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Italian Pages 603 Year 1994
Orlando
Rovine, reliquie, rarita, robaccia, luoghi inabitati e tesori nascosti
Einaudi Paperbacks Letteratura
Einaudi Paperbacks Letteratura
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© 1993 e 1994 Giulio Einaudi editore s. p.a., Torino
Seconda edizione riveduta e ampliata ISBN 88-06-13629-1
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Gli oggetti desueti nelle immagini della letteratura Rovine, reliquie, rarita, robaccia,
luoghi inabitati e tesori nascosti
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Sommario
p. VII
Ringraztamenti
Gli oggetti desueti nelle immagini della letteratura 1.
Diche si occupa questo libro
11.
Primi esempi in confusione
mi. Decisioni per procedere
tv. Un albero né genealogico né vegetale v. Dodici categorie da non distinguere troppo vi.
Qualche romanzo del Novecento
vit. Elogi e biasimi del funzionale Appendice Indice per argomenti
Indice dei nomi e dei testi Indice analitico
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Durante la ricerca mi hanno aiutato, nei pit svariati modi e misure sia di consu-
lenza che di cooperazione, persone di gran lunga troppo numerose perché sia possibile nominarle tutte. Voglia la gentilezza di tutte riconoscersi nel ringraziamento che qui rivolgo loro, non certo meno caloroso perché collettivo. In due soli casi mi riesce pit semplice indirizzare la riconoscenza ai nomi. Ecco quelli, in un ordine alfabetico che accomuna eta assai diverse, di coloro che mi hanno segnalato 0 procurato uno 0 pia d’uno fra i testi di cui avrei fatto uso: Giovanna Angeli, Stefano Arata, Andrea Bazzo, Mariolina Bertini Bongiovanni, Giuseppe Bevilacqua, Simonetta Bollati, Alide Cagidemetrio, Alberto Castoldi, Massimo Colesanti, Mario Curreli, Michel David, Giuseppe Di Stefano, Raffaele Donnarumma, Iacopo Fasano, Giulio Ferroni, Francesco Fiorentino, Chiara Frugoni, Fausta Garavini, Paola Giannattasio, Ales-
sandra Ginzburg, Gianni Iotti, Mario Lavagetto, Elsa Linguanti, Walter Loiacono, Albina Maffioli Barsella, Simone Marchesi, Luigi Marinelli, Guido Mazzoni, Giuseppe Merlino, Giovanni Morelli, Liana Nissim, Guido Paduano, Alessandro Perutelli, Livio Petrucci, Marina Polacco, Maria Luisa Premuda Perosa, Aurelio Principato, Matteo Residori, Mario Richter, Christian Rivoletti, Alessandro Schiesaro, Alessandro Serpieri, Salvatore Settis, Walter Siti, Giordano Stabile, Piero Toffano, Grazia Tomasi Stussi, Duccio Tongiorgi, Alessandro Trasciatti, Patrizio Tucci, Gabriella Violato, Luciano Zagari, Paolo Zanotti, Sergio Zatti, Elemire Zolla, Antonio Zollino.
Collaboratori regolari per pit d’un anno, nella messa a punto delle note di tutto il volume, mi sono stati i giovani amici Gianni Paoletti e Pierluigi Pellini: non basta elogio per la loro attenta e intelligente pazienza.
#A Diellod sxsnomie, ,
Alla memoria dei miei genitori e della loro casa
Plusieurs vérités séparées, dés qu’elles sont en assez grand nombre, offrent si vivement al’esprit leurs rapports et leur mutuelle dépendance, qu’il semble qu’aprés avoir été détachées par une espéce de violence les unes d’avec les autres,
elles sree naturellement 4 se réunir. FONTENELLE, Préface sur l’utilité des mathématiques.
AVVERTENZA. I] segno * rinvia qua e la a brevi integrazioni che il lettore trovera, sotto i numeri di pagina corrispondenti, nell’Appendice (pp. 537-57).
Capitolo 1
Di che si occupa questo libro
1. L’oggetto, per non dire l’accozzaglia di oggetti, della ricerca che é il momento di presentare, potra certamente sembrare bizzarro a prima vista. E non solo a prima vista: forse perfino al lettore che fosse arrivato al termine di questo libro, resterebbe difficile — come riesce difficile in apertura all’autore — sintetizzarlo in poche parole. Sono convinto di avere lungamente, analiticamente verificato che l’unita delloggetto di ricerca in questione esiste. Eppure qui, per darne una rapida idea, non trovo niente di meglio che riportarmi indietro di vent’anni: cioé risalire alle pid lontane e confuse intuizioni di esso, che erano venute sul filo del tutto accidentale delle letture. E mi avevano suggerito di registrare in un quaderno certi passi di letteratura, anteriormente a ogni riflessione da cui mi risultasse che valeva la pena di continuare a farlo in modo sempre piti metodico. Erano passi svariatissimi da ogni sorta di punti di vista: appartenevano non solo a diversi autori, ma a diversi generi letterari, a diverse lingue, a diverse epoche. Mi provo a ripensare adesso come si combinavano le costanti che mi pareva di trovarci, e che m’inducevano ad accostarli a dispetto di tali e tante varianti. Direi: era la coincidenza d’una costante di forma — e precisamente di sintassi — con due costanti tematiche, ossia di contenuto, connesse fra loro. La forma era quella dell’ elenco, pid o meno lungo e insistito sia nel suo insieme sia nei suoi membri. La prima delle costanti tematiche consisteva nel fatto che venissero elencate non cose astratte, non situazioni, condizioni, valutazioni, considerazioni o emozioni; ma cose nel senso materiale della parola, fisicamente concrete dentro l’immaginario piano di realta dei vari testi letterari. La seconda costante tematica era quella decisi-
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va, ed é la pit problematica gia da indicare. Consisteva nel fatto che tali cose apparissero ogni volta pit o meno inutilio invecchiate o insolite: dentro quel piano immaginario di letteratura diverso di testo in testo, e percid in contrasto con ideali sottintesi sempre variabili di utilita o novita o normalita. Certo, nella tradizione degli studi stilistici e retorici non é mancata attenzione per forme vicine o identiche all’elenco. Ma anche il noto saggio di Leo Spitzer sulla « enumerazione caotica»’, non mi risultava affatto vincolato alla condizione che le cose enumerate caoticamente fossero cose fisiche; e tanto meno che fossero cose decadute o desuete. D’altra parte, sul versante tematico, un solo tipo di oggetti a loro modo rispondenti a simili connotazioni, su scala monumentale, sembtava avere attirato l’attenzione specifica degli studiosi. Parlo naturalmente del tema delle rovine, romane o no: tema nient’affatto vincolato a forme verbali di elenco, e comune peraltro alle arti figurative — un campo nel quale sarei stato (e sono) troppo ignorante per entrare, in cerca di confronti per questo o per altri tipi di oggetti. Nella sua disparata globalita, e cosi pure nella maggior parte dei suoi singoli esempi costitutivi, la combinazione che aveva cominciato a interessar-
mi in letteratura non sembrava essere stata considerata davvero mai.
Del resto, come requisito indispensabile affinché un passo venisse attirato nella mia collezione, la costante dell’elenco venne presto a cadere: pur continuando a ricorrere con
frequenza considerevole nei passi che, sulla sola base ormai delle costanti tematiche, sceglievo. Tuttavia non é solo per fedelta di racconto alla genesi della ricerca, e nemmeno per la quantita di elenchi fra i materiali radunati, che ho voluto parlare innanzi tutto anche di questa costante formale. Per definire le costanti tematiche con cui avevo a che fare, per capire cosa nascondessero di unitario, é un avvio chiederci se nel loro articolarsi spesso in elenchi ci fosse un perché. Ho accennato che si trattava di cose fisiche, e di cose fisiche rappresentate come prive o diminuite, o in corso di privazione o 1 L. Spitzer, La enumeracion ca6tica en la poesia moderna, in Lingiiistica e historia literaria, Gredos, Madrid 1968, pp. 247-300 (ora anche in trad. it.: L’enumerazione
caotica nella poesia moderna, in «L’Asino d’oro», 1 [1991], n. 3, pp. 92-130).
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diminuzione, di funzionalita; ho aggiunto che tali caratteristiche, data la variabilita storica degli ideali di funzionalita, si determinavano caso per caso. Ma in qualunque caso un elenco ammucchia verbalmente gli oggetti uno accanto all’altro, uno sopra l’altro, uno in alternativa immediata all’altro, fa-
cendo di tutti gli altri oggetti l’unico prossimo contesto accordato a ciascuno. Cosi sembra prestarsi meglio alla negazione d’un rapporto di funzionalita fra l'uomo e le cose, che non alla rappresentazione di esso: la quale, dove esso é integrale ed intatto, prescriverebbe piuttosto di valorizzare le cose ad una ad una. Se infatti una qualche scoperta mi si andava delineando e confermando con l’aumentare di numero dei passi messi a confronto, si trattava appunto del contrario della verifica d'un tale rapporto integrale e intatto di funzionalita. Nello stesso senso mi avviavano alcuni risultati di studi indipendenti che avevo condotti su testi di letteratura francese; al di la della quale, la sterminata vastita del campo esplorabile dissuadeva da letture apposite e ordinate, impossibili da programmare. C’era voluto gia un gran numero di passi incontrati spontaneamente, per svegliare in me l’impressione che il rapporto fra ’uomo e le cose — funzionale o no — occupa in cid che chiamiamo letteratura un posto ben pit imponente di quanto pensiamo di solito. Ci voleva un numero di passi ancora maggiore per avvicinarmi alla scoperta vera: che co-
me ogni altra degna di questo nome aveva in comune con la lettera rubata di Poe i caratteri dell’evidenza non vista, delPovvieta inosservata, di cid che é risaputo e non é stato ancora detto. Si trattava di accorgersi definitivamente della straordinaria fortuna letteraria delle cose inutili o invecchiate o insolite, della predilezione per la rappresentazione di esse rispetto alla rappresentazione di cose utili o nuove o normali, in letteratura. Una predilezione quantitativa e fors’anche qualitativa incontestabile, almeno da una certa epoca in pol.
2. Nell’indicare la mia costante tematica decisiva mi sto servendo di un linguaggio, per ora, relativamente approssimativo; ed é troppo presto anche per qualsiasi precisazione cronologica sulla distribuzione dei testi ai quali attingevo. Ma si puo gia intravedere l’entita addirittura eccessiva della
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posta tematica che inawvertitamente, a partire da osservazio-
ni molto circoscritte, avevo finito col mettere in gioco. Ne andava — attraverso le testimonianze della letteratura — del rapporto stesso degli uomini con il mondo fisico da essi assoggettato; dei confini tra cultura e natura, nel processo di trasformazione di quel mondo. E ne andava del rapporto stesso degli uomini con il tempo, che impone le sue tracce alle cose: proiettando sulle cose i limiti sia della condizione umana metastorica, sia della durata storica delle civilta. C’era insomma di che scoraggiare troppo facilmente, col ricatto dell’immensita dispersiva, uno studio che si volesse eseguito secondo i canoni d’una ortodossia storicista. Oppure, c’era di che troppo facilmente incoraggiare un saggio che si muovesse a suo libero arbitrio sotto il segno della metastoria anziché della storia, del non-senso anziché del senso; magari sotto il segno della morte, come pit d’uno avrebbe scritto volentieri. Per ragioni opposte, e forse complementari, nessuna di queste due poteva essere la mia tentazione. Mi fermo sulla seconda soltanto perché il segno della metastoria o della morte — insieme con quello, pid lugubre, del non-senso—era un segno ascendente intorno alla meta degli anni ’7o: e fu nell’anno accademico 1974-75 che giudicai la mia ricerca matura per un primo corso universitario, fu nel febbraio 1975 che ne detti annunzio incidentale e resoconto sommario in un testo poi pubblicato. Chi mai, volendo, avrebbe potuto immolare una massa piti formidabile di oggetti immaginari, in un’orgia pid micidiale di destoricizzazioni e designificazioni, di quella offerta dalle innumerevoli cose derelitte che la mia ricerca aveva messe insieme? Esse avrebbero adempiuto invariabilmente il destino ideologico delle cose dopo la meta degli anni’7o, che era di evaporare in segni; segni tanto pit puri, ossia significanti dal significato tanto pid assente, quanto pit defunzionalizzate stavolta le cose stesse dalla scrittura... In realta, per forte che si fosse mantenuto il mio interesse nei confronti delle due grandi dimensioni andate sotto processo o fuori moda — storia e senso—, era ancora pit forte l’alimento che questo interesse riceveva dai primi risultati sistematizzabili della ricerca. Nessuna liquidazione metafisica degli oggetti letterariamente fisici di essa poteva tentarmi; ma nemmeno lo poteva la rinuncia, in nome dei canoni d’una ortodossia storicista, a un esperimen-
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to per me proprio storicamente cosi promettente. Anche se il risultato finale non avrebbe comunque potuto essere — come di fatto é questo libro — che un saggio condotto su materiali selettivi, e mai uno studio compiuto su materiali esaustivi’, Mié
capitato piu sopra, a proposito della mia costante te-
matica decisiva, di usare |’espressione: testimonianze della letteratura. Essa é un indizio di come, in qualche modo, di quella crisi dell’ortodossia storicista avessi approfittato anch’io. C’é dietro una convinzione che con la sociologia letteraria accreditata ha poco a che vedere: pur irridendo ogni idea, da anni ’7o e ’80, di letteratura che prenda a oggetto se stessa 0 niente o alterita assolute. E la convinzione che, appunto quale testimonianza del passato, la letteratura possiede qualcosa di insostituibile, di non controllabile dall’autorita degli storici professionali non letterari, di non comparabile — essendo insieme meno e pit — ai documenti d’ogni altra specie con cui lavorano questi ultimi. Beninteso, non mi sfugge l’assurdita d’una ambizione come sarebbe quella di fare la storia del rapporto fra l’uomo e le cose attraverso una documentazione tutta di letteratura; peggio ancora, proveniente da uno spoglio di testi né apposito né ordinato e meno che mai esauriente, per l’impossibilita di intraprenderlo. Ma é pur vero che per me sono i cosiddetti capolavori a fornire sul passato storico la testimonianza pid profonda, e che anche l’accidentalita relativa delle letture non puo statisticamente non privilegiare, sui tempi lunghi, i cosiddetti capolavori. Neppure mi dimentico di quel condizionamento proprio alla serie dei testi stessi, che si tramanda dall’uno all’altro con variazioni, e che vieta di concepirli a contatto immediato con la realta extra- e preletteraria: i codici letterari. Ma anche i codici letterari e le loro variazioni, come mediazione obbligata fra il passato storico e i testi, non possono non ren? Saggio e non studio, il libro non avrebbe mai neanche potuto fondarsi su un soddisfacente corredo di rinvii a studi precedenti: le note risulteranno prive, pit che povere, di bibliografia secondaria. Da una parte itesti e icampi toccati erano troppi, e troppo diversi, per riuscire a perlustrare le relative bibliografie con la completezza d’obbligo nei lavori monografici. D’altra parte, il filo rosso che collega tante citazioni era cosi particolare da non far sperare nell’esistenza di studi direttamente utilizzabili, con ben poche eccezioni. Fra il troppo e il troppo poco, va da sé che gli studi di fatto consultati sono stati numerosi senza contare quelli assimilati preliminarmente, e vari ovvi debiti saranno riconoscibili agli specialisti fra le righe. Ma cid che a me é servito come informazione e orientamento, per il lettore non avrebbe formato che un insieme di riferimenti discontinuo, e talvolta 0 scolastico o settoriale.
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der testimonianza di cid che mediano; del resto anche su di
essi la mia ricerca apportava informazioni. 3. Che la letteratura, e nei suoi testi e nei suoi codici, sia insostituibile quale testimonianza del passato, non é che conseguenza di un postulato piti generale: quello, di derivazione freudiana, che io stesso stavo sviluppando durante gli anni ’7o in un ciclo unitario di libri’. E possibile risparmiare al lettore di questo libro l’elaborato carico concettuale dellintero ciclo. Ma é necessario esplicitare qualcuna delle implicazioni teoriche che questo libro ne eredita: quel postulato generale fa della letteratura, pur non ignorando il suo versante ufficiale o conformista, la sede immaginaria di un ritorno del represso. In altre parole, la presume apertamente o segretamente concessiva, indulgente, parziale, solidale o complice verso tutto quanto incontra distanza, diffidenza, ripugnanza, rifiuto o condanna fuori dalle sue finzioni. Se é cosi, la letteratura ha in permanenza il valore di un negativo fotografico della positivita delle culture da cui emana; e come archivio storico non ha eguali nella somma di tutti gli altri documenti, pit casuali e meno organici, che possono lasciare di sé ribellioni, infrazioni e frustrazioni. Ma quello che ci interessa ora é come la portata generale del concetto di ritorno del represso in letteratura, e di un concetto correlativo di repressione, si specifichi in diverse trasgressioni le quali contraddicono imperativi diversi. Le trasgressioni che pit facilmente supporremo Ia letteratura incline a rappresentare, contraddiranno un imperativo morale o pratico: quello che detta legge al desiderio d’ogni specie, erotico o in senso lato politico, prima ancora che a ogni specie di azione. Tuttavia nell’opera di Freud, al di fuori da ogni discorso relativo alla letteratura, mostra importanza non minore un imperativo ben distinguibile, da definire piuttosto razionale. Le trasgressioni di quest’ultimo sono innanzi tutto cedimenti logici e linguistici al richiamo dell’irrazionale: licenze primitive del pensiero e della parola. Sono strumentali al vero e proprio ritorno delrimosso nei sogni o > Apparsi rispettivamente nel 1971, 1973, 1979 € 1982; oggi sistemati in tre volumi (sotto il titolo di Letteratura, ragione e represso): 1. Due letture freudiane: Fedra e ilMisantropo, Einaudi, Torino 1990; IL. Per una teoria freudtana della letteratura, Einaudi, Torino 1992; IIL. Uhiminismo e retorica freudiana, Einaudi, Torino 1982.
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nei lapsus, mentre nei motti di spirito si fanno fine ase stesse,
e scavalcano la rimozione in senso comunicativo. E a pattire dalle trasgressioni di un simile imperativo razionale, in forme logiche e linguistiche, che a me era apparsa deducibile una teoria freudiana della letteratura al di 1a dell’opera di Freud; e solo secondariamente a partire da quelle di imperativi morali e pratici, nei contenuti immaginari dei testi.
D/altronde anche le trasgressioni dell’imperativo razionale, quando ridanno credito a tutto cid che la fantasia arcaica o infantile ha di superato, possono figurare nei contenuti immaginari dei testi oltre a caratterizzare le loro forme. Ho raccontato come la genesi di questo libro sia stata graduale e involontaria; molto meno direttamente legata, rispetto al ciclo precedente, a sperimentazioni 0 a speculazioni su spunti freudiani. Eppure, quale lettore dei libri di quel
ciclo non sentirebbe una vaga aria di famiglia fra i contenuti testuali trasgressivi considerati in essi, non appartenenti allordine fisico ma moralmente o razionalmente rifiutati, e le immagini di cose fisiche qui via via designate come inutili, invecchiate, insolite, decadute, desuete, derelitte? Certo, simi-
le aggettivazione si adatterebbe male alla maggior parte di quei contenuti testuali trasgressivi: passioni criminali e tragiche, istanze maniacali e comiche, speranze criticamente sovversive, nostalgie regressivamente credule. E potra sembrare
strano, a prima vista, che immagini di cose semplicemente fisiche siano imparentate a immaginarie trasgressioni moralio
razionali. Ma per confermare la parentela basta fare l’esperimento opposto: attribuire alle cose, cioé, aggettivi carichi dell’emotivita di un rifiuto umano che le investe. Non abuso,
lo si vedra, della relativa approssimazione di linguaggio con cui per ora posso qualificarle, se parlo di cose maledette, abiette, immonde, squallide, losche, orride, compassionevoli, commoventi, stravaganti, ridicole. E come se il ritorno del represso, altrove immateriale, si fosse incarnato e incorpora-
to nelle cose; a dispetto di quale specie di repressione, ci sara da chiedersi allora? Nel concepire un altro imperativo distinguibile non solo da quello morale ma anche da quello razionale, e nel chiamarlo un imperativo funzionale, non vedo nessun inconveniente per due ragioni. Primo, per una ragione formale: l’originario modello freudiano di rimozione e ritorno del rimosso é un modello
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logico, o antilogico, vuoto a priori di contenuti determinati. Come in difesa’ dei libri precedenti ho dovuto rivendicare pit volte, niente impedisce — quando serva a qualcosa — di riempirlo di contenuti nuovi, purché tali da riprodurre fra loro il rapporto logico o antilogico dei termini originari *. Secondo, per una ragione propria a questi contenuti nuovi: le
esigenze e gli ideali di funzionalita in questione, per quanto storicamente variabili rispetto a un corpus di testi letterari a tal punto eterogeneo, non fanno altro che applicare concretamente al mondo fisico esigenze e ideali astratti della razionalita occidentale. Il freudiano «principio di realta » si storicizza nella sua versione moderna e capitalistica, secondo I’espressione giustamente fortunata di Marcuse, in un « principio di prestazione». Nel nostro imperativo funzionale non fa altro che specializzarsi, materializzarsi e rendersi esecutivo limperativo razionale stesso: con la stessa tendenza al rincaro incessante delle proprie pretese. Se in letteratura é prediletta la rappresentazione di cose non funzionali, sara una riprova non trascurabile della vocazione della letteratura a contraddire nel suo spazio immaginario l’ordinamento reale. 4. Cosi il compito di presentare questo libro, mediante una prima definizione del suo oggetto difficile da sintetizzare, potrebbe considerarsi sbrigato. II ricorso ai miei studi freudiani anteriori, che avrebbe complicato le cose se fosse stato meno schematico, in quanto tale le ha invece semplificate; e l’oggetto del libro ora pud dirsi schematicamente definito sin troppo bene. Come la letteratura accoglie un ritorno del represso immorale da cui é contraddetta una repressione morale, e un ritorno del represso irrazionale da cui é contraddetta una repressione razionale, cosi supponiamo che accolga — specificando i due ultimi termini contrapposti —un ritorno del represso antifunzionale da cui é contraddetta una repressione funzionale. Ogni ulteriore precisazione dell’oggetto del libro viene a coincidere con determinazioni pid concrete di questi due ultimi termini: entrambi come si é detto variabili storiche, il negativo non meno del positivo. Non mi resterebbe che rinviare, per tali precisazioni e deter4 Cfr. Orlando, Per una teoria freudiana cit., pp. 95-110; Id., Illuminismo cit., PP. 4-9.
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minazioni, al caso per caso delle successive citazioni e analisi testuali. E magari confermare che l’aspettativa del lettore & giusta, se prevede che uno studio su un presunto ritorno del represso antifunzionale in letteratura, parlera di letteratura degli ultimi due secoli: prevalentemente, anche se non esclusivamente. Tuttavia non mi conviene chiudere questa pre-
sentazione, prima di aver cercato di prevenire legittimi dubbi del lettore anticipando alcune riflessioni di alta generalita, sul concetto stesso di non-funzionale. Non si tratta della relativita storica di esso, quanto piuttosto di una sua intima ambivalenza: tale da dare di per sé — attraverso tante variabili — limpressione non illusoria di una costante metastorica, quasi logica. E l’ambivalenza che si ha tutte le volte che un dato positivo ne postula obbligatoriamente uno negativo, tutte le volte che qualcosa pu nascere unicamente dal proprio contrario. Si danno situazioni in cui, appunto, il funzionale postula obbligatoriamente un nonfunzionale, pud nascere unicamente da esso; e si danno immagini letterarie che assumono la doppia faccia di tali situazioni. Immagini che parrebbero esorbitare dal nostro argomento, in quanto le cose vi sono connotate di funzionalita innegabile, e invece rientrano in esso perché questa funzionalita attuale ne presuppone un’altra perduta — dunque recupera e valorizza il non-funzionale. In attesa di moltissimi esempi concreti, abbrevio la dimostrazione prendendo per ora esempi astratti: cioé immaginabili, da parte nostra, al di fuori da un testo letterario reale. E tuttavia, naturalmente, li pren-
do gia contati secondo gli esiti—a cui il lettore perverra assai pid tardi — di accostamenti e raggruppamenti che intendo proporre fra testi letterari reali. Li prendo inoltre a uno a uno volutamente convenzionali: quasi altrettante vignette codificate dall’immaginazione collettiva, prima o dopo che dalla letteratura. Tanto pit eteroclita sembrera forse la loro serie: le rovine monumentali; la chiesa sconsacrata; il fiore disseccato; le reliquie necromantiche; il tesoro sepolto; gli arredi d’antiquariato. Meta di pellegrinaggi, memoriale del passato, occasione di meditazioni, le rovine monumentali appaiono tutt’altro che prive di funzione: sono frequentate, venerate, culturalmente fruite. Cio non toglie che siano resti, pi o meno parziali, di edifici costruiti a suo tempo per essere abitati; e che
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siano assolutamente inabitabili, da secoli o da millenni. L’oggettiva defunzionalizzazione pud certo sembrare secondaria; pud quasi passare inosservata, al cospetto del recupero e della nuova valorizzazione che ha luogo. Ma recupero e valorizzazione s’innestano direttamente sulla defunzionalizza-
zione precedente: guardando, non alla gerarchia attuale tra funzione e non-funzione, ma alla successione cronologica e alla necessita causale, é la perdita di funzione ad apparire primaria. — Pid eccezionalmente nella nostra storia: se la chiesa sconsacrata é tale per effetto di devastazioni rivoluzionarie, niente quanto lo spettacolo e lo scandalo della profanazione di essa servira con eloquenza la causa d’una restau-
razione religiosa e, perché no, politica. Cid non toglie che dentro di essa sia impossibile celebrare la messa 0 svolgere altrimenti il culto; al limite dei guasti, perfino pregare a riparo dalla pioggia. La violenta interruzione di ogni funzionalita normale é condizione efficace d’un rimprovero muto e d’una accorata propaganda. Il fiore disseccato non si sara conservato per caso, tra le pagine ingiallite di un quaderno, se é ricordo periodicamente commovente d’una persona scomparsa e d’un giorno re-
moto. Ma solo un cadaverino vegetale, passibile di disfarsi tra le dita, pud sostenere questa funzione di rimembranza: non é solo per l’insufficienza dei tempi corti alle lontananze della memoria, é in virtt della sua stessa freschezza, che il fiore non vi si presterebbe fino a quando resta colorito e profumato. — Le reliquie necromantiche, volendo entrare in una logica omeopatica o metonimica da magia nera, sono parti di corpi umani o non umani morti tecnicamente necessarie al-
levocazione di quel tutto incorporeo che sara il fantasma. Ma fino a quando la magia si accontentasse di parti staccate di corpi vivi, resteremmo ai margini dell’esemplificazione in astratto pertinente per noi; non spreco parole, in compenso,
sulla negativita per eccellenza del cadavere rispetto alla funzione delle funzioni, quella vitale. Il tesoro sepolto, pit d’ogni altro esempio finora, ci costringe ad ammettere un recupero di funzionalita, purché sia immaginato appunto—non é un gioco di parole— come recu-
perabile: purché la sua esistenza sia nota o sperata, e l’avventura della sua ricerca intrapresa. Ma che il tesoro sia di monete o di preziosi o misto, che in altre parole la sua even-
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tuale nuova funzione tenda pit o meno a coincidere col suo valore finanziario, non si ridurra a quello anteriore allo sprofondamento e al riaffioramento: si accrescera per cosi dire degli interessi, maturati nella cupida fantasia in mancanza di banca, d’un lungo soggiorno intermedio in seno alla terra o al mare. — Infine, gli arredi d’antiquariato sono addirittura regolarmente merci, e merci d’alto costo; cosi da far sembrare una contraddizione in termini la loro annessione al dominio del non-funzionale, se é vero che nel valore sociale della
merce si quantifica la funzionalita allo stato puro. Una defunzionalizzazione fisica é proporzionale, in questo caso, a quello stesso corso di tempo databile e sensibile su cui si misura il valore; pure, e sempre a patto che non sia eccessiva, é premessa indispensabile di ogni mercificazione non frodolenta. E chiaro che arredi di pit recente fabbricazione, e di minor prestigio e prezzo, sarebbero pit funzionali in quanto pid pratici o pit solidi o pid duraturi. 5. Chiamiamo da ora in poi primaria la non-funzionalita che ho segnalata per sei volte in questa serie di esempi, perché lo é cronologicamente e causalmente; e chiamiamo secondaria \a loro funzionalita di recupero, per quanto possa essere vistosa. Contati secondo gli esiti di accostamenti e raggruppamenti venturi, gli esempi di questa serie corrispondono idealmente a una meta dei nostri materiali. Ma in quanto ambivalenti tra non-funzionale e funzionale, essi potrebbero sembrare appartenenti ai nostri materiali solo a-meta; e ad essi non é difficile ora contrapporre esempi semplici, corrispondenti a materiali interamente pertinenti. Tali saranno, e potrebbero sembrare i soli, tutti altesempi dove l’assenza di qualsiasi funzionalita secondaria non concede al non-funzionale nessun riscatto. Se non unicamente quello che diamo per scontato in ogni caso: la pura qualita formale del discorso letterario in cui il non-funzionale viene assunto. (Va da sé, neanche per un attimo il lettore avra confuso cid di cui sto
parlando con qualcosa di cui non sto affatto parlando: uno, la negazione di una funzionalita intesa come attributo di cer-
ti contenuti immaginari dei testi; due, la negazione della fun-
zionalita letteraria dei testi intesa come loro qualita formale. In parole pid semplici: neghiamo la prima funzionalita se diciamo che in un testo si parla di roba vecchia, negheremmo la seconda se dicessimo che un testo non ci piace).
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Prendo allora altri esempi, che a loro volta vengano a sintetizzare un’altra meta ideale della nostra casistica. Li prendo ad uno ad uno altrettanto convenzionali, componendo una serie altrettanto eteroclita, e sempre immaginandoli al di fuori da testi letterari reali; spendo subito poche parole in pid su ciascuno, non avendo stavolta da tornarci sopra per mettere in rilievo ambivalenze come le precedenti. Contempliamo successivamente: l’abito trasandato o rattoppato — che lo indossi l’avaro, il povero o il picaro, che abbia effetto comico, pietoso o pittoresco; interno degradato — che accusi classe bassa o decadenza di classe, con le sue stoffe scolori-
te, isuoi legni tarlati, isuoi arnesi arrugginiti; la casa demolita — quella natale e parentale, o almeno quella dell’infanzia, sopravvissuta in macerie o gia abolita da ricostruzioni; il castello spettrale — nel terrore dei cui ambienti abbandonati il passato incombe con la possibilita di un visibile ritorno; la citta inghiottita dal deserto — dove si avvera la minaccia che ogni ragnatela fra i muri, ogni ortica fra i selciati insinuano negli abitati umani; il souvenir dozzinale — attraverso cui la fama svende, e vanifica, l’autenticita di una sagoma sottratta
al proprio carico di tempi e al proprio sfondo di spazi. Delle sei immagini non ce n’é una, stavolta, che non riuscirebbe spiacevole senza riserve a incontrarla fuori dalla letteratura. E se in letteratura, invece, l’indugio su simili immagini pud perfettamente produrre piacere — come riconoscera chiunque abbia qualche reminiscenza istintiva di testi adeguati —, non é che un aspetto particolare di un problema fra i pit antichi dell’estetica: il riscatto in euforia artistica del penoso o del brutto. Per dirla in termini pit moderni, prendiamo a prestito ancora da Freud un concetto insostituibile tanto per stranezza logica quanto ahimé per frequenza di applicazioni, quello di formazione di compromesso. Ammettiamo, cioé, che un’unica manifestazione di linguaggio esprima due istanze avverse; o addirittura incompatibili. Nel caso che il ritorno del represso antifunzionale sia brutto o penoso, che sia soltanto il suo accoglimento in letteratura a rendere tollerabili e anzi godibili immagini come le ultime sei, parleremo di una formazione di compromesso puramente letteraria. Mentre nel caso di immagini come le sei precedenti abbiamo visto che confluisce, nella formazione di compromesso propriamente
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letteraria, una sorta di compromesso col funzionale che sta nelle situazioni stesse — preletterariamente: una ambivalenza da cut il ritorno del represso antifunzionale viene riscattato o mitigato. Ora, é su questa ambivalenza che giova insistere per lapprofondimento preliminare del concetto di nonfunzionalita. E tipica degli esempi complessi ossia in parte positivi, € interna ad essi; ma vedremo che essi intrattengono
spesso, con gli esempi semplici ossia solo negativi, rapporti di alternanza, interferenza, mescolanza, reversibilita. Attra-
verso l’ambivalenza o simili altri rapporti tra il non-funzionale e il funzionale, entra in questione l’unita latente di tutta la casistica — e quindi dell’oggetto stesso della ricerca. 6. Il fatto é che, al di la di questo stesso oggetto, ne va di un’ambivalenza intrinseca al rapporto delle cose, per l’uomo, con il tempo. Il tempo consuma le cose € le distrugge, vi produce guastie le riduce inservibili, le porta fuori moda e le fa abbandonare; il tempo rende le cose care all’abitudine e comode al maneggiamento, presta loro tenerezza come ticordi e autorita come modelli, vi imprime il pregio della rarita e il prestigio dell’antichita. La bilancia fra questo positivo e questo negativo, instabile e imprevedibile, obbedisce anche a dosaggi per cosi dire quantitativi. Il tempo logora 0 nobilita, logora e nobilita le cose; e di fatto una cosa pud sia essere troppo logorata dal tempo per venirne ancora nobilitata, che esserlo ancora troppo poco all’identico fine. Ricordiamoci di una storica oscillazione, quella che accompagn6 la grande ascesa della borghesia europea, una volta messo in questione il privilegio della nascita — cioé una dignita conferita genealogicamente, alla classe dominante anteriore, dal tempo. Da una parte fu irrinunciabile l’esigenza di svalutare una tale dignita, per l’efficiente affermazione del merito individuale; d’altra parte fu inestirpabile la tentazione di usurparla, con l’espediente delle nobilitazioni tardive o retrospettive
o alternative. La narrativa ottocentesca, che testimonia questa oscillazione con incomparabile evidenza, l’ha riflessa a profusione in immagini letterarie di cose. L’accenno a un momento cosi esemplare di ambivalenza
ideologica del tempo nella storia, non contraddice l’impressione di aver a che fare — come dicevo pit sopra — con una costante metastorica e quasi logica. Vedremo affiorare con
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frequenza nelle citazioni testuali, naturalmente attirata nei campi metaforici adiacenti alla nostra tematica, l’immagine del cadavere: quasi un referente simbolico permanente e segreto. E nell’immagine del cadavere l’ambivalenza del rapporto con il tempo non é la sola. Ne va insieme di quella che situa l’uomo e le sue cose, in una bilancia non meno instabile
e imprevedibile, fra cultura e natura: natura fa del cadavere un relitto insensibile, precario e pestilenziale da eliminare al pid presto, un oggetto di rifiuto per eccellenza; cultura lo consacra alla venerazione e alla conservazione idealmente eterna, come oggetto per eccellenza di culto. Niente mezzi termini qui, fra estremo disvalore fisico di non-funzionalita primaria, e supremo valore morale di funzionalita secondaria. Ma non é col riferimento simbolico al cadavere che avremo toccato il fondo di questo discorso preliminare; né tanto meno assicurato l’unita latente dell’oggetto della ricerca (se cosi fosse avrei finito col mettere la ricerca letteralmente sotto il segno della morte, proprio quel che dichiaravo di non voler fare). Innanzi tutto, per me, nessun referente simbolico
basterebbe ad assicurare l’unita di oggetto in questione. Essa andra testualmente e ininterrottamente dimostrata da incidenze, convergenze, conversioni, associazioni, tanto pit si-
gnificative quanto meno prevedibili, fra tutte le parti presunte dell’oggetto di ricerca stesso. Inoltre — e per quel tanto che c’interessano referenti simbolici e costanti metastoriche o logiche — l’immagine del cadavere appartiene si ovviamente a un’esperienza umana uni-
versale; ma non per questo necessariamente all’esperienza infantile, primaria per un freudiano. L’ambivalenza pit antica dal punto di vista dell’individuo é piuttosto quella svelata da Freud nel rapporto della prima infanzia con gli escrementi, il quale comincia dalla nascita. Le tesi che all’inizio del nostro secolo furono incredibili e scandalose sono ormai troppo note. Primo prodotto del corpo proprio, le feci rappresentano per il bambino piccolissimo il primo dono simbolico agli adulti: la prima occasione di merito 0 debito, scambio o ricatto sociale. Tanto spontaneamente per lui importanti, attraenti e profumate, quanto destinate a diventargli vergognose, ripugnanti e puzzolenti col progresso dell’educazione. Anche qui la polarizzazione si fa estrema; ma a differenza che nel caso del cadavere, si ripartisce — a rimozione compiuta — fra il disprezzo tutto nella coscienza disciplinata, e la
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perseveranza solo inconscia della stima. Quello che per la coscienza é uno scarto ignobile, equivarra nell’inconscio alPoro come materia di supremo splendore, al danaro come mediatore generale del valore. In queste informi, primordiali «cose» che sono le feci, si pud dire addirittura che le ambivalenze siano due: quella tra piacere e schifo, quella tra dono e scarto; nella prima si contrappongono natura e cultura, ed entrambe si capovolgono attraverso il tempo. Quand’anche con quest’ultima ambivalenza avessimo davvero toccato un fondo, é il modello freudiano logico 0 antilogico a interessarci pid dei contenuti antropologici o psicologici che lo riempiono, se siamo studiosi di letteratura. E il modello, nella sua forma meno ristretta — per la quale bisogna parlare di ritorno del represso, anziché del rimosso —, é riempito da contenuti assai vicini alla letteratura in un geniale paragone che fa Freud: tra il regno psichico della fantasia, e le riserve o parchi per la protezione della natura. Questi sono spazi consacrati a preservare uno stato di cose originario,
dice, «la dove le esigenze dell’agricoltura, delle comunicazioni e dell’industria minacciano di cambiare rapidamente la faccia della terra fino a renderla irriconoscibile». E aggiunge: «Tutto vi puo crescere e proliferare come vuole, anche Vinutile, perfino il nocivo»’. B per comparazione che viene chiamato in causa l’imperativo funzionale della razionalita occidentale, coi suoi effetti coercitivi sul mondo fisico. Ma la comparazione é ben estensibile a una fantasia gia diventata linguaggio, cioé alla letteratura (o all’arte) come istituzione; e si addice esemplarmente alla letteratura come sede di un ri_torno del represso antifunzionale. Uno spazio elargito anche
all’inutile e perfino al nocivo, fuor di metafora, non pud allora essere che quello della formazione di compromesso puramente letteraria, nel cui linguaggio trovano un riscatto solo formale certe immagini solo negative. Mentre invece le ambivalenze antropologiche o psicologiche pit o meno universali del tempo, del cadavere, delle feci, sembrano riflesse
piuttosto dall’ambivalenza letteraria delle immagini in parte positive: nelle quali sappiamo che confluisce un compromesso preletterario, tra antifunzionale e funzionale. > §. Freud, Introduzione alla psicanalisi, in Opere, Boringhieri, Torino 1976, t. VII (1915-17), p. 527.
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7. La stessa intuizione comparativa di Freud, con la significativa modernita dei suoi termini di riferimento, ci aiuta a storicizzare in grande |’oggetto della ricerca. Naturalmente ciaiuta a farlo a partire da cid che é pit tipico, dalle immagini solo negative, dagli esempi semplici; ma l’estensione del discorso agli esempi complessi, alle immagini in parte positive, sara ininterrottamente implicata dall’ambivalenza che sovrasta l’insieme. La maggior parte dei testi dove ricorrono le nostre costanti tematiche appartiene, come indicavo, alla letteratura degli ultimi due secoli. Uno smisurato scatto storico é infatti da constatare nella frequenza, nello sviluppo, nel numero di tali costanti; ed é databile, con ampiezza, fra tardo Settecento e primo Ottocento. Coincide con l’epoca in cui
rivoluzione industriale inglese e rivoluzione politica francese imposero al mondo i modelli maturi di una razionalizzazione laica avviata da due secoli, e che in altri due secoli avrebbe irriconoscibilmente cambiato la faccia della terra. Il momento
ideologico di tale razionalizzazione era stato quello che chiamiamo illuminismo; Marx ed Engels hanno detto come la critica illuministica della tradizione potesse elevare pretese intransigenti e grandiose di universalita razionale, per quanto mossa da interesse di classe borghese, e comandata da un istanza utilitaria — il futuro principio di prestazione, il nostro imperativo funzionale. Quando leggiamo in Engels che «tutto dovette giustificare la propria esistenza davanti al tribunale della ragione o rinunciare all’esistenza», che «tutte le antiche concezioni tra-
dizionali vennero rigettate come irrazionali nel ripostiglio del ciarpame»‘, si parla anche di letteratura perché furono letteratura spesso grandissima i testi del processo di cui si parla. Ma l’alleanza fra letteratura e razionalita illuministica (oggetto dell’ultimo libro del mio ciclo, di cui questo rappresenta cosi il seguito ideale), non tard6 a sowvertirsi nella ri-
bellione romantica: la letteratura rifece posto di preferenza a non poche delle antiche concezioni tradizionali gia rigettate, facendosi sede di un ritorno del represso irrazionale. E nel passo di Engels é di nuovo uno spunto metaforico, sia pure assai pia tenue che nel passo di Freud, a evocare le nostre co° F. Engels, Anti-Diihring, in K. Marx e F. Engels, Werke, Dietz, Berlin 1962, t. XX, pp. 16-17.
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stanti e a suggerirne quasi la posizione storico-letteraria. Pare lecito dire che in quell’epoca, con l’accoglierle in misura tanto aumentata, la letteratura si apri di preferenza a ciarpame rigettato — prendendo alla lettera l’immagine; se ne fece essa stessa il ripostiglio, come sede di un ritorno del represso antifunzionale. Frattanto il momento economico della razionalizzazione borghese del mondo era quello che chiamiamo capitalismo. Il libro pit famoso che sia stato scritto sull’argomento comincia, riprendendo la prima frase d’un precedente libro di Marx, con questa frase: «La ricchezza delle societa nelle quali predomina il modo di produzione capitalistico si presenta [a un primo sguardo] come una “immane raccolta di merci”... »’. Qui non si parla certo di letteratura —e il predicato di immanita o mostruosita, pur prestando a un concetto astratto concretezza visiva e connotazioni di eccesso o spre-
co, non é uno spunto metaforico, e non va in senso antifunzionale quanto piuttosto iperfunzionale. Eppure, se volessimo trasporre la frase in base al postulato che la letteratura contraddice e sovverte l’ordinamento reale, non avremmo
che da sostituire una parola e da invertirne un’altra: ed ecco che cosa otterremmo. « La /etteratura delle societa nelle quali predomina il modo di produzione capitalistico si presenta a un primo sguardo come una immane raccolta di antimerct...» Guardando alla presenza massiccia delle nostre costanti nei testi dopo una certa epoca, non sarebbe che una enfatizzazione del vero; per metonimia, antonomasia, iper-
bole. Come le merci in una realta ordinata dall’imperativo funzionale, cosi le nostre costanti in una letteratura fatta sede di ritorno del represso antifunzionale, sono parte per il tutto, contano per eccellenza, provocano esagerazione. Guardando di nuovo a referenti simbolici, ma stavolta
non metastorici: parlare di antimerce significa pensare come ambivalente in qualche modo anche il feticcio della merce. Se non fuori dalla letteratura, almeno per quel tanto che la letteratura lo riflette. Ma in qualunque ambito immaginario si attribuisca un’ambivalenza alla merce, principale feticcio 7 K. Marx, Das Kapital. Kritik der politischen Okonomie. Buch I [Il capitale. Critica dell’economia politica. Libro I], in Marx e Engels, Werke, Dietz, Berlin 1962, t.
XXIII, p. 49; e cfr. Zur Kritik der politischen Okonomie [Per la critica dell’economia politica], in Marx e Engels, Werke, Dietz, Berlin 1964, t. XII, p. 15.
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adulto, non si fa altro che attribuire la sua principale materializzazione storica moderna all’ambivalenza delle ambivalenze: quella, prima infantile e poi inconscia, delle feci. Chiamare antimerci le immagini letterarie di cose inutili o nocive, significa tornare a riferirle virtualmente agli escrementi — al meno mercificabile degli scarti. Se nella svalutazione conscia degli escrementi si rovescia la loro valorizzazione rimossa, nella predilezione della letteratura per I’antimerce s’inverte oggettivamente l’apoteosi sociale della merce: col suo valore di scambio non meno che col suo valore d’uso. E anche questo é estensibile alle immagini, solo in parte negative, di cose dalla funzione perduta e alterata. Perfino nel caso limite gia intravisto: che il loro recupero d’una funzione abbia fatto di esse proprio merci, d’un tipo particolare. Cosi l’ambivalenza insieme alla quale le nostre costanti si storicizzano, é quella dove ha le proprie origini pit complicate e pit: remote lo stesso modello logico o antilogico freudiano. A prova, essa ci consente di cambiare i contenuti del modello ancora una volta; penso a un altro passo, dove Freud fa qualcosa di meno e qualcosa di pit che una comparazione. Fonda, su una ripetizione di rapporti, un accostamento (sia pure per via d’un elemento intermedio: la rimozione di stimoli olfattivi) tra lo schifo delle feci originariamente apprezzate, e il rinnegamento di divinita culturalmente superate e trasformate in démoni’*. Ne sono istituiti i quattro termini di una implicita proporzione, in cui i démoni stanno agli déi d’un tempo come le feci schifose a quelle un tempo preziose; e ne sono quindi equiparati escrementi e demonio, in quanto oggetti di ripudio. Se per noi la letteratura, come sede di ritorno del represso morAle e fors’anche razionale, poteva ben dirsi uno spazio riservato al demonio, come sede di un ritorno del represso antifunzionale potra pure dirsi uno spazio concesso agli escrementi. Uno spazio pit profondamente ambiguo non solo del ripostiglio del ciarpame, ma anche della immane raccolta di antimerci o della riserva di flora e fauna selvaggia: qualche volta un immaginario ricettacolo dell’oro che era gia stato merda, qualche volta un immaginario deposito della merda che era gia stata oro. 8 S. Freud, I/ disagio della civilta, in Opere, Boringhieri, Torino 1986, t. X (19241929), pp. 589-90 nota.
Capitolo m
Primi esempi in confusione
1. E adesso il momento di dare la parola ai testi; ma a quali testi, fra i tanti possibili? La loro scelta, la loro disposizione in un certo ordine, obbediranno all’intenzione di cominciare a provare in concreto quell’unita dell’oggetto di ricerca che ho discussa in astratto nel primo capitolo. Vorrei non si dimenticasse mai, pero, che ciascuno di essi era stato innanzi tutto trovato: in quel modo accidentale, graduale, involontario che ho raccontato (1, 1). Percié la loro scelta e di-
sposizione mimeranno in qualche modo gli andirivieni del caso, seguiranno una varieta di associazioni letterarie non sempre o non troppo razionalizzabili ancora. Cosi, per esem-
pio, il pid adatto fra tutti ad avviare la serie mi sembra un testo che reca una firma assai meno celebre di tanti altri: quella del poeta francese Charles Cros (1842-88). E soprattutto all’apprezzamento dei surrealisti, e ai suoi monologhi teatrali in prosa, che Cros ha dovuto un incremento postumo e relativamente recente di fortuna. Ma al nostro argomento giova esemplarmente il sonetto in ottosillabi da lui anteposto nel 1879, con funzione e titolo di prefazione, alla raccolta diversi Le Coffret de santal’: Bibelots d’emplois incertains, Fleurs mortes au sein des almées, Cheveux, dons de vierges charmées, Crépons arrachés aux catins,
Tableaux sombres et bleus lointains, Pastels effacés, durs camées,
Fioles encore parfumées, Bijoux, chiffons, hochets, pantins, 1 [Lo scrigno di sandalo].
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II.1
Quel encombrement dans ce coffre!
Je vends tout. Accepte mon offre, Lecteur. Peut-étre quelque émoi, Pleurs ou rire, a ces vieilles choses
Te prendra. Tu paieras, et moi J’achéterai de fraiches roses”.
Si tratta naturalmente di un elenco, per ben otto versi. Ci si pud chiedere se il primo — con la sua immediata messa in questione della funzionalita degli oggetti: gingilli « dagli impieghi incerti» — costituisca un primo elemento che sta alla pari coi successivi; oppure una sintesi iniziale dell’elenco, che estende a tutti i successivi quel predicato di dubbia funzionalita. In ogni caso |’elenco intensifica la defunzionalizzazione primaria delle cose nominate, serrando il ritmo alla fine e stipando nell’ottavo verso quattro futili elementi. L’esclamazione sull’«ingombro», sintesi finale, introduce le terzine con la loro sorpresa: non su un piano di immaginaria i realta si affastellavano le cose nominate, bensf su un piano metaforico, riferito direttamente alla realta non immaginaria del mercato letterario. Esse esemplificavano, cioé, i contenuto di uno «scrigno» che é quello stesso del titolo della raccolta; ed é percid che contenente e contenuti vengono messi in vendita. Che in cambio del prezzo il poeta intenda comprarsi «fresche rose», in pendant conclusivo ai « fiori morti» del secondo verso, sembra significare che la vendita della sua letteratura gli rendera possibili esperienze vissute. Magari ? Ch. Cros e T. Corbiére, Euvres completes, « Bibliothéque de la Pléiade», 1970,
p. 47. Le almées sono cantatrici e danzatrici orientali. A partire da quella che segue, quasi tutte le traduzioni dei testi non italiani citati sono state preparate da me. Addossarmene la fatica e il rischio mi sarebbe parso necessario, anche soltanto per assicurare al lettore un’omogeneita di criteri e di resa. Ma soprattutto per garantirgli un grado di letteralita che all’occorrenza prevalga sulla scioltezza, che raramente é preservato nelle traduzioni in uso sia pure autorevoli, e che solo pud consentirgli di seguire analisi verbali precise. Inutile dire che delle traduzioni in uso, specie se autorevoli, ho pit volte tenuto conto. Quasi soltanto nei casi di lingue da me ignorate, e di lingue speciali per connotazione culturale o per inventiva individuale, mi sono rifatto al traduttore di un’edizione italiana o bilingue e ne ho indicato il nome. Si troveranno le traduzioni sempre in fondo alla nota corrispondente, o alla pid vicina successiva; se pero la citazioneé nella nota stessa, sempre di segutto al testo citato. [Gingilli dagli impieghi incerti, |Fiori morti in seno alle almee, |Capelli, doni di vergini ammaliate, |Ciocche finte strappate alle sgualdrine, ||Quadri cupi e azzurri lontani, |Pastelli sbiaditi, duri cammei, |Fiale ancora profumate, |Gioielli, cenci, balocchi, burattini, || Quale ingombro dentro questo scrigno! | Io vendo tutto. Accetta lamia oferta, |Lettore. Forse un po’ d’emozione, ||Lacrime o risa, a queste vecchie cose |Ti prendera. Tu pagherai, ed io |Mi comprerd delle fresche rose].
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non trasponibili in nuova letteratura proprio in virtd della loro freschezza. L’imminente raccolta di versi é cosi identificata esclusivamente a oggetti artificiali o gratuiti o appassiti: pitture, orpelli, residui dell’interno borghese, feticci della memoria
erotica. Ma, per immancabile estensione metonimica dalla parte al tutto, una tale identificazione coinvolge — al dia della raccolta di Cros — l’intera letteratura. Reciprocamente, ed é€ ancora piu interessante per noi, l’ammasso di simili oggetti sta per \a letteratura: sia come singola parte presente, sia come tutto istituzionale. E implicito il paradosso della mercificazione di cose inutili, dal momento che le poesie assimilate a tali cose vanno realmente in commercio. E il paradosso illustra perfettamente quell’ambivalenza di merce e antimerce che suggerivo (1, 7), formata sull’ambivalenza freudiana delle feci ma riflessa da immagini letterarie: gli oggetti del sonettino, antimerci sul piano immediato in cui rappresentano se stessi, sul piano metaforico in cui diventano merci rappresentano la letteratura. I] discorso poetico non pud confermare quello teorico, se non figuralmente esagerandolo. Nel capitolo precedente avevo parlato di letteratura come sede di un ritorno del represso antifunzionale (r1, 3-4); ma solo nellalterare liberamente una frase di Marx ho osato farlo con un ’identificazione cosi totalitaria— per metonimia, pi antonomasia e iperbole — di contenente e contenuti.
2. Vista la situazione storico-letteraria di Cros, e l’importanza di modello gia raggiunta da Les Fleurs du mal’ (1857) alla data del suo sonettino, non si rischia di sbagliare avvertendo in esso una qualche reminiscenza d’una poesia tra le pit famose di Charles Baudelaire (1821-67). Cosi la nostra prima transizione da testo a testo non si discosta quasi, prudentemente, dal rapporto della pit tradizionale storia letteraria fra un testo e la sua «fonte»; si tratta dei seguenti versi, dalla seconda delle quattro poesie intitolate Spleen: Jai plus de souvenirs que si j’avais mille ans. Un gros meuble 4 tiroirs encombré de bilans, De vers, de billets doux, de procés, de romances, > [I fiori del male).
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II.2
Avec de lourds cheveux roulés dans des quittances, Cache moins de secrets que mon triste cerveau.
Je suis un vieux boudoir plein de roses fanées, Od git tout un fouillis de modes surannées, Ou les pastels plaintifs et les pales Boucher, Seuls, respirent l’odeur d’un flacon débouché ‘.
C’é l’elenco, c’é l’ingombro e in pit il guazzabuglio, c’é il misto di domesticita e mondanita delle cianfrusaglie, ¢’é il cassettone come contenitore in luogo dello scrigno, ¢’é la funzione secondaria memoriale-erotica dei suoi contenuti,
ci sono i fiori avvizziti e i capelli, ci sono i dipinti dalle tinte spente, c’é la boccetta col suo profumo. C’é perfino l’appartenenza a un piano metaforico di tutte queste cose, sebbene qui esse non siano affatto metafora della letteratura, né del testo che le ospita né dell’istituzione: quanto piuttosto delPindividuo corrispondente all’io enunciatore, come ci dicono pronomi personali e aggettivi possessivi, e del suo rapporto con il proprio passato. L’originalita del componimento di Cros pero é lasciata intatta soprattutto da una differenza essenziale di tono. La serie dei suoi oggetti é accarezzata al passaggio con ironia malinconica, ma anche con tenera compiacenza; quella di Baudelaire emana una depressione quasi sinistra — che il contesto non citato drammatizza ulteriormente —, come se i resti del passato ispirassero, pid che compiacenza, ripugnanza. I burocratici bilanci, processi, ricevute si mescolano alle reliquie letterarie e amorose senza ironia, 0 con la grigia ironia del caso e del reciproco estraniamento. Il soggetto, ritiratosi nel primo termine del rapporto metaforico, da una parte assorbe interamente gli oggetti ma dall’altra li lascia campeggiare «soli»: come é detto dei dipinti nel salottino. E la prima volta, nella storia della poesia, che gli oggetti compongono un microcosmo a cosi forte portata sim4 Baudelaire, Ewvres completes, «Bibliothéque de la Pléiade», 1975, t. I, p. 73. [Ho pit ricordi che se avessi mille anni. ||Un grosso cassettone ingombro di bilanci, | Di versi, di biglietti d’amore, di processi, di romanze, |Con pesanti capelli avvolti in ricevute, |Nasconde meno segreti del mio triste cervello. |[...]. |Io sono un vecchio salottino pieno di rose appassite, | Dove giace tutto un guazzabuglio di mode antiquate, |Dove i pastelli lamentosi e i pallidi Boucher, |Soli, esalano l’odore di una boccetta sturata. |[...]].
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II.3
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bolica, riassumono un rapporto affettivamente cos{ chiuso e completo fra io e mondo.
3. Facciamo ora un salto cronologico in avanti anziché indietro: a Jorge Luis Borges (1899-1986), che come poeta in versi ha protratto fino a oltre gli ottant’anni suoi e del secolo la singolarita di un linguaggio non «oscuro», né in senso simbolista né surrealista né espressionista. Quanto al primo simbolismo francese — largamente inteso, e cioé a partire proprio da Baudelaire —, impossibile affermare positivamente ma ancor pit negare, per un poeta a tal punto nutrito di cultura letteraria, reminiscenze particolari di Baudelaire stesso, o addirittura in questo caso di Cros. Sta di fatto che di poesie formate quasi per intero da elenchi, e da elenchi di cose, il tardo Borges ne ha lasciate ben quattro; che in tutte é inconfondibile la reminiscenza generica del clima di quel primo simbolismo francese; e che ben due s’intitolano rispettivamente, e semplicemente, Las cosas e Cosas. Leggia-
mo la prima di esse, che si trova nella raccolta Elogio de la sombra’, del 1969: EI bast6n, las monedas, el llavero, La docil cerradura, las tardias
Notas que no leerdn los pocos dias Que me quedan, los naipes y el tablero, Un libro y en sus paginas la ajada Violeta, monumento de una tarde Sin duda inolvidable y ya olvidada,
E] rojo espejo occidental en que arde Una ilusoria aurora. jCuantas cosas, Limas, umbrales, atlas, copas, clavos, Nos sirven como tacitos esclavos,
Ciegas y extrafamente sigilosas! Duraran mas alla de nuestro olvido;
No sabran nunca que nos hemos ido ‘.
Anche in questo sonetto — come in quello di Cros —l’elenco occupa due quartine, per poi invadere l’inizio della terza > [Le cose]. [Cose]. [Elogio dell’ombra). 6 J. L. Borges, Obra poética, 1923-1977, Alianza-Emecé, Buenos Aires 1981, p. 335. [1 bastone, le monete, il portachiavi, |La docile serratura, le tardive |Note che non leggeranno i pochi giorni |Che mi restano, le carte ¢ la scacchiera, |Un libro e nelle sue pagine l’appassita |Violetta, monumento d’una sera |Certo indimenticabile e gia dimenticata, is rosso specchio occidentale in cui arde |Un’illusoria aurora. Quante cose, |Lime, soglie, atlanti, coppe, chiodi, |Ci servono come taciti schiavi, | Cieche e stranamente segrete! |Dureranno pit in 1a del nostro oblio; |Non sapranno mai che ce ne siamo andati].
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PRIMI ESEMPI IN CONFUSIONE
II.4
con la chiusa della frase nominale in cui esso consiste. E quindi.nel nono verso — sempre come nel sonetto di Cros — che una frase esclamativa parte da una retrospettiva sintesi dell’elenco: quante cose!; mentre qui é al verso seguente che si aggiunge, in forma di apposizione, tutto un secondo elenco serrato di cinque elementi. Ma gli oggetti—a differenza da quelli sia di Cros che di Baudelaire — non sono né desueti né consunti, con l’unica eccezione della violetta appassita nel libro. Non sono nemmeno gratuiti; sono al contrario oggetti d’uso, i quali letteralmente « ci servono», come schiavi. L’atmosfera di desuetudine 0 consunzione o gratuita che malgra-
do tutto li avvolge esemplifica perfettamente, da una parte, quell’effetto defunzionalizzante dell’elenco di cose sulle cose stesse di cui parlavo nel primo capitolo (1, 1). D’altra parte, deriva da quella che é anche stavolta una valenza metaforica: non tanto degli oggetti in sé, quanto del rapporto umano con essi. E umano é da prendere in un senso metastorico e metatfisico, dichiarato nel trapasso dal privato della prima persona singolare affiorante nel quarto verso, alla gravita della prima persona plurale ripetuta nei versi ultimi. I] mistero di certezza della caducita e della morte, d’incertezza del-
lal di la, detta espressioni come « pochi giorni»; come «indimenticabile e gia dimenticata»; come «specchio occidentale», e «illusoria aurora». Ma un discretissimo spostamen-
to animistico finisce col farne soggetto improprio, duraturo e negativo i soli oggetti. Non si dice che saremo noi a non saper mai di essercene andati, dimenticando le cose: bensi che saranno le cose a ignorarlo— come il loro servizievole silenzio prefigura. -
4. Ben pit vicina cronologicamente al clima del primo grande simbolismo francese si situa una citazione che sara prevedibile, a questo punto, per il lettore italiano. Alludo al notissimo inizio de L’amica di nonna Speranza di Guido Gozzano (1883-1916), uscita dapprima in La via del rifugio nel 1907: Loreto impagliato ed il busto d’Alfieri, di Napoleone i fiori in cornice (le buone cose di pessimo gusto), il caminetto un po’ tetro, le scatole senza confetti, i frutti di marmo protetti dalle campane di vetro,
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un qualche raro balocco, gli scrigni fatti di valve, gli oggetti col monito salve, ricordo, le noci di cocco, Venezia ritratta a musaici, gli acquarelli un po’ scialbi, le stampe, i cofani, gli albi dipinti d’anemoni arcaici, le tele di Massimo d’Azeglio, le miniature, i dagherottipi: figure sognanti in perplessita,
il gran lampadario vetusto che pende a mezzo il salone e immilla nel quarzo le buone cose di pessimo gusto, il cacu dell’ore che canta, le sedie parate a damasco chérmisi... rinasco, rinasco del mille ottocento cinquanta! ’.
Finora il pit lungo, l’elenco si sviluppa per pit di tredici versi, formando anche qui una frase nominale entro cui le cose si predicano per cosi dire da sole. Subito dopo, in meno d’un verso, si chiude la prima delle cinque sezioni della poesia; frattanto é emerso per un momento un io poetico, insie-
me a una data. L’io ricomparira soltanto nella quinta sezione, per attribuirsi in un’esplicitazione finale la scettica nostalgia d’un certo passato che era diffusa attraverso tutto il testo. La data, in quell’ultima sezione, si precisera fino al mese e al giorno (come gia nell’ epigrafe della poesia); el’importanza della datazione fa tutt’uno con I’altra principale novita rispetto ai precedenti testi: la presenza, nei versi, d’una narrazione. La funzione dell’elenco é dunque partecipe anche di quella d’una descrizione, quale potrebbe iniziare una novella in prosa. All’opposto delle cose quotidiane di Borges, assolutizzate in senso metafisico e metastorico, abbiamo co-
se quotidiane datate o storicizzate: assunte in base alla loro tipicita rispetto a un’epoca del passato collettivo. Direi che non a caso si tratta dell’epoca della nonna. Di quei cinquanta oO sessant’anni prima — intervallo di circa due generazioni -, che sono gli anni pid lontani di cui un individuo possa farsi, per vie familiari, un’immagine ancora concreta.
Su un distacco generazionale accentuato dall’evoluzione borghese gioca il testo di Gozzano: contemperando nel distacco ironia e rimpianto. E questa ambivalenza a dettare la qualificazione ormai proverbiale delle « buone cose di pessimo gusto». Ma dal punto di vista della nonna, cioé dei personaggi interni alla narrazione, tali cose — degnissimi arredi, dopo tutto, del loro interno alto-borghese — non sono affatto 7 G. Gozzano, Poesie e prose, Garzanti, Milano 1966, p. 144.
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di pessimo gusto; e quindi neanche buone, ossia rese care dalla loro ingenuita. II giudizio di valore o di gusto é giudizio d’autore, contrapposto a quello presumibile dei personaggi. A noi propone per la prima volta il problema moderno, non anteriore al pieno Ottocento, del cosiddetto cattivo gusto: o, con parola pit particolare, del Kztsch. Un problema che qui in prima istanza sembrerebbe estraneo a una ricerca su immagini letterarie di cose non funzionali: non tanto perché problema extraletterario, quanto perché la funzionalita ornamentale di quegli oggetti in quel salotto é fuori questione. Tuttavia, come non prendere atto dell’evidente imparentamento fra questo elenco e i tre precedenti, che di cattivo gusto delle loro componenti né parlavano né ci inducevano a parlare? 5. Azzardiamo allora, per la prima volta, una transizione da testo a testo non garantita da nessun particolare rapporto di storia letteraria. La differenza fra versi e prosa non sara che una fra le tante, ad allontanare il brano precedente da quello che prelevo in un romanzo di Joseph Roth (18941939): Die Flucht ohne Ende. Ein Bericht’, pubblicato nel 1927. Preso prigioniero in Russia e, oltre la fine della prima guerra mondiale, trattenuto da un amore nella nuova societa rivoluzionaria, |’ex-ufficiale austriaco Franz Tunda non é riuscito a integrarvisi. Non per questo si rivela meno disperata la condizione di estraneo che sperimenta al suo tardivo ritorno in Occidente. E appena arrivato a casa del fratello direttore d’orchestra, in Renania; la disaffezione che divide da sempre i due fratelli si somma al distacco del reduce dall’agiatezza borghese: Der Kapellmeister hatte vor Jahren von russischen Fliichtlingen einen silbernen Samowar gekauft, als Kuriositat. Zu Ehren des Bruders, der eine Art Russe geworden sein mochte, wurde das Mobelstiick von dem livrierten Diener auf einem rollenden Tischchen hereingefahren. Der Diener trug weisse Handschuhe und griff mit einer silbernen Zuckerzange kleine Kohlenwiirfel, um den Samowar zu heizen. Ein Gestank wie von einer Kleinbahnlokomotive erhob sich. Hierauf musste Franz darlegen, wie man einen Samowar behandelt. Er hatte in Russland keinen beniitzt, gestand es aber nicht, sondern
verliess sich auf seine Intuition. 8 [La fuga senza fine. Una cronaca].
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Indessen sah er viele jiidische Gerdte im Zimmer, Leuchter, Becher, Thorarollen. «Seid ihr zum Judentum tibergetreten? » fragte er. Es stellte sich heraus, dass in dieser Stadt, in der die altesten judischen verarmten Familien wohnten, viele kostbare Gerate von kunstletischem Wert «halb umsonst» zu haben waren. Ubrigens gab es in anderen Zimmern auch Buddhas, obwohl weit und breit am Rhein keine Buddhisten leben, es gab auch alte Handschriften von Hutten, eine Lutherbibel, katholische Kirchengerate, Madonnen aus Ebenholz und russische Ikonen. So leben Kapellmeister °.
Al primo sguardo, nemmeno la grezza, preletteraria materia del contenuto potrebbe dirsi uguale fra questa prosa e i versi di Gozzano. In entrambi i casi si tratta di ornamenti dun interno alto-borghese, entro una certa misura stravaganti per eccesso di gratuita ornamentale; ma nel caso di Roth non viene accusato cattivo gusto, anzi suggerita una ri-
cercatezza colta. E se l’elaborazione formale della materia non puo che far parlare di ironia in entrambi i casi, é difficile pensare a ironie piu differenti. La scoperta e affettuosamente retrospettiva, qua tanto immediatamente corrosiva quan-
to asciutta: all’idea d’una pura differenza, e al suo rischio di non presentare nessun interesse per nol, proviamo a sostitui-
re idea sempre interessante d’una opposizione. Quelli che le ironie rispettive proiettano sugli ornamenti in questione, sono due atteggiamenti opposti verso i valori della buona coscienza borghese. II poeta d’anteguerra li relegava nel passa? Cap. xvu: J. Roth, Werke in drei Banden, Kiepenheuer & Witsch, K6ln-Berlin 1956, t. I, pp. 428-29. Ulrich von Hutten, cavaliere umanista, sostenne gli inizi della Riforma luterana. [II direttore d’orchestra aveva comprato anni prima da fuggiaschi russi un samovar d’argento, quale curiosita. In onore del fratello, che avrebbe dovuto essere diventato una specie di russo, l’oggetto fu introdotto dal cameriere in livrea su un tavolino a rotelle. I] cameriere portava guanti bianchi e prendeva cubetti di carbone con mollette da zucchero d’argento, per riscaldare il samovar. Si levd un puzzo come di locomotiva a scartamento ridotto. A questo punto Franz dovette mostrare come si maneggia un samovar. Non ne aveva mai usati in Russia, pero non lo confessd, ma si affid6 all’intuizione. Frattanto vedeva molti arredi ebraici nella camera, candelabri, coppe, rotoli della tora. « Vi siete convertiti al giudaismo? » domando. Risult6 che in questa citta, in cui abitavano le pid antiche famiglie ebraiche impoverite, si potevano avere molti preziosi arredi di valore artistico « quasi gratis». Del resto nelle altre camere c’erano anche dei Budda, benché né da un lato né dall’altro
del Reno vivano buddisti, c’erano anche antichi manoscritti di Hutten, una bibbia di Lutero, arredi da chiesa cattolici, madonne d’ebano e icone russe.
Cosi vivono i direttori d’orchestra].
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to,.e indulgeva a una loro innocenza ancora integra. II narratore del dopoguerra li riduce a una sicurezza gia messa sulla difensiva; e con lo sguardo del suo protagonista né russo né occidentale, né comunista né borghese, li sottopone a un letterale estraniamento. L’effetto pud ricordare (pia che Brecht) la grande tradizione settecentesca dell’ironia illuministica, e ancora di pit quando — altrove nel romanzo — accorgimenti tecnici 0 comodita pratiche vengono fatti apparire non meno superflui che qui gli oggetti di lusso °. Ma l’estraniamento di questi ultimi mette a nudo quanto ci era rimasto velato in Gozzano:
l’assurdo latente — per dirla in termini gia stabiliti (1, 5) — in ogni funzionalita secondaria di tipo ornamentale, almeno tutte le volte che la perdita di funzionalita primaria comporti una sottrazione degli oggetti al loro primo autentico contesto. Gli arnesi e arredi ecclesiastici giudaici, protestanti, cat-
tolici, ortodossi e perfino buddisti, sono decontestualizzati
spazialmente in quanto miscuglio di tradizioni localizzate, temporalmente per l’antichita delle destinazioni religiose abolite. Non deve sviarci, dal cercare comprensione nei paraggi concettuali della decontestualizzazione, il fatto che il salotto del direttore d’orchestra non risulti connotato di cattivo gusto e nemmeno di Kztsch: che in altre parole gli oggetti si suppongano ricontestualizzati bene. La loro profanazione é stata mediata da una svendita, nei casi in cui si é approfittato delle situazioni di fuggiaschi russi o famiglie ebree impoverite. Franz Tunda dal canto suo dovrebbe «essere diventato una specie di russo»; costretto a maneggiare il samovar dall’emblematicita dell’oggetto, simula educatamente I’esperienza di esso che non ha. Ma non tutta I’esibizione ornamentale a simulare elegantemente esperienze non avute, né dai padroni di casa né dai loro ospiti, per approssimazione convenzionale e appropriazione con la minima spesa? 6. Senza cambiare lingua risaliamo fino al romanticismo tedesco, e precisamente al 1812: al lungo racconto Isabella von Agypten. Kaiser Karl des Ftinften erste Jugendliebe”, di Achim von Arnim (1781-1831). Il nome di Arnim si lega innanzi tutto alla famosa raccolta di poesia popolare rimaneg0 Thid., pp. 424, 428. 4 [Isabella d’Egitto. Il primo amore di gioventé dell’imperatore Carlo Quinto].
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giata, Des Knaben Wunderhorn”, da lui edita insieme con Brentano; ma anche la fama di lui é stata rinnovata nel nostro secolo dai surrealisti (i quali, rivalutando o stroncando, han-
no esercitato sul gusto la loro azione forse pit durevole in letteratura). Mentre pero nel caso di Cros il fenomeno va ricondotto di preferenza a testi diversi dal sonetto che ho citato, nel caso di questo racconto si scommetterebbe volentieri su una predilezione di Breton per la pagina stessa che sto per citare. E in viaggio nelle Fiandre il gruppo composto dalla giovane zingara protagonista, da una vecchia zingara un po’ strega, e da due personaggi soprannaturali che sono un morto vivente e una vivente mandragora; per rifornirsi di vestiario, tutti sostano presso un’amica della vecchia, commer-
ciante in oggetti usati e all’occasione rubati: Unterdessen war der Alraun iiber allen lacherlichen Kram im Zimmer, wo alte Tressen, Lappen, Kiichengeschirre, Leinenzeug in ab-
gesonderten Haufen lag, so verwundert, dass er sich nicht satt daran sehen konnte; alles war ihm neu, aber es wusste sich bald alles zu deuten. Frau Nietken, die eine Trddlerin von sehr ausgebreitetem Handelsverkehr war, versammelte die seltensten Vorrate von Altertiimern aller Art; da war im Hause auch das kleinste Hausgerat nicht in der Art zusammenhangend und dem Hause gemass, wie man es sonst allerorten findet; sondern aus einer sehr nattirlichen Auswahl der Leute, die sich immer das Brauchbare aus ihren Ankaufen herausgesucht hatten, war ihr zum Gebrauche nur das Abenteuerlichste geblieben, was die Laune irgendeiner Zeit oder eines Reichen fiir einen besondern Fall geschaffen hatte. Die Stithle zum Beispiel in der Dachkammer waren von hdlzernen Mohren getragen, tiber jedem ein bunter Sonnenschirm, sie stammten aus dem Garten eines reichen Genter Kaufmanns, der viel Geschifte in Afrika gemacht hatte. In der Mitte des Zimmers hing eine wunderliche gedrehte Messingkrone, sie hatte sonst die aufgehobene jiidische Synagoge zu Gent beleuchtet, jetzt steckte ein gewundenes buntes Wachslicht zu Ehren der Mutter Gottes darauf. Der Altar war eigentlich ein abgedankter Spieltisch, an welchen die ledernen Geld-
sacke ausgerissen und eine gewesene Salzmaste, mit Weihwasser gefiillt, eingesetzt war. An den Wanden hingen gewirkte Tapeten, welche alte Turniere darstellten, die Ritter und die eisernen Harnische hingen in Plundern herunter ”. 2 [Il corno magico del fanciullo]. 5 A. von Arnim, Isabella von Agypten, Manesse, Ziirich 1958, pp. 70-71. [Frattan-
to la mandragora era cosi meravigliata di tutta la ridicola toba della camera, dove in gruppi separati stavano vecchi galloni, cenci, stoviglie da cucina, biancheria, che non si poteva saziare di guardarla; tutto le riusciva nuovo, ma presto seppe spiegarsi tutto.
Frau Nietken, che era una rigattiera dal giro commerciale assai esteso, raccoglieva le
scorte pit singolari di anticaglie d’ogni specie; percid in casa anche le pid piccole suppellettili non erano congruenti e adatte alla casa come succede dappertutto; ma per una scelta assai naturale da parte delle persone, che nei loro acquisti si erano sempre
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Constatiamolo una seconda volta, dopo il testo di Roth: fra le immagini letterarie da me situate all’insegna dell’antimerce, possono annoverarsi benissimo — come avevo accennato (I, 4, 7) — immaginarie merci. In altre parole, non esiste incompatibilita fra la presentazione di certi oggetti come oggetti di compravendita, e le connotazioni di non-funzionale. Enon solo a causa del decorso di tempo che é nella definizione stessa di antiquariato: ma altresi grazie a un gioco impre-
vedibile di defunzionalizzazioni primarie e rifunzionalizzazioni secondarie. Nel testo di Roth erano merci gia vendute, la cui nobilta, in contrasto con la modicita dell’acquisto, era
preservata nell’utilizzazione ornamentale. Qui guardiamo (con gli occhi d’una mandragora!) l’interno di quella che é insieme casa e bottega della rigattiera; e vediamo anticaglie ammucchiate che sono merci in vendita. Non vedremmo altro, se la donna non assegnasse funzioni domestiche a tutto cid che la naturale scelta della gente, prendendosi «lutilizzabile», le lascia di « pit stravagante» e quindi di doppiamente scartato. II riutilizzo da parte di lei non comporta una ricontestualizzazione; ed é indifferente ai paradossi della decontestualizzazione, perché é pratico o pio, ma privo di scopo ornamentale. Cosi le sedie rette da mori di legno coi loro ombrelli variopinti, frutto di capriccio facoltoso e di commercio africano, non servono a quanto pare che a sedersi quotidianamente. Il lampadario proveniente — anche qui — dal culto giudaico, € riconsacrato alla devozione cattolica; mentre un oggetto cosi poco devoto come un ex-tavolo da gioco é passato — con sorte inversa a quelli del testo di Roth — dal profano al sacro. Esso si é trasformato nell’altare davanti a cui l’arrivo del gruppo ha trovato in ginocchio Frau Nietken, ea cui attaccata una ex-saliera fa da acquasantiera. E proprio per l’eccenportate via l’utilizzabile, a lei era rimasto in uso solo quanto di piti stravagante, cid che aveva creato il capriccio di un qualche momento o di un ricco, per un caso speciale. Le sedie per esempio nella soffitta erano rette da mori di legno con ombrelli variopinti sulla testa, esse provenivano dal giardino di un ricco mercante di Gand che aveva fatto molti affari in Africa. Nel mezzo della camera pendeva una strana contorta corona di ottone, che aveva gia illuminato |’abolita sinagoga ebraica di Gand; ora c’era montata una tortuosa variopinta candela di cera in onore della Madre di Dio. L’altare era propriamente un tavolo da gioco fuori servizio, da cui erano strappate le tasche di cuoio per il danaro e vi era inserita quella che era stata una saliera, piena d’acqua santa. Alle pareti pendevano tappezzerie in tessuto, che rappresentavano antichi tornei; i cavalieri e le armature di ferro pendevano git a brandelli].
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tricita di simili decontestualizzazioni, per il loro travestire il
caso da inventiva onirica, per il loro effetto odierno di Kitsch compiacentemente contraffatto, che supponevo concentrata su questa pagina la surrealistica ammirazione. Dico effetto odierno; e dubito che si produca senza una qualche forzatura del senso originale del testo, attirato entro un codice comune a testi piu recenti, e allontanato dal codice che doveva accomunarlo a testi anteriori. In parole pit semplici, credo probabile che il senso originale prevedesse un effetto grottesco meno lontano dal comico vero e proprio. Se pit in 1a lo confermeranno serie di passi comparabili, la nostra ricerca si sara arrogata incidentalmente una qualche capacita filologico-semantica: avra contribuito a restaurare in un testo quel
significato letterale non indefinito, che pud corrompersi nel tempo come la lettera ben definita del significante.
7. Dopo quattro testi in versi, e due brani di prosa 0 anteriori o posteriori a essa, é ora di rivolgerci alla grande narrativa realistica ottocentesca; e, per cominciare, alla sua stagione pid matura. Scelgo un passo dal racconto Un Ceeur simple di Gustave Flaubert (1821-80), pubblicato nel 1877 come primo dei Trozs Contes“. Nella vita laboriosa, rozza, umile e generosa della serva Félicité, dopo una lunga serie di dedizioni sfortunate — all’amore di gioventi, ai figli della padrona, al nipotino mozzo, a un vecchio scomunicato -, l’ultima si concentra come un’adorazione su un pappagallo d’America che le é stato regalato. Morto, l’uccello viene fatto impagliare, e la donna ormai vecchia e malandata gli assegna un posto d’onore nella propria camera; é solo a questo punto, verso la fine del racconto, che la camera stessa ci viene descritta: Cet endroit, ot elle admettait peu de monde, avait l’air tout 4 la fois
d’une chapelle et d’un bazar tant il contenait d’objets religieux et de choses hétéroclites. Une grande armoire génait pour ouvrir la porte. En face de la fenétre surplombant le jardin, un ceil-de-boeuf regardait la cour; une table, prés du lit de sangle, supportait un pot a l'eau, deux peignes, et un cube de savon bleu dans une assiette ébréchée. On voyait contre les murs: des chapelets, des médailles, plusieurs bonnes Vierges, un bénitier en noix de coco; sur la commode, couverte d’un drap comme un autel, la boite en coquillages que lui avait donnée Victor; puis un arrosoir et un ballon, des cahiers d’écriture, la géographie en estampes, une paire de 4 [Un cuore semplice]. [Tre racconti].
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bottines; et au clou du miroir, accroché par ses rubans, le petit chapeau de peluche! Félicité poussait méme ce genre de respect si loin, qu’elle
conservait une des redingotes de Monsieur. Toutes les vieilleries dont ne voulait plus Mme Aubain, elle les prenait pour sa chambre. C’est ainsi qu’il y avait des fleurs artificielles au bord de la commode, et le portrait du comte d’Artois dans |’enfoncement de la lucarne ¥.
All?opposto della vita di Félicité, quasi totalmente accaparrata dalla funzionalita del lavoro, la descrizione della sua camera non concede che due o tre righe agli oggetti che le servono per dormire e lavarsi; lascia quasi tutto lo spazio a un reliquiario affettivo di cose defunzionalizzate, per cui ambiente ha l’aria— oltre che d’un bazar— d’una cappella, E Videntico binomio che si addiceva al testo di Arnim, alle merci eall’altare di Frau Nietken. Qui peré niente é in vendita, e forse le madonne e gli altri «oggetti religiosi» in senso proprio non sono i pit venerati: |’autentica religione che la donna mescola 0 sostituisce a quella confessionale, é la devozione del ricordo. Come donatore di una scatola é nominato Victor, il nipote morto oltremare. Mentre solo un punto esclamativo rammenta al lettore che un cappello era appartenuto alla padroncina pure precocemente morta: lo si era ritrovato mangiato dagli insetti, fra vestiario e giocattoli della bambina, e Félicité lo aveva reclamato per sé *. La pieta delle cose reiette, quasi uno spostamento di quella autocommisetazione che la povera serva si permette appena, va ingenuamente al di la della memoria personale e accoglie con un amore da collezionista « tutti ivecchiumi» che la padrona rifiuta. Congiungendosi al rispetto dei superiori, si estende a un abito del marito di lei, che Félicité non ha mai conosciuto; © Cap. tv: Flaubert, Ewvres, « Bibliothéque de la Pléiade», 1952, t. II, p. 617. [1 luogo, dove poca gente era ammessa da lei, aveva l’aria al tempo stesso di una cappella e di un bazar, tanti oggetti religiosi e tante cose eteroclite conteneva. Un grande armadio disturbava nell’aprire la porta. Di fronte alla finestra sovrastante il giardino, un occhio di bue guardava il cortile; una tavola, accanto alla branda, reggeva una brocca dell’acqua, due pettini, e un cubo di sapone blu in un piatto sbrecciato. Si vedevano contro i muri: dei rosari, delle medaglie, diverse madonnine, un’acquasantiera in noce di cocco; sul com6, coperto da un drappo come un altare, la scatola in conchiglie che le aveva regalata Victor; poi un annaffiatoio e un pallone, dei quaderni da scrittura, la geografia a stampe, un paio di stivaletti; e al chiodo dello specchio, agganciato ai suoi nastri, il cappellino di peluche! Félicité, in questo genere
di rispetto, arrivava al punto da conservare una delle redingotes del padrone. Tutti i vecchiumi di cui Madame Aubain non voleva piu sapere, lei se li prendeva in camera. Cosi c’erano dei fiori artificiali sull’orlo del comé, e il ritratto del conte d’ Artois nella rientranza dell’abbaino]. 16 Ibid., p. 6x.
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e addirittura al ritratto del conte d’Artois che é un relitto politico, da tanto tempo Carlo X é salito al trono, é stato caccia-
to con la sua dinastia. Sta per prenderne il posto un’illustrazione popolare, dove Félicité pud ammirare in anticipo quella condensazione di pappagallo e Spirito Santo che fantastichera in agonia, nell’ultima famosa frase del racconto ”.
La coordinazione fra ritratto borbonico e fiori finti é un tocco finale di ironica decontestualizzazione dell’oggetto, come lo era di passaggio l’acquasantiera in noce di cocco; e com’é conforme alla premessa per cui l’ambiente ha l’aria — oltre che d’una cappella — d’un bazar. Le «cose eteroclite» di Félicité sono meno bizzarre di quelle di Frau Nietken, ma per quel tanto che lo sono, non c’é da sospettare che non vadano prese dolorosamente sul serio. Il passo é certo partecipe, anzi tipico, della disillusa e dissolvente visione che Flaubert si fa del mondo moderno come Kitsch: come, appunto, decontestualizzazione di tutto. Eppure anche questo giudizio di valore o di gusto — come in Gozzano —é giudizio d’autore estraneo al personaggio, la tenerezza del quale rende rispettabile ciascun feticcio, e presta omogeneita soggettiva all insieme. Ritroviamo in pieno realismo narrativo, per mediazione di personaggio e non immediatamente grazie a un io lirico, la costante dei nostri primi esempi in versi: un investimento emotivo di ciarpame altrimenti inutilizzabile. E qui davwvero la pieta delle cose reiette, come ritorno del represso antifunzionale, si riassorbe in quel ritorno del represso che é l’assunzione stessa a protagonista di un personaggio simile, rispetto a un ordine costituito sociale e morale. 8. E compromettente venir meno al controllo dei testi originali; ma l’imprescindibilita della narrativa russa nel quadro ottocentesco riceve conferme troppo specifiche nell'ambito della nostra ricerca, per rinunciare a certi testi — di cui conosco solo una traduzione. Non posso che trattare quest’ultima come un testo di per sé, rassegnandomi al fatto che mi resti irraggiungibile non solo tutto dei significanti, ma anche moltissimo dei significati dell’originale. Retrocediamo alla prima fioritura della stagione romantico-realista in quella lingua: al 1842, anno in cui Nikolaj Vasil’ evi¢ Gogol’ (1809-52) pubblicd come primo volume la sola parte da lui Y Tbid., p. 622.
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compiuta del romanzo Le anime morte. Il titolo ha doppio senso: quello morale-metaforico allude all’aridita e avidita del protagonista Citikov; quello letterale si riferisce al suo progetto burocraticamente fantasioso di truffa, il quale fornisce sia la trama che il taglio in episodi al romanzo. Andra in giro per la provincia russa e comprera, per specularci sopra alla fine, «anime» di contadini: cioé, nomi di servi della gleba morti durante quei cinque anni fra un censimento e un altro, fino alla cui scadenza continuavano a risultare vivi per il fisco. Ritaglio due frammenti distanti di poche righe, all’altezza dell’ingresso di Ciéikov presso il quinto dei proprietari terrieri da lui circonvenuti, Pljuskin. Il villaggio dei contadini di costui é gia stato descritto con diffuse connotazioni di decrepitezza, abbandono, ammuffimento e inselvatichimento, e cosi la facciata e le adiacenze della sua casa: Sembrava che in casa si stesse facendo la lavatura generale dei pavimenti e avessero percid accatastato lf tutti i mobili. Sopra una tavola
cera perfino una sedia rotta e accanto ad essa un orologio col pendolo fermo al quale un ragno aveva gia fissato la sua ragnatela. V’era anche appoggiato un armadio con un fianco contro la parete, pieno di argenteria antica, di piccole caraffe e di porcellane cinesi. Sulla scrivania intarsiata a mosaico di madreperla che qua e la s’era staccato non lasciando che delle piccole incavature gialle piene di colla, era sparsa una quantita di oggetti diversi: un mucchio di foglietti di carta coperti di scrittura minuta, con sopra un fermacarte di marmo verdastro, con un piccolo uovo sopra, un libro antico rilegato in cuoio col taglio rosso, un limone tutto rinsecchito, non pid grosso d’una nocciola selvatica, un
bracciuolo di poltrona, un bicchierino con del torbido liquido e tre mosche, coperto da una lettera; un pezzetto di ceralacca, uno straccetto raccolto chissa dove, due penne sporche d’inchiostro e come consunte dalla tisi, uno stuzzicadenti tutto ingiallito col quale il padrone si era forse stuzzicato i denti ancor prima della invasione di Mosca da parte dei francesi. = Dal centro del soffitto pendeva un lampadario ravvolto in una fodera di tela, che la polvere aveva reso simile a un bozzolo con il suo baco dentro. In un angolo della stanza era ammucchiato tutto cid che era pit grossolano e indegno di stare sulla tavola; che cosa precisamente ci fosse in quel mucchio, era difficile dire, perché tanta polvere vi era sopra che le mani di chiunque I’avesse toccato sarebbero diventate simili a guanti; pit visibili di tutto il resto sporgevano fuori un pezzo di una pala di legno rotta e una vecchia suola di scarpa. Non si sarebbe mai detto che in questa stanza abitasse un essere vivente, se non lo avesse rivelato un vecchio e logoro berretto da notte posato sulla tavola *. 8 Parte I, cap. vi: N. Gogol’, Tutto il teatro. Le anime morte, Mursia, Milano 1944, pp. 467-68 [trad. Bazzarelli].
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E uno spettacolo sorprendente agli occhi di Cigikov coi quali lo guardiamo, e cosi quello della persona stessa del proprietario, indecorosamente vestito al punto da rendere incerto il suo sesso. Ben presto interverra la voce d’autore, spiegando e raccontando quanto Ci¢ikov aveva appreso da maldicenza sommaria: l’avarizia di Pljuskin, la sua genesi graduale, il suo ossessivo sviluppo. E in questo racconto, oggetti d’un tipo che ci concerne verranno ancora elencati perché Pljuskin ha l’abitudine di raccattarli e ammucchiarli ”, con un feticismo o collezionismo caricaturale al confronto di quello di Félicité. Come la serva di Flaubert, il possidente di Gogol’ é un vecchio che é finito chiuso in un rapporto maniacale con le cose; nell’una, per, il disinteresse che aspira a un salvataggio di memorie sta in rapporto con l’ordine, la pulizia, il culto di oggetti scelti a uno a uno. Nell’altro, il miraggio interessato d’un risparmio di provviste non bada al disordine, non teme il sudiciume, e non si arresta di fronte alVinservibilita o ignobilita di niente. Il nostro primo frammento contiene un lungo elenco, introdotto dalla sintesi: «una quantita di oggetti diversi», e straordinario per inventiva di accostamenti in ambito domestico e degradato. Ma l’elenco che, nel secondo frammento, sembrano sintetizzare in anticipo le parole: «tutto cid che era pit grossolano e indegno di stare sulla tavola», si perde letteralmente nell ’indistinto sotto la polvere, ea stento se ne precisano due lercielementi. E la prima volta che incontriamo, nella serie dei testi, oggetti cosi connotati di bassezza. Ci accorgiamo di come tale connotazione dipenda meno da umilta quotidiana o da modestia economica, che da trascuratezza di manutenzione: come se il risultato di quest’ ultima, la sporcizia, stingesse implicitamente dalla sfera fisica su quella morale. Per l’avarizia cid vale ancor pit di quanto non possa mai valere per la poverta. Pljuskin é di fatto ricchissimo, sebbene qui solo |’armadio
pieno di argenteria e vasellame lo denoti; ed é lungi dall’essere, nella grande narrativa realistica ottocentesca, |’unico personaggio di avaro. Torneremo molto pit in 1a sulle motivazioni della ricorrenza di questa specie di personaggi. Per ora © Ibid., p. 470.
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facciamo piuttosto, a proposito di narrativa realistica, tre osservazioni legate fra loro: uno, che l’evidenza e, perché no, la verosimiglianza della descrizione citata non risultano incompatibili con uno slittamento frequente al piano comparativometaforico. Due, che ogni figura di questo genere é insieme una figura d’iperbole — cosa in astratto pid pericolosa per la verosimiglianza. Tre, che pid d’una di tali comparazioni iperboliche genera un lieve tono scherzoso; cosa per la verosimiglianza solo in minima dose innocua, maa sua volta non incompatibile col fondo tragico generalmente ravvisato nel personaggio di Pljuskin. A titolo di esempio del caso contrario, ecco due righe in cui lattenzione al particolare, lumilta microscopica, non comportano né paragoni né esagerazione né sorriso: « ... mo-
saico di madreperla che qua e 1a s’era staccato non lasciando che delle piccole incavature gialle piene di colla». Di contro, ecco l’apertura stessa della descrizione: «Sembrava che in casa si stesse facendo \a lavatura generale... »; e preludendo con idea di lavatura generale a uno spettacolo di generale sporcizia, metafora e iperbole scherzosamente si complicano di antifrasi o d’ironia. Ecco tutto gli altri momenti retoricamente caratterizzati come ho detto: «limone... non pit grosso d’una nocciola selvatica»; « due penne... come consunte dalla tisi»; « lampadario... reso simile aun bozzolo con il suo baco dentro»; «le mani... sarebbero diventate simili a guanti». Aggiungiamo una formulazione dubitativa, il cui grado zero é comparativo: «uno stuzzicadenti tutto ingiallito col quale il padrone si era forse stuzzicato i denti [= ingiallito come se ct stfosse stuzzicato i denti] ancor prima della invasione di Mosca...» Certo, la geniale tesi storico-letteraria sostenuta da Erich Auerbach per l’ambito intero della «rappresentazione della realta», é illuminante anche nel nostro limitato ambito. Che,
cioé, la conquista di certi scrittori negli anni’30 e’40 dell’Ottocento consistesse, non tanto nella liberta d’introdurre in
letteratura «tutti gli attributi quotidiani, pratici, brutti e volgari» della vita — prima considerati indecenti 0 insignificanti; quanto nella capacita di prenderli pienamente sul serio, o « addirittura tragicamente», anziché — come prima — castigare e riscattare il loro difetto di dignita con una presa di
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distanze comica o satirica”. Cosf i momenti figuralmente scherzosi del nostro testo di Gogol’ non fanno che arricchire, € non mettono certo in questione, la serieta minuziosa e
poco schifiltosa del nuovo codice di rappresentazione. Ma senza scambiarli per corpi estranei in senso estetico, possiamo individuarli per quello che sono in prospettiva storica: residui d’un trapasso relativamente recente, lasciti ancora valevoli d’un codice letterario abrogato. 9. In letteratura russa era stato Aleksandr Sergeevié Puskin (1799-1837), poco prima di Gogol’, a inaugurare il nuovo codice di rappresentazione concreta: concreta sia nel senso descrittivo-sensoriale della parola, sia nell’altro senso, storico-ambientale, che si pud dare con Auerbach a essa”. Con tale codice perfino l’antichissima istanza immaginaria del soprannaturale, in tutta la narrativa europea, doveva venire a patti. Ne risult6 quel genere di compromesso fra reale e irreale, fra critica del soprannaturale come inverosimile e credito surrettiziamente accordato a esso, che oggi viene studiato sotto il nome di narrativa «fantastica»; é lecito farci rien-
trare il racconto di Puskin del quale vorrei ora esaminare un brano, La donna di picche, del 1834. Un giovane ufficiale narra agli amici che sua nonna, contessa russa ottantasettenne, avrebbe sperimentato una sessantina d’anni prima alla corte
di Versailles, grazie al portentoso avventuriero Saint-Germain, un segreto infallibile per vincere tre volte al gioco. Uno degli amici, Hermann, bramoso di danaro, trova un espediente per introdursi di sera nel palazzo della vecchia; vuole sorprenderla nel cuore della notte e strapparle il segreto. Ecco che cosa intravediamo — nella traduzione che trattero di nuovo come testo — degli interni semibui: Hermann corse su per la scala, apri la porta che dava nell’anticamera e vide un servitore che dormiva sotto la lampada, su di un’antica sudicia poltrona. Con passo leggero e fermo Hermann gli passo vicino. IJ salone e il salotto erano al buio. La lampada li illuminava debolmente dall’anticamera. Hermann entro nella camera da letto. Davanti alla ve-
trina piena di immagini sacre ardeva una lampada d’oro. Poltrone e di20 E, Auerbach, Mimeszs, Einaudi, Torino 1964, t. I, p. 253 € cap. VIII, passim. «Rappresentazione della realta» sarebbe la traduzione fedele del sottotitolo dargestellte Wirklichkeit: non lo @ «realismo», tanto piti che Auerbach usa nel testo Realismus e Realistik. 21 Tbid., p. 267 € cap. VIII, passim.
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vani di stoffa sbiadita con cuscini di piume, da cui era venuta via la doratura,*erano disposti in i triste simmetria lungo le pareti ricoperte di tappezzerie cinesi. Da una delle pareti pendevano due ritratti dipinti a Parigi aa Mme Lebrun. Uno di essi rappresentava un uomo sui quaran-
t’anni rosso di viso e grasso, in uniforme verde-chiaro con una decorazione; l’altro una giovane bellezza dal naso aquilino, pettinata liscia liscia sulle tempie, con una rosa nei capelli incipriati. Da tutti gli angoli venivano fuori pastorelle di porcellana, orologi da tavolo, lavori del famoso Leroy, scatolette, roulettes, ventagli e svariati giocattoli femminili inventati alla fine del secolo scorso insieme col pallone di Montgolfier e il magnetismo di Mesmer ~.
Non manca di giustificazione fattuale che la poltrona sia «antica» e «sudicia», che la stoffa dei divani sia « sbiadita», che dai cuscini sia « venuta via la doratura»: la contessa é — anche lei — ricca ma senilmente avara”. C’é da chiedersi tuttavia, come di fronte a tanti altri passi narrativi ottocenteschi, se il momento d’indugio sugli oggetti dovuto a simili aggettivi e predicati non sia anche un po’ fine a se stesso. Per meglio dire: se non abbia una funzione letteraria direttamente proporzionale alla diminuzione di funzionalita attribuita agli oggetti. Qui la funzionalita é dignita ornamentale, abbassata da un logoramento — sebbene assai pit: nobilmente che nel testo di Gogol’. Ma connotazioni di bassezza non grottesche o ridicole, bensi prese sul serio — sempre secondo
la concezione di Auerbach dell’evoluzione storico-letteraria—, sono per eccellenza connotazioni di realta: fanno realta di per se stesse. La controprova é la minore probabilita che a parita di contesto, o a prescindere solo dal dato dell’ avarizia, il narratore si fermasse su uno stato di perfetta conservazione
o di fiammante novita del mobilio. Connotazioni di funzionalita decorativa ottimale non avrebbero fatto realta, o non
altrettanto, per la semplice ragione che attribuirle seriamente alle cose era stato possibile in qualunque epoca letteraria anteriore; magari esaltando o idealizzando, in tal modo, ambienti e personaggi. L’elenco di oggettini— pit delle immagini sacre, come per Félicité — fa della camera da letto una specie di santuario, dei ricordi prediletti d’una persona anziana. Anziché cose umili ed eteroclite come quelle di Félicité, sono soprammobili e 22 Cap. m1: A. S. PuSkin, Opere, Mursia, Milano 1967, pp. 195-96 [trad. Lo Gatto]. ® Thid., p. 189.
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suppellettili d’alta classe non logori ma antiquati, e omogenei coi due ritratti nel rinviare tutti a una stessa epoca: il tardo Settecento, l’Ancien Régime francese. E come un secondo sfondo temporale, preciso e localizzato, che da il suo spessore storico al racconto, e che proprio l’arredamento sta a riproporre quale immutabile modello di buon gusto dal punto di-rista del personaggio possessore. La pittrice VigéeLebrun aveva ritratto Maria Antonietta; il «famoso Leroy» aveva per primo fabbricato cronometri, il che da al suo nome lo stesso sottinteso dei richiami agli assai pit famosi Montgolfier e Mesmer: le innovazioni tecniche e scientifiche di un’epoca, le sue punte avanzate di funzionalita e razionalita, presunte o reali, finiscono una sessantina d’anni dopo tra le anticaglie insieme coi suoi prodotti pit frivoli. Questa anteriorita di circa sessant’anni é la stessa che, a proposito del testo di Gozzano, avevo qualificata come |’epoca della nonna (e anche 14 non mancava una innovazione tecnica datata: i«dagherottipi», la fotografia) *. Qui perd la nonna, decrepita e misteriosa, é ancora viva; dopo che l’avra fatta morire di spavento, Hermann credera che la contessa gli strizzi un occhio nella bara in cui giace, poi addirittura che lo visiti all’ora dei fantasmi per dirglile tre carte vincenti. Il dubbio soprannaturale che percorre il racconto e ne oscura l’epilogo non entra minimamente in contrasto con quella concretezza realistica, in senso sia descrittivo che storiciz-
zante, a cui giova la defunzionalizzazione delle cose. Tale anzi € il paradosso della narrativa fantastica: le stesse connotazioni di oggetti possono, per formazione di compromesso, fare realta e preparare sinistramente l’irreale. Cio che il palazzo notturno mostra di antiquato o logoro, per comportare motivazioni verosimili e riferimenti cronologici, non é meno atto a socchiudere gli spazi e tempi indeterminabili, e a suggerire le causalita incomprensibili, dello spavento. ro. Verso la meta di quei cento anni circa che duro la narrativa fantastica, dal tardo Settecento al tardo Ottocento, le dimensioni d’un palazzo aristocratico cittadino erano gia pit che sufficienti a racchiudere il dubbio soprannaturale: sebbene le pid propizie letterariamente fossero state e rimanes24 Cfr. Gozzano, Poesie e prose cit., p. 149, sezione V della poesia.
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sero, per immensita e antichita, quelle d’un castello. In un romanzo del 1927 come To the Lighthouse” di Virginia Woolf (1882-1941), una visitazione spettrale notturna di tutt’altro tipo pud percorrere ivani d’una dimessa casa di villeggiatura borghese. La casa é in un’isola delle Ebridi, e veniva affittata per l’estate dalla colta famiglia d’un professore di filosofia; ma durante quasi tutta la seconda parte del romanzo —intitolata Time passes*, e corrispondente a uno spazio di anni e anni che include quelli della prima guerra mondiale — resta disabitata e chiusa. In un interludio di rara originalita le cose, umanizzate, assumono la stessa preminenza che nel sonetto a esse intitolato di Borges, e la stessa pregnanza metafisica legata pero stavolta al loro lento sfacelo. Nel buio e nel silenzio, camere e oggetti abbandonati diventano a loro modo titolari di racconto in assenza dei personaggi: dei quali solo fra parentesi quadre riceviamo ogni tanto brevi notizie, che sono per tre volte notizie di morte. I] tema dell’arredamento consunto e del deterioramento inarrestabile della casa si era affacciato gia nella prima parte. Se ne angustiava la protagonista Mrs Ramsay; e nel filo dei suoi pensieri si manifestava cosi la sollecitudine intraprendente eppure discreta verso gli altri che é innata in lei, in particolare l’attenzione coniugale e materna di lei: ... and saw the room, saw the chairs, thought them fearfully shabby. Their entrails, as Andrew said the other day, were all over the floor; but
then what was the point, she asked herself, of buying good chairs to let them spoil up here all through the winter when the house, with only one old woman to see to it, positively dripped with wet? Never mind: the rent was precisely twopence halfpenny; the children loved it; it did her husband good to be three thousand, or-if she must be accurate, three hundred miles from his library and his lectures and his disciples; and there was room for visitors. Mats, camp beds, crazy ghosts of chairs and tables whose London life of service was done — they did well enough there; and a photograph or two, and books. At a certain moment, she supposed, the house would become so shabby that something must be done. If they could be taught to wipe their feet and not bring the beach in with them — that would be something. Crabs, she had to allow, if Andrew really wished to dissect them, or if Jasper believed that one could make soup from seaweed, one could not prevent it; or Rose’s objects + shells, reeds, stones; for they were gifted, her children, but all in quite different ways. And the result of it was, she 2 [Al faro).
26 [Il tempo passa].
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sighed, taking in the whole room stocking against James’s leg, that summer after summer. The mat ping. You couldn’t tell any more
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from floor to ceiling, as she held the things got shabbier and got shabbier was fading; the wall-paper was flapthat those were roses on it”.
Gli spunti figurali nel piccolo elenco di mobilio esausto, «vacillanti spettri di sedie e tavoli la cui vita di servizio a Londra era terminata», non hanno niente di scherzoso al modo
di quelli in Gogol’. E anzi come se Mrs Ramsay soffrisse di sentire inevitabile, almeno nei limiti di agiatezza della sua famiglia, un contrappasso fra i vantaggi della vacanza — distanza del marito dall’ambiente professionale, interessamento dei figli a fauna, flora, minerali marini-—e la consunzione del-
le cose arrecata proprio dalla vicinanza del mare: in inverno la casa « gocciolava letteralmente di umidita», in estate i ragazzi si portano incorreggibilmente «tutta la spiaggia dentro casa con loro»”. Come se, insomma, la natura facesse scontare con la sua invadenza il sollievo o stimolo vitale con cui puo alternarsi alla cultura. E che l’invadenza della natura diventi un minaccioso simbolo complementare della fragilita umana, l’avevamo compreso ancora prima: nel momento in 27 Parte I, cap. v: V. Woolf, To the Lighthouse, Everyman’s Library, London — New York 1957, pp. 30-31. [... e vide la camera, vide le sedie, pens6 che erano terribilmente sciupate. I loro visceri, come Andrew diceva!’altro giorno, erano sparsi sul pavimento; ma allora a che serviva, si chiese, comprare sedie buone per lasciarle a rovinarsi qui per tutto l’inverno, quando la casa, con una vecchia donna sola a badarci,
gocciolava letteralmente di umidita? Non importava: l’affitto era esattamente due penny e mezzo; ai bambini piaceva; faceva bene a suo marito di stare tremila, o se doveva essere esatta, trecento miglia lontano dalla sua biblioteca e dalle sue lezioni e dai suoi allievi; e c’era spazio per ospiti. Stuoie, letti da campo, vacillanti spettri di sedie e tavoli la cui vita di servizio a Londra era terminata — qui andavano bene; e una fotografia o due, e libri]. [A un certo momento, immagin6, la casa sarebbe stata cosi sciupata che qualcosa doveva esser fatta. Se si fosse potuto educarli ad asciugarsi i piedi e a non portare tutta la spiaggia dentro casa con loro — sarebbe stato qualcosa. I granchi, doveva ammettere, se Andrew voleva davwvero sezionarli, o se Jasper credeva che si potesse fare il brodo con le alghe, non si poteva evitarlo; o gli oggetti di Rose — conchiglie, canne, pietre; perché erano dotati, i suoi ragazzi, ma ognuno in modo del tutto differente. E il risultato era, sospird, abbracciando la camera con lo sguardo dal pavimento al soffitto, mentre teneva la calza contro la gamba di James, che le cose si facevano sciupate, sempre pit sciupate, estate dopo estate. La stuoia scoloriva, la carta da parati era pendente. Non si sarebbe pit detto che vi erano disegnate rose]. 8 Cf. la visione dei sottotetti della casa, abitati dai figli, come elenco: «and lit up [the sun] bats, flannels, straw hats, ink-pots, paint-pots, beetles, and the skulls of
small birds, while it drew from the long frilled strips of seaweeds pinned to the wall a smell of salt and weeds, which was in the towels too, gritty with sand from bathing »
(ibid., p. 9). Ce illuminava [il sole] pipistrelli, calzoni sportivi, bottiglie d’inchiostro, vasi di vernice, scarabei, e i teschi di piccoli uccelli, mentre traeva dalle lunghe arric-
ciate strisce di alghe appuntate al muro un odore di sale ed erbaccia, che era anche negli asciugamani, granulosi di sabbia dei bagni].
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cui, ‘alle orecchie di Mrs Ramsay, l’improvvisa cessazione d’un vocio aveva messo a nudo il rumore del mare sulla spiaggia, col terrore d’un presagio di distruzione e sprofondamento dell’isola”. Ora, nel grande interludio della seconda parte, fin dalla prima notte si aggirano nella casa ancora abitata soffiolembi o frammenti di vento, personificati e interroganti. E attraverso le porte corrose dalla ruggine e dilatate dall’umidita che sono potuti penetrare; ed é alle cose in cattivo stato che rivolgono misteriose domande, le quali insistono sulla durata di tali cose, e suonano come impazienti per la loro resistenza troppo lunga: Nothing stirred in the drawing-room or in the dining-room or on the staircase. Only through the rusty hinges and swollen sea-moistened woodwork certain airs, detached from the body of the wind (the house was ramshackle after all) crept round corners and ventured indoors.
Almost one might imagine them, as they entered the drawing-room, questioning and wondering, toying with the flap of hanging wall-paper, asking, would it hang much longer, when would it fall? Then smoothly brushing the walls, they passed on musingly as if asking the red and yellow roses on the wall-paper whether they would fade, and questioning (gently, for there was time at their disposal) the torn letters in the wastepaper basket, the flowers, the books, all of which were now open to them and asking: Were they allies? Were they enemies? How long would they endure? ”.
Simili domande si ripetono quando, due numeri di capitolo dopo, le stesse personificazioni aeree imperversano ormai dentro la casa deserta”. Non é frequente un testo cosi lungo ininterrottamente pertinente dal nostro punto di vista: rinuncio a citare perfino dal capitolo in cui-—passati gli echie riflessi di qualcosa che in lontananza era la guerra — Mrs Mc Nab, troppo vecchia per il suo pesante compito di riaprire e ripulire ogni tanto la casa, intreccia pensieri sullo stato disa? Tbid., p. 18; cfr. un passo che riguarda il marito, pp. 51-52. 0 Parte II, cap. m: zbid., p. 146. [Niente si muoveva nel salotto 0 nella stanza da pranzo 0 sulla scala. Soltanto, attraverso i cardini arrugginiti e il legno gonfiato dall’umidita marina, certi soffi d’aria, staccati dal corpo del vento (la casa era cadente dopo tutto) si insinuavano intorno agli angoli e si avventuravano dentro. Si poteva quasi immaginare come, nell’entrare in salotto, interrogavano e indagavano, giocavano con il
lembo pendente di carta da parati, chiedevano se avrebbe continuato a pendere a lungo, quando sarebbe caduto? Poi rasentando mollemente i muri, proseguivano meditabondi come se chiedessero alle rose rosse e gialle sulla carta da parati se sarebbero appassite, e interrogassero (gentilmente, perché c’era tempo a loro disposizione)le lettere stracciate nel cestino dei rifiuti, i fiori, i libri, tutte cose ora accessibili ad essi, e chiedessero: Erano alleati? Erano nemici? Quanto a lungo avrebbero resistito?] 31 Tbid., pp. 149-50.
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stroso di essa a ricordi di Mrs Ramsay da tempo morta”. Nel capitolo successivo, con la fatica di due persone in pit, casa e
giardino saranno resi di nuovo abitabili per l’arrivo finalmente imminente di qualcuno degli ospiti d’un tempo. Tanto piu sa d’iperbolico, all’inizio del capitolo, il quadro estremo dell’irruzione della natura atmosferica, vegetale e animale nella dimora umana; ancora prima di quell’ipotesi di crollo e interramento sotto erbe selvatiche, che resta al condizionale futuro ma innalza il discorso a una solennita reminiscen-
te di salmi e profezie, e la sorte della modesta abitazione a quella di una Babilonia sepolta sotto le sabbie: The house was left; the house was deserted. It was left like a shell on a sandhill to fill with dry salt grains now that life had left it. The long night seemed to have set in; the trifling airs, nibbling, the clammy breaths, fumbling, seemed to have triumphed. The saucepan had rusted and the mat decayed. Toads had nosed their way in. Idly, aimlessly, the swaying shawl swung to and fro. A thistle thrust itself between the tiles in the larder. The swallows nested in the drawingroom; the floor was strewn with straw; the plaster fell in shovelfuls; rafters were laid bare; rats carried off this and that to gnat behind the wainscots. Tortoise-shell butterflies burst from the chrysalis and pattered their life out on the window-pane. Poppies sowed themselves among the dahlias; the lawn waved with long grass; giant artichokes towered among roses; a fringed carnation flowered among the cabbages; while the gentle tapping of a weed at the window had become, on winter’s nights, a drumming from sturdy trees and thorned briars which made the whole room green in summer ”. For now had come that moment, that hesitation when dawn trem-
bles and night pauses, when if a feather alight in the scale it will be weighed down. One feather, and the house, sinking, falling, would have
turned and pitched downwards to the depths of darkness. In the ruined 2 Thid., pp. 156-59. 33 Parte Il, cap. 1x: zbid., pp. 159-60. Cfr. l’anticipo tematico a p. 153. [La casa era lasciata; la casa era abbandonata. Era lasciata come una conchiglia su una duna a
riempirsi di aridi grani salati, ora che Ja vita |’aveva lasciata. La lunga notte sembrava essersi insediata; i soffi giocosi, mordenti, gli aliti umidi, annaspanti, sembravano aver trionfato. La padella era arrugginita e la stuoia rovinata. Rospi erano penetrati a
naso. Oziosamente, senza scopo, lo scialle sospeso dondolava. Un cardo si era spinto fra le tegole nella dispensa. Le rondini nidificavano nel salotto; il pavimento era cosparso di paglia; i calcinacci cadevano a palate; travi restavano a nudo; ratti portavano via una cosa o I’altra per rodersela dietro i rivestimenti di legno. Farfalle color guscio di tartaruga erompevano dalle crisalidi e subito picchiettavano sui vetri delle finestre. Papaveri si seminavano fra le dalie; l’erba del prato era lunga e ondeggiante; carciofi giganti torreggiavano in mezzo alle rose; un garofano frangiato fioriva in mezzo ai cavoli; mentre il gentile bussare di un’erbaccia alla finestra era divenuto, nelle
notti d’inverno, un tambureggiare di quegli alberi vigorosi e rovi spinosi che rendevano l’intera camera verde in estate].
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room, picnickers would have lit their kettles; lovers sought shelter there, lying on the bare boards; and the shepherd stored his dinner on the bricks, and the tramp slept with his coat round him to ward off the cold. Thiet the roof would have fallen; briars and hemlocks would have blotted out path, step, and window; would have grown, unequally but lustily over the mound, until some trespasser, losing his way, could have told only by a red-hot poker among the nettles, or a scrap of china in the hemlock, that here once someone had lived; there had been a house*™.
11. Sea qualche lettore il filo delle costanti tematiche comincia ad apparire attendibile, abbastanza per tollerare gli strattoni delle variazioni d’epoca di lingua e di genere letterario, le accetti adesso tutte e tre in una volta. Ripassiamo ai versi, al francese e all’Ottocento: nel 1853, in esilio, Victor Hugo (1802-85) pubblicé la singolare raccolta intitolata Ché-
timents”. Le poesie di essa sono altrettante invettive contro
Pusurpazione, la sopraffazione, la corruzione d’un uomo di stato e del suo reazionario regime, N apoleone ITI e il Secondo Impero. Ma taleé la creativita metaforica e iperbolica di Hugo, che il discorso acquista in violenza visionaria 0 truculenza satirica quanto non pud non mancargli di concretezza politica; e un uomo e un regime riassumono il male sociale immanente all’intero corso della storia. Percié ad essi é sufficiente alludere, a sorpresa e da lontano, solo nell’ultimo mezzo verso d’una poesia che ne conta quasi un centinaio: L’Egout de Rome”. Cito una parte centrale, e quella finale: Le hideux souterrain Il ouvre par endroits Ses soupiraux infects Cette cave se change
s’étend dans tous les sens; sous les pieds des passants et flairés par les truies; en fleuve au temps des pluies;
+4 Tbid., pp. 160-61. Segue subito l’intervento riparatore, pp. 161-64. [Poiché adesso era venuto quel momento, quell’esitazione in cui l’aurora trema e la notte indugia, in cui se una piuma atterra sulla bilancia, essa trabocchera. Una piuma, e la casa, ca-
dendo, crollando, si sarebbe rovesciata e sarebbe precipitata git nelle profondita del buio. Nella stanza rovinata i gitanti avrebbero acceso le loro bollitrici; gli amanti vi avrebbero cercato rifugio, giacendo sulle nude tavole; e il pastore depositato il suo pranzo sui mattoni, e il vagabondo dormito, avvolto nel suo mantello per guardarsi dal freddo. Poi il tetto sarebbe crollato; rovi e cicute avrebbero cancellato sentiero, gradino e finestra; sarebbero cresciuti, ineguali ma lussureggianti, sul cumulo, finché un qualche intruso, perduta la strada, avrebbe potuto dire solo a causa di un rosso attizzatoio tra le ortiche, o di un coccio di porcellana nella cicuta, che qui una volta qualcuno aveva vissuto; c’era stata una casa]. % [Castight]. 36 [La fogna di Roma].
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Vers midi, tout au bord du soupirail vermeil,
Les durs barreaux de fer découpent le soleil, Et le mur apparait semblable au dos des zébres; Tout le reste est miasme, obscurité, ténébres. Par places le pavé, comme chez les tueurs, Parait sanglant: la pierre a d’affreuses sueurs; Ici Poubli, la peste et la nuit font leurs ceuvres. Le rat heurte en courant la taupe; les couleuvres Serpentent sur le mur comme de noirs éclairs; Les tessons, les haillons, les piliers aux pieds verts,
Les reptiles laissant des traces de salives, La toile d’araignée accrochée aux solives, Des mares dans les coins, effroyables miroirs, Ou nagent on ne sait quels étres lents et noirs, Font un fourmillement horrible dans ces ombres. Au fond, on entrevoit, dans une ombre of n’arrive
Pas un reflet de jour, pas un souffle de vent, Quelque chose d’affreux qui fut jadis vivant, Des machoires, des yeux, des ventres, des entrailles,
Des carcasses qui font des taches aux murailles; On approche, et longtemps on reste I’ceil fixé Sur ce tas monstrueux, dans la bourbe enfoncé, Jeté la par un trou redouté des ivrognes, Sans pouvoir distinguer si ces mornes charognes Ont une forme encor visible en leurs débris, Et sont des chiens crevés ou des césars pourris ”.
La tendenza alla polarizzazione degli estremi e alla valorizzazione dell’infimo come del sublime, che ispira sia la poetica letteraria sia il manicheismo ideologico di Hugo, lo predestinava a scendere gravemente fino a un simile tema. 37 V. Hugo, CEwvres poétiques, t. Il, «Bibliothéque de la Pléiade», 1967, pp. 189-91. [L’orrendo sotterraneo si estende in tutti i sensi; |Apre a tratti sotto i piedi dei passanti |I suoi spiragli infetti e fiutati dalle scrofe; |Questa cloaca si cambia in fiume al tempo delle piogge; |Verso mezzogiorno, tutt’intorno allo spiraglio vermiglio, |Le dure sbarre di ferro tagliano il sole, fe il muro appare simile al dorso delle zebre; | Tutto il resto sono miasmi, oscurita, tenebre. |Qua e 1a il selciato, come nelle case di
assassini, |Pare insanguinato: la pietra ha spaventosi sudori; |Qui|’oblio, la peste ela notte sono all’opera. |I ratto urta correndo la talpa; le bisce |Serpeggiano sul muro come neri lampi; |I cocci, gli stracci, i pilastri dai piedi verdi, |I rettili che lasciano tracce di salive, | La tela di ragno appesa alle travi, |Pozzanghere negli angoli,
spaventevoli specchi, |Dove nuotano non si sa quali esseri lenti e neri, |Fanno un formicolio orribile in queste ombre. | [...]. |In fondo, s’intravede, in un’ombra dove non arriva |Un solo riflesso di luce, un solo soffio di vento, |Qualcosa di spaventoso
che fu un tempo vivente, |Mascelle, ed occhi, e ventri, e visceri, | E carcasse che fanno macchie sulle muraglie; | Avvicinandosi, a lungo si resta con l’occhio fisso | Sul mucchio mostruoso, nella melma affondato, |Gettato attraverso un buco temuto
dagli ubriachi, |Senza poter distinguere se le tetre carogne |Hanno una forma ancora visibile nei loro resti, | E sono cani crepati o cesari putrefatti].
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II.1II
Lo rifara pit a lungo nella prosa di un romanzo, coi celebri capitoli sulla fogna di Parigi in Les Mzsérables*; ma anche l’antica Roma imperiale della nostra poesia € prospettata come una capitale di proporzioni immense, alla moderna. La fogna ne appare una sorta di rovescio o di sottofondo altrettanto immenso, e ne rispecchia in negativo la mostruosa va-
rieta di negozi, consumi e vizi. Manufatto monumentale e sotterraneo essa stessa, riceve residui di manufatti, come i
cocci e gli stracci nell’elenco della prima citazione; ma li mischia alla corporeita naturale di animali repellenti vivi, come ratti, talpe, biscie (poi pipistrelli e rospi), o di loro tracce come, nello stesso elenco, salive di rettili e tele di ragno. Benché iperbolicamente un po’ troppi, tali animali sono di casa nel luogo. C’é contaminazione, ma non prevaricazione della natura sulla cultura: quale la rappresentavano rospi e topi ma anche rondini e farfalle nell’interno di Virginia Woolf. La fogna é infatti istituzionalmente una resa di conti della cultura alla natura, ha regolarmente la funzione di assorbire, disperdere, far scomparire materia antifunzionale. Non solo quella che torna inassimilata dal corpo umano — e qui gli escrementi emergono, da segreto referente simbolico di un’intera tematica (1, 6-7), a tema o quasi di un testo; ma tut-
to cid che é rigettato o decomposto, che é avviato a tornare in polvere ossia a rientrare nella natura. Se la polvere rendeva indistinti gli oggetti di un virtuale elenco nella chiara luce del testo di Gogol’, nella tenebrosa allucinazione di questo di Hugo l’elenco della prima citazione sbocca in un indistinto ben pit marcio ed orrendo. Quanto alla seconda citazione, essa non fa che articolare confusamente un suo elenco dentro informe della putrefazione; e tocca in un duplice senso il limite fra umano e le cose. Lo tocca in quanto é situabile a un tale limite la stessa corporeita cadaverica umana — emergenza per noi di altro referente simbolico (1, 6) —, tanto pit quando le é negato ogni onore. Ma anche in quanto non distinguiamo neppure se le carogne siano quelle di cani piuttosto che quelle di imperatori: ed ecco dove stava in agguato limprecazione feroce contro Napoleone III, cesare indegno della maiuscola. 38 [I miserabili].
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12. Sul filo delle costanti tematiche ci attrae adesso un altro testo francese, ma del pieno Novecento. Impossibile da definire secondo i generi letterari tradizionali: dal momento che il surrealismo, come ideologia prima ancora che come poetica, vieta di parlare di narrativa nel senso in cui la parola comporta finzione. D’altra parte, la qualita della sincerita che prescrive non permette di parlare di autobiografia nel senso in cui la parola comporta racconto. O piuttosto, é mu-
tato il criterio
di selezione dei fatti veridici da raccontare: co-
me la prosa de L’amour fou” di André Breton (1896-1967),
pubblicato nel 1937, dimostra sia PSE intero sia nel breve episodio che cito. In Bretagna, il 20 luglio 1936, lo scrittore e la donna con cui sta vivendo il rapporto annunciato nel titolo scendono da una corriera, per caso, nei pressi d’una spiaggetta gia visitata da loro pochi giorni prima: Cette premiére fois, trés vite ennuyés de contempler une morne étendue de sable et de galets, nous n’avions eu d’autre recours imaginatif
que de nous mettre en quéte des menues et trés peu nombreuses épaves
ui pouvaient la joncher. Réunies, celles-ci n’étaient d’ailleurs pas sans charme: plusieurs ampoules électriques de trés petit modéle, des bois flottés bleus, un bouchon de champagne, les deux derniers centimétres d’une bougie rose, un os de seiche non moins rose que la bougie, une petite boite ronde métallique de bonbons, gravée du mot «violette», un squelette de crabe minuscule, squelette merveilleusement intact et d’une blancheur de craie qui me fit l’effet d’étre le muguet du soleil, ce jour-la invisible, dans le Cancer. Tous ces éléments pouvaient concourir 4 la formation d’un de ces objets-talismans dont reste €pris le surréalisme. Mais, le 20 juillet, il était d’autant moins question derevenir a ce passe-temps que la mer, qui s’était retirée moins loin, n’avait manifestement rien laissé d’un peu inattendu derriére elle. C’était la répétition accablante, a trop peu de (uss de distance, d’un lieu entre tous banal et hostile en raison de cette banalité méme, comme tous ceux qui laissent totalement vacante la faculté d’attention ®. ? [L’amore folle).
40 A. Breton, CEuvres completes, t. IL, «Bibliothéque de la Pléiade», 1992, p. 769. (Quella prima volta, prestissimo annoiati di contemplare una smorta distesa di sabbia e di ciottoli, non avevamo avuto altra risorsa immaginativa che metterci alla ricerca dei minuti e pochissimo numerosi relitti di cui poteva essere cosparsa. Riuniti, essi non erano del resto senza fascino: molte lampadine elettriche di modello piccolissimo, legni galleggianti azzurri, un tappo di champagne, i due ultimi centimetri d’una candela rosa, un osso di seppia non meno rosa della candela, una scatolina rotonda metallica di confetti, con incisa la parola «violetta», uno scheletro di granchio minu-
scolo, scheletro meravigliosamente intatto e d’una bianchezza di gesso che mi fece V’effetto di essere il mughetto del sole, quel giorno invisibile, nel Cancro. Tutti questi elementi potevano concorrere alla formazione d’uno di quegli oggetti-talismani di cui resta innamorato il surrealismo. Ma, il 20 luglio, era tanto meno il caso di tornare a questo passatempo in quanto il mare, che si era ritirato meno lontano, non si era lasciato dietro manifestamente niente che fosse un po’ inatteso. Era la ripetizione op-
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Nel primo manifesto del surrealismo (1924), accusando di piattezza le descrizioni realistiche della narrativa — e della piu grande —, Breton aveva scritto: «J’ai de la continuité de la vie une notion trop instable pour égaler aux meilleures mes minutes de dépression, de faiblesse»; «je ne fais pas état des moments nuls de ma vie...» ”. Secondo una tale gerarchia di momenti, che é incompatibile anche con un racconto autobiografico continuo o stabile, quella sosta del 20 luglio meriterebbe tanto poco di essere ricordata quanto ogni altro oggetto di piatta descrizione realistica. Il luogo é «una smorta distesa di sabbia e di ciottoli», dove la natura si fa ostile non
per insalubrita fisica come nei testi di Hugo e della Woolf, ma per ragioni morali o estetiche: per tediosa, frustrante banalita. In occasione pero della sosta precedente, l’immaginazione aveva pur trovato risorse nei lasciti sparsi del mare sulla riva, accendendo il barlume del prezioso o del magico in ogni detrito che avesse almeno il merito dell’inatteso. L’elenco che ne leggiamo, é il primo della nostra serie a venir composto per cosi dire attivamente: cioé dai personaggi, i quali hanno cercato e riunito le cose, prima che dal racconto con la riunione delle parole. L’apprezzamento di tali cose sembra implicare la riduzione a perfetta inutilita, e l’assortimento a opera di puro caso, sia dei detriti naturali che di quelli culturali. I legni galleggianti azzurri, il roseo osso di seppia e il bianchissimo scheletrino di granchio sono come puliti e lustrati dall’acqua; mentre il soggiorno in essa ha decontestualizzato le lampadine, il tappo, l’estremita di candela, la scatolina di confetti, in un modo opposto a quello generatore di Kztsch: sottraendoli allo spazio della cultura, invece di sommarne e adulterarne pit duna. Di Kitsch simulato del resto — lo avevo accennato a proposito della pagina di Arnim — il gusto surrealista si compiace, e percio elementi cosi disparati potrebbero concorrere a formare uno dei suoi tipici oggetti-talismani. Si otterrebbe con simile passatempo una rifunzionalizzazione paraprimente, a troppo pochi giorni di distanza, d’un luogo fra tutti banale e ostile in ragione di questa stessa banalita, come tutti quelli che lasciano totalmente vacante la facolta di attenzione].
41 A. Breton, CEwvres completes, t. I, «Bibliothéque de la Pléiade», 1988, pp. 314-15. [Ho, della continuita della vita, una nozione troppo instabile per uguagliare ai migliori i miei minuti di depressione, di debolezza]. [non tengo conto dei momenti nulli della mia vita...]
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dossale se non caricaturale, giocata sulla negazione stessa di ogni funzionalita: su una produzione volontaria di antimerce, non in letteratura ma in realta. Nel caso specifico, il fascino dell’antifunzionale é gia garantito 0 potenziato dal riassorbimento e restituzione da parte della natura, che fanno dell’episodio una mediatissima e modernissima variante di un tema come il tesoro annegato e rigettato a riva dal mare. 13. Un narratore come Prosper Mérimée (1803-70) ha condiviso il meno possibile le inclinazioni descrittive della sua epoca, con fedelta relativa a un codice letterario preottocentesco; estraggo dalla sua prosa due elenchi, troppo corti entrambi per equivalere di per sé a descrizioni. Nel romanzo storico Chronique du régne de Charles IX *, del 1829, il giovane protagonista protestante apprende che il suo amore é ricambiato da una dama della corte cattolica, sorprendendo non visto una scena notturna di magia «bianca»: La table était couverte de choses étranges qu’il entrevoyait 4 peine. Elles paraissaient rangées dans un certain ordre bizarre, et il crut distinguer des fruits, des ossements et des lambeaux de linge ensanglantés. Une petite figure d’homme, haute d’un pied tout au plus, et faite en cire, a ce qu'il paraissait, était placée au-dessus de ces linges dégotitants”.
In Carmen, del 1845, quando Il’archeologo che é il narratore iniziale fa la conoscenza della bella zingara strega che da il titolo alla novella, non resiste alla curiosita fra esotica e occul-
tistica di farsi indovinare l’avvenire da lei: Dés que nous fiimes seuls, la bohémienne tira de son coffre des
cartes qui paraissaient avoir beaucoup servi, un aimant, un caméléon desséché, et quelques autres objets nécessaires 4 son art. Puis elle me dit de faire la croix dans ma main gauche avec une piéce de monnaie, et les cérémonies magiques commencérent “. #2 [Cronaca del regno di Carlo IX]. Cap. xu: Mérimée, Thédtre de Clara Gazul. Romans et nouvelles, « Bibliothéque de la Pléiade», 1978, p. 349. [Il tavolo era coperto di cose strane che intravedeva appena. Esse sembravano disposte in un certo ordine bizzarto, e gli parve distinguere delle frutta, delle ossa e dei brandelli di panno insanguinati. Una figurina d’uomo, alta tutt’al pid un piede, e fatta di cera, a quanto sembrava, era posta al di sopra di questi panni disgustosil]. 4 Cap. u: ibid., p. 952. [Non appena fummo soli, la zingara estrasse dal suo cofano delle carte che sembravano molto usate, una calamita, un camaleonte disseccato, e
alcuni altri oggetti necessari alla sua arte. Poi mi disse di farmi la croce nella mano sinistra con una moneta, e le cerimonie magiche cominciarono].
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Parlando, come ho fatto in precedenza (1,1), d’una solidarieta fra,la struttura formale dell’elenco e i contenuti consistenti in cose non funzionali, trascuravo la pit ovvia probabile eccezione: un elenco di strumenti o ingredienti che siano l’esatto occorrente al fine d’una operazione pratica. Eccezione a patto, naturalmente, che si tratti di agire sulla materia con mezzi materiali. Se invece il mezzo o il fine o entrambi sono di ordine soprannaturale, e tuttavia non si accontentano di parole ma esigono oggetti, la logica figurale e simbolica della magia rifuggira da funzionalita fisica o chimica; e le sue scelte appariranno (direi, a buon diritto) strane alla razionalita profana. Ecco perché — una logica figurale e simbolica essendo pit intrinseca al fenomeno letterario di quella scientifica e funzionale — non é solo in senso storico che |’elenco di oggetti magici pud dirsi il prototipo o l’archetipo di tutti i diversi elenchi di cose strane. I due frammenti di Mérimée sono echi concisi e tardi d’una topica storico-letteraria antichissima e abbondante; e formalmente si prestano bene a esemplificare due opposte successioni possibili intorno a ogni elenco, fra l’eventuale designazione sintetica degli elementi elencabili, e la loro vera e propria elencazione analitica. Nel primo testo la sintesi precede Panalisi: prima si parla di cose strane, poi di frutta, ossa, brandelli di panno...; nel se-
condo testo é l’inverso: prima si parla di carte, una calamita, un camaleonte, poi di alcuni altri oggetti necessart... Formalizzando in astratto, avremmo in un caso l’ordine: x / a, b, c...; nel? altro Pordine: a, b, c... / x. Avevamo incontrato, per
esempio, ilprimo ordine in Gogol’: prima si diceva wna quantita di oggetti diversi, e poi tredici elementi si succedevano in varia relazione sintattica. Il secondo ordine in Borges: prima dieci elementi, e poi Quante cose... (ma altri cinque elementi al verso dopo); ¢ lo stesso in Cros: prima tredici elementi, e
poi Quale ingombro... (ma forse il primo degli elementi era gia una sintesi). La combinazione delle due possibilita da in astratto: x / a, b,c... / x. Era riconoscibile una tale combina-
zione nella parte finale del testo di Hugo, e in quello di Breton, ma meno chiaramente che nel testo di Flaubert: dove prima legsevamo tanti oggetti... € COSe..., poi dopo poche righe un elenco di undici elementi, infine ancora pit sotto tutti 7 vecchiumi... La struttura dell’elenco¶gonabile a un ventaglio che puo presentarsi, non solo a vicenda aperto o chiu-
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so, ma anche in parte aperto e in parte chiuso secondo con-
trazioni o spiegamenti a volonta delle sue numerose stecche.
14. La nostra confusionaria rassegna non potrebbe chiudersi senza un paio di esempi in cui, finalmente, non sia presente questa costante formale dell’elenco; la quale sara forse sembrata, a piti d’un lettore, l’unica costante innegabile attraverso tutti gli esempi precedenti. Facciamo transizione al lungo racconto The Strange Case of Dr. Jekyll and Mr. Hyde*, di Robert Louis Stevenson (1850-94), che va contemporaneamente rapportato a due generi distinti come la narrativa fantastica e la fantascienza. E del 1886, e in quella fine di secolo l'uno dei due generi era vicino all’esaurimento, |’altro a una fertile durata: con la fantascienza ha in comune la giustificazione avveniristica dell’incredibile, l’aggiornamento razionale della magia; col fantastico la posizione ignara in partenza, e incerta fino all’ultimo, del personaggio che osserva e del lettore. L’interessante per noi é che il primo segno inquietante a inizio di racconto, il primo strappo nel tessuto duna efficiente normalita quotidiana, sia la descrizione di un edificio dall’aspetto assurdo, impraticabile, trascurato e sporco: Two doors from one corner, on the left hand going east, the line was broken by the entry of a court; and just at that point, a certain sinister block of building thrust forward its gable on the street. It was two storeys high; showed no window, nothing but a door on the lower storey and a blind forehead of discoloured wall on the upper; and bore in every feature the marks of prolonged and sordid negligence. The door, which was equipped with neither bell nor knocker, was blistered and distained. Tramps slouched into the recess and struck matches on the panels; children kept shop upon the steps; the schoolboy had tried his knife on the mouldings; and for close on a generation no one had appeared to drive away these random visitors or to repair their ravages “. ® [Lo strano caso del Dr. Jekyll e Mr. Hyde]. 46 R. L. Stevenson, Dr Jekyll and Mr Hyde. The Merry Men and Other Tales, Everyman’s Library, London — New York 1968, p. 4. [Dopo due porte da un angolo, a sinistra verso est, la linea era interrotta dall’ingresso di un cortile; e proprio a quel punto una certa massa sinistra di edificio spingeva innanzi il suo frontone sulla strada. Era alto due piani; non mostrava finestre, niente tranne una porta al piano inferiore e una fronte cieca di muro scolorito al piano superiore; e recava in ogni tratto i segni d’una prolungata e sordida negligenza. La porta, che non era provvista né di campana né di battente, era pustolosa e stinta. Vagabondi si trascinavano nell’andito e accendevano fiammiferi sui pannelli; bambini tenevano bottega sui gradini; lo scolaretto aveva saggiato il suo temperino sulle modanature; e per quasi una generazione sembrava che nessuno avesse scacciato questi visitatori accidentali o riparato i loro danni].
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L’edificio appare il solo punto in cui lo squallido quartiere circostante si affaccia su una grande strada di Londra tutta attiva e prospera, fra case e botteghe dalle vernici e dagli ottoni gaiamente lucenti. Di questa strada si é parlato nelle righe immediatamente precedenti la citazione; cosi che un qualche indugio descrittivo sul funzionale — a riprova delle ragioni, accennate a proposito dei russi, che lo rendono relativamente insolito nella narrativa realistica — é motivato da un effetto di contrasto, e serve precisamente a introdurre l’antifunzionale. La stranezza della facciata dalla « fronte cieca», priva di finestre al di sopra della pustolosa porta e della sua rientranza devastata, sara spiegata gradualmente — come ogni altra stranezza ancora maggiore. Non appartiene a una
casa, ma a quello che fu un anfiteatro per dissezioni anatomiche; accanto al quale il Dr. Jekyll, che lo ha comprato e lasciato cadere in disuso, si é stabilito nel suo rispettabile e confortevole appartamento”. Mentre non passano limiti di verosimiglianza l’abbandono e il disordine attribuiti all’interno dell’anfiteatro, quando viene descritto a sua volta, non si avra mai una adeguata spiegazione realistica del perché fosse stato lasciato in condizioni a tale punto sordide lesterno. In compenso, i rispettivi valori metaforici sono d’una evidenza tanto pit impressionante quanto pit tardi é possibile afferrarla alla prima lettura. Cosi, il laboratorio derelitto della scienza ufficiale rende visibile il presunto, temerario superamento di essa da parte d’una scientifica magia: la fantascienza vendica le aspirazioni screditate della magia vecchia e vera, e mima l’invecchiamento periodico — di cui parlavo commentando Puskin — del progresso razionale e funzionale. Quanto alla duplicita di facciate e ingressi dell’ edificio, non fa che corrispondere materialmente allo sdoppiamento dell’unico protagonista in personalita contrapposte. Certo,
sarebbe stato pit verosimile se l’accesso riservato al doppio negativo si fosse mimetizzato in una apparenza ordinaria; ma
lesigenza del verosimile é meno forte della formazione di compromesso propria al fantastico, la quale — come s’intravedeva sempre nel brano di Puskin — per accreditare l’irreale mette cose antifunzionali a fare realta. La descrizione che abbiamo letta del lato edilizio lurido, dove il bestiale Mr. Hyde 47 Thid., pp. 7, 14, 22, 39.
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s interna come un animale nocivo nella sua tana, anticipa il ribrezzo del male messo a nudo nel fisico di lui. Un ribrezzo soprannaturale al cui insorgere non occorrono spazi di castello o di palazzo, né oscurita e isolamento notturno; ché
anzi, nel cuore di Londra, il personaggio o meta di personaggio pud nasconderlo col solo passare una porta, e il volto delPedificio esibirlo in permanenza con impudicizia sinistra. 15. Allimperialismo marittimo extraeuropeo, di cui Londra era il centro, non era mancata una sua leggenda soprannaturale di potere maledetto. Essa era parallela— nella triade dei soli miti la cui genesi sia moderna anziché antica o medievale — al mito del piacere e a quello del sapere trasgressivo: rappresentati rispettivamente da don Giovanni e da Faust. Non si puo che riconoscere una estraniata versione di quella leggenda nel racconto di Edgar Allan Poe (1809-49) intitolato MS. Found in a Bottle*, e pubblicato nel 1833. Almeno in superficie, la componente trasgressiva é qui assente: manca il personaggio (reso famoso poco dopo da Heine e da Wagner) dell’Olandese la cui tracotanza aveva voluto doppiare un capo interdetto, sfidando il demonio 0 Dio. Tanto pid acquista rilievo e si personifica l’immagine del vascello fantasma, condannato lungo i secoli a correre per oceani remoti, con a bordo una ciurma e un capitano di pluricentenaria vecchiezza. Barcollanti, monologanti a bassa voce in lingua incomprensibile, assorbiti da meditazioni e occupazioni impenetrabili, ciechi alla presenza del personaggio narratore precipitato sulla loro nave dallo scontro che ha affondato la sua, questi decrepiti uomini di mare non sono spettri; bensi, in conformita con la pit originale direzione ossessiva della fantasia di Poe, veri e propri cadaveri viventi. La loro corporeita, umana malgrado a meta cadaverica, non sappiamo ancora se debba interessarci di per sé. Mala corporeita non meno eccezionale del vecchio legno, putrido e verminoso eppure dilatabile 0 crescente, somiglia in modo sorprendente alla pietra sgretolata dentro la muratura intatta della Casa Usher — nel racconto pit noto dell’autore”; e basta quest’accostamento a toglierci ogni esitazio48 [Manoscritto trovato in una bottigha). 4 E. A. Poe, Tales of Mystery and Imagination, Everyman’s Library, London New York 1962, pp. 264-65; e cfr. p. 130.
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ne sulla possibilita di interpretare, meglio che come una grande bara, come un grande cadavere vivente lo stesso nero e gigantesco vascello. In prima istanza, diremmo certamente che a renderlo sinistro sia la sua eccessiva e indefinita antichita. Indefinita, non perd indefinibile: i segni che la denotano sono plausibilissimi secondo le distanze cronologiche e i referenti storici, e approssimativamente rimandano al Quattro-Cinquecento delle navigazioni transoceaniche e delle scoperte intercontinentali. Il capitano scruta a testa china un documento firmato da un monarca, e accanto a lui come ai
marinai sono sparse le attrezzature di una scienza scaduta da secoli — anziché superata da decenni come in Puskin, 0 solo in relazione a un ipotesi fantastica come in Stevenson. Senonché, qui, la misteriosa permanenza in uso di tali attrezza-
ture conferisce loro una deformante distanza supplementare; e strumenti nautici, carte geografiche, in-folio dai fermagli di ferro, vengono ripetutamente e con vari vocaboli connotati di stranezza, oltre che di obsolescenza: ... and groped in a corner among a pile of singular-looking instruments, and decayed charts of navigation. Around them, on every part of the deck, lay scattered mathematical instruments of the most quaint and obsolete construction...
The cabin floor was thickly strewn with strange, iron-clasped folios, and mouldering instruments of science, and obsolete long-forgotten charts.
Il personaggio narratore era antiquario di professione, come apprendiamo poco pit sotto, e la sua stessa anima aveva
finito col diventare una rovina simile alle citta orientali; eppure non aveva mai sperimentato un’antichita di questa spe-
cie. Il segreto di essa non é da indovinare, perché viene espresso a meraviglia subito dopo la negazione della possibilita di esprimerlo. Sono le righe che indugiano sulle forme, lalberatura e la velatura della nave, sulle reazioni risvegliate nell’intimo dal guardarle attentamente: ° Thid., pp. 263, 265, 266. [... e frugava in un angolo, in mezzo a un mucchio di strumenti dall’aspetto singolare e carte di navigazione consumate]. [Intorno a loro, su ogni parte del ponte, erano sparsi strumenti matematici della piti curiosa e obsoleta fattura]. [I] pavimento della cabina era fittamente cosparso di strani in-folio dai fermagli di ferro, e muffiti strumenti scientifici, e carte obsolete, da tempo dimenticate].
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Se
What she zs ot, I can easily perceive; what she zs, I fear it is impossible to say. I know not how it is, but in scrutinising her strange model and singular cast of spars, her huge side and overgrown suits of canvas, her severely simple bow and antiquated stern, there will occasionally flash across my mind a sensation of familiar things, and there is always mixed up with such indistinct shadows of recollection, an unaccountable memory of old foreign chronicles and ages long ago... *.
Mai forse uno scrittore é andato cos{ vicino a riconoscere, nella sensazione o emozione del sinistro, il ritorno irricono-
scibile di cose che furono «familiari» — come tanto pit tardi fara Freud. Nella frase di Poe, la loro familiarita é in contra-
sto solo apparente col fatto che vi si mescoli una memoria di cronache vecchie e straniere e di eta lontanissime: memoria «inesplicabile» solo in apparenza. Non ci sono che le durate secolari contate dalla storia collettiva a poter tradurre, per Vautore e i lettori adulti, le durate che l’infanzia dell’indivi-
duo conta nell’incommensurabilita dei propri giorni, ore e minuti. Chiudiamo la rassegna con questo esempio, in cui il soprannaturale assomma sulle cose la desuetudine culturale storica alla naturale fisica decadenza; ma prolunga sia |’uso dei manufatti che la vita della materia nel suo tempo infantile e smisurato. 41 Ibid., p. 264. [Quel che essa non é, posso vederlo facilmente; quel che essa é, temo che sia impossibile dirlo. Non so come, ma guardando attentamente il suo strano modello ¢ la singolare foggia di alberatura, il suo ampio fianco e l’avviluppata velatura, la sua prora severamente semplice e la poppa antiquata, mi balena di quando in quando attraverso la mente una sensazione di cose familiari, e sempre, mescolata con simili indistinte ombre di rimembranza, c’é un’inesplicabile memoria di vecchie cronache straniere ed eta da tempo trascorse...]
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Capitolo m Decisioni per procedere
1. Se fra gli esempi del capitolo precedente mi sono mosso imitando a posteriori un disordine, il disordine d’una ricerca ancora in discussione, volendo procedere adesso occorre invece simulare a priori un ordine. L’ordine che sciorina uno dopo l’altro—avendoli retrospettivamente ripensati— i postulati che soggiacciono all’oggetto della ricerca; e le facolta o le restrizioni che ne dirigono il progetto. C’é un rischio d’inattualita, da giustificare prima di correrlo fino in fondo, nell’affrontare oggetto e progetto con un atteggiamento di tipo sistematico? Potrei addurre l’anzianita della ricerca, maturata mentre un simile atteggiamento aveva ancora nel cosiddetto strutturalismo il suo avallo pid chiaro (sebbene forse non il pid importante); 0 potrei invocare caratteristiche proprie della singola ricerca. Queste ultime, sarebbe difficile esprimerle meglio che con la frase di Fontenelle da me premessa al libro come epigrafe: « Molte verita separate, non appena sono in numero abbastanza grande, offrono cosi vivamente allo spirito la loro relazione e la loro reciproca dipendenza, da sembrare che dopo essere state staccate le une dalle altre con una specie di violenza, cerchino naturalmente di riunirsi» '. In effetti — direi— il libro dovrebbe abbracciare verita troppo separate, e in troppo gran numero, per esser realizzabile esplorando asistematicamente qualcuna si e qualcuna no delle loro relazioni e reciproche
dipendenze. Esentarsi dal riunirle tutte, secondando la ten-
denza che sembra naturale in esse, vorrebbe dire lasciarle
tutte in quello stato di distacco della cui violenza sembrano aver patito, e tacere di esse. 1 Fontenelle, Préface sur l’'utilité des mathématiques, in Antike und Moderne in der Literaturdiskussion des 18. Jahrhunderts, Akademie-Verlag, Berlin 1966, p. 208.
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DECISIONI PER PROCEDERE
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Eppure non é vero che se ne potrebbe fare un libro solo cosi; non é verosimile che altri, al mio posto, non preferirebbe invece gettare verso l’oscurita di quel fascio di verita e relazioni le luci del lampo — la cui intermittenza abbagliante esalta cid che isola, ma non risponde del prima e del dopo, né di quant’altro é rimasto in ombra. Meglio — dird — un lume di candela vacillante e tenue, ma costante e mobile, in una ma-
no paziente. Fuor di metafora, e confessando pregiudizi culturali che vanno al di 1a dell’occasione di questo libro: dubito addirittura che eszsta altro pensiero asistematico, se non quello che rimane solo parzialmente esplicitato. E dubito che la spinta a darlo per asistematico possa mai essere altro che zvteressata, in senso retorico buono 0 cattivo: come be-
neficio, privilegio, sortilegio di espressione, 0 come simulacro, lusinga, sopruso di persuasione. Non é incomprensibile nemmeno a me che il sistema, col suo annettersi la responsabilita del maggior numero possibile di relazioni, col suo prevenire il controllo dall’esterno autocontrollandosi in altrettanti collegamenti obbligati, riesca costrittivo e falsamente rassicurante. Ma é il minor male: se nel lampo irrelato e irresponsabile di verita c’é pit suggestione istantanea e piu profondita promettente, c’é per cid stesso (al contrario di quanto spesso si dice) troppa pit prepotenza intellettuale. E meno coraggio di fronte all’onere latente delle conseguenze, meno curiosita di fronte al campo potenziale delle elaborazioni. 2. Percid vado a una esplicitazione dell’implicito metodologico, ma con tutta la raccomandabile velocita: sotto pena di ripetere, se non di ampliare, la proposta teorica stessa a cui mi sono richiamato nel primo capitolo (1, 3). Quante e quali decisioni é necessario prendere, per arrivare da quella prima e minimale che dice di si alla domanda se intraprendere la ricerca, all’ultima di quelle che vanno determinando fino al massimo grado come eseguirla>? La prima decisione é formulabile cosi: 1. Eststono certe costanti testuali degne di attenztone. Si potrebbe esser tentati di considerarla, pit che minimale, superflua. La maggioranza dei discorsi che si fanno negli studi letterari presuppone attenzione a qualche costante, a
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III.2
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qualcosa che ¢orna: o all’interno di un testo solo, o fra un testo e altri testi. E evidente per i discorsi a orientamento storico-letterario, per i discorsi a carattere formalistico-retorico, per tutti i discorsi d’impianto comunque analitico. Le costanti in questione saranno ogni volta le pit diverse; e senza dubbio il numero di quelle che sarebbe possibile stabilire in astratto, € enormemente pit alto del numero di quelle che sono degne di attenzione, cioé che é interessante studiare. Spesso, per la legge di proporzione inversa fra probabilita e informazione, risultano tanto pit interessanti da studiare quanto pit sarebbero state sospette di non esserlo affatto. Vorrei fosse questo il caso delle nostre costanti, la cui esistenza viene supposta all’incrocio di testi e testi non solo numerosissimi, ma svariatissimi per autore, per epoca, per lin-
gua e per genere letterario; tanto che nel secondo capitolo, facendo transizioni da un esempio all’altro, ho sfruttato quasi provocatoriamente costanti di materia del contenuto ritenute di solito accidentali e insignificanti. Non fosse che per il sospetto di eccedenza, d’impertinenza in senso letterale, che ricade sulle nostre costanti dal concetto di costante in generale — quando mai si ha un criterio a priori per sapere quali sono le costanti pertinenti? — la decisione meriterebbe di esser presa. E, in ogni caso, non é scontata rispetto ad altri tipi di discorso che si fanno sulla letteratura; esemplarmente non lo é rispetto a quelli il cui scopo principale sia di pronunciare giudizi di valore estetico, di esercitare come diceva Croce «l'ufficio di discernere il bello e il brutto »’: la critica strettamente intesa. L’eccezione é di gran peso, e non credo che debba esser fatta pensando solo al crocianesimo italiano. Nemmeno credo, del resto, che il destino di quest’ultimo sia necessariamente di rimanere accantonato quanto lo é sembrato negli ultimi trent’anni; né soprattutto che il superamento di esso in Italia — rapido e furtivo, muto e indiscusso
com’era stato a suo tempo — fosse autentico e profondo, Ora, raramente la critica estetica degnava di attenzione delle costanti, se non appunto quella tutta teorica della qualita dei testi da giudicare. II disinteresse o disprezzo per l’esistenza
di punti di contatto sia formali che materiali entro un testo o 2 B. Croce, Nuovi saggi di estetica, Laterza, Bari 1958, p. 85.
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fra testi, di costanti non di valore ma di fatto, non era che |’altra faccia — potremmo dire — di un interesse 0 culto esclusivo per le varianti: per l’individualita incomparabile del momento testuale. Se per definizione ogni confronto fa riconoscere costanti e varianti, col rifiutare importanza alle prime per non sottrarne neanche un po’ alle seconde si resisteva alla necessita stessa di capire e conoscere per confronto, anziché
per intuizione diretta. O tutto questo non ha mai completamente cessato, o ha ricominciato a riguardarci.
3. Ma appena deciso che le costanti ci sono e contano, prima di decidere — e per decidere — che cosa fare con esse come oggetto di studio, abbiamo da chiederci qualcosa come: perché ci sono, da dove vengono? E poiché la letteratura stessa non viene dal nulla, e non pu6 trovare origine se non o in precedente realta o in precedente letteratura, consideriamo entrambe queste ipotesi rispetto alle nostre costanti.
Consideriamole, piuttosto che una dopo l’altra, a confronto: cerchiamo di fermare in un equilibrio preliminare l’altalena periodica con cui i partiti presi ideologici le oppongono l’una all’altra, rendendole incompatibili. Prendiamo due decisioni complementari in una volta, rispetto alle nostre costanti, e formuliamole cosi:
u. E insufficiente riferirle direttamente a dati di realta. ul. E insuffictente ricondurle a pura tradizione letteraria. Motivare la presenza di costanti tematiche nei testi con un riferimento a dati di realta diretto, cioé non mediato da codici letterari, solo in un caso forse pud non apparire operazione rozza: se le costanti appartengono all’opera di un solo autore, e i dati di realta al vissuto biografico di un solo uomo. E un caso estraneo alla nostra ricerca, che percorre opere di moltissimi autori. Ma é anche un’eccezione apparente: nemmeno in sede di comunicazione linguistica generale la socialita del concetto di codice esclude che sia codificabile l’uso dell’individuo; meno che mai in letteratura c’é contraddizione in termini nel parlare di codici propri alle opere di un singolo, dai quali é filtrata e organizzata un’esperienza individuale. Inoltre, non ci interessiamo praticamente mai a un’opera senza dare per scontato che abbia avuto 0 possa avere lettori, successo, fortuna. Quindi, che entri a modificare il
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codice comune successivo; quindi, che le sue costanti siano trasmissibili dal circuito fra letteratura e realta al circuito fra letteratura e altra letteratura. E ogni tentativo di fare, del primo di questi due, un circuito chiuso rispetto al secondo, non é difficile da ridurre all’assurdo nel caso che il riferimento diretto sia a dati di realta d’esperienza collettiva anziché individuale. Durante gli approcci del primo capitolo all’unita di oggetto della ricerca (1, 6), ho cominciato col contemplare per astrazione gli aspetti pit costanti possibili delle nostre costanti; e non ho esitato a riferirli alle esperienze le pit collettive possibili del genere umano. Cultura verso natura, ambivalenza del tempo, ambivalenze del cadavere, degli escrementi... L’astrazione che sacrifica, a cosi alte costanti delle costanti, milioni di varianti concrete fra differentissimi testi, scavalca insieme i codici letterari: astrazioni di meno lunga durata, e mediatori storici di qualunque costante. E il fondo innegabile di pertinenza dei referenti pit universali non ri-
media alla loro assoluta impotenza esplicativa, di fronte ai problemi posti dalla distribuzione cronologica delle nostre costanti. Quella che ho indicata in grande nel primo capitolo (1, 7); quella di cui ho tenuto conto nel secondo, distribuen-
do abbastanza regolarmente gli esempi fra le due date casuali estreme del 1812 e del 1969, e non anteriormente. Le nostre costanti nel loro insieme non nascono certo intorno alla prima di queste date, ma assumono da allora in poi una frequenza o intensita molto maggiori di prima. Chi vorra ammettere che, da allora in poi, certe costanti della letteratura occidentale trovino origine diretta negli aspetti pid immutabili della condizione umana; e sia irrilevante la coincidenza con una razionalizzazione laica del mondo sempre crescente,
anzi sempre culminante? D’altra parte siamo esposti a una riduzione all’assurdo non meno flagrante, partendo dalla distribuzione cronologica delle costanti. Se restiamo dentro l’ipotesi del riferimento diretto a un’esperienza collettiva; e ci limitiamo a sovvertire il tipo di dati di realta da cui attenderci potenza esplicativa. Se cioé sostituiamo, ai grandie fissi referenti antropologici, i referenti della storia culturale, sociale, politica, economica
di un’epoca in cui sono cambiate allo stesso ritmo le idee e la faccia della terra. E vero che un ritmo accelerato di rinnova-
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mento, accelerando le scadenze periodiche del disuso, accresce anche il numero delle cose accantonate: un processo
che abbiamo gia visto riflettersi nelle immagini della letteratura (II, 9, 14). E tuttavia, chi vorra ammettere che fra il 1812 e il1969, nel mondo reale, le antimerci abbiano prevalso sulle merci— che gli oggetti inutili o invecchiati o insoliti siano stati pid: numerosi, pit vistosi, pid importanti di prima, ri-
spetto a quelli utili o nuovio normali? Nel primo capitolo sostenevo che la letteratura é testimonianza insostituibile del passato (I, 2-3); ma definivo come un ritorno del represso antifunzionale il fenomeno che, in letteratura, si accresce nel
periodo entro cui ho cominciato a esemplificarlo nel secondo capitolo. Ecco perché una risposta positiva all’ultima domanda retorica sarebbe ancora pit inammissibile che alla precedente. Stavolta c’é, fra costanti letterarie e dati di realta, un rapporto a cui pare applicabile la struttura contrastiva, oppositiva del concetto di ritorno del represso; e dipende da un tale rapporto l’impossibilita di riferire direttamente le une agli altri. Riferimento diretto non vuol dire allora ingenuo solo nel senso, ea causa, della mancanza d’una mediazione di codice.
L’attributo trae un senso peggiorativo anche dalla falsa immediatezza di un rispecchiamento senza rovesciamento: dalla mancanza di contraddizione. Chiunque sia stato un lettore attento del primo capitolo di questo libro (anche se non del ciclo dei miei libri precedenti), intuira tutta la portata teorica della riserva in questione. Essa ci trasporta gia dalla seconda verso la terza delle decisioni prese; ma vale la pena che ci riporti ancora dai referenti storici a quelli-universali. Ci stiamo interrogando sul rapporto tra referenti e costanti tematiche, e si sa che precisamente la qualifica di «critica tematica» fu attribuita negli anni’50 e 60 a un indirizzo della nouvelle critique francese. Qui non ¢’é spazio per rendere giustizia ai
singoli studiosi; l’interessante é che qualcuno frapponesse, tra i referenti universali che presumeva e le costanti tematiche dei testi di cui parlava, un immaginario individuale 0 collettivo diverso dal codice letterario eppure precostituito, articolato, quindi non dissimile da un codice a sé. Sull’immobi-
lita archetipica dei referenti universali di un tale immaginario, ispirata a Jung e a cid che pit lo differenzia da Freud, é solo di riflesso — qui— che verte la mia riserva.
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In prima istanza, essa coincide con l’obiezione presto mossa alla critica tematica dal punto di vista dello strutturalismo: che i suoi ritagliamenti dell’immaginario difettassero della necessaria altezza di astrazione, fossero enumerazioni informi di materie troppo concrete’. E facile davvero ideare un libro composto con le nostre costanti intorno al 1960 in francese, nel quale si sarebbero accostati con sensoriale diletto temi e temi, sempre a livelli di astrazione cosi bassi da rasentare le cose stesse. Restando all’esemplificazione del secondo capitolo, si sarebbe parlato di tema del reliquiario privato, degli arredi dissacrati, del ciarpame ammucchiato, della flora e fauna invadente, dei relitti marini, degli strumenti
arcaici; e perché non addirittura di tema dello scrigno e del cassettone, dei capelli e fiori morti, dei soprammobili e delle vecchie poltrone, della fogna e dei topi e rospi, dei cocci e della porta fradicia?... Finché un’analisi non raccoglie per tutte costanti tematiche che immagini di cose, funzionali 0 no, importa poco che i suoi livelli di astrazione siano oscillanti e pid o meno elevati. L’altezza di astrazione di un’analisi non sara né sufficiente né coerente finché non fa risaltare quei rapporti logici o antilogici, che soli danno forma e senso alle materie concrete: rapporti intercorrenti fra i dati di realtae la loro assunzione a costanti della letteratura, ma facenti
testualmente e definitivamente parte delle costanti stesse. 4. Passiamo dall’ipotesi di un immaginario codificato a quella di un codice specifico della letteratura, finora sempre indicata trattando come sinonimi le due parole codice e tradizione. Quale che fosse l’ingenuita imputata al riferimento realistico diretto, ricondurre invece costanti letterarie a tradizione letteraria non rischia di apparire operazione inge-
nua; lo assicura perfino una vaga affinita di essa col tipo di ragionamento meno ingenuo ossia meno rischioso concepi-
bile, la tautologia. L’operazione sara per lo pit da approvare a ragione come pertinente e scaltrita, e rare volte si prestera
al sospetto di essere solo evasivamente scaltra — essendo garantita, fra letteratura e altra letteratura precedente, quell’omogeneita che non é garantita fra letteratura e realta. E tuttavia le costanti tematiche restano per definizione le pit pro3 Cfr. Orlando, Per una teoria freudiana cit., pp. 21-22, 192-93 (con citazione da Genette).
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blematiche, all’interno di una tale omogeneita; non vi si lasciano tidurre per intero come le costanti metriche o sintattiche, retoriche o narratologiche. Ogni volta che la specificita della letteratura é stata irrigidita in un preconcetto di autonomia, le costanti tematiche non hanno lasciato che il piccolo imbarazzo di un’unica scelta: o svuotarle di sostanza quali meri ingredienti del procedimento compositivo, come fu una tendenza del primo formalismo russo; 0 fare finta in tutta la misura del possibile che non esistano, come accadeva ordinariamente sulla linea dello strutturalismo. Col guaio di dover fare appello per concisione a molte altre parole in -ismo, 8 impone a questo punto una distinzione elementare e sommaria, quanto alle concezioni di tradizione o codice negli studi letterari del Novecento. Il rinnovamento di essi entro i due primi decenni del secolo ebbe come denominatore comune
non minimo, nelle
maggiori lingue europee, l’inversione di quelle tendenze al riferimento realistico diretto che erano state a loro volta una conquista dell’Ottocento: storicismo, biografismo, sociologismo romantici prima, positivisti poi. Nella cultura francese, dove resto pit imperturbabile nel continuare i metodi ottocenteschi la dottrina universitaria, si ebbero in cambio precocemente le affermazioni forse pit lucide della specifici-
ta della letteratura da parte di scrittori — anziché di professori, critici o filosofi. Ma la specificita, e addirittura l’autonomia, della letteratura, potevano venire affermate con opposti atteggiamenti rispetto alla dimensione temporale e storica: 0 tenendone conto, e distribuendoci sopra connessioni e sviluppi, sia pure specifici o autonomi; oppure azzerandola, e magari proiettando al di sopra di essa l’ideale contemporaneita di tutto. Con l’alternarsi o con lintrecciarsi di questi due atteggiamenti, durante il secolo, le concezioni di tradizione o codice letterario sono variate non poco. Il primo atteggiamento era piu tipico di un neoidealismo tedesco e italiano — a dispetto dell’estremismo teorico di Croce; ed é venuto facilmente a patti con |’eredita erudita del positivismo. Ne é stata resa possibile una storiografia letteraria la cui autorita ha basi profonde nel senso della tradizione che la caratterizza. I] secondo atteggiamento era pit tipico in parten-
za del formalismo russo; ma anche di quello ascrivibile a grandi poeti di lingua francese, e inglese. E confluito con la
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proposta semiologica di Saussure nello strutturalismo, dominato dall’idea di codice, e lo si rintraccia fino ai postumi recenti di esso. Non certo con proprieta storica, ma per chiarezza, po-
tremmo parlare di tradizione letteraria quando un codice é visto svilupparsi in diacronia; di codice letterario, quando una tradizione é vista proiettarsi in sincronia o in pancronia.
L’interesse verso le costanti tematiche é stato tutt’altro che pari sotto il segno della tradizione o del codice rispettivamente, cioé negli studi idealistico-positivistici di storia letteraria, o in quelli formalistico-strutturalistici di teoria della letteratura. Del disinteresse in questi ultimi parlavo prima; tanto pit un peccato se, da essi, si fossero potute sperare co-
dificazioni di costanti tematiche non limitate a documentabili rapporti storici fra testo e testo, come invece vogliono i concetti di fonte, fortuna, gusto, moda, modello e luogo comune 0 fopos. Di fatto, negli studi dove uno spazio teorico trascende gli obblighi di tali concetti, esso si é aperto — talvolta con alte riuscite — solo a codici di costanti retoriche o narratologiche o comunque formali. All’opposto, gli studi il cui spazio é concentrato nella tradizione storica avevano prodotto proprio badando a costanti tematiche non pochi dei loro capolavori; e qualche capolavoro degli studi letterari in generale. Senza contare il pit importante per noi — Mizme-
sts di Auerbach, a cui ho gia dovuto rifarmi, e il cui taglio del resto non é per temi ma per autori ed epoche -, vanno ricordati due libri celebri, a causa di coincidenze fra i loro ambiti
cronologici e le periodizzazioni di questo libro. La coincidenza é principalmente negativa con Lettera-
tura europea e Medio Evo latino di Ernst Robert Curtius *: dove si documenta la continuita d’un gran numero di fopot dall’antichita greco-latina fino al rinascimento piu tardo. Fino al Settecento — al romanticismo sostanzialmente escluso, malgrado sparse citazioni posteriori. E interessante che il limite inferiore d’un patrimonio di costanti classico e millenario tocchi il limite superiore di distribuzione delle nostre costanti; nel senso gia detto, non d’una nascita di esse
4 E.R. Curtius, Letteratura europea e Medio Evo latino, La Nuova Italia, Firenze
1992.
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nel loro insieme, ma d’un loro massimo accrescimento e rinnovaménto. Non é meno interessante che in questo senso le
nostre costanti abbiano lo stesso approssimativo limite superiore, disegnabile a volonta entro la seconda meta del Settecento, di quelle moderne documentate da Mario Praz in La carne, la morte e tl diavolo nella letteratura romantica’. Ossia, di costanti perverse nell’ordine erotico, affettivo e morale, come le nostre lo sono nell’ordine funzionale e fisico; dunque in qualche modo complementari, e di fatto contemporanee per tutto l’Ottocento — fino a oggi senza limite inferiore certo. Tuttavia entrambi i libri, diversi come sono nell’elabo-
rare le loro documentazioni formidabili per dottrina e sicurezza storica, lasciano correre uno iato aproblematico fra tradizione letteraria e dati di realta. L’allontanamento dai dati di realta e dai problemi che pongono é in qualche misura un male necessario, in ogni studio che riconduca la letteratura a letteratura precedente: per ragioni di divisione del lavoro intellettuale, e anche fuori dal compiacimento che non di rado accompagna tale operazione nella cultura italiana — dove é pit ereditaria una punta di mandarinismo o narcisismo specialistico. Ma l’ombra di tautologia che assicura la scaltrezza dell’operazione non ne elimina in tutti isensi, almeno nel caso di costanti tematiche, un rischio d’ingenuita. Il riferimento diretto a dati di realta ci era apparso ingenuo, oltre che in quanto non mediato da codice o tradizione, in quanto non mediato da contraddizione; a sua volta, il ricondurre costanti tematiche a pura tradizione letteraria elude — nella falsa immediatezza dell’omogeneita fra letteratura e letteratura — quelle tensioni logiche o antilogiche che presuppongono un rapporto coi dati di realta. Attraverso il circolo vizioso per cui lopera singola rimanda al corpus di quelle preesistenti, e il corpus preesistente si scompone in opere singole, al limite lo storicismo degli studi di tradizione letteraria mette in disparte dalla storia o fa indie-
treggiare oltre la storia la tradizione stessa. In altri termini, non ha vera risposta a domande sia innocenti che maliziose: perché i codici durano? perché le costanti tematiche continuano a interessare nuovi autori e lettori? A quando risale la > M. Praz, La carne, la morte e il diavolo nella letteratura romantica, Sansoni, Firenze 1948.
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partenogenesi della tradizione letteraria — fra la Bibbia e Omero che la fondano storicamente per noi, e il trapasso preistorico dalla scimmia all’uomo con le origini del linguaggio, o del lavoro, o di un divieto sessuale? 5. Nell’atto di prendere la seconda e la terza decisione, parlavo di equilibrio preliminare fra le due ipotesi a confronto: sara consistito nel cercare a pit riprese di ridurle all’assurdo entrambe. Ma é stato evidente a pit riprese che non puo consistere né in un giusto mezzo empirico, né soltanto
nel rimediare all’insufficienza di ciascuna ipotesi integrandola con l’altra. Non si tratta soltanto di mediare riferimento realistico con tradizione letteraria, rendendo l’uno indiretto
e laltra impura; si tratta soprattutto di mediarli tutti e due con una logica della formazione di compromesso. La contraddizione che una tale logica presuppone fra costanti e dati di realta, non solo é da presupporre letterariamente assunta dentro ogni singolo testo, ma anche istituzionalizzata in una tradizione poiché parliamo di costanti fra testo e testo. Reciprocamente: cid che accade con le nostre costanti fra tardo Settecento e primo Ottocento — in coincidenza approssimativa col declino dei ¢opoz studiati da Curtius e con l’avvento dei temi studiati da Praz—, dev’essere concepito come inizio d’una o pit d’una tradizione, senza che percid possa venir meno il presupposto d’una contraddizione con dati di realta. E alla pid clamorosa delle precedenti riduzioni all’assurdo che conviene rifarci, per formulare ulteriori decisioni virtualmente gia prese. Consideriamo la proposizione aberrante: ‘c’é stato aumento delle immagini di oggetti non-funzionali, in un secolo e mezzo di letteratura, perché é stato prevalente l’aumento di simili oggetti nel mondo reale’. Un’affermazione vera é collegata a un’affermazione falsa da una congiunzione causale — perché —, la quale sottintende fra letteratura e realta un rispecchiamento positivo. Se ci limitiamo a correggere l’affermazione falsa, metteremo in buona logica al posto della causale la concessiva, la quale lascia le cose inesplicate: ‘pit oggetti non-funzionali in letteratura, benché pit oggetti funzionali in realta’. Ma se ci ricordiamo — per restare in metafora — che ogni specchio é capovolgente quand’anche non deformante, metteremo il modello di un rispecchiamento negativo al posto del miraggio di quello po-
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sitivo. Con un un passaggio familiare alla cattiva logica della formazibne di compromesso, e ricorrente nel ciclo dei miei libri freudiani*, capovolgeremo la concessiva nella causale vera: ‘pit oggetti non-funzionali in letteratura, perché pit oggetti funzionali in realta’. La raccolta delle antimerci immaginarie non sarebbe diventata immane o mostruosa, se non l’avesse preceduta nel diventarlo la raccolta di merci tangibili della ricchezza sociale. * A queste conclusioni pud sembrare ovvia obiezione un fatto: che sono antecedenti alla svolta storica in questione sia serie di occorrenze isolate, sia intere parti dell’insieme delle nostre costanti. Ma non si pretende che da una enorme trasformazione della realta, con la sua forza di provocazione, il discorso contraddittorio della letteratura venga fondato. Se, in quanto tale, esso acquista a un certo momento un’evidenza maggiore di prima, si pretende di meno e di pit: di fondarlo in una contraddizione col reale, entro le debite proporzioni, anche prima. Riguardo al fenomeno che ci interessa, la svolta storica € un momento di verita, non di genesi. E in quella storia del rapporto fra l'uomo e le cose che la letteratura non basta a documentare (1, 2), se ci affidiamo a una pa-
gina di Lévi-Strauss, é una svolta unica: l’altra essendo preistorica, e il processo scatenato da «una molteplicita di invenzioni orientate nello stesso senso» essendosi ripetuto «due volte, e due volte sole, nella storia dell’umanita». Della rivoluzione scientifica e industriale moderna, «per ampiezza, universalita e importanza delle conseguenze, solo la rivoluzione neolitica aveva a suo tempo rappresentato un equiva-
lente». Nella stessa pagina si legge che la civilta occidentale (ai tempi in cui la situiamo fra Medio Oriente e Grecia) accrebbe di alfabeto, aritmetica e geometria il proprio «capitale neolitico iniziale»; ma che segui «una stagnazione», per 2000 0 2500 anni, «dal primo millennio prima dell’era cristiana sino al xvi secolo circa»’. Non puo non dar da pensare il fatto che una tale durata di civilta relativamente stabile, secondo Lévi-Strauss, coincida con la durata della tradi6 Cfr. Orlando, Due letture freudiane cit., pp. 40, 174. 7 C. Lévi-Strauss, Razza e storia e altri studi di antropologia, Einaudi, Torino 1967, PP. 130-31.
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zione topica delimitabile negli studi letterari secondo il libro di Curtius. Pare emergerne una immensa periodizzazione: se entrambe tali durate terzinano all incirca nel Settecento, an-
che il tramonto della tradizione letteraria topica é da connettere alla rivoluzione avvenuta intorno a quel secolo, scientifica e industriale come ideologica e politica. Inoltre pero, se entrambe tali durate cominciano dopo una rivoluzione preistorica — di ben pit lungo e ben pit disperso assestamento —, anche le origini della tradizione letteraria topica sono da connettere a una — arcaica— razionalizzazione del mondo. La tradizione in questione include da un certo punto in poi le costanti pid antiche del nostro insieme; si pud presumerle a loro volta formazioni di compromesso codificate, e riproposte per millenni. Quando é il caso, si pud supporvi la traccia di compromessi preletterari altrettanto antichi. Verifichiamo quanto era prevedibile sin dalla fine del primo capitolo: due decisioni discendenti da punti di vista di solito distinti e contrapponibili come la teoria e la storia, qui fanno in pratica tutt’uno. La decisione tipicamente storica di interpretare la distribuzione cronologica delle nostre costanti; la decisione tipicamente teorica di interpretare le nostre costanti secondo il modello logico o antilogico freudiano. Stavolta é quasi una decisione in due, pit che due decisioni in una. Formuliamole cos, rispetto alle nostre costanti: 1v. Una svolta storica é interpretabile nella loro distribuz10ne. v. Sono interpretabili in teoria come formazioni di compro-
messo. 6. Fin qui siamo pervenuti impiegando la parola « costanti» al plurale, coi margini d’indeterminato che manteneva nei preliminari del primo capitolo come tra i sondaggi del secondo. Non resta che da mettere in questione un tale plurale indeterminato, ponendo domande che ci avvicinano a prendere le decisioni operative ultime: quali costanti, piu precisamente? e se diventa lecito chiedere, quante? Domande da non porre per chi, impaziente dell’atteggiamento sistematico, considera un colmo d’indelicatezza il classificare i fenomeni — almeno quelli letterari. Senonché il classificare é un esercizio certo meno immediato e pit arbitrario, ma non
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troppo diverso in sostanza dal parlare: non mancando mai di imporre classificazioni dei fenomeni, pit o meno sistematiche, la lingua stessa. Nei casi in cui l’alternativa al parlare é l’essere parlati dalla lingua esistente, subendone le coazionie le improprieta, oppure il tacere rassegnandosi alle lacune di essa, classificare non significa altro che tentare di migliorarne le risorse. Se non lo avessero fatto con successo codificazioni antiche, medievali e moderne di costanti letterarie, non parleremmo della letteratura: non disponendo nemmeno di parole come «metafora», «sonetto» o «romanzo». La sobrieta nel conio di neologismi, prima ancora che a vantaggio della delicatezza, va raccomandata appunto a vantaggio del successo linguistico dell’operazione. Ma, mi si obiettera, ho riconosciuto che le costanti letterarie meglio codificate o classificate sono di specie comunque formale; con che criterio, d’un qualche rigore, distinguere costanti cosi corposamente tematiche come le nostre? Di fatto, delle cinque decisioni gia prese, ciascuna delle ultime quattro racchiudeva un criterio degno di considerazione a tal fine — sebbene gia ricusato, nei casi della seconda e terza decisione, con la critica rispettivamente del riferimento realistico diretto e€ della tradizione letteraria pura. In assoluto, é innegabile che le nostre costanti si lascerebbero ordinare secondo referenti di realta o materie di contenuto; come secondo generi letterari e lingue nazionali. E cosi pure secondo epoche o distribuzione cronologica, a voler estendere il criterio che é insito nella quarta decisione; e secondo tipi di formazione di compromesso 0 situazioni di contraddizione, a voler articolare il criterio suggerito dalla quinta. Non uno di tutti questi criteri mi é parso adeguato ad avviare e sorreggere da solo l’operazione classificatoria. Eppure non ce n’é uno la cui istanza specifica possa essere impunemente igno-
rata, nell’elaborare distinzioni che reggano e rendano sul banco di prova decisivo: quello dei testi. Dei due criteri imparentati fra loro che sono l’appartenenza delle nostre costanti a generi letterari e ambiti linguistici, e la loro successione in periodi o date, sara subito evidente che entrambi di per sé condurrebbero a risultati poverissimi d’informazione. Eppure sarebbe insoddisfacente, con altrettanta evidenza, ogni sistemazione o suddivisione che mancasse d’una qualche corrispondenza coi filoni della tradizione letteraria; co-
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me ognuna che non rendesse conto in qualche modo della svolta storica che sappiamo. Quanto al criterio di realta, delle sue tre precedenti ridu-
zioni all’assurdo (t11, 3), rifacciamoci stavolta a quella che ho
derivata — nel criticare la cosiddetta critica tematica — dalPeccesso di aderenza alle cose. Sarebbe un gioco ricalcarla sfruttando, al posto degli esempi testuali del secondo capitolo, quelli convenzionalmente inventati nel primo: per mostrare la larga intercambiabilita delle cose stesse. Inventando meno convenzionalmente, imitando l’imprevedibilita degli esempi testuali, niente impedirebbe di attribuire un effetto comico al castello spettrale e uno terrificante all’abito trasandato, o una funzione secondaria di propaganda agli arredi d’antiquariato e una di merce alla chiesa sconsacrata. Ma il gioco é troppo facile, al punto che non tarderebbe a diventare difficile; e non solo e non tanto perché l’intercambiabilita delle cose finirebbe col rivelarsi non illimitata, neppure in esempi fittizi. Soprattutto perché le immagini di cose concrete non risulterebbero variabili, se non all’interno di quei rapporti astratti che precisamente chiamo le nostre costanti. Ciascuno dei possibili predicati di non-funzionalita non é predicabile indifferentemente di qualunque sostantivo; nella classificazione dovuta alla lingua, come le cose concrete corrispondono ad altrettante classi concettuali, cosf i rapporti astratti che le qualificano riflettono essi stessi dati di realta, racchiudono condizionanti residui di cose. La forma-
zione di compromesso, che da il nome a tali rapporti nel nostro caso, € un concetto della massima astrazione e un «mo-
dello vuoto». Ma perfino schematizzato, ridotto alla formula ‘x benché y’, conserva un riferimento a situazioni di fatto: a qualche incompatibilita fra una qualunque istanza e un’altra. Cosi, mentre si ripete il rinvio da dati di realta a formazioni di compromesso, gia s intravede come mai nemmeno queste ultime bastino per fornirci a loro volta il criterio richiesto. Il libro pit teorico del mio ciclo freudiano si chiudeva su una tipologia di formazioni di compromesso nei contenuti della letteratura; esse configuravano modi e livelli di un ritorno del represso immediatamente esemplificato con le trasgressioni d’un imperativo morale o pratico’. Nel primo capitolo 8 Cfr. Orlando, Per una teoria freudiana cit., pp. 77-87.
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di questo libro, dopo averne distinto quel ritorno del represso meno'owvio che é trasgressione d’un imperativo razionale —con la sua ambivalenza letteraria fra contenuti e forme -,
ho parlato per la prima volta di ritorno del represso come trasgressione d’un imperativo funzionale (1, 3). In tutti e tre i casi, i contenuti della letteratura si fanno sede di trasgressioni immaginarie d’un imperativo extraletterario; ma il grado di astrazione dei concetti non sara identico nei tre casi. Mi sembra che debba variare secondo che le trasgressioni immaginarie corrispondano o non corrispondano a possibilita di trasgressione anch’esse extraletterarie, reali. Se si, émolto pia probabile che categorie discendenti da deduzione extratestuale confermino la loro pertinenza nell’analisi di testi concreti; mentre, in mancanza di ogni corrispondenza extraletteraria, garantira categorie pertinenti soltanto l’induzione che le astrae a partire dai testi stessi. Nel caso delle trasgressioni di imperativi morali o pratici, che la letteratura pud rappresentare con complicita maggiore o minore, la loro universale preesistenza a qualsiasi rappresentazione letteraria éevidente. E percid che, per il ritorno del represso relativo, una tipologia di formazioni di compromesso poteva darsi a livello elevato di astrazione: in apparente provvisoria indipendenza da testi. Niente corrisponde invece, prima e fuori della letteratura, a quella trasgressione d’un imperativo funzionale che la letteratura produce compiacendosi di rappresentare oggetti connotati in certo modo. E una rappresentazione trasgressiva, ma non é la rappresentazione di una trasgressione: entro il piano immaginario dove gli oggetti si limitano a esserci, non é previsto un soggetto trasgressore. Nel senso di cui parliamo, non conta come tale nemmeno il personaggio — se per caso ce n’é qualcuno — che, per sua negligenza, violenza ecc., risulti agente responsabile della defunzionalizzazione. L’immaginaria responsabilita di un compiacimento nella contraddizione dell’imperativo funzionale, appartiene tutta all’autore o al lettore: o meglio al testo. Viene istituita dalla parola letteraria, come in quei verbi che i linguisti chiamano performativi — «giuro», «dichiaro» — viene enunciata un’azione che si compie con l’atto stesso di pronunciarli. Del resto, anche nel caso delle trasgressioni d’un imperativo razionale non c’é altro soggetto trasgressore se non |’au-
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tore o il lettore o il testo, sia che si tratti di forme figurali o di contenuti soprannaturali; pure non per questo, in tal caso, si pud dire che niente corrisponda alla trasgressione prima e fuori della letteratura. Limitando il discorso ai contenuti soprannaturali e al credito accordato a essi, non solo essi preesistono spesso nel mito o nel folklore orale alla letteratura scritta, ma preesistono sempre agli uni e all’altra nella fantasia arcaica o infantile. Un tale statuto intermedio del ritorno del represso irrazionale renderebbe non impossibile né inutile, credo, una relativa tipologia di formazioni di compromesso come la precedente: deducibile da un livello di astrazione altrettanto elevato. Nel caso invece del ritorno del represso antifunzionale, l’ipotesi analoga non ha mai cessato di sembrarmi impraticabile, durante la lunga gestazione di questa ricerca. Qui converra parlare di formazioni di compromesso, singolari 0 codificate, soltanto caso per caso: cioé per singoli testi, o per categorie di testi ottenute con altro criterio. E soltanto la distinzione introdotta nel primo capitolo, tra formazioni di compromesso puramente letterarie 0 partecipi d’un compromesso preletterario (1, 4-5), égenerale abbastanza per venire ripresa in una operazione classificatoria.
7. E adesso chiaro perché il criterio adeguato all’operazione in questione non potra essere che induttivo: o almeno, piuttosto induttivo che deduttivo. I contenuti specifici dei testi riuniti in questo libro saranno tanto piu insostituibili nel dettare somiglianze e opposizioni, quanto meno le loro somiglianze e opposizioni — e la loro specifica trasgressivita — si sarebbero sospettate per vie extraletterarie prima di riunire i testi. Certo, nei termini semiologici di Hjelmslev che avevo utilizzati per la tipologia precedente, anche in questo libro m’interesso a «forme e sostanze del contenuto»: nella misura stessa in cui m’interesso a testi, entro la cui concreta esi-
stenza linguistica il contenuto é una sostanza per definizione ritagliata da una forma. Ma se non mi fossi interessato nello stesso tempo a una o pit d’una corrispondente « materia del contenuto», astratta, per definizione non ritagliata, i testi
non sarebbero stati mai riuniti e il libro mai concepito. Gia in quella precedente occasione avevo messo in dubbio che la materia del contenuto, priva di esistenza linguistica secondo
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il setniologo, sia percid come priva di esistenza in assoluto; e sia davvero qualcosa di cui non si puo parlare. Avevo sostenuto che smentisce una tale inesistenza o inef-
fabilita il ragionamento stesso attraverso cui Hjelmslev perviene al concetto’, e vorrei aggiungere che da sole la smentiscono le bellissime metafore a cui si affida. «E come una stessa manciata di sabbia che pud prendere forme diverse, o come la nuvola di Amleto che cambia aspetto da un momento all’altro»; «... il proiettarsi della forma sulla materia, come una rete che proietti la sua ombra su una superficie indivisa» ”. Per quanto immancabili e imprescindibili la diversita di forme, il cambiamento di aspetto, la rete d’ombra, niente prenderebbe forme diverse se non esistesse una stessa manciata di sabbia, niente cambierebbe aspetto se non esistesse /a nuvola, non vi sarebbe ombra di rete a dividere niente se non vi fosse wna superficie. Sabbia, nuvola, superfi-
cie, posseggono una consistenza riconoscibile attraverso le forme che prendono o che vi si proiettano; e le metafore indocili si svelano pit materialiste del pensiero che sono incaricate di materializzare. Il semiologo parla — di fatto — d’una materia dei contenuto, e ne parla astraendola da diverse formulazioni linguistiche che mette a confronto. Cosi a me é stato possibile astrarne una o pit d’una, e parlarne, mettendo a confronto una pluralita di testi letterari in base a costanti tematiche: anzi unicamente tale materia comune, postulato e risultato insieme del confronto, é cid che mi permette di parlare di quei testi e delle loro forme e sostanze da un punto di vista nuovo. Lo spazio dell’operazione classificatoria sara quello che intercorre fra un puro dato di materia del contenuto, qualcosa come un minimo comun denominatore semantico, e la se-
rie dei testi ai quali appunto esso é comune. Raffiguriamoci l’astratta materia come un punto quasi immateriale, in alto; in basso, la letteratura concreta come una linea retta fatta di
tanti segmenti, ognuno dei quali corrisponde al sintagma lineare di un testo. In mezzo, lo spazio vacante corrisponde a una mancanza di vocaboli ben definiti per le nostre costanti ? Ibid., pp. 36-39, 41, 43; e cfr. L. Hjelmslev, Ifondamenti della teoria del linguaggio, Einaudi, Torino 1968, pp. 55-56 (pp. 52-65). 0 Thid., pp. 56-57, 62.
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— meglio definiti di quelli impiegati finora —, se la classificazione non é altro che ricerca di parole giuste per approssimazione. Si trattera di disporre parole su livelli intermedi: via via piu concreti del minimo comun denominatore, del quale vanno specificando e suddividendo la portata; via via pid astratti dei testi, dei quali vanno ordinando e gerarchizzando le caratteristiche. Attraverso tali livelli, definizioni di categorie saranno ottenute per opposizioni successive — per rapporti di contrarieta o contraddittorieta da cui vengano
messe in rilievo varianti sopra costanti, differenze sopra somiglianze (quali ne emergevano da tutti gli esempi del secondo capitolo). Dall’alto in basso disporremo parole sempre in maggior numero: le definizioni complete avranno tante pid parti in comune quanto pit si risale verso il minimo comun denominatore, e tante piu parti in contrasto quanto pit si
scende verso i testi. Il minimo comun denominatore sara il solo a far parte di tutte le definizioni, e ciascuna definizione si arrestera solo su parole che non facciano parte di nessuna delle altre. Avevo parlato di un criterio piuttosto induttivo che deduttivo; e tuttavia il movimento apparente e ragionato delPoperazione, di livello in livello, sara deduttivo o discendente. Ma si scontrera a ogni livello con un latente e scontato movimento inverso, che sara induttivo o ascendente. E questo avra autorita decisiva nel prevenire e circoscrivere le scelte che l’altro esige: come esce dai testi per confronto il minimo comun denominatore, cosi spetta alla nostra conoscenza dei testi determinare per convenienza ogni astrazione inferiore. Un tale movimento duplice e convergente, animato dalle iniziative dell’informazione induttiva e orientato dalle regole del gioco deduttivo, dovra ben chiamarsi arbitrario. Arbitrario non certo nel senso di gratuito, non perché mi tenti una cattiva liberta nell’intendere o nel collegare i testi; ma nel senso di strategico, giacché il rispetto dei testi lascia spazio a esigenze di chiarezza, economia ed eleganza oltre che di coerenza dell’operazione. Lo stesso arresto delle definizioni su opposizioni terminali sara strategicamente arbitrario, in quanto astensione da una discesa possibile a opposizioni ulteriori. Non so se sarebbe mai possibile scendere a categorie cosi precise da definire un unico testo: quand’anche simili categorie restassero pit astratte d’una descrizione
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o d’tna parafrasi o d’una recitazione di quel testo, mancherebbe loro l’utilita delle categorie che sta nell’offrire la parola per una pluralita di cose. Infine, arbitrario e strategico sara anche l’impiego che l’operazione prevede dei propri risultati, non mirando a categorie chiuse e alternative bensi sfumate, interferenti o polari. Eccoci ad aver preso le due ultime decisioni, ancora una volta in coppia e stavolta per loro stretta consequenzialita; sempre rispetto alle nostre costanti, formuliamole cosi: vi. Merttano definiztoni in parte uguali e in parte diverse.
vu. Ammettono arbitrio strategico a ogni parte di defintzone.
