H E N N I N G e altri hanno catalogato giustamente le reazioni leucemoidi, compresa la leucemia mieloblastica acuta (1) che, come abbiamo detto, non ne può essere separata (pagg. 843, 882) fra le sindromi appartenenti alle « forme dell'insufficienza mieloide », tesi questa posta in discussione da altri (ROHR, HEILMEYER)
(cfr.
pag.
667).
Alle forme dell'insufficienza mieloide appartengono pertanto non soltanto le citopenie mono o plurisintomatiche, m a anche le reazioni leucemoidi ed eritremoidi, o anche combinate eritroleucemoidi\ come pure i « quadri completi » della leucemia acuta, dell' eritremia e dell ' eritroleucemia. Spetta soprattutto a H O F F il merito di avere riconosciuto che le sindromi cliniche citate si dispongono frequentemente in successione casuale e sempre variabile, come gli anelli di una catena. Frequentemente i singoli anelli sono separati tra di loro da remissioni brevi o lunghe, complete o incomplete. Ciò che è importante è che le recidive possono insorgere sempre in un momento in cui le noxe hanno cessato di agire sull'organismo, fatto noto p. es. per le intossicazioni da benzolo, per gli effetti delle radiazioni, ecc. Questo decorso periodico ciclico-remittente è stato denominato da « alternanza di fasi ». Esso può essere interrotto in qualsiasi momento, sia dalla guarigione permanente, sia dalla morte. T r a tutte le sindromi la prognosi peggiore è propria alle reazioni leucemoidi, corrispondenti al quadro completo della leucemia mieloblastica acuta, specialmente quando il ciclo ha inizio con una leucemia acuta. HOFF
I fattori causali determinanti l'alternanza di fasi e l'ordine con cui le singole fasi si succedono, sono ignoti. Ciò vale anche per la questione del motivo per cui talora si ammala un sistema cellulare, talora un altro e tal'altra due o
(1) C i ò v a l e a n c h e p e r le e r i t r e m i e ed e r i t r o l e u c e m i e
acute.
INSUFFICIENZA
MIDOLLARE
653
t r e s i s t e m i c o n t e m p o r a n e a m e n t e . T r a le c a u s e si c i t a n o la costituzione (ROHR), l'orientamento allergico (HOFF) e fattori locali nel senso d i m i e l i t e (ROHR e altri). P e r q u a n t o r i g u a r d a le a g r a n u l o c i t o s i e le t r o m b o c i t o p e n i e a p p a r e n t i c f r . p a g . 684. P e r q u a n t o r i g u a r d a la p r e f e r e n z a c o n c u i d e t e r m i n a t e serie c e l l u l a r i v e n g o n o colpite, v o g l i a m o r i c o r d a r e che, a p r e s c i n d e r e d a i f a t t o r i p r e v a l e n t e m e n t e e n d o g e n i c i t a t i , p u ò essere d i i m p o r t a n z a f o n d a m e n t a l e a n c h e l a q u a l i t à d e l l ' a g e n t e n o c i v o . Così, p . es., l ' a m i d o p i r i n a (piramidone) c a u s a p r e v a l e n t e m e n t e g r a n u l o c i t o p e n i e isolate, il chinino, il s e d o r m i d e il s a r i d o n d e l l e t r o m b o c i t o p e n i e , l'oro, il s a l v a r s a n , i s u l f a m i d i c i , il b e n z o l o ecc., s o n o c a u s a infine di p a n c i t o p e n i e .
CAPITOLO
I
REPERTI MIDOLLARI NELL'INSUFFICIENZA MIDOLLARE (1)
Il substrato anatomo-patologico dell'insufficienza midollare, intesa in senso funzionale, non è unitario, e il riconoscimento di ciò, che si è imposto piuttosto tardi, ha contribuito notevolmente alla comprensione dei rapporti. P r e m e t t i a m o che u n g i u d i z i o c o m p l e t o sulle m o d i f i c a z i o n i m i d o l l a r i è possibile solo sul m i d o l l o v e r t e b r a l e (SCHMORL, WIENBECK), p o i c h é solo q u e s t o m a n t i e n e fino a l l ' e t à a v a n z a t a l a s u a f u n z i o n e e m o p o i e t i c a o b b l i g a t o r i a . I r e p e r t i o s s e r v a b i l i s o l t a n t o nel m i d o l l o d e l l e ossa l u n g h e , p o s s o n o essere v a l u t a t i solo c o n d i z i o n a t a m e n t e (cfr. p a g g . 6 1 5 e 640). P o i c h é il m i d o l l o n o n m o s t r a m a i o v u n q u e lo stesso q u a d r o ( a c c a n t o a d aree a t r o f i c h e o fibrose si o s s e r v a n o p . es. n o n di r a d o delle isole p i ù o m e n o estese d i m i d o l l o ricco di cellule) i reperti ottenuti soltanto mediante p u n t a t o midollare possono ingannare sulla s i t u a z i o n e reale. S o l t a n t o le ricerche istologiche sul m i d o l l o p o s s o n o d a r e i n f o r m a z i o n i c o m p l e t e sulla s i t u a z i o n e n e l l a s u a t o t a l i t à .
(1) A S K A N A Z Y , B O C K , C U S T E R , D A R L I N G e a l t r i , H E N N I N G , H E N N I N G e KRUMEHAAR, WYATT
NORDENSON,
C SOMMERS
e
OLIVEIRA,
altri.
PLUM,
RHOADS
e MILLER,
ROHR,
KEILHACK, WIENBECK,
654
SANGUE
E
ORGANI
EMOPOIETICI
A. ATROFIA 0 APLASIA D E L MIDOLLO OSSEO COME SUBSTRATO DELLA INSUFFICIENZA M I E L O I D E Tipo aplastico secondo
KAHANE
Ipoplasie del midollo osseo
i . Durante la fase acuta della malattia e durante le riacutizzazioni le cellule parenchimali dimostrano manifestazioni regressive a carico del nucleo (carioressi, picnosi nucleari, ecc.) e del citoplasma. Infine le cellule scompaiono o quasi (fìg. 226). Spesso anche le cellule adipose vengono distrutte, mentre i vasi e le strutture fibrillosinciziali dell'organo midollare sono invece di regola mantenuti. Tuttavia le cellule reticolari sono spesso
Fig. 226. Midollo osseo in corso di linfoidi; 2, rare cellule 4, precipitati le cui (Da OLIVEIRA, Virchows
panmieloftisi (bambino di 2 anni). J, Cellule prevalentemente immature; 3, megacariocito con modificazioni patologiche; più fini ramificazioni assumono i coloranti per la fibrina. Archiv, vol. 296, pag. 268, fig. r, Springer, Berlino, 1936).
INSUFFICIENZA
MIDOLLARE
655
rigonfiate e contengono numerosi vacuoli. L a distruzione delle cellule è spesso accompagnata da un'intensa essudazione nelle maglie tessutali. L'essudato è in parte sieroso. Esso o non si colora affatto (ed è riconoscibile solo indirettamente per la struttura lassa), o si colora solo debolmente in rosa con l'eosina. Spesso l'essudato contiene fibrina oppure è attraversato da filamenti di fibrina, oppure anche è omogeneamente intensamente colorabile come la necrosi fibrinoide (fig. 226). Si possono osservare emorragie diffuse. Esse sono segno di danno particolarmente grave della barriera endoteliale, oppure sono espressione di una diatesi emorragica da trombocitopenia periferica. Nell'essudato si osservano occasionalmente detriti nucleari e cellulari. Tali modificazioni corrispondono nel vero senso della parola ad una « panmieloftisi » o ad una « deficienza totale mieloide ». È quasi la regola che il midollo sia cosparso di infiltrati di cellule linfoidi lassi o non di rado anche molto densi (fig. 226). Sul preparato istologico è spesso molto difficile decidere (v. sotto) se si tratti di un'infiltrazione ematogena del midollo (WIENBECK), o di una proliferazione reattiva di «cellule reticolari linfoidi» (ROHR). Non sempre si distruggono tutte le cellule parenchimali. Talora si trovano ancora nidi di emocitoblasti o eritroblasti immaturi; raramente anche alcuni mieloblasti e promielociti. Talora è colpita solo la granulocitopoiesi (agranulocitosi), tal'altra solo l'eritropoiesi (1) (eritroblastoftisi acuta benigna secondo GASSER, cfr. pagina 685). Nelle agranulocitosi e aleucie emorragiche si tratta spesso però effettivamente di « panmieloftisi » che si impongono all'attenzione come agranulocitosi solo clinicamente (cfr. pag. 684). In altri casi ancora va distrutta solo una parte delle cellule parenchimali di una sola o di tutte e tre le serie cellulari, acutamente o gradualmente. Il midollo allora appare lasso, come ridotto; esso è ipoplastico, premesso però che non prevalga una iperplasia compensatoria delle cellule sopravvissute alla riduzione cellulare (v. sotto). Nella panmieloftisi le tre serie cellulari non sono sempre uniformemente colpite; esistono tutte le forme di passaggio verso le forme isolate. In determinate agranulocitosi con inizio iperacuto, che sono prevalentemente riconducibili ad una distruzione di granulociti nel sangue circolante, il midollo osseo ha un aspetto lasso solo a causa della notevole o completa scomparsa dei granulociti con nuclei a bastoncino e segmentati, fenomeno questo riconducibile al fatto che tutte le cellule della serie bianca pressoché mature e in grado di essere immesse in circolo, sono state cedute al sangue. Spesso però entra in gioco anche un blocco maturativo. Concludendo, la natura dell'atrofia midollare acuta consiste nel fatto che l'impalcatura mieloreticolare viene privata più o meno intensamente e talora persino totalmente delle cellule parenchimali. Le maglie struttu(1) N e l M. O. si t r o v a r o n o p r o e r i t r o b l a s t i a t i p i c i (GASSER e ADANK).
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SANGUE
E
ORGANI
EMOPOIETICI
rali apparentemente vuote, contengono un essudato in parte incolore, in parte eosinofilo o anche fibrinoide, e occasionalmente persino emorragico. 2. Quando il decorso è subacuto o subcronico o anche cronico nelle panmielopatie, come pure nell'agranulocitosi, si produce una proliferazione non di rado assai intensa delle cellule reticolari (« iperplasia reticolo-istiocitaria » secondo ROHR, midollo reticolare secondo BOCK) . Non di rado si tratta di piccole cellule linfoidi che però sono spesso un poco più grandi dei comuni linfociti (fig. 227). Questi infiltrati ftlasmacellulari o anche linfoidi sono considerati da alcuni A A . come cellule migranti ematogene (v. sopra). Altri invece le considerano come «cellule reticolari linfoidi o plasmacellulari » (ROHR e altri) proliferate in sede in modo autonomo. Altri A A . ancora hanno interpretato le stesse cellule (sec. ROHR) come cellule staminali indifferenziate, le cosiddette « primitiv cells » (RHOADS e MILLER e altri). Le cellule linfoidi sarebbero perciò espressione di uno spostamento a sinistra di grado elevato, con grave inibizione maturativa. ROHR rifiuta questa ipotesi. Egli interpreta gli infiltrati linfoidi come espressione di una reazione dello stroma midollare al danno che causa la mielopatia. Nella sezione istologica la derivazione delle cellule non è sempre chiara (rappresentazione delle fibre reticolari!). Occasionalmente si trovano follicoli linfatici tipici singoli o multipli. Molto probabilmente alcuni casi della letteratura con infiltrazione linfoide, particolarmente fitta, sono stati interpretati erroneamente come linfoadenosi limitate all'organo midollare (ROHR) . Sono stati ripetutamente descritti macrofagi carichi di eritrociti, detriti nucleari, pigmento ed altro, inoltre singole o anche numerose mastzellen. SANDKÙHLER osservò cristalli birifrangenti extracellulari. Per un certo numero di ipoplasie, ed atrofie midollari croniche, è caratteristica l'iperplasia del tessuto adiposo in tutti i distretti dell'organo midollare; esistono tutti i passaggi da una notevole iperplasia delle cellule adipose, sino alla quasi completa sostituzione con tessuto adiposo (« lift ornato si » secondo ASKANAZY, «ifterftlasia adiftosa» secondo ROHR), cfr. fig. 228. Occasionalmente è stato descritto anche il midollo gelatinoso. Non di rado le iperplasie midollari sono associate con una proliferazione di cellule reticolari e soprattutto con una densa infiltrazione linfo e plasmacellulare. In tutte le atrofie midollari subcroniche o croniche, sono ovviamente conservati residui di parenchima midollare. Altrimenti la vita sarebbe impossibile, tanto più che in questi casi la mielopoiesi extraossea (pag. 684) è molto scarsa o manca del tutto. Sull'evoluzione delle panmielopatie in fibrosi midollari v. sotto. Agranulocitosi croniche ed eritroblastoftisi con scomparsa esclusiva di una serie midollare, sono relativamente rare, specialmente le seconde (cfr. pag. 685). Macroscopicamente il M. O., durante la fase acuta e cronica, ha colorito rosso pallido o grigio roseo, piuttosto giallastro se contiene adipe.
INSUFFICIENZA
MIDOLLARE
657
Fig. 227. Midollo vertebrale in corso di pancitopenia. Scomparsa quasi completa della mielopoiesi. A l suo posto infiltrazione densa di cellule rotonde linfoidi.
Fig. 228. Midollo vertebrale in corso di pancitopenia. Midollo quasi esclusivamente adiposo con rare piccole isole di cellule rotonde linfoidi. 42 —
KAUFMANN
I
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SANGUE E ORGANI EMOPOIETICI
È di consistenza molle, edematoso o gelatinoso. Dalla cavità midollare delle coste, p. es., fuoriesce frequentemente, anche con pressione modesta, un liquido incolore, o grigio sporco, o giallo rossastro, o rossastro, invece della comune poltiglia midollare.
2. NORMO E I P E R P L A S I A D E L M I D O L L O OSSEO, QUALE SUBSTRATO DELL'INSUFFICIENZA Midollo
cellulare 0 ipercellulare,
( K A H A N E ) , cosiddetta
MIELOIDE
tipo plastico di insufficienza
« anemia
pseudoaplastica
midollare
» (KRUMBHAAR)
Il midollo può dimostrare la solita densità cellulare, spesso però è più denso e più ricco di cellule che di norma. Il tessuto adiposo può essere più o meno ricco, o anche completamente scomparso. Nel lume dei sinusoidi la emopoiesi è frequentemente dimostrabile (cosiddetta metaplasia extramidollare,
ma
intraossea,
secondo
STODTMEISTER
e
SANDKÙHLER).
Esistono pertanto tutti i gradi, dal midollo aplastico-ipoplastico (v. sopra), fino a quello normoplastico da un lato, e dal midollo normoplastico fino a quello iperplastico dall'altro. Il mielogramma è spostato a sinistra. L a maturazione delle cellule midollari rivela notevoli variazioni. Durante le « crisi di guarigione » il mielogramma può essere spostato a destra. In alcuni casi si osserva una prevalenza dei mielociti — non di rado anche eosinofili •—• e/o di normoblasti e/o di megacariociti. I tipi cellulari maturi sono invece fortemente diminuiti o mancano del tutto. Tali modificazioni (1) nel mielogramma e soprattutto nelle sezioni di materiale postmortale (scomparsa dei granulociti maturi) possono essere molto vicine alla norma. Non si osservano però quadri midollari completamente normali (ROHR). Per lo più i granulociti con nuclei a bastoncino e segmentati sono notevolmente diminuiti, se non addirittura scomparsi, e ciò vale anche per i reticulociti. HEILMEYER osservò un caso letale, nel quale la maturazione arrivava fino allo stadio di cellule con nucleo a bastoncino. Mancavano completamente solo i granulociti con nuclei segmentati. Nella maggior parte dei casi (2) prevalgono le forme immature: mielociti, promielociti, mieloblasti e/o normoblasti, eritroblasti, proeritroblasti, eritrogoni e/o megacariociti (1) immaturi. L a struttura caratteristica dello spazio midollare è p e r l o p i ù c o n s e r v a t a ( W I E N B E C K , W Y A T T e SOMMERS), m a n o n
ricono-
scibile in tutti i casi. Secondo WYATT e SOMMERS e altri si osservano serri-
ti) Questi casi sono stati anche interpretati talora come « leucosi megacarioeitiche » (pag. 859).
INSUFFICIENZA MIDOLLARE
659
pre alcune cellule reticolari, ovvero staminali indifferenziate; queste ultime, in contrapposizione alle leucosi vere formerebbero occasionalmente dei cordoni e dei setti che conferiscono al midollo iperplastico un aspetto a campi distinti. In altri casi ancora (3) le cellule staminali indifferenziate dominano il quadro. Il midollo ricco di cellule è praticamente costituito esclusivamente da « emociblasti », « primitiv cells », « cellule reticolari indifferenti », o «cellule reticolari linfoidi e plasmacellulari » (1). Queste iperplasie di cellule reticolari e di cellule staminali rivelano tutti i gradi di passaggio verso i tipi ricchi di cellule delle forme aplastiche (a, 2), cfr. la fìg. 228. Concludendo, esistono i seguenti tipi midollari, a seconda della intensità dello spostamento a sinistra: per la granulopoiesi: tipo metamielocitario-mielocitario (anche con cellule granulose eosinofìle e basofìle), mielocitario-promielocitario, promielocitario-mieloblastico e reticolare-emocitoblastico; per Veritropoiesi: normoblastico, eritroblastico-proeritroblastico, reticolare-emocitoblastico. Anche i megacariociti dimostrano segni variabili di maturazione. Le cellule ostacolate nella loro tendenza maturativa, permettono talora di riconoscere decise atipie morfologiche e funzionali; così i mielociti sono talora poco o punto granulosi (WIENBECK), e occasionalmente mancano dei fermenti proteolitici (SCHNAASE). Inoltre si osservano anche promielociti e mieloblasti atipici, come pure mitosi atipiche (HOFF e altri). ROHR tuttavia mette in dubbio la presenza di mieloblasti nelle agranulocitosi e panmielopatie, a prescindere da eccezioni molto rare. HOFF invece sottolinea che, non di rado, il M. 0 . non può essere distinto dal quadro tipico delle leucosi mieloblastiche e paramieloblastiche. Egli avrebbe potuto dimostrare la presenza di paramieloblasti in casi di agranulocitosi completamente guarite. HEILMEYER infine descrive anemie aplastiche con midollo contenente mieloblasti e risp. paramieloblasti senza estensione extraossea, che interpreta tuttavia come leucosi acute e, queste ultime ancora, come neoplasie. Nelle paramielopatie tutte e tre le serie cellulari partecipano all'iperplasia, tuttavia esistono eccezioni nelle quali l'eritropoiesi o la granulopoiesi o anche la proliferazione megacariocitica, possono predominare, rispettivamente cedere, da sole o accoppiate con un'altra, rispetto agli altri sistemi. Nelle agranulocitosi pure, le cellule nucleate della serie rossa e i megacariociti, non sono generalmente modificati. Talora sono però diminuiti o anche aumentati; pare però dubbio che l'iperplasia delle cellule nucleate rosse sia assoluta (ROHR). La riduzione occasionale delle cellule nucleate rosse, fa pensare che esista in realtà un disturbo maturativo — sia pure di diversa intensità — di tutte e tre le serie cellulari, che però in caso di breve durata della malattia, influisce unilateralmente sulla composizione del sangue periferico a causa della diversa du-
(1) Q u e s t i casi non d e v o n o venir confusi con le linfadenosi, reticulosi, ecc.
66o
S A N G U E E ORGANI
EMOPOIETICI
rata di vita delle cellule (ROHR). In caso di sindrome emolitica contemporanea, eventualmente latente, le cellule nucleate rosse possono essere aumentate inusitatamente in confronto alle forme immature bianche. In altri casi ancora si osservano numerose cellule giganti (v. sotto). Macroscopicamente tali iperplasie midollari appaiono di colorito rosso chiaro o grigio rosso, o anche rosso scuro, hanno aspetto umido e sono di consistenza molle, pastosa. L a colorazione rosso scura può essere causata da emorragie midollari diffuse e può simulare non di rado un'iperplasia, per es. nelle osteomielosclerosi.
3. M I E L O S C L E R O S I , M I E L O F I B R O S I , O S T E O M I E L O S C L E R O S I {Sclerosi e fibrosi del M. 0.) quale substrato dell'insufficienza
midollare
Alcuni casi, invece del midollo cellulare normale ovvero adiposo, rivelano un midollo fibroso, cioè un trabecolato privo di cellule parenchimali, lasso e reticolare, descritto come edematoso, rigonfio ovvero ialino e gelatinoso. Il carattere edematoso della sclerosi midollare (mielosclerosi) è determinato da un liquido presente nelle maglie del tessuto, non visualizzabile istologicamente né otticamente, né cromaticamente. Se le maglie tessutali contengono invece una massa più omogenea o granulosa o anche a disposizione delicatamente lamellare, colorabile in rosso rosa con l'eosina e talora anche come la fibrina, il tessuto viene definito come gelatinoso o che ha subito un rigonfiamento ialino ovvero fibrinoide. Queste alterazioni sono molto simili, talora, all'atrofia gelatinosa del midollo. Tali modificazioni sono morfologicamente molto simili al « midollo vuoto » sopradescritto. Di regola, tuttavia, si osserva un trabecolato reticolare, sincizio-fibrillare molto lasso, che si è formato nell'essudato infiammatorio appena descritto (cfr. pagg. 664, 668) (APITZ). Dapprima esso contiene scarse fibre reticolari o soltanto poco più numerose che di norma. Questa sclerosi midollare molto lassa non contiene ancora fibrille collagene, tuttavia si osservano tutte le forme di passaggio verso la fibrosi midollare (fig. 229) grossolana, povera di cellule e ricca di fibre collagene. Le fibrille collagene rivelano talora un intreccio, considerate in senso spaziale. Talora capitano anche iperplasie notevoli delle cellule reticolari (reticulosi, reticulo-fibrosi [cfr. il caso n. 1 di ASSMANN e inoltre WAITZ e altri] fibromatosi [MUNK]). Tali reperti possono ricordare sia il sarcoma, sia il fibrosarcoma o anche, in collegamento con l'osteosclerosi, la distrofia fibrosa (RECKLINGHAUSEN) .
INSUFFICIENZA
MIDOLLARE
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Il midollo fibrillare lasso appare macroscopicamente grigio biancastro o grigio rosso, piuttosto molle, edematoso, gelatinoso. L a fibrosi midollare, ricca di fibre, invece, appare consistente e fibrosa. In un certo numero di casi alla mielosclerosi può associarsi una osteosclerosi. In questi casi alle trabecole ossee preformate, cioè alle trabecole della spongiosa, si giustappongono delle squame larghe di tessuto osseo, in parte osteoide, in parte calcificato. La struttura ossea è lamellare, tuttavia non è così regolare come di norma e occasionalmente è a intreccio. Inoltre, nello spazio midollare, si formano anche spicule ossee neoformate, per lo più irregolari, e spesso in forma addirittura bizzarra, che sono in
Fig. 229. Fibrosi a focolaio di midollo vertebrale in un caso di mielosi cronica. Ingrandimento 58 x.
parte in collegamento con le sopracitate squame ossee. Delle linee di connessione, più o meno marcate, situate al limite con l'osso preesistente, ma talora anche situate nel mezzo del tessuto osseo neoformato, testimoniano che la deposizione ossea avviene a poussées. Quasi sempre le trabecole ossee in via di rimaneggiamento sono circondate da midollo fibroso, dal quale proviene direttamente l'osso. Le cellule del tessuto connettivo si trasformano così direttamente in osteociti, osteoblasti, osteoclasti e manca quasi sempre l'osteolisi lacunare, provocata da questi ultimi. L'osso neoformato si differenzia rispetto al circostante tessuto connettivo per le sue cellule piatte similendoteliali. La neoformazione osteosclerotica ha luogo prevalentemente nella spongiosa, però in genere viene anche interessata la corticale. Mediante il continuo ispessimento delle trabecole ossee originarie e la costituzione di
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ORGANI
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nuove trabecole, il canale midollare viene sempre più ristretto e la struttura dell'osso sempre più ispessita, cosicché infine i canali midollari finiscono per essere riconoscibili sempre meno facilmente fino a scomparire (eburneizzazione). Si danno casi che microscopicamente mostrano modificazioni tipiche, mentre macroscopicamente non è possibile riconoscere alcuna modificazione (p. es. il caso di APITZ). D i regola l'osteosclerosi è associata ad una mielosclerosi; si tratta quindi di una « Osteomielosclerosl » (GRIESHAMMER) . Casi di osteosclerosi associati al midollo giallo (ASKANAZY) sono molto rari. Mielosclerosi ed osteomielosclerosi cominciano sempre a forma di focolaio, m a probabilmente contemporaneamente in molti punti e si estendono parte in continuità e parte discontinuamente in tutto il sistema scheletrico. Sono predisposti i distretti ematopoietici del midollo (MUNK), indi vengono incluse nel processo anche le ossa che nell'adulto in genere contengono midollo giallo, p. es. le diafisi delle ossa lunghe. Il singolo focolaio mostra un aspetto caratteristico. Nella fase iniziale spesso contiene cellule midollari iper-plastiche anche là dove nell'adulto ci sarebbe da aspettarsi midollo giallo (ACHENBACH). In un tempo successivo il midollo cellulare viene sostituito da midollo fibroso. Specialmente le trabecole ossee ispessite sono spesso circondate da quest'ultimo. Quindi il midollo fibroso si estende sempre più a spese del midollo cellulare. D a ultimo il midollo fibroso contiene in grandi zone solo poche isole di midollo cellulare o è infiltrato di rare cellule parenchimatose. Talvolta l'emocitopoiesi, contrariamente alla norma, si svolge chiaramente nel lume dei vasi. Sono stati osservati nel midollo fibroso anche spessi infiltrati di linfociti o plasmacellule. Midollo cellulare fibroso sono frammisti a più o meno abbondanti cellule adipose; esse possono anche mancare del tutto o viceversa, come detto sopra, empire da sole il canale midollare. L a composizione delle cellule iperplastiche del midollo corrisponde ai risultati descritti in b). Consistono prevalentemente di mielociti e normoblasti, m a compaiono anche quadri di midollo prevalentemente rosso o bianco, come anche associazioni frequenti con qualche mieloblasta ed eritroblasta. Cellule del reticolo ordinate in cordoni danno talvolta al midollo cellulare un aspetto di divisione in piccoli campi (WYATT e SOMMERS). Sia chiaro che spesso si trovano molte cellule giganti in parte megacariociti e in parte forme cellulari atipiche che da alcuni vengono considerate come osteoblasti e rispettivamente policariociti, e da altri come cellule da corpo estraneo (del genere dell'Epulis gigantocellularis; ACHENBACH). Molti Autori videro molti e grossi fagociti che avevano assunto cellule e detriti di cellule.
INSUFFICIENZA
MIDOLLARE
CAPITOLO
PATOGENESI
663
II
FORMALE
DELL'INSUFFICIENZA DEL MIDOLLO OSSEO
L'insufficienza del parenchima midollare osseo, deputato all'emocitopoiesi può essere conseguenza, se noi prescindiamo qui da quanto si è detto sulla insufficienza di natura costituzionale del midollo (pag. 672), a) di una distruzione delle cellule {necrosi), oppure b) di un arresto della formazione delle cellule o infine c) di un arresto di maturazione (« maturationsarrest »). L a genesi formale della insufficienza midollare è senza dubbio diversa da caso a caso. Alcuni Autori negano per esempio l'arresto di maturazione come fattore patogenetico primario (BOCK per es. per le Agr.) e vedono in esso esclusivamente un fenomeno secondario. I sunnominati danni parenchimali (a-c) possono essere provocati direttamente e indirettamente. Direttamente le cellule del midollo osseo orientate in senso ematopoietico vengono danneggiate da una deficienza di enzimi (pag. 681), mediante ipossidosi (ipossia, veleni paralizzanti la respirazione cellulare come l ' H C N , l'arsenico ed altri), mediante irradiazioni (Rontgen, Radium e così via) (pag. 676), mediante veleni esogeni (p. es. il benzolo) o endogeni (pag. 673) e così via; Indirettamente per le medesime cause o per altra noxa esercitantesi attraverso una reazione dei vasi del midollo osseo specie nell'ambito della circolazione terminale o di una eccitazione neuro-vegetativoumorale del sistema di regolazione dell'ematopoiesi. Negli ultimi tempi sono state considerate spesso per spiegazione della patogenesi della insufficienza del midollo osseo le reazioni vascolari del genere della « infiammazione sierosa ». A chiarimento del concetto ci sembra utile di esporre brevemente le principali nozioni di patologia generale su questa forma di infiammazione. L'infiammazione sierosa ( R Ò S S L E ) è caratterizzata da disturbo di permeabilità della tunica endoteliale dei vasi (disoria SCHURMANN), che ha per conseguenza una essudazione sierosa (solo eccezionalmente fibrinosa o emorragica) nelle guaine di tessuto pericapillare. Spesso l'essudato sieroso non si evidenzia né per particolari affinità tintoriali, né otticamente; la sua esistenza è pertanto riconoscibile solo indirettamente, poiché le strutture preformate vengono distanziate fra loro. In altri casi si vede una massa omogenea o friabile, debolmente colorabile con l'eosina. Cellule parenchimali differenziate e sensibili pos-
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SANGUE E ORGANI
EMOPOIETICI
sono essere danneggiate sotto f o r m a di lipoidosi degenerativa, di una dissociazione delle cellule (esse si disgregano a causa della dissoluzione delle sostanze cementanti) o di una lisi (istolisi, forma speciale di necrosi). Cellule indifferenziate, in prima linea il mesenchima a t t i v o e rispettivamente il S . R . E . subiscono per contro un v i o l e n t o stimolo proliferativo (ROTTER). I n u n ulteriore decorso sorgono nell'essudato sieroso fibre argirofile e poi collagene, v a l e a dire si sviluppa una sclerosi (fibrosi) che esita come le altre cicatrici. U n segno essenziale di differenza con le altre forme di essudazione consiste nel f a t t o che l'infiltrazione cellulare dei tessuti e le neoformazioni di vasi, che assieme costituiscono l'essenza del tessuto di granulazione, m a n c a n o o almeno sono molto scarse. L a sclerosi non sorge cosi come di solito per la v i a del tessuto di granulazione. Spesso l'infiammazione sierosa è generalizzata, si estende a t u t t o un organo o a parecchi organi. I l disturbo primitivo di p e r m e a b i l i t à p u ò essere c a u s a t o d a u n a q u a n t i t à di fattori danneggianti la t u n i c a endoteliale, che di regola giungono per v i a ematica. Siano b r e v e m e n t e citate le tossine endogene (per esempio nella tireotossicosi, nell'uremia, nel riassorbimento di speciali p r o d o t t i di degenerazione proteica, durante la fase di risoluzione della pneumonite lobare, nell'organizzazione dell'infarto di un organo, di una emorragia, ecc.) e di tipo esogeno (chimiche, batteriche, ecc.). P e r altro anche un banale disturbo di circolazione p u ò provocare una infiammazione sierosa (ROTTER). P e r finire sia chiaro p e r t a n t o che la necrosi parenchimale non è soltanto la conseguenza di una infiammazione sierosa (vedi sopra), m a può esserne anche la causa come per esempio i processi distruttivi parenchimali di origine endocrina ben lasciano vedere. A P I T Z ha introdotto nella patologia del midollo delle ossa il concetto di infiammazione sierosa, cioè il concetto della « mielite sierosa ». Più tardi esso fu ripreso da parecchi autori e fra essi da R O H R , S T O D T M E I S T E R , S A N D K Ù H L E R e altri.
D i significato pratico sono solo quelle forme che colpiscono g r a n parte o t u t t o l'organo midollare. Esse devono avere origine ematogena nella maggior p a r t e dei casi. N o n si sa ancora se si t r a t t i di veleni specifici dei capillari del midollo osseo (APITZ). E v i d e n t e m e n t e si considerano anche i danni d a irradiazione del midollo osseo con notevoli disturbi di permeabilità delle tuniche endoteliali (essudati sierosi e perfino emorragici). L'essudazione sierosa e nel midollo delle ossa non raramente siero-fibrinosa od anche emorragica si accompagna alla scomparsa delle cellule parenchimali. Se in ogni modo la necrosi del parenchima sia conseguenza (APITZ, STODTMEISTER) O causa della mielite sierosa, è ancora incerto. W Y A T T e SOMMERS per esempio descrivono il q u a d r o di u n a infiammazione sierosa (senza però chiamarla così) e considerano e v i d e n t e m e n t e la necrosi delle cellule p a r e n c h i m a l i come primaria, o almeno come un fenomeno equivalente all'essudazione. ROHR ritiene la « mielite cronica interstiziale » la causa più frequente delle anemie aplastiche e rispettivamente delle panmielopatie in generale. Spesso si t r a t t a di una mielite sierosa pura. I n altri casi si può riconoscere una più d i f f u s a infiltrazione del midollo delle ossa d a parte di plasmacellule e cellule del reticolo (fagociti). Queste alterazioni si t r o v a n o in
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MIDOLLARE
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tutte le infezioni generalizzate e sono reversibili. Una terza forma mostra a livello dell'avventizia dei vasi del midollo infiltrati plasmacellulari ed inoltre una proliferazione delle cellule del reticolo, specialmente istiociti (macrofagi), fibrociti e — ciò cui R O H R attribuisce particolare valore — un non raro e notevole aumento delle mastzellen tissulari. Da questa terza forma di mielite spesso deriva un tessuto di granulazione mesenchimale che poi può tramutarsi in una cicatrice: una « reticolo-fibrosi ». Questa forma è per lo più irreversibile. È però possibile una guarigione con difetto (fibrosi). Come cause R O H R ammette infezioni, sepsi, reumatismo, sindrome di Felt, e altre. Ancora sia chiaro che l'infiammazione sierosa in senso stretto non dà luogo al sorgere di alcun tessuto di granulazione. La proliferazione degli elementi cellulari mesenchimali per esempio nell'avventizia dei vasi, appartiene però al campo dell'infiammazione sierosa. È facilmente comprensibile che l'infiammazione sierosa può trapassare in infiammazione granulomatosa, ma bisogna considerare questo fenomeno come qualcosa di particolare, e, se esso è generalizzato, associarlo alle « granulomatosi » (pag. 783). Per la tesi di R O H R del significato patogenetico delle « mieliti » vale l'osservazione che — a prescindere dalle forme acute allergiche e da quelle splenogene — quasi tutte le mielopatie, ivi incluse anche le mielosi e osteomielosclerosi, cominciano a focolaio. Danni indiretti dell'emocitopoiesi del midollo delle ossa attraverso il sistema di regolazione neuroormonale non sono evidentemente rari m a non sono sufficientemente indagati. È invece relativamente ben conosciuta la inibizione splenica del midollo. Sono necessari ulteriori chiarimenti per stabilire fino a che punto possa essere considerato responsabile l'impulso nervoso centrale, per esempio nelle mielopatie di origine allergica, nelle lesioni del tronco cerebrale (HOFF) in seguito a disturbi delle funzioni epatiche, delle ghiandole a secrezione interna (WYATT e SOMMERS) per l'immediato insorgere di una insufficienza del midollo delle ossa ivi incluse le leucemie acute (HOFF). D e v e essere ormai chiaro che anche u n attacco locale, come per esempio l'irradiazione Roentgen di singole vertebre può accompagnarsi con mutamenti di tutto il midollo (arresto di maturazione, iperplasia e così via) che si possono comprendere solo indirettamente attraverso un meccanismo riflesso neuroormonale (reazione d'allarme) (BAUER) . I più gravi danni cagionano sempre una vasta o totale atrofia del parenchima midollare (panmieloftisi in senso stretto, panmielopatia distruttiva, distruzione mieloide totale), sia che le cellule muoiano, sia che la loro vitalità sia così ridotta che esse non siano più in grado di dividersi. Pazienti che soffrono di atrofìa acuta del midollo osseo di questo tipo sogliono rapidamente giungere a morte in conseguenza della deficienza di cellule ematiche periferiche e di piastrine. HOFF vide inoltre atrofie midollari di alto grado in quei casi che per mesi erano stati mantenuti in vita soltanto con frequenti trasfusioni di sangue. Secondo semplice osservazione del quadro ematico, questi casi per la lunga vitalità degli
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ORGANI
EMOPOIETICI
eritrociti si presentano come agranulocitosi isolata (HOFF, SANDKÜHLER e altri; vedi pag. 684) o trombocitopenia. Vi sono anche dei casi di grave Agr. Trombocitop. o An. nei quali si distinguono soltanto le cellule che, caso per caso, provvedono alla granulocitopoiesi, trombocitopoiesi, eritrocitopoiesi (pag. 684). Sia detto espressamente che atrofie midollari d'alto grado possono guarire da sole. Si suppone che una certa percentuale di « cellule blastiche » rimanga conservata e che il primitivo agente nocivo ceda in intensità o che sia soppresso. In questo modo le cellule distrutte possono essere sostituite. Ciò significa clinicamente la guarigione e anatomicamente la ricostruzione della normale struttura. Occasionalmente lo stimolo per l'ematopoiesi è così impetuoso e rapido che, invece di una semplice rigenerazione, si sviluppa una iperplasia del midollo che può accompagnarsi con leucocitosi e foliglobulia sintomatica. Spesso queste intense reazioni sono associate ad una ematopoiesi vicariante nei depositi embrionali non differenziati degli organi ematopoietici facoltativi, collegata con una metaplasla mielolde extramidollare 0 meglio extraossea, per esempio nella milza, e nel fegato che fa insorgere nuovamente una marcata reazione leucemoide 0 eritremoide (pag. 842-863). Poiché la deficienza di cellule ematiche pronte per la funzione viene in tal modo rapidamente pareggiata, tali reazioni nel senso di una iperplasia del midollo osseo e di una metaplasia mieloide extramidollare compensatoria sogliono scomparire presto, e sono pertanto scarse per quantità ed estensione, e fugaci. Del tutto diversi sono i rapporti, quando la possibilità di divisione delle cellule è conservata e vi sono così le premesse per una iperplasia compensatoria; ma tuttavia è lesa la loro capacità di maturare come cellule ematiche capaci di attività. Ogni disturbo di maturazione incomincia indipendentemente dal fatto che sia primario o secondario o combinato con altri simili danni midollari (necrosi cellulare, alterazioni della divisione delle cellule) (1), e provoca od aumenta la citopenia del sangue periferico. Ciò conduce ad una stimolazione riflessa dell'emocitopoiesi, ed in seguito a ciò ad una iperplasia compensatoria del midollo delle ossa (con midollo cellulare nelle ossa lunghe come nelle leucosi) ed una attivazione del sistema extraosseo pronto a produrre cellule ematiche in caso di bisogno. Non di meno nel sangue una povertà di cellule permane costante, poiché l'arresto di maturazione si estende anche sui tessuti attivati nel senso di una emopoiesi vicariante. Così si giunge ad un circolo vizioso e ad una stimolazione sempre più forte dell'ematopoiesi, e ad una sempre (1) N e l l a A g r . p . es., p a r e c c h i A A . ritengono che l'iperplasia sia s e m p r e preced u t a d a u n a g r a v e riduzione delle cellule (BOCK), altri i n v e c e p e n s a n o che il b l o c c o di m a t u r a z i o n e sia da solo in g r a d o di causare u n a iperplasia del midollo senza che nessuna cellula v e n g a d i s t r u t t a .
INSUFFICIENZA MIDOLLARE
667
più forte ed estesa iperplasia sistemica tnieloide. Questi casi sono prognosticamente infausti, poiché non vengono prodotte cellule ematiche mature capaci di funzione. I malati vengono a morte in breve tempo in conseguenza dell'insufficienza mieloide (decorso da acuto a subacuto) (pag. 975) anche se l'arresto di maturazione sia stato interrotto a tempo opportuno. Quindi da un'iperplasia del midollo osseo deviata a sinistra si passa ad una deviata a destra, si formano cellule immature, e il quadro ematico periferico si normalizza. È naturale che proprio in questi casi non siano infrequenti le reazioni fugaci di tipo leucemoide e rispettivamente eritremoide. Talora esse portano a guarigione per crisi, m a spesso invece preludono all'exitus (leucemia mieloblastica terminale). Quanto sopra spiega l'asserzione, che a t u t t a prima sembrerebbe assurda, che cioè un 'iperplasia midollare può essere nello stesso tempo conseguenza di una lesione midollare ed anche espressione di un'insufficienza midollare. Si dimostra anche che l'iperplasia è il risultato di una reazione compensatoria del midollo, la quale però, se persiste una turba della maturazione, non ottiene il suo scopo, cioè la disseminazione delle cellule sanguigne mature, e quindi la normalizzazione del quadro ematologico periferico. L a reazione resta cioè sterile («frustra») — (STODTMEISTER, STODTMEISTER e BÜCHMANN). Se l'ostacolo alla maturazione si elimina, si ha la guarigione; l'iperplasia frustra si esaurisce e si trasforma in atrofia, se i pazienti non sono già morti durante la fase iperplastica. Perciò le iperplasie midollari che si accompagnano o siano provocate da un'insufficienza mieloide dovrebbero sempre venir interpretate come reazioni compensatorie (vedi anche alle pagg. 862 e 750). Questi fenomeni però possono venir spiegati in parte anche diversamente. Si tenga presente anzitutto che un'iperplasia midollare, p. es. nel corso di una infezione, può insorgere naturalmente anche se il midollo è perfettamente integro (mutamento generale vegetativo — HOFF « Sostanze di Menkin », ecc. pagg. 724 e 728). Solo secondariamente si può pervenire, in seguito ad una lesione allergica o tossica primaria del midollo osseo, ad un'insufficienza midollare. Il midollo iperplastico primario (riconoscibile per la scarsità di cellule adipose e per la trasformazione del midollo giallo delle ossa lunghe in midollo cellulare), secondariamente diventa poi povero di cellule (inibizione della mitosi, diminuzione delle cellule). Nello stesso tempo si ha di solito un notevole spostamento degenerativo verso sinistra. Il midollo si esaurisce (mieloftisi da esaurimento, secondo WIENBECK). Altri suppongono che, secondo la legge di Schultz-Arndt, le lesioni lievi, come si hanno p. es. in seguito ad irradiazioni, costituiscono uno stimolo alla proliferazione (iperplasia del midollo osseo). In seguito a lesioni un po' più intense si avrebbe contemporaneamente una lieve inibizione di maturazione. Lesioni gravi determinano una sempre maggiore inibizione della maturazione (ipoplasia con spostamento verso sinistra sempre più intenso e reazioni abnormi dei mieloblasti o degli eritroblasti fino ad una vera e propria iperplasia delle cellule staminali o rispettivamente delle cellule del reticolo). Infine le lesioni più
668
SANGUE E ORGANI EMOPOIETICI
gravi distruggono le cellule o per lo meno impediscono la divisione cellulare. L a conseguenza è l'atrofìa del midollo osseo (carenza generale mieloide). CAZAL ha di recente richiamato l'attenzione su queste correlazioni. Egli descrive quale sindrome dell'« irritazione del midollo osseo » un aumento degli eritroblasti, dei mielociti (meno spiccato), dei mieloblasti (infrequente) del midollo osseo, eventualmente con inibizione della maturazione, mitosi abnorme, ecc.; nel sangue: anemia, eritroblastemia, ecc., mielociti isolati ed eventualmente mieloblasti isolati; in altri casi può essere fortemente lesa anche la mielopoiesi. Lesioni gravi dello stesso tipo determinano invece il quadro dell'aplasia midollare e i corrispondenti danni nel sangue periferico. Vogliamo accennare brevemente al fatto che, anche semplici turbe circolatorie determinano un'infiammazione sierosa e nello stesso tempo uno stimolo alla proliferazione (in certi casi notevole) sulle cellule mesenchimali indifferenziate o poco differenziate (ROTTER). A nostro avviso ciò potrebbe essere la sola causa di certe iperplasie midollari che compaiono in seguito ad una mielite sierosa. Altri vedono in un blocco generale della disseminazione la causa dell'iperplasia del midollo osseo e contemporanea citopenia generalizzata (OLIVEIRA, GERLACH, W I E N B E C K ed altri), oppure affermano che, se esiste un'inibizione della maturazione, si deve giungere ad una « stasi cellulare », poiché le cellule diventerebbero inadatte per il sangue. STODTMEISTER infine suppone che la mielite sierosa impedisca la disseminazione delle cellule, come ad es. nella osteomielosclerosi. L'iperplasia iniziale del midollo osseo sarebbe in parte conseguenza della stasi cellulare ed in parte espressione di una proliferazione cellulare vicariante. Un'ipotesi completamente diversa è espressa da H E I L M E Y E R (1948). Egli ritiene che per lo più nelle anemie aplastiche con midollo ipercellulare, si tratterebbe di leucosi mieloblastiche o paramieloblastiche aleucemiche e di linfoadenosi, cioè, a suo parere, di vere e proprie neoplasie, le cosiddette emoblastosi. Tanto le paramieblastosi quanto le linfoadenosi potrebbero limitarsi al solo midollo osseo; mentre altri casi presenterebbero una più o meno intensa infiltrazione di altri organi extraossei. Altri casi infine si accompagnerebbero con una disseminazione (leucemica) cellulare nel sangue, ricollegandosi così alla vera e propria leucemia acuta (si veda la critica a tale interpretazione a pag. 877). I casi con «midollo v u o t o » sarebbero rarissimi, inoltre potrebbero anch'essi ricollegarsi forse con le emoblastosi. Riassumendo si constata che i soggetti che rientrano tra le forme di insufficienza mieloide, in parte muoiono durante la fase acuta della vera e propria « mieloftisi » (carenza mieloide completa), e in parte muoiono in una fase successiva, cioè dopo che si è già iniziata una rigenerazione, spesso intensa, del parenchima midollare. Però i pazienti muoiono ugualmente, perché l'inibita maturazione impedisce che si formino cellule ematiche efficienti. Altre mielopatie guariscono (remissione o guarigione definitiva). L a guarigione clinica dal punto di vista morfologico può aversi: a) con la restituito ad integrum del midollo osseo. Presentano la maggiore
INSUFFICIENZA
MIDOLLARE
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probabilità di guarigione i casi con lieve inibizione della maturazione delle cellule (midollo normoblastico o lievemente iperplastico, metamielocitico, mielocitico o normoblastico). Se l'inibizione è più intensa (si ha allora un'iperplasia midollare fortemente deviata a sinistra), la guarigione è molto più rara. Come si è detto sopra, essa è però possibile se viene eliminata l'inibizione della maturazione. Perfino in casi che presentavano il quadro completo della leucosi mieloblastica acuta, si è talora osservata una guarigione duratura (secondo H O F F , contrariamente all'opinione di R O H R ) . Remissioni transitorie complete (anche per quel che riguarda il midollo osseo) non sono rare (vedi pag. 885). È da notare infine che un ripristino della vecchia struttura è possibile se esiste atrofia midollare intensa, purché siano ancora presenti cellule capaci di rigenerazione. È probabile che la maggior parte delle atrofie midollari che pervengono a guarigione con decorso acuto e soprattutto subcronico, abbiano alla loro base un processo a focolaio. In tal caso la rigenerazione prende l'inizio dalle parti residue del midollo. Non sono rare b) le guarigioni incomplete. Clinicamente l'incompletezza è rappresentata spesso da una citopenia residua, agr., oppure da un'anemia. Si ha allora o un'atrofia diffusa (o meglio ipotrofia), quale abbiamo descritto a pag. 656, paragrafo a, 2; oppure il quadro della tnìelosclerosì o mielofibrosi, o mielocirrosi oppure anche osteomielosclerosi. Le mielosclerosi sono interpretate dalla maggioranza degli autori come lo stadio cicatriziale della mielite sierosa. L a mielite, come si è detto sopra, può essere tanto la causa quanto l'effetto di una necrosi delle cellule parenchimatose. L a mielosclerosi si instaura di massima a seguito di ogni lesione midollare, q u a n d o esistano determinate condizioni. Si è detto più sopra che durante la fase a c u t a dell'atrofia del parenchima si h a un intenso essudato nel tessuto. L e cellule v e n g o n o così spinte lontane le une dalle altre e infine possono t u t t e cadere in preda alla necrosi. Si inizia allora la proliferazione delle cellule del reticolo, allo scopo di organizzare l'essudato (APITZ) . L e cellule del reticolo originano un reticolo fibrillare sinciziale, dapprima assai tenue, che in seguito p u ò trasformarsi in una cicatrice d u r a ricca di fibre collagene. In t a l modo al midollo cellulare che dapprima è sempre iperplastico, si aggiungono sempre più dei cordoni di cellule reticolari proliferate e infine esso viene completamente sostituito d a midollo fibroso. Nella fase iniziale, come si è detto, si h a sempre un'iperplasia generale del midollo cellulare (WYATT e SOMMERS), quale a b b i a m o descritto nel p a r a g r a f o precedente. Essa viene interpretata in sostanza come una compensazione alla lesione midollare primaria (WYATT e SOMMERS, STODTMEISTER e SANDKÙHLER). In seguito le due frazioni, cioè il midollo cellulare ed il midollo fibroso, si equivalgono. In questa fase, n e l l ' a m b i t o dei focolai ancora floridi, si vedono sempre, accanto al midollo fibroso, degli isolotti iperplastici di midollo cellulare, la cui formazione si dovrebbe in parte, secondo STODTMEISTER e SANDKÙHLER, ad una stasi cellulare p r o d o t t a dalla mielite sierosa
SANGUE
E ORGANI
EMOPOIETICI
(disseminazione ostacolata) q u a n d o essi non d e b b a n o v e n i r considerati nello stesso t e m p o u n f e n o m e n o d i compensazione. T a l i alterazioni ricordano sia m o r f o l o g i c a m e n t e c h e g e n e t i c a m e n t e l ' a t r o f i a e p a t i c a g i a l l a s u b a c u t a o la cirrosi epatica
( W Y A T T e SOMMERS, SANDKÜHLER) c h e si s v o l g e a n c h ' e s s a ,
come
è n o t o , c o n u n a distruzione del p a r e n c h i m a , c o n u n a f o r m a z i o n e sempre m a g giore di t e s s u t o c o n n e t t i v o e c o n t e m p o r a n e a proliferazione c o m p e n s a t o r i a delle cellule e p a t i c h e s o p r a v v i v e n t i (pseudoacini). I n u n a t e r z a ed u l t i m a fase infine l a m a s s a è c o s t i t u i t a in p r e v a l e n z a d a l m i d o l l o fibroso. R e s t i del p a r e n c h i m a emopoietico, e s p e c i a l m e n t e m e g a c a r i o citi, s o n o quelli c h e p e r m a n g o n o più a l u n g o in v i c i n a n z a dei v a s i . I n certi casi il p a r e n c h i m a e m o p o i e t i c o v i e n e spinto nel l u m e dei v a s i d o v e a l l o r a sarà il solo ad essere e v i d e n z i a t o (anche a l l o r a si a v r a n n o spesso m o l t i m e g a c a r i o citi). Infine n e l l a sclerosi m i d o l l a r e m a n c a q u a l s i a s i indizio di emocitopoiesi. I n q u a l c h e c a s o l a mielosclerosi si c o m b i n a c o n un'osteosclerosi, e si p a r l a allora, secondo GRIESHAMMER, di u n a « osteomlelosclerosi ». È
e v i d e n t e che il n u o v o osso si
sviluppa direttamente
dal
connettivo
(APITZ). W Y A T T e SOMMERS p e n s a n o c h e l a f o r m a z i o n e d e l l ' o s s o v e n g a
favorita
d a l deposito d i sali di calcio n e l l ' e s s u d a t o o m o g e n e o eosinofilo (vedi s o p r a ) . Solt a n t o a l l o r a si f o r m a l'osso. E v i d e n t e m e n t e le cellule c o n n e t t i v e del t e s s u t o midollare sclerotico si t r a s f o r m a n o i m m e d i a t a m e n t e in osteociti. A d ogni m o d o è s e m p r e assente u n ' i n t e n s a a t t i v i t à osteoblastica. P e r q u a l ragione in u n a p a r t e delle mielosclerosi si f o r m i s u b i t o un'osteosclerosi, nell'altra no, n o n è chiaro. È d a n o t a r e che m a n c a s e m p r e l a distruzione ossea d a p a r t e degli osteoclasti (alterazione del r i m a n e g g i a m e n t o osseo). F o r s e il n o t e v o l e c o n t e n u t o in f o s f a t a s i d e l l a sclerosi midollare, v i s t o in u n caso d i ARNOLD e SANDKÜHLER, f a v o r i s c e l ' a c c r e s c i u t a f o r m a z i o n e ossea. L ' i p o t e s i d i c u i s o p r a , i n s o s t a n z a a f f e r m a c h e le m i e l o - e d o s t e o m l e l o s c l e r o s i s o n o lo stadio
cicatriziale
d i u n a mielite
sierosa,
primario a b b i a a v u t o la sua sede nel parenchima
t a n t o se l ' a t t a c c o
( W Y A T T e SOMMERS)
o p p u r e n e l l a p a r e t e v a s a l e (APITZ e d a l t r i ) . L a m a g g i o r p a r t e d e g l i A u t o r i è d ' a c c o r d o n e l r i t e n e r e c h e l a s c l e r o s i s i a il r e s i d u o d i u n a r e a z i o n e a s p e c i f i c a a n u m e r o s i f a t t o r i c h e l e d o n o t u t t i il m i d o l l o , m a c h e d a l p u n t o d i v i s t a causale sono assai diversi mielosclerosi ROHR,
( v e d i p a g g . 6 7 3 e 8 6 7 ) . Mielo-
s o n o q u i n d i espressione
WIENBECK,
STODTMEISTER
d i u n a guarigione e
SANDKÜHLER,
ed
incompleta
WYATT
e
osteo(BOCK,
SOMMERS).
Caratteristica essenziale dell'affezione è a d ogni m o d o che essa
prosegue
(sia g r a d u a l m e n t e c h e a p o u s s é e s ) fino a l l a d i s t r u z i o n e c o m p l e t a d e l p a r e n c h i m a m i d o l l a r e , se l a m o r t e n o n t r o n c a p r i m a i l p r o c e s s o ; u n f e n o m e n o q u e s t o di cui l a p a t o l o g i a generale offre a sufficienza esempi
analoghi,
quali la cirrosi epatica, la glomerulonefrite cronica diffusa, ecc. A b b i a m o d e t t o s o p r a c h e l'osteomielosclerosi è s e m p r e p r e c e d u t a d a u n a fase in cui il m i d o l l o è iperplastico. Q u e s t e osservazioni h a n n o f a t t o sì che nell'osteomielosclerosi si vedesse c o n t e m p o r a n e a m e n t e lo s t a d i o cicatriziale d i u n a v e r a e p r o p r i a leucosi r e g r e d i t a n e l l ' a m b i t o del sistema scheletrico (vedi fig. 229). T a l e ipotesi è a c c e t t a t a d a HEUCK e d o p o di lui d a m o l t i
INSUFFICIENZA
MIDOLLARE
671
Autori, ed anche recentemente sostenuta da H E L L E R ed altri. Numerosi casi di tal genere vennero così pubblicati come mielosi aleucemica, pseudoleucemia ecc. (vedi pag. 839), mentre P A O L I N O , S T O D T M E I S T E R e S A N D K U H L E R dubitano (secondo noi a ragione) dell'esistenza di vere e proprie mielosi aleucemiche (vedi pag. 839). Se non tutti, almeno la maggior parte dei quadri clinici citati rientrano molto probabilmente tra le forme dell'insufficienza mieloide, o tra quelle dell'iperplasia sistemica mieloide reattiva (vedi pag. 838). M. B. S C H M I D T ha per primo avanzata l'ipotesi che le alterazioni del midollo cellulare da un lato e quelle del tessuto connettivo ed osseo dall'altro siano tra loro collegate e conseguenza di una turba comune e superiore, localizzata nell'endostio. C A Z A L pensa che il fattore patogeno attacchi direttamente il sistema del reticolo e lo trasformi in tessuto connettivo o rispettivamente in osso. Il parenchima si distruggerebbe in un secondo tempo, in quanto gli verrebbe tolto lo spazio vitale. H E I L M E Y E R infine pensa che l'osteomielosclerosi sia una reticolosi (« osteomieloreticolosi », secondo R O H R ; « fibromatosi » secondo M U N K ) e cioè una reticolosi poliblastica. Quindi l'osteomielosclerosi sarebbe da attribuirsi ad un'errata differenziazione della cellula mesenchimale nelle cellule sanguigne (endo- ed extraossea), nei fibrociti, osteociti, monociti e linfociti (vedi anche la tesi di V A U G H A N e H A R R I S O N , che di massima vi si accorda). Si tratterebbe cioè di un'eccessiva crescita per causa ignota ( H E I L M E Y E R ) . Questa sarebbe, con tutta probabilità, la stessa che determina anche le leucosi. È così possibile sistemare l'osteomielosclerosi nel gruppo delle « malattie sistemiche — idiopatiche » (vedi pag. 841). Per gli A A . che ritengono queste ultime delle vere e proprie neoplasie, ciò significa far rientrare le mielosclerosi e le osteomielosclerosi tra le « emoblastosi » (emoblastosi poliblastica). Dovrebbero in ogni modo essere interpretate come « tumori benigni » (vedi pag. 880) perché spesso portano a morte soltanto a distanza di decenni. Noi neghiamo assolutamente che siano tumori veri e propri. Concludendo constatiamo che le modificazioni midollari sopradescritte: atrofìe, ìperplasie e sclerosi, appartengono ad un unico gruppo di forme, cioè all'insufficienza mieloide. L a genesi formale di questa ultima è, come si è visto, assai diversa da caso a caso. Ciò vale maggiormente per la genesi causale. Una serie di fattori patogeni diversissimi, sia esogeni che endogeni, sono responsabili dell'insufficienza mieloide e perciò anche delle caratteristiche dei detti reperti del midollo osseo. A seconda della fase della malattia che il medico ha di fronte, egli troverà l'una o l'altra reazione midollare, o anche due e perfino tutte e tre contemporaneamente. Persino poussées, che si alternino a remissioni, possono presentare quadri midollari assai diversi: atrofia o iperplasia di grado vario fino al quadro completo della leucemia mieloblastica o della sclerosi (il cosiddetto mutamento di fase secondo HOFF). Quale «fase » per l'appunto si istituisca o prevalga, dipende da vari fattori, così tra l'altro: a) dall'intensità dello stimolo o dalla gravità della lesione; b) dal fattore tempo, cioè dalla fase durante la quale il paziente viene esaminato o è morto, ed il periodo di tempo durante il quale il fattore patogeno ha agito sul parenchima midollare, oppure durante il quale l'organismo ha potuto rea-
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SANGUE
E
ORGANI
EMOPOIETICI
gire al fattore patogeno. Dipende infine c) dal modo di reagire dell'organismo, cioè dalla costituzione e disposizione. Lo stesso fattore patogeno, ad es. una lesione da irradiazione o il benzolo, può danneggiare così gravemente il midollo che il parenchima midollare in gran parte muore, ossia viene talmente alterato nella sua divisione cellulare, che ne consegue un'atrofia midollare. Dosi piccole determinano invece uno stimolo della proliferazione (forse nel senso di una reazione compensatoria talora per altro frustra). In tal caso l'inibizione della maturazione e lo spostamento verso sinistra che ad essa si collega, saranno tanto più notevoli quanto più grave è la lesione. Se l'inibizione della maturazione viene interrotta, l'insufficienza del midollo osseo può essere vinta. E cioè si avrà una restitutio ad integrum del midollo oppure una guarigione incompleta nel senso di una mielosclerosi (fibrosi) oppure di una osteomielosclerosi. Per quanto riguarda il fattore tempo, in alcuni casi, p. es. nelle agranulocitosi, la morte sopravviene tanto rapidamente che nel midollo si osserva soltanto scomparsa del parenchima e frammenti cellulari (midollo vuoto, atrofico); mentre nel sangue circolante si constata soltanto la scomparsa dei granulociti a vita breve (da 2 a 5 giorni), quando non si è ancora potuta instaurare un'anemia (gli eritrociti vivono circa 120 giorni). Per contro un singolo danno dell'eritropoiesi può regredire tanto rapidamente che la mancata recidiva si rivela nel sangue periferico soltanto nel caso che gli eritrociti abbiano una vita specialmente breve, come ad es. nell'anemia costituzionale emolitica ( G A S S E R ) . Quanto più a lungo il paziente vive, tanto più facilmente insorgerà un'iperplasia midollare (fase di compenso) oppure una sclerosi midollare. Si ha cosi tutta una serie di forme diverse da caso a caso e a seconda della fase della malattia. A un di presso si possono elencare come segue: — normo — o iperplasia con lieve spostamento a sinistra (che può assomigliare alla mielosi cronica) — iperplasia con cellule immature, con forte spostamento a sinistra (fino al quadro della leucemia mieloblastica, dell'eritremia e dell'eritroleucemia — iperplasia midollare con spostamento ancor maggiore verso sinistra (nella leucosi a cellule staminali, nelle istioleucosi, nelle reticolosi, che richiamano, per la ricchezza di cellule, l'immaturità e l'atipia cellulare i reticolosarcomi) — aplasia midollare (scomparsa mieloide totale) — sclerosi midollare edematosa o gelatinosa oppure osteomielosclerosi, caratterizzata da scarse cellule e fibre — sclerosi midollare (o fibrosi o osteomielosclerosi) relativamente ricca di cellule e fibre, che alla sezione ricordano un fibrosarcoma o una osteodistrofia fibrosa (m. di Recklinghausen) - — sclerosi midollare o fibrosi povera di cellule e ricca di fibre (midollo fibroso compatto) — midollo adiposo vero e proprio. Da quanto si è detto si capisce come sia talora difficile giudicare un puntato sternale, una biopsia, ecc. Spesso l'interpretazione è possibile soltanto in base alle osservazioni cliniche ed ai risultati dell'autopsia. Costituzione e disposizione spesso indicano primariamente se si può instaurare un'insufficienza midollare oppure no ( H O F F ) . Anche il decorso della malattia molto probabilmente dipende da questi fattori. Nelle « panmielopatie idiopatiche » (vedi pag. 682) costituzionali e talora ereditarie, è di solito assai ridotta la tendenza a formare e maturare cel-
INSUFFICIENZA
MIDOLLARE
673
lule, posseduta dal sistema mielopoietico. Il midollo osseo è più o meno (spesso in misura molto notevole) ipoplastico ed in parte è spostato verso sinistra. Gli infiltrati mieloidi extra-ossei sono assai limitati o mancano affatto. Sono stati descritti anche dei casi che presentavano nel midollo osseo quasi soltanto tessuto adiposo, e non solo nel midollo delle ossa lunghe (« lipomatosi generalizzata » secondo A S K A N A Z Y ; « iperplasia grassa », secondo R O H R ) . In uno di questi casi (20 caso di A S S M A N N ) , si aveva contemporaneamente anche una osteosclerosi, e nel midollo delle ossa lunghe si trovavano zone di midollo rosso (iperplasia compensatoria). Accanto alle pancitopenie croniche o alle panmielopatie di questo tipo si hanno anche agranulocitosi croniche, isolate trombocitopenie o eritroblastoftisi (vedi pag. 687). — È evidente il fatto che nei casi ad etiología conosciuta, la tendenza alla proliferazione (iperplasia midollare compensatoria talora frustra) è diversissima da caso a caso. Così si ha talora un'iperplasia midollare intensa che rammenta il quadro della leucosi, e metaplasia extramidollare (pag. 687), mentre in altri casi è quasi assente la tendenza rigenerativa. Tali osservazioni confermano l'importanza del fattore costituzionale il quale potrebbe esplicarsi con una più o meno intensa tendenza alla proliferazione del sistema cellulare connesso con l'emocitopoiesi, ma anche potrebbe manifestarsi con una ipo-, ipero disfunzione dei sistemi neurovegetativi endocrini ed umorali che stimolano l'emocitopoiesi.
CAPITOLO
PATOGENESI
III
CAUSALE
DELL'INSUFFICIENZA DEL MIDOLLO OSSEO
I quadri morbosi che rientrano nell'insufficienza midollare si possono distinguere dal punto di vista genetico-causale in forme sintomatiche a causa nota e in forme idiopatiche criptogenetiche a causa ignota.
1.
F O R M E
SINTOMATICHE
I fattori che determinano un'insufficienza midollare sono vari.
43 —
KAUFMANN I
674
SANGUE
E
ORGANI
EMOPOIETICI
a) INSUFFICIENZA MIDOLLARE A GENESI ALLERGICA Le mielopatie mono- e plurisintomatiche a genesi allergica hanno sempre un inizio acuto o acutissimo (con febbre alta e brivido) e non di rado portano rapidamente all'exitus (vedi pag. 686). Quale antigene o semi-antigene sensibilizzante agiscono anzitutto numerose sostanze chimiche spesso impiegate a scopo terapeutico, p. es. l'amidopirina (piramidone), i derivati del pirazolone, la fenacetina, il dinitrofenolo, il sedormid, i barbiturici, il chinino, l'arsenico (Salvarsan), l'oro, il mercurio, i l bismuto, l'jodio, il tiouracile, i sulfamidici, la clor o m i c e t i n a (HARGREVES, MILS e HECK), il T B I e p e r f i n o s o s t a n z e a l i m e n t a r i ,
punture di insetti, ecc. ed anche batteri e tossine batteriche (infezioni focali). — Come per altre idiosincrasie soltanto pochi individui presentano ipersensibilità. Anche nell'esperimento sull'animale è stato possibile con l'amidopirina, ecc. ( M I L L E R , C L I M E N K O ) provocare, dopo reiniezione di un antigene ( S T A V I T S K Y ed altri), o dopo provocazione di uno shock anafilattico da albumina eterologa (BAN ed altri) un'inibizione della maturazione specialmente della granulocitopoiesi con leucopenia e successiva rigenerazione, con danni gravi (BÀN ed al.) ed anche si potè determinare il quadro di una vera e propria « panmieloftisi ».
b) INSUFFICIENZA MIDOLLARE A GENESI TOSSICA, NON A L L E R G I C A È talora provocata dai medesimi fattori patogeni elencati al paragrafo a); però in questo caso essi attaccano direttamente, cioè « tossicamente » il midollo osseo. L'insufficienza, contrariamente ai casi a genesi allergica, si sviluppa qui più lentamente ed il decorso è cronico o subcronico (vedi pag. 686). Tra le sostanze ad azione chimico-tossica hanno la massima importanza il
benzolo
(LIGNAC,
MALLORY,
GALL
e
BRICKLEY,
SELLING,
STODTMEISTER,
ed altri) e l'indolo, a quello affine ( B U N G E L E R ) . L a sostanza si deposita per la massima parte nel sistema reticolo-endoteliale ed in particolare nel midollo osseo ( R O S C H e H O L L A N D , J A N S C Ò ) . Nel quadro ematico si sono trovate generalmente pancitopenie, sebbene si osservino anche tutti i tipi delle citopenie monosintomatiche. Il midollo osseo è per lo più atrofico ( a) i o a) 2, a seconda della gravità del processo patogeno); in altri casi invece (i) è iperplastico (inibizione della maturazione). Oltre all'iperplasia midollare qualche caso presenta anche un'intensa metaplasia mieloide extra-ossea ( G A L L ed altri) senza o con reazioni leucemoidi talora notevoli, fino al quadro di una leucosi leucemica o TZANK
aleucemica
per lo più
acuta
(BOUSSER
e TARA, BUNGELER, EMILE-WEIL,
FAL-
e B E G E M A N N , L I G N A C , M A L L O R Y , P E R R I N ed altri), vedi pag. 886. Anemie similperniciose vennero descritte da B U N G E L E R , M A R T L A N D , M A Y E R , N I L S B Y , S T O D T M E I S T E R ed altri; policitemie e reticolosi, simili al morbo KONER,
(I)
HEILMEYER
MALLORY, TZANK e d a l t r i , STODTMEISTER e d
altri.
INSUFFICIENZA
MIDOLLARE
675
di Gaucher, furono descritte d a LEDERER. L a m a l a t t i a spesso è preceduta da un lungo periodo di latenza. E p u ò anche a v v e n i r e che la mielopatia insorga parecchio t e m p o dopo che si è interrotta la somministrazione della sostanza tossica. I n m o d o simile al benzolo agisce il Salvarsan (LANG, LEGLER ed altri) che p u ò comportarsi come un allergene o u n a tossina. P e r lo più determina pancitopenie. I casi g r a v i che nella fase a c u t a h a n n o spesso il carattere di agranulocitosi alla p u n t u r a midollare si rivelano quali panmielopatie (SANDKUHLER), v e d i p a g . 685. I l responsabile è probabilmente il benzolo c o n t e n u t o nel S a l v a r s a n (LANG). I l midollo osseo è atrofico oppure iperplastico e quest'ult i m o caso si verifica specialmente nelle agranulocitosi vere (LANG). — A l t r e sostanze mielotossiche sono: l'arsenico, il bismuto, l'oro, il tiouracile, il chinino, i sulfamidici (1), l'uretano e l'iprite. Infine si accenna anche al f a t t o che anemie aplastiche possono essere p r o v o c a t e d a insufficienza renale (tossine endogene). Nelle « anemie nefrogene » il midollo osseo p u ò essere normale o anche iperplastico
(ROHR, B Ù N G E L E R ) ; p e r ò i n g e n e r e è i p o p l a s t i c o
(ROHR). CALLEN e L I -
MARZI osservarono ipoplasie soltanto quando l ' a z o t o residuo era fortemente a u m e n t a t o . Oltre alle mielopatie d a causa tossica di n a t u r a chimica, h a n n o particolarmente i m p o r t a n z a quelle d a causa tossica infettiva. Si sono spesso osservate nelle infezioni gravi, come sepsi, sepsi lenta, tifo addominale [LOTZ (2) ed altri], nella poliartrite reumatica, nella difterite, polmonite, malaria, in forme g r a v i di T b c . (Tbc. miliare, sepsi, T b c . gravissima — LANDOUZY), nella sifilide, ecc. Si hanno così t u t t i i quadri morbosi della insufficienza mieloide, anche quelli con reazione midollare mieloblastica, in parte senza, in p a r t e con metaplasia mieloide extraossea, con reazioni leucemoidi gravissime, con leucemia a c u t a e policitemie, come p . es. nella T b c . a c u t a generalizzata (3). L e stesse alterazioni si sono p o t u t e provocare anche nell'animale da esperimento, mediante sostanze batteriche, pirogene, ecc. V a r i a n d o la dose e gli int e r v a l l i t r a le iniezioni, una v o l t a si riscontravano citopenie, u n ' a l t r a v o l t a gravissime reazioni leucemoidi (HOFF e Coli.). A d ogni m o d o in queste m a l a t t i e non sarà sempre facile distinguere l a causa dall'effetto, perché qualsiasi lieve insufficienza midollare, m a g a r i clinic a m e n t e latente, p u ò far sì che un'infezione del t u t t o trascurabile, o m a g a r i anche dei microorganismi di solito apatogeni, possano provocare infezioni gravissime con minaccia della v i t a , o anche u n a setticemia (vedi p a g . 690). Ciò v a l e per esempio senz'altro per u n a parte dei casi di T b c . c i t a t i più sopra, che si a c c o m p a g n a n o
con insufficienza mieloide
(ARENDS, ECKEL, GOSAU,
MATIS-
SECK, v . WYSZ e altri) come pure per il caso di setticemia gravissima T b c . oss e r v a t o d a MUNK in u n a
osteomielosclerosi
(LANDOUZY). —
I n R u s s i a si è
osservata un'aleucia alimentare p r o v o c a t a da f u n g h i che crescono sui cereali (vedi particolari in HEILMEYER).
(t) Su di un caso di leucemia acuta da sulfamidici cfr. HOFF. (2) Agr. con molte « cellule tifiche » nel midollo osseo; notevole scomparsa della granulocitopoiesi; eritropoiesi e megacariociti normali, cellule linfoidi aumentate. (3) A R E N D S ( b i b l i o g r . ) , C U S T E R e C R O C K E R , E C K E L , G Ö S A U , H E I L M E Y E R ,
GEISSLER
e WURM, GUDZENX, LEITNER, LENNHARXZ, MATISSECK, REINWEIN e RÖSING, R E N N E N (policitemia), ROTH, SIEGMUND, STEINBRINCK, WIECHMANN, W I E N B E C K .
676
SANGUE
E
ORGANI
EMOPOIETICI
c) I N S U F F I C I E N Z A M I D O L L A R E IN SEGUITO A LESIONI D A R A G G I (1) I l midollo osseo viene leso dai raggi Roentgen, dai raggi gamma, dai neutroni e deuteroni (ROSAHN) rapidi e lenti. I l meccanismo d'azione di queste irradiazioni sulla struttura vivente è sempre il medesimo. Esse, com'è naturale, dànno luogo anche agli stessi quadri patogeni (malattia da raggi). I l meccanismo d'azione dell'irradiazione è il seguente: le cellule sono bomb a r d a t e da « quanti » che agiscono da vettori di energia (teoria dei « Treffer » di D E S S A U E R , 1 9 2 2 ) . I « T r e f f e r » estraggono gli elettroni dall'involucro elettronico degli atomi che attraversano con grande energia il corpo cellulare. I n t a l modo le strutture dell'atomo vengono modificate (ionizzazione, ecc.). Di recente si è riconosciuto che tale interpretazione puramente fisica non risponde da sola alla realtà. È evidente che i quanti, a mezzo dei loro « Treffer » e l'ionizzazione con essi collegata, provocano delle trasformazioni chimiche. Cosi pare, t r a l'altro, si formino l'acqua a t t i v a e H 2 0 2 . Queste sostanze dal canto loro danneggiano le cellule. Gli enzimi vengono inibiti, le proteine denaturate, ecc. Se tali sostanze o i prodotti proteici di denaturazione che si formano secondariamente vengono riassorbiti, in notevole quantità, si scatena una reazione di allarme (HORNYKIEWYTSCH) . Aggiungendo cisterna (gruppo SH) si possono inattivare le sostanze di cui sopra e impedire lo scatenarsi della reazione di allarme ( B A R R O N , P A T T , H O R N Y K I E W I T S C H , bibliogr., vedi anche M Ü L L E R ) . Sono molti gli animali da esperimento che in tali condizioni sopravvivono. I danni cellulari sono provocati, in primo luogo da alterazioni prodotte dal « quanto » nel nucleo cellulare. Però le cellule possono essere lese in modo irreversibile in seguito a danni del citoplasma. Negli adulti è certo ad ogni modo che queste ultime lesioni da raggi non hanno grande importanza (MÜLLER) . I più sensibili ai raggi sono i nuclei allo stato di divisione, sebbene si abbiano le medesime lesioni nei nuclei allo stato di riposo. L'azione dei raggi sul nucleo in divisione si indica come « effetto primario », quella sul nucleo in riposo come « effetto secondario ». Dapprima si osserva che la mitosi è rallentata, le mitosi sono blocc a t e e le cellule si dividono più di rado. Alterazioni della superficie dei cromosomi determinano fenomeni di agglutinazione, adesione, dislocazione, formazioni a ponte, ecc. Però gli effetti più importanti dei « Treffer » nelle cellule in riposo ed in quelle che stanno suddividendosi sono la « frattura dei cromosomi » (frammentazioni) e il « distacco dei cromosomi ». I frammenti dei cromosomi possono nuovamente riunirsi (restitutio ad integrum); però talora avvengono, in t a l modo, degli spostamenti, o durante la divisione cellulare si ha perfino la formazione di ponti o la perdita di cromosomi, ecc. L a struttura originaria può cioè venire ripristinata, m a anche alterata gravemente. Ne conseguono t u t t i i vari gradi di lesione (vedi appresso) fino alla morte della cellula. Importantissimo è il fatto che spostamenti, ecc. spesso sono insignificanti per la cellula in riposo, (1)
ASKANAZY, B A U E R
DUNLAP,
e Coli.,
(bibliogr. fino al 1940),
HALBERSTAEDTER PETRI,
e
SCHLUNGBAUM,
SIMONS, TULLÍS,
BARROW
e
TULLÍS, BLOOM
HAMPERL, HEINECKE, WEGELIN.
JACOBSON,
e
BLOOM,
MARTLAND
INSUFFICIENZA
MIDOLLARE
677
m a possono avere e f f e t t o nefasto nel m o m e n t o in cui la cellula si divide (cosiddetto e f f e t t o secondario), fenomeno questo che spiega la sensibilità alle irradiazioni dei tessuti con intensa a t t i v i t à mitotica, ed è p a r z i a l m e n t e responsabile anche delle lesioni tardive. Si v e d a n o altri particolari e bibliografia in MARQ U A R D T , M U L L E R , ivi lett. Gli acidi nucleinici diminuiscono di q u a n t i t à nelle cellule lese d a raggi e cioè in misura molto maggiore nelle cellule sensibili che in quelle resistenti ai raggi ( W A R R E N ed altri, bibliografia; L U T W A K - M A N , L A V E S ed altri): u n fenomeno che, secondo D A R L I N G T O N , provocherebbe la disposizione alle f r a t t u r e dei cromosomi, la loro rigenerazione, ecc. L a depolimerizzazione dell'acido desossiribonucleinico p o r t a invece alla distruzione della cellula ed è dirett a m e n t e proporzionale alla dose dei raggi Roentgen: essa a u m e n t a con l'altezza della tensione d e l l ' 0 2 e viceversa si abbassa se quella diminuisce ( L I M P E R O S ) . Un'alterazione lieve si esplica, t r a l'altro, con etero- e poliploidia, m a a n c h e con mitosi multipolari. L a poliploidia d e t e r m i n a la formazione di cellule giganti, che n o n di r a d o sono simili e perfino uguali alle cellule giganti del t i p o di Sternberg. Spesso la m a t u r a z i o n e del midollo osseo (cellule del parenchima) è inibita, t a l o r a si f o r m a n o cellule con citoplasma basofilo i m m a t u r o , il cui nucleo però p r e s e n t a u n ' e v i d e n t e t e n d e n z a alla lobazione. Vacuoli nucleari ed ipercrom a s i a della p a r e t e nucleare d e t e r m i n a n o poi alterazioni irreparabili, come picnosi nucleare, carioressi e cariolisi. Il citoplasma presenta vacuoli, i n t o r b i d a m e n t o , ecc. P e r maggiori particolari e bibliografia vedi anche al p a r a g r a f o delle alterazioni del midollo osseo. Dal p u n t o di vista funzionale il d a n n o cellulare si esplica, t r a l'altro, col f a t t o che p. es. le cellule del midollo osseo, dopo u n ' u n i c a irradiazione c o m p l e t a (conigli 1000 r, r a t t i 500 r), al 3 ° - 6 ° giorno, p r e s e n t a n o u n ' i n t e n s a depressione del metabolismo d'ossidazione e di fermentazione ( L U T W A K MAN). Accenneremo b r e v e m e n t e all'alto grado di m u t a z i o n i geniche e citoplasmatiche, cui si accompagna ogni lesione d a raggi. L a m u t a z i o n e genica, secondo M U L L E R , non h a niente a che fare con le alterazioni del cromosoma ( f r a t t u r e del cromosoma, ecc.) e le loro conseguenze di cui si è d e t t o sopra; essa sarebbe invece espressione di u n a t u r b a a s s o l u t a m e n t e diversa. Al riguardo interessano s o l t a n t o le mutazioni somatiche, in q u a n t o si ritengono responsabili dell'insorgenza di t u m o r i maligni, che in realtà, come era d a aspettarsi, sono r e a l m e n t e insorti dopo u n a lunga latenza e in u n a piccola percentuale di casi, in seguito a lesioni da raggi. Citiamo qui i sarcomi del midollo osseo, osservati d a M A R T L A N D e Coli, a causa di i m m a g a z z i n a m e n t o di r a d i u m . Con frequenza u n p o ' maggiore insorgono leucemie negli individui che p r e s e n t a n o lesioni d a raggi (vedi pag. 886). Esse sono giudicate la p r o v a migliore della n a t u r a t u m o r a l e delle leucosi, teoria q u e s t a cui non possiamo sottoscrivere. S o p r a t t u t t o le leucemie a c u t e che si sono osservate in casi singoli a seguito dello scoppio della b o m b a atomica in Giappone (leucemia monocitaria a c u t a , M I S A O ed altri) sono f o r m e d i insufficienza mieloide. L a resistenza ai raggi p r e s e n t a t a dalle specie (JACOBSON) e dagli individui è assai varia (disposizione). A p a r i t à di esposizione (esplosione della b o m b a atomica) n o n t u t t i gli uomini si a m m a l a n o e se si a m m a l a n o , la g r a v i t à è diversa. Assai spiccata è inoltre la disposizione organica o tissurale. Ogni tessuto e ogni organo p r e s e n t a u n a ben d e t e r m i n a t a sensibilità ai raggi, che è più o meno intensa ( T U L L I S , B A R R O W e T U L L I S , G O L D F E D E R ed altri). I più sensibili sono
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SANGUE
E
ORGANI
EMOPOIETICI
i t e s s u t i a c r e s c i t a r a p i d a (legge d i LACASSAGNE) e q u e l l i le c u i cellule si rinn o v a n o r a p i d a m e n t e (alto indice d i m i t o s i e d i m u t a ) . I n t e s t a a t u t t i s t a il t e s s u t o e m b r i o n a l e . N e l l ' a d u l t o i l i n f o c i t i d e l s a n g u e e t u t t i i t e s s u t i l i n f a t i c i (corpuscoli lienali, n o d u l i linfatici, t i m o , t r a t t o d i g e s t i v o , ecc.) p r e s e n t a n o la m a g g i o r e sensibilità ai r a g g i (HEINEKE). P e r ò , s e c o n d o i r i s u l t a t i d i r e c e n t i ricerche, l a s c o m p a r s a d e i l i n f o c i t i nel s a n g u e e nei t e s s u t i è s o p r a t t u t t o d o v u t a a l l a r e a z i o n e d i a l l a r m e che si h a , c o m e a b b i a m o d e t t o s o p r a , in s e g u i t o a d o g n i i r r a d i a z i o n e i n t e n s a . Sensibilissimi ai r a g g i s o n o inoltre il m i d o l l o osseo, il testicolo, l ' o v a i o , l ' e p i d e r m i d e e gli e p i t e l i d e l t r a t t o i n t e s t i n a l e . R e l a t i v a m e n t e resistenti s o n o i n v e c e i n e r v i , i m u s c o l i , le c a r t i l a g i n i , le ossa, e c c . I l t e s s u t o r e t i c o l a r e (1), t a n t o n e l s i s t e m a l i n f a t i c o , q u a n t o n e l m i d o l l o osseo, è s e m p r e conservato e talora presenta perfino una notevole tendenza alla proliferazione. L o stesso d i c a s i p e r gli e m o c i t o b l a s t i , e l e m e n t i v i c i n i al s i s t e m a r e t i c o l a r e (BAUER, TULLIS e d altri). I l t i p o d e l l a lesione o r g a n i c a d i p e n d e d a l t i p o d e l l ' i r r a d i a z i o n e , d a l l a « dose », d a l f a t t o r e t e m p o (un'unica i r r a d i a z i o n e di u n a dose f o r t e , irrad i a z i o n i r i p e t u t e d i dosi p i c c o l e , ecc.). L e i r r a d i a z i o n i c o n r a g g i g a m m a e n e u t r o n i , p . es. i n s e g u i t o a d esplosioni d i b o m b e a t o m i c h e , sono s i m i l i a l l e i r r a d i a z i o n i d a R a g g i R o e n t g e n . I l m e c c a n i s m o d ' a z i o n e e l ' a f f e z i o n e c h e ne d e r i v a sono i d e n t i c i (PARSONS, B r u E S , JACOBSON, VERGE e m o l t i altri, v e d i p a g . 676). I s i n t o m i d e l l a « m a l a t t i a da r a g g i » p o s s o n o v e n i r p r o v o c a t i n e l l ' u o m o e n e g l i a n i m a l i sia c o n r a g g i R o e n t g e n c o m e c o n r a g g i g a m m a , c o m e a n c h e c o n esplosioni a t o m i c h e (« malattia da bomba atomica » (2) TULLIS ed altri). D o s i altissime e u n ' i r r a d i a z i o n e c o m p l e t a p o r t a n o a m o r t e i m m e d i a t a , p r o b a b i l m e n t e p e r s h o c k . A c a u s a delle esplosioni a t o m i c h e p . es., i n p r o s s i m i t à d e l l u o g o d e l l ' e s p l o s i o n e (r = 800 m) v i e n e d i s t r u t t a o g n i f o r m a d i v i t a ( s p o s t a m e n t o d ' a r i a , azione d i r o m p e n t e , c a l o r e , irradiazioni). I n u n a s e c o n d a z o n a (r = 0,8 k m fino a 2 k m ) p o c h i s o p r a v v i v o n o ; i n u n a t e r z a z o n a (r = oltre i 2 k m ) l a m a g g i o r a n z a d e g l i i n d i v i d u i sop r a v v i v e . M o l t i si a m m a l a r o n o s o l t a n t o d o p o u n a c e r t a l a t e n z a c h e a n d a v a d a p o c h i giorni fino a 5-6 s e t t i m a n e . L a p r o g n o s i è t a n t o p i ù i n f a u s t a q u a n t o p i ù p r e c o c e m e n t e i n s o r g o n o i s i n t o m i d e l l a m a l a t t i a d a r a g g i . I l p e r i o d o di l a t e n z a p u ò essere p r e c e d u t o d a u n o s h o c k iniziale o d a a l t r e f o r m e di m a l e s s e r e . I l q u a d r o clinico d e l l a m a l a t t i a d a r a g g i p r e s e n t a , a c c a n t o a v o m i t o , d i a r r e a , c a d u t a dei c a p e l l i , ecc., a n c h e u n a d i a t e s i e m o r r a g i c a ( t r o m b o c i t o p e n i a , lesione d e g l i e n d o t e l i d e l l e p a r e t i e dei v a s i , i p e r e p a r i n e m i a ) , necrosi n o n r e a t t i v e , ulcer a z i o n i (BERNIER) ed u n a c o m p l e t a a n e r g i a di f r o n t e alle infezioni ( p r o d o t t a d a l l a a g r a n u l o c i t o s i ) . V i si a g g i u n g e p o i i n s e g u i t o u n ' a n e m i a (pancitopenia) c h e in p a r t e è a p l a s t i c a e i n p a r t e è p e r ò l a c o n s e g u e n z a d e l l a diatesi e m o r r a g i c a . L e a l t e r a z i o n i si i n i z i a n o in f o r m a m e n o a c u t a se l ' u o m o o l ' a n i m a l e v i e n e i r r a d i a t o p e r u n p e r i o d o di t e m p o m a g g i o r e c o n dosi m i n i m e . N e s o n o e s e m p i o t i p i c o i pionieri degli studi sui raggi Roentgen e sul radium c h e sono m o r t i p e r lo p i ù i n s e g u i t o ad u n ' i n s u f f i c i e n z a m i e l o i d e . Q u e s t a si s v i l u p p a t a l o r a d o p o m o l t o (1) Il sistema reticolo-istiocitario f a quindi eccezione alla regola di BERGONIÉ e
TRIBONDEAU, secondo la quale le cellule primitive sono più sensibili di quelle altamente specializzate. e
(2) BRUES, CRONKITE, LIEBOW e d a l t r i , PARSONS, SCHLUNGBAUM, TULLIS, TULLIS W A R R E N ( r e p e r t i a n a t o m o - p a t o l o g i c i ) , VERGE, W H I T B Y .
INSUFFICIENZA
MIDOLLARE
679
tempo e perfino quando l'individuo non è più sottoposto all'azione dei raggi. L a situazione è simile quando l'organismo assume sostanze radioattive ad azione ritardata, che si accumulano nel midollo osseo. L'esempio più noto è stato studiato particolarmente da M A R T L A N D e Coli. Si trattava di operai di una fabbrica di orologi che, addetti alla fabbricazione di quadranti luminosi, usavano una sostanza contenente radium, che applicavano con piccoli pennelli, che talora inumidivano portandoli alla bocca. Il radium si accumulava soprattutto nel midollo osseo. Intorno al 1920 si introdusse in diagnostica il thorotrast (diossido di torio). Iniettato nei vasi, si raccoglieva soprattutto nella milza e nel fegato e in quantità relativamente piccola nel midollo osseo. Ad ogni modo sono noti 4 casi di anemia aplastica a seguito di accumulo di thorotrast nel midollo osseo ( S P I E R , C L U F F e U R Y , R O T T E R , R O T T E R e F R A N K , S A N D K Ü H L E R ) . Accenneremo solo brevemente all'accumulo di isotopi radioattivi ( J A C O B S O N ed altri). Il midollo osseo presenta (1) a seconda dell'intensità della lesione e del fattore tempo, tutti i reperti descritti a pag. 677, cioè per danno gravissimo, mitosi atipiche, cellule patologiche e, a seconda della dose di raggi, dopo un tempo più o meno breve, una « panmieloftisi », oppure un'atrofia del tipo di quelle descritte a pag. 655, a) 2 (danno permanente gravissimo). Nelle leucosi si provocano a scopo terapeutico, a mezzo di irradiazioni, ipotrofie del midollo osseo. Se le dosi sono eccessive, si determinano delle pancitopenie e forse anche le cosiddette « poussées finali mieloblastiche », acute e delle reazioni mieloblastiche del midollo osseo a decorso aleucemico, quale espressione di un'intensissima inibizione della maturazione (vedi H E I L M E Y E R e B E G E M A N N , pagg. 873-874). Quadri simili, com'è noto, si sono osservati anche in seguito a trattamento con uretano ed iprite. Una lunga remissione si ebbe in un malato di leucosi, a seguito dell'esplosione atomica del 1945 in Giappone. Danni più lievi determinano inibizione della maturazione e si accompagnano di solito con iperplasia del midollo osseo (indicata da MART L A N D come stadio iniziale irritativo, quando si trattava di deposito di radio), (vedi pag. 678). L'iperplasia può estendersi al midollo adiposo delle ossa lunghe. Si hanno anche metaplasie mieloidi extra-ossee (p. es. il caso di B R Ü D A , interpretato come leucosi mieloblastica terminale aleucemica). Tali casi presentano tutte le forme di transizione fino al quadro completo della leucemia acuta (vedi H E I L M E Y E R e B E G E M A N N , pagg. 874-875, H E I L M E Y E R , 1952). Lo spostamento verso sinistra è più o meno spiccato nei diversi casi ed evidentemente aumenta quanto più è vasta la lesione. M A R T L A N D ha trovato oltre il 60 % (riferito a tutte le cellule) di emocitoblasti. In altri casi il midollo osseo ricchissimo di cellule è costituito quasi esclusivamente da cellule del reticolo e da emocitoblasti o anche soltanto da questi ultimi (20 stadio di M A R T L A N D , cioè le nostre panmielopatie, nell'accumulo di thorotrast). Il reperto dev'essere interpretato come iperplasia compensatoria frustra con inibizione gravissima della matura(1) Bibliografia sulle lesioni da raggi Roentgen delle cellule sanguigne e midollo osseo: B A R R O W e T U L L I S , B A U E R , bibliogr., B R E C H E R , D E N S T A D T , E N G L M A N N , H A M P E R L , J A C O B S O N , R A C H M I L E W I T Z , S P A R G O ed altri (atrofia del midollo osseo, metaplasia extra-ossea, leucemie mieloidi e linfatiche nei topi in seguito ad irradiazione totale), T Ö P P N E R , T U L L I S , W E G E L I N , W Ü N S C H E .
68o
SANGUE E ORGANI EMOPOIETICI
zione (vedi pag. 666). Si sono infine osservate anche delle mielosclerosi nelle lesioni croniche da raggi Roentgen (I) e radio (30 stadio di M A R T L A N D ) . L e più sensibili sono le cellule giovani della serie rossa e bianca. Quale delle due sia più sensibile ai raggi, è controverso. L a maggior parte degli A A . ritiene che le cellule della serie bianca siano le più sensibili, mentre alcuni ( B A U E R , B R E C H E R , BARROW e T U L L I S , D E N S T A D ed altri) indicano le cellule della serie rossa come le più sensibili ai raggi. Forse questo divario dipende dal fatto che le cellule della serie rossa sono più sensibili ma anche più suscettibili di rigenerazione in confronto alle bianche e quiùdi, a seconda della fase durante la quale avviene l'osservazione spesso superano di numero le bianche ( B A U E R ) . A n z i queste ultime, a prescindere da mieloblasti immaturi, possono anche mancare completamente. I megacariociti e le cellule del reticolo sono resistentissimi ai raggi. A c c a n t o alle mitosi atipiche spiccano in particolare le cellule giganti (v. sopra) a grosso nucleo, che non di rado ricordano le cellule di Sternberg. Esse sono state t r o v a t e in t u t t i i tessuti sensibili ai raggi, presentanti proliferazione delle cellule del reticolo, ed è chiaro che provengono direttamente da queste ultime oppure dagli emocitoblasti (v. B A U E R , B E R N I E R , H A M P E R L , L I E B O W , T Ò P P N E R , W U N S C H E ed altri). D o p o un'unica, non troppo intensa irradiazione, è possibile in genere la rigenerazione e la restitutio ad integrum. Soprattutto se si h a contemporaneamente inibizione della maturazione, possono aver luogo imponenti iperplasie mieloidi sia intraossee (v. anche L I E B O W per la malattia d a b o m b a atomica) che extra-ossee (v. il caso di B R U D A , di cui sopra). R i a s s u m e n d o : lesioni l i e v i d a r a g g i costituiscono u n o s t i m o l o alla proliferazione (compensazione — se esiste inibizione della m a t u r a z i o n e , f r u s t r a ) ; lesioni g r a v i i n v e c e inibiscono l a m a t u r a z i o n e e l a divisione cellulare determinando
in d e f i n i t i v a l ' a t r o f i a irreparabile
anche gli e s p e r i m e n t i di
MARDERSTEIG).
del m i d o l l o
osseo
(vedi
Si h a n n o così t u t t i i q u a d r i clinici
dell'insufficienza midollare e cioè le citopenie (isolate o in combinazione), le leucocitosi e le reazioni leucemoidi fino al q u a d r o c o m p l e t o della leuc e m i a a c u t a (2)
(MISAO).
P e r i particolari sulle lesioni d a r a g g i quali c a u s a
delle leucosi v e d i p a g . 886.
d) I N S U F F I C I E N Z A
MIDOLLARE DA CAUSA
SPLENICA
L e Splenomegalie che si accompagnano con una « ipersplenia » (vedi pag. 1099) provocano delle pancitopenie, non di rado anche neutropenie e trombocitopenie (vedi pag. 963). Soprattutto tali citopenie « splenogene » sono state osservate nella ( 1 ) H A M P E R L , L O S S E N e M O R A W I T Z , B A U E R (questi vide osteomielosclerosi nell'esperimento). (2) In seguito allo scoppio della bomba atomica in Giappone gli uomini presentarono per lo più citopenia; gli individui distanti oltre 2 km. dal luogo dell'esplosione presentarono anche leucocitosi ( I S C H I K A W A , cit. da M I S A O ) ; M I S A O vide quale postumo tardivo una leucemia acuta monocitica.
INSUFFICIENZA
MIDOLLARE
681
sindrome di B a n t i ( v e d i p a g . 1118), nella malaria, nel K a l a - a z a r (CARTWRIGHT), sepsi cronica, sepsi lenta (sindrome di Felty), nel t i f o addominale, nel morbo di B a n g , nella tubercolosi, nella sifilide e nella linfogronulomatosi della milza e nel morbo di Gaucher. In qualche caso la causa della splenomegalia non è stata chiarita (fattori familiari ereditari?); i reperti istologici erano aspecifici (iperplasia del sistema reticoloendoteliale, ecc.). L a sostanza che ha azione inibente sul midollo osseo (vedi pag. 1099: milza) è probabile che sia formata dalle cellule del sistema reticoloendoteliale, e cioè tanto entro la milza quanto all'infuori di essa. In realtà esistono casi di inibizione midollare a causa umorale, senza splenomegalia, anzi con milza atrofica. Secondo R O H R si ha però costantemente un'iperplasia follicolare dei tessuti linfo-adenoidi. P . es. in bambini piccoli si osservano delle agranulocitosi a prognosi favorevole con iperplasia reattiva linfatica, a genesi varia, per lo più tossico-infettiva, p. es. nella mononucleosi. In generale le citopenie splenogene sono rare nell'infanzia (LEHND O R F e P I T K I N , bibliogr.). L e sostanze attive splenogene inibiscono la maturazione nel midollo osseo e bloccano la disseminazione cellulare. Il midollo è perciò assai ricco di cellule e presenta uno spostamento verso sinistra più o meno accentuato.
e) I N S U F F I C I E N Z A M I D O L L A R E D A C A R E N Z A DI A T T I V A T O R I È possibile provocare nei ratti, mediante una determinata dieta carenziale, l'agranulocitosi ( M I L L E R e R H O A D S , K O R N B E R G , D A F T e S E B R E L L ) . Se contemporaneamente si somministrano dei sulfamidici, si potranno avere anche gravi forme di anemia ( S P I C E R , K O R N B E R G , ecc.). L a somministrazione di acido folico sopprime la neutropenia ( D A F T e S E B R E L L , E N D I C O T T e D A F T ) . Secondo G R O S S , A X E L R O D e B O S S E , quando esiste carenza di acido folico si determina nello stesso tempo una lesione epatica. Gli Autori ritengono perciò che le lesioni del midollo osseo si determinino solo indirettamente, in quanto il fegato non sarebbe più in grado di produrre una determinata emopoietina. E N D I C O T T ed altri respingono tale ipotesi. M I L L E R e R H O A D S pensano che a disintossicare le sostanze assorbite dall'intestino, come derivati del fenolo e dell'indolo, certe sostanze tossiche come il benzolo e certi medicamenti, siano necessarie delle sostanze attive epatiche; altrimenti verrebbe danneggiato il midollo osseo. Sulla carenza di lattoflavina si v e d a E N D I C O T T , K O R N B E R G e O T T . N o n è ancora chiarito se la carenza di acido folico abbia importanza anche per l'insorgenza di certe citopenie umane, come tra l'altro nella sprue. Tipico esempio di citopenia da carenza di sostanza a t t i v a sono l'anemia perniciosa (carenza di V i t . B 1 2 ) e le anemie ferroprive, di cui si dirà in particolare a pag. 716. È probabile che esistano rapporti anche con certe anemie e leucopenie nella ipotrofia da Inanizione, nella cachessia, nella carenza proteica, ecc.
682
SANGUE
E ORGANI
EMOPOIETICI
f) I N S U F F I C I E N Z A M I D O L L A R E D A INFEZIONI V I R A L I Nei g a t t i si h a un'infezione virale che si accompagna con un'agranulocitosi, agranulocitosi infettiva felina » ( B R I O N , H A M M O N e E N D E R S — - reperti anatomo-patologici — K I K U T H , G Ò N N E R T e S C H W E I C K E R T , L A W R E N C E ed altri). Nel midollo osseo si osserva un'ampia e talora totale distruzione del parenchima. L a mortalità è altissima. N o n sono note corrispondenti infezioni virali umane. 1'«
g) I N S U F F I C I E N Z A M I D O L L A R E D A
INFILTRAZIONE
NEL P A R E N C H I M A M I D O L L A R E DI TESSUTO E S T R A N E O , LE COSIDDETTE M I E L O P A T I E D A
INFILTRAZIONE
( W I E N B E C K ) E RISP. M I E L O P A T I E CONCOMITANTI ( R O H R ) Il parenchima midollare può venir infiltrato da tumori, anzitutto da metastasi carcinomatose disseminate nel sistema scheletrico, inoltre d a sarcomi, reticulosi, tesaurismosi, granulomatosi, osteiti fibrose, ecc. Gli A u t o r i che interpretano le leucosi come vere e proprie neoplasie maligne le comprendono in questa categoria. A nostro avviso il parenchima mieloide è sopraSatto soltanto dagli infiltrati linfoidi nella lindoadenosi — Mielosclerosi, osteomielosclerosi e osteosclerosi (v. pag. 866-867) vere e proprie non fanno parte di questo gruppo perché non infiltrano il parenchima midollare; le prime sono « fasi » dell'insufficienza midollare; nelle ultime uno spazio midollare non si forma affatto.
h) FORME CRIPTOGENETICHE
IDIOPATICHE
P a r e c c h i e citopenie, la cui genesi è a n c o r a oggi i g n o t a , pare insorgano sulla base di u n a disposizione
dominante
ereditaria
congenita.
Panmielopatie a base sicuramente ereditaria furono descritte per il primo da F A N C O N I in bambini (sindrome di Fanconi, che per lo più presenta clinicamente in primo piano un'anemia). Anche negli adulti (fratelli) si sono osservate p. es. agranulocitosi ( Z I N N I N G E R ) O anemia aplastica (interpretata cone sindrome di F A N C O N I negli adulti, R O H R ) , oppure anemia aplastica o rispettivamente trombocitopenia ( A U B E R T I N ) . Particolare interesse riveste un albero genealogico riportato da B A U M A N N . In questa famiglia un membro era ammalato di panmielopatia (morto all'età di 5 anni e mezzo), un altro di agranulocitosi recidivante, uno di granulocitopenia costituzionale (morto a 2 anni e mezzo) ed uno di leucemia promielocitica (morto all'età di 42 anni). Qui si vede chiaramente il cambio di fase nell'ambito della stessa famiglia ( H O F F ) . G A N S S L E N e Coli, hanno esaminato i parenti dei loro ammalati di insuffi-
INSUFFICIENZA
MIDOLLARE
683
cienza midollare ed hanno osservato in individui clinicamente sani una « leucopenia costituzionale, familiare ereditaria dominante ». Quando gli esami di massa misero in evidenza che una parte della popolazione presentava neutropenie, G A N S S L E N potè accertare in alcune famiglie il carattere costituzionale ereditario di tale fenomeno. A d ogni modo nell'anamnesi di questi individui perfettamente sani non si accertò nessuna affezione nel senso di un'insufficienza del midollo osseo. T a l i risultati ( G A N S S L E N e Coli., P E T R I , H O F F e altri) f a n n o ritenere che la t e n d e n z a ereditaria, q u a n d o è n o t e v o l e , sia sufficiente a p r o v o c a r e l a m a l a t t i a . U n a predisposizione m e n o s p i c c a t a s a r à spesso la p r e m e s s a perché u n a qualsiasi c a u s a n o c i v a (« f a t t o r e di realizzazione ») f a v o r i s c a l ' i n s o r g e n z a di un'insufficienza m i d o l l a r e , o r e n d a m a n i f e s t a un'insuffic i e n z a l a t e n t e . D ' a l t r a p a r t e è certo che f a t t o r i p a t o g e n i s p e c i a l m e n t e intensi p r o v o c a n o il collasso del midollo osseo, a n c h e in assenza di u n a predisposizione particolare. È interessante il f a t t o c h e il f a t t o r e ereditario predispone t a n t o all'insufficienza midollare, q u a n t o alla l e u c e m i a cronica (HOFF).
F a n n o parte dei casi in cui la insufficienza midollare è in prevalenza costituzionale, anche le citopenie monosintomatiche. Sia f a t t o cenno qui a certe anemie croniche ipoplastiche dei lattanti e dei bambini del tipo JosephusDiamond-Blackfan (nel tipo Benjamin l'anemia si associa a malformazioni). Solo di rado esse hanno tendenza a guarire spontaneamente. L a granulocitopoiesi e la trombocitopoiesi di solito sono immutate. Casi singoli di eritroblastoftisi di natura costituzionale si sono osservati talvolta anche negli adulti (MÒSCHLIN e R O H R , B E G E M A N N ) , v . p a g .
686.
L e malattie endocrine di rado sono state ritenute responsabili dell'insufficienza midollare. B L O O M e B R Y S O N hanno osservato un'iperplasia delle cellule adipose del midollo osseo in un caso di morbo di Simmonds a seguito di estesa m a non completa distruzione del lobo anteriore dell'ipofisi, con atrofia secondaria della corticale surrenale. Si vedano anche i dati di W Y A T T e S O M M E R S sulla genesi dell'osteomielosclerosi. Il midollo osseo è di regola modicamente o fortemente ipoplastico (iperplasia delle cellule adipose, infiltrati linfoplasmacellulari, ecc.), talora anche spostato verso sinistra (v. pag. 656, a 2). In casi di anemia aplastica in cui il midollo osseo non presenta diminuzione delle cellule nucleate della serie rossa o solo una diminuzione modesta, l'insufficienza midollare si riconosce dal fatto che i reticulociti mancano o sono scarsissimi ( R O H R , 1952). Manca di solito una metaplasia mieloide extraossea, o è modestissima, poiché la debolezza ereditaria del parenchima ematopoietico riguarda l'intero sistema. D a l punto di vista patogenetico evidentemente sono le turbe della formazione e della maturazione cellulare quelle che hanno la massima importanza. Qualche v o l t a col cortisone si ottiene un temporaneo miglioramento ( G A S S E R , cit. da R O H R ) .
68 4
S A N G U E E ORGANI
CAPITOLO
FORME
DI D E C O R S O
EMOPOIETICI
IV
DELL'INSUFFICIENZA
MIDOLLARE
A seconda del decorso si distinguono quadri morbosi acuti e cronici.
i. FORME A DECORSO ACUTO In un gruppo la citopenia ha inizio subitaneo (acutissimo), così che i granulociti o i trombociti talora nel giro di poche ore scompaiono in gran parte o anche completamente dal sangue. Contemporaneamente si ha febbre alta e brivido. Altri casi si iniziano solo apparentemente in forma cosi acuta. Un'anamnesi accurata rileva poi che i sintomi lievi erano presenti da tempo. L a « fase acuta » è in realtà solo l'esacerbazione finale e letale di una mielopatia cronica. Nelle forme acute — e specialmente in quelle acutissime — si tratta di agranulocitosi o di trombopenie o di ambedue insieme. Qualche volta pare siano colpiti solo i granulociti o solo i trombociti, ma in realtà, come rivela l'esame del midollo osseo, tutti e tre i sistemi sono ugualmente lesi o distrutti. Se l'agranulocitosi in genere si rende evidente dapprima soltanto nel sangue circolante, ciò dipende dal fatto che i granulociti vivono da 3 a 5 giorni, mentre gli eritrociti 120 giorni. L'interrotta generazione dal midollo osseo è perciò molto più evidente nei granulociti dalla vita breve che negli eritrociti i quali vivono a lungo
(HOFF, SANDKUHLER ed
altri).
Si può spesso dimostrare inoltre che nelle forme monosintomatiche, cioè nelle anemie, nelle agranulocitosi e trombocitopenie, anche le altre serie cellulari sono colpite, sebbene in misura molto minore. Questi esempi dimostrano che l'insorgenza di citopenie monosintomatiche, e specialmente dell'agranulocitosi, come vere e proprie entità morbose, è cosa assai problematica. A d ogni modo esistono senza dubbio delle agranulocitosi acute isolate nelle quali l'alterazione si limita elettivamente alla serie bianca. L o stesso dicasi per le trombocitopenie e, come è stato recentemente dimostrato da G A S S E R , G A S S E R e ADANK, anche per la cosiddetta « eritroblastoftisi acuta benigna ». L a prognosi di questa è favorevole; la scomparsa degli eritroblasti e dei reticulociti dal midollo osseo, che si inizia per crisi, dura al massimo sette giorni. Esaminando il quadro ematico una volta sola, di solito l'anemia non viene notata, a causa della lunga vita degli eritrociti, a meno che essa insorga nel corso di un'anemia sferocitica costituzionale, nella quale la durata della vita degli eritrociti è molto minore che di norma.
INSUFFICIENZA
MIDOLLARE
685
Nelle citopenie acute di solito la guarigione, o almeno una remissione, sopravviene in tempo relativamente breve — non di rado a seguito di una violenta « crisi di guarigione » leucemoide — a meno che il malato non sia morto prima. Per lo più sono a genesi allergica (v. pag. 673), espressione cioè di una « crisi anafilattica » paragonabile al « fenomeno di A rthus » e probabilmente scatenate da un meccanismo regolato dal sistema nervoso centrale (v. B A Y E R , B O C K , H O F F , R O H R , S C H I L L I N G , ed altri). L'inibizione della maturazione cellulare è però sempre presente. L a predisposizione alla malattia è data di regola da un fattore costituzionale. A t t u a l m e n t e si tende ad attribuire, almeno in parte, le citopenie acute e soprattutto quelle acutissime, non tanto ad una lesione del midollo osseo o alla sua deficiente rigenerazione, quanto piuttosto alla distruzione che si inizia per crisi dei corrispondenti corpuscoli del sangue alla periferia, da parte di sostanze che distruggono leucociti e trombociti (v. pag. 73 2). N e risulta un certo parallelismo con le emolisine che agiscono nelle sindromi emolitiche acquisite. Forse le sostanze suddette non distruggono soltanto i granulociti e trombociti del sangue circolante, ma anche le cellule contenute nel midollo osseo, inibendo contemporaneamente la maturazione degli elementi citogeni (1). Nello shock anafilattico, oltre alla distruzione delle cellule, h a certamente importanza p. es anche una neutropenia o neutrocitosi da distribuzione nella zona del nervo splancnico. V o g l i a m o accennare anche alla trombocitopenia nella porpora trombocitica, trombopenica (vedi pag. 958). Questi casi rientrano nelle forme di insufficienza mieloide in q u a n t o il midollo osseo non è in grado di riparare il danno periferico. Il reperto del midollo osseo nelle forme a decorso acuto è vario. Lesioni gravissime (da raggi, benzolo, ecc.) distruggono il parenchima e determinano il quadro della panmieloftisi acuta. Nelle citopenie a genesi allergica si hanno quadri midollari aplastici (le panmieloftisi sono rare), ipo-, normo- e iperplastici. Di gran lunga i più frequenti sono gli ultimi, e cioè si h a spesso midollo iperplastico, immaturo mielo- o promielocitico e rispettivamente eritroblastico (inibizione della maturazione). Tale inibizione può essere così intensa che il midollo risulta costituito in prevalenza da cellule staminali o cellule del reticolo (v. pag. 861). Quadri mielocitici — metamielocitici del midollo si hanno soltanto nei casi lievi che guariscono abbastanza rapidamente. L'inibizione della maturazione si manifesta in essi con una deficienza, o anche con la scomparsa, dei granulociti a nucleo segmentato e di quelli a nucleo non segmentato. 11 medesimo reperto si può avere però nelle forme a decorso acutissimo anche solo per il f a t t o che t u t t e le cellule mature o quasi, e quindi suscettibili di disseminazione, vengono riversate in circolo.
(1) D i recente MÒSCHLIN e Coli, h a n n o p o t u t o dimostrare che i g r a n u l o c i t i non
vengono distrutti dalle lisine, ma da agglutinine specifiche. Nell'esperimento sull'animale essi hanno in tal modo determinato le alterazioni midollari che sono tipiche dell'agranulocitosi umana.
686
SANGUE
E ORGANI
EMOPOIETICI
2. FORME A DECORSO CRONICO In un secondo gruppo di casi l'insufficienza midollare ha inizio più graduale e di regola dura anche più a lungo, fino all'exitus o alla guarigione, oppure alla remissione. Le cellule, e specialmente i granulociti, scompaiono gradatamente dal sangue ed anche la loro diminuzione nel sangue circolante non è di così alto grado come nei casi acuti. Si ritrovano tutti i gradi di passaggio dalle citopenie leggere spesso condizionate da un fattore costituzionale (v. pag. 683), alla marcata insufficienza del midollo osseo che richiede un trattamento terapeutico — fino alla crisi aplastica gravissima — a volte leucemoide. — Il decorso è ciclicamente remittente, non di rado a tipo polifásico, specialmente nelle agranulopenie, cronico, con un decorso di dieci anni e più ( H O F F , H E N N I N G , K E I L H A C K ed altri). L'anemia p. es. del sangue periferico può per parecchio tempo essere assai scarsa o mancare del tutto. Per una emorragia può apparire però lo scarso numero o la deficienza dei reticolociti. Per parecchio tempo la funzione del midollo osseo in tali pazienti può essere relativamente buona, riconoscibile p. es. perché in una infezione reagiscono con una leucocitosi ( S A N D K Ü H L E R ) . Le agranulocitopenie, trombocitopenie ed eritrocitopenie pure sono rare, tutt'al più si tratta di pancitopenie. In base a questo principio le forme a decorso acuto non si differenziano da quelle croniche, poiché le agranulocitosi semplici delle forme acute, molto spesso sono simulate dal lungo tempo di vita degli eritrociti. Le eritroblastoftisi isolate croniche (lesione totale del midollo osseo) sono molto rare ( H E I L M E Y E R , M Ò S C H L I N e R O H R , B E G E M A N N ) . L a durata è di 2-3 anni. Come causa H E I L M E Y E R dà il benzolo, M Ò S C H L I N e R O H R l'allergia sulla base di una predisposizione costituzionale. B E G E M A N N non trova nessuna causa (idiopatica). L a autopsia del caso di M Ò S C H L I N e R O H R mostrò una « tendenza all'osteosclerosi ». Le citopenie croniche sono di regola ricondotte ad una sofferenza del midollo osseo per una tossina chimica o batterica (pag. 674), per danni da irradiazione (pag. 676). Anche le citopenie splenogene sono in genere croniche. Concludendo le forme di malattia idiopatica costituzionale hanno un decorso cronico (pag. 682). Il midollo delle ossa è per lo più da ipo- fino ad atrofico o sclerotico (come è descritto a pagg. 656-658). Midollo ipo- od atrofico con intensa iperplasia di cellule adipose o delle cellule del reticolo ed estesi infiltrati linfoplasmacellulari, si osserva in conseguenza di danni da irradiazione, dopo gravi infezioni, dopo intossicazioni da benzolo e Salvarsan; ed inoltre nei casi di origine costituzionale. Quasi sempre il processo è a focolaio, cosicché, attorno alle zone atrofiche si trova midollo cellulare ipo-, normo- o iperplastico. Talora coesiste un arresto di maturazione con leggera deviazione a sinistra. L a causa della sclerosi ed osteomielosclerosi del midollo coincide cosi, un po', con quanto detto per la atrofia completa. Iperplasie midollari sono più rare nelle forme a decorso cronico appaiono però occasionalmente a tipo polifásico, dopo intossicazione da benzolo e da raggi. Occasionalmente mostrano forti reazioni leucemoidi, fino al quadro conclamato di
INSUFFICIENZA
MIDOLLARE
687
leucemia acuta. Reperto di regola è il midollo iperplastico negli arresti midollari da causa splenogena. — Sono di certo possibili le guarigioni. Esse sono state perfino descritte in quei casi in cui erano conservate solo poche cellule parenchimali immature, quando esisteva intorno una proliferazione delle cellule del reticolo, delle cellule reticolari linfoidi plasmatiche, e delle cellule adipose. In questi casi che sono soltanto di puntato sternale o di biopsie circoscritte, si deve certamente pensare che l'atrofia nei casi cronici spesso si limita a punti circoscritti del midollo, cosicché il risultato di un puntato sternale può essere scambiato facilmente con il vero stato reale (ROHR).
CAPITOLO
V
LE CONSEQUENZE SULL'INTERO ORGANISMO DELLA INSUFFICIENZA DEL MIDOLLO OSSEO E DELLA CONSEGUENTE CITOPENIA DEL SANGUE CIRCOLANTE
Le conseguenze per l'intero organismo dell'insufficienza del midollo osseo si possono suddividere a seconda del distretto cellulare colpito. 1. Granulocitopenia. Si è già accennato altrove (pag. 586) che i neutrofili esercitano una azione decisiva nella protezione dell'organismo dalle offese più svariate, specialmente contro i microorganismi e le relative tossine. Perciò la neutropenia del sangue e dei tessuti provoca una « anergia ». In tal caso è, in ultima analisi indifferente se manchino i neutrofili o siano insufficienti dal punto di vista funzionale, quali ad es. i primi stadi immaturi dei granulociti (reazioni mielocitiche-mieloblastiche) o le « cellule leucemiche », il cui indice fagocitano contro il colibacillo ad es. è notevolmente diminuito ( K E S T E R M A N N e V O G T ) . P U Ò verificarsi così il fenomeno paradosso che, con reazioni leucemiche o leucemoidi si ritrovino, nonostante il numero enormemente aumentato di leucociti per unità di volume, gli stessi stati morbosi e le relative conseguenze rilevabili in una neutropenia molto grave. L a neutropenia favorisce l'insorgere di fatti settici ed infezioni di natura svariatissima. Non raramente si dà pure il caso che batteri meno virulenti o addirittura apatogeni possano scatenare in tali condizioni dei fatti settici gravi o anche gravissimi. Prima o poi — nella fase finale ciò costituisce la regola —• si sviluppa una infezione per lo più rapidamente mortale, spesse volte con tumore splenico di natura settica, « sepsi agranulocitica » o « sepsi da neutropenia ».
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Assai caratteristici sono spesso diffusi fatti di necrosi, deposizioni difteroidi, ulcerazioni e gangrena, che di norma vanno attribuiti allo stato di reazione anergica. STUPER di recente ne interpretò la natura come un'espressione di reazione allergico-iperergica nel senso del fenomeno di Arthus. Le necrosi prediligono sedi nel cui ambito vivono già di norma batteri in numero abbastanza elevato, commensali innocui, cioè fino a quando batteri ed organismo vivano in equilibrio. Qualora per la granulocitopenia crollino i presidi difensivi, i microbi prendono allora il sopravvento, moltiplicandosi senza più alcun freno. Non rare volte si trovano
Fig. 230. Necrosi priva di reazione alla superficie di una tonsilla in corso di agranulocitosi.
pure anche presto (ad es. nel cavo orale) degli streptococchi emolitici invece dei comuni streptococchi del gruppo viridans. In queste condizioni le spirochete e gli spirilli della cavità orale acquistano la capacità di effettuare la scissione enzimatica delle proteine. Con maggior frequenza si osservano necrosi, ulcerazione e gangrena (eventualmente in forma difterica o di angina di Plaut-Vincent) nella cavità orale e faringea, nell'ambito dell'anello linfatico faringeo, nelle tonsille palatine (1) (fig. 230), nelle tasche gengivali, agli angoli della bocca (Noma), alle labbra, alla lingua, (1)
Angina agranulocitica
(FRIEDMANN)
necrotizzante o ipoleucocitica ( R O S E N T H A L ) .
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MIDOLLARE
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alla mucosa nasale e congiuntiva. Non raramente i fatti necrotici si estendono al tessuto peritonsilläre, all'arco palatino, alla base della lingua, all'epiglottide ed al laringe. Nelle tonsille per lo più vengono colpite in primo luogo le pareti delle cripte situate in profondità; tuttavia alcune volte si trovano fatti necrotici primari anche nel tessuto linfatico, senza che vi sia relazione alcuna con la parete delle cripte. Frequentemente si trovano delle necrosi nelle mucose del tratto gastrointestinale, anche dell'esofago. In un caso di mieloblastosi acuta, trattato con cortisone abbiamo osservato necrosi dell'intera mucosa esofagea. Sono pure stati descritti ripetutamente casi di impianto di funghi. Lo stomaco viene interessato relativamente poche volte, trattandosi nella maggioranza dei casi di piccoli fatti necrotici della grande curva dello stomaco, tuttavia sono segnalati anche casi di necrosi della mucosa di tutto lo stomaco. Nell'intestino vengono colpiti il retto, l'ano e la zona adiacente ed il tratto dell'ileo situato prima della valvola di Bauhin. Sarebbe possibile riconoscere una predisposizione a carico del sistema linfatico del tratto intestinale (ulcere follicolari del tenue). R O S E N B A C H rileva che, a suo parere, solo eccezionalmente i focolai pseudofollicolari mostrano relazione con il sistema follicolare. A volte prima della valvola ileo-cecale si trovano alterazioni del tipo di quelle del tifo addominale (a volte anche ulcere più circolari) le quali, contrariamente al tifo, non dovrebbero avere rapporto alcuno con il sistema linfatico della mucosa intestinale. Tuttavia vi sono delle eccezioni (STÜPER). Noi abbiamo visto molteplici e diffuse ulcere e necrosi anulari, situate nell'ambito di tutto l'intestino tenue che, all'aspetto, corrispondevano in pieno al quadro ben noto dell'enterite grave. Si verificano pure casi di ulcerazioni di aspetto paradissenterico, situate per lo più nella regione inferiore dell'ileo (diagnosi differenziale rispetto alle necrosi uremiche), ed infine gangrena più o meno diffusa. Con grande frequenza si trovano poi fatti necrotici ed ulcerativi alle grandi labbra, alla vagina (raramente alla portio uterina), ai dotti urinari efferenti, al prepuzio. Più raramente sono colpiti la laringe e l'istmo delle fauci; e ripetute volte è stata descritta una forma di tracheite pseudomembranosa. Anche sulla cute si notano a volte estese necrosi ed ulcerazioni. Esse però generalmente regrediscono contrariamente alle alterazioni sopra menzionate. Con maggior frequenza si ritrovano attorno alla bocca, all'ano ed alla vagina. Spesso è possibile mettere in evidenza fatti necrotici nei linfonodi locali che si diffondono al tessuto circostante. Dal punto di vista istologico si ritrova per lo più solo una modesta reazione delimitante i fatti necrotici ed ulcerativi dal tessuto circostante. Con frequenza si ritrovano in gran numero plasmacellule, tra le quali capita di sorprendere cellule con due o addirittura tre nuclei, inoltre istiociti e macrofagi, ed infine (in parecchi casi) dei linfociti; solo invece qualche raro granulocito ed assolutamente isolato, od anche nessun granulocito. 44 —
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Nell'ambito delle ulcere intestinali STUPER osservò iperplasie di cellule reticolari del tipo delle « cellule tifiche ». Le necrosi sono disseminate di batteri. Nella necrosi e nei territori circostanti si trovano molti trombi ialini; nel lume vascolare e nei tessuti, filamenti di fibrina. (Casistica di A N D A Y , DAHLEM e WAHLGREEN, HALLERMANN, KOCH, LICHTENSTEIN, OPPIKOFER,
ed altri). In mancanza della funzione proteolitica dei granulociti, le necrosi non vengono delimitate; ma in ogni caso esse evolvono e si estendono a seconda della loro gravità (ad es. parti della mascella). Non raramente nell'ambito dei polmoni si sono trovate broncopolmoniti emorragiche similinfluenzali o gangrena polmonare. L'essudato dal punto di vista istologico si rivela come estremamente povero od esente da granulociti, contenendo linfociti e cellule plasmatiche, fibrina ed epiteli alveolari desquamati, spesso necrosi disseminate di batteri nel centro. Allo stesso modo si osservano necrosi a carico della pleura. Relativamente rare sono le necrosi multiple della grossezza fino della capocchia di uno spillo, a carico della milza, fegato, reni, surreni ed altri organi (KOCH ed altri). Dal punto di vista istologico si tratta di necrosi del tutto omogenee; attorno — a prescindere da alcune plasmacellule — non esiste in alcun caso reazione di tipo infiammatorio, né batteri; nel fegato le necrosi miliari si ritrovano per lo più nel tessuto periportale; ma si trovano pure necrosi diffuse fino al quadro completo dell'atrofia gialla acuta. Va messo in rilievo che le necrosi che insorgono nelle leucemie, possono costituire degli infiltrati leucemici. Tuttavia si tratta frequentemente di necrosi che insorgono in seguito alla funzione insufficiente delle cellule leucemiche immature ed atipiche. PETRI, PLUM, ROTTER, VERSE
2. L'eritrocitopenia provoca come conseguenza un'ipossiemia ed ipossia generale, con i caratteristici fatti steatosici e necrotici a carico dei parenchimi. 3. La trombocitopenia causa diatesi emorragica, i cui sintomi saranno illustrati opportunamente a pag. 947 e seguenti.
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ZINNINGER,
J. Am.
med.
SEZIONE V
ANEMIE DA CARENZA
CAPITOLO
I
ANEMIA PERNICIOSA (ADDISON, 1849, BIERMER, 1868) ANEMIA MEGALOBLASTICA
L'anemia perniciosa (An. pern.) è causata dalla mancanza di un fattore di accrescimento (principio antipernicioso (P.A.P.) = Vitamina B 1 2 ), ed è perciò una «malattia da carenza ». Essa insorge sotto forma di un grave arresto di divisione e di maturazione delle cellule (arresto della maturazione), che generalmente riguarda l'intero organismo, ma colpisce sostanzialmente la emopoiesi nel midollo osseo ed anche qui in maniera preponderante il processo di eritropoiesi. In primo piano nel quadro della malattia si osserva perciò l'anemia. Nel circolo sanguigno si ritrovano molti eritrociti di grandezza notevole, i cosiddetti megalociti, per cui la curva di Prince-Jones risulta spostata fortemente verso destra (fig. 219); si verifica « aniso-megalocitosi »; inoltre poichilocitosi, policromasia ed ipercromia (indice di colorazione oltre 1). I reticolociti sono fortemente diminuiti. Diminuzione della quantità totale del sangue circolante, delle proteine del plasma, dei granulociti e trombociti. Linfocitosi relativa. Il contenuto in acqua del sangue è invece aumentato; il sangue è fluido-rarefatto, subitterico o ha l'aspetto acquoso di succo di carne; i coaguli sanguigni nel cadavere sono giallopallidi, gelatinosi. Il midollo osseo è iperplastico; il midollo grasso delle ossa lunghe viene cointeressato nel processo di mielopoiesi («midollo rosso»), inoltre nei casi gravi si trova a volte una notevole metaplasia extra-ossea mieloide nella milza, nel tessuto adiposo dello spazio retroperitoneale, nel fegato, più di rado nelle ghiandole linfatiche, rarissimamente anche nei reni e nei surreni (vecchia letteratura nell'ultima edizione del trattato). Noi interpretiamo questa iperplasia sistematica mieloide alla stregua di un tentativo vicariante che tuttavia non consegue alcun successo finché non venga somministrata vitamina B 1 2 (cfr. pag. 886). La milza è di regola modestamente, di rado maggiormente ingrossata, di media consistenza. L a superficie di taglio rosso-scura, molto ricca di sangue, ha disegno un po' sbiadito. Anche dal punto di vista istologico si nota per
696
SANGUE E ORGANI EMOPOIETICI
lo più forte irrorazione sanguigna della polpa rossa (specialmente attorno ai follicoli ed alle trabecole). I seni invece sono stretti come nell'anemia emolitica. Può mancare la metaplasia mieloide; ma essa può anche essere tanto accentuata da causare atrofìa dei follicoli linfatici. Le alterazioni delle pareti vascolari descritte da EPPINGER sono aspecifiche. I linfonodi retroperitoneali e mesenterici sono a volte un poco ingrossati e notevolmente arrossati. Nel fegato, ingrossato al più in misura modesta, si può parimenti mettere in evidenza talvolta metaplasia mieloide (intraacinosa e periportale). L'iperplasia sistemica mieloide intra- ed extra-ossea poggia anzitutto su una moltiplicazione degli eritroblasti e precisamente si trovano con assoluta preponderanza grosse cellule basofile, i cosiddetti « megaloblasti », i quali, a causa dell'ostacolata maturazione, si differenziano con grande lentezza attraverso i megaloblasti policromatici ed eosinofili in megalociti (i). D a ciò l'anemia. Dal punto di vista istologico non è possibile distinguere i mieloblasti dai megaloblasti; questi t u t t a v i a si possono identificare spesse volte dal fatto che si rinvengono (pag. 641) a gruppi od a mucchietti nel modo o nella foggia caratteristica degli eritroblasti. L e mitosi sono molto numerose. Per quanto concerne le atipie mitotiche e nucleari cfr. GOLDECK. Anche le cellule della granulocito- e trombocitopoiesi mostrano sempre segni di evidente, ostacolata maturazione, per quanto assai più ridotta (;panmielopatia, ROHR) ed in questo senso anch'esse sono coinvolte nell'iperplasia del sistema (panmielosi). Quanto più è accentuata la carenza del principio attivo, tanto più è imponente lo spostamento a sinistra. Come nelle altre panmielopatie, anche in tali casi si può arrivare ad un considerevole aumento di cellule del tutto immature del tipo degli emoistioblasti o di cellule reticolari indifferenziate (cosiddetta reticolosi concomitante). Nel midollo osseo si possono trovare moltiplicati i linfociti (cellule reticolari linfoidi (?) in misura fino al 20 % ; a volte è possibile osservare anche alcuni follicoli linfatici solitari (ZIEGLER, ROHR*, K A BELITZ ed altri). L a sintesi emoglobinica non è disturbata (2); i megaloblasti ed i megalociti perciò sono ricchissimi di emoglobina (indice colorimetrico oltre 1). Sulla genesi formale dei megaloblasti i pareri non sono concordi; cfr. in proposito i lavori di ematologia, inoltre DACIE e WHITE, FRÜHLING ed altri, GOLDECK, HÄNEL, LAJTHA, TISCHENDORF (rei.) ed altri; per le ricerche istochimic.he v. rei. speciali; inoltre sul contenuto in acido nucleinico v. WHITE*, SEIGEL e WORLEY ed altri; per le fosfatasi C. M. PLUM. (1) ROHR*, HÀNEL ed altri v e d o n o l'essenza dell'alterazione nell'ostacolata c a p a c i t à di d i v i s i o n e eteroplastica m i t o t i c a dei normoblasti, e solo gli eritrociti sarebbero in grado di svilupparsi per divisioni omeoplastiche d a fasi preliminari i m m a t u r e (pag. 627). Contro tale interpretazione stanno i reperti di LAJTHA. Cfr. p u r e le interessanti ricerche di LEIBETSEDER sull'accrescimento ritmico nucleare nelle anemie perniciose. (2) T u t t a v i a ciò viene messo in d u b b i o a t t u a l m e n t e .
