Saggi sull''Umanesimo' di Proclo


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Saggi sull''Umanesimo' di Proclo

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PUBBLICAZIONI DELL'ISTITUTO DI STORIA DELLA FILOSOFIA E DEL CENTRO PER RICERCHE DI FILOSOFIA MEDIOEVALE U nivcrsitiì di Padova

GIOVANNI SANTINELLO

SAGGI SULL' >. Cfr. In Parm . , II, 725, 2 1 ; In theol. Plat. , II, 4, p . 95 ; II, l, p . 74; I V , 2 7 , p . 222. 14 In theol. Plat . , I , 9 , p. 17 sgg . : il Parmenide sarebbe ridotto a Àoy,xl\v yv�vct�(ctv; cfr. anche In Parm . , l, 630 37 sgg. ,

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PROCLO NEL PENSIERO DEL CUSANO

e che deriva da lui; ed è come se dicesse che quell'Uno non è altro dall'uno partecipato, poiché ne è la causa; lo chiama uno, ed è come se dicesse « non aliud ». Platone e Proclo, parlando del­ l'uno e dell'altro, dicono che è impossibile che l'uno sia altro dal­ l'altro, e tu perciò, con espressione piu precisa, lo chiami « non aliud » 15• E' stato osservato, anche a proposito di questi passi, 18• che il Cusano trae il suo concetto di « non aliud » da Proclo Ciò deve intendersi, però, nel senso che Proclo gli suggerisce una denominazione la quale, in realtà, sorge da una specie di deficien­ za di precisione avvertita dal Cusano nel suo autore; « nihil aliud » ricorre nel testo latino di Proclo letto dal Cusano, ma - come vedemmo nei passi che abbiamo riferito in nota - non è espressione che abbia quel rilievo che il Cusano intende confe­ rirle, e talora essa ricorre anche per designare non l'Uno, ma

" De non aliud, 20, p. 49 ; 22, p. 52: « Etsi ibi [ in ·Parmenide] de uno et altero tam Plato quam tProculus disserant, dicentes impossibile unum ab altero alterum esse, tu autem praecisiori expressione tui con­ ceptus per ipsum ' non aliud ' dare me facis intueri ' non aliud ' ipsum ab alio aliud esse non posse ». Cfr. PLATONE, Parm., 139 be 140 ; In Parm., VI I , 1172, 27 sgg. Abbiamo rinvenuto nel manoscritto della Teolo­ gia platonica posseduta dal Cusano (cod. Cus. 185) alcune note marginali di sua mano che accentuano il concetto di non aliud quando questa espres­ sione ricorre nel testo di Proclo. > ; il Cusano qui annota : unum est nihil aliud quam unum (f. 57 v ; testo greco, I I , 3, p. 86). > ; il Cusano qui annota: nihil aliud (f. 67 v ; testo greco, II, 7 , p. 10 1). >; il Cusano qui annota : nihi! aliud ( f . 89 r; testo greco, III, 9, p. 135). In quest'ultimo testo, 5i noti, Proclo sta parlando dell'essere, non dell'Uno semplicemente, mentre il non aliud del Cusano designerebbe l'Uno di Proclo, non l 'essere che è già dopo l'Uno. 16 P. WrLPERT, Einleitung, a Nikolaus von Kues, Vom Nichtanderen, Amburgo 19.52; W. BEIERWALTES, Cusanus und Proklos. Zum neuplato­ nischen Ursprung des non aliud, in « Atti del Congresso Internazionale Nicolò Cusano >>, cit. (in corso di stampa). -

2. IL TEMA DELL'UNO

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l'essere, che è inferiore all'Uno. Proclo dirà sempre «unum»; il Cusano dice che quel termine significa «non aliud», e perciò egli preferisce usare questo secondo termine 17• Anche in questo caso la questione va al di là dei nomi. Nel

De genesi (1445 ) il Cusano aveva adoperato la denominazione di «idem» per designare il principio divino; nome che indica una relazione, quella d'identità. E' teologia affermativa. In sede di teologia negativa all'«idem» corrisponde il «non aliud», esso pure, dunque, termine esprimente, in modo negativo, una relazio­ ne. Non per nulla, nel De non aliud, il Cusano aveva avuto occa­ sione di designare la trinità divina nella maniera che a lui sembrò piu esatta, con la triplice ripetizione del termine: «non aliud est non aliud quam non aliud», dimostrando cosi che il principio è concetto di se stesso e da se stesso si definisce 18• Consensi, invece, suscita Proclo nel Cusano per il concetto di causa. L'Uno è causa di tutto ciò che viene dopo di lui. Platone vide in ogni cosa l'unità contratta ed alterata, e, separando e to­ gliendo ogni cosa dall'uno, vide l'Uno in sé assoluto'". E Proclo chiama l'Uno-causa re di tutte le cose o dio degli dei. Le specie e le altre cose, che considera eterne e sussistenti per sé, dice che sono complicate nel primo come nella causa e fonte, e che nel­ l'eternità vengono esplicate'"., E, riprendendo l'immagine della II Lettera platonica, del mondo come retto da un sovrano: «quae igitur in republica reperiuntur distincta, prioriter et co-