8. Per procedere dunque a definire come categorie le nostre costanti, definiamo il minimo comun denominatore, nostra costante al singolare. In apertura del libro avevo parlato di cose inutili o invecchiate o insolite; nel titolo, di oggetti desueti — esponendo un aggettivo che é in qualche modo si-
nonimo di tutti e tre quegli altri; l’aggettivazione successiva era stata varia e pit o meno concreta. II vocabolario da assumere ora sara tanto piu rispettoso a priori dei testi quanto
pid astratto. Scegliamo, per designare la materialita di cose fisiche nella materia del contenuto dei testi, il pid astratto dei sostantivi possibili; e per designare le connotazioni di tali cose, il pid astratto fra i predicati negativi gia impiegati. Parliamo di (immagini di) CORPOREITA NON-FUNZIONALE, prov-
vedendo questi termini uno dopo I’altro di qualche precisazione.
£
L’astrattezza del sostantivo sarebbe eccessiva, se per delimitarla non cominciassimo a introdurre opposizioni pertinenti: potrebbe trattarsi di CORPOREITA umana o non umana, vivente o non vivente, e incrociando le opposizioni 1) umana vivente, 2) umana non vivente, 3) non umana vivente,
4) non umana non vivente. Il lettore sa che a interessarci é la quarta ipotesi, sono le cose inanimate della natura e i manufatti della cultura. Pure, conoscenza dei testi insegna che sarebbe malagevole e pedantesco ignorare, quando si mescolano all’ipotesi che ci interessa, la seconda e la terza ipotesi: la corporeita cadaverica, e quella di animali vivi, specie di certi animali. Nei limiti del possibile, cioé del testualmente sepa-
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rabile, é la prima ipotesi che bisogna invece escludere dalla nostra considerazione. E vero che il corpo umano vivente puo venire connotato di debolezza, decrepitezza, infermita, deformita; e pud anche figurare come mortuario, o bestiale, oO inanimato. Pure, conoscenza dei testi insegna che il prenderne in considerazione le immagini altererebbe troppo, e allargherebbe oltre ogni limite, un oggetto di ricerca determinato e gia sterminato. Forse il lettore non sara troppo sorpreso se mi rifiuto a ogni reale precisazione preliminare del predicato negato, FUNZIONALE: dell’idea stessa di funzionalita, cos{ essenziale alla ricerca. Qui, pit che duttilita empirica, é prudenza storica che sconsiglia di definire rigorosamente |’aggettivo una volta per tutte —o anche solo di delimitarne l’ambito di senso corrente. II suo senso va lasciato aperto a precisazioni, 0 a
sottintesi, ampiamente variabili volta per volta: in vista di un corpus di testi cosi eccezionalmente eterogeneo quanto a
tempi e spazi di provenienza culturale. Funzionale vorra dire cid che risponde a un’ idea di funzionalita manifesta o latente entro ciascun testo, e in rapporto con la cultura a cui quel testo appartiene. Rapporto non contraddittorio, o si, se si guarda a intenzioni o a ideologia d’autore; ma sempre contraddittorio oggettivamente, testualmente, almeno nella misura in cui la funzionalita é per ipotesi negata. E a sua volta perfino l’avverbio NON, la negazione del predicato, é suscettibile di essere inteso in pit d’un senso — da cui altre oscillazioni della terminologia gia impiegata. Non solo, cioé, in senso letterale e generale, come mera privazione del predicato di funzionalita; ma anche in senso pit forte o conflittuale, come disturbo o danneggiamento o sovvertimento di esso — da cui il ricorso a un aggettivo come antifunzionale. II sottinteso temporale della perdita d’una funzione anteriore pud dare alla negazione del predicato il senso di non pit funzionale. La perdita pud essere diminuzione in atto o in corso, e la negazione avere un senso protratto o incoativo: come sem-
pre meno funzionale. Abbiamo cosj{i tre termini del minimo comun denominatore. Sui quali é tempo di chiudere questo capitolo metodologico; ma alla loro enunciazione ho premesso, fra parentesi, immagini di... E una premessa che restera sempre sottintesa
da ora in poi, restando fuori questione che parliamo solo di
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lettetatura. Non;si pud eludere tuttavia la domanda: fra il
grado diconsistenza letteraria che ci fa parlare d’una immagine o altrimenti d’una descrizione, d’un tema o almeno d’uno spunto, e — all’ opposto — la semplice e fugace menzione d’una qualche corporeita non-funzionale in un testo, a partire da che punto presteremo attenzione? La risposta non pud essere empiricamente quantitativa, non pud fermarsi a un
conto di parole o di righe. Ha bisogno d’una vasta esemplificazione, come l’operazione classificatoria: é solo al di la di questa, e col soccorso dei suoi risultati, che si potra tentare di darla. Allo spazio semantico appena definito, il campo delle menzioni semplici e fugaci di corporeita non-funzionale sarebbe contiguo, diciamo cosi, per difetto. Maesiste una contiguita per opposizione: sottoponendo a
opposizioni contraddittorie sia il sostantivo che l’aggettivo del minimo comun denominatore, due opposizioni incrociate danno di nuovo quattro ipotesi. Si pud avere rappresentazione letteraria di 1) corporeita funzionale, 2) corporeita non-funzionale, 3) non-corporeita funzionale, 4) non-corporeita non-funzionale. L’ipotesi che studiamo é la seconda; ammettiamo che la quarta corrisponda alle costanti studiate a suo tempo da Praz, che ho chiamate perverse nell’ordine erotico, affettivo e morale come le nostre lo sono nell’ordine
fisico. La terza, opposta a quella che c’interessa non una volta ma due, corrispondera allora a rappresentazioni di buoni sentimenti, di opinioni giuste, di comportamenti corretti. Con entrambe queste ipotesi abbiamo contiguita per opposizione, ma lopposizione verte sul sostantivo stesso prima, 0 senza, che sul predicato: é troppo generale per incoraggiare incursioni, se non occasionali. Resta la prima ipotesi, le immagini di corporeita funzionale, a segnare un campo di futuro interesse complementare per noi — nel quale inoltrarci almeno alla fine. Un campo, del resto, che é stato frequentato pid del nostro dagli studiosi di letteratura; sebbene il nostro fosse frequentato invece assai di pit dalla letteratura o dai suoi autori, come si tratta adesso di cominciare a mostrare.
Capitolo 1v Un albero né genealogico né vegetale
t. Nel 45. C. Servio Sulpicio Rufo, governatore romano della Grecia, scrisse da Atene al suo amico Cicerone che sa-
peva affranto per la morte della figlia Tullia. Come in altre epoche posteriori, epistole di particolare significato erano partecipi dell’ufficialita di un genere letterario, senza perdere per questo né il loro carattere personale né la loro eventuale originalita: cosi le lettere di condoglianze, dette di consolazione per il compito che appunto dovevano assumervi certe argomentazioni. Sulpicio rammenta a Cicerone con eloquenza, per riscuoterlo dal dolore privato, le calamita pubbliche del momento, l’universalita della condizione mortale, la responsabilita di esempio che incombeva al contegno d’un uomo cosi illustre. Entro il secondo gruppo di argomentazioni trova posto il passo seguente, destinato a durevolissima fortuna: Quae res mihi non mediocrem consolationem attulit, volo tibi commemorare, si forte eadem res tibi dolorem minuere possit. Ex Asia rediens, cum ab Aegina Megaram versus navigarem, coepi regiones circumcirca prospicere: post me erat Aegina, ante me Megara, dextra Piraeus, sinistra Corinthus, quae oppida quodam tempore florentissima
fuerunt, nunc prostrata et diruta ante oculos iacent. Coepi egomet mecum sic cogitare: «Hem! nos homunculi indignamur, si quis nostrum interiit aut occisus est, quorum vita brevior esse debet, cum uno loco tot oppidum cadavera proiecta iacent? Visne tu te, Servi, cohibere et
meminisse hominem te esse natum?» Crede mihi, cogitatione ea non mediocriter sum confirmatus; hoc idem, si tibi videtur, fac ante oculos
tibi proponas'. ! Epistulae ad familiares (Lettere familiari], WV, 5: Cicéron, Correspondance, Les Belles Lettres, Paris 1983, t. VII, pp. 46-47. [Voglio comunicarti qualcosa che a me ha recato non poca consolazione, sperando che la stessa cosa possa diminuire a te il dolore. Tornando dall’Asia, mentre navigavo da Egina verso Megara, mi misi a guardare le localita tutt’intorno: dietro di me era Egina, davanti a me Megara, a destra il Pireo, a sinistra Corinto, citta che furono un tempo fiorentissime, ora giacciono da-
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UN ALBERO NE GENEALOGICO NE VEGETALE
IV.1
A confronto con gli esempi dell’Otto e Novecento dati nel seconde'capitolo, il lettore trovera certo povero in immagini di corporeita non-funzionale questo primo testo dell’antichita latina. Le vere e proprie immagini sembrano ridursi ai due participi passati che predicano al grado zero lo stato attuale delle citta greche, «abbattute e distrutte»; poi, a una
metafora della stessa cosa in tre parole, « cadaveri distesi di citta». Il breve racconto sorge sul filo dell’ammonizione solennemente consolatoria a cui serve, senza la minima insistenza descrittiva, e con appello evocativo misurato. Eppure
non é solo nel senso della valutazione estetica che tanta sobrieta non comporta, ovviamente, una limitazione: nemmeno quanto all’interesse per noi. La pluralita dei nomi di luoghi visti simultaneamente e simmetricamente, la prospettiva del navigante che lo rende verosimile da un centro sito in mare, il contrasto fra celebrita dei nomi e spettacolo di decadenza, la spontaneita infine del trapasso alla riflessione, sono
pid che sufficienti a suscitare una visione vaga di grandiosa e luminosa tristezza. Avevo sollevato alla fine del capitolo precedente il problema della consistenza letteraria delle immagini (11, 8), ed ecco subito l’occasione per sormontare ogni pregiudizio post-ottocentesco che tenda a concepirla necessariamente come descrizione; 0, in ogni caso, come una questione di nu-
mero di parole. Si pu6d avere consistenza pid che sufficiente senza insistenza descrittiva, senza lungo indugio rispetto a un filo narrativo o logico, e in un numero ridottissimo di parole. Del resto, di fronte a qualunque altro testo come a questo passo, eviteremo di sciogliere leimmagini per not interessanti dal contesto di discorso a cui appartengono: qui, il contesto di un ragionamento. E!’ argomentazione sull’universalita della condizione mortale a ispirare la metafora dei cadaveri di citta. Essa antropomorfizza l’inanimato, per accomunarlo agli animali umani nella morte; e fa affiorare il referente cadaverico di tutta la nostra tematica (1, 6) fin dal vanti ai nostri occhi abbattute e distrutte. Mi misi a pensare cosi dentro di me: «Ma come! noi piccoli uomini ci sdegnamo se muore o viene ucciso qualcuno di noi, la cui vita deve necessariamente esser breve, mentre in uno spazio ristretto giacciono distesi tanti cadaveri di citta? Non vuoi, Servio, dominarti e ricordarti che sei nato uomo?»
Credimi, da questa riflessione sono stato rianimato non poco; lo stesso spettacolo, se ti pare, cerca di suscitarlo davanti ai tuoi occhi).
UN ALBERO NE GENEALOGICO NE VEGETALE
IV.1I
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primo, prototipico esempio antico. Ma coincidevano gia con
la generalizzazione propria del ragionamento le premesse concettuali pia essenziali alle immagini precedenti: quelle stesse che mi fanno giudicare ottimo l’esempio per avviare la nostra operazione classificatoria. Una prima premessa é esplicitata da un’opposizione di avverbi temporali: le citta furono fiorentissime « un tempo», si vedono giacere in rovina «ora». Diciamo che la situazione non-funzionale si collega qui a un decorso di tempo. Una seconda premessa é scontata quanto alla mortalita delle citta, destino sociale che non si avvera se non in un decorso di tempo assai lungo; tocca al destinatario dell’epistola estenderla alla corta mortalita degli uomini, trascendendo il proprio lutto in quella dimensione collettiva che si apre con la prima persona plurale di: «noi, piccoli uomini...» e «se... qualcuno di noi»; 0 con la seconda persona, rivolta dallo scrivente a se stesso, di: «ricordarti che sei nato uomo». Diciamo che
qui il decorso di tempo é sentito collettivamente, o socialmente, anziché individualmente o soggettivamente. Una terza premessa non mi pare meno certa per essere racchiusa in
una omissione: nel silenzio su qualsiasi circostanza che abbia causato, datato, caratterizzato il passaggio delle citta da fiorentissime a rovinose. Non c’é dubbio che le grandi informazioni storiche relative dovevano essere ben note a Cicerone,
come a ogni contemporaneo colto. Pure, nell’economia del testo é pertinente unicamente il fatto in sé che un tale passaggio sia avvenuto: non importa rammentare perché, né quan-
do, né come... Diciamo che qui il decorso di tempo, di cui non é solo la durata a restare indeterminata, é a determinazone non pertinente.
Degli elementi semantici presenti nel testo secondo queste tre premesse concettuali, non uno é obbligatorio a partire dal nostro minimo comun denominatore: un oggetto immaginario pud benissimo rispondere alla definizione di corporeita non-funzionale, senza che la sua non-funzionalita si colleghi a un decorso di tempo. E se di fatto vi si collega, il decorso di tempo puo benissimo essere sentito individualmente anziché collettivamente, pud benissimo essere a determinazione pertinente anziché non pertinente. Ora, é proprio di opposizioni fra elementi presenti nel testo o assenti da esso
che dobbiamo preoccuparci — volendo procedere dal com-
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UN ALBERO NE GENEALOGICO NE VEGETALE
IV.1
mento del passo di Sulpicio all’avvio dell’operazione classificatoria: se l’esempio é scelto bene, le opposizioni astratte fra com’é e come potrebbe essere equivarranno a opposizioni concrete fra questo e altri testi reali comparabili. Concrete beninteso per confronto, esterne al testo singolo (cosi, quanto al decorso di tempo, non contera l’opposizione interna fra i due avverbi temporali, ma quella fra la presenza reale dell’elemento semantico e la sua possibile assenza). Abbiamo tre opposizioni utili; sappiamo dal capitolo precedente che conviene disporle gradualmente al di sotto del minimo comun denominatore, facendone altrettante parti delle definizioni di categorie di testi a cui arrivare (11, 7). Quello che andremo cosi costruendo o disegnando merita di essere chiamato per comodita, da ora in poi, un «albero semantico». Linee e parole vi si ramificheranno sempre di pid a partire da un tronco unico — il minimo comun denominatore —, come in un albero vegetale; mentre invece é prefe-
ribile che la loro disposizione sia leggibile dall’alto verso il basso — dall’astratto verso il concreto —, come in un albero
genealogico (o in uno stemma filologico). A differenza dalPuno e dall’altro tuttavia, il nostro albero non presentera mai pid d’una biforcazione all’altezza di ciascun ramo — vale a dire non sara formato che da opposizioni binarie. Ne rendo visibile la piccola parte gia in pratica svolta: CORPOREITA NON-FUNZIONALE
che si collega aun DECORSO DI TEMPO _ SENTITO COLLETTIVAMENTE
A DETERMINAZIONE NON PERTINENTE
che non si collega aun decorso di tempo
SENTITO INDIVIDUALMENTE
A DETERMINAZIONE PERTINENTE
Le immagini di corporeita non-funzionale del passo di Sulpicio trovano un principio di definizione, se si legge dalalto in basso, e a ciascun livello dal lato sinistro. Dico un
principio, non solo perché non é terminata la successione dei livelli in senso verticale, e la definizione con essa; ma anche
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per la momentanea mancanza di opposizioni parallele in senso orizzontale: proporzionale al numero di tali opposizioni, e dipendente dalla loro totalita, sara la presa testuale di ogni definizione singola. Eppure, sul procedimento, si pud gia fare a questo punto gran parte delle osservazioni da fare ancora. Al primo livello, ho preso il minimo comun denominatore come un punto di partenza unitario: ho lasciato fuori dall’albero le opposizioni preliminari sviluppate, alla fine del capitolo precedente, per delimitare l’ambito del sostantivo o per definire campi contigui e contraddittori (111, 8). Che ai livelli successivi l’opposizione relativa al decorso di tempo sovrasti le altre due, é logicamente necessario, essendo le altre due predicati o specificazioni di quell’elemento. Ma, in quanto tali, sarebbero alla pari fra loro; che l’una sovrasti laltra € un primo esempio di scelta arbitraria nel senso di strategica, suggerita in anticipo dalla conoscenza del corpus di testi (111, 7). E quanto siano arbitrarie e strategiche le scelte verbali che danno nome a ciascun elemento, é superfluo dire. La stessa conoscenza del corpus che le suggerisce ne rende la precisione tormentata e sospetta, se l’attardato esercizio strutturalista é da prendere sul serio; altrimenti, fortunosa e un po’ giocosa... Per fortuna non si gioca in una tale precisione il maggior momento di verita di questa ricerca. Per esempio: al terzo livello ho scritto gli avverbi collettivamente e individualmente — ipit sintetici; ma, commentando Sulpicio, avevo posto il primo avverbio in alternativa con «socialmente » — che é anch’esso un contrario del secondo. A sua volta, avevo posto il secondo avverbio in alternativa con «soggettivamente » — il cui normale contrario (« oggettivamente») sarebbe inopportuno. Le parole della lingua non sono simboli algebrici 0 logici; e contrari e sinonimi scartati dalla sintesi dell’albero potranno tornare a far valere un diritto nell’analisi dei testi. A proposito di contrari, inoltre, va
messo in evidenza che essi non sono la sola specie di opposizione adoperata. L’opposizione fra contrari, come bianco e nero, si alterna con quella fra contraddittori, come bianco e non-bianco; erano di quest’ultima specie, alla fine del capitolo precedente, le opposizioni applicate ai termini del minimo comun denominatore. La distinzione ha un’importanza, perché i contraddittori (secondo logica aristotelica e scolastica) non possono essere né entrambi falsi né entrambi veri.
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IV.2
Meno radicali, anche i contrari non possono essere entrambi veri; ma’si entrambi falsi. Ne consegue che i contrari offrono pari informazione dalle due parti, mentre fra i contraddittori il polo positivo ne offre pid del negativo. Allo stato provvisorio dell’albero, con una opposizione di contrari e due di contraddittori, il polo negativo quanto al decorso di tempo in generale resta nebuloso; e ad esso, nessun’altra opposizione é sottoposta ancora. Lasciamolo in sospeso, e documentiamo piuttosto fino a che punto la determinazione di un decorso di tempo — sentito collettivamente — pud diventare pertinente nelle immagini di un testo. 2. Nel 1802, in coincidenza col concordato fra Napoleone e la Chiesa di Roma, fu pubblicato il Génie du Christianisme, ou Beautés de la religion chrétienne’ di Frangois-René
de Chateaubriand (1768-1848): un’apologia della religione di specie nuova, quanto le circostanze a partire da cui era con-
cepita. Durante un decennio in Francia il cattolicesimo era stato sconfessato e perseguitato; e non dall’intolleranza di un/altra religione rivelata, ma da una tendenza antireligiosa di Stato. Durante un secolo, gli intellettuali si erano adoperati con successo a screditare non solo la verita, ma il prestigio culturale della religione. Percid, agli albori d’una restaurazione, nel libro di Chateaubriand la difesa delle verita di fede
conta talmente meno dell’illustrazione d’una tesi in sé terrena: che nei secoli il cristianesimo, lungi dall’essere incompatibile coi valori di civilta, cultura e arte, ne fosse stato il massimo animatore. Il libro riesce un’ininterrotta rivendicazione del passato, e, il pit spesso possibile, delle sopravvivenze materiali che ne testimoniano i valori. Sarebbe difficile, in generale, indicare un repertorio di maggiore abbondanza unita a levatura letteraria quanto a immagini che ci riguardano: se non fosse, per tendenza tematica e temperamento stilistico, opera intera dello scrittore — le cui date di nascita e morte potrebbero delimitare entro ottant’anni la nostra svolta storica. Nella parte dedicata al culto e alle tombe non poteva mancare un capitolo sulla basilica di Saint-Denis, gia venerando luogo di sepoltura dei re di Francia, dai Merovingi fino al penultimo Borbone. Ma alla maestosa malinconia del? [Genio del cristianesimo, o Bellezze della religione cristiana).
UN ALBERO NE GENEALOGICO NE VEGETALE
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la necropoli regale, gia cosi adatta alla prosa di Chateaubriand, si erano aggiunte di recente cause di desolazione pit violente e rapide che non il millenario decorso di tempo; e da questa prosa, di cui cito il paragrafo finale, non sarebbe faci-
le indovinare esattamente quali:
Mais ot nous entraine la description de ces tombeaux déja effacés de la terre? Elles ne sont plus, ces sépultures! Les petits enfants se sont joués avec les os des puissants monarques: Saint-Denis est désert; |’oiseau l’a pris pour passage, l’herbe croit sur ses autels brisés; et au lieu du cantique de la mort, qui retentissait sous ses démes, on n’entend plus que les gouttes de pluie qui tombent par son toit découvert, la chute de quelque pierre qui se détache de ses murs en ruine, ou le son de son horloge, qui va roulant dans les tombeaux vides et les souterrains dévastés’.
Sono sottintesi qui, come in tutto il breve capitolo, fatti accaduti in pieno ’93. In odio alla monarchia e insieme in cerca di piombo per la repubblica, le tombe erano state d’ufficio violate e in parte distrutte, i resti dei re scoperchiati e gettati in una fossa comune: supremo gesto di edipismo nazionale, notorio a sufficienza per i lettori di nove anni dopo. La figura di allusione del resto, com’é consona a un livello stilistico elevato, é la pit reverente e pietosa verso gli oggetti ideali del sacrilegio. Gia nel paragrafo iniziale, le allusioni erano tanto indirette quanto avevano un sapore da salmo o profezia biblica*: lo stesso sapore che ha qui la frase sulle ossa fatte trastullo di bambini. L’allusione pit diretta del testo originario (in un’apostrofe a Luigi XIV, si parlava delle sue ceneri come « objet de la fureur de ce peuple que tu fis tout ce qu’il est»), rientr6 nell’unica frase soppressa dalla censura’. E la sublimazione allusiva dei fatti va d’accordo con un tentativo pit sostanziale di destoricizzarli: lo spostamento 3 Parte IV, libro II, cap. 1x: Chateaubriand, Essai sur les révolutions. Génie du christianisme, « Bibliothéque de la Pléiade», 1978, p. 939. [Ma dove ci trasporta la descrizione di queste tombe gia cancellate dalla terra? Esse non sono pit, queste sepolture! Ibambini si sono trastullati con le ossa dei possenti monarchi: Saint-Denis é deserta; ’'uccello I’ha presa come passaggio, l’erba cresce sui suoi altari infranti; e in luogo del cantico della morte, che riecheggiava sotto le sue cupole, non si sentono pit che le gocce di pioggia che cadono dal suo tetto scoperto, la caduta di qualche pietra che si stacca dalle sue mura in rovina, o il suono del suo orologio, che si va ripercuotendo fra le tombe vuote e i sotterranei devastati]. 4 Ibid., p. 937. > Cfr. ibid., pp. 1845-46, 1846-47. Riferimenti pit espliciti, sebbene pit generali, alla violazione rivoluzionaria delle tombe si erano letti tre capitoli prima (p. 933). Loggetto del furore di quel popolo che tu facesti quel ch’esso é].
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UN ALBERO NE GENEALOGICO NE VEGETALE
IV.2
delle loro motivazioni al piano soprannaturale. Era stata la collera\di Dio che aveva giurato di castigare la Francia, e ai profanatori si puo alludere paradossalmente come agli «inviati della giustizia divina»‘°. Nondimeno, una simile destoricizzazione non pud venire tentata se non a partire dall’evi-
denza storica dei fatti stessi: é per cosi dire a posteriori, non a priori come nel nostro esempio precedente. Riprendendo i termini dell’albero semantico, Chateaubriand parla qui ancora il linguaggio d’una tradizione — scritturale o classica — usa a solennizzare effetti d’un decorso di tempo a determinazione non pertinente. Ma lo stesso funzionamento retorico dell’allusione, che dissimula tale determinazione in superficie, la rende pienamente pertinente in fondo: postula la comprensione di continui rinvii al perché e al quando e al come, e non certo soltanto al fatto in sé, della de-
cadenza della basilica. Come ha mostrato magistralmente Auerbach per una pagina di Stendhal’, anche questa pagina sarebbe incomprensibile senza un preciso numero di informazioni storiche. Perfino nella frase che chiude una meditazione metastorica sulla morte, contribuisce a determinare virtualmente i «tempi passati» quell’intensita di evocazione sensoriale, di cui Chateaubriand é capace in modo nella sua epoca cosi nuovo: «Tout annonce qu’on est descendu a
l’empire des ruines; et, a je ne sais quelle odeur de vétusté répandue sous ces arches funébres, on croirait, pour ainsi dire, respirer la poussiére des temps passés»*. Evocazione sensoriale ancora pit intensa, meno visiva che stavolta auditiva, si
ha nella fine stupenda del paragrafo citato. La contrapposizione fra limperfetto di «riecheggiava», e il presente di «non si sentono pit che...», circoscrive il decorso di tempo relativamente breve che sappiamo: non certo sentito individualmente, sebbene la maggioranza dei lettori di allora potesse risalire a prima di esso con la memoria individuale. E come trauma collettivo che i lettori vengono esortati a deplorarlo, nella fedelta del lutto e nella regressione della nostalgia. 6 Tbid., p. 938. 7 Auerbach, Mimesis, t. II cit., p. 221. 8 Chateaubriand, Génie cit., pp. 938-39. [Tutto annuncia che siamo discesi alYimpero delle rovine; e da non so quale odore di vetusta diffuso sotto queste arche funebri, ci pare per cosi dire di respirare la polvere dei tempi passati].
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IV.3
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_ 3. Ho detto che, nella piccola parte di albero semantico disegnata, non era terminata la successione di opposizioni in
senso verticale. Prima che aggiungere ogni possibile opposizione parallela in senso orizzontale, verso il lato destro, conviene proseguirne la successione dal lato sinistro: dove manca meno per arrivare alle prime definizioni intere di categorie di testi. Prendo un testo gustosamente ibrido, che ci fornira una singolare specie di transizione. Esso ha due precedenti in lingue diverse: ai primi del Cinquecento, Baldassar Castiglione aveva ripreso in un sonetto famoso il tema delle rovine di Roma, variandolo nell’ultima terzina con l’applicare la legge del tempo consumatore al sollievo delle proprie pene amorose. Circa un secolo dopo, Lope de Vega imito il sonetto di Castiglione per parodia, consolandosi nell’ultima terzina che dal tempo consumatore fosse stata disfatta anche la sua zimarra. La parodia di Lope sarebbe perfettamente istruttiva per noi; ma cito di preferenza l’ulteriore imitazione che ne fece Paul Scarron (1610-60), maestro del genere detto in francese burlesque, in un sonetto pubblicato nel 1650: Superbes monuments de l’orgueil des humains, Pyramides, Tombeaux, dont la vaine structure A témoigné que l’art, par l’adresse des mains Et l’assidu travail, peut vaincre la nature, Vieux Palais ruinés, chefs-d’ceuvre des Romains Et les derniers efforts de leur architecture,
Colisée, ot souvent ces peuples inhumains De s’entr’assassiner se donnaient tablature, Par l’injure des ans vous étes abolis,
Ou du moins, la plupart vous étes démolis: Il n’est point de ciment que le temps ne dissoude, Si vos marbres si durs ont senti son pouvoir, Dois-je trouver mauvais qu’un méchant pourpoint noir Qui m’a duré deux ans soit percé par le coude?’. 9 P. Scarron, Poésies diverses, Didier, Paris 1947, pp. 496-97. Modernizzo l’ortografia. Per Castiglione, vedi sotto la nota 31; e cfr. Lope de Vega, Obras poéticas, Planeta, Barcelona 1983, pp. 1367-68. [Superbi monumenti dell’orgoglio degli umani, | Piramidi, Tombe, la cui vana struttura |Ha provato che l’arte, con abilita di mano | Ed assiduo lavoro, pud vincere la natura, ||Vecchi Palazzi rovinati, capolavori dei Romani |E sforzi supremi della loro architettura, |Colosseo, dove spesso quei popoli inumani |Nell’ammazzarsi a gara si davano travaglio, ||Dall’ingiuria degli anni voi siete aboliti, | O almeno, in maggior parte siete demoliti: |Non esiste cemento che il
tempo non dissolva. ||Se i vostri duri marmi hanno patito il suo potere, |Devo seccarmi che un cattivo farsetto nero |Durato gia due anni si sia sfondato al gomito?]
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UN ALBERO NE GENEALOGICO NE VEGETALE
IV.3
Nelle varianti di un’edizione posteriore, Scarron non migliord‘ilsuo sonetto anticipando il tono burlesco alle quartine”: cosi come lo riproduco, dalla prima edizione, esso si gioca su una sorpresa ritardata fino al penultimo verso. E la sorpresa sarebbe meno spiritosa, se i primi dodici versi non si mantenessero all’altezza seria che il tema delle rovine tradizionalmente richiedeva. Nella prima quartina si sentenzia invano che l’arte vince la natura; la prima terzina replica, con la sua massima racchiusa in un bel verso solenne, che il tem-
po vince l’arte. Poi (fors’anche perché il modernismo barocco si compiaceva, nel luogo comune d’una vittoria del tempo, meno che in quello d’una vittoria dell’arte), la simmetria preparata per finta crolla nel paragone a cui toccherebbe completarla. Lo scarto di dignita, fra i monumenti romani decaduti e il farsetto sfondato al gomito, é troppo per non avere effetto comico: d’una comicita di degradazione o di smascheramento. Fra gli esempi del secondo capitolo, nei testi di Arnim e di Gogol’ rispettivamente (11, 6, 8), ci eravamo
gia imbattuti in immagini di corporeita non-funzionale la cui stravaganza o bassezza erano volte a effetti grotteschi o scherzosi. L’opposizione di cui ora viene ad accrescersi |’albero, sara fra presentazione delle immagini serza fino al solenne 0 von seria fino al comico; come situarla rispetto alle Opposizioni sovrastanti?
Che lo stato e dei monumenti e dell’indumento dipenda dal tempo é manifesto. Ma l’appartenenza del farsetto all’io poetante potrebbe indurci ad affermare che il decorso di tempo sia sentito individualmente; la precisazione dei due anni, che sia a determinazione pertiriente. Avremmo torto,
perché da una parte é una medesima legge quella che trionfa al di sopra del salto dal monumentale al domestico, ed é legge sentita come collettiva. D’altra parte, se il suo trionfo sui marmi aveva di che stupire, sulla stoffa esso si ripete tanto pid a buon mercato in quanto il farsetto era «cattivo»: la qualita scadente é il solo motivo per misurarne, quasi con soddisfazione, il tempo di resistenza. Percid la nuova opposizione va situata dal lato sinistro dell’albero, non senza osservare che l’abbiamo tratta dal testo di Scarron con procedimento diverso, rispetto alle tre sovrastanti ricavate dal te© Scarron, Poésies diverses cit., p. 496, variante ai wv. 3-6.
UN ALBERO
NE GENEALOGICO
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IV.3
OI
sto di Sulpicio. Non abbiamo cioé contrapposto elementi presenti a elementi assenti, bensf presenti a presenti; pit
esattamente, presenti prima a presenti dopo — secondo una successione reale di opposte categorie tematiche entro lo stesso testo. Si tratta d’un fenomeno pur sempre ecceziona-
le, per quanto come vedremo non circoscritto ai casi di effetto burlesco 0 comico. Lo chiameremo da ora in poi: commutazione.
Posso prendere subito un altro esempio di commutazione, che vada perd in senso inverso, dall’episodio di Astolfo
sulla luna nell’Orlando furioso di Ludovico Ariosto (14741533). Le cose perdute nel mondo di quaggit, e lasst ritrovabili, rivestono forma di altre cose che le simboleggiano; e pit d’una delle cose simboleggianti, come per ipotesi tutte quelle simboleggiate, é espressamente defunzionalizzata. Lo é sotto forma una volta rispettabile — «ruine di cittadi e di castella» —, e varie volte stravagante o bassa: «tumide vesiche», «cicale scoppiate», «boccie rotte», «versate minestre», « di varii fiori... un gran monte... — ch’ebbe gia buono odore, or putia forte». Uno dopo l’altro tali simboleggianti, venendo spiegati dall’apostolo Giovanni ad Astolfo, si convertono argutamente nei rispettivi simboleggiati. Ma nell’ottava in cui questo succede con la prima immagine della serie che ho citata, il tono scherzoso e grottesco dominante s’inverte per qualche verso in quello elevato e grave con cui si suole parlare della caducita umana: Vide un monte di tumide vesiche,
che dentro parea aver tumulti e grida; e seppe ch’eran le corone antiche e degli Assirii e de la terra lida, e de’ Persi e de’ Greci, che gia furo incliti, et or n’é quasi il nome oscuro ".
La caducita umana espressa da certe immagini, subdolo punto di partenza nel testo di Scarron e transitorio punto d’arrivo nel testo di Ariosto, era tema serio e fermo in quello di Sulpicio; spetta ora all’altro polo della nuova opposizione venire documentato, fuori dal fenomeno particolarissimo della commutazione, con un esempio interamente idoneo. 1 XXXIV, ott. 76, vv. 2-8, nel contesto delle ottave 75-81: L. Ariosto, Tutte le opere, t. 1, Mondadori, Milano 1964, pp. 901-3.
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UN ALBERO NE GENEALOGICO NE VEGETALE
IV.4
4. Dal primo testo dell’antichita latina avevamo tratto, fra Paltro, la lezione che le immagini possono prendere consistenza sufficiente in un numero minimo di parole. In un testo d’un secolo e mezzo dopo, troviamo maggior consistenza d’immagini in maggior numero di parole, senza che siano percid pit giustificate aspettative di seria descrizione: mi riferisco a un epigramma di Marco Valerio Marziale (40-104 c.), il 32° del libro XII composto poco prima della morte del poeta. La vittima che vi si apostrofa é un tale Vacerra, uomo squattrinato € pertanto sfrattato, del quale si da a immaginare in una serie d’invettive beffarde il trasloco. Sua moglie, sua madre e sua sorella trasportano per le vie la roba, Vacerra segue: o*R
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Ibat tripes grabatus et bipes mensa
et cum lucerna corneoque cratere matella curto rupta latere meiebat; foco virenti suberat amphorae cervix; fuisse gerres aut inutiles maenas odor inpudicus urcei fatebatur, qualis marinae vix sit aura piscinae.
Nec quadra derat casei Tolosatis, quadrima nigri nec corona pulei calvaeque testes alioque cepisque, nec plena turpi matris olla resina, Summemmianae qua pilantur uxores ”. oe
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Qui attraverso la costante formale dell’elenco, che ritro-
viamo, non sembrano in movimento gli occhi o la mente di chi guarda ma gli oggetti stessi della sfilata: «e... €...» nelle due forme latine (et, -gue), «con...», poi al negativo «né mancava... né... né...» Se la miseria di tali oggetti e la coatta avarizia che presumono vengono guardate del tutto impieto2 Vv. 1-22: Marziale, Epzgrammi, Utet, Torino 1980, p. 762. [Passava una branda con tre piedi e un tavolo con due |e con una lanterna e un vaso di corniolo |un orinale rotto dal lato mozzo pisciava; |sotto un braciere coperto di verderame era il collo di un’anfora; |che vi fossero acciughe o sardine andate a male |lo faceva credere il fetore nauseabondo di una brocca, |peggiore di quel che si respira in un vivaio marino. |Né mancava una fetta di formaggio di Tolosa, |né una corona di mentuccia annerita in quattro anni |ele reste spelate e d’aglioe di cipolla, |né la pentola piena dell’oscena resina di tua madre, |con cui si depilano le puttane del Summenio...]
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IV.4
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samente, cioé vengono rese ridicole, lo si deve soprattutto alla diffusa iperbole la cui aggressivita le spinge all’estremo. Un tavolo che abbia ormai solo due piedi é pit improbabile da conservare di una branda a cui ne restino pur sempre tre; meno probabile ancora é che un orinale perda liquido proprio durante il trasporto, o che una corona di mentuccia sia sopravvissuta per ben quattro anni. L’iperbole s’innesta poi su una comparazione, quando il fetore di pesce é dato per pid forte dell’esalazione d’un vivaio marino. I] lettore si ricordera di aver gia incontrato in questo libro la stessa triplice combinazione di iperbole, di comparazione o metafora, e di effetto comico: é precisamente la combinazione che avevo osservata nel testo di Gogol’ (11, 8). La, pero, non sembrava bastante a compromettere la serieta sostanziale della rappresentazione. Quella serieta che era uno dei due sensi in cui consentivo a parlare, con Auerbach, di concretezza realistica: in antitesi, storico-letteraria, a un antecedente rifiuto di prendere sul serio cose connotate di bassezza. Invece l’epigramma latino letteralmente non esisterebbe senza un tale rifiuto. Il codice antico della separazione di generi e stili alti o bassi, che attraverso i classicismi moderni giungera a lasciare residui ancora in un Gogol’, qui vige in pieno; al suo interno si rende comprensibile un qualche rapporto necessario, fra comicita distanziante e figuralita deformante. Come prendere le distanze da un oggetto basso meglio che esagerandone la bassezza? E la direzione dell’iperbole; ma come esagerare, o almeno accentuare, la bassezza di un oggetto meglio che assimilandolo ad altri ancora pit bassi, o almeno altrettanto? E la direzione della metafora — assai pid importante, per |’intera categoria di testi da definire, di quanto non documenti il singolo testo di Marziale. Nei versi precedenti a quelli citati, gia le tre donne sono contrassegnate caricaturalmente, e Vacerra viene assimilato alle sue cose da una comparazione iperbolica: «non recenti pallidus magis buxo»”. I versi seguenti e finali alludono chiaramente a una certa disonesta del personaggio. Nel ridicolo a cui iperbole e metafora servono, gode di sfogarsi il disprezzo morale e sociale, l’insulto: in questo senso l’epigramma romano of-
5 V. 8: ibid. [pit giallo d’un ramo di bosso non recente].
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UN ALBERO NE GENEALOGICO NE VEGETALE
IV.4
friva un terreno ideale, benché entro il comune codice altri
generi - come la commedia o la satira — potessero accogliere _ immagini vili e buffe quanto le fruste cose di Vacerra. La pregiudiziale associazione post-ottocentesca, fra umilta di oggetti rappresentati e realismo genericamente inteso come aderenza della rappresentazione al vero, qui va rettificata e in parte capovolta. Certo, Marziale poté rivendicare a buon diritto quanto la vita vissuta si riconoscesse nei suoi epigrammi, e mostrarsi orgoglioso della propria poetica: contro l’enfatica inattualita dei temi epici e tragici, o contro quella delle fandonie mitiche — alle quali oppone direttamente il famoso: «hominem pagina nostra sapit » “. Ma l’innegabile verita di un tale sapore d’uomo é soprattutto d’ordine psicologico, o meglio moralistico nel senso di rappresentazione critica dei costumi. Non ha implicazioni realistiche automaticamente estensibili alle immagini che studiamo: se per realismo s’intende serieta, o storicita, di rappresentazione. Nel nostro epigramma la deformazione caricaturale é proporzionale all’umilta degli oggetti. Tende a esiti tanto meno realistici, se non grottescamente fantastici,
quanto pit é iperbolica o metaforica; e quanto pit muove al sorriso 0 al riso. Questa stessa deformazione non pud che escludere, per dirla nei termini dell’albero semantico, ogni pertinenza della determinazione di un decorso di tempo. Circostanze verosimili accordate alla poverta di Vacerra ne frenerebbero l’esagerazione e ne attenuerebbero il ludibrio; il decorso di tempo in sé, azzerato nell’universalita morale negativa del quadro satirico, non é meno collettivamente sentito che in quella positiva della riflessione sulla caducita umana. Rendo visibile la parte dell’albero che si é accresciuta di un’opposizione:
A DETERMINAZIONE NON PERTINENTE,
A DETERMINAZIONE PERTINENTE,
paabirist open E PRESENTATA IN MODO SERIO
E PRESENTATA IN MODO NON SERIO
. 4 X, 4, v. to: ébid., p. 616. Cfr. VII, 3; IX, 50: PP. 496-98, 578. [la nostra pagina sa di uomo].
UN ALBERO NE GENEALOGICO NE VEGETALE
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I due elementi dell’opposizione penultima sono, come sappiamo, predicati dell’elemento superiore decorso di tempo; mentre i due elementi della nuova si rifanno all’elemento supremo corporetta, col cui femminile sono grammaticalmente accordati. Quest’ultima é la nostra prima opposizione terminale, e la lettura dall’alto in basso é ora possibile per due definizioni intere. Non scenderemo al di sotto di questo quinto livello: che un tale arresto sia arbitrario in senso strategico, e precisamente in quanto astensione da una discesa possibile a opposizioni ulteriori, lo sappiamo dal capitolo precedente (111, 7). Significa semplicemente che conosciamo testi abbastanza omogenei e abbastanza numerosi, in cui diremo che ricorrono immagini di corporeita non-funztonale collegata a
un decorso di tempo sentito collettivamente a determinazione non pertinente, e presentata in modo serio. O rispettivamen-
te, per altri testi pure abbastanza omogenei e numerosi: ... e presentata in modo non serio.
Il testo gia letto di Sulpicio é esempio della prima categoria, quello di Marziale della seconda. I testi di Scarron e di Ariosto trapassano dall’una all’altra e viceversa, esemplificando fra luna e l’altra il fenomeno che ho chiamato commutazione: l’identita delle due definizioni fino all’opposizione terminale esclusa fa da base al fenomeno. Due categorie si scambiano subitaneamente in virtt dei tanti elementi semantici comuni, ma in virtt di un’unica opposizione la successione ne esclude la mescolanza. Ben pit frequente invece fra tutte e tutte le categorie, anche fra quelle che hanno in comune parti minime di definizione, é appunto la mescolanza: interferenze, sfumature, oscillazioni o inclinazioni verso pit poli semantici nello stesso tempo. Chiameremo contaminazione simili fenomeni, in cui l’operazione classificatoria tro-
va uno scopo e non uno scacco, e che ne rendono strategico anche l’impiego finale. Parleremo di esempi puri e impuri, secondo che la contaminazione vi tenda al minimo o al massimo; sarebbe scortese verso il lettore non scegliere esempi puri finché é in corso la costruzione dell’albero, diventerebbe scorretto in seguito non dare rilievo a esempi impuri— come lo erano gia, implicitamente, molti di quelli del secondo capitolo. Ci occorre subito un esempio che consenta di sottoporre un’opposizione terminale anche all’altro polo della penultima opposizione. Ne sara completata la definizione di
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una categoria comprensiva del testo gia letto di Chateaubriand; e insieme di un’altra, i cui elementi siano in comune con essa fino all’ultimo escluso.
5. La moderna capacita di evocazione sensoriale era gia matura ma ancora nuova, in francese, nella prosa del primo Chateaubriand; ai tempi del tardo Balzac aveva ormai penetrato di sé il codice del realismo narrativo europeo. E una capacita che costituisce certo parte importante del senso generale solito della parola realismo — cosi male applicabile al testo antico di Marziale. Stavolta perd, se a proposito di Balzac puo servirci parlare di realismo, sara soprattutto in uno dei due sensi precisi in cui lo fa Auerbach: e non tanto come finora in quello di serieta nella rappresentazione di cose basse, quanto in quello d’indissolubilita della rappresentazione dai propri riferimenti storici. Ci occorre infatti di nuovo, come nel caso di Chateaubriand, documentare la pertinenza della piena determinazione di un decorso di tempo — sempre sentito collettivamente — nelle immagini di un testo. Sono sufficienti due brani da uno degli ultimi romanzi di Honoré de Balzac (1799-1850), La Cousine Bette”: esso si svolge in piena Monarchia di Luglio, dal 1838 che é la data su cui si apre la prima frase del testo, al 1846 che é la data su cui si chiude il penultimo paragrafo" — ed é l’anno stesso della pubblicazione. Nel primo brano |’ex-commesso profumiere e oggi facoltoso azionista Crevel, in uniforme di capitano della guardia nazionale, sta per essere ricevuto a quattr’occhi dall’ancora bella ma virtuosa moglie del barone Hulot. Costui, pid anziano di Crevel, aveva brillato come militare sotto l’Impero ed era stato nobilitato da Napoleone; oggi la situazione economica di lui si é fatta precaria, e l’altro conta anche su un confronto di sostanze per la propria speranza di sedurre la baronessa. Ma é su un insuccesso che la visita sta per finire, nel secondo brano: ... le garde national examinait l’ameublement du salon ou il se trouvait. En voyant les rideaux de soie, anciennement rouges, déteints en violet par l’action du soleil, et limés sur les plis par un long usage, un tapis ° [La cugina Bette). © Balzac, La Comédie humaine, «Bibliotheque de la Pléiade», 1977, t. VIL, pp. 55> 451.
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d’oti les couleurs avaient disparu, des meubles dédorés et dont la soie marbrée de taches était usée par bandes, des expressions de dédain, de contentement et d’espérance se succédérent naivement sur sa plate figure de commergant parvenu. II se regardait dans la glace, par-dessus une vieille pendule Empire, en se passant lui-méme en revue, quand le froufrou de la robe de soie lui annonga la baronne. Et il se remit aussitot en position. Aprés s’étre jetée sur un petit canapé, qui certes avait été fort beau vers 1809, la baronne, indiquant 4 Crevel un fauteuil dont les bras étaient terminés par des tétes de sphinx bronzées dont la peinture s’en allait par écailles en laissant voir le bois par places, lui fit signe de s’asseoir”.
La baronne se leva pour forcer le capitaine a la retraite, et elle le repoussa dans le grand salon. «Est-ce au milieu de pareilles guenilles que devrait vivre la belle madame Hulot? » dit-il. Et il montrait une vieille lampe, un lustre dédoré, les cordes du tapis, enfin les haillons de l’opulence qui faisaient de ce grand salon blanc, rouge et or, un cadavre des fétes impériales *.
Ogni dettaglio fisico é indizio di qualcosa anche nelle descrizioni pit lunghe di Balzac; nel nostro caso i tratti descrittivi passano brevemente davanti allo sguardo, o addirittura al gesto, d’una persona interessata a sfruttare la situazione e gli indizi di essa. L’insistenza sull’arredamento logoro serve certo a questo, prima che a fare realta. Ma un narratore del Settecento avrebbe sintetizzato questo in poche parole astratte, ai soli effetti psicologici e pratici; qui fanno realta precisazioni fisicamente concrete, alle quali é probabile che oggetti ben conservati o nuovi non si sarebbero prestati al” Thid., p. 58. [... la guardia nazionale esaminava il mobilio del salotto dove si trovava. Vedendo le tendine di seta, anticamente rosse, stinte in viola dall’azione del so-
le, e limate sulle pieghe da un lungo uso, un tappeto da cui i colori erano scomparsi, dei mobili sdorati e la cui seta venata di macchie era consumata a strisce, espressioni
di disprezzo, di contentezza e di speranza si succedettero ingenuamente sulla sua piatta faccia di commerciante arricchito. Si guardava nello specchio, al di sopra d’una vecchia pendola Impero, passando in rivista se stesso, quando il fruscio della sottana di seta gli annunzio la baronessa. E si rimise subito in posizione. Dopo essersi gettata su un piccolo canapé, che certo era stato assai bello verso il 1809, la baronessa, indicando a Crevel una poltrona i cui braccioli erano terminati da teste di sfinge bronzee la cui verniciatura se ne andava in scaglie lasciando vedere a tratti il legno, gli fece segno di sedersi]. '8 [bid., pp. 72-73. [La baronessa si alzo per costringere il capitano a ritirarsi, e lo spinse nel grande salotto. «E in mezzo a simili stracci che dovrebbe vivere la bella madame Hulot?» disse lui. E mostrava un vecchio lume, un lampadario sdorato, le corde del tappeto, insomma i cenci dell’opulenza che facevano di questo grande salotto bianco, rosso e oro un
cadavere delle feste imperiali].
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trettanto. Si specifica il trapasso d’una stoffa da un certo co-
lore a un altro, se ne segnala la causa nell’azione del sole, si attribuisce invece al tappeto la scomparsa dei colori (un fopos, come vedremo, del realismo descrittivo ottocentesco), si localizza il logorio degli oggetti su pieghe o per macchie 0 a
striscie o in scaglie. Nel secondo brano c’é una doppia punta di figuralita metaforica: «cenci dell’opulenza», « cadavere delle feste» — un altro affioramento, quest’ultimo, d’un referente simbolico generale che conosciamo. Potremmo essere tentati di vedere anche qui residui della figuralita che travestiva nel vecchio codice le cose basse. In ogni caso non avremmo nessuna traccia di quella tendenza al comico di cui ho mostrato come |’accompagnasse e la motivasse: nessuna flessione della serieta di tono. Lungi pero dal somigliare a quella metastorica del primo esempio dell’albero, una tale serieta é strettamente solidale con la storicita di rappresentazione. L’anzianita d’un mobile reca addirittura una data in millesimo; non col mese e il giorno come quelle che aprono e chiudono il romanzo (0 come quella della poesia di Gozzano, 11, 4), ma con un’approssimazione che ne rende I|’esigenza ancora pit significativa: il canapé era stato assai bello «verso il1809». La rivalita erotica ed economica fra personaggi come Hulot e Crevel é datata essa stessa, in quanto implica ricambio fra due epoche, e appartenenza tipica di ciascun personaggio all’una o all’altra. Secondo la mirabile espressione di un altro romanzo di Balzac, citata da Auerbach: «Les époques déteignent sur les hommes qui les traversent »”. Crevel é un perfetto uomo della Monarchia di Luglio, come Hulot resta un uomo dell’Impero — e il mancato aggiornamento del lusso dei suoi salotti denuncia il suo fallito inserimento nei regimi successivi. E a questo proposito che incontriamo la differenza degna di entrare quale opposizione nell’albero semantico: fra le presentazioni rispettive di una determinazione storica altrettanto pertinente e forte, riguardo alle cose come agli uomini, nel testo di Chateaubriand e in questo di Balzac. Il barone imperiale é in decadenza per suoi torti e vizi, perché donnaiolo e dilapidatore. Decadenza che non trova ok La Vieille Fille (La zitella): Balzac, La Comédie humaine, « Bibliothéque de la
Pléiade», 1976, t. IV, p. 830; e cfr. Auerbach, Mimesis, t. II cit., p. 250. [Le epoche stingono sugli uomini che le attraversano].
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affatto un contraltare in un qualche valore ideale di cui siano investiti la sua casa e i suoi mobili: supponiamo, per ragioni stilistiche ed estetiche, e tanto meno politiche 0 ideologiche. Affinché un simile investimento compensi per qualsiasi ragione il declino materiale delle cose, e il decorso di tempo riesca nobilitante, non sono necessarie la mole o l’antichita o
la bellezza o la fama 0 il carico di storia della basilica di SaintDenis. Fra i testi del secondo capitolo ne avevamo gia sfiorato un esempio accostabile a quello di Chateaubriand, sebbene di tanto minori dimensioni e pretese: gli oggettini settecenteschi della vecchia contessa di Puskin (11, 9). Non logori bensi antiquati, essi ci apparivano storicizzati in modo abbastanza positivamente esemplare, come cimeli di un regime e di un gusto. Ma il testo di PuSkin era nel suo complesso un esempio impuro: e il cattivo stato dei divani e poltrone della sua vecchia contessa pare invece piuttosto accostabile a quello di casa Hulot, socialmente sconveniente senza che la negativita di cid sia da niente riscattata. Se non appunto, naturalmente, e come dicevo a suo tempo, dalla funzione puramente letteraria di fare realta. Gli aggettivi di cui mi sono appena servito mi sembrano adeguati per dar corpo verbalmente alla seconda opposizione terminale dell’albero: esemmplare da un lato, sconveniente dall’altro. Non due contraddittori stavolta, ma due contrari:
SSTRSSTGG taHOTTEST) A DETERMINAZIONE NON PERTINENTE,
E PRESENTATA IN MODO SERIO
E PRESENTATA IN MODO NON SERIO
A DETERMINAZIONE PERTINENTE,
E PRESENTATA COME ESEMPLARE
E PRESENTATA COME SCONVENIENTE
Il lettore pud ora percorrere da sé le definizioni intere di quattro categorie, dall’alto in basso; c’é perd un’obiezione che avrebbe ragione di muovermi. L’opposizione fra presentazione seria o non seria é posta a distinguere soltanto la seconda dalla prima categoria, mentre stando ai precedenti testi e ragionamenti la presentazione seria potrebbe farci contrapporre alla seconda anche la terza, e pit significativamentela quarta. E un’incongruita per difetto, che deriva dal criterio gerarchico ed economico che sto seguendo: gerarchico in quanto dispone le opposizioni le une al di sopra o al di sot-
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to delle altre; economico in quanto evita di ripeterle in pid punti dell’albero, e sceglie la collocazione strategicamente preferibile per ciascuna. Lascia minore arbitrio, ma non consente nessuna econo-
mia, quell’altro criterio che invece di gerarchizzare le opposizioni le incrocia (come ho fatto in 11, 8 per il minimo comun denominatore e per i suoi attributi). Il risultato sarebbe inservibile se, volendo estendere la portata della prima opposizione terminale, provassimo a incrociarla con quella sovrastante ma facendo economia della seconda terminale: salve le prime due categorie sotto definizione mutata (diciamo, per brevita, seria non storicizzata, non seria non storicizzata), non solo avremmo la terza e la quarta confuse in una (seria
storicizzata), ma in sovrappit una categoria poco documentabile con testi a mia conoscenza (“on seria storicizzata). Sen-
za dubbio il criterio meno arbitrario possibile consisterebbe nell’interrogare ciascun testo secondo tutte successivamente le opposizioni ritenute pertinenti, sciogliendole da ogni gerarchia che non si riduca a una dipendenza logica. Ma con procedimento cosi prudente — a parte la noia — il rigore classificatorio finirebbe col sortire un effetto equivalente a quello del suo contrario: della diffidenza aprioristica verso la classificazione. Lo scrupolo nel riconoscimento delle costanti si ribalterebbe nel culto esclusivo delle varianti di cui ho parlato (111, 2), d’idealistica memoria o attualita. A noi basta
quel tanto di rigore che giova al riconoscimento delle costanti reali entro gruppi di testi; e l’imperfezione a cui mi rassegno nell’albero € sintomo d’una complicazione propria ai rapporti fra queste prime quattro categorie. Nessuna classi-
ficazione sarebbe stata soddisfacente; avevo detto (111, 6),
senza rendere conto in qualche modo di cid che ho chiamato svolta storica. Indicato come scatto di frequenza, sviluppo, numero del-
le costanti fra tardo Settecento e primo Ottocento (UMA,
5), questo fenomeno riguarda l’insieme di esse e quindi tutto Palbero: lo si pud constatare lungo la successione cronologica dei testi per alcune categorie, pud segnare il limite superiore della distribuzione dei testi per altre. Incidenze dirette della svolta storica, coincidenze simmetriche con essa, si rivelano solo nel confronto fra le prime quattro categorie. Si pud dire che solo delle prime due essa segna il limite crono-
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IOI
logico inferiore, almeno prevalente; il quale a sua volta coincide non accidentalmente col limite superiore delle altre due, suggerendo qualcosa come una metamorfosi, una continuita per mutamento. Le categorie dove il decorso di tempo é a determinazione non pertinente, documentate finora con esempi antichi ma documentabili altrimenti fino al Settecento, sembrano aver ceduto il campo con l’Ottocento alle categorie dove é a determinazione pertinente. Sono recedute quelle a fondo metastorico, sono subentrate quelle a fondo storico, e uno stesso aggettivo circola in questo discorso con tre sensi distinti: storica, la determinazione del decorso di tempo nelle immagini; storica, cioé storico-letteraria, la svol-
ta nella frequenza o intensita di distribuzione delle costanti; storico-letteraria quindi quella dimensione in pid, diacronica, che entra qui a complicare la piattezza sincronica o pancronica dell’albero. Chiameremo un tale rapporto di recessione e subentramento fra categorie trasformazione. Ela trasformazione, col suo sfasamento di tempi, che porta a riservare l’opposizione seria / non seria all’ambito storico-letterario anteriore in cui le due possibilita convivevano in sincronia; in ambito posteriore la presentazione seria diventa quasi scontata, e se si contrappone ancora a quella non seria € piuttosto in diacronia. Nell’epoca di svolta, le trasformazioni parallele sono da supporre rispettivamente fra la prima delle quattro categorie e la terza, fra la seconda e la quarta. Cioé, rispettivamente, fra quelle dove é evidente la parziale positivita — d’una occasione di meditazione alta e seria, d’un investimento di valore esemplare, legati a certe immagini; oppure la sola negativita — d’una bassezza che provoca sorriso 0 riso, d’un degradamento che si denuncia sconveniente. II lettore avra riconosciuto la distinzione illustrata da esempi convenzionali nel primo capitolo, e poi giudicata abbastanza generale per venire ripresa nell’operazione classificatoria (111, 6). Fra immagini dove la non-funzionalita primaria é riscattata da un recupero di funzionalita secondaria;
e immagini dove non é riscattata da niente — da nient’altro che la qualita formale della letteratura. La regolare alternanza di categorie positive parzialmente, o come dird semipositive, e negative, proseguira per tutto l’albero. Autorizzata dalla pari frequenza dei due tipi d’immagini nei testi, scaturisce dall’adozione stessa di opposizioni terminali binarie: il
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cui.polo contraddittorio o contrario sara volta per volta negativo non solo logicamente, ma in vari sensi concreti fra l’ideclogico, il morale, |’estetico, il pratico, l’economico, l’edonistico, l’emotivo.
E urgente proporre dei nomi per le categorie gia definite, se é vero che classifichiamo perché avvertiamo un bisogno di parole (come il Pére Ubu aveva inventato la patafisica, « dont le besoin se faisait généralement sentir») ®.
Nomi bre-
vi, pid maneggevoli delle definizioni: ma nessun attributo d’una sola parola basterebbe a riassumere e a distinguere; la forma minimale in cui coniarli é di doppio aggettivo sostantivato, eli traggo dagli spunti lessicali pid memorabili fra quantine ha via via mobilitati il discorso sugli esempi. Inoltre comincio a sottolineare coi segni + e — l’alternanza di categorie semipositive e negative. Per completare definitivamente questa parte dell’albero aggiungo, in parentesi, sotto i poli della penultima opposizione due termini chiarificatori; sotto il polo contraddittorio della prima opposizione terminale, un contrario dato come limite. A partire da decorso di tempo: ° SENTITO COLLETTIVAMENTE
A DETERMINAZIONE NON
A DETERMINAZIONE
PERTINENTE
PERTINENTE
(storicita),
(caducita), E PRESENTATA
IN MODO
SERIO
E PRESENTATA
IN MODO
NON
SERIO.
E PRESENTATA
COME ESEMPLARE
(al limite comico)
E PRESENTATA
COME
SCONVENIENTE
+
=
+
=
IL MONITORIO -
IL FRUSTO -
SOLENNE
IL VENERANDO -
GROTTESCO
ILLOGORO -
REGRESSIVO
REALISTICO
6. Prima di portare avanti il disegno dell’albero verso nuove categorie, torniamo con altri esempi su quelle definite
e denominate: consideriamo, per ciascuna, ancora tre testi.
Per il monitorio-solenne risalgo al primo libro del De varietate fortunae di Poggio Bracciolini (1380-1459), scritto probabilmente poco dopo il 1431 e pubblicato con gli altri tre libri _” A. Jarry, Euvres completes, «Bibliotheque de la Pléiade», 1972, t. I, p. 497. [il cui bisogno si faceva universalmente sentire].
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nel 1448. Nell’edizione separata a stampa (151), il titolo continuava cosi: ... urbis Romae, et de ruina ejusdem descriptio”.
Poggio e il diplomatico umanista Antonio Loschi, curiali d’un papa moribondo, mettono l’ozio a profitto per visitare «i luoghi deserti dell’urbe». Smontati da cavallo, seggono fra le rovine della rocca Tarpea; il panorama contemplato dall’alto muove Antonio ad aprire, sospirando e meravigliando, il dialogo. Gli viene in mente Mario a Cartagine, che
dubitava se potesse darsi «uno spettacolo maggiore» della sfortuna di quella citta. Ma la sfortuna della citta che ha sotto gli occhi non gli sembra comparabile a nessun’altra, naturale o umana, fra quante ne ricorda la storia: Quo magis dictu mirabile est et acerbum aspectu, adeo speciem formamque ipsius immutasse fortunae crudelitatem, ut nunc omni decore nudata, prostrata jaceat instar gigantei cadaveris corrupti, atque undique exesi: deflendum quippe est hanc urbem tot quondam illustrium virorum atque imperatorum foetam, tot belli ducum, tot principum excellentissimorum altricem, tot tantarumque virtutum parentem, tot bo:
narum artium procreatricem, ex qua rei militaris disciplina, morum sanctimonia et vitae, sanctiones legum, virtutum omnium exempla et bene vivendi ratio defluxerunt, quondam rerum dominam, nunc per fortunae omnia vertentis iniquitatem, non solum imperio majestateque sua spoliatam, sed addictam vilissimae servituti, deformem, abjectam, sola ruina praeteritam dignitatem ac magnitudinem ostentantein ~.
Si sviluppa a questo punto la distinzione, o comparazione, introdotta fin dalle prime righe: tra lo sfacelo degli antichi edifici che deturpa l’aspetto attuale di Roma, e il disfacimento dell’impero di cui Roma era stata centro. Non ci aspetteremmo che sia quest’ ultimo, dei due, a venir giudicato il fat21 [Sulla mutevolezza della fortuna. |... della citta di Roma, e descrizione delle rovine della medesima). 22 P. Bracciolini, Historiae de varietate fortunae, Paris 1723 (riprodotto in Opera omnia, Bottega d’Erasmo, Torino 1966, t. II), pp. 6-7. [La cosa che fa pit meraviglia a dirsi e pit dolore a vedersi, é che la crudelta della fortuna abbia a tal punto mutato l’aspetto e la bellezza di essa, che adesso privata di ogni decoro giace atterrata, come un gigantesco cadavere putrefatto e da ogni parte corroso: é invero deplorevole che questa citta, un tempo genitrice di tanti illustri uomini e capi, nutrice di tanti generali in guerra, di tanti eccellentissimi principi, madre di tante e cosi grandi virtu, procreatrice di tante nobili qualita, dalla quale si diffusero la disciplina militare, la santita di costumi e di vita, le sanzioni delle leggi, gli esempi di tutte le virtt e le norme del viver bene, un tempo padrona del mondo, sia adesso per !’iniquita della fortuna che tutto capovolge non solo spogliata della sua sovranita e maesta, ma condannata a servitd vilissima, sfigurata, disonorata, cosi da ostentare la passata dignita e grandezza con la sola rovina].
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to meno straordinario e deplorevole. Esso avvenne infatti in un ordine di cose — quello politico o militare—nel quale la fortuna suole dare e togliere « quasi di suo diritto»: con verbi al presente atemporale, solennemente normalizzante, é detto che «commutantur regna, transferuntur imperia, desciscunt
nationes», ecc. Entro le mura della capitale, invece, la fortuna
ha infierito con arbitrio pit imprevedibile, capriccioso e crudele. Stimando i tanti monumenti di Roma «al di sopra della fortuna» o «al di 1a del fato», i fondatori non presumevano troppo; € lo stupore dei posteri da loro ragione”. E una perdita di bellezza architettonica a manifestare lo scandalo, anche se la vera giustificazione della sfida romana all’immortalita non si esaurisce in un supremo merito esteti-
co. La proclama il fluente duplice elenco, anaforico e asindetico — riecheggiato pit sotto da un elenco di monumenti: quello dei valori culturali di cui Roma fu procreatrice, morali, militari, giuridici oltre che artistici. Ma la riflessione non verte sulla grandezza passata, ostentata ormai «con la sola rovina», bensi sul fatto della caduta e sulla deplorazione di esso. In termini pit astratti: sulla defunzionalizzazione primaria e rifunzionalizzazione secondaria. Certo, anche in
questo secondo esempio di monitorio-solenne la consistenza d’immagini si riduce a una sparsa insistenza d’aggettivi e participi di rovina, e a una potente metafora. «Come un gigantesco cadavere putrefatto e da ogni parte corroso»: @ indubbio che il sostantivo provenga da Sulpicio — e ci accorgiamo che di la proviene anche il trapasso da un soggiorno contingente in luoghi illustri alla riflessione ispirata da essi, con la variante che qui il soggiorno é cercato anziché casuale. Inventando in pit le proporzioni da gigante, Poggio da espressione allindissolubilita emblematica di grandezza e decadenza, inseparabile a sua volta da quell’unicita di Roma che Sulpicio non attribuiva alle citta greche. E tale unicita consiste in un primato di eccellenza; non, per esempio, nelle circostanze storiche dell’unificazione prima e disgregazione poi del mondo detto civile. Della decadenza, é pertinente anche qui il fatto in sé, non il perché 0 il quando 0 il come. Con la replica di Poggio, il dialogo prosegue intorno all’attivita a oo pp- 5, 7- [iregni cambiano, gli imperi si trasferiscono, le nazioni si sgretolano].
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archeologica ed epigrafica di lui, che ha trascritto iscrizioni «nascoste fra cespugli e rovi»; ma si conclude con una di-
scussione sulla definizione di fortuna, ricondotta dall’accidentale alla volonta divina™. Come nel proemio di dedica, vi ricorre l’elogio della sto-
ria quale scrittura. Essa « rende come recenti» casi che altrimenti «l’antichita suole cancellare»; la carenza di essa vota casi realmente recenti all’oblio”. Con la sua esile materialita,
€ come se la scrittura fosse pit resistente delle materie monumentali, quindi i poteri della filologia maggiori di quelli dell’archeologia. Nell’epistola famosa in cui Poggio aveva dato notizia del suo ritrovamento di Quintiliano, il prezioso codice compariva «ancora salvo e incolume»: malgrado un secolare metaforico « carcere» in fondo a una torre di monastero, malgrado la non metaforica « muffa e polvere » da cui era coperto™. E nell’impotenza di simili rimedi umani, davanti allo spettacolo di Roma, che si apre lo spazio del monitorio-solenne. Una lezione di caducita metastorica: offerta pero da una vicenda profana della storia, con l’imponenza dei suoi non restaurabili avanzi. Proprio questa relativa laicizzazione del senso di caducita cristiano-medievale sembra rendere possibili certe immagini concrete. Pochi anni dopo la morte di Poggio le due grandi riprese del tema dell’abz sunt, la francese di Villon e la spagnola di Manrique, prenderanno a simboli rispettivamente le « nevi dell’anno scorso» e le «rugiade dei prati»”: delle quali, al contrario della pietra dura e durevole, presto non resta niente . E vero che nel Roman de la Rose” la casa della Fortuna aveva un lato rilucente d’oro e argento, e un altro di fango e paglia, sporco e crollante per migliaia di crepe”. Ma era il simbolo stesso dell’incostanza e labilita: non l’immagine d’una qualsiasi realta, tanto 4 Thid., p. 9 (pp. 8-25, 25-39).
® Ibid., pp. 1-2, 34-36, 37.
26 A Guarino Veronese, 15 dicembre 1416: Prosatori latini del Quattrocento, Ricciardi, Milano-Napoli 1952, pp. 244-45. 27 Le Testament, Ballade des dames du temps jadts: F. Villon, Opere, Mondadori,
Milano 1981, p. 54; Coplas por la muerte de su padre (copla 19): J. Manrique, Poesia, Catedra, Madrid 1979, p. 153. 28 [I] Romanzo della Rosa). 29 Vy. 6063-88, 6115-17: Le Roman de la Rose, Champion, Paris 1970, t. I, pp. 186188.
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meno storica. Nell’onnipresente significazione simbolica delle cose, che é tendenza della letteratura del Medioevo, intravediamo di sfuggita la principale ragione della latitanza di essa in questo libro. Non vanno tuttavia sottovalutate le implicazioni religiose che, nel suo corso quattro-cinquecentesco, conserva il tema delle rovine; e in esso le immagini di monitorio-solenne. Dal latino umanistico passiamo a un esempio in volgare, la cui fortuna europea testimonia la diffusione rinascimentale del tema. Si tratta del sonetto gia ricordato di Baldassar Castiglione (1478-1529): Du Bellay lo tradusse liberamente in francese tra i sonetti de Les Antiquités de Rome”, ben prima che Lope de Vega lo parodiasse in spagnolo. La variazione sul tema che si ha nell’ultima terzina (il cui senso amoroso, se non
fosse assicurato letteralmente, lo sarebbe dal contesto di altri sonetti) non comporta né immagini di sorta, né commutazio-
ne dal serio al non serio. Essa toglie poco alla purezza dell’esempio: Superbi colli, e voi sacre ruine, che ’l nome sol di Roma ancor tenete, ahi, che reliquie miserande avete di tante anime eccelse e pellegrine! Colossi, archi, teatri, opre divine, trionfal pompe, gloriose e liete, in poco cener pur converse siete, e fatte al vulgo vil favola al fine. Cosi, se ben un tempo al tempo guerra fanno l’opre famose, a passo lento e lopre e i nomi il tempo invido atterra. Vivro dunque fra’ miei martir contento: che se il tempo da fine a cid ch’é in terra, dara forse ancor fine al mio tormento *.
Si conferma ancora come tipico del monitorio-solenne un esplicito momento ideologico o argomentativo: a cui fa riscontro la poverta in immagini. Come ho detto da poco, la categoria € prevalentemente anteriore alla svolta storica, quindi fra altro alla capacita di evocazione sensoriale moderna. Qui le immagini si limitano a sorgere dalla serie dei *0 [Le Antichita di Roma). * In Lirici del Cinquecento, Utet, Torino 1976, p. 191; pellegrine nel senso di pere-
grine, straordinarie. Cfr. Du Bellay, in Poétes du xvr Siécle, « Bibliothéque de la
Pléiade», 1953, p. 42r.
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vocativi che aprono entrambe le quartine: e che ora specificano le «sacre ruine»
in «colossi, archi, teatri», formando
quasi un elenco, ora le qualificano come «opre divine» e «trionfal pompe». La prima quartina piange la decadenza delle persone, e solo la seconda propriamente quella delle cose. Ne viene tratta nella prima terzina una morale dalle universali simmetrie, sotto una sintassi che le capovolge e un gioco di parole che le comprime: il tempo prima é vinto, ma poi vince; é vinto per durate brevi, e vince attraverso durate lunghe. Senza niente di esclusivamente cristiano al confronto col primo esempio antico, senza contrasto con !’ammirazione per la cultura pagana che il sonetto ha in comune con la prosa di Poggio, pit che in essa vi é riconoscibile il fondo religioso d’un tale senso di caducita. Le reminiscenze di Petrarca parlano tra le righe: la pid scoperta é adattata alle rovine di Roma, «fatte al vulgo vil favola» — ma l’originale, nel primo sonetto del Canzoniere («al popol tutto — favola fui gran tempo»), é troppo vicino a una celebre chiusa per non ricordarla pure («che quanto piace al mondo é breve sogno»). Nel verso precedente di Castiglione i monumenti figurano convertiti «in poco cener » — come le bellezze di Laurain «poca polvere» o in «cenere sparso», secondo altri due luoghi non meno celebri della raccolta imitata per eccellen-
za”. In queste stesse reminiscenze é latente la metafora cadaverica, che chiama cenere i resti di cose inanimate con parola consacrata al culto dei morti; l’universalita della fine che il tempo daa cid che é «in terra» non pregiudica, anzi postula, un’eternita altrove.
7. Le sottintese certezze religiose sono invece per lo pit andate in crisi, c’é da aspettarselo, in quella diffusa ripresa del monitorio-solenne che é nota come fortuna settecentesca del tema delle rovine. Nell’esempio che ne scelgo, le rovine appaiono mediate al linguaggio letterario da quello figurativo, poiché si tratta di critica d’arte: dei primi Salons, dovutia un grande scrittore. Denis Diderot (1713-84) descrive e di-
scute i quadri esposti dal giovane Hubert Robert reduce dall'Italia, nel 1767. E il critico é convinto di sapere ancora me32 Cfr. F. Petrarca, Rime, Trionfi e Poesie latine, Ricciardi, Milano-Napoli 1951, pp. 3 (1, w. 9-14), 378 (CCXCIL, v. 8), 406 (CCCXX, v. 14).
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glio del suo pittore che il genere delle immagini di rovine ha una poetica propria, e qual é: L’effet de ces compositions, bonnes ou mauvaises, c’est de vous laisser dans une douce mélancolie. Nous attachons nos regards sur les débris d’un are de triomphe, d’un portique, d’une pyramide, d’un temple, d’un palais, et nous revenons sur nous-mé€mes. Nous _anticipons sur les ravages du temps, et notre imagination disperse sur la terre les édifices mémes que nous habitons. A V’instant, la solitude et le silence régnent autour de nous. Nous restons seuls, de toute une nation qui n’est plus; et voila la premiére ligne de la poétique des ruines *.
Segue la descrizione del quadro intitolato Ruine d’un arc de triomphe, et autres monuments”; secondo Diderot esso contravviene alla poetica in questione, perché fa comparire sullo sfondo dei monumenti troppe figure umane. La stessa ctitica e le relative motivazioni sono sviluppate cosi ampiamente a proposito diun altro quadro, Grande Galérie éclairée du fond, da non consentirmi che una citazione frammentaria: Ne sentez-vous pas qu’il y a trop de figures ici; qu’il en faut effacer les trois quarts? I] n’en faut réserver que celles qui ajouteront 4 la solitude et au silence. [...]. Monsieur Robert, vous ne savez pas encore pourquoi les ruines font tant de plaisir, indépendamment de la variété des accidents qu’elles montrent; et je vais vous en dire ce qui m’en viendra sur-le-champ. Les idées que les ruines réveillent en moi sont grandes. Tout s’anéantit, tout périt, tout passe. Il n’y a que le monde qui reste. Il n’y a que le temps qui dure. Qu’il est vieux ce monde! Je marche entre deux éternités. De quelque part que je jette les yeux, les objets qui m’entourent m’annoncent une fin et me résignent 4 celle qui m’attend. Qu’est-ce que mon existence éphémére, en comparaison de celle de ce rocher qui s’affaisse, de ce vallon qui se creuse, de cette forét qui chancelle, de ces masses suspendues au-dessus de ma téte et quis’ébranlent? Je vois le marbre des tombeaux tomber en poussiére; et je ne veux pas mourir! et jenvie un faible tissu de fibres etde chair, 4 une loi générale qui s’exécute sur le bronze! Un torrent entraine les nations les unes sur les autres au fond d’un abime commun; moi, moi seul, je prétends m’arréter sur le bord et fendre le flot qui coule 4 mes cétés! ». » D. Diderot, Euvres esthétiques, Garnier, Paris 1959, p. 64r. [L’effetto di queste composizioni, buone o cattive, é che vi lasciano in una dolce malinconia. Fissiamo lo sguardo sui resti d’un arco di trionfo, d’un portico, d’una piramide, d’un tempio, d'un palazzo, e ci ripieghiamo in meditazione. Precorriamo le devastazioni del tempo, ela nostra immaginazione disperde sulla terra gli edifici stessi che abitiamo. Sull’istante, la solitudine e il silenzio regnano intorno a noi. Restiamo soli di tutta una nazione che non c’é pit; ed ecco l’abc della poetica delle rovine]. 4 [Rovina d’un arco di trionfo, e altri monument].
_» Ibid., pp. 643-44. [Grande galleria illuminata dal fondo]. [Non avvertite che
qui ci sono troppe figure; che bisogna cancellarne i tre quarti? Bisogna conservare so-
lo quelle che accresceranno la solitudine e il silenzio. [...]. Monsieur Robert, voi non
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Solitudine e silenzio, al cospetto dei maggiori simboli della nostra caducita, sarebbero stati certo propizi anche a un raccoglimento religioso: premesse magari di preghiera. Ma allora la meditazione non avrebbe isolato spiritualmente il credente da una comunita di credenti, e d’altra parte sarebbe riuscita tanto pit salutare quanto pit umile e dolorosa. Per il critico enciclopedista, invece, l’effetto di ritorno in se stessi
indotto dalle rovine é emotivamente ambivalente: consiste in «una dolce malinconia», e si tratta addirittura di sapere «perché le rovine fanno tanto piacere». La ragione del piacere va cercata in quello stesso individualismo preromantico, ormai completo, che conferisce necessita e assolutezza allisolamento del contemplatore. Le « grandi idee» dell’ultimo paragrafo citato si riassumono nella rassegnazione all’an-
nientamento dell’io: la impone il confronto schiacciante con la precarieta di tutta la natura, oltre che del marmo e del bronzo e delle nazioni. Ma se l’argomentazione é quella stessa di Sulpicio, al posto del plurale di «noi piccoli uomini» (Iv, I) spicca un singolare enfatico come «io, io solo». Nei paragrafi seguenti la rassegnazione si traduce con insistenza in un originale specie di carpe diem: sentimentale e materialista. Cito un altro frammento: Dans cet asile désert, solitaire et vaste, je n’entends rien; j’ai rompu avec tous les embarras de la vie. Personne ne me presse et ne m’écoute. Je puis me parler tout haut, m/’affliger, verser des larmes sans contrainte.
Sous ces arcades obscures, la pudeur serait moins forte dans une femme honnéte; |’entreprise d’un amant tendre et timide, plus vive et plus courageuse.
Solitario fra le rovine, l’io si abbandonera senza freni di so-
cialita alla propria pid spontanea vita affettiva; e perfino sensapete ancora perché le rovine fanno tanto piacere, indipendentemente dalla varieta degli accidenti che mostrano; e voglio dirvene cid che mi verra in mente sul momento. Le idee che le rovine destano in me sono grandi. Tutto si annienta, tutto perisce, tutto passa. II mondo soltanto resta. Il tempo soltanto dura. Quanto é vecchio questo mondo! Cammino fra due eternita. Da qualunque lato rivolga gli occhi, gli oggetti che mi circondano mi annunciano una fine e mi fanno rassegnare a quella che mi attende. Cos’é la mia esistenza effimera, confrontata a quella di questa roccia che si curva, di questa valle che si scava, di questa foresta che vacilla, di queste masse sospese sopra la mia testa e che si scuotono? Vedo il marmo delle tombe cadere in polvere; ed io non voglio morire! e vorrei sottrarre un debole tessuto di fibre e di carne a una legge generale che si esegue sul bronzo! Un torrente trascina le nazioni le une sulle altre in fondo a un abisso comune; io, io solo, pretendo di fermarmi sul bordo e fendere il flutto che mi scorre ai fianchi!]
IIO
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suale*. Un potenziamento d’individualismo é quanto resta all’individuo, sui luoghi per eccellenza in cui deve riconoscersi perituro, senza pit illusioni d’al di la. Tuttavia, niente d’individuale si affaccia ancora nella direzione d’una memoria personalizzata: niente mette in questione, in altre parole, che il decorso di tempo sia sempre sentito collettivamente. Nemmeno esso diventa a determinazione pertinente — sebbene si stia avvicinando a diventarlo —, finché resta una fan-
tasticheria il sentirsi soli sopravvissuti « di tutta una nazione che non é pit», e le « devastazioni del tempo» cosi anticipate restano immaginarie.
8. Parallela alla distribuzione cronologica del monitoriosolenne, anche quella del frusto-grottesco é in prevalenza anteriore alla svolta storica e quindi alla capacita di evocazione sensoriale moderna. Se nondimeno i testi adducibili come esempi puri di fruste-grottesco non ci sembrano analogamente poveri in immagini, sappiamo a che cosa lo devono: al frequente intervenire di un’inventiva figurale che per via d’iperbole e di metafora, e seppure a fini comicamente deformanti, prospetta oggetti concreti. Come per il monitorio-
solenne, adduco un esempio del primo Cinquecento italiano a cui arrise fortuna europea, insieme col genere 0 maniera che trasse l’aggettivo dal cognome stesso di Francesco Berni (1498-1535). Il testo bernesco pit noto é certo il Capitola del prete da Povigliano, del 1532: visi narra l’ospitalita d’una notte, presuntuosa quanto sordida, fatta patire da un curato di provincia al poeta con l’umanista Adamo Fumano. Ecco Parrivo al mal vantato alloggio, l’ingresso, e i primi aspetti dell’interno: Io credetti trovar qualche palazzo murato di diamanti e di turchine, avendo udito far tanto schiamazzo:
quando Dio volse, vi giungemmo al fine: entrammo in una porta da soccorso, sepolta nell’ortiche e nelle spine. *© Tbid., pp. 644-45. [In questo asilo deserto, solitario e vasto, non ascolto nulla; ho rotto con tutti gli imbarazzi della vita. Nessuno mi sollecita e mi ascolta. Posso parlarmi ad alta voce, affliggermi, versare lacrime senza freno.
Sotto queste arcate oscure, il pudore sarebbe meno forte in una donna onesta; I’iniziativa d’un amante tenero e timido, pit vivace e pit coraggiosal.
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III
Convenne ivi lasciar l’usato corso, e salir su per una certa scala, ove aria rotto il collo ogni destr’orso. Salita quella, ci trovammo in sala, che non era, Dio grazia, amattonata, ond’il fumo di sotto in essa essala.
Io stava come l’uom che pensa e guata quel ch’ egliha fatto, e quel che far conviene poi che glié stata data una incanata.
>
— Noi non l’abbiam, Adamo, intesa bene:
questa é la casa — diceva io — dell’Orco: pazzi che noi siam stati da catene! Mentre io mi gratto il capo e mi scontorco, mi vien veduto a traverso ad un desco una carpita di lana di porco: era dipinta ad olio, e non a fresco; voglion certi dottor dir ch’ella fusse coperta gia d’un qualche barbaresco; poi fu mantello almanco di tre usse, poi fu schiavina, e forse anche spalliera, fin che tappeto al fin pur si ridusse*”.
L’aspettativa d’un palazzo in pietre preziose é scherzosa iperbole invertita in positivo, e si raddrizza subito in negativo restando iperbole innestata su metafore: la porta della casa era — possiamo dire — addirittura come la porticina segreta d’una fortezza («da soccorso»), addirittura come sepolta sot-
to ortiche e spine. La stessa diagnosi retorica vale per la «lana di porco» di cui consterebbe la coperta posta sulla tavola da mangiare, e vale per pit d’un passo successivo ai versi citati. Quando il poeta chiede da bere, in una terzina famosa le metafore-iperboli soppiantano ellitticamente i corrispondenti predicati non figurali— ossia che il bicchiere era unto, appannato, e rotto alla base: Ecco apparir di subito un bicchiere che s’era cresimato allora allora;
sudava tutto, e non potea sedere... *
Tornando ai versi citati e alla coperta, é un gioco di parole a dirci quanto fosse macchiata d’olio: in termini di pittura. Lincredibile serie delle sue metamorfosi, usi e proprietari anteriori — dagli addetti ai cavalli da corsa ad almeno tre zin37 XLVIII: F. Berni, Rime, Einaudi, Torino 1969, pp. 108-9 (106-16). I chiarimenti linguistici verranno nel corso del commento. 38 Ibid., p. mo.
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gare, da soprabito a rivestimento di sedile — é il prototipo di un fopos, il quale si allunghera a dismisura in epoca barocca. Ho detto che la scomparsa dei colori da una stoffa sara, a sua volta, un topos della descrizione ottocentesca (Iv, 5): buona
occasione di confronto tra le definizioni di frusto-grottesco e di logoro-realistico, proprio all’altezza della biforcazione che nell’albero le separa. Nel zopos pit moderno la determi-
nazione d’un decorso di tempo, datato o no, fa virtualmente tutt’uno con un processo chimico e col suo risultato ottico. Nel topos che é tipico del frusto-grottesco, le informazioni sulle metamorfosi della materia fingono proprio di determinare un tale decorso; ma piti sono esageratamente numerose, pit lo lasciano indeterminato nell’inverosimile. Non meno svariati, nel seguito del testo, saranno gli usi della stanza dal prete offerta agli ospiti. Granaio e camera da letto, dispensa e cesso”: come se il tipo di serie prima proiettata in
mirabolante diacronia si contraesse — pur senza elenco — in una sincronia tirchia e ributtante. Badiamo infine al parodico suono dantesco della quinta terzina citata, che si rompe sulla parola gergale «incanata» (fregatura), e implica che la dimora del prete é addirittura come Vinferno. L’intero capitolo conta un’altra parodia di Dante, due reminiscenze di Petrarca, un’invocazione alle Muse e una mezza dozzina
Waltri richiami classici e cristiani®: quanto basta per mostrarci come il linguaggio a tendenza comica del frustogrottesco sia metaletterario e colto. Quand’anche mimetico in primo grado, vive spesso esplicitamente, e implicitamente sempre, a spese di queilinguaggi seri che capovolgee dissacra. Fra i testi d’epoca posteriore e d’altra ee in cui é ravvisabile un influsso di questo capitolo bernesco, c’é la Satira XI di Mathurin Régnier (1573-1613). Penultima d’una raccolta del 1608, ha con la satira precedente un rapporto di successione narrativa: il poeta, fuggito dalla rissa che ha interrotto un banchetto ridicolo, nel buio d’una notte di pioggia penetra per errore in un bordello. Nella camera dunque dove gli é giocoforza salire senza voglia a scopo erotico, disfunzioni e disordine sono meno sorprendenti che nell’abitazione di un prete. Se l’ascensione per la scala e la preparazione del letto ricordano Berni“, non é senza barocca amplificazio9 Ibid. CEs, iv. 139-41; 22, 126; 145-50; 151-52, 157-60, 172, 178-88, 212-13, 220-25.
*! M. Régnier, Euvres compleétes, Les Belles Lettres, Paris 1954, Pp. 100, 103-4.
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ne; ma enorme in quanto tale risulta la ricognizione che il poeta fa della camera o soffitta, prima che sopraggiunga la puttana. Anche questo ambiente ha almeno un secondo uso, da ripostiglio, equivalente a una pluralita caotica di usi: J’entre dans ce beau lieu, plus digne de remarque
Que le riche Palais d’un superbe Monarque.
Etant la, je furette aux recoins plus cachés, Ou le bon Dieu voulut que, pour mes vieux péchés, Je susse le dépit dont l’4me est forcenée Lorsque, trop curieuse ou trop endemenée, Rédant de tous cétés et tournant haut et bas,
Elle nous fait trouver ce qu’on ne cherche pas. Or, en premier zte, sous mes pieds je rencontre Un chaudron ébréché, la bourse d’une montre, Quatre boites d’unguents, une d’alun brilé,
Deux gants dépareillés, un manchon tout pelé; Trois fioles d’eau bleue, autrement d’eau seconde, La petite seringue, une éponge, une sonde, Du blanc, un peu de rouge, un chiffon de rabat,
Un balai pour briler en allant au Sabbat; Une vieille lanterne, un tabouret de paille Qui s’était sur trois pieds sauvé de la bataille; Un baril défoncé, deux bouteilles sur cu, Qui disaient sans goulet: « Nous avons trop vécu»; Un petit sac tout plein de poudre de Mercure, Un vieux chaperon gras de mauvaise teinture,
Et dedans un coffret qui s’ouvre avecq’enhan, Je trouve des tisons du feu de la Saint Jean, Du sel, du pain bénit, de la fougére, un cierge, Trois dents de mort pliés en du parchemin vierge; Une Chauve-souris, facarcasse d’un Geai, De la graisse de loup et du beurre de Mai *. # Tbid., pp. 101-2. Modernizzo l’ortografia. L’eau bleue o seconde é liscivia dei saponi; il beurre de Maz é unguento per piaghe. [Entro in questo bel luogo, piti degno d’attenzione |Che il ricco Palazzo di un superbo Monarca. |La, mi metto a curiosare nei recessi piti nascosti, |Dove il buon Dio volle che, per i miei vecchi peccati, |Io sapessi il dispetto che fa forsennata l’anima |Quando, troppo curiosa 0 troppo sconvolta, |Vagando da ogni parte e girando in alto e in basso, |Ci fa trovare cid che non si cerca. |Ora, per primo articolo, tra i piedi mi ritrovo |Un calderone sbrecciato, il fodero d’un orologio, |Quattro scatole di unguenti, una di allume bruciato, |Due guanti scompagnati, un manicotto pelato; |Tre fiale di acqua blu, detta anche acqua seconda, |La piccola siringa, una spugna, una sonda, |Del bianco, un po’ di rosso, uno straccio da colletto, |Una scopa da bruciare andando al Sabba; |Una vecchia lanterna, uno sgabello di paglia |Che s’era su tre piedi salvato dalla battaglia; |Un barile sfondato, due bottiglie su culo, |Che dicevano senza collo: « Abbiamo troppo vissuto», |Un sacchettino pieno di polvere di Mercurio, |Un vecchio cappuccio grasso di cattiva tintura; |E dentro un cofanetto che s’apre con affanno, |Trovo tizzoni del fuo-
co di San Giovanni, |Sale, pan benedetto, della felce, un cero, |Tre denti di morto ripiegati in pergamena vergine; |Un Pipistrello, la carcassa di una Gazza, |Grasso di lupo e burro di Maggio].
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Questo elenco barocco sorpassa in fantasiosa abbondanza sia quello antico di Marziale che tutti quelli moderni del nostro secondo capitolo. Dispiega in venti versi i suoi pit di trenta elementi, al singolare o al plurale; e se essi non stanno tutti sullo stesso piano non é perché vi siano designazioni sintetiche del tipo a suo tempo fatto notare (11, 13), né all’inizio né alla fine. E per un procedimento imparentato con la mise en abime cara alla pittura, o con lo spettacolo nello spettacolo caro al teatro, del primo Seicento. Tutto un elenco secondo si trova racchiuso dentro un solo elemento del primo: il cofanetto che si apre a fatica (e che pud farci pensare pit per differenza che per somiglianza, ormai, a quello di Cros in u, 1). L’attivita attribuita al poeta appena entrato, di mettersi a curiosare fin «nei recessi piu nascosti», sembra tanto intesa a preparare e motivare l’elenco quanto é priva essa stessa
di motivazioni fattuali. E anima di lui conosce il dispetto del «trovare cid che non si cerca»: cose inutili in ogni caso, ma il denominatore comune dell’inutilita mescola qui quelle consunte, degradate e basse a quelle bizzarre, eccentriche e
rare, miscela frequente nel frusto-grottesco. Le cose della prima specie sono piu avvicinate al limite del comico, come si vede nelle personificazioni buffe dello sgabello senza un piede e delle bottiglie senza collo. Altre cose sono defunzionalizzate piuttosto dal loro stato di residui in confusione, fuori dal quale sarebbero utili ingredienti di varie arti verosimili in sede ruffianesca: profumeria, cosmetica, lavanderia, farmacia. E altre cose ancora sono strane in senso pit inquie-
tante, come la scopa da streghe, i denti di morto entro pergamena, il pipistrello (che compariva gia in Berni, ma vivo e convenzionale) °. Ho accennato a un valore di prototipo o archetipo dell’elenco magico (11, 13); qui é per contaminazione storicamente comprensibile che l’esempio d’una categoria ne sfiora un’altra non ancora definita, e che certi ingredienti d’un elenco frusto-grottesco esulerebbero comunque da una funzionalita naturale.
9. La bizzarria cede di nuovo il campo alla miseria, nella gamma d’immagini del frusto-grottesco, se passiamo dall’uno allaltro dei generi letterari piti propizi. Dal bernesco, ® Cfr. Berni, Rime cit., p. 115, vv. 202-4.
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cioé, alla picaresca: alla Historia de la vida del Buscon, llama-
do don Pablos; exemplo de Vagamundos, y espejo de Tacafos, di Francisco de Quevedo (1580-1645). Se é vero che fu scritta una ventina d’anni prima della sua pubblicazione nel 1626, venne all inizio della fioritura spagnola del genere tra gli ultimi anni del Cinque e la meta del Seicento. Tre caratteristiche vi sono state osservate, o per difetto o per eccesso rispetto ai romanzi di altri. Astensione dagli interventi d’autore moraleggianti, di solito diffusi; freddo estremismo nella scelta di materie basse, sia moralmente che fisicamente; estrosissima elaborazione retorica, tanta da far riconoscere
nel Quevedo prosatore il poeta in versi — barocco nella variante chiamata all’epoca concettismo. Dei tre punti, quest’ ultimo é pid che mai motivo per bandire ogni idea di realismo come rappresentazione seria e non deformante. Ma |’assenza di commenti scarnifica all’essenziale anche la rappresentazione critica dei costumi, nel senso gia ascritto a Marziale (Iv, 4); non resterebbero che le scelte di contenuto per agganciare la rappresentazione ai bassifondi del vero — sempre liquidando la determinazione dei decorsi di tempo nelluniversalita del bisogno umano. L’incrudelire della caricatura é proporzionale all’incremento della laidezza. Come se da parte d’uno scrittore nazionalista e assolutista, ossessionato dalle «impurita» di sangue e fede, la pratica d’un genere che racconta vite di emarginati sociali fosse un paradosso; e intimasse la rimozione delle simpatie che il racconto mette in moto. Cosi in particolare il suo frusto-grottesco, che pud ancor oggi far ridere, é comico nel pit forte dei sensi ossia spietato. I genitori del pécaro sono un barbiere ladro, e una ruffiana strega di ascendenza appunto non cristiana: é a proposito
della loro rispettiva fine sulla forca e sul rogo che si toccheranno punte di umorismo cinico e macabro, con l’intervento dello zio boia e il banchetto da sciacalli in casa di lui *. All’inizio Pablos va a scuola, si lega al figlio d’un nobile, lo segue quando suo padre lo mette in collegio. Patiscono entrambi, il servitore solo un po’ peggio, un’esperienza indescrivibile di 44 [Storia della vita del Furfante chiamato Don Pablos; esempio di Vagabondi, e specchio di Imbroglioni (cosi suonava il titolo intero della prima edizione)].
4 F. de Quevedo, La Vida del Busc6n llamado don Pablos, Salamanca 1965, pp. 15-20, 91-93, 132, 135-46.
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spilorceria e denutrizione: é l’episodio pit celebrato del romanzo, col personaggio del prete precettore Cabra. Un personaggio che vive precisamente della combinazione che sappiamo, di figuralita iperbolica e metaforica deformante e di comicita distanziante (11, 8; Iv, 4). Gia nel ritratto fisico tale figuralita sembra motivare la descrizione pid che non sia il contrario, e non do che un esempio: la barba é scolorita per paura della bocca vicina, che per fame minaccia di mangiarsela. Anche l’illustrazione dell’avarizia trascende |’aneddotica usuale su questo tema, forzandone la direzione iperbolica se non slittando in quella metaforica. Non esistono cessi in casa, perché non c’é mai niente da defecare; e Pablos non osa espellere quel poco che dovrebbe, per economia di forze. Soltanto le battute di Cabra stesso, tutte ottimismo ipocrita sul vitto da lui dispensato, si contengono in un’asciutta verosimiglianza da perfette battute teatrali. Fame, morte: pone termine all’episodio la morte di fame d’un collegiale “, e Pablos non dubitera che sia stato per fame quando apprendera pid tardi che é morto Cabra”. I brani che cito informano, |’uno sul vestiario e sull’appartamento del personaggio, l’altro sulla cucina affidata a una zia settantenne di lui: Traia un bonete los dias de sol, ratonado con mil gateras y guarniciones de grasa; era de cosa que fue pafio, con los fondos en caspa. La sotana,
segun decian algunos, era milagrosa, porque no se sabia de qué color era. Unos viéndola tan sin pelo, la tenian por de cuero de rana; otros decian que era ilusion; desde cerca parecia negra y desde lejos entre azul. Llevabala sin cefiidor; no traia cuello ni pufios. Parecfa, con los cabellos largos y la sotana misera y corta, lacayuelo de la muerte. Cada zapato podia ser tumba de un filisteo. Pues su aposento, aun arafias no habia en él, Conjuraba los ratones de miedo que no le royesen algunos mendrugos que guardaba. La cama tenia en el suelo, y dormia siempre de un lado por no gastar las sébanas. Al fin, él era archipobre y protomisenats
46 Ibid., pp. 32-47.
7 Ibid., p. 142. “8 Libro I, cap. mt: ibid., p. 34. [Portava un berretto, i giorni di sole, rosicchiato con mille buchi e guarnizioni di grasso; era di qualche cosa che fu panno, con i fondi di forfora. La sottana, a quanto dicevano alcuni, era miracolosa, perché non si sapeva di che colore era. Gli uni vedendola cosi priva di pelo, la ritenevano di cuoio di rana; gli altri dicevano che era un’illusione; da vicino pareva nerae da lontano pressappoco azzurra. La teneva senza cintura; non portava colletto né polsini. Sembrava, coi ca-
pelli lunghi e la sottana misera e corta, servitorello della morte, Ciascuna scarpa poteva essere tomba d’un filisteo, Il suo appartamento, poi, neanche ragni c’erano in esso.
Allontanava i topi per paura che gli rodessero alcuni tozzi di pane che conservava. II
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Lo que pasamos con la vieja, Dios lo sabe. Era tan sorda, que no ofa nada: entendia por sefias; ciega, y tan gran rezadora que un dia se le desensart6 el rosario sobre la olla y nos la trujo con el caldo mas devoto que he comido. Unos decian: — « ;Garbanzos negros! Sin duda son de Etiopia». Otros decian: — « ;Garbanzos con luto! ¢Quién se les habra muerto? » Mi amo fue el primero que se encajé una cuenta, y al mascar-
la se quebro un diente. Los viernes sola enviar unos guevos, con tantas
barbas a fuerza de pelos y canas suyas, que pudieran pretender corregimiento o abogacia. Pues meter el badil por el cucharén, y inviar una escudilla de caldo empedrada, era ordinario. Mil veces topé yo sabandijas, palos y estopa de la que hilaba, en la olla, y todo lo metia para que hiciese presencia en las tripas y abultase ®.
E vero anche qui che il frusto-grottesco viene rimpolpato d’immagini dall’inventiva figurale, ai cui punti di partenza piu che d’arrivo sta la scarna corporeita non-funzionale. Mentre pit in 1a nel Buscén ricorrera il topos barocco delle metamorfosi d’una stoffa (a proposito delle astuzie d’abbigliamento di cortigiani spiantati) *, qui incontriamo la scom-
parsa dei colori, futuro topos ottocentesco come ho ricordato da poco: anziché per fenomeno chimico e ottico la si da per miracolo, o per illusione, a meno che la sottana di Cabra
non fosse di cuoio di rana. Tali varie opinioni sono altrettanti esiti figurali, delegati a una pluralita di voci, «alcuni... gli uni... gli altri...» Lo stesso procedimento fa diventare i grani di rosario della vecchia 0 ceci negrio cecia lutto: trasfigurando, in entrambi i passi, dati di fatto in sé credibili. Non é affatto inverosimile che le scarpe di Cabra fossero enormemente larghe, ma cid che se ne predica da scacco in quattro parole alla codificazione retorica. L’associazione d’idee che conduce dall’enormita a un filisteo, invece di limitarsi ad attribuire a lui la calzatura, lo corica in essa e ne fa la sua tomba: liperbole protrae il suo senso fino a una metafora quasi letto lo teneva a terra, e dormiva sempre da un lato, per non sciupare le lenzuola. Insomma, era arcipovero e protomiseria]. # Libro I, cap. 11: bid, pp. 45-46. [Quel che passammo con la vecchia, lo sa Dio. Era sorda da non sentir nulla; capiva per segni; cieca, e cosi attaccata al rosario che un giorno le si sfild sopra la pentola, e ce la porté col brodo pit devoto che ho mangiato. Gli uni dicevano: «Ceci neri! Certo sono d’Etiopia». Altri dicevano: «Ceci a lutto! Chi gli sara morto? » II mio padrone fu il primo che inghiotti un grano, e al masticarlo si ruppe un dente. I venerdi usava mandare certe uova, con tanta barba a forza di peli e capelli bianchi suoi, che avrebbero potuto aspirare a una reggenza di podesta o ad una avvocatura. Poi, scambiare il cucchiaione con la paletta, e mandare una scodella
di brodo impietrata, era cosa ordinaria. Mille volte trovai nella pentola animaletti, pezzi di legno e stoppa di quella che filava, e ci metteva tutto perché facesse presenza e consistenza negli intestini]. » Thid., pp. 157-58.
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insensata. Né é inverosimile che i capelli caduti alla vecchia rendessero bianche le uova, e non sono i pit nauseabondi fra i corpi estranei in mezzo al cibo. Ma invece di fermarsi ai capelli bianchi d’un podesta o d’un avvocato, l’associazione con essi suppone che le uova stesse ambiscano le relative cariche: la metafora elide le sue vie sotto un iperbole quasi impervia. Non meno complicato sarebbe descrivere, in figure denominate, trovate come «servitorello della morte» o come «arcipovero e protomiseria ». Niente allusioni metaletterarie, quali ne segnalavo in Berni: un grado cosi denso di letterarieta della parola non puo che farne a meno. 10. Ho sostenuto che le altre due categorie definite ebbero nella svolta storica il loro limite di distribuzione non inferiore, ma superiore; e che dettero il cambio alle prime due (Iv, 5). E ovvio tuttavia che simili limiti e trapassi non si lascino tracciare se non in modo intricato e approssimativo. Vo-
lendo rifarmi al pid antico esempio importante di venerando-regressivo che mi € noto, cado entro date su per git coincidenti con quelle dell’ultimo esempio addotto per il monitorio-solenne: i Salons di Diderot vanno dal 1759 al 1781, eva dal 1760 al 1773 la pubblicazione dei poemetti attribuiti a Ossian bardo scozzese del 111 secolo, dal presunto traduttore James Macpherson (1736-96). Nel Settecento la parte d’impostura di una tale attribuzione fu, insieme, suggerita dai miti romantici dell’originale e del primitivo, e coperta e coronata grazie ad essi da immenso successo europeo. Pit tardi ?impostura come aneddoto ha contribuito, insieme, a far si che opera rimanesse famosa e che ripiegasse al rango del datato e dellilleggibile; ma possediamo davvero tanto pit buon gusto di Goethe, di Leopardi e di Chateaubriand? Oggi lingiustizia contrasta, inoltre, col mito d’una letterarieta autoimitativa e intertestuale che é l’opposto del mito romantico delloriginalita. Tanto pit che Macpherson non imitava soltanto la poesia tradizionale gaelica; ma anche, come si deve — e come presto gli venne rinfacciato —, i classici e la Bibbia. La forma rapsodica dei poemetti, concordante con la loro uniformita tematica, mi persuade a citare una pluralita di passi brevissimi: I have seen the walls of Balclutha, but they were desolate. The fire had resounded in the halls: and the voice of the people is heard no more. The stream of Clutha was removed from its place by the fall of the walls.
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The thistle shook, there, its lonely head: the moss whistled to the wind. The fox looked out, from the windows, the rank grass of the wall waved round its head. Desolate is the dwelling of Moina, silence is in the house of her fathers (Carthon)™.
... when he came to Dunlathmon’s towers. The gates were open and dark. The winds were blustering in the hall. The trees strowed the threshold with leaves; the murmur of night was abroad (Oithona) ». They saw the fallen walls of their fathers; they saw the green thorn in the hall. Their tears rushed forth in secret (Calthon and Colmal) ®.
They sleep together: their ancient halls moulder away. Ghosts are seen there at noon: the valley is silent, and the people shun the place of Lamor (The War of Caros)*.
L’intrusione fra mura, torrie sale di vegetali e animali mal compatibili con l’abitazione dell’uomo, quali il cardo, il muschio, l’erba selvatica, il rovo e la volpe, é invadenza di natura. Ci richiama un po’ alla crescita dell’erba e al passaggio dell’ uccello dentro la basilica di Saint-Denis (1v, 2), un po’ alla bernesca porta «sepolta nell’ortiche e nelle spine» (rv, 8); ma soprattutto a esempi incontrati nel secondo capitolo (11, 10, m). E ci ripropone il caso d’una qualche contaminazione con una categoria non ancora definita. La stessa contaminazione avremmo potuta incontrare in un esempio di mo-
nitorio-solenne, storicamente ben prima che in uno di venerando-regressivo: se questa categoria nuova sta qui sosti-
tuendo la vecchia, le resta anche sotto altri aspetti tuttora vicina. Passi ossianici come le apostrofi alla stella della sera e alla luna — riprese rispettivamente da Goethe e da Leopardi — esprimono, senza immagini che ci riguardino, una malinconia perenne e impersonale della transitorieta di tutto”. | The Poems of Ossian, Edinburgh 1805, t. I, pp. 320-22. [Ho visto le mura di Bal-
clutha, ma erano desolate. II fuoco era risuonato nelle sale: e la voce degli uomini non visi ascolta pid. La corrente di Clutha era deviata dal suo letto per il crollo delle mura. ll cardo scuoteva, 1a, il suo capo solitario: il muschio sibilava al vento. La volpe si affacciava dalle finestre, l’erba selvatica del muro le ondeggiava intorno al capo. Desolata é la dimora di Moina, silenzio é nella casa dei suoi padri]. °2 Thid., p. 520. [... quando giunse alle torri di Dunlathmon. Le porte erano aperte e buie. I venti infuriavano nella sala. Gli alberi cospargevano la soglia di foglie; il mormorio della notte errava distante]. % Tbid., p.476. [Calthon e Colmal]. (Videro le cadute mura dei loro padri; videro il verde rovo nella sala. Le lacrime sgorgarono loro in segreto]. *4 Thid., p. 241. [La guerra di Caros). [Essi dormono insieme: le loro antiche sale cadono in polvere. La, spettri si vedono a mezzogiorno: la valle é silenziosa, e gli uomini evitano la dimora di Lamor]. ® Cfr. The Songs ofSelma [I canti diSelma), ibid., pp. 451-53 (e il Canto notturno di un pastore errante dell’Asia); Dar-thula, pp. 377-80 (e Die Leiden des jungen Werthers (I dolori del giovane Werther), libro IL). Apostrofe similare al sole in Carthon,
PP. 342-46.
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IV.10
Ma.nei passi che ho riportati, la decadenza e l'abbandono non sono sentiti come esito graduale d’un tempo scorrente senza soste, bensf come conseguenza traumatica di certi eventi: ai quali si fa allusione piuttosto che darne notizie narrative patenti e unitarie, e che pure hanno carattere precisabile quand’anche imprecisato, storico sebbene d’una storia nebulosa oltre che remota. Da tali eventi il tempo é diviso in due, e solo il confronto con una esemplarita gloriosa del passato presta il suo significato emotivo alla desolazione presente. E da prendere in senso non generico la formula che apre a due riprese il primo poemetto citato, e una meta della quale si ripete in apertura e chiusura d’un altro (Cath-Loda): «A
tale of the times of old! The deeds of days of other years! » *. In quest’ultimo poemetto, e in un altro ancora (OinaMorul), la stessa ispirazione di Ossian o il compito della sua
arpa sono identificati col potere di «riaccendere», «raggiungere», «riafferrare», «richiamare» un’eta caratterizzata da eroismo guerriero”. Eta che la proiezione nel 111 secolo non mi vieta di chiamare feudale, in antitesi a quell’attualita imbelle in cui sono da situare quando si concretano le immagini di decadenza: « Here rise the red beams of war! There, silent, dwells a feeble race! They mark no years with their deeds, as slow they pass along». Il successo di Macpherson fu anteriore alla rivoluzione francese. Ma irradio dall’Inghilterra dei decenni in cui maturava la rivoluzione industriale: a partire dalla quale, non meno e prima che dall’altra, si sarebbero accelerati i ritmi sia del ricambio di classe che di quello generazionale-edipico. Si sa che i paesaggi ossianici sono
nordicamente pieni di nuvole e nebbia. E queste sono abituale «sede» 0 «carro» di spettri”, quando gli unie le altre non si fondono addirittura: «the grey watry forms of ghosts» (The Death of Cuthullin); «the forms of the dead
were blended with the clouds » (Temora VI) °. Forme confuus Ibid., PP. 311, 313; t. H, PP. 297, 335. Cfr. Berrathon, t. 1, pp. 570-78. [Un rac-
conto dei tempi antichi! Le imprese dei giorni di anni lontani!] 7 Cfr. zbid., t. IL, pp. 327-28, 341-42. °8 Ibid., t. Il, pp. 327-28. [Qui sorgono i rossi raggi della guerra! La, silenziosa, abita una debole razza! Essi non marcano con le loro imprese gli anni, che trascorrono lentil]. ® Temora, libro Il: ibid., t. I, p. 10; Fingal, libro IT, t. I, p. 113. Cfr. Fingal, libro I, t. L, p. 17; Cath-Loda, t. I, pp. 317-18. 60 Ibid., t. I, p. 358; t.ie P. 190. [le grige umide forme degli spettri]. [La morte di Cuthullin]. (le forme dei morti erano mescolate con le nuvole].
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IV.1II
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se su cielo grigio e umido ma visibili come nella quarta cita-
zione anche a mezzogiorno, troppo onnipresenti per incute-
re spavento, non sono che gli spettri per eccellenza degli indimenticabili padri. Ecco perché certe frasi finali avranno un’eco cosi inconfondibile in quelle di Chateaubriand — ne abbiamo letta una da poco: non esclusa la nostalgia di flebili suggestioni auditive. Nella bellissima chiusa del primo canto di Fingal, che fu l’esordio di Ossian, i morti sono insieme vicini e lontani. Come quel passato che fantomatizzano pit spesso di quanto non facciano gli edifici in rovina: «The ghosts of the lately dead were near, and swam on the gloomy clouds: and far distant, in the dark silence of Lena, the feeble voices of death were faintly heard». u. E lecito parlare di venerando-regressivo di fronte a certe immagini, dunque, anche se i valori da esse rappresentati non hanno che un grado di determinazione assai pit vago del primo eccezionale esempio di Saint-Denis. Non oserei altrimenti incrociare sul nostro filo tematico alcuni versi del primo Faust di Johann Wolfgang von Goethe (1749-1832): versi d’interpretazione complessa e discussa quanto quella totale del capolavoro in cui contano tra i piu famosi. Ma dal nostro particolare punto di vista la loro pertinenza é massima, e ne giustifica un’interpretazione parziale. Sono uno svi-
luppo della breve e non meno famosa indicazione scenica antecedente, che quasi cellula primaria della gestazione di tutta l’opera apriva l’Urfaust degli anni ’70 come la versione pubblicata nel 1790, e non é mutata in quella definitiva del 1808: In einem hochgewolbten, engen gotischen Zimmer Faust, unrubig auf seinem Sessel am Pulte®. Elo sfondo entro cui il personaggio esordisce dichiarando inutile tutto il proprio sapere, museo di dottrine defunzionalizzate. Quali che siano i referenti da attribuire al fallimentare bilancio intellettuale e al conseguente volgersi di lui alla magia, e sia prendendo alla lettera il Cinquecento della leggenda sia pensando all’epoca dell’autore fra illuminismo e romanticismo, resta fuori questione un rapporto simbolico: la camera di 6 Thid., t. I, p. 5x. Cfr. la chiusa di The War of Caros, t. 1, pp. 249-50. [Gli spettri dei morti recenti erano vicini, e nuotavano sulle nuvole cupe; e in gran lontananza,
nel buio silenzio di Lena, le tenui voci della morte si udivano debolmente]. 62 W7. Goethe, Faust, Insel, Wiesbaden 1959, p. 149. [In una stanza gotica angusta
dall’alta volta, Faust inquieto al leggio sulla sua sedia).
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IV.11
Faust é angusta e gotica come la sua cultura. Il monologo non tarda a esplicitare al massimo un tale rapporto: Weh! steck ich in dem Kerker noch? Verfluchtes dumpfes Mauerloch, Wo selbst das liebe Himmelslicht Trib durch gemalte Scheiben bricht! Beschrankt von diesem Biicherhauf, Den Wiirme nagen, Staub bedeckt, Den bis ans hohe Gewolb hinauf Ein angeraucht Papier umsteckt; Mit Glasern, Biichsen rings umstellt, Mit Instrumenten vollgepfropft, Urvater-Hausrat drein gestopft — Das ist deine Welt! das heisst eine Welt! ®.
Sull’angustia o sull’ingombro insistono espressioni come «carcere», «pertugio», «ingombro», «mucchio», «tappezza», «sparso intorno», « stipato »,
«ZEPpO». Spirano ar-
caicita il tanfo e le stesse vetrate che intorbidano la luce della natura, i libri tarlati e polverosi, la carta affumicata, i vasi,
ampolle e strumenti, ma anche le masserizie che rappresentano in senso pit umile una cultura degli avi; sette versi pit sotto, si aggiungono gli scheletri di bestie e d’uomini tutt’intorno, «in fumo e muffa»“. Se la camera é fitta quanto un cofanetto come contenitore di oggetti inutili e invecchiati e insoliti, non solo é ben sottinteso l’antico valore e la perdurante esemplarita di essi, ma nemmeno manca di investirli a suo modo quella funzionalita secondaria che caratterizza le nostre categorie semipositive. E d’ordine ideologico, come richiede la definizione del venerando-regressivo; e non dobbiamo misconoscerla per il fatto che consiste, stavolta, in un occasione di rifiuto anziché di accettazione. Camera € oggetti sono per Faust un «mondo», e la sua nuova identita non puo rivelarsi che alla loro presenza, non potendo affermarsi che nell’atto di rinnegare la continuita di tradizione da essi proposta. Dopo le evocazioni magiche e l’interruzione del discepolo pedante, il monologo che ricomincia (nella ® Vv. 398-409: ibid., p. 150. [Ahimé! sono ancora tappato in questo carcere! | Maledetto pertugio col suo tanfo, |Dove la stessa cara luce del cielo |Si fa torbida attraverso vetri colorati! |Carcere ingombro di questo mucchio di libri |Che vermi rodono, polvere copre, |Che fino all’alta volta lassi |Tappezza una carta affumicata; | Di vasi, ampolle sparso intorno, |Di strumenti tutto stipato, |E zeppo di masserizie degli antenati — |Questo é il tuo mondo! questo si chiama un mondo! ]
4 Tbid., p. 151.
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versione definitiva) torna sull’identico tipo d’immagini della
camera, con l’identico significato simbolico: Ist es nicht Staub, was diese hohe Wand Aus hundert Fachern mir verenget? Der Trodel, der mit tausendfachem Tand In dieser Mottenwelt mich dranget? ©.
Pochi versi pid sotto vengono apostrofati gli strumenti stessi, con la disusata funzionalita delle loro parti; la cui elencazione, tuttavia, ce li fa immaginare piuttosto complicati che rudimentali. In essi, appare inadeguata a penetrare il mistero della natura piuttosto la scienza in sé che uno stadio superato di scienza (come invece nei casi ottocenteschi di Puskin, Poe e Stevenson, 1, 9, 15, 14): Thr Instrumente freilich spottet mein Mit Rad und Kammen, Walz und Bigel... Und was sie [Natur] deinem Geist nicht offenbaren mag, Das zwingst du ihr nicht ab mit Hebeln und mit Schrauben “.
Nei versi seguenti l’esemplarita degli oggetti finisce di determinarsi come eredita d’un padre, di generazioni anteriori; in uno con l’accumulo d’un passato personale di dotto, depositato in fuliggine: Du alt Gerate, das ich nicht gebraucht, Du stehst nur hier, weil dich mein Vater brauchte. Du alte Rolle, du wirst angeraucht,
Solang an diesem Pult die triibe Lampe schmauchte ”.
Un primo verbo della sfera semantica del funzionale (brauchen) si ripete in relazione all’uso non da parte propria, ma del padre; e prepara le proclamazioni in forma universale di & Vy. 656-59: ibid., p. 157. Nel secondo Faust, la stessa indicazione di scena da il titolo a quella iniziale dell’atto II, ela camera é «immutata »; non fossero vetri pit torbidi, pit ragnatele ecc., come rileva Mefistofele. Il quale si compiace di cid che dispiaceva a Faust: sciami di insetti emanano dalla vecchia pelliccia che ha scossa, lo salutano in coro, e luilirimanda a barattoli, pergamene, vasi frantumati e occhiaie di teschi, facendo un doppio senso sui « grilli» che sono eternamente di casa «in tale farragine e vivo marciume» (ébid., pp. 344-45). [Non é forse polvere, che quest’ alta parete TMi
rende angusta da cento scaffali? |I] ciarpame che con le sue mille bazzecole |Mi opprime in questo mondo di tarme?] & Vy. 668-69, 674-75: ibid., p. 158. [O strumenti, di certo mi schernite |Con ruote e dentiere, cilindri e manubri... |[...]. |E quel ch’essa [la natura] al tuo spirito non vuol rivelare, |Non glielo estorcerai con leve e con viti]. 67 Vy. 676-79: ibid. [O vecchi attrezzi, che io non ho usati, |Siete qui soltanto perché vi usd mio padre. | O vecchia puleggia, sei affumicata perché |Cosi a lungo a questo leggio fumd il torbido lume].
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massima, che due versi dopo ripetono un altro verbo della stessa sfera (ditzen): Was du ererbt von deinen Vatern hast, Erwizb es, um es zu besitzen. Was man nicht niitzt, ist eine schwere Last;
Nur was der Augenblick erschafft, das kann er ntitzen “.
Cid che si usa, cid che occorre, cid che serve, cid che gio-
va, é il contrario di cid di cui studiamo le immagini in questo libro: qui un individualismo nuovo, protoborghese in senso ancora eroico, giunge a identificare senza misericordia la prima sfera col solo presente anzi con listante. Relega tutto e subito nella sfera dell’antifunzionale — «un grave peso» — il passato, senza piu ammettere le mediazioni ereditarie che da sempre tramandavano i valori culturali. Quelle libresche poi care al discepolo, nel dialogo fra idue monologhi citati, sono rigettate da Faust con le immagini antonomastiche peggiori: Ein Kehrichtfass und eine Rumpelkammer... ”.
Nel nome di venerando-regressivo che ho dato alla categoria, di solito vorrei che il secondo aggettivo venisse inteso letteralmente, senza una connotazione peggiorativa: quale sta-
volta, invece, é dettata con impazienza dal personaggio e dall’autore. E m’importa che si colga sul fatto l’arbitrarieta dell’arresto di ogni definizione su un’opposizione terminale, a cui potrebbero sempre sottoporsene altre (111, 7). Nel caso del venerando-regressivo la corporeita non-funzionale, presentata come esemplare, puo infatti ulteriormente in quanto tale venire accettata o rifiutata: voglio dire nel testo, non nelle opinioni 0 simpatie dei lettori. Mi sembra pero che per ragioni storiche, e tipiche dell’epoca a proposito della quale
parlo di svolta storica, l’esemplarita resti il miglior termine
ultimo di definizione. E ancora pit forte come elemento costante di quanto non lo siano come variantil’accettazione 0 il rifiuto: se da una parte l’impeto di rinnovamento deve misu-
rarsi col peso d’una continuita da spezzare, d’altra parte sotto il rimpianto conservatore raramente manca la coscienza
dellineluttabilita di un declino.
* Vv. 682-85: ibid. [Quel che hai ereditato dai tuoi padri, |Conquistatelo, per
possederlo. |Quello di cui non ci si serve é un grave peso, |Solo di quel che l’istante
crea, puo servirsi l’istante]. ;V. 582: tbid., p. 155. [Un recipiente della spazzatura e un ripostiglio del ciarpa-
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Ecco un caso in cui, piuttosto che l’accettazione o il rifiuto di valori esemplari passati, é sofferta un’ambivalenza fra Puna el’altro. Pare che fosse un fatto di cronaca a ispirare ad Alfred de Musset (1810-57) il poemetto Rolla, pubblicato nel 1833: Jacques Rolla é un libertino ventenne, che viene a vivere la sua ultima notte d’amore con la prostituta quindicenne Marie. Diceva che, una volta definitivamente rovinato, avrebbe commesso il suicidio e all’alba tiene parola. Non é all’opera qui il Musset migliore: l’inventiva retorica, enfatica senza distacco, é ben lontana dall’ironica grazia che ha nei suoi capolavori teatrali in prosa. Come spesso in Byron suo modello, troppe comparazioni e apostrofi interrompono per rianimarla la stanca formula del racconto versificato. Spaziano da personaggi mitologici o storici o letterari alla Poverta, dalla cavalla selvaggia ai negri di San Domingo; e si accumulano fra l’arrivo di Rolla e l’alba, come a coprire un’ellissi narrativa sulla notte d’amore”. Fra gli altri, viene apostrofato un personaggio sempre supremamente simbolico a pit di mezzo secolo dalla sua morte — quello stesso a cui, sotto la >
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Restaurazione, una canzoncina passata in proverbio dava
«la colpa» di tutto: Dors-tu content, Voltaire, et ton hideux sourire Voltige-t-il encor sur tes os décharnés? Ton siécle était, dit-on, trop jeune pour te lire; Le nétre doit te plaire, et tes hommes sont nés. Il est tombé sur nous, cet édifice immense
Que de tes larges mains tu sapais nuit et jour. La Mort devait t’attendre avec impatience,
Pendant quatre-vingts ans que tu lui fis ta cour; Vous devez vous aimer d’un infernal amour. Ne quittes-tu jamais la couche nuptiale Oui vous vous embrassez dans les vers du tombeau, Pour t’en aller tout seul promener ton front pile Dans un cloitre désert ou dans un vieux chateau? Que te disent alors tous ces grands corps sans vie, Ces murs silencieux, ces autels désolés,
Que pour I’éternité ton souffle a dépeuplés? Que te disent les croix? que te dit le Messie? Oh! saigne-t-il encor, quand, pour le déclouer, Sur son arbre tremblant, comme une fleur flétrie,
Ton spectre dans la nuit revient le secouer? Crois-tu ta mission dignement accomplie,
70 A. de Musset, Poésies completes, « Bibliothéque de la Pléiade», 1957, pp. 276, 277, 280-87, 289.
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Et comme !’Eternel, a la création,
Trouves-tu que ¢’est bien, et que ton ceuvre est bon? ”.
Pud ben darsi, se é vero che questa invettiva € piu potente e significativa di altre, che dalla citazione isolata tragga vantaggio. In ogni caso é meno occasionalmente inserita di altre nel suo contesto: entro la stessa sezione IV, l’ardore erotico
della giovane coppia fa ancora apostrofare per contrasto chiostri, monasteri e monaci; l’incredulita dell’imminente
suicida fa chiamare in causa altre due volte il «vecchio Arouet», e in modo piu generale e altrettanto ripetitivo gli « stupidi demolitori»”. C’é soprattutto ripresa tematica delVinizio de! poemetto. La, oggetto della ripetuta domanda « Regrettez-vous...? » sono situazioni religiose non compro-
messe: quella del mondo antico, «Ou quatre mille dieux n’avaient pas un athée»; quella del cristianesimo, finché erano intatti
«tous nos monuments et toutes nos croyances». La
domanda é retorica e il rimpianto innegabile, sebbene l’io d’autore si confessi non credente. La visione del cadavere di Cristo ormai sostenuto appena dai chiodi del Golgota, 0 caduto in polvere”, prelude ai versi che ho citati; ma, ancora
di pit, il parallelismo fra monumenti e credenze. E una vera immagine archetipica di venerando-regressivo quella dell’«edificio immenso», scalzato da Voltaire, e ricaduto «su
noi» cioé sulle generazioni del nuovo secolo. Materializzazione di sicurezze gia presunte incrollabili, si determina storicamente nelle rispettive sedi dei due «stati» privilegiati ” Thid., pp. 283-84. [Dormi contento, Voltaire, e il tuo orrendo sorriso |Volteggia ancora sulle tue ossa scarnite? |Il tuo secolo era, si dice, troppo giovane per leggerti; |II nostro deve piacerti, e i tuoi uomini sono nati. |E crollato su noi, quell’ edificio immenso |Che scalzavi notte e giorno con le tue larghe mani. |La morte doveva aspettarti con impazienza |Durante ottant’anni che le facesti la corte; |Fra voi dovete amarvi d’un infernale amore. |Non abbandoni mai il giaciglio nuziale |Dove state abbracciati tra ivermi della tomba, |Per errare tutto solo con la tua fronte pallida |In un
chiostro deserto o in un vecchio castello? |Che ti dicono allora tutti quei grandi corpi
senza vita, |Quelle mura silenziose, quegli altari desolati, |Che per l’eternita il tuo
soffio ha spopolati? |Che ti dicono le croci? che ti dice il Messia? |Oh! sanguina forse
ancora, quando, per schiodarlo, |Sul suo albero tremante, come un fiore avvizzito |Il
tuo spettro nella notte a scuoterlo ritorna? |Credi la tua missione degnamente compiuta, |E cosi come lEterno, alla creazione, |Trovi ché é bene, e che la tua opera é buona? ] ? Ibid., pp. 285-87. Ibid., pp. 273-74. [Rimpiangete...?] [Quando per quattromila dei non c’era un
ateo]. [tutti i nostri monumenti e tutte le nostre credenze].
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d’Ancien Régime, che il Terzo Stato aveva devastate su istigazione: castelli e conventi. Il romantico rancore o nostalgia da orfani che detta l’apostrofe non erra, in fondo, semplificando a tal punto le circostanze politico-ideologiche. Il momento della restaurazione anche materiale di quegli edifici é ignorato; critica illuministica e violenza rivoluzionaria sono identificate; la responsabilita di Voltaire @ estesa ai castelli oltre che ai conventi. Grandi corpi inanimati, silenziosi, desolati, spopolati, oggi appaiono — freudianamente — tanto sinistri quanto erano stati familiari per lungo tempo prima”. E all’istigatore ideale viene inflitta una strana ritorsione postuma: lo si attira nel sinistro stesso di cid la cui devastazione gli viene imputata. Sul suo scheletro aleggia un equivoco fra l’apparente sorriso universale del teschio, e quello individuale sarcasticamente « orrendo» di lui da vivo. Poi lo s’immagina a lasciare la tomba per andare a passeggiare sui luoghi del suo delitto: sorta di vampiro «tutto solo» e «pallido», spettro ancora ostinato al sacrilegio. Pit che nel caso degli spettri di Ossian (rv, 10), il venerando-regressivo slitta verso la contaminazione con una categoria apposita, non ancora definita. Accettazione e rifiuto dei valori si ripartiscono con ambivalenza cosi perfetta fra lemotivo e l’intellettuale, che possono passare inosservate le contraddizioni: se le certezze religiose erano fallaci, che torto ha avuto Voltaire di volerle rovesciare? Se erano veraci, com’é umanamente possibile che ci sia riuscito per sempre — meritando di essere equiparato in negativo, con l’ultima domanda retorica, al Dio creatore?
12. Come nel primo esempio di venerando-regressivo, anche nel primo esempio della corrispondente categoria negativa il grado di determinazione del decorso di tempo era eccezionale. Sara lecito parlare di logoro-realistico di fronte a immagini non datate né riferite a un regime con la precisione di quelle di Balzac: che il racconto a cui appartengono sia supposto anteriore di poco o di molto alla propria data di pubblicazione, al minimo come in quel caso, 0 al massimo come per ipotesi nel genere letterario del romanzo storico. 74 Per il sinistro come momento tipicamente post-illuministico e romantico (non senza questo esempio stesso di Musset), cfr. Orlando, Illuminismo cit., pp. 15-17, 23-26.
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Quest’ultimo era un prodotto dello stesso storicismo che, durante la nostra epoca di svolta, trasform6 da non pertinente a pertinente la determinazione del tempo nelle categorie in questione. Pure, al genere letterario non si addice troppa frequenza del venerando-regressivo o del logoro-realistico: esso @ tenuto a mostrare come recenti e nuove, in un lontano
ieri, cose che apparirebbero o che appaiono di fatto invecchiate alla data dell’oggi. Tanto pit se sono cose di grandi dimensioni, se tipiche, se famose. Tanto meno invece se hanno
dimensioni di oggetti d’arredamento o d’abbigliamento; se si tratta d’interni, o anche esterni, comuni ed incogniti. Ne I Promesst Sposi di Alessandro Manzoni (1785-1873), pubblicati in una prima redazione nel 1825-27 e in quella definitiva nel 1840-42, le descrizioni di interni non abbondano e non si dilungano. Un’eccezione si ha per lo studio del leguleio dottor Azzecca-garbugli: Era questo uno stanzone, su tre pareti del quale eran distribuiti i ritratti de’ dodici Cesari; la quarta, coperta da un grande scaffale di libri vecchi e polverosi: nel mezzo, una tavola gremita d’allegazioni, di suppliche, di libelli, di gride, con tre o quattro seggiole all’intorno, e da una parte un seggiolone a braccioli, con una spalliera alta e quadrata, terminata agli angoli da due ornamenti di legno, che s’alzavano a foggia di corna, coperta di vacchetta, con grosse borchie, alcune delle quali, cadute da gran tempo, lasciavano in liberta gli angoli della copertura, che s’accartocciava qua e 1a. II dottore era in veste da camera, cioé coperto d’una toga ormai consunta, che gli aveva servito, molt’anni addietro, per perorare, ne’ giorni d’apparato, quando andava a Milano, per qualche causa d’importanza”.
Leggeremo molto pit in la che il personaggio pit positivo del romanzo, il cardinale Borromeo, univa a «una squisita pulizia» una frugalita tale da «non ismettere un vestito, prima che fosse logoro affatto»: qualita entrambe rare, si commenta, «in quell’eta sudicia e sfarzosa»” che é il Seicento spagnolesco. Nella nostra citazione i ritratti dei Cesari stanno per lo sfarzo, la polvere sui libri sta per il sudiciume, e forse per lignoranza. Al dottore cavilloso e corrotto servono di pid gli atti in corso e la legislazione ultima, di cui la tavola é « gremita»: quel «caos di carte» in cui pit sotto si dira che caccia le mani, rimescolando e cercando”, e che a sua volta ? Cap. ut: A. Manzoni, Tutte le opere, Mondadori, Milano 1954, vol. II, t. I, 44. 7© Ibid., p. 375. 7 Tbid., p. 45.
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sta per un inguaribile disordine sociale e giuridico. Ma aproposito del seggiolone e della sua spalliera godiamo di alcune righe d’indugio gratuito, senza niente di figurale e scherzoso al modo del frusto-grottesco. E una persistente infilata sintattica, di complementi e relative implicite ed esplicite: si allunga come se si sforzasse di trattenere entro un’unica frase Pindugio. Se « da gran tempo » é indicazione vaga per le borchie cadute, della toga consunta apprendiamo non solo che era servita « molt’anni addietro», ma anche in quali determinate occasioni di pompa forense. Nella determinazione del tempo, pero, non é a priori inclusa una motivazione del fatto che tanto tempo sia decorso: in parole semplici, non c’é ragione per cui Renzo non sarebbe potuto capitare in casa del dottore poco dopo l’acquisto da parte sua d’una toga nuova, o d'un nuovo seggiolone. Né qui né pid in 1a si ha notizia o segno di disagio economico del personaggio, e nemmeno di sua avarizia. Fra icommensali e cortigiani di don Rodrigo lo rivedremo «in cappa nera»: abito certamente adeguato allonore di sedere a quella mensa e in quella corte”. Nel nome di logoro-realistico il secondo aggettivo é preso a prestito (e sara l’unica volta) dal metalinguaggio della storia letteraria. Ne avevo indicato in anticipo la ragione (I, 9): connotazioni basse di oggetti seriamente trattate, nell’Ottocento, fanno realta in proporzione alla novita del procedimento. E verosimile che don Abbondio, da curato di villaggio, viva pid modestamente d’un avvocato favorito del signorotto locale. Non per questo sarebbe inverosimile, per ridirla in parole semplici, che anche lui avesse rinnovato mobilio o vestiario poco prima dell’avventurosa notte in cui si tenta di sorprenderlo nella sua casa; ma, prevedibilmente, non é affatto cosi. «Don Abbondio stava... sur una vecchia seggiola, ravvolto in una vecchia zimarra, con in capo una vecchia papalina...»”. Sedia e zimarra e papalina nuove potrebbero potenziare ed evidenziare una tranquilla intimita domestica, perché no, in qualunque esperienza reale: difficilmente in una narrazione letteraria che se ne dia come mimesi. Sempre nello stesso senso vanno due esempi minuscoli, significativi
perché riguardano don Rodrigo. Costui nel fondo della sua provincia é nobile, potente e ricco: e non occorre, a confer® Thid., p. 78 ” Tbid., p. 125.
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marlo, nessuna descrizione d’interni del suo palazzotto. Che i suoi costumi siano rozzi e violenti basterebbe a indicarlo que! po’ di descrizione dell’esterno, coi due avvoltoi inchiodati di cui uno «spennacchiato e mezzo roso dal tempo». Meno motivato, in questa descrizione, pare il fatto che le imposte delle finestre siano «sconnesse e consunte dagli anni» (nel testo del 1825, addirittura: «...e cadenti per vetusta»)”; e quando pit in la il padrone aspettera il ritorno dei suoi bravi in una «stanzaccia disabitata dell’ ultimo piano», guardera ogni tanto «dalle fessure dell’imposte intarlate » ”. Ora, quando Renzo andando verso l’Adda si rifugera per dormire in una capanna, aprira un «usciaccio zntarlato e
sconnesso»™”. L’identica aggettivazione vale a grande distanza per una dimora signorile abitata e per un riparo di contadini abbandonato: coincidenza non calcolata e non casuale,
che la dice lunga sui partiti presi del logoro-realistico. Aggiungo che dal romanzo del cattolico giansenista Manzoni resta esclusa la categoria semipositiva, il venerando-regressivo alla Chateaubriand. Si succedono sedizione, carestia, sac-
cheggi, peste: tanto pubblico sconvolgimento non pud non rievocare alla lontana, presso uno scrittore della sua generazione, il peggio della rivoluzione francese (c’é un solo accostamento esplicito)”. Ma i relativi guasti traumatici non gli suggeriscono immagini imponenti, disadatte all’umilta dei suoi personaggi. Sono don Abbondio e Perpetua a rientrare, dopo le traversie, nella casa dove fra «la porcheria» a terra non si elencano che «avanzi e frammenti» “; € Renzo che da
alla sua vigna inselvatichita quell’« occhiata in giro», da cui si sviluppa la descrizione pit lunga del romanzo”.
13. Anche quando un racconto é di ambientazione contemporanea, ho detto, il logoro-realistico pud accontentarsi di determinazioni temporali non troppo precise. E per lo pid cosi nella narrativa d’un paese come I’Inghilterra: che non aveva avuto una storia politica accidentata e tempestosa come quella di Francia tra il 1789 ¢ il 1830, e oltre. Lo sviluppo % Ibid., p. 76; e cfr. vol. IL, t. I, p. 42 e vol. I, t. IL, p. 80.
81 Tbid., vol. I, t. I, p. 190. 82 Tbid., p. 295. I corsivi sono miei.
® Ibid., pp. 477-78.
84 Tbid., pp. 521-22. ® Tbid., pp. 579-80.
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pia tranquillo e graduale del realismo narrativo inglese, di cui parla Auerbach“, nel nostro limitato ambito trova la sua conferma in un trapasso pit sfumato dal frusto-grottesco al logoro-realistico. In un temperamento letterario a cosi forte propensione umoristica 0 comica come quello di Charles Dickens (1812-70), la fedelta al frusto-grottesco fu spiccata quanto creativa agli inizi: e non venne mai interamente me-
no. Tuttavia non ha quasi rilievo nel brano che traggo da un capolavoro pubblicato verso la meta della carriera di lui, The Personal History of David Copperfield” (1849-50). I protagonista ignaro viene guidato per Londra a ritrovare la povera Emily, scomparsa dopo la sua fuga col seducente e viziato Steerforth; e si ha all’ingresso la descrizione di un fabbricato, o meglio del suo scalone: ... and hurried me on to one of the sombre streets, of which there are several in that part, where the houses were once fair dwellings in the occupation of single families, but have, and had, long degenerated into poor lodgings let off in rooms. Entering at the open door of one of these, and releasing my arm, she beckoned me to follow her up the common staircase, which was like a tributary channel to the street. The house swarmed with inmates. As we went up, doors of rooms were opened and people’s heads put out; and we passed other people on the stairs, who were coming down. In glancing up from the outside, before we entered, I had seen women and children lolling at the windows over flower-pots; and we seemed to have attracted their curiosity, for these were principally the observers who looked out of their doors. It was a broad panelled staircase, with massive balustrades of some dark wood; cornices above the doors, ornamented with carved fruit and flowers; and broad seats in the windows. But all this tokens of past grandeur were miserably decayed and dirty; rot, damp, and age, had weakened the flooring, which in many places was unsound and even unsafe. Some attempts had been made, I noticed, to infuse new blood into this dwindling frame, by repairing the costly old wood-work here and there with common deal; but it was like the marriage of a reduced old noble to a plebeian pauper, and each party to the ill-assorted union shrunk away from the other. Several of the back windows on the staircase had been darkened or wholly blocked up. In those that remained, there was scarcely any glass; and, through the crumbling frames by which the bad air seemed always to come in, and never to go out, I saw, through other glassless windows, into other houses in a similar condition, and looked giddily down into a wretched yard, which was the common dust-heap of the mansion ®. 86 Auerbach, Mimesis, t. Il cit., pp. 267-68. 87 [La storia personale di David Copperfield]. 88 Cap. L: Ch. Dickens, The Personal History of David Copperfield, Oxford 1948, pp. 716-17. [... e mi spinse in fretta verso una delle cupe strade, di cui ce n’é parecchie in quella zona, dove le case furono un tempo belle abitazioni occupate da singole fa-
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E sufficiente, come motivazione dello stato della singola casa e di altre del quartiere, sapere che erano «un tempo» belle abitazioni d’una sola famiglia e poi sono « degenerate » in poveri alloggi d’affitto a una famiglia per camera. Che «belle» volesse dire aristocratiche o alto-borghesi, che « poveri» voglia dire piccolo-borghesi 0 proletari, tema della descrizione é il declassamento: e non al suo primo stadio, di mancato aggiornamento del lusso da parte d’un privato — come in casa del barone Hulot. Qui la degradata magnificenza dello scalone non fa piti né onore né disonore a nessuna delle molte comunita di nuovi abitatori. Dal livello di defunzionalizzazione che ne avvilisce i resti si é giunti a quello che pregiudica addirittura l’incolumita, nei punti dove il pavimento é in pericolo; la funzione delle finestre, abolita quando sono condannate o murate, si perverte nell’antifunzionale quando
restano vuoto veicolo d’aria cattiva. Nell’ipotesi che l’aria
entri sempre e non esca mai, possiamo avvertire una punta
stilistica di umorismo, cioé un residuo di frusto-grottesco. Ma la comparazione precedente, che si spinge un po’ piu nello stesso senso, é integrata alla serieta di tutta la descrizione da congruenza tematica: traduce proprio in termini di declassamento, di matrimonio fra parti nobile e plebea, le riparazioni dell’antico legno con uno nuovo. A sua volta la comparazione ancora precedente, dello scalone con un canale afmiglie, ma sono, ed erano, da tempo degenerate in poveri alloggi affittati per camere. Entrando dalla porta aperta d’una di queste, e lasciando il mio braccio, mi fece cenno di seguirla su per lo scalone comune, che era come un canale affluente alla strada. La casa brulicava di inquilini. Mentre salivamo, porte di camere si aprivano e teste di persone si affacciavano; e, sulle scale, incrociavamo altre persone che scendevano. Dando un’occhiata in su dall’esterno, prima che entrassimo, avevo visto donne e
bambini appoggiarsi alle finestre sopra vasi da fiori; e sembrava che avessimo attirato la loro curiosita, perché questi soprattutto erano gli osservatori che guardavano dalle loro porte. Era un ampio scalone a pannelli, con massicce balaustrate d’un qualche legno scuro; cornicioni sopra la porte, ornati di frutta e fiori intagliati; e ampi sedili nelle finestre. Ma tutti questi segni di passata magnificenza erano miseramente decaduti e sporchi; marciume, umidita ed eta avevano indebolito il pavimento, che in pit punti era poco saldo e perfino poco sicuro. Qualche tentativo s’era fatto, notai, per infondere nuovo sangue entro questa struttura in deperimento, riparando qua e 1a il costoso vecchio legno con assi comuni; ma era come il matrimonio di un vecchio nobile squattrinato con una povera plebea, e ciascuna parte della male assortita unione recalcitrava dall’altra. Alcune delle finestre posteriori sullo scalone erano state oscurate o interamente ostruite. In quelle che rimanevano c’erano pochi resti divetro; e, attraverso i riquadri sgretolati, da cui l’aria cattiva sembrava sempre entrare e mai uscire, guardai, attraverso altre finestre senza vetri, dentro altre case in condizioni simili, e
mi dette le vertigini gettare gli occhi in fondo a uno squallido cortile, che era il mondezzaio comune del fabbricato].
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fluente rispetto alla strada, si lega subito a un quadro di affollamento promiscuo, contiguita indiscreta, perdita di dignita privata. Per essere senza vetri, le finestre non sono meno speculari ad altre finestre nel mostrare case simili a questa casa, moltiplicando intorno la massificazione urbana; e la descrizione si conclude sulla propria componente pit bassa, il cortile che fa da mondezzaio anch’esso comune. Il declassamento del resto si pud dire tematico in tutto il romanzo, guardando ai casi del protagonista e d’altri pit che all’impossibile matrimonio fra Emily e Steerforth — e magari confrontandoli con traversie ben note della gioventa di Dickens, come le premesse autobiografiche del romanzo autorizzano a fare. Mentre pero nella storia di David il declassamento funge da minaccia evitata, come lo fu nella vita dellautore, si é avverato per gli imprecisati proprietari delle case in questione: avveramento d’un incubo non meno congenito, allinstabile dominio di classe borghese, di quel competitivo sogno d’ascesa del quale esso é il risvolto. Credo che tale incubo trovi espressione spesso e presso diversi autori nelle immagini del logoro-realistico, e che possa covare anche nelle pit blande. Ho dato e ridato, per il nome della categoria col suo aggettivo metalinguistico, una certa giustifica-
zione: tutta interna all’evoluzione storica della letteratura (11, 9; Iv, 12). Ma essa non é affatto incompatibile con l’assunzione generalizzata di un riferimento extraletterario. Le immagini di questa categoria fanno realta anche perché gli avventi eirovesci, la mobilita ela precarieta della nuova classe domi-
nante, vi si traducono per eccellenza nel conflitto fra tracce del tempo e convenienze sociali; cosi come la permanenza di valori tipica invece dello stato di cose anteriore, nelle immagini del venerando-regressivo, si reifica retrospettivamente in quanto esautorata. D’altronde, lo squallore delle immagini di logoro-realistico non s ’intensifica solo lungo la scala che scende dal lusso o dall’agiatezza verso il disagio o la poverta. L’opposizione fra gli estremi di questa scala puo intersecarsi con un’altra: con un’opposizione fra il privato e il pubblico. Fra private abitazioni e sedi, come vedremo, non solo pub-
bliche, ma anche destinate da privati a un pubblico — quando, beninteso, quest’ultimo non sia nettamente selezionato
da privilegio di classe. Da una parte, ricca o povera, la casa; dall’altra non solo
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Pufficio, la scuola o il carcere ma anche la pensione, la bottega olo studio legale. La letteratura sembra attestare che D’individualismo borghese, come cura e coltiva nel luogo d’uso proprio l’identita sociale e l’intimita familiare, cosié incline a trascurare fino all’indecenza l’anonimita d’ogni luogo ad uso non proprio. II cittadino tratta altri cittadini, in cid, come tratta la moltitudine dei non privilegiati lo stato laico: il cui prestigio collettivo é ostentato assai pit dalle sue opere che dalle sue pompe. Nel brano di Dickens l’ammassamento toglie identita e intimita alle famiglie, e nondimeno le finestre risultano ornate di vasi da fiori. Ma dove il declassamento arriva all’emarginazione, lo stato subentra alla famiglia con trascuratezza programmatica: il logoro-realistico puo farsi ancora pit tragico che nelle descrizioni d’interni proletari privati. Ecco in traduzione l’inizio della novella lunga La corsia N. 6, di Anton Pavlovié Cechov (1860-1904), pubblicata nel 1892: Nel cortile dell’ospedale c’é un piccolo padiglione, circondato da tutto un bosco di lappole, di ortica e di canapa selvatica. Il suo tetto é rugginoso, il tubo del camino é a meta crollato, gli scalini della scala principale sono marciti e c’é cresciuta l’erba, e dell’intonaco son rimaste soltanto le tracce. La facciata anteriore é rivolta verso l’ospedale, quella posteriore guarda nella distesa dei campi verdi da cui la separa il grigio recinto dell’ospedale, tutto chiodi. Questi chiodi, con le punte rivolte all’insi, e il recinto e lo stesso padiglione hanno quello speciale aspetto triste che da noi hanno soltanto le costruzioni ospedaliere e carcerarie.
Se non avete paura di bruciarvi alle ortiche, andiamo per lo stretto sentiero che porta al padiglione e guardiamo che vi si fa dentro. Aperta la prima porta, entriamo nel vestibolo. Qui lungo le paretie accanto alla stufa sono ammucchiate intere montagne di rifiuti d’ospedale. Materassi, vecchie vesti da camera a brandelli, pantaloni, camicie a righe azzurre, scarpe logore, inservibili—tutto questo cenciume gettato alla rinfusa, calpestato, mescolato, marcisce ed esala di un odore asfissiante. Su questo mucchio di rifiuti, sempre con la pipa tra i denti, sta sdraiato il custode Nikita [...]. Pid in la entrate in una grande, spaziosa sala che occupa tutto l’edificio, se non si calcola il vestibolo. Le pareti vi son dipinte in una tinta blu sporca, il soffitto é affumicato come in una capanna senza camino, —
é chiaro che qui d’inverno le stufe fumano e ci si sente asfissiare. Le finestre sono deturpate all’interno da grate di ferro. Il pavimento é grigio e tutto scheggiato. C’é puzzo di cavolo acido, di stoppino fumoso, di cimici e d’ammoniaca, e questo puzzo nel primo momento vi da l’impressione di entrare in un serraglio. Nella sala ci sono dei letti avvitati al pavimento. Su di essi stanno se-
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duti o coricati degli uomini, con |’azzurra veste da camera dell’ospedale e, all’uso antico, coi berretti da notte. Sono dei pazzi®.
Al livello dei pit bassi gironi della categoria, l’elenco di rifiuti del vestibolo é comparabile con l’elenco di oggetti diversi dell’avaro di Gogol’ (11, 8). Come Ia il maniacale risparmio del proprietario, qua la trascuratezza di stato ammucchia cid che dovrebbe invece essere eliminato: a «intere montagne». Sono al confronto cose meno stravaganti, anzi
prevedibili nella loro funzionalita trascorsa, e ad una ad una ormai al di 1a dal potersi considerare sconvenienti. Sconveniente é il loro vistoso luogo d’accumulo, e l’odore che emanano é il solo tratto a renderle pit disgustose di quelle di Gogol’: proclama decomposizione, cioé ritorno dalla cultura verso la natura — come se il compito ciclico di una fogna si svolgesse all’aria aperta. Quasi altrettanto disgustoso, anche l’odore della sala interna é da serraglio e rimanda indietro alla natura, assimilando uomini ad animali. L’invasione della
natura vegetale, che densa quanto «tutto un bosco» circonda il padiglione, é il tema delle prime righe: tema che torna a richiamarci esempi del secondo capitolo (11, 10, 1), contami-
nando in qualche misura il logoro-realistico con la stessa categoria non ancora definita con cui ho detto che possono contaminarsene altre (Iv, 10). A risparmiare ogni esplicita determinazione d’un decorso di tempo, stavolta contribuisce la presumibile contemporaneita del racconto. I tempi di crescita dei vegetali, di deturpamento della costruzione, di usura degli indumenti, sono quelli medi che sa benissimo il senso di realta del lettore: indeterminabili proprio in quanto verosimili, al contrario che nel frusto-grottesco. Non sorride nessun residuo di figuralita da frusto-grottesco, nella piana tetraggine di questa descrizione di fine seco-
lo. La figura che mescola i livelli della narrazione e del narrato, metalessi in gergo narratologico ”: «Se non avete paura di bruciarvi alle ortiche», sembra dire al lettore dopo un paragrafo: se non vi ripugna inoltrarvi in una materia cosi squallida. E dei due spunti comparativi, uno prende il termine pit prossimo: «come in una capanna senza camino», l’altro é 8° Cap. 1: A. P. Cechov, Racconti e novelle (1888-1903), Mursia, Milano 1963, p. 397 [trad. Lo Gatto]. ' % G. Genette, Figure III. Discorso del racconto, Einaudi, Torino 1976, pp. 282-84.
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proiettato nell’esperienza del visitatore: « vi da ’impressione di entrare in un serraglio». Ma la descrizione astinente da metafore assume nella sua totalita un significato simbolico di cui non davano esempio i passi di Balzac e Dickens. Per Cechov si é parlato di simbolismo; e le immagini di apertura della novella — anteposte alla frasetta rivelatrice su cui ho arrestato la citazione, e contrapposte all’eufemismo burocratico del titolo — materializzano una situazione umana reietta. Lo dice senza figura la frase sullo «speciale aspetto triste» delle costruzioni ospedaliere e carcerarie. E le immagini sono tutte metonimiche prima che metaforiche: interne, contigue, tipiche rispetto alla situazione dei pazzi (al punto che sui rifiuti si sdraia il temibile custode), se ne fanno simbolo
nella stessa misura in cui fanno realta. Se in un testo cosi tardo la novita letteraria del fare realta esige dosi forti, vi tocca il fondo anche l’incubo di declassamento. Fra i pazzi l’unico nobile é uno dei due protagonisti; mentre in citta si giustifica lo scandalo dell’istituzione «col fatto che all’ ospedale ci vanno soltanto i piccoli borghesi ei contadini»”. All’altro protagonista l’emarginazione in fondo alla provincia russa sembra
la condizione, resistente al progresso, di «un’infamia come
quella della corsia N. 6»”. Eil medico che finira lui stesso nel padiglione appartato: con coloro che sono emarginati tre volte — nella geografia civile e nella topografia clinica, prima e dopo che nella scala sociale. 14. Fornita una consistenza concettuale alle prime quat-
tro categorie, attraverso quattro esempi per ciascuna, torno al disegno dell’albero semantico. Mi accingo a portarlo avanti ripartendo, anche stavolta, dal punto dove manca meno per arrivare a nuove definizioni intere di categorie di testi: il lettore € pregato di riportarsi alla prima visualizzazione parziale dell’albero (rv, 1). Dei due poli di altrettante opposizioni che erano rimasti in sospeso, quello che parla di un decorso di tempo sentito individualmente si colloca pita sinistra e pid in basso di quello che contraddice il collegamento con un decorso di tempo in generale. E dagli esempi letti finora, non sono mai stato portato a mettere in forse il collegamento generale; pit volte, invece, a negare che il decorso di tempo Cechov, Racconti e novelle cit., p. 406.
% Tbid., p. 413.
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fosse sentito individualmente anziché collettivamente. Sotto il primo polo di quest’ultima opposizione ne avevo posta con arbitrio strategico un’altra, i cui polia loro volta si sono ramificati nelle due prime opposizioni terminali (rv, 5). E quella fra determinazione — sempre del decorso di tempo — non pertinente 0 pertinente; conviene ora riprenderla anche sotto il polo rimasto in sospeso dell’opposizione sovrastante? Se la conoscenza dei testi mi facesse ritenere di si, sarebbe qui inapplicabile il criterio economico oltre che gerarchico di cui ho parlato (rv, 5), alieno dal ripetere una stessa opposizione in piu punti dell’albero. Di fatto, nessuno dei testi che conosco crea eccezioni ai dettami d’una verita extraletteraria banale: ne siano 0 no'occasione certe immagini, nessun soggetto umano ripensa momenti della propria esperienza passata senza tempi e circo-
stanze in qualche misura determinati. Nell’ambito d’una memoria o sensibilita individuale, con riferimenti circoscritti al-
la durata d’una vita, le determinazioni temporali e circostanziali hanno un altro tipo di pertinenza che su durate secolari o millenarie collettivamente sentite. La loro pertinenza pud essere insieme maggiore e minore, molto meglio motivata o sviluppata ma molto pit prevedibile 0 meno variabile: in ogni caso non é abbastanza caratterizzante per indurci a dividere certe immagini in due categorie. Ci costa poco evitare, come vuole il criterio economico, la ripetizione. Pure l’opposizione di cui si tratta non andra ignorata, sotto il polo rimasto in sospeso di quella sovrastante; in quanto é richiesta da simmetria astratta ed é poco redditizia in concreto, diciamo che andra neutralizzata nel seguente modo:
pm
TALE a aOR TAC TY
SENTITO COLLETTIVAMENTE
A DETERMINAZIONE NON PERTINENTE
SENTITO INDIVIDUALMENTE
A DETERMINAZIONE PERTINENTE
rns eo anltimag ae ener
(A DETERMINAZIONE PERTINENTE O NO)
gy
Che il pit significativo come primo esempio di nuova categoria mi sembri un passo d’autore gia saggiato, Chateaubriand, non é un caso né un inconveniente. Al Génie du
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Christianisme avevo attinto il primo esempio di venerando-
regressivo (Iv, 2), e Revé é un romanzo breve ilcui testo face-
va parte nel 1802 della stessa grande opera di apologia religiosa: fu pubblicato separatamente solo a partire dal 1805. La confessione del giovane protagonista solitario, errabondo e ignaro di sé perché inconscio oggetto partecipe dell’amore incestuoso della sorella, veniva al seguito del capitolo intitolato Du vague des passions”. Prima di finire in America, René porta in giro la sua malinconia per la Francia e per !Europa
tra foreste autunnali, chiese isolate e cimiteri di antiche abbazie, tra rovine classiche, cattedrali italiane e ossianiche brughiere scozzesi™; tali immagini, che prestano consistenza al personaggio, s’intonano sempre a un venerando-regressi-
vo ancora vicino al monitorio-solenne. Ma nell’ episodio della visita di lui al castello dell’infanzia e dell’adolescenza, venduto e disabitato, il tono ripiega su un’emozione meno culturalmente mediata: La terre ow j’avais été élevé se trouvait sur la route. Quand j’apercus les bois ot j’avais passé les seuls moments heureux de ma vie, je ne pus retenir mes larmes, et il me fut impossible de résister a la tentation de leur dire un dernier adieu. Mon frére ainé avait vendu ’héritage paternel, et le nouveau propriétaire ne l’habitait pas. J’arrivai au chateau par la longue avenue de sapins; je traversai a pied les cours désertes; je m’arrétai 4 regarder les fenétres fermées ou demi-brisées, le chardon qui croissait au pied des murs, les feuilles qui jonchaient le seuil des portes, et ce perron solitaire ou j’avais vu si souvent mon pére et ses fidéles serviteurs. Les marches
étaient déja couvertes de mousse; le violier jaune croissait entre leurs pierres déjointes et tremblantes. Un gardien inconnu m’ouvrit brusquement les portes. J’hésitais 4 franchir le seuil... [...]. Couvrant un moment mes yeux de mon mouchoir, j’entrai sous le toit de mes ancétres. Je parcourus les appartements sonores ot |’on n’entendait que le bruit de mes pas. Les chanibres étaient a peine éclairées par la faible lumiére qui pénétrait entre les volets fermés: je visitai celle ot ma mére avait perdu Eivie en me mettant au monde, celle ot se retirait mon pére, celle ot j’avais dormi dans mon berceau, celle enfin ou l’amitié avait recu mes premiers voeux dans le sein d’une sceur. Partout les salles étaient détendues, et l’araignée filait sa toile dans les couches abandonnées. Je sortis précipitamment de ces lieux, je m’en éloignai 4 grands pas, sans oser tourner la téte”. * Chateaubriand, Génie cit., pp. 714-16. [Delle passioni vaghe). *4 Chateaubriand, René, in Euvres romanesques et voyages, «Bibliotheque de la Pléiade», 1969, t. I, pp. 119-30. : ® Tbid., pp. 136-37. [La terra dov’ero stato allevato si trovava sulla strada. Quando scorsi i boschi dove avevo passato i soli momenti felici della mia vita, non potei trattenere le lacrime, e mi fu impossibile resistere alla tentazione di dire ad essi un ultimo addio.
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Nel racconto autobiografico dei Mémoires d’OutreTombe™, Chateaubriand dira in poche righe d’un suo ritorno al castello paterno di Combourg, e del malore che allo spettacolo di desolazione gl’imped{ di avvicinarsi: era nel 1791, e tale spettacolo significava la rivoluzione in atto”. Ma Renéé racconto d’invenzione: prima ancora che del Génie du Christianisme aveva fatto parte dell’epopea in prosa intitolata a
una tribu nordamericana, Les Natchez”, e di essa condivide Pambientazione cronologica nel 1725”. Come causa dello stato del castello, nel testo citato, l’espropriazione economica (oltre che genealogica) fa le veci della rivoluzione di cui fu contemporaneo |’autore e non il personaggio. Eccetto le finestre «a meta infrante», tutti gli altri sono segni di prolungato abbandono; e non di violenza sopravvenuta. Tre tempi verbali si alternano, in corrispondenza con le due estremita di una non immemorabile durata. Al momento presente del racconto corrispondono passati remoti, per l’esperienza del visitatore: « scorsi» 0 «entrai» o «me ne allontanai»; corrispondono imperfetti, per lo stato del castello: «cresceva» due volte, «erano» tre volte, ecc. — oppure un’aggettivazione: da « cortili deserti» in poi. Al passato resuscitato nel racconto corrispondono piuccheperfetti pateticamente preceduti dall’avverbio relativo «dove», che localizza negli spazi i Mio fratello maggiore aveva venduto l’eredita paterna, e il nuovo proprietario non ci abitava. Arrivai al castello dal lungo viale di abeti; attraversai a piedi i cortili deserti; mi fermai a guardare le finestre chiuse o a meta infrante, il cardo che cresceva ai piedi dei muri, le foglie di cui era cosparsa la soglia delle porte, e quel ripiano solitario in cima alla scalinata sul quale avevo visto cosi spesso mio padre e i suoi fedeli servitori. |gradini erano gia coperti di muschio; la violacciocca gialla cresceva fra le loro pietre disgiunte e tremanti. Un guardiano sconosciuto mi apri bruscamente le porte. Esitavo a varcare la soglia... [...]. Coprendomi un momento gli occhi col fazzoletto, entrai sotto il tetto dei miei avi. Percorsi gli appartamenti sonori dove non si udiva che il rumore dei miei passi. Le camere erano appena rischiarate dalla debole luce che penetrava fra le imposte chiuse: visitai quella dove mia madre aveva perduto la vita mettendomi al mondo, quella dove si ritirava mio padre, quella dove avevo dormito nella mia culla, quella infine dove lamicizia aveva ricevuto i miei primi voti in seno a una sorella. Tutte le sale erano prive di tende, e il ragno filava la sua tela nelle alcove abbandonate. Uscii precipitosamente dal luogo, me ne allontanai a grandi passi, senza osar voltare la testa]. % [Memorie d’oltretomba]. 97 Chateaubriand, Mémoires d’Outre-Tombe, Flammarion, Paris 1949, t. I, p. 140. %8 [I Natchez). °° Cfr. Chateaubriand, Les Natchez, in GEuvres romanesques et voyages, t. I cit.,
Pp. 437-38; René, ibid., pp. 17-18; Atala, ibid., p. 36. I ritorno a luoghi cari che si trovano devastati é tema che ricorre ne Les Natchez: pp. 301-2, 510-11, pit sommariamen-
te pp. 437 € 465.
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tempi familiari alla memoria via via che gli uni vengono ritrovati insieme agli altri. «La terra dove ero stato allevato» abbraccia tutti questi spazi dall’esterno; la serie delle camere,
punto d’arrivo interno, assegna il suo dove alla rimembranza pia commovente
rispettivamente di ciascun componente
della famiglia, ’io non escluso. Solo negli «appartamenti sonori dove...» lo stesso avverbio relativo accompagna il momento della visita, col potere di evocazione sensoriale acustica gia ammirato nello scrittore. Convergono le due forme che aveva assunte pochi decenni prima la scoperta preromantica d’una dimensione di memoria individuale, grazie sia a Rousseau che a Goethe: il ricordo d’infanzia o adolescenza e il ricordo d’amore. Il tema dell’incesto é latente sotto l’eufemistico riferimento alla sorella, e nelle righe che ho omesse si apprende come una venuta di lei al castello avesse preceduto quella di René. La misura della defunzionalizzazione di luoghi e oggetti é data dal tema dell’invasione vegetale e per le tele di ragno animale, che contamina la nuova categoria con un’altra non definita, come pit d’una delle precedenti (Iv, 10, 13): il testo ha in comune con Ossian cardo e muschio, ha in proprio la concretissima violacciocca gialla. Ma la perdita primaria é riscattata — secondo |’annunciata alternanza di categorie semipositive e negative (Iv, 5) — da un recupero di funzionalita seconda-
ria. E questo non si attua in un ordine ideologico, come nei casi del venerando-regressivo e del monitorio-solenne; coi
quali pure il testo mostra contiguita o contaminazione (specie nelle massime esclamative sulla precarieta della famiglia, che vengono subito dopo la citazione). Il recupero si attua nell’ordine affettivo, con un compromesso dolceamaro. Recarsi al dove del passato é tentazione irresistibile per René, che si ferma a guardare, che si addentra camera per camera; ma piange a due riprese, ed esita sulla soglia, e fugge senza voltarsi infine. Per individuo la dolcezza del passato non puo darsi se non come perduta, quand’anche non sia perduto il suo potersi dare ancora come dolcezza.
15. Meglio di quella collettiva, la memoria individuale puo risalire il corso del tempo a occhi chiusi, cioé in assenza
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di oggetti fisici che ne siano occasione nel presente; ¢ pud pervenire a oggetti passati fisicamente intatti nella loro lon-
tananza. Le immagini allora o mancheranno, o saranno in-
denni dalle nostre categorie. Ecco perché nel caso della categoria che mi preparo a definire, ancor pit che del venerando-regressivo, parrebbe necessaria la presenza superstite d'un oggetto d’altri tempi; ed é cosf frequente e tipica proprio la visita ai luoghi. Eppure i luoghi 0 spazi del passato, con l’astratta identita e riconoscibilita che mantengono al di la di qualsiasi mutamento degli aspetti sensibili, offrono tra presenza e assenza di oggetti come un concetto intermedio. Lo mostra bene il passo stesso a cui possiamo rifarci come a un prototipo di quello di Chateaubriand: dato il successo europeo che erano stati, meno di trent’anni prima (1774), Die Leiden des jungen Werthers® di Goethe. La visita del protagonista alla propria cittadina natale vi immette come un’oasi tematica il ricordo d’infanzia e adolescenza, in tutta la sua
novita storico-letteraria, verso la meta della trasgressiva storia d’amore: Ich habe die Wallfahrt nach meiner Heimat mit aller Andacht eines Pilgrims vollendet, und manche unerwarteten Geftihle haben mich ergriffen. An der grossen Linde, die eine Viertelstunde vor der Stadt nach S.. zu steht, liess ich halten, stieg aus und hiess den Postillon fort-
fahren, um zu Fusse jede Erinnerung ganz neu, lebhaft, nach meinem Herzen zu kosten. Da stand ich nun unten der Linde, die ehedem, als Knabe, das Ziel und die Grenze meiner Spaziergange gewesen. Wie an-
ders! Damals sehnte ich mich in gliicklicher Unwissenheit hinaus in die unbekannte Welt, wo ich fiir mein Herz so viele Nahrung, so vielen Genuss hoffte, meinen strebenden, sehnenden Busen auszufillen und zu befriedigen. Jetzt komme ich zurick aus der weiten Welt — 0, mein Freund, mit wie viel fehlgeschlagenen Hoffnungen, mit wie viel zerst6rten Planen! [...] —Ich kam der Stadt naher; alle die alten bekannten Gartenhauschen wurden von mir gegriisst, die neuen waren mir zuwider, so auch alle Veranderungen, die man sonst vorgenommen hatte. Ich trat zum Tor hinein und fand mich doch gleich und ganz wieder. Lieber, ich mag nicht ins Detail gehen; so reizend, als es mir war, so ein-
formig wiirde es in der Erzahlung werden. Ich hatte beschlossen, auf dem Markte zu wohnen, gleich neben unserem alten Hause. Im Hingehen bemerkte ich, dass die Schulstube, wo ein ehrliches altes Weib un-
sere Kindheit zusammengepfercht hatte, in einen Kramladen verwandelt war. Ich erinnerte mich der Unruhe, der Tranen, der Dumpfheit
des Sinnes, der Herzenangst, die ich in dem Loche ausgestanden hatte. ~Ich tat keinen Schritt, der nicht merkwiirdig war. Ein Pilger im Heili100 [I dolori del giovane Werther).
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gen Lande trifft nicht so viele Statten religisser Erinnerungen an, und seine Seele ist schwerlich so voll heiliger Bewegung ".
Anche qui— come abbiamo appreso subito prima — la vicinanza del luogo natale si era offerta al protagonista lungo la strada™, in una svolta decisiva della sua vicenda. La scelta di visitarlo é pero molto pit volontaria, e pit fiduciosa a priori in una commozione goduta, da parte di Werther che di René; nel compromesso fra piacere e pena della categoria, qui un piacere eccitato e nostalgico comparativamente prevale.
Werther preferisce inoltrarsi a piedi, non come René all’interno dell’antico possedimento, ma fin dalla distanza d’un quarto d’ora sulla via della cittadina, per «assaporare ciascun ricordo in modo pienamente nuovo, vivo, secondo il cuore». La consistenza oggettiva di simili ricordi, e quindi delle immagini sia presenti che passate, viene assai meno esplicitata nel resoconto che non la riflessione ed emozione soggettiva; lo si deve all’esuberanza stessa di quest’ ultima, ma anche a una reticenza settecentesca verso il mondo fisico, per cui si afferma di temere la monotonia dei dettagli. Non si arretra invece di fronte alle comparazioni iperboliche che trasferiscono il vocabolario del pellegrinaggio pio, nella prima frase e nell’uitima della citazione, a quello che da ora in poi potremo chiamare il pellegrinaggio sentimentale. Dovevano suonare audaci, alla data del romanzo; e confermano 0 Tibro m: W. Goethe, Die Leiden des jungen Werthers, Insel, Frankfurt am
Main 1973, pp. 98-99. [Ho compiuto il pellegrinaggio alla mia patria con tutta la devozione di un pellegrino, e pit d’un sentimento inatteso mi ha scosso. Al grande tiglio, che si trova a un quarto d’ora dalla citta dal lato diS..., ho fatto fermare, sono sceso e
ho lasciato proseguire il postiglione, per potere, a piedi, assaporare ciascun ricordo in modo pienamente nuovo, vivo, secondo il cuore. Mi ritrovavo sotto il tiglio che un tempo, da ragazzo, era stato meta e confine delle mie passeggiate. Quanto era diverso! Allora, in felice inconsapevolezza, anelavo verso lo sconosciuto mondo, dove speravo tanto nutrimento, tanto godimento pet il mio cuore, per calmare e placare il mio
bramoso, anelante petto. Adesso ritorno da quell’ampio mondo — 0 amico, con quante speranze fallite, con quanti progetti rovinati! [...] - Mi avvicinavo alla citta; tutte le vecchie, note casette con giardino furono da me salutate, le nuove mi erano anti-
patiche, cosi come tutti gli altri mutamenti che erano stati effettuati. Entrai dalla porta e subito riconobbi di nuovo tutto. Caro, non voglio entrare nei particolari; quanto era toccante per me, tanto monotono diverrebbe nel racconto. Avevo deciso di abitare presso il mercato, proprio accanto alla nostra vecchia casa. Nell’andare, osservai che l’aula dove una rispettabile vecchia teneva stipatala nostra fanciullezza era trasformata in una merceria. Mi ricordo l’inquietudine, le lacrime, il torpore di pensiero, Pangoscia di cuore che ho patiti in quel buco. Non facevo un passo che non fosse memorabile. Un pellegrino in Terra Santa non incontra tanti luoghi di religiosi ricordi, e la sua anima é difficilmente tanto piena di santa commozione]. 102 Thid., p. 98.
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storicamente un rapporto come di concorrenza, fra il pathos profano del ricordo d’infanzia e la gerarchia degli stati d’animo previsti dalla tradizione cristiana”. Attribuendo « devozione» e «santa commozione» al visitatore rimembrante,
avvantaggiandosi in un confronto coi «luoghi di religiosi ricordi» della Terra Santa, é come se la nuova categoria prendesse a prestito l’esemplarita del venerando-regressivo o la suprema serieta del monitorio-solenne per il suo ambito privato e laico. Ma é lecito parlare di nuova categoria dove, per quel tanto di consistenza che hanno le immagini, nessun oggetto daltri tempi risulta invecchiato dal tempo? I] tiglio resta natura indeclinabile (e cosi la montagna, nelle righe omesse); lesclamazione: «Quanto era diverso! », non riguarda i luoghi ma il cuore; «rovinati» sono solo i propositi giovanili, come fallite le speranze. La qualifica di vecchie 0 antiche (a/ten), che riguarda casette con giardino e la casa stessa del personaggio, non indica una loro decadenza quanto le contrappone a costruzioni nuove. E a queste Werther guarda con antipatia; come a ogni altra specie di mutamenti effettuati, come implicitamente alla trasformazione dell’auletta scolastica infantile in una merceria. Pid integrale ed estraniante di qualsiasi decadenza nel contraddire l’identita dei luoghi, il rinnovamento capovolge le reazioni affettive e preclude un interessamento alle evocazioni fisiche. Esso costituisce l’unica vera forma di defunzionalizzazione di cose,
spinta fino alla loro scomparsa e oltre, in questo testo che —sulle soglie della svolta storica — da inizio alla categoria e da nome al pellegrinaggio sentimentale. Feticismo per gli oggetti di memoria, e parsimonia nell’evocazione del loro stato, s’incontrano anche poco pit in 1a nel romanzo: dove l’oggetto ha proporzioni minori di quelle edilizie 0 cittadine. Werther si é deciso a stento a mettere da parte il frack nel quale aveva ballato per la prima volta con Lotte, ormai sciupato, e se n’é fatto fare uno uguale con panciotto e pantaloni uguali. Il nuovo abito tuttavia non lo soddisfa, ma spera che «col tempo» potra diventargli anch’esso caro™; come dire che il tentativo di mediazione fra invecchiamento e rinnovamento 103 Cfr. F. Orlando, Infanzia, memoria e storia da Rousseau ai romantici, Liviana, Padova 1966, pp. 3, 20, 23-25. 4 Goethe, Die Leiden cit., p. 107.
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é velleitario, che le cose si sciupano e s’ingentiliscono, si fanno pitilogore e pit tenere nello stesso tempo. L’identita decaduta é mal sostituibile da una somiglianza rinnovata, entro la nuova categoria. E fa rientrare in essa,
meglio degli oggetti parzialmente scomparsi in presenza d’un soggetto come Werther, il contrario: oggetti che sono durati, e che ricompaiono, quasi in assenza d’ogni soggetto. Vediamone |’esempio in un romanzo del pieno secolo successivo, dove la casa d’un ricchissimo uomo d’affari in Lon-
dra pud immaginarsi di proporzioni intermedie fra la nobile dimora di René e le abitazioni della provincia piccolo-borghese di Werther. Parlo di Vanity Fair®, pubblicato nel 1847-48 da William M. Thackeray (1811-63): il giovane ufficiale George Osborne é caduto a Waterloo dopo essere stato ripudiato dal padre, di cui aveva deluso, sposando la figlia dun altro commerciante fallito, l’ambizioso arrivismo e l’orgoglioso amore. Dopo pit di dieci anni il vecchio Osborne prende in casa il nipotino, su cui riportera gli stessi senti-
menti, e gli destina proprio la camera che era stata del figlio: It was George’s room. It had not been opened for more than ten years. Some of his clothes, papers, handkerchiefs, whips and caps, fishingrods and sporting gear, were still there. An Army List of 1814, with his name written on the cover; a little dictionary he was wont to use in writing: and the Bible his mother had given him, were on the mantelpiece; with a pair of spurs, and a dried inkstand covered with the dust of ten years. Ah! since that ink was wet, what days and people had passed away! The writing-book still on the table, was blotted with his hand. Miss Osborne was much affected when she first entered this room
with the servants under her. She sank quite pale on the little bed ™.
Con gli occhi di quale soggetto guardiamo gli oggetti il cui elenco, per voce d’autore, fa da descrizione della camera riaperta? L’antico proprietario é morto, il nuovo non é ancora 10 [Fiera della vanita]. 106 Cap. t: W. M. Thackeray, Vanity Fair, Everyman’s Library, London — New York 1970, pp. 499-500. [Era la camera di George. Non era stata aperta da piti di dieci anni. Alcuni dei suoi vestiti, carte, fazzoletti, frustini e berretti, canne da pesca ed
equipaggiamenti sportivi, c’erano ancora. Un Ruolo dell’Esercito del 1814, col suo nome scritto sulla copertina; un piccolo dizionario che usava adoperare scrivendo, e la Bibbia che sua madre gli aveva dato, erano sulla cappa del camino; con un paio di speroni, e un calamaio asciutto coperto dalla polvere di dieci anni. Ah! da quando quell’inchiostro era liquido, quanti giorni e persone erano passati! I] quaderno, ancora sul tavolo, era scarabocchiato di sua mano. Miss Osborne fu molto scossa quando per prima entro in questa camera, coi servi
dietro, Cadde, assai pallida, sul lettino].
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arrivato ed é un bambino; chi entra precedendo i domestici é la figlia zitella rimasta nella casa col vecchio. Come unico personaggio presente, é troppo secondario perché l’emozione prima suggerita al lettore sia identificabile con quella poi riferita di lei. Contano altri due personaggi, e sono entrambi assenti per la stessa ragione, una ragione che riporta alla proprieta in senso patrimoniale e non sentimentale: il ripudio di George da parte del padre a suo tempo. Ad Amelia, la vedova dolce e tuttora ingenuamente fedele di lui, la casa é da allora vietata. Il vecchio Osborne é in duplice senso il responsabile della lunga chiusura e dello stato della camera, che sanno insieme di consacrazione e di rimozione, di lutto feti-
cistico e di abbandono ed oblio: come un rovescio del pellegrinaggio, in piena — e sia pur vasta — casa abitata, un luogo
del passato dove non si entra invece di un luogo del passato dove ci si reca. Del resto, il contesto del romanzo potrebbe dissuadere dal cercare fra i personaggi in questione un soggetto di memoria e affetto disinteressati. Solo il candore di Amelia la salva dai sortilegi di quella « fiera della vanita» che é nel titolo; e risparmia a lei sola la spietatezza psicologica di Thackeray, la sua penetrazione ironica dell’insieme di fenomeni detto ancor oggi (con parola da lui lanciata, ma con comprensione per lo pit restrittiva) snobismo. Lo stesso George era personaggio tutt’altro che idealizzato, benché non privo di qualita. I] pathos del suo piccolo polveroso museo postumo, che si eleva verso il monitorio-solenne con I’esclamazione ispirata dal calamaio, potrebbe sembrare impersonale: non fosse che nell’unita dell’opera il passo citato va a collegarsi strettamente con un altro da citare, a pit d’un centinaio di pagine di distanza. Alla morte di Osborne, il «cupo vecchio palazzo» viene abbandonato dagli eredi e svuotato. Nell’elenco degli oggetti pesantemente sontuosi in via di asportazione, nelle immagini dell’interno spogliato, torna a farsi sentire un rapporto profondo certo caratterizzante per la nuova categoria: quello che intercorre fra proprieta materiale e continuita memoriale, cosi come fra espropriazione e alienazione del ricordo. Queste immagini, pero, emanano un pathos troppo diverso
dalle precedenti per non rimandarci ormai piuttosto alla categoria corrispondente di segno negativo. Pure le circostanze rendono finalmente possibile, col ritardo dovuto a pregiu-
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dizio e ostinazione altrui, un pellegrinaggio sentimentale: nel quale si ricongiungano le due parti inseparabili del tema, il luogo e la visita, e alla desolazione risponda la tenerezza. Il soggetto adatto, Amelia, perviene tenendo per mano il figlioletto che ha lo stesso nome di suo padre fino alla camera appartenuta successivamente all’uno e all’altro: The house was dismantled; the rich furniture and effects, the awful chandeliers and dreary blank mirrors packed away and hidden, the rich rosewood drawing-room suite was muffled in straw, the carpets were rolled up and corded, the small select library of well-bound books was stowed into two wine-chests, and the whole paraphernalia rolled away in several enormous vans to the Pantechnicon, where they were to lie until George’s majority. And the great heavy dark plate-chests went off to Messrs. Stumpy & Rowdy, to lie in the cellars of those eminent bankers until the same period should arrive. One day Emmy, with George in her hand and clad in deep sables, went to visit the deserted mansion which she had not entered since she was a girl. The place in front was littered with straw where the vans had been laded and rolled off. They went into the great blank stone staircases into the upper rooms, into that where grandpapa died, as George said in a whisper, and then higher still into George’s own room. The boy was still clinging by her side, but she thought of another besides him. She knew that it had been his father’s room as well as his own ".
16. Fra oggetti e pareti che tristemente conservano I’intimita d’una lontana appartenenza personale, e oggetti e pareti che ancor pit tristemente subiscono la dissacrazione d’una appartenenza familiare troncata, la differenza come ho detto potra rientrare nell’ opposizione fra la nuova categoria semipositiva e la negativa corrispondente. E tuttavia una differenza che non dovrebbe riuscire interamente nuova al lettore di questo libro: ne avevo messo in rilievo una analoga, nel '°” Cap. Lx1: ibed., pp. 619-20. [La casa fu smantellata; il ricco mobilio ed oggetti, gli imponenti candelieri e i tetri vuoti specchi furono imballati e occultati, il ricco salotto di palissandro fasciato nella paglia, i tappeti arrotolati e legati, la piccola biblioteca scelta di libri ben rilegati fu stipata in due casse da vino, e ’intero armamentario
rotol6 via in parecchi enormi carri alla volta del Pantechnicon, dove doveva giacere fino alla maggiore eta di George. E le grandi pesanti scure casse d’argenteria partirono alla volta della Spett.le Stumpy & Rowdy, per giacere nelle cantine degli eminenti banchieri finché non venisse quel momento. Un giorno Emmy, tenendo George per mano e vestita a lutto stretto, venne a visitare il palazzo abbandonato dove non era entrata da quando era ragazza. Davanti, la piazza era cosparsa di paglia la dove i carri erano stati caricati per rotolare via. Saliro-
no per i grandi vuoti scaloni di pietra alle camere superiori, a quella dove era morto il nonno, come George disse in un bisbiglio, e poi ancora pit sopra alla camera stessa di George. Il bambino era ancora attaccato al fianco di lei, ma lei pensava ad un altro, ol-
tre che a lui. Sapeva che era stata la camera di suo padre prima che la sua].
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secondo capitolo, proprio fra il nostro primissimo esempio e il successivo (11, 1, 2). Alla malinconica compiacenza con cui vengono elencati icontenuti del cofanetto di Cros, avevo contrapposto la depressione emanante da quelli del cassettone e del salottino di Baudelaire, al limite della quale aleggia una ripugnanza verso il passato. Entrerebbe pure in considerazione l’esempio ancora successivo di Borges con la sua enumerazione di cose, dal momento che in esse si proiettano Vio, la proprieta e il passato (11, 3); ma é diventato ora possibile dire che si trattava di un bellissimo esempio impuro. La nuova categoria semipositiva vi si contamina e anzi si subordina a un’ originale versione moderna di monitorio-solenne, tanto abbondante in sostantivi concreti quanto le versioni tradizionali erano povere in immagini. Della categoria semipositiva in questione, non ancora definita, ora abbiamo visto consecutivamente tre esempi; ne occorre almeno uno della negativa corrispondente per arrivare a un’opposizione terminale, cioé a definizioni intere. Torno a prenderlo in Baudelaire, e sara la poesia intitolata Le Flacon™. Anch’essa é probabile «fonte» del sonettino di Cros per un cofanetto contenitore (a sua volta indubbia reminiscenza di quello che abbiamo poi incontrato in Mathurin Régnier, tv, 8); mentre un armadio, contenitore alternativo, s’imparenta lugubremente col cassettone dello stesso Baudelaire: Il est de forts parfums pour qui toute matiere Est poreuse. On dirait qu’ils pénétrent le verre. En ouvrant un coffret venu de |’Orient Dont la serrure grince et rechigne en criant, Ou dans une maison déserte quelque armoire Pleine de l’acre odeur des temps, poudreuse et noire, Parfois on trouve un vieux flacon qui se souvient,
D’ot jaillit toute vive une 4me qui revient. Mille pensers dormaient, chrysalides funébres, Frémissant doucement dans les lourdes ténabres, Qui dégagent leur aile et prennent leur essor, Teintés d’azur, glacés de rose, lamés d’or. Voila le souvenir enivrant qui voltige Dans l’air troublé; les yeux se ferment; le Vertige Saisit ’4me vaincue et la pousse a deux mains Vers un gouffre obscurci de miasmes humains; 108 [La boccetta).
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Il la terrasse au bord d’un gouffre séculaire, Ou, Lazare odorant déchirant son suaire,
Se meut dans son réveil le cadavre spectral D’un vieil amour ranci, charmant et sépulcral. Ainsi, quand je serai perdu dans la mémoire Des hommes, dans le coin d’une sinistre armoire Quand on m/’aura jeté, vieux flacon désolé, Décrépit, poudreux, sale, abject, visqueux, félé,
Je serai ton cercueil, aimable pestilence! Le témoin de ta force et de ta virulence,
Cher poison préparé par les anges! liqueur Qui me ronge, 6 la vie et la mort de mon cceur! ©.
La boccetta stavolta é unico contenuto o del cofanetto o dell’armadio; e a sua volta contiene potenzialmente passato,
ricordi il cui veicolo sia un resto di profumo. Alla resurrezione di tali ricordi sono concesse dolcezza ed ebbrezza, un euforico spicco di volo e ridente varieta di colori. Ma il lessico insiste nel tradire una mortuaria distanza dal passato, un’estraniante putrescenza di esso: preannunciate nella resistenza stridente del cofanetto ad aprirsi, come nell’acredine del-
Yodore dei tempi attribuito allarmadio. Punto d’arrivo dei ricordi si svela un «vecchio amore», la cui sola qualifica positiva é Paggettivo charmant, efficace per contrasto con le immagini e qualifiche negative da cui é ormai soverchiato. La boccetta viene ripresa, all’emergere di una struttura metaforica che riassorbe l’intero componimento, quale comparante dell’io — proprio come il cassettone e il salottino del secondo Spleen; e si carica di ben sette aggettivi impudicamente, perversamente antifunzionali, sei dei quali formano da soli un 1 Baudelaire, Euvres completes, t. I cit., pp. 47-48. Cfr. ivv. 3-4 col verso di Régnier: prova precisa della reminiscenza di Baudelaire, ibid., pp. 353-54 (Mademoiselle Bistourt). [Ci sono forti profumi per i quali ogni materia |Eporosa. Si direbbe che penetrino il vetro. | Aprendo un cofanetto venuto dall’Oriente |La cui serratura cigolae resiste stridendo, || O in una casa deserta qualche armadio |Pieno dell’acre odore dei
tempi, polveroso e nero, |Talvolta si trova una vecchia boccetta che ricorda, |Da cui
scaturisce viva un’anima che torna. || Mille pensieri dormivano, crisalidi funebri, | Fremendo dolcemente nelle pesanti tenebre, |Che sprigionano I’ala e spiccano il vo-
lo, |Tinti d’azzurro, velati di rosa, laminati d’oro. ||Ecco che il ricordo inebriante volteggia |Nell’aria turbata; gli occhi si chiudono; la Vertigine |Afferra l’anima vinta e la spinge a due mani |Verso un abisso oscurato da miasmi umani; ||L’atterra all’orlo d'un abisso secolare, |Dove, Lazzaro odorante che lacera il sudario, |Si muove nel
suo risveglio il cadavere spettrale |D’un vecchio amore rancido, delizioso e sepolcrale. ||Cosi, quando saré perduto nella memoria |Degli uomini, nell’angolo di un sinistro armadio |Quando mi avranno gettato, vecchia boccetta desolata, |Decrepita,
olverosa, sporca, abietta, vischiosa, incrinata, ||Sard la tua bara, amabile pestilenza! rntestimone della tua forza e della tua virulenza, |Caro veleno preparato dagli angeli! liquore |Che mi rode, o vita e morte del mio cuore!]