ANEMIE DA
697
CARENZA
I megalociti sono cellule a capacità ridotta. L a loro durata è abbreviata a d 8-40 g i o r n i (SINGER, K I N G e R O B I N , cfr. i n o l t r e H E I L M E Y E R e d
EILERS).
L'emolisi perciò è notevole, per quanto di norma sia modestamente aumentata (le emolisine non sono dimostrabili, TISCHENDORF); è presente subittero (pallore giallo-paglierino della cute, aumento della sierobilirubina indiretta; il livello del ferro serico è normale o (per lo più) lievemente aumentato (inoltre per questo vedi HEILMEYER e PLÒTTNER, HEILMEYER*, SKOUGE, BÜCHMANN ed altri). Solo casualmente si trovano eritrofagie nella milza e nel fegato; mentre JAFFÉ le vide in gran numero nel midollo osseo. Quasi sempre è presente emosiderosi degli organi, soggetta tuttavia a f o r t i oscillazioni q u a n t i t a t i v e NÀGELI*,
QUINCKE, M. B .
(EPPINGER,
HUECK. JAFFÉ,
LUBARSCH,
SCHMIDT (1940), STERNBERG, e d altri). L a
sua
insorgenza è imputabile presumibilmente oltre che all'accentuata emolisi ad alterazioni e disturbi nell'utilizzazione del ferro (TISCHENDORF). Gli organi, specialmente il fegato, meno fortemente la milza, i reni ed il pancreas sono di colore bruno-rugginoso o rosso-bruno. L a siderosi delle cellule epatiche e delle cellule stellate è quasi sempre assai pronunciata, mancando solamente in via eccezionale. L'emosiderosi della milza è a volte rilevante (EPPINGER), tuttavia normalmente non è possibile metterla in evidenza; spesse volte è addirittura ridotta in modo sorprendente (come pure il ferro, dimostrabile con metodi chemioanalitici). Il midollo osseo contiene di solito abbondante emosiderina, ma può anche mancare. L'emosiderosi dei reni (tubuli contorti) rientra nel quadro classico dell'anemia perniciosa cronica. Di norma non è possibile mettere in evidenza siderosi del sistema linfatico. La mucosa del fundus dello stomaco è sempre atrofica in alto grado (HERZBERG,
WALLGREN,
DEELMANN,
COESTER,
CERANKE
e
FEYRTER,
FEYRTER e KLIMA ed altri, vedi ulteriore letteratura). Le ghiandole del fundus con le loro cellule principali e di rivestimento sono sparite completamente o quasi (« anadenia »). Nelle cellule degli epiteli di rivestimento e negli epiteli delle fossette gastriche non si nota nessuno o solo piccoli segni di secrezione; gli epiteli ed i rispettivi nuclei presentano una polimorfía straordinaria. Negli interstizi si vedono i segni di una infiammazione cronica di tipo produttivo con infiltrati linfoplasmacellulari, più o meno fitti, corpuscoli di Russel e follicoli linfatici con abbondante degenerazione jalina; sparse a focolai si trovano ghiandole mucipare, in rigenerazione le cosiddette ghiandole pseudopiloriche; nell'insieme è presente dunque il quadro di una gastrite atrofica cronica con trasformazione strutturale; ipertrofia della tunica muscolare della mucosa. L a mucosa del cardias e del bulbo del duodeno di solito è di gran lunga meno atrofica di quella del fundus; anzitutto manca di regola l'atrofia delle ghiandole di Brunner. L'atrofia della mucosa non si limita allo stomaco; solo raggiunge il suo massimo nel fundus dello stomaco. Nell'ambito dell'intero tratto digerente si trova atrofia
6g8
SANGUE E ORGANI
EMOPOIETICI
della mucosa più o meno accentuata, come ad es. nelle mucose della cavità orale (i). Più nota è la cosiddetta glossite di Moller-Hunter (meglio glossopatia). L a crescente atrofia del corpo papillare con ipo- e paracheratosi, più di rado anche ipercheratosi (DREIFUSS) produce l'impressione della lingua liscia. Gli infiltrati linfocitici che si possono mettere in evidenza alcune volte (« glossite ») sono di natura secondaria — come nello stomaco — e non rappresentano che l'espressione di aumentato riassorbimento. Altre notizie sulla glossite di Hunter si possono trovare in H E Y N , K A I S E R S I E G M U N D , T R O N C H E T T I ed altri; sulle alterazioni ai gangli ed ai nervi periferici della lingua cfr. S I E M O N S , B I E L S C H O W S K Y , S C H R I E F E R , letteratura. In merito alla rara atrofia della mucosa esofagea cfr. W A L L G R E N . I tratti intestinali situati distalmente allo stomaco di regola non sono atrofizzati e per lo più in modo non molto grave ( K O C H ) . L E P E H N E , F A B E R non osservarono atrofia della mucosa intestinale. Le cellule argentaffini della mucosa dello stomaco (2) e dell'intestino sono molto ridotte nell'anemia perniciosa ( C E R A N K E e F E Y R T E R , E R O S , J A C O B S O N ) ; ma non mancano mai del tutto ( F E Y R T E R , comunicazione personale). Se si considera che nella « gastrite cronica » le cellule argentaffini risultano fortemente aumentate ( H A M P E R L ) , riesce particolarmente strana l'accertata constatazione che nell'anemia perniciosa esse mancano in ampie zone specialmente della mucosa gastrica (3) ( F E Y R T E R ) ; lo stesso vale, secondo F E Y R T E R per l'iperplasia delle cellule argirofile e la loro endofitia (iperplasia vicariante di cellule inferiori dal punto di vista funzionale); altre informazioni v. in F E Y R T E R . Mentre l'atrofia della mucosa del fundus, molto probabilmente patognomonica per l'anemia perniciosa, è primaria e perciò resistente al trattamento terapeutico, è possibile fare regredire l'atrofia delle altre mucose, in quanto trattasi di fenomeno secondario, attribuibile alla mancanza del fattore anti-pernicioso, e perciò guaribile con la somministrazione parenterale di quest'ultimo. La maggior parte degli A A . fa derivare l'atrofia della mucosa del fundus da un'inferiorità familiare del tessuto, condizionata da fattori costituzionali; altri invece l'interpretano come una « gastrite atrofizzante cronica » ( K O N Y E T Z N Y ) . Secondo F E Y R T E R non è possibile riconoscere nel tempo una prevalenza di nessuno dei due fenomeni, atrofia ed infiammazione. È pure noto da tempo che anche lesioni primarie del parenchima possono provocare alterazioni secondarie di tipo infiammatorio. LING, SCHRIEFER
Non molto raramente si è rinvenuto nell'anemia perniciosa il quadro di una gastrite poliposa-iperplastica (HARING, KADE, PAPE, TOELLE, VELDE). Con straordinaria frequenza sono stati osservati polipi della mucosa gastrica di dimensioni minori, m a a volte anche molto grandi (KAPLAN e RIEGLER nel 70 % ; CERANKE e FEYRTER nel 75 % ) . Essi prediligono (1) Alterazioni analoghe nel senso dell'atrofia mostrano principalmente le mucose della cavità nasofaríngea. (2) Di norma molto scarse. (3) In altre regioni si osserva a volte un accumulo straordinario.
ANEMIE
DA
699
CARENZA
la parte mediana e la parte pilorica dello stomaco (FEYRTER). L e alterazioni sopra citate v a n n o interpretate come un fenomeno di a d a t t a m e n t o (iperplasia rigeneraioria). Per quanto riguarda i miomi e l'ipertrofia talora tumorale della muscolatura pilorica, forme carcinoidi e simili nelle diverse forme di anemia cfr. FEYRTER, letteratura. Notizie e relazioni sulle ulcere dello stomaco, del tenue e del crasso ad eziologia ora aspecifica, ora tubercolare (1), eventualmente con stenosi (2), vengono riferite da MEULENGRACHT (1939), SCHAIRER, SCHWEEGER, SCHWEERS, STÜHMER ed altri. È stata molto d i b a t t u t a la questione se individui sofferenti di anemia perniciosa si ammalino frequentemente di carcinoma gastrico (3). I malati di anemia perniciosa che contemporaneamente soffrono di forme cancerose, nel 78-100 % dei casi presentano carcinoma allo stomaco (4), mentre nei cancerosi lo stomaco è colpito nell'ipotesi peggiore solo dal 25 al 50 % dei casi ( K A U F M A N N , vecchia ed., C O E S T E R letteratura). Tuttavia la morbilità totale per carcinomi nei malati di anemia perniciosa è alquanto più bassa che nella casistica morbosa totale ( C E R A N K E e F E Y R T E R ) . In base alle statistiche sembra così accertata la presunta relazione causale ( C O E S T E R ) . Di gran lunga meno convincenti sono le statistiche seguenti (3) che riferiscono con quanta frequenza si verifichino i carcinomi gastrici nei malati di anemia perniciosa da una parte ed in tutta la casistica morbosa dall'altra. Per i malati affetti da forma di anemia perniciosa i valori dei diversi A A . oscillano tra lo 0,27 ed il 15 % , mentre sono del 7 % circa nella casistica morbosa totale (statistica dello stato Germanico sui carcinomi, D O R M A N S ) i casi di carcinomi gastrici. Dal punto di vista delle statistiche non ci sembra provato, come ritiene anche M T J R P H E Y , — il quale ha accumulato e valutato un grande corpus di dati — il rapporto che consentirebbe di respingere una interdipendenza causale (il 5 % circa in 578 casi di anemia perniciosa). Una parte dei carcinomi gastrici nei malati di a. p. fu attribuita alla degenerazione maligna di polipi originariamente benigni ( H A R I N G , K A P L A N , R I E G L E R e T O E L L E , ed altri). Secondo C E R A N K E e F E Y R T E R ed H I T T M A I R tuttavia questi ultimi non degenerano in forma carcinomatosa in nessun caso con maggiore frequenza nei pazienti affetti da anemia perniciosa, anzi addirittura più raramente che non nei malati che non soffrono di forme di anemia perniciosa. (1) Secondo FLEISCHHACKER*, JAGIC, KLIMA ed altri autori, processi t b c . a t t i v i si r i t r o v a n o rarissimamente nelle anemie perniciose, anzi secondo MATHIAS le due affezioni si escluderebbero a d d i r i t t u r a v i c e n d e v o l m e n t e . D ' a l t r a p a r t e SCHNEIDERBAUR giudica l ' a n e m i a perniciosa c o m e un'affezione predisponente alla t b c . P e r le riacutizzazioni t b c . nelle anemie perniciose cfr. CAIN ed altri, KARLMARK ed OLOVSON. C o m e SCHWEERS, anche noi a b b i a m o osservato nelle anemie perniciose dei casi isolati di ulcerazioni t b c . del f u n d u s ed a t t r i b u i a m o la c a u s a di tale reperto all'indebolimento della resistenza della m u c o s a gastrica, c a u s a t o dall'achilia. (2) I n questi casi anche conseguenza, non c a u s a dell'anemia perniciosa. (3) B Ò T T N E R , C Ò S T E R ( l e t t e r a t u r a ) , C E R A N K E e F E Y R T E R , C O T T I , F I E S I N G E R e d altri, HITTMAIR, HARING, K A D E , K A P L A N e Coli., LUBARSCH e BORCHARD, M U R PHEY, NORCROSS e d a l t r i , STRANDELL, THIELE, TOELLE, i v i a l t r a l e t t e r a t u r a . (4) S T R A N D E L L 8 0 % , C O T T I 8 7 % , C O E S T E R
letteratura.
100 % ,
cfr.
anche
BOTTNER,
altra
700
SANGUE E ORGANI EMOPOIETICI
Riassumendo affermiamo che, in base alle statistiche citate più sopra, non è possibile dimostrare agevolmente una certa quale predisposizione dei malati di anemia perniciosa a contrarre il carcinoma gastrico. Anche la maggioranza degli Autori ha accettato solo una possibilità ridotta — per quanto sicura — che nei malati di anemia perniciosa venga a sovrapporsi il carcinoma gastrico. Inoltre corrisponderebbe perfettamente alle acquisizioni della patologia generale se la gastrite ad evoluzione cronica, non rare volte addirittura ad evoluzione iperplastica o poliposo-iperplastica (tentativi rigenerativi vicarianti frustri) agisse come « fattore cocarcinogeno » nel senso della teoria rigenerativa di FischerWasels. Forse va valutata alla stessa stregua se non anche come « fattore trofico », l'inferiorità innata ed endogena della mucosa atrofica. Da notare che i malati di anemia perniciosa da quando è stata introdotta la terapia sostitutiva raggiungono di norma l'età favorevole all'insorgenza del cancro (lungo periodo di latenza!). V a sempre esclusa la possibilità che non si sia verificata talora anemia megaloblastica al seguito di carcinoma gastrico primario (pag. 707). In conseguenza dell'anemia gli organi parenchimatosi mostrano la ben nota degenerazione grassa a fini gocciole a carico della muscolatura cardiaca e degli epiteli del fegato, dei reni, del pancreas e del tratto gastroenterico. Contro quanto ci si potrebbe aspettare, mancano di solito le necrosi a carico della muscolatura cardiaca e delle cellule epatiche centrali. Evidentemente l'organismo riesce ad adattarsi ad un'estrema carenza cronica di ossigeno in un modo che ci è ignoto a tutt'oggi. Alla sezione si trovano quasi sempre emorragie alle sierose; con maggiore frequenza in regione subepicardica e subpericardica; inoltre subendocardica, nelle meningi, nel S.N.C., nella retina, ecc. Per la mielosi funicolare, cfr. il capitolo sul S.N.C. Patogenesi. — Nel 1925 MINOT e MURPHEY dimostrarono dapprima con criteri puramente empirici l'efficacia terapeutica del fegato crudo somministrato per via orale ottenendo « remissioni » tipiche e « crisi reticolocitiche ». Nel midollo osseo i megaloblasti si trasformano rapidamente per maturazione in normoblasti e normociti. Dopo pochi giorni il midollo osseo mostra un'eritrogranulo- e trombocitopoiesi di nuovo perfettamente normale. Nel 1928 CASTLE elaborò la tesi che il principio antipernicioso (p. a. p.) del fegato dovesse la sua origine a due fattori, cioè al fattore intrinseco contenuto in preponderanza nella mucosa gastrica (enzima di CASTLE, fattore gastrico, apoeritrina (TERNBERG ed EAKIN), ematopoietina, emogenasi) e nel fattore estrinseco (emogeno) contenuto nel cibo. Il suo prodotto di reazione (emogeno ed emogenasi), il principio antipernicioso, viene riassorbito attraverso la mucosa del tenue, immagazzinato nel fegato e da qui erogato al bisogno, specialmente al midollo osseo. Di solito perché insorga l'anemia perniciosa è determinante la carenza dell'enzima di
ANEMIE DA CARENZA
Castle. In base ai dati forniti dalle più recenti indagini il principio antipernicioso ed il fattore estrinseco sono identici l'uno all'altro e corrispondono ad un fattore di accrescimento scoperto da SHORB nel fegato nel 1947 (Lactobacillus lactis — DORNER, fattore L.L.D.). RICKES, BRINK e MONIUSZY in America, SMITH in Inghilterra, riuscirono indipendentemente l'uno dall'altro ad isolare ed a cristallizzare questa sostanza chiam a t a Vitamina B 1 2 . Si tratta di aghetti rossi con spettro di assorbiment o tipico, contenenti cobalto (4,5 % ) , fosforo e azoto. Formula bruta: C 6 2 H 8 8 - 9 0 N 1 4 O 1 3 PCO oppure C 6 3H 8 8 _ 9 2 N 1 4 0 1 3 PC0. L a Vitamina B 1 2 (tabella V i l i ) è contenuta in prevalenza nelle proteine animali. È prodotta sinteticamente esclusivamente da alcuni microorganismi (LUDWIG) ed analogamente dai batteri della flora intestinale, e precisamente in prevalenza nel colon. L a vitamina B 1 2 si trova perciò nelle feci degli animali e dell'uomo, anche dei malati di anemia perniciosa (altre notizie in merito vedi letteratura, DYKE, ed altri; LUDWIG, GOLDECK e REMY ed altri, lett.). L a vitamina B I 2 fabbricata dai batteri, viene riassorbita nell'uomo solamente al bisogno, secondo LUDWIG quando cioè la flora batterica in condizioni di inanizione ad es., colonizza anche i tratti superiori dell'intestino. Generalmente l'uomo, copre il suo fabbisogno di vitamina B 1 2 , ricavandola dalle proteine animali degli alimenti (LUDWIG). Ne risulta che l'anemia perniciosa è causata da un disturbo del riassorbimento, il quale a sua volta v a attribuito ad una carenza di fattore intrinseco, come a v e v a sempre ritenuto CASTLE.
T u t t e le osservazioni concordano nell'indicare che il fattore intrinseco viene fabbricato nella mucosa gastrica. Se ad un paziente affetto da anemia perniciosa si iniettano degli estratti ottenuti dallo stomaco di individui sani, si ottiene remissione del quadro morboso. Invece gli estratti ottenuti dallo stomaco di individui affetti da anemia perniciosa non producono remissione alcuna in altri pazienti malati di anemia perniciosa. Specialmente efficaci dal punto di vista terapeutico sono gli estratti ottenuti dallo stomaco del suino utilizzando la regione del piloro e del bulbo del duodeno, il cosiddetto «organo ghiandolare pilorico» (ghiandole di BRUNNER), Se ne dedusse che quivi debba essere la zona dove viene fabbricato il fattore intrinseco, in quanto nello stesso ciclo di esperienze si rivelò inattivo il fundus dello stomaco e la regione del cardias mostrò di possedere un'attività minore a l r i g u a r d o [MEULENGRACHT, HENNING e BRUGSCH c f r . t a b e l l a I X ( 1 ) ] . T u t t a v i a Fox
e CASTLE, LANDBOE-CHRISTENSEN e PLUM h a n n o p o t u t o d i m o s t r a r e
re-
centemente che la regione del fundus dello stomaco dell'uomo, a differenza del suino, contiene estratti attivissimi (tabella IX). Contro la teoria di MEULENGRACHT sta anzitutto il fatto decisivo che l'atrofia e l'adenia del fundus gastrico rappresentano un reperto costante nella sola anemia perniciosa, mentre l'«or(1) A l t r e s e d i d i r e p e r e d e l l ' e n z i m a di CASTLE f u r o n o il t e n u e s p e t t i v a m e n t e UOTILA e SCHEMENSKY).
ed il c r a s s o (ri-
702
SANGUE E ORGANI
EMOPOIETICI
ANEMIE DA CARENZA
70S
TABELLA I X . — LOCALIZZAZIONE DELL'ATTIVITÀ EMOPOIETICA NEL FUNDUS, NEL PILORO E NEL DUODENO, NELL'UOMO E NEL SUINO (secondo LANDBOE-CHRISTENSEN (1952), c o m p l e t a t a ) Nell'uomo Effetto antipernic.
Regione 0 sostanza
Nel sulno Mancato effetto antipernic.
Regione 0 sostanza
Effetto antipemic.
Fundus
Fox e Castle Landboe - Christensen e Plum
Fundus
Piloro
Fox e Castle Landboe - Christensen e Plum, ma meno del fundus
Piloro
Henning e Brugsch, Meulengracht, Ungley, Fox e Castle
Secrezione pilorica pura
LandboeChristensen e Wandall
Duodeno
Henning e Brugsch, Meulengracht, Sharp Mc Kean e Heide
Secreto duodenale puro
LandboeChristensen e Bohn
Duodeno
Landboe - Christensen, Berk e Castle
Secreto duodenale Digiuno
Castle, Townsend e Heath LandboeChristensen, Berk e Castle
Mancato effetto antipernic. Henning e Brugsch, Meulengracht. Ungley, Fox e Castle
gano ghiandolare pilorico », come mettono in rilievo tra l'altro lo stesso MEULENGRACHT, o l t r e a MAKAREWITSCH e KRAJEWSKI, s p e s s o n o n è a l t e r a t o
istologicamente, o lo è solo scarsamente. In base a ciò indubbiamente nell'uomo il fundus ed il cardias dello stomaco costituiscono la sede nel cui ambito viene fabbricato il fattore intrinseco. Ricerche recentissime ci consentono di ritenere che esso sia contenuto nella mucoproteina prodotta da queste ghiandole (1). e Coli., CERANKE e FEYRTER, in contrasto con LANDBOEed altri, sostengono la tesi che le cellule (2) argentatimi del tratto gastroenterico sono interessate in modo determinante alla fabbricazione del principio antipernicioso (cosiddetto « organo a cellule gialle » FEYRTER) . Nel 1948 FEYRTER (CERANKE e FEYRTER) ha formulato conclusivamente il suo EROS, JAKOBSON
CHRISTENSEN
(1) L a rassegna più r e c e n t e è r i p o r t a t a nell'articolo di f o n d o del L a n c e t , 1953. (2) S e c o n d o JAKOBSON c o n t e n g o n o P t e r i n e , s p e c i a l m e n t e x a n t o p t e r i n a . S u i r a p p o r t i in u n « t u m o r e argentafììne » cfr. KORPASSY e TRAUB.
SANGUE
E
ORGANI
EMOPOIETICI
parere nel senso che l'anemia perniciosa in sostanza è l'espressione di un disturbo endocrino nell'ambito del sistema a cellule gialle e rispettivamente chiare (« organo endocrino diffuso » F E Y R T E R ) , che è possibile riconoscere dalla mancanza di cellule argentaffini e dall'atrofia totale o quasi totale delle cellule di rivestimento delle ghiandole del fundus ( F E Y R T E R annovera queste ultime nell'organo a cellule gialle ») — cfr. pag. 698; l'organo a cellule gialle in condizioni normali svolgerebbe « una parte palesemente importante nel preparare ed approntare il fattore intrinseco ». In tale modo F E Y R T E R indica a sostegno della sua tesi tanto l'atrofia della mucosa del fundus gastrico ( D E E L M A N N ) , quanto le alterazioni del sistema delle cellule argentaffini ( E R O S - J A K O B S O N ) . Recentemente L A N D B O E - C H R I S T E N S E N ha richiamato l'attenzione sul fatto che non è possibile stabilire in alcun modo un parallelo, né nell'uomo né nel suino, tra la misura dell'attività emopoietica dei diversi tratti del tratto gastroenterico ed il numero delle cellule argentaffini ( J A K O B S O N — tabella X). TABELLA
X.
—•
CON L A SUA
RAPPORTI
ATTIVITÀ
(secondo
EMOPOIETICA
+ +
Piloro
4-
Duodeno
+
DELLO
LANDBOE-CHRISTENSEN,
EMOPOIETICA
Uomo Fundus
DELL'ATTIVITÀ
ARGENTAFFINITÀ
STOMACO
1952)
ARGENTAFFINITÀ
Suino
Uomo
+ +
(+) (+)
+ +
+ +
Suino
+
+ + +
LATNER e Coli, riuscirono per primi ad isolare chimicamente il fattore intrinseco. Secondo tali Autori trattasi di una mucoproteina non identica alla « mucoproteina ghiandolare solubile ». Il fattore intrinseco ha il compito di rendere possibile il riassorbimento della vitamina B , 2 dal tratto gastroenterico (tabella V i l i ) ; perciò, analogamente all'apoferritina, agirebbe come un «veicolo» (apoeritrina), vedi pag. 710, assorbendo fisicamente la vitamina B 1 2 , m a non legandola chimicamente. Dopo l'assorbimento la Vitamina B 1 2 viene immagazzinata nel fegato. Il fegato di individui affetti da anemia perniciosa non trattati non contiene vitamina B 1 2 o ne contiene solo poca. Nell'individuo sano la vitamina B 1 2 immagazzinata, oltre che nel fegato, si ritrova in numerosi organi. SPIESS e Coli, nel 1945 dimostrarono l'azione curativa dell'acido folico e della timina. È attivo anche il derivato purinico uracile (VILTER ed altri); inattive invece — tra le altre sostanze — l'adenina e la guanina. L'acido folico è un fattore di accrescimento che appartiene al complesso della vitamina B , ed è identico al fattore U del lievito, alle vitamine B 6 , B 1 0 e B l t , alla vitamina M ed al fattore del lactobacillus casei. L'acido folico è un acido pteroil-glutamico e si trova in natura sotto forma dei relativi composti, special-
A N E M I E DA
CARENZA
705
mente nelle foglie verdi (spinaci, ecc.). Come la Vitamina B I 2 , anche l'acido folico è sintetizzato dalla flora batterica intestinale. Ad opera di una coniugasi l'acido folico viene trasformato in una forma attiva per l'organismo degli animali e dell'uomo; essa è identica presumibilmente all'acido folinico o folininico od al fattore citrovoro. La coniugasi viene accumulata nel fegato e, secondo il parere di alcuni AA., mancherebbe nell'anemia perniciosa (alterata utilizzazione dell'acido folico). L'acido folico non è identico al fattore intrinseco o al fattore estrinseco, né al principio antipernicioso. La base pirimidinica timina è un costituente essenziale di diversi acidi nucleinici, specialmente dell'acido timonucleinico (acido desossiribonucleinico). A differenza della vitamina B 1 2 l'acido folico e la timina agiscono solo a dosi notevolmente più elevate e non esercitano alcuna azione curativa nella mielosi funicolare. Invece la vitamina B 1 2 può venire sostituita perfettamente dalla timidina (acido timonucleinico) — S H I V E ed altri, W R I G H T , S K E G G S , H U F F . Questi dati non hanno soltanto importanza clinica; m a sono anche di grandissimo interesse generale biologico, in quanto ci consentono pure di constatare che le sostanze sopra citate hanno una parte determinante nella sintesi dell'acido timonucleinico (tab. V i l i ) . L a loro carenza determina una grave e generale alterazione nel metabolismo nucleare, che porta come conseguenza all'arresto della scissione e maturazione cellulare dell'eritropoiesi (megaloblasti-megalociti) caratteristico dell'anemia perniciosa e si rende evidente inoltre in modo ubiquitario in tutto l'organismo, comparendo con gravità variabile ora in una sede ora in un'altra. Le ipotesi emesse da V I L T E R ed altri, B E G E M A N , W R I G H T danno, in riassunto, la spiegazione seguente (tabella V i l i ) . Nella sintesi dell'acido timonucleinico si ottiene dapprima la timina dall'uracile + C H 3 . 1 gruppi CH 3 vengono presi dalla metionina e dalla colina. La transmetilazione avviene per catalizzazione ad opera dell'acido folico e forse anche della Vitamina B 1 2 . L'unione della timina con ribosio e desossiribosio al nucleoside timidina è favorita dalla azione catalitica della Vitamina B 1 2 . Questa reazione si completa secondo la legge dell'azione di massa, di modo che per il forte afflusso di timina (1), si possono poi ottenere per sintesi quantità maggiori di timina, qualora manchi la vitamina B 1 2 . Tuttavia l'acido folico e la vitamina B t 2 sono ancora sicuramente interessati come sostanze attive in altri processi metabolici intermedi, che oggi non è ancora possibile intendere in tutti i singoli particolari. Anche l'acido ascorbico può avere una parte importante, in quanto si pensa che attivi l'acido folico nell'organismo ( C A S T L E , 1 9 5 1 ) . Si noti di passaggio che recentemente si è dubitato che l'acido folico agisca sulla normale eritropoiesi (DÒRING e LÒSCHKE) ed in sua vece è stata avanzata l'ipotesi se per caso non abbiano sostanzialmente maggiore importanza certi rapporti con il metabolismo della glicocolla e con la sintesi della porfirina o rispettivamente dell'emoglobina (KIMBEL — letteratura). (1) A d esempio con u n forte t r a t t a m e n t o a b a s e di t i m i n a od in casi di a u m e n t a t a sintesi e n d o g e n a della t i m i n a d o p o somministrazione di acido folico. 45 —
KAUFMANN I
706
SANGUE E ORGANI EMOPOIETICI
Oltre al fattore intrinseco, nel succo gastrico e nel siero sanguigno (riassorbito dallo stomaco) sono state trovate ancora altre sostanze (BARTA, OLIVA e PITZURRA, WOLLHEIM ed altri) regolatrici dell'emopoiesi normoblastica e necessarie per la maturazione dei reticolociti. Queste sostanze sono diminuite negli achilici. Esse non mostrano di essere in relazione con la vitamina B 1 2 e con l'acido folico e, nella loro azione, sono indipendenti dal metabolismo del ferro e dalla funzione della milza. Il principio antianemico scoperto da WOLLHEIM si forma evidentemente nel cardias e nel fundus. La sua efficacia è legata al passaggio epatico. Eziologia. — È sconosciuta la causa dell'atrofia della mucosa gastrica e della carenza, in stretta correlazione e concomitanza con essa, del fattore intrinseco, che è decisiva per la patogenesi. Indubbiamente sussiste una tendenza familiare — del resto relativamente rara — come hanno rivelato ricerche svolte nell'ambito dei ceppi familiari e dei gemelli (SCHAUMANN, lett e r a t u r a , WILKINSON e BROCKBANK, F R A N K , BREMER, WERNER, KAUFMANN
e THIESSEN ed i lavori specializzati). Ne risulta accertato il carattere ereditario dell'affezione. Parecchi familiari di pazienti affetti da anemia perniciosa mostrano soltanto certi segni (achilia con produzione mantenuta di fattore intrinseco ed altri), che stanno ad indicare anomalia costituzionale latente (« stato pre-pernicioso »). T u t t a v i a si eredita probabilmente solo la disposizione, dato che in tali famiglie, accanto alle anemie ipercromiche si ritrovano anche anemie ipocromiche. Sembra che nelle famiglie predisposte vi sia pure una tendenza per le anemie da Botriocephalus latus. Dalle cosiddette anemie « criptogenetiche » perniciose, causate da carenza costituzionale di enzima di Castle si possono separare forme sintomatiche o secondarie, nelle quali la rimozione dei fattori scatenanti assicura guarigione durevole. In primo luogo a questo riguardo v a citata l'anemia perniciosa da Botriocephalus latus, una tenia; l'infestazione è provocata dall'ingestione di carni di pesci contenenti cisticerchi. Presente sulle coste del Baltico, del Golfo di Curlandia, in Finlandia, ecc. Comunque non contraggono di gran lunga l'affezione tutti i portatori (secondo von BONSDORFF circa lo 0,9 %). Il presupposto è costituito da una certa predisposizione familiare. Molto più frequentemente dell'anemia perniciosa insorgono anemie ipocromiche od anche emolitiche. I vermi sono attivi finché si trovano nel tenue superiore (VON BONSDORFF). Sembra che le loro tossine turbino la secrezione del succo gastrico oppure (VON BONSDORFF) la reazione tra l'emogeno e l'emogenasi (v. pag. 700). Altri vermi verosimilmente non hanno importanza dal punto di vista patogenetico (1). Inoltre, per quanto raramente, possono avere importanza nella patogenesi le affezioni del tratto gastroenterico, ad es. i quadri morbosi conse(1) N e m m e n o la anchilostomiasi in cui si osservano prevalentemente anemia microcitaria, e rispettivamente anemia da carenza di ferro ed anemia aplastica (STRANSKY, QUINTOS ed altri).
ANEMIE DA CARENZA
guenti a resezione gastrica totale o parziale (anemia perniciosa agastrica) (i); le ulcere, gli adenomi (CHRISTOFFERSEN), i polipi (PINKE) ed i carcinomi (THADDEA, SCHNEIDERBAUR) dello stomaco, la sclerodermia con interessamento dello stomaco (SCHNEIDERBAUR); inoltre le stenosi (SCHAIRER, letteratura), le resezioni e le anastomosi (BARKER ed HUMMEL, CAMERON, WATSON e WITTS, BROCK) del tenue; infine gravi forme di enterocolite, colite ulcerosa e dissenteria cronica. Basterà accennare infine alle rarissime anemie perniciose durante la gravidanza (accresciuto fabbisogno del feto — anemia perniciosa da superlavoro od usura) ed il puerperio. Oltre ai disturbi della produzione dell'enzima di CASTLE, nella maggior parte delle anemie perniciose sintomatiche hanno parte determinante in primo luogo gli effetti dei veleni tossici intestinali e le alterazioni nel riassorbimento, per cui si spiega l'osservazione che gli stessi fattori causali possano provocare anemie ipocromiche, ipercromiche e normocromiche. Frequentemente insorgono inizialmente anemie ipocromiche (carenza di ferro) che raramente e solo in seguito si trasformano in anemie ipercromiche. Nella sprue, nella celiachia, nella pellagra, ecc. si possono osservare anemie macrocitarie pernicioso-simili ed anemie da carenza che, restando conservata la produzione di fattore gastrico si risolvono essenzialmente in disturbi del riassorbimento e precisamente del complesso della vitamina B 2 (specialmente dell'acido folico) e dell'acido ascorbico. In tali casi la carenza di acido ascorbico (CASTLE, 1951) ostacola presumibilmente la trasformazione dell'acido folico nella sua forma attiva (v. sopra). Per quanto concerne altri particolari rimandiamo alla trattazione che ne ha fatto TISCHENDORF ed ai manuali e trattati clinici. La cosiddetta « anemia acrestica » descritta da ISRAELS e W I L K I N S O N assume progressivamente il quadro dell'anemia perniciosa, ma non risponde alla somministrazione di vitamina B 1 2 . È presente il fattore intrinseco. È probabile si tratti di disturbi dell'assimilazione (%Qr]odai = utilizzare) dell'organo eritropoietico, che non riesce ad assumere il principio antipernicioso. La maggior parte degli ematologi la considerano un tipo di anemia aplastica (cfr. i manuali, i n o l t r e GERSTENBERGER e LEONHARDI,
LEITNER).
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CAPITOLO
II
A N E M I E D A C A R E N Z A DI F E R R O . A N E M I E IPOCROMICHE (ANEMIE SECONDARIE). IPO= E IPERSIDEROSI (x) L'anemia ipocromica (An.) è nell'uomo la principale delle malattie da carenza di ferro (Ipo-, Asiderosi).
1. FISIOLOGIA DEL RICAMBIO DEL FERRO Il ferro in ogni cellula partecipa alla costituzione del fermento respiratorio (fermento respiratorio di W A R B U R G , citocromo), oltre che alla costituzione dell'emoglobina nell'eritrocita (ferro funzionale). Il contenuto totale di ferro del corpo umano si aggira sui 4-6 gr. (ferro di funzione, deposito, riserva); di cui circa 2 gr. per l'emoglobina, 1 gr. come ferro funzionale dei tessuti, ed 1-2 gr. di deposito. Il ferro è contenuto nella struttura micellare delle proteine animali e vegetali come idrato ferrico molto polimerizzato. Mediante l ' H C L dello stomaco il ferro Fe O H colloidale viene trasformato in Fe..., il Fe parte nel mezzo acido dello stomaco, e parte nella porzione prossimale dell'intestino tenue, viene ridotto a Fe.. e come tale assorbito. Il Fe... non ridotto viene espulso con le scorie. Nell'interno della cellula si trova Fe... e Fe.. attivi in egual misura. Così anche il Fe... può essere iniettato parenteralmente come mezzo terapeutico. Nel plasma ematico come nel tessuto il ferro è sempre legato a molecole proteiche. Il vettore del ferro (veicolo) del plasma ematico è chiamato « transferrina » (2) ( L A U R E L L ) . L a tunica endoteliale dei capillari dei tessuti (1) A L B E R S , B R E N N E R , B Ü C H M A N N , B Ü C H M A N N e SCHENZ, B Ü C H M A N N e S T O D T M E I STER, D R E Y F U S S MEYER
e
LINTZEL,
e
HEMMELER,
MASSHOFF,
MOORE
CHENBERGER, VAHLQUIST,
M.
e Coli.,
SHAPIRA, FINCH, GRANICK
PLÖTTNER, B.
VANOTTI,
HUECK,
ed altri,
SCHMIDT,
e Coli., H E I L M E Y E R , H E I L articolo di fondo nel Lancet, PRIBILLA, SCHÄFER, SCHAIRER e R E HAHN
LAURELL,
PIRRIE,
SCHWIETZER,
SKOUGE,
THOENES
e
ASCHAFFENBURG,
WENDEROTH.
( 2 ) Siderofilina ( S C H A D E ed altri), globulina che lega il ferro ( H O L M B E R G ) sono sinonimi; vedere anche T H E D E R I N G , che considera l'esistenza di parecchi vettori del ferro.
ANEMIE
DA
CARENZA
711
viene attraversata dal ferro isolato senza legame col vettore ( L A U R E L L ) , nei tessuti esso viene ripreso da un corpo proteico, l'apoferritlna che secondo il bisogno viene sintetizzata in luogo. L a reazione: F e + apoferritina ^ZÌ! Ferritina (Fe...) è reversibile. — Tutto il trasporto e ricambio del ferro viene regolato da sistemi neuro-ormonali e umorali ( T H E D E R I N G , S C H Ä F E R e B O E N E C K E , vedi anche pag. 723). Sull'influsso della reazione d'allarme sul ricambio del ferro vedere C A R T W R I G H I T ed altri, F E L L I N G E R ed altri. L a « transferrina » è una plasmaglobulina a ß i . L' M
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F i g . 231. Reticulosi. Proliferazione di cellule ret. sinciziali con alcune cellule giganti. Nella metà a sinistra vi sono ancora alcuni piccoli nuclei scuri di linfociti. Disegno schematico, j
si ha piuttosto l'impressione che i retoteli siano situati nell'interno delle maglie reticolari. Con l'impregnazione argéntica (fig. 232) si riconosce tuttavia che le cellule sono ancorate all'impalcatura fibrillare con prolungamenti che possono essere anche molto delicati, oppure sono anche attaccati come amenti di salice ai rami della graticciata fibrillare. I rapporti con la graticciata fibrillare sono spesso molto intimi e non di rado le fibrille sembrano essere intracellulari. Le cellule sono frequentemente collegate fra di loro in modo sinciziale. Viceversa si trovano di regola nell'interno delle maglie anche cellule libere, talora mature, per lo più rotondeggianti, di grandezza variabile, con nuclei rotondi e in parte con intaccature reniformi (istiociti ovvero monociti liberatisi dal collegamento fibrillare), in
748
SANGUE
E
ORGANI
EMOPOIETICI
Fig. 232. Reticulosi in un linfonodo. Rappresentazione delle fibrille reticolari. Disegno,
Fig. 233. Reticulosi. Proliferazione reticulo istiocitaria diffusa della malattia di Lctterer-Siwe. Secondo una fotografia di L E T T E R E R .
LE IPERPLASIE
SISTEMICHE
DEI TESSUTI E D ORGANI EMOPOIETICI
749
rari casi si trovano anche derivati della eritro- linfo- e granulopoiesi (cfr.
Pag- 773)Molto frequentemente le cellule « endotelioidi » dei sinusoidi si liberano dal collegamento reticolofibrillare (Faseraufbruch, FRESEN). Gli istiociti per lo più capaci di emocitopoiesi, possono trasformarsi in monociti tipici in seguito a corrispondente trasformazione del nucleo e del citoplasma. In generale le r.osi hanno una tendenza minima alla monocitemia « leucemica », poiché la maggior parte delle cellule è fissata nell'aggregato sinciziale e ivi resta. Solo pochi casi decorrono con leucemia (vedi sotto) e per lo più il numero degli istiomonociti dimostrabili nel sangue circolante b
a
c
F i g . 234. Reticulosi. Proliferazione macrocellulare reticolo istiocitaria nella c u t e in corso d i m a l a t t i a d i L e t t e r e r - S i w e (secondo LETTERER). I n a, proliferazione n e l l ' a v v e n t i z i a di cellule reticolo istiocitarie, in b, e m o r r a g i a .
è minimo rispetto alle leucemie mieloidi e linfatiche. L'infiltrazione degli organi con cellule istioidi ovvero monocitoidi libere, può essere assai densa in alcuni casi. Sono state descritte anche occasionalmente (CAZAL) cellule simil-fibroblastiche fusate, disposte in cordoni. All'iperplasia pura (tipo monomorfo) CAZAL contrappone casi caratterizzati da contemporanea ipertrofia delle cellule, tuttavia non possono essere tracciati limiti così netti. Le cellule reticolo-istiocitarie iperplastiche sono molto voluminose, rotonde o poligonali, e ricordano l'aspetto di macrofagi, e non di rado anche le cellule epatiche. Spesso le cellule sono disposte in modo fitto (epitelioide o a mosaico). I limiti cellulari sono in parte netti, spesso però le cellule trapassano le une nelle altre in modo indistinto, analogamente a un simplasma. Tali modificazioni sono molto simili alle tumefazioni midollari nel tifo addominale o ai tubercoli miliari
75°
SANGUE
E
ORGANI
EMOPOIETICI
piuttosto nodulari, ben delimitati verso i tessuti circostanti. Non di rado si osservano cellule giganti con 2 0 3 0 anche molti più nuclei e occasionalmente anche cellule del tipo di quelle giganti di LANGHANS. In generale esse non assomigliano a nessuno dei tipi noti di cellule giganti. La forma cellulare e nucleare può essere molto variabile, e dalle cellule rotonde plurinucleate a tipo simplasma, lino a formazioni bizzarre, si osservano tutti i passaggi. I nuclei sono spesso picnotici. Si formano pertanto talora quadri molto polimorfi con cellule piccole e grandi fino alle cellule giganti plurinucleate. Le cellule atipiche sono state definite in parte come prestadi delle cellule di STERNBERG o come pro-istiociti — secondo SCOTT e R O B B SMITH ( 1 9 3 6 ) , R O B B - S M I T H ( 1 9 3 8 ) (esse non accumulano) — , come paramonociti O paraemocitoblasti (CAZAL). Evidentemente in questi casi esiste una notevole immaturità delle cellule, che possono perdere più o meno completamente la loro capacità fisiologica di produrre fibre di reticolina ( D E E L M A N , v. d. M E E R e Z E L D E N R U S T e altri). Mentre i tipi relativamente monotoni e monomorfi si riscontrano prevalentemente nelle forme a decorrenza leucemica e solo nel 25 % circa di quelle aleucemiche, i tipi atipici polimorfi predominano nelle reticulosi aleucemiche (CAZAL). Tuttavia non si possono stabilire delle regole; si osservano infatti occasionalmente nello stesso caso quadri completamente diversi in questo o quell'organo. Il citoplasma delle cellule reticolo-istiocitarie è per lo più notevolmente chiaro oppure granuloso, in altri casi ben colorabile e basofilo con la colorazione panottica. I nuclei voluminosi, pallidi, tondeggianti od ovali con numerose intaccature, dimostrano strutture cromatiniche delicate con 1-2 nucleoli. I nuclei sono per lo più centrali, raramente eccentrici. Le mitosi, anche atipiche, non sono rare e talora perfino frequenti. Le cellule reticolo-istiocitarie e le cellule giganti fagocitano occasionalmente (1) cellule o detriti cellulari, ma soprattutto eritrociti e pigmenti (emosiderina). Nel citoplasma delle cellule si possono dimostrare occasionalmente lipoidi, ma di regola mancano (su un caso di notevole contenuto lipoideo, cfr. PLIESS). Soltanto nelle vicinanze di necrosi si riscontrano occasionalmente lipofagi in un certo numero, ma contengono rari lipoidi birifrangenti. Talora sono stati descritti infiltrati lassi con leucociti eosinofili, linfociti o plasmacellule, che in alcuni casi ricordavano perfino un tessuto di granulazione (FOOT e OLCOTT). Questi non appartengono tuttavia alla regola. Specialmente nella malattia di Letterer-Siwe sono state osservate, soprattutto nella milza e nei linfonodi, aree necrotiche spesso piuttosto estese e visibili macroscopicamente come chiazze grigie o giallastre, inoltre anche
(1) Talora molto intensamente: cosiddetta reticolosi istiocitaria "secondo ^ROBBSMITH.
LE IPERPLASIE SISTEMICHE DEI TESSUTI ED ORGANI EMOPOIETICI
751
emorragie in parte piuttosto estese. Le necrosi sono spesso localizzate nel centro di proliferazioni reticoloistiocitarie nodulari. Le strutture tipiche degli organi sono più o meno cancellate in corso di intensa proliferazione di cellule del s. reticolo istiocitario. I linfociti, ad es., degli organi linfatici (linfoghiandole, milza) sono estesamente o completamente sostituiti. Nelle « granulomatosi » si riscontra la stessa proliferazione cellulare reticolo-istiocitaria, per lo più assai polimorfa e non di rado con numerose cellule giganti. Contrariamente alle r.osi pure, si ha, accanto alla neoformazione di vasi, un'infiltrazione più o meno intensa di granulociti, linfociti e plasmacellule. I granulociti sono spesso eosinofili. Tutte le granulomatosi rivelano decisa tendenza, almeno focale, alla cicatrizzazione e restitutio delle strutture tissulari originali (p. es. ossa). Non di rado si riscontrano fino a 4 stadi diversi succedentisi cronologicamente e cioè a) una r.osi primaria pura, b) la granulomatosi tipica, c) una granulomatosi lipoidea e d) la cicatrice aspecifica. Le fasi a) e c) possono mancare o sottrarsi alla dimostrazione. Anche le necrosi non sono rare. I granulomi distruggono la struttura fondamentale dei tessuti colpiti, dimostrano perciò un accrescimento aggressivo, destruente e occasionalmente decisamente tumorale. Macroscopicamente di regola si osserva nelle reticulosi soprattutto un aumento di volume della milza, del fegato e dei linfonodi. Tutti gli organi sopracitati (pag. 746) possono però colpire già all'osservazione ad occhio nudo. Le alterazioni sono diffuse oppure piuttosto nodulari. Dai noduli finissimi miliari fino a formazioni della grandezza di un uovo di gallina (« reticuloma ») si osservano tutti i gradi di passaggio. Nodi voluminosi sono però relativamente rari. La loro delimitazione dai retotelsarcomi presenta spesso notevole difficoltà (pagg. 1072, 1076). In particolare in corso di reticulosi i singoli organi (limitandosi ai principali) dimostrano le seguenti modificazioni: Milza. — Per lo più notevolmente ingrandita (fino a oltre 2000 gr.), occasionalmente solo di poco oppure non ingrandita (v. d. M E E R e Z E L D E N E U S T ) . Superficie liscia, capsula tesa, sottile, eventualmente un poco ispessita, in alcuni casi anche con aderenze. Infarti occasionali. Consistenza di solito solida, in alcuni casi anche molle, ma non diffluente. Sulla superficie di taglio i follicoli sono piccoli, indistinti, o mancano completamente; colorito bruno castano o rosso-bruno o rosso fino a rosso-porpora, rosso scuro o rosso-bluastro. La superficie di taglio è modificata in modo uniforme o non di rado disseminata di piccoli noduli miliari o anche più grandi, grigi o giallastri (necrosi, v. sopra). Istologicamente vi è una reticulosi diffusa o nodulare (vedi sopra) con atrofia per lo più di alto grado dei corpuscoli del Malpighi. Talora la proliferazione delle cellure reticolari parte anche dai centri reattivi dei cor-
75 2
SANGUE E ORGANI EMOPOIETICI
puscoli del Malpighi (PEREZ, V. d. MEER e ZELDENRUST). Negli spazi dei sinusoidi e dei seni venosi si trovano spesso cellule istioidi o monocitoidi, eventualmente anche cellule giganti. Gli endoteli dei seni venosi invece non partecipano (FRESEN) . Cellule analoghe si trovano anche non di rado nel lume delle vene trabecolari. Nella avventizia dei vasi si osservano spesso fitti addensamenti cellulari. I linfonodi sono ingranditi diffusamente, più di rado a gruppi, in genere soltanto di poco e raramente per nulla, occasionalmente però anche notevolmente (analogamente alla linfogranulomatosi). Di regola sono ben separabili gli uni dagli altri. Dei linfonodi superficiali sono colpiti con particolare frequenza i cervicali, ascellari e inguinali, di quelli profondi i mediastinici e più di rado i mesenterici. Il sistema linfatico orale e delle fauci e di tutto l'apparato digerente dimostra non di rado alterazioni analoghe, il timo può essere notevolmente ingrandito. L a consistenza dei linfonodi è molle, spesso anche dura, eventualmente friabile; la superficie di taglio è di colorito grigio, grigio-bruno o grigio-rosso, o anche rosso fino a rosso scuro (emorragie). Istologicamente (figg. 233, 234) nello stadio iniziale si hanno modificazioni a chiazze, più tardi la struttura normale è completamente modificata e sostituita da una proliferazione cellulare reticoloistiocitaria diffusa, le cellule linfatiche sono spostate e compresse. Occasionalmente si osserva anche una proliferazione decisamente reticolare dentro i centri reattivi; questi però sono in genere poco appariscenti o mancano del tutto. L a capsula può essere infiltrata da cellule reticoloistiocitarie. Per il resto ciò che è stato detto nella parte generale e speciale sui seni della milza vale anche per i linfonodi. II fegato è generalmente ingrandito solo modestamente, la superficie liscia, la capsula è delicata, la consistenza solida; solo di rado si possono osservare ad occhio nudo piccoli nodulini bianco-grigiastri che possono anche essere disseminati in tutto l'organo. Istologicamente le cellule stellate del Kupffer possono essere immodificate in una parte dei casi, spesso sono però tumide e proliferate. Negli spazi sinusoidali si osservano cellule monocitoidi, inoltre grosse cellule chiare, eventualmente anche cellule giganti in numero variabile, le quali non di rado possono essere fatte derivare geneticamente dalle cellule stellate di Kupffer mediante la dimostrazione di forme di passaggio e i loro rapporti con la rete di fibre a graticciata (FRESEN), in parte possono essere forse immigrate dalla milza. L a struttura normale del parenchima epatico, che rivela per lo più gravi segni di steatosi e può essere occasionalmente atrofizzato (compresso), può essere notevolmente alterata da infiltrati cellulari diffusi e nodulari. I noduli per lo più miliariformi giacciono nell'ambito degli spazi periportali e/o dei lobuli, con distribuzione periferica o irregolare (necrosi centrale occasionale). Negli spazi peripor-
LE IPERPLASIE SISTEMICHE DEI TESSUTI ED ORGANI EMOPOIETICI
753
tali vi è spesso una deposizione di cellule proliferate intorno ai vasi e dotti biliari. Spesso però la deposizione degli infiltrati cellulari è completamente irregolare. Nei polmoni vi sono infiltrazioni diffuse o a chiazze (noduli giallogrigi); occasionalmente si osserva il quadro del polmone ad alveare. Istologicamente si riscontra un'intensa proliferazione istiocitaria nei setti interalveolari e nelle vicinanze dei vasi e dei bronchi di medio calibro, e inoltre un accumulo di grosse cellule chiare nei lumi alveolari. (Su un raro caso con dispnea, cianosi e morte con accesso asfittico cfr. MARIE e altri). In alcuni casi le alterazioni della cute dominano completamente o temporaneamente il quadro clinico. In alcuni casi a decorso decisamente cronico, si giunge relativamente tardi alla generalizzazione e, poco dopo, alla morte del paziente. Remissioni e regressioni spontanee delle localizzazioni cutanee, sono state osservate ripetutamente. Le r.osi della cute dimostrano quadri estremamente variabili (macule, papule, noduli, eritrodermia, ecc.). Istologicamente (fig. 235) si osserva una proliferazione istiocitaria nel corpo papillare e anche negli strati più profondi; la proliferazione prende generalmente le mosse dall'avventizia vascolare e dalle guaine connettivali delle ghiandole (cfr. le riviste di SECZARY, CAZAL, RUSSEL e il cap. di questo testo). Nella malattia di Letterer-Siwe si riscontrano spesso isolatamente o (molto frequentemente) in combinazione con la reticulosi, emorragie cutanee tipo porpora. Nei lattanti si sono trovate spesso (malattia di Letterer-Siwe), come pure in soggetti
adulti
(NORDENSON, L E S Z L E R , W A Y S O N e W E I D M A N N ,
WAS-
SILJEW, v. d. MEER e ZELDENRUST e altri) delle alterazioni ossee, che sono nettamente visibili radiologicamente come focolai per lo più ben delimitati osteolitici, cistici, ovali o policiclici. Le diafisi possono essere interessate. Essi sono solitari o multipli, prediligono il cranio (1) e le estremità, inoltre le coste, lo sterno, il bacino, ecc. L'interno dei focolai grigio-giallastri è costituito da tessuto molle, per lo più necrotico nel centro; spesso si osservano cisti a contenuto gelatinoso, cremoso o liquido, o anche emorragico. L a corticale delle ossa lunghe e rispettivamente la teca interna ed esterna delle ossa piatte del cranio, possono essere assottigliate o completamente distrutte. Capitano fratture spontanee. Istologicamente, specialmente le parti interne delle pareti cistiche si dimostrano ricche di cellule; si riscontrano numerose e voluminose cellule istiocitarie, circondate da una rete di fibre reticolari, occasionalmente cellule giganti e anche infiltrati addensati o lassi di linfociti e plasmacellule.
(1) Talora t i p i c o cranio a c a r t a geografica (vedi CREFELD e '.TER PORTEN, R . WEBER); in caso di partecipazione della mandibola, i denti possono mobilizzarsi e cadere. 48 — KAUFMANN I
754
SANGUE
E
ORGANI
EMOPOIETICI
I neutrofili e gli eosinofili sono rari o mancano. JAFFÉ e LICHTENSTEIN osservarono un granuloma eosinofilo caratteristico dell'osso in un caso, peraltro tipico, di malattia di Letterer-Siwe. Scarsi i vasi. Cellule c a n c h e r i lipoidi non si riscontrano di norma, cellule simili sono state osservate in corso di malattia di Letterer-Siwe in numero variabile da WALLGREN. da BURMAN e SINBERG, da R. WEBER e altri. Specialmente nelle parti esterne delle pareti cistiche si trova invece spesso un tessuto di granulazione ricco di fibroblasti, fibrociti e fibre collagene, tanto più abbondante quanto più è vecchio il processo. Verso l'esterno infine segue tessuto osseo immodificato. In altri casi i segni della proliferazione cellulare sono nettamente soverchiati dall'estesa distruzione di tessuti (FOOT e OLKOTT). COCHEZ riferisce di un peculiare sarcoma osteoplastico reticolomonocitario del femore, in corso di leucosi monocitica acuta. Nel midollo osseo, in vicinanza dei focolai, e anche ubiquitariamente in tutte le parti dello scheletro (anche in casi senza focolai ossei circoscritti (si possono dimostrare fatti proliferativi diffusi o circoscritti di cellule reticolari (visibili occasionalmente già macroscopicamente sotto forma di focolai bianco grigiastri) con eventuali passaggi alla fibrosi (CAZAL). L a proliferazione può respingere la mielopoiesi. Nelle leucemie monocitiche, nel mielogramma si riscontrano di regola le stesse cellule come negli organi. Le alterazioni osservabili ad occhio nudo nelle granulomatosi assomigliano, nelle linee fondamentali, a quelle sopradescritte. Per dettagli vedi capitoli corrispondenti.
4. I P E R P L A S I A SISTEMICA R E A T T I V A D E L S. R. E., RETICULOSI E GRANULOMATOSI A EZIOLOGIA NOTA 1. Virus linfotropi causano ad es. nella mononucleosi infettiva e malattie affini (pag. 1053) delle proliferazioni generalizzate reversibili di cellule reticoloistiocitarie. L'agente infettivo stimola apparentemente in maniera immediata le cellule R. I. Se si riconosce l'esattezza dell'ipotesi di KLIMA, secondo il quale tutte le « cellule staminali » reticolari che compaiono in corso di mononucleosi infettiva sarebbero forme irritative dei linfociti maturi, questa forma morbosa non dovrebbe essere annoverata tra le r.osi. 2. Determinati agenti causano in determinate circostanze delle granulazioni, nel cui ambito la proliferazione cellulare R. I. è molto accentuata, e che spesso dimostrano una generalizzazione così intensa da far sembrare giustificata la definizione di « granulomatosi ». Ricordiamo come es. il
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DEI
TESSUTI
ED
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tifo addominale, la sepsi lenta, le tubercolosi generalizzate granuleggianti, il morbo di Boeck (?), la lebbra tubercoloide, le blastomicosi, brucellosi (morbo di Bang), Kala-Azar e altri. Non di rado queste forme decorrono con una monocitemia. 3. G I L L M A N e altri sono riusciti a produrre soltanto mediante colorazione vitale con Trypanblau in animali da esperimento reazioni estese del S. R. I. e anche in parte proliferazioni similtumorali (con la partecipazione di tutto il tessuto connettivo!), simili al quadro della r.osi umana. Negli esempi 1-3 il S. R. I. è stato stimolato probabilmente nella sua qualità di sistema cellulare addetto alla digestione parenterale. Evidentemente si tratta di agenti a virulenza bassa o diminuita, che sono in grado di scatenare in un organismo adatto (reazione da corpo estraneo, per es. nella tbc.?) principalmente simili reazioni. Forse ha una certa importanza una aumentata attività di determinati sistemi endocrini (aumentata liberazione di STH). 4. Nell'anemia perniciosa si poteva non di rado giungere, specialmente nel passato in casi non trattati, a marcate reticulosi d'accompagnamento ed a metaplasie extramidollari simil-leucemiche. In questo caso il meccanismo della reticulosi è evidentemente dato dal fatto che, con il progressivo ostacolo maturativo e l'anemia, gli stimoli reattivi-riflessi dell'emopoiesi che diventano sempre più intensi — interessano infine anche il S. R. I. indifferenziato (funzione di emergenza), anche se senza successo di sorta, poiché anche le cellule del S. R. I. risentono della carenza di vit. B 1 2 e non si possono perciò ulteriormente sviluppare o al massimo maturano lentamente trasformandosi in megaloblasti e megalociti. Sono da interpretarsi nello stesso modo le reticulosi anche molto intense del M. O. e dei tessuti emopoietici extramidollari, nel cambiamento di fase delle pancitopenle. In questo gruppo rientrano probabilmente anche le reticulosi da tesaurosi. In seguito ad un disturbo del ricambio enzimatico endogeno ereditario (cfr. pag. 763) le cellule R. I. contengono grandi quantità di determinati lipoidi. Diventano così funzionalmente insufficienti. Ogni carenza di cellule funzionalmente capaci causa, come è stato detto, uno stimolo intenso diretto per via neuro-ormonale alla neoformazione di tali cellule. L'organismo segue evidentemente questo stimolo, tuttavia le cellule neoformate sottostanno all'influenza del medesimo disturbo ricambiale enzimatico. Poiché la formazione di cellule funzionalmente capaci è impossibile per questa via, lo stimolo alla neoformazione resta permanente e la neoformazione compensatoria di cellule R. I. da esso causata non è in grado di raggiungere lo scopo desiderato cioè la formazione di cellule funzionalmente capaci e resta perciò infruttuoso (frustro). L a conseguenza è una reticulosi generalizzata a tutto il sistema, con aumento di volume, in parte di grado elevato, degli organi colpiti. Sarebbe senz'altro possibile che anche malattie virali (e da altri agenti) possano
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causare, tramite un disturbo primario del ricambio enzimatico, una proliferazione di determinati sistemi cellulari particolarmente reattivi e regolati per via neuroendocrina (reticulosi, leucosi).
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LE
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SISTEMICHE
DEI
TESSUTI
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5. RETICULOSI DA TESAUROSI LIPIDICA I rapporti delle malattie da accumulo discusse in questa sede, le cosiddette « distrofie da immagazzinamento » ovvero « patotesaurosi » (secondo L E T T E R E R ) , col S. R. E. sono controverse. Così sottolinea L E T T E RER (1948) che il S. R. E. partecipa più o meno estesamente ai processi di accumulo, ma in nessun caso ha un ruolo integrante o esclusivo. Per nessun motivo le pato-tesaurosi dovrebbero essere annoverate tra le malattie del S. R. E. Tuttavia la partecipazione quasi esclusiva del S. R. E. ai disturbi enzimatici e citoricambiali determinanti il quadro morboso, è assai rimarchevole nel morbo di G A U C H E R . Se noi quindi trattiamo in questa sede le malattie da tesaurosi lipoidea, dobbiamo essere consci del fatto che il disturbo ricambiale enzimatico non si limita affatto al S. R. I., specialmente nel morbo di Niemann-Pick.
a) MORBO DI GÀUCHER. SPLENOMEGALIA OVVERO SPLENOEPATOMEGALIA P R I M A R I A , IDIOPATICA MACROCELLULARE, OVVERO A CELLULE LIPIDICHE, OVVERO A CELLULE CEREBROSIDICHE DEL TIPO GAUCHER. CEREBROSIDOSI (i) RETICOLARE E ISTIOCITARIA
Si tratta di una malattia rara, congenita e familiare, probabilmente ereditaria dominante ( G À N S S L E N , F L E I S C H H A C K E R e K L I M A , G R O E N e G A R R E R ) , che inizia in parte nell'infanzia e si manifesta anche solo in età adulta, e che predilige il sesso femminile e determinate razze (ebrea). In primo piano sta la splenomegalia, per lo più di alto grado, negli stadi successivi anche una epatomegalia non così intensa (occasionalmente fino al doppio del volume normale), sempre senza ascite e senza ittero visibile. Vi sono ascessi dolorosi nelle regioni splenica ed epatica. Vi è tendenza alla emorragia (nel 50 % dei casi circa ) dal naso, bocca, canale gastrointestinale, vescica, utero, cute, mucose, sierose e organi interni. I tempi di emorragia, di coagulazione e di protrombina sono immodificati. Nel sangue circolante vi sono rare cellule rosse nucleate e mielociti; non vi sono cellule di Gaucher (C. G.) a prescindere da eccezioni isolate. Non di rado vi è una lieve metaplasia mieloide nella milza e nelle linfoghiandole. Va giudicato caso per caso fino a qual punto la lieve pancitopenia sia da valutare come manifestazione dell'invasione del M. O. da (1)
GAUCHER,
LETTERER,
1882;
TANNHAUSER,
BOVAIRD,
1900;
GIAMPALMO,
ivi
SCHLAGENHAUER, bibliografia.
1907;
PICK,
EPSTEIN,
758
SANGUE E ORGANI EMOPOIETICI
parte delle cellule di Gaucher o come inibizione midollare splenogena (aumento temporaneo dei valori dopo splenectomia). La resistenza osmotica degli eritrociti è normale, eventualmente la reazione della bilirubina indiretta del sangue è leggermente positiva (THANNHAUSER). Non esiste anemia emolitica. È sorprendente una colorazione della pelle giallo pallida, giallo bruna, fino ad un colore bronzino, per lo più limitata alle parti esposte alla luce (aumento di melanina, pigmenti contenenti poco ferro), in parte anche macchie di pigmento molto simili al cloasma uterino. Spesso un ispessimento triangolare simile alla pinguecola, è presente insieme ad
Fig.
235-
Morbo di Gaucher. Accumulo alveolare di tipiche cellule di Gaucher nella polpa rossa della milza. Da una fotografia di D O N A T H .
una colorazione bruna della congiuntiva bulbare ai bordi corneali (istologia in E A S T e SAVIN); ed in fine emosiderosi diffusa ed intensa (ed anche pigmento senza ferro) nella milza, fegato, linfonodi, midollo osseo, pelle, muscolatura liscia dell'intestino, utero, pareti vasali, muscolatura scheletrica, ecc. designata da P I C K come emocromatosi. Un po' di emosiderina può anche essere contenuta nelle cellule di Gaucher. Le alterazioni pigmentarie mancano nelle forme acute della prima infanzia e aumentano con la durata della malattia in modo progressivo. L'emosiderosi e rispettivamente l'emocromatosi dovrebbero essere interpretate analogamente alla lipoidosi delle cellule di Gaucher, come un disturbo concomitante del metabolismo endogeno cellulare.
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EMOPOIETICI
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Il decorso è di regola molto cronico, i disturbi sono modesti. L a morte avviene con progressivo dimagramento, per malattie intercorrenti (p. es. anche una tubercolosi, che però non ha alcun significato eziologico). In modo completamente diverso si comportano le forme acute della prima infanzia che burrascosamente, in breve tempo, per lo più prima della fine del. secondo anno di vita o più precocemente, terminano con la morte con progressivo dimagramento (forma generalizzata del morbo di Gaucher, vedi oltre). Istologicamente si trova una proliferazione sistemica delle cellule reticolo-istiocitarie (reticolo-istiocitosi di Letterer), limitata nelle forme cro-
Fig.
236.
M o r b o di Gaucher. Tipiche cellule di Gaucher a più forte ingrandimento.
niche alla milza (fig. 235), fegato, linfonodi e midollo osseo, nelle forme acute generalizzate (1) interessante anche i polmoni (cellule di Gaucher nei setti interalveolari e nel lume degli alveoli), timo, surreni e sistema linfatico del tratto digerente. Le cellule del sistema reticolo-endoteliale contengono in gran parte un determinato lipoide: la cerasina (« istiocitosi cerasinica », vedi oltre). Queste cellule della grandezza di 20-80 micron, chiare, polimorfe, ovali o poligonali e, specialmente, nel midollo osseo, spesso di forma fusata, con uno o più nuclei (10-20 nuclei irregolarmente distribuiti) sono dette cellule di Gaucher (C. G.) (fig. 236), esse sono patognomoniche per questa malattia. I nuclei, relativamente piccoli a contorni irregolari, spesso picnotici, scuri o anche chiari a forma di vescicola, per lo più posti eccentricamente, contengono 1-3 nucleoli leggermente acidofili. Il citoplasma appare, quando non è fissato, omogeneo-opaco-simile ad
(1)
OBERLING
e
WORRINGER,
HAMPERL,
ABALLI
e
KATO,
TOSCO,
STRANSKY,
D E LANGE, GAERAHAM e altri, FRISELL, KÖHNE, DONATH, FRESEN, SCHAIRER, SCHAIRER e
HÜBNER,
SEITZ
e STAMMLER,
GIAMPALMO
(qui
altra
letteratura)
e
altri.
SANGUE
E
ORGANI
EMOPOIETICI
amiloide, nelle sezioni colorate è pallido, vescicoloso, attraversato da sottili fibrille simili ad una ragnatela che formono un fine reticolo. Il corpo cellulare acquista quindi un aspetto come pieghettato, rugoso, pergamenaceo. Istochimicamente, con nessuno dei metodi noti si possono dimostrare i lipoidi contenuti nelle cellule. Il Sudan dà unicamente un leggero diffuso tono giallo rosa (anche dopo trattamento con alcool). -La colorazione con il Sudan I I I (FRANCO e WOLMAN) invece riesce, quando le sezioni al congelatore di materiale fissato in formalina i o % , sono immerse prima per 15 min. in etere, 15 min. in acetone e poi 30 sec. in acqua bollente (tamponata a PH4). L a cerasinasi colora allora in rosso lucente. Col metodo sopradescritto, cioè dopo precedente estrazione di tutti gli altri grassi e lipoidi in etere, acetone e acqua bollente si dimostrano solo la cerasina e la sfingomielina. Poiché quest'ultima si lascia colorare già allo stato nativo col metodo di Smith-Dietrich, il metodo suddetto può dirsi specifico per la cerasina. Con la colorazione per gli inclusi con la miscela tionina-acido tartarico (FEYRTER) la cerasina mostra una metacromasia rosso lucente (materiale fissato in formalina! FEYRTER, SCHAIRER, 1948). Sono presenti inclusi cellulari molto rari, di regola nessuno anisotropo. L a reazione di Turnbull per il ferro dà non raramente un diffuso delicato tono blu del citoplasma, più raramente quest'ultimo contiene anche granuli di emosiderina. Con eosina le C. G. si colorano in rosso, col Mallory in blu. Compare eritrofagia (PICK). Le C. G. sono circondate singolarmente o in piccoli gruppi da un delicato ma fitto intreccio di fibrille argirofile e stanno in intimo contatto con queste. Non si dimostrano mitosi, ma divisioni indirette nucleari. L a proliferazione delle cellule del reticolo avviene essenzialmente finché queste non contengono lipoidi. Le cellule di Gaucher si trovano in grande quantità, in parte diffuse, in parte in irregolari focolai alveolari o in cordoni e tralci nella polpa rossa della milza (la cosiddetta splenomegalia a grosse cellule) (fig. 236). Anche in corrispondenza dei suoi follicoli linfatici si possono dimostrare numerose cellule di G. particolarmente nel centro e nella periferia dei corpuscoli. I linfociti possono quindi essere più o meno fortemente o completamente sostituiti. Tra gli accumuli di cellule di G. talvolta si trovano eritrociti e linfociti. L a proliferazione origina dalle cellule ret. della polpa della milza e dalle cellule di sponda dei sinusoidi, mentre gli endoteli dei seni venosi rimangono liberi. Talvolta le C. G. possono invadere il lume di questi ultimi e proliferare lungo il loro rivestimento endoteliale. Come cellule progenitrici delle C. G. si devono nominare inoltre gli istiociti perivascolari dell'avventizia dei piccoli e piccolissimi vasi della polpa (PICK e Coli.). Lo stesso tipo di diffusione si trova nella corticale e midollare dei linfonodi con infiltrazione corrispondente più o meno intensa di linfociti. Nel fegato le C. G. giacciono per lo più nel centro dei lobuli e in vicinanza delle vene centrali (per lo più sottoendoteliali), inoltre negli spazi periportali, da cui possono diffondersi nella
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SISTEMICHE
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EMOPOIETICI
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periferia dei lobuli e determinare una atrofia secondaria del parenchima epatico. Nel midollo osseo si trovano o singolarmente o a gruppi o diffuse. Accanto alle necrosi acute non raramente si può osservare una scomparsa più o meno lenta delle C. G., e una contemporanea neoformazione di fibrille collagene (specialmente nelle fasi più tardive della malattia) cosi che ne originano focolai sclerotici o cicatriziali più o meno diffusi. Tra l'altro tali proliferazioni connettivali si trovano nel tessuto periportale del fegato (tra le fibre spesso si trovano ancora C. G. sole o in piccoli gruppi), ma senza una proliferazione dei dotti biliari. Esse producono il quadro di una pseudocirrosi. Infine possono comparire emorragie diffuse o a focolai e resti di emorragie come p. es. incrostazioni di calcio e ferro nella milza. Nel cervello, nei casi acuti generalizzati, si trovano talvolta lipoidi nel corpo delle cellule gangliari e/o degenerazioni più o meno diffuse (i) cellulari delle cellule gangliari. Secondo SCHAIRER la degenerazione delle cellule gangliari corrisponde alla fase di distruzione delle cellule gangliari che in origine contenevano lipoidi. Clinicamente i bambini mostrano una sindrome pseudobulbäre, segni piramidali, disturbi di motilità degli occhi, opistotono e idiozia (MEYER, GIAMPALMO, FRANCO e altri). Notizie ulteriori nel capitolo sul S. N. C. Macroscopicamente la forma esterna della milza, di regola enormemente ingrandita (peso circa 3000-4000 gr., ma anche sopra 8000), è conservata. La consistenza molto aumentata, la capsula sottile, liscia, ma dopo lunga durata della malattia si vedono anche ispessimenti della capsula e aderenze (perisplenite). L a polpa aggetta talvolta leggermente, ma non si lascia asportare. Sulla superficie di taglio, i follicoli e le trabecole sono scarsi e indistinti, invece sulla superficie grigia o rosso-bruna si trovano numerose piccole macchie (di solito miliari) e strisce di colorito grigiobianco o giallo-grigio o grigio-rosa, distribuite irregolarmente. Talvolta esse mostrano confluendo un disegno a forma di rete. I focolai corrispondono istologicamente alla proliferazione delle C. G. Inoltre sono presenti noduli più grandi, da un pisello a una noce, nettamente delimitati, in parte incapsulati, ora rotondi ora di forma irregolare a chiazze rosse o grigie o giallo-grigie, eventualmente con inclusioni giallo asciutte (necrosi o anche infarti cuneiformi e cicatrici d'infarti, emorragie con centro necrotico) ed infine noduli fibrosi bianco-gialli cicatriziali (necrosi indurite). Colpisce l'associazione non rara con emangiomi cavernosi multipli della milza (PICK e Coli.). L a vena splenica è spesso notevolmente dilatata, arterie e vene nelle persone anziane sono per lo più sclerotiche. Come la milza, anche il fegato, i linfonodi e il midollo osseo mostrano una picchiettatura della superficie di taglio con piccole macchie grigie o giallo-
(1) FRESEN,
JENNY,
LINDAU,
TEILUM,
SEITZ
DE e
LANGE,
STAMMLER
SCHAIRER ed
altri.
e
HÜBNER,
GIAMPALMO,
KÖHNE,
762
SANGUE E ORGANI EMOPOIETICI
grigie. I linfonodi esterni non sono, ad eccezione delle forme a decorso acuto, di regola molto ingrossati, non sono palpabili (ma la dimostrazione istologica delle C. G. è per lo più ugualmente possibile, quindi la biopsia è ricca di possibilità!). Un po' più rimarchevole, m a in complesso sempre modesto, è l'ingrandimento dei linfonodi toracici e intraaddominali (specialmente i mesenterici e i retroperitoneali). Il midollo di tutte le ossa può essere interessato, di preferenza quello del femore, sterno e delle vertebre. D i fronte ai reperti del fegato e della milza le alterazioni del midollo osseo di regola stanno in secondo piano come estensione, però l'esame R o n t g e n precoce del sistema scheletrico scopre in quasi t u t t i i casi alterazioni (Thannhauser)). T a l v o l t a possono dominare il quadro clinico e anatomico (cosiddetta «forma ossea») (1). L ' e n t i t à delle alterazioni è indipendente dalla durata della m a l a t t i a (già nel lattante). Dolori ossei, specie al femore, che compaiono a poussées, sono spesso u n segno precoce della malattia. Il midollo è molle, rosso e contiene (in molti casi la dimostrazione è solo possibile istologicamente), come negli organi sopraddetti piccole chiazze grigio-biancastre o grigio-gialle, di consistenza aumentata. Nei casi ad interessamento osseo più m a r c a t o si t r o v a n o anche grossi focolai in parte diffusi, in parte nodulari (fino alla grandezza di una noce) di colore diffuso o a macchie grigio-bianco o rossogrigio, rosso-bruno o giallo (opaco) in parte anche noduli consistenti grigi, fibro-cicatriziali. Infine si possono trovare emorragie e necrosi (eventualmente comprendenti le trabecole ossee) e rammollimenti (fusioni) di aspetto simile a pus giallo-crema. Le trabecole ossee e la corticale diventano per la proliferazione delle C. G. progressivamente atrofiche e porose. L a rarefazione delle strutture ossee può progredire in modo tale che si arriva ad una deformazione delle ossa. D e v e essere brevemente ricordata la non rara deformazione a m a z z a dell'estremità distale del femore, la compressione delle vertebre e il gibbo; i dischi intervertebrali rimangono liberi e questa osservazione è importante per la diagnosi differenziale della carie tubercolare. Possono comparire fratture spontanee. In corrispondenza delle aree distrutte, p. es., delle vertebre, si trovano necrosi diffuse, che vengono tenute insieme da tessuto cicatriziale connettivale. Il periostio è soltanto modificato secondariamente nelle fratture, ecc. Infine bisogna insistere che le modificazioni della milza, fegato, linfonodi e midollo osseo possono comparire contemporaneamente. D i regola la milza prende il s o p r a v v e n t o e mostra le alterazioni più gravi, in altri casi predominano le alterazioni delle ossa. U n a suddivisione in diversi stadi non è possibile. Le ricerche chimiche (2) hanno dimostrato che alla base del morbo (1) C f r .
PICK,
RÒHLING,
FIENBERG ed
altri, MELAMED e CHESTER ed
letteratura. (2) I . I E B , E P S T E I N ,
KLENK
e Coli., THANNHAUSER
e Coli, ed
altri.
altri,
qui
LE
IPERPLASIE
SISTEMICHE
DEI
TESSUTI
ED
ORGANI
EMOPOIETICI
763
di Gaucher vi è un disturbo del metabolismo dei lipoidi e cioè nel campo dei cerebrosidi. I cerebrosidi contengono un aminoalcool insaturo di alto peso molecolare, la Sfingosina, che è unito (come un amido) con un acido grasso superiore. A ciò si aggiunge un residuo zuccherino. Nel corpo delle C. G. è contenuto il cerebroside Cerasina (i) che si trova in stato fisiologico nella milza e nel fegato solo in quantità molto piccole (0,1-0,6 mg %). Sulla base di nuove ricerche (KLENK, THANNHAUSER e qui altra lett.) sono dimostrabili nelle C. G. prevalentemente cerebro-glucosidi (2), ma in qualche caso anche cerebrogalattosidi. Secondo UZMANN la cerasina è solidamente unita nell'interno della cellula come lipoproteina. In principio il morbo di Gaucher era stato ricondotto ad un disturbo generale del metabolismo dei lipoidi, nel quale si doveva arrivare ad un arricchimento di cerasina nel sangue e nei liquidi corporei e quindi successivamente ad un suo immagazzinamento nelle cellule del S. R. E. (C. G.). Questa tesi è stata confutata con la constatazione che i cerebrosidi, compresa la cerasina, non sono contenuti nel siero del sangue né in stato normale né nel morbo di Gaucher
(THANNHAUSER,
BENOTTI
e
REINSTEIN).
Esperimenti
nell'ani-
male (lett. in SEITZ e STAMMLER) parlano anch'essi contro questa tesi. Oggi come fatto sicuro vale che l'arricchimento in cerasina nelle C. G. è dovuto ad un disturbo metabolico lipidico (LETTERER, KLENK e altri) probabilmente provocato da un disturbo nell'equilibrio enzimatico cellulare, forse per una patologica attivazione delle cerebrosidasi (THANNHAUSER, confr. anche pag. 768). L a tesi di EPSTEIN di una precedente insufficienza surrenale non ha trovato nessun seguace.
b) M O R B O
DI
SPLENOEPATOMEGALIA TIPO
NIEMANN-PICK. DA CELLULE
LIPOIDOISTIOCITOSI SFINGOMIELINOSI
LIPOIDEE
NIEMANN-PICK. ESSENZIALE
RETICOLARE
E ISTIOCITARIA
(3)
Rara malattia congenita e familiare, costituzionale, probabilmente ereditaria (PFÀNDLER), con preferenza per il sesso femminile (ora però dubbia) e la razza ebraica. Su ricerche istologiche comparative in un paio (1) Il suo acido grasso è la lignocerina. (2) Nel cervello nel fegato e milza sono di solito dimostrabili solo in tracce; la proporzione del galattosio rispetto ai cerebrosidi glicogenati è di 3 : 2. (3)
NIEMANN,
1914,
l e t t e r a t u r a fino al 1936 — , SER
1950,
GIAMPALMO.
PICK,
1924,
1927,
BAUMANN,
EPSTEIN, LETTERER
KLENK
e
SCHEIDEGGER
1938, KLENK, EPPINGER,
—
THANNHAU-
764
SANGUE
E
ORGANI
EMOPOIETICI
di gemelli, confr. DIDION. L a malattia di NIEMANN-PICK (M. N. P.) decorre con notevole splenoepatomegalia, talvolta con leggera ascite e un ingrandimento dei linfonodi, di solito appena apprezzabile, in altri casi notevole. Forse inizia già nella vita intrauterina, si manifesta nella prima infanzia, per lo più nel primo mezzo anno di vita e porta, dopo aggravamento dei sintomi, alla morte di solito prima della fine del secondo anno di vita. Accanto a queste forme acute, generalizzate, infantili, sono stati descritti ultimamente anche casi in bambini più grandicelli (GLANZMANN, THANNHAUSER,
FARBER)
e
negli
adulti
(RUTISHAUSER,
DUSENDSCHON,
PFÀNDLER: in due fratelli di 29 e 33 anni). L a forma degli adulti mostra in contrasto con la forma infantile generalizzata e parallelamente al morbo di Gaucher, clinicamente un decorso benigno e di lunga durata con una modesta diffusione delle lesioni. I lattanti ammalati hanno un aspetto mongoloide, la lingua spessa sporge dalla bocca aperta. La pelle specialmente nelle parti esposte alla luce è singolarmente pigmentata in grigio giallo o brano-pallido o giallobruno (talvolta anche la mucosa della bocca; THANNAUSER). L a pigmentazione è dovuta ad un aumento della melanina e viene ricondotta da alcuni autori ad una insufficienza surrenale (infiltrazione del parenchima surrenale da cellule di Pick). I primi sintomi nei bambini consistono nel fatto che non possono più sedersi e tenere sollevato il capo, rifiutando il cibo e istupidiscono progressivamente. In alcuni casi vi è sordità e cecità. Dapprima ipertonia e poi ipotonia della muscolatura (THANNHAUSER) . Non raramente le tipiche « red spots » nella macula lutea. Per il progressivo dimagramento si arriva ad una quasi completa scomparsa di tutti i depositi di grasso, e specie del tessuto adiposo sottocutaneo. Vi è quindi un singolare contrasto tra le sottili (talvolta leggermente edematose) estremità (anche le palpebre) e il grosso addome dei bambini. Morte per cachessia o malattie intercorrenti. Leggera anemia ipocromica, microcitaria. Il numero dei leucociti leggermente aumentato o diminuito; il numero dei trombociti leggermente diminuito. Talvolta si possono dimostrare nel sangue circolante alcuni eritroblasti, talvolta anche tipiche cellule di Pick e altre cellule reticolari (confr. anche BAUMANN e altri). L a ricerca istologica mostra che in tutti gli organi (eccetto la pelle) le cellule R. E., ma di solito anche gli endoteli dei vasi sanguigni e spesso anche gli epiteli, contengono li-poidi, e cioè accanto a piccole quantità di colesterina e grassi neutri, quasi esclusivamente sfingomielina (vedi avanti) (1). Tali cellule, le cosiddette cellule di Pick (P. C.) sono grosse, pallide, ovali e rotonde o poliedriche, della grandezza di 20-60 micron (figure 237 e 238), con uno o due, raramente più, nuclei posti per lo più alla (1) WIENBECK descrisse un caso in cui era interessato solo il S. R . I. (oltre cervello).
al
LE
IPERPLASIE
SISTEMICHE
DEI
TESSUTI
ED
ORGANI
EMOPOIETICI
Fig. 237. Morbo di Niemann-Pick. Proliferazione di cellule schiumose nella milza. Da
una
fotografìa
di
LETTERER.
Fig. 238. Morbo di Niemann-Pick. Cellule schiumose a fini vacuoli in un linfonodo. Da una fotografia di LETTERER.
765
766
SANGUE
E
ORGANI
EMOPOIETICI
periferia, piccoli, rotondi, in parte vescicolosi, in parte raggrinziti, più 0 meno picnotici con uno o due nucleoli. Nel materiale non fissato, si vedono nel citoplasma numerose piccole gocciole rotonde, disposte a mora di gelso, leggermente splendenti ma non con doppia rifrazione; dopo fissazione ed estrazione dei lipoidi in alcool, si vede invece il tipico quadro delle cellule schiumose o ad alveoli. Sui diversi stadi di formazione delle C. P. confr. ARNOLD. Le colorazioni col Sudan III, rosso scarlatto, blu Nilo (con o senza precedente trattamento con bicromato potassico) e con l'osmizzazione delle sezioni, danno spesso risultati positivi, se pure i risultati sono molto differenti da caso a caso. Fortemente positive sono al contrario la colorazione sec. Smith-Dietrich (che però non è specifica per la sfingomielina), la colorazione per le guaine mieliniche (secondo WEIGERT-PAL, ecc.) e la colorazione con ematossilina ferrica (secondo WEIGERT-HEIDENHAIN). Con la colorazione per gli inclusi con una miscela di Tionina-acido tartarico (FEYRTER) le C. P. si colorano metacromaticamente in rosso (confr. anche il metodo di FRANCO a pag. 760). Gocciole birifrangenti si possono talvolta dimostrare, però la massa del lipoide è isotropa. Col Mallory il corpo delle C. P. si colora, a differenza delle cellule di Gaucher, debolmente in grigio-blu. Le fibre a graticciata sono aumentate e gli epiteli sopraricordati (fegato, rene, surreni, specialmente la midollare di quest'ultimi, la tiroide, il pancreas, i testicoli, l'ipofisi, gli epiteli del tratto respiratorio e digerente, ecc.) mostrano in principio la stessa trasformazione schiumosa del loro citoplasma. I fosfatidi sono stati dimostrati anche nelle fibre muscolari e nelle cellule simpatiche gangliari, ecc. Mancano necrosi delle cellule di Pick. L'emosiderina manca o si trova solo in quantità molto scarsa negli organi. Gli organi che contengono cellule P., sono più o meno fortemente ingranditi e di colore giallo-rossastro o giallo-bruno 0 di un intenso colore canarino. Le alterazioni maggiori sono a carico della milza, fegato, linfonodi, polmoni e midollo osseo. Ma anche altri organi possono essere ingranditi (p. es. i surreni) e di colore giallo (mucose del tratto digerente, ecc.). Gli organi macroscopicamente immodifìcati, alla ricerca istologica mostrano alterazioni (tessuto interstiziale dell'organo, guaine nervose, ecc.). Dalla superficie di taglio degli organi maggiormente colpiti si può raschiare o spremere un succo giallastro come crema (PICK). In modo maggiore è modificata la milza, per lo più dura, liscia, notevolmente ingrandita (5000 gr.) di color rosso grigio o chiazzettata o anche di un diffuso colore giallastro. I corpuscoli di Malpighi sulla superficie di taglio sono separati e rari, ma in genere chiaramente visibili. Istologicamente è presente una più o meno diffusa proliferazione delle C. P. non alveolare (come nel morbo di Gaucher) nella polpa rossa tra i seni venosi, 1 cui endoteli per lo più sono immodifìcati, e nei centri dei mal delimitati corpuscoli di Malpighi. Tra le C. P. vi sono solo pochi linfo-
LE
IPERPLASIE
SISTEMICHE
DEI
TESSUTI
ED
ORGANI
EMOPOIETICI
767
citi e plasmacellule. L o stesso quadro istologico si t r o v a nei linfonodi, che sono colpiti con diversa intensità. I linfonodi esterni sono per lo più solo leggermente ingranditi, t a l v o l t a però anche intensamente. Sulla superficie di taglio sono spesso chiaramente gialli. Il fegato fortemente ingrandito, mostra nei casi a v a n z a t i il tipico quadro del fegato grasso. Istologicamente si vedono numerose C. P . in corrispondenza dei sinusoidi che originano dagli endoteli delle cellule di K u p f f e r , in parte anche subendoteliali o infine poste nel tessuto periportale; u n leggero aumento del connettivo si t r o v a solo nelle fasi tardive della M. N. P. Nel midollo osseo sono presenti per lo più numerose C. P. m a non così diffuse come nella milza. N o n distruzione ossea, al massimo u n a leggera osteoporosi. I polmoni sono macchiettati con u n disegno a rete in giallo sulla pleura e superficie di taglio. I corrispondenti quadri radiologici ricordano una tbc miliare o una broncopolmonite a piccoli focolai. Istologicamente le C. P. si osservano in spessore variabile (donde il disegno macroscopico a chiazze) nel lume degli alveoli, nel tessuto sub-pleurico e nei grossi (perivascolari) e piccoli setti interalveolari. I n gran numero si t r o v a n o le C. P . nel lume dei capillari. C. P . si possono talvolta dimostrare nello sputo. Circa le alterazioni del cervello (per rare osservazioni sul midollo spinale confr. HÒRA) e i rapporti tra M. N. P . e l'idiozia amaurotica familiare (TAY-SACHS) confr. BAUMANN e Coli., LETTERER,
KLENK,
FEYRTER,
THANNHAUSER, GIAMPALMO, DIDION e altri (lett. qui), e infine il relativo capitolo del trattato. L e C. P. contengono essenzialmente fosfatidi, e cioè sfingomielina (KLENK 1936). L a sfingomielina è u n diaminofosfatide, cioè un acido grasso superiore è legato come un amido con l'aminoalcool sfingosina; la combinazione contiene inoltre acido fosforico e colina. Negli organi normali la sfingomielina compare solo in quantità piccole. Però nel M. N. P . si può dimostrare negli organi u n leggero aumento di colesterina e grassi neutri. I fosfatidi del sangue non sono aumentati, eccetto qualche caso (LETTERER), mentre si t r o v a u n a lipemia (per lo più grassi neutri, anche i valori di colesterina possono essere aumentati leggermente), il siero può apparire lattiginoso. I rapporti quantitativi abnormi tra colesterina ed esteri della colesterina sono di natura secondaria e secondo THANNHAUSER da ricondursi ad u n danno del parenchima epatico. Oggi non c'è più alcun dubbio che nella M. N. P . come nel morbo di Gaucher si tratti di un disturbo primario cellulare del metabolismo endogeno
dei
tifoidi
(BAUMANN
e
altri,
LETTERER,
KLENK,
THANNHAUSER
e altri). L a tesi originaria di PICK che preceda u n disturbo lipoideo con quadro ematico dei fosfatidi aumentato e secondario accumulo dei lipoidi nelle cellule non può più essere sostenuta, dopo che in numerosi casi è s t a t o dimostrato che i fosfatidi nel sangue non sono aumentati. L a supposta anomalia ereditaria del ricambio riposa probabilmente
768
SANGUE
E
ORGANI
EMOPOIETICI
su una alterazione degli enzimi intracellulari. Secondo KLENK è disturbata la trasformazione degli zuccheri in grassi. Secondo THANNHAUSER la sintesi dei cerebrosidi come quella delle sfingomieline in condizioni fisiologiche prende origine dai ceramidi e in particolare dalla lignocerilsfingosina, che è stata dimostrata nel fegato normale e nella milza da FRAENKEL,
BIELSCHOWSKY e THANNHAUSER. L a
s f i n g o m i e l i n a si
forma
attraverso esterificazione con colina o acido fosforico, i cerebrosidi per unione con galattosio o glucosio. Queste reazioni sono regolate da un sistema di enzimi principalmente da fosforil-colinesterasi e cerebrosidasi nel senso di attivazione o inibizione. Un disturbo nell'equilibrio in questo sistema determina l'accumulo delle sopraddette sostanze nelle C. G. e C. P., resta da chiarire solo se la loro sintesi sia aumentata o la loro demolizione diminuita. Dell'ipotesi di EPSTEIN e WIENBECK è stato brevemente
accennato.
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LE
IPERPLASIE
SISTEMICHE
DEI
TESSUTI
ED
ORGANI
EMOPOIETICI
769
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SEITZ
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6. RETICOLOSI E GRANULOMATOSI AD EZIOLOGIA SCONOSCIUTA a) RETICOLOSI ESSENZIALI, RETICOLOSI IN SENSO PROPRIO 0 STRETTO
Si tratta di malattie molto rare con sintomi molto polimorfi. Si lasciano però classificare in alcuni caratteristici complessi sintomatologici strettamente imparentati.
1) Reticolosi acuta del lattante, malattia di Letterer-Slwe (0 anche Abt-Letterer-Slwe), reticolosi acuta aleucemica, reticolosi 0 Istiocitosl infettiva (1)
Per lo più si tratta di lattanti, più raramente di bambini piccoli, fino a circa 5 anni d'età. Non c'è alcuna familiarità, né eredità. La malattia inizia in modo acuto e finisce con la morte dopo un decorso burrascoso (1) L E T T E R E R ,
ed altri. 49 —
KAUFMANN I
SIWE, A B T e DEMENHOLZ,
GLANZMANN e WALTHARD,
HADDERS
77 o
SANGUE E ORGANI
EMOPOIETICI
(da settimane a mesi) o di solito, nei bambini più grandicelli, un decorso più subacuto o subcronico (fino a qualche anno). L a sindrome clinica del morbo di Letterer-Siwe (M. L. S.) comprende i seguenti sintomi: forte tumore di milza, di regola notevole che spesso raggiunge il piccolo bacino, ingrossamento meno intenso del fegato (splenoepatomegalia), aumento generalizzato dei linfonodi, ma non in grado notevole (reticolosi anche in corrispondenza del sistema linfatico del tratto digerente, anche il timo è spesso interessato), reticolosi della pelle, diatesi emorragica con emorragie mucose, sottosierose, negli organi interni, esantemi petecchiali o porpora della cute con prevalente diffusione a grembiale (LETTERER) O con localizzazione preferita alle pieghe cutanee (porpora delle pieghe, GLANZMANN). Per maggiori notizie sulla pelle confr. L E T T E R E R , S I W E , V A R G A e a l t r i , GLANZMANN, SCHWEITZER, e c c . ) . I n
una
parte dei casi vi sono focolai osteolitici (pag. 752). Non raramente sono anche presenti lesioni ulceronecrotiche areattive, delle mucose del cavo orale, tonsille, dei follicoli, specie del crasso, ecc. (Granulopenia). I bambini muoiono per broncopolmonite o per malattie intercorrenti a carattere purulento: come otite media, mastoidite, ascessi cutanei, ecc. Infine si sviluppa per lo più un quadro settico con alte temperature (la dimostrazione dei germi nel sangue e nei tessuti è spesso positiva, si tratta per lo più di streptococchi). I monociti nel sangue circolante sono per lo più diminuiti, se aumentati lo sono solo di poco e temporaneamente; talvolta si è trovato qualche « monocita patologico » (Monoblasti) nel sangue circolante (GLANZMANN) cfr. anche le osservazioni devianti dalla norma di
ORCHARD.
La
denominazione
proposta
da
LETTERER
della
malattia
di « reticolosi aleucemica » è in ogni caso giustificata. Istologicamente si tratta di una reticolosi generalizzata (figg. 232235) per lo più a grosse cellule polimorfe, spesso con necrosi ed emorragie. Più frequentemente sono state descritte anche alterazioni polmonari. È da sottolineare che la sindrome clinica ora descritta può mostrare un altro substrato come nei casi di LETTERER (1947, leucosi a cellule staminali con direzione
verso
la mielosi)
e di
KINTZER
e WEBER
(granulomatosi
eosinofila). Circa i supposti rapporti tra la M. L. S. e il morbo di Hand-SchuellerChristian SCHAFER,
(GOTTRON, V. C R E V E L D , GLANZMANN e W A L T H A R D , R . FLORI
e
PARENTI,
THANNHAUSER,
WALLGREN,
F A L K e P R E T L , e c c . ) e il g r a n u l o m a e o s i n o f i l o d e l l e o s s a e LICHTENSTEIN,
ecc.)
cfr. pag.
WEBER,
KLRCHMAIR,
(FARBER,
JAFFÉ
809.
2 ) R e t i c o l o s i a c u t e e c r o n i c h e dei b a m b i n i p i ù g r a n d i c e l l i e degli
adulti
Le r.osi di questo gruppo che in analogia con la M. L. S. decorrono « aleucemiche » sono ancora più rare della M. L. S. Di regola mostrano come
L E IPERPLASIE SISTEMICHE DEI TESSUTI ED ORGANI EMOPOIETICI
77I
le altre leucosi acute, un decorso acuto (i) subacuto (2) o anche cronico progressivo (3). Anch'esse terminano con la morte. In tutti i casi presentano un aumento generalizzato anche se modesto di tutti i linfonodi, splenomegalia e (di solito meno cospicua) epatomegalia. Le temperature terminali sono alte, in parte settiche, eventualmente compare subittero. L a diatesi emorragica è meno intensa che nella M. L. S. Quanto più cronico è il decorso tanto più intensa è in generale la diffusione del processo. Nelle forme subacute e croniche compaiono talora ripetute remissioni o spontanee o dopo tentativi diversi terapeutici (ROHRKRAEMER e altri). SCOTT e ROBBSMITH designano il loro caso come reticolosi istiocitaria midollare, istiocitaria perché si trovò una forte fagocitosi di eritrociti e resti nucleari; confr. anche ME GOVERN e Coli.
3) La cosiddetta leucemia monocitica Le r.osi di regola mostrano una anemia grave progressiva. I leucociti possono essere invariati, leggermente aumentati (raramente sopra il 1.000.000) o talvolta anche notevolmente diminuiti. Linfocitosi relativa. Non raramente anche trombopenia. Nelle gravi granulopenie si trovano spesso necrosi e ulcerazioni areattive delle solite localizzazioni (confr. pag. 686), la diatesi emorragica è almeno in parte da ricondurre alla trombopenia. Secondo una statistica di CAZAL mancano i monociti nel sangue nelle reticolosi nel 30 % dei casi: reticolosi aleucetnica o amonocitemica, nel 50 % sono leggermente aumentati (10-30 % di tutti i leucociti) nel 20 % lo sono fortemente (fino al 90 % di tutti i leucociti). Casi che decorrono con un forte aumento dei monociti nel sangue circolante vanno sotto la denominazione di reticolosi leucemica 0 monocitosi reticolare o leucemia monocitica (4). Il numero totale dei leucociti nel sangue nella leucemia monocitica è per lo più aumentato di poco (30.000, fino a 50.000, raramente fino a 150.000, solo eccezionalmente valori più alti, forme a decorso subleucemico fino a leucemico) talvolta però anche diminuito. Spesso c'è solo una monocitosi relativa. I monociti costituiscono per lo più il 50 % fino all'8o % , ma anche il 96 % di tutti i leucociti. Il confronto mostra che il termine leucemia monocitica è poco appropriato per certi casi. Così B O E H N E e H U I S M A N indicano il loro caso come retifi) e
UGRIUMOW,
MITTELBACH,
(2)
PARKS,
(3)
UEHLINGER,
ROHRKRÄMEK,
ROULET,
CATHALA
LUPU v.
D.
e
e
BRAUNER
GOLDZIEHER MEER
(4) E N G E L B R E T H - H O L M ,
ratura,
DUSTIN
e
BOULONGER,
e
ed e
WEIL, SCOTT
SCHULZ e
630.
NORDENSON,
ROBB-SMITH
ed
TERPLAN
altri.
altri.
HORNICK,
ZELDENRUST,
INAMA ed a l t r i , c f r . p a g .
DAMESHEK, e V.
TORNE,
SCHÄFER
KRÜGER,
ed
BOEHNE
e
HUISMANN,
altri.
HITTMAIR,
FRESEN,
PIECHEL,
lette-
772
SANGUE
E
ORGANI
EMOPOIETICI
colosi leucemica con un numero di leucociti che non superi i 4200, di cui 27 % monociti. Si dovrebbe meglio parlare di reticolosi con monocitemia. Oppure si tratta nella leucemia monocitica di monociti normali o di forme cellulari molto vicine a questi ultimi o di monociti più o meno atipici o di forme cellulari che sono designate come istiociti, reticolociti atipici o cellule endotelioidi (paramonociti sec. C A Z A L ) . L a constatazione che il numero dei monociti dimostrabili nel sangue in confronto con le leucosi mieloidi e linfatiche per lo più è piccolo, viene spiegata col fatto che le cellule R . I. (specie quelle grandi e poco mobili) si possono staccare in piccolo numero dalla loro unione sinciziale. Si deve dire di massima che il numero delle cellule R . I. che arriva nel sangue circolante, sarà tanto più piccolo quanto più atipiche esse sono. Specialmente i grossi tipi cellulari che per lo più predominano nel tessuto nelle reticolosi aleucemiche (pag. 750) non passano nel sangue. A questo dobbiamo aggiungere che i grossi tipi cellulari, quando passano nel sangue, appena giunti nei capillari del fegato, polmoni e milza vi restano e qui vengono demoliti. Casi con solo alcune cellule reticolari atipiche nel sangue, come per es. nel caso di R O H R K R A E M E R , appartengono alla reticolosi aleucemica. L a totalità dei casi, che dal punto di vista clinico ematologico vengono designati come « leucemie monocitiche » possono essere divisi in più gruppi (confr. le teorie della monocitogenesi a pag. 629): a) A l tipo delle reticolosi sistemiche appartiene solo la b e n rara leucemia monocitica del tipo Schilling o leucosi reticolare monocitica secondo ROHR o reticolosi leucemica secondo HITTMAIR (I). Esse di regola decorrono come u n a leucosi a c u t a o subacuta, di solito subleucemica (solo raramente alti valori, vedi sopra). D i solito v i è solo u n a monocitosi relativa del sangue periferico. Compaiono anche forme a decorso cronico. N o n raramente si uniscono con reticolosi della pelle, che decorrono spesso per lungo t e m p o aleucemiche. A l l a sezione e all'esame istologico si t r o v a n o i quadri sopra riassunti. Il distacco delle cellule monocitiche dall'unione delle cellule reticolari proliferate fisse si può seguire nelle sezioni istologiche. I retoteli uniti alle fibre a graticciata, prima di t u t t o le cellule dei sinusoidi (cellule di sponda) si distaccano dalla loro unione con le fibre, fenomeno che FRESEN h a descritto come « effrazione del reticolo delle fibre a graticciata ». Allora il nucleo, per lo più ricco di cromatina rotondo od ovale, v a incontro ad un ispessimento e a formazione di rigonfiamenti forse nel senso di una segmentazione picnotica, che è tipica per i monociti del sangue (FRESEN). L'ingrandimento dei linfonodi e del fegato può mancare, così pure t a l v o l t a il tumore della milza: in tali casi però non raramente si arr i v a alla generalizzazione delle reticolosi. Nel formulare u n giudizio all'inizio bisogna essere cauti in quanto potrebbe trattarsi di una reazione leucemoide monocitaria.
(1) vengono
Così per
es. i c a s i d i S W I R T S C H E W S K A J A ,
riconosciuti
da
ROHR),
BOEHNE
e
UGRIUMOW,
HUISMANN,
BOCK
SEMSROTH,
e
WIEDE
(non
FRESEN ed altri.
LE
IPERPLASIE
SISTEMICHE
DEI
TESSUTI
ED
ORGANI
EMOPOIETICI
773
p) Leucemia monocitica di tipo Naegeli. — Si tratta qui di una mieloblastosi o paramieloblastosi acuta mielogena monocitoide. HITTMAIR distingue tra leucemia mieloblastica, con una certa tendenza allo sviluppo monocitario, e le reali leucemie monocitiche mieloidi, una varietà delle mielosi acute. Clinicamente e anatomo-patologicamente il quadro morboso non differisce, eccetto le particolarità istologiche, dalle altre mielosi acute. Alterazioni leucemiche della cute sono frequenti. Casi di questo gruppo mostrano di regola un più intenso quadro ematico leucemico del gruppo i (fino a 400.000), ma possono anche decorrere leucopenici. Istologicamente si trova, come nelle leucosi, una regolare diffusa infiltrazione degli organi, con cellule monocitoidi, ma nessuna essenziale proliferazione delle cellule R . I. y) A l contrario delle ben rare forme pure (tipo Schilling e Naegeli) si trovano secondo HITTMAIR molto più frequentemente forme miste del tipo Hittmair, in cui si possono dimostrare monociti mielogeni e mesenchimali-reticologeni. Il quadro istologico corrisponde in modo preponderante a quello delle mielosi acute e accanto vi si trova una più o meno marcata iperplasia del S. R . I. I quadri morbosi designati con a e y, mostrano tra di loro numerosi quadri di passaggio o forme miste con le reazioni leucemoidi, i reticolosarcomi e reticolosarcomatosi (confr. H I T T M A I R , 1942, ecc.) 3) Come leucemia monocitica del tipo MARCHAL sono designate le linfoadenosi leucemiche croniche con epatosplenomegalia, con grossi linfociti monocitoidi nel sangue circolante. Istologicamente mostrano il quadro della linfoadenosi cronica (confr. CAZAL).
4) Reticolosl emocitoplastiche Talvolta le reticolosi e i reticolo sarcomi lasciano riconoscere in quadri ematici leucemici talora marcati, accanto ad una monocitosi o monocitemia anche alterazioni del tipo di una aumentata linfocito-granulocito-eritrocitopoiesi (confr. pag. 740). A questa emopoiesi possono prendere parte uno o più ceppi cellulari. Talvolta si tratta persino di una combinazione di una reticolosi con linfoadenosi tipiche o linfosarcomi o mielosi. L e suddette cellule ematiche sembrano almeno in una parte dei casi, originare direttamente dalle cellule R . E. proliferate, così che si può parlare di una reticolosi emocitoblastica, di una monocito-linfocito-granulocito-eritrocitoe megacariocitogenesi o di una linfoadenosi, mielosi ed eritroblastosi reticologena o (secondo FRESEN) reticolare. A queste contrappone FRESEN (19501952) quei casi di linfo- e mieloreticolosi in cui la formazione di corpuscoli ematici e la proliferazione reticolare non hanno geneticamente nulla in co-
SANGUE
774
E
ORGANI
EMOPOIETICI
mune, e solo sono combinate insieme o coordinate nel senso di una R.osi associata
(OBERLING e GUÉRIN).
O g n u n o dei sistemi p u ò divenire di
per
sè leucemico. F r e q u e n t e m e n t e le R . o s i (o ret. s a r c o m i p a g . 1073) sono s t a t e d e s c r i t t e i n c o m b i n a z i o n e o a c c a n t o a linfoadenosi leucemiche (o reticolosarcomi) (1). STASNY e DOWNEY, DEELMANN, KOCH d e s c r i v o n o l i n f o a d e n o s i che nello s t a d i o iniziale m o s t r a n o s o l a m e n t e u n a d i f f u s a p r o l i f e r a z i o n e delle cellule reticolari. S e in q u e s t i c a s i si t r a t t i d i d u e f a t t i d e c o r r e n t i s e p a r a t a m e n t e u n o a c c a n t o a l l ' a l t r o (ROESSLE, si
può
APITZ,
parlare
WAETJEN,
(CRACIUN
e
GUTHAUSER, URSU,
TUCI
OLIVEIRA,
e TONELLI)
STASNY
e
o
se
in
DOWNEY,
certi
casi
DOERING,
ARAGONA, DEELMANN, AHSTROEM) d i u n a p u r a l i n f o c i t o p o i e s i r e t i c o l o g e n a o a n c h e p l a s m o c i t o g e n e s i (OLIVEIRA) O se infine la p r o l i f e r a z i o n e delle cellule r e t o t e l i a l i si d e b b a i n t e r p r e t a r e c o m e regressione v e r s o f o r m e c e l l u l a r i m e n o d i f f e r e n z i a t e r i m a n e a n c o r a n o n c h i a r i t o (ROULET). FRESEN riconosce c o m e l i n f o a d e n o s i r e t i c o l o g e n e (reticolari) i c a s i di UNGAR, SEMSROTH, DOWNEY, e STASNY. OLIVEIRA ritiene i r e t i c o l o l i n f o c i t o s a r c o m i c o m e s t a d i di p a s s a g g i o d a l p u r o r e t i c o l o s a r c o m a ai p u r i l i n f o c i t o s a r c o m i e p a r l a d i l i n f o c i t o s a r c o m i c o m e t u m o r i o r i g i n a t i d a l l e c e l l u l e d e l r e t i c o l o che h a n n o r a g g i u n t o il p i ù a l t o g r a d o delle p o s s i b i l i t à d i d i f f e r e n z i a z i o n e . Sec. DOERING i ret. s a r c o m i i n d i f f e r e n z i a t i p o s s o n o e v o l v e r s i in f o r m e d i f f e r e n z i a t e e inoltre in l i n f o c i t o s a r c o m i (ripetute biopsie). A n o s t r o a v v i s o q u e s t i p r o b l e m i di origine n o n si p o s s o n o risolvere c o n m e t o d i cito- e i s t o m o r f o l o g i c i e n e a n c h e c o n l ' a i u t o di c u l t u r e di t e s s u t i (confr. p a g . 742, 1075). A l t r i c a s i s o n o a s s o c i a t i c o n u n a granulopoiesi o u n a leucosi mieloide (2), a l t r i a n c o r a m o s t r a n o in p i ù o s o l a m e n t e u n a eritropoiesi (3) o u n a eritroblastosi (4). U n a R . o s i a c u t a c o n n o t e v o l e eosinofilia c e r t a m e n t e n o n r e t i c o l o g e n a , è s t a t a d e s c r i t t a d a H . W . SCHMIDT (confr. a n c h e GIFFIN, CREMER), egli i n d i c a l a eosinofilia c o m e r e a z i o n e a l l a R . o s i . C o n f r . a n c h e OBERLING, i l q u a l e d i m o s t r ò l a mielopoiesi nei s a r c o m i ret. d e l m i d o l l o osseo (sarcoma d i EWING) e infine FURTH e KRUMDIECK sui t u m o r i a cellule del r e t i c o l o d e l l a m i l z a dei t o p i c o n mielo- e eritrocitogenesi. L e riflessioni critiche che n o i a b b i a m o s o l l e v a t o n e l l a discussione d e l l a linfopoiesi r e t i c o l o g e n a , v a l g o n o a n c h e p e r i d a t i ora d e t t i (cfr. inoltre FRESEN, I 195°. 952)-
Come reticolosi foliblastiche sono infine designati casi in cui discendenti di più serie ematiche derivano dalle cellule reticolari proliferanti. I l p i ù n o t e v o l e e il p r i m o c a s o di q u e s t a v a r i e t à è s t a t o p u b b l i c a t o d a LUEBBERS c o m e «retoteliosi l e u c e m i c a p o l i b l a s t i c a ». S i t r a t t a v a d i u n a r a g a z z a di (1) RÖSSLE 1939, ROSENBAUM, ROULET 1 9 3 2 , UNGAR, RICHTER, LÖSCH, APITZ (linforeticolosi l e u c e m i c a ) 1939, AHLSTRÖM 1938, DÖRING, ARAGONA, HODLER ed altri. (2) C f r . EWALD, B Y K O W A , GITTINS e H A W S K L E Y , B E N E C K E 1940 ( L e t t . ) , ROULET 1930, BRASS. A l t r a L e t t , in LÜBBERS, cfr. a n c h e APITZ 1 9 3 1 . (3) FISCHER-WASELS, (4) FRESEN.
altra
Lett,
in
LÜBBERS.
L E IPERPLASIE SISTEMICHE DEI TESSUTI E D ORGANI EMOPOIETICI
775
21 anni che morì dopo una m a l a t t i a di 7 mesi 1/2. U n tumore della grandezza di un p u g n o al collo (R. sarcoma) che m e t a s t a t i z z ò più t a r d i polmoni, linfonodi parapancreatici e psoas. d. N e l sangue circolante v i erano 39.000 leucociti (3 % leucociti eosinofili, 10 % immaturi, 33 % con nucleo non segmentato, 39 % con nucleo segmentato, 6 % linfociti, 9 % monociti). Nelle maglie del reticolo proliferato si t r o v a v a n o elementi di t u t t e le serie ematiche (granulo-, eritroe linfopoiesi, plasmacellule, monociti), in u n a zona anche del tessuto osseo eterotopo. Su analoghi casi è stato riferito d a CHEVALIER e BERNARD e CAZAL (1946). N o i (ROTTER) a b b i a m o con BROGLIE osservato u n a reticolosi in una b a m b i n a di 5 mesi, con una m a r c a t a localizzazione sistemica nel fegato, m i l z a e linfonodi, midollo osseo e parete della cistifellea. Istologicamente si t r o v ò u n reticolo n e t t a m e n t e sinciziale, rinforzato d a fibre a graticciata, in p a r t e m o l t o a m p i o (alveolare) di cellule reticolari. Nelle maglie, accanto a cellule monocitoidi (paramieloblasti?) giacevano mielociti ossidasi positivi, eritro- e normoblasti, inoltre cellule giganti, in parte polinucleate, m o l t o bizzarre. I l nostro caso h a grande rassomiglianza con l'angioendotelioma del f e g a t o p u b b l i c a t o d a FISCHERWASELS nel 1913, che lasciava ugualmente riconoscere u n a s t r u t t u r a alveolare (endotelioma), mielo- ed eritropoiesi e cellule giganti. Casi di questa v a r i e t à sono poi s t a t i ripetutamente descritti (HERXHEIMER (lett.), ORZECHOWSKI, KARDJIEV, SCHUMANN, ecc.). Molto interessante era nel nostro caso una incompatibilità di gruppo t r a madre e b a m b i n o nel c a m p o del sistema A B O , con un notevole a u m e n t o delle agglutinine anti B della madre. R i a s s u m e n d o b r e v e m e n t e , si p u ò s t a b i l i r e c h e le cellule R . r.osi d a n n o origine i n a l c u n i casi
I.
nelle
a cellule e m a t i c h e . I n p r i m a l i n e a si
t r a t t a di m o n o c i t i o i s t i o m o n o c i t i , c h e sono a n c h e d e t t i m o n o m a c r o f a g i . M a si p u ò a n c h e a r r i v a r e n e i t e s s u t i a d u n a poiesi r e t i c o l o g e n a di l i n f o c i t i , p l a s m o c i t i , e r i t r o c i t i e g r a n u l o c i t i , f o r m e p u r e o c o m b i n a t e . L e stesse cellule possono comparire nel sangue circolante o provocare u n quadro ematico leucemico.
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b) L I N F O A D E N O P A T I A
0 IPERPLASIA
MACRO-FOLLICOLARE
L i n f o b l a s t o m a 0 l i n f o m a g i g a n t o f o l l i c o l a r e ; reticolosl follicolare llnfoide; m o r b o di B r i l l - S y m m e r s (1)
Malattia squisitamente cronica, scarsa di sintomi, che in primo luogo decorre con un ingrossamento dei linfonodi. I maschi sono più frequentemente colpiti delle donne, però i dati sono incerti. Come età media è dato il 3-5 decennio di vita, possono però essere colpite tutte le età (dai 2 agli 80 anni). La durata della malattia è in media di 4-7 anni, non raramente anche di più (10 anni e più). Il quadro ematico non mostra alcun caratteristico reperto. Cachessia e anemia terminale. Istologicamente (figg. 239-241) il tessuto linfatico, specie i linfonodi e la milza, mostra un notevole aumento e ingrossamento dei suoi follicoli con centri germinativi giganteschi (cosiddetti pseudofollicoli), che di solito (non sempre!) sono circondati da un piccolo alone di linfociti (figure 239-240). L'alone linfocitario può essere interrotto dai pseudofollicoli (P. F.) centrali, questi ultimi si avanzano allora senza un netto confine nel tessuto intorno (scoppio dei follicoli). Gli P. F. giacciono relativamente fitti vicini uno all'altro, spingono spesso l'un l'altro e attraversano la corticale e midollare. Sono di diversa grandezza, alcuni sono enormemente ingranditi, altri notevolmente piccoli. Gli P. F. contengono tre tipi cellulari (secondo S Y M M E R S ) , infatti sono presenti grandi cellule rotonde o polimorfe secondo il tipo dei linfoblasti, con nuclei centrali, rotondi, nettamente delimitati, chiari, privi di cromatina, nucleolo e scarso citoplasma basofilo. Inoltre simili cellule, ma piccole con nuclei scuri e infine cellule del tipo dei grandi linfociti (confr. anche S A X E N ) . Altri autori descrivono linfociti e i loro precursori o cellule reticolari (cellule reticolari linfoidi) o entrambi. In alcuni casi, negli P. F. si hanno esclusivamente piccoli e medi linfociti o linfoblasti. (1) B R I L L , B A E H R e R O S E N T H A L 1 9 2 5 , B A E H R e C o l l . , S Y M M E R S i 9 2 7 f i n o a l 1 9 5 1 , ROBB-SMITH 1938; altri e L e t t , i n FIESCHI, ALBERTINI e RUTTNER, BILGER, WILLIS, JACKSON e P A R K E R , MARTINI e W E N D E R O T H ( L e t t . ) , TESCHENDORF, TISCHENDORF
e HECKNER ed altri.
77
8
S A N G U E E ORGANI
EMOPOIETICI
CANDREVIOTIS distingue a seconda del grado di maturità delle cellule due tipi di M. di Brill-Symmers. Cellule giganti polinucleate di solito sono assenti. Le mitosi a seconda dei vari autori sono più o meno aumentate. ROBB-SMITH invece sostiene che non si trovano, a differenza della iperplasia follicolare reattiva, mitosi o fagocitosi, o tutt'al più in piccolo numero. G l i P . F. non contengono fibre a graticciata (fig. 241) o solo in tracce. HENKEL però mostra nel suo caso un delicato graticcio di fibre reticolari ad ampie maglie. Il tessuto posto tra gli P. F., come si può vedere bene
Fig. 239. Linfoadenopatia macrofollicolare di un linfonodo. Sguardo panoramico.
con l'impregnazione argéntica, a differenza delle comuni iperplasie linfoadenoidi, è fortemente compresso, le fibre a graticciata strettamente stipate (fig. 241). I sinusoidi sono quindi non visibili o al massimo in modo non chiaro. Necrosi o alterazioni infiammatorie di solito mancano. Talvolta però la proliferazione degli P. F. può decorrere così tempestosamente che si formano piccole necrosi centrali (WALTHARD). Dai follicoli secondari della comune iperplasia linfoadenoidea, gli P. F. nella malattia di Brill-Symmers (M. B. S.) si lasciano differenziare in base ai seguenti criteri. Gli P. F. sono più grossi, di diversa grandezza, notevolmente aumen-
LE IPERPLASIE SISTEMICHE DEI TESSUTI E D ORGANI EMOPOIETICI
F i g . 240. C o m e fìg. 239 a più f o r t e i n g r a n d i m e n t o .
F i g . 241. Come
fig.
240 d i m o s t r a z i o n e delle
fibre
reticolari.
779
SANGUE E ORGANI
EMOPOIETICI
tati di numero, si comprimono l'un l'altro (confluenza dei follicoli) e si trovano in gran numero. Essi sono fortemente aumentati di numero, spesso addossati l'un l'altro (confluenza di follicoli) e si trovano in numero ugualmente grande anche nella midollare. E inoltre notevole la uniformità del quadro cellulare (carenza di macrofagi ed altri elementi). Gli P. F. sono male delimitati rispetto al sottile vallo linfocitario estemo, il tessuto interfollicolare linforeticolare è fortemente compresso. La capsula dei linfonodi può essere interessata dal processo. Focolai di granulazione, fibrosi interfollicolare e sclerosi degli P. F. permettono di riconoscere talora
F i g . 242. L i n f o a d e n o p a t i a della m i l z a macrofollicolare (splenomegalia).
una tendenza spontanea alla guarigione ( S y m m e r s ) . Gli « scoppi dei follicoli » devono sempre far sospettare invece che si è verificata una degenerazione maligna (vedi sotto). L a superficie di taglio dei linfonodi ingrossati ( 1 - 5 cm. di diametro e più), bene spostabili, consistenti, ma non duri, è grigio bianca fino al color crema. Non raramente si vedono sulla superficie di taglio già ad occhio nudo dei noduli rotondi, leggermente rilevati distribuiti diffusamente, che giacciono stipati (3 mm., persino occasionalmente 6 mm. di diametro) cfr. per questo fig. 242. Essi corrispondono agli P. F. dimostrabili nella sezione istologica.
L E IPERPLASIE SISTEMICHE DEI TESSUTI ED ORGANI EMOPOIETICI
781
L a malattia inizia di regola con ingrandimento dei singoli linfonodi oppure di gruppi di linfonodi. Secondo SYMMERS ammalano primariamente i linfonodi profondi, quelli addominali, e quelli toracici. Altri autori sottolineano che l'ingrandimento dei linfonodi è dimostrabile dapprima in sede cervicale, o nella ascella oppure in regione inguinale. Raramente il quadro della malattia prende inizio dalla milza, dalle tonsille oppure dalla mucosa del tratto stomaco-intestino. Dal primo gruppo di linfonodi, vengono poi inclusi nel processo morboso, con fasi di remittenza, sempre nuovi linfonodi. In fine si sviluppa lentamente e gradualmente (a volte però anche precocemente) una generalizzazione, che però di regola si limita al sistema linfatico. L a milza (fig. 242) è circa nel 33 % (ALBERTINI e RÜTTNER) dei casi ingrandita e cioè soprattutto nelle fasi tardive della malattia (in genere 500-1500 gr. sino a 6500 gr.). In una serie di casi erano colpite soltanto la milza (DE JONG, W . FISCHER, BELLUCCI, Me NEE, SYMMERS, osservazione propria) oppure le tonsille (DEELMAN). Relativamente di frequente sono state osservate le alterazioni tipiche nella mucosa dell 'appendice (SYMMERS, MORHEAD ed altri, JASON e MALLORY, Lett., ed altri), più raramente nella mucosa dell' intestino (BAGGENSTOSS) e dello stomaco (MEESSEN ed altri, noi vedemmo in tal caso una tumefazione grande come un uovo di gallina). All'infuori del tessuto linfatico si trovano solo eccezionalmente delle alterazioni, così nei triangoli di G L I S S O N del fegato ( T E R P L A N e S Y M M E R S ) , nel midollo osseo ( T E R P L A N , M E Y E R , W . F I S C H E R ed altri), nei polmoni, reni, vescica urinaria, mammella, orbita, ghiandole lacrimali, pelle, ecc.; confronta anche il caso di T R A U T M A N N con sintomi simili ad una sindrome di M I K U L I C Z e esoftalmo. La partecipazione dell'osso può portare a frattura spontanea (STAHEL) . F I E S C H I distingue 1. forme localizzate, 2, forme generalizzate puramente ghiandolari, 3. forme puramente spleniche e 4. forme splenoghiandolari. Grandi tumori dei linfonodi possono avere per conseguenza compressioni (stenosi) degli organi vicini (confr. M A R T I N I e W E N D E R O T H ) . L'eziologia della malattia di Symmers-Brill è sconosciuta. BRILL BAEHR e ROSENTHAL l'interpretarono dapprima come un processo infiammatorio iperplastico. SYMMERS (1938, 1942-1948) è pure favorevole ad una genesi tossica od infettiva. Più tardi BAEHR e Coli, considerarono la malattia di Symmers-Brill come una neoplasia maligna. Secondo ALBERTINI e RÜTTNER essa occupa un posto intermedio tra i tumori benigni e maligni (« presarcomatosi latente ») confr. anche TISCHENDORF e HECKNER, HENKEL ed altri). SYMMERS, ed anche JACKSON e PARKER la definiscono come una reticolosi potenzialmente maligna, MEYER WILLIS e CANDREVIOTIS come una neoplasia maligna grado relativamente a l t o di differenziazione. È stabilito che la malattia di Symmers-Brill, nonostante il suo decorso squisitamente cronico ed inizialmente benigno, degenera in una alta percentuale di casi in senso maligno. Così hanno riferito numerosi autori di una evoluzione in Un-
782
SANGUE
E ORGANI
EMOPOIETICI
fosarcomi. Si tratta di linfosarcomi con struttura follicolare più o meno marcata, di reticolosarcomi, di sarcomi a cellule polimorfe, oppure (HOLLE e STORCK) linfocitosarcomi o corrispondenti sarcomatosi (SYMMERS, RUTTNER, A L B E R T I N I e R Ù T T N E R ,
SAXEN,
UHLMANN,
JACKSON
e PARKER
ed
altri). Occasionalmente si sono osservate evoluzioni in leucemie linfatiche (SYMMERS ed altri), in linfogranulomatosi di Paltauf-Sternberg (SYMMERS, JACKSON e PARKER ed altri). La sopra menzionata irruzione delle cellule P. F. centrali nel tessuto interfollicolare (« scoppio dei follicoli ») è interpretata da molti autori come fase di passaggio al sarcoma. Sec. A L B E R T I N I e R Ù T T N E R la degenerazione sarcomatosa incomincia al centro degli P. F. patologicamente modificati e si fa riconoscere attraverso un polimorfismo corrispondente progressivo dei nuclei e delle mitosi. Confluenza e scoppio degli P. F. aumentando di numero conducono al quadro della trasformazione diffusa sarcomatosa del linfonodo intero. Talvolta gli P. F . penetrano nella parete delle vene trabecolari e persino nel lume dei vasi ( H O L L E e
STORCK).
Nel plasma sanguigno si trova sec. W U H R M A N N e W U N D E R L Y una tendenza all'aumento delle gamma globuline (cfr. anche R O S S I E R e S P U H L E R ) . Il quadro può essere molto simile a quello di un mieloma, le gamma globuline però sembrano eterogenee. T I S C H E N D O R F riferisce di un caso che è successivamente evoluto in un vero plasmocitoma. G U L L I N O vide negli animali d'esperimento dopo impianto di placchette di celluloide nella parete muscolare dello stomaco una iperplasia multinodulare nei linfonodi regionali. In due casi si sarebbe trattato di un tipico quadro della mal. di S Y M M E R S - B R I L L . G U L L I N O rifiuta sulla base di questo reperto la specificità del quadro morboso. Casi della letteratura associati a manifestazioni cutanee rappresentano per lo più « Reticolosi lipomelanotiche » male interpretate (pag. 1026).
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c) R E T I C O L O S I C O N C O M I T A N T I , G R A N U L O M A T O S I , ecc.
Mentre la proliferazione delle cellule R. I. nelle r.osi essenziali rappresenta l'unico o almeno il preminente substrato istomorfologico della malattia, conosciamo una serie di altre malattie nelle quali la proliferazione delle cellule R. I. generalizzata è da valutare solo come manifestazione concomitante di reazioni di altro genere oppure di autentici tumori. Il gruppo più importante di tali quadri morbosi comprende le cosiddette « Granulomatosi ». È da sottolineare che non si possono definire esatti limiti rispetto ad altre reazioni croniche infiammatorie. Ogni infiammazione cronica decorre con una proliferazione del S. R. I. localizzata o più o meno generalizzata. Alle « granulomatosi » attribuiamo i quadri morbosi in cui la proliferazione delle cellule R. I. nel quadro istologico è particolarmente vistosa ed in cui si può riconoscere una tendenza accentuata alla generalizzazione. I rapporti istomorfologici con le reticolosi essenziali diventano quindi in una gran parte delle granulomatosi particolarmente chiari per il fatto che queste nella loro fase primitiva rappresentano vere reticolosi. Proprio il caratteristico decorso a fasi (pag. 809) lascia di nuovo chiaramente riconoscere che qui è presente un autentico processo infiammatorio e rende necessaria la sua discriminazione dalle reticolosi essenziali. Mentre una gran parte di queste granulomatosi ha una eziologia nota (pag. 752) la causa delle altre è sconosciuta o dubbia. Queste ultime vengono ora discusse. Reazioni concomitanti reticolari possono inoltre comparire tra l'altro nella anemia perniciosa, nella anemia emolitica e specialmente nelle leucosi. Le reazioni concomitanti nelle ltucosi sono interpretate da ROHR come reazioni difensive contro le « cellule tumorali ». Brevemente menzionate siano anche le reticolosi concomitanti nelle malattie del fegato
784
SANGUE
E
ORGANI
EMOPOIETICI
(BREU, REIMER e SCHNEIDER). SU una singolare reticolosi con eosinofilia e piccole necrosi nei linfonodi dopo trattamento con Mesanthoin (nell'epilessia) è stato riferito da CHIARI.
a) Linfogranulomatosi: malattia di Paltauf-Sternberg; malattia di Hodgkin; linfoma o granuloma maligno; llnfoblastoma sclrroso; reticulosis fibro-tnyeloid-medullary (Robb-Smith) e molti altri termini (i) Malattia sempre mortale, non molto frequente, che colpisce tutte le classi d'età. L a massima mortalità si riscontra nel terzo-quarto decennio di vita, secondo altre statistiche nel terzo-sesto. Però la linfogranulomatosi (Lgr.) compare anche nei bambini e vecchi. Gli uomini s'ammalano più delle donne. Con oscillazioni termiche ritmiche intermittenti del tipo « P E L - E P S T E I N » i malati muoiono con progressiva diminuzione delle forze e dimagramento fino a una marcata cachessia in circa due-quattro anni, per lo più per una malattia intercorrente. Tuttavia ci sono anche forme a decorso acuto (da settimane a mesi) e spiccatamente cronico (fino a dieci anni e più). Sono frequenti le remissioni. Non raramente il decorso è accelerato da una Tbc che si associa. Si osserva anche amiloidosi generalizzata. Clinicamente compare sudorazione, prurito e diarrea. Nel sangue si trova una progressiva anemia ipocromica con abbassamento del livello del ferro serico ( H E I L M E Y E R ) . Per lo più una leggera leucocitosi, spesso anche un aumento dei leucociti eosinofili e dei monociti con progressiva diminuzione dei linfociti. Circa la combinazione del Lgr. con sindromi anemiche-emolitiche confr. B R A I T E N B E R G e la ult. lett. Sulle alterazioni dimostrate col microscopio elettronico dei trombociti confr. S A U T H O F F e L A N D S C H U T Z . Il substrato istologico del Lgr. decisivo per la diagnosi mostra un tessuto di granulazione ricco di cellule e estremamente pleiomorfo (fìg. 243). Alla costruzione del tessuto sono interessate un gran numero di cellule tra cui numerose cellule R . I. che nella letteratura hanno a v u t o diversi nomi (confr. LENNERT). Tra queste la più grande importanza hanno le «cellule giganti di Sternberg ». (C. G. St.). Nella letteratura angloamericana vengono anche dette cellule di Reed. Esse danno soprattutto l'impronta al quadro istologico e sono secondo STERNBERG patognomoniche per il Lgr.