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verso. Come si vede, perd, un cosi accentuato pervertimento
del rapporto col passato non é l’unica differenza vistosa fra questo esempio e i tre precedenti. Qui il discorso poetico é quasi esclusivamente occupato dai processi della memoria: anziché come prima dagli oggetti, fisici o no, di essa. Non conta quale eccezione |’amore attuale, oggetto perduto con lo stesso io per la futura memoria altrui. Unica eccezione, unico oggetto sarebbe appunto quel vecchio amore: che resta relegato nella familiarita mal determinabile dei ricordi infantili a meta inconsci (come fissato a una madre). Un’altra
differenza pare conseguente. Sia oggetti che processi di memoria non vigono pit tanto in relazione a fatti di realta passata: quanto entro una rete di relazioni metaforiche o simboliche che coinvolge l’io — come nel secondo Spleen. Confrontiamo queste tre differenze ai fini dell’albero semantico e della sua strategia. Non solo quella fra memoria prevalentemente euforica o disforica é pit importante delle ultime due: ma si copre con esse, attraverso larghe coincidenze. Certo, nella combinatoria dei testi noti non é affatto impossibile che il discorso connoti euforicamente i processi della memoria, e tanto meno che ne connoti disforicamente gli oggetti. Ma l’evocazione dei processi della memoria, diversamente da quella degli oggetti, é quasi impossibile senza ricorso alla metafora; e una connotazione euforica delle immagini che entrano in metafora é difficilmente compatibile con una loro connotazione di non-funzionalita. A maggior ragione immagini euforiche esorbiteranno dalle nostre categorie, se prescindono sia da oggetti che da processi di memoria per contrarre col soggetto un rapporto metaforico o simbolico diretto —letteralmente senza precedenti. Percid, nella combinatoria dei testi, tendono a convergere questi tre poli di differenza rispetto agli esempi della categoria semipositiva: ricordi piu disforici che euforici, processi pit che oggetti di memoria, e coinvolgimenti metaforici piuttosto che memoriali. E percio in particolare, diversamente che nella categoria semipositiva, nella negativa un decorso di tempo sentito individualmente non sempre chiamera in causa la memoria. Avevo sottolineato a suo luogo quanto siano arbitrarie e strategiche le scelte verbali dell’albero: me ne davano occa-
sione proprio l’avverbio individualmente e il suo contrario. In alternativa al primo di essi, il decorso di tempo avrebbe
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potuto dirsi « sentito soggettivamente » (rv, 1). Adesso si sot-
tintenda pure il sinonimo scartato, accanto a quello prescelto: forse é meglio estensibile alla valorizzazione simbolica di oggetti fisici che non sono oggetti di memoria, nella categoria negativa.
Al di sotto di questa precisazione non scritta, sappiamo qual él opposizione terminale pit adatta a completare le due nuove definizioni: SENTITO INDIVIDUALMENTE
(A DETERMINAZIONE PERTINENTE O NO),
E PRESENTATA CON COMPIACENZA
E PRESENTATA SENZA COMPIACENZA
(al limite con ripugnanza)
+
_
IL MEMORE AFFETTIVO
IL DESOLATO SCONNESSO
Dal lato negativo preferisco il termine contraddittorio, pit comprensivo; do pero il termine contrario in parentesi, come un limite (si rammenti che dai due lati l’accordo grammaticale non é con !’elemento superiore decorso di tempo, ma con l’elemento supremo corporeita). Nel nome che assegno
alla categoria semipositiva entrambi gli aggettivi sono prevedibili, tratti da spunti lessicali ripetuti. Nel nome della nega-
tiva, l’uno é quello con cui si apre la serie di aggettivi antifunzionali dell’ultimo testo; l’altro, anticipando altri testi, accusa la disgregazione del soggetto proiettata in oggetti sia memoriali che metaforici.
17. Fra il memore-affettivo e il desolato-sconnesso non si puo parlare di trasformazione nel senso a suo luogo definito (Iv, 5): la prima categoria é sopravvissuta nel nostro secolo accanto alla seconda. Mentre pero la prima ebbe origini preromantiche, alle soglie della svolta storica, la seconda mi
sembra scarsamente attestabile prima di Baudelaire. Scegliamo nella letteratura del Novecento esempi di desolato-sconnesso piu puri del precedente da contaminazioni col memo-
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re-affettivo: cioé piti puramente negativi,
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e meglio corri-
spondenti al nome della categoria. Con un testo pubblicato nel 1917, Rhapsody on a Windy Night” di Thomas Stearns Eliot (1888-1965), ci imbattiamo per la prima volta in questo libro nella difficolta di linguaggio della poesia moderna. Non mi compete un’interpretazione, e mi limito a citare in tre frammenti un po’ meno della meta del testo: Twelve o’ clock. Along tke reaches of the street Held in a lunar synthesis, Whispering lunar incantations Dissolve the floors of memory And all its clear relations, Its divisions and precisions, Every street lamp that I pass Beats like a fatalistic drum, And through the spaces of the dark Midnight shakes the memory As a madman shakes a dead geranium.
The memory throws up high and dry A crowd of twisted things; A twisted branch upon the beach Eaten smooth, and polished As if the world gave up The secret of its skeleton, Stiff and white. A broken spring in a factory yard, Rust that clings to the form that the strength has left Hard and curled and ready to snap. The moon has lost her memory. A washed-out smallpox cracks her face, Her hand twists a paper rose, That smells of dust and eau de Cologne, She is alone With all the old nocturnal smells That cross and cross across her brain”. The reminiscence comes Of sunless dry geraniums And dust in crevices, Smells of chestnuts in the streets, And female smells in shuttered rooms, 10 [Rapsodia di una notte di vento}.
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And cigarettes in corridors And cocktail smells in bars ™.
Nella successione di ore che scandiscono il testo a partire dalla mezzanotte del primo verso, nella strada lungo la quale lio va oltrepassando i lampioni che di ora in ora gli rivolgono la parola, é riconoscibile un sia pur malfermo piano fattuale. Non é tuttavia distinguibile da un piano metaforico, di pari generalita: il ricorso alla metafora, come ho detto (rv, 16), si
presta quasi necessariamente all’evocazione non degli oggetti ma dei processi di memoria. La passeggiata notturna vale movimento simbolico nel tempo e, a differenza dal pellegrinaggio sentimentale, ritrovamento accidentale-associativo di ricordi— fino a un luogo d’arrivo (nei versi finali non cita-
ti) dove gli oggetti raggiunti dalla memoria non appartengono al passato bensi a un meccanico presente quotidiano. Tutte e quattro le occorrenze precedenti della parola provocano metafore particolari, di processi e non di oggetti: la memoria ha pavimenti che si dissolvono, viene scossa dal gesto di un pazzo, rigetta cose «in alto e in secco», é stata perduta dalla luna; ma anche una delle cose ricordate, il ramo, é levigato «come se...» Tali cose ricordate si presentano fattualmente del tutto sconnesse, non occupano posti reperibili in una storia personale, non rivelano motivazioni affettive del loro affiorare. Rapsodiche secondo il titolo, sciolte dalle relazioni chiare, divisioni e precisioni della memoria, tutte le immagini del testo legano solo per analogie: la circolazione leitmotivica della radice di to twist, torcere, é l’esempio pit nail TS. Eliot, Collected Poems, Faber & Faber, London 1936, pp. 24-26 (nel corso del terzo frammento si chiudono delle virgolette che si erano aperte undici versi pita
sopra). [Le dodici. |Lungo le sponde della strada |Tenute in una sintesi lunare, |Sussurrando incantesimi lunari |Si dissolvono i pavimenti della memoria |E tutte le sue chiare relazioni, |Le sue divisioni e precisioni, |Ogni lampione che oltrepasso |Batte come un fatalistico tamburo, |E attraverso gli spazi del buio |Mezzanotte scuote la
memoria |Come un pazzo scuote un geranio morto. |[...]. |Lamemoria rigetta in alto ein secco |Una folla di cose contorte; |Un ramo contorto sulla spiaggia |Mangiato liscio, e levigato |Come se il mondo cedesse |Il segreto del suo scheletro |Rigido e bianco. |Una molla rotta in un cortile di fabbrica, |Ruggine che aderisce alla forma che la forza ha lasciato |Dura e curva e pronta a schioccare. |[...]. |La luna ha perduto la memoria. |Un vaiolo slavato screpola la sua faccia, |La sua mano contorce una rosa di carta, |Che odora di polvere e acqua di Colonia, |E sola |Con tutti i vecchi odori notturni |Che le passano e ripassano attraverso il cervello». |La reminiscenza viene |Di aridi gerani senza sole |E polvere nelle crepe, |Odori di castagne nelle strade, |E odori femminili in camere a imposte chiuse, |E sigarette nei corridoi |E odori di cocktail nei bar. |[...]].
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scosto di connotazioni disforiche insistenti. Il ricordo sgradevole, anziché proporsi al riconoscimento e al rimpianto, s impone come breve estraniamento e incubo passeggero.
Un unico profumo era punto di partenza euforico in Baudelaire; qui, prima che la pluralita dei « vecchi odori notturni» si specifichi in reminiscenze, la luna fatta soggetto é «sola» con essi — che le traversano il cervello come una serie immateriale di oggetti ossessivi. In questi versi di Eliot, benché il memoriale tenda a confondersi col metaforico, la memoria é tanto pit in questione in quanto 1 suoi oggetti sono immersi nei suoi processi. Ma
gli oggetti di memoria non sono coestensivi alle categorie dell’ ultima coppia: per eccezioni inverse. Cadono oltre i confini del memore-affettivo le cose fisicamente intatte nel ricordo, che chiamavo indenni dalle nostre categorie (Iv, 15). E rientrano nel desolato-sconnesso, come ne ho discusso,
cose non funzionali che non equivalgono affatto a ricordi: ne troveremmo occasioni numerose in The Waste Land"
e in
tutta la prima opera poetica dello stesso Eliot, metaforiche oscuramente e sordidamente, a meta strada fra |’allucinazione e il mito”. Per giungere a immagini di questa specie, rica-
viamole da La Nausée™ di Jean-Paul Sartre (1905-80), romanzo in forma di fittizio diario pubblicato nel 1938. Se il protagonista Antoine Roquentin si risolve a mettere per iscritto il proprio attivo interesse verso uno strano tipo di oggetti, lo fa in odio al culto della psicologia: «je ne veux pas de secrets, ni d’états d’ame, ni d’indicible». Pure sembra innegabile che la degradazione di simili oggetti sia sentita da lui individualmente 0 soggettivamente: "2 [La terra desolata). 13 Per limitarcia The Waste Land, cfr. ivv.: 20-30 (coi famosi: « A heap of broken images» [Un mucchio d’immagini frante], «fear in a handful of dust » [la paura in un
pugno di polvere]); 104 («withered stumps of time» [disseccati ceppi di tempo]); 173-79 (qui: «The river bears no empty bottles, sandwich papers, — Silk handketchiefs, cardboard boxes, cigarette ends...» [Il fiume non porta bottiglie vuo-
te, carte da sandwich, |Fazzoletti di seta, scatole di cartone, cicche di sigarette...]);
187-95 (qui: «bones cast in a little low dry garret, — Rattled by the rat’s foot only... » [ossa gettate in un piccolo basso arido solaio, |Fatte scrocchiare solo dal piede del topo...]); 266-67 (« The river sweats — Oil and tar» [II fiume suda |Olio e catrame]); 292 («Trams and dusty trees» [Tram e alberi polverosi]); 381-89 (qui: « There is the empty chapel, only the wind’s home. — It has no windows, and the door swings...» [C’é la cappella vuota, casa solo del vento. |Non ha finestre, e la porta sbatte]): cfr.
tbid., pp. 59-84. 4 [La nausea).
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Jaime beaucoup ramasser les marrons, les vieilles loques, surtout les papiers. II m’est agréable de les prendre, de fermer ma main sur eux; pour un peu je les porterais 4 ma bouche, comme font les enfants. Anny entrait dans des coléres blanches quand je soulevais par un coin des papiers lourds et somptueux, mais probablement salis de merde. En été ou au début de l’automne, on trouve dans les jardins des bouts de journaux que le soleil a cuits, secs et cassants comme des feuilles mortes, si
jaunes qu’on peut les croire passés a l’acide picrique. D’autres feuillets, Phiver, sont pilonnés, broyés, maculés, ils retournent
4 la terre.
D’autres tout neufs et méme glacés, tout blancs, tout palpitants, sont posés comme des cygnes, mais déja la terre les englue par en dessous. Ils se tordent, ils s’arrachent a la boue, mais c’est pour aller s’aplatir un
peu plus loin, définitivement. Tout cela est bon a prendre. Quelquefois je les palpe simplement en les regardant de tout prés, d’autres fois je les déchire pour entendre leur long crépitement, ou bien, s’ils sont trés humides, j’y mets le feu, ce qui ne va pas sans peine; puis j’essuie mes paumes remplies de boue a un mur ou a un tronc d’arbre"”.
Qui é sparito ogni significato memoriale, e perfino quello metaforico se c’é resta indecifrabile. Una dimensione psicopatologica in cui sia uno che l’altro significato potrebbero ritrovarsi, é esclusa dalla coscienza del personaggio (come dell’autore): non con riferimento a una tale dimensione, ma solo perché il referente simbolico escrementizio é soggiacente a tutta la nostra tematica (1, 6-7), importa che sia nominata la merda. Che cosa rappresentano stracci e cartacce per Roquentin? II testo non é fatto perché alla domanda si possa rispondere; ed é cosi fatto malgrado il suo linguaggio preciso e copioso, figurale sino all’antropomorfico: anche nel paragrafo seguente, che non cito, una pagina infangata a terra appare «couverte de cloques et de boursouflures, comme une main bralée»". E lo stesso linguaggio le cui caratteristiche 1D J.-P. Sartre, Euvres romanesques, «Bibliotheque de la Pléiade», 1981, p. 15.
(non voglio segreti, né stati d’animo, né l’indicibile]. [Mi piace assai raccogliere le castagne, i vecchi stracci, soprattutto le cartacce. Mi é gradevole prenderli, richiuderci sopra la mano; quasi me le porterei alla bocca, come fanno i bambini. Anny arrivava al furore quando sollevavo da un lato delle carte pesanti e sontuose, ma probabilmente sporche di merda. In estate 0 all inizio dell’autunno, si trovano nei giardini pezzetti di giornali che il sole ha cotti, secchi e fragili come foglie morte, a tal punto gialli da crederli passati all’acido picrico. Altri fogli, ?'inverno, sono pestati, triturati, maculati, ritornano alla terra. Altri nuovissimi e addirittura lucidati, bianchissimi, palpitanti, sono posati come cigni, ma gia la terra li invischia dal di sotto. Si torcono, si strappano al fango, ma per andare ad appiattirsi un po’ pit in la, definitivamente. Tutta roba gustosa da prendere. Certe volte semplicemente li palpo guardandoli da vicino, altre volte li lacero per sentire il loro lungo crepitio, oppure, se sono molto umidi, gli do fuoco, non senza fatica; poi mi asciugo le palme piene di fango a un muro 0 a un tronco d’albero]. 6 Tbid., pp. 15-16. [coperta di bolle e di gonfiature, come una mano bruciata].
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applicazioni di certi estremi del concreto all’astratto, del materiale all’intellettuale, apparentano il Sartre pensatore e saggista al narratore. C’é almeno da ravvisare, nella predilezione di Roquentin per la carta, una proiezione morbosa e avvilita proprio di quel materiale con cui per eccellenza ha a che fare un intellettuale? In quanto tale, il personaggio subisce o sceglie una doppia emarginazione: l’una, che da il titolo al romanzo e ha implicazioni filosofiche, gli viene da una solitaria crisi « metafisica» dei rapporti col mondo fisico. Ne é uno dei primi sintomi il fatto che non abbia potuto, come voleva,
raccattare quella pagina infangata. L’altra emarginazione ha implicazioni che non si possono dire politiche, ma che lo distaccano con astio e ironia, disprezzo e invidia dalla sua classe di provenienza: la classe dominante borghese. E con tutte queste componenti d’intelligente distacco — invidia non esclusa — che Roquentin guarda alla conservazione materiale del passato, assicurata ai borghesi dalle loro case e dalle loro cose: Ils vivent au milieu des legs, des cadeaux et chacun de leurs meubles est un souvenir. Pendulettes, médailles, portraits, coquillages, presse-papiers, paravents, chiles. Ils ont des armoires pleines de bouteilles, d’étoffes, de vieux vétements, de journaux; ils ont tout gardé. Le passé, c’est un luxe de propriétaire. Ou donc conserverais-je le mien? On ne met pas son passé dans sa poche; il faut avoir une maison pour l’y ranger '”.
Non potremmo riconoscere una formulazione critica pid chiara, nutrita da un verosimile elenco di cose oziose, del
rapporto frequente di cui ho parlato fra memore-affettivo e proprieta (Iv, 15). Prendiamo atto che anche il memoreaffettivo, in quanto corporeita non-funzionale presentata con compiacenza sia pure pit o meno mista di pena, puo ve-
nire accettato o rifiutato: come avevamo visto per il venerando-regressivo (Iv, 1), come potrebbe essere vero per ognuna delle categorie semipositive — e beninteso (lo ripeto) nel testo, non nelle opinioni o simpatie dei lettori. In sé, non ¢’é bisogno di dirlo, la presenza rifiutata d’una categoria semipo7 Thid., p. 79. [Vivono in mezzo ai lasciti, ai regali, e ognuno dei loro mobili é un ricordo. Orologini, medaglie, ritratti, conchiglie, fermacarte, paraventi, scialli. Hanno armadi pieni di bottiglie, di stoffe, di vecchi vestiti, di giornali; hanno conservato tutto. Il passato é un lusso da proprietario.
Dove diavolo io potrei conservare il mio? Non ci si mette in tasca il passato; bisogna avere una casa per sistemarcelo].
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sitiva in un testo é un fenomeno nettamente distinto dalla presenza della corrispondente categoria negativa. Nel caso di Roquentin per6 si profilano costanti e varianti fra due passi distanziati: la contestazione di certe immagini da memoreaffettivo, e laccarezzamento di certe immagini da desolatosconnesso, diventano interpretabili reciprocamente. Colui che palpa le carte sporche e le porterebbe volentieri alla bocca sembra avere spostato su di esse, perversamente, quel ruolo che gente pid fortunata e pit conformista investe nelle cianfrusaglie casalinghe. II ruolo cioé di alternativa gratuita agli oggetti funzionali e normali, dei quali lo stesso Roquentin definisce la neutralita poco dopo la prima citazione: «On s’en sert, on les remet en place, on vit au milieu d’eux:
ils sont utiles, rien de plus». L’altra occasione di desolatosconnesso nel romanzo la da un viale alla periferia della cittadina di Bouville, e anch’esso é contrapponibile a una via resa centrale dalla pianificazione e frequentazione borghese. II contrasto é stavolta fra desolato-sconnesso superato o persistente: un secolo fa, rue Tournebride era «un boyau noir et puant, avec une rigole qui charriait, entre les pavés, des tétes et des entrailles de poisson»; un anno fa, é stata eliminata dalla sua commerciale eleganza fin l’ultima vecchia indecen-
te bottega, molto amata da Roquentin”. Il boulevard Noir é invece rimasto una regione emarginata e inabitabile a cui i fabbricati volgono facciate posteriori senza porte né finestre, dal suolo di pietre e fango e dal vento glaciale, dalle pozzanghere che non si asciugano per pid d’un mese all’anno. Si puo pensare, certo, al logoro-realistico; 0 a quella categoria non definita che prevede le resistenze della natura alla cultura (IV, 10, 13, 14). Ma il diarista indugia soprattutto sui brandelli di manifesti ancora aderenti a una palizzata semidisfatta, carta lacera dai segni quasi illeggibili— come la pagina del primo episodio. E la sua sosta in questo luogo che é « esattamente un rovescio», che é «inumano», gli procura sollievo: «je ne me sens plus; je suis gagné par la pureté de ce qui m’entoure...»” 48 Tbid., p. 16. [Ce ne serviamo, li rimettiamo a posto, viviamo in mezzo ad essi: sono utili, niente di pit]. 9 Thid., pp. 52-53. [un budello nero e fetido, con uno scolo che trasportava, tra th pietre del selciato, teste e visceri di pesce]. 20 Tbid., pp. 31-34. [non mi sento pit; sono penetrato dalla purezza di cid che mi circonda].
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18. La complementarita fra desolato-sconnesso e rifiuto del memore-affettivo, nel romanzo di Sartre, non rappresenta che un esito dell’evoluzione delle due categorie in rapporto fra loro. Nel Novecento esse hanno teso ad avvicinarsi e confondersi, ma non alla pari: a tutto vantaggio della categoria negativa, cioé a svantaggio di quella componente euforica della categoria semipositiva che a suo tempo per Werther era godibile con abbandono (rv, 15). Consideriamo come quarto esempio di memore-affettivo una versione formalmente moderna, ma tematicamente inequivocabile, di pellegrinaggio sentimentale. Il poeta lituano di lingua francese Milosz (Oscar Vladislas de Lubicz-M., 1877-1939) esordi in clima tardo-simbolista; giunse alle sue cose pit originali negli anni intorno alla prima guerra mondiale. Si trova nell’ ultima raccolta, del 1922, il componimento intitolato La Berline arrétée dans la nuit”. Cosi bello che é affliggente doverne omettere quattordici versi centrali: En attendant les clefs — Il les cherche sans doute Parmi les vétements
De Thécle morte il y a trente ans — Ecoutez, Madame, écoutez le vieux, le sourd murmure Nocturne de l’allée... Si petite et si faible, deux fois enveloppée dans mon manteau
Je te porterai a travers les ronces et I’ortie des ruines jusqu’a la haute et noire porte Du chateau. C’est ainsi que !’aieul, jadis, revint De Vercelli avec la morte. Quelle maison muette et méfiante et noire Pour mon enfant! Vous le savez déja, Madame, c’est une triste histoire.
Ils dorment dispersés dans les pays lointains. Depuis cent ans Leur place les attend Au cceur de la colline. Avec moi leur race s’éteint. O Dame de ces ruines! Nous allons voir la belle chambre de l’enfance: 1a, La profondeur surnaturelle du silence Est la voix des portraits obscurs. 21 [La berlina ferma nella notte).
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Ramassé sur ma couche, la nuit, J’entehdais comme au creux d’une armure, Dans le bruit du dégel derriére le mur, Battre leur coeur. Pour mon enfant peureux quelle patrie sauvage!
Non, Madame, je n’entends rien. Il est fort agé, Sa téte est dérangée. Je gage qu’il est allé boire. Pour mon enfant craintive une maison si noire!
Tout au fond, tout au fond du pays lithuanien. Non, Madame, je n’entends rien. Maison noire, noire.
Serrures rouillées, Sarment mort, Portes verrouillées, Volets clos, Feuilles sur feuilles depuis cent ans dans les allées.
Tous les serviteurs sont morts. Moi, j’ai perdu la mémoire. Pour l’enfant confiant une maison si noire! Je ne me souviens plus que de l’orangerie Du trisaieul et du théatre: Les petits du hibou y mangeaient dans ma main. La lune regardait 4 travers le jasmin. C était jadis. Jentends un pas au fond de l’allée, Ombre. Voici Witold avec les clefs ”. 22 CO, V. de L.-Milosz, Poésies, Silvaire, Paris 1960, t. II, pp. 133-35. La raccolta é La Confession de Lemuel {La confessione di Lemuel]. [Aspettando le chiavi |— Le cerca di sicuro |In mezzo ai vestiti |Di Tecla morta trent’anni fa — |Ascoltate, signora,
ascoltate il vecchio, il sordo mormorio |Notturno del viale... |Cosi piccola e debole, due volte avvolta nel mio cappotto |Ti porteré attravefso i rovi e l’ortica delle rovine
fino all’alta e nera porta |Del castello. |E cosf che l’avo, tanto tempo fa, tornd |Da Vercelli con la morta. |Quale casa muta e diffidente e nera |Per la mia bambina! |Lo sapete gia, signora, é una triste storia. |Essi dormono dispersi nei paesi lontani. |Da
cento anni |II loro posto li attende |Nel cuore della collina. |Con me la loro razza si spegne. | O Dama di queste rovine! |Vedremo la bella camera dell’infanzia: 1a, |La profondita soprannaturale del silenzio |E la voce dei ritratti oscuri. |Raccolto sul mio giaciglio, di notte, |Sentivo come nel cavo di un’armatura, |Nel rumore del disgelo dietro il muro, |Battere il loro cuore. |Per la mia bambina paurosa quale patria selvaggia! |[...]. |No, signora, non sento niente. | E molto anziano, |La sua testa é alterata. |Scommetto che é andato a bere. |Per la mia bambina timorosa una casa cosi nera! |Nel profondo, nel profondo del paese lituano. |No, signora, non sento niente. |Casa
nera, nera. |Serrature arrugginite, |Tralcio morto, |Porte sotto chiave, |Imposte chiuse, |Foglie su foglie da cento anni nei viali. |Tutti i servitori sono morti. |Io, ho perduto la pear Per la bambina fiduciosa una casa cosi nera! |Non mi ricordo pit che dell’aranciera |Del trisavolo e del teatro: |Dove i piccoli del gufo mangiavano nella mia mano. |La luna guardava attraverso il gelsomino. |Era tanto tempo fa. | Sento un passo in fondo al viale, |Ombra. Ecco Witold con le chiavi].
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Alla rilettura, un piano fattuale si costruisce assai meno ifficilmente che nel componimento poco anteriore di Eliot. Colui che dice io, in compagnia d’una donna, torna a un ca-
stello di Lituania dove ha trascorso l’infanzia e di cui é l’'unico erede; di notte, la sua berlina resta ferma di fronte a una cancellata o a un portone d’ingresso al viale del parco, finché il vecchio portiere superstite non ha trovato le chiavi. Il testo dura esattamente quanto l’attesa di queste chiavi che é annunciata nel primo verso, chiudendosi con l’annuncio del loro arrivo nell’ultimo. Non assistiamo, come nel compiuto pellegrinaggio di René, a un internarsi graduale dell’io nel luogo dei ricordi: il memore-affettivo sembra poter parlare solo sulle soglie di esso. L’arresto simbolico che da il titolo ma innanzi tutto dd titolo al discorso, che prolunga all’ultimo momento e per un momento linaccessibilita degli oggetti d’una memoria « perduta», fa oscillare il discorso fra gli oggetti e iprocessi—se non fra il memoriale e il metaforico. Witold é insieme un personaggio riemergente dal reale passato e un simbolo di memoria: per la sua sopravvivenza ai servitori tutti morti come per il suo ritardo, la sua ricerca fra i vestiti diuna Tecla «morta trent’anni fa», la sua eta avanzata e testa
alterata. Simbolo di distanza temporale si fanno a loro volta, beninteso in una prospettiva occidentale, la distanza spaziale del castello «nel profondo del paese lituano» come la distanza storica delle sue caratteristiche feudali. E la prospettiva occidentale non é tanto quella acquisita del proprietario, col quale «si spegne» una razza d’antenati che «dormono dispersi nei paesi lontani» — uno era tornato da Vercelli: estranea al luogo e alle sue caratteristiche é certamente la donna che lo accompagna. Anche in questo caso si toccano ricordo d’infanzia e storia d’amore, ma é fuori dalla tradizione tematica un pellegrinaggio non solitario.
La donna viene ora interpellata col voi, e chiamata Madame, ora teneramente col tu: magari, a voce ora alta ora silenziosa. Il rapporto fra lei e il luogo viene espresso al presente quando l’io Je da del voi (con una sola eccezione nei versi non citati). Quando invece l’io le da del tu lo stesso rapporto pud venire espresso al presente, ma anche al futuro: strano futuro che, immaginario per lei, va a combaciare col passato infantile dell’io. Di qui una continua vacillazione dei tempi verbali, coniugati o sottintesi, che ha effetti da condensazio-
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ne onirica o da dissolvenza incrociata cinematogratica. Il rimpianto per la bellezza della propria infanzia €convertibile nella speranza amorosa, e viceversa; ma, soprattutto, il compianto per le proprie antiche iimpressioni e paure é soggiacente al compatimento per il soggiorno che attende lei nel luogo estraneo. Destinataria di tutto il discorso e intermittente controfigura dell’io bambino, é la donna a personificare il limite della compiacenza nei ricordi, oltre il quale immagini spiacevoli volgerebbero al desolato-sconnesso. In quattro esclamazioni: la cui periodicita, pur variata ogni volta, non puo sfuggire alla rilettura. Una « casa muta e diffidente e nera», una «patria selvaggia», per una «bambina paurosa» o «timorosa» o al contrario «fiduciosa». Lo stesso contrasto ispira il proposito di portarla protettivamente, piccola e debole, « attraverso i rovie l’ortica delle rovine »; ed é latente nelPaltra esclamazione, quasi un ottativo, che di tal rovine la
vorrebbe signora. Nei sei suggestivi versi senza verbo, poco dopo l’omissione, non si concentrano solo effetti di tempo quali la ruggine e l’accumulo di foglie — centenario come I’attesa di sepoltura «nel cuore della collina». Tetraggine e solitudine appaiono, in prospettiva, innate al luogo: il colore imperiosamente dominante che torna a qualificare la casa, come l’alta porta e i ritratti «oscuri», é il nero. 19. Il bilancio del desolato-sconnesso appare gramo e quello del memore-affettivo nullo, nell’opera in versi di Eugenio Montale (1896-1981), prima del mutamento di linguaggio che ne caratterizza la fase senile. Nella poesia in senso forte delle tre grandi raccolte anteriori ai sessant’anni, tutto é memoriale e niente lo é specificamente, perché tutto é metaforico”: Valta figuralita sublima e spersonalizza fino a renderla misteriosa ogni dimensione personale, sia autobiografica che ideologica. Col tono diaristico ed epigrammatico prevalente nella produzione successiva, fino agli ottantaquattro anni, € mutato in generale l’atteggiamento verso la propria persona. Da una parte essa viene dovunque implici23 Come esempio dell’esilita d’un desolato-sconnesso comunque metaforico e non memoriale, indicherei ne Le Occastoni qualche verso di Notizie dall’Amiata: E. Montale, L’ opera in verst, Einaudi, Torino 1980, pp. 181-83; e in posizione inversa, cioé di poesia in senso forte nell’ ultima raccolta pubblicata, qualche verso di Sul lago d’Orta, p. 567.
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tamente ostentata: come quella d’un uomo cosi importante e
celebre che puo permettersi di mettere in versi tutto, sia dei suoi ricordi che delle sue opinioni. D’altra parte viene a pit riprese esplicitamente svalutata, dandone l’esperienza privata per insignificante e labile — come é pessimista e antimagistrale il bagaglio ideologico, di metastorico misoneismo e metafisico qualunquismo. « Vissi al cinque per cento»: due poesie, quasi echi minuscoli ed umorali del Contre SainteBeuve™ di Proust, deridono o scongiurano l’indiscrezione postuma degli storici letterari verso la vita degli scrittori”. In una terza, I pressepapiers, Montale va vicino alla critica dei feticci esteriori di memoria che c’é in Proust — 0 a quella che da poco abbiamo incontrata in Sartre (rv, 17). Il vero ricordo
é per lampi, dice, o é un lucignolo: «di keepsakes in senso letterale — ne posseggo ben pochi. Non ho torri pendenti-— in miniatura, minigondole o simili— cianfrusaglie...» ”. L’anonima trivialita di tali controesempi contamina il memoreaffettivo rifiutato con una categoria non ancora definita”. Altrove, il pessimismo dell’ideologia trae da un desolatosconnesso non memoriale ripugnanti metafore: « La verita é nei rosicchiamenti — delle tarme e dei topi, — nella polvere ch’esce da cassettoni ammuffiti — e nelle croste dei “grana” stagionati»™. Ancora altrove, depressa e turistica é una metafora gene-
rale dei processi di memoria: «II repertorio — della memoria é logoro: una valigia di cuoio — che ha portato etichette di tanti alberghi»”. Eppure in Xenia II 3 si confessa di aver «rimpianto a lungo» un oggetto perduto in un grande albergo, un «cornetto di latta arrugginito» che faceva da infilascarpe. Era indecente portare la « un tale orrore », é impossibile farvi cercare « quel pezzaccio di latta»”; resta sottaciuto che dovesse trattarsi, per dirla con un’ulteriore poesia, d’uno 24 [Contro Sainte-Beuve]. 1 T nuovi iconograft, ibid., p. 483; Per finire, p. 508 (da cui la citazione). Sulla propria «importanza», cfr. la seconda sezione di Piccolo diario, p. 793. 26 Ibid., p. 566. 27 Ta stessa con cui lo contaminano accettato, e prono al monitorio-solenne, le «ville dei sudamericani» in Dov’era il tennis... (una delle due prose de La Bufera): tbid., pp. 215-16. 28 La verita, ibid., p. 582. Cfr. immagine di fogna, e la poetica che vi s’innesta, in un testo senza titolo di Satura II, p. 388. 29 Tl repertorio, ibid., p. 393; e metafora analoga in Quel che pid conta, p. 475. 50 Ibid., p. 299.
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di quegli « oggetti che ci parvero — non peritura parte di noi stessi» . Parte, o addirittura tutto? e di che oggetti si tratta? La loro umilta, o il loro avvilimento traumatico, é condizione
per identificarli con un io che la gloria non esime affatto dal supporsi umiliato e dal paventarsi vile. Sotto le forme della categoria negativa e della negazione di quella semipositiva, una tale identificazione pud essere esplicita: anzi identita puod proiettarsi negli oggetti— come avveniva in un sonetto di Borges (11, 3) —, facendone igaranti e organizzatori di quella certezza o consapevolezza che al soggetto manca. E il caso de I nascondigli (1971), dove illoro elencoé intriso di ricordi cari, e nondimeno finisce col deprezzarli in sintesi come carabattole. Modestia e quotidianita sopperiscono ai segni del tempo decorso; forse li sottintendono, trattandosi di roba che perpetuamente rischia la spazzatura e se ne salva, di cui lio vorrebbe disfarsi ed é in apparenza inspiegabile che non osi: Quando non sono certo di essere vivo la certezza ¢ a due passi ma costa pena ritrovarli gli oggetti, una pipa, il cagnuccio
di legno di mia moglie, un necrologio del fratello di lei, tre o quattro occhiali di lei ancora!, un tappo di bottiglia che colpi la sua fronte in un lontano cotillon di capodanno a Sils Maria e altre carabattole. Mutano alloggio, entrano nei buchi pit nascosti, ad ogni ora hanno rischiato il secchio della spazzatura. Complottando fra loro si sono organizzati per sostenermi, sanno pit di me il filo che li lega a chi vorrebbe e non osa disfarsene. [...] *.
In Xenia II 14 (1966), alla personificazione sofferente degli oggetti si aggiunge un’equiparazione comparativa del sog51 Poiché la vita fugge..., ibid., p. 70K. 62 Tbid., p. 426: ometto cinque versi. Compariva gia in Ballata scritta in una clintcail «bulldog dilegno», p. 210. Altre volte gli oggetti sostituiscono pit laconicamente il soggetto: « Del padre era rimasto il piegabaffi e forse — una bibbia evangelica» (Lettera a Bobi, p. 454); «per te di reliquie — che non so: calendari, astucci, fiale e creme» (La belle dame sans merci, p. 344); ovvia reliquia é la vecchia fotografia (Nel ’38, p. 699; Quartetto, p. 700). Restano irrelati alla nostra tematica titoli promettenti come I ripostigli, p. 616, e Inascondigh II, p. 683. Invece, tra le prose raccolte in Farfalla diDinard (Mondadori, Milano 1960), il titolo Reliquie introduce qualche immagine pertinente (pp. 187, 191); e qualcuna ne sintetizza la parola ne I/ pipistrello (tbid., p.175). Il passo piu rilevante é in La donna barbuta (p. 61), e tre righe di pellegrinaggio sentimentale in Racconto d’uno sconosciuto (p. 15).
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getto con essi: a quattro termini. Gli eventi della realta stavano all’io, come le assorbenti lordure dell’alluvione di Firenze
stanno a tutto quanto era depositato nello scantinato che hanno invaso. L’identita delegabile a certi oggetti é stata traumaticamente sottratta perfino ad essi: l’identificazione risulta tanto pit elaborata quanto pit mortificante. Doni e pegni di amici celebri vengono esibiti alla pari con cianfrusaglie, relegati com’erano gli uni ¢ le altre sotto terra e al di la d’una duplice chiusura a chiave. Grazie al comune lungo patimento, c’é da chiedersi se non siano ora meno ripudiati di prima: L’alluvione ha sommerso il pack dei mobili, delle carte, dei quadri che stipavano un sotterraneo chiuso a doppio lucchetto. Forse hanno ciecamente lottato i marocchini rossi, le sterminate dediche di Du Bos, il timbro a ceralacca con la barba di Ezra,
il Valéry di Alain, l’originale dei Canti Orfici — e poi qualche pennello da barba, mille cianfrusaglie e tutte le musiche di tuo fratello Silvio. Dieci, dodici giorni sotto un’atroce morsura di nafta e sterco. Certo hanno sofferto tanto prima di perdere la loro identita. Anch’io sono incrostato fino al collo se il mio stato civile fu dubbio fin dall’inizio. Non torba m’ha assediato, ma gli eventi d’una realta incredibile e mai creduta. band BS
20. Sono state definite e documentate con quattro esempi per ciascuna, a questo punto, sei categorie d’immagini di
corporeita non-funzionale. Cosi é stato riempito dall’alto in basso, fino alle opposizioni terminali, tutto lo spazio semantico che nella prima visualizzazione parziale dell’albero si era aperto dal lato sinistro: cioé sotto il polo positivo quanto al decorso di tempo in generale (rv, 1). La formulazione pero di questo polo positivo, e ancor pit di quello negativo, era stata 33 Montale, L’opera in versi cit., p. 310: ometto due versi. «Incrostato fino al colea «incastrati fino al collo» (La buccia della Terra..., p. 651). Le musiche del fratello sono « oggi sepolte in un baule o andate — al macero» in Xenia I, 13, p. 293. Cfr. lo «stipo — che ho salvato da sgombri e inondazioni» in Retrocedendo, p. 428. lo» si pud associare a «incrostato fino ai capelli» (Dormiveglia, p. 615)
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allora minimale e provvisoria. Precisarla ora equivarra, dal lato sinistro, a pat Fdaaae retrospettivamente le sei definizioni per la parte che in alto é comune a tutte e sei; dall’altro lato, equivarra ad avviare il disegno d’una nuova meta dell’albero. L’opposizione era stata stabilita sommariamente tra una non-funzionalita che si collega, o che non si collega, a un decorso di tempo. Attraverso gli esempi di memoreaffettivo e di desolato-sconnesso, il rapporto degli oggetti col tempo ha sollevato complicazioni che non si riassumono nell’ultima opposizione terminale: distinzioni fra il memoriale e il Peete fra oggetti e processi di memoria, e fra oggetti assenti o presenti, intatti o decaduti, permanenti o rinnovati, se rinnovati somiglianti o no... Ma anche il monitorio-solenne, il frusto-grottesco, il venerando-regressivo e il logoro-realistico definiscono oggetti il cui effetto é a cavallo fra pid piani temporali. Un effetto immaginario — tali oggetti avendo luogo nelle immagini della letteratura — che per definizione rinvia a un passato; e che pure per definizione, affinché un passato ci sia, si esercita in un presente. II rinvio al passato non conta che nella sua incidenza presente, |’incidenza presente non consiste che nel rinvio al passato, ed é questo l’elemento comune alle sei categorie. Con movimento in apparenza deduttivo poiché stavolta non parte da un testo, in realta sempre indotto dalla conoscenza d’un corpus di testi, cambiamo in un’opposizione fra contrari quella che avevo provvisoriamente formulata come opposizione fra contraddittori: decorso ditempo o no. II rinvio al passato pud sussistere senza che in esso si esaurisca
Pincidenza presente, l’incidenza presente pud prescindere da ogni rinvio al passato, quindi |’uno diventa ffora in poi erste e laltra elemento indipendente di definizione. Non escluderemo dalle nuove categorie tutte le immagini del cui effetto faccia parte la percezione d’un decorso di tempo: ma solo quelle al cui effetto una tale percezione sia cosi essenziale come nelle categorie precedenti. Percezione d’un decorso di tempo e incidenza sul tempo attuale, per lopposizione fra passato e presente, fornirebbero in sé due contrari. Ma siccome aioe delle immagini il presente non é mai incompatibile col passato, e il passato si fa sensibile sempre nel presente, non sarebbe strategico erigere a contrari se non le prevalenze rispettive dell’uno sull’altro; e la maggiore biforcazione dell’albero semantico sara da riscrivere definitivamente cosi:
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CORPOREITA NON-FUNZIONALE,
NEL CUI EFFETTO IMMAGINARIO E PREVALENTE LA PERCEZIONE D’UN DECORSO DI TEMPO
NEL CUI EFFETTO IMMAGINARIO B PREVALENTE UN’ INCIDENZA SUL TEMPO ATTUALE
Piuttosto che comparare le sei definizioni se le trascrivo una dopo l’altra, il lettore preferira ripercorrerle dall’alto in basso entro la meta compiuta dell’albero — il quale mette in rapporto evidente le loro parti uguali e diverse:
3
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a1. Nel libro VI del Bellum civile pia comunemente chiamato Pharsalia”*, ilpoema intrapreso a poco pit di vent’anni e lasciatoiincompiuto da Marco Anneo Lucano (39-65), il figlio di Pompeo consulta una maga alla vigilia della battaglia di Farsalo per «conoscere in anticipo il corso del fato»” Entrambi i personaggi sono moralmente negativi: Sesto Pompeo, «prole indegna» del proprio padre, é «stimolato dalla paura»”; Ericto, dopo 72 versi strabilianti sulle streghe di Tessaglia, viene presentata in 62 versi come la pid sacrilega ed efferata fra tutte’’. Non per questo la curiosita divinatoria dell’uno appare un’illusione, né la capacita necromantica dell’altra un’impostura. Le pratiche in questione si relegano nella clandestinita del disabitato: Ericto « abita tombe deserte», come Sesto Pompeo le si fa incontro «attraverso campi deserti»”*. E sono pratiche date per detestabili, in quanto vera e propria violenza fatta agli déi”’, disordine introdotto nella natura“. Ma sono dette vane solo in quanto non cambiano I’avvenire“: non se ne parlerebbe con tanta esecrazione se si mettesse in dubbio la loro soprannaturale efficacia. Gli interrogativi che il poeta pur si pone da profano, o le incertezze che confessa, non vertono che sulle misteriose cause ed effetti d’un potere indiscusso”. Se di tutte le streghe di Tessaglia l’immaginazione non puo oltrepassare i prodigi, e «quidquid non creditur ars est», Ericto rincara sulle altre per ardimento anche tecnico: inventa nuovi rituali e formule sconosciute in magia“ L’allusione a questa prerogativa di lei torna con grande effetto nel momento culminante della scena di necromanzia. Ha trascinato il corpo d’un morto recente dall’ ultimo campo di battaglia a una caverna che é « maestum mundi confine la54 (Guerra civile). (Farsalia]. 35 VJ, vy. 423: Lucain, La Guerre civile (La Pharsale), Les Belles Lettres, Paris 1962, tt. Il, p. 22, e cfr. v. 615 (p. 31). © Vv. 420, 423: thid., p. 22. B7 Vv. 434-506, 507- 69: ibid., pp. 23-29. 68 Vy. 511-12, 572-73: tbid., pp. 27, 29. BI Vy. 440-41, 446, 527-28, 730-49: tbid., pp. 23, 27, 37-38. 140 Vy. 461 sgg.: tbid., pp. 24-26. MLV. 434: tbid., p. 23.
12 Vy, 492-99, 651-53: thid., pp. 26, 33.
1B Vy. 436-37: tbid.,p. 23. [ogni cosa incredibileé la loro arte]. 44 Vy. 509, 577-78: ibid. , Pp. 26, 30.
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tentis — ac nostri»; affinché l’anima rientri nel cadavere, in-
troduce in esso attraverso nuove ferite un complesso filtro: Huc quicquid fetu genuit natura sinistro miscetur. Non spuma canum, quibus unda timorist viscera non lyncis, non durae nodus hyaenae defuit et cervi pastae serpente medullae, non puppim retinens euro tendente rudentis in mediis echenais aquis oculique draconum quaeque sonant feta tepefacta sub alite saxa; non Arabum volucer serpens innataque rubris aequoribus custos pretiosae vipera conchae aut viventis adhuc Libyci membrana cerastae aut cinis eoa positi phoenicis in ara. Quo postquam viles et habentis nomina pestis contulit, infando saturatas carmine frondis et, quibus os dirum nascentibus inspuit, herbas addidit et quicquid mundo dedit ipsa veneni™.
Ecco un elenco inventivo e sorprendente, se non lungo, quanto quello frusto-grottesco di Régnier (1v, 7); e incomparabilmente di pit dei due brevissimi elenchi magici ottocenteschi di Mérimée (11, 13). E adeguato a esemplificare la topica ricchezza degli elenchi magici, quali fiorirono da un ‘antichita certo ben pit remota di quella di Lucano fino a un po’ pia d’un secolo prima della nostra svolta storica, con un valore come ho detto non solo storico di prototipo o archetipo. Formalmente, é quasi tutto al negativo com’era in parte l’elenco frusto-grottesco di Marziale (Iv, 4): «non manco...
non... non...»; e obbedirebbe all’ordine: x/a, b, c.../x (11, 13),
se fra la prima elencazione analitica e P'ultima designazione sintetica non lo complicasse un’ulteriore alternanza di espressioni sintetiche e analitiche. Si stende comunque fra due guicquid — «tutto cid che...» —, di cui quello iniziale 45 Vy. 637-51: ibid., pp. 32-33. [lugubre confine fra il mondo nascosto | e il nostro]. M46 Vy. 670-84: ibid., pp. 34-3 5- [Qui tutto cid che la natura ha generato in un sini-
stro parto |si mescola. Non manco la bava dei cani che temono I acqua, |non le viscere della lince, non la spina rigida della iena | e il midollo del cervo che si é nutrito di serpente, |non la rémora che in mezzo al mare trattiene la poppa |benché il vento di sud-est tenda le gomene, e gli occhi dei draghi, |e i sassi che intiepiditi suonano sotto Paquila che ha deposto le uova; |non il serpente volante degli Arabi e la vipera nata | nel Mar Rosso custode di conchiglie preziose, |0 la pelle d’un ceraste di Libia ancora vivo |o la cenere della fenice deposta sull’orientale altare. |Dopo aver mescolato le cose pestifere piti vili |e le rinomate, vi aggiunse fronde impregnate d’un empio car-
me, |ed erbe su cui sputo al loro nascere la sua orribile bocca |e tutto cid che al mondo lei stessa dond di veleni].
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comprende cose sinistramente partorite dalla natura, e quello finale cose velenose escogitate dalla strega stessa. Nei termini della maggiore biforcazione dell’albero semantico, é indiscutibile che nell’effetto immaginario di tali cose sia prevalente un’incidenza sul tempo attuale, cioé sull’imminente futuro: l’aspettazione della profezia da estorcere al cadavere. Negli stessi termini, il contrario — costituito dalla percezione d’un decorso di tempo nell’effetto delle cose — non é secondario bensi manca. Ci accorgiamo che i poli di questa opposizione sembrano quasi coincidere, provvisoriamente, coi poli di un’altra: fra natura e cultura. Nel primo esempio della nuova meta dell’albero, cose segnate da un decorso di tempo e cose manufatte risultano simultaneamente assenti, cose in-
cidenti sull’attualita e cose naturali le sole presenti. Gia nel precedente resoconto delle attivita profanatorie di Ericto in luoghi funebri, tra sadiche e necrofile, in proporzione alla corporeita cadaverica i manufatti erano poca cosa: brandelli di letto sepolcrale, vesti disfacentisi, corda d’impiccati, chiodi di crocifissi'’’. Nell’elenco citato, fogliami ed erbe sono naturali seppure impregnati dall’empio carme e
dalla saliva di lei, e cosi i veleni rientranti nel guicquad finale seppure da lei scelti o dosati. E sono naturali, di natura animale tutti e undici, gli ingredienti in cui si articola il guicquid iniziale: sia che si tratti di animali rari 0 esotici, o addirittura
mitici come la rémora, il drago, il serpente volante e la fenice; sia che dei loro corpi debba entrare nella miscela il tutto o una parte; sia che la parte esiga morto |’animale, 0 lo lasci vivo come la pelle mutata di ceraste, e che appaia possibile da procurarsi e da conservare, o poco verosimile come la bava di cane idrofobo. Ingredienti naturali ma strani— quasi che le connotazioni di stranezza subentrino in qualche modo alla desuetudine altrove impressa dal tempo. Eppure non dipende principalmente da tali connotazioni il diritto di parlare anche qui, malgrado il carattere strumentale dell’elenco, di oggetti desueti; nemmeno dipende dal ripensamento inequivocabilmente letterario di questa magia da parte del poeta, e meno ancora dall’incredulita mia o del lettore verso ogni magia. A stretto rigore, dipende soltanto dal processo di defunzionalizzazione e rifunzionalizzazione comune a tutte le no47 Vy. 529-69: tbid., pp. 27-29.
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stre categorie semipositive. Cid che un simile processo pretende di riscattare nel caso specifico, a scopo maledetto ma non invano, é l’inservibilita repulsiva di corporeita animali morte; talvolta, la loro eccentrica o favolosa irreperibilita.
Il fatto poi che lo scopo delle cose strumentalizzate, che la loro incidenza attuale sia di ordine soprannaturale, trascende ampiamente l’irrealta di taluni animali o delle singolarita loro attribuite. Il soprannaturale occasionale dei mezzi, cioé,
non va confuso con quello istituzionale dello scopo; ma é a proposito di un’altra parola che si é resa ancora pit importante una distinzione. La parola natura é venuta a partecipare di due opposizioni diverse ed eterogenee, da una parte con la cultura e i suoi manufatti, dall’altra appunto col soprannaturale. Entrambe le opposizioni meritano di entrare nell’albero semantico; e il nostro criterio economico le vor-
rebbe comunque gerarchizzate (Iv, 5). Stavolta perd non dev essere una scelta strategica a gerarchizzarle, perché é visibile che non stanno logicamente alla pari. Si pud identificare semplicemente con un insieme di leggi, spazio-temporali ecc., quel concetto di natura che si contrappone al soprannaturale: il quale infatti non consiste che in eccezioni immaginarie alle stesse leggi, eventualmente rinvianti a entita poste al di sopra di esse. Questo concetto di natura é pid comprensivo di quello che contrappone natura a cultura, a loro volta semplicemente e rispettivamente identificabili con dati di realta non dovuti o dovuti a intervento umano. All’insieme di leggi del primo concetto é naturalmente sottomesso anche tutto cid che chiamiamo cultura: la quale dunque, in senso corrispondente a quel concetto, rientra nella natura anch’essa. Nell’albero l’opposizione fra natura e cultura non pud che prendere posto pid in basso di quella fra soprannaturale e natura, o meglio fra ordine soprannaturale e ordine naturale. Ma dal lato dell’ordine naturale l’interesse dell’ opposizione sottoposta € ovvio; mentre in una prospettiva sopranna-
turale la differenza fra prodotti di natura e manufatti umani, fra natura grezza o elaborata — che la prima sia dominante come in Lucano 0 no -, non conta quasi. Non é abbastanza caratterizzante per indurci a dividere certe immagini in due categorie — proprio come non lo era stata, dal lato destro dellaltra meta dell’albero, la pertinenza delle determinazioni
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temporali e circostanziali (1v, 14). Ci costa poco anche qui
applicare il criterio economico ed evitare la ripetizione, neutralizzando l’opposizione superflua. Una nuova porzione di albero semantico si é cosi definita e pud essere a sua volta resa visibile: NEL CUI EFFETTO IMMAGINARIO
E PREVALENTE UN ’INCIDENZA SUL TEMPO ATTUALE
CHE HA LUOGO IN UN ORDINE SOPRANNATURALE
(SIA ESSA GREZZA
CHE HA LUOGO IN UN ORDINE NATURALE,
GREZZA
ELABORATA
O ELABORATA),
Legano con incidenza le proposizioni relative dell’opposizione sovrastante, che ha luogo in... Mentre i due aggettivi che s impongono, nell’opposizione sottoposta, sono grammati-
calmente accordati col femminile del minimo comun denominatore: sottinteso al livello supremo. 22. Autore e lettore, nel libro VI di Lucano, ne sanno appena di pit di quel tanto che apprende 0 a cui assiste il personaggio di Sesto Pompeo. I] racconto é condotto da un punto di vista, in senso narratologico, ignaro: da quello del profano, se la magia é una scienza o un’arte. Tuttavia per la nostra astrazione di analisi, tematica e non narratologica, la preminenza nel racconto d’un personaggio come Ericto conta pid del punto di vista. Si presume che la maga sappia bene cid che pud e ci6 che fa; guai — letterariamente — a quel soprannaturale delle cui motivazioni il lettore fosse informato quanto lo é una maga... A parita di soprannaturale invece, ma in mancanza d’un protagonista il quale agisca su di esso e in presenza d’un protagonista il quale possa solo subirlo, non resta se non che il lettore ne sappia altrettanto, ossia altrettanto poco. Passiamo dalla categoria semipositiva alla negativa corrispondente, attingendo esempi da quello che fu nel 1794 il maggior successo del romanzo gotico o nero: The Mysteries of Udolpho™, di Ann Radcliffe (1764-1823). In esso venne consacrata la duratura lessicalizzazione del vecchio 48 [I misteri di Udolfo).
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castello.come sfondo spettrale. Il che equivale a dire che nell’effetto di certe immagini sentiremo prevalere, anche in citazioni frammentarie, un’incidenza attuale ossia un’aspettazione di soprannaturale; e insieme ritroveremo, su manufatti che sono enormi edifici, i segni d’un decorso di tempo: facoltativi ma non esclusi, negli esempi della nuova meta dell’albero (rv, 20). Antichita e consunzione— oltre che abbandono
e isolamento— possono spargere un’esalazione di morte intorno alle cose, svegliare la paura, promuovere la credulita. E un tale sinistro favore degli ambienti a giustificare g)’indugi descrittivi sugliinterni: fra ipid precoci della letteratura europea, cosi relativamente parchi e sintetici come sono. I romanzi della Radcliffe ne hanno tanto pit bisogno in quanto, dopo suspense protratta per centinaia di pagine, i misteri vi finiscono razionalizzati—a differenza che in altri autori del gotico. I tre seguenti passi, nel testo, sono molto distanti fra loro: .. she was not less surprised on observing the half-furnished and forlorn appearance of the apartments she passed in the way to her chamber, whither she went through long suites of noble rooms, that seemed, from their desolate aspect, to have been inoccupied for many years. On the walls of some were the faded remains of tapestry; from others, painted in fresco, the damps had almost withdrawn both colour and design. At length she reached her own chamber, spacious, desolate, and lofty, like the rest..." It opened into a suite of spacious and ancient apartments, some of which were hung with tapestry, and others wainscoted with cedar and black larchwood. What furniture there was, seemed to be almost as old as the rooms, and retained an appearance of grandeur, though covered with dust, and dropping to pieces with damp and with age ™. .. She entered upon a long suite of chambers, whose walls were either hung with tapestry or wainscoted with cedar, the furniture of which 49 Parte I, cap. xv: A. Radcliffe, The Mysteries of Udolpho, Everyman’s Library, London-—New York 1965, t. I, p. 182. [... non fu meno sorpresa nell’osservare|’aspetto solo a meta arredato ¢ abbandonato degli appartamenti da cui passo in cammino verso la sua camera, dove arrivo attraverso lunghe serie di nobili stanze che, dalla loro
apparenza desolata, non sembravano essere state occupate per molti anni. Sui muti di alcunec’erano i resti scoloriti ditappezzerie; da altre, dipinte a fresco, l’umidita aveva fatto scomparire e colore e disegno. Alla lunga raggiunse la sua camera stessa, spaziosa, desolata e alta come le altre...] 6° Parte I, cap. xvi: tbid., p. 236. [Si apriva su una serie di spaziosi e antichi appartamenti, alcuni dei quali erano rivestiti da tappezzerie, e altri in legno di cedro e larice nero. Quel che c’era di mobilio sembrava vecchio quasi quanto le stanze, e conservava un’apparenza di grandiosita, benché coperto di polvere e cadente a pezzi per umidita ed eta].
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looked almost as ancient as the rooms themselves; the spacious fireplaces, where no mark of social cheer remained, presented an image of cold desolation; and the whole suite had so much the air of neglect and desertion, that it seemed as if the venerable persons whose portraits hung upon the walls had been the last to inhabit them ™.
Nella prima citazione non si descrive che il palazzo posseduto da Montoni sul Canal Grande: luogo di sosta dove niente d’inquietante si annuncia, se non le difficolta economiche del fosco italiano”. Eppure la descrizione é simile alle altre due, che riguardano l’una il castello stesso di Udolfo negli Appennini e l’altra Chateau-le-Blanc in Linguadoca, teatri di persistente terrore. Venezia é la prima tappa d’un viaggio verso meridione: é noto che tale direzione geografica, in una prospettiva settentrionale protestante, é anche una direzione simbolica culturalmente regressiva — e qui altri autori del gotico non si differenziano dalla Radcliffe. Le cause economiche del deterioramento valgono del resto per tutte e tre le dimore. Montoni é proprietario anche di Udolfo, dove viene accolto con un notiziario di torri, tetti e mura crollate;
Chateau-le-Blanc, fra un proprietario e l’altro, é stato lasciato a decadere per anni”. Come il soprannaturale terrifico socchiude una dimensione d’irrealta ai margini del reale, cosila categoria d’immagini che mi preparo a definire s’insinua parassitariamente al di sopra di altre categorie ancorate nel reale. Non era questo il caso, fra gli esempi del secondo capitolo, del vascello fantasma di Poe (11, 15); ma avevamo visto il cosiddetto fantastico accreditarsi mediante il logoro-realistico sia in Puskin che in Stevenson (11, 9, 14), e nel primo caso
accompagnarsi al venerando-regressivo. Anche adesso potremmo parlare di logoro-realistico, per lo scapito di decoro sociale. O d’un venerando-regressivo rifiutato: specialmente se confrontiamo le citazioni con quelle che ho tratte da Ossian (IV, 10).
Il romanzo gotico coincide col venerando-regressivo nella
D1 Parte I, cap. xxxvi: bid.,t. IL, p. 150. [... penetrd in una lunga serie di camere, i cui muri erano rivestiti o di tappezzerie o in legno di cedro, il cui mobilio appariva antico quasi come le camere stesse; gli spaziosi focolari, dove non restava segno di festosita conviviale, presentavano un’immagine di fredda desolazione; e tutte le camere spiravano tale trascuratezza e abbandono, che era come se le venerabili persone i cui ritratti pendevano ai muri fossero state le ultime ad abitarle]. 62 Thid., t. I, p. 194, e cfr. p. 180. D3) [hid pi233, et) Ij 'p. 136.
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predilezione per antiche costruzioni feudali 0 ecclesiastiche. Non fosse che l’esemplarita viene qui a mancare, alle sedi dei due «stati» privilegiati dell’ Ancien Régime francese (Iv, m1): le guardiamo con un estraniamento, a dir poco, da lettori del Terzo Stato. E cid, sebbene sia nobile la protagonista Emily
(il fatto che apparteneva alla borghesia inglese l’autrice non sarebbe di per sé decisivo). E significativo che laggettivo spacious ricorra in tutte e tre le citazioni; che /ofty, col suo senso verticalmente analogo, torni nella prima e in una descrizione simile non citata (con approdo al monitorio-solenne)”. La vastita di spazi che si permetteva la vecchia classe dominante é ancora connotata di maesta ma gia sentita come
eccesso antifunzionale, come spreco ostentatorio e solitudine dispersiva, come costume opposto agli ideali di concentrazione familiare della classe nuova. Nell’episodio in cui Emily si avventura nei penetrali del castello, e perviene fino a una camera di tortura”, non mancano immagini di escrescenze vegetali e di umidita malsana: anche la nuova categoria negativa si contamina con quella, tante volte incrociata, dell’invasione naturale (rv, 10, 13, 14, 17). Ma sotto il segno del soprannaturale preromantico, territori di cultura e di natura si compenetrano, si assimilano, si neutralizzano in altro
modo pit sconcertante. Dentro le abitazioni inabitabili, lo spazio é disseminato di falsi segnali, sorprese e pericoli non meno d’una foresta o d’un deserto: deserto umano disumanizzato, pia moderno di quello delle tombe e dei campi di Lucano.
L’antifunzionalita del vasto e del vuoto tende quasi a eliminare la corporeita di veri e propri oggetti, e a fare dello spazio loggetto stesso delle immagini di questa categoria. Poco importa che ipassaggi segreti di Udolfo vengano spiegati storicamente, quali precauzioni medievali di guerra” nel labirinto iperbolico del castello Emily e la fedele Annette sono in rischio perpetuo di perdersi, come apprendiamo dal loro dialogo la sera stessa dell’arrivo. Annette, meno illuminata di Emily, riporta come diceria altrui che «these dismal galleries and halls are fit for nothing but ghosts to live in». E, Dselbids te Usp. 145: > Tbid., pp. 12-18. b6 Tbid., p. 128. Cfr. M. Bloch, La societa feudale, Einaudi, Torino 1987, p. 342.
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immediatamente dopo la seconda delle citazioni precedenti: «“How cold these rooms are, ma’amselle!” said Annette:
“nobody has lived in them for many, many years, they say. Do let us go” »”. Una volta awviati i sospetti d’orrore criminale quand’anche non fantomatico, la pura menzione di svolte e porte numerose basta a suggerire ampi e mobili sfondi; non senza magari un lamento di provenienza incerta, ma senz’altra consistenza d’immagini™. E che l’orrore sia criminale o fantomatico fa poca differenza, entro un’apprensione d’ignoto che risale verso l’assolutezza dello spavento infantile”. Emily ha un bell’essere ragionevole e coraggiosa; il romanzo gotico eredita da una narrativa antecedente sesso ed eta della giovinetta perseguitata, ma ne fa attributi d’una passivita per eccellenza: d’una aspettazione del soprannaturale involontaria ed ignara. Il contrario di quella che si da come attiva, volontaria e sciente. E individuabile nella contrarieta fra aspettazione attiva © passiva cid che occorre alla prosecuzione dell’albero semantico, l’opposizione terminale pit adatta a completare le definizioni delle nuove categorie: CHE HA LUOGO IN UN ORDINE SOPRANNATURALE
(SIA ESSA GREZZA O ELABORATA),
E PRESENTATA CON ASPETTAZIONE ATTIVA
E PRESENTATA CON ASPETTAZIONE PASSIVA
+
P=}
IL MAGICO SUPERSTIZIOSO
IL SINISTRO TERRIFICO
Gli elementi dell’ opposizione terminale sono accordati sempre al femminile con |’elemento supremo, come quelli delPopposizione penultima neutralizzata, ea differenza dal solo 157 Radcliffe, The Mysteries, t. I cit., pp. 234-36. [queste lugubri gallerie e camere
non sono adatte a viverci che per fantasmi]. [« Come sono fredde queste stanze, signorina! — disse Annette, — nessuno c’é vissuto per tanti, tanti.anni, dicono. Andiamocene»].
68 Tbid., p. 262. b? Tbid., p. 314.
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elemento che riporto dell’opposizione sovrastante. Nel nome che assegno alla categoria semipositiva, il secondo aggettivo non restera vagamente ripetitivo rispetto al primo, come
puo sembrare: si rivelera piuttosto alternativo ad esso — sia pur tenendo conto d’un gruppo di testi, pid che esiguo, virtuale. Nel nome della categoria negativa, si stabilisce fra i due aggettivi una gradazione crescente. La maggioranza delle immagini é intonata al termine meno intenso: nel quale laltro resta come incombente.
23. Volendo documentare anche nella nuova meta dell’albero ciascuna categoria con quattro esempi, consideriamone altri per il magico-superstizioso. Uno é di sicuro l’elenco pit celebre, nella letteratura occidentale, di elementi d’una miscela nefanda: quello che nel Macbeth di William Shakespeare (1564-1616), databile al 1606, recitano le tre streghe. Resta incerto nella tragedia se costoro siano creature umane familiari col soprannaturale al punto da volare e da svanire nell’aria, o soprannaturali esse stesse. Come la Ericto di Lucano, s’incontrano in luoghi di natura deserta, brughiera
o caverna; ma meno formidabili di Ericto, appaiono pit animalesche e grottesche. Nella prima scena, ben prima che Macbeth le ingiurii come «sporche streghe»™, godono di librarsi « attraverso la nebbia el’aria sporca». Lo dicono in rima col verso che é da solo una poetica, che farebbe da epigrafe a pit d’una categoria d’immagini in questo libro, e che identifica il bello non tanto col brutto quanto col sudicio 0
fetido: «Fair is foul, and foul is fair»"’. Nella nenia magica del quarto atto, una punta fra truee e fiabesca d’ironia é cid che d’imprevedibile si permette la sovrana inventiva di Shakespeare, grazie a quella poetica. C’é contrasto fra senso e metro, fra il soprannumero di parole orride e il ritmo puerile da filastrocca, ninnananna o litania: FIRST WITCH
Round about the cauldron go; In the poison’d entrails throw. Toad, that under cold stone Days and nights hast thirty-one 60 Cfr. inparticolare ivv. 39-43 dell’attoI, sc. m1, in W. Shakespeare, Tragedies, Oxford 1912, p. 558.
‘6! Tbid., p. 597.
He Ibid, Pp. 555-
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Swelter’d venom sleeping got, Boil thou first i’ the charmed pot. Double, double toil and trouble;
Fire burn and cauldron bubble. SECOND WITCH Fillet of a fenny snake, In the cauldron boil and bake;
Eye of newt, and toe of frog, Wool of bat, and tongue of dog, Adder’s fork, and blind-worm’s sting, Lizard’s leg, and howlet’s wing, For a charm of powerful trouble, Like a hell-broth boil and bubble. ALL
Double, double... etc.
THIRD WITCH Scale of dragon, tooth of wolf, Witches’ mummy, maw and gulf Of the ravin’d salt-sea shark, Root of hemlock digg’d i’ the dark, Liver of blaspheming Jew, Gall of goat, and slips of yew Sliver’d in the moon’s eclipse, Nose of Turk, and Tartar’s lips, Finger of birth-strangled babe Ditch-deliver’d by a drab, Make the gruel thick and slab: Add thereto a tiger’s chaudron, For the ingredients of our cauldron.
ALL Double, double... etc.
SECOND WITCH Cool it with a baboon’s blood, Then the charm is firm and good. ' Atto IV, sc. 1: tbid., pp. 593-94. [PRIMA STREGA: Giriamo intorno alla caldaia; |Nelle sue viscere avvelenate gettiamo. |Rospo che sotto fredda pietra |Hai per trentun giorni e notti |Trasudato veleno, sorpreso dormiente, |Bolli per primo nella pentola incantata.| TUTTE:
Raddoppia, raddoppia lavoro e travaglio; |Fuoco, bru-
cia e caldaia, gorgoglia. |sECONDA STREGA: _Filetto d’una biscia di palude, |Nella caldaia bolli e cuoci; |Occhio di ramarro e zampa di rana, |Pelo di pipistrello e lingua di cane, |Lingua forcuta di vipera e pungolo di verme cieco, |Gamba di lucertola ed ala di gufo, |Per un incantesimo potente nel danno, |Come broda infernale bollite e gorgogliate. |rurTE: Raddoppia, raddoppia... ecc. |TERZA STREGA: Scaglia di drago, dente di lupo, |Mummia di strega, mascella e ventre |Del vorace squalo di mare, |Radice di cicuta strappata al buio, |Fegato di Giudeo bestemmiatore, |Fiele di capra e schegge di tasso |Tagliate in eclissi di luna, |Naso di Turco e labbra di Tartaro, |Dito di neonato strangolato |Partorito in una fossa da una puttana, |Rendete la miscela densa e glutinosa: Gatasislcindel al tutto le viscere d’una tigre, |Per ingredienti
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Dopo l’ingresso di Macbeth, ela sua scelta di ascoltare un responso non per bocca delle streghe ma dei loro occulti « padroni», magia rende necessario un supplemento di pochi versi col ritorno allo stesso metro: Pour in sow’s blood, that hath eaten Her nine farrow; grease, that’s sweaten
From the murderer’s gibbet throw Into the flame™.
La forma dell’elenco, di monotona semplicita, combacia con quella strofica: la prima strega indugia su un solo elemento, le altre due ne enumerano nove e dodici in un nume-
ro crescente di versi, un ritornello a tre voci segue le tre strofe. Un ultimo elemento serve a concludere — e in seguito se ne aggiungono altri due. Designazioni sintetiche sono « broda infernale » in fondo alla seconda strofe, e «ingredienti» in fondo alla terza; ma a modo loro valgono a sintetizzare la miscela anche la caldaia citata all’inizio e nei ritornelli, che la contiene materialmente, e i ritornelli stessi che la suggellano verbalmente. Come in Lucano, all’aspettazione attuale ed attiva di profezia non fa riscontro nessun segno d’un decorso di tempo sugli oggetti, fra i quali non conta nessun manufatto. Sono oggetti debitamente de- e rifunzionalizzati perché constano tutti di corporeita animale e umana morta, o vegetale; la loro connotazione dominante di stranezza non é quella esotica della tigre, del babbuino o dei due popoli orientali nominati, e nemmeno quella irreale del drago o della «mummia» di strega come preparato cadaverico magico: il soprannaturale strumentale sta piuttosto nei soggetti, nelle streghe vive. Strana é innanzi tutto l’accozzaglia, pid che mai impraticabile e letterariamente pensata. Di certi oggetti vengono addotti, non come in Lucano predicati permanenti (che la rémora fermi le navi, che il cervo si nutra di serpenti ecc.),
bensi circostanze di provenienza pid simili a occasioni captate che a prescrizioni seguite: che il rospo sia stato sotto una pietra fredda per trentun giorni e sorpreso dormiente, che il neonato strangolato sia stato partorito in una fossa, e la cicuta strappata al buio e il tasso tagliato in eclissi di luna. della nostra caldaia. |rurre: Raddoppia, raddoppia... ecc. | SECONDA STREGA: Raffreddiamo col sangue d’un babbuino, |E Vincantesimo é sicuro e buono]. '4 Thid., p. 595. [Versiamo sangue di scrofa che ha mangiato | Isuoi nove porcel-
lini; grasso ch’é colato |Dalla forca dell’assassino, gettiamo |Nella fiamma].
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Ma la connotazione stessa dello strano cede a quella, pit propriamente antifunzionale, del nocivo. Se rana, cane, lucertola e capra sono animali inoffensivi (o solo simbolicamente connotati in senso mortuario o demoniaco), biscia, ra-
marro, pipistrello, verme cieco e gufo ripugnano come striscianti o notturni; il rospo trasuda leggendario veleno, e vipera, lupo, squalo, tigre, babbuino significano mortale aggressivita, cui si aggiunge quella della scrofa infanticida. Velenoso come la cicuta, il tasso era albero metonimico di archi da freccia fatti col suo legno. Si assimilano a bestie e piante i miscredenti giudeo, turco e tartaro, per razzismo religioso; e
la puttana che ha ucciso suo figlio come la scrofa, e in aggiunta l’assassino impiccato. Unicamente il rospo, nella pentola incantata, viene gettato intero. In tutti gli altri casi é presa la parte per il tutto, e pit volte per eccellenza una parte agegressiva: lingua forcuta, pungolo, dente, mascella e ventre, fiele,
viscere carnivore... Essenziali alla trama con le loro profezie che inducono al delitto, le streghe non sono riducibili nella loro selvaggia concretezza a fantasmi della mente di Macbeth. Pure appartengono, per elementare vocazione, al disordine della trasgressione morale; e ne proiettano la bestialita omicida in quella che chiamano «un’opera seiiza nome», non meno per !’antifunzionale dei mezzi che per il soprannaturale degli scopi. E adesso un esempio in cui l’aspettazione soprannaturale, a partire dalle cose, é agita da un personaggio di umanita tanto piena quanto tendono all’inumano le streghe di Shakespeare. Il personaggio da cui fini per prender titolo l’anonima Celestina, attribuita a Fernando de Rojas (14..-1541): intitolata Comedia e poi Tragicomedia de Calisto y Melibea™, rispettivamente nella prima edizione nota che é del 1499, e in quella che porto il numero degli atti da 16 a 21 nel 1502. La vecchia Celestina é qualificata come strega non appena se ne fa menzione””. Ma poco dopo la sua prima apparizione, nella interminabile e mirabolante presentazione di lei che fa il ragazzo Parmeno, questo suo mestiere risulta l’ultimo di tutta una serie di mestieri; anzi, il solo minimizzato: 16 Tbid., p. 594. 166 (Commedia, Tragicommedia di Calisto e Melibea).
167 FB. de Rojas, La Celestina, Catedra, Madrid 1991, p. 103.
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Tiene esta buena duefia al cabo de la ciudad, alla cerca de las tenerias,
en la cuesta del rio, una casa apartada, medio caida, poco compuesta y menos abastada. Ella tenia seis oficios, conviene [a] saber: labrandera, perfumera, maestra de hacer afeites y de hacer virgos, alcahueta y un poquito hechicera. Era el primer oficio cobertura de los otros...
L’aggettivazione della casa accenna al frusto-grottesco — il cui avvenire picaresco si annuncia meglio in altri momenti del testo: come quando Calisto, beandosi al racconto della mezzana, esclama che avrebbe voluto trovarsi nascosto sotto il manto di lei, e Celestina sospira che sarebbe stato visibile attraverso trenta buchi™. Dei sei mestieri, é innocente solo quello di copertura, e gli altri sono trasgressivi in ordine crescente. II loro piccolo elenco anticipa la pid esorbitante orgia di elenchi d’oggetti, anteriore alla svolta storica, che avrei da riportare in questo libro: non fosse che gli oggetti relativi ai mestieri di profumiera, e di maestra in far belletti e rifare verginita, devono considerarsi quasi soltanto funzionali a operazioni pratiche (1, 13). Se non figurano come tali senza residui, non é perché si tratta di operazioni profane o proibite. E per la copia ossessiva di nomi, la cui precisione specialistica non tarda a tingersi di strano e a sowvertirsi nell’inverosimile: una elaboratissima variante dell’effetto verbalmente defunzionalizzante degli elenchi (1, 1). Mi limito a citare l’elenco dei contenitori, preventivo e come di per sé sintetico: Tenia una camara llena de alambiques, de redomillas, de barrilejos, de barro, de vidrio, de alambre, de estafio, hechos de mil facciones ”.
Ma come le arti cosmetiche della vecchia trapassano in quelle ruffianesche, cosi inevitabilmente queste si contaminano con gli esercizi da fattucchiera, ipit condannati; e con oggetti ad essi idonei, gli ultimi elencati: tenia huesos de corazén de ciervo, lengua de vibora, cabezas de codornices, sesos de asno, tela de caballo, mantillo de nifio, haba morisca, 68 Atto I: ibid., p. m0. Modernizzo l’ortografia. [Ha questa buona donna, al limite della citta, li vicino alle concerie, alla riva del fiume, una casa isolata, mezza cadente, poco mobiliata-e ancora meno provvista. Faceva seimestieri, vale a dire: lavandaia,
profumiera, maestra in far belletti e rifare verginita, mezzana e un poco strega. Il primo mestiere era la copertura degli altri...] 16 Thid., p. 181; e cfr. (nei cinque atti aggiunti) passi relativi alla casa del bravaccio Centurio, p. 314, e all’abbigliamento del servo Sosia, pp. 318-19. % Atto I: zbid., p.m. [Aveva una camera piena di alambicchi, di matracci, di bariletti d’argilla, di vetro, di rame, di stagno, fatti in mille foggel].
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guija marina, soga de ahorcado, flor de yedra, spina de erizo, pie de tejon, granos de helecho; la piedra del nido del aguila, y otras mil cosas ™.
La formula di sintesi che chiude l’elenco prolungandolo, qui con numerale iperbolico come per le fogge dei contenitori, si era gia ripetuta per unguenti e liscivie; e si ripetera per magi-
ci spaventevoli figmenti'’. Perfettamente fuso nel contesto, Pelenco non manca percid di essere tributario d’una tradizione a noi nota. Ricorda proprio Lucano il nido d’aquila, se non anche la corda d’impiccato; la quale, nell’assenza di ogni segno d’un decorso di tempo, él’unico manufatto fra corporeita minerali, vegetali e animali— non escluse feci di bambino. Sappiamo che quell’assenza, e questa proporzione fra cultura e natura de- e rifunzionalizzata, sono caratteristiche del magico-superstizioso. Si riproducono due atti dopo, nel
passo che per la sua singolarita c’interessa di pit; e che ha una forma pit mossa di quella dell’elenco. Vi sono drammatizzate in dialogo e familiarizzate, se si potesse dire « quotidianizzate », immagini per lo pit altrove nel loro orrore remote. E la dimensione attiva d’un mestiere: Celestina da istruzioni a una delle sgualdrinelle da lei protette e sfruttate, perché le porti gid dalla soffitta tutto l’occorrente a uno scongiuro diabolico. Interrotta e redarguita dalla giovane, se ne schermisce con senile umilta. Pid d’una mezza dozzina di oggetti malefici vengono non elencati, bensi indicati in funzione operativa imminente, o in relazione a recenti
procacciamenti e lavorazioni: CELESTINA Pues sube presto al sobrado alto de la solana y baja aca el bote del aceite serpentino que hallards colgado del pedazo de la soga que traje del campo la otra noche cuando llovia y hacia escuro, y abre el arca de los lizos, y hacia la mano derecha hallards un papel scrito con sangre de murciélago debajo de aquel ala de drago a que sacamos ayer las ufias. Mira no derrames el agua de mayo que me trajieron a confacionar. ELICIA Madre, no esta donde dices; jamas te acordas a cosa que guardes. CELESTINA
No me castigues, por Dios, a mi vejez; no me maltrates,
Elicia. [...]. Entra en la camara de los ungiientos y en Ia pelleja del gato 1 Atto I: ibid., p. 12. [Aveva ossa di cuore di cervo, lingua di vipera, teste di quaglie, cervelli d’asino, membrana di cavallo, sterco di bambino, fava moresca, ciottoli
marini, corda d’impiccato, fiore di edera, spina di riccio, zampa di tasso, grani di felce, la pietra del nido dell’aquila, e altre mille cose]. "2 Tbid., pp. m1, 03.
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negro donde te mandé meter los ojos de la loba, le hallaras, y baja la sahgre del cabron, y unas poquitas de las barbas que tu le cortaste "”.
La compatibilita del familiare-quotidiano col macabro non sara meno straordinaria, nel passo in cui la vecchia esibisce a Parmeno ricordi della madre defunta di lui. Era una sua compagna di malavita, e la vanta e rimpiange con enfasi insieme interessata e affettuosa; fra l’altro, per il suo ardimento nell’andare a mezzanotte di cimitero in cimitero, « buscando
aparejos para nuestro oficio»: Una cosa te diré porque veas qué madre perdiste, aunque era para callar, pero contigo todo pasa. Siete dientes quité a un ahorcado con unas tenacicas de pelarcejas, mientra yo le descalcé los zapatos ".
Farei torto al mirabile pluralismo stilistico della tragicommedia se non aggiungessi che, subito dopo il dialogo citato con Elicia, il tono dello scongiuro di Celestina é retoricamente alto ed ornato: il pipistrello diventa « notturno uccello», la scrittura col suo sangue «vermiglie lettere»” Non sarebbe necessaria la solennita dello scongiuro, basterebbe la praticita del dialogo per assicurarci che nel supporto soprannaturale Celestina crede. Parmeno, nel presentarla, ha colto il vero a meta dicendo della sua magia: « E tutto era inganno e menzogna»™. Ci crede quotidianamente e familiarmente, e certo non esclusivamente. Durante e dopo il suo ufficio di mezzana presso Melibea, va imputando al diavolo scongiurato le fortune e sfortune dell’impresa"”; sa ™ Atto Il: zbid., pp. 146-47. L’agua de mayo é urr preparato afrodisiaco. [CELEsTINA: Ora sali presto aila soffitta alta sulla terrazza, e porta git il barattolo dell’olio serpentino che troverai attaccato al pezzo di corda che portai dal campo l’altra notte quando pioveva e faceva buio, e apri|’arca dei tessuti, e verso destra troverai una carta scritta con sangue di pipistrello sotto quell’ala di drago a cui strappammo ieri le unghie. Bada a non versare |’acqua di maggio che mi portarono da confezionare. ELIcia: Madre, non si trova dove dici; non ti ricordi mai delle cose che conservi. CELEstiNA: Non mortificarmi, in nome di Dio, per la mia vecchiaia; non maltrattarmi,
Elicia. [...]. Entra nella camera degli unguenti e nella pelle del gatto nero di mettere gli occhi della lupa, la troverai, e porta il sangue del becco, e barba che gli hai tagliato]. "4 Atto VIL: zbid., p. 196. [cercando materiali per il nostro mestiere]. dird perché tu veda che madre hai perduto, benché sarebbe da tacere,
dove ti dissi un po’ della [Una cosa ti perd con te
puo passare tutto. Sette denti strappo a un impiccato con pinzette da sopracciglia,
mentre ' % "7
io gli scalzavo gli stivali]. Ibid., pp. 147-48. Tbid., p. 113. Tbid., pp. 153-54, 162, 171.
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pero benissimo che l’autentica sede dell’azione del diavolo, ben pit del filato stregato che vende, é la sua propria infallibile, inarrestabile, irresistibile lingua. La trovata che la salva di fronte allo sdegno di Melibea é di sostituire al dolor d’amore di Calisto un presunto dolor di denti, e alla postulata grazia di vederlo e parlargli la grazia di trasmettergli un’orazione e un cordone taumaturgici. Cosi l’efficacia sperata e surrettizia del soprannaturale nero si scambia con quella ostentata e mentita del soprannaturale bianco: come se dal primo aggettivo del nome di magico-superstizioso si slittasse verso il secondo. II cordone di Melibea, « que es fama que ha tocado [todas] las reliquias que hay en Roma y Hierusalem»™, non ha consistenza d’immagine né é una reliquia esso stesso. Ma trae virta da quelle che dovrebbero essere alternative per eccellenza alle immagini magiche, entro la categoria (IV, 22): resti parziali di corporeita umana, veri 0 falsi, defunzionalizzati dalla morte e rifunzionalizzati dalla superstizione.
24. Nella sua forma lussureggiante e gareggiante coi modelli latini, il topos dell’elenco magico dovette declinare insieme al gusto barocco, mezzo secolo circa oltre la data del Macbeth. Shakespeare era coetaneo di Galilei, e alle stesse generazioni dei poeti di quel gusto appartengono Bacon e Descartes: la nuova scienza e tecnica avevano cominciato a
rendere sicure tutt’altre aspettazioni attive che quelle giocate sul soprannaturale. Dopo la meta del Settecento, e non solo col romanzo gotico, il soprannaturale in letteratura é gia materia di un «ritorno del superato»”. In quanto tale non anima pit immagini da magico-superstizioso, bensi da sinistroterrifico: senza l’intervallo di un secolo, parlerei di trasformazione fra le opposte categorie. Solo oscuramente come aspettazione passiva soprawvive il timore e la rivendicazione dell’ignoto, alle spalle di certezze laiche conquistate da poco. E ancora alla fioritura gotica, spesso come il miglior prodotto di essa, si é soliti ascrivere Melmoth the Wanderer™ di
Charles Robert Maturin (1780-1824): benché pubblicato nel 18 Atto IV: ibid., p.164. [che ha fama di aver toccato tutte le reliquie che ci sono a Roma e a Gerusalemme]. ™ Cfr. Orlando, Per una teoria freudiana cit., pp. 105-7; Illuminismo cit., pp. 15-17. 180 [Melmoth il viandante).
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1820. La costruzione del romanzo a racconti interpolati non racchiude che i vani tentativi del protagonista, lungo la sua bicentenaria vita, per scambiare nel patto col diavolo se stesso con un’altra vittima. L’ambientazione prevalente é meridional-regressiva, come nella Radcliffe: tutti i racconti trattano d’intolleranza e fanatismo confessionale, e in quattro su cinque é la Spagna cattolica a farne le spese. Nel quinto e in parte del primo é pero anche il settarismo protestante, e potenzialmente in definitiva la vocazione persecutoria di ogni religione rivelata. Come si fa esplicito nei discorsi di tentazione critica che Melmoth rivolge alla innocente Immalee: non risparmiando ingiustizie politiche, e attestando nel chiaro ricordo di Voltaire la filiazione illuministica del romanzo gotico.
Eppure l’autore, che si dissocia in nota dal personaggio ™, non era un deista ma un curato anglicano il cui senso del male ha autentico sapore teologico. Non era il primo a presentare, in questo genere letterario, mistero senza le razionalizzazioni finali della Radcliffe: ma forse ha prodotto il capolavoro del genere perché ha tanto piu degli altri, al tempo stesso, messo in questione e preso sul serio il problema religioso. La fascinazione letteraria d’un passato criminoso, ritorno del superato, qui non si distingue da un’ossessione insuperata e
attuale di peccato. L’ambivalenza va dall’incredulo all’incredibile in particolare intorno al tema della magia: non é un secondo esempio di sinistro-terrifico che ho scelto nel romanzo, malgrado la qualita dei molti che offre, bensi un quarto singolare esempio di magico-superstizioso. Le arti della fattucchiera popolare irlandese Biddy Brannigan, nelle primissime pagine, vengono screditate con disprezzo non esente da orrore’. Eppure poche pagine dopo spetta a costei trasmettere le notizie dei remoti fatti di magia da cui procede la trama, e a cui non si cessera di dover credere; notizie riprese solo verso la fine, dopo centinaia di pagine”. Fama di mago, frattanto, aveva avuto il priore del monastero nelle cui rovine Isidora é sposata a Melmoth dalla mano glaciale d’un prete '81 Ch. R. Maturin, Melmoth the Wanderer, University of Nebraska Press, Lincoln 1966, pp. 223-36; alla nota che si legge a p. 233 (cap. xvi), con le dovute precisazioni, sembra impossibile non applicare il concetto di negazione freudiana. 182 Ibid., pp. 7-8. '8 Thid., pp. 19-20, 379.
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morto™. Ancora prima, a meta del testo, il giovane Moncada [sic] sfuggito alla monacazione in un convento di ex-gesuiti e alla condanna dell’Inquisizione si addentra in un sotterraneo: di quelli soggiacenti ad abitazioni di ebrei in Madrid. Dalle fessure d’una porta lo attira una luce, e gli é dato guardare in un interno inatteso: In the centre of the room stood a table covered with black cloth; it supported an iron lamp of an antique and singular form, by whose light I had been directed, and was now enabled to descry furniture that appeared sufficiently extraordinary. There were, amid maps and globes, several instruments, of which my ignorance did not permit me then to know the use, — some, I have since learned, were anatomical; there was an electrifying machine, and a curious model of a rack in ivory; there were few books, but several scrolls of parchment, inscribed with large characters in red and ochre-coloured ink; and around the room were
placed four skeletons, not in cases, but in a kind of upright coffin, that gave their bony emptiness a kind of ghastly and imperative prominence, as if they were the real and rightful tenants of that singular apartment. Interspersed between them were the stuffed figures of animals I knew not then the names of, — an alligator, — some gigantic bones, which I took for those of Sampson, but which turned out to be fragments of those of the Mammoth, — and antlers, which in my terror I believed to be those of the devil, but afterwards learned to be those of an Elk. Then I saw figures smaller, but not less horrible, — human and brute abortions, in all their states of anomalous and deformed construction, not preserved in spirits, but standing in the ghastly nakedness of their white diminutive bones; these I conceived to be the attendant imps of some infernal ceremony, which the grand wizard, who now burst on my sight, was to preside over. 184 Thid., pp. 297, 300-2. 18 Cap. xm: ibid., pp. 201-2. [Al centro della camera c’era un tavolo copetto di panno nero; reggeva una lampada di ferro, la cui luce mi aveva guidato, e mi permetteva ora di discernere un arredamento di apparenza abbastanza straordinaria. C’erano, tra mappe e globi, parecchi strumenti dei quali la mia ignoranza non mi permise
allora di conoscere l’uso — alcuni, seppi in seguito, erano anatomici; c’era una macchina elettrificante, e un curioso modello di ruota in avorio; ’erano pochi libri, ma parecchi rotoli di pergamena, scritti a larghi caratteri con inchiostro rosso e ocra; e intorno alla camera erano situati quattro scheletri, non in casse, ma in una specie di bara verticale, che dava alla loro ossea inconsistenza una sorta di spettrale e imperioso risalto, come se fossero loro i veri ¢ legittimi proprietari di quel singolare appartamento. Sparse fra essi erano le figure impagliate d’animali di cui allora non sapevo i nomi —un alligatore — certe ossa gigantesche che presi per quelle di Sansone, ma che si rivelarono frammenti di quelle del mammut — e palchi di corna, che nel mio terrore cre-
detti fossero del diavolo, ma poi appresi che erano quelle di un alce. Poi vidi figure pit piccole, ma non meno orribili — aborti umani e bestiali, in tutte le loro configurazioni anomale e deformi, non preservati nello spirito, ma ritti nella spettrale nudita delle loro bianche minuscole ossa; m’immaginai che questi fossero i demonietti al servizio di qualche cerimonia infernale, cui il grande mago, che all’improvviso apparve alla mia vista, doveva presiedere].
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Questa catacomba in cui un ebreo ha trascorso sessanta dei suoi centosette anni ricorda, non certo per caso, la came-
ra di Faust. Ma Faust trascendeva una scienza inadeguata verso una simbolica magia; Adonijah, creduto un gran mago da Moncada ancora oltre la citazione, si professa un chirurgo clandestino circondato dai suoi « attrezzi ordinari». Li compara come orrori innocui a quelli sanguinari dell’ Inquisizione, e la sua patriarcale maesta e saggezza spiccano fra le contraddizioni della problematica religiosa del romanzo “. Eppure, in gioventu, aveva inclinato alla diabolica tentazione incarnata da Melmoth; ne era stato punito, e aveva fatto voto di registrarne le altrui vicende nel manoscritto dove — con Mongada — le leggeremo per tutto il resto del testo”. Se non é una figura dell’autore, ne personifica al nodo centrale |’artificio narrativo. Dei quattro scheletri in bare verticali, due sono di sua moglie e di suo figlio; degli altri due promette le storie, ma alla fine sapremo solo che erano ancora pit fosche di quelle narrate, trattandosi di vittime del tentatore che ambivano alla preveggenza del futuro. Nel passo citato, il sinistro-terrifico diffuso nel contesto narrativo sembra fare alone alla categoria opposta, a immagini la cui forma apparente é Pelenco magico. Singolare é che il personaggio narrante demistifichi pit volte tale apparenza gia entro le frasi che la creano, rettificando con brevi prolessi cid che crede in cid che é: strumenti d’uso ignorato ma in realta anatomici; ossa gigantesche non di Sansone ma di un mammut; palchi di corna non del diavolo ma di un’alce. Nel caso degli aborti si dice cid che sono prima ancora di dire che vengono creduti demonietti, al servizio d’una cerimonia infernale. La magia si razionalizza in scienza; la scienza prende a prestito il volto antiquato della magia. Di contro, non sarebbe pensabile che veri strumenti magici fossero elencati o descritti altrove nel romanzo, 1a dove si accreditano ellitticamente le corrispondenti aspettazioni attive. 25. Il secondo esempio di sinistro-terrifico apparira come dettato dalla storia letteraria europea, se passiamo dal romanzo gotico inglese al breve racconto che inauguré la ma186 Ibid., pp. 203-5. 87 Tbid., pp. 206-8. 188 Thid., pp. 205, 207, 406.
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niera fantastica di Ernst Theodor Amadeus Hoffmann (17761822). Il titolo, Rztter Gluck, previene le due ultime parole del testo e la loro sorpresa; il sottotitolo data la vicenda come contemporanea alla redazione: Eine Erinnerung aus dem Jahre 1809". Il grande operista (cavaliere d’un ordine papale) era morto nel 1787, aveva imposto la sua riforma a Vienna con libretti in italiano e a Parigi con libretti in francese, e non ne aveva mai musicato uno in tedesco. Nel 1809, in una pro-
spettiva romantica e nazionale, c’erano tutti i requisiti per as-
sumerlo a figura simbolica di genio incompresoin patria: pit in particolare a Berlino, ma altresi pid in generale da parte del pubblico profano — al quale egli avrebbe «svelato il sacro». Misteriosamente ne é punito da una sopravvivenza
tra i profani in incognito, e dal prolungato tormento dell’incomprensione per la sua arte — la cui colpa sembra ricadere dal pubblico sull’artista. L’originalita di Hoffmann si rivela nel tradurre la tematica del genio, della sua ispirazione e del suo destino in narrazione fantastica ben lontana da un simbolismo esplicito; ma ancora pit lontana da ogni spettralita tradizionale. Dei due termini del nome di sinistro-terrifico,
quanto alle immagini, qui pid che mai solo il primo é appropriato. Anziché nell’isolamento di un castello, ci troviamo a Berlino nell’animazione d’una bella serata autunnale; se il sopravvissuto si dice condannato a errare «come uno spirito
trapassato nello spazio deserto», la citta é per lui tale in quanto vuota di spiriti imparentati”. La vivacita realistica
delle prime righe prepara il suo contrappeso all’incredibile, storico-letterariamente per la prima volta, ma senza immagini che ci riguardino (quali in 11, 9 e 14). Dopo poche righe emerge l’io di un personaggio testimone: per dire di sé che in mezzo alla folla si lascia andare al gioco della sua fantasia, e conversa con immaginarie figure amichevoli che niente pud mettere in fuga. E il suggerimento anticipato d’una chiave simbolica, ma cosi discreto da dover restare subito dimenticato nella lettura. L’apparizione d’uno sconosciuto si da per sensibile, e l’aspettazione del personaggio che dice io é via 189 [J] cavaliere Gluck. Un ricordo dell’anno 1809). 190 ET. A. Hoffmann, Samtliche poetischen Werke, t. 1. Phantastestticke..., Tempel, Berlin-Darmstadt 1963, p. 23.
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via accentuata come passiva non da attributi o situazioni a lui propri, bensi dallo stesso continuo raccordo fra il soprannaturale e il normale; i cui modi possono far gia pensare pit a Kafka che al romanzo gotico. Nel momento in cui viene percepito, lo sconosciuto c’é gid: « Neben mir murmelt es: [...]. —Ich sehe auf und werde nun erst gewahr, dass, von mir unbemerkt, an demselben Tisch ein Mann Platz genommen hat...»’”. E quando viene perduto di vista, in un istante é «come sparito »”. Spie perturbanti di maggiore evidenza sono i suoi discorsi e comportamenti, ma soprattutto il segreto del suo abbigliamento: sotto un soprabito moderno, |’abito settecentesco e lo spadino, che nasconde avendoli lasciati vedere nell’atto di sedersi. Precede immediatamente la rivelazione finale un’ostentazione di questo costume™, sconcertante denunciatore d’un decorso di tempo benché non rechi, o perché non reca tracce di consunzione. Prima, perd, lo sconosciuto ha condotto il personaggio che dice io nella propria casa: .. bis er endlich vor einem unansehnlichen Hause stillstand. Ziemlich lange hatte er gepocht, als man endlich offnete. Im Finstern tappend, erreichten wir die Treppe und ein Zimmer im obern Stock, dessen Tir mein Fuhrer sorgfaltig verschloss. Ich hérte noch eine Tiire dffnen; bald darauf trat er mit einem angeztindeten Lichte hinein, und der Anblick des sonderbar ausstaffierten Zimmers tiberraschte mich nicht wenig. Altmodisch reich verzierte Stiihle, eine Wanduhr mit vergoldetem Gehause und ein breiter, schwerfalliger Spiegel gaben dem ganzen das diistere Ansehen verjahrter Pracht. In der Mitte stand ein kleines Klavier, auf demselben ein grosses Tintenfass von Porzellan, und daneben lagen einige Bogen rastriertes Papier. Ein scharferer Blick auf diese Vorrichtung zum Komponieren tiberzeugte mich jedoch, dass seit langer Zeit nichts geschrieben sein musste; denn ganz vergilbt war das Papier, und dickes Spinngewebe tberzog das Tintenfass ”. 1% Thid., pp. 17-18. [Accanto a me si mormora: [...].— Alzo gli occhi e mi accorgo solo ora, che, da me non notato, un uomo ha preso posto allo stesso tavolo...]
el bidsips 24: 4 Thid., pp. 18, 20, 27. > Tbid., p. 25. (... finché finalmente si fermé di fronte a una casa insignificante. Aveva bussato discretamente a lungo, quando finalmente venne aperto. Andando a tentoni nel buio, raggiungemmo la scala e una camera al piano superiore, di cui il mio conduttore chiuse accuratamente la porta. Sentii aprire ancora una porta; poco dopo entro con una candela accesa, e la vista della camera singolarmente addobbata mi sorprese non poco. Sedie riccamente adorne alla vecchia moda, un orologio con cassa dorata, e un ampio, pesante specchio davano all’insieme il tetro aspetto d’uno sfarzo antiquato. Nel mezzo c’era un piccolo clavicembalo, su di esso un grande calamaio di porcellana, e accanto si trovavano alcuni fogli di carta da musica. Uno sguardo pit attento a questi utensili per comporre mi persuase tuttavia che da lungo tempo niente
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Lesterno insignificante della casa é l'ultima dissimulazione del soprannaturale entro il normale; l’interno é invece sfondo adeguato alla scena in cui lo sconosciuto suona e canta musica di Gluck, leggendola su spartiti dai pentagrammi vacanti, e variandola genialmente. Proprio nell’indugio descrittivo su uno sfondo di oggetti desueti, la contraddizione fra verosimile e inverosimile tocca il punto di rottura o fa corto circuito. E certo inverosimile che un morto da ventidue anni conservi un appartamento in piena Berlino, quasi fuori dal tempo; pure, ha del verosimile che non solo la camera presenti «il tetro aspetto d’uno sfarzo antiquato», ma gli utensili per comporre manifestino l’eta e il disuso. Anche qui il sinistro-terrifico s’impone al di sopra di cid che potrebbe essere sia logoro-realistico sia venerando-regressivo, se contassero gli effetti del tempo anziché precisamente la sospensione di esso. La chiusa in tronco del resto, «Io sono il cavaliere Gluck», sospende lo stesso tempo narrativo: nellattimo in cui da risposta soprannaturale a una curiosita protratta, elude ogni curiosita ulteriore verso un racconto che il soprannaturale vieta di protrarre™.
26. Sara ancora la storia letteraria a dettare un esempio di sinistro-terrifico, se questo é il pit letto dei racconti di Henry James (1843-1916), The Turn of the Screw”. Apparve nel 1898: col secolo, si chiudeva un ciclo di generi letterari del soprannaturale, apertosi non molto prima dell’ inizio del secolo. Una prefazione posteriore ¢ lo stesso titolo attestano, da parte dell’autore, Pintenzione d’innovare rispetto a quanto il racconto di fantasmi aveva ormai di convenzionale”. Un «giro di vite» nel terrore é dato dal fatto che le apparizioni siano destinate a due bambini di dieci e otto anni; e che essi
non ne parlino con gli adulti, facendosi complici di quei morti che avevano cominciato in vita a corromperli. L’istitutrice appena ventenne che lotta per redimerli, e racconta in doveva essere stato scritto; poiché la carta era tutta ingiallita, e fitta ragnatela ricopriva il calamaio]. 6 Thid., p. 27. 7 (Il giro di vite).
198 H. James, Literary Criticism. French Writers. Other European Writers. The
Prefaces to the New York Edition, The Library of America, New York 1984, pp. m81-
89 (prefazione a: The Aspern Papers, The Turn of the Screw, The Liar, The Two Faces,
pp. 173-91); Id., The Turn of the Screw. The Aspern Papers and Other Stories, Collins, London — Glasgow 1956, p. 315, e cfr. p. 400).
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prima\persona, é una lontanissima variante della giovinetta perseguitata. Si é impegnata col tutore assente dei bambini a fronteggiare qualungue situazione da sola: cioé ad assumersi un peso maschile e paterno di responsabilita razionale. La passivita coatta riguardo alle apparizioni non le impedisce la pit attiva volonta di farle cessare, il cui eroismo non sta tanto
nella difficolta di sapere, quanto di farsi dire dai bambini cid che sanno. Non meno nuovo é che i fantasmi siano quelli d’una precedente istitutrice e d’un servo: il loro declassamento si compenetra con I’oscenita del mistero, in massimo contrasto col fascino angelicamente signorile dei bambini. Coevo delle scoperte di Freud, il racconto proietta nel soprannaturale un orrore vittoriano verso la sessualita infantile —la «disposizione perversa polimorfa» ”. Percié vera lettura freudiana qui non mi sembra quella che ha voluto dare il soprannaturale per illusorio, confinandolo in una soggettivita nevrotica™: rivendicando cosi ai bambini la pia aproblematica innocenza. Piuttosto, una lettura attenta alla formazione
di compromesso fra l’irrazionale supremo e la femminile razionalita cui tocca angosciosamente non solo ammetterlo ma
anche interpretarlo, contro la congiura del silenzio che lo vorrebbe invece negato e tollerato. Gli ambienti sono visti con l’estraneita fra lusingata e intimidita, anche qui, d’una differenza di classe; gia la casa del tutore in Londra aveva impressionato « come vasta e impo-
nente» listitutrice, venuta da una parrocchia di campagna™. AlPindomani del suo arrivo a Bly, si fa guidare nel giro della casa dalla piccola Flora: P Young as she was I was struck, throughout our little tour, with her confidence and courage, with the way, in empty chambers and dull corridors, on crooked staircases that made me pause, and even on the sum-
mit of an old machicolated square tower that made me dizzy, her morning music, her disposition to tell me so many more things than she asked, rang out and led me on. I have not seen Bly since the day I left it, and I dare say that to my present older and more informed eyes it would show a very reduced importance. But as my little conductress, with her hair of gold and her frock of blue, danced before me round corners and 1% S. Freud, Tre sage? sulla teoria sessuale, in Opere, Boringhieri, Torino 1970, t. IV (1900-1905), pp. 499-500.
© Punto di partenza della disputa famosa: E. Wilson, L’ambiguita di Henry James, in Il pensiero multiplo, Garzanti, Milano 1976, pp. 101-8, 137-39 (101-46). 20! James, The Turn of the Screw cit., p. 338.
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pattered down passages, I had the view of a castle of romance inhabited by a rosy sprite, such a place as would somehow, for diversion of the young idea, take all colour out of story-books and fairy tales. Wasn’t it just a story-book over which I had fallen a-doze and a-dream? No; it was a big, ugly, antique but convenient house, embodying a few features of a building still older, half-displaced and half-utilized, in which I had the fancy of our being almost as lost as a handful of passengers in a great drifting ship. Well, I was strangely at the helm! »”.
Dietro la sicurezza padronale della bambina si cela il primissimo indizio d’una intrepidezza meno spiegabile, nella vastita dell’edificio; vastita che, con la metafora della nave e del
timone, si traduce per la donna in senso di responsabilita. Ma solo secondo l’idealizzazione di lei ventenne si tratta del tradizionale castello. Ripensato da lei che scrive pit tardi, é un edificio poco importa se aristocratico 0 alto-borghese, a due strati di cui il pit recente utilizza o soppianta il pid antico; qui non c’é pit bisogno ormai di logoro-realistico, per appoggiare il sinistro-terrifico. Decorso di tempo scolora solo il manoscritto che conserva il racconto, «old faded ink», «the faded red cover of a
thin, old-fashioned, gilt-edged album»”’. E d’indugio descrittivo si pu parlare quasi solo per lo sfondo della prima apparizione; l’istitutrice stava fantasticando di rivedere l’uomo seducente e stravagante di cui ha accettato il servizio, quando ne scorge un altro di cui non sa che sia esistito, né dunque sa che é morto: He did stand there! — but high up, beyond the lawn and at the very top of the tower to which, on that first morning, little Flora had conducted 202 Cap. 1: sbid., p. 324. [Giovane com’era, fui colpita, durante il nostro piccolo giro, dalla sua sicurezza e coraggio, dal modo come — in camere vuote e tetri corridoi, su scale contorte che mi obbligavano a sostare, e perfino alla sommita d’una vecchia torre merlata e quadrata che mi dava le vertigini—1a sua musica mattutina, la sua tendenza a dirmi tante pit cose di quante ne chiedeva, risuonavano e mi conducevano innanzi. Non ho pit rivisto Bly dal giorno che ’ho lasciato, e oso dire che ai miei occhi di oggi, pid anziani e avvertiti, apparirebbe di un’entita assai ridotta. Ma mentre la mia piccola guida, coi suoi capelli d’oro e il suo vestito azzurro, danzava e sgambettava precedendomi intorno ad angoli e git per anditi, avevo la visione d’un castello romanzesco abitato da tn roseo folletto, un luogo tale da sembrare quasi uscito, per passatempo della fantasia giovanile, da libri di novelle e racconti di fate. Non era proprio su un libro di novelle che mi aveva sorpreso il sonno e il sogno? No; era una grande, brutta, antiquata ma comoda casa, che incorporava pochi elementi di un edificio ancora pit vecchio, a meta soppiantati e a meta utilizzati, nella quale fantasticavo che fossimo perduti quasi come un gruppetto di passeggeri in una grande nave alla deriva. Ebbene, stranamente io ero al timone].
20 Thid., pp. 316, 320. [vecchio inchiostro scolorito]. [la scolorita rossa copertina di un album esile, fuori moda, dai bordi dorati].
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me. This tower was one of a pair — square, incongruous, crenellated structures — that were distinguished, for some reason, though I could see little difference, as the new and the old. They flanked opposite ends of the house and were probably architectural absurdities, redeemed in a measure, indeed, by not being wholly disengaged nor of a height too pretentious, dating, in their ginger-bread antiquity, from a romantic revival that was already a respectable past. I admired them, had fancies about them, for we could all profit in a degree, especially when they loomed through the dusk, by the grandeur of their actual battleoeHtse.
Fra lapparizione e il suo sfondo c’é una relazione tematica contrastiva che non puo essere colta alla prima lettura. Apprendiamo in seguito che il fu Peter Quint€ apparso negli abiti usurpati del suo padrone; come da vivo aveva usurpato Vintimita della fu Miss Jessel, a lui superiore quale istitutrice, e la familiarita del piccolo Miles. Della degradazione sociale inorridisce, non meno che della depravazione sessuale, il sofferto moralismo visionario del racconto. Ora, é come se inve-
ce immagine edilizia legittimasse qualcosa di analogo: il periodico rinnovamento di classe ottocentesco, il ricambio di
patrimoni, possessi e privilegi. Benché l’antichita delle torri sia fasulla e la loro architettura un assurdo, le proporzioni le riscattano, l’imponenza le fa ammirare e guel passato da cui datano é gia rispettabile. Senza prestigi né fatiscenze immemoriali o medievali, la casa di Bly ha dimensioni sufficienti perché oggetto d’immagini si faccia lo stesso spazio: come a Udolfo, i cui misteri sono ricordati poco dopo Pultima citazione”. La terza unica citazione da aggiungere ha in comune la « vecchia» torre con le altre due: 3 There were empty rooms enough at Bly, and it was only a question of choosing the right one. The right one suddenly presented itself to me as the lower one — though high above the gardens — in the solid corner of 24 Cap. ut: zbid., pp. 330-31. [Egli era la! — ma in alto, al dila del prato e alla cima stessa della torre alla quale, quella prima mattina, la piccola Flora mi aveva condotta. Questa torre era in coppia con un’altra — costruzioni quadrate, incongrue, merlate — che, per una qualche ragione, venivano distinte, benché io ci vedessi poca differenza, come la nuova e la vecchia. Stavano a fianco di estremita opposte della casa ed erano probabilmente assurdi architettonici, riscattati alquanto, in verita, dal fatto di non es-
sere interamente staccati né di altezza troppo pretenziosa, e che risalivano, nella loro antichita di cartapesta, a un ritorno di moda romantica che era gia un rispettabile passato. Io le ammiravo, ci fantasticavo sopra, poiché piaceva a tutti in qualche misura, specialmente quando apparivano indistinte nella foschia, l’effettiva imponenza dei loro bastioni...] 2ONTbidisip: 332.
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the house that I have spoken of as the old tower. This was a large, square chamber, arranged with some state as a bedroom, the extravagant size of which made it so inconvenient that it had not for years, though kept by Mrs. Grose in exemplary order, been occupied. I had often admired it and I knew my way about in it; I had only, after just faltering at the first chill gloom of its disuse, to pass across it... .
E un caso che echeggino letteralmente le camere inoccupied for many years del primo passo citato della Radcliffe; non abbandono ma semplice disuso, per l’eccesso di ampiezza che é scomodo, rende scontato un gelo di paura notturna. Certo, se nel racconto non si leggessero passi come questi tre, lo spazio non sarebbe un oggetto d’immagini sottinteso dovunque altrove. Non pit che sottinteso, ma esattamente come lo é sempre una speciale aspettazione: «They’re seen only across, as it were, and beyond — in strange places and on high places, the top of towers, the roof of houses, the outside of
windows, the further edge of pools; but there’s a deep design on either side, to shorten the distance and overcome the ob-
stacle...»*”. Le distanze domestiche di quell’estremita di secolo a cui si aggiorna il genere letterario sfoggiano ancora spreco e solitudine, se su di esse si misurano le distanze fra bambini e morti, la lenta minaccia di un avvicinamento spettrale. Il rapporto fra il soprannaturale e i luoghi era originale in un romanzo dell’anno precedente (1897): ingiustamente, non fosse che per questo, ignorato dalle storie della letteratura inglese come successo di consumo. E Dracula di Bram Stoker (1847-1912), che ha la forma d’un montaggio di referti diaristici, epistolari, giornalistici, telegrafici, fonografici. Gia la modernita di tale forma sta in opposizione con la leggenda del vampiro e la sua estrema arcaicita non solo culturale, retrocedente alla fase orale dell’esperienza dell’individuo: al 206 Cap. x: ibid., p. 361. [C’erano camere vuote abbastanza a Bly, e si trattava solo di scegliere quella giusta. Mi parve all’improwviso che quella giusta fosse la pit bassa — benché alta al di sopra dei giardini — in quel massiccio angolo della casa di cui ho parlato come della vecchia torre. Era una camera larga, quadrata, arredata con una certa pompa come camera da letto, la cui stravagante ampiezza la rendeva cosi scomoda che per anni, benché tenuta esemplarmente in ordine da Mrs Grose, non era stata occupata. L’avevo spesso ammirata e ne sapevo la strada; dovevo soltanto, dopo avere appena vacillato al primo gelo del suo tetro disuso, attraversarla...] 207 Thid., p. 366. [Sono visibili solo attraverso, per cosi dire, e al di la — in luoghi strani e su luoghi alti, la cima di torri, il tetto di case, |’esterno di finestre, |’altro bordo di stagni; ma c’é un profondo intento da entrambe le parti, di abbreviare la distanza e sorpassare l’ostacolo...]
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desiderio e alla paura di succhiare o divorare e di essere succhiati o divorati — pid l’idea poco meno arcaica che i morti tornino, funesti per i vivi. Il conte Dracula si era reso glorioso ai tempi delle guerre contro i Turchi, e aveva trattato col Maligno, nella sua Transilvania. Paese, secondo la tradizione centrifuga dei luoghi del soprannaturale, pid fuori mano di Bly e anche di Udolfo: letteralmente inteso come «oltre la foresta», sul confine del mondo civile, e dato per pieno di stranezze geologiche e chimiche™. La ci trasporta il primo episodio, con l’arrivo dell’ospite e la sua graduale scoperta che un’unica persona appare e scompare nel castello cadente e vacante, e non é viva”. Ma l’ospite é un legale che il conte ha fatto venire da Londra perché gli renda conto d’un acquisto di proprieta: « da una tomba rovinosa in una terra dimenticata», solo per secoli, ha messo secoli a compiere il progetto di trasferirsi nella citta « dove la vita dell’uomo brulica»””. In lui, iNon-Morti personificano una sopravvivenza del passato la cui stessa abiezione si fa tendenza ad aggredire un presente progredito. Tardo apporto alloriginaria filiazione illuministica del gotico, il moto centripeto di lui va a infiltrarsi dove «it is nineteenth century up-to-date with a vengeance»: come l’ospite presagisce in Transilvania™. Il guaio per il vampiro é che partecipa anche in positivo dell’ambivalenza del referente cadaverico — «it is not the least of its terrors that this evil thing is rooted deep in all good»
-, e pud giacere soltanto in terra antica e consacrata””.
Da qui i pit bei paradossi: che debba far trasportare a Londra, insieme a se stesso, cinquanta casse di terra scavata nella
sua cappella sepolcrale e alla fine far tornare l’ultima indietro; che debba acquistare, per depositarvele, grandi case da lungo tempo abbandonate — cid che resta qua e 1a di spazio morto nella metropoli. Le due facce dell’ambivalenza, qualcosa come un logoro-realistico e un venerando-regressivo tradotti in sinistro-terrifico, si distinguono gia nel resoconto del legale e nella risposta del conte: 208 B. Stoker, Dracula, Oxford 1983, pp. 240-41, 319. 209 Tbid., pp. 14-53 (in particolare pp. 14-16, 19, 26, 34, 35, 46-48). 210 [bid., pp. 315, 319, 320-21, 340. I Tbid., p. 36. [é diciannovesimo secolo, aggiornato a oltranza]. 222 Thid., p. 241. [non é il minore dei suoi terrori che questa cosa malvagia sia profondamente radicata in tutto cid che c’é di buono].
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‘At Purfleet, ona by-road, Icame across just sucha place as seemed to be required, and where was displayed a dilapidated notice that the place was for sale. It is surrounded by a high wall, of ancient structure, built of heavy stones, and has not been repaired for a large number of years. The closed gates were of heavy old oak and iron, all eaten with rust. [...]. The house is very large and of all periods back, I should say, to mediaeval times, for one part is of stone immensely thick, with only a few windows high up and heavily barred with iron. It looks like part of a keep, and is close to an old chapel or church. [...].
When I had finished, he said: —
‘T am glad that it is old and big. I myself am of an old family, and to live in a new house would kill me. A house cannot be made habitable in a day; and, after all, how few days go to make up a century. I rejoice also that there is a chapel of old times. We Transylvanian nobles love not to think that our bones may be amongst the common dead. I seek not gaiety nor mirth....
Ogni nobilta andra perduta nelle successive case, 0 piuttosto tane — ben peggiori di quella dello Hyde di Stevenson (11, 14) —, in Carfax e in Piccadilly. Dalla descrizione della prima, dove da nausea l’odore di sangue e putredine e pullulano ratti, basti una frase: «The walls were fluffy and heavy with dust, and in the corners were masses of spiders’ webs, whereon the dust had gathered till they looked like old tattered rags as the weight had torn them partly down»”™; e a una nuova esplorazione l’ignobilita dell’ambiente passa per inadeguata, anziché propizia, al soprannaturale: «It was hard to believe that amongst so prosaic surroundings of neglect and dust and decay there was any 2B Cap. u: zbid., pp. 23-24. [A Purfleet, lungo una strada secondaria, mi sono imbattuto proprio nel tipo di posto che sembrava richiesto, e dov’era in mostra un ma-
landato avviso che il posto era in vendita. E circondato da un alto muro, d’antica costruzione, in pietre pesanti, e non viene restaurato da un gran numero d’anni. Le por-
te chiuse erano di pesante vecchia quercia e ferro, tutto mangiato dalla ruggine. [...]. La casa é assai vasta e risale, direi, ai tempi medievali, perché una parte é in pietra enormemente spessa, e ha solo poche finestre alte e con pesanti sbarre di ferro. Sembra parte di un torrione, ed é accanto a un’antica cappella o chiesa. [...]. Quando ebbi finito, lui disse: — Sono lieto che sia antica e grande. Io stesso sono di un’antica famiglia, e vivere in una casa nuova mi ucciderebbe. Una casa non pud esset resa abitabile in un giorno; e, dopo tutto, quanto pochi giorni compongono un secolo. Mi rallegro anche che ci sia una cappella dei tempi antichi. Noi nobili transilvani non amiamo pensare che le nostre ossa possano stare tra i morti comuni. Non cerco gaiezza né allegria...] 214 Tbid., p. 250 (pp. 249-53). [Sulle mura la polvere formava una pesante lanugine, e negli angoli si ammassavano tele di ragno, su cui la polvere si era raccolta fino a farle sembrare vecchi stracci a brandelli, lacerati e in parte piegati dal peso].
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ground for such fear... »””. La vecchia tomba di famiglia della ragazza vampirizzata, descritta a pochi giorni dalla sepoltura, ha un aspetto « miserabile e sordido », « inesprimibilmente meschino»”™. Dracula conta di passare inosservato nel traffico londinese; e la maggiore forza potrebbe venirgli dallo scetticismo di un’eta illuminata*’. Ma il pio scienziato a cui dalle sue vittime é delegata |’autorita, Van Helsing, ha tratti insieme di Sherlock Holmes e di Freud. Sono degne di quest’ ultimo dichiarazioni come la seguente: «I have learned not to think little of any one’s belief, no matter how strange it be». Ammettendo che tutto cid su cui pud fondarsi sono tradizioni e superstizioni’”, il professore le considera da positivista. Adopera il crocifisso, l’aglio, lostia™: il cui effetto sulle casse di
terra é espresso dal verbo «sterilizzare »”. Qui, come negli ageuati all’imbarco e ritorno dell’ultima cassa, metodo ed esecuzione dei piani avvicinano la suspense dell’orrore a quella poliziesca. Funzionano d’altra parte contro il vampiro ferrovia, stenografia, dattilografia, telegrafo, fonografo; allastuta ferocia di lui si oppone, facendo le veci dello Stato, una solenne coalizione privata nel bene. L’ottimismo vittoriano rilutta a quella trasmissione della malvagita con l’appetito cruento che rende profonda la leggenda, ed entrambe le donne morse al collo conservano moralita altruistica. « This London was no place for him», si dice verso la fine”; lettera-
riamente, invece, era unico luogo dove la macabra «lordura»’” potesse rinsanguarsi e aggiornarsi per tutto un roman-
zo. Col film di Murnau (1922) e l’analisi d’un sogno di Breton”, sotto il nome di Nosferatu, il personaggio avra una 2D Tbid., p. 297; e cfr. pp. 228, 264-65, 299-301. [Era arduo da credere che entro un cosi prosaico sfondo di incuria e polvere e sfacelo ci fosse fondamento per una simile paura...] 216 Tbid., pp. 196-97, 200. 217 Thid., pp. 292, 321. 218 Tbid., p. 186, e cfr. pp. 191-92 con sviluppi su Charcot e l’ipnotismo. [Ho imparato a non tenere in poco conto le credenze di nessuno, per quanto siano strane].
29 20 21 222 2%
Tbid., Thid., Thid., Thid., Tbid.,
p. 238. p. 164 (cfr. gia pp. 5, 28, 33); 130; 209-10. pp. 242, 274, 291-92, 298, 300-1. p. 313. [Questa Londra non era luogo per lui]. p. 241 («this foulness»).
224 Tes Vases communicants [I vasi comunicanti): Breton, Euvres completes, t. I
cit., pp. 120, 129-33 e figura a p. 121.
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fortuna espressionista e surrealista. In Stoker se c’é umorismo nero é involontario, per esempio col maneggio di danaro e affari da parte del conte («sarebbe stato un magnifico avvocato»)~”: nella sua casa disertata si trovano atti e titoli, come un lavabo con acqua sporca di sangue”. Mentre in Transilvania, dove tesori sepolti esalano fiammelle azzurre, non si trovava nella sua vuota camera che oro di almeno trecento anni”.
27. Torniamo all’albero semantico ora che sono definite e documentate, con quattro esempi per ciascuna, le prime due categorie della seconda meta di esso: nelle cui immagini, lincidenza sul tempo attuale ha luogo in un ordine soprannaturale. Dal lato dove si suppone invece che l’incidenza abbia luogo in un ordine naturale, l’opposizione a cui ci eravamo fermati é fra natura grezza o semplicemente natura, e natura elaborata o manufatti di cultura (Iv, 21). Strategicamente, per situare un oggetto rispetto a questa opposizione,
guarderemo al contesto fisico di natura o di cultura in cui é immerso o inserito: ben pit che all’origine in sé naturale o culturale dell’oggetto stesso. Metteremo manufatti dal lato della corporeita grezza per poco che siano sottratti all’ambito materiale di cultura che l’uomo controlla, riassorbiti in un
ambito di natura emergente e soverchiante se non addirittura vergine e selvaggia, e resi proprio da questo non-funzionali. Riflettiamo che se non facessimo cosi la non-funzionalita primaria, nelle due prossime categorie, non sarebbe strettamente mai da intendere all’identico modo che nelle precedenti; come spesso non sara da intendere all’identico modo,
nella categoria semipositiva, il recupero di funzionalita secondaria. Voglio dire che nell’una e nell’altra cid che si da come natura grezza puo darsi come tale da sempre, dunque essersi serbato privo di ogni funzione per l'uomo anziché averne perduta una. E, anche nella categoria semipositiva,
puo darsi come tale per sempre: non offrendo in immagine che la positivita d’un vagheggiamento del potenziale, anziché quella d’una ripresa attuale di funzione. Per il fatto di essere mentale e senza conseguenze — nella realta immaginaria 23 Stoker, Dracula cit., p. 31.
226 Thid., pp. 300-1. 227 Tbid., pp. 12-13, 21-22; 47.
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dei testi —, quest’ultimo modo di funzionalita immaginaria non si confonde con l’assenza di funzionalita e con la formazione di compromesso puramente letteraria, che caratterizzano le categorie negative (1, 5). Del resto il recupero positivo pud limitarsi al vagheggiamento del potenziale, senza un concreto rinvenimento o disseppellimento o ripescamento, quand’anche ci sia stata perdita magari catastrofica della funzionalita primaria: smarrimento, abbandono, occultamento, sotterramento, annega-
mento. L’Invincibile Armata era affondata nella Manica da quattro o cinque anni, e la guerra corsara inglese alle navi spagnole imperversava da pit di venti, se The Tragedy of King Richard the Third™ di Shakespeare é databile al 159293. Nel primo atto il duca di Clarence, in prigione per ordine di Edoardo IV suo fratello, vi é fatto assassinare per conto di un terzo fratello: il perfido Gloucester, che sara il successivo re quattrocentesco a cui la tragedia s’intitola. Prima dell’ingresso dei sicari, dai quali finira affogato in una botte di malvasia, Clarence racconta al luogotenente della Torre uno spaventoso sogno profetico. Mentre navigavano verso la
Francia, l’urto del corpo di Gloucester lo ha precipitato in mare; l’angoscia dell’acqua soffocante é poi trapassata nelPincubo d’un inferno le cui ombre vendicatrici davano voce ad altrettanti suoi rimorsi. Ma fra i due momenti, for-
mano un indugio di difficile qualificazione affettiva i seguenti verst: Methought I saw a thousand fearful wracks; A thousand men that fishes gnaw’d upon; Wedges of gold, great anchors, heaps of pearl, Inestimable stones, unvalu’d jewels, All scatter’d in the bottom of the sea. Some lay in dead men’s skulls; and in those holes Where eyes did once inhabit, there were crept, As ’twere in scorn of eyes, reflecting gems, That woo’d the slimy bottom of the deep, And mock’d the dead bones that lay scatter’d by. — Had you such leisure in the time of death To gaze upon these secrets of the deep? — Methought I had...””. 228 [La tragedia di re Riccardo II). Atto I, sc. 1v: W. Shakespeare, Histories and Poems, Oxford 1912, p. 762. [Mi
pareva di vedere mille terribili relitti; |Mille uomini ch’erano sbranati dai pesci; |Lin-
otti d’oro, grandi ancore, mucchi di perle, |Inestimabili pietre, gioielli senza prezzo, iraee sparpagliato sul fondo del mare. |Alcuni stavano nei teschi dei morti; ed in
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Non potrebbero annunciarsi in luce poetica pit surreale certe costanti d’un immaginario nazionale dei paesi di lingua inglese: marittimo, imperiale, avventuroso ed esotico (cfr. 11,
15). Nel loro contesto di angoscia e incubo i versi sono una prolungata sorpresa — sottolineata dalla domanda dell’interlocutore — e come un dono incidentale per il lettore. L’arbitrio delle immagini oniriche, che elude ogni verosimiglianza, alla fine della visione sottomarina motiva in particolare quelle audaci ed enigmatiche relazioni barocche da cui viene espresso in particolare a sua volta: che le gemme nei teschi abbiano preso il posto degli occhi «a scherno» di essi, che « corteggino » il fondo dell’abisso, che «deridano » l’ossame circostante. Mortificazione infima o trasfigurazione ultima del corpo umano, piu sopra sbranato dai pesci? Certo questi resti in cui é depositato il referente cadaverico si direbbero sublimati grazie alle cose, alla contiguita con tali e tanti minerali preziosi; e implicitamente purificati dal mare — come lo erano l’osso di seppia e lo scheletrino di granchio in Breton (11, 12). Percid pesano poco quali oggetti di natura, e tutti gli altri del breve elenco precedente risultano oggetti di cultura. Non solo le ancore, ma anche l’oro che é in lingotti, le perle che sono a mucchi, le pietre ¢ i gioielli che solo in quanto gia lavorati dall’uomo possono dirsi inestimabili o senza prezzo: solo d’un iperbolico numero di naufragi un simile insieme puo rappresentare il frutto perduto. Rispetto all’albero semantico, come ho detto, manufatti cosi situati ricadono dal lato della corporeita grezza. Varra la pena di premettere espressamente a quest’ultimo predicato, come elemento dell’albero, una distinzione: ancora 0 di nuovo grezza. Distinzione che non coincidera affatto con lopposizione terminale da stabilire fra la categoria semipositiva appena esemplificata e la negativa corrispondente, bensi s’incrocera con essa. In entrambe le categorie corporeita ancora
erezza vorra dire tale da sempre, intatta natura; e non é il caso della visione di Clarence. Ma sia quando é tale da sempre sia quando é stata riassorbita nella natura puo poi, come pure ho detto, apparire destinata nei testi a rimanerlo per semquei fori |Dove abitavano prima gli occhi, s’erano insinuate, |Come fosse a scherno
degli occhi, gemme specchianti, |Che corteggiavano il fondo fangoso dell’abisso, |E deridevano l’ossame sparso intorno. |— Aveste agio, al momento della morte, |Di
scrutare questi segreti dell’abisso? |— Mi pareva di si...]
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pre. E.cosié nei nostri versi, dove l’immensita dei tesori sommersi non gode assolutamente di altro recupero tranne quello che chiamavo vagheggiamento del potenziale: una contemplazione stupita e affascinata da parte del personaggio e con lui del lettore, nella cui ambiguita da sogno la dose di euforia é indubitabile non fosse che per contrasto col prima e il dopo. Non altra é l’incidenza attuale delle immagini, e non ha certo luogo in un ordine soprannaturale sebbene il sogno prosegua all’inferno. Quanto ai segni d’un decorso di tempo, qui piuttosto d’un momento traumatico del tempo quale il naufragio, latitano nella sola parola «terribili» attribuita ai relitti in generale: nessuno degli oggetti elencati al plurale si rivela deteriorato. I] mare che li ha inghiottiti li conserva come risorsa vana, a tal punto inaccessibili che la stessa fantasia non possa vederli se non con gli occhi di chi sta per morire. Non immemore dei versi del Richard III, il secondo esem-
pio della nuova categoria semipositiva é pit famoso di essi: sara prevedibile a questo punto per lettori di cultura letteraria inglese. Consiste in una quartina, con quelle immediatamente adiacenti, della Elegy Written in a Country Churchyard” composta fra il 1745 e il 1750 da Thomas Gray (171671). Ci riporta alle soglie della nostra svolta storica: a quella incubazione preromantica di meta Settecento, entro la quale avevo documentato con passi di Diderot e di Ossian la trasformazione del monitorio-solenne in venerando-regressivo (Iv, 7, 10). Fu da un complesso di temi come le notti, le rovine, le tombe che nella seconda parte del secolo si svilupparono in pit larga varieta d’immaginie si resero distinguibili, oltre al venerando-regressivo, almeno ilmemore-affettivo e il sinistro-terrifico. E sono i temi del bellissimo inizio dell’ elegia di Gray: con lo scendere della sera al posto della notte, e la variante modesta e familiare del paesaggio di campagna. Ma étroppo presto — se posso dire— perché si concretino immagini delle nostre categorie, salva l’eccezione assai sobria (3* quartina) della torre ammantata d’edera col suo gufo lamentoso™. La meditazione che il cimitero ispira sembra dapprima conformarsi, senza vere immagini relative, al sen20 [Elegia scritta in un cimitero di campagna). *1 Th. Gray, Poems Letters and Essays, Everyman’s Library, London — New York 1963, pp. 28-29.
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so religioso di caducita del monitorio-solenne: paesani e contadini devono morire come i grandi e i potenti, e invano questi ultimi insuperbiscono dei loro fasti funerari. Solo che i primi, essendo esclusi in vita da ogni gloria sia di potere che di genio, sia d’arte che di scienza, meritano d’essere compianti come se scomparissero nella morte a un livello pit umile, piu irrecuperabile, pit totale. Lo dicono le strofe da citare, succedendo non senza una
qualche ellissi alle precedenti; l’universalita da monitoriosolenne ne viene relativizzata e in parte smentita, nella deplorazione d’una differenza sociale dalle ingiustizie anche o soprattutto ipotetiche: Perhaps in this neglected spot is laid Some heart once pregnant with celestial fire; Hands, that the rod of empire might have sway’d, Or wak’d to extasy the living lyre. But knowledge to their eyes her ample page Rich with the spoils of time did ne’er unroll; Chill penury repress’d their noble rage, And froze the genial current of the soul. Full many a gem of purest ray serene The dark unfathom’d caves of ocean bear: Full many a flower is born to blush unseen, And waste its sweetness on the desert air. Some village Hampden, that, with dauntless breast,
The little tyrant of his fields withstood, Some mute inglorious Milton here may rest, Some Cromwell guiltless of his country’s blood ””.
Se nell’esempio precedente le immagini per noi pertinenti erano mediate dal sogno che le racchiudeva, qui le media e racchiude lo spazio d’una doppia metafora, in separata strofe. Pur facendo a meno di raccordi grammaticali, le corrispondenze comparative non violano i confini di razionalita 32 Tbid., p. 30. John Hampden fu un capo repubblicano nella rivoluzione inglese del Seicento. [Forse in questo luogo negletto giace |Qualche cuore pieno un tempo di fuoco celeste; |Mani, che avrebbero potuto impugnare la verga dell’impero, |O risvegliare all’estasi la vivente lira. ||Ma la conoscenza ai loro occhi la sua ampia pagina, |Ricca delle spoglie del tempo, mai dispiego; |Fredda penuria frend il loro nobile ardore, |E raggelo la geniale corrente dell’anima. ||Pit d’una gemma di purissimo raggio sereno |Le oscure insondate caverne dell’oceano nascondono: |Pit d’un fiore é nato per arrossire non visto, |E sprecare la sua dolcezza nell’aria deserta. ||Qualche Hampden di villaggio, che con indomito petto |Al piccolo tiranno dei suoi campi resistette, |Qualche muto inglorioso Milton potrebbe qui riposare, |Qualche Cromwell innocente del sangue del suo paese].
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d’un gusto ancora classico; e sono d’una perfetta precisione implicita. Sul piano del comparato umano, si danno potenzialita o abortite (« avrebbero potuto», « frend », «raggelo», «muto», «innocente») o circoscritte in ambito provinciale (un indomito « Hampden di villaggio»). Parallelamente, sul piano del comparante naturale, il raggio della gemma non ha esistenza se non ideale essendo le caverne dell’oceano «insondate» e «oscure»: mentre il profumo del fiore «non visto» si spreca effondendosi in un’aria « deserta». Solo gli spazi metaforico e onirico sembrano, in Gray come in Shakespeare, abbastanza immaginari da accogliere immagini di risorse inaccessibili per sempre. E per sempre sono morti anche i morti: nel testo é rintoccato per loro pit d’un «mai pid», zo more (quartine 5° e 6°). Le strofe seguenti a quelle citate insistono non tanto su cid che le loro silenziose vite furono quanto su cid che avrebbero potuto essere, nel bene e nel male. Ma il paragone é inoltre, a differenza che in Shakespeare, con risorse di natura da sempre ignorate: la cui contemplazione mentale é ancora pit improbabile e remota da una contemplazione effettiva, e percid pid nostalgica, pit euforica e patetica insieme. Se cera qualcosa di emotivamente indecifrabile nella visione abbagliata e vicina di Clarence, la lontananza di queste gemme e fiori invia un messaggio sentimentale non equivoco benché ambivalente. Restare inespressi o sconosciuti € triste, eppure dolce; la sorte marginale di chi giace in questo cimitero beneficia non solo di compassione e rimpianto, a suo postumo recupero, ma an-
che d’una malinconica invidia rinunciataria. Lasciamo sottintese, come fa il testo, le pur eloquenti implicazioni di classe sociale. E ’io individuale che verso la fine del testo si scoprira con effetto imprevisto, per fare proprio in morte un tale messaggio: designandosi come autore, e delegando a un anziano del luogo la futura rievocazione della sua stessa persona, aun passante solitario la lettura conclusiva del suo stessO epitaffio”. rt
28. Venendo a esempi della categoria negativa corrispondente, sappiamo che anche in essa avremo immagini d’una corporeita definibile come grezza o ancora 0 di nuovo. 33 Ibid., pp. 31-32.
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Chiameremo di nuovo grezzi manufatti in via d’assimilazione a una natura dal canto suo ancora grezza, o anzi inassimi-
labile da parte dell’uomo: oggetti stavolta non-funzionali, cloé non pit o sempre meno funzionali, senza nessun riscat-
to. Sta finalmente per ricevere un nome, col completamento della sua definizione, quella categoria che cosi spesso abbiamo intravisto non definita in contaminazione con altre. Ho parlato d’intrusione o invasione di vegetali o animali selvatici, in occasione di testi che esemplificavano rispettivamente: il venerando-regressivo (rv, 10), il logoro-realistico (1v, 13), il memore-affettivo (IV, 14) e il sinistro-terrifico (Iv, 22). A pro-
posito d’un esempio di desolato-sconnesso ho parlato di resistenze della natura alla cultura (Iv, 17). E ho accennato che quella categoria si contamind storicamente col monitorio-
solenne secoli prima che col venerando-regressivo, e per secoli (Iv, 10); nella stessa occasione ne ho rilevato una fugace contaminazione anche con un esempio di frusto-grottesco. Via via con quasi tutte le categorie gia definite, insomma. E con tutte e sei quelle della prima meta dell’albero: per quanto prevalga nelle immagini della categoria nuova l’incidenza sul tempo attuale, non ¢’é rivincita di natura su cultura che non renda percepibile un decorso di tempo, né percezione d’un decorso di tempo che non indichi una rivincita di natura su cultura. Nel secondo capitolo, la fogna di Victor Hugo aveva fornito addirittura un esempio puro della categoria in questione (11, m). Gli esempi tratti da tutta una parte d’un romanzo di Virginia Woolf, eccezionale per lunga pertinenza (tI, 10), erano invece i pi densamente impuri del capitolo: vi si contaminano — possiamo ora dire — sia soprattutto il monitoriosolenne, sia il logoro-realistico e il desolato-sconnesso, sia perfino appena il sinistro-terrifico, fra loro e con quella categoria dominante. Dopo un’estrema irruzione di natura atmosferica oltre che vegetale e animale nella penultima citazione che facevo, per l’ultima avevo parlato d’una minaccia di sprofondamento quasi biblica, e di reminiscenze salmistiche o profetiche. Non erano riferimenti casuali (tanto meno di fronte a una scrittrice di formazione protestante): sapevo che, per ricollegare le immagini della categoria al loro modello originario e consacrato, saremmo stati obbligati a risalire ai libri profetici dell’ Antico Testamento. Dei quali dovré
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trattare una traduzione come se costituisse un testo in sé, allo stesso modo che per i passi di autori russi. Stavolta, pero,
non solo perché l’originale ebraico mi é inaccessibile: se scelgo la traduzione di antichita pit autorevole e diffusione pit durevole in Occidente, la Vulgata latina di $. Girolamo, per
quel tanto che non é identica all’originale non pud che interessarci pit di esso. Testi semitici anteriori alla meta del primo millennio avanti Cristo, se anche per noi tutt’altro che esotici, sono troppo arcaici in relazione a questo libro perché sia primaria lesigenza d’un intendimento diretto. Essi ci riguardano piuttosto, e ci riescono spesso familiari, mediante il loro influsso sulla letteratura europea della nostra era: a partire appunto dai Padri della Chiesa, e dalla fusione delle tradizioni greco-latina e giudaico-cristiana. Mi limito a ricordare che gli scritti dei cosiddetti profeti erano apparsi durante i secoli in cui l’indipendenza dei due regni ebraici aveva subito |’assalto degli imperi prima assiro, poi babilonese in espansione. Prima il regno di Israele era stato cancellato per sempre, poi quello di Giuda lo era rimasto per una cinquantina d’anni, da deportazioni ed esilii di massa: si prefigurava il lontano destino del popolo che aveva inventato il monoteismo, e con esso la sventura quale punizione del proprio Dio, e la fedelta al proprio Dio fuori dalla patria. Isaia che é il primo dei profeti maggiori aveva svolto il suo ministero verso l’inizio di quest’epoca, fra il 740 e il 7o1 a. C., ma entro il libro che va sotto il suo nome sono confluite molte parti d’epoca posteriore. Gli «oracoli contro le nazioni pagane», di date varie o incerte, vi si sono aggregati perché rispondono a un genere letterario; e il genere letterario prevede in particolare un topos. Con ritorsione non meno difensiva che offensiva, il profeta proietta contro lo straniero la minaccia di scomparire in quanto nazione insediata in un luogo, rientrando letteralmente nel deserto. Cosi ad esempio in Ts. XIII 19-22 s’impreca rovina a Babilonia, € percid il passo é pit tardo di Isaia; esso contiene quasi tutte le componenti tematiche la cui fortuna occidentale si é confermata attraverso la mia ricerca”. Ma nell’esempio pit 24 Biblia Sacra juxta Vulgatam Clementinam, Desclée et Socii, Romae-TornaciParisiis 1947, p. 866.
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completo che trovo, databile alla fine del v1 secolo a. C. poiché annuncia la liberazione dall’esilio, limprecazione investe la nazione ostile di Edom che si era schierata con Babilonia (Is. XXXIV 1o-n, 13-15): a generatione in generationem desolabitur, in saecula saeculorum non erit transiens per eam.
Et possidebunt illam onocrotalus et ericius; ibis et corvus habitabunt in ea; Et orientur in domibus ejus spinae et urticae, et paliurus in munitionibus ejus; et erit cubile draconum, et pascua struthionum.
Et occurrent daemonia onocentauris, et pilosus clamabit alter ad alterum; ibi cubavit lamia, et invenit sibi requiem. Ibi habuit foveam ericius, et enutrivit catulos, et circumfodit, et fovit in umbra ejus; illuc congregati sunt milvi, alter ad alterum ~”.
Pid d’una differenza colpisce subito, rispetto alle intromissioni di natura nell’abitato umano finora incontrate in testi di secoli pit vicini. E le differenze rinviano a uno specifico rapporto antico e orientale fra natura e cultura: desertica e incombente I’una, pre-urbana e relativamente precaria |’altra. Per prima cosa, tutti i verbi qui sono al futuro, o ad un passato remoto equivalente a futuro. Non é un tempo gia decorso in cui si sia compiuta una decadenza graduale, e nemmeno il tempo traumatico d’un disastro anch’esso trascorso: é appunto il tempo dell’imprecazione, un futuro simile a un fiducioso, implacabile e visionario ottativo di malaugurio. Inoltre, qui la malignita di bestie e piante non si fa strada fra palazzi e fortezze per contendere all’uomo la sua parte, e imporgli una coesistenza sia pure intollerabile. Il soppiantamento immaginario é senza mezzi termini, |’abolizione delluomo catastrofica e definitiva: come si conviene all’esecu35 Thid., pp. 897-98. [di generazione in generazione restera abbandonata, |nei secoli dei secoli nessuno vi passera. |E il pellicano e il porcospino la possederanno; | vi abiteranno ’ibis e il corvo; | [...]. |E nei suoi palazzi cresceranno le spine e le ortiche, |nelle sue fortezze la marruca; |e sara giaciglio di serpenti, | e pascolo di struzzi. | E i démoni si faranno incontro ai centauri asinini, |e imostri pelosi si chiameranno
Pun altro; |ivi si corichera lo spettro notturno, |e trovera il suo riposo. |Ivi avra la sua fossa il riccio, e nutrira i suoi piccini, | e scavera, e li covera all’ombra di essa; |1a si verranno incontro !’un l’altro gli avvoltoi].
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zione di cid che avra voluto la collera del Dio onnipotente. Se parliamo di natura grezza di nuovo e per sempre, ¢ se l’ultima determinazione avverbiale é prescritta dalla mancanza di recuperi 0 riscatti nelle nostre categorie negative, in questo
caso essa si riveste di espressioni grandiose come « di generazione in generazione» o «nei secoli dei secoli». Caratteristica ulteriore: qui i nomi animaleschi, pid temibili, sono pid fantasiosamente numerosi di quelli di vegetali. La tradizione occidentale che attingera a simili immagini le trasferira, dal futuro profetico dell’imprecazione, all’indicativo presente o passato della desuetudine reale. Ne capovolgera le proporzioni di numero, e di frequenza, tra vegetali e animali; ne espungera l’agente divino come il paziente nemico, e ne ridurra le dimensioni distruttive da totalitarie a pid o meno parziali. Nei testi biblici invece simili immagini comportano con regolarita da luogo comune dimensioni totalitarie, anche nei tanti passi assai pid brevi di quello citato. La forma minima del topos é una negazione d’acqua e di verde: la cultura si annienta nell’ aridita e sterilita della natura” La forma pid frequente combina la negazione permanente della presenza e abitabilita umana, con la presenza di almeno una razza d’animali selvatici se non nocivi. Dagli oracoli contro le nazioni di Geremia secondo profeta maggiore, che vide la caduta di Gerusalemme assediata da Nabuchodonosor,
ecco un esempio impressionante per il laconico «stupore e scherno»: «Et erit Babylon in tumulos, — habitatio draconum, stupor et sibilus, — eo quod non sit habitator » (Ger. LI 37)”. L’idea di castigo inerente a tali immagini (come conferma talvolta il paragone di Sodoma e Gomorra”) le rende reversibili, insieme alla collera dell’Eterno, contro le colpe dello stesso popolo eletto. Il topos & bifronte: con I’dentico linguaggio con cui viene minacciata Babilonia, il profeta pud fare che l’Eterno minacci Gerusalemme”” 26 Cfr. Is. XV 6, ibid., p. 869, contro Moab; Is. XIX 5-7, p. 873, contro l’Egitto. 27 Thid., p. 1037. Cfr. Is. XIV 22-23, p. 868, contro Babilonia; Is. XVII 2, p. 871, contro Damasco; Ger. XLIX 33, p. 1030, contro gli « Arabi» (Kedar). Pit complessi gli esempi in Soph. II 9 e 13-15, pp. 1208-9, contro Moab, Ammon e l’Assiria; Ger. L 39-40, p. 1033, contro Babilonia. Imprecazioni d’inabitabilita senza nomi di animaliin Ger. LI 43, p. 1037, contro Babilonia; Ez. XXXV 3-4, 7, 9,14-15, p. 1113, contro Edom. [E Babilonia sara cumuli di rovine, |dimora di serpenti, stupore e scherno, | perché non vi sara abitatore]. 28 Cfr. Is. XIII 19, Ger. L 40, Soph. Il 9. °° Ger. IX 10-11, tbid., p. 969; e cfr. Is. XVI 10, p. 885; Is. XXXII 13-14, p. 894.
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Nel capitolo dello pseudo-Isaia seguente a quello contro Edom, la reversibilita consiste piuttosto in un simmetrico affrancamento di Gerusalemme dai mali a Edom imprecati. Ritorneranno l’acqua ed il verde; spariranno le bestie malefiche i cui nomi sono sinonimi di assenza d’uomo”’. Essenziali al topos, dal nostro punto di vista tali nomi lo provvedono anche da soli d’una consistenza di immagini. Nel passo citato il topos si sviluppa col loro moltiplicarsi, intorno a tre nomi di vegetali quali spine, ortiche e marruca; e (secondo la Vulgata soprattutto, prescindendo da altre traduzioni) non tutti
i loro referenti esistono in natura. Pellicano e porcospino, serpenti e struzzi, ibis, corvo e avvoltoi si mescolano con démoni, centauri dalla meta asinina, satiri ossia mostri pelosi del deserto, lamie ossia spettri notturni infanticidi. Pure il soprannaturale contamina qui appena la nuova categoria col sinistro-terrifico: quel che conta simbolicamente é un comportamento, analogo negli esponenti d’una zoologia fantastica o verosimile. Un comportamento tanto pit alternativo
all’ uomo quanto pit, a sua contraffazione, familiare e sociale. E percio formatore, al di la dei nomi, di nefaste immagini: che in luogo dell’ uomo queste creature si vengano incontro e si chiamino l'un l’altra, che abbiano un pascolo e un giaciglio in cui trovare riposo, che scavino fosse in cui covare e nutrire
i loro piccini™.
29. Conviene adesso che un esempio della categoria negativa offra immagini di corporeita non di nuovo, ma ancora
grezza, cosi come le une ¢ le altre si erano succedute per la categoria semipositiva. Grezza da sempre, ammettendo in
entrambe le categorie quell’anomalia che ho detto rispetto a tutte le altre: la possibilita che ]a non-funzionalita primaria sia propriamente originaria, invece di consistere in una per-
dita di funzione (Iv, 27). Si trattera dunque, nella categoria negativa, d’una natura al tempo stesso intatta e non propizia all’uomo. Se per simili immagini di natura si é data una tradizione letteraria, non é dalla Bibbia che parte: va rintracciata innanzi tutto lungo elaborazioni antiche e rinascimentali di 240 Ts. KXXV 7, 9, ibid., p. 898. 241 Sull’appartenenza eterna della terra ad esse insistono i due versetti seguenti a quelli citati, Is. XXXIV 16-17; dove si legge: «unum ex eis non defuit, — alter alterum non quaesivit...» [nessuno di loro manco, |Puno non resto privo dell’altro...]
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miti classici. Mi rifaccio a un’epoca relativamente tarda e€orgogliosa di esserlo, epigonica e modernistica insieme, come quella barocca. Nell’Adone di Giovan Battista Marino (15691625), pubblicato nel 1623, il bellissimo giovinetto protagonista del poema muore a caccia ucciso da un cinghiale: come il mito voleva. La principale innovazione rispetto al mito, sebbene non inventata da Marino, é concepita e sviluppata secondo la tendenza di lui alla sorpresa e al rincaro. Adone non resta vittima della violenza offensiva o difensiva dell’ animale: bensi di quella in cui si traduce involontariamente un innamoramento mostruoso, provocato nell’animale dalla bellezza di lui*’. Iperbole e ossimoro assumono la forma tematica d’una zoofilia passiva a modo suo omosessuale, che ridonda a sua volta in adeguate figure stilistiche, in sorprese e rincari di parole. Il luogo fisico di questo episodio culminante dell’azione non é natura ignorata, come nei versi di Gray; ma proibita perché pericolosa. Venere possiede in Cipro un parco « chiuso e secreto », « difeso e riservato », dove solo a Diana é lecito cacciare e solo suo malgrado la dea ha dovuto consentirlo all’amante”’. Ecco in tre ottave il paesaggio che circonda il covo acquatico del cinghiale, la pit terribile fiera: Tra duo colli ch’al sol volgon le spalle dense di pruni e di fioretti ignude, nel cupo sen d’una profonda valle giace un vallon che forma ha di palude; e senon quanto ha solo un picciol calle scagliosa selce in ogni parte il chiude. Quel macigno che ’! cerchia alpestro ed erto lascia sol, bench’angusto, un varco aperto.
Quivi nel mezzo, di funeste fronde ombreggiato pertutto, un lago stagna, che con livido umor di putrid’onde sempre sterile e sozzo il sasso bagna. Non ha dintorno ale spinose sponde, perché scoscese son, molta campagna, ma breve piazza insu’l sentier si scerne, tutta di greppi cinta e di caverne. 242 Cfr. G. B. Marino, Tutte le opere, vol. Il. L’Adone, Mondadori, Milano 1976, t. I, pp. mo2-6 (XVIII, ott. 85-101), pp. 139-41 (XVIII, ott. 232-41). Lo spunto veniva
dall’Adone (1550) di Giovanni Tarcagnota: cfr. il commento di G. Pozzi a quello di Marino, zbid., t. I, pp. 645, 648-49. *® Cfr. ibid., t. 1, pp. 1043 (XVI, ott. 50), rox (XVII, ott. 43).
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Non toccd mai Pabominabil riva, bench’affamato e sitibondo, armento, che l’erba e l’acqua fetida e nociva d’assaggiar, di gustar, prende spavento.
Non sol la ninfa e ’| fauno ognor la schiva, non sol l’aborre il sole e l’odia il vento,
ma dala spiaggia immonda ed interdetta fuggon lontano il lupo e la civetta,
Di fronte a qualcuno dei testi di cui si é nutrita finora la costruzione dell’albero semantico, questioni di fonti si erano poste; ma rare e incidentali. Stavolta la questione importa nell’esatta misura in cui é il distanziamento di fonti antiche e moderne, l’amplificazione ed esagerazione di esse, a fare spazio alle immagini della categoria. Ne Le Metamorfosi di Ovidio, non si ha affatto paesaggio la dove viene raccontata la morte di Adone; dove Meleagro affronta il cinghiale di Calidonia, non si ha che una valle precipite nel cui profondo crescono piante palustri innocue, e tutto in quattro versi””’. II quarto e il primo dei versi citati di Marino sono certo memori d’un notissimo attacco dell’Orlando furioso: «Giace in Arabia una valletta amena, — [...] —ch’all’ombra di duo monti...»“. Ma il paesaggio ariostesco é remoto, ombroso e favoloso, senza niente di minaccioso o di malsano. Pid immediata fonte, prevedibilmente, é Tasso; il quale aveva rincrudito in un punto sulla descrizione della foresta dell’incantesimo nel-
la Gerusalemme liberata, mentre ampliava nella Gerusalemme conqutstata la descrizione del Mar Morto (di nuovo Sodoma e Gomorra! ): « Di quel fetido umor gia mai non beve —
l’affaticato peregrino e lasso, — non greggia, non armento...»””. Parificando la sua anonima palude pagana al luogo maledetto della storia sacra, puntando a un innaturale sorprendente anziché al soprannaturale, Marino moltiplica in un rincarante crescendo le entita che evitano le rive del lago. Che le eviti l’uomo non va neanche detto, se lo fanno divinita
di natura quali ninfa e fauno, fenomeni della natura stessa 244 XVII, ott. 67-69: tbid., pp. 1097-98. Nella prima ottava citata, s’intenda quanto ha solo = solo per lo spazio di; nella seconda, Non ha = Non ce. 2 Cfr. X, vv. 710-16; VIII, wv. 334-37: Ovide, Les Métamorphoses, t. I, Les Belles Lettres, Paris 1960, pp. 145, 72. 246 XTV, ott. 92: Ariosto, Tutte le opere, t. I cit., p. 312. 247 Cfr. Gerusalemme liberata, XII, ott. 3, vv. 5-8, e Gerusalemme conquistata,
VI, ott. 06, vv. 1-3: T. Tasso, Poesie, Ricciardi, Milano-Napoli 1964, pp. 321, 551.
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quali sole e vento; e animali antonomastici di inabitabilita della natura per l’uomo, quali lupo e civetta. Di simili animali abbiamo appena individuato, nelle sue origini bibliche, il simbolico disvalore. Qui non la loro presenza ma addirittura la loro assenza significa l’orrore del luogo: non deserto ma, prima che palude, montagna. La scoperta della montagna come spazio non esclusivamente orrido, in letteratura, sarebbe avvenuta solo nel Settecento preromantico — quasi all’altezza della nostra svolta storica. Frattanto é proprio d’una poetica barocca come quella di Marino e gia di Tasso, continuando a vedere nel creato gerarchie a fondo religioso, il non rifuggire dall’espressione degli estremi inferiori; il trovarvi anzi un compiacimento, laicizzato e fatto gratuito in Marino per la parte che vi ha il mestiere letterario. Nei testi di entrambi denuncia compiacimento quel carico stesso di aggettivazione a cui l’espressione é largamente affidata. Se gia nella Liberata il Mar Morto era lago «sozzo» o «steril», nella Conquistata non diventava solo fetzdo umor, e «acque... immonde»: aggettivi analoghi a quelli di Marino e non meno numerosi si distribuivano in sei ottave**. E per
concentrazione che al riguardo |’Adone sorpassa la fonte. In tre ottave, insiste su estremi respingenti in senso fisico una
decina di aggettivi, per la montagna; per il lago, una serie come «livido», «putride», «sterile e sozzo», «fetida e nociva». Se ne aggiungono quattro d’una negativita pit morale che fisica, «funeste», «abominabil», «immonda ed inter-
detta». Si potrebbe risalire ad altre fonti ancora, forse non troppo meno dirette: e certi paesaggi-confermerebbero un antico vincolo con l’ingresso vietato, oltre che con la morte. Se si pud parlare d’una tradizione topica latina del locus horridus, per contrasto col locus amoenus, nel sobrio Virgilio prima che nel teso Seneca l’archetipo era il paesaggio infer249 nale””.
248 Cfr. Gerusalemme liberata, VU, ott. 28; X, ott. 61; Gerusalemme conquistata, VI, ott. 15-20: ibid., pp. 170, 264; 551: qui, anche «aura maligna», «arida terra»,
«sventurati campi», «acque tepide», «orribil palude», «infelici antiche sponde», «infeconda riva», «solfuree aduste arene». Il commento di G. Pozzi (cfr. Marino,
L’Adone,t. I cit., p. 645) indica come fonte Ovidio, anziché il Tasso del poema meno frequentato. *# Cfr. il libro VI dell’Eneide, vv. 268-330 (in particolare vv. 296-97, 323, 327): Virgile, Enéide, livres I-VI, Les Belles Lettres, Paris 1959, pp. 174-76; e di Seneca, il racconto di Teseo reduce dagli Inferi nello Hercules furens [Ercole furioso], vv. 662-
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Nel disegno dell’albero semantico, possiamo sottoporre la nuova opposizione terminale al polo della corporeita grezza: al quale sappiamo anche di dover premettere una distin-
zione. Risorsa e minaccia sono i termini gia comparsi, positi-
vo e negativo, da contrapporre:
(ancora o di nuovo) GREZZA,
E PRESENTATA
COME
RISORSA
E PRESENTATA
COME NON-RISORSA
(al limite minaccia) +
=
IL PREZIOSO POTENZIALE
LO STERILE NOCIVO
Quanto al termine positivo, non crea dubbi né obbliga ad at-
tendere altri esempi la particolarita segnalata nei due primi: che la funzionalita secondaria si limiti a un vagheggiamento del potenziale. Il termine negativo contrario non parrebbe troppo spinto, guardando ai due primi esempi rispettivi. Ma in attesa degli altri, e come in casi di opposizioni terminali precedenti, mi attengo al contraddittorio che é pid comprensivo del contrario: facendo di quest’ultimo un limite, in parentesi. Nel nome della categoria semipositiva il primo aggettivo non é meno prevedibile del secondo. Nel nome della negativa, entrambi gli aggettivi provengono dalla esuberante serie di Marino oltre che da spunti lessicali miei; si pongono, anche questa volta, in gradazione crescente. Il lettore puod percorrere le definizioni intere di quattro categorie, nella seconda meta dell’albero semantico, se ne ri-
produco a questo punto la parte pronta. Manca poco a concludere l’intero disegno dell’albero: due sole definizioni sono incomplete. Quando avremo letti gli ulteriori esempi di prezioso-potenziale e di sterile-nocivo dei quali sono debitore, non ci sara che un’opposizione terminale da decidere, sotto il polo in sospeso dell’ opposizione sovrastante: 827 (in particolare vv. 686-89, 698-706): Sénéque, Tragédies, t. I, Les Belles Lettres, Paris 1924, pp. 28-34.
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IV.30
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30. L’isola non nasconde nessun tesoro, quando il naufrago vi approda per restarvi pit di ventotto anni. Eppure, é un archetipo di future isole del tesoro quella del mar dei Caraibi che fa da stondo a The Life and Strange Surprising Adventures of Robinson Crusoe of York, Mariner”: con le quali nel 1719 esordi come narratore Daniel Defoe (1660-1731). Robinson sopravvive perché la sua attitudine al lavoro ingegnoso e paziente dispone in partenza di numerosi oggetti funzionali, prodotti di lavoro collettivo anteriore. E quanto salva a tempo e a fatica prima dalla sua stessa nave, poi da un’altra naufragata sulla costa, e ne da elenchi su elenchi: commestibili e potabili di lunga conservazione, vestiario, armi e polvere, strumenti nautici, utensili di scrittura e libri, arnesi da
carpentiere e pezzi di materie diverse — buoni a loro volta, questi ultimi, per fabbricarsi da sé altri oggetti”. Qualunque pezzo che si porta a riva, non tarda a concludere, potra servirgli in una qualche occasione”. Con una sola eccezione, rappresentata da quel metallo che é privo d’ogni valore d’uso perché nella normalita sociale materializza ogni valore di scambio: la moneta. Robinson ne capisce l’inservibilita in anticipo, giacché afferma che la cassetta del carpentiere era per lui un ritrovato «much more valuable than a ship loading of gold would have been at that time»”. Non manca tuttavia di rinvenire danaro nella sua dodicesima, e tutt’altro che ulti-
ma, perquisizione del relitto della nave: ... in another drawer I found about thirty six pounds’ value in money, some European coin, some Brasil, some pieces of eight, some gold, some silver. I smil’d to my self at the sight of this money. “O drug!” said I aloud, «what are thou good for? Thou art not worth to me, no, not the taking off of the ground; one of those knives is worth all this heap; I have no manner of use for thee, e’en remain where thou art, and go to the bottom as a creature whose life is not worth saving». However, upon second thoughts, I took it away...” 250 [La vita e le strane sorprendenti avventure di Robinson Crusoe di York, marinaio). 251 DT. Defoe, Robinson Crusoe, Everyman’s Library, London — New York 1956,
PP. 38-39, 41-44, 48-49, 62-64, 139-41.
22 Tbid., pp. 43, 63. y tikes 253 Tbid., p. 39. Lmolto pit prezioso di quanto sarebbe stato a quel tempo il carico d’oro di una nave]. aA 54 Tbid., pp. 43-44. L... in un altro cassetto trovai la somma di circa trentasei sterline in moneta, un po’ europea, un po’ brasiliana, un po’ pezzi da otto, un po’ oro, un po’ argento.
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Il gesto di ripensamento é come automatico (oggi ha effetto quasi comico), e resta immotivato. L’immediato sorriso di
disprezzo viene invece commentato ad alta voce: con |’amarezza della solitudine, e non senza un sottinteso di precarieta religioso. Che si conferma pit in 1a nella meditazione in cui Robinson riparla di quel danaro, quando celebra il suo quarto anniversario nell’isola dopo il fallimento dei tentativi di evaderne su un’imbarcazione. Si sente ormai diviso dal mondo, si sa signore di un piccolo mondo dove l’abbondanza dei valori d’uso é pit che sufficiente ai bisogni dell’ individuo; la superfluita di tutto il resto é una lezione morale, per quanto coatta e penosa gli riesca l’assenza del prossimo e dei valori di scambio. E le monete, che non possono comprargli né beni né strumenti, recano gia sotto forma di muffa i segni del decorso di tempo. Certo, nella cavita che Robinson ha approfondita a uso di cantina con le sue mani, né quattro né ventotto anni basterebbero a renderle di nuovo grezze; e quando poi scopre una grotta naturale scevra di umidita, dalle pareti esse stesse o di diamanti o d’oro, non si cura di trasferirvele come fa per la polvere e le armi”. E principalmente in quanto inutile, ridotto da svalutazione fortuita a corporeita insignificante, che il tesoro di quest’isola risponde a suo modo alla definizione di prezioso-potenziale. Non sotto terra o in fondo al mare, ma fuori e lontano dalla socie-
ta; non irrecuperabile entro uno spazio onirico o metaforico, ma in lunghissima attesa di recupero nel pit pratico degli spazi d’avventura: Thad, as I hinted before, a parcel of money, as well gold as silver, about
thirty six pounds sterling. Alas! there the nasty sorry useless stuff lay; I had no manner of business for it; and I often thought with my self that I would have given a handful of it for a gross of tobacco-pipes, or for a hand-mill to grind my corn; nay, I would have given it all for sixpennyworth of turnip and carrot seed out of England, or for a handful of pease and beans, and a bottle of ink. As it was, I had not the least advantage by it, or benefit from it; but there it lay in a drawer, and grew mouldy with the damp of the cave in the wet season; and if I had had
Sorrisi fra me e me alla vista di questo denaro. «O inezia! — dissi ad alta voce, —a
che sei buona? Non sei degna per me, no, neanche di raccattarti da terra; uno di quei coltelli vale tutto questo mucchio; non so che farmene dite, resta piuttosto dove sei e va a fondo come una creatura la cui vita non sia degna di essere salvata». Comunque,
ripensandoci, me lo portai via...] »° Ibid., pp. 45-46; 130-31, dove si tace delle monete (e percid interpreto pit oltre «I lugg’d this money home to my cave» [trascinai a casa mia, nella caverna, questo danaro] ecc., p. 141, come riferimento al primo e non al secondo luogo di deposito).
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the drawer full of diamonds, it had been the same case; and they had been of no manner of value to me, because of no use.
Dei tre aggettivi che squalificano il danaro, il primo lo taccia di «sporco»: il puritano Defoe non doveva inventare l’espressione, derivante da san Paolo”. Essa proietta sui tempi lunghi della nostra tradizione culturale il rapporto simbolico con l’ambivalenza delle feci (1, 6-7). Il referente cadaverico
compare nel testo a causa dei cannibali, in piccoli orripilanti elenchi™; quello escrementizio ricompare insieme al danaro, ma entrambe le volte resta ambiguo come confronto sprezzante. Sta a condannarne una vilta immanente, o sta solo a vi-
tuperarne linservibilita temporanea? La seconda nave naufragata a portata di Robinson trasportava, da pid a sud del Brasile verso forse la Spagna, un gran tesoro: « but of no use at the time to any body». Pure, ne conta i sacchi di monete e il loro contenuto, i doppioni d’oro incartati e i lingotti col supposto peso. Pid sotto le ragioni per disprezzarli non sono
mutate: «twas to me as the dirt under my feet; and I would have given it all for three or four pair of English shoes and stockings...» Pure, era un gran peccato che la poppa della nave fosse fracassata, «for I am satisfy’d I might have loaded my canoe several times over with money...»”. Una pagina
dopo, paragona la vanita delle sue ricchezze col pit famigerato caso storico di prezioso-potenziale trovato ancora grez-
zo: «Ihad no more use for it than the Indians of Peru had before the Spaniards came there». I] potenziale si riscatta in 26 Ibid., pp. 95-96, e cfr. 94-95. [Avevo, come accennato prima, un gruzzolo di monete, sia oro che argento, circa trentasei sterline. Ahimé! la giaceva questa sporca triste inutile roba; non sapevo che farmene; e pensavo spesso fra me e me che ne avrei dato una manciata per un certo numero di pipe da tabacco, o per un macinino da tritare il mio grano; anzi, |’avrei dato tutto per sei pence di seme di tulipano e carota d'Inghilterra, o per una manciata di piselli e fagioli, e una bottiglia d’inchiostro. A come stavano le cose, non ne traevo il minimo vantaggio o beneficio; ma giaceva in un cassetto, e prendeva muffa nella stagione in cui la cavita era umida; e se avessi avuto il cassetto pieno di diamanti, sarebbe stato lo stesso; e non avrebbero avuto un valore per me, perché privi d’uso]. 27 Tim. I, Il 8: turpe lucrum. 28 Defoe, Robinson Crusoe cit., pp. 120-21, 134, 151. 29 Thid., pp. 139-41. [ma inutile al momento per chiunque]. [era per me come Vimmondizia sotto i miei piedi; e li avrei dati tutti per tre o quattro paia di scarpe e calze inglesi...] [perché sono convinto che avrei potuto caricare pit volte dimonete la mia canoa...] 260 Tbid., p.142. [non mi erano pit utili di quanto lo fossero per gli Indiani del Pera, prima che ci arrivassero gli Spagnoli].
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attuale con Ja liberazione dall’isola. Lo porta via insieme a « reliquie » da memore-affettivo: il berretto di pelle di capra, l'ombrello, il pappagallo. Il decorso di tempo é visibile sul gruzzolo, «which had lain by me so long useless, that it was grown rusty, or tarnish’d, and could hardly pass for silver till it had been a little rubb’d and handled... »*. Robinson si ritrova ricco alla fine; e il moralismo della meditazione solita-
ria sul superfluo si capovolge puntualmente in quello delle cure apportate dal danaro. II quale va ora depositato altrove che in una caverna, preservato da altri rischi che di diventare «mouldy and tarnish’d»”. 31. «This island is a very singular one. It consists of little else than the sea sand... [...]. It is separated from the mainland by a scarcely perceptible creek, oozing its way through a wilderness of reeds and slime, a favourite resort of the marshhen. The vegetation, as might be supposed, is scant, or at least dwarfish...»”. E Pavvio d’una descrizione dell’isola Sullivan sulle coste Hellz Carolina del Sud, col suo clima sub-
tropicale e desertico. La leggiamo quasi in apertura del racconto The Gold-Bug”™ di Poe, pubblicato nel 1843: dove siva in cerca d’un tesoro secondo ardue indicazioni decifrate grazie alla collaborazione dell’ingegno e del caso. Quando Legrand guida in terraferma i suoi compagni ignari, i tre passano «through a tract of country excessively wild and desolate, where no trace of a human footstep was to be seen»; s’inoltrano in «a region infinitely more dreary than any yet seen», della quale segue pure la descrizione**. Tra simili immagini e un tesoro dei pit notori in letteratura, il lettore si chiedera se é di fronte a un nuovo esempio di sterile-nocivo, anziché a un 261 Tbid., p. 202 (che conferma la supposizione della nota 255). [il quale mi era giaciuto accanto cosia lungo inutile, che si era arrugginito, 0 ossidato, e sarebbe a stento passato per danaro finché non fosse stato un po’ sfregato e maneggiato...] 262 Thid., p. 207. [muffito e ossidato].
26 Poe, Tales cit., p. 69. [E un’isola assai singolare. Non consiste quasi che di sabbia marina... [...]. La separa dalla terraferma una baia quasi impercettibile, che cola insinuandosi attraverso una solitudine di canne e fanghiglia, ricovero favorito della gallina di palude. La vegetazione, come si pud supporre, é scarsa, o almeno nana...] 264 [Lo scarabeo d’oro]. 26> Thid., p. 78. [per un tratto di campagna selvaggia e desolata all’eccesso, dove non era visibile traccia di piede umano]. [una regione infinitamente pid tetra di ogni altra gia vista].
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ultimo esempio finalmente in piena regola di prezioso-potenziale. Nel racconto si forma infatti tra le due categorie quel fenomeno di scambio che ho chiamato commutazione, possibile per definizione solo tra categorie opposte (IV, 3, 4); e non entro pochi versi, come negli esempi d’un sonetto di Scarron e d’una ottava di Ariosto, bensi sull’arco d’un testo
assai pit lungo. Il valore occulto, oltre a giacere in un ristretto e invisibile spazio sotterraneo, é sperduto in un vasto e inospitale spazio deterrente. Ma non da sempre né per sempre: qui é integrale la perdita di funzionalita primaria, come é effettivo il recupero di funzionalita secondaria. La categoria negativa si rovesciera nella semipositiva, quando sara ritrovato da qualcuno cio che era stato nascosto per esserlo. Il vagheggiamento del potenziale prende la forma iniziale e fattiva della speranza: Legrand brama ridiventare ricco. Che lo scarabeo abbia élitre d’apparente oro brunito, e sia creduto dal negro d’autentico oro pesante, ha acceso la sua fantasia. Una fantasia che ragiona, anche sulle «innumerable Southern superstitions about money buried»: il tesoro dev’esserci ancora, poiché circolano tante dicerie sulla ricerca e neanche una sulla scoperta di esso”’. Nel momento che premia finalmente i ragionamenti, la notizia dell’entita pecuniaria é simultanea a quella della scoperta, e precede l’esplosione fantastica di luce abbagliante nella notte: In an instant, a treasure of incalculable value lay gleaming before us. As the rays of the lanterns fell within the pit, there flashed upward a glow and a glare, from a confused heap of gold and of jewels, that absolutely dazzled our eyes”.
Ma non tutte le occasioni e strumenti dell’avventura anticipano questa luce, come l’oro dello scarabeo. Se al preziosopotenziale si giunge per commutazione dallo sterile-nocivo, d’una contaminazione col sinistro-terrifico si pud a stento parlare; pure é il referente cadaverico che va affiorando co266 Ibid., pp. 71, 74, 76, 82, 92.
267 Ibid., p. 82; cfr. pp. 92-93. [innumerevoli superstizioni meridionali di danaro sepolto]. 268 Tbid., p. 85. [In un istante, un tesoro d’incalcolabile valore stette scintillante di fronte a noi. Appena i raggi delle lanterne caddero entro la fossa, un bagliore e uno splendore lampeggiarono verso I’alto, da un mucchio confuso d’oro e di gioielli, tali da abbagliare letteralmente i nostri occhi].
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me terna, anzi filo conduttore indefettibile, lungo l’avvicinamento intellettuale e materiale al tesoro. Ricostruiamo I’ordine narrativo, che il riserbo di Legrand capovolge a tutto profitto della suspense. Si parte da una testa di morto, letteralmente affiorata nella pergamena; via via essa diventa emblema di pirateria, controfirma del crittogramma, segnale visibile da un’unica prospettiva lontana, teschio tangibile inchiodato sul ramo”’. Quest’ultimo é un ramo morto, il cui
grado di marciume é oggetto di enfasi figurale del negro, di ansiose interrogazioni del suo padrone””. Al di sopra del tesoro viene dissotterrata lana imputridita in polvere, mista alla massa delle ossa di due scheletri; il contenitore é una cassa
di legno oblunga (come la pergamena) — associabile a una bara anche da chi ignori una celebre psicanalisi dell’uomo Poe, e le pit ossessive costanti della sua opera”. I segni d’un decorso di tempo, finora incontrati solo in esempi di sinistro-terrifico e in Defoe per la seconda meta dell’albero semantico, compaiono in altre premesse del disseppellimento. Sono men che immagini: il pezzo di pergamena é fasciato di sporcizia; era mezzo sepolto nella sabbia, accanto ai resti irriconoscibili d’una scialuppa dal naufragio antico; il crittogramma allude a una famiglia che aveva posseduto un maniero da tempo immemoriale”’. Reca in parte tali segni anche il contenuto della cassa, cioé le immagini stesse del prezioso-potenziale: The chest had been full to the brim, and we spent the whole day, and the greater part of the next night, in a scrutiny of its contents. There had been nothing like order or arrangement. Everything had been heaped in promiscuously. Having assorted all with care, we found ourselves possessed of even vaster wealth than we had at first supposed. In coin there was rather more than four hundred and fifty thousand dollars — estimating the value of the pieces, as accurately as we could, by the tables of the period. There was not a particle of silver. All was gold of antique date and of great variety — French, Spanish, and German money, with a few English guineas, and some counters, of which we had never seen specimens before. There were several very large and heavy coins, so worn that we could make nothing of their inscriptions. 209 Thid., pp. 72, 90, 92, 99, 81. 210 Tbid., p. 80. 271 Thid., pp. 85, 90; e cfr. M. Bonaparte, Edgar Allan Poe. Studio psicanalitico, Newton Compton, Roma 1976. 272 Poe, Tales cit., pp. 71, 88, 93; 89; 98.
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There was no American money. The value of the jewels we found more difficult in estimating. There were diamonds — some of them exceedingly large and fine — a hundred and ten in all, and not one of them small; eighteen rubies of remarkable brilliancy; — three hundred and ten emeralds, all very beautiful: and twenty-one sapphires, with an opal. These stones had all been broken from their settings and thrown loose in the chest. The settings themselves, which we picked out from among the other gold, appeared to have been beaten up with hammers, as if to prevent identification. Besides all this, there was a vast quantity of solid gold ornaments: nearly two hundred massive finger and earrings; rich chains — thirty of these, if I remember; eighty-three very large and heavy crucifixes; five gold censers of great value; a prodigious golden punch-bowl, ornamented with richly chased vineleaves and Bacchanalian figures; with two sword-handles exquisitely embossed, and many other smaller articles which I cannot recollect. The weight of these valuables exceeded three hundred and fifty pounds avoirdupois; and in this estimate I have not included one hundred and ninety-seven superb gold-watches; three of the number being worth each five hundred dollars, if one. Many of them were very old, and as timekeepers valueless; the works having suffered more or less from corrosion — but all were richly jewelled and in cases of great worth. We estimated the entire contents of the chest, that night, at a million and a half of dollars; and upon the subsequent disposal of the trinkets and jewels (a few being retained for our own use), it was found that we had greatly undervalued the treasure”.
Consunzione o corrosione rendono illeggibili le monete, inservibili gli orologi — il cui arresto di funzione non manca 23 Thid., pp. 86-87. [La cassa era stata riempita fino all’orlo, e impiegammo il giorno intero, e la maggior parte della notte seguente, in un esame del suo contenuto. Non c’era stata nessuna specie di ordine o disposizione. Tutto era stato ammucchiato in promiscuita. Avendo ripartito tutto con cura, ci trovammo in possesso di una ricchezza ancora pid immensa di quanto supponessimo prima. In contanti c’era un po’ pit di 450 000 dollari— stimando il valore delle monete, con la massima cura possibile, secondo le tabelle dell’epoca. Non c’era una particella d’argento. Tutto era oro di antica data e di grande varieta — danaro francese, spagnolo e tedesco, con poche ghinee inglesi, e qualche gettone, di cui non avevamo mai visto esemplari prima. C’erano alcune monete assai grandi e pesanti, cosi consunte che non riuscimmo a capire nulla delle iscrizioni. Non c’era danaro americano. Il valore dei gioielli ci fu pit difficile da stimare. C’erano diamanti — alcuni estremamente grandi e belli — mo in tutto, e non uno piccolo; 18 rubini di notevole lucentezza; — 310 smeraldi, tutti assai belli: e 21 zaffiri, con un opale. Tutte queste pietre erano state strappate dalle loro montature e gettate nella cassa sciolte. Le montature stesse, che raccogliemmo in mezzo all’altro oro, sembravano martellate come per impedire l’identificazione. Inoltre, c’era una gran quantita di ornamenti d’oro massiccio: quasi 200 anelli e orecchini massicci; ricche collane — 30, se ricordo bene; 83 crocifissi assai grandi e pesanti; 5 incensieri d’oro di gran prezzo; un mirabile bicchiere da ponce d’oro, ornato di foglie di vite riccamente cesellate e scene di baccanale; con due impugnature di spade squisitamente sbalzate, e molti altri. articoli minori che non posso ricordare. II peso di questi preziosi passava
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di sénso metaforico: sono effetti naturali d’un tempo decorso in gran parte sottoterra. Invece, i gioielli strappati e le montature martellate denunciano un’interruzione temporale traumatica, con l’illegalita dell’appropriazione e del nascondiglio piratesco. Il racconto si chiude sulla ene che gli scheletri fossero di aiutanti-testimoni trucidati™; suggerisce una colpevole fretta anche il disordine dell’ammicchiamento, rispetto a cui la forma dell’elenco corrisponde a un ordine laboriosamente stabilito. Prima monete, poi gioielli, poi oggetti d’oro (sintesi di prolungamento: «e molti altri articoli minori...») con orologi in aggiunta. Movimenta il plurimo elenco la quantita inebriata delle cifre: che contano esemplari e ne stimano valore o peso, riassumendosi in un totale. Ma sia all’inizio che alla fine, stabilito Pordine come effettuata la vendita, il valore risulta pid enorme delle supposizioni o della stima. Da potenziale diventa potenziato: l’oro, il tempo e la sepoltura hanno prodotto veri e propri interessi finanziari, nei quali si risolve ogni prestigio avventuroso o antiquario. Malgrado l’esotica antichita di monete tutte europee, e la bellezza di pietre e manufatti, poco viene conservato per usarlo. Tutto viene convertito in danaro, e in cid la funzionalita secondaria é o diversa o maggiore di quelle primarie; ma a differenza che in Defoe, e a differenza dal referente cadaverico, quello escrementizio resta latitante nel racconto. F la volta buona per tener distinto il simbolismo psicanalitico dall’interpretazione testuale letteraria. E troppo indiretto che lo scarabeo sia «l’animale coprofilo per eccellenza»”’; 0, se si vuole, che nel tesoro non ci sia una particella d’argento ma solo oro — la cui luce é bruna e calda. Piuttosto penserei alla commutazione fra sterile-nocivo e prezioso-potenziale, esempio d’una singolare reversibilita delle due categorie,
350 libre avoirdupois; ¢ in questo calcolo non ho incluso 197 superbi orologi d’oro; tre di essi valevano ciascuno 500 dollari almeno. Molti erano assai antichi, e inservibili
per segnare il tempo; i meccanismi avendo sofferto pid o meno per corrosione— ma tutti erano riccamente ingioiellati e in custodie di gran valore. Stimammo l’intero contenuto della cassa, quella notte, un milione e mezzo di dollari; e alla successiva
vendita dei gingilli e gioielli (pochi ne conservammo per nostro uso), si trovo che avevamo parecchio sottovalutato il tesoro].
214 Tbid., pp. 100-1. 2 Bonaparte, Edgar Allan Poe, t. I cit., p. 349.
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come modellata logicamente su quella che avevo chiamata lambivalenza delle ambivalenze (1, 6-7). 32. La commutabilita dello sterile-nocivo in preziosopotenziale non é che una sfaccettatura fra le tante dell’unita d oggetto di questo libro — presunta 0 provata che ormai appaia. Ma lo sterile-nocivo in quanto natura grezza ancora e da sempre, e non pero necessariamente per sempre, si presta
nelle immagini della letteratura moderna a un altro rovesciamento: il cui esito é fuori dallo spazio semantico in cui ci aggiriamo, in quel campo che avevo indicato come contiguo per opposizione e che sta sotto il segno del funzionale (11, 8). L’epoca della nostra svolta storica realizzo con coscienza di novita grandiosa che il progresso umano era capace di fecondare lo sterile, sopprimere il nocivo, appropriarsi della natura non propizia. E il maggior poeta dell’epoca fece tutt’al contrario del profeta biblico, il quale imprecava il deserto al posto dell’abitato: come peripezia conclusiva del suo poema teatrale, invento |’auspicio d’un abitato al posto d’un deserto. Parlo di nuovo del Faust di Goethe. Avevo avuto I’audacia d’isolare qualche verso della prima parte, dal monologo di esordio del protagonista (Iv, 8); vorrei ora fare lo stesso con la seconda parte, non proprio dal monologo finale, ma dalla scena che pit direttamente lo prepara. Il momento della morte di Faust ¢ cosi memorabile da far dimenticare che l’opzione redentrice di lui é gia virtualmente compiuta nella prima scena dell’atto precedente, il quarto (scritto nel 1832), certo uno dei meno letti. Scenario é |’alta montagna, con «vette rocciose ripide e dentate»; Faust approda tra «le solitudini pid profonde». Mefistofele si fa scherno di trovarlo in mezzo all’orrore di «dirupi paurosamente spalancati», e gli rivela che quel paesaggio era stato il fondo stesso dell’inferno”. La l’insaziato protagonista annuncia che « qualcosa di grande» I’ha attratto, che il cerchio terrestre lascia ancora «spazio a grandi imprese»: invano provoca il diabolico interlocutore a indovinare che cosa 0 quali”. Cid che poi spiega non anticipa la visione positiva che lo
illuminera in punto di morte se non in quanto, nella sua pura 216 Goethe, Faust cit., pp. 453-54.
277 Tbid., pp. 455, 457-
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negativita, ne costituisce la negazione. Lo sguardo di lui é stato avvinto dal mare: come si gonfia e torreggia prima di assalire la distesa piana della riva, come si arresta e si allontana per tornare a ripetere il gioco. Questo spettacolo lo ha «irritato », d’una sorprendente irritazione espressa in termini etici. Eppure da centomila anni non é cosa nuova, sogghigna Mefistofele ad spectatores; Faust prosegue, dice la didascalia, con passione: Sie [die Woge] schleicht heran, an abertausend Enden, Unfruchtbar selbst, Unfruchtbarkeit zu spenden;
Nun schwillts und wachst und rollt und uberzieht Der wiisten Strecke widerlich Gebiet. Da herrschet Well auf Welle kraftbegeistet, Zieht sich zuriick, und es ist nichts geleistet, Was zur Verzweiflung mich beangstigen kénnte: Zwecklose Kraft unbandiger Elemente! Da wagt mein Geist, sich selbst zu tberfliegen; Hier moécht ich kampfen, dies mécht ich besiegen! ”.
Avevamo visto il personaggio rifiutare, con non meno
passione, il venerando-regressivo ammuffito della sua camera angusta; ora respinge, all’altra estremita dell’azione, un’immensa inutilita di natura. Lo angoscia fino alla disperazione che il liquido dispendio di forze sia senza scopo, che niente sia stato geleistet, «eseguito». Il verbo é della sfera di quelli che sottolineavo nel primo monologo (brauchen, niitzen): la sfera d’un « principio di prestazione », d’un imperativo funzionale (1, 3), che in fase borghese eroica appare eminentemente principio o imperativo di liberazione. L’acqua viene guardata esclusivamente sulla linea di confine con la coltivabile terra. Non solo é infeconda; ma diffonde infecondita su migliaia di sponde: per dirla come nell’albero semantico, oltre che sterile é sterilizzante o nociva, oltre che nonrisorsa é minaccia. Nelle tirate precedente e seguente a quella citata, il linguaggio di Faust la personifica, le imputa arroganza e superbia e prepotenza. Alla natura si addice un’antropomorfizzazione quando l’uomo si rende degno di com278 Vy. 10212-21: tbid., pp. 457-58. [Essa [l’onda] s’insinua in avanti, su migliaia di sponde, |Infeconda essa stessa, a diffondere infecondita; |Ora si gonfia e cresce e rotola e ricopre |Del litorale deserto l’ingrata distesa. |La onda su onda domina animata di forza, |Si ritira indietro, e niente é stato eseguito, |I] che potrebbe angosciarmi fino alla disperazione: |Forza senza scopo di elementi sfrenati! |Osa allora il mio spirito sorpassare se stesso; |E qui che vorrei combattere, @ questo che vorrei vincere! ]
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batterla e vincerla: il litorale deserto & widerlich, «spiacevole, ripugnante» — come appena pit sopra l’essenza di Mefistofele era widrig, «sfavorevole, avversa»””. Ci vorra poca fatica, Mefistofele assicura, per ottenere dall’imperatore una spiaggia sterminata in feudo. Viene concessa a Faust
terra addirittura sommersa, da prosciugare col lavoro”; ben piu che un feudatario, diventa una sorta di colonizzatore o imprenditore. Che a sua volta Mefistofele diventi gestore di pirateria mondiale, che incendi e uccida per appagare il padrone con un’integrazione di possedimenti*, dimostra quanto poco l’utopia poetica poggia qui su illusioni ideologiche. Nella visione ultima del vecchio accecato — dove il diavolo perde la scommessa con lui e con Dio — |’antifunzionale scade da mare a palude, «marcio pantano»; ma senz’altra consistenza di immagini. Oggetto della visione é un perpe-
tuo rovesciamento in funzionale attivo, liberta ogni giorno riconquistata, pericolo e salvezza ininterrotti™. Ottant’anni dopo la morte di Goethe, nel 1912, appariva Der Tod in Venedig® di Thomas Mann (1875-1955): la Venezia del racconto torna a contrapporre, al sogno del riscatto d’una palude in una citta, la minaccia dell’assimilazione d’una citta a una palude. Meno evidentemente, anche qui é tematico un qualche rapporto fra il lavoro umano (non manuale) e la natura. Ma la positivita creativa dell’uno entra da principio in crisi, per troppo costo di repressione; la negativita dell’altra, distruttiva, finisce tragicamente interiorizzata. Gustav von Aschenbach deve la gloria di scrittore e maestro
spirituale all’austera fatica quotidiana, nonché all’avveduta dignita ufficiale, cui si é educato fin dall’adolescenza. La narrazione comincia dal suo cedimento a una stanchezza vittualmente mortale; e la natura che in lui si fa strada, anziché identificarsi con la sanita o la normalita, se ne dissocia prepotentemente. Percié le prime immagini di natura esterna, nelle quali un improwviso desiderio di viaggio si concreta quasi in allucinazione, si spingono di colpo allo sterile-nocivo pit inaccessibile e inconciliabile. Non cito, del lussureggiante AE AGI. Da AST 280 Tbid., pp. 460, 482.
8! Thid., pp. 487-89, 492-93. 282 Thid., p. 499. 283 [La morte a Venezia).
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periodo, che l’inizio e la fine — elementi dei quali ricorreranno pid tardi: .. ef sah, sah eine Landschaft, ein tropisches Sumpfgebiet unter dickdunstigem Himmel, feucht, iippig und ungeheuer, eine Art Urweltwildnis aus Inseln, Morasten und Schlamm fiihrenden Wasserarmen...
[...] ...sah zwischen den knotigen Rohrstammen des Bambusdickichts die Lichter eines kauernden Tigers funkeln — und fihlte sein Herz pochen vor Entsetzen und ratselhaftem Verlangen™.
Se questo é il desiderio, il reale progetto di viaggio estivo non puo essere che ben piti moderato: « Nicht gar weit, nicht gerade bis zu den Tigern»; «das Fremdartige und Bezuglose, welches jedoch rasch zu erreichen ware... »*”. Solo dopo essersi lasciato deludere da un’isola adriatica Aschenbach identifica, come sua unica plausibile meta, Venezia. La spiaggia del Lido lo appaga precisamente come — anche qui— linea di confine tra cultura e natura: «dieser Anblick sorglos sinnlich geniessender Kultur am Rande des Elementes»”. E poiché ha esperienza del pericolo che la laguna gli risulti malsana in quella stagione”, limprevisto non insorge dalla natura esterna ma da quella interna. Erano precedenti appena d’un anno o due al racconto i testi in cui Freud attribuiva all’omosessualita maschile una genesi insieme naturale e morbosa: rivendicandone l’universalita nella « disposizione perversa polimorfa» infantile, nelle persistenze adulte almeno inconscie; denunciandovi la regressiva fissazione del soggetto alla madre, il narcisistico scambio di parti fra Puno e Paltra che fonda la ricerca degli oggetti d’amore™. E nella rappresentazione intuitiva d’un tale narcisismo che Mann tocca testualmente un colmo di profondita. Aschenbach non scambia con Tadzio neppure una parola, anche quando po284 Cap. 1: Th. Mann, Erzahlungen, Fischer, Oldenburg 1959, p. 447. [... vide, vide un paesaggio, una palude tropicale sotto un cielo di fitta caligine, umido, rigoglioso e mostruoso, qualcosa come un selvaggio mondo primitivo di isole, pantani e bracci d’acqua trascinanti melma... [...] ... vide attraverso i tronchi di canna nodosi del fitto di bambi scintillare gli occhi di una tigre accovacciata — e si sent battere il cuore di orrore ed enigmatico desiderio]. 28 Tbid., pp. 449, 457. [Non tanto lontano, non proprio fino alle tigri]. [un luogo estraneo e irrelato, che fosse pero raggiungibile alla svelta...] 286 Tbid., p. 474. [questo spettacolo di cultura spensieratamente, sensualmente gaudente all’orlo dell’elemento]. 287 Tbid., pp. 472, 480. 88 Freud, Tre saggi cit., in Opere, t. IV, p. 459 nota x (il primo paragrafo é un’aggiunta del 1909); Id., Ux ricordo d’infanzia di Leonardo da Vinci, in Opere, Boringhieri, Torino 1974, t. VI (1909-1912), pp. 243-45.