Secondo
ROSSLE,
ROBB-SMITH,
CAZAL,
v.
d.
MEER
e
ZELDENRUST
e altri deve però essere sottolineato che la loro dimostrazione non è obbli(1)
STERNBERG,
ZIEGLER,
HAUSER,
UDDSTRÒMER,
HOSTER
e
DRATMAN,
HERXHEIMER,
STEPHANI, WALTHARD,
BAKER
FRÀNKEL,
ed
LENNERT.
altri,
SIMONDS,
JACKSON
e
SIEGMUND, PARKER,
WALL-
SYMMERS,
LE
IPERPLASIE
SISTEMICHE
DEI
TESSUTI
ED
ORGANI
EMOPOIETICI
785
gatoria per la diagnosi del Lgr. Si danno anche gravi casi di Lgr. in cui le C. G. S. compaiono singolarmente o, almeno temporaneamente, nelle sezioni esaminate sono mancanti. Le cellule giganti di Sternberg che sono in grandezza e forma molto varie (12-40 micron, nei puntati 15-80 micron) contengono uno o più (fino a 6) nuclei spesso grossi, rotondi o ovali, spesso frastagliati o notevolmente lobulati (simili a corna) con cromatina lassa. Degni di nota sono gli irregolari ammassi di cromatina ed i nucleoli atipici, spessi, rigonfi, violetti fino a rosso splendenti nei preparati in eosina, polimorfi per forma, grandezza, posizione e colorabilità, singoli o multipli.
Fig. Linfogranuloma
243.
con cellule giganti di
Sternberg.
Molto spesso i nuclei bizzarramente deformati sono fortemente retratti e picnotici (fig. 243). Di solito i nuclei giacciono nel mezzo del corpo cellulare. Spesso si sovrappongono reciprocamente, talvolta due nuclei hanno una disposizione speculare (« mirror-image » R E E D ) . L'abbondante citoplasma è debolmente, talvolta fortemente basofìlo (Giemsa!), e possiede dei tozzi prolungamenti che stanno in connessione con le cellule vicine o con le fibre reticolari. Altre cellule giganti di Sternberg sono isolate, arrotondate. Dalle cellule giganti di Sternberg mononucleate si trovano tutti gli stadi di passaggio a cellule sempre più piccole, che infine posseggono la grandezza delle piccole cellule reticolari linfoidi. Queste cellule, estremamente 50
—
KAUFMANN
I
786
SANGUE
E
ORGANI
EMOPOIETICI
multiformi per quanto riguarda la loro grandezza, sono state designate nella letteratura come « cellule di Sternberg », « cellule di Hodgkin », « cellule epitelioidi », come « cellule reticolari », come progenitrici delle « cellule giganti » di Sternberg, ecc. L a « cellula di Sternberg » mostra queste caratteristiche (i): il nucleo chiaro rotondo o ovale, talvolta anche fortemente lobulato, per lo più posto nel centro della cellula contiene in una lassa impalcatura cromatinica, come la cellula gigante di Sternberg, grossolani irregolari blocchetti di cromatina e uno o più (2-4 e più) nucleoli molto densi e polimorfi. Il loro citoplasma ampio è più o meno, di solito chiaramente, basofilo (Giemsa!). Alcune si trovano in unione sinciziale, altre sono isolate. I tipi cellulari più piccoli hanno rassomiglianza con i grossi linfoblasti. Cellule di Sternberg e cellule giganti di Sternberg si trovano di solito per lo più distribuite in modo diffuso o in gruppi posti uno vicino all'altro nel tessuto linfogranulomatoso. Spesso si incontrano mitosi. Le « cellule di Sternberg » possono essere contrapposte a un gruppo di altre cellule reticolari (2) la cui osservazione è importante, benché esse siano meno caratteristiche per il Lgr. e in nessun caso compaiono regolarmente. Assomigliano alle comuni cellule reticolari e sono state definite differentemente come cellule del reticolo (3), cellule epitelioidi (3), istiociti, fibrociti, ecc. L E N N E R T ha descritto soprattutto due tipi di questa specie. L'una è piccola e corrisponde nella forma alle Linfogranuloma Sarcoma di Hodgkin (mai in senso inverso).
>
Dal punto di vista della genesi formale del Lgr. si tratta, come si dovrebbe sopra dedurre, di un tessuto di granulazione, la cui parte principale, la cellula di Sternberg, prende origine dalle cellule reticolari e di sponda del tessuto linfoadenoideo diffuso nell'organismo. Altri indicano come suo tessuto staminale estesamente il S. R . I., il mesenchima attivo o primitivo o pure il comune tessuto connettivo. Bisogna essere d'accordo con S T E R N B E R G quando afferma che si possono far derivare i focolai extraganglionari in generale da isolotti di tessuto linfatico che compaiono regolarmente nella pelle e nelle mucose e che, come noi aggiungiamo, nei processi infiammatori cronici sono spesso aumentati o pure stanno in punti in cui di solito non si trovano. Però tali strutture possono derivare anche sicuramente dal reticolo del midollo osseo, dalle zone indifferenziate avventiziali dei vasi, ecc. (cfr. pag. 614). Gli unitari e i neounitari fanno derivare anche i mielociti e i granulociti, linfociti e plasmacellule localmente dalle cellule staminali mesenchimali primitive e dalle cellule del S . R . I . Altri (SYMMERS, M E D I A R ) , vedono nelle cellule giganti di S T E R N B E R G (esse sarebbero identiche ai megacariociti del midollo osseo), nei mielociti e granulociti cellule migrate dal midollo osseo e stabilitesi nel granuloma (colonizzazione, mielogenizzazione, blastoma megacariocitico, ecc.). Altri invece fanno derivare le cellule giganti di Sternberg dal S. R. I. I. locale; spiegano però i granulociti come cellule migrate dal sangue. Recentemente K L I M A ha formulato la tesi che le plasma-
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cellule e le cellule giganti di Sternberg siano forme irritative di linfociti maturi. B R A I T E N B E R G , C I E C H A N O W S K I (lett.) e altri sottolineano che accanto ad una forma prevalentemente granulomatosa vi sia una forma preponderante essudativa del Lgr. Forse gioca come nella Tbc una parte la situazione immunitaria. La suddivisione del Lgr. in stadi o gruppi, che passano o possono passare uno nell'altro ( K A U F M A N N — vedi sopra — , J A C K S O N e P A R K E R — vedi sopra — , C I E C H A N O W S C K I e altri) è problematica. Per quanto riguarda l'eziologia del Lgr. vi sono due teorie in aspro contrasto. Alcuni considerano il Lgr. come una infiammazione e risp. malattia infettiva cronica specifica (i), gli altri lo indicano come tumore maligno (2). I terzi infine pensano ad una neoplasia da virus ( R O H R e altri). L'agente eziologico del Lgr. è finora sconosciuto. Dapprima si è sempre più pensato ad una eziologia Tbc, ma finora tutti i tentativi di dimostrare il significato dei bacilli Tbc sono naufragati. Non cambia nulla il fatto che il Lgr. relativamente spesso (dal io al 25 %) sia combinato con la Tbc. D'altra parte è però da sottolineare, che nel numero totale dei casi di Tbc non compare accumulo significativo dei casi di Lgr. ( M E D L A R , U D D S T R O E M E R ) . Inoltre sono stati resi responsabili come causa del Lgr. bacilli difteroidi, corinebatteri, brucelle, micromiceti ( G E R L A C H ) , ecc. Altri parlano di una reazione, o di una reazione allergica, a diversi agenti piogeni comuni. Dopo che a G O R D O N è riuscito di determinare una meningoencefalite nel coniglio con l'inoculazione intracerebrale di tessuto linfogranulomatoso ( G A U P P ) , si pensò prima di tutto che un virus causasse la malattia. Però E D W A R D , F R I E D M A N N e E L K E L E S , GAUPP,
KING,
LIEBEGOTT,
ME
NAUGTH,
UHLENHUT
e
WURM,
TURNER,
ecc., hanno dimostrato che il test di Gordon è di natura aspecifica ed è da ricondurre alla presenza di granuli eosinofìli contenuti nei leucociti. Numerosi autori si sono ugualmente affaticati anche dopo ciò con metodi biochimici, sierologici, immunobiologici e morfologici per dimostrare un virus specifico. B O S T I C K , e poi L U N D B E C K e L Ò F G R E N inocularono estratti di tessuto linfogranulomatoso in uova di pollo fecondate. Gli embrioni morirono dopo pochi giorni. Lo stesso effetto si ebbe in passaggi successivi. L A N D S C H U E T Z e K A U S C H E iniettarono estratti di linfogranuloma umano privi di cellule nei topi. Essi ottennero una intensa proliferazione delle cellule reticolari nella milza, linfonodi e fegato. Gli animali morirono in 1 0 giorni. R E I M A N e altri mostrarono che tessuto retotelsarcomatoso in vitro per aggiunta di siero di pazienti affetti da Lgr. offriva uno sviluppo sul tipo del Lgr. Sono stati descritti al microscopio elettronico da G R A N D e poi da R I C H T E R corpuscoli che facevano pensare a virus; J A C Q U E Z e P O R T E R non ebbero nessun risultato. Molto interessante è a questo riguardo il fatto che una epatite da virus migliora chiaramente il decorso di un Lgr. e porta ad una recessione del graWURM,
f i ) STERNBERG, ZIEGLER, KAUFMANN, HERXHEIMER, FRÀNKEL, UEHLINGER, GRAEFF, JACKSON e PARKER, SYMMERS, ROUSSY, LEROUX e OBERLING, W . FISCHER ed altri. (2) WARTHIN, MALLORY, WILLIS, TISCHENDORF e d a l t r i .
MÒSCHLIN
ed
altri,
HEILMEYER,
SCHOEN
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EMOPOIETICI
nuloma (HOSTER e altri). Ulteriore letteratura sulla eziologia infettiva presunta del Lgr. può trovarsi nell'introduzione dei citati compendi. Le vie d'entrata dell'agente eziologico sono in prima linea le fauci, poi le vie aeree superiori, i polmoni, il tratto digerente (infezioni enterogene) e infine anche la pelle e i genitali. PRIESEL e WINKELBAUER e BRAITENBERG hanno supposto una trasmissione diaplacentare dell'agente dalla madre al figlio. Secondo UEHLINGER, GRAEFF, ecc. il Lgr. se si riconosce la sua genesi infettiva, può essere suddiviso come la T B C e altre malattie infettive nelle seguenti fasi: Primo stadio: complesso primario. Punto di entrata nell'epifaringe, in corrispondenza del naso e delle sue cavità accessorie (GRAEFF), più raramente nel faringe, nelle tonsille palatine (BINGOLD), nei polmoni o enterale in corrispondenza del t r a t t o stomaco-intestino (CORONINI, CIECHANOWSKI, lett.). Corrispondente interessamento dei linfonodi regionali: a) tumefazione dei linfonodi cervicali e tracheobronchiali nelle infezioni per via aerea; b) tumefazione dei linfonodi mesenterici e perigastrici nelle infezioni con inizio dal tratto stomaco e intestino. Secondo stadio: stadio dello sviluppo postprimario. a) Prevalente diffusione linfogena in direzione cranio-caudale; b) prevalente diffusione ematogena con localizzazione specie nella milza e nel midollo osseo; c) sviluppo locale aggressivo con superamento dei limiti dell'organo. Anche il paragranuloma delle linfoghiandole del collo secondo J A C K S O N e P A R K E R rappresenta la metastasi linfoghiandolare di un complesso primario faringeo. Le variazioni delle plasmaproteine del sangue caratteristiche per il Lgr. sono simili a quelle di altre infiammazioni, cfr. W U H R M A N N e W U N D E R L Y . G R O S e Z I E SCHANK dimostrarono delle proteine patologiche (paraproteine), H O R S T E R vide in un puntato di un linfonodo dei depositi proteici cristallini. Come nelle leucosi M I L L E R e T U R N E R poterono isolare nelle urine nel Lgr. sostanze ad azione umorale, che nell'animale lasciavano riconoscere una certa azione stimolante sul tessuto emopoietico. Altri vedono nel Lgr., come sopra già detto, un tumore maligno. Gli unitari attribuiscono alle « cellule tumorali » tutte le possibilità delle cellule mesenchimali primitive multipotenti, cioè tutte le possibili, e da caso a caso diversamente realizzate, differenziazioni in cellule reticolari e cellule di
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S t e r n b e r g , c o m e a n c h e in linfociti. I l i n f o c i t i c o n t e n u t i nel l i n f o g r a n u l o m a sono, s e c o n d o q u e s t a concezione, cellule t u m o r a l i . A n c h e la sclerosi s a r e b b e espressione d i u n a f u n z i o n e delle cellule t u m o r a l i . A l c u n i a u t o r i f a n n o d e r i v a r e a n c h e i l e u c o c i t i c o n t e n u t i nel g r a n u l o m a d a l l e « cellule t u m o r a l i s t a m i n a l i » p l u r i p o t e n t i . WILLIS c o n s i d e r a i n v e c e la infiltrazione l i n f o c i t o p l a s m a c e l l u l a r e c o m e u n a reazione d e l l ' o r g a n i s m o alle cellule t u m o r a l i . L a g e n e r a l i z z a z i o n e s a r e b b e d a r i c o n d u r r e in p a r t e a origine m u l t i p l a a u t o c t o n a , in p a r t e a v e r a m e t a s t a t i z z a z i o n e (almeno negli o r g a n i senza a t t i v i t à e m o p o i e t i c a ) . S e c o n d o HUECK il L g r . s t a t r a l ' e p u l i d e e risp. fibroma, e il s a r c o m a a cellule g i g a n t i . C o n t r o l a c o n c e z i o n e d e l L g r . c o m e tumore p a r l a n o il decorso clinico, c o m e p u r e il q u a d r o m a c r o s c o p i c o e m i c r o s c o p i c o dei casi tipici. N o i a b b i a m o r i p e t u t a m e n t e d i m o s t r a t o che la p o l i m o r f i a delle cellule e d e i n u c l e i (cfr. M ò SCHLIN e altri) n o n è d e c i s i v a p e r l a d i a g n o s i d i u n t u m o r e m a l i g n o . È s e m p r e s t a t o r i p e t u t a m e n t e s u p p o s t o che l a crescita a g g r e s s i v a , d e s t r u e n t e e l a g r a n d e z z a d e l g r a n u l o m a sia d e t e r m i n a n t e p e r l a n a t u r a n e o p l a s t i c a d e l L g r . P e r ò c o n KAUFMANN, STERNBERG, VERSE e a l t r i d e v e essere s o t t o l i n e a t o c h e a n c h e i g r a n u l o m i a d eziologia n o t a (Tbc, lue, l e b b r a , ecc.) e infine il g r a n u l o m a eosinofilo delle ossa, che g u a r i s c e s p o n t a n e a m e n t e , il g r a n u l o m a l i p o i d e o n e l l a m a l a t t i a di H a n d , ecc. possono d i m o s t r a r e n e t t o c a r a t t e r e t u m o r a l e aggressivo destruente. O s s e r v a z i o n i sulla aumentata morbilità p e r il L g r . di c e r t e f a m i g l i e (MAZAR e STRAUS, E . M . MULLER, WEITZ, l à e a n c h e i n STERNBERG, c o m e in HEILMEYER a l t r a l e t t e r a t u r a ) e il c o n c o r d a n t e a m m a l a r s i d i g e m e l l i m o n o v u l a r i (REMDE) las c i a n o riconoscere che u n fattore costituzionale p o s s a f a v o r i r e l a m a l a t t i a e l ' a t t e c c h i m e n t o d e l l ' i p o t e t i c o a g e n t e eziologico. S o n o s t a t i s u p p o s t i r a p p o r t i c o n traumi pregressi (lett. in STERNBERG, HEILMEYER). Infine eziologia
teniamo
milmente bilmente
-per certo che nel Lgr. si tratta di una granulomatosi
sconosciuta, il
Lgr.
però,
con una
rappresenta
è provocata
da un
una
valutazione malattia
virus
critica infettiva
ad
dei fatti
noti,
verosi-
specifica,
che
proba-
linfotropo.
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P) Il granuloma eosinofilo dell'osso. Granuloma istioeltario reticolare con eosinofilia. Granuloreticolosi eosinofila (1) Il Granuloma eosinofilo dell'osso (gr. eos. dell'osso) ha trovato solo dopo le pubblicazioni di O T A N I e EHRLICH, come pure di J A F F É e L I C H TENSTEIN nel 1940 una progressiva attenzione nella letteratura americana. Se pure casi tipici (2), anche sotto altra denominazione, talvolta anche prima del 1940, sono stati pubblicati, però il quadro morboso è divenuto in modo evidente più frequente negli ultimi 20 anni. Di preferenza si ammalano i bambini (più i maschi che le femmine, circa nel rapporto 3 : 1 secondo H A D D E R S ) , nel primo decennio più spesso che nel secondo, però possono essere colpite tutte le classi d'età. I segni clinici come febbre modesta, dolori leggeri, tumefazione e disturbo funzionale nel punto del granuloma sono modesti. In determinate localizzazioni il granuloma dell'osso può dare i segni della sindrome di Hand-Schuller-Christian ( H A D D E R S ) . Il quadro ematico non è caratteristico, non raramente vi è una anemia ipocromica leggera, il numero dei leucociti è normale o leggermente aumentato, spesso nelle fasi più tardive vi è una eosinofilia ematica del 5-20 % , eventualmente una eosinofilia del midollo osseo, talvolta monocitosi modesta. Il calcio
(1) O T A N I e E H R L I C H , J A F F É e L I C H T E N S T E I N , F A R B E R , G R E E N e F A R B E R , DERS, L e t t . ,
T H A N N H A U S E R , GIAMPALMO, W A L T H A R D e Z U P P I N G E R e d a l t r i , q u i
HADaltra
Lett. (2) T A R A T Y N O W 1 9 1 4 , M I G N O N , SCHAIRER, F I N Z I e d a l t r i , c f r . a n c h e in
HADDERS.
BECK,
Lett,
8oo
SANGUE
E ORGANI
EMOPOIETICI
talvolta all'inizio è leggermente aumentato; fosforo, colesterina, esteri della colesterina, lipoidi totali e proteine nel siero ematico sono immodificati. Il granuloma eosinofilo dell'osso tende ad una guarigione spontanea con un rapido decorso progressivo, ma nettamente cronico, non raramente a poussées, che può essere accelerato da irradiazioni. Il quadro istologico è dominato da una forte proliferazione R. I. cellulare (fig. 245), che prende la sua origine dal S R I del midollo osseo e, oppure, dagli istiociti delle avventizie vasali e zone indifferenti. Le grandi cellule rotonde od ovali lasciano riconoscere fini prolungamenti
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F i g . 245. Granuloma
eosinofilo
dell'osso.
N u m e r o s e cellule reticolo-istiocitarie Osservazione di MEESSEN.
e leucociti eosinofili.
che le uniscono una all'altra, per forte edema si arrotondano. Sempre si trova un fine reticolo di fibrille argentaffini. Le maglie del sincizio talvolta contengono dei depositi di albumina che si colorano come la fibrina. Le cellule contengono nuclei vescicolosi, rotondi od ovali, non raramente reniformi o con altra forma, con uno 0 due nucleoli. Le mitosi si trovano in numero variabile, di solito sono rare; in molti casi si vedono cellule giganti istiocitarie polinucleate con per lo più due m a anche fino a 30 nuclei, che giacciono senza alcun ordine sparsi o anche centralmente, in un angolo o anche a forma di corona all'orlo della cellula. Esse possono assomigliare ad osteoclasti o a cellule giganti di Langhans, ma si distinguono nettamente dalle cellule giganti di Sternberg. Si trovano accumulate specialmente in
L E IPERPLASIE SISTEMICHE DEI TESSUTI E D ORGANI EMOPOIETICI
8oi
vicinanza delle necrosi accanto a macrofagi mononucleati. Esse accumulano eritrociti, emosiderina, leucociti eosinofili o frammenti nucleari e lipoidi (cellule pseudoxantomatose), dove però si tratta per lo più di grassi neutri. Lipoidi con doppia rifrangenza si trovano solo talvolta e in scarsa quantità. Il secondo fenomeno caratteristico per il quadro istologico è l'infiltrazione di leucociti eosinofili fitta, diffusa o anche a focolai, che talvolta formano microascessi. Linfociti, plasmacellule e leucociti neutrofili si trovano invece in numero ridotto. Vasi sanguigni, capillari e precapillari sono contenuti in numero vario, raramente in gran numero nel tessuto di granulazione. Spesso si vedono vasi con parete spessa, infiltrata diffusamente da eosinofili. Spesso si possono dimostrare necrosi a focolaio per lo più poco estese (anche piccoli sequestri) ed emorragie. Specialmente nelle prime si trovano cristalli di Charcot-Leyden. Il granuloma eosinofilo dell'osso mostra quattro differenti fasi istologiche susseguentisi nel tempo una all'altra. L a prima inizia con una proliferazione delle cellule reticolo-istiocitarie, che può ricordare un sarcoma e spesso è collegata con una marcata eosinofilia tissutale. Segue come secondo stadio lo sviluppo del tessuto di granulazione con neoformazione di vasi sanguigni, fibrille e sempre densi infiltrati di leucociti eosinofili, che passa 3. in una fase xantomatosa (granuloma lipoideo) ed infine 4. in una fase fibrosa (stadio cicatriziale). JAFFÉ e LICHTENSTEIN peraltro sottolineano che è possibile una restitutio ad integrum p. es. delle strutture ossee distrutte, senza che venga attraversato uno stadio lipogranulomatoso e fibroso. Dopo completa guarigione clinica del focolaio osseo, essi riscontrarono istologicamente un trabecolato regolare con misto midollo grasso e in ematopoiesi, nei distretti ematopoietici moltissimi leucociti eosinofili. Uno stadio fibroso si trova possibilmente solo nei casi, che si siano complicati con fratture e che mostrano poi anche neoformazione ossea periostea. A n c h e SKORPIL, WALTHARD e ZUPPINGER, PLIESS e altri n e g a n o
che di regola si palesi uno stadio xantomatoso. Per la delimitazione diagnostica differenziale con la linfogranulomatosi, sono decisive, accanto al quadro clinico del tutto diverso, la regolarità delle strutture cellulari e nucleari, la mancanza di cellule giganti di Sternberg e la reazione tissutale di regola molto più fortemente eosinofila. Il granuloma eosinofilo delle ossa compare in tutte le parti del sistema scheletrico, per lo più solitario, in 25-35 % P e r ò multiplo (fino a 40 focolai), non raramente recidivante a poussées nello stesso luogo e sede o in altri distretti. Di preferenza è colpito il cranio osseo (specialmente le ossa della volta, ma anche la base del cranio, l'orbita, la faccia [caduta di denti, eventualmente mastoidite]), più di rado le coste, le ossa lunghe, vertebre bacino, ecc. L a diffusione dei granulomi alle strutture limitrofe (muscolatura, tessuto connettivo, sottocute) può provocare nella localizzazione 51
—
KAUFMANN
I
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superficiale un rigonfiamento visibile e palpabile delle parti molli. Talora è stata osservata una compartecipazione dei linfonodi regionali ( S C H A I R E R , L O V E e F A S H E N A , W A L T H A R D e Z U P P I N G E R ) . Altri focolai extraossei nella pelle, polmoni, fegato, milza e cervello sono rari. Una pronunciata generalizzazione è stata osservata finora solamente da K I N T Z E R e W E B E R in due casi, che, come era prevedibile, rapidamente finirono in exitus. Uno dei casi (età 3 mesi e mezzo) mostrò clinicamente il quadro della malattia di Letterer-Siwe, ma istologicamente il quadro tipico del granuloma eosinofilo delle ossa. Dal punto di vista radiologico i focolai osteolitici di diametro fino a 5 cm., non nettamente delimitati, mostrano una o più rarefazioni, ovali o policistiche, condizionate dalla distruzione della struttura ossea. I distretti ossei colpiti possono essere alquanto tumefatti. I focolai si estendono dal centro alla periferia in ogni direzione ed invadono perciò anche la corticale. Così possono venir distrutti più o meno interamente il tavolato interno ed esterno della calotta cranica. Intervengono deformazioni vertebrali e fratture spontanee (eventuali sequestri). Dal punto di vista della diagnosi differenziale i focolai sono da distinguere da metastasi carcinomatose, sarcomi di Ewing, malattia di Hand-Schiiller-Christian o osteomielite. Ad occhio nudo si vede al posto dell'osso distrutto un tessuto molle, gelatinoso o friabile, grigio, grigio-rossiccio o grigio-giallastro con chiazze e strie giallicce o anche aree « caseose » ed emorragie. L'eziologia del granuloma eosinofilo delle ossa è ignota. Invero, il decorso ed il substrato morfologico lasciano pensare in prima linea ad una genesi infettiva, però finora tutti i tentativi per dimostrare l'agente eziologico (batteri, virus) sono rimasti senza successo (letteratura in H A D D E R S ) . P L I E S S suppone un'infezione zooparassitaria (elminti), ma i suoi reperti abbisognano di conferma. Sulla contrastata appartenenza del granuloma eosinofilo delle ossa alla malattia di Letterer-Siwe e alla malattia di Hand-Schuller-Christian cfr. pag. 809, sulla dubbia importanza della corteccia surrenale per la genesi della malattia vedi in K I N T Z E N e W E B E R . Correlazioni causali con traumi pregressi vengono oggi respinte dalla maggior parte degli autori. Non esistono manifesti rapporti fra il granuloma eosinofilo delle ossa e i granulomi simili dello stomaco, i rapporti con i granulomi eosinofili della pelle sono discussi. Solo raramente è segnalata la comparsa dell'uno e dell'altro in uno stesso caso ( H A D D E R S , lett., P I N K U S e altri, C U R T I S e altri). Più ampie notizie e letteratura in H A D D E R S , S K O R P I L , L E P E R e L E V E R , L E V E R , P L I E S S e nel capitolo della pelle.
LE
IFERPLASIE
SISTEMICHE
DEI
TESSUTI
ED
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y) Granulomatosi lipoidea; malattia di Hand o Hand-Schuller-Christian; xantomatosi normocoiesterinemica, essenziale, generalizzata; istiocitosi lipoidea (i) La malattia di Hand (M. H.) colpisce prevalentemente bambini dell'età di 3-5 anni e giovinetti fino ai 16 anni, capita però in quasi tutte le età dal lattante ( F A L K - P R E T L ) fino all'età senile. I maschi sono colpiti alquanto più frequentemente delle femmine. Non sono state osservate ereditarietà o predilezione razziale né concentrazione familiare. Il decorso è subacuto, rapidamente mortale o cronico. Più giovani sono i pazienti, tanto più presto interviene una più intensa generalizzazione della granulomatosi. Tali casi muoiono per lo più dopo un tempo relativamente breve. Nelle persone anziane la malattia di Hand decorre, al contrario, più cronicamente (decorso fino a 20 anni) e la prognosi è più favorevole. Il quadro ematico non è caratteristico. Abitualmente è presente una lieve anemia normo- o ipocromica. Pancitopenie con tutte le loro manifestazioni secondarie sono state osservate spec. nelle forme generalizzate. Come causa di morte vengono per lo più riscontrate malattie intercorrenti o, in concomitanza ad alterazioni polmonari, ipertrofia ed insufficienza del cuore destro. L a granulomatosi lipoidea è contraddistinta, istologicamente, da 4 stadi che di regola vengono percorsi l'uno dopo l'altro. La prima fase (fase di proliferazione delle cellule R. I.) mostra una proliferazione di cellule R. I. diffusa 0 a piccoli nodi, non di rado somigliante ai tubercoli epitelioidi (2). Esse lasciano riconoscere, specialmente negli organi non ematopoietici, innanzitutto una spiccata distribuzione perivascolare e si diffondono dall'avventizia dei vasi nei tessuti vicini. Nella seconda fase (granuloma) si osserva una neoformazione di capillari, all'inizio scarsa ma più tardi marcata, ed una infiltrazione del tessuto con linfociti, plasmacellule e leucociti polimorfonucleati, non di rado in gran numero con granulazioni eosinofile. Risulta chiara la natura del granuloma soltanto, quando singole cellule possono lasciare riconoscere un immagazzinamento di lipoidi. Nella terza fase « xantomatosa » (granuloma lipoideo) le cellule del granuloma contengono molti lipoidi e evolvono progressivamente verso le tipiche grosse cellule schiumose (macrofagi) che contraddistinguono il granuloma lipoideo, e contengono nel loro citoplasma goccie di lipoidi in gran numero e di
(1)
ROWLAND,
EPPINGER,
TEILUM,
CHESTEN,
CHIARI,
THANNHAUSER,
HENSCHEN,
FRÖHLICH,
(2) G O T T R O N e L E T T E R E R ( i n d i p e n d e n t e m e n t e
e altri.
FRÄSER,
EPSTEIN,
LETTERER,
GIAMPALMO. l'uno dall'altro),
FRAZER,
LORENZ
SANGUE
E
ORGANI
EMOPOIETICI
regola anche cristalli. Le cellule contenenti lipoidi giacciono isolate o in grandi accumuli. L a tipica cellula schiumosa o a favo, in passato chiamata di frequente « cellula xantomatosa », è rotonda o poliedrica, del diametro di circa 30 ¡x. Il suo nucleo piccolo, rotondo, ipercromatico giace generalmente al centro, più di rado è eccentrico; piccoli nucleoli. Inoltre si trovano molto di frequente cellule giganti (150 in) con 20 o più nuclei molte volte picnotici in generale centrali, più di rado periferici, talora disposti come nelle cellule di Langhans o anche nelle cellule giganti da corpo estraneo. Il loro citoplasma schiumoso contiene con particolare ricchezza lipoidi e cristalli. Occasionalmente nelle cellule schiumose si trova pigmento bruno, ferroso o non ferroso. Per particolarità sulla genesi e sulla suddivisione in vari tipi delle cellule schiumose cfr. ARNOLD. PFENNINGS e SCHÜMMELFEDER in base ad interessanti ricerche istochimiche, distinguono quattro tipi di granuloma a seconda del contenuto in aldeidi e in lipoidi. Tutte le cellule reticolari ed istiocitarie, comprese le cellule schiumose da esse derivate, vengono circondate da un reticolo di delicate fibrille argirofile. Nella quarta fase si giunge ad un progressivo aumento di fibroblasti, fibrociti e soprattutto di fibrille collagene ed in parte anche elastiche. Così si forma un tessuto cicatriziale che contiene abbondante pigmento, con e senza contenuto in ferro. Le cellule contenenti lipoidi, specialmente le tipiche cellule schiumose, diminuiscono sempre più di numero, per scomparire alla fine totalmente. Spesso il tessuto cicatriziale è intensamente ialinizzato ed eventualmente impregnato di sali di calcio. L a cicatrice può corrispondere ad una guarigione locale spontanea, sebbene si trovi occasionalmente anche tessuto di granulazione recente nell'interno delle cicatrici (recidiva). Nel tessuto di granulazione qualche volta si possono costatare necrosi ed emorragie. Lipoidi e cristalli giacciono allora liberi nel tessuto e possono venire inclusi in cellule giganti da corpo estraneo. Macroscopicamente le alterazioni, relativamente alla prima e seconda fase appaiono bianco-grigiastre, nella terza fase giallo-lucenti o giallo zolfo e nella quarta fase di nuovo bianco grigiastre. Il colore giallo dipende dal contenuto in carotenoidi delle cellule schiumose, la colesterina è incolore. La consistenza dei granulomi è poltacea diffluente o morbida friabile, quella delle cicatrici dura e compatta. Le alterazioni considerate possono in linea di massima comparire in ogni tessuto, organo, o sistema di organi del corpo. L a localizzazione e l'estensione varie da caso a caso determinano la sintomatologia clinica (HENSCHEN ed altri). Così si possono distinguere forme di granulomatosi lipoidea mono e polisintomatiche e forme spiccatamente generalizzate (THANNHAUSER). Più di frequente si trova la combinazione: difetti ossei al cranio, in forma di cranio a lacune 0 a carta geografica, esoftalmo e diabete insipido che furono descritti dapprima da HAND, poi da SCHÜLLER-CHRISTIAN, sicché la malattia venne designata come triade 0
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DEI TESSUTI
E D ORGANI E M O P O I E T I C I
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sindrome di Hand-Schiiller-Christian. Poiché si è costatato che le possibilità di combinazione di sintomi sono inesauribili si preferirà parlare di malattia di Hand. Sebbene si verifichi fondamentalmente una diffusione ubiquitaria del granuloma lipoideo, con realizzazione di forme più o meno generalizzate (peraltro proprio in questi casi la classica triade non è spiccata, perché i bambini di regola muoiono precocemente, prima che i focolai nelle ossa del cranio e nella dura madre abbiano raggiunto grandezza ed estensione clinicamente apprezzabili), tuttavia certi sistemi come lo scheletro, e inoltre la dura, la pelle, i polmoni, mostrano particolare predisposizione. Forma ossea (eosoftalmo, diabete insipido): di regola si manifestano focolai multipli. Tutte le ossa possono venir colpite (GERSTEL), le alterazioni più frequenti si trovano al cranio, e in prima linea alla calotta (cranio a lacune), poi alla base del cranio, indi alle ossa della faccia, intensissime al mascellare superiore ed inferiore. Le alterazioni degli alveoli portano con relativa frequenza alla caduta dei denti. Dalla base del cranio le granulazioni possono invadere tutte le cavità vicine, cavità nasali, orecchio medio, processo mastoideo e condotto uditivo esterno. Granulazioni provenienti direttamente dalla dura o dalla capsula ossea dell'orbita o dal suo tessuto adiposo provocano esoftalmo mono- o bilaterale. Molto frequentemente si trovano granulomi nel periostio e soprattutto nella dura. Questi ultimi sono appiattiti, disposti ad aiuola oppure di aspetto tumorale e comprimono all'occasione la corteccia cerebrale. Di speciale importanza sono i granulomi della base del cervello che provengono dall'osso o dalla dura e comprimono o distruggono il lobo posteriore o il peduncolo dell 'ipofisi. Essi danno manifestazioni di deficit endocrino, in prima linea diabete insipido, poi disturbi di crescita fino a marcato nanismo, adiposità, distrofia adiposo-genitale, ma anche stati di magrezza (GOTTRON), ipogenitalismo e (molto raramente) acromegalia. Le manifestazioni considerate possono però essere anche originate da granulomi che si sviluppano primitivamente nel lobo medio dell'ipofisi, nel suo peduncolo, nell'infundibolo, nel tuber cinereum o nell'ipotalamo (sistema diencefalo-ipofisario). Le alterazioni alla base del cervello consistono essenzialmente in granulomi situati in sede perivascolare con corrispondenti fenomeni di infiltrazione della sostanza nervosa centrale. Il lobo anteriore dell'ipofisi mostra solo eccezionalmente alterazioni primitive o secondarie. Alquanto più raramente del cranio sono colpiti in ordine di frequenza bacino, femore, vertebre, coste, omero ed altre ossa. Secondo G E R S T E L la localizzazione nei bambini dipende molto dall'intensità di crescita delle singole ossa e delle loro parti. I granulomi delle ossa prendono avvio dalle zone indifferenziate dei vasi e dal reticolo degli spazi midollari. Sono principalmente le proliferazioni reticolo-istiocitarie e le granulazioni prive o anche povere di lipoidi,
8o6
SANGUE E ORGANI EMOPOIETICI
che distruggono l'osso in modo prevalentemente
lacunare,
sia la spongiosa
come la corticale, mentre la fase xantomatosa e lo stadio cicatriziale sono inattivi. Le lacune ossee formatesi a questo modo (cranio lacunare) e le cavità ossee (solitarie, ma per lo più multiple, spesso p. es. confluenti nel cranio, cosiddetto cranio a carta geografica) mostrano margini dentellati, netti, e variano ampiamente di forma, grandezza e figura. Dopo completa distruzione della corticale, le granulazioni attaccano i tessuti limitrofi (o anche del periostio) cosi che p. es. sui focolai del capo si formano bernoccoli palpabili. Intervengono fratture spontanee e gibbosità della colonna vertebrale. Però non si ha solamente distruzione ma anche formazione di tessuto osseo. Da ciò deriva un completo sovvertimento della struttura originaria dell'osso, con molte linee cementanti decorrenti irregolarmente come nel morbo di Paget. Specialmente negli stadi più tardivi di guarigione e cicatrizzazione la ricostruzione ossea sta in primo piano. Così i margini dei difetti ossei, p. es. anche al cranio, possono robustamente condensarsi, addirittura eburneizzarsi a regola d'arte. Anche sotto il periostio così come nel tessuto di cicatrizzazione stesso può formarsi abbondante tessuto osseo, peraltro totalmente disordinato e sovente molto ispessito. Restitutio ad integrum o guarigione cicatriziale intervengono spontaneamente. Oltre ai granulomi nel midollo osseo vengono trovate occasionalmente proliferazioni di cellule reticolari diffuse o a forma di noduli, con o senza immagazzinamento di lipoidi ( W À T J E N ) . Sulle alterazioni ai denti vedi N A T A L I e su quelle dell'organo dell'udito G R E I F E N S T E I N . Forma cutanea. —• Sulla superficie della pelle si trova in circa 1/3 dei casi il quadro dello xantoma disseminato, il quale interviene anche come unico sintomo. Quasi esclusivamente nei bambini e in prevalenza nella forma generalizzata della malattia di Hand si sviluppano esantemi a piccole papule in combinazione con porpora. Alterazioni simili a quelle della pelle si trovano casualmente anche sulle mucose (bocca, epiglottide, laringe, bronchi, così come cornea e sclera), vedi K O C K . Le affezioni cutanee possono essere il primo sintomo, in altri casi esse si sviluppano tardivamente o mancano. Ulteriori notizie nel capitolo della pelle e in GOTTRON (1942) e T H A N N H A U S E R . Forma viscerale. — Più frequentemente colpiti sono i polmoni. Estese granulazioni, in parte piatte, in parte noduliformi, sottopleuriche, inoltre situate in prossimità dei grossi vasi e dei bronchi e nell'ambito dei setti interalveolari, come in una polmonite interstiziale, caratterizzano il reperto. La dilatazione enfisematosa degli alveoli provocata dalla polmonite interstiziale dà luogo al quadro del polmone a favo. La fase fibrosa viene raggiunta assai presto in questo organo. Casualmente i polmoni sono ripieni di noduli miliari o submiliari, così che nel quadro radiologico può venire
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DEI TESSUTI E D ORGANI EMOPOIETICI
807
simulata una tubercolosi miliare. Accanto alla pleura sono alterate abbastanza di frequente anche le altre sierose, pericardio e peritoneo. Milza, fegato e linfonodi sono raramente e solo moderatamente ingranditi. Lo stesso vale per il restante sistema linfatico (tonsille, tratto gastrointestinale, ecc.). Solo in via eccezionale i linfonodi (p. es. caso di F R E U N D e R I P P S e altri), il timo o le tonsille aumentano di mole considerevolmente. Milza e linfonodi quando sono colpiti mostrano una consistenza più dura, occasionalmente anche morbida, e sulla superfìcie di taglio macchie grigiorossastre fino a grigio-giallastre di varia grandezza. In genere esse sono grandi da una capocchia di spillo fino ad una lenticchia. Anche nel fegato si notano talora fini nodulini miliari. Istologicamente nei suddetti organi si vede un'iperplasia più o meno estesa, diffusa o nodulare, a grosse cellule, in parte epitelioide, delle cellule reticolari, con o senza immagazzinamento di lipoidi, eventualmente con cellule giganti. Pressoché l'intera polpa della milza può essere riempita di cellule schiumose ( H E R Z E N B E R G ) . Talvolta si osservano focolai di necrosi centrale ed emorragie. I linfociti (corpuscoli di Malpighi della milza, follicoli e cordoni midollari dei linfonodi) sono ampiamente atrofizzati. In una parte dei casi è presente marcata fibrosi. Nei sinusoidi si ha occasionalmente aumento di grosse cellule, gli endoteli dei seni venosi sono per lo più immodificati. Anche le cellule stellate di Kupffer contengono talvolta abbondanti lipoidi. Nel fegato i granulomi sono posti in genere negli spazi periportali. Proliferazioni delle vie biliari e cirrosi sono rare. Con relativa frequenza si trovano inoltre granulomi lipoidei nel tessuto adiposo retroperitoneale, p. es. ali 'ilo del rene ed attorno ai surreni. Del resto tutti gli organi possono venire alterati (organi endocrini, cuore, endocardio, grossi vasi, muscolatura, ecc.). Sulle alterazioni della cavità orale vedi K O C H , H A D D E R S ; su quelle del S. N . C. cfr. il capitolo S. N . C., inoltre H E N S C H E N , T E I L U M , H A L L E R V O R D E N , L E T T E R E R (1938-48 lett.), v. H A R A N G H Y , M A S S H O F F , G I A M P A L M O . Eziologia e patogenesi. — L a causa della granulomatosi lipoidea è ignota. L E T T E R E R la ritiene un'infiammazione specifica simile alla linfogranulomatosi. Anche S I E G M U N D parla di « un'infezione generale granuleggiante ». HADTTERS pensa ad una genesi allergica sul tipo di una infezione focale. Tutte queste ipotesi però sono soltanto probabili, finora non si sono potute portare dimostrazioni sicure. G O T T R O N (1942) vide in un'alterazione del letto circolatorio terminale del sistema vasale, cioè in una prestasi nel senso di R I C K E R S , un principio patogenetico essenziale favorente l'insorgenza e la delimitazione dei focolai. Un sintomo essenziale della malattia di Hand è il grande contenuto in lipoidi, e precisamente mescolanze di lipoidi e grassi neutri ma soprattutto esteri di colesterina birifrangenti. Colesterina libera si trova in minor copia (rapporto di colesterina/esteri di colesterina nel normale 2-4 : 1, nel granuloma lipoideo 1 : 3-5). Il contenuto totale di colesterina del granuloma tende ad aumentare rispetto alla norma di 10-20 volte ( T H A N N H A U S E R e R E I N S T E I N ) cioè a 15,35 fino a 21,9 gr. di colesterina totale su 100 gr. di sostanza secca ( E P S T E I N ) .
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In primo luogo verrebbe supposto come causa dell'immagazzinamento di lipoidi l'instaurarsi di un disturbo del ricambio lipidico con ipercolesterinemia a t a l punto che i lipoidi cellulari, offerti dall'esterno in maggior quantità, verrebbero « immagazzinati ». T H A N N H A U S E R e M A G E N D A N T Z poterono t u t t a v i a dimostrare che il tasso di colesterina nel sangue costantemente corrisponde ancora alla norma. Anche il tessuto di organi privi di granuloma mostra valori normali (KUTS C H E R e V R L A ) . C o n c i ò è dimostrato che l'immagazzinamento di lipoidi, come nel morbo di Gaucher e nel morbo di Niemann-Pick è espressione di un disturbo primitivo del ricambio cellulare, che probabilmente si fonda su un disturbo dell'equilibrio degli enzimi intracellulari ( L E T T E R E R , T H A N N H A U S E R , K U T S C H E R e V R L A e altri). Numerosi autori ( C E E L E N , G O T T R O N , H E I N E , L E T T E R E R , L O R E N Z , S I E G W À T J E N e altri) poterono dimostrare che i granulomi della malattia di H a n d in un primo tempo non contengono quasi lipoidi (fase della proliferazione reticolo-istiocitaria pura e del granuloma privo di lipoidi, vedi sopra). Questi reperti ottenuti solo con metodi istochimici poterono venir ampiamente confermati da K U T S C H E R e V R L A con analisi chimiche. Con ciò è c o n f u t a t a la tesi discussa molte volte nella vecchia letteratura e recentemente di nuovo da A R N O L D (1944), secondo la quale un primitivo immagazzinamento di colesterina nel tessuto darebbe l ' a v v i o solo in v i a secondaria allo sviluppo del tessuto di granulazione. A R N O L D a v e v a pensato che, p. es. nel suo caso, i lipoidi già contenuti nelle cellule durante la prima fase del processo fossero però istochimicamente difficilmente o quasi per niente apprezzabili. L ' a c c u mulo di lipoidi nelle cellule schiumose del granuloma rappresenta perciò un fenomeno assai tipico, ma solo secondario della malattia di Hand. P r i m i t i v o e biologicamente attivo (distruzione dell'osso) è il tessuto di granulazione, le cui cellule, solo più tardi, per ragioni che sono ignote, subiscono la predetta alterazione del ricambio lipoideo. B a s t a accennare che le cellule schiumose non sono specifiche per la malattia di Hand. Forti immagazzinamenti di lipoidi in tipiche cellule schiumose mostrano p. es. le xantomatosi essenziali e sintomatiche, che si sviluppano in seguito ad una iperlipemia o ipercolesterinemia a genesi neuroendocrina. Ammassi di tali cellule si trovano inoltre, come espressione di un disturbo enzimatico e di ricambio cellulare, in infiammazioni croniche produttive specifiche ed aspecifiche, in tumori bruni, molto raramente nel linfogranuloma (pag. 784), nella distrofia lipoidea intestinale (pag. 1030), in tumori maligni, ecc. MUND,
Riassumendo, è da ritenere che l'accumulo di lipoidi nel granuloma della malattia di Hand sebbene reperto molto caratteristico, in ultima analisi però rappresenti un fenomeno secondario e perciò sia in grado di contribuire poco al chiarimento del quadro morboso. Il S. R . E . non viene colpito nella sua totalità da questo disturbo del ricambio lipoideo cellulare, ma unicamente le cellule di origine reticoloistiocitaria, partecipanti alla costituzione del granuloma ( S I E G M U N D , G O T T R O N , L E T T E R E R ed altri). valori di calcio, fosforo e fosfatasi non si allontanano dalla norma. P F E N e S C H U M M E L F E L D E R dimostrarono di recente che le parti del granuloma senza lipoidi (reazione plasmale) contengono aldeidi, le parti con lipoidi non ne contengono. I
NIGS
LE
IPERPLASIE
SISTEMICHE
DEI
TESSUTI
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ORGANI
EMOPOIETICI
809
Patogeneticamente le reticolosi essenziali del t i p o L e t t e r c r - S i w e , granuloma eosinofilo
delle ossa, granulomatosi
tifoidea
e il suo stadio di
cicatrice
fibrosa v e n g o n o considerate d a numerosi a u t o r i c o m e u n ' u n i t à nosologica (i). Perciò nelle singole sindromi deve trattarsi di determinate fasi di un processo unitario, le quali, come lasciano riconoscere prelievi bioptici, in diversi periodi di tempo, trapassano le une nelle altre e non raramente sono riscontrabili insieme, in unico caso. I 3 quadri morbosi mostrano concordemente nelle loro fasi iniziali una pura proliferazione delle cellule reticolo-istiocitarie. A l l a fase primaria della pura reticolosi seguono gli stadi della granulomatosi, con più o meno forte eosinofilia del tessuto (II), della granulomatosi lipoidea o della xantomatosi (III) e della fibrosi (IV). L a reticolosi essenziale del tipo LETT E R E R - S I W E offre istologicamente il quadro di una vera reticolosi ( i a fase), essa decorre così acutamente che i bambini (infanti e piccoli bambini) muoiono ancor prima che sia raggiunto il II stadio granulomatoso. A l secondo stadio corrisponde il granuloma eosinofilo delle ossa (bimbi e giovani), al terzo stadio la malattia di Hand (2). Il granuloma eosinofilo probabilmente guarisce di regola senza prima caricarsi di lipoidi. Altri suppongono che si attraversino regolarmente tutte e quattro le fasi. Per lo più si limita ad uno o più focolai ossei, la generalizzazione essendo assai rara. L a tendenza a guarire è quindi molto spiccata. L a malattia di Hand (bambini e adulti) abbraccia invece tutte e quattro le fasi, che, come accennato sopra, frequentemente sono dimostrabili le une accanto le altre o le une dopo le altre. L a malattia sta, per ciò che riguarda la sua tendenza a guarire e la prognosi, tra la malattia di Letterer-Siwe e il granuloma eosinofilo delle ossa. Poiché l'infiltrazione di leucociti eosinofili così caratteristica per il granuloma eosinofilo delle ossa interviene di regola, anche se non così spiccata, anche nella malattia di Hand, T H A N N H A U S E R propose di lasciar cadere il termine di « granuloma eosinofilo delle ossa » e « granuloma lipoideo » (malattia di Hand) e di sostituirli con la denominazione comprensiva « granuloma eosinofiloxantomatoso » (mono o poli-sintomatico o generalizzato). In base a t u t t o questo, in t u t t e e tre le sindromi si tratterebbe di un'unica speciale reazione infiammatoria ad un agente infettivo ignoto, forse di una malattia infettiva specifica. Altri autori effettivamente riconoscono, che le suddette 3 sindromi rispetto al loro substrato istomorfologico lasciano riconoscere nel tempo le stesse « fasi » e che occasionalmente diverse o t u t t e le « fasi » sono riscontrabili in uno stesso caso l'una accanto all'altra oppure anche una dopo l'altra, ma mettono bene in guardia, con ragione, di non concludere (1)
e altri,
AHLSTRÖM FÄRBER,
GLANZMANN,
WEHLIN,
BARTELS,
HADDERS FASHENA,
e
CLAIREAUX
e
LEWIS,
DRAGULSKY, FREUND
e
ENGELBRETH-HOLM
G E P T S e altri, e W A L T H A R D (1944), G O O D H I L L , G O T T R O N , G R E E N , G R O S S (lett.), H A N S E N , anche J A F F É e L I C H T E N S T E I N , K R Ü G E R MAC KELVIE e PARK, MALLORY, PIERANGELI, THANNHAU-
GROSSMANN
GLANZMANN
e J A C O X (1942), e altri, L O O V E e SER,
e
FREUD,
RIPPS,
WALLGREN.
(2) Forme di passaggio che fanno riconoscere direttamente lo svolgersi dello sviluppo progressivo della reticolosi pura verso il granuloma eosinofilo e il granuloma xantomatoso, hanno descritto tra gli altri W A L L G R E N , G L A N Z M A N N e W A L T H A R D , altre notizie in H A D D E R S .
8io
SANGUE
E
ORGANI
EMOPOIETICI
per una stessa genesi, soltanto sulla base di identità o somiglianza del substrato istomorfologico e sulla base dei cosiddetti quadri di passaggio, finché la loro eziologia è completamente ignota ( F R E S E N , G U T H E R T , H E N D E R S O N e altri, LETTERER,
NASCIMBENE,
PLIESS,
SYMMERS,
WALTHARD
e
ZUPPINGER,
WEBER
e altri).
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IPERPLASIE
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TESSUTI
ED
ORGANI
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EMOPOIETICI
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d) Reticoloendoteliosi o reticolosi 0 granulomatosi cronica a cellule epitelioidi: morbo di Boeck (M. B.); morbo di Boeck-Besnier-Schaumann; linfogranuloma 0 granuloma benigno; sarcoide (1) BOECK ha descritto per primo il sarcoide della pelle (sarcoide di Boeck). Nella sua forma diffusa esso è identico al lupus pernio (BESNIER). Allo stesso complesso di forme appartengono il sarcoide di Darier-Roussy e l'angiolupoide di Brocq-Pautrier. A SCHAUMANN spetta il merito di aver mostrato che il substrato istomorfologico caratteristico delle suddette affezioni cutanee è dimostrabile anche in altri organi. Oggi sappiamo di poterlo riscontrare in ogni organo. Non si tratta perciò nel M. B., com'era originariamente ritenuto, di una malattia in primo luogo della pelle, ma di un'infezione generale nella quale la pelle viene colpita solo occasionalmente ed anzi non con particolare frequenza. Il decorso è di regola molto cronico, decorsi fino a 10 anni (1) SLER,
MYLIUS
PAUTRIER,
e SCHÜRMANN, LEITNER,
KISSMEYER,
RICKER
WALDENSTROM,
C CLARK,
ROSTENBERG.
HANTSCHMANN,
DRES-
812
SANGUE
E
ORGANI
EMOPOIETICI
di durata (ma anche fino a 30 e perfino 40 anni) non sono affatto rari. Ammala preferibilmente il 3°-4° (fino al 50) decennio di vita, ma fondamentalmente ogni età. L'eziologia del M. B. è discussa. Con la maggioranza degli autori tedeschi e in particolare con la maggioranza dei patologi, noi ravvisiamo nel M. B. semplicemente una speciale forma di decorso della tubercolosi in un organismo fortemente sensibilizzato, a reazione euergica, forse con contemporanea rivirulentazione dell'agente patogeno (1). Altri negano decisamente la genesi tubercolare del M. B., e ritengono il M. B., una malattia ad eziologia ignota, o una particolare infezione probabilmente sostenuta da un virus ancora ignoto (2). Determinate caratteristiche costituzionali dovrebbero essere di una certa importanza per l'insorgenza della malattia. Per queste parla la completa e vasta concordanza del quadro morboso, abbastanza polimorfo di caso in caso, nei gemelli omozigoti (SHERER e KELLEY) e negli appartenenti ad uno stesso gruppo familiare (ROBINSON
e
HAHN).
Istologicamente si trovano sempre numerosi tubercoli a cellule epitelioidi, per lo più distribuiti uniformemente nell'organo, spesso disposti vicini ed occasionalmente confluenti, i quali mostrano una spiccata tendenza alla cicatrizzazione, alla sclerosi ed alla jalinizzazione. Distretti caseificati più piccoli sono riscontrabili soltanto eccezionalmente e del tutto isolati. RICKER e CLARK videro peraltro nel 35 % dei loro casi « necrosi fibrinoidi » che però sarebbero chiaramente distinguibili dalla caseificazione tubercolare. Il numero delle cellule giganti di Langhans è variabile. Esso è in generale scarso, talora le cellule giganti mancano del tutto. Si è sempre cercato di individuare delle particolarità istologiche che rendessero possibile una delimitazione del M. B. dalla Tbc. Tuttavia v a sottolineato che tutti questi criteri che saranno in seguito brevemente enumerati, sono aspecifici e si possono anche dimostrare in altre forme di sviluppo della Tbc. Così le cellule epitelioidi del M. B. si dovrebbero colorare più difficilmente. Le cellule giganti di Langhans sarebbero più grandi, esse avrebbero più nuclei e questi ultimi sarebbero più diffusamente sparsi nel corpo cellulare (NICKERSON). Le cellule giganti contengono occasionalmente corpi estranei doppiamente contornati, in parte disposti concentricamente (corpuscoli di Schaumann, fig. 246), in parte in forma di stella (astrosfere o astroid bodies, fig. 247) e corpi estranei di altra forma, che tra l'altro sono costituiti da lipoidi fagocitati (anche cristalli), fibre elastiche distrutte (BECKER, bibliografia), resti di capillari trombizzati (LINZBACH, fig. 248) oppure emorragie. TEILUM li interpreta come precipitati cristallini proteici nella iperglobulinosi allergica. Tuttavia esse (1)
MYLIUS
KALKOFF, (2) altri.
FREY,
e
SCHURMANN, ZIMMERMANN
PAUTRIER,
ZIELER,
BERBLINGER, e MANN
NIEPER
e
WÀTJEN,
molti
GUTHERT,
LEITNER,
Lett.,
altri.
(NORDMANN),
ZÒBISCH,
ROSTENBERG,
lett.
e
LE
IPERPLASIE
SISTEMICHE
DEI
TESSUTI
E D ORGANI EMOPOIETICI
813
F i g . 246. C e l l u l a g i g a n t e p o l i n u e l e a t a di tipo I . a n g h a n s . Nel mezzo un corpicciolo a s t r a t i f i c a z i o n e c o n c e n t r i c a , c o s i d d e t t o c o r p u s c o l o di S c h a u m a n n .
F i g . 247. C e l l u l a g i g a n t e p o l i n u e l e a t a tipo L a n g h a n s . N e l centro un v a c u o l o c o n t e n e n t e u n a c o s i d d e t t a astrosfera.
8I4
SANGUE E ORGANI EMOPOIETICI
contengono sicuramente anche parti di natura inorganica come ferro e fosfati (cfr. ENGLE). Sull'ingrandimento dell'apparato centrale delle cellule epitelioidi e delle cellule giganti di LANGHANS cfr. HAMPERL. L'alone di linfociti circostanti ai noduli è nel M. B. particolarmente stretto. I granulomi nel M. B . non contengono molte fibre reticolari. Infine è una caratteristica del M. B. la tendenza dei noduli alla guarigione per cicatrice, cioè per sclerosi ed jalinizzazione, sebbene in questo modo guariscono tutti i tubercoli, per quanto lo consente lo stato di difesa generale. Tali quadri sono oggi noti a sufficienza ad ogni patologo, dopo l'introduzione degli antibiotici nella terapia della Tbc. (particolarità e bibliografia in LEITNER).
Fig. 248. Capillare trombizzato attorno al quale si trovano numerosi nuclei; secondo LINZBACH si t r a t t a di una cellula gigante plurinucleata in formazione che è sul punto di fagocitare il capillare trombizzato.
Occasionalmente nel M. B. si trovano alterazioni istologiche, che si allontanano dal tipico reperto, così già K Y R L E notò che affezioni cutanee recenti lasciano riconoscere in prevalenza un infiltrato linfocitario perivascolare e solo isolate cellule epitelioidi. Reperti simili sono descritti da ZOLLINGER. NIEPER (NORDMANN) osservò delle sclerosi che egli riconduce direttamente alla proliferazione dei fibroblasti. Mancavano cellule epitelioidi. Le tipiche alterazioni del M. B. si trovano talora solo in un punto 0 in pochi organi, altre volte in molti organi e tessuti. Occasionalmente si ha una spiccata generalizzazione (tab. X V ) . Con la maggior frequenza sono colpiti gli organi particolarmente ricchi di tessuto reticolare, così quasi sempre i linfonodi, un po' meno milza e fegato, pure di frequente i polmoni. Più di rado sono alterati gli occhi (20-25 %)» l a pelle (15-25 % ) ed il midollo osseo.
LE IPERPLASIE SISTEMICHE DEI TESSUTI ED ORGANI EMOPOIETICI
815
I linfonodi ammalano molto frequentemente in gran numero e sono spesso notevolmente ingrossati singolarmente o in gruppi (con particolare frequenza nel mediastino, ma possono alterarsi tutti). Essi sono di colore grigio-biancastro, grigio-rossastro o grigio-giallastro. Talvolta i granulomi epitelioidi si lasciano intravedere già ad occhio nudo come fini noduli miliari grigio-biancastri. Non di rado la diagnosi è però verificabile, istologicamente, anche in linfonodi non sospetti macroscopicamente. La milza è frequentemente alterata e talvolta notevolmente ingrossata (1500 gr. e più, ed in un caso di KAY 4800 gr.). Di consistenza media essa è di colorito dal grigio rossastro al grigio bruno. Sulla superficie di taglio si trovano numerosi noduli, vitrei, da grigio biancastri a grigio rossi, piccoli, qualche volta grossi come un pisello. L'organo può somigliare ad una milza porfiroide. I granulomi originano spesso dai tessuti perivasali, per es. dai vasi delle trabecole e dalle arterie dei follicoli ma si trovano anche, benché più di rado, nella polpa rossa. Occasionalmente si possono osservare conglomerati di tubercoli di dimensioni maggiori. TABELLA MONO-
O
XV.
—
MANIFESTAZIONI
FOLISINTOMATICHE
O
DEL
MORBO
GENERALIZZATE,
DI
BOECK,
modificate da
LEITNER.
1. O c c h i :
a) U v e o p a r o t i t e (sindrome d i Heer/ordt) e l ' i r i d o c i c l i t e nelle altre f o r m e d i M. B . A l t r e localizzazioni: c h e r a t i t e , retinite, c o n g i u n t i v i t e ; b) M a l a t t i a d i Mikulicz-,
2. P e l l e :
a) b) c) d)
Sarcoide d i Boeck o lupoide miliare; L u p u s pernio (Besnier)-, Sarcoide di Darier-Roussy-, Angiolupoide di Brocq-Pautrier-,
3. O s s a :
osteite m u l t i p l a cistoide (Jüngling),
4. L i n f o n o d i :
linfogranulomatosi benigna (Schaumann) l i n f o m a granuloso (v. Baumgarten) c. d. l i n f o m a di Schüppel
5. P o l m o n i :
f o r m e t o r p i d e di tubercolosi disseminata (Assmann-Hantschmann, Schaumann) o f o r m a m i c r o n o d u l a r e , a grossi nodi, e superficiale della localizzazione g l a n d u l o - p o l m o n a r e (Leitner);
Forme generalizzate :
assai r a r a ;
iperplasia universale, a grosse cellule, sclerosante, Mylius e Schiirmann; reticolosi o g r a n u l o m a t o s i c r o n i c a a cellule epitelioidi, Leitner; tubercolosi m i l i a r e a cellule epitelioidi, Güthert e c o l l a b o r a t o r i .
Le corrispondenti alterazioni nell'ambito di altri organi (cfr. tab. 15 e inoltre fegato, muscolatura cardiaca e scheletrica, membrane sierose, tratto digerente, tiroide, pancreas, prostata, testicoli, ghiandole salivari, cervello, meningi, ecc.) sono trattate nei corrispondenti capitoli del testo. Alterazioni della parete vasale specifiche ejo aspecifiche, nel senso di endoperi- o panarteriti del cuore, cervello, reni ed altrove possono causare talora gravi disturbi di nutrizione del tessuto e corrispondenti manifestazioni cliniche di deficit (STAHELIN, W À T J E N , ROSENTHAL, SPENCER e altri, ZOLLINGER).
8i6
SANGUE E ORGANI
EMOPOIETICI
Il quadro ematico non è specifico. Nel sangue circolante si nota talvolta eosinofilia e monocitosi, particolari in BRUSCHI e H O W E , L E I T N E R . Nel midollo osseo per lo più un leggero spostamento a sinistra della serie bianca ed eosinofilia, eventualmente un aumento delle cellule reticolari linfoidi (particolarità ed informazioni sulle rare alterazioni midollari splenogene in L E I T N E R , e in C A T T E L e W I L S O N ) . Frequentemente si trova uTi'iperglobulinemia, che viene messa in relazione con l'aumentata produzione di anticorpi. Fu osservata anche ipercalcemia (WESTA e V I S S E R , lett.). I granulomi specifici solo molto di rado cagionano la morte direttamente. Tra l'altro possono dar luogo a morte: insufficienza miogena e/o disturbi di conduzione in seguito ad un sarcoide del cuore, insufficienza destra del cuore per forte interessamento dei polmoni, l'apparizione di conseguenze mortali in endoarteriti obliteranti (vedi sopra) o nel sarcoide del cervello, occasionalmente diabete insipido. Già sopra venne rilevato che l'eziologia del M. B . è discussa. Quali responsabili sono stati considerati accanto ai bacilli tbc. prima di t u t t o virus non ben definiti, inoltre funghi, brucelle, ecc. Inoltre altri vedono nel M. B . una reazione allergica ad uno o più agenti. Contro la concezione del quadro morboso come forma e v o l u t i v a speciale della T b c . (vedi sopra) viene messo in campo il f a t t o che i bacilli tbc. sono esattamente dimostrabili solo di rado e che la reazione alla tubercolina è per lo più negativa. Per la genesi tubercolare parlano i seguenti punti: i . il substrato istomorfologico tipico del M. B., cioè u n granuloma a cellule epitelioidi tendente alla sclerosi, non si può distinguere da sicura T b c . 2. L a dimostrazione dei bacilli è assai difficile in t u t t e le forme di T b c . p r o d u t t i v a , quindi non ci si può meravigliare che nel M. B . essa fallisca di regola nelle sezioni istologiche, e che in culture o in ricerche su animali riesca solo in certi casi e spesso solo con l'applicazione di certe tecniche particolari (passaggio
in
animali,
ecc.)
(KALKOFF,
KALKOFF
e
MOHR,
BERBLINGER,
LEITNER). DOEPFMER molto recentemente, riferisce di n u o v o risultati negativi anche con l'uso di diversi passaggi. 3. Nella lebbra tubercolare iperergica che è molto simile al M. B., si t r a t t a di un modo di reazione sicuramente provocato da bacilli della lebbra, che interviene sia nelle pelle come nei linfonodi regionali, di rado passa nella forma lepromatosa, m a in molti casi guarisce spontaneamente ed inoltre è riconoscibile per u n a reazione di Mitsuda, fortemente positiva. Proprio queste reazioni mostrano che il granuloma a grosse cellule epitelioidi è espressione molto più di uno speciale stato di reazione dell'organismo che di un'infezione specifica. Il f a t t o che anche nella lebbra tuberculide a cellule epitelioidi, i bacilli di Hansen non sono o sono assai poco dimostrabili, si accorda con i reperti sul sarcoide di Boeck. A d ogni modo in base alla m a n c a n z a di bacilli tubercolari non si può concludere che il M. B . non sia di n a t u r a tubercolare. 4. D a non pochi autori e anche da noi sono stati osservati
LE
IPERPLASIE
SISTEMICHE
DEI
TESSUTI
ED
ORGANI
EMOPOIETICI
817
sempre nuovi casi che dapprima dovettero venir considerati come tipici del M. B., ma che poi in successive biopsie e soprattutto all'autopsia mostrarono il quadro della Tbc. caseificata. Simili forme di decorso sono frequenti specialmente presso i negri, nei quali la malattia tubercolare segue notoriamente di regola un decorso grave ( I R G A N G ) . Tali osservazioni mostrano con tutta chiarezza che lo stato di immunità normergico caratteristico del M. B. può venire in ogni momento alterato e che uno stato di difesa meno favorevole porta poi ad una grave reazione allergico-iperergica (fenomeno di Arthus) con caseificazione più o meno estesa (cfr. anche il caso di STÀHELIN) . Un simile mutamento dello stato immunitario è straordinariamente caratteristico proprio per la Tbc. 5. La tubercolinoreazione negativa oppure anche debolmente positiva si comprende supponendo con L E I T N E R (ed anche G U T H E R T ) che gli anticorpi vengono staccati subito dai bacilli tubercolari nel posto della loro origine nei granulomi. Si dovrebbe anche pensare ad una eccessiva stimolazione del S. R. I. nel senso di una malattia di adattamento.
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7. P A T O G E N E S I E D E Z I O L O G I A D E L L E R E T I C O L O S I E G R A N U L O M A T O S I (G.OSI)
(R.OSI)
Le discussioni soprariportate lasciano riconoscere che l'eziologia delle iperplasie sistemiche del sistema reticolo-endoteliale è nota solamente in parte, così che noi dobbiamo contrapporre alle R.osi reattive e alle R.osi concomitanti da cause note le R.osi essenziali a eziologia ignota. Indichiamo queste ultime come R.osi in senso più stretto, mentre le R.osi ad eziologia nota sono entrate, con poche eccezioni, in unità patologiche alle quali appartengono dal punto di vista eziologico (vedi pag. 752). Lo stesso vale, coeteris paribus, per le granulomatosi. Uno sguardo alle R.osi e alle G.osi ad eziologia nota (pag. 752) mostra che esse formalmente sono omogenee, eziologicamente al contrario sono della genesi più disparata. Questo vale molto verosimilmente anche per le R.osi e per le G.osi oggi ancora ad eziologia ignota. Tutte le R.osi e le G.osi però a nostro giudizio non hanno solo comune morfologia, m a anche una comune patogenesi formale. Molto verosimilmente alla base di tutte sta un unico « meccanismo » in modo tale che un unico sistema ben definito come il S. R. I. viene stimolato in modo molto forte, non raramente perfino oltre la misura che ci appare, e con ciò viene a prodursi un'iperplasia, che crescendo si estende a tutto il sistema (generalizzazione sistemica). L a t e s i d e l l a natura tumorale si o p p o n e a q u e s t a o p i n i o n e (1). I n a n a l o g i a c o n l a l e u c o s i ( v e d i p a g . 8 7 7 e segg.) n o n p o c h i a u t o r i v e d o n o a n c h e n e l l e R . o s i t u m o r i con diverso grado di
malignità, anche squisitamente
maligni; alcuni pensano
c h e i p r i m i t r a p a s s i n o s e n z a l i m i t i n e t t i n e g l i u l t i m i (2). G l i a u t o r i c h e p e n s a n o p i ù a d u n t u m o r e b e n i g n o , a m m e t t o n o l'origine a u t o c t o n a
i n essi d e l l a p r o l i -
f e r a z i o n e cellulare, g l i a l t r i a m m e t t o n o u n t u m o r e p r i m i t i v o c i r c o s c r i t t o ,
dal
q u a l e d e r i v a assai r a p i d a m e n t e u n a m e t a s t a t i z z a z i o n e g e n e r a l i z z a t a « i s t o o m o l o g a » n e l s i s t e m a , cosi c h e il t u m o r e p r i m i t i v o d i r e g o l a n o n è p i ù d i m o s t r a b i l e nel m o m e n t o in cui la m a l a t t i a v i e n e riconosciuta c o m e tale. L e cellule retico-
(1) RÖSSLE, APITZ, DÖRING, AHLSTRÖM, FRESEN e molti altri. (2) RÖSSLE, W Ä T J E N , V. d. M E E R e ZELDENRUST, ZELDENRUST, F R E S E N ed altri.
LE
IPERPLASIE
SISTEMICHE
DEI
TESSUTI
ED
ORGANI
EMOPOIETICI
8IG
lari metastatizzanti potrebbero colonizzare nell'impalcatura di fibre reticolari preesistente in situ. L a R.osi si distinguerebbe in certi punti dal tipico quadro della neoplasia maligna, specialmente dal carcinoma per il fatto che il S. R . E. al contrario dell'epitelio e del tessuto connettivo comune (sarcomi) possiede proprietà particolari (cfr. pag. 877). Al che si deve obiettare che il carattere tumorale delle R.osi non si può dimostrare dal punto di vista morfologico. Gli argomenti che saranno riportati a pag. 880 contro la interpretazione tumorale delle leucemie, sopra i quali si discuterà a fondo, valgono anche qui. Un tumore primitivo non fu mai esattamente dimostrato. L a generalizzazione irregolare simula talvolta una « metastatizzazione graduale nel sistema ». Un tessuto, che appare ubiquitario nel corpo e con forte proliferazione schiaccia il parenchima che lo ospita, viene facilmente a simulare una crescita infiltrante a carattere aggressivo-distruttivo e non sempre rispetta i confini degli organi. Segue l'iperplasia in distretti circoscritti, così possono costituirsi alterazioni similtumorali, le quali nella storia della medicina hanno sempre dato spunto ad errori di interpretazione (Tbc. come tumore). Sia appena ricordato a questo riguardo che granulomi similtumorali che distruggono le strutture di fondo compaiono anche in G.osi a eziologia infettiva conosciuta (lebbra, Tbc, ecc.) ed in granulomi a genesi ignota, che si risolvono spontaneamente, come il granuloma eosinofilo delle ossa o che per lo meno hanno la tendenza alla risoluzione locale, come per es. la granulomatosi lipoidea. R.osi nodulari della pelle in certe circostanze regrediscono spontaneamente durante le remissioni. Sull'importanza dell'atipia cellulare e nucleare come criterio di malignità cfr. alla pag. 778. Quanto più è generalizzata l'iperplasia sistemica, tanto più infausta è la prognosi. Il fatto che la maggior parte delle R.osi in senso stretto finiscano in modo letale, non parla per la teoria tumorale, perchè ci sono molte « malattie maligne » che non hanno nulla a che fare con un « tumore maligno ». A nostro giudizio le R.osi e le G.osi nel loro complesso sono iperplasie sistemiche reattive ( 1 ) . D E E L M A N definisce le R.osi come « reazione a qualcosa di ignoto ». Il meccanismo morfogenetico comune a tutte le R.osi e G.osi consiste probabilmente nel fatto che le cellule reticolari non possono sufficientemente adempiere alle loro molteplici funzioni (pag. 618). Così insorge un'insufficienza che l'organismo si sforza di compensare stimolando con meccanismi riflessi neuroumorali quelle cellule o quel sistema cellulare che si trova nella condizione di riparare l'insufficienza periferica (pag. 723). Un'iperplasia sistemica del S. R . I. è possibile con questa premessa quando, p. es., un disturbo cellulare del ricambio, della maturazione cellulare o altro non permette il pareggio funzionale; ogni tentativo di compensazione è infruttuoso in queste condizioni (frusto), la stimolazione rimane perciò bloccata o diviene ancor più forte. Così si sviluppa un'iperplasia sistemica di continua crescente estensione (vedi pag. 862) (2). In altri casi la ragione dell'iperplasia sistemica è probabilmente da ricercare soprattutto in una disfunzione del sistema regolatore in maniera tale che
(1)
CAZAL,
DEELMANN,
(2) R e p e r t o simile dopo liouracile.
GILLMAN
e
altri,
si vede p. es. nella
WISEMAN,
stimolazione
SCHALLOCK.
e iperplasia della tiroide
820
SANGUE
E
ORGANI
EMOPOIETICI
una reazione fondamentalmente fisiologica viene spinta oltre il fine necessario (i). L a variabilità delle sindromi cliniche e morfologiche diviene comprensibile quando noi teniamo presente l'entità e la maniera (quantità e qualità) secondo le quali l'organismo reagisce direttamente in un determinato periodo, che non dipende solo dalla noxa che causa la reazione, ma anche decisamente dalla disposizione alla reazione nella quale si trova l'organismo (costituzione e disposizione), per cui la reazione può essere anergica, normergica, euergica, iperergica o dichiaratamente disergica. Si pensi al sarcoide di Boeck, che forse deve la sua origine al fatto che l'agente depresso nella sua virulenza si trova in un organismo euergico largamente adattato. Se le R.osi e le G.osi dal punto di vista morfogenetico hanno verosimilmente t u t t e un'unica base, esse comprendono d'altra parte dal punto di vista etiogenetico una gran quantità di malattie di genesi differente. Quanto più le nostre conoscenze sull'eziologia delle R.osi e delle G.osi si vanno estendendo, tanto più fortemente si riduce il gruppo delle « R.osi e delle G.osi di più stretta determinazione concettuale » già in sé assai rare (cosiddetto « groupe d'attente » secondo R O U S S Y e O B E R L I N G , vedi anche S T E R N B E R G ed altri). Soprattutto sarebbe meglio far uso del concetto di « reticulosi » solamente per contraddistinguere dal punto di vista puramente descrittivo un reperto istologico, ma non perciò associare la rappresentazione di uno o più quadri tipici morbosi. Volendo discutere ( C A Z A L ) i fattori o i gruppi di fattori che possibilmente cagionerebbero R.osi e G.osi oggi non ancora spiegate dal punto di vista eziologico, si cercano di preferenza per analogia soprattutto quadri morbosi ad eziologia nota (vedi pag. 752). Noi accenneremo solo le più importanti relazioni in seguito. Infatti si è sempre posta in discussione la genesi infettiva, e allergica
(SYMEONIDES) O reumatica
tossicochimica
(ESSER e SCHMENGLER) d e l l e R . o s i e
delle G.osi. Così prima di tutto si è pensato ad un'attivazione del S. R . I. (2) di natura tubercolotossica (3). Viene discussa anche la genesi virale. Secondo C A Z A L forse certi germi giocherebbero il ruolo di « battistrada » per la diffusione dei virus « reticulotropi ». Nondimeno è da riflettere che un S. R . I. funzionalmente non integro favorisce l'inizio di una banale infezione o ne peggiora il decorso; gli infetti e le infezioni occasionalmente interpretati come causa di « reticolosi infettiva » spesso rappresentano infatti un avvenimento secondario. Venne menzionato (a pag. 753) che un disturbo primitivo del ricambio cellulare endogeno (vedi malattie d'accumulo) o esogeno (dopo iniezione di Tripanblau, G I L L M A N N e altri, nell'anemia perniciosa) sulla base del meccanismo discusso a pag. 818, può provocare un'iperplasia sistemica del S. R . I. f. Come esempio tipico a questo riguardo noi descrivemmo a pag. 753 la reticolosi che accompagna l'anemia perniciosa. W I S E M A N nel 1948 ha supposto, in analogia a ciò, che nelle R.osi e nelle leucosi mancano momentaneamente una o più sostanze o principi attivi, la cui mancanza similmente alla (1) Reperto identico si vede p. es. nelle paratiroidi in caso di osteodistrofia fibrosa generalizzata. (2) Ai bacilli tubercolari, fatta eccezione per il sarcoide di Boeck, non spetta alcuna importanza dal punto di vista eziologico. (3) GIRAUD e CAZAL, LUPU e BRAUNER, V. TORNE, WYSCHEGORODZEWA e altri.
L E I P E R P L A S I E S I S T E M I C H E DEI T E S S U T I E D O R G A N I EMOPOIETICI
821
carenza di vitamina B 1 2 , provoca insufficienza delle cellule R. I. La conseguente iperplasia sistemica sarebbe espressione unicamente di un tentativo di compensazione reattiva, che tuttavia resta senza successo, fin tanto che la sostanza mancante non può essere rimpiazzata. Forse tossine di natura infettiva e chimica e virus producono primitivamente analoghi disturbi di ricambio c e l l u l a r e , UOTILA e SIMÓLA
(carenza di v i t a m i n a A), e poi BABUDIERI e
Coli,
(carenza di vitamina C), mostrarono sperimentalmente che una carenza vitaminica, probabilmente, secondo la strada suddetta, attraverso un primitivo disturbo di ricambio cellulare, può originare una R.osi. M A N Z I N I produsse sperimentalmente nel coniglio, mediante introduzione di acido silicico finemente ripartito una R.osi sistemica « iperplastica », che rappresenta probabilmente un'iperplasia compensante il blocco delle cellule (da acido silicico). Con contemporanea aggiunta di piccole quantità di colesterina si provoca il quadro istologico di una
e
0
SINTOMI
. S C H M I D T , B A U E R , DIC.GS e a l t r i . 6 ) E P P I N G E R , L U B A R S C H , G A S S E R . N E U MARK e a l t r i . 7 ) L Ä D E R I C H E a l t r i , E P P I N G E R , G Ä N S S L E N . I ' I K L A Y S O N , 13ARLOW e S H A W C O S T E A M B R E C H T , P E N F O L D . I O ) B A T Y e a l t r i , W H I P P L E e B R A D F O R D , W O L L S T E I N , e K R E I D L e a l t r i . 1 1 ) G A N S S L E N . G R I N N A U , V. L E E U W E N . M A N D E V I V L E , M O O R E . V O G T e
LE
numerose
goccioline
ANEMIE
911
EMOLITICHE
e sferette che danno
reazione
positiva
d e l ferro. Il
t e s s u t o r e t i c o l a r e d e l l a p o l p a t a l v o l t a si p r e s e n t a a m a g l i e p i ù g r o s s o l a n e , le
fibre
una
reticuliniche possono trasformarsi in collagene; è s t a t a
fibroadenia
i così
detti
ed inoltre emorragie
noduli
di
Gandy-Gamna
e deposizioni (EPPINGER,
descritta
di ferro e di CEELEN,
calcio,
NEUMARK).
N o n esiste u n q u a d r o della m i l z a che sia p a t o g n o m o n i c o per l ' a n e m i a e m o litica, n e m m e n o a carico dei vasi, come a v e v a a m m e s s o
EPPINGER.
Il fegato ed i linfonodi di regola non sono m o l t o ingrossati. P e r altri part i c o l a r i s o p r a l ' i s t o p a t o l o g i a v e d i in EPPINGER, GASSER, G R A F , G R I P P W A L L , GUIZZETTI, ISRAEL-WILKINSON, K L E E B A A T , LUBARSCH, MEULENGRACHT,MINKOWSKI, NEUMARK, SCHRIDDE, SJÒVALL e IVERSON, STERNBERG, THOMPSON. L a patogenesi d e l l ' a n e m i a e m o l i t i c a c o n g e n i t a e r e d i t a r i a è s e m p r e t u t t o r a discussa (bibl. nelle opere speciali). C o n t u t t a p r o b a b i l i t à l ' e m o l i s i p i ù i n t e n s a r i s p e t t o a l l a n o r m a è d a spiegarsi c o n u n o s t a t o d i d e b o l e z z a d e g l i eritrociti (vedi sopra), d i s t u r b o c o n g e n i t o su b a s e e r e d i t a r i a a c a r a t t e r e d o m i n a n t e . I n a p p o g g i o a q u e s t a ipotesi p a r l a n o in m o d o d e c i s i v o i r i s u l t a t i o t t e n u t i c o n t r a s f u s i o n i c r o c i a t e . A l t r i a u t o r i c o n s i d e r a n o i n v e c e l a « I p e r s p l e n i a » il solo f a t t o r e p a t o g e n e t i c o o p e r lo m e n o che h a u n a i m p o r t a n z a p r e v a l e n t e . C o n t u t t a p r o b a b i l i t à l a m i l z a è l ' o r g a n o nel q u a l e g l i eritrociti a l t e r a t i o p p u r e p r o n t i p e r essere d e m o l i t i a c a u s a d e l l a loro d e b o l e z z a d i n a t u r a e n d o g e n a , v e n g o n o s o t t o p o s t i a l l ' a z i o n e d i « emolisine fisiologiche » (per q u a n t o r i g u a r d a la lisolecitina c f r . p a g . 1099). P r o b a b i l m e n t e la s p l e n o m e g a l i a è d a considerarsi c o m e u n a iperplasia di a d e g u a m e n t o a l l ' a u m e n t a t a d i s t r u z i o n e d i eritrociti c o n d e b o l e z z a e n d o g e n a ; q u e s t a iperplasia t a l v o l t a v a oltre lo scopo. L ' i m p o r t a n z a d e l l a ipersplenia q u a l e e s s e n z i a l e f a t t o r e p a t o g e n e t i c o è c o n f e r m a t a d a l f a t t o che gli e r i t r o c i t i nella v e n a splenica, a l l ' o p p o s t o di ciò che a v v i e n e in a l t r e p r o v i n c i e del circolo s a n g u i g n o (specialmente n e l l ' a r t e r i a lienalis) p r e s e n t a n o u n a u m e n t o d e l loro indice sferico ed u n a b b a s s a m e n t o d e l l a loro r e s i s t e n z a . L a v e n a s p l e n i c a c o n t i e n e m a g g i o r e q u a n t i t à di b i l i r u b i n a . D o p o s p l e n e c t o m i a la sferocitosi m i g l i o r a t a l v o l t a in m o d o n o t e v o l e , p e r ò m a i s c o m p a r e c o m p l e t a m e n t e p e r c h é a l t r i d i s t r e t t i v a s a l i e n t r a n o a p o c o a p o c o in f u n z i o n e c o m p e n s a t o r i a d e l l a m i l z a . L e crisi e m o l i t i c h e v e n g o n o r i p o r t a t e ad i m p r o v v i s e a u m e n t a t e p r e s t a zioni f u n z i o n a l i d e l l a m i l z a e sono c a u s a t e d a infezioni, e c c . (più i n t e n s a a t t i v i t à d e l l a lisolecitina, ecc.). R e c e n t e m e n t e a l c u n i A A . riuscirono a d i m o s t r a r e la p r e s e n z a di c e r t e emolisine (1), s p e c i a l m e n t e d u r a n t e le crisi e m o l i t i c h e , la c u i f o r m a z i o n e è d a i m p u t a r s i al s i s t e m a r e t i c o l o e n d o t e l i a l e , s o p r a t t u t t o a q u e l l o d e l l a m i l z a . È t u t t o r a c o n t e s t a t o il f a t t o che la a b n o r m e p r e s t a z i o n e f u n z i o n a l e del S . R . E . sia e r e d i t a r i a e che p e r l'emolisi p i ù i n t e n s a sia da ritenere responsabile s o l t a n t o la p r i m a r i a l a b i l i t à d e g l i eritrociti (ciò è conf u t a t o d a i r i s u l t a t i d e l l a t r a s f u s i o n e c r o c i a t a ) . I n q u e s t o senso si c o n s i d e r e r e b b e l ' a n e m i a s f e r o c i t i c a c o m e u n a m a l a t t i a c o n g e n i t a e r e d i t a r i a d e l s i s t e m a ret i c o l o e n d o t e l i a l e in p a r t i c o l a r e di quello d e l l a m i l z a (ipersplenia). (1) Le emolisine non erano dimostrabili in molti casi (TILERSON, HEILMEYER) * secondo BAUMGARTNER non si è riusciti finora a metterle in evidenza, cfr. anche pag. 902.
912
SANGUE
E
ORGANI
EMOPOIETICI
Concludendo, possiamo affermare che la debolezza primaria ed ereditaria degli eritrociti rappresenta senza dubbio il presupposto necessario per l'insorgenza della malattia, ma che le condizioni reattive dell'organismo, in particolar modo l'influenza del sistema reticoloendoteliale e più precisamente ancora l'influenza del S. R. E. della milza, sembra essere di decisiva importanza per il grado della emolisi. Probabilmente la milza stimolata (oppure il sistema reticoloendoteliale in toto) è capace di esercitare una più energica influenza sopra la distruzione umorale (!) degli eritrociti endogeneticamente compromessi e pronti per essere demoliti; probabilmente questa tendenza assume forme a tipo di crisi particolarmente intense, che possono essere talvolta addirittura patologiche (disregolazione), come ad es. si riscontra nella stimolazione di origine infettiva del sistema reticoloendoteliale. Rimane ancora da chiarire se si possa aggiudicare alla milza, oppure al S. R. E., una influenza sopra la formazione nel midollo osseo degli eritrociti con debolezza endogena; però le crisi depressorie talvolta messe in evidenza non hanno nulla a che vedere con ciò (vedi pag. 912). Le caratteristiche della costituzione emolitica sono del tutto evidenti nella maggior parte dei casi. La forma di cranio a torre, di cranio rotondo o quadrato e la brachicefalia sono presenti nel 60 % dei casi. Ricordiamo inoltre quali segni caratteristici il naso a radice piatta e retratta, la spiccata distanza fra gli angoli palpebrali med., la forma mongoloide o negroide del viso, le anomalie della mascella e dei denti, ecc. Queste deformità scheletriche sono tutte da ricondurre all'iperplasia del midollo osseo (GAENSSLEN). Altre malformazioni clic capita di osservare qualche volta, come ad es. la brachidattilia oppure la sindattilia e la polidattilia, le malformazioni del cuore, dell'occhio, ecc. debbono essere genotipicamente legate con la alterazione ereditaria degli eritrociti (HEILMEYER). Sono state frequentemente osservati dei disturbi endocrini: mixedema, insufficienza plurighiandolare, infantilismo, nanismo, malformazioni che vengono riferite in parte all'ipersplenia (pag. 1098).
2. E L L I T T O C I T O S I
CONGENITA,
COSTITUZIONALE O OVALOCITOSI. A N E M I A E M O L I T I C A E L L I T T O C I T I C A OD O V A L O C I T I C A (1) La deformazione congenita, ereditaria a carattere dominante degli eritrociti, di tipo elettocitosico od ovalocitosico compare in tutte le razze, senza presentare generalmente una sintomatologia clinica (portatore dei (1)
Cfr. la nota di fondo a pag. 9 1 2 , inoltre G A E N S S L E N , G A S S E R , G U A S C H , (bibl.), R O T T E R , T E R R Y - H O L L I N G S W O R T H (Path. Anat.),
RAICHS, LAMBRECHT
GUASCH
e
VISCHER.
LE ANEMIE
EMOLITICHE
913
caratteri ereditari senza sintomi); anche il midollo osseo non è iperplastico. Soltanto in una piccola parte di tali portatori gli eritrociti deformati vengono emolizzati su .più larga scala; poi insorgono anemie più o meno emolitiche, talvolta anche in forma grave, accompagnate da tutte le conseguenze descritte a pag. 903 e segg. (cfr. tabella X I X ) . L'anemia può essere compensata per lungo tempo oppure in modo permanente. L a milza presenta, quando è ingrossata, una consistenza solida, una superfìcie di taglio rosso scuro e dei follicoli a contorni non netti. Microscopicamente si notano: iperemia ed una proliferazione connettivale eventualmente perivascolare, altrimenti per il resto atipica. Patogenesi. — L a dimostrazione di una aumentata eliminazione qualitativamente abnorme di porfìrina nell'urina (1) ( B R U G S C H ) fa supporre che la debolezza congenita degli eritrociti sia dovuta ad un disturbo del ricambio dell'emoglobina. L a deformazione degli eritrociti avviene soltanto nel sangue circolante.
3. M E N I S C O C I T O S I C O N G E N I T A , C O S T I T U Z I O N A L E O D R E P A N O C I T O S I , « S I K L E M I E ». ANEMIA A CELLULE MENISCOCITICA
FALCIFORMI,
O DREPANOCITICA
(2)
L a meniscocitosi o drepanocitosi congenita, ereditaria a carattere dominante compare in assoluta prevalenza nella razza negra. D a l 5 fino al 15 % dei negri ed in alcuni stipiti persino dal 28 al 40 % sono portatori del carattere ereditario (3) (Merkmalstràger). Nella maggior parte dei casi essi non presentano alcuna sintomatologia; soltanto nel 2-10 % dei portatori dei caratteri ereditari oppure nello 0,6 % di t u t t i i negri è presente una anemia emolitica più o meno grave (che insorge nella maggior parte dei casi nell'infanzia), con crisi emolitiche tipiche (4). Nei casi di anemia manifesta la prognosi è infausta poiché raramente i malati sopravvivono oltre il 3 0 decennio di vita. I portatori dei caratteri ereditari « sani » sono spesso individui costituzionalmente deboli, predisposti alle infezioni, di costituzione infantile, ecc. (1) Questa eliminazione è dimostrabile soltanto nei casi in cui è presente anemia; non si osserva nei portatori puri. (2) HERRICK (1910), cfr. la nota di fondo a pag. 912. Per altri particolari e per la b i b l i o g r a f i a , c o n s u l t a r e BAUER, H U C K . A r t i c o l o d i f o n d o d e l LANCET, J A F F É , JELIFFE, SMITH, SYDENSTRICKER, V A U B E L , WINTROBE. (3) BAUER, DIGGS e C o l i . , JELIFFE, JOSEPHS, v . D. SAR, WINTROBE e d (4) BAUER, 58 —
KAUFMANN
COOLEY I
e
LEE,
MULHERIN
e
HOUSEAL,
SYDENSTRICKER
altri, bibl. ed
altri.
gi4
SANGUE
E
ORGANI
EMOPOIETICI
Nei casi di più intensa emolisi, soprattutto quelli in cui l'anemia è manifesta, è presente una grave, talvolta gravissima iperplasia del midollo osseo; midollo rosso nelle ossa lunghe ed eventualmente una metaplasia mieloide compensatoria nel fegato, nella milza e nei linfonodi ( G R A H A M , J A F F É ed altri). Come nell'ittero emolitico, l'iperplasia del midollo osseo porta, fra l'altro, a gravi e gravissime deformazioni del sistema scheletrico (specialmente a carico delle ossa craniche), dando origine così al quadro fenomenologico della « costituzione emolitica ». L a milza (i) nello stadio precoce, specialmente nei bambini, ma anche nell'adulto, è per lo più fortemente ingrossata (fino ad un k g e oltre). L a capsula è liscia, la consistenza in parte molle ed in parte più solida, la superfìcie di taglio si presenta di color rosso scuro e iperemica, i follicoli sono a contorni sfumati. Istologicamente la polpa rossa iperplastica appare molto ricca di sangue, i seni sono in parte stretti ed in parte ampi. I rari follicoli linfatici sono piccoli oppure mancano del tutto. I vasi di media grandezza o quelli piccoli non raramente appaiono occlusi da trombi (vedi sotto). I disturbi circolatori che ne derivano hanno per conseguenza emorragie (specialmente emorragie perivascolari e peritrabecolari), necrosi e tipici infarti cuneiformi («crisi addominali»), che vengono poi organizzati (cfr. D I G G S ) . In tal modo si formano estese aree cicatriziali, spesso ricordanti le tipiche incrostazioni ferro-calcaree (noduli di G A N D Y - G A M N A ) . Nella fase cronica la progressiva obliterazione dei lumi vasali (in parte anche il quadro tipico dell'Endangitis obliterans) conduce ad una sempre più grave sclerosi (fìbroadenia) e jalinizzazione del parenchima splenico ed infine ad una così grave atrofia dell'organo che alla dissezione, soltanto dopo accurata preparazione dei vasi e attraverso l'esame istologico della corrispondente regione, si può reperire il parenchima. Le milze atrofiche sono dure (compatte), la loro superficie è gibbosa, la capsula irregolarmente ispessita; spesso si osservano estese adesioni con gli organi vicini. L a superficie di taglio è variegata (marrone, color ruggine, giallo, bianco grigio); le trabecole spiccano. Come abbiamo detto sopra, l'atrofia fibrosa corrisponde ad uno stadio tardivo della malattia, il quale t u t t a v i a può essere già manifesto nell'infanzia: cfr. p. es. i casi descritti da B R I D G E R S (4 anni di età, milza di 1,5 g), da S Y D E N S T R I C K E R (5 anni e mezzo di età, milza di 8 g), ed anche i casi riportati da J A F F É ed altri. Il fegato è un poco ingrossato nella maggior parte dei casi (2) e lo stesso accade per i linfonodi (2), che possono diventare, al pari della milza, fibrosi nello stadio tardivo ( V A U B E L ) . Patogenesi. — Anche qui ha importanza fondamentale la fragilità ereditaria degli eritrociti. Secondo P A U L I N G , S I N G E R e Coli., la globina dell'emo-
e
(1) Anat. patol. BAUER, BRIDGERS, DIGGS, GRAHAM, J A F F É , LEHNDORFF, R Y E R S O N TERPLAN, SMITH, SYDENSTRICKER, V A U C E e FISCHER ed altri.
(2) Vedi nota di fondo (1) a pag. 915.
LE
ANEMIE
EMOLITICHE
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globina avrebbe una struttura chimica abnorme; essa cristallizza facilmente e condiziona in tal modo la deformazione degli eritrociti. Gli eritrociti dei portatori eterozigoti conterrebbero soltanto circa il 40 % , quelli degli omozigoti invece il 100 % dell'emoglobina patologica. Per questa ragione i primi si ammalano soltanto di una forma lieve o non si ammalano affatto, mentre i secondi si ammalano gravemente. Gli eritrociti si deformano soltanto nel sangue circolante. Nei portatori puri dei caratteri ereditari non si osservano ellittociti. L a loro formazione è favorita (anche in vitro) dalla deficienza di ossigeno e dall'aumento di CO,, ossia dall'acidosi del sangue. Nella camera umida il 90-100 % degli eritrociti assume nelle prime 24 ore una forma ellittica, diminuendo in modo progressivo la tensione di 0 2 . Introducendo 0 2 la deformazione scompare nuovamente (1). Presumibilmente sono i fattori sopradescritti, specialmente la deficienza di ossigeno, a modificare la struttura molecolare dell'emoglobina ed a favorirne la cristallizzazione con la conseguente deformazione degli eritrociti. Anche per l'ellittocitosi è stata presa in considerazione l'influenza di una iperfunzione della milza (ipersplenia) sopra la deformazione e l'emolisi degli eritrociti (cfr. pagg. 912 e 914). Notevole è la tendenza dimostrata da questi malati alla trombosi. Si tratta per lo più dei cosiddetti trombi ialini, che si ritrovano in vasi di medio, piccolo e piccolissimo calibro. Sono state descritte anche alterazioni vasali del tipo dell'Endangitis obliterans ed inoltre una degenerazione della parete vasale fino ad arrivare a necrosi, emorragie, ecc. Su questa base si sviluppano dei gravi disturbi circolatori, che a loro volta provocano emorragie e necrosi con cicatrici, sclerosi e fibrosi. Tali reperti furono osservati, fra l'altro, nella milza (vedi sopra), nel sistema nervoso centrale, nella retina, nel midollo osseo, nel cuore e nei polmoni ( B A U E R , B R I D G E R S , D I G G S , G R A H A M (1941) R Y A N e F U L L E R , T H O M P S O N e Coli., V A U C E e F I S C H E R , W A L K E R e M U R P H Y ed altri). Nel cervello sono stati osservati quadri malarici in parte molto estesi ed eventualmente bilaterali; B R I D G E R S illustra un caso in cui accanto ad una zona emorragica della grossezza di una noce, si osservavano delle emorragie puntiformi, distribuite su tutto il cervello, a ricordare il tipo della Purpura cerebri. Anche le grosse arterie della base dell'encefalo e loro diramazioni possono essere parzialmente o totalmente obliterate per la presenza di tessuto di riempimento ( B R I D G E R S ) . Non è ancora ben chiaro se questi processi endangitici dimostrati nei diversi organi, rappresentino stati residuali dopo organizzazione dei trombi oppure siano da ricondurre ad un disturbo nutritivo della parete vasale (disturbo primario o secondario in conseguenza dell'infarto, R O T T E R , 1949). Gli eritrociti falciformi perdono completamente la loro elasticità (cristallizzazione dell'Hgb). Perciò essi attraversano i capillari con maggior difficoltà (1) All'esame istologico degli organi, di regola si osservano cellule falciformi (soprattutto dopo fissazione in formalina) nella milza; un poco più raramente nel midollo osseo e nel fegato.
già
S A N G U E E ORGANI
EMOPOIETICI
degli eritrociti normali. Inoltre essi mostrano u n a vulnerabilità meccanica molto maggiore. Si viene così ad avere, specialmente negli organi a circolazione più lenta (i), ad es. nella milza, nel fegato e nei linfonodi, u n ristagno ed u n a conglutinazione degli eritrociti. I capillari vengono a trovarsi complet a m e n t e stipati di cellule falciformi. La stasi può regredire, ma può anche aversi la formazione di un'irreparabile trombosi (vedi sopra). Si viene a creare in t a l modo u n circolo vizioso. Ogni stasi ed ogni trombosi danno luogo ad una ischemia, questa favorisce la deformazione falciforme, la quale favorisce a sua volta l'insorgenza di u n a stasi o di una trombosi da agglutinazione e quindi di nuovi disturbi circolatori. Gli eritrociti una volta agglutinati m a liberati nuovamente dalla stasi, rimangono con una membrana danneggiatissima e s o p r a t t u t t o molto sensibili alle alterazioni meccaniche. L'emolisi accelera la loro morte. Si ha così u n a anemia ed il circolo vizioso a cui già abbiamo accennato, u n a volta stabilitosi, può dare origine a crisi emolitiche della massima gravità. I fattori che danno luogo alla formazione di cellule falciformi e alla prima stasi sono di diversa natura; ricordiamo le infezioni, le tossiemie, i traumi, gli interventi chirurgici, lo shock ed il collasso, la gravidanza ( W Y A T T e O R R A H O O D ) , i voli a grandi altezze ( F I N D L A Y ed altri, S U L L I V A N ) , ecc. (cfr. B A U E R , R Y A N e F Ü L L E R ed altri - bibl.). Le trombosi, le emorragie e necrosi non si osservano soltanto nel quadro conclamato dell'anemia a cellule falciformi, bensì talvolta si ritrovano nella comune « siklämie » ( T H O M P S O N e Coli. - bibl.). L'occlusione trombotica di vasi polmonari di medio e piccolo calibro dà origine qualche volta ad una grave ipertonia nel piccolo circolo e conseguentemente ad u n a massiva ipertrofia del cuore destro ( Y A T E R e H A U S M A N N ) . Si possono però avere anche ipertrofie del cuore sinistro, come in t u t t e le anemie gravi ( K L I N E F E L T E R , nozioni cliniche e bibl.). Siano qui brevemente ricordati alcuni reperti isolati, raccolti dalla casistica dei diversi Autori: trombosi nei vasi epatici ( Y A T E R e M O L L A R I ) , atrofia giallo acuta del fegato ( R Y E R S O N e T E R P L A N ) , estese necrosi corticali in entrambi i reni (BAUER), embolia adiposa (talvolta persino letale) nei polmoni oppure incrociata nel cervello, reni, ecc.; t u t t i questi processi vengono ricondotti ad infarti di tessuto adiposo del midollo osseo ( W A D E e S T E V E N SON, W E R T H A M e Coli., W O L L S T E I N e K R E I D E L , W Y A T T e O R R A H O O D , ecc.).
(i) L'insufficienza di ossigeno favorisce la formazione di cellule falciformi.
LE
ANEMIE
EMOLITICHE
917
4. T A L A S S E M I A (1) MAJOR, MINOR E MINIMA (ANEMIA D I C O O L E Y ) . ANEMIA ERITROBLASTICA O ERITROBLASTOSI O E R I T R E M I A CRONICA F A M I L I A R E . A N E M I A S P L E N I C A I N F A N T I L E (CAREDDU) E D A L T R I SINONIMI (2) Malattia costituzionale, congenita, familiare ereditaria a carattere dominante. Nel sangue circolante si trovano eritrociti notevolmente sottili, sovente del tipo delle « cellule a bersaglio » o a « coccarda » o « Targetcells»: le cellule presentano all'esterno un orletto ispessito (zona esterna). L'ispessimento va degradando a poco a poco verso il centro (zona chiara intermedia) per aumentare però nuovamente considerevolmente al centro (centro scuro). L a talassemia compare in prevalenza nei paesi mediterranei, ma anche sporadicamente in Europa (bibl. in HEILMEYER, MÜLLER e SCHUBOTHE, PRIBILLA), persino nei negri e nei cinesi. Ci sono portatori dei caratteri ereditari eterozigoti in cui non si osservano sintomi della malattia (Thalassaemia minima) e parimenti ci sono portatori eterozigoti con una anemia emolitica soltanto di grado lieve (Thalassaemia minor) ed infine ci sono portatori dei caratteri ereditari omozigoti che presentano una anemia emolitica molto grave e sempre letale (cosiddetta Thalassaemia major). La Thalassaemia major si manifesta per lo più già nell'età infantile, talvolta persino nel lattante. Di solito i bambini non vivono fino alla pubertà. L'anemia di media gravità o la forma grave si accompagnano ad una grave iperplasia mieloide intra- ed extraossea. Il midollo giallo per lo più manca completamente. A pag. 909 è già stato detto che la anemia di Cooley è accompagnata da grave arresto nella maturazione degli eritroblasti (paraeritroblasti). Il sintomo più evidente della anemia di Cooley, ossia la grave eritroblastemia (tutti gli stadi di maturazione, 100.000 per mmc e più) che dura anni, conducendo a morte il malato, è probabilmente causato dalla notevole metaplasia mieloide extraossea, non rara nella milza, nel fegato e linfonodi. Nel sangue furono osservate anche cellule (1) & a X a r r a — ' mare; questa affezione è c h i a m a t a anche anemia mediterranea. È s t a t a osservata per la prima v o l t a da COOLEY in A m e r i c a in greci e italiani colà emigrati. (2) Cfr. la nota a pié pagina n. 1 (pag. 913); inoltre consultare i lavori di BATY, BLACKFAN e DIAMOND, COOLEY, COOLEY e L E E , FIESCHI, K A T O e al., K O C H e SHAPIRO, LEHNDORFF, MALAMOS e DELIJANNIS, ORTOLANI, PARSONS e H A W K S L E Y , P I N C H E R L E , SCJÌIAPOLLI, W H I P P L E e c o l l . , Y A G O D A e al.
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SANGUE
E
ORGANI
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bianche nucleate. Dopo splenectomia il numero degli eritroblasti aumenta ancora di più, perchè manca l'azione depressoria della milza. Le deformità scheletriche, spesso di grado elevato, causate dall'iperplasia del midollo osseo (soprattutto alle ossa craniche, cfr. figg. 262, 263) danno origine, insieme con il colore subitterico della cute, di un giallo sporco, alla caratteristica « Facies asiatica », tipica della anemia di Cooley (fig. 264) (cranio facciale largo e appiattito, osso zigomatico sporgente, naso a sella corto e piatto, tuberosità parietali e frontali prominenti, eventualmente Epi-
Oh Fig. 264. Deformità esotica negroide del viso in un ragazzo greco con anemia di Cooley. Fotografia di C A M I N O P E T R O S , da L E H N D O R F F . Erg. inn. Med. 50, 583 (1936), Springer Verlag.
canthus, Exophthalmus, ecc. «pseudomongoloide» secondo DONDI). Per ulteriori dettagli sopra le alterazioni scheletriche, consultare la pag. 910, i n o l t r e i l a v o r i d i COOLEY, FIESCHI (bibl.), MANDEVILLE, VOGT e DIAMOND.
Con l'avanzare dell'età, si aggravano sempre più le alterazioni scheletriche. I disturbi della crescita, 1'« infantilismo emolitico », sono probabilmente di origine splenogena. L a milza è sempre grossa, a volte così ingrossata (da 100 fino a 700 g nel bambino!), da non confrontarsi con nessuna altra malattia. L a capsula è ispessita, nella maggior parte dei casi concresciuta con il tessuto vicino. L a consistenza è abbastanza dura, la superficie di taglio
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ANEMIE
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EMOLITICHE
di color rosso scuro. I follicoli sono talvolta ben visibili, tuttavia frequentemente essi sono piccoli e rari, specialmente negli stadi avanzati della malattia. La polpa rossa si presenta istologicamente riccamente sanguigna, i seni sono ampi, le cellule della sponda iperplastiche. Si nota una metaplasia mieloide grave o di media gravità, ma questa può anche mancare. Si osservano talvolta moltissimi granulociti a granulazioni eosinofìle. L'impalcatura delle fibre reticolate può essere leggermente ispessita e nella fase avanzata può essere anche collagenizzata (fibroadenia progressiva). Compaiono anche infarti ed incrostazioni ferro-calcaree. Il fegato è sempre ingrossato, però sempre meno della milza, lo stesso vale per i linfonodi. L ' e n t i t à d e l l a emosiderosl v a r i a , g e n e r a l m e n t e essa n o n è m o l t o g r a v e . WHIPPLE e BRADFORD h a n n o o s s e r v a t o a l c u n i casi in cui era p r e s e n t e u n insolito t i p o di p i g m e n t a z i o n e simile a l l ' e m o c r o m a t o s i ( p i g m e n t o b r u n o in p a r t e c o n t e n e n t e ferro ed in p a r t e p r i v o di ferro); l a m i l z a , il m i d o l l o osseo ed i reni c o n t e n e v a n o , al c o n t r a r i o di a l t r i organi, m o l t o p o c a e m o s i d e r i n a . WHIPPLE, WHIPPLE e BRADFORD, REEVES e COBB, DONDY,
FRIES e Coli, h a n n o
descritto
c a r a t t e r i s t i c h e « cellule s c h i u m o s e » simili alle cellule di G a u c h e r . Q u e s t e cellule n o n c o n t e n e v a n o lipoidi, t a l v o l t a i n v e c e c o n t e n e v a n o ferro. E s s e si ritrovavano, p e r ò n o n c o s t a n t e m e n t e , f r a gli a l t r i o r g a n i , nella m i l z a e nel m i d o l l o osseo ( a m m a s s a t e p e r lo p i ù a l o c a l i z z a z i o n e p e r i v a s c o l a r e ) . P r o b a b i l m e n t e le « cellule s c h i u m o s e » p r o v e n g o n o d a i grossi f a g o c i t i , c h e a v e v a n o i m m a g a z z i n a t o d e t r i t i d e g l i eritrociti ed emosiderina; i n f a t t i i d e t t i A u t o r i li o s s e r v a r o n o n e g l i stessi organi.
L a Talassaemia minor (tabella X I X ) , in confronto alla Thalassaemia major, presenta una lieve anemia, lieve ittero, un piccolo tumore di milza, grave iperplasia del midollo osseo, però è assente la metaplasia mieloide extraossea essenziale e l'eritroblastemia. L a Thalassaemia minor si identifica coi seguenti quadri nosologici; « Anemia di Rietti-Greppi-Micheli », « Anemia microcitaria, familiare, resistente al f e r r o » (STRAUSS, DALANE e F o x ) , « A n e m i a a (DAMESHEK), « i t t e r o c o s t i t u z i o n a l e e l i t t o - p o i c h i l o c i t i c o »
Target-Zeli»
(PATRASSI), e c c . ,
cfr. la Parte Speciale. Patogenesi. — A n c h e a l l a b a s e d e l l a t a l a s s e m i a esiste u n d i s t u r b o m e t a bolico ereditario d e g l i eritrociti, forse u n d i s t u r b o d e l l a sintesi d e l l ' e m o g l o b i n a o d e l l ' i n c o r p o r a z i o n e d e l l ' e m o g l o b i n a n e l l ' i m p a l c a t u r a cellulare il q u a l e è p r o b a b i l m e n t e f a v o r i t o d a l l ' a u m e n t o dei lipoidi n e g l i eritrociti, c o m e è s t a t o d i m o s t r a t o d a ERIKSON e Coli. S e c o n d o VECCHIO, il c o m p o r t a m e n t o d e l l ' e m o globina nella anemia di Cooley è identico a quello degli eritrociti fetali. Inoltre la m a t u r a z i o n e d e l l ' e r i t r o c i t a è f o r t e m e n t e i n i b i t a , p e r cui ne d e r i v a la f o r m a zione di paraeritroblasti d e l t u t t o atipici; ciò s a r e b b e in c o n t r a s t o c o n i t r e q u a d r i m o r b o s i s o p r a descritti. L ' i n t e r p r e t a z i o n e d e l l ' a n e m i a di C o o l e y q u a l e n e o p l a s i a o r m a i è a m a l a p e n a p r e s a in c o n s i d e r a z i o n e . M a è c e r t o che la s t e s s a
Q20
SANGUE E ORGANI EMOPOIETICI
importanza, se non forse maggiore, di quella data alla componente emolitica, spetta all'insufficienza del midollo osseo, nel senso di una anemia aplastica. Alcuni Autori riconducono le alterazioni ematiche, ossee, ecc. alla differenziazione anomala di una cellula preordinata, primitiva, mesenchimale, ancora totipotente. PONTONI dà all'anemia di Cooley il nome di « mesenchimosi ». DUISBERG parla di una differenziazione errata di tipo displasico.
5. L ' A N E M I A ITTERO
FISIOLOGICA
FISIOLOGICO
DEL
BENIGNO
NEONATO.
DEL
NEONATO
Verso la fine della gravidanza il numero degli eritrociti ed il contenuto in emoglobina raggiungono valori molto alti (6.500.000 di eritrociti/24 gr. % di Hb; per quanto riguarda l'ampiezza delle variazioni, cfr. GAETHGENS). È notorio che il feto (1) si adatta alla bassa tensione di ossigeno del suo sangue, appunto per mezzo di questa poliglobulia fisiologica. L a tensione d'ossigeno è nella madre 95 % , mentre nel feto è soltanto 20 % . Valori così bassi vengono raggiunti nella vita extrauterina soltanto a 10.000 m. di altezza. L'adattamento del feto alla sua ipossiemia fisiologica si manifesta anche nel fatto che l'emoglobina dei suoi eritrociti (60-80 % ) cede più facilmente l'ossigeno al tessuto (emoglobina fetale) (2) della emoglobina normale. Soltanto gli eritrociti molto grossi di derivazione extramidollare devono contenere emoglobina fetale; il midollo osseo fabbrica fin da principio l'emoglobina tipica anche per la vita postnatale. A l momento della nascita l'approvvigionamento di ossigeno diventa ottimale dopo inserimento della respirazione polmonare e trasformazione della circolazione. Questo stato di cose provoca la emolisi degli eritrociti in eccesso (cfr. gli esperimenti descritti a pag. 715). Sebbene la « pletora del neonato » (3) si risolva all'incirca 14 giorni dopo il parto, il numero degli eritrociti diminuisce costantemente fino alla i o a settimana di vita. In tal modo insorge 1'« anemia fisiologica del neonato » e nel 40-80 % dei neonati si ha del pari al 2°-3° giorno di vita un « Icterus neonatorum fisiologico ». L'anemia del neonato viene oggi riferita prevalentemente all'emolisi particolarmente grave del lattante da poco nato e precisamente sono probabilmente i grossi eritrociti a genesi extraossea, contenenti l'emoglobina fetale, ad essere demoliti dopo la nascita, durante le prime 10 settimane di vita extrauterina in modo precipitoso (4). È stata contestata da Per altri particolari, cfr. la monografìa di B A R C L A Y , F R A N K L I N e P R I C H A R D . (2) Cfr. la monografìa di B E T K E S . (3) Nel neonato sono inoltre fisiologiche: la reticulocitosi, l'eritroblastemia ed anche la leucocitosi con deviazione a sinistra. B Ü N G E L E R e S C H W A R T Z interpretarono questi reperti come reazione del neonato alle emorragie comparenti sotto parto. Sulla base delle recenti nozioni è da supporre che le cellule immature provengano dai focolai emopoietici del fegato (vedi altri particolari in K Ü S T E R ) . (4) Probabilmente avviene lo stesso con i granulociti fetali (leucopenia acuta nella prima settimana di vita); segue una leggera granulocitosi di breve durata; anche nel midollo osseo si ha una leggera attivazione della granulopoiesi (v. OYE). (1)
LE
KÜNZER ed altri condurre ad u n a DLAY ed altri) e p a r t e del f e g a t o NAPP e PLÖTZ ed
ANEMIE
EMOLITICHE
921
la teoria, secondo la quale l'anemia nel neonato sia da riinsufficiente eritropoiesi del midollo osseo (WAHLQUIST, FINl'ittero a d una transitoria insufficienza di eliminazione d a del neonato (ALBERS, FINDLAY ed altri, WAUGH ed altri, altri). (Per altre notizie particolari v e d i BETKE) .
I l midollo osseo del neonato presenta una erìtropoesi m o l t o attiva, i d u e terzi di t u t t e le cellule nucleate sono proeritroblasti ed eritroblasti (deviazione a sinistra, fisiologica). Il loro numero diminuisce rapidamente durante i primi giorni di v i t a , poi più lentamente fino al 9 ° - i o ° mese di v i t a . Soltanto verso la fine del primo anno di età, l'eritropoiesi presenta il c o m p o r t a m e n t o tipico per la v i t a successiva (v. OYE). LO studio del metabolismo dell'emoglobina m e t t e in evidenza, secondo KÜNZER, che il bilancio degli eritrociti durante la p r i m a s e t t i m a n a di v i t a è persino ancora positivo, più a v a n t i p r e v a l e l'emolisi, m a l g r a d o l ' a t t i v i t à eritropoietica costantemente più intensa; il bilancio degli eritrociti d i v e n t a n e g a t i v o e si h a l'insorgenza dell'anemia del neonato. A p a g . 7 1 6 è s t a t o dimostrato che l'anemia del neonato non è una « a n e m i a da deficienza di ferro ». L ' I c t e r u s neonatorum è un ittero emolitico, però l'insufficienza epatica p u ò favorirne l'insorgenza. Mentre nel sangue del neonato m a t u r o si t r o v a n o soltanto pochi eritroblasti, nel sangue del neonato p r e m a t u r o si t r o v a n o numerosi eritrociti nucleati e granulociti i m m a t u r i (marcata emopoiesi extraossea). I l sangue dei neonati m a t u r i contiene regolarmente reticulociti, i quali nel sangue degli i m m a t u r i a u m e n t a n o del 50 % . G l i eritroblasti ed i granulociti i m m a t u r i sogliono diminuire fortemente di numero entro poche ore dopo il parto, sia nei neonati m a t u r i che negli immaturi. D o p o cinque giorni d a l l a nascita essi scompaiono completamente. Con ciò concorda il f a t t o che l'emopoiesi nel f e g a t o viene abolita molto rapidamente dopo la nascita in t u t t i i neonati, indipendentemente d a l loro grado di maturazione; durante la v i t a intrauterina invece tale emopoiesi epatica si estingue lentamente, di m o d o che nel f e g a t o di f e t i m a t u r i si possono individuare ancora soltanto sporadici focolai emopoietici (YLPPÖ, KÜSTER ed altri). L a demolizione degli eritrociti e d e l l ' H b si comporta, nei p r e m a t u r i dopo la nascita, f o n d a m e n t a l mente nello stesso m o d o come nei neonati a termine; nei primi però, a dire il vero, l'anemia fisiologica è di regola più spiccata che nei maturi, m a l g r a d o l'intensa a t t i v i t à eritropoietica del midollo osseo. P e r altri particolari sopra l ' a n e m i a fisiologica e sopra quella patologica dei p r e m a t u r i consultare le opere di Pediatria
in KÜSTER,
KÜNZER, BETKE ed
altri.
922
SANGUE E ORGANI EMOPOIETICI
CAPITOLO I V
SINDROMI EMOLITICHE ACQUISITE In contrapposto alle anemie emolitiche ereditarie, quelle acquisite sono causate dalle emolisine, che danneggiano gli eritrociti sani. Alla base della più intensa emolisi non si ritrova una fragilità congenita degli eritrociti; una volta passati nel sangue dell'individuo sano, questi eritrociti non dimostrano una durata di vita ridotta, a prescindere naturalmente da qualche eccezione. Questi fenomeni di capitale importanza per una diagnosi differenziale fra anemia emolitica acquisita ed ereditaria, si posEtiologia Anticorpi del sistema A-, B-, Oed Rh Emolisine da freddo
Quadri
morbosi
Lesioni da trasfusione Eritroblastosi fetale Emoglobinuria da freddo
Emoagglutinine da freddo Immunemolisine (eterogenee)
Ittero emolitico acquisito
Emolisine atipiche
Anemia di
LEDERER
Emoagglutinine atipiche
Anemia di
DYKE-JOUNG
Emolisine acide Anticorpi di III ordine
Anemia diMARCHIAKAVA tipo II (?) Anemia di
Fig. 265. Anemie emolitiche a genesi sierologica, secondo
LOUTIT
HEILMEYER.
sono facilmente mettere in evidenza con l'esperienza della trasfusione crociata (pag. 902). Invece la dimostrazione di una « microsferocitosi » non è assolutamente decisiva per la diagnosi di una anemia emolitica ereditaria, come si era ammesso un tempo (GÀNSSLEN, NAEGELI ed altri) (pag. 922). Una suddivisione delle anemie emolitiche acquisite che soddisfi a tutte le esigenze è oggi a mala pena possibile. I quadri morbosi vengono oggi raggruppati secondo criteri differenziali; e precisamente secondo la sintomatologia clinica secondo alcuni, da un punto di vista sierologico, secondo altri (fig. 265). Quest'ultimo criterio di raggruppamento
LE
ANEMIE
923
EMOLITICHE
sarebbe senza dubbio ideale, se le emolisine, agglutinine, ecc. responsabili della distruzione degli eritrociti, si potessero già chiaramente definire in tutti i casi. Un'altra difficoltà importante consiste nel fatto che lo stesso agente emolitico dà luogo ad una sindrome clinica diversa da caso a caso e che una sindrome può essere provocata da agenti eziologici di diverso tipo (fig. 265). L a ripartizione dal punto di vista sierologico delle anemie emolitiche deve di conseguenza rinunciare ad includere nei tipi sierologici sindromi cliniche nettamente delineate. Dobbiamo perciò descrivere in primo luogo alcune sindromi cliniche. In seguito verranno descritti i quadri morbosi che furono definiti dal punto di vista sierologico.
1. L ' A N E M I A A C Q U I S I T A , S E C O N D A R I A E S I N T O M A T I C A DEL TIPO DELL'ANEMIA DI HAYEM-VIDAL Ci sono anemie emolitiche del tipo dell'anemia a cellule sferiche, che non è possibile differenziare dal punto di vista clinico ed anatomico dall'ittero familiare, ma che non hanno carattere ereditano. NÀEGELI e GÀNSSLEN ed altri autori erano dell'opinione che tali casi fossero da ricondursi comunque ad una mutazione. Oggi però è certo che le anemie emolitiche con microsferocitosi possono essere provocate da agenti che ledono la membrana degli eritrociti (« emolisine ») (DAMESHEK e SCHWARTZ ed altri). L'anemia emolitica acquisita suole insorgere in età avanzata, ma compare anche già nell'infanzia (GASSER). La milza aumenta a poco a poco di grandezza ma difficilmente raggiunge il volume che si osserva nelle anemie congenite. Può persino mancare il tumore della milza. Molto spesso le anemie emolitiche acquisite, come pure le crisi emolitiche, sono da considerarsi soltanto come sintomi di affezioni d'altra natura, come sifilide, malaria, sarcoidi (BOECK), linfogranulomatosi (1), linfosarcomatosi, linfadenosi (1), reticulosi, carcinomatosi, uremia, ecc., che alla guarigione della malattia scomparirebbero di nuovo (per altri particolari vedi
DUSTIN,
GASSER,
HEILMEYER,
MAIER).
Tuttavia
qualche
volta
la
produzione di emolisine continua oltre la durata della malattia fonda mentale (2), ed il sintomo evolve in malattia autonoma (HEILMEYER)
( 1 ) Secondo D U S T I N e D R O C H M A N N S sarebbero causate dalle autoagglutinine, ciò che parlerebbe in favore di una natura virogena della malattia che sta alla base. (2) Sifilide, malaria cronica ( C U R S C H M A N N , K Ö N I G , M A N A I ) , a v v e l e n a m e n t o da benzolo
(MARTINI),
ecc.
924
SANGUE
E ORGANI
EMOPOIETICI
(milza dominante il quadro morboso). Probabilmente le emolisine vengono formate dal sistema reticoloendoteliale, specialmente da quello della milza (ipersplenia). I n molti casi dà risultati molto favorevoli la splenectomia (cfr. H E I L M E Y E R ed A L B U S ed altri). M A I E R pensa che sulla base degli odierni metodi sierologici (fig. 266), i casi descritti dalla letteratura non più t a n t o di recente come anemia emolitica acquisita del tipo dell'anemia di W I D A L - H A Y E M , siano invece da definirsi, con la maggior verosimiglianza, come « anemia di L o u t i t » oppure come « anemie emolitiche da agglutinine a frigore », oppure ancora come « favismo ».
2. A N E M I E
ACUTE
DEL
TIPO
DI
LEDERER-BRILL
Questo tipo di anemie è molto raro. Clinicamente esse presentano il quadro di una malattia infettiva acuta, febbrile, ad insorgenza iperacuta. Si ammalano per lo più i bambini. L'anemia è di tipo normo- fino ad ipercromico, risp. normo- o macrocitario, talvolta anche di tipo microsferocitario. L a resistenza osmotica degli eritrociti è normale oppure diminuita. Non di rado si osserva grave emoglobinemia ed emoglobinuria (nefrosi emoglobinica - oliguria). All'inizio della malattia, la bilirubinemia, l'ittero, l'eritropoiesi nel midollo osseo, sono nella maggior parte dei casi piuttosto di scarso valore (di natura allergica, aplastica secondo G A S S E R ) , più tardi aumentano di intensità (secondo B O N E L L persino gravi). Viene dato talvolta di osservare una metaplasia mleloide extraossea di scarsa entità, ma che può essere più grave nei casi più subacuti; la metaplasia si accompagna ad eritroblastemia. Sono osservabili talvolta persino delle reazioni leucemoidi (fino a 132.000 leucociti con deviazione a sinistra, fino a mieloblasti) oppure reazioni eritremoidi. In molti casi è evidente una eritrofagocitosi da parte di monociti nel midollo osseo e nel sangue circolante ( G A S S E R ) . L a milza ed il fegato si presentano spesso ingrossati, però di regola leggermente. Nella milza sono stati descritti istologicamente, fra l'altro, necrosi dei follicoli, trombosi ed infarti. Nella milza, come nel fegato e nei reni si osserva emosiderosi, più o meno spiccata. Talvolta è presente anche una spiccata diatesi emorragica con porpora. Si nota pure una netta tendenza alla trombosi intravitale. G A S S E R ha osservato una tipica Purpura cerebri, che egli ricondusse a trombosi multiple. Sierologicamente (fig. 266) si sono osservate: emoagglutinine atipiche, agglutinine a frigore ed in alcuni casi ( G A S S E R ) anche glutinine (prova di C O O M B S positiva). L'eziologia di questi casi non è chiara. Come causa scatenante vengono presi in discussione agenti infettivi, anche fenomeni allergici.
LE
ANEMIE
925
EMOLITICHE
3. A N E M I A E M O L I T I C A S U B A C U T A D E L T I P O D I G A S S E R Prova di
COOMBS
positiva; per altri particolari vedi
4. A N E M I E E M O L I T I C H E
CRONICHE
DEL
TIPO
GASSER.
DYKE-YOUNG
Queste anemie sono di tipo macrocitario, leggermente ipercromiche. Resistenza osmotica diminuita. Ittero. Eritropoiesi fortemente aumentata nel midollo osseo. Forte reticulocitosi, eventualmente anche eritroblastosi. Tumore splenico mediocre. Proliferazione del sistema reticolo-endoteliale ed eritrofagie. All'esame sierologico (fig. 266) si sono osservate: autoemolisine da calore, agglutinine a frigore o glutinine (prova di Coombs positiva). Etiologia sconosciuta.