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trebbe; la sua passione pederastica sembra sempre castamente visiva, anche quando nel suo comportamento ogni pudore é perduto. Affinché possa adorare nell’altro l’idealizzazione giovanile di sé, quest’altro deve restare un’immagine e non diventare troppo una persona. L’eccezionale sorriso che Tadzio gli rivolge non é se non a rovescio quello di Narciso: non certo l’adolescente nel cinguantenne, ma il cinquantenne nell’adolescente ammira senza speranza la propria bellezza”. Con quel sorriso si passa all’ultima fase del racconto, la cui costruzione lega le fasi interiori agli sfondi fisico-ambientali. Nel primo vagheggiamento estetico del ragazzetto polacco, incuriosito e discreto, si preparava la rivincita perversa della natura; cosi nell’euforia della spiaggia e nel fascino della citta era gia diffusa, dissimulando i suoi segni, |’epidemia di colera. La concentrazione di tali segni nella sfera olfattiva controbilancia la parsimonia d’immagini. II sentore lievemente marcio é ricordato a pit riprese come caratteristico
della laguna”; una pura descrizione d’afa, pluralita di odori, profumo e fumo stagnanti, pud occupare il doppio delle righe che bastano subito dopo a un’evocazione di luogo: « Auf stillem Platz, einer jener vergessen und verwunschen anmutenden Ortlichkeiten, die sich imInnern Venedigs finden, am Rande eines Brunnens...»”. E il momento della decisione di ripartire, che sara vana. Segue il primo dei tre soli passi in cui immagini veneziane prendono consistenza; nes-
sun lettore, credo, si accorge facilmente che siano tanto rari: Am nachsten Gondel-Halteplatz nahm er ein Fahrzeug und liess sich durch das triibe Labyrinth der Kanale, unter zierlichen Marmorbalkonen hin, die von Lowenbildern flankiert waren, um glitschige Mauerecken, vorbei an trauernden Palastfassaden, die grosse Firmenschilder im Abfall schaukelnden Wasser spiegelten, nach San Marco leiten””.
289 Mann, Erzablungen cit., pp. 493-94, 496-97, 498.
2 Ibid., pp. 472, 479, 483, 503.
21 Thid., p. 480. [In un campo silenzioso, uno di quei luoghi dimenticati e dall’aspetto stregato che si trovano all’interno di Venezia, all’orlo d’una fontana...] 292 Cap. uu: zbid., pp. 480-81. [Al pit vicino posteggio di gondole prese un veicolo e, attraverso il torbido labirinto dei canali, sotto leggiadri balconi di marmo con im-
magini di leoni a fianco, intorno ad angoli di muro sdrucciolevoli, accanto a luttuose facciate di palazzi che specchiavano grandi insegne di ditte nell’acqua dondolante rifiuti, si fece portare a San Marco].
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Il logoro-realistico precedeva lo sterile-nocivo gia sulla nave italiana con cui Aschenbach era arrivato; callette e fondamenta sono dette ripetutamente « sporche », e nella spiaggia finale e autunnale la sabbia non é pit pulita » Ma la malattia e la morte si annunciano solo quando un odore medicinale si fa distinto fra gli odori, per essere a pit riprese ricordato a sua volta” Il «cattivo segreto» di Venezia, tardivamente disinfettata, si fonde con quello del protagonista; la sua complicita col cinismo delle autorita cittadine, nel rinunciare ad avvertire la madre di Tadzio di quanto ha saputo, é ormai avversione nauseata per ogni temperanza e sforzo e morale”. Ultimo
passo visivo veneziano”*, Pignaro ritorno ad un luogo nell intimo della «citta malata» — doveirifiuti sono diventati un sintomo come I’acido fenico nell’aria: Ein kleiner Platz, verlassen, verwunschen anmutend, offnete sich vor ihm, er erkannte ihn, es war hier gewesen, wo er vor Wochen den verei-
telten Fluchtplan gefasst hatte. Auf den Stufen der Zisterne, inmitten des Ortes, liess er sich niedersinken und lehnte den Kopf an das steinerne Rund. Es war still, Gras wuchs zwischen dem Pflaster, Abfalle lagen umher. Unter den verwitterten, unregelmassig hohen Hausern in der Runde erschien eines palastartig, mit Spitzbogenfenstern, hinter denen die Leere wohnte, und kleinen Lowenbalkonen. Im Erdgeschoss eines anderen befand sich eine Apotheke. Warme Windstdsse brachten zuweilen Karbolgeruch””.
Frattanto Pallucinazione tropicaleé stata ripresa parola per parola, con gliacquitrini e la tigre. ELiimpiegato inglese d’una agenzia turistica a informare; a riferire, équella voce d’autore che del desiderio erotico di Aschenbach ha censurato qualsiasi precisazione, e ricalcando il suo iniziale deside2 Thid., pp. 458, 459; 500, 502, 520; 523. 24 Thid., pp. 499, 501, 508, 509, 517, 519, 521. 2 Tbid., pp. 500-1, 514-15. 2 Poco pertinente il secondo dei tre, zbid., pp. 502-3. 297 Cap. v: ibid., pp. 520-21. [Un piccolo campo, abbandonato, dall’aspetto stregato, gli si apri davanti, lo riconobbe, era stato qui che settimane prima aveva concepito il fallito progetto di fuga. Sui gradini della cisterna, al centro del luogo, si lascid andare a terra e appoggio la testa alla pietra circolare. C’era silenzio, l’erba cresceva fra il selciato, rifiuti giacevano in giro. Fra le case intorno, rovinate dalle intemperie, di altezza irregolare, una era simile a un palazzo, con finestre ogivali dietro cui regnava il vuoto, e balconcini con leoni. Al piano terra di un’altra si trovava una farmacia. Caldi soffi di vento recavano di quando in quando odore di acido fenico].
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rio di viaggio ostenta la stilizzata ricercatezza dello stesso Aschenbach scrittore: Seit mehreren Jahren schon hatte die indische Cholera eine ver-
starkte Neigung zur Ausbreitung und Wanderung an den Tag gelegt. Erzeugt aus den warmen Morasten des Ganges-Deltas, aufgestiegen mit dem mephitischen Odem jener uppig-untauglichen, von Menschen gemiedenen Urwelt- und Inselwildnis, in deren Bambusdickichten der Tiger kauert...”*
33. Avviamocia concludere il disegno dell’albero semantico, completando le due ultime definizioni con l’opposizione terminale ancora da decidere (Iv, 29). Leggiamo le parti consecutive comuni alle due definizioni, esclusi gli elementi diversificanti: corporetta non-funzionale, nel cui effetto immaginario é prevalente un’incidenza sul tempo attuale che ha luogo in un ordine naturale, elaborata... Per suddividere lo spazio semantico che si apre sotto quest’ultimo elemento, e distinguere una categoria semipositiva da una negativa, qual é lopposizione strategicamente pit promettente? Gia attra-
verso le riflessioni generali del primo capitolo, e i sondaggi del secondo su testi di Arnim, Flaubert, Gozzano, Roth, si erano proposti problemi o fissati punti che tornano utili ora: primo punto, che le immagini di corporeita non-funzionale possono benissimo essere immagini di merci, in vendita o vendute (1, 4, 7; U, 5, 6). Nel caso degli oggetti d’antiquariato, si da per ipotesi una defunzionalizzazione primaria e una rifunzionalizzazione secondaria, nella dimensione praticoeconomica. Entro la quale non resterebbe neppure adito a una categoria negativa: che non presupponga, troppo semplicemente, vilta di prezzo o svendita o invendibilita. E con accesso alla dimensione simbolico-estetica che si fa meglio concepibile una rifunzionalizzazione mancata, carente, fallimentare. Contrapporla a una rifunzionalizzazione riuscita sembrerebbe possibile e persuasivo in termini estetici, pit precisamente in termini di gusto; basterebbe adottare, come opposizione terminale: 28 Cap. v: tbid., p. 512. [Gia da molti anni il colera indiano aveva dimostrato un’inclinazione sempre pit forte ad ampliarsi e a spargersi. Generato dai caldi pantani del delta del Gange, favorito dal soffio mefitico di quel selvaggio mondo primitivo di isole, tigoglioso e malsano, evitato dall’uomo, nei cui fitti di bambti si accovaccia la tigre...]
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ELABORATA,
E PRESENTATA
E PRESENTATA
come di buon gusto
come di cattivo gusto
Eppure, conoscenza dei testi non suggerisce di prescegliere un’opposizione di gusto, non pid che di prezzo — anche a considerare solo il caso dell’antiquariato. Era stato un problema gia sollevato: de- e rifunzionalizzazione coinvolgono una de- e ricontestualizzazione culturale, sia nel tempo sia nello spazio. Se non fosse cosi, al di la del caso in questione, manufatti non obbligatoriamente né prevalentemente segnati da un decorso di tempo sarebbero difficili da pensare come oggetti non-funzionali. Nel secondo capitolo, dal termine di cattivo gusto ero slittato subito al tedesco ormai internazionale Kitsch (11, 4, 5, 6, 7, 12): un termine intraducibile, mal definito, e insostituibile. Come quello, anche questo
mobilita senza dubbio la dimensione estetica. Ma lo fa secondo sottintesi cominciati non prima della civilta borghese di pieno Ottocento: sottintesi da cui é mobilitata, insieme,
una terza dimensione difficile da qualificare meglio che come storico-culturale. Ne va infatti (lo si era intravisto) di autenticita o inautenticita delle esperienze culturali riferibili agli oggetti, a partire appunto da una decontestualizzazione di essi nel tempo o nello spazio. Ne va quindi del costo intellettuale, che un’esigenza di rigore potrebbe far divenire in qualche misura morale, della ricontestualizzazione di essi: ben differente dal loro prezzo in danaro. Suppongo che debba provenire da questa dimensione complessa, piuttosto che dalla pura dimensione estetica, l’opposizione pit penetrante da far reagire sui testi. Frattanto, si confermano costanti assumibili come l’equivalente d’un concetto di Kitsch — al nostro scopo, del Kitsch di oggetti: inautenticita o sospesa prova di autenticita dell’esperienza, basso costo intellettuale se non morale della ricontestualizzazione. Occasioni in cui un non-vissuto si spaccia, con credula o presuntuosa comodita, quale vissuto. L’assumere costanti concettuali molto pid astratte servira a sganciare le categorie d’immagini che andiamo a definire da troppo determinate « materie del contenuto »: antiquariato, merci. Se seguo il filo di simili costanti materiali, come spesso avevo fatto nel secondo capitolo, sara per lasciarlo
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presto cadere. In quel capitolo il testo di Arnim mi faceva parlare d’un effetto Kitsch di anticaglie invendute e riutilizzate; ma il sospetto di anacronismo che esprimevo si é giustificato. La rigattiera compra e rivende, e nelle more si serve come puo delle merci pit inservibili. I risultati di cid, comicamente casuali, non pretendono all’ornamento e non rivolgono anessuno sollecitazioni culturali fittizie: un tale fenomeno non era ancora letterariamente rappresentabile a una certa data, e nella pagina di Arnim — al di qua d’un suo effetto retrospettivo che mi ero provato a motivare—non vedrei che un tardo e originalissimo esempio di frusto-grottesco. L’antiquariato a cui s intitola un romanzo pubblicato quattro anni dopo, nel 1816, non comporta vendita di oggetti per profitto bensi acquisto per passione di collezionista. Sitratta del terzo romanzo storico scozzese di Walter Scott (1771-1832), The Antiquary””: il culto delle antichita locali che l’appellativo attribuisce al protagonista va inteso nel senso piu ampio. Dal raccogliere libri e altri oggetti si estende all’identificare campi di battaglia romano-caledonie resti di fortificazioni, datare rovine, decifrare iscrizioni e trascrivere canti popolari. L’erudizione del vecchio Oldbuck é pit seria di quella del dilettante col quale suole discutere, Sir Arthur, di antico li-
gnaggio e ancora devoto agli Stuart negli ultimi anni del Settecento: nonostante Oldbuck discenda da borghesi tedeschi, e sia fedele alla dinastia regnante. Loquace ma caustico, pedante ma critico, egocentrico e misogino ma retto e in fon-
do bonario, é tra i personaggi di Scott pit dotati di vita verbale. Verso l’inizio, l’ambiente riempito dalla sua collezione viene descritto cosi: One end was entirely occupied by book-shelves, greatly too limited in space for the number of volumes placed upon them, which were, therefore, drawn up in ranks of two or three files deep, while numberless
others littered the floor and the tables, amid a chaos of maps, engravings, scraps of parchment, bundles of papers, pieces of old armour, swords, dirks, helmets, and Highland targets. Behind Mr. Oldbuck’s seat (which was an ancient leathern-covered easy-chair, worn smooth by constant use), was a huge oaken cabinet, decorated at each corner
with Dutch cherubs, having their little duck-wings displayed, and great jolter-headed visages placed between them. The top of this cabinet was covered with busts, and Roman lamps and paterae, intermingled with one or two bronze-figures. [...]. A large old-fashioned oaken table was 29 [L’antiquario).
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covered with a profusion of papers, parchments, books, and nondescript trinkets and gew-gaws, which seemed to have little to recommend them, besides rust and the antiquity which it indicates. In the midst of this wreck of ancient books and utensils, with a gravity equal to Marius among the ruins of Carthage, sat a large black cat, which, to a superstitious eye, might have presented the genius loci, the tutelar demon of the apartment. The floor, as well as the table and chairs, was
_ overflowed by the same mare magnum of miscellaneous trumpety, where it would have been as impossible to find any individual article wanted, as to put it to any use when discovered ™.
Quattro espressioni sinonime, quanto alla frammentaria
abbondanza di oggetti sparsi, equiparano i tavolie le sedie al pavimento e questo a quelli: «un caos di... », «una profusione di...», «questi relitti di...», «lo stesso mare magnum di...» I rispettivi complementi di specificazione reggono serie di elementi digradanti dal distinto all’indistinto, e da cid che ha un interesse a cid che ne é privo. Prima, un elenco di nove elementi denominati, carte ed armi non connotate in sé di
frusto-grottesco; piti sotto, un corto elenco che sfocia nellinclassificabile, non contrassegnato che dalla ruggine; poi una ripresa di esso in due soli elementi; infine un miscuglio non piu articolato, dove si assicura con umoristica obiettivita che lintrovabile e l’inutilizzabile coincidono — come si assicura, nelle righe successive non citate, che é difficile sedersi senza o produrre o patire un danno. Nelle righe omesse si scherza sulle sgraziate figurazioni arturiane della tappezzeria, ma non sui ritratti di famiglia e di storia scozzese. I che300 Cap. m1: W. Scott, The Antiquary, Everyman’s Library, London — New York 1975, Ppp. 31-32 (cfr., pp. 321-22, la frase sul «museo»). [Un’estremita era interamente occupata da scaffali di libri, di gran lunga insufficienti come spazio per il numero di volumi in essi contenuti, che erano percio allineati if profondita su due o tre file, mentre altri innumerevoli erano sparpagliati sul pavimento e sui tavoli, in mezzo a un caos di mappe, incisioni, frammenti di pergamena, fasci di carte, pezzi di vecchia armatura, spade, pugnali, caschi, e scudi degli Altopiani. Dietro il seggio di Mr Oldbuck (che era un’antica poltrona foderata di cuoio, consunta e levigata dall’uso co-
stante), c’era un grande stipo di quercia, decorato ai due lati da cherubini olandesi, con le alette d’anatra spiegate, e faccioni sciocchi in mezzo a esse. La cima di questo
stipo era coperta di busti, e lanterne e coppe romane, miste a una o due figure di bronzo. [...]. Un largo antiquato tavolo di quercia era coperto da una profusione di carte, pergamene, libri e insignificanti gingilli e cianfrusaglie, che parevano segnalati quasi soltanto dalla ruggine e dall’antichita che essa indica. In mezzo a questi relitti di antichi libri ed arnesi, con la stessa gravita di Mario tra le rovine di Cartagine, sedeva un gran gatto nero, che a un occhio superstizioso sarebbe sembrato il genius loci, il demone tutelare dell’appartamento. Il pavimento, cosi come i tavoli e le sedie, era sommerso dallo stesso mare magnum di chincaglieria miscellanea, dove sarebbe stato tanto impossibile trovare una singola cosa voluta, quanto utilizzarla se anche la si fosse scoperta].
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rubini che decorano lo stipo hanno faccioni sciocchi in mezzo ad ali d’anatra; ma statue e arnesi romani che lo coprono sono certamente quanto di pit pregiato. Il frusto-grottesco trionfa, a spese d’un monitorio-solenne parodiato — quello di Poggio Bracciolini (Iv, 6)? —, nel paragone del gatto con Mario e dunque dei relitti circostanti con le rovine di Cartagine. Ma é detto con neutralita da logoro-realistico che l’uso ha reso « consunta €levigata» la poltrona di Oldbuck; e in tutta la descrizione é come rispecchiato il personaggio. Fra il nucleo valido della collezione e la smodata ridondanza dei ciarpami, ¢’é un rapporto analogo a quello fra la competenza dell’antiquario e la sua maniacale verbosita, che non rinuncia mai ad associazioni d’idee superflue e non sempre a congetture avventate. Come tema, a sua volta, é evidente che cosa l’antiquariato rispecchia: il genere letterario stesso del romanzo storico e la sua poetica. L’interesse scrupoloso e nostalgico verso il passato che é proprio di quella poetica, e dell’opera di Scott, si tempera qui di autoironia affettuosa. Oldbuck riesce divertente fin dal suo presentarsi, ed é scherzosa la frase che presenta le occupazioni dotte sue ed altrui”; viene paragonato a Don Chisciotte come al primo dei bibliomani”. Non c’é da aspettarsi, con un tale protagonista, che s’impongano nel romanzo immagini di venerando-regressivo”. Si concretano
immagini di magico-superstizioso e di prezioso-potenziale; ma é un ciarlatano a enunciare ricette macabre, e lo scavo di
tesori in fondo a una tomba é impostura o beneficenza camuffata™. Né si tocca il sinistro-terrifico quando un personaggio dorme nella camera gravata da una leggenda spettrale, evede lo spettro in sogno””. Il contesto del romanzo é moderato riguardo all’insieme delle nostre categorie — legittimando che siano trattate come un insieme. E nella descrizione citata vedrei un esempio tra frusto-grottesco e logororealistico: il primo, vicino — a differenza dal caso di Arnim, all’inverso del caso di Gogol’ (11, 8) — a trasformarsi nel se301 Tbid., p. 24. BE Nigelsvo eee 303 Poco sviluppati in questo senso sia l’irregolare edificio di Monkbarns, pp. 28, 331, sia le romantiche rovine di Saint-Ruth, pp. 152-53 e passim, sia il cupo castello cattolico di Glenallan, pp. 259, 261, 263.
304 Ibid., pp. 156-57; 202-3; 214; 224-25, 395. 30 Thid., pp. 85-96.
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condo, la cui verosimiglianza e precisione gia lo consolidano in fondo. C’é di che introdurre categorie nuove? Gli oggetti sono tesorizzati, eppure presentati senza l’apprezzamento
che ci vorrebbe per una categoria semipositiva; decontestualizzati troppo poco, perché il loro deprezzamento postuli una categoria negativa nuova. A buon diritto Oldbuck si scandalizza, pit oltre, d’incongrui avvicinamenti moderni: «A monument of a knight-templar on each side of a Grecian porch, and a Madonna on the top of it! »” 34. Lo scandalo di simili avvicinamenti é sfruttato narrativamente in uno dei primissimi romanzi originali di Balzac, La Peau de Chagrin” ,pubblicato nel 1831. Il giovane Raphaél de Valentin, giocata la sua ultima moneta in una bisca, decide di gettarsi nella Senna di notte; per passare qualche ora entra nel negozio d’un antiquario. La gli verra offerto un talismano, la pelle d’onagro che pu6 esaudire ogni desiderio — ma restringendosi, e accorciandogli la vita, in proporzione. La descrizione del negozio é lunghissima e attraversa pit fasi: Raphaél perde gradualmente il senso della realta, la visione delle merci antiche ed esotiche gli si tramuta in allucinazione. Cito la prima fase, il primo sguardo sul groviglio d’immagini: Au premier coup d’ceil, les magasins lui offrirent un tableau confus, dans lequel toutes les ceuvres humaines et divines se heurtaient. Des crocodiles, des singes, des boas empaillés souriaient 4 des vitraux d’église, semblaient vouloir mordre des bustes, courir aprés des laques, ou grimper sur des lustres. Un vase de Sévres, ot madame Jacotot avait peint Napoléon, se trouvait auprés d’un sphinx dédié 4 Sésostris. Le commencement du monde et les événements d’hier se mariaient avec
une grotesque bonhomie. Un tournebroche était posé sur un ostensoir, un sabre républicain sur une hacquebute du Moyen Age. Madame Dubarry peinte au pastel par Latour, une étoile sur la téte, nue et dans un nuage, paraissait contempler avec concupiscence une chibouque indienne, en cherchant 4 deviner l’utilité des spirales qui serpentaient vers elle. Les instruments de mort, poignards, pistolets curieux, armes
a secret, étaient jetés péle-méle avec des instruments de vie: soupiéres en porcelaine, assiettes de Saxe, tasses diaphanes venues de Chine, saliéres antiques, drageoirs féodaux. Un vaisseau d’ivoire voguait a pleines voiles sur le dos d’une immobile tortue. Une machine pneumatique 306 Tbid., p. 142; e cfr., p. 173, il suo biasimo dell’architettura del tempo di Giacomo I. [Un sepolcro di templare da entrambi i lati d’un porticato greco, e una madonna in cima!]
37 [La pelle di zigrino).
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éborgnait l’empereur Auguste, majestueusement impassible. Plusieurs portraits d’échevins francais, de bourgmestres hollandais, insensibles alors comme pendant leur vie, s’élevaient au-dessus de ce chaos d’antiquités, en y lancant un regard pale et froid. Tous les pays de la terre semblaient avoir apporté la quelque débris de leurs sciences, un échantillon de leurs arts. C’était une espéce de fumier philosophique auquel rien ne manquait, ni le calumet du sauvage, nila pantoufle vert et or du sérail, ni le yatagan du Maure, ni l’idole des Tartares. Il y avait jusqu’a la blague a tabac du soldat, jusqu’au ciboire du prétre, jusqu’aux plumes d’un tr6ne*®.
Qui non mania privata e provinciale addensa gli oggetti, ma mercificazione urbana e cosmopolita. Non meno della loro eterogeneita temporale e spaziale, ne esaspera la decontestualizzazione il loro accozzarsi presente: non c’é posto per Lalone culturale di nessun oggetto, perché non ne lasciano a ciascuno tutti gli altri oggetti. Tutti gli altri sono l’unico prossimo contesto accordato a ciascuno — come all’inizio di questo libro dicevo che accade, verbalmente, in un elenco di cose (1, 1). La contiguita infatti, qua e 1a nel testo, genera
elenchi; 0 esplicita se stessa: «si trovava accanto a», «era posato su», «erano gettati alla rinfusa con»; o sottolinea i propri opposti effetti d’insieme: «si scontravano», «si sposavano». Dalla stessa contiguita nascono inedite figure, che animano le cose inventando fra l’una e l’altra relazioni accidentali e intenzioni assurde. Gli animali impagliati «sembrava3% Balzac, La Comédie humaine, «Bibliothéque de la Pléiade», 1969, t. X, p. 69. [Al primo colpo d’occhio, i negozi gli offrirono un quadro confuso, in cui tutte le opere umane e divine si scontravano. Coccodrilli, scimmie, boa impagliati sorridevano a
vetrate di chiesa, sembravano voler mordere busti, inseguire lacche, o arrampicarsi su lampadari. Un vaso di Sévres, su cui madame Jacotot aveva dipinto Napoleone, si trovava accanto a una sfinge dedicata a Sesostri. L’inizio del mondo e gli eventi di ieri si sposavano con una grottesca bonomia. Uno spiedo era posato su un ostensorio, una sciabola repubblicana su un archibugio del Medioevo. Madame Dubarry dipinta a pastello da Latour, con una stella in testa, nuda e in una nuvola, sembrava contempla-
re con concupiscenza una pipa indiana, cercando di indovinare l’utilita delle spirali che serpeggiavano verso di lei. Gli strumenti di morte, pugnali, curiose pistole, armi con segreto, erano gettati alla rinfusa con strumenti di vita: zuppiere di porcellana, piatti di Sassonia, tazze diafane venute di Cina, saliere antiche, confettiere feudali. Un
vascello d’avorio navigava a piene vele sul dorso d’una immobile tartaruga. Una macchina pneumatica cavava un occhio all’imperatore Augusto, maestosamente impassibile. Vari ritratti di scabini francesi, di borgomastri olandesi, insensibili allora come durante la loro vita, si elevavano al di sopra di questo caos di antichita, gettandovi uno sguardo pallido e freddo. Tutti i paesi della terra sembravano aver apportato 1a alcuni frantumi delle loro scienze, un campione delle loro arti. Era una specie di concime filosofico al quale niente mancava, né il calumet del selvaggio, né la pantofola verde e oro del serraglio, né lo iatagan del Moro, né l’idolo dei Tartari. C’erano fin la borsa da tabacco del soldato, fino il ciborio del prete, fin le piume di un trono].
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no» sorridere o minacciare attacchi agli arredi, Mme Dubarry «pareva» concupire una pipa indiana; senza pit verbi d’apparenza, il vascello d’avorio «navigava a piene vele» sulla tartaruga, la macchina pneumatica « cavava un occhio» ad Augusto. Simili figure sono lontanissime dal frusto-grottesco della descrizione di Scott. Nel tono fantastico a cui contribuiscono circola qualcosa di stupefacente, se non di ammirativo: é la volta di verificare la nuova categoria negativa, 0 la semipositiva? Che esperienze autentiche siano mediate dagli oggetti in questione, é quanto le fasi seguenti della contemplazione di Raphaél si adoperano a farci credere. In una seconda fase, sembra ai suoi occhi febbricitanti
che l’Egitto intero sorga da una singola mummia, o la Grecia da una statua; o le religioni indiane da un idolo, o la cavalleria da un’armatura milanese, ecc. In una terza fase si personifica come individuo, fissando le cose ad una ad una, nella vita del selvaggio e poi in quella del corsaro e poi in quella del monaco e cosi via”. Ciascun oggetto si da per una metonimia o antonomasia evocatrice: una parte capace da sola di re-
stituire alla fantasia il tutto storico e geografico relativo — il quale a sua volta non si lascia fantasticare se non per parti scelte, metonimie o antonomasie al plurale anziché al singolare. Ora, il percorso mentale delle ricontestualizzazioni a buon mercato, dei falsi vissuti occasionati da oggetti, é pid facilone a piacere ma non in sostanza diverso. Ed é applicabile al concetto di Kitsch la distinzione che ho fatta in sede preliminare: tra non-funzionalita come attributo di certe immagini in un testo, e negazione della funzionalita d’un testo come giudizio di valore su di esso (1, 5)-Se in prima fase Balzac rappresenta volontariamente immagini di Kitsch obiettivato, fa in seguito involontariamente cattiva letteratura Kitsch? I suo sregolato genio mette a cimento l’ovvieta e il rigore della distinzione: che pure é da prevedere piu indispensabile che mai, per un impiego coerente della nuova categoria negativa. Nell inizio citato, sono mostrate mirabilmente le contraddizioni virtuali in ogni esibizione di oggetti decontestualizzati, con la loro proposta di esperienze inconsuete. Subito dopo, é come se l’intelligenza stessa del fenomeno ne favorisse la produzione involontaria: tali esperienze vengono *” Tbid., pp. 70-71, 72-73.
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prese sul serio, in dosi intensive ed effimere, ma per vie tanto pia convenzionali. In attesa di quell’apparizione alla Hoffmann che sara il vecchietto commerciante, dopo un’ultima fase di delirio visuale del suicida presuntivo”’, l’autore prepara il dato soprannaturale. Ma Balzac non é Hoffmann; e d’un tale dato non ha tutti i torti di affermare che « devait étre impossible» a Parigi, sul quai Voltaire, nel secolo xx — quando «nous ne croyons plus qu’aux paraphes des notaires »". Non metto in discussione lo statuto letterario del soprannaturale, nei non pochi capolavori che conteranno fra le Etudes philosophtques”. Solo, La Peau de Chagrin non é un capolavoro maturo; e la componente di sinistro-terrifico o di magico-superstizioso non é la dominante, nello straordinario esempio impuro che ne ho ricavato. Vera meraviglia in esso appare il mondo moderno, con l’onnicomprensivita spaziale del suo imperialismo e temporale del suo storicismo. Non uno degli oggetti spogli di alone vale a trasmettere modelli da venerando-regressivo; direi che, delle categorie definite, quella con cui pid si contaminano le nuove é un laicizzato monitoriosolenne. Tutto finisce con |’azzerarsi metastoricamente, nella somma di cose di cui si dice che era « una specie di concime filosofico al quale niente mancava». E secondo |’ultima frase del paragrafo che precede la citazione, Raphaél « devait voir par avance les ossements de vingt mondes»””; i referenti e cadaverico ed escrementizio suggellano il configurarsi di tante merci come altrettante antimerci. Balzac ci avra comunque molto aiutato, e non indirettamente come Scott, a
compiere le definizioni delle nuove categorie. Non ancora a ben documentarle: per questo, bisogna andare a un’epoca piu tarda di quella della svolta storica. 35. Dal 1897 al 1901, tutt’altro che indegni di concludere col secolo la tradizione narrativa di esso, si susseguirono i quattro romanzi del ciclo da Anatole France (1844-1924) inti310 Ibid., pp. 74-77.
3 Tbid., pp. 79, 237. E significativo, per il mio discorso, che si possa ravvisare nell’'antiquario hoffmanniano de La Peau de Chagrin un prototipo del personaggio di Gobseck — in cui éil capitalismo a prendere forma umana. [doveva essere impossibile]. [non crediamo pit che alle sigle dei notai].
32 [Studi filosoficz). 3B Thid., p. 69. [doveva vedere in anticipo !’ossame di venti mondi].
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tolato Histoire contemporaine™. Assicura lunita dei primi tre, oltre al personaggio indimenticabile di Bergeret, lo stesso andamento rilassato da cronaca provinciale d’attualita; quel che somiglia di pit a una trama sono gli intrighi che, alla fine del terzo, risulteranno nell’elevazione dell’abate Guitrel al vescovato. Nel primo, L’Orme du mail”’, il contrasto fra
questo prete astuto, untuoso ed amabile e il suo intransigente superiore Lantaigne da luogo a una gara di comicita e quasi di simpatia fra idue personaggi. Una delle accuse pit indignate é mossa dal superiore a Guitrel per la sua frequentazione semiclandestina del prefetto israelita, libero pensatore e massone: su sfondo politico circostanziato, alle soglie dell’affare Dreyfus, le mire del prete e del funzionario repubblicano convergono in un laborioso spirito di conciliazione. Lo favorisce, da parte della coppia prefettizia, il retroterra sociologico e psicologico. Nell’intimita di un ecclesiastico francese, Worms-Clavelin «se francisait lui-méme, se natu-
ralisait, dépouillait les restes pesants de son Allemagne et de son Asie»; é per lui una rivincita e una lusinga”’. E per sua moglie, ebrea di origini povere, la compiacenza di Guitrel é la grande occasione di appagare una bramosia concentrata fin dalla gioventtG su una certa categoria di oggetti: Elle lui confia qu’elle avait la passion du bibelot, qu’elle était folle de brocarts, de velours frappés, d’orfrois, de broderies et de dentelles. Elle lui avoua des convoitises amassées dans son ame depuis le temps ot
elle trainait sa jeune misére devant les étalages des brocanteurs, au quartier Bréda. Elle lui dit qu’elle révait un salon avec de vieilles chapes et de vieilles chasubles, et qu’elle recherchait aussi les bijoux anciens. Il répondit qu’en effet les ornements sacerdotaux offraient aux artistes des modéles précieux, et qu’il y avait 1a une preuve que l’Eglise n’était pas ennemie des arts. compter de ce jour, M. Guitrel alla dénicher dans les sacristies rurales des vieilleries somptueuses, et il ne se passait guére de semaine qu’il n’apportat chez Rondonneau jeune, sous sa douillette, quelque chasuble ou quelque chape, enlevée adroitement a un innocent curé. M. Guitrel était fort exact d’ailleurs 4 remettre a la fabrique dépouillée la piéce de cent sous dont le préfet payait la soie, lebrocart, le velours et les galons. 34 [Storia contemporanea). >> [L’olmo del viale|. 316 A. France, CEwvres, « Bibliothéque de la Pléiade », 1987, t. I, pp. 736-37. [si francesizzava lui stesso, si naturalizzava, si spogliava dei resti pesanti della sua Germania e della sua Asia].
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En six mois, le salon de madame Worms-Clavelin devint semblable a un trésor de cathédrale, et il y trainait une lente odeur d’encens*”.
Rispondendo che la Chiesa non é nemica delle arti, forse Guitrel non sa di ridurre a litote — alla distanza del secolo intero — la tesi del Génie du Christianisme di Chateaubriand (iv, 2). Mai«vecchiumi sontuosi» che si presta a procacciare non formano certo immagini di venerando-regressivo: non é in senso di propaganda religiosa o conservatrice che valgono come esemplari. Altrimenti’abate non praticherebbe una moderna e moderata simonia, come fa malgrado la sua scrupolosita nel trasmettere l’infimo prezzo —e malgrado Vintolleranza clericale da lui dissimulata fino al voltafaccia della prima lettera episcopale, dove fra l’altro minaccera la scomunica a chi vende e compra oggetti di culto””. L’esemplarita di essi qui non ha pit niente d’ideologico e d’impegnativo: si é perpetuata solo nell’apparente inoffensivita dell’ornamento. Come tali, il decorso di tempo che li grava li rende impareggiabili, allo scopo di qualificare e dignificare un salotto di nuovi arrivati. Ne da la misura il linguaggio passionale che esprime la mania della prefettessa, nata Noémi Coblentz; e nell’ultima frase citata la comparazione con un tesoro di cattedrale e l’odore d’incenso, iperbolici e ironici, danno la misura del piccolo trionfo di lei. Il terribile abate Lantaigne aveva dato una prova della sua ingenuita scrivendo all’arcivescovo che la signora collezionava oggetti di culto «benché israelita»”’. Era pit giusto scrivere: perché tale. La 37 Cap. 1v: tbid., p.738. [Gli confidd che aveva la passione del gingillo, che andava pazza per i broccati, per i velluti rabescati, per i paramenti bordati, per i ricami e per i merletti. Gli confess6 cupidigie ammassate nell’anima di lei fin dal tempo in cui trascinava la sua giovane miseria davanti alle vetrine dei rigattieri, nel quartiere Bréda. Gli disse che sognava un salotto con vecchi piviali e vecchie pianete, e che andava in cerca anche di gioielli antichi. Lui rispose che in effetti gli ornamenti sacerdotali offrivano agli artisti modelli preziosi, e che in cid stava una prova che la Chiesa non eta nemica delle arti. A partire da quel giorno, M. Guitrel and6 a snidare nelle sagrestie rurali vecchiumi sontuosi, e non passava mai settimana senza che portasse da Rondonneau il giovane, sotto il suo soprabito invernale, qualche pianeta o qualche piviale, sottratto abilmente a un innocente curato, M. Guitrel era del resto molto preciso nel rimettere alla fabbriceria spogliata le monete da cento soldi con cui il prefetto pagava la seta, il broccato, il velluto e i galloni. In sei mesi, il salotto di Madame Worms-Clavelin divenne simile a un tesoro di cattedrale, e vi indugiava un lento odore di incenso]. 318 Ibid., p. 770; A. France, L’Anneau d’améthyste (L’anello di ametista), in Cuvres, «Bibliothéque de la Pléiade», 1991, t. II, p. 167 (pp. 163-68). 39 France, Euvres, t. Il cit., p. 732.
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preferenza di lei per antichita sacre pit che profane dipende proprio, da questo, e nei due romanzi seguenti la vedremo estasiata che sua figlia venga educata a Parigi presso le Dame del Prezioso Sangue”. Sea fine secolo il borghese era ancora l’escluso di ieri, e sentiva precari i suoi privilegi di oggi in una societa sciolta da garanzie ereditarie, |’ebreo era come un borghese per eccellenza: in quanto pit escluso ieri, e pit precarlo oggi.
Ora, si sa quanto formidabilmente inventiva fosse stata la borghesia durante i due o tre secoli della sua ascesa, nellambito scientifico, tecnico, pratico del funzionale. Non cosi perd, una volta compiuta la sua ascesa, nell’ambito dei prestigi simbolici e degli ornamenti estetici: quello entro cui comunque aspirano a rifunzionalizzarsi, o bene o male che riesca, gli oggetti delle due categorie che ci restano da definire. Perché alla signora Worms-Clavelin, tutto sommato, loperazione sembra riuscita bene? Nell’ambito in questione la borghesia ottocentesca era stata essenzialmente imitativa: non aveva nemmeno tentato di darsi modelli nuovi, insistendo nel prendere a prestito quelli storici dei due «stati» privilegiati d’Ancien Régime, nobiliare ed ecclesiastico. Autenticamente appartenenti a quest’ ultimo modello, venuti dritto dalle sagrestie rurali sotto un soprabito di prete, gli acquisti della prefettessa sono omogenei fra loro e sono decontestualizzati una volta sola. Uno degli esempi del secondo capitolo ci permette un molteplice confronto: con gli acquisti del direttore d’orchestra di Roth (um, 5). Anch’essi erano ecclesiastici, ma provenienti da tante religioni diverse, e occasione percid d’ironia tanto maggiore. Anch’essi erano ottenuti a infimo prezzo; eppure, servivano a un’operazione decorativa anch’essa riuscita. Alla ricerca dell’opposizione migliore fra una categoria semipositiva e una negativa, la positivita di tale esito non pud non apparirci ancora pit importante dell’unicita o pluralita delle decontestualizzazioni. Anteponiamo, alle varianti fra i due testi, le costanti: non ne vedo che un’altra cosi importante a sua volta da giustificare la prima. Sia iWorms-Clavelin col concorso di Guitrel che il fratello e la cognata di Franz 720 Le Mannequin d’osier (Il manichino di vimini), ibid., pp. 974-79; L’Anneau d’améthyste, t. II cit., p. 149.
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Tunda, nell’addobbare la propria casa, sembrano aver saputo benissimo quello che facevano. Una o pit d’una, le decontestualizzazioni di oggetti sono altrettanto intelligibili per i personaggi quanto per I’autore e il lettore: in questo, e malgrado l’ironia, non c’é nessuno scarto fra livelli di consapevolezza nei due testi. 36. Avevo invece constatato proprio un simile scarto in
altri due esempi del secondo capitolo, poesia di Gozzano e racconto di Flaubert, col distinguervi i punti di vista dei personaggi e dell’autore (1, 4, 7). Il giudizio negativo di valore o di gusto su certi oggetti, dicevo, é giudizio d’autore contrapposto a quello presumibile dei personaggi; la tenerezza che nondimeno investono sugli oggetti lo stesso io poetico di Gozzano e la serva protagonista di Flaubert, possiamo ora dire, contamina in entrambi i casi col memore-affettivo la categoria negativa non ancora definita. Conviene cercarne esempi pit puri di nuovo in Flaubert, se é vero che la sua opera guarda al mondo moderno come all’irrimediabile decontestualizzazione di tutto. Perfino quando é ambientata nel mondo antico: in La Tentation de Saint Antoine”, il caotico sincretismo culturale del tardo impero romano é la proiezione pit legittima d’un colonialismo e d’uno storicismo onnicomprensivi, e della conseguente inflazione d’ogni autentica unicita.
E in Madame Bovary (1856), al momento
del matrimonio di Emma, una tale inflazione avente a che fare con le dimensioni della terra conosciuta e del passato tra-
mandato si proietta entro le dimensioni d’una torta nuziale — sia pure a tre piani: On avait été chercher un patissier 4 Yvetot pour les tourtes et les nougats. Comme il débutait dans le pays, il avait soigné les choses; et il aporta, lui-méme, au dessert, une piéce montée qui fit pousser des cris. la base, d’abord c’était un carré de carton bleu figurant un temple avec portiques, colonnades et statuettes de stuc tout autour dans des niches constellées d’étoiles en papier doré; puis se tenait au second étage un donjon en gateau de Savoie, entouré de menues fortifications en angélique, amandes, raisins secs, quartiers d’oranges; et enfin, sur la plate-forme supérieure, qui était une prairie verte ou il y avait des rochers avec des lacs de confiture et des bateaux en écales de noisettes, on voyait un petit Amour, se balancant 4 une escarpolette de chocolat, 321 [La tentazione di Sant’Antonio).
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dont les deux poteaux étaient terminés par deux boutons de rose naturelle, en guise de boules, au sommet ”.
Nella loro minuziosa presentazione verbale, é fuori dubbio che queste immagini di pasticceria debbano appartenere a una categoria negativa; e che sia colpa delle vaghe allusioni culturali che esibiscono, fondendole con l’attrattiva golosa. La pit effimera delle decontestualizzazioni, quella commestibile, eclissa l’eterogeneita dei riferimenti di piano in piano. Il tempio in cartone coi suoi portici, colonnati e statuette sa di greco; ma le stelle dorate, piuttosto, dire magi. Il torrione, con le sue fortificazioni in leccornie, sa di medievale. Il paesaggio che ha rocce e laghi in marmellata sa di alpestre e di preromantico (cfr. Iv, 29); ma l’amorino di greco, pur andando in altalena. Un fenomeno di decontestualizzazione é in qualche modo misurabile, se ci si chiede a quante culture si appiglia, quanto compatibili fra loro, quanto col contesto in cui pervengono, quanto convenzionali gli elementi che le rappresentano. Parlavo di colonialismo, oltre che di storicismo: i riferimenti della torta, disparati e banali secondo tutte le misure suddette, sono tutti europei. Non molte pagine dopo nel romanzo, il capitolo retrospettivo sull’educazione di Emma si apre invece col sogno coloniale degli amori di Paolo e Virginia, letti a meno di tredici anni. Poi fra le letture serali del convento, la domenica «per ricreazione», si ascoltano passi dal Génie du Christianisme: le reazioni dell’educanda al libro dove l’apologia di verita eterne si era fatta apologia del passato, malinconia di storia, sono espresse in una musicale frase alla Chateaubriand. Dopo i primi romanzi di bassa lega suona per lei l’ora di Walter Scott, e s’*invaghisce « di cose storiche». Non tanto cose materiali quanto personaggi, eminentemente decontestualizzati: poche illustri o sventurate donne 322 Parte I, cap. Iv: Flaubert, Ewvres, « Bibliothéque de la Pléiade», 1951, t. I, p. 351. [Erano andati a cercare un pasticciere a Yvetot per le torte e i torroni. Costui esordiva nel paese, per cui aveya fatto le cose con cura; e portd lui stesso, al dessert, una torta a ripiani che venne accolta con grida. Alla base, per prima cosa c’era un quadrato di cartone blu che raffigurava un tempio con portici, colonnati e statuette di stucco tutt’intorno entro nicchie costellate di stelle in carta dorata; poi stava al secondo piano un torrione in pasta di Savoia, circondato da minute fortificazioni in angelica, mandorle, uva secca, quarti d’arance; e infine, sulla piattaforma superiore, che era
una prateria verde dove c’erano rocce con laghi di marmellata e barche in malli di nocciole, si vedeva un Amorino, che si dondolava in un’altalena di cioccolato, i cui
due pali erano terminati da due bottoni di rosa naturale, a guisa di palle, in cima].
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«se détachaient comme des cométes sur l’immensité ténébreuse de l’histoire, o¥ saillissaient encore ¢a et 1a, mais plus
perdus dans l’ombre et sans aucun rapport entre eux» pochi campioni maschili, augusti o spietati’”. Nelle loro effigi, non manca a san Luigi la sua quercia né a Enrico IV il suo pennacchio. Ma Emma é troppo meno istruita di quanto non dovessimo supporre il Raphaél de Valentin di Balzac, per cadere come lui in un’illusione pur tanto sospetta di facilita: l’illusione di risalire da un attributo evocatore, quale parte, a un qualche tutto culturale. Eroine ed eroi risaltano, totalmente irrelati, su tenebre d’ignoranza immensa comela storia. Dal nessun contesto al falso contesto non c’é che un passo: e gli album di alcune compagne si adornano, sotto carta velina, d’incisioni di cui la voce d’autore si sofferma a trascrivere in
parole le immagini. Quelle che meritano addirittura di essere personificate e apostrofate, nell’ ultima lunga frase, sono prima le convenzionalita di un oriente alla moda negli anni venti del secolo; poi i paesaggi di contrade che un aggettivo come «ditirambiche» proietta verso tutte, e fuori da tutte, le collocazioni possibili: Et vous y étiez aussi, sultans a longues pipes, pamés sous des tonnelles aux bras des bayadeéres, djiaours, sabres turcs, bonnets grecs, et vous surtout, paysages blafards des contrées dithyrambiques, qui souvent nous montrez 4 la fois des palmiers, des sapins, des tigres a droite, un lion a gauche, des minarets tartares 4 l’horizon, au premier plan des ruines romaines, puis des chameaux accroupis; — le tout encadré d’une forét vierge bien nettoyée, et avec un grand rayon de soleil perpendiculaire tremblotant dans l’eau, ot se détachent en écorchures blanches, sur un fond d’acier gris, de loin en loin, des cygnes qui nagent ”.
Eppure sono raffigurazioni di elegante provenienza cittadina, agli occhi di colei che sara anche un po’ una mancata intellettuale di provincia. Fra la provincia e Parigi, quanto al323 Thid., pp. 357-59. L... si distaccavano come comete sull’immensita tenebrosa della storia, in cui risaltavano ancora qua e la, ma pid perduti nell’ombra e senza nessun rapporto fra loro...] 324 Parte I, cap. vi: zbid., pp. 359-60. [E c’eravate anche voi, sultani dalle lunghe pipe, in deliquio sotto pergole fra le braccia delle baiadere, giaurri, sciabole turche, berretti greci, e voi soprattutto, paesaggi lividi delle contrade ditirambiche, che spesso ci mostrate contemporaneamente palme, abeti, tigri a destra, un leone a sinistra,
minareti tartari all’orizzonte, in primo piano rovine romane, poi cammelli accovacciati; — il tutto inquadrato in una foresta vergine ben lustrata, e con un gran raggio di sole perpendicolare tremolante nell’acqua, dove si staccano come scorticature bianche, su un fondo d’acciaio grigio, pii o meno lontani, dei cigni che nuotano].
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la diffusione oggettiva dei fenomeni pit tardi chiamati Kitsch, Flaubert non fa grande differenza: lo testimoniera L’Education sentimentale”. E nell’ accoglimento soggettivo, nella tendenza a prendere alla lettera il pretenzioso e a lusingarsi del fittizio, che la provinciale appare pit solitariamente indifesa. L’ironia della frase sottintende il punto di vista di lei: é per prima lei a trascurare di accorgersi che un paesaggio non pud mostrare insieme palme ed abeti, minareti tartarie rovine romane, inquadrandoli in una foresta vergine e inserendovi tigri, leoni e cammelli. La contiguita di cose eterogenee, incompatibili nello spazio o nel tempo, era casuale e verosimile nel negozio d’antiquario di Balzac. Qui é artificiale quanto nella torta; e alimenta un sentimentalismo ingordo non di dolciumi, ma di suggestioni ingenue, equivalenti a promesse. Come una serie di promesse sommarie di felicita, infatti, Emma ha recepito tutta la sua educazione. Un lusso in cui l’elevazione sociale dovrebbe travestirsi da romanticheria avverata, le si prospetta quale sfondo imprescindibile dell’amore”™; ; quando é sicura di stare per fuggire col primo amante, i viaggi e soggiorni che fantastica ripetono l’evanescenza composita dei modelli precoci”’. Intorno a lei del resto solo la mite e paga mediocrita del marito, con quanto di pid arretrato e dimesso ha la provincia, si mantiene al di sotto o al di qua del Kitsch. Rodolphe vi stempera un memoreaffettivo volgare, sul punto di piantarla, con le sue lettere e pegni amorosi ammassati in una vecchia scatola di biscotti”; Homais vi sperimenta le proprie ambizioni di cultura quando s’incarica della tomba di lei, per la quale progetta via via anche un tempio di Vesta e un cumulo di rovine”. Lei, ne é morta. " Con la sua buonafede non innocente, col suo appello alla compassione da personaggio tragico, madame Bovaryéuncaso limite al fine di sciogliere idubbiintorno alla nostra opposizione: fra immagini di manufatti pregevoli o spregevoli, dalle > [L’educazione sentimentale). 326 Tbid., p. 379. 727 Tbid., p. 504. 28 Tbid., p. 509. 29 Tbid., p. 641. Entra in considerazione anche |’immagine delle trombe della Fama, ritagliata da una pubblicita di profumeria, nella povera casa della nutrice (p. 409); e il montaggio perfettamente inutile di mezzelune e sfere che sta completando al tornio, quando Emma lo visita, l’esattore Binet (p. 604).
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connessioni valide o contraffatte, dalle suggestioni autentiche o abusive. Per lei é destino e tranello proprio il fatto delPinautenticita di simili suggestioni. Non modificato dal fatto che siano autentici e fino in fondo sofferti il suo desiderio e il suo disinganno: per stabilire un legame a priori tra i due fatti basta che lei si trovi, rispetto a simili suggestioni, sprovveduta e passiva. Il lettore é tenuto a perdonarle perché non sa quello che fa, secondo la frase evangelica. Al personaggio tanto meno rilevante della prefettessa di France non occorre perdonare il suo arrivismo, del quale ci dilettiamo; ma a decidere della presentazione di quei manufatti non éla tragicita o comicita del personaggio a cui sono destinati. E una coincidenza o divergenza fra punti di vista, una unita o scarto fra livelli di consapevolezza culturale ed estetica, in cui o come pari o come impari il personaggio risulta subordinato all’autore. Al punto da non essere indispensabile teoricamente, pur essendolo o quasi in pratica affinché possa esserci divergenza e scarto: affinché i punti di vista ei livelli siano due. Se la torta nuziale non é messa in rapporto diretto con Emma, ¢’é la tavolata di campagna che la accoglie con grida di ammirazione, c’é lo stesso pasticciere che ha voluto dare il meglio di sé per il suo esordio nel paese. Certo, le misure della decontestualizzazione entrano nel conto: quanto pit: sono eccessive, tanto meno é probabile che dalla voce d’autore siano prese per buone. Eccezionale nell’esempio impuro di Balzac é che questo accada, e nient’affatto che ne derivi complessivamente una contaminazione — piuttosto che una commutazione — fra le opposte categorie. L’ironia degli esempi di France e ancor pit di Roth infatti, benché in sostanza sia a carico dei personaggi e non degli oggetti in sé, vi contamina alquanto con la categoria negativa la semipositiva: della quale ci sono esempi pit puri. Nell’ultima opposizione terminale dell’albero semantico, scrivo ad un polo suggestioni scelte, al polo contrario ingenue. I due aggettivi possono significare non soltanto la consapevolezza 0 inconsapevolezza d’un personaggio: anche |’eventuale successo 0 insuccesso immaginario che gli oggetti riscuotono. Nei nomi che do alle categorie, tutti e quattro gli agegettivi riprendono un vocabolario sperimentato:
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ELABORATA, E PRESENTATA CON SUGGESTIONI SCELTE
E PRESENTATA CON SUGGESTIONI INGENUE
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IL PRESTIGIOSO ORNAMENTALE
IL PRETENZIOSO FITTIZIO
Il lettore che desideri rivedere e percorrere l’insieme dell’albero semantico appena completato, lo trovera alla fine di questo capitolo. L’avvertimento é una formalita: difficilmente qualcuno si sara astenuto dal cercare il disegno in anticipo — se si é interessato all’operazione classificatoria, se ha preso un po’ sul serio e un po’ come gioco la precisione dellattardato esercizio strutturalista. Non é meno probabile che qualcun altro invece mi abbia seguito fin qui pur annoiandosene — interessato unicamente all’oggetto della ricerca, e al gioco multiplo dell’antologia di testi. 37. Ancora due esempi di prestigioso-ornamentale, e due di pretenzioso-fittizio, si alterneranno anziché succedersi: come i precedenti. Sappiamo che fra queste categorie c’é una costante in pit, e pid concreta, della qualifica di cor-
poreita elaborata che é il loro ultimo elemento comune
nell’albero. E quella costituita dai fenomeni di de- e ricontestualizzazione degli oggetti, e complicata da problemi non solo letterari: tanto da avermi fatto disperare di giungere, attraverso le sue complicazioni, a un’opposizione di catego-
rie meramente tematica come le altre. E da avermi spinto a cercarla, perché fosse in accordo con leimpressioni di lettuta e fosse a riparo da contaminazioni perpetue, in una distinzione pid vicina delle altre a quelle formali dei narratologi. La parita di consapevolezza fra un personaggio e il suo autore, nella scelta di oggetti e suggestioni relative, definisce il prestigioso-ornamentale: come dire che esso ricevette la propria definizione nel 1884, per tutta la letteratura di fine secolo, in un testo paradigmatico e sintetico. Parlo, com’era prevedibile, del romanzo di Joris-Karl Huysmans (18481907) intitolato A rebours”. Nobile prima che intellettuale, 330 TA contropelo).
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il giovane duca di Floressas des Esseintes potrebbe risparmiarsi di scegliere sia le sue idee che le sue cose, facendo alPincirca il contrario: ereditandole. Viceversa, disprezza la sua classe come rimbecillita e retriva, vende il suo castello senza rimpianti e «si sbarazza» anche del suo antico mobilio. Compra «una bicocca» ai margini di Parigi, in posizione appartata””; ha deciso di ritirarvisi solo, mimetizzando i servitori indispensabili. Sara il riparo elettivo, il teatro senza spettatori, delle esperienze d’un estetismo individualistico assoluto. L’arredamento che ci vuole, piti che intonarsi come una premessa all’originalita di tali esperienze, ne fara parte: le formera ambiente per ambiente, di continuo, esso stesso. Naturalmente, ancor pit che nel disprezzo di des Esseintes per l’aristocrazia, é in quello per la borghesia che si prodiga lingiuriosa retorica peculiare fin da allora agli scrittori francesi di destra”’. Pure, la sua scelta di scegliere anziché ereditare non fa che replicare dall’alto la presa a prestito borghese di modelli feudali e clericali: come se attingendovi con mano maestra e mai pero di prima mano, lui che lo avrebbe potuto, imitasse l’imitazione presumendo di batterla nell’ineguagliabile. O come se, rispetto ad altri modelli d’importazione, e alla stessa inventiva funzionale della classe nuova, se ne appropriasse lo spirito di appropriazione e ne reinventasse lo spirito d’invenzione. L’esteta nevrastenico, che si astiene dai tappeti orientali ormai accessibili agli arricchiti”, sembra presentire quel paradosso della democrazia moderna nella cui spirale discendente si dilapida ogni prestigio: quanto pit un modello appare raro tanto piu pa-
re qualificante, ma al tempo stesso attraente, e quindi esposto a cessare di essere raro. In chi punta a sormontare il paradosso con un rincaro di artificio, l’illusione non é di farlo
per primo ma é di farlo per ultimo. Baudelaire aveva rovesciato, a svantaggio della natura e a vantaggio dell’ artificio, i segni ideologici positivo e negativo; il discepolo respinge anche la tradizione dalla parte della natura — la quale «ha fatto il suo tempo», ed é ormai riproducibile a volonta. Come non c’é paesaggio naturale nel romanzo, non ci sono im331 J._-K. Huysmans, A rebours, Fasquelle, Paris 1955, pp. 31-32, 261-62; 35-36.
332 Tbid., pp. 32-33, 54-55, 266-68. 333 Ibid., p. 43.
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magini di venerando-regressivo, e quelle di prestigioso-ornamentale sono sempre partecipi di un’esaltazione dell’ artificio. Essa va dai fiori finti che copiano i veri, e veri che copiano i finti, al famoso «organo da bocca» che miscela i liquori e i sapori come timbri musicali; 0 sconfinando verso il funzionale pit avanzato, idoleggia svelte e possenti locomotive”.
Il taglio dei capitoli tende a farli coincidere con una o pit esperienze distinte. E cioé simile a quello dei romanzi del caposcuola progressista Zola: documentario e specializzato, formalmente tributario d’uno spinto grado di divisione sociale del lavoro. Eccettuate le vicende della sua cattiva salute, dove la natura riprende i suoi diritti e che determinano il finale, niente succede a des Esseintes. Tutto quello che vive é da lui progettato 0 provocato: con un’irrequietezza sperimentale poco propizia a descrizioni statiche. Le immagini
pid consistenti sono di spettacoli studiati, di cose fatte fabbricare dal personaggio. Per primo il suo studio, alla fine del primo capitolo: En fait de meubles, des Esseintes n’eut pas de longues recherches a opérer, le seul luxe de cette piéce devant consister en des livres et des fleurs rares; il se borna, se réservant d’orner plus tard, de quelques dessins ou de quelques tableaux, les cloisons demeurées nues, a établir sur la majeure partie de ses murs des rayons et des casiers de bibliothéque en bois d’ébéne, a joncher le parquet de peaux de bétes fauves et de fourrures de renards bleus, a installer prés d’une massive table de changeur du xv‘ siécle, de profonds fauteuils 4 oreillettes et un vieux pupitre de chapelle, en fer forgé, un de ces antiques lutrins sur lesquels le diacre plagait jadis l’antiphonaire et qui supportait maintenant l’un des pesants in-folio du Glossarium mediae et infimae latinitatis de du Cange. y Les croisées dont les vitres, craquelées, bleuatres, parsemées de culs de bouteille aux bosses piquetées d’or, interceptaient la vue de la campagne et ne laissaient pénétrer qu’une lumiére feinte, se vétirent, a leur tour, de rideaux taillés dans de vieilles étoles, dont l’or assombri et quasi sauré, s’éteignait dans la trame d’un roux presque mort.
Enfin, sur la cheminée dont la robe fut, elle aussi, découpée dans la somptueuse étoffe d’une dalmatique florentine, entre deux ostensoirs, en cuivre doré, de style byzantin, provenant de l’ancienne Abbaye-au-Bois de Biévre, un merveilleux canon d’église, aux trois compartiments séparés, ouvragés comme une dentelle, contint, sous le verre de son cadre, copiées sur un authentique vélin, avec d’admira4 Thid., pp. 122-29, 77-793 51-53-
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bles lettres de missel et de splendides enluminures, trois piéces de Baudelaire...*».
La componente ecclesiastica prevale; ma rispetto al salotto prefettizio di France, non é solo decontestualizzata di pid perché accostata fra l’altro a un tavolo da cambiavalute, o adibita a contenitore di poesie profane. E stata manomessa ritagliando nelle stole tendine, nella dalmatica la veste d’un caminetto. L’esercizio controllato della decontestualizzazione prende la forma d’una selezione sull’altra; ne risente il lessico, che altrove — per esempio quando si elencano tipi di stampa, qualita di carta e materiali di rilegatura della biblioteca”* — pud farsi tecnicamente ben pit ricco. Ma col cattolicesimo come istituzione si sottintende un rapporto familiare, quasi padronale, anziché estraneo e di conquista. E la sola eredita che des Esseintes si faccia scrupoli a ripudiare; la religione di suo del resto, in quanto insieme di sublimazioni, pud avere abbastanza d’artificiale. In un capitolo apposito, fra ricordi di fede inculcata dai gesuiti e quesiti di erudizione teologica, elogera la Chiesa come conservatrice secolare di squisite forme d’oggetti — senza nominare Chateaubriand; si chiedera se possedendo di tali oggetti non commetta sacrilegio, ma compiacendosi se cosi fosse*”. Sul leggio pesa il maggior glossario della tarda latinita, nel canone é inquadrato il 335 Ibid., pp. 44-45. [In fatto di mobili, des Esseintes non ebbe lunghe ricerche da effettuare, dovendo il solo lusso di questa stanza consistere in libri e fiori rari; si limito —riservandosi di ornare pit tardi, con qualche disegno o qualche quadzro, le pareti rimaste nude ~a stabilire sulla maggior parte dei suoi muri scaffali e scansie di bibliote-
cain legno d’ebano, a coprire il pavimento di pelli di bestie feroci e di pellicce di volpi azzutte, a installare accanto a un massiccio tavolo da cambiavalute del Quattrocento,
delle profonde poltrone con appoggiatesta e un vecchio leggio da cappella, in ferro battuto, uno di quelli antichi sui quali il diacono poggiava un tempo I’antifonario e che reggeva adesso uno dei pesanti in-folio del Glossarium mediae et infimae latinitatis di Du Cange. Le finestre, i cui vetri screpolati, bluastri, disseminati di fondi di bottiglia dalle
protuberanze picchiettate d’oro, intercettavano la vista della campagna e lasciavano penetrare solo una luce finta, si rivestirono, a loro volta, di tendine tagliate entro vecchie stole, il cui oro scurito e quasi affumicato si spegneva nella trama di un rossiccio quasi morto. Infine, sul camino la cui veste fu, anch’essa, ritagliata nella sontuosa stoffa di una
dalmatica fiorentina, fra due ostensori in rame dorato di stile bizantino, provenienti dall’antica Abbaye-au-Bois di Biévre, un meraviglioso canone da chiesa, dai tre scom-
partimenti separati, lavorati come un merletto, contenne, sotto il vetro del suo riquadro, copiati su velina autentica, con mirabili lettere da messale e splendide miniature, tre poemi di Baudelaire...] 336 Thid., pp. 181-82. 337 Tbid., pp. 109-17.
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pit ammirevole scrittore moderno. Preannunci del capitolo ut, e del. xm e xiv: l’'uno occupato dalla predilezione per l’artificiosita della cosiddetta decadenza latina, gli altri dalle preferenze francesi, che accomuna un anticonformismo spesso precursore. I vetri intercettano I’esterno, sigillando quella cosa alla lunga incredibile che é un interno composto «pour son plaisir personnel et non plus pour I’étonnement des autres»”*. Solo, nella casa, quanto Robinson nell’isola o Aschenbach a Venezia (se non quanto Dracula nella tomba),
des Esseintes evadera alla fine come il primo, ma costretto e disperato; soccombera alle sue contraddizioni come il secondo, ma senza morirne a tempo. Era morta per lui la tartaruga fatta corazzare d’oro e preziosi, non resistendo al peso
esorbitante e rutilante dell’artificio” Una casa che stia a celebrare lidealizzazione di un io puo essere rivolta come messaggio, non specularmente all’io stesso, e nemmeno agli altri in generale: ma a un destinatario esclusivo. E quel che fa una differenza fra des Esseintes e The Great Gatsby”, eroe del romanzo pubblicato nel 1925 da Francis Scott Fitzgerald (1896-1940) — oltre tutte le differenze conseguenti all’attraversamento d’un oceano e d’una guerra mondiale. L’ America non ha, se non indirettamente, un passato nobiliare e cattolico: l’imitazione delle classi vecchie da parte della nuova si traspone in imitazione del continente vecchio sul territorio del nuovo. Il giovane agente di cambio che narra in prima persona non conosce Gatsby all’inizio. Abita accanto a lui in Long Island; e l’abitazione di lui é ai suoi occhi «a colossal affair by any standard — it was a factual imitation of some Hotel de Ville in N ormandy, with a tower on one side, spanking new under a thin beard of raw ivy... >" A meta del romanzo c’é un’occasione in cui non puo oe altro che fissarla per una mezz’ora, e ne riferisce l’origine. In eccesso sulla mania antiquaria d’un decennio prima,
la «silhouette feudale» era al centro d’un sogno mimetico e anacronistico non solo in quanto architettura: l’aveva edifi8 Thid., p. 40. [per suo piacere personale e non pit per lo stupore altrui]. 3? Tbid., pp. 71-75, 82. 340 [I] grande Gatsby). 341 F. Scott Fitzgerald, The Great Gatsby, Penguin 1950, p. a. [una faccenda colossale da qualsiasi punto di vista — di fatto era un’imitazione d’un qualche Hotel de Ville di Normandia, con una torre da un lato, nuova fiammante sotto un’esile barba di edera selvatica...]
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cata un birraio, che si era offerto di pagare cinque anni di tasse per tutti i villini intorno, se i loro tetti fossero stati coperti di paglia*®’. Quando alla fine del romanzo il narratore le da un terzo sguardo dall’esterno, per l’ultima volta, e la designa come «that huge incoherent failure of a house», ne ha ben conosciuto l’interno e il possessore. I] quale la tiene aperta giorno e€ notte, su invito e senza, a chiunque voglia rendergli «the subtle tribute of knowing nothing whatever about him»; nei ricevimenti, la sontuosita di buffet, bar e orchestra é sbalorditiva, come lo sfoggio di volti noti del cinema o dello sport o del jazz.
Al suo primo invito, la campionessa di golf Jordan Baker accompagna il narratore per presentarlo al padrone di casa: On a chance we tried an important-looking door, and walked into a high Gothic library, panelled with carved English Oak, and probably transported complete from some ruin overseas. A stout, middle-aged man, with enormous owl-eyed spectacles, was sitting somewhat drunk on the edge of a great table, staring with unsteady concentration at the shelves of books. As we entered he wheeled excitedly around and examined Jordan from head to foot. ‘What do you think?’ he demanded impetuously. ‘About what?’ He waved his hand toward the book-shelves. ‘About that. As a matter of fact you needn’t bother to ascertain. I ascertained. They’re real’. ‘The books?’ He nodded. ‘Absolutely real — have pages and everything. I thought they’d be a nice durable cardboard. Matter of fact, they’re absolutely real. Pages and — Here! Lemme show you’. Taking our scepticism for granted, he rushed to the bookcases and returned with Volume One of the Stoddard Lectures. ‘See!’ he cried triumphantly. ‘It’s a bona-fide piece of printed matter. It fooled me. This fella’s a regular Belasco. It’s a triumph. What thoroughness! What realism! Knew when to stop, too — didn’t cut the pages. But what do you want? What do you expect?’ He snatched the book from me and replaced it hastily on its shelf, muttering that if one brick was removed the whole library was liable to collapse”.
>” [bid., pp. 95, 97-
38 Ibid., p. 187. [quell’enorme incoerente fallimento di casa]. 344 Thid., p. 67. (?omaggio sottile di non sapere assolutamente niente di lui]. 345 Cap. mt: tbid., pp. 51-52. Salomon Stoddard (1643-1729), pastore e predicatore; David Belasco (1859-1931), attore e drammaturgo. [A caso provammo una porta dall’aspetto importante, e penetrammo in un’alta biblioteca gotica, a pannelli di
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Non é frequente, nei troppi ospiti di Gatsby, la gratitudine: l’uomo occhialuto chiamato in seguito Occhi-di-gufo, che é ubriaco da una settimana, manifesta in una curiosa forma la propria. Ammira insistentemente, e fa toccare con ma-
no, l’autenticita di cid che prima di accertarsene aveva creduto inautentico. Un giudizio reversibile: con libri che non sono in cartone, e sono di autori americani, la biblioteca da come autentica sul posto l’agevole inautenticita d’un acquisto da milionario. E stata «trasportata completa da “acon rovina d’oltremare» («Merton College», dira Gatsby)
laggettivo che garantisce una ricontestualizzazione ‘alae nente accentua l’immensita della decontestualizzazione. La consapevolezza di tutto cid da parte di Gatsby é certo inferiore a quella del personaggio che narra: a maggior ragione, dell’autore. Fors’anche a quella di Occhi-di-gufo, il cui entusiasmo sarebbe sospetto d’ironia se non fosse ubriaco —e che tratta come intangibile, perché frangibile, appunto la compattezza dell’insieme. In ogni caso, il problema di autenticita da lui posto non mi sembra privo di rapporto simbolico latente col protagonista; e col tema morale del romanzo. II passato del trentenne venuto su dal nulla, su cui gli ospiti scambiano fantasiose calunnie, va da un’autodisciplina inquercia inglese intagliata, e probabilmente trasportata completa da qualche rovina d’oltremare. Un uomo robusto, di mezza eta, con enormi occhiali a occhi di gufo, stava seduto
piuttosto ubriaco all’orlo di un grande tavolo, fissando con instabile concentrazione gli scaffali dei libri. Quando entrammo, si gird con eccitazione ed esamind Jordan dalla testa ai piedi. — Che ne pensate? — chiese con impeto. — Di che? 2 Agito la mano verso gli scaffali. — Diquello. In pratica non disturbateviad accertarlo. L’ho accertato io. Sono veri. — | libri? Assenti. — Perfettamente veri, ci hanno le pagine e tutto. Io pensavo che fossero un ottimo cartone resistente. In pratica, sono perfettamente veri. Le pagine e — Qua! Vi faccio vedere. Dando per scontato il nostro scetticismo, si slancié agli scaffali e tornd col Volume Primo delle Prediche di Stoddard. — Guardate!— esclam6 trionfante. — E un autentico esemplare a stampa. Mi aveva tratto in inganno. E quest’altro éun normale Belasco. E un trionfo. Che accuratezza! Che realismo! Hanno saputo, anche, a che punto fermarsi—non hanno tagliato le pagine. Ma che volete? Che vi aspettate? Mistrappo il libro e lo ricolloco in fretta nel suo scaffale, borbottando che se si toglieva un mattone l’intera biblioteca rischiava di crollare].
346 Thid., p. 98.
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fantile regolata alla Benjamin Franklin” a un perdurante cointeressamento negli alti ranghi della malavita. Per il suo vecchio padre, la casa é meno reale d’una fotografia di essa sporcata da molto maneggiamento “; per lui, é mezzo insostituibile a un fine perseguito durante cinque anni. Daisy era la prima ragazza di gran classe che avesse conosciuta, e avuta. Non era mai entrato in una casa bella come quella di lei: resa da lei misteriosa, e fragrante « of this year’s shining motor-cars and of dances whose flowers were scarcely withered». Ancora prima che partisse per la guerra, e che Daisy sposasse uno del proprio ceto, gli era sembrata svanire al di sopra di lui «into her rich house». « He wants her to see his house»: ecco il suo desiderio,
ora che la pit sfarzosa é la sua, e frustrazione e fedelta dovrebbero ricevere compenso insieme. La ispeziona illuminandola dalla torre alla cantina, prima della visita di Daisy. Puo finalmente chiederle: «Do you like it?»; guidarla «through Marie Antoinette music-rooms and Restoration Salons»; vederla pettinarsi con una spazzola d’oro, e scoppiare in lacrime per la magnificenza d’una catasta di camicie maschili; rivalutare ogni sua cosa secondo il responso degli occhi dilei”. Il ricevimento a cui lei interviene é quindil’ultimo. Ne resta «a desolate path of fruits rinds and discarded favours and crushed flowers»; la notte della catastrofe, la
casa pare al narratore enorme come non mai, e inspiegabilmente polverosa e stantia”’. II pretenzioso-fittizio é qui prodotto effimero d’una volonta di seduzione inferiore in origine, d’una coscienza di classe malsicura. Ne é esente la casa
abitata da Daisy col marito Tom”™ — personaggio di formidabile evidenza, con la sua arroganza di atleta e il suo per347 Thid., pp. 179-80 (cfr. B. Franklin, Autobiography, Everyman’s Library, London — New York 1964, pp. 74-79).
348 Fitzgerald, The Great Gatsby cit., pp. 174, 179. 349 Ibid., pp. 154-55. [delle automobili lucenti di quest’anno e di danze i cui fiori erano appena appassiti]. [nella propria ricca casa]. 30 Ibid., p. 85. [« Vuole che lei veda la sua casa»]. 1 Ibid, pp. 88, 96-99. [« Ti piace? »]. [attraverso sale da musica Maria Antonietta e salotti Restaurazione]. 352 Thid., p. 17. [un sentiero desolato di bucce di frutta e coccarde gettate e fiori calpestati]. 33 Tbid., p. 153. 354 Thid., pp. 12-14; un po’ meno la casa tenuta da Tom per la sua amante in New
York, pp. 34-35-
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benismo spudorato; che la voce di lei suoni «piena di soldi»’” non dovrebbe essere, per Gatsby, una scoperta tardiva. E nell’assassinio di Gatsby, a cui é spinta un’altra vittima indiretta di lei e di Tom, la corresponsabilita fra moglie e marito forma un groviglio impunibile di reticenze e intenzioni. La loro inconsistenza danarosa e delittuosa si fa come retroattiva, lungo una catena di deleghe discendente fino a loro dall’autore: che lascia la parola al narratore, che é affascinato da Gatsby, che é proteso verso Daisy. Se il narratore non ha torto di gridare a Gatsby, al congedo, che é migliore di loro, ha torto di accreditargli, nella sua «corruzione», il suo «sogno incorruttibile»”’. Nel generale abbandono al suo funerale, l’altra sola presenza riconoscente é quella inattesa di Occhi-di-gufo””; ed entro gli occhiali ben pit giganteschi d’una pubblicita di oculista che sovrasta l’autostrada e il deserto, inautentici occhi senza volto appaiono al suo imminente assassino gli occhi autentici di Dio™. 358
38. Anche il protagonista di un’opera pit vasta per dimensioni d’ogni altra citata finora, Der Mann ohne Eigenschaften”’ di Robert Musil (1880-1942), viene introdotto nel
racconto attraverso la sua abitazione. Nella prima parte del grande romanzo incompiuto, pubblicata nel 1930, s’incentrano su questo tema i quattro capitoletti successivi al primo; il secondo é intitolato Casa e abitazione dell’uomo senza qualita. Come grammaticalmente nel titolo, cosi dopo poche righe, nella descrizione dell’esterno, l’edificio precede il suo locatario: Das war ein teilweise noch erhalten gebliebener Garten aus dem achtzehnten oder gar aus dem siebzehnten Jahrhundert, und wenn man an seinen schmiedeeisernen Gitter vorbeikam, so erblickte man zwischen Baumen, auf sorgfaltig geschorenen Rasen etwas wie ein kurzfliigeliges Schlésschen, ein Jagd- oder Liebesschlésschen vergangener Zeiten. Genau gesagt, seine Traggewélbe waren aus dem siebzehnten Jahrhundert, der Park und der Oberstock trugen das Ansehen des achtzehnten Jahrhunderts, die Fassade war im neunzehnten Jahrhundert erneuert und etwas verdorben worden, das Ganze hatte also einen et> 6 7 38
Tbid., Tbid., Tbid., Thid.,
p. 126. p. 160: e nel contesto, «his ancestral home» [la sua casa ancestrale]. pp. 181-82 (e cfr. anche, per questo personaggio, zbid., pp. 60-61). pp. 29, 166 (e cfr. pp. 30, 32, 128, 130).
9 [L’uomo senza qualita).
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was verwackelten Sinn, so wie iibereinander photographierte Bilder; aber es war so, dass man unfehlbar stehen blieb und « Ah! » sagte. Und wenn das Weisse, Niedliche, Schéne seine Fenster gedffnet hatte, blickte man in die vornehme Stille der Biicherwande einer Gelehrten-
wohnung. Diese Wohnung und dieses Haus gehorten dem Mann ohne Eigenschaften*®.
Quel che la metafora delle fotografie sovrapposte fissa ed agita, € una mutua decontestualizzazione fra tre strati di architettura; ma di architettura del luogo, in diacronia secolare e lineare malgrado un qualche deterioramento nell’ultimo strato. L’effetto composito é stravagante e affascinante. Po-
trebbe riferirsi simbolicamente meno al personaggio di Ulrich che al suo paese: quella imperial-regia e austro-ungarica Kakanien, di cui un capitoletto prossimo enumerera con rimpianto le moderate contraddizioni e le concilianti dissociazioni™. Pid tardi il conte Leinsdorf, promotore delI’« Azione Parallela» che dovrebbe celebrare nel 1918 i settant’anni di regno di Francesco Giuseppe, ci verra presenta-
to nel palazzo di famiglia. Palazzo rinomato, ci dice un’altra metafora, perché «tende la pelle» d’un castelletto di campagna sull’armatura d’una casa borghese cittadina”’; mentre il capitalista prussiano, ebreo e cosmopolita Arnheim possedera qua una villa ultramoderna, e 1a un castello cadente”’. La saggezza data per caratteristica dell’ex-impero austriaco include si il senso della realta, ma d’una realta che si pretende meno necessaria o si tollera pit accidentale che altrove. Include quindi anche il contrario, che nell’unico capitoletto non narrativo di quella serie iniziale si dispiega come « senso 360 R. Musil, Der Mann ohne Eigenschaften, Rowohlt, Reinbek bei Hamburg
1952, pp. u- 12. [Era un giardino del Settecento o addirittura del Seicento, rimasto ancora in parte conservato, e nel passare accanto alla sua cancellata in ferro battuto si scorgeva attraverso alberi, su un prato rasato con cura, qualcosa come un castelletto con due ali brevi, un castelletto riservato alla caccia 0 all’amore, di tempi passati. Ad esser precisi, le strutture portanti erano del Seicento, il parco e il piano superiore avevano l’aspetto del Settecento, Ja facciata era stata rinnovata e un po’ guastata nell’Ottocento, il tutto aveva percid un’aria un po’ sconnessa, come immagini fotografate
una sull’altra; ma era tale che immancabilmente ci si fermava e si esclamava: « Ah! » E
quando il bianco, grazioso, bell’edificio aveva le finestre aperte, si guardava entro la quiete signorile delle pareti di libri d’una abitazione di studioso. Quest’abitazione e questa casa appartenevano all’uomo senza qualita]. 361 Ibid., pp. 32-35 (il nome abbrevia appunto gli aggettivi «imperial-regio»: «kaiserlich-k6oniglich»). 362 Tbid., pp. 90-91. 3 Tbid., pp. 190-91.
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della possibilita» “; e che contrappone Ulrich a suo padre, proprio‘a proposito dell’abitazione. L’anziano giurista, consulente devoto e prediletto di nobili, é inorridito che il figlio si appropri «eines Gebaudes, das man, und sei es auch nur im Diminutiv, nicht umhin konnte als ein Schloss zu bezeichnen». Per lui, é quel che ha passato la vita a schivare” —un tentato salto di classe; se ha ragione in termini positivi, ottocenteschi, fraintende una scelta in cui c’é ben poco di positivo. Esiliato da ragazzo per aver messo in questione in un
compito l’amor di patria, tornato trentenne per verificare scetticamente cheJapatria renda il pensiero « wurzelstandig und bodenecht»”, Ulrich ha affittato il castelletto «eigentlich nur aus Ubermut und weil er-die gewohnlichen Wohnungen verabscheute». Non come spazio storicamente stratificato, bensi tagliato fuori dalla storia: perduta la destinazione estiva, oltrepassato dalla crescita urbana, era rimasto incolto, deprezzato e disabitato. I] problema é di connetterlo alle esigenze del presente “’, e non é solo finanziario o pratico. Ulrich «hatte sich in die angenehme Lage versetzt, sein verwahrlostes kleines Besitztum nach Belieben vom Ei an neu herrichten zu mussen »; siamo nel 1913, e l’arbitrio che gl’incombe non si limita a quello di cui gode in quanto individuo celibe ed agiato. Culturalmente, é senza confronto pit esteso di quello che esercitava des Esseintes trent’anni prima. «Dalla ricostruzione fedele fino all’assoluta licenza», « dagli Assiri fino al cubismo », i principte gli stili concepibili e disponibili sono ormai «tutti»: i condizionamenti ancora attendibili, cioé, nessuno.
«Che cosa doveva scegliere? »
L’eccesso di storia equivale a un difetto totale: una tabula rasa si apre davanti all’interrogativo. E che esso trapassi in un problema d’identita, Ulrich lo legge nella variazione d’un 34 Thid., pp. 16-18. © Tbid., pp. 14-15. [di un edificio che, foss’anche solo al diminutivo, non si poteva fare a meno di definire un castello]. 366 Tbid., pp. 18-19. [stabile nelle sue radici e autentico nel suo terreno]. *67 Thid., pp. 13-14; cfr. pp. 277-79, dove disagi e ineguaglianze dei castelli e palazzi rimasti ai proprietari nobili si distinguono dalle razionali comodita che hanno introdotte, in altri, iproprietari borghesi. [propriamente solo per spavalderia e perché esecrava le comuni abitazioni]. 768 Tbid., p. 19. [si era messo nella gradevole situazione di dover riassestare ab ovo il suo piccolo possedimento in abbandono].
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noto proverbio su riviste d’arte, «dimmi come abiti e ti dird chi sei». Parole che gli aleggiano addirittura come «minaccia», sovvertito il piacere della scelta nel turbamento della «responsabilita»; € per sua «fortuna» che nel castelletto preesistono uno sull’altro tre stili, ponendo all’intraprendenza un limite. Nel giro di poche righe la resa é gia scontata, quando decide di prendere in mano «la costruzione della sua personalita » e progettare da sé i futuri mobili. Ogni concreta ipotesi si lascia perfettamente sostituire da un’altra: «e cominciava a sognare, invece di risolversi». E quella «sconnessione delle idee e loro diffusione senza nucleo centrale», che contraddistingue «il presente» ”*’. Ma un tale esito si era andato preparando per tutto l’Ottocento; abbiamo visto attraverso immagini di oggetti come lo intuisse Balzac, come lo sapesse Flaubert. A fine secolo, lo aveva criticamente enfatizzato (pur scaricandone la colpa sulla de-
mocrazia e sulla mescolanza di razze) il maestro e di Ulrich e di Musil, Nietzsche”. Ulrich riscopre una saggezza che suo padre avrebbe espressa partendo dalla troppa liberta, per predire un’immancabile confusione; lui parte viceversa dal riconoscimento che occorrono condizionamenti, in urto coi
quali pervenire a qualcosa di valido. Cosi finisce col rimettersi, per l’arredamento dell’abitazione, ai fornitori in voga. II risultato di ottimo gusto, signorile e ufficiale, é come se non lo riguardasse e lasciasse il problema d identita in sospeso: «Er war vom Mond zurtickgekehrt und hatte sich sofort wieder wie am Mond eingerichtet»”. L’eccesso soggettivo di consapevolezza, adeguato all’eccesso oggettivo di storia, fa della rinuncia a scegliere l’unica scelta — e dell’accidentale attualita l’unica storia. In questo grado di consapevolezza, la parita fra personaggio e autore é di nuova specie: si suole paragonare l’ampliamento del genere letterario da parte di Musil, per l’integrazione fra romanzo e discorso saggistico, a quello di Proust. Nella prima persona usata da Proust, pero, tempo ed esperienza distaccano dall’io-personaggio l’io-nar369 Thid., pp. 19-20. 370 Vedi, per esempio, Al di la del bene e del male, nn. 223, 224: Opere di F. Nietzsche, Adelphi, Milano 1986, vol. VI, t. I, pp. 130-35. 371 Musil, Der Mann ohne Eigenschaften cit., pp. 20-21; cfr. p. 30, dove la dimora di Ulrich, intravista di notte da Bonadea, le appare « inaspettatamente bella». [Era ritornato dalla luna e si era subito come risistemato sulla luna].
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ratore. Di quanto il pensatore Musil sia pit solidale col suo protagonista, in terza persona, non addito che un esempio: nel successivo capitoletto 34. Dove un istante di metafisico sfaldamento delle linee che compongono I’arredamento dell’abitazione, agli occhi di Ulrich— «Io non sono che fortuita,
sogghignava la necessita» —, avvia quali riflessioni lungo la sua passeggiata quattro facciate di saggio sul caso, la modernita e le generazioni”. Ascriviamo il castelletto di Ulrich al prestigioso-ornamentale, perché il personaggio é all’altezza d’una voce d’autore dominante; per parlare di pretenzioso-fittizio, ho affermato che un personaggio non é propriamente indispensabile, che lo é solo una divergenza fra punti di vista e uno scarto fra livelli (Iv, 36). Pud bastare quindi una voce d’autore non meno dominante che in Musil, ma anziché seriamente unitaria, ironicamente composita. E il caso d’una scrittura narrati-
va come quella di Carlo Emilio Gadda (1893-1973); e un romanzo incompiuto é anche La cognizione del dolore, pubblicato via via meno frammentario nel 1938-41, nel 1963 € nel 1970. Vi fa da premessa al pluralismo quasi ininterrotto della scrittura gia il dualismo scoperto dell’ambientazione. Un burlesco Maradagal sudamericano é figura protratta di allusione alla Brianza, all’Italia, all’autobiografia circostanziata;
lo spagnolo, pit di altre lingue e dialetti italici, s’intromette di diritto nel discorso oltre che nei nomi. Non c’é stata che una menzione passeggera della villa Pirobutirro, quando nel primo capitolo leggiamo: Diville, di ville! ; di villette otto locali doppi servissi; di principesche ville locali quaranta ampio terrazzo sui laghi veduta panoramica del Serruchén — orto, frutteto, garage, portineria, tennis, acqua potabile, vasca pozzonero oltre settecento ettolitri: [...]; di ville! divillule!, di villoni ripieni, di villette isolate, di ville doppie, di case villerecce, di ville
rustiche, di rustici delle ville, gli architetti pastrufaziani avevano ingioiellato, poco a poco un po’ tutti, ivaghissimi e placidi colli delle pendici preandine... [...]. Noi ci contenteremo [...] di segnalare come qualmente taluno de’ piti in vista fra quei politecnicali prodotti, col tetto tutto gronde, e le gronde tutte punte, a triangolacci settentrionali e glaciali, inalberasse pretese di chalet svizzero, pur seguitando a cuocere nella vastita del ferragosto americano: [...]. Altre villule, dov’é lo spigoluccio pit in fuora, si dirizzavano su, belle belle, in una torricella pseu-
372 Thid., pp. 128, 129-33.
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do-senese o pastrufazianamente normanna, con una lunga e nera stanga in coppa, per il parafulmine e la bandiera. Altre ancora si insignivano di cupolette e pinnacoli vari, di tipo russo 0 quasi, un po’ come dei rapanelli o cipolle capovolti, a copertura embricata e bene spesso policroma, e cioé squamme d’un carnevalesco rettile, meta gialle e meta ce-
lesti. Cosicché tenevano della pagoda e della filanda, ed erano anche una via di mezzo fra l’Alhambra e il Kremlino. Poiché tutto, tutto! era passato pel capo degli architetti pastrufaziani, salvo forse i connotati del Buon Gusto. Era passato l’umberto e il guglielmo e il neoclassico e il neo-neoclassico e l’impero e il secondo impero; il liberty, il floreale, il corinzio, il pompeiano, |’angioino, l’egizio-sommaruga e il coppedé-alessio; e i casinos di gesso caramellato di
Biarritz e d’Ostenda, il P. L. M. e Fagnano Olona, Montecarlo, Indiandpolis, il Medioevo, cioé un Filippo Maria di buona bocca a braccetto col Califfo: e anche la Regina Vittoria (d’Inghilterra), per quanto stravaccata su di un’ottomana turca: (sic). E ora vi stava lavorando il fun-
zionale novecento...*”.
Niente ci avverte alla prima lettura, nella spietatezza godibilmente comica della pagina, che il tema ne é da pit parti congiunto con quello tragico latente nel romanzo. Una delle ville é residenza di don Gonzalo Pirobutirro e della vecchia madre: a cui lo scapolo é legato da un rancore geloso, puntiglioso, iracondo, che non risparmia la memoria del marchese padre. Tale che la sproporzione fra violenza e ragioni manifeste postula in particolare il concetto freudiano di spostamento, in generale una verosimiglianza edipica, tanto inconscia per il personaggio quanto conscia per l’autore. Solo alla madre quando é sola spetta una scrittura di livello opposto al comico, e il capitolo comincia: « Vagava, sola, nella casa»; cosi, quando il figlio racconta un sogno che lo ha atterrito, esso ha luogo «nella nostra casa deserta»’ — come se casa fosse la variante tragica di villa. La madre sola, che «si barricava in casa ogni sera», assurdamente, con «la pit varia ed
inopinata suppellettile» elencata a pit riprese””, € trovata assassinata alla fine. Esito preannunciato fin dall’inizio dall’insistenza sulla situazione indifesa della villa, che ha aspetti di fatiscenza e carenza fisica: il cancello dalle «barre in legno, mezzo fradice», il muro «storto, tutto gobbe», «nano e ciu373 Parte I, cap. 1: C. E. Gadda, Romanzi e racconti, Garzanti, Milano 1988, t. I,
pp. 584-85; e prima, p. 580. Pastrufazio é la capitale del Maradagal. Sommaruga e Coppedeé furono architetti attivi a Milano nel primissimo Novecento, Alessi nel Cinquecento. «P. L. M.» sta per « Paris-Lyon-Méditerranée». 374 Thid., pp. 673, 633. 3 Tbid., pp. 746-47.
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co». Ma anche aspetti morali, simbolici a loro volta del dissidio tra figlio e genitori. E per «fiducia nel popolo», detestato dal figlio, che il padre non si curava di chiavistelli e muro; il maggior rimprovero alla madre é di tenere aperta la villa al primo venuto, su cui «bavare bonta». Se lei si presta a « qualunque cosa, pur che sia per gli altri», il figlio ha ragioni non solo giuridiche per reclamare infuriando «il possesso: il sacrosanto privato privatissimo mio, mio! »’”. Non é casuale
il paragone di lui, « povero effetto» della sua ascendenza maschile, con «un paracarro imprevisto »: che «é, tra superstiti muri, un reliquato di smarrite cagioni»” Nell’unico incontro a due, la madre deve preparargli da cenare «a dimostrazione della validita funzionale della villa». Altrimenti la villa stessa verrebbe da lui maledetta fra bestemmie: col padre costruttore, e con «tutte le infinite ville del Serruchén». Per lei viceversa, fin da giovane e durante quarant’anni, era stata orgoglio e conforto « consustanziale ai visceri» la «Idea Matrice della villa» ancor prima che «la villa obbiettiva»”. La parola tende a ripetersi periodicamente quale leitmotiv poco variato, a reiterarsi come in apertura della pagina citata; e dai punti di vista un po’ di tutti” in fondo percié dell’autore. Da parte del protagonista, ingegnere di levatura umanistica da leggere Platone e scrivere prosa difficile — come Gadda -, l’antipatia per l’edificio e per gli edifici consimili avrebbe potuto benissimo esser motivata esteticamente o culturalmente. Di fatto non ha che motivazioni altre: di troppo oscura violenza perché gli si accrediti una superiorita consapevole, rispetto agli ideali borghesi di cui é partecipe la madre. L’autenticita del personaggio doloroso di lei, d’altra parte, non ne é diminuita pit di quanto lo sia dal pretenzioso-fittizio, in Flaubert, quella di Félicité (11, 7). Non si puo dire che nella pagina citata i punti di vista che 376 Thid., pp. 615, 639, 712; e cfr. 640-43, 712. 377 Thid., pp. 722, 713; 631 e passim; 639. 378 Thid., p. 619. 379 Thid., pp. 686-88. 780 Di Gonzalo: «Ogni pretesto é buono, in villa! in villa! » (cbid., p. 659); della guardia notturna truffaldina: «Cava dinaio dai muri, in villa. Per tutte ville! » (p. 669); della madre: «tutto cid che nasceva dalla Villa, o dalla Idea-Villa...» (p. 706); del padre: «Per imiei figli, la villa...»; «per ilfuturo lavilla, la villa» (pp. 728-29). O, per tutti, della voce d’autore: «Il bibliotecario capo... che, manco a dirlo avea villa...» (p. 606); «L’amplesso della villa, ognun la sua beninteso:..» (p. 624).
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divergono, i livelli il cui scarto si apre allo scherno bilioso, coincidano preventivamente con quelli del figlio e della madre: a fronte dell’autore stanno, come soli personaggi, gli architetti— per la cui testa é passato, come potenzialmente per quella di Ulrich, «tutto, tutto! » Meglio ancora, é decisivo il gioco del pluralismo di scrittura, entro cui la decontestualizzazione prende la forma della pit disparata intertestualita. In ognuno dei tanti riferimenti culturali e piani linguistici e stilistici che si decontestualizzano a vicenda, é implicito un qualche punto di vista, distanziato o ridicolizzato; e il pluralismo di scrittura si rispecchia nella pluralita dei rimandi architettonici, il contenuto ripete la propria forma. Entrambi esprimono una visione decentrata e commista della modernita, in cui sembra che si aggiorni caricaturalmente quella stessa di Flaubert. Una nota a una pubblicazione parziale ¢ informa che il « Kremlino-Alhambra-filanda-pagoda esiste nella reale realta», in provincia di Novara; eppure potrebbe derivare da L’Education sentimentale — dove una sala da ballo che si chiama L’ Alhambra ha gallerie moresche, chiostro gotico, tetto cinese, lanterne veneziane, Ebi e Cupidi™. Proprio di Gaddaé, per maggior corrosione, che la tendenza poliglotta e metaletteraria precipiti il pretenzioso-fittizio in contaminazioni continue col frusto-grottesco (cfr. Iv, 8). In
righe omesse nella citazione c’é un richiamo a Catullo, e due parodie di anonimo tra virgolette”; puro frusto-grottesco, alle soglie della tragedia finale, si ha in quel fondo di strada civica il cui elenco di componenti termina con « diverse merde di colore e consistenza diversa, e uno o due spazzolini frusti da denti, abbandonati al destino delle cose fruste...»””.
Ma il linguaggio pubblicitario delle prime righe preannuncia la direzione dell’aggressione comica dalla fine della citazione in poi. Non eludendo il referente escrementizio causa la speciale scomodita dei cessi, essa coinvolge il campo d’immagini del funzionale, contiguo al nostro per opposizione (111, 8): ne fa apparire l’efficienza non meno pretenziosa e fittizia che 381 Gadda, L’Adalgisa, tbid., p. 404, nota 4; Flaubert, L’Education sentimentale, in CEwvres, t. I cit., p. 102.
382 Gadda, L’Adalgisa cit., p. 404, note 1, 3. 383 Ta cognizione del dolore, ibid., p. 740. Cfr., in Cinema (La Madonna dei Filoso-
fi), il corso Garibaldi «tortuoso e cosparso di gusci d’arachidi, di mozziconi di sigarette appiattiti, di scaracchi d’ogni consistenza e colore...» (ibid., p. 59: il corsivo é mio).
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le ingenue suggestioni della categoria negativa — ultima delle
dodici definite, denominate e documentate. Ecco l’albero semantico. II lettore vi scorgera simmetrie
d’insieme, invisibili in corso di costruzione: al quarto livello,
il parallelismo delle due neutralizzazioni al centro, fra due biforcazioni ai lati; al quinto livello, nella serie delle opposizioni terminali, la regolare alternanza di contraddittori— coi contrari al limite—e di contrari. Nell’un caso come nell’altro,
non l’ho fatto apposta, e non suggerisco niente che questa euritmia di astrazioni fatte parole e linee possa significare.
Capitolo v Dodici categorie da non distinguere troppo
1. L’albero semantico permette innanzi tutto di tentare una risposta alla domanda, sollevata a suo tempo (11, 8), sul-
la consistenza letteraria delle immagini. Nessuna delle dodici definizioni di categorie d’immagini prevede oggetti fisici determinati; tutte attribuiscono ad oggetti variabili testo per testo un «effetto immaginario», per cosi dire un’interpretazione di essi insita nei testi, che danno forma e sostanza con-
creta ad astratte materie del contenuto. In breve, le immagini che c’interessano sono composte da certe rappresentazioni
pit \a loro interpretazione secondo I’albero semantico. Percid, nell’ impiego dell’albero, pare facile una tentazione contro cui il lettore va messo in guardia: quella di scindere le interpretazioni da rappresentazioni corrispondenti, reificando senza cose le categorie, ossia i termini morali 0 ideologici o emotivi ecc. delle loro definizioni. Se abbiamo classificato perché ci servivano parole giuste (111, 6-7), non sarebbe corretto usare il nome di monitorio-solenne a proposito d’un testo in cui si abbia senso di caducita ma non per esempio rovine, il nome di memore-affettivo se si ha ricordo commosso senza reliquie, di sinistro-terrifico se si ha spavento soprannaturale senza visione di spazi, di pretenzioso-fittizio se si ha esperienza inautentica senza appositi simulacri, e cosi per
ogni altra categoria. Fra i cinquanta esempi del capitolo precedente, la sproporzione massima fra intensita d’interpretazione ed esiguita di rappresentazione si tocca in un esempio di memore-affettivo: quello dal Werther (1v, 15). « Non facevo un passo che non fosse memorabile», dice la penultima frase citata, e sembra averla ripresa e ampliata Leopardi in tre versi de Le Ricordanze:
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Qui non é cosa
Ch’io vegga o senta, onde un’immagin dentro Non torni, e un dolce rimembrar non sorga'.
Facciamone un controesempio, che valga per ogni altro come caso limite. In questi versi si parla addirittura di cose e di immagini; e se ne parla secondo la definizione della categoria. Eppure non sarebbe corretto usare per essi il nome di memore-affettivo, perché cose ed immagini non vi sono rappresentate (0, nel contesto seguente, non vi sono connotate in modo che ci riguardi). Mail punto é che si pud avere benissimo, che si ha spesso, anche la scissione opposta: una sia pur minimale rappresentazione, senza un’interpretazione possibile secondo l’albero semantico. L’inapplicabilita dell’albero equivale quasi tautologicamente all’insufficiente consistenza dei testi dal nostro preciso punto di vista, per chi ammetta che le undici opposizioni gerarchizzate nell’albero sono se non /e sole pertinenti, almeno /e pid pertinenti rispetto al corpus dei testi. Esaminiamo una prima serie di passi inadeguati, o no. Nell’ Orlando furioso, Dalinda riceve segretamente l’amante Polinesso: Non fu veduto d’alcun mai salire;
pero che quella parte del palagio risponde verso alcune case rotte, dove nessun mai passa 0 giorno o notte’.
In una novella del Decameron, il duca d’Atene accoltella il
principe di Morea e lo precipita dalla finestra dove lo ha sorpreso: Era il palagio sopra il mare e alto molto, e quella finestra, alla quale allora era il prenze, guardava sopra certe case dall’impeto del mare fatte cadere, nelle quali rade volte o non mai andava persona: per che avvenne, si come il duca davanti avea proveduto, che la caduta del corpo del prenze da alcuno né fu né poté esser sentita?.
Nella seconda parte del Don Quijote*, Sancho Panza col suo asino si propone di trascorrere una notte d’estate all’aperto: ' G, Leopardi, Tutte le opere. Le poesie e le prose, Mondadori, Milano 1940, t. I, pp. 76-77. Nello Zibaldone, 57 (Zibaldone di pensieri, Garzanti, Milano 199r, t. I, p. 78; e cfr. la nota a p. 499 del t. I), é citata e approvata la stessa lettera di Werther (9 maggio 1772) commentata qui sopra. 2 V, ott. 10, wv. 4-8: Ariosto, Tutte le opere, t. I cit., p. 83. Potrei citare, per ragionarci sopra in modo identico, le « case guaste », « casa rotta», «mura vecchie», « rot-
to albergo», dove si nascondono i Maganzesi e li snida Marfisa nel terzo dei Cinque canti (ott. 102, 109, 111: Id., Cinque canti, Einaudi, Torino 1977, pp. 91, 93). > TI, 7: G. Boccaccio, Tutte le opere, Mondadori, Milano 1976, t. IV, p. 170 (pp. 169-71). Proveduto = previsto. 4 [Don Chisciotte].
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--Yquiso su corta y desventurada suerte que buscando lugar donde mejor acomodarse, cayeron él y el rucio en una honda y escurisima sima que entre unos edificios muy antiguos estaba...
Ne L’Illusion comique‘ di Corneille, un carceriere ha preparato l’evasione e la fuga di Clindor prigioniero, con le due rispettive amanti: On nous tient des chevaux en main sire aux faubourgs, Et je sais un vieux mur qui tombe tous les jours: Nous pourrons aisément sortir par ses ruines’.
Nella Gerusalemme liberata, il mago Ismeno guida Solimano alla reggia entro la citta assediata, per un passaggio sotterraneo e sconosciuto: Cava grotta s’apria nel duro sasso, di lunghissimi tempi avanti fatta; ma, disusando, or riturato il passo era tra i pruni e l’erbe ove s’appiatta*.
In poema, novella, romanzo 0 commedia, sono cinque
momenti di altrettante narrazioni. Li ho disposti in plausibile gradazione: da un massimo di economia verbale nel dare informazione, a un massimo d’indugio relativo nel rappresentare oggetti. Se itesti da studiare fossero solo testi narrativi, la consistenza delle immagini potrebbe misurarsi esattamente sulla quota non necessaria dell’ indugio, in rapporto alla necessita dell’informazione: quasi su una proporzione inversa, nello spazio verbale, tra funzionalita narrativa e non-funzionale immaginario. Nei cinque passi la menzione d’una qualche corporeita non-funzionale, pit o meno semplice e fugace, presenta un’utilita per i personaggi o comunque permette una promozione del racconto. Boccaccio pué lasciare un giorno intero due cadaveri frairuderi, e farli poi scoprire in modo avventuroso; Cervantes assicura a Sancho, nel burrone, un tragicomico monologo e una via di ritrovamento > Parte Il, cap. rv: M. de Cervantes, Segunda parte del Ingentoso Caballero Don Quijote de la Mancha, t. IL, Catedra, Madrid 1977, p. 439 (pp. 439-43). L... e volle la sua sorte manchevole e sventurata che cercando un luogo dove sistemarsi per il meglio, caddero lui e il grigio in un burrone oscurissimo e profondo che si trovava fra alcuni edifici molto antichi...] 6 [L’illustone teatrale]. 7 Atto IV, sc. vi: Corneille, Euvres completes, «Bibliotheque de la Pléiade», 1980, t. I, p. 667. [Ci sono per noi cavalli, ai sobborghi, in mano sicura, |E conosco un vecchio muro di giorno in giorno cadente: |Usciremo facilmente attraverso le sue rovine]. 8 X, ott. 29, vv. 1-4: Tasso, Poesie cit., p. 255 (pp. 255-57).
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imprevisto col suo padrone. Agliamanti di Ariosto occorrono paraggi non frequentati per incontrarsi, a quelli di Corneille un varco per uscire da Bordeaux, ai pagani di Tasso uno scavo per oltrepassare gli assedianti cristiani. Quanto a immagini, nessuno dei primi quattro passi tocca la soglia di consistenza al di sopra della quale si pongono gli esempi del secondo e quarto capitolo, el'ultimola sfiora. E legittimo pensare che riflettano la parsimonia d’evocazione sensoriale di epoche anteriori alla svolta storica; e compiacersi di fantasticare quali sviluppi avrebbero dato alleimmagini, a parita di situazione, Walter Scott o Victor Hugo. E pero legittimo solo in parte, visto che casi di analoga economia s’incontrano anche in pieno Otto o Novecento. In The Ring and the Book’ di Browning, il giovane prete Caponsacchi diffida della lettera che lo invita a un colloquio con la moglie del conte Franceschini: Going that night to such a side 0’ the house Where the small terrace overhangs a street Blind and deserted, not the street in front... ”
Ne La coscienza di Zeno di Svevo, la strada che il protagonista percorre in cerca del futuro suocero é adatta alla fretta che ha di trovarlo: Alte vecchie case che offuscano una via tanto vicina alla riva del mare
poco frequentata all’ora del tramonto, e dove potei procedere rapido ".
Fermiamoci ai primi quattro passi; e quell’inconsistenza
d’immagini che non é giustificata in modo esclusivo né dalla loro narrativita né dalla loro datazione, sia ora verificata attraverso un confronto con l’albero semantico. Gia la prima
opposizione dell’albero risulta di pit che dubbia applicazione. Non che manchi /a percezione d’un decorso di tempo, sottintesa in Ariosto e Boccaccio, sottolineata in Cervantes e
Corneille; né manca mai un’incidenza sul tempo attuale, che
coincide praticamente con la funzionalita narrativa. Ma /’effetto immaginario & troppo tenue perché sia propriamente in
esso che l’una 0 l’altra é prevalente, o anche soltanto si afferma, aprendo uno spazio semantico divisibile secondo le op9? [L’anello e il libro). 0 VI (Giuseppe Caponsacchi), vv. 515-17: R. Browning, The Ring and the Book, Everyman’s Library, London — New York 1968, p. 215. [Andando quella notte dal lato della casa |Dove la piccola terrazza sovrasta una strada |Cieca e deserta, non la
strada sul davanti...] " Cap. v: I. Svevo, Romanzi, Mondadori, Milano 1985, pp. 749-50.
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posizioni sottostanti. Il decorso di tempo non fa che motivare stati di fatto, l’incidenza attuale non fa che prepararne modifiche, e non sono che cause ed effetti nell’interesse di-
namico del racconto. Di conseguenza, le opposizioni sottostanti sono inapplicabili nella loro successione gerarchica; al piu, parrebbero applicabili ad una ad una-—con quel criterio che avevo ipotizzato come il meno arbitrario, ma scartato come troppo prudente per far riconoscere delle costanti (Iv, 5). E innegabile che tutte queste mezze immagini comportano un ordine naturale anziché soprannaturale, mostrano manufatti edilizi anziché natura grezza, sono presentate in modo piuttosto serio che non serio, piuttosto come sconvenienti
che come esemplari. Ma l’albero vive della solidarieta in senso verticale, e dell’alternativa in senso orizzontale, di parti di
definizioni leggibili da cima a fondo: nessuna opposizione superiore vale a qualificare un’immagine prescindendo dalle inferiori, né viceversa. Solo in Tasso un effetto immaginario fra il magico e il sinistro é leggibile fino alla relativa opposizione terminale, pur lasciandola indecisa. Lo confermano nelle ottave seguenti espressioni quali «angusto sentiero», «via furtiva», «buia strada», «antro oscuro», «disusata
scala»; soprattutto, «via solinga e bruna». Alla funzionalita narrativa, certo, non ne servivano tante”.
2. Oltre quelli narrativi, non vedo che un tipo di testi dove l’indugio su certe immagini potrebbe misurarsi in deroga a una funzionalita o economia o logica propria dei testi stessi: quelli a carattere argomentativo. Si rammenti il rapporto fra ragionamento e immagini nella lettera di Sulpicio che ho scelta come primo esempio per l’albero semantico, riconoscendo in seguito un momento argomentativo come tipico del monitorio-solenne (tv, 1, 6). Mentre il carattere narrativo
é proprio di generi letterari in senso stretto o forte, incluso il teatro, solo scritture ideologiche di letterarieta indiretta o debole avranno carattere argomentativo puro; ma entrambi i caratteri possono fare apparizioni pid o meno protratte in 2 Fonte letterale dei quattro versi citati é Boccaccio, Decameron, IV, 1 (Tutte le opere, t. IV cit., p. 356): dove la grotta, non usata da tanto tempo «che quasi niuno
ch’ella vi fosse si ticordava», ha piena funzionalita narrativa per gli amori di Ghismonda e Guiscardo; come quindi le espressioni «segreta scala», e pit in 1a (p. 360) «assai occulta via». Se c’é un minimo d’indugio, va nel senso dello sterile-nocivo: Tasso, oltre ad aumentarlo, l’ha orientato diversamente.
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ognigenere di scrittura. E in mancanza di entrambi che parlare d’indugio su immagini perde senso, e allora é unicamente nel confronto con l’albero semantico che l’inconsistenza delle immagini si lascia verificare. Questo capita soprattutto entro quei generi e momenti, meno ben definiti dagli studi recenti dei generi e momenti narrativi, che non saprei designare se non con termine corrente come lirici; e nell’approssimazione ad essi, d’altra parte, credo di constatare che I’i-
napplicabilita dell’albero si faccia ancora pid radicale. Cominciamo da qualche passo d’un genere a carattere narrativo un po’ speciale, come la favolistica con animali parlanti. Ne L’Aizgle et le Hibou” di La Fontaine, una sera l’aquila scorge la covata di mostriciattoli del gufo: Dans les coins d’une roche dure, Ou dans les trous d’une masure
(Je ne sais pas lequel des deux)... *.
Ne Le Chat et le Rat”, gatto topo gufo e donnola: Hantaient le tronc pourri d’un pin vieux et sauvage ".
Ne Les Souris et le Chat-huant": On abattit un pin pour son antiquité, Vieux palais d’un Hibou, triste et sombre retraite De I’Oiseau qu’Atropos prend pour son interpréte. Dans son tronc caverneux et miné par le temps... ®.
Anche qui ho citato in gradazione. Nella prospettiva animale, la cui capacita di adozione poetica é tanto maggiore in La Fontaine che in Esopo 0 in Fedro, cantucci di roccia e fori di catapecchia non fanno differenza: «non so quale dei due» — né noi sapremmo di quale categoria usare il nome. Vecchi tronchi di pino sono dimore senza dubbio assai poco funzionali dal punto di vista umano. Ma la favola sospende o sovverte, appunto, tale punto di vista; e ’opposizione che cosf 6 [L’aquila e il gufo). 4 V, 18: La Fontaine, Ewvres completes, « Bibliothéque de la Pléiade », 1991, t. I,
pp. 200-1. [Nei cantucci d’una roccia dura, | O nei fori d’una catapecchia |(Non so quale dei due)...]
© [Il gatto e il topo). '6 VIM, 22: zbid., p. 332. [Frequentavano il tronco marcio d’un pino vecchio e selvaggio]. " (I topolini e il barbagiannt). '§ XI, 9: zbid., p. 443. [Un pino fu abbattuato per la sua antichita, |Vecchio palazzo d’un Gufo, ritiro triste e cupo |Dell’Uccello che Atropo si sceglie per interprete. | Nel suo tronco cavernoso, e minato dal tempo...]
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rende inapplicabile non é nemmeno la prima dell’albero, ossia quella interna all’effetto immaginario — incontestabilmente intenso nei tre passi. E un’opposizione che sarebbe di livello ancora superiore se non |’avessi lasciata fuori come preliminare all’albero (cfr. rv, 1), ossia quella stessa tra corporeita funzionale e non. Cid che per l’uomo é blandamente sterile-nocivo, con o senza sinistro-terrifico, per il gufo e le altre bestiole é idonea residenza o «palazzo»: la collisione fantasiosa e giocosa delle due prospettive, che non escluderebbe nemmeno il frusto-grottesco, rende insoddisfacente insieme alle categorie perfino l’idea della loro contaminazione. Decidere se la familiarita d’un vecchio edificio si proponga in una prospettiva umana o animale sarebbe pure ozioso, per tutt’altre ragioni che in La Fontaine, in quest’inizio di Leopardi: D’in su la vetta della torre antica, Passero solitario, alla campagna Cantando vai finché non more il giorno... ”.
Molti versi dopo, la morte del giorno sembrera esprimere la caducita della gioventu: senza immagini pero da monitoriosolenne. La «torre antica» non é tale, né é memore-affettivo o venerando-regressivo, né appartiene a una qualche categoria negativa. E non tanto perché si affaccia in due sole parole: siamo passati alla poesia lirica, dove non solo la mancanza di narrativita ma la densita della parola mette in questione I’idea d’indugio. Piuttosto per l’intrinseca assimilazione dell’io al suo esplicito termine di paragone, I/ passero solitario a cui la poesia s’intitola, contemplatore e cantore isolato come lui. Come la vetta di torre é sede adatta letteralmente all’uno, lo diventa metaforicamente all’altro: compromettendo le identita, e indebolendo le connotazioni verosimili ad esse legate, il sistema metaforico in cui la rappresentazione minimale é presa ne elide la non-funzionalita potenziale. Tuttavia litaliano Leopardi, coevo dei grandi poeti romantici d’altre lingue, resta idealmente anteriore alla liberazione rivoluzionaria della metafora da essi effettuata. Nella Ode to the West Wind” di Shelley, il vento autunnaLeopardi, Tutte le opere. Le poesie e le prose, t. I cit., pp. 44-45. 20 [Ode al vento d’Occidente).
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lea cui l’io si rivolge e vorrebbe adeguarsi « desta dai suoi sogni estivi» i Mediterraneo, che giaceva cullato dalle proprie correnti: And saw in sleep old palaces and towers Quivering within the wave’s intenser day, All overgrown with azure moss and flowers... ”.
« Vecchi palazzi e torri» non sono visti riflessi nel mare, bensi é il mare meridionale a vederli nel sonno; se tremolano é per intensita di luce marina, e il muschio che li ricopre é azzurro. Qui l’animazione antropomorfica dell’inanimato capovolge, can la prospettiva umana fisica, le connotazioni assegnabili all’aggettivo. Non si puo leggervi altro che la stessa radiosa euforia di tutto il contesto: a che varrebbe interrogarsi sulle nostre categorie? Nella Ode to a Nightingale” di Keats, lio presume che il canto dell’usignolo possa essere quello medesimo che ha pit volte: Charm’d magic casements, opening on the foam Of perilous seas, in faery lands forlorn”.
Sebbene in terre « fatate», € imprecisabile perché l’aggettivo «magiche» si riferisca proprio a finestre; e se i mari siano « pericolosi» per gli abitatori di simili terre, o solo per chi le pensa come « derelitte». Su di esse, certo, il nostro criterio di funzionalita si trova abrogato o alienato. La prospettiva qui non appartiene all’usignolo, sebbene sia il verbo del suo canto a reggere il tutto e a renderlo incantato: ha senso parlare di soprannaturale, non pero delle nostre due categorie relative per le finestre, né di sterile-nocivo per i mari. L’opposizione tra funzionale e non puo benissimo vigere in un sogno, ma quando l’alta figuralita della letteratura la trascende fa cid che in altri casi quella del sogno puo fafe. Non aggiungo che un passo di sogno a occhi aperti riferito in letteratura: entro la chiaroveggente follia dell’Aurélia di Nerval. Nella casa duno zio materno morto da piu d’un secolo, parenti di epoche diverse rivivono e convivono: Un de ces parents vint 4 moi et m’embrassa tendrement. II portait un costume ancien dont les couleurs semblaient p4lies, et sa figure sou21 P. B. Shelley, Poems, Everyman’s Library, London — New York 1953, t. I, p. 330. LE vedeva nel sonno vecchi palazzi e torri |Tremolanti entro la pid intensa luce dell’onda, |Tutti ricoperti d’azzurro muschio e fiori...] 22 [Ode a un usignolo). 2% J. Keats, Poetical Works, Oxford 1956, p. 209. [Incantato finestre magiche, aperte sulla schiuma |Di pericolosi mari, in fatate terre derelitte].
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riante, sous ses cheveux poudrés, avait quelque ressemblance avec la muenne”.
Sulla desuetudine di quest’ abito antico impallidito avremmo scarsa presa analitica: le radici dell’albero semantico sono in un tempo e in uno spazio dove il principio d’identita riesca ancora a garantire connotazioni riconoscibili, non vada metaforicamente o al limite oniricamente alla deriva. 3. La brevita di questi esempi lirici contribuisce all’inapplicabilita dell’albero semantico. Ma non ne é condizione necessaria, e nemmeno sufficiente: in altri casi, non pit pa-
role di quante ne entrano nella misura d’un verso possono rendere leggibile nell’albero un’intera definizione di categoria. A conferma ultima che la consistenza delle immagini non va decisa in termini quantitativi, ecco un esempio. Nel libro II dell’ Exezde, raccontando la fine di Troia e trovando inadeguate alla notte di strage parole e lacrime, Enea esclama: Urbs antiqua ruit multos dominata per annos... ”.
Verso sublime che sovrasta presente, passato e futuro: nella visione della citta in atto di rovinare, s’incrociano la rimem-
branza della sua intatta maesta e la previsione delle rovine che resteranno. II decorso di tempo che causa vanto e stupore non él’antichita futura dei resti, bensi quella del lungo dominio passato. E non conta in quanto determinazione storica, ma solo per contrasto col fatto in sé della caduta: gli attributi di durata e potenza del sostantivo, occupando quasi tutto lo spazio dell’esametro, si oppongono alverbo catastrofico col sottinteso concessivo di un benché. E dunque decisamente monitorio-solenne, senza contaminazione col vene-
rando-regressivo di la da venire. * In epoca pit moderna, proprio intorno al venerando-regressivo ruotano varie contaminazioni allusive entro spazi verbali brevi: fenomeni pos24 Parte I, cap. 1v: G. de Nerval, Euvres completes, «Bibliotheque de la Pléia-
de», 1993, t. III, p. 703. [Uno di questi parenti venne a me e mi abbraccio teneramente. Portava un costume antico dai colori che sembravano impalliditi, e il suo volto sorridente, sotto i suoi capelli incipriati, aveva qualche somiglianza col mio]. 2 II, v. 363: Virgile, Enéide, livres I-VI cit., p. 50; cfr. al v. 290, dove parla Ettore nel sogno: «ruit alto a culmine Troia» [precipita da tutta la sua altezza Troia] (p. 47). [Una citta antica precipita, per molti anni gia dominatrice].
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sibili solo nei confini coperti dall’albero, diversi quindi dallinapplicabilita di esso. Eppure per questa via, e per effetto di brevita, si perviene a una indecidibilita fra categorie da non trascurare in un’ulteriore piccola rassegna di casi dubbi. Nel gia considerato Melmoth the Wanderer di Maturin (Iv, 24), si legge una singolare doppia comparazione: attorno aun lugubre percorso di montagna, corsi d’acqua recenti rumoreggiano quali nuovi ricchi; mentre i letti di torrenti anteriori: Pee stood gaping and ghostly like the deserted abodes of ruined noilty
?°.
E in tre romanzi del nostro secolo (di due dei quali riparler6 a lungo), si legge: ... the visioned empty ghost-whistling castles in Sutherland... (Lowry, Under the Volcano)”.
He had a castle in the Hebrides, but it was ruined, he told her. Gannets feasted in the banqueting hall (V. Woolf, Orlando) *.
... sohaba... con ciudades antiguas de cuya pasada grandeza sélo quedaban los gatos entre los escombros (Garcia Marquez, Cien anos de soledad)”.
In un testo surrealista: Le temple de Salomon est passé dans les métaphores ov il abrite des nids d’hirondelles et de blémes lézards (Aragon, Le Paysan de Paris) *.
Per la comparazione di Maturin, di non molto posteriore alla svolta storica, si pud ben parlare di venerando-regressivo aperto al sinistro-terrifico. Ma pid d’un secolo dopo, nella riga dal romanzo di Lowry, non basta riconoscere il sopravvento della seconda categoria sulla prima: l’originalita d’espressione — castelli «fischianti di spettri» — varia su una 26 Cap. xxx: Maturin, Melmoth cit., p. 383. [... erano ora vacanti e spettrali come le disertate dimore di nobilta rovinata]. 27 Cap. vu: M. Lowry, Under the Volcano, Penguin 1963, p. 205. [Sotto i vulcano}. [... i castelli da visione, vuoti, fischianti di spettri, nel Sutherland...]
8 Cap. v: V. Woolf, Orlando. A Biography, Hogarth, London 1970, p. 226. [Orlando. Una biografia). [Aveva un castello nelle Ebridi, ma era in rovina, le disse. Sule facevano festino nella sala dei banchetti]. 2 G. Garcia Marquez, Cien afios de soledad, Editorial Sudamericana, Buenos Ai-
res 1969, p. 97. [Cent’anni di solitudine). [... sognava... antiche citta della cui passata grandezza restavano soltanto i gatti fra le macerie]. #0 L. Aragon, Le Paysan de Paris, Gallimard, Paris 1926, p. 17. [Il contadino di Pa- rigt). (Il tempio di Salomone é passato nelle metafore dove ripara nidi di rondini e livide lucertole].
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consumata stereotipia di entrambe, e della loro stessa contaminazione. Variano in sensi opposti su una stereotipia non minore, quella degli animali da sterile-nocivo fra le rovine,
sia il festino dei palmipedi selvaggi nella Woolf sia la domesticita dei gatti in Marquez. Ma in contaminazione con quali
altre categorie fra monitorio-solenne, venerando-regressivo, logoro-realistico? e perché non frusto-grottesco in Marquez (dove il contesto precedente é pretenzioso-fittizio)? Nel
frammento di Aragon, se il venerando-regressivo figura rifiutato, é per via d’una lessicalizzazione che esprime l’usura culturale mediante i simboli tradizionali di usura fisica. Simboli e sigle, citazioni implicite da non pit identificabili precedenti, sembrano ormai le immagini in tutti e quattro i frammenti novecenteschi; la loro convenzionalita é rinnovata dalla stessa letterarieta che la denuncia. L’irresolutezza classificatoria é lungi dal mandare l’albero a pezzi, come in quelle altre serie di esempi. Rende anzi tronco e rami pit visibili del fogliame: da tarde conferme a nuclei storici remoti dell’unita d’oggetto di questo libro. Pit che di casi dubbi si dovrebbe parlare di casi mancati, o fantomatici, per certi passi anteriori alla svolta storica o meglio per |’effetto che possono produrre oggi. La fantasia del lettore, alimentata dalla sua consuetudine con codici letterari posteriori, reagira a una carenza d’immagini: gia se le
categorie dell’epoca, il monitorio-solenne e il frusto-grottesco, restano al di sotto d’una soglia di consistenza media pur comparativamente bassa (Iv, 1, 6; 4, 8, 9). Quando il presidente de Brosses viaggia in Italia, e si ferma a Modena nel 1740, l’arnese di legno che fu presunta occasione de La secchia rapita di Tassoni é conservato in cattedrale: On s’empressait beaucoup pour nous le mener voir: je n’en fus pas curieux, et je devinai sans peine un vieux seau de bois pourri et vermoulu.
Questo arriva ad essere frusto-grottesco per un attimo, spregiato anziché comico, ipotetico nella sua prevedibilita. Ma quando in Tom Jones lalbergatrice fa preparar da mangiare al protagonista in una camera da lei chiamata il Sole, la soglia 31 Li, A M. de Neuilly: Ch. de Brosses, Lettres familiéres écrites d’Italie en 1739 & 1740, Editions d’aujourd’hui, Paris 1977, t. II, p. 399. [Lettere familiari scritte dall’I-
talia nel 1739 e 1740). [Erano tutti affaccendati per portarci a vederlo: non ne ebbi curiosita, m’immaginai senza fatica una vecchia secchia di legno marcito e tarlato].
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non pare raggiunta: non si ha che un gioco di antifrasi sul nome («was truly named, as /ucus a non lucendo; for it was an
apartment into which the sun had scarce ever looked»), un giudizio («It was indeed the worst room in the house») e un’iperbole (« having been shown into a dungeon») ”. Bella occasione perduta per una descrizione divertente, pud vagamente pensare il lettore di oggi. E se anche sente che nel contesto settecentesco non avrebbe potuto essere che divertente, cioé frusto-grottesco, ci pensa perché tra Fielding e noi sono cosi numerose ed estese le descrizioni serie: quelle da logoro-realistico. Ho parlato da poco di sviluppi d’immagini fantasticati secondo le maniere di scrittori ottocenteschi, a parita di situazioni narrative con esempi anteriori quasi del tutto astinenti (v, 1). In qualche caso non é facile esimersi da
simili confronti, immaginari in pid d’un senso: talmente vi si prestano situazioni narrative o dati tematici.
Nel 1721 il duca di Saint-Simon é ambasciatore del reggente di Francia presso il re di Spagna, e visita fra l’altro l’Escurial. Il racconto dei Mémoires” fu redatto verso il 1746-49: siamo lontani dal dramma di Schiller, dall’opera di Verdi. Tuttavia esiste la leggenda nera sulla fine dell’infante don Carlos, ed é a proposito di essa che la devozione illuminata del duca si scontra con la bigotteria spagnola. Questa s’incarna in un «grosso monaco» che gli fa da guida, e che monta in furia difendendo Filippo II e l’autorita assoluta del papa: « Tel est le fanatisme des pays d’Inquisition... » *. E le immagini del luogo? Ha ben mostrato Auerbach come il senso concreto d’interferenza tra sfere fisiche e morali, nel grande e privatissimo memorialista, sia eccezionale fino all’anacronismo per la prima meta del Settecento”. Di fatto, per tutte suggestioni misteriose e fosche, il lettore postromantico deve accontentarsi qui dell’unica frase: « Le Panthéon m’effraya par une sorte d’horreur et de majesté». Nell’appartamento di Filippo IT non é pit entrato nessuno dalla sua mor2 Libro VILL, cap. tv: H. Fielding, The History of Tom Jones, Everyman’s Library, London — New York 1963, t. I, pp. 329-30. [La storia di Tom Jones]. [era ben denominato, come /ucus a non lucendo; perché era un appartamento nel quale a stento il sole era mai apparso.] [Era davvero la peggiore camera della casa]. [essere stato condotto in cella carceraria]. > [Memorie].
*4 Saint-Simon, Mémoires, « Bibliothéque de la Pléiade», 1988, t. VII, pp. 87-88. [Tale é il fanatismo dei paesi d’Inquisizione...]
> Auerbach, Mimesis, t. UL cit., pp. 175-97.
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te, tranne l’attuale re di prepotenza, e il rifiuto di aprirlo rimane insormontabile. Ma il commento é: «Je ne compris rien a cette espéce de superstition»; del resto al duca era stato riferito «que le tout ne contenait que cing ou six chambres obscures», senza tappezzeria né mobili: «ainsi je ne perdis pas grand chose an’y pas entrer» *. Segue una descrizione, particolareggiatissima quanto a spazi, oggetti e funzioni, della camera di putrefazione (pourrissoir) della fami-
glia reale. Ma da quelle connotazioni ambientali che é dono di Saint-Simon non tralasciare, il macabro viene purgato nel lindo, nel lucente e nell’inodore: le nicchie si richiudono sui corpi «sans qu’il paraisse qu’on ait touché a la muraille, qui
est partout luisante et qui éblouit de blancheur, et le lieu est fort clair»; la camera adiacente, fitto sepolcreto a tasselli paragonato a una biblioteca, «n’a rien de funébre»; «[q]uoique ce lieu soit si enfermé, on n’y sent aucune odeur»”. La svolta storica divide da Saint-Simon il viaggiatore che reduce da Gerusalemme visitd anche lui l’Escurial nel 1807, e pubblicd il suo Ittnéraire®* nel 1811, Chateaubriand. Con lui l’occasione non rischia di andare perduta; poiché in Spagna non c’é stata rivoluzione, la sua funebre ironia metaforica risale dal venerando-regressivo al monitorio-solenne: ... les rois d’Espagne sont ensevelis dans des tombeaux pareils, disposés en échelons: de sorte que toute cette poussiére est étiquetée et rangée en ordre, comme les curiosités d’un muséum ”.
Lasciamo il limbo delle immagini che avrebbero potuto esserci e non ci sono, per terminare la casistica periferica con
quelle meno irreali immagini che parrebbero non esserci e ci sono. Parlo d’un fenomeno le cui premesse sono certo documentabili con la maggioranza degli esempi tratti, nel secondo e quarto capitolo, da contesti narrativi: dove la portata 36 Saint-Simon, Mémoires, t. VIII cit., pp. 85-86. [Il Pantheon mi spavento per una sorta di orrore e di maesta]. [Non capii niente in questa specie di superstizione].
(che il tutto non comprendeva che cinque o sei camere buie]. [cosi non perdetti gran che a non entrarci]. 37 Thid., pp. 86-87. [senza che si veda che é stato manomessso il muro, che é lucente dappertutto e abbaglia di biancore, e il luogo é assai chiaro]. [non ha niente di funebre]. [Benché sia un luogo cosi rinchiuso, non si sente nessun odore). 38 [Itinerario da Parigi a Gerusalemme e da Gerusalemme a Parigt). 39 Parte VII: Chateaubriand, Itinéraire de Paris a Jérusalem et de Jérusalem a Paris, in CEuvres romanesques et voyages, «Bibliothéque de la Pléiade», 1960, t. I, p. 1213. [... ire di Spagna sono sepolti in tombe uguali, disposte per gradi: cosi che tutta questa polvere é etichettata e messa in ordine, come le curiosita di un museo].
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delle immagini ha prolungamenti sottintesi. Dove non ci si limita a guardarle;con gli occhi della mente, nel punto in cui si presentano. Si continua, o si torna, a vederle per tratti suc-
cessivi; € cid senza che siano rammentate, o bastando che lo
siano appena. Talvolta basta che gia in prima istanza siano evocate appena, per farle durare a lungo 0 riemergere spesso come sfondo indimenticabile e vago. E un fenomeno della letteratura di tutte le epoche; e pud potenziare stupendamente la sobrieta d’immagini anteriore alla svolta storica. Ne El Burlador de Sevilla® di Tirso de Molina, il primo don Giovanni del teatro europeo si reca alla chiesa dove la Statua ricambiera l’invito a cena. Con lui c’é il suo servo che ha paura, e vorrebbe dissuaderlo dall’entrare: Ya esta cerrada la iglesia“.
Prescindendo dalla realizzazione teatrale del 1620-30 circa, come dal fatto che la paura di Catalinén mescola il comico al terribile, ad essa é verbalmente affidata l’evocazione dell'ambiente: l’annottare fuori, l’oscurita e vastita dentro. Nel
verso che precede e in quello che segue l’ingresso, |’effetto sinistro-terrifico é tanto laconico e indiretto quanto durevole: ;Que escura que esté la iglesia,
Sefior, para ser tan grande! *.
Anche in un romanzo dell’ultimo Ottocento come Effi Briest di Fontane, é significativa una punta di sproporzione: fra ’importanza che avra nel racconto il dato della paura di Effi, per i rumori spettrali dal piano disabitato sopra la sua camera da letto, e la brevita dell’unica descrizione di quel piano”. Ma il fenomeno non é circoscritto alle reticenze di cui ha bisogno il sinistro-terrifico, per quanta complicita abbia con esse. E vero che, fra gliesempi dei capitoli precedenti, uno dei due casi di minimi indugi descrittivi era il racconto di fantasmi di James (Iv, 26); altro pero era il racconto di Mann, il pid sorprendente per la rarita di quelle immagini 4 [L’ingannatore di Siviglia]. *! Jornada III: Tirso de Molina, E/ Burlador de Sevilla y Convidado de piedra, Estudios, Madrid 1989, p. 279. [E chiusa gia la chiesa]. ® Ibid , p. 280. [Com’é buia la chiesa, |[...] |Signore, ed é cosf grande!] % Cfr. Th. Fontane, Effi Briest, Insel, Frankfurt am Main 1977, PP. 65-66, 71, 7476, 85-98, I0I-5, 119-21, 157-60, 205-6, 219, 247-48.
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veneziane che a memoria di lettore si crederebbero diffuse (Iv, 32). Entrambi sono esempi di transizione fra Otto e Novecento, e come le contaminazioni nei frammenti novecente-
schi pit sopra, hanno a che fare con una crisi del sistema di categorie ottocentesco. Nel nostro secolo un maestro del fenomeno é Faulkner: al punto che si é tentati di attribuirlo allinsieme della sua opera. Tutto il Sud in decadenza della sua immaginaria Yoknapatawpha County (dopo il romanzo che la inaugur6, Sartoris) “ si concreta in immagini, testualmente, assai meno spesso e a lungo di quanto non crederebbe la memoria—o l’attesa— del lettore. Grandi edifici isolati e abbandonati, luoghi di tragedia nell’azione o nell’antefatto dei capolavori, s intravedono per pagine mentre le loro evocazioni sommate non farebbero una pagina: la casa che brucera dopo l’assassinio della sua solitaria abitatrice, Miss Burden, in
Light in August”; la casa vanagloriosa del colonnello Sutpen, al cui cancello é stato commesso il fratricidio tra due suoi figli, in Absalom, Absalom! *. Se resta in questione di quali categorie d’immagini si tratti, é per contaminazione e non in
conseguenza del loro prolungamento sottinteso. Fenomeno che oltrepassa i confini del nostro argomento: nella misura in cui, per studiarlo, é con l’analisi retorica e con quella narratologica che dovrebbe bilanciarsi I’attenzione alle costanti tematiche.
4. Ilcompito sara, da qui in poi, di riprendere in considerazione le dodici categorie una per una. Forse non ne varrebbe la pena se il solo scopo fosse d’interrogarsi sulla distribuzione cronologica di ciascuna, di tentarne una periodizzazione: ho dichiarato in partenza la genesi e i limiti della mia documentazione (I, 1, 2), e credo ormai dimostrato che sarebbe
impossibile — per una persona sola — arrivare a una documentazione d’insieme sufficiente. Chiedo di non attribuire se non la validita di prospettive provwvisorie, di quadri dai 44 Dove le immagini di decadenza abbondano, e sono distinguibili nelle nostre
categorie: logoro-realistico (W. Faulkner, Sartoris, New American Library, New York 1964, pp. 88-89, 94-95, 99-100, 120-22, 182, 227); memore-affettivo (pp. 62-64,
85-88, 178-79, 242); desolato-sconnesso, e affini elenchi di piccoli oggetti (pp. 44, 7778, 222, 276); magico-superstizioso (p. 107).
© [Luce d’agosto]. 4 Cfr. W. Faulkner, Light in August, Penguin 1971, pp. 29, 37, 42; 170-74, 174-81, 192-213; Absalom, Absalom!, Penguin 1975, pp. 6, 12, 31-33, 109-10, 175-77, 299-308. [Assalonne, Assalonne!]
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bordi congetturali, alle periodizzazioni che premetter6 volta per volta a nuovi materiali e ad altre idee. Rende critiche tali periodizzazioni la distinzione stessa fra origini della letteratura o in precedente realta o in precedente letteratura (11, 3-4): quindi, fra occorrenze isolate e ricorrenze codificate d’una certa materia del contenuto. Solo sulla scorta delle ricorrenze codificate é lecito congetturare i bordi d’un quadro, le occorrenze isolate potendo sempre darsi come eccezioni anteriori o come echi posteriori. Le categorie date per
documentabili a titolo non eccezionale nell’antichita classica — o biblica —, lungo il capitolo precedente, sono state quattro: monitorio-solenne, frusto-grottesco, magico-supersti-
zioso, sterile-nocivo. E la prima e massima di quelle confessioni d’ignoranza o dubbio che sarebbe pleonastico moltiplicare via via, riguarda proprio un limite superiore comune
a tutte queste periodizzazioni — e con esse a quella ideale dell’insieme. Perché sembra trattarsi quasi esclusivamente di antichita post-alessandrina e romana, in lingua latina piuttosto che greca? Di fatto, da non specialista, io non ho frequentato la letteratura latina pit della greca. O pit della letteratura medievale nelle diverse lingue, alla quale corrisponde |’altra maggiore delimitazione interna vacante in tutte le periodizzazioni di categorie. Se di questa lacuna intermedia ho gia avuto occasione d’indicare una ragione possibile (Iv, 6), era in tono un po’ meno dubitativo di quello in cui ora mi do-
mando, per gli inizi antichi: il maturare di costanti letterarie legate ai rapporti fra cose uomo e tempo e fra cultura e natura, presupponeva forse un mondo unificato in impero, con le sue abrogazioni e stratificazioni di tempi e di culture? Comundque, per disegnare una periodizzazione del monitorio-solenne o meglio delle sue ricorrenze codificate, non abbiamo che da collegare tutti gli spunti sparsi. Origine nellantichita classica (esempio tv, 1), col limite superiore appena suggerito; lacuna nel Medioevo, per la prevalenza d’un pit incombente memento mori o quia pulvis es, cristiano e biblico; ripresa umanistica, rinascimentale e barocca fra il Tre e il Seicento (esempi Iv, 6); ripresa preromantica nel Settecento (esempio Iv, 7); limite inferiore fra Sette e Ottocento, per trasformazione col venerando-regressivo. Rispetto al limite superiore, eccezioni da cui é confermato sono pochi mirabili fuggevoli versi di tragedia greca — simili a quello gia
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commentato di Virgilio (v, 3) per intensita e per tema. La ca-
duta di Troia é oggetto, nell’Agamennone di Eschilo, del vanto di lui: «la citta conquistata si riconosce ora dal fumo»; «la cenere morente — manda in alto i grassi vapori della sua opulenza»”. Le Troiane di Euripide si svolgono mentre |’incendio dura. «O gran fasto abbassato — degli antenati, com’eri niente! », geme Ecuba all ’inizio; alla fine: «O templi degli déi, o citta cara! », e il coro delle prigioniere risponde: «Presto crollando sulla cara terra resterete senza nome»; «II nome del paese si avvia a scomparire» *.
I primi esempi regolari che conosco sono quindi, in greco, epigrammi sulle rovine di citta famose. Li leggiamo oggi nel libro IX dell’ Antologéa Palatina (raccolti, cioé, dal bizantino Céfala intorno al 900); le loro attribuzioni e datazioni mal-
certe fanno centro sulle « corone» di epigrammi pid antiche, risalenti al 1 secolo a. C. Ci rimandano—come la coeva lettera di Sulpicio a Cicerone — a una Grecia illustre e decaduta. Micene ed Argo sono ridotte a «stalle di mugghianti armenti»; la prima é «come una traccia di capre», é « pascolo di bovi, pastura di pecore», « polvere derelitta »; di Corinto, non re-
sta «neppure una traccia». Eppure mediante il glorioso confronto con Troia, gia celebrata e «ora da cenere d’evi mangiata», anche le citta sue nemiche sopravvivono in poesia grazie ad Omero”. Un tale riscatto poetico, che non in tutti gli epigrammi si affaccia, sarebbe tornato nel futuro della categoria: é qualcosa d’altro e di pit della funzionalita secondaria meditativa del monitorio-solenne. Consolazione e orgoglio dell’arte sono alternativi, sebbene non incompatibili, con l’umilta a fondo religioso della caducita umana. Un altro modo d’intendere quest’ ultima non sarebbe stato invece pit ripreso, fino a testi del Settecento materialista (quello stesso di Diderot): é tipico d’un poema come il De rerum natura” di Lucrezio, dove ispira i primi esempi che ho in latino. Nella sua potente originalita letteraria non pud che farci parlare d’un monitorio-solenne a fondo, meglio che fi47 Vy, 818-20: Eschyle, Agamemnon, Les Choéphores, Les Euménides (t. 11), Les \ Belles Lettres, Paris 1961, p. 39. 48 Vy, 108-9; 1317, 1319, 1322: Euripide, Les Troyennes, Iphigénie en Tauride, Electre (t. IV), Les Belles Lettres, Paris 1964, pp. 32, 81. 49 Libro IX, nn. 104, tor, 103: Antologia Palatina, Einaudi, Torino 1980, t. III, pp. 54-55; 0. 28: pp. 20-21; n. 151: pp. 76-77; N. 62: pp. 34-37 (trad. Pontanil.
0 [Della natura delle cose}.
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losofico, scientifico. La teoria epicurea dell’estenuazione degli aggregati materiali, e della senescenza dei mondi, suscita immagini di mura pit grandiose che mura di citta; e accomuna ad esse o alle rocce, nel disfacimento, i sommi monumenti umani. Qui, la non pertinenza di ogni determinazione tem-
porale é universalita cosmica di legge della natura: Sic igitur magni quoque circum moenia mundi expugnata dabunt labem putris ruinas. Nec tenet omnia paulatim tabescere et ire ad capulum spatio aetatis defessa vetusto. Denique non lapides quoque vinci cernis ab aevo, non altas turris ruere et putrescere saxa, non delubra deum simulacraque fessa fatisci...»
Di citta in decadenza, la conquista romana ne avrebbe incluse molte nelle province orientali e meridionali dell’impero, quando non le aveva essa stessa abbattute. Meno lontano, un’elegia di Properzio commemora |’etrusca Veio, fra le cui mura suona il pastore e sopra i cui resti d’ossa si miete; ma nel contesto, di vanto e non di lamento, la vittoria di Roma
eclissa la precarieta universale ”. Sotto il cui segno si narrava che Mario avesse associato se stesso, in disgrazia, alla pit temuta delle citta nemiche (cfr. Iv, 6, 33). In Plutarco, l’episodio ha un’eloguenza non meno concisa della consistenza d’immagini: Chiedendogli colui che cosa diceva e che cosa riferire al pretore, rispose con un grande sospiro: « Annunciagli dunque che hai visto Gaio Mario fuggitivo sedere sulle rovine di Cartagine», non a torto accostando a titolo d’esempio la sorte di quella famosa citta e il suo proprio mutamento di stato”.
Ma grazie ad Omero ea Virgilio, la citta per eccellenza del monitorio-solenne restava Troia— in attesa che diventasse la stessa Roma. Nel libro IX di Lucano (cfr. 1v, 21), Cesare vin| TI, vv. 144-45: Lucrezio, La natura, Utet, Torino 1983, p. 196; I, vv. 173-74: p. 198; V, vv. 306-8: pp. 350-52. [Cosi dunque anche le mura del vasto mondo tutt’intor-
no |espugnate rovineranno sgretolandosi in macerie]. [E non capisce che tutte le cose lentamente si sfanno e s’avviano | alla bara, spossate dal lungo cammino della vita]. [Non vedi anche le pietre venir sopraffatte dal tempo, |le alte torri crollare e sgretolarsilerocce, |i templi e le statue degli déi logorate sfasciarsi...] 2 TV, 10, vv. 27-30: Propertius, Elegies, Harvard University Press 1990, p. 436. 33 Vita diMario, 40: Plutarque, Vies, Les Belles Lettres, Paris 1971, t. VI, p. 146. Ancora oy concisa, troppo per interessarci, la fonte: Velleio Patercolo, Historiae Romanae, U,19: Patercolo, Le Storie—Floro, Epitome e frammenti, Utet, Torino 1969,
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citore a Farsalo compie in Troade un pellegrinaggio da «ammiratore delle cose celebri»: su luoghi di ricordo non individuale, ma mitico e poetico. Dove, nondimeno, mito e poesia
destano iricordia ogni passo come sara per Werther 0 per l’io di Leopardi (rv, 15; v, 1). «Non c’é pietra senza un nome»: il gran visitatore non s’era accorto di passare un ruscello che era lo Xanto, o di calpestare la sepoltura di Ettore. Momento capitale in una storia della categoria. Vi si contamina col monitorio-solenne uno sterile-nocivo vegetale ben pit crudo che gli armenti e greggi degli epigrammi greci: sotto il peso di esso si consuma, tema del tema, la fine delle stesse rovine.
Ad opera dei versi invece, subito dopo quelli citati o riassunti, si promette a Cesare che condividera l’immortalita di cio che ammira: Circumit exustae nomen memorabile Troiae magnaque Phoebei quaerit vestigia muri. Iam siluae steriles et putres robore trunci Assaraci pressere domos et templa deorum iam lassa radice tenent, ac tota teguntur
Pergama dumetis, etiam periere ruinae ™.
Nell’anno 417 Rutilio Namaziano, alto funzionario dell’impero, mise in versi il proprio ritorno alla Gallia nativa dove Visigoti e Vandali facevano « una lunga serie di rovine». Roma stessa era stata saccheggiata da poco; ma nell’elogio riconoscente che il suo ex-prefetto le scioglie, dal non ignaro pathos tardivo, la magnificenza dei suoi templi e acquedotti pare incrollabile”. Sullitinerario Rutilio scorge rovine anteriori all’avvento dei barbari; significativo é che vi si soffermi a tre riprese, con accenni d’immagini ogni volta per un verso o due, e in due versi l’argomentazione di Sulpicio sulla morte delle citta”. Letteralmente citata anche da S. Ambrogio, in 4 TX, wv. 964-69: Lucain, La Guerre civile, t. II cit., p.175; e cfr. vv. 961-63, 970-86 (pp. 174-76). [Percorre i luoghi che hanno il nome memorabile dell’arsa Troia, |e va a cercare i grandi vestigi delle mura di Febo. |Ormai sterili boschi e marci tronchi di quercia |pesano sul palazzo di Assaraco e stringono con ormai stanche |radici i templi degli déi, mentre tutto é coperto | il Pergamo di cespugli: perirono fin le rovine]. > De reditu suo [Sul proprio ritorno], vv. 27, 47-164 (in particolare, vv. 95-104): Rutilius Namatianus, Sur son retour, Les Belles Lettres, Paris 1961, pp. 3, 4-5. Un secolo dopo, Ennodio rendera lode a Teodorico per aver ringiovanito Roma « matcida senectutis membra resecando » [tagliando via le membra marcite della sua vecchiaia]: Magni Felicis Ennodi Opera, Weidmann, Berlin 1885 (Monumenta Germaniae histort-
ca. Auctores antiquissimi, t. VII), p. 210. 6 Vy, 227-28 (Castro Novo): Rutilius Namatianus, Sur son retour cit., p. 13; vv. 285-86 sgg. (Cosa), p. 16; vv. 401-14 (Populonia), pp. 21-22.
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un’epistola di consolazione, sostituendo ai toponimi greci Bologna. Modena Piacenza e l’Appennino”. Era un’argomentazione facile da cristianizzare; e niente meglio della fortuna di essa mostra come dagli sconvolgimenti storici dell’epoca, alla vista delle conseguenze materiali, gli scrittori di fede vecchia o nuova non traessero che una lezione metastorica. L’incenerimento d’un palazzo ducale germanico da parte d’un re merovingio, nei versi di Venanzio Fortunato, viene
introdotto da massime sulle subite cadute dei regni e seguito da un accostamento della Turingia a Troia* La tradizione classica del monitorio-solenne non é ignorata nemmeno quando ci é dato passare, linguisticamente, dalla parte dei barbari: con la poesia anglosassone dei secoli vul-vit. Conta fra i testi pit belli di essa il frammento sulle rovine di Bath coi suoi bagni romani, i cui circa 50 versi varrebbe la pena di citare in traduzione ”. Se sono troppi per farlo, dipende da un’insistenza sul tema che non manca di specificare immagini: gelo su torri senza pit porte; tetti spoeli di tegole; «questo muro, grigio di lichene e macchiato di rosso...» Ela poesia anglosassone, pit di quella celtica altomedievale, che oggi spinge a parlare di toni ossianici. II che ci avvicinerebbe, nell’albero semantico, al venerando-regressivo; ma qui é astratto il numero di cento generazioni dai costruttori in poi, e pura malinconia di mortalita fa evocare per contrasto il passato tumulto d’uomini gioiosi e riccamente adorni. Non si riduce a violenza né a tempo quel « possente » destino (legge di rivolgimento, Wyrdh ®) che li ha travolti. Ed é col sottinteso concessivo di un benché — come nel verso di Virgilio —, che le crollanti architetture sono dette «opera di giganti»: quali apparivano a una cultura non urbana. L’espressione s’incontra anche nel Beowulf, ammirativamente spiegata“, e di toni ossianici anche il poema epico non man7 Sancti Ambrosi Opera, pars X, Epistulae et Acta, t. 1, Epistularum Libri I-VI, Hoelder-Pichler-Tempsky, Vindobonae 1968, pp. 67-68 [VIII (Maur. 39), 3]. 8 De excidio Thoringiae [Dello sterminio di Turingia), wv. 1- 20: Venanti Fortunati opera poetica, Weidmann, Berlin 1881, (Monumenta Germaniae historica. Auctorum antiquisstmorum, t. IV, parte I), p. 271.
»? Vedi Anglo-Saxon Poetry, Everyman’s Library, London — New York 1954, p 84: mi baso su questa traduzione in inglese moderno. II corsivo sotto é mio. © Cfr. L. Mittner, Storia della Letteratura Tedesca, Einaudi, Torino 1977, t. I,
Pp. 67-72.
St Anglo-Saxon Poetry cit., p. 54.
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ca®. Il tesoro guardato da un drago da materia metallica al monitorio-solenne: armi e vasi d’oro degli eroi defunti non hanno pit chi possa polirli e rifarli fulgenti, la corazza segue il guerriero nel suo disfacimento”. Nel x00, il viaggio a Roma compiuto dal vescovo Hildebert de Lavardin gli ispird due elegie latine. Il loro divario apre alla categoria uno spazio altro da quello strettamente religioso: nell’una, la citta stessa si preferisce diroccata ma capitale cristiana, piuttosto che magnifica ai tempi del paganesimo™. Mentre nell’altra non ¢’é parola di celeste compenso, di fronte a quella rovina malgrado cui la citta resta senza pari: Par tibi, Roma, nihil, cum sis prope tota ruina;
quam magni fueris integra fracta doces.
Anchel’elenco dei valori culturali che segue precorre Poggio di pit di tre secoli. Materialmente, l’ineguagliabilita dei resti e lirreparabilita dei danni stanno in un lacerato equilibrio semipositivo: tantum restat adhuc, tantum ruit, ut neque pars stans aequari possit, diruta nec refici®.
Nel Purgatorio di Dante, sono monito solenne alla superbia i bassorilievi di divina fattura che la raffigurano punita. Unico antonomastico nome di citta, dopo tre serie d’esempi di persone, Troia: Vedea Troia in cenere e in caverne: o Ilion, come te basso e vile mostrava il segno che li si discerne! “.
A partire dalla riscoperta umanistica, relativamente laica, le immagini per eccellenza della categoria si sarebbero fissate nei monumenti di Roma e della sua civilta. Non ancora con Petrarca: lungo la passeggiata della sua epistola latina del 1341, cid che stimola a ogni passo «il di6 [bid., pp. 42-43 (banchetto, arpe, racconti di tempi che furono); p. 49 (sale da festino deserte, silenziose, «a resting-place for the winds» [un luogo di riposo per i venti]).
Cribid.gprasy 64 Dum simulacra mihi...: cfr. The Oxford Book of Medieval Latin Verse, 1959, pp. 221-22. & Tbid., pp. 220-21. [Niente é a te pari, Roma, se pur quasi tutta in rovina; |quel che integra eri di grande, lo insegni nello sfacelo]. [tanto resta, tanto cadde, che né la
parte in piedi |si pud uguagliare, né riparare quella crollata]. 6 Purg. XII, wv. 61-63: Dante Alighieri, La Divina Commedia, Ricciardi, Milano-
Napoli 1957, p. 532.
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scorso e la commozione» sono le innumerevoli reminiscenze storiche, € mai lo stato presente dell’urbe”; nella canzone Spirto gentil, la perifrasi dell’urbe in sette versi non consacra che ad amore e timore reverenziale tutto cid che vi é compreso in un’unica rovina®. Ma quella cultura suprema nella storia, dal cui millenario tramonto non si poteva tardare a trarre una suprema lezione metastorica, ne lasciava in eredita an-
che i opoz e non c’era che da applicarli ad essa. La contaminazione tendenziale con lo sterile-nocivo faceva spazio a una convergenza delle tradizioni classica e biblica: quando Enea Silvio Piccolomini narra la sua gita papale a Tivoli nel 146r, non si accontenta di dire che in un rudere di porta cittadina «si aprono le stalle dei bovi» e «crescono le erbe». Nella semidiroccata villa di Adriano, a giustificare una lapidaria massima sulla mutevolezza, l’insediamento sostitutivo di ve-
getali e animali pur non esotici é d’un colorito derivabile forse da pit a oriente (Iv, 28): Vetustas omnia deformavit, quos picti tapetes et intexta auro aulea muros texere, nunc hedera vestit. Sentes et rubri crevere ubi purpurati consedere tribuni et reginarum cubicula serpentes inhabitant, adeo fluxa est mortalium natura rerum”.
E nell’elegia latina di Sannazzaro alle rovine di Cuma, lo stesso topos coi suoi vegetali e animali sfocia in quello proveniente da Sulpicio: per finire con una variazione di entrambi, che deduce dalla massima la profezia. Tocchera anche a Roma, a Venezia, a Napoli esser distrutte un giorno ” L’estetizzazione delle rovine, l’ammirazione del monu-
mento non benché ma perché corroso e mutilo, é a stento compatibile col monitorio-solenne; sarebbe, piuttosto, una lontanissima premessa del prestigioso-ornamentale. Pure le 67 Epistulae ad familiares, VI, 2: F. Petrarca, Le Familiari, Sansoni, Firenze 1934,
t. I, pp. 55-60. 8 Rerum vulgarium fragmenta, LILI, vv. 29-35: Petrarca, Rime, Trionfi cit., p. 77. Nel Triumphus Temporis [Trionfo del Tempo], una bellissima terzina manca d’imma-
gini, a cui si applichi l’interpretazione pit pura della categoria: « Passan vostre grandezze e vostre pompe, — passan le signorie, passano i regni: — ogni cosa mortal tempo
interrompe...» (bid., p. 552). °° Prosatori latini del Quattrocento cit., pp. 680-83 (dai Commentarii rerum memorabilium (Il libro dei ricordz). (Il tempo tutto ha logorato; ora l’edera veste i muri coperti un giorno di tappeti dipinti e di drappi tessuti d’oro. I rovi ei fiori selvatici sono cresciuti dove sedevano i porporati tribuni, e le serpi abitano le stanze delle regine;
a tal segno é mutevole la natura delle cose mortali (trad. Garin)]. ? Poeti latini del Quattrocento, Ricciardi, Milano-Napoli 1964, pp. 138-39 (Ad ruinas Cumarum, urbts vetustissimae [Alle rovine di Cuma, antichissima cttta}).
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variazioni vanno in questo senso in un testo come |’Hyp-
nerotomachia Poliphili” di Francesco Colonna, del 1499, singolare sia per la complicatissima fantasia archeologica che per lartificialissima lingua latineggiante in volgare. Basti riferire che una piramide-obelisco solo in parte diruta viene dottamente descritta per decine di pagine; che un altro «aedificio, per vorace tempo et per putre antiquitate et per ne-
gligentia all’humida terra collapso » dovrebbe essere « digno monumento dille cose magne alla posteritate [...] relicte»”. Il topos che Roma non poteva soccombere a nessun nemico, ma solo al tempo, é gia nell’ Africa di Petrarca”. Roma risulta percio vincitrice di se stessa, e vinta da sé sola, nell’epigramma latino dell’umanista palermitano Giano Vitale (1552): di tanta fortuna europea che, tradotto in francese da Du Bellay e in spagnolo da Quevedo, dal francese era passato nel frattempo all’inglese di Spenser”. Ma nei sonetti de Les Antiguités de Rome — dalla cui versione scelgo di citare — non é infrequente un monitorio-solenne di segno opposto all’estetizzazione, e che chiamerei di delusione. Qui lo si coglie soprattutto nei primi due versi (fedeli come sono al latino), nelle stesse iterazioni del nome che contrappongono la Roma pre-
sente alla passata: Nouveau venu, qui cherches Rome en Rome Et rien de Rome en Rome n’apercois, Ces vieux palais, ces vieux arcs que tu vois, Et ces vieux murs, c’est ce que Rome on nomme.
Vois quel orgueil, quelle ruine: et comme Celle qui mit le monde sous ses lois, Pour dompter tout, se dompta quelquefois, Et devint proie au temps, qui tout consomme. Rome de Rome est le seul monument, Et Rome Rome a vaincu seulement ”. 1 [Battaglia d’amore in sogno di Polifilo}. ?22 F. Colonna, Hypnerotomachia Poliphili, Antenore, Padova 1980, t. I, pp. 14-15 (€ 15-50), pp. 229-30.
7B TI, vv. 299-303: Petrarca, Rime, Trionfi cit., pp. 626-27. 74 De Roma (Su Roma): testo, e importanti varianti di antologie successive, in R. Mortier, La poétique des ruines en France. Ses origines, ses variations de la Renaissance
4 Victor Hugo, Droz, Geneve 1974, pp. 47-48 (sulla fortuna, pp. 46-55). Cfr. J. Du Bellay, in Poétes du xvr Siécle cit., pp. 419-20; E. Spenser, Poetical Works, Oxford 1957, p. 509; F. de Quevedo, Obras completas, t. 1 (Poesia original), Planeta, Barcelona
1963, pp. 258-59 7 Poétes du nostra categoria, cfr. i sonetti Qui
(A Roma sepultada en sus ruinas) [A Roma sepolta nelle sue rovine). xvi Siécle cit., pp. 419-20. Modernizzo l’ortografia. L’ambito della nel resto della raccolta, coincide quasi con la specie « di delusione»: voudra voir... (Chi vorra vedere... (con patagone necromantico), p.
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Du Bellay precettista aveva segnalato fra le materie liriche, in aggiunta su Orazio, «le discours fatal des choses mondaines»”,*.Spenser, nella stessa taccolta in cui ne traduce i sonetti, pone di suo in apertura The Ruines of Time”: vi personifica in una donna dolente Verlame, la Verulamium romana, il cui pianto sulla propria rovina prelude a quello su illustri morti recenti. Solo riscatto, l’immortalita poetica. La pid atemporale fra le nostre categorie é la pit codificata e incanalata in grandi luoghi comuni: dicendo che linizio del poemetto di Spenser ne é un compendio, non si fa che elogiare i suoi versi perfetti”. Cosi, nel poema di Tasso, il zopos proveniente da Sulpicio trova forse la pid mirabile formulazione: Giace l’alta Cartago: a pena i segni de l’alte sue ruine il lido serba. Muoiono le citta, muoiono i regni, copre i fasti e le pompe arena ed erba, e l’uom d’esser mortal par che si sdegni: oh nostra mente cupida e superba! ”.
Ancora questo topos é riconoscibile, in contaminazione col sinistro-terrifico, in uno dei pid morbidi capolavori del teatro elisabettiano-giacobita: The Duchess of Malfi® di Web420; Sacrés coteaux... [Sacrt colli...) (ctr. tv, 6, nota 31), p. 421; Pales Esprits... (Pallidi Spiriti...], p. 424; Que n’at-ze encor... (Ché non ho ancora...\ (col verso « De ces vieux murs les ossements pierreux» [Di queste vecchie mura l’ossame pietroso]), p. 428; Toi qui de Rome... [Tu che di Roma...], p. 429; Quia vu quelquefots... [Chi ha visto ta-
lora...] (con ’ossimoro «vieil honneur poudreux » [vecchio onore polveroso]), ibid. E nei Regrets [(Rimpiantz): Si je monte au Palais... [Se salgo al Palazzo... (per Vultima terzina), p. 477; Od queje tourne l’ceil... [Ovunque giro V’occhio...], p. 488; Ronsard, fatvul’orguedl... [Ronsard, ho visto Vorgoglio...} (quartine), pp. 516-17. [Nuovo venuto, che cerchi Roma in Roma | E che niente di Roma in Roma scorgi, |Quei vecchi palazzi, quei vecchi archi che vedi, |E quelle vecchie mura, ecco cid che Roma échiamato. ||Vedi quale orgoglio, quale rovina: e come |Colei ‘che dettd legge al mondo intero, |Per domar tutto, domo se stessa una volta, |E fu preda del tempo che tutto consuma. ||Roma di Roma él'unico sepolcro, | e unicamente Roma Roma ha vinto]. 7° Du Bellay, La Deffence et I’Illustration de la Langue francoyse, Paris, Didier 1948, p. 1173. [il discorso fatale delle cose mondane]. 77 [Le Rovine del Tempo].
78 Spenser, Poetical Works cit., pp. 471-73 (il poemetto occupa le pp. 471-78; il titolo della raccolta é: Complaints. Containing sundrie small Poems of the World Vanitie [Lamentaziont. Contenenti diverse poesie brevi sulla vanita del mondo)). ” Gerusalemme liberata, XV, ott. 20, vv. 1-6: Tasso, Poesie cit., p. 370. Il precedente é un’ottava dell’ Orlando innamorato di Boiardo (libro I, canto XVII, ott. 45),
dove Brandimarte approda vicino a Cartagine—che fu quasi !’uguale di Roma: « Dilei non se vede or se non secagine, — Persa é la pompa e la civilitade; — E gran triomfi ela superba altura — Tolti ha fortuna, e il nome apena dura»: M. M. Boiardo, Orlando innamorato. Amorum Libri, Utet, Torino 1966, t. I, p. 436. 80 [La Duchessa di Amalfz].
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ster. Nell’ultimo atto, la duchessa é sepolta presso le rovine di un’antica abbazia, e lo sposo ignaro che sia stata uccisa é destinato ad esserlo una scena dopo. Il luogo gli piace perché non si pud posarvi il piede se non «su qualche venerabile storia»; l’eco spettrale che vi si fa udire ripete parole di morte — e comincia da quelle che sono un’eco letteraria: « Churches and cities, which have diseases like to men, — Must have
like death that we have»*. Tra Cinque e Seicento, la tendenza alla delusione di cui ho indicato un precursore in Du Bellay sarebbe prevalsa, e i passi significativi sono di altri viaggiatori francesi a Roma. Non viene messa in questione l’eredita culturale né la lezione del declino, bensi l’opportunita di cercarle nei resti e sul posto — proprio quell’ostentazione di grandezza con la sola rovina che commuoveva Poggio; si fa strada un razionalismo scettico verso il feticcio materiale e l’aura locale. Scrive il segretario di Montaigne nel 1581: «II disait, qu’on ne voyait rien de Rome que le Ciel sous lequel elle avait été assise et le plan de son gite; [...]; que ceux qui disaient qu’on y voyait au moins les ruines de Rome en disaient trop: [...] qu'il était vraisemblable que ces membres dévisagés qui en restaient c’étaient les moins dignes...» (per non estrarre dalla pagina che poche righe) *. Nel 1623 Guez de Balzac va pit oltre, in una lettera da Roma al suo protettore. Se questi venisse a contemplarne le belle rovine, e a passeggiare «fra le storie e le favole», finirebbe col trovarla occupazione modesta per un potente; col dire che il riposo e la tranquillita di Roma «ce sont deux choses qu’il faut laisser 4 la nuit et aux cimetiéres»”. Vedremo meglio, a proposito del frusto-grottesco, per quali ragioni pare si possa dire che il monitorio-solenne durante il Sei e il primo Settecento era votato a tacere. La frase superba di Bossuet sui grandi imperi dell’antichita é¢ un 81 Atto V, sc. ut: J. Webster —J. Ford, Selected Plays, Everyman’s Library, London — New York 1961, p. 176. [Chiese e citta, che si ammalano similmente all’uomo, | Devono aver morte simile alla nostra].
82 M. de Montaigne, Journal de Voyage en Italie, Les Belles Lettres, Paris 1946, pp. 211-13. Modernizzo l’ortografia. [Diario di viaggio in Italia). [Diceva che non si vedeva niente di Roma se non il cielo sotto il quale era giaciuta e la pianta del suo alloggio; [...]; che quelli che dicevano che si vedevano almeno le rovine di Roma dicevano troppo: [...] che era verosimile che queste membra sfigurate che ne restavano fossero le meno degne...] 83 A Monseigneur le Cardinal de la Valette, 3 Giugno 1623: G. de Balzac, Lettres, Claude Banqueteau, Paris 1634, pp. 21-22. Modernizzo !’ortografia. [sono due cose da lasciare alla notte e ai cimiteri].
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esempio di assenza o evanescenza metaforica di rappresentazioni della categoria, in presenza dell’interpretazione stessa che la definirebbe: . quand vous voyez les Assyriens anciens et nouveaux, les Médes, les Perses, les Grecs, les Romains se présenter devant vous successivement, et tomber, pour ainsi dire, les uns sur les autres: ce fracas effroyable vous fait sentir qu'il n’y a rien de solide parmi les hommes, et que linconstance et l’agitation est le propre partage des choses humaines ™. ale aw
Trovo i primi esempi della ripresa preromantica in altre lettere d’un viaggiatore francese a Roma, il presidente de Brosses, a cui l’aggettivo certo si addice poco. Ma se l’aggettivazione di lui resta solenne quanto é richiesto dai suoi oggetti, il monito non si esprime che quale emozione soggettiva in litote pudica: «il est difficile de se trouver pour la premiere fois au milieu de ces augustes solitudes du Colisée et des Terme Antoniane, sans ressentir dans l’4me quelque petit saisissement a la vue de la vieille majesté de leurs antiques masses révérées et abandonnées»”. Vedete «cette pauvre petite porte cochére ronde et basse »? Era quella da cui rincasava con imponente scorta Cicerone, e «n’est plus que le chétif atrium de quelque vigneron. Qu’est-ce que de nous? cela fait peur» *. Dueotre anni dopo, tutt’altro tono main fon-
do parilaicizzazione nel sostenuto poema d’un ministro anglicano, che fu influente allora ed éfuori moda oggi quanto Ossian: iNight Thoughts” (1742-44) di Young. Lareligiosita della meditazione sulla morte non visiesclude con un senso dei cicli e metamorfosi della materia, che ricorda Lucrezio e
puo far
parlare d’un monitorio-solenne a fondo anche scientifico What is the world itself? Thy world — a grave. Where is the dust that has not been alive? ~
The spade, the plough, disturb our ancestors; 84 Parte III, cap. 1: Bossuet, Discours sur l’Histotre universelle (Discorso sulla sto-
ria universale), in Euvres, « Bibliothéque de la Pléiade», 1961, p. 952. [... quando vedete gli Assiri antichi e nuovi, i Medi, i Persiani, i Greci, iRomani presentarsi davanti a voi successivamente, e abbattersi, per cosf dire, gli uni sugli altri: questo tumulto
spaventevole vi fa sentire che non esiste niente di solido fra gli uomini, e che l’incostanza e l’agitazione é il retaggio proprio alle cose umane]. 8° XLV, A. M. de Quintin: De Brosses, Lettres familiéres cit., t. I, p. 21s. [é diffi-
cile trovarsi per la prima volta in mezzo a queste auguste solitudini del Colosseo e delle Terme Antoniane, senza sentirsi |’anima un po’ scossa alla vista della vecchia maesta delle loro antiche masse riverite e abbandonate].
86 Tbid., p. 216. (quel povero piccolo portone rotondo e basso]. [noné pit the il meschino atrium di qualche vignaiolo. Che ne é di noi? ¢’é da aver paura]. 87 [Pensiert notturnt).
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From human mould we reap our daily bread. The globe around earth’s hollow surface shakes, And is the ceiling of her sleeping sons. ©’er devastation we blind revels keep; Whole buried towns support the dancer’s heel ®.
Pid vicino alla fine del secolo, nella poesia Der Wandrer” di Goethe, la vegetazione meridionale quasi cancella presso Cuma « resti di sacro passato»: macerie d’un tempio su cui, e con cui, gente umile sié costruita la sua capanna. Non pit Dio
ma la Natura é responsabile d’una precarieta dei vertici stessi della cultura, sentita prima come scandalo, poi come eterno e materno scambio vitale. E il primo di questi due momenti a provocare qualcosa come un monitorio-solenne rifiutato: Schatzest du so, Natur,
Deines Meisterstiicks Meistersttick? Unempfindlich zertrimmest du Dein Heiligtum? Saest Disteln drein?™.
Siamo alla svolta storica, e nell’ultima ricorrenza codificata
della categoria che adduco, l’imminenza della trasformazione in venerando-regressivo é manifesta. Les Ruines, ou Médttation sur les Révolutions des Empires” di Volney apparvero a rivoluzione francese cominciata: una trattazione ideologica che prende spunto da un viaggio in province memorande e disastrate dell’impero ottomano. Non meno nuova dell’ idea che le rovine attestino il dogma dell’uguaglianza”, é la capacita concreta di descrivere quelle di Palmira, di evocare il paesaggio orientale d’un tramonto sulla Valle dei Sepolcri: terra «monotona e grigiastra», silenzio del deserto, grida di sciacalli... Nella meditazione che segue, ha riferimenti concreti ’immaginazione della folla e dei commerci d’un tempo, e perfino le menzioni di civilta distribuite su un lontano mil88 Night IX: E. Young, The Poetical Works, Bell and Daldy, London s.d., t. I, pp. 227-28. [Che cos’é il mondo stesso? II tuo mondo — una tomba. |Dov’é la polvere che non sia stata gia viva? |La vanga, l’aratro, disturbano i nostri antenati; |Da umano marciume mietiamo il pane quotidiano. |II globo agita in giro la superficie cava della terra, |E fa da soffitto ai figli di lei dormienti. |Sulla devastazione teniamo cieche feste; |Citta intere sepolte reggono il calcagno a chi danza). 8° [Il viandante).
90 7. Goethe, Poetische Werke, t. 1, Gedichte, Cotta, Stuttgart s.d., pp. 379-86.
[Cosi apprezzi, Natura, |Il capolavoro del tuo capolavoro? |Insensibile mandi in frantumi |II tuo santuario? |Semini cardi in esso?] * 1 [Le Rovine, o Meditazione sulle Rivoluzioni degli Imperi). 2 Invocation: Volney, CEuvres, Fayard, Paris 1989, t. I, pp. 169-70.
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lennio. Solo la loro universalita assicura supremazia ai grandi topot: scheletro di citta, belve e rettili in reggie e santuari, massime esclamative di transitorieta, prefigurazione d’un futuro silenzio alle rive della Senna e del Tamigi”. La fortuna di Sulpicio (non risparmiata dalla parodia di Sterne in T7istram Shandy”) raggiunse infine il romanticismo con l’imitazione in prosa di Chateaubriand ne Les Martyrs”, e la citazione in versi di Byron nello Childe Harold’s Pilgrimage” Parlare di occorrenze isolate, oltre il limite inferiore della categoria, significa presupporre ogni volta un sottinteso opposto a quello anteriore: un’opzione dell’inventiva, invece del richiamo a una tradizione, e quand’anche l’una consista nell’imprevisto dell’altro. Resta poco spazio per esempi erratici dopo un itinerario cosilungo. Ne La Légende des siécles” di Hugo, Zim-Zizimi éun tema con variazioni sulla morte dei potenti: la predicono al sultano d’Egitto successivamente le dieci sfingi di marmo del suo trono, e la coppa e la lampada del solitario festino. Cito la settima sfinge: La tombe ot I|’on a mis Bélus croule au désert; Ruine, elle a perdu son mur de granit vert, Et sa coupole, soeur du ciel, splendide et ronde; Le patre y vient choisir des pierres pour sa fronde; Celui qui, le soir, passe en ce lugubre champ Entend le bruit que fait le chacal en machant; L’ombre en ce lieu s’amasse et la nuit est la toute; Le voyageur, tatant de son baton la voite, Crie en vain: « Est-ce ici qu’était le dieu Bélus? »
Le sépulcre est si vieux qu’il ne s’en souvient plus *. *% Cap. 1: ibid., pp. 172-73; cap. U: pp. 175-79. SU Gir Ls Sterne, Tristram Shandy, Collins, London-Glasgow 1955, PP. 272-74 (vol. V, cap. 111), con traduzione integrale e divertente equivoco dello zio Toby: in tutto il contesto, l’imitazione parodica del monitorio-solenne non corrisponde naturalmente affatto al frusto-grottesco. ® [I Martiri]. Cfr. Chateaubriand, Euvres romanesques et voyages, t. II cit., pp. 158-159 (libro IV). % [Il pellegrinaggio del giovane Harold). Cfr. G. Byron, The Poetical Works, Oxford 1959, p. 233 (canto IV, str. 44-46) e nota a p. 888. In questo poema, direi continuamente esemplificabile la trasformazione del monitorio-solenne in venerandoregressivo: cfr. I, 7 (p. 181); I, 23 (p. 184); I, 6 (p. 195); I, m-15 (pp. 196-97); I, 53 (p. 202); I, 86 (p. 207); IM, 46-47 (pp. 215-16); EI, 65 (p. 219); IV, 1-19 (pp. 227-30); IV, 25-26 (pp. 230-31); IV, 78-82 (pp. 237-38); IV, 104-10 (pp. 241-42). I lungo indugio sul Colosseo, IV, 128-45 (pp. 244-46) torna nel Manfred, atto III, sc. rv, wv. 8-41 (zbid., pp.
404-5).
7 (La Leggenda dei secolt). % XVI, I: V. Hugo, La Légende des siécles. La Fin de Satan. Dieu, «Bibliothéque de la Pléiade» , 1962, p. 272 (pp. 268-76). [La tomba dove Belo fu messo crolla nel deserto; |Rovina, essa ha perduto il suo muro di granito verde, |E la sua cupola, sorella
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Ne L’Education sentimentale di Flaubert, il giorno prima delle barricate di giugno ’48 Frédéric e Rosanette hanno lasciato Parigi per Fontainebleau, e visitano il castello: Les résidences royales ont en elles une mélancolie particuliére, qui tient sans doute a leurs dimensions trop considérables pour le petit nombre de leurs hétes, au silence qu’on est surpris d’y trouver aprés tant de fanfares, a leur luxe immobile prouvant par sa vieillesse la fugacité des dynasties, l’éternelle misére de tout; — et cette exhalation des siécles, engourdissante et funébre comme un parfum de momie, se fait sentir méme aux tétes naives”.
Ritroviamo Troia in un romanzo americano del 1920, The Age of Innocence“ di Edith Wharton. Gli amanti rinunciatari, soccombenti al perbenismo dell’alta societa di New York,
non possono riparare per il loro ultimo colloquio che in un/’ala solitaria di museo; dove «the recovered fragments of Ilium» sono una folla di «small broken objects», spesso in «time-blurred substances», appena riconoscibili come domestici o personali: ‘It seems cruel’, she said, ‘that after a while nothing matters... any
more than these little things, that used to be necessary and important to forgotten people, and now
have to be guessed at under
glass and labelled: “Use unknown”
a mag
ifyi
g
’™.
Quanto alle forme del monitorio-solenne nella lirica del Novecento, conosciamo un esempio di Borges, contaminato di memore-affettivo (11, 3; IV, 16). Le sue ulteriori poesie forma-
te quasi per intero da elenchi di cose, e due volte su tre da tante singole frasi nominali, sono: Cosas, che ne include di irdel cielo, splendida e tonda; |II pastore ci viene a scegliere pietre per la sua fronda; | Colui che passa, di sera, in questo lugubre campo | Sente il rumore che fa lo sciacallo masticando; |L’ombra si ammassa nel luogo e la notte é 1a tutta; |Il viaggiatore, tastando la volta col bastone, |Grida invano: «E qui che c’era il dio Belo? ii sepolcro é cosi vecchio che non se ne ricorda pit]. ® Parte I, cap. 1: Flaubert, Gwvres, t. II cit., pp. 353-54. [Le residenze regali hanno in sé una malinconia particolare, che viene senza dubbio dalle loro dimensioni troppo estese per il piccolo numero di ospiti, dal silenzio che é sorprendente trovarci dopo tante fanfare, dal loro lusso immobile che prova con la sua vecchiezza la fugacita delle dinastie, l’eterna miseria di tutto; — e questa esalazione dei secoli, con ’effetto
di torpore funebre d’un profumo di mummia, si fa sentire perfino agli ingenui]. 100 [L’eta dell’innocenza). 101 Cap. xxx1: E. Wharton, The Age of Innocence, Penguin 1985, p. 258; e cfr. pp. 260, 286-87. [i frammenti ritrovati d’Ilio]. [oggettini rotti]. [materie rese indistinte dal tempo]. [« Sembra crudele, — lei disse, — che dopo un po’ di tempo niente conta... non di pit di queste piccole cose, che gente dimenticata usava avere per necessarie € importanti, e ora vanno guardate con la lente d’ingrandimento ed etichettate: ‘Uso ignoto’»].
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reali e impossibili; Inventario, che tende al desolato-sconnesso; ¢, meno pertinente, Talismanes”. Negli stessi anni,
Montale non s’intona al diario né all’epigramma (Iv, 19) ne La pendola a carillon. I vecchio oggetto fioco finisce col trascendere memoria, famiglia e casa dell’io in una dimensione altra, quando si mette a parlargli: Io solo un’alba regolarmente insonne traudii l’ectoplasma vocale, il soffio della toriada, ma appena per un attimo. Poi la voce
della boite non si estinse ma si fece parola poco udibile e disse non c’é molla né carica che un giorno non si scarichi. Io ch’ero il Tempo lo abbandono. Ed a te che sei l’unico mio ascoltatore dico cerca di vivere nel fuordeltempo, quello che nessuno puo misurare. Poi la voce tacque e l’orologio per molti anni ancora rimase appeso al muro. Probabilmente vé ancora la sua traccia sull’intonaco”.
5. Anche la periodizzazione del frusto-grottesco, parallela a quella del monitorio-solenne, si otterra quasi soltanto col collegare spunti sparsi (esempi IV, 4, 8, 9; e cfr. II, 6, 8; IV, 3). Piena eccezione, é un testo greco attico il primo a cui posso
risalire; e che si tratti d’un testo parodico é certo significativo per il futuro della categoria, per quanto l’accidentalita di documentazione sia da tenere sempre in conto. In una tragedia oggi perduta di Euripide, il Te/efo, era stata innovazione ardita che un re vestisse stracci da mendicante. Aristofane se ne prende gioco nella sua pit antica commedia rimasta, Giz Acarnesi: dove il cittadino Diceopoli conclude col nemico spartano una sua personale pace. Dovendo discolparsi di fronte ai bellicisti che compongono il coro, e volendo impietosire con l’abito, va a chiedere stracci in casa dello stesso
Euripide. Preleva gli stracci di Telefo, fra vari costumi tragici degradanti; impetra inoltre un paniere bruciacchiato che riempira di vecchie bucce, una scodella sbrecciata, ecc.™. 102 Borges, Obra poética cit., pp. 383-84 (in El oro de los tigres [L’oro delle tigri], 1972), 426-27 e 459 (in La Rosa profunda (La rosa profonda), 1975). [Cose]. UInventario). (Talismant]. 3 Montale, L’opera in vers cit., p. 477 (in Diario del’72). La toriada é\a corrida: il carillon esalava, é stato detto, l’entrata di Escamillo dalla Carmen.
104 Vy. 383-84, 414-36, 453-55, 458-60, 466-70: Aristophane, Les Acharniens, Les Cavaliers, Les Nuées (t. I), Les Belles Lettres, Paris 1964, pp. 27, 29-31.
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Siamo all’epoca che cred i millenari modelli classici, e la commedia punisce con la sua parodia una deroga alla dignita che escludeva gli oggetti bassi dalla tragedia. La tendenza figurale nel ridere di tali oggetti é a sua volta documentabile subito, se passiamo dal primo maggior commediografo greco a quello latino: all’Awlularia di Plauto, dove l’avaro fa la guardia al tesoro che (senza immagini di prezioso-potenziale) ha dissotterrato. La vecchia serva vessata dichiara la casa di lui « piena di vuoto e di ragnatele». Euclione replica, all’iperbole e all’ossimoro, con la presa alla lettera caricaturale: « Queste ragnatele voglio che mi siano conservate»™. Entro il codice dei generi e stili elevati o umili, l’idealizzazione pastorale poteva preservare dal comico un tavolo il cui piede troppo corto viene pareggiato con un coccio, nell’epi-
sodio di Filemone e Bauci in Ovidio”’. Ma nel Satzricon di Petronio, gli oggetti bassi sono parte integrante della parodia romanzesca, del clima di teppismo licenzioso e priapismo superstizioso: il «lurido strofinaccio» di cui una vecchia cisposa é cinta, i « sandali dilegno spaiati » su cui si erge; la «ciotola rotta per vetusta» che la fattucchiera Enotea ripara con pece, strappando e riattaccando il chiodo da cui pendeva nel « muro affumicato »; lo «sgabello fradicio » che si spacca sotto il suo peso e la fa precipitare moltiplicando i disastri, «non senza riso » del narratore. Che un’immagine della categoria possa scaturire al secondo grado, cioé su un piano comparativo, lo si vede quando un cinedo imbellettato suda nel fare ad Encolpio una corte violenta ed oscena: «et inter rugas malarum tantum erat cretae, ut putares detectum parietem nimbo laborare»”. Se torno a citare Marziale, é per una transizione non alle immagini, ma al tono del monitorio-solenne: quasi una commutazione, inversa a quelle dei sonetti di Lope de Vega e di Scarron (Iv, 3), enon percid meno plausibile come loro lontana fonte. La toga gia regalata al 105 [La commedia della pentola). 106 Vy, 82-84, 87: Plauto, Le commedie, Utet, Torino 1972, t. I, pp. 320-21. 107 Cfr, Met., VILL, wy. 660-63: Ovide, Les Métamorphoses, t. IL (VI-X), Les Belles Lettres, Paris 1960, p. 83. Nel suo rifacimento, La Fontaine usa maggiore ironia (Phzlémon et Baucis [Filemone e Bauci], XII, 25, vv. 61-68: La Fontaine, Euvres completes, t. I cit., pp. 504-5). 108 XCV, 8; CXXXV, 3-4; CXXXVI, 1-3: Pétrone, Le Satiricon, Les Belles Lettres, Paris 1962, pp. 100, 166, 167-68.
10° XXII, 5: zhzd., p. 20. [e fra le rughe delle sue guance c’era tanta creta di belletto, da far pensare a un muro decrepito travagliato dalle intemperie].
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poeta da un intimo dell’imperatore, e indossata nuova e splendente, é ormai cosi vecchia che a stento l’accetterebbe un tremulo mendicante. Fra scherzosi giochi di parole, risuona una massima in forma interrogativa come: Quid non longa dies, quid non consumitis anni? ™.
Pur segnando fino alla svolta storica un’alternativa quasi unica al monitorio-solenne, un esito letterario quasi obbligato di certe materie del contenuto, il frusto-grottesco era portato a passare oltre l’immaginaria realta che é in primo piano entro un testo. Non solo mediante il rinvio parodico, o sul piano metaforico e iperbolico: ma anche in forme simboliche, emblematiche, allegoriche. Il che doveva renderlo me-
no estraneo a priori di altre categorie, sia detto di passaggio, alla letteratura del Medioevo. La gia ricordata casa della Fortuna, nel Roman de la Rose (tv, 6), potrebbe esser guardata
come frusto-grottesco anziché come monitorio-solenne: proprio in quanto lopposizione fra il serio e il non serio si neutralizza nell’extrarealta del simbolo™. Non aggiungo che due esempi tardi, da Villon. Nel Testament”, il poeta fa lascito d’una certa torre di Billy, purché il legatario ripari porte e finestre che non stanno in piedi o non ci sono: la torre esisteva in reale rovina, ma il lascito beffardo é puramente simbolico. Ben pit ancora lo sono le «lingue invidiose», per friggere le quali si da come ricetta la famosa ballata. Il grottesco vi si alimenta agli elenchi magici: con fantasia d’ingre10 TX, 49 (e cfr. VII, 28): Marziale, Epigrammi cit., p. 578 (e cfr. pp. 508-10). [Che cosa i lunghi giorni, che cosa non consumano gli anni?) "! Si sfiora la doppia eccezione, sia all’ipoteca simbolica delle immagini sia alla pregiudiziale non serieta di quelle basse, in un passo celebre di Chrétien de Troyes. E Yepisodio, ne Le Chevalier au Lion [II Cavaliere dal Leone), del castello di Pessima Avventura: dove Yvain trova a tessere stoffe d’oro e di seta trecento fanciulle, in un’oppressione salariata che ripercuote nel fiabesco l’industria tessile del xm secolo. Logoro-realistico medievale? Ma fanno tutt’uno con l’immagine umana, di colli gracili e volti pallidi per fame e miseria, gli indumenti: «et as memeles et as cotes — estoient lor cotes derotes, — et les chemises as dos sales » [ed ai seni ed ai gomiti |erano le loro vesti lacere, |e le camicie sul dorso lorde] (vv. 5195-97, nel contesto dei wv.
5182-5 sgg.: Chrétien de Troyes, Le Chevalier au Lion (Yvain), Champion, Paris 1982, pp. 158 sgg.). Quanto alla poverta d’abiti della protagonista di Erec et Enide (Erec e Enide], voluta dall’ orgoglio piccolo-nobiliare del padre, é si pit particolareggiata in 7 versi (402-8); ma i 30 seguenti sulla bellezza di lei (4n-41) formano un contrappeso tanto soverchiante quanto simbolicamente estremo (come poi a corte, fra brevi riprese della prima immagine ai wv. 1548-50 € 1625-30, i 40 versi sul magnifico abbigliamento donatole dalla regina: Chrétien de Troyes, Erec et Enide, Champion, Paris 1981, pp. 13-14, 16-17 e€ 48-50).
12 [Testamento].
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dienti micidiali e bestiali, oltre che scatologici e vomitevoli”. Questa tendenza della categoria a incorporarsi in astrazioni e divertirsi di emblemi, sfruttando e secondando I’inverosi-
mile, si protrasse nel Cinquecento. Nel Baldus di Folengo, le immagini piu pertinenti non s’incontrano sullo sfondo di provincia villanesca della prima meta del poema: bensi proprio nell’ultimo libro, dove le avventure favolose della seconda meta toccano il fondo. E la casa dell’inferno questa, che ci viene assicurata come metaletteraria — se non bastasse
il latino maccheronico — da tanto iperbolico putridume: Discalcinatis domus humet ubique murais, deque carolentis crodat mufolenta solaris fezza, velut vidi privata lusoribus antra. Hic erat in quadrum grandis spatiosaque sala: stant ubique circum putrefacta sedilia ligni; talia sunt quales longo post tempore capsae mortorum trantur marzae de viscere terrae ™.
In questa sala si tiene un concilio di mostri, sia mitologici che allegorici. L’Ambizione fa un discorso, in cui si vanta della corruzione della Chiesa; e la traduce a sua volta nelle iperboli d’una allegoria. Con immagini nella cui indegnita abortisce un venerando-regressivo: Usque ad zenocchios paiae cum pulvere crescunt, summaque strapluviunt ruptis solaria cuppis. Longipedesque suis ragni lenzolibus ornant undique muraias. Crucifixo bracchia mancant, inque sui capitis nido vel noctua, vel mus, parturit, et rodit tam dignae crura figurae. Hostia sancta parit, vecchia putrente farina, vermiculos...'. 13 Villon, Opere cit., p. 1440 (CXXXVI) e note pp. 402-3 (cfr. Le Lars, XVI, tbid., p. 14 e note pp. 306-7); pp. 148-50 (vv. 1422-56) e note alle pp. 409-10. 4 XXV, wy. 159-61, 175-78: T. Folengo, Baldus, Einaudi, Torino 1989, pp. 852-53.
[In ogni sua parte la casa trasuda umidita dalle pareti scalcinate |e dai tarlati soffitti croda una feccia |muffosa, come ho visto in caverne prive di ogni luce]. [Grande e spaziosa é la sala, di foggia quadrata; |tutto all’intorno ci sono dei sedili di legno infradiciti: |tali e quali le casse da morto quando dopo lungo tempo | si tirano fuori dalle viscere della terra (trad. Faccioli)]. 1S XXV, wy. 260-67: tbid., pp. 858-59. [A monti si ammucchia la paglia pulverulenta |e dai tetti squarciati gli alti soffitti lasciano entrare scrosci di pioggia. |Da ogni parte i ragni dai piedi lunghi abbellano le pareti |con le loro lenzuola. Mancano le braccia al Crocefisso |e la nottola 0 il topo si sono fatti il nido nella sua testa, |dove danno alla luce i loro nati e rodono le gambe di un’immagine cos{ degna. |Fatta con farina vecchia e andata a male, l’ostia santa partorisce |piccoli vermi... (trad. Faccioli)].
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Nel,Gargantua, la poco credibile genealogia dell’eroe gigantesco postula ironicamente l’autorita e l’antichita d’un libro. Rabelais la pretende trovata in un «gros, gras, grand, gris, joli, petit, moisi livret, plus, mais non mieux sentant que roses»; e scritta in lettere «tant... usées par vetusté qu’a peine en pouvait-on trois reconnaitre de rang» “
Con Berni direi che ipunti di partenza del frusto-grottesco ridiventano in sé verosimili, restando figurali o metaletterari i punti d’arrivo. Non sono mostri, né giganti, quei suoi
parenti che battono in decrepitezza le anticaglie — materia da monitorio-solenne— di Roma; non é un’allegoria quell’orinale rotto a proposito di cui, in un altro sonetto, una quartina petrarchesca riafferma la fragilita mortale”. D’altra parte nel primo anonimo capolavoro picaresco, Lazarillo de Tormes (1554), il rinnovamento della categoria va fino a una perfetta economia di rapporto fra le poche immagini di corporeita non-funzionale e la funzionalita narrativa. E in una vecchia cassa che il secondo padrone del ragazzo, un avarissimo prete, tiene chiusi e contati i panini da messa: lo stato del mobile, non meno essenziale del possesso d’una chiave ai tentativi di sfamarsi che Lazarillo intraprende, gli permette di sperare che il danno venga imputato ai topi. Minimi indugi residui oltre le necessita del racconto, i ricami figurali nel corso di esso. Dopo che il prete ha tappato con chiodie tavolette i buchi della cassa, ecco com’é detto che il ragazzo si riapre un varco: .. voyme al triste arcaz, y por do habia mirado tener menos defensa le acometi con el cuchillo, que a manera de barreno dél usé. Y como la antiquisima arca, por ser de tantos afios, la hallase sin fuerza y corazén, antes muy blanda y carcomida, luego se me rindié y consintié en su costado, por mi remedio, un buen agujero. Esto hecho, abro muy paso la llagada arca... "8 46 Cap. 1: F. Rabelais, Ewvres completes, «Bibliothéque de la Pléiade», 1959, p. 8. Modernizzo l’ortografia. [grosso, grasso, grande, grigio, grazioso, piccolo, muffito libretto, dall’odore pit forte, ma non pit buono, che rose]. [tanto... consunte dalla
vetusta che appena se ne potevano riconoscere tre di fila]. W LVU e XIX: Berni, Rime cit., pp. 159-60, 54. U8 Tractado II: Lazarillo de Tormes, Catedra, Madrid 1987, Pp. 47-48, 54-62. Modernizzo l’ortografia. [... vado al triste cassone, e dove avevo visto che opponeva minor difesa lo assaltai col coltello, che usavo a mo’ di trivella. E poiché trovavo l’antichissima cassa, per aver tanti anni, priva di forza e coraggio, anzi assai fiacca e tarlata, subito mi si arrese e mi cedette nel suo fianco, per mio soccorso, un buon foro. Fatto
questo, apro adagio adagio la cassa piagata...]
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L’antagonista reitera lo stesso accorgimento difensivo, e lui quello offensivo: « pareciamos tener a destajo la tela de Penélope, pues cuanto el tejia de dia rompia yo de noche». Col risultato che chi avesse voluto parlare con proprieta della povera dispensa, «mas ‘corazas viejas de otro tiempo’ que no ‘arcaz’ la llamara, seguin la clavaz6n y tachuelas sobre si tenia»". Terzo padrone di Lazarillo é uno scudiero: il quale dissimula la sua propria fame con gentilezza e sussiego. II frusto-grottesco si potrebbe scambiare per sinistro — storicamente a torto — nei silenzi e nei vuoti della sua casa, il cui in-
gresso «oscuro e malinconico» mette paura: ... ni sentir arriba ni abajo pasos de viva persona por la casa. Todo lo que yo habia visto eran paredes, sin ver en ella silleta, ni tajo, ni banco, ni mesa, ni aun tal arcaz como el de marras. Finalmente, ella parecia casa encantada ”,
Ma lo scudiero stesso ride, quando il ragazzo crede che stia per arrivargli un funerale in casa: ha infatti sentito la vedova lamentare che trasportino il morto «alla casa malinconica e oscura, alla casa dove mai si mangia o si beve»™. Il genere inaugurato dal Lazarillo propagandosi per oltre due secoli, e ben oltre la Spagna, il frusto-grottesco ne restera un tratto riconoscibile attraverso ogni convergenza con altri generi. Questa sara di rado complessa quanto nel grande romanzo di Grimmelshausen: Der abenteuerliche Simplizisstmus Teutsch ”(1668). Pure, nel primo capitolo, niente é pit tipico della nostra categoria che il « palazzo» del contadino padre putativo di Simplicius. L’apologia di esso antepone, con prolungata barocca sowversione figurale, disvalori di poverta e natura a valori di ricchezza e cultura; secondo un’idea
di tempo, lavoro e valore che somiglia come per burla avanti lettera a quella di Marx: Seine Zimmer, Sal und Gemacher hatte er inwendig vom Rauch ganz erschwarzen lassen, nur darum, dieweil dies die bestandigste Farb von 9 Tbid., pp. 63-64. [sembrava che avessimo in appalto la tela di Penelope, ché quanto lui tesseva di giorno io sfacevo di notte]. [piuttosto «vecchia corazza d’altri tempi» che non «cassone» l’avrebbe chiamata, tanto chiodame e bullette aveva addosso]. 20 Tractado III: zbid., pp. 74-75. [... enon sentire né sopra né sotto passi di persona viva per la casa. Tutto quel che avevo visto erano pareti, senza vederci una seggiolina, né un panchetto, né un sedile, né una tavola, neanche un cassone come quello di prima. Insomma, pareva una casa incantata].
21 Thid., pp. 96-97.
22 [L’avventuroso Simplicissimus in tedesco].
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der Welt ist und dergleichen Gemiald bis zu seiner Perfektion mehr Zeit brauchet, als ein kiinstlicher Maler zu seinen trefflichsten Kunststiicken erfordert; die Tapezereien waren das zarteste Geweb auf dem ganzen Erdboden, dann diejenige machte uns solche, die sich vor alters vermass, mit der Minerva selbst um die Wett zu spinnen; seine Fenster waren keiner anderer Ursachen halber dem Sant Nitglas gewidmet, als darum, dieweil er wusste, dass ein solches, vom Hanft oder Flachssamen an zu rechnen, bis es zu seiner vollkommenen Verfertigung gelangt, weit mehrere Zeit und Arbeit kostet, als das beste und durchsichtigste Glas von Muran, dann sein Stand macht ihm ein Belieben zu glauben, dass alles dasjenige, was durch viel Mihe zuwegen gebracht wurde, auch schatzbar und desto kostlicher sei... .
Pit in 1a, la sordida pensione tenuta da un leguleio usuraio rivaleggia e rincara sul collegio di Quevedo™. Nella sesta parte aggiunta, si legge la prosopopea d’un foglio di carta (ripresa dello spunto iniziale citato) che enumera le sue metamorfosi; e sta come una macrocosmica amplificazione al passo del Buscén su quelle d’una stoffa. Da seme di canapa a pagina di libro, con la quale Simplicius sta per pulirsi il sedere”™. Frattanto, all’inizio del nuovo secolo, l’immagine della corazza d’altri tempi era come scesa dal piano metaforico della frase del Lazarillo a un piano letterale: in un esempio di frusto-grottesco che é uno dei pit brevi, e il pit illustre, della letteratura occidentale. Fra gli attributi di presentazione del personaggio che aprono il Don Quijote, c’é gia lo «scudo antico»”. Ma quale regressione nel tempo significhi la sua decisione di farsi cavaliere errante, lo dicono la ruggine e la 2 Jibro I, cap. 1: H. J. Ch. von Grimmelshausen, Der abenteuerliche Simplicissimus Teutsch, Reclam, Stuttgart 1961, pp. 47-49. La filatrice é Aracne, il cui tessuto é tela di ragno; la materia é la carta, e c’é un gioco di parole su san Nicola: Niklaus = Nichtglas,
«non vetro». [La sua stanza, sala e camere aveva lasciato annerire del tutto
dal fumo all’interno, solo perché questo é il colore pit durevole del mondo, e una tale tintura prende piti tempo per arrivare a perfezione di quanto ne esige un artista pittore per le sue opere pit eccellenti; le sue tappezzerie erano del tessuto piti delicato che ci sia sulla terra, poiché fatte da quella tale che in antico os6 filare gareggiando con Minerva stessa; le sue finestre non per altro erano dedicate a san Nicola che perché tale materia, a contare dalla canapa o dal seme di lino finché perviene a fattura completa, costa molto pit tempo e lavoro che il migliore e pit trasparente vetro di Murano; la sua condizione gli faceva credere volentieri, che tutto cid di cui si viene a capo con gran fatica é anche pregiato e tanto pit prezioso...] 24 Libro II, cap. xxtv: zbid., pp. 363-65. 2 Continuatio, cap. x1: tbid., pp. 626-36. L’abbigliamento di Simplicius uscito dall’eremitaggio nella foresta, pp. 98-99, viene fatto ritrarre e conservato fra rarita e antichita, pp. 105-6. 26 M. de Cervantes, E/ Ingenioso Hidalgo Don Quijote de la Mancha, Catedra, Madrid 1977, t. I, p. 85: adarga @ uno scudo ovale di cuoio.
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muffa sull’armatura dei bisavoli, che @ per lui immediatamente logico affaccendarsi a rimettere in uso: Y lo primero que hizo fue limpiar unas armas que habian sido de sus bisabuelos, que, tomadas de orin y Ilenas de moho, luengos siglos habia que estaban puestas y olvidadas en un rincén.
Ne conseguono le prime contraddizioni della sua esperienza fittizia: poiché manca la parte inferiore della celata, la supplisce in cartone; e poiché va in pezzi all’esperimento d’un colpo, la rafforza ma si astiene dal rimetterla alla prova”. Nessun ricamo figurale in questo racconto, la pazzia conferendo da sola comica stramberia a cid che é raccontato. L’epoca barocca invento un frusto-grottesco con accento sul secondo aggettivo anziché sul primo: di cose bizzarre e rare, contiguo ma non identico a quello di cose povere e basse. Che potesse servirsene anche la nuova razionalita dell’epoca, contro la rivincita dell’irrazionale nel gusto letterario di essa, lo prova Galilei in persona criticando il primo maestro di quel gusto nelle sue Considerazioni al Tasso. L’effetto che gli fanno personaggi e azioni della Gerusalemme liberata viene espresso dal seguente paragone — che ne precede uno opposto, con ambienti e oggetti magnifici, per Orlando furtoso: ... parmi giusto d’entrare in uno studietto di qualche ometto curioso, che sisia dilettato diadornarlo di cose che abbiano, o per antichita o per raritao per altro, del pellegrino, ma che peré sieno in effetto coselline, avendovi, come saria a dire, un granchio petrificato, un camaleonte secco,
una mosca e un ragno in gelatina in un pezzo d’ambra, alcuni di quei fantoccini di terra che dicono trovarsi ne i sepolcri antichi di Egitto... ”.
Il bizzarro era a sua volta contaminabile col magico, o soltanto col farmaceutico: cid avvicina alla categoria versi di Shakespeare ai quali, tuttavia, non si adatta l’elemento terminale della definizione di essa. Quando Romeo descrive la
bottega dello speziale, l’uomo bisognoso al punto da vendergli il veleno, miseria e catastrofe incombente_prestano una serieta coatta alla presentazione degli oggetti. E pero una variazione di genio, su quanto avrebbe di tipicamente non serio il loro squallore stravagante: 27 Parte I, cap. 1: ibid., p. 89. [E la prima cosa che fece fu di pulire un’armatura ch’era stata dei suoi bisavoli, e che, presa dalla ruggine e piena di muffa, erano lunghi secoli che giaceva riposta e dimenticata in un cantuccio]. 28 G Galilei, Scritti letterari, Le Monnier, Firenze 1970, pp. 502-3; pellegrino nel senso di peregrino, singolare. Cfr. Orlando, Iluminismo cit., pp. 67-68, 89-91.
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And in his needy shop a tortoise hung, An alligator stuff'd, and other skins Of ill-Shap’d fishes; and about his shelves A beggarly account of empty boxes, Green earthen pots, bladders, and musty seeds, Remnants of packthread, and old cakes of roses, Were thinly scatter’d, to make up a show”.
S’incontra qualcosa di inverso ne Lo cunto de li cunti” di Basile. L’iconografia simbolica della casa del Tempo sarebbe tipicamente seria, da monitorio-solenne, se non si rabbonisse
passando per la fiaba dialettale e per l’arguzia fantastica dello scrittore napoletano: ... ncoppa la cimma de chella montagna trovarrai no scassone de casa, che non s’allecorda quanno fu fravecata: le mura songo sesete, le pedamente fracete, le porte carolate, li mobele stantive e ’nsomma ogni cosa conzomata e destrutta: da cca vide colonne rotte, da lla statue spezzate... [...]. Comme si trasuta drinto vedarrai pe terra lime sorde, serre, fauce e potature e ciento e ciento caudarelle di cennere, co li nomme scritte, comme arvarelle de speziale, dove se leggeno: Corinto, Sagunto, Cartagene, Troia e mille autre citta iute all’acito, le quale conserva pe memoria de le ’mprese soie"'. ole oo
I sottintesi regressivi del gusto barocco erano inseparabili da una componente di modernismo”; e se la guerelle des Anctens et des Modernes” fu dibattuta in Francia solo alla fine del Seicento, si era dichiarata ben prima una presunzione a 29 Romeo and Juliet [Romeo e Giulietta], atto V, sc. 1, vv. 42-48: Shakespeare, Tragedies cit., p. 375. [E nella sua povera bottega era appesa una tartaruga, |Un alligatore imbalsamato, ed altre pelli |Di mostruosi pesci; e attorno per gli scaffali | Un’accozzaglia miseranda di scatole vuote, |Verdi vasi di coccio, vesciche e semi am-
muffiti, |Resti di spago e preparati rancidi di petali di rese, |Erano scarsamente sparsi per mettere insieme una mostra. ] 50 [Il racconto det racconti.) Bl 17 sette palommielle [I sette palombelli\, IV, 8: G. Basile, Lo cunto de li cunti,
Garzanti, Milano 1986, pp. 800-3. Il Tempo é un vecchio dal mantello arcilogoro, «tutto pieno di biglietti cuciti con i nomi di questo e di quello», e rosicchia in fretta quel che capita, « perfino la calce dei muri»; la mano disua madre ha « odore di muffa e sapore di mucido» (pp. 802-5). [... proprio in cima a quella montagna troverai una casa cosi vecchia che non é possibile ricordare quando fu costruita: le mura sono incrinate, le fondamenta fradice, le porte tarlate, imobili ammuffiti e insomma qualsiasi
cosa € consunta e a pezzi: da qua vedi colonne rotte, da 1a statue spezzate... [...]. Appena entrata vedrai a terra lime sorde, seghe, falci e falcetti e cento e cento paiolini di cenere, con sopra scritti inomi, come alberelli da speziale, dove si legge: Corinto, Sagunto, Cartagine, Troia e mille altre citta andate a male, che conserva per ricordo delle sue imprese (trad. Rak)].
62 Cfr. Orlando, I/luminismo cit., pp. 75-77, € Cap. Ill passim (pp. 65-127). 3 [Disputa degli Antichi e det Moderni].
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svantaggio degli antichi, estensibile dalle persone alle cose. II frusto-grottesco espresse, impertinente o impietoso, |’estenuazione della reverenza al passato 0 il fastidio edipico di esso. Saint-Amant intitola un «capriccio» in versi Rome ridtcule™ (1643); la delusione al cospetto dell’urbe ora si spinge fino all’insulto buffonesco. Il Tevere é un «Bain de crapauds, ruisseau bourbeux, — Torrent fait de pissat de beeufs, — Canal fluide en pourriture», ecc. Perché non radere le criminali rovine del « Piétre et barbare Colisée, — Exécrable res-
te des Goths, — Nid de lézards et d’escargots...»? E dalla Roma monumentale alla contemporanea, si passa con un verso
come: « C’est trop parlé de choses mortes...»’”. Una ventina d’anni dopo, la svolta classica rendeva autorita all’antico, ma
lo stesso gusto restringeva al minimo la facolta d’indugio serio su immagini. E cosi che si spiega il silenzio continuato del monitorio-solenne; mentre un sistema di generi pid rigido che mai deputava il suo spazio, alla categoria negativa, nella narrativa detta comique o nella commedia o nella satira o nel poema eroicomico.
Il primo é il caso de Le Roman bourgeois” di Furetiére (1666), il cui titolo costituiva gia uno scherzoso ossimoro. Un magistrato zotico, che non sa comporre versi d’amore e non puo pagarli, vuole copiarli per sicurezza dagli autori pit antichi; ignaro di secoli, nomi e stili, va a cercare «les livres les plus fripés, dont la couverture était la plus déchirée, qui avaient le plus d’oreilles, et tels livres étaient ceux qu'il croyait de la plus haute antiquité». Meravigliosa confusione fra antichita culturale e materiale, che lo fara sbalordire di venire scoperto’”. Per la commedia basta ricordare Moliére, L’Avare”, e Vinventario di «hardes, nippes et bijoux» che Harpagon fa strumento dell’esorbitante usura d’un prestito: fra cui storte per distillare, un liuto non integro di corde, un 6
54 [Roma ridicola.] 65 WIT, XIII, LVI: Saint-Amant, vores, t. II, Didier, Paris 1969, pp. 6, m1, 44 (pp. 1-78). Modernizzo l’ortografia. [Bagno di rospi, ruscello fangoso, |Torrente fatto di piscio di buoi, |Canale fluido di marciume]. [Misero e barbaro Colosseo, |Resto esecrabile dei Goti, |Nido di lucertole e lumache...] [Basta col parlare di cose morte... ]
b6 [I] Romanzo borghese]. 37 Libro I: Romanciers du xvur stécle, « Bibliothéque de la Pléiade», 1958, pp. 1063-66. Modernizzo!’ortografia. Cfr. anche, pp. 953-54, camera mobilio e biblioteca diun avaro e sciocco avvocato. [i libri pid sgualciti, dalla copertina pid stracciata, che avevano piti orecchie, e questi erano i libri che credeva di pit alta antichita]. 68 [TLavaro).
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lucertolone impagliato...””. Anche Boileau indulge a immagini giustificate’o dal tema dell’avarizia in senso moralistico, o dal tema libresco in senso specialistico. Nella Satira X, ritrae in venti versi un magistrato taccagno e sua moglie; in sei,
ne Le Lutrin“”, un tomo di gotica giurisprudenza massiccio quanto malfermo™. Entro simili ambiti la categoria durd, rarefatta, per quasi tutto il Settecento. Montesquieu, in una delle Lettres persanes”, deride per le sue bizzarrie illusorie il feticismo erudito dell’antichita”; in Diderot, al nipote di Rameau é rinfacciata la poverta del suo abito sdrucito e ricucito d’un tempo, di quello attuale grossolano e antiquato™. Ne I Rusteghi di Goldoni c’é l’avarizia, dietro i manicotti appassiti e la collana con perle rotte prestati dalla matrigna alla sposina””. * Sappiamo che Fielding, erede fra i pit tardi della picaresca, non raccoglie neppure le occasioni di frusto-grottesco (v, 3); mentre, al di la del secolo, ne avevamo riconosciuto una curiosa variante in Arnim (I1, 6; IV, 33). Sappiamo anche come, per la categoria, svolta storica abbia significato trasformazione in logoro-realistico. Trasformazione rallentata soprattutto nell’area inglese: lo avevamo visto in un ben dosato esempio di Scott (Iv, 33), e avevo segnalato il fenomeno in uno scrittore ben pit tardo quale Dickens (Iv, 13). Aggiungo, quanto a Scott, l’originalita di un caso in cui la tradizione del frusto-grottesco resta per cosi dire tangenziale al campo delle immagini. Quelle della torre rimasta ai nobili e spodestati Ravenswood, in The Bride of Lammermoor“, sono da logoro-realistico o da venerandoregressivo; ma c’é il personaggio del vecchio servitore Caleb Balderstone, che nella sua fedelta donchisciottesca al credito 6? Atto II, sc. 1: Moliére. Euvres completes, t. I, «Bibliothéque de la Pléiade», 1971, pp. 533-35 (l’operazione finanziaria é chiarita dal curatore in nota, p. 1388). [arnesi, arredi e gioie].
40 [1 leggio da chiesa). 41 Canto V: Boileau, Euvres completes, « Bibliothéque de la Pléiade », 1966, PP. 70-71, 216-17.
42 [Lettere persiane]. ® Lettera CXLII: Montesquieu, Ewvres completes, «Bibliotheque de la Pléiade», 1956, t. I, p. 349. 44 T). Diderot, Le Neveu de Rameau, Droz, Genéve 1963, pp. 29, 95. [Il nipote di Rameau]. © Atto II, sc. u: C. Goldoni, Tutte le opere, t. VII, Mondadori, Milano 1960,
Pp. 654-56.
46 [La sposa di Lammermoor).
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della famiglia s’ingegna di mascherarne l’indigenza. Fino a dare per distrutta dal fulmine una sontuosa cena preparata agli ospiti, a rubare una schidionata di palmipedi in casa dellartigiano che aveva ricusato le regalie feudali, a simulare un incendio per tener lontani visitatori di riguardo. Suscitando cosi, contro le intenzioni, cid di cui il suo giovane padrone da un’amara definizione conforme all’albero semantico: «il ridicolo che si unisce dovunque alla poverta»“’. Quanto a Dickens, appunto perché non é pit dovunque, la distribuzione del suo persistente frusto-grottesco meriterebbe studio. Come capolavoro umoristico, e primo in ordine di tempo, * 149, The Pickwick Papers * non manca di eccellenti esempi"; qui, do una preferenza puramente antologica alla Pensione Commerciale Todgers, in Martin Chuzzlewtt. Ci vorrebbero le tre O quattro pagine sul quartiere circostante, poco posteriori,
oltre a tutto Pinias di questo paragrafo:
The parlour was wainscoted, and communicated to strangers a magnetic and instinctive consciousness of rats and mice. The staircase was very gloomy and very broad, with balustrades so thick and heavy that they would have served for a bridge. In a sombre corner on the first landing stood a gruff old giant of a uaa with a preposterous coronet of three brass balls on his head - whom few had ever seen — none ever looked in
the face — and who seemed to continue his heavy tick for no other reason than to warn heedless people from running into him accidentally. It had not been papered or painted, hadn’t Todgers’s, within the memory of man. It was very black, begrimed, and mouldy. And, at the top of the staircase, was an old, disjointed, rickety, ill-favoured skylight, parched
and mended in all kinds of ways, which looked distrustfully down at everything that passed below, and covered Todgers’s up as if it were a sort of human cucumber frame, and only bddute of a peculiar growth were reared there”. 47 W/. Scott, The Bride of Lammermoor, Everyman’s Library, London - New York 1964, pp. 81, 85, 90, 19, 122, 162 (la torre); 85; 123-29, 129-40, 256-69; cfr. p. 333
(la fine di Caleb). 48 [J] Circolo Pickwick]. 49 Uno per tutti: la sala della locanda The Peacock (Ch. Dickens, The Posthumous Papers of the Pickwick Club, Oxford 1948, pp. 175-76: cap. XIV). 6° Cap. vu: Ch. Dickens, Martin Chuzzlewit, Oxford 1951, pp. 124, 127-31. [Le pareti del salotto erano rivestite in legno, e comunicavano agli estranei una coscienza magnetica e istintiva di ratti e topi. La scala era molto cupa e molto larga, con balaustrate cosi fitte e pesanti che sarebbero potute servire per un ponte. In un oscuro angolo al primo pianerottolo stava un arcigno vecchio gigante d’orologio, con una strampalata corona di tre palle d’ottone sulla testa: pochi l’avevano mai visto — nessuno mai guardato in faccia— e sembrava continuare il suo pesante battito al solo scopo di mettere in guardia persone sbadate dal corrergli addosso accidentalmente. Non s’era rifatta la carta o la pittura ai muri, della pensione Todgers, a memoria d’uomo. Era tutto nero, sporco e muffito. E in cima alla scala c’era un vecchio, disgiunto, tra-
ballante, sgraziato lucernario, bruciato e riparato in tutti imodi possibili, che guarda-
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PerVarea russa,,come non ricordare almeno I/ cappotto: dove l’irrisorio pathos dell’indumento fa il logoro-realistico tributario della vecchia categoria, non meno che nel testo dello stesso Gogol’ grazie a cui avevo potuto introdurle entrambe (m1, 8).
Tali ricorrenze in cui si coglie il trapasso alla categoria nuova, nella prima meta dell’Ottocento, mi sembrano le ultime per ipotesi codificate. Non lo sono pit, se non a un secondo grado, quelle mediate dalla simpatia dei romantici francesi per l’epoca Luigi XIII — 0 come diremmo oggi per il barocco: in questo senso Théophile Gautier, con le riscoperte dei ritratti di poeti intitolati Les Grotesques” (1844), si preparava aun romanzo storico come Le Capitaine Fracasse” finito nel 1863. Sin dalla lunga descrizione iniziale del « castello della miseria », in fondo alla provincia guascona, il metaforismo seicentesco e quello pit recentemente ricreato da Vic-
tor Hugo fanno semischerzoso connubio. Qualche frammento:
... tout cela [i chiaroscuri lungo le mura d’una scalinata] si vague, si fa-
né, si détruit, si disparu que c’était plutdt le spectre d’une peinture qu’une peinture pele et qu'il en faudrait parler avec des ombres de mots, les vocables ordinaires étant trop substantiels pour cela. Quelquefois un ais de meuble craquait inopinément, comme si la solitude ennuyée étirait ses jointures... ... ¢’était le cadavre du passé qui tombait lentement en poudre dans ces salles ot le présent ne mettait pas le pied, c’étaient les années endormies qui se Pescaieat comme dans des hamacs aux toiles grises des encoignures *. va dall’alto con diffidenza a tutto cid che succedeva sotto, e ricopriva la pensione Todgers come se fosse stata una specie di serra da cetrioli umana, e vi si fossero allevate persone solo quali prodotti speciali]. DIN. Gogol’, Tutti i racconti. Frammenti eabbozz, Mursia, Milano 1948, pp. 560 (la divisa di Akakij Akakjevic), 562 (il cappotto), 564-65 (il logoramento di esso nel dialogo col sarto, e la tabacchiera di costui con la sua toppa di carta). ’2 TI Grotteschi). 3 [I] Capitan Fracassa). b4 Cap. 1: Th. Gautier, Le Capitaine Fracasse, Garnier, Paris 1961, pp. 5, 8, 9. Del castello di Sigognac si riparla nell’abbandonarlo, pp. 46 e 52; e nel ritrovarlo alla fine prima peggiorato, pp. 458-62, poi felicemente restaurato, pp. 490-95. Per contrasto,
c’é un altro castello efficiente e prospero, pp. 85-90; e uno deserto, ma non in rovina, PP. 372-73, sfondo di paure notturne, pp. 375-81, 391. Si aggiunga il frusto- grottesco degli antichi titoli di nobilta, p. 225; quello degli abbigliamenti, pp. 12, 14-15, 95, tra cui non manca un poéte crotté degno di Saint-Amant, pp. 295-96; quello del tugurio d’uno spadaccino, pp. 303-6, con elenco degno di Régnier (cfr. rv, 8). [tutto cid cosi vago, appassito, distrutto, sparito, da essere pit lo spettro d’una pittura che una pittura reale, cosi che ci vorrebbero ombre di parole per parlarne, i vocaboli ordinari avendo troppa sostanza]. [Talvolta l’asse di un mobile scricchiolava inopinatamente, come se la solitudine annoiata si stirasse le giunture...] [era il cadavere del passato che cadeva lentamente in polvere in quelle sale dove il presente non metteva piede, erano
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Specchio rovesciato di gerarchie sociali (e smentita dogni presunta spontaneita carnevalesca) per tutta la sua storia, il frusto-grottesco ha smesso di essere ovvio in era democratica. Alle occorrenze isolate oltre il limite inferiore della categoria, restano aperte soprattutto zone letterarie periferiche: come se, in quelle principali, scherzare con le iimmagini del non-funzionale fosse diventato da un secolo e mezzo in qua poco praticabile. E in dialetto romanesco che imbonisce la propria cliente L’antiquario, nel sonetto di Trilussa: E’sto sofa barocco je finisce? Guardi che dorature! Che broccato! C’é quarche macchia? Embé, s’aripulisce. Eppoi so’ macchie antiche: é pit stimato! So’ patacche dell’epoca, capisce? Puzzonate der secolo passato! **.
E nel suo stile pluralistico, largamente metadialettale in Quer pasticctaccio brutto de via Merulana, che Gadda cosi parla d’uno stipo: Aveva tutta l’aria di ospitare in collettame quelle futilita, quei garbugli di refe, quei bottoni scompagnati, quei cenci a losanga, di che le brave donne dell’agro e d’ogni altra parte della fatal penisola sono oculatissime raccoglitrici, pignolosissime conservatrici verso le improbabili occorrenze d’una dimane dove né refe né spago non é, dato che non ci sara nulla da impacchettare™.
Ed é un libretto d’opera con la firma di W. H. Auden, quello di The Rake’s Progress” per Stravinsky, a portare sulla scena il gia barocco elenco di strambe rarita: riassunto in una didascalia. Un atto dopo, coperto il tutto di polvere e ragnatele, la messa all’asta di esso™. L’eredita propriamente comica del frusto-grottesco, nel Novecento, si trasferisce di preferenza a una categoria pid moderna: il pretenzioso-fittizio. gli anni addormentati che si cullavano nelle tele grigie agli angoli come fossero state amache]. 55 Trilussa, Tutte le poesie, Mondadori, Milano 1975, p. 129: se finisce? = le piace? La solidarieta fra dialetto e tendenza scherzosa gira sempre gli oggetti desueti di Trilussa al frusto-grottesco, quand’anche contaminato di memore-affettivo (Ricordi d’un como, pp. 555-56), di desolato-sconnesso (Demolizzione, p. 726), 0 di monitoriosolenne (Soffitia, p. 853). 66 Cap. 1x: Gadda, Romanzi e racconti, Garzanti, Milano 1980, t. I, p. 226. 57 [La Carriera del Libertino]. 68 Atto IL, sc. m1; atto II, sc. 1: W. H. Audene Ch. Kallman, The Rake’s Progress,
Boosey & Hawkes, 1951, pp. 30, 37, 40-42. Ricordo anche, nel libretto di Giuseppe Adami per I/ Tabarro di Puccini, gli «oggetti strani» raccolti nella sua sacca dalla Frugola (G. Puccini, I/ Tabarro, Suor Angelica, Gianni Schicchi, Ricordi, Milano 1918, pp.
14-15).
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6. La successione s’inverte, se andiamo al venerandoregressivo, fra ricorrenze codificate e occorrenze isolate. Le une non si presentarono come sappiamo se non con la svolta storica, della quale questa categoria fra tutte é tipica; le altre stavolta, prima che seguirle, avevano potuto precederle di millenni. Gia i diritti e le funzioni sospesi dall’assenza di Ulisse, e da vendicare al suo ritorno, prestano esemplarita nell’ Odissea allo stato delle armi da lui ritrovate in casa. Subito prima della strage, maneggiando larco, verifica «SE avessero i tarli roso il corno, mentre il padrone non cera»; il capraio infedele reca ai pretendenti un polveroso scudo appartenuto a Laerte: «e gia da tempo era in disuso, le cuciture delle corregge s’erano sfatte»”. * In piu d’un passo latino, certe immagini prospettano valori storici della patria in relazione a grandi battaglie civili o di confine. Cosi le armi rugginose che l’aratore disseppellira nel terreno di Filippi, come predice Virgilio”; le citta laziali in polvere e la campagna vuota, da cui Lucano trae pronostici di discordie nel raccontare Farsalo™; i dardi in pezzi e le ossa umane ed equine rinvenuti nella foresta teutonica sei anni dopo la sconfitta di Varo, come riferisce Tacito ’. Ancora secondo Tacito, Germa-
nico sembra visitare Azio o Atene o Ilio e l’Egitto in cerca di ricordi culturali determinati, non miticamente universali Edé epigrafica, in Lucano, l’opposizione fra tempo di decadenza ininterrotto o traumatico: «Non aetas haec carpsit
edax monimentaque rerum — en destituit; crimen civile videmus — tot vacuas urbes»™
Alla fine il tempo fu diviso in1 due non pid da scontri politici e militari, nemmeno dall’irruzione dei barbari, ma dalla
6? XXI, vv. 393-95; XXII, vv. 184-86: Omero, Odissea, Einaudi, Torino 1984, pp. 6o1, 613; cfr. XVI, wv. 288-90, XIX, vv. 7-9 (pp. 455, 525), e per il talamo di Ulisse, XVI, wy. 34-35 (p. 443). Forse leggibili nella stessa prospettiva, pit indirettamente, il costume da mendicante in cui lo trasforma Atena (XIII, wv. 434-38; XVIL, wv. 197-98: PP. 377, 477) e il povero abbigliamento di Laerte (XXIV, wv. 227-31: p. 667); che dovremmo chiamare, altrimenti, un logoro-realistico di eta ellenica arcaica [trad. Cal-
zecchi Onesti]. 100 Georg. I, vv. 493-97: Virgile, Les Géorgiques, Les Belles Lettres, Paris 1947, p. 36.
‘ol Pharsalia, VU, vv. 391-99: Lucain, La Guerre civile, t. II cit., pp. 61-62. 162 Annales, 1, 60-62: Tacito, Annali, Utet, Torino 1969, pp. 160-64. 163 Annales, I, 53-54, 59-61: tbid., pp. 252-54, 260-64. 164 Pharsalia, VI, vv. 397-99 (cit. ‘nella nota 161). [Noné stato il tempo vorace a corroderle, abbandonando al dissolvimento | imonumenti del passato; é un delitto civile che vediamo | in tante citta deserte].
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rivoluzione ideologica del cristianesimo. Se a Properzio ragnatele ed erbacce nei templi disertati parevano accordarsi con la corruzione dei costumi™, le stesse immagini esaltano S. Girolamo nell’anno 403 come un venerando-regressivo rifiutato: il tramonto d’una religione non é che il trionfo dell’altra. Ciclo millenario a rovescio — per noi che abbiamo considerato, fra le prime, immagini di chiese sconsacrate: Auratum squalet Capitolium, fuligine et aranearum telis omnia Romae templa cooperta sunt... Solitudinem patitur et in urbe gentilitas. Dii quondam nationum cum bubonibus et noctuis in solis culminibus remanserunt... .
Ma sono biblici i versetti dal suono pit anticipatore, dove il lutto prelude a una restaurazione. Nel 167 a. C. Antioco IV Epifane, attentando alla sopravvivenza del giudaismo, aveva profanato il tempio di Gerusalemme; saranno i Maccabei a purificarlo e riconsacrarlo, rientrandovi tre anni dopo: Et viderunt sanctificationem desertam, et altare profanatum, et portas exustas, et in atriis virgulta nata sicut in saltu vel in montibus, et pastophoria diruta. Et sciderunt vestimenta sua, et planxerunt planctu magno...'°’.
Anche il Cid Campeador, mandato in esilio, piange forte alla vista dei suoi palazzi vuotati ed equipaggi di caccia scomparsi. Il caso, avendo mutilato d’un baliola copia a noi pervenuta del Cantare, fa cominciare la letteratura spagnola (fra XII e xIII secolo) con quel pianto e quella vista: De los sos oios__ tan fuertemientre llorando, tornaba la cabeca_e estavalos catando;
vio puertas abiertas e ucos sin cafiados, alcandaras vazias, sin pielles e sin mantos
*
esin falcones
e sin adtores mudados™.
16 Elegie, I, 6, vv. 35-36: Propertius, Elegzes cit., p. 138. 166 Epistulae, CVII: St. Jerome, Select Letters, Harvard University - Heinemann, London 1980, pp. 340-42. [L’aureo Campidoglio giace squallido, tutti itempli di Roma sono coperti di fuliggine e ragnatele...] [I] culto pagano soffre di abbandono nella
stessa urbe. Quelli che furono gli déi dei popoli sono rimasti coi gufi e le nottole nelle loro cupole solitarie...] 167 Tiber IMachabaeorum, IV, 38-40: Biblia Sacra cit., p. 1236. [E videro il santuario deserto, el’altare profanato, ele porte bruciate, e i cespugli cresciuti nei sagrati come in terra di selva o di montagna, e gli appartamenti dei preti demoliti. E si lacerarono le vesti, e piansero grande pianto...]
168 Vy. 1-5: Poema de mio Cid, Castalia, Madrid 1978, p. 75. Nel Filocolo di Boccaccio (IV, 1), Florio in Toscana riconosce un venerando-regressivo anteriore al proprio stesso paganesimo romano: un tempio di «non conosciuti e strani iddii». E a
fondo gia umanistico il gesto reverente che, per sacrificare ad essi, fa «levare l’erbe e
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Il passo del Libro dei Maccabei potrebbe essere stato nella memoria di James Macpherson (tv, 10), o figurare fra le tante citazioni del Génie du Christianisme (1v, 2). Dei due tipi di rovine distinti da Chateaubriand, opera rispettivamente «del tempo» e «degli uomini», quello ineluttabile da monitorio-solenne parrebbe conservare nel libro pia frequenza che quello traumatico da venerando-regressivo: il cui diretto esempio é la Certosa di Parigi sconsacrata, quale |’autore |’aveva vista nel 1792. Ma come si legge subito dopo, «!’homme n’est lui-méme qu’un édifice tombé, qu’un débris du péché et de la mort; [...] tout chez lui n’est que ruines»”. O altrove, «c’est un palais écroulé et rebati avec ses ruines», con sviluppi che sono metafora delle contraddizioni dovute al peccato originale”: nel cui concetto si generalizza la criminalita storica responsabile del secondo tipo di rovine. Al dila anzi di entrambi, si razionalizza teologicamente I’intera ossessione sepolcrale che pervade immagini, temi e metafore”. Avevamo visto da vicino l’interessata destoricizzazione dei fatti rivoluzionari: con tesi non disinteressate si risale ben pid indietro nei fatti, a prima ancora della caduta. E un paralogismo che, se Dio non avesse creato il mondo ad un tempo giovane e vecchio, la grandezza inseparabile dall’antichita sarebbe mancata alla natura”. Manca, ed é quel che conta, m7
le fronde e’ pruni, cresciute per lungo abuso sopra il vecchio altare, e similmente le fi-
gure degl’iddii con pietosa mano ripulire e adornare di nuovi ornamenti... » (abuso = disuso: Boccaccio, Tutte le opere, Mondadori, Milano 1967, t. I., pp. 359-60). [Dai suoi occhi cos{ fortemente piangendo, |girava la testa e li stava a guardare; |vide porte aperte e usci senza catenacci, |grucce vuote, senza pelli e senza manti |e senza falchi e senza astori di penne mutate.]
16 Parte IL, libro V, cap. ut: Chateaubriand, Génie cit., pp. 881-83. Cfr., nei Mémoires d’Outre-Tombe, il monastero dei Cordiglieri diventato club rivoluzionario (parte I, libro IX, cap. 3: Mémoires d’Outre-Tombe, t. | cit., pp. 374-75). E cfr. la chiesa incendiata nella guerra di Spagna in Malraux, L’Espozr [La speranza}: Romans, « Bibliothéque de la Pléiade», 1976, pp. 714-15. [l’uomo stesso non é che un edificio caduto, un avanzo del peccato e della morte; [...] tutto, in lui, non é che rovine].
70 Chateaubriand, Génze cit., p. 535. [é un palazzo crollato e ricostruito con le sue rovine].
“7! T rimandi tematici principali sono ai capitoli sull’architettura cristiana (parte Il, libro I, capp. 6-8: zbid., pp. 797-802), sulle rovine (parte II, |. V, capp. 3-5: pp. 881-87) e sulle tombe (parte IV, |. Il, capp. 1-9: pp. 926-39). Aggiungo qualche passo
pid breve: gli astri disabitati forse a causa del peccato, « éclatantes solitudes » [splendenti solitudini] (p. 537); le misteriose rovine americane (pp. 546-47); uova d’uccellie tombe umane (pp. 570-71); uccelli migratori e grandi rovine (pp. 572-73); suoni propri dei chiostri, templi, cimiteri e sotterranei (p. 788); i laboratori dei naturalisti atei
come scuole della Morte (p. 818). 12 Ibid., pp. 555-56.
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alla storia e ai suoi monumenti finché non sono immemorialmente antichi: ... un Monument n’est vénérable qu’autant qu’une longue histoire du passé est pour ainsi dire empreinte sous ces voites toutes noires de sié-
cles. Voila pourquoi il n’y a rien de merveilleux dans un temple qu’on a vu batir, et dont les échos et les d6mes se sont formés sous nos yeux ”.
La fortuna romantica di questa intuizione fu troppo larga per non essere anche laica, e Victor Hugo mette in versi l’obiezione rivolgendola all’Arco di Trionfo, ultimato da mesi nel 1837. Nel capitoletto del Génie — uno dei pit belli — sono le chiese gotiche a confondersi tanto meglio con la natura in quanto la imitano: modellate sui tronchi e la penombra, sul mistero e i rumori delle foreste galliche”. Nella Lettre a M. de Fontanes sur la campagne romaine™, a loro volta rovine
di acquedotti e tombe «semblent étre les foréts et les plantes indigénes d’une terre composée de la poussiére des morts et des débris des empires». Nell’Itinéraire de Paris a Jérusalem, le Piramidi vengono ammirativamente difese contro coloro che pretendono dai monumenti una «utilita fisica»; nella loro «utilita morale», ancora una volta la metastoria ha
la delega della storia, la permanenza d’un colossale lusso funebre é la testimonianza d’una civilta trascorsa: «Qu importe... que ces édifices aient été des amphithéatres ou des sépulcres? Tout est tombeau chez un peuple qui n’est plus». Quanto alle stupende pagine sul castello di Combourg nei Mémoires d’Outre-Tombe, sono le prime che venticinque anni fa mi offrirono materia per osservazioni oggi incorporate in questo libro (1, 1). Era in un libro sui temi del ricordo d’in-
fanzia: la storicizzazione prerivoluzionaria di quei temi ap3 Parte III, libro I, cap. vit: zbid., pp. 800-1. [un monumento é venerabile solo in quanto una lunga storia del passato é per cosi dire impressa sotto quelle volte tutte nere di secoli. Ecco perché non ¢’é niente di meraviglioso in un tempio che abbiamo visto costruire, i cui echi e cupole si sono formati sotto i nostri occhi].
74 A Arc de Triomphe: V. Hugo, Euvres poétiques, «Bibliothéque de la Pléiade», 1964, t. I, pp. 936-48 (in particolare pp. 937-38, 942-43; rovesciamento del te-
ma, pp. 943-45).
'™ Chateaubriand, Génie cit., pp. 801-2. 176 [Lettera a M. de Fontanes sulla campagna romana). 177 Chateaubriand, (Euvres romanesques et voyages, t. UI cit., p. 1477. [sembrano le foreste € le piante indigene d’una terra composta dalla polvere dei morti e dai frantumi degli imperi]. 178 Tbid., pp. 1142-44. [Cosa importa... che questi edifici siano stati anfiteatri 0 sepolcri? Tutto é tomba nella dimora di un popolo che non é piu].
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pariva una novita rispetto alla matrice di memoria individuale proveniente da Rousseau, ma anche rispetto all’accento di precarieta assoluta che continua a farsi udire nei Mémoires. Si trattava innanzi tutto — e non solo in queso caso — di rico-
noscere il venerando-regressivo, in alternativa al memoreaffettivo e al monitorio-solenne. Ancora una categoria futura era implicata dagli slittamenti verso il sinistro-terrifico; ¢ a proposito di esso che ho ripreso il tema della vastita di spazi nelle sedi della vecchia classe dominante, fattasi spreco e spavento agli occhi della nuova (Iv, 22). La prospettiva del memorialista verso Combourg non é certo quella estranea della classe nuova, eppure le manca gia la sicurezza indifferente della vecchia. La famiglia era impoverita, il castello era stato riacquistato: sullo sfondo dell’immensita di esso i ricordi infantili sono caratterizzati, insieme, da indelebile quoti-
dianita familiare e da vuoti e dispersioni spaziali incolmabili — come mostravo in quel libro”. Altre immagini caratteristiche avevo commentato in un capitolo successivo, e non ripeto citazioni o analisi da nessuno dei due. Dopo il castello, era il convento (cfr. Iv, 11): quello dei tre anni di adolescenza col-
legiale narrati da George Sand nella Histoire de ma vie™. Dove la sovrabbondanza di spazio nelle costruzioni é effetto d’incoerenti giustapposizioni secolari, e innata antipraticita della vita conventuale femminile. Nel suo implicito ricondurre quest’ultima all’Ancien Régime, G. Sand é bonariamente ben pit critica del nostalgico Chateaubriand; mentre il suo sinistro-terrifico passa giocosamente attraverso le esaltazioni delle educande, che rincorrono fra sotterranei e
soffitte un segreto da romanzo nero™. Pit d’una costante mi aveva suggerito un accostamento in nota, a questo punto, col
primo capitolo delle Confession: di un italiano di Nievo. L’irrazionalita edilizia come metafora o metonimia di quella d’un ex-regime feudale; e l'ironia con cui guarda ad essa uno scrittore di parte opposta alla conservazione, e l’affettuosita " Orlando, Infanzia, memoria e storia cit., pp. 79-105. Misono riferito in particolare alle pp. 83-86, 92-103; le citazioni pit pertinenti rimandano a Chateaubriand, Mémotres d’Outre-Tombe, t. I cit., pp. 64, 108-11, 116-17.
180 [Storia della mia vita]. 81 Orlando, Infanzia, memoria e storia cit., di cui mi sono riferito alle pp. 205-10; le citazioni pid pertinenti rimandano a G. Sand, Histoire de ma vie, parte IL, cap. xt: (Euvres autobiographiques, «Bibliotheque de la Pléiade», 1970, t. I, pp. 870-73, 886-90.
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del ricordo d’infanzia mista all’ironia. Il castello di Fratta era bizzarro per l’irregolarita dei suoi «spigoli, cantoni, rientrature e sporgenze», e aveva cortili rispondenti alle facciate «col loro interno disordine», e una cucina «d’un indefinito numero di lati molto diversi in grandezza»™. Eccesso 0 angustia nelle misure degli ambienti, raccordi assurdi tra fabbriche di varia epoca, assenza di sbocchi in fondo a corridoi o scale, dislivelli e gradini tra locali contigui: di simili elementi si compone il tema edilizio proprio, pit che al sinistroterrifico, al venerando-regressivo™. Il preciso investimento storico del tema sembra tenace in proporzione di storici ritardi. Lo si ritrova a fine secolo ne I Viceré di De Roberto ™; e, come vedremo, in grandi romanzi del Novecento italiano meridionale. Dall ironia sulle immagini del vecchio mondo, il passo é breve alla contestazione dei relativi valori. La sostanza ideologica del venerando-regressivo ne fa la categoria pit suscettibile di rifiuto (Iv, m); e una periodizzazione fra le pit corte ne circoscrive le ricorrenze codificate entro circa ottant’anni. Quelli che inclusero, con la nostra svolta storica, una rivoluzione e una restaurazione in Francia e in Europa. Siamo in
tema edilizio, e la parola restaurazione ha un senso politico e uno architettonico; la metafora dell’edificio crollante o demolito, puntellato o ricostruito si era prestata al progressivo sfasciarsi e rinnovarsi delle ideologie fin da Galilei, Descartes e Voltaire”. Ma se il venerando-regressivo accettato riu182 Cap. 1: L. Nievo, Le confessioni d’un Italiano, Marsilio, Padova 1990, p. 6. Ave-
vo mostrato il persistere d’un lessico della discordanza e interferenza, nel quadro che Nievo fa delle locali giurisdizioni del Friuli di allora, pp. 17-24 (e che ricorda le gride manzoniane, cioé una proiezione seicentesca e spagnolesca dell’Ancien Régime); perfino nel simbolico naso del Cancelliere, « aquilino rincagnato, adunco e camuso tutto in una volta», «nodo gordiano di piti nasi abortiti insieme », p. 9: cfr. Orlando, Infanza, memoria e storia cit., pp. 206-7. Pit oltre attraverso la cronologia del romanzo, dagli anni napoleonici al 1848, il castello di Fratta s’invera sino in fondo come venerando-regressivo alla Chateaubriand: non solo antifunzionale per costruzione, ma destinato a desolazione e demolizione, rimesso al memore-affettivo dei pellegrinaggi (Nievo, Le confessiont cit., pp. 673-74, 725-27, 746, 848-49, 883-84). A proposito di Byron a Venezia, si legge: «I poeti son come le rondini che volentieri fabbricano il loro nido fra le rovine» (p. 817). 18 J americano Poe, nella genetazione romantica, pud rendere sinistro il tema senza sottintesi di storia: entro il collegio di William Wilson & sempre incerto in quale piano uno si trovi, non mancano mai scalini da una stanza all’altra, non bastano cin-
que anni a localizzare bene il proprio dormitorio (Poe, Tales cit., pp. 4-6, 1). 184 Capp. m1, v: F. De Roberto, I viceré, Garzanti, Milano 1959, pp. 90, 145. 18 Cfr. Orlando, [/luminismo cit., pp. 217-18 (con citazioni).
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scivaa Chateaubriand in scritti anteriori alla restaurazione dei Borboni, una volta avvenuta essa istig6 piuttosto scritti in cui
Vesemplarita delle stesse immagini monumentali é rifiutata. Paul-Louis Courier, ?oppositore letterario del regime con larma del pamphlet volteriano, assolve le «bande nere» che speculavano sulla distruzione di abbazie e castelli a beneficio della piccola proprieta: i ricordi? non sono che d’ignoranza superstiziosa o di criminale licenza, le vecchie gotiche pietre vengono non profanate ma purificate se servono a fabbricare case laboriose, ponti e officine™. Stendhal sottopone la moda del gotico sotto la restaurazione a una sua partigiana e perspicace sociologia dell’arte, non esentandone il passato medievale. Nelle chiese di allora quello stile ispirava «la paura dell’inferno»; ora é ammirato, strumentalmente, da una
classe che «ha paura del ritorno del ’93». In Lamiel, un predicatore fa esplodere petardi nel buio d’una chiesa gotica mentre descrive l’inferno, una duchessa fa ricostruire con le stesse pietre la sua torre feudale a istruzione dei giacobini del paese™ Di nuovo sto attingendo a un mio studio di pid di vent’an-
ni fa: sull’unico capitolo di Le Rouge et le Noir nel quale Julien Sorel, in cuor suo avverso alla restaurazione quanto l’autore, accordi alle pompe del venerando-regressivo un’accettazione cosi effimera da valere come variante del rifiuto. A parte la componente ambiziosa di tale peripezia, il giovane ha un momento di commozione al suo ingresso improvviso in una immensa e cupa sala gotica, la cui «magnificenza malinconica» é degradata dalla rozza muratura che ottura le finestre ogivali”. Riconoscevo nell’immagine la stessa contraddizione che fa pullulare di minuscoli simboli tutto il capitolo, e che é penetrata da Stendhal come essenziale e mortale al regime: esso non pud valorizzare l’antico senza mette186 Lettresaurédacteurdu « Censeur»[Letterealredattore del « Censeur»], V:P.-L.
Courier, Euvres completes, « Bibliothéque de la Pléiade», 1951, pp. 20-21 (pp. 18-22). 87 Mémoires d’un touriste [Memorie d’un turista]: Stendhal, Voyages en France, « Bibliothéque de la Pléiade», 1992, pp. 312 (e cfr. 15, 178 seconda nota, 476), 149. 188 Capp. 11, v: Stendhal, Romans, «Bibliothéque de la Pléiade», 1952, t. II, pp. 884-86, 928-31.
189 [I/ Rosso e il Nero]. 0 ParteI,cap. xvi: bid., p. 314. In data posteriore alromanzo, anche I’autore si confessd sensibile alle suggestioni del gotico, a certe condizioni: cfr. Voyages en France cit., pp. 150, 192-93.
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re ripari recenti ai guasti del tempo, non pud combattere sul suo terreno il recente senza sperperare i carismi dell’antico ”
Ma nella contraddizione d’una particolarissima transizione politica, se ne annuncia una pit generale dell’epoca borghese — a sua volta ricondotta pit sopra all’universale ambivalenza del tempo che logora e nobilita (1, 6). Come se nel sen-
so romantico del tempo, invalso con la nuova epoca, non si potesse pit dissociare la nobilitazione dal logorio: anche senza connotazioni d’irrazionalita nei vecchi edifici, anche
fuori dai sortilegi d’una narrativa del terrore. E anche in letterature di paesi dove non c’era stata rivoluzione, e si era ripercossa a stento quella francese. II castello dove Puskin fa annoiare Evgenij Onegin é «rispettabile» e « costruito come debbono essere costruiti i castelli», «solido e tranquillo, secondo il gusto della saggia antichita»; nondimeno « cadente, non so, veramente, perché»”. II castello degli Horeszko, in Pan Tadeusz di Mickiewicz, é appena un po’ in cattivo stato. Ma l’anziano vassallo scatena una rissa fra nobili facendo stridere le ruote arrugginite, e pigolare sul pendolo il fringuello, dei due orologi a carillon che ricarica ogni sera: i quali «vecchi originali, da gran tempo in disaccordo col sole, indicavano spesso mezzogiorno al tramonto»”
Dopo le generazioni che conservavano dell’ Ancien Rég?me ricordi diretti, scomparvero le generazioni che potevano coltivarne iimmagini per tradizione orale prossima —come di un’epoca della nonna (11, 4,9). Intorno al 1848, anno simbolico non solo per la morte di Chateaubriand, traccerei il limite inferiore della categoria; e non solo per la letteratura francese. Nel considerare come occorrenze isolate quelle posteriori, eccettuerei un filone tematico in cui pero il venerandoregressivo ando presto incontro a contaminazioni. Sappia-
mo gia d’un suo rapporto di continuita con laltra categoria di pia corta durata complementare, il prestigioso-ornamentale: mediante una trasposizione dell’esemplarita ideologica in quella estetica, materialmente presente nel manufatto de91 Cfr. I] recente e l’antico nel cap. 1, 18 di « Le Rouge et le Noir», in Orlando, Le costanti e le varianti, il Mulino, Bologna 1983, pp. 135-62: in particolare pp. 135-36, 152-55, e— per altre architetture gotiche nel romanzo — 155-56. 2 Cap. u, strofe 1-3: A. S. Pu8kin, Opere cit., p. 851 [trad. Lo Gatto]. We Libri, V: A. Mickiewicz, Pan Tadeusz, Einaudi, Torino 1955, pp. 46, 151; cfr. p.157, € la vecchia casa di Mattia Dobrzynski, sommersa da flora e fauna e cicatrizzata da cannonate e sciabolate, pp. 177-78 [trad. Garosci].
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corativo (IV, 35, 37). Ma su analoghe premesse di evacuazione dell’ideologia e di estetizzazione, l’Ancien Régime lontanante non tardo ad essere vaghegeiato, idealizzato e stilizzato come momento di passato storico. E il filone, per intenderci, che sarebbe arrivato alle Fétes galantes™, e che parti da testi di Hugo, Gautier e altri (guardava pure alla Francia lesempio di Puskin, 11, 9), ben pit ricchi della raccolta di Verlaine in immagini pertinenti per noi. La contaminazione
predestinata era col memore-affettivo, per ragioni che vedremo — riprendendole, e sara l’ultima volta, da un altro mio
studio lontano di pid di vent’anni. Contaminabile anche col frusto-grottesco, la tematica in questione ci si é esibita in Le Capitaine Fracasse di Gautier (v, 5): essa estende infatti la
portata dell’Ancien Régime all’indietro, su due secoli di monarchia borbonica. Oltre alle grazie licenziose ed estenuate del Luigi XV e Luigi XVI, predilige non la centrale stabilita del Luigi XIV, ma all’altro estremo la pittoresca indisciplina del Luigi XIII. Cosi, nei primi anni del regno di Luigi Filippo, due racconti fantastici di Gautier predispongono sfondi Reggenza o Luigi XV”; mentre il romanzo Mademoiselle de Maupin fa avverate, sfondo presagito dell’amore, un castello Enrico IV o Luigi XTI™. «C’est sous Louis XII», dice Nerval del castello rivissuto nei versi di Fantazsie, ma fonde tempo collettivo e individuale datando a duecent’anni prima un ricordo”. Hugo che s’ispira a quei versi amplificandoli, in Passé™, restituisce il loro distacco di storia al castello ed al par4 [Feste galantt].
% Th. Gautier, Récits fantastiques, Flammarion, Paris 1981, p. 56 (La cafetiére [La caffettiera], del 1831), pp. 103-4 (Omphale, histoire rococo [Omphale, storia rococo}, del 1834: per l’interno, l’esterno essendo degradato fino al logoro-realistico). Posteriori due passi in racconti di Musset. La sala da bagno Luigi XV in Margot, del 1838: A. de Musset, Ewvres completes en prose, « Bibliothéque de la Pléiade», 1960, p. 538; Versailles sotto Luigi XV in La Mouche [I finto neo), del 1853: ibid., pp. 664665, 666-67, 676 (e cfr. la poesia Sur trois marches de marbre rose [Su tre gradini di marmo rosa): Musset, Poésies completes cit., pp. 454-59). % Capp. 1, x: Th. Gautier, Mademoiselle de Maupin, Garnier, Paris 1955, pp. 5556, 186-87. Cfr. un altro castello il cui disordine edilizio ci richiama al tema trattato subito prima, pp. 19-21; statue, scale, vasi rotti e rosi dal muschio, pp. 206, 278. 97 G, de Nerval, Euvres completes, «Bibliothéque de la Pléiade», 1989, t. I, p.
339. L’immagine del castello, stavolta del tempo di Enrico IV, riappare vent’anni dopo in Sylvie (cap. 1): Nerval, Euvres completes, t. II cit., p. 541. [Fantasia]. [Siamo sotto Luigi XIII].
8 [Passato].
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co: dove la coppia attuale ricorda amori antichi. Cito dall’inizio della poesia: C était un grand chateau du temps de Louis treize. Le couchant rougissait ce palais oublié. Sous nos yeux s’étendait, gloire antique abattue, Un de ces parcs dont l’herbe inohde le chemin, Ou dans un coin, de lierre 4 demi revétue, Sur un piédestal gris, l’hiver, morne statue, Se chauffe avec un feu de marbre sous sa main.
O deuil! le grand bassin dormait, lac solitaire. Un Neptune verdatre y moisissait dans !’eau. Les tritons avaient l’air de fermer la paupiére; Et, dans lombre, entr’ouvrant ses machoires de pierre,
Un vieux antre ennuyé baillait au fond du bois.
Nei due versi finali, non saprei dire se queste immagini di passato si condensino in memore-affettivo o si sciolgano in monitorio-solenne: O temps évanouis! 6 splendeurs éclipsées! O soleils descendus derriére l’horizon! ™.
Fra i testi del secondo Ottocento collegabili al filone tematico in accezione settecentesca, La Faute de l’'abbé Mouret™ di
Zola lo éin modo anomalo; e percid ne parlo. A ospitare l’iniziazione erotica del giovane prete, sono un padiglione ed un parco Luigi XV, con le loro pitture lascive semisvanite e donne dimarmo sommerse svisate dalla corrente. Mala cultura di cui valgono come resti (e preservano una biblioteca) é quella dei Lumi; la loro esemplarita, non certo regressiva, siaccorda con la natura solare inselvaggita in libero abbandono”. 201
9 Hugo, (Ewvres poétiques, t. I cit., pp. 970-71 (in Les Voix intérieures [Le voct
intertori]): la poesia é del 1835. Cfr. La Statue [La statua] del 1837 (in Les Rayons et les ombres (I raggi e le ombre)), ibid., pp. m05-8. [Era un grande castello del tempo di
Luigi tredici. |Il tramonto arrossava il palazzo dimenticato. |[...]. ||Si stendeva ai nostti occhi, gloria antica abbattuta, |Uno di quei parchi dove l’erba inonda il cammino,
|Dove in un angolo, d’edera a meta rivestita, |Su un piedestallo grigio, |’inverno, smorta statua, |Siscalda con un fuoco di marmo sotto la mano. ||O lutto! il gran bacino dormiva, lago solingo. |Un Nettuno verdastro muffiva dentro I’acqua. |[...]. ||I tritoni pareva chiudessero le palpebre; |E, nell’ombra, semiaperte le mascelle di pietra, |Un vecchio antro annoiato sbadigliava in fondo al bosco. ||[...]. || O tempi svaniti! o splendori eclissati! | O soli discesi dietro l’orizzonte!] 200 [La colpa dell’abate Mouret}. 201 E. Zola, Les Rougon-Macquart, «Bibliothéque de la Pléiade», 1960, t. I, pp. 1248, 1251, 1316, 1354-56, 1394-96 per linterno; pp. 1346-47, 1351-52 per l’esterno, e p.
1358 con lucertole sulle rovine del castello incendiato. II lussureggiare vegetale del Paradou oltrepassa la sanita naturale verso lo sterile-nocivo, pp. 1252-53, 1327-30,
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Nelle occorrenze isolate che mi restano da presentare, i valori storici o sono altri da quelli su cui si era fondata la reazione all’avvento borghese fra Sette e Ottocento, o come negli ultimi esempi hanno altre funzioni. In Hawthorne, una variante puritana, americana di venerando-regressivo rifiutato proietta il senso di colpa atavico in edifici antichi e maledetti (come poi in Faulkner, V, 3): quello a cui s intitola The House of the Seven Gables”, & di poco posteriore alle prime colonie della Nuova Inghilterra”. *” * Ma nella prefazione a The Marble Faun™,V ambientazione italiana si giustifica in alternativa a un paese « dove non c’é ombra, non antichita, non
mistero, non male pittoresco e lugubre»””. E lambivalenza delle immagini di Roma equivale a contaminazioni che traggono la categoria in direzioni divergenti: in quanto é rifiutata, verso il sinistro-terrifico d’una trama da romanzo gotico su sfondo cattolico meridionale (IV, 22, 24) — oltre che verso
il logoro-realistico d’una decadente sporcizia, « maledizione ereditata e inalienabile »”’. In quanto invece é accettata, anzi 1345-47, 1351, € cfr. pp. 1404-5. Meno interessanti gli spunti ortodossi di venerandoregressivo in Le Réve [I/ sogno], in E. Zola, Les Rougon-Macquart, « Bibliothéque de la Pléiade», 1966, t. IV, pp. 826-27, 849, 859-64. 202 [La casa dai sette tett).
20 Cap. xvut: « What we call real estate — the solid ground to build a house on — is the broad foundation on which nearly all the guilt of this world rests. A man will commit almost any wrong [...] only to build a great, gloomy, dark chambered mansion, for himself to die in, and for his posterity to be miserable in». [Quel che chiamiamo proprieta immobiliare — il terreno solido su cui costruire una casa — é |’ampio fondamento su cui posa quasi tutta la colpa di questo mondo. Un uomo commettera press’a poco ogni delitto [...] soltanto per costruire un grande, lugubre palazzo dalle scure stanze, per morirci lui stesso, e perché la sua posterita ci viva infelice]: N. Hawthorne, The House of the Seven Gables, Everyman’s Library, London - New York 1977, p 254. Cfr. in particolare pp. 1-2, 6-8, 23-25, 130, 252; sviluppi in senso sinistro-terrifico, PP. 16-17, 267-72.
=
204 [I] fauno di marmo). 20 N. Hawthorne, The Marble Faun, New American Library, New York 1980, p. v1; « Racconto fantastico e poesia, edera, licheni e violacciocche hanno bisogno di rovine per crescere», zbid. In una novella terrifica americana di fine secolo — The Death
of Halpin Frayser [La morte di Halpin Frayser] di Ambrose Bierce -, si legge d’una scuola di campagna abbandonata: «It was ruined, but not a ruin —a typical Californian substitute for what are known to guide-bookers abroad as ‘monuments of the past’» [Era in rovina, ma non era una rovina — un tipico surrogato californiano di quelli che all’estero, per chi consulta le guide, si chiamano monumenti del passato] (The Best of Ambrose Bierce, Castle 1946, p. 199). 206 Hawthorne, The Marble Faun cit., pp. 279-80; cfr. altro logoro-realistico pp. 34-35, 136. Non meno che il macabro cimitero dei Cappuccini, pp. 144-45, é nella tradizione gotica l’idea della citta dove non c’é pietra senza impronta criminosa, pp. 29697; € possibile costruire abitazioni quasi immortali, ma non impedire che invecchino «ammuffite, malsane, tetre, piene di tanfi di morte, spettri e macchie d’omicidio»,
pp. 219-20. Roma é come un cadavere il cui becchino é il tempo, p. 13; non si pud la-
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idoleggiata dai tre artisti visitatori dell’urbe, la categoria anticipa la sua prossima risoluzione in prestigioso-ornamenta-
le. L’estetizzazione delle rovine (V, 4) si compiace di descrizioni quasi turisticamente esemplari: troppe, in rapporto alla
simbolica esilita narrativa del conflitto fra puritanesimo repressivo e tentazione pagana. La sfilata di divinita tramontate, ne La Tentation de Saint Antoine” di Flaubert, mira a far dubitare il santo della verita
unica del cristianesimo. Qualcuna lamenta profanazioni animali pit immonde che nelle parole prima citate di S. Girolamo; cosi rispettivamente Iside, i Lari domestici romani, lo stesso Geova: Egypte! Egypte! tes grands dieux immobiles ont les épaules blanchies par la fiente des oiseaux... Mais les aieux de cire peinte, enfermés derriére nous, se couvrent lentement de moisissure. [...] sous la dent des rats nos corps de bois s émiettent. Le chacal piaule dans les sépulcres; mon temple est détruit, mon peuple est dispersé! ™*.
Torniamo alla divisione ottocentesca in classi col romanzo di Hardy, Jude the Obscure”. L’orfanello avido di letture trova brutta una campagna che i solchi privano «d’ogni storia oltre quella dei pochi mesi recenti»*’;210, suo sogno é la gotica cittadina dei collegi e degli studi. Quando ci arriva non sa ancora che ad escluderlo, come da un privilegio, é quello stesso eccesso di nobile storia che rende impraticati i vicoli e fradice le pietre: Down obscure alleys, apparently never trodden now by the foot of man, and whose very existence seemed to be forgotten, there would jut into the path porticoes, oriels, doorways of enriched and florid middlesciarla se non fisicamente e moralmente nauseati, ma per tornare ad essa con familiare
intimita, pp. 235-36; cultura e clima ci farebbero credere i suoi resti assai meno lontani nel tempo che le mura di un’abbazia o castello inglese, pp. 124-25. Il Medioevo italiano é pure rappresentato da una «torre fra gli Appennini», pp. 157-59: che ha stanze a centinaia, pp. 161-62, affreschi fatiscenti, pp. 165-66, prigioni abbandonate e gufi, pp. 185-86.
207 [La tentazione di Sant’Antonio). 208 VY: Flaubert, CEwvres, t. I cit., pp. 159, 173, 175. [Egitto! Egitto! i tuoi grandi déi immobili hanno le spalle imbiancate dagli escrementi degli uccelli...] [Ma gli avi di cera pinta, rinchiusi dietro di noi, si coprono lentamente di muffa. [...] sotto il dente dei ratti i nostri corpi di legno si sbriciolano]. [Lo sciacallo piagnucola nei sepolcri; il mio tempio é distrutto, il mio popolo é disperso]. 209 [Jude loscuro). 210 Th. Hardy, Jude the Obscure, Macmillan, London 1966, p. 18.
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age design, their extinct air being accentuated by the rottenness of the stones.Itseemed impossible that modern thought could house itself in such decrepit and superseded chambers”.
Via di mezzo fra condizione operaia e cultura é il lavoro di restaurare le vecchie architetture — prosaiche anch’esse quando erano nuove, divenute poetiche col solo «aspettare». Cosa impossibile per la maggioranza degli uomini, pensa Jude”: come lo sara per lui la promozione sociale. Le « focacce Christminster» che finira col cuocere e vendere, con
finestre torri e pinnacoli in pasticceria, sanno meno di pretenzioso-fittizio che d’un venerando-regressivo inattingibile degradato per fedelta”. Lo scenario de La Fiaccola sotto il moggio di D’Annunzio prevede una casa dove si sovrappongono «tutte le eta», dai Normanni ai Borboni; e «il tutto é vetusto, consunto, corroso, fenduto, coperto di polvere, condannato a perire» L’insistenza sulla nostra tematica fa ruotare un massimo di contaminazioni intorno al venerando-regressivo — come nei
frammenti in v, 3. Ma qui, malgrado molti bei versi, la convenzionalita non é volontaria né lapidaria: « Vuoi— che ti ndveri tutto —quel che si macchia, quel che si scolora, — quel che si sloga, si curva, si sfalda, — s’ammolla, cola, marcisce? »’”, Alle quattro o cinque categorie in causa si aggiunge
il prezioso-potenziale per un tesoro, il sinistro-terrifico per un fantasma, il magico-superstizioso per un flauto d’osso di cervo”*,
* Fra Ottoe Novecento, il senso di tradizione o di de-
cadenza familiare ha ormai referenti piuttosto che nobiliari alto-borghesi. Thomas Mann ne ha investito un oggetto non nei Buddenbrooks”™, ma in Der Zauberberg**: dove Hans Ca=-
211 Parte II, cap. 1: zbid., pp. 85-86. [Git per vicoli bui, evidentemente mai calpestati adesso dal piede dell’uomo, e la cui stessa esistenza sembrava dimenticata, qua e
la sporgevano sulla via colonnati, balconi evetrate, archi di porte dal disegno medievale adorno e fiorito, e il loro aspetto disusato era accentuato dal fracidume delle pietre. Sembrava impossibile che moderno pensiero potesse alloggiarsi in edifici talmente decrepiti e sorpassati].
212 Tbid., pp. 90-91. ee bid Pp. 323: 2144 G, D’Annunzio, Tragedie, sogni e mister’, Mondadori, Milano 1940, t. I,
P- 937.
2D AttoI, sc. 1: ¢bid., p. 965. Costante il tema della casa, pp. 938-42, 960-61, 98990 (le pergamene), 1040-41; il personaggio di Gigliola si assimila alle cose, pp. 951, 1052. Controtema, la nostalgia di un ambiente sano, pp. 991-92.
216 Thid., pp. 964-65, 1043-44, 1019-21. ata Buddenbrook]. 218 [La montagna incantata].
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storp ricorda come, dall’austero conservatore protestante anseatico che era il nonno, si facesse mostrare «la tazza battesimale». Veniva presa da un armadio dentro cui la prospettiva infantile fa l’originalita d’un topico elenco, di «oggetti situati fuori uso e proprio percid attraenti», ed era
scompagnata rispetto al piatto d’argento molto pit antico. Ma era servita a battezzare quattro generazioni prima di Hans, del padre e del nonno; ¢ forse il piccolo se la faceva mostrare proprio per ascoltare quadruplicato il prefisso dei bisavoli (Ur-), al cui suono sepolcrale si sentiva in concatenazione con le vite sprofondate e respirava freddo tanfo di chiesa*’. Il viaggio di Isaak Babel’ (1932) si svolge alla catastrofe d'un altro Ancien Régime. Nel 1918, a Pietroburgo, i commissari rivoluzionari sono insediati nella residenza prediletta dei penultimi zar e zarina: l’ebreo narratore, dopo un bagno, viene avviluppato nella gigantesca veste da camera di Alessandro II] — peraltro unta e rammendata. Qui il venerandoregressivo rifiutato si chiama nemesi storica. All’inizio della novella il viaggiatore é sfuggito a un massacro che prosegue i pogrom dell’autocrazia; e verso la fine si allude al vicino massacro della famiglia imperiale. Ma la stringatezza di Babel’ lascia emergere, dalla violazione d’intimita dei defunti e spodestati, sia il memore-affettivo alieno sia il monitoriosolenne dell’enorme capovolgimento di sorti: Passammo il resto della notte esaminando i giocattoli di Nicola II, i suoi tamburi e le sue locomotive, le sue camiciole da battesimo e i suoi quaderni pieni di scarabocchi infantili. Fotografie e ciocche di capelli di granduchi morti bambini, un diario della principessa Dagmara di Danimarca e lettere della sorella di lei, regina d’Inghilterra, esalarono tra le nostre dita profumi appassiti e odor di stantio”.
Il protagonista del 1984 di Orwell lavora al ministero della Verita: dove si «controlla», cioé si cancella e si aggiorna, il passato; dove apparati distruttori, in funzione di cestini da carte, si chiamano «buchi della memoria». Principio della 219 Cap. u: Th. Mann, Der Zauberberg, Fischer, Berlin — Frankfurt am Main 1956,
421-22) 220 T. Babel’, L’armata a cavallo e altri racconti, Einaudi, Torino 1969, p. 380 (pp. 378-81); e cfr. pp. 375-76, 380. Dagmar, prima che Maria Fédorovna, si era chiamata la moglie di Alessandro III e madre di Nicola IL. Cfr. la prima brevissima versione del 1922, Sera dall’imperatrice, ibid., p. 246 (pp. 245-47) [trad. Lucentini]. 221 G. Orwell, Nineteen Eighty-Four, Penguin 1954, pp. 31, 33-36; e cfr. pp. 66-67, 199-200.
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sua trasgressione, éla ricerca degli irreperibili ricordi di pit di cinquant’anni prima”. In un album di quell’eta, dalla morbida carta ingiallita, apre a rischio di morte un diario; torna alla sporca bottega dove l’antiquariato non offre, in topici elenchi, che rimasugli raramente belli. Una stanza da letto al piano di sopra gli desta « memoria ancestrale » di quiete e sicurezza privata™, e ne fa il luogo d’incontro con la complice amante. Ma non é vero che vi manchi!’onnipresente teleschermo: e confessando per caso l’orrore dei ratti, si sara scelto lo strumento del suo futuro annientamento morale ™* Se il venerando-regressivoé cid a cui progresso e rivoluzioni voltano le spalle, era riservato all’incubo utopico reinventarlo come ricettacolo e trappola della speranza. Il logoro-realistico é una categoria cosi sostanzialmente ottocentesca che non ne riconoscerei occorrenze isolate
né prima né dopo. Prima, per secoli, non sembra che il frusto-grottesco riunisse mai abbastanza serieta € quotidianita da anticipare la propria trasformazione; dopo, nel Novecento pieno, la continuita di tradizione sembra sempre sufficiente a far parlare di ricorrenze codificate. Entro l’arco dunque d’un secolo, con propaggini tuttora possibili nel successivo, la massa degli esempi maggiori mi é risultata di gran lunga la pit imponente fra le dodici categorie. Incalcolabile lPulteriore numero dei passi di consistenza minimale; evidenti le linee d’una codificazione, e tematica e formale, tale da
meravigliarsi che non abbia attirato il riconoscimento e augurarsene tutti gli approfondimenti. Con tanti testi relativamente contemporanei fra loro, l’ordine di presentazione pit istruttivo non sara stavolta cronologico. Partiamo comunque dal genere letterario che ebbe la precedenza nei primi decenni del secolo, oltre ad averne una ideale fittizia: il romanzo storico. Non si addice ad esso troppo logoro-realistico, per ragioni enunciate (Iv, 12) ”. Pure, i partiti presi della ca222 Thid., pp. 6-7, 29, 63, 73-77; € cfr. p. 145 (il brindisi «al passato»). 223 Thid., pp. 9, 78-83, 123-24. La bottega é partecipe di quel logoro-realistico che, sparso dovunque (cfr. pp. 7, 20-21, 51, ecc.), caratterizza i quartieri proletari (cfr.
Pp. 69).
224 Thid., pp. 12-15, 18-19, 177-80, 227-31. 25 Notre-Dame de Paris [Notre-Dame di Parigz] di Hugo si svolge nel 1482: benché la cattedrale fosse stata costruita dal 163 al 1250, é un errore che |’autore non commette rappresentarla segnata dal tempo. Solo in parentesi si chiede se una torre fosse la stessa il cui interno é visibile nel suo degrado oggi (1831); e ci scherza su, al modo di quel frusto-grottesco che é adottato anche per gli abbigliamenti del poeta pove-
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tegoria possono farsi valere — come ne I Promessi Sposi — nel x11 secolo dell’opera pit popolare del genere: Ivanhoe di Scott. I castelli di Torquilstone e di Coningsburgh sono antichi e non rovinosi. Pure nel miglior appartamento del primo la tappezzeria é dovutamente pendente, stracciata, scolorita; e in apertura di romanzo, alla descrizione di rovine druidi-
che segue quella della giubba del porcaro, di pelle d’un animale che il logoramento rende irriconoscibile™. Per feudatari normanni e servi sassoni, sarebbe anacroni-
stica la parola declassamento. Ma é in essa che s’incontrano, come avevo detto, i due sottintesi da cui nel nome di logororealistico é giustificato il secondo aggettivo: il potere tipico di fare realta, per innovazione letteraria; i segni tipici d’una realta sociale instabile, nella sua novita (11, 9; Iv, 13). Bisognava che la narrativa dell’Ottocento passasse a raccontare il proprio secolo, per riflettere in immagini l’ambivalenza del tempo che logora e nobilita, che pud aver fatto l’uno o l’altro gia troppo o non ancora abbastanza (1, 6)”. Lasciamolo dire ai testi: magari, a un montaggio di testi «stupiti di ritrovarsi insieme » — come secondo G. Sand certi oggetti accantonati
da zitelle e suore™. Un romanzo incompiuto di Stendhal, un racconto fantastico di Gautier: Tout était magnifique, cher, mais trop neuf. Dans |’antichambre, un paravent de velours bleu garni de ses clous d’or et un peu usé ett dit aux passants: «Ce n’est pas d’hier seulement que nous sommes riches...», mais un Grandet pense 4 faire une spéculation sur les paravents, et non 4 ce qu’ils disent aux passants dans une antichambre ”’. ro e del re avaro, e per un appartamento ruffianesco (V. Hugo, Notre-Dame de Paris, 1482. Les Travailleurs de la mer, «Bibliothéque de la Pléiade», 1975, pp. 250, 253, 426, 291). Cosi l’unico logoro-realistico attuale é, nella chiusa, il sinistro patibolo — «che datava dal 1328» (p. 499). 226 W7. Scott, Ivanhoe, Everyman’s Library, London - New York 1962, pp. 199201, 412-13; 213-14; 28. C’é un passo in cui il romanziere storico si astiene dal dare i nomi di cinque cavalieri, per ragioni e con immagini da monitorio-solenne, pp. 94-95.
227 Questa ambivalenza viene formulata in termini quantitativi o di dosaggio, come da me, nel capolavoro della narrativa catalana moderna: Bearn, di Lloreng Villalonga (1961). Don Toni, il nobile intellettuale maiorchino protagonista, sentenzia alla vista delle rovine che Roma «és massa antiga. Succeeix com amb els vins: per esser bons han d’esser vells, han de tenir solera. Pero alerta que no en tenguin massa, alerta a passar el ‘punt’. Roma el passa fa molt de temps» (parte II, cap. x: L. Villalonga, Bearn, Club, Barcelona 1961, pp. 202-3). [é troppo antica. Succede come coi vini: per esser buoni devono esser vecchi, devono avere la feccia. Ma attenzione a che non ne abbiano troppa, attenzione a non passare il «punto». Roma I’ha passato molto tempo fa]. 228 G. Sand, Euvres autobiographiques, t. I cit., p. 872, e vedi sopra la nota 181. 229 T ucien Leuwen, parte II, cap. xivut: Stendhal, Romans, t. I cit., p. 168. Cfr. come Dickens, in Our Mutual Friend (II nostro reciproco amico], ridicolizza con gli ag-
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Ce qui me plaisait dans le luxe de cette maison, c’est que rien n’y semblait récent. Les peintures, les ors, les damas, les brocarts, sans étre fa-
nés, étaient éteints et n’agacaient pas les yeux par l’éclat criard de la nouveauté. On sentait que cette richesse était immémoriale et que cela avait toujours été ainsi’.
L’esigenza borghese di tempo che nobiliti o abbia nobilitato, in entrambi i casi, éopposta e complementare al pericolo del tempo che logora e declassa. In nessuno dei due casi ¢’é logoro-realistico: cid che nell’uno si postula al condizionale come correttivo del «troppo nuovo», cid che nell’altro dista dalla novita chiassosa «senza essere sciupato», si avvicina piuttosto all’esemplarita della categoria semipositiva. II contrario del logoro-realistico si ha anche, paradossalmente, quando esemplare diventa addirittura cid che é logorato. Cambiando secolo (e sottintendendo l’ideologia secondo cui la borghesia con le sue convenienze di classe doveva venire travolta), é il caso della poesia di Brecht che aggiudica la nobilitazione dei manufatti all’uso: Von allen Werken die liebsten Sind mir die gebrauchten. Die Kupfergefasse mit den Beulen und den abgeplatteten Randern Die Messer und Gabeln, deren Holzgriffe Abgegriffen sind von vielen Handen: solche Formen Schienen mir die;edelsten: q::2!..n0n cals oul Eingegangen in den Gebrauch der vielen Oftmals verandert, verbessern sie ihre Gestalt und werden késtlich Weil oftmals gekostet ". gettivi new e bran-new (nuovo di zecca) le persone e la casa degli arricchiti Veneerings: «all things were in a state of high varnish and polish» [ogni cosa era in uno stato di somma verniciatura e lucidatura] (Ch. Dickens; Our Mutual Friend, Oxford 1952, p. 6); diverso lo stile dei Podsnap: « Everything was made to look as heavy as it could, and to take up as much room as possible » [Tutto era fatto per apparire quanto piti pesante possibile, e per occupare quanto pit spazio possibile] (p. 131). [Tutto era magnifico, caro, ma troppo nuovo. Nell’anticamera, un paravento di velluto azzurro guarnito dei suoi chiodi d’oro e un po’ consunto avrebbe detto ai passanti: «non é solo da ieri che siamo ricchi...», ma un Grandet pensa a fare una speculazione sui paraventi, e non a cid che essi dicono ai passanti in un’anticamera]. 230 Shirite, cap. 1x: Th. Gautier, Spirite, Nizet, Paris 1970, pp. 131-32. Cfr., alla fine del Capitaine Fracasse, immistione di argenteria antica fra la moderna affinché il recuperato lusso «non avesse l’aria troppo recente» (Gautier, Le Capitaine Fracasse
cit., p. 495). [Cid che mi piaceva nel lusso di quella casa, era che niente sembrava recente. Le vernici, gli ori, idamaschi, i broccati, senza essere sciupati, erano spenti e
non irritavano gli occhi col brillare chiassoso della novita. Si sentiva che quella ricchezza era immemoriale e che era stato sempre cosi]. #1 B. Brecht, Gedichte und Lieder, Suhbrkamp, Berlin — Frankfurt am Main 1981, p. 46. Brecht nobilita il logoro umile e utile in un venerando non regressivo; sul sottin-
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Il logoro-realistico comincia idealmente dal declassamento della classe dominante anteriore. A due condizioni: che il dissesto di castelli e palazzi nobiliari sia rappresentato non pid a distanza storica, ma nell’attualita; e che non abbia nes-
suna esemplarita da venerando-regressivo. Les Chouans di Balzac, primo romanzo de La Comédie humaine” in data di pubblicazione, si svolge nel 1799 — cioé trent’anni prima, a meta strada fra storia e attualita. La guerra civile controrivoluzionaria ha devastato il maniero bretone della Vivetiére: la mortuaria descrizione ne fa un « grande spettro», una «carcassa vuota e fosca», gli da «tutta l’aria di uno scheletro»””. In Un Prétre marié™ di Barbey d’Aurevilly, il sacrilego protagonista ha comprato il castello perduto dai signori della sua infanzia contadina, e sembra godere a vederne lo sfacelo: Ce délabrement était affreux. Les tapisseries déchirées pendaient le long de leurs lambris comme des drapeaux qui semblaient pleurer leur défaite. Les glaces encrassées de poussiére et tachées ignoblement par les mouches avaient, du fond de leurs toiles d’araignée, des reflets verdatres et faux. Les plafonds s’écaillaient ”.
In questi casi la perdita di funzionalita non é in senso estensivo, ma restrittivo: non si limita a intaccare il lusso o il prestigio o il decoro, ma compromette I’uso, la salubrita e l’abitateso della stessa ideologia, il logoro irreparabile soccombe alla speranza quale venerando-regressivo rifiutato, nella poesia di Fortini La gronda. Metafora sottaciuta della societa borghese non si presta ad essere |’irrazionalita di tutto un edificio, bensi la settorialita d’un angolo. La cui struttura di legno marcio — prevede la successiva strofa — un giorno precipitera al solo posarsi d’una rondine: « Scopro dalla finestra lo spigolo una gronda, — in una casa invecchiata, ch’é di legno corroso — e piegato da strati di tegoli. Rondini vi sostano — qualche volta. Qua e la, sul tetto, sui giunti—e lungo i tubi, gore di catrame, calcine — di misere riparazioni. Ma vento e neve, — se stancano il piombo delle docce, la trave marcita — non la spezzano ancora» (F. Fortini, Una volta
per sempre. Poesie 1938-1973, Einaudi, Torino 1978, p. 238). [Di tutti i manufatti i pid cari |Misono quelli usati. (jrecipienti di rame con le ammaccature e i bordi appiattiti
|I coltelli e forchette i cui manici di legno |Sono logorati da molte mani: tali forme | Misono sembrate le pit nobili. [...]. ||Penetrati nell’uso dei molti |Spesso modificati, migliorano la loro forma e diventano preziosi |Perché spesso provati]. 232 (Gli Chouans]. (La commedia umana].
233 Cap. 1: Balzac, La Comédie humaine, «Bibliotheque de la Pléiade», 1977, t. VII, pp. 1026-27, e cfr. pp. 1030-31. * 234 [Un prete sposato].
235 Cap. m1: Barbey d’Aurevilly, Euvres romanesques completes, « Bibliotheque de la Pléiade», 1964, t. I, p. 911: e il paragrafo seguente. [Era uno sfacelo orribile. Le tappezzerie lacere pendevano lungo i rivestimenti delle pareti come bandiere che sembravano piangere la loro sconfitta. Gli specchi incrostati di polvere e ignobilmente macchiati dalle mosche mandavano, dal fondo delle loro ragnatele, riflessi verdastri e falsi. I soffitti si scagliavano].
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bilita (cfr. Iv, 5 a IV, 13). Incompatibile con lo statuto d’una classe deminante, un tale senso restrittivo si riscontra solo in
casi limite nelle rappresentazioni di condizione borghese. E riservato alle due estremita sociali dove la borghesia, o profitta del declassamento altrui, o paventa il proprio come una ricaduta: all’impoverimento dell’aristocrazia, oltre che alla poverta del proletariato. Il declino di antiche abitazioni ha naturalmente varianti pid blande e via via meno, quand’anche siano conservate dalle famiglie e non discese di padro-
ae*. In Mastro-don Gesualdo di Verga, la positivita del personaggio d’arricchito corrisponde a una trattazione aliena o ironica della famiglia presso cui conclude il matrimonio nobilitante: ai Trao manca danaro per ottenere dal re di Spagna, in base a «mucchi di scartafacci e di pergamene», il regolamento d’un debito con «seicent’anni d’interessi»””. Mentre soltanto alcune righe concretano la prosperita di Gesualdo in «mobili nuovi»”, il loro palazzo forma immagini per tutto il romanzo. Accenni di poche parole diffondono quelle stesse che si concentrano in due distanti descrizioni; ecco la pit lunga: 236
Entrava chi voleva dal portone sconquassato. La corte era angusta, ingombra di sassi e di macerie. Si arrivava per un sentieruolo fra le ortiche allo scalone sdentato, barcollante, soffocato anch’esso dalle erbacce. In
cima l’uscio cadente era appena chiuso da un saliscendi arrugginito; e subito nell’entrare colpiva una zaffata d’aria umida e greve, un tanfo di muffa e di cantina che saliva dal pavimento istoriato col blasone, seminato di cocci e di rottami, pioveva dalla volta scalcinata, veniva densa -
6 Per il primo caso cfr., in gradazione peggiorativa, A. Fogazzaro, Piccolo mondo antico, Garzanti, Milano 1989, pp. 105-6; L. Capuana, I/ marchese di Roccaverdina, Garzanti, Milano 1974, pp. 16-17; L. S. Turgenev, Un nido di nobili, in Tutti i romanzi, Mursia, Milano 1959, pp. 168-69, 169-70; B. Perez Galdés, Tristana, in Novelas y miscelanea, Aguilar, Madrid 1973, t. I], p. 359. Nella campagna russa di Turgenev un decennio prima dell’abolizione della servité della gleba, quanto ad abitazioni di proprietari terrieri, la gradazione peggiorativa va da un trascurato assetto all’antica fino a nude o inselvatichite rovine di legno: cfr. I. Turgenev, Memorie d’un cacciatore, Einaudi, Torino 1964, pp. 182-83 (Due gentiluomini di campagna), 291 (L’Amleto del distretto di Scigry), 310-1 (Certopchanov e Nedopyjuskin), 36 (Acquabella), 233 (I cantort), 57 (Il mio vicino Radilov). Per il secondo caso, France, Le Mannequin d’osier, in (Euvres, t. I cit., pp. 908-9; D’Annunzio, I/ Fuoco, in Prose di romanzi, Mondadori,
Milano 1989, t. I, pp. 378-79. 27 G, Verga, Tutti i romanzt, Sansoni, Firenze 1983, t. II, p. 424. 28 Ibid., p. 427.
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dal corridoio nero al pari di un sotterraneo, dalle sale buie che s’intravedevano in lunga fila, abbandonate e nude, per le strisce di luce che trapelavano dalle finestre sgangherate”.
Nello stato attuale e nella foggia arcaica della nave descritta da Melville, in Benito Cereno, si sovrappone pure il sudicio e cadente all’antiquato di marca spagnolesca: visto dall’America anziché dalla Sicilia. Le ragioni narrative non attenueranno la portata simbolicamente storica di questo logoro-realistico di mare. Una frase: « Battered and mouldy, the castellated forecastle seemed some ancient turret, long ago taken by assault, and then left to decay». Gobineau dal canto suo, nelle Nowvelles astatiques”™, guarda a un continente di storia ancora piu antica dell’Europa rimbarbarito ed esotico. Dove si appiana nella categoria negativa cid che come venerando-regressivo é sprecato: «Par malheur une partie des arcades étaient écroulées, d’autres ébréchées, mais les ruines sont l’essentiel de toute ordonnance asiatique»,
E la condizione borghese la pid vulnerabile da ogni insufficienza di decoro o prestigio, se non di lusso. II mancato aggiornamento relativo smentisce subito il credito d’una classe che lo fonda nel presente: quand’anche pretenda di prolungarlo dal passato. Un barone napoleonico in Balzac puo essere stato, anziché militare come Hulot, banchiere come d’Aldrigger. Alla sua morte, é detto ne La Maison Nucin%9 Parte II, cap. 1: ibid., pp. 519-20. Le «finestre sgangherate » sono anche nelValtra descrizione, p. 341, ¢ «sdentato » é anche il cornicione che introduce il palazzo con l’incendio iniziale, pp. 340-42; «portone sconquassato» é anche a p. 472, e lo stesso attributo ha un altare a p. 500. Si ritrova «palazzo smantellato» a p. 342 ea p. 473; 4p. 477, «bandiere nere, bucate e rose dai topi, collo stemma dei Trao». I rifiuto di vendere la casa e la graduale chiusura delle stanze sono oggetto di altrui risate, pp. 346-47. Simili immagini e lessico per altri nobili: teatro e palazzetto dei Rubiera, Pp. 348-49, 353, scala del cavalier Peperito, p. 408, stanze del marchese Limoli, p.
599; il solo logoro-realistico che non sia per i nobili, € per i guitti, p. 495. 240 LH. Melville, Billy Budd, Sailor and Other Stories, Penguin 1970, pp. 219-2r, € cfr. 251-53. Il Pequod, la nobile e malinconica nave di Moby Dick addobbata con trofei balenieri, é anch’esso antiquato per fattura oltre che battuto dal tempo e dal mare (cap. xvi): H. Melville, Moby Dick, Oxford 1991, pp. 70-71. [Rotto e muffito, il fortificato castello di prua sembrava un’antica torre, da lungo tempo presa d’assalto e poi lasciata a decadere]. 24\ [Novelle asiatiche]. 22 Histoire de Gambéer-Aly: A.-J. de Gobineau, Nouvelles astatiques, Garnier, Paris 1965, p. 148. [Storia di Gambér-Aly]. [Per disgrazia una parte delle arcate erano crollate, altre intaccate, ma le rovine sono l’essenziale di ogni architettura asiatica].
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gen”: «Le mobilier de Phétel, qui comptait dix années d’existence, ne put étre renouvelé»; poi (d’un visitatore): «Ja-
mais le lampas vert 4 ornements blancs du salon ne devait paraitre a ce garcon ni passé, ni vieux, ni taché, ni bon a remplacer»*. In diacronia, se una faccia della classe bifronte guarda a indigenza o a sfarzo nel passato, l’altra guarda rispettivamente a sfarzo o a indigenza nel futuro. La sincronia di sfarzo e indigenza é pit abnorme, e accompagna chi vive nella dissipazione sistematica, anzi di essa: Splendeurs et miséres des courtisanes*’. L’elenco che descrive la camera di Esther comprende «d’ignobles socques cassés et des souliers mignons, des brodequins 4 faire envie a une reine, des assiettes de porcelaine commune ébréchées...» E si riassume: «tel était l’ensemble de choses lugubres et joyeuses, misérables et riches, qui frappait le regard». Tra i romanzi di Zola — nella cui esplorazione settoriale della societa ne manca uno aristocratico —, quello della media borghesia ¢ Pot-Bouille*. Allapparente decenza morale della casa corrisponde un’atmosfera fisica: «grand air de propreté froide», «paix morte de salon bourgeois», «douceur qui sentait un peu le renfermé»™. Ma nell’appartamento meno agiato, la compresenza di ostentazione e stento non si distacca pit come in Balzac dal grigiore perbene. Si tradisce in cucina: «le vide mélancolique et le faux luxe des familles *® [La casa Nucingen].
44 Balzac, La Comédie humaine, «Bibliothéque de la Pléiade», 1977, t. VI, pp. 361-62. I corsivi sono miei. [Il mobilio del palazzo, che contava dieci anni d’esistenza, non poté essere rinnovato]. [Il lampasso verde a ornamenti bianchi del salotto non sarebbe mai sembrato al gicvane né sfiorito, né vecchio, né macchiato, né da sostituire]. 2# [Splendori e miserie delle cortigiane). 24 Ibid., pp. 449-50. Simile la camera del giovane ambizioso quale Rastignac: «L’opulence et la misére s’accouplaient naivement dans le lit, sur les murs, partout » [L’opulenza e la miseria s’accoppiavano spontaneamente nel letto, sui muri, dovunque], in La Peau de chagrin: La Comédie humaine, t. X cit., pp. 193-94. Nel disordine lussuoso della camera da letto della contessa di Restaud, c’é gia «la misére, tapie 1adessous» [la miseria, rimpiattata sotto], in Gobseck: La Comédie humaine, «Bi-
bliothéque de la Pléiade», 1976, t. I, pp. 972-73. Lignobili zoccoli rottie graziose scarpine, stivaletti da fare invidia a una regina, piatti di porcellana ordinaria sbrecciati...] [tale era l’insieme di cose lugubri e liete, miserabili e ricche che colpiva lo sguardo]. 247 [Quel che bolle in pentola). 28 Capp. 1, vi: E. Zola, Les Rougon-Macquart, «Bibliothéque de la Pléiade», 1964, t. IIL, pp. 4, 6-7, m0; cfr. il corridoio dei domestici, p. ror. E per le scale, di notte, che si fa pid imponente il silenzio della virtd, pp. 20, 292. [grande aria di pulizia fredda]. [pace morta da salotto borghese]. [dolcezza che odorava un po’ di rinchiuso].
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ou l'on achéte de la basse viande, afin de pouvoir mettre des fleurs sur la table»*’. Nessun romanzo dell’Ottocento potrebbe raccontare la nevrosi familiare, coi suoi ritmi e ruoli coatti, come Gi indifferenti di Moravia. Il desolato-sconnesso subentra in pit
duna visione soggettiva di ambienti”; ma l’incombenza del declassamento su di essi é nella tradizione di cui parliamo. La vedova alto-borghese sta per perdere la villa ipotecata, dove alla stanza della figlia é rimasto |’arredamento dell’infanzia con bambole «neglette e cenciose»”, e in fondo al giardino trascurato contiene relitti fra pareti nude la «casa del giardiniere»*”. L’amica meno distinta ha un boudoir chiaro e giovanile, in cui il marchio sparso del logoro-realistico si tradisce a un secondo sguardo”’; ne sono invece dominati, quasi in una velleitaria assunzione di declassamento, il percorso e le fantasticherie del figlio quando va a sparare all’amante delle tre donne™. Solo costui, che si appropriera della villa e che incarna lo strato pit volgare, ha una casa in cui prevalgono l’utile e il nuovo”. La borghesia si rinnova in famiglie e persone con la periodicita con cui dovrebbe aggiornare abitazioni ed arredi; né la sua letteratura ignora che essa «non puo esistere senza rivoluzionare continuamente gli strumenti di produzione», come dice il Manifesto marxiano™, e in genere i ritrovati tecnici — come
avevamo visto (II, 9, 14). Uno stanzone malandato a funzioni molteplici, in Madame Bovary, é pieno fra l’altro «d’instruments de culture hors de service, avec quantité d’autres choses poussiéreuses dont il était impossible de deviner 2 Cap. u: ibid., p.27;ep. 54: «un luxe de fleurs, des roses superbes et cotiteuses, couvraient la médiocrité du beurre et la poussiére ancienne des biscuits » [un lusso di fiori, rose superbe e costose, coprivano la mediocrita del burro e la polvere antica dei biscotti]. [il vuoto malinconico e il falso lusso delle famiglie dove si compra cattiva carne, per. poter mettere fiori sulla tavola]. 250 A. Moravia, Gli indifferenti. Le ambizioni shagliate, Bompiani, Milano 1967, p. 53 (il corridoio dove «!’abitudine ¢ la noia stavano in agguato», visto da Carla); p. 250 (la camera stessa di lei), ecc.
21 [bid., pp. 71-72. 252 Tbid., pp. 119-23. 23 Thid., p. 78; cfr. pp. 75-76, 281, 294. »4 Tbid., pp. 301-3, 304-5. » Ibid., pp. 138, 196; cfr. 204, 207. 6 Manifest der Kommunistischen Partei [Manifesto del Partito Comunista]: Marx e Engels, Werke, Dietz, Berlin 1971, t. IV, pp. 465-66.
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Pusage»”’. In Padri e figli di Turgenev, dove il conflitto si accentra\sul progressismo scientifico, il padre del nichilistaé stato medico: a terminare |’elenco di vecchie cose del suo studio, professionali o no, «in un angolo della stanza si trovava una macchina elettrica rotta»™ Il ricambio ristagna col tema dell’avarizia, poverta nella ricchezza e spreco nell’economia, vero ossimoro del logororealistico borghese. Gli avari da frusto-grottesco non davano luogo, risparmiando, che al vuoto dell’inedia e dell’incuria (Iv, 8, 9; V, 5): mentre quello di Gogol’ letteralmente accumula oggetti inservibili (11, 8). Ora, una parodia poco meno demenziale dell’accumulazione di ricchezza é imputata nel Capitale al pregiudizio popolare sui tesori, ed esemplificata in nota col Gobseck di Balzac. Marx da atto al romanziere che lusuraio moribondo vaneggia”, quando discorre e si comporta secondo un « istinto illogico» di cui si scopriranno oli effetti: 257
Dans la chambre voisine de celle ot Gobseck était expiré, se trouvaient des patés pourris, une foule de comestibles de tout genre et méme des coquillages, des poissons qui avaient de la barbe et dont les diverses puanteurs faillirent m’asphyxier. Partout fourmillaient des vers et des insectes. Ces présents récemment faits étaient mélés a des boites de toutes formes, a des caisses de thé, a des balles de café.
Il vecchio percepiva regali come liquidatore degli ex-coloni di Haiti, el’elenco si prolunga con «tutto un bazar di derrate coloniali» in arrivo, oltre che con roba di pregio europea” Quasi un prezioso-potenziale solo in parte retrocesso a natura; la dissoluzione é invece completa, e il logoro-realistico estremo, dopo l’assassinio d’un avaro in Le Curé de village” L’elenco che descrive la sua casa «nue, délabrée, froide et si*7 Parte I, cap. v: Flaubert, CEwvres, t. I cit., p. 354. [di strumenti di coltivazione fuori servizio, con parecchie altre cose polverose, di cui era impossibile indovinare uso]. »8 Cap. xx: Turgenev, Tutti 7 romanzi cit., p. 486 [trad. Simoni Malavasi]. 29 Marx e Engels, Werke, t. XXIII cit., p. 6r5. 2 Balzac, La Comédie humaine, t. II cit., pp. 1orr-12; cfr. 1009-10. [Nella camera vicina a quella dove Gobseck era spirato, si trovavano pasticci andati a male, una folla di commestibili d’ogni genere e perfino frutti di mare, pesci che avevano fatto la muffa, ei cui diversi fetori per poco non mi asfissiarono. Dappertutto formicolavano vermie insetti. Questi regali fatti da poco erano mischiati a scatole di ogni forma, a casse di té, a balle di caffe].
6 [Tl curato di villaggio).
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nistre » — cioé «i controsensi» della sua paura di spendere — si rlassumein «un tas de haillons qui ne vivaient que soutenus par l’esprit du maitre, et qui, lui mort, tombérent en loques, en poudre, en dissolution chimique, en ruine, en je ne sais quoi sans nom»**. Nuda di tutto, anche «d’esperienza di vita umana», la casa dell’avaro di Dickens in Our Mutual
Friend: «This old house had wasted more from desuetude than it would have wasted from use, twenty years for one»”’. Se in Vanity Fair di Thackeray la parsimonia rientra nella rusticita dell’anziano baronetto, il quale all’inizio si fa scambiare per portiere (come il Pljuskin di Gogol’ per dispensiere), il suo parco di campagna arriva allo sfacelo prima che gli succeda il figlio™. Ne I signori Golovlév di Saltykov-Séedrin, presso piccola nobilta terriera russa, il tema é tirannico quanto la madre e il figlio che lo personificano: a tragico danno di parenti stretti. Pid che la loro propria, é descritta Pimmondizia di stanze e vestiti delle loro vittime*’. Dice una di esse, un altro figlio: «La roba fresca va in malora, ma lei non la tocca finché tutto il vecchio marciume non sia stato mangiato! » (s’intende, dalla servitt) ™.
La pigrizia, meno antipatica a priori dell’avarizia, fa dipendere dal protagonista lo stato della casa in Oblomov di Gonéarov. Ne fa il romanzo lungo dove é pit centrale e abbondante una delle nostre categorie; pit che mai non posso citare che minimi campioni. La camera dove per otto capitoli Oblomoy giace quasi sempre a letto 0 in poltrona o sul divano, pare arredata eccellentemente a prima vista, ma a un esa262 Cap. ut: Balzac, La Comédie humaine, «Bibliothéque de la Pléiade», 1978, t. [X, p. 684. Ben pitt moderato il logoro-realistico in casa dell’avaro pit celebre di Balzac, il padre di Eugénie Grandet: cfr. Id., La Comédie humaine, « Bibliotheque de
la Pléiade», 1976, t. III, pp. 1039-41, 1069-70, 1071, 1074. Dell’avaro monocolo in I/Lusions perdues (Illusioni perdute), cfr. Vabbigliamento, Id., La Comédie humaine, «Bi-
bliothéque de la Pléiade», 1977, t. V, pp. 507-8. [nuda, scalcinata, fredda e sinistral]. fun mucchio di stracci che vivevano solo sostenuti dallo spirito del padrone, e che, lui morto, caddero in brandelli, in polvere, in dissoluzione chimica, in rovina, in non so
che senza nome]. 26 Libro I, cap. xv: Dickens, Our Mutual Friend cit., pp. 183-84. [Questa vecchia casa era stata consunta dal disuso pitt di quanto lo sarebbe stata dall’uso, in ragione di vent’anni contro uno]. 24 Thackeray, Vanity Fair cit., pp. 64, 65, 398; cfr. per contrasto p. 441. 26 M. Saltykov-Séedrin, I signori Golovljov, Frassinelli, Torino 1946, pp. 14, 28, soprattutto 80; pp. 257, 384; passim.
266 Thid., p. 70, e cfr. p. 68 [trad. Coisson].
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me pit attento.cosi sciatta da far supporre un’assenza di vita umana: Sulle pareti, intorno ai quadri, pendevano, come festoni, ragnatele piene di polvere; gli specchi, invece che a rispecchiare gli oggetti, avrebbero piuttosto potuto servire, data la polvere che li copriva, come lavagne per prenderci degli appunti. .. sullo scaffale c’erano due o tre libri aperti e faceva mostra di sé un giornale e sul tavolino c’era il calamaio con le penne; ma le pagine a cuii libri erano aperti erano piene di polvere e ingiallite: si vedeva che erano stati abbandonati da un pezzo; il giornale era dell’anno precedente, e dal calamaio, se vi si fosse intinta la penna, sarebbe scappata fuori, ronzando, solo una mosca spaventata ~”.
L’accostamento fra specchi e lavagne annuncia le venature di frusto-grotiesco ricorrenti: specie nella comicita dei dialoghi col servitore. Se a Zachar quegli specchi e altre superfici polverose rinfacciano la sua infingardaggine™, il rispecchiamento principale —come per Sancho e per Leporello — é fra lui e il padrone. I] quale non rimprovera che se stesso sgridandolo per le pulizie, e ne cava repliche degne di sé: « Si pulisce, e il giorno dopo si ammucchia da capo»”. Qualora lavorasse di pit Zachar romperebbe pit cose, perché cresciuto non in ristretti salotti di citta ma in tranquilli spazi all’aria aperta~”. Cioé per la stessa ragione che fissa nella passivita il male inurbato Oblomovy: il cui «sogno» é un lungo capitolo di analessi e anamnesi dell’infanzia, all’ombra patriarcale d’una famiglia nobile di campagna. « Non é venuta git, e sono gia sedici anni che non si ripara», diceva suo padre d’una scala dondolante, e lui a Pietroburgo loda il soffitto dove «lintonaco si é tutto staccato, e pure non cade»
Terzo peccato capitale, la lussuria del padre de I fratelli Karamazov di Dostoevskij gli fa dire in senso non fisico: «io 267 Parte I, cap. 1: I. Gonéarov, Oblomov, Einaudi, Torino 1941, pp. 4-5 [trad. Lo Gatto]. 268 Thid., pp. 90-91.
26 Ibid., pp. 10-12. Di fronte all’ipotesi del trasloco, le parti s’invertono e Oblomov si assume tutto il pessimismo e la paura, cfr. pp. 86-88. 7” Thid., p. 69. 2 Thid., pp. 126-27, 32. La parte non crollata di galleria pensile intorno alla casa, a Oblomovka, durava puntellata coi vecchi rottami, pp. 108-9, 125-26; in uno dei villaggi, una casetta pendeva da generazioni all’orlo d’un burrone, pp. 103-4. Nei genitori il fondo della pigrizia era il risparmio, pp. 128-29; nel figlio, éun ideale di vita sconfinatamente protetta, p. 394. Al recupero d’una simile vita grazie alla modesta moglie massaia, che da luogo a una descrizione dove nell’ordine e pulizia domestica trionfa il
funzionale, p. 483, Oblomov non soprawvive a lungo.
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nel lordume voglio viverci dentro fino all’ultimo»”. La sua casa, vetusta di mobilio e scorazzata da topi ma accogliente —
con «una gran quantita di stambugi diversi, di ripostigli d’ogni genere, e di scalette a sorpresa» —, solo perché troppo vuota si prefigura quale casa del delitto”. Per contiguita o per associazioni, immagini pid marcate convergono verso il
suo bastardo e cameriere Smerdjakov: la «decrepita sgangherata casupola» nel giardino confinante, e il «rudere d’un
antichissimo chiosco verde, annerito e fatiscente», che ap-
pare ad AléSa da un giorno all’altro assai pit decrepito e miserabile «chissa perché»; il «remoto vicolo dietro la casa, vuoto e inabitato», da dove di notte Dmitrij scavalca il muro; la stanza stessa dove Ivan viene a parlare col fratellastro,
brulicante di scarafaggi «in quantita spaventosa, tanto che se ne levava un incessante brusio»”. Ai margini del privilegio che allevia la materialita dell’ esistenza, il passo é breve dai retroterra servili ai ripostigli, alle soffitte e ai sottoscala. Avamposti domestici della fogna (11, m), funzionale del non-fun-
zionale e non-funzionale del funzionale, simili luoghi sono in
sé simbolici: si prestano meno all’oggettivita del logororealistico che alle categorie dove il tempo é sentito soggettivamente”. Goljadkin ne I/ Sosza rientra dalla scala di servizio nella casa dove non hanno ricevuto, e si nasconde «tra ogni genere di immondizie, di ciarpame e di vecchie masserizie». Quando rincasa, insegue gia ice doppio per la scala: su tutti i pianerottoli é accatastato «un mucchio enorme di ogni genere di ciarpame degli inquilini»”. 276
72 FB. Dostojevskij, Ifratelli Karamazov, Einaudi, Torino 1949, t. 1, p. 264 [trad. Villa]. 7B Thid., descrizione d’insieme, p. 143; della stanza da pranzo, p. 189. La notte della morte « camminava su e giti, solo, per le stanze», p. 413; «vagava egli per le vuote sue stanze», p. 422; dopo, i figli non vorranno abitare la casa, «rimasta vuota», ébid.,
t. II, p. 352. Stanze « completamente vuote e inabitate », oltre che pompa e tetraggine, anche nella casa del mercante Samsonoy, t. II, pp. 1-13. Sinistra pid che logora, descritta meno che evocata (cfr. V, 3), un’altra famosa casa del delitto: F. Dostoevskij, L’idiota, Einaudi, Torino 1965, pp. 203-4, 206-7, 217, 221, 402-3, 588-89, 592, 595-98.
24 Dostojevskij, Ifratelli Karamazov cit., t. I, pp. 159, 161-62, 338; t. I, p. 43; pp. 36768. Il rapporto di Smerdjakov con le abitatrici della casupola fa si che Alé&a lo senta conversare dal giardino; poi, che sia ospitato nell’altra casupola dei dialoghi con Ivan. Dmitrij scavalca ilmuro nel punto in cui sa che lo aveva fatto un giorno la madre del bastardo. 7 Eecezioni troppo eterogenee: Capuana, I/ marchese di Roccaverdina cit., p. 56; Sartre, Le Sursis [La proroga], in Euvres romanesques cit., p. 834; lo scenario dell’atto
Il in De Filippo, Le voci di dentro, Einaudi, Torino 1971, p. 29. Trasgressiva la proiezione di rifiuti nel cortile, anonima malgrado le investigazioni della padrona di casa, in H. Boll, Ansichten eines Clowns [Opinioni di un clown], dtv, Miinchen 1967, p. 158. 76 Capp. IV, v: F. Dostojevskij, Racconti eromanzi brevi (1846-1849), Mursia, Milano 1960, t. I, pp. 158 (le parole sono riprese subito, p. 159, e pit tardi, p. 268) e174 [trad. Amendola Kihn].
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Su cinque descrizioni di camere in Delitto e castigo, solo quella della vecchia usuraia appare linda””. La lacera poverta delle altre, inclusa una d’albergo, viene dichiarata prima o dopo che descritta; la loro funzione stessa di residenze personali, definite, praticabili, é mortificata o dalla posizione di passaggio, o dall’angustia e bassezza di soffitto, o dall’irregolarita delle pareti”’. Né lo studente né l’impiegato né il possidente né la prostituta sono proletari, come non lo é la poverissima famiglia di IliuSecka ne I fratelli Karamazov”. Ma con l’accessione integrale alla narrativa della condizione proletaria, non meno soggetta a declassamento di quella borghese, si conferma per il logoro-realistico un vincolo sostanziale: le immagini della categoria scarseggiano quando un declassamento non é in tema. Quando lavoro e miseria non precipitano verso l’accattonaggio o la malvivenza — se addirittura non tentano la ribellione. E il caso dunque dei romanzi operaio e contadino di Zola, Germinal™ e La Terre™; come de I Malavoglia di Verga, malptado le fini che fanno Liae ’Ntoni (non contando Die Weber” di Hauptmann in quanto teatro). Anche ne L’Assommoir”, le prime famose immagini dell’esterno d’un grande fabbricato popolare sono crude e non abiette. All’interno, é decoroso sia l’alloggio dell’operaio zincatore e della lavandaia, sia in partenza la bottega di lei™; ma il punto d’arrivo é questo: Naturellement, 4 mesure que la paresse et la misére entraient, la malpropreté entrait aussi. On n’aurait pas reconnu cette belle boutique bleue, couleur du ciel, qui était jadis l’orgueil de Gervaise. Les boiseries et les carreaux de la vitrine, qu’on oubliait de laver, restaient du haut en 27 F. Dostoevskij, Delitto e castigo, Einaudi, Torino 1964, p. 10. 238 Thid., pp. 30-31 («una stanza poverissima»: Marmeladov); p. 35 («una gabbietta... del pit misero aspetto»: Raskol’ nikov, e cfr. p. 505); pp. 375-76 («la poverta era evidente»: Sonja); p. 598 (in albergo: Svidrigajlov) [trad. Polledro]. 7° Tutto episodioé sotto il segno della categoria: l’abbigliamento del bambino: Dostojevskij, Ifratelli Karamazov cit., t.1, pp. 271-725 la casa di suo padre: pp. 297-98; la chiesa dei suoi funerali: zbzd., t. , p. 598; i suoi scarponcini dopo morto: t. II, p. 6o1. Breve ma intensa, in un momento decisivo della trama principale, la visione delle isbe sotto la pioggia: t. IL, p. 197; e cosi il lercio pezzo di carta della lettera di Dmitri: t. UL, p. 375. 89 [Germinale]. 81 [La terra].
8 (T tessitort]. ® [L’Ammazzatoio}.
284 E. Zola, Les Rougon-Macquart, «Bibliothéque de la Pléiade», 1961, t. I,pp. 413-16, 4975 cfr.Valloggio precedente, pp. 464-66. Miserabile invece come un presagio, all’inizio, la camera ammobiliata di Gervaise e Lantier, pp. 375-76.
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bas éclaboussés par la crotte des voitures. Sur les planches, a la tringle de laiton, s’étalaient trois guenilles grises, laissées par des clientes mortes 4 ’hdpital. Et c’était plus minable encore a l’intérieur: ’humidité des linges séchant au plafond avait décollé le papier; la perse pompadour étalait des lambeaux qui pendaient pareils a des toiles d’araignée lourdes de poussiére; la mécanique, cassée, trouée a coups de tisonnier, mettait dans son coin les débris de vieille fonte d’un marchand de brica-brac; l’établi semblait avoir servi de table a toute une garnison, taché de café et de vin, emplatré de confiture, gras des lichades du lundi®.
Una relazione fra miseria e vizio percorre il logoro-realistico infimo, e non si esclude con la denuncia di Zola né con la pieta di Dostoevskij. Che non sia necessariamente morali-
stica o reazionaria, basterebbe a dimostrarlo un racconto come I contadini di Cechov; dove le brevi immagini che fanno esclamare all inizio: «Miseria, miseria! » equivalgono gia, nel ritorcere l’accusa, alle riflessioni finali sui vizi di « quella gente [che vive] peggio delle bestie»™. Se dei grandi Dickens é il pid conformista nell’assegnare una poverta pulita alla virti ed una sporca al vizio, testualmente sorvola sulla prima e fa pullulare d’irreprimibile vita la seconda”. Oliver Twist precede L’Assommoir di quarant’anni, ma con sfondi sottoproletari di malaffare: circolano in sei descrizioni gli ag® Cap. 1x: tbid., pp. 643-44, proseguendo con Gervaise che si crogiola ormai nel sudiciume; e cfr. la nudita finale dell’ambiente, tolte le invendibili immondizie e ra-
gnatele (accenno di frusto-grottesco in discorso indiretto libero, a carico del personaggio), pp. 750-51. [Naturalmente, man mano che la pigrizia e la miseria entravano, la sporcizia entrava pure. Non si riconosceva quella bella bottega blu, color del cielo, che era una volta l’orgoglio di Gervaise. Il legno e il cristallo della vetrina, scordandosi di lavarli, restavano dall’alto in basso inzaccherati dal fango delle vetture. Sopra le tavole, sull’asta di ottone, erano in mostra tre cenci grigi, lasciati da clienti morte all’ospedale. E di dentro era ancora pit pietoso: |’umidita della biancheria asciugata al soffitto aveva scollato la carta; la tela dipinta pompadour metteva in mostra brandelli che pendevano simili a ragnatele grevi di polvere; la macchina, rotta, sfondata a colpi d’attizzatoio, deponeva nel suo angolo i resti di vecchia ghisa d’un venditore di cianfrusaglie; il banco pareva che fosse servito da tavola a un’intera guarnigione, macchiato di caffé e di vino, impiastrato di marmellata, grasso delle pappate del lunedi). 286 Cechov, Raccontienovelle cit., pp. 854, 856; 880 [trad. De Dominicis Jorio]. 287 Della prima, un corto esempio perfetto in The Old Curiosity Shop (La bottega dell’antiquario), Oxford 1970, p. 78, e cfr. pp. 19-20; della seconda (per limitarsi allo stesso romanzo) le immagini ripugnanti, oserei dire il moralismo dello sterile-nocivo,
accompagnano il personaggio di Quilp e il suo molo, pp. 29, 43, 162, e cfr. pp. 503-10.
In Illusions perdues di Balzac, subito dopo una descrizione di camera e con rinvio a un’altra anteriore, il confronto é esplicito: « Quelle différence entre ce désordre cyni-
que et la propre, la décente misére de d’Arthez? » [Che differenza fra questo disordine cinico e la pulita, la decente miseria di d’Arthez?]; la descrizione posteriore € pero lunga quasi il doppio dell’altra (si tratta di giovani scrittori e giornalisti): Balzac, La Comédie humaine, t. V cit., pp. 312, 349-50.
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gettivi dirty e filthy, isuperlativi come poorest class 0 lowest order, le case pericolanti o crollate e lo sterile-nocivo della
melma e dei topi*™. In Les Misérables, una parete divide la « poverta nobile » dal tugurio « abietto, sporco, fetido, infetto, tenebroso, sordido»*. La Masure Gorbeau, che contie-
ne entrambi, é il primo esempio d’una costante dissimulata attraverso tutto il romanzo: il luogo appartato, solitario e antifunzionale in piena Parigi. Dove si perviene per caso — 0 a cui si passa scalando un muro, infilandosi in un buco, calandosi sotto una griglia. Si scompare nell’enigmatica clausura d’un convento, dentro un gigantesco elefante in muratura, per le fogne sotterranee della metropoli: alla cui moderna scoperta poetica tale é il contributo negativo di Hugo, col suo logoro-realistico allucinato” Quello neutro di Flaubert, disseminato in un arrivo alla periferia di Parigi ne L’Education sentimentale”, é traumatico nel quartiere non ancora sgomberato dalle barricate di giugno. La violenza pubblica ha squarciato il privato: «On apercevait l’intérieur des chambres avec leurs papiers en lambeaux; des choses délicates s’y étaient conservées, quelquefois»”. La documentazione della categoria si estende dagli interni privati alle sedi pubbliche, e ne avevo dato un perché. Oltre all’ospedale la scuola, la chiesa, l’ufficio, la po88 Dickens, Oliver Twist, Oxford 1949, pp. 35, 55, 128-29, 184, 277-78, 381-82; nel terzo, quinto e sesto caso si accenna a un declassamento dei luoghi («it had belonged to better people» [era appartenuto a gente migliore]; «It had... furnished employment...» [Aveva... dato impiego...]; «it was a thriving place» [era un posto fiorente]). [sporco |sudicio |la classe pit povera |il rango piti basso). 8 Parte III, libro VIL, cap. vi: V. Hugo, Les Misérables, «Bibliothéque de la
Pléiade», 1951, pp. 759-61. 2 Tutto troppo bello e troppo lungo per citazioni frammentarie, anche in nota. La Masure Gorbeau: zbid., pp. 445-47, 448-51, e negli ulteriori sviluppi narrativi, pp. 796-97, 800-1. Il convento del Petit-Picpus: pp. 476-77, 479-81 (salva la costante tema-
tica, qui cid che le immagini preparano ne fa una sorta di venerando-regressivo rifiutato). L’elefante napoleonico di Gavroche: pp. 974-75, 978-79. Le fogne di Parigi: pp. 1281-300, in particolare pp. 1291-94. Varianti meno vistose, ma tanto pit interessanti, della costante: la casa che Jean Valjean affitta rue Plumet, pp. 895-97, 902-3; il Batiment-Neuf del carcere, e la casa demolita della rue du Roi-de-Sicile: pp. 988-89, 992993; perfino, in ultimo, la tomba fuori mano al Pére-Lachaise, p. 1486.
2 Flaubert, (Ewvres, t. II cit., pp. 133-34. 2 Parte III, cap. 1: tbid., pp. 365-66. Vedi ancora le immondizie su un ponte di battello, p. 36; la mediocrita di un ristorante, p. 55; i resti d’un parco e padiglione, p. 281. * [Si vedeva l’interno delle camere con Je loro carte da parati a brandelli; certe cose delicate si erano conservate, talvolta].
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lizia, il carcere, ecc.”’; per le stesse ragioni abbondano locali
aperti a un’interferenza delle due dimensioni, destinati da privati a un pubblico non scelto (Iv, 13). Che si tratti della bottega o dello studio o della pensione, che venga ammannitala merce o accomodata la legge o surrogata la casa, Balzac e Dickens da soli offrono un demoralizzante campionario. Nei locali del commercio, in Balzac, la sincronia di splendore e miseria é il loro stesso contrasto con la qualita del prodotto o l’altezza del profitto: un alloggio sopra una tipografia mostra «la cynique simplicité de l’avarice commerciale» ”'; a un primo piano si confezionano «dans un taudis infect, les plus belles bretelles», al secondo «au milieu des plus sales ordures, les plus élégants cartonnages»”; le Galeries-deBois di Parigi erano: «Ce sinistre amas de crottes, ces vitrages encrassés par la pluie et par la poussiére, [ecc. (la frase sviluppa la provvisorieta delle baracche) dove fra il 1789 e il 1830] il s’est fait d’immenses affaires»”*. In Dickens c’é il magazzino, la bottega d’indumenti usati, quella di merci ru* Cfr., quali esempi abbastanza casuali, l’aula scolastica in Dickens, David Copperfield cit., pp. 77-78; l'universita in Cechov, Una storia noiosa, in Racconti e novelle cit., pp. 132-33; la chiesa di campagna, e quella del vecchio cimitero con abitazioni ugualmente vecchie (e non senza monitorio-solenne), in Dickens, The Old Curiosity Shop cit., pp. 129, 348, 385-86, 397-98; la chiesa e la casa del parroco in SaltykovSéedrin, I signori Golovljov cit., pp. 256, 296-97; il seminario in Stendhal, Le Rouge et le Noir, in Romans, t. I cit., p. 376; ufficio tributario in Strindberg, La stanza rossa, in Romanzi e drammi, Casini, Firenze-Roma 1950, p. 10; l’ufficio di polizia in Dostoevs-
kij, Delitto e castigo cit., pp. 115-16, 625, e in Musil, Der Mann ohne Exgenschaften cit., p. 158; ilocali carcerari in L. Tolstoj, Resurrezione, Einaudi, Torino 1963, pp. 132, 218, 223; il macello in Zola, L’Assommoir, in Les Rougon-Macquart, t. I cit., p. 768, e in Cechov, La mia vita, in Racconti e novelle cit., p. 814. Perfino nei versi di D’Annunzio
non si possono ascrivere che alla nostra categoria le immagini del porto, se anche avallate da una poetica come: « Nessuna cosa — mi fu aliena...»: Maia, Laus Vitae, V, wy. 127-51, in G. D’Annunzio, Versi d’amore e di gloria, Mondadori, Milano 1984, pp. 45-46 (e cfr. p. 14); e da implicazioni patriottiche e belliche: Merope, La canzone dei trofei, vv. 64-78, tbid., p. 671. 24 TIlusions perdues: Balzac, La Comédie humaine, t. V cit., pp. 129-30. [la cinica semplicita dell’avarizia commerciale]. 25 Histoire de la grandeur et de la décadence de César Birotteau (Storia della grandezza e della decadenza di César Birotteau]: Balzac, La Comédie humaine, t. VI cit., pp. 257-58. [in un tugurio infetto, le pid belle bretelle]. [in mezzo alle pit sporche immondizie, i pit eleganti cartonaggi]. 26 Illusions perdues: Balzac, La Comédie humaine, t. V cit., p. 357. Cfr. la bottega usuraia in Splendeurs et miséres des courtisanes: Balzac, La Comédie humaine, t. VI
cit., p. 571. E cfr. le botteghe del Passage du Pont-Neuf, tra cui quella in cui si avvia l’azione, all’inizio di Thérése Raquin di Zola, Fasquelle, Paris 1954, pp. 15-18. [Quel sinistro ammasso di fanghi, quelle vetrate incrostate di pioggia e di polvere [...] si sono fatti affari immensi].
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bate, quella a pegni, quella dell’antiquario”’. In Les Travailleurs dela mer™ di Hugo un abituro di malavita ha la sua bottega, con in elenco bizzarrie da frusto-grottesco: «un parasol chinois en baudruche a figures, crevé ¢a et 1a, impossible a ouvrir et a fermer», «une tabatiére avec portrait de MarieAntoinette, et un volume dépareillé de lAlgébre de Boisbertrand»”. * Balzac fa su uno studio legale l’osservazione che generalizza prima per sagrestie e rigatterie, poi per bisca tribunale lotteria e bordello. La negligenza é comprensibile dove tutti vanno e nessuno resta, dove non c’é «interesse personale»
per cui qualcuno «tenga all’eleganza» del luogo”; Dickens gli fa eco opponendo, in due studi legali diversi, « business » a «comfort» ai danni del secondo”. Di lui abbiamo visto una pensione (v, 5), e interno della pensione Vauquer in Le
Pere Goriot” di Balzac é una pagina paradigmatica per temi e forme della categoria”. La serieta con cui é assunta l’umile materia muta il disprezzo in una capovolta esaltazione, e assorbe cid che in Gogol’, Gonéarov o Dickens residuerebbe come frusto-grottesco: una persona faceta puo scrivere col dito il suo nome nell’unto della tela cerata, la sparteria «se déroule toujours sans se perdre jamais». L’insufficienza di decoro piccolo-borghese, che é qui « misére €économe, concentrée, rapée»™, si affida invece largamente a una contaminazione piu moderna. Cioé fra il logoro-realistico e un pre*7 Cfr. Dickens, David Copperfield cit., pp. 154, 183-84; Oliver Twist cit., p. 184 (vedi sopra nota 288); Our Mutual Friend cit., p. 352; The Old Curiosity Shop cit., pp. 4-5, 13-14, e cfr. pp. 107, 217 (non senza sinistro-terrifico latente). 28 [I lavoratori del mare.) 2” Parte I, libro V, cap. v1: Hugo, Notre-Dame de Paris, 1482. Les Travailleurs de la mer cit., p. 740. [un parasole cinese di membrana con figure, bucato qua e 1a, impossibile da aprire e da chiudere]. [una tabacchiera con ritratto di Maria Antonietta,
e un volume scompagnato dell’Algebra di Boisbertrand. ] 30 Le Colonel Chabert UI colonnello Chabert): Balzac, La Comédie humaine, t. U1 cit., pp. 313-15.
1 Dickens, The Pickwick Papers cit., pp. 427-29, e Martin Chuzzlewit cit., pp. 175-76. Un singolare studio professionale, della categoria a dispetto del fatto che il luogo di lavoro sia la stanza da pranzo, é quello della medium in Gertrude Stein, Three Lives [Tre vite], Vintage, New York 1936, p. 59. [affari]. [comodita]. 302 [Papa Goriot). 3 Le Pére Gortot: Balzac, La Comédie humaine, t. Il cit., pp. 52-54 (p. 159 la camera dello stesso Goriot nella pensione). 4 Thid. [si srotola sempre senza perdersi mai]. [miseria economa, concentrata, lisa].
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tenzioso-fittizio precoce”, condannato entro limiti economici prima che culturali: dalle scene del Télémaque™ di Fénelon sulle pareti alle « gravures exécrables qui 6tent l’appétit», dal servizio di porcellana « que l’on rencontre partout aujourd’hui» alla pendola «en marbre bleuatre du plus mauvais gout». La sala da pranzo batte il salotto in «plates horreurs», e in essa si addensa il logoro-realistico puro, nel
secondo e pid lungo di due canonici elenchi. Segue un topos formale parallelo all’elenco, la sequela di aggettivi pseudopletorici ed antropomorfici — con figura di preterizione: c/ vorrebbe una descrizione troppo lunga, per spiegare « combien ce mobilier est vieux, crevassé, pourri, tremblant, rongé, manchot, borgne, invalide, expirant...»*”.
Topo tematici sono, in precedenza, sia gli odori misti che icolori stinti. Il primo (laterale a una ricerca sulle immagini)
da qui « odeur de pension», cioé di declassamento: «elle pue le service, l’office, ’hospice». L’altro era stato segnalato gia in Balzac (Iv, 5). Dai «filets d’or effacés a demi»
della por-
cellana, e la sala «jadis peinte en une couleur indistincte aujourd’hui»: sul cui sfondo il sudiciume si disegna in figure bizzarre”. Sono gli stessi processi a rendere percepibili, insieme, un decorso di tempo e una rivincita di natura su cultura (Iv, 28). All’estremo, il logoro-realistico si decompone
nello sterile-nocivo; il topos dei colori segna lo stadio visivo, ancora superficiale ma gia metamorfico. Chiudo questa sezione con una minuscola antologia che lo documenti, come é 3° Le stesse contaminazioni rispettive, col frusto-grottesco e col pretenziosofittizio, differenziano a pochi anni di distanza altri due studi legali in Dickens e in Balzac: cfr. Dickens, The Old Curiosity Shop cit., p. 244 (e pp. 260, 272); Balzac, Le Cousin Pons [Il cugino Pons], in La Comédie humaine, t. VU cit., pp. 634-35. 306 [Telemaco]. 307 Le Pére Goriot: Balzac, La Comédie humaine, t. Il cit., pp. 52-54. [incisioni esecrabili che tolgono l’appetito]. [che s’incontra oggi dappertutto]. [in marmo bluastro del peggior cattivo gusto]. [piatti orrori]. [fino a che punto questo mobilio é vecchio, screpolato, putrido, tremante, rosicchiato, monco, guercio, invalido, spiran-
toyz]
308 Ibid. Cfr. la camera d’albergo parigino in Illusions perdues, Balzac, La Comeédie humaine, t. V cit., p. 257; le locande, e i teatri, in Saltykov-Séedrin, I signori Golovijov cit., pp. 439-41; la taverna in J.-K. Huysmans, La-Bas [Laggi#], Plon, Paris
1908, p. 267; la camera d’affitto, essenziale alla trama, in H. Boll, Und sagte kein einziges Wort [E non disse nemmeno una parola), dtv, Miinchen 1980, pp. 33-34, 54-55. [odore di pensione). [puzza di servizio, di anticamera, di ospizio]. [fili d’oro a meta cancellati]. [dipinta un tempo in un colore oggi indistinto].
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doveroso in almeno un caso, attraverso autori gia citati e fino
al Novecento: ’ The tapestry... was tarnished and faded under the effects of the sun... (Scott, 1819) *”.
... tapisseries représentant les fables de La Fontaine; mais il fallait le savoir pour en reconnaitre les sujets, tant les couleurs passées et les figures criblées de reprises se voyaient difficilement (Balzac, 1833)». ... the baize... had long since lost all claim to its original hue of green, and had gradually grown gray with dust and age, except where all traces of its natural colour were obliterated by ink-stains (Dickens, 18 37) 3M
... la sua divisa non era pit verde ma aveva assunto uno strano colore rossiccio e farinoso (Gogol’, 1842) >”.
Fanées par le soleil, l’air et la pluie, les couleurs de ces guenilles étaient devenues si indécises qu’un peintre efit eu de la peine 4 les désigner de leur nom propre (Gautier, 1863) *”. ... una tappezzeria consunta... al punto che il suo colore (il giallo) era ancora possibile indovinarlo, ma non ci si poteva pit decifrare disegno alcuno (Dostoevskij, 1866) *.
Toutes les teintes avaient tourné au gris sale, dans cette armoire que la poussiére et ’humidité pourrissaient (Zola, 1867) *°. *° Cap. xxi: Scott, Ivanhoe cit., pp. 213-14. [La tappezzeria... era offuscata e
scolorita sotto leffetto del sole]. 0 Eugénie Grandet: Balzac, La Comédie humaine, t. Il cit., p. 1040. Pit sotto: «des rubans de bois doré, ot les mouches avaient si licencieusement folatré que la dorure en était un probléme» [nastri di legno dorato, su cui le mosche avevano folleggiato cosi licenziosamente che la loro doratura era un problema. [... tappezzerie che rappresentavano le favole di La Fontaine; ma bisognava saperlo per riconoscerne i soggetti, tanto i colori stinti e le figure crivellate di rammendi si vedevano difficilmente]. * Cap. xxxi: Dickens, The Pickwick Papers cit.,.p. 427. [... il panno... aveva da tempo perduto ogni pretesa alla sua originaria tinta verde, ed era gradualmente di-
ventato grigio per polvere ed eta, tranne 1a dove ogni traccia del suo colore naturale era cancellata da macchie d’inchiostro]. *® Gogol’, I/ cappotto, in Tutti 1 racconti cit., p. 560 [trad. Bavastro]. *8 Gautier, Le Capitaine Fracasse cit., p. 95. Cfr. p. 12: «Une sorte de livrée aux galons déteints, et d’une couleur qu’un peintre de profession aurait eu de la peine a définir...» [Una sorta di livrea dai galloni stinti, e d’un colore che un pittore di professione avrebbe fatto fatica a definire...]; e, pit decisamente frusto-grottesco, per un paio di brache: «De fortes probabilités portent a croire qu’elles avaient été rouges, mais ce point important n’est pas absolument prouvé» [Forti probabilita portano a credere che erano state rosse, ma questo punto importante non é assolutamente provato]. [Spenti dal sole, l’aria e la pioggia, i colori di questi stracci erano divenuti cosi indecisi che un pittore avrebbe fatto fatica a designarli col nome giusto]. 4 Parte VI, cap. vi: Dostoevskij, Delitto e castigo cit., p. 598.
6 Cap. 1: Zola, Thérése Raguin cit., p. 18. [Tutte le tinte erano finite in grigio sporco, dentro quell’armadio infracidito dalla polvere e dall’umidita].
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The sombre greenish colored paper on the walls has been smoked a dismal dirty grey... (Gertrude Stein, 1909) *. Die Wande meines Zimmers waren rétlich tapeziert, aber das griine Muster in Form eines Herzens war verblasst und bedeckte das Papier nur wie fahles Bleistiftgekritzel, dessen Regelmassigkeit tiberrascht (Boll, 1953) >”.
8. Anche nel caso del memore-affettivo non vedo ricorrenze codificate prima della svolta storica; trovo, anzi, le an-
teriori occorrenze isolate pit eccezionali e dubbie che per il venerando-regressivo. Riconoscere in oggetti un decorso di tempo sentito individualmente, e presentarli con patetica compiacenza, non era nei pieni poteri nemmeno d’un Virgilio o d’uno Shakespeare. Nel libro TI dell’Exezde, Eleno e Andromaca hanno ricostruito in Epiro «una piccola Troia»: dai monumenti e corsi d’acqua imitati o simulati coi loro nomi’. Proprio come, se l’accostamento é lecito, Werther si é fatto fare un frack uguale a quello dei suoi ricordi (Iv, 15). So-
lo che i ricordi degli esuli troiani hanno portata ben pit che individuale; non ne hanno altra invece, senza recare segni di tempo, le armi e vesti di Enea ed il letto nuziale alla fine del libro IV. Pregando di deporli sul rogo suicida, il cui pretesto é magico, Didone dichiara che « abolere nefandi— cuncta viri monimenta iuvat »: la negazione del memore-affettivo. Pure, in punto di morte si ferma «un momento» a guardarle come cose familiari e a piangere, e si rivolge alle « dolci spoglie»’”. Nel Richard II”, la vedova del duca di Gloucester sta mandando a dire al cognato che venga a trovarla nel suo castello, e si disdice subito; cos’altro vedrebbe il visitatore: But empty lodgings and unfurnish’d walls, Unpeopled offices, untrodden stones? 6 The Good Anna (La buona Anna], parte II: G. Stein, Three Lives cit., p. 59.
[La carta color verde cupo sui muri si é andata affumicando in un lugubre e sporco igio...]
“2en Cap. vu: H. Boll, Und sagte kein einziges Wort cit., pp. 54-55: pit sotto, il fo-
pos che ha aperto una descrizione la chiude, con l’irriconoscibilita degli orsi intessuti nella lana delle coperte. [Le pareti della mia camera erano tappezzate in rosso, ma il disegno verde in forma di cuore era impallidito, e copriva ormai la carta come di scialbi scarabocchi a matita, la cui regolarita sia sorprendente]. 38 TIT, vv. 300-5, 333-36, 349-51: Virgile, Enéide, livres I-VI cit., pp. 80-82. >” TV, wv. 494-98, 648-51: ibid., pp. 117-18, 123. [di quest’uomo nefando |conviene abolire tutti i ricordi]. 320 [Riccardo IT).
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Che non valga la pena di venirci poiché il dolore « abita dappertutto », éun’altra negazione indiretta della fisicita del memore-affettivo™. Il duca era stato fatto uccidere dal re protagonista, ed é di lui che simili versi anticipano il tono: deposto prima che soppresso, non fara che compatirsi con elegiaco compiacimento
Il senso moderno della memoria doveva svilupparsi dalVindividualismo preromantico, che aveva a sua volta una premessa nell’indebolimento delle concezioni religiose. Nel caso del ricordo d’infanzia, mi richiamo ancora al libro anteriore (v, 6; e cfr. Iv, 15): il pathos che con Rousseau investi
lestremita iniziale della vita umana veniva da quella finale, era preso a prestito dall’invecchiamento e dalla morte, ritolto all’attesa dell’al di la”. Il memore-affettivo nasceva a spese del monitorio-solenne. Ma per quei pochi, sublimi paragrafi delle Confessions™, non si pud parlare di memoreaffettivo in mancanza d’immagini: c’interessano perché prefigurano un bivio che non cessera di dividere, anzi d’impedire o permettere, le immagini della categoria. Come JeanJacques si astiene dal procurarsi per vie esterne le parole a meta rimosse d’una canzone dell’infanzia, cosi perde l’occasione di andare a vedere sul posto se esiste ancora il noce d’una indimenticabile monelleria”. Il problema é la sopravvivenza degli oggetti di memoria fuori della memoria stessa: lo risolve tutte e due le volte, consapevolmente o presuntivamente, ricusando l’interesse d’una perdurante realta esteriore e riservando l’intenerimento al dato interiore spontaneo. Rimembranza a occhi chiusi contro pellegrinaggio sentimenta1 Atto L, sc. u: Shakespeare, Histories and Poems cit., p. 96. [Se non dimore vuo-
te e mura non mobiliate, |Stanze disabitate, pietre non calpeste?] 2 Due soli versi di pit tangibili rinunce, fra i tanti famosi: « All pomp and majesty I do forswear; — my manors, rents, revenues, I forego» [Ogni pompa ed ogni maesta rinnego, |Ai miei manieri, rendite, introiti rinuncio], bid., p. 145. Un altro va al
monitorio-solenne: «Let’s talk of graves, of worms, and epitaphs» [Discorriamo di tombe, vermi ed epitaffi], p. 129 (e riecheggera, sia pure su bocca ipocrita, in The Revenger’s Tragedy (La tragedia del vendicatore) di Tourneur: «Talk to me my Lords, — Of sepulchres, and mighty emperor’s bones, — That’s thought for me» [Parlatemi,
miei signori, |Di sepolcri, e ossa d’imperatori possenti, |Tale pensiero fa per me]: Jacobean Tragedies, Oxford 1969, p. 148). *% Cfr. IV, 15, nota 103. 24 [Confessionz]. > Libro I: J.-J. Rousseau, Ewvres completes, « Bibliothéque de la Pléiade», 1959,
t. I, pp. m-12, 24 (21-24): commento in Orlando, Infanzia, memoria e storia cit., pp. 21-
22, 34-36.
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le—o contro tesorizzazione di reliquie. Tali resteranno le due vie, enon sono di pari fecondita dal nostro punto di vista: in oggetti rammemorati senza mediazioni materiali, il decorso di tempo non puo che azzerarsi. Un giorno Proust, che teorizzera come memoria involontaria la prima via, condannera come idolatria inefficace la seconda. Rousseau fu il gran pioniere dell’una e dell’altra, avendo reinventato il ricordo d’amore ne La Nouvelle Héloise™ ancor prima che il ricordo d’infanzia nelle Confessions. Quel viaggio a luoghi memorabili che in Lucano poteva compiere Cesare a Troia (v, 4), nella famosa visita degli ex-amanti a Meillerie é con borghese sensibilita privatizzato: sia da parte dei soggetti che degli oggetti. D’altronde, alla presenza inattesa d’un luogo, Saint-Preux fa esperienza di memoria involontaria”. Ma neanche alla presenza d’un luogo Rousseau rende visibili le tracce d’un decorso di tempo: é solo dell’abolizione di esso, come un giorno Proust, che si compiace. II memore-affettivo cominci6 in effetti da Werther e da René — quasi piuttosto con Chateaubriand, vista la tenue consistenza d’ immagini in Goethe (Iv, 15, 14). Furono entrambe le loro pagine a codificare il pellegrinaggio sentimentale, riconoscibile dopo centocinquant’anni (Iv, 18); e in entrambe la novita del ricordo d’infanzia s’inseriva in una storia d’amore, il
cui pathos era accreditato da sempre in letteratura. II rischio di arbitraria indulgenza alla particolarita del sensoriale, che tutte le categorie d’immagini sfidavano nei decenni della svolta storica, era pid grave sotto il segno dell’individuale che del collettivo. In ordine di apparizione, il venerandoregressivo precedette il memore-affettivo —e l'uno e l’altro il logoro-realistico: lo stesso rischio era pit grave per categorie negative che semipositive, e solo oltre mezzo secolo dopo sarebbe apparso il desolato-sconnesso. In sospeso fra una via immateriale se non trascendente, ed una immanente sospetta di feticismo, il memore-affettivo resta comunque la pit inafferrabile delle categorie. In dimensioni da camera, tanto pit dovevano presumersi 326 [La nuova Eloisa). 27 Parte IV, cap. xvul; parte V, cap. 1x: J.-J. Rousseau, Ewvres completes, «Bibliothéque de la Pléiade», 1961, t. II, pp. 517-19, 615. Per la memoria involontaria, cfr. anche Rousseau, (Euvres completes, t. I cit., p. 226 (e un passo della Vita di Alfieri, in V. Alfieri, Vita, rime e satire, Utet, Torino 1978, p. 72): commento in Orlando, InfanZia, menioria e storia cit., pp. 36-38.
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segnati i limiti del futile o dello stucchevole: non ho trovato niente di abbastanza pertinente o significativo fino a meta Ottocentd™, con una precoce eccezione. Solo uno scrittore te-
desco qualeJean Paul, non lontano da Rousseau fra Werther e i romantici, poteva inventare il memore-affettivo in tali dimensioni. Quasi ricavandolo, per obliqua trasformazione, dal frusto-grottesco: sul filo di quell’ umorismo che éinestricabile dal sentimentalismo, nell’incessante gioco discorsivo della sua maniera. I] primo personaggio tutto suo, il maestrino di scuola Wutz, non vivrebbe cosi mite e contento nella propria angusta intimita se non dedicasse un’ora ogni giorno a ricordare metodicamente giorni diversi dell’infanzia””. Durante la vita, riscrive da sé in privato i libri che non ha soldi per comprare; in punto di morte, si augura che non sia disdicevole «a uno scrittore» lultima occupazione di cui sicompiace. Ha sul letto « tutto un assortimento di merci», e se le guarda per ore: Auf dem Deckbette lag eine griintaftne Kinderhaube, wovon das eine Band abgerissen war, eine mit abgegriffnen Goldflitterchen tiberpichte Kinderpeitsche, ein Fingerring von Zinn, eine Schachtel mit ZwergBiichelchen in 128 Format, eine Wanduhr, ein beschmutztes Schreibbuch und ein Finkenkloben fingerlang. Es waren die Rudera und Spatlinge seiner verspielten Kindheit. Die Kunstkammer dieser seiner griechischen Altertiimer war von jeher unter der Treppe gewesen — denn in einem Haus, das der Blumenkiibel und Treibkasten eines einzigen Stammbaumis ist, bleiben die Sachen Jahrfiinfzig lang in ihrer Stelle ungeruckt —; und da es von seiner Kindheit an ein Reichsgrundgesetz bei ihm war, alle seine Spielwaren in geschichtlicher Ordnung Gapukeber? und da kein Mensch das ganze Jahr unter die Treppe guckte als er: so konnt’ er noch am Riusttage vor seinem Todestage diese Urnenkriige eines schon gestorbenen Lebens um sich stellen und sich zuriickfreuen, da er sich nicht mehr vorauszufreuen vermochte. 8 Per esempio: in A Sentimental Journey di Sterne, la tabacchiera donata dal buon vecchio monaco é conservata alla lettera religiosamente, ma non figura sciupata; lo sono invece le lettere d’amore nel portafogli di La Fleur, che non costituiscono ricordi (L. Sterne, A Sentimental Journey through France and Italy |Viaggio sentimentale attraverso la Francia e 'Italia), Oxford 1928, pp. 34, 85). Nel Voyage autour de ma chambre [Viaggio intorno alla mia camera] di Xavier de Maistre (1794), dal titolo e tema promettenti, l’indugio serio sulle lontane lettere e quello scherzoso sulla rosa secca non fanno in sostanza immagini (X. de Maistre, Voyage autour de ma chambre, Flammarion, Paris s.d., pp. 70-71, 72-73). I/fiore d’una poesia di PuSkin (1828), appassito in un libro, non solleva ricordi ma malinconici interrogativi sull’ignoto (Pukin,
Opere cit., p. 573). Versi, carte, lettere e ricordi d’amore dentro altrettanti cassetti di un secrétaire, inJ. Janin, L’Ane mort et la femme guillotinée (L’asino morto e la donna ghigliottinatal, Flammarion, Paris 1973, pp. 71-74. 29 Jean Paul, Leben des Vergntigten Schulmeisterlein Maria Wutz in Auenthal, in i Werke, Hanser, Miinchen 1960, AbteilungI, t. I, pp. 423-25. [Vita del piccolo maestro Maria Wutz di Auenthal, contento della sua contend
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Il giocoso mitiga il commovente applicando a un memoreaffettivo puerile un linguaggio archeologico da categorie collettive; poi il narratore, su informazioni del paziente, si diffonde a ricamare «il catalogo ragionato di quei congegni e balocchi»”. ole ”
In Francia, anche scendendo agli anni ’30, né l’affermato
romanticismo né le conquiste di capacita descrittiva promossero la categoria quanto cisipotrebbeaspettare. Lavisitazione dei luoghi d’infanzia e gioventt nel romanzo di Sainte-Beuve, Volupté”’,s ispiraletteralmente a René con duevariazioni collegate: casa e giardino borghesi d’uno zio anziché castello, fuori segni d’assenza blandie dentro scrupolosa muta conservazione’”’. Tristesse d’Olympio”’ di Hugo é una visitazione di luoghi d’amore. Nel loro apparire immutati o trasformati, si palesa ugualmente l’indifferenza della natura agli ospiti uma%° Tbid., pp. 454-57. In un testo aggiunto si legge: «So etwas sollte der Mensch stets deponieren und alle Freudenblumen aufkleben, trotz ihrer Vertrocknung, in einem Krduterbuche; nicht einmal seine alten Fracks, Pikeschen und Bratenrdcke (die ubrigen Kleiderstiicke charakterisieren wenig) sollte er verschenken oder verstei-
gern, sondern hinhenken soll’er sie als Hiilsen seiner ausgekernten Stunden, als Puppengehduse der ausgeflognen Freuden, als Gewandfall oder tote Hand, die der Erinnerung heimfallt von den gestorbenen Jahren...» [Simili cose l’uomo dovrebbe sempre depositarle e tutti i fiori della gioia, benché disseccati, incollarli in un erbario; nemmeno i suoi vecchi frac, polacche e finanziere (gli altri indumenti caratterizzano meno) dovrebbe dar via o mettere all’asta, bens{ appenderli quali bucce delle sue ore spolpate, larve e involucri delle gioie volate via, effetti reversibili o mano morta devoluta al ricordo di anni defunti...] (Aus/auten oder Sieben Letzte Worte an die Leser der Lebensheschreibung und der Idylle |Rintocchi o sette ultime parole ai lettori della biografia e dell’tdillio): tbid., p. 462). Altri vecchi giocattoli in soffitta e in un armadio, propri e del fratello morto, commuovono da sano e da ammalato un altro parroco e maestro protagonista di romanzo: cfr. Leben des Quintus Fixletn [Vita di Quintus Fixlein], Jean Paul, Werke, Hanser, Miinchen 1962, t. IV, pp. 84-86, 182. [Sulla coperta c’era una cuffia da bambino di taffeta verde, il cui unico nastro era strappato, una frusta da bambino cosparsa di consunti lustrini d’oro, un anello di stagno, una scatola con libriccini nani in 128°, un orologio a pendolo, un insudiciato quaderno e una pertica per fringuelli lunga un dito. Erano i ruderi e sopravvivenze della sua infanzia trascorsa nei giochi. II museo di queste sue antichita greche era stato da sempre il sotto-
scala — poiché in una casa che é il vaso da fiori e la cassa da serra di un unico albero genealogico, le cose restano per cinquant’anni indisturbate al loro posto —; e siccome fin dall’infanzia era per lui legge statutaria mettere da parte tutti i suoi giocattoli in ordine storico, e in tutto l’anno nessuno se non lui curiosava nel sottoscala, cosi ancora nel giorno di riposo prima del giorno della morte poteva disporre intorno a sé quelle urne d’una vita gia estinta e godere all’indietro, poiché non gli era dato pit godere in avanti].
»1 [Volutta].
2 Cap. xxiv: Sainte-Beuve, Volupté, Fasquelle, Paris 1928, pp. 348-49 (cfr. Orlando, Infanzia, memoria e storia cit., pp. 227-29). In una contemporanea poesia di Puskin, come per Werther, luoghi d’esilio in una proprieta familiare appaiono dopo dieci anni immutati o trasformati ma non decaduti: Puskin, Opere cit., p. 606. 33 [Tristezza d’Olympio).
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ni; Punico guasto del tempo introduce il verso piti ammirato della pgesia, con la sua pace e stanchezza serale di campagna. E lusura del paracarro che ha tanto urtato, al buio: Les grands chars gémissants qui reviennent le soir”. ’
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Un decennio prima Lamartine, in Mz/ly ou la Terre natale””, 335
faceva il paragone che non aveva fatto Saint-Preux: i luoghi «encor tout pleins des fastes de notre 4me» valgono quelli che ricordano i fasti d’un impero, il suo piccolo feudo é grande per lui quanto Tebe 0 Palmira. Tema della poesia é laltra faccia del pellegrinaggio, il rapporto fra persistenza del ricordo e permanenza della proprieta, ravvivato se quest’ ultima corre pericolo (cfr. Iv, 15). Alla minaccia dell’erba e del-
l’edera si associa il possibile arrivo d’un compratore sconosciuto e odioso; ma meglio cento volte, s’impreca, la pit completa rovina naturale che non l’alienazione””. Ben altrimenti sublimati proprieta e pellegrinaggio in La Vigne et la Maison””, il capolavoro che Lamartine produrra da vecchio sopravvissuto. E un dialogo: I’Io rivive il passato confondendolo dolcemente col presente, Anima ne porta il lutto proiettandolo in un trascendente awvenire. Nell ideale visita alla casa, l’Io riconosce cid che ¢’é ancora, |’Anima vede chi
non ¢’é pitie cosa é mutato. Essa sola parla dei solchi di pioggia sulla facciata o dei nidi di rondine all’interno: « Leur gazouillement sur les dalles — Couvertes de duvets flottants — Est la seule voix de ces salles — Pleines des silences du temps». Ma l’assenza é speranza di restituzione, il focolare a cui fare ritorno é altrove: Dans l’immuable sein qui contiendra nos 4mes Ne rejoindrons-nous pas tout ce que nous aimames Au foyer qui n’a plus d’absent? ””. 4 Hugo, CEwvres poétiques, t. I cit., p. 1095 (pp. 1093-98; in Les Rayons et les ombres). (1 grandi carri gementi che tornano la sera]. > [Milly o Ia terra natale).
%¢ Lamartine, (Euvres poétiques completes, « Bibliothéque de la Pléiade», 1963, PP. 395-96, 397-98 (pp. 392-99; cfr. Orlando, Infanzia, memoria e storia cit., pp. 161163). [ancora pieni dei fasti della nostra anima]. 7 [La vigna e la casa).
8 Tbid., pp. 1486-87, 1488-89 (1484-94). [Il loro cinguettio sulle lastre |Coperte di
lanugini fluttuanti |E la sola voce di queste sale |Piene dei silenzi del tempo). »° Tbid, p. 1493. Solo in un’opera musicale della potenza regressiva del Tristan und Isolde [Tristano e Isolda) di Wagner, si da un ritorno ai luoghi d’infanzia dove la
memoria é trascesa in profondo e all’indietro, piuttosto che in alto. All’inizio dell’ ultimo atto, Kurwenal ha riportato Tristano ferito e privo di sensi al nordico, marino ca-
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Il modello preromantico é ancora sobriamente riconoscibile nell’ unico passo che, in tutto il testo di Guerra e pace, offra immagini per noi pertinenti: Tolstoj é di certo il meno incline ad ogni categoria di esse, fra imassimi scrittori. Come Werther e come René, il principe Andrej non muove apposta verso la proprieta paterna dov’é nato e ha trascorso l’infanzia. Giunge all’altezza di essa col suo reggimento: e benché non gli « restasse nulla da fare a Lysyja Gory, pure, con la sua smania d’inacerbire il proprio dolore, ritenne di dover passare da Lysyja Gory». Motivazione traumatica delle immagini, la guerra davanti a cui i familiari sono fuggiti: Presso il portone di entrata dallo stipite di pietra non c’era nessuno e la porta era aperta. I vialetti del giardino erano gia coperti d’erba ei vitelli ei cavalli giravano pel parco all’inglese. Il principe Andrej andé verso la serra: i vetri ne erano frantumati, e le piante in vaso erano alcune rovesciate, altre secche *.
Ma quando alla campagna si sostituisce la grande citta moderna, il memore-affettivo ne é reso pit precario che dall’espropriazione o perfino dalla guerra. Lo mostra Dickens nella chiusa di The Old Curiosity Shop: fedele alla memoria di Nell, Kit conduce i suoi bambini in Londra sul posto della vecchia casa, dove passa ora una bella strada: At first he would draw with his stick a square upon the ground to show them where it used to stand. But, he soon became uncertain of the spot, and could only say it was thereabouts, he thought, and these alterations were confusing. stello di Kareol in Bretagna: lo scenario « da l’impressione della mancanza dei padroni, mal tenuto, qua e la danneggiato e coperto d’erba». Un Combourg medievale, se la leggenda arturiana non si esclude con una reminiscenza di Chateaubriand (IV, 14; V, 6). Ma invano lo scudiero si meraviglia: «non conosci il castello — dei padri? ». I sonno da cui Tristano riemerge non gli lascia altra memoria, se non quella d’un regno della Notte anteriore anche alla pit familiare delle apparenze diurne: metafisico per la calda fisicita d’una nostalgia prenatale, mentre ridicono un trauma della nascita il mare «vyuoto e deserto» come poi il sanguinare mortale della ferita (R. Wagner, T77stan und Isolde, Reclam, Stuttgart 1958, pp. 59-63, 73). [Nell’immutabile seno che conterra le nostre anime |Non raggiungeremo forse tutto cid che amammo | Al focolare che non ha pit assenti? + Libro IL, parte I, cap. v: L. Tolstoj, Guerra e pace, Einaudi, Torino 1974, t. IU, p. 823 [trad. Carafa d’Andria]. In Verga, Mastro-don Gesualdo, Isabella accorre sul posto di campagna dell’amore appena perduto: Verga, Tutti ¢ romanzi cit., t. UL, pp. 543-44. In France, Monsieur Bergeret a Paris [Monsieur Bergeret a Parigi\, la dire-
zione del pellegrinaggio é invertita: il protagonista e sua sorella, venendo dalla provincia, ritrovano i ricordi d’infanzia in un secolare appartamento della capitale (France, Euvres, t. IL cit., pp. 208-10).
4 Dickens, The Old Curiosity Shop cit., p. 555. [Le prime volte disegnava col bastone un quadrato sul terreno per mostrar loro dov’era situata. Ma presto diventd in-
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E iktema di fondo in Le Cygne”* di Baudelaire, benché I’attraversare un quartiere nuovo susciti per associazione nella poesia due altri temi: per prima l’Andromaca virgiliana, coi suoi relitti fittizi. Cid che si vede ormai «in ispirito», e aveva gia un’esistenza « sbozzata» o «confusa», sara detto inamovibile nella malinconia e ponderoso nel ricordo: Le vieux Paris n’est plus (la forme d’une ville Change plus vite, hélas! que le coeur d’un mortel); Je ne vois qu’en esprit tout ce camp de baraques, Ces tas de chapiteaux ébauchés et de fits, Les herbes, les gros blocs verdis par l’eau des flaques, Et, brillant aux carreaux, le bric-a-brac confus.
Paris change! mais rien dans ma mélancolie N’a bougé! palais neufs, échafaudages, blocs, Vieux faubourgs, tout pour moi devient allégorie, Et mes chers souvenirs sont plus lourds que des rocs *”.
Dalla casa o dalla campagna o dal quartiere ripassiamo a dimensioni minori: alla camera, al bric-d-brac, al mobilio coi
suoi cassetti che é contenuto dell’una e contenitore dell’altro. In Sylvie di Nerval interviene quella nostalgia d’Ancten Régime che contamina la categoria col venerando-regressivo (v, 6), sebbene ogni referente storico sia reso intimo quasi da
una memoria prenatale. Mediatore, lo zio vissuto «dans les avant-derniéres années du dix-huitiéme siécle, comme il fal-
lait y vivre pour le bien connaitre »: coi suoi ritratti, medaglioni, biglietti e nastrini™. Nella visita ai villaggi del passato, improvwvisata di notte e come in sogno, non manca un pellegrinaggio alla sua casa”. Altra mediatrice la zia di Sylvie, 0 meglio i vestiti delle sue nozze: é la deliziosa scena in cui la certo quanto al posto, e seppe dire solo che era in quei paraggi, a suo giudizio, e che i cambiamenti disorientavano]. 342 TT] cigno)]. +8 Baudelaire, Euvres completes, t. I cit., pp. 85-87. [La vecchia Parigi non é pit
(la forma d’una citta |Cambia pit presto, ahime! che il cuore d’un mortale):):||Non
vedo che in ispirito tutto il campo di baracche, |I mucchi di capitelli sbozzati e di colonne, |Le erbe, i grossi blocchi verdastri per lepozzanghere, | E, brillante alle vetri-
ne, il ciarpame confuso: ||[...]. ||Parigi cambia! ma niente nella mia malinconia |Sié mosso! Palazzi nuovi, impalcature, blocchi, |Vecchi sobborghi, tutto per me diventa allegoria, | E i miei cari ricordi pesano pid che rocce]. +4 Cap. 1: Nerval, Euores completes, t. I cit., p. 538. [nei penultimi anni del Settecento, come ci si devavé vivere per conoscerlo bene
on Cap) 1x: tbid., p. 556; indubbia la reminiscenza della casa dello zio in Sitnte Beuve (vedi sopra la nota 332, e cfr. Orlando, Infanzia, memoria e storia cit., pp. 229-32).
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giovinetta si traveste sotto un « corsage aux tulles jaunis, aux
rubans passés», e il narratore ragazzo «en marié de |’autre siécle», frugando nei cassetti odorosi brillanti di modesto orpello datato*. Ma in Nerval la sovrapposizione di tempi pud dissolvere, l’abbiamo visto, le nostre costanti insieme al tempo stesso (Vv, 2). La cui figura sormonta una pendola Rinascimento non ricaricata da due secoli: «Ce n’est pas pour savoir l’heure que j’avais acheté cette pendule en Touraine». In Aurélia, epoche e paesi si condensano nel reliquiario di viaggi orientali racchiuso in un cofanetto appartenuto alla donna, nel mobilio antiquario ed esotico che riassume un ’esistenza errante e stipa come quella di Faust la camera in clinica™. Ho detto che avrei dovuto attingere ancora a un mio studio precedente: su Frisson d’biver”*, poema in prosa di Mallarmé. E il capolavoro in cui immagini di vecchio mobilio, e suggestioni di tardo Settecento, trovarono le motivazioni pit esemplari e pit originali insieme. Alla contaminazione di memore-affettivo e di venerando-regressivo si sottende una terza categoria, con l’ombra enigmatica evocata alle finestre della camera; non riproduco ahimé il testo, e rinvio all’anali-
si’. L’indispensabile é un certo rapporto fra memoria e storia, mediato da oggetti d’arredamento che hanno traversato piu tempo d’una vita umana. Poiché il tempo infantile é incommensurabile all’adulto, durate secolari (come sul vascel-
lo di Poe, m1, 15) ne traducono la lunghezza e la distanza;
mentre nell’inconoscibile provenienza dell’oggetto si traduce l’oblio delle pid remote vicende personali”. II passato individuale rianima quello collettivo dissimulandosi in esso, e le vie immanenti del ricordo sono smaterializzate in Mallarmé dalla trascendenza d’un fantasma. In un testo meno ecce34 Cap. vi: Nerval, Euvres completes, t. Il cit., pp. 550-5. [corpetto dai tulle ingialliti, dai nastri svaniti]. [da sposo del secolo passato]. 7 Cap. ut: tbid., pp. 543-44. [Non é per sapere l’ora che avevo comprato quella pendola in Turenna]. 34 Parte I, capp. 1, vi: zbid., pp. 726, 742-43. 49 [Brivido d’inverno). 30 Cfr. S. Mallarmé, CEvvres completes, «Bibliothéque de la Pléiade», 1945, pp. 271-72; e Le due facce dei simboli in un poema in prosa di Mallarmé (lettura di « Frisson dhiver»), in Orlando, Le costanti e le varianti cit., pp. 327-70 (I’analisi si estende ad altri sei testi di Mallarmé, in alcuni dei quali il vecchio mobilio fa apparizioni proporzionate alla densita del linguaggio). %l Cfr. tbid., p. 338.
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zionale, la novella di Maupassant intitolata Viewx objets”, le due vie corrispondono ai modi di rimembranza dei quali un’anziana signora di provincia scrive a un’amica di Parigi: Puno, davanti al fuoco, si svolge nel semplice pensiero. L’altro «é di gran lunga il migliore». Consiste nel salire alla camera di sgombero, dove oggetti che furono insignificanti assumono significato d’antichi, improvvisi testimoni; a meno che, venuti dai nonni o non si sa pit da chi, non dicano niente a persone oggi vive”. Frattanto la categoria negativa era sorta coi cassettoni e armadi di Baudelaire (11, 2; Iv, 16). Puo
sorprendere che a trasporli in versione affettuosa, dove il guazzabuglio dei vecchiumi é fragrante, prima di Cros sia stato Rimbaud; é il sonetto Le Buffet”: — Cest la qu’on trouverait les médaillons, les méches De cheveux blancs ou blonds, les portraits, les fleurs s¢ches Dont le parfum se méle a des parfums de fruits *».
Tra Otto e Novecento, nell’ultima crepuscolare stagione - cui non fu insidiato dalla reversibilita in desolato-sconneso”, ilmemore-affettivo riparo dietro filtri metalinguistici: 2 [Vecchi oggetti). »} Maupassant, Contes et nouvelles, « Bibliothéque de la Pléiade», 1974, t. I, pp. 398-401. La novella riprende, a tratti letteralmente, il cap. xm del romanzo Une Vie [Una vita] (Maupassant, Romans, «Bibliothéque de la Pléiade» 1987, pp. 169-71). Nel libretto di H. Meilhac e L. Halévy per La Vie parisienne (La vita parigina] di Offenbach, si ha una graziosa formulazione convenzionale in cui il feticismo erotico giovanile é premessa del memore-affettivo senile; l’ironia sentimentale dell’operetta li estende entrambi in basso, dalle mani femminili ai piedi, i versi essendo quelli del rondo che una guantaia canta a un calzolaio. Ecco gli ultimi (modificati nella messa in musica): «O transport d’un coeur glacé! — Ces bottes, c’est notre passé! — Et voila, messieurs, comment — Le sentiment — Rend tout sacré, vieille botte et vieux
gant! » [O trasporto d’un cuore di gelo! |Questi stivali sono il nostro passato! |Ed
ecco come, signori, |Il sentimento Peahatta tutto; vecchio stivale o guanto!] (Offenbach, La Vie parisienne [spartito per canto e pianoforte], Heugel, Paris 1866, pp. 85-90). Quanto al memore-affettivo di Rodolphe in Madame Bovary, cfr. 1v, 36, nota 328.
4 [La credenza]. > A. Rimbaud, (Ewvres completes, «Bibliothéque de la Pléiade», 1972, PP. 3435. [E la che trovereste i medaglioni, le ciocche |Di capelli bianchi o biondi, i ritratti, i fiori secchi |Dal profumo che si mischia con profumi di fruttal]. *6 Non penso, naturalmente, a una cronologia rettilinea. Nelle ultime pagine di Os Mazas UI Maia] di Eca de Queiroz, la visita di Carlos con l’amico Ega al palazzo che é sfondo dei ricordi familiari si sviluppa come un lento e graduale pellegrinaggio sentimentale (Eca de Queiroz, Os Mazas. Episddios de vida roméantica, Lello & Irm4o, Porto 1945, pp. 459-63): ma gli oggetti di Maria ammucchiati in una scatola da cappello senza coperchio, sono « misturados como na promiscuidade dum lixo» [mescolati come in una promiscuita da spazzatura]; e nello studio del nonno, la commozione é troncata dall’esasperante sorpresa degli starnuti a cui li costringe uno spargimento di
pepe (pp. 461-62). E affettuosissima la «Casa dei nonni» in Pirandello, Quaderni di
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ironia allusiva, ingenuita ricercata. Non sarebbe voluto, ricordare e rimpiangere ni romanticamente borghesi. Come se malinconia fosse trapassata da costume
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si poteva pit, e lo si col candore dei nonla compiacenza alla a letteratura:
Bell edificio triste inabitato! Grate panciute, logore, contorte! Silenzio! Fuga delle stanze morte! Odore d’ombra! Odore di passato! Odore d’abbandono desolato!
E La signorina Felicita di Gozzano; dove il ciarpame in soffitta ha sorte ancora migliore che il Kitsch in salotto (11, 4). Non
malgrado il suo pessimo gusto, ma a causa della sua bellezza, una poetica (come in Stifter) lo reclama: Bellezza riposata dei solai dove il rifiuto secolare dorme!
topaie, materassi, vasellame,
lucerne, ceste, mobili: ciarpame reietto, cosi caro alla mia Musa! *”.
Scelgo dal modello francese, Jammes, invece d’un interno ” un pellegrinaggio sentimentale: con esile trama narrativa. L’io che ricerca la casa paesana di avi morti da cent’anni torna pit indietro della propria memoria. Incontra difficolta nell’ oblio collettivo; ha in avversione, come Werther, le novita; diffonde, senza scrupoli d’irrealta, connotazioni decadenti; e giungera a una porta, a scale e a un interno decrepiti come tutto é sul passaggio: C était midi aux vieux clocher tout ruiné,
prés d’une tour vieille comme le passé... Et je passais devant les portails vermoulus de jardins abandonnés ou, par les grosses grilles, on voyait prés des maisons sans plus de familles des roses trémiéres roses dans |’herbe bleue, Serafino Gubbio operatore, romanzo che col titolo Si gzra... era uscito nel 1915 (L. Pirandello, Tutti i romanzi, Mondadori, Milano 1973, t. Il, pp. 540-41); una decina d’anni prima, é piu opprimente la casa della madre in I/fu Mattia Pascal (ibid., t.1, p. 327). 7 Gozzano, Poeste e prose cit., pp. 127, 131-32 (126-43); in soffitta accenni — ironicil’uno e l’altro — di sinistro-terrifico col quadro della marchesa dannata, di monitorio-solenne con l’effigie del Tasso. +8 B. Jammes, De l’Angelus de V'aube a l’Angelus du soir [Dall’Angelus dell'alba all’Angelus della sera), Gallimard, Paris 1971: cfr. Silence... [Silenzio...], pp. 28-29; La Salle a manger (La stanza da pranzo], pp. 62-63; Vieille maison (Vecchia casa), PP. 72-73-
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prés des portes fermées par la vieille poussiére comme les portes des cercueils des cimetiéres *”.
Memoria in presenza e in assenza sono coniugate da una
poesia neogreca di Kavafis. La camera degli amori omosessuali d’un tempo, come tutta la casa, é affittata adesso a uffici commerciali: sul luogo, la ricognizione del mobilio non pud avvenire che per puri ricordi. Un’ipotesi s’intenerisce sul
presente delle cose assenti: Poveri oggetti, ci saranno ancora, chissa dove! “.
Sappiamo quale memoria, in Proust, fa da punto sia di partenza che d’arrivo a una summa narrativa e teorica: quanto pid quella involontaria vale come sola esperienza e conoscenza al di sopra del Tempo, tanto pit erra chi cerca volontariamente il passato « sotto forme identiche e di conseguenza morte». La critica della categoria é paradigmatica e perpetua. Il primo dei sette romanzi si chiude con malinconia su di essa: sulla vanita di localizzare nello spazio reale il rimpianto del Bois de Boulogne d’un tempo”. Pit in 1a, esplicitamente e di passaggio: Les poétes prétendent que nous retrouvons un moment ce que nous
avons jadis été en rentrant dans telle maison, dans tel jardin o& nous avons vécu jeunes. Ce sont 1a pélerinages fort hasardeux et a la suite desquels on compte autant de déceptions que de succés. Les lieux fixes, contemporains d’années différentes, c’est en nous-méme qu’ilvaut mieux les trouver”. %° J'ai été visiter... [Sono stato a visitare...]: ibid., p. 83 (pp. 82-85). [Era mezzogiorno al vecchio campanile rovinato |accanto a una torre vecchia come il passato... |
[...] |E passavo davanti ai portali tarlati |di giardini albbbandonati dove, dai grossi cancelli, |si vedevano accanto a case senza piti famiglie |malvarose color rosa nell’erba blu, |accanto a porte che vecchia polvere aveva chiuse |come le porte delle bare dei cimiteri]. 3 I] sole del pomeriggio: C. Kavafis, Poesie, Mondadori, Milano 1961, pp. 276-79
(trad. Pontani]. | M. Proust, A la recherche du temps perdu, «Bibliotheque de la Pléiade», 1987, t. I, p. 17: traggo l’espressione dal celebre periodo che sviluppa un paragone fra Luigi e zia Léonie. 32 Dy c6té de chez Swann [Dalla parte di casa Swann), UI: tbid., pp. 414-20, e specialmente gli ultimi due periodi. 3 Te Coté de Guermantes (La parte di Guermantes], I: Proust, A la recherche cit.,
« Bibliothéque de la Pléiade», 1988, t. II, p. 390. [I poeti pretendono che noi ritroviamo per un momento quel che siamo stati un tempo, rientrando in una certa casa, in un
certo giardino dove abbiamo vissuto da giovani. Pellegrinaggi davvero aleatori, in seguito ai quali si contano tante delusioni quanti successi. I luoghi fissi, contemporanei di anni differenti, é in noi stessi che val meglio trovarli].
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La demistificazione del pellegrinaggio ha luogo a poca distanza dalle illuminazioni finali del Narratore. La Vivonne le
cui fonti credeva da bambino extraterrestri come |’accesso agli Inferi, gli appare «mince et laide», e le fonti stesse « une espéce de lavoir carré ot montaient des bulles»; le mete di passeggiate miticamente opposte gli si svelano collegate e vicine. Subito dopo il ritrovamento del Tempo, sfogliando una copia del romanzo pit caro alla sua infanzia, gradualmente rincara su quell’ascetismo estetico che — come vedremo — da giovane Proust aveva rivolto contro il prestigiosoornamentale. Non solo non collezionerebbe altre edizioni originali, altre rilegature d’epoca, che gli esemplari delle proprie letture originarie; ma se ne possedesse ancora uno, per timore d’inserirlo nel presente e renderlo muto all’appello infantile, non lo guarderebbe mai”. La crisi del memore-affettivo segue quella della buona coscienza borghese. Gia in Resurrezione del vecchio Tolstoj, assistendo alle pulizie stagionali di casa, Nechljudov si meraviglia «che la roba fosse tanta, e che fosse tutta indubbiamente inutile»; é uno dei momenti che lo avviano alla deci-
sione di cedere le sue terre ai contadini. Pid oltre, un seggiolone antico gli ricorda la camera di sua madre. « All improvviso si rammarico per la casa che sarebbe andata in rovina, per il giardino che sarebbe inselvatichito...»; €un momento di vacillazione morale“. E in tono di moralismo progressista Benjamin denuncia nell’oggetto-ricordo la «reliquia laicizzata», venuta anziché dal cadavere dall’esperienza morta, deposito e inventario del passato dell’uomo alienato””. * Nel Novecento, la categoria semipositiva pud venire rifiutata quale momento inautentico perfino in antitesi all’autenticita della negativa: cosi in Sartre, in Montale (rv, 17, 19). Pud salvarsi rinunciando, o alla corrispondenza fisica tra oggetti e memoria come fa il desolato-sconnesso (IV, 16), 0 al lo-
ro contatto nel presente come indica una via da Rousseau a 364 Albertine disparue [Albertine scomparsa], IV: Proust, A la recherche cit., « Bibliothéque de la Pléiade» 1989, t. IV, pp. 266-68. [esile e brutta]. [una specie di lavatoio quadrato entro cui montavano bolle]. 36 Le Temps retrouvé [Il tempo ritrovato): tbid., pp. 465-66 (461-66). 3 Parte I, cap. xLv; parte II, cap. 1: Tolstoj, Reswrrezione cit., pp. 190, 251 [trad. Coisson]. 67 Zentralpark (Parco centrale]: W. Benjamin, Illuminationen. Ausgewablte Schriften, Subrkamp, Frankfurt am Main 1961, p. 259.
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Proust. Ne L’Armata a cavallo di Babel’, la « densa malinconia delle rimembranze» tormenta alla vigilia del sabato I’ebreo rivoluzionario in Polonia: «O consunti Talmud della mia infanzia! »; ma é a un dickensiano bugigattolo di rigattiere che lo fa pervenire’*. Le botteghe color cannella dellebreo polacco Schulz, aperte talvolta a notte inoltrata, erano un’attrazione fanciullesca coi loro interni «fiocamente illuminati, scuri e solenni» che odoravano d’un lungo elenco di merci rare’. Perfino A’ casciaforte d’una canzone napoletana resa popolare da Murolo é metaforica: non senza frustogrottesco negli elenchi (come alle origini in Jean Paul). Necessita pid del vestito e del companatico, a salvaguardia di certe reliquie e cimeli. Ma come provwvedersene: «a qua’ casciere ce’o vvaco a ddi? »””. Ancora, la categoria puo salvarsi se rivendica come non monetizzabile un’umile proprieta di memoria e d’affetto. In Gruppenbild mit Dame” di Boll, VA. (autore) pretende che la lesione della sua giacca gli sia contata da un punto di vista altro che assicurativo: perché «una cosa vecchia é pit cara d’una nuova», per i ricordi e le minuzzaglie delle tasche, perché «in fin dei conti uno é occidentale e le lacrimae rerum gli sono state inculcate »” *8 Babel’, L’armata a cavallo cit., pp. 27-28 (L’ebreo Gedali, pp. 27-29) [trad. Poggioli]. ® B. Schulz, Le botteghe color cannella, Einaudi, Torino 1981, pp. 50-51 (é la no-
vella che da il titolo alla raccolta e al volume: pp. 48-57) [trad. Vivanti Salmon]. La poesia é di Alfonso Mangione, la musica di Nicola Valente (1928). Testo
non facile da reperire all’infuori dei dischi; vale la pena di riprodurlo, in una delle (diverse) disposizioni strofiche: «1. Vaco truvanno ’na casciaforte, — E andevinate pe’ ne fa che? —Non tengo titoli, non vivo ’e rendita— Non ci ho un vestito pe’ ccuollo a mme! — Maa cascia mi necessita— Pe’ fforza I haggi’a tené! — Ce haggi’a mettere tutt’ e llettere — Che m’ha scritto Rusina mia —’Nu ritratto --formato visita-- — D’ a bbuonanima ’e zi’ Zofia, —’Nu cierro ’e capille, —’Nu corno’e corallo, — Ed il becco del
pappagallo — Che noi perdemmo nel ventitré». «2. Vaco truvanno ’na casciaforte, —Ma aqua’ casciere ce’o vvaco a ddi? — Certe reliquie, certi cimeli, — Si’e ttiene a fore ponno spari! — San Casimiro martire —’Sta cascia famm’ ’a veni! — Ce haggi’a mettere tutt’ ’e llettere — Che m’ha scritto Rusina mia, — Na cartella --di lire dodici-- — Rila-
sciata dall’agenzia, —’Na maneca’e sicchio, —’A crastola ’e specchio, —’Na corteccia di caciovecchio — E un fracchisciasso color cachi...» «3. Sono ricordi che in casciaforte — Sulo lla ddinto t’ ’e ppud astipa... — Quando mi privano del companatico — Io *ngotto e zzitto senza sferra...—Lo so, la vita é tragica, - Ma’a cascia me Il’hann’’a da!
—Ce haggi’a mettere tutt’ ’e llettere— Che m’ha scritto Rusina mia, — I] mozzone d’una stearica — --conficcato nella bugia--,—’Na bambola’e Miccio, —’Na lente in astuccio,
—E una coda di cavalluccio — Che mi ricorda la meglia eta» (Napoletana, VIII, disco Durium ms AI 7706). Al lettore non napoletano basta chiarire che: crastola = scheggia; fracchisciasso = giubba; ’ngotto = sopporto; sferra = scalciare. Miccio era un negozio della Napoli bene d’inizio secolo. *”| [Foto di gruppo con signora). >? Cap. 1x: H. Boll, Gruppenbild mit Dame, dtv, Munchen 1974, pp. 318-2r.
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9. La periodizzazione del desolato-sconnesso, e di poche altre categorie, fissa un inizio posteriore alla svolta storica. Si puo esser tentati di parlare d’una seconda, pit celere svolta storica nella moltiplicazione delle immagini: incentrata sul 1848 anziché sul 1789, al punto d’arrivo anziché di partenza dell’avvento borghese. Cade gia in epoca romantica, stavolta, quel poco che posso produrre di occorrenze isolate anteriori. Col ricordo disforico si preannunciano le altre due novita connesse, rispetto alla categoria semipositiva: l’alternativa fra oggetti di memoria e suoi processi; quella fra il memoriale intero e il metaforico, soggettivamente sentito (IV, 16). Metafora del proprio passato, per il Manfred di Byron, sono giorni e notti innumeri e identici come atomi di sabbia su una riva: ... and one desert, Barren and cold, on which the wild waves break, But nothing rests, save carcasses and wrecks, Rocks, and the salt-surf weeds of bitterness *”.
Il Mefistofele del Faust di Lenau si compiace, da diavolo,
d’una cattiva memoria negli uomini: spiega perché con una comparazione. In una vecchia torre, decomposta dalle intemperie, si annidano e covano avvoltoi: Also zernagt der laute Lebenssturm, Also zernagt der stille Todeswurm Auch der Erinn’rung alterndes Gebaude; Und fallt dann aus der aufgelésten Fuge Ein Stiick Gedanke, Vorsatz, Schmerzen, Freude: So fliegt manchmal herbei mit Blitzesfluge Der Holle Raubgevogel, Leidenschaften, Die in der Liicke nisten, briiten haften”.
Occorreva sporadicamente, anche prima di Baudelaire,
quel processo metaforico soggettivo che nella commedia %3 Atto II, sc. 1: Byron, The Poetical Works cit., p. 395 (cfr. il Titus Andronicus di Shakespeare, atto III, sc. 1, vv. 94-98). [e un deserto |Spoglio e freddo, su cui si frangono onde tempestose, |Ma niente rimane se non carcasse e relitti, |Scogli, e le alghe salate di spuma dell’amarezza]. 4 Die Reise [Il viaggio]: N. Lenau, Werke, Hoffmann und Campe, Hamburg 1966, pp. 303-4. [Cosi corrode la rumorosa tempesta della vita, |Cosi corrode il silenzioso verme della morte |Anche l’edificio invecchiante del ricordo; |E se dalla commessura sfasciata cade |Un pezzo di pensiero, proposito, dolori, gioie, |Spesso ci voiano dentro come un lampo | I rapaci dell’inferno, le passioni, |Che fissano nella
breccia nido e covata].
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Leonce und Lena,” di Biichner fa dire al protagonista: « Mein
Kopf ist: ein leerer Tanzsaal, einige verwelkte Rosen und zerknitterte Bander auf dem Boden, geborstene Violinen in der Ecke...». Con Baudelaire il processo si rende integrale e assoluto. Nei versi gia letti de Les Fleurs du Mal viene equiparato al desolato-sconnesso, che in essi s’inaugura, io: il quale é come, il quale é, certe immagini (Iv, 16; 1, 2). Nel poema in prosa La Chambre double”, culmina con la scomparsa del tempo il sogno indolente, cullante e sinestetico che beatifica il primo aspetto della camera. L’aspetto reale, dopo che il trauma ha bussato alla porta, non é un oggetto dimemoria quanto é tutto l’orrore della memoria imposta dal Tempo ricomparso: Horreur! je me souviens! je me souviens! Oui! ce taudis, ce séjour de l’éternel ennui, est bien le mien. Voici les meubles sots, poudreux, écornés; la cheminée sans flamme et sans braise, souillée de crachats; les tristes fenétres ot la pluie a tracé des sillons dans la poussiére; les
manuscrits, raturés ou incomplets; l’almanach ot le crayon a marqué les dates sinistres! *”.
Negli oggetti d’una memoria personale e diretta, ma non compiaciuta anzi ripugnante, si rovescia in negativo il tap-
porto fra memore-affettivo e permanenza della proprieta (Iv, 15; V, 8). Sono in preda a espropriazione, a dispersione, a smantellamento; danno immagini a temi come l’asta, iltrasloco, la demolizione. Dei due passi che ho citati da L’Education sentimentale di Flaubert, uno s’ispira al monitorio-
solenne per una reggia non profanata, altro mostra come logoro-realistico la profanazione del privato (v, 4,7). Ora, su questa s’insiste nel raccontare l’invasione popolare delle 3 [Leonce e Lena].
7 Atto I: G. Biichner, Gesammelte Werke, Goldmann, Miinchen 1959, p. 117. In Dantons Tod (La morte di Danton], il condannato dice a se stesso: domani sarai « eine zerbrochene Fiedel » [un violino rotto]; «eine leere Bouteille » [una bottiglia vuota]; «eine durchgerutschte Hose; du wirst in die Garderobe geworfen, und die Motten
werden dich fressen...» [un calzone sfondato; sarai gettato nel guardaroba, ele tarme ti mangeranno...] (zbzd., p. 68). [La mia testa é una sala da ballo vuota, qualche rosa appassita e nastro gualcito sul pavimento, violini spezzati all’angolo...]. 77 [La camera doppia). 78 Baudelaire, Euvres completes, t. I cit., p. 281 (pp. 280-82). Cfr. ai ricordi in Le Flacon ivv. 2-4 de Le Squelette laboureur (Lo scheletro vangatore): sui lungosenna polverosi, libri « cadaverici» dormono come mummie (zhid., p. 93). [Orrore! mi ricordo! miricordo! Si! questo tugurio, questo soggiorno dell’eterno tedio, é proprio ilmio. Eccoi mobili stupidi, polverosi, smangiati; il camino senza fiammae senza brace, sporcato dasputi; le tristi finestre dove la pioggia ha tracciato solchinella polvere; imanoscritti, cancellati e incompleti; gli almanacchi dove la matita ha segnato le date sinistre!]
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Tuileries il 24 febbraio ’48”: senza venerando-regressivo, non consono alla caduta della monarchia «borghese». E il romanzo finisce, o quasi, con la vendita all’asta delle cose di Mme Arnoux che espone e scompone l’io stesso di Frédéric nei suoi ricordi amorosi: ... et le partage de ces reliques, o0 il retrouvait confusément la forme de ses membres, lui semblait une atrocité, comme s’il avait vu des corbeaux déchiquetant son cadavre. [...]. Ainsi disparurent, les uns aprés les autres, le grand tapis bleu semé de camélias, que ses pieds mignons frdlaient en venant vers lui, la petite bergére de tapisserie ot il s’asseyait
toujours en face d’elle quand ils étaient seuls; les deux écrans de la cheminée, dont l’ivoire était rendu plus doux par le contact de ses mains... [...]. C’était comme des parties de son coeur qui s’en allaient avec ces choses... *.