5. E M O G L O B I N E M I E E D
EMOGLOBINURIE
SINTOMATICHE ED IDIOPATICHE
PAROSSISTICHE
"Soltanto le emolisi massive ed a rapida comparsa danno luogo ad una emoglobinemia così grave da sorpassare la soglia renale e da dare origine ad una emoglobinuria. Nei casi di emolisi meno intensa, l'emoglobina viene rapidamente demolita in bilirubina e ferro. Per questi casi (e sono i più) sono caratteristiche l'emoglobinuria (ittero) e l'emosiderosi. L'emoglobinemia e l'emoglobinuria rappresentano perciò unicamente un sintomo specialmente di crisi emolitiche ad insorgenza iperacuta. Per particolari su quest'argomento consultare le opere speciali e MASSHOFF. Sulla nefrosi emoglobinica (cfr. pag. 931 ed il capitolo sui reni). In tutte le anemie emolitiche si osservano talvolta emoglobinemie e emoglobinurie sintomatiche, ma queste compaiono anche negli avvelenamenti da arsenico, H 2 S, nitrito amilico, da saponine, sulfamidici; inoltre negli avvelenamenti da funghi e da serpenti, nella febbre emoglobinurica (malaria), nella sepsi, nelle infezioni, nelle trasfusioni con sangue di gruppo diverso od etcrologo ( M A S S H O F F ) , nelle tossicosi gravidiche, nelle ustioni e più raramente nei congelamenti, ecc. Su base idiopatica, ossia di eziologia sconosciuta sono: 1. L'emoglobinemia ed emoglobinuria a frigore, a comparsa accessuale (parossismi). Le crisi parossistiche, che sono accompagnate da febbre e brivido, vengono risolte con raffreddamento di una parte oppure di tutto il corpo. Crisi parossistiche ripetute danno origine ad una anemia. Alla spiegazione sierologica di queste crisi parossistiche (fig. 266) giunsero D O N A T H e L A N D S T E I N E R , i quali ritrovarono nel siero dei pazienti un'emollsina da freddo (autoemolisina), che non ha nulla a che fare con le agglutinine da freddo (!). La complessa emolisina consiste di
926
SANGUE E
ORGANI
EMOPOIETICI
un ambocettore specifico, che è costantemente contenuto nel plasma, m a vien legato alla membrana dell'eritrocita soltanto con la refrigerazione. Riscaldando nuovamente, ossia tosto che gli eritrociti raggiungono nuovamente u n distretto circolatorio più caldo, il complemento termostabile aspecifico dà luogo all'emolisi. L'eziologia è sconosciuta. Si ritrova con frequenza in questi malati una sifilide. La reazione di Wassermann è positiva nel 9 0 - 9 5 % dei casi, m a naturalmente non t u t t i sono sifilitici. 2. L'emoglobinemia ed emoglobinuria notturna parossistica con anemia emolitica cronica del tipo Marchiai ava- Micheli. — I malati presentano u n a persistente emolisi leggermente accentuata, che aumenta fortemente di notte nel sonno. I soggetti sono inoltre affetti da una anemia normo- od ipercromica, talvolta di grado elevato. Forte accentuazione dell'eritropoiesi nel midollo osseo. La milza spesso ingrossata, il fegato talvolta soltanto leggermente; manca l'emosiderosi oppure essa è presente in minimo grado, soltanto nei reni essa è sempre fortemente accentuata (riassorbimento di ritorno nell'emoglobinuria e nell'emosiderinuria). Sono state osservate più volte trombosi delle vene addominali. Con ogni probabilità l'emolisi è causata da u n a emolisina complessa (fig. 266). L'ambocettore, di cui non si conoscono notizie più precise, probabilmente ha la sua sede permanente nell'eritrocita. Secondo H E I L M E Y E R ci sono anche casi in cui l'ambocettore è stato messo in evidenza anche nel siero. L a comparsa dell'emolisi dipende dalla presenza del complemento, contenuto t a n t o nel siero dell'individuo sano che in quello del malato. Nella trasfusione crociata gli eritrociti del paziente vengono demoliti precocemente anche nel sangue dell'individuo sano, e ciò all'opposto di quanto avviene in t u t t e le altre anemie emolitiche acquisite. Si giunge ad una emolisi più intensa soltanto quando sale la tensione di C 0 2 e nell'acidosi del sangue, come avviene regolarmente nel sonno: in t a l modo si spiegherebbero le crisi parossistiche n o t t u r n e . L'etiologia è sconosciuta. Probabilmente è qui responsabile, per l'insorgenza della malattia, anche un disturbo metabolico del ferro di n a t u r a endogena. 3. Emoglobinemie ed emoglobinurie da fatica dopo marce ed esercitazioni sportive. — L'emoglobinuria dopo una marcia compare soltanto dopo estenuanti marce e non dopo altre fatiche fisiche, m a è però rara. Tale emoglobinuria è da mettere in relazione alla posizione della persona in marcia. Non sono state finora dimostrate autolisine. Viene supposto che nei vasi renali compaiono dei disturbi di circolazione (di n a t u r a riflessa) e delle stasi, di modo che la lisolecitina può emolizzare gli eritrociti (HEILMEYER). Le emoglobinurie da sport sono state anch'esse osservate, specialmente nei corridori di maratone. Nella Crusch Syndrom si osservano insieme a mioglobinurie ( B Y W A T E R S e D I B L E , 1 9 4 2 , K L O O S , R O X H M A N N ed altri) anche delle emoglobinemie ed emoglobinurie (KLOOS). P a r particolari e bibliografia vedi nel capitolo sui reni e muscoli; inoltre in B R A S S , R O T X E R , C H I C H E , G A S S E R , P E T E R S , H A D F I E L D e G A R R O D ed altri - Bibl. Dal p u n t o di vista della diagnosi differenziale, si debbono tener separate le emoglobinurie dalle mioglobinurie parossistiche che insorgono nella mioplegia improvvisa dell'uomo, nella stranguria nera degli animali, nella malattia dei cassoni. Ora descriveremo i quadri morbosi definiti da un p u n t o di vista prevalentemente sierologico (fig. 266).
LE
6.
A N E M I E
E M O L I T I C H E
ANEMIE
EMOLITICHE
C A U S A T E
D A
E M O L I S I N E
927
S E M P L I C I
(cfr. pag. 896), le così dette anemie tossiche I l m u n e r o dei veleni ad a t t i v i t à emolitica è m o l t o elevato. F r a di essi i più i m p o r t a n t i sono: 1. Farmaci e veleni professionali. Nitrito d'amile, allyl-propyl-disolfuro, anilina, derivati d'anilina, nitrobenzolo, dinitrobenzolo, acido pirogallico, pirodina (rimedio contro la forfora), atebrina, acetanilide (« Antifebrin »), fenacetina, maretina, criogenina, paranitroanilina (« P a r a r e d »), antimonio, composti arsenicali (antiluetici), idrogeno arsenicale, benzedrina, benzina, benzolo e suoi derivati: fenilidrazina e piridina, b i s m u t u m subnitricum, piombo, sali di cromo, disulfadimetilpirimidina, clorato di potassio, cresolo, solfato di rame, cloruro di metile (mezzo di raffreddamento), bleu di metilene, naftalina, N y l o n , Ceresa H e B , fenacetina, fenolo, fosforo, guaiacolo (« A n a s t i l »), resorcina, acido cloridrico, acido solforico, acido solfidrico, sulfamidici, sulfapiridina, sulfoni, tionina, Tiosemicarbazone (Tb I/698, Conteben), Trinitroluol, T o l u y e n d i a m i n , tricloretilene, tiramina, tirosina, xilolo, ecc. (1). P e r q u a n t o riguarda le ricerche sulla m e m b r a n a degli eritrociti eseguite con il microscopio elettronico, cfr. JUNG, MOSER e KRAUSE (sulfonamidici), HUGH ed altri. N o n pochi dei veleni sopra citati (cfr. SCHILLING), s o p r a t t u t t o i derivati dell'anilina, i nitrocomposti, la fenacetina, i sulfamidici, ecc., danno origine ai cosiddetti «corpuscoli endoglobulari di Heinz-Ehrlich » (2). Questi eritrociti vengono precocemente distrutti per emolisi. Si h a così 1'« anemia da corpuscoli endoglobulari » [microsferocitosi, resistenza osmotica degli eritrociti abbassata, subittero, cianosi (3). L a m i l z a t a l v o l t a ingrossata, iperplasia del midollo osseo, ecc.]. P e r q u a n t o riguarda la comparsa spontanea dei corpuscoli endoglobulari e dell'anemia da corpuscoli endoglobulari, v e d i GASSER, SCHILLING, i v i b i b l i o g r a f i a .
I corpuscoli endoglobulari sono f o r m a t i d a proteina, colesterina e da der i v a t i emoglobinici contenenti ferro (bibl. in JUNG e SCHILLING). Probabilmente questi corpuscoli rappresentano un p r o d o t t o di decomposizione dell'emoglobina, formatosi per rottura ossidativa dell'anello eminico. Essi non h a n n o g r e t t a m e n t e nulla a che vedere con la metaemoglobina (3). SCHILLING li considera come p r o d o t t i di degenerazione del cosiddetto « corpo capsulare protoplasmatico ». D o p o splenectomia essi a u m e n t a n o di numero. (1) Ancora altri secondo GASSER. (2) Per particolari e bibliografia vedi trattati e opere speciali ( H E I L M E Y E R * , GASSER, MAIER) ed inoltre in HEUBNER, JUNG, SCHILLING, F R A N K E .
(3) X sopraricordati veleni sono nello stesso tempo anche formatori di metaemoglobina.
SANGUE
E
ORGANI
EMOPOIETICI
R i c o r d i a m o qui b r e v e m e n t e l'anemia da piombo. Secondo HEILMEYER, la punteggiatura basofila dei normoblasti e degli eritrociti è identica alla sostanza basofila degli eritrociti giovani; gli « eritrociti a granulazioni basofile » sono di conseguenza dei giovani reticulociti. Secondo HEILMEYER* l ' a t t i v i t à eritropoietica del midollo osseo è giustamente da interpretarsi come un fenomeno rigenerativo d a a c c e n t u a t a emolisi; soltanto durante u n a fase più a v a n z a t a d e l l ' a v v e l e n a m e n t o da p i o m b o sarebbe alterata anche l'eritropoiesi. R e c e n t e m e n t e MCFADZEAN e DAVIS h a n n o t u t t a v i a dimostrato che le granulazioni basofile contengono ferro, all'opposto dei reticulociti (analisi istochimica). I « siderociti » si t r o v a n o nel midollo osseo sempre in maggior numero che nel sangue; essi sono l'espressione di u n a lesione e vengono precpcemente distrutti nel sistema reticolo endoteliale e nella milza (cfr. gli esperimenti di PIRRIE); da questo processo origina l'anemia. L a formazione delle granulazioni basofile, contenenti ferro è probabilmente d o v u t a ad un disturbo nella sintesi dell'emoglobina (VANOTTI, BILGER, cfr. anche BRUGSCH). I l piombo impedisce il collocamento del ferro nell'anello porfirinico. Probabilmente è qui danneggiata anche la m e m b r a n a degli eritrociti (MAIER, bibl.). Secondo le ultimissime ricerche, l'anemia d a p i o m b o sarebbe p r e v a l e n t e m e n t e d a condurre a d un disturbo nella eritropoiesi; inoltre gli eritrociti m a t u r i , m a deboli, v e n g o n o precocemente emolizzati dalle cellule del sistema reticoloendoteliale, in particolare da quelle della milza, in m o d o del t u t t o analogo a q u a n t o a v v i e n e nelle anemie emolitiche congenite. P e r tale f a t t o si spiega come il numero degli eritrociti a granulazioni basofile aumenti considerevolmente nel sangue dopo splenectomia (MCFADZEAN, PIRRIE). 2. Veleni vegetali. Saponine, ricina (non olio di ricino), veleni dei f u n g h i (MORCHEL; JUNG e STUHLFAUTH, 1947), filmaron ed altri. 3. Veleni animali. Veleni dei lumbricoides).
serpenti,
scorpioni,
vermi
(Botriocephalus
latus,
Ascaris
4. Tossine batteriche e di protozoi. Queste tossine possono inibire la formazione di cellule nel midollo osseo (pag. 676); esse possono però t a l v o l t a causare anche u n a a c c e n t u a t a emolisi periferica (cfr. anche p a g . 730); si hanno in t a l m o d o le cosiddette « anemie da infezione», la cui eziologia non è unitaria (pag. 712, nota 2). L e anemie tossico-infettive prevalentemente od esclusivamente emolitiche c o m p a i o n o nella sepsi, sepsis lenta, nella gangrena gassosa, nel t i f o addominale, nelle infezioni da coli, nel K a l a - A z a r , ecc.; esse h a n n o di regola un decorso a c u t o e presentano in p a r t e il quadro di u n a anemia ipercromica, t a l v o l t a perniciososimile; eritropoiesi del midollo osseo a u m e n t a t a . Nelle forme a decorso cronico (sepsis lenta) FITTING h a osservato u n a progressiva trasformazione del midollo giallo in midollo rosso. Meritano di essere qui particolarmente ricordate le anemie emolitiche insorgenti nella lue congenita (cfr. GASSER), a c c o m p a g n a t e da spieno- ed epatomegalia, ittero, intensa emopoiesi, persistente
LE ANEMIE
929
EMOLITICHE
ed intensa eritroblastosi (vedi a p a g . 932 la nota). N e l l a sifilide d e l l ' a d u l t o sono s t a t e osservate autoemolisine ed emolisine a frigore. L ' a n e m i a malarica è d a ricondursi in p a r t e ad u n a inibizione splenogena del midollo osseo (tumore della m i l z a - ipersplenia) ed in parte d i r e t t a m e n t e ad u n a distruzione degli eritrociti p r o v o c a t a dai plasmodi. N e i casi di manifestazione precoce della m a l a t t i a e di a c c e n t u a t a iperplasia compensatoria del midollo osseo, insorgono d e f o r m i t à ossee (cranio a torre, ecc.), come a v v i e n e nelle sindromi emolitiche congenite (GÀNSSLEN, 1940). L e non rare emoglobinemie ed emoglobinurie m o r t a l i (la c o s i d d e t t a febbre emoglobinurlca) decorrono con un a b b a s s a m e n t o di resistenza degli eritrociti verso le emolisine, lisolecitina ed insulti meccanici; nella m a g g i o r p a r t e dei casi esiste anche u n a m e t a e m o g l o b i n e m i a ed u n a bilirubinemia. S o l t a n t o q u a n d o l ' a m m a l a t o presenta una c e r t a disposizione, si h a la distruzione m a s s i v a degli eritrociti, a r a p i d a insorgenza; p r o b a b i l m e n t e i p r o d o t t i di demolizione degli eritrociti sensibilizzano l'organismo a poco a poco contro i suoi stessi eritrociti, f o r m a n d o anticorpi contro questi ultimi: è questo u n t e n t a t i v o di interpretazione che f u preso in considerazione anche per spiegare la formazione di anticorpi, dimostrabili t a l v o l t a anche nei casi di ittero emolitico congenito (vedi sopra). GEARS suppone che gli eritrociti formino, insieme ai parassiti o con il f a r m a c o oppure con entrambi, u n autoantigene. L a n a t u r a d e l l ' a g e n t e p a t o g e n o non h a p r o b a b i l m e n t e a l c u n a influenza sopra l'insorgenza dell'emoglobinuria, mentre q u e s t a è f a v o r i t a dalla chinina. P e r q u a n t o riguarda la nefrosi da emoglobina nella febbre emoglobinurica (mal a r i c a ) c f r . MARSCHALL.
5. S o t t o il nome di « autotossine » si sogliono indicare i p r o d o t t i di disintegrazione di n a t u r a endogena. Esse possono, se in forte concentrazione, come ad es. d o p o irradiazione con R a g g i R o e n t g e n ed ultravioletti, d o p o ustione in superficie, nella distruzione di t u m o r i benigni oppure di infiltrati leucemici, dare origine ad u n a anemia emolitica. A t e m p e r a t u r e f r a 47 o e 65 o la f o r m a degli eritrociti si modifica (sferocitosi), la resistenza osmotica e meccanica e la d u r a t a di v i t a degli eritrociti diminuiscono (HAM ed altri). T a l v o l t a esiste u n a emoglobinuria. Contribuiscono all'insorgenza dell'anemia d o p o ustione anche u n a alterazione tossica del midollo osseo, la carenza di ferro d o v u t a alla perdita di sangue, le infezioni secondarie ed altri f a t t o r i (MOORE, PEACOCK,
BLAKELY
e
COPE,
MONSAINGEON
e
HURPE).
Vengono
autotossine anche la lisolecitina, gli acidi biliari, l'indolo, ecc.
59
—
KAUFMANN
I
considerate
93°
SANGUE: E
ORGANI
EMOPOIETICI
7. L E SINDROMI EMOLITICHE CAUSATE DA EMOLISINE COMPLESSE L'emoglobinuria
da
freddo
parossistica
e l'emoglobinuria
notturna
parossistica (Marchiafava-Micheli) sono state trattate a pagg. 925 e segg.
8. SINDROMI EMOLITICHE CAUSATE DA AGGLUTININE E GLUTININE SPECIFICHE PER I GRUPPI SANGUIGNI L e ragioni che conducono a incidenti trasfusionali nell'intolleranza tra gruppi sanguigni (incompatibilità) possono essere considerate come note; cfr. i lavori specifici. Vengono distinte reazioni -subito, -dopo, e reazioni ritardate. Si possono verificare t u t t i i gradi, dalla più leggera sensazione soggettiva di malessere fino a un esito mortale. Come causa di morte vengono indicati disturbi cerebrali, collassi circolatori e shock, oppure, in casi di più lunga sopravvivenza, insufficienza renale. Nei casi gravi insorgono emoglobinemia ed emoglobinuria, nei casi più lievi solo una bilirubinemia o t u t t e e due. L ' a g glutinazione degli eritrociti porta qualche volta alla occlusione dei vasi (trombi di agglutinazione nella milza, fegato, polmone, sistema nervoso centrale, tratto
gastro-intestinale,
ecc.
(SHALLOCK,
MASSHOFF,
MAIER).
Casualmente
si trovano anche fuoriuscita perivasale di plasma ed emorragie negli organi menzionati (nefrite ed epatite sierosa). Nei casi di più lunga sopravvivenza intervengono a carico delle cellule parenchimali e delle pareti vasali, gravi alterazioni a carattere degenerativo fino alla necrosi. I reni mostrano le alterazioni più gravi morfologicamente rivelabili (c.d. nefrosi emoglobinica, cfr. il capitolo reni - nefrite interstiziale, ZOLLINGER). D a l punto di vista patogenetico vengono resi responsabili per l'esito mortale e per l'insorgenza di modificazioni patogenetiche anatomicamente dimostrabili, i prodotti di scissione proteica che si liberano dalla emolisi (sostanze H, ecc., l'emoglobina come tale non è tossica), l'anafilassi, l'ipossiemia e l'ischemia. L'ischemia può essere legata al collasso, in parte oltre a ciò insorgono però, particolarmente nel rene, costrizioni vasali spastiche che vengono provocate per v i a riflessa o per v i a tossica (sostanze H, reazione antigene-anticorpo legata alle cellule). Viene discussa anche la occlusione vasale d o v u t a a trombi di agglutinazione. Vedere altre informazioni su ulteriori alterazioni degli organi dopo emolisi massiva, dopo incidenti trasfusionali con o senza spiccata emolisi, e sulla cosiddetta « nefrosi da trasfusione » e il « rene da emolisi » e la loro genesi in MASHOFF bibl.
HESSE, KRAEVSKIJ
LINGER,
cfr.
inoltre
e NEMENOVA,
MAIER,
GASSER
e
KRUCKE i
e SEMMELROCH,
PRETL,
ZOL-
trattati.
Una condizione particolare è rappresentata dalla incompatibilità di gruppi sanguigni fra madre e figlio. Oggi sappiamo che il morbo emolitico
LE ANEMIE EMOLITICHE
93 1
dei neonati, le così dette fetosi emolitiche (i), sono da attribuire a una simile incompatibilità, che riassume come unità morbosa (2, 3) patogenetica, la triade: anemia idiopatica congenita dei neonati, ittero grave e idrope universale congenito. N e l 1940 LADSTEINER e W I E N E R scoprirono un nuovo fattore dei gruppi sanguigni,
il
fattore-Rhesus,
chiamato
brevemente
« fattore-Rh ».
Ulteriori
ricerche hanno reso noto che esistono persone Rh-positive (nella razza bianca 1*85 % ) e persone Rh-negative, il fattore è dominante dal punto di vista ereditario. Esistono
individui
omozigoti (2 geni alleli) R h - R h - p o s i t i v i e rh-rh-
negativi e individui eterozigoti Rh-rh-positivi. I geni Rh-rh sono legati ad altri cromosomi diversi da quelli dei fattori A , B, O e M, N . Il plasma sanguigno non contiene di solito alcun anticorpo-Rh, t u t t a v i a questi anticorpi possono essere formati quando gli uomini Rh-negativi vengono a contatto con sangue Rh-positivo. Sui primi incidenti di trasfusione e sulle reazioni al sangue Rh-posit i v o di un recettore rh-negativo hanno riferito W I E N E R e P E T E R S nel 1940 (4).
Nel 1941 L E V I N E e K A T Z I N - B R U N H A M riconobbero che una gran parte delle cosiddette eritroblastosi fetali erano dovute a incompatibilità dei fattori Rh-rh tra la madre e il bambino. Oggi sappiamo che la stessa sindrome può essere anche causata, anche se molto raramente, dalla incompatibilità dei fattori A, B, 0, M e N dei gruppi sanguigni (5). Sui sottogruppi R h e A, B, O cfr. C A P P E L L , D A H R , B O C K , B A L L O W I T Z , ivi letteratura. Quando il bambino è Rh-positivo la madre rh-negativa forma anticorpi verso gli eritrociti Rh- positivi del suo bambino, che perciò hanno proprietà antigene. Gli anticorpi sono glutinine e agglutinine - anti-Rh. Recentemente si pensa che la responsabilità più grande, e forse l'unica, sia da attribuire alle glutinine perché solo queste hanno la possibilità di attraversare la placenta. Le glutinine materne, quando arrivano alla circolazione fetale, si attaccano alla membrana degli eritrociti (reazione antigene-anticorpo). Gli eritrociti la cui membrana è danneggiata in questo modo, vanno incontro a lisi precoce, così si origina una più o meno grave anemia emolitica ipercromica macrocitica e una imponente iperplasia sistemica mieloide compensatoria intra e extra ossea, che in alcuni casi, impedisce l'insorgenza della anemia.
(1) Sinonimi del c o n c e t t o di fetosi emolitica (WOLFF, DAHR) sono: eritroblastosi fetale (RAUTMANN), eritroleucoblastosi (v. GIERKE), m a l a t t i a emolitica del neonato (WIENER), m a l a t t i e d a iso-immunizzazione del n e o n a t o (PARSONS). ~t (2) DAHR,
Sommari:
BALLOWITZ
LEHNDORF,
LEVINE,
SCHWENZER,
WIENER,
(bibl.
fino
MOLLISON,
WOLFF,
al
1952),
MOURANT
ZOLLINGER
(Anat.
BESSIS, e
RACE,
BICKENBACH, POTTER
CAPPELL,
(Anat.
Pat.),
Pat.).
(3) Su corrispondenti q u a d r i della m a l a t t i a negli animali, cfr. BALLOWITZ (bibl.) e
inoltre (4)
DAHR DAHR
e e
FISCHER. WOLF,
MOLLER,
SCHWAB,
TISCHENDORF
e
altri.
(5) Circa il 10 % delle eritroblastosi fetali non sono d o v u t e ad i n c o m p a t i b i l i t à dei gruppi sanguigni, m a p. es. a u n a sifilide congenita o a u n a embriopatia diabetica (KLOOS) .
93 2
SANGUE
E
ORGANI
EMOPOIETICI
L'iperplasia del midollo osseo nei neonati è fisiologica, in questa fase della vita non è possibile una invasione del tessuto adiposo, né una espansione nelle ossa lunghe del parenchima emopoietico. Tanto più forte si manifesterà la metaplasia mieloide extraossea, specie se al momento in cui si instaura la fetosi emolitica non è ancora terminata l'attività emopoietica del fegato e della milza. L a milza è per lo più fortemente ingrossata (fino a 45 g secondo K A U F M A N N ) , di consistenza dura e di colore blu scuro o rosso bruno. I follicoli linfatici mostrano spesso, specie nei bimbi che sono sopravvissuti un po' più a lungo dopo la nascita, una progressiva atrofia. V . G I E R K E e R A N S T R Ò M videro una rottura di milza. Il fegato appare meno fortemente ingrossato, mostra però aree emopoietiche più estese, aumentate oltre il normale e devianti a sinistra. Istologicamente si possono dimostrare aree di emopoiesi, oltre che nella milza e nel fegato, in quasi tutti gli organi (specie in sede perivascolare), in particolare nei linfonodi e nel rene (focolai circoscritti nella corteccia e ai confini fra corteccia e midollare) nel tessuto adiposo, nella placenta. La mielopoiesi intra ed extraossea riguarda vari tipi di cellule, di solito prevale l'attività eritropoietica; non è chiaro perché qualche volta prevalga la granulocitopoiesi. L a metaplasia mieloide extraossea è accompagnata di regola da spiccate, spesso notevoli reazioni eritremoidi, leucemoidi o miste eritremoidi-leucemoidi. L a metaplasia mieloide extraossea e le reazioni leucemoidi (i) possono essere talmente imponenti che i casi apparentemente non sono più distinguibili dal quadro della leucemia. In questi casi gli infiltrati mieloidi si sovrappongono alla struttura degli organi, ad cs. completamente nella milza; anche la struttura lobulare del fegato può essere alterata, le travate di cellule epatiche vengono compresse dall'infiltrato mieloide, diventano atrofiche, le cellule epatiche appaiono dissociate. Senza dubbio in alcune vecchie pubblicazioni sono stati descritti casi di leucemia congenita che in realtà erano casi di eritroblastosi fetale (vedi G I E R K E , K O C H , B Ù N G E L E R , cfr. pag. 865, nota in fondo n. 2). I n f e t i m a c e r a t i è a n c o r a possibile fare d i a g n o s i di e r i t r o b l a s t o s i fet a l e in b a s e a l l a d i m o s t r a z i o n e d e l l a p r e s e n z a di grossi e r i t r o b l a s t i i m m a t u r i nel l u m e dei c a p i l l a r i p o l m o n a r i (non p e r i v a s c o l a r i ) , i n f a t t i le p r o p r i e t à t i n t o riali del n u c l e o di essi r e s t a n o p e r l u n g o t e m p o (POTTER, 1946). POTTER p e n s a che q u e s t e cellule, a c a u s a d e l l a loro g r a n d e z z a , rimangano fissate a l l ' i n t e r n o d e i c a p i l l a r i e in a l c u n e c o n d i z i o n i p o s s a n o essere c a u s a d i d i s t u r b i c i r c o l a t o r i m o r t a l i (qualche v o l t a si p o s s o n o d i m o s t r a r e a n c h e p i c c o l i i n f a r t i e m o r r a g i c i ) . L a slderosi d e g l i o r g a n i è di solito n o t e v o l e , q u a l c h e v o l t a a p p a r e di g r a d o m o d e s t o o p u ò a n c h e m a n c a r e . L a m a g g i o r p a r t e d e l ferro è c o n t e n u t a n e l l a (1) L e
« crisi s a n g u i g n e » descritte d a
BUNGELER e SCHWARTZ n e i n e o n a t i
con i
loro alti valori in globuli rossi immaturi e cellule bianche del sangue e qualche volta quadri sanguigni mieloido-leucemici, devono essere interpretate retrospettivamente come reazioni eritremoidi-leucemoidi.
LE
ANEMIE
EMOLITICHE
933
milza e nel fegato, però l'emosiderina può anche essere dimostrabile nei reni e nel pancreas. Le cellule del sistema reticolo-endoteliale immagazzinano, oltre all'emosiderina, anche la bilirubina, eventualmente anche eritrociti o frammenti di eritrociti. La gravità della malattia è proporzionale al tasso di glutinine nel sangue della madre e nel sangue, e poi nei tessuti (glutinine legate), del neonato. I danni più lievi e di conseguenza la prognosi più favorevole sono presentati dalla pura anemia dei neonati (i). Mancano di solito la iperplasia sistemica mieloide, l'eritroblastemia, l'ittero, l'edema, ecc. Seguono in ordine di gravità, casi con lieve metaplasia mieloide extraossea, eritroblastosi e ittero. I casi con ittero spiccato vengono chiamati ittero grave. L'ittero di solito si manifesta solo alcune ore fino a qualche giorno dopo il parto (di regola 1 0 2 giorni). Ittero progressivo, apatia e segni di eccitamento cerebrale (ittero nucleare) caratterizzano il quadro morboso. Forte anemia e iperplasia sistemica mieloide, eritroblastemia, e inoltre bilirubinemia e trombi biliari nel fegato. Frequentemente insorge una diatesi emorragica spiccata con emorragie cutanee a tipo petecchiale o superficiali, emorragie sulle mucose, sulle meningi, sottosierose, subendocardiche e subpericardiche, e inoltre emorragie della bocca, del naso, melena, ematuria, ecc. D O N T E N W I L L descrive una idroanencefalia dopo emorragia massiva nei ventricoli. Spesso i bambini muoiono al terzo o quarto giorno di vita. Se essi sopravvivono, allora di solito l'ittero tende a scomparire tra il quindicesimo, e il trentesimo giorno di vita. Casi con edemi lievi e versamenti nelle cavità corporee, conducono verso il quadro classico dell'idrope congenita universale. L'idrope congenita presenta la prognosi peggiore, quasi sempre si tratta di nati morti (più spesso di prematuri) (2). Spesso essi sono macerati. Se essi nascono v i v i allora muoiono qualche o r a dopo la nascita. L'imponente anasarca e l'idrope di tutte le cavità corporee caratterizzano il quadro; particolarmente caratteristici sono l'addome ingrossato e la pelle liscia, tesa, gelatinosa di colore blu-rosso o bruno. L'iperplasia sistemica mieloide è notevolissima nell'idrope congenita. Non raramente si osserva u n ittero latente nei nati morti in base alla lieve colorazione itterica dei versamenti cavitari. Qualche volta si possono dimostrare anche dei trombi biliari nel fegato. Secondo K L O S T E R M A N N il 4 0 % delle fetosi emolitiche non mostrano caratteristiche alterazioni macroscopiche (qualche volta un edema leggero), e precisamente il 35 % erano nati morti macerati, il 5 % morirono poco dopo (1) Anche nell'anemia fortissima, ad esempio: 750.000 globuli rossi e 10 % di emoglobina ( P R I T C H A R D e S M I T H ) . ( 2 ) Termine più precoce: al 5 0 mese di gravidanza ( C A P P E L L ) , D A V I D S O H N descrive un feto di 975 gr.
SANGUE
934
E
ORGANI
EMOPOIETICI
la n a s c i t a senza c h e si potesse m e t t e r e in e v i d e n z a i d r o p e e i t t e r o . A b i t u a l m e n t e f o r m e di m o r t e s u b i t o p r i m a o d o p o la n a s c i t a p e r altre c a u s e sconos c i u t e s o n o r a r e ( r a p p o r t o 1:4); il p i ù d e l l e v o l t e egli t r o v ò i n q u e s t i u l t i m i c a s i i n f a r t i ed e m o r r a g i e n e l l a p l a c e n t a , p r o b a b i l m e n t e a l t e r a z i o n i d e l l a p e r m e a b i l i t à in c o r r i s p o n d e n z a d e l l a p l a c e n t a c a u s a n o l a m o r t e d e l l ' e m b r i o n e in q u e s t i casi. S a r e b b e c a r a t t e r i s t i c o al c o n t r a r i o d e l l e f e t o s i e m o l i t i c h e , c h e di r e g o l a s a r e b b e c o l p i t o il p r i m o b a m b i n o e c h e il 90 % d e i b a m b i n i m o r i r e b b e r o nell'ut e r o , il i o % s u b i t o d o p o l a n a s c i t a . F u p e n s a t o m o l t o a l l a p o s s i b i l i t à che la i n c o m p a t i b i l i t à dei g r u p p i sang u i n i p o t e s s e essere c a u s a d e l l a m o r t e p r e c o c e , p a r t i c o l a r m e n t e abituale dell ' e m b r i o n e (aborto) (LEVINE, HUNT, HAILE, e altri). A l t r i i n v e c e n o n ott e n n e r o d a t i s t a t i s t i c a m e n t e sicuri, c h e p o t e s s e r o d i m o s t r a r e la d i p e n d e n z a causale
ipotetizzata
(KÄSER,
STODTMÜLLER,
WALL
e
HERTIG,
v.
LOGHEM
(A, B , O,) e altri). A n c h e LEVINE in l a v o r i p i ù t a r d i v i a s s u m e u n a t t e g g i a m e n t o s c e t t i c o . R e c e n t e m e n t e HIRSZFELD s o s t e n n e il p u n t o d i v i s t a che l ' a b o r t o i n v e c e n e l l ' e r i t r o b l a s t o s i f e t a l e i n t e r v e r r e b b e p i ù spesso nelle m a d r i e t e r o z i g o t i - R h - r h p e r c h é in q u e s t e p o t r e b b e r o agire solo a n t i c o r p i sessili e in p a r t i c o l a r e a t t i v i sulla m u s c o l a t u r a liscia d e l l ' u t e r o e c o n d u r r e b b e r o , in s e g u i t o a l l a r e a z i o n e a n t i g e n e - a n t i c o r p o , a c o n t r a z i o n i e di c o n s e g u e n z a all ' a b o r t o . G l i a n t i c o r p i liberi v e r r e b b e r o l e g a t i d a i c o r r i s p o n d e n t i a n t i g e n i d e l l a m a d r e , t a n t o che solo r a r a m e n t e si riesce a d i m o s t r a r e l a p r e s e n z a d i a n t i c o r p i nel s a n g u e . — S o n o m o l t o d i s c u t i b i l i infine i r a p p o r t i c o n le gestosi g r a v i d i c h e . L a gravità del quadro morboso v a press'a poco parallelamente
alla
i n t e n s i t à d e l l e a l t e r a z i o n i d i m o s t r a b i l i n e l l a p l a c e n t a (1) (DIAMOND e a l t r i , HELLMANN e a l t r i , W O L F E e NEIGUS). L e p i ù g r a v i a l t e r a z i o n i c o n le p i ù g r o s s e p l a c e n t e ( 1 1 0 0 - 1 2 0 0 g . ) si t r o v a n o n e l l ' i d r o p e c o n g e n i t o .
Nell'ittero
g r a v e le a l t e r a z i o n i m a c r o s c o p i c h e e m i c r o s c o p i c h e s o n o p i u t t o s t o m o d e s t e , le p i ù m o d e s t e si t r o v a n o n e l l a a n e m i a d e i n e o n a t i . S o n o s t a t i d e s c r i t t i i n g r o s s a m e n t i irregolari dei villi, c o n s t r o m a e d e m a t o s o ed i p e r p l a s t i c o , rigonfiamento
delle cellule e della parete dei capillari, persistenza dello
di L a n g h a n s ,
vasi
rimpiccioliti,
focolai
di emopoiesi,
strato
proliferazione
del
sincizio, e v e n t u a l m e n t e con presenza di vacuoli, ecc. L a prognosi nell'ittero grave deve
essere t a n t o p i ù c a t t i v a , q u a n t o
le a l t e r a z i o n i d e l l a p l a c e n t a
più
spiccate
risultano
(KLOSTERMANN).
C o n o g n i g r a v i d a n z a l a sensibilizzazione d e l l a m a d r e a u m e n t a e c o n essa l a c a p a c i t à di f o r m a r e a n t i c o r p i - R h . Così è b e n c o m p r e n s i b i l e c o m e il p r i m o b a m b i n o p e r la m a g g i o r p a r t e d e l l e v o l t e n a s c e sano (2) (secondo DAHR solo n e l 75 % dei casi) g l i a l t r i b a m b i n i i n v e c e a m m a l a n o , d i p a r t o in p a r t o s e m p r e p i ù f a c i l m e n t e e g r a v e m e n t e , circa così: i ° figlio: sano, 2° figlio: a n e m i a dei neon a t i , 3 0 figlio: i t t e r o g r a v e , — g u a r i g i o n e s p o n t a n e a , 4 0 figlio: i t t e r o g r a v e —
(1)
HELLMANN
e
HERTWIG,
DIAMOND,BLACKFAN
e
BATY,
POTTER,
V.
GIERKE.
(2) A meno ch.e la madre rh-negativa non sia già stata precedentemente sensibilizzata con sangue Rh-positivo (STARK, bibl.) prima del primo parto.
LE ANEMIE EMOLITICHE
935
50
mortale, figlio: idrope congenito, ecc. (KLOSTERMANN e altri). Questa successione non si verifica però con regolarità. Mentre è stata chiarita la genesi causale della eritroblastosi fetale, non si è ottenuto finora nessun accordo sulla sua genesi formale. Molte teorie si preoccupano di chiarire in che maniera gli antigeni fetali possano arrivare alla circolazione sanguigna materna. Non è stato ancora deciso se antigeni contenuti negli eritrociti, nelle cellule tessutali (porzione fetale della placenta — v. BOLHUIS) O addirittura sciolti nel siero (DAHR) sensibilizzino la madre. Alcuni sostengono che alla fine della gravidanza alcuni villi placentari si rompono, arrivano al sangue materno attraverso lo spazio intervillare e lì si decompongono (antigeni negli eritrociti fetali e nelle cellule tessutali). Altri pensano che durante ogni gravidanza gli eritrociti fetali entrano in piccola quantità nel circolo sanguigno materno e precisamente dalla 26a-30a settimana di gravidanza (LEVINE). Altri ancora sostengono che durante il parto si verificano delle emorragie da lacerazione con fuoriuscita di eritrociti fetali nucleati attraverso gli spazi intervillari (1) (JAVERT, KLINE, 1948, BICKENBACH, 1950). KLINE infatti, osservò sia in placente normali come anche in eritroblastosi fetali, dopo la nascita, trombi da agglutinazione nei capillari e nei vasi più grandi dei villi, necrosi epiteliali con lacerazioni del tessuto e emorragie negli spazi intervillari (cfr. i dettagli istologici in KLINE BICKENBACH e coli.). Secondo BICKENBACH queste emorragie per rhexis durante la nascita conducono alla prima sensibilizzazione massiva della madre, nelle seguenti nascite bastano le emorragie per diapedesi che si verificano durante la gravidanza (3) per stimolare la formazione di anticorpi, prima della nascita, nella madre già sensibilizzata (BICKENBACH). Ambedue le ipotesi, e l'ultima in particolare, hanno bisogno di controllo (POTTER, HÒRMANN). Le teorie della rottura dei villi e delle emorragie spiegherebbero bene il fatto che i primi bambini ammalano più raramente. Altri Autori finalmente pensano che la causa primitiva sia l'alterazione della placenta, per cui gli eritrociti fetali possono entrare nella circolazione sanguigna materna, cfr. RANDSTROM. Ora, com'è che gli anticorpi materni arrivano, per via retrograda, alla circolazione fetale? Diciamo subito che recentemente è stato ammesso che le glutinine anti-Rh, anti-A e anti-B possono attraversare più facilmente la placenta, forse addirittura da sole, perché esse sono più piccole delle agglutinine bivalenti
(WIENER).
Discusso è inoltre il modo col quale vengono alterati gli eritrociti e i tessuti del feto e del neonato. Le glutinine come tali alterano soltanto la membrana degli eritrociti. Solo gli eritrociti con la membrana lesa, così almeno si crede, vengono poi emolizzati precocemente dalle lisolecitine, da deformazioni meccaniche, ecc. WIENER pensa che sia possibile arrivare a una emolisi più forte soltanto quando la glutinina, per mezzo dell'aggiunta di un complemento, la « conglutinina », viene completata ad « emolisina » pura. Il brusco inizio della malattia dopo il parto è determinato da un aumento improvviso delle conglutinine nel siero del neonato. (1) A n c h e in c o n d i z i o n i
normali.
936
SANGUE
E ORGANI
EMOPOIETICI
Sembra accertato che la glutinina sia legata non solo agli eritrociti ma anche alle membrane delle altre cellule del corpo e che verosimilmente esse possano essere lese poiché posseggono pure i caratteri antigeni R h (BOORMAN e D O D D e d a l t r i ) .
Attualmente si dà per dimostrato che anche le cellule del fegato possano venire danneggiate con questa modalità. CRAIG (I) ha trovato nei feti emolitici gravi alterazioni epatiche morfologicamente apprezzabili nella proporzione d e l l ' n % . Erano presenti tutte le fasi di passaggio da una semplice epatite sierosa fino a una cirrosi vera e propria in tralobulare. I bambini che sopravvivono per un periodo più lungo alla malattia (1-5 mesi e più), mostrano il quadro della cirrosi epatica pura e per lo più quello di una cirrosi liscia. Il processo incomincia con una degenerazione grassa delle cellule epatiche e con una necrosi centro-lobulare delle cellule stesse a cui fa seguito una sclerosi intralobulare e per ultimo un sovvertimento tipico della struttura del fegato con fatti rigenerativi delle cellule epatiche e dei canalicoli biliari (CRAIG). Necrosi fibrosi, e fatti rigenerativi si formano più o meno brevemente o tardivamente, subito dopo la nascita. L a cirrosi grave si istituisce quasi sempre subito dopo la nascita. Le descritte alterazioni sono specialmente complesse dal punto di vista etiologico. Per la loro diagnosi differenziale, p. es. dalle forme di cirrosi epatica secondaria ad epatite virale (cfr. BRUNS), sono necessari speciali e accurati esami sierologici. G r a d i p i ù l i e v i d i i n s u f f i c i e n z a e p a t i c a sono r i t e n u t i r e s p o n s a b i l i d e l l ' i n s o r g e n z a d i u n « Utero epatocellulare ». F o r s e u n a insufficienza d e l l a e s c r e z i o n e d e l f e g a t o a g g r a v a l ' i t t e r o « emolitico », t r a s f o r m a n d o p r e c i s a m e n t e u n i t t e r o l a t e n t e i n u n a f o r m a m a n i f e s t a . G r a d i p i ù g r a v i di c o m p r o m i s s i o n e e p a t i c a possono in casi d i Icterus gravis essere a n c h e o c c a s i o n a l m e n t e m o r t a l i ( J A K O B I , LITVAK e GRUBER), essi s o n o p u r e r i t e n u t i r e s p o n s a b i l i d e l l ' i n s o r g e n z a d e l l ' i t tero nucleare.
ZOLLINGER a carico dei reni ha descritto rigonfiamento torbido con imbibizione della rete capillare dei glomeruli e qualche volta cilindri emoglobinici. Nelle forme gravi di icterus gravis può insorgere per lo più un « ittero nucleare» (2) (3). In questo caso sono interessati in prima linea i nuclei del tronco cerebrale, del bulbo e del cervelletto, cfr. SCHMÒGER. I nuclei (I) CHANDA,
CRAIG,
DRUMMOND
ZEITHOFER
e
e
WATKINS,
SPEISER,
EGGIMANN.
ZOLLINGER
Bibl.,
HENDERSON,
TRIBEDI
e
ed altri.
D E R E Y M A E K E R , DE LANGE, PENTSCHEW, ZIMMERMANN
e YANNET,
ZOLLINGER
ed altri. (3) Capita pure (raramente) nelle forme di incompatibilità del sistema A - B - O e perfino nelle sepsi del neonato di osservare imbibizione di bilirubina nei nuclei cerebrali, fatto che avviene anche occasionalmente nel neonato sano e specialmente nel prematuro (altri dati e bibl. in B A L L O W I T Z , S C H M Ò G E R ) , alterazioni tardive si trovano però solamente in modo evidente nell'icterus gravis.
LE
ANEMIE
EMOLITICHE
delle cellule gangliari sono picnotici colorato
debolmente
neuronofagia.
937
( i ) , il l o r o c i t o p l a s m a o m o g e n e o
e
i n v e r d a s t r o , e v e n t u a l m e n t e si o s s e r v a n o f i g u r e d i
Talvolta
sono in preda
a fenomeni
di r a m m o l l i m e n t o
le
r e g i o n i c o l p i t e (cfr. DE LANGE, PENTSCHEW, b i b l . ) . Q u a l i a l t e r a z i o n i p i ù t a r dive
( E n c e p h a l o p a t h i a p o s t i c t e r i c a i n f a n t u m ) (2) f u r o n o o s s e r v a t e p a r z i a l i
s c o m p a r s e d e l l e g u a i n e m i d o l l a r i e di c e l l u l e g a n g l i a r i , p r o l i f e r a z i o n i d e l l a glia ed aumento
delle
fibre
(ed a l t r e
alterazioni
secondo
PENTSCHEW).
D a l p u n t o di v i s t a clinico la encephalopathia posticterica i n f a n t u m è c a r a t terizzata principalmente dalla comparsa motorio extrapiramidale
di s i n t o m i a carico del sistema
(ed a l t r i s e g n i s e c o n d o BALLOWITZ). D E
LANGE
r i f e r i s c e su u n c a s o d i m i c r o g i r i a , CAPPELL SU u n o d i p o r e n c e f a l i a e d i d r o c e f a l o , DONTENWILL SU u n o d i i d r o a n e n c e f a l i a d a e m o r r a g i a v e n t r i c o l a r e . L a tesi secondo la q u a l e l a imbibizione dei nuclei cerebrali ad o p e r a d e l l a bilirubina ( f a v o r i t a a n c h e d a u n a alterazione d e l l a p e r m e a b i l i t à d e g l i endoteli vasali) s a r e b b e la c a u s a delle a l t e azioni d e g e n e r a t i v e , c o n t a oggi s o l t a n t o pochi sostenitori
(KÙSTER, KUSTER e KRINGS). C o n o g n i p r o b a b i l i t à la r e a z i o n e f r a
a n t i g e n e e d a n t i c o r p o d e t e r m i n a i m m e d i a t e alterazioni delle p a r e t i v a s a l i e delle cellule g a n g l i a r i ( v e d i sotto); forse anche uno s t a t o d i ipossiemia p a r t e c i p a dir e t t a m e n t e a l l a genesi dell'alterazione; è n o t e v o l e che le a l t e r a z i o n i dell'icterus gravis, m o s t r a n o all'incirca l a stessa distribuzione c o m e nella ipossiemia generale. C f r . a n c h e gli e s p e r i m e n t i di EYQUEM, DEREYMAEKER ed altri.
GLANZMANN e EGGIMANN (bibl.) s u p p o n g o n o che esistano r a p p o r t i c o n la pancreatite fibroso-cistica familiare; GASSER non h a p o t u t o c o n f e r m a r e q u e s t a tesi. ZEITHOFER e SPEISER, in u n caso di idrope c o n g e n i t a h a n n o d e s c r i t t o u n a insolita impregnazione di ferro nel pancreas e LIEBEGOTT u n m o d i c o a u m e n t o del
tessuto
connettivo
interstiziale.
FOLLIS,
JACKSON,
e
CARNES,
SANDFORD.
h a n n o o s s e r v a t o alterazioni ossee (radiologiche ed istologiche). Per la genesi degli edemi e dei trasudati sono state ritenute responsab i l i d i f f u s e a l t e r a z i o n i d e i c a p i l l a r i (disorosi, v a s o t r o p i s m o ,
ZOLLINGER).
V e n g o n o a n c h e a m m e s s i r a p p o r t i con il r a b d o m i o m a del cuore (?) (FANCONI)
e
con
la
malattia
di
WILSON
(WIENER
e
BRODY,
1946).
Noi
(ROTTER)
a b b i a m o o s s e r v a t o u n c o s i d e t t o a n g i o e n d o t e l i o m a del f e g a t o (reticolosi alveolare) in u n l a t t a n t e nella c u i m a d r e f u d i m o s t r a t o u n sorprendente a l t o t i t o l o di glutinine univalenti anti-B. A s s i e m e a l l a p r o s p e t t a t a genesi da alterazioni delle membrane, del connettivo fibrillare e dei parenchimi, è s o r t a u n a serie d i teorie. F u a m m e s s a l a ipotesi che le glutinine possano alterare d i r e t t a m e n t e n o n solo gli eritrociti m a a n c h e le altre cellule p a r e n c h i m a l i (fegato, S N C ) , endoteli (edema, idrope), ecc. WIENER a m m e t t e c h e i t r o m b i capillari secondari a l l a a g g l u t i n a z i o n e (v. BAAR, FARBER n o n h a n n o d a t o c o n f e r m a istologica) d e t e r m i n i n o necrosi ischemiche nel f e g a t o e nel cervello. L a ipossiemia d a a n e m i a f u r i t e n u t a responsabile delle al(1) Occasionalmente anche in zone senza dimostrabile imbibizione itterica. (2)
PENTSCHERO,
v.
BOGAERT,
LANDE,
STILLER,
YANNET
e
LIEBERMANN.
SANGUE E
93»
ORGANI
EMOPOIETICI
t e r a z i o n i del f e g a t o (REISNER) e del S N C , l'ipossiemia (WIENER) e l'ipoprot e i n e m i a (secondaria a l l a lesione epatica) i n v e c e p e r l'origine degli e d e m i e delle lesioni e n d o t e l i a l i (DAVIDSOHN, 1944, JAKOBI ed altri). PENTSCHEW r i f i u t a u n a tale prospettiva ZOLLINGER,
g e n e t i c a p e r le lesioni c e r e b r a l i . MOLLISON,
FANCONI,
VAUGHAN
ed
altri
vedono
ZIEGLER,
nell'emolisi
un
HUTH,
essenziale
f a t t o r e p a t o g e n e t i c o e r i t e n g o n o che n e l l a distruzione d e g l i eritrociti e delle cellule dei t e s s u t i possano liberarsi s o s t a n z e a d azione lesiva sui t e s s u t i stessi ( H - S u b s t a n z e n ) . HUTH considera l ' i n t e r o q u a d r o m o r b o s o simile ad uno s h o c k anafilattico. P i ù difficile r i m a n e d a spiegare la c o n s t a t a z i o n e che circa il 10 % delle erit r o b l a s t o s i f e t a l i n o n t r a g g o n o l a loro origine d a l l a i n c o m p a t i b i l i t à di f a t t o r i e m o g r u p p a l i , m a p i u t t o s t o d a altre m a l a t t i e m a t e r n e : così ad esempio p e r p r i m o d a u n diabete mellito (embriopatia d i a b e t i c a dei neonati) e dalla sifilide della m a d r e (pag. 930). M o l t i A A . però m e t t o n o in d u b b i o u n a t a l e ipotesi p o i c h é r i t e n g o n o c h e g l i anticorpi, e p r e c i s a m e n t e l a reazione f r a a n t i g e n e ed anticorpo, siano i v e r i responsabili d e l l ' i n s o r g e n z a d e l l a m a l a t t i a e m o l i t i c a nei f e t i e nei n e o n a t i ed a t t r i b u i s c o n o a l l ' a l t r o f a t t o r e u n semplice significato secondario.
Nella ricerca di un nuovo fattore patogenetico superiore e che interessa in egual modo ogni tipo di e+iologia, è stato osservato art reperto sorprendente costituito dalla presenza nella placenta (1) e nelle ghiandole endocrine di alterazioni sostanzialmente uguali in ogni caso. T a l i a l t e r a z i o n i sono s t a t e b r e v e m e n t e descritte d a KLOOS n e l l a placenta in b a m b i n i a f f e t t i d a e m b r i o p a t i a d i a b e t i c a (2). MELLINGHOFF e di r e c e n t e KLOOS c r e d o n o d u n q u e di p o t e r considerare q u a l e f a t t o r e responsabile e generale per l'insorgenza delle eritroblastosi f e t a l i l a ipossiemia dell'embrione, condiz i o n a t a d a alterazioni d e l l a p l a c e n t a (insufficienza di v a s c o l a r i z z a z i o n e ) . MELLINGHOFF e KLOOS r i t e n g o n o che l ' e m a t o p o i e s i persistente r a p p r e s e n t i u n arresto d i s v i l u p p o , d a insufficienza o m a n c a n z a di ossigeno. A l c u n i a m m e t t o n o c h e il s i s t e m a endocrino d a solo od in associazione a d altri sia il f a t t o r e d e t e r m i n a n t e d e l q u a d r o classico della m a l a t t i a e c h e precis a m e n t e esso possa d e t e r m i n a r e l ' i n s o r g e n z a o dare l ' i m p r o n t a f o n d a m e n t a l e al q u a d r o
stesso. Nella
corteccia
surrenale
LANDAU,
LIEBEGOTT,
BENECKE,
SARASAON, MACKLIN, MILLER e d altri, MELLINGHOFF, GILLMOUR, JAVERT, R A N STRÒM,
KLOOS e STAEMMLER
ed
altri hanno
descritto
ispessimenti
della
so-
s t a n z a corticale e u n a u m e n t o del deposito dei lipoidi s p e c i a l m e n t e a carico della z o n a reticolare. I l timo ed il sistema linfatico sono f r e q u e n t e m e n t e atrofici. RANSTRÒM nella anteipoflsi h a o s s e r v a t o u n a alterazione della distribuzione delle cellule a f a v o r e delle cromoftle. I p e r p l a s i a dell'apparato insulare e u n a u m e n t o delle cellule interstiziali insulari riferiscono LIEBEGOTT, BENECKE,
GILLMOUR,
(1) P r o b a b i l m e n t e le i d e n t i c h e a l t e r a z i o n i n e l l a p l a c e n t a p o s s o n o e s s e r e p r o d o t t e da diversi fattori o noxe, dagli anticorpi della madre, dalle infezioni, dalle alteraz i o n i d e l r i c a m b i o ( d i a b e t e e d a l t r o ) ; i s o m o r f i a n o n s i g n i f i c a , c o m e si s a , i s o g e n i a . (2) S u l l e a l t e r a z i o n i d e g l i o r g a n i e n d o c r i n i n e l l a e m b r i o p a t i a d i a b e t i c a c f r . MILLER e d a l t r i , JAVERT, KLOOS.
LE ANEMIE
939
EMOLITICHE
MELLINGHOFF, MACKLIN, POTTER, RANSTROEM, KLOOS
e STAEMMLER
ed
altri.
S e c o n d o BERBLINGER l'iperplasia delle isole è del t u t t o aspecifica; le isole c o n s t a n o , n e l l a s u a casistica, in u n ' a l t a p e r c e n t u a l e di cellule A . I n u n a serie di casi si t r o v ò u n a sorprendente glicogenosi del m i o c a r d i o e m o l t o scarsa nei m u s c o l i scheletrici, nel f e g a t o e nei reni (LIEBEGOTT, BENECKE). RANSTROEM considera le s o p r a d e t t e alterazioni degli organi endocrini q u a l e s u b s t r a t o della sindrome di adattamento, a d a t t a m e n t o a d u n a lesione che, c o n ogni p r o b a b i l i t à , è s t a t a d e t e r m i n a t a d a g l i a n t i c o r p i R h . Q u e s t a tesi lascia p e r ò a p e r t a l a possibilità che m o l t e altre condizioni m o r b o s e p o s s a n o d e t e r m i nare u n identico q u a d r o patologico, cioè il morbus h a e m o l y t i c u s n e o n a t o r u m . Il p r o b l e m a h a c o m u n q u e b i s o g n o di ulteriori a c c e r t a m e n t i .
Non tutti i bambini però si ammalano in casi di incompatibilità emogruppali fra madre e figlio (CAPELL ed altri). L a m o r b i l i t à dei b a m b i n i dei p a d r i R h - R h p o s i t i v i o m o z i g o t i è di circa 4-5 v o l t e più f o r t e che negli eterozigoti R h - r h n e g a t i v i (TAYLOR e RACE 1944). P r o b a b i l m e n t e dipende d a l l a d i v e r s a disposizione d e l l a m a d r e a l l a f o r m a z i o n e delle a g g l u t i n i n e e in p r i m o luogo delle glutinine. L a minore m o r b i l i t à (10-20 % ) di f r o n t e al f a t t o r e R h n e g a t i v o nella i n c o m p a t i b i l i t à e m o g r u p p a l e A B O è d a t a p r o b a b i l m e n t e d a l f a t t o c h e in q u e s t o caso v e n g o n o f o r m a t i a n t i c o r p i inc o m p l e t i a n t i A - B più r a r a m e n t e d i quelli c o m p l e t i (vedi LOGHEM) . V e n g o n o inoltre messi in discussione a n t i g e n i speciali e d i p a r t i c o l a r e a t t i v i t à , e u n a alt e r a t a p e r m e a b i l i t à del filtro p l a c e n t a r e (KLOSTERMANN), c f r . le discussioni p i ù s o p r a esposte a p r o p o s i t o del significato delle a l t e r a z i o n i p l a c e n t a r i . BOLHUIS h a s o s t e n u t o l a tesi che a n t i g e n i t e s s u t a l i siano c o n t e n u t i in p o c h e p l a c e n t e e c h e s o l t a n t o t a l i antigeni t e s s u t a l i possano essere c a p a c i d i sensibilizzare la m a d r e . Difficili d a spiegare sono i casi di DENNY. E g l i h a d e s c r i t t o g e m e l l i monocoriali q u a s i dello stesso peso, u n o dei q u a l i era g r a v e m e n t e a m m a l a t o m e n t r e l ' a l t r o p r e s e n t a v a scarse a l t e r a z i o n i e guarì s e n z a a l c u n a t e r a p i a .
9. SINDROMI EMOLITICHE PROVOCATE DA EMOAGGLUTININE ASPECIFICHE E DALLE COSIDDETTE GLUTININE DI PROVENIENZA SCONOSCIUTA A n e m i e emolitiche provocate da agglutinine da freddo Le agglutinine da freddo f u r o n o per la p r i m a v o l t a d i m o s t r a t e nelle pneumoniti da virus, p i ù t a r d i a n c h e in diverse altre m a l a t t i e a c u t e e croniche: nella mononucleosi infettiva, epatite epidemica, tubercolosi, leucemia, anemia perniciosa, carcinosi e così v i a . L e agglutinine d a f r e d d o sono perciò f r e q u e n t e m e n t e sint o m i aspecifici che a c c o m p a g n a n o infezioni b e n distinte ed a n c h e altre m a l a t t i e ; u n t i t o l o basso di a g g l u t i n a z i o n e è p i u t t o s t o p r i v o di significato. S o l a m e n t e ad u n t i t o l o sopra 1:3000 si v e r i f i c a l'emolisi e anche l'insorgenza di u n a a n e m i a
SANGUE
E
ORGANI
EMOPOIETICI
emolitica. A l t r i casi decorrono spesso indipendentemente (forme idiopatiche); anche questi casi sono frequentemente p r o v o c a t i d a una infezione (HEILMEYER, HAHN e SCHUBOTHE, WHITTLE ed altri). Il decorso della m a l a t t i a è spesso variabile, iperacuto (del tipo di LEDERER-BRILL) oppure subacuto, di regola l'anemia è normocroma, con microsferocitosi. A l c u n e v o l t e si osserva macrocitosi, qualche caso mostra clinicamente il quadro della anemia emolitica cronica del tipo di DYKE-YOUNG. In casi g r a v i si manifesta una emoglobinemia ed una emoglobinuria. L a resistenza osmotica e meccanica degli eritrociti sono per la maggior parte ridotte. F o r t e m e n t e a u m e n t a t a Veritropoiesi nel midollo delle ossa; la milza ed il fegato sono a u m e n t a t i di v o l u m e . Caratteristica per l ' a n e m i a emolitica causata dalle agglutinine da freddo è una cianosi della pelle, che col freddo (reversibile) prevale specialmente nei p u n t i del corpo meno p r o t e t t i contro gli sbalzi della temperatura: alle orecchie, alle mani, ecc.; cioè alle estremità (cianosi delle estremità o acrocianosi). F a c i l m e n t e si formano dei trombi. A n a t o m o patologicamente si t r o v a n o le identiche alterazioni che si riscontrano nelle forme ereditarie. Sorprendente è la otturazione di piccoli vasi d a parte di accumuli di e r i t r o c i t i ( R E N N E R e M C S H A N E ) , i c o s i d d e t t i trombi d a agglutinazione.
SCHUBOTHE
e ALTMANN (in base ad a c c u r a t i reperti autoptici) descrivono una fagocitosi di eritrociti molto forte nel distretto di t u t t o il sistema reticoloendoteliale specialmente nelle cellule stellate di KUPFFER nel fegato. L e agglutinine d a freddo sono delle a u t o e panagglutinine sicuramente aspecifiche. Il loro valore e significato come anticorpi è s t a t o recentemente contestato (cfr. pag. 898). L a e c o logia delle forme idiopatiche è sconosciuta.
Le anemie emolitiche del tipo Loutit, causate da glutinine emogruppali aspeclflche T u t t e le anemie emolitiche, nelle quali sono dimostrabili delle glutinine emogruppali aspecifiche (Test di Coombs positivo) vengono r a g g r u p p a t e nel « tipo Loutit ». I casi mostrano una anemia relativamente a c u t a o meglio cronica che a u m e n t a lentamente, microsferocitosi e una diminuita resistenza osmotica. L'eritropoiesi nel midollo è a u m e n t a t a . Midollo rosso nelle ossa lunghe tubulari (REMY). Tumore di milza. Eritrofagia. GASSER ritiene che anche i casi del tipo DYKE-YOUNG e LEDERER-BRILL possano essere qui r a g g r u p p a t i . REMY (reperto autopsico) t r o v a megaloblastosi e siderocitosi atipiche. L a sintomatologia dell'anemia di LOUTIT è perciò polimorfa. L e glutinine si t r o v a n o dapprima evidentemente nel plasma, poi occupano la m e m b r a n a degli eritrociti, la alterano e così determinano l'emolisi. N e i sani gli eritrociti carichi di glutinine v a n n o rapidamente a morte (!). Etiologia sconosciuta.
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KAUFMANN I
SEZIONE
IX
LA MALATTIA EMORRAGICA (DIATESI EMORRAGICA)
L'aumentata disposizione alle emorragie rispetto alla norma è un sintomo non univoco, dal punto di vista genetico causale e formale. L a emorragia può essere primitivamente la conseguenza di una alterata emostasi premesso che i vasi siano stati prima aperti. Mentre in un individuo sano — a prescindere dai casi estremi — l'emorragia si ferma subito o non compare per traumi lievi (i cosiddetti traumi fisiologici o microtraumi), nel malato essa può invece comparire nelle identiche condizioni e rivestire i caratteri di una emorragia molto più forte e perfino mortale. Un'altra modalità attraverso la quale può manifestarsi la disposizione alle emorragie è data dal fatto che negli ammalati si verifica spontaneamente e senza una evidente causa una perdita di sangue dei vasi normali per integrità e continuità, mentre esiste semplicemente un assottigliamento delle pareti (disotta).
CAPITOLO
I
FISIOLOGIA DELLA COAGULAZIONE
Nella emostasi si distinguono un fattore vascolare ed uno ematico, quest'ultimo comprende la fase della coagulazione e della agglutinazione delle piastrine. a) L a coagulazione del sangue (i) avviene in 3 fasi (tabella X X ) : i a fase: L a protrombina viene trasformata da un fermento (la tromboplastina) in trombina in presenza dell'ione calcio. La tromboplastina (trom(1)
Cfr. i trattati, inoltre le opere speciali e le monografie di L E N G G E N H A G E R , SCHMID, W Ö H L I S C H , S C H U L Z , articolo editoriale in Z. inn. Med. Bibl.
SAUTHOFF,
948
TABELLA X X . —
SANGUE
E ORGANI
EMOPOIETICI
R A P P R E S E N T A Z I O N E SCHEMATICA DELLE
FAST D E L L A
COAGULAZIONE.
bochinasi) deriva dal tromboplastinogeno, il quale a sua volta viene pure attivato da un fermento, la tromboplastlnogenasi (fermento del trombocita), in un enzima biologicamente attivo. L a trasformazione della protrombina in trombina attraverso la tromboplastina è successivamente attivata ed accelerata da altre sostanze (i cosiddetti protrombinattivatori o acceleratori); citeremo: Proaccelerina——> Accelerina (1) e Proconvertina
> Convertina (2)
L a trombina una volta formata favorisce continuamente la distruzione delle piastrine e con ciò la successiva liberazione della tromboplastinogenasi ed allo stesso tempo facilita la attivazione della proaccelerina in accelerina: la trombina provvede dunque essa stessa al suo continuo aumento. (1) P r o b a b i l m e n t e « il f a t t o r e p l a s m a g l o b u l i n i c o » d i Seeger c o n l a tore globulinico » sono identici alla (z) D e f i n i t o p u r e c o l n o m e d i
l a b i l e di Q u i c k , il V d i O w r e n e l ' a c c e l e r a t o r e p r o a c c e l e r i n a , il f a t t o r e V I e il « S i e r o a c c e l e r a a c c e l e r i n a b i o l o g i c a e a t t i v a (vedi t a b . X X ) . fattore V I I .
LA MALATTIA EMORRAGICA (DIATESI EMORRAGICA)
949
I fattori che facilitano la coagulazione appartengono quasi tutti alle beta globuline. L a protrombina viene formata nel fegato (i), la sua sintesi è legata alla presenza di vitamina K . Protrombina e tromboplastinogeno si trovano come globulina biologicamente inattiva in grande quantità nel plasma sanguigno; il tromboplastinogeno verosimilmente trovasi anche nei tessuti. L a tromboplastinogenasi è contenuta nelle piastrine o trombociti e nelle cellule dei tessuti; essa perviene nel sangue e nei liquidi interstiziali dei tessuti dopo la distruzione delle piastrine. 2 a fase: II fermento trombina (una albumina) prodotto nella prima fase, induce successivamente la denaturazione-coagulazione irreversibile del fibrinogeno in fibrina. Il fibrinogeno viene formato nel fegato (2) (S. R. I.) e in condizioni fisiologiche è contenuto sempre in forte quantità nel plasma sanguigno (globuline). L a presenza di una « profibrina » (APITZ) non viene ammessa da J Ü R G E N S , B R A U N S T E I N E R ed altri A A . 3 a fase: In vitro (e non in vivo, secondo Q U I C K ed altri) il coagulo ematico rosso si retrae e spreme nello stesso tempo il siero. L a retrazione è legata alla presenza di trombociti funzionanti: essa è quindi determinata da una attiva funzione delle piastrine. Sostanze inibenti: L a coagulazione può essere inibita da una serie di sostanze che possono influire in diverse maniere e sulle varie fasi della coagulazione (cfr. le sostanze segnate con riga doppia sul lato destro della tabella). Nella prima fase della coagulazione possono intervenire l'eparina, la dìcumarina, la fibrinolisina (e trombina vedi tabella X X ) , mentre nella seconda fase l'antltrombina, l'eparina e la fibronolisina. L a fibrinolisina (3) deriva dalla profibrinolisina sotto l'influsso di un attivatore, la sua insorgenza può essere ostacolata da sostanze inibenti (tabella X X ) . La fibrinolisina è aumentata durante lo shock anafilattico, essa determina la liberazione dell'istamina. Il pericolo di un prolungamento eccessivo della coagulazione (trombosi (!) (1) La sua formazione è stata ritenuta possibile anche in molti altri organi e cellule specialmente in quelle del S. R. I., del midollo delle ossa, delle plasmacellule del midollo delle ossa, ecc. (2) Altri A A . attribuiscono la sua formazione alle plasmacellule del midollo (cfr. a pag. 579). (3) La distruzione della fibrina per mezzo della fibrinolisina può favorire la liberazione di un trombo (pericolo di embolia!), essa può inoltre impedire la sua organizzazione fibroblastica e connettivale. Ciò vale per esempio anche per l'essudato pneumonico. Di solito « la lisi » è facilitata dalla fibrinolisina contenuta nell'essudato; se. l'essudato contiene poca fibrinolisina può insorgere una polmonite cronica; nei processi tubercolari la fibrolisina può favorire invece la colliquazione.
SANGUE E ORGANI EMOPOIETICI
95°
può essere prodotto intravitam dall'assorbimento della trombina in fibrina, dall'attivazione dell'antitrombina e dall'arresto della protrombina (v. sopra). b) L'agglutinazione delle piastrine. L a funzione dei trombociti è triplice. Ognuna di queste funzioni, specialmente la agglutinazione, la liberazione di tromboplastinogenasi (vedi sopra) e la retrazione del coagulo (vedi sopra), serve alla emostasi. È pertanto chiaro che una diminuzione o una disfunzione delle piastrine può giocare un ruolo di fondamentale e decisiva importanza nella produzione di una emorragia. L ' o s s e r v a z i o n e d e i t r o m b o c i t i i n c a m p o s c u r o (FONIO e S C H W E N D E N E R ) ,
col microscopio in contrasto di fase (MÒSCHLIN ed altri AA.) e innanzi t u t t o c o n il m i c r o s c o p i o e l e t t r o n i c o STEINER,
BRAUNSTEINER
e
(WOLPERS e R U S K A , BESSIS,
FEBVRE,
SAUTHOFF,
HAWN
e
BRAUN-
PORTER)
ha
portato nuove conoscenze sulla loro struttura e sulla loro funzione. I trombociti constano di un nucleo granulare centrale, detto « granuloplasma » ed un ialino-plasma periferico (fìgg. 266-267). Ogni irritazione delle piastrine, in primo luogo il contatto con superfici ruvide e umide (1), ha per conseguenza l'emissione da parte dell'ialo-plasma di prolungamenti, i cosiddetti pseudopodi (forme irritative secondo FONIO). Con l'aiuto di questi prolungamenti fortemente adesivi i trombociti aderiscono alle superfici umide e si trasformano via via da cumuli piccoli in ammassi più grandi (agglutinazione). L'agglutinazione viene fortemente accelerata dalla presenza di tossine batteriche, dal veleno di api o dalle sostanze H (BRAUNSTEINER); questa è una nozione che è di significato fondamentale per la genesi della cosiddette trombosi a distanza che si verificano nelle infezioni e nelle distruzioni dei tessuti. Poco tempo dopo l'avvenuta agglutinazione l'ialoplasma dei trombociti, che si è esteso frattanto e sempre più negli pseudopodi, si trasforma in piccolissimi granuli (da 60 a 150 À) (fig. 268). I granuli sono, con molta probabilità, da considerare dei microsomi: essi c o n t e n g o n o l a t r o m b o p l a s t i n o g e n a s i (CHAGRAFF, MORE e B E N D I C H , B R A U N -
STEINER e KARNER ed altri), la quale inizia senz'altro il processo della coagulazione. Con l'aiuto del microscopio elettronico si è potuto dimostrare che le molecole di fibrina si legano fra di loro in catene più o meno lunghe (fig. 269). All'inizio le catene sono formate di 5-10 membri e poi diventano sempre più lunghe. Le micelle aghiformi si riuniscono in fasci e mostrano striature trasversali. In questo modo ha origine un reticolo nei cui punti nodali giacciono i trombociti. Il granulomero dei trombociti è fuso in una specie di pseudo-nucleo. Dopo la lisi completa dell'ialomero i pseudo-nuclei formano dei centri di sostegno e di retrazione (vedi sopra) del reticolo di fibrina. Senza trombociti il coagulo non si retrae. Contra(1) Alterazioni o perdita dell'endotelio, suffusione di sangue nel tessuto, ferita d a taglio ed altro.
Fig. 266. Gruppi di piastrine agglutinate subito dopo il prelievo di sangue. D a una fotografia concessa da BERNHARD.
Fig. 267. Gruppi di piastrine agglutinate subito dopo il prelievo di sangue. Le piastrine aderiscono fra di loro con gli pseudopodi. L'ialoplasma si distende, il granulomero si raccoglie in un pseudonucleo. Ingrandimento 1 : 10.800. D a una fotografìa concessa da BERNHARD.
Fig. 2 6 8 . Distruzione dell'ialoplasma di un trombocita. Ingrandimento 1 : 1.600. Da BRAUNSTEINER.
Fig. 2 6 9 . Fase iniziale della formazione della fibrina. In singole zone le molecole di fibrina si uniscono a formare le primitive unità di fibrina da cui prendono origine filamenti e reticoli più grossi. L'ialoplasma delle piastrine è quasi completamente disciolto. Ingrandimento 1 : 25.500. Da una fotografia concessa da BERNHARD.
LA
MALATTIA
EMORRAGICA
(DIATESI
EMORRAGICA)
953
riamente alla affermazione di A P I T Z , il quale riteneva l'agglutinazione delle piastrine solamente secondaria ad un antecedente aumento di profibrina, J Ü R G E N S , B R A U N S T E I N E R ed altri, hanno potuto dimostrare che le piastrine si agglutinano fra di loro anche in assenza della trombina. L'agglutinazione e la coagulazione del sangue sono pertanto due fenomeni fra di loro indipendenti in principio, però, in condizioni fisiologiche, essi sono sempre accoppiati. c) Il fattore vascolare. A l fattore vascolare si assegna attualmente un grande significato per la coagulazione. È noto a qualunque chirurgo che perfino grosse arterie delle estremità dopo la loro rottura possono cosi violentemente contrarsi da arrestare temporaneamente l'emorragia (i). La chiusura delle arterie medie e piccole si renderebbe possibile inoltre per il fatto che gli endoteli aderiscono, si mettono uno sopra l'altro e si saldano fra di loro (2). Infine l'organismo è in condizioni di derivare il sangue per mezzo di vasocostrizioni o dilatazioni del distretto collaterale, intorno alla zona della ferita. A P I T Z , H . D . Z U C K E R ed altri A A . (cfr. anche F R A N K ) si sono opposti più tardi contro una esagerazione del significato di questo fattore vascolare nei riguardi della coagulazione e hanno potuto dimostrare che molti degli argomenti in favore del fattore vascolare si fondano su delle interpretazioni errate. Reperti per esempio che a luce diretta possono essere interpretati come vasocostrizioni di piccole arterie e di capillari si sono dimostrati invece, alla osservazione in contrasto di fase, come effetto di una semplice corrente di plasma. d) Coordinazione dei fattori a-c. L'emostasi ha come base un meccanismo complesso al quale i fattori a-c, trattati singolarmente più sopra, prendono parte in ugual misura. Sperimentalmente si possono isolare ed in principio decorrono indipendentemente fra di loro: nelle condizioni fisiologiche però sono intimamente collegati e quasi ingranati uno con l'altro. Durante il I stadio il fattore vascolare dovrebbe provvedere inizialmente ad una emostasi provvisoria (Stadio della « emostasi provvisoria »). Si è detto più sopra che A P I T Z e H . D . Z U C K E R si sono opposti ad una sopravalutazione di questo fattore. Il secondo stadio della emostasi definitiva viene regolato prevalentemente dal « fattore ematico ». Secondo A P I T Z e Z U C K E R le emorragie capillari vengono fermate esclusivamente dalla coagulazione del sangue, mentre quelle di vasi di piccolo e medio calibro prevalentemente a mezzo della agglutinazione delle piastrine (trombo bianco, rispettivamente trombo di separazione). La causa dell'agglutinazione sta probabilmente nella regolazione di potenziali elettrici (vedi più estesamente sopra). Un tale trombo bianco ottura l'estremità del vaso come un coperchio. Esso si inserisce ai margini delle estremità del vaso e non si estende di regola nel lume. Questa (x)
B I F R , M A G N U S , H E I M B E R G E R , T A N N E N B E R G ed altri. (2) R O S K A M , J Ü R G E N S , H E R Z O G ed altri. Secondo A P I T Z
di un effetto di schiacciamento puramente meccanico.
si tratterebbe perciò
954
SANGUE
E
ORGANI
EMOPOIETICI
c o n s t a t a z i o n e c o n t r o b a t t e , secondo APITZ, l'ipotesi d i ROSKAM, cioè c h e prec i p i t a t i d i a l b u m i n a sull'endotelio leso (una specie d i opsonizzazione) siano la premessa p e r l'adesione e l ' a g g l u t i n a z i o n e delle piastrine, cioè c h e l'emostasi sia d i c o n s e g u e n z a u n a f u n z i o n e dell'endotelio. L a solidità del t a p p o di piastrine all'inizio è i m p e r f e t t a in m o d o che q u e s t o t a p p o p u ò essere n u o v a m e n t e p e r f o r a t o d a l s a n g u e . Si c o n g l u t i n a n o s o l a m e n t e quelle piastrine c h e v a n n o in d i s f a c i m e n t o e f o r m a n o u n a m a s s a resistente, ialina (simplasma). Con l'inizio del d i s f a c i m e n t o delle piastrine c o m i n c i a l a c o a g u l a z i o n e del s a n g u e (vedi sopra). I n q u e s t o m o d o il t r o m b o v i e n e r i n f o r z a t o d a l l a f o r m a z i o n e di u n a specie d i t r a l i c c i o p e r m e z z o della fibrina. L a fibrina si t r o v a a c c u m u l a t a solo negli interstizi tissurali originati d a l l e emorragie i n t e r m i t t e n t i t a r d i v e . N e l l e g r a n d i ferite e nelle lacerazioni dei t e s s u t i i t r o m b i delle piastrine d a soli n o n sono sufficienti a d e t e r m i n a r e l'emostasi. L ' e m o s t a s i d e f i n i t i v a in t a l i condizioni v i e n e g a r a n t i t a s o l a m e n t e a t t r a v e r s o la coagulazione del sangue cioè a m e z z o dei coaguli ematici, c h e h a n n o origine nelle ferite e nei tessuti c i r c o s t a n t i (FRANK) e v e n g o n o più t a r d i o r g a n i z z a t i . Collasso, cioè in altre p a r o l e o l i g o e m i a p e r p e r d i t a d i p l a s m a e s a n g u e a l l ' e s t e r n o o per infiltrazione tissutale, possono a v e r e u n e f f e t t o f a v o r e v o l e sulla emostasi, c a u s a l ' a b b a s s a m e n t o d e l l a pressione (fattore emodinamica).
Le malattie emorragiche sono principalmente determinate da a) un disturbo della coagulazione del sangue, b) da un disturbo della funzione delle piastrine (i) oppure c) da un disturbo della permeabilità dei vasi ( m a l a t t i a e m o r r a g i c a a n g i o p a t i c a s e c o n d o APITZ).
CAPITOLO II
MALATTIE EMORRAGICHE DIPENDENTI DA UNICA 0 PREPONDERANTE ALTERAZIONE DELLA COAGULAZIONE DEL SANGUE (2) 1. C A R E N Z A
DI
PROTROMBINA
N e l l a c a r e n z a di p r o t r o m b i n a insorge u n a m a l a t t i a e m o r r a g i c a c a r a t t e r i z z a t a d a suggellazioni e soffusioni (3) della pelle, le q u a l i si m a n i f e s t a n o specialfi) a) e 6) considerate da APITZ quali malattie emorragiche distrombotiche. (2) In questo gruppo non vengono considerate le emorragie spontanee poiché alla alterazione della coagulazione del sangue si aggiunge un fattore vascolare. (3) Le suggellazioni e le suffusioni sono rosso-bleu, gialle oppure verde cupo e le emorragie sono superficiali e di diversa estensione. Come ecchimosi si considerano le emorragie superficiali che vanno da un diametro di 1 cm. fino a 5 cm. Le petecchie sono piccole emorragie puntiformi a forma di puntura di pulce assai superficiali (porpora). Per altri particolari si veda il capitolo della pelle.
LA
MALATTIA
EMORRAGICA
(DIATESI
955
EMORRAGICA)
mente nelle sedi che sono compresse o schiacciate; più di rado attraverso emorragie dalle mucose del t u b o digerente e attraverso emorragie delle mucose in genere. Di rado la ipotrombinemia appare quale malattia ereditaria. Per la maggior parte essa si instaura su una insufficienza del fegato (i) oppure su una carenza di vitamina K (cfr. la t a v . 20). L a vitamina K è contenuta negli alimenti (specialmente verdure) e viene sintetizzata dalla flora batterica del tubo digerente. L a vitamina priva di lipidi viene riassorbita solamente in presenza di fermenti del pancreas e di quelli contenuti nella bile. L a diatesi emorragica che si trova in casi di ittero da stasi e nelle fistole biliari è d o v u t a ad una insufficienza o mancanza di riassorbimento della vitamina K . A difetti di riassorbimento della vitamina K si può arrivare inoltre nella sprue o nel morbo celiaco ed altre forme. L a disposizione alle emorragie del neonato (2), il « morbus haemorrhagicus neonatorum » (3), probabilmente anche una parte delle cosiddette emorragie traumatiche della nascita sono collegate, anche non in piccola parte, ad una ipoprotrombinemia, la quale è già dimostrabile al momento della nascita. Essa ragginge il suo più basso livello verso il secondo giorno di vita, prima della fine della seconda e terza settimana viene compensata. L a ipoprotrombinemia è dunque causata da una relativa insufficienza del fegato del neonato (4) e da una carenza di vitamina K . Quest'ultima dipende da un ritardato impianto del colibacillo nell'intestino o anche da un difetto di riassorbimento. R A N D A L L e R A N D A L L prospettano quale causa della facilità alle emorragie del neonato una mancanza di accelerina.
2. C A R E N Z A D I T R O M B O P L A S T I N O G E N O
(EMOFILIA)
(TROMBO-PLASTINOGENOPENIA) L a emofilia m o s t r a u n a n d a m e n t o ereditario recessivo legato al cromosoma
X che è u n c r o m o s o m a sessuale. D i c o n s e g u e n z a possono esserne
colpiti s o l a m e n t e gli A proposito
uomini, le donne
di casi rari
sono
s e m p l i c e m e n t e « v e t t r i c i ».
di d o n n e emofìliche o m o z i g o t e p r o v e n i e n t i
m a t r i m o n i o di un emofilico c o n u n a v e t t r i c e cfr. ed
altri.
Occasionalmente
vettrici
eterozigote
APITZ
possono
(1942),
da
ISRAELS
dimostrare
una
inclinazione v e r s o l ' e m o r r a g i a p i ù o m e n o forte, di regola però non pericolosa per la v i t a , poiché l'allelo sano n o n p r e v a l e s u f f ì c i e n t e m e n t e s o p r a (1) Atrofia acuta del fegato, cirrosi epatica, amiloidosi, ecc., cfr. il caso esaminato dal p u n t o di v i s t a a n a t o m o - p a t o l o g i c o d a DEAK e KADAS. (2) A P I T Z , B R I N K H O U S , S M I T H e W A R N E R , KOLLER e FIECHTER, MARX e B A Y E R L E .
FANCONI,
GAETHGENS,
KOLLER,
(3) Emorragie della cute e delle mucose, ematemesi, melena, emorragie occulte del tubo digerente, ematurie, emorragie intracraniche, sottosierose, sub-endo e pericardiche, ecc. (4) La tesi non viene accettata da GAETHGENS ed altri.
956
SANGUE E ORGANI EMOPOIETICI
l'allelo congenitamente affetto. (Letteratura nel testo, cfr. inoltre NENNINGER,
ROESLER).
Il quadro della malattia (i) è dominato da emorragie leggere ma persistenti e qualche volta gravi ed infrenabili e perciò mortali: esse sono sempre in rapporto con delle ferite. Queste ultime possono essere così leggere da venir chiamate « traumi fisiologici ed anche microtraumi ». Spesso si tratta di ferite che sono in relazione allo spuntare dei denti o al cambiamento dei denti oppure ad una estrazione dentaria. Si tratta di ferite che possono rappresentare sorgenti di emorragie cospicue. Spesso è sufficiente un sovraccarico meccanico, p. es. della articolazione del ginocchio nei primi tentativi di cammino del bambino, durante la corsa o nei salti, ecc., per provocare un « emartro ». Tali versamenti endoarticolari di sangue si sviluppano quasi regolarmente negli emofillici; per lo più sono colpite più articolazioni e specialmente ginocchio e gomito. Tali « emorragie endoarticolari » mostrano sempre la tendenza a nuove recidive. A causa dei disturbi della coagulazione, i versamenti ematici rimangono per lungo tempo fluidi (I° stadio, KONIG), COSÌ che le articolazioni possono anche essere funzionanti; finalmente insorge una panartrite (20 stadio), ed a chiusura, il quadro di una artropatia deformante (30 stadio). Le fasi della malattia sono caratterizzate da masse sanguigne dense, ialine, brune, scure (o anche da liquidi brunastri), da fenomeni di organizzazione, da proliferazione della sinoviale, da una forte deposizione di pigmenti emosiderotici, da precoci alterazioni regressive della cartilagine, da distruzioni dei distretti ossei s u b - c o n d r a l i CHIARI,
FORFATA,
FREUND,
e così via:
LANG,
cfr. APTIZ,
SCHLOSSMANN,
BERG e
VERÉBÉLY
HERZOG, ed
altri
(bibl.). Tipici sono inoltre gli ematomi, i quali possono raggiungere dimensioni gigantesche, le cosiddette emorragie massive nel tessuto grasso sottocutaneo, nella muscolatura scheletrica, in sede retroperitoneale, nella loggia perirenale, raramente in organi (p. es. nella milza, nei polmoni, nel sistema nervoso centrale, nello spazio sub-durale, sub-periostale e nel canale midollare delle ossa, ecc.), ed emorragie dal naso dal tubo digerente e dal tratto discendente delle vie urinarie (2), ecc. Non si osservano emorragie petecchiali del tipo della porpora emorragica! L a incoagulabilità del sangue fa sì che la organizzazione degli ematomi non avviene od è fortemente ritardata (altri dettagli su questo argomento in PÀTZOLD) . L a malattia emofillica viene oggi dalla maggior parte degli A A . ricondotta ad una ipotromboplastinogenemia («globulina antiemofilica »). Da ciò ne consegue che il tempo di coagulazione è aumentato. Altri particolari sull'argomento si vedono in trattati e in opere speciali. L'apparente con(1) Manifestazioni già al tempo della nascita (emorragie del cordone ombelicale) o più tardive. (2) D A V I D S O N e M A nel 90 % dei casi.
L A MALATTIA
EMORRAGICA
(DIATESI EMORRAGICA)
957
statazione paradossale che il « tempo di emorragia » clinicamente constatabile è per lo più normale, trova la sua spiegazione nel fatto che la funzione delle piastrine rimane invariata (i). L'agglutinazione e cioè la formazione del « trombo bianco » decorre indisturbata. In questo modo la emorragia viene in primo tempo provvisoriamente fermata. Siccome la coagulazione del sangue però, come già abbiamo sottolineato, non avviene, i trombi rimangono inattivi (pag. 954), senza compattezza così che nell'emofìlico sono molto frequenti, per non dire regolari, le emorragie subentranti. BRAUNSTEINER ha potuto dimostrare con il microscopio elettronico
Fig. 270. Gruppo di piastrine agglutinate nella emofilia. Dopo 40 minuti non si è ancora formato reticolo di fibrina. Le piastrine rimangono intatte. Ingrandimento 1 : 4500. Da una fotografia concessaci da
BERNHARD.
che l'agglutinazione delle piastrine decorre indisturbata mentre non si verifica la successiva disgregazione dell'ialoplasma (fig. 270), fenomeno che, probabilmente, è dovuto alla mancata formazione di trombina. Quest'ultima normalmente ha la funzione di accelerare la disgregazione dell'ialoplasma. È ancora incerto se tutte le emorragie nell'emofilico siano determinate da rotture di vasi oppure se esse possano avvenire anche spontaneamente a vasi integri. Escludendo l'ultima possibilità, le emorragie si dovrebbero per una parte ricondurre a « traumi fisiologici », i quali in genere nelle persone sane non sogliono lasciare conseguenze visibili (1) JÙRGENSEN dimostrò inoltre nel 1952 che i t r o m b o c i t i dell'emofilico conteng o n o soltanto la m e t à della trombochinasi che è c o n t e n u t a nelle piastrine n o r m a l i .
95«
S A N G U E E ORGANI
EMOPOIETICI
(emartri vedi sopra) oppure non determinano in ogni caso emorragie pericolose. Numerosi A A . riconoscono certamente che si verificano anche emorragie spontanee: essi ritengono, contrariamente alle opinioni di A P I T Z , F O N I O , S C H L O S S M A N N ed altri, che per l'insorgenza dell'emorragia sia necessaria anche una alterazione dei vasi (funzione dell'endotelio) collegata allo stesso gene. Con i metodi morfologici l'alterazione non è dimostrabile (cfr. M. B. S C H M I D T , anche H E I L M E Y E R ha ripreso nel 1951 la questione della preesistenza di una alterazione dei vasi).
3. C A R E N Z A DI F I B R I N O G E N O (Flbrinopenia, meglio fibrinogenopenia 0 ipoinosi) (1) Si presenta occasionalmente come malattia ereditaria congenita (recessiva, non legata al sesso), oppure acquisita specialmente nelle gravi insufficienze epatiche. Il fibrinogeno contenuto nel plasma è diminuito e può occasionalmente anche mancare del tutto (afibrinogenemia). F A N C O N I ha descritto una forma di « Fibrinastenìa » caratterizzata da fibrinogeno presente in normale quantità ma di scarso valore funzionale. Per quanto riguarda le malattie emorragiche molto rare, che sono causate da una carenza di acceleratori (dal fattore V fino al fattore VII) oppure da un aumento di sostanze Inibitrici (« emofilia da sostanze inibitrici ») cfr. i trattati, opere
speciali
e
DEUTSCH.
CAPITOLO
III
MALATTIE EMORRAGICHE CAUSATE DA CARENZA DI PIASTRINE
1. T R O M B O C I T O P E N I A SINTOMATICA NELLA INSUFFICIENZA MIELOIDE Essa è un sintomo che fa parte del quadro della pancitopenia, può però presentarsi anche isolata oppure in combinazione con una agranulocitosi (aleucia emorragica). Per altri particolari cfr. a pag. 651. (1)
IVÓOÌ
= indurire, coagulare, irrigidire.
LA
MALATTIA
EMORRAGICA
(DIATESI
EMORRAGICA)
959
2. P O R P O R A (i) T R O M B O T I C A T R O M B O P E N I C A (MEGLIO TROMBOCITOPENICA), MICROANGIOPATIA TROMBOTICA Questo quadro morboso, descritto per la prima volta da MOSCHKOWITZ, presenta un inizio acuto e grave e, salvo poche eccezioni, rapidamente porta a morte il soggetto in circa 1-8 settimane. Esso non mostra alcun stretto rapporto con l'età, preferisce però manifestamente le giovani donne. Quali sintomi clinici troviamo oltre alla febbre, dolori articolari fugaci, dolori addominali, nausea ed altri; porpora, anemia emolitica progressiva e trombocltopenla; poi — per lo più alla fine — compaiono sintomi neurologici a tipo di paresi fugaci, emiparesi, paralisi, alterazioni dei riflessi, alterazioni del sensorio ed altri. Il sangue periferico mostra tutti i segni di una anemia emolitica acquisita (ittero lieve) con sferocitosi occasionale e fragilità osmotica aumentata. Il tempo di emorragia è prolungato, il tempo di protrombina e di coagulazione e di fragilità capillare sono pure anormali. La trombocitopenia è sempre marcata, ma nelle fasi finali può mancare. La diatesi emorragica determina la insorgenza di petecchie (porpora) di ecchimosi nella cute e nelle mucose le quali compaiono molto rapidamente ed altrettanto velocemente scompaiono (« rash » = Schauer). A l quadro della malattia appartengono inoltre rinorragie, ematemesi, melena, emottisi, emorragie dal tratto urogenitale, infine emorragie sottosierose e nei parenchimi della maggior parte degli organi. Il midollo delle ossa è iperplastico, la eritropoiesi è fortemente aumentata, il più delle volte sono pure aumentati i megacariociti. Questi ultimi sono per il resto morfologicamente inalterati, non si osserva alcuna inibizione della maturazione! Nel sangue circolante si può osservare una reticolocitosi, fino al 30 % e occasionalmente normoblasti. Non sono mai stati dimostrati batteri.
All'autopsia si trovano per lo più epato e spleno-megalia, facilmente anche una linfoadenopatia massiva. Il reperto più sorprendente consiste in trombi ialini delle arteriole e dei capillari dimostrabili ovunque, diffusi nel corpo e molto meno nelle venule. Sebbene tutti i tessuti e gli organi — in primo luogo miocardio, reni, surreni, pancreas, fegato, milza, il sistema nervoso centrale —• possano essere colpiti, i trombi però si trovano sempre e solamente in determinate sezioni di vasi. D a ciò ne deriva che le alterazioni diffuse dei parenchimi, come gli infarti, non costituiscono un reperto costante, poiché per la maggior parte ed il più delle volte, si riscontrano soltanto piccole e circoscritte necrosi ed emorragie ed inoltre (1) MUIRHEAD ed altri, RACKOW ed altri, SYMMERS, bibl. fino al 1952, WALLACE ed altri.
96o
SANGUE
E ORGANI
EMOPOIETICI
occasionalmente edemi perivascolari e sclerosi. I trombi consistono, secondo il parere della maggior parte degli A A . , di piastrine. Le alterazioni della parete dei vasi, che si riscontrano per prime, sono rappresentate da un rigonfiamento ialino sub-endoteliale (WALLACE), su cui, in secondo tempo, si depositano i trombi di piastrine, i quali chiudono finalmente il lume del vaso. I trombi parietali vengono ricoperti dall'endotelio e organizzati dalle cellule connettivali subintimali così che in questo modo si formano tipici quadri di granuloma intimale. Secondo S Y M M E R S i trombi sogliono mostrare i diversi stadi di organizzazione e di ricanalizzazione e le alterazioni t u t t i i quadri della v a s t a « endangitis rheumatica » della letteratura tedesca. Raramente sono state osservate anche proliferazioni degli endoteli e rispettivamente delle cellule sottoendoteliali senza la presenza di trombi. Alcuni A A . considerano primitive le alterazioni dell'endotelio e rispettivamente la loro proliferazione, alcuni altri invece la trombosi. Infiltrati rotondo-cellulari perivascolari non costituiscono un reperto consueto. Talora sono stati osservati fenomeni di emosiderosi nel fegato, milza e reni e più di rado eritropoiesi extramidollari nei due sopracitati organi. Talora si sono trovati megacariociti in forte aumento nei capillari dei polmoni, della milza e nei glomeruli del rene. La tendenza alla emorragia si riporta, dal punto di vista genetico e formale, ad una trombocitopenia del sangue circolante. La trombocitopenia da parte sua viene riferita ad una agglutinazione di piastrine intravasale perciò è da ritenere che nello stesso tempo vi sia una distruzione di trombociti. Tra l'altro in favore di ciò parla la constatazione che il quadro della malattia è sempre accompagnato da una anemia emolitica, e che l'esaltata emolisi quanto l'agglutinazione dei trombociti e rispettivamente la trombocitolisi e le alterazioni dell'endotelio siano provocate dalle agglutinine. Queste ultime però, fino ad ora, non sono state dimostrate poiché solamente una volta si è trovato un test di Coombs positivo (pag. 897). L'agglutinazione dei trombociti si verifica così rapidamente che la loro sostituzione nel midollo delle ossa in quantità sufficiente non è possibile in breve spazio di tempo (quadro di una malattia acuta). La etiología della malattia è sconosciuta. Tutti i segni depongono per il fatto che si tratti di una reazione allergico-iperergica, di una « reazione di ipersensibilità » in un organismo altamente sensibilizzato. E così fra l'altro il fatto che la porpora trombocitopenica trombotica non di rado si accompagna ad una periarterite nodosa, ad una glomerulonefrite diffusa acuta o subacuta, ad un lupus eritematode e inoltre che essa può verificarsi anche in quegli stati di ipersensibilità verso i medicamenti come p. es. verso l'iodio ( E H R I C H e S E I F T E R ) O a tossine batteriche (provenienti da materiale infetto) e così via e finalmente può offrire una sorprendente simiglianza con la endoarterite reumatica (vedi sopra).
LA MALATTIA EMORRAGICA (DIATESI EMORRAGICA)
CAPITOLO
961
IV
EMORRAGIE CAUSATE DA UNA ALTERAZIONE DELLA PERMEABILITÀ DELLE PARETI DEI VASI Emorragie diffuse che sono esclusivamente da collegare, dal punto di vista delle genesi, ad una insufficiente impermeabilità delle pareti dei vasi, si trovano innanzitutto nella carenza di vitamina C, nello scorbuto e nella malattia di Moller-Barlow (ASCHOFF e KOCH, cfr. inoltre il capitolo della pelle, ossa e cavità orale). Il quadro dello scorbuto è innanzi tutto caratterizzato da emorragie delle gengive con tutti i loro seguiti oltre ad emorragie petecchiali, suffusioni e suggellazioni, ecchimosi della pelle, emorragie massive nel sottocutaneo, nei muscoli, nelle articolazioni e nelle cavità del corpo, ecc. La porpora (i) di Schoenlein-Henoch è di genesi reumatica e di regola viene collegata alle affezioni articolari (cfr. il capitolo della pelle). L a porpora fulminante (HENOCH) è pure probabilmente di natura allergico-iperergica (HEILMEYER) cfr. il capitolo della pelle. Finalmente sarebbe da citare ancora la malattia di Osler (angiomatosi ereditaria con teleangiectasie multiple) la quale si accompagna ad emorragie della pelle, delle mucose, rinorragie, ematemesi, melena, emottisi, ematurie e così via (cfr. il capitolo dei vasi, status varicosus).
CAPITOLO
V
MALATTIE EMORRAGICHE CAUSATE DA UNA INSUFFICIENZA COMBINATA DEI TROMBOCITI E DELLA PERMEABILITÀ DELLE PARETI VASALI
1. M O R B O M A C U L O S O E M O R R A G I C O D I TROMBOPENIA ESSENZIALE
(FRANK),
TROMBOCITOPATIA
WERLHOF.
TROMBOPATIA,
(APITZ)
Malattia emorragica acuta o cronica, recidivante che si accompagna a emorragie petecchiali diffuse ed in forma di piccole macchie e ad ecchimosi cutanee («Morbus maculosus haemorrhagicus»), nelle mucose e nelle sierose, (1) A l t r i sinonimi sono: tossicosi capillare (FRANK), p o r p o r a a n a f ì l a t t o i d e (GLANZMANN), peliosi r e u m a t i c a . 61 —
KAUFMANN I
QÓ2
SANGUE
E
ORGANI
EMOPOIETICI
ad emorragie del tubo digerente e del parenchima renale, occasionalmente anche con suffusioni estese in superficie e con suggellazioni. Molto caratteristiche sono le emorragie, cosiddette «flussi sanguigni» (emorrea), dal naso, dalla cavità orale, dal tubo digerente, dall'utero e dalle vie urinarie. Emorragie negli organi interni (sistema nervoso centrale (i), muscolatura, vitreo) sono rare, così pure versamenti emorragici nelle cavità del corpo. Come conseguenza delle emorragie si sviluppa talora una anemia secondaria con pericolo di vita. Un pericolo acuto di dissanguamento si verifica pure molto di rado e ciò contrariamente a quanto si riscontra nella emofilia e nella pseudo-emofilia (JÜRGENS). Il tempo di coagulazione è normale in vitro. L a retrazione del coagulo è alterata, il tempo di emorragia, specialmente di quelle secondarie, è prolungato. Ricerche istologiche su frammenti bioptici di ferite cutanee di pazienti (APITZ, H . D . ZUCKER)
hanno dimostrato che i trombi da agglutinazione mancano, mentre la coagulazione della fibrina nei monconi vascolari capillari come nel lume della parete procede come di norma. Le ricerche hanno dimostrato che la coagulazione della fibrina da sola non è capace di fermare le emorragie provenienti da piccoli vasi pre e post-capillari e da vasi di medio calibro. L a p o r p o r a p e r ò s e c o n d o FRANK, d a l p u n t o d i v i s t a patogenetlco, è l a c o n s e g u e n z a d i u n a t r o m b o c i t o p e n i a . C o m e n u m e r o c r i t i c o egli i n d i c a d a 30.000 fino a 35.000 p i a s t r i n e . L a d i m i n u z i o n e d e l l e p i a s t r i n e nel s a n g u e c i r c o l a n t e si b a s a e v i d e n t e m e n t e su di u n a inibizione della maturazione dei megacariociti del midollo delle ossa (vedi s o t t o ) . L a l i b e r a z i o n e delle piastrine è f o r t e m e n t e r i t a r d a t a . I l n u m e r o dei m e g a c a r i o c i t i i m m a t u r i spesso è n o r m a l e o a u m e n t a t o . D a l l a m a g g i o r p a r t e d e g l i A A . v i e n e discusso il significato delle a l t e r a z i o n i m o r f o l o g i c h e di p i c c o l a e n t i t à a c a r i c o d e l n u c l e o e del c i t o p l a s m a d e i m e g a c a r i o c i t i (cfr. M . B . SCHMIDT, APITZ e i n o l t r e i t r a t t a t i ed opere speciali). A l t r i A A . (JÜRGENS ed altri) insistono sul f a t t o c h e la c a u s a d e l l a m a l a t t i a n o n è s p i e g a b i l e s o l a m e n t e c o n u n a t r o m b o c i t o p e n i a , m a c h e p i u t t o s t o si d e b b a associare a n c h e u n a insufficienza f u n z i o n a l e d e i t r o m b o c i t i stessi. F o r s e la « t r o m b o c i t o p a t i a » è d a c o n s i d e r a r e l ' u n i c o f a t t o r e p a t o g e n e t i c o p i ù i m p o r t a n t e (APITZ) . I n q u e s t o senso d e p o n e il f a t t o che l a p o r p o r a n o n di r a d o si m a n i f e s t a a n c h e c o n v a l o r i a l t i di p i a s t r i n e e p e r c o n t r o le e m o r r a g i e n o n si v e r i ficano c o n v a l o r i bassi di piastrine. L a i n s u f f i c i e n z a delle p i a s t r i n e si m a n i f e s t a a t t r a v e r s o la loro i n c a p a c i t à a l l a a d e s i o n e ed a l l a a g g l u t i n a b i l i t à , inoltre c o n l a m a n c a n z a d e l l a r e t r a z i o n e d e l c o a g u l o (APITZ), m e n t r e l a f o r m a z i o n e o la l i b e r a z i o n e d e l l a t r o m b o c h i n a s i è q u a s i n o r m a l e e il c o r r i s p o n d e n t e t e m p o d i c o a g u l a z i o n e non è p r o l u n g a t o . I segni m o r f o l o g i c i d e l l a i n s u f f i c i e n z a d e l l a f u n z i o n e delle p i a s t r i n e sono r a p p r e s e n t a t i d a m i c r o e m a c r o f o r m e , e c c . R i c e r c h e ottiche elettroniche (WOLPERS, BRAUNSTEINER) h a n n o d i m o s t r a t o i n n a n z i t u t t o c h e i t r o m b o c i t i , c o n t r a r i a m e n t e a l l a n o r m a , si d i s g r e g a n o s u b i t o d o p o il cont a t t o c o n superfici e x t r a - v a s a l i . P o i c h é essi n o n e m e t t o n o p s e u d o p o d i n o n
(1) HERTZOG vide in un terzo dei suoi casi emorragie endocraniche
mortali.
LA MALATTIA
EMORRAGICA
(DIATESI EMORRAGICA)
963
possono di conseguenza aderire alle superfici né si verifica l'agglutinazione. M a n c a la regolare chiusura delle ferite dei vasi attraverso la formazione del t r o m b o bianco. N o n a v v i e n e la formazione dello pseudonucleo, che è import a n t e per la retrazione del coagulo. Per contro la q u a n t i t à di tromboplastinogenasi liberata nel disgregamento delle piastrine corrisponde a valori normali. L a semplice diminuzione q u a n t i t a t i v a dei trombociti si fa notare apparentemente solo dopo la formazione della fibrina attraverso una diminuzione del consumo della p r o t r o m b i n a (test di consumo). L e strutture reticolari della fibrina, che solitamente derivano dalle piastrine, mostrano caratteristiche figure confuse (cfr. la fig. di BRAUNSTEINER). L a trombocitopenia e la tromboastenia non sono sufficienti a spiegare in m o d o soddisfacente e preciso le emorragie spontanee capillari che si trov a n o in questo q u a d r o morboso (fenomeno da stasi positivo secondo RUMPELLEEDE), FRANK cerca di attribuire la m a l a t t i a alla conseguenza di t r a u m i fisiologici c ad u n a ipotetica funzione delle piastrine impermeabilizzante gli endoteli. L e piastrine si accumulano nelle zone periferiche del p l a s m a proteggendo le superfici endoteliali nei p u n t i pericolosi e rendendole impermeabili. L e difficoltà di spiegare nel suo significato il fenomeno della emorragia spontanea conduce f o r z a t a m e n t e alla ipotesi di un ulteriore f a t t o r e patogenetico, cioè di una m a l a t t i a o di una alterazione capillare (Angiopatia - APITZ, 1943). Mentre FRANK, come più sopra abbiamo sottolineato, attribuisce alla t r o m b o penia sola il significato di fattore genetico formale della porpora di W e r l h o f , ROSKAM ed altri A A . v e d o n o la causa della m a l a t t i a unicamente in una alterazione funzionale dei capillari e rispettivamente dell'endotelio, poiché la normale emostasi, secondo ROSKAM, è una funzione dell'endotelio. A n c h e MORAWITZ, JURGENS ed altri A A . m e t t o n o in evidenza la compartecipazione di un « fattore vascolare ». Diversi A A . (ROSEGGER ed altri) hanno cercato di portare e n t r a m b i i f a t t o r i in un piano di interdipendenza e cioè in maniera che la — certamente ipotetica — normale funzione delle piastrine impermeabilizzante l'endotelio m a n c h i nei casi di ipopiastrinemia, il che logicamente h a per conseguenza un a u m e n t o di permeabilità della parete dei v a s i stessi. M. B . SCHMIDT ritiene per contro che la m a l a t t i a dei v a s i sia « coordinata » alle alterazioni del sangue. Secondo la sua opinione non è necessario che esse debbano comparire e n t r a m b e contemporaneamente e rispettivamente con la stessa intensità. L a constatazione che esse spesso si possono trovare associate dipende dalla loro genesi etiologicamente identica (costituzionale-ereditaria). F i n o a questo m o m e n t o non è s t a t o possibile dimostrare alterazioni morfologicamente apprezzabili nei v a s i che possano confortare la spiegazione del « fattore vascolare ».
Certamente viene attribuita alla « ipersplenia » un non trascurabile influsso per la genesi formale della trombocitopatia essenziale. L a milza è, nella maggior parte dei casi, un po' ingrossata ma di regola non eccessivamente (da 200 fino a 300 gr.). Secondo F R A N K non esiste un reperto caratteristico e patognomonico della milza nel morbo di WERLHOF. Le cellule endoteliali sono aumentate di volume ed anche di numero; così pure i follicoli linfatici sono ingrossati per la maggior parte in conseguenza di una iperplasia notevole dei centri germinativi, raramente si
964
SANGUE
E
ORGANI
EMOPOIETICI
verifica una deposizione di sostanza ialina (cfr. il testo e inoltre B A S T I E L L I e B A N Z I ed altri).
FRANK,
L ' i p o t e s i che i t r o m b o c i t i v e n g a n o d i s t r u t t i i n f o r t e q u a n t i t à n e l l a m i l z a (i) (KAZNELSON), n o n p o t è essere c o n f e r m a t a q u a l e c a u s a d e l l a t r o m b o c i t o p e n i a . U n s i g n i f i c a t o n o t e v o l m e n t e i m p o r t a n t e è d a a t t r i b u i r e solo a l l a inibizione midollare splenogena (2). Così MALAMOS d o p o u n a s p l e n e c t o m i a c o n s t a t ò u n a u m e n t o d e i m e g a c a r i o c i t i i q u a l i p r i m a e r a n o f o r t e m e n t e i n i b i t i n e l l a loro m a t u r a z i o n e ; p o c o p i ù t a r d i essi si d i s g r e g a r o n o di c o l p o in t r o m b o c i t i (cfr. anche
HEILMEYER) .
D e l t u t t o discussa è l ' i n f l u e n z a d i c e r t i o r m o n i , p . es. d e l l a f o l l i c o l i n a e d e g l i o r m o n i d e l l a c o r t e c c i a s u r r e n a l e (v. KUP), sulla p a t o g e n e s i d e l l a p o r p o r a di W e r l h o f ed a n c h e sulle a l t r e m a l a t t i e e m o r r a g i c h e : ulteriori n o t i z i e i n APITZ e nei t r a t t a t i . L a etnologia d e l m o r b o di W e r l h o f è s c o n o s c i u t a e s i c u r a m e n t e n o n u n i c a . S e n z a d u b b i o le m a l a t t i e c h e d e c o r r o n o c o n u n f o r t e t u m o r e di milza (la s i n d r o m e d i B a n t i , la m a l a r i a , il K a l a - A z a r , l a t u b e r c o l o s i e il s a r c o i d e (3), l a s i n d r o m e d i F e l t i , ecc.) p o s s o n o d e t e r m i n a r e u n a inibizione midollare splenogena (pag. 682). S e p r e v a l e la t r o m b o c i t o p e n i a si f o r m a n o così d e i q u a d r i m o r b o s i c h e assomig l i a n o al m o r b o d i W e r l h o f . S i p o t r e b b e p e r c i ò p e n s a r e che c e r t i c a s i d i t i p i c a t r o m b o c i t o p e n i a d e b b a n o la loro origine a u n a s p l e n o m e g a l i a , d o m i n a n t e il q u a d r o d e l l a m a l a t t i a . C o n ciò si d o v r e b b e ritenere in p r i m a linea u n a origine primitivamente infettiva del tumore di milza. R e c e n t e m e n t e , p e r l a genesi di u n a t r o m b o c i t o p e n i a essenziale, s o n o s t a t e r i t e n u t e r e s p o n s a b i l i a n c h e le trombocitolisine, s o s t a n z e p r o b a b i l m e n t e f o r m a t e nel S . R . I . e r i s p e t t i v a m e n t e le a g g l u t i n i n e delle p i a s t r i n e ( a u t o a g g l u t i n i n e ) . A l t r i p a r t i c o l a r i s u l l ' a r g o m e n t o a p a g . 730 ed i n t r a t t a t i speciali. S e c o n d o COSTA e CIPRIANI l a t r o m b o c i t o g e n e s i n e l m i d o l l o delle ossa è d i s t u r b a t a in a s s e n z a di fibrinogeno. N e l m o r b o d i W e r l h o f , s e b b e n e d a l p u n t o d i v i s t a q u a n t i t a t i v o il fibrinogeno n o n sia d i m i n u i t o , p u r t u t t a v i a e nei r i g u a r d i d e l l a s u a p r o p r i e t à s t i m o l a n t e l a t r o m b o c i t o g e n e s i , è q u a l i t a t i v a m e n t e insufficiente. D a l l a t r o m b o c i t o p e n i a d i W e r l h o f p u r a ed essenziale sono d a t e n e r dis t i n t e le trombocitopenie sintomatiche ( t r o m b o c i t o p e n i e m a l i g n e s e c o n d o FRANK), (vedi s o p r a I I I , p a g . 964); esse sono s t a t e t r a t t a t e a p r o p o s i t o d e l l a insufficienza d e l m i d o l l o delle ossa (pag. 6 5 1 ) . S i a b r e v e m e n t e a c c e n n a t o a n c h e a l l a p o r p o r a i n f e t t i v a e r i s p e t t i v a m e n t e a l l a d i a t e s i e m o r r a g i c a nelle infezioni locali g r a v i , nelle infezioni specifiche ed aspecifiche, s p e c i a l m e n t e nelle f o r m e a decorso settico, n o n r a r a m e n t e a n c h e n e l l a sepsi l e n t a . A p r o p o s i t o d e l l a genesi d e b b o n o o g n i v o l t a essere prese in c o n s i d e r a z i o n e u n a t r o m b o p e n i a , s e c o n d a r i a a d u n a tossicosi d e l m i d o l l o o a d u n a inibizione s p l e n o g e n a , ed inoltre una vasculopatia. I n u n a serie di c a s i è s t a t a d i m o s t r a t a
u n a iperproteinemia
(porpora
(1) Un aumento delle piastrine nelle maglie della polpa e dei seni della milza in contrasto ad una trombocitopenia del sangue circolante, il reperto è però aspecifìco. (2) Megacariotossicosi FRANK, (3)
dalla
milza.
LAPP,
KUNKEL e
secondo YESNER.
FRANK, la s o s t a n z a tossica proviene,
secondo
LA
MALATTIA
EMORRAGICA
(DIATESI
EMORRAGICA)
965
iperglobulinemica) ( W A L D E N S T R O M , L E R N E R e W A T S O N , L U C E V , L E I G H E T ed altri A A . ) . Per lo più sono aumentate le beta e le g a m m a globuline. In alcuni casi (1) si sono trovate anche crioglobuline (2). In una serie di questi casi (però non in tutti) potè essere dimostrato un plasmocitoma ( L E R N E R e W A T S O N , F L E M B E R G e L E H M A N N , H I L L ed altri, E N G E L ) . Anche la macroglobulinemia di Waldenstroem si accompagna ad una elevata tendenza alle emorragie.
2. LE TROMBOPATIE EREDITARIE Il morbo di Werlhof non è una malattia ereditaria. Però v i è una serie di malattie emorragiche, le « trombopatie ereditarie » (cosiddette pseudoemofilie), le quali decorrono senza alterazione della coagulazione e senza trombocitopenia però con una insufficienza della funzione delle piastrine. L e trombopatie ereditarie sono state suddivise in numerosi sottogruppi. Ci limitiamo a ricordare la tromboastenia ereditaria costituzionale ( G L A N Z M A N N ) e la trombopatia costituzionale (WILLEBRAND-JÜRGENS) . L a tromboastenia (GLANZM A N N ) si differenzia dalla porpora pura di Werlhof solamente per i seguenti criteri: per lo più è normale e perfino aumentato il numero delle piastrine, nessun tumore di milza. L a trombopatia costituzionale assomiglia invece di più alla emofilia pura dal punto di vista sintomatologico. L e caratteristiche sono: emorragie delle mucose (naso, gengive, estrazioni dentarie (!), più di rado emorragie dal tubo digerente e dal tratto urogenitale), emorragie nella pelle e nelle mucose di frequente emorragie secondarie, come nella emofilia pura. L a porpora è rara, non esiste tumore di milza. Ulteriori particolari sulle trombopatie ereditarie nei testi e nelle opere speciali, inoltre in E S T R E N ed altri, S A U T H O F F ed altri. Recentemente sono stati descritti diversi casi di trombopatie le quali si presentano sporadicamente e senza carattere ereditario ( Q U A T T R I N ed altri). Tali forme non si possono distinguere dalle trombopatie ereditarie.
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LA
MALATTIA
EMORRAGICA
(DIATESI
EMORRAGICA)
967
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SEZIONE
X
PATOLOGIA DELLE PROTEINE DEL PLASMA SANGUIGNO (1)
CAPITOLO
I
ALTERAZIONI QUANTITATIVE DELLE PROTEINE DEL PLASMA SANGUIGNO
Le ipo o iperproteinemie non derivano da una diminuzione o da un aumento dell'intero «spettro proteico del sangue» (pag. 577). Sono per lo più importanti gli spostamenti delle singole frazioni, mentre una di esse aumenta o diminuisce rispetto all'altra. In questo modo il valore del cosiddetto quoziente albumina-globulina si modifica. Lo spostamento avviene talora anche a carico di una sola frazione. L'intera quantità delle proteine plasmatiche (Pl.-Pr.) può rimanere costante (7-8 %), mentre in altri casi essa può essere aumentata o diminuita. Situazioni di questo tipo vengono denominate come iper e rispettivamente ipoproteinemie. L'aumento delle frazioni globuliniche (iperglobulinemia) decorre di regola con una diminuzione delle albumine (ipoalbuminemia). Questa « reazione inversa » ha per scopo di mantenere costante la pressione osmotica. Una inversione di questa reazione, cioè un aumento primitivo dell'albumina con secondaria diminuzione della globulina, non avviene. Il « meccanismo di regolazione inverso» è dunque «unilaterale» (WUHRMANN). Per contro le ipoproteinemie sono sempre e primitivamente determinate da una diminuzione dell'albumina. Spostamenti quantitativi del tipo sopra esposto, rappresentano generalmente reazioni del tutto aspecifìche patogeneticamente di breve durata, reversibili di fronte ad alterazioni dell'organismo di natura infettiva, tossica, meccanica o ad altro. Si tratta di reazioni neurovegetative ormonali e umorali causate o influenzate da modificazioni del « sistema vegetativo » (tabella X I I I ) e pertanto di una « sindrome di adattamento » (vedi pag. 724) cfr. anche WUHRMANN. Certe «reazioni di costellazione» (WUHRMANN) di tipo del tutto ordinario corrispondono a « stati reattivi » in cui l'organismo si trova pro-
(1) ABELIN
APITZ, BRASS, K E I L H A C K , M A R R A C K e KOCH, R A N D E R A T H , SINGER, THEORELL,
e
GLANZMANN.
WUHRMANN
e
WUNDERLY,
ivi altra letteratura.
97°
SANGUE
E ORGANI
EMOPOIETICI
prio in quel preciso momento, ad es. nelle infezioni acute o croniche. Gli spostamenti possono essere perciò in parte l'espressione di una dislocazione, mobilizzazione od accumulo di riserve proteiche. Le ipoproteinemie sono sempre e primitivamente, come più sopra è stato detto, delle ipoalbuminemie. Le globuline possono contemporaneamente essere leggermente diminuite, normali oppure scarsamente aumentate. La diminuzione della proteina finemente dispersa si accompagna con una diminuzione della pressione oncotica e logicamente con edemi più o meno marcati e rispettivamente ad una tendenza edemigena. Forti gradi di ipoalbuminemia si riscontrano nelle malattie croniche del parenchima epatico, nelle sindromi nefrotiche, nella fame, nella inanizione, nella cachessia e dopo ripetute perdite di sangue ed altro. Tali casi sono da tener distinti dalle diminuzioni o aumenti veri e propri delle proteine, poiché sono solamente l'espressione di una idremia o di una anidremia del plasma sanguigno. Le iperproteinemie sono sempre iperglobulinemie. Le iperalbuminemie non esistono (WUHRMANN). Esse decorrono in genere con una ipoalbuminemia inversa (vedi sopra). Le iperglobulinemie reattive si trovano regolarmente nelle infezioni acute o croniche, inoltre nelle affezioni epatiche, nei tumori maligni e in altre forme morbose (WUHRMANN e WUNDERLY, HARTMANN e molti altri).
CAPITOLO I I
ALTERAZIONI QUALITATIVE DELLE PROTEINE DEL PLASMA SANGUIGNO, COSI DETTE DIS=ETERO E PARAPROTEINEMIE Le proteine plasmatiche oltre a modificazioni quantitative mostrano non di rado anche alterazioni qualitative della loro struttura molecolare. Tali alterazioni sono riconoscibili in una modificazione della loro funzione vettrice, della formazione degli anticorpi e rispettivamente della reazione degli anticorpi, della coagulazione sanguigna, della curva di solubilità, della prova al rosso congo, dell'assorbimento all'ultravioletto e del loro contenuto immunobiologico. La deviazione qualitativa ed eterogenea delle proteine plasmatiche viene messa chiaramente in evidenza innanzi tutto proprio con la applicazione dei metodi morfologici. Tali eteroproteine plasmatiche a struttura anomala mostrano, come riportato riassuntiva-
PATOLOGIA
DELLE
PROTEINE
DEL
PLASMA
SANGUIGNO
97I
mente da A P I T Z , B R A S S e R A N D E R A T H nel 1948, un comportamento del tutto caratteristico. Contrariamente alle proteine plasmatiche strutturalmente normali esse attraversano le barriere endoteliali inalterate dei vasi ed anche quelle dei capillari della rete glomerulare dei reni e così pure quelle degli altri distretti circolatori. Ciò ha come conseguenza da una parte una proteinuria e dall'altra una eliminazione di proteina nel tessuto. L'organismo cerca — considerando il fatto sotto il punto di vista teleologico —• di eliminare in tutti i modi dal sangue queste proteine plasmatiche atipiche ed eterogenee attraverso l'urina (1). Devesi perciò ammettere un deposito « nei tessuti ». Nel tessuto si incontrano sostanze amorfe, precipitati a tipo di gel, per lo più nel tessuto connettivo lasso ed anche nel connettivo interstiziale di diversi organi: tali sostanze sono designate come amiloide (2) e rispettivamente paramiloide. Qualche volta sono dimostrabili sotto forma di gocce persino nel lume dei vasi sanguigni e linfatici, nella saliva e nel liquido degli edemi infiammatori. Nelle proteinurie esse si agglomerano sotto forma di cilindri ialini nei tubuli renali, rendendosi più evidenti nel citoplasma degli epiteli dei tubuli nella fase di riassorbimento, sotto forma di « coacervati » a gocce jaline (cfr. il capitolo sui reni). Talora si possono trovare, negli stati di precipitazione delle albumine (paramiloidi ed amiloide), cristalli di proteine intra ed extracellulari. R O M H A N Y I ha potuto di recente proprio dimostrare che la sostanza amiloide possiede una struttura cristallina submicroscopica, essa rappresenta dunque una proteina cristallina precipitata e non, come fu generalmente ammesso, una sostanza amorfa (gel). Poiché l'organismo non dispone evidentemente di sistemi fermentativi adatti a demolire tali masse proteiche, esse rimangono per anni e per decine di anni nel posto ove sono state depositate (p. es. amiloide). Può inoltre avvenire che si instauri nei loro territori una tipica reazione da corpi estranei così che zolle di sostanza proteica sono circondate e fagocitate da cellule giganti da corpo estraneo (la paraamiloide e più di rado anche l'amiloide). Le sieroproteine normali non posseggono tali proprietà. A P I T Z ha definito queste proteine qualitativamente abnormi, col nome di « paraproteine » e il quadro morboso come « paraproteinosi ». Con il termine di « disproteinemia » egli ha voluto per contro riunire in un unico gruppo tutte le alterazioni possibili del ricambio proteico. Dal punto di vista clinico non viene fatta in generale una distinzione essenziale fra questi due grappi. Secondo W U H R M A N N oltre a spostamenti quantitativi rilevanti delle proteine plasmatiche intervengono anche alterazioni strutturali
(1) Le paraproteine sono state dimostrate anche nelle c a v i t à del corpo (MAGNUSLEVY), n e l l a s a l i v a
(BRASS), n e l l i q u o r
(MÒSCHLIN) c n e i p o l m o n i (TVERDY).
(2) L a tesi nei riguardi della amiloide è discussa (pag. 976), mentre per contro è ammessa per l a sostanza paramiloide.
972
SANGUE E ORGANI EMOPOIETICI
della molecola delle stesse. Se tali alterazioni sono così forti da determinare sintomi clinici appariscenti e durevoli nel tempo, e non di rado dominare il quadro della malattia (edema, proteinuria, precipitazione nei tessuti, alterazioni della funzione veicolante, alterazioni della flocculazione, insufficiente formazione di anticorpi o di reazioni anticorpali); in questo caso si tratta di una dis e paraproteinemia (p. es. nelle sindromi nefrotiche e nelle lesioni gravi del fegato). Questa definizione conferma che fra questi gruppi di reazioni prevalenti, le iper e le ipoproteinemie da una parte e le dis e paraproteinemic dall'altra (vedi sopra) non è possibile stabilire limiti precisi. Infatti il più delle volte una forma potrà passare nell'altra ed entrambe assumere identico aspetto. Le iperproteinemie come le ipoproteinemie possono d'altra parte essere associate con una dis e paraproteinemia. Esistono poi delle dis e paraproteinemie senza evidente oppure scarso spostamento quantitativo ed alterazioni dello spettro proteico. RANDERATH ha recentemente proposto di definire col nome di « eteroproteine » queste proteine qualitativamente degenerate (eteroproteinosi, eteroproteinemia, eteroproteinuria). Le eteroproteinosi potrebbero a loro volta essere suddivise in sottogruppi in base al grado od alla gravità della loro degenerazione. Come grado più lieve della alterazione sarebbero da considerare le eteroproteinemie le quali decorrono senza proteinuria e cioè quelle in cui il grado di deviazione dalla norma della proteina è così piccolo per cui non può essere eliminata dal sangue (p. es. la cosiddetta « poichiloproteinemiai) nel digiuno). Nei gradi più elevati di alterazione qualitativa le eteroproteine plasmatiche sono eliminate attraverso i reni (eteroproteinuria, p. es. la nefrosi polipeptidemica o la sindrome nefrotica, cfr. il capitolo sui reni). Il grado più elevato di etero e dis-proteinemia patologica è raggiunto solamente nella malattia di KAHLER e nella amiloidosi, poiché le eteroproteine vengono depositate in forma di amiloide (i) e rispettivamente paraamiloide anche nei tessuti. Esse solamente dovrebbero essere definite «paraproteine» e la malattia dominante «-paraproteinosis. Trattasi senza dubbio, nella amiloidosi e nella malattia di KAHLER, di due diversi quadri morbosi e di diverse paraproteine. L'amiloide infatti contiene, dal punto di vista morfologico, lipoidi e complessi di carboidrati mentre le masse proteiche che si riscontrano nella malattia di Kahler, cioè nel plasmocitoma, non lasciano riconoscere strutture proteiche di tale natura. Probabilmente nel plasmocitoma compaiono diverse altre paraproteine come è dimostrato dal loro riassorbimento in diverse sezioni del nefrone (cfr. il capitolo sui reni). Le considerazioni sopra esposte dimostrano urgente e necessaria una definizione più chiara del concetto dato fino ad oggi. Innanzi tutto devesi tener presente che le fasi di passaggio sono estremamente variabili ed indefinite e che esiste inoltre pericolo di urtare nella
( i ) C f r . la n o t a 2 in c a l c e a l l a p a g .
971.
PATOLOGIA
DELLE PROTEINE
DEL
PLASMA SANGUIGNO
973
difficoltà 0 nella impossibilità di una precisa classificazione di un singolo caso. Cosi si dovrebbe riservare il termine di « disproteinemie » (disproteinosi, ecc.) per alterazioni di tipo esclusivamente quantitativo. Se le proteine mostrano una alterazione anche (o solo) qualitativa allora trattasi di « eteroproteinemie » (eteroproteinosi); mentre invece se esse vengono anche depositate nel tessuto allora si tratta di una « paraproteinemia » (paraproteinosi). W U H R M A N N e W U N D E R L Y (pagg. 270/71) danno la seguente classificazione delle « dis e paraproteinemie »: 1. Frazione del fibrinogeno prevalentemente colpita: Iperfibrinogenemia (nelle nefrosi, polmoniti, pleuriti e altri processi infiammatori, più di rado nelle infezioni delle vie biliari e del fegato come anche nel plasmocitoma). Fibrinopenie e afibrinogenemia: a) condizionate a fattori costituzionali; b) nelle alterazioni epato-cellulari, specialmente nell'atrofia giallo-acuta del fegato, nelle cirrosi epatiche, nelle malattie da infezione, nelle sepsi; c) nelle alterazioni del midollo delle ossa; metastasi, leucemie, panmielopatie. Fibrinastenia ( F A N C O N I ) : nelle alterazioni del parenchima epatico (lue, cirrosi epatica, ecc.). 2. Frazioni globuliniche prevalentemente colpite in: Plasmocitomi (alfa, beta e gamma globuline come anche nelle forme miste). Macroglobulinemia di Waldenstròm (alfa e gamma globuline). Casi rari di leucemia mieloide e linfatica. Iperproteinemia « essenziale »: come segno precursore di plasmocitomi, in plasmocitomi ignorati, come precursore e accompagnatore di tumori maligni, specialmente sarcomi (in parte anche manifestantesi come ipoproteinemia). Alterazioni del sistema nervoso centrale. Nelle alterazioni del fondo oculare, nell'acrocianosi. Iperproteinemie nelle infiammazioni croniche: Linfogranuloma inguinale, forma genitorettale (NICOLAS-FAVRE) . Certe poliartriti croniche reumatiche. Sepsi lenta, sindromi di Stili, Felty. Morbo di Boeck. Osteomielite plasmacellulare. Colangite lenta. Kala-Azar ed altre malattie tropiche. Dopo immunizzazione attiva. 3. Frazioni albuminiche prevalentemente colpite Complesso sintomatico nefrotico: Nefrosi lipoidea genuina. Forma cronica della sindrome nefrotica nelle infezioni.
974
SANGUE E ORGANI
EMOPOIETICI
Intossicazioni e tumori. Nefrosi amiloide ed altre nefrosi da eliminazione. Nei casi ad impronta nefrotica o nelle cosiddette pseudo-nefrosi (nelle nefriti o nelle nefrosclerosi, cioè nelle alterazioni dell'apparato vascolare glomerulare). Malattie croniche del fegato: Cirrosi e processi riparativi similcirrotici del fegato. Nei quadri di lesioni associate epatorenali. Alterazioni del tubo digerente'. Sprue (forme tropiche e sintomatiche). Sindrome celiaca. Enteriti croniche; steatorrea, pancreatiti. Fistole intestinali. Inanizioni, malattia da fame. Disturbi dell'alimentazione da farinacei nel lattante. Cachessia generale (nelle malattie croniche consuntive). Suppurazioni croniche e dermatosi, ustioni diffuse. Perdite massive di sangue: Nello shock e nel collasso, alterazioni postoperatorie. Ipoproteinemia « essenziale »: « Nefrosi senza albuminuria » ed altre condizioni morbose similari. Ipoproteinemia sperimentale da sottrazione di plasma. Le iper e paraproteinemie di grado più elevato si trovano in prima linea nel plasmocitoma (o malattia di Kahler) (vedi pag. 980), inoltre nella macroglobulinemia di Waldenstroem, nella cosiddetta porpora iperglobulinemica, la quale è molto vicina alla malattia di Kahler (WUHRMANN e
WUNDERLY).