L’asta che sottintende un rapporto analogo fra uomo e donna, poi la visita di Andrea Sperelli alle stanze non ancora finite di denudare, chiudono I/ Piacere di D’Annunzio”™. Nel racconto Flucht in die Finsternis*” di Schnitzler, non
c’é Pamore al terzo vertice d’un triangolo con l’uomo e le cose: bensi la pazzia. Scarse immagini sono incluse in una rete ubiqua di corrispondenze metaforiche, gli oggetti oscillano nei processi d’una memoria turbata. L’abitazione che il protagonista aveva disdetta, prima di partire su consiglio medico per una vacanza, non é ricordata che da un lapsus al suo ritorno; la casa dei genitori, un «antichissimo, da allora sparito edificio dell’interno cittadino », gli sara ricordata dal fra9 Parte IL, cap. 1: Flaubert, Ewvres, t. I cit., pp. 320-21, per esempio: « Dans la chambre de la reine, une femme lustrait ses bandeaux avec de la pommade... » [Nella camera della regina, una donna si lucidava le bande di capelli con una pomata...]; «Une curtosité obscéne fit fouiller tous les cabinets, tous les recoins, ouvrir tous les ti-
roirs» [Una curiosita oscena fece frugare tutti gli stanzini, tutti i recessi, aprire tutti i cassetti].
380 Parte III, cap. v: zbid., pp. 443-44 (elenco di oggetti nel cortile del palazzo delle aste, p. 442). Nella prima frase della seconda citazione, il rapporto sintattico fra oggetti e ricordi é simile a quello d’una celebre frase di Madame Bovary: fra le parti del corpo della moribonda, e i loro passati impieghi peccaminosi (Flaubert, Ewovres, t. I cit., p. 622). [... ela spartizione di queste reliquie, dove confusamente ritrovava la forma delle sue membra, gli sembrava un’atrocita, come se avesse visto dei corvi dilaniare il suo cadavere. [...]. Cosi scomparvero, gli uni dopo gli altri, il grande tappeto azzurro cosparso di camelie, che i suoi piedi vezzosi sfioravano venendogli incontro, la piccola bergére in tappezzeria dove si sedeva sempre di fronte a lei quand’erano soli; i due parafuoco del camino, il cui avorio era reso piti dolce dal contatto delle sue mani... [...]. Erano come parti del suo cuore che se ne andavano con queste cose...] 381 Libro IV, cap. m1: D’Annunzio, Prose di romanzi, Mondadori, Milano 1988,
t. I, pp. 354-58.
382 [Fuga nelle tenebre].
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tello. su cui ha puntato la paranoia”. Quasi entrambe stessero, alla provvisorieta di alloggio, come stava la sua identita a una situazione mentale che la mette alla prova. La ricerca di appartamento nuovo si capovolge in pellegrinaggio senti-
mentale frammentario e frustrato™; anche l’albergo é stato scelto seguendo ricordi, i quali conducono a un amico morto demente. Nelle fasi da cui passa il riconoscimento del luogo, in peggio o in meglio”, comincia il tema del sollievo effimero che si ripetera con clinica regolarita. Alla camera, col soccorso di oggettini del proprio bagaglio, presta « una parvenza di familiarita »; ma é adiacente lo specchio che sta per obiettargli una deformazione del volto: Nachher begab er sich in das Badezimmer, dem wohl anzumerken war,
dass er nur nach der widerwillig anerkannten Forderung einer neuer Zeit aus irgendeinem unbeniitzten Bodenraum fir seine jetzige Bestimmung umgewandelt worden war. Eine gelbliche, in die Decke eingelassene Lampe verbreitete sparliches Licht in dem fensterlosen Raum, und durch den langlichen Spiegel, der in einem glatten, alten Goldrahmen an der Wand hing, ging ein Sprung von unten bis oben **.
In un testo autobiografico discontinuo come L’dge ad’homme’ di Leiris, la sala festiva del Palais du Trocadéro fa da sfondo adeguato a ricordi che terrorizzavano fra il pub-
blico il bambino. « Lieu funébre s’il en fut», era gia comparabile a sale da obitorio o da asta; con la demolizione, si metamorfosa secondo metafore catastrofiche alternative, fino a rasentare il monitorio-solenne e a riscattarsi nel bello: ... cette salle m’a toujours fait froid dans le dos, avec son allure 4 la fois misérable et officielle, genre Morgue, salle des mariages, hotel des ventes plein de meubles saisis. La derniére vision que j’en eus, c’est lors de sa démolition, et le vaste espace tout jonché de décombres, privé de *8 A. Schnitzler, Casanovas Heimfahrt und andere Erzahlungen, Fischer, Frank-
furt am Main 1978, pp. 130, 188. *4 Tbid., p. 135. Cfr. immagini di trasloco, vissuto serenamente da Paula, pp. 169170; di casa non pronta, affittata dalla coppia, p. 175. © Tbid., pp. 130, 132; cfr. 140, e 200 per il riconoscimento d’un altro luogo. *86 Cap. ul: zbid., pp. 130-31. Cfr. p. 145, per la nostalgia dei propri oggetti in ufficio; pp. 147, 200-1, altri due sfondi di camere, confortevoli, ma d’albergo. [Poi si recd nella stanza da bagno, che, lo si vedeva bene, solo per esigenze di tempi nuovi riconosciute a malincuore, da una qualche soffitta inutilizzata era stata adattata all’uso attuale. Una lampada giallastra incastrata nel soffitto diffondeva scarsa luce nello spazio senza finestre, e attraverso lo specchio bislungo, che pendeva alla parete in una liscia, vecchia cornice dorata, andava dall’alto in basso un’incrinatura]. 387 [Eta d’uomo)].
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plancher et de fauteuils (ce qui mettait 4 nu la charpente métallique) lui donnait des allures de parlement aprés une révolution ou un tremblement de terre, de vieille carcasse échouée, paquebot ou monstre marin; puis, lorsque tout l’intérieur eut été détruit et que la coupole méme se fut effondrée, cela devint une ruine romaine, un cirque a la muraille percée de fenétres mauresques avec, dans un local attenant, la statue de la Renommée affalée dans un coin comme une béte qui vient d’étre estoquée et, tout en haut, des tentures déchiquetées dans lesquelles le vent s’engouffrait. Maquillé en arénes croulantes, on peut dire qu’a ce moment le théatre du Trocadéro a été vraiment beau *.
In un testo fra memorialistico e narrativo come I/ giorno del giudizio di Satta, nel fondo d’una Sardegna minacciata dal progresso, la camera d’un morto non é stata riaperta per vent’anni entro la casa (cfr. Iv, 15). Era Dio che la sorella aveva
provato a rinchiuderci, con gli oggetti del fratello canonico: quando ci rientra, il letto nido di topi e scavo di tarli cade al primo contatto, «senza neppure uno scricchiolio »; del breviario e del cappello restano pochi fili, «a testimonianza di un passato che poteva anche non essere mai stato».
Il passo al di la della polverizzazione degli oggetti si compie in un’assenza né pid né meno crudele che la presenza, senza niente di metaforico, nel romanzo di Boll Ausichten e:-
nes Clowns. Il figlio di famiglia ribelle, che la sua donna irretita nel conformismo cattolico ha finito per abbandonare, non trova assolutamente pit niente di lei nel bagno e nell’armadio: é cosi che riscopre, non sapendo dire cos’avrebbe preferito, «welche tédliche Sentimentalitat Gegenstanden innewohnt». Aveva capito da bambino «wie furchtbar die Gegenstande sind, die einer zuriicklasst, wenn er weggeht 388 Cap. v: M. Leiris, L’Age d’homme, Gallimard, Paris 1946, p. 18 (pp. 117-22). [Luogo funebre se mai ce ne fu uno]. [... questa sala m’ha sempre messo i brividi nella schiena, con la sua aria insieme miserabile e ufficiale, tipo obitorio, sala da matrimoni,
palazzo delle aste pieno di mobili sequestrati. L’ultima visione che ne ebbi fu in occasione della sua demolizione, e il vasto spazio cosparso di macerie, privo di pavimento e di poltrone (il che metteva a nudo !’armatura metallica) le dava un’aria da parlamento dopo una rivoluzione o un terremoto, da vecchia carcassa atenata, piroscafo o mostro marino; poi, una volta che tutto l’interno fu distrutto e la cupola stessa sprofondata, diventé una rovina romana, un circo nella cui muraglia erano tagliate finestre moresche con, in un locale attiguo, la statua della Fama accasciata in un angolo come
una bestia appena trafitta e, in cima, tendaggi a brandelli in cui s’ingolfava il vento. Truccato da anfiteatro crollante, si puo dire che in quel momento il teatro del Trocadero é stato veramente bello]. 38 Cap. xvi: S. Satta, I/ giorno del giudizio, Adelphi, Milano 1990, pp. 257-58 (cfr. 162-70, 241-57).
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oder stirbt», gettato dalla finestra quelli di sua sorella morta per fanatismo nazista e dato loro fuoco”™. Inoltriamoci, verso lalternativa metaforica al memoriale, al di fuori non di esso ma finalmente del ricordo diretto: con un episodio di Martereau, della Sarraute. Il personaggio che dice io porta in auto la coppia degli zii, un pomeriggio di pioggia, a visitare per eventuale acquisto una proprieta in campagna. Nel suo resoconto il progetto risulta tanto pit velleitario, e la rinuncia volubile, quanto pit l’atmosfera della vecchia casa sembra coinvolgerlo come in una memoria transindividuale: Des portes s’ouvrent, encore d’autres portes sur d’autres chambres, boudoirs, fumoirs, placards, cabinets secrets... Les dépendances de
nous-mémes s’étendent, nous nous répandons en tous sens... C’est cette odeur sans doute, d’humidité, de moisissure, dans cette grande maison abandonnée, dans ces piéces un peu délabrées... je ne sais quels vagues relents... des restes refroidis d’autres vies... cela s’insinuait déja en moi tandis que je me répandais en tous sens...”
La casa dove Le Musicien de Saint-Merry” di Apollinaire scompare, col suo affascinato corteo di donne, é un luogo di memoria transindividuale ben pia remota. Tanto da riconnettersi, declassato com’é — ma visitato dal sortilegio —, alle immagini dei secoli monarchici d’altre categorie (v, 6, 8): L’inconnu s’arréta un moment devant une maison a vendre Maison abandonnée Aux vitres brisées C’est un logis du seiziéme siécle La cour sert de remise 4 des voitures de livraisons
C'est 1a qu’entra le musicien*”. Cap. xxi: Boll, Ansichten eines Clowns cit., pp. 230, 232-33; 233-35. [quale mortale sentimentalita é immanente agli oggetti]. [quanto tremendi sono gli oggetti che qualcuno si lascia dietro quando se ne va o muore]. 1 N. Sarraute, Martereau, Gallimard, Paris 1953, p. 15 (pp. 104-21). [Porte si aprono, ancora altre porte su altre camere, salottini, fumatoi, armadia muro, stanzini
segreti... Le dipendenze di noi stessi si estendono, ci riversiamo in tutte le direzioni...] [E quest’odore certamente, d’umidita, di muffa, in questa grande casa abbandonata, in queste stanze un po’ malandate... non so quali vaghe esalazioni... resti raffreddati d’altre vite... questo s’insinuava gia in me mentre mi riversavo in tutte le direzioni...] 52 [I] musicista dt Saint-Merry]. % Anollinaire, Euvres poétiques, « Bibliothéque de la Pléiade», 1959, p. 190 (pp. 188-91). [Lo sconosciuto si arresto un momento davanti a una casa in vendita |Casa
abbandonata |Dai vetri rotti | E un’abitazione del Cinquecento |Il cortile serve da rimessa a vetture da consegna |La entro il musicista].
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Risanamento di Raboni comincia: « Di tutto questo — non c’é piu niente»™; il ricordo dei quartieri scomparsi non é tutto personale, come per Baudelaire (il quale riecheggia in altre poesie, dopo un secolo, pit desolato e pit sconnesso)”. E
mediato da quello stesso padre a cui sottoporre una domanda e risposta che assolverebbero, esautorandole,le cose: Ma quello che hanno fatto, distruggere le case, distruggere quartieri, qui e altrove, a cosa serve? II male non era li dentro, nelle scale, nei cortili, nei ballatoi, li semmai c’era umido da prendersi un malanno. Se mio padre fosse vivo, chiederei anche a lui: ti sembra che serva? é il modo? A me sembra che il male non é mai nelle cose, gli direi.
« Onn’est pas misérable sans sentiment: une maison ruinée
nel’est pas», constatava Pascal alle soglie del secolo austero in immagini”. Délabrement” di Cros invece equipara l’io, nelle quartine, a una casa; se il memore-affettivo d’un altro suo sonetto ci aveva dato l’esempio iniziale (11, 1; Iv, 16), ultimo ver-
so della prima terzina si da in epigrafe alla categoria negativa: Comme un appartement vide aux sales plafonds, Aux murs nus, écorchés par les clous des peintures, D’ou sont déménagés les meubles, les tentures, Oi le sol est jonché de paille et de chiffons...
Que la pluie et le vent par la fenétre ouverte Couvrent de moisissure acre et de mousse verte
Tous ces débris, horreur des souvenirs aimés! **. #4 G, Raboni, A tanto caro sangue. Poesie 1953-1987, Mondadori, Milano 1988, . 26.
r 3% Cfr., per Le Cygne, V, 8; e cfr. il primo Spleen con Canzone: «Quando piove fanno proprio schifo — le finestre che si coprono d’unto, la stufa — che manda fumo
negli angoli e in cucina — il sale che si blocca, la cerata — che appiccica»; il secondo Spleen con Serenata: «questo sogno — di corridoi bassi, fiochi, con tante porte — annebbiate dalla candeggina e armadi — pieni di protocolli, medicine, aquile impagliate» (bid., pp. 35, 105-6; cfr. Baudelaire, Euvres completes, t. I cit., pp. 72-73). 396 B, Pascal, Pensées, Garnier, Paris 1964, p. 171 (Br. 399). [Non si é miserabili senza sentimento: una casa rovinata non lo é].
7 [Sfacelo]. 38 Cros e Corbiére, Euvres completes cit., p.135. [Come un appartamento vuoto
dai soffitti sporchi, |Dalle mura nude, scorticate dai chiodi delle pitture, |Donde hanno traslocato i mobili, itendaggi, |Dove il suolo é cosparso di paglia e di stracci... |
[...]. |Che la pioggia e il vento dalla finestra aperta |Coprano di acre muffa e di verde muschio |Tutti questi resti, orrore dei ricordi amati! | [...].]
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L’identificazione con un salone torna lungo I’unico, disarticolate componimento di Coelho Pacheco: uno degli eteronimi del grande poeta portoghese sfaccettato, Fernando Pessoa. In prima variazione l’io estrae «dal recesso» delle antiche panoplie un «segreto dell’anima», in seconda il salone stesso ha per lui «la struttura di un’anima». In terza, vi entra «con soverchia coerenza»; vi si trova « come uno qual-
siasi»>: Mas o sobrado € cOncavo e as portas nao acertam A tristeza das bandeiras crucificadas nos entrevaos das portas E uma tristeza feita de siléncio desnivelada Pelas janelas reticuladas entre a luz quandoé dia Que entorpece os vidros das bandeiras e recolhe a recantos montdes de negrume Correm as vézes frios ventosos pelos extensos corredores Mas ha cheiro a vernizes velhos e estalados nos recantos dos saldes E tudo é dolorido neste solar de velharias *”. ale 7
Nel surrealismo del linguaggio di Neruda, prima che lo chiarificasse una poetica comunista“, immagine che é metafora sta per gli oggetti quanto per i processi di memoria. Cosi, in Melancolia en las familias”, «una sala da pranzo abbandonata»*’; o le cose che alla fine di Oda con un lamento” «ci sono», ma non in altro «la» che l’anima: 5” Para além doutro oceano [Al di la di un altro oceano): F. Pessoa, Obra poética, Aguilar, Rio de Janeiro 1972, pp. 425-26, 426, 430. [Ma il pavimento di legnoéé ear? vo ele porte non chiudono | La tristezza dei pannelli crocifissi nei vani delle porte |E una tristezza sbilenca fatta di silenzio |Dalle finestre inferriate entra la luce del giorno |Che intorpidisceivetri dei pannelli e raccoglie iin angoli grumi di nerume |A volte freddi venti spazzano ilunghi corridoi |Mac’é odore di vernici vecchie e scrostate nei canti dei saloni |E tutto é doloroso in questa magione di vecchie cianfrusaglie (trad. de Lancastre)]. 40 In Navegaciones y regresos (Navigazioni e ritorni|, quarto volume delle Odas elementales [Odi elementari], Neruda ha sciolto una Oda a las cosas [Ode alle cose]
dove l’amore pet esse, cosmico e materialista, non ignora che « todo tiene — en el mango, en el contorno, — la huella— de unos dedos, — de una remota mano— perdida—en lo més olvidado del olvido» [tutto reca |nel manico, nel contorno, |’impronta |di di-
ta, |d’una mano remota |perduta |nella dimenticanza pit dimenticata]; una Odaa las cosas rotas [Ode alle cose rotte}, dove tutte quelle che fa la vita « moliendo— vidrios, gastando ropas, — haciendo afiicos, — triturando — formas » [macinando | vetri, consu-
mando stoffe,
i
un sacco nel mare, che li rielabori: P. Neruda, Navegaciones y regresos, Losada, Bue-
nos “Aires 1971, PP. 43 (41-44), 49 (48-50).
4! [Malinconia nelle famiglie). 402 P. Neruda, Residencia en la tierra (1925-1935), Losada, Buenos Aires mae
PP. 92-93.
43 [Ode con un lamento].
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porque alli hay una sala oscura y un candelabro roto, unas sillas torcidas que esperan el invierno, y una paloma muerta, con un numero.
Senza un titolo come La calle destruida*’, non si riconosce-
tebbe il tema della demolizione in versi ancora pit densamente figurali di questi: Sobre las poblaciones una lengua de polvo podrido se adelanta rompiendo anillos, royendo pintura, haciendo aullar sin voz las sillas negras... todo se cubre de un sabor mortal a retroceso y humedad y herida*.
Quandol’ermetismo moderno occultaesembra sopprimere il grado zero diogni metafora, ilreferente diognimemoria, oltre alla distinzione tra memoriale e metaforico vacilla quella stessa tra funzionale e non (Iv, 17, 19; V, 2). Percid tante grandi as-
senze in questo libro: dal Mallarmé e dal Rimbaud maturi al Novecento lirico, per esempio, spagnolo. E malgrado la poesia moderna abbia raramente schivato di estendere, ai « rifiuti della vita vile», il privilegio cosi formulato da D’Annunzio: ecco un frammento di utensile, un rottame di ghisa, un chiodo torto, una scatola di zinco vuota, un palmo di spago, una scheggia, un triciolo. Tutto mi parla, tutto é segno per me che so leggere. [...]. Le linee espresse dall’incontro casuale degli oggettiinventanounascritturaermecae.
E pit nella narrativa che si produce un desolato-sconnesso senza rapporti con la memoria, e metaforico anche solo implicitamente (Iv, 17). Unio di personaggio pu a sua volta proiettare negli oggetti, se non se stesso come !’io poetico, un senso: che ne faccia simboli soggettivi, che vi sintetizzi il mondo in soggettiva allegoria. Gia nel logoro-realistico d’un Dostoevskij simile tentazioneé spesso latente. E parrebbe dinon dover cambiare categoria per il protagonista de Le memorie del sot44 Thid., pp. 101-2. [perché la c’é una sala oscura e un candelabro rotto, |qualche sedia storta che aspetta l’inverno, |e una colomba morta con un numero].
40> [La strada distrutta). 46 Thid., pp. 89-91. [Sopra i borghi |una lingua di polvere putrida s’avanza |romoendo anelli, rodendo pittura, |facendo urlare senza voce le sedie nere...] [tutto si copre d’un sapore mortale |di regresso e umidita e ferita]. 407 Cento e cento e cento e cento pagine del libro segreto di Gabriele D’Annunzio tentato di mortre, in G. D’Annunzio, Il venturiero senza ventura... (Prose di ricerca..., t. IL), Mondadori, Milano 1950, pp. 849-50.
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tosuolo: col sua abito «vecchio, liso, frusto» dall’«enorme macchif gialla » sui pantaloni, la« ottomana di tela cerata, tutta rotta, con l’imbottitura che ne esce», la «sporca vestaglia stracciataerepellente »“. Non fosse chesiconsidera« untopo enonunuomo», ed éluiin prima persona che adottaa metaforail« sottosuolo, laidoe puzzolente »“—da cui iltitolo eil primosottotitolo. Confessa: «ilmio appartamentoerauna specie di parte di me stesso, di rifugio, come la corazza di un crostaceo, l’astuccionel quale minascondevo...»".E sempre luiche dedica il racconto alla neve« umida, Aes esporca» “'—da cui il secondo sottotitolo. Associa e sottosuolo e neve nel ricordo d’una bara, portata fuori dall’uno verso l’altra, «la dove c’é tutto sporco, dove ci sono avanzi, sporcizia, bucce marcite,
dove c’é tanta puzza»: con tali immagini assalira Liza” Non meno solo e cattivo il protagonista d’un romanzo in terza persona, I/ demone meschino di Sologub. In allucinata mania di persecuzione, Peredonov patisce di cid che vede 0 vede cid di cui patisce: Lacasa del procuratore rafforzo e preciso ilsuo stato d’animo depresso aggiungendovi una sensazione di angosciosa paura. Davvero la casa
aveva un aspetto iroso, malvagio. L’alto tetto siabbassava tetramente sopra le finestre schiacciate contro il suolo. Sia il rivestimento in assi di legno, sia il tetto una volta erano verniciati in modo vivace e allegro, ma il tempoele pioggeavevanoreso cupae grigiala lorotinta. Il portone, enor-
mee pesante, pitt alto della stessa casa, come attrezzato per respingere gli attacchi dei nemici, era permanentemente chiuso con un catenaccio *”.
Col pieno Novecento, la proiezione metaforicafaameno di esplicitazioni. Nel Voyage au bout de la nuit" infierisce la scrittura in prima persona di Céline; basta a differenziare il desolato-sconnesso dall’ex-logoro- realistico, a identificare col personaggioil luogonauseante, quando Bardamusirecaa consultare un medico pit importante di lui: “8 F, Dostojevskij, Le memorie del sottosuolo, in Racconti e romanzi brevi (18591877), Mursia, Milano 1960, pp. 424 (e 429), 454, 464; cfr. la «stanza piccola, stretta e bassa» in disordine, zbzd., p. 438 [trad. Bazzarelli].
® Ibid., pp. 377, 378. 90 Tbid., p.457-
*" Ibid., p. 401 (poi pp. 424-25, 434, 436-37, 452, 469).
‘2 Tbid., pp. 439-40; 449-50 (« Nella tua fossa ci sara fango, neve sciolta e sporcizia»; « Ti copriranno in fretta di fango vischioso, nerastro e sporco»; « Fango e palude, ecco la tua sorte... »)
‘3 Cap. 1x: F. Sologub, I/ demone meschino, Garzanti, Milano 1973, p. 87. Si noti il topos dei colori (V, 7). [Trad. Zveteremich]. 44 [Viaggio al termine della notte).
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Ilnes’y trouvait encore personne dans ces laboratoires, [...], rien que des objets bousculés en grand désordre, des petits cadavres d’animaux éventrés, des bouts de mégots, des becs de gaz ébréchés, des cages et des bocaux avec des souris dedans en train d’étouffer, des cornues, des vessies A la traine, des tabourets défoncés, des livres et de la poussiére, encore et toujours des mégots, leur odeur et celle de pissotiére, dominantes *”.
In terza persona, appena all’inizio di Light in August® di Faulkner, la fine d’una sperduta manifattura dilegname noné visione d’un personaggio particolare. Pure, desolazione e sconnessione la rendono soggettiva; umanizzano abbastanza cid che, distrumenti sconquassatie di natura sopraffatta, resta votato a un oblio da monitorio-solenne: j But some of the machinery would be left, since new pieces could always be bought on the instalment plan — gaunt, staring, motionless wheels rising from mounds of brick rubble and ragged weeds with a quality profoundly astonishing, and gutted boilers lifting their rusting and unsmoking stacks with an air stubborn, baffled and bemused upona stumppocked scene of profound and peaceful desolation, unplowed, untilled, gutting slowly into red and choked ravines beneath the long quiet rains of autumn and the galloping fury of vernal equinoxes. Then the hamlet whichat its best day had borneno namelisted on Post-office Department annals would not now even be remembered by the hookwormridden heirs-at-large who pulled the buildings down and burned them in cookstoves and winter grates *”.
Alle soglie del nouveau roman, ne Les Gommes ** diRobbeGrillet, relitti natanti sono riuniti dal caso. Tenteranno inva46 Céline, Voyage au bout de la nuit. Mort a crédit, « Bibliothéque de la Pléiade», 1962, p. 276; insistenza sugli animaletti vivisezionati, e sul puzzo delle loro carogne, pp. 276-78 («cet interminable mijotage de raclures de légumes, de cobayes asphyxiques et d’antiques incertaines pourritures» [l’interminabile cottura a fuoco lento di raschiature di legumi, cavie in asfissia e altri incerti putridumi]). [Non c’era ancora nessuno in questi laboratori, [...], nient’altro che oggetti sbattuti in gran disordine, cadaverini d’animali sventrati, cicche, lampioni a gas intaccati, gabbie e boccali con topi dentro in procinto di soffocare, storte, vesciche disseminate, sgabelli sfondati, li-
brie polvere, ancora e sempre cicche, il loro odore e quello di pisciatoio, dominanti]. "6 [Luce d’agosto]. 47 Cap. 1: Faulkner, Light in August cit., p. 6. [Ma qualcosa del macchinario sarebbe stata lasciata, dato che pezzi nuovi potevano sempre esser comprati a rate — ruote sparute, stupefatte, immobili che si alzavano da mucchi di frantumi di mattoni ed erbacce lacere con effetto di profonda sorpresa, e caldaie sventrate che ergevano i loro camini arrugginiti e senza fumo con aria testarda, frustrata e sconcertata su uno scenario butterato di moncherini d’una profonda e pacifica desolazione, non arato, non dissodato, lentamente sfociante in burroni rossi e ostruiti sotto le lunghe quiete piogge d’autunno e la furia galoppante degli equinozi di primavera. Poi il gruppo di casolari che nei suoi giorni migliori non aveva avuto un nome negli elenchi del Reparto Postale non sarebbe stato neanche pit ricordato dagli eredi indiretti afflitti da vermi intestinali che abbattevano le costruzioni e le bruciavano in stufe da cucina e graticole invernali]. 18 [Le gomme)].
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no, adistanza di poche pagine, di connettersi in qualche breve senso—tin volto grottesco, un mostro vorace, una carta dell’ America; ai piedi del soggetto, non rispecchiano che indecifrabilita e non sono metafora di niente: Il regarde a ses pieds clapoter |’eau huileuse dans un angle rentrant du quai; la se sont rassemblées quelques épaves: un bout de bois taché de goudron, deux vieux bouchons du modéle ordinaire, un fragment de peau d’orange, et des miettes plus ténues, 4 moitié décomposées, difficilement identifiables*”.
Invece lirreale oggetto che si chiama Odradek, in Die Sorge des Hausvaters™, si apre a una classe di sensi non indefinita: seppure, come avviene in Kafka, virtualmente infinita. I pezzi difilo del rocchetto in cuiconsiste sono « stracciati, vecchi, an-
nodati Puno all’altro ma anche imbrogliati l’'uno nell’altro... del pit diverso tipo e colore». Ha dunque in sé provenienza, passato, rimossi nell’assurdo: l’ipotesi che « avesse avuto prima una qualche forma funzionale ed ora sia solo rotto », invano é smentita dall’assenza di aggiunte o fratture visibili, dall'apparenza «insensata ma a suo modo conclusa» ™ La vocazione simbolica che apparta i luoghi di sgombero domestici in seno al logoro-realistico (v, 7), teneramente valo-
rizzata nella categoria semipositiva (v, 8), segnal’apertura del racconto in Menzognae sortilegio della Morante. L’ accesso allacameretta di Elisa éda un ripostiglioicui« oggettidiscarto» lo ostruiscono quasi, «a somiglianza d’una barricata »; la finestra da su una corte secondaria dove fra murialtissimi non entra mai sole, e «fra le pietre sparse d’immondizia, spunta un’erbascolorita» ”. Centinaia di pagine dopo sapremo chela camera matrimoniale dei genitori dilei guardava «una brulla montagna tutta sparsa di cocciedivetri», per leggenda «il cumulo gigantesco, antichissimo, dei rifiuti e rottami» secolari della citta”. Mail caso limite dell’immedesimazione diun sog4° Cap. 1: A. Robbe-Grillet, Les Gommes, Les Editions de Minuit, Paris 1953, p. 26, e cfr. p. 37. [Guarda ai suoi piedi sciabordare l’acqua oleosa in una rientranza ad angolo della banchina; si sono riuniti 1a alcuni relitti: un pezzo di legno macchiato di catrame, due vecchi tappi del modello solito, un frammento di buccia d’arancia, e briciole pit tenui, a meta decomposte, difficilmente identificabili]. 420 [La preoccupazione del padre di famiglia). “1 F. Kafka, Die Erzahlungen, Fischer, Frankfurt am Main 1961, pp. 144-45. 42 Introduzione alla storia della mia famiglia, cap. 1: E. Morante, Menzogna e sortilegio, Einaudi, Torino 1962, p. 16. % Parte IV, cap. vi: bid., p. 429. Il paese nativo del padre era composto apparentemente, in parte, di ruderi del terremoto di trent’anni prima: da sterile-nocivo a sinistro-terrifico, zbid., pp. 319-20, 332.
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getto nei rifiuti é cosi metaforico da diventare letterale: la sua reincarnazione in un rifiuto vivente. E Die Verwandlung™ di Kafka. Il soprannaturale, nel sinistro-terrifico di cuia suo modo dovrebbe far parlare il racconto, poggia spesso sul logororealistico (Iv, 22): qui falsa l’oggettivita della categoria l’umanita del punto di vista dello scarafaggio. Sela presenza di Gregor in quanto tale fa ammassare gli oggetti nella stanza, ne altereranno il senso le disumane assuefazioni e il disperato utilitarismo di lui: Man hatte sich angewohnt, Dinge, die man anderswo nicht unterbringen konnte, in dieses Zimmer hineinzustellen, und solcher Dinge gab es nun viele... [...] die zwar nicht verkauflich waren, die man aber auch nicht wegwerfen wollte. Alle diese wanderten in Gregors Zimmer. Ebenso auch die Aschenkiste und die Abfallkiste aus der Kiiche. Was nur im Augenblick unbrauchbar war, schleuderte die Bedienerin, die es immer sehr eilig hatte, einfach in Gregors Zimmer... ”.
Anche nella narrativa di Schulz il soprannaturale poggia sulla naturalezza di un desolato-sconnesso paradossale, screziato di lugubre allegria. L’efflorescenza di metafore in senso stilistico, massima differenza da Kafka, ha lo stesso postulato
che hanno vani neglettie metamorfosi animali come temi: una « fermentazione fantastica della materia». Ne sa i segreti il padre — che qua e 1a diventa non solo scarafaggio ma mosca, crostaceoecc. ”. Comesirendeintrovabile per oreo per giorni fra ripostigli e cianfrusaglie, «alla ricerca febbrile di qualcosa»; resta «in continuo contatto con il mondo invisibile dei ri-
postigli oscuri, delle tane di topi, dei vuoti spazi tarlati sotto il pavimento e delle gole dei camini»; 0 sialzaa meta del pranzo per avvicinarsi «in punta dei piedi alla porta della stanza accanto, vuota, e con estrema precauzione» guardare dal buco della serratura”. Premessa del suo racconto d’un vegetale miraggio, solitario ed effimero, é che: 4 (La metamorfost].
% Cap. m1: Kafka, Die Erzahlungen cit., pp. 80-81. [Si era presa l’abitudine di metter via in quella camera cose che non si potevano collocare altrove, e di tali cose ce n’erano molte... [...] che non erano certo da vendere, ma non si volevano neanche buttare. Tutte andavano a finire in camera di Gregor. Cosi pure, dalla cucina, le cas-
sette delle ceneri e della spazzatura. Purché qualcosa fosse sul momento inutilizzabile, la domestica, che faceva sempre molto in fretta, la gettava semplicemente in camera di Gregor...] 426 Tyattato dei manichini (conclustone): Schulz, Le botteghe color cannella cit.,
34.
“7 Gli scarafaggi: tbid., pp. 69-70; La stagione morta: pp. 191-93; L’ultima fuga di mio padre: pp. 254-57. 8 Tq visitazione: tbid., pp. 15-16; Le botteghe color cannella: p. 48.
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». nei vecchi appartamenti esistono stanze di cui ci si dimentica. Trascurate per mesi, deperiscono in totale abbandono fra le vecchie mura, e accade che si richiudano in se stesse, si coprano di mattonie, perdute ormai per sempre alla nostra memoria, smarriscano a pocoa pocola propria esi-
stenza. Le porte che viconducono da un qualche pianerottolo delle scale di servizio, possono sfuggire per tanto tempo agli occhi degli inquilinida penetrare infine, entrare nella parete, che ne cancella ogni traccia nel disegno fantastico delle crepe e delle fessure ”.
Kafka prima di Schulz era stato influenzato dal « romanzo fantastico » di Kubin, Die andere Seite”. L’uomo che ha fondato un Regno del Sogno, in una regione dell’ Asia centrale, detesta «tutto cid che éprogresso »; fa acquistare sia antichita di valore sia, auno auno, vecchiumitriti*'. La gente non indossa che vestiti antiquati dei genitorio deinonni*. Capita divedersireclamare vecchie croste di formaggio, o recapitare una non commissionata bara; di avere spettacoli atroci a lume di fiammifero se uno si addentra per magazzinie cantine”. Tutto soccombeinsieme alle aggressionid’un miliardario americano, di animalida giungla, ed’una morbosa disgregazione della materia**. Quante categorie contamini il romanzo non é semplice da stabilire, come per tanti altri fra imaggiori del Novecento: ai quali riservo infatti il capitolo successivo, con pit spazio per ciascuno che non sia disponibile in questo. 10. Ilmagico-superstizioso é la categoria di origine pit antica (II, 13; IV, 21). Sarebbe documentabile con testi grecidieta omerica ed attica, se avessi meno rigorosamente precisato la
non-funzionalita per essa richiesta: vincolandola alla morte di corpianimali-—al di qua ditutte le connotazioni dello strano, o di quelle del nocivo che accordano strumenti mortuariaintenti mortali. II sacrificio incruento di vegetali resta fuori da un confine di pertinenza che laletteratura greca non varcé nemmeno in eta alessandrina. E un’erba, difficile da strappare per Trattato det manichini (conclusione): tbid., pp. 35-36. Cfr. p. a (La visitazione), dove I’assurdo iperbolico precede il soprannaturale: per la somiglianza delle «case scure dalle facciate yuote e cieche», se si sbagliava la propria, si poteva perdersi «in un vero e proprio labirinto di appartamenti sconosciuti, di ballatoi, di uscite impreviste su cortili ignoti»; e ricordarsi della scala paterna solo «dopo molti giorni». °° [L’altra parte). *1 A. Kubin, Die andere Seite. Ein phantastischer Roman, Spangenberg, Miin-
chen 1975, pp. 9, 18-19, 74.
%2 Thid., p. 57. 3 Thid., pp. 85, 96-98. “4 Per quest’ultima, cfr. ibid., pp. 187, 190, 195-96.
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gliuominima non per gli déi, quella di cui Ermete muniscel’eroe dell’ Odissea contro gl’incantesimi diCirce”; Medeataglia piante e radici nel frammento d’una tragedia perduta di Sofocle*, nomina appenaivelenidaspalmare sui doninuziali nella tragedia di Euripide*”’, ha fatto un filtro col succo d’un fiore nato dal sangue di Prometeo nel poema di Apollonio Rodio ™. Colm secolo a. C., su un modello a sua volta risalente al v, si
propose il modello sul quale latinita antica e rinascimento europeo non avrebbero che rincrudito. L’uno é un mimo del siracusano Sofrone, dicuirestano meno di2oversi®”; altro él’idillio d’amore deluso, Le Maghe, di Teocrito. Nel prototipo degli elenchi futuri, scandito dalla cantilena incantatoria, si aggiunge a farina alloro cera crusca ecc. una salamandra schiacciata“. La conformita del dettato alle pratiche rituali, riscontrabile su papiri magici in questo caso, avra in seguito come alternativa l’imitazione letteraria: forma arcaicamente tecnica dell’alternativa fra precedente realta 0 letteratura (111, 3). Non mi competono confronti con le pratiche rituali se non in negativo, nei casi di evidente indipendenza daesse. Neppure mi fermero sui vari scopi a cui i materiali prestano mezzi:
dalla costrizione amorosa al rimedio dell’impotenza alla vendetta omicida, dal ringiovanimento all’invulnerabilita alla necromanzia.
II pit antico elenco latino, in un frammento di Levio poeta dell inizio deltsecolo a. C., cié tramandato dall’autore dell’e-
lenco pid tardo che sara Apuleio. Non nel suo romanzo, ma nell’orazione giudiziaria De magia“ — dove osservo comunque che cita quali autorita, in quella competenza dalla cui accusa si discolpa, anche altri poeti: specie Omero e Virgilio”.442 5 X, vv. 290-92, 302-6: Omero, Odissea cit., pp. 275, 277.
%6 menti, “7 Belles “8
Le tagliatrict di erbe ossia Le maghe, fr. 534 Pearson: Sofocle, Tragedie e framUtet, Torino 1982, t. II, pp. 964-66. Medea, v.789: Euripide, Le Cyclope, Alceste, Médée, Les Héraclides (t. 1), Les Lettres, Paris 1961, p. 152. TTT, vv. 843-66: Apollonio Rodio, Le Argonautiche, Rizzoli, Milano 1986, pp.
ant Cfr. A. S. F. Gow, Theocritus, Cambridge 1950, t. LI, p. 34. “40 Teocrito, II, vv. 17-63: Bucoliques grecs, Les Belles Lettres, Paris 1960, t. I
(Théocrite), pp. 98-100. “| (La magia). “2 Pro se de magia liber, XXX-XXXI: Apuleio, La magia, Le Monnier, Firenze
1974, p. 94; e cfr. pp. 90-92, 96-98. Per il frammento di Levio, cfr. anche I/ libro di Gato Valerio Catullo e iframmenti det «poeti nuovi», Utet, Torino 1974, pp. 420-21.
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Quest’ ultimo nella Bucolica VIII aveva latinizzato lVidillio di
Teocrito con classica imitazione, prima di fare pretesto del suicidio una magia d’amore nel libro IV dell’ Exeide (cfr. v,
8). Ma anziché il giovane Virgilio fu il giovane Orazio, negli stessi anni, a innovare per primo sugli ingredienti greci. NellEpodo V, vi immette col sangue una carica d’orrido letterariamente ludica: che eccede per sua stessa truculenza la mimesi del rituale pratico, benché sia adeguata a una situazione. Il fanciullo che apre il testo implorando, e lo chiude imprecando, sta per essere infossato da Canidiaealtre streghe. Morra di fame guardando cibi; midolla estratte, fegato disseccato, daranno un filtro contro l’infedelta del vecchio libertino amante di lei: Canidia, brevibus illigata viperis crines et incomptum caput, iubet sepulchris caprificos erutas, iubet cupressos funebris et uncta
turpis Ova
ranae
sanguine
plumamque nocturnae strigis herbasque, quas Iolcos atque Hiberia mittit venenorum ferax, et ossa ab ore rapta ieiunae canis
flammis aduri Colchicis “.
Allaltezza della generazione successiva d’una letteratura urbana e imperiale, erano regolabili una volta per sempre le distanze fraletteraturae magia. Daitempistoricil’unaavevaereditato ilpreistorico ruolo dell’altra: l’arte se lo era spartito, sublimandolo, con la religione. I ruolo d’istituzione che valorizza socialmente le liberta fantastiche — i poteri e le illusioni di « logica simmetrica » ” — del pensiero e del linguaggio umano (cfr. 1, 3). Alvecchio buio arsenale nient’affatto abbandonato,
pero a memoria di secoli emarginato, l’inoffensiva officina in servizio non avrebbe smesso di chiedere a prestito quanto “ VIII, vv. 64-104: Virgile, Bucoliques, Les Belles Lettres, Paris 1949, pp. 61-63; IV, wy. 512-16: Virgile, Enéide, livres I-VI cit., p. u8. “4 V7 vv. 15-24: Orazio, Le opere, Utet, Torino 1983, pp. 56-58. [Canidia, avvintii
capelli di corte |vipere e il capo arruffato, |ordina che fichi selvatici divelti ai sepolcri, |ordina che cipresso funebre |e uova tinte da sangue di sconcia rana |con piuma di notturna strige, |con erbe che Iolco e che |’Iberia |fornisce feconda in veleni, |e ossa strappate di bocca a una cagna affamata |brucino su fiamme da Colchide.] “© Mi riferisco a quella fondamentale prosecuzione del lavoro teorico di Freud che é il libro di I. Matte Blanco, L’inconscio come insiemi infiniti. Saggio sulla bi-
logica, Einaudi, Torino 1981: si pud vedere in particolare il cap. m (pp. 40-69); e cfr. Orlando, Iluminismo cit., pp. 7, 22-23, 115-17, 134-37.
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le serviva: con una coscienza di regressione da atterrita a divertita.
In Tibullo e Properzio, i luoghi comuni magici escono dal rito e dall’elenco per entrare nelle figure d’una retorica erotica. Sottomesso alla sua Némesi, ilprimo berrebbe per lei in un intruglio i veleni di Circe e Medea, il liquido delle cavalle in foiae« mille altre erbe» “; mentre, nella gelosia di Cinzia riferita dal servo al secondo, la macabra corporeita animale della categoria si fa reperibile nei propri sepolcrali paraggi: illum turgentis sanie portenta rubetae et lecta exsuctis anguibus ossa trahunt, et strigis inventae per busta iacentia plumae, cinctaque funesto lanea vitta toro “”.
In Ovidio non mancano rito ed elenco, sia ne Le Metamorfosi che nel Fastz. Secondo ilproposito antiquario di questi ultimi e il folclpre romano, il sacrificio alla dea Tacita si fa con mezzi domestici: granid’incenso nel foro roso da unsorcio, favenere e vino, testa di pesce e ago di bronzo — oltre a fili incantati e piombo“. Ma nel poema col quale la mitologia diventa enciclopedico intrattenimento, di cid che é meno credibile si alimenta la credulita pii goduta. Medea ha colto erbe per nove giornie notti in Tessaglia e fuori, trasvolando sul suo carro da vallia monti, da fiumialaghifamosi; pure la componente vegetale del filtro prende, nell’elenco, due versi su pit di dieci. Dopotreversi di corporeita minerali esotiche 0 esoteriche, sono quelle animali a toccare l’inverosimile insieme con lo spaventevole. Alla sintesi finale sisommano in numero iperbolico sostanze innominate: Illic Haemonia radices valle resectas Seminaque floresque et sucos incoquit atros.
Adicit extremo lapides oriente petitos Et quas Oceani refluum mare lavit harenas; Addit et exceptas luna pernocte pruinas Et strigis infames ipsis cum carnibus alas Inque virum soliti vultus mutare ferinos “46 Elegie, II, 4, vv. 55-60: Catullus. Tibullus. Pervigilium Veneris, Harvard University Press — Heinemann 1988, p. 270. “7 Elegie, III, 6, vv. 27-30: Propertius, Elegses cit., p. 272. [i sortilegi l’attraggono
di gonfio rospo velenoso ( Thid., p. 380. 0 [I viaggi di Gulliver). * Parte LI, cap. vu: J. Swift, Gulliver’s Travels, Everyman’s Library, London — New York 1954, p. 207. [armate e vestite in fogge assai grottesche, e con qualcosa nel loro aspetto che faceva rabbrividire d’inesprimibile orrore la mia carne]. %2 [Dissertaztone sulla parola vasto). *B Saint-Evremond, (Euvres en prose, Didier, Paris 1966, t. IIL, pp. 380-81 (375417). Modernizzo l’ortografia. [Vastitas, grandezza eccessiva.] [Una casa vasta ha qualcosa di orrendo alla vista; appartamenti vasti non hanno mai dato a nessuno la voglia di abitarci.] [Vastus quasi vastatus, vasto @ press’a poco lo stesso che guasto, che rovinato].
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V.II
Silence, how dead! and darkness, how profound! Nor e¥e, nor list’ning ear, an object finds;
Creation sleeps. "Tis as the gen’ral pulse Of life stood still, and nature made a pause;
An awful pause! prophetic of her end.
Pit di mezzo secolo dopo, nella prima delle Hywnen an die Nacht” diNovalis, Pio si distoglie con moto analogo dalla luce e dal mondo. Se il negativo notturno beneficia del capovolgimento divalori, cid che sta per affiorarvi sono « lontananze del ricordo, desideri della gioventt, sogni dell’ infanzia»: étempo ormai di memore-affettivo. Di nuovo, in non pid che ombre d’ immagini: Abwarts wend ich mich zu der heiligen, unaussprechlichen, geheimnissvollen Nacht. Fernab liegt die Welt — in eine tiefe Gruft versenkt — wust und einsam ist ihre Stelle’.
Senza metafisica cosmica o intima, la notte restava un tempo indifeso dal soprannaturale della nuova categoria; consono a luoghi che lo fossero pure. Era, come tanto della tematica preromantica — in un secolo dall’incomparabile progresso di socialita, tecniche ed agi del vivere —, un «ritorno del superato». Lo mostra bene I/ Giorno di Parini, fuori dalla pes? nente ironia satirica: nel grave attacco con|’avverbio « Gia... eall’imperfetto, dopo tre versi del poemetto sulla notte. Ozei illuminatissima e mondana, gia sinistra e terrifica per irudiantenati:
Terribil ombra Giganteggiando si vedea salire Su per le case e su per l’alte torri Di teschi antiqui seminate al piede.
4 NightI:Young, The Poetical Works, t. I cit., p. 2. [Silenzio, o come morto!e
buio, o come profondo! |Né occhio, né orecchio ‘deascolti trova un oggetto; |II creato dorme. E come se il polso generale |Della vita fosse fermo, e la natura facesse una pausa; |Una tremenda pausa, profetica della sua fine]. © [Innit alla notte).
16 Novalis, Werke in einem Band, Hanser, Miinchen-Wien 1982, p. 149, e cfr. la prima redazione in versi, p. 148 (pp. 147-51). [All’ingit mi volgo, verso la sacra, inesprimibile, misteriosa Notte. Via lontano giace il mondo — in una fossa profonda inabissato — spoglio e desertoé il suo luogo]. 7 Cfr. tv, 24, nota179. Nei Wilhelm Meisters Labviabhe (Anni di apprendistato di Wilhelm Meister] di Goethe, a fine secolo, dira la canzone di Philine: « Singet nicht in Trauerténen—Von der Einsamkeit der Nacht; — Nein, sie ist, o holde Schénen, — Zur Geselligkeit gemacht» [Non cantate con luttuoso accento |La solitudine della notte; |No, essa é, o dolci belle, |Fatta per la socievolezza]: libro V, cap. x (W. Goethe, Wilhelm Meisters Lebriabre, dtv, Miinchen 1962, t. I, p. 36).
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E fama é ancor che pallide fantasime Lungo le mura de i deserti tetti Spargean lungo acutissimo lamento, Cui di lontano per lo vasto buio I cani rispondevano ululando™.
1772: Le Diable amoureux”” di Cazotte é il primo testo narrativo francese in cui sia riconoscibile un genere letterario di quelliche prediligeranno le immagini della categoria. Frattanto, evocazione di Belzebu ha luogo tra le rovine di Portici. Il monitorio-solenne che la precede disorienta l’immaginazione, e riserva ai sensi oscurita impenetrabile: Ces restes des monuments les plus augustes écroulés, brisés, épars, cou-
verts de ronces, portent 4 mon imagination des idées qui ne m’étaient pas ordinaires. « Voila, disais-je, le pouvoir du temps sur les ouvrages del’orgueil et de lindustrie des hommes». Nous avancons dans les ruines, et enfin nous sommes parvenus presque 4 tatons, a travers ces débris, dans un lieu si obscur, qu’aucune lumiére extérieure n’y pouvait pénétrer ”.
Nella Francia degli anni ’80 e’90 sono contemporanei del romanzo gotico inglese, clandestinamente, i romanzi di Sade™. [loro paradossale e antisociale illuminismo esclude il soprannaturale; il che sembrerebbe escluderli dal nostro interesse
qui. Ma quando la novita delle loro immagini gradua 0 raffina effetti di spavento, incide in un ordine soprannaturale con cui lo spavento non pud non comunicare, all’estremita regressiva einfantile dell’ignoto. Scevre da segni d’un decorso di tempo, 8 Tq notte, vv. 10-13, 24-28: Parini, I/ Giorno, Rusconi, Milano 1984, pp. 325-26.
E noto che Foscolo ha richiamato questo passo, parlando di Parini, nei vv. 78-86 di Dei Sepolcri (cfr. U. Foscolo, Opere, Mursia, Milano 1966, p. 27): con immagini sinistre in un capolavoro di poesia tombale, a proposito di cui se non si pud parlare di venerando-regressivo é solo per deficienza di rappresentazioni corrispondenti all’interpretazione (V, 1).
> [Il diavolo innamorato). 2 J. Cazotte, Le Diable amoureux, Flammarion, Paris 1979, p. 57. [Questi resti dei monumenti pit augusti crollati, spezzati, sparsi, coperti di rovi, portano alla mia immaginazione idee che non m’erano ordinarie. «Ecco, dicevo, il potere del tempo sulle opere dell’orgoglio e dell’industria degli uomini». Ci avanziamo fra le rovine, ed eccoci infine giunti quasi a tastoni, attraverso quei resti, in un luogo cosi oscuro che nessuna luce esterna poteva penetrarvi]. °1 Nella Idée sur le romans (Idea sui romanzt] (premessa a Les Crimes de l'amour (I crimini dell’amore] nel 1801), Sade si pronuncia non su questa contemporaneita letteraria, ma su quella fra il genere inglese e le « scosse rivoluzionarie di cui Europa intera risentiva». Esso ne é «il frutto indispensabile »: in un’epoca di sventure intensificate al di la del romanzesco, per interessare bisognava «chiamare a soccorso |’inferno»: Marquis de Sade, Euvres completes, Au Cercle du Livre précieux, Paris 1966, Pep
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le immagini di Sade pit che occuparlo articolano e dilatano lo spazio: nel quale un insormontabile isolamento é condizione della volutta crudele, e non solo della sua impunita. I castello di Silling nella Foresta Nera, dove si celebrano Les 120 Journées de Sodome™, & riparato—come per cerchi concentrici — dall’ impraticabilita d’una strada, d’una montagna, d’un precipizio. Ha una segreta per le torture a trecento gradini sotto-
terra: « Et 1a, que de tranquillité! Jusqu’a quel point ne devait pas étre rassuré le scélérat que le crime y conduisait avec une victime! »”. La sicurezza dei carnefici é l’altra faccia della paura delle vittime — e verra come fasciata ancora dalla neve che colma la valle™. In uno dei racconti, il punto di vista si fa quello se non della vittima della sua accompagnatrice, nel palazzo d’un duca necrofilo: Par des détours et des corridors aussisombres qu’immenses, nous parvenons enfin 4 un appartement lugubre, seulement éclairé de six cierges, placésaterre autour d’un matelas de satin noir; toute la chambre était tendue de deuil, et nous fimes effrayées en entrant ”.
Nellaversione finale del romanzo redatto tre volte, La Nouvelle Justine ou Les Malheurs de la vertu™, la terza persona ha sostituito la prima; non é mutato il punto divista della vittima che, in certe transizioni narrative, va scoprendo dall’esterno luoghi e dispositivi del sadismo. L’aspettazione passiva coi suoi accrescimenti angosciosi vale ben pit, letterariamente, chel’esercizio attivo dimonotona pornografiae prolissa ideologia perversa. Archetipo di suspense é l’arrivo al convento di Sainte-Marie-des-Bois: Justine avvista a distanza un campanile, s'informa, cerca invano di farsi accompagnare, lo perde di
vista, ha sottovalutato la distanza. « Cependant nulle trace humaine ne se présente a ses yeux: pas une maison, et pour tout
chemin un sentier hérissé de broussailles, et qui paraissent ne devoir servir qu’a des bétes fauves». La distanza dall’abitato 2 [Le 120 gtornate di Sodoma).
* Introduction: Marquis de Sade, (Euvres complétes, Au Cercle du Livre précieux, Paris 1967, t. XI, pp. 44-45, 48-49. Il corsivo é mio. [E la, quale tranquillita! Fino a che punto non doveva sentirsi rassicurato lo scellerato che il delitto vi conduceva insieme a una vittima!]
*4 Ibid., p. 207. > Parte I, giornata XXIX: zbid., p. 328. [Attraverso svolte e corridoi cupi quanto immensi, arriviamo infine a un appartamento lugubre, rischiarato solo da sei ceri, postia terra intorno a un materasso di raso nero; tutta la camera era parata a lutto, e fummo spaventate entrando]. °26 [La nuova Justine o Le sventure della virti].
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anticipa le sorprese dell’interno”’; se la topografia ripete 1’inaccessibilita di Silling, la sua descrizione éstavolta una perorazione contro la speranza di evadere. Porta mascherata, lungo budello discendente oscuro e sinuoso, sotterranei, carceri con topiramarri rospie serpenti, fitta mimetizzazione in fore-
sta al di sopra —e
cimitero scoperto delle vittime, con «terra
mollee flessibile » e un cranio, da cuil’evasione infine riesce ™. Il castello del conte di Gernande non é isolato che da un gran 528
parco ed alte muraglie: « Mais il s’en fallait bien que ce vaste batiment fit aussi peuplé qu’il paraissait fait pour |’étre... »; « Aprés avoir traversé une longue file d’appartements, aussi sombres, aussi solitaires que le reste du chateau...» ”. L’elevazione isola quello del falsario Roland (che compensa in profondita con la sua cava diatrocita figurate ed attuate, al disotto di pit porte e d’una ripida discesa oltre la scala): ... lorsqu’elle apercut enfin un chateau perché sur la créte d’une montagne, au bord d’un précipice affreux dans lequel il semblait prét a s’abimer. Aucune route ne paraissait y tenir; celle que l’on suivait, seulement pratiquée par des chévres, remplie de cailloux de tous cétés, arrivait cependant 4 cet effrayant repaire, ressemblant bien plutét 4un asile de voleurs qu’a l’habitation de gens honnétes™. 27 Cap. vu: Marquis de Sade, Euvres complétes, Au Cercle du Livre précieux,
Paris 1966, t. VI, pp. 301-4. Cfr. la versione del 1787, t. XIV, 1967, pp. 388-90, e quella del 1791, t. II, 1966, pp. 158-60; solo in questa del 1797 é ancora precedente, ma breve, larrivo al castello selvaggiamente situato di M. de Bandole, t. VI cit., p. 282. [Frattanto nessuna traccia umana si presenta ai suoi occhi: non una casa, e per tutta strada un sentiero irto di cespugli, che sembrano dover servire solo a bestie feroci]. >8 Capp. 1x e x11: tbid., pp. 353-56 (cfr. 309-10); e Marquis de Sade, Euvres complétes, Au Cercle du Livre précieux, Paris 1966, t. VII, pp. 85-88. 17or: t. ID cit., pp. 177-79 (cfr. 163), € pp. 222-25. 29 Cap. xu: Sade, Ewvres completes, t. VII cit., pp. 121-22, 133. 1791: t. IL cit., pp. 228-29, 236. [Ma questa vasta costruzione era ben lontana dall’essere popolata quanto pareva fatta per esserlo...] [Dopo aver traversato una lunga fila d’apparta-
menti, cosi cupi, cosi solitari come il resto del castello...] 0 Cap. xvi: Sade, Euvres completes, t. VII cit., p. 299 (e cfr. pp. 305-6). 1791: t. III cit., pp. 267-68 (e cfr. 273-74). Qui, anche 1787, t. XIV cit., pp. 426-27, con due varianti interessanti: é dichiarata una awversione presa dalla giovinetta «per tutti i luoghi isolati»; si ha il soprannaturale, invece del criminale, nella presentazione del castello: «donnait plutét l’idée d’une habitation de revenants que de celle de gens faits pour la société» [dava piuttosto l’idea d’una abitazione di spettri che non di gente fatta per la societa.] Che possa esservi una reminiscenza di questo castello in quello dell’innominato di Manzoni (Manzoni, Tutte le opere, vol. II, t. Icit., pp. 338-39), trova conferma una pagina dopo: quando Don Rodrigo é «fatto passare per un andirivieni di corridoi bui» (p. 340). [... quando infine essa scorse un castello issato sulla cresta d’una montagna, all’orlo d’un precipizio orribile in cui sembrava pronto a sprofondare. Nessuna strada pareva entrarci; quella che seguivano, praticata solo da capre, piena di sassi da ogni parte, arrivava tuttavia a quello spaventoso covo, ben pitt somigliante a un asilo di ladri che all’abitazione di gente onesta].
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1777:. The Old English Baron di Clara Reeve -fra Walpole e la Radcliffe—fu ilsecondo testo narrativoinglese a denominarsi, in un sottotitolo, A Gothic Story”. Il giovane Edmund deve pernottare, per prova, nell’appartamento spettrale del castello: la cui chiave sitarda a scoprire «amonga parcel of old rusty keys in a lumber room». Rimasto solo, esamina la camera: ... the furniture, by long neglect, was decayed and dropping to pieces; the bed was devoured by the moths, and occupied by the rats, who had built their nests there with impunity for many generations. The bedding was very damp, for the rain had forced its way through the ceiling...
La descrizione si estende brevemente a una stanza attigua,
«the furniture of which was in the same tattered condition». E la prima in assoluto, se non m’inganno, a presentare seriamente un interno deteriorato con elementi di cosi concreta bassezza: in altre parole, senza frusto-grottesco. Con quello che sarebbe il pid precoce logoro-realistico, se nel contesto l’inequivocabile effetto di aspettativa inquietante non ne facesse un sinistro-terrifico. Storicamente i conti tornano, dal momento che il terrore era sentito come variante del sublime: solo, quindi, poteva dispensare a un letto in preda a tarme e topi pari gravita che alle rovine di Portici. Come queste ultime, le immagini che meriterebbero il nome misto di « sinistro-realistico » (cfr. 11, 9) preparano al soprannaturale mediante un senso di tempo trascorso, che equivale a un pit o meno percettibile tanfo di morte (rv, 22).
I secoli che il racconto gotico stesso avrebbe attraversati si materializzano, sempre nella Reeve per la prima volta, in un manoscritto da cui lo si desume; e, sia pure dove lo si vuole
abbreviare, i caratteri «are effaced by time and damp»’””. La sovrabbondanza di tempo, nelle ricorrenze codificate della categoria, resta intercambiabile 0 congiungibile con quella di spazio. L’una come I’altra distesa vuota sottintende la ve*1 [Il vecchio barone inglese (ma il titolo della prima edizione era The Champion of Virtue [Il campione di virtu]). Una storia gotica).
%2 C, Reeve, The Old English Baron. A Gothic Story, Oxford 1977, pp. 41-42. [tra un mucchio di vecchie chiavi arrugginite in un ripostiglio]. [... il mobilio, per lunga negligenza, era guasto e cadente a pezzi; il letto era divorato dalle tarme e occupato dai topi, che ci avevano costruito i loro nidi impunemente per molte generazioni. L’apparato del letto era umidissimo, poiché la pioggia era penetrata a forza dal soffitto...] [il cui mobilio era nella stessa lacera condizione]. 3 Thid., p. 27. [sono cancellati dal tempo e dall’umidita].
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rita formulata con le seguenti parole da Gautier: «tant les choses faites pour ’homme et d’ot homme est absent prennent vite un air surnaturel! »™. * Il secondo maggiore romanzo della Radcliffe, The Italian”, & pia vicino a Sade per aspettative di spavento in cui non si esplicitano illusioni di soprannaturale. La carrozza che conduce alle prigioni dell’ Inquisizione passa dai monumenti di Roma antica, ed anche qui é il monitorio-solenne a esorbitare nel tempo; attraverso una periferia derelitta, lungo immense mura senza spiragli, si giunge alla meta ‘dove esonbiianic €© uno spazio intravisto, intuito, ascoltato, fiutao”. A parita di ambientazione claustrale cattolica, in The Monk di Lewis, un tale spazio si contrae in quello soffocante della sepolta viva. L’orrore si contamina con uno schifo da sterile-nocivo, e gli estremismi barocco e surrealista (0 espressionista) si toccano, nel passo dove rincara su Shakespeare il romanzo che tradurra liberamente Artaud: nelle sensazioni del rospo lungo il seno della donna, del ramarro fra i suoi capelli, dei vermi della putredine intorno alle sue dita”. L’esumazione d’un cadavere chiude l’eccezionale romanzo dove il demoniaco alita sul calvinismo anziché sul cattolicesimo, The Private Memoirs and Confessions of a Justified Sinner™ di Hogg. L’asciuttezza della cronaca finale quadra pero con l’assenza d’immagini della categoria nelle due narrazioni precedenti: solo il libello che contiene la seconda, trovato nella tomba, é «damp, rotten and yellow»””. Pure «discoloured, obliterated, and mutilated», con pagine «mouldy and crumbling »,e ilmanoscritto dove viene letto il primo racconto in Melmoth the Wanderer™ (1v, 24). Ma qui 4 Gautier, Le Capitaine Fracasse cit., p. 8. [tanto le cose fatte per l’'uomo e da cui P'uomo é assente acquistano presto un’aria soprannaturale! ] 5 (L’Italiano). %6 Libro II, cap. vi: A. Radcliffe, The Italian, Oxford 1968, pp. 195-97,€poi 201, 309-1, 325-26. Céfr. la casa solitaria in riva all’ Adriatico, PP. 209-12, 232; la villa distrutta dal terremoto, pp. 260-65; le porte di citta in rovina, p. 273. 37 Libro II, cap. x1: Lewis, The Monk cit., pp. 395-96, e prima 384-85, 390. Visione notturna di castello parzialmente rovinato, pp. 165-66. 8 [Confessioni e memorte di un peccatore giustificato). 89 J. Hogg, The Private Memoirs and Confessions of a Justified Sinner, Oxford 1981, Ppp. 243-45, 249-53. [umido, marcio e giallo]. 5” LibroI,cap. mt: Maturin, Melmoth cit., pp. 21, 44. Lo stato del manoscritto lo rende a piti riprese indecifrabile, in coincidenza con colmi di orrore morale: pp. 23, 24, 25, 29, 33, 34, 41, 44 (solo a p. 43 una censura morale si fa valere senza il concorso di cause fisiche). [scolorito, cancellato e mutilo]. [muffite e disfatte].
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il sinistro-terrifico comincia a fare a meno di rovine o sotterranei edi castelli o conventi: si sovrappone al logoro-realistico della casa d’un vecchio avaro, descritta nel suo squallore
sia all’esterno che all’interno. II ritratto dell’antenato che non é mai morto si trova rinchiuso con «a great deal of decayed and useless lumber, such as pear be supposed to be heaped up to rot in a miser’s closet...» ”".Maturin va gia al di la delle reazioni parodiche che la plans aveva provocate: come quella caricaturalmente convenzionale della Nightmare Abbey” di Peacock, maniero «in a highly picturesque state of semi-dilapidation», il cui erede costruisce «models of cells and recesses, sliding panels and secret passages, that would have baffled the skill of the Parisian police»”. O come quella deliziosamente narrativa della Austen in Northanger Abbey™, dove la giovanissima lettrice di romanzi possiede capacita d’elaborazione misteriosa del reale degne di don Chisciotte, e il suo innamorato ne istruisce la disillusione me-
no in rapporto alla verosimiglianza assoluta che a una illuminata contemporaneita inglese””. Con Hoffmann, come avevamo visto (Iv, 25), entra nel co-
dice un sinistro-terrifico non relegato in siti remoti: contiguo allo spazio e tempo normale, appena nascosto o addirittura 541 Libro I, cap. 1: tbid., p. 13; descrizioni alle pp. 6-7, 19. Di pit alto rango la casaa p. 24; nella tradizione le rovine di monastero, cimitero e cappella (cfr. tv, 24, nota 184), e ben fuori dal quotidiano quelle della pagoda di Siva, pp. 212-13, 243, 245, 246. (una gran quantita di scarti sciupati e inutili, quali si poteva supporre che stessero ammucchiati a marcire nel ripostiglio d’un avaro...]
*2 [L’abbazia Incubo).
8 Capp. 1, u: T. L. Peacock, Nightmare Abbey. Crotchet Castle, Penguin 1986, pp. 39, 48; e cfr. rispettivamente pp. 42, 46, 49; pp. 47, 92, 14. [in uno stato altamente
pittoresco di semistacelo]. [modelli di celle e recessi, pannelli scorrevoli e passaggi segreti, che avrebbero confuso |’abilita della polizia parigina]. 4 [Labbazia di Northanger). *# J. Austen, Northanger Abbey. Persuasion, Everyman’s Library, London —- New York 1966, p. 163 (cap. XxIv): «Remember the country and the age in which we live. Remember that we are English, that we are Christians. [...]. Does our education prepare us for such atrocities? Do our laws connive at them? Could they be perpetrated without being known, ina country like this...2 » [Ricordatevi del paese e dell’epoca in cui viviamo. Ricordatevi che siamo inglesi, che siamo cristiani. [...]. La nostra educazione ci prepara forse a tali atrocita? Le nostre leggi forse le tollerano? Potrebbero esser perpetrate senza che lo si sapesse, in un paese come questo...?] In almeno due passi le fantasticherie di Catherine si concretano in sfondi edilizi da romanzo gotico: pp. 68, 12-13. In Vanity Fair di Thackeray, gli interni troppo ampi e cupi delle case dei Crawley, sia di citta che di campagna, suggeriscono a Rebecca spettri, e il ricordo stesso di Udolpho (Thackeray, Vanity Fazr cit., pp. 67, 72). Quanto all’effetto della lettura di tali romanzi nella Histoire de ma vie di G. Sand, vedi sopra Ja nota 181. *
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esposto entro il moderno agglomerato urbano. Come a fine secolo nell’ésempio di Stevenson (11, 14) — e in quello di Stoker, che ci aveva fatto opporre una direzione centripeta a una centrifuga nei luoghi del soprannaturale (Iv, 26). Das 6de Haus™ che da il titolo a un racconto non é insignificante all’esterno, come la casa del cavaliere Gluck; e l’interno ne sara pit fuggevolmente visto e descritto. Risalta subito come un enigma fra i sontuosi edifici della strada pit frequentata, col tetto mal riparato, le incollature di carta alle finestre e i muri senza colore. Particolare simbolico d’una frattura nella contiguita spaziale: il portone manca di campanello, serraturao maniglia™’. In Poe invece, cosi spesso grande anticipatore tematico, ha un continuatore la tradizione centrifuga attraverso l’originalita dell’incubo che fa da variante. Nella prima fase di The Fall of the House of Usher™, il luogo é detto raggiungibile in non meno d’un intero giorno; giorno e petcorso ne annunciano l’oppressione. C’é «un mistero del tutto insolubile» nella contemplazione della casa, «un’atmosfera peculiare » di essa e dei dintorni— come dell’interno col suo mobilio «copioso, scomodo, antiquato e disfatto»”. Emana da un’intersezione, implicita o ragionata, fra classi logiche non compatibili: cose che in quanto inanimate non potrebbero essere né vive né morte, sono presentate come ant-
mate in quanto vive e morte insieme. II soprannaturale finale sta nelle inesplicabili coincidenze fra i suoni evocati in una lettura e i loro echeggiamenti lontani, non nel fatto in sé che la seppellita risalga dalla sua bara”. Ma lo anticipa, pit che prepararlo, l’insieme d’immagini della casa quale cadavere vivente: come altrove il vascello (11, 15; e cfr. Iv, 31) ”. Le pietre di essa, a cui l’insano proprietario attribuisce sensibilita ed influsso™, esprimono una contraddizione sinistra nel loro stato di conservazione: The discoloration of ages had been great. Minute fungi overspread the whole exterior, hanging in a fine tangled web-work from the eaves. Yet 4 [La casa deserta). 47 Hoffmann, Samtliche poetischen Werke, t. 1. Phantasiestiicke cit., pp. 735-36; ver l’interno, pp. 743, 753 (anche qui, come in Ritter Gluck, « sfarzo antiquato »: «in ~ altertiimlicher [anziché verjahrter] Pracht», cfr. ibid., p. 25). >48 (La caduta della casa Usher). * Poe, Tales cit., pp. 128-31. 0 Ibid., pp. 141-44. *1 Cfr. Iv, 31, nota 271. %2 Poe, Tales cit., p. 137.
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all this was apart from any extraordinary dilapidation. No portion of the masonry had fallen; and there appeared to be a wild inconsistency between its still perfect adaptation of parts, and the crumbling condition of the individual stones. In this there was much that reminded me of the specious totality of old woodwork which has rotten for long years in some neglected vault, with no disturbance from the breath of the external air>’,
Che la bilancia in oscillazione fra credito e critica sia la forma tipica del soprannaturale ottocentesco (II, 9), é vero solo se si prescinde dalle soluzioni strettamente narrative, in senso o meraviglioso o verosimile: se basta che il dubbio sia presente allo stato di tema. Da che parte stanno in tale oscillazione, quando ce ne sono, le immagini della categoria? Come é necessario in una formazione di compromesso, da entrambe le parti: possono contribuire insieme ad accreditare il soprannaturale in uno spazio-tempo che gli si addice, e ad eccepirgli come alternativa critica la suggestione ol’allucinazione. La novella Apparition” di Maupassant, pur chiudendosi su una prova della consistenza del fantasma, ne tematizza il dubbio. Una pagina prima dello sfondo che cito, si é appreso I’estremo abbandono all’esterno del castello; poche righe dopo, risulta impossibile far luce da finestre troppo arrugginite: L’appartement était tellement sombre que je n’y distinguai rien d’abord. Je m’arrétai, saisi par cette odeur moisie et fade des piéces inhabitées et condamnées, des chambres mortes. Puis, peu 4 peu, mes yeux s’habituérent a l’obscurité, et je vis assez nettement une grande piéce en désordre...°°. .
La Chevelure”™ & un esempio impuro, o lo sarebbe se il sinistro-terrifico non fosse una categoria parassitaria. Si conta* Ibid., p.130. [Lo scoloramento delle eta era stato grande. Minuti funghi ricoprivano l’intero esterno, pendendo in un bel tessuto aggrovigliato dai cornicioni. Pure tutto cid non si accompagnava a un eccessivo sfacelo. Nessuna porzione della muratura era caduta; e sembrava esserci una violenta incoerenza fra il suo adattamento di parti ancora perfetto, e la condizione sgretolata delle singole pietre. In cid c’era qualcosa che mi rammentava la speciosa integrita di vecchio legno che sia marcito per lunghi anni in una volta sepolcrale negletta, senza esser disturbato dal soffio dell’aria esteriore]. 4 [Apparizione]. : > Maupassant, Contes et nouvelles, t. I cit., pp. 782-84 (780-87). [L’appartamento era talmente buio che dapprima non distinsi niente di esso. Mi fermai, colpito dall'odore ammuffito e stucchevole degli ambienti disabitati e condannati, delle camere morte. Poi, a poco a poco, i miei occhi si abituarono all’oscurita, e vidi abbastanza
nettamente un grande ambiente in disordine...] 6 [La capigliatura).
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mina col prestigioso-ornamentale e, meno ovviamente, col
memore-affettivo: la passione per I’antiquariato divaga fino alla necrofilia immaginaria e alla pazzia. Un mobile italiano del Seicento pud essere comprato e collocato nella propria camera. Ma é un nascondiglio il cassetto dove giace il feticcio fatale: il tempo morto non soprawvive che dentro un minimo spazio rimosso”. Anche il progresso tecnico del resto pud creare spazi rimossi, senza altri tempi morti né altro sopran-
naturale che una paura presaga o conscia di delitto. Spira dalla casa obliqua, in un giardino che ha tagliato la ferrovia, de La Béte humaine” di Zola; la rendono sperduta e infrequentata da un lato un lungo tunnel, dall’altro un sentiero mal tenuto accanto al binario”. Oltre la soglia del Novecento, nessun soprannaturale se non l’incombenza d’una misteriosa morte anche nel racconto di Conrad The Inn of the Two Witches. A Find”. I sottotitolo segnala la mediazione tradizionale per aprire profondita . di tempo: un manoscritto, sotto libri comprati a Londra «in a street which no longer exists, from a second-hand bookseller in the last stage of decay». Ma solo secondariamente é affidata a immagini delle categorie temporali ’arretratezza infida d’una Spagna costiera del 1813, per un inglese. Qualche logoro-realistico negli indumenti d’indigeni; ciarpame nelle stanze vuote della locanda, polvere sul pavimento della stanza mortale™. Un accenno di venerando-regressivo nel 7 Maupassant, Contes et nouvelles, « Bibliotheque de la Pléiade », 1979, t. IL, pp. 108-10 (pp. 107-13). In un’altra novella raccontata da un pazzo, Qui sait? (Chi sa?], l’attaccamento ai mobili d’antiquariato é pagato con la loro fuga visibile dalla casa e misterioso ritorno. La commercialita del prestigioso-ornamentale sembra un abuso, per un elenco — chiuso da un tabernacolo «d’ot Dieu avait déménagé» [donde Dio aveva traslocato] — di oggetti « qui survivaient a leurs naturels possesseurs, a leur siécle, a leur temps, a leurs modes, pour étre achetés, comme curiosités, par les nouvel-
les générations » [che sopravvivevano ai loro naturali possessori, al loro secolo, al loro tempo, alle loro mode, per esser comprati, come curiosita, dalle nuove generazioni]: thid., p. 1232 (pp. 1225-37). 8 [La bestia umana). *°? Cap. u: Zola, Les Rougon-Macquart, t. IV cit., pp. 1025-26; cfr. pp. 1009, 1037,
1133, 1134-35, 1188, 1275-76, 1299.
° [La locanda delle due streghe. Un ritrovamento].
* J. Conrad, Within the Tides, Penguin, 1978, pp. 119-20. [in una strada che non esiste piu, da un libraio di seconda mano all’ultimo stadio della decadenza).
%82 Thid., pp. 123 (cappello dell’ometto), 124 (giacca dell’adolescente), 136 (calze della ragazza); pp. 136, 138, 140.
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letto stesso dall’énorme baldacchino, dove ha dormito un ar-
civescovo e che ne sembra degno, come nelle poltrone di enorme peso « like the spoils of a grandee’s palace» ”’. Esclusa ogni mistura da streghe in una pentola di odore appetitoso”, restano primarie immagini indirette e vuote di spazio: «the spot seemed the most lonely corner of the earth and as if accursed in its uninhabited desolate barrenness»; «the desert solitudes he had been traversing for the last six hours —
the oppressive sense of an uninhabited world». Spazio agoratobico apparente, che avvia alla claustrofobia del letto dell’arcivescovo. Fra spazio e tempo é la sconcertante innovazione con cui il capolavoro spettrale di James (Iv, 26) fu emulato in una storia di Edith Wharton: Afterward”. La casa acquistata da una coppia americana in fondo a una contea ha lo spessore europeo di passato, la scomodita non moderna che romanticamente, «perversamente» si desideravano~’. Quanto al fantasma, non sarebbe riconoscibile se non
molto dopo averlo visto: chi viene ad avverare la leggenda non appartiene al luogo, fa vendetta di colpe commesse oltre oceano ed é morto da un giorno. Eppure é la casa che gli tiene il segreto™, che ne ha reso possibile, come dubitarne? la venuta. le nn
Meyrink, l’autore di Der Golem”, era il bastardo d’un nobile e d’una ebrea; ha estratto incubi da quella memoria storica che nel mondo moderno, oltre i nobili, i soli ebrei coltivano in linea retta. Le sue case del ghetto di Praga ripetono, come in uno specchio deforme, l’irrazionalita edilizia del vecchio mondo feudale (v, 6). Di aspetto «sinistro e malan-
dato», sono sorte nei secoli «senza riflessione » né riguardo Puna per l’altra, «come erbaccia che erompe dal suolo»: « Dort ein halbes, schiefwinkliges Haus mit zuriickspringender Stirn, — ein andres daneben: vorstehend wie ein Eck© Ibid., p.137; cfr. prima p. 134, poi pp. 143-44. [come le spoglie del palazzo d’un
patrizio].
*4 Tbid., p. 132. *© Ibid., pp. 125, 130-31 e passim. [il posto sembrava il pid solitario angolo della terra e come maledetto nella sua disabitata desolata nudita]. [le deserte solitudini che era stato ad attraversare nelle ultime sei ore — il senso opprimente di un mondo disabitato]. * [Dopo].
*7 EF. Wharton, The Ghost Stories, Scribner, New York 1973, pp. 48, 49-50. *8 Ibid., pp. 51, 52, 71-72. *® [Il Golem].
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zahn »””. Dietro le facciate e git per segrete scale, si espandono in penetrali e sotterranei da tradizione gotica i recessi e ripostigli ebraici di Kafka 0 di Schulz (v, 9). Al centro dell’onirica trama é la camera priva di accesso con finestra a grata, leggendario ritiro del Golem; il protagonista che se n’é fatto un simbolo perviene ad essa, vi passa una notte, ne evade in quell’abito medievale che vi ammuffiva nel vuoto in un angolo™. Il racconto si apre con le « cose morte, senza valore» del rigattiere che, se un qualche passante ne chiede il prezzo, lo mette in fuga borbottando incomprensibilmente sotto il labbro leporino”. Si chiude col «risanamento» del ghetto: tra le cui macerie”’, misteri ed orrori dovrebbero essere spazzati insieme alla memoria. Le ricorrenze codificate in questo romanzo, del 1915, sono certo fra le pid tarde di qualita letteraria. Nel nostro secolo il sinistro-terrifico non é continuato (salva ogni eccezione) che in una produzione di consumo; o é passato, con le immagini del cinema, ad altro linguaggio. 12. Se per il prezioso-potenziale si puo parlare di ricorrenze codificate, pid che in generi letterari le sue costanti di materia del contenuto si formalizzano in topoz di lunga durata. Linee e gradi di tale formalizzazione rendono qui preferibili, invece d’un approssimativo ordine cronologico unitario, due serie successive: secondo lo statuto che ha, nella
realta immaginaria dei testi, la « risorsa » in cui termina la definizione della categoria. Secondo che essa valga su un piano letterale-fattuale, oppure metaforico-simbolico. Nella misurain cuii due piani sono distinguibili, sul primo il valore materiale corrisponde per lo pit a ricchezza, e spesso quindi a potenza; sul secondo, all’immaterialita di valori culturali o morali. Ricchezza e potenza, peraltro, non figurano sempre come moralmente né perfino materialmente benefiche o innocue. L’accento sui loro effetti malefici é, in altre parole, >” G, Meyrink, Der Golem, Ullstein, Frankfurt am Main — Berlin 1990, p. 32. [La una mezza casa ad angoli obliqui, con fronte rientrante, — un’altra accanto: sporgente come un dente canino]. 1 Ibid., pp. 50, 57-58, 103-9, 114 (l’abito é del Seicento a p. 191). 52 Thid., pp. 12, 14-16; cfr. p. 34, pioggia e ruggine; p. 10, « cose morte» anche nella camera senza accesso; p. 266, un memore-affettivo fra «piccole anticaglie senza valore». 3 Thid., pp. 258-61. Cfr. l’altra leggenda, del « muro dell’ultimo lampione» (con la sua visione alchemica e il suo prezioso-potenziale millenario), pp. 186, 191-92.
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Vevenienza d’un prezioso-potenziale rifiutato: rifiuto da non confondere, come per nessun’altra categoria semipositiva, con una commutazione nella negativa corrispondente. E vero che stavolta entrambi ifenomeni, nell’intrinsichezza con cui si alternano e si accordano, sembrano rimandare pit del solito all’ambivalenza delle ambivalenze. Quella delle feci:
posta da Freud all’origine di quella dell’oro e del danaro. Ricalcata tanto dalla reversibilita singolare fra prezioso-potenziale e sterile-nocivo (Iv, 31), quanto dal rovesciamento frequente del valore nascosto in un disvalore nefasto. Dal canto suo Marx, fra le ragioni per cui l’assunzione di oro ed argento a danaro é cosi universale, conta le loro proprieta estetiche: « Appaiono in certo qual modo come luce solida, che viene estratta scavando dal mondo sotterraneo...»™. Archetipo biblico di promessa benefica, due versetti del Libro di Isaia. Scritti due secoli dopo il profeta (cfr. tv, 28), poichéé a Ciro re di Persia che si rivolge l’Eterno; e prodiga assicurazioni di onnipotenza, per essere da lui riconosciuto: «et she tibi thesauros absconditos; — et arcana secretorum...»””. Evanto del Prometeo di Eschilo avere rivelato per oe «i beni — all’interno della terra nascosti agli uomini, — bronzo, ferro, argento e oro...» ”. Orazio da il paradigma classico, invece, d’un oro la cui cupidigia travalica per eccellenza una morale della misura; meglio ignorato, percid, che malefico: « Aurumi inrepertum et sic melius situm, — cum terra celat...»””. La Terra éla madre degli Dei,iquali si disputano un hehe nell’ Hymne de l’Or™ di Ronsard. Ed é lei che se lo aggiudica, a spese di Nettuno, dischiudendo il metallo sconosciuto e innominato delle sue viscere: .. la Terre leur mére épointe de douleur Qu’un autre par sur elle emportait cet honneur, 4 Zur Kritik der politischen Okonomie: Marx e Engels, Werke, t. XIII cit., p. 130. La rarita dei diamanti nella crosta terrestre ne fa la materia pit idonea a esemplificare il rapporto direttamente proporzionale fra tempo di lavoro e valore: cfr. Marx, Das Kapital, in Werke, t. XXIII cit., pp. 54-55. Ts, XLIV 3: Biblia Sacra cit., p. 915. Le ti dard i tesori nascosti; |e le ricchezze del segreto dell’arca...] 76 Prometeo incatenato, vv. 500-3: Eschyle, Les Suppliantes, Les Perses, Les Sept contre Thébes, Prométhée enchainé (t. I), Les Belles Lettres, Paris 1963, p. 178.. 7 Carm., I, I, 49-50: Orazio, Le opere cit., p. 330. Cfr. Sat. I, I, 41-42 e Carm. Il, I, 1-4: hzd., pp. 90, 290. [L’oro non ancora scoperto e meglio situato |nella terra che lo nasconde...] 8 [Inno dell’oro].
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Ouvrit son large sein, et au travers des fentes De sa peau, leur montra les mines d’OR luisantes... Incontinent les Dieux étonnés confessérent
Qu’elle était la plus riche, et flattants, la pressérent
De leur donner un peu de cela radieux Que son ventre cachait, pour en orner les Cieux, (Ils ne le nommaient point, car ainsi qu’il est ores L’OR, pour n’étre connu, ne se nommait encores)... ”.
Orazio deprecava l’oro, contraddittoriamente ma non a caso, in un contesto d’imperialismo romano”™. L’imperialismo moderno a copertura cristiana non patisce di contraddizioni, nel poema nazionale portoghese che ispira: Os Luséadas™ di Cam6es. Alla guerra in cui dovrebbero unirsi i popoli europei, contro gli infedeli che detengono il Sepolcro divino, la ricchezza di terre estranee é una bastante motivazione
suppletiva. Nel soffio d’una ottava, il verso che precede quest'idea fa d’un continente intero cid di cui lo da per metonimia quale contenitore sconfinato, un prezioso-potenziale: Em Lidia, Assiria, lavram de ouro os fios; Africa esconde em si luzentes veias. Mova-vos ja, sequer, riqueza tanta, Pois mover-vos nao pode a Casa Santa ®.
Altrove proiezioni simili investono una parte piu circoscritta dell’ Africa, un’isola del Golfo Persico, I’India: Nal[s]ce por éste incdgnito Hemisfério O metal por que mais a gente sua,
*” Vy, 267-94: Ronsard, CEuvres completes, t. VIL cit., pp. 191-92. Modernizzo lortografia. L’elogio dell’oro non espone il poeta al sospetto di avarizia, poiché perde il favore delle Muse chi serba con attaccamento « Quelque trésor moisi dans un coffre rouillé » [Qualche tesoro ammuffito in una scrigno rugginoso]: wv. 27-32, p. 181. [... la Terra loro madre punta dal dolore |Che un altro su di lei riportasse quest’onore, | Apri il suo largo seno, e attraverso le fenditure |Della sua pelle, mostré loro le mine
d’ORO lucenti... |[...]. |Immantinente gli déi stupiti confessarono |Che era lei la pit ticca, e lusingando la incitarono |A donar loro un poco della cosa radiosa |Che il suo ventre racchiudeva, per adornarne i Cieli, |(Non gli davano un nome, poiché non come adesso |L’ORO, non conosciuto, si nominava ancora)...]
%80 Cfr. i vv. 42-48, 53-56 dell’ode citata (Orazio, Le opere cit., pp. 330, 332). 8 [7 Lusiad1].
%82 VII, ott. m1, vv. 5-8: Camées, Obra completa, Aguilar, Rio de Janeiro 1963, p. 165. [In Lidia, Assiria, si elaborano fili d’oro; |Africa nasconde in sé lucenti vene. |Vi
muova dunque almeno ricchezza tanta, |Poiché muovervi non pué la Casa Santa]. 58 X, ott. 93, vv. 5-6: zbid., p. 250. [Nasce per questo incognito Emisfero | Il metallo per cui la gente pit suda].
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Atenta a ilha Barém, que o fundo ornado Tem das suas perlas ricas, e imitantes A cor da Aurora... Sabei que estais na fndia, onde se estende Diverso povo, rico e prosperado De ouro luzente e fina pedraria...”
L’ambizione di ricchezza é indistinguibile dall’attrazione d’un esotico appena al di qua, o al di 1a, dei confini del favoloso e dell’ignoto. Come iregni, cosf fondi eitinerari marini valgono immagini della categoria in quanto ancora grezzi, inviolati; che li scopra Bacco calando alla reggia di Nettuno, o li percorra la navigazione di Vasco da Gama: Descobre o fundo nunca descoberto
As areias ali de prata fina... *. Por mares nunca doutro lenho arados, A Reinos tao remotos e apartados *’.
Quando alla stessa navigazione si riferisce Géngora, nella Soledad Primera™, il vocativo non é rivolto a Vasco bensi alla Cupidigia: come in tutta la rassegna delle imprese oceaniche che il poeta, contrapponendola a un ideale di pace agreste, mette in bocca a un vecchio che ha perduto suo figlioin mare. Il virtuale antimperialismo, in eccedenza sul moralismo classico, non impedisce un accarezzamento e del prezioso e del potenziale: los reinos de la Aurora al fin besaste,
cuyos purptreos senos perlas netas, cuyas minas secretas hoy te guardan su més precioso engaste...
L’ambivalenza volge pit al negativo una ventina di versi prima, dove il Pacifico nella sua novita cede insieme perle e *84 X, ott. 102, wv. 5-7: tbid., p. 252. [Guarda l’isola di Barein, che ha il fondo ornato |Delle sue perle ricche, ed imitanti |Il color dell’Aurora...] *® VIL, ott. 31, vv. 5-7: tbid., p. 169. Vasco da Gama vanta a sua volta le ricchezze del Portogallo al re di Calcutta, VI, ott. 61: p.176. [Sappiate che siete in India, dove si estende |Un popolo diverso, ricco e prospero |D’oro lucente e fini pietre preziose...] *86 VI, ott. 9, vv. 1-2: zbid., p. 141. [Scopre il fondo non scoperto mai |Con le sabbie laggit d’argento fino...) *87 VIL, ott. 30, vv. 7-8: ébid., p. 169. [Per mari mai da un altro legno arati, |A regni tanto remoti e appartati]. *88 [Solitudine prima].
*® Vv. 447-60: L. de Géngora y Argote, Obras completas, Aguilar, Madsid 1956, p. 646. [i regni dell’aurora alfine baciasti, |i cui purpurei seni perle nette, |le cui mine segrete |oggi ti serbano il loro piti prezioso castone...]
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«metalli omicidi»™”. Nel Polifemo y Galatea” un naufragio riversa sulla spiaggia «en cajas los aromas de e! Sabeo, — en cotres las riquezas de Cambaya»: il loro scadimento da delizie orientali a «trofeo di Scilla» e miserando bottino di arpie sa di castigo, e quasi di monitorio-solenne™’. *
Dal lirico al fiabesco e dall’esotico all’onirico, spazi verbali di regressivita fantastica propiziano una reversibilita nel risplendente, a partire dal peggio della categoria opposta. Nella seconda canzone di Ariel in The Tempest” si parla, dopo un naufragio, del fondo del mare: come nel primo esempio che avevo tratto da Shakespeare (rv, 27). La «metamorfosi marina» di ossa in coralli ed occhi in perle, della corporeita cadaverica in «qualcosa di ricco e strano», nega magicamente il negativo terrestre della putrefazione; e riscatta in una continuita sublimata la morte presunta del padre™. In una fiaba di Basile, il principe trasformato in serpente deve pavimentare di pietre preziose un parco per ottenere la figlia del re. Fa ’impossibile senza difficolta; ma non senza seguire un’implicita regola di conversione tra opposti. Cid che su sua richiesta il padre adottivo contadino va a raccogliere e disseminare, sono frantumi di recipienti domestici nel cui elenco da frusto-grottesco non mancano «labbra di vasi da notte»””. E perché non ricordare i viaggi del marinaio Sindbad: assumendo Le Mille e una Notte come classico non del medioevo arabo ma, nella traduzione di Galland, dei primi
del Settecento francese. Le metamorfosi vi si coagulano in compresenze di opposti. La valle del secondo viaggio é cosparsa di diamanti d’una grossezza sorprendente, e di non meno enormi serpenti; nel quarto, il sotterraneo dove coi morti si seppelliscono vivi i loro coniugi pullula di spoglie fetide, e dei gioielli di cui spogliarle; nel sesto, sulla costa di
un’isola gli avanzi dei tanti naufragi si ammassano in un’infinita di ossa orribili, e in un’altra di merci e pietre preziose”™. 596
9 Vy. 430-34: tbid., p. 645. [Polifemo e Galatea). Vy. 433-36, 441-48: cbid., p. 631. [in casse gli aromi del Sabeo, |in cofani le ricdi Cambay]. [La tempesta]. Atto I, sc. u: W. Shakespeare, Comedies, Oxford 191, pp. 22-23. Lo serpe [II serpente], Il, 5: Basile, Lo cunto de li cunti cit., p. 340.
° 52 chezze > 4 ° 56
Cfr. Les Mille et une Nuits. Contes arabes traduits par Galland, Garnier, Paris
1960, t. I, pp. 186-88, 204-6, 214-16 (e se si vuole una versione pit fedele alloriginale,
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Nei grandi poemi cattolico e protestante, Gerusalemme liberata’e Paradise Lost”, due passi sono comparabili in base al prezioso-potenziale. Come se l’accettazione o il rifiuto di esso corrispondessero a un/’alternativa teologica sulla natura: dove il Creatore ha racchiuso riserve di bene provvidenziale o di male predestinato. Lo spazio é intercontinentale prima che telescopico, dilatato dalle scoperte geografiche e poi scientifiche. In Tasso si profetizza il futuro approdo oltre Atlantico, ai cavalieri che vanno a cercare Rinaldo nelle isole Fortunate”; il vecchio savio presso cui sostano ha sede
segreta, simbolica della sua scienza, nelle spelonche nascoste sotto un fiume. Contiguo al centro di tutte le acque, il grembo non visto della terra concentra varie luci: E miran d’ogni intorno al ricco fiume di care pietre il margine dipinto, onde, come a pit fiaccole s’allume, splende quel loco e ’! fosco orror n’é vinto. Quivi scintilla con ceruleo lume
il celeste zaffiro ed il giacinto: vi fiammeggia il carbonchio, e luce il saldo diamante, e lieto ride il bel smeraldo ™.
In Milton si da un luogo del male o il male si da come un luogo, nello spazio infinito, anteriore alla caduta degli angeli ribelli. Lo significano inesauribilmente, nei primi due libri, racconto e discorsi oltre che immagini: «A universe of death, which God by curse — Created evil, for evil only
good». I] metafisico accondiscende, e il moralistico assurge, al mitologico. Da un colle sulfureo, laggit, squadre di spiriti reietti traggono di che edificaré in un’ora un Pandemonium il cui sfarzo sorpassa Babilonia ed Egitto; li guida Mammona, per cui istigazione i venturi uomini: Le mille e una notte, Einaudi, Torino 1976, vol. III, pp. 17-18, 36-38, 47-49). Nella pia celebre fiaba ottocentesca, la sirenetta di Andersen — in cerca della strega del mare dietro gli abissi del Maelstrém — non vede nel profondo niente che possa dirsi semipositivo. Fra scheletri biancheggianti, e un’altra sirenetta soffocata dai polipi, solo «timoni di bastimenti, casse calate a picco»: H. C. Andersen, Fiabe, Einaudi, Torino
1970, p. 79 (pp. 78-101) [trad. Manghi Castagnoli e Rinaldi]. °7 [Il Paradiso perduto].
8 XV, ott. 24-32: Tasso, Poesie cit., pp. 371-74.
9 XIV, ott. 39, e cfr. ott. 35-41, 48: zbid., pp. 352-54, 355-56. 6 TT, vv. 622-23: Milton, The English Poems, Oxford 1946, p. 149. [Un universo di morte, che Dio per dannazione |Cred qual male, al male soltanto buono].
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Ransacked the centre, and with impious hands Rifled the bowels of their mother Earth For treasures better hid. Soon had his crew Opened into the hill a spacious wound, And digged out ribs of gold. Let none admire That riches grow in Hell; that soil may best Deserve the precious bane“.
Nel mondo di qua, la demonizzazione del tesoro sepolto é consacrata dalle leggende che a guardia del luogo mettono fantasmi. In una pagina del Simplicissimus di Grimmelshausen, le immagini della categoria e l’arricchimento non trionfano dello sterile-nocivo, ma del sinistro-terrifico: non si sa cosa veda, nella cantina di un rudere, il cavallo riluttante e tremante. Simplicius non si accorgerebbe che il suo terrore
punta un angolo di muro diverso dal resto, se non sapesse di quelle leggende, alla cui conferma la versione fantastica dei contadini toglie tanto poco quanto le tracce di tempo al tesoro™’.
Dopo la svolta storica, ricchezza e potenza in rapporto allo sfruttamento della natura avevano ormai portata e conseguenze mai viste: il prezioso-potenziale ha trovato posto nel-
la poesia, e nell’ideologia, di pit d’una grandissima opera di sintesi. Nel primo atto della seconda parte del Faust, limpero é in preda al caos e l’imperatore manca di danaro. Goethe fa dare un suggerimento da Mefistofele: «Doch Weisheit weiss das Tiefste herzuschaffen. — In Bergesadern, Mauergrunden—Ist Gold gemiinzt und ungemunzt zu finden... »”. Quando il diavolo si spiega meglio, l’oro ancora grezzo di natura lascia il campo a quello di nuovo grezzo, per cosi dire di 1 T, vv. 670-722: ibid., pp. 130-3r. Il predicato dei tesori é reminiscenza di quello dell’oro melius situm... in Orazio, vedi sopra la nota 577. [Saccheggiarono il centro, e con empie mani |Rapinarono le viscere della madre Terra |Di tesori meglio [situati se] nascosti. Gia aveva la sua banda |Aperto nel colle una spaziosa ferita, |Ed estratto vene d’oro. Non stupisca nessuno | Se giacciono ricchezze all’inferno: é il suolo che pid |Merita il prezioso veleno]. 62 T ibro III, cap. x1: Grimmelshausen, Simplicissimus cit., pp. 312-16. Nell’episodio del Mummedlsee, il re degli elfi concede a Simplicius la visione del fondo del Pacifico, con perle e pietre preziose di altre proporzioni, libro V, cap. xvi: p. 531. Nella sesta parte aggiunta, non apporta molto come immagini una storia di tesoro e fantasma, Continuatio, capp. XV-XVI: pp. 655, 657-58.
3 Vy. 4892-94: Goethe, Faust cit. p. 293. [Ma la sapienza sa tirar fuori cid ch’é
piti profondo. |Nelle vene dei monti, nelle fondamenta dei muri |Oro coniato e non coniato si trova...]
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storia. Cioé a tutti i tesori, dalle invasioni barbariche in poi,
messiin salvo € rimasti nascosti sotto il suolo: il quale appartiene all’imperatore™. Un’introverso sostituto tedesco delle risorse coloniali, attinto non alla lontananza dell’avventura
ma alla profondita del passato. Durante la mascherata — che include un prodigo Pluto, e gnomi «chirurghi di rocce» o rabdomanti d’oro ” — viene carpita all’imperatore una firma: é la carta moneta. « Das Zettel hier ist tausend Kronen wert. — Thm liegt gesichert, als gewisses Pfand, —- Unzahl vergrabnen Guts im Kaiserland»®. Soluzione giuridicamente impeccabile, ma di fatto invenzione diabolica: del generale ottimismo che la accoglie si alimentano scene satiriche. Eppure non basta parlare di rifiuto, per questo prezioso-potenziale dai dubbi effetti cartacei. Ha su Faust l’attrattiva dello smisurato, oltre che del profondo: « Das Ubermass der Schatze, das, erstarrt, — In deinen Landen tief im Boden harrt, — Liegt ungenutzt. Der weiteste Gedanke — Ist solchen Reichtums
kummerlichste Schranke...»“’. Gia l’allettamento di Mefistofele, con gli inattesi ritrovamenti del contadino e gli scavi intraprendenti dell’esperto, finiva vicino allo spessore metaforico della categoria. Potrei spostare alla serie relativa una massima come: «Im Finstern sind Mysterien zu Haus», e la
replica dell’imperatore: « Hat etwas wert, es muss zu Tage kommen». Nell’ultimo atto del Prometheus Unbound” di Shelley, il mondo é rigenerato dopo la caduta della tirannia di Giove, e dei vincoli dell’eroe liberatore. Raggi mobili abissalmente penetranti — dalla fronte d’una delle tante personificazioni cosmiche del dramma — vanno mettendo a nudo sul passaggio «i segreti del profondo cuore della terra»: non riporto una cinquantina di magnifici versi. Nella sequela d’immagi4 © 66 ranzia, 67
Thid., p. 294. Thid., pp. 318-19, 322, 324. Vv. 6058-60: ibid., pp. 328-29. [Questo biglietto vale mille corone. |Ne é gaquale sicuro pegno, |Un’infinita di beni sepolti in terra imperiale]. Vy. 61-14 sg.: tbid., p. 330. [L’eccesso dei tesori che, irrigidito, |Nel suolo
profondo delle tue terre attende, |Giace non sfruttato. II pensiero pit vasto |Ea tale ricchezza il limite pit meschino...] 8 Vy. 5032, 5034: ibid., pp. 296-97. Spunti mitologici di oro raccolto, e di tesori naufragati, anche nella Notte classica di Walpurga dell’atto I: pp. 361, 375, 389. [Nelloscuro sono di casa i misteri.] [Se qualcosa ha valore, deve venire alla luce]. 6° [Prometeo liberato].
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ni, solo le prime rappresentano pregio e potenza di grezza natura feconda, miniere caverne sorgenti (con reminiscenze
di Shakespeare, cfr. 1v, 27). Quel che segue sono «le malinconiche rovine— Di cicli cancellati», e per quanto antiche testimoniano del regime di oppressiva violenza appena abrogato: pezzi di nave, attrezzi di guerra e trofei, mezzi di distruzione distrutti; citta di popoli inumani, dalle opere ed ossa mostruose schiacciate nell’annientamento; anatomie di be-
stie primordiali alate, squamose, tortuose o colossali, pullulanti prima che le sopprimesse il diluvio. La negazione della negativita di tutto cid essendo pit che a meta positiva, equipara a un prezioso-potenziale sepolto un tale paleontologico venerando-regressivo rifiutato “’. La categoria ha un’importanza centrale, con la massima
divaricazione fra purezza originaria ed effetti malefici, dove é insufficiente riscontrarne le immagini entro il linguaggio verbale: nella tetralogia di Wagner, Der Ring des Nibelungen”. Certo, le parole dettano i contenuti dell’immenso racconto, ma non lo raccontano nel pieno senso formale. Sono le capacita semantiche della musica a concretare immagini della categoria nella prima scena del prologo, appunto Das Rheingold”: che inaugura |’arte matura dell’autore, e un’epoca dell’orchestra moderna. L’eternita anteriore dell’oro in seno alla natura, in fondo al fiume, non dura che un ultimo momento. Nella partitura, 55 battute: calmo metallo di corni sotto la liquidita dei violini, crescendo con arpe e ingresso luminoso di tromba dietro cui scintillano due tocchi di piatti e triangolo, culmine nel fortissimo orchestrale che avvolge come schiuma il trio vocale delle ondine®. Invece i poteri $0 Shelley, Poems cit., t. II, pp. 210-11. Lo spirito della Terra giace dormiente alinterno d’una multipla viaggiante sfera, e i raggi partono da una stella sulla sua fronte, p. 209. Prezioso-potenziale c’era fra i doni di Prometeo all’umanita: «And gems and poisons, and all subtlest forms — Hidden beneath the mountains and the waves» [E gemme e veleni, e tutte le forme pit sottili | Nascoste sotto le montagne e le onde], atto II, sc. Iv: p. 183. Leggerei come venerando-regressivo, poiché si riferisce a una vendetta di Giove tiranno prossimo al tracollo, la bellissima comparazione per cui essa scorrerebbe nel vuoto: «As rainy wind through the abandoned gate — Of a fallen palace» [Come piovoso vento attraverso la porta abbandonata |D’un palazzo caduto], atto I, p. 154. su [L’anello del Nibelungo]. 62 [L’oro del Reno]. 63 R. Wagner, Das Rheingold, partitura d’orchestra, Eulenburg, pp. 105-25 (dall’indicazione Gleichmassig rubig im Zeitmass (In tempo tranquillo e regolare] allentrata della voce di Alberich).
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schiavizzanti e alienanti dell’anello maledetto, forgiato col furto dell’oro, Senerano attraverso tre partiture su quattro ritmi ossessivi o deformita armoniche e timbriche. Pit che di prezioso-potenziale, intatto o pervertito , le parole formano immagini d’un venerando-regressivo singolare: vegetale, poiché naturale e preistorico. I frutti d’oro a cui é legata la gioventt degli Dei inaridiscono subito, al sequestro di Freia che li coltiva’®’. La sacra foresta é inaridita lentamente, ferita dallo strappo d’un ramo: Wotan se n’era fatta la lancia, fondatrice di patti e scrittura“ In Axel di Villiers de l’Isle-Adam l’immenso tesoro tedesco, occultato alle armate napoleoniche dal padre, é degno oggetto di rinuncia per il suicidio idealistico del figlio. Le ambizioni a cui il dramma simbolista resta inferiore si misurano dai precedenti del tema: l’oro nibelungico, ma anche quello faustiano“”’. Dal romanzo ottocentesco ho meno d’importante da citare che, grazie a miti e simboli, dal teatro. In Ivanhoe di Scott, il vecchio ebreo rimpiange figuralmente la merce di cui ha alleggerito la nave in tempesta: «[I] robbed the seething billows in my choice silks—perfumed their briny foam with myrrh and aloes — enriched their caverns with gold and silver work! »“*. E il secolare tesoro d’un cardinale avvelenato da papa Borgia, ne Le Comte de Monte-Cristo™ di 64 La battuta sintetica pit rappresentativa é quella con cui Loge informa gli Déi: «Ein Tand ist’s — in des Wassers Tiefe, —lachenden Kindern zur Lust: — doch, ward es zum runden~ Reife geschmiedet, — hilft es zur héchster Macht, — gewinnt dem Manne die Welt» [E un gingillo |nel profondo dell’ acqua, |per la gioia di ridenti fanciulle: |ma, se in rotondo |anello viene temprato, |giova alla suprema potenza, |conquista all’uomo il mondo]: R. Wagner, Das Rheingold, Reclam, Stuttgart 1958, p. 38 (sc. 11).
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Salbids p: az 86 Prologo: R. Wagner, Gétterdimmerung, Reclam, Stuttgart 1958, p. 12. [Crepuscolo degli Dé1). 67 Villiers de L’Isle-Adam, Ewvres completes, t. Il cit., pp. 582-88, 599-602, 61018, 653-54. La reminiscenza del Faust (non tilevata fra le altre dal curatore, allepp. 1412-13) mi sembra precisa nella frase «le sous-terre appartient al Etat» [il sottosuolo appartiene allo Stato] (p. 618); cfr. « Der Boden ist des Kaisers» [I] terreno é dell’imperatore]: Goethe, Faust cit., p. 294 (v. 4938). 68 Cap. x: Scott, Ivanhoe cit., p. 15. Scott sviluppa una reminiscenza da The Merchant of Venice (Il mercante di Venezia) di Shakespeare: « Would scatter all her [my vessel’s] spices on the stream, —Enrobe the roaring waters with my silks » [Disperderebbero tutte le sue [della mia nave] spezie sulle onde, |Rivestirebbero le acque mugghianti delle mie sete] (Shakespeare, Comedies cit., p. 594). [Ho rivestito i flutti ribollenti delle mie sete scelte — profumato la loro schiuma salata di mirra ed aloe — arricchito le loro caverne di argento e oro lavorato!] $9 [Il conte di Montecristo).
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Dumas, che attribuisce all’eroe con la ricchezza i poteri prodigiosi del giustiziere. Ma a impadronirsene non lo guida solo Vingegno, favorito dal caso senza che fonte sia Poe (rv, 3), del dotto abate che I’ha istruito in prigionia ”; di suo ci mette la fortuna esauditrice di desideri del romanzo d’appendice, che nell’isola disabitata dell’arcipelago toscano da uno sfondo di selvatica euforia solare al rinvenimento™. Dickens fa ruotare la trama di Our Mutual Friend sull’eredita d’un avaro arricchito come appaltatore di spazzatura. « Coal-dust, vegetable-dust, bone-dust, crockery-dust, rough dust, and sifted dust», tutto si fondeva nei monticelli sorti sul suo terreno;
le dicerie di valori dentro nascosti prolungano miraggi e manovre sino alla delusione finale dei cattivi: «No valuables turned up». Prezioso-potenziale inesistente, oltre che infesto e che inseparabile dal suo opposto. Soldi e sterco si tangono nell’episodio della lettura ad alta voce dalle Vite e Aneddoti di Avari: uno dei quali aveva dislocato un deposito nel letamaio della stalla, come altri in un barattolo da sala-
moia dentro una cassa d’orologio, in una trappola per topi ecc.*. Les Misérables di Hugo rendono letterale l’adiacenza anche nella fogna di Parigi (cfr. 11, m1; v, 7), alla cui esplorazione la melma risulta abbondante «in oggetti preziosi, gioielli d’oro e d’argento, gemme, monete»”. Nel suo spazio deputato esotico e coloniale, ormai senza limiti, la categoria é votata dal colonialismo all’ambivalenza morale; come lo é dall’esotismo alla reversibilita con l’opposto. Treasure Island“ di Stevenson, ampliando in romanzo la novella di Poe che avrebbe potuto portare lo stesso titolo, sposta il luogo dalla costa americana ai Mari del Sud ed 60 Cap. xvi: Dumas, Le Comte de Monte-Cristo, « Bibliotheque de la Pléiade», 1981, pp. 190-203, e cfr. prima pp. 86-87, 131, 134-39, poi pp. 205, 208.
® Cap. xxiv: thid., pp. 249-58, e cfr. prima pp. 235-36, 239-45, poi pp. 259, 26r262. Meriterebbe citazione un prezioso-potenziale surrealmente esotico, d’intenzione artigianale e di maturazione marina, nel cap. Lxm: cfr. p. 771. &@ J ibrol, cap. 1: Dickens, Our Mutual Friend cit., p.13. [Spazzatura di carbone, vegetale, ossea, di terraglia, grezza e setacciata]. 6 Parte I, cap. vu: zbid., pp. 84-85; poi 185, 213, 299-304, 478, 480, 487-90, 497-
98, 502; infine, 779. Nel lieto fine, per la buona Mrs Boffin, é come se il danaro del vecchio avesse cominciato a scintillare al sole «dopo un lungo, lungo arrugginire nel buio»: p. 778. [Non si scoprirono valori]. 64 Thid., pp. 481-84; cfr. 466-67, 473-74. 65 Parte V, libro II, cap. 1v: Hugo, Les Misérables cit., p. 1292. 66 [L’tsola del tesoro].
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estroverte l’ingegnosa decifrazione in pericolosa avventura. Il ragazzo nafratore ha repulsione per l’isola dal primo sguardo, il dottore vi fiuta nell’odore fradicio il morbo: «It was plainly a damp, feverish, unhealthy spot »” _E triste da vedere il relitto di nave a riva, avvolto in alghe socciolanti e col ponte fitto di fiori. Ma il valore giacente non é, come da Robinson, disprezzato perché sospeso (Iv, 30): € meta di attiva competizione da un emisfero all’altro. Prefigurato dal gruzzolo d’un bucaniere™, segnalato da uno scheletro di vittima come in Poe®, come in lui smisurato e svariato fra lin-
gotti e monete“’, viene scoperto da una collaborazione di exbucanieri coi privati che il caso ha legittimati. E a costoro, come a Robinson, la derivazione di esso ispira riflessivo orrore ma non certo rinuncia: How many [lives] it had cost in the amassing, what blood and sorrow,
what good ships scuttled on the deep, what brave men walking the plank blindfold, what shot of cannon, what shame and lies and cruelty,
perhaps no man alive could tell*”.
La buona coscienza vittoriana é a mal partito in Nostromo di Conrad. La miniera d’argento sudamericana costava il peso del suo reddito in ossa di lavoratori indiani; il suo periodo d’abbandono alla natura tropicale fa che le immagini del passo pili concreto del romanzo siano di sterile-nocivo” L’ha riattivata un idealista cresciuto nella pieta delle miniere abbandonate™, che identifica con la pace d’una repubblica il profitto proprio e straniero, mentre corruzione e crudelta infamano gli indipendentisti rivoluzionari. Ma il carico che il coraggioso portuale va a mettere in salvo in un’isoletta disabitata, awvera il prezioso-potenziale della leggenda dei poveri: tesori maledetti nell’arida penisola, di cui restano a guar&7 R. L. Stevenson, Treasure Island, Collins, London — Glasgow 1953, pp. 106,
107, 125, 147. [Era palesemente un luogo umido, febbrile, malsano]. 68 Thid., p. 186. 8 Ibid., pp. 48-49 (i contenuti della cassetta di Billy Bones), 242 (richiamo). %° Tbid., pp. 226-27 (mi riferisco, in The Gold Bug, sia al teschio indicatore che ai due scheletri seppelliti, cfr. rv, 31, note 269, 271). %1 Ibid., pp. 242-43. ©? Parte VI, cap. xxxum: zbid., p. 240. [Quante [vite] era costato per ammassarlo,
quale sangue e dolore, quali buone navi bucate e affondate, quali bravi uomini spinti da un’asse bendati in mare, quali cannonate, quale vergogna e menzogne e crudelta, forse non c’era uomo in vita per dirlo]. ® Parte I, cap. vi: J. Conrad, Nostromo, Penguin 1963, pp. 55, 56-57. %4 Thid., pp. 61, 97, 180.
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dia due morti-vivi®. La peripezia morale del popolano noné in grado di diventare ideologica, l’ingratitudine dei ricchi non gli allevia il senso di colpa per l’appropriazione del tesoro ignorato. Quando vuole confessare in punto di morte, si sente rispondere: «No one misses it now. Let it be lost for ever». Metonimia d’una metonimia, la quota di valore smarrito sta alla miniera come questa al continente selvaggio, che configura il prezioso-potenziale vero. Pid tardi, ne La Vore royale“ di Malraux, l’avventura presta ancor pit valore di quelli finanziario ed estetico a cid che cerca: in una regione tornata a foresta fra Cambogia e Siam, templi dei secoli del nostro Medioevo. O meglio, cid che di essi é asportabile, statue, bassorilievi da segare su un’esile faccia di pietra. Resti pid o meno emergenti da terra, sommersi nel «mondo da abisso sottomarino» d’una vegetazione contro cui lottano congetture archeologiche e operazioni 5 635
manuali; sull’antico minerale imputridito vivono, immobili
o in fuga, anfibi insetti e vermi. La gioia della riuscita, grata e gratuita, ha vinto un monitorio-solenne che |’estrema congiura di tempo e spazio spinge all’inumano: Plus que ces pierres mortes 4 peine animées par le cheminement des grenouilles qui n’avaient jamais vu d’hommes, que ce temple écrasé
sous un si décisif abandon, que la violence clandestine de la vie végétale, quelque chose d’inhumain faisait peser sur les décombres et les plantes voraces fixées comme des étres terrifiés une angoisse qui protégeait avec une force de cadavre ces figures dont le geste séculaire régnait sur une cour de mille-pattes et de bétes des ruines ”.
Resta da percorrere la seconda serie di testi: dove il prezioso-potenziale vale su un piano metaforico o simbolico, e %> Parte I, cap. 1: zbid., pp. 17-19; e cfr. gli accenni alla leggenda, tutti detti o pensati da Nostromo, pp. 215, 217, 221, 379, 431, 435. I soli accenni per voce d’autotre, p.
412, seguono la morte solitaria e causata dal tesoro di Martin Decoud, che per sparire in mare grava se stesso di quattro lingotti. 66 Parte III, cap. xu: ibid., pp. 457-58. [Ora nessuno ne sente la mancanza. Lasciamolo perdere per sempre]. 87 [La via regale). 68 Parte II, cap. 1: A. Malraux, Romans cit., p. 230 (pp. 228-37); cfr. pp. 178, 181, 195-96, 200, 221, 222-25. [Piti che queste pietre morte appena animate dalla camminata delle rane che non avevano mai visto uomini, che questo tempio schiacciato sotto un cosi decisivo abbandono, che la violenza clandestina della vita vegetale, qualcosa d’inumano faceva pesare sulle macerie e le piante voraci fisse come esseri terrificati un’angoscia che proteggeva con una forza da cadavere le figure il cui gesto secolare regnava su una corte di millepiedi e di animali delle rovine].
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adombra materialmente valori non materiali. Il topos che raccomanda di non lasciare ignoto quanto darebbe vantaggio ha anch’esso origini sia classiche che bibliche, soprattutto evangeliche nella lucerna da non mettere sotto il moggio”. Pud prescindere da immagini; ma le immagini di cui si serve sono topiche. Dante ha scritto I/ Convivio in volgare, e non in latino: Pero che nulla cosa é utile, se non in quanto é usata, né é la sua bontade in potenza, che non é essere perfettamente; si come l’oro, le margarite e li altri tesori che sono sotterrati...; perd che quelli che sono a mano de
l’avaro sono in pit basso loco che non é la terra 1a dove lo tesoro é nascosto *,
L’occultazione pud, all’inverso, essere profittevole e meritoria: anche cosi la categoria alterna il benefico al malefico, é accettata o rifiutata. Per Boccaccio, che accredita «altissimo animo» a Cisti umile fornaio, natura e fortuna fanno come spesso i mortali: ... li quali, incerti de’ futuri casi, per le loro oportunita le loro pit care cose ne’ pit vili luoghi delle lor case, si come meno sospetti, sepelliscono, e quindi ne’ maggior bisogni le traggono, avendole il vil luogo pid sicuramente servate che la bella camera non avrebbe™".
In Athalie® il bambino regale, segretamente sottratto al massacro e allevato all’ombra del tempio di Gerusaiemme, é un tesoro spirituale in sostituzione dell’oro di Davide che vi si pretende nascosto”. Alla continenza metaforica di Racine
non occorre una comparazione ardita: Tel en un secret vallon,
Sur le bord d’une onde pure, &° Matth., V 15. Il rovesciamento del dettame si prospetta in un passo di Schopenhauer. Se potessimo contemplare tutti i grandi individui e avvenimenti a cui il caso o l’errore ha impedito di maturare, «rabbrividiremmo e gemeremmo sui tesori perduti d’intere eta del mondo»; ma avremmo torto, perché la fonte della Volonta é inesauribile, e nel mondo delle sue apparenze non c’é né perdita né guadagno vero: A. Schopenhauer, Die Welt als Wille und Vorstellung, Diogenes, Ziirich 1977, t. I, pp. 237-38 (libro III, 35). [I/ mondo come volonta e rappresentazione). 6” Trattato I, cap. rx: Dante Alighieri, Tutte le opere, Sansoni, Firenze 1965, p. u8. | Decameron, VI, 2: Boccaccio, Tutte le opere, t. IV cit., p. 538.
2 [Atalia). 6 Racine, Euvres completes, « Bibliothéque de la Pléiade», 1950, t. 1, pp. 896 (atto I, sc. 1), 952-53, 954 (atto V, sc. 11), 957 (sc. Vv), 960 (sc. v1).
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Croit a labri de l’aquilon Un jeune lis, l'amour de la nature“. ale a
Eun bene che il Torquato Tasso di Goethe, desistendo dal disperdere le sue brame, per adorare Leonora d’Este si ritiri in se stesso: So sucht man in dem weiten Sand des Meers Vergebens eine Perle, die verborgen In stillen Schalen eingeschlossen ruht “.
E un male, nelle Memorte di Da Ponte, che a Vienna Mozart rimanesse: ... sconosciuto ed oscuro, a guisa di gemma preziosa, che, sepolta nelle viscere della terra, nasconda il pregio brillante del suo splendore “.
Ma é con tutta la loro ambivalenza che Baudelaire ha trasferito le metafore di Gray (Iv, 27) dai morti di campagna alla sorte del poeta: in Le Guignon™ — che ho studiato nel pit recente degli articoli preparatori a questo libro. Tra deplorazione e consolazione, tra insuccesso esteriore e appartata pu-
rezza: — Maint joyau dort enseveli Dans les ténébres et |’oubli, Bien loin des pioches et des sondes; Mainte fleur épanche a regret Son parfum doux comme un secret Dans les solitudes profondes . “4 Atto II, sc. x: zbid., p. 923. [Cosi in una valle segreta, |Sul bordo di un’onda pura, |Cresce a riparo dell’aquilone |Un giovane giglio, amore della natura]. 6 Atto IL, sc. 1: J. W. Goethe, Weimarer Dramen, dtv, Minchen 1975, t. I, p. 162. Le perle sono il bene, in fondo al mare che ha anche il suo male, nello schietto parago-
ne di sé che fa l’io lirico del Buch der Lieder (Libro delle canzoni) di Heine: «Mein Herz gleicht ganz dem Meere, — Hat Sturm und Ebb und Flut, - Und manche schéne Perle —In seiner Tiefe ruht» [I] mio cuore somiglia tanto al mare, |Ha tempesta e marea alta e bassa, |E di perle belle pit d’una |Nella sua profondita riposa] (Die Heimkehr (Il ritorno in patria], VIL: H. Heine, Buch der Lieder, dtv, Munchen 1983, p. m2). [Cosi nella spaziosa sabbia del mare |Si cerca invano una perla, che nascostamente | Racchiusa nel cheto involucro riposa]. “6 T, Da Ponte, Memorie. Libretti mozartiani, Garzanti, Milano 1976, p. 104.
“7 [La disdetta). “8 Baudelaire, Euvres completes, t. | cit., p. 17. Cfr. Baudelaire e il «valore dormente» (lettura di «Le Guignon »), in Orlando, Le costanti e le varianti cit., pp. 295-
307. In Bénédiction [Benedizione], prima poesia de Les Fleurs du Mal, al diadema compensatorio che Dio prepara al poeta non basteranno «les bijoux perdus de l’antique Palmyre, — Les métaux inconnus, les perles de la mer» [i gioielli perduti dell’ antica Palmira, |I metalli sconosciuti, le perle del mare] (Baudelaire, Euvres completes, t. Icit., p. 9). Ne Les Litanies de Satan (Le litanie di Satana), sciente dei valori dormenti
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Senza pid rimpianto, implicano il destino solitario della poesia le giacenze che la Hérodiade® di Mallarmé invoca a complici della propria verginita: Vous le savez, jardins d’améthyste, enfouis Sans fin dans des savants abimes éblouis, Ors ignorés, gardant votre antique lumiére Sous le sombre sommeil d’une terre premiére... ”.
Per Orlando della Woolf, sono un imbarazzo le riposte e tenaci associazioni mentali che ingombrano d’altro ogni singola cosa; e parra impropria e superflua la metafora stessa per dirlo: ... like the lump of glass which, after a year at the bottom of the sea, is grown about with bones and dragon-flies, and coins and the tresses of drowned women“. ale “
Va distinto infine un prezioso-potenziale metaforico o simbolico non nel circuito d’una figura retorica ma, pit o é il diavolo: « Toi qui sais en quels coins des terres envieuses — Le Dieu jaloux cacha les pierres précieuses, — [...] — Toi dont l’oeil clair connait les profonds arsenaux —Ou dort ensevelile peuple des métaux...» [Tu che sai in quali angoli delle terre invidiose | Il Dio geloso ha nascosio le pietre preziose, | [...] |Tu il cui occhio chiaro conosce i profondi arsenali |Dove dorme sepolto il popolo dei metalli..] (p. 124). [- Pit dun gioiello dorme sepolto |Nelle tenebre e nell’oblio, |Lontano da zappe e da sonde; || Pid d’un fiore effonde con rimpianto |Il suo profumo dolce come un segreto |Nelle solitudini profonde]. 6 [Erodiade]. © §. Mallarmé, Ewvres completes. Poésies, Flammarion, Paris 1983, p. 339 (pp. 336-40). Nell’evanescenza suprema dell’ultimo sonetto in data di Mallarmé (Az seul souci de voyager...), si saluta un Vasco da Gama spettrale: il cui viaggio non é diretto verso, ma «oltre», un’India «splendida e torbida». Cid che il grido monotono d’un uccello intorno al suo pennone gli annuncia, senza fare variare il timone, é: « Un inutile gisement — Nuit, désespoir et pierrerie» [Un inutile giacimento |Notte, disperazione e pietre preziose]. L’inutilita del prezioso-potenziale non é pit quella in cui si afferma il valore della poesia, bensi quella di tutto cid a cui la poesia nega valore, nel metafisico «sorriso» con cui passa oltre (zbzd., p. 446). [Voi lo sapete, giardini d’ametista, sepolti |Senza fine dentro sapienti abissi abbagliati, |Ori ignorati, che serbate la vostra antica luce |Al di sotto del cupo sonno d’una terra prima...] %! Cap. 11: Woolf, Orlando cit., pp. 93-94. Ancora pit vicino alla reversione nella categoria opposta é quest’esempio, da L. Aragon, La Semaine Sainte (La Settimana Santa], Gallimard, Paris 1958, p. 433 (cap. xi): «Le reste ne sera que la saleté des hommes que peut bien sans fin rouler |’Atlantique, sur les plages du Portugal ou d’ailleurs, avec les débris des grands fonds, les coquilles petcées, les varechs et les détritus de naufrages lointains» [II resto non sara che il sudiciume degli uomini che pud ben senza fine rotolare |’Atlantico, sulle spiagge del Portogallo o su altre, coi resti dei grandi fondi, le conchiglie forate, igoemoni e i detriti di naufragi lontani]. [... come il pezzo di vetro che, dopo un anno al fondo del mare, é avvolto da ossa e libellule, e monete e le trecce di donne annegate].
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meno a lungo, nel corso d’una narrazione. Nel terzo episodio dell’ Ulysses di Joyce, Stephen vaga per una spiaggia al mattino, e secondo il rinvio omerico lotta con Proteo: ossia
con la metamorfosi primitiva che gli rappresentano materiee oggetti travagliati dal mare, e che pud essere fissata e sottomessa dal linguaggio. Non é facile citare. Per il momento dell’erosione: His boots trod again a damp crackling mast, razorshells, squeaking pebbles, that on the unnumbered pebbles beats, wood sieved by the shipworm, lost Armada“,
Il recupero, in una fantasticheria verso la fine, si avvale della
«metamorfosi marina» di Shakespeare e d’un verso di Milton. Ma gia prima: Signatures of all things I am here to read, seaspawn and seawrack, the nearing tide, that rusty boot *. These heavy sand are language tide and wind have silted here. And there, the stoneheaps of dead builders, a warren of weasel rats. Hide gold there. Try it. You have some.
Perfino in contesti non di natura ma di cultura, cose sperdute e riscattate sembrano collegabili alla categoria, simboleggiando la poesia in entrambi i casi con cui concludo. In Nadja di Breton, é il mercato delle pulci: «j’y suis souvent, en quéte de ces objets qu’on ne trouve nulle part ailleurs, %2 [Ulisse]. 63 J. Joyce, Ulysses, The Bodley Head, London 1960, p. 50. L’irrelata proposizione relativa é citazione mentale, un po’ imprecisa, d’un verso: dal King Lear [Re Lear] di Shakespeare, atto IV, sc. v1, v. 22. [Le sue scarpe calpestarono ancora un’umida
crosciante amalgama petrosa, taglienti gusci di conchiglie, stridule ghiaie, che percote le ghiaie innumerevoli, legno crivellato dal tarlo marino, perduta Armada (trad. De Angelis)].
64 Vedi sopra la nota 594. Il verso 167 del Lycidas, «Sunk though he be beneath the watery floor» [Sebbene affondato egli sia sotto la distesa marina], si avvicina alla categoria (come altri versi stupendi del poemetto, 155-59, 164, 172, 174-75) attraverso immagini di morte per annegamento e sopravvivenza trascendente (Milton, The English Poems cit., pp. 38-39). & Joyce, Ulysses cit., p. 45. De signatura rerum é il titolo di un’opera di Jakob Béhme. [Sono qui per leggere le segnature di tutte le cose, uova di mare e rifiuti di mare, la marea avanzante, quello stivale rugginoso (trad. De Angelis; modifico, per mantenere la ripetizione di sea-, le parole che erano rese con «uova di pesce e marame»)].
&6 Ibid., pp. 55-56. [Queste grevi sabbie sono linguaggio che la marea e il vento hanno stacciato qui. E la i tumuli di morti costruttori, una garenna di topidonnola. Nasconderci dell’oro. Provaci. Ne hai (trad. De Angelis)].
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démodeés, fragmentés, inutilisables, presque incompréhen-
sibles, pervers enfin au sens ot je l’entends et ot je l’aime» (cfr. 11, 12); ivi si scopre un esemplare delle opere complete di Rimbaud, «perdu dans un trés mince étalage de chiffons, de photographies jaunies du siécle dernier, de livres sans valeur et de cuillers en fer»®. Ne La Meccanica di Gadda, l’elenco delle inutilita contenute «in una scatola di
legno piallato e sudicio, a scomparti» non sarebbe che una riprova della capacita di frusto-grottesco dell’autore (rv, 38; Vv, 5). Ma la letizia di chi vi fruga pazientemente é paragonata a quella d’un poeta giovinetto: «quando scartabella e froga fra i vecchi poeti le loro giovani, gemmanti paro]en
soe
13. Lo sterile-nocivo é la categoria dall’unita meno letterariamente fondata, al di sopra delle costanti di materia del contenuto, e dalla documentazione pit saltuaria. Ne avevo segnalato origini bibliche e classiche: rispettivamente, per immagini di corporeita culturale riassorbita dalla natura, ossia « di nuovo grezza» (Iv, 28); e di corporeita naturale non toccata dalla cultura, ossia « ancora grezza» (Iv, 29). Nel pri-
mo caso, avevo enunciato la ragione per cui lo sterile-nocivo si contamina cosi spesso con tutte € sei le categorie poste sotto il segno del passato. Enunciazione che, data la sua importanza in questo libro, vale per una volta la pena di ripetere: «non c’é rivincita di natura su cultura che non renda percepibile un decorso di tempo, né percezione d'un decorso di tempo che non indichi una rivincita di natura su cultura». E percio che una storia dello sterile-nocivo di riassorbimento, o di ritorno, non si differenzierebbe quasi da una storia delle sue contaminazioni. Col monitorio-solenne soprattutto, pri®7 Breton, Euvres completes, t. I cit., p. 676. [ci vado spesso, in cerca di quegli oggetti che non si trovano da nessun’altra parte, fuori moda, in frammenti, inutilizzabili, quasi incomprensibili, perversi insomma nel senso che intendo io e che mi piace]. [perduto in una minuscola mostra di cenci, di fotografie ingiallite del secolo scorso, di libri senza valore e di cucchiai di ferro].
&8 Gadda, Romanzi e racconti, t. Il cit., p. 531. Ne L’Espoir di Malraux, ne e guerra civile alteranoi contesti culturali riavvicinandoli a una natura: valore piccolo 0 grande figurano recuperati, ammucchiati, riversati fuori rispettivamente per apertura dei monti di pieta, requisizione, distruzione Romans cit., pp. 605-9; 683, 686-87, 945; 860, 990-91).
rivoluzio-
oggetti di dalle case, (Malraux,
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ma della svolta storica; dopo, soprattutto con altre categorie negative — incluso il sinistro-terrifico. Secondo Benjamin Constant, le cose fabbricate dall’uomo per sua utilita mancano di corrispondergli con un linguaggio congeniale, come fa la natura. Finché la loro utilita non é annientata dal tempo: «la destruction les remet, en passant sur elles, en contact avec la nature. Les édifices modernes se taisent, mais les rui-
nes parlent»*. Nel caso invece che la natura sia ancora e da sempre grezza, che sia destinata a restarlo per sempre, di rado le immagini si avventurano oltre il limite di cid che é irrelato all’uomo. Ne fissano qualcosa, sul limite, i sopoz in cui si formalizzo la
categoria nell’antichita e fino alla svolta storica: la loro stessa brevita e prevedibilita neutralizza un’estraneita respingente. Se come ho detto era topico in latino il luogo orrido, e suo archetipo era il paesaggio infernale, non si assegnava un’ubicazione al confine del mondo solo in senso soprannaturale e sotterraneo. Un confine di geografia come di cultura divideva il mondo in civile e barbaro: prima che in conosciuto e favoloso. L’Italia del famoso elogio di Virgilio nelle Georgiche ha messi e greggi e miniere e stagioni favorevoli, oltre alle stirpie alle citta. Ma si qualifica altrettanto per una fauna che non ha avuto o che non ha: nel mito, tori spiranti fuoco e semi di dente di drago; nel presente, tigri e leoni feroci, serpenti trascinanti e arrotolanti i loro immensi anelli“. Nelle Bucoliche, se al posto di cereali e fiori spunta una flora sterile o nociva, lo motiva la partecipazione degli Déi campestri ad un lutto umano: Grandia saepe quibus mandavimus hordea sulcis, infelix lolium et steriles nascuntur avenae; pro molli viola, pro purpureo narcisso
carduos et spinis surgit paliurus acutis “'. 9 B. Constant, De la guerre de Trente Ans. De la tragédie de Wallstein, par Schiller, et du théatre allemand, in Euvres, «Bibliothéque de la Pléiade », 1957, p. 900. [la distruzione le rimette, passando su di esse, in contatto con la natura. Gli edifici moderni tacciono, ma le rovine parlano]. 60 TT, wv. 140-42, 151-54 (136-76): Virgile, Les Géorgiques cit., pp. 73-74. “1 V7, vv. 36-39, e cfr. 34-35: Virgile, Bucoliques cit., p. 46. Imitazione vicina in Sannazzaro, L’Arcadia, Prosa V, in Opere cit., p. 91. [Nei solchi a cui spesso affidammo grossi grani d’orzo, |nascono il loglio infecondo e le sterili avene; |invece della tenera violetta, del purpureo narciso | il cardo sorge e la marruca dalle acute spine].
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Orazio sa dare risalto con appena un epiteto ai nomi di luoghi lontani dal centro dell’iimpero, e spesso non bene assicurati alle sue frontiere. Cosi si giova del non familiare, e ne seda il timore, attingendovi figure retoriche: antonomasia, iperbole. Basti l’esempio di un’ode che é tutta una modesta sfida all’eccentrico e all’esotico. L’uomo innocente si difende con la sola virtu: sive per Syrtis iter aestuosas
sive facturus per inhospitalem Caucasum vel quae loca fabulosus lambit Hydaspes ®.
Dal poeta stesso inerme scappo via un lupo, un mostro quale «nec Iubae tellus generat, leonum — arida nutrix». E lui non farebbe altro che continuare ad amare la dolce Lalage, quand’anche esiliato sotto opposti rigori climatici che impediscono la vegetazione o l’abitazione, e che nella loro estremita fanno a meno di denominazioni geografiche: Pone me, pigris ubi nulla campis arbor aestiva recreatur aura, quod latus mundi nebulae malusque Iuppiter urget; pone sub curru nimium propinqui solis in terra domibus negata....
Pid tardi, Lucano dedica pid di mezzo libro del suo poema alla traversata della Libia desertica da parte dell’esercito repubblicano: Vadimus in campos steriles exustaque mundi, qua nimius Titan et rarae in fontibus undae, siccaque letiferis squalent serpentibus arva~. “.
Chi parla da comandante é Catone, e misura sulla terribilita della prova l’amore per la virtt e per la patria: «Serpens, si62 Carm., 1, XXII, vv. 5-8: Orazio, Le opere cit., p. 266. [sia che debba viaggiare
fra le Sirti |ribollenti, 0 sia per l’inospitale |Caucaso, 0 in quei luoghi che lambisce | l'Idaspe favoloso]. 663 Vy. 15-16, 16-22: ibid. Vedi sopra la nota 580. [non genera neanche la terra di
Giuba, arida |nutrice di leoni]. [Mettimi dove negli inerti campi |nessuna pianta si ristora all’aria estiva, |quel lato del mondo che i vapori e Giove |maligno angustiano; |mettimi sotto il carro del troppo vicino |sole in una terra negata alle dimore...] “ Pharsalia, IX, vv. 382-84: Lucain, La Guerre civile, t. II cit., p. 146. [Entriamo in pianure sterili e in parti arse del mondo, |dov’é eccessivo il Titano [il Sole] e le sorgenti d’acqua rare, |e i secchi campi brulicano di serpenti micidiali...]
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tis, ardor harenae — dulcia virtuti»; «Sola potest Libye turba praestare malorum, — ut deceat fugisse viros » “. Dunque anche qui, certo, antonomasia e iperbole con implicazioni morali. Ma il limite umano da oltrepassare é innanzi tutto spaziale: « plaga, quam nullam superi mortalibus ultra —a medio fecere die, calcatur»“. Sono garantiti alla materia sviluppo e insistenza, anziché accenni. Le Sirti, dall’epiteto di Orazio, passano a una descrizione in 45 versi: « Sic male deseruit nullosque exegit in usus — hanc partem natura sui». I rettili tutt’altro che italici da Virgilio tipizzati in due versi, in pit di 200 vengono motivati mitologicamente e caratterizzati zoo-
logicamente, prima di narrare come strazino a morte i militari romani™.
Dante fa superare la Libia da una bolgia infernale, riprendendo da Lucano nomi di serpenti; riprendendo da Seneca negazioni anaforiche di verdura propizia, non fa che integrare nel proprio l’inferno pagano: ... ci mettemmo per un bosco che da nessun sentiero era segnato. Non fronda verde, ma di color fosco; non rami schietti, ma nodosi e ’nvolti; non pomi v’eran, ma stecchi con tosco....
In letteratura italiana, rispetto alla latina, l’arte combinatoria
di topo/ e fonti s’infittisce al secondo grado. Sembra irrisorio ascrivere alla categoria i «deserti campi» dove ripara l’insocievolezza amorosa di Petrarca; pure il «vestigio uman» da lui rifuggito™ echeggia, insieme al «nessun sentiero» di 65 TX, wv. 402-3, 405-6: tbid., p. 147. [I] serpente, la sete, l’ardore della sabbia |sono dolcezze alla virtii]. [Solo la Libia pud dimostrare, con la sua turba di mali, |come a uomini si convenga fuggire]. 666 TX, vy. 605-6: tbid., p. 157. Cfr. IX, vv. 435-37, 696-97 (pp. 149, 161). [si calpesta una plaga, oltre cui nessun’altra ai mortali |fu data dagli déi verso il mezzogiorno...] 67 TX, vv. 310-11 (303-47): tbid., p. 143 (pp. 142-44). [Cosi ha mal disertato, e non
destinato ad alcun uso, |questa parte di sé la natural]. 68 TX, vv. 619-99, 700-33, 734-838: ébid., pp. 157-68.
6° Inf, XXIV, wv. 82-91: Dante, La Divina Commedia cit., pp. 277-79. Inf, XII, wv. 1-9: tbid., p. 148. Cfr. ivv. 698-700 dello Hercules furens di Seneca, e cfr. Iv, 29, nota 249. 61 XXXV, wy. 1-4: Petrarca, Rime, Trionfi cit., p. 51.
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Dante, presso un terzo poeta. I luoghi inabitati di Ariosto non’ sono margini ma vuoti sparsi, in una geografia non concentrica come quella antica ma medievalmente decentrata: Sei giorni me n’andai matina e sera per balze e per pendici orride e strane, dove non via, dove sentier non era, dove né segno di vestigie umane; poi giunse in una valle inculta e fiera, di ripe cinta e spaventose tane...
Un gusto di evocativa densita torna a restringere I’Africa e i rettili di Lucano in due versi, per la figura di adynaton della compassione coatta oltre ’umano; non potrebbero non provarne, per Angelica legata allo scoglio e offerta in pasto allorca marina: li squalidi colubri, né l’orba tigre accesa in maggior rabbia, né cid che da Atlante ai liti rubri venenoso erra per la calda sabbia...”
Aumentata da Ariosto, la topicita della stessa fonte torna in Tasso, e non meno sinteticamente; ma con senso non figura-
le, trattandosi della varia milizia di animali in guardia ai piedi del monte magico di Armida: Cid che di mostruoso e di feroce erra fra ’] Nilo e i termini d’Atlante par qui tutto raccolto, e quante belve lErcinia ha in sen, quante l’ircane selve ™.
Con la foresta dell’incantesimo, Tasso rianima a sua volta le ascendenze infernali dello sterile-nocivo. Ma non nell’al di la né ai confini del mondo: «non lunge a le cristiane tende», 6? TI, ott. 41: Ariosto, Tutte le opere, t. Icit., p. 32 (e cfr. VIL, ott. 19: zbid., p. 151). I corsivi sono miei. Gzwnse per: giunsi. Strano, orrido e deserto il paesaggio é divenu-
to traumaticamente, nei sonetti ispirati a Luigi Tansillo dall’eruzione vulcanica del 1538 ai Campi Flegrei: che il luogo fosse uno degli ingressi dell’ inferno antico, rende ancora pit estrema la ricerca dell’inabitato per disperazione amorosa. Le immagini sorgono anche qui (cfr. Iv, 6) dalla serie dei vocativi: «Strane rupi, aspri monti, alte tremanti—ruine, e sassi al ciel nudi e scoperti... — [...] — superbo orror, tacite selve, e
tanti—negri antri erbosi in rotte pietre aperti: — abbandonati, sterili deserti, — ov’han paura andar le belve erranti...» (in Lirici del Cinquecento cit., pp. 521-22; cfr. l’altro sonetto, p. 518, e Pottava che volge il tema al monitorio-solenne, p. 522). 6 VIII, ott. 67: Ariosto, Tutte le opere, t. I cit., p. 163. 674 XV, ott. 51: Tasso, Poesze cit., p. 379.
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a sei miglia da Gerusalemme’”. Tale prossimita del luogo la cui ombra.é innaturale di giorno e soprannaturale di notte, si confa a quella complicita col male e attrazione del rimorso che fondano nel poema una torbida modernita morale. Nella descrizione le immagini della categoria, su due ottave, preparano cio che fin dalla successiva occupa il canto XIII; e che, se includesse immagini non antropomorfiche, sarebbe sinistro-terrifico. Su un rincaro di Tasso stesso nel rifacimen675
to del poema, come avevamo visto, rincara Marino (iv, 29).
Ne avevo preso l’esempio proprio perché |’amplificazione barocca delle fonti da spazio alla categoria, altrove liminale e compressa: non troppo dissimilmente da quanto era successo nell’antichita con Lucano. * Di infernali antonomasie e iperboli consta la cena che il convitato di pietra offre al Burlador di Tirso, scorpioni e vipere, stufato di spine di cardo e fiele e aceto ”. G6ngora offre una ellittica contaminazione col monitorio-solenne: « Aquéllas que los arboles apenas — dejan ser torres hoy... »; poi inverte le parti fra il negativo e il semipositivo, affidando al vegetale il compito d’ingentilire le pietre cadute: Yacen ahora, y sus desnudas piedras visten piadosas yedras: que a ruinas y a estragos
sabe el tiempo hacer verdes halagos”.
Ancora un’eco: fra !’antichita pit tarda, e le estreme propaggini dell’imitazione rinascimentale in un Settecento gia preromantico. Nel frattempo il mondo conosciuto si era ampliato a dismisura. Nondimeno le considerazioni su di esso con cui la Filosofia modera l’ambizione, nel De consolatione philosophiae di Boezio, ricompaiono solo pit nutrite d’immagini nei Night Thoughts di Young (v, 4, 1): A part how small of the terraqueous globe Is tenanted by man! the rest a waste, Rocks, desarts, frozen seas, and burning sands: XT, ott. 2-3 (poi 4-49): ébid., p. 321 (pp. 321-34). Cfr. II, ott. 56, vv. 7-8: # "Hs Jornada III: Tirso de Molina, E/ Burlador de Sevilla cit., pp. 283-85. 7 Soledad primera, vv. 212-13, 218-21: Géngora, Obras completas cit., p. 639. [Quelle a cui gli alberi appena consentono |oggi esser torri...] [Giacciono adesso, e le
loro nude pietre |vestono edere pietose: |ché a rovine e disastri |il tempo sa prestare
verdi lusinghe]. 68 [La consolazione della filosofia).
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Wild haunts of monsters, poisons, stings, and death Such is earth’s melancholy map! ”,
A questa serie di ricorrenze tanto meglio codificate quanto pit esigue, fino alla svolta storica, non sembra possibile far seguire che occorrenze disordinatamente isolate. La distinzione meno incapace di sopperire a un’individuazione di costanti particolari, guarda alla posizione dello sterile-nocivo rispetto allo spazio abitato: 0 esterna o interna; o distaccatae lontana o limitrofa, soggiacente, interpenetrante. L’infecondita del mare eccitava Faust a respingerlo indietro da una costa europea (IV, 32). In The Rime of the Ancient Mariner™
di Coleridge, l’incubo dell’acqua non dissetante genera marciumi e mostri perché il fiabesco della ballata é quello delle scoperte oceaniche: « We were the first that ever burst - Into that silent sea»; e l’oceano é il Pacifico (come leggiamo al margine, in prosa) e la latitudine l’Equatore: Water, water, every where, And all the boards did shrink; Water, water, every where,
Nor any drop to drink. The very deep did rot: O Christ! That ever this should be! Yea, slimy things did crawl with legs Upon the slimy sea“.
Inesplorate sono ancora, in Pan Tadeusz di Mickiewicz, «le misteriose profondita delle foreste lituane»: per quanto distino poco dal castello, i nobili cacciatori non ne conoscono che i bordi. «Solo fiabe e leggende sanno cid che in esse succede», pit addentro, e la credenza popolare d’un regno degli animali al loro centro ériferita con minuziosa compiacenza. Prima pero, sia nel testo che nella topografia, la categoria 6” NightI:Young, The Poetical Works, t. I cit., p. 10: cfr. Boethius, The Theological Heise The Consolation of Philosophy, Heinemann, London 1968, p. 212 (II, 7, 14-20). [Quanto piccola parte del globo terraqueo |E in possesso dell’uomo! il resto un deserto, |Rocce, lande, mari ghiacciati e sabbie ardenti: |Selvaggi ritiri di mostri, veleni, aculei e morte |Questa la malinconica mappa della terra!) 6° [La ballata del vecchio marinato). “ Parte II, wv. 105-6, 19-26: S. T. Coleridge, Poems, Oxford 1960, pp. 190-91 (186209). [Noi fummoiprimi che mai irrompessero |In questo silenzioso mare]. [Acqua,
acqua, dappertutto, |E tutte letavole si contraevano; |Acqua, acqua, dappertutto, | E non una goccia da bere. ||L’abisso stesso marciva. O Cristo! |Che questo dovesse mai accadere! |Si, cose viscide avevano gambe | Per strisciare sul viscido mare].
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si tinge di sinistro e di magico come l’ultima insidiosa fascia penetrabile s’imparenta all’inferno: ... piccoli laghi per meta coperti di erbe, cos{ profondi che gli uomini non ne rintracciano il fondo (la, senza dubbio risiedono i diavoli). Luc-
cica ’acqua di quei pozzi, macchiata di sanguigna ruggine, esalando dall’interno vapori e odori impuri per cui le piante attorno perdono foglie e corteccia; calve, imbastardite, corrose, malate, coi rami bassi, lebbrosi di musco, curvando i tronchi barbuti di funghi schifosi, stanno attorno all’acqua come turba di streghe che si scaldi a un calderone in cui bollono cadaveri*.
Nell’Oceano Indiano, in Moby Dick di Melville, il capitano Ahab apostrofa l’enorme testa del primo capodoglio dagli uomini della sua nave ucciso e decapitato; quell’inaccessibile di cui dice il rapimento e lo sgomento giace al fondo d’uno spazio, anziché orizzontalmente remoto, verticalmente abis-
sale e insondabile. Non pit fiaba o leggenda, ma immensi sottintesi di scienza e di storia animano la fantasia: ... speak, mighty head, and tell us the secret thing that is in thee. Of all divers, thou hast dived the deepest. That head upon which the upper sun now gleams, has moved amid this world’s foundations. Where unrecorded names and navies rust, and untold hopes and anchors rot;
where in her murderous hold this frigate earth is ballasted with bones of millions of the drowned; there, in that awful waterland, there was thy
most familiar home. Thou hast been where bell or diver never went... .
Territoriali o d’oltremare, il fiabesco e il leggendario erano un rapporto, una mediazione fra noto e ignoto. Inverato il 62 Libro IV: Mickiewicz, Pan Tadeusz cit., p. 13 (pp. 013-15). ® Cap. Lxx: Melville, Moby Dick cit., p. 319. Altra estremita a cui spinge la fantasia il tema del romanzo si ha in una cronologia preistorica, anzi anteriore al tempo che «comincid con l’uomo» (cap. ctv): «I obtain dim, shuddering glimpses into those
Polar eternities; when wedged bastions of ice pressed hard upon what are now the Tropics; and in all the 25,000 miles of this world’s circumference, not an inhabitable
hand’s breadth of land was visible. Then the whole world was the whale’s...», pp. 467-68. {intravedo foschi, terrificanti barlumi di quelle eternita polari, quando bastioni di ghiaccio incastrati gravavano duramente su cid che ora sono i Tropici; e in tutte le 25 000 miglia della circonferenza di questo mondo, non si vedeva di terra abitabile neanche lo spazio d’una mano. L’intero mondo era allora della balena...] In superficie e al presente, euforica é invece la grandiosita dell’Oceano Pacifico, sbid., pp. 492-93, 499-501. [... parla, testa poderosa, e dicci il segreto che c’é in te. Di tutti i palombari, sei quello che é calato pia profondo. Questa testa su cui ora splende il sole superiore, si é mossa in mezzo alle fondamenta del mondo. Dove arrugginiscono non registrati nomi e flotte, e marciscono non raccontate speranze ed ancore; dove nella sua stiva micidiale questa fregata la Terra ha per zavorra le ossa dei milioni degli annegati; la, in quello spaventoso mondo d’acqua, la era la tua dimora pit familiare. Tu sei arrivata dove mai arrivd campana né palombaro...]
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colonialismo su scala mondiale, in Heart of Darkness“ di Conrad essi si estinguono nell’immediato e nell irrelato: Yorrore dell’ignoto resiste dietro uno squallore che rende irrisorio il noto. Appare senza senso quel poco cheé visibile di colonizzazione, bombardamento della giungla dal mare o lavoro a una ferrovia nella giungla, con relitti di metallo” Nello sterile-nocivo di ritorno, la cultura si riassimila presto alla natura: «Still I passed through several abandoned villages. There’s something pathetically childish in the ruins of grass walls». Solo le teste umane disseccate, scambiate per ornamenti dei pali d’un recinto in rovina“’, equiparano la disumanita dei bianchi a quella degli indigeni e dell’ambiente. Come in Mann (iv, 32), c’é surdeterminazione sim-
bolica della natura; ma qui, al perturbamento morale, cede finalmente la millenaria rimozione d’uno sterile-nocivo di pura estraneita. Cid che le comparazioni traducono é minaccia assoluta: Going up that river was like travelling back to the earliest beginnings of the world, when vegetation rioted on the earth and the bigtrees were kings. An empty stream, a great silence, an impenetrable forest. The air was warm, thick, heavy, sluggish. There was no joy in the brilliance of sunshine. [...]. ...till you thought yourself bewitched and cut off for ever from everything you had known once — somewhere — far away — in another existence perhaps. There were moments when one’s past came back to one, as it will sometimes when you have not a moment to spare to yourself; but it came in the shape of an unrestful and noisy dream, remembered with wonder amongst the overwhelming realities of this strange world of plants, and water, and silence. And this stillness of life did not in the least resemble a peace. It was the stillness of an implacable force brooding over an inscrutable intention. It looked at you with a vengeful aspect *. -
4 [Cuore di tenebra). 6° J. Conrad, Youth: A Narrative. Heart of Darkness. The End of the Tether, Everyman’s Library, London 1971, pp. 61-62, 63-64. L’assurdo, anche linguistico, fa di quel prezioso-potenziale che é l’avorio talvolta sepolto dai negri un «fossile», pp. 115-16.
66 Cap. 1: ébid., pp. 70-71. [Passai ancora attraverso pit d’un villaggio abbandonato. C’é qualcosa di pateticamente infantile nelle rovine di muri d’erba]. 87 Tbid., pp. 121, 130-31. “ Cap. U: ibid., pp. 92-93; e cfr.p. 86. [Risalire questo fiume era come tornare in viaggio ai primi inizi ‘del mondo, Rn la vegetazione imperversava sulla terra e i grandi alberi erano re. Un corso d’acqua vuoto, un grande silenzio, una foresta impenetrabile. L’aria era calda, spessa, pesante, pigra. Non c’era gioia nella luminosita del sole. lieerk .. finché uno non si credeva stregato e tagliato fuori per sempre da ogni cosa che
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In altre occorrenze non meno isolate, come ho detto, le immagini della categoria anziché lontano allignano vicino: s insinuano negli angoli, si addensano alle frontiere, minano le fondamenta. II marchese di Custine visita la Russia di Nicola I osservandola con acume spietato. Nella genesi della citta di Pietroburgo vede il trionfo pit orgoglioso, e pit costoso in vite umane, dell’autocrazia; dall’artificialita contro natura deduce una precarieta che puo ricordarci il profeta biblico: Que cette capitale sans racines dans l’histoire, ni dans le sol, soit oublige du souverain, un seul jour; qu’une politique nouvelle porte ailleurs la pensée du maitre, le granit caché sous l’eau s’émiette, les basses terres inondées rentrent dans leur état naturel et les hétes légitimes de
la solitude reprennent possession de leur gite ®.
Nel ciclo di Zola, Les Rougon-Macquart™, la corrispondenza fra romanzi e ambienti sociali lega decine di descrizioni a sfondi della divisione del lavoro. I] primo romanzo, La Fortune des Rougon“', non é specializzato cosi; e la descrizione che lo apre premette all’intero ciclo Puniversale biologico della morte, refrattario all’utile della societa, rigoglioso in naturale riproduzione di vita. E l’area, alla periferia dell’immaginaria cittadina provenzale, d’un cimitero abbandonato: sostituita perché colma all’eccesso, e rimasta feconda in proporzione. I frutti dei peri mostruosi ripugnano alle massaie. Non si trovano acquirenti per il bene comunale: troppe ossa ne erano riaffiorate, profanate da scherzi e trasportate a carrettate per la via. Ci si accontenta
dell’affitto a un cantiere di legname, ma anche gli zingari aveva conosciuto prima — altrove —lontano — forse in un’altra esistenza. C’erano momenti in cui il passato tornava, come fa certe volte quando non troviamo neanche un momento per noi; ma tornava in forma di sogno inquieto e rumoroso, ricordato con meraviglia fra le realta soverchianti di questo strano mondo di piante, e acqua, e silenzio. E questa calma di vita non somigliava minimamente alla pace. Era la calma d’una forza implacabile che covasse una imperscrutabile intenzione. Vi guardava con aria vendicativa]. Taq Russie en 1839.(La Russia nel 1839], Pétersbourg, 12 juillet 1839, au soir: Marquis de Custine, Lettres de Russie, Gallimard, Paris 1975, p. 104. [Che questa capitale senza radici nella storia, né nel suolo, sia dimenticata dal sovrano un solo giorno; che una nuova politica porti altrove il pensiero del padrone, il granito nascosto sott’acqua si sbriciola, le terre basse inondate rientrano nel loro stato naturale e gli ospiti legittimi della solitudine riprendono possesso della loro dimora]. 6 [I Rougon-Macquart). 1 [La Fortuna det Rougon].
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eleggono domicilio nell’area. La riutilizzazione ha limiti di tempo e di spazio: |’area ridiventa sinistra la sera, soprattutto d’inverno; in una striscia laterale permangono la potenza vegetalee i! soffio cimiteriale antico®. La fiorira tra lastre tombali‘e frammenti ossei l’adolescente idillio di Silvére e Miette, 1a con la fucilazione di lui la politica dara alla morte Pultima parola®. * Nel teatro di Maeterlinck, spaesamento leggendario e finta onomastica medievale non evocano che le alte classi dell’altra fine di secolo: nobilitati e isolati, si compivano in quei castelli destini moderni. Non ha pit regimi storici come referenti il tema edilizio che vi riconosciamo (v, 6). In
Alladine et Palomides® ci si smarrisce tra corridoi e scale senza sbocco, e finestre e porte; lultima porta si apre su uno stagno™. In Pelléas et Mélisande® Vacqua morta ristagna al di sotto del castello, costruito su enormi grotte sotterranee che non si sa dove giungano. Esala da laggid un odore di morte; sarebbe tempo di badare alle crepe nei pilastri delle volte, affinché una notte il castello non sia in-
ghiottito. Il simbolo non va al monitorio-solenne (come per LPisola della Woolf, 11, 10), ma a una proiezione morale dello
sterile-nocivo, pii generale o pid vaga degli incombenti adulterio e fratricidio®’. Lo stesso tipo di senso ha la reversibilita della categoria, insistente da un dramma all’altro, in
un prezioso-potenziale di tesori e di splendori notturni o solari: quando a distanza di scene, quando in successione diretta®. I processi simbolici sono pero, in letteratura, tutaltro che un monopolio dell’epoca simbolista. E grazie ad
62 Cap. 1: Zola, Les Rougon-Macquart, t. | cit., pp. 5-9. > Tbid., pp. 9-17, 187 (la porticina e la vecchia chiave della nonna, cfr. pp. 44-45), 192-98, 206-9; 309-15. 4 [Alladine e Palomides).
> Atto I: M. Maeterlinck, Théétre, Slatkine, Genéve 1979, t. II, pp. 122-23.
%¢ [Pelléas e Mélisande). 67 Atto IIL, sc. ut: tbid., pp. 55-57. 8 A distanza di scene: in Pelléas, cfr. quella citata con atto I, sc. mt (¢bid., p. 38); in Alladine, con atto IV (pp. 152, 154-55, 157-58) dove si ha poi la conversione opposta (p. 159). In successione diretta: ne La Princesse Maleine [La Principessa Maleine], ibid., t. 1, pp. 23-25; in Ariane et Barbe-bleue [Arianna e Barbablu], pp. 152-56. Fosco senza conversione il castello in La Mort de Tintagiles [La Morte di Tintagiles), ibid.,t. IL, p. 207.
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essi che certe immagini assumono il loro senso, di tipo stavolta storico-politico, in Radetzkymarsch® di Roth; e accentrano contaminazioni da romanzo del Novecento. La monarchia asburgica confinava a nord-est con l’impero russo. Nei pregiudizi d’un anziano viennese d’adozione come il pa-
dre del protagonista, era una zona: ... an dessen Randern man wahrscheinlich schon den sibirischen Wind heulen hérte. Baren und Wélfe und noch schlimmere Ungeheuer, wie Lause und Wanzen bedrohten dort den zivilisierten Osterreicher. Die ruthenischen Bauern opferten heidnischen Gottern, und grausam wiiteten gegen fremdes Hab und Gut die Juden™.
Per voce d’autore, la zona é delle pit singolari come centro di traffico fra due mondi, spesso illecito e sempre casuale e clandestino: merci in elenco ultravariate o misere fino all’inservibile, commercio di disertori e prostitute verso altri continenti™. Il conte Chojnicki, grande proprietario dalle alte parentele, spreca il tempo con tentativi alchimistici in un padiglione di caccia cadente. E come se fosse lui a interpretare il rapporto tra il confine e lo stato: la minaccia di disgregazione si rifrange dall’uno all’altro nel suo profetico disfattismo”. Lo sterile-nocivo, che solo é appropriato al paesaggio, si fa decomposizione all’aperto nel campo adiacente allofficina dei lavoratori di setole: 701
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Sumpfgeborene waren die Menschen dieser Gegend. Denn die Siimpfe lagen unheimlich ausgebreitet tiber der ganzen Flache des Landes, zu beiden Seiten der Landstrasse, mit Fréschen, Fieberbazillen und tiickischem Gras...”°. Die Fabrik war ein altes baufalliges Gemauer [...] umgeben von einem wiisten breiten Platz, auf dem seit undenklichen Jahren Mist abgelagert wurde, tote Katzen und Ratten der Faulnis ausgeliefert waren, 6 [La marcia di Radetzky]. 70 Parte II, cap. x1: J. Roth, Werke in drei Banden cit., t. I, p. 142. [... ai cui bordi era verosimile che si sentisse gia ululare il vento siberiano. La orsi e lupi e mostri anche peggiori, come pidocchi e cimici, minacciavano |’austriaco civilizzato. I contadini ruteni sacrificavano a déi pagani, e crudelmente infuriavano contro beni e averi altrui gli ebrei].
7 [bid., pp. 117-19, 155. 72 Thid., pp. 124-27, 146-51 (elenco di strumenti sia alchemici che chimici, p. 149). 73 Parte II, cap. 1x: tbid., p. 119. [Nati in palude erano gli uomini di quella regione. Le paludi erano infatti d’inquietante estensione su tutta la superficie del territotio, da entrambi i lati della strada maestra, con rane, bacilli di febbre ed erba maligna...]
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Blechgeschirre rosteten, zerbrochene irdene Tépfe neben zerschlissenen Schuhen lagerten™.
In The Sound and the Fury™ di Faulkner, la categoria sancisce un’emarginazione di razza e di classe: quella delle capanne di negri. Sostituisce la vegetazione con una poltiglia di manufatti, la riduce selvatica, la dissecca come se non si nutrisse che di un odore: They [small cabins] were set in small grassless plots littered with broken things, bricks, planks, crockery, things of a once utilitarian value. What growth there was consisted of rank weeds and the trees were mulberries and locusts and sycamores — trees that partook also of the foul desiccation which surrounded the houses; trees whose very burgeoning seemed to be the sad and stubborn remnant of September, as if even spring had passed them by, leaving them to feed upon the rich and unmistakable smell of negroes in which they grew ™.
Ne La Nausée di Sartre l’ossessione della natura é metafisica,
in proporzione alla sicurezza con cui sono insediati i borghesi nel mondo fisico (Iv, 17). Contro di loro pid che contro se
stesso Roquentin rivolge fantasticherie di vegetazione che attende fuori dalle citta per assalirle, o di materia che deroga in atroci escrescenze ed effervescenze””. Al suo limite d’inverosimiglianza, la categoria negativa dovrebbe negare una funzionalita e punire un positivismo la cui prepotenza aproblematica é lo scandalo vero: Ils n’ont jamais vu que l’eau apprivoisée qui coule des robinets, que la lumiére qui jaillit des ampoules quand on appuie sur l’interrupteur, que les arbres métis, batards qu’on soutient avec des fourches. Ils ont la
preuve, cent fois par jour, que tout se fait par mécanisme, que le monde obéit a des lois fixes et immuables. [...]. Cependant, la grande nature vague s’est glissée dans leur ville, elle s’est infiltrée, partout, dans leur 74 Parte II, cap. x11: zbzd., p. 163. [L’officina era una vecchia costruzione cadente [...] circondata da un vasto spazio incolto, dove da innumerevoli anni veniva scarica-
to letame, si lasciavano putrefare gatti e topi morti, arrugginivano recipienti di latta, giacevano vasi rotti di terra accanto a scarpe consumate].
7 [L’urlo e il furore). 76 April Eight, 1928: W. Faulkner, The Sound and the Fury, Penguin 1970, p. 258. [Esse [piccole capanne] erano in piccoli appezzamenti senza erba con uno strame di cose rotte, mattoni, assi, terraglie, cose gia di valore utilitario. Quel che ci cresceva
consisteva in rigogliose erbacce e gli alberi erano gelsi e carrubbi e sicomori — alberi partecipi anch’essi della immonda essiccazione che circondava le case; alberi il cui stesso germogliare pareva un triste e testardo residuo di settembre, come se perfino la primavera li avesse trascurati, lasciandoli a nutrirsi dell’intenso e inconfondibile odore di negri in cui crescevano]. 77 Sartre, (Euvres romanesques cit., pp. 184, 187-89.
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maison, dans leurs bureaux, en eux mémes. [...]. Je la vods, moi, cette
nature, je la vozs...™.
Ne Le citta invistbil: di Calvino, fra le tante che Marco Polo
descrive a Kublai Kan, tre figurano sdoppiate secondo quella reversibilita di cui la categoria é partecipe: in senso bifronte, verticale, orizzontale”. Moriana «consiste solo in un dritto e
in un rovescio, come un foglio di carta, con una figura di qua e una di la, che non possono staccarsi né guardarsi». Bersabea sa di avere una proiezione celeste e una infernale: misconosce come quest’ultima sia presuntuosamente pianificata, e generosamente anale sia l’altra. Leonia misura la sua opulenza « dalle cose che ogni giorno vengono buttate via per far posto alle nuove», e vanno a scontrarsi all’esterno con gl’immondezzai di altre citta. Ha materie da prezioso-potenziale la faccia positiva di Moriana, e soprattutto la proiezione celeste di Bersabea, i cui abitanti «accumulano metalli nobili e pietre rare»; mentre il rinnovamento quotidiano di Leonia non brilla che di efficienza consumista. La faccia negativa é nei tre casi ingombro e sgombero di materie rimosse, sterilenocivo contiguo alla citta che lo ha prodotto. Avanzi di manufatti avvicinano elenchi al logoro-realistico o al frusto-grottesco: sulla faccia nascosta di Moriana, nella Bersabea fecale sia presunta all’inferno che librata in cielo, tra icumuli di detriti le cui frane sono il pericolo di Leonia. Nei due ultimi casi, la citta é contestata dalla fogna (11, 1), il mondo moderno dall’a-
pologia della defecazione e dall’ipertrofia della spazzatura. Inoltre, si registra uno sterile-nocivo di orrore cadaverico e di schifo animalesco: contaminato per lo pit col sinistroterrifico (v, 1). Solo assai prima della svolta storica la frantu-
mazione del corpo poteva essere esibita in tono fiabesco ed asciutto. Nell’Orlando innamorato di Boiardo: Qua vede un braccio, e la meza una testa, Cola vede una man co’ denti monca. 78 Thid., pp. 186-87. [Non hanno visto mai se non l’acqua addomesticata che scorre dai rubinetti, se non la luce che si accende nelle lampadine quando si preme I’interruttore, se non gli alberi meticci, bastardi che si sorreggono con forcelle. Hanno la prova, cento volte al giorno, che tutto si fa per meccanismi, che il mondo obbedisce a leggi fisse e immutabili. [...]. Nondimeno, la grande natura vaga s’é insinuata nella loro citta, s’é infiltrata, dovunque, nella loro casa, nei loro uffici, in loro stessi. [...]. La vedo, io, questa natura, la vedo...] 7 J. Calvino, Le citta invisibili, Einaudi, Torino 1984, pp. m1, 17-18, 19-21. Le citazioni e riferimenti seguenti sono da distribuire secondo i tre nomi di citta.
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Rer tutto intorno é piena la foresta Di qualche gamiba 0 qualche spalla tronca E meinbri lacerati e pezzi strani, Come di bocca tolti a lupi e a cani”.
L’estrema violenza espressionista d’una poesia come Schone Jugend”, di Benn, sta nello spostamento della compassione: dalla corporeita umana non vivente alla non umana vivente, dalla ragazza annegata dell’obitorio alla nidiata di topolini. Da essi soli reso ripugnante, il cadavere conta solo come ricetto e pastura di essi. Ai quali la giovane eta non impetra affatto, di solito, la nostra neanche ironica identificazione: ... lebten von Leber und Niere, tranken das kalte Blut und hatten
hier eine sch6ne Jugend verlebt. Und sch6n und schnell kam auch ihr Tod: Man warf sie allesamt ins Wasser. Ach, wie die kleinen Schnauzen quietschten! 7”.
14. L’inizio di entrambe le ultime categorie, come del desolato-sconnesso, é da segnare pit tardi della svolta storica: con la seconda, minore svolta storica a partire dal 1848. Per il prestigioso-ornamentale, ho parlato d’una continuita col venerando-regressivo, d’una sorta di distillazione dell’esemplarita di esso da ideologica in estetica (IV, 35, 37; V, 6). I residui di funzionalita primaria che le immagini della categoria presupporrebbero sono di regola gia di per sé decorativi; e nella rifunzionalizzazione secondaria, cioé nell’attualita delPornamento, raramente mancano
Ail SakdreiascorOiheal
punto da non far pit notizia. Percid si tratta della categoria meno documentabile, e di pit breve periodizzazione, assumendone il 1914 come simbolico limite inferiore. Entro i decenni della fin de siécle e della belle époque, tuttavia, credo che la documentazione potrebbe essere assai pid abbondante di quella che sto per riportare: se la ricerca si estendesse a scrittori minori e frugasse fra testi dimenticati — 0 meglio se 70 Libro TI, canto II, ott. 50, vv. 3-8: Boiardo, Orlando innamorato, t.1I cit.,
543.
™ [Bella gioventi).
7 G. Benn, Gedichte in der Fassung der Erstdrucke, Fischer, Frankfurt am Main 1982, p. 22. [... vivevano di fegato e reni, |bevevano il freddo sangue e avevano |qui trascorso una bella gioventi. |E bella e svelta venne anche la loro morte: |furono gettati tutti insieme nell’acqua. |Ah, come i piccoli musi squittivano! ]
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questo libro fosse nutrito di ricerca, anziché composto come un saggio. Restando ai maggiori, ecco in Balzac un esempio che si sottrae all’ambito stesso del non-funzionale, e fa rite-
nere prematura la categoria in data 1839. Il banchiere subalterno eppure milionario di I//usions perdues ama lo stile greco: lo ha distribuito in tutto il suo appartamento, attingendo pazientemente al gusto Impero, ed é gracile ma elegante la grazia dell’ Antichita che vi ha diffuso”’. Possiamo dire, infatti, che nel farlo non ha defunzionalizzato né decontestualizzato materie né modelli. Le cose stanno altrimenti in Ligeza, del 1838: Poe é, pit confusamente che altre volte, un precursore. La gratuita del lusso con cui il vedovo adorna per la sposa non amata I’interno d’una abbazia, si dispiega in eccessiva varieta di componenti. Solenni intagli d’Egitto; immenso vetro di Venezia; soffitto traforato con invenzione «semigotica, semidruidica»; modello d’incensiere saraceno; candelabri di forma orientale; letto di disegno indiano; sarcofaghi provenienti dalle tombe di Luxor; arabeschi nella tappezzeria tessuta doro; fantasmagorie ispirate alla «superstizione del normanno» o ai «sonni colpevoli del monaco»™. E il trionfo, voluto o involontario, del Kitsch? Press’a poco come alcune pagine di Balzac a suo tempo riassunte (Iv, 34), pud sembrare tale a un nostro negativo giudizio di valore; ma, nel testo, non si da che per fantasia raffinata e perversa all’estremo. Se a un interno privato manca la scusa della mercificazione, come in Balzac, quella d’una « pazzia incipiente » e d’una schiavit «nei ceppi dell’oppio» non istituisce nessuna distanza fra l’autore e l’io-personaggio. Un alibi ancora pit spinto in direzione fantastica, ipnotica, onirica finirebbe col portar fuori le immagini dall’ambito che ci riguarda: facendo vacillare, sulle sue basi di realta, ’opposizione tra funzionale e non (v, 2). E quel che avviene nell’esotismo visionario e nel-
Peuforia di perfezione d’alcune poesie e poemi in prosa di ™ Balzac, La Comédie humaine, t. V cit., pp. 505-6. ™ Poe, Tales cit., pp. 162-64 (pp. 155-69). La mescolanza é meno insistita nel palazzo veneziano d’una novella apparsa tre anni prima, The Assignation |L’appuntamento], ma é cosi dichiarata: « Little attention had been paid to the decora of what is technically called keeping, or to the properties of nationality» [Poca attenzione si era tributata ai decora di quel che si chiama tecnicamente accordo, ossia alle proprieta d’una nazionalita]: pp. 149-50.
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Baudelaire”, al di 1a del prestigioso-ornamentale— e ben al di sopra d’ ogni precedente dell’ammirato Poe. Se la corta durata della categoria permettesse di distinguere ricorrenze codificate, indicherei le prime in data ne L’Education sentimentale diFlaubert; due volte su tre, in casa Dambreuse. Questo é un momento di descrizione della serata di ricevimento: .. le buffet ressemblait 4 un maitre-autel de cathédrale ou 4 une exposition d’orfévrerie, — tant il y avait de plats, de cloches, de couverts et de cuillers en argent et en vermeil, au milieu des cristaux a facettes qui entre-croisaient, par-dessus les viandes, des lueurs irisées. Les trois autres salons regorgeaient d’objets d’art: paysages de maitres contre les murs, ivoires et porcelaines au bord des tables, chinoiseries sur les consoles; des paravents de laque se développaient devant les fenétres, des touffes de camélias montaient dans les cheminées... ”’.
Il lettore pud aver colto nelle prime righe una variazione di quelle, posteriori, che aprono la descrizione della camera in Un Coeur simple (1, 7): luogo che avait lair tout a la fots d’u-
ne chapelle et d’un bazar tant il contenait d’objets... Qui la cappella si magnifica in cattedrale, il bazar si affina in mo-
stra, il paragone del privato col pubblico accusa pompa estroversa anziché introversione stravagante. Pur sempre ec-
cesso— come la copia negli elenchi, come il verbo « rigurgitavano»: un eccesso che non comporta decontestualizzazioni, non si attira nemmeno ironia (come negli esempi di Iv, 35 € Il, 5), € presta imponenza all’operazione decorativa. M. Dambreuse ha, col des Esseintes di Huysmans, un tratto co-
mune unico ma significativo. E un nobile staccatosi dalla sua classe, per partecipare in mezzo secolo a tutti i regimi”; il suo Opportunismo si adegua all’era industriale, come patadossalmente l’estetismo dell’altro (rv, 37). Gli altri due interni parigini accostabili nel romanzo sono il boudoir d’una ™ Per esempio L’Invitation au voyage [L’Invito al viaggio] in versi, e quella in prosa; La Chambre double (di cui ho gia citato, v, 9, il successivo momento di rottura): Baudelaire, Euvres completes, t. I cit., pp. 53-54, 301-3, 280-82. 76 Parte II, cap. 1: Flaubert, Ewvres, t. II cit., p. 188. [... la tavola era simile a un
altar maggiore di cattedrale o a una mostra di oreficeria, — tanti erano i piatti, le campane, i coperti e cucchiai d’argento o argento dorato,-in mezzo ai cristalli sfaccettati che incrociavano, al di sopra delle carni; bagliori iridati. I tre altri salotti rigurgitavano di oggetti d’arte: paesaggi di maestri contro i muri, avorie porcellane ai bordi delle tavole, cineserie sulle consolli; paraventi di lacca si dispiegavano davanti alle finestre, ciuffi di camelie salivano nei camini...] ™ Thid., pp. 50, 408.
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mantenuta d’alto bordo come Rosanette, e quello di Mme Dambreuse. La differenza sociale non ha rilievo nelle presentazioni rispettive dei ciondoli e addobbi sovrabbondanti, che seguono uno stesso schema a noi noto (11, 13): sintesi —
«tutta una collezione di curiosita», «tutte le specie di oggetti»; elenco, pii o meno dettagliato; ripresa sintetica che esplicita l’accordo, essenziale alla categoria, delle unita fra loro e poi con lo sfondo ambientale — «e tutto cid si fondeva», ecc.; «tutte queste cose si armonizzavano pero», ecc.”™.
Non si esagera molto ammettendo che il nucleo pit puro del prestigioso-ornamentale possa ridursi al romanzo di Huysmans e alla diretta fortuna di esso. Fortuna di cui fanno parte opere a loro volta famose, ma dove quel tanto di eroico che ha la coerenza di contraddizioni del protagonista originale si stempera: al posto delle tare nervose e fisiche c’é un dato soprannaturale in The Portrait of Dorian Gray” di Wilde; al posto della consegna di solitudine c’é dovizioso e dissipato erotismo ne I/ Piacere di D’Annunzio. Dentro il romanzo di Wilde quello di Huysmans figura con una funzione precisa, e occupa il discorso per un intero capitolo. Dorian Gray lo ha preso a oggetto materiale dell’imitazione che vi attinge: facendone rilegare nove copie in diversi colori, adattia umori e fantasie diverse. I] racconto seguente di questa imitazione é un libero, digressivo e divulgativo riassunto. Ostenta un lessico copiosamente speciale e sonoramente goduto; tocca altre categorie, il magico-superstizioso attraverso effetti leggendari di gioielli, il monitorio-solenne attraverso gli effetti del tempo su cose e stoffe — che riportano al tema di fondo della caducita della giovinezza™. In D’Annunzio, l’immedesimazione di Andrea Sperelli nella propria casa lo fa concorrere con des Esseintes in due passi dove é 78 Parte II, cap. vi; parte III, cap. mu: bid., pp. 288, 395. 79 [II ritratto di Dorian Gray). 70 Cap. x1: O. Wilde, The Works, Collins, London — Glasgow 1952, pp. 102-15: mi sono riferito in particolare alle pp. 102, 108, 109, e cfr. pp. 106 per i profumi, 106-7 per strani strumenti musicali, 107-9 per i gioielli, 109-10 per ricami e tappezzerie, 110 per vesti ecclesiastiche. Dorian aveva gia detto: «I love beautiful things that one can touch and handle. Old brocades, green bronzes, lacquer-work, carved ivories, exquisite surroundings, luxury, pomp, there is much to be got from all these » [Amo le belle cose che si possono toccare e maneggiare. Vecchi broccati, verdi bronzi, oggetti laccati, avori intagliati, ambienti squisiti, lusso, pompa, molto da tutto cid si pud ottenere]: p. 91.
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sold, ma intento al ricordo o all’attesa di presenze femminili. La prima volta, da una vulgata di corrispondenze simboliste si approda a «l’essenza direi quasi erotica», «direi quasi la virtualita afrodisiaca» degli oggetti: « Questo delicato istrione non comprendeva la comedia dell’amore senza gli scenarii»”. La seconda volta, il possesso pregustato é d’una donna casta e pura. Solo allora apprendiamo com’era parata la camera da letto, da una descrizione lessicalmente meticolosa cost introdotta: .e quella stanza gli parve il luogo pia degno ad accogliere quel godimento, perché avrebbe reso piti acuto il singolar sapore di profanazione e di sacrilegio che il segreto atto, secondo lui, doveva avere. La stanza era religiosa, come una cappella. V’erano riunite quasi tutte le stoffe ecclesiastiche da lui possedute e quasi tutti gli arazzi di soggetto sacro”™.
Diventano pimento culturale dell’atto fisico le scelte che si compivano, in Huysmans, fra padronanza ereditaria e dubbio teologico. Molte pagine prima del resto si confermava, con candore di attestazione e senza spessore di problema, a che pronta inflazione fosse predestinata l’inimitabilita del personaggio francese: In quell’anno, a Roma, l’amore del bibelot e del bric-4-brac era giunto all’eccesso; tutti i saloni della nobilta e dell’alta borghesia erano ingombri di «curiosita»; ciascuna dama tagliava i cuscini del suo divano in una pianeta o in un piviale e metteva le sue rose in un vaso di farmacia umbro o in una coppa di calcedonio”.
Solo invece come versione protestante, intima e severa, é
lecito situare nel solco dello stesso modello The Spoils of Poynton™ di James: che drammatizza i rapporti del valore estetico col valore etico e con la durata. Concentrare nella casa di Poynton portenti d’antiquariato era costato a Mrs Gereth l’abnegazione d’una vita. La sua giovane amica Fleda, nella cui prospettiva il romanzo é narrato, le riconosce 7 Libro I, cap. 1: D’Annunzio, Prose di romanzi, t. I cit., pp. 16-18.
7 Libro II, cap. 1: tbid., pp. 232-33. ™ LibroI, cap. ut: ibid., p. 67; e cfr., pp. 63-70, tutta la scena di una prima asta (per la seconda, che chiude i romanzo, vedi sopra la nota 381), e un oggetto come Vorologio-testa di morto, pp. 68-69. Variazione della biblioteca di A rebours &quella pornografico-sadica di Lord Heathfield, pp. 319-24. Momenti in cui il prestigiosoornamentale si confonde col venerando-regressivo da idealizzazione d’Ancien Régime: pp. 167 e 291, rispettivamente musiche e gioielli del Settecento. 74 [Le spoglie di Poynton].
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una passione «assolutamente disinteressata — non le importava niente del mero possesso »”. Colmi per lei di memoria, gli oggetti non rappresentano un vero memore-affettivo:
non rinviano ad altre circostanze se non quelle dei loro avventurosi reperimenti”. Le due donne cominciano col simpatizzare nel disgusto per il pretenzioso-fittizio della casa dei Brigstock. La cui «bruttezza fondamentale e sistematica» esprimerebbe una «natura abnorme»: con appena pit concretezza d’immagini, nell’economia di James (1v, 26; v, 3),
che per il prestigioso-ornamentale”. I] buon gusto appare una predestinazione come la grazia, immotivato rispetto alla provenienza di Fleda da una famiglia povera, dove il padre fa collezione d’innocenti cascami e la casa della sorella é peggio che modesta™. Pure é la nuora che Mrs Gereth vorrebbe: esclusa dalla successione del marito, sa che Poynton é perduta se il figlio culturalmente ottuso sposa la volgare Mona Brigstock. Meglio perfino la «cinica unita» della casa di costei che una commistione fra le due case, le detta il suo ideale
di « completezza e perfezione» ”. Gli elettie i dannati in senso estetico ed etico sembrano corrispondere, con una vocazione degli eletti alla sconfitta: lo scrupolo rinunciatario di Cap. xvi: H. James, The Spoils of Poynton, Penguin, 1978, p. 153; cfr. pp. 12 (pazienza di collezionista e danaro), 20 (le «cose», somma del mondo per lei), 54 (la «profonda moralita» cui ambisce), 105 (lo sfondo adatto alla sua immagine), 166 (la sua grandezza). Cosi per Fleda Ja perdita finale degli oggetti é «un guadagno di memoria e d’amore», che la rende partecipe d’una «religione», e gli oggetti stessi sono irriducibili all’appartenenza personale, pp. 169-70. 7 Poynton é «la testimonianza d’una vita», ibid., p. 18, e cfr. pp. 13, 24-25; se il suo silenzio é « carico di memorie», quel «tutto» che é nell’aria é «ogni storia d’ogni scoperta, ogni circostanza d’ogni lotta», p. 43. L’oggetto che maggiormente s’individua é reso quasi un prezioso-potenziale, dall’essere stato raggiunto «by an odd and romantic chance — a clue followed through mazes of secrecy till the treasure was at last unearthed » [grazie a un caso strambo e romantico — un indizio perseguito attraverso labirinti di segreto sino a che il tesoro fu finalmente disseppellito], p. 54 («cacciatrice di tesori» é detta Mrs Gereth a p. 18). 7 Cap.1: ibid., pp. 7-8 (giaa p. 5 il binomio «bruttezza e stupidita»; p. 14, la «taa» di Mona é quasi indecente da menzionare); e cfr. p. 26, il Kitsch del giardino d’inverno a Waterbath. Sul versante della categoria semipositiva, accenni d’immagini alle PP. 19, 43, 52; p. 57, «the sweetest Louis Seize [...] — old chastened, figured, faded France» [il pit delicato Luigi XVI [...] — vecchia Francia castigata, fiorita, spenta]. 78 La collezione del padre é elencata in vecchi calendari, scatole di fiammiferi, oortaceneri da due soldi ecc.: ébzd., p. 104, e pp. 105, Ho, 113 (ma in quanto é pur sempre un precedente, forse lui sbaglia a credere che nessuna figlia abbia «ereditato » il suo gusto); e cfr. le stoviglie da té, p. m2. Per la casa della sorella cfr. pp. 128, 129, 139, 169, e con Mrs Gereth in visita pp. 171-72. 7 Ibid., p. 38, e cfr. pp. 15-16, 25.
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Fleda, la prepotenza puntigliosa di Mona e la debolezza del bell’Owen Gereth concorrono. La stessa Mrs Gereth restituisce nel momento sbagliato i tesori che aveva trasferiti, osando un compromesso etico in quanto sequestro, estetico
in quanto scelta di «membra tagliate» in un «felice tutto». Cosi Poynton si riduce alle «spoglie» del titolo”: ben prima della perdita, e del (forse superfluo) incendio conclusivo.
L’arredamento della casa alternativa ereditata da una zia zitella, che Mrs Gereth disprezza, commuove Fleda. Per costei, nelle « piccole cose malinconiche, tenere, pettegole» la memoria dei delusi riprende i suoi diritti; ’altra non pud approdare che alla «vanita ultima di tutto»™ Non mi resta quasi, d’importante, che qualche esempio di prestigioso-ornamentale rifiutato; e dai pit grandi. Lo stesso anno della pubblicazione di A rebours, Tolstoj cominciava il racconto Morte di Ivan Ilic. Le dimensioni incompatibili della mondanita e della malattia si toccano inavvertitamente mediante gli oggetti: nel dare istruzioni a un tappezziere per il suo nuovo appartamento, il protagonista cade da una scala, ené lui né il lettore sospettano di che cosa la contusione si rivelera primo segno. Immediatamente, invece, l’autore rettifica le illusioni del personaggio a proposito di mobili e arredi. Il consigliere di corte d’appello li ha scelti preferendo quelli vecchi, «ai quali sapeva conferire un singolare stile comme tl faut», «che davano a tutto l’insieme un carattere particolarmente distinto»; il risultato sembra magnifico e originale, a lui come ai familiari a cui la sua vanita lo destina. Ma poche righe mettono a nudo in quest’ originalita l’imitazione, e nell’imitazione le somiglianze indesiderate in cambio di quelle ambite: In realta, si trattava, né pid né meno, di cid che hanno in casa le per-
sone non proprio ricche, ma tali che vogliono rassomigliare ai ricchi, e quindi non fanno che rassomigliare tra loro: damaschi, ebano, fiori, » Ibid., p. 57: & il «torto», per Fleda, a far « diventare brutti» gli oggetti; 0 a togliere qualita all’epoca di Luigi XVI, p. 76. Ma la visione in un lampo delle « grandi lacune» a Poynton, p. 52, é coerente con la certezza che la non vi fosse niente da scartare; mentre, a Ricks, gli oggetti troppo concentrati somigliano a « un minuetto danzato su un tappetino», pp. 53-54. La prima occorrenza di «the spoils» é a p. 63. ?\ Cap. xx: ibid., pp. 178-81, e cfr. p. 40 per la prima impressione prodotta sull’una e sull’altra dalla casa di Ricks. A p. 172 le parole che riguardano Mrs Gereth; la quale assimila cose e persone scrivendo a Fleda: «Con nient’altro che le mie quattro
mura, tu sarai in ogni caso un po’ di arredamento», p. 177.
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tappeti e bronzi, un misto di cupo e di splendente, tutto cid insomma che tutte le persone d’un certo genere fanno per rassomigliare a tutte le persone d’un cert’altro genere””.
Nelle prose di Mallarmé spira un singolare senso della realta moderna — che lo stereotipo del poeta puro fa abitualmente ignorare; e che in un caso sorpassa anche il rifiuto della categoria, spingendosi a una disillusa, preveggente normalizzazione. L’occasione, giornalistica, era stata un’esposizione in-
ternazionale a Londra nel 1871-72”. Il tentativo di fusione fra arte e industria é « quello dell’eta moderna intera »; all’industria coi suoi procedimenti « frettolosi ed economici», spetta la «moltiplicazione popolare» di oggetti «abbelliti un tempo dalla loro sola rarita», di meraviglie «sepolte a lungo in poche residenze ereditarie»”™. L’apparente ottimismo del tono non dissimula i problemi, ma prova a ribaltarli, nell’affermazione che la parola «autentico» sta per perdere valore”. Non potendosi che risalire ai regni del secolo passato, per cessazione posteriore d’inventiva stilistica ™, si pud simulare materialmente a perfezione il decorso di tempo incancellabile dalla coscienza culturale: « garnitures assez pales et dorures assez éteintes, pour que le charme inhérent aux choses neuves ne nuise pas aux réminiscences surannées qui
évoquent ces styles perpétués»””. Le riserve che Proust ha cominciato col formulare sul prestigioso-ornamentale sono le stesse che faranno di A Ja recherche du temps perdu” una critica sterminata del memoreaffettivo (v, 8). Gia prima d’identificare un’esperienza immateriale che si sottragga alle metamorfosi del tempo, ha concepito la sfiducia verso il feticcio materiale: che non pud preservare nel tempo nessuna, pit o meno intima, sostanza.
Il tema passa due volte inJean Santeuil, con approssimazio2 Cap. ut: L. Tolstoj, Racconti, Einaudi, Torino 1962, t. II, pp. 388-89 [trad. Villa]. ™ Trois lettres sur l’Exposition Internationale de Londres; Exposition de Londres: Mallarmé, CEuvres completes cit., pp. 666-86. Trattazione e citazioni pit estese nel mio articolo Le due facce dei simboli... (vedi sopra la nota 350), in Le costanti e le varianti cit., pp. 331-36.
24 Mallarmé, Euvres completes cit., passi convergenti alle pp. 666-67 € 683-84. ® Tbid., passi convergenti alle pp. 674 € 684. 26 Ibid., p. 668; e cfr. p. 683. ' ?7 [bid., p. 667; € cfr. p. 678. [guarnizioni abbastanza pallide e dorature abbastanza spente, perché il fascino inerente alle cose nuove non nuoccia alle reminiscenze antiquate che evocano questi stili perpetuati]. 28 [Alla ricerca del tempo perduto].
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ne del grande inedito giovanile. Il palazzo della ricca Mme Desroches non é stato arredato organicamente, come una volta, secondo i gusti e le esigenze degli abitatori; la scelta arbitraria d’uno stile Rinascimento o Impero, Luigi XIV o XV o XVI, non reca informazioni né sul passato di chi la compie né su quello di cui compone un museo”. Pid nobilmente autentica, nel palazzo del duca d’Etampes, la concentrazione di comodita anacronistiche in un salotto: Car les objets qui furent aimés pour eux-mémes autrefois, sont aimés plus tard comme symboles du passé et détournés alors de leur sens primitif, comme dans la langue poétique les mots pris comme images ne sont plus entendus dans leur sens primitif. Ainsi, sur la table aux pieds de chévre dorés, un encrier ne servait pas [a] écrire dans cette piéce ot
Pon n’écrivait pas, mais 4 évoquer le temps ot cette vie luxueuse fut une vie familiére...
Ma non é cosi semplice de- e rifunzionalizzare: se ci s’immagina quando fu viva l’antica vita a cui si volge il riuso, o come sara morta un giorno la vita attuale che ne gode”™, gli sbalzi del tempo sanno di monitorio-solenne in sordina. A minor distanza dal capolavoro, in un discorso critico che non sviluppa immagini, un testo su Ruskin definisce e ricusa l’« idolatria». E un feticismo estetizzante, per oggetti consacrati
dal contatto con persone d’artisti o dalla coincidenza con elementi di opere d’arte; pid che negli scritti di Ruskin, Proust ha buon gioco a illustrarlo nei detti ed atti del conte Robert de Montesquiou™. Di colui che, un quarto di secolo prima di prestargli tratti per il personaggio di M. de Charlus, ne aveva prestati a Huysmans per quello di des Esseintes. * Non saprei parlare se non di occorrenze isolate della categoria al di 1a della guerra mondiale: che un racconto le collochi poco dopo, come in Roth (11, 5), 0 poco prima come nel caso liquidatorio di Musil (1v, 38). Nel 1921, s’insignivano d’una prefazione di Proust i tre ritratti femminili di Morand M. Proust, Jean Santeuil, «Bibliothéque de la Pléiade», 1971, pp. 434-36. ™ Figures mondaines. Le Duc d’Etampes [Figure mondane. Il duca d’Etampes): ibid., pp. 723-25. [Poiché gli oggetti che furono amati per se stessi una volta, sono amati pit tardi come simboli del passato e distolti allora dal loro senso primitivo, come nella lingua poetica le parole prese come immagini non sono pit intese nel loro senso primitivo. Cosi, sul tavolo dai piedi di capra dorati, un calamaio non serviva a scrivere in quella stanza dove nessuno scriveva, ma ad evocare il tempo in cui questa vita lussuosa fu una vita familiare...] ™ John Ruskin: Proust, Contre Sainte-Beuve, « Bibliothéque de la Pléiade», 1971, pp. 129-38, e in particolare 135-37. 739
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dal significativo titolo Tendres stocks”*. La passione di Clarisse per ogni sorta di oggettini stipa superfici e colma cassetti, finché non rende necessario il temporaneo esilio di tutto in soffitta; spazia dall’antiquariato e dalle aste di lusso alla rigatteria e al mercato delle pulci. Nella mezza dozzina di piccoli elenchi in poche pit pagine, prevale il modesto e l’inutile « fino a viti, manopole di porta, chiodi, vecchi soldi». Pud far pensare alla categoria negativa soprattutto l’amore del falso, del truccato; ei « mille oggetti destinati ad altri usi che quelli presumibili», come «dei portapenne-cannocchiali» ecc. Ma la signora londinese non é minimamente di cultura inferiore all’autore la cui voce le da del voi. E la titolare d’una delicata mania: che fa a meno di occasioni da memoreaffettivo, trova scuse con noncurante malafede, e diffonde le sue scelte con generosita capricciosa. II suo prestigioso-ornamentale é ormai cosi smaliziato, da prodigarsi godibilmente ben oltre i limiti dell’antico, del costoso e del raro”™.743 he*
15. La produzione di letteratura dall’effetto Kitsch precedette, nell’Ottocento, il Kztsch letterariamente rappresentato (IV, 34; v, 14). Non va confusa con esso; e questo sgombra
il campo da occorrenze isolate del pretenzioso-fittizio, prima del limite superiore del 48. La grande eccezione ci costringe a un salto indietro di quasi due millenni, e non costituisce certo un precedente tradizionale antico, ma caso mai un problema. Parlo della cosiddetta Cena Trimalchionis™: il frammento pid lungo e famoso di un’opera come il Satzricon di Petronio, la cui singolarita paghiamo con incertezze su autore e data, genere letterario e lacune testuali. Quanto all’ostentazione di sfarzo in casa dell’arricchito, per ogni lettore come per il filologo agguerrito da conoscenze extraletterarie il cattivo gusto é fuori questione. Lo suffraga il criterio formale da cui dipende per noi la pertinenza dell’esempio: una 7” [Tenere scorte]. 7 Clarisse: P. Morand, Nouvelles completes, « Bibliotheque de la Pléiade», 1992, Pp. 19-22 (13-28). Nelle prime pagine di Le Planétarium [Il Planetario) della Sarraute, una coscienza femminile — che non lascia posto a voce o visione d’autore — soffre del problema uno e duplice di realizzare il prestigioso-ornamentale ed evitare il pretenzioso-fittizio: facendo riprodurre in casa propria, al posto d’una porta di cattivo gusto, la porticina ovale vista in un chiostro di cattedrale; poi facendone togliere, per la loro volgarita, maniglia e piastra metallica (N. Sarraute, Le Planétarium, Gallimard,
Paris 1959, pp. 5-17, 23-25).
™ [La Cena di Trimalcione].
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divergenza di livelli e punti di vista entro il testo. Il personaggio narratore Encolpio e i suoi sodali Ascilto e Gitone guardano dall’alto al padrone di casa e alla sua corte, come |’autore, e il riso che a pit riprese stentano a dissimulare rispecchia quello del lettore”. L’opulenza degli spettacoli esclude il frusto-grottesco; promuove invece decontestualizzazioni chiassose, confrontabili su corto raggio agli esiti moderni della categoria. Benché Trimalcione si faccia mandare semi di funghi dall’India™, ci aspetteremmo invano le conseguenze eclettiche d’un cosmopolitismo imperiale. Le suggestioni ingenue di lui sono oziosi, macchinosi artifici, il suo ideale di distin-
zione e potenza é fra tecnico e teatrale: fa calare doni per gli ospiti dal soffitto del triclinio, escogita complicati giochi di parole per una lotteria, vanta ilproprio cuoco perché di qualunque cosa sa farne un’altra””. E in sorprese e metamortosi culinarie che si sbizzarrisce il pretenzioso-fittizio. Sorvolando sul dinamismo di ciascuna apparizione: uova di pavone figurate in farina, e per pulcino un beccafico™; vivande adatte ai segni dello zodiaco in un trionfo da tavola™: ; lepre alata quale Pegaso”; cinghiale dal cui fianco una coltellata fa vo: lar fuori tordi™; porco al taglio del cui ventre se ne riversano salsicce™; focacce e frutti che al tatto schizzano zafferano”™; ostriche e pettini git da anfore spaccate™. Il fondo éun carpe diem volgare, un’ansia incolta di godimento e spreco, tanto pid sfacciata in quanto ignora la rimozione della morte. Se lo scheletro sulla tavola — qui argenteo e flessibile” — dall’Egit1,
=-
™# Cfr. XXXII, 1; XXXVI, 4; XLVII, 7; LVI, 10; LVII, 1; LVI, x: Pétrone, Le Sa-
tiricon Cit., pp. 28, 32, 45, 54, 55- Nei due ultimi passi, in cui l’incontinenza del riso di Ascilto e poi di Gitone solleva la collera di un liberto collega di Trimalcione, le sue proteste esplicitano il loro senso di superiorita: « An tibi non placent lautitiae domini mei? Tu enim beatior es et convivare melius soles» [Forse che le eleganze del mio padrone non ti piacciono? Certo tu sei pit magnifico, e usi dare banchetti migliori]:
p. 54.
4 XXXVIM, 4: sbid., p. 33.
™ LX, 1-4; LVI, 7-9; LXX, 2: ibid., pp. 58, 53-54, 69.
74 749 50 ™1 732 ™ 74 >
XXXII, 3-8: ibzd., pp. 28-29. XXXV, 1-4: zbid., p. 31. XXXVI, 1-2: zbid., p. 32. XL: zbid., pp. 36-37. XLIX: tbid., pp. 46-47. LX, 4-6: tbid., pp. 58-59. LXX, 4-6: tbid., p. 70. XXXIV, 8-10: zbid., pp. 30-31.
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to era passato nel costume, riproporrei la categoria per le pubbliche e lacrimose prescrizioni sul monumento funebre: con misure e figure, tra cui un’urna spezzata™. Forse se n’é ricordato per la tomba di Emma Flaubert, che gustava ilSatzricon, come fors’anche delle divagazioni commestibili per la torta (Iv, 36). E del 1840 un racconto fantastico di Gautier, Le Pied de Momie”™’; si apre con la descrizione di un negozio d’antiquario, dove «tutti i secoli e paesi sembravano essersi dati appuntamento». Un’imitazione in breve di quella de La Peau de Chagrin, senza pit il tono esaltato di Balzac (1v, 34). La precede anzi un sospetto sull’autenticita delle mercanzie, e una spregiativa datazione del moltiplicarsi di simili negozi: « depuis qu’il est de mode d’acheter des meubles anciens, et que le moindre agent de change se croit obligé d’avoir sa chambre Moyen Age»”™. I sogno in cui una figlia di faraone morta da trenta secoli viene a riprendersi il suo piede, comprato come fermacarte, é raccontato in tono leggero. Pure
rende letterale quella sorta d’evocazione metonimica, per cui la totalita risorge dalla parte, un intero Egitto sotterraneo da un solo arto imbalsamato; e nella sorpresa finale si tocca, al risveglio, il soprannaturale”. Al quale si é pervenuti partendo, per contrappeso realistico, dalle vicinanze del pretenzioso-fittizio. La categoria non é inconfondibile ancora in un passo di The Ring and the Book: che Browning, pid anziano di Flaubert, fini di pubblicare lo stesso anno de L’Education sentimentale. Il poema drammatico narra, in tanti monologhie altrettante versioni, un fatto di sangue accaduto a Roma nel 1698. L’autore comincia dalla scoperta della sua fonte: un libro ingiallito col resoconto del processo, adocchiato nel mercatino d’una piazza di Firenze. L’elenco dei ciarpami alterna alle connotazioni di guasto temporale quelle della mediocrita, del surrogato, del falso. Percio l’ironia che le commenta da qualcosa di diverso dal frusto-grottesco, ma per contaminazione si anticipa il monitorio-solenne: del terribile 6 LXXI, 5-m: sbid., pp. 71-72. 1 (Il piede di mummia\. 78 Gautier, Récits fantastiques cit., pp. 179-81. [da quando é di moda comprare mobili antichi, e l’ultimo degli agenti di cambio si crede obbligato ad avere la sua camera medtevale). ™ Thid., pp. 181-93.
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vissuto d’un tempo non dura che quell’attestato a stampa, sperduto nel fatuo miscuglio. Dove un’innocua inautenticita é prevista e circoscritta: ’"Mongst odds and ends of ravage, picture-frames White through the worn gilt, mirror-sconces chipped, Bronze angel-heads once knobs attached to chests, (Handled when ancient dames chose forth brocade)
Modern chalk drawings, studies from the nude, Samples of stone, jet, breccia, porphyry Polished and rough, sundry amazing busts In baked earth (broken, Providence be praised!) A wreck of tapestry, proudly-purposed web When reds and blues were indeed red and blue, Now offered as a mat to save bare feet (Since carpets constitute a cruel cost)
Treading the chill scagliola bedward: then A pile of brown-etched prints, two crazie each, Stopped by a conch a-top from fluttering forth... From these... Oh, with a Lionard going cheap If it should prove, as promised, that Joconde Whereof a copy contents the Louvre! — these I picked this book from™. ale o
Per nessun’altra categoria l’avvento di ricorrenze codificate é cosi collegato a un autore come per questa a Flaubert. Se il pretenzioso-fittizio spuntava contaminato col logororealistico in Balzac (v, 7), in Flaubert tende a dargli il cambio come connotatore di realta: inautenticita culturale anziché instabilita sociale, decontestualizzazione anziché declassamento. Non meno ineluttabili, e non molto meno ingenue, anche se dalla provincia si passa alla capitale o se si sale attra7 T, vv. 53-75: Browning, The Ring and the Book cit., pp. 2-3. Si noti il topos dei colori (V, 7) al decimo verso citato. Cfr. I, vv. 661-78: pp. 16-17. [Fra rimasugli e mozziconi di disastro, cornici di quadri |Bianche sotto doratura consunta, candelabri da specchio scheggiati, |Teste d’angelo di bronzo che furono pomi di casse |(Per mani d’antiche dame quando sceglievano broccati), |Disegni moderni a pastello, studi dal nudo, |Campioni di pietra, giaietto, breccia, porfido |Politi e ruvidi, vari busti sor-
prendenti |In terracotta (lode alla Provvidenza, rotti!) |Un relitto di tappezzeria, tessuto con intento superbo |Quando irossi e i blu erano rossi e blu davvero, |Ora offerto come stuoia in aiuto dei piedi nudi |(Giacché i tappeti esigono una spesa crudele) | Avviandosi a letto su scagliola fredda: poi |Una pila di brune acqueforti a stampa, due crazie l’una, |Con sopra una conchiglia perché non volassero via... |[...] |Da queste cose... Oh, un Leonardo a buon mercato |Se era davvero, come s’assicurava, la
Gioconda |D’una cui copia si contenta il Louvre! — da queste cose |Estrassi il libro).
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verso la gerarchia di classe. E stato aperto agli Champs Elysées, ne L’Education sentimentale, il ballo pubblico L’Alhambra di cui avevo parlato (rv, 38); i quattro aggettivi che rimandano a diverse culture non sono fatti cozzare, bensi diluiti in una composita ovvieta: Deux galeries mzoresques s’étendaient a droite et 4 gauche, parallélement. Le mur d’une maison, en face, occupait tout le fond, et le quatrié-
me coté (celui du restaurant) figurait un cloitre gothique a vitraux de couleurs. Une sorte de toiture chinoise abritait ’estrade ot jouaient les musiciens; le sol autour était couvert d’asphalte, et des lanternes vénztiennes accrochées a des poteaux formaient, de loin, sur les quadrilles, une couronne de feux multicolores ™.
L’accozzaglia é mimetizzata nella brevita d’un elenco in casa di Pellerin, il pittore inconcludente ed eloquente (e Frédéric, in un solo verbo, si gratifica d’una pseudoesperienza): Les choses autour de lui renforgaient la puissance de sa parole: on voyait une téte de mort sur un prie-Dieu, des yatagans, une robe de moine; Frédéric |’endossa’®.
E neutralizzata nella paritaria secchezza d’un altro elenco, al cimitero dov’é portato Dambreuse. Cito, dopo la prima frase, quelle in cui l’intuizione del Kitsch funerario ne acquisisce meglio alla letteratura la rappresentazione: Les mides, bronze. nebres,
tombes se levaient au milieu des arbres, colonnes brisées, pyratemples, dolmens, obélisques, caveaux étrusques a porte de On apercevait, dans quelques-uns, des espéces de boudoirs fuavec des fauteuils rustiques et des pliants. [...] des statuettes de
7 Parte I, cap. v: Flaubert, Euvres, t. I cit., p. 102. Icorsivi sono miei. Non sem-
bra limitarsi flaubertiano sandali della (in Gozzano,
a Gadda la posterita letteraria di quest’edificio — 0 di quest’archetipo dell’ibrido stilistico edilizio. Ho trovato in particolare: nel racconto I diva di Gozzano, «una villa di gusto atroce: stile anglo-svizzero-cinese » Poesie e prose cit., p. 547; cfr. pp. 549-50, 552-53, per altro pretenzioso-
fittizio contaminato con memore-affettivo, come nei versi commentati in I, 4); nel
romanzo Le Roi des Aulnes (II re degli ontani] di Tournier, lo Jagdhaus di Guglielmo II, «qui tenait a la fois de la pagode chinoise et du chalet suisse» [che aveva insieme della pagoda cinese e dello chalet svizzero], e cfr. il contesto (M. Tournier, Le Roi des
Aulnes, Gallimard, Paris 1970, p. 21). [Due gallerie moresche si stendevano a destra e a sinistra, parallelamente. Il muro d’una casa, in faccia, occupava tutto il fondo, e il
quarto lato (quello del ristorante) figurava un chiostro gotico con vetrate a colori. Una sorta di tetto cinese riparava la pedana dove suonavano i musicisti; il suolo intorno era coperto d’asfalto, e lanterne veneziane agganciate a pali formavano, da lontano, sulle quadriglie, una corona di fuochi multicolori]. 7 Parte I, cap. Iv: Flaubert, Ewvres, t. I cit., p. 69. [Le cose intorno a lui rafforzavano la potenza della sua parola: si vedeva una testa di morto su un inginocchiatoio, alcuni iatagan, una sottana da monaco; Frédéric la indosso].
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platre: petits garcons et petites demoiselles ou petits anges tenus en l’air par un fil de laiton: plusieurs méme ont un toit de zinc sur la téte®. s
In Bouvard et Pécuchet™ la decontestualizzazione permanente, da costante delle descrizioni e in qualche modo delle trame, diventa l’incentivo e l’inciampo della trama stessa: alla quale la forma di elenco eteroclito delle descrizioni si estende. Nel loro impulso enciclopedico, i due impiegati a riposo non sono paghi di risalire a questa o quella totalita da metonimie convenzionali. Scienza dopo scienza e pratica dopo pratica, é come se il loro volubile dilettantismo aspirasse a percorrere la totalita delle totalita: sospinto dal periodico fallimento. Di esso, delle loro scelte accidentali, dei loro
dubbi elementari, ha colpa la loro mediocrita o la disintegrazione del sapere e dell’esperienza moderna? Forse é la debolezza del geniale incompiuto questa doppia ambigua motivazione, fra personaggi soggetti e mondo oggetto: gli uni troppo piccoli 0 troppo grandi, l’altro semplificato o complicato alla loro misura. II pretenzioso-fittizio delle immagini non si eccettua dal dilemma. Quando i due si danno al giardinaggio, delusi dall’agricoltura, ecco quale classificazione di generi hanno letta in un trattato: Ilya, d’abord, le genre mélancolique et romantique, qui se signale par des immortelles, des ruines, des tombeaux, et
«un ex-voto a la Vierge,
indiquant la place ot un seigneur est tombé sous le fer d’un assassin ». On compose le genre terrible avec des rocs suspendus, des arbres fracassés, des cabanes incendiées, le genre exotique en plantant des cierges du Pérou «pour faire naitre des souvenirs 4 un colon ou 4 un voyageur». Le genre grave doit offrir comme Ermenonville, un temple 4 la philosophie. Les obélisques et les arcs de triomphe caractérisent le genre majestueux, de la mousse et des grottes le genre mystérieux, un lac le genre réveur. Il y a méme le genre fantastique, dont le plus beau spécimen se voyait naguére dans un jardin wurtembergeois — car on y rencontrait successivement, un sanglier, un ermite, plusieurs sépulcres, et
une barque se détachant d’elle-méme du rivage, pour vous conduire 7 Parte III, cap. rv: tbid., p. 412. E disgusto morale, e non ancora senso del Kitsch, che fa contrapporre !’impurita del cimitero cittadino alla purezza di quello campagnolo in una poesia di Puskin del 1836: Puskin, Opere cit., p. 608. [Le tombe si levavano in mezzo agli alberi, colonne spezzate, piramidi, templi, dolmen, obelischi, cripte etrusche dalle porte di bronzo. Si scorgevano, in certune, specie di salottini funebri, con poltrone rustiche e seggiolini pieghevoli. [...] statuette di gesso: giovincelli e fanciullette o angioletti tenuti per aria da un filo d’ottone: molti hanno addirittura un tetto di zinco sulla testa]. 74 [Bouvard e Pécuchet).
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dans un boudoir, ot des jets d’eau vous inondaient, quand on se posait sur le sopha.
A partire da questo, quel che di goffo aggiungono loro nel progetto e nell’esecuzione pud a stento passare per agegravante”. Il risultato é né pit né meno Kitsch di quando fanno da soli: come nella descrizione — che non posso citare per disteso — dell’indescrivibile museo che si formano in casa, quali archeologi e antiquari”. L’eterogeneita s infiltra dove meno uno penserebbe. L’autenticita d’una cassapanca Rinascimento é provata dal cattivo stato, ma i soggetti stereotipi dei riquadri sono un po’ classici, un po’ biblici”’; in un elenco di concimi, un preparato belga e uno svizzero confluiscono con guano, economie di escrementi e carogne — per meritare dallentusiasmo di Bouvard la canonica inversione freudiana avanti lettera: « Mais c’est de l’or! c’est de l’or! »*. Un elenco di libri e oggetti preannuncia disordine interdisciplinare e internazionale gia in casa di Pécuchet a Parigi”’, prima delleredita che trasporta l’ozio studioso a due in provincia. La provincia, la piccola borghesia, la mediocrita personale sono abbastanza larghi come terreni d’elezione dell’esperienza culturale inautentica; 0 piuttosto, senza che il grado importi alla qualita, é il mondo moderno — tutto? II dilemma mal risolto dall’ultimo romanzo di Flaubert, e posto dalla sua opera intera, perdura nella fortuna successiva del pretenzioso-fittizio. I cui sottintesi in questo senso possono essere restrittivi o estensivi, limitatamente ottimistici o total7 Cap. u: G. Flaubert, Bouvard et Pécuchet, Istituto Universitario Orientale — Nizet, Napoli-— Paris 1964, pp. 310-1; e cfr. 311-13, 315-17.
A Ermenonville aveva avuto
la sua prima tomba Rousseau. [C’é, per primo, il genere malinconico e romantico, contraddistinto da semprevivi, rovine, tombe, e un «ex-voto alla Vergine, che indica
il punto in cui un signore é caduto sotto il ferro d’un assassino». Si compone il genere terribile con rocce sospese, alberi fracassati, capanne incendiate, il genere esotico piantando cerei del Pert «per far nascere dei ricordia un colono 0 a un viaggiatore». Il genere grave deve offrire, come Ermenonville, un tempio alla filosofia. Gli obelischi e gli archi di trionfo caratterizzano il genere maestoso, del muschio e delle grotte il genere misterioso, un lago il genere sognante. C’é perfino il genere fantastico, il cui pit bel campione si vedeva or non é molto in un giardino wurtemberghese — infatti s’incontravano successivamente un cinghiale, un eremita, diversi sepolcri, e una bar-
ca che si staccava da sola dalla riva, per condurre in un salottino, dove si era inondati da getti d’acqua quando ci si adagiava sul sofa]. 76 Thid., pp. 363-64. 787 Thid., p. 361. 78 Thid., pp. 301-2. [Ma é oro! é oro!] TON bidanpaayse
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mente pessimistici; rispetto al grande iniziatore é stata la linea meno estremista, come per lo pit avviene, quella preva-
lente. In Pierre et Jean™ di Maupassant, il suo stesso discepolo, siamo a Le Havre. Nel decorare la stanza da pranzo d’un appartamento di sposi, é dichiarato che avrebbero potuto raggiungere altri risultati mani ed occhi meno provinciali: Cette piéce 4 meubles de bambou, 4 magots, a potiches, 4 soieries pailletées d’or, 4 stores transparents ot des perles de verre semblaient des gouttes d’eau, a éventails cloués aux murs pour maintenir les étoffes, avec ses écrans, ses sabres, ses masques, ses grues faites en plumes véritables, tous ses menus bibelots de porcelaine, de bois, de papier,
d’ivoire, de nacre et de bronze, avait l’aspect prétentieux et maniéré que donnent les mains inhabiles et les yeux ignorants aux choses qui exigent le plus de tact, de goiit et d’éducation artiste. Ce fut celle cependant qu’on admira le plus”.
Cosi nella provincia andalusa di Dofva Rosita la soltera”, di Garcia Lorca: il cui secondo atto si svolge nel 1900. II progressismo caricaturale da cui i regali di compleanno a Rosita sono datati li rende, per contrasto, appropriati allo statico e remoto sfondo. Dal cattedratico di economia: «una Torre Eiffel de nacar sobre dos palomas que llevan en sus picos la rueda de la industria», preferita a «un cafioncito de plata por cuyo agujero se veia la Virgen de Lurdes, o Lourdes» ecc., «por ser de mas gusto»”. Il portatermometro Luigi XV, dono della materna domestica, si lascia indietro il baro-
metro dono delle amiche zitellone: En medio del terciopelo hay una fuente hecha con caracoles de verdad, sobre la fuente, una glorieta de alambre con rosas verdes; el agua de la taza es un grupo de lentejuelas azules y el surtidor es el propio termometro. Los charcos que hay alrededor estan pintados al aceite y en™ [Pierre e Jean].
™ Cap. vit: Maupassant, Romans cit., p. 798. [Questa stanza con mobili di bambi, figurine grottesche, vasi cinesi, sete dalle pagliette d’oro, tende trasparenti le cui perle di vetro sembravano gocce d’acqua, ventagli inchiodati ai muri per reggere le stoffe, coi suoi paraventi, sciabole, maschere, le sue gru fatte in piume vere, tutti i suoi
minuti gingilli di porcellana, di legno, di carta, d’avorio, di madreperla e di bronzo, aveva l’aspetto pretenzioso e manierato che danno mani inabili e occhi ignoranti alle cose che esigono pit tatto, gusto ed educazione artistica. Fu nondimeno la stanza pit ammirata]. é ™ [Donna Rosita nubile). ™ Atto Il: F. Garcia Lorca, Obras completas, Aguilar, Madrid 1957, p. 1287 (pp. 1261-348). [una Torre Eiffel di madreperla su due colombe che portano nei becchi la ruota dell’industria]. [un cannoncino d’argento dal cui foro si vedeva la Vergine di Lurdes, o Lourdes]. [perché pit di buon gusto].
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cima de ellos bebe un ruisefior todo bordado con hilo de oro. Yo quise que tuviera cuerda y cantara, pero no pudo ser”. ke
Drohobycz era una cittadina della Galizia austro-ungarica al tempo dell infanzia di Schulz. Nella narrativa di lui, la novita del quartiere industriale non manca di essere resa surreale: come posticcia ed effimera, ai margini della vetusta stabilita locale. Il non-vissuto si da per vissuto, in Via dei Coccodrilli, sotto riserva dimetamorfosi dei negozie disillusione dei clienti. Preludono a velleitarie depravazioni, a frustrazioni inebrianti le immagini di « pseudoamericanismo » edilizio: ... una pretenziosita volgare, meschina. Vi si vedevano edifici costruiti con economia, miseramente, dalle facciate caricaturali, coperte di mostruose decorazioni di stucco tutto sgretolato. Le vecchie, sghembe casupole della periferia erano state gratificate di portali abborracciati frettolosamente, che, solo a guardarli un poco pit da vicino, si rivelava-
no pedestri imitazioni degli ornamenti in voga nelle metropoli”’.
I giudizi marcano esplicitamente la superiorita d’autore che definisce la categoria. Nel meridione italiano di Menzogna e sortilegio della Morante, la spudoratezza d’un gusto di arredamento é quella della prostituzione; si contamina col logoro-realistico in casa della futura madre adottiva di Elisa, narratrice al di sopra del proprio personaggio: «alla mia puerile
inesperienza quell’abitazione parve elegante e sontuosa»”. All’ inizio del romanzo, invece, il giudizio é adeguato al ruolo retrospettivo di narrare che Elisa sta per assumersi:
Mirisparmio di descrivervi questa fiera del pessimo gusto e della vergogna; questi mobili stipati, gonfie e dozzinali imitazioni degli stili piu diversi; e le tappezzerie chiassose e sporche, i cuscini, i fantocci pretenziosie le rigatterie; le fotografie ritoccate all’acquerello, e nere di polvere, accompagnate spesso da dediche triviali... 7”.
In Belle du Seigneur™ di Albert Cohen, un’agra comicita punisce Madame Deume dell’ipocrita, indomita buonafede con cui recita il suo misto di bigotteria e snobismo. Vi corrispondono pletora e paccottiglia nella descrizione della ca7™ Atto II: sbid., pp. 1292-93; cfr. 1302. [In mezzo al velluto c’é una fonte fatta con chiocciole vere, sopra la fonte, un chiosco di fil di ferro con rose verdi; l’acqua della vasca é un gruppo di lustrini azzurri e lo zampillo é il termometro stesso. Le pozzanghere che ci sono intorno sono dipinte a olio e sopra beve un usignolo tutto ricamato
a filo d’oro. Io volevo che avesse la corda e cantasse, ma non fu possibile]. ™ La Via dei Coccodrilli: Schulz, Le botteghe color cannella cit., p. 59 (pp. 58-66). 7 Parte V, cap. u: Morante, Menzogna e sortilegio cit., pp. 470-71. ™ Introduzione alla storia della mia famiglia, cap. 1: ibid., p. 12. 78 |Bella del Signore].
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mera da letto di lei: sei frasi dove si allunga, senza verbo, pit d’un elenco. Le provenienze disparate e l’insignificanza convenzionale sono, da tempo, non solo letterariamente topiche. In massa e salvo qualche punta estrema, s'improntano a un costume in cui tutto é.a posto perché tutto é fuori posto,
in cui gli oggetti desueti non sono che la porzione messa in mostra di quelli consueti: Sur le dessus de la cheminée, une pendule en bronze doré, surmontée d’un soldat porte-drapeau mourant pour la patrie; une couronne de mariée sous globe de verre; des immortelles; un petit buste de Napoléon; un mandoliniste italien en terre cuite; un paysan chinois tirant la langue; un coffret en velours bleu incrusté de coquillages, souvenir du Mont-Saint-Michel; un petit drapeau belge; une voiturette en verre filé;
une geisha de porcelaine; un marquis en faux Saxe; un petit soulier métallisé, bourré de velours porte-épingles; un gros galet, souvenir d’Ostende. [...]. Aux murs, un immense coeur en bois découpé, parsemé de petits coeurs contenant les photos... [...]; des éventails japonais;
un chale espagnol; un carillon Westminster; des versets bibliques pyrogravés, ou phosphorescents, ou brodés au point de plumetis... 7”
II sottinteso delle immagini non é pit di luoghi o classi o persone marginali e deteriori, in Orlando della Woolf: é di ripudio generazionale di un’epoca intera, e pid imponente del 1850 di Gozzane (1, 4). La protagonista, che vive i suoi trentasei anni attraverso cinque secoli, nell’Ottocento ha una visione in St. James’s Park. In un miraggio di sole, il Kztsch vittoriano si monumentalizza come accumulo sconcio e stridente di cose; non sta nelle singole metonimie quanto nella loro somma, e a sua volta fa da tutto anziché parte del secolo che l’ha generato. Emana la pretesa di durare per sempre, ¢ detto subito dopo, perd col secolo nuovo scomparira senza tracce: a pyramid, hecatomb, or trophy (for it had something of a banquettable air) — a conglomeration at any rate of the most heterogeneous and ™ Parte IL, cap. xvi: A. Cohen, Belle du Seigneur, « Bibliothéque de la Pléiade», 1988, pp. 157-58. [Sopra il camino, una pendola di bronzo dorato, sormontata da un soldato portabandiera in atto di morire per la patria; una corona di sposa sotto globo di vetro; dei semprevivi; un piccolo busto di Napoleone; un mandolinista italiano in terracotta; un contadino cinese che mostra la lingua; un cofanetto di velluto azzurro
incrostato di conchiglie, ricordo del Mont-Saint-Michel; una bandierina belga; una vetturetta in vetro filato; una geisha di porcellana; un marchese in falsa Sassonia; una scarpina metallizzata, imbottita di velluto portaspilli; un grosso ciottolo, ricordo di
Ostenda. [...]. Ai muri, un immenso cuore in legno frastagliato, cosparso di piccoli cuori contenenti le foto... [...]; dei ventagli giapponesi; uno scialle spagnolo; un carillon Westminster; dei versetti biblici pirografati, o fosforescenti, o ricamati in
rilievo...]
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ill-assorted objects, piled higgledy-piggledy in a vast mound where the statue of Queen Victoria now stands! Draped about a vast cross of fretted and floriated gold were widow’s weeds and bridal veils; hooked on to other excrescences were crystal palaces, bassinettes, military helmets, memorial wreaths, trousers, whiskers, wedding cakes, cannon, Christmas trees, telescopes, extinct monsters, globes, maps, elephants,
and mathematical instruments — [...]. The incongruity of the objects, the association of the fully clothed and the partly draped, the garishness of the different colours and their plaid-like juxtapositions afflicted Orlando with the most profound dismay. She had never, in all her life, seen anything at once so indecent, so hideous, and so monumental ®.
Piu restrittiva ancora di quella cronologica, l’imputazione del Kitsch a un paese: a un costume nazionale. In Siegfried di Giraudoux, la contesa sull’identita dello smemorato di guerra non traligna da un’equanimita colta e pacifista, fra Germania e Francia come patrie. Ma della prima, lo scenario in stile secessione del secondo atto mostra che é tipico ricamare proverbi sui cuscini; peggio, defunzionalizzare zoologia e mitologia nordica in funzioni quotidiane. II filologo francese che lo spiega vorrebbe invano giustificarlo: Regarde: tu prends l’allumette dans cet écureuil, tu la frottes sur le dos de Wotan, et tu allumes la cigarette prise 4 ce ventre de cygne. Les cendres, tu les jettes dans cette Walkyrie et le mégot dans l’ours... Cette ronde d’animaux légendaires ou de héros que les Allemands aiment a
mettre en branle pour chacune de leurs fonctions les plus banales, c’est de la vie aprés tout™'. 78 Cap. v: Woolf, Orlando cit., pp. 209-10; cfr. 267. [una piramide, ecatombe, o trofeo (poiché aveva un po’ l’aria d’una tavola da banchetto) — un conglomerato in ogni caso dei pid eterogenei e male assortiti oggetti, accatastati alla rinfusa in un enorme mucchio dove ora si trova la statua della regina Vittoria! Drappeggiati intorno a un’enorme croce d’oro traforato con motivi floreali c’erano gramaglie da vedova e veli da sposa; agganciati ad altre escrescenze c’erano palazzi di cristallo, culle di vimini, elmetti militari, ghirlande memoriali, pantaloni, basette, torte nuziali, cannoni, alberi di Natale, telescopi, mostri estinti, globi, mappe, elefanti, e strumenti matematici —
[...]. L’incongruita degli oggetti, l’associazione di quelli pienamente vestiti con quelli drappeggiati in parte, lo stridore dei diversi colori e le loro giustapposizioni a scacchi dj plaid afflissero Orlando della costernazione pid profonda. Mai, in vita sua, aveva visto qualcosa insieme cosf indecente, cosi orribile e cosi monumentale]. 71 Atto II, sc. 1: J. Giraudoux, Thédtre complet, «Bibliothéque de la Pléiade», 1982, p. 24. Nell’antecedente versione narrativa, Siegfried et le Limousin [Siegfried e il Limosino], passo corrispondente con altre immagini: J. Giraudoux, Ewvres romanes-
ques completes, « Bibliothéque de la Pléiade », 1990, t. I, pp. 678-79. [Guarda: tu prendi il fiammifero in questo scoiattolo, lo sfreghi sul dorso di Wotan, e accendi la sigaretta che hai presa da quel ventre di cigno. Le ceneri, le getti in quella valchiria e la cicca nell’orso... Questa ronda di animali leggendari o di eroi che ai tedeschi piace mettere in moto per ognuna delle loro funzioni pit banali, é vita dopo tutto].
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E Gadda lo scrittore a me noto in cui la portata del pretenzioso-fittizio si fa piti estensiva e pessimistica. Avevo detto come, nel suo pluralismo di culture e scritture, sembri aggiornarsi la visione della modernita di Flaubert; e come perd, dalla sua disposizione comica, la categoria sia destinata alla continua contaminazione col frusto-grottesco (IV, 38).
Quest’ultimo domina nella prosa Carabattole a Porta Ludovica. La fiera milanese del sabato pomeriggio é sfogo sconclusionato di un’avarizia fondamentale, indegna del nome di memore-affettivo: «quell’istinto del serbare, del ritenere,
del non mollare un bottone: comunque del non averci a perdere, dell’utilizzare in qualunque modo, e fino all’ultimo centesimo ricavabile» le cose gia possedute (cfr. v, 4); «un desiderio — ma anche una economia ed una certezza combinatoria — di arrivare ad accozzare il frusto con l’utile, la parte col tutto...» Prima immagine, «una cornice di mogano finto, inghirlandata di peperoncini d’oro, col ritratto della moglie di primo letto dello zio dell’ex-cognato di nostro padre! » In seguito, presupposto di ritardi e assenze é un decorso di tempo; do un elenco per tutti: «le pere da clistere del 1912, gli sgabelli spagliati, gli scaldini a carbone di legna, le trombe di grammofono in stile Liberty, ma senza il grammofono, intendiamoci...» Sihal’effetto di contiguita del negozio di Balzac (IV, 34), con «un cane da caccia di bronzo che “punta” contro le grattugie». Se col parlare di «relitto», «spiaggia» e «naufragio» si tange il prezioso-potenziale (cfr. v, 12), la frase che abbassa l’insieme a pretenzioso-fittizio é la stessa che lo innalza a epifania d’una totalita storica: «Oh! il vestito della civilta umana é pur fatto di bagnarole e di pela-patate, di rotuline d’ottone e di orologi a cuct, che fanno gra-gra, se pur lo fanno...»™ Forma ccheiHate del Kitsch come pseudoesperienza é la pubblicita, promessa interessata, garanzia spudorata e assaggio inaffidabile. Troppo onnipresente e ossessiva nella nostra realta, per dar materia in proporzione a una lettera782 Tn Verso la Certosa: C. E. Gadda, Saggi Giornali Favole, Garzanti, Milano 1991, t. I, pp. 309-12 (versione anteriore con piccole varianti, in Gli anni, ibid., pp. 23134). Milano stessa viene eretta a capitale del pretenzioso- fittizio edilizio, in due prose de Le Meraviglie d'Italia: Pianta di Milano—Decoro dei palaxzi, ibid., PP. 57-60, e Libello, pp. 87-96 (basterebbero le poche righe, o i due paragrafi, sui tetti della citta, pp.
58, 93).
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tura aliena dalla che ho da citare, per lo pit nella renti di Moravia
duplicazione realistica: le rappresentazioni fra questo capitolo e il successivo, rientrano prima meta del Novecento. Ne Gii indiffeil figlio e fratello che meglio risponde al titolo, col suo difetto d’identita morale, vede simboleggiata tale presunta identita dal fantoccio d’una réclame. La proiezione del personaggio in esso non preclude un’analisi del senso obiettivo secondo cui il fantoccio funziona: ... dipinto a vivi colori, tagliato nel cartone, raffigurato secondo un modello pit umano che fantastico, aveva un volto immobile, stupido e ilare e dei grandi occhi castani pieni di fede candida e incrollabile; indossava un’elegante giacca da camera, doveva essersi alzato proprio allora dal letto, e senza mai stancarsi, senza mai lasciare quel suo sorriso, con
un gesto dimostrativo passava e ripassava una lama di rasoio sopra una striscia di pelle; affilava. Non ci poteva esser alcun nesso tra la banale azione che compiva e la lieta soddisfazione della sua faccia rosea, ma appunto in tale assurdita stava tutta l’efficacia della réclame; quella sproporzionata felicita non voleva additare la imbecillita dell’uomo, sibbene la bonta del rasoio; non voleva mostrare tutto il vantaggio di possedere una modesta intelligenza ma quello di radersi con una buona lama... ®.
Il Kztsch funerario, che non era sfuggito a Flaubert, é sufficiente tema in The Loved One™ di Waugh: dove pretende alla perfetta neutralizzazione, anzi euforizzazione, della morte altrui anche violenta. Descrizioni in movimento contano piu di singole immagini — quali i davantini 0 abiti monchi per cadaveri, e la statuaria «allegorica, infantile 0 erotica» delle tombe”. Nei dintorni dello stabilimento, ritroviamo quello specifico pretenzioso-fittizio americano che attenta ai modelli del vecchio continente (Iv, 37): « This perfect replica of an old English Manor», in acciaio a prova di terremoto e fissione nucleare, é un primo grado. « This seat is made of authentic old Scotch stone from the highlands of Aberdeen», é un secondo. « This is more than a replica, it is a reconstruction», beninteso emendata dai danni del tempo, é un grado ulteriore™; e la voce dell’apparecchio informatore afferma, 7 Cap. xu: Moravia, Gli indifferenti cit., pp. 277-79; cfr. per la parola « fantocci» con valore tematico, pp. 42, 145, 33374 [I1 caro estinto]. 78 E. Waugh, The Loved One, Penguin 1951, pp. 41-65. 786 Thid., pp. 35, 98, 63-64. [Questa perfetta riproduzione di un vecchio maniero inglese]. [Questo sedile é fatto di autentica vecchia pietra scozzese degli altopiani di Aberdeen]. [Questa é piti che una riproduzione, é una ricostruzione].
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all’accensione: « You are standing in the Church of St Peter-without-the-walls, Oxford, one of England’s oldest and
most venerable places of worship. Here...»”. Al contrario che negli studi cinematografici, il difficile non é capire che facciate dall’aspetto solido sono di gesso e cartone, é credere che abbia le sue tre dimensioni e niente di provvisorio il maniero in acciaio™
In Ob les beauxjours’® j di Beckett, per colei che monologa seminterrata al centro della scena é occupazione lunghissima, graduale e intermittente decifrare la scritta sul manico dello spazzolino da denti: «Solennellement garantie... véritable pure... soie de... porc». Sarebbe motivo bastante per parlarne a proposito di pubblicita, e di pretenzioso-fittizio ™ La sporta che le sta accanto non é memore-affettivo, pur essendole stata donata un giorno dall’altro personaggio di menomata umanita cheé in scena™; gli oggetti che ne va estraendo le offrono risorse alternative meno discontinue della comunicazione con lui. O del discorso su di lui, a cui fanno stretto contrappunto proprio da quando la lettura sullo spazzolino richiede prima gli occhiali, poi il fazzoletto per pulire gli uni e l’altro — infine la lente d’ingrandimento. «Il y ale sac bien sr», «Il y aura toujours le sac»”; glioggetti ne escono, vi rientrano, a uno a uno o come «bric-a-brac inidentifiable»”. Se al di fuori uno di essi si rompe, domani vi si ritrovera dentro intatto, «pour m/’aider 4 tirer une journée»”™. La donna dubita che saprebbe « enumerarne il contenuto» in modo esauriente: « Les profoudeurs surtout, qui 787 Tbid., p. 63. [Vi trovate nella chiesa di S. Pietro-fuori-le-mura, in Oxford, uno dei luoghi di culto pid antichi e pit venerabili d’Inghilterra. Qui...] 788 ‘Tbid., D:35he [Giorni felict). 7 §, Beckett, Oh les beaux jours, suivi de: Pas mot, Les Editions de Minuit, Paris
1986, PP. 13-17, 22-23: solo a quest’ultima pagina la fraseéstata ricostruita per intero. Il compiacimento dell’«arricchimento di sapere, per quanto minimo » che ogni giorno reca, dice precisamente che l’universo pubblicitario non ne reca mai nessuno. Cfr. pp. 25, 55; € la lettura dell’etichetta di un ricostituente, che promette « miglioramento istantaneo», pp. 18-19. [Solennemente garantita... verace pura... setola di... porco]. 7\ Ibid., p. 6t. Le pattumiere dentro le quali sopravvivono i nonni, in Fin de partie [Finale di partital, surrealizzano sulla scena un desolato-sconnesso metaforico (S.
Beckett, Fin de partie, suivi de: Acte sans paroles I, Les Editions de Minuit, Paris 1967, Pp. 22-23, 27 e passim). 7™ Beckett, Ob les beaux jours cit., p. 34; cfr. pp. 38-39, 61, 63-64. [C’é la borsa, certo]. [Ci sara sempre la borsa]. 7 Tbid., pp. 28, 52, 53; 46. [ciarpame inidentificabile]. ™ Tbid., p. 46. [per aiutarmi a tirare avanti una giornata].
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sait quels trésors. Quels réconforts»”. Crede che le cose emettano piccoli rumori, che abbiano una vita, si chiede come farebbe senza le cose abbandonata com’é dalle parole”™. Per quel tanto che il criterio di funzionalita non vacilla oniricamente (v, 2), gli oggetti restano la sola utilita presunta e il solo contesto umano; ma scandiscono e riempiono il tempo della condizione stessa in cui tutto si é rivelato inutile, d’una
decontestualizzazione metafisica, ancor pit umoristica che sinistra. ™ Ibid., p. 39. [Le profondita soprattutto, chissa che tesori. Che conforti]. 76 Ibid., pp. 64-65.
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Capitolo v1 Qualche romanzo del Novecento
1. Le citazioni frammentarie, di cui siamo sazi, erano una
necessita in un saggio su costanti tematiche: da presentare nel capitolo u1, classificare nel rv, documentare nel v. Non ho
citato per intero, o quasi, che poco meno o poco pit d’una mezza dozzina di testi poetici. In compenso, non sempre testi d’ogni genere sono stati commentati esclusivamente in
quanto portatori di certe immagini: se talvolta queste apparivano centrali e dominanti in un’opera, spesso entravano in stretto rapporto con componenti tematiche d’altra specie. E in qualche caso si scorgeva una loro posizione significativa, se non decisiva, nella struttura— nei rapporti fra parti e parti o fra parti e tutto — dell’opera. Riportiamoci a esempi di romanzo, dove il fenomeno é meno facile che entro i limiti d’u-
na poesia o anche d’un racconto: ho accennato alla centralita abbondante delle immagini in Oblomov, alla loro costanza dissimulata in Les Misérables (v, 7); ho delineato la loro portata strutturale in Madame Bovary (tv, 36), A rebours (1, 37), The Spoils of Poynton (v, 14). E pero in romanzi del nostro secolo che sono stato impegnato a saggiare pit a fondo il loro rapporto con altre componenti tematiche. Cosi in The Great Gatsby (1v, 37), La Nausée (1v, 17), La cognizione del dolore (tv, 38); succintamente, almeno ne Giz indifferenti (v, 7), Il Maestro e Margherita (v, 10), 1984 (v, 6). In To the Lighthouse (11, 10) si era intravisto un fenomeno diverso, quello delle contaminazioni di categorie — che altrove diventano pit imprevedibili alterazioni. Ora, lungo la serie di romanzi del Novecento scelti per analizzarli in questo capitolo, capacita di strutturazione delle immagini e crisi del sistema di categorie sembrano connessi: |’albero semantico é forse un insieme d’ipotesi classificatorie ottocentesco? La periodizza- .
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QUALCHE
ROMANZO
DEL NOVECENTO
VI.2
zione delle categorie ne fa decorrere dal secondo Ottocento tre su dodici, e quattro dal tardo Settecento, facendo persistere fino a oggi le altre di eredita anteriore. I] continuo rinnovamento moderno arricchisce e complica, da una parte,
tutta la tradizione; dall’altra, ne aumenta |’esigenza di motivazione mediante collegamenti testuali. Ma un’analisi resta possibile solo grazie alle stesse categorie che i risultati poi alterano e compromettono. 2. Le Grand Meaulnes', pubblicato nel 1913 da AlainFournier (Henri Fournier, 1886-1914), presuppone una contaminazione che conosciamo: fra venerando-regressivo e memore-affettivo, sotto il segno d’una idealizzazione nostalgica d’ Ancien Régime (Vv, 6, 8). Sposta poco che la sola data anteriore agli anni ’90 della narrazione sia il 1830, con rinvio esplicito alle nonne di sessant’anni prima. Oltre che la data d’un gilé di seta, prima immagine eccentrica’, é quella sottintesa di Hernani: del cui corno é una romantica reminiscenza
l’appello convenuto che strappera lo sposo al domani nuziale’. La determinazione della categoria storica si rende secondaria, come l’esito sociale della fine d’una antica famiglia. I personaggi non sono che adolescenti: Francois Seurel, il narratore in prima persona, all’epoca di cui narra; Augustin Meaulnes, l’amico che va ad assistere per avventura a una festa strana in una dimora misteriosa; Yvonne de Galais, e suo
fratello Frantz, per le cui nozze mancate la festa era organizzata con un privilegio concesso ai bambini. Festa e dimora si collocano in uno spazio e in un tempo che non sono quelli degli adulti. L’itinerario della tenuta resta irreperibile, poiché Meaulnes si é addormentato in vettura sia all’andata che al ritorno; il suo graduale smarrimento, fino al sorprendente luogo d’arrivo, trascorre per deviazioni nello spazio di cui la speranza che ne va in cerca non potra tornare a imboccare la strada*. L’antichita della dimora (certo antecedente al 1830) ' (I grande Meaulnes). 2 Alain-Fournier, Le Grand Meaulnes, Emile-Paul, Paris 1913, pp. 41-42 (parteI, cap. 7): un indumento « quali dovevano portarne i giovani che danzavano con lenostre nonne, nei balli dei milleottocentotrenta». cEGhy ibid, pp. 141 (II, 4), 252-53 (II, 7-8), 320 (ILL, 16); e V.Hugo, Théatre complet, « Bibliothéque de la Pléiade», 1963, t. I, pp. 1251-52, 1301-6 (Hernani, atto IIL, sc. vu; atto V, scc. I1-v).
4 Alain-Fournier, Le Grand Meaulnes cit., pp. 30 (I, 5), 48-62 (I, 8-10), 109 (I, 17); 36 (I, 6), 43, 46-47 (I, 7), 124-25 (I, 2), 139 (IL, 4), 148 (UL, 5), 157-58 (LI, 7), 164-69 (II, 9).
QUALCHE
ROMANZO
DEL NOVECENTO
VI.2
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postula quel tempo pit esteso all’indietro del passato individuale, che come sappiamo puo tradurre il tempo incommensurabile dell’infanzia (11, 15; v, 8). Percid il ragazzo, subito
dopo avere scorto a distanza «la fléche d’une tourelle grise», stupisce dell’esaltante certezza che lo invade: « Tant de joie, se dit-il, parce que j’arrive a ce vieux pigeonnier, plein de hiboux et de courants d’air!...»’. Come se la vettura la cui giumenta lo ha fuorviato e piantato in asso si fosse metamorfosata, perviene all’altezza d’una finestra passando dall’una all’altra delle vecchie carrozze fitte in cortile. Dorme un altro sonno da diciassettenne, in
un’alcova ingombra come la stanza di oggetti singolari: «II alla soulever le rideau du fond et découvrit un grand lit bas, couvert de vieux livres dorés, de luths aux cordes cassées et
de candélabres jetés péle-méle»*. Quel che il protagonista del romanzo tardo-simbolista va realizzando come incantesimo, rimotiva la contaminazione di categorie al di la delle ragioni narrative, e prima che lui stesso le apprenda. L’eta fa di lui, o di Frantz, soggetti insoliti di memore-affettivo: l’infantile felicita che festa e dimora simboleggiano, si da di fatto come perduta e ricercata ancor prima che vissuta. La fedelta cavalleresca corrispondente a immagini feudali costera cara nella trama, ma il presente soccombe a priori nel capriccio che rianima artificialmente il passato, e che incrocia i tempi. Gli allestimenti dell’esigua festa detraggono lembi all’abbandono e allo sfacelo; lontanissimi ricordi collettivi si personalizzano, l’occasione attuale si smaterializza tra il giocoso e il fantomatico. Diventa insieme letterale e metalinguistico che I’antico regime significhi l’infanzia: Sur une lourde table a toilette, au marbre brisé, on avait disposé de quoi transformer en muscadin tel garcon... [...]. Mais on avait omis de cirer le parquet; et Meaulnes sentit rouler sous ses souliers du sable et des avats. De nouveau il eut l’impression d’étre dans une maison depuis ongtemps abandonnée...’. 5 Tbid., p. 64 (1, 1). Immediata associazione coi preparativi per le grandi feste estive a La Ferté, dove il ragazzo era cresciuto, pp. 64-65 (I, m). [la guglia d’una torretta grigia]. [Tanta gioia, si disse, perché arrivo a questa vecchia piccionaia, piena di gufie correnti d’aria!...] 6 Ibid., pp. 66-68 (I, 1). Ancora le carrozze, pp. 105-7, mo (I, 17) (e quella di Yvonne, p. 207 [II], 2]). [Ando a sollevare la cortina del fondo e scopri un grande letto basso, coperto di vecchi libri dorati, di liuti dalle corde spezzate e di candelabri gettati alla rinfusa]. 7 [bid., pp. 73-74 (1, 13). E indumenti maschili giovanili «di tanto tempo fa», «d’inizio secolo», non dentro mobili del luogo, ma in una pila di scatole di cartone.
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DEL NOVECENTO
VI.2
Toutyy paraisshit vieux et ruiné. Les ouvertures au bas des escaliers étaient béantes, car les portes depuis longtemps avaient été enlevées; on n’avait pas non plus remplacé les carreaux des fenétres qui faisaient des trous noirs dans les murs. Et pourtant toutes ces batisses avaient un mystérieux air de féte®.
Non manca neppure un accenno all’irrazionalita edilizia dell’antico regime (v, 6): «c’étaient des écuries baties dans
un amusant désordre...»’. Ma le immagini del nostro repertorio contraggono con altre immagini una segreta omologia testuale. Sulla solitudine meridiana da cui il ragazzo é arrivato «brillava un sole di dicembre, chiaro e glaciale» ”; la mattina dopo, si trova « come trasportato in una giornata di primavera», con un sole da primi d’aprile".Un sole che sta alla gelida stagione, stranamente, proprio come la festa precaria sta ai suoi sfondi derelitti: « Etrange matinée! Etrange partie de plaisir! Il faisait froid malgré le soleil d’hiver...»; « Mais soudain une rafale glacée venait rappeler décembre aux invités de cette étrange féte» ”. Quando la tenuta tanto cercata sara identificata nelle Sablonniéres con la semplicita del casO, quasi tutto € stato abbattuto e venduto”.L’ultima parte del romanzo risolve gli enigmi, delude le attese e dissipa l’infanzia; nella prosaica malinconia di essa, il memore-affettivo ripiega in forme pid ordinarie. Dentro case e botteghe di zii borghesi come alle Sablonniéres, sono prodigati ricordi e fotografie, cassetti ed armadi ecc. *. Ma fin dall’inizio il colle[Su un pesante tavolo da toletta, dal marmo spezzato, avevano disposto l’occorrente per trasformare in moscardino un certo ragazzo... [...]. Ma avevano tralasciato di lustrare l’impiantito; e Meaulnes senti scivolare sotto le sue scarpe sabbia e calcinacci. Di nuovo ebbe l’impressione di essere in una casa da tempo abbandonata...] 8 Tbid., pp. 74-75 (I, 13). [Tutto sembrava vecchio e rovinato. Le aperture in fondo alle scale erano vacanti, le porte essendo state tolte da tempo; neanche erano stati rifatti i vetri delle finestre che formavano buchi neri nei muri. Eppure tutti questi casamenti avevano una misteriosa aria di festa]. ° {bid., p. 87 (I, 15). Ecfr. poil indicazione dei ruderi come « dedalo di edifici», p. 199 (III, 1), della dimora abbattuta come «cosi strana e complicata», p. 241 (III, 6). Qui, ancora immagini di abbandono e sfacelo pp. 88-89 (I, 15), di ruggine p. 97 (I, 16). [erano scuderie costruite in un divertente disordine...]
0 Thid., p. 63 (I, u). 1 Tbid., p. 86 (I, 15).
2 Tbid., pp. 90-91 (I, 15). [Strana mattinata! Strana gita! Faceva freddo nonostante il sole d’inverno...] [Ma all’improwviso una raffica gelata veniva a ricordare dicembre agli invitati di questa strana festa]. % Ibid., pp. 198-200 (III, 1); e cfr. pp. 205 (III, 2), 229 (III, 4), 241-42 (LI, 6), 2512 (ILL, 7), 270-74 (II, 10).
4 Tbid., pp. 202-4 (IIL, 2), 215-17 (II, 3), 290-91 (III, 12), 294-95 (II, 13). Cfr. il cortile arido della casa di Meaulnes, pp. 223-24 (III, 4), e la tristezza periferica di quella di Valentine, p. 318 (III, 16).
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gio di Sainte-Agathe, in una luce di campagna invernale, anticipa una versione domestica di venerando-regressivo edilizio: con le sue «stanze piene di paglia polverosa», la casa era parsa cosi «mal costruita» alla madre di Francois da contare «tutte le aperture che si sarebbero dovute condannare» per renderla abitabile”. Nelle «immense soffitte tenebrose del primo piano» e «camere di supplenti abbandonate», Meaulnes appena arrivato trova dove perdersi. Vi scova un sole o una luna dei fuochi anneriti del Quattordici Luglio: un residuo di festa. L’ubiquita latente delle immagini princiali, che dissemina raccordi nell’incerta topografia tra il colegio e la tenuta”, si é affermata abbastanza presto perché il lettore non debba avvedersene. 3. La transizione non manca d’un pretesto storico-letterario (come in Il, 2) se vado a L’tsola di Arturo, pubblicata
nel 1957 da Elsa Morante (1918-85): fra icui modelli ha contato certo il romanzo di Alain-Fournier. Ma nell’isola immaginata quale Procida, il residuo feudale non é circoscritto come nella provincia francese. I] rapporto dei monumenti col paesaggio é quello che relega il mezzogiorno d'Italia fra le regioni oltrepassate dal progresso, sulla via da oriente a occidente e da sud a nord: un rapporto sparso, integrante, degradato, permanente e incompreso *. Troppe civilta si stratifica-
no in indicazioni cronologiche smisurate, che sfumano pit secoli o mezzo secolo con un «circa», «almeno», «oltre»,
«forse» ”. Emergono due edifici contrapposti e assimilati, in © Tbid., pp. 1-3 (I, 1); pid tardi si dira che i ragazzi conoscono bene «i meandrie i passaggi della grande dimora», p. u6 (II, 1). 6 Tbid., pp. 7-9 (I, 1); sfondo notturno delle grandi rivelazioni di Augustin a Francois é una grande mansarda, da cui sentono penetrare fino a loro «il silenzio delle tre soffitte», p. 40 (I, 7). Frantz, nel suo breve soggiorno scolastico, distrae la classe distribuendo «tesori strani», «oggetti preziosi», pp. 127-29, 135 (II, 4). ” La partenza non autorizzata di Meaulnes avviene da una fattoria che é «un grande casamento feudale»: zbid., p. 23 (I, 4); passa la notte in un « casamento oscuro», «ovile abbandonato», dove regna un «odore di muffa», p. 6r (I, 10). In SainteAgathe, di notte, i ragazzi sono attirati dall’imboscata prima «in un dedalo di stradine e vicoli ciechi», poi «in un largo spazio reso senza uscita da un cortile di fattoria da tempo abbandonata», pp. 121-22 (II, 2). 18 Tanto pit che Procida era « un paese di poveri pescatori e contadini, ei suoi rari palazzi erano tutti, inevitabilmente, o conventi, o chiese, o fortezze, o prigioni»: E. Morante, L’isola di Arturo, Einaudi, Torino 1957, pp. 16-17 (cap. 1). °° Tbid., «giardini imperiali» p. 12, «durante e dopo le guerre del secolo scorso» p. 17, «borghesie borboniche» p. 21, «epoca di Barbarossa» p. 22 (1), «corsari turchi» p. 3m (vit), «Seicento spagnolo » p. 324 (v1); «antiche di secoli» p. 12, « Da circa duecento anni» p. 14 , «circa mezzo secolo fa» p. 17, «almeno tre secoli fa» p. 16, «Per oltre due secoli» p. 16 (1), «da forse un mezzo secolo» p. 325 (viII).
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antico \rispettivamente castello e convento: il Penitenziario che sovrasta l’isola; la casa dove ammetteva solo ragazzi colui che l’ha lasciata in eredita al padre di Arturo. Il venerando-regressivo di entrambi ha finito per ospitare la trasgressione, punita dallo stato nell’uno, privata e imprecisabile nell’altra. Nunziatina, la matrigna sedicenne, prende l’uno
per l’altra all’arrivo poiché il padre s’é vantato di abitare un castello”; ma nel Penitenziario autore e lettore non entrano mai, e non si avvicinano ad esso che con la svolta finale della
trama. Nelle immense proporzioni solitarie della Terra Murata, di anacronistica pubblica maesta (cfr. Iv, 13), storia remota e natura rudimentale si confondono. Un «feudo lugu-
bre e sacro», un «funebre Olimpo», e in prossimita casupole accumulate «in un labirinto di incroci, di salite e di discese», o distrutte con elevati resti”; ma altresi, a picco sul ma-
re, «forma irregolare e massiccia» simile «a una montagna corrosa di tufo», «gigantesche muraglie cieche» simili «a una mole di rocce naturali»”. Nella visione iniziale di Arturo, un «maniero
abbandonato»,
una «rovina fantastica,
abitata solo dai serpi, dai gufi e dalle rondini»”. Nel nostro gergo, una contaminazione di venerando-regressivo e di sterile-nocivo: al quale ultimo tolgano negativita le suggestioni mediterranee. Come la via al castello carcerario é una galleria «senz’altra pavimentazione che un denso strato di polvere», cosi nella Casa dei Guaglioni é impossibile dire « di quale materia 0 colore fosse fatto il pavimento, che era nascosto sotto uno strato di polvere indurita»*. Qui l’austerita profanata del venerando-regressivo ha evacuato l’interno: del convento, il cui refettorio era stato trasformato in salone di baldorie, non resta ricordo che in «un’acquasantiera di alabastro» e «nelVantico camino fratesco»”. Gia meno antichi, nei cassettoni
ed armadi, «gli odori di chi sa quali defunte borghesie borboniche»™*. Alla morte del conviviale proprietario, i suoi cimeli sono stati reclamati e dispersi in « una specie di saccheg0 Thid., p.77 (11); e cfr. «un altro Castello», p. 299 (vit). Esso si vede dalla casa, p. 15 (1).
*! [bid., pp. 37 (1), 304, 306-9, 311-12 (VIN). 2 Ibid., pp. 304, 312 (VI).
% Thid., p. 15 (1); e cfr. p. 245 (v).
24 Thid., pp. 309 (vu), 22 (1). > Tbid., pp. 24 (1), 325 (vu). 26 Tbid., p. 21 (1).
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gio»”; le leggende spettrali poi, come dovute a un castello, sono maligne fanfaronate con cui il padre tenta di intimidire Nunziatina*. La fatiscenza dell’edificio non sarebbe evocata che da tocchi metonimici di logoro-realistico, ruggini e scoloriture, avanzi inevasi o lampade polverose*. Se non fosse questa categoria a contaminarsi a sua volta con uno sterilenocivo riscattato senza restrizioni— nella prospettiva dell’adolescente che racconta di se stesso: Nessuno si dava pensiero del disordine e sudiciume delle nostre stanze, che a noi pareva naturale come la vegetazione del giardino incolto fra le mura della casa. [...]. Visitrovavano, fral’altro, a marcire, intorno all’a-
dulto carrubo, perfino delle carcasse di mobilia ricoperte di muschi, delle stoviglie rotte, delle damigiane, dei remi, delle ruote, ecc. E in
mezzo ai sassi e ai rifiuti, vi crescevano delle piante dalle foglie gonfie, spinose, talvolta bellissime e misteriose come piante esotiche ».
Il millenario tema dell’invasione animale maledetta si mitiga in fiabesca e familiare euforia (al di qua, pur sempre, della sospensione onirica del criterio di funzionalita, v, 2): Credo chei ragni, le lucertole, gli uccelli, e in genere tutti gli esseri non umani, dovessero considerare la nostra casa una torre disabitata
dell’epoca di Barbarossa, o addirittura un faraglione del mare. Lungo i muri esterni, da fessure e camminamenti segreti, spuntavano le lucertole come dalla terra; le rondini a migliaia, e le vespe, vi facevano i nidi. [...]. Almeno un paio di gufi abitavano di sicuro dentro casa nostra, sebbene mi fosse impossibile scoprire in quale punto... [...]. In alcune stanze disabitate della casa, le finestre, per dimenticanza, rimanevano aperte in tutte le stagioni. E succedeva, entrando d’improwviso, a intervalli di mesi, in quelle stanze, di scontrarsi con un pipistrello; oppure d’udire strida di misteriose nidiate nascoste in una cassapanca, o fra i travi del soffitto”’.
Da un tale sterile-nocivo il passo é breve, ancor pit che all'intravedere animali di razze favolose”, a un prezioso-potenziale di grezza natura isolana: gusci fossili, piante subacquee, stelle di mare, ricci e conchiglie”. Arturo non ritrovera 27 Thid., p. 25 (1). 28 Tbid., pp. 90, 95-96, 122-23 (It), 153 (II), 211-12 (IV). 2 Tbid., pp. 16, 21-22, 24 (1), 92 (m1) (lampadina), 238 (v) (pistola), 324-25, 332 (divano), 353 (VIII). 30 Thid., p. 20 (1); cfr. p. 136 (111): «la nostra casa... col suo sudiciume storico e il suo disordine naturale». 1 Ibid., pp. 22-23 (1). 32 Ibid., p. 23 (1); cfr. p. 15 (1), la «lucertola turchina».
3 Ibid., pp. 22, 39 (1), 204 (Iv). Cfr. p. 126 (11), la trasfigurazione dell’inverno come «feudo magnifico »: enella sua grande notte, della casa come tana, dell’isola come foresta con le sue latenze animali estive.
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mai l’odore respirato dentro la sua casa se non «nel fondo di qualche imbarcazione, o in qualche grotta»”. La fantasia di lui é troppo esaltata da donchisciottesche letture per racchiudersi nell’amore della casa e dell’isola: per non proiettarsi in viaggi mondiali, gli stessi che con cieca ammirazione accredita al padre. A meta tedesco, costui risulta pure permeato di mezzogiorno ex-feudale, nell’oziosa alterigia che vela la miseria della sua fissazione omosessuale all’adolescenza. Perversamente il padre, letterariamente il figlio, é come se recepissero dall’alto il retaggio di fascinazioni e illusioni del loro paesaggio monumentale; mentre Nunziatina corrisponde ai valori del venerando-regressivo meridionale, popolarmente e femminilmente, dal basso. Ignoranza, pregiudizi, orizzonte ristretto a Napoli e dintorni”, «rispetto per il Potere Costituito» *, non deformano in lei una schiettezza morale sicura per intuito, dolcezza, generosita,
pazienza. Anche lei (cfr. m1, 7) compensa quell’inferiorita culturale, secondo cui sono da definire pretenzioso-fittizio i gingilli falsi o rozzi che gradisce in dono, i quadretti di differenti madonne a cui é devota”; ed é simbolico che sia a lungo lei la vera abitatrice della casa, disabitata in apparenza se Arturo ne scorge mura e finestre dal mare o da lontano *. Quando l’amore semincestuoso per lei non pud pit essere rimosso, non tarda a precipitare in cocente disinganno il mito del padre. L’ignorata attualita politica” travolge le cronologie atemporali; la triste partenza dall’isola é anche evasione dalla propria terra d’un intellettuale precoce, a un livello simbolico meno universale di quello in cui é fine dell’adolescenza. 4. Comincia con gli ideali isolati d’un adolescente e con Passunzione della natura selvaggia, sullo sfondo d’un sud nordamericano, anche The Bear® di William Faulkner (1897*4 Tbid., p. 22 (1). I paragone della casa a una grotta é spregiativo per la madre di Nunziatina, ma non per Arturo, pp. 210-11 (Iv); logoro-realistico in una grotta vera, p. 360 (vitt).
» Tbid., pp. 100-3 (11). © Che non vieta la compassione per la povera gioventt reclusa: ibid., pp. 7778 (11).
i
37 Tbid., pp. 84 (11), 160 (tt); 92-94 (11). Assai meno ingenuo, ma vagamente nello stesso senso, l’accenno alla mobilia della casa con illusorio riferimento femminile, p. 17 (1). 38 Tbid., pp. 17o (111), 197 (Iv), 296 (v1).
» Tbid., pp. 329, 367-68 (vit) (gli accordi di Monaco del settembre 1938). # [L’orso].
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1962). Nella versione definitiva, é il racconto pit lungo della raccolta Go Down, Moses", pubblicata nel 1942 e unitariamente costruita: la dispersione in cui l’autore immerge cronologia, genealogia e informazione é appena maggiore che nei suoi romanzi. L’analisi di uno dei sette racconti non pud fare a meno di richiami organici agli altri. The Bear riprende dal precedente, The Old People*,l’ educazione di lke Mc Caslin: dal vecchio Sam Fathers, figlio d’un capo indiano e d’una schiava mulatta, viene iniziato ai segreti rituali della foresta e della caccia come a una ieratica scienza. E d’altra parte Perede della proprieta cotoniera che suo nonno, uno dei coloni fondatori, aveva comprata dal padre di Sam e sgombrata dalla foresta. Convergono in lui, da genti di diverso sangue, due ordini diversi di valori tramandati; a ventun anni scegliera di rinunciare alla sua proprieta, convinto che nessuno abbia diritto a possedere la terra. Ma fra convinzioni ed eventi, fra diritto e destino, fra passato e futuro il testo pone un dissidio tale da sdoppiare e capovolgere i valori e i disvalori. Secondo Ike, secondo il diritto e il passato, la foresta é indomi-
ta e sana; la proprieta labile e colpevole. Per la voce d’autore che sa i fatti e il futuro, la prima ha i giorni contati mentre la seconda cambia senza rimorso la faccia della terra. . In termini di nostre categorie, la carenza di legittimazione della proprieta da un venerando-regressivo insufficiente; Pinconfutabile primordialita della foresta da uno sterile-nocivo giustificato, occultamente alternativo. Benché l’esiguita delle immagini non faccia eccezione alla regola di Faulkner (v, 3), le raccomanda alla trattazione la loro strutturata anomalia. I] venerando-regressivo per eccellenza, l’edificio,
perviene invalidato a Ike: sia per parte di padre che di madre. Quello lasciato dal nonno é un «tremendous abortive edifice scarcely yet out of embryo, as if even old Carothers McCaslin had paused aghast at the concrete indication of his own vanity’s boundless conceiving»”. La tenuta dello 41 [Scendi, Mose].
# [Gente d’un tempo). 4 W/.
Faulkner, Go Down, Moses and Other Stories, Penguin 1960, p. 200 (Iv). Se-
condo il procedimento leitmotivico di Faulkner, l’edificio é caratterizzato con parole ugualie diverse a p. 200 pit sopra, e alle pp. 229-30 (1v). All’incompiutezza di esso corrisponde la finta autorita dei figli gemelli, che al tramonto vi rinchiudono inegri, per lasciarli uscire di notte dall’altro lato. [tremendo abortito edificio ancora a mala pena uscito dall’embrione, come se perfino il vecchio Carothers McCaslin si fosse fermato atterrito di fronte al segno concreto della smisurata concezione della propria vanita].
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zio materno deve venire chiamata Warwick, pretende la madre, come quella su cui avrebbe titolo di conte in Inghilterra; ma l’ingresso senza cancelli, la dipartita del mobilio, la sporca poltiglia nel caminetto rientrano in un logoro-realistico da declassamento nobiliare*. Logoro-realistico negro-proletario é la proprieta di Fonsiba «libera» col marito pastore, |’edificio di legno «which seemed in process of being flattened by the rain to a nameless and valueless rubble of dissolution in that roadless and even pathless waste of unfenced fallow and wilderness jungle»*. Quanto al legato dello zio a Ike, era una coppa d’argento piena di monete d’oro e suggellata in ceralacca; ma il maggiorenne, morto il vecchio dissipatore, non trova nel pacchetto che monete di rame in una caffettiera di stagno e cambiali*. Pure lo si contrappone, in quanto «cosa» tangibile, ai pallidi scarabocchi della scrittura. I cui contenitori sono i libri mastri che registrano in cronaca la proprieta: movimento commerciale, acquisti e liberazioni di schiavi. Inseparabili dal commissary che é amministrazione e spaccio e magazzino, quindi dall’elenco delle provviste”, se recenti non sono meno funzionali di esse. Dopo la guerra civile si sono riempiti e succeduti rapidamente, in rilegature «nuove e senza polvere»*; ai pid antichi, la piantagione era soggetta come mezzo mondo lo fu lungamente alla citta di Roma”. Simbolo semipositivo dovrebbero essere proprio questi, «the older ledgers clumsy and archaic in size and shape», «the ledgers in their scarred cracked leather bindings »”. Invece testimoniano un peccato origina44 Tbid., pp. 230-31, 232 (Iv) (e la «rotta finestra senza imposte», p. 231); cfr. in Was [Fu] pp. 10-n, 13-14 (11).
© Ibid., p. 20 (pp. 2u-14) (Iv). Altro logoro-realistico negro: l’abbigliamento di Sam Fathers, p. 156 (1); in The Fire and the Hearth [II Fuoco e ilfocolare], pp. 59 (cap. I, 3), 76-77 (U1, 2), 81 (11, 3); in Go Down, Moses (che da il titolo alla raccolta), pp. 281, 285 (11). [che sembrava avviato a farsi appiattire dalla pioggia in un dissolvimento di rottami senza nome e senza valore in quel deserto senza strada e perfino senza sentiero di campi incolti non recintati e giungla selvaggia]. 46 Ibid., pp. 229, 230, 232, 233-34 (Iv). In The Fire and the Hearth, il preziosopotenziale é colpevole e fallimentare: il cugino negro Lucas Beauchamp finisce col rinunciare alla ricerca di tesori sepolti: pp. 35-36 (1, 1), 63-64 (I, 4), 67-68, 68-69 (II, 1), 72, 78 (1, 2), 84 (III, 1), 100 (II, 2), 105-6 (II, 3).
47 Ibid., pp. 194-95 (Iv); cft., in The Fire and the Hearth, pp. 66 (11, 1), 80 (1, 3).
48 Tbid., pp. 223-24 (Iv). ” Thid., p. 196 (Iv). © Ibid., pp. 195, 199 (Iv); ripresa leitmotivica, p. 204 (tv). [i registri pit vecchi massicci e antiquati per dimensioni e forma]. [i registri nelle loro rilegature di cuoio scorticate e screpolate].
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le, oltre che contro la terra, contro la razza asservita: il padronale incesto del nonno che aveva generato un bastardo dalla propria bastarda di sangue misto, la cui madre s’era annegata. La scrittura ha il male come significato, e ha troppo poca 0 troppa resistenza fisica come significante. I volumi non sono (nella tradizione del romanzo gotico, v, 11) che pa-
gine «ingiallite», «vecchie e fragili», inchiostro o caratteri o sequenze «scoloriti»”; gia in The Old People, il possesso familiare sembra a Ike «as trivial and without reality as the now faded and archaic script in the chancery book in Jefferson which allocated it to them» ”. Il torto opposto é che il contenuto dei volumi sia dopo tanti anni « fixed immutably, finished, unalterable, harmless» ”. L’ultimo aggettivo esprime inefficacia, e torna in un confronto coi fatti della guerra: «This was chronicled in a harsher book» *. I] confronto implicato in anticipo é pero con quel tutt’altro insieme di segni che Ike legge nella foresta, «bigger and older than any recorded document »”. L’impronta — print — del piede mutilo dell’orso, nella terra bagnata, si dissolve a vista”; il tronco scavato dai suoi artigli si sminuzza e riassorbe prestissimo”. Eppure una tale scrittura é pid durevole perché von inalterabile, suscettibile di conversione e riuso, traducibile in « myriad life» *. La dove il passaggio umano non lascia «segno né cicatrice» si conser-
vano, con l’aspetto dei tempi degli antenati indiani ”, valori esemplari che Ike accetta: «the wilderness the old bear ran was his college» *. Ma Old Ben non si sarebbe meritato nome proprio e mito, se non apparisse « an anachronism indomitable and invincible out of an old dead time, a phantom», | [bid., pp. 195, 199, 206, 207, 220, 228 (Iv). %2 Tbid., p. 132 (1). Jefferson él’immaginario capoluogo di Yoknapatawpha County. [cosi futile e privo di realta come la scrittura ora scolorita e antiquata nel libro della cancelleria di Jefferson che |’attribuiva loro]. % 4 % 6
Tbid., p. 204 (1v). [fissato immutabilmente, finito, inalterabile, innocuo].
Tbid., pp. 220-21 (tv). [Di questo era cronaca un libro pia rude]. Tbid., p. 145 (1). [pit grande e pit vecchia di qualsiasi documento registrato]. Tbid., pp. 152, 158 (1).
7 Thid., p. 156 (1).
%8 Tbid., p. 250 (1). Cfr. il riciclaggio della morte nella terra, pp. 249-50 (Vv), €, in The Old People, p. 144 (11). Un’altra scrittura incomprensibile ai bianchi é, in Pantaloon in Black (Pantalone in nero], quella che contrassegna le tombe in disordine con
rottami insignificanti «ma in realta di profondo significato», p. 107 (1). [innumerevole vita]. 9 Tbid., p. 154 (1). 6 Ibid., p. 160 (11). [la foresta che percorreva il vecchio orso era la sua universita].
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se non abitasse «that doomed wilderness whose edges were being constantly and punily gnawed at by men with ploughs and axes who feared it because it was wilderness» “. In The Old People la demarcazione coi campi é netta e improvvisa; alla fine di The Bear é stato venduto a una societa il diritto di fare la legna, e fra due muraglie ancora impervie passa il trenino; nel seguente Delta Autumn”, la zona di caccia va raggiunta in automobile attraverso una terra dove si ode «no scream of panther but instead the long hooting of locomotives» °. I] rapporto fra il disumano e |’umano, rispetto alla tradizionale contaminazione di sterile-nocivo e monitoriosolenne (Iv, 28; v, 4), € rovesciato. Ora Ike vecchio capisce
perché non aveva voluto possedere quella terra: ce n’era abbastanza allora da non curarsi di arrestare, almeno nello spazio di essa, «cid che la gente chiamava progresso». II] suo prender sonno sulla visione d’una selvaggina immortale“ non lo ripara ma lo assolve dal rimprovero che in The Bear gli muoveva il cugino, leggendogli Keats, di voler immobilizzare bellezza e tempo”. 5. Torniamo aun meridione europeo con I/ Gattopardo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa (1896-1957), uscito postumo nel 1958: qui il problema non é di abdicare a una proprieta, bensi di difenderne la legittimita secolare. La perdita del primato latifondistico dell’aristocrazia, col Risorgimento in Sicilia, é tutta trascritta in esperienza soggettiva. Per quanto la voce d’autore non si privi d’interventi né d’informazioni, in sei parti su otto del romanzo coscienza e sguardo sono fondamentalmente di wu personaggio, Don Fabrizio Salina: titolare d’autorita solo esteriormente autoritario, conserva-
tore scettico, frugato e compatito in un’intima passivita che un narratore ottocentesco non avrebbe potuto presentare se 61 Tbid., p. 147 (1); ripresa leitmotivica, p. 148. [un anacronismo indomabile e invincibile uscito da un antico tempo morto, un fantasma]. [quella condannata foresta i cui bordi erano costantemente e piccinamente rosi da uomini con aratri ed asce che la temevano perché era la foresta]. 6 [Autunno nel Delta]. ® Ibid., p. 257; cfr. p. 136 (1); pp. 240-41, 243-46 (Vv); pp. 253, 256-59. [non l’urlo della pantera ma in sua vece il lungo fischio delle locomotive]. 4 Tbid., pp. 267-68. © Ibid., p. 226 (1v): la poesia € Ode on a Grecian Urn [Ode su un’urna greca): In The Fire and the Hearth, il giudizio di Lucas é che Ike si sia fatto « apostata del suo nome e ascendenza»
rinunciando alla terra, p. 36 (1, 1) (e che il cugino — al contrario di
quanto si narra in The Bear — gliela abbia saputa «togliere», p. 40).
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non come infermita morale. I] canone inteso a risparmiare, nel romanzo storico, immagini di cose invecchiate (Iv, 12; v,
7) pare per lo pit vigente. Ma non per verosimiglianza, quanto per un essenziale appagamento di desiderio: si comincia col restaurare in un’integrita anteriore alla crisi, come le circostanze, cosi gli ambienti d’un tempo. All’interno sia della villa presso Palermo sia del palazzo in provincia, la proprieta smorza e ingentilisce la potenza fuori devastante del sole. L’euforia di quest’effetto di luce é primaria “: non a caso fa da contrappunto alle prime inquietudini per il privilegio”. A differenza dalle tante statue mutilate e fontane ammuffite nel cui venerando-regressivo si estetizza l’Ancien Régime (v, 6, 8), la Flora e l’Anfitrite dei due giardini sono intatte*. Dagli zampilli della seconda «emanava la promessa di un piacere che non avrebbe mai potuto volgersi in dolore»: agonizzante, il principe contera nell’attivo pid puro del suo bilancio «il senso di tradizione e di perennita espresso in pietra e in acqua...»”. Perfino il «fasto sbrecciato» della cena di famiglia, la «rattoppata tovaglia finissima» e i piatti superstiti di servizi disparati”, costringono appena a parlare di logoro-realistico. La categoria negativa si affaccia, pid che la semipositiva, dove cessa la protezione del narratore: al di 1a dell’ambito principesco privato. Nella reggia di Napoli «si percorrevano interminabili sale di architettura magnifica e di mobilio stomachevole (proprio come la monarchia borbonica), ci s’infilava in anditi sudicetti e scalette mal tenute...»”. I troppi 6 Neibellissimi ricordi d’infanzia, la cui stesura (1955) prepard quella del romanZO, su questo stesso effetto di luce si concentra l’amore per la casa patrizia distrutta dalle bombe: G. Tomasi di Lampedusa, I raccontz, Feltrinelli, Milano 1988, pp. 36-37, soprattutto pp. 44-45. Esso compare anche nel primo ricordo databile, p. 31. 67 G, Tomasi di Lampedusa, I/ Gattopardo cit. (alla nota v, 499), p. 34 (parte I): «La casa era serena, luminosa ed ornata; soprattutto era sua»; p. 35 (1):
«Le stanze
dell’Amministrazione erano ancora deserte silenziosamente illuminate dal sole attraverso le persiane chiuse»; p. 48 (1): «Git, intorno alla villa il silenzio luminoso era profondo, signorile all’estremo...»; p. 79 (11): « Tutto era in perfetto ordine: i quadri nelle loro cornici pesanti erano spolverati, le dorature delle rilegature antiche emettevano il loro fuoco discreto, |’alto sole faceva brillare i marmi grigi attorno ad ogni porta»; p. 8r (11): «... passo per il salone degli arazzi, per quello azzurro, per quello giallo; le persiane abbassate filtravano la luce, nel suo studio la pendola di Boulle batteva sommessa. “Che pace, mio Dio, che pace!” ». & Tbid., pp. 8 (1), 90-91 (11). © Tbid., p. 332 (vi). 1 Tbid., pp. 17-18 (1). 1 Thid., p. 13 (1).
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conventi di Palermo sono «i despoti del panorama», «pachidermici, neri come la pece»; ancora illesi”, sembrano predestinati a vetusta e vuoto. C’é gia una villa di famiglia illustre «semidiruta», dove «]’ambiente in miglior stato pud appena servire da stalla per le capre»”. Se alla fine sara intravista rifiorita”, lo si deve al compromesso politico e matrimoniale del suo erede: Tancredi Falconeri, che giocando a rinnegare la legittimita rinnova il privilegio. Don Fabrizio ha lasciato fare il nipote, ammirandone la destrezza. Nella sola casa non sua che sia descritta s indigna d’un mancato rinnovamento assai meno audace, quello dell’arredamento di settant’anni prima; ma nelle case sue non muta nulla, e lo rasse-
rena che tutto si trovi nello stesso stato da cinquant’anni”. L’oro dell’altrui sala da ballo, consunto e non sfacciato, gl’ispira dolenti associazioni col colore dei propri campi «imploranti clemenza sotto la tirannia del sole»”. Lo sterilenocivo dell’eccesso di calore e luce, del difetto d’acqua e verde, si esaltae simpietosisce in simili barocche umanizzazioni del paesaggio”; nel suggerire l’ambientazione delle classi inferiori, fa come da alibi al logoro-realistico. Lo stesso alibi che si concede Don Fabrizio nel colloquio con l’inviato piemontese: trasferendo la colpa dell’arretratezza civile sais storia al clima™. Il logoro-realistico pit consistente, visione del paesino tragico ail alba, viene subito dopo” L’abnormita del venerando-regressivo compensa la doppia eccezione che comporta: al canone del romanzo storico, ma anche all’unita di prospettiva, sviluppandosi nell’unica ? ® 4 P
Tbid., pp. 24, 26 (1); pure illesi imonasteri femminili di pp. 103 e 106-10 (11). Tbid., pp. 22 (1), 166 (11). Ibid., p. 349 (vu). E Tbid., pp. 290 (v1) €79 (11). Mai insensibile all’esigenza di fedelta letterale, dinastica al passato, Don Fabrizio riassume nelle proprie contraddizioni tutti ipersonaggi della sua parte: maltratta il figlio e sgrida la moglie per il loro scandalo bigotto contro Tancredi (pp. 55-56 [1], 125-28 [111]); oscilla nel disprezzo verso il cognato reazionario
e lo stesso Ferdinando II (pp. 1-12, 16, 56 [1]; 43-44 [1], 138 [111]); soffre della lezione di lealta che gli da don Ciccio Tumeo (pp. 145-46 [111]). Della figlia Concetta riparle-
remo. 76 Ibid., pp. 293-94 (v1). Cfr. pp. 311-12 (v1): «La luce dell’alba si insinuava dai giunti delle imposte, plebea». 7 Tbid., p. 39 (1): «i fianchi di Monte Pellegrino arsicci, scavati ed eterni come la miseria»; pp. 61-62 (11): « disperati dirupi che saggine e ginestre non riuscivano a consolare»; p. 131 (III):
«groppe sopra groppe, sconfortate e irrazionali»; p. 321 (vi): «il
mendace sorriso dello Stretto, sbugiardato subito dalle riarse colline peloritane». 8 Ibid., p. 234 (IV). ” Tbid., pp. 241-43 (1v). Cfr. le barche di p. 27 (1), i biscotti di p. 139 (1m); niente a casa di Padre Pirrone, p. 251 (v).
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assenza di Don Fabrizio dalle sei parti in cui é presente. El’episodio di esplorazione del palazzo di Donnafugata da parte di Tancredi e Angelica. Un motto del proprietario ne determina il senso: ... Sl partiva come verso una terra incognita, ed incognita era davvero perché in parecchi di quegli appartamenti sperduti neppure Don Fabrizio aveva mai posto piede, il che del resto, gli era cagione di non piccolo compiacimento perché soleva dire che un palazzo del quale si conoscessero tutte le stanze non era degno di essere abitato ®.
Di tante stanze non é dunque esemplare il polveroso abbandono, quanto la stessa sovrabbondante esistenza: lungi dal connotare di decadenza la sede d’un grande casato, ne confermano la dovizia. Si rimotiva cosi la tarda e colta ripresa della sottocategoria d’Ancten Régime, che dal 1860 risale agli « oscuri piaceri nei quali si era compiaciuto il Settecento agonizzante», e ne ridesta «i diavoletti incipriati» fino a sfiorare il sinistro con |’appartamentino dagli imprecisabili usi sadici®. Dismisura e disorientamento iperbolici favoriscono i due innamorati; ma pid in profondita, Tancredi esibisce alla bella arricchita l'immenso passato della sua classe, la inizia ad esso. E 1a che il loro trasporto rischia di ricadere, con un ’illecita consumazione, nelle licenze feudali— mentre falli-
ra nel matrimonio futuro *. Il momento di personalizzare i ricordi in memore-affettivo é la morte: quando chiunque é solo. Quella di Don Fabrizio é declassata come per contrappasso, nel maleodorante anonimo albergo dal cui balcone guarda alla casa «irraggiungibile», «lontanissima». E sposta la pieta (cfr. 11, 3) da sé alle cose: ripenso [...] a tutte queste cose che adesso gli sembravano umili anche se preziose, [...] che erano tenute in vita da lui, che fra poco sarebbero piombate, incolpevoli, in un limbo fatto di abbandono e di oblio; il cuore gli si strinse, dimenticd la propria agonia pensando all’imminente fine di queste povere cose care”. 80 Tbid., p. 202: quasi tutto sarebbe da citare, pp. 199-208 (IV); p. 217 (Iv): « questa casa che é grande quanto il nostro Duomo! », dice Cavriaghi. II palazzo era stato presentato a p. 77 (11); si pud ravvisare come un nascosto preannuncio tematico dell’epi-
sodio, inclusa ’ignoranza del proprietario, nella presentazione della scrivania del principe alle pp. 36-37 (1). 8! Thid., pp. 199, 205-6 (i carillons), 206-8 (Iv). 82 Ibid., pp. 201-2 (Iv): «Tancredi voleva che Angelica conoscesse tutto il palazZO...»} pp. 210-11 (IV), e cfr. pp. 121, 154 (111). La coltivata Angelica settantenne contrapporra i castelli della Loira «all’irrequietezza barocca del palazzo di Donnafugata contro il quale nutriva un’awversione inspiegabile...»: p. 356 (vit). 8 Tbid., p. 326 (vi), e cfr. 325 (vit).
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Lultima parte € come costruita sul doppio senso di «reliquie», magico-superstizioso bianco o memore-affettivo: le une ele altre non avendo retto a una verifica, ufficiale o inattesa, vengono abbandonate all’immondizia. ‘eimpostura e il catastrofico smistamento di quelle sacre (v, 10) sceneggiano
uno zitellesco scadimento culturale. Nell’« inferno di memorie mummificate» della camera di Concetta, il cane imbalsamato era la sola innocua; quando il ritratto del padre non é pid che «alcuni centimetri quadrati di tela», le casse del corredo «alcuni metri cubi di legno», diventa la sola in cui un desolato-sconnesso sopravviva. Malgrado agli occhi di vetro si sposti «l’umile rimprovero delle cose che si scartano, che si vogliono annullare», lo estingue nell’insensibilita l’atto finale*. Concetta aveva diritto a succedere come soggetto: sa-
crificata mezzo secolo prima al compromesso di Tancredi e del padre, é fra coloro che hanno pagato un prezzo storico di cul non sanno.
6. Come per un adolescente singolare, cosi per la storia d’una famiglia, ripassare all’ America stavolta latina vuol dire misurarsi con immagini d’una natura pid primitiva di quella mediterranea. In Czen anos de soledad® (1967) di Gabriel Garcia Marquez, nato nel 1928, invece d’un soggetto unico si ha lunitaria pluralita d’una memoria familiare: protratta fino alla settima generazione, confermata dal ripetersi dei nomi, tradotta nell’impressione della quadrisavola che il tempo « giri in tondo»™. I] che non diminuisce la forza d’individuazione dei personaggi, non pid di quanto sottragga credibilita al racconto l’iperbolico surrealismo. Entrambe le caratteristiche hanno a che vedere con la prepotenza della natura: il soggetto si fa collettivo come se si coalizzasse di fronte ad essa, l’incredibile viene spontaneo come se crescesse all’altezza di essa, entro i confini d’una razionalizzazione umana che
non fa in tempo a cessare di essere recente. Quel che pit allingrande il romanzo narra sono i tentativi, e il fallimento,
della messa in rapporto d’un villaggio equatoriale col distante progresso. Nella prima di quattro fasi narrative, il caposti84 Ibid., pp. 351-52, 369-70 (VIIL). ® [Cent’anni di solitudine). 86 G, Garcia Marquez, Cien afos de soledad cit. (alla nota v, 29), pp. 169 [x], 192 [xt], 253 [xv], 285 [xvi]; un’analoga impressione ha Pilar Ternera, p. 333 [xx].
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pite José Arcadio Buendia esercita |’entusiasmo, |’ottimismo ela stravaganza d’un don Chisciotte progressista: applicando le novita portate a Macondo dagli zingari, perseguendo al di la della foresta vergine la strada delle grandi invenzioni. Non consegue che un qualche prezioso-potenziale o magicosuperstizioso o venerando-regressivo da tardo medioevo europeo. Nel laboratorio di alchimia fonde l’oro di trenta doppioni in un intruglio bruciacchiato, poi riesce a isolarlo di nuovo— per sentirsi dire dal figlio che sembra « merda di cane»”. Sua é Videa di sviscerare oro dalla terra grazie alla potenza della calamita: dissotterra «una armadura del siglo Xv», con dentro «un esqueleto calcificado que Ilevaba colgado en el cuello un relicario de cobre con un rizo de mujer»". La sua spedizione raggiunge un galeone spagnolo conficcato a dodici chilometri dal mare, con lo scafo corazzato di remora e muschio, ed all’interno un bosco floreale” Pid crudelmente illusoria nella seconda fase, in un’iro-
nia meno allegra, l’approssimazione politica al progresso: le trentadue guerre civili fra liberali e conservatori, promosse e perdute dal malinconico colonnello Aureliano Buendia. Nella terza fase il progresso viene di sua iniziativa a Macondo. E la colonizzazione dei bananieri nordamericani: al suo benessere come ai suoi massacri i nativi soggiacciono, al punto che unicamente un Buendia testimoniera del treno colmo di cadaveri degli scioperanti. Il primo treno arrivato «con otto mesi di ritardo», il cinema, il grammofono e il te87 Thid., pp. 13-14 [1], 32 [11]; la sperimentazione continua, pp. 36, 37, 38 [11], 39 bed
88 Thid., pp. 9-10 [1]. [un’armatura del secolo quindicesimo]. [uno scheletro calcificato che portava appeso al collo un reliquiario di rame con un ricciolo di donna]. 89 Thid., p. 18 [1]: non manca una reminiscenza di Stevenson, cfr. v, 12, nota 628.
La navigazione fluviale fino dio Segundo, pp. 169-70 [x]. dio navigando per il mondo: co, las hebillas y las armas de
a Macondo riuscira solo all’arcaica zattera di José ArcaArcaico anche cio che ha incontrato il primo José Arca«un dragén de mar en cuyo vientre encontraron el casun cruzado» [un drago di mare nel cui ventre trovarono
l’elmo, le fibbie e le armi d’un crociato], «el fantasma de la nave corsario de Victor
Hugues, con el velamen desgarrado por los vientos de la muerte, la arboladura carcomida por cucarachas de mar» [il fantasma della nave corsara di Victor Hugo, con la velatura stracciata dai venti della morte, |’alberatura rosa da scarafaggi di mare], p. 84 [v] (la leggenda di cui sopra in 11, 15; e di Hugo si allude alla poesia Les Paysans aux bords de la mer U contadini in riva al mare], 1, in La Légende des Siécles, xxv). Aureliano Babilonia arriva all’adolescenza «senza sapere niente del suo tempo, ma con le nozioni fondamentali dell’uomo medievale», p. 301 [xvi]. Un prezioso-potenziale dal dissotterramento prodigioso e dall’effetto malefico, é il san Giuseppe di gesso stipato di monete d’oro, che costera la vita all’ultimo José Arcadio: pp. 168 [x], 209-10 [xi], 278-79 [xvi], 314, 317 [xvur].
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lefono sono stati accolti secondo i precedenti zingareschi. La tecnica non supera la magia (cfr. Iv, 24; V, 10) se non in
estremita di dubbio metafisico: «ya nadie podia saber a ciencia cierta dénde estaban los limites de la realidad» ”. Chi s’integra con superficiali contrasti ai Buendia é un personaggio affine per astrazione dalla realta, donchisciottesco quanto il capostipite. In senso, perd, venerando-ultraregressivo: qui la categoria, pid che mai ironicamente rifiutata e spae-
sata, si conforma al continente per esagerazione. Fernanda del Carpio era cresciuta «en una ciudad ligubre por cuyas callejuelas de piedra traqueteaban todavia, en noches de espantos, las carrozas de los virreyes»”. Era stata educata per diventare regina, e abituata a fare i suoi bisogni in un pitalino d’oro; ma dalla «casa seforial embaldosada de losas sepulcrales», e ipotecata, non porta con sé che «los incontables e inservibles destrozos de una catastrofe familiar que habia tardado dos siglos en consumarse» ”. II resto del « cimitero familiare » si trasferisce a Macondo nei regali natalizi del padre di lei ai nipotini — per ultima la propria salma in bara”. La regola da leiimposta di cenare con candelabri e servizio d’argento, finisce per adempierla «sentada en una cabecera solitaria al extremo de quince sillas vacias»”; anche lei si arrende alla memoria individuale in prossimita della morte (cfr. v1, 5), indossando allo specchio «el apolillado vestido de reina», convertendo «los atuendos reales en una
maquina de recordar »”. Il memore-affettivo e il desolato-sconnesso hanno maggior portata che petali e farfalle disseccati”, bambole o rotoli di musica ammuffiti — e respinti al rogo o alla spazzatura”.
La loro contaminazione con lo sterile-nocivo deriva quasi da Thid., pp. 193-95 [x1-x11]. [ormai nessuno poteva sapere con certezza assoluta dov’erano i limiti della realta]. 1 [bid., pp. 178-79 (xi). [in una citta lugubre per le cui viuzze di pietra si sballottavano ancora, in notti di spavento, le carrozze dei viceré].
» Tbid., pp. 179-81 [x1]. [casa gentilizia lastricata di pietre sepolcrali]. [gli innumerevoli e inservibili rottami d’una catastrofe familiare che aveva tardato due secolia consumarsi]. % Tbid., pp. 185-86 [x1]. 4 Ibid., pp. 183 [xt], 305 [xvutl, e cfr. p. 179 [x]. [seduta a un capotavola solitario all’estremita di quindici sedie vuote].
» Ibid., p. 308 [xvut]. [il tarlato vestito da regina]. [i paramenti regali in una macchina per ricordare]. % Thid., pp. 63, 65 («gigli freschi») [1v], 80 [v], 99 [vz]. 7 Ibid., p. 222 [xu], e cfr. pp. 121 [vu], 150 [1x], 225 [xm]; p. 236 [xrv].
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proprieta transitiva: se il ricordo é inerente alla condizione detta solitudine, se la solitudine é coinvolta nella natura cli-
matica e fisica, si spiana l’eterogeneita fra ricordo e natura. Putridume, spazzatura e cenere sono localizzati nei cuori dei personaggi per metafora”. Ma la «sostituzione della realta esterna con la realta psichica», caratteristica logica dell’inconscio secondo Freud”, trapassa da metaforica a letterale: cioé narrativa. Il soprannaturale surrealista forma equazioni «simmetriche»” sugli assi dei rapportidi spazio, di tempo, fra causa ed effetto, fra vita e morte. E magia postuma di Melquiades che il suo appartamento riluca immune da polvere e sporcizia fino alla sua «morte definitiva»; unico tra i familiari, il colonnello lo vede diventato un letamaio, do-
ve prospera «flora livida» e fluttua «odore di ricordi putridi». Lo sterile-nocivo, sempre segno oggettivo del decorso di tempo (Iv, 28; v, 13), qui ne é misura soggettivamente sospesa o sfrenata. Cosi nella sopravvivenza scordata da tutti di Rebeca, in un casone all’angolo della piazza: Los goznes desmigajados por el 6xido, las puertas apenas sostenidas por cimulos de telarafia, las ventanas soldadas por la humedad y el piso roto por la hierba y las flores silvestres, en cuyas grietas anidaban los lagartos y toda clase de sabandijas, parecian confirmar la versién de que alli no habia estado un ser humano por lo menos en medio siglo.
L’intruso che ha abbattuto la porta somiglia tanto a qualcuno, per la vedova in abiti del secolo anteriore, che «a través
de la neblina del polvo lo vio en la neblina de otro tiempo...»'”. In quella casa i ricordi, viceversa, «se paseaban como seres humanos por los cuartos clausurados»; lei morta, pareti e pavimenti si scrostano e oppongono zizzania alla re98 Aureliano cerca e non trova nel suo cuore «il luogo dove gli si erano putrefatti gli affetti», p. 152 [1x]. Nel cuore di Rebeca la solitudine «aveva incenerito i mucchi assopitori di spazzatura nostalgica», p. 190 [x1]. Il cuore «di cenere compressa» di Fernanda «si sgretol6 ai primi urti della nostalgia», p. 308 [xvut]. % Freud, L’inconscio, in Opere, t. VIL cit., p. 71.
100 Cfr. v, 10, nota 445. 101 Marquez, Cien anos de soledad cit., pp. 160-61 [x], 209 [x11], 224 [xu], 301-2 [xvu]; e cfr. pp. 68 [1v], 262, 264-65 [xv] (il giovane ufficiale, estraneo alla famiglia, vede come vedeva il colonnello), 284-85 [xvi], 304 [xvur]. 102 Thid., pp. 189-90 [x1]; e cfr. pp. 19 [vir], 139 [vm]. [I cardini sbriciolati dalla ruggine, le porte appena sorrette da cumuli di ragnatela, le finestre saldate dall’umidita, e il selciato rotto dall’erba e dai fiori selvatici, nelle cui crepe si annidavano lucertole e ogni sorta di animaletti nocivi, sembravano confermare la versione che Ii non Cera stato un essere umano da almeno mezzo secolo]. [attraverso la nebbia della polvere lo vide nella nebbia d’altri tempi).
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staurazione™. Il viavai fra il naturale e il memoriale dura tutto il romanzo. Gli uomini della prima spedizione, nella foresta vergine, si sentono «abrumados por sus recuerdos mas antiguos»™; il colonnello dopo le guerre, non avvedendosi dei guasti nella casa, si sottrae alle « trampas insidiosas que le tendia la nostalgia» — mentre in una di esse mette piede nellora della morte”. La pioggia di quasi cinque anni, prevista o provocata dal padrone della compagnia bananiera, avvia con la quarta fase il regresso della civilta. Sola non illusotia, in difesa di essa, si dimostra la laboriosita delle donne; e Ur. sula, nella sua longevita, la salda protagonista. Alla sua fine, alla resa anche dell’umile madre subalterna, é perduta la lotta contro sanguisughe, rospi, lumache, scarafaggi, e formiche carnivore del diluvio — quando ormai il tarlo ¢ un «rimbombo» e la crescita di erbacce un «sibilo» ™. Con analoga «voracita », l’oblio va « cariando » i ricordi '’; ma I’« uragano
biblico», che cancella la citta dove l’'ultimo nato degli uomini fa mostra d’una parte animalesca, comincia come vento «lleno de voces del pasado, [...] de ae de desengafios anteriores a las nostalgias mas tenaces» ™ A differenza che nei precedenti romanzi americani e italiani, gli indigeni restano sullo sfondo nel Messico di Under the Volcano”, pubblicato nel 1947 da Malcolm Lowry (1909-57). Su di loro il passato nazionale, solcato dal pit memorabile degli scontri fra razze, grava come un istinto: nella prudenza di vecchie indie davanti a un fatto di sangue, pieta e terrore sembrano conciliarsi «through the various trage15 Thid., pp. 139 [vu], 292 [xvi]. [passeggiavano come esseri umani per le stanze in clausura]. 104 Tbid., pp. 17-18 [1]; la traversata di questa «regione incantata», e il ritrovamento del galeone, sono ricordati periodicamente (pp. 129 [vt], 169 [x], 199 [xu], 250 [xv], 280 [xvr], 323 [xrx]). Tutta tradotta in metafore di esperienza interiore la traversata dell’altopiano che fa Aureliano Segundo, p. 181 [x1]. [oppressi dai loro ricordi pit antichi].
1 Thid., pp. 151 [1x], 229 [xu]. [trappole insidiose che gli tendeva la nostalgia]. 106 Tbid., pp. 268, 280 [xvi], 283-84 [xvi], 303-4 [xvutt], 345, 346 [xx] e passim. Per ’attivita funzionale di Ursula contro lo sterile- nocivo, cfr. pp. 15 [1], 157 [1x], 284 [xvi]; la prosegue Amaranta Ursula, pp. 293 [xvii], 318 [xix]. Santa Sofia de la Piedad se ne va quando le formiche penetrano in casa, p. 304 [xvut]. 107 Thid., p. 292 [xvi]; in una delle visioni di Macondo in rovina, « gli abitanti abbattuti dai ricordi », p. 324 [xix]. 8 Tbid., p. 350 [xx]. [pieno di voci del passato, [...] di sospiri di disillusionia:anteriori alle nostalgie pid tenaci]. 10° [Sotto il vulcano)].
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dies of Mexican history»; nell’allegria popolare di un’arena, « Mexico laughed away its tragic history» — salvo ad annoiarsi invece '". Ma ad osservare sono i quattro stranieri che si alternano, nei dodici capitoli, con le loro prospettive di racconto. Un console inglese dimissionario, rotti i rapporti diplomatici; il fratellastro, ex-giornalista di sinistra; la moglie, ex-attrice del cinema; un amico d’infanzia francese, ex-
regista. Colti, leggono quella storia in monumenti la cui stratificazione é estraniata nel paesaggio (cfr. v1, 3). Una piccola drogheria americana, a Quauhnahuac, fa angolo col palazzo di Cortés; a Parian, tetra antica capitale, botteghe e osterie
occupano le celle d’un monastero; un castello é fabbrica di birra nel parco di Massimiliano d’ Austria; una chiesa incendiata nella rivoluzione, dall’aria «dannata», é piena di zucche™. Ma all’inizio il «desolato splendore» d’un moderno Hotel, piscine deserte e campi sportivi invasi d’erba’”, riflette una catastrofe mondiale anziché messicana. La struttura formale, che fa svolgere il capitolo 1 in una giornata posteriore d’un anno a quella raccontata nei capitoli da 2 a 12, ruota sul massimo sottinteso tematico: fra anticipazione e retrospezione, prima del 2 novembre 1939 e dopo il 2 novembre 1938, € scoppiata la guerra. Una pagina dopo il trapasso dal"apertura per voce d’autore alla prospettiva di personaggio, si ha una chiave in queste frasi: What had happened just a year ago today seemed already to belong ina different age. One would have thought the horrors of the present would have swallowed it like a drop of water. It was not so. Though tragedy was in the process of becoming unreal and meaningless it seemed one was still permitted to remember the days when an individual life held some value and was not a mere misprint in a communiqué '”.
Attraverso il flusso di non una ma quattro coscienze, |’infinitesimale proliferare di spunti leitmotivici non é ripetizio10 M. Lowry, Under the Volcano cit. (alla nota v, 27), p. 251 (cap. VIII); pp. 256, 259 (ix). [attraverso le varie tragedie della storia messicana]. [il Messico scordava ridendo la sua tragica storia].
M1 Ibid., pp. 58 (11), 19, 06 (Iv), 242 (vit). Tempio greco in rovina, pp. 331332 (x1).
M2 Tbid., pp. 9-m (1). 1B Thid., p. 1 (1). [Quel che era successo appena un anno prima oggi sembrava gia appartenente a un’altra epoca. Si sarebbe creduto che gli orrori del presente dovessero averlo inghiottito come una goccia d’acqua. Non era cosi. Benché ogni tragedia fosse avviata a diventare irreale e insignificante, sembrava ancora consentito di ricordare i giorni in cui una vita individuale conservava qualche valore e non era un semplice errore di stampa in un comunicato].
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ne ma variazione ciclica. Le rovine del palazzo di Massimiliano sono viste, nel capitolo 4, da Hugh insieme a Yvonne: con erba rugiadosa nella cappella, un pilastro appartato quale «meaningless mouldering emblem » e uccelli su torri diroccate e muraglie cadenti, il luogo appare «so reconciled to its own ruin no sadness touched it». Yvonne si limita a dire che la storia dell’imperatore e di Charlotte fu «awfully tragic» ™ Lo stesso luogo sembra « parte di un incubo» a Laruelle nel capitolo 1 — prima secondo il testo, dopo secondo il tempo: « The shattered evil-smelling chapel, overgrown with weeds, the crumbling walls, splashed with urine, on which scorpions lurked — wrecked entablature, sad archivolt, slippery stones covered with excreta...» '”. Diversita di sguardo o di data? Laruelle pensa che il Messico fu per la coppia imperiale un Eden, «beginning to turn under their noses into a prison and smell like a brewery, their only majesty at last that of tragedy»; ela voce spettrale che potrebbe quasi udire sul posto é quella del Console”. Di un altro cioé che, quando la tragedia non era ancora vanificata con la vita individuale, non era riuscito a disperderne ogni nobilta in una degradazione ignobile. La parola apre il primo dei capitoli raccontati nella prospettiva di lui, e riassume sia la visione del suo giardino che la voce del suo rimorso di alcoolizzato: « The tragedy, proclaimed... [...] reviewed and interpreted... » E proclamata dalla vegetazione straboccante 0 agonizzante, dal disastro in cui l’incuria ha precipitato il paradiso terrestre d’una volta — incluso «the bad melodrama of the broken chair» e il divano-letto sventrato’”. Al dileguare, per nuove sorsate, duna illusione di normalita ed ordine dovuta alle precedenti: 14 Tbid., p. 127 (1v); cfr., per il parco e le dipendenze, pp. 115-16 (rv). [simbolo privo di senso in disfacimento]. [cosi conciliato con la sua stessa rovina che nessuna tristezza lo tangeva]. [terribilmente tragica]. > Ibid., p. 20 (1). [La diruta fetida cappella, avvolta dalle erbacce, le mura crollanti, spruzzate di urina, in cui erano appiattati scorpioni — cornicione disastrato, archivolto malandato, pietre viscide coperte d’escrementi...] 6 Tbid., pp. 20-21 (1). [che aveva cominciato sotto i loro occhi a convertirsi in una prigione e a odorare come una fabbrica di birra, unica loro maesta alla fine quella della tragedia]. W Tbid., pp. 70-71, 72-73 (111). Cfr. p. 69 (11), ilcancello scardinato, atterrato e seminascosto. Sono di Yvonne sia l’espressione «wreck » che il paragone edenico, pp. 78 (111), 101-2 (Iv). Al momento di allontanarsi verso la morte, il Console dira che sié decisa la sua « piccola mente melodrammatica, quel che ne resta», p. 315 (x). [La tra-
gedia, proclamata... [...] riveduta e interpretata...] [il tristo melodramma della poltrona rotta].
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« Over his house, [...] the tragic wings of untenable responsibilities hovered». In questo Messico la natura non si obiettiva nello sterilenocivo, né la storia nel venerando-regressivo, perché é l’inferno assoluto d’un desolato-sconnesso metaforico. La svalutazione incombente sull’individuo ne fa l’unica, disperata riserva d’un valore di senso ascrivibile alle cose: il tragico Console non é solo il suo giardino, e viceversa, né lui solo éa turno qualcosa d’altro. C’é almeno una proiezione dichiarata per personaggio, e fin dal capitolo 1 per Laruelle: He passed a field where a faded blue Ford, a total wreck, had been
pushed beneath a hedge on the slope: two bricks had been set under its front wheels against involuntary departure. What are you waiting for, he wanted to ask it, feeling a sort of kinship, an empathy, for those tatters of ancient hood flapping... "”.
Yvonne identifica sé e il marito nell’ingrandimento fotografico d’una roccia spaccata in due, prossima a disintegrarsi: «She was one of the rocks and she yearned to save the other...» ”. Pit vicino al memoriale, Hugh personifica in attesa di sé le sue chitarre, le corde schiantate ad una ad unae
la cassa «soundless cave for spiders and steamflies»™. I] Console si chiede in quanti mai bicchieri e bottiglie si é « nascosto »; e se in una tra le infinite gettate o infrante non giaccia, per sempre, «the solitary clue to his identity» ”. I « fantasmi di se stesso » che circondano il delirio finale, cioé i poliziotti militari filonazisti suoi imminenti assassini,
«and the
ash and sputum on the filthy floor — did not each correspond [...] to some fraction of his being? »”. Cosi sono assumibili soggettivamente anche immagini senza metafora di un io; o 48 Thid., p. 133 (v); e cfr. pp. 131-32 (v). A p. 92 (111): « Vague images of grief and tragedy flickered in his mind» [Vaghe immagini di dolore e tragedia balenarono nella sua mente]. [Sulla sua casa, [...] planavano le tragiche ali d’insostenibili responsabilita]. 49 Thid., p. 19 (1). [Passd per un campo dove una scolorita Ford blu, un rottame completo, era stata spinta sotto una siepe nel pendio: due mattoni erano stati messi sotto le ruote anteriori a freno d’involontarie partenze. Che cosa aspetti, ebbe voglia di chiedere, sentendo come una parentela, un’empatia, per quei brandelli d’antico mantice penzolanti...] 20 Ibid., pp. 59-60 (11); cfr. pp. 339-40 (xi). [Lei era una delle rocce e bramava di salvare l’altra...]
121 Tbid., pp. 158-59 (v1). [ammutolita caverna per ragni e mosche]. 22 Tbid., p. 294 (x). [l’indizio solitario della sua identita]. 23 Tbid., p. 362 (xm). [e la cenere e gli sputi sul pavimento sudicio — non cortispondeva ognuno [...] a una qualche frazione del suo essere?]
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senza metafora esplicita’”. La pid comprensiva é il burrone che taglia e percorre l’intero paesaggio — sfiorando il giardino del Console come quinto lato: si riproduce in tutte le buche™, gli sono destinati tutti i rifiuti, lo fissano con orrore tutti i personaggi. Laruelle contempla nella voragine « finality... and cleavage», il Console «the frightful cleft, the eternal horror of opposites». Nella visione di lui, si confondono mitologia e scatologia — tragedia e degradazione: «its normal role of general Tartarus and gigantic jakes», «the cloacal Prometheus who doubtless inhabited it» ”. Hugh scorge sul fondo un cane morto fra immondizie che prefigura la fine del Console ™, rifiuto umano. Reclamando la propria liberta di perdizione contro |’insensata necessita della storia, alla storia lui indirizza unica metafora che parta dall’astratto: 124
« Like a barranca, a ravine, choked up with refuse...»
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”.
8. Se dietro il protagonista di Lowry viene gettato alla fine un cane morto, con la morte come un cane di Josef K. finisce Der Prozess””, redatto lacunosamente nel 1914-15 da Franz Kafka (1883-1924). Il sinistro-terrifico sette-ottocentesco si sovrapponeva come parassitario, di preferenza, al logoro-realistico (11, 9, 14; IV, 22; Vv, 11); Poriginalita di Kafka 24 Per la prima ipotesi: zbid., pp. 15 (1) (aratro in muta supplica); 287 (x) (trampolino simile a vittima dimenticata); 327 (x1) (ristorante che é una motte e uno spettro). Per la seconda ipotesi: pp. 23 (1) (resti antidiluviani e faro abbandonato); 50 (11) (relit-
ti marini); 244 (vu) (rifiuti sotto una croce di pietra); 281 (Ix) (serra riempita da erbacce); 318 (x1) (vomeri e automobili in abbandono); 339 e 352-53 (x1) (scorpione
morto). Rinviano direttamente al protagonista: il Consolato Britannico squallido e chiuso, p. 223 (v1); il menu sporco e gualcito su cui ha caoticamente scritto, pp. 329, 330-31 (XI). 5 % Tbid., pp. 21 (1), 62 (1), nella via che conduce alla villa del Console; p. 70, nel
suo giardino. Il pendio precedente é « little better than a rubbish heap with smouldering debris» [poco meglio che un mucchio di macerie con avanzi bruciacchianti],
P- 59.
26 Tbid., p. 21 (1). E chiama Quauhnahuac, dove l’abisso é da ogni parte in agguato: «Dormitory for vultures and city Moloch! » [Dormitorio d’avvoltoi e citta Moloch!] [definitivita... e frattura]. 27 Tbid., p.134 (v). [la spaventosa fenditura, l’eterno orrore degli opposti]. [la sua normale funzione di Tartaro generale e gigantesco mondezzaio]. [il Prometeo cloacale che sicuramente ci abitava].
28 Tbid., p. 236 (vit), e cfr. pp. 375-76 (x11). Una quarta visione, p. 104 (Iv), é di Hugh insieme a Yvonne; cosi come una previsione anche olfattiva: « Rotting vegeta-
tion lay about them, and there was a smell of decay; the barranca couldn’t be far off» [Vegetazione imputridita li circondava, e c’era odore di decomposizione; la barranca non poteva essere lontana], p. 322 (x1). 29 Ibid., p. 3m (x). [Come una barranca, un burrone, inzeppato di rifiuti...]. 6° [I] processo].
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normalizza oltre ogni precedente questo doppio compromesso, fra verosimile e inverosimile, fra bassezza d’immagini e mistero. La logica «simmetrica» del suo soprannaturale non travolge in iperbolica e umoristica euforia, come quella di Marquez (v1, 6), la razionalita ordinaria. La anestetizza insieme all’angoscia che dovrebbe scaturirne, non le si impone come ovvia senza consentirle una qualche resistenza: emozioni o riflessioni o spiegazioni plausibili, seppure d’una passivita e labilita via via crescente. Che cosa abbia sede in quei luoghi dove inquilini fra i pid poveri buttano «il loro ciarpame fuori uso», K. lo scopre cosi: Der Untersuchungsrichter wiirde doch nicht auf dem Dachboden sitzen und warten. Die Holztreppe erklarte nichts, so lange man sie auch ansah. Da bemerkte K. einen kleinen Zettel neben dem Aufgang, ging hintiber und las in einer kindlichen, ungetibten Schrift: « Aufgang zu den Gerichtskanzleien». Hier auf dem Dachboden dieses Miethauses waren also die Gerichtskanzleien?
Passo breve, dall’impossibile in un’affermazione, al vero in un’interrogazione: la sorpresa é contenuta nel punto interro-
gativo; razionalizzazioni rassicuranti si susseguono per molte frasi”’. Quando ode sospiri dietro una porta di ripostiglio in banca, nel polo sicuro della sua rispettabilita, K. si ferma «stupito». Dentro, ci sono «[u]nbrauchbare, alte Drucksorten, umgeworfene leere irdene Tintenflaschen»; ma anche uomini del tribunale, Ritrovandovi uno spettacolo «im-
mutato», la sera dopo, «non riesce a dominarsi»”. La sospensione del tempo eccede l’invasione dello spazio, proprio perché il secondo é in questione pit del primo: si specifica nell’opposizione tra lo spaziale e il mentale quella tra l’esteriore e l’interiore, che una reversibilita occulta appiana. La casa dove recarsi per una prima udienza si trova «in ei-
ner entlegenen Vorstadtstrasse, in der K. noch niemals gewesen war» ’”. Alla stessa periferia si avvicina pit tardi l’auto B1 B. Kafka, Der Prozess, Fischer, Frankfurt am Main 1958, p. 76 (cap. 11). [I giudice istruttore non poteva certo stare ad aspettare in soffitta. La scala di legno non rivelava niente, per quanto la si guardasse. A un tratto K. noto un cartellino accanto alaccesso, si avvicind e lesse in una scrittura infantile, inesperta: « Accesso alle cancellerie del tribunale». Qui nella soffitta di questa casa d’affitto erano dunque le cancel-
lerie del tribunale?] 82 Tbid., pp. 103, ut (v). [vecchi stampati inservibili, bottiglie per inchiostro di terracotta rovesciate e vuote]. 33 Ibid., pp. 44-45 (11). [in una strada di periferia fuori mano, dove K. non era mai stato prima].
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con cuilo porta dall’avvocato lo zio: il quale non da peso alla coincidenza™. Pid tardi ancora, dopo l’informazione che il pittore abita «in una periferia del tutto opposta» ”, K. ha ragione di arretrare di fronte a cid che vede oltre una porticina dello studio di lui: «Was ist das?» fragte er den Maler. « Wortiber staunen Sie? » fragte dieser, seinerseits staunend. «Es sind die Gerichtskanzleien. Wussten Sie nicht, dass hier Gerichtskanzleien sind? Gerichtskanzleien sind doch fast auf jedem Dachboden, warum sollten sie gerade hier fehlen?»,
Il senso esteriore della direzione, o dell’ ubicazione, si annul-
lain un opposto senso di ubiquita virtuale: pia conforme alla permanenza intermittente d’una istanza interiore. K. si spa-
venta infatti « soprattutto di se stesso». Della sua «ignoranza in cose giudiziarie » — letterale impreparazione a uno spazio simmetrizzato: non lasciarsi sorprendere, per un imputato,
vorrebbe dire «nicht ahnungslos nach rechts zu schauen, wenn links der Richter neben ihm stand»”’. Un brivido di modulazione in senso spaziale si produce quando l’avvocato, dichiarando con parole e gesto che nella sua camera da letto c’é una persona in pit, sembra crearla. «Und wirklich begann sich dort in der Ecke etwas zu rthren»; se la sorpresa ha reso sgarbato K. nel chiedere dove, una volta distinto a lume di candela il direttore della cancelleria — e prima che l’avvocato pretenda di spiegare — la deduzione é rassegnazione nel pensiero di lui: « Er hatte wohl gar nicht geatmet, dass er so lange unbemerkt geblieben war» ”. Questione di spazio istituzionale se non materiale é l’obiezione che non ha il coraggio di esprimere, sulla non-identita del tribunale nel Palazzo di Giustizia con quello nella soffitta”. 139
D4 Tbid., p. 121 (v1).
D> Tbid., p. 169 (vi). B6 Tbid., p. 197 (vu). [«Cos’é questo? » chiese al pittore. «Di cosa si stupisce?» chiese questi, a sua volta stupito. «Sono le cancellerie del tribunale. Non sapeva che qui ci sono cancellerie del tribunale? Ci sono cancellerie del tribunale quasi in ogni soffitta, perché proprio qui dovrebbero mancare? »]. 87 Tbid., pp. 197-98 (vit). [non guardare ignaro a destra, quando il giudice gli stava accanto a sinistra]. B8 Tbid., pp. 127-28 (v1). Cfr. il passo di Hoffmann, 1v, 25, nota 192. [Ed effettivamente 1a nell’angolo qualcosa comincid a muoversi]. [Non doveva avere nemmeno respirato, per essere rimasto inosservato cosi a lungo].
B9 Thid., p. 127 (v1). L’esecuzione di K. si compira in uno spazio aperto ma disertato, esterno alla citta ma stranamente, troppo immediatamente contiguo: «So ka-
men sie rasch aus der Stadt hinaus, die sich in dieser Richtung fast ohne Ubergang an
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Uno spazio dilatato da capienze inattese, e in alternativa contratto da angustie opprimenti: come modellato su soffitte e ripostigli, che sono supplementi all’abitabile inabitabilmente ristretti. Le loro valenze simboliche, che avevo segnalato come eccezioni al logoro-realistico (v, 7, 9), suggerirebbero un sinistro-terrifico sovrapposto al desolato-sconnesso se oggettivita allucinatoria non fosse diversa da soggettivita metaforica. Al di fuori di quei luoghi, l’immotivato va dal casuale all’assurdo: dall’ingombro dimobilio nell’oblunga sala da pranzo della pensione, al « pulpito secondario » nel duomo, cosi piccolo da tenere il predicatore immobile e piegato“. Vicino o dentro le cancellerie possono ricordare l’irrazionale edilizio antico (v, 6, 11) il gradino dietro la porta della soffitta, ’unico o i tanti percorsi per uscirne, le scale alte strette lunghe dritte dal pittore. Agli avvocati é assegnato uno stanzino stretto e basso, con finestrino troppo alto e buco nel pavimento; al commerciante che dorme in casa dell'avvocato, un locale basso senza finestra tutto riempito dal lettino’”. Nella misera cameretta del pittore, dove in lungo e in largo non si fanno pit di due passi, i quadri sono sotto il letto e dietro il letto la porticina sulle cancellerie’. Da parte di K. la ripetuta sensazione di soffocazione, vertigine, insostenibilita dell’aria’ risponde insieme al diffuso connotato tradizionale del logoro-realistico: la sporcizia. Pid 0 meno motivata, in
«hohe, graue, von armen Leuten bewohnte
Miethauser»’, o intorno alla casa del pittore:
Es war eine noch armere Gegend, die Hauser noch dunkler, die Gassen
voll Schmutz, der auf dem zerflossenen Schnee langsam umhertrieb.
die Felder anschloss. Ein kleiner Steinbruch, verlassen und 6de, lag in der Nahe eines noch ganz stadtischen Hauses» [Cosi rapidamente vennero fuori dalla citta, che in quella direzione combaciava quasi senza transizione coi campi. Una piccola cava di pietra, abbandonata e deserta, era vicina a una casa ancora del tutto cittadina], p. 270 (x).
40 Thid., pp. 98 (Iv), 248 (1x) (e cfr. 253 [1x]). 41 Thid., pp. 80, 83-84 (111), 170-71 (vi). I due bottoni dorati degli uscieri del tribunale sembrano staccati « da un vecchio cappotto da ufficiale», p. 77 (111); gli impiegati sono vestiti
«molto male e fuori moda», p. 88 (111).
42 Thid., pp. 140 (vil), 218-19 (vit) (e cfr. 233 [vir]). 18 Thid., pp. 174, 187-88, 195-96 (vil). 144 Nella stanza della prima udienza lo sguardo di lui é impedito da un’atmosfera fumosa epolverosa, bid., pp. 53, 59-60, 6r (11); nella soffitta l’aria irrespirabile gli provoca un malessere, pp. 85-86 (111) (mentre gli impiegati abituati ad essa tollerano male quella relativamente fresca della scala, p. 92 [111]); aria é inspiegabilmente sempre piti pesante per le scale come in camera del pittore, e peggio nelle cancellerie adiacenti, pp. 170, 178-79, 186-87, 194, 198 (vit); e cfr. p. 209 (vit). 4 Ibid., p. 47 (m1). [case d’affitto alte, grigie, abitate da gente poveral].
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[...] unten in der Mauer eine Liicke gebrochen, aus der gerade, als sich K. niiherte, eine widerliche, gelbe, rauchende Fliissigkeit herausschoss, vor der sich einige Ratten in den nahen Kanal fliichteten “.
Ma niente motiverebbe in tali case le sedi del tribunale. Il quaderno d’appunti del giudice istruttore é deformato dal molto sfogliare, macchiato e ingiallito, e K. lo solleva «come se gli facesse schifo»; i libri con copertine spaccate e meta te-
nute da fili vanno spolverati; gli imputati nel corridoio, sebbene di classi alte, sono «trasandatamente vestiti»; un fine-
strino non pud essere aperto per troppa fuliggine che casca; dai quadri del pittore, la polvere soffiata via turbina a lungo”. « Wie schmutzig hier alles ist», dice K. nella stanza delPudienza, « Wir versinken ja im Schmutz! » grida reclamando la pulizia del ripostiglio “*. Che aprendo i libri del giudice ci trovi disegni e titoli osceni®, é unica scopertura d’un altro senso implicito di queste immagini e parole: per cui la reversibilita delle opposizioni prende forma di equivalenza tra il fisico e il ae Tanto pid implicito, quanto pit lo é la conseguente ulteriore reversibilita propria alla sfera morale. Tra imputato e giudici, o addirittura tra innocenza e colpevolezza: esteriorizzato nello spazio claustrofobico, si contfessa il senso di colpa dell’imputato innocente; materializzata nella sordidezza del tribunale, si proietta dall’altra parte la sua coscienza sporca.
9. Non altro soprannaturale perturba lo spazio in Fratelli, pubblicato nel 1978 da Carmelo Samona (1926-90), che Vinconciliabile logica della follia. La segregazione del fratello narratore col fratello ammalato «in un vecchio appartamento nel cuore della citta», che spira declassamento dallalto, é fondata in un assoluto traumatico daila reticenza su
antefatti e circostanze: « Da quando, unico tra i miei familiari, ho accettato di assistere mio fratello e di abitare con lui
nella grande casa...»”. Una casa che non é solo sfondo, ma 46 Thid., p. 169 (vu). [Era una zona ancora pit povera, le case ancora pit scure, i vicoli pieni di sporcizia che vagava lentamente sulla neve liquefatta. [...] git nel muro sfondato un buco, dal quale proprio mentre K. si avvicinava schizzo fuori un liquido disgustoso, giallo, fumante, davanti a cui alcuni ratti si.rifugiarono nel vicino canale].
147 Thid., pp. 54, 56 (11); 67; 80; 86 (III); 196 (vi). M8 Tbid., pp. 67 (111), ux (v). [Come tutto é sporco qui]. [Affondiamo nella sporcizia!]
49 Tbid., p. 67 (m1). 6° C, Samona, Fratelli, Garzanti, Milano 1991, p. 12 (cap. 11). Cfr. p. 7 (1): «Da quando, motto mio padre, i miei fratelli maggiori sono partiti uno alla volta...». A p. 8
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occasione e misura del confronto in cui va ad accorciarsi l’incolmabile distanza tra i fratelli. Ormai «nobilmente inadeguata ai suoi scopi», in essa «le misure dei luoghi e le necessita della vita non combaciano pit»; circola attorno ai due «un/aria da trasloco imminente ». II suo svuotamento é proporzionale all’abdicazione della memoria — che preclude compiacenza e ripugnanza: Arnesi dall’uso incerto interrompono, di tanto in tanto, la sequenza dei vuoti: penombre di velluti, strani pezzi d’argento, miniature in legno e in avorio, bracieri, armature di latta, porcellane. Sono, probabilmente, residui di un intimita familiare che é difficile, per noi, rinviare a un’epoca esatta; oggi non servono ad altro che a scandire le superfici, a delimitare e separare
1 percorsl.
Qualche volta cerchiamo di rammentare episodi lontani attraverso un singolo oggetto: una specchiera, ad esempio, un vecchio braciere, una brocca. Ma senza riuscirvi. [...] non troviamo cose su cui far leva cosi saldamente da ricostruire un passato. Percid abbiamo, coi pochi oggetti rimasti, un rapporto privo di risonanze affettive; pit di verifica e di orientamento, direi, che di memoria ™.
Siamo al di la del memore-affettivo e quasi del desolatosconnesso: pit umili o pit strane sono le funzioni da adempiere, l’antifunzionale da patire. Il dove rappresenta il maggior problema per i «bisogni piu ovvi», mangiare dormire trascorrere le serate d’inverno, e «proprio la vastita degli ambienti... invita a soluzioni di volta in volta diverse». I due non cessano di esplorare la casa, si fermano per poco in zone «confortevoli e adatte»; spostando letti e armadi, sparpagliando anticaglie occupano a turno «le innumerevoli stanze», poi tornano a disertarle restringendosi nel calore di pochi vani intorno alla cucina”. Cosi le dimensioni slittano oltre ogni controllo realistico, e la loro iperbole resta il presupposto di pensieri, dialoghi e azioni. Almattino, il fratello ammalato pud «appostarsi in un lontano angolo della casa» sfidando a nuova ricerca; la pit lunga «assenza» di lui, alYinterno, dura tre giorni e tre notti”. oe ed)
(1): «macchie ancora umide di quadri tirati via, tracce, percepite solo da noi, di deco
rose mobilie scomparse»; « Riducendosi la mobilia da un anno all’altro [...] in seguito alle vendite e alle partenze...» 1 Tbid., pp. 7-9 (1). b2 Tbid., p. 9 (1). 63 Tbid., pp. 33 (vit), 104-6 (xx). Dal canto suo, il fratello narratore pud minacciare con dolcezza di nascondersi «in una stanza segreta e... rimanerci per sempre»,
p. 35 (vit); una delle sue ultime illusioni é « d’essere invitato a un convegno decisivo che sta per celebrarsi in qualche stanza lontana dell’appartamento», pp. 110-1 (xx1).
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Le due identita si riducono a un rapporto «in base ad alcune regole di prossimita e di distanza», «in un allontanarsi e ricongiungersi, continuo, dilontananze e di vuoti». La malattia, «causa» degli spostamenti, diventa « conseguenza» delle fermate™; nello spazio non solo si ripercuote, ma si dispiega e s’intrattiene. Nel suo soggetto, riguarda soprattutto «l’attivita del pensiero» ma si rivela sempre « materialmente», ed é naturale per lui la « coincidenza» fra l’essere e lessere in un luogo””. Fa come se, esposto ad angosce inverse di agorafobia o claustrofobia sulla normale linea orizzontale, aspirasse a sfuggire lungo una verticale impossibile: « qualsiasi vano pud sembrargli un deserto in cui rischia di perdersi O, viceversa, una prigione troppo stretta in cul annaspa»; fantastica « dimore sotterranee 0 volanti», un sopra e un sot-
to conquistati « tracciando linee di precipizio e di elevazione in certi punti del pavimento, o nell’aria» '*. Come per il sinistro-terrifico, l’abitabile disabitato favorisce fantasmi. Qui li lenisce con inventiva pazienza il gioco: cura dell’incurabile, movimentata rifunzionalizzazione della casa. La nudita da schermo bianco di essa fronteggia una vacanza di senso della realta. Percid la sua «vastita sconnessa si presta a riguadagnare in spettacolo quello che ha perduto in economia di spazi e in funzioni»: con la trasformazione di stanze in pianure, pareti in muraglie e corridoi in fiumi, col camuffamento di oggetti antichi per usi fiabeschi’”. Colui che narra vagheggia per suo conto « case limpide e sobriamente addobbate, oggetti funzionali»'”. Fra le variazioni distorte dilibrie storie che entrambi elaborano, potrebbe suggerire un pit profondo contrario della casa spoglia la metamorfosi in cetaceo della fata: « una balena delicata e materna, nel cui ventreabitacolo, ricco di cibi e di fresche acque azzurrine, Pinocchio pretendeva di insediarsi, probabilmente per sempre» ”. Ma col duetto dal Don Carlos (Filippo II canuto e il Grande b4 6° 56 ‘D7 ee
Tbhid., Tbid., Thid., Tbid., Ibid,
pp. pp. pp. pp. pp.
10-1 (1). 12 (11), 70 (xv). 15, 16-17 (111), € cfr. pp. 94-95 (XIX). 18-19 (1), 23-24 (IV). 13-14 (11); cfr. p. st (x), e per l’esterno (giri viziosi o linea retta) pp.
92-93 (XIX). 6° Tbid., p. 22 (Iv). A conferma parallela, la frase di cui alla nota precedente ter-
mina con un terzo complemento oggetto: « ampi giardini erbosi ricchi di alberi secolari», p. 14 (11) (il corsivo é mio).
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Inquisitore nonagenario), é evocata e strapazzata di prefe-
renza l’autorita paterna, la «millenaria gerarchia» ™. Al padre somiglia l’ammalato nei rari difettosi adeguamenti alla logica della « causa ed effetto », del « maggior profitto con la minima spesa» “'; mentre una torturata grazia allevia sempre la sua spontaneita. I] rapporto é a senso unico da due parti, l’uno esercita tutto il potere e il dovere, l’altro tutto
il fascino e il contagio. L’identificazione del lettore non accede al richiamo dell’irresponsabile se non dalla pieta per il razionale, che ne é partecipe; e che si é lasciato alle spalle un connivente ottimismo educativo. La Tabella del Tempo era studiata su una pianta della casa, s’ingegnava di regolare ore, percorsi e abitudini. Di prevenire imprevisti e varianti: forse era dipeso da un solo errore di calcolo, se non se ne rinvengono che «resti polverosi di cartoni con scritte ancora leggibili». La malattia, che usa i libri come oggetti, teme e odia la fissita (cfr. v1, 4) el’autorita della scrittura °. Quando fogli dei rendiconti quotidiani cominciano a smarrirsi per essere ritrovati in disordine, non tarda fra i due la violenza “— riservata al ritorno finale in casa: casae citta, alterne nelle loro giornate, si
succedono nelle due meta del romanzo. Il fuori non é per l’ammalato che «un’immensa dilatazione», che «|’abito ri-
voltato e scompaginato» dell’appartamento ”. Come defecando soffre una « dissipazione del proprio corpo», evorrebbe «serbare intatta e indenne» una parte di sé nelle feci, cosi Puscita é
«un doloroso meccanismo espulsivo » ; dopo, le
cose cambiano all’aperto. Senza «perimetri di pareti», in «una geometria di relazioni insidiosa, immensamente plurale», col disperdersi del tragitto ai giardini fra le antiche tra160 Thid., p. 21, 24 (Iv), e cfr. p. 104 (xx). A Samona, ispanista, era noto che !’infante don Carlos storico — ben diverso dal personaggio di Schiller e di Verdi — mori demente a ventitre anni: il sottinteso surdetermina la citazione del libretto a lui intitolato. Le divagazioni letterarie maltrattano un altro vecchio padre, Geppetto, p. 22 (IV). 161 Thid., pp. 30-31, 29 (V1). 162 Ibid., pp. 43-44, 47 (Ix). Compromesso pit arrendevole, le «tabelle orarie oblique, deviate, eppure perfette, in concorrenza con quelle dei calendari e degli orologi», p. 50 (x). All’esternio, e con rinuncia tanto piti pronta: «Se imprigionassi le fughe di mio fratello in uno schema obbligato, se potessi contarle e programmarle io stesso in anticipo...», p. 88 (xvi). 163 Ibid., pp. 22-23 (IV), 45-46 (Ix). 164 Thid., pp. 96-98, fino a 101-4 (xx) (ma cfr. gia pp. 48-50 [x]). 165 Thid., pp. 53-54 (x1). Visioni e rumori dall’esterno, ancora inaccessibile e sfocato, avevano preceduto la presentazione della casa, p. 7 (1).
166 Ibid., pp. 38-39 (vill), 52-54 (XI). 167 Thid., p. 55 (xt).
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versé tortuose le parti si confondono “. La nebbia di rimozioniin cui il narratore avvolge una terza persona, la « donna col cane zoppo», rende soprattutto mitica la lingua parlata da lei: unitaria e «materna», risanatrice delle fratture del mondo”. Ilmondo che nelle tasche dell’ altro si riduce a briciole di cibo, 169
a «croste e grumi delicati, ormai rinsecchiti, dei suoi escrementi», a «molliche di pane, ciottoli, fili d’erba» ™
10. Grandi case e fantasmi sono vero memoriale o soprannaturale nel primo romanzo della serie in data di pubblicazione, 1910: Die Aufzeichnungen des Malte Laurids Brigge’’, di Rainer Maria Rilke (1875-1926). Il giovane scrittore che stende un diario a Parigi, malatissimo di nervi e povero, ha avuto un’infanzia da figlio di famiglia nobile in Danimarca. Sul passaggio dall’una all’altra condizione la formula del diario facilita l’ellissi di ogni notizia, lasciando immotivato un tema centrale: il declassamento. A pochi anni dal r9r4 il logoro-realistico é dimissionario (non l’abbiamo quasi ritrovato che inaffidabile in Kafka, v1, 8), lo stesso individualismo che ha stabilizzato il sistema borghese non pud piu sentirne gli esiti perdenti se non soggettivamente. Anche se quell’adesso, che in uno stupendo verso qui indispensabile di Rilke era il tempo d’autunno: Wer jetzt kein Haus hat, baut sich keines mehr”. 168 Thid., pp. 57-60 (xu-xit). Ai lati del viale rettilineo, «sorto da uno sventramento della citta vecchia», é questa ad attirare |’ammalato: con le sue «curve misteriose, rientranze anguste, grigiori»: p. 57 (x1).
1° Tbid., pp. 78-80 (xvt). La donna possiede anche lo spazio cittadina: « guida, o timoniere, dei nostri percorsi: esperta, dunque, di strade, case, mercati, scorciatoie, piazzette, vicoli, crocicchi e ritrovi inconsueti», p..85 (xvi). Accostamenti metaforici
dell’ammalato a un cane si ripetono alle pp. 17 (111), 34, 35 (vn), 4r (vimt), 66 (x1v), prima che il narratore gli chieda scherzando: «E se fossi tu il cane zoppo?», p. 72 (xv); di tanto pit terrificanti le incertezze di memoria sulla scena dell’uccisione dell’animale, la perdita della pagina che ne riferiva, pp. 80-81 (xvi), 99 (xx). 1 Tbid., p. 30 (v1), 40 (vit), ror (xx); al danaro preferisce «piccole pietre, cion-
doli, quadernetti, residui di cibo, tenui fuscelli d’erba, persino libri», p. 68 (xv); e cfr.
la serie degli oggetti-dono che per suo tramite invia la donna, fra cui conchiglie, ciondoli e pietre marine, p. 83 (xvi). I testi e racconti « ridotti a poltiglie narrative » sono «come giocattoli aggrediti e smembrati nei meccanismi pit ovvi», pp. 20-21 (rv). L’idea di trauma (impossibile, fra psiche e cellule, da localizzare) entra nella qualifica-
zione del linguaggio di lui: «lucidi frammenti di un discorso che ha perduto la sua compattezza in seguito a una lontana, terrificante esplosione »; «i nessi si sono spezzati, isensi rovesciati e stravolti, ma schegge luminose di quell’antico tesoro linguistico emergono ancora alle labbra...», pp. 25-26 (v).
"1 (J quaderni di Malte Laurids Brigge). "2 R. M. Rilke, Das Buch der Bilder, Insel, Frankfurt am Main 1976, pp. 37-38: 4 [Giorno d’autunno). (Chi adesso non ha una casa, non se ne costruira pit alcuna].
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sembra diventi, 0 stia per diventare, un adesso storico — avverando la poesia in cui un’alta bandiera presagisce la tempesta, mentre al di sotto «die Fenstern zittern noch nicht, und der Staub ist noch schwer»”. L’io che nel romanzo non tarda a ricordare la casa, « Wenn ich nach Hause denke, wo nun niemand mehr ist...», proietta in un soggetto indefinito
il negativo del rapporto tra memore-affettivo e proprieta (Iv, 15; V, 8): Es ist doch schwer zu denken, dass alles das nicht mehr ist, dass fremde Leute wohnen in dem alten langen Herrenhaus. [...]. Und man hat niemand und nichts und fahrt in der Welt herum mit einem Koffer und mit einer Bicherkiste und eigentlich ohne Neugierde. Was fiir ein Leben ist das eigentlich: ohne Haus, ohne ererbte Dinge, ohne Hunde. Hatte man doch wenigstens seine Erinnerungen.
Aber wer hat die? Ware die Kindheit da, sie ist wie vergraben ™.
Malte avrebbe voluto abitare, come Francis Jammes (poeta del memore-affettivo, v, 8), una casa ereditaria di campagna fra cose «solo quiete e sedentarie»; ma «é andata diversamente, Dio sa perché». I suoi vecchi mobili marciscono in un granaio dove ha «dovuto» collocarli, e non ha un tetto, e piove dentro i suoi occhi”. Case chiama i castelli, la cui data di spoliazione é la stessa: « Die Zeit ist da, wo alles aus den Hausern fortkommt, sie konnen nichts mehr behalten».
Prescindendo dalle premesse biografiche d’autore, l’origine aristocratica di Malte ha un valore metaforico 0 antonomastico di opposto della sua reiezione. Come se non si dessero vie di mezzo: da una parte, i possessori delle abitazioni superlativamente sontuose, spaziose e durature. Dall’altra, i rifiuti umani della capitale in cui é esiliato e che lo riconoscono ammiccando
come uno dei loro, «Abfalle, Schalen von
13 Ibid., p. 42: Vorgefiihl (Presentimento]. [le finestre ancora non tremano, e la polvere é-pesante ancora].
74 RM. Rilke, Die Aufzeichnungen des Malte Laurids Brigge, Insel, Frankfurt am Main 1982, pp. 14-19. Di passaggio ricorda che le case dei due nonni sono passate in altre mani, pp. 25, 92, 124. [Quando penso alla casa, dove ora non c’é pid nessuno...] [E pur duro pensare che tutto cid non é piti, che gente estranea abita nella vecchia lunga casa padronale. [...]. E non si ha nessuno e niente e si va in giro per il mondo con un baule e con una cassa di libri e realmente senza curiosita. Che vita é in realta questa: senza casa, senza cose ereditate, senza cani. Se almeno si avessero i propri ricordi. Ma chi ce li ha? Se ci fosse l’infanzia, € come sepolta]. 1 Tbid., pp. 38-39. 1% Tbid., p. 107. ‘3venuto il tempo in cui dalle case tutto viene fuori, esse non possono conservare pit niente].
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Menschen, die das Schicksal ausgespieen hat» '”. E le camere d’affitto come la sua: «voll von friiheren Mietern», con una poltrona che ha «eine gewisse schmierig-graue Mulde in
seinem griinen Bezug, in die alle Kopfe zu passen scheinen», Nei ricordi d’infanzia, il privilegio perduto non si realizza mai come senso di tradizione stabile e impersonale (cfr. vi, 5). L’unico episodio che metta il bambino a contatto
col passato finisce in un estraniato terrore: dagli armadi cupi e profondi del vano d’angolo sotto i tetti, trae costumi e maschere settecentesche; va travestito davanti allo specchio incredulo, 0 convinto, o vendicativo; mandati in frantumi i gingilli d’un tavolino (fra cui una boccetta, cfr. Iv, 16), si sente mancare a se stesso e fugge’”. Quanto ai parenti, godono soprattutto di rapporti privilegiati e individualmente stravaganti con la morte, come trapasso o come oltretomba. All’ospedale dei poveri di Parigi si muore «in serie», nei sanatori, di una delle morti « adibite dall’istituto »; per l’agonia di due mesi del nonno paterno, la lunga vecchia casa padronale non aveva abbastanza camere dove potesse farsi trasportare senza posa™. Il padre émorto nella camera «opprimente » d’un piano affittato, con finestre altrui dirimpetto, ma il timore postumo per cui i medici gli trafiggono il cuore proveniva da una decifrazione delle ultime parole di Cristiano IV“ Il castello del nonno materno é sparso nella memoria a spazi frammentari, come se vi si fosse precipitato e infranto: la sala delle cene « succhiava» ogni altra immagine, senza un preciso ricambio, nella penombra della sua volta ed angoli”. La parente d’ altro secolo che lattraverso lentamente, dalla porta degli ammezzati a quella che-un cuginetto le chiu"7 Tbid., pp. 36-37. [scorie, scorze di uomini, che il destino ha sputato]. "8 Thid., pp. 44-45; non ha nessuno che gli risparmi un quarto d’ora in ginocchio, per tentare di non far fumare la stufa. Come un presagio d’esilio fra i ricordi d’infanzia éurto, a sera, con un uomo gigantesco di cui vede ilvolto nemico e il pugno: esso trasforma la strada in quella «d’una citta straniera, d’una citta in cui niente viene perdonato», pp. 176-77. [piene degli inquilini precedenti]. [un certo incavo grigiountuoso nella sua rivestitura verde, a cui tutte le teste sembrano adattarsi].
1% Tbid., pp. 84-90. 80 Tbid., pp. 13, 14-18. La nonna s’era indignata che sua nuora, morendo, si fosse arrogata una precedenza, pp. 100-1. 181 [bid., pp. 124-25, 125-28, 129-30. Il morto ha lineamenti «rassettati come i mobili in una camera per ospiti, da cui qualcuno fosse partito», p. 125; le strette camere « parevano offese come tutte le abitazioni d’affitto in cui qualcuno é morto», p. 129. La carta dov’era ricopiata la testimonianza sul re é «da tempo piegata, disfatta, rotta alle piegature», p. 129. 182 Tbid., pp. 25-26.
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se dietro inchinandosi, aveva secondo il vecchio « pieno diritto» d’essere li*. La madre cercava molle e scomparti nascosti per trovare «ancora qualcosa» nel secrétaire della sorella morta: che solo il cane, ma inequivocabilmente, vide venire all’ora del té™. Il castello-fantasma degli Schulin, ridotti in ali laterali dopo l’incendio, sia per il bambino che per la madre e per loro continua a esistere e ne percepiscono ogget-
ti e odori”. Dovunque, pit spesso che il sinistro-terrifico non si faccia memoriale, nell’antropomorfizzare oggetti e odori il desolato-sconnesso si fa spettrale: si parla di oggetti «timidi, spauriti», «assenti di mente, assonnati», «viziati»; la strada odora «di iodioformio, del grasso di patate
fritte, di angoscia»”. La pagina pid famosa é negata come descrizione — poiché alla vista della casa demolita Malte afferma di essere subito corso via, avendola «riconosciuta».
Differisce dalle descrizioni ottocentesche d’altra categoria, anche nel dettagliatissimo topos dei colori (v, 7), perché crudelmente condotta dal punto di vista della vita: con l’orrore d’una quotidianita tanto pit inestinguibile quanto pid denudata e scorticata. Dopo il brano che cito, viene scomposta lungamente la carnale, familiare persistenza degli odori: Man sah in den verschiedenen Stockwerken Zimmerwande, an denen
noch die Tapeten klebten, da und dort den Ansatz des Fussbodens oder der Decke. Neben den Zimmerwanden blieb die ganze Mauer entlang noch ein schmutzigweisser Raum, und durch diesen kroch in
unsaglich widerlichen, wurmweichen, gleichsam verdauenden Bewegungen die offene, rostfleckige Rinne der Abortrohre. Von den Wegen, die das Leuchtgas gegangen war, waren graue, staubige Spuren am Rande der Decken geblieben, und sie bogen da und dort, ganz unerwartet, rund um und kamen in die farbige Wand hineingelaufen und in 183 Tbid., pp. 31-33; cfr. pp. 33-35, € 93-97 per la ricerca del quadro della defunta, nella galleria o in soffitta, da parte dei ragazzi. Il nonno chiama «la nostra piccola» una donna morta da un secolo e mezzo, p. 30; dettando le sue memorie, vede apparire il personaggio di cui parlava, p. 123. 184 Tbid., pp. 73-74, 74-76. Le anime di coloro che hanno elaborato i suoi emozionanti merletti, secondo la madre, saranno andate non in paradiso ma dentro i merletti
stessi, pp. 10-12.
185 [bid., pp. 12-17. Il ricordo pid remoto é quello d’una mano magrissima, che usci incontro a quella del bambino dalla parete sotto il tavolo una sera, pp. 77-80. 186 Tbid., pp. 14-15; cfr. pp. mo (uno scampolo di merletti fra giocattoli rotti), 141 e 144-47 (il rumore d’un coperchio di latta, e le cose dal disadattamento degli uomini istigate all’imitazione di essi), 148-49 (la collocazione d’un segnalibro fra le pagine), 184 (il vuoto d’un astuccio di gioiello). 187 Tbid., p. 9; cfr. p. 88 (I’essenza scura e torbida della boccetta infranta), 129 (il
profumo «persuasivo» della lettera del padre), 167 (le camere quando si alzano gli scolaretti, « piene di freddo dall’odore grigio»).
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ein Loch hinein, das schwarz und riicksichtslos ausgerissen war. Am unvergesslichsten aber waren die Wande selbst. Das zahe Leben dieser Zimmer hatte sich nicht zertreten lassen. Es war noch da, es hielt sich an den Nageln, die geblieben waren, es stand auf dem handbreiten Rest der Fussbéden, es war unter den Ansatzen der Ecken, wo es noch ein
klein wenig Innenraum gab, zusammengekrochen. Man konnte sehen, dass es in der Farbe war, die es langsam, Jahr um Jahr, verwandelt hatte: Blau in schimmliches Griin, Grin in Grau und Gelb in ein altes, abgestandenes Weiss, das fault. Aber es war auch in den frischeren Stellen, die sich hinter Spiegeln, Bildern und Schranken erhalten hatten; denn es hatte ihre Umrisse gezogen und nachgezogen und war mit Spinnen und Staub auch auf diesen versteckten Platzen gewesen, die jetzt blosslagen. Es war in jedem Streifen, der abgeschunden war, es war in den feuchten Blasen am unteren Rande der Tapeten, es schwankte in den abgerissenen Fetzen, und aus den garstigen Flecken, die vor langer Zeit entstanden waren, schwitzte es aus ™.
1. A Parigi si svolge un’infanzia e gioventt in Mort a crédit, pubblicato nel 1936 da Céline (Louis-Ferdinand Destouches, 1894-1961). Parigi che per l’io narratore, al presente delle prime pagine, é cambiata come nei versi di Baudelaire (v, 8) —e un autobus passa in tromba fra le rovine: « Bientét
¢a ne sera plus partout que des demi-gratte-ciel terre cuite». Da parte a parte del romanzo, tema é la lotta per la sopravvivenza del privato piccolo-borghese soccombente, nella corsa della societa industriale alla novita. Il memoreaffettivo si dichiara, come stanchezza del cambiamento, uni188 Tbid., pp. 41-43. [Sivedevano ai diversi piani pareti di camere a cui ancora erano incollate le tappezzerie, qua e 1a gli inizi del pavimento e del soffitto. Accanto alle pareti di camere restava per tutta la lunghezza del muro uno spazio bianco sporco, attraverso cui strisciava con movimenti indicibilmente ripugnanti, da verme molle,
quasi da digestione, il solco scoperto, arrugginito delie condutture dei cessi. Dei percorsi da cui era passata l’illuminazione a gas erano rimaste tracce grigie, polverose al bordo dei soffitti, e qua e la inaspettatamente si piegavano in tondoe scorrevano nella parete colorata e dentro un buco che era uno strappo nero e brutale. La cosa pit indimenticabile erano pero le pareti stesse. La tenace vita di queste camere non si era lasciata annientare. Era ancora a, si teneva ai chiodi ch’erano rimasti, si rizzava sugli
avanzi di pavimento larghi un palmo, era strisciata sotto gli inizi di angoli dove restava appena un po’ di spazio interno. Si poteva vedere che era in quel colore che lentamente, anno dopo anno, |’aveva metamorfosata: il blu in verde muffito, il verde in grigio e il giallo in bianco vecchio, stantio, che marcisce. Ma era anche nei tratti pid freschi che si erano mantenuti dietro specchi, quadri e armadi; poiché aveva disegnato e ripassato i loro contorni ed era stata con ragnatele e polvere anche in questi posti nascosti, ora messi a nudo. Era in ogni striscia che fosse stata scorticata, era nelle bolle
umide ai bordi inferiori delle tappezzerie, si agitava nei brandelli stracciati, dalle macchie nauseanti formatesi molto tempo prima trasudava)]. 189 [Morte a credito].
0 Céline, Voyage au bout de la nuit. Mort a crédit cit. (alla nota v, 415), pp. 506-7. [Presto non ci sara altro dappertutto che mezzi grattacieli di terracotta].
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camente all’avvio del racconto retrospettivo dagli anni ottocentonovanta: «Celui qui changera le réverbére crochu au coin du numéro 12 il me fera bien du chagrin» ”. Se é aggressivita cid a cui la prosa di Céline da sfogo esclamativo, ripetitivo e iperbolico (mi obbliga a citazioni particolarmente difficoltose), il personaggio della nonna ne é preservato da una tenerezza eccezionale. Ma non il mestiere in cui la madre fallita nelle mode la aiuta, fra rigatteria e antiquariato: «C’est triste les raclures du temps... c’est infect, c’est moche»; si ri-
vende «di tutto», come esemplifica un elenco che giunge a « des fourbis qui n’ont plus de noms, et des trucs qu’on saura jamais». Con gli oggetti, la dimestichezza dei commercianti é Paltra faccia del loro consumo decorativo. Si mangia in cucina in uno «scenario da museo sporco», fra i «pas rafistolables, les invendables, les pas montrables, les pires horreurs»; occorre controllare fin sotto i mobili dopo il disordine lasciato dalle clienti, far finta di niente per non perderne una se ha ghermito furtivamente un nape RE; prestare per una recita privata un tavolino che é «un Louis XV, le seul vraiment qu’on était sir», esporre al mercato un comodino
riparandoci i sandwich per «garder parmi les légumes, les tripes, un goat de Louis XV malgré tout...»”. Il mestiere restituisce in competenza quanto toglie in disinteresse, il miscuglio non parifica un prestigioso-ornamentale apprezzato da chi sa cosa vende, e un pretenzioso-fittizio riservato a chi non sa cosa compra (cfr. Iv, 35, 36). Ma éla diYl Tbid., p. 516. Si apre l’analessi ininterrotta col personaggio della vecchissima zia Armide: « Nell’ombra, dietro la zia, dietro la sua poltrona, c’era tutto quel che é finito», parenti e personaggi letterari e uomini politici e imperfetto del congiuntivo, PP. 533-35. Ll progetto di elettrificazione o demolizione del Passage des Bérésinas é invece una promessa che non si avvera, pp. 766-67. [Colui che cambiera il lampione adunco all’angolo del numero 12 mi dara un gran dispiacere]. 2 Tbid., pp. 541, 542. Ll luridume del Passage, vero sterile-nocivo da citta, si ac-
corda alla tristezza del mestiere, p. 557; il padre é costretto, «la peggior angheria per un uomo:della sua istruzione», a raschiare sterco davanti alla bottega, pp. 562, 563. L’Esposizione dell’ ’82, i cui resti stanno al frastuono in miserando rapporto di monitorio-solenne, non era servita che «a contrariare il piccolo commercio», p. 565. [Sono roba triste i trucioli del tempo... roba fetente, roba scarsa]. [aggeggi che non hanno pit nomi, e affari che non si sapra mai]. 3 Thid., pp. 543; 542, 551-52; 570-73, 591. Le furie del padre fanno a pezzi chincaglieria, p. 553; ci sono gingilli e gioielli negli incubi del bambino malato, p. 577; la nonna morta é pianta dalla madre alla vista di merci, p. 595. Dopo la morte di lei, lo stock in bottega é diventato «fasullo, e meschino e pietoso», p. 588. [non rabberciabili, gli invendibili, inon presentabili, gli ultimi orrori]. [un Luigi XV, il solo che veramente eravamo sicuri]. [conservare fra ilegumi, le trippe, un sapore di Luigi XV malgrado tutto...]
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ae enfatizzare l’opposizione; la moda non appare piu assurdamente volubile ™, bensi interpretabile e irreversibile: D’abord maman se rendait bien compte, elle se l’avouait dans les larmes, le godt des belles choses se perdait... [...]. Plus de raffinements chez les gens riches... Plus de délicatesse... Ni d’estime pour les choses du fin travail, pour les ouvrages tout 4 la main... Plus que des engouements dépravés pour les saloperies mécaniques, les broderies qui s’effilochent, qui fondent et pélent aux lavages... [...]. C était une vraie déchéance pour qui a connu I’«authentique»... ”
Episodio successivo, il ragazzo s’impiega: una disdetta personale lo segue, ne fa il non mansueto capro espiatorio di quella di famiglia — 0 di ceto. La merce del cesellatore Gorloge € Kitsch frenetico, in ritardo di mezzo secolo sul gusto della pia precoce delle avanguardie: Et puis il fallait que ¢a s’achéte? Qui? mon Dieu? Qui? Rien ne manquait en fait de dragonnes, démones, farfadets, vampires... Toute la formation terrible des épouvantails... L’insomnie d’un monde entier... [...]. Des articles comme ¢a d’épouvante y en aveit plus dans le commerce. Depuis les derniers romantiques on les cachait avec effroi... On se les repassait peut-étre en famille?... au moment des héritages, mais avec bien des précautions... . 4 Tbid., pp. 746-47, lettera del padre: «Une variante, une saute brutale, absolument inattendue dans le cours des modes, vient de réduire 4 rien nos chances...
[...]. Sans aucun indice prémonitoire la faveur de la clientéle s’est résolument détournée, s’est mise 4 fuir littéralement ces articles pour d’autres vogues, d’autres lubies...». [Una variante, uno sbalzo brutale, assolutamente inatteso nel corso delle
mode, ha ridotto a niente le nostre speranze... [...]. Senza nessun indizio premonitorio il favore della clientela si é risolutamente distolto, si émesso a fuggire letteralmente questi articoli per altre voghe, altre ubbie...] > Tbid., pp. 760-61. Gia in Au Bonheur des Dames [II paradiso delle signore) di Zola, del 1883, il grande magazzino di mode che offre di tutto schiaccia il piccolo commercio specializzato e vicino all’artigianato: Zola, Les Rougon-Macquart, t. II cit., pp. 409, 410-1, e cfr. pp. 393, 403, 405-15, 470, 588, 591, 597, 599, 734, 755, 762. [Primo mamma lo capiva benissimo, e se lo confessava fra le lacrime, il gusto delle cose belle si perdeva... [...]. Niente pit raffinatezze nei ricchi... Niente pit delicatezza... Néstima per le cose di lavoro fino, per le opere tutte a mano... Niente piti che infatuazioni depravate per le porcherie meccaniche, i ricami che si sfilacciano, che si squagliano e si spelano al lavaggio... [...]. Era una vera decadenza per chi ha conosciuto |’«autentico»...] % Céline, Voyage au bout de la nuit. Mort4 crédit cit., pp. 648-49. Il peggio del negozio della nonna, erano rose al confronto; e cfr. il negozio di chinotseries, presso il quale Ferdinand trova di che vendere, p. 656. [E poi tutto cid doveva essere comprato? Chi? Dio mio? Chi? Non mancava niente in fatto di dragonesse, demonie, folletti,
vampiri... Tutta la squadra terribile degli spauracchi... L’insonnia d’un mondo intero... [...]. Articoli cosi da spavento non ce n’era pit in commercio. Dopo gli ultimi romantici li nascondevano con terrore... Forse se li passavano di padre in figlio?... al momento delle eredita, ma con non poche precauzioni...]
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Episodio ancora successivo, viene mandato in collegio in Inghilterra. Il sito € magnifico”; ma non tardano ad esibirsi a poca distanza i lavori di costruzione per un altro collegio, che in posizione non meno magnifica avra «une clairiéte pour les sports au moins quatre fois grande comme la nétre», insomma «une débauche de luxe» tale da far pensare al ragazzo: «Je comprenais moi, la concurrence! »”. La sorte dei perdenti é sofferta ai margini del confronto di funzionalita tra cose. Non meno rapida, segue alla defezione degli alunni l’evacuazione di tutto l’arredamento: ultimo il pianoforte a coda, smontato affinché possa uscire. Nel dormitorio non restano che il collegiale straniero ed uno idiota”. A Parigi, iprimi autobus stanno trionfando dei cavalli: «je l’ai bien vu venir le Progrés... mais je trouvais toujours pas une place...» ". Cerca posto invano presso imprese morenti, grossi-
sti in pianete e fabbricanti di candelabri, « fournisseurs d’objets si tristes que la parole vous manquait »™. Trova posto, per una seconda meta del testo, dove la disdetta prescrive: da una merce presunta antica perviene a una tecnica presunta recente, dal pit o meno autentico al pit o meno avanzato. Courtial des Pereires, pubblicista e inventore, « arrétait jamais de produire, d’imaginer, de concevoir, résoudre,
prétendre...»”. La sua loquela — in cui si motiva al meglio la ridondanza d’autore — é vulcanica quant’é caotico il suo ufficio: Depuis le seuil de la boutique jusqu’au plafond du premier, toutes les marches, les aspérités, les meubles, les chaises, les armoires, dessus, dessous, c’était qu’enfoui sous les papelards, les brochures, tous les invendus a la traine, un méli-mélo tragique, tout crevassé, décortiqué, toute l’ceuvre a Courtial était la, en vrac, en pyramides, jachére... [...]. On pénétrait au petit bonheur, en tatonnant un peu la route... on enfoncait dans une ordure, une fuyante sentine... dans la tremblotante falaise... Ca s’écroulait tout d’un coup! Tout soudain la cataracte!... 7”. D7 Tbid., p. 707. 8 Tbid., pp. 731-33. [una radura per gli sport grande almeno quattro volte quanto la nostra]. [un’orgia di lusso]. [Me ne intendevo io, di concorrenza! ]
Ibid., PP. 737; 743, 744-45 75; 752:
200 [bid., pp. 781-82. [I’ho ben visto arrivare il Progresso... ma sempre senza trovare posto...] 201 Thid., p. 788. [fornitori di oggetti cosi tristi da lasciarti senza parola...] 202 Thid., p. 818. [non smetteva un minuto di produrre, d’immaginare, di concepire, risolvere, pretendere...] 203 Thid., p. 828; e cfr. il bureau tunisien, p. 839. [Dalla soglia del locale fino al soffitto del primo piano, tutti i gradini, le asperita, i mobili, le sedie, gli armadi, sopra, sotto, niente che non era seppellito sotto le scartoffie, gli opuscoli, le copie invendute in disordine, un guazzabuglio tragico, tutto screpolato, scorticato, l’opera di Cour-
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Ledfallimentare grandezza del personaggio é d’un don Chisciotte progressista non fraipionieri (cfr. v1, 6), ma in una capitale; e nel settore la cui logica cambia pid presto il nuovo in vecchio. Megalomane passione positivista e «culto del progresso certo» si scontrano col «pericolo nascente delle fabbricazioni in serie», da cui Courtial presagisce la morte dell’artigianato e la diminuzione delle personalita”. L’aerostato veterano, che si ostina a far volare ancora, ha lasciato
brandelli all’atterraggio su foreste su campanili su pali telegrafici; viene simbolicamente rammendato con prelievi nella pelle di gomma di un archetipo, fino alle puzze asfissianti del tracollo in palude e dell’esplosione”. La « concorrenza degli aeroplani» ha portato il colpo fatale™. Né ha fortuna il « Villino Polivalente», ossia organicamente integrabile al paesaggio e percio sottratto al destino del monitorio-solenne”; e tanto meno la « Campana del palombaro», mania d’un rete rapace, per il facile recupero del prezioso-potenziale di i cui rigurgitano i mari del globo e non solo le coste messicane™ Infine il « Generatore d’onde», nella campagna dove si educano ragazzini all’aperto, dovrebbe far crescere radiotelluricamente patate giganti. I risultati sono un arresto di ladruncoli e una proliferazione verminosa: il suicida con la testa spappolata finisce avvolto in un pezzo salvato dall’« Archimede», il suo primo pallone”. 12. In Lolita, pubblicato nel 1955 da Vladimir Nabokov (1899-1977), il Kitsch si presta a un’incommensurabile escurtial c’era tutta, alla rinfusa, in piramidi, a maggese... [...]. Si penetrava come Dio voleva, per una strada a tentoni... si affondava in una sozzura, una sfuggente sentina... nella tremolante scogliera... Tutto crollava di colpo! All’improwviso la cateratta!...] 204 Thid., pp. 851-52. 20 Tbid., pp. 818, 863-64, 865, 887-88, 889-90. 206 Tbid., p. 888; dal fondo della Bretagna scrivono a Courtial: «Monsieur, avec votre ustensile, vous appartenez aux Musées...» [Signore, col Suo arnese Lei appartiene ai musei...], pp. 899-900. 207 Ibid., pp. 852-55; nell’opuscolo di Courtial si leggeva: « Altiers manoirs! parure de nos sillons, qu’étes-vous devenus? Poussiéres! » [Alteri manieri! ornamento dei nostri campi, in che cosa siete finiti? In polvere! ]; le peggiori bicocche che scorge dalValto delle ascensioni, gli sembrano maldestri plagi del suo progetto. 208 Tbid., pp. 918-21, e passim fino a pp. 935 sgg 20 Tbid., pp. 953-54, 989-91, 1000-4, 1007-10, 1037-38; la moglie di Courtial, che conserva stima di lui solo come aeronauta con ostinata incredulita verso lo sfacelo dell’ultimo pallone (pp. 893, 899, 903), ha salvato il relitto del primo dall’ufficio violentato a furor di popolo, pp. 964-65. In lei, come nella dolce Nora Merrywin del collegio inglese, la femminilita protettiva e coraggiosa della nonna trova una continuatrice (cfr. per esempio pp. 980-81).
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sione tematica. Sotto il segno di Proust é posto il miraggio assoluto d’una perversione come passione, o d’una passione come perversione*":210, quella che fa riconoscere le « ninfette » fra le ragazzine dai 9 ai 14 anni, a un maschio che ne abbia 30 o 40 di piu. Implicitamente, proustiana é la tattica narrativa quando «senz’alcun preavviso» la visione di Lolita investe Humbert”, o quando la lettera che gli arriva é davvero di lei scomparsa da tre anni”. Ma Lolita é un piccolo petulante personaggio, tutt’altro che inconoscibile come Albertine; e dopo la sua metamorfosi in diciassettenne sposata e incinta*’, amore e gelosia retrospettiva non si dilungano sulla via dell’ oblio. Si scaricano con testarda gratuita nell’omicidio dell’ex-rivale. Che ha del suicidio — Quilty avendo del doppio impotente, pit pervertito, di Humbert”: e che fa del testo un memoriale in prima persona, composto in carcere nellattesa del processo. In esso, a dispetto delle circostanze, 5 ee
un’impenitente euforia erotica simpatizza con un impertinente spargimento di comicita e umorismo e motti di spirito”. Il cinismo dell’amore ride di tutto; di se stesso sorride.
Cosi il vecchio frusto-grottesco conferma la sua moderna emarginazione (Vv, 5), 0 trasformazione. Nabokov ha scritto che gli occorreva un «ambiente esilarante », e che niente lo é 216, pid della «volgarita filistea»*": cioé, quanto a immagini, del pxetenzioso-fittizio. Negli USA asfaltati del romanzo, non si ha occasione di ridere per frustrazioni del bisogno bensi per 210 V7, Nabokov, Lolita, Penguin 1980, pp. 251-52 (parte II, cap. 25): il passo pia esplicito, ma cfr. accenni a Proust alle pp. 16 (I, 5), 77 (I, 18), 262 (II, 27) (ele riprese letterali da un altro classico francese dell’amore condannato all’unilateralita, Carmen
di Mérimée, pp. 276, 278 [IL, 19]). 211 Thid., p. 39 (I, 10). 212 Thid., p. 264 (IL, 27). Proustiani l’ipotetica e tardiva rivalutazione dell intelligenza di lei, il rimorso per l’assenza di comunicazione genuina, pp. 282-83 (II, 32), e
cfr. p. 149 (II, 1). 2B Thid., pp. 267-68, 275-76 (LI, 29). 214 Payor Manor, il « castello festivo e sgangherato » di Quilty, rispecchia a Humbert il suo stesso stato di ubriachezza, ibd., pp. 291-92; lui indossa una vestaglia simile ad una delle sue, p. 293; nella colluttazione si mescolano corpi, verbi e pronomi, p. 297; vuole cedergli casa e diritti d’autore, pp. 299-300 (LI, 35); «Ero tutto coperto da Quilty, dopo il delitto», p. 304 (II, 36). Un altro doppio in brutto é Godin, nella cui pederastia la predilezione d’una tenera eta é perversa due volte (cfr. il suo « covo arredato all’orientale», p. 179 (II, 6). 25 Secondo questa tripartizione di Freud, direi a grandi linee: la superiorita comica si esercita sul Kitsch e dintorni; l’abnegazione umoristica a spese del memorialista stesso; mentre servono tendenze sia aggressive sia erotiche i motti, che scoppiettano dappertutto — manipolando senza tregua i nomi di Humbert e di Lolita. 216 Tbid., p. 313 (On a Book Entitled « Lolita» (Su un libro intitolato «Lolita»)).
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manipolazioni del desiderio. Fra Kitsch e passione perversa é intuito un denominatore comune: entrambi, per deludere con le loro promesse, non possono che averle gia mantenute al momento d’illudere. Secondo una classica catena, con alle estremita due morti rese pero non tragiche, Charlotte sposa Humbert — che adora Lolita — che fugge con Quilty. Se vogliamo far pagare al protagonista gli improperi con cui si ripara dalla psicanalisi, e minacciargliene una meno stereotipa di quanto non concepisse l’'autore’’, chiediamoci se in fondo tutto non si riduca a: Humbert adota Lolita —che adora il Kitsch —che non é un rivale. E un ostacolo, un ausilio, un oggetto di desiderio mediato? éforse dove le coscienze pid divergono che pit arride Pinvidia inconscia della puerile credulita perduta? Lui era cresciuto nel mondo luminoso e artificiale d’un grande albergo paterno in Riviera; fra quelli americani, non ne trova luguale ma la fotografia a colori’. La casa della madre di lei dal canto suo, «a white frame horror... dingy and old», ha un bagno con «limp wet things» appese sulla vasca e « ‘the question mark of a hair inside»*’. E «a kind of horrible hybridization between the comedy of so-called ‘functional modern furniture’ and the tragedy of decrepit rockers and rickety lamp tables with dead lamps »*” — come dire tra frusto-grottesco e pretenzioso-fittizio; da moglie, Charlotte intraprende di abbellirla secondo il manuale Your Home Is You™. I sogni della dodicenne vanno nello stesso senso, tra-
mite riviste e fumetti, dallo squallido al convenzionale. E Humbert va pazzo del miscuglio, in lei, «of tender dreamy childishness and a kind of eerie vulgarity, stemming from the snub-nosed cuteness of ads and magazine pictures»; i 27 Tbid., pp. 34-35 (I, 9), 284 (IL, 32) e passim (per esempio pp. 53 [I, mI], 125 [I, 28], 272 [IL, 29]; e p. 312 [Ox a Book...]). 218 Tbid., p. to (I, 2); pp. 145 (II, 1), 153 (II, 2) (le associazioni marine, e il ricordo della piccola coetanea amata allora, giocano deliziosamente intorno all’immagine di Lolita). 219 Tbid., pp. 36-39 (I, 10). [un orrore di legno a vernice bianca... sudicio e vecchio]. [cose flosce e umide]. [il punto interrogativo d’un capello dentro]. 220 Thid., p. 38. [una specie di orribile ibridazione fra la commedia del cosiddetto
«arredamento funzionale moderno» e la tragedia delle decrepite sedie a dondolo e dei traballanti tavolinetti per lampade con lampade che non s’accendono]. 221 Tbid., pp. 77-78 (I, 18). [La tua Casa sei Tu. 722 Thid., p. 44 (I, 0). [ditenera, sognante infanzia e d’una specie di fantastica volce proveniente dall’avvenenza vistosa, naso all’inst, degli annunci e delle riviste il-
ustrate].
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grandi negozi in cui le compra vestiario hanno «a touch of the mythological and the enchanted», sono «a rather eerie place». Lei, é acquisita ai paradisi mercificati come a una tede, a un dovere 0 a un messaggio personale: She believed, with a kind of celestial trust, any advertisement or advice... [...]. Ifa roadside sign said visIT OUR GIFT SHOP — we had to visit it, had to buy its Indian curios, dolls, copper jewellery, cactus candy. [...]. She it was to whom ads were dedicated: the ideal consumer, the
subject and object of every foul poster”.
All’«inutile bellezza » del paesaggio, lungo i bordi dell’ autostrada, rifiuta fino alla rabbia d’interessarsi”. Natura per lei non é che una cultura perversa; al contrario che nel sesso, dove crede sia licenza non procreativa il coito naturale™. L’albergo dove questo si consuma é la soglia del pretenzioso-fittizio, con la camera 342 dove basta a evocarlo un’enumerazione di mobilia duplicata da specchi, coi notturni frastuoni di ascensore e scrosci di water che smentiscono le arie casalinghe all’antica”. Tutta la convivenza amorosa trascorre nel mondo delle autostrade; il cui « Functional Motel» ha, in sovrappit sul suo nome, tendine per creare «a morning illusion of Venice and sunshine when actually it was Pennsylvania and rain». Le varieta di esso sfilano come complementi oggetto del triplice, flaubertiano nous conndmes — che é «spasso regale» trasporre, da un’evasiva esperienza di viaggio a un ironica conoscenza di niente”. Pia che le soste notturne della corsa in su e in git e avanti e indietro 226
23 Tbid., p. 108 (I, 25). Cfr. l’elenco dei doni che le compra dopo averle svelato la morte della madre, p. 141 (I, 33); l’effetto di memoria d’una insegna al neon, p. 280 (II, 30). [un che di mitologico e d’incantato]. [un luogo abbastanza fantastico]. 224 Thid., p. 146 (II, 1). [Credeva, con una sorta di fiducia celestiale, ad ogni an-
nuncio o consiglio... [...]. Se un cartellone stradale diceva VISITATE IL NOSTRO NEGOZIO DI OGGETTI DA REGALO — dovevamo visitarlo, dovevamo comprare le sue curiosita indiane, bambole, gioielli falsi, dolciumi a forma di cactus. [...]. Era a lei che la pubblicita era dedicata: lei il consumatore ideale, il soggetto e l’oggetto di ogni sconcio manifesto]. 22 Tbid., p. 150 (II, 2). 226 Tbid., p. 133 (I, 29). 227 Ibid., p. 08 (I, 27) (soli particolari enunciati: « una coperta toscana di ciniglia rosa», «due lampade da notte col paralume rosa frangiato»); pp. 129-30, 131-32 (I, 29). Cfr. gli affreschi murali «da mal di mare», p. 121 (I, 27). 228 Ibid., p. 143 (II, 1). [Motel Funzionale]. [un’illusione mattutina di Venezia e sole mentre di fatto era Pennsylvania e pioggia]. 229 Tbid., pp. 143-45 (II, 1). La ripresa, con trasposizione alla prima persona plurale, é dal celebre inizio del penultimo capitolo de L’Education sentimentale: «Il voyagea. |Il connut...» [Viaggid. |Conobbe...] (Flaubert, Euores, t. II cit., p. 448). [conoscemmo).
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attraverso i 48 Stati, immagini della categoria qualificano le mete; necessarie ogni giorno a Lolita, benché raggiunte le diano la nausea: The object in view might be anything — a lighthouse in Virginia, a natural cave in Arkansas converted to a café, a collection of guns and violins somewhere in Oklahoma, a replica of the Grotto of Lourdes in Louisiana, shabby photographs of the bonanza mining period in the local museum of a Rocky Mountains resort, anything whatsoever... ”°.
Un tale elenco é amplificato poco oltre per pagine: che collocano l’autore accanto a Gadda, benché meno acido o pit allegro, come erede di Flaubert sulla linea della decontestualizzazione estensiva (Iv, 38; v, 15). Ancor pit di qualunque singola trovata fa Kztsch il loro numero, eterogeneita e disordine, con un contrappunto sfavillante come non mai di sarcasmi e bisticci. Serve poco citare: «A zoo in Indiana where a large troop of monkeys lived on a concrete replica of Christopher Columbus’ flagship »””’. I bilancio ultimo ha la serieta del monitorio-solenne, perché la vanita constatata é quella stessa dell’amore. « We had been everywhere. We had really seen nothing»; non é rimasto che «a collection of dog-eared maps, ruined tour-books, old tyres», e i singhiozzi di Lolita ogni notte”. Quando sul tragitto i motel cedono ai vecchi alberghi l’avventura é finita”’, e l’approdo di lei col solido e sordo marito sara a un grigiore da logoro-realistico, pid saggio della casa materna™. 234
13. Sehoscelto gli undici romanzi precedenti nella tradizionale presunzione che restino, ai sensi dell’ultimo questo 230 Thid., p.149 (II, 1). [L’oggetto in vista poteva essere qualsiasi cosa—un faro nella Virginia, una grotta naturale nell’Arkansas trasformata in un caffé, una collezione di
armi e violini in qualche localita dell’Oklahoma, una ricostruzione della grotta di Lourdes nella Louisiana, squallide fotografie del periodo aureo delle miniere nel museo locale d’un soggiorno delle Montagne Rocciose, assolutamente qualsiasi cosa...] 21 Thid., p. 156, dalle pp. 152-56 (II, 2). [Uno zoo nell’Indiana dove un gran branco di scimmie viveva su una riproduzione in cemento armato della nave ammiraglia di Cristoforo Colombo]. 232 Ibid., p. 173 (II, 3). Cfr. la guida turistica gia «atrocemente sformata», «logora», p. 152 (IL, 1). [Eravamo stati dovunque. Non avevamo realmente visto nien-
te]. [una raccolta di carte geografiche gualcite, guide turistiche sciupate, vecchi pneumatici].
2 Tbid., pp. 208-9 (II, 16). Del memore-affettivo che gli resta di Lolita, «lascivi
tesori», Humbert — per non perdere la ragione — fa dono anonimo a un orfanotrofio, p. 253 (II, 25). 24 Tbid., p. 267 (Il, 28). Una «fattoria cadente», uno «spaventapasseri di casa»
dove aveva dovuto trascorrere un’estate, erano stati ilterrore di Lolita, pp. 146-47 (IL,1).
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privilegio stesso sarebbe scemato d’importanza: tutto resta, in una cultura contemporanea che non distrugge come non crea. Non sono imbarazzato da una trama, nel ricostruire paradigmi a fronte d’immagini in La Vie mode d ‘emploi”, pubblicato nel 1978 da Georges Perec (1936-82). Piano dell’opera €presentare tutta la vita racchiusa in un grande fabbricato parigino: appartamento per appartamento e vano per vano, in successione di spazi ¢ simultaneita di tempi. L’esecuzione, monumentale e paziente, é per lo pit godibile entro ciascun settore e leggibile non senza fatica da un capo all’altro. L’intelligenza ironica risparmia proprio il momento pit inflazionato — dall’epoca in cui Mallarmé l’aveva reso eroicamente totalizzante in un sonetto, e Proust in una somma narrati-
va: il momento dell’opera che specchia se stessa o dice la propria genesi. II pittore Valéne progetta di dipingere lo spaccato dell’immobile, col proprio personaggio in atto di dipingersi~™*. Il progetto laborioso, astratto e gratuito che impegna l’ozio del ricco Bartlebooth mira a « esaurire» un « frammento costituito » di mondo”’; fra il banale e il bislacco giocano tutti gli spunti di racconto ascritti ad altri personaggi. II preponderante momento documentario, parodiando la fiducia conoscitiva che sosteneva le somme di Balzac o di Zola, allinea dati come in un’opera di consultazione. Sua forma onnicomprensiva é l’elenco: anche solo di cose, il libro ne conta pit d’ogni testo citato in questo mio. Ma se é vero che essi defunzionalizzano le cose, e che le cose defunzionalizzate fanno realta (1, 1; 1, 9), qui l’eccesso di elenchi ammucchia
per proprieta transitiva troppa realta al solo fine di accusarne troppo poca. II discorso comincia dalla scala: che al n. 11 di rue SimonCrubellier é «un luogo vetusto, di dubbia pulizia», col vecchio ascensore quasi sempre in panna”. Ma in seguito il lo-
goro-realistico sara poco pid di una componente statisticamente obbligata degli elenchi”’. Gli da il cambio il preten235 [La vita istruzioni per l’uso]. 236 G_ Perec, La Vie mode d’emploi. Romans, Hachette, Paris 1978, pp. 168 (parte Il, cap. 28), 290-91 (II, 51), 602(pling) e€passim.
237 Thid., pp. 156-58 (II, 26) e passim. 238 Thid., p. 20 (1,1); della scala come occasione di distinzioni di classe, si riparlera
alle pp. 275-80 (III, 49).
29 A titolo d’esempio, bid., pp. 306-7 (III, 52); fuori da elenchi, pp. 46 (I, 7), 132
(II, 23).
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zioso-fittizio —come gia in Flaubert (v, 15): oscillando tra un
verosimile e un inverosimile che fanno poca differenza, trasformando spesso la comicita dell’ex-frusto-grottesco nella propria. Nel retrobottega d’una antiquaria, dove l’inventario é impedito dal guazzabuglio, é fuori codice «un preteso uovo di dronte fossile»*’. Un artigiano fornisce dall’Indonesia roba in plastica di almeno mezzo secolo fa: da giurare,
«avec méme parfois, la trace de fausses réparations»*’. Gli « oggetti kitsch » d’un elenco si volevano cavillosamente funzionali®, la macchina da scrivere d’un altro era passata «pour un des objets les plus perfectionnés jamais concus». Pureé finita in una delle otto cantine via via ispezionate, non lontano dalla copertina di rivista che vanta risolto «il piu fantastico enigma della Storia»: se Luigi XVI e P’Aiglon si siano incontrati I’8 agosto 1808 a Fiume”’. Che in Giappone si fabbricano in serie cappelli di N apoleone, é detto a proposito d’una collezione di unica, oggetti a un solo esemplare. Voluti, come |’« ottobasso »: di cui un suonatore maneggia l’arco su uno sgabello e un altro le corde su una scala. O casuali, come il gesso della memorabile conferenza di Einstein — ma anche «il primo slip di Tarzan»™. Dopo la cena in un ristorante bulgaro-cinese fra Pigalle e Montmartre, quattro cabaret offrono per 75 franchi in una notte: «tout l’esprit gaulois de Paris», danze del ventre tangerine, un’atmosfera medievale e «a showplace of elegant depravity»*’. In un pezzo da antologia, due grandi aziende alberghiere si coordinano per mettere a disposizione dei clienti comodita inconsuete. Parchi provvisti fra altro di: acquario gigante, museo d’arte antica, piramide, chiesa gotica, Plaza de Toros. Si pen240 Thid., pp. 138-40 (I, 24); in codice (cfr. sopra Iv, 34; Vv, 15) il rotolo dipinto giapponese posato sulla scrivania Luigi XVI, i lampadari olandesi veneziani cinesi. 241 Thid., pp. 318-19 (III, 54). [con perfino, talvolta, la traccia di false riparazioni]. 24 Thid., pp. 62-63 (I, m). 2@ Thid., p. 204 (pp. 203-5) (II, 33). Quando non sono ordinate e pulite (pp. 201-3 (II, 33], 427-28 [IV, 72]), le altre cantine sono descritte comunque da elenchi in cui domina !’eteroclito e il casuale, pit che il guasto e lo sporco: pp. 403, 404-5 (IV, 67), 452-53 (IV, 76), 554, 556-57 (V, 91). Lo stesso nel « tentativo d’inventario» di cose trovate per le scale lungo gli anni, pp. 406-7 (IV, 68). [per uno degli oggetti pit perfezionati mai concepiti]. 244 Tbid., p. a7 (IL, 22). Non manca un elenco di reliquie della Passione, dispersivamente geografico, p. 119 (II, 22); né uno di magia nera, parodicamente conservativo in elementi come «unghie d’impiccato», «calcoli diiena», «scapole di pecora», «teste d’asini morti», pp. 193-94 (II, 31). © Tbid., p. 591 (VI, 98). [tutto |’esprit gaulozs di Parigi]. [un teatro di elegante depravazione].