Si tratta nella macroglobulinemia di una paraproteinemia con iperglobulinemia dove le globuline posseggono un peso molecolare superiore a 1 milione. L a formazione dell'amiloide è possibile (WUHRMANN e WUNDERLY). Nel midollo delle ossa al posto di tipiche cellule da plasmocitoma sono state descritte piccole cellule simili a linfociti cosicché il quadro può ricordare quello di una leucemia linfatica. Inoltre si trovò proteinuria (non del tipo di Bence-Jones), talora depositi di proteine e cristalli, osteoporosi ed altro; vedi nella letteratura WUHRMANN e WUNDERLY. Le iperproteinemie che si osservano nei processi infiammatori cronici (vedi sopra) mostrano di rado un così alto valore come noi abitualmente osserviamo nel plasmocitoma. In una parte di questi casi le alterazioni delle proteine plasmatiche sono verosimilmente quantitative e qualitative. WUHRMANN e WUNDERLY insistono a questo proposito che non è possibile stabilire confini precisi fra le alterazioni delle proteine plasmatiche di tipo puramente reattivo quantitativo e qualitativo.
PATOLOGIA DELLE PROTEINE DEL PLASMA SANGUIGNO
CAPITOLO
LE
975
III
AMILOIDOSI
L a sostanza amiloide (Am.) rappresenta una proteina che è molto vicina alle globuline seriche e che probabilmente contiene u n miscuglio di proteine (HASS e SCHULZ) . PERNIS ed altri hanno determinato la composizione in aminoacidi in un caso di amiloidosi atipica. Essa devia fortemente da quella del comune tessuto connettivo e per lo più si avvicina a quella delle beta globuline (ivi letteratura più antica). L ' a m . in senso stretto contiene lipoidi ed una componente di idrati di carbonio. Probabilmente trattasi di sostanze che, sotto il punto di vista della teoria dei veicoli, sono lassamente legate alle globuline e che vengono precisamente liberate durante la precipitazione. L'acido condroitinsolforico non ha direttamente alcun rapporto con l'am. Secondo HEINLEIN però è aumentata la solfatazione dei tessuti in valori quasi proporzionali alla quantità di am. depositata, cosicché trattasi forse di una disposizione alla precipitazione della am. Mentre la sostanza am., per la maggior parte degli A A . sarebbe rappresentata da un gel amorfo, le nuove ricerche di ROMHANYI, dimostrano che essa possiede strutture cristalline sub-microscopiche. L'amiloide è una sostanza che rassomiglia al lardo ed alla cera, compatta, omogenea, di colore bianco-grigiastro, vitrea, trasparente (in sottili sezioni). Con l'aumentare del deposito cresce anche progressivamente il volume degli organi colpiti che, dopo, si induriscono. Essi, secondo il contenuto ematico, hanno l'aspetto pallido, lardaceo o come cera (milza lardacea) o piuttosto l'aspetto di prosciutto affumicato (milza-prosciutto). Per la sicurezza diagnostica serve la « prova dell'iodio ». Se si cosparge con un sottile strato di soluzione di Lugol la superficie di taglio la sostanza am. si colora in rosso mogano; con l'aggiunta di acido solforico diluito al io % diventa di colore più verdastro o blu. Il fatto che l'amido (AMYLUM) si colora in blu con una soluzione di Lugol (ma senza aggiunta di acido solforico) ha indotto VIRCHOW a vedere nella am. un complesso di idrati di carbonio molto simile all'amido e di denominare la sostanza « amiloide ». Tale reazione dell'iodio è specialmente utile in quei casi in cui i depositi di am. macroscopicamente non si lasciano riconoscere come tali. L a ricerca istologica dimostra che la sostanza am. omogenea, amorfa si deposita ovunque nelle maglie del mesenchima, preferendo però le superfìci limitanti, le membrane basali e particolarmente in prossimità delle fini strut-
976
SANGUE
TABELLA
XXI.
—
Eosina
Amiloide Paramieloide
+ +
a) Gocce ialine e corpi di Rassel
+
b) Cristalli
REAZIONI
Fibrina sec. Weigert
E
ORGANI
EMOPOIETICI
ISTOCHIMICHE
DELLE
COSIDETTE
MASSON, v.
—
GIESON
AZAN
giallo giallo
per lo più
+
parte
+
blu blu
variabile
P r o v a dello iodio metilvioletto
+
molto variabile
per lo più rosso,
+
(+)
Rosso congo
e simili
oppure parte
PARAPROTEINE
giallo raramente blu
— (molto raramente) 0
variabile !) per lo più molto debole 0 negativa
—
ture fibrillari come delle Gitterfasern del tessuto linforeticolare e del fegato. Le fibre vengono in questo modo circondate da ogni lato dalla sostanza am. Sono preferibilmente colpite inoltre le pareti delle piccole arterie. La deposizione incomincia negli strati contigui all'intima e si dispone fra le fibre muscolari. Nella parete delle piccole vene la deposizione incomincia nell'intima, immediatamente al disotto dell'endotelio. Gli endoteli dei capillari sono circondati da anelli di sostanza am. La deposizione della am. nelle cellule dei parenchimi, specialmente nei linfociti del tessuto linforeticolare ed inoltre nelle cellule del fegato e negli epiteli renali, determina una progressiva loro atrofia ed infine una loro totale scomparsa. Si tratta perciò delle conseguenze di una atrofia da compressione e di una alterazione del processo di nutrizione cellulare. Tale alterazione nutritiva è determinata dalla progressiva riduzione del lume dei capillari, circondati e schiacciati dall'am., per cui si verifica che le sostanze nutritive contenute nel sangue (ossigeno ed altro) per raggiungere le dette cellule devono dapprima insinuarsi (aumento dello « spessore dello strato limitante ») ed attraversare la am. posta fra capillari e cellule (diffusione). Anche le strutture reticolari o trabecolari imbrigliate e racchiuse nella sostanza am., p. es. le Gitterfasern, possono andare incontro ad un disfacimento granulare. Dal punto di vista istochimico l'am. possiede una serie di reazioni caratteristiche (tabella X X I ) ; i) la prova dello iodio (vedi sopra), che è pure riproducibile nei preparati istologici; 2) con violetto di metile e con coloranti affini l'am. si colora metacromaticamente in rosso; 3) il rosso Congo mostra una speciale affinità per l'am. la quale è dipendente dal ph. ( L E T T E R E R , P E R N I S ed altri; (1) I dati in letteratura sulla colorabilità dei cristalli differiscono; ad secondo
APITZ d a n n o
risultati positivi,
BRASS,
RANDERATH,
KANZOW,
esempio
TVERDY,
AR-
NOLD ed altri hanno ottenuto delle reazioni tìntoriali deboli e perfino negative.
PATOLOGIA
DELLE
PROTEINE
DEL
PLASMA
SANGUIGNO
977
e rispettivamente ambocettore al rosso congo dell'am. - H A S S e S C H U L Z ) . Nei casi tipici queste tre prove sono ugualmente fortemente positive. Però si trovano da caso a caso, pure nello stesso caso e da organo ad organo variazioni delle intensità del colore; le singole reazioni possono anche risultare negative. Questo vale specialmente per i casi descritti come amiloidosi atipiche e rispettivamente come paraamiloidosi (vedi sotto). Ciò dipende dal fatto che l'amiloide, dal punto di vista chimico, non rappresenta una sostanza unica (cfr. L E T T E R E R , H A S S e S C H U L Z , M I S S M A H L ed altri). Secondo A P I T Z è di particolare significato, per il risultato della colorazione, anche lo stato colloidale. Per quanto concerne i risultati delle indagini con microscopio a fluorescenza cfr. F A H R , H E I T M E Y E R e G E I S E R , M I S S M A H L . Nuove acquisizioni hanno dimostrato che le deposizioni di am. possono essere anche reversibili. In base alla distribuzione topografica dei depositi di am. negli organi colpiti si è resa necessaria (i) la seguente distinzione: (a) « amiloidosi tipica » (amiloidosi nel vero significato della parola), (b) « amiloidosi atipica » (la cosiddetta paramiloidosi). Non sono però rari gli stadi e le fasi di passaggio (HJÀRRE, HEILMANN ed altri) così che, la soprariportata classificazione viene da molti A A . considerata troppo artificiosa e problematica.
Amiloidosi tipica vera e propria, " amiloidosi secondaria " (2) Nei casi tipici l'am. si trova sempre in più organi, specialmente milza, fegato e reni ed inoltre nelle surrenali, nel tubo digerente e nelle linfoghiandole. Trattasi pertanto di una « amiloidosi generale e generalizzata ». D a un punto di vista generale ogni organo ed ogni tessuto può essere colpito. Per maggiori particolari cfr. i capitoli relativi ad ogni singolo organo. Nei casi tipici di amiloidosi si trova di regola una malattia fondamentale, che si accompagna in genere a suppurazioni croniche, a notevoli o a più o meno estese distruzioni tissutali: in primo luogo le bronchiettasie, la tubercolosi polmonare cronica, le malattie infiammatorie croniche specifiche ed aspecifiche delle ossa e delle articolazioni, malaria, sifilide (oggi raramente), lebbra, reumatismo cronico (raramente cfr. FASSBENDER e SECKFORT,
JENNINGS,
SKELTON)
e la
malattia
di
Stili
(JAMES
e
BOLTON).
Si accompagna inoltre ai tumori per lo più maligni che compaiono con suppurazioni e processi gangrenosi. Talora possono favorire o determinare l'insorgenza di una amiloidosi generalizzata (HÄRTTER, HEILMANN) (X) U s a t o a n c h e i n p a t o l o g i a v e t e r i n a r i a ( H J A R R E ) . (2) L U B A R S C H , S T R A U S S , L E U P O L D , L Ö S C H K E , L E T T E R E R , R A N D E R A T H , GEN, i v i b i b l .
62 —
KAUFMANN
I
TERBRÜG-
978
SANGUE
E
ORGANI
EMOPOIETICI
alimentazioni insufficienti e rispettivamente inanizioni. Esistono anche rari casi di am. tipica nei quali non è stata trovata la malattia fondamentale ( H J À R R E , H E I L M A N N ) , così che essa, in queste condizioni, non può essere considerata come « amiloidosi secondaria ». In questo gruppo le reazioni istochimiche mostrano un andamento del tutto tipico. Le sezioni centrali dei precipitati proteici si colorano non di rado in rosso col Sudan a differenza della paraamiloide. Possono precipitare anche i sali di calcio. T E R B R U G G E N disingue nella amiloidosi due tipi ( I ) (tabella X X I I ) . Un tipo mostra sempre una milza a sagù (milza del tipo a sagù), l'altro una milza a prosciutto (milza del tipo a prosciutto). Nel tipo di milza a sagù i depositi di sostanza amiloide si trovano prevalentemente in posizione pericapillare, mentre le piccole arterie rimangono libere: tipo pericapillare. Nella milza a prosciutto, tali depositi di sostanza amiloide si trovano per contro nella parete delle piccole arterie ed anche nel tessuto dei glomeruli del rene mentre i capillari sono inalterati: tipo arteriolare. È interessante che le amiloidosi con milza del tipo a prosciutto si sviluppano molto velocemente in rapporto alla malattia fondamentale, già durante i primi anni della malattia od al più tardi entro 5 anni. Nelle amiloidosi con milza del tipo a sagù invece la durata della malattia può variare da 10 a 30 anni.
Come malattie fondamentali, nella milza del tipo a prosciutto prevalgono le tubercolosi polmonari essudative ed ulcerocavitarie (nel 78 %), nel tipo a sagù invece le bronchiettasie con o senza processo produttivo cronico tuTABELLA
XXII.
—
DISTRIBUZIONE
SCIUTTO s e c o n d o T E R B R Ü G G E N .
D E L L ' A M I L O I D E N E L L A MILZA A S A G Ù E D A
Da
LETTERER,
Allg.
Milza tipo Sagù
Pathologie
(Fiat),
voi.
PRO70.
Milza tipo prosciutto
Milza
Follicoli + Arteria centrale indenne
Follicoli liberi Polpa ed arterie della milza fortemente +
Fegato
Amiloide nei capillari dei lobuli Arteria interlobulare indenne
+ Soltanto le piccole arterie
Rene
Scarsa amiloide od assente nei glomeruli. La nefrosi manca 0 è presente
Forte amiloidosi dei glomeruli Insufficienza renale
Surreni
Nei capillari della midollare +
Nelle arterie della corticale e della capsula +
Stomaco-Intestino
Colpiti cardia e piloro Il corpo centrale libero. Indipendente dalla intensità delle restanti lesioni Capillari della mucosa +
+ Arterie della mucosa e sottomucosa Mucosa indenne
Cuore
Indenne
Arterie
+
(1) I reperti sono s t a t i c o n f e r m a t i nelle caratteristiche f o n d a m e n t a l i d a BRASS.
PATOLOGIA DELLE PROTEINE DEL PLASMA
SANGUIGNO
979
bercolare. Nel primo tipo vengono riassorbite in breve tempo forti quantità di masse proteiche disintegrate, nel 2° tipo per contro piccole quantità in un lungo periodo di tempo. Secondo HARTTER vengono colpiti dalla amiloidosi più facilmente gli uomini delle donne nel periodo di media età. Secondo la nostra esperienza esistono varianti e deviazioni da questi « gruppi di forma » di Terbriiggen. D a l -punto di vista patogenetico si tratta, nel caso della am., di una alterazione del ricambio proteico e rispettivamente della sintesi delle proteine. M. B. SCHMIDT ha pensato ad una alterazione patologica fermentativa del processo della coagulazione. LÒSCHKE e L E T T E R E R ritengono l'amiloidosi il risultato di una reazione antigene-anticorpo. Come antigene LÒSCHKE considera le proteine dei leucociti che vanno in disfacimento. Nei luoghi della formazione degli anticorpi (organi ricchi di elementi del S. R . I. come milza, fegato, ecc.) si verifica la reazione antigene-anticorpo. L'espressione di questa reazione sarebbe la precipitazione della am. (cfr. anche LETTERER). L'anticorpo è dunque una precipitina. La precipitazione avviene nei tessuti, nel posto ove vengono formati gli anticorpi poiché il S. R. I. quale matrice di anticorpi è insufficiente e ne Nefrosi amiloide produce troppo pochi. Se per contro vengono forFig. 271. mati anticorpi sufficienti avviene la reazione umoDiagramma elettroforetico rale antigene-anticorpo e non rimane alcuna conseneiramiloidosi. guenza per 1' organismo. Più tardi si osservò che Disegnato secondo i dati di FRANK, K i e l . non solo i prodotti di disfacimento dei leucociti ma anche le proteine del corpo che vanno in distruzione (autoimmunizzazione) sono specialmente da considerare come antigeni (LETTERER). A favore di questa tesi sta innanzi tutto la constatazione con anche i cavalli da siero ammalano di amiloidosi (SCHEER, W Y K O F F e CLARKE, REITSTÒTTER, WEIDLICH
ed
altri).
Nuove ricerche hanno dimostrato che l'am. è legata ad una iperglobulinemia la quale è per lo più dimostrabile anche negli esperimenti sugli animali (LETTERER e Coli, poi BOHLE ed altri). Nell'uomo si trova una ipoalbuminemia con aumento delle alfa e beta globuline come del fibrinogeno e spesso con una diminuzione delle gamma globuline (fig. 271). Nell'esperimento (LETTERER e Coli.) si contraddistinguono nettamente due fasi. Durante la prima sono aumentate le alfa e le beta globuline e le gamma globuline diminuite, più tardi sono aumentate tutte le globuline. Queste alterazioni completamente aspecifiche solo qualche volta sono significative nella patologia umana e facilmente ben marcate, specie nella nefrosi amiloide (WUHRMANN). L a iperproteinemia è stata giustamente spiegata in diversi modi. Già APITZ aveva ritenuto che l'amiloidosi fosse l'espressione di una paraproteinosi, concezione questa che fu in seguito consolidata da RANDERATH, sulla base di esperienze
980
SANGUE
E ORGANI
EMOPOIETICI
personali (cfr. il capitolo sui reni) e da W U R H M A N N dal punto di vista clinicobiologico. Secondo R A N D E R A T H si tratta, come nella malattia di K A H L E R , di una paraproteinosi con paraproteinemia paraproteinuria, e deposito della paraproteina nel tessuto (« amiloidosi »). Per questa ipotesi vengono chiamati in causa i reperti dimostrati nei reni sotto forma di blocchi di gocce jaline, depositi di cristalli, reazioni da corpi estranei ed altro (cfr. il capitolo dei reni). La tesi si fonda anche sul fatto che nel sangue circolante si troverebbe una « preamiloide » atipica che, in altre parole, è di regola dimostrabile come « iperproteinemia » la quale, a sua volta in verità, costituisce una « paraproteinemia ». L E T T E R E R e Coli, dubitano di quanto sopra ed insistono invece sul fatto che nell'am. umana, quanto in quella sperimentalmente provocata, è dimostrabile nel siero una proteina atipica e patologica. Essi considerano la iper- e disglobulinemia (non dunque la paraproteinemia!) come una reazione aspecifica dell'organismo (derivante probabilmente da un bilancio negativo delle proteine), come può presentarsi in ogni processo infiammatorio e senza per questo negare che la iperglobulinemia rappresenti pur tuttavia un fattore molto importante ed indispensabile per la genesi della am. S C H N E I D E R ( L E T T E R E R ) ha dimostrato a questo proposito che negli animali il cortisone impedisce la formazione dell'am. Ciò probabilmente dipende dal fatto che il cortisone impedisce quella sintesi proteica che è necessaria ed indispensabile per l'insorgenza della malattia amiloidosica. Con ciò si verifica una progressiva perdita di gamma globuline. Sembra che, con la perdita delle gamma globuline, manchi un elemento fondamentale per la formazione della sostanza amiloide. La disproteninemia è perciò, sotto un punto di vista generale, un segno indicativo di una alterazione del ricambio proteico ( L E T T E R E R ) la quale facilmente presenta la sovraesposta costellazione di reazioni, ma che ben di rado conduce alla amiloidosi. È fuor di dubbio che, per arrivare alla deposizione di amiloide nei tessuti, è necessario il concorso di un'intera serie di fattori locali e generali. Sarebbero necessarie, p. es., alterazioni locali della circolazione sanguigna, nel senso di R I C K E R ( G O T T R O N ) , un aumento della solfatazione nei tessuti (HEINLEIN), alterazioni delle fibre del tessuto connettivo (LETTERER) deficiente nutrizione e, in particolare, una insufficienza del S. R. I. (LETTERER, vedi sopra) per esaurimento del « mesenchima attivo », in seguito a forti richieste durante le infezioni. Anche le carenze e gli errori dietetici possono alterare in questo senso la produzione di anticorpi (LETTERER). Infine l'amiloidosi può essere considerata quale espressione di una disfunzione-disregolazione di reazioni umorali, mesenchimali e parenchimali, le quali inibiscono l'insorgenza di una amiloidosi qualora si compiano e si svolgano secondo un piano ordinato (LETTERER).
Amiloidosi atipica, amiloidosi primaria, paraamiloidosi, paramiloide (i) Dal termine di « Amiloide » e rispettivamente di « Amiloidosi » nel vero significato della parola è da tener distinto quello di « Paraamiloide » (I) BURUMCEKCI ( b i b l . ) , APITZ, CORNELIUS, HOLLE, IVERSON e MORRISON, LUBAESCH, STRAUSS, MERKEL, TARR e FERRIS, VOLLAND e d a l t r i , i v i b i b l .
PATOLOGIA D E L L E PROTEINE DEL PLASMA SANGUIGNO
981
(pam.) e di « Paraamiloidosi » (secondo PICCHINI e FABRIS). Nella letteratura più antica le paraamiloidosi vengono designate come « Amiloidosi atipiche » o, in contrapposto alle « amiloidosi secondarie », come « Amiloidosi primarie ». Le amiloidosi atipiche si distinguono in: a) in una paraamiloide localizzata, delimitata, di tipo pseudotumorale e b) in una paraamiloidosi generalizzata. a) L a pam. locale si trova per lo più nella congiuntiva dell'occhio; alla base della lingua, nelle tonsille, nelle mucose delle vie aeree superiori, nelle corde vocali (« noduli dei cantori »), nella mucosa del tubo digerente e nel muscolo cardiaco (cfr. pag. 114), inoltre nelle articolazioni, nello scheletro (specialmente vertebre, costole, sterno, cranio, BÙRGI) nella pelle, polmoni, vescica ed ureteri, ecc. b) L a paraamiloidosi generalizzata colpisce prevalentemente, con varianti per quanto riguarda l'estensione e la localizzazione, la muscolatura cardiaca e scheletrica (specialmente la lingua), la parete dei vasi, pelle, tessuto adiposo (IVERSON e MORRISON, bibl.), ossa (vedi sopra), articolazioni e tessuti periarticolari (eventualmente anche le cavità articolari; APITZ, NORDMANN), polmoni, sierose, muscolatura della parete intestinale, pancreas, testicoli, S. N. C., nervi periferici, midollo osseo ed altri organi. Per quanto riguarda la presenza, nelle pareti dei vasi in casi di periarteritis nodosa, di una sostanza istochimicamente simile alla pam., cfr. VOLLAND,
KNEZEVIC.
Dal punto di vista fisico, fisico-chimico ed istochimico l'amiloide è molto simile alla pam. e precipita nelle maglie del mesenchima in forma di sostanza omogena, fortemente eosinofila. L a paraamiloidosi si distingue dalla amiloidosi per i seguenti criteri: 1. L a diversa distribuzione topografica negli organi e tessuti sopra menzionati: nella amiloidosi vengono preferiti milza, fegato, reni e surreni, mentre nella pam sono di regola risparmiati oppure lievemente colpiti (in qualche raro caso possono essere fortemente colpiti). Ad entrambe le affezioni è comune la intensa distribuzione nelle pareti delle arterie di piccolo medio calibro e delle vene. Per altro si trovano talora anche forme di passaggio tra l'amiloidosi e la paramiloidosi (c. d. forme miste, pag. 978). 2. Lo spessore ed il volume dei precipitati in forma di noduli e di nodi, cosiddetti tumori amiloidi non di rado la distinguono dalla pam. locale. 3. Le reazioni istochimiche ritenute tipiche per l'am. non danno risultati cosi regolari. Ciò dipende probabilmente dalla struttura chimica (vedi sopra). 4. Le malattie fondamentali dimostrabili nella am. e legati a notevoli distruzioni di proteine, mancano per lo più (am. primarie). 5. La pam. si accompagna facilmente, ma non esclusivamente, come ritiene A P I T Z , a l l a malattia
di
Kahler
(CORNELIUS e d
altri).
982 6.
SANGUE
E ORGANI
EMOPOIETICI
L a pam., rispetto alla amiloidosi secondaria, è molto rara. P E R L A e G R O S S p. es. su 1500 autopsie hanno trovato 112 casi di am. tipica, mentre P R A E S O N , R I C E e D I C K E N S SU più di 10.000 autopsie solamente 2 casi di pam.
L a pam. mostra non di rado istologicamente una striatura concentrica o raggiata. Raramente si trovano depositi di sali di calce, mai lipoidi. In una parte di casi la pam. trovasi in seno al tessuto completamente privo di reazioni, mentre in altri si riscontrano i segni di una reazione di cellule giganti plurinucleate da corpo estraneo (molto rara nella am.) attraverso un tessuto di granulazione ricco di tali elementi (granuloma da corpo estraneo) ed inoltre di macrofagi con citoplasma ampio, chiaro e spugnoso (fig. 272). Può perciò
Fig. 272. Sezione di un tumore paramiloide del parietale. I depositi di paramiloide sono circondati a guisa di mantello da cellule giganti plurinucleate e giacciono in un tessuto di granulazione ricco di plasmacellule. Da BÙRGI, Frankf. Z. Path., 1937.
originarsi un tessuto cicatriziale nel quale, nella fase finale, è possibile riconoscere solamente le tracce della pam. In prossimità della pam. e dei tessuti di granulazione limitrofi è facile riscontrare più o meno numerose plasmacellule (« plasmocitoma locale» vedi sotto), granulociti ed anche leucociti eosinofili. I tumori paraamiloidi dell'osso determinano di regola forte distruzione ossea (verosimilmente per atrofia da compressione). L a causa della pam. locale e rispettivamente della paraamiloldosl è fortemente discussa. Sono state prospettate alterazioni del ricambio materiale —
PATOLOGIA
DELLE
PROTEINE
DEL
PLASMA SANGUIGNO
983
in p a r t e d i n a t u r a l o c a l e — , iperacidifìcazioni (solfatazione e r i s p e t t i v a m e n t e a c i d o c o n d r o i t i n s o l f o r i c o , v e d i sopra), a l t e r a z i o n i d e l l a circolazione, t r a u m i , i p o n u t r i z i o n e (GATE ed altri); c o n ciò r i m a n e s e m p r e p r o b l e m a t i c o se la infiammazione g r a n u l o m a t o s a in v i c i n a n z a d e l l a p a m . sia d a v a l u t a r e c o m e fen o m e n o p r i m a r i o o s e c o n d a r i o (BURGI, bibl.). A l t r i (VOLLAND, bibl.) r i c o n d u c o n o l'origine delle e t e r o s e p a r a z i o n i p r o t e i c h e a d u n a a t t i v a z i o n e d e l m e s e n c h i m a (stretta s i m i g l i a n z a c o n le a l t e r a z i o n i t i s s u t a l i allergico-iperergiche) c o n c o n t e m p o r a n e a i m p o s s i b i l i t à d i r i e l a b o r a z i o n e delle m a s s e p r o t e i c h e p r e c i p i t a t e e r i s p e t t i v a m e n t e a d u n a reazione a n t i g e n e - a n t i c o r p o (LÒSCHKE, LETTERER). N u o v i c o n t r i b u t i s p e r i m e n t a l i r e n d o n o p r o b a b i l e l ' i p o t e s i che la p a m . sia l'espressione di u n a paraproteinosi s u p e r o r d i n a t a . C o n ciò si p o t r e b b e spieg a r e la n a t u r a d e l l a p a r a p r o t e i n a , la d i v e r s a d i s t r i b u z i o n e delle deposizioni, la s u a p r o p r i e t à t i n t o r i a l e e la reazione d e l l ' o r g a n i s m o a q u e s t o c o r p o estraneo. APITZ a v v a l o r a l a s u p p o s i z i o n e c h e l a p a m . e r i s p e t t i v a m e n t e l a p a r a m i loidosi d e b b a n o considerarsi p a t o g n o m o n i c h e d e l p l a s m o c i t o m a . C o m e m o l t i a l t r i A A . egli c o n s i d e r a le cellule d e l p l a s m o c i t o m a q u a l i f o r m a t r i c i d e l l a p a m . S e n z a p l a s m a c e l l u l e n o n si v e r i f i c h e r e b b e a l c u n a f o r m a z i o n e d i p a m . sia nel l u o g o n o r m a l e di p r e c i p i t a z i o n e che in qualsiasi a l t r a p a r t e d e l l ' o r g a n i s m o . I c a s i d e s c r i t t i n e l l a l e t t e r a t u r a e che n o n a m m e t t o n o q u e s t a i p o t e s i g e n e t i c a s a r e b b e r o s t a t i s t u d i a t i v e r o s i m i l m e n t e in m o d o i n c o m p l e t o . M a se si a g g i u n g e p o i c h e la s u a a f f e r m a z i o n e è d o c u m e n t a t a d a u n d i s c r e t o n u m e r o di casi n e d e r i v a , p u r t u t t a v i a e c o n m o l t a v e r o s i m i g l i a n z a , c h e essa n o n è p e r f e t t a m e n t e g i u s t i f i c a b i l e , d a t o il s u o e s c l u s i v i s m o (CORNELIUS, c f r . a n c h e p a g . 1003). BURGI insiste sul f a t t o c h e q u a s i i n ogni c a s o d i p a m . t u m o r a l e locale, i n t r a ed e x t r a ossea, v e n g o n o r e p e r i a t e p l a s m a c e l l u l e c o m e p u r e cellule gig a n t i d a c o r p o e s t r a n e o . L e p l a s m a c e l l u l e d a sole n o n p e r m e t t o n o p e r ò nessun riferimento alla malattia plasmocitomatosa. D ' a l t r a parte in tipici c a s i di p l a s m o c i t o m i le deposizioni d i p a m . p o s s o n o d i v e n t a r e t a n t o g r a n d i d a d i s t r u g g e r e (atrofia d a compressione) le p l a s m a c e l l u l e p e r cui l a distinzione, p l a s m o c i t o m a p r i m i t i v o o t u m o r e p a r a m i l o i d e o p r i m i t i v o , d i v e n t a a n c o r p i ù difficile. N o i a m m e t t i a m o l ' a f f e r m a z i o n e c h e in o g n i c a s o si t r a t t i d i u n i d e n t i c o p r i n c i p i o p a t o g e n e t i c o . S i d e v e considerare c o m e p r i m i t i v a l a p a r a p r o t e i n o s i l o c a l e (i) o g e n e r a l i z z a t a , cioè in a l t r e p a r o l e , l a c o m p a r s a d i u n a e t e r o p r o t e i n a c h e v i e n e d e m o l i t a e riassorbita d a d e t e r m i n a t e cellule. P e r c i ò si d i s t i n g u o n o v i c i n o alle cellule g i g a n t i d a c o r p o e s t r a n e o o b b l i g a torie, p i ù o m e n o n u m e r o s e p l a s m a c e l l u l e le q u a l i sono, p e r così dire, elem e n t i s p e c i a l i z z a t i nel riassorbire i corpi proteici. N o i ci o p p o n i a m o decisam e n t e a q u e g l i A A . c h e p r e t e n d o n o di considerare le p l a s m a c e l l u l e c o m e l a m a t r i c e d e l l a p r o t e i n a e r i s p e t t i v a m e n t e d e l l a p a r a p r o t e i n o s i e c h e conseg u e n t e m e n t e q u a l i f i c a n o l a p r o l i f e r a z i o n e p l a s m a c e l l u l a r e c o m e p r i m i t i v a ed il t u m o r e p a m . c o m e secondario, o che in o g n i c a s o d i s c u t o n o q u e s t a possibil i t à (cfr. p a g . 995).
(1) Per esempio alterazioni del ricambio in tessuti infiammatori alterati, denaturazioni delle proteine omologhe, antigeni, anticorpi (?) ed altro.
984
SANGUE
E
ORGANI
CAPITOLO
MIELOMA
EMOPOIETICI
IV
MULTIPLEX
1873), mieloma multiplo, plasmocitoma (plasm.), malattia plasmocitomatosa, cosiddetta malattia di Kahler (1).
(V. RUSTIZKY
Quadro morboso L a malattia è relativamente ma non eccessivamente rara ed inizia lentamente. Essa colpisce preferibilmente individui di mezza età (4°-7° decennio di vita — i casi sotto i 30 e sopra i 70 sono molto rari), più gli uomini che le donne. Essa termina sempre con la morte, con sintomi di debolezza progressiva, anemia, eventualmente diatesi emorragica e cachessia, con decorso variabile da mesi (forme acute) fino ad anni (durata media della malattia da 2 a 6 anni, ma anche fino a 15 anni). Non sono rare remissioni continue e lunghe. Diversi malati di plasmocitoma vanno incontro ad una uremia pura la quale viene spiegata in parte di origine renale ed in parte extra renale (cfr. capitolo sui reni, inoltre A P I T Z , B R A S S , N O N N E N B R U C H , R A N D E R A T H , S A N D K U H L E R ) .
Reperto autopsico (2)
I mielomi si
riscontrano
sempre multipli « mielotnl multipli ». Essi
determinano un ingrossamento delle ossa ed alterano modicamente la loro conformazione esterna. Provengono sempre dal midollo delle ossa, specialmente dalle ossa spongiose e prediligono il cranio (particolarmente la calotta), inoltre le vertebre, le costole, il bacino e lo sterno, più raramente le ossa tubulari, così il femore e raramente possono essere fortemente compromesse quasi tutte le ossa ( G E S C H I C K T E R e C O P E L A N D , S A R A S I N ed altri). Trattasi di neoproduzioni ben differenziate e delimitate dalla massa del (1)
STERNBERG,
1926, HELLY —
b i b l . fino a l 1 9 3 1 , BROSS — WUHRMANN,
WÖHRMANN
bibl.
fino
a l 1 9 2 7 , GESCHICKTER e COPELAND
—
b i b l . fino a l 1 9 3 1 , MAGNUS-LEVY, APITZ, BRASS, HERZOG, e
WUNDERLY,
BAYRD
e
HECK,
LICHTENSTEIN
e
JAFFÉ,
RANDERATH.
(2) P a r t e di questo paragrafo e la figura 273 sono state prese dalla v e c c h i a edizione compilata da GRUBER.
PATOLOGIA
DELLE
PROTEINE
DEL
PLASMA
SANGUIGNO
985
midollo, che raramente possono raggiungere il volume di un uovo di gallina, molli, di colore rosso grigio o rosso cupo a seconda del contenuto sanguigno. Esse sostituiscono qualche volta solamente il tessuto mieloide in forma di nodi rotondi o di zaffi veri e propri e, qualche altra volta, possono arrivare fino alla distruzione del tessuto osseo compatto (fratture spontanee). Specialmente nella volta cranica (fig. 273) e qualche volta anche nella base, dove GRUBER ha osservato dei nodi a forma di noce, possono origi-
Fig. 273Mielomi multipli della volta cranica i cui nodi sono fortemente adesi in parte alla dura ed al periostio. Uomo di 42 anni. Nello stesso modo erano colpiti la colonna vertebrale, le costole, lo sterno. Il tessuto mielomatoso presentava una colorazione rosso bruniccia ed era di consistenza molle, facilmente sezionabile. 2/3 grandezza naturale. Coli. Göttingen. E.
KAUFMANN.
986
SANGUE
E
ORGANI
EMOPOIETICI
narsi, a causa della macerazione del tessuto neoplástico, dei difetti e delle mancanze di tessuto (cranio lacunare), come può similmente avvenire nei tumori metastatici. L'affezione si accompagna ad una degenerazione degli elementi del restante midollo, con processi colliquativo-distruttivi di alto grado dello scheletro (osteoporosi diffusa) e sintomi clinici spiccati da parte del sistema osseo, così fra l'altro precoci dolori reumatoidi spontanei dello scheletro, intensi alla compressione. Nella sede dei mielomi si riscontrano rigonfiamenti anche multipli e fratture spontanee che colpiscono spesso le coste. Le fratture possono guarire rapidamente e bene, mentre in genere i mielomi non stimolano o quasi l'osteopoiesi. Occasionalmente si arriva all'incurvamento della colonna vertebrale e a fratture delle vertebre (eventualmente anche a manifestazioni midollari) con accorciamento del tronco: i malati diventano più piccoli. La distruzione ossea nelle forme acute sarebbe di regola particolarmente spiccata. Le forme a decorso cronico dimostrano invece per lo più solo un'osteoporosi diffusa e anche lasciano intatto l'osso per lunghi periodi di tempo (ROHR). Se la parete ossea è perforata, anche le parti molli contigue possono essere infiltrate da plasmacellule. Tali nodi possono essere anche assai voluminosi e comprimere p. es. il midollo e causare fenomeni di deficit. Non sono rare le necrosi e le emorragie nell'ambito dei nodi.
Reperto
istologico
I noduli di mieloma dimostrano istologicamente un fitto accumulo di cellule per lo più ovali, talora con disposizione sinciziale, che possono deformarsi reciprocamente quando sono fittamente stipate e la cui grandezza varia notevolmente. Il quadro citologico permette di riconoscere variazioni notevoli da caso a caso, fenomeno questo che condusse nella letteratura passata e in parte anche in quella recente (i) ad una differenziazione dei mielomi in sottogruppi: a mieloblasti, a mielociti (in parte ossidasi positivi - MIEREMET, PETRIDES), a leucociti, a eritroblasti, linfociti e plasmociti. WALLGREN ritenne probabilmente per primo che a causa di t u t t i questi tipi cellulari morfologicamente diversi, si trattasse esclusivamente di varianti, ovvero dell'espressione di uno sviluppo o differenziazione più o meno accentuato di un particolare tipo cellulare. Rinunciando ad una differenziazione particolareggiata, egli consigliò di parlare di « cellula mielomatosa » (cfr. anche ZADECK e LICHTENSTEIN, FREUND, MATHIAS). Oggi si tende ad identificare queste «cellule mielomatose » con le plasmacellule (pl.c.) o v v e r o con le cellule del reticolo plasmocitarie
(pag. 618) del M. O.
HACK,
KLIMA, ROHR, SCHULTEN, TISCHENDORF, WILLIS, ZADEK
(ALDER, APITZ, FLEISCHHACKER, H E N N I N G e e
altri).
KEILAPITZ
ha logicamente proposto di chiamare i mielomi col termine di « plasmocitomi ».
(I) P E T R I D E S
(1939)
e
altri.
PATOLOGIA DELLE PROTEINE
DEL PLASMA SANGUIGNO
987
Tenendo conto della ricchezza in forme cellulari, i plasmocitomi sono stati suddivisi in a) a cellule mature e b) a cellule immature. T u t t a v i a secondo A P I T Z nei plasmocitomi immaturi si riscontrano sempre pi. c. più mature, mentre nei plasmocitomi maturi sono sempre dimostrabili alcune pi. c. immature. Si osservano anche forme decisamente miste. È dubbio se i due tipi cellulari si distinguano veramente per la loro « maturità ». Saremmo più propensi ad interpretare le forme a) e b) come stadi funzionali di una cellula matura che riassorbe materiale proteico (vedi sotto). I cosiddetti plasmocitomi maturi (a) sono caratterizzati da cellule (fig. 275) che corrispondono morfologicamente alle comuni plasmacellule, cioè si t r a t t a di cellule ovali con uno, due o più nuclei rotondi od ovali, per lo più eccentrici. I nuclei rivelano la tipica struttura a ruota raggiata e uno o più nucleoli piccoli e non sempre ben evidenti. Il citoplasma intensamqnte basofilo permette di riconoscere spesso una zona chiara iuxtanucleare (fig. 275, a) e si colora intensamente in rosso col verde di metilepironina. Quest'ultima reazione istochimica è positiva secondo A P I T Z anche nelle forme a cellule immature. L a reazione per l'ossidasi è negativa. In altri casi si riscontrano cellule più piccole piuttosto del tipo delle « cellule reticolari linfoidi » a struttura cromatinica grossolana ( R O H R ) . I nuclei dei cosiddetti plasmocitomi a cellule immature (b) posseggono strutture cromatiniche più lasse, disordinate e in parte vescicolose, con nucleoli evidenti, spesso voluminosi. L a strattura a ruota raggiata è solo accennata o manca del tutto. Il rapporto nucleo-plasmatico si sposta più intensamente a favore del nucleo. Le cellule assomigliano sempre di più ai mieloblasti non granulosi (plasmocitoma mieloblastico secondo A P I T Z ) 0 anche agli eritroblasti. I nuclei sono per lo più centrali. Esiste un notevole polimorfismo nucleare e cellulare. Sono state descritte anche occasionalmente cellule giganti plurinucleate ( H E R Z O G , M E L L E e C O R N E L I U S ) , che però secondo R O H R sono in parte da interpretarsi come osteoclasti plurinucleati. Di GUGLIELMO distingue plcit. a plasmociti, proplasmociti, plasmoblasti e paraplasmoblasti e forme miste. La sopracitata non di rado notevole somiglianza delle cellule mielomatose con i linfociti, i mieloblasti e gli eritroblasti, spiega facilmente secondo ROHR le primitive denominazioni di « mieloblastomi », « eritroblastomi » e « linfoblastomi ». Tuttavia recentemente NORDMANN ha obiettato contro la comprensione delle cellule mielomatose sotto il termine unitario di « cellula del plasmocitoma » e sostiene una suddivisione estesa per poter tener conto delle diverse variazioni delle paraproteinosi (vedi sotto). 1 cosiddetti mielomi a cellule miste (FROBOESE, P I N E S e PIROGOWA, M. B. SCHMIDT) sono da ricondurre secondo FLEISCHHACKER e ROHR alla mescolanza di strutture mielomatose con parti normali del M. O. Le forme a decorso acuto sarebbero di regola a cellule immature mentre le forme croniche sarebbero a cellule mature. T u t t a v i a le eccezioni a questa
g88
SANGUE
E
ORGANI
EMOPOIETICI
regola n o n sono rare (PETRIDES, VOEGT e altri). HIRSCHER e LAUR osser-
varono uno spostamento del quadro cellulare da maturo a immaturo sotto trattamento con uretano, le loro ricerche inoltre fecero pensare ad una contemporanea modificazione del carattere globulinico verso il tipo a. Nel preparato istologico (GIEMSA) osservammo un citoplasma schiumoso (fig. 275) nella maggior parte dei casi da noi studiati. I vacuoli più fini contenevano spesso un granulo centrale colorato in blu appena visibile al massimo ingrandimento. Non poche cellule contenevano in centro, nelle vicinanze del nucleo, una zona più chiara e omogenea del citoplasma, del tipo della centrosfera (fig. 275, a). Non di rado nel citoplasma si trovano anche vacuoli privi di contenuto lipidico, otticamente e cromaticamente apparentemente vuoti (figura 275, b). In alcuni casi nel citoplasma enei nucleo sono state osservate goccioline ialine fucsinofile, i cosiddetti corpuscoli di Russel (fig. 276) (APITZ, BRASS, MEYER e altri). Essi rappresentano coacervati proteici; per quanto riguarda il loro comportamento cromatico cfr. tabella X X I . Gli inclusi ialini dimostrano tutte le forme di passaggio dalla polverulenza finissima appena riconoscibile, alle gocciole, alle sferule grossolane, che possono occasionalmente raggiungere le dimensioni di un eritrocita. Secondo BRASS dovrebbero essere chiamati corpuscoli di Russel soltanto le forme più voluminose. Essi si trovano secondo APITZ soprattutto nelle sedi ove la deposizione interstiziale di paraproteine è più intensa e cioè di regola in cellule destinate alla distruzione (APITZ, BRASS, DONTENWILL, MEYER). SU inclusi paraproteici analoghi, ma cromaticamente diversi nelle cellule del plasmocitoma cfr. BRASS (1948). Molto più rari sono gli inclusi proteici cristallini (fig. 277) in cellule del plasmocitoma generalmente molto rigonfie. In una cellula del plasmocitoma possono essere contenuti fino a 100 e più cristalli (1). I cristalli sono formazioni a bastoncino, aghiformi o fusiformi, inoltre sono stati descritti tra l'altro tipi romboidali, prismatici, rettangolari (1)
APITZ,
BRASS,
GLAUS, STEINMANN-LÖHLEIN,
MÜCKE,
RANDERATH
riscontra-
rono cristalli di p a r a p r o t e i n e nei reni.
Fig. 274. Plasmocitoma (prevalentemente a cellule mature). Il citoplasma alveolare schiumoso contiene alcuni vacuoli otticamente e cromaticamente vuoti (B); centrosfere in vicinanza del nucleo (A). Fig. 275Inclusi ialini, cosiddetti corpuscoli di Russel nel citoplasma e nel nucleo delle cellule di plasmocitoma; fini gocciole distribuite lassamente nel citoplasma (a), nel nucleo (b), fini gocciole addensate nel citoplasma (c), grosse gocciole addensate nel citoplasma (d), grosse gocciole nel nucleo (e), gocciole voluminose solitarie nel citoplasma e nel nucleo (/), 2 grosse gocciole sole nel nucleo (g), alcune gocce molto voluminose nel citoplasma (h). — a, c,d, e h da BRASS, Frankf. Z. Path. 57, 1943; b, e, f, e g da APITZ, Virchows Arch. 300, 1937.
PATOLOGIA
DELLE
PROTEINE
Fig-
DEL
275.
PLASMA
SANGUIGNO
989
99°
SANGUE
E
ORGANI
EMOPOIETICI
ed esagonali. D i notevole interesse sono le misurazioni dei cristalli eseguite da SCHUMANN presso il Sedimentpetrographisches Institut di Gòttingen, secondo le quali non si tratterebbe tra l'altro di cristalli esagonali, m a verosimilmente di cristalli romboidali. Per quanto riguarda il comportamento cromatico dei cristalli cfr. tabella X X I , essi rivelano una birifrangenza alla luce polarizzata (RANDERATH). BRASS (1948) osservò in un caso di plasmocitoma un accumulo massivo di cristalli nelle cellule reticolari del M. O.
Fig. 276. Inclusi di cristalli paraproteici oblunghi colpiti in parte longitudinalmente (a), in parte trasversalmente (6), e in parte obliquamente (e) in plasmacellule di un plasmocitoma, Emat. Eos. Da A P I T Z , Virchows Arch. 306, pag. 673, fig. 16.
T r a le cellule mielomatose per lo più fittamente stipate si osserva, con le comuni tecniche di colorazione, di solito uno stroma scarso. Con l'impregnazione argéntica si può mettere in evidenza però una fine trama di fibre a graticciata, che è molto più densa che non nel M. O. normale. Il reticolo fibrillare rivela stretti rapporti con le cellule del plasmocitoma e si trova nei mielomi extra- ed intramidollari a cellule mature e immature (FRESEN,
1951).
L'osso subisce una distruzione prevalentemente lacunare, mentre sono meno evidenti i processi di « riassorbimento liscio ». Poiché la distruzione ossea è più intensa dell'attività osteoblastica, occasionalmente anche abbastanza vivace, di regola si giunge alla osteoporosi sopra descritta ovvero alla atrofia di tessuto osseo dimostrabile nei mielomi circoscritti. Si tratterebbe in sostanza di una « atrofia da compressione » in seguito alla proliferazione delle cellule del plasmocitoma.
PATOLOGIA
DELLE PROTEINE
DEL PLASMA
SANGUIGNO
991
La genesi formale della cellula mlelomatosa È controversa. Abbiamo già accennato alla diversa interpretazione genetica data dagli autori meno recenti. Tuttavia, dopo che si è imposta la teoria sulla sua natura unitaria plasmacellulare, essa viene oggi fatta derivare, dalla grande maggioranza degli autori, dalla « cellula reticolare plasmacellulare » o anche dalla cellula reticolare linfoide del M. O. La sua appartenenza al S. R . è dimostrata secondo FRESEN dagli stretti rapporti con l'impalcatura di fibre reticolari. W E I S S E N B A C H e L I È V R E e inoltre B A Y R D parlano di mielomi « istiocitari ». Altri non riconoscono rapporti diretti tra plasmacellule e cellule del plasmocitoma con il S. R. e definiscono entrambe come forme cellulari notevolmente indipendenti (FLEISCHHACKER e altri). Altri ancora definiscono il mieloblasto come cellula staminale delle cellule plasmocitomatose (APITZ).
Localizzazione sistemica extraossea Gli infiltrati plasmacellulari extramidollari o meglio extraossei, paragonabili alla metaplasia mieloide delle leucosi, erano considerati rari nella bibliografia più vecchia (GESCHICKTER e COPELAND e altri). Nella bibliografia più recente sono più considerati. Secondo CHURG e GORDON, HAYES e altri (bibl.) essi si riscontrano nel 70 % circa dei casi soprattutto nella milza, la quale può essere ingrandita modicamente e talora anche di molto; inoltre nei linfonodi, i quali sono ingranditi solo raramente e — in caso lo siano — solo di poco; inoltre nel fegato, reni, polmoni e tonsille e infine — molto di rado — in altri organi quali i muscoli scheletrici e il muscolo cardiaco, -pancreas, surreni, prostata, ovaie, testicoli, parete gastrointestinale, cute, midollo spinale, ecc. Possono però essere riscontrati in tutti i tessuti. Occasionalmente sono riconoscibili anche ad occhio nudo come formazioni nodulari. OSWALD descrive una rottura spontanea della milza con emorragia mortale nel cavo addominale. Istologicamente si tratta di infiltrati diffusi o nodulari che possono notevolmente alterare la mirabile struttura dell'organo come nelle leucosi. Sono contenuti anche negli spazi dei sinusoidi della milza, dei linfonodi e del fegato. Occasionalmente infiltrano la capsula. Accanto alle plasmacellule mature si trovano cellule immature simili ai mieloblasti, talvolta anche cellule più piccole linfocitosimili, che però sono riconoscibili come plasmacellule tra l'altro per la tipica struttura a ruota raggiata dei nuclei (cfr. CHURG e GORDON). In un caso DONTENWILL osservò nella polpa rossa della milza cellule giganti con citoplasma finemente granuloso areolare, simili ai megacariociti; e accanto a queste anche megacariociti veri. Le plasmacellule vengono fatte derivare dalle cellule
992
SANGUE E ORGANI EMOPOIETICI
reticolari o mesenchimali primitive o anche dalle plasmacellule linforeticolari (TISCHENDORF). HAYEZ e altri non riscontrano rapporti tra cellule mielomatose e fibre reticolari, tuttavia nella milza si formerebbero direttamente dagli endoteli dei sinusoidi. Contro questo modo autoctono di formazione (i) alcuni autori (2) ritengono che esse derivino dal M. O. (colonizzazione o metastasi) e riconoscono come possibili entrambe le vie (cfr. pag. 1002). Negli organi facoltativamente emopoietici si osservano occasionalmente segni di emopoiesi extraossea.
Il mieloma solitario Molto di rado si riscontrano « mieiomi solitari » al posto del reperto solito di mieiomi multipli. Essi hanno talora volume notevole. BOLL e SCHLAG descrivono un mieloma solitario dell'ala iliaca delle dimensioni di un pallone da football. In alcuni casi si arrivò lo stesso più tardi ad una generalizzazione intraossea e talora anche extraossea. Alcuni mieiomi solitari sono stati guariti mediante amputazione o trattamento radiante (APITZ, BEYER,
CUTLER,
BUSCHKE
e
CANTRIL,
RAVEN
e
WILLIS
bibl.,
WILLIS).
Il mieloma diffuso, mielomatosi diffusa, mielosi plasmacellulare Accanto alla forma nodulare esiste anche una forma diffusa, nella quale il midollo osseo è diffusamente infiltrato da pi. c. Tra le pi. c. si riscontrano cellule più o meno numerose di tutte e tre le serie filetiche, che possono anche quasi completamente mancare in alcune zone. Nel caso di DONTENWILL erano aumentati i megacariociti. Mancano distruzioni ossee, tuttavia si trova spesso una marcatissima osteoporosi spesso di grado elevato, che rende verosimile la diagnosi già al tavolo anatomico.
La leucemia plasmacellulare Nel sangue circolante si trovano occasionalmente alcune pi. c. specialmente negli stadi terminali. Questi casi dimostrano tutte le forme di passaggio alle rarissime « leucemie a plasmacellule » acute. Morfologicamente si tratta per lo più di « mielomatosi diffuse » (cosiddette « mielo(1)
LUBARSCH,
GREENBERG
(2) G E S C H I C K T E R
e
e
FROSCH,
COPELAND,
APITZ
HEYES e
altri.
e
Coli,
e
altri.
PATOLOGIA DELLE PROTEINE DEL PLASMA SANGUIGNO
993
matosi leucemiche » secondo ROHR) . L a leucemia plasmacellulare decorre per lo più con un aumento delle a- o {}- globuline. Dettagli e bibl. in ASKANAZY
e DUBOIS-FERRIÈRE,
FLEISCHHACKER,
KEILHACK,
LOB,
ROHR
e altri; inoltre casi di SCHERER, LAWRENCE e FORTNER e altri. In genere è più colpita l'età più avanzata (LOB e altri). Le cellule bianche del sangue circolante raggiungono valori fino a 200.000 e più (di cui dal 13 al 93 % di plasmacellule; LOB e altri), però in genere sono più bassi, fino a circa 30.000. Il fegato e la milza sono sempre ingranditi, mentre le linfoghiandole lo sono più di rado. Gli organi citati (eventualmente anche altri) contengono di regola infiltrati plasmacellulari, che talora sono così estesi da ricordare il quadro della leucemia mieloide (localizzazione extraossea, vedi sopra). L'anemia grave è costante. BICHEL riferisce su una leucemia plasmacellulare trapiantabile del topo. Cfr. inoltre RASK-NIELSEN e GORMSEN.
Le forme nodulari, diffuse e leucemiche del mieloma sono oggi considerate dalla maggior parte degli autori come particolari forme ovvero stadi del medesimo quadro morboso («malattia plasmocitomatosa»).
Plasmocitomi extraossei (plcit. exoss.) I plcit. exoss. (1) vanno distinti dai « granulomi plasmacellulari » (VOEGT, JÄGER). Questi ultimi sono costituiti da un tessuto di granulazione con infiltrati prevalentemente plasmacellulari; essi si espandono superficialmente senza limiti netti verso i tessuti circostanti, come p. es. nella regione inguinale, nell'appendice, nell'ovaio e nella vescica. Anche la maggior parte dei « plasmocitomi » delle congiuntive dovrebbero avere secondo VOEGT, FRANCOIS una genesi infiammatoria locale. Viceversa i rari plcit. exoss. rappresentano formazioni tumorali circoscritte, ben delimitate, molli o poco consistenti, solitarie, non di rado anche multiple, per lo più polipose (stenosi), gibbose alla superficie, ma non ulcerate, del volume fino a una castagna, di colorito grigio-biancastro o grigio-rosso (fig. 278). Sono costituite quasi esclusivamente da pi. c. e contengono scarsissimo stroma. Le pi. c. e i loro nuclei possono essere assai polimorfi (pi. c. immature, cellule plurinucleate) con mitosi frequenti, tuttavia non si possono trarre delle conclusioni sul decorso clinico per lo più molto cronico e relativamente benigno (VOEGT, JÄGER). I plcit. exoss. si osservano specialmente nelle vie aeree e digerenti superiori (tonsille), molto più di rado si trovano nei bronchi (HINZ), nei polmoni, nella pleura, nel mediastino (CHILDRESS e ADIE), nel tratto gastro-enterico (1) B i b l i o g r a f i a e c a s i s t i c a i n JÄGER, HELLWIG. 63 —
KAUFMANN I
994
SANGUE E ORGANI
EMOPOIETICI
Fig. 277Plasmocitoma extraosseo poliposo del bronco principale sinistro, uomo, 54 anni, Da HINZ, Frankf. Z. Path. 5 5 , 1 9 4 1 .
Fig. 2 7 8 . Plasmocitoma poliposo dello stomaco.
PATOLOGIA D E L L E PROTEINE DEL PLASMA SANGUIGNO
995
(ENDE e altri, SIEGMUND, osservazione propria, cfr. figg. 279 e 280), nei linfonodi, nella tiroide (VOEGT), negli organi genitali (ANDERSON) e nell'orbita (FRANCOIS e Coli.). Occasionalmente sono colpiti anche i linfonodi regionali o più di rado anche quelli lontani. Sono stati descritti anche rari plasmocitomi primitivi delle linfoghiandole. KAUFMANN ne osservò uno in una donna di 20 anni, che interessava solo le ghiandole ascellari di un lato; cfr. inoltre i casi, t u t t a v i a dubbi di WEISSER, JAQUIER-DOGE, NICOD e CHAPIUS, SIMON e EIDLOW, HECKNER. In generale i plcit. exoss. restano localizzati, solo in alcuni casi nell'ulteriore decorso e in parte solo dopo molti anni, passano al M. O. Nel plcit. exoss. mancano di regola modifì-
Fig. 279. Plasmocitoma
dello stomaco.
Infiltrazione plasmacellulare
densa e diffusa.
cazioni delle proteine plasmatiche (JÀGER). APITZ (1940) descrive t u t t a v i a un plcit. exoss. della regione degli adduttori con deposizione locale di amiIoide e paraproteinuria di Bence-Jones. JAQUIER-DOGE descrive un'iperproteinemia in un plcit. di una linfoghiandola mediastinica; HECKNER uno delle linfoghiandole, milza e fegato con paraproteinemia, cristalli proteici intracellulari e paraproteinuria di Bence-Jones (non sezioni, solo puntati midollari!). Geneticamente i plcit. exoss. vanno fatti derivare dal tessuto linfatico (pi. c. linforeticolari) delle mucose. La constatazione che nelle congiuntive e nell'ambito delle vie aeree superiori compaiono sia plasmocitomi sia anche tumori di paramiloide (pag. 977) e che essi siano dimostrabili occasionalmente in sede vicina, fece sorgere la questione (HINZ) se questi ultimi non siano forse da ricondurre a una trasformazione amiloide dei primi. APITZ confronta questo fenomeno con i carcinomi gelatinosi che possono essere anche costituiti esclusivamente da muco, poiché le cellule tumorali affogano nel loro stesso secreto. APITZ distingue: a) para-
996
SANGUE
E
ORGANI
EMOPOIETICI
miloide nodulare (spostamento del sangue al tessuto), b) plasmocitomi a contenuto paramiloide, c) plasmocitomi ad elevato contenuto paramiloide privati secondariamente delle loro cellule. In b) e c) la paramiloide verrebbe secreta direttamente dalle pl.c. vicine; il caso a) si verifica soltanto in corso di paraproteinemia generale nel quadro di una paramiloidosi generalizzata. Il fatto però che occasionalmente, come nel caso di H I N Z , si possano dimostrare numerosissime plasmacellule nelle vicinanze della paramiloidosi locale, può essere interpretato nello stesso modo, se non meglio, come segno di un riassorbimento proteico, analogamente ad una reazione da corpo estraneo con la quale esso è spesso collegato.
Paraprotelnosi (paraproteinemia, paraproteinuria, paramiloidosi) nella malattia da plasmocitoma L a malattia di Kahler decorre sempre con grave disturbo del metabolismo proteico, con una «paraprotelnosi» (cfr. pag. 970) (1). Spesso, ma non sempre, si riscontra la triade: paraproteinemia, paraproteinuria e paramiloidosi. Le proteine plasmatiche (pr. pi.) sono di regola aumentate (iperproteinemia fino a 20 g % e più), ma solo le globuline (iperglobulinemia) e in particolare, nell'ambito della frazione totale, sono aumentate da caso a caso solo le a- e le /S- o le y- globuline (fig. 280). I più frequenti sono i « gamma-plasmocitomi », essi hanno decorso cronico e istologicamente rivelano carattere maturo. I plasmocitomi-alfa (a 1 o a 2) sono invece molto rari, hanno decorso acuto, rapidamente mortale e sono costituiti da plasmacellule immature. I beta-plasmocitomi (fi 1 e fi 2) assumono una posizione intermedia tra gli a- e i y- plasmocitomi 2). Sono estremamente rare le forme combinate a-fi o f)-y. I passaggi da un sottogruppo all'altro p. es. y—>fl ( S A N D K U H L E R ) ovvero J8—>y ( H A R T M A N N ) sono molto rari in corso di malattia. Un'importanza particolare soprattutto diagnostica ha la paraprotelna di Bence-Jones. Si riscontra nei plasmocitomi a-, jS-, e y-, soprattutto nell'urina, spesso in grandi quantità, ma solo nel 50 % circa dei casi, mentre nel sangue la si trova solo in rari casi in tracce. L a paraproteina di Bence-Jones non è una proteina omogenea e ha un peso molecolare molto basso (37.000) e migra nella frazione delle globuline. Precipita già a 5o-6o°C, si scioglie all'ebollizione e precipita nuovamente col raffreddamento. Compare soltanto in corso di plasmocitoma, a prescindere da rare eccezioni. L'iperproteinemia può mancare (vi sono anche casi di ipoproteinemia). Spesso tuttavia si possono dimostrare anche spostamenti nell'ambito della frazione globulinica, che si possono elidere reciprocamente per ciò che riguarda (1) M A G N U S - L E V Y , BENNHOLD, APITZ, B R A S S , R A N D E R A T H , W U H R M A N N , MANN e W U N D E R L Y e Coli, e molti altri. (2) W U H R M A N N e W U N D E R L Y , cfr. anche Ö L H A G E N e altri.
WUHR-
Plasmocìtoma Ripresa prolungata
fi-i - Plasrnoc¡torna
02 - Plasmocìtoma
y - Plasmocìtoma
Fig. 280. Diagramma elettroforetico di plasmocitomi rispettivamente fa, fa, e y. Da osservazioni di F R A N K , Kiel, cfr. fig. 214.
998
SANGUE E ORGANI
EMOPOIETICI
l a m a s s a t o t a l e (LUDIN e altri). E s i s t o n o p e r ò a n c h e casi c o n q u a d r o sieroprot e i c o c l i n i c a m e n t e n o r m a l e (il r e p e r t o p a t o l o g i c o p u ò p e r ò essere r i s c o n t r a t o i n seguito). N e i p l a s m o c i t o m i s o l i t a r i ed e x t r a m i d o l l a r i m a n c a di solito l'iperp r o t e i n e m i a . O c c a s i o n a l m e n t e sono s t a t e d i m o s t r a t e p a r a p r o t e i n e a n c h e nel l i q u o r (WUHRMANN, MÒSCHLIN) e n e l l a s a l i v a
(BRASS).
I c o a g u l i s a n g u i g n i nel c a d a v e r e di p o r t a t o r e di p l a s m o c i t o m a sono occ a s i o n a l m e n t e giallo-pallidi o grigio-rossastri, n o t e v o l m e n t e g e l a t i n o s i e o p a c h i . T a l v o l t a nelle c a v i t à c a r d i a c h e e nei v a s i sono s t a t i r i s c o n t r a t i d e g l i s t a m p i giallastri rigidi (fig. 281), a n a l o g a m e n t e a n c h e n e g l i a l v e o l i p o l m o n a r i ( R u -
Fig. 281. Coagulo giallo gelatinoso nel ventricolo sinistro in corso di plasmocitoma diffuso (caso di D O N T E N W I L L ) . NEBERG, ROSSLE, B R A S S , BIANCHI e
altri, DONTENWILL,
bibl.).
La
gelifica-
zione del p l a s m a a v v i e n e d a + 2 1 0 fino a + 23 0 C, e a 3 7 0 C è r e v e r s i b i l e (BIANCHI e altri). P e r le c o s i d d e t t e crioglobuline nel p l a s m o c i t o m a v . BLADES, b i b l . T a l i m o d i f i c a z i o n i n o n s o n o specifiche p e r il p l a s m o c i t o m a . G e l i f i c a z i o n i s p o n t a n e e sono s t a t e o s s e r v a t e r i p e t u t a m e n t e a n c h e in corso d i i p e r g l o b u l i n e m i a di a l t r a n a t u r a , così p . es. t r a FRITZE e ZETSCHWITZ in corso di p o l i a r t r i t e e d a ESSER e SCHMENGLER in u n a r e t i c u l o s i . P e r le p a r a p r o t e i n e a c r i s t a l l i z z a z i o n e s p o n t a n e a nel siero i n corso d i p l a s m o c i t o m a , c f r . WUHRMANN e WUNDERLY, sulle m o d i f i c a z i o n i c o r r i s p o n d e n t i n e l l ' u r i n a , c f r . SANDKÙHLER.
PATOLOGIA
DELLE
PROTEINE
DEL
PLASMA
SANGUIGNO
999
Istologicamente la paraproteina ovvero la paramiloide può essere occasionalmente dimostrata in forma guttulare o cristallina (BRASS) O anche
del tipo di stampi omogenei
( B R A S S , P E T Z O L D , DONTENWILL)
sia
nei lumi dei vasi, sia nei sinusoidi dei linfonodi e del M. O. (BRASS, PETZOLD). In un caso di PETZOLD si colorava in rosso col rosso Congo e con l'Azan, ma non era metacromatica col violetto di metile (cfr. anche il comportamento istochimico in parte atipico dei depositi di paramiloide di questo caso nei diversi organi). BRASS riscontrò gocce ialine nei lumi dei condotti escretori di ghiandole salivari e in liquidi di edemi. Come tutte le paraproteine qualitativamente abnormi « etcrologhe » (pag. 970), anche nella malattia di Kahler esse vengono eliminate attraverso il rene (paraproteinuria), e probabilmente anche attraverso la saliva (BRASS) e il polmone (TVERDY) e cioè non solo la paraproteina di BenceJones, ma senza dubbio anche paraproteine diverse da caso a caso. Per precipitazione e riassorbimento nei reni si instaura il quadro della nefrosi paraproteinemica
(rene d a p l a s m o c i t o m a ) ,
cfr. APITZ, BRASS, RANDERATH
e il capitolo reni. Per il morfologo hanno particolare importanza i precipitati amorfi o guttulari (coacervati) o cristallini nelle maglie del mesenchima. Si riscontra talora il quadro tipico del tumore paramiloide o/e della paramiloidosi generalizzata (i) (pag. 997). Quest'ultima però non è specifica per la malattia di Kahler (CORNELIUS) come sospettava APITZ. Per le deposizioni di pam. nei fasci nervosi vegetativi cfr. TVERDY, 1951. Sono relativamente frequenti le deposizioni di paramiloide negli stessi mielomi multipli (fìg. 282) e diffusi (fig. 283); sono state osservate occasionalmente anche con il tipo dei tumori amiloidi propriamente detti (HELLY, FREUND e altri) (2). In questi ultimi le cellule del plasmocitoma possono essere riscontrate occasionalmente solo in numero ridotto (specialmente nei distretti periferici) o possono anche essere scomparse del tutto. Depositi di paramiloide si trovano anche nel periostio e nei tessuti adiacenti. Uno studio istologico più preciso dimostra reperti variabili da caso a caso. Talora si tratta di precipitati piuttosto amorfi (figg. 282 e 283), talaltra di piccole sferule ialine (coacervati, BRASS) disposte singolarmente o raccolte in grossi accumuli e in altri casi ancora si riscontrano cristalli. Il tessuto mielomatoso adiacente è spesso in regressione (APITZ, BRASS). Anche l'osso è di solito più intensamente distrutto nell'ambito delle deposizione di pam. (FREUND). In alcuni casi la pam. era impregnata di sali di calcio e occasionalmente dimostrava una caratteristica striatura concentrica o radiale. M A G N U S - L E V Y , V O L L A N D , B U R G I , A P I T Z , B R A S S e altri. (2) Deposizioni di cristalli paraproteici nell'interstizio di mielomi sono state osservate da G L A U S , A B R I K O S O F F e W U L F F , A P I T Z , P E T Z O L D , B R A S S e altri. Sulla deposizione intracellulare di cristalli cfr. pag. 989. (1)
SANGUE
IOOO
E
ORGANI
EMOPOIETICI
Fig. 282. Deposizioni di paramiloide in un plasmocitoma. Paramiloide (a), cellule giganti da corpo estraneo (b), cellule plasmocitomatose (c). — Colorazione Masson. — D a APITZ, Virchows Arch. 306, pag. 669, fig. 13 (1940).
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PATOLOGIA
DELLE
PROTEINE
DEL
PLASMA
SANGUIGNO
IOII
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SEZIONE
XI
LINFOGHIANDOLE O LINFONODI
CAPITOLO I
SVILUPPO, ANATOMIA E FUNZIONE (i)
I linfonodi (1.) ovvero linfoghiandole (lymphoglandulae, nodi lymphatici) hanno forma di fagioli (fig. 286), sulla superficie di taglio sono lisci, omogenei, di colorito grigio, grigio pallido o brunastro. S o n o c i r c o n d a t i d a u n a capsula fibrosa (istologia v . NEUBERT), n e g l i s t r a t i esterni d e l l a q u a l e si t r o v a s e m p r e del t e s s u t o adiposo (fig. 286). D a l l a c a p s u l a si d i p a r t o n o v e r s o il p a r e n c h i m a d e i s e t t i c o n n e t t i v a l i , c o s i d d e t t e trabecole, che in c o n f r o n t o a l l a m i l z a sono p o c o s v i l u p p a t i . L a c a p s u l a e le t r a b e c o l e c o n t e n g o n o rare fibre m u s c o l a r i lisce, c h e a v r e b b e r o i m p o r t a n z a p e r f a v o r i r e il t r a s p o r t o d e l l a l i n f a . I l parenchima linfoadenoide s i t u a t o f r a le t r a b e c o l e h a f o r m a g l o b o s a n e l t e r z o esterno d e l l a 1. (noduli corticali) e f o r m a cilindrica (cordoni o r a g g i midollari) nella m i d o l l a r e . N o d u l i e cordoni sono in c o n t i n u i t à senza limiti netti, f o r m a n o u n ' u n i t à a n a t o m o - f u n z i o n a l e . L a divisione dei 1. in c o r t i c a l e e m i d o l l a r e è g i u s t i f i c a t a solo t o p o g r a f i c a m e n t e . II p a r e n c h i m a adenoide (linfadenoide, linfoide, linfatico) o meglio sec. A . KOHN linforetlcolare è c o s t i t u i t o d a u n ' i m p a l c a t u r a di sostegno reticolare (cfr. p a g . 600), che è l o c a l i z z a t a f r a le t r a b e c o l e a m o ' di t e s s u t o s p u g n o s o e nelle cui m a g l i e g i a c c i o n o i linfociti (lic.). Sulle fibre reticolarei in condizioni n o r m a l i e p a t o l o g i c h e cfr. a n c h e i l a v o r i p i ù v e c c h i d i ORSOS. N e l l a p o l p a cort i c a l e i lic. h a n n o disposizione m o l t o fitta (noduli corticali o follicoli linfatici). I n c e n t r o a d ogni follicolo si t r o v a u n ' a r t e r i a . Spesso s i f f a t t i « follicoli primari » c o n t e n g o n o u n c e n t r o chiaro e sono c h i a m a t i a l l o r a « follicoli secondari ». I l c e n t r o chiaro, p o v e r o di cellule e n e t t a m e n t e d e l i m i t a t o v e r s o la corticale ricca di lic., è c o s t i t u i t o d a grosse cellule p e r lo p i ù t o n d e c o n n u c l e i d i f o r m a a n a l o g a , che p e r m e t t o n o di riconoscere u n a s t r u t t u r a c r o m a t i n i c a r a r a e lassa e u n o o p i ù n u c l e o l i e v i d e n t i . I l c i t o p l a s m a è l i e v e m e n t e basofilo; sono i n t e r p r e t a t e p e r lo p i ù c o m e cellule reticolari. N e i centri si riconoscono anche grossi linfoblasti, singoli p i c c o l i lic. e m a c r o f a g i . D e t r i t i nucleari e mitosi sono spesso a c c u m u l a t i . I n c o n f r o n t o a i follicoli p r i m a r i c o m p a t t i e a l l a « corteccia l i n f o c i t a r i a » dei follicoli secondari, i centri chiari sono p o v e r i di capillari e q u a s i p r i v i d i fibre a g r a t i c c i a t a . O r i g i n a r i a m e n t e i centri v e n n e r o i n t e r p r e t a t i c o m e sede d i f o r m a z i o n e dei lic. (centri germinativi di Fleming). I n s e g u i t o sono s t a t i consi-
(1) H E L L M A N N , MAXIMOW, ASCHOFF, D E N Z ,
BARGMANN,
bibl.
SANGUE E ORGANI EMOPOIETICI
ioi4
derati come substrato di una reazione del tessuto linforeticolare nei confronti dei più diversi agenti irritanti (tossine batteriche e altri veleni). Sono stati perciò anche denominati « focolai di difesa », « centri reattivi », « centri di immunizzazione » o « centri funzionali » o anche « centri di attività », ecc. (HELLMANN, HEIBERG, EHRICH, NORDMANN, W E T Z E L e a l t r i ) . —
L a m a s s a di
tessuto
linfatico corrisponde nella sua t o t a l i t à a circa m e t à del fegato (ANDREASEN).
F i g . 286. S t r u t t u r a s c h e m a t i c a d i u n l i n f o n o d o , a , V a s o l i n f a t i c o afferente; b, cordone midollare; c, seno marginale; d, seno midollare; e, v e n a ; /, arteria; g, v a s o l i n f a t i c o efierente. D a BARGMANN, « Histologie u n d m i k r o s k o p i s c h e A n a t o m i e des Menschen », V o i . II, 1 9 5 1 , E d . G e o r g T h i e m e . Stuttgart.
T r a l ' i m p a l c a t u r a c o n n e t t i v a l e dei 1. (capsula e trabecole) e il parenchima linforeticolare sono situati i seni linfatici o meglio i sinusoidi (fig. 286, c. e d.). Quelli localizzati subito sotto la capsula sono d e t t i seni marginali, quelli a decorso tra i cordoni midollari seni intermediari 0 seni midollari. Nei seni marginali sboccano i vasi linfatici afferenti (fig. 286, a), dopo essere p e n e t r a t i nella capsula ed essersi divisi in una fitta rete di ramificazioni. T u t t i i sinusoidi
della corticale e della midollare comunicano tra di loro
LINFOGHIANDOLE
O LINFONODI
IOI5
c o m e u n l a b i r i n t o . A t t r a v e r s o i vasi efferenti (fig. 286, g) v i e n e e l i m i n a t a l a l i n f a c h e si r a c c o g l i e nelle v i c i n a n z a dell'ilo nel « seno t e r m i n a l e ». L a c o r r e n t e a v v i e n e q u i n d i d a l l a c o n v e s s i t à n e l l a direzione dell'ilo d e l 1. I l r e f l u s s o è i m p e d i t o d a l l e v a l v o l e dei v a s i a f f e r e n t i e e f f e r e n t i . I sinusoidi sono percorsi d a u n a a m p i a e d e l i c a t a g r a t i c c i a t a a m a g l i e l a r g h e di fibre argirofìle, che sono a c c o m p a g n a t e e c o p e r t e d a cellule del r e t i c o l o (figg. 287 e 288). L a g r a t i c c i a t a p r e n d e le mosse d a l l e « cellule di sponda » dei sinusoidi o v v e r o dalle fibre che li c i r c o n d a n o ( p a r t i c o l a r m e n t e fitte in q u e s t a sede c o n r i c c h e z z a di vasi). P o i c h é e n t r a m b e
Fig. 287. S e n o m a r g i n a l e con fibre reticolari distese in senso radiale in l i n f o n o d o di g a t t o . In basso a destra l a c a p s u l a , a sinistra in alto la corticale. (Impregnazione argéntica secondo PAP, microfotografia, i n g r . 900 x), — D a BARGMANN «Histologie und mikroskopische A n a t o m i e des Menschen», V o l . I I , 1 9 5 1 . E d . Georg T h i e m e , S t u t t g a r t .
le f o r m a z i o n i , cellule di s p o n d a e fibre reticolari, t r a p a s s a n o d i r e t t a m e n t e e c o n g i u n t a m e n t e c o n le loro d i r a m a z i o n i n e l l ' i m p a l c a t u r a dello s t r o m a linforet i c o l a r e , le f o r m a z i o n i r e t i c o l a r i e sincizio-fibrillari c h e p a r t e c i p a n o a l l a s t r u t t u r a d e i sinusoidi e del p a r e n c h i m a l i n f o a d e n o i d e d o v r e b b e r o f o r m a r e u n ' u n i t à a n a t o m i c a e f u n z i o n a l e . Ciò f a r e b b e p e n s a r e che la p a r e t e dei sinusoidi n o n è c h i u s a , m a è u n a m e m b r a n a a l m e n o f a c o l t a t i v a m e n t e a p e r t a , che p e r m e t t e il p a s s a g g i o dei lic. nei sinusoidi e v i c e v e r s a d i a l c u n i e l e m e n t i c o s t i t u t i v i c o r p u scolari della linfa nella polpa.
loió
SANGUE E ORGANI
EMOPOIETICI
L e arterie e le vene entrano ed escono dall'ilo. L e arterie accompagnano le trabecole e si ramificano poi nel parenchima, la rete vascolare è particolarmente fitta nell'ambito dei follicoli, nei quali iniziano anche le vene. R O B B - S M I T H distingue nei 1.: i . i seni, 2. i follicoli, 3. la polpa o midollare; ciò comprenderebbe t u t t o (eccezion f a t t a per le trabecole) ciò che sta fra i seni e i follicoli. Nell'ambito dei cordoni midollari non esisterebbero veri follicoli; secondo N O R M A N N e altri t u t t a v i a v i sarebbero talora dei veri centri funzionali in tale sede.
a
k
Fig. 288. Sezione di seno midollare di linfonodo di gatto con accumulo di sostanza colorante finemente granulosa dopo colorazione vitale con Trypanblau (colorazione nucleare con rosso fisso ( K E R N E C H T R O T ) ingr. 400 x).a, Cordone midollare; b, cellula reticolare. — Da B A R G M A N N , « Histologie und mikroskopische Anatomie des Menschen », Vol. 20, 1951. Ed. Georg Thieme, Stuttgart. I 1. rappresentano funzionalmente un filtro grossolano della linfa, secondo anche un filtro secondario per il sangue. Le cellule reticolari del parenchima linforeticolare e in particolare quelle dei sinusoidi (cellule di sponda) appartengono al S R E in senso stretto (cfr. pag. 611) e sono perciò in grado di tesaurizzare, di fagocitare (gocciole di grasso, pigmenti, eritrociti, detriti cellulari, batteri, particelle di carbone, ecc.) e forse di produrre anticorpi. Possono liberarsi dall'aggregato fibrillo-sinciziale (istiociti, monociti, macrofagi) ed eventualmente giungere in circolo. In seguito a stimolazione rivelano segni di iperplasia e ipertrofia più o meno marcati. I centri reattivi mancano nel tessuto fetale; dopo la nascita aumentano di grandezza e di numero, appena v i giungano antigeni ( H E L L M A N N e W H I T E , G L I M S T E D T , O E S T E R L I N D e altri). L'ipotesi sosteFRIEDHEIM
LINFOGHIANDOLE O
LINFONODI
IOI7
nuta nella letteratura passata, secondo la quale la produzione anticorpale avviene nei centri reattivi ( H E L L M A N N , H E I B E R G e altri), è stata recentemente posta in discussione (cfr. pag. 580). — V . anche NORDMANN. TABELLA
XXIII.
— • A L B E R O GENEALOGICO DELLE CELLULE LINFOIDI. Cellula reticolare l i n f a t i c a
Iinfoblasto linfocita
plasmoblasto plasmacellula linfatica
monoblasto monocita linfatico
I 1. sono la sede di produzione dei lic. Secondo la teoria unitaria (cfr. p a gina 624) la cellula mesenchimale indifferenziata totipotente sarebbe la cellula staminale di tutti i tipi cellulari presenti nel tessuto linforeticolare (cellule del reticolo, cellule di sponda, lic. plasmacellule, granulociti, ecc.), a meno che non siano immigrate nel tessuto dal sangue o dalla linfa. I sostenitori della teoria dualistica ovvero polifiletistica riconoscono nel periodo neonatale solo cellule staminali orientate irreversibilmente verso le cellule reticolari (e cellule di sponda?), i lic. (linfoblasti) e plasmacellule (plasmoblasti). I neounitari infine ammettono un'emocitopoiesi facoltativa di tutte le serie filetiche (lic. = , plc. = , mon. = , g r c . = eri. = , e megacariocitopoiesi) dalle cellule mesenchimali e reticolari indifferenziate (tabella X X I I I ) , sempre che il tessuto sia colpito da stimoli emopoietici particolarmente intensi. Cfr. anche la bibliografia del lavoro di S U N D B E R G sulla derivazione dei lic. (bibliografia americana). L a maggioranza degli A A . è del parere che i lic. possano moltiplicarsi dopo la nascita in condizioni normali per mitosi o per carionomia (strozzamento del nucleo — S T O C K I N G E R e K E L L N E R , P I S C H I N G E R ) . In genere si considera come cellula staminale definitiva il llnfoblasta, poco più grande, il quale può formarsi facoltativamente dalla cellula reticolare linfoide nel senso della moderna teoria unitaria (tabella X X I I I ) . Il «linfoblastai> è identico ai «linfociti» grandi, ai « macrolinfociti », alla «cellula rotonda giovane» al «plasmoblasta» (?), ecc.; v. LENNERT, bibl. Si tratta di cellule con nucleo rotondo od ovale, talora lievemente irregolare nei contorni, relativamente voluminoso, chiaro, povero di cromatina con 1-2 nucleoli. Il citoplasma relativamente scarso è intensamente basofilo ( G I E M S A ) . Secondo L E N N E R T il linfoblasta non ha alcun rapporto col reticolo. Manca di solito nei linfonodi normali. È dimostrabile nei centri germinativi attivati e, in seguito a stimoli intensi, anche nel restante reticolo linfoide. L a sua funzione formativa di linfociti è discussa (formazione di anticorpi, L E N N E R T e altri, forma irritativa del linfocita maturo [ K L I M A ] ecc.). L a questione se i cosiddetti « centri germinativi » di F L E M I N G siano anche centri di produzione dei lic. non è definitivamente risolta. Alcuni A A . ammettono una funzione doppia come centri di reazione e germinativi. II piccolo linfocita maturo è considerato da alcuni A A . come forma degenerativa, funzionalmente inattivo, a causa del suo nucleo picnotico. Altri invece attribuiscono al lic. un'intensa attività biologica. A favore stanno l'elevato contenuto in ribonucleotidi (cfr. pag. 588), la loro costante presenza nei processi
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SANGUE E ORGANI
EMOPOIETICI
infiammatori, ecc. Si muovono nei tessuti con movimenti ameboidi per mezzo di piccoli prolungamenti (cfr. pag. 589). In questo modo attraversano le pareti dei sinusoidi e giungono nella linfa e poi nel sangue. Alcuni trapassano direttamente in circolo attraverso la parete delle vene postcapillari. Analogamente allo stroma reticolare anche i lic. aumentano considerevolmente negli stati irritativi e entrano nella linfa o in circolo in numero aumentato (linfocitosi reattiva). Anche le pl.c. dimostrabili regolarmente, specie nei cordoni midollari, sono aumentate di numero in t u t t i i processi infiammatori cronici. L a derivazione delle plasmacellule è notevolmente discussa. È stata presa in considerazione la loro origine dalle cellule connettivali, dalle cellule ret. ist. dei lic., e dagli elementi mielogeni. Alcuni le considerano come una forma irrit a t i v a del lic. maturo ( A S C H O F F , A S K A N A Z Y [bibl. meno recente], D U B O I S F E R R I È R E [bibl.], K L I M A e altri) e ne ammettono la genesi ubiquitaria. Altri distinguono la pi. c. midollare dalle altre ( M Ò S C H L I N ) , ovvero la pl.c. linfatica dei restanti « plasmociti » (K. H E C K N E R ) . Come cellula staminale si citano sistemi cellulari (1) diversi non affini (2) tra di loro, anche un plasmoblasta linfoide comune (per i plasmoblasti mieloidi cfr. pag. 621), il quale sarebbe o indipendente ( U N D R I T Z , K . H E C K N E R e altri) o si formerebbe sec. T I S C H E N D O R F , M Ò S C H L I N e altri dalla cellula reticolare linfoide (ovvero dagli istiociti — T A R D I N I ) ; le pl.c. e particolarmente i cosiddetti plasmoblasti sono stati spesso interpretati come produttori di anticorpi e di plasmaproteine (cfr. pag. 579). Sec. M Ò S C H L I N solo le plasmacellule midollari formano globuline, poiché nelle infezioni virali linfotrope, nelle quali le pl.c. linfatiche sono sempre aumentate di numero, non si sono dimostrate iperglobulinemie. K . H E C K N E R sostiene invece che anche in queste malattie si hanno modificazioni del quadro protidemico e interpreta, in accordo con U N D R I T Z e A P I T Z , la totalità delle pl.c. come un sistema funzionale unitario. Altri respingono questa ipotesi e attribuiscono alla pl.c. s o p r a t t u t t o u n a f u n z i o n e di r i a s s o r b i m e n t o (DUBOIS-FERRIÈRE, BUNGELER) .
Per particolari cfr. pag. 579 e segg. Ricordiamo ancora brevemente in questa sede come terza serie cellulare i monociti linfoidi (cfr. pagg. 590, 632), i quali pure si formerebbero da voluminose cellule staminali megaloblasto-simili, linfoidi e reticolari (monoblasti) e che aumentano soprattutto nella mononucleosi infettiva, ma anche nella rosolia, ecc. Sec. K L I M A (3) quando i lic. vengono stimolati, si formano cellule che egli definisce « forme reattive o irritative » linfocitarie. Durante la prima fase di tale trasformazione si forma, per aumento del citoplasma e rigonfiamento nucleare, la plasmacellula linfoide. Se i nuclei sono lobati, esse corrispondono alle forme irritative di T u r k ovvero ai linfomonociti. Se il nucleo si rigonfia ulteriormente (2 a fase), si formano cellule del tipo dilinfo = , plasma = , e monoblasti, i quali, come si è detto sono aumentati nelle infezioni virali linfotrope.
(1) Mieloblasti, linfoblasti, cellule avventiziali. (2) Teoria della convergenza secondo A P I T Z , anche D U B O I S - F E R R I È R E ammette recentemente che le pl.c. possono derivare sia dai lic. maturi sia dalle cellule ret. ist. (3) PISCHINGER sostiene una tesi analoga.
LINFOGHIANDOLE
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LINFONODI
IOI9
L a c o n s t a t a z i o n e che t a l i f o r m e i r r i t a t i v e si p o s s o n o r i t r a s f o r m a r e i n lic. s p i e g a la linfocitosi p o s t - i n f e t t i v a . C o m e p r o d o t t o d e l l a fase si c i t a n o delle « f o r m e i r r i t a t i v e m a c r o n u c l e a r i », che c o r r i s p o n d o n o a q u e l l e cellule che nei p r e p a r a t i p e r striscio v e n n e r o finora c h i a m a t e cellule r e t i c o l a r i s t a m i n a l i . L e cellule irrit a t i v e p i ù v o l u m i n o s e , le c o s i d d e t t e cellule d a g r a n u l o m a , sono s t a t e o s s e r v a t e d a KLIMA n e l l i n f o g r a n u l o m a . D a q u e s t e (e n o n d a l l e cellule d e l reticolo!) si f o r m e r e b b e r o le cellule g i g a n t i d i STERNBERG. Se q u e s t a ipotesi d o v e s s e r i v e l a r s i e s a t t a , a l l o r a la m a g g i o r p a r t e (se n o n t u t t e ) d e l l e cellule i n t e r p r e t a t e c o m e s t a m i n a l i n o n s a r e b b e r o p r o g e n i t r i c i dei lic., delle p l . c . linfoidi, e d e i m o n o c i t i linfoidi, bensì f o r m e i r r i t a t i v e , cioè prod o t t i di t r a s f o r m a z i o n e d e l lic. m a t u r o . O c c a s i o n a l m e n t e nel 1. si t r o v a n o a n c h e g r a n u l o c i t i n e u t r o f i l i e specialm e n t e eosinofili. I n genere sono espressione di u n a reazione i n f i a m m a t o r i a , s a r e b b e r o cioè cellule m i g r a n t i e m a t o g e n e . S i o s s e r v a n o a n c h e m e g a c a r i o c i t i . S u l l a mielopoiesi r e t i c u l o g e n a e x t r a m i d o l l a r e cfr. p a g . 7 7 3 .
CAPITOLO I I
EMOLINFONODI O l t r e ai l i n f o n o d i tipici, esistono, s p e c i a l m e n t e i n a l c u n i m a m m i f e r i , a n c h e i c o s i d d e t t i e m o l i n f o n o d i . N e l l ' u o m o s o n o m o l t o p i ù rari, p e r q u a n t o n o n sia c h i a r o se s i a m o a u t o r i z z a t i a s e p a r a r l i d a l l e l i n f o g h i a n d o l e . L a loro s t r u t t u r a è g r o s s o m o d o simile a q u e l l a d e l l a m i l z a . I l s a n g u e r i a s s o r b i t o g i u n g e nella corr e n t e l i n f a t i c a (NORDMANN) O d a i c a p i l l a r i p e r m e a b i l i (disoria?) nelle m a g l i e dello s t r o m a l i n f o r e t i c o l a r e e d a q u i nei seni ( c o s i d d e t t i seni s a n g u i g n i ) . I n seg u i t o a s p l e n e c t o m i a d i v e n g o n o i p e r p l a s t i c i . V . a n c h e WELLER e CARERE-COMES (nella cirrosi e p a t i c a - s a r e b b e r o u n a c o n s e g u e n z a di u n ' a l t e r a z i o n e disorica della permeabilità) e altri.
CAPITOLO I I I
ATROFIA E IPERPLASIA 1. CURVA VITALE, A T R O F I A Nel corso della vita si modifica sia il numero sia la struttura dei 1. (cfr. H E L L M A N N , O R S O S , A S C H O F F , D E N Z e altri). La loro formazione inizia nell'embrione al 20 mese. Il numero di 1. è molto alto nel neonato (v. anche G R I E S H A M M E R ) . Con l'aumento dell'età il numero diminuisce gradatamente,
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SANGUE E
ORGANI
EMOPOIETICI
poi più velocemente; ciò vale anche per l'ampiezza dei vasi linfatici e il loro numero. Nel primo periodo di vita le cellule predominano e nell'età media esse diminuiscono notevolmente; in particolare diminuisce il numero dei centri reattivi fino dal 30 decennio. Lo stroma reticolare diviene più fitto e l'impalcatura connettivale diviene sempre più evidente. Nel vecchio il connettivo domina il quadro. Già verso la pubertà può iniziare una progressiva sostituzione connettivale ed adiposa delle strutture linfoghiandolari, che col progredire dell'età si estende sempre più verso la convessità, partendo dall'ilo, finché non resta che un sottile orlo di tessuto linfoide atrofico ad indicare il 1. (involuzione adiposa centrale ovvero atrofia lipomatosa). Il margine esterno risulta poi costituito prevalentemente da seni e cellule reticolari. In caso di stato generale gravemente scaduto si possono sviluppare anche delle cisti. In conclusione si può perciò affermare che i processi involutivi a carico del sistema linfatico iniziano prima che negli altri organi. Tuttavia uno stimolo adeguato è sempre in grado di risvegliare una nuova proliferazione, cosicché i 1. acquistano di nuovo una struttura e una composizione cellulare di tipo giovanile. Nell'età senile si può giungere occasionalmente, secondo A S C H O F F , ad un ringiovanimento delle 1., senza che sia dimostrabile una stimolazione particolare. Forse in questi casi esiste un'insufficienza surrenale corticale. Talora anche in casi di obesità grave si osserva un'atrofia lipomatosa. I 1. atrofici (ad es. quelli mesenterici) sono allora inclusi nel tessuto adiposo. I disturbi cronici di nutrizione del lattante ( G R I E S H A M M E R ) , l'inanizione nell'adulto, le infezioni croniche, ecc. sono cause di riduzione progressiva del tessuto linfatico. Cfr. l'indurimento infiammatorio cronico dei 1. a pag. 1032, che nella fase tardiva decorre sempre con un'atrofia marcata e talora di grado elevato, del parenchima linfatico.
2. ALINFOCITOSI TOTALE (GROTE E FISCHER-WASELS) O LINFOCITOFTISI ESSENZIALE (GLANZMANN E RINIKER) Si tratta di un quadro morboso descritto sinora solo due volte, analogo all'agranulocitosi e risp. alla panmieloftisi (pag. 651), che si sviluppò in seguito ad un'inanizione grave in un uomo di 39 anni, con stenosi del tenue di eziologia sconosciuta (GROTE-FISCHER) e rispettivamente in lattanti distrofici (GLANZMANN e RINIKER). Clinicamente esisteva una linfocitoftisi progressiva, e anatomicamente un'atrofia di grado elevato di tutto il sistema linfatico. Può aggiungersi una panmielopatia terminale. I 1. possono essere anche non rimpiccioliti macroscopicamente poiché la scomparsa dei lic. può essere compensata da una « proliferazione ex vacuo » delle cellule reticolari. In seguito i 1. possono subire una degenerazione fibrosa e ialina.
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3. L I N F O C I T O F T I S I
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LINFONODI
SINTOMATICA
Le linfocitoftisi sintomatiche sono espressioni di stimoli e alterazioni diverse dell'organismo, prodotte p. es. dall'arsenico, da proteine etcrologhe, danni da radiazioni (i), ecc. Tra tutte le cellule i lic. del sangue circolante e di tutti i tessuti linfatici (linfonodi, follicoli splenici, timo, tessuti linfoidi del tratto gastro-enterico, tonsille, ecc.) dimostrano la massima sensibilità alle radiazioni (cfr. pag. 678). Sotto l'azione delle radiazioni i lic. diminuiscono fortemente di numero, mentre le cellule del reticolo si mantengono di regola anche dopo dosi letali. Il tessuto linforeticolare appare come svuotato. I centri reattivi sono colpiti per primi e con maggiore intensità. Nella malattia da raggi (pag. 678) tutti i tessuti linfatici sono atrofici e specialmente i 1. e la milza. P. es. la milza delle persone morte in Giappone nel 1945 per la cosiddetta malattia da bomba atomica pesava sempre sotto i 100 g (LIEBOW). Non di rado si osserva, come nel midollo osseo atrofico, una proliferazione delle cellule reticolari, in parte del tipo delle cellule epitelioidi, specialmente nella regione dei centri di reazione. Occasionalmente si possono dimostrare cellule atipiche, p. es. cellule giganti in parte del tipo Sternberg. Con dosi subletali o più lievi si può ottenere una rigenerazione e nei casi favorevoli anche una restitutio ad integrum; in genere i tessuti linfatici rivelano una spiccata capacità rigenerativa. L a scomparsa dei lic. degli organi linfatici e del sangue circolante viene oggi riferita per lo più alla « reazione di allarme » (pag. 724) causata dagli « agenti stressanti » sopra citati; a favore di questa ipotesi sta l'intensa iperplasia del sistema linfatico nel morbo di Addison e la forte involuzione nel morbo di Cushing (v. anche pag. 725).
4. I P E R P L A S I A Stimoli adatti di varia natura, che originino cioè dai distretti tributari dei 1. e che giungano al riassorbimento, sono causa di iperplasia linfatica, per lo più del tipo della linfoadenite iperplastica (pag. 1032). Sul cosiddetto stato linfatico e stato timolinfatico cfr. il capitolo timo, sull'iperplasia del sistema linfatico nell'insufficienza surrenale corticale, ecc. cfr. pag. 725. (1) B i b l . s u i d a n n i HAMPERL, LIEBOW, CHER,
SPARGO
e
da radiazioni:
HEINEKE, ALBERTINI, NORDMANN, WÄTJEN,
TULLÍS, TULLÍS e WARREN,
altri,
WHITBY,
CRONKITE.
BARROW
e TULLÍS,
JACOBSON,
BRE-
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SANGUE
E
ORGANI
CAPITOLO
EMOPOIETICI
IV
GENERALITÀ SULLE MALATTIE DELLE LINFOGHIANDOLE a) L a maggior parte delle malattie delle 1. sono secondarie e precisamente di natura linfogena. Poiché le linfoghiandole sono in un certo senso stazioni di filtrazione del sistema linfatico e poiché d'altra parte nei distretti di origine dei vasi linfatici possono mescolarsi alla linfa le sostanze eterogenee più diverse nocive o innocue, si spiega la frequenza e la multiformità delle sostanze trasportate nei 1., con conseguenze anche gravi. Si può trattare di elementi corpuscolati non vitali (polvere, soprattutto carbone, coloranti, corpuscoli del sangue disgregati, ecc.) cellule vive (corpuscoli ematici rossi e bianchi, cellule tumorali), batteri (nei confronti dei quali il filtro non è certamente impermeabile (cfr. KOVACZ, NOETZEL), e loro prodotti metabolici, inoltre prodotti dell'infiammazione (essudati, pus, ecc.) e veleni chimici. Dette sostanze possono essere trattenute nei 1. per sempre o sostarvi temporaneamente e poi essere convogliate ulteriormente verso i parenchimi ove, passando, possono avere azione dannosa determinando fenomeni infiammatori, degenerativi e necrotici. Oppure vengono distrutte nei 1. stessi e rese inattive, come probabilmente succede spesso per i batteri; in questo caso agiscono soprattutto le cellule di sponda dei sinusoidi come fagociti (Fresszellen). Come conseguenza di una immissione massiccia di sostanze inerti che possono essere accumulate come il carbone, si può formare il quadro del catarro dei seni (vedi pag. 1032), mentre con un'attività assorbente debole (come la dimostrano i 1. periferici), l'accumulo di polvere carbonica avviene soprattutto nel reticolo (M. NORDMANN). Sec. HELLMANN piccole particelle carboniose giungono presto anche alla midollare del 1. mentre le cellule carcinomatose e i bacilli tubercolari vengono trattenuti dapprima nelle parti periferiche per processi difensivi. Spesso i 1. sacrificano, ciò facendo, la loro integrità e talora la loro stessa esistenza per la protezione dell'organismo. L a dipendenza delle malattie delle 1. regionali da affezioni primarie nell'ambito del distretto linfatico tributario può essere osservata sia nelle infiammazioni acute e croniche, sia nei tumori e soprattutto nei carcinomi (cfr. pag. 1083). È di comune osservazione una tumefazione delle ghiandole ascellari in seguito a minima lesione infetta della mano o del braccio. Affezioni linfoghiandolari regionali secondarie si osservano spesso nei seguenti casi: nelle affezioni del cavo orale (p. es. carie dentaria) e delle fauci (p. es. angina, difteria scarlattinosa) si ha tumefazione delle ghiandole sottomandibolari e cervicali, nelle lesioni dei genitali maschili sono tumefatte le linfoghiandole inguinali, nelle affezioni polmonari le più diverse, sono interessate le linfoghiandole bronchiali, nelle forme intestinali (soprattutto tubercolari e tifose) le linfoghiandole mesenteriche. Processi morbosi possono da un territorio tributario passare a un altro e alle sue 1.; se la via è bloccata in un senso, può essere usata una via diversa anche retrograda.
IO23
LINFOGHIANDOLE O LINFONODI
b) Altre affezioni linfoghiandolari secondarie sono di natura ematogena. L'agente lesivo giunge alle 1. attraverso le arterie. Contrariamente ai processi linfogeni, che colpiscono 1. singole, in questo caso vengono ovviamente colpite più L; di rado quasi tutte. Sono molto più rare delle malattie linfogene e insorgono specie in corso di malattie infettive generalizzate (p. es. difteria scarlattinosa delle fauci). c) A queste malattie secondarie, frequenti e eziologicamente chiare si contrappongono le modificazioni primarie idiopatiche e spontanee delle 1. — iperplasie e tumori veri (in parte molto maligni) — che sono molto più rare e poco chiare in rapporto al loro modo di insorgenza (origine reattiva flogistica o blastomatosa (?), cfr. pagg. 736 e segg., 1063 e segg.).
CAPITOLO V
PIGMENTI E ALTRE SOSTANZE TRATTENUTE NEI LINFONODI
1.
POLVERE
DI
CARBONE
E ALTRE
SOSTANZE
MINERALI
Le bronchiali, che sono le più colpite fra tutte le 1., dimostrano spesso una pigmentazione derivante dalla fuliggine e dalla polvere di carbone inspirata con l'aria (antracosl), che inizia già fin dai primi anni di vita. Gli endoteli dei seni dapprima e poi le cellule reticolari dei cordoni midollari e della corticale — specie in sede perifollicolare — rivelano una deposizione carbonica finemente granulare. Secondo NORDMANN l'accumulo ha inizio nel parenchima dei cordoni midollari, mentre le cellule di sponda dei seni accumulano solo negli stadi successivi. L a proliferazione reattiva del connettivo ret., le cui cellule e fessure accolgono a loro volta del pigmento, e la contemporanea riduzione del tessuto linfoide portano ad un depauperamento più o meno completo del parenchima linfoghiandolare. L'antracosi conduce spesso ad un indurimento fibroso (indurimento antracotico 0 schlstoso) eventualmente con deposizioni calcaree, per cui le linfoghiandole possono diventare asciutte, dure e assai ingrandite; l'indurimento e la coartazione possono essere causa di diverticoli da trazione dell'esofago (i diverticoli dei bronchi sono rari). In altri casi i 1. sono molli, piuttosto umidi, spappolabili e sono costituiti da una poltiglia nera, che ricorda l'inchiostro di China malamente polverizzato (microscopicamente costituito da pigmento, corpuscoli lipidici, colesterina, granuli di calcio e detriti). Dalle ghiandole bronchiali, pigmentate, il pigmento può essere trasportato nella parete dei bronchi, della trachea, di vene e di arterie vicine, come pure nell'esofago, dopo che per periadenite si sia formata una aderenza. Talora si giunge addirittura all'usura e alla perforazione di questi organi con penetrazione di masse molli di pigmento.
I024
S A N G U E E ORGANI
EMOPOIETICI
Si possono verificare così gravi comunicazioni tra esofago e bronchi, che possono condurre alla gangrena polmonare. Le infezioni secondarie delle 1. rammollite —• specie a partenza esofagea — possono condurre a gravissimi flemmoni, ascessi o gangrene di tessuti e organi viciniori (mediastino, polmoni, pericardio, ecc.). Emorragie mortali da vasi sanguigni erosi sono molto più rare. Tuttavia, anche senza perforazione dei vasi, il pigmento può penetrare in circolo con o senza il tramite dei leucociti e può giungere anche sino ai filtri ematici primari — fegato, milza, midollo osseo (WALZ) . L'antracosi delle ghiandole portali senza interessamento del fegato avverrebbe secondo FAHR mediante trasporto linfatico retrogrado (?), secondo BEITZKE invece per via ematogena; occorre però invece sottolineare che una parte delle 1. addominali riceve linfa direttamente dai polmoni. Sull'antracosi in generale v. anche FRIEDHEIM, bibl. Per ciò che riguarda il significato delle retrazioni cicatriziali e delle deformazioni della parete dei bronchi (cosiddetta bronchite deformante, SCHMORL) nel decorso della tbc. (SCHWARTZ) e la formazione di carcinomi bronchiali vedi capitolo Bronchi e polmoni. Anche altri tipi di polvere (polvere di ferro, di silice, ecc.) sono stati talora riscontrati nelle ghiandole bronchiali e anche nei linfonodi addominali, ascellari e cervicali (in parte per trasporto retrogrado). Particolare importanza ha soprattutto la silicosi (Si0 2 ) (per lo più combinata come silico-antracosi) delle 1. Essa è stata recentemente descritta dettagliatamente da LEICHER, che ne ha distinti 3 gradi di gravità in analogia alla silicosi polmonare. Nei gradi lievi di silicosi linfoghiandolare le 1. sono per lo più ingrandite, ma ancora molli. Come nell'antracosi, l'accumulo delle particelle di polvere inizia negli endoteli dei seni e passa poi alle cellule ret. della polpa. Sulla superficie di taglio si osservano dapprima solo pochi noduli dimostrabili spesso solo microscopicamente (« noduli di coniosi », cfr. capitolo Polmoni) che sono costituiti da un tessuto di granulazione, le cui cellule hanno accumulato polvere di quarzo e di carbone. I granulomi divengono in seguito più ricchi di fibre. Infine si formano i noduli stratificati silicotici ialino-fibrosi, le cui porzioni esterne ricche di cellule e i pigmenti sembrano essere ancorate a raggera allo stroma linforeticolare adiacente. Nella silicosi linfoghiandolare di media gravità sulla superficie di taglio dei 1. sempre ingranditi si osservano già ad occhio nudo numerosi nodi grigi o grigio-neri del volume di un pisello, confluenti e di consistenza dura. Essi occupano più della metà del parenchima ghiandolare, il quale è ancora assai molle, ma permette già di riconoscere microscopicamente un'iperplasia e un ispessimento delle fibre ret. o tralci connettivali già fibrosi con contemporanea riduzione del tessuto linfoide. I 1. possono perciò di regola essere ancora tagliati facilmente. La capsula è frequentemente alquanto ispessita (concrescenza di 1.). Nei casi di silicosi grave tutto il parenchima della 1. grigionerastra, del volume tra un fagiolo e una noce, ha aspetto bozzuto. I 1. sono talora anche durissimi e non tagliabili. I noduli stratificati sono quasi sempre ancora dimostrabili. In seguito all'infiammazione capsulare in genere molto marcata, essi confluiscono non di rado in pacchetti voluminosi durissimi, situati per lo più sotto la biforcazione tracheale e all'ilo polmonare, occasionalmente però anche lungo la trachea e l'esofago. Istologicamente le callosità silicotiche rivelano il medesimo quadro del polmone. Capitano anche ossificazioni.
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LINFONODI
1025
È importante tener presente che i 1. così modificati posono rammollirsi sia a focolai o in toto ( L E I C H E R , D I B I A S I , e B O M M E R T ) ; si formano così delle cavità circondate da una capsula dura eventualmente calcificata (cfr. anche S C H A I R E R ) e che contengono una poltiglia grigio-nerastra lucente simile alla grafite. Nella genesi del rammollimento la tubercolosi interviene solo raramente. Si può giungere inoltre anche a concrescenze robuste sia a tralci sia di superficie con gli organi vicini. Seguendo la corrente del deflusso linfatico dai polmoni sono colpiti innanzitutto i 1. dell'ilo polmonare, della biforcazione, lungo la trachea e del mediastino e in secondo luogo i 1. cervicali profondi; possono però essere interessati anche i 1. parapancreatici, pancreaticoduodenali, periportali e celiaci addominali. Le complicazioni ( L E I C H E R , D I B I A S I e B O M M E R T ) date dalla silicosi linfoghiandolare possono instaurarsi nel modo seguente: 1. Strozzamento, compressione e stenosi di organi cavi vicini (specialmente di bronchi e vasi). 2. Diverticoli da trazione dell'esofago. 3. Perforazione dei 1. rammolliti in organi cavi vicini (bronchi, trachea, esofago, vasi, polmone, pericardio), primitivamente o in seguito a diverticoli da trazione. 4. Formazione di fistole broncoesofagee e fistole pneumoesofagee, ecc. Inoltre si possono formare: cavità purulente e gangrenose nei 1. mediastinici in seguito a infezioni secondarie, mediastiniti purulente o callose, pericarditi purulente e gangrenose, bronchiti purulente e fetide, bronchiettasie, ascessi e gangrene polmonari, polmoniti croniche, broncopolmoniti da aspirazione, empiemi pleurici, ecc. inoltre gravi e eventualmente mortali emorragie per erosione di grossi vasi. Nel materiale di L E I C H E R tali complicazioni ebbero esito mortale nel 37 % dei casi. N o n di rado in casi senza notevoli alterazioni polmonari si osserva una silicosi linfoghiandolare grave con successive complicazioni. N o n esistono pertanto rapporti diretti tra la gravità della silicosi polmonare da un lato e la gravità della silicosi linfoghiandolare e la frequenza delle complicazioni di questa dall'altro. Su 8216 casi di silicosi polmonare di gravità diversa, D i B I A S I osservò solo 23 casi, cioè nel 0,3 % , di rammollimento di linfoghiandole silicotiche con conseguente complicazione. Anche il thorotrast viene accumulato nelle 1. e occorre tener presente soprattutto che viene convogliato lentamente per anni dalle sedi di accumulo principale (fegato e milza) verso le 1. regionali di tali organi ( N A G E L I e L A U C H E e altri, vedi anche pag. 1097).
2. ALTRI PIGMENTI Di altri tipi di pigmentazione ricordiamo: Quelle che seguono i tatuaggi (bibl. C A T T A N I , R I E C K E ) della cute, con cui vengono introdotti mediante punture dei pigmenti finemente granulari (polvere, 65
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KAUFMANN
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SANGUE
E ORGANI
EMOPOIETICI
cinabro e altre sostanze colorate). Il p i g m e n t o resta localizzato sostanzialmente negli s t r a t i cutanei superficiali in posizione sia intra- sia extracellulare cioè o nei fagociti o libero negli spazi del tessuto. U n a parte giunge ai 1. dapprima nei seni, poi anche nei follicoli e nei cordoni; mentre in un primo t e m p o è localizzato nelle cellule di sponda e nelle cellule rotonde, lo si t r o v a in seguito nelle cellule stellate e fusate del reticolo. L e pigmentazioni da globuli rossi — in seguito ad emorragia a u t o c t o n a o a riassorbimento di stravasi ematici (anche nel polmone d a stasi [BOUVRAIN e altri] e nei focolai broncopneumonici emorragici) — e le pigmentazioni d a pigmento che origina dalla distruzione dei globuli rossi. N e l primo caso si riscontra la presenza di sangue nei seni, le cui cellule di sponda subiscono un'iperplasia ed una liberazione e sono in grado di fagocitare corpuscoli rossi (e bianchi) in grande numero (SALTYKOW); u n a parte del sangue giunge ai vasi efferenti. I n seguito nel tessuto linfoide e in particolare nelle vicinanze del seno marginale, si osservano granuli gialli o bruni contenenti ferro. L e ghiandole d i v e n t a n o cosi di colorito brunastro o grigio, m a non si induriscono. A s s u m o n o lo stesso aspetto q u a n d o ricevono il p i g m e n t o già f o r m a t o . Ciò si osserva p. es. nei linfonodi epigastrici in corso di ulcera gastrica, nei linfonodi mesenterici nell'ulcera intestinale: il p i g m e n t o in questo caso p u ò diventare di colorito grigio o nero (formazione di solfuro di ferro in seguito all'azione di gas intestinali). — Neil'« emocromatosi » i 1. (specialmente quelli retroperitoneali) sono di colore brunorosso; istologicamente contengono grandi q u a n t i t à di emosiderina c a p t a t a dalle cellule di sponda dei seni; contengono anche p i g m e n t o bruno p r i v o di ferro nelle fibre muscolari lisce e nelle cellule a v v e n t i z i a l i dei vasi. In corso di ittero g r a v e si osserva un accumulo di bilirubina specialmente nell'ilo epatico. •— I n alcuni casi nei 1. si può riscontrare la presenza di melanina malarica in quant i t à p i ù o meno abbondante. Il pigmento melanotlco bruno di regioni cutanee più intensamente pigm e n t a t e (regione inguinale) può essere c o n v o g l i a t o nel derma e poi per v i a linfatica verso i 1. regionali, ove viene a c c u m u l a t o . T a l o r a l ' a c c u m u l o è così intenso nell'uomo normale (LIGNAC) e nel c a v a l l o (KEYE), che l ' i m b r u n i m e n t o dei 1. è riconoscibile ad occhio nudo. Nelle iperpigmentazioni della cute è aum e n t a t a anche la emigrazione del p i g m e n t o verso i 1., come nel caso di t r a p i a n t i di cute intensamente p i g m e n t a t a d a soggetti negri a soggetti bianchi (SCHMORL), occasionalmente nel morbo di Addison (RIEHL) e in altre affezioni patologiche della cute (pitiriasi rubra, JADASSOHN, 1892), ecc. R e c e n t e m e n t e sono s t a t e s e p a r a t e c o m e m a l a t t i e p a r t i c o l a r i
alcune
d e r m a t o p a t i e c r o n i c h e , c h e d e c o r r o n o c o n u n a p i g m e n t a z i o n e b r u n a assai i n t e n s a e c o n u n a u m e n t o di v o l u m e d e i 1. superficiali, s i t u a t i n e i d i s t r e t t i di deflusso l i n f a t i c o c u t a n e o .
Questa
linfadenite
llpomelanotica
è s t a t a d e n o m i n a t a i n m o d o e s t r e m a m e n t e d i v e r s o , c o m e p. es. dermatopatica
(HURWITT),
granulomatosi
lipomelanotica,
gna con melanodermia linfogranuloma
reticolosi
lipomelanotica
(PAUTRIER-WORINGER) ,
reticolo-istiocitosi c u t a n e a iperplastica beni-
(BACCAREDDA,
pigmentato
cronica linfadenite
con
NEUHOLD
manifestazioni
e
WOLFRAM,
cutanee
WOLFRAM),
generalizzate
LINFOGHIANDOLE (LÖBLICH
e
WAGNER),
OBERMEYER e F o x ,
c
ULBRICHT,
ecc. Dettagli e bibl. v.
MÖLLER, RÜSSEL,
LÖBLICH
e
WAGNER,
IO27
O LINFONODI LARKIN
e altri,
K E L L E R e STÄMMLER,
MEESSEN
LAIPPLY,
RANDERATH
e altri.
L'ipertrofia linfoghiandolare è generalmente preceduta da affezioni cutanee croniche a eziologia diversa, della durata di 40 anni o più ( M Ö L L E R ) con frequenti remissioni estese ad aree più o meno grandi della superfìcie corporea (eritrodermia, eczema generalizzato, dermatite esfoliativa, ecc.), le quali sono sempre associate a intenso prurito e a marcate alterazioni della pigmentazione (iperpigmentazione o anche depigmentazione locale). L a linfadenite lipomelanotica è stata finora osservata solo negli adulti. Esistono casi (tardivi secondo L Ö B L I C H e W A G N E R ) , che vanno incontro a cachessia dopo mesi o anni e che muoiono per l'indebolimento o per affezioni intercorrenti. L a cute assume contemporaneamente un aspetto particolare coriaceo con un colore bruno scuro o grigio. Si tratta per lo più di pazienti anzioni, più frequentemente uomini che donne, che vanno incontro a questo tipo di decorso prognosticamente sfavorevole. Nel sangue si può dimostrare per lo più un'eosinofilia (genesi allergica). Solo di rado è stata riscontrata una monocitosi ( B A C C A R E D D A , L A I P P L Y ) . L e modificazioni spiccate delle proteine plasmatiche sono solo occasionali ( S T A M M L E R , L Ö B L I C H e W A G N E R , R A N D E R A T H e U L B R I C H T ) e hanno carattere aspecifico. L Ö B L I C H e W A G N E R tuttavia interpretano il quadro morboso come una reazione, a patogenesi ignota, ad un disturbo del metabolismo proteico di genesi sopraordinata. Le linfoghiandole sono ingrandite, mobili, indolenti, di consistenza dura e di colorito grigio-giallastro o bruno scuro. Istologicamente (fig. 289) dimostrano una zona periferica sottocapsulare chiara e ampia costituita da cellule R . I. proliferate, mentre le zone centrali sono dapprima immodificate; negli stadi successivi anche queste sono colpite ( M Ö L L E R ) . Il numero dei lic. situati tra le cellule R . I. proliferate è in genere fortemente ridotto. Tra le cellule R . I. si osservano spesso delle pl.c. e (spesso in grande numero) granulociti eosinofili. Occasionalmente si possono dimostrare capillari e gemmazioni capillari. I follicoli corticali sono atrofici, i follicoli secondari mancano per lo più. L a visualizzazione dell'impalcatura reticolare, che è generalmente poco aumentata rivela che la struttura fondamentale è essenzialmente mantenuta ( M Ö L L E R ) . Le cellule R . I e specialmente nelle zone marginali delle proliferazioni di cellule R . I., accumulano nel loro citoplasma enormi quantità di melanina (fig. 261, a), spesso anche lipoidi (l'emosiderina invece solo in tracce). Non si osservano atipie nucleari mentre sono presenti mitosi più o meno numerose. Nel cosiddetto « stadio tardivo » L Ö B L I C H e W A G N E R riscontrarono sia nella cute sia nelle linfoghiandole una fibrosi diffusa al posto delle granulazioni caratteristiche dello « stadio precoce ». Nel tessuto cicatriziale vi erano grandi masse di melanina, mentre mancava qualsiasi proliferazione cellulare. Con P R O P P E e W A G N E R potemmo recentemente osservare un caso con iperplasia linfoghiandolare generalizzata, nel quale era stata osservata una 1. intra vitam che aveva presentato il quadro sopra descritto di intenso accumulo di melanina. Nei preparati del materiale autoptico invece le linfoghiandole, che erano mólto numerose e in parte fortemente ingrandite rilevarono la presenza di melanina solo in alcune
1028
SANGUE
E
ORGANI
EMOPOIETICI
sedi e in tracce. Per il resto si osservò solo una reticulosi diffusa e talora tubercoli con cellule epitelioidi tipiche, un quadro analogo quindi al sarcoide di BOECK.
In accordo con la maggioranza degli autori (bibl. in L Ò B L I C H e W A G N E R ) , dal punto di vista patogenetico interpretiamo le modificazioni linfoghiandolari come reazioni infiammatorie croniche all'assorbimento e al riassorbimento di sostanze tossiche provenienti dalla distruzione della cute, prodotte dal grattamento, ecc. (nell'anamnesi ricorre sempre il prurito). Dette sostanze arrivano alle linfoghiandole regionali per via linfatica per anni e spesso anche per decenni; a
Fig. 289. Linfonodo in corso di linfadenite dermatogena lipomelanotica. E . E . — Lente d'ingrandimento — Zona esterna chiara (proliferazione di cellule reticolari e scomparsa dei linfociti), zona interna scura ricca di linfociti. In a) melanina accumulata.
qui esse vengono trattenute ed elaborate e ciò è dimostrato dai pigmenti e dai lipoidi accumulati nelle 1. Il carattere reattivo delle alterazioni risulta tra l'altro anche dal fatto che dapprima reagiscono sempre i sinusoidi e solo secondariamente il reticolo circostante, appena infatti le sostanze tossiche vi giungono in concentrazione sufficiente. Dette alterazioni si limitano in genere ai linfonodi esterni, localizzati nelle regioni di deflusso della cute. T u t t a v i a istologicamente si poterono dimostrare talora modificazioni analoghe anche nelle 1. interne e nella milza (SYMMERS, 1 9 5 1 ) . N E U H O L D e W O L F R A M osservarono in 2 casi un aumento delle cellule reticolari del midollo osseo fino ad una evidente iperplasia reticolo-istiocitaria. A G R E S S e F I S H M A N riscontrarono presenza di melanina nella milza e nel fegato.
LIN F O G H I A N D O L E O
LINFONODI
102g
ma senza reticulosi. Nella maggior parte di questi reperti si tratta evidentemente delle conseguenze di un ulteriore trasporto della melanina al di là dei 1. regionali cutanei; in parte il materiale viene trasportato per via linfatica alla stazione linfoghiandolare successiva ( L Ö B L I C H e W A G N E R ) , in parte trasportato per via ematogena. Di regola quindi non esiste una granulomatosi generalizzata od una reticulosi (reticulosi sistemica benigna secondo N E U H O L F e W O L F R A M ) come è stato sostenuto da molti, si tratta piuttosto di una linfadenite cronica da riassorbimento dei 1. regionali. Il quadro morboso si distingue da processi analoghi delle ghiandole ilari del polmone soltanto per il fatto che la totalità delle 1. esterne è localizzata nel distretto di deflusso dell'« organo » cute, per cui clinicamente viene simulata una generalizzazione più o meno marcata. L a milza e il fegato sono in genere immodificati. Le stesse alterazioni istologiche si osservano anche localmente in un 1. o in un gruppo di 1. se le affezioni cutanee sono circoscritte (p. es. in seguito ad irradiazione di un carcinoma cutaneo, M E E S S E N ) . Il caso da noi descritto, che rivelava come quadro terminale quello di una reticulosi povera di pigmento del tipo del sarcoide di B O E C K e un certo numero di altri casi, come p. es., quello L Ö B L I C H e W A G N E R (fibrosi delle 1.), permettono di riconoscere che i rapporti non sono sempre semplici. In questo campo la ricerca è ancora in pieno svolgimento. La linfadenite lipomelanotica (1. lip.m.) va tenuta in ogni caso distinta dalla malattia di Brill-Symmers (m. B. S.) con la quale essa è stata identificata da C O M B E S e B L U E F A R B , B L U E F A R B e W E B S T E R , R O S T e altri. In effetti nella 1. lip.m. esistono strutture che ricordano i pseudofollicoli della m. B. S. ( R A N D E R A T H e U L B R I C H T ) . L'analisi accurata permette tuttavia di distinguere con sicurezza la m. B. S. dalla 1. lip.m. In confronto alla 1. lip.m. e simili, la m. B. S. non dimostra modificazioni infiammatorie e rivela, in quanto reticulosi, un quadro cellulare monomorfo e immaturo, inoltre manca l'accumulo di pigmento caratteristico della 1. lip.m. Vedi anche K E L L E R e S T Ä M M L E R , R A N D E R A T H e U L B R I C H T . Nella m. B. S . sono per lo più aumentati di volume, e spesso perfino all'inizio, i 1. interni. Con ciò viene a cadere anche l'ipotesi di B L E U F A R B e W E B S T E R , per cui la 1. lip.m. potrebbe trapassare in una micosi fungoide, in un linfosarcoma, ovvero reticolosarcoma o in un linfogranuloma ( S T E R N B E R G - H O D G K I N ) . Anche S Y M M E R S jr. osservò nel 1951 che la 1. lip.m. non apparteneva alle malattie potenzialmente maligne. Le modificazioni linfoghiandolari possono sussistere per decenni senza segno alcuno di progressione ( M Ö L L E R ) . Secondo S Y M M E R S si possono verificare delle interpretazioni erronee per il fatto che le eritrodermie rappresentano non di rado una manifestazione di una reticulosi vera, cosicché entrambe — reticulosi vera e rispettivamente reticulosarcoma e 1. lip.m. — possono comparire insieme, in uno stesso caso, nello stesso 1. o in 1. diversi.
Per concludere constatiamo che le modificazioni delle 1. nella linfadenite lipomelanotica sono il substrato di un'infiammazione reattiva cronica granuleggiante. L'eziologia è ignota e probabilmente non è unitaria. Finora non sono stati resi noti casi ben dimostrati di passaggio verso tumori maligni. Ciò nonostante il quadro morboso non è da considerare troppo benigno dal punto di vista prognostico e clinico, malgrado il de-
I030
SANGUE
E ORGANI
EMOPOIETICI
corso in p a r t e n o t e v o l m e n t e cronico. Così JARRET e KELLET
riscontrarono
nello spazio di 3 a n n i e 1/2 u n a m o r t a l i t à del 25 % su 16 casi osservati, resta però d a chiarire fino a che p u n t o in q u e s t i casi a decorso letale abb i a n o i m p o r t a n z a d i s t u r b i m e t a b o l i c i p r i m i t i v i o secondari, l ' e s a u r i m e n t o del S. R . I. e altri f a t t o r i forse endocrini.
3.
V A R I A
N e l l e g h i a n d o l e m e s e n t e r i c h e di l a t t a n t i si p u ò f o r m a r e u n gassoso linfatici
enfisema
(asettico) forse per ritenzione di chilo e f o r m a z i o n e di g a s n e i v a s i mesenterici; v . VERNONI, bibl. Sulla r a r a p a r t e c i p a z i o n e
ghiandole mesenteriche alla p n e u m a t o s i cistoide intestinale v .
delle
Intestino.
HAMAZAKI, MENNE descrissero nei seni di 1. mesenteriche dei particolari corpuscoli fusiformi intra- ed extracellulari della grandezza di 3-8 fi, che si mettono particolarmente bene in evidenza con la colorazione Ziehl-Neelsen e L e v a d i t i e che posseggono evidentemente una capsula lipoidica acidoresistente. L a loro composizione chimica e il loro significato biologico sono ignoti.
CAPITOLO
VI
DISTURBI METABOLICI
DISTURBI DEL
METABOLISMO
PROTEICO
Le iperprotelnemle decorrono in genere con aumento delle plasmacellule, che può interessare (per lo più in misura ridotta) anche le 1. (pag. 1003). Sulla produzione degli anticorpi cfr. pag. 579. L a degenerazione amiloide compare come fenomeno parziale di una degenerazione amiloide generale oppure anche in modo indipendente (p. es. nei linfomi aleucemici). L e parti connettivali della sostanza follicolare, come pure i capillari e le pareti delle arterie assumono aspetto vitreo. L e fibre reticolari si rigonfiano formando dei nodi, e poi assumono aspetto a zolle e a masse, in seguito spostano le cellule localizzate tra le maglie e riducono queste a sottili fessure; i follicoli contengono focolai centrali di amiloide piuttosto piccoli (cfr. NOLTEIN, bibl.). Se l'alterazione è di grado elevato, le ghiandole divengono dure, vitree, lardacee e assumono colorito bruno con la soluzione iodica. V e d i anche pag. 973.
LINFOGHIANDOLE O LINFONODI
I03I
Degenerazione ialina. — L e cellule, il r e t i c o l o e i v a s i d i v e n t a n o t r a s p a renti e si rigonfiano, cosicché il disegno d i v e n t a p o c o e v i d e n t e . C o l o r a n d o le sezioni c o n e m a l l u m e ed eosina, le zone ialine d i v e n g o n o i n t e n s a m e n t e rosse. D e p o s i t i ialini nelle 1. si t r o v a n o s o p r a t t u t t o nelle linfadeniti croniche t e n d e n t i a l l a sclerosi, con p a r t i c o l a r e f r e q u e n z a n e l l ' i n d u r i m e n t o del t e s s u t o in seguito ad antracosi e silicosi, nelle tubercolosi e nelle linfogranulomaiosi e infine anche in 1. c a r c i n o m a t o s i .
Disturbi del ricambio dei grassi neutri e dei lipoldi I lipoidi c h e g i u n g o n o con la l i n f a o col s a n g u e v e n g o n o t e s a u r i z z a t i dalle cellule R . I. N e l l e lipemie m a r c a t e , c o m e p . es. in corso di diabete mellito si o s s e r v a n o cellule schiumose a n c h e o c c a s i o n a l m e n t e nelle 1. a n c h e se in m i s u r a minore che nella m i l z a (pag. 1105). P i ù spesso si osserva u n a c c u m u l o di grassi n e u t r i e/o di lipoidi, q u a n d o nel d i s t r e t t o d i origine d e l l a 1. si h a distruzione di t e s s u t o (specialmente di t e s s u t o adiposo) e detriti t i s s u t a l i v e n g o n o c o n v o gliati p e r v i a l i n f a t i c a , o p p u r e q u a n d o si h a l'immissione nel t e s s u t o di grasso o v v e r o di lipoidi. I n q u e s t o senso r i c o r d i a m o a n c o r a l a c o s i d d e t t a « reticulosi l i p o m e l a n o t i c a » (pag. 1026). U n caso p a r t i c o l a r e è r a p p r e s e n t a t o d a l l a « lipodistrofla intestinale », l a c o s i d d e t t a m a l a t t i a di W h i p p l e (cfr. c a p i t o l o Intestino), nella q u a l e sono i n g r a n d i t i n o t e v o l m e n t e in p a r t e i 1. mesenterici e in m i s u r a minore a n c h e q u e l l i retroperitoneali, t o r a c i c i e persino c e r v i c a l i . 1 1 . , p i u t t o s t o d u r i sulla superficie di t a g l i o sono c h i a z z a t i d i giallo e infiltrati t a l o r a d a piccole cisti o disposte l a s s a m e n t e o fittamente s t i p a t e e t a l o r a a n c h e d a masse di t i p o caseoso. I s t o l o g i c a m e n t e i v a s i l i n f a t i c i a f f e r e n t i ed efferenti, m a s o p r a t t u t t o i seni dei 1., sono e n o r m e m e n t e d i l a t a t i e ripieni d i m i s c u g l i di lipoidi, m a prev a l e n t e m e n t e di grassi n e u t r i o p p u r e a n c h e d i m i s c u g l i lipoido-proteici (event u a l m e n t e m e s c o l a t i con cristalli di lipoidi). S p e c i a l m e n t e a l m a r g i n e dei seni si o s s e r v a n o spesso cellule cariche d i granuli di grasso, che possono essere più o m e n o n u m e r o s e e spesso numerosissime (cellule d i s p o n d a m o b i l i z z a t e ) , e v e n t u a l m e n t e anche cellule giganti. I l p a r e n c h i m a linfoide è i n v e c e enormem e n t e r i d o t t o (atrofia). I n a l c u n i casi si osserva u n ' i n f i a m m a z i o n e g r a n u l e g g i a n t e r e a t t i v a più o m e n o estesa c o n cellule schiumose e g i g a n t i , e v e n t u a l m e n t e fino a q u a d r i d i callosità cicatriziali. P e r la p a t o g e n e s i cfr. c a p i t o l o Intestino; e a n c h e bibliografia. N e l morbo di Gaucher (pag. 758) e nella m a l a t t i a d i N i e m a n n - P i c k (pag. 763) si riscontrano intensi a c c u m u l i di lipoidi sulla b a s e di d i s t u r b i r i c a m b i a l i cellulari endogeni. Cfr. inoltre l a g r a n u l o m a t o s i lipoidica di H a n d (pa.g. 804) e l a forma xantomatosa della linfogranulomatosi (pag. 784).
Calcificazione. — La calcificazione diffusa compare nelle parti caseose, necrotiche e in degenerazione grassa, suppurate e mummificate; talora si formano anche concrementi calcarei granuloso-stratificati, p. es. in 1. tubercolari e carcinomatosi; nei carcinomi psammomatosi i 1. possono essere completamente sabbiosi e talora lapidei. Intorno ai concrementi calcarei possono disporsi cellule giganti da corpo estraneo. PLEN osservò
IO32
SANGUE
E ORGANI
EMOPOIETICI
metastasi calcifiche locali linfoghiandolari in u n caso di voluminoso fibrosarcoma del bacino. L a formazione di osso in seguito a tubercolosi calcificata non è rara. Si f o r m a per metaplasia (cfr. L U B A R S C H ) . Per dettagli v. Ossa, cap. I.
CAPITOLO
VII
INFIAMMAZIONE DELLE LINFOGHIANDOLE: LINFADENITE 1. L I N F A D E N I T E ACUTA Linfadenlte semplice iperplastica. — Le 1. sono ingrandite, succulente, la capsula è t e s a e i vasi f o r t e m e n t e iperemici. Inizialmente la consistenza è molle; dalla superficie di taglio si può asportare u n a poltiglia d a grigiorossa a rosso scuro-bluastra. I n seguito si f o r m a u n rigonfiamento più consistente, il colorito diventa d a grigio a biancastro, la superficie di taglio perde il disegno tipico e d i v e n t a più asciutta. La modificazione del colore è dovuta al fatto che l'aumento progressivo degli elementi cellulari respinge l'iperemia inizialmente dominante. Colpisce in particolare la partecipazione delle cellule di sponda dei seni, che dimostrano segni di proliferazione, rigonfiamento, desquamazione e rigenereazione, cosicché esse si trovano in parte libere nei seni (« catarro dei seni » desquamativi)). Le cellule di sponda forniscono principalmente istiociti e soprattutto fagociti (macrofagi). Sono aumentate anche le cellule linfoidi nei seni, e questi possono contenere anche leucociti e filamenti di fibrina. I seni sono talora notevolmente dilatati, ma, a prescindere da un liquido sieroso, contengono solo poche cellule; A H V E N A I N E N parla di una linfadenite sierosa (forse a genesi allergica). Le fibre a graticciata in genere non aumentano. Il catarro dei seni si trova soprattutto in t u t t e quelle situazioni che decorrono con una notevole replezione nelle vie linfatiche di sostanze che devono essere distrutte e accumulate. Il catarro dei seni rappresenta sostanzialmente un incremento della normale funzione linfoghiandolare ed è un reperto così frequente che in taluni casi, p. es. nel caso delle ghiandole inguinali, può essere ancora considerato come ai limiti della norma (vedi anche sotto). Non di rado il catarro dei seni è accompagnato da un'iperplasia reattiva del parenchima linfatico (cfr. anche linfadenite cronica), di modo che si può giungere ad un aumento uniforme del parenchima linfatico, come p. es. nel tifo addominale, oppure invece — e ciò avviene senz'altro più frequentemente — sta in primo piano l'aumento numerico e l'ingrossamento dei follicoli secondari con i loro grossi centri reat-
LINFOGHIANDOLE
O
LINFONODI
IO33
tivi (iperplasia follicolare). T a l v o l t a si osserva anche una proliferazione degli elementi ret. ist. midollari extra-follicolari. L'iperplasia follicolare reattiva (reticulosi follicolare linfo-istiocitaria) secondo ROBB-SMITH si trova nelle 1. regionali, soprattutto in occasione di suppurazioni nel territorio tributario di esse, può però infine, essere condizionata dal riassorbimento dei più diversi agenti nocivi. Molto spesso la si osserva (come anche il catarro dei seni) nelle L . regionali, situate in prossimità della parete faringea e intestinale, distretti nei quali questi due fenomeni sono, nei giovani, quasi fisiologici. Probabilmente tanto l'iperplasia follicolare quanto la proliferazione ret. ist. sono in ogni caso espressione, in parte, di una reazione immunitaria (formazione di anticorpi). Come reticulosi midollare linfoide istiocitaria ROBB-SMITH designa una iperplasia reattiva delle L. nella quale si possono riconoscere, irregolarmente sparsi nella midollare e talvolta anche nei follicoli, piccoli accumuli (raramente più di 2-3 cellule) di cellule epitelioidi mono- o polinucleate; non vi sono caseificazioni (del tutto analogamente ad una tbc iniziale o ad un sarcoide di Boeck, ecc.). Per lo più si t r a t t a di pazienti di media età con malattie benigne e tumefazione dolente dei linfonodi del collo, di solito monolaterale, solo lentamente progressiva; non v i è splenomegalia, non anemia, non vi sono modificazioni leucocitarie. Prognosi buona. Alterazioni istologiche simili si trovano nelle leishmaniosi (corpi inclusi!). Come reticulosi midollare linfoido-reticolare ROBB-SMITH intende una tumefazione della regione del collo (età media 31 anni) lentamente progressiva, per lo più monolaterale. L a struttura normale è scomparsa; vi è un aumento diffuso delle cellule linfoidi della midollare (nessun disegno follicolare) e, sparse fra queste, singole cellule reticolari proliferate; non vi sono cellule mieloidi, non aumento di fibre. Interviene una degenerazione sarcomatosa. Decorso della linfadenite semplice iperplastica: il processo può a questo stadio regredire; l'eccesso di cellule prodotte cade in disfacimento grassoso o viene eliminato già precocemente. In seguito ad una breve iperemia interviene quindi una restitutio ad integrum. Per contro, può però svilupparsi anche una infiammazione cronica. Questa, a sua volta, ha non raramente come esito l'istituirsi della sclerosi linfovascolare o indurimento (ORSOS); essa rappresenta uno stadio tardivo del catarro dei seni (M. NORDMANN) . In altri casi ancora si instaura infine una suppurazione o (vedi tifo) anche una necrosi. In esperimenti con stafilococchi, sulla prima infezione e reinfezione delle L., il fenomeno fondamentale era rappresentato, nella prima, da un catarro dei seni, nella seconda, dalla tumefazione e fagocitosi delle cellule reticolari (vedi v . MEYENBURG). RINGERT e ADAMSON hanno posto in risalto alterazioni che dovrebbero talora essere caratteristiche per la specie dell'agente che causa la linfadenite. Cosi le infezioni da streptococchi si accompagnano ad una forte infiltrazione plasmacellulare e ad un catarro dei seni poco pronunciato. Gli stafilococchi condizionano di regola gravi alterazioni, i colibatteri leggere o gravi. Nelle infezioni da pneumococchi si arriverebbe ad un aumento molto rilevante dei granulociti polimorfonucleati nei seni. Linfadenite purulenta. —
Il processo sopra descritto p u ò
evolvere
in i n f i a m m a z i o n e purulenta; ciò presuppone sempre la presenza di agenti
io34
SANGUE E
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piogeni, che spesso si possono riconoscere microscopicamente sotto forma di ammassi di cocchi. Compaiono così nelle 1. screziature succulente giallastre, che acquistano in seguito una consistenza purulenta (ascessi), possono confluire e formare cavità necrotiche a contenuto ematico-purulento. I seni contengono endoteli desquamati e spesso in degenerazione grassa, che poi cadono, inoltre fibrina e soprattutto granulociti. I follicoli linfatici e i cordoni, le cui cellule scompaiono sempre più, sono così ripieni di cellule reticolari libere, staccate, e soprattutto di corpuscoli del pus, che infine il reticolo si colliqua. Nello stesso modo i ricchi vasi sanguigni, fortemente iniettati, presenti nel tessuto adenoide, vengono erosi dalla, liquefazione; si giunge a emorragie nel pus. L a ascessualizzazione può coinvolgere t u t t a la linfoghiandola, trapassare nella periferia (periadenite) e suscitare nelle vicinanze un flemmone, come avviene più spesso nel bubbone inguinale, che si accompagna ad un'ulcera molle (cfr. nella pelle). Nelle linfoghiandole poste in superficie, può conseguire una perforazione verso l'esterno, talora in forma di perforazioni a setaccio di molti punti purulenti. Frequentemente si vedono anche perforazioni in una cavità prossima (p. es. delle linfoghiandole bronchiali in un bronco o nell'esofago). Attraverso una periadenite purulenta il tessuto linfatico rimanente può divenire necrotico ed essere sequestrato. Piccoli ascessi possono restare localizzati e guarire radicalmente in cicatrice; il pus può anche ispessirsi e assumere sali di calcio; la ghiandola diviene allora cementiforme o lapidea e incapsulata da connettivo. U n a forte percentuale delle suppurazioni delle linfoghiandole (bubbone purulento) danno il cancro da inoculazione, molle (vedi ulcus molle nella pelle) come le malattie da ferite infette, particolarmente quelle che si instaurano a seguito di infezioni con parti cadaveriche; inoltre la tonsillite purulenta estendentesi in profondità, la difterite faringea grave e cosi via. Come quadro morboso particolare è stata considerata a parte l'infiammazione acuta dei linfonodi iliaci che si sviluppa talvolta in rapporto a lesioni cutanee poco evidenti, ripercuotentisi nel territorio tributario di queste linfoghiandole ( P A S S A R G E , B R O C K , K E R P E L - F R O N I U S e K o c s i s ) . I l quadro morboso può portare ad una confusione con una appendicite acuta, ecc.
F o r m e più rare di linfadenite a c u t a e subacuta L'essudazione fibrinosa è frequente nella difterite faringea, nella quale si trovano migrazioni leucocitarie e reti filiformi di fibrina nei seni, follicoli e anche nei vasi sanguigni delle linfoghiandole del collo; lo stesso nella polmonite. Anche aree necrotiche (p. es. nel tifo) possono essere infiltrate da fibrina. Intervengono anche infiammazioni fibrino-emorragiche, in modo particolare nel carbonchio (L. considerevolmente ingrandite) nel quale è per lo più possibile dimostrare numerosi bacilli disposti ad ammassi, meno spesso nella morva e nella peste.
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Necrosi troviamo ad esempio nella difterite. W À T J E N e Coli. (cfr. anche ivi lett.) ne distinguono essenzialmente due tipi: a) necrosi del tipo di noduli secondari, che si riscontrano ubiquitariamente in tutte le linfoghiandole e nella milza; con modiche concentrazioni di tossine talora solo nei linfonodi del collo o solo in parte in questi ultimi. Precedono la necrosi dei centri follicolari, la tumefazione delle cellule, edemi pericapillari, ecc. (cfr. pag. 1134). Esse intervengono in t u t t e le forme di difterite. L e necrosi vengono riportate all'azione delle tossine difteriche che pervengono alle L . in parte attraverso la v i a linfatica, in parte per v i a ematogena. Maggiori ragguagli a pag. 1134. b) Necrosi del tipo dei seni con grave distruzione del tessuto linfoadenoide in prossimità dei sinusoidi; esse devono essere attribuite essenzialmente all'apporto linfogeno di tossine, m a si instaurano però solo con forte concentrazione tossinica, cioè solo nelle cosiddette forme a decorso maligno della difterite e si troKETTLER,
Fig. 290. Demarcazione purulenta di linfoghiandole mesenteriche necrotiche nel tifo addominale. Donna di 57 anni; morta di peritonite perforativa originata da un'ulcera tifosa dell'ileo (60 cm. al di sopra del cieco). Tumore di milza 273 gr. nefrite emorragica. 5/6 della grandezza naturale. Raccolta di Basilea (da KAUFMANN). vano in realtà solo nei linfonodi del collo. Con alta concentrazione di tossine si trovano frequentemente estese emorragie. Maggiori ragguagli in W A T J E N , K E T T L E R (lett.), H Ü H N (tonsille nella difterite) e a pag. 1134. G Ü N T E R riporta la totalità delle alterazioni, comprese le necrosi follicolari e particolari necrosi infartoidi osservabili occasionalmente nelle linfoghiandole superiori del collo ad alterazioni circolatorie peristatiche del circolo terminale condizionate dal collasso. Necrosi si trovano inoltre nella scarlattina, così come nella linfadenite purulenta attorno ad accumuli batterici. Sulle necrosi delle L . ingrandite nella tularemia cfr. pag. 1051 e capitolo pelle. Le necrosi fin qui descritte sono relativamente prive di importanza. L e necrosi acquistano significato soprattutto nel tifo. Nel tessuto cellulare iperplastico che assume rapidamente carattere midollare (cfr. pag. 1053) possono instaurarsi necrosi a focolaio, riconducibili all'azione specifica dei bacilli tifici, uniti per lo più in grossi accumuli — analogamente a quanto si verifica nei follicoli intestinali — . L e linfoghiandole interessate giacciono per lo più in
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prossimità del cieco (cordone ileo-ciecale) o in un qualsiasi distretto del mesentere. Le masse necrotiche possono rammollirsi, eventualmente secondariamente infettarsi dall'intestino ulcerato, andare quindi incontro ad una demarcazione purulenta e al sequestro e aprirsi nella cavità addominale, ciò che provoca una peritonite purulenta — ad esito quasi sempre letale — (fig. 290 e relativa spiegazione). In rari casi le masse necrotiche si ispessiscono e calcificano. Si trovano allora più tardi inclusioni calcaree, spesso circondate da tessuto cicatriziale (cfr. anche D O N A T H ) . Se si trovano nella radice mesenterica L . calcificate si tratta tuttavia di regola dei residui di una pregressa tubercolosi. Gangrena si trova occasionalmente in casi di difterite gangrenosa in scarlattina; essa interviene inoltre nella peste, spesso con emorragie e suppurazioni (bubbone pestoso), in cui sono più frequentemente colpite le linfoghiandole inguinali e crurali, e inoltre le ascellari e quelle del collo. Caratteristico è secondo C R O M W E L L l'edema del tessuto perighiandolare (per l'istologia vedi K O S U G E ) . I bubboni pestosi possono svuotarsi. (Clinicamente si hanno tre forme sicure di peste: peste bubbonica e linfoghiandolare, pustola e carbonchio pestoso, polmonite pestosa, cfr. anche K I T A S A T O , K I S S K A L T , V A N L O G H E M e S W E L L E N G R E B E L ) . Per la ricerca, i bacilli pestosi si possono ottenere dai bubboni ( K I T A S A T O e Y E R S I N ) ; Vedi D U R C K e le figure ivi riportate.
2. L I N F A D E N I T E C R O N I C A L a linfadenite cronica semplice (in contrapposto alla specifica) (1) è dovuta al fatto che agiscono sul tessuto linfoghiandolare irritazioni ripetute o mantenute a lungo. Queste irritazioni sono rappresentate: 1) da agenti infiammatori organizzati (batteri), 2) da sostanze chimicamente attive, provenienti da processi morbosi, che vengono apportate con la linfa o che p. es. penetrano attraverso la cute, 3) da corpi estranei, p. es. da granelli di polvere che giungono alle ghiandole bronchiali dalla via respiratoria (pag. 1024). Le alterazioni sono diverse: a volte interviene una Iperplasia cronica; sono aumentate tutte le porzioni della linfoghiandola. La struttura linfoghiandolare rimane fondamentalmente conservata. Le L. sono aumentate di dimensioni e indurite. Quest'ultimo fatto dipende da un più intenso riempimento delle maglie e dall'ispessimento delle impalcature trabecolari. Altre volte consegue un'indurazione fibrosa; predomina qui la produzione connettivale infiammatoria in corrispondenza della capsula e delle più grossolane e più fini travate, mentre gli elementi cellulari liberi, il parenchima, scompaiono (1) Dapprima si designava ogni ingrossamento L. come «linfoma». Nel caso presente si parlava di linfomi semplici o secondari in contrapposto, tanto a quelli specifici (tbc., sifilide, ecc.), come a quei linfomi cosiddetti primari nelle leucemie, ecc. Oggi si dovrebbe in generale rinunciare a questo termine.
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sempre più e svuotano le fini maglie. Le cellule R. I. divengono sottili e fusiformi. Il connettivo diventa in seguito spesso ialino e sclerotico. Questa forma si sviluppa con particolare frequenza nelle linfoghiandole bronchiali per un apporto cronico di polvere, cosicché non raramente si giunge ad uno stato di notevole ingrandimento delle linfoghiandole indurite, ardesiache. Il processo può portare ad una obliterazione callosa parziale o totale (particolari molto importanti vedi in ORSOS). M A E K A W A descrive una cirrosi delle L. nella cirrosi epatica. Una parziale obliterazione fibrosa può instaurarsi anche attraverso la guarigione di un ascesso. Ghiandole in indurimento fibroso sono spesso fortemente saldate con le parti circostanti.
3. G R A N U L O M I I N F E T T I V I Tubercolosi (Tbc.) delle linfoghiandole L a Tbc. può manifestarsi fondamentalmente in tre diverse forme (1): 1. l'infiammazione essudativa, soprattutto fibrinosa; in questa la migrazione leucocitaria vi giuoca apertamente nella fase acuta un vario ruolo, fondamentalmente però privo di significato; è possibile la guarigione con restitutio ad integrum; 2. la caseificazione; microscopicamente si tratta di una caratteristica necrosi, densa-friabile, di colorito giallo (contenuto in lipoidi). I distretti caseificati possono rammollirsi, colliquarsi (caverne), essi possono d'altra parte però anche ispessirsi e impregnarsi progressivamente di sali di calcio (cretificazione, calcificazione) e secondariamente ossificarsi (complessi primari guariti), 3. la Tbc. produttiva-proliferativa, cosiddetta Tbc. specifica a cellule epitelloidi; le granulazioni sono costituite da cellule grandi, chiare, simili a quelle epiteliali (efitelioidi), ma indistintamente limitate l'una verso l'altra (fig. 291); spesso esse contengono anche cellule giganti di tipo Langhans. Quanto più chiaramente granuleggiante è una Tbc. (linfoma di Schiippel), tanto più raramente repertabili sono le cellule giganti. Se queste ultime si formino per divisioni nucleari amitotiche senza divisione di citoplasma, per confluenza di più cellule (cfr. LENNERT, lett.) o da un sincizio cellulare (FRESEN, lett.), è discusso. L a loro formazione viene riportata dagli uni ad un patimento cellulare, da altri (LETTERER) viene considerata espressione di un adattamento (aumento di superficie). Le granulazioni si presentano come noduli (« tubercolo » = Tbl.) o circoscrivono a tipo di guscio necrosi più grandi. I tubercoli contengono sempre una fine rete di fibre argentofile, per cui le cellule epi-
(1) Ulteriori ragguagli nei t r a t t a t i e manuali (WURM, LETTERER), in HUBSCHMANN, FRESEN e altri, cfr. anche il capitolo Polmoni.
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telioidi quanto le cellule giganti di Langhans sono unanimemente riconosciute come derivati del S. R . fibrillare sinciziale (pag. 601). ( F R E S E N , ivi altri dati sopra l'istogenesi del Tbl. e lett.). Accanto a tubercoli puramente cellulari ve ne sono taluni centralmente caseificati e infine anche « tubercoli » (noduli) che consistono esclusivamente di tessuto necrotico « caseificato ». Talvolta si trovano in mezzo ai noduli di cellule epitelioidi concrementi calcarei stratificati; questi ultimi non raramente vengono inviluppati da cellule giganti da corpo estraneo a più nuclei (fig. 292). I tbl. vengono circondati da una corona di u n fìtto infiltrato linfocitario.
F i g . 291. T b e . g r a n u l e g g i a n t e , di un l i n f o n o d o a cellule esclusivamente epitelioidi, c o s i d d e t t o l i n f o m a di Schtippel.
L a struttura fondamentale è nel territorio dei tbl. sempre distrutta, questi si comportano quindi in modo aggressivo nei riguardi delle strutture fondamentali preesistenti. Il nodulo di cellule epitelioidi può andare incontro ad una cicatrizzazione fibrosa (fig. 293). In questo modo si instaurano di regola cicatrici fortemente ialinizzate. Sotto l'azione dei moderni antibiotici viene accelerato il decorso che porta alla cicatrice. Le reazioni del tessuto vengono quindi influenzate (maggiori notizie nel cap. sui polmoni) non in senso qualitativo, m a soltanto in senso quantitativo e temporale (decorso più rapido delle reazioni). I reciproci rapporti delle forme di reazione ricordate (infiammazione aspecifica e essudativa, caseificazione e infiammazione « specifica » granuleg-
Fig. 292. Concrementi calcarei a stratificazione lamellare, circondati da una cellula gigante da corpo estraneo polinucleata, posti nel mezzo di un tubercolo a cellule epitelioidi.
Fig. 293. Nella parte centrale e destra della figura un tubercolo sclerotico e parzialmente ialinizzato; a sinistra strutture a cellule epitelioidi ancora ben evidenti.
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giante, a cellule epitelioidi, produttivo-proliferante) sono discussi. Mentre gli uni (v. BAUMGARTEN) considerano la caseificazione come necrosi sempre secondaria al granuloma a cellule epitelioidi (Tbl.) HÜBSCHMANN ha f o n d a t o la teoria del regolare decorso fasico delle reazioni tbc, secondo cui alla fase essud a t i v a (facoltativamente) segue la caseifica e a quest'ultima (ancora facoltativamente) la granulare. Oggi la maggior parte degli autori non a c c e t t a più la esclusività delle due tesi, così d a doversi affermare che la fase essudativacaseosa può svilupparsi t a n t o come f o r m a « primaria » nel granuloma istituitosi primariamente, che come « secondaria ». A proposito di ciò, è d e g n o di nota che lo stesso HÜBSCHMANN rileva che la reazione essudativa, q u a n t o a l l a sua intensità, p u ò essere m o l t o diversa e in alcuni casi mancare del t u t t o , per cui si potrebbe avere un a v v i c i n a m e n t o degli opposti p u n t i di vista. A n c h e sulla n a t u r a dell'infiammazione granuleggiante non v i è concordanza. Gli uni designano il tubercolo come granuloma da corpo estraneo (i bacilli T b . rappresent a n o nel m o m e n t o in cui il loro carattere antigenico viene pressocché neutralizz a t o d a una sufficiente produzione anticorpale, un corpo estraneo difficilmente digeribile (capsula cerea); nuove ricerche hanno f a t t o riconoscere l ' i m p o r t a n z a di determinati lipoidi (fosfatidi) posti in libertà con la distruzione dei corpi dei bacilli T b . , per l'instaurarsi della proliferazione R . I. A l t r i ancora sostengono il carattere allergico del tubercolo nel senso di una tipica reazione dell'organismo fortemente a d a t t a t o .
Senza dubbio la specie di reazione Tbc. dell'organismo verso i bacilli tubercolari è in senso lato dipendente dalla sua resistenza naturale e dalla intensità delle resistenze specifiche acquisite (immunità o adattamento verso l'agente provocante). Il decorso a fasi cicliche della m a l a t t i a i n f e t t i v a tubercolare sarà accuratamente descritto nel capitolo polmonare e ivi sarà t r a t t a t o anche il significato degli alterni stati immunitari. Ci limitiamo qui alla asserzione che la forma essudativo-caseosa della tubercolosi è sempre l'espressione di una ben definita ipersensibilità dell'organismo; cioè m a n c a l ' i m m u n i t à umorale e cellulare oppure essa è in v i a di svilupparsi (reazioni secondo il tipo del fenomeno di Arthus: necrosi estese o caseificazioni nella Tbc.) oppure questa è s t a t a diminuita da particolari circostanze (fame, malattie intercorrenti, ecc.). Q u a n t o più intensamente si manifesta la tendenza al carattere r e a t t i v o p r o d u t t i v o proliferante, t a n t o migliore sarà lo s t a t o immunitario o a d a t t a m e n t o e t a n t o più l'organismo procede dalla normoergia sul c a m m i n o della euergia, che è c a r a t t e r i z z a t a dalla reazione granuleggiante e dalla decisa tendenza alla cicatrizzazione, a t t r a v e r s o la fase di ipersensibilità (fase negativa) con le sue reazioni allergico-iperergiche tendenti all'essudazione e alla caseificazione (nel senso del fenomeno di Arthus). Come estremo sta da una parte la tubercolosi essudativo-caseosa p u r a (sepsis T b c . gravissima, f o r m a p u r a essudativa della T b c . miliare, ecc.), d a l l ' a l t r a la tubercolosi p u r a granuleggiante (linfoma di Schüppel, sarcoide di Boeck). P r e s e n t a n o forme di passaggio, da un lato le forme prevalentemente essudativo-caseose della T b c . , dall'altro le prevalentemente produttivo-proliferative.
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Le linfoghiandole possono venire infettate essenzialmente per 2 vie e cioè: 1, ematogena o 2, linfogena. L'ultima via è la più frequente. Sono soprattutto le affezioni Tbc. nel territorio tributario delle 1. che condizionano la loro infezione. L a Tbc. linfoghiandolare può assumere diverse forme: 1. Si presentano molti piccoli noduli epitelioldi Tbc. che nella sezione si colorano debolmente. Macroscopicamente i tubercoli formano dapprima piccolissimi noduli grigi, torbidi, duri, di grandezza miliare o submiliare, soprattutto nel tessuto follicolare. L'eruzione dei Tbl. è accompagnata nello stadio recente da una tumefazione molle infiammatoria e da un arrossamento delle linfoghiandole. In un decorso più avanzato i Tbc. possono caseificare e costituire attraverso un'espansione periferica e la confluenza, tubercoli conglomerati più grandi. 2. L a fase primaria, essudativa, porta direttamente alla caseificazione, senza che si sia sviluppato precedentemente tessuto a cellule epitelioidi. Alcune delle forme ricordate ai numeri 1 e 2 trapassano in una caseificazione e in un rammollimento molto rapidi, dapprima a tipo screziato, poi diffuso. Questa forma si trova particolarmente nei bambini in rapporto all'infezione primaria. Se la linfoghiandola è totalmente caseificata, la superficie di taglio diviene asciutta, omogenea, friabile, screpolata o poltacea, giallo-bianca (linfoghiandole cosiddette a patata, « Kartoffeldriisen »). Microscopicamente la caseificazione può comprendere quasi tutta la linfoghiandola. Essa è allora, tra l'altro, circondata solo da una sottile zona di tessuto linfoadenoide o soltanto ancora dalla capsula. L a caseificazione può proseguire però anche nella capsula e nel tessuto circostante; le linfoghiandole ingrossate e caseifícate confluiscono allora in grossi pacchetti. Frequentissimamente si osservano, alla periferia di distretti centrali caseificati, strutture a cellule epitelioidi e cellule giganti (queste ultime possono però anche mancare, ciò che rende più diffìcile la diagnosi), che circondano la caseificazione a corona o secondo il tipo di noduli confluenti, eventualmente parzialmente o totalmente caseificad, i quali tra l'altro sono dimostrabili anche nelle estese vicinanze delle strutture linfoidi ancora conservate. Distretti caseificati più piccoli possono venire riassorbiti e sostituiti da tessuto cicatriziale. La regola è tuttavia che le masse caseose ispessiscono, raggrinziscono, cretificano e calcificano. Nella ghiandola è situato allora un concremento calcareo bitorzoluto o rotondo, strettamente racchiuso a mo' di capsula da un tessuto cicatriziale calloso, per lo più ialinizzato. Possono permanere resti ben conservati di tessuto linfoadenoide, oppure l'intera linfoghiandola è nella parte restante sostituita da connettivo. Nelle cicatrici, oppure nelle masse calcaree, si trovano non raramente bacilli Tb. ancora vivi. Verso l'interno del tessuto cicatriziale possono anche essere dimostrabili alcune cellule giganti di Langhans. Non raramente si osservano, anche nella cicatrice o nel tessuto alla sua 66 —
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periferia, noduli circoscritti di cellule epitelioidi talora con caseificazione centrale, che per lo più rappresentano allora l'espressione di una esacerbazione del vecchio processo oramai superato. 3. All'opposto delle forme più o meno intensamente caseifícate stanno le granulazioni tubercolari francamente produttive, che nell'antica letteratura venivano designate come « a grosse cellule » oppure come Tbc. « granuleggiante », come « iperplasia » Tbc. a grosse cellule » oppure come «linfoma di Schiippel » (fig. 291). Il decorso è cronico. Le 1. ingrossano lentamente, talora fino alla grandezza di un uovo di gallina o anche di un rene, rimangono spesso stazionarie per diversi anni e divengono dure. Più frequentemente affette sono le ghiandole del collo (soprattutto quelle della regione inferiore del collo, poi anche quelle sopraclaveari) le ascellari e inguinali. Spesso al taglio fresco appaiono omogenee, vitree, rosso-grigie pallide o leggermente giallo-bmnastre; esse danno spesso l'impressione di un tumore oppure di una metastasi tumorale. A volte esse presentano sulla superficie di taglio un aspetto granuleggiante, che talora diviene evidente solo quando si è posto il preparato in liquido indurente. Microscopicamente si osserva una proliferazione cellulare sotto forma di accumuli e cordoni irregolari, rotondi o confluenti, che si compongono di cellule epitelioidi fusate e più grandi. Qua e là si riconoscono cellule giganti; esse sono però nel complesso molto rare. Caseificazioni sono accennate soltanto qua e là e mancano spesso completamente. L a proliferazione a cellule epitelioidi si colora più debolmente dei resti ancora conservati del tessuto 1.; in questi resti si riconosce spesso una degenerazione ialina legata ad un forte ispessimento delle fibre reticoliniche. Decorrono allora tra le masse cellulari linfoidi larghe travate lucenti prive di nuclei (che con la colorazione emat.-eos. si colorano in rosso-lucente). Mancano follicoli secondari. Si può infine giungere ad una completa cicatrizzazione ialina. La messa in evidenza del bacilli Tb. è in questi casi per lo più molto difficile (cfr. pag. 818). Nel decorso, la caseificazione può talora acquistare un'ampiezza maggiore, ciò che costituisce sempre un segno che la resistenza, originariamente molto accentuata, la quale è infatti caratteristica del linfoma di Schiippel, è andata perduta. Non troppo raramente le strutture granuleggianti a cellule epitelioidi, secondo il tipo del linfoma di Schiippel, sono scambiate con metastasi carcinomatose ( W . F I S C H E R e pag. 1077). W . F I S C H E R rileva che la Tbc. L. granulare è divenuta più frequente dopo la guerra, e che compare anche più spesso in età più avanzata, ciò che può essere confermato da osservazioni personali. In senso generale, il linfoma di Schiippel è l'espressione di una reazione in un organismo altamente sensibilizzato. F I S C H E R considera questa forma della Tbc. come reinfetto endogeno di fronte ad una resistenza ancora valida. Se la forma citata della Tbc. si manifesta in forma localizzata, allora viene designata come linfoma di Schüpfel; essa è molto verosimilmente
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strettamente imparentata con l'iperplasia generalizzata a grosse cellule (MYLIUS e SCHÜRMANN), con la cosiddetta malattia di Besnier-BoeckSchaumann, con il cosiddetto sarcoide, in particolari casi forse anche identica (pag. 814). Altre alterazioni che sono state osservate nelle l. tubercolari: 1. I punti caseificati rammolliscono. Si formano nelle ghiandole cavità (caverne ghiandolari), esse possono secondariamente suppurare (di regola si tratta di infezioni miste), e allora si istituisce una feriadenite caseoso•purulenta. I focolai rammolliti possono perforarsi nelle parti vicine, come tra l'altro, in una cavità sierosa (p. es. pericardio); soprattutto però nei bronchi (processo al quale oggi viene attribuito un grande significato per la diffusione della Tbc. polmonare, SCHWARTZ, KONNIG, lett. e altri, cfr. cap. sui polmoni), o raramente nei grossi vasi sanguigni (aorta, a. polmonare, v e n a cava, ecc.) oppure nell'esofago e i n o l t r e — f r e q u e n t e m e n t e — • attraverso la cute (soprattutto al collo). Le perforazioni avvengono tanto nella cute come anche in corrispondenza delle cavità interne (particolarmente i bronchi) sotto forma di una fine fistola o di una vasta ulcera crateriforme, il cui margine può essere occupato da granulazioni tbc. pallide, molli. Si può a questo punto arrivare alla guarigione, sia spontanea, nella quale la suppurazione determina un sequestro ed un incapsulamento delle masse caseifícate, sia dopo svuotamento chirurgico. Ne risultano spesso cicatrici fortemente retratte (simili alle cicatrici da ustione) come si possono ad es. dimostrare anche nei bronchi, non raramente in gran numero (SCHWARTZ); in questa sede compaiono però anche cicatrici piane molto fini che si possono riconoscere per il loro colorito nero (fuliggine). Occasionalmente vengono espulsi nel lume bronchiale anche frammenti caseosi calcificati. 2. U n ingrossamento pseudo-tumorale di alcuni linfonodi o di interi pacchetti linfo-nodulari o anche la loro retrazione cicatriziale può avere come esito la compressione o il restringimento di organi adiacenti, soprattutto di organi cavi. L a più frequente è la compressione o la stenosi dei bronchi con conseguente atelettasia da compressione. 3. Bacilli T b . possono, dalle L . ammalate diffondersi per v i a l i n f a t i c a (retrograda) anche alle strutture circonvicine, cosi p. es. da L . tubercolari alla mucosa bronchiale e tracheale, processo che è però notoriamente assai raro. Su 421 casi con T b c . ulcerosa della mucosa tracheale e bronchiale, AUERBACH trovò come loro causa, 12 volte lo svuotamento di linfoghiandole caseifícate, m a solo una volta una diffusione linfogena. I casi restanti si erano instaurati a seguito di una diffusione intracanalicolare per una T b c . polmonare cavernosa aperta (tisi).
4. Forti disseminazioni ematogene possono instaurarsi per il fatto che grandi quantità di bacilli T b . pervengono con le masse caseose rammollite, attraverso le vie linfatiche deferenti nel circolo venoso, al sangue, o
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più raramente, per il fatto che essi irrompono direttamente nei vasi sanguigni (v. sopra) o in un tronco linfatico che porta al dotto toracico. Simili eventi sono sicuramente spesso decisivi nello stabilirsi di una Tbc. miliare. LETTERER e altri hanno a ragione ripetutamente richiamato l'attenzione sul fatto che accanto allo stato reattivo (resistenza) non può essere negato un significato anche alla massività della penetrazione dell'agente per l'instaurarsi della tubercolosi miliare. Nel decorso ciclico a fasi della Tbc. si arriva ad una compromissione tubercolare delle linfoghiandole attraverso le seguenti condizioni'. Nella cornice del complesso primario, sono senz'altro più frequentemente compromesse nel complesso primario polmonare le L. dell'ilo del polmone, molto più raramente, nel complesso primario intestinale quelle situate nella radice del mesentere (diversamente tuttavia secondo le regioni, per mezzo di latte infetto da bacilli tbc. di tipo bovino nei distretti rurali, p. es. nello Schleswig-Holstein); ulteriori ragguagli nel capitolo sui polmoni e sull'intestino. Complessi primari nel distretto cefalico, con affezioni L. analoghe, soprattutto della regione del collo (vedi sotto), dei genitali, della cute, ecc. sono rari. Un complesso primario più regolare della cute e delle linfoghiandole regionali, senza dubbio molto più debole si forma con la vaccinazione secondo C A L M E T T E . Di regola, si formano durante la generalizzazione ematogena collegata al complesso primario, rari tubercoli isolati, modicamente sparsi anche nelle L., i quali però nei casi tipici cicatrizzano rapidamente. La loro conoscenza è tuttavia importante poiché essi possono in seguito esacerbarsi e servire da punto di partenza di Tbc. L. localizzate o anche più generalizzate; essi sono comparabili al « reinfetto endogeno » di altri organi. Generalizzazioni postprimarie del tutto fulminanti vengono designate come sepsis tbc. gravissima (LANDOUZY). Di regola si tratta di affezioni primarie tardive dell'età adulta che decorrono in maniera del tutto areattiva. Come nella milza (cfr. pag. ir42) e in altri organi, si trovano anche nelle L. focolai caseificati irregolarmente sparsi, per lo più sopra miliari, fino alla grandezza di una lenticchia o di un pisello, che istologicamente non lasciano riconoscere alla periferia alcuna reazione infiammatoria; tutt'al più si trovano alcuni istiociti, linfociti e plasmacellule, solo in pochi casi deboli inizi di una reazione a cellule epitelioidi. Forme a decorso analogo si trovano frequentemente nella Tbc. dei paesi caldi (BÜNGELER) soprattutto nella popolazione nera, che in generale è poco resistente alla Tbc., o nei gruppi etnici che sono poco colpiti dalla Tbc., inoltre nella Tbc. delle scimmie, ecc. Una grave generalizzazione ematogena postprimaria rappresenta ancora la Tbc. miliare. Nelle L. si trovano, generalizzati, piccoli tubercoli grigio-bianchi, più o meno fittamente sparsi, che, nelle forme a decorso acuto, rapidamente mortale (forme soprattutto essudativo-caseificanti), sono indistintamente delimitati e sono disposti in modo particolarmente fitto; nelle forme a decorso più subacuto sino a subcronico (forme produttive con tubercoli a cellule epitelioidi contenenti per lo più cellule giganti, con o senza caseificazione centrale), sono invece piccoli o sparsi in modo rado e nettamente delimitati. Generalizzazioni ematogene nelle fasi tardive della Tbc. sono rare (cfr. H Ü B S C H M A N N , L E T T E R E R e altri).
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Generalizzazioni llnfogene, per lo più post-primarie, nel senso della corrente linfatica, o anche contro di essa, si effettuano il più delle volte in rapporto al complesso primario polmonare (il focolaio primario dei polmoni può in tali casi restare assai piccolo o persino guarire, lasciando dietro a sé una esilissima cicatrice, che talvolta non è più ritrovabile). L a diffusione linfogena avviene, al di là delle L . polmonari-ilari e quelle della biforcazione tracheale, paratrachealmente, in direzione craniale. Questa forma di T b c . L . tende assai decisamente alla caseificazione dei pacchetti L., spesso assai grandi, e si t r o v a soprattutto nei bambini. Essa, come risulta dalle deduzioni sopra fatte, costituisce non raramente, per lo svuotamento nel circolo venoso, la fonte di una tubercolosi miliare. Nel complesso primario intestinale (l'affezione enterica non è di regola più riconoscibile, per lo più cicatrizzata senza traccia) la diffusione linfogena avviene — specialmente ancora nei bambini — soprattutto verso le L . mesenteriche e quindi di lì anche negli altri gruppi L., della c a v i t à addominale. I gruppi L., specie quelli del mesentere e del tenue, possono cosi ingrossare fino a grossi pacchetti di masse caseifícate, aggregate fra di loro, alle quali si salda l'intestino. L'assorbimento intestinale viene considerevolmente influenzato (stasi chilosa). I bambini hanno per lo più addome rigonfio, diarree e ripetute evacuazioni fetide. Nonostante un appetito spesso insaziabile, interviene per lo più un dimagrimento che porta all'exitus (cosiddetta tabes meseraica). In altri casi alla perforazione di una linfoghiandola caseificata si associa una peritonite tbc. Anche questi gruppi linfoghiandolari possono divenire la fonte di una T b c . miliare. Sulle altre forme di diffusione linfogena in rapporto alla T b c . dei diversi organi (fase della manifestazione organica), cfr. i corrispondenti capitoli. Il punto di partenza di una diffusione linfogena in corrispondenza delle L . si potrà riconoscere, soprattutto nell'età adulta, assai difficilmente. Si dovrà sempre pensare in tali casi anche alla possibilità che in corrispondenza di antichi focolai cicatrizzati o calcificati sia interv e n u t a una esacerbazione (reinfetto endogeno) e una recente generalizzazione. STAEMMLER e OTTO trovarono non raramente, in individui anziani, come reperto collaterale, T b c . a t t i v a t e delle L . dell'ilo polmonare. HEBOLD h a studiato sistematicamente le linfoghiandole del territorio della biforcazione tracheale di 500 cadaveri, che non lasciavano altrimenti riconoscere alcun segno di una T b c . (complesso primario « guarito senza residui ») e ha rinvenuto 36 volte processi di T b c . a t t i v i (30 volte focolai produttivi con tendenza alla cicatrizzazione, secondo il tipo del linfoma di Schiippel, 6 volte processi essudativo-caseosi. Anche W . FISCHER interpreta in questo modo i propri reperti (vedi sopra). Sulla generalizzazione intracanalicolare (post-primaria e nella fase della T b c . degli organi) in seguito allo svuotamento nel sistema bronchiale di L . caseifícate, vedi sopra e cfr. il capitolo polmoni. Topografia. Quali
linfonodi
ammalano
-più frequentemente
di
Tbc.?
Il più spesso ammalano, di t u t t e le forme di T b c . i linfonodi del collo, specialmente i sottomascellari. L e ghiandole cervicali profonde formano tal-
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v o l t a cordoni nodosi lungo i vasi giugulari (vena giugulare int. e comune). V i è una tendenza al rammollimento con svuotamento nella pelle. Il lupus vulgaris della cute deve prendere in una percentuale relativamente alta di casi il suo punto di partenza d a una T b c . dei linfonodi (soprattutto del collo) ( K A L K O F F ) . Il punto di partenza di una T b c . ghiandolare del collo soprattutto delle ghiandole superiori può essere situato nel distretto cefalico (Tbc. tonsillari, carie dentarie, peri- o paraodontite T b c . o granuloma T b c . radicale instauratisi a seguito della penetrazione di bacilli T b . in un dente carioso, T b c . nasale, otite Tbc., cosiddetto eczema scrofoloso delle labbra o T b c . cutanea nel territorio tributario). In questi casi si t r a t t a abbastanza raramente di veri complessi primari (infezione primaria o infezione secondaria dopo completa guarigione della Tbc., anche dal punto di vista batteriologico). Per lo più sono focolai istituitisi per v i a ematogena ( K R A U S P E , O T T O : tonsille) o esacerbatisi, p. es. nelle tonsille, con disseminazione nei gruppi L . regionali. L'asserzione che la T b c . delle ghiandole del collo sia essenzialmente sempre condizionata da una affezione primaria delle tonsille, fintantocché non si può trovare u n altro focolaio di origine (BAUHID), non è sostenibile, poiché si deve tener presente che il complesso primario guarito (p. es. dei polmoni) m a che tra l'altro contiene ancora bacilli T b . è spesso assai difficilmente dimostrabile. Per riconoscerlo, occorre talora procedere a diligenti ricerche anatomo-patologiche ed istologiche, specificamente rivolte a questo intento. P E N N T I sostiene che la T b c . L . e tonsillare dovrebbe essere per lo più ugualmente attribuita a disseminazioni ematogene. K A L B F L E I S C H considera come determinanti nell'instaurarsi della T b c . delle ghiandole del collo, più abbondanti e ripetute superinfezioni esogene («infezione fluttuante»), in corrispondenza della cavità orale (particolarmente tonsille). Un'altra v i a per l'istituirsi della T b c . dei linfonodi del collo, soprattutto dei gruppi L . profondi e inferiori è la diffusione linfogena, in parte retrograda, dal complesso primario polmonare. Secondo la nostra opinione, la T b c . L . del collo delle persone anziane costituisce il più delle volte l'espressione di un'esacerbazione (reinfetto endogeno), di origine ematogena (durante la generalizzazione post-primaria) oppure linfogena, di complessi primari polmonari o (raramente) di quelli orali, con cicatrici T b c . contenenti ancora bacilli T b . (cfr. anche K A L K O F F , lett.). U n aumento, specialmente della T b c . delle ghiandole del collo, è stata osservata in Germania da W . FISCHER, K A L B F L E I S C H , da noi e altri, dopo la prima e la seconda guerra mondiale (altra lett. in K A L K O F F ) . La tubercolosi delle ghiandole mesenteriche si sviluppa il più spesso nel quadro del complesso primario Tbc. intestinale. Sulla generalizzazione linfogena post-primaria, la cosiddetta tabes meseraica, cfr. pag. 1047. Che anche in questa sede, come nel distretto dei gruppi L . portali, parapancreatici, paraortici e dell'ilo splenico si possa giungere alla esacerbazione di antichi focolai, istituitisi per v i a ematogena o linfogena, non merita alcuna ulteriore discussione (MÜLLER). Per i gruppi L . ora ricordati, si deve anzitutto pensare ad una esacerbazione della T b c . nel loro territorio tributario (fegato, milza, pancreas, ecc.). Rara è la Tbc. L. universale, che può decorrere in maniera prevalentemente caseoso-essudativa o pura 0 quasi puramente produttiva granuleggiante. L a « Tbc. generalizzata caseificante » delle L . (LEITNER) mostra un decorso subacuto
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o subcronico e spesso prognosi infausta. L a dimostrazione di bacilli è per lo più facile. Le reazioni cutanee sono positive. L a « Tbc. L. generalizzata produttivo-granulare » decorre in modo assai cronico; essa viene annoverata tra le forme del sarcoide di Boeck. Si designava in passato come scrofolosa una forma particolare di tumefazione cronica Tbc. delle ghiandole del collo e si vedeva falsamente nella « scrofolosi » una malattia autonoma (lett. più antica: vedi ORTH). Si tratta di una particolare forma molto marcata della Tbc., e caratteristica specialmente dell'età infantile, a decorso relativamente benigno. Fa parte del quadro clinico della scrofolosi la tumefazione L. cronico-iperplastica, interessante soprattutto
Fig. 294. Granuloma pseudo-tubercolare del fegato. Proliferazione a tipo nodulare delle cellule stellate di Kupffer, che hanno tesaurizzato alcuni granuli di thorotrast.
le ghiandole del collo, quelle bronchiali e mesenteriche, che trapassa precocemente o tardivamente in tipica caseificazione e rammollimento o in evoluzione fibrosa e può presentare anche tipici noduli a cellule epitelioidi. Caratteristiche sono ancora la tendenza a malattie fungose (Tbl.) delle ossa e delle articolazioni, più raramente, a processi Tbc. polmonari, ma specialmente e in primo luogo ad un'infiammazione cronica delle mucose oculari (congiuntivite fìittenulare, blefarite, cheratite) e auricolari, della faringe, del naso, del labbro superiore tumefatto (simiglianza ad un grugno di maiale, donde il nome scrofolosi da Sus scrofa) come ad alterazioni cutanee, designate come « scrofuloidi », presumibilmente determinate da tossine tubercolari (vedi Cute). Integrano la caratteristica « facies scrofulosa », assieme alle affezioni oculari un rigonfiamento ed un aumento di secrezione della mucosa nasale, ragadi all'orifizio nasale, ingrossamento del naso, tumefazione cronico-edematosa
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ed escoriazioni del labbro superiore, eczema e tumefazione in corrispondenza del capo e della faccia con tendenza alla formazione di sierosità e di croste. Costituisce forse la predisposizione per l'instaurarsi della sindrome sopra riportata, l'anomalia costituzionale congenita, spesso familiare, designata come status lymphaticus (vedi nel timo), oppure come diatesi essudativa, che non manca quasi mai nei bambini scrofolosi. I caratteri della diatesi essudativa sono: aspetto pastoso, pannicolo adiposo molle, tendenza a pertinaci reazioni infiammatorie in. corrispondenza della cute e della mucosa, come conseguenza di un'aumentata irritabilità, specialmente verso infezioni, dell'apparato linfatico, ecc. (altri particolari nei manuali e trattati di pediatria). Diagnosi e diagnostica differenziale. — L a diagnosi della Tbc. non presenta nei casi tipici particolare difficoltà. Il quadro tipico può t u t t a v i a essere fortemente mascherato nelle infezioni miste. D e v e essere chiaramente stabilito che la specificità dell'infiammazione Tbc. granuleggiante, a cellule epitelioidi e giganti, non è affatto assoluta. È da tempo noto che la diagnosi differenziale definitiva con granulazioni sifilitiche talvolta è possibile solo attraverso la dimostrazione dell'agente eziologico. Anche la tularemia, la lebbra tuberculide, il morbo di B a n g e altre malattie possono produrre alterazioni che da un punto di vista puramente isto-morfologico (senza dimostrazione dell'agente) non si possono distinguere dalla Tbc. Ma anche altri « corpi estranei », polveri metalliche assai fini (amalgama, osservazione personale), granulomi da berillio (MCDONALD e WEED), thorotrast in granuli finissimi (fig. 294, ROTTER), ecc. possono ugualmente condizionare quadri che appaiono falsamente simili a quelli presentati dai noduli T b c . oppure sono totalmente identici a quelli. La dimostrazione dell'agente è nelle forme caseose generalmente facile, nelle forme granuleggianti (linfoma di Schuppel, sarcoide di Boeck) per lo più invece estremamente difficile; spesso il batteriologo perviene al risultato solo con l'impiego di particolari artifici (pag. 818).
Sifilide delle llnfoghiandole L a sifilide costituzionale può condizionare qui due alterazioni: 1. Iperplasia cellulare. — Le 1. ingrossate, raramente oltre una nocciola, per lo più assai meno, divengono dure (bubboni indolenti) e sono grigiorosso pallido alla sezione. L'aflezione si sviluppa nello stadio secondario, non soltanto in prossimità del punto di origine dell'infezione, ma anche in altri distretti, come le ghiandole inguinali, occipitali, profonde del collo, del cubito, ecc. Microscopicamente si osserva soprattutto un aumento delle cellule linfoidi. Si può osservare inoltre una proliferazione degli endoteli dei seni, un ispessi-
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mento ed un aumento delle fibre a graticcio (vedi R O S S L E e Y O S H I D A ) , una dissociazione delle trabecole da parte di cellule fusate e un'infiltrazione cellulare delle pareti vascolari. Per la degenerazione grassa degli elementi cellulari sotto l'azione della terapia antiluetica, la tumefazione e l'indurimento linfoghiandolare possono regredire; le L. possono però anche atrofizzarsi in noduli fibrosi duri (v. anche Z U R H E L L E ) . Secondo F R U H W A L D si trovano frequentemente spirochete nello stadio primario, nel periodo dell'eruzione dell'esantema, in corrispondenza delle L. regionali, inoltre nello stadio secondario tardivo e anche nello stadio di latenza fino entro il terzo anno (mancano secondo W . F I S C H E R nei paralitici progressivi). Nella lue congenita anche le L . non alterate possono contenere spirochete. 2. Formazione di gomme. — Queste si hanno molto raramente e cioè nella lue di antica data gommosa e per lo più solo in singole (regionali) 1. iperplastiche. Cosi K A U F M A N N osservò p. es. in una donna di 7 5 anni con amiloidosi, L. gommose all'ilo epatico, grandi fino ad una nocciola, in presenza di gomme multiple del fegato; in 2 altri casi gomme linfoghiandolari del collo concomitanti a gomme callose dei muscoli del collo. Sulla superficie di taglio si osservano nodi giallastri, compatti, elastico-duri e alquanto prominenti, rotondoangolari, oppure variegature confluenti a tipo di carta geografica. I nodi mostrano solo scarsa tendenza al rammollimento, più invece alla disgregazione secca, grassosa; esse si svuotano perciò solo raramente, più frequentemente si retraggono (a differenza delle L. Tbc. caseose, nelle quali, anche quando non si disfanno, si osservano piccole screpolature sulla superficie di taglio). La diagnosi istologica e differenziale con la Tbc. può essere difficoltosa. La dimostrazione di spirochete non è possibile, di regola, nei casi antichi. Depone più in favore della sifilide la vasculite obliterante (cfr. anche FASAL). Sulle alterazioni L. nella lue congenita vi sono pochi dati. Circa il reperto di spirochete, vedi sopra (vedi anche SCHLIMPERT). Significative alterazioni istologiche sono presenti solo in una parte dei casi e consistono, secondo B A R T E L e S T E I N (lett.), in un forte aumento degli endoteli e fagocitosi da parte di questi, di linfociti, per cui procedono di pari passo una diminuzione dei linfociti e un aumento e ispessimento del connettivo; sono state osservate anche necrosi.
Tularemia L'agente della tularemia (T.) è il bacterium tularense. L a T . è essenzialmente una malattia epidemica dei rosicanti, dai quali essa può essere trasmessa all'uomo. Essa compare soprattutto nel Nord-America, ma, per lo più in forma regionale, anche in Europa Orientale, Settentrionale, Sud-Orientale e Centrale. Clinicamente si tratta di una malattia infettiva, febbrile, che si instaura acutamente. L a mortalità è nell'uomo molto bassa
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(3 % 4 % ) . cosicché esistono solo pochi reperti autoptici sicuri (PAUL, NORDMANN e DOERR, STARCK, SCHULTEN, ivi altra lett.). Nel punto in cui è a v v e n u t a la penetrazione del germe, si sviluppa per lo più un'ulcera, la cosiddetta affezione primaria tularense, che regolarmente concomita ad una evidente tumefazione delle 1. satelliti, così che per analogia con la Tbc. si può parlare di complessi primari tularemici. RANDERATH li ha divisi come segue: I. Complessi primari tularemici esterni: 1. Forma cutaneo-ghiadolare, porta di ingresso nella cute, frequentemente nelle dita. 2. Forma oculo-ghiandolare, affezione primaria nella congiuntiva oculare; gruppi L. regionali compromessi specie in sede preauricolare, inoltre all'angolo mandibolare e al collo. 3. Forma tonsillo-ghiandolare, affezione primaria nella mucosa faringea, frequentemente nella tonsilla palatina; gruppi L. compromessi dell'angolo mandibolare e del collo. Nella cosiddetta forma ghiandolare pura della letteratura, non si è costituita, secondo R A N D E R A T H e B O B R O W A , un'affezione primaria. La preesistenza di forme ghiandolari generalizzate necessiterebbe di conferma ( R A N D E RATH) .
II. Complessi primari tularemici interni: 1. La forma polmonare o toracica della T.; mone (per es. N O R D M A N N e D O E R R , B O B R O W A ) ; polmonare e le peribronchiali. 2. Forma intestinale o enterica o addominale nell'intestino; compromissione delle L . regionali specialmente delle L. mesenteriche.
affezione primaria nel polcompromesse le L . dell'ilo della T.; affezione primaria del distretto addominale,
Spesso il complesso primario guarisce lasciando immunità permanente. In taluni casi si giunge t u t t a v i a (RANDERATH) ad una generalizzazione linfoematogena della T., forma di decorso che nella letteratura viene per lo' più designata come setticopioemia tul. (prognosi buona!) e nella quale si possono dimostrare alterazioni in quasi tutti gli organi, specialmente 1., fegato, milza, polmoni, anche midollo osseo (STARCK) e non raramente anche nelle meningi. Per lo più la causa della generalizzazione è una deficiente resistenza, che già nel quadro istologico può riconoscersi per una tendenza, più o meno accentuata, alla necrosi, con contemporanea involuzione delle granulazioni specifiche; altri particolari in NORDMANN e DOERR, STARCK (ivi lett.). Manifestazioni di organo sono sconosciute nella T . In tal modo se anche ne derivano particolari analogie con malattie infettive a carattere ciclico, specialmente con la Tbc., la T . presenta tuttavia, nei diretti riguardi della Tbc., peculiarità più diffìcilmente valutabili (RANDERATH, 1943). Nei manuali altri particolari sopra il quadro clinico, l'epidemiologia, l'immunologia e la sierologia.
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I linfonodi nella T. sono più o meno intensamente ingranditi; essi possono essere saldati l'uno con l'altro a formare nodi di grandezza superiore a quella di un uovo di gallina. La loro consistenza è generalmente molle; essi contengono frequentemente alcuni e spesso moltissimi noduli o gruppi di noduli di color grigio-giallo fittamente addossati l'uno all'altro. Grandi necrosi presentano per lo più un colorito giallo, aspetto untuoso o contengono anche pus liquido. Le 1. mostrano istologicamente alterazioni molto caratteristiche, che spesso è molto difficile e talora impossibile differenziare da quelle Tbc. Si rinvengono (secondo RANDERATH, REICH e altri) spesso necrosi estese, per lo più numerose in u n a stessa L . , m o l t o variabili per g r a n d e z z a e forma, in p a r t e « a tipo d i c a r t a geografica o di ghirlanda ». N o n si a r r i v a mai, al contrario della T b c . , alla c o m p l e t a caseificazione di u n a L . Istologicamente la necrosi, al contrario della T b c . non appare omogenea, essa contiene per lo più granulociti a b b a s t a n z a a b b o n d a n t i , inoltre linfociti, m a c r o f a g i e detriti cellulari; t a l v o l t a si incontrano piccole emorragie ed ombre vascolari; la necrosi frequentemente fluidifica cosicché ne risultano cavità. L e necrosi v e n g o n o circondate, al contrario della T b c . , d a uno strato n o t e v o l m e n t e a m p i o di tessuto di granulazione a carattere epitelioide, con più o meno numerose, caratteristiche cellule giganti di tipo L a n g h a n s . T r a le necrosi e le granulazioni periferiche non raramente è interposto u n orlo sottile che contiene m o l t i piccoli vacuoli, o t t i c a m e n t e e t i n t o r i a l m e n t e v u o t i . Questi sono sicuramente artefatti; il reperto è t u t t a v i a così caratteristico che si p u ò t a l v o l t a utilizzare come criterio diagnostico-differenziale nei riguardi della T b c . (RANDERATH). LO s t r a t o di cellule epitelioidi t e r m i n a verso l'interno e l'esterno in m o d o relativ a m e n t e netto. Occasionalmente fra le cellule epitelioidi sono sparsi granulociti, linfociti, plasmacellule e macrofagi. I n u n a fase più t a r d i v a , il tessuto specifico a cellule epitelioidi viene infiltrato, a partire dall'esterno, d a u n tessuto di granulazione aspecifico, ricco di capillari; infine anche i grossi noduli, compresa la necrosi (di regola non v i è incapsulamento e calcificazione come nella Tbc.) v e n g o n o c o m p l e t a m e n t e organizzati e t r a s f o r m a t i in u n a cicatrice aspecifica. N o n r a r a m e n t e le alterazioni specifiche invadono, al di là della capsula della L . , il tessuto adiposo circostante (cfr. KÒBERLE). Il tessuto linfoadenoide disposto fra i noduli, in p a r t e non presenta alterazioni, in p a r t e mostra una linfadenite aspecifica m o l t o evidente che p u ò continuarsi anche nel tessuto extra-ghiandolare, con n o t e v o l i variazioni di intensità ed estensione (cicatrici callose, coalescenza delle L . f r a di loro, ecc.). L a dimostrazione di alterazioni endoarteritiche ed endoflebitiche e di evidenti infiltrati flogistici perivascolari, sono t a l v o l t a m o l t o i m p o r t a n t i per differenziarla dalla Tbc. (RANDERATH, REICH, STARCK, l e t t . e altri). A l t r i particolari nell'esposizione m o l t o accurata di
RANDERATH
(1944).
La precedente descrizione delle alterazioni istologiche, in quanto caratteristiche della T. delle 1., pone in rilievo, al contrario della Tbc. l'esistenza di una serie di particolarità. Esse tuttavia non sono incondizionatamente specifiche e, di conseguenza, la delimitazione ne è difficile o impossibile.
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Devono essere rilevate le non rare, casuali analogie, con il linfogranuloma inguinale (pag. 753). Secondariamente le 1. possono andare incontro a fusione purulenta e svuotarsi all'esterno, cosiddetta forma ulcerosoghiandolare (secondo LAUCHE, RANDERATH, cfr. anche BROUSTEJN: fusione purulenta delle 1. nel 35 % fino al 75 %). Altri particolari in KÒBERLE, LAUCHE, RANDERATH, NORDMANN e DOERR, STARCK
(ivi lett.) e n e i m a n u a l i .
Lebbra delle linfoghiandole Nelle 1. si devono distinguere due forme reattive fondamentalmente diverse e cioè: 1. La lebbra tuberculide. — Si ha in questa forma una partecipazione linfoghiandolare esclusiva dei territori di deflusso dalla cute e cioè dei distretti colpiti da alterazioni tuberculido-lebbrose. Si trovano nelle 1. granulomi a cellule epitelioidi, di forma nodulare, spesso a disposizione fitta, che talvolta non si possono distinguere da un linfoma di Schiippel oppure da un sarcoide di Boeck. Vi sono cellule giganti in quantità variabile, non caseificazione. L a dimostrazione dei bacilli è di regola possibile solo dopo arricchimento con antiformina. Processi di guarigione, sotto forma di cicatrici ialinizzate noduliformi, intervengono parallelamente ai processi di guarigione della cute. 2. Nella lebbra Iepromatosa sono abitualmente coinvolte tutte le 1. Le 1. appaiono grandi, con superficie di taglio color giallo-burro, e in esse non si riconosce più alcuna struttura linfoghiandolare; mostrano spesso rammollimenti, nei quali già macroscopicamente si può osservare glea (1). Microscopicamente si trova, accanto ad una quasi completa scomparsa dei linfociti, una intensa proliferazione di cellule reticolo-istiocitarie, che appaiono trasformate in grandi cellule schiumose e fortemente vacuolizzate («cellule di Virchow»). Esse contengono abbondanti lipoidi birifrangentì e bacilli lebbrosi per lo più in grande numero. Vi è combinazione con amiIoide. Nelle frequenti associazioni della lebbra Iepromatosa con la tubercolosi, vengono osservate anche alterazioni tubercolari caseifiche unitamente ad alterazioni lebbrose.
Tifo addominale Durante la tumefazione midollare, le 1., particolarmente quelle della radice mesenterica, sono ingrossate (fino ad una nocciola e più). L a superficie di taglio è dapprima iperemico-rossa, poi pallida, « midollare ». (1) Dal greco yAotóg, umore viscoso (N. d. T.).
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Istologicamente la tumefazione midollare corrisponde ad una proliferazione più o meno intensa e spesso molto pronunciata verso l'interno del sinusoide, delle cellule di sponda, che si trasformano nelle tipiche, « cellule tifose » o « cellule di Rindfleisch », e a forma di cordoni, di reti o di noduli dissociano tutta la L. In alcuni casi anche le cellule reticolari dei noduli corticali e dei cordoni midollari sono ugualmente alterate e aumentate di numero. Il tessuto linfoide è dapprima leggermente iperplastico, più tardi, per l'iperplasia delle cellule tifose, va incontro ad una progressiva atrofia. Circa l'associazione di necrosi cfr. pag. 1035. Non molto raramente intervengono emorragie particolarmente intense e necrosi emorragiche. Per lo più si arriva alla ricostituzione delle strutture linfatiche normali; ad ogni modo, può per più tempo rimanere riconoscibile una atrofia. In alcuni casi le alterazioni L. dimostrano carattere abortivo molto lieve con un catarro dei seni e cellule tifose scarse o mancanti. Interviene una esacerbazione di antiche alterazioni tubercolari. Altri particolari e lett. in STERNBERG, DONATH; cfr. anche nel capitolo intestino e pag. 1133. Anche nel paratifo può formarsi (secondo STERNBERG, « pressocché regolarmente ») una tumefazione midollare delle L., con gli stessi caratteri istologici sopra descritti.
Varia Su ulteriori reperti nelle malattie tropicali, nelle leishmaniosi, brucellosi, malattie da rickettsie, istoplasmosi, filariasi, blastomicosi, ecc. cfr. il cap. milza e i compendi di BUNGELER, ASH, e i manuali. Nella morva si possono rilevare infiltrati parvicellulari, spesso anche suppurazioni e eventualmente emorragie. Nel morbo di Bang si trovano anche nelle 1. talvolta granulomi miliari a cellule epitelioidi, i cosiddetti « noduli di Bang» (fig. 295).
4. M A L A T T I E V I R A L I L I N F O T R O P E Linfocitosi infettiva acuta L a linfocitosi infettiva acuta (SMITH 1941) è una malattia virale, che compare soprattutto nel bambino. Si trovano accanto a puntate febbrili di breve durata tumefazione delle linfoghiandole, tumori massivi di milza, catarro delle vie aeree superiori, così come esantema morbilliforme o scarlattiniforme. Tipica è una linfocitosi del sangue circolante (fino a più di 100.000 leucociti, di cui fino al 95 % di linfociti maturi).
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G r a n u l o m a a cellule epitelioidi nel m o r b o d i B a n g . D a u n a f o t o g r a f i a di MEESSEN.
Le L. mostrano nel preparato istologico una proliferazione delle cellule della sponda dei sinusoidi e del reticolo della polpa, che è completamente riempito di linfociti, degenerazione inoltre dei centri follicolari linfatici, infine (secondo HEILMEYER) infiltrati di granulociti neutrofili ed eosinofili. Per lo più si osservano anche nel midollo osseo (al contrario della pertosse) abbondanti linfociti, talora anche quadri che ricordano una leucemia linfatica. L a diagnosi differenziale con la leucemia linfatica, la mononucleosi infettiva e specialmente con la pertosse è in generale possibile senza difficoltà. Mancano referti sopra casi mortali e autoptici. Deve essere brevemente ricordata la « iperllnfocltosi acuta asintomatica » descritta da HAVAS, della quale ammalano specialmente i bambini. Non vi è ingrossamento L.; istologicamente si osserva un impoverimento di linfociti dei centri germinativi con corrispondente aumento degli istiociti.
Mononucleosi infettiva La mononucleosi infettiva, l'angina a cellule monocitiche o a cellule linfoidi, la febbre linfoghiandolare di Pfeiffer vengono oggi considerate piuttosto quadri morbosi identici, provocati da un virus linfotropo ultravisibile. I casi compaiono in forma epidemica o sporadica, per lo più in bambini e giovani. Non sono rare le recidive. La prognosi è buona. Reperti autoptici
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s o n o s t a t i q u i n d i c o m u n i c a t i a b b a s t a n z a r a r a m e n t e (ALLEN e KELLNER, CUSTER e SMITH — 9 casi — , SHARP l e t t . su a l t r i casi, ecc.). S u p e r a t a l a m a l a t t i a r e s i d u a i m m u n i t à . S u l l e c a r a t t e r i s t i c h e reazioni sierologiche c f r . i m a n u a l i . L a sintomatologia clinica è o l t r e m o d o p o l i m o r f a . S o p r a t t u t t o c a r a t t e r i s t i c h e sono la febbre, la tumefazione ghiandolare e splenica oppure la tumefazione d i t u t t o il s i s t e m a l i n f a t i c o e u n a m o n o n u c l e o s i d e l s a n g u e c o n u n a l e u c o c i t o s i d a 10.000 fino a 50.000 e p i ù leucociti, d i cui il 50 % fino al 90 % è c o s t i t u i t o d a mononucleati, con non raramente u n a neutropenia relativa o assoluta, t a l o r a fino a l l a a g r a n u l o c i t o s i . G e n e r a l m e n t e v e n g o n o d i s t i n t e 3 forme di decorso, cioè: 1) l a vera febbre ghiandolare di Pfeiffer, c o n t u m e f a z i o n e L . gener a l i z z a t a , s e n z a a n g i n a , s o p r a t t u t t o n e i b a m b i n i piccoli; 2) l a forma anginosa, c o s i d d e t t a angina a cellule monocitoidi 0 linfoidi di W . SCHULZ n e l l a q u a l e le tonsille p o s s o n o p r e s e n t a r e u n ' a n g i n a c a t a r r a l e , follicolare-lacunare, m e m b r a n o s a o p s e u d o - m e m b r a n o s a o a n c h e u l c e r o s a (necrosi), n o n r a r a m e n t e c o i c a r a t t e r i d i u n a d i f t e r i t e o d i u n ' a n g i n a di PLAUT-VINCENT. C o n l a p a r t e c i p a zione d i t u t t o l ' a n e l l o l i n f a t i c o f a r i n g e o (alterazioni che p o s s o n o d o m i n a r e il q u a d r o ed e v e n t u a l m e n t e essere c o m p l i c a t e d a u n i n t e n s o e d e m a ) si p u ò g i u n g e r e a l l a d i s p n e a ed al pericolo d i s o f f o c a m e n t o ; 3) l a forma pura febbrile {febbre ghiandolare tifoide). U l t e r i o r i p a r t i c o l a r i sulla s i n t o m a t o l o g i a , sulle c o s i d d e t t e v a r i e t à c e r v i c a l i , t o r a c i c h e , a d d o m i n a l i , ecc., s o p r a i c a s i c o n s i n t o m i p i ù o m e n o g r a v i sino ai p i ù g r a v i neuritici, m e n i n g i t i c i o/e e n c e f a l i t i c i (1), sui c a s i c o n c a r a t t e r i s t i c a « e p a t i t e , n e f r i t e o m i o c a r d i t e m o n o n u c l e a r e », sui f r e q u e n t i c a t a r r i delle v i e aeree superiori e d i g e s t i v e , su o c c a s i o n a l i t e n d e n z e a l l ' e m o r r a g i a , e s a n t e m i d e l l a pelle, ecc., cfr. i t e s t i e m a n u a l i clinici. L e cellule m o n o n u c l e a t e d e l s a n g u e c i r c o l a n t e v e n g o n o d e s i g n a t e c o m e cellule linfoidi, c o m e monociti linfoidi o linfatici, c o m e monocitoidi ecc.; accanto a q u e s t e si t r o v a n o , s t r e t t a m e n t e i m p a r e n t a t e c o n loro, le plasmacellule linfatiche ( a u m e n t a t e f o r t e m e n t e s o p r a t t u t t o n e l l a r u b e o l a , v e d i s o t t o ) , inoltre grosse cellule del tipo dei linfoblasti ed infine linfociti maturi, n e l l ' i n s i e m e q u i n d i un q u a d r o molto variopinto, polimorfo. I tipi cellulari ricordati v e n g o n o c o n s i d e r a t i d a g l i u n i c o m e d e r i v a t i i m m a t u r i delle cellule r e t i c o l a r i d e l s i s t e m a l i n f a t i c o (MÒSCHLIN, TISCHENDORF, H E I L M E Y E R , SIEDE e a l t r i ) o p p u r e s e m p l i -
c e m e n t e d e l S. R . I . (TRAUTMANN e KANTHER e altri) e q u i n d i il q u a d r o m o r b o s o v i e n e a n n o v e r a t o t r a le reticulosi. A l t r i , c o m e p. es. KLIMA, v e d o n o i n v e c e nelle « m o n o n u c l e a r i » f o r m e i r r i t a t i v e d e i l i n f o c i t i m a t u r i ; la f o r t e l i n f o c i t o s i p o s t - i n f e t t i v a a t t e s t e r e b b e che le « f o r m e i r r i t a t i v e » s o n o c a p a c i di regressione.
Anatomo-patologicamente si rinviene una estesa tumefazione (iperplasia ed edema) dell'intero sistema linfatico, che però non viene uniformemente interessato. La tumefazione può circoscriversi a determinate porzioni del sistema linfatico, ed esso viene anche colpito a più riprese, cosicché, tra l'altro, in una 1. si possono osservare diverse fasi del processo l'una accanto all'altra; alcune parti rimangono di solito indenni da alterazioni. Le 1. talvolta ingrossate solo moderatamente, poi ancora più intenti) TRAUTMANN, i v i l e t t . — p e r l a diagnosi differenziale con la l i n f o c i t a r i a a c u t a b e n i g n a cfr. PARRY, lett.
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samente, eventualmente fino alla grandezza di un uovo di piccione, sono sode, con aspetto pallido umido, edematoso, uniforme sulla superfìcie di taglio. Suppurazioni e necrosi non fanno parte del quadro tipico. Sono prevalentemente interessate le 1. della regione del collo (soprattutto della nuca), e del capo, inoltre le ascellari, più raramente quelle della regione inguinale e degli altri distretti (p. es. forme toraciche, addominali, ecc.). La tumefazione del tessuto linfatico della faringe (tonsille, anello linfatico di Waldeyer) può essere assai cospicua e determinare una dispnea (forte edema); interviene edema della glottide. La milza è di regola ingrandita;
Fig. 296. Fitto infiltrato di cellule reticolari e di grandi cellule mononucleate nella mononucleosi infettiva. Da una fotografia di MEESSEN.
la capsula sottile e infiltrata da cellule mononucleate è tesa. Sono state osservate ripetutamente rotture spontanee della milza (STEIGE e altri, C U S T E R e SMITH, SHARP ivi lett., K A S S e R O B B I N S e altri). La polpa è molle, i follicoli sono di regola piccoli e a limiti indistinti. Si osserva inoltre un'iperplasia delle strutture linjatiche della mucosa intestinale, del tessuto linfoadenoide del nasofaringe, ecc. Può essere ingrossato anche il timo. Istologicamente gli stadi iniziali sono aspecifìci, tuttavia le alterazioni ben definite sono così caratteristiche, che rendono possibile la diagnosi sul preparato (fig. 296). La struttura fondamentale dei linfonodi, sempre mantenuta, viene mascherata da una iperplasia reticolare diffusa in parte anche noduliforme (con leggero aumento delle fibre reticoliniche) con fitta e in
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parte fittissima infiltrazione di grandi cellule mononucleate. Tra le cellule reticolari e le mononucleate si trovano tutti gli stadi di passaggio. Il processo inizia per lo più con una proliferazione delle cellule della sponda del seno, che in parte si trasformano in grandi cellule mononucleate così che i seni, dapprima dilatati, in seguito apparentemente compressi, sono completamente ripieni di cellule R. I. in parte fisse, in parte mobilizzate, di molti mononucleati e di alcuni macrofagi fagocitarì. In un periodo di poco posteriore si giunge ad una evidente reticulosi della polpa, in rapporto, secondo l'opinione di alcuni, più coi follicoli (iperplasia follicolare a grossi centri germinativi, G A L L e S T O U T e altri) secondo l'opinione di altri più con i cordoni midollari. Il tessuto è infiltrato assai fittamente da grosse cellule basofile che verosimilmente originano dal S. R . Esse vengono definite come monoblasti linfatici o linfoidi (TISCHEND O R F , M Ò S C H L I N ) O ancora plasmoblasti, e considerate come cellule staminali dei monociti linfoidi e delle plasmacellule (forme di passaggio). Queste ultime vengono quindi convogliate nel sangue. Secondo M Ò S C H L I N questi monoblasti non sarebbero forme cellulari patologiche, ma particolari forme reticolari cellulari, già fisiologicamente preformate, stimolate dall'agente causale dell'infiammazione e proliferate. H E I L M E Y E R , S I E D E e altri considerano i mononucleati come cellule atipiche reticulogene, sviluppate in senso linfocitario e plasmacellulare, ma non ancora completamente definite. Anche T R A U T M A N N e K A N T H E R parlano di una « deviazione » della citogenesi. L'infiltrazione linfoide può estendersi alla capsula, cosi che i gruppi L. si fondono l'uno con l'altro; l'individualità delle singole L. è tuttavia sempre mantenuta. Nell'insieme, secondo C U S T E R e S M I T H le alterazioni variano tra quelle a tipo di iperplasia follicolare semplice e quelle somiglianti ad un linfosarcoma (mascheramento della struttura per una diffusa infiltrazione cellulare). Poiché la struttura fondamentale, come già ricordato, viene mantenuta, non interviene di regola fibrosi nella restitutio ad integrum. Nella milza si trovano alterazioni identiche; la polpa iperplastica, i follicoli, i vasi (anche in sede sotto-endoteliale), le trabecole e così via, sono assai fittamente infiltrati di mononucleati con riempimento dei seni, così che la struttura fondamentale non è assolutamente più riconoscibile. D i regola le alterazioni descritte come caratteristiche per il sistema linfatico, si trovano in forma più o meno generalizzata anche in altri organi; si instaura quindi una reticoio-istiocitosi generalizzata sistemica, con infiltrati di cellule reticulogene mononucleate più o meno pronunciati o estesi, disposti soprattutto attorno ai vasi. Sono in tal modo spesso colpiti il midollo osseo e il fegato; in casi autoptici gli stessi infiltrati mononucleati si sono però rinvenuti anche nei polmoni (infiltrato interstiziale linfoide), nei reni, surreni, testicolo, meningi, attorno ai vasi cerebrali (sintomi meningo-encefalitici, cfr. TRAUTMANN), nella pelle, nel miocardio (cfr. anche i reperti clinici di K A L K e altri) e in altri organi ( A L L E N e K E L L N E R , C U S T E R e SMITH, S H A R P , ivi lett., K A S S e R O B B I N S ) . Sono rari gravi danni parenchimali tossici nel fegato, nei reni, nel S. N. C., ecc. (SHARP, ivi lett.). Può essere considerato come certo che le cellule mononucleate derivano nei diversi punti dalla corrispondente porzione del S. R. I. 67 —
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Nonostante il midollo osseo sia spesso stato definito come inalterato, è s t a t a recentemente rilevata u n a serie di reperti molto caratteristici. Per lo più esiste u n a iperplasia del midollo osseo. S C H L E I C H E R , H O V D E e S U N D B E R G , K A B E L I T Z , hanno rinvenuto una intensa iperplasia ret. ist. in parte con tipici noduli a cellule epitelioidi (molte mitosi), che si possono distinguere solo con difficoltà da analoghi reperti nelle brucellosi, nel sarcoide e nella Tbc. Mancano cellule giganti di Langhans e caseificazioni. Nella loro prossimità questi AA. hanno riscontrato per lo più u n accumulo di granulociti eosinofili, linfociti e plasmacellule. I granulomi giacciono t a n t o nella porzione emopoietica del midollo osseo q u a n t o anche nel midollo adiposo. Nelle malattie sopra ricordate, da distinguere nella diagnostica differenziale, i granulomi sono solitamente più grandi e più nettamente delimitati. Inoltre si p u ò considerare oggi come assolutamente certo che mononucleati si formano anche nel midollo osseo. T R A U T M A N N e K A N T H E R , S C H L E I C H E R , K A B E L I T Z (cfr. anche C A M P B E L L e altri) descrivono nidi diffusamente disseminati, che contengono, al centro, cellule staminali reticolari linfoidi (plasmoblasti linfoidi o monoblasti linfoidi), alla periferia, le forme più mature; molte mitosi. I nidi possono essere così fittamente disposti che sembrano soffocare il parenchima mieloide. Non si t r a t t a per essi di follicoli linfatici trasformati, che già normalmente appaiono nel midollo solo isolati. La granulopoiesi è aumentata, con deviazione a sinistra. Viene generalmente posto in rilievo l'aumento dei granulociti eosinofili, mentre i granulociti neutrofili sono in parte già assai prima diminuiti. P u ò esservi neutropenia anche nel sangue periferico. Viene ricordato l'aumento dei macrofagi fagocitanti. I n linea generale si può davvero supporre la preesistenza di un leggero disturbo di maturazione, non solo nel campo della granulopoiesi neutrofila m a anche in quello dell'entro- e trombocitopoiesi; resta indeciso se causato da condizioni tossiche o splenogene (tumore di milza). Infiltrati periportali del fegato, in parte nodulari, a cellule linfoidi, sono stati ripetutamente descritti ( K I L H A M e S T E I G M A N , B E C K e H A E X , S H A R P , lett. K A L K e Coli., T R A U T M A N N , dati clinici e lett. e altri), e sembrano costituire un reperto costante. Il fegato è spesso ingrandito e indurito; la malattia, che viene per lo più definita come « epatite mononucleosa » può esordire con un ittero. Accanto agli infiltrati periportali, K A L K riscontrò tumefazione, arrotondamento e desquamazione delle cellule stellate di Kupffer (con trapasso in mononucleati), che occludevano addirittura i capillari. Le cellule parenchimali epatiche presentano, in distretti di varia estensione, il quadro del rigonfiamento torbido, necrosi dei singoli epatociti, deposito di pigmento, perdita di glicogeno, ecc. ( S H A R P , lett. cfr. anche K A S S e R O B B I N S ) ; secondo K A L K tali alterazioni, in contrapposto a quelle descritte per il S. R . I. regrediscono completamente. Ciò può variare da epidemia a epidemia. F a difetto un aumento di connettivo. Altri particolari sulla morfologia e l'istomorfologia della mononucleosi infettiva in G A L L e S T O U T , A L L E N e K E L L N E R , H E R B U T e M I L L E R , C U S T E R e S M I T H , S H A R P e altri. Siano brevemente ricordate le possibili complicazioni mortali: rottura spontanea di milza, soffocazione per l'iperplasia e la tumefazione linfoide nel distretto delle vie aeree superiori (edema laringeo e della glottide) e per le gravi
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emorragie della faringe. Occasionalmente si manifestano emorragie anche in altri territori. Nella diagnosi differenziale si pensa falsamente, una leucemia linfatica acuta, ma anche al tifo, difterite, una mononucleosi infettiva cronica con un aumento di nel sangue, persistente per 4 anni, che rispose bene surrenalici.
il più delle volte, ad ecc. ISAACS descrisse cellule mononucleate agli estratti cortico-
Analoghe alterazioni del quadro ematico e delle L. mostrano altre malattie virali parimenti linfotrope, come p. es. la rubeola (plasmacellule linfoidi, ma anche monociti linfoidi in prevalenza, nel sangue, plasmoblasti reticolari (MÒSCHLIN), più scarsi monoblasti e, nelle linfoghiandole, midollo osseo e milza, le corrispondenti forme cellulari mature), la epatite epidemica (SIEDE) e la polmonite virale; in campo più ristretto anche la grippe virale, orecchioni, herpes zooster, ecc. ( S I E D E ) . Istologicamente M Ò S C H L I N vide nella rubeola grandi noduli secondari, indistintamente delimitati, con numerose mitosi e picnosi; nei cordoni midollari grandi cellule in rapporto al tessuto reticolare, con nuclei di tipo vescicoloso e corpuscoli nucleari (plasmoblasti). Le stesse cellule si trovavano anche nella zona corticale dei follicoli. Plasmacellule mature erano solo sporadicamente presenti. Anche nella poliomielite anteriore acuta si possono frequentemente riconoscere alterazioni iperplastiche ed infiammatorie nelle L., midollo osseo, milza e follicoli intestinali, simili a quelle di altre malattie virali. In corrispondenza dei centri germinativi sono state descritte alterazioni degenerative, trasudazioni, cellule giganti e corpuscoli da inclusione isolati. I follicoli linfatici della parete intestinale mostrano talvolta quadri simili a quelli del tifo addominale; nella poliomielite anteriore acuta prevalgono tuttavia i danni di tipo degenerativo (SOMMER e altri).
Linfoadenite virale benigna; Lymphoréticulose bénigne d'inoculation; malattia da graffio di gatto Nella malattia da graffio dì gatto (1) si tratta di una infezione virale a decorso subacuto, che viene trasmessa per mezzo del graffio (unghie di gatti e di altri animali) all'uomo, in tutte le età della vita e di ambedue i sessi. L'« affezione primaria » della cute è per lo più piccola e irrilevante (papula, pustola, come una puntura di zanzara) e guarisce rapidamente. Come possibili porte di entrata sono state ancora riconosciute le tonsille (MOLLARET, MADURO e altri) e l'occhio (CACHIN e BEAUMONT, DE LAVERGNE e altri). È incerto se intervengono anche infezioni enterogene. (HEDINGER vide in bambini alterazioni nelle 1. mesenteriche, che corrispondevano (1) M a l a d i e s des grifies de c h a t O c a t s c r a t c h f e v e r (DEBRÉ, MOLLARET, 1950); istologia c o n b u o n e figure in HEDINGER, inoltre WEGEMANN e altri.
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largamente ai reperti sotto descritti m a che però in base ad una diagnosi differenziale non potevano venire chiarite (i). Clinicamente presenta maggior rilievo la tumefazione delle 1. regionali (« complesso primario »), che perdura per alcune settimane o mesi e guarisce spontaneamente. U n a successiva generalizzazione sembra essere rara. L e 1. diventano grandi quanto una nocciola o più, sono spesso saldate in pacchetti e generalmente di consistenza molle. L a loro superficie di taglio appare grigio-rossa; presenta per lo più necrosi giallastre ed ascessi (eventualmente fistole), di diversa grandezza e disposizione. Secondo la porta di entrata dell'agente, vengono distinti complessi -primari cutaneo-ghiandolari, tonsillo-ghiandolari e oculo-ghiandolari. L'affezione primarla poté essere esaminata istologicamente da H E D I N G E R in due casi. Si trovarono una ulcerazione pianeggiante e, sul fondo dell'ulcera, accanto a fitti infiltrati di linfociti, plasmacellule e leucociti, eos., una proliferazione di elementi cellulari istiocitari; in parte anche caratteristici noduli tuberculoidi in stratificazione irregolare, in parte vascolarizzati e contenenti qua e là singole cellule giganti a tipo L A N G H A N S o a tipo di cellule giganti da corpo estraneo. Nel territorio delle L. (secondo H E D I N G E R ) l'infiammazione prende il suo punto di partenza dal seno marginale. Di qui essa si allarga ulteriormente. Focolai vicini confluiscono, cosicché infine le strutture di tutta la linfoghiandola sono mascherate o distrutte. Vengono spesso coinvolti nel processo anche la capsula e il tessuto confinante. Si tratta di un tessuto di granulazione con proliferazione di elementi reticolo-istiocitari, in parte a più nuclei (mitosi aumentate), linfociti, plasmacellule in quantità variabile, e di solito molto rari, o del tutto assenti, granulociti neutrofili ed eosinofili. Le cellule ematogene migranti ricordate, si trovano invece nel tessuto capsulare e in sede pericapsulare, per lo più a disposizione assai più fitta. Molto caratteristiche, anche se non specifiche, sono proliferazioni circoscritte di cellule epitelioidi R . I. a tipo di noduli tubercolosi. Questi ultimi non contengono vasi, talvolta invece cellule giganti di tipo Langhans o a tipo di cellule giganti da corpo estraneo. Molti di questi noduli possono fondersi l'uno con l'altro in convoluti più grandi. In una fase alquanto tardiva, essi presentano quasi regolarmente necrosi centrali (a tipo prevalentemente nastriforme nella periferia della L., a tipo prevalentemente stellato nel suo centro), che possono ugualmente confluire in aree maggiori, cosi che l'intera L., compresa la capsula e il tessuto limitante, appare necrotica. A l contrario delle caseificazioni Tbc., di regola omogenee, le necrosi contengono abbondanti detriti cellulari e nucleari e leucociti (fig. 298). Come nella tularemia, manca una intensa essudazione fibrinosa; per contro non si possono evidenziare, alla periferia delle necrosi, le schiarite vacuolari del tutto caratteristiche della tularemia. Le necrosi vengono circondate da un ampio orlo di tessuto di granulazione epiteliolde (fig. 297) che è limitato
(1) Noi potemmo confermare la comparsa occasionale di tali alterazioni in questa sede.
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dalle due parti in modo relativamente netto. Precocemente (circa 1 mese dopo l'inizio della malattia), le necrosi vengono organizzate a partire dal loro margine. Le strutture fondamentali dello stroma linforeticolare sono, tra i granulomi, generalmente conservate, tuttavia si trovano un'iperplasia ret.-ist., centri di reazioni notevolmente grandi e una infiltrazione per lo più modesta di plasmacellule, granulociti neutrofili ed eosinofili; l'infiltrazione è un poco più fitta in prossimità dei noduli. Occasionalmente si rinvengono cellule ret. polinucleate, con nuclei chiaramente e grossolanamente lobulati, simili alle cellule di Sternberg, le quali però non contengono strutture cromatiniche cosi conglobate e corpuscoli nucleari palesemente ingranditi. Altri reperti istologici in D E B R É , M O L L A R E T , W E G E M A N N e altri. Di regola si può dimostrare una linfangite e flebite intensa, le arterie sono invece per lo più inalterate.
Fig. 297. Granuloma a cellule epitelioidi con necrosi centrale infiltrata di leucociti e di detriti nucleari. Da una fotografia di M E E S S E N .
Eziologicamente si tratta di un'infezione virale. La malattia è trasmissibile alle scimmie e viene diagnosticata per mezzo di particolari reazioni sierologiche. Una esatta specificazione del virus non è stata ancora possibile. Esso appartiene verosimilmente al cosiddetto gruppo psittacosi-linfogranuloma inguinale. Diviene quindi comprensibile l'analogia del quadro istologico con quello di questo gruppo di malattie. Nel citoplasma delle cellule che costituiscono il granuloma, sono stati evidenziati granuli colorabili secondo U N N A o G I E M S A e considerati come il substrato del virus. Secondo H E D I N G E R è tuttavia discutibile se non si tratti di mastzellen. Nella diagnostica differenziale la distinzione dal linfogranuloma inguinale (nella malattia da graffio di gatto possono essere colpite anche le 1.
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della regione inguinale) dalla tularemia, dalla Tbc. a infezione mista, dalla brucellosi, ecc., diviene difficoltosa secondo i casi, e spesso possibile solo con la dimostrazione dell'agente o per mezzo delle reazioni sierologiche tipiche per la malattia da graffio di gatto.
Linfoadenite acuta addominale Leggera malattia infettiva acuta dell'età infantile (2-12 anni) con dolore addominale a tipo di colica, parete addominale tesa, soprattutto a destra e temperature elevate per pochi giorni. Durata: una settimana circa. A l tavolo operatorio si trovano, nel distretto della radice mesenterica, particolarmente in sede ileocecale, L . più o meno intensamente ingrandite. In una parte dei casi, l'appendice è ispessita e iniettata, talora vi è essudato peritoneale. Istologicamente le L. mostrano il quadro di una linfoadenite aspecifica acuta o subacuta. Eziologicamente viene sospettata una infezione virale. Infezioni streptococciche delle tonsille palatine o della regione faringea fanno da battistrada ( B A C K E R e J A M E S e altri).
Linfogranuloma inguinale 0 venereo (1) Il linfogranuloma inguinale 0 venereo (cosiddetta malattia di Nicolas-Fa vre) è molto verosimilmente una vera malattia sessuale (2), che compare più frequentemente ai tropici (bubbone climatico), m a in una percentuale molto ristretta di casi in tutte le parti della terra (soprattutto in città marittime, marinai, prostitute, t u t t a v i a anche nell'entroterra). Gli uomini ammalano più frequentemente delle donne. L'affezione primaria, per lo più piccola e irrilevante, ulceriforme, papuliforme o erpetiforme, risiede di regola sui genitali esterni (infezioni extra-genitali sono rare), si limita alla superficie e guarisce rapidamente. Sta in primo piano la tumefazione dei gruppi 1. inguinali e femorali, per lo più duri, poco dolenti, i cosiddetti bubboni. Non raramente le alterazioni però procedono anche verso i gruppi 1. più profondi del bacino. D i massima può essere colpito ogni gruppo 1. Le 1. ingrandiscono spesso considerevolmente. Per la intensa periadenite, nelle fasi più tardive notevolmente callosa, si saldano in grossi pacchetti fra di loro e con le parti circostanti (cute, fascie muscolari, ecc.). Esse mostrano un colorito rosso-fresco fino a rosso-scuro-grigiorosso o grigio (secondo la fase). Nella maggior parte (1) MELCZER, lett. fino al 1940, BETTINGER, F A V R E , 1949, SMITH e (istologia di 558 casi). (2) Cosiddetta quarta malattia sessuale o Paradenitis venerea.
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dei casi esse sono cosparse di numerosi ascessi rotondi od ovali, talora stellati, della grandezza di un grano di miglio o di un pisello (e più grandi), di regola però grandi circa quanto la capocchia di un fiammifero, dai quali fuoriesce un liquido puriforme, giallastro-verde, spesso mucoide. Alterazioni infiammatorie più intense intervengono anche nel tessuto circostante e occasionalmente ne consegue lo svuotamento dell'ascesso attraverso la cute (fistola). Le granulazioni mostrano una forte tendenza alla callosità. Nelle sezioni istologiche le strutture abituali sono sostituite da un tessuto di granulazione, che presenta un notevolissimo polimorfismo cellulare. Si trovano accanto a numerosi vasi, moltissime plasmacellule, cellule ret., istiociti, cellule giganti in parte di tipo Langhans, in parte di tipo Sternberg, monociti, granulociti neutrofili e eosinofili, linfociti. Tali quadri ricordano le alterazioni nel morbo di Sternberg-Hodgkin e portavano in passato alla definizione « linfogranuloma ». Mentre in una fase precoce predomina la proliferazione delle cellule del reticolo e delle cellule della sponda dei sinusoidi (non raramente si trovano anche noduli a cellule epitelioidi), in un secondo tempo si instaurano caratteristiche necrosi granulari (detriti nucleari), nelle quali poi migrano leucociti (ascessi). Solo raramente esse si continuano nel tessuto circostante senza limiti netti (BETTINGER). Di regola vengono circondate perifericamente da un orlo di cellule epitelioidi spesso chiaramente ordinate a tipo di palizzata, con cellule di Langhans, talora anche cellule giganti di Sternberg. Segue, verso l'esterno, un fitto strato di plasmacellule con frammiste cellule giganti e vasi in quantità assai abbondante. Il linfogranuloma inguinale si distingue dalla Tbc. e dalla sifilide per la necrosi non omogenea, molto più granulare, spesso fittamente infiltrata da leucociti e la evidente stratificazione del vallo che circonda le necrosi o l'ascesso, anche se deve venir ricordato che il quadro istologico, nei casi tipici, è molto caratteristico, ma affatto specifico. B E T T I N G E R ricorda ancora a questo proposito come i noduli tubercoloidi siano più grossi che nella Tbc., senza che si abbia l'impressione che essi si siano costituiti per confluenza. Quasi sempre le granulazioni invadono la capsula e il tessuto circostante (tessuto adiposo, pelle, fasce, ecc.). Nei vasi esistono spesso una endoarterite obliterante e trombi-ialini; vi è inoltre linfangite. In corrispondenza delle granulazioni si trovano, in sede intra ed extra-cellulare i cosiddetti « corpuscoli di Donovan » piccolissimi e più grandi, grandi fino a 5 fi, basofili, colorabili con i coloranti nucleari: si tratta verosimilmente di detriti nucleari. Per un forte aumento delle fibre a graticcio, che si trasformano poi in fibre collagene, si giunge infine alla sclerosi e alla ialinizzazlone. Infezioni miste secondarie possono mascherare notevolmente il tipico quadro. Le affezioni primarie presentano erosioni superficiali e necrosi delimitate da fitti infiltrati granulocitari, che circoscrivono un tessuto di granulazione alquanto polimorfocellulare, ma aspecifico, con infiltrati plasmocitari di intensità variabile da caso a caso, ma in parte eccezionalmente intensi. In profondità vi sono talvolta anche formazioni epitelioidi come nelle L . Molto verosimilmente nel linfogranuloma inguinale, come nella sifilide e nella Tbc. si tratta di una vera malattia infettiva ciclica. Nello stadio della
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generalizzazione ematogena, in rapporto al complesso primario, si trovano senza dubbio assai raramente sintomi definiti, come esantemi disseminati della pelle, ecc. WOHLWILL rinvenne in una serie di casi autoptici un interessamento molto pronunciato di tutto il sistema linfatico, con interessamento del S. R . I. in parte diffuso, in parte a tipo di focolaio o noduliforme (come nel morbo di Bang); inoltre, secondo le sedi, una fittissima infiltrazione plasmacellulare del sistema linfatico e del nodulo osseo, reperti che ricordano il plasmocitoma (cfr. pag. 1003), t a n t o più che di regola si può osservare anche una intensa iperglobulinemia (GSELL). Nelle L . e follicoli della milza, gli infiltrati plasmacellulari possono mascherarne progressivamente la struttura fondamentale. Nella milza t u t t a v i a erano dimostrabili anche ascessi miliari con orli epitelioidi, in parte in corrispondenza dei corpuscoli di Malpighi. Interviene un 'amiloidosi. Per ciò che riguarda le alterazioni tardive ricordiamo brevemente il cosiddetto estiomene, l'elefantiasi genito-anorettale (restringimento cicatriziale del retto, ecc.) (particolarmente nelle donne). Il tessuto di granulazione mostra istologicamente strutture che se non sono di regola caratteristiche, alcune volte possono esserlo, vale a dire ascessi miliari circondati da valli cellulari epitelioidi come nelle L . Particolari in MELCZER. Eziologicamente si t r a t t a di una malattia virale. I corpuscoli elementari sono stati spesso dimostrati nei preparati per striscio e nelle sezioni. Ricerche con l'ottica elettronica (LÉPINE ed altri) dimostrarono che sono circondati da una membrana. L a loro analogia con le rickettsie lasciò pensare ad una parentela di questi grossi virus con questo gruppo di agenti. L a diagnosi si p u ò accertare con la prova di Frei: reazione di ipersensibilità verso « l'antigene di F r e i » (pus pastorizzato dai bubboni). L'allergia si sviluppa però solo 5-8 settimane dopo l'infezione. Sul problema della immunità, della re- e superinfezione, cfr. MELCZER e i manuali.
Linfogranuloma maligno (PALTAUF-STERNBERG-HODGKIN):
CAPITOLO
cfr.
pag.
784.
VILI
MALATTIE SISTEMATICHE CON INTERESSAMENTO DEI LINFONODI 1. RETICULOSI E GRANULOMATOSI: cfr. pagg. 741 e segg. 2. LEUCOSI, CLOROMA: cfr. pag. 822.
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CAPITOLO I X
NEOPLASIE DEL TESSUTO LINFATICO
1. T U M O R I
BENIGNI
Come linfomi benigni dell'intestino crasso vengono designati polipi rettali (solitari o multipli) della grandezza da un pisello a un mandarino, situati nella mucosa, a base ampia o peduncolati, che sono costituiti da un tessuto linfatico ricco di centri germinativi, m a non posseggono alcuna capsula. Nonostante l'eventuale mancanza di limiti netti, l'invasione della muscularis mucosae e mitosi notevolmente aumentate, fenomeni che possono destare sospetto di malignità, essi si comportano clinicamente come benigni e non mostrano nessun rapporto con una malattia sistemica ( D U P E R R A T , H E L L E R e L E W I S ; ivi lett.). Noi v e d e m m o piccoli lipomi multipli nelle L . di un caso di sclerosi tuberosa. Clstoadenolinfomi papilliferi (altri sinonimi: adenolinfoma, adenoma branchiogeno dei linfonodi, ecc. [1]). Per lo più essi compaiono nella 4 a -6 a decade di v i t a (ma anche prima e più tardi), più frequentemente negli uomini che nelle donne. L e neoplasie, rare, benigne, con superficie piatta o mammellonata, capsúlate, per lo più liberamente mobili, ad accrescimento lento e grandi da una nocciola ad una mela, compatte, duro-elastiche, talora però anche molli, sono di regola situate lateralmente nel collo nella regione della parotide e (più raramente) della sottomascellare. Analoghi tumori sono stati descritti (molto raramente) anche in corrispondenza e in prossimità della tiroide e in sede sopraclaveare (2). Il lume della cisti o delle cisti è di solito quasi completamente obliterato da prolungamenti papillari arborescenti o a tipo di cespugli della parete della ciste. L a superficie di taglio, grigia o bruno-pallida è granulosa o a tipo di pasta sfoglia, del tipo del cistoma filloide; frequentemente essa presenta piccole cisterelle multiple, riempite di un liquido colloso o viscoso o anche chiaro. Istologicamente le papille sono ricoperte da un epitelio cilindrico mono-, talora anche pluristratificato senza ciglia; il loro stroma è costituito da tessuto linfoadenoide con follicoli e centri germinativi. Interviene metaplasia in epitelio piatto con o senza corneificazione. Il lume delle cisti contiene una sostanza di tipo colloide, omogenea, eosinofila. Occasionalmente sono stati descritti globi stratificati e calcificati. I cistoadenolinfomi papilliferi vengono interpretati come tumori disontogenetici da germi tissurali
(1) ALBRECHT e ARZT ( 1 9 1 0 — FOSSEL, H A M P E R L , HOED, KOEBERLE, N A S C I M B E N E e Rossi, lett. S C H E F F E R , S K O R P I L , S E R D A R U S C I . ( 2 ) Cfr. a questo proposito le obiezioni di H A M P E R L .
LIECKER,
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aberranti della ghiandola salivare, che sono stati inclusi nelle L. della regione del collo (i), germi, che in ultima analisi originano dagli archi branchiali o rispettivamente anche dalla tasca tiroidea (genesi branchiogena o rispettivamente endodermica). H A M P E R L e altri vedono per contro nelle cellule mature della ghiandola salivare il tessuto matrice dei componenti epiteliali dell'adenolinfoma; oltre a ciò H A M P E R L sottolinea la similitudine degli epiteli con gli « oncociti » (alcuni parlano di « oncocitomi »).
2. T U M O R I M A L I G N I
PRIMITIVI
I sarcomi primitivi del tessuto linfatico, i linfosarcomi (2) (anche sarcomi linfoadenoidi) vengono innanzitutto divisi, da punti di vista istologici, ed anche prescindendo dai rarissimi sarcomi a cellule fusate, in: 1. reticolosarcoml o sarcomi a cellule reticolari o retotelsarcomi (3) o sarcomi reticolari (4) e 2. linfocitosarcomi. I reticolosarcomi sono molto più frequenti dei linfocitosarcomi.
Reticolosarcomi (Ret. Sarc.) I ret. sarc. vengono in generale divisi secondo il grado della loro differenziazione tissurale, che è comparabile allo sviluppo embrionale e post-embrionale del mesenchima degli organi ematopoietici. Quest'ultimo mostra negli stadi precoci dello sviluppo embrionale una struttura citoplasmatica sinciziale afibrillare. Verso il 6° mese di gravidanza, le cellule tendono a separarsi l'una dall'altra e compaiono le prime fibrille impregnabili con l'argento. In un tempo successivo cresce costantemente la tendenza delle cellule ad individualizzarsi e a formare fibrille. In questo senso vengono distinti ret. sarc. 1) completamente immaturi sinciziali-afibrillari e 2) più maturi, più o meno ricchi di fibrille argentofile. Altri schemi di classificazione in R O U L E T , G É R Y e B A BLET, OLIVEIRA, RÒSSLE, AHLSTROEM, ROBB-SMITH, G A L L e M A L L O R Y ,
SCHILD
e altri. (1) Otricoli ghiandolari sono stati riscontrati come reperto collaterale nelle L. delle seguenti regioni: regione del collo (p. es. l'osservazione di KAUFMANN, di cui STERNBERG, nel manuale (fig. 58) riporta un quadro) e in prossimità della parotide e di altre ghiandole salivari, nei dintorni del pancreas, nei dintorni dell'utero (cfr. nel carcinoma dell'utero, diagnosi differenziale con metastasi carcinomatose), nelle L. del piccolo bacino, dell'inguine, del mesentere e del cavo ascellare. (2) GHON e ROMAN, OBERLING, EHRLICH e GERBER, RÒSSLE, ROULET, OLIVEIRA, AHLSTROEM, GALL e MALLORY, ROBB-SMITH, SYMMERS, JACKSON e PARKER, V. D. M E E R e ZELDENRUST, WILI.IS.
(3) Secondo Secondo
(4)
RÒSSLE. AHLSTROEM.
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Reticolosarcomi immaturi puramente cellulari Il tipo più indifferenziato i) consiste di cellule disposte in grossi accumuli, grandi, da rotonde a ovali, che trapassano l'una nell'altra senza limiti netti, a tipo di simftlasma (fig. 298). Non di rado mancano completamente limiti cellulari. I nuclei molto polimorfi, spesso grandi, vescicolosi,
Fig. 298. Reticolosarcoma afibrillare a cellule immature. Le cellule trapassano l'una nell'altra senza limiti, a tipo di simplasma.
sono rotondi od ovali, eventualmente presentano incisure e hanno evidente membrana nucleare. Essi contengono 1 0 2 , eventualmente 3, raramente più, corpuscoli nucleari (nucleoli), spesso notevolmente grossolani. La spessa membrana nucleare si colora di regola intensamente. Blocchi o
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filamenti cromatinici circondano soprattutto i corpuscoli nucleari e giacciono al di sotto della membrana nucleare. In altri casi si rinvengono solo strutture cromatiniche fini, molto scarse. I nuclei sono distanziati o anche addossati strettamente l'uno all'altro. Molte mitosi. Il citoplasma è neutrofilo o debolmente basofilo. Esso talvolta contiene vacuoli. In altri casi b) si rinvengono cellule più o meno chiaramente delimitate, unite in un
F i g . 299. R e t i c u l o s a r c o m a , le cui cellule costituiscono un sincizio con i loro prolungamenti; scarse fibrille argentofile (disegno).
sincizio, le cui maglie sono prive di cellule o contengono anche cellule rotonde di vario tipo (fig. 299). Questo tipo è identico al « linfoma a cellule staminali», secondo GALL e MALLORY. In altri casi ancora C), una parte o anche la totalità delle cellule appare sciolta dal suo legame sinciziale. Esse giacciono allora, separate, l'una accanto all'altra (fig. 300). ROBB-SMITH descrive un'ulteriore forma d) nella quale le cellule neoplastiche vengono circondate secondo il tipo dei complessi cellulari alveolari, da cordoni di tessuto fibroso che procedono dalla capsula e dal tessuto
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perivascolare, cosiddetto « ret. sarc. trabecolare, sinciziale » (fig. 301). Infine si danno tipi e) nei quali — analogamente alle forme precoci del tifo addominale — cellule rotonde discendenti dalle cellule reticolari, mobilizzate, monocitosimili, riempiono le maglie del tessuto linforeticolare dapprima conservato e contemporaneamente soppiantano sempre più i linfociti. Nella diagnosi differenziale, questo tipo si deve distinguere dalla fase iniziale della linfogranulomatosi (STERNBERG, HODGKIN) O anche da iperplasie infiammatorie aspecifiche. GALL e MALLORY pongono il «linfoma clasmatocitario » come tipo particolare accanto al « linfoma a cellule staminali » (vedi sopra). Dovrebbero dominare il quadro più o meno normali « clasmatociti » o monociti.
Fig. 300. Reticolosarcoma, le cui cellule si sono per la maggior parte rese indipendenti dall'unione sinciziale.
I ret. sarc. immaturi non presentano alcuna impalcatura fibrillare argentofila propria, nè, di regola, cellule giganti plurinucleate. L a descrizione fatta più sopra permette di riconoscere l'insolita ricchezza di forme di questo tipo neoplastico. Evidentemente ogni tipizzazione di questo genere ha in sé qualcosa di arbitrario. I tipi variano da organo a organo e da caso a caso e possono trapassare l'uno nell'altro. Il tipo tumorale può modificarsi in un paziente anche durante il decorso. Reticolosarcomi maturi con fibrillogenesi, cosiddetti reticolosarcomi dittiocitari (1). II tessuto tumorale mostra un traliccio ben definito di fibre reticoliniche (fig. 302), che forma un intreccio a rete e resta in intimo contatto con (1)
ÒIXTVOV
= rete, dittiocito =
che dà origine a fibre a graticcio.
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le cellule neoplastiche. Le cellule, per lo più poligonali, in parte libere, in parte fisse, unite a* tipo di rete, presentano grandi nuclei, relativamente ricchi di cromatina. Numerose mitosi. Compaiono cellule polinucleate.
Fig. 301. Reticolosarcoma trabecolare sinciziale (disegnato da una figura di ROBB-SMITH).
Reticolosarcomi a cellule miste Essi mostrano, secondo RÒSSLE, accanto alle strutture caratteristiche dei reticolosarcomi puramente cellulari e di quelli fibrillari (vedi sopra) altre caratteristiche: così p. es. un intreccio di fibre reticoliniche a maglie notevolmente ampie, che simulano una struttura pressocché alveolare, che diventa talvolta ancor più evidente per la presenza di abbondanti fibre collagene (fig. 303). I retoteli, cioè le « cellule di rivestimento » delle fibre a graticcio, appaiono talora situati soltanto nei punti di incrocio del graticcio fibrillare. Ancora, essi formano una rete sinciziale ricca di citoplasma, 0 prendono posto negli « alveoli » a guisa di epiteli, oppure stanno appese come gattini di salice alle ramificazioni dell'intreccio fibrillare. I « retoteli » possono rendersi indipendenti da questa unione e si trovano allora situati nelle maglie della rete alveolare (monocitoidi o macrofagi). Viene ventilata da alcuni autori anche una linfocito- e mielocitopoiesi reticulogena (cfr. pag. 773). In altri casi si trovano cordoni di fibre collagene con distribuzione del tutto irregolare. I ret. sarc. a cellule miste sono infine per lo più caratterizzati da numerose cellule giganti mono- o polinucleate e spesso
Reticolosarcoma
fibrillogenetico,
Fig. 302. cosiddetto reticolosarcoma dittiocitario.
Fig. 303Reticolosarcoma a struttura alveolare.
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SANGUE E ORGANI EMOPOIETICI
molto bizzarre, che si avvicinano talvolta molto fortemente nella forma alle cellule di Sternberg. Tali tumori sono chiamati, secondo A H L S T R O E M , anche « sarcomi a cellule polimorfe ». A questo gruppo appartengono sicuramente alcuni casi che sono stati designati come « sarcoma di Hodgkin » o « linfogranulomatosi atipica » (pag. 797), tanto più che i ret. sarc. sono non di rado combinati con una iperplasia sistemica del S. R . In t u t t i i ret. sarc., particolarmente in quelli a cellule immature, si osservano di frequente necrosi e istiociti fagocitanti.
Linfocitosarcomi Sono per lo più tumori che si compongono di cellule alquanto più grandi dei comuni linfociti (10-20 ¡i 0 ) e che vengono designati come sarcomi linfoblastlci. Il nucleo, posto centralmente, rotondo e a limiti netti, prende una colorazione u n po' più pallida di quella dei nuclei dei comuni linfociti. Corpuscoli nucleari (nucleoli) si rinvengono solo raramente. I nuclei sono circondati da un sottile orlo di citoplasma basofilo. Il sarcoma linfocitario, per contro, presenta cellule che non si differenziano affatto da semplici linfociti (linfocitosarcomi parvicellulari, secondo S T E R N B E R G ) . Le mitosi sono di solito molto più numerose nei sarcomi linfoblastici che nel sarcoma linfocitario. Manca un aumento di fibre argentofile e collagene. L a normale impalcatura a graticcio è diffusamente dissociata o anche in cordoni compressa tra accumuli delle cellule neoplastiche follicolosimili, m a assai irregolari (linfoblastosarcoma follicolare secondo R O B B S M I T H ) . Altri tumori descrivono e disegnano un grossolano intreccio di fibre reticoliniche. con JACKSON e P A R K E R e altri, al contrario di OLIVEIRA, DÖRING, e G E R B E R , W I L L I S e altri, nega l'esistenza di forme di passaggio tra linfocitosarcomi e retotelsarcomi, tanto più che regolarmente nel retotelsarcoma si giungerebbe ad una sostituzione dei linfociti. Si porrebbe d'altra parte in rilievo come nei linfocitosarcomi si osservi non raramente, una concomitante reticulosi più o meno accentuata (altri particolari a pag. 773). La divisione dei reticolosarcomi in retotelsarcomi e endoteliomi i quali ultimi dovrebbero avere il loro punto di partenza dagli endoteli del seno (RÖSSLE, R O U L E T e altri), ci sembra, sulla base dei reperti recenti, poco solida (FRESEN, cfr. pag. 614). RÖSSLE,
EHRLICH
Comune ai reticolo- e linfocitosarcomi è che la struttura fondamentale, specialmente il normale traliccio reticolare degli organi linfatici, viene distrutto e progressivamente sostituito da tessuto neoplastico, o soffocato da quest'ultimo. In tal modo si formano di regola quadri particolarmente monotoni. Follicoli linfatici, cordoni midollari e seni linfatici non sono più riconoscibili. Le neoplasie penetrano nella capsula, spesso anche ampia-
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mente nel tessuto o organi circostanti con carattere infiltrativo e destruente. A l contrario che in altri sarcomi, il parenchima originario regredisce per lo più per un'atrofia da compressione (KAUFMANN). KAUFMANN parlò per questo fatto di un « comportamento aggressivo condizionato » dei linfosarcomi. Nelle fasi iniziali non raramente si osserva come il tumore, procedendo da uno o più punti, dissoci e distrugga il tessuto linforeticolare circostante, ancora conservato. Occasionalmente lo sviluppo del ret. sarc. può avere il proprio punto di partenza anche nei centri follicolari. Per atrofia e distruzione della capsula linfocitaria possono instaurarsi alterazioni che ricordano la malattia di Brill-Symmers (pag. 775). Con l'ulteriore diffusione del tumore le tipiche reti di fibre a graticcio vengono dapprima dissociate e compresse in fasci, in seguito però distrutte. Le strutture fibrillari dimostrabili nelle neoplasie fanno parte dello stroma neoplastico. Nei ret. sarc. la loro formazione è dovuta alle cellule tumorali. Talvolta tuttavia la rete di fibrille preesistente suole conservarsi. Se le cellule del ret. sarc. dislocate nel tessuto (metastasi) o che lo infiltrano, sono ugualmente capaci di « connettersi » al reticolo preesistente, esse lo utilizzano come « stroma neoplastico ». Così si avrebbe talora l'impressione che le cellule siano derivate, nelle diverse sedi e nei diversi punti, in modo autoctono
(AHLSTROEM).
L a delimitazione solo in base al reperto istologico dei sarcomi dalle linjoadenosi e reticulosi può urtare contro difficoltà insormontabili, perché anche le linfoadenosi e le reticulosi non si arrestano sempre ai limiti dell'organo, ma non raramente li sorpassano ampiamente. Un forte polimorfismo e atipia delle strutture nucleari e citoplasmatiche, un forte aumento e atipia delle mitosi depongono per un sarcoma. Noi abbiamo tuttavia più volte accennato, a tale proposito, che questi criteri non sono validi in senso assoluto e si possono dimostrare anche in processi reattivi. TISCHENDORF sostiene che nei preparati per striscio si possono ben differenziare le cellule delle linfoadenosi e dei linfocitosarcomi. Per la diagnosi differenziale vengono inoltre tenuti presenti l'entità dell'accrescimento infiltrativo e soprattutto aggressivo-destruente (ugualmente a significato non univoco, pag. 878), il comportamento macromorfologico del tumore ed il reperto clinico. L'asserzione di M. B. SCHMIDT, secondo la quale sulla base del solo reperto istologico non si può porre la diagnosi differenziale tra il linfocitosarcoma e la linfoadenosi — lo stesso vale per il reticolosarcoma e la reticulosi — e che in tali casi debba maggiormente decidere il grossolano reperto anatomico, vale anche oggi, ancora. Sulla base di considerazioni di patologia generale, non ci sembra però giustificato di raccomandare l'esistenza di forme di passaggio, per la difficoltà di una definizione puramente morfologica (BÜNGELER). Uguali difficoltà di diagnosi differenziale si presentano talvolta anche nella distinzione del linfocitosarcoma dalle fasi iniziali della linfogranulo68 —
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matosi (STERNBERG-HODGKIN), che notoriamente può essere anche reticolare pura (ROBB-SMITH, RÒSSLE), e dai cosiddetti sarcomi di Hodgkin. Di frequente ammalano di linfosarcoma individui di media età (il massimo si trova oltre il 40° anno di età), gli uomini maggiormente delle donne; possono tuttavia ammalare individui in tutte le età della vita, dal 3 0 mese (vedi sotto) fino al 930 anno (VIDEBAEK). Secondo JACKSON e P A R K E R i linfocitosarcomi mostrano un massimo di frequenza nella prima decade di vita, un secondo nella 6 a -7 a decade, i ret. sarc. un massimo nella 5 a -7 a decade. CZERMAK e ROSENKRANZ osservarono un ret. sarc. in un bambino dell'età di 3 mesi, AHLSTROEM uno in un lattante di 7 mesi. Il decorso porta in genere rapidamente a morte. Una parte dei ret. sarc. mostra tuttavia un decorso più progressivo (ROULET, 1930, DÒRING, V I D E B A E K ) ; anche questi casi tuttavia, vanno per lo più, più tardi, incontro ad una rapida generalizzazione e muoiono precocemente, in 6 mesi fino a un anno e mezzo o anche 2 anni. All'autopsia i reticolo- e linfocitosarcomi non presentano differenze apprezzabili. Il reperto autoptico macroscopico verrà quindi trattato unitamente per i due sottogruppi dei linfosarcomi, i reticolosarcomi e linfocitosarcomi. L e 1. alterate per il sarcoma sono più o meno fortemente e spesso considerevolmente ingrandite; all'inizio ancora delimitabili l'una dall'altra, in seguito tuttavia, per l'accrescimento infiltrativo nelle parti circostanti, sono fortemente saldate e difficilmente o affatto spostabili tra di loro. Esse sono di consistenza molle o anche relativamente dura e mostrano una superfìcie di taglio umida, grigio-bianca o anche grigio-rossastra. È eccezionale nei linfosarcomi, al contrario dei comuni sarcomi (specialmente del sarcoma a cellule rotonde), una tendenza al disfacimento in vaste, pronunciate necrosi e ulcerazioni. T u t t a v i a si osservano più spesso numerosi piccoli centri necrotici sparsi in grandi masse neoplastiche. I linfosarcomi prendono il proprio punto di partenza da diversi gruppi 1. interni od esterni (collo, torace, addome, m a anche altri). Anche i tessuti linfoadenoidi della regione naso-faringea e dei seni paranasali, delle tonsille palatine o le corrispondenti strutture del tratto gastro-enterico possono dare origine al tumore primitivo. È discusso se linfosarcomi possano svilupparsi primitivamente anche in altri organi non linfatici (cervello, (GERHARTZ), prostata, testicolo, vescica urinaria, rene) (lett. in FI CARI). Reticolosarcomi in special modo, si trovano secondo RÒSSLE più di frequente nelle linfoghiandole del collo, seguono, secondo l'ordine di frequenza, l'anello faringeo di Waldeyer, mediastino, L . retroperitoneali, ghiandole mesenteriche, ascellari e •—• più raramente — le altre L. esterne; inoltre le strutture linfatiche del naso-faringe, mucosa gastrica e intestinale. Non vi è organo nel quale non si possa sviluppare un reticolosarcoma. Nella casistica autoptica di JACKSON e PARKER i ret. sarc. prendevano origine il più spesso dalle linfoghiandole retroperitoneali o del tratto gastro-intestinale (spec. stomaco) più di rado da quelle mediastiniche e del collo, molto raramente dalla mizla e tonsille, mentre v. D. M E E R e ZELDENRUST designano decisamente la cavità naso-faringea,
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comprese le tonsille, come punto più frequente di origine. Altri particolari i n ROSSLE, R O U L E T , DORING, V. D. M E E R e ZELDENRUST,
JACKSON e
PARKER,
e altri. Sui ret. sarc. e sulle sarcomatosi primitive e secondarie della cute, cfr. G O T T R O N e il capitolo cute. VILDEBAEK
A l contrario di altri sarcomi, i linfosarcomi presentano una metastatizzazione più frequentemente linfogena (con o contro la corrente). In tal modo vengono coinvolti nella neoplasia sempre nuovi gruppi linfoghiandolari cosi che spesso si instaurano grandi nodi tumorali bozzoluti. D e v o n o essere specialmente ricordati i tumori a sede mediastinica (soprattutto nel mediastino anteriore), nella radice mesenterica e quelli retroperitoneali. I primi procedono dalle 1. o dal timo, essi possono formare in breve tempo giganteschi tumori, grandi fino alla testa di u n uomo, talvolta concrescenti con lo sterno e che comprendono vasi (vene) o organi vicini (stenosi bronchiali, tracheali o esofagee) e infiltrano il pericardio, il cuore, la pleura e i noduli linfatici prossimiori (ghiandole del collo) talora anche i muscoli del collo, colonna vertebrale e sterno. Per diffusione ematogena si instaurano metastasi nodose o più diffuse, anche in 1. e organi lontani (milza, talora un tumore di milza, fegato, midollo osseo, surreni, reni, polmoni, cuore (fig. 304), cute, pancreas, ovaie, testicoli, ecc.). V e n gono generalmente negate usure parietali dei vasi con invasione neoplastica nel loro lume; le pareti vascolari sono t u t t a v i a spesso assai fortemente infiltrate da cellule tumorali (stenosi). Molto di frequente i neoplasmi, al di fuori delle 1. sarcomatose, penetrano negli organi vicini per continuità, così p. es. nel pericardio, miocardio, polmoni, parete intestinale, (stenosi), ecc. L'accrescimento sfrenato, aggressivo-infiltrante, è nei linfosarcomi più indiscriminato che nei carcinomi e sarcomi più maligni (STERNBERG). Non raramente si tratta senz'alcun dubbio in tali casi — come sopra ricordato — dapprima di una pura infiltrazione, durante la quale le cellule parenchimali si conservano per lungo tempo, e soltanto secondariamente scompaiono per atrofia da compressione. Circa la metastatizzazione dei linfosarcomi, si può dire, come regola generale, che essa avviene soprattutto negli organi che possiedono u n o stroma linforeticolare (l'intero sistema linfatico!) oppure, molto più raramente, uno stroma mielo-reticolare (midollo-osseo). Il linfosarcoma metastatizza quindi principalmente nei tessuti, dai quali esso prende origine, vale a dire nel S. R . I. e cioè soprattutto nella sua porzione linforeticolare. Si parla di u n tipo istoomologo o omeosistematico della metastatizzazione. Frequentemente esso giunge per questa via ad una precoce generalizzazione nell'intero sistema linfatico (ma anche in altri organi, S. R . I. in senso lato, particolarmente anche nella pelle), un quadro, che viene designato come linfosarcomatosi (linfocito- o reticulosarcomatosi) (1) e da KAUFMANN (1)
Cfr.
B E N E C K E , AHLSTROEM, GLOGGENGIESSER,
ROULET
1947
e altri.
SANGUE E ORGANI EMOPOIETICI
contrapposto ai linfosarcomi locali, circoscritti a singole regioni, p. es. del mediastino, del mesentere e della regione del collo. Senza dubbio i tipi distrettuali e quelli generalizzati mostrano però gradazioni continue e non si possono fondamentalmente separare l'uno dall'altro. Lo stesso vale per i linfosarcomi che presentano un quadro ematico leucemico e da STERNBERG designati come leucosarcomatosi cosiddetta « leucemia-linfocitica a cellule sarcomatose ». Nei ret. sarc. la penetrazione delle cellule tumorali nel sangue circolante, a causa del suo piano strutturale sinciziofibrillare e la grandezza delle sue cellule, costituisce una rarità.
Fig. 304. Metastasi miocardiche di un reticolosarcoma.
La differenziazione delle linfocito- e reticulosarcomatosi dalle linfoadenosi e reticulosi è molto difficile. Poiché il quadro istologico come sopra ricordato spesso non ci è direttamente di ulteriore aiuto, in molti casi deve portare alla differenziazione il reperto macromorfologico (M. B. SCHMIDT, BENECKE e altri). In generale vengono riportati i seguenti criteri di diagnostica differenziale. Nei linfosarcomi la milza (cfr. pag. 1172) e il fegato sono spesso inalterati o in ogni caso alterati meno intensamente che nelle linfoadenosi e reticulosi (spleno-epatomegalia). Talvolta essi sono persino rimpiccioliti.
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LINFONODI
Nelle linfoadenosi e reticulosi per contro, mancano di solito evidenti proliferazioni di tipo neoplastico. Che qui venga lasciato vasto campo alla valutazione soggettiva personale, non ha bisogno di alcuna menzione. Alcuni considerano, a torto, il solo accrescimento nodulare come segno di una genesi sarcomatosa; R O S S L E p. es. non riconosce alcuna reticulosi aleucemica senza proprietà a carattere sarcomatoso, cioè aggressivo. N o n m e r i t a q u a s i ricordo, che c o n u n a e s t e s a m e t a s t a t i z z a z i o n e , s o p r a t t u t t o c o n s e g u e n t e a d u n ' a v v e n u t a g e n e r a l i z z a z i o n e n e l senso d e l l a l i n f o s a r c o m a t o s i , l a d e t e r m i n a z i o n e del t u m o r e primario u r t e r à n o n r a r a m e n t e c o n t r o d i f f i c o l t à i n s o r m o n t a b i l i . S a r à t a l o r a a n c h e difficile d i s t i n g u e r e se l a generalizz a z i o n e h a a v u t o inizio d a u n t u m o r e p r i m a r i o solitario (precoce m e t a s t a t i z zazione) o se i n v e c e u n l i n f o s a r c o m a si sia s v i l u p p a t o sulla b a s e d i u n a l i n f o a d e n o s i o r e t i c u l o s i in u n a z o n a c i r c o s c r i t t a , t a n t o p i ù c h e p . es. è s t a t a n o n r a r a m e n t e d e s c r i t t a n e i r e t i c o l o s a r c o m i a c c a n t o a l « t u m o r e » a n c h e u n a iperp l a s i a s i s t e m i c a d i f f u s a del S . R . I . cioè u n a r e t i c u l o s i p. es. d e l l a m i l z a e d e l f e g a t o e/oppure d e l m i d o l l o osseo [BENECKE, 1932, ROSSLE, 1939, AHLSTROEM, 1942 (ivi lett.)]. T a l i c o m b i n a z i o n i t r a r e t i c u l o s i e r e t i c o l o s a r c o m a s o n o s t a t e i n t e r p r e t a t e m o l t o d i v e r s a m e n t e . G l i u n i a f f e r m a n o che sulla b a s e di u n a r e t i c u l o s i r e a t t i v a , a t t r a v e r s o u n a d e g e n e r a z i o n e m a l i g n a , si s v i l u p p a l o c a l m e n t e u n r e t i c o l o s a r c o m a . S e c o n d o ROSSLE la r e t i c u l o s i e il r e t i c o l o s a r c o m a s o n o neoplasie a c a r a t t e r e affine, l ' u n a p i ù b e n i g n a , l ' a l t r a p i ù m a l i g n a , in cui, t r a l ' a l t r o , f a t t o r i l o c a l i p e r m e t t o n o nei d u e c a s i l a c r e s c i t a a g g r e s s i v a . AHLSTROEM (1942) è infine d e l l ' a v v i s o c h e a n c h e r e t i c u l o s i « p u r e » (almeno u n p a r t i c o l a r e g r u p p o ) , cioè casi s e n z a possibilità di s t a b i l i r e l a l o c a l i z z a z i o n e d e l t u m o r e p r i m a r i o , s i a n o di n a t u r a b l a s t o m a t o s a e insorte p e r m e t a s t a t i z z a z i o n e . L a m a n c a n z a di u n « t u m o r e p r i m a r i o » p o t r e b b e essere d o v u t a al f a t t o che le cellule d e l s i s t e m a e m o p o i e t i c o n o n possono f o r m a r e t e s s u t o i s o l a t o e i n d i p e n d e n t e . A l c u n i a u t o r i c o n s i d e r a n o a n c h e u n a m o d a l i t à di i n s o r g e n z a m u l t i p l a , a u t o c t o n a : i n t e r p r e t a z i o n e che noi n o n p o s s i a m o riconoscere p e r le v e r e neoplasie m a l i g n e delle s t r u t t u r e linforeticolari. O c c a s i o n a l m e n t e a n c h e il « t u m o r e p r i m a r i o » e le « m e t a s t a s i » l a s c i a n o riconoscere g r a d i m o l t o d i v e r s i di
differenziazione
(DORING,
GLOGGENGIESSER).
Patogenesi e eziologia dei l i n f o s a r c o m i G l i unitari (1) r i u n i s c o n o nel t e r m i n e linfosarcoma (o a n c h e « l i n f o m a m a l i g n o ») t u t t e le « n e o f o r m a z i o n i » che p o s s o n o s v i l u p p a r s i in c o r r i s p o n d e n z a d e l s i s t e m a l i n f a t i c o d a l l e « cellule m e s e n c h i m a l i p r i m i t i v e » e s o p r a t t u t t o il linfocito- e r e t i c o l o s a r c o m a ; inoltre l a l i n f o a d e n o s i l e u c e m i c a ed a l e u c e m i c a , il l i n f o b l a s t o m a g i g a n t o - f o l l i c o l a r e (BRILL-SYMMERS) e l a l i n f o g r a n u l o m a t o s i (STERNBERG, HODGKIN). Q u e s t ' u l t i m a v i v i e n e t u t t a v i a a n n o v e r a t a s o l t a n t o d a alcuni autori, altri la escludono. L e affezioni ricordate sarebbero quindi (1) WARTHIN, GINSBURG, HERBUT e a l t r i . BUFANO e RENZ e a l t r i , a l t r a l e t t . i n SEIFE e a l t r i .