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sa a includere nel perimetro d’un albergo le rovine d’una abbazia irlandese del x1 secolo, a trasportare e ricostruire il palazzo di Dario da Persepoli a Huixtla (Messico) *. E a partire da vicissitudini edilizie meno improbabili che Valéne ha lidea del suo quadro: al di la della «triste ronde des déménageurs et des croque-morts», da una certezza di sparizione della casa e del quartiere. Non solo bombe, incendi o terremoti vietano di opporre la fragilita della condizione umana all’invulnerabilita della pietra. La mimesi dei preannunci in stile pubblicitario — d’irresistibile bravura — é attuale quanto l’impulso opposto era datato: «la méme fiévre qui, vers mille huit cent cinquante [...] a fait surgir de terre ces immeubles, s’acharnera désormais a les détruire». Nessuna
data toglie valore metastorico alla demolizione dell’ edificio, «ramené a ses matiéres premiéres», pit «des tonnes et des tonnes de gravats et de poussiéres »*”. Né gliene toglie il fatto che Valéne, «il pit antico abitante dello stabile», coltivi ricordi di cose non meno che di persone: il personaggio non s individua nel delicato ubi sunt, che rivolge a figure scomparse di scatole di cacao e pacchi di ovatta termogena™. Se dominante del libro é il pretenzioso-fittizio, dominante della dominante é il monitorio-solenne. Con la novita che la vanificazione non si da per scontata, in un mondo ignaro dell’idea moderna di progresso: scaturisce come un disinganno, dalle stesse conseguenze di sé di cui l’idea di progresso era ignara. Cos{ ultima e la prima delle categorie si contaminano. L’ironia versa all’ammasso dell’una la vanita intercam246 Tbid., pp. 520, 521, 523 (517-23) (V, 87). Sovrabbondanza livellata di cimeli culturali si spreca, anche, in tutto l’insieme del libro. Sia pure in un immobile di otto piani, e in seicento pagine, non é poco che ne siano passati di relativi a: Victor Hugo (p. 88 [I, 17]), Napoleone (p. 200 [II, 32]), Mme de La Fayette ed Enrichetta d’Inghilterra (p. 281 [II], 49]), Sade e Luigi XVI (p. 492), Racine figlio (p. 492 [TV, 83]); senza contare un’allieva vivente di Schonberg (p. 39 [I, 6]). 247 Thid., pp. 168-72 (II, 28). Cfr. le immaginazioni allucinate e quasi fantascientifiche di Valéne, sulla distruzione cataclismatica dell’edificio, pp. 281-82 (III, 49), sui suoi presunti sterminati e graduali prolungamenti in profondita, pp. 444-47 (IV, 74). [triste ronda dei traslocatori e dei beccamorti]. [la stessa febbre che, verso il milleottocentocinquanta [...] ha fatto sorgere da terra questi fabbricati, si accanira da ora in poi a distruggerli]. [ridotto alle sue materie prime]. [tonnellate e tonnellate di calcinacci e polveri]. 248 Ibid., pp. 89-91 (I, 17); fin dall’inizio é lui che conserva, che si ricorda: pp. 35 (I, 4), 36 (1, 5), 48 (, 8), 75 (I, 13). Glié attribuito un silenzioso amgre, gliene restano reliquie individuali, le sopprime; ma la pagina che contiene tutto questo si chiude su una camera abbandonata, la cui polvere e tristezza trascendono o evadono il memore-affettivo nel senso che sto per indicare, pp. 313-14 (III, 53).
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biabile delle esperienze; quale vanita delle vanita, la malinconia la riconsegna ai fasti non derisori dell’ altra: Maintenant, dans le petit salon, il reste ce qui reste quand il ne reste tien: des mouches par exemple, ou bien des prospectus que des étudiants ont glissé sous toutes les portes de limmeuble et qui vantent un nouveau dentifrice ou offrent une réduction de vingt-cing centimes a tout acheteur de trois paquets de lessive, [...] ou bien de ces choses insignifiantes qui trainent sur les parquets ou dans des coins de placard et dont on ne sait pas comment elles sont venues 14 ni pourquoi elles y sont restées: trois fleurs des champs fanées, des tiges molles a l’extrémité desquelles s’étiolent des filaments qu’on dirait calcinés, une bouteille
vide de coca-cola, un carton a gateaux, ouvert, encore accompagné de sa ficelle de faux raphia et sur lequel les mots « Aux délices de Louis XV, Patissiers-Confiseurs depuis 1742 » dessinent un bel ovale entouré d’une guirlande flanquée de quatre petits amours joufflus, ou, derriére la porte paliére, une sorte de porte-manteau en fer forgé avec un miroir félé en trois portions de surfaces inégales esquissant vaguement la forme d’un Y dans |’encadrement duquel est encore glissée une carte postale représentant une jeune athléte manifestement japonaise tenant a
bout de bras une torche enflammée*®. 24 Thid., p. 49 (I, 8) (la scatola di pasticcini é certo la stessa che sara ritrovata per le scale, p. 406 [IV, 68]). Cfr., della minuziosissima descrizione d’un salotto all’indomani d’una festa, il paragrafo finale, p. 176 (pp. 173-76) (II, 29). [Ora, nel salottino, resta quel che resta quando non resta niente: mosche per esempio, 0 volantini che degli studenti hanno infilato sotto tutte le porte dello stabile e che vantano un nuovo dentifricio o che offrono una riduzione di venticinque centesimi a ogni compratore di tre pacchi di detersivo, [...] oppure quelle cose insignificanti che si trascinano sui pavimenti o in angoli di armadi a muro e di cui non si sa come ci sono venute né perché ci sono restate: tre fiori di campo appassiti, steli molli alla cui estremita languono filamenti che si direbbero calcinati, una bottiglia vuota di coca-cola, una scatola di cartone da pasticcini, aperta, ancora accompagnata dal suo spago di falsa rafia e su cui le parole « Delizie di Luigi XV, Pasticcieri-Confettieri dal 1742» disegnano un bell’ovale cinto da una ghirlanda fiancheggiata da quattro amorini paffuti, 0, dietro la porta del pianerottolo, una specie d’attaccapanni in ferro battuto con uno specchio spaccato in tre porzioni di superfici inuguali che tracciano vagamente la forma di una Y nel cui riquadro é ancora infilata una cartolina postale che rappresenta una giovane atleta manifestamente giapponese che tiene col braccio proteso una torcia ardente]. -
Capitolo vir
Elogi e biasimi del funzionale
1. Misarebbe mai riuscito di raccogliere, per le immagini di corporeita funzionale in letteratura, un cos{ importante numero di esempi come per quelle di corporeita non-funzionale? La sola domanda implica una qualche parzialita in favore dell’assunto di questo libro: la predilezione della letteratura per l’uno rispetto all’altro tipo d’immagini, la sua tendenza ad accogliere un ritorno del represso relativo (1, 3, 4). Si pensera che sia dipeso da un partito preso teorico, non solo da quello insito in ogni ricerca specializzata, se di fatto non mi é accaduto di raccogliere altrettanti esempi dell’altro tipo — di che dare materia a un altro libro o raddoppiare la mole di questo. Il numero potrebbe fare autorita anche a maggior ragione, quando uno spoglio di testi non é apposito, ordinato ed esauriente; ¢ le riflessioni di questo capitolo ultimo, su una serie tanto pit scarsa e fortuita, non presenteranno che
un interesse riverberato dal confronto con la serie pid abbondante. In quale congettura principale possono riassumersi é presto detto. La rappresentazione letteraria di cose funzionali, rispetto al suo opposto, mi sembra complessivamente molto pit legata a un atteggiamento che tende a trascenderla: in senso intellettuale, morale, ma anche affettivo. Che di fronte alla funzionalita sia pratica sia simbolica delle cose mette avanti valutazioni e reazioni positive, rende manifesto l’elogio e il vanto, il diletto e l’entusiasmo. E cid, per molti secoli prima che compaia |’alternativa opposta: la messa avanti di valutazioni e reazioni negative, la manifestazione d’un biasimo o d’una diffidenza, d’un fastidio o d’uno scherno.
Un atteggiamento che possiamo chiamare valutativo, o asstologico, con riferimento a sistemi culturali di valori e disva-
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lori. Certo, come abbiamo avuto continuamente occasioni di vedere, esso non manca mai del tutto di accompagnarsi neanche alla rappresentazione di cose non- -funzionali: negativo per le immagini solo negative, positivo in parte per quelle semipositive. Direi anzi che storicamente il dosaggio di rappresentazione e di valutazione rimane in media lo stesso, nei casi rispettivi della corporeita funzionale e non, fino alla svolta sette-ottocentesca. E intorno a quest’epoca che lo scatto di frequenza nella rappresentazione del non-funzionale va di pari passo con |’emanciparsi di essa dall’atteggiamento assiologico; quanto al funzionale, la maggior novita del periodo moderno non toglie niente alla permanenza dell’atteggiamento stesso. Consiste in quella tipica espressio-
ne di un «disagio della civilta» che é il possibile rovesciamento assiologico, la contestazione in alternativa all’esaltazione. Rappresentazione del non-funzionale e contestazione del funzionale sono fenomeni letterari diversi, per quanto imparentati e riferibili alle stesse premesse storiche: nel fenomeno di cui ci siamo occupati finora, ho supposto una contraddizione degli ideali e della realta sociale tematicamente indiretta e geneticamente preterintenzionale, un ri-
torno del represso intrinseco al discorso letterario. Nel caso dell’altro fenomeno, intendo una contestazione direttamen-
te tematica e ideologicamente volontaria. Ma non per questo esente da ambivalenze; come non ne va esente in senso inver-
so la prima alternativa, l’esaltazione del funzionale, a partire dall’epoca in cui cessa di essere il solo atteggiamento assiologico possibile. 2. Nell’ Odissea é per voce di Telemaco, come dire attraverso |’ammirazione del personaggio guardante, che l’interno del palazzo di Menelao viene evocato nel suo lampeggiare di materie preziose e paragonato con stupore alla corte di Zeus. L’interno del palazzo di Alcinoo nel suo splendore di sole o di luna é descritto per voce d’autore; ma la descrizione comincia all’arresto di Ulisse esitante sulle soglie, e termina al suo ingresso, «quando tutto ebbe ammirato nel cuore» ', Ammirazione che va insieme al pregio dei materiali e all’arte che li ha lavorati, senza che il funzionale si distingua dall’or‘TV, wy. 71-75; VIL, wv. 81-135: Omero, Odissea cit.,pp. 86-87, 180-83.
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namentale, l’efficienza dalla ricchezza o la civilta dal lusso. Non diversa l’ammirazione con cui si narra del palazzo di Didone, e del banchetto illuminato da torce che «vincono la notte», nel libro I dell’Exeide; dove del resto l’eroe ha gia
potuto ammirare nella sua costruzione la sorgente citta monumentale’. Ancora non diversa l’ammirazione con cui nel
lieto fine del primo romanzo arturiano di Chrétien de Troyes, Erec et Enide, si narra della corte sfarzosa tenuta da
re Artu per incoronare i due eroi. Dei mirabili oggetti a tale scopo preparati: due troni identici, un abito, due corone, uno scettro’.
Se passiamo dagli esordi della materia detta di Bretagna a quelli della materia detta di Francia, cioé alla Chanson de Roland’, \a prima apparizione di Carlo Magno nel poema ci mostra una variante di sfondo: Desuz un pin, delez un eglenter, Un faldestoed i [ouJt, fait tut d’or mer: La siet li reis ki dulce France tient°.
Il trono é un manufatto di cultura aristocratica, come nei
passi precedenti; ma il pino e il biancospino sono natura, propizia e lieta, e predispongono in quanto tali il sito regale. Ci inducono a estendere |’esemplificazione dalla cultura alla natura appunto, e dagli interni agli esterni. Dobbiamo inoltre estenderla, dal livello gerarchico delle regge e dei loro abitatori, a livelli via via meno alti: fin dove lo consente il privilegio d’una nobilta morale e culturale, se non sociale, che
dall’ Antichita al Medioevo al Rinascimento é condizione anche d’un rapporto positivo degli uomini con le cose. Che a un tale rapporto con la natura propizia e lieta s’ispiri una tradizione di esempi, é documentato da un capitolo del libro di Curtius, I/ paesaggio ideale’; in apertura, il richiamo ai luoghi comuni elogiativi della retorica non lascia dubbi su quello che chiamo atteggiamento assiologico. Esaltando paesaggi 2 T, wy. 637-42, 723-27, 421-29: Virgile, Enéide. Livres I-VI cit., pp. 30, 33, 21-22. > Chrétien de Troyes, es et Enide cit., pp. 202-9: in particolare vv. 6651-64, 6742-47, 6774-91, 6808-19 (cfr. v, 5, nota m1).
4 [Canzone di Rolando]. > VIII, vv. 14-16: La Chanson de Roland, Ricciardi, Milano-Napoli 1971, p. 20. [Sotto un pino, accanto a un biancospino |C’era un trono, fatto tutto d’oro puro: |La siede il re che dolce Francia regge]. 6 Curtius, Letteratura europea cit., pp. 207-26 (solo col «paesaggio epico», pp. 223-26, si sfiora una natura ostile).
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né pit né meno che abitazioni e arredamenti, i poeti esaltano
personagei degni di goderne, situazioni o attivita che meritano sfondi cosi agevoli e belli. Nel paragrafo che Curtius dedica al luogo comune del locus amoenus’, questo usuale sfondo ridente appare attribuito a elevate attivita intellettuali — anziché ad amori: dal discorrere filosofico di Fedro e Socrate all’ombra d’un platano e al canto delle cicale in riva ali’Ilisso, nel dialogo di Platone’, ai tanti esempi del poetare e cantare pastorale. Il luogo comune non cambia, quando lo sfondo é ridente grazie insieme a una vegetazione verdeggiante e fiorita e a
un’architettura adorna e accogliente, con altri eccellenti manufatti. E il caso delle varie dimore isolate che si eleggono le nobili, savie e costumate giovani del Decameron, per novellare coi loro compagni durante la peste; ecco la prima: Era il detto luogo sopra una piccola montagnetta, da ogni parte lontano alquanto alle nostre strade, di varii albuscelli e piante tutte di verdi fronde ripiene piacevoli a riguardare; in sul colmo della quale era un palagio con bello e gran cortile nel mezzo, e con logge e con sale e con camere, tutte ciascuna verso di sé bellissima e di liete dipinture raguardevole e ornata, con pratelli da torno e con giardini maravigliosi e con pozzi d’acque freschissime...’.
Nell’ Orlando furioso, acque e fronde contribuiscono quanto le stoffe e i gioielli, a fare un paradiso di colori e odori primaverili della citta di Damasco: Per la citta duo fiumi cristallini vanno inaffiando per diversi rivi un numero infinito di giardini, non mai di fior, non mai di fronde privi.
Tutta coperta é la strada maestra di panni di diversi color lieti; e d’odorifera erba, e di silvestra fronda la terra e tutte le pareti. Adorna era ogni porta, ogni finestra
di finissimi drappi e di tapeti, 7 Ibid., pp. 219-23. 8 Fedro 229, 230: Platon, Euvres completes, t. IV, parte II, Phédre, Les Belles Lettres, Paris 1966, pp. 4-5, 6-7; e cfr. Curtius, Letteratura europea cit., p. 211. > I, introd.: Boccaccio, Tutte le opere, t. IV cit., p. 26, e cfr. prima pp. 22-23; cfr., pit lungamente, pp. 235-38 (ILL, introd.). S’intenda di varii albuscelli = per vari ar-
boscelli ecc.; « piacevoli a riguardare» sono la « montagnetta » e il luogo; ciascuna verso di sé = ognuna nel suo genere.
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ma piu di belle e ben ornate donne di ricche gemme e di superbe gonne”.
Nella Gerusalemme liberata, il castello di Armida col suo giardino é un’oasi immessa per mala magia nel paesaggio ste-
rile-nocivo del Mar Morto (cfr. tv, 29). Questo non turba la purezza del luogo comune, né la naturalezza d’incanto del
luogo immaginario, né il felice affiatamento di cultura e natura:
V’é l’aura molle e ’| ciel sereno e lieti gli alberi e i prati e pure e dolci l’onde, ove fra gli amenissimi mirteti sorge una fonte e un fiumicel diffonde: piovono in grembo a l’erbe i sonni queti con un soave mormorio di fronde; cantan gli augelli; imarmi io taccio e l’oro, meravigliosi d’arte e di lavoro. Apprestar su l’erbetta ov’é pit densa lombra e vicino al suon de l’acque chiare, fece di sculti vasi altera mensa e ricca di vivande elette e care. Era qui cid ch’ogni stagion dispensa, cid che dona la terra o manda il mare, cid che l’arte condisce; e cento belle servivano al convito accorte ancelle".
Nel Gargantua, la costruzione e dotazione dell’abbazia di Théléme mobilitano un’enciclopedia encomiastica di nomi: dalle materie pregiate, alle tecniche per trattarle, ai prodotti di cui fruire. Non meno eccessivamente varie sono le liete attivita umanistiche che ne verranno promosse. La natura é
dappertutto, perché é soprattutto nella libera spontaneita edonistica prescritta a tali attivita; ma non mancano un giardino di piacere, un orto ben ordinato, un gran parco pullulante di selvaggina”.
3. Frail Rinascimento e la svolta storica, si stende l’epoca che nel primo capitolo (rifacendomi all’ultimo libro d’un mio ciclo) chiamavo di alleanza fra letteratura e razionalita il-
luministica (1, 7). Quel Cinque-Seicento in cui (se si accetta la periodizzazione suggerita nel libro) il cosiddetto barocco
letterario va compreso alla luce della sua contemporaneita
© XVIL, ott. 19-20: Ariosto, Tutte le opere, t. I cit., pp. 377-78. X, ott. 63-64: Tasso, Poeste cit., pp. 264-65. 2 Capp. Li, Lv-Lvu: Rabelais, Euvres completes cit., p. 155; € pp. 149-51, 154-60, passim.
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comla nuova filosofia, scienza e tecnica; e la sua orgia formale di figuralita metaforica, il suo sfoggio tematico d’apparenze irreali, non sono meno modernistica fuga in avanti che regressione antilogica a fondo religioso. Quel Sei-Settecento in cui (secondo la stessa periodizzazione) fra la stagione del co-
siddetto classicismo francese con portata di modello europeo, e l’esplosione critica dell’illuminismo vero e proprio, si continua una poetica rigorosamente diffidente verso la metafora e l’equivoco, il mito e il prodigio ”. Dal punto di vista che c’interessa qui, caratterizza i due secoli in questione |’estinguersi d’un luogo comune come il locus amoenus: che assicurava la concordia di cultura e natura, al di la dei casi di compresenza, perfino nei casi in cui solo l’una o laltra arridesse favorevole e funzionale all’uomo. L’associazione latente era ancora naturale, il primo balzo di razionalita culturale a sviluppo ininterrotto ne segna la fine, e idue termini appena dissociati non tardano a contrapporsi. Dal barocco in poi, la cultura non é pid esaltata se non nell’artificialita del suo progresso: dunque in quanto non-natura, quando non in funzione antinaturale. Dall illuminismo in poi, la natura non é pid esaltata se non nella sua sanita intatta e originaria: dunque in quanto non-cultura, e in opposizione necessaria al
progresso culturale. Sara allora storicamente corretto riservare l’attributo di funzionale agli oggetti di esaltazione del progresso culturale stesso. Vedere nell’esaltazione dell’intatta natura piuttosto la premessa, se non la prima forma, del rovesciamento assiologico: in contestazione del funzionale. Per questi opposti momenti, non saprei fare di meglio che mettere a riscontro simbolico due pagine scritte a un secolo e mezzo di distanza. Due pagine datemi a confrontare dal caso, sul filo delle letture; non a caso pero firmate da protagonisti della storia del pensiero, come Descartes, come Rousseau. E appartenenti alla veridica scrittura epistolare l’una, autobiografica l’altra, anziché alla letteratura in senso forte ossia ai generi di finzione. In entrambe ben poco si concreta quanto a immagini di corporeita funzionale; esemplare é la precocita dei rispettivi atteggiamenti assiologici, positivo e negativo.
Nell’una, abbiamo il filosofo felice di trovare nella civilta cit-
tadina un’alternativa comparabile, anzi ormai preferibile alla © Orlando, Iluminismo cit., pp. 65-87, 87-127.
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solitudine campagnola vicina alla natura. Nell’altra, il filosofo infelice di non trovare pia nemmeno nella natura selvaggia un’alternativa al suo isolamento fra gli uomini: irraggiungibile dalla loro civilta. Dell’una e dell’altra pagina cito men che l’essenziale. Un ritiro nel bel mezzo di Amsterdam, argomenta Descartes nel 1631, é ben pid perfetto dei ritiri pit piacevoli e tranquilli in convento o in campagna; dove si pud
sempre essere importunati dai vicini: ... au lieu qu’en cette grande ville ot je suis, n’y ayant aucun homme,
excepté moi, qui n’exerce la marchandise, chacun y est tellement attentif a son profit, que j’y pourrais demeurer toute ma vie sans étre jamais vu de personne. Je me vais promener tous les jours parmi la confusion
d'un grand peuple, avec autant de liberté et de repos que vous sauriez faire dans vos allées, et je n’y considére pas autrement les hommes que jy vois, que je ferais les arbres qui se rencontrent en vos foréts, ou les animaux qui y paissent. Le bruit méme de leur tracas n’interrompt pas plus mes réveries, que ferait celui de quelque ruisseau. Que si je fais quelquefois réflexion sur leurs actions, j’en recois le méme plaisir, que vous feriez de voir les paysans qui cultivent vos campagnes;
car je vois
que tout leur travail sert 4 embellir le lieu de ma demeure, et a faire que jen’y aie manque d’aucune chose. Que s’il y a du plaisir avoir croitre les fruits en vos vergers, et a y étre dans l’abondance jusques aux yeux, pensez-vous qu’il n’y en ait pas bien autant, a voir venir ici des vaisseaux, qui nous apportent abondamment tout ce que produisent les Indes, et tout ce qu’il y a de rare en l'Europe. Quel autre lieu pourrait-on choisir au reste du monde, ot toutes les commodités de la vie, et toutes les curiosités qui peuvent étre souhaitées, soient si faciles 4 trouver qu’en celui-ci? .
L’anziano Rousseau, solitario e maniaco di persecuzione,
racconta nel 1777 un’erborizzazione intrapresa sulle altitudi4 Lettera a Guez de Balzac del 5 maggio 1631: Descartes, Ewvres et lettres, « Bibliothéque de la Pléiade », 1953, pp. 941-43. [... mentre in questa grande citta dove sono, non essendovi alcun uomo, tranne me, che non eserciti il commercio, ognuno é
talmente attento al suo profitto che ci potrei restare tutta la vita senza essere mai visto da nessuno. Me ne vado a passeggio tutti i giorni in mezzo alla confusione d’una grande folla, con tanta liberta e calma come voi potreste fare nei vostri viali, e non conside-
ro altrimenti gli uomini che vedo, da come farei con gli alberi che s’incontrano 0 con gli animali che pascolano nelle vostre foreste. Lo stesso rumore delle loro faccende non interrompe le mie cogitazioni pit: di quanto non farebbe quello d’un ruscello. E se rifletto talvolta sulle loro azioni, ne traggo lo stesso piacere che voi avreste a vedere icontadini che coltivano le vostre campagne; vedo infatti che tutto il loro lavoro serve ad abbellire il mio luogo di soggiorno, ea fare che non vi sia cosa di cui io manchi. E se si prova piacere a veder crescere i frutti nei vostri orti, e a nuotarvi nell’abbondanza, pensate che non se ne provi altrettanto a veder venire qui navi che ci apportano in ab-
bondanza tutto cid che producono le Indie, e tutto cid che c’é di raro nell’Europa. Quale altro luogo potreste scegliere nel resto del mondo, dove tutti gli agi della vita e tutte le curiosita desiderabili siano facili da trovare come in questo?]
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ni del Giura svizzero (le righe che ometto parlano degli uccelli uditi gridare, e delle piante trovate, lassi): Jétais seul, je m’enfongai dans les anfractuosités de la montagne et de bois en bois, de roche en roche je parvins 4 un réduit si caché que je n’ai vu de ma vie un aspect plus sauvage. De noirs sapins entremélés de hétres prodigieux dont plusieurs tombés de vieillesse et entrelacés les uns dans les autres fermaient ce réduit de barriéres impénétrables, quelques intervalles que laissait cette sombre enceinte n’offraient au-dela que des roches coupées 4 pic et d’horribles précipices que je n’osais regarder qu’en me couchant sur le ventre. [...] ... et je me mis a réver plus a mon aise en pensant que j’étais la dans un refuge ignoré de tout l’univers ot les persécuteurs ne me déterreraient pas. Un mouvement d’orgueil se méla bientét a cette réverie. Je me comparais a ces grands voyageurs qui découvrent une ile déserte, et je me disais avec complaisance: sans doute je suis le premier mortel qui ait pénétré jusqu ‘ici; je me regardais presque comme un autre Colomb. Tandis que je me pavanais dans cette idée j’entendis peu loin de moi un certain cliquetis que je crus reconnaitre; j’écoute: le méme bruit se répéte et se multiplie. Surpris et curieux je me léve, je perce a travers un fourré de broussaille du cété d’ot venait le bruit, et dans une combe 4 vingt pas du lieu méme ot je croyais étre parvenu le premier j’apercois une manufacture de bas. Je ne saurais exprimer I’agitation confuse et contradictoire que je sentis dans mon coeur 4 cette découverte... ”.
Nella pagina di Descartes, a leggerla oggi, l’attualita dei dati di fatto sembra profetica. Eppure fa tutt’uno con I’inattualita, quasi irritante o incomprensibile, del giudizio di valore: che dentro la grande citta l’individuo non sia «visto da D Les Réveries du promeneur solitaire, VII Promenade [Le meditazioni del viandante solitario, VII passeggiata|: Rousseau, Euvres completes, t. I cit., pp. 1070-72.
Modernizzo l’ortografia. [Ero solo, mi addentrai nelle anfrattuosita della montagna e di bosco in bosco, di roccia in roccia pervenni a un rifiro cosi nascosto che non ho visto in vita mia un aspetto pit selvaggio. Neri abeti frammisti a faggi prodigiosi di cui molti caduti per vecchiaia e intrecciati gli uni negli altri chiudevano questo ritiro con barriere impenetrabili, alcuni intervalli che lasciava questo fosco recinto non offrivano altro al di 1a che rocce tagliate a picco e orribili precipizi che osavo guardare solo sdraiandomi sul ventre. [...] ...e mi misi a fantasticare pit a mio agio pensando che mi trovavo in un rifugio ignorato da tutto l’universo dove i persecutori non mi avrebbero scovato. Un moto d’orgoglio si mescolé presto alla fantasticheria. Mi paragonavo ai grandi viaggiatori che scoprono un’isola deserta, e mi dicevo con compiacimento: sicuramente sono il primo mortale che sia penetrato fin qui; mi vedevo quasi come un nuovo Colombo. Mentre mi pavoneggiavo in quest’idea sentii poco lontano da me un certo clicchettio che mi parve di riconoscere; ascolto: lo stesso rumore si ripete e si moltiplica. Sorpreso e curioso mi alzo, m’apro un varco attraverso una macchia di cespugli dal lato da cui veniva il rumore, e in una comba a venti passi dal luogo stesso dove credevo d’essere arrivato per primo, scorgo una fabbrica di calze. Non posso esprimere |’agitazione confusa e contraddittoria che sentii nel mio cuore a questa scoperta...]
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nessuno» a tal punto tutti sono intenti al profitto, che a sua volta non tenga altrimenti conto degli uomini che di alberi o di animali, é semplicemente una situazione che assicura pace e liberta indisturbate. Di qualcosa di disumano e innaturale non solleva neanche il sospetto. La cultura urbana, coi suoi agi e abbondanza, appare propizia piuttosto come una vicenatura; |’apporto internazionale e intercontinentale funzionalizza, e con cid umanizza, il globo. La capitale moderna,
che un giorno — a partire da Balzac o da Baudelaire — sara sentita con ambivalenza assiologica e formidabile accento sul negativo, a questo stadio é ancora oggetto di pura esaltazione. Per comprenderlo, é certo necessario leggere qualche riga in piu: e ricordarsi che la sicurezza di cui il filosofo in quanto tale godeva nella repubblica commerciale, gli era tutt’altro che garantita in Francia. Necessario ma non sufficiente —se non siamo capaci di restituire pienezza storica alla no-
vita, per noi svuotata, dell’esaltazione e del suo oggetto. Precisamente come non basta, per comprendere la delusione di Rousseau alla vista della fabbrica di calze, leggere qualche riga in pit: e ricordarsi delle sue ossessioni e del suo doppio isolamento, di illuminista tra i benpensanti, di dissidente tra iphilosophes. Nella sua pagina, é alla novita svuotata d’una reazione assiologicamente negativa — se non ancora
d’una contestazione — che puo esser difficile restituire pienezza. Ogni altro illuminista al suo posto non avrebbe mancato di celebrare una vittoria del funzionale, e con esso del-
lumano: tanto pid avanzata quanto era pit inattesa la loro installazione in luogo cosi selvaggio. Lui invece, nel riso sulla propria vanita punita in cui poi finisce la peripezia emotiva, commisera una sconfitta della natura demistificando come attardate le fantasticherie di scoperta “. L’esperienza del deserto, inautentica, lo era troppo involontariamente per non restare lontanissima dal futuro Kitsch; ma nel miscuglio di natura e industria, dato subito dopo per esclusivamente svizzero, il Kitsch non sembra lontanissimo come minaccia oggettiva all’integrita del paesaggio. Sia questa Olanda di Descartes che questa Svizzera di Rousseau, insomma, tradiscono 16 Cfr., nel libro IV de Les Confessions, la rinuncia avisitare i presunti luoghi pastorali dov’é ambientata L’Astrée, dopo aver appreso che vi prosperava | industria del
ferro: ibid., p. 164.
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pid modernita virtuale di quanto non sappiano le coscienze soggettive degli autori.
4. Laseconda parte del Don Quyote fu pubblicata (1615) non molti anni prima della lettera cartesiana: arrivando a Barcellona, Sancho Panza e il suo padrone vedono pet la prima volta il mare. Lo trovano assai pit spazioso delle paludi che avevano visto nella Mancia. Ma nella prospettiva del gentiluomo e del contadino dell’interno, la novita é assai meno dello spettacolo di natura che di quello offerto da galee, vele e bandiere: a suon di fanfare e di artiglieria. Due capitoli dopo, vengono accolti con onori militari sulla galea capitana. Al momento in cui viene issata l’antenna e salpata l’ancora, sbalordisce Sancho uno spettacolo di efficienza tecnica: la disciplina penitenziaria dei rematori, la fragorosa messa in moto dell’imbarcazione. A questo punto si legge: Cuando Sancho vio a una moverse tantos pies colorados, que tales penso él que eran los remos, dijo entre si: ~ Estas si son verdaderamente cosas encantadas, y no las que mi amo dice”.
Di fronte a percezioni cosi nuove, il personaggio reagisce come di fronte al mare: comparandole con percezioni anteriori, riportando per quanto é possibile il nuovo al noto. Per voce d’autore prima, con la voce dei suoi pensieri poi, lo fa due volte consecutive in modi diversi. Prima concepisce i remi come «piedi colorati» (aveva gia attribuito piedi ai legni semoventi in acqua): una forma ingenua ed estraniante dell’antica figura di catacrest, che ricorre linguisticamente al noto per denominare il nuovo *. Poi fa il confronto fra l’apparenza d’incantesimo di cid che vede, e gli incantesimi presunti troppo noti allo scudiero di Don Chisciotte. Confronto legato alla singolare tematica del romanzo; ma non per questo di logica storicamente meno esemplare. Se per definizione ogni soprannaturale é¢ solo in parte
comprensibile e percettibile, ¢per definizione che ogni effi” Parte II, cap. tx: Cervantes, Don Quiote cit., t. I, p. 508, e cfr. p. 4or. [Quando Sancho vide muoversi a un tempo tanti piedi colorati, che tali lui pensd che fossero i remi, disse fra sé: « Queste si che sono veramente cose incantate, e non quelle che dice il mio padrone»]. 8 Sulle formulazioni verbali dell’estraniamento, momento essenziale d’una cul-
tura preilluministica contemporanea a quella barocca, cfr. Orlando, I/luminismo cit.,
PP- 137-42, 150-63.
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cienza tecnica abbastanza complicata da sfuggire al controllo dei sensi pud imparentarsi al soprannaturale. In epoca moderna come nelle epoche arcaiche: quando, in greco, la parola téchne si applico ad abilita anche magiche prima che soltanto artigianali; o, in latino, il senso laico e professionale
di «profano» si sviluppo da quello sacro e rituale; 0, nelle lingue romanze, si ebbe contaminazione etimologica fra «mestiere » e « mistero». La figuralita letteraria risale la china che le lingue hanno discesa, dalla periodica novita dei fatti tecnici all’immancabile anteriorita delle ipotesi soprannaturali. La figura o topos a cui il confronto di Sancho é pit prossimo, mi pare quella che Curtius ha chiamata «rincaro», documentandola con esempi antichi e medievali”. Se x é un predicato, e y persona o cosa portatrice per eccellenza di esso, non ci si accontenta di dire che un’altra persona o cosa é «x come y»: si fa rincarare l’iperbole sull’antonomasia, dicendo che é «x pit diy». Modernistica fin dalla tarda antichita (taceat superata vetustas, scriveva Claudiano) ”, una ta-
le figura soddisfaceva insieme il modernismo ideologico e l’estremismo figurale del gusto barocco”. In realta Sancho fa ancor pit che un rincaro: non la mette in termini di pit o meno, bensi di tutto o niente. Non «le cose che vedo sono pit inspiegabili di quelle magiche», o «sono pit magiche di altre», ma addirittura «sono le vere, le sole magiche». La preminenza del nuovo sul noto puo qui arrivare fino al soppiantamento perché il soprannaturale esautorato é magia: e non religione. Ma in due brevi frasi Cervantes da una sintesi geniale, di tratti pid duraturi di quanto non si penserebbe nel caratterizzare il rapporto fra letteratura e funzionale. Senso sorprendente del nuovo, ricorso dal nuovo al noto;
soprannaturale come termine catacresi e rincaro come forme nascenti l’una da una carenza vrappiu di esperienza, l’una da
preferenziale del confronto; retoriche privilegiate di esso, di parole e l’altra da un soun imbarazzo e l’altra da una
superiorita. Curtius, Letteratura europea cit., pp. 182-86 (dove il tedesco Uberbietung é reso con «sopravanzamento»).
20 Contra Rufinum [Contro Rufino], libro I, v. 283 e contesto; citato da Curtius. [taccia l’antichita superata]. 21 Cfr, Orlando, I/luminismo cit., pp. 77-78.
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Quando nel 1784 Monti celebra la prima navigazione aerea, é al suo vertice l’atteggiamento assiologico positivo della letteratura verso i trionfi del funzionale. Se nell’ode Al signor di Montgolfteri tratti analizzati in Cervantes sono tutti riconoscibili, li nobilita lo stile: l’entusiasmo parla con eloquenza colta anziché con buon senso contadino. I] passato remoto iniziale risale dalla novita del volo su Parigi all’antichita non magico-cristiana, ma mitologica, degli Argonauti e della prima navigazione marina. Confronto che non tarda a produrre un rincaro: «vinse i portenti argolici —|’aereo tuo tragitto». Il soprannaturale della mitologia pagana era accettabile proprio perché devitalizzato dalla convenzione. Pure, come un’etimologia spenta puo rianimarsi, il mito ha un guizzo di credibilita ritrovata; alla luce d’una pagina di Lévi-Strauss che avevo citata (111, 5), il poeta classicheggiante ricongiungerebbe idealmente la rivoluzione tecnica del Settecento nientemeno che a quella neolitica. Insolita la legittimita letterale del rincaro — essendo la navigazione marina, al di la dei millenni di abitudine, meno portentosa di quella aerea. D’altra parte la poetica razionalista vieta allo stile alto dell’ode parole dirette, e tanto pit specialistiche: esige perifrasi nobili che, riferendosi a scoperte recenti, equivalgono ad altrettante catacresi.
I lettori erano tenuti a riconoscere tutto cid che le edizioni pia comode avrebbero finito col suggerire al grado zero, in nota. Cito facendo lo stesso, via via, fra parentesi:
« Umano
ardir, pacifica — filosofia sicura, — qual forza mai, qual limite — il tuo poter misura? — Rapisti al ciel le folgori, — che debellate innante — con tronche ali ti caddero — e ti lambir le piante [invenzione del parafulmine]. — Fren6 guidato il calcolo — dal tuo pensiero ardito — degli astri il moto e l’orbite, — l’olimpo e l’infinito [scoperta della gravitazione universale]. — Svelaro il volto incognito — le pit rimote stelle, — ed appressar le timide — lor vergini fiammelle [scoperte dovute al telescopio]. — Del sole i rai dividere, — pesar quest’aria osasti [decomposizione dello spettro solare, invenzione del barometro]...»”. Le rivoluzioni non scientifiche ma del linguaggio poetico, fra Monti e noi, rendono simili perifrasi poco godibili oggi. Ai tempi del gusto neoclassico, non doveva 22 Vv. 23-24, 13-30: V. Monti, Poesie, Utet, Torino 1969, pp. 97, 101-2.
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trattarsi né di indovinelli né di tabu; ma di piacere letterario, come per qualsiasi figura. Non é tanto che le perifrasi occorressero perché non si potevano chiamare certe cose col loro nome, quanto che il chiamarle col loro nome avrebbe rappresentato un’alternativa impoetica alla perifrasi. Il giro di parole dispiega lo spazio assiologico dell’ entusiasmo: lo stesso spazio che dischiudevano confronto mitico e rincaro. Ci voleva un testo di sapore vecchiotto per introdurci alepoca dalla quale, una o pit volte per generazione, il progresso scientifico-tecnico rinnova e invecchia la vita. La letteratura anteriore esaltava un funzionale acquisito: preesistente nel patrimonio culturale, parificato dal costume a una seconda natura se non in armonia con la natura prima. Aggiornato e meno naturale, |’equivalente posteriore di esso continuera ad essere oggetto di rappresentazione, prestan-
dosi pit al sottinteso elogio che alla novita del biasimo. Ma il funzionale pit interessante, ora, non é acquisito bensi per cosi dire d’acquisizione: sorprendente e sperimentale, proiettato al futuro, aperto a curiosita e speranza come espo-
sto a sospetto e timore. Direi che é propriamente il primo dei due a soccombere, nella predilezione della letteratura moderna, al confronto del non-funzionale. Quando le cose tendono un po’ a sparire nella loro funzionalita, questa é per ipotesi immediatamente apprezzabile: di qui la frequente tendenza a brevita e sintesi di enunciazione. Un solo esempio, dal maggior scrittore che si compiaccia di rado del nonfunzionale, Tolstoj (cfr. v, 8). Nel 1805 da romanzo storico di Guerra e pace, una macchina come il tornio (antichissima seppur perfezionata) nello studio del principe Bolkonskij attesta la formazione rousseauiana del vecchio: L’immenso studio era pieno di oggetti che, evidentemente, erano usati di continuo. Una grande tavola, sulla quale erano sparsi libri e disegni, alti scaffali di biblioteca, chiusi a vetri e con le chiavi agli sportelli, una tavola alta per scrivere in piedi, sulla quale era aperto un quaderno, un tornio con tutti i suoi utensili e coi trucioli sparsi in giro, tutto in-
dicava un’attivita costante, molteplice e ordinata ”.
Proseguir6, sino alla fine, con esempi di funzionale d’acquisizione; e trascuro pochi reperti, se mi attengo ai casi in cul si
ritrovi almeno uno dei tratti che traducevano lo sbalordimento di Sancho Panza. % Libro I, parte I, cap. xxv: Tolstoj, Guerra e pace cit., t. I, p. 101.
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5. In un sonetto di Belli del 1843, Le carrozze a vapore, si sfoga a proposito della ferrovia un popolano non pit istruito di Sancho; e, anziché ammirato, superstiziosamente scandalizzato. Una carrozza che sembra volare non é cosa naturale,
nemmeno é buona giacché non adottata dal papa, non resta se non che sia soprannaturale diabolico. Dietro le spalle del personaggio l’autore da torto al suo regressivo buon senso, quindi ragione alla razionalita progressiva che lo sorpassa; testualmente pero, la ragione dell’autore lascia al torto del personaggio e la parola e la logica e la simpatia. Procedimento tipico dell’ironia illuministica, qui dialettalmente tardo: Che naturale! naturale un cavolo. Ma po ésse un affetto naturale vola un frullone com’avesse |’ale? Qui c’entra er patto tacito cor diavolo.
Dunque m6 ha da fa pit quarche bucale d’acqua che sei cavalli, eh sor don Pavolo? Pe me come l’intenno ve la scavolo: st’invenzione é tutt’opera infernale”.
Ma la polarita di funzionale e soprannaturale manca ormai della necessita militante che aveva avuta nel Settecento,
coincide meno semplicemente con quella di progresso e regressione. Non parlo di storia delle idee né di vita politica, religiosa e tecnologica; parlo di esaltazioni gia non integre, di contestazioni non ancora senza risvolti, in letteratura. La no-
vita della ferrovia batte sui tempi il rinnovamento con cui i romantici francesi stavano rendendo antiquato lo stile nobile. Lo stesso Hugo, protagonista del rinnovamento, nel 1837 non riesce a parlare in versi della novita se non mediante una doppia perifrasi: per la legge di gravita, e per il treno che sembra smentirne gli effetti. La catacresi si estende su una quartina: O poétes! le fer et la vapeur ardente Effacent de la terre, 4 ’heure ot vous révez, L’antique pesanteur, a tout objet pendante, Qui sous les lourds essieux broyait les durs pavés ”. 4G. G. Belli, I sonetti, Feltrinelli, Milano 1965, t. IV, p. 2097; affetto = effetto, frullone= carrozza, scavolo= spiattello.
» Les Voix intérieures, I: Hugo, Euvres poétiques, t. I cit., p. 924 (pp. 923-24). [O poeti! il ferro e il vapore ardente |Cancellano dalla terra, nel mentre che sognate,
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Nell’ ultima quartina del componimento, il progresso sociale € conoscitivo esaltato dal contesto é messo a sorpresa in rapporto con la religione. Non altro spirito di conservazione che Peclettismo pud domandarsi, con timore segreto, se il rapporto sia di alternativa: Mais parmi ces progrés dont notre Age se vante,
Dans tout ce grand éclat d’un siécle éblouissant, Une chose, 6 Jésus, en secret m’épouvante,
Cest l’écho de ta voix qui va s’affaiblissant *.
Separati in Hugo, dubbio assiologico generale e disagio linguistico particolare fanno tutt’uno in alcune strofe de La Maison du Berger” di Vigny, pubblicata nel 1844. Il primitivo veicolo campestre del titolo annuncia il viaggio amoroso disinteressato e lento; opposto al nuovo modo di viaggiare fulmineo, fragoroso e pericoloso: Que Dieu guide 4 son but la vapeur foudroyante Sur le fer des chemins qui traversent les monts, Qu’un Ange soit debout sur sa forge bruyante Quand elle va sous terre et fait trembler les ponts Et, de ses dents de feu dévorant ses chaudiéres, Transperce les cités et saute les riviéres Plus vite que le cerf dans l’ardeur de ses bonds!
Oui, si Ange aux yeux bleus ne veille sur sa route, Et le glaive 4 la main ne plane et la défend, Sil n’a compté les coups du levier, s’il n’écoute Chaque tour de la roue en son cours triomphant, S’il n’a l’ceil sur les eaux et la main sur la braise, Pour jeter en éclats la magique fournaise Il suffira toujours du caillou d’un enfant”. |L’antico peso da ogni oggetto pendente, |Che sotto ruote pesanti rompeva duri selciati].
26 Tbid. [Ma fra questi progressi che la nostra eta vanta, |Nel cosi gran fulgore dun secolo abbagliante, |Una cosa, o Gesu, mi spaventa in segreto: |L’eco della tua voce che estinguendo si va].
27 [La casa del pastore]. 28 A. de Vigny, Euvres completes, «Bibliothéque de la Pléiade», 1986, t. I, pp. 121-22. [Che Dio guidi alla meta il vapore folgorante |Sul ferro delle vie che traversano imonti, |Che un Angelo sia in piedi sulla forgia fragorosa |Quando va sotto terrae fa tremare i ponti |E, coi denti di fuoco divorando le caldaie, |Trapassa le citta e scavalca i fiumi |Pit veloce del cervo nell’ardore dei suoi balzi! ||Si, se ’Angelo dagli occhi azzurri non veglia sulla strada, | E con la spada in mano non plana e la difende, |Se non ha contato i colpi della leva, se non ascolta |Ogni giro della ruota nel suo corso trionfante, |Se non ha l’occhio sulle acque e la mano sulla brace, |Per mandare in frantumi la. magica fornace |Sara sempre bastante il sasso d’un bambino].
DIR
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Vigny 'scrive le fer des chemins, meno umile del diretto chemun de fer; di espressioni dirette, a designare la ferrovia, non conterei che « colpi della leva», « giro della ruota», pit vagamente «caldaie», «acque» e «brace». Entro l’ampia perifrasi che esprime il pericolo, possiamo contare tutte le altre espressioni come catacresi, «vapore folgorante», « forgia
fragorosa», «denti di fuoco», «magica fornace». Nelle tre strofe successive: «le taureau de fer qui fume, souffle et beugle», «le ventre brialant du taureau de Carthage », « Dragon mugissant qu’un savant a fait naitre», «ailes de feu»? E fatale che il ricorso dal nuovo al noto della catacresi insista su antichita, mitologia e magia. Ne é una riprova la maggior goffaggine dei confronti naturali: il rincaro secondo cui il treno va pit veloce del cervo, poi l’equiparazione a una freccia in stile classico. Il soprannaturale di Dio e dell’Angelo, che dovrebbe vigilare con attenzione da ingegnere o macchinista, da pur valore d’irresolutezza ideologica e sgomento emotivo alle stesse esigenze che sono dietro la catacresi. Al bisogno di mediazione fra nuovo e noto: tradotto pit oltre in delimitazione di motivi urgenti per salire sui treni, un amico o una madre moribonda, uno scopo militare o scientifico di risonanza nazionale. Il linguaggio poetico ritrova con la sua sicurezza tutto il suo incanto, quando torna alla dolcezza delle situazioni contingenti che l’innovazione sta per abolire, guarda alla frigidezza della situazione uniforme che l’evoluzione sta per impiantare. Era il disordine del vecchio viaggio innocentemente antifunzionale; sara l’ordine del nuovo tempo e spazio che la funzionalita misura e costringe: On n’entendra jamais piaffer sur une route
Le pied vif du cheval sur les pavés en feu; Adieu, voyages lents, bruits lointains qu’on écoute,
Le rire du passant, les retards de l’essieu, Les détours imprévus des pentes variées, Un ami rencontré, les heures oubliées,
L’espoir d’arriver tard dans un sauvage lieu. La distance et le temps sont vaincus. La science
Trace autour de la terre un chemin triste et droit. Le monde est rétréci par notre expérience
Et léquateur n’est plus qu’un anneau trop étroit. ? Ibid. [il toro di ferro che fuma, soffia e mugghia]. [il ventre bruciante del toro di Cartagine]. [Drago muggente che un dotto ha fatto nascere]. [ali di fuoco].
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Plus de hasard. Chacun glissera sur sa ligne Immobile au seul rang que le départ assigne, Plongé dans un calcul silencieux et froid ».
6. Sbaglierebbe chi si aspettasse metamorfosi del rincaro tanto piu orgogliose e ottimistiche, rispetto alla figura barocca o neoclassica, quanto era incommensurabile la novita dei tempi. L’incommensurabilita introduce, in ogni confronto tra nuovo e noto, una coscienza di paradosso: che é un principio di ambivalenza. Se Baudelaire scrive nel 1846 che gli eroi dell’I/ade arrivano alle caviglie dei personaggi di Balzac, il giudizio é tutt’altro che puramente letterario. Ma niente di pit ambivalente della rivendicazione a cui fa seguito: quella di valori come la «bellezza moderna», e la diffusione invisibile del meraviglioso nella vita parigina”. In varianti pid nascoste, il rincaro é riconoscibile proprio grazie al fatto che ha il soprannaturale per termine perdente, contro un termine vincente proprio della funzionalita capitalistica. Ecco come Balzac pu figurare la febbrile mobilita dell’ attenzione alla Borsa di Parigi: «A cette heure oii tous les intéréts sont en jeu, Moise, en paraissant avec ses deux cornes lumineuses, obtiendrait a peine les honneurs d’un calembour,
et serait nié par les gens en train de faire des reports» ”. La frase suona disapprovazione per la distratta incredulita degli speculatori, o ammirazione per l’enormita e l’imprevisto del moderno giro d’affari? Che a confronto con questo non ci sia posto per miracoli d’altra specie, il contesto di Melmoth réconcilié” (1835) lo conferma nel pit paradossale dei modi. Balzac prova a redimere la conclusione del romanzo di Maturin (Iv, 24), salvando il protagonista; ma il dato originario 30 Ibid. [Non si udra mai scalpitare sopra una strada |II piede vivo del cavallo sui selciati in fuoco; |Addio, viaggi lenti, rumori ascoltati lontano, |II riso del passante, i ritardi della ruota, |Le curve impreviste delle mutevoli chine, |Un amico incontrato, le ore dimenticate, |La speranza d’arrivare tardi a un selvaggio luogo. ||La distanza ed il tempo sono vinti. La scienza |Traccia intorno alla terra una via triste e dritta. |I] mondo é fatto angusto dalla nostra esperienza |E |’equatore non é pit che un anello troppo stretto. |Non c’é piti caso. Ognuno scivolera sulla sua linea |Immobile al solo posto che la partenza assegna, |Immerso in un calcolo silenzioso e freddo]. 31 Salon de 1846: Baudelaire, Euvres completes, « Bibliothéque de la Pléiade»,
1976, t. II, pp. 493-96.
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32 Balzac, La Comédie humaine, t. X cit., p. 385. [A quest’ora in cui tutti gli interessi sono in gioco, Mosé, apparendo con le sue due corna luminose, otterrebbe a stento gli onori d’un gioco di parole, e sarebbe negato dalle persone che stanno facendo dei riporti]. 33 [Melmoth riconciliato].
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resiste male alla trovata che il patto col diavolo finisca, appunto in Borsa, svenduto e svalutato. L’evidenza del rincaro m’incoraggia, non a parlare di storia delle idee, ma ad addurre momenti figurali da scritture ideologiche famose. I] riconoscimento del ruolo rivoluzionario della borghesia, nel Manzfest der Kommunistischen Partet, ideologicamente non implica nessuna incoerenza: lirreversibilita dei cambiamenti provocati da questa classe é la condizione d’una critica senza scampo progressista come quella di Marx. Ma la spietatezza della critica non esclude ammirazione per la grandiosita dell’ opera di cambiamento, e consente assiologicamente un conscio margine di ambivalenza. Il confronto tra nuovo e noto, tra le meraviglie dell’attivita borghese e i maggiori monumenti di pietra e movimenti di popoli antichi e medievali, é storicamente necessario; con esso s’impone, figura dell’ammirazione, il rincaro: Erst sie [die Bourgeoisie] hat bewiesen, was die Tatigkeit der Men-
schen zustande bringen kann. Sie hat ganz andere Wunderwerke vollbracht als agyptische Pyramiden, romische Wasserleitungen und gotische Kathedralen, sie hat ganz andere Zige ausgefthrt als Volkerwanderungen und Kreuzztige *.
In un testo postumo del 1857, il noto che Marx confronta al nuovo non é solo antico ma soprannaturale: la mitologia greca. Sitratta del problema della sopravvivenza, anzi del valore di modello, mantenuto fino ai tempi moderni da un’arte che presupponeva quella mitologia come visione del mondo. che qui nessuna incoerenza ideologica; ma l’ambivalenza assiologica émassima, a meno che non sia del tutto assente, tenuto conto che i termini ultimi del discorso comparativo sono eterogenei. La superiorita estetica dell’arte greca é fuori dubbio da una parte, come loé d’altra parte quella pratica, tecnica della realta moderna. E comunque quest’ ultima superiorita che prende forma di rincaro, ai danni del termine intermedio mitologico, in quanto dominio effettivo anziché fantastico sulle forze della natura: Ist die Anschauung der Natur und der gesellschaftlichen Verhaltnisse, die der griechischen Phantasie und daher der griechischen Mythologie 4 Marx e Engels, Werke, t. IV cit., p. 465. [Essa per prima [la borghesia] ha dimostrato che cosa l’attivita degli uomini pud portare ad effetto. Ha compiuto ben altre meraviglie che piramidi egiziane, acquedotti romani e cattedrali gotiche, eseguito ben altre spedizioni che migrazioni dei popoli e crociate].
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zugrunde liegt, méglich mit Selfaktors und Eisenbahnen und Lokomotiven und elektrischen Telegraphen? Wo bleibt Vulkan gegen Roberts et Co., Jupiter gegen den Blitzableiter und Hermes gegen den Crédit mobilier? Alle Mythologie tiberwindet und beherrscht und gestaltet die Naturkrafte in der Einbildung und durch die Einbildung: verschwindet also mit der wirklichen Herrschaft tiber dieselben. Was wird aus der Fama neben Printinghouse Square? ».
Che poi qua e 14 nel primo libro di Das Kapital ricorra un certo tipo di confronti, non é indicativo solo della cultura umanistica di Marx, e d’un costume di allusioni antonoma-
stiche in funzione polemica e ironica. Qui il nuovo consiste in elementi del sistema capitalistico e colonialistico, particolari o generali, il noto in riferimenti vari al soprannaturale: religioso o magico, pagano 0 cristiano, mitologico o poetico. Pid raramente, in riferimenti solo antichi o solo letterari sen-
za soprannaturale. II pit delle volte il noto soccombe al nuovo in un esplicito rincaro; c’é il verbo stesso nella terza frase che cito: Dante wird in dieser Manufaktur seine grausamsten Hollenphantasien ibertroffen finden. Diese Macht asiatischer und agyptischer Konige oder etruskischer Theokraten usw. ist in der modernen Gesellschaft auf den Kapitalisten ibergegangen...
Die Beschreibung der workshops (Arbeitslokale), namentlich der Londoner Drucker und Schneider, iiberbietet die ekelhaftesten Phantasien unsrer Romanschreiber.
Das Gesetz endlich, welches die relative Ubervélkerung oder industrielle Reservearmee stets mit Umfang und Energie der Akkumulation in Gleichgewicht halt, schmiedet den Arbeiter fester an das Kapital als den Prometheus die Keile des Hephastos an den Felsen.
5 Einleitung zur Kritik der politischen Okonomie [Introduzione alla critica dell’economia politica]: Marx e Engels, Werke, t. XIII cit., p. 641. Piti sotto: «Ist Achilles méglich mit Pulver und Blei? Oder iiberhaupt die “Iliade” mit der Druckerpresse oder gar Druckmaschine? » [E possibile Achille con la polvere e il piombo? O la stessa Iliade col torchio tipografico o addirittura la macchina tipografica?] [Forse che la visione della natura e dei rapporti sociali che sta alla base della fantasia greca e percio della mitologia greca, possibile con le filatrici automatiche e le ferrovie e le locomotive ei telegrafi elettrici? Dove resta Vulcano di fronte a Roberts & C., Giove di fronte al parafulmine e Mercurio di fronte al Crédit mobilier? Ogni mitologia vince, domina e plasma le forze della natura nell’immaginazione e mediante |’immaginazione: scompate quindi con l’effettivo dominio su di esse. Che ne é della Fama accanto a Printinghouse Square?]
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Der Gencrlgaeeren [der Englisch-Ostindische Kompanie] nahm teil an diesem Privathandel. Seine Giinstlinge erhielten Kontrakte unter Bedingungen, wodurch sie, kliiger als die Alchimisten, aus nichts Gold machten. Es war [das Kolonialsystem] « der fremde Gott », der sich neben die alten Gotzen Europas auf den Altar stellte und sie eines schonen Tages mit einem Schub und Hautz samtlich tiber den Haufen warf. Um dieselbe Zeit, wo man in England aufhérte, Hexen zu verbrennen,
fing man dort an, Banknotenfalscher zu hangen *.
Il Faust — dove abbiamo gia letto apologie del funzionale (Iv, 11, 32) —fu modello d’un rapporto tutto ottocentesco fra materie da leggenda e referenti d’attualita. Un rapporto che definirei di rimotivazione: dove un dato attuale sia abbastanza problematico per rendere significato al dato leggendario, e quello leggendario abbastanza misterioso per prestarsi a significante di quello attuale. La divergenza non é solo ideologica, fra la trattazione intitolata Das Kapital, e i drammi musicali intitolati Der Ring des Nibelungen (cfr. v, 12). Pure
quest’ultimo titolo rinvia per metafora mitica alla stessa realta che il primo enuncia al grado zero: |’anticapitalismo romantico, discutibile secondo l’ideologia, racconta la storia come antinatura e mette in scena con orrore insuperato aspet-
ti di quella realta. Parlo della scena sotterranea in Nibelheim, dei suoi squarci d’incubo entro la tragicommedia che é Das Rheingold. Wagner modernizza le fonti norrene medievali, e fa che l’anello valga a chi se |’é creato il lavoro coatto degli gnomi suoi pari, fabbri umiliati a minatori: « Nun zwingt uns 36 Marx e Engels, Werke, t. XXIII cit., Pp. 261, "353, 488-89, 675, 780, 782, 783. L’espressione fra virgolette, nella penultima citazione, applica a rovescio un paragone del personaggio piti famoso di Diderot: il Dio europeo, secondo una tattica gesuitica, aveva soppiantato cosi gli idoli dei paesi colonizzati (Diderot, Le Neveu de Rameau Cit., p. 82). [Dante troverebbe superate in questa fabbrica le sue piti crudeli fantasie infernali]. [Questa potenza dei re asiatici ed egiziani o dei teocrati etruschi ecc., nella societa moderna é passata al capitalista...] [La descrizione dei workshops (locali di lavoro), specialmente dei tipografi e sarti londinesi, rincara sulle fantasie pid nauseabonde dei nostri romanzieri]. [La legge insomma che mantiene sempre un equilibrio fra la sovrapopolazione relativa, o esercito industriale di riserva, e la portata e il vigore dell’accumulazione, incatena piti saldamente il lavoratore al capitale che i cunei di Efesto Prometeo alla roccia]. [Il governatore generale [della compagnia inglese delie Indie Orientali] prese parte a questo traffico privato. I suoi favoriti ottennero contratti a condizioni grazie a cui, pit avveduti degli alchimisti, facevano oro dal nulla]. [Era [il sistema coloniale] «il dio straniero» che si piazzd sull’altare accanto ai vecchi idoli d’Europa e un bel giorno con uno spintone, patatrac, li gettd tutti a terra]. [Circa alla stessa epoca in cui in Inghilterra smisero di bruciare streghe, cominciarono a impiccare falsari di banconote].
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der Schlimme, — in Kliifte zu schliipfen, — fiir ihn allein — uns
immer zu muh’n. — [...] — da miissen wir spahen, — spiiren und graben, — die Beute schmelzen — und schmieden den Guss, — ohne Ruh’ und Rast — dem Herrn zu haufen den
Hort»”. Nel 1848, data non casuale d’avvio della genesi del ciclo wagneriano, il manifesto marxiano attribuiva la conquista totale e unificante del mondo alla borghesia. « Sie hat ganz andere Wunderwerke vollbracht als...», diceva il testo piu sopra; Wagner fa dire, del suo gnomo: « macht’ ge Wunder — wirke hier Alberich»; e da lui stesso: «denk’ ich dann
Wunder zu wirken: — die ganze Welt — gewinn’ ich mit ihm [dem Hort] mir zu eigen» ”. Non senza minacciosa grandezza, il funzionale figura qui maledetto. Letteralmente, nelle sue cause e nei suoi effetti, grazie al mito; della cui rimotivazione non c’é esempio pit inquietante che |’onnipresenza invisibile di Alberich: «ihm musst’ihr schaffen, — wo nicht ihr ihn schaut; — wo nicht ihr ihn gewahrt, — seid seiner gewartig »; « Niemand sieht mich, — wenn er mich sucht; — doch uberall bin ich, — geborgen dem Blick» ”. Effetto d’un elmo metamorfico, asservito all’anello come lo é al capitale la tecnica, che vi si traveste regressivamente da magia. Esso non fara mai se non nuocere ai personaggi che se ne servono; anche quando, in Gotterdammerung, si aggiungera ai suoi prodigi una profetica abolizione di distanze (riservata alle macchine dai nomi in fele-): «ver-
langt’s dich an fernsten Ort...» *. Peggio, lo stravolgimento del sembiante s’insinuera nel pit intimo dei rapporti affettivi. Nell’officina di Nibelheim, l’adulazione da voce anche al rincaro: « Vieles sah ich, — Seltsames fand ich: — doch solches
Wunder — gewahrt’ ich nie». Ma il ricorso dal nuovo al no37 Sc. m1: Wagner, Das Rheingold (libretto) cit., p. 48. [Ora ci costringe il malvagio |a strisciare in caverne, |per lui solo |sempre a faticare. | [...] |allora dobbiamo spiare, |rintracciare e scavare, |fondere il bottino |e forgiare la colata, |senza riposo e *regua |per accumulare al padrone il tesoro]. 38 Ibid., pp. 51, 53. LHa compiuto ben altre meraviglie che...] [potenti meraviglic | qui compirebbe Alberich]. [penso di compiere un giorno meraviglie: |del mondo intero |mi fard con esso [il tesoro] conquista e proprieta].
© Ibid., pp. 47, 54-55. [per lui dovete affaccendarvi, |dove non lo scorgete; |dove di lui non vi accorgete, |aspettatevelo]. [Nessuno mi vede, |quando mi cerca; |ma dovunque io sono, |nascosto allo sguardo]. 4 Atto I, sc. u: Wagner, Gétterdémmerung cit., p. 25. [se hai desiderio del luogo pid lontano...]
41 Wagner, Das Rheingold cit., p. 55. [Molto io vidi, |cose strane trovai: |pure tale meraviglia |non ho mai scorto].
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to s'inverte, nel rinvio allucinatorio e allegorico dal soprannaturale mitico alla modernita. Forse non é improprio percepire l’analogo d’una catacresi verbale nell’uso dell’orchestra: dove l’innovazione timbrica grava su mobilitazioni inaudite degli ottoni, per non parlare delle 16 incudini dietro la scena, e orienta l’immaginazione a pesanti metalli non da armature ma da macchinari. Tanto pit fa impressione che sia invece negato il linguaggio, cioé il canto, alla massa proletaria deformata in proporzioni nane. Balzac non aveva fatto posto agli operai ne La Comédie humaine; \a didascalia teatrale di Wagner non accorda ai suoi nibelunghi, fuori partitura, che il grido inarticolato di terrore” II rincaro progressista pud avere in sé lambivalenza della rivalita edipica, fra abolire il padre e succedere al padre, fra prendergli il posto per differire da lui o per essere lui. Nel Song of the Exposition” di Whitman, letto all’inaugurazione di quella dell’ American Institute in New York nel 1871, l’antico e il moderno si contrappongono spazialmente nel Vecchio e Nuovo Mondo; l’invocazione alla Musa ha il senso e il linguaggio d’una disinvolta dissacrazione, che non risparmia il biblico pit del classico: Come Muse migrate from Greece and Ionia, Cross out please those immensely overpaid accounts, That matter of Troy and Achilles’ wrath, and Aeneas’, Odysseus’ wanderings, Placard ‘Removed’ and ‘To let’ on the rocks of your snowy Parnassus, Repeat at Jerusalem, place the notice high on Jaffa’s gate and on Mount Moriah, The same on the walls of your German, French and Spanish castles, and Italian collections, For know a better, fresher, busier sphere, a wide, eitittied domain awaits, demands you". # Tbid., p. 51; e cfr. Das Rheingold (partitura) cit., p. 435. *% [Canto dell’esposizione). 44 Vv. 15-21: W. Whitman, Leaves of Grass, Everyman’s Library, London — New
York 1947, pp. 166-67 (166-74). Giaffa era il porto di Gerusalemme, sul Monte Moria sorgeva il tempio di Salomone. * [Vieni Musa emigra dalla Grecia e dalla Ionia, |Cancella per favore quei conti enormemente superpagati, |Quella storia di Troia e dell’ira di Achille, e degli erramenti di Ulisse, di Enea, |Affiggi « Traslocato » e « Siloca» sulle rocce del tuo nevoso Parnaso, |Ripetilo a Gerusalemme, metti alto l’avviso
sulla porta di Giaffa e sul Monte Moria, |Lo stesso sulle mura dei tuoi castelli tedeschi, francesi e spagnoli, e collezioni italiane, |Perché, sappi, una sfera migliore, pit fresca, pit attiva, un ampio, intentato dominio t’aspetta, ti domanda].
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E la «dama delle dame» viene oltre oceano. Una pit lunga ricapitolazione del patrimonio mitico euro-orientale, che non ha potuto «trattenerla», va dalle tombe egiziane al medioevo carolingio e arturiano; tutto un venerando-regressivo rifiutato, spedito all’ossario — o un monitorio-solenne soccombente a una rotazione di spazio piti che di tempo: Jerusalem a handful of ashes blown by the wind, extinct...
Nel nuovo ambiente, la «illustre emigrata» si compiace di restare: By thud of machinery and shrill steam-whistle undismay’d, Bluffd not a bit by drain-pipe, gasometers, artificial fertilizers... *.
Gli «strati» dei suoi temi anteriori, ricoperti da quelli odierni, ne diverranno le
«fondamenta». La «cattedrale»
dell’industria sara pit possente e bella e orgogliosa e pittoresca dei monumenti che lo erano per eccellenza; ma la frattura del rincaro, in nome dell’identita della razza umana, cede
alla continuita del ricorso al noto. Chiamano suggestivamente le cose coi loro nomi, senza catacresi né metafora, i versi
che annunciano nelle sale dell’esposizione processi tecnici in azione e lezioni di natura e d’arte. Ma il mutamento di forma delle materie si vedra avvenire «come per magia»; e il successivo paragrafo modera il rincaro in ricorso: questi le piramidi e obelischi, il faro alessandrino e i giardini babilonesi e il tempio olimpico, d’America®. Ricorso e rincaro giovano, come titoli di nobilta trasferibili, agli ideali che si vogliono far trionfare: ne ha bisogno la nudita ascetica, la carenza utopica del loro mito sostitutivo. Tecnica e scienza, produzione e specializzazione, lavoro e domesticita familiare. II linguaggio dell’entusiasmo ha un bell’essere, in questo testo, lo svecchiamento stesso di quello d’un Monti; se oggi anch’esso ha un sapore vecchiotto, é perché abbiamo imparato quanto male sia attuabile, per tutte e nove le muse: To teach the average man the glory of his daily walk and trade... ”. © Vy. 44 (39-53), 56-57: tbid., pp. 167-68. [Gerusalemme una manciata di ceneri disperse dal vento, estinta...] [Ai tonfi di macchinari e striduli fischi di vapore imperterrita, |Neanche un po’ imbrogliata da canali di scarico, gasometri, fertilizzanti artificiali...]
46 Vy. 36-37, 73-79, 66-68, 95-110, 1-13: tbid., pp. 167-70.
47 Cfr. v. 140: tbid., p. 171. [Insegnare all’uomo medio la maesta del suo cammino € commercio quotidiano...]
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ve Bond la ferrovia e la fotografia passano dalle esposizioni al quotidiano, durante la Belle Epoque positivista, l’automobile e il telefono; si leva l’aeroplano— per limitarci alle nuove funzionalita con cui si é pid cimentato il discorso dei sette romanzi di Proust. Da l’impressione assoluta e quindi durevole del nuovo chi ne presuppone la relativita, la transitorieta insidiata dall’abitudine. Proust é tenuto a farlo secondo la sua poetica, e secondo le maggiori costanti profonde dell’opera: dove appunto |’abitudine, sempre che non sia sicurezza opposta a un ignoto quale angoscia, é indifferenza da cui spicca o in cui si spegne un ignoto quale fascino. Questo mobile paradigma fissa una forma ai contenuti pit varie, certo, ’ignoto é termine ben altrimenti comprensivo che le novita tecniche. Ma, a fronteggiarle, una poetica che fa cominciare la verita con la metafora * propone l’unico strumento: consunta da indifferente abitudine, la parola propria non vale. E come se nel seguirla 0 nel precederla una o pit metafore, fuorvianti verso l’ignoto fascinoso, avessero funzione di catacresi. Procedimento, del resto, tanto pit indispensabile quanto pit comuni le cose di cui si parla: esso prende il lettore alla sprovvista, nel primo e pit famoso passo cosi concepito, affinché risulti genuina la sensazione d’un fenomeno naturale come la pioggia®. Per un’invenzione culturale recente verso il 1900, la semplicita topica del ricorso al soprannaturale finisce travolta dalla profusione e precisione dell’inventiva mitologizzante: Le téléphone n’était pas encore 4 cette €poque d’un usage aussi courant qu’aujourd’hui. Et pourtant l’habitude met si peu de temps a dépouiller de leur mystére les forces sacrées avec lesquelles nous sommes en contact que, n’ayant pas eu ma communication immédiatement, la seule pensée que j’eus, ce fut que c’était bien long, bien incommode, et
presque l’intention d’adresser une plainte: comme nous tous maintenant, je ne trouvais pas assez tapide amon gré, dans ses brusques changements, ladmirable féerie4 laquelle quelques iinstants suffisent pour qu’apparaisse prés de nous, invisible mais présent, l’étre 4qui nous voulions parler... [...]. Nous n’avons, pour que ce miracle s’accomplisse, qu’a approcher nos lévres de la planchette magique et a appeler — quelquefois un peu trop longtemps, je le veux bien — les Vierges Vigilantes dont nous entendons chaque jour la voix sans jamais connaitre le 48 Cfr, Proust, A la recherche..., t. IV cit., p. 468. Cfr. Proust, A la recherche.. its I cit., p. 100.
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visage, et qui sont nos Anges gardiens dans les ténébres vertigineuses dont elles surveillent jalousement les portes; les Toutes-Puissantes par qui les absents surgissent a notre cété, sans qu’il soit permis de les apercevoir; les Danaides de l’invisible qui sans cesse vident, remplissent, se transmettent I’urne des sons; les ironiques Furies qui, au moment que nous murmurions une confidence a une amie, avec l’espoir que personne ne nous entendait, nous crient cruellement: ‘J’écoute’; les servantes
toujours irritées du Mystére, les ombrageuses prétresses de l’Invisible, les Demoiselles du téléphone! *.
La relazione figurale s’inverte e s’intensifica, quando dopo le voci intermediarie é in questione la voce della persona cara. Metafora e soprannaturale si sono prestati alla novita del telefono; ora é il telefono che presta una metafora struggente alla distanza di coloro che amiamo, resa tanto pit sensibile dall’illusione della prossimita. O ad un’altra soprannaturale distanza, in cui il mistero della tecnica ne adombra
uno definitivo: Bien souvent, écoutant de la sorte, sans voir celle qui me parlait de si
loin, il m’a semblé que cette voix clamait des profondeurs d’ou |’on ne remonte pas, et j'ai connu l’anxiété qui allait m’étreindre un jour, quand une voix reviendrait ainsi (seule, et ne tenant plus 4 un corps que je ne devais jamais revoir) murmurer a mon oreille des paroles que j’aurais voulu embrasser au passage sur des lévres 4 jamais en poussiére *'.
Proust non teme nessuna latitudine di toni: da questo, ripassa a personificare in metafora lo strumento, il cui ricevitore 0 Le Cété de Guermantes, |: Proust, A la recherche..., t. I cit., pp. 431-32. [I telefono non era ancora a quell’epoca di uso corrente come oggi. E tuttavia |’abitudine mette cosi poco tempo a spogliare del loro mistero le forze sacre con cui siamo a contatto che, non avendo avuto la comunicazione immediatamente, il solo pensiero che ebbi fu che era lungo, scomodo, e quasi l’intenzione di presentare un reclamo; come noi tutti adesso, non trovavo a mio piacimento rapido il mirabile incantesimo a cui pochi istanti bastano perché appaia accanto a noi, invisibile ma presente, |’essere a cui volevamo parlare... [...]. Ci basta, perché questo miracolo si compia, avvicinare le
labbra alla tavoletta magica e chiamare — certe volte un po’ troppo a lungo, lo ammetto—le Vergini Vigilanti di cui sentiamo ogni giorno la voce senza conoscere il volto, e che sono i nostri Angeli custodi nelle tenebre vertiginose di cui sorvegliano gelosamente le porte; le Onnipotenti grazie a cui gli assenti sorgono al nostro fianco, senza che sia permesso scorgerli; le Danaidi dell’invisibile che senza posa svuotano, riempiono, si trasmettono l’urna dei suoni; le ironiche Furie che, nel momento in cui mormoravamo una confidenza a un’amica, con la speranza che nessuno ci sentisse, ci gridano crudelmente: « Sto ascoltando! »; le servitrici sempre irritate del Mistero, le om-
brose sacerdotesse dell’Invisibile, le Signorine del telefono!] >! [bid., p. 432. [Spesso, ascoltando in tal modo, senza vedere colei che mi parlava da tanto lontano, mi é sembrato che quella voce risuonasse dalle profondita da cui non si risale, e ho conosciuto l’ansieta che mi avrebbe stretto un giorno, quando una voce sarebbe tornata cosi (sola, e non pit legata a un corpo che non dovevo mai rivedere) a mormorarmi all’orecchio parole che avrei voluto baciare al passaggio su labbra per sempre in polvere].
az,
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riagganciato e ripreso chiacchiera inarrestabile come Pulcinella. Poi ricomincia a fare del telefono, da un fine, un mezzo metaforico. Il nuovo funzionale magico porta a scoprire qualcos’altro di nuovo, e di doloroso, nella voce della nonna: per la prima volta isolata dal viso, dolcemente cambiata, incrinata dai dispiaceri. Con l’interrompersi improvviso della comunicazione, con gli appelli non udibili dalle due parti, la metafora di perdita si realizza pid a fondo. La nonna viene chiamata invano, come il nome della morta da Orfeo rimasto solo; infine, senza che occorra piti nominarle, la mitologia torna a gratificare delle sue trasfigurazioni le signorine del telefono *. Nel romanzo seguente, soltanto dopo la sensazione genuina e il paragone mitico si nominera l’aereoplano: ... Je vis 4 une cinquantaine de métres au-dessus de moi, dans le soleil, entre deux grandes ailes d’acier étincelant qui l’emportaient, un étre dont la figure peu distincte me parut ressembler a celle d’un homme. Je fus aussi ému que pouvait l’étre un Grec qui voyait pour la premiére fois un demi-dieu”.
Cosi in Orlando della Woolf il momento di meraviglia delle novita tecniche é iperbolizzato, cioé reso verosimile, dallinverosimiglianza fantastica della cronologia (cfr. v, 15). AlVilluminazione elettrica, sotto Edoardo VII, la protagonista ha la reazione di chi era nato (maschio) nel Cinquecento; di
chi aveva visto, dopo Elisabetta I e Giacomo I, il Settecento della regina Anna el’Ottocento della regina Vittoria. Dispone d’una memoria e abitudine né corta come quelle individuali, né labile come quella collettiva che ne é l’addizione, bensi resistente quanto le une e lunga quanto l’altra. Era stato raccontato, sotto Giacomo, il buio d’una mezzanotte per le strade della periferia di Londra: » Ibid., pp. 432-35. Stessa mitologia per il telefono, pit fuggevolmente, in un episodio de La Prisonniére [La prigioniera]: M. Proust, A la recherche du temps perdu cit., « Bibliothéque de la Pléiade», 1988, t. III, pp. 606-9. Sodome et Gomorrhe [Sodoma e Gomorra], Ul, 3: ibid., p. 417. Cfr. aereoplani e walkirie, durante la guerra, Proust, A Ja recherche..., t. IV cit., pp. 337-38; € la breve mitologizzazione delle biciclette, Id., A la recherche... t. II cit., Pp, 675, 678 (la «ruota mitologica» di quella di Albertine, t. IV cit., p. 70). [... vidi a una cinquantina di metri al di sopra di me, nel sole, fra due grandi ali d’acciaio scintillante che lo portavano via, un essere la cui figura poco distinta mi parve somigliare a quella d’un uomo.
Fui commosso quanto poteva esserlo un Greco che vedeva per la prima volta un semidio].
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But it was [...] now, in the evening, that the change was most remarkable. Look at the lights in the houses! At a touch, a whole room was lit; hundreds of rooms were lit; and one was precisely the same as the other. One could see everything in the little square-shaped boxes; there was no privacy; none of those lingering shadows and odd corners that there used to be; none of those women in aprons carrying wobbly lamps which they put down carefully on this table and on that. At a touch, the whole room was bright. And the sky was bright all night long; and the pavements were bright; everything was bright *.
Col 1928, la «biografia» ha raggiunto il suo stesso anno di pubblicazione; ma Orlando, riflettendo al presente, pud permettersi lontani confronti vissuti. Per differenza, ahimé, col
secolo ideale dell’equilibrio fra progresso specializzato e divulgazione di lumi. Per somiglianza invece con le credenze magiche; la cui proprieta é di essere sempre anteriori, e di ritornare sempre. Quale altro ricorso di fronte a cid che, solo perché reale, mette a tacere la semplice questione di come sia possibile? The very fabric of life now, she thought as she rose [into the lift], is magic. In the eighteenth century, we knew how everything was done; but here I rise through the air; I listen to voices in America; I see men flying — but how it’s done, I can’t even begin to wonder. So my belief in magic returns”.
Il nuovo e il soprannaturale, presso narratori che rinnovano la dimensione stessa del tempo, non escludono a caso il rincaro: un’impressione individuale — se anche su tempi fantastici —, e tanto pit assoluta quanto pit relativa, é incommensurabile con precedenti famosi. La figura tradizionale di spregio della tradizione si prolunga invece, negli anni di poco anteriori o posteriori alla guerra mondiale, con la fortuna intercontinentale di Whitman prima che con le 4 Cap. vi: Woolf, Orlando cit., p. 267; e cfr. p. 55. [Ma era [...] adesso, di sera, che si notava al massimo il cambiamento. Guarda le luci nelle case! Con un tocco una camera intera s’illuminava; centinaia di camere s’illuminavano; e ciascuna era esatta-
mente uguale alle altre. Nelle piccole scatole quadrate si poteva vedere ogni cosa; non cera intimita; non pid quelle persistenti ombre e singolari angoli che si avevano prima; non pit quelle donne col grembiale che portavano lampade vacillanti e le posavano accuratamente su un tavolo e sull’altro. Con un tocco, la camera intera era splen-
dente. E il cielo era splendente per tutta la notte; e i marciapiedi erano splendenti; ogni cosa era splendente]. % Tbid., p. 270. [La struttura stessa della vita adesso, penso mentre si sollevava [nell’ascensore], é magia. Nel Settecento, sapevamo come ogni cosa veniva fatta; ma
qui mi sollevo per l’aria; ascolto voci in America; vedo uomini che volano — ma come cid venga fatto, non posso neanche cominciare a chiedermelo. Cosi la mia credenza nella magia ritorna].
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avanguardie storiche. Nella quarta delle Cing Grandes Odes* di Claudel (1907), la resistenza del poeta alla « Musa che é la Grazia» intona l’alibi d’una magnificazione dell'uomo «sottratto al caso»; al quale colonialismo planetario e macchinismo visionario aprono una « Via trionfale». Un versetto: Je le ferai avec un poéme qui ne sera plus l’aventure d’Ulysse parmi les Lestrygons et les Cyclopes, mais la connaissance de la Terre...”
Nel Canto a la Argentina® del nicaraguense Dario (1910), un immenso spazio australe attende esodi di greggi umane dai lontani antichi paesi d’Europa; la generosita accogliente mette in sordina ma non risparmia il confronto vantaggioso. Riserva il pit scoperto ai pid umili fra emigrati o indigeni, «césares de la labor, — multiplicadores de pan, — mas potentes que Gengis- Khan — y que Nabucodonosor». Fra traffici e forze urbane e carreggio di ferro e fragori, la catacresi metaforica e il ricorso leggendario hanno referenti pit o meno precisi: «veloz, acerado hipogrifo, — rosales elécaie flores — miliunanochescas, pompas— babildénicas...»”. Nel 1909 siamo alle avanguardie, col Manifesto del FuNipiins di Marinetti. Pid immemore che mai della propria precarieta nel passato, il sempiterno rincaro esaspera la 56 [Cinque grandi odi]. 7 P. Claudel, Ewvre poétique, «Bibliothéque de la Pléiade», 1957, p. 267 (pp. 263-77). Cfr., in Richard Wagner. Réverie d’un poéte francais [Richard Wagner. Fantasticheria d'un poeta francese): «Toute l’ceuvre positive du x1x* siécle a été pour les artistes comme si elle n’etait pas. Examinez combien peu ont été intéressés | par le présent, sympathiquesa ce qui changeait et se transformait sous Jeurs yeux, a ce qu’apportait avec lui de nouveau par exemple le chemin de fer. Cela, il n’y a eu que leséconomistes et les socialistes pour essayer de le dire tant bien que mal dans leur patois, et personne n’a compris (sauf Whitman) ces fréres sur toute la planéte qu’on mettait a notre disposition » [Tutta l’opera positiva dell’Ottocento é stata, per gli artisti, come se non fosse. Esaminate quanto pochi sono stati interessati dal presente, simpatetici verso quello che cambiava e si trasformava sotto i loro occhi, verso quello che di nuovo portava con sé per esempio la ferrovia. Questo, non ci sono stati che gli economisti
ei socialisti per tentare di dirlo alla meno peggio nel loro gergo, e nessuno ha compreso (tranne Whitman) i fratelli che venivano messi a nostra disposizione su tutto il pia-
neta] (Claudel, Ewvres en prose, « Bibliothéque de la Pléiade», 1965, pp. 865-66). [lo lo fard con un poema che non sara pit l’avventura di Ulisse fra i Lestrigoni e i Ciclopi, ma la conoscenza della Terra...] 8 [Canto all’Argentina). » R. Dario, Poesias completas, Aguilar, Madrid 1968, pp. 807, 808 (797-824). [cesari del lavoro, moltiplicatori di pane, |piti potenti di Gengis-Khan |e di Nabuchodonosor]. [veloce ippogrifo d’acciaio, |rosai elettrici, fiori |da milleunanotte, pompe |babiloniche...]
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pretesa di suonare inaudito; il presente dell’abolizione edipica misconosce quell’avvenire di successione accademica, o di periodico scandalo convenuto, a cui corre incontro. Magari oggi avesse soltanto un sapore vecchiotto, e non
peggiori associazioni, l’esempio pit volgarizzato nel nostro secolo della figura: Un automobile da corsa col suo cofano adorno di grossi tubi simili a serpenti dall’alito esplosivo... un automobile ruggente, che sembra correre sulla mitraglia, é pit bello della Vittoria di Samotracia.
Dal nuovo meccanico, la metafora catacretica ricorre al noto
naturale — dovendo quello culturale andare in malora: « cantieri incendiati da violente lune elettriche »; «stazioni ingorde, divoratrici di serpi che fumano»; «locomotive dall’ampio petto, che scalpitano sulle rotaie, come enormi cavalli d’acciaio imbrigliati di tubi...»°. D/altro spessore poetico la Ode triunfal" di Pessoa, sotto Peteronimo di Alvaro de Campos (cfr. v, 9), che nel 1914 fece funzione di manifesto dell’avanguardia portoghese. Non é che in essa manchino immagini, vocabolario ed entusiasmo, per una modernita meccanica dalla bellezza «totalmente sconosciuta agli antichi»; per tutto cid « con cui oggi é differente da ieri»”. Manca ogni tentazione di reificare la provvisorieta d’una tale differenza, di rimuovere passato e futuro. Nel presente non si fa che riconoscere la circolazione di entrambi: Canto, e canto o presente, e também o passado e o futuro, Porque o presente é todo o passado e todo o futuro E ha Platao e Virgilio dentro das maquinas e das luzes elétricas S6 porque houve outrora e foram humanos Virgilio e Platao, E pedacos do Alexandre Magno do século talvez cinqtienta, tomos que hao de ir ter febre para o cérebro do Esquilo do século
cem, Andam por estas correias de transmissao e por éstes émbolos e por éstes volantes...°. 60 F. T. Marinetti, Teoria e invenzione futurista, Mondadori, Milano 1983, pp. 10-11. 6! [Ode trionfale). 62 Pessoa, Obra poética cit., pp. 306, 308 (306-1). ® Tbid., p. 306. Cfr., all’altro capo dell’ode: « Eia tutto il passato dentro il presente! — Eja tutto il futuro gia dentro di noi! Eia! », p. 30; il mare é lo stesso di quando Platone parlava con Aristotele, pp. 308-9. [Canto, e canto il presente, e anche il passato eil futuro, |Perché il presente étutto il passato e tutto il futuro |E ci sono Platone e
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‘
Il ricorgo al noto avviene all’opposto del rincaro: sotto il segno d’una sorta di pancronia percettibile nel moderno, o di panteismo tangibile nel funzionale. In ambito naturale, culturale e soprannaturale. I motori sono una «natura tropicale», le macchine una «flora» dai profumi di olii e carboni; i commessi viaggiatori, i « cavalieri erranti dell’Industria»; le cose moderne tutte, la «nuova rivelazione metallica e dina-
mica di Dio»*. Percid «un bilancio é naturale quanto un albero» — di preferenza bilanci falsificati — «e un parlamento bello quanto una farfalla»°. Il moderno non coincide col funzionale per eccesso, alle realta meccaniche ne vengono alternate di tali che denotano piuttosto cronica inefficienza: la politica e i suoi scandali, la folla cittadina mista « che passa e non passa mai», le vetrine coi loro «articoli inutili che tutti vogliono comprare», l’amoralita dei poveri « inattingibili da tutti i progressi»®. Punte di malinconia provinciale degne qua e la di rammentare al lettore italiano, salva ogni differenza, i giorni festivi esibizionisti ed effimeri di Leopardi. II senso della periferia é latente, come suole esserlo sotto tutti i nomi dell’autore; mentre potenzia |’eccitazione modernista con ingenuita ostentata, fa sottilmente giustizia del trionfalismo ingenuo che il titolo dava a temere. Un trionfalismo pid giustificabile, per avere da poco strappato all’utopia la sua sanguinosa premessa rivoluzionaria, ricorre ironicamente a quell’utopia per eccellenza che non pone nient’altro se non le sue premesse quaggiti. I 150 000 000 (1919-20) di Majakovskij pregano il Padre per impetrare alla lettera incarnazione umana del Figlio, si assumono i miracoli del Figlio per rincarare sulla creazione del Padre: Siamo venuti,
in milioni di atei,
di pagani
e di senzadio: Virgilio dentro le macchine e le luci elettriche |Solo perché ci furono una volta e furono umani Virgilio e Platone, |E pezzi dell’ Alessandro Magno del secolo forse cinquantesimo, |Atomi che avranno la febbre per il cervello dell’Eschilo del secolo ceneo, |Passano da queste corregge di trasmissione e da questi stantuffi e da questi volanti...] Tbid., pp. 306-8. C’é perfino, tra parentesi, un momento metafisico: sul mistero del mondo, sul dover tutti morire, p. 310. © Tbid., p. 308. Thid., pp. 307; 307 € 309; 308; 309-10.
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battendo la fronte,
il ferro rugginoso, il campo: tutti
con fervore pregheremo il signore Iddio. Non scendere da un morbido letto di stelle, dio di ferro,
dio di fuoco, dio non di Marte, non di Nettuno o di Vega, dio di carne, dio uomo! Non cacciato in alto
a incagliarti fra le stelle, terrestre fra noi scendi, appari! Non sei colui ‘che é nei cieli’.
oie
noi stessi, sotto gli occhi di tutti faremo miracoli. La nostra impresa sara
tre volte pid difficile
di quella del creatore, che il vuoto ha riempito di cose.
Noi non solo dobbiamo, creando il nuovo, fantasticare,
ma con la dinamite distruggere il vecchio”.
Nel surrealismo, la rivendicazione progressiva del meraviglioso quotidiano, del cosiddetto irrazionale o in altre parole della «logica simmetrica » (cfr. 11, 12 ev, 10) fu momento liberatorio: malgrado i suoi aspetti futili, ludici quando non superstiziosi, malgrado i malintesi antianalitici nell’ammirazione di Breton per Freud. In un testo di Aragon, da Le 67 VY]. Majakovskij, Opere, Editori Riuniti, Roma 1980, t. V (Poem), pp. 16-17 (109-57) [trad. Carnevali e Crino].
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Paysande Paris (1926), la combinazione di tratti che abbia-
mo seguita lungo tre secoli si riconosce ancora al completo. Ma é largamente passata dalla retorica all’ideologia, dalla scrittura alla riflessione: non tanto il soprannaturale fa da termine di confronto al funzionale, quanto il funzionale perpetua rinnovandolo il soprannaturale. Avendo delegato alle macchine la facolta di pensare, l’uomo ritrova il terrore panico, di fronte a un incontrollabile e inarrestabile « pensiero del suo pensiero». Questa « dominazione magica» non trae principio dal principio d’utilita; Porgoglio, che sembra tradurre in surrealista il linguaggio neoclassico di Monti, va a parare in una domanda religiosa ulteriore: « Maintenant que nous avons couché a nos pieds |’éclair comme un petit chat, et que sans plus frémir que l’aigle nous avons compté sur sa face les taches derousseur du soleil, 4 qui porterons-nous le culte de latrie? » *. E questione non di« puerilita » come per lOlimpo o per l’Eucaristia, bensi propriamente di velocita, se attraverso le campagne non si vedono che «oratori deserti, calvari rovesciati». L’accelerazione del tempo, con cui sono incompatibili le pieghe dei vestiti delle Vergini, ha i suoi adeguati Dei; la metafora li trasfigura a lungo — come in Proust — prima di farne il nome: Ce sont de grands dieux rouges, de grands dieux jaunes, de grands dieux verts... [...]. Une étrange statuaire préside 4 la naissance de ces simulacres. Presque jamais les hommes ne s’étaient complus 4 un aspect aussi barbare de la destinée et de la force. Les sculpteurs sans nom qui ont élevé ces fantémes métalliques ignoraient se plier 4 une tradition aussi vive que celle qui tracait les églises en croix. Ces idoles ont entre elles une parenté qui les rend redoutables.Bariolés de mots anglais et de mots de création nouvelle, avec un seul bras long et souple, une téte lumineuse sans visage, le pied unique et le ventre a la roue chiffrée, les distributeurs d’essence ont parfois l’allure des divinités de lEgypte ou de celles des peuplades anthropophages qui n’adorent que la guerre. O Texaco motor oil, Eco, Shell, grandes inscriptions du potentiel humain! bientét nous nous signerons devant vos fontaines, et les plus jeunes d’entre nous périront d’avoir considéré leurs nymphes dans le naphte®. 6 Le Sentiment de la nature aux Buttes-Chaumont [IIsentimento della natura sulle Buttes-Chaumont], cap. u: L. Aragon, Le Paysan de Paris, Gallimard, Paris 1948, pp. 144-46. [Ora che abbiamo fatto,sdraiarsi ai nostri piedi il lampo come un gattino, e che senza fremere pit dell’aquila abbiamo contato sulla sua faccia le lentiggini al sole, a chi porteremo il culto di latria?]
® Ibid. [Sono grandi déi rossi, grandi déi gialli, grandi déi verdi... [...]. Una strana statuaria presiede alla nascita di questi simulacri. Quasi mai gli uomini s’erano
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8. La scena wagneriana di Nibelheim, fin qui l’esempio meno ambivalente di contestazione (vir, 6), era altresi quello
dove ha forma pit ambigua il topico ricorso. Si da a posteriori il nuovo, che indietreggia al noto attingendo in pieno mito nordico nani sotterranei e anello maledetto; a priori si da il noto, che rimbalza al nuovo obbligando a riconoscere referenti moderni quali l’officina e il capitale. Se al posto del passato si mette il futuro, al posto della tradizione mitica un incredibile d’invenzione, si ottiene il rapporto tra fantastico e funzionale della fantascienza di contestazione. Il romanzo fondatore di quest’ultima, dopo l’ottimismo positivista di Verne, é nel 1895 The Time Machine” di Wells: il «viaggiatore del tempo » trova nel mondo dell’anno 802 7o1 due specie separate discese dall’uomo, e quella inferiore si é sviluppata dalla tendenza industriale a confinare i lavoratori sotto la superficie della terra” — come i nibelunghi di Wagner. Nell’A. F. (anno dell’era di Ford) 631 del Brave New World” di Hux-
ley (1932), e assai peggio nel 1984 di Orwell (1949, cfr. v, 5), non si hanno col passato e con la sua cultura che rapporti di rimozione distruttiva e falsificazione repressiva. Kafka é troppo unico, per assegnare alla fantascienza di contestazione un racconto come In der Strafkolonie” (1914): il fanatismo punitivo della perfezionatissima macchina di tortura era invenzione d’un comandante defunto, sta per cedere all’umanitarismo innovativo del comandante attuale, non ha speranza di riscossa che in una profezia di resurrezione. I] romanzo di Orwell é appena posteriore alla seconda guerra mondiale, compiaciuti di un aspetto cosf barbaro del destino e della forza. Gli scultori senza nome che hanno innalzato questi fantasmi metallici non sapevano di piegarsi a una tradizione viva quanto quella che tracciava le chiese a croce. Questi idoli hanno fra loro una parentela che li rende temibili. Variopinti di parole inglesi e di parole di nuova creazione, con un solo braccio lungo e flessibile, una testa luminosa senza volto, il pie-
de unico e il ventre con ruota cifrata, i distributori di benzina hanno talvolta I’aria del-
le divinita d’Egitto o di quelle delle popolazioni antropofaghe che adorano solo la guerra. O Texaco motor oil, Eco, Shell, grandi iscrizioni del potenziale umano! Pre-
sto ci faremo il segno della croce davanti alle vostre fontane, e i piti giovani fra noi periranno per aver considerato le loro ninfe nella nafta]. 7 [La macchina del tempo). 7” Cap. v: H. G. Wells, The Time Machine, Everyman’s Library, London — New
York 1978, pp. 54-57.
? [Magnifico mondo nuovo). ® [Nella colonia penale).
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ma dopo i campi di sterminio e la bomba atomica non é solo lesaltazione del funzionale a diventare letterariamente improbabile. Anche una contestazione fantastica e tragica, preveggente e inorridita: la realta l’ha ridotta al silenzio, ha battuta. La contestazione comica, proporzionata non all’eccidio
ma allo stillicidio, ha certo vita pid ostinata. L’avevamo incrociata come spesso indissolubile dal pretenzioso-fittizio, dal Kitsch e dalla pubblicita: specialmente in Gadda (tv, 38; v, 13). La prosecuzione del brano citato da La cognizione del dolore infierisce sul «funzionale novecento», attraverso la scomodita dei cessi. Grazie alla loro comodita sale altrove al suo culmine, di beata impudicizia, un’esaltazione ironica del funzionale: nel racconto incompiuto La casa, databile al 1935-36. Ne parlo perché il rincaro che ci ho trovato é il mio ultimo esempio in data. Naturalmente faceto, e soverchiante in una graduatoria non ideale e mitica, ma numerica e scientifica: ... una potente struttura antisismica assolutamente «inébranlable» e Mercalli dovrebbe aggiungere assai numeri alla sua tragica scala, se volesse classificare lo sconosciuto tachisismo capace di far tremare la mia casa”,
Senza Vironia, sarebbe il discorso stesso della pubblicita. Dove il rincaro perpetuo é promozione di vendita e libidine di acquisto: col supporto o no della catacresi, dei suoi neologismi e anglicismi. Ecco dove finisce la storia della combinazione retorica sintetizzata in Cervantes. Era in breve la storia del progressismo utilitario: dalla demistificazione del soprannaturale, alla mistificazione del quotidiano. Comprendiamo meglio i limiti, gia suggeriti (v, 15), d’una rappresentazione letteraria della pubblicita. Essa stessa dovrebbe piuttosto, in teoria, lasciare al futuro i suoi capolavori letterari 0 artistici; il problema é di comprendere perché l’intrattenimento e la lusinga delle masse sembrino tanto meno idonei all’esito, che quelli di principi e di minoranze in passato. Rivolgiamoci a un passato meno lontano, per i migliori esempi di come il progressismo utilitario abbia alimentato di fatto capolavori a sue spese. ™4 Gadda, Romanzi e racconti, t. Il cit., pp. 120-24 (1107-32).
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Il farmacista Homais di Madame Bovary, nelle cui idee avanzate rincretiniscono Voltaire e Rousseau, eclissa prece-
denti ed epigoni francesi: dalla monarchia di luglio fino al tardo positivismo, popolari come il Monsieur Prudhomme di Monnier o sofisticati come il Tribulat Bonhomet di Villiers de ’'Isle-Adam. La penetrazione reazionaria di quest’ ultimo autore s’inoltra gia dalla mimesi nella caricatura, allineandosi a una contestazione non tragica ma comica benché
a suo modo fantastica. L’Affichage céleste” (1873) € un trucco in quanto racconto: un’enfatica voce da annuncio pubblicitario detiene la parola da un capo all’altro. Se deplorando la superstite sterilita della natura fa il verso a Faust (rv, 32), serba appena il ricordo di un eroica precarieta nel proposito di sormontarla. Invece che la sfida raccolta anzi tempo dallo spirito pratico, pare meritorio e morale il risarcimento offer-
to sempre tardi allo spirito di guadagno: A quoi bon [...] ces votites azurées qui ne servent a rien, qu’a défrayer les imaginations maladives des derniers songe-creux? Ne seraitce pas acquérir de légitimes droits 4 la reconnaissance publique, et, disons-le (pourquoi pas?), al’admiration de la Postérité, que de convertir ces espaces stériles en spectacles réellement et fructueusement instructifs, que de faire valoir ces landes immenses et de rendre, finalement, d’un bon rapport, ces Solognes indéfinies et transparentes?
[ith De prime abord, le fond méme de la chose parait confiner a l’Im-
possible et presque al’Insanité. Défricher l’azur, coter l’astre, exploiter les deux crépuscules, organiser le soir, mettre a profit le firmament jusqu’a ce jour improductif, quel réve! quelle application épineuse, hérissée de difficultés! Mais, fort de l’Esprit de progrés, de quels problémes Homme ne parviendrait-il pas a trouver la solution? ”. © [L’affissione celeste]. 76 Nei Contes cruels [Racconti crudelt): Villiers de L’Isle-Adam, Euvres comple-
tes, t. Icit., pp. 577-80. La Sologne, al centro della Francia, é regione sabbiosa e paludosa. [A che scopo [...] queste volte azzurre che non servono a niente, se non a so-
stentare le immaginazioni morbose degli ultimi sognatori? Non si acquisterebbero diritti legittimi alla pubblica riconoscenza, e, diciamolo (perché no?), all’ammirazione della Posterita, se si convertissero questi spazi sterili in spettacoli realmente e fruttuosamente istruttivi, si facessero valere queste lande immense e si ricavasse, finalmente,
un buon reddito da queste Solognes indefinite e trasparenti? Tele Aun primo approccio, il fondo stesso della cosa par confinare con ’Impossibile e quasi col Dissennato. Dissodare I’azzurro, quotare I’astro, sfruttare i due crepuscoli, organizzare la sera, mettere a profitto il firmamento fino ad oggi improduttivo, che sogno! che applicazione spinosa, irta di difficolta! Ma, forte dello Spirito di progresso, di quali problemi l’Uomo non arriverebbe a trovare la soluzione?]
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Non c’é rincaro fra il nuovo della réclame proiettata in cielo, e il noto mitologico prima che astronomico della pit illustre costellazione. Fittizio, il nuovo rincara caso mai su qualunque novita reale; la vecchia proiezione retorica dello stupore si adegua a quella visiva presunta in mezzo alle stelle: Ne serait-ce pas de quoi étonner la Grande-Ourse elle-méme, si, soudainement, surgissait, entre ses pattes sublimes, cette annonce inquiétante: Faut-al des corsets, out, ou non?”.
Villiers figura nell’Anthologie de humour noir™ di Breton; con altri scrittori, pid prediletti dai surrealisti, il distorcimento della mimesi in caricatura contende al borghese la sicurezza realistica delle sue abitudini di pensiero. In una letteratura definibile come presurrealista, fra il 1868 e il 1914, sopravwvive se é lecito dire il meglio retrospettivo che il surrealismo abbia dato. E mediato da inconsueti oggetti il rapporto col mondo del Pére Ubu: il rotondo Macbeth da marionette dell’ Ubu roi” di Jarry (1896), nei cui appetiti fisici e finanziari la borghesita mette a nudo a detta dell’autore il proprio fondo anarchico”. Gli oggetti entrano nel discorso del personaggio dopo la presa di potere, e hanno nomi che stravolgono il complemento funzionale con la preposizione 4 —non di mezzo come in macchina a vapore, ma di scopo come in sapone da barba (da = 4). La funzione s’intende, immediatamente, aggressiva in «couteau a figure», in «ciseau a
oneilles [szc]»"; 0, altrettanto immediatamente, possessiva
in «voiturin 4 phynances [sic]», «cheval 4 phynances», «croc a finances »”; o aggressiva perché possessiva in « sabre a finances», «pistolet 4 phynances»”. Come in tutto l’apparato d’arricchimento del regicida: ~ Apportez la caisse 4 Nobles et le crochet 4 Nobles et le couteau a Nobles et le bouquin a Nobles! ensuite, faites avancer les Nobles *. 77 Ibid. [Non sarebbe da far stupire la stessa Orsa Maggiore, se, subitamente, sorgesse, fra le sue zampe sublimi, quest’annuncio inquietante: I corsetti ci vogliono, si, 0 no?| 78 [Antologia dell’umorismo nero). ” [Ubu re}. 80 Jarry, Euvres completes, t. I cit., p. 467. 81 Tbid., p. 377. [coltello da faccia]. [forbice da orecchie]. 82 Ibid., pp. 373; 378, 384, 392, 393, 395; 377) 384. Lcarrozzino da finanze]. [cavallo da finanze]. [uncino da finanze]. 8 Ibid., pp. 369, 373, 376; 382. [sciabola da finanze]. [pistola da finanze]. 4 Atto TH, sc. 11: tbid., p. 370. [Portate la cassa da Nobili e il gancio da Nobili e il coltello da Nobili e il libro da Nobili! poi, fate venire avanti i Nobili].
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Mase é gia pit dubbio a cosa serva un « casque a finances», e se sta tra l’insensato e il fallico il «baton-a-physique» ®, fanno girare la testa le combinazioni fra altri elementi e |’antifunzionale escrementizio: materia dell’interiezione favorita di Ubu. Qual él’impiego di un «sabre 4 merdre [sic] », di un «croc 4 merdre», di un «ciseau 4 merdre»? come darsi da
fare in guerra con armi «tant 4 merdre qu’a phynances et a physique»? La catacresi apprestava parole mancanti per
una cosa nuova, qui é la cosa che manca all’assurdo nuovo delle parole. Le quali si mettono insieme con la liberta automatica di varianti combinatorie: come se, dato che ci sono
forbici da orecchie e sciabola e uncino da finanze, le une e gli altri non potessero non essere in uso anche in versione da merda. Rincarando a vuoto su un lessico della praticita, ampollosamente o sconciamente, le espressioni si danno I’aria di corrispondere alle occasioni con ben equipaggiata esattezza pratica.
Si possono ammirare i romanzi di Roussel, 0 trovarli illeggibili, per la prestabilita compensazione tra due difetti opposti: banalita e stravaganza, noia del convenzionale e fatica del complicato, si ripartiscono sulle due cosiddette facce della forma e del contenuto. In Locus Solus (1914), il parco dello scienziato Canterel riserva spettacoli tanto macchinosi e gratuiti nella loro genesi, quanto ha andamento ufficiale e frasario prevedibile la prosa che li descrive. I cadaveri rianimati dentro una gabbia gigante di vetro, che sceneggiano nel Kitsch della ripetizione momenti salienti della loro vita, sono stati trattati con vitalium e con resurrectina: neologismi ri-
spettabili questi, la cui composizione chimica e applicazione anatomica sono precisate nello stile esplicativo con cui si reclamizza la scienza”. L’anima anarchica e l’anima burocratica del borghese, ignare |’una dell’altra nelle fantasie truculenta o frigida di Jarry o di Roussel, si erano compenetrate % Ibid., pp. 380, 382, 384. Per il secondo oggetto, cfr. la nota alle pp. 1160-61. Si motiva per simmetria con la parola physique la burlesca grafia della parola phynances. [casco da finanze]. [bastone-da-fisica]. 8 Tbid., pp. 377, 384; 377, 382; 380; 381. Non si possono rendere in italiano le alterazioni, di pronuncia o grafia, delle parole oneilles, phynances e merdre. {sciabola da merda]. [uncino da merda]. [forbice da merda]. [tanto da merda quanto da finanze e da fisica]. 87 Cap. tv: R. Roussel, Locus Solus, Pauvert [Montreuil] 1965, pp. 143-45 (113219).
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nell’archetipico: ed enciclopedico presurrealismo di Lautréamont. Les Chants de Maldoror® (1868-69) non sarebbero che una caotica compilazione di temi tardoromantici, senza linafferrabile pluralita di voci: non solo entro canti e strofe, ma perfino entro pagine e frasi. Che insieme a una voce da malfattore o da vampiro si faccia udire una voce da funzionario o da docente, é la distinzione minima per cominciare. Mi sembra che si sia prestato ascolto troppo pid spesso all’una che all’altra: 0 a tutte le altre distinguibili, 0 al perverso effetto d’inautenticarle tutte che ha il loro contrappunto. La frase pit celebrata mette in fila quattro comparazioni, per la bellezza d’un sedicenne inglese pericolosamente concupito da Maldoror. Si parte dal noto: se non perché un corpo umano é natura, perché la figura di comparazione é cultura d’antichita omerica, e il sadismo pederastico é leggenda romantica nella ballata di Goethe gia ripresa parodiando”. Si va a cozzare nel nuovo cosi: Il est beau comme la rétractilité des serres des oiseaux rapaces; ou encore, comme !’incertitude des mouvements musculaires dans les plaies des parties molles de la région cervicale postérieure; ou plut6t, comme ce piége a rats perpétuel, toujours retendu par l’animal pris, qui peut prendre seul des rongeurs indéfiniment, et fonctionner méme caché sous la paille; et surtout, comme la rencontre fortuite sur une table de dissection d’une machine a coudre et d’un parapluie! ”.
Le due prime comparazioni assumono a paragone di bellezza, ma in quanto concetti astratti, proprieta fisiologiche animali o umane; la terza, un mal idealizzabile utensile domestico perfezionato; la quarta, un improbabile contatto fra oggetti utilitari dalle destinazioni discordi. Uno dei sensi del nonsenso é che il bello non si misura pit sul naturale o sul letterario, ma sull’utile scientifico o pratico, sul suo linguaggio e sulle sue singolarita. Per tutto rincaro si comparano cose incomparabili, per tutta catacresi si adotta un gergo spe88 [I canti di Maldoror),.
® T, uo: Lautréamont e G. Nouveau, (Euvres completes, «Bibliotheque de la Pléiade», 1970, pp. 64-69. La ballata di Goethe é Erlkénig [Il re degli ontani). VI, [3]: ibid., pp. 224-25. [E bello come la retrattilita degli artigli degli uccelli rapaci; o inoltre, come l’incertezza dei movimenti muscolari nelle piaghe delle parti molli della regione cervicale posteriore; o piuttosto, come quella trappola per topi perpetua, sempre rimessa in posizione dall’animale preso, che é la sola a poter pren-
dere roditori indefinitamente, e funzionare perfino nascosta sotto la paglia; e soprattutto, come l’incontro fortuito su un tavolo da dissezione d’una macchina da cucire e
d'un ombrello!]
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cialistico; in almeno una parola, «funzionare perfino nascosta», trapela la suasione della pubblicita. Lultimo testo in questo libro sara dello stesso autore, Cros, da cui avevo tratto il primo a imitazione del caso (11, 1).
Stavolta non é casuale la scelta d’uno dei suoi monologhi teatrali: Autrefois”. Quel tempo antico che il titolo promette come oggetto di discorso ha cessato di assicurare un’esistenza al noto, dal momento che tutto l’esistente appartiene di diritto al nuovo, cioé al tempo delle invenzioni. Qui non si rincara sul passato ma lo si annulla; non s’inventano parole ma si rinuncia, per mancata invenzione, a quelle che semplicemente permetterebbero di parlare del passato: Ilya longtemps — mais longtemps ce n’est pas assez pour vous donner l’idée... Pourtant comment dire mieux? Il y a longtemps, longtemps, longtemps; mais longtemps, longtemps. Alors, un jour... non, il n’y avait pas de jour, ni de nuit, alors une fois, mais il n’y avait... Si, une fois, comment voulez-vous parler? Alors il se mit dans la téte (non, iln’y avait pas de téte), dans l’idée... Oui, c’est
bien cela, dans l’idée de faire quelque chose. II voulait boire. Mais boire quoi? II n’y avait pas de vermouth, pas de madére, pas de vin blanc, pas de vin rouge, pas de biére Dréher, pas
de cidre, pas d’eau! C’est que vous ne pensez pas qu’il a fallu inventer tout ¢a, que ce n’était pas encore fait, que le progrés a marché. Oh! le progres! ”.
L’impossibilita di bere, in assenza anche d’acqua, si riproduce con le intenzioni di mangiare; di cantare; di ballare; di dormire — non c’era notte; di amare — non c’erano donne; di morire — questione o di suicidio, o sanitaria. L’elementarita delle azioni via via tentate scusa la ripetitivita del loro abortire, le contraddizioni fra il progresso necessario e i suoi meschini inconvenienti divertono gli ascoltatori in superficie. Ma le contraddizioni sono gravi in profondita: se le cose da 1. [Un tempo]. % Cros e Corbiére, Ewvres completes cit., p. 297. [Tanto tempo fa — ma tanto tempo fa non basta per darvi l’idea... Per come spiegarlo meglio? Tanto, tanto, tanto tempo fa; ma tanto, tanto. Allora, un giorno... no, non c’era giorno, neanche notte, allora una volta, ma non cera... Insomma, una volta, come volete dire? Allora si mise in testa (no, non c’era testa), ebbe l’idea... Si, cosi va bene, l’idea di fare qualcosa. Voleva bere. Ma bere che? Non c’era vermut, né madera, né vino bianco, né vino rosso, né birra Dreher, né sidro, né acqua! E che voi non pensate che tutto cid s’é do-
vuto inventare, che non era ancora stato fatto, che il progresso ha camminato. Oh! il progresso! ]
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fare non c’erano ancora, come poteva il soggetto averne la nozione? Se non ne aveva la nozione, come poteva venirglie-
ne l’intenzione? E se non gli veniva nessuna intenzione, é una sequela di menzogne lo stesso racconto impossibile? Alors il ne voulut rien! (Plazntzf). Quelle plus malheureuse situation!... (Se ravisant). Mais non, ne pleurez pas! Il n’y avait pas de situation, pas de malheur. Bonheur, malheur, tout ¢a c’est moderne!
La fin de l’histoire? Mais il n’y avait pas de fin. On n’avait pas inventé de fin. Finir, c’est une invention, un progrés! Oh! le progrés! le progres! »,
La logica d’una tale fine, pit imperiosa del balbettante inizio, retrocede di soppiatto a farlo ammutolire: di certo neanche l’inizio, un tempo, era stato inventato. II silenzio in agguato dietro il monologo, immenso resto dopo passeggere parole come per Amleto, viene dall’altra estremita di quello metafisico della morte. E il silenzio delle origini, pid grande che sulla genesi stessa del linguaggio, inviolabile nel 1878 come tuttora; lo strombazzare di progresso echeggia e si perde su questo lontanissimo sfondo, nel pit pieno dei sensi desueto. ® Tbid., pp. 297-98. [Allora non volle niente. (Lamentoso). C’é situazione pid infelice?... (Ricredendosi). Ma no, non piangete! Non c’era situazione, e neanche infelicita. Felicita, infelicita, sono tutte cose moderne! La fine del racconto? Ma non ¢’era fine. Non era stata inventata nessuna fine. Finire, € un’invenzione, un progresso! Oh! il progresso! il progresso!]
Appendice
6
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p. 70 (III.5):
Quanto agli oggetti non-funzionali della realta, si € cominciato nella stessa epoca a preservarne certe specie scelte in musei pubblici e collezioni private. Compromessi extraletterari, istituzionali come lo é la letteratura; ma nell’arte verbale la tendenza imperante nel mondo poteva venire contrariata con ben pit ampia, imprevedibile, immateriale licenza. p. 124, nota 69 (Iv.m): A tutte le immagini citate danno maggior risalto per contrasto, comunque s’interpretino le evocazioni del Macrocosmo e dello Spirito della Terra, grandiose immagini metaforiche da esse suscitate. Dove |’« operante natura», al contrario d’una cultura inoperante, si manifesta quale infinita funzionalita universale: « Wie Himmelskrafte auf und nieder steigen — Und sich die goldnen Eimer reichen! » [Come le forze celesti salgono e scendono | E a vicenda si porgono i secchi d’oro! J(vv. 441, 449-50: zbid., p. 151); «So schaff ich am sausenden Webstuhl der Zeit — Und wirke der Gottheit leben-
diges Kleid » [Cosf lavoro al vorticoso telaio del tempo | E tesso della divinita la veste vivente] (vv. 508-9: zbid., p. 153).
3. p. 269 (Vv.3): E il contrario, in due soli versi, nell’Andromaque' di Racine:
dove a deciderne é pero il contesto di un’argomentazione non meditativa ma politica, circostanziata e doppiamente interessata. Vi balena, col dato d’irrealta che lo Scamandro sia ancora insanguinato, la visione del territorio di Troia dopo la guerra: Je ne vois que des tours que la cendre a couvertes, Un fleuve teint de sang, des campagnes désertes...
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APPENDICE ! [Andromaca). 2 AttolI, sc. m: Racine, Euvres completes, «Bibliothéque de la Pléiade», 1950, t. I,
p. 269; cfr. pochi versi sopra: «lorsqu’au pied des murs fumants de Troie — Les vainqueurs tout sanglants partagérent leur proie...» [quando ai piedi delle mura fumanti di Troia | I vincitori insanguinati divisero la preda...] (¢bid.). [Non vedo altro che torri coperte dalla cenere, | Un fiume tinto di sangue, campagne deserte...]
4. p. 286 (v.4):
Allaltro polo ideologico e stilistico, un conte philosophique di Voltaire come La Princesse de Babylone': dove la categoria fa appena a tempo a commutarsi in frusto-grottesco. Le cu-
riosita della «citta dalle sette montagne», mostrate al giovane straniero orientale, sono «des masures ot un muletier ne
voudrait pas passer la nuit, mais qui avaient été autrefois de dignes monuments de la grandeur d’un peuple roi». L’orgoglio di conservare capolavori centenari di pittura, e millenari di scultura, per bocca d’uno dei ciceroni é sminuito cos: « Nous sommes des espéces de fripiers qui tirons notre gloire des vieux habits qui restent dans nos magasins»’. ' [La principessa di Babilonia).
? Cap. 1x: Voltaire, Romans et contes, «Bibliothéque de la Pléiade», 1979, pp. 395-96. [stamberghe dove un mulattiere non vorrebbe passare la notte, ma che erano state un tempo degni monumenti della grandezza d’un popolo re]. [Noi siamo una specie di rigattieri che meniamo vanto dei vecchi abiti rimasti nelle nostre botteghe].
5. p. 287, nota go (v.4): Nelle anonime Nachtwachen von Bonaventura (Veglie di Bonaventura] (1805) si rifiuta non il monitorio-solenne, e tanto meno il venerando-regressivo come esemplarita del mondo antico, bensi !a nuova istituzione pubblica e dotta con cui avra a che vedere caso mai il prestigioso-ornamentale: il museo. La rifunzionalizzazione non meditativa e ideologica ma culturale ed estetica dei resti del passato non é che profanazione. E un’ironia romantica di protesta e rinuncia la abbandona al frusto-grottesco: le statue che rappresentarono la suprema bellezza umana sono ridotte a «mutilati senza braccia e gambe, alcuni privi addirittura di testa»; sono state riesumate da Ercolano e dal letto del Tevere « quali cadaveri e torsi». « Ein Invalidenhaus unsterblicher Gétter und Helden...» [Un asilo d’invalidi per déi ed eroi immortali...]. Ammirarle non si
puo che a spese della natura (c’é chi bacia il sedere perfetto d’una Venere); la scelta sarebbe fra adorarle o seppellirle di nuovo (Veglia xm: Bonaventura, Nachtwachen, Reclam, Stuttgart 1964, pp. 108, 109-10 (107-m)).
APPENDICE
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6. p. 298 (v.5):
In un tratto del costume d’una nazione remota nello spazio, bizzarro e non comico é!’esotico sorprendente. II padre Bartoli, storico delle missioni gesuitiche, riferisce quanto venga onorata presso i Cinesi l’anzianita; dalla reverenza in loro maggiore d’ogni altra verso |’eta degli uomini, passa al pregio che per loro aggiudica il tempo alle cose — senza, 0 contro, ragione estetica: E a cio forse riducesi il tanto pregiarsi che fanno dell’aver delle anticaglie, e cercarne, fornirsene i grandi, e comperarle carissimo: non istatue, o medaglie, che il conoscerne, e stimarne il bello, non é cosa da’ lo-
ro occhi, ma vasellamento di qualunque sia metallo, o forma, poco curandone la maestria del lavoro, rispetto all’antichita: anzi quanto pit rosi, € consumati dal tempo, tanto sono pit nobili; e quanti grani di
ruggine se ne togliesse per ripulirli, tanti carati di finezza e di preziosita perderebbono'. ' Libro I, 23-24: D. Bartoli, La Cina, Bompiani, Milano 1975, pp. 74-75.
7. p. 300 (V.5):
Ne La Famiglia dell’Antiquario é un conte ignorante a esser posseduto dalla stessa mania che in Montesquieu: non compra cose fruste quanto farsescamente false, adynata della credulita archeologica’. Resta il pit consistente del secolo, presumo, un testo in ogni senso eccezionale. Una poesia di Swift, The Lady’s Dressing Room’: !«inventario » d’immagini abbonda, all’ispezione che fa |’amante indiscreto nel gabinetto vuoto. La camicia lordata alle ascelle, le tovaglie intrise di sudore e cerume, i fazzoletti imbrattati di tabacco e muco ecc., accusano di corporalita nauseabonda la persona femminile con cui erano a contatto. Cosi gli strumenti di toletta: tra cui pettini « Fill’d up with Dirt so closely fixt, - No Brush could force a way betwixt. — A Paste of Composition rare, — Sweat, Dandriff, Powder, Lead and Hair...». Se il bacile dove lei sputa e vomita é «una sporca miscela di tutti i colori», ironici paragoni protraggono I’indugio sulla mal dissimulata latrina. E il fetore finisce con l’associarsi, per il personaggio, a tutte le donne; e suona volutamente falsa la dissociazione finale dell’autore’. Una versione limite della categoria, per la
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APPENDICE
misantropica, non solo misogina portata e violenza che vi
raggiunge lo scherno. ' Come il manoscritto dei trattati di pace fra Sparta e Atene, di pugno di Demostene (atto II, sc. rx-x), e cfr. le caricature di Arlecchino (sc. x11); ma anche pesci pietrificatie mummie d’Aleppo (atto III, sc. 1-111: C. Goldoni, Tutte le opere, t. I, Mondadori, Milano 1973, pp. 927-30, 933, 942-45).
? [Lo spogliatoto della dama). > Swift, Poetical Works, Oxford 1967, pp. 476-80. In A Beautiful Young Nymph Going to Bed [Una ninfa giovane e bella va a letto] é una puttana a venire disgustosamente spogliata, anzi smontata, pp. 517-19; e cfr., per l’associazione femminileescrementizia, il tema e l’ultimo verso di Cassinus and Peter. A Tragical Elegy (Cassinus e Peter. Elegia tragica), pp. 528-3. [Pieni di sudiciume fitto e solido al punto | Che non c’é spazzola capace di penetrarvi a forza. | Un impasto dalla composizione rara, | Sudore, forfora, cipria, stagno e peli...].
8. p. 304 (Vv.6):
Ne Le Coefore di Eschilo, appena vendicato Agamennone re e padre, Oreste matricida adduce scenicamente e verbalmente a sua giustificazione il mantello in cui era stato assassinato. La tinta della violenza ne deturpa lo scolorimento naturale: « Ma testimonia a mio favore — il mantello tinto dalla spada d’Egisto, — e il fiotto di sangue contribuisce col tempo —a distruggere i colori del disegno»'. ' Vv. 1010-13, e cfr. vv. 997-1004: Eschyle, Agamemnon, Les Coéphores, Les Euménides cit., p. 19. [Trad. Paduano].
9. p. 305 (V.6):
Ma la nobilta, nel teatro di Lope de Vega, pare cosi indelebile in Spagna da non paventare nessuna caduta economica — da non prevedere lontane svolte storiche. Padre e fidanzato della giovane rapita alla vigilia delle nozze, in El mejor alcalde, el rey', restano hidalgos benché contadini: l’uno «aun tiene paveses — en las ya borradas armas — de su portal, y con ellas, — de aquel tiempo, algunas lanzas»; l’altro conserva «con rota vaina una mohosa espada»’. Vanto speciale di Galizia, o delle altre provincie settentrionali da dove resisterono ai mori i visigoti cristiani’. Nello straordinario € poco noto Las Batuecas del Duque de Alba, una comunita di loro discendenti é rimbarbarita da settecento anni: sulle montagne,
APPENDICE
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nell ignoranza del mondo’. Fa sospettare un mondo pit ampio la scoperta di « una espada vieja y muy mohosa», di uno scheletro con armi nelle mani, ancor prima dell’incontro coi contemporanei che possono spiegarla’. II presente trae la sua prima prova dal passato, e la prova é di nobilta; era un nipo= dell’ultimo re Rodrigo colui di cui finiscono presentati al uca: esta lanza mohosa y este escudo. — ; Valgame Dios, qué antigiiedad tan grande! °. 1 (Il miglior giudice é il re). ? Atto I, wy. 419-22 e atto II, v. 1060: Lope de Vega, El mejor alcalde, el rey, Catedra, Madrid 1993, pp. 77 e 104. L’uno pué dire: « que soy algo 0 que lo fui» [che sono qualcosa, o lo fui], l’altro «yo soy hidalgo, — si bien pobre: mudanzas de fortuna » [io sono gentiluomo, | seppur povero: vicende della fortuna], wv. 578, 1361-62: zbid., pp. 83, m4. Cfr. la «casetta mal costruita» del padre, vv. 202-4: ibid., p. 68. [ha ancora pavesi | nello stemma ormai eroso | del suo portale, e con esso, | di quel tempo, qualche lancia]. [con guaina rotta una spada rugginosa]. > Cfr. vv. 387-90: tbid., p. 76. Los Tellos de Menéses [I Tellos di Meneses] sono, in Leon, «contadini, — Benché goti» e anzi «sangue del goto Rodrigo»; i loro blasoni, «Ni temen tiempo ni los cubre olvido » [Né temono tempo né li copre oblio]: Comedias escogidas de Frey Lope Felix de Vega Carpio, t.1, Madrid 1946, pp. 533, 525, 538, € cfr. p. 517. Non suona frusto-grottesco il solo oggetto pertinente nelle due parti del dramma, i calzoni che Tello il Vecchio vorrebbe estrarre da vecchi cassoni per indossarli, e sono delle nozze di suo nonno: zbid., p. 546. 4 [Le Batuecas del duca d’Alba). La regione aveva la fama d’una Beozia di Spagna. Il tempo é datato dal 750 al 1470: Obras de Lope de Vega. XXIV. Cronicas y leyendas dramdticas de Espana, Madrid 1968, pp. 396-97. Forse a gloria dei Re Cattolici unificatori della fede nella penisola (p. 377), Lope suppone anacronisticamente mai convertiti i superstiti, cui riserva un battesimo finale. > AttoI: zbid., pp. 358-61. Culmine del testo é l’interrogatorio, da buon selvaggio, che fa il vecchio barbaro alla dama catturata, pp. 371-73. [spada vecchia e molto rugginosa]. ® Atto III: zbid., p. 396. [questa lancia rugginosa e questo scudo. |— Misericordia, che enorme antichita! J.
10. p. 314 (V.6):
Il manoscritto che conserva la storia fatta rivivere in The Scarlet Letter’ sarebbe stato scoperto dall’autore nella vecchia dogana di Salem di cui era ispettore, e a cui s’intitola la prefazione che cosi narra. Se le caratteristiche del ritrovamento accennano al gotico, preludendo alla cupezza di quella storia, con accondiscendente ironia s’indugia sul malandato edificio che ricetta una gerontocrazia d’ex-capitani di marina: sonnacchioso Ancien Régime da continente nuovo’.
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* (La lettera scarlatta). z The Custom-House [La dogana]: N. Hawthorne, The Scarlet Letter, Oxford 1990, Pp. %S, 12-16 (3-44). Lega l’autore al luogo, dove i suoi erano stati nel Seicento pionieri e giudici di austerita sanguinaria, «una specie di familiarita domestica col passato» (pp. 8- 10); la prefazione si addentra verso di esso come attraverso una successione di contenitori. Nella cittadina commercialmente decaduta il molo decrepito, alla testa del molo la casa doganale cinta d’erba, al primo piano lo squallido ufficio (pp. 4-7); al secondo una camera troppo vasta dalle pareti mai intonacate, dove barili accatastati racchiudono fasci di documenti come il pavimento ne é ingombro, « che non ricevano mai pit sguardo da occhi umani» (pp. 28-29). Un giorno di pioggia, curiosando fra nomi di navi affondate o marcite e nomi di mercanti ormai illeggibili sulle tombe, il funzionario gia scrittore prova la sensazione di portare alla luce un tesoro: entro un involto di pergamena, carte d’un ispettore settecentesco (di cui sapeva da poco riesumati scheletro e parrucca); fra queste, lo sfilacciato straccio scarlatto in forma di lettera A, e il rotolo di sbiaditi fogli protocollo col resoconto (pp. 29-33).
p- 316 (v.6):
In una pagina di Dossi, l’amore per i mobili di famiglia « benché tarlati e fessi e cadenti» parrebbe proposto secondo memoria individuale: dalla prima persona, dall’anteposizione alla serie reale o fantastica degli Amzorz femminili. Ma poi non é tanto « parte dell’anteriore mia vita», quanto « di quella di chi mi die’ sangue e nome», che sembra negli oggetti «materialmente indugiata». Rinviano all’intimita fisica di antenate, pit o meno lontane, d’Ancien Régime: un crocifisso, alla monaca «da trecent’anni mia zia »; alla quadrisavola,
un ventaglio dai « rosei grassocci amorini» e «dame in guardinfante e cicisbéi in parrucca»; alla bisnonna, un calice dove bere é come darle «un bacio attraverso un secolo»; fino alla nonna gia vista davvero, sulla sua poltrona di damasco,
che avrebbe potuto raccontare di crudelta della rivoluzione francese’. ! C. Dossi, Amori, Adelphi, Milano 1987, pp. 23-25.
p. 321, nota 233 (Vv.7): Un caso a parte si ha nel mirabile racconto che Balzac situ6 a chiusura di Autre Etude de femme (Altro studio di donna] (Balzac, La Comédie humaine, «Bibliothéque de la
Pléiade», 1976, t. II, pp. 710-29). Era una dimora feudale la Grande Bretéche, su cui Vinizio si dilunga proporzionalmente alle dimensioni, allo sfacelo e al mistero: che ne siano lette le immagini come, non logoro-realistico, ma ormai dilagante sterile-nocivo vegetale e animale, é ovvio ed insufficiente. L’incertezza d’interpretazione non nasce tanto da una contaminazione di categorie quanto da un «immenso enigma», e va di
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pari passo col disvelamento del «segreto » 0 almeno « capriccio» che quello sfacelo racchiude 0 tradisce (pp. 710-12). Si apprende che il testamento della proprietaria ha imposto di non lasciarvi accedere nessuno, e di non effettuarvi riparazioni, per cinquant’anni dalla sua morte (p. 717); si risale all’atroce vendetta che il marito aveva consumato fra quelle mura. Solo allora diventa qualificabile lo sterile-nocivo di maledizione e distruzione (IV, 28). Come diventa retrospettivamente riconoscibile nell’enorme olocausto di beni materiali, in «questa specie di dolore monumentalizzato » (p. 712), ’esemplarita sontuosa dello spreco aristocratico: e con essa soprattutto il venerando-regressivo, rifiutato non senza ammirazione. Lo conferma !’intero antefatto, dalle glaciali vastita del castello dove la contessa agonizza (pp. 715-17) alle impassibili reticenze e imperative munificenze con cui é recitato il dramma coniugale (pp. 72529). Dice del conte |’ostessa: « Quand on est noble, voyez-vous...» [Quando si é nobi-
li, voi capite...] (p. 719).
13. p. 332, nota 292 (Vv.7): Un caso di logoro-realistico con sottintesi traumaticamente politici, nel Novecento:
fra gli ultimi rifugi del prete braccato dalla violenza antireligiosa in Messico, la casa bananiera svuotata di tutto «except the useless or the broken» [tranne l’inutile o il rotto], in G. Greene, The Power and the Glory (Il potere e la gloria), Penguin 1991, pp.
142, 145.
14. p- 334 (V.7): Conrad, infine, apre The Secret Agent’ con la bottega strumentalmente finta’. Due volte tale: é una spia della polizia londinese il terrorista a cui farebbe da copertura’. L’elenco in vetrina é velleitario prima che equivoco, rispetto alla qualifica di «cartoleria, giornali»‘. Riprese variate lo riassumono lungo il romanzo: «merci di screditato scarto», «ombre di cose inclassificabili», «merci dubbie», «losche», « segrete»’. ! [L’agente segreto]. 2 Cap. 1: J. Conrad, The Secret Agent, Penguin 1975, pp. 13-14. 3 Tutori dell’ordine e rivoluzionari convergono in assurdita delinquente: secondo l’intera trama, quand’anche non fossero equiparati ai poliziotti i terroristi dal Protessore, gli scassinatori da voce d’autore (zbid., pp. 64, 82). 4 Cfr. cbid., p. 38. > [bid., pp. 40, 127 (dopo oggetti), 160, 174, 209, 213; eppure la bottega ha un valore finanziario, pp. 52, 192, 221. L’incontro fra l’ispettore capo e il perfetto anarchico, nel vicolo scuro, capita davanti a un’altra bottega: vera, di mobilio, pit circondata e marcata da un logoro-realistico non privo di metafore, p. 74. Cosi ritrovo e dimore dei sowversivi, pp. 58, 59, 241, 242.
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15. p. 341 (V.8):
Fu ancora uno scrittore di lingua tedesca che procedeva da Jean Paul, entro la meta del secolo, a svolgere dalle cate-
gorie collettive quella intima in dimensioni minori. In Die Mappe meines Urgrossvaters di Stifter’, la premessa dei racconti non é in sé originale: la scoperta dun manoscritto, durante un pellegrinaggio alla casa nativa’. Ma il capitolo s ’intitola Die Alterttimer’, e presentando il bisnonno fonda le immagini con la loro poetica sulla vicenda delle generazioni. Ognuna delle quali sorride delle cose degli antenati, le cambia; crede di eternarsi provvedendone di nuove, che andran-
no «per la via della distruzione e dell’oblio » *. Tra Pillusorieta del funzionale e il finale annientamento, é come se la semi-
positivita del memore-affettivo segnasse una tregua, conciliasse dimenticanza e sopravvivenza’. La « poesia del ciarpame» é la poesia «triste e dolce», improntata a quotidianita, di cid che dura pit delle ossa umane; di cid che conforta la solitudine dell’individuo, membro ultimo e primo di lunghe incognite catene’. L’attrattiva delle vecchie cose illumina, redimendo la gamma dei sinonimi spregiativi’, principalmente ricordi d’infanzia. E particolareggiata in quattro o cinque elenchi, pluralita defunzionalizzanti (1, 1) non di parole ma di frasi*; enigma su enigma per il bambino, «terrificante intima gioia»’. Questi due aggettivi condensano un’altra contaminazione di categorie”; pure il declino del soprannaturale, che aleggiava sul medico vetusto, él’unica riserva alla quieta continuita fra quattro generazioni". =-
' Redatta quattro volte: prescelgo la seconda versione (1847, Studien III), malgrado Vinteresse della quarta (1867, postuma: cfr. A. Stifter, Die Mappe meines Urgrossvaters. Schilderungen. Briefe, Winkler, Miinchen 1986, pp. 9-29). (La cartella di mio bisnonno)]. ? A. Stifter, Die Mappe meines Urgrossvaters, Reclam, Stuttgart 1988, pp. 16-17, 18-24.
> [Le anticaglie}. Nella prima versione (1841), Die Antiken [Le antichita]. Tutte le citazioni sono da questo cap. I (pp. 7-25). 4 Ibid., pp. 7, 1, 16, 25. > Passi espliciti: « Nel buio della cassapanca la cara mammina conservava molte rarita, che non avevano altro scopo se non di star sempre a giacere » (zbid., p. 10); «In ogni casa ci sono oggetti che non si gettano via, perché una parte del nostro cuoreé loro attaccata, pero si sogliono riporre in cassetti ai quali poi non si da pit uno sguardo» (tbid., p. 19, e cfr. la stessa dimenticanza, pp. 21, 22, 23). ® Tbid., pp. 12-13. 7 Limitandomi ai sostantivi, e distribuendo i sinonimi italiani con lo stesso margi-
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ne d’arbitrio che in tutto questo libro: Tréde/ = cianfrusaglie (¢bid., p. 9), Kram = robaccia (pp. 9, 23), Altertiimliches = anticaglie (p. 9), Schutt = detriti (p. 9), Kebricht = spazzatura (p.12), Wegwurf= rifiuti (p. 12), Plunder = ciarpame (p. 12), Trdimmer = frantumi (pp. 13,17), Wust = rottami (p. 17), Reste = avanzi (p.17). Meno ricca la gamma semipositiva: Reliquien = reliquie (p. 10), Gedenksachen = ricordi (p. a), Denkmale = monumenti (p. 13). 8 Elenco dalla nebbia profonda dell’infanzia, ibid., p. 9; dal retroterra inesplorato dietro le carrozze, pp. 9-10; dalla cassapanca delle rarita e da quella del vestiario, pp. 10-1; dai mobili e arredi del bisnonno nel chiarore delle candele, p. 14. A parte, Yelenco di scartafacci da cui riemerge il diario di lui, pp. 19-21. All’adulto che rivisita la casa é riservata la disillusione del rimpiccolimento, del deterioramento e (cft. Iv, 15)
del mutamento, pp. 17-18.
> Ibid., p. 8. © «Es mochte damals noch viel mehr Altertiimliches gegeben haben, wenn wir Kinder den Schauer vor so manchem unrichtigen Winkel hatten tiberwinden k6nnen, der noch bestand, und wohin sich seit Ewigkeit her der Schutt gefliichtet hatte » [Cisarebbe stato allora molt’altro in fatto di anticaglie, se noi bambini avessimo potuto superare il terrore di tanti cantucci subdoli che ancora restavano, e dove i detriti
s’erano rifugiati da un’eternita]: cfr. il seguito, zbid., pp. 9-10, e l’altra maggiore piega verso il sinistro-terrifico, pp. 14-15. " Tbid., p. 15; se non si conta una diminuita reverenza per il reliquiario degli abi-
ti, p. Io.
16. p. 349 (V.8):
Un capitolo dell’ Ulysses di Joyce ha forma di domande e risposte da catechismo: alcune vertono sugli oggetti contenuti in due cassetti della scrivania di Bloom. Oggetti per lo pit latori d’una qualche memoria, eppure omologati in quotidiano alle lettere attuali e alle carte legali, misconosciuti tra misure e cifre nell’ esaustiva aridita di descrizione e informazione del catalogo’. ' J. Joyce, Ulysses, The Bodley Head, London 1960, pp. 848-50, 852-53. Nel primo cassetto fanno numero «fotografie sbiadite», «un pezzetto di ceralacca rossa in parte liquefatta», «una vecchia clessidra»; «un’epistola infantile» di Molly, «una
spilla con cammeo » della madre di Bloom; « un nastro rosa che aveva avvolto un uovo pasquale dell’anno 1899», «un francobollo... del tempo della regina Vittoria», ecc. Nel secondo: «Un dagherrotipo indistinto » del padre e del nonno; « Un antico libro» del culto ebraico. [Trad. De Angelis].
17. p. 358 (Vv.9):
Nell’ultima poesia di Benn vicino a morte, l’identificazione con pid d’un grande scrittore della sua lingua s’ispira a una rassegna di quegli estremi arredi, che furono loro « fiir kurze
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Stunden ein erbarmlich Heim». Letti, sofa, cuscino bianco delle lero morti: alles Gertimpel jetzt oder gar nicht mehr vorhanden, unbestimmbar, wesenlos, im schmerzlos ewigen Zerfall'. ' Kann keine Trauer sein [Non puo esserct lutto]: G. Benn, Gedichte in der Fassung der Erstdrucke, Fischer, Frankfurt am Main 1982, p. 476. [per brevi ore come una miseranda casa]. [tutto vecchiume adesso 0 non ¢’é pit neppure, | indistinto, insussistente, | nell’indolore eterna dissoluzione].
18. p. 360 (V.9):
La narrativa squaglia riscrivendoli miti e classici nelle Moralités légendaires' di Laforgue, e il problema del suo Amleto non é il marciume del mondo ma ’esser marcio lui di letteratura. La torre di lui «se dresse en lépreuse sentinelle oubliée», in un fondo di parco che é «le cloaque ot |’on jette les détritus des serres, les décatis bouquets des galas éphéméres»’; e in riva a un’ansa stagnante del Sund, da cui fanno coro rospi catarrosti: Et les derniers remous des bateaux laborieux viennent troubler a peine, non plus que les perpétuelles averses, la maladie de peau de ce coin d’eau mire, oxydée d’une bave de fiel balayée (comme de la malachite
liquide), cataplasmée ¢a et la de groupes de feuilles plates...
L’efflorescenza descrittiva prosegue troppo a lungo per non finire col dichiararsi rispecchiamento d’un io: «C’est pourquoi (sauf orages) ce coin d’eau est bien le miroir de l’infor-
tuné prince Hamlet... »’ ' [Moralita leggendarie).
? Hamlet ou les suites de la piété filiale [Amleto o le conseguenze della pieta filiale): J. Laforgue, Moralités légendaires, Mercure de France 1964, p. 13 (pp. 1-61). [si erge come lebbrosa sentinella dimenticata]. [la cloaca dove si buttano i detriti delle serre, i mazzi avvizziti dei gala effimeri].
> Ibid., pp. 13-15. [E gli estremi risucchi dei battell laboriosi arrivano a turbare appena, e non piu cheiperpetui acquazzoni, la malattia di pelle di quell’angolo d’acqua matura, ossidata da una bava di fiele spazzata (come malachite liquida), cataplasmata qua e la da gruppi di foglie piatte...] [Ecco perché (salvo temporali) quell’angolo d’acqua € proprio lo specchio dello sventurato principe Amleto...]
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19. p. 376 (v.10):
Nel villaggio di Salem a fine Seicento, in un racconto di Hawthorne, arretriamo alle ossessioni stregonesche dei puritani d’America. Non sapremo se Young Goodman Brown ' sia andato da sveglio o in sogno a quella foresta notturna dove meta dell’adunanza é il demonio; e non é il discorso pit strano che scambino i suoi primi accompagnatori un elenco come questo: «... when I was all anointed with the juice of smallage, and cinquefoil, and wolf’s-bane-” — “Mingled with
fine wheat and the fat of a new-born babe” [...].— “Ah, your worship knows the recipe”... »’. 2
' Ul giovane capofamiglia Brown]. 2 N. Hawthorne, Young Goodman Brown and Other Tales, Oxford 1991, p. 05 (pp. m1-24). [...mentre ero tutta unta del succo di sedano, e cinquefoglio, e aconito- | Mescolato con frumento fino e col grasso d’un neonato [...]. |Ah, vostra eccellenza conosce la ricetta...].
20. p. 381 (v.11):
Nei romanzi di Prévost due vedovi si creano spazi di reclusione a riparo artificiale dalla luce solare, con pochi oggetti in mostra o in disordine. Nere esteriorizzazioni del lutto e della malinconia che servono a coltivare; laicizzazioni del ri-
tiro e della contemplazione monastica quale sepoltura da vivi — incolpevoli anticipi degli spazi di Sade’. ' Cfr. Mémozres et aventures d’un homme de qualité qui s’est retiré du monde [Memorte e avventure d'un gentiluomo ritirato dal mondo), libro V, dove le cose appartenute alla moglie sono un memore-affettivo esposto ad adorazione perpetua (e sa gia di
gotico il lugubre episodio sotterraneo fra le rovine di Tusculum, che precede il lutto); Le Doyen de Killerine {Il decano di Killerine], parte VI, libro XI, dove il ricovero del
soprawvissuto alla infedele suicida é in un’abbazia: CEuvres de Prévost, Presses Universitaires de Grenoble 1978, t. I, p. 97 (e pp. 93-95); t. IL, p. 337. In Le Philosophe anglais ou Histoire de Monsieur Cleveland [ll filosofo inglese o Storia di Monsieur Cleveland], libro I, V’asilo che offrono a un piccolo bastardo di Cromwell esenta da connotazioni sinistre o nocive le immense caverne d’un sotterraneo naturale al cen-
tro della montagna: CEwvres de Prévost, Presses Universitaires de Grenoble 1977, t.Il, pp. 29, 36, 4o.
21. p. 387 (v.11): Il racconto iniziatore con lo stesso sottotitolo e un’estremita
di meridione italiano nel titolo, The Castle of Otranto' di
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Walpole (1764), si dava per tradotto da una narrazione piu antica dei propri caratteri gotici a stampa’. Momento memo-
rabile la fuga della giovinetta perseguitata, git per i sotterranei fra il castello e la cattedrale: «An awful silence reigned throughout those subterraneous regions, except now and then some blasts of wind that shook the doors she had passed, and which grating on the rusty hinges were re-echoed through that long labyrinth of darkness». Buio e spazio, silenzio e suoni, fanno un’innovazione di quella reticenza d’immagini che sarebbe stata in sé conservatrice. La fanciulla crede di udire un sospiro o un passo; una porta si apre ma si richiude; il vento le spegne la lampada; raggi di luna filtrano dal soffitto rovinoso; gradini di pietra scendono in una profondita oscura’. ' (Il castello di Otranto). ? Prefazione alla prima edizione: H. Walpole, The Castle of Otranto, Oxford 1969, p. 3.
> Cap. 1: tbid., pp. 25-27 (cfr. un labirinto di caverne, gia ritiro di eremiti e ora presunto luogo di spiriti maligni, pp. 71-72). [Uno spaventevole silenzio regnava da un capo all’altro di quelle regioni sotterranee, non fosse che di tanto in tanto folate di vento scuotevano le porte davanti a cui era passata, e che cigolando sui cardini arrug-
giniti facevano echeggiare tutto il lungo labirinto di tenebre].
22. p. 388, nota 545 (v.11): Suggestivo esempio della fortuna dei loro sfondi edilizi in Francia, il castello spagnolo del racconto di fantasmi Inés de Las Sierras Ines di Las Sierras] (1837) di Nodier: Ch. Nodier, Contes, Garnier, Paris 1961, pp. 673-79 (660-717).
23. p. 392 (v.m): Lo stesso James, in un romanzo incompiuto, aveva conce-
pito una casa entro cui lo spazio diventi tempo o il tempo spazio: se l’americano Ralph Pendrel ne ha ereditato in Londra una del 1710 circa, é grazie a quel che gli viene riconosciuto come il «senso» pit suo, The Sense of the Past'. Lo sconosciuto parente del ramo inglese gli aveva rivolto una lettera postuma. Era grato di non aver mai, meglio che in un opuscolo di lui, « seen the love of old things, of the scrutable, pal-
pable past »; «felt an ear for stilled voices, as precious as they
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are faint, as seizable, truly, as they are fine» ’. La casa si rivela
a Ralph contrassegnata da una misteriosa, familiare concordanza di antichita e abitabilita, dove non pesa deterioramento’. E un incantesimo sentirsi separato, rispetto alla piovosa
Londra esterna, « molto pit dal tempo che dallo spazio »; come sua é la casa, in cui verso sera si aggira solo, cosf il tempo in cui affonda é «il suo tempo»*. La veglia notturna avvera un’anteriore coscienza di esitare davanti a implicazioni tremende’. L’animazione del ritratto d’un giovane diventa scambio didentita oltre il tempo: quando Ralph torna a chiudersi in casa, dopo aver investito di cid che gli succede un confidente, uscendo dal 1910 entra a rivivere quella vita nel 1820. Si ha cosi identificazione anche fra due grandi motivi di James, lo spettrale e l’intercontinentale — la memoria storica americana ritrovando attualita fantasmatica sul suolo d’'Inghilterra, se non quella inglese nell’ipersensibilita del reduce d’America’. ' Libro I: H. James, The Sense of the Past, Collins, London 1917, pp. 32-33. Avviato nel 1899-1900, il romanzo fu ripreso nel 1914-15 fino alla malattia mortale. [I/ senso del passato).
? Libro II: shid., pp. 41-42. Dal luogo di cui va a prendere possesso, lui si aspetta «il ticchettio stesso dei vecchi orologi arrestati», «]’ora del giorno in cui questo e quest’altro era accaduto»; si aspetta perfino — analogamente al privilegio qui sopra ascritto alla letteratura (I, 2) —
«testimonianze d’una specie pet cui non c’erano mai
stati documenti abbastanza, o per cui idocumenti tutti, per quanto moltiplicati, non potevano mai essere abbastanza»
(libro I: zbid., p. 48). [visto amore delle vecchie
cose, del passato scrutabile, palpabile]. [sentito un orecchio volto alle voci estinte, preziose quanto fievoli, percepibili, in verita, quanto fini]. > Libro II: tbid., pp. 64-67; come dire che il sinistro-terrifico si prepara a essere
parassitario meno delle categorie del tempo (cfr. IV, 26) che del prestigioso-ornamentale, meno di quest’ultimo che del funzionale. Il battente del! portone dietro il quale Ralph scomparira alla fine del Libro II é «un arnese immenso, massiccio, antico, di lucido ottone»; il vestibolo ha riquadri di marmo dove, secondo il topos (v, 7),
«il bianco si era consunto quasi in giallo e il nero quasi in blu» (pp. 61-62). Ma all’interno gli oggetti non sono che «levigati dall’impiego» (p.65); i segni del decorso di tempo si riducono al ricorrere dell’aggettivo old, « vecchio», e a: « per quanto appannato», predicato di «specchio» (p. 66). A Ralph non preme sapete se siano originari o modernamente raccolti, rarita genuine o mistura fortuita (pp.67-68). 4 Libro II: zbzd., pp. 64, 65. > Libro II: zbid., p. 57. 6 Non é certo sorprendente, come pare a un’americana, che Ralph abbia intuito il sortilegio di luoghi particolari e vecchi oggetti o superfici « in questo luogo, che nega il vecchio a ogni passo e contiene cosi pochi oggetti o superfici del genere» (libro I: thid., p. 34). I segno dell’Europa, in Europa, ondeggia davanti a lui per contrasto sullo scalo, in treno, in omnibus (libro II: sbid., p. 58). La casa stessa gli sembra dimostrare «un riserbo inimitabile di fronte al mondo moderno», essersi fermata sulle soglie
dell’Ottocento «con una specie di disgusto » (p. 46). L’esterno gli appare nel suo moderno grigiore (p. 51), ma le stanze gli ispirano sollievo e gratitudine come fortunate
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per «tutto cid che avevano scampato di conoscere, tutto cid che, nella pit volgare delle epoche, erano riuscite a non ereditare» (p. 66). ’
4
24. p. 397 (V.12): Nel celebre auto sacramental di Calderén de la Barca, Dio
stesso quale Autore convoca per una recita della vita umana El gran teatro del mundo’. Fra le parti allegoriche da Lui assegnate, la pit godibile é la pit pericolosa per l’anima: andra all’inferno solo il Ricco, e il Mondo che distribuisce i paramenti scenici gli da gioielli. Con parole la cui retorica insinua nell’aggettivazione un peccato mortale, |’avarizia, ad anticipo di quasi tutti gli altri: Mis entrafias para ti
a pedazos romperé; de mis senos sacaré toda la plata y el oro, que en avariento tesoro tanto encerrado oculté?.
Anche il Doctor Faustus di Marlowe andra, come voleva la
leggenda, all’inferno. Dell’ansia di gaudente onnipotenza che lo tenta a comandare agli spiriti, quella di ricchezza é la parte espressa per prima — da lui come dai suoi due maestri di magia; con una magnificenza verbale che ben contende gli oceani, i continenti e i loro abissi agli esempi spagnoli e portoghesi: I'll have them fly to India for gold, Ransack the ocean for orient pearl... The spirits tell me they can dry the sea, __ And fetch the treasure of all foreign wracks. Yea, all the wealth that our forefathers hid
Within the massy entrails of the earth’. ' LI gran teatro del mondo). 2 Vv. 523-28: Calderén de la Barca, El gran teatro del mundo. El gran mercado del mundo, Catedra, Madrid 1987, pp. 56-57 (e cfr. ai vv. 865-82 l’avarizia, ai vv. 529-30 € 739-51 gli altri peccati, pp. 67-68, 57, 63- 64). [Le mie viscere per te | a pezzi rompero; | estrarro dal mio grembo | tutto l’argento e l’oro, | tesoro avaro, che tanto | occulta-
mente racchiusi]. > The Tragical History of Doctor Faustus [La tragica storia del Doctor Faustus), atto I, sc. 1: Ch. Marlowe, The Complete Plays, Penguin 1986, pp. 268, 270. The Jew of Malta (L’ebreo di Malta) appare «nel suo ufficio contabile, con mucchi d’oro davanti»; che per la sua frenetica, perfida cupidigia l’accumulo di « infinite ricchezze nello spazio d’una cameretta » sia reale, non toglie magnificenza verbale al compiacimento:
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vv. 19-38, ibid. p. 349 (cfr. vv. 68-70, e, per l’attrazione spettrale dei tesori, vv. 24-27: ibid. pp. 400, 368). Tamburlaine the Great [Tamerlano il Grande] a sua volta, tanto pia magnifico verbalmente quanto ancor pit frenetico d’inesausta ambizione, pud ideare che i re dell’India scavino per placarlo nelle loro miniere: parte I, vv. 263-65, ibid. p. 149. [Faro che volino sino all’India in cerca d’oro, | Saccheggino l’oceano di tutte le perle orientali...] [Gli spiriti mi dicono che saprebbero seccare il mare, | E arrecare i tesori di tutti inaufragi stranieri. | Si, tutta la ricchezza che i nostri avi nascosero | All interno delle compatte viscere della terra].
25. p. 407 (V.12):
Nellultimo inno sacro incompiuto di Manzoni, Ognissanti, é dubbio agli occhi del secolo il merito asociale d’una santita solitaria: « che giovin gli avari— Tesor di solinghe virti». La risposta esorta a domandare a Dio, metaforicamente, perché faccia sorgere in campagne inospitali il «tacito» fiore: Che spiega davanti a Lui solo La pompa del pinto suo velo, Che spande ai deserti del cielo Gli olezzi del calice, e muor'. ' A. Manzoni, Tutte le opere, Mondadori, Milano 1957, vol. I, pp. 255-57 (varianti di questi versi, pp. 258-59).
26. p. 408 (v.12):
Proust sa invece rifare non abusata la comparazione del fiore, per figurare con quale spontaneita isolata e latente sarebbe diffusa tra gli uomini la bonta: Dans les coins les plus lointains, les plus perdus, on s’émerveille de la voir fleurir d’elle-méme, comme dans un vallon écarté un coquelicot pareil 4 ceux du reste du monde, lui qui ne les a jamais vus, et n’a jamais connu que le vent qui fait frissonner parfois son rouge chaperon solitairer
1 A l’ombre des jeunes filles en fleurs [All’ombra delle fanciulle in fiore), I: Proust, A la recherche..., t. Il cit., p. 100. Cfr. il precedente che é abbreviato, quintessenziato in questo passo: M. Proust, Jean Santeuil, « eee de la Pléiade»,
1971, pp. 470-71. [Negli angoli pid lontani, pit perduti, fa meraviglia vederla fiorire da sé, come in una valle appartata un papavero uguale a quelli del resto del mondo, lui che non li ha visti mai,
enon ha mai conosciuto se non |vento che a volte fa rabbrivi-
dire il suo rosso cappuccio solitario].
27. p. 415 (V.13):
Ma la categoria pud anche comprimersi in due 0 tre versi, e confinarsi nella metafora, se figurando il male morale — come
554
APPENDICE
gia in Tasso— lo traduce in una violenta nausea del sesso come talvoltain Shakespeare. Il mondo non é che osceno lussureggiare vegetale, guardato dalla nevrosi di Amleto: Fie on ’t! O fie! ’tis an unweeded garden That grows to seed; things rank and gross in nature Possess it merely’.
E Pincubo di gelosia converte dentro Otello lintimita ultima, dove l’amore é la fonte della vita, in «a cistern for foul toads — To knot and gender in»; Desdemona si proclama onesta: O! ay; as summer flies are in the shambles,
That quicken even with blowing’. ' Hamlet [Amleto], atto I, sc. 11, vv. 133-37: Shakespeare, Tragedies cit., p. 637. [Che schifo! O schifo! é un giardino non sarchiato | Che va in seme; cose di natura ri-
gogliosa e grossolana | Lo posseggono per intero]. 2 Othello [Otello], atto IV, sc. 1, vv. 56-66: tbid., pp. 917-18. [una cisterna per sozzi rospi | Che vi si annodino e generino]. [O si! come lo sono le mosche estive nei macelli, |Che nascono dalla stessa lordura].
28. p. 420 (v.13):
Ha origine da una striscia infeconda, in piena campagna svizzera, la tragicita d’un altro idillio adolescente: a cui s’intitola la novella di Keller, Romeo und Julia auf dem Dorfe'. Fra due campi coltivati se ne stende un terzo da anni coperto di erbacce, e delle pietre che i rispettivi proprietari vi hanno gettato dai due lati — finché «tutte le pietre del mondo sembravano esservi raccolte»’*. La contesa per lo spazio intermedio manda in rovina entrambi gli agiati contadini; segno del loro declassamento, il logoro-realistico. Lo sterile-nocivo si situa ancora al di la di esso, o al di qua dell’ordine sociale’. L’erede senza titoli scritti sopravvive nella comunita dei vagabondi, con dimora nelle foreste: si mostra agli innamorati, figli dei due nemici, sul fatale mucchio di pietre; ve li conduce tentando di portarseli dietro’. Nel loro optare piuttosto per il suicidio a due dentro il fiume, la natura resta un’alternativa mortale alla societa, che non pud sublimarne la brutalita senza interstizi.
APPENDICE
555
' [Romeo e Giulietta nel villaggio). * G. Keller, Die Leute von Seldwyla, Insel, Frankfurt am Main 1987, p. 83 (pp. 71150); cfr. pp. 71-72, 79-80, e dopo l’acquisto del campo da parte di Manz e il ridursi dell’ usurpazione di Marti a un triangolo, sulle cui pietre torna a fiorire «una foresta dortiche e cardi», pp. 82-83, 85. > Logoro-realistico delle suppellettili che iManz traslocano in citta, dei locali dove trovano da tenere bettola e da abitare, dell’abbigliamento muliebre: ibid., pp. 90, 91, 92; anche della villa di cent’anni prima declassata a osteria, dove nei giorni di festa balla la gente piti povera: pp. 137-38. Ma travalica nello sterile-nocivo la descrizione del campo davanti alla casa di Marti, al suo ultimo stadio: pari ormai quasi al « campo
senza padrone da cui tutta la sventura proveniva», pp. Ior-3, € con spostamento narrativo dall’uno all’altro luogo, pp. 104-5. 4 Thid., pp. 105-6, 145.
29. p. 432 (V.14):
Nel capolavoro, il feticismo di questa categoria é cosi distanziato da metamorfosarsi nell’ardente idealismo del solo personaggio moralmente intoccabile, del solo integralmente amato: la nonna. L’ironia resta tenera e ammirativa di fronte allo zelo di lei che contro la volgarita dell’utile persegue, incurante di piccoli disastri da frusto-grottesco, l’edificazione intellettuale altrui: Méme quand elle avait a faire 4 quelqu’un un cadeau dit utile, quand elle avait a donner un fauteuil, des couverts, une canne, elle les cherchait «anciens », comme si leur longue désuétude ayant effacé leur caractére
dutilité, ils paraissaient plutdt disposés pour nous raconter la vie des hommes d’autrefois que pour servir aux besoins de la nétre. [...]. On ne
pouvait plus faire le compte a la maison [...] des fauteuils offerts par elle a de jeunes fiancés ou a de vieux époux, qui, 4 la premiére tentative qu’on avait faite pour s’en servir, s’étaient immédiatement effondrés sous le poids d’un des destinataires. Mais ma grand-mére aurait cru mesquin de trop s’occuper de la solidité d’une boiserie ot se distinguaient encore une fleurette, un sourire, quelquefois une belle imagination du passé! 1 Du coté de chez Swann, I, 1: Proust, A la recherche..., t. I cit., pp. 39-40. Esime dall’ostilita delle camere estranee l’albergo di Donciéres, palazzo settecentesco, grazie a «un’eccedenza di lusso, inutilizzabile in un albergo moderno, e che, avulsa da ogni destinazione pratica, aveva preso nell’inoperosita una sorta di vita»; si rende,
cosi, godibile l’irrazionalita edilizia d’Ancien Régime: « corridoi che tornavano sui loro passi, di cui s’incrociavano continuamente le andate e venute senza scopo, vestiboli lunghi come gallerie e adorni come salotti», « camerette che, senza curarsi affatto
della simmetria, gli correvano attorno [al salone], innumerevoli, stupite, fuggenti in disordine fino al giardino... » (Le Coté de Guermantes, I: Proust, A larecherche..., t. TI
cit., pp. 381-83). La camera delle Journées de lecture [Giornate di lettura] era bella perché «piena di cose che non potevano servire a niente e che dissimulavano pudicamente, fino a renderne l’uso estremamente difficile, quelle che servivano a qualcosa »
(Proust, Contre Sainte-Beuve cit., pp. 164-66). [Perfino quando doveva fare a qualcuno un regalo cosiddetto utile, quando doveva donare una poltrona, delle posate, un
556
APPENDICE
bastone, lei li cercava « antichi», come se, la lunga desuetudine avendo cancellato il
loro-carattere di utilita, sembrassero preparati piuttosto per raccontarci la vita degli uomini d’un tempo che per servire ai bisogni della nostra. [...]. Non si poteva pit fare il conto a éasa [...] delle poltrone offerte da lei a giovani fidanzati o a vecchi sposi, che, al primo tentativo fatto per servirsene, si erano immediatamente sprofondate sotto il peso d’uno dei destinatari. Ma mia nonna avrebbe ritenuto meschino occuparsi troppo della solidita d’un legno dove si distingueva ancora una galanteria, un sorriso, talvolta una bella immaginazione del passato].
30. p. 433 (v.14): Da menzionare, in chiusura, l’inesorabilita ideologica di
Benjamin verso il lavoro ludico del collezionista: che si assoggetta al « compito da Sisifo, col suo possesso delle cose, di spogliarle del loro carattere di merci»; che si sogna «in un mondo non solo lontano o passato ma insieme migliore», dove gli uomini permangono sprovwvisti del necessario «ma le cose sono libere dalla serviti di essere utili» '. Come se la critica marxiana del feticismo della merce’ venisse sovrapposta, con ascetismo politico anziché estetico, alla critica proustiana di cid che posso chiamare il feticismo dell’antimerce. ' Paris, die Hauptstadt des x1x. Jahrhunderts (Parigi, la capitale dell’Ottocento], 1v: Benjamin, I//uminationen cit., p. 194. * Das Kapital, Buch I: Marx e Engels, Werke, t. XXIII cit., pp. 85-98.
31. p. 436 (v.15):
Quel maestro di frusto-grottesco che restd Dickens (rv, 13;v 5) fainvece gia, con un elenco in Little Dorrit’ (1855-57), pretenzioso-fittizio inconfondibile. Meno moderno, certo, finché ad adunare le cose disparate éuno scopo o di commercio o di collezione; ma ormai l’ingenuita della raccolta privata non é piu a riparo dalla malizia industriale: There were antiquities from Central Italy, made by the best modern houses in that department of industry; bits of mummy from Egypt (and perhaps Birmingham); model gondolas from Venice; model villages from Switzerland; morsels of tesselated pavement from Herculaneum and Pompeii, like petrified minced veal; ashes out of tombs, and lava out of Vesuvius; Spanish fans, Spezzian straw hats, Moorish slippers, Tuscan hair-pins, Carrara sculpture, Trastaverini scarves, Genoese velvets and filagree, Neapolitan coral, Roman cameos, Geneva jewellery, Arab lanterns, rosaries blest all round by the Pope himself, and an infinite variety of lumber’.
APPENDICE
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' [La piccola Dorrit).
? Parte I, cap. xvi: Ch. Dickens, Little Dorrit, Oxford 1963, pp. 192-93. [C’erano antichita d'Italia centrale, prodotte dalle migliori ditte moderne in questo reparto dell’industria; pezzetti di mummie d’Egitto (e forse di Birmingham); modellini di gondola da Venezia; modellini di villaggio dalla Svizzera; brani di pavimento a mosaico da Ercolano e Pompei, che parevano vitello tritato pietrificato; ceneri tolte a tombe, e lava tolta al Vesuvio; ventagli spagnoli, cappelli di paglia di La Spezia, pantofole moresche, forcine toscane, sculture di Carrara, sciarpe trasteverine, velluti e filigrane genovesi, corallo napoletano, cammei romani, gioielli ginevrini, lanterne arabe, rosari
integralmente benedetti dal Papa stesso, e un’infinita varieta di cianfrusaglie].
32. p. 441 (V.15): Nella Nuova Zelanda evocata dalle novelle della Mansfield,
la bottegaia balneare di At the Bay' invita una domestica al té; le mostra dozzine di nuove fotografie, in attesa d’ingrandimenti al naturale come li predilige. Lo «stile» del montaggio che la inquadra é lo stesso delle incisioni di cui fremeva, sollevandone anche lei una carta velina, Emma Bovary. La Sa ae lo ha volgarizzato a qualita pit bassa ed a utenza pit arga: Mrs. Stubbs sat in an arm-chair, leaning very much to one side. There was a look of mild astonishment on her large face, and well there might be. For though the arm-chair stood on a carpet, to the left of it, miraculously skirting the carpet border, there was a dashing water-fall. On her right stood a Grecian pillar with a giant fern-tree on either side of it, and in the background towered a gaunt mountain, pale with snow. «It is a nice style, isn’t it? » shouted Mrs. Stubbs... ?. ' [Alla bata). 2 K. Mansfield, 34 Short Stories, Collins, London - Glasgow 1972, pp. 135-36 (m1448). [Mrs Stubbs sedeva in una poltrona, sporgendosi moltissimo da un lato. Sulla sua
larga faccia c’era un’aria di lieve stupore, e ne aveva ben donde. Benché infatti la poltrona si trovasse su un tappeto, alla sua sinistra c’era, miracolosamente rasente all’orlo del tappeto, un’impetuosa cascata. Alla destra di lei si trovava una colonna greca con da ambo i lati una felce gigante, e sullo sfondo torreggiava una sparuta montagna, pallida di neve. — Lo stile é distinto, no? — urlo Mrs Stubbs...].
33- p. 518 (vu1.6): Un tardo epigramma di Goethe gia indirizzava Den Vereinigten Staaten [Agli Stati Uniti] ottimistica invidia, e ironia al venerando-regressivo di qua dall’oceano: « Amerika, du hast es besser—Als unser Kontinent, das alte, — Hast keine verfallene Schlésser —Und keine Basalte » [America, a te va meglio / Che al nostro continente, |’antico, / Non hai castelli in rovina / E non hai basalti] (Goethe, Poetische Werke cit., p. 1125).
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Indice per argomenti
Albero semantico: 76-78, 82-86, 88, 89, 90-91, 94-96, 98, 99-102, 10, 136-37, 146-47, 149-50, 163-66, 170-71, 175-76, 197-98, 199-200, 202-3, 207, 211-12, 222, 227-28, 24344, 260, 301, 449-50; definizione del minimo comun denominatore dell’-, 78-79; arbitrio strategico nell’—, 77-78, 85, 95, 100, 124, 137, 149-50, 164, 170-71, 197, 227; neutralizzazione (di opposizioni) nell’—, 137, 170-71; inapplicabilita dell’~, 262-69. Ancien Régime, vedi Venerando-regressivo e Memore-affettivo. Avarizia, avaro (personaggi di —): 37, 40, 92, 115-18, 135, 291, 299-300, 326-27, 333,
388, 395 N., 403, 406, 444, 552. Categorie di immagini. Unita dell’oggetto di ricerca: 3, 15, 16, 21, 221, 231, 381; il classi-
ficare: 0, 71-72, 76-77, 100, 102, 244, 261, 449-50; — semipositive o negative, funzione primaria o secondaria: 11-13, 13-15, 17, 75, 101-2, 122, 140, 197-98, 217, 424; —rifiutate, 122, 124, e vedi alle singole -; periodizzazioni delle —: 275-76, 449-50; occorrenze isolate o ricorrenze codificate delle —: 276, 288; contaminazione fra —, esem-
pi purio impuri: 95, 99, 14, 19, 127, 135, 140, 147, 150-51, 203, 207, 217-18, 239, 243,
259, 269-71, 275, 282, 284, 289, 303 N., 312, 316, 334-35, 344, 345, 364, 370, 372, 390-91, 410-I, 415, 421, 423, 435-36, 437 N., 441, 444, 449, 450-51, 454, 460, 466-67,
495-96, 544, 544-45 N., 546; commutazione fra —: 89-91, 95, 216-17, 220-21, 243, 291, 393-94, 540; trasformazione fra —: 101, 150, 183, 200, 276, 287, 300, 489.
Collezioni, vedi Musei e collezioni.
Consistenza delle immagini: 80, 82, 92, 104, 106-7, HO, 117, 142, 223, 225, 261-75, 28586, 338, 340 N., 429, 457, 541; tappresentazioni e interpretazione: 261-62, 282 n.,
285-86, 383 n., 544-45 n.; — e funzionalita narrativa: 263-65, 294; — e metaforismo lirico: 267-69, 425-26, 447, 455; —€ brevita: 269-71; effetto odierno di casi mancati: 271-73; prolungamenti sottintesi: 273-75, 329 n.
Cultura e natura (nelle immagini), vedi Natura e cultura. Desolato-sconnesso: 14, 23-25, 145, 147-49, 150-56, 160, 160-63, 164, 166, 203, 275 n.,
290, 303 N., 325, 339, 346, 349, 351-64, 424, 464, 466-68, 476-80, 480-84, 547-48;
periodizzazione del-: 150, 351; occorrenze isolate: 351-52; ricorrenze codificate: 352-64; processi e oggetti della memoria: 149, 152-53, 159, 161, 164, 351, 353, 358; — metaforico anziché memoriale: 149, 152-53, 159, 160 N., 164, 351, 353, 356, 358-59,
446 n., 469-72, 548; identificazione nelle, personificazione delle,cose: 24-25, 26, 42-44, 162-63, 351-52, 357-58, 360-61, 470-71, 547-48; — ed espropriazione: 145,
352-53, 480-81; — e ripostigli, soffitte ecc.: 329, 362-64, 393, 473-75; — € pazzia:
353-54, 360, 476-80. Elenchi (di oggetti, come forma delle immagini): 3, 4, 22, 24, 26, 27, 37, 40, 43 n., 48, 50, 52-53, 53) 92, 104, 107, 114, 144, 145, 162, 168, 178, 180-81, 186, 199, 200, 215, 220, 230, 233-34, 275 N., 289-90, 292, 302 N., 303, 318, 326, 334, 335, 353 N., 365-75, 391
562
INDICE PER ARGOMENTI
ii., 397, 421, 423, 426, 427, 429 N., 433, 435, 437-39) 442, 444, 480, 491 N., 492, 493, 494 1..'545-47, 549, 556-573 ~ verbalmente defunzionalizzanti: 5, 22, 26, 180, 233,
493, 546-47;— di cose funzionali: 52, 180, 213. Evocazione sensoriale (capacita di —): 88, 96, 106, 110, 140, 264, 272-73, 287, 341.
Fonte, modello, precedente (rapporto di -, fra testo e testo): 23, 67; (in ordine crono-
logico, per autori del testo pit recente:) Teocrito e Sofrone, 365; Virgilio e Teocrito, 366; Rutilio Namaziano e Sulpicio, 279; S. Ambrogio e Sulpicio, 279-80; Dante e Lucano, 413; Dante e Seneca, 413; Boccaccio e Ovidio, 369; Bracciolini e Sulpicio, 104; Piccolomini e la Bibbia, 282; Sannazzaro e Sulpicio, 282; Sannazzaro e Virgilio, 4m n.; Rojas e Lucano, 181; Ariosto e Dante, Petrarca, 413-14; Castiglione e Petrarca, 107; Du Bellay e Castiglione, 106; Du Bellay, Quevedo, Spenser e Giano Vitale, 283; Tasso e Sulpicio, 284; Tasso e Boccaccio, 265 n.; Tasso e Boiardo, 284 n.; D’Aubigné e Lucano, 371; Lope de Vega e Marziale, 291; Lope de Vega e Castiglione, 89; Marino e Ovidio, Ariosto, Tasso, 209; Marino e Tarcagnota, 208 n.; Régnier e Berni, 12; Tourneur e Shakespeare, 338 n.; Webster e
Sulpicio, 284-85; Corneille e Seneca, 372; Milton e Orazio, 399 n.; Scarron e Marziale, 291; Scarron e Castiglione, 89; La Fontaine e Ovidio, 291 n.; Grimmels-
hausen e Quevedo, 296; Lesage e Vélez de Guevara, 373 n.; Young e Boezio, 415; Sterne e Sulpicio, 288; Diderot e Sulpicio, 109; Gray e Shakespeare, 200; Macpherson, i classici e la Bibbia, 18, 306; Sade e Prévost, 549; Chateaubriand e Sulpicio, 288; Chateaubriand e Macpherson, 140; Chateaubriand e Goethe, 141; Scott e Bracciolini, 231; Scott e Shakespeare, 402 n.; Foscolo e Parini, 383 n.; No-
dier e il romanzo gotico, 550 n.; Maturin e Goethe, 186; Manzoni e Sade, 385 n.; Byron e Sulpicio, 288; Byron e Shakespeare, 351 n.; Shelley e Shakespeare, 4or; Leopardi e Goethe, 261-62; Balzac e Hoffmann, 235; Hugo e Nerval, 312; Sainte-
Beuve e Chateaubriand, 341; Stifter e Jean Paul, 546; Nerval e Sainte-Beuve, 344 n.; Musset e Byron, 125; Gautier e Régnier, 302 n.; Wagner e Chateaubriand, 342-
43 n.; Baudelaire e Virgilio, 344; Baudelaire e Régnier, 147; Baudelaire e Gray, 407; Flaubert e il Satzricon, 435; Tolstoj e Goethe, Chateaubriand, 343; Villiers e Goethe, 402, 531; Villiers e Wagner, 402; Cros e Baudelaire, 23, 147; Stevenson e Poe, 403; Wilde, D’Annunzio e Huysmans, 427-28; Rilke e Baudelaire, 482; V. Woolf e la Bibbia, 45, 203; Gozzano e Stifter, 347; Gozzano e Flaubert, 437 n.; K. Mansfield e Flaubert, 557; Gadda e Flaubert, 259, 444, 492; Céline e Zola, 486 n.; Fitzgerald e Franklin, 250-51; Faulkner e Hawthorne, 314; Borges e Cros, 25-26; Nabokov e Flaubert, 492; Nabokov e Proust, Mérimée, 489 en.; Lowry e Kafka, 472; Marquez e Stevenson, 465 n.; E. Morante e Alain-Fournier, 453; Tournier e
Flaubert, 437 n.; Raboni e Baudelaire, 356-57. Frusto-grottesco: 14, 30-33, 89-91, 92-94, 110-18, 131, 132, 135, 164, 166, 168, 180, 203,
229-32, 259, 267, 271-72, 276, 288 N., 290-303, 312, 318, 326, 328, 331 N., 334, 335
N., 336 N., 340, 350, 370, 372, 397, 410, 423, 434, 435, 444, 490, 494, 540, 540 N.,
541-42, 543 N., 555, 559; periodizzazione del —: mo, 14-15, 290; ricorrenze codificate: 290-302; occorrenze isolate: 302-3; figuralita scherzosa: 38-39, 43, 93, 98, W0-U, 16-18, 129, 135, 291, 294, 2973 linguaggio di secondo grado: 12, 118, 292, 293; miseria o bizzartia: 114, 297, 541; — e maniera bernesca: m0, 112, 114-15, 294; —€ genere picaresco: 114-15, 180, 294-96; — misantropico: 541-42; marginalita del — recente, — e pretenzioso-fittizio: 259, 303, 444, 489-90, 494, 556-57.
Funzionale (immagini di corporeita —): 52, 79, 80, 156, 213, 221, 223, 238, 246, 258-60,
325, 328 N., 375, 411, 446-47, 458, 478, 497-536, 539, 551; imperativo — (principio di
prestazione): 9-10, 17, 74, 222; atteggiamento assiologico (verso le immagini di corporeita —): 40, 497-98, 498-536 passim; — acquisito o d’acquisizione: 509 sgg.;
ricorso dal nuovo al noto, soprannaturale, catacresi e rincaro: 506-9, 510-28, 52936.
Greca (rare immagini nella letteratura —): 276, 277, 290-91, 304, 364-65, 378-79, 394,
542.
INDICE PER ARGOMENTI
563
Kitsch, vedi Pretenzioso-fittizio. Logoro-realistico: 14, 35-39, 39-41, 96-99, 112, 127-36, 156, 164, 166, 173, 189, I91, 194,
203, 226, 229-32, 275 N., 292 N., 304 N., 312 N., 314, 318 N., 318-37, 339, 352, 359-60, 363, 386, 388, 391, 423, 436, 441, 455, 456 N., 458, 461-62, 472-76, 480, 492, 493, 544-45, 554-55; periodizzazione del—: 318; preponderanza degli esempi di -: 318; trapasso dal frusto-grottesco al —: 130-31, 132, 300-2, 318; connotazioni che fanno realta: 40-41, 54, 97, 99, 129, 136, 319, 493; declassamento: 132-33, 136, 319, 320, 321-22, 325, 330, 332 ., 436, 476-77, 480, 554-55; — € romanzo storico: 127-28, 231, 318-19, 460-62;— di abitazioni nobiliari: 321-23, 457-58; — di abitazioni proletarie: 330-32, 458, 545 n.; sedi private opubbliche: 133-34, 332-33; — € avarizia: 326-27; miseria € vizio: 331-32; topos della metamorfosi dei colori: 98, 12, 17, 335-37, 360 D., 436 n., 483-84, 551 0. iZiOSO: 12, 51-53, 14, 167-70, 176-86, 212, 231, 235, 265, 275 N., 276,
292, 316, 364-78, 417, 427, 465, 549; periodizzazione del—183, 364, 365, 369, 373, 375; Ticorrenze codificate: 364-75; occorrenze isolate: 375-77, 549;— rifiutato: 370; elenco magico come archetipo storico: 52, 14, 168, 364-65; rituale e letteratu-
1a: 365, 366, 368-69, 369;— incruento: 364- 65, 367; corporeita animali morte: 51, 169, 178-79, 181-82, 364-76 passim, 494 N.; — sintetico o reticente: 373-75; — € topo
di cose impossibili:370, 372, 377-78; reliquie, soprannaturale bianco: 176, 183,
377-78, 464, 494 0. Medievale (rare immagini nella letteratura —): 105-6, 276, 280-81, 292, 305, 413. Memore-affettivo: 12, 21-23, 33-35, 137-46, 150-51, 153, 157-60, 164, 166, 203, 216, 239,
242, 261-62, 275 N., 289, 303 N1., 309 N., 312, 313, 317, 337-50, 357, 378, 382, 391, 393 1, 429, 433, 437 1, 450-52, 463-64, 466-68, 477; 481, 484-85, 492 N., 495 0., 544,
596-47, 549 N.; periodizzazione del—:138, 143, 150, 200, 337-38, 349-50; occorrenze isolate: 337-38; ricorrenze codificate: 339-50; — rifiutato: 155-56, 157, 339, 348-
50, 431, 433, 547; pellegrinaggio sentimentale: 138, 142-43, 145, 157, 159, 162 n., 339, 341-44, 346 N., 347-49, 354, 547 n.; rimembranza a occhi chiusi: 338-39, 346,
348-49; ricordi d’ infanziao d’amore: I4I, 159-60, 339, 340-41 N.; memoria modernae religione tradizionale: 142-43, 338; —e proprieta: 145,155, 342, 349, 352, 481; — in dimensioni da camera: 339-41, 344-47, 546-47; — € idealizzazione dell’Ancien
Régime: 301-13, 344-45, 450. Memoria (¢ immagini), vedi Memore-affettivo
e Desolato-sconnesso.
Merci e non-funzionalita (nelle immagini): 13, 19-20, 23, 32, 34, 227-29, 232-35, 236-
38, 242, 297-98, 303, 318, 333-34, 391, 393, 409-10, 421, 435, 435-36, 444, 485-86,
491, 494, 545, 556, 556-57; antimerci: 19-20, 23, 51, 64, 70, 235, 556.
Monitorio-solenne: 11-12, 25-26, 41-46, 81-83, 89-91, 102-10, 18, 119, 138, 140, 143, 145,
147, 161 N., 164, 166, 174, 200-1, 203, 231, 235, 261, 269, 273, 276-90, 291-92, 294, 298, 299, 303 D., 306, 313, 317, 319 N., 333 N., 338, 347 N., 352, 354, 361, 381, 383, 387,
397; 405, 410, 414 N., 415, 427, 432, 435, 460,485 0.,488,492, 495-96, 519, 540, 546;
ne dd. 105-6, 107, 276; ricorrenze codificate: 276-88; occorrenze isolate: 288-90;—rifiutato: 285, 287, 540n.;poverta d’immagini nel—:82, 104, 106, 147; Momento argomentativo nel —: 82-83, 106, 265; riscatto poetico del —: 277, 279, 284; - a fondo scientifico: 277-78, 286-87;—di delusione: 283, 285; Troia ¢ il —: 269, 277-81 passim, 289, 298; Roma e il -: 102-7, 279-86 passim, 540; (Troia ¢ altre categorie: 539-40; Roma e altre categorie: 294, 299, 314-15, 387, 428).
Musei, collezioni: 229-31, 236-38, 289, 292, 296 N., 428-30, 432-33, 492, 494, 518, 539,
540, 540 N., 541-42, 556-57; — in sensi metaforici: 34, 37, 121, 145, 273, 340-41,
488 n.
Natura e cultura (nelle immagini): 6, 16, 17, 43, 48, 57, 63, 135, 169-71, 174, 197, 199, 203,
205, 224, 287, 295, 307, 335, 410 N., 410-Il, 499-501, 502-6.
564
INDICE PER ARGOMENTI
Prestigioso- ornamentale: 13, 28-30, 235-39, 244-48, 252-56, 282, 349, 391, 424-33,
484-85) 540 N., 551 N., 555-56; periodizzazione del—: 424-25, 427, 432-33; Occorrenze isolate: 425-26, 432-33; ricorrenze codificate: 426-32; — rifiutato: 430-32, 555-56; continuita e differenza col venerando-regressivo: 237, 245-46, 311-12, 315, 424; modelli nobiliari 0 ecclesiastici, borghesia imitativa: 238, 245-47, 430-31; —e artificio: 245-46; liberta di scelte, eccesso di storia: 254-55; — e valore etico: 427,
428-30, 555-56. Pretenzioso-fittizio: 14, 26-28, 33-35, 161, 239-43, 244, 248-52, 256-60, 261, 303, 316,
334-35, 429, 433, 433-47, 456, 485-86, 488-92, 492-96, 556-57; petiodizzazione del
—: 433; occorrenze isolate: 433-36, 556-57; ticorrenze codificate: 436-47; Kitsch, decontestualizzazione: 28, 30, 33, 35, 50, 228-29, 234-35, 238-39, 239-43, 247, 250,
253, 347, 425, 426, 429, 434, 436, 438, 447, 486, 488-92, 505, 530; sincretismo cul-
turale, colonialismo, storicismo: 233-35, 239-42, 259, 434; — con sottintesi estensivio restrittivi: 439 sgg., 492; — cittadino o provinciale: 241-42, 436, 439-41, 557;—€
pubblicita: 242 n., 252, 259, 444-46, 490-91, 494-96, 530, 531-32, 534-35; -d’America: 248, 445-46, 489-92. Prezioso-potenziale: 12-13, 49-51, 198-202, 211-12, 213-21, 231, 316, 326, 358 N., 393 N.,
393-410, 418 N., 429 N., 444, 455, 458 N., 465, 488, 544 N., 552-53; periodizzazione
del —: 393-94; ricorrenze codificate: 394-405, 405-10; — rifiutato: 393 sgg., 399 sgg.; — metaforico anziché letterale: 201-2, 214, 393, 400, 405-10, 553; — benefico o malefico: 393-94, 406-8, 553; reversibilita fra — e sterile-nocivo: 216-17, 220-21, 394, 397, 403-5, 408 n., 420; puro vagheggiamento del — : 197, 200, 202, 217; —€ spazio onirico o fiabesco: 199-200, 201-2, 214, 397; —€ immaginario nazionale ah: glosassone: 199, 552-53; —metonimia di spazi coloniali: 395-96, 405. Progresso e superamento periodico del funzionale (nelle immagini), scienza e magia: 41, 54, 56, 63-64, 123, 186, 196, 326, 367, 375-76, 391, 464-66, 487-88, 494,
506-7, 509, 516-18, 523, 528. Referenti simbolici (rispetto alle immagini): 16; il cadavere: 16, 17, 48, 55-56, 63, 8283, 98, 104, 107, 15, 126, 148, 178, 194, 199, 215, 217-18, 220, 235, 314 N., 321, 349, 352
N., 369, 371, 374, 377, 380-81, 385, 387, 389, 397, 404, 417, 424, 445, 465, 533, 540 N., 543, 544 n.; gli escrementi: 16-17, 20, 23, 48, 63, 135, 154, I8I, 215, 220-21, 235,
259, 332, 394, 423, 439, 446 N., 465, 479-80, 530, 533, 541-42. Sinistro-terrifico: 14, 39-41, 41-42, 53-55, 55-57, 127, 171-75, 183-84, 186, 186-97, 203, 207, 212, 217-18, 231, 235, 261, 265, 267, 270, 274, 276, 284, 295, 308, 309, 314, 316,
329 N., 334 N., 345, 347 N., 362 N., 363, 373, 377, 378-93, 399, 40, 415, 417, 423, 463,
472-76, 480-83, 546-47, 549-52, 553 0.; periodizzazione del —: 186-87, 189, 200,
378, 381, 393; occorrenze isolate: 378-81, 549; ricorrenze codificate: 381-93; so-
prannaturale e spavento infantile: 175, 383, 546-47; — categoria parassitaria: 173, 189, 191, 363, 380, 386, 387-88, 390-91, 472, 551 0.; primato storico negli indugi descrittivi: 172, 386; spazio come oggetto delle immagini di —: 174-75, 192-93, 329 n., 378, 381, 383-85, 387, 391-92, 472-76, 476-80, 549-50; localizzazione centrifuga o centripeta del —: 54-55, 187, 194, 388-89; geografie regressive: 173, 184, 194, 314,
549-50; castelli e conventi: 41-42, 55, 171-72, 173-74, 373, 379-80, 381, 387 n., 388, 390, 455, 463, 482-83, 550 n.; — e classi sociali: 174, 190-92, 308; — e manoscritti:
191, 386, 387, 391, 459, 543-44. Soprannaturale (e immagini), vedi Magico-superstizioso e Sinistro-terrifico. Sterile-nocivo: 14, 41-46, 46-48, 119, 135, 140, 156, 174, 202-10, 211-12, 221-27, 265 n.,
267, 279, 282, 313 N1., 331 N1., 332, 335, 362 N., 387, 404, 410-24, 454-55, 457, 459-60,
462, 466-68, 471, 501, 544 N., §§3-55; periodizzazione dello —: 207-8, 410, 416; ricorrenze codificate: 41-16; occorrenze isolate: 416-24, 554-55; reversibilita fra —e prezioso-potenziale: 420, 423; locus horridus e paesaggio infernale: 210, 221, 4n, 414 N., 416-17; — esotico: 223-24, 226-27, 412, 414, 416-17; — e confini della civilta: 40-13, 416-18, 421-22; — esterno o interno all’abitato: 416 sgg., 554-55; topos del-
INDICE PER ARGOMENTI
565
l'imprecazione d’annientamento: 204-5, 206, 221, 419, 545 n.; topos degli animali incompatibili con l’uomo: 45-46, 48, 119, 205-7, 209-10, 224, 226-27, 270-71, 282,
387, 405, 411-17, 421-22, 454-55, 459-60, 468, 470; — di orrore e schifo: 387, 423-24; — di nausea morale, 553-54. Surrealismo: 21, 31, 33, 49-51, 358, 387, 464, 467, 527-28, 532; presurrealismo: 531-36.
Svolta storica (settecentesca, nella frequenza delle immagini): 18-19, 63, 67-68, 69-71, 73, 100-1, 106, 110, 18, 124, 150, 168, 221, 235, 264, 287, 300, 304, 339, 373, 378, 381, 399, 411, 423, 498, 501, 542; seconda — (incentrata sul 1848): 150, 311, 351, 424, 433.
Tempo (l’ambivalenza del — e le immagini): 15, 17, 63, 311, 319-20; decorso di -, — attuale, vedi Albero semantico passim; — dell’infanzia e— storico collettivo: 57, 34445, 450-52; l’epoca della nonna: 27, 41, 3m, 450, 544. Venerando-regressivo: 12, 39-41, 86-88, 118-27, 128, 130, 133, 138, 140, 141, 143, 164, 166,
173-74, 189, 194, 203, 231, 237, 269-71, 280, 293, 300, 304-18, 320, 321, 323, 339, 353, 377, 378, 383 N., 391, 401 N., 402, 450-53, 453-56, 465, 466, 471, 539-40, 542-44, 545 N., 546; periodizzazione del —: m8, 200, 304, 309, 31; occorrenze isolate: 304-5, 314-18, 542-43, 544; ricorrenze codificate: 306-13; trapasso dal monitorio-
solenne al —: 87-88, 18-20, 138, 200, 287, 288 n., 306-8; — rifiutato: 122-24, 173-74,
Bee
ease
N., 557 0;
seb Fe S20-21M., 332M, 40%, 457-59; 519; 540M, 543-44, 545
é illuminismo, rivoluzione francese: 86-88, 120, 125-27, 130, 306-7,
309-1, 313, 544; immagini di edificio, castelli e conventi: 126-27, 173-74, 307-15, 454, 457, 543-44; irrazionalita edilizia e Ancien Régime: 307-01, 312 N., 392, 420, 452, 463, 475, 555 n.; idealizzazione dell’ Ancien Régime: 41, 231 N., 312-13, 344-45, 428 n., 461-63, 544; — e infanzia: 308-9.
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