BIANCHI, VIDEBAECK,
LO-
1078
SANGUE E ORGANI
EMOPOIETICI
composte da derivati della stessa cellula staminale mesenchimale indifferenziata, ancora multipotente, in degenerazione maligna. Presentano differenze, unicamente il grado della loro differenziazione e la direzione nella quale esse si sdifferenziano (—v cellula reticolare matura, macrofagi, oppure — > linfocito, plasmacellula, oppure anche — > granulocito-, megacariocito-, ed eritrocitopoiesi). Secondo questa tesi le singole neoformazioni possono trapassare gradualmente l'una nell'altra, p. es. un reticolosarcoma immaturo in un reticolosarcoma m a t u r o fibrillogenetico, un reticolosarcoma in un linfocitosarcoma o in una linfoadenosi o in una linfogranulomatosi. I limiti sono in ogni caso indistinti, t u t t o avviene secondo un corso quasi continuo, la forma soggetta a modificarsi secondo la fase del processo. I polifiletlstl (RÒSSLE e altri) sostengono per contro il punto di vista che p. es. le cellule staminali dei linfociti da una parte e le cellule ret. dall'altra sono dopo la nascita irreversibilmente determinate. Trapassi tra reticolo- e linfocitosarcoma sarebbero quindi impossibili. A l l a tesi degli unitari (alla quale possono unirsi anche i neounitari, poiché nelle malattie sopraricordate non si tratta di reazioni fisiologiche, m a sempre patologiche) si oppone l'osservazione comune per ogni patologo, che le strutture delle affezioni ricordate sopra, istomorfologicamente rilevabili, lasciano riconoscere frequentemente stadi di passaggio, che esse t a l v o l t a compaiono l'una accanto all'altra in uno o in diversi organi dello stesso caso, o infine che l'una struttura si sviluppa dall'altra (biopsie prelevate in diversi periodi di tempo). Numerose malattie mostrano primariamente una proliferazione circoscritta o generalizzata puramente reticoloistiocitaria (tutte le granulomatosi, pag. 781) oppure una iperplasia linfoadenoide o il quadro della linfoadenopatia gigantofollicolare o infine il quadro di una linfoadenite aspecifìca. In un caso queste strutture forse degenerano, nel secondo non si modificano essenzialmente per molto tempo, nel terzo conducono acutamente a morte e nel quarto finalmente passano in un'altra struttura. L a spiegazione di questi reperti è difficile. Bisogna affermare con energia che l'isomorfia non deve significare isogenia e isogenia •non isomorfia. Dobbiamo dunque calcolare che, malgrado tutte le somiglianze morfologiche e malgrado t u t t i i quadri intermedi, esistono quadri morbosi etiologicamente diversi. D ' a l t r a parte esiste senz'altro la possibilità che le diverse strutture rappresentino soltanto l'espressione di stati reattivi differenti dell'organismo a una o più noxe che risultano nel decorso delle fasi — forse di una malattia infettiva (?) •— o si possono spiegare con altri fattori (vegetativi o endocrini) acquisiti o congeniti (costituzione). I più recenti risultati delle ricerche includono la possibilità che anche i reticolosarcomi siano cosiddette neoplasie da virus (SAKAMOTO ed altri). L e affezioni summenzionate, incluso il linfosarcoma, potrebbero dunque corrispondere, nel caso che questa tesi dovesse risultare giusta, senz'altro a differenti stati reattivi dell'organismo verso un'infezione da virus (un virus o un gruppo di virus affini), tanto più che è noto che i virus possono provocare e granulomi tipici e neoformazioni di tipo tumorale.
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3. T U M O R I M E T A S T A T I C I DELLE
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SECONDARI
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Sarcomi secondari esistono più di frequente solo in certe forme, e precisamente specie nei sarcomi a piccole cellule rotonde. Spesso sono metastasi di melanoblastomi maligni. Molto più spesso dei sarcomi i carcinomi (1) metastatizzano (diffusione prevalentemente ematogena) nelle linfoghiandole, una tesi che per altro dovrebbe essere provata nella sua plausibilità statisticamente su un materiale più vasto (FÌSCHER). Come esempio di una metastatizzazione quasi sempre prevalentemente linfogena si può ricordare l'adenocarcinoma dell'utero con la sua spiccata diffusione linfogena nello spazio retroperitoneale. Le cellule tumorali giungono dal tumore primitivo immerse nella linfa o accrescendosi in continuità (linfangiosi carcinomatosa) nel senso della corrente (o crescono anche in via retrograda quando la corrente è debole) nei vasi linfatici afferenti delle linfoghiandole e là in primo luogo nel seno marginale (fig. 305). Qui si fermano negli spazi delle maglie reticolarle si moltiplicano per mitosi, senza rispettare a lungo andare la struttura o i limiti delle linfoghiandole. Il tessuto delle L. è invaso e distrutto, mentre alcune parti dello stroma (che più tardi anche reattivamente si accrescono) e vasi sanguigni vengono usati per la formazione di setti (alveoli) per gli zaffi tumorali (parenchima tumorale) e per la loro nutrizione. Spesso la struttura delle linfoghiandole va presto perduta, la capsula può essere invasa e le aree circostanti infiltrate dal tumore. È abbastanza noto che non tutte le cellule carcinomatose trasportate con la linfa (rispettivamente col sangue) nelle linfoghiandole regionali (risp. in altri organi) sono causa della formazione di una metastasi. Si deve ben dire che in primo luogo per lo più persino si distruggono. Non di rado unicamente una linfadenite cronica-catarrale sclerosante e ialinizzante è la prova di questo contatto dello stroma linforeticolare con cellule carcinomatose che vengono con la linfa, così p. es. abbastanza spesso nell'ascella nel carcinoma mammario. Talvolta si trova, oltre una infiltrazione di granulociti, anche una più forte proliferazione delle cellule reticolari. (1) Sui tumori linfo-epiteliali primari rispettivamente sul carcinoma cfr. pag. 583 (della vecchia edizione). Riscontro più frequente nell'anello di W a l d e y e r , palato, tonsille palatine, epifaringe, più di rado nella radice della lingua, nel seno piriforme, di rado nelle ghiandole salivari, molto di rado nel timo, occasionalmente anche talora nella tiroide, per lo più in adulti (4°-6° decennio). F u r o n o descritte metastasi nelle linfoghiandole regionali, nei polmoni, fegato, milza, midollo osseo e cute. Geneticamente i tumori vengono interpretati come tumori disontogenetici (branchiogeni) o come carcinomi primari con reazione linfoide secondaria o infine come istiocitomi (lett. in SERDARUSIC).
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SANGUE
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ORGANI
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Non così di rado furono trovati nelle linfoghiandole regionali tubercoli a cellule epitelioidi con o senza cellule tumorali, da qualcuno indicati come « sarcoide » locale ( K R I S C H E , lett. più vecchia, W . F I S C H E R , G H E R A R D I , N A D E L e A C K E R M A N N , osservazione propria) (fìg. 306). I n una parte di questi casi una autentica tbc. sarà associata con un carcinoma ( W . F I S C H E R ) . I n un'altra parte invece è pure molto comprensibile l'interpretazione che si tratti di una «reazione a cellule epitelioidi» a prodotti del tipo dei lipoidi (?) di cellule tumorali in disfacimento ( N A D E L e A C K E R M A N N , S Y M M E R S ed altri). N E U M A N N e H O M M E R descrissero, accanto ad una iperplasia cellulare reticolo-istiocitaria, cellule giganti di tipo Sternberg. Le alterazioni sono interpretate ugual-
Fig. 305. Metastasi di un adenocarcinoma nel seno marginale («secreto» tra le formazioni similghiandolari) e nella corticale di una linfoghiandola in carcinoma gastrico. Circa 60 X, da KAUFMANN.
mente come reazioni di difesa. Tali reazioni aspecifiche o « a cellule epitelioidi » possono probabilmente essere prodotte dai prodotti del metabolismo o di disfacimento delle cellule tumorali, che insorgono localmente o giungono dal tumore primitivo per le vie linfatiche. L a probabilità che si formi u n a m e t a s t a s i è a m p i a m e n t e dipendente dalla « disposizione di organo » ( B Ù N G E L E R , L A U D A , lett.) c h e p. es. per q u a n t o riguarda l a milza (pag. 1 1 7 3 ) d e v e essere i n d i c a t a c o m e spiccatam e n t e n e g a t i v a , per q u a n t o r i g u a r d a il midollo osseo i n v e c e per certi carcinomi (prostata, tiroide, m a m m e l l a , ecc.) come s p i c c a t a m e n t e positiva. N o n o s t a n t e t u t t e le locali misure di difesa le linfoghiandole regionali nei carcinomi sogliono essere infiltrate da m e t a s t a s i per lo p i ù d o p o t e m p o r e l a t i v a m e n t e b r e v e . Molto t a r d i si possono dimostrare linfoghiandole
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ascellari tumorali dopo amputazione della mammella per carcinoma (recidive tardive), così dopo 6 anni in una osservazione di K a u f m a n n , dove le linfoghiandole erano di piccole dimensioni. I carcinomi, dopo che hanno infiltrato precocemente le linfoghiandole regionali, soltanto più tardi da qui •— non di rado anche contro la corrente linfatica — tendono a produrre ulteriori metastatizzazioni; come es. si indica una lymphangiosis carcinomatosa pulmonum partente da una linfoghiandola ilare del polmone (che capita osservare nel tumore primitivo dello stomaco). Talvolta furono osservate
F i g . 306. T i p i c o tubercolo a cellule epitelioidi in u n a l i n f o g h i a n d o l a a c c a n t o a metastasi d i un adenocarcinoma.
metastasi linfogene insolitamente estese, disseminate su tutto il corpo (cioè una diffusa linfangiosi carcinomatosa e metastasi nelle linfoghiandole satelliti, non di rado lontane dal tumore primitivo (Gògl, lett.). Per lo più si tratta di carcinomi primitivi dello stomaco (più di rado prostata, mammella, ovaio) con metastasi tra l'altro nelle linfoghiandole del cavo ascellare, dell'inguine e con corrispondente edema ipostatico; forse per tali tipi di diffusione è responsabile la chiusura del dotto toracico. I n g e n e r a l e il carattere istologico delle metastasi c o r r i s p o n d e a b b a s t a n z a p r e c i s a m e n t e al t u m o r e p r i m i t i v o . T u t t a v i a l a m e t a s t a s i p u ò m o s t r a r e a n c h e u n a m a g g i o r e o m i n o r e v a r i a b i l i t à nei c o n f r o n t i d e l t u m o r e p r i m i t i v o . Così le m e t a s t a s i l i n f o g h i a n d o l a r i di u n c a r c i n o m a scirroso d e l l a m a m m e l l a spesso m o s t r a n o il q u a d r o del c a r c i n o m a solido, o il c a r c i n o m a solido d e l l o
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ORGANI
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stomaco cresce nell'ambito della metastasi come adenocarcinoma muciparo (fig. 307). Talvolta l'esame microscopico delle linfoghiandole regionali metastatizzate dà più facile schiarimento sul carattere del tumore primitivo che non l'esame di quest'ultimo stesso. Questo non di rado è il caso p. es. in alcuni tumori del piloro, stenosanti, scirrosi, poveri di cellule, e qui la metastasi è spesso più ricca di cellule del carcinoma primitivo. Ci pare poco probabile l'ipotesi che in rari casi, in apparente assenza di tumore primitivo, si possa trattare di « carcinomi linfoghiandolari primitivi », che risultano da germi epiteliali dispersi o trasportati ( C I P R I A N I e M I G N A N I ) . Si dovrebbe piuttosto in tali casi pensare che il tumore primitivo non era dimostrabile neanche istomorfologicamente.
Fig. 307. Metastasi di un carcinoma dello stomaco nel seno marginale di una L., tipiche cellule ad anello con castone.
Le l. tumorali sono spesso alterate esternamente, diventano sferiche, spesso con superficie granulosa. L'ingrandimento può essere molto rilevante e magari non essere in alcun rapporto con le dimensioni del tumore primitivo (cfr. casi riguardo all'esofago); può però anche mancare, e ci sono persino linfoghiandole completamente tumorali soltanto della grandezza di un grano di miglio. Il colore di 1. puramente tumorali è sulla sezione poco diffluente di regola bianco midollare. L a consistenza è per lo più dura fino a lapidea, di rado sabbiosa (per calcificazione) o molle fino a poltigliosa;
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LINFONODI
quest'ultimo carattere si verifica specialmente quando le cellule tumorali vanno in degenerazione grassa o in necrosi, più raramente in seguito ad emorragie. Nelle linfoghiandole possono formarsi per riassorbimento financo cavità cistiche (raramente in seguito a stasi linfatica). All'indurimento delle 1. contribuisce anche il forte sviluppo del tessuto connettivo con totale scomparsa della vecchia struttura; evidentemente le masse neoplastiche stimolano qui con grande intensità i fibroblasti. Quando le 1. tumorali si infettano, possono diventare purulente (leucociti infiltrano lo stroma e il parenchima).
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I087
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SEZIONE
XII
MILZA
CAPITOLO
I
ANATOMIA E FISIOLOGIA (i)
Lo sviluppo della milza incomincia alla fine del primo mese di gravidanza. Il suo peso ammonta nel neonato a circa 9 gr., nell'adulto circa d a 120 sino a 200 g., per lo p i ù 1 5 0 g. (cfr. RÒSSLE e ROULET). Q u e s t a
ampia variabilità dei valori dell'organo dipende dal contenuto variabile di sangue (deposito di sangue, vedi sopra). Nell'adulto la proporzione della lunghezza, larghezza e spessore è circa 12 : 7 (sino a 8) : 3 (sino a 4) cm. Macroscopicamente si distinguono: a) Capsula e trabecole (bianchicce), b) polpa rossa (rossa o rosso bruna), c) polpa bianca, cioè la totalità dei follicoli linfatici bianco-grigi (corpuscoli di Malpighi o nodi) riconoscibili a occhio nudo sulla sezione di taglio, sino a 0,8 mm. di diametro, disseminati a distanza abbastanza regolare. L a milza (fìg. 309) è circondata da una capsula sottile, estensibile, costituita di fibre collagene ed elastiche, che è rivestita dalle cellule di rivestimento del peritoneo in strato semplice (H. HOFFMANN, lett.). Dalla capsula trabecole fibrose ricche di fibre elastiche vanno nell'interno dell'organo. Nella capsula e nelle trabecole sono contenute nell'uomo solo poche fibre muscolari lisce. Capsula e trabecole suddividono la polpa splenica in lobuli. L a polpa consiste completamente di tessuto reticolare (pag. 600), che è in rapporto con la capsula e con le trabecole. Nell'ambito dei follicoli linfatici {polpa bianca) le maglie della rete del tessuto fibrillare sinciziale contengono abbondantemente linfociti (cosiddetto tessuto linfoadenoide 0 linforeticolare), ma non sinusoidi. L a polpa rossa situata tra i follicoli (fig. 309) consiste soprattutto di sinusoidi (figg. 310 e 311) bislunghi, a forma di salsiccia, che vengono circondati e separati l'un dall'altro a forma di un mantello da un tessuto reticolare a maglie strette (fig. 311) (cosiddetti cordoni reticolari 0 cordoni pulpari). Siccome la parete del « sinusoide » limitato dalle cellule della sponda consiste delle stesse strutture fibrillari sinciziali come i cordoni pulpari, così (1)
HUECK,
JÄGER,
ed altri. 69 —
KAUFMANN
I
LAUDA,
HARTMANN,
KOBOTH,
V.
HERRATH,
HERRLINGER
logo
SANGUE E ORGANI EMOPOIETICI
è comprensibile che essa possieda fini pori attraverso i quali anche elementi corpuscolati, come eritrociti, possono passare in determinate condizioni. L a disposizione a spirale delle cellule della parete dei seni serve evidentemente come meccanismo di chiusura (BJÒRKMAN). I sinusoidi rappresentano un sistema di tubuli, che attraverso strette anastomosi a rete (termino-terminali o latero-laterali) comunicano tra di loro (fig. 309) e sboccano nel seno venoso (con parete vasale vera, per quanto
Fig. 308. Schema della architettura della milza umana, arterie in nero, vene tratteggiate: a = follicoli splenici con arteria centrale e capillari follicolari; b = trabecola con arteria trabecolare; c = seno venoso; d = capillari terminali; e = arteria a manicotto. D a BARGMANN, « Istologia e anatomia microscopica dell'uomo », voi. 2, 1951. Verlag Georg Thieme, Stuttgart.
però senza muscolatura). Le « reti » (HERRLINGER) devono potersi aprire e chiudere attivamente (non fibre muscolari, ma decorso a spirale degli elementi parietali) e stanno probabilmente sotto il controllo nervoso. HERRLINGER suddivide la polpa rossa dal punto di vista della dinamica circolatoria (esperimenti di iniezione) in una zona subcapsulare, perifollicolare e interfollicolare. La zona perifollicolare non contiene sinusoidi e solo pochi linfociti. Le tre zone sogliono essere, preferibilmente in modo alternato, attra-
MILZA
Fig. 309. Rappresentazione schematica d e l s i n u s o i d e d a HERRLINGER.
Tipica anastomosi terminoterminale e latero-laterale. I sottili tratti intermedi corrispondono alle « reti ». A sinistra un follicolo, in basso a sinistra (6) una arteria a manicotto sezionata.
Fig. 310. Ricostruzione della impalcatura delle fibre reticolari della polpa rossa della milza, da KOBOTH (Beitr. path. Anat., 1939). Le grandi cavità corrispondono ai sinusoidi, lo spesso reticolato situato tra di essi ai cordoni della polpa.
IOgi
x 092
SANGUE E ORGANI
EMOPOIETICI
versate dalla corrente. L a particolarità di queste zone risulta anche dal f a t t o che non di rado p. es. nell'ambito della zona perifollicolare si può dimostrare un deposito preferito di corpi estranei (carbone, Thorotrast, ecc.). L ' A . lienale (fig. 308) entra nell'ilo della milza e si ramifica poi in numerosi rami, che decorrono nelle trabecole e danno rami alla polpa. L e arterie della polpa sono circondate in prima linea per un t r a t t o da mantelli di tessuto linfoadenoide fusati, a forma di trifoglio o sferici, i follicoli linfatici (vedi sopra). Queste ultime li irrorano con fini arterie e capillari (particolari in HUECK, JÀGER), il cui sangue si scarica nella p o l p a rossa vicina. A p p e n a le arterie della p o l p a hanno a b b a n d o n a t o i follicoli linfatici si ramificano entro la polpa rossa (cosiddetti alberelli terminali, HERRLINGER, prima arterie penicillari). I capillari arteriosi nell'uomo vengono circondati da manicotti scarsamente differenziati (arterie a manicotto), i cosiddetti manicotti di Schweigger-Seidel (figg. 307, 308, b), che consistono di tessuto reticolare ispessito. È discussa la tesi secondo cui questi m a n i c o t t i d e v o n o proteggere la delicata p o l p a rossa da una improvvisa, brusca inondazione di s a n g u e (BARGMANN, 1 9 4 1 , DUSTIN, HUECK e d a l t r i ) . HUECK r i t i e n e i m a n i c o t t i
particolarmente permeabili al p l a s m a sanguigno, cosiddette «docce del plasma». L e cellule del m a n i c o t t o possono immagazzinare lipoidi (filtrazione dal sangue). F i n a l m e n t e i manicotti sono interpretati come tessuto germinale della mielopoiesi
(HUECK).
Discutibile è se i capillari arteriosi finiscono ad i m b u t o e risp. a c l a v a nelle maglie della p o l p a (HERRLINGER ed altri), il loro sangue così si s v u o t a in queste ultime (circolazione aperta), oppure se i m m e d i a t a m e n t e sboccano nei sinusoidi (circolazione chiusa). Gli istologi (HERRLINGER, v . HERRATH ed altri), tranne poche eccezioni, sostengono la p r i m a tesi, KNISELY, PECK ed altri, che osservarono la milza « in v i t a », col microscopio ad ottica di quarzo, quest'ultima. I risultati delle osservazioni in v i t a non sono v e r a m e n t e univoci. Così MCKENZIE ed altri descrivono, in contrasto con KNISELY, PECK ed altri, una circolazione aperta con fine libera dei capillari nei cordoni della polpa; PECK e HOERR per altro credono che questa differenza h a a v u t o luogo per il f a t t o che MCKENZIE non a v e v a chiaro il c o n c e t t o di seno. v . HERRATH p r i m a ammise che nella polpa t e m p o r a n e a m e n t e e con ritmico scambio si differenziano sistemi tubulari che chiudono il corto circuito del sangue per così dire t r a la fine delle arterie capillari e certi sinusoidi, idea grazie a l l a quale le divergenti osservazioni sui preparati e sull'animale v i v o avrebbero p o t u t o essere p o r t a t e ad un unico denominatore. L a teoria della circolazione chiusa (capillare — > sinusoide — > seno venoso) fu in seguito modificata nel senso che a dir v e r o gli eritrociti sono t r a t t e n u t i nei sinusoidi, il p l a s m a t u t t a v i a viene filtrato nella polpa (tesi del circolo ematico dissociato, v . HERRATH ed altri). KNISELY v i d e unicamente eritrociti nel periodo agonico entrare nelle maglie della polpa. R e c e n t e m e n t e v . HERRATH si è espresso di n u o v o per l a preesistenza di una circolazione aperta. Il sangue si riversa in conseguenza in primo luogo imm e d i a t a m e n t e nelle m a g l i e dei cordoni della polpa, che circondano a m o ' di m a n i c o t t o i sinusoidi e giunge d a qui secondariamente nella c a v i t à dei sinusoidi. I l sangue d e v e perciò a t t r a v e r s a r e la parete del sinusoide, la quale si p u ò immaginare che possieda fini lacune (pori) (vedi sotto) o meglio, che rap-
MILZA
IO93
presenti una membrana temporaneamente permeabile. I sinusoidi sboccano nei seni venosi direttamente. Questi si riuniscono in vene e queste di nuovo, decorrendo entro le trabecole all'ilo della milza, nella V. lienale. È sorprendente che il riempimento di sinusoidi vicini nell'ambito di una unità di corrente (nel senso di v. HERRATH) è spesso vario e cambia in periodi ritmici. Così sono distinti gli stadi funzionali secondo v. HERRATH: I) seni della corrente (sangue della solita composizione) essi servono alla nutrizione del tessuto, 2) seni di lavoro (sangue ristagnante, viene influenzato dal tessuto della milza, cioè dal S. R. E.) e 3) seni di deposito (eritrociti addensati in una specie di pasta, plasma nelle vene, in parte probabilmente filtrato anche nelle maglie della polpa). O secondo KNISELY 4 fasi in ritmici scambi consecutivi: 1) riempimento con sangue -+2) perdita di plasma = ispissatio — immagazzinamento di eritrociti —*• 3) improvviso svuotamento per l'apertura dello sfintere di deflusso —»• 4) fase della corrente (percorsa da sangue normale). Il ritmico passaggio del sangue di porzioni di milza lavoranti alternativamente presuppone sbarramenti della corrente diretti dai nervi nell'ambito delle arterie (manicotti, ecc.), nell'ambito del sinusoide (sfinteri-reti) e delle vene. Essi sono dimostrati (1936) in parte da osservazioni in vita (KNISELY). Gli anatomici poterono dimostrare che nell'ilo entraho nervi amidollati e midollati, si ramificano nella capsula e nella parete delle arterie trabecolari e che finalmente anche nella polpa esiste una fine, ramificata rete terminale nervosa a forma di plesso che si dispone immediatamente vicina alle cellule reticolari e alle pareti del sinusoide. I vasi linfatici formano reti nella capsula. Essi sono in collegamento con gli intrecci dei vasi linfatici delle trabecole e questi di nuovo con quelli situati nella avventizia delle arterie (JÄGER ed altri). L a funzione di deposito della milza (1) fu scoperta nel 1921 da BAREssa dice che la milza può assimilare e trattenere grandi quantità di sangue e rispettivamente eliminarle al bisogno. L a funzione di deposito è esplicata in alcuni animali (cavallo, cane ed altri) fortemente, nell'uomo (e in alcuni animali, come conigli ed altri) in modo relativamente moderato. Milze del « tipo tesaurizzante » contengono numerose fibre muscolari lisce nella capsula e nelle trabecole, le quali provvedono ad una contrazione efficace (« sistole ») dell'organo. KROFT.
Nell'uomo la muscolatura è invece molto scarsamente sviluppata e può secondo v . HERRATH mantenere al massimo il tono della capsula, mettendo in tensione le strutture elastiche. Altrettanto la milza umana è in grado di svuotare i suoi depositi di sangue (prova di adrenalina), ciò che in parte deve essere attribuito ad una contrattilità a t t i v a delle cellule reticolari e parietali. Immagazzinamento e svuotamento («diastole» e «sistole») vengono regolati dal sistema nervoso vegetativo (stazioni superiori di direzione nel ganglio celiaco, midollo spinale e diencefalo). Stimolazione del (1)
ed altri.
HUECK,
JÄGER,
LAUDA,
v.
HERRATH,
FALLER,
EWERBECK,
G.
S.
WRIGHT
IOQ4
SANGUE
E ORGANI
EMOPOIETICI
simpatico e inoltre adrenalina, tiroxina, istamina, ecc. conducono allo svuotamento, stimolazione del parasimpatico e atropina all'immagazzinamento. Alla denervazione dell'organo segue la dilatazione massima ed il riempimento con sangue ed in fine la sua atrofia ( J À G E R ) . In condizioni fisiologiche la milza rappresenta il motore, « il cuore elastico » della circolazione della vena porta, che si dilata e si contrae in alternanza ritmica. Contro queste contrazioni autonome ritmiche che hanno in sostanza azione emodinamica sulla circolazione della vena porta (di più a pag. 1106), in stimoli intensi (attività muscolare, freddo, mancanza di 0 2 , oligoemia dopo perdita acuta di sangue, collasso, ecc.) si arriva a contrazioni uniche con le quali tutto il sangue disponibile viene versato nella circolazione, una reazione che serve prevalentemente al riempimento della grande circolazione con sangue e rispettivamente di più con eritrociti. Il sangue presumibilmente non ristagna, come fu pensato prima, nelle maglie della polpa (« lacune » - H U E C K ) , ma nei sinusoidi (serbatoi di sangue). I meccanismi di chiusura suddetti fanno decorrere il plasma in parte nelle vene, trattengono però gli eritrociti che vengono ispessiti in una « pasta ». Così è comprensibile che la milza rappresenta soprattutto un serbatoio di eritrociti (1) ( S T E P H E N S , M E L L G R E N , H E R R L I N G E R 1947 ed altri) (2). Plasma non viene soltanto filtrato fuori con la vena splenica, ma in parte presumibilmente anche attraverso i pori della parete dei sinusoidi nelle maglie della polpa e di qui condotto attraverso le vie profonde linfatiche della milza e il dotto toracico nella grande circolazione (cfr. pag. 1107). A l contrario delle milze del « tipo tesaurizzante » quelle del « tipo ricambio » o « tipo difesa » ai quali appartiene anche la milza umana (vedi s.), possiedono abbondante tessuto linforeticolare (cfr. su questo H O E P K E ) . In quest'ultimo si formano linfociti che arrivano nelle vene prevalentemente attraverso le maglie della polpa rossa e attraverso i sinusoidi (nel sangue della vena splenica ci sono più linfociti che non in quello dell'arteria). In contrasto con la linfocitopoiesi obbligata, alla formazione di cellule mieloidi nella milza durante la fase di vita postnatale spetta un'importanza pratica soltanto in condizioni patologiche (emopoiesi facoltativa extramidollare cfr. pag. 838 e segg.). B E R T E L S E N (lett.) trovò regolarmente nelle milze normali scarsi mielociti e leucociti eosinofili e all'incirca nel 20 o 30 % dei casi alcuni mielociti neutrofìli e basofìli. Essi si sarebbero formati in via autoctona. Granulociti eosinofili esistono nella milza non di rado in gran numero (SWENSSON) . Nell'emopoiesi marcata extramidollare è notevole che certamente una serie cellulare può avere la prevalenza, ma che tuttavia di regola si possono dimostrare prestadi di tutte e tre le serie cellulari. Sulla capacità emopoietica obbligata della milza embrionale che termina all'incirca nel 7 0 mese di gravi(1) In minor misura anche serbatoio di leucociti. (2) In una certa misura esiste anche un deposito di plasma nel quale sono accumulati urea e acido urico, creatina, magnesio, ferro, ecc., ciò che LUDÀNI e SARFY attribuiscono all'azione eritrocateretica della milza.
MILZA
I095
danza, cfr. p a g . 624. Sulla sua c a p a c i t à di produzione di plasmaproteine cfr. pag. 579 e segg. L a m i l z a d i m o s t r a l a concentrazione liali
più forte di cellule
e n t r o u n o r g a n o c h i u s o . Conformemente
al S. R. E. funzione
reticolo-endote-
tutte le funzioni
che
( c f r . p a g . 6 1 0 e s e g g . ) sono nello stesso tempo la più
parziale
della
milza.
È
sufficientemente
d e l l a m i l z a u m a n a d i immagazzinamento
e
conosciuta
spettano essenziale
la
capacità
fagocitosi.
L a più m a r c a t a è quella degli istiociti (cosiddetti splenociti) e delle cellule di s p o n d a , u n p o ' m e n o f o r t e quella delle cellule reticolari. Viene i m m a g a z z i n a t o f o n d a m e n t a l m e n t e t u t t o il m a t e r i a l e ( c f r . p a g . 6 1 0 ) e s t r a n e o a n i m a t o e d i n a n i m a t o , che alla m i l z a viene c o n d o t t o col s a n g u e , m a a n c h e scorie, che g i u n g o n o nel s a n g u e d u r a n t e la distruzione cellulare nel metabolismo e nella
distruzione
accentuata
patologica
e n d o g e n o e n o n p o s s o n o s u b i t o e s s e r e e l i m i n a t i (organo spodogeno, s c o r i a , c e n e r e , p o l v e r e ) . L ' a u m e n t a t o lavoro iperplasia.
del
5 . R. E.
fisiologica,
di
materiale ojtodòg
p o r t a alla
I n q u e s t o m o d o si f o r m a u n « tumore di milza » (la «
= sua
splenome-
galia »), c h e i n q u a n t o è p r o v o c a t o d a u n a u m e n t a t o a p p o r t o d i t a l i s c o r i e , v i e n e c h i a m a t o « tumore
di milza
spodogeno ».
U n a delle scorie p i ù significative, che in p a r t e nella m i l z a e l a b o r a t e , s o n o i r e s i d u i d e g l i eritrociti i n m i n o r e n t i t à , q u e l l i d e i leucociti
v e c c h i (cfr. p a g . 899), poi,
e dei
vengono sebbene
trombociti.
I n malattie, che decorrono con una aumentata emolisi, è assorbita dalla milza una gran parte di scorie libere corrispondenti, specialmente p r o d o t t i di degradazione d e l l ' H g b . L a milza si gonfia, il suo colore diviene color ruggine, rosso bruno, color della l a v a o di cioccolato (nella metaemoglobinemia). L a colorazione origina dal deposito bruniccio, in parte da masse intracellulari di p i g m e n t o (cellule reticolari lungo le trabecole, cellule della polpa, cellule del c o n n e t t i v o delle trabecole), in p a r t e però per imbibizione delle fibrille con emoglobina d e g r a d a t a . A n c h e la capsula e le trabecole possono contenere depositi ferruginosi. Ulteriori d a t i sul ricambio del F e a p a g . 709. Nell'i/fero dei neonati si t r o v a n o cristalli di bilirubina nella milza, nell'ittero degli adulti una diffusa pigmentazione biliare. Spesso la milza è grande e molle. Pigmento antracotico, in seguito a rammollimento di linfoghiandole bronchiali indurite, antracotiche, può aprirsi il v a r c o nel lume di v a s i limitrofi e con ciò raggiungere la corrente ematica. ARNOLD dimostrò anche la diretta penetrazione di p i g m e n t o nel sangue attraverso le pareti dei v a s i assottigliate specialmente nei polmoni enfisematosi. Nella milza esso viene intercettato dal S. R . E . e i m m a g a z z i n a t o . E s s o è s i t u a t o di preferenza attorno alla guaina a v v e n t i z i a l e delle arterie e a t t o r n o ai follicoli, in parte anche in questi ultimi. Spesso è situato in grandi cellule f u s a t e e ramificate. A n c h e le cellule di sponda dei sinusoidi e le cellule della polpa contengono pigmento. L ' a n t r a c o s i della milza (e anche del fegato) è frequente in v e c c h i ed in persone che inalano grandi q u a n t i t à di polvere di carbone. Q u a n d o si h a un apporto più forte, s o p r a t t u t t o dopo penetrazione in un v a s o sanguigno (vedi sopra) si formano p u n t i
SANGUE
E ORGANI
EMOPOIETICI
neri grossi c o m e c a p o c c h i e di spillo e strie s u l l a superficie di t a g l i o . Ciò si v e d e m o l t o m e g l i o sui p r e p a r a t i fissati e n o n c o l o r a t i , che n e l l ' o r g a n o f r e s c o r i c c o di s a n g u e . I n c o n d i z i o n i u g u a l i nelle p n e u m o c o n i o s i d e i p o l m o n i e delle linfog h i a n d o l e b r o n c h i a l i polvere di pietre, e c c . possono g i u n g e r e n e l l a m i l z a (silicosi). N e l l ' a c i d o s i è d i m o s t r a b i l e l ' a r g e n t o , s e c o n d o KINO solo nelle p a r t i di t e s s u t o c o n n e t t i v o d e l l a m i l z a . I l periston (kollidon) (I), u n s u r r o g a t o colloidale del s a n g u e (HECHT e WEESE) v i e n e i m m a g a z z i n a t o i n d e t e r m i n a t e c o n d i z i o n i nel c o r p o . L ' e l i m i n a z i o n e h a l u o g o in p r e v a l e n z a a t t r a v e r s o i reni. L a v e l o c i t à d i eliminazione è d i p e n d e n t e d a l l a g r a n d e z z a m o l e c o l a r e d e l l a s o s t a n z a u s a t a (FRESEN e WEESE). L ' u s u a l e p e r i s t o n d e l c o m m e r c i o a m o l e c o l a p i c c o l a (da 20.000 fino a 80.000) è e l i m i n a t o e n t r o p o c h i giorni in m a s s i m a p a r t e . I l r e s i d u o r i m a n e v e r a m e n t e a n c o r a p e r l u n g o t e m p o nel s a n g u e e v i e n e t e s a u r i z z a t o , c o m e l'esperimento sugli animali d i m o s t r a , nel S . R . E . — e p r e c i s a m e n t e i n ordine: m i l z a , l i n f o g h i a n d o l e , cellule s t e l l a t e di K u p f f e r , m i d o l l o osseo, inoltre n e g l i istiociti d e i p o l m o n i , d e l t e s s u t o g r a s s o ( p r e c o c e m e n t e e i n t e n s a m e n t e ) , d e l cuore, e c c . F o n d a m e n t a l m e n t e u b i q u i t a r i o c o n eccezione del s i s t e m a n e r v o s o c e n t r a l e . L e r i m a n e n t i f u n z i o n i del S. R . E . n o n v e n g o n o i n f l u e n z a t e c o n ciò (SCHALLOCK,
BARGMANN
(1947),
HECHT
e
WEESE,
W.
MÜLLER,
AMMON
altri, FRESEN e W E E S E , BARFUSS e d altri, BRASS - i v i l'ulteriore lett.).
ed
Nel-
l'uomo i m m a g a z z i n a m e n t i n e l l ' a d u l t o ci sono solo in casi eccezionali, n e l l a t t a n t e p e r ò sono s t a t i o s s e r v a t i u n p o ' p i ù di f r e q u e n t e (SCHÖN, BRASS, JÄCKELN, i v i ulteriore lett.). L ' i m m a g a z z i n a m e n t o p i ù f o r t e d i m o s t r a n o l a m i l z a e le cellule s t e l l a t e di K u p f f e r , inoltre gli s p a z i d i K i e r n a n del f e g a t o , l a m i d o l l a r e dei surreni, le l i n f o g h i a n d o l e , il s i s t e m a l i n f a t i c o c o m p r e s o il t i m o , i p o l m o n i , il m i d o l l o osseo, ecc. L e cellule che immagazzinano mostrano in t u t t i gli organi 10 stesso q u a d r o . N e l c i t o p l a s m a si t r o v a n o d e l l e m a s s e v e s c i c o l o s e c h e s p i n g o n o 11 n u c l e o a l a t o e i n p a r t e p o s s o n o a n c h e coprirlo. Q u a l c h e v o l t a si t r a t t a di s i m p l a s m i o cellule g i g a n t i p o l i n u c l e a t e che v e n g o n o c o n s i d e r a t e i n p a r t e c o m e cellule g i g a n t i d a c o r p o e s t r a n e o . S e c o n d o l ' e t à d e i d e p o s i t i si t r o v a n o g r a n d i cellule rigonfie, s p u m o s e , a f a v o c o n u n o o p i ù v a c u o l i a b b a s t a n z a n e t t a m e n t e l i m i t a t i , il cui c o n t e n u t o n o n si lascia e v i d e n z i a r e o t t i c a m e n t e e t i n t o r i a l m e n t e (otticamente negativi), evidentemente però contiene periston. Delicato citop l a s m a basofilo. A l t r e cellule a l q u a n t o p i ù p i c c o l e (2 a fase) p o s s i e d o n o m o l t i p i c c o l i e piccolissimi v a c u o l i . C i t o p l a s m a e v a c u o l i si c o l o r a n o c h i a r a m e n t e in b l e u p a l l i d o . Cellule e v a c u o l i p o i d i m i n u i s c o n o g r a d a t a m e n t e e d i v e n t a n o p i ù f o r t e m e n t e basofili. D a i v a c u o l i si d e v o n o infine s v i l u p p a r e g r a n u l i d a b l e u sino a b r u n i c c i (ispessimento). S u b i t o d o p o le cellule v a n n o a p o c o a p o c o a m o r t e , esse « t r a m o n t a n o » s e n z a c h e si p o s s a t r o v a r e g e n e r a l m e n t e u n a reazione nei d i n t o r n i . I singoli t i p i p e r ò n o n si l a s c i a n o c h i a r a m e n t e l i m i t a r e l ' u n d a l l ' a l t r o . FRESEN e BRASS s u d d i v i d o n o g i u s t a m e n t e in u n a f a s e d e l l ' i m m a g a z z i n a m e n t o p r o g r e s s i v a e r e g r e s s i v a . L e cellule si t r o v a n o singole o in g r u p p i , t a l o r a riunite sul t i p o dei g r a n u l o m i d a corpi e s t r a n e i (cellule g i g a n t i d a c o r p i estranei). A v o l t e il p e r i s t o n si t r o v a in sede e x t r a c e l l u l a r e n e l t e s s u t o r i s p e t t i v a m e n t e nel l u m e dei v a s i . C ' è d a credere che il p e r i s t o n v i e n e elimi(1) Ulteriore lett. in MASSHOFF e negli autori nominati nel testo.
MILZA
IO97
nato m a n mano completamente. Secondo S C H Ò N e J À C K E L N il periston nell'organismo viene circondato da un involucro proteico. Nella colorazione comune con E. Eos. è dimostrabile soltanto in immagazzinamenti più forti. Risultati molto migliori dalla reazione del Fe. L'involucro proteico anzi detto si rappresenta molto chiaramente in una parte dei casi come membrana color a t a bleu, perché in essa viene immagazzinato abbondantemente il ferro. Se manca la reazione del Fe l'involucro si lascia spesso colorare d'un rosso vivo con Kernechtrot ( S C H Ò N , B R A S S , J À C K E L N ) . La colorazione diventa più intensa con t r a t t a m e n t o contemporaneo delle sezioni secondo il metodo di W E I G E R T per la messa in evidenza della fibrina. Su altri metodi cfr. B R A S S . Nella milza immagazzinano prima e s o p r a t t u t t o i follicoli linfatici e cioè le cellule avventiziali delle arterie follicolari e le altre cellule reticolari. Segue la polpa rossa dove ci sono i primi e più forti depositi in una zona sottile attorno ai follicoli. Sia accennato brevemente che possono insorgere dei depositi anche nell'ambito di infiammazioni croniche granulomatose (permeabilità capillare aumentata). La misura del deposito dipende dal fattore quantità-tempo, dall'eliminazione (vedi sotto), dalla misura della permeabilità delle membrane capillari e dall'attività tesaurizzante del R. E. Sui singoli granulomi dell'intima in p a r t e contenenti cellule giganti nel polmone e su certe dubbie reazioni allergiche cfr. in
JÀCKELN.
Dopo iniezioni di torotrastina (thoriumdioxyd) a scopo diagnostico questa sostanza radioattiva e impermeabile ai raggi X si deposita progressivamente nel S. R. E . della milza, del fegato e (meno) del midollo osseo. Nella milza si trova accumulato di regola nelle trabecole ed in sede peritrabecolare, nei follicoli linfatici, prevalentemente intorno alle arterie follicolari e nella zona periferica perifollicolare. Dopo prolungato t e m p o di azione (raggi) vengono distrutte le cellule parenchimali vicine ai macrofagi che hanno immagazzinato thorotrast (atrofia follicolare), ed anche u n a p a r t e dei macrofagi stessi. Così insorgono cicatrici ialine contenenti thorotrast (in parte depositato nei macrofagi in parte libero nel tessuto). Alla radiografia l'organo è disseminato di numerose piccole ombre a macchia. Siccome — per lo più soltanto dopo un tempo di latenza prolungato — si possono sviluppare in seguito all'azione dei raggi gravi lesioni soprattutto sarcomi, il thorotrast oggigiorno non deve essere più adoperato (particolari e lett. in R O T T E R , S I L V A - H O R T A e molti altri). Nella malaria si trovano nel sangue (soprattutto nella vena porta) granuli colorati neri, rosso bruni, gialli e nerastri che in parte sono liberi in parte si trovano nei leucociti. Il pigmento, la cosiddetta « melanina malarica » viene formato in gran parte dei casi dagli stessi parassiti (dal materiale degli eritrociti distrutti), è situato nel corpo dei parassiti ed è nero (melanina). Rappresenta un prodotto di degradazione dell'Hgb. e passa dopo la distruzione degli eritrociti attraverso i plasmodi nel plasma. È ferruginoso, il ferro però esiste in legame cosi solido che con i soliti metodi istochimici non è evidenziabile. Il pigmento viene deposto in diversi organi, colorati in nero nella terzana cronica, come milza, fegato e midollo osseo (questo color cioccolato fino a nero), in vasi della corteccia cerebrale, nel pancreas e nei reni. Endoteli e cellule reticolari sono luoghi di deposito preferiti; qualche volta c'è melanuria.
1098
SANGUE E ORGANI EMOPOIETICI
Gli organi menzionati contengono nella terzana maligna in massa plasmodi che si trovano in schizogonia. La quasi totale ostruzione dei capillari cerebrali spiega i sintomi gravi (coma, malaria comatosa); di più sulla malaria nei trattati e a pag. 1136. L E N N E R T riconduce peculiari gocce ialine negli endoteli delle vene splenìche ad una paraproteìnemia, cfr. pag. 995. Sia brevemente menzionato che p. es. il pigmento della malaria ed emosiderina vengono immagazzinati soltanto nelle cellule reticolari della polpa rossa, in quelle dei follicoli per contro soltanto eccezionalmente. I lipoidi dimostrano un comportamento diverso. Però le cellule reticolari dei follicoli possono, quando sono attivate, immagazzinare di più (cfr. JÀCKELN, anche esperimenti con coloranti vitali su questo problema). L a milza ha grande importanza nell'ambito dei processi di difesa nelle infezioni, soprattutto nelle malattie settiche, ecc. (tumefazione infettiva rispettivamente settica della milza). I n questo evidentemente non è soltanto partecipe fortemente alla fissazione, all'immagazzinamento, alla distruzione, rispettivamente svelenamento di batteri, tossine, cellule tumorali, e prodotti di sfacelo di tessuto del corpo (p. es. pneumonia lobare nello stadio della lisi), m a soprattutto anche alla formazione dei corpi immuni e degli anticorpi naturali (cfr. pag. 611 e segg.). L'ingrandimento della milza fino al tumore splenico ci dimostra quale estensione può assumere l'iperplasia del S . R. E. Molto caratteristico è in tali stadi lo sviluppo di grandi centri di reazione nell'ambito dei follicoli linfatici che corrispondono completamente ai noduli secondari dei linfonodi, anatomicamente e funzionalmente. Contrariamente a HELLMANN, GLIMSTEDT ed altri, HOEPKE vide in essi e centri germinali dei linfociti e centri reattivi (cfr. anche JÀCKELN). Alle cellule reticolari di questi ultimi si attribuiscono funzioni di varia specie: fagocitosi di detriti cellulari, di lipoidi, ecc., riassorbimento di sostanze disciolte (JÀCKELN), secrezione di globuline specialmente di globuline immunitarie (pag. 580) e di sostanze umorali attive (vedi s.). Sotto determinate condizioni si cambiano in cosiddetti centri epitelioidi (pag. 1134). Nella vecchiaia follicoli primari e secondari diminuiscono considerevolmente in numero e in dimensioni. Come il 5 . R. E. nella sua totalità anche la milza mostra rapporti sostanziali col metabolismo, così soprattutto con quello del ferro (cfr. pag. 709), delle proteine, degli idrati di carbonio e dei lipoidi (cfr. LAUDA ed i trattati). Un interesse speciale ha offerto la « funzione incretoria » della milza. L a milza elimina in condizioni fisiologiche una sostanza che ostacola l'emigrazione e la maturazione di t u t t e e tre le serie cellulari del midollo osseo (FRANK, NÀGELI, M. B . SCHMIDT ed altri). L'« iposplenia » (atrofia, distruzione del tessuto splenico per processi morbosi, ecc.) rispettivamente « asplenia » (splenectomia, infarcimento totale dell'organo, ecc.) causano una sti-
MILZA
I099
molazione del midollo osseo con seguente poliglobulia, di frequente anche leucocitosi e trombocitosi del sangue. Contrariamente 1'« ipersplenia » (tumori splenici iperplastici ad etiologia diversa) inibisce il midollo osseo («ipersplenia depressorla» M. B. SCHMIDT), che a causa del blocco della maturazione e dell'emigrazione è spesso ricco di cellule e deviato a sinistra (cfr. pag. 6 7 9 , inoltre i trattati, anche E W E R B E C K , ivi lett.). Possono essere colpite tutte e tre le serie cellulari (pancitopenia), spesso però domina la mancanza di una serie cellulare nel sangue (cfr. pag. 679). Il detto « increto » influenza evidentemente anche la perdita del nucleo dei normoblasti, giacché dopo splenectomia sono regolarmente trovabili corpiccioli di J O L L Y negli eritrociti (pag. 634). Sostanze attive identiche o affini della milza abbassano completamente l'attività dell'ipofisi e della ghiandola germinale (1), inoltre il tono vegetativo ( S C H L I E P H A K E ed altri). Metabolismo basale, azione specifico-dinamica delle proteine, glucosio ematico, ecc. diminuiscono. L'increto della milza è inattivato evidentemente in parte nel fegato in condizioni fisiologiche cioè nell'apporto di non troppo grandi quantità. Esperimenti dimostrarono che compare una inibizione del midollo osseo quando il sangue della vena lienale, in seguito ad esclusione del fegato, direttamente viene deviato nella vena cava ( B O C K e F R E N Z E L , J O M B R E S , cfr. anche W O L L H E I M ) . Probabilmente 1'« increto » è formato dal S. R . E. o/e dai follicoli linfatici e precisamente non solo da quelli della milza, ma da tutto il sistema. I sintomi dell'« ipo- e rispettivamente asplenia » spariscono cioè di regola dopo un certo spazio di tempo (con eccezione di una linfocitosi, F L I M M ) e precisamente appena il restante S. R . E. rispettivamente il sistema linfatico ha raggiunto una sufficiente iperplasia compensatoria (cfr. F L I M M ) . R O H R afferma che in alcuni casi di ipersplenia depressoria la milza non è ingrandita (essa può persino essere atrofica). Sempre ha trovato però una iperplasia dei follicoli linfatici. U N G A R descrisse sostanze attive (splenina A), la cui liberazione è indotta dal sistema ACTH-corticale surrenale (reazione di allarme). L a « splenina A » accorcia il tempo di emorragia influenzando gli endoteli capillari. Una seconda sostanza (splenina B) può per aumentato versamento prolungare il tempo di emorragia e deve essere di importanza per la genesi della porpora, ecc. Una iper- risp. disfunzione della milza può secondo H I T T M A I R occasionalmente causare l'insorgenza di un quadro ematico embrionale risp. una anemia di tipo embrionale con anisocitosi, poichilocitosi, policromasia, granulazioni basofile, corpuscoli di J O L L Y , emigrazione degli eritroblasti ed eventualmente alcuni mieloblasti e mielociti. Inoltre si ha un ritorno dell'emopoiesi della milza, come è caratteristico per l'embrione al tempo dell'emopoiesi epatolienale; il ritorno dell'attività splenica embrionale ha per conseguenza una disfunzione, fra l'altro, dell'eritropoiesi nel midollo osseo ed una mielopoiesi metaplastica nella milza (cosiddetta splenomegalia embriopatica). Siffatte splenomegalie procedenti con una forte metaplasia mieloide appartengono (a nostro parere) alla sindrome della iperplasia (1) Ipogenitalismo splenogeno RADOSALJEVIC
ed
altri.
rispettivamente
infantilismo, cfr. pag. 914, inoltre
SANGUE
IIOO
E ORGANI
EMOPOIETICI
sistemica reattiva mieloide, che è descritta a pag. 838. Nella ipossia generale più grave si forma nella milza la lienina da ipossia ( R E I N ) . Attraverso la vena porta giunge nel fegato (« sistema fegato-milza »). Questo forma una sostanza strofantinosimile, che rende più sopportabile la grave mancanza di 0 2 per il cuore e probabilmente per tutto l'organismo. Un altro fattore che in generale è sommato al concetto dell'«ipersplenia» consiste in ciò che la milza (e il restante S. R. E.) è in grado in certe condizioni patologiche, di distruggere cellule ematiche in quantità aumentata, soprattutto eritrociti e leucociti. W I S E M A N e D O A N , inoltre M Ü T H E R e M O O R E constatarono in condizioni patologiche una aumentata attività fagocitaria della milza. Importante è inoltre che in determinate condizioni si formano nella milza (ma anche altrove) certe emolisine (pag. 896) e che la lisolecitina (cosiddetta lisolecitina risp. effetto endopausa secondo B E R G E N H E M e F À H R H A E U S ) distrugge gli eritrociti danneggiando la loro membrana in condizioni fisiologiche solo per più lungo indugio risp. stasi del sangue nella milza (ed in altri organi). La lisolecitina origina dalla sierolecitina per azione di una lecitinasi, in quantità efficaci però solo nel sangue stagnante; per ulteriori notizie cfr. a pag. 896 e segg., inoltre in C R E M E R . W R I G H T , D O A N ed altri in base ad osservazioni in vivo vennero alla conclusione che all'immagazzinamento ematico nella milza in molti stati ipersplenici spetta un significato maggiore per l'insorgenza delle alterazioni ematiche periferiche che non alla inibizione del midollo osseo. Benché nessuno neghi l'importanza dei detti fattori che distruggono gli eritrociti, la maggior parte degli autori ugualmente dà la precedenza alla funzione depressoria. L a funzione della milza viene regolata dal sistema nervoso vegetativo. Inoltre esistono strette relazioni scambievoli con le ghiandole a secrezione interna. Il loro tessuto linfoadenoide, come l'intero sistema linfatico è soprattutto sotto l'influenza del lobo anteriore dell'ipofisi ( A C T H ) c della corticale surrenale (cfr. pag. 725). L a milza non è un organo assolutamente necessario alla vita. L a splenectomia viene superata generalmente senza svantaggi essenziali (1), perchè il rimanente S. R. E. entrando in iperplasia compensatoria prende la funzione dell'organo mancante. Così è comprensibile che i cambiamenti accennati come iperglobulia, iperleuco- e trombocitosi, inoltre eliminazione aumentata del prolan nell'urina, elevato metabolismo proteico e basale, ecc. che tutti si basano sulla mancanza delle sostanze inibenti della milza sul midollo osseo e sull'ipofisi, sono soltanto di natura transitoria. Può constatarsi perfino il quadro tipico dell'ipersplenia in casi in cui la milza è atrofica. In tali casi il rimanente S. R. E. dovrebbe essere la causa di questi sintomi iper- e displenici. P L A T T e Z E L L E R riferiscono su esperimenti sulla questione dell'ipersplenia, che davano risultati abbastanza contradditori, con una visione critica della lett. corrispondente.
(1) Una certa diminuzione del rendimento veramente fu osservata ripetutamente (ASK-UPMARK ed altri).
noi
MILZA
CAPITOLO
II
ANOMALIE, VIZI DI POSIZIONE, FERITE L'alienia, cioè m a n c a n z a della milza, è m o l t o rara e si incontra nei malform a t i (specie negli anencefali e in difetti organici n o t e v o l i o come v i d e il KAUFMANN, in situazione abnorme degli organi addominali) come anche in individui per altro normali, che possono persino raggiungere u n ' e t à a v a n z a t a (STERNBERG,
GERMINALE,
lett.).
Milza succenturiata (Lìen succenturiatus). — U n a o più milze succenturiate si t r o v a n o occasionalmente come piccoli corpi rotondi vicino alla milza nel legamento gastrolienale (dove decorre l'arteria lienale) oppure lontani d a questa (SCHILLING, lett.), cosi nella coda (più di rado nella testa) del pancreas. KAUFMANN vide in quest'ultimo milze succenturiate grosse come ciliege (SNEATH descrive una milza succenturiata a f o r m a di peduncolo congiunto con l'organo principale nello scroto, s c a m b i a t o per un 3 0 testicolo). In u n r a r o caso di H . ALBRECHT (1896) 400 milze succenturiate erano disseminate su t u t t o il peritoneo; BENECKE (1910) pensa qui a piccoli f r a m m e n t i di origine t r a u m a tica, più t a r d i ingranditi e rigenerati (vedi anche il caso di WINTER e esper i m e n t i s u s c i m m i e d i KREUTER, i n o l t r e JARCHO e ANDERSEN); FALTIN e K Ù T T -
NER (1910) videro 6 risp. 5 anni dopo splenectomia a causa di schiacciamento e lesioni d ' a r m a da fuoco dell'organo, numerosi (KÙTTNER circa 1000) noduli splenici sul peritoneo, che furono considerati come neoformazioni compensatorie del peritoneo (vedi anche STUBENRAUCH (1929), EGGERS, lett.). L e milze succenturiate sono composte come la milza principale e prendono anche parte alle malattie di essa. Ci sono però anche aspetti di passaggio verso le linfoghiandole o che addirittura rappresentano linfoghiandole (HABERER, 1901). Lobatura (lien lobatus) o superficiale o profonda, spesso molteplici intaccature dei margini possono essere congenite, esse non sono d a scambiare con cicatrici d a infarto; si incontrano anche r a d d o p p i a m e n t i (PROSPERI, lett. e discussione sulla genesi); nello stesso t e m p o possono essere presenti milze succenturiate, talora anche difetti di sviluppo di diversi altri organi (con reni lobati e appendice a f o r m a d ' i m b u t o di W e s t e n h ó f e r come triade progonica, indicati come caratteristiche ancestrali). I n casi di trasposizione della c u r v a tura gastrica la milza si può trovare suddivisa in una q u a n t i t à di milze p i ù piccole; KAUFMANN vide 3 piccole milze grandi come un pisello in una n e o n a t a con situs Inversus partialls abdominis vicino al surrene destro (v. WARSING, lett.). L a lobatura della milza può essere presa in considerazione in queste circostanze come piccolo d i f e t t o d'organo per giudicare l'intera costituzione, che p u ò essere difettosa.
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SANGUE
E ORGANI
EMOPOIETICI
Sull'eterotopia (dispersione) di tessuto epatico nella milza vedi in P . SCHNYDER, nella capsula splenica vedi in HEID e HAAM (lett.), sull'eterotopia di tessuto pancreatico vedi in KUNSTSCHIK e SALZER, LUBARSCH (1925).
Vizi di posizione 1. Come ectopia si indicano cambiamenti di posizione in cui la milza è spostata dalla cavità addominale o nella cavità pleurica o in un sacco d'ernia ombelicale. L a prima avviene in ernie del diaframma congenite e in rotture del diaframma. 2. Più importanti sono i cambiamenti di posizione entro la cavità addominale chiusa. Essi hanno luogo: a) verso l'alto 0 verso l'alto e posteriormente (in asciti, gravidanze, tumori nell'addome); b) verso l'interno e anteriormente', questo è raro da vedere, m a p. es. t a l v o l t a in altissima idronefrosi dal lato sinistro (ivi quadro), c) in basso. Questi ultimi sono più frequenti e più importanti; essi accadono per vero anche in milze per altro normali (in donne a causa del busto), soprattutto in milze pesanti patologicamente (cosiddetti tumori di milza), in cui l'organo per il peso a poco a poco si abbassa e i legamenti (Llg. gastrolienale e phrenico-llenale) insieme con l'arteria splenica si allungano. Se i legamenti hanno perso, in seguito a gravidanze precedenti, asciti, tumori, nella c a v i t à addominale, ecc., la loro precedente tonicità, allora la milza può scivolare dalla sua normale posizione, anche se non è più pesante che di norma. Basso livello del diaframma come busti rigidi possono abbassare la milza. L a milza può rimanere nella posizione alterata o essere più o meno mobile (milza mobile, lien mobilis). L'ilo sta in alto, la convessità in basso. Conseguenze gravi si possono avere per torsione di milze mobili; la vena p u ò trombizzare, succedono ingorgo, infarto emorragico, infine anche la rottura della milza — o nello stesso tempo anche l'arteria si strozza, ciò che porta come conseguenza atrofia o, come in un caso di CHRISTOMANOS, necrosi totale della milza. V e d i anche HALBAN e lett. in v . STUBENRAUCH (1920). I gradi dello spostamento sono molto diversi. L a direzione v a verso sinistra in basso o verso il sacro o obliquamente attraverso l'addome in basso a destra (lett. sulla milza mobile in ginecologia vedi in MONTUORO). In un caso di G. KLEIN la milza lunga 17 cm. in parte giaceva nel piccolo bacino (tra vescica e utero retroflesso, spinto conto il sacro) ed era stata rialzata come « utero retroflesso » con un pessario. Ferite della milza si incontrano isolatamente o in combinazione con quelle di altri organi interni, specie in traumi ottusi dell'addome. Oltre a lacerazione totale o distruzione dell'organo avvengono emorragie parenchimali centrali (cfr. la formazione di cisti secondarie della milza a pag. 1171), inoltre — più spesso lacerazioni della capsula. Non di rado la rottura ha luogo in due tempi, quando un ematoma prima sottocapsulare o pericapsulare (anche in un primo tempo ematomi centrali possono talora occasionalmente farsi strada verso l'esterno) dopo un intervallo libero da sintomi si versa nella cavità addominale
iio3
MILZA
liberamente. Lett. in P U C C I N I e S T I G L I A N I , U N G E R S T E D T , F L I M M . Sugli autotrapianti traumatici sul peritoneo cfr. sopra nelle milze succenturiate, sulla «rottura di milza spontanea» a pag. 1168.
CAPITOLO
III
ATROFIA
Nell'età senile (atrofia senile) (1) la milza impiccolisce, diventa floscia, dura e tenace, bruniccia, anemica. L a capsula è floscia, rugosa, inoltre ispessita. L a milza mostra il peso massimo nel 3. (?) rispettivamente 4. (¿) decennio (ROESSLE e ROULET). L'involuzione senile — e specialmente quella dei tessuti linfoadenoidi della milza, così come delle linfoghiandole (pag. 1020), si instaura relativamente presto. L a semplice atrofia è marcata nella fame, meno costante è in altri stati di inanizione (grave anemia e cachessia, così in carcinomi). L'organo diventa rosso pallido, floscio. K A U F M A N N in 1078 casi di carcinoma vide la milza in 35,3 % persino ingrandita e precisamente per lo più in seguito a stasi; vedi M A R S C H O F F . Secondo M E D U R I l'arteriosclerosi delle arterie è la più frequente causa dell'atrofia della milza; ivi anche dati istologici. Gli elementi cellulari della polpa scompaiono sempre più, specie numero e grandezza del follicolo linfatico sono sempre fortemente diminuiti, essi diventano sempre più piccoli e poveri di cellule; particolari sui fenomeni involutivi dei follicoli in G R O L L e K R A M P F . Per contro lo stroma trabecolare e le pareti vasali spiccano di più e sono anche molto ispessiti. Queste ultime e anche la polpa contengono pigmenti amorfi, bruni intracellulari. Talvolta si trovano incrostazioni di calcio e ferro. In casi estremi il peso può scendere sotto 20 gr. e l'organo essere quasi solo della grandezza di una noce. K A U F M A N N vide una milza del peso di 19 gr. in una donna di 82 anni del peso corporeo di 25 kg. e una milza della grandezza di una castagna e del peso di 10 gr. in una donna di 62 anni (cfr. inoltre L U B A R S C H , lett., M E N O Z Z I ed altri).
(1) ASCHOFF, BURGER,
HELLEMANN,
KRUMBHAAR
e
LIPPINCOTT.
iio4
SANGUE
E ORGANI
CAPITOLO
EMOPOIETICI
IV
DISTURBI DEL METABOLISMO
Disturbi del metabolismo proteico Amiloide non si trova in nessun organo così di frequente come nella milza, e precisamente nelle condizioni discusse più dettagliatamente nell'amiloidosi (cfr. pag. 975). L à anche i particolari sulle reazioni istochimiche e sui processi di regressione. Si distinguono: a) Milza sagù = amiloidosi isolata del follicolo. L a degenerazione amiloide colpisce principalmente il reticolo, le arterie più piccole e i capillari del follicolo. Le fibre reticolari sono circondate di amiloide e mutate in cordoni a forma di salsiccia, di mazza, o varicosi, vitrei (mascherati per così dire di amiloide); le maglie del tessuto reticolare sono ristrette in fessure dentellate o a forma di stella, nelle quali ci sono solo pochi linfociti; la maggior parte sono stati distrutti (atrofia da compressione, disturbi di nutrizione, cfr. pag. 974). Macroscopicamente i follicoli spiccano sulla superficie di taglio come granéllini sagù o della forma di uova di pesce, grigi, trasparenti. A contatto con la soluzione di ioduro di potassio i follicoli linfatici si colorano in rosso mogano, il resto giallo. I gradi più lievi di degenerazione non sono riconoscibili macroscopicamente. La milza spesso non è ingrandita in modo ragguardevole, mai molto grossa (di rado fino a 500 gr.), può essere rossopallido e molto più dura del normale. b) Milza a prosciutto, lardacea o cerea dipende o da amiloide della polpa o da amiloide della polpa e follicoli. Nei gradi più elevati dell'alterazione si vedono microscopicamente masse amiloidi vitree a zolle tra le trabecole. Le fibre reticolari sono circondate di amiloide, le cellule pulpari sono sempre più infiltrate. Le pareti delle arterie e delle vene sono vitree; alcuni vasi sono a forma di salsiccia e senza lume. Nel preparato non colorato la sostanza amiloide appare grigio-bianca e vitrea. Macroscopicamente entrambe queste specie non si lasciano distinguere senza iodoreazione; specie quando nella amiloide molto intensa della polpa i follicoli possono diventare atrofici. L a superficie di taglio è allora liscia e regolarmente vitrea. Con la iodoreazione trabecole e follicoli liberi da amiloide diventano gialli, tutto il resto rosso mogano. L a milza è ingrandita, più in spessore che in lun-
MILZA
I105
ghezza, diventa rigida, pesante, i margini si arrotondano. L a capsula è liscia, tesa, spesso molto sottile. L a milza diventa specificamente più pesante; la consistenza del parenchima in modo singolare asciutto è tipo pasta dura o rigida e addirittura dura, non conserva l'impronta. (In preparati in alcool la durezza aumenta in modo rilevante). Il colore è — - i n rapporto al contenuto ematico — rosso come prosciutto affumicato o rosso giallastro come salmone affumicato, ovvero pallido, giallo-bruniccio come cera o lardo cotto. Fette abbastanza spesse di una milza cerea o lardacea sono trasparenti, come schiarite in glicerina, in cui solo il disegno trabecolare e eventualmente anche i follicoli rimangono opachi e perciò ancora chiaramente visibili. Depositi ialini fra l'altro si trovano nella fìbroadenia della milza (pag. 1162). Nella cistinosi cristalli di cistina sono depositati dentro le cellule in tutte le parti del S. R. E. L a milza può inoltre essere ingrandita. Dopo l'allontanamento della cistina le cellule suddette acquistano un aspetto schiumoso.
Disturbi del metabolismo lipidico Splenomegalie intervengono nelle seguenti malattie accompagnate da un disturbo del metabolismo dei grassi neutri e dei lipoidi: 1. Xantomatosi ipercolesterinemica in seguito a malattie del fegato, cosiddetta xantomatosi pericolangiolitica, cirrosi biliare con xantomatosi cutanea tuberosa, ecc. ( T H A N N H A U S E R , cfr. anche G I A M P A L M O ) . 2. Iperlipemia idiopatica (familiare) (grasso neutro e colesterina in scarsa entità) con xantomi cutanei eruttivi secondari. « Lipoidosi epatosplenomegalica » secondo B U R G E R - G R Ù T Z . Nella forma infantile (1-12 anni) si trova di regola una epatosplenomegalia, nella forma adulta è trovabile invece solo occasionalmente. Reperti autoptici in G O O D M A N ed altri, C H A P MAN e K I N N E Y , T H A N N H A U S E R . In contrasto con la lipemia rilevante si trovano solo poche cellule schiumose disperse nel fegato, milza e midollo, come nel diabete mellito. Il contenuto in grassi neutri degli organi non è sostanzialmente aumentato (!). L'iperlipemia varia secondo la ricchezza in grassi della dieta, analogamente anche la grandezza del fegato e della milza. L'etiologia della malattia è sconosciuta. Probabilmente si tratta di una lipemia da ritenzione, perchè i grassi neutri in seguito a mancanza di un fermento (?) non possono essere depositati in quantità sufficiente negli organi (cfr. T H A N N H A U S E R ) . 3. Iperlipemia sintomatica e (più debolmente) ipercolesterinemia nel diabete mellito grave non trattato con xantomi eruttivi secondari. Casi spiccati di questo genere sono diventati rari dopo introduzione della terapia 70
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KAUFMANN
I
no6
SANGUE
E
ORGANI
EMOPOIETICI
insulinica. In contrasto con l'iperlipemia idiopatica si tratta nel diabete di una « lipemia da trasporto » che con l'insulina sparisce. Nella polpa delle milze di un colore simile al cioccolato, ingrandite non in modo rilevante si trovano, in parte diffuse, in parte più raccolte in file e travate, numerose cellule schiumose chiare, grandi sino a 60 ¡LI; esse possono sostituire quasi completamente la polpa (iperplasia a grandi cellule, iperplasia diabetica a cellule lipoidi della milza; W. H. SCHULTZE, 1912). L'iperplasia a cellule lipoidi si può limitare alla milza, essa fu constatata però anche in altri organi linfatico-emopoietici (fegato, linfoghiandole, midollo) (SCHULTZE, LUBARSCH). Patogeneticamente si tratta nella iperplasia diabetica a cellule lipoidi della milza di un immagazzinamento nelle cellule del S. R. E. dei lipoidi aumentati nel sangue, fenomeno che rappresenta solo un tipo speciale degli xantelasmi diabetici (PICK, ASCHOFF). Alterazioni simili nella milza si trovano nella chiusura cronica del coledoco (KEMPF, lett.) e nelle nefropatie croniche (SIEGMUND), che procedono parimenti con lipemia. Ulteriori dati in KEMPF e soprattutto in THANNHAUSER.
4. Xantomatosi normocolesterinemica, la cosiddetta malattia di HandSchiiller-Chrìstian, cfr. pag. 804. 5. Cerebrosidosi (Morbus Gaucher), cfr. pag. 757. 6. Sfingomìelinosi (Morbus Nìeman-Pick), cfr. pag. 762. 7. Nella malattia di Pfaundler-Hurler (Dysostosis multiplex o Gargoilismus) i fosfatidi sono depositati in quantità abnorme fra l'altro nelle cellule reticolari della milza (disturbo del metabolismo cellulare ugualmente primitivo ed ereditario).
Disturbi del metabolismo glucidico Immagazzinamento di glicogeno nel S. R. E. della milza e nel fegato si trova solo molto raramente nella malattia di v. GIERKE.
Disturbi del metabolismo dei minerali L'importanza e la partecipazione della milza nel metabolismo del ferro fisiologico (deposito di Fe) e patologico fu descritto a pag. 710, cfr. inoltre M. B. SCHMIDT, 1940. Neil'emocromatosi la milza contiene in contrasto col restante S. R. E., solo in casi isolati molto poca emosiderina; essa rimane evidentemente del tutto esclusa dall'immagazzinamento generale del Fe (M. B. SCHMIDT, 1940). Cfr. inoltre la milza nelle anemie emolitiche (pagina 895 e segg.).
II07
MILZA
CAPITOLO
V
DISTURBI DI CIRCOLAZIONE
1. P A T O L O G I A
DELLE
ARTERIE
E VENE
SPLENICHE
L'arteria lienale mostra una lunghezza ed un andamento serpiginoso aumentanti con l'età. Indipendentemente da ciò (la loro insorgenza è favorita però dai primi) si trovano spesso processi arteriosclerolici, che nella massima parte iniziano nel 5 0 decennio c poi continuamente crescono in frequenza ed estensione specie nel 6° e 7 0 decennio; inoltre calcificazioni della media isolate (ulteriori dati e lett. in THIERSCH, VILLARA). L'arteriosclerosi si può continuare talvolta nelle arterie stremali intralienali, non suole però essere molto rilevante. L a ialinosi e la lipoidosi delle piccole arterie molto spesso combinata con essa (LUBARSCH, VILLARA, STRUKOW) è straordinariamente frequente nella milza (cosiddetta arteriolosclerosi, cfr. il capitolo dei vasi), fu osservata in bambini di 1 anno e cresce continuamente con l'età in frequenza ed estensione. Più frequentemente sono colpite le arterie follicolari, più di rado le arterie trabecolari e penicillari. Come causa la ialinosi e la lipoidosi, come in altri distretti circolatori, sono riferite alla disoria della barriera endoteliale. A causa della sua grande frequenza si riescono appena a trovare relazioni con certe malattie. Furono anche riscontrate in persone sane che morirono acutamente per causa violenta. È noto che la degenerazione ialina della parete nelle nefrosclerosi benigne e maligne, in queste ultime anche la cosiddetta « angionecrosi trombotica » specifica (SCHÙRMANN), non avviene solo nei reni, ma anche in altri distretti circolatori (cfr. cap. reni). Non tanto di rado le arterie spleniche sono colpite dalla periarterite nodosa (LUBARSCH, BALL e DAVSON ed altri). Trombosi secondaria delle arterie, p. es. dopo malattie delle pareti (arteriosclerosi, ecc.) è molto rara. Trombi ialini nelle piccole e piccolissime arterie si osservano p. es. nell'eclampsia (ulteriori dati in LUBARSCH). Aneurismi dell'arteria lienale (molto rari). Essi sono talora multipli (BERRY), sacciformi o cirsoidi, fino alla grandezza di un mandarino. Secondo la loro origine sono aneurismi arteriosclerotici, traumatici, embolomicotici, da erosione (in ulcere gastriche, ecc.) o luetici (negati da LUBARSCH). Conseguenze: rottura ed emorragia nel canale gastro-intestinale o nell'addome (raramente). Cfr. BINDER, ROBITSCHEK; morte improvvisa nella
no8
S A N G U E E ORGANI
EMOPOIETICI
g r a v i d a n z a v. L U N D W A L L e GÖDEL (lett.), SÄNGER, REMMELTS (lett.), B E N E K E
(1936) (lett.); inoltre C. SCHRÖDER (lett.), particolari specie in HENSCHEN. Varici della vena Menale, specie delle vene situate nell'interno dell'organo, non sono rare. Spesso dentro si formano fleboliti, talora in discreto numero, della grandezza di un pisello e più. Raro è il dissanguamento da una varice superficiale. Sullo stato varicoso del sistema splenoportale cfr. KIRSCHNER e il cap. dei vasi. Trombosi (1) (tromb.) della vena Menale. — Essa si forma: 1. per lo più ad insorgenza secondaria, e cioè proveniente: a) dalla vena porta (vedi cap. fegato); b) dai rami delle vene spleniche situate entro la milza. Tali trombosi possono svilupparsi in conseguenza a stasi intrasplenica, ad infarti, ad ascessi, nel morbo di Bang (LÖFFLER e ALBERTINI), ecc. ed essere diretti per il tramite della vena lienale nel tronco della vena porta. Esse hanno per conseguenza la formazione di infarti (venosi!) poco nettamente limitati. c) Come conseguenza di torsione del peduncolo in milza mobile. 2. Isolata, come cosiddetta « trombosi isolata della vena lienale ». Essa è molto rara; per quanto riguarda la genesi la sua origine è causata, rispettivamente favorita, da fattori eguali a quelli della trombosi della vena porta (cap. fegato), cioè in prima linea da processi infiammatori e di altra specie della vicinanza, che invadono la parete delle vene e/o le restringono. Come esempi siano nominati: ascessi o tumori, i quali possono rompersi nel lume delle vene, svariate affezioni del pancreas, raggrinzamenti cicatriziali, p. es. dopo ulcera gastrica perforata (KAUFMANN, ultima edizione), traumi, ecc. In parte possono essere interpretate come trombosi terminali in svariate infezioni locali e generali, necrosi dei tessuti, ecc. o come espressione di debolezza generale della circolazione (cosiddetta trombosi marantica). Sulla stasi portale come fattore essenziale predisponente cfr. a pag. 1 1 1 3 . Anche nelle malattie del sangue (leucemia, policitemia) sono state osservate trombosi isolate della vena lienale. Si parla di trombosi « autoctone » delle vene spleniche (2), se la causa (come di frequente) non è proprio chiara, così p. es. se ci sono trombi più vecchi in parte ricanalizzati, la cui origine risale lontano. Tali trombi autoctoni sono stati messi in rapporto genetico più volte con flebosclerosi. L a flebosclerosi fu interpretata prima per lo più come residuo di una flebite (sifilitica, in seguito a suppurazione dell'ombelico e altri infetti (3) e infezioni). Oggi si ha l'opinione sempre più seguita che la flebosclerosi geneticamente sia identica all'arteriosclerosi, cioè espressione di un difetto di nutrizione della parete vasale ( R O T T E R , 1949). L'insorgenza della sclerosi è favorita da diversi Lett. in E W E R B E C K . (2) E trombosi della porta, cfr. cap. fegato. (3) Infezioni locali (N. d. T.).
(1)
MILZA
ILOG
fattori, cosi dalla costituzione (KIRSCHNER), dall'età (1), dal livello della pressione portale, ecc. L'influenza di oscillazioni della pressione portale hanno sottolineato soprattutto MELCHIOR, EWERBECK (lett.) ed altri. Talora dal punto di vista causale possono anche venire imputati fattori infiammatori risp. reumatici. La tesi, secondo cui prodotti di disfacimento provenienti dalla milza in persistente stasi ematica sono responsabili dell'insorgenza della trombosi e della flebosclerosi, è sorpassata. L a trombosi della vena lienale può essere parietale o obliterare completamente il lume. Dalla periferia viene organizzata e ricanalizzata. L a milza aumenta di volume già nella trombosi semplice (secondo LUBARSCH in misura più notevole soltanto dopo un certo periodo), essa è rosso bruna scura e diffluente. Il suo destino futuro dipende da diversi fattori. Nella totale chiusura del lume e nell'assenza di collaterali che dirigono il sangue nel territorio della vena c a v a e/o nel tronco della vena porta, essa subisce, come nella stasi centrale continua (cfr. pag. 1112) atrofia ed indurimento, eventualmente con emorragie e noduli di Gamna. Se invece sono presenti collaterali e la trombosi è solo parietale o ricanalizzata, può svilupparsi una stasi portale remittente (ipertonia portale) con tutte le sue conseguenze (pag. 1 1 1 2 ) e formarsi una splenomegalia (ulteriori dati in JÄGER). In tromboflebiti gangrenose la milza si trasforma in una massa liquida, verdognola, maleodorante. L'endoflebite obliterante, risp. endoflebite reumatica, si incontra talora nella milza risp. nei tumori di milza (OBERSON ed altri — lett.). Sulla reticulosi subintimale e gli infiltrati leucemici cfr. i capitoli corrispondenti.
2. L A M I L Z A C O M E O R G A N O D E L S I S T E M A
DELLA
V E N A P O R T A (S. P.); R E A Z I O N I E M O D I N A M I C H E D E L L A M I L Z A (SISTEMA S P L E N O P O R T A L E E R E A Z I O N I
SPLENOPORTALI)
L a corrente ematica nell'ambito della vena porta e dei suoi rami è mantenuta attraverso più fattori: 1) per contrazioni, cioè la motilità dell'intestino, 2) per brusche variazioni pressorie delle arterie che agiscono (HAVLICZECK) sulla corrente portale tramite le anastomosi artero-venose (SPANNER) , 3) per variazioni di tono ritmiche dei grandi tronchi venosi portali e 4) per brusche variazioni pressorie che partono dalla milza. L a pressione portale (in media di 10 mm. di Hg.) dipende a) dalla quantità e dalla vis a tergo (1) A c c a d e però già nei b a m b i n i con ipertonia portale, il caso di LUCHTRATH p. es. era di 1 anno, là ulteriore lett.
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SANGUE E ORGANI EMOPOIETICI
del sangue dai settori affluenti e b) dalla resistenza, che si oppone al sangue che decorre in direzione del sistema della vena cava nell'ambito del fegato e delle vene sopraepatiche (p. es. come shock anafilattico parziale). Sulla presenza di blocchi vasali visibili istomorfologicamente negli spazi di KIERNAN cfr. in CORONINI, VERICAK e su quelli nelle vene epatiche cfr. STARK, TISCHENDORF, VERICAK. L a pressione portale segna forti oscillazioni tra 4,5 e 20 mm. di Hg., che in prima linea possono essere aumentate durante la iperemia da digestione (salita dell'afflusso ematico fino a 200 %) o/e per aumentato afflusso di sangue dalla milza. L a forza della resistenza del fegato è regolata dal sistema nervoso-vegetativo, il tono vagale aumentato ostacola il deflusso ematico. La milza può aiutare il mantenimento delle condizioni ottimali emodinamiche nel S. p. in duplice maniera: a) la milza rappresenta un motore, il « cuore elastico » del S. p., per mezzo del quale essa in ritmica alternanza (o anche in una sola volta, cfr. pag. 1099) si dilata e contrae (« diastole e sistole »). Gli impulsi di corrente così prodotti sono partecipi, accanto alle sopracitate forze, essenzialmente al superamento della resistenza epatica (GUILLERY, MALAMANI). Aumento di pressione nel S. p. favorisce caso per caso e le contrazioni ritmiche della parete del tronco e dei grandi rami ricchi di muscoli del S. p. come pure quelle della milza. Nell'aumento più forte di pressione come p. es. durante la digestione, le contrazioni ritmiche della milza al contrario diventano più scarse e infine cessano (lo stesso capita quando la pressione portale è molto bassa). Questo fenomeno crea b) la premessa che la milza in improvviso aumento di pressione nel S. p., p. es. durante l'iperemia da digestione, può come una spugna raccogliere una quantità non piccola di sangue e con ciò aiuta a evitare una più forte ipertonia portale (I. p.) acuta (« magazzino di sangue » e « di pressione » del sistema portale). Si tratta dunque di una regolazione attiva, diretta dal sistema nervoso vegetativo e con ciò di una iperemia attiva reattiva (p. es. iperemia da digestione della milza). L a milza tuttavia non rappresenta, nel quadro di questo fenomeno di regolazione, solo una riserva di sangue nel senso di un sovrariempimento. Molto probabilmente lo scarico della circolazione portale viene raggiunto certamente per il fatto che il plasma sanguigno attraverso i vasi linfatici profondi della milza e attraverso il dotto toracico giunge immediatamente nella vena cava superiore. Gli eritrociti del sangue sono naturalmente gravemente ispessiti, specie entro i sinusoidi. Durante aumenti di pressione portale forti, da considerare già come patologici, anche gli eritrociti possono giungere con la linfa nella vena cava. È noto che in tali stati i vasi linfatici periarteriosi della milza, i seni delle linfoghiandole regionali della milza e il lume del dotto toracico possono contenere grandi quantità di globuli rossi (JÄGER, CARERE-COMES, V. HERRATH ed altri). Il confine tra questi due diversi distretti funzionali della milza è naturai-
IUI
MILZA
mente artificiale, ambedue si completano (ulteriori dati e lett. in JÄGER, v.
HERRATH,
EWERBECK).
Non si deve per altro sopravalutare in condizioni normali l'influenza della milza umana nell'emodinamica della circolazione portale, giacché né nell'asplenia congenita né in quella acquisita (splenectomia) compaiono disturbi essenziali. La sua influenza favorente può evidentemente essere assunta facilmente da altri sistemi di regolazione; siano nominate soprattutto le anastomosi porta-cava, che secondo S P A N N E R agiscono come valvole di scarico. Resta da chiarire se la splenectomia lascia dietro di sé una predisposizione all'insorgenza di stati di stasi nel sistema portale e alle sue conseguenze. In modo del tutto diverso è da valutare l'influsso della milza sul sistema portale in condizioni patologiche.
3. I P E R E M I A A T T I V A , 0 I P E R E M I A C O N G E S T I Z I A D E L L A E INSUFFICIENZA DINAMICA D E L L A
MILZA
MILZA
L'architettura specifica istomorfologica della milza porta con sé che ogni iperemia (congestione) riguarda prevalentemente la -polpa rossa e cioè in primo luogo i sinusoidi. Entro certi limiti essa costituisce uno stato fisiologico dell'organo, il quale per quanto riguarda l'estensione, comporta delle variazioni. Poiché ogni riempimento attivo di sàngue dei sinusoidi si accompagna con un passaggio di plasma (completo) nelle maglie della polpa e nei vasi linfatici, si potrebbe parlare di una « infiammazione fisiologica » nel senso di RÒSSLE, interpretazione che acquista maggior valore, in quanto che l'organo è eccessivamente ricco di cellule, che appartengono al S. R . E. e che queste ultime vengono in contatto diretto col sangue (« infiammazione d'organo, RÒSSLE). U n a iperemia attiva più forte può aver luogo attraverso un aumentato afflusso arterioso con scarico corrispondente lievemente ostacolato. Questa condizione si verifica in prima linea in ogni splenite acuta e subacuta (iperemia arteriosa). D'altra parte anche ogni riempimento diastolico di sangue della milza negli improvvisi aumenti di pressione nel distretto portale deve però essere considerato come iperemia attiva, reattiva (intercettamento elastico di onde pressorie aumentate, « immagazzinatore di pressione ») (iperemia venosa) ; si tratta dunque di una reazione attiva, della milza, subordinata a fattori neuroumorali (vedi sopra e pag. 723), che non h a luogo dopo la denervazione dell'organo (dilatazione passiva diastolica). Il carattere della reazione, regolato dal sistema nervoso vegetativo, si esprime anche col fatto che il riempimento della milza può essere anche congiunto con uno strozzamento compensatorio dell'afflusso arterioso.
II12
SANGUE E ORGANI EMOPOIETICI
L a milza attivamente iperemizzata può immagazzinare una notevole quantità di sangue (i), il peso della milza può t u t t a v i a oltrepassare in sostanza appena i 300 g. L a capsula è tesa, la superfìcie della sezione è umida e blu viola. In contrasto con l'iperemia attiva noi dobbiamo parlare di una iperemia passiva, solo nel momento in cui i principi efficaci dilatanti sono stressati e insufficienti = insufficienza dinamica della milza (PATRASSI, EWERBECK) . L a « riserva splenica », la « spugna » è ora passivamente dilatata, finché lo permettono le strutture capsulari e trabecolari fibrose, dotate di una certa resistenza. L'iperemia attiva, sia l'arteriosa che la venosa, può in ogni tempo trasformarsi nella passiva, o che l'elasticità e contrattilità dei vasi, m a anzitutto quella degli elementi cellulari reticolari è funzionalmente inibita, o che le strutture della polpa degenerino in fibrosi (fibrosi, sclerosi, fìbroadenia). Entrambi i processi che di regola presentano due stadi (2), possono essere causati a) da fattori meccanici, con una maggiore e persistente estensione del tessuto e b) da tossine, p. es. infettivo-tossiche nella splenite o chimico-tossiche da scorie metaboliche, prodotti di degradazione dei globuli rossi in disfacimento, ecc., così probabilmente anche nella congestione persistente. Ogni iperemia a t t i v a (ma non la passiva) della milza persistente a lungo può provocare X iperplasia dell'organo, cioè l'insorgenza d'una splenomegalia (Splmgl.). L a splenomegalia dipende in primo luogo da una iperplasia della polpa rossa. Talora per altro si trova anche una più forte iperplasia della muscolatura liscia (cosiddetta cirrosi muscolare della milza, CARERE-COMES) . L'iperemia attiva e la splenomegalia ad essa legata possono avere diverse cause:
a) IPEREMIA A T T I V A E SPLENOMEGALIA (SPLMGL.) NELL'IPERTONIA RISPETTIVAMENTE STASI PORTALE REMITTENTE Fondamentalmente vi sono da distinguere due specie di ipertonia portale rispettivamente stasi portale (per quanto non splenogene), cioè a) l'ipertonia portale centrale e b) quella periferica. L'ipertonia portale centrale origina per ostacolo del deflusso ematico nel cuore destro insufficiente (stasi a valle del cuore destro), nella conc r e t o pericardii, nella stasi polmonare, nei vizi mitralici, ecc. Cfr. i capitoli corrispondenti. L'ipertonia portale è oltracciò sempre continuamente elevata perché è impossibile una compensazione della pressione nel sistema (1) Per es. durante la digestione, nella splenite a c u t a = i ° stadio del tumore di milza acuto infiammatorio, durante la g r a v i d a n z a (cfr. BENEKE), ecc. (2) Insufficienza splenica dinamica a) funzionale talora reversibile e b) morfologica stabile (PATRASSI, EWERBECK).
MILZA
III3
della cava che sta ugualmente sotto alta pressione; la milza in queste condizioni diventa atrofica (pag. 1125). L'ipertonia periferica portale rispettivamente stasi portale è causata invece da un ostacolo che è situato nell'ambito del fegato o del tronco della vena porta, rispettivamente di un suo ramo principale. In contrapposto all'ipertonia centrale il meccanismo nell'ipertonia portale periferica è del tutto diverso, perché il sangue portale che sta sotto alta pressione per il tramite dei collaterali può sboccare nel territorio delle vene cave caudale e craniale (cfr. cap. fegato). L'ipertonia portale può perciò essere compensata, in quanto la pressione, in alcuni momenti per carico funzionale scarso è aumentata solo poco o niente, in altri per carico funzionale forte (p. es. durante la digestione), si hanno per contro forti aumenti di pressione, che la milza intercetta elasticamente (iperemia attiva venosa della milza). Questo sovraccarico funzionale della milza continuamente ripetentesi, cioè remittente nella « ipertonia portale remittente » causa ora, come affermato, del tutto in contrasto con l'ipertonia portale continua tipo centrale, una iperplasia (splenomegalia) dell'organo (HUECK, JÄGER), fenomeno che chiaramente ha un carattere compensatorio reattivo (rendimento aumentato come immagazzinatore di pressione e motore del sistema portale). L a milza nell'ipertonia portale remittente di più lunga durata è di regola molto ingrandita (da 1000 a 4000 g.). Essa è oltremodo ricca di sangue (« splenomegalia congestizia ») e dura, ma può apparire all'intervento o all'autopsia anche relativamente anemica e più molle, grigio rossa, perché si è svuotata prima, nel corso dell'operazione o agónicamente (nel territorio della vena cava) di molto sangue. Da una milza del peso di 4000 g. si può svuotare attivamente per mezzo di contrazione quasi la metà del peso in sangue, un altro quantitativo si lascia allontanare spremendo manualmente, cosi che si può con ciò calcolare che la milza ha infatti immagazzinato sangue fino al 50 % del proprio peso. L a capsula è per lo più molto ispessita, spesso si trovano estese aderenze (perisplenite) col diaframma (collaterali!) (fig. 311 ). Infarti anemici non sono rari. L a vena lienale può raggiungere all'ilo della milza lo spessore di un pollice (e più) (status varicosus, KIRSCHNER). Il calibro dell'A. lienale è ingrandito in modo per lo più rilevante, ma non cosi come quello delle vene (spessore da una matita fino a quello del mignolo). Istologicamente domina il quadro una forte dilatazione e aumento dei sinusoidi (iperplasia da adattamento). L'alterazione appare particolarmente bene nei preparati istologici, se si riempie la milza con un liquido prima della fissazione (metodica di JÄGER) . Nelle sezioni non trattate i sinusoidi sono spesso difficili da riconoscere, le cellule della parete disposte a forma di ghiandole. L a neoformazione dei sinusoidi deve avere luogo in preponderanza alla periferia del follicolo. I cordoni della polpa che circondano i sinusoidi sono considerati in parte invariati (HÖRA, uno dei primi casi), in parte come ispessiti (EPPINGER), 70* —
KAUFMANN
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iii4
SANGUE E ORGANI EMOPOIETICI
in parte come assottigliati (JÄGER). A poco a poco la polpa rossa diventa sempre « più spessa », cellule e fibre reticolari sono chiaramente aumentate, queste ultime anche ispessite. Alla fine segue come fase terminale la fibrosi (« splenomegalia /ibro-congestizia »), o sclerosi, o fibroadenia (cfr. pag. 1161). Molto spesso sono evidenziabili incrostazioni ferro-calciche. I follicoli splenici sono in generale disseminati scarsamente nell'organo; è poi discusso se essi partecipano nella prima fase all'iperplasia della polpa rossa (specie nei bambini, in cui per lo più non si trovano alterazioni degenerative). Per lo più vi sono alcuni follicoli non alterati, altri atrofici. Nella fibrosi avanzata essi sotto certe circostanze mostrano il tipico quadro della fibroadenia follicolare.
Fig. 311. Uomo di 58 anni. Milza candita (Aut. n. 28803 Ist. Anàt. Istol. Patol. Univ. di Milàno)
I seguenti fattori causano una ipertonia periferica portale remittente: l'aumento della resistenza è causato nell'ambito del fegato soprattutto da cirrosi del fegato e fegato lobato, inoltre da tumori, ecc. L a porta e la vena fienale possono essere compresse da tumori vicini, da linfoghiandole ingrandite, da infiammazione e da raggrinzamento cicatriziale delle vicinanze. Le malformazioni congenite (stenosi, flessure) della porta sono molto rare. Più di frequente sono nominati trombi della porta (isolati) parietali o obliteranti o ricanalizzati, e/o dei suoi rami (vedi capitolo fegato). Trombosi isolata della vena fienale è molto rara (cfr. pag. 1108). Mentre la trombosi della porta e/o della vena lienale nella vecchia letteratura in netta preponderanza fu considerata come causa dell'ipertonia portale, oggi gli autori sono inclini a interpretarla almeno nella
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maggior parte dei casi non come causa, ma come conseguenza dell'ipertonia portale. Corrente ematica rallentata, ispissatlo sanguinis (iperglobulia del sangue delle vene spleniche), accumulo abnorme di prodotti del metabolismo della milza ingorgata e del sangue in essa stagnante, la lesione della parete per flebosclerosi (cfr. pag. 1108), e.cc. possono favorire l'insorgenza della trombosi della porta e delle vene spleniche nell'ipertonia portale e rendere comprensibile la loro presenza relativamente frequente in tali casi. Se la trombosi e la flebosclerosi sono escluse però come causa dell'ipertonia portale, soltanto in pochissimi casi (con eccezione della cirrosi epatica) si lasceranno trovare reperti che in via puramente meccanica possono essere responsabili del restringimento del vaso e con ciò dell'insorgenza dell'ipertonia portale. Difatti sono stati comunicati casi di ipertonia portale senza trombosi e senza ogni altro ostacolo nel sistema venoso epatico portale. Tali constatazioni richiamarono l'attenzione sulla milza come causa primitiva dell'ipertonia portale, poiché l'opinione di una ipertonia essenziale portale (EWERBECK), condizionata a spasmi (tono vagale rafforzato, distonia vegetativa), in prima linea non è dimostrata nell'ambito del fegato e delle vene epatiche e c'è poca probabilità che lo sia.
b) I P E R E M I A A T T I V A DI P R O C E S S I
CON S P L E N O M E G A L I A INFIAMMATORI
COME
(SPLENITE
CONSEGUENZA
CRONICA)
GREPPI partì dall'idea che virus sconosciuti marcatamente angiotropi o tossine nella malaria, lue, tbc., infetti (1) enterogeni, ecc. danneggiano gli elementi muscolari-elastici della milza e il suo S. R. E. Con questo si produce una atonia e congestione nella polpa rossa, che GREPPI ritiene responsabile per l'insorgenza della splenomegalia. RAVENNA per contro riconduce la congestione alla scomparsa del tono delle arteriole, con la conseguenza di un aumentato afflusso nella polpa rossa. FRANCESCHINI infine pensa ad un disturbo nel ritmo normale ciclico dell'andamento del lavoro dei sinusoidi nel senso di KNISELY (pag. 1092). La tesi che pone al centro della considerazione la splenite, cioè con altre parole l'iperemia infiammatoria attiva, come fattore causale, dovrebbe ben avere di per sè la maggiore probabilità. La splenite acuta nelle infezioni di diversa genesi inizia sempre con una rilevante iperemia (sovrariempimento sanguigno, congestione attiva) e iperplasia della polpa rossa (pag. 1132). L'iperplasia del reticolo pulpare può probabilmente lasciar apparire una struttura ordinata, cioè è senz'altro da ammettere che probabilmente nella maglia sincizio-fibrillare neofor(1) Infezioni locali (N. d. T.).
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SANGUE E ORGANI EMOPOIETICI
mata, in un primo tempo a fini pori, si formano per ogni dove sinusoidi, che trovano contatto con le vie di deflusso venoso. Una tale tesi è ben sostenibile, perché oggi in generale si è dell'opinione che la polpa si trovi in cambiamento continuo e si adatti alla situazione funzionale del momento. Con ciò però a causa di uno stimolo flogistico avrebbe luogo un processo, come noi lo abbiamo dianzi descritto nella ipertonia portale remittente come caratteristico per la splenomegalia, in cui è comprensibile che in alcuni casi dagli autori è accentuata più l'iperplasia dei cordoni della polpa, da altri, più quella dei sinusoidi; si dovrebbe perciò trattare di stadi di un unico processo. Una tale distorsione della milza è in un primo tempo ancora reversibile. Sotto certe condizioni che ci sono sconosciute singolarmente, l'iperplasia del parenchima splenico accompagnata da una forte iperemia (congestione) assume tuttavia espressioni che conducono all'insorgenza di una splenomegalia cronica spiccata e di regola senz'altro non più reversibile. Si potrebbe essere inclini a confrontare la splenomegalia con altre iperplasie da adattamento che spesso oltrepassano la misura necessaria forse con l'iperplasia delle paratiroidi nella malattia di Recklinghausen. Come le paratiroidi durante gli stadi tardivi della malattia di Rechlinghausen assumono per così dire la guida e determinano il decorso della malattia, così la splenomegalia nel senso suddetto può rappresentare prima una iperplasia da adattamento nel quadro dell'infiammazione, che sorpassa lo scopo e infine domina il quadro nosologico. Le ragioni che causano l'iperplasia eccessiva del parenchima splenico, sono proprio sconosciute. P A T R A S S I pensa che gli elementi contrattili elastici della milza non crescerebbero nella stessa proporzione della polpa; per ciò si stabilirebbe una sproporzione tra i due, che ha per conseguenza la congestione. Si potrebbe perciò pensare che l'iperemia attiva causi una « dilatazione tonogena » (in analogia col miocardio) delle lacune e dei sinusoidi, che determina l'ipertrofia e l'iperplasia degli elementi cellulari e fibrosi del reticolo sincizio-fibrillare della polpa;apag. 1093 noi affermiamo che gli autori oggi sono inclini ad attribuire al S. R. E. una certa capacità alla contrazione attiva. La dilatazione tonogena potrebbe ancora essere rinforzata per il fatto che l'aumentato afflusso di sangue nelle vene spleniche sovraccarica il sistema portale e con ciò provoca secondariamente uno stato che dovrebbe corrispondere a quello dell'ipertonia portale remittente. A poco a poco dall'iperemia attiva se ne sviluppa poi una passiva, stato, che P A T R A S S I chiama « decompensazione splenica dinamica » (cfr. anche E W E R B E C K ) . È essenziale che la stasi ematica progressiva provoca danni tissurali nella milza in un primo tempo dilatata attivamente, più tardi però sovradistesa e ingorgata (pressione, prodotti di distruzione delle cellule da stasi, tossine, anossia ( E W E R B E C K , ecc.). Oramai si sviluppa nella polpa ispessita una sclerosi (fibrosi e risp. fibroadenia), proprio così coinè fu sopra descritta nei riguardi dell'ipertonia portale remittente.
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L e alterazioni morfologicamente visibili nei tumori di milza cronicoiperplastici non permettono in nessuna fase della splenomegalia una distinzione se la splenomegalia è conseguenza di una ipertonia portale primitiva remittente di causa extralienale o conseguenza di una splenomegalia primitiva spieno-congestizia con ipertonia secondaria portale. È comprensibile che la splenomegalia primitiva splenitica congestizia possa produrre una ipertonia portale secondaria, se noi pensiamo che « il tumore di milza » trasporta rilevanti quantità di sangue che superano di molto la norma, nella circolazione portale. Ciò risulta già dall'osservazione che il calibro delle vene, m a anche quello delle arterie all'ilo della milza spesso è ingrandito in modo rilevante (vedi sopra). Questa quantità di sangue non può vincere la resistenza del fegato, fenomeno, che appare soprattutto se l'afflusso nel sistema portale è aumentato anche per altre cause (p. es. durante la digestione), così che si sviluppa subito in aggiunta il quadro dell'ipertonia portale remittente, che deve produrre i suoi effetti in modo retrogrado di nuovo sulla milza (circulus vitlosus). Ciò potrebbe però essere di decisiva importanza in certe circostanze dal punto di vista causale per l'accrescimento continuo del tumore di milza nelle forme primarie splenitiche, come dianzi detto. Ogni ipertonia periferica portale di genesi lienale o extralienale può essere temporaneamente compensata per il fatto che il sangue portale, essendo a pressione elevata, si svuota per le collaterali nel territorio del sistema della cava. L a sede delle collaterali è trattata nel capitolo del fegato. A questo punto si noti unicamente che il sangue venoso della milza nel blocco della vena lienale si riversa specialmente attraverso la rete venosa transdiaframmatica del legamento frenico-lienale (aderenze con la capsula!) e le vene del legamento gastrolienale, le vene gastriche brevi e le vene coronariche dello stomaco attraverso le vene esofagee distali nella vena cava cran. risp. nel tronco della porta. Sulle anastomosi collaterali non di rado molto ampie dall'ilo della milza p. es. nella vena renale e vena spermatica sinistra e ulteriori notizie sulle collaterali porta-cava cfr. in RÖSSLE, JÄGER, PATRASSI, E W E R BECK, SPANNER, THAMM, i v i
lett.).
A poco a poco le collaterali vanno incontro ad una dilatazione varicosa sempre più intensa. L a lesione parietale ad essa associata favorisce la sua rottura, ciò che ha per conseguenza gravi emorragie dalle vene dei segmenti distali dell'esofago e della mucosa gastrica (melena, ematemesi). Hanno pure luogo per lo più occulte, a nappo (per diapedesi). Riassumendo possiamo stabilire che l'iperemia a t t i v a della milza in ogni caso è l'espressione di un meccanismo reattivo di carattere compensatorio, sia che abbiano primitivamente maggior valore la funzione intercettatoria della milza, per le variazioni pressorie della circolazione portale, sia i processi di difesa rispettivamente di digestione nella splenite. L'irrigidimento delle strutture (fibrosi, sclerosi, fibroadenia) ha per conseguenza dal punto
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di vista della funzione la decompensazione dell'organo in estensione sempre crescente (PATRASSI, EWERBECK). L a milza influisce adesso per quanto riguarda la circolazione portale solo come sorgente di un apporto che supera la misura fisiologica, di sangue vischioso, ispessito, fenomeno che causa e rinforza l'ipertonia portale con tutte le sue conseguenze e pericoli. L'ipertonia portale può essere considerata come compensata fin quando le collaterali bastano a deviare la quantità di sangue eccedente nel sistema della cava e fin quando le pareti delle collaterali resistono alla forza della pressione ematica a cui esse sono sottoposte. Che nelle circostanze nominate la splenectomia possa avere effetto favorevole, è molto chiaro. Nel caso di un ostacolo primario o secondario (trombosi) situato nell'ambito del sistema extralienale, si dovrà veramente giudicare se l'utilità, che risulta dallo strozzamento di una sorgente di sangue indesiderata è superiore al danno che si fa con l'eventuale interruzione di importanti collaterali. Spesso la splenectomia influisce favorevolmente soprattutto per il fatto che i sintomi dell'ipersplenia (pancitopenia, ecc., cfr. pag. 680 e pag. 1099), che non di rado stanno in prima linea, vengono soppressi.
c) LE SINDROMI SPLENOPORTALI CON SPLENOMEGALIA, COSI DETTA SINDROME DI BANTI (1) Il meccanismo or ora mostrato fa insorgere clinicamente tre sindromi spleno-portali, cioè a) il « morbo di Banti », /S) la sindrome « stenosi vena porta, rispettivamente vene spleniche » (prima « trombosi delle vene spleniche ») detta anche « splenomegalia congestizia » e y) la cirrosi epatica splenomegalica. A) BANTI (prima pubblicazione 1883, ulteriori sino al 1925) richiamò l'attenzione su un quadro morboso, che come « morbo di Banti » più tardi come « sindrome bantiana » fu introdotto in letteratura con la triade: tumore di milza grande (di rado inferiore a 1000 gr., ma fino a 3000 gr. e più), duro, relativamente anemico (istologicamente: fibroadenia), anemia (per lo più anche leucopenia, più di rado trombocitopenia) e cirrosi epatica (LAENNEC). Il decorso è molto cronico. Il primo «stadium anaemicum » incomincia sempre con un tumore di milza rilevante e con anemia, dura più anni. Durante il secondo « stadium intermedium » (1-1 1 / 2 anni) il fegato è per lo più ingrandito, spesso ittero lieve e disturbi della digestione. Soltanto il terzo « stadium asciticum » è contrassegnato da una tipica cirrosi epatica atrofica, ascite, cachessia. È preferita l'età giovanile. In contrasto
(1) GREPPI,
EPPINGER,
LUBARSCH,
ROSSLE,
PATRASSI,
EWERBECK,
CACHIN
NOBEL
e
e
WAGNER,
MARTINET
BRUGSCH,
ed altri).
BRANDBERG,
MILZA
I I 19
con la splenomegalia congestizia emorragie compaiono più di rado e soltanto nelle ultime fasi della malattia. Ittero vero e proprio e gravi forme di diatesi emorragica sono rari, petecchie della cute, epistassi, ematuria, ecc. intervengono occasionalmente (trombocitopenia!). L a definizione classica del « morbo di Banti » include che la cirrosi epatica si sviluppa in dipendenza del tumor di milza e che l'etiologia è sconosciuta, opinione che oggi non può più essere mantenuta (vedi sotto). L a milza presenta una superficie esterna liscia e di taglio uniformemente rossa, istologicamente il quadro tipico della fibroadenia (cfr. pag. 1162) follicolare e/o pulpare, inoltre una forte iperplasia dei seni (DÜRR) che sono rigidi a causa della fibrosi, relativamente stretti e rotondi: la milza appare perforata come un s e t a c c i o (DÜRR). U l t e r i o r i d a t i in BANTI, DÜRR, CHANEY (69 casi), PATRASSI
(lett.). Assenza di pigmento ematico nella polpa. Nel fegato si trova infine una iperplasia del tessuto connettivo di intensità diversa che porta alla cirrosi. L a cirrosi ben definita non si distingue poi più dalla malattia « cirrosi epatica atrofica ». ß) L a sindrome della stenosi della vena porta o splenomegalia congestizia mostra la triade: tumore di milza (da 1000 a 4000 gr.) grande, duro, molto ricco di sangue, ipersplenia (pancitopenia splenogena, le più frequenti e di regola le più fortemente marcate sono l'anemia e la leucopenia) e ripetute, più o meno gravi, e per lo più infine mortali emorragie da collaterali divenute varicose della mucosa esofagea e gastrica (possono mancare nella prima fase della malattia). Diatesi emorragica e porpora della pelle, emorragie nasali ripetute, ecc. sono più rare (trombocitopenia!). Il tumore di milza diminuisce considerevolmente in seguito a forti emorragie e adrenalina. Il decorso è di regola molto cronico (fino a 20, anzi persino fino a 40 anni). Sono preferite le età giovanile e media. Segni di una cirrosi epatica concomitante si trovano di rado in confronto con la sindrome di Banti. L a milza mostra il quadro caratteristico dell'ipertonia remittente (pag. 1113). y) L a cirrosi epatica splenomegalica. — A l solito quadro della cirrosi epatica atrofica (LAENNEC) appartiene un tumore di milza (peso sino a 600 gr., più di rado fino a 1200 gr., eccezionalmente di più, p. es. 1530 gr. in un caso di KAUFMANN), che di regola è dunque più piccolo che nel morbo di Banti. In contrasto col morbo di Banti la splenomegalia dovrebbe svilupparsi soltanto secondariamente ed essere causata dalla cirrosi epatica. L a splenomegalia raramente manca secondo KAUFMANN; altri autori indicano cifre essenzialmente più basse (RÖSSLE); JÄGER la vide per es. solo nel 50 % dei suoi casi. Può aversi pancitopenia. Emorragie dalle anastomosi porta-cava divenute varicose si trovano regolarmente nei casi avanzati (cfr. cap. del fegato, là ulteriori dati sulla sintomatologia). L a milza si mostra all'autopsia per lo più abbastanza esangue, la polpa appare sulla superficie di taglio spesso piuttosto rosso chiaro, abbastanza molle
II20
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(molle-compatta), sebbene la capsula possa essere tesa; abbastanza frequente perisplenite. L a milza può contenere abbondanti cellule rotonde con ricco contenuto lipidico e depositi di pigmenti, nel resto essa mostra un quadro che corrisponde più o meno ampiamente a quello dell'ipertonia remittente portale e del morbo di Banti; ulteriori dati in ROSSLE. I rapporti tra le varie sindromi. — Il merito di BANTI si fonda in preponderanza sulla constatazione che una malattia può primitivamente partire dalla milza rispettivamente che la milza nell'ambito di un complesso determinato di sintomi occupa un ruolo principale. BANTI ammetteva che un agente tossico sconosciuto di natura ematogena non infettiva o infettiva giunge nella milza e causa l'insorgenza di una splenomegalia fibrosa. II tumore di milza è dunque primitivo. L'agente ancorato nella milza o i prodotti di un abnorme metabolismo, causato attraverso la stasi persistente del sangue nelle lacune della milza, sogliono secondariamente far insorgere una flebite sclerosante della vena splenica e della porta (i) e la cirrosi epatica. Per questa tesi parla l'osservazione che l'aumento del tessuto connettivo nell'ambito degli spazi di Kiernan del fegato parte di frequente dall'ilo epatico (cosiddetta cirrosi epatica pilefìebitica) e che fitti infiltrati a cellule rotonde precedono lo stadio cicatriziale fibroso. Per contro altri autori affermarono che la splenomegalia è sempre secondaria e conseguenza di una malattia epatica primaria. Essi non riconoscono una distinzione principale tra cirrosi epatica splenomegalica e il morbo di Banti. Sempre la splenomegalia sarebbe conseguenza dell'ipertonia portale rispettivamente della stasi portale. Intorno al 1920 il concetto della « splenomegalia tromboflebitica » allorché si constatò che una « flebite » per lo più manca, fu sostituito con quello di « trombosi venosa splenica rispettivamente della porta ». Molto presto anche questo concetto fu di nuovo sostituito con un altro, cioè quello di « stenosi delle vene spleniche rispettivamente porta », perché si riconobbe che non pochi casi non permettevano di mettere in evidenza una trombosi all'intervento o all'autopsia, sebbene essi mostrassero clinicamente il tipico complesso sintomatologico (vedi sopra). Ottenne sempre più favore anche l'opinione che le trombosi per lo più originano secondariamente, dunque sono conseguenza e non causa dell'ipertonia portale, rispettivamente stasi. Il concetto di « stenosi portale » sostiene che la via della corrente nell'ambito del sistema portale è stretta in un punto qualsiasi e che la splenomegalia è conseguenza di una ipertonia extralienale e di quella precedente portale remittente 0 di una stasi portale remittente. Tuttavia la constatazione (1) Essa può creare in unione con le alterazioni ematiche di nuovo la predisposizione all'insorgenza di una trombosi.
MILZA
II2I
che c'è anche una ipertonia portale con splenomegalia senza alcun ostacolo nel sistema portale (i), lasciava infine originare la tesi che la causa della stasi pot e v a essere nella milza stessa. P A T R A S S I pensa persino che l'ipertonia portale da sola non è affatto in grado di produrre splenomegalia. F u così coniata l'idea della paresi vasomotoria della milza (BURR) o della splenomegalia congestizia o fibroso-congestizia su base vascolare atonica (GREPPI) . Causa della stasi intralienale sarebbe una paresi o atonia che si riconduce a processi infiammatori a etiologia sconosciuta (JÀGER) O a infezioni locali e generali da lungo pregresse come malaria, tbc., lue, infezioni locali enterogene, ecc. ( G R E P P I ) . Debolezze vasali congenite della milza sogliono favorire l'insorgenza di una tale stasi splenica su base atonica. Probabilmente una debolezza congenita mesenchimale può favorire decisamente l'insorgenza della splenomegalia, delle lesioni epatiche e delle emorragie (splenomegalia congenita familiare con cirrosi epatica — BASTAI, cfr. inoltre KIRSCHNER, PEDRO-PONS, la restante lett. in PATRASSI, EWERBECK). In alcuni casi le vene (2) mostrano — precisamente per lo più quelle dell'intero sistema portale —• una ipoplasia congenita della muscolatura (3) e una non rara dilatazione angiodisplastica molto marcata. KIRSCHNER inquadra casi di questo genere nello « status varlcosus ». Le flebectasie in tal caso non sempre si limitano al sistema portale (malattia sistemica con trasmissione ereditaria dominante secondo KIRSCHNER). L'angiodisplasia costituzionale congenita favorisce l'insorgenza delle dilatazioni varicose dei vasi, che si lasciano seguire dalla vena porta e dai suoi rami fino nella mucosa dell'esofago e dello stomaco (emorragie!) e fin nella milza e nel fegato; essa favorisce inoltre l'insorgenza della flebosclerosi (talora il tipico quadro dell'endangite obliterante — PEDRO-PONS) e di trombosi secondarie. L a splenomegalia potrebbe essere causata dalla debolezza delle pareti delle vie intralienali e dei seni risp. di tutto il sistema trabecolare (fibre muscolari lisce nel caso di KIRSCHNER erano tutt'al più dimostrabili isolatamente, di solito esse mostrano in tali casi, anzi in contrasto a ciò, una iperplasia) e dalla congestione seguente. L a « insufficienza del meccanismo di espulsione » (KIRSCHNER) della milza dovrebbe avere per conseguenza dunque l'iperplasia compensatoria della polpa. Forse però influisce sfavorevolmente sull'emodinamica di questo ultimo anche l'atonia delle vene di tutto il sistema portale a pareti talora sorprendentemente sottili e ampie (osservazione personale), fattore che dovrebbe avere ugualmente per conseguenza l'iperattività della milza (iperemia attiva) nel senso di una ipertonia portale remittente. Tali fattori potrebbero spiegare da se stessi l'insorgenza di una sindrome splenoportale (splenomegalia congenita); per lo più essi però rappresenteranno soltanto il fattore predisponente. PATRASSI
nite produttiva
infine riconduce le « splenomegalie primarie « ad una sple(iperemia attiva infiammatoria, reattiva e iperplasia pul-
(1) Se si riconosce il carattere secondario della trombosi, rientra in questo gruppo la maggior parte dei casi. (2) Per lo più anche le arterie, ma in minor grado. (3) LÜCHTRATH la trovò in un bambino di 1 anno. 71 —• KAUFMANN I
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SANGUE E ORGANI EMOPOIETICI
pare) di diversa etiología. L'idea che processi infiammatori devono essere ritenuti responsabili dell'insorgenza di tali tumori di milza, prima di tutto nelle stenosi della porta, era stata espressa più di una volta già prima (RÖSSLE, H U E C K , JÄGER ed altri). Decisiva per l'insorgenza della splenomegalia ci pare dunque essere, come sopra affermammo, l'iperemia attiva causata da uno stimolo qualsiasi, in cui numerosi stimoli molto diversi, possono avere uguale effetto (ipertonia remittente portale e stasi di ritorno nella milza, iperemia infiammatoria). L'iperemia attiva (accanto a stimoli diretti tossici sul S. R. E.) determina l'iperplasia della milza, la splenomegalia e questa d'altra parte è responsabile dell'insorgenza o del peggioramento dell'ipertonia portale, perché ormai una quantità di sangue che supera ampiamente la misura fisiologica defluisce nel sistema portale. La cirrosi epatica evidenziabile in una parte dei casi nella sindrome portale fu da BANTI, come sopra affermato, e dopo di lui da numerosi autori fino ai tempi più recenti (CESA-BIANCHI e CELLINA ed altri), interpretata come una malattia dipendente dalla splenomegalia (qualunque sia l'insorgenza) e da essa causata. Altri ponevano la cirrosi epatica all'inizio della malattia e indicavano il tumore di milza come secondario, p. es. causato da una ipertonia portale epatogena remittente. A poco a poco però si affermò sempre più la tesi (RÖSSLE, KAUFMANN ed altri), che vede nella splenomegalia e nella cirrosi epatica una « sindrome associata splenoepatica » (PATRASSI) . Avviene che un fatto infiammatorio causato da determinate noxe colpisce la milza come anche il fegato e infine dà origine alla cirrosi del fegato da un lato e alla sclerosi, fibrosi e cirrosi e fibroadenia della milza dall'altro lato. La splenomegalia nella cirrosi atrofica di Laennec non è semplicemente causata da una stasi portale remittente, essa è piuttosto espressione di un processo infiammatorio, che avviene nello stesso tempo anche nella milza (RÖSSLE) . Nella sindrome « cirrosi epatica splenomegalica » ha il fegato per così dire la guida, tanto riguardo al tempo come anche per quanto riguarda l'estensione della lesione e delle reazioni. All'opposto la milza ha la guida nella sindrome di Banti, cioè nella splenomegalia congestizia (identica alla stenosi della porta) e nel morbo di Banti classico. Quale dei sintomi: splenomegalia o trombosi delle vene della milza e della porta o cirrosi epatica ha infine la precedenza e con ciò domina la sindrome splenoportale, dipende da fattori (disposizione, costituzione, fattori locali, disposizione d'organo, ecc.), che non sempre sono riconoscibili chiaramente. Come noxe sono nominate oggi più di frequente malaria, the. ( G R E P P I ) , lue
(CHIARI, MARCHAND, HOCHHAUS, NORRIS, SYMMERS e SHA-
(lett.), AUFDERMAUR ed altri), morbo di Bang, tifo, paratifo, bilarziosi, Kala-Azar ed altre infezioni intestinali, probabilmente anche la epatite virale, la colangite, ecc., le cui tossine colpiscono prima sincrónicamente e ubiquitariamente tutto il mesenchima (mesenchimosi) o il S. R. E. (reticulosi); soltanto più tardi l'uno o l'altro organo PHIRO, CURSCHMAN, D U N K E R
MILZA
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può assumere la direzione, cioè diventare « dominante nella malattia » (pag. 1161). È abbastanza noto che anche gli agenti delle « infiammazioni specifiche » possono causare istologicamente in certe circostanze, reazioni infiammatorie del tutto aspecifiche, dalle quali poi, p. es. nel senso di una « infiammazione sierosa » (RÒSSLE) vengono causate sclerosi estese, senza che debba apparire una più forte emigrazione di leucociti o un tessuto di granulazione in qualsiasi epoca. Già la semplice stasi può a nostro parere (ROTTER, 1949) sul terreno di un semplice disturbo di nutrizione causato da essa (ipossia, indicata specie da EWERBECK), produrre una tale sclerosi passando attraverso un'infiammazione sierosa. Che la maggior parte delle splenomegalie nelle sindromi splenoportali sia primariamente di genesi infiammatoria, sembra anche a noi probabile. Provare l'importanza causale del fattore infiammatorio nel singolo caso, incontrerà spesso difficoltà, soprattutto per il morfologo, che già di regola esamina lo stadio cicatriziale aspecifico (fibrosi). Dopo che era stata sostenuta la sindrome « stenosi portale » e — poco più tardi — l'identico concetto della « splenomegalia congestizia » la discussione sull'identità di questa sindrome col morbo di Banti o con la « sindrome di Banti », come ora più cautamente si formula, non è più finita. Mentre GREPPI (1938) e CESA-BIANCHI e CELLINA (1939) si sono espressi per l'identità, affermando che in entrambe la stasi (genesi congestivo-vascolare) sarebbe il comune fattore patogenetico decisivo, altri (Di GUGLIELMO, ZOCCOLI ed altri) hanno contestato ciò, perché il fattore congestizio nel morbo di Banti mancherebbe (cfr. in PATRASSI). Per l'identità parlano i seguenti punti di vista: si è certi oggi che la fibroadenia della milza, reperto al quale si riferisce in sostanza la diagnosi di « morbo di Banti » è del tutto aspecifica. Lo stesso vale per la siderofibrosi (focolai di Gandy-Gamna). L'osservazione che la milza nel morbo di Banti è anemica e anche istologicamente contiene nei seni solo poco sangue, dipende in ultimo dal fatto che i « casi di BANTI » tipici corrispondono alla fase tardiva (grave fibroadenia = stadio cicatriziale) della splenomegalia congestizia. Questo stadio è raggiunto evidentemente nei casi classici di BANTI relativamente presto, la milza è allora ampiamente indurita. Questo spiega anche l'osservazione che il tumore di milza nei casi di BANTI solo poco o niente diminuisce dopo forti emorragie. Con adrenalina si può ottenere inoltre di frequente un rimpicciolimento anche del tumore di milza di Banti, e viceversa l'adrenalina perde la sua efficacia nelle splenomegalie fortemente fibrose della sindrome stenosi portale. L a validità della constatazione che nel morbo di Banti emorragie dalle collaterali sono di gran lunga più rare, che nella stenosi portale, da GREPPI, CESA-BIANCHI ed altri ha subito forti restrizioni e si lascia accordare inoltre con l'irrigidimento precoce della milza con la
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formazione di collaterali, che presenta diversità nel caso singolo, con il decorso molto cronico, ecc. E per quanto riguarda infine la cirrosi epatica che nel morbo di Banti secondo la definizione compare regolarmente nella 3 a fase, nella stenosi portale per contro soltanto di rado, si dovrebbe trattare qui soltanto dell'espressione di una determinata forma di decorso di un processo in linea di massima patogeneticamente simile. Così CESA-BIANCHI e CELLINA alla fine distinguono una forma prevalentemente vascolare-congestizia da un lato e una forma prevalentemente fibrosa dall'altro, in cui quest'ultima evidentemente rappresenta soltanto l'ulteriore sviluppo della prima. Riassumendo constatiamo che le tre sindromi si lasciano delimitare bene l'una dall'altra per il quadro clinico e prima di tutto epicriticamente per il decorso. Risulta però una divisione che è molto arbitraria ed ha unicamente il valore di mettere in evidenza determinati complessi sintomatologici secondo definizione e che in ultimo solo in determinati casi, specie tipici, si può compiere. L a maggior parte degli autori sono oggi d'accordo sul fatto che per nessuna delle sindromi spetta una etiología unitaria (esse non presentano unità nosologiche) e che ugual noxa può produrre ognuna delle sindromi. Le sindromi rappresentano diverse fasi o forme di decorso di un processo diverso dal punto di vista ezio-genetico, nella sua genesi formale però caso per caso affine o del tutto identico. La genesi formale e con essa il « decorso » della malattia può essere influenzato e modificato da diversi fattori. In alcuni casi l'ipertonia portale remittente primaria o anche secondaria (vedi sopra) dominerà largamente il quadro, determinerà il decorso e renderà indispensabile l'intervento precoce per gravi emorragie, o causerà la morte (il quadro tipico della stenosi portale con modificazioni precoci della milza). In altri casi l'ipertonia portale remittente è compensata largamente (decorso squisitamente cronico senza emorragie e con modificazioni tardive della milza tipo Banti). Se si riconosce il fattore infiammatorio primitivo patogenetico (NUSSEY ammette per determinati casi un danno da fattore Rh) si può constatare che una volta il tumore splenico (splenomegalia congestizia e sindrome di Banti), un'altra volta la cirrosi epatica (cirrosi epatica splenomegalica - disposizione di età!, ecc.) determinano il decorso della malattia e le particolarità del quadro anatomopatologico. Certamente anche la trombosi della vena splenica o della porta che è di regola secondaria influenzerà decisamente le modificazioni anatomopatologiche. Determinate costellazioni di fattori diversi esogeni ed endogeni dovrebbero essere in grado dunque di produrre sindromi simili, nella fase finale perfino uguali e dal punto di vista genetico formale in ultima analisi tra loro identiche, idea che non è più estranea al pensiero odierno della scienza medica. Concetti come pseudobanti (a nota etiología infettiva) o pseudotrombosi della vena splenica (LICHTENSTEIN e PLENGE) non hanno perciò più alcuna giustificazione. È solo sostenibile un concetto
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MILZA
super ordinato, cosi p. es. « sindromi splenoportali » o « sindromi di Banfi » (PATRASSI), che raggruppa le sindromi classiche: Morbus Banti, stenosi portale 0 splenomegalia congestizia e cirrosi epatica splenomegalica in una unica sindrome ad etiologia diversa. L'esigenza contenuta nella definizione di BANTI: splenomegalia « ad etiologia sconosciuta » non deve più essere decisiva per la definizione delle sindromi e la loro delimitazione reciproca, dato che è senz'altro visibile che in casi con decorso particolarmente cronico l'etiologia di frequente dopo 10-30 anni non è più riconoscibile. U n a divisione in: 1) morbo di B a n t i puro; 2) sindrome di B a n t i d a causa infettiva; 3) pseudobanti (da stasi portale) e 4) malattie affini, come l'hanno prospettata nel 1949 BENHAMOU ed altri, ci sembra poco utile e forzata. L'individualità, cioè 1'« autonomia » del morbo di B a n t i è sostenuta ancora oggi solo da pochi autori (BUYSSEUS ed altri).
4. I P E R E M I A P A S S I V A D E L L A (STASI C E N T R A L E ,
MILZA
CONTINUA)
ATROFIA CIANOTICA E INDURIMENTO DELLA
MILZA
Contrariamente alla iperemia o stasi portale periferica remittente, l'ipertensione o stasi portale di origine centrale, come sopra viene riferito, decorre con un aumento continuo di pressione nel sistema della porta, che si riflette anche sulla milza; essa si riempie di sangue quasi fino a che lo permette la resistenza della capsula fibrosa. C'è ancora da osservare per una visione completa dell'argomento, che anche una trombosi ostruente della vena lienale può determinare il quadro di una congestione continua della milza con tutte le sue conseguenze (atrofia cianotica, vedi sotto) in quanto non si giunge ad una cospicua ricanalizzazione o ad un efficiente scarico nel circolo portale tramite le relative collaterali (quindi ipertensione portale remittente), oppure la splenomegalia era insorta primariamente, soprattutto su base infiammatoria, prima che si fosse stabilita la trombosi (JÄGER). Così i vari reperti della milza (atrofia fino a splenomegalia conclamata) sono di significato del tutto comprensibile. La denervazione della milza porta sperimentalmente ad una dilatazione passiva, diastolica, ma, secondo JÄGER, non a splenomegalia. Inoltre ogni iperemia attiva (congestione) può trasformarsi in forma passiva, in quanto il tessuto è disteso meccanicamente o paralizzato nelle sue funzioni sulla base di altri fattori. Congestione passiva non implica nessuno stimolo all'accrescimento (nessuna splenomegalia), anzi essa porta ad una turba di nutrizione del tessuto con tutte le sue conseguenze (fibrosi, sclerosi, fibroadenia).
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SANGUE E ORGANI EMOPOIETICI
L'ipertensione portale continua, di origine centrale si caratterizza in una fase acuta con una milza piena al massimo di sangue, dura, grossa, pesante fino a circa 300 g. D i collaterali non se ne formano perché nel sistema della cava la pressione sanguigna è ugualmente elevata. Anche in periodo agonico la milza conformemente non si può vuotare. L a capsula è fortemente tesa, opaca, la sua consistenza dura, per più lunga durata addirittura solida, la superfìcie di taglio è liscia, da prima rosso scura, in seguito più rosso bluastra fino a blu nerastra con strisce bianche e nodi che corrispondono a trabecole ispessite. Istologicamente le vene ed i sinusoidi sono dilatati e cosi pure le trabecole della polpa rigonfia, piena di sangue. L'ingrossamento della milza dipende esclusivamente da cospicuo afflusso di sangue, manca un'iperplasia del tessuto. Piuttosto, tutto al contrario della forma di stasi portale periferica remittente, nella stasi centrale di lunga durata si sviluppa un'atrofia cianotica e indurimento della milza. L a capsula è ispessita (eventualmente milza a zucchero candito). L a consistenza ora è meno dura, il colorito più chiaro, piccoli follicoli, trama addensata e stipata in uno spazio ristretto, in apparenza aumentata. Istologicamente si trova un'atrofia spiccata della polpa rossa e bianca. I sinusoidi sono ristretti e poco evidenti, spesso diffìcilmente riconoscibili, le fibre del reticolo sono addensate, la polpa rossa è uniformemente ripiena di sangue. Dalle trabecole ispessite irradiano, diramandosi nella polpa rossa, fibre collagene colorate in rosso col v. Gieson. L a progressiva trasformazione collagena del sistema reticolare fa raggrinzare la milza (insufficienza funzionale), ma manca il quadro di una fibroadenia diffusa e conclamata della p o l p a . P i ù e s t e s a m e n t e d a HUECK, JÄGER, LUBARSCH, e d altri.
È caratteristico che anche i tumori di milza, p. es. quello della sindrome di Banti, interrompono il loro accrescimento quando hanno raggiunto ima determinata grandezza, cioè nel momento in cui l'iperemia a t t i v a si è trasformata in iperemia passiva (« insufficienza dinamica della milza ») e si stabilisce una spiccata fibrosi, e risp. il tipico quadro della fibroadenia.
5. O L I G O E M I A . A N E M I A D E L L A
MILZA
Le osservazioni suddette lasciano capire che una oligoemia della milza in primo luogo è espressione di una contrazione attiva dell'organo (sistole) la quale insorge come conseguenza di stimoli di varia natura, p. es. uno sforzo improvviso, raffreddamento, fame, sete, ipossia, traumi fisici e psichici, ed ancora adrenalina, chinino, ecc. All'autopsia si vedono siffatte milze contratte, piccole, con capsula grinzosa, consistenza piuttosto
MILZA
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aumentata e colorito rosso-grigio pallido, dopo abbondante emorragia acuta, in peritoniti, ecc., cioè soprattutto in soggetti che sono morti in collasso (cosidetta milza da collasso). I follicoli appaiono piuttosto indistinti, le trabecole invece relativamente robuste. Ma, dopo emorragie abbondanti, mortali, si vede non di rado anche un altro quadro, cioè la « tumefazione postemorragica della milza » (lo stesso dopo emorragie abbastanza insignificanti, ictus cerebrale, ecc.), cioè una «milza pallida, floscia, lievemente tumefatta, con polpa grigio-rossastra, quasi spappolabile » (A. STRAUSS, ROSSLE). Nell'anemia cronica la milza diventa piccola, dura, pallida; sulla splenomegalia in determinate anemie croniche cfr. pag. 1 1 6 1 .
6. E M B O L I A D E L L E A R T E R I E D E L L A M I L Z A Emboli circolanti nel sangue imboccano con un'alta frequenza l'arteria splenica molto larga al suo inizio, che si dirama rapidamente a guisa di albero in arterie terminali. L a maggior parte degli emboli provengono in vizi valvolari dal cuore sinistro. Nelle embolie crociate (foro ovale pervio) la milza partecipa con particolare frequenza. Le conseguenze dell'embolia evolvono secondo la natura dell'embolo (semplice o infettivo) e secondo il calibro del ramo occluso.
Embolia semplice (blanda); infarto della milza Se il tronco dell'a. lienale è totalmente occluso, l'intero organo v a in n e c r o s i (SCHRIDDE 1 9 2 8 , B A N T I 1 9 0 7 , STERNBERG 1 9 2 8 , R A S P A R e d a l t r i ) ,
e si trasforma in una massa bruna, poi giallo-rossastra o grigio-giallastra che in seguito diventa spappolata e poi si dissecca via via sempre più in un ammasso caseoso, eventualmente anche calcificato, avvolto da una capsula di tessuto connettivo (ciò si osserva pure nella torsione del peduncolo). Altri autori, come FoÀ, RIBBERT (19X5) ed altri, ritengono invece che l'occlusione del tronco abbia come conseguenza solamente atrofia, ma che la necrosi totale abbia per presupposto l'interessamento di tutto il circolo collaterale (vedi anche ERNEST 1921). Così v . HABERER aveva già dimostrato che con legatura dell'arteria lienale all'ilo, quindi perifericamente all'origine delle arterie gastriche brevi, o in altri termini legando insieme con l'arteria lienale le anastomosi che originano dall'arteria gastrica inferiore sinistra, si ha per conseguenza la necrosi, mentre, quando la legatura risulta centrale, intervengono le collaterali impedendo la necrosi. Da allora molti autori si
1128
SANGUE E ORGANI EMOPOIETICI
sono occupati di questo argomento (MELNIKOFF, VOLKMANN particolarmente
v . STUBENRAUCH
(1920) e HENSCHEN
(lett.) e
(1928)).
Quando viene occluso un ramo dell'arteria lienale si forma un infarto anemico od emorragico. Nell'infarto anemico va in necrosi il territorio dipendente, per la sua nutrizione, dal ramo occluso; si instaura la necrosi ischemica. Il tessuto necrotico perde l'aspetto normale, muta il suo colorito; diventa bruniccio, giallo-arancio, infine giallo-zolfo, argilloso, bianco-giallastro fino a bianco. (L'infarto perde regolarmente in breve tempo il suo contenuto in ferro. M. B. SCHMIDT trovò, anche in una milza tifica molto ricca di ferro, l'infarto privo di ferro, in contrasto con il resto della milza). Dopo che il liquido plasmatico, dal territorio circostante ancora ben irrorato, si è infiltrato nell'infarto, si instaura una necrosi da coagulazione. Perciò il cuneo necrotico diviene più voluminoso — sulla superficie si forma un rilievo — e più duro (cuneo fibrinoso). Poi per perdita d'acqua esso diventa più asciutto e ricorda alla fine una ghiandola linfatica tubercolare in stato di caseosi asciutta (a ciò occorrono circa 14 giorni). Microscopicamente nella massa ialina necrotica i follicoli sono ancora riconoscibili a lungo; il tessuto diventa privo di nuclei, si sgretola a zolle; alla fine diventa tutto omogeneo. Intorno all'infarto si raccoglie una barriera di leucociti carichi di grasso e ricchi di glicogeno (zona giallastra), i quali si infiltrano un poco anche nel cuneo (per maggiori particolari vedi RICKER, GRIESSER, DIETRICH). Più raramente la massa in necrosi semplice si rammollisce e si forma una cavità ripiena di una poltiglia puriforme, giallastra (non pus!), eventualmente simile ad una cisti. Secondo LUBARSCH non raramente possono anche insorgere infarti della milza da trombosi arteriose tramite restringimento neoplastico ecc. delle arterie a livello dell'ilo. Nell'infarto emorragico si verifica una imbibizione (infarcimento) di sangue nel territorio necrotico attraverso le vie collaterali. Il sangue diffonde e infiltra la zona che diventa rosso-nerastra e va in necrosi insieme ad essa. L'infarto presenta in seguito diversi cambiamenti di colore e si scolorisce (possono comparire ammassi microscopici di cristalli di ematoidina), diventa bruno, rosso carne, grigio-giallastro, grigio-pallido, argilloso e si raggrinza. Intorno all'infarto rosso o bruno si può spesso vedere un orlo dentellato giallo-rossastro fino a giallo (zona giallastra vedi sopra). L'infarto rosso del tutto scolorito è così simile a quello anemico. Qualche volta il circolo collaterale basta ad infarcire di sangue soltanto la parte periferica della zona necrotica. Si vede allora un cuneo chiaro, necrotico con orlo rosso scuro. All'interno dell'orlo rosso si trova spesso una zona intensamente gialla (vedi sopra). In conformità al territorio di distribuzione delle arterie (arterie terminali) la forma dell'infarto è all'incirca a cuneo o a piramide (fig. 312). L a punta giace in direzione dell'ilo, la base sotto la capsula, dove già dal-
MILZA
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F i g . 312. I n f a r t i della m i l z a in p a r t e anemici, in p a r t e e m o r r a g i c i , in e n d o c a r d i t e m i t r a l i c a pneumococcica. Peso 225 g. D o n n a d i 34 anni. 4/5 della g r a n d e z z a n a t . ( A u t o p s i a 17, 190T, Basilea).
l'esterno l'infarto risalta nettamente definito per v i a di u n leggero rilievo, di u n a colorazione blu scura fino a rosso-bruno o giallo chiaro. Spesso si palpa come un nodo resistente o se ne scorgono parecchi al taglio, particolarmente spesso, lungo il margine acuto della milza. Se gli infarti sono molto numerosi e grossi (fig. 313), la milza può essere notevolmente ingrossata. Eccezionalmente sfugge alla necrosi del tessuto splenico u n orlo situato alla base del cuneo, provvisto dai vasi della capsula. Sulla superficie peritoneale depositi di fibrina proveniente dall'infarto portano a d aderenze e più tardi a fusione con le zone circostanti. Ulteriore destino dell'infarto', il materiale necrotico viene man mano riassorbito, il che t a l v o l t a dura molto a lungo, così il cuneo si raggrinza e scompare il rilievo stabilitosi all'inizio. Il cuneo allora si approfondisce sempre più. Dalla periferia si a v a n z a nel distretto un tessuto di granulazione ricco di vasi e di leucociti e, in seguito, se non è troppo esteso, lo trasforma in una cicatrice retratta, fibrosa (cicatrice da infarto) nella quale
Fig- 313I n f a r t o anemico quasi c o m p l e t o , recente della milza.
1130
SANGUE E ORGANI EMOPOIETICI
si possono trovare granuli di pigmento color arancione o bruno-ruggine, prevalentemente intracellulari, contenenti ferro e residui caseosi-calcifici. Pigmento molto abbondante permette la deduzione di un pregresso infarto emorragico. Sulla superficie della milza si trovano numerose retrazioni cicatriziali, così essa ne viene deformata, lobata. Su di un vecchio infarto che si va sempre più raggrinzendo e su cicatrici in retrazione, la capsula è spesso ispessita, liscia o zigrinata, villosa ed eventualmente fortemente aderente con i dintorni, p. es., col diaframma. Sulla milza a chiazze vedi pag. 1168.
Embolia infettiva Se l'embolo è ostruente e settico, p. es. nell'endocardite ulcerosa, si instaura innanzi tutto una necrosi ( K A U F M A N N vide infarti della grandezza di un pugno), ma al confine di quest'ultima si forma una suppurazione demarcante mediante la quale si stabilisce l'enucleazione del cuneo necrotico (come del cencio da un foruncolo). Il pus può anche invadere il cuneo e fluidificarlo, così che ne deriva un ascesso che a volte contiene ancora frustoli di tessuto necrotico della milza (piosplenite, splenite suppurativa). In modo affine può anche insorgere una flogosi gangrenosa, quando sono in gioco batteri saprogeni (p. es. dell'intestino). Dopo distruzione della capsula può seguire una perforazione verso la cavità addominale ed una peritonite purulenta o putrida od una penetrazione e risp. formale eliminazione del cuneo attraverso il contiguo diaframma, divenuto necrotico, perforatosi nella cavità pleurica (vedi pag. 1136). K A U F M A N N lo vide ripetutamente nel tifo. Non si deve scambiare ciò con un focolaio necrotico tifico sequestrato, purulento (vedi pagg. 1135, 1167); bisogna dimostrare la natura embolica. (Altri ritengono molto rari nel tifo simili ascessi, rispettivamente infarti splenici.che subiscono fusione purulenta ( F E D E R M A N N ) , noi stessi non ne abbiamo visti, anche la monografia di CURSCHMANN non ricorda nessun caso simile; G R I E S I N G E R vide infarti cuneiformi nel 7 % , C . E . E . H O F F M A N N nel 3,6 %). Vedi lett. da K U T T N E R , M A D E L U N G . Sull'embolia gassosa della milza dopo insufflazione tubarica in una donna di 25 anni, cfr. F R O B O E S E .
7.
EMORRAGIE
Negli ingrossamenti acuti infettivi della milza si trovano spesso emorragie puntiformi nero-rossastre fino a bruniccio e chiazze sbiadite. L U B A R S C H sostiene che si tratta di vere emorragie (anche H U E C K ) , le interpreta come
II3I
MILZA
distretti della polpa maggiormente riempiti di sangue, che contrastano con le altre zone povere di sangue. Emorragie recenti e residui di queste si trovano in forma di « incrostazioni di calcio e di ferro » il cosiddetto « focolaio di Gamna » non raramente in vicinanza delle trabecole e delle arterie della polpa (cfr. pag. 1165). Sulle emorragie da trauma splenico cfr. pag. 1100; sulle cisti della milza secondarie a riassorbimento di vasto ematoma cfr. pag. 1 1 7 1 . Gravi emorragie possono occasionalmente insorgere in modo spontaneo (p. es. nel tifo) o coincidere con rotture traumatiche. Rami arteriosi infine possono essere erosi da un'ulcera gastrica. Sulle emorragie da varici delle vene spleniche cfr. pag. 1104.
CAPITOLO V I
INFIAMMAZIONI DELLA MILZA 1. T U M O R E
INFIAMMATORIO ACUTO DI
IPERPLASIA
ACUTA
DELLA
MILZA.
MILZA
L a milza acutamente infiammata inizia sempre con un'intensa iperemia attiva, che, come sopra ribadito a pag. 1106, verrà ad esprimersi sostanzialmente in un forte riempimento dei sinusoidi. Anche noi già abbiamo conchiuso che sempre, stabilitasi un'iperemia di estensione progressiva, il plasma viene filtrato nella polpa in quantità sicuramente aumentata, cosicché sangue e plasma sanguigno nella milza possono venire in esteso a contatto con le « cellule della sponda » del S. R. E. e con le cellule del reticolo dello stroma della polpa, come in nessun altro organo («infiammazione fisiologica» «organo divenuto infiammazione » secondo RÒSSLE). Se consideriamo questo rapporto •—• il flusso scorre ancora lentamente — , allora è comprensibile come sia aperta la possibilità che tutti gli agenti ad azione flogistica contenuti nel sangue, soprattutto i batteri e i prodotti del loro ricambio, vengano trattenuti per così dire nelle intime strutture della milza (KAUFMANN). L a milza è un reagente molto delicato alle malattie infettive acute, specialmente se queste decorrono con febbre e noi troviamo nella maggior parte di queste la sua partecipazione come espressione della sua organizzazione difensiva, o in forma leggera con tumefazione iperemica che può andare e venire rapidamente, o in forma grave con infiammazione che decorre appunto con diversi gradi di ingrossamento, rispettivamente con iperplasia infiammatoria del parenchima proprio della milza (splenite) e in realtà soprattutto della polpa, meno dei follicoli. Solo nella difterite si trova una
1132
SANGUE
E
ORGANI
EMOPOIETICI
partecipazione prevalente dei follicoli (pag. 1134). Cfr. anche sul rammollimento flogistico e ascesso dei follicoli a pag. 1163. Nella tumefazione iperemica microscopicamente si vede una dilatazione dei vasi (soprattutto dei sinusoidi) e un forte riempimento delle maglie della polpa con elementi cellulari figurati e non. L a milza iperemica tumefatta si ingrossa di 2 o 3 volte. L a capsula è tesa. In vita la milza si palpa dura, nel cadavere è molle. Dalla superficie di taglio diffluisce la polpa scura, ricca di sangue e copre trabecole e follicoli. (Con tecnica impropria nella sezione si può facilmente spappolare una simile milza). Essenzialmente la splenite acuta, hyperplasia acuta lienis, consiste in uno spiccato aumento, ingrossamento (iperplasia e ipertrofia) e in un disfacimento di cellule che giacciono prevalentemente nelle maglie della polpa, ma in parte anche nei seni; per ciò, in prima linea, dell'ingrossamento della milza, cioè della formazione del « tifico tumore infiammatorio di milza », è responsabile l'iperplasia delle cellule appartenenti al S. R. E.; a ciò segue un edema che insorge precocemente, che rende lassi i rapporti tra le cellule soprattutto nella polpa (RÒSSLE 1928, HUECK). Le cellule dimostrabili in maggior numero sono in parte linfociti, in quanto essi sono contenuti nei follicoli, per la maggior parte granulociti polinucleati provenienti dal sangue (essi sono numerosi anche nei sinusoidi), plasmazellen, che secondo HUEBSCHMANN compaiono regolarmente in molte malattie infettive e spesso molto numerose, particolarmente alla periferia dei follicoli (cfr. MARCHAND 1 9 1 3 ) , inoltre cellule del reticolo ricche di protoplasma, pullulanti nelle maglie della polpa, corrispondenti cellule della sponda proliferate a livello dei sinusoidi ed infine mobilizzate, istiociti e monociti liberati dai rapporti col reticolo (cellule del reticolo delle maglie della polpa e cellule della sponda), che talvolta giacciono nella polpa o nei sinusoidi ed anche possono essere trasportati nel sangue. Molti di questi ultimi sono plurinucleati, altri contengono globuli rossi del sangue (eritrofagia, spesso particolarmente spiccata nel tifo addominale, inoltre nel tifo petecchiale) o residui pigmentati di essi. Numerose cellule subiscono la degenerazione granulo-grassosa; ciò spesso riguarda principalmente anche le testé menzionate cellule della sponda (endotelio dei seni), che si ingrandiscono, si gonfiano ed assumono la caratteristica forma a mezzaluna. Durante una fase un poco ulteriore, nella polpa si trovano sempre abbondanti leucociti con granulazioni eosinofile; sono numerosi anche globuli rossi del sangue. Gli agenti infettivi in causa si possono eventualmente riconoscere istologicamente nei seni, soprattutto fagocitati nelle cellule della sponda, inoltre nel tessuto della polpa e nei follicoli; naturalmente per lo più anche per mezzo delle culture. WOLFF sostiene che il quadro della splenite acuta può insorgere anche per prodotti di distruzione di tessuti dell'organismo, cosiddetta « splenitis albuminotoxica », come p. es. durante il riassorbimento di ematomi (RÒSSLE, crf. pag. 1129), da scotta-
MILZA
1133
ture, carcinomi in distruzione, ecc. Nella milza tifosa si tratta, secondo E . F R A N K e CHRISTELLER a) d i u n a t r a s f o r m a z i o n e r e a t t i v a d e l " t e s s u t o ,
genericamente tossi-infettiva, a scopo di difesa e di riassorbimento, come in ogni altro tumore acuto infettivo di milza (per lo più straordinariamente numerosi macrofagi e spiccata eritrofagia da parte delle cellule della sponda dei sinusoidi) e b) di formazione specifica di noduli tifosi nella polpa rossa, che insorgono per proliferazione delle cellule del reticolo e della sponda dei sinusoidi (analogamente nell'intestino e ghiandole linfatiche). Cfr. anche a pag. 1168 sulle alterazioni vasali nella milza tifosa. Inoltre nell'ingrossamento cronico-settico della milza può anche insorgere una chiara metaplasia mieloide. Nella iperplasia acuta la milza si ingrossa sempre più fortemente, essa diventa molto molle fino a diffluente e poltigliosa. Essa viene designata come polposa, perché contribuisce essenzialmente all'ingrossamento la polpa ricca di cellule, rosso-grigiastra, che alla superficie di taglio diffluisce come molle poltiglia. Talvolta la polpa presenta macchie scure per emorragie. L a degenerazione grassa è specialmente spiccata nella setticemia e piemia. L a polpa poltigliosa, diffluente può apparire pallida grigio-rosso-giallastra. Qui si trovano anche residui di globuli rossi particolarmente abbondanti, in parte situati nelle cellule. Il grado del tumore acuto di milza è molto diverso nelle varie infezioni del sangue. N e l tifo addominale il t u m o r e molle è q u a s i s e m p r e presente, il p e s o p u ò r a g g i u n g e r e 500-600 gr., r a r a m e n t e di più; m o l t o r a r a m e n t e l a m i l z a è rimpicciolita, KAUFMANN v i d e u n p e s o d i 100 ed u n o d i 140 gr., il p r i m o in estese, il s e c o n d o in isolate ulcerazioni intestinali. N e l l a polmonite l a t u m e f a z i o n e in principio è scarsa, m a a u m e n t a c o n la crisi, nella milza da carbonchio (milza rossoscura, m o l t o molle, q u a s i diffluente), nella febbre ricorrente e nella tubercolosi miliare a c u t a è d i g r a d o variabile, t a l v o l t a considerevole. N e l l e setticemie il t u m o r e di m i l z a in casi a c u t i è spesso m o l t o m o d i c o (150-200 gr.), r a r a m e n t e c o n s i d e r e v o l e (500-600 gr.). N e l l a sepsi lenta si t r o v a n o , a b b a s t a n z a regolarm e n t e , n o t e v o l i i n g r o s s a m e n t i d e l l a m i l z a (fino a 1000 gr. e più). N e l l e setticoplemie (con ascessi in diversi organi) si t r o v a n o pesi della m i l z a fino a 800 gr. e più, in q u e s t o c a s o l ' o r g a n o è molle e s p a p p o l a b i l e . N e l l a sepsi l e n t a l a m i l z a è di consistenza v a r i a b i l e (mollezza media), g l i i n f a r t i sono f r e q u e n t i , circoscritte le necrosi (nei follicoli e nella polpa) e le emorragie, inoltre si v e d e inn a n z i t u t t o u n a iperplasia u n i f o r m e d i t u t t i i c o m p o n e n t i d e l l a m i l z a . G l i infiltrati cellulari si c o m p o r t a n o secondo la fase d e l q u a d r o m o r b o s o d u r a n t e la q u a l e i p a z i e n t i m u o i o n o (LUBARSCH). N e l tifo petecchiale (BUNGELER, DORMANS) la m i l z a d i regola è ingrossata (300 gr. in m e d i a , m a a n c h e di più), d i m e d i a consistenza (più consistente c h e nel t i f o a d d o m i n a l e ) e di colorito rosso, fino a rosso scuro, più t a r d i rosso-grigio. I s t o l o g i c a m e n t e si t r o v a u n o s p i c c a t o r i g o n f i a m e n t o d e l reticolo-endotelio e dell'endotelio dei seni, n o t e v o l e eritrof a g i a cosi c o m e g r a n u l o m i n o d u l a r i di cellule istiocitarie, inoltre leucociti
"34
SANGUE E
ORGANI
EMOPOIETICI
in vario numero, eventualmente microascessi, negli stadi ulteriori anche fitti infiltrati plasmacellulari. Nella peste la milza è costantemente ingrandita, consistente o molle ( A L B R E C H T e G H O N , C R O M W E L L dice « consistente », DÜRCK ( 1 9 0 4 ) « molle »); superficie di taglio spesso granulosa ed occasionalmente richiamante la milza amiloide; spesso emorragie subcapsulari. Nel morbo di Bang ( A L B E R T I N I e L I E B E R H E R R ) la milza è sempre tumefatta, nella polpa si trova una iperplasia del S. R . E . ed infiltrati di granulociti (particolarmente granulociti eosinofili), linfociti e plasmazellen. Occasionalmente si vedono granulomi tubercoloidi, eventualmente con necrosi centrale, i quali compaiono anche nel fegato, linfoghiandole (cfr. fig. 295 a pag. 1054) e (del tutto raramente) nel midollo osseo (WEGENER). Nella febbre melitense la milza presenta un ingrossamento notevolissimo. Nell'influenza la tumefazione è variabile, spesso lieve o assente, nel colera manca di regola, lo stesso nella dissenteria. K A U F M A N N p. es. in una grave dissenteria in donna di 2 4 anni, con notevole ingrossamento delle linfoghiandole mesenteriche, vide la milza modicamente molle, a disegno regolare, del peso di soli 60 g. Sull'ascesso amebico della milza cfr. pag. 1135. Nella scarlattina essa è poco ingrossata nei casi non complicati, fortemente nella scarlattina settica (cfr. S Ò R E N S E N ) . Anche nella tularemia la milza è ingrossata (istologia a pag. 1 0 5 1 e in R A N D E R A T H ) . Nella difterite il rigonfiamento per lo più è lieve; secondo K L Ò N E il peso della milza durante i primi giorni di malattia aumenta di circa il 25 fino al 75 % rispetto alla norma, poi si abbassa molto diversamente da caso a caso; in seguito la milza presenta più l'aspetto della stasi; la polpa è piuttosto consistente, i follicoli sono spesso un po' ingrossati, si distinguono come nodi biancastri, grigi e torbidi al centro (nei bambini i follicoli sono di norma relativamente più grossi e distinti che negli adulti). Istologicamente, nel centro germinativo del follicolo chiaramente ingrossato, si vedono, durante i primi 7 giorni di malattia, al massimo nel 30 giorno, frammenti di cellule e nuclei ovunque abbondanti (necrosi a focolaio), i quali poi dal 3 0 fino al 9 0 giorno di malattia sono fagocitati da grosse cellule rotondeggianti (macrofagi). Dal 5° giorno di malattia si trovano grosse pallide cellule « epitelioidi » che per lo più si dispongono insieme a focolaio (cosiddetti « centri epitelioidi ») che aumentano nel decorso successivo e dal io 0 giorno dominano il quadro. I centri epitelioidi possono (raramente) subire la degenerazione ialina. Fagociti e cellule epitelioidi (più raramente e poco) possono anche contenere goccioline lipoidee. I follicoli durante i primi 8 giorni sono ricchi di cellule, dal io 0 giorno i linfociti presentano una notevole riduzione fino quasi a completa scomparsa, soprattutto nella zona marginale dei follicoli. Nella polpa rossa si trovano molti granulociti nella prima fase della malattia, soprattutto nella parte periferica dei follicoli, nel follicolo stesso invece solo isolati (KLÒNE, ivi lett.). Come causa delle alterazioni vengono imputate le tossine difteriche. Tuttavia è da notare che le suddette alterazioni dei follicoli non sono specifiche per la difterite. Esse si trovano anche, sia pure per lo più non cosi caratteristiche, nella meningite, poliomielite, osteomielite, influenza, reumatismo (HUECK) ed altre malattie. Su ricerche sperimentali al riguardo cfr. C O U N C I L M A N e altri, G Ü N T H E R e altri. Ricerche chimiche di particolari fermenti nei tumori infettivi di milza vedi B O R G R E .
II35
MILZA
Decorso. — L a tumefazione acuta della milza regredisce con la fine della malattia che ne stava alla base, così la capsula da prima distesa diventa rugosa. Le cellule iperprodotte vanno in necrosi e steatosi e vengono allontanate. Il colorito può anche essere rosso-bruno torbido in conseguenza di massiva distruzione di globuli rossi del sangue, il cui pigmento viene in gran parte incorporato da cellule. In seguito si può avere di nuovo la completa restitutio ad integrum. In altri casi però permane una atrofia duratura. L a milza diventa piccola e vizza; le trabecole talvolta possono essere addensate. Spesso risultano anche ispessimenti della capsula e aderenze con gli organi vicini. Se la malattia causale diventa cronica può insorgere un corrispondente tumore cronico di milza con ingrossamento ed indurimento (cfr. pag. 1136).
2. S P L E N I T E
PURULENTA
A
FOCOLAIO.
ASCESSO
SPLENICO
Le alterazioni più frequenti che vengono qui in questione, gli infarti embolici suppurati, sono trattati a pag. 1130. A d essi andrebbero riuniti i rari ascessi ematogeni metastatici, che insorgono anche per trasporto di batteri, nei quali mancano tuttavia evidenti, grossolane occlusioni vascolari, p. es. nella setticopiemia, sepsi puerperale, osteomielite, endocardite settico-
Fig. 314Ascesso splenico. Sezione trasversale. È disegnata soltanto una parte dell'organo. Donna di 59 anni. L'ascesso si era perforato nello stomaco (osservazione di KAUFMANN dell'anno 1899).
ulcerosa, ecc. Gli ascessi della milza da endocardite lenta secondo W. FISCHER consistono piuttosto in infarti in colliquazione. Secondo i dati della bibliografia non sono del tutto rari gli ascessi amebici della milza (MANSONBAHR, lett.), raramente si trovano ascessi nel tifo addominale e nel tifo petecchiale. Su un caso di ascesso splenico da infezione paratifica A riferiscono FENNER e GRÙBER.
II 3 6
SANGUE E ORGANI EMOPOIETICI
Altri ascessi splenici insorgono per propagazione dalle vicinanze (ulcera gastrica, carcinoma dello stomaco, pileflebite, ecc.) o da traumi, inoltre come rari ascessi per lo più ad eziologia oscura, ematogeni, così detti idiopatici o meglio criptogenetici. In parte nei cosiddetti « ascessi primitivi della milza » si tratta chiaramente di vecchi infarti in rammollimento (cfr.
GELFAUD).
Gli ascessi della milza (fig. 315) sono grossi da una capocchia di spillo fino ad un pugno, solitari o — soprattutto i metastatici — multipli, ma raramente in grande numero. Il pus può condensarsi in caseosi (somiglianza con infarto anemico e tubercolosi) e calcificare; piccoli ascessi possono guarire del tutto con cicatrice. Molto raramente confluiscono più ascessi. Essi possono poi formare un sistema di cavità comunicanti che sono tappezzate da una membrana piogena e ripiene di un pus denso e verdastro. L a milza ingrossata può essere quasi completamente escavata. Facilmente una trombosi occlude vene decorrenti nella milza, il che può portare a pileflebite, piletrombosi e ascesso epatico. Gli ascessi si estendono fin sotto la capsula, così insorge una perisplenite (peritonite localizzata, ascesso subfrenico, lett. in PIQUAND, KOVACS, MAYDL) O una peritonite che tende alla generalizzazione. Talvolta si trova una diretta, estesa perforazione attraverso la capsula verso la cavità peritoneale o attraverso l'adiacente diaframma verso la cavità pleurica; più frequentemente il pus si localizza in vicinanza della milza (parasplenite) e viene circoscritto da aderenze infiammatorie dalla restante cavità peritoneale. Il pus può poi secondariamente perforare attraverso il diaframma nella cavità pleurica e nei polmoni o nello stomaco, intestino o nella cavità addominale. (In seguito a perforazione nello stomaco il succo gastrico può eventualmente infiltrarsi nella milza e — come vide KAUFMANN — scavare la milza per macerazione peptica; nella cavità possono poi essere staccati o fluttuare liberamente sottili arborescenze spezzettate a guisa di tessuto trabecolare trasparente, resti del resistente apparato vascolo-connettivale della milza).
3. T U M O R E D I M I L Z A (SPLEN OMEG A L I A) I N F I A M M A T O R I O CRONICO. I P E R P L A S I A I N F I A M M A T O R I A
CRONICA
La splenomegalia infiammatoria cronica è caratterizzata da una iperemia cronica attiva ossia congestione e da una rilevante iperplasia della polpa. Entrambi i processi sono causati da una infiammazione primaria che agisce da stimolo e non si possono separare l'uno dall'altro. Già una forte iperemia può determinare un ingrossamento dell'or-
MILZA
"37
gano, ma che rimane nei noti limiti. Il vero « tumore di milza » è sempre espressione di iperplasia della polpa, come di un accrescimento dell'architettura specifica del tessuto splenico, dello stroma della polpa, come anche dei sinusoidi (cfr. pag. m i ) . Anche i follicoli possono subire una iperplasia. La consistenza della milza ingrossata è normale o di poco più dura. L'iperemia congestizia della fase acuta può regredire sempre più, il colorito allora diventa più pallido. Parecchie milze rimangono lungo tempo in questo stadio, mentre la capsula subisce un ispessimento. In altre si viene ad una iperplasia progressiva ed anche ipertrofia delle fibre del reticolo, che solo poco contribuisce all'ingrossamento, ma all'ispessimento e indurimento dell'organo; ne deriva sclerosi, fibrosi e con ciò alla fine il tipico quadro della fibroadenia (cfr. pag. 1159 dove sono considerati anche i momenti causali della sclerosi e fibrosi). L'iperplasia del sistema delle fibre che colpisce i capillari, le guaine dei vasi, le grosse travate connettivali e il fine reticolo, può diventare così intensa che la componente cellulare del parenchima, soprattutto la polpa, è colpita da parziale atrofìa, mentre i follicoli ingrossati possono talvolta risaltare più intensamente. In principio anche i vasi si vedono particolarmente distinti. Più tardi la normale architettura dei follicoli ingrossati e della polpa va sempre più scomparendo. I tumori fibrosi di milza non mostrano più alcun accrescimento, la consistenza è compatta, spesso quasi di durezza fibrosa. Sulla superfìcie di taglio liscia spicca intensamente la trabecolatura fibrosa. La polpa è variopinta, marmorizzata, alternandosi tinte chiare e scure. Spesso esiste perisplenite adesiva. La milza malarica è il tipo della splenomegalia infettiva cronica. Nella malaria la milza partecipa sempre alla malattia, tanto nelle forme acute che nelle croniche. Clinicamente e anatomicamente la splenomegalia può dominare il quadro. Il peso della milza secondo S E Y F A R T H oscilla tra i 300 e 700 gr., però non sono rari pesi sopra i 1000 gr. Eccezionalmente la milza ingrossata in alto grado può occupare interamente la cavità addominale, nel qual caso sono stati osservati pesi fin sopra i 6000 gr. Nelle alterazioni della milza dobbiamo distinguere tra forme acute e forme croniche di malaria. Nella malaria acuta la milza è molle, di colore da rosso scuro fino a nerastro e presenta una fortissima distensione della capsula (300-500 g.). La consistenza è flaccida, la polpa facilmente asportabile sulla superfìcie di taglio. Istologicamente vi si trovano numerosi plasmodi in tutti gli stadi di sviluppo, così come pigmento malarico intra- ed extracellulare, specialmente nel caso siano interessati gli endoteli dei sinusoidi. Nelle autopsie eseguite non abbastanza presto noi troviamo ancora soltanto pigmento malarico che si presenta in forma di finissima polverina fino a grossi granuli da bruno scuro a nerastro (fig. 315). Un reperto notevole è inoltre la fagocitosi di globuli rossi e granuli di emosiderina che spesso si possono dimostrare nelle stesse cellule insieme col pigmento malarico. 72 —
KAUFMANN
I
II
3
8
SANGUE
E
ORGANI
EMOPOIETICI
Come conseguenza di lesioni della parete dei vasi e di occlusione di vasi da parte di parassiti, si osservano emorragie e necrosi circoscritte. Nella malaria cronica, specialmente nei casi non trattati, la grandezza della milza aumenta notevolmente, e contemporaneamente si viene ad un ispessimento fibroso ed a volte calcificato della capsula (milza a zucchero candito). Inoltre il tessuto della milza presenta una consistenza dura, condizionata dall'aumento di tessuto connettivo e, in conseguenza della pigmentazione, un colorito grigio-bruno fino a grigio-nerastro. Nel quadro istologico la pigmentazione è in generale più leggera che nei casi acuti. Se da lungo tempo non hanno avuto luogo recidive, si può arrivare ad un completo disfacimento del pigmento. Ancora troviamo principalmente
Fig. 315. Milza in malaria terzana. Da BÙNGELER 1944. Sono da osservare i granuli malarici di melanina, neri, in parte fagocitati da macrofagi.
un netto ingrossamento dei follicoli splenici, così come un notevole ispessimento del tessuto reticolare ed un ispessimento d'alto grado dei setti connettivali, trabecole e guaine vasali. Occasionalmente si arriva ad una notevole dilatazione dei seni e vasi sanguigni, ed allora può stabilirsi un singolare aspetto cavernoso della polpa splenica. Non raramente nel corso della malaria troviamo rotture della milza, che si presentano o come ampi squarci trasversali della capsula e allora portano a mortale emorragia nella cavità peritoneale, o che noi vediamo come piccolissime fessure nella capsula con corrispondente fuoriuscita di tessuto della milza a guisa di ernia. Le cisti ematiche osservate occasionalmente nella milza sono la conseguenza di rotture intracapsulari della milza. Più ampiamente e lett. presso BÙNGELER,
THONNAED-NEUMAN,
GURKAN e TARKAN e nei trattati.
Nel sangue circolante nella malaria si trova una deficienza di tutte e tre le serie cellulari (granulociti, eritro- e trombociti), soprattutto naturalmente
MILZA
"39
un'anemia, che però di solito non è minacciosa. Nel midollo osseo si vede una spiccata rigenerazione di cellule della serie rossa, anche nel midollo delle ossa lunghe, raramente anche uno spostamento a sinistra, occasionalmente anche alterazioni perniciososimili. Come causa dell'anemia, accanto alla distruzione di globuli rossi, da parte dei plasmodi, vengono prese in considerazione anche tossine di questi ultimi (?), emolisine attive della milza (?), aumentato effetto del ristagno nella milza ingorgata e ipersplenismo depressorio. L a cosiddetta sindrome di Felty presenta la triade seguente: a) poliartrite cronica recidivante a poussées, talvolta ulcerosa, deformante, più tardi anchilosi; b) splenomegalia, la milza può essere notevolmente grossa (500 fino a 1500 g. raramente fino a 2500 g.), capsula per lo più ispessita, talvolta aderenze, consistenza solida, follicoli per lo più chiaramente evidenti. Istologicamente i follicoli sono in parte ingrossati, con formazione di centri reattivi, in parte presentano una fitta impalcatura fibrosa, talvolta anche collagena, compaiono anche follicoli fibrosi aplastici. Nella polpa rossa più o meno iperemica, ricca di cellule si trovano inoltre infiltrati cellulari nei seni in genere dilatati: linfociti, molte plasmazellen, granulociti neutrofili, eventualmente anche granulociti eosinofili cellule del reticolo e della sponda mobilizzate (istiociti, monociti, macrofagi, in parte spiccate eritrofagie), inoltre u n addensamento più o meno intenso (in parte a focolaio) della impalcatura fino ad una definita sclerosi o fibrosi della polpa in parte piuttosto periarteriosa, peritrabecolare e subcapsulare, in parte diffusa. Si tratta in conclusione del tipico quadro di un tumore di milza infiammatorio cronico, aspecifico, iperplastico sulla eziologia del quale, sulla base del reperto istomorfologico, non si possono avanzare di regola affermazioni probative, c) Blocco midollare splenogeno con leucopenia, anemia piuttosto lieve, ma anche non del tutto raramente con gravissima pancitopenia. Quanto al midollo osseo, un midollo piuttosto ricco di cellule, iperplastico, ma occasionalmente anche aplastico. Come sintomi facoltativi sono inoltre conosciuti: una tumefazione più o meno manifesta e diffusa dei linfonodi (linfoadenite cronica-iperplastica) con iperplasia dei follicoli e grossi centri reattivi, seni dilatati e infiltrazioni plasmacellulari, inoltre epatomegalia, occasionalmente con alterazioni del tipo di una specie di lieve cirrosi epatica atrofica. Su disturbi di natura generale, come disturbi del ricambio fino a cachessia finale, iper- e disproteinemia, disturbi del sistema endocrino e vegetativo, ecc. cfr. P L I E S S . L a malattia fino ad oggi è incurabile. Nell'anamnesi si possono trovare per lo più frequenti infezioni croniche con periodi di temperatura subfebbrile. Si agita la questione se sindrome di Felty e sindrome di Still-Chauffard (1) (1) Morfologicamente identiche secondo BEITZKE, ivi lett. t a l v o l t a combinata con nfa ntilismo splenogeno.
1140
SANGUE
E
ORGANI
EMOPOIETICI
affine a quella, anzi probabilmente identica, siano da considerarsi come una unica malattia. Si potrebbe ad ogni modo pensare che nelle due sindromi si tratti di infezioni croniche settiche di diversa eziologia (1), nelle quali la milza è diventata «dominante la malattia» (pag. 1159). A chiarire il caratteristico decorso, vengono chiamati in causa fattori costituzionali con tendenza del S. R . E . verso abnormi reazioni, sensibilizzazione, turbe del sistema nervoso vegetativo ecc. Altri vedono in queste sindromi l'espressione di una forma particolare di reazione allergica, di un reumatismo articolare primario, e risp. di « malattie reumatiche » (PLIESS, SCHMENGLER e PETRIDES, ecc.). Ulteriori notizie in PLIESS (lett.), cfr. inoltre CREMER,
LAYANI,
ecc.
Istologia:
SCHMENGLER
e
PETRIDES,
LARIZZA
e
ROVELLO (lett.), MARCHAL, ecc. Nel gruppo delle splenomegalie infiammatorie croniche rientra inoltre la splenomegalia in sindromi spleno-portali (« sindrome di B a n t i »), che almeno molto verosimilmente possono essere interpretate nella prevalenza dei casi come malattia infiammatoria cronica nella quale la milza è diventata dominante la malattia (cfr. pag. 1 1 1 5 e segg.). Esse presentano stretta relazione con la sindrome di F e l t y . In entrambe le sindromi la causa sfugge spesso, entrambe presumibilmente non presentano alcuna eziologia particolare. Sarebbero infine da considerare le splenomegalie infiammatorie croniche tropicale (pagg. 1146 e segg.).
4. G R A N U L O M I
INFETTIVI
Sifilide Tanto nella lue congenita come nell'acquisita si possono avere iperplasie diffuse e gomme circoscritte. Il reperto dell'iperplasia nella lue acquisita è però incostante, per lo più solo di modico grado. Ma può insorgere un tumore di milza infiammatorio cronico con conseguente sclerosi e fibrosi (cfr. la sindrome di Banti, pag. 1123). Secondo COLOMBINI si osserva ingrandimento della milza nel 2 0 periodo di incubazione, poco prima che insorgano i fenomeni generali e il tumore aumenta con questi ultimi; secondo WILE e ELIOT sparisce di nuovo piuttosto presto. Più tardi nel 3 0 stadio non si ha quasi mai un notevole tumore di milza, potrebbe allora insorgere amiloidosi o potrebbe svilupparsi un fegato lobato
(1) P . CKER
e
es. virus
Streptococcus viridans (BÜCHLER, ecc.), tbc. ( B E R G E R , K I E N B Ö C K ) .
(SCHOTTMÜLLER),
LACHNIT, R E Y E , SINGER,
FLEISCHHA-
MILZA
II4I
(cfr. S Y M M E R S ) . ( H U B E R T invece considera clinicamente molto frequente una tumefazione della milza, importante sintomo di lue occulta accanto a singolare pallore dei tegumenti). Negli adulti si vedono raramente gomme grosse da un pisello fino a una nocciola, caseose al centro, grigie translucide alla periferia, nettamente delimitate, raramente in gran numero. In quest'ultimo caso rassomigliano molto a grossi conglomerati di tubercoli caseifìcati; altre volte sono piuttosto simili a vecchi infarti ( H A R M O S e M Y E R S , lett.). La dimostrazione della loro natura specifica può essere difficile. Nella sifilide congenita la milza è quasi regolarmente alterata, ingrandita, più pesante, dura, rosso cupo fino a rosso nero, con capsula non raramente ispessita e ricoperta di essudato filamentoso, fibrinoso (perisplenite). Interessante è il rapporto tra il peso della milza e quello del fegato che di regola nella lue congenita è spostato al di sopra di 1/10. Microscopicamente si vedono quadri molto vari: ora una infiltrazione parvicellulare diffusa delle trabecole e delle pareti vasali, aumento del contenuto cellulare e ispessimento del reticolo della polpa, spesso particolarmente spiccato intorno ai follicoli; in parte —• negli stadi ulteriori — insorge una intensa proliferazione di connettivo ricco di cellule, che colpisce l'intero stroma, con frequente deposizione di pigmento granulare bruno; i follicoli si riducono sempre più e la polpa si fa povera di elementi cellulari; occasionalmente si trovano numerose gomme miliari (lett. in HERXHEIMER). Per lo più riesce la dimostrazione delle spirochete (spesso anche nella capsula e nelle deposizioni perisplenitiche, W À T J E N e M Ù N Z E SHEIMER, l e t t . ) .
Il peso medio della milza nei neonati ammonta all'incirca a 9 g. B I R C H trovò in un feto maschio di nove mesi sifilitico un peso di 4 0 g., K A U F M A N N come peso massimo 65 g. Z I E G L E R riferisce il peso eccezionalmente elevato di 100 g. In genere si trova un aumento di peso ma soltanto sul doppio circa del normale ( K A U F M A N N in 36 casi di neonati luetici trovò un peso medio di 20,9 g.; in 6 casi un peso di 50 g. e più). Anche in bambini e giovani con sifilide congenita non raramente si trova splenomegalia, il che secondo S Y M M E R S si può riportare essenzialmente ad una coesistente cirrosi epatica da lue congenita o ad un hepar lobatum (ipertensione portale). HIRSCHFELD
Tubercolosi T b c . della milza è sempre secondaria, « tubercolosi primaria della milza » non esiste. L a milza partecipa frequentemente ai processi tbc. (1). Si distinguono una forma a piccoli nodi e una forma a grossi nodi, t u t t a v i a non si può stabilire una netta distinzione. (1) U n resoconto delle statistiche sulla frequenza della tbc. splenica ed una descrizione molto approfondita della clinica della tbc. della milza sono riferiti da WETZEL, ivi lett.
1142
SANGUE E ORGANI
EMOPOIETICI
La forma a piccoli nodi si trova prevalentemente nella tbc. miliare acuta. In questo caso secondo H Ù B S C H M A N N la milza di regola è poco, talvolta (in vecchi) per nulla, ingrossata, ma si possono notare occasionalmente notevoli aumenti di volume e di peso (fino a 800-1000 g.). La sua consistenza è abbastanza dura o anche molle. Sulla superficie di taglio, che è per lo più di colorito rosso intenso o rosso bruno, si vedono numerosi nodulini, piuttosto uniformi, per lo più disseminati irregolarmente, della grandezza di un grano di miglio (miliare) o anche più piccoli (submiliare), a contorni netti, grigi o grigio-rossi o grigio-giallicci (1). I tubercoli essudativi del tutto recenti (necrosi) sono relativamente grossi, a contorni indefiniti, grigi, translucidi, come sporgenti, sono disposti molto più vicini gli uni agli altri e ad occhio nudo sono difficilmente riconoscibili. La disseminazione miliare, rispettivamente la submiliare può essere così fitta che la superficie di taglio appare finemente granulosa e al tatto anche granulosa. In altri casi la disseminazione è meno fitta. I singoli nodulini sono allora più voluminosi miliari o sopramiliari, grigi e con centro caseoso. Anche sulla superficie di taglio si possono spesso vedere e toccare innumerevoli nodulini. Essi possono essere circondati da un alone rosso. Talvolta sulla capsula si vedono anche deposizioni fibrinose, occasionalmente associate a tubercoli (2). Microscopicamente i tubercoli, nelle forme a decorso acuto rapidamente letale, sono del tutto necrotici (nettamente essudativi), nei casi subcronici fino a quelli cronici essi invece, secondo il grado dello stato di difesa, presentano tutti i passaggi da nodulini epitelioidi con caseosi centrale con più o meno numerose, per lo più molte cellule giganti di Langhans (forma mista produttiva-essudativa) fino a nodulini puramente di cellule epitelioidi (forma produttiva-proliferativa). Gli ultimi si avvicinano sempre più al quadro della granulomatosi di Boeck o sarcoide nel quale la milza partecipa in alta percentuale (pag. 814). Infine i tubercoli possono guarire per fibrosi: simili quadri si vedono molto spesso dopo l'introduzione della chemioterapia moderna. D O M A G K e L U C H T R A T H hanno dimostrato che la tendenza alla guarigione dei focolai disseminati miliari con l'uso dei moderni tubercolostatici, nel corso di una tbc. miliare, nella milza è meno notevole che p. es. nei polmoni e nel fegato. I tubercoli possono aver sede (1) A l contrario dei follicoli linfatici della milza i tubercoli miliari e submiliari sono di grandezza varia, irregolari, sparsi senza ordine e più ravvicinati tra di loro che i follicoli. In genere i tubercoli sono più piccoli, ma non raramente anche più grandi dei follicoli, sono sporgenti sulla superficie di taglio e, ad eccezione di focolai del tutto acuti, a contorni più netti. I tubercoli sono come granelli di sabbia, trasparenti, per lo più grigi-giallastri, i follicoli grigi-biancastri e torbidi. I tubercoli sono più consistenti e più duri dei follicoli, ed in genere si riesce ad estrarli in toto con la punta di un coltello, mentre i follicoli si romperebbero e si spappolerebbero. (2) Nodulini a forma di capocchia, vitrei sulla capsula talvolta finemente villosa possono anche essere la conseguenza di una proliferazione deciduale; GEIPEI. 1924, cfr. anche peritoneo.
MILZA
"43
ovunque: nella polpa, nei follicoli, nelle trabecole e sotto la capsula. Spesso i tubercoli formano agglomerati. Essi sono di grandezza varia. L a milza minutamente nodulare è un particolare costante della disseminazione nella tubercolosi miliare postprimaria; la disseminazione nella milza è sempre molto evidente. Ma simili alterazioni possono comparire anche durante altre fasi della tbc., p. es. nella meningite tbc. senza completa generalizzazione, nella malattia primaria di altri organi, ma anche nella tubercolosi cronica d'organo (HUBSCHMANN). Per lo più in questo caso si tratta di tubercoli isolati, ma talvolta — in genere prima della fine — può insorgere anche una disseminazione più uniforme (HUBSCHMANN).
Fig. 316. Tubercolosi a grossi nodi della m i l z a . D o n n a di 55 anni. A n t . n. 10.280 Ist. A n a t . e Istol. P a t o l . U n i v . di P a v i a .
I casi sopracitati con disseminazione scarsa e con noduli sopramiliari, spesso grossi evolvono nella forma di tubercolosi splenica a grossi nodi caseosi. Essa è caratterizzata da grossi focolai caseosi, che stanno nell'organo essenzialmente inalterato e per lo più solo mediocremente ingrossato. Essi sono singoli o multipli, non raramente in gran numero (figg. 316 e 317). Si tratta di un insieme sferico di tubercoli di grandezza varia. Per lo più la grandezza varia tra quella di u n granello di pepe e di una lenticchia o di una ciliegia, talvolta i noduli possono diventare anche più grossi.
SANGUE
1144
E
ORGANI
EMOPOIETICI
I noduli più grossi sono spesso circondati da noduli più piccoli e p i ù recenti. Essi sporgono t a l v o l t a sulla superficie come tumori prominenti. d i v e n t a n o anche p i ù grossi,
fino
Talvolta
alla grandezza di u n a fava, su per giù
a f o r m a di cono, infiltrati di bacilli e poi a n d a t i i n c o n t r o a caseificazione (forma infiltrata, indicata anche come infarto
tbc.).
T a l v o l t a i t u b e r c o l i s u p e r a n o c o m e m a s s a il p a r e n c h i m a d e l l a m i l z a . A v o l t e per fluidificazione centrale dei noduli t b c . a guisa di r o s e t t a possono formarsi c a v i t à (caverne) con pareti caseose e a c o n t e n u t o cremoso.
Essi
possono a n c h e calcificare e allora spesso non
loro
esistono
prove della
eziologia specifica.
Fig. 317. Tubercolosi splenica a grossi nodi. U n a t b c . caseosa d e l l a m i l z a a grossi n o d i c o n f o c o l a i p i ù o m e n o n u m e r o s i della g r o s s e z z a d a u n g r a n o d i p e p e fino ad u n a l e n t i c c h i a e — n o n r a r a m e n t e —• a n c h e p i ù grossi si o s s e r v a s p e c i a l m e n t e in t u t t i gli s t a t i di insufficiente reazione di difesa, così p . es. c o m e espressione di u n a p r e c o c e g e n e r a l i z z a z i o n e (HÙBSCHMANN) in b a m b i n i (1) e a d u l t i di s c a r s a r e s i s t e n z a (sepsi t b c . g r a v i s s i m a — LANDOUZY), nei t u b e r c o l o t i c i di p a e s i c a l d i (BÙNGELER) (fig. 319), n e l l a t b c . d a ingestione d e l l e c a v i e , n e l l a t b c . delle s c i m m i e (contagio scarso o del t u t t o m a n c a n t e ) . Q u e s t i casi t a l v o l t a sono simili a l l a m i l z a porfìroide d e l linfog r a n u l o m a (e v i c e v e r s a ) (2). M e n t r e i casi c i t a t i , che d e c o r r o n o nelle s u d d e t t e c o n d i z i o n i d i r i d o t t a resistenza, p r e s e n t a n o u n decorso p r o g r e s s i v o r a p i d a m e n t e m o r t a l e , gli a l t r i casi d e c o r r o n o in f o r m a c r o n i c a . E s s i sono m o l t o rari. P i ù spesso si t r o v a n o n e i b a m b i n i c o n d i a t e s i e s s u d a t i v a (scrofolosi), nei q u a l i s o p r a t t u t t o si o s s e r v a n o i t u b e r c o l i p i ù grossi. Q u i p r i n c i p a l m e n t e si t r o v a n o t u b e r c o l o s i s p l e n i c h e a grossi nodi, m a a n c h e in c a s i c o n t u b e r c o l o s i m a n i f e s t a di a l t r i o r g a n i (fase d e l l a m a n i f e s t a z i o n e d ' o r g a n o ) , nei q u a l i si g i u n g e a d u n a (1) Vi appartengono anche i casi di tbc. congenita (WOSSKÜHLER). (2)
KAUFMANN,
LUBARSCH,
HÜBSCHMANN,
CEELEN
e
RABINOWITSCH.
MILZA
"45
disseminazione prevalentemente ematogena incompleta, o soltanto della milza. Così KAUFMANN, in una d o n n a tisica di 51 anni con ulcera intestinale, t r o v ò numerosi nodi della grossezza di una castagna e numerosi tubercoli epatici della grossezza di una ciliegia; inoltre in una donna di 53 anni: milza del peso di 465 g., sulla cui polpa molle, rosso scura s p i c c a v a n o noduli della grossezza di una ciliegia, a b b a s t a n z a duri, rosso-grigi, vitrei, con caseificazioni gialle; nodi simili nel fegato; linfoghiandole tubercolari, cicatrici polmonari apicali. Noi a b b i a m o osservato in un uomo di 65 anni una tbc. della milza a grossi nodi con tubercoli miliari nel fegato e nel midollo osseo; nel mesentere si trov a v a n o alcuni linfonodi calcificati (fig. 318).
F i g . 318. Tubercolosi splenica a r e a t t i v a . Caseificazione totale senza reazione marginale. Tubercolosi dei negri. D a BCNGELER, 1944.
Non esiste tbc. primaria della milza nel senso di un'affezione primaria (vedi sotto). A l contrario ci sono lesioni tubercolari della milza che sono da considerare analoghe a quelle degli altri organi (polmoni, reni, ossa, ecc.) e nel corso dell'infezione hanno assunto un a n d a m e n t o simile, la cosiddetta tbc. isolata della milza. Per lo più si t r a t t a di soggetti t r a i 20 e i 40 anni, però sono stati descritti anche casi di e t à inferiore e superiore. Il peso della milza t r a 150 g. fino a 3500 g. (cosiddetta splenomegalia tbc. — molto rara), in media circa 1500 g. Sono descritti casi con tubercoli miliari o con grossi tubercoli caseosi, in parte anche calcificati (FELLER h a visto una « caverna » della milza della grossezza di un pugno) o infine milze con intensa proliferazione connettivale. Scomparsa dei follicoli, necrosi e tubercoli (CARBONE e AUCHÉ — milza 1250 g. con cirrosi epatica). L a cosiddetta t b c . « primaria » della milza è rara e alcuni dei casi descritti sono di dubbia interpretazione [PETRIK, BAYER, BANTI (1907), 7g*
KAUFMANN
I
II46
SANGUE E ORGANI EMOPOIETICI
SOTTI, W I N T E R N I T Z ( l e t t . ) , SACHS, E S S E R ( m i l z a 2600 g . ) , LOTSCH, L U C H T R A T H
(lett.)]. Sulla tbc. in generale cfr. a pag. 1037 e segg. e nel capitolo sul polmone.
Granulomi a eziologia sconosciuta, linfogranuloma, sarcoide di Boeck, ecc. Le suddette malattie sono trattate a pag. 780 e segg.
5. A L T E R A Z I O N I
DELLA
MILZA
DA
MALATTIE
TROPICALI
Leishmaniosi Col termine di Leishmaniosi riuniamo un gruppo di malattie che sono causate da parassiti morfologicamente identici o pressoché tali. I parassiti sono stati scoperti da LEISHMAN e la malattia da lui ha preso il nome. Le diverse forme della malattia si distinguono per la differente localizzazione delle lesioni anatomiche, per diversa modalità di trasmissione e per il loro diverso comportamento epidemiologico. Noi distinguiamo in proposito: 1) la splenomegalia tropicale (Kala-azar = morbo nero, febbre dum-dum), 2) la leishmaniosi cutanea (bottone d'oriente), 3) la leishmaniosi americana della cute e delle mucose e 4) la leishmaniosi americana viscerale. L a leishmaniosi indicata come kala-azar venne descritta per la prima volta da ROESER nell'anno 1835 nell'isola greca di H y d r a e più tardi da CLARKE nelle Indie. Il suo agente è stato scoperto nel 1903 da LEISHMAN e più tardi indipendentemente da lui da DONOVAN (« Leishmania donovani »). Contemporaneamente a LEISHMAN, MARCHAND descrisse in Germania singolari formazioni nella milza di un uomo che era morto di kala-azar; più tardi egli poteva identificare queste formazioni con i corpuscoli descritti d a LEISHMAN e DONOVAN.
Gli agenti (fig. 319) si trovano in forma di inclusioni cellulari soprattutto negli endoteli capillari e nelle cellule reticoloendoteliali della milza, del fegato, del midollo osseo, delle linfoghiandole e della cute; ma essi si trovano anche liberi nello spazio intracellulare. Si tratta di parassiti immobili, della grandezza di 2-4 /u, ovali o rotondi. Con la colorazione di Giemsa il protoplasma dei parassiti appare rosso-azzurrognolo-pallido, in esso troviamo 2 nuclei viola-rossicci, e cioè un grosso nucleo principale tondeggiante che noi indichiamo come trofonucleo ed un nucleo adiacente più piccolo, puntiforme, il cosiddetto blefaroblasto. La moltiplicazione delle leishmanie avviene per scissione nell'interno delle cellule dei tessuti. Si possono fare culture di leishmanie, talvolta è possibile la dimostrazione culturale dei parassiti dal sangue circolante. Mentre gli
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agenti dei q u a t t r o tipi di leishmaniosi non sono differenziabili morfologicamente, si possono distinguere mediante culture su sangue di cavallo-agar zucchero. Così noi distinguiamo la leishmania donovani come l'agente della splenomegalia tropica, la leishmania tropica, già menzionata nel 1885 d a CUNNIGHAM e descritta a c c u r a t a m e n t e d a WRIGHT nel 1903, come l'agente della leishmaniosi cutanea (bottone d'oriente), l'agente della leishmaniosi americana della cute e delle mucose, la leismania brasiliensis, che nelle culture si c o m p o r t a in m o d o molto simile all'agente del bottone d'oriente e l'agente della leishmaniosi viscerale americana, la leishmania chagasi, che è s t a t a descritta da PENNA e CHAGAS e che sta vicina all'agente della splenomegalia tropica. Con le leishmanie si possono infettare mediante inoculazione intraperitoneale o impianto nel
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Fig- 3i9Leishmaniosi. G r o s s a cellula istiocitaria d a u n o striscio di un caso di leishmaniosi c u t a n e a a m e r i c a n a u l c e r a t a . N u m e r o s e leishmanie nel p r o t o p l a s m a in p a r t e delle quali si possono riconoscere c h i a r a m e n t e i grossi nuclei principali (trofonucleo) e a c c a n t o i nuclei più piccoli (blefaroblasto). D a BONGELER 1944.
f e g a t o i seguenti animali: scimmie, hamster, cani, cavie, gatti, r a t t i e topi. L ' a n i m a l e di gran lunga preferito come animale d a esperimento è l'hamster, nel quale dopo inoculazione dei parassiti insorge sempre u n a infezione lentamente progressiva a decorso mortale. Come trasmettitori della splenomegalia tropica vengono in causa insetti che pungono (zanzare, particolarmente le mosche della s a b b i a (flebotomi), pulci, pidocchi, cimici e zecche). A c c a n t o al morso di questi insetti è probabile una trasmissione della m a l a t t i a tramite schiacciamento dei flebotomi e possibile inoculazione dell'agente g r a t t a n d o la c u t e (un f a t t o simile ci è noto a proposito del tifo petecchiale). Il ciclo di sviluppo delle leishmanie non è ancora noto con sicurezza. Come portatori di parassiti vengono in causa cani, gatti, c a v a l l i e conigli. Il passaggio dell'agente all'uomo è possibile attraverso cont a t t o diretto con questi animali (lesioni ulcerose della b o c c a e delle fauci). Per questa v i a probabilmente vengono spesso infettati b a m b i n i che giuocano con cani a m m a l a t i .
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L a splenomegalia tropica (kala-azar) è diffusa molto largamente in India e in Cina, essa insorge inoltre in Giappone, a Ceylon, in Asia Minore, in Palestina, nel Nordafrica, nelle regioni europee mediterranee e talvolta nei Balcani. In India la leishmaniosi si sviluppa soprattutto all'epoca dei monsoni, cioè durante la più intensa diffusione dei flebotomi. L a malattia colpisce soprattutto la sudicia popolazione indigena che vive in capanne primitive. Così possono essere colpiti interi villaggi fino al 100 % . I flebotomi vivono soprattutto sul terreno argilloso delle capanne degli indigeni che di regola sono fortemente imbrattati di sterco di animali. Il fatto che negli stati mediterranei la leishmaniosi viscerale compare soprattutto nei bambini, ha portato ad ammettere che si tratti di una forma particolare di splenomegalia tropica, che viene provocata da un parassita specifico (« leishmania infantum »). Questa ipotesi non è stata però confermata. Nelle regioni mediterranee i cani sono colpiti dalla leishmaniosi (vedi sotto). Sul rapporto di questa leishmaniosi canina con la leishmaniosi umana non esiste ancora nessuna precisazione completa, ma è probabile che il cane (cosi come gatti, hamster, ratti e topi) vengano in causa come ospiti intermedi per la splenomegalia tropica. Ulteriormente anche in Africa Occidentale e in Sudamerica (Brasile) è stata descritta la splenomegalia tropica. Inoltre per la malattia insorta nel Brasile, osservata per la prima volta da P E N N A nel 1934 e poi descritta in particolare da C H A G A S , si è pensato ad una forma speciale provocata dalla Leishmania chagasi, denominata come leishmaniosi viscerale americana. A R I S T I D E S M A R Q U E S da C U N H A ed E V A N D R O C H A G A S sono riusciti a trasmetterne l'agente patogeno in animali (hamster, macacus rhesus e cane domestico) praticamente nel 100 % dei casi. Gli agenti patogeni si trovarono entro grosse cellule mononucleate sia sulla cornea che negli organi interni. Da tali esperienze risulta che le infezioni sperimentali nella leishmaniosi viscerale americana non si differenziano dalle altre leishmaniosi, eccezione fatta tutt'al più, per le alterazioni cutanee. Il suo decorso nell'uomo e sperimentalmente è simile a quello della splenomegalia tropica mediterranea (Kala-azar). Dalle esperienze dei su citati Autori risulta inoltre che i cani infettati si possono considerare come « depositi di virus », come ci è anche noto per la splenomegalia tropicale dei paesi mediterranei. Inoltre la leishmaniosi viscerale americana corrisponde particolarmente nel suo decorso clinico alla « 1. infantum » dei paesi mediterranei, cosicché, verosimilmente, essa è strettamente imparentata con questa. Una notevole differenza esiste soltanto per quanto riguarda la diffusione epidemiologica. L a 1. viscerale americana la si nota particolarmente in Brasile nelle zone con foreste. Mentre la splenomegalia tropicale (Kala-azar) dell'India è soprattutto una malattia epidemica che insorge a ondate più o meno violente, che si osserva principalmente in villaggi e città e che scompare appena la popolazione infettata ha acquisito una certa immunità, la leishmaniosi viscerale mediterranea è una netta malattia endemica, che esiste permanentemente in città e villaggi e che spesso si nota negli animali domestici. In contrapposto a questi due tipi di leishmaniosi, la leishmaniosi viscerale americana presenta un carattere nettamente sporadico. L a si nota solo in casi singoli e si manifesta solo nei territori delle foreste e mai in città o comunità umane. Nella splenomegalia tropica indiana (Kala-azar) si ha solo l'infezione trasmessa entro le case da persona
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a persona e l'uomo stesso costituisce il deposito dei parassiti. Nella 1. del Mediterraneo si può accertare un rapporto diretto tra la malattia dell'uomo e del cane come portatore di parassiti. Nella 1. viscerale americana invece l'uomo non rappresenta nè un deposito di parassiti, nè può essere considerato come responsabile della diffusione della malattia. Casi di 1. viscerale americana rimangono isolati entro comunità ed anche entro una stessa casa e queste osservazioni sulla diffusione epidemiologica indicano, fino ad un certo grado, che per la 1. viscerale americana non si tratta di una malattia importata da altri paesi, ma di una malattia infettiva autoctona, che si può indicare come « typus silvestre » della splenomegalia tropicale. Essa finora venne notata in Brasile e nel Chaco argentino. Per la diagnosi della malattia, così come per la febbre gialla, qui ha acquistato molta importanza la viscerotomia del cadavere. Anatomia patologica. — Anche se le diverse forme di leishmaniosi si differenziano anatomo-patologicamente per le diverse localizzazioni ed epidemiológicamente per la loro differente diffusione e per particolari modi di trasmissione, t u t t a v i a esse presentano nella struttura istologica del tessuto di granulazione delle particolarità che sono caratteristiche di tutte queste infezioni da protozoi. Per le Leishmanie si tratta di parassiti cellulari che si localizzano specialmente nelle cellule del sistema reticoloendoteliale. Si ha una spiccata proliferazione del reticolo-endotelio e sviluppo di un tessuto di granulazione che ospita in vario numero gli agenti patogeni entro i suoi elementi cellulari istiocitari. Si possono distinguere principalmente due diverse forme di tessuto di granulazione: 1) un granuloma di aspetto aspecifico, che si compone di cellule proliferate di tessuto connettivo tra le quali troviamo in grande numero plasmazellen e meno numerosi linfociti, macrofagi, singoli eosinofili e leucociti polimorfonucleati neutrofili; 2) un granuloma specifico a forma nodulare, in cui i singoli noduli sono composti di reticoli-endoteli proliferati (cellule epitelioidi e cellule giganti centrali (fig. 320). In questa formazione nodulare si nota (come nella tubercolosi, nella lebbra e in altre malattie croniche infettive) l'espressione di un'allergia specifica del tessuto, essa predomina quindi nelle leishmaniosi a netto decorso lento e cronico. Nella splenomegalia tropicale e nella leishmaniosi viscerale americana (Kala-azar) troviamo la sede più ricca dell'agente patogeno nella milza, nel fegato e nel midollo osseo. E comunemente alterata in modo sorprendente la milza, nella quale per progressiva proliferazione delle cellule del reticolo e dell'endotelio dei seni si arriva ad una spiccata atrofia del follicolo, l'organo di regola è molto ingrossato macroscopicamente. Istologicamente, accanto alla diffusa iperplasia delle cellule del reticolo e dell'endotelio dei seni, troviamo anche proliferazioni nodulari, composte da cellule epitelioidi ricche di protoplasma, a disposizione radiale, che spesso contengono nel centro cellule giganti di Langhans, raramente multiple. Il contenuto in Leishmanie di questi noduli è limitato, spesso esse si possono notare solo in singoli esemplari.
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N e l fegato l'agente patogeno lo si t r o v a prevalentemente negli endoteli capillari e nelle cellule stellate di K u p f f e r . Si h a una forte proliferazione a f o r m a di granuloma di questi elementi e contemporaneamente manifestazioni degenerative delle cellule proprie del parenchima. A n c h e qui, accanto ad iperplasia diffusa dell'endotelio e del tessuto connettivo periportale (che può portare a forte ingrandimento e indurimento di tipo cirrotico di t u t t o l'organo), si notano granulomi di f o r m a nodulare della struttura dei noduli leishmaniosici della milza. Questi quadri di tipo tubercolare si t r o v a n o principalmente nel tessuto c o n n e t t i v o periportale, raramente sparsi nei lobi del fegato. N e l midollo osseo t a l v o l t a , come conseguenza della anemia secondaria in genere grave, si t r o v a una v i v a c e emopoiesi rigenerativa, e in casi a v a n zati una trasformazione rossa del midollo delle ossa lunghe. Inoltre si nota
Fig. 320. Milza nella leishmaniosi viscerale americana. Forte proliferazione di elementi cellulari reticoloistiocitari. Nel centro un granuloma similtubercolare con cellula gigante centrale. Il granuloma è composto prevalentemente di grosse cellule epitelioidi. Da BÙNGELER 1944.
anche qui una v i v a c e proliferazione degli elementi cellulari endoteliali contenenti parassiti, parte in forma diffusa e parte in forma di tipo tubercolare. Sullo sviluppo di proliferazioni plasmacellulari di tipo tumorale o diffuso vedi pag. 1005. A queste alterazioni anatomiche corrisponde il q u a d r o clinico della splenomegalia tropica e della leishmaniosi viscerale americana. Esso è caratterizzato da febbre a intervalli irregolari (si hanno anche temperature subfebbrili protratte per lungo tempo). Nel corso della manifestazione febbrile si h a grave anemia generale, disturbi di cuore, manifestazioni di reumatismo articolare e un ingrossamento rapidamente progressivo della milza e del fegato. L a pelle mostra spesso una particolare pigmentazione bruno scuro. Nel corso della m a l a t t i a si arriva alla fine ad una cachessia generale, ad emorragie della pelle e delle mucose ed a manifestazioni intestinali di tipo dissenterico. P u ò accompagnarsi inoltre una cirrosi del fegato con ascite.
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La localizzazione prevalente delle leishmaniosi nella cute si ha in due forme diverse, e precisamente come bottone d'oriente (bottone d'Aleppo, di Gerico, di Bagdad) in Asia Minore, Persia, Arabia, India, Cina e Africa. Nell'America meridionale e centrale si ha come manifestazione concomitante della leishmaniosi americana (Costa Rica. Perù, Bolivia, Brasile e Messico). L'agente patogeno delle leishmaniosi cutanee non si può distinguere morfologicamente con certezza dalla leishmania tropica. Nel bottone d'oriente si t r a t t a dello sviluppo di un tessuto di granulazione a noduli quasi esclusivamente nella pelle; un interessamento degli organi interni è raro ed in t a l caso poco esteso. La seconda forma di leishmaniosi della cute è la 1., americana della cute e delle mucose. Le leishmaniosi producono una immunità che può estinguersi nel corso degli anni, tanto che sono possibili reinfezioni. Inoltre l'immunità è specifica per ogni singola forma di leishmaniosi. Sulla formazione di anticorpi specifici si basa la prova intracutanea specifica importante per la diagnosi. Nelle forme di leishmaniosi croniche e a lento decorso (1. viscerale e bottone d'oriente) si può prevedere la presenza di anticorpi nel sangue e nei tessuti; come substrato anatomico della reazione antigene-anticorpo consideriamo il granuloma nodulare di tipo tubercolare che si sviluppa non solo spontaneamente nel decorso della malattia, ma che si può provocare anche artificialmente nella cute mediante iniezione dell'antigene specifico. Nelle alterazioni precoci delle leishmaniosi e nelle forme a decorso rapido e ulceroso della leishmaniosi americana della cute manca la produzione di anticorpi ed in conseguenza manca la formazione del tessuto di granulazione a forma nodulare. La prova specifica intracutanea nelle alterazioni primarie è negativa e, nelle forme a decorso rapido ulceroso della leishmaniosi americana della cute, è negativa o solo debolmente positiva.
Schistosomiasi (Bilharziosl) Nella schistosomiasi la milza può essere ingrossata in grado elevato (« splenomegalia tropica »). L'ingrossamento è dovuto al fatto che nel fegato, come reazione a frequente deposito di uova dei parassiti nella capsula glissoniana, accanto ai noti granulomi (pseudotubercoli) si sviluppa una considerevole proliferazione del tessuto connettivo fino a raggiungere il quadro tipico della cirrosi epatica di Laennec. Clinicamente ed anatomicamente tali casi presentano la sindrome classica: cirrosi del fegato, splenomegalia, ascite e varici dell'esofago. Anche istologicamente la milza presenta il quadro tipico, come si vede a pag. 1 1 1 9 per i casi di cirrosi del fegato ivi descritti, spesso con considerevole aumento del tessuto connettivo sotto forma di fibroadenia. Mancano invece nella milza depositi di uova e pseudotubercoli. A livello della vena porta e nelle vene del mesentere invece, nelle quali si trattengono i vermi maturi, si può arrivare ad un forte ispessimento infiammatorio dell'intima e ad endoflebite obliterante. Si può avere anche una trombosi della porta che si continua nei rami intraepatici. Le ghiandole
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linfatiche del mesentere sono regolarmente interessate. In esse si trovano in prevalenza u o v a di vermi che portano a sviluppo di u n tessuto di granulazione similtubercolare, che porta ad un forte ingrossamento e indurimento delle ghiandole.
Blastomicosi Le Blastomicosi sono malattie che vengono causate da funghi e cioè soprattutto da blastomiceti (i) (funghi della fermentazione e simili). Tali funghi si trovano assai spesso in natura come saprofiti; si trovano tra l'altro in molti alimenti ed hanno una parte considerevole nella loro preparazione (fermentazione dell'alcool, lievito del pane, funghi del formaggio, ecc.). I funghi della fermentazione sono cellule rotonde od ovali che si riproducono in modo molto caratteristico per sporulazione o gemmazione. In condizioni normali simili funghi della fermentazione si trovano nel tubo gastrointestinale, anche nella vescica con urina contenente zucchero, senza sviluppare qui manifestazioni patologiche. Ci sono anche funghi della fermentazione patogeni, che si localizzano principalmente nella cute e nelle mucose e che si possono diffondere secondariamente per via sanguigna o linfatica negli organi interni (polmoni, fegato, milza, linfoghiandole, midollo osseo) e provocare spesso in queste sedi gravi alterazioni patologiche mortali. Inoltre si possono generalmente osservare due tipi di reazioni. Talvolta nel luogo della localizzazione del fungo si manifesta una infiammazione essudativa purulenta e l'insorgenza di piccoli ascessi nel cui centro si trovano i funghi. Questa forma di infiammazione possiamo considerarla come normergica: in essa non si è ancora stabilita alcuna allergia specifica verso l'agente patogeno. Stabilitasi l'allergia (la quale si rivela anche mediante una prova intracutanea specifica) si sviluppa invece nel luogo di insediamento del fungo un granuloma, che si compone principalmente di cellule istiocitarie epitelioidi, contiene molte cellule giganti e spesso porta a proliferazioni di tipo tumorale. Benché anche le blastomicosi possano presentarsi in tutto il mondo, tuttavia esse (almeno le forme più comuni), sono così rare nei paesi europei e così frequenti nei paesi caldi, che noi, a causa della loro frequente comparsa nei tropici, possiamo chiamarle « malattie tropicali ». A tale riguardo esiste una sostanziale differenza tra le blastomicosi europee e tropicali, in quanto le prime sono localizzate quasi esclusivamente nella cute e, occasionalmente, anche nei polmoni, mentre le forme tropicali interessano quasi (i) Schizomicete = blastomicete f)A.aazói = germoglio.
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sempre gli organi interni. Secondo R O C H A L I M A e A L M E I D A possiamo suddividere gli agenti patogeni delle blastomicosi nei seguenti gruppi (1): a) Moniliasi con il sottogruppo Oidium-Monilia, che si presenta dappertutto. b) I veri funghi della fermentazione (saccaromicosi e vere blastomicosi). c) Coccidiosi (2) (Coccidioides immitis, Paracoccidioides brasiliensis, Pseudococcidioides, Rhinosporidium seeberi). Essi si trovano principalmente negli stati meridionali dell'America del nord, nell'America del sud (Brasile, Argentina) e in India. d) Cromoblastomicosi (Tricosporidium, Phialophora, Hormodendron), con diffusione prevalentemente negli stati meridionali del Nordamerica, nell'America centrale, tutto il Sudamerica, Africa, Asia e occasionalmente anche in Europa.
I più importanti quadri morbosi sono: 1. La Blastomicosi europea. Essa venne descritta a fondo per primo da B U S S E - B U S C H K E nell'anno 1894 e insorge principalmente nei paesi europei a clima temperato, raramente fuori d'Europa. Il suo agente patogeno è il Cryptococcus hominis (Saccaromicete). L a malattia colpisce la cute a focolai, dove essa (iniziando generalmente al viso) forma piccoli noduli necrotici che si possono poi diffondere sulla cute di t u t t o il corpo. Occasionalmente è colpita anche la mucosa orale, raramente si viene ad una diffusione agli organi interni (linfoghiandole, milza (3), polmoni, reni, fegato, cervello, midollo osseo). Nel luogo di insediamento del fungo si ha una necrosi del tessuto che contiene sempre abbondantemente gli agenti patogeni di forma sferica, dal diametro di 8-24 ¡j, e attorno si forma una corona di cellule epitelioidi e giganti dalla struttura delle cellule giganti da corpo estraneo. L a presenza di leucociti è variabile: esistono tutte le gradazioni tra granulomi nodulari puramente produttivi e piccoli ascessi con corrispondente distruzione di tessuto.
2. La Blastomicosi americana (raramente anche in Europa e Asia). II suo agente patogeno è il Cryptococcus Gilchrist, scoperto da G I L C H R I S T , una cellula fungina rotonda e ovale della grandezza di 8-24 ¡x, provvista di una membrana. L a malattia si manifesta principalmente in Nordamerica e colpisce quasi esclusivamente la cute, solo raramente la mucosa della lingua e della bocca; essa porta ad una spiccata iperplasia epiteliale e alla formazione di un tessuto di granulazione nodulare nei corpi papillari della cute, raramente ad ascessi nei quali si trovano abbondanti agenti patogeni. È frequente la formazione di ulcere. (1) Sui loro rapporti con la sistematica dei miceti, ancora oggi oscura in molti punti, confronta i lavori speciali. (2) Esse adesso vengono classificate come Chytridiacae, un sottogruppo degli «Urpilze » (Archimycetales). (3) Anche nel mughetto (Oidium albicans) all'occasione insorge una generalizzazione ematogena con localizzazione del fungo nella milza e negli altri organi interni. 73 —
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3. Il granuloma coccidioide. Questa forma di blastomicosi venne descritta la prima volta in Argentina da W E R N I C K E e P A S A D A S ; essa si presenta negli stati meridionali degli Stati Uniti, nell'America centrale e nel Sudamerica. Il suo agente patogeno è un grosso fungo rotondo (fino a 50 /x di diametro) (Coccidioides immitis), che ha una spessa membrana e contiene nell'interno numerose spore. Queste si rendono libere con lo scoppio della cellula. È ancora discusso se si abbia anche una vera e propria gemmazione. L a malattia si trasmette facilmente agli animali. Nell'uomo essa insorge quasi esclusivamente nei maschi. Nel granuloma coccidioide americano E V A N S e B A L L distinguono tre tipi: 1) la grave forma polmonare, in cui gli ammalati muoiono per le alterazioni polmonari, prima che si arrivi ad una generalizzazione della coccidiosi; 2) casi con modesta infezione polmonare, ma con forte moltiplicazione e diffusione ematogena dei coccidì e quadro finale della coccidiosi miliare mortale e 3) casi con modesta infezione polmonare e singole metastasi in altri organi; l'ultima forma ha decorso lento e relativamente benigno, ma si può trasformare in una forma maligna con rapida generalizzazione per indebolimento della resistenza generale. Secondo O P H U L S , nella maggioranza dei casi di granuloma coccidioide, si tratta di un'infezione primaria polmonare che all'autopsia si presenta in forma di affezione primaria. Poiché le spore dei funghi si trovano libere in natura, esse possono arrivare nei polmoni con particelle di polvere, realizzandovi la prima localizzazione come nella tubercolosi. Ma si possono avere affezioni primarie anche nella cute. O P H U L S distingue tre diverse forme a seconda del tipo dell'affezione primaria e della diffusione secondaria: 1) Infezione primaria della cute con diffusione secondaria nella cute e negli organi interni. 2) Infezione primaria del polmone con diffusione secondaria nei polmoni e negli organi interni, però senza interessamento della cute. 3) Infezione primaria nel polmone con diffusione secondaria nel connettivo della cute. L'infezione primaria polmonare si manifesta clinicamente in modo chiaro in forma polmonitica, sintomi a tipo di grippe, brivido e febbre alta. L'ulteriore decorso può essere assai simile clinicamente a quello di una tubercolosi a rapida generalizzazione. I polmoni e la cute sono colpiti nel 95 % dei casi, seguono con minore frequenza lesioni delle ossa e articolazioni (articolazione del ginocchio!), interessamento della pleura, delle linfoghiandole, della muscolatura scheletrica, dei surreni e del cervello. Le linfoghiandole, molto ingrossate macroscopicamente, non sempre presentano lesioni specifiche; spesso vi si vedono soltanto infiammazioni catarrali e iperplastiche aspecifiche, senza parassiti. Attorno alle cellule fungine trasportate nei diversi organi per via sanguigna e linfatica si sviluppa un tessuto di granulazione nodulare composto di cellule epitelioidi e giganti, nel quale si trova spesso una caseificazione centrale secondaria. Cosi nei diversi organi, in particolare nel polmone, può presentarsi un quadro che macroscopicamente e istologicamente è assai simile alla tubercolosi granulomatosa. Nella cute vi è assai spesso ulcerazione con corrispondente suppurazione. La generalizzazione finale della malattia, che spesso può decorrere anche clinicamente col quadro di una tubercolosi generalizzata, per lo più conduce rapidamente a morte.
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4. La Blastomicosi brasiliana (paracoccidiosi). Già le prime descrizioni della blastomicosi fatte da G I L C H R I S T , B U S S E , e R I X F O R D hanno separato eziologicamente la blastomicosi provocata dai blastomiceti dal granuloma coccidioide provocato dal coccidioides imitis. Quest'ultima è assai frequente solo in America e particolarmente in Brasile. Mentre prima si supponeva ancora che gli agenti patogeni del granuloma coccidioide americano fossero identici a quelli del granuloma Paracoccidioide brasiliano, A L M E I D A ha potuto dimostrare che tra coccidioides imitis e Paracoccidioide brasiliense esistono differenze sostanziali. Gli agenti patogeni (figg. 321-323) della blastomicosi brasiliana (paracoccidioidi) si presentano nel tessuto come cellule rifrangenti, rotondeggianti, del diametro di 5-20 ¡JL, con doppia membrana, circondate spesso da una corona GILCHRIST
Fig. 321. Granuloma Paracoccidioide brasiliense.
Forma nodulare, inclusione di un fungo in una cellula gigante.
di piccoli elementi, collegati frequentemente con la membrana cellulare mediante sottili propaggini (fìg. 322). Durante la riproduzione cellulare nel nucleo della cellula fungina si ha una rarefazione della cromatina e formazione di piccoli frammenti di essa che attraversano la capsula e formano esternamente ad essa la suddetta corona di piccole cellule figlie (fig. 322). Questo processo si può ripetere parecchie volte nella stessa cellula, finché si arriva infine ad un esaurimento della capacità riproduttiva e ad annientamento della cellula madre. Non si verifica una divisione con gemmazione endogena e liberazione di queste gemme mediante scoppio della membrana cellulare. La paracoccidiosi insorge principalmente nel Brasile e stati limitrofi. È maggiormente colpita la popolazione maschile. L'infezione avviene verosimilmente per masticazione di erbe e cereali contenenti funghi. Il granuloma paracoccidioide brasiliense incomincia di regola con piccole ulcere, irregolarmente delimitate, con fondo duro e infiltrato e con granulazioni facilmente sanguinanti nella cavità boccale, sulla mucosa labiale, sulle gengive, sulla
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lingua e particolarmente spesso nelle tonsille, da dove la malattia si diffonde alla mucosa delle cavità nasali e delle fauci e talvolta fino alla laringe. In casi rari le alterazioni primarie si localizzano nella cute in forma di piccoli infiltrati nodulari tendenti all'ulcerazione o di efflorescenze vescico-papulose. Dopo la compromissione delle mucosi (o della cute) l'infezione prosegue nelle linfoghiandole regionali provocando il tipico ingrossamento delle linfoghiandole del collo e delle sopraclaveari. Questo interessamento delle linfoghiandole è molto caratteristico del granuloma paracoccidioide brasiliense. Per via linfatica la malattia si diffonde infine a quasi tutti gli organi. Così si giunge ad un ingrossamento progressivo e ad un indurimento delle linfoghiandole di tutte le regioni
Fig. 322. Granuloma paracoccidiò.ide brasiliano. Gemmazione intorno a un fungo vescicoloso.
del corpo, ad interessamento della milza e del fegato con corrispondente ingrossamento di questi organi e linfopenia nel quadro ematico ed a compromissione del midollo osseo con corrispondente anemia. Contemporaneamente si instaura eosinofilia nel sangue, febbre intermittente e decadimento generale progressivo. I sintomi clinici, anzi lo stesso quadro anatomopatologico macroscopico, possono essere quasi identici a quelli del linfogranuloma ( S t e r n b e r g - H o d g k i n ) . Clinicamente possiamo distinguere soprattutto due forme di granulomatosi paracoccidioide brasiliense: 1) forme con interessamento prevalente della cute e delle linfoghiandole periferiche e 2) forme con interessamento prevalente degli organi interni e delle linfoghiandole interne (mediastiniche e mesenteriche). Ma per lo più non è possibile una netta distinzione tra queste due forme. Contrariamente al granuloma coccidioide americano, nella blastomicosi brasiliense è rara la partecipazione dei polmoni. L'interessamento prevalente delle linfoghiandole ha indotto a denominare la paracoccidiosi brasiliense « linfogranulomatosi blastomicotica maligna ».
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Anatomo-patologicamente il quadro della malattia è caratterizzato dallo sviluppo di un singolare tessuto di granulazione che presenta in parte alterazioni puramente produttive e in parte degenerazione caseosa del granuloma, e inoltre, particolarmente nella cute, processi essudativi purulenti. Il più caratteristico è il granuloma composto di cellule epitelioidi e masse di cellule giganti da corpo estraneo, che contiene sempre numerose cellule fungine cistiche in tutte le • fasi della moltiplicazione (gemmazione). Più importanti e più caratteristiche sono le alterazioni delle linfoghiandole. L a paracoccidiosi non solo si localizza nelle linfo-
Fig. 323. Granuloma paracoccidioide brasiliano. Caseificazione centrale e bordo connettivale nella forma gommosa, numerosi funghi sia in sede di caseosi come nelle cellule giganti del tessuto di granulazione.
ghiandole vere e proprie, ma anche in tutti i follicoli linfatici dei diversi organi (fegato, cute, tubo gastro-intestinale), si comporta così anche a questo riguardo come il linfogranuloma. Istologicamente si possono distinguere varie forme delle alterazioni linfoghiandoiari ( C u n a h M o t t a ) : i ) La forma nodulare; essa è caratterizzata dallo sviluppo di un tessuto di granulazione nodulare, che è composto di cellule epitelioidi, istiocitarie, singole o più cellule giganti e contenente per lo più numerosi parassiti (fig. 321). 2) La reazione diffusa a cellule giganti. In questa non si ha lo sviluppo di veri noduli; le linfoghiandole sono occupate diffusamente da cellule giganti contenenti parassiti; contemporaneamente si instaura una fibrosi più o meno spiccata della linfoghiandola. 3) La forma gommosa. Essa ha luogo
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con la caseificazione centrale dei noduli, in cui le masse necrotiche, come nella gomma luetica, sono incapsulate da un tessuto di granulazione nodulare, contenente parassiti. Dentro le necrosi si notano ancora per lo più cellule fungine (fig. 323). Le forme nodose e diffuse, particolarmente nei casi avanzati, sono accompagnate di regola da un progressivo indurimento fibroso delle linfoghiandole. Le alterazioni nella milza corrispondono a quelle delle linfoghiandole. Macroscopicamente il quadro è simile a quello di una tbc. a piccoli noduli disseminati o a quello di un linfogranuloma (milza porfiroide) a tal punto da essere scambiato con queste. Quindi la milza per lo più è notevolmente ingrossata.
La cromoblastomicosi La cromoblastomicosi è una malattia esclusivamente della cute, la quale è anche denominata « dermatite verrucosa cromomicotica » (cfr. il capitolo sulla cute).
CAPITOLO
V I I
PERISPLENITE, PARASPLENITE
L a perisplenite è un'infiammazione acuta o cronica della capsula della milza (questa è a v v o l t a dal peritoneo), che ha origine o dall'esterno (a), o dall'interno (b); nel caso b) essa è in rapporto con ascessi (cfr. pag. 1135), infarti, splenite cronica iperplastica e indurativa, inoltre anche con echinococchi della milza, mentre nel caso a) può essere parte di una peritonite generale, o una peritonite locale propagatasi dalle vicinanze (stomaco, colon, rene sinistro, pleura). L'essudato fibrinoso che ricopre la superficie può venire organizzato; più tardi si formano spesso aderenze fibrose, membranose, coi dintorni (;perisplenite adesiva), oppure residuano piccole villosità, o nodosità appiattite verrucose o callose o anche placche dure, ialinofìbrose, dall'aspetto cartilagineo o simili a gusci, che generalmente giacciono sulla convessità dell'organo e lo coprono a guisa di scudo o di conchiglia; talvolta anche come una spessa e liscia colata a guisa di porcellana {milza a zucchero candito) può circondare completamente l'organo (perisplenite cronica fibroblastica), a c c o m p a g n a t a spesso da atrofia della milza (vedi
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MILZA
fig. 312). Talvolta seguono spesse propaggini fibrose lungo le trabecole tra gli strati superficiali del parenchima. Gli ispessimenti fibrosi possono diventare ialini e calcificare. L U B A R S C H afferma che la perisplenite cronica fibroblastica può essere causata in alcune circostanze, soltanto da azione meccanica (sfregamento, pressione). Essa può anche insorgere nella regressione di un tumore infiammatorio e rispettivamente da riassorbimento della milza. Piccole emorragie che possono insorgere nelle peritoniti lasciano spesso una pigmentazione bruna a chiazze dell'involucro della milza. L a parasplenite, un'infiammazione circostante alla milza, può ugualmente avere la sua origine nella milza o in un organo vicino (stomaco, colon, ecc.).
CAPITOLO
V i l i
SISTEMATICA DELLE SPLENOMEGALIE
Ogni ingrandimento della milza (splenomegalla) viene indicato come « tumore di milza ». Il concetto però non implica un vero e proprio tumore, ma soltanto un ingrossamento della milza. Le splenomegalie vengono suddivise in acute e croniche. Una divisione dei tumori di milza secondo punti di vista patogenetici, p. es. secondo l'eziologia in difensivi, riparativi, compensatori è possibile solo condizionatamente, poiché diverse malattie accompagnate da splenomegalia non sono chiarite dal punto di vista patogenetico. Sono da ricordare: 1. Splenomegalia da malattie del ricambio (pag. 1104). 2. Splenomegalia come conseguenza di disturbi circolatori. a) Nella policitemia vera ( V A Q U E Z - O S L E R ) la splenomegalia è espressione di un'iperemia attiva, vale a dire che la funzione di deposito della milza è sfruttata al massimo, la milza accoglie il massimo di sangue (pag. 857). b) Nelle sindromi splenoportali, decorrenti con splenomegalia («sindrome di Banti»), il fattore stasi, o meglio, l'ipertensione portale remittente gioca un ruolo in parte causale, in parte nel senso di un circolo vizioso peggiorativo (pag. 1112). 3. Splenomegalia di genesi infiammatoria nella splenite acuta e specialmente nella cronica, così detti tumori di milza infiammatori cronici nelle infezioni aspecifiche e specifiche, malaria, leishmaniosi, blastomicosi, schistosomiasi, febbre ricorrente, sifilide, tbc, leb-
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SANGUE E ORGANI
EMOPOIETICI
bra, ecc. Anche la sindrome di Felty e le sindromi splenoportali decorrenti con splenomegalia (sindrome di Banti) appartengono nella grande maggioranza dei casi a questo gruppo. 4. Splenomegalia nelle malattie sistemiche degli organi emopoietici, a) Splenomegalia nelle reticolosi (pag. 742), nella linfoadenopatia giganto-follicolare vedi malattia di Brill-Symmers (pag. 775)
Fig. 324. Milza: reticulo-endoteliosi angioblastica. Donna di 65 anni. A n t . n. 10094. (Istituto A n a t . Pat. Univ. Pavia).
e nelle granulomatosi, linfogranulomatosi, granulomatosi lipoidea di Hand, sarcoidosi (BESNIER-BOECK-SCHAUMANN), ecc. (pag. 780). b) Splenomegalia nelle leucosi (pag. 822).
MILZA
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5. Splenomegalia nella insufficienza mieloide (pagg. 6 5 1 , 839). 6. Splenomegalia nelle anemie (pagg. 695, 709, 895). 7. Splenomegalia nelle sindromi emorragiche (morbus maculosus, W E R L H O F , pag. 947 e segg.). 8. Splenomegalia nei tumori della milza (pag. 1169).
Fig. 325Localizzazione splenica del linfo-granuloma maligno. Donna di 47 anni. Ant. n. 29097 1st. Anat. e Istol. Patol. Univ. di Milano.
CAPITOLO
IX
ALTERAZIONI TARDIVE E COMPLICAZIONI NELLE SPLENOMEQALIE DI DIVERSA EZIOLOGIA
Iper- e disfunzioni della milza; milza predominante e dominante la malattia Iper- e disfunzione della milza in malattie di varia eziologia che decorrono con una splenomegalia possono rappresentare un sintomo concomitante ma possono anche dominare il quadro clinico della malattia, la milza sarà « predominante ». Non raramente non è più riconoscibile la causa della
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SANGUE E ORGANI EMOPOIETICI
splenomegalia, e la malattia fondamentale è anzi guarita più o meno completamente o in ogni caso latente, la milza allora è diventata « dominante » ( H E N S C H E N , H I T T M A I R ) . Si cita come es. la sindrome splenoportale (sindrome di Banti, pag. 1118), in cui sulla base di una splenite cronica di varia eziologia si sviluppa una splenomegalia. La causa della splenomegalia spesso non è più rintracciabile. L a milza domina tuttavia il quadro morboso per il fatto che si crea l'ipertensione portale, o si accentua, oppure in funzione della « ipersplenia » insorge una citopenia nel sangue circolante (pag. 1118). Simili sono i rapporti nella sindrome di Felty. Anche in una tbc. della milza, questa può essere « predominante nella malattia » o « dominante la malattia » (insufficienza mieloide del midollo osseo con reazioni leucemoidi).
Fibroadenia della milza (1) L a fibroadenia, denominata anche da molti autori ( H U E C K , J À G E R tra gli altri) « fibrosi » o « sclerosi », si può sviluppare nel reticolo della polpa rossa come pure del follicolo. Nella polpa rossa (fig. 326) insorge dapprima
F i g . 326. F i b r o a d e n i a della p o l p a rossa della m i l z a con sinusoidi d i l a t a t i e fibrosi iniziale delle t r a v a t e della polpa.
un ispessimento del tessuto. L'impressione dell'ispessimento deriva spesso dal fatto che i sinusoidi sono compressi e quindi poco evidenti, o che viceversa le travate della polpa sembrano compresse, come ad es. nella spleno(1) B A N T I , DÜRR, H U E C K , JAGER, LUBARSCH, PATRASSI, i v i l e t t .
MILZA
II63
megalia congestizia, dai seni dilatati. Inoltre le cellule e le fibre della polpa reticolare sono aumentate, le fibre pure ispessite; la fibroadenia è quindi di regola conseguenza di un'ipertrofia e iperplasia della polpa rossa. Un simile ispessimento (la polpa può apparire « fibrosa ») non rappresenta ancora, secondo H U E C K , il tipico quadro della fibroadenia. Di questa si potrà parlare solo se il tessuto è irrigidito e se la estensibilità della milza (dilatazione attiva) è scomparsa (cfr. anche D Ü R R ) . Nelle circostanze suddette ci si può convincere che il riempimento artificiale (gonfiamento) della milza con liquido in situ, è in grado di allargare i seni. Le pareti delle maglie della polpa, rispetto alla norma, sono già indubbiamente ricchi di nuclei e di fibre, e quindi le maglie ristrette. L a fibroadenia è invece caratterizzata da una ulteriore modificazione chimica colloidale della sostanza fondamentale e delle fibre, il che viene a indicare che le fibrille ormai, secondo v. G I E S O N , si colorano in rosso (collagenizzazione), fenomeno questo che rappresenta morfologicamente il substrato della mancanza di estensibilità, della rigidità del mesenchima e risp. dello stroma reticolare (insufficienza dinamica della milza secondo E W E R B E C K ) . Quanto più progredisce la fibrosi, tanto più la polpa diventa povera di nuclei e ricca di fibre e di conseguenza più ristretti i seni generalmente rotondeggianti. Alla fine si giunge ad estesa ialinizzazione della polpa fibro-sclerotica. Lo stesso fenomeno si verifica a livello del follicolo (figg. 327 e 328) con progressivo ispessimento ed anche aumento delle fibre reticolari, che più tardi si collagenizzano così che ne consegue a poco a poco una progressiva scomparsa dei linfociti. L a trasformazione fibrosa incomincia nei pressi delle arterie che sono avvolte da un involucro più o meno spesso di tessuto connettivo fibroso, più tardi spesso ialinizzato e povero di nuclei. Le aree fibrose sono spesso particolarmente ricche di fibre elastiche ( J Ä G E R ) . L'arteria della polpa può esserne colpita in tutto il suo decorso (fig. 327); indubbiamente nel morbo di Banti e nella splenomegalia congestizia simili alterazioni si notano prima e più spiccatamente a livello delle arterie prefollicolari e follicolari, nella cirrosi epatica con splenomegalia invece più a livello delle arterie postfollicolari e penicillari ( D Ü R R ) . È contrastata l'opinione che la fibroadenia del follicolo sia egualmente preceduta da una fase iperplastica. Nei primi stadi, soprattutto in individui giovani, essi possono essere in parte molto grandi e contenere centri germinativi giganti. L a deposizione di masse ialine che talvolta si può rilevare più tardi nel centro dei follicoli rappresenta un processo degenerativo aspecifico (cfr. su questo anche G R O L L e K R A M P F SU alterazioni del follicolo nell'ambito di variazioni dimensionali fisiologiche). J Ä G E R ha potuto dimostrare che i fasci fibrosi talvolta avvolgono il follicolo il quale, come è noto, ha sede nell'avventizia delle arterie della polpa; solo più tardi l'intero follicolo diventa fibroso. Non tutte le arterie sono sempre ugualmente colpite (osservare in più punti, sezioni a diversi livelli!); una parte (anche
SANGUE E ORGANI
EMOPOIETICI
F i g . 327. F i b r o a d e n i a del follicolo. N e l centro della figura u n a grossa t r a b e c o l a con u n ' a r t e r i a trabecolare. D a essa si d i r a m a n o le arterie della p o l p a nella p o l p a rossa. A n c h e la p o l p a rossa presenta u n a fibroadenia. Disegno.
F i g . 328. F i b r o a d e n i a dei follicoli della m i l z a con distruzione centrale sclerotica.
Il65
MILZA
nel morbo di Banti) può essere inalterata. In casi avanzati i follicoli sono ancora riconoscibili, ma a stento. Mentre nella vecchia letteratura la fibroadenia era considerata caratteristica o specifica del morbo di Banti, oggi si sa che si tratta di un fenomeno aspecifico; questo vale per il processo di progressiva ipertrofia e iperplasia della componente cellulare e fibrosa della milza come per lo stadio sclerotico, vale a dire per la fibroadenia vera e propria. Come causa della fibroadenia si ritengono responsabili degenerazioni, momenti meccanici (iperdistensione — D Ü R R ed altri), ma soprattutto fattori nel senso di « infiammazione sierosa » (RÖSSLE), che si manifestano sul terreno di un semplice disturbo circolatorio (congestione) e del disturbo di nutrizione che ne deriva (cfr. R O T T E R — dal punto di vista della patologia generale, inoltre E W E R B E C K —• in speciale riferimento alla milza) o sul terreno di una lesione da tossine di varia natura (anche prodotti di decomposizione di tessuto omologo extra- ed intralienale). J Ä G E R attribuisce la fibroadenia follicolare ad una perilinfangite produttiva, che si manifesta nella guaina delle arterie e, come l'infiammazione sierosa, dà luogo alla sclerosi ed alla fibrosi. Si ricordi brevemente che anche lo « slaminamento delle trabecole » ( D Ü R R ) O meglio fibrosi peritrabecolare e la « fibrosi sottocapsulare » descritti più volte nelle sindromi splenoportali, sono aspecifici. La fibroadenia si nota più spesso nelle tre sindromi splenoportali, più spiccata di regola nel 2° e 30 stadio della classica sindrome di Banti (DÜRR), ma anche in ogni tumore infiammatorio cronico di milza in cui sono presenti le suddette condizioni e la polpa ha esaurito nel senso di HUECK, la capacità di neoformare cellule; inoltre nei tumori di milza da anemia emolitica, leucemia, sepsi cronica ed altre. I singoli grappi presentano bensì variazioni in senso quantitativo, ma non qualitativo.
Incrostazioni di ferro e calcio (sidero-sclerosi e sidero-fibrosi), cosiddetti noduli di Gandy-Gamna (1) I noduli o follicoli di Gamna sono noduli duri, nettamente delimitati, non raramente già visibili ad occhio nudo, della grandezza di un seme di canapa, color bruno-tabacco, che si possono trovare in prevalenza nella milza, ma talvolta anche nel fegato, ovaia, ecc. (LUBARSCH, MÖSCHLIN ed altri). La maggior parte degli autori affermano che essi si trovano nei pressi delle trabecole intorno alle arterie, altri invece sostengono che essi sono in rapporto con le vene. Secondo JÄGER, CARERE-COMES ed altri essi (1) E P P I N G E R , A S K A N A Z Y e B A M A T T E R , L U B A R S C H , D E V E C C H I e P A T R A S S I , JÄGER, SIEGMUND, CARERE-COMES, M .
B.
SCHMIDT e d i v e r s i
altri.
SANGUE E ORGANI
ii66
EMOPOIETICI
si trovano nei settori prefollicolari delle arterie della polpa, poco dopo la loro uscita dalle trabecole o nei follicoli linfatici divenuti fibrosi. Istologicamente (fig. 329) si vede un fitto intreccio di fibre collagene ed elastiche con abbondante deposizione di granuli di pigmento contenente ferro colorati in verdognolo fino al bruno in sezioni alle ematossilina-eosina e piccole concrezioni calcaree bluastre con diffusa e contemporanea impregnazione delle fibrille con sali di ferro e di calcio. Secondo KRAUS si tratta di pigmenti di varia natura, costituiti prevalentemente da fosfato di ferro giallobruno; ma si trovano anche pigmenti che non danno la reazione del ferro. Tra le fibre si trovano formazioni filamentose o a forma di bastoncino, contenenti ferro (ialine, frammentate e in parte a forma di canna di bambù)
Fig. 329. Incrostazioni di ferro e calcio nella milza. D a una fotografia di MEESSEN.
e formazioni sferiche che vennero ritenute come il substrato di una micosi (aspergilli), tesi che oggi è generalmente abbandonata. Tali formazioni rappresentano piuttosto frammenti di fibre connettivali degenerate, detriti di cellule, fibre muscolari degenerate (CARERE-COMES), capillari, ecc. incrostati con ferro e calcio. Nelle vicinanze si trovano spesso cellule giganti da corpo estraneo (ritenute da CARERE-COMES come cellule muscolari giganti). Gli infiltrati infiammatori sono in genere scarsi e si limitano al margine dei noduli. Patogeneticamente i noduli di Gamna sono dei residui di sangue organizzato. Le emorragie vengono imputate a rotture di vasi (EPPINGER), emorragie disseccanti
(ROTTER, KIRSCHNER), i n f a r t i su b a s e e m b o l i c a (KLINGE), a l t e r a -
zioni del circolo terminale ( S I E G M U N D ) , stasi sanguigna, ecc. Secondo JÄGER essi sono da imputare a rotture di vasi linfatici periarteriosi intasati e conte-
MILZA
nenti eritrociti e spesso hanno analogia con follicoli in degenerazione fibrosa. I processi suddetti, sul terreno di una infiammazione cronica che si va organizzando, fanno insorgere la fibrosi che secondariamente viene a impregnarsi di sali di ferro e di calcio (sidero-fibrosi). Da notare che la siderosi è indipendente dal contenuto generale di emosiderina della milza, rilevabile con metodo istochimico. I noduli di Gamna della milza si trovano più spesso nelle sindromi splenoportali, specie in tumori congestizi di milza, e inoltre anche, benché più raramente, in tumori di milza infiammatori cronici, da ittero emolitico congenito, anemia drepanocitica, leucemia linfatica, linfogranuloma ( S T E R N B E R G - H O D G K I N ) , nelle vicinanze di infarti, ecc., talvolta anche in piccole milze in parte atrofiche, spesso combinate con fibroadenia. Essi possono a volte insorgere in gran parte dell'organo anche in forma di estese incrostazioni calcio-ferrose, come a cespugli, dopo un grave trauma della milza (osservazione personale). Dimostrato definitivamente il carattere aspecifico dei noduli di Gamna, le vecchie teorie che volevano dimostrarne il carattere specifico per determinate malattie della milza (splenomicosi, « splenomegalia granulomatosasiderotica » G A M N A ) ora hanno soltanto interesse storico.
Cellule giganti In milze Splenomegalie!» Non raramente nei tumori di milza si trova un accumulo notevole di cellule giganti, soprattutto nelle sindromi splenoportali ( L U B A R S C H , J Ä GER, ecc., lett.).
Cunei necrotici e milza a chiazze Talvolta nella febbre ricorrente, tifo addominale (nel 4-6 %), nella scarlattina, nel tifo petecchiale (HLAVA), spesso nella febbre intermittente, inoltre nelle sindromi splenoportali, nelle emopatie e soprattutto nella leucemia (particolarmente in quella mieloide) si notano zone pallide, cuneiformi, i cosiddetti cunei necrotici, che appaiono molto simili a infarti anemici, embolici. I cunei sono di grandezza molto varia. Si tratta di una necrosi locale determinata da disturbi di nutrizione e di circolo a cui si possono aggiungere secondariamente demarcazioni purulente, rammollimenti semplici o purulenti. I focolai possono giungere al riassorbimento e alla guarigione e lasciare retrazioni cicatriziali sulla superficie. La necrosi cuneiforme non è di regola imputabile all'occlusione embolica di un'arteria, come si potrebbe pensare per prima cosa. Invece spesso ne è causa una trombosi locale venosa (PONFICK nella ricorrente). Secondo
SANGUE E ORGANI
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EMOPOIETICI
LUBARSCH n e l l a l e u c e m i a si n o t a n o spesso t r o m b o s i arteriose, d a l c h e si p u ò d e d u r r e che i n f i l t r a t i l e u c e m i c i d e l l ' i n t i m a di arterie e v e n e f a v o r i s c o n o l'insorg e n z a di u n a t r o m b o s i (cfr. W . SCHULZ). I n a l t r i c a s i a l l a b a s e d e l l a necrosi d e i t e s s u t i è l ' o c c l u s i o n e di n u m e r o s i p i c c o l i v a s i d a p a r t e di a g e n t i i n f e t t i v i , così c o m e l ' e v e n t u a l e s u p p u r a z i o n e che si a g g i u n g e . OPPENHEIM, c o m e c a u s a f o n d a m e n t a l e d e g l i i n f a r t i nel t i f o a d d o m i n a l e , d e s c r i v e u n a endoflebite specifica tifosa, nodulare, o b l i t e r a n t e (vedi a n c h e CEELEN, B E Z Y ) . N e i c u n e i p i c c o l i h a n n o forse u n r u o l o d i r e t t o tossine b a t t e r i c h e ; così p u r e nel t i f o a d d o m i n a l e si h a n n o necrosi nelle l i n f o g h i a n d o l e m e s e n t e r i c h e e nei f o l l i c o l i d e l l ' i n t e s t i n o p e r u n ' i n t o s s i c a z i o n e b a t t e r i c a specifica, inoltre sono d a r i c o r d a r e le necrosi d e l l a m i l z a , i n d u b b i a m e n t e p i ù rare, nella p s e u d o t b c . e n e l l a sepsi t b c . g r a v i s s i m a . P a r t i c o l a r m e n t e n u m e r o s e sono le necrosi arteriose d i v a r i a f o r m a , spesso connesse t r a loro a c a r t a g e o g r a f i c a , a n e m i c h e e i n f a r t i n e l l a c o s i d d e t t a m i l z a a c h i a z z e i n g r o s s a t a (FEITIS), che s e c o n d o MEURET sono d a i n t e r p r e t a r e v a r i a m e n t e d a l p u n t o di v i s t a p a t o g e n e t i c o : 1. C o n d i z i o n a t e d a s p a s m i v a s a l i tossinogeni (casi di GEIPEL, MATHIAS), nella e c l a m p s i a (i) o d a necrosi v a s a l i tossiche c o n t r o m b o s i s e c o n d a r i a , c o m e nel caso di WILTON. 2. T r o m b o s i a u t o c t o n a in s e g u i t o a d arteriosclerosi od arterionecrosi (casi di FEITIS, MEURET, lett.). I n u n c a s o di ENZER (anemia perniciosa) l a necrosi era l i m i t a t a all'insieme d e i follicoli (cfr. H o s o i , lett.). A n c h e nella t u l a r e m i a (morbo d i FRANCIS) si h a l a m i l z a c h i a z z a t a (vedi fig. presso W . M . SIMPSON, GOODPASTURE e H O U S E ; c f r . s u l l a t u l a r e m i a a n c h e p a g . 1 0 5 0 e
v o i . I I sulla cute).
Rottura spontanea della m i l z a
splenomegalica
Un'ulteriore complicazione v e r a m e n t e i m p o r t a n t e consiste nella cosidd e t t a r o t t u r a s p o n t a n e a d e l l a m i l z a . C o m e f o n t i d e l l ' e m o r r a g i a si t r o v a n o spesso vicino
all'ilo,
sulla superficie esterna,
d e l l e fessure
della
associate a d u n prolasso del tessuto molle della milza. Spesso la è p r e c e d u t a d a u n ematoma
sottocapsulare.
Segue
la morte per
capsula rottura emorragia
se i l c h i r u r g o n o n p u ò i n t e r v e n i r e t e m p e s t i v a m e n t e . L e f e s s u r e s u p e r f i c i a l i p o s s o n o a n c h e chiudersi
spontaneamente
e guarire;
esse l a s c i a n o u n a c i c a t r i c e .
L a rottura « spontanea » della milza viene provocata
da azioni mec-
caniche insignificanti, senza conseguenze per la persona s a n a (leggero u r t o a l l ' a d d o m e , ecc.). N o n r a r a m e n t e b a s t a n o f a t t i e s t r e m a m e n t e
irrilevanti
come l'azione di sollevarsi,
denomina-
tossire, v o m i t a r e ,
zione di rottura « spontanea » della milza.
ecc.; quindi la
I l p i ù s p e s s o e s s a si
verifica
n e l l a m a l a r i a (MELCHIOR, SCHACHNOWITZ, GLOGNER, MASSARI, V O R W E R K , H E R S H E Y e LUBITZ ( l e t t . ) , LUBITZ e d a l t r i . M e n t r e l a m a g g i o r p a r t e d e g l i (1) In cui analogamente si hanno reni chiazzati.
MILZA
autori imputano la rottura del tumore malarico di milza a un lieve trauma (come sopra), secondo E L L I S O N essa è preceduta da un'embolia parassitaria con infarto consecutivo. Assai più raramente si verificano rotture spontanee della milza nel tifo addominale ( N E C H E L S , P L U M E , M A D E L U N G , lett.), nella tbc. miliare, leucemia ( W . L A N G E ) , febbre ricorrente, tifo petecchiale (v. T O R N E ) , angina ( F R I E S L E B E N , lett.), durante la gravidanza ( B E N E K E , lett.) e molto raramente nella milza amiloide ( S T R A D A ) . Lett. sulla rottura spontanea della milza in E L L I S O N , B E C K E R e B R I L L , P U C C I N I e S T I G L I A N I . S U piccole rotture capsulari con piccole ernie della milza (cfr. pag. 1170). È da osservare che l'emorragia può aver luogo anche dalla parte extralienale dell'arteria splenica, specialmente per indebolimento arteriosclerotico della parete o per aneurisma (cfr. pag. 1105).
CAPITOLO
X
TUMORI E PARASSITI DELLA MILZA
I tumori primitivi sono rari e solo diffìcilmente paragonabili coi tumori di altri organi. Vengono designati come « splenomi », splenoadenomi, fibrosplenomi (anche « fibrosis circumscripta » vedi R O T T E R ) iperplasie nodulari della milza, solitarie, raramente multiple, per lo più della grandezza di una ciliegia 0 di un pisello, ma che possono raggiungere anche i 10 cm. di diametro, i quali si distinguono non nettamente dal vero e proprio parenchima della milza per il loro colorito un poco più chiaro. Solo raramente si nota una capsula propria. Istologicamente essi presentano una struttura simile alla milza con polpa, sinusoidi e follicoli. La disposizione dei diversi componenti strutturali è però irregolare, inoltre talvolta prevalgono i follicoli (forma follicolare), un'altra volta la polpa (forma polposa) o infine il tessuto connettivo (forma fibrosa). Spesso essi contengono in gran quantità pigmento ferroso e per questo spiccano piuttosto nettamente dagli altri tessuti della milza con la reazione per il ferro. A causa di simili disarmonie strutturali e in parte anche per una evidente insufficienza di differenziazione tissutale, gli splenomi vengono denominati « amartomi » e la loro origine viene fatta risalire al primitivo sviluppo embrionale (lett. in CESARIS D E M E L , MARDASINI, K I R K L A N D e M C D O N A L D ) . Agli amartomi appartengono anche gli emangiomi e linfangiomi della milza. I linfangiomi sono cavernosi e talvolta multipli (1), cosiddetti « linfan(1) 74 —
BARBACCI.
KAUFMANN I
II70
SANGUE E ORGANI
giorni
policistici » o
« degenerazione
EMOPOIETICI
policistica »
(FING,
CONEN,
FIEBIGER
v e d i anche cisti della milza). KAUFMANN vide, in corrispondenza del polo, inferiore della milza di u n a donna di 32 anni, un linfangioma cistico della g r a n d e z z a di un p u g n o (fig. 330) con contenuto chiaro, lievemente giallo, con numerose goccioline di grasso, rivestito da endotelio appiattito. Certi emangiomi (1 ) presentano capillari con parete spessa e/o vene disposti in m o d o fìtto (cfr. nel morbo di Gaucher a p a g . 762). I rari emangiomi cavernosi (cavernomi) (REICH e v . TASSEL) generalmente non d i v e n t a n o molto grossi (KAUFMANN ne v i d e uno della grandezza di una ciliegia, che f o r m a v a u n a lieve convessità sulla superficie della milza, STEDEN invece uno di 4125 g.). Gli emangiomi t a l v o l t a si presentano anche m u l t i p l i (STAMM, ALBRECHT, STRADA,
v.
BENCKENDORFF,
lett.,
ANZILOTTI,
GEIPEL,
negli angiomi multipli si parla di emangiomatosi
diffusa
NAHER,
H.
MULLER);
(KALASNIKOVA p. es.
F i g . 330. L i n f a n g i o m a cistico della milza. (È stato a l l o n t a n a t o il c o n t e n u t o grigiastro chiaro che in f o r m a l i n a si era rappreso come gelatina). U o m o di 49 anni. G r a n d e z z a naturale. Da
KAUFMANN.
descrisse una simile milza con le seguenti dimensioni: 25 : 15 : 16 cm.), nella quale possono essere interessati anche il fegato, il midollo osseo, la cute ed altri organi
(ERNST, v . FALKOWSKI, lett., LEUBNER, ECKART). S o n o
frequenti
trombosi nel lume vasale, eventualmente con manifestazioni di organizzazione. Inoltre si manifestano t a l v o l t a spiccate proliferazioni dell'endotelio che possono portare facilmente a confusioni con sarcomi endoteliali. HEDINGER, PENTMANN, in un caso, accanto a cavernomi, videro una diffusa proliferazione di endoteli di vasi sanguigni nella milza n o t e v o l m e n t e ingrossata e nel f e g a t o (vedi anche ORLANDI) senza differenziazione in vasi. Sui rapporti dell'emangioma della milza con lo status varicosus v e d i KIRSHNER, sull'« emangiomatosi » e simili malattie sistemiche cfr. anche il capitolo sui v a s i e i t r a t t a t i . T r a gli splenomi e gli emangiomi si t r o v a n o forme intermedie (cosiddetti a m a r t o m i (I) —
KIRKLAND e M e
DONALD e
altri).
(1) P e r l o p i ù s o n o r e l a t i v a m e n t e p i c c o l i , s p e s s o
multipli.
MILZA
II7I
T a l v o l t a sono stati descritti condromi e osteomi della milza. L a classificazione dei sarcomi primitivi della milza in genere si b a s a su criteri istologici (capsula e trabecole: fibrosarcoma; stroma linforeticolare: linio- o reticolo-sarcoma; vasi: angiosarcoma) od anche su p u n t i di v i s t a citomorfologici (BOSTRICK). Ci sono forme a piccoli, medi e grossi nodi. I l numero dei nodi e la loro grandezza oscillano entro ampi limiti. Ci possono essere tumori della m i l z a fino a 5000 g. e più. I libro- reticolo- e linfo- sarcomi p r i m i t i v i sono molto rari (cfr. p a g . 1066 e segg.), lo stesso per gli emangiosarcomi (angio-sarcoma, endotelio-sarcoma, e m a n g i o m a maligno). G l i emangiosarcomi danno metastasi, s o p r a t t u t t o multiple nel fegato; t r a i v a s i proliferati del tumore, per lo più capillari a parete sottile, non raramente si t r o v a n o nidi e cordoni cellulari compatti, più o meno estesi, che si ritengono costituiti d a angioblasti o fibroblasti (fibrosarcoma) d e g e n e r a t i i n s e n s o s a r c o m a t o s o [LANGHANS, HOMANS, T H E I L E , JORES
(fegato
8600 g.), RISEL, l e t t . A . W . WRIGHT, GRABOWSKI, PAINE, SIRALLA e NAAXANEN,
M. WRIGHT]. I cosidetti angiomi capillari sono da distinguere dai reticolosarcomi alveolari (fibre argentofile!), cfr. pag. 1069. P u ò essere difficile definire i limiti tra emangiomi maligni m e t a s t a t i z z a n t i ed emangiomatosi (insorgenza a u t o c t o n a multipla, quindi nessuna metastasi). S ' i m p o n g o n o riserve verso la supposizione che un t r a u m a o delle malattie della milza possano causare l'insorgenza di un sarcoma splenico (ACH). Piccole cisti situate sulla superficie della milza, semisferiche, sporgenti a cupola, praticamente insignificanti, m a non rare (al massimo 1 cm. di diametro) si a c c o m p a g n a n o spesso a rotture della capsula. Queste p o r t a n o alla formazione di piccoli nodi rossi, che rappresentano ernie del tessuto splenico, o dopo r o t t u r a della sottile capsula di copertura, prolassi di polpa; in essi si s v i l u p p a n o principalmente le suddette piccole cisti. T a l i ernie e prolassi si verificano t a l v o l t a anche senza cisti in forte distensione della milza. L e cisti costituiscono t a l v o l t a dei conglomerati e si dispongono a collana di perle, specie lungo il margine anteriore della milza e arrivano un po' in profondità. P a t o geneticamente le cisti vengono considerate come linfangectasie (M. B . SCHMIDT, 1901 ed altri) o come derivati dell'epitelio capsulare. Secondo RAMBDOHR la polpa che fuoriesce (prolasso della polpa) ricopre lateralmente l'epitelio peritoneale. L e sezioni di quest'ultimo cosi rinchiuse formano c a v i t à e fessure che si allargano con la secrezione (cfr. anche ZIEGELWALLNER e WOHLWILL, lett.); secondo YAMASHITA, P . MÜLLER le ernie possono portare anche ad u n a stasi in vasi linfatici e vene (linfangectasie e emangectasie). RENGGLI (vedi anche KÜHNE) f a derivare le cisti dalle cellule di rivestimento del peritoneo fuori della capsula. Secondo BARONI, SINDONI ed altri, infine, le cisti si sviluppano d a fessure fetali della capsula della milza o dell'epitelio peritoneale. Sono molto rare grosse cisti sierose o sieroso-sanguigne od anche piene di sangue (o pus) (MARTIN ed altri, lett.). Esse vengono suddivise in 1) primarie o v v e r o genuine e 2) cisti secondarie o false (pseudocisti) (C. FOWLER e altri). Esse possono diventare m o l t o grandi (fino a 10 litri di contenuto) e si presentano isolate o multiple. In qualche caso, t u t t a la milza molto ingrossata, può essere o c c u p a t a da cisti [cosiddetta milza cistica — GARTNER, MOOY (1926 g. e altri)]. L e cisti primarie genuine della milza sono rivestite da cellule p i a t t e endoteliali o cubiche
1172
SANGUE E ORGANI
EMOPOIETICI
epitelioidi. Il contenuto è per lo più sieroso, ma secondariamente può diventare ematico, per cui il rivestimento cellulare esterno scompare in parte o del tutto, così che diventa difficile o impossibile la distinzione da cisti false. Q u a n t o alle cisti vere si t r a t t a di linfangiomi o emangiomi cistici (in parte policistici — R E I C H e v . T A S S E L — ovvero milza cistica vedi sopra — eventualmente confluenza di parecchie cisti in una sola), di linfangectasie o vene dilatate (fiebectasie) o seni della milza — singoli o multipli — (FAGAUS, G E I S L E R , F R O H B E R G — cosiddetta amartia — ed altri) oppure cisti che hanno la loro origine dalle parti di epitelio di rivestimento peritoneale dislocate in profondità. Simili dislocazioni sono conseguenze di un trauma precedente o di un disturbo disontogenetico del primitivo sviluppo embrionale con dispersione dell'epitelio celomatico in sede splenica. A questi appartengono anche le cisti epidermoidi o dermoidi della milza (lett. presso W E R N E R , BOSTICK e altri, L A N G e altri, LINN e altri) molto rare, eventualmente multiple e spesso straordinariamente grosse (milza e cisti 4450 g. — R A D A K O V I C H ) . L e « cisti false secondarie » sono generalmente degli ematomi incapsulati il cui contenuto può diventare sieroso dopo riassorbimento (nella capsula emosiderina, colesterina, ecc., t a l v o l t a anche abbondanti sali di calcio). A i margini si sviluppano talvolta cellule epitelioidi (!). Il trauma determinante può con una predisposizione già esistente (malaria, tifo e altri tumori infettivi di milza leucemie, ecc. — H A C K E R , FRITZSCH, bibl., FROHBERG) essere del t u t t o insignificante o perfino mancare nella lesione primitiva della parete vasale, così p. es. nel caso diFRiTzscHS (infiltrati vasali leucemici) o nel caso di B A R N E R (diatesi emorragica in trombopenia) il quale nel suo caso parla di una peliosi della milza (numerosi ematomi nella milza). Ulteriori, rare cause di pseudocisti sono: infarti rammolliti, focolai tubercolari caseosi incapsulati, vecchi ascessi, aneurismi, ecc. L e cisti della milza, in quanto ricondotte a errori di formazione, vengono indicate come amartomi. Tumori secondari della milza sono del pari rari. Per lo più sono ancora metastasi di sarcomi (secondo LUBARSCH nel 4,9 % ) del tipo dei linfocito- e reticolo-sarcomi o anche dei sarcòmi polimorfo-fusocellulari, inoltre di melanoblastomi maligni (più di frequente), i quali ultimi possono infiltrare l'organo come nodi rotondi o macchie brune e nere, o neri come il carbone. Anche nelle linfosarcomatosi ( K U N D R A T ) la milza è raramente interessata. Un'eccezione fanno talora le reticolosarcomatosi generalizzate nelle quali «regolarmente» (ROULET) si possono dimostrare alterazioni nella milza; cfr. anche B E N E C K E , AHLSTROM e altri; in alcuni c a s i i nodi tumorali sono già riconoscibili ad occhio nudo. R O U L E T pone però in evidenza di aver potuto dimostrare istologicamente anche in milze macroscopicamente non ingrandite di tali casi, le quali in parte erano perfino in atrofia senile, grandi (20-40 fi) cellule reticolari atipiche della stessa specie di quelle dei tumori dei linfonodi, costantemente soprattutto nell'orlo dei follicoli atrofici, un po' più di rado nella polpa. Inoltre in altri casi si poteva riconoscere una notevole proliferazione di cellule reticolari polimorfe atipiche elettivamente nel centro dei corpuscoli di Malpighi. Questi ultimi possono essere completamente distrutti e la proliferazione estendersi alla polpa vicina; inoltre c'è sarcomatosi subintimale delle vene trabecolari. N o n di rado nei reticolosarcomi e rispettivamente nelle reticolosarcomatosi sono state segnalate iperplasie sistemiche veramente estese del sistema
MILZA
II73
reticoloendoteliale (reticulosi) particolarmente nella milza e nel midollo delle ossa. È controverso fino a che punto qui si tratti di proliferazioni autoctone (che possibilmente non hanno niente a che fare in senso diretto col sarcoma o anche di un'origine multicentrica (?) o dell'espressione di una metastatizzazione o (in analogia con le leucosi) di colonizzazione istoomologa (cfr. AHLSTRÖM, R O U L E T ,
1947,
ivi
bibl.).
Nodi carcinomatosi secondari macroscopicamente visibili sono ancora più rari delle metastasi sarcomatose. K A U F M A N N li vide solo nel 0,7 % in 1 0 7 8 casi di carcinoma, secondo LUBARSCH si trovano nel 2 - 2 , 5 % . secondo SYMMERS (1948) nel 5 , 3 % ; ulteriori notizie in P O C H E . Ciò si spiega da una parte con la predilezione del carcinoma, per altro non sempre affermata a ragione a diffondersi per via linfatica, mentre le metastasi nel parenchima splenico arrivano solo per via sanguigna. H A R M A N e DACORSO ritengono che la metastatizzazione in diversi organi, e fra gli altri anche nella milza e nel pancreas, sia relativamente regolare, quando determinati blocchi, p. es. linfonodi, fegato e polmoni, vengono superati e le cellule cancerigne arrivano nel sangue arterioso; ivi ulteriore bibliografia. Del pari è da rilevare che con una tecnica di ricerca microscopica indirizzata particolarmente in questo senso (grandi sezioni per vedute d'insieme) sono dimostrabili piccole metastasi cancerigne e non di rado perfino singole cellule tumorali nei seni (v. H A N S E M A N N , D E E L M A N N , Y O K A H A T A , bibl.), è evidente però che esse muoiono di frequente o comunque vengono così fortemente ostacolate nel loro accrescimento, che di regola non si sviluppano metastasi visibili macroscopicamente. CHALATOW rivelò la mancanza di segni di proliferazione nelle metastasi microscopiche. Forse si devono interpretare come metastasi in trasformazione fibrosa noduli fibrosi circoscritti (cfr. KRUMBHAAR, bibl.). L a milza mostra quindi a questo riguardo, quasi al contrario del midollo delle ossa, una spiccata « disposizione di organo » negativa (cfr. B Ü N G E L E R , L A U D A , POCHE, bibl.). Le metastasi cancerigne sono per lo più a piccoli nodi e in numero esiguo (carcinoma polmonare!). Carcinosi diffuse che macroscopicamente spesso ricordano molto le milze amiloidi o le milze da stasi sono di gran lunga più rare (POCHE, bibl.). L a metastatizzazione della milza avviene secondo Di B I A S I circa in un terzo per via linfatica (cfr. anche JÄGER), più di frequente per via ematogena o per tutte e due. K A U F M A N N per primo in questo trattato (2A edizione, 1 9 0 1 ) riferisce di una metastatizzazione retrograda nella milza all'interno delle vene. Il K A U F MANN l'osservò in un carcinoma gastrico a scodella ulcerato, situato nella parete posteriore (donna di 60 anni); in questo caso il carcinoma non solo stipava il tronco della vena lienale, ma si continuava in tutto lo spessore dell'organo estendendo i seni venosi fino alla grandezza di ciliege. Dappertutto si potevano ricavare masse trombotiche cancerigne da cavità cavernose anfrattuose; esistevano metastasi nel fegato e singole a nodi appiattiti nella mucosa del fondo della cistifellea (non calcoli). K A U F M A N N vide trombi nei vasi sanguigni da diffusione retrograda meno intensamente estesi in un uomo di 50 anni con cancro dello stomaco (vedi anche G E I P E L , v . PARSCH, CHALATOW). Talora un carcinoma infiltrante degli organi vicini (stomaco, intestino, pancreas) attacca la superficie della milza e la copre con una guaina spessa e rigida di tessuto neoplastico; qui vengono utilizzate nella diffusione anche le vie lin-
11
SANGUE E ORGANI EMOPOIETICI
74
fatiche. Dall'ilo può anche seguire una diffusione linfogena retrograda nell'organo (nelle trabecole) (GEIPEL, D I BIASI, bibl.) particolarmente nel carcinoma gastrico e nel cancro del pancreas. Parassiti della milza. D i raro riscontro sono cisticerchi. U n po' più frequenti sono echinococchi (fìg. 331), particolarmente nei paesi balcanici, i quali hanno sede centrale o periferica, talora diventano straordinariamente grandi e possono indurre completa atrofìa del parenchima. Accanto ad un echinococco della milza se ne trovano non di rado contemporaneamente altri, in sedi, nelle quali essi in generale sono più frequenti, come nel fegato o nell'omento o altrove nella cavità addominale. Può intervenire perforazione nel cavo peritoneale con peritonite. In un caso di KAUFMANN la milza era fittamente circondata e scavata da numerose vescicole (vedi fig.
i n GRUMME).
Fìg. 331. Echinococchi nella milza di una ragazza di 12 anni. Sezione longitudinale. Due vescicole ricche di pieghe. 7/8 della grandezza naturale. Dalla collezione di Gottingen. Preparato di E. KAUFMANN.
Molto di rado fu osservato l'echinococcus alveolaris (DAUJAT, bibl.). Bibl. sugli echinococchi della milza, vedi TRINKLER, BOCALOGLU, KUBARSCH, JENTZER, XANTHOPULIDES.
Pentastoma (vedi in fegato) può formare noduli calcificati fino alla grandezza di un cece (scambio con fleboliti). NATHAN descrisse un focolaio connettivale duro della grandezza di quasi una ciliegia nella milza, il quale conteneva un ossiuro con u o v a (vedi parassiti intestinali).
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