17 Ma nel De beryllo, 12, p. 12 : >. Il Baur, in apparato, cita: In Parm., VI, 1066, 22: t1. >. " De principio, 26, p. 20 : >; cfr. In Parm., VII, p. 36, 16 ( in Plato Latinus, I I I ) ; D e n o n aliud, 2 3 , p. 5 5 : > ; In Parm., V I I , p. 60, 1 5 - 1 7 ( in Plato Latinus, I I I ) ; u n a annotazione a questo passo, di mano del Cusano, suona: > ( cod. Cus. 186, f . 1 48 r). 25 Ad es. De venatione sapientiae, 7 , p. 30: > ; In theol. Plat., I I , 6 , p. 95 : � ò l'È' [ i l nome di uno ] 'tijç 1tpo6 oou �,;:,, �ì.w', �ò o ! [ il bene ] causa efficiente, bene causa finale. -rijç i1t•crtpoq>Tjç ���t Etxw'; cioè uno " De beryllo, 1 1 , p. 1 2 : >; cfr. PLATONE, Parm., 137 c - 1 42 a; In Parm. , VI, 1072, 19 e passi m ; Ps. DIONIGI , In myst. theol. , capp. 2 e 5 (PG 3, 1 026 e 1 046 sgg . ) . Cfr. anche De venatione =

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PROCLO NEL PEN S IERO DEL Cu SANO

nabile » " . Gli stessi nomi di Uno e di Bene gli sono dati guar­ dando agli effetti nelle cose derivate; sono i meno inadeguati, ma non vanno presi in senso assolutamente positivo ". Notevole ri­ lievo ha nel Cusano, come in Proclo, la negazione dell'essere per quell'Uno che è sovraessenziale ". Per cui all'Uno si nega anche

sapientiae, 22, p. 9 6 : « Quomodo autem venationem suam per logicam de uno fecerit [ Plato] , liber J'armenidis ostendit. Et Proclus secundo libro de theologia ipsius epilogat et dicit : qui Platoni credit in negationi· bus remanet >> : In tbeol. Plat . , I I , 1 0 , p. 1 0 8 . 27 De non aliud, 2 0 , p. 48 : < < Plato autem, quem tantopere Proculus extollit . . . ad anterius semper respiciens, conatus est rerum videre substan­ tiam ante omne nominabile >>. 28 De principio, 26, p. 1 9 : « Quare Plato simul mentiri dicebat affir­ mationes et negationes in uno . . . Deo tamen, qui est omnium causa, unum et bonum propius convenire dicimus >> ; cfr. In tbeol. Plat., I I , 6, p. 9 5 : oirrE

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( in Plato Latù:us I I I , p. 70 ) : « Nichil enim totaliter illi adest.. . ; sed ·si eu t dicebamus quod nomen hoc, scilicet ' unum ', est eius qui in nobis conceptus, sed non ipsius unius : sic utique dicimus, quod et abne­ gatio circa hunc est >> ; ed il Cusano qui annota ( cod. Cus. 186, f. 1 49 v ) : « Nota, primo non convenit hoc nomen ' unum ', sed noster conceptus ipsum format ; et sic circa ipsum non sunt negaciones, quia exaltatum super omnem opposicionem et negacionem, sed de ipso». Ancora In Parm . , ( in Plato Latinus, I I I , p. 72 ) : « Et non mireris, si ubique honorans axio­ mata contradictionis Plato hic simul mentiri dicit et affirmationes et nega­ tiones in uno » ed il Cusano annota ( cod. Cus. 186, f. 1 49 v ) : « Plato simul mentiri dicit affirmaciones et abnegaciones de Deo indicibili >>. Que­ sta nota è passata nel testo citato del De principio. 2 9 De non aliud, 2 3 , p. 5 5 : « Cum dicitur non-ens praecedere ens, hoc non-ens ente quidem melius est secundum Platonem, ita etiam negativa, quae affirmativam praecedit »; cfr. In tbeol. Plat. , I I , 4 , p. 90, ove Proclo cita Platone, Resp. , 509 b sgg. ( il bene come il sole dà l'essere ) : xa:t yà.p b � a:v&a: [ nella Re pubblica l lì ca:pp l\lìTJv o l:wxp COV 1t ( cod. Cus. 185, f . 91 r). 36 De principio , l, p . 7; De non aliud , 20, p. 4 8 ; cfr. In theol. Plat . , I , 3 , p. 5 : SL6"t'L O i} 't' O IJ.EP LU'tÒ\1 1tii\l xa.t 0Lci.cr'tet"t'Ov oVu 1tocpci.yEL\I cV-:-r o-·� �E�v Éa.u-cO 7tl�uXEv ; In Parm . , V I , 1 1 04 , 17 sgg . ; Elem. theol . , 20.

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PROCLO NEL PENSIERO DEL CuSANO

Eriugena, Eckhart 37 • Con riferimento a Proclo egli la riporta in relazione alla teologia: « Hos conditorios deos Proclus nominat, quorum participatione omnia quae sunt existunt, quae vivunt vivunt et quae intelligunt intelligunt » " ; oppure anche in rela­ zione agli aspetti della realtà, per cui, in un progressivo processo di sempre maggior unione, si dispongono le cose che sono, quelle che sono e vivono, quelle che sono, vivono e intendono • • . Su questo secondo punto sembra ci sia una certa discordanza del Cusano da Proclo. Questi, infatti, facendo dei tre termini altret­ tanti principi, dispone piu in alto, piu prossimo all'Uno, l'essere, e poi in ordine digradante gli altri due. Sostiene che l'essere, partecipandosi a tutte le cose, a differenza della vita e dell'intel­ letto che hanno un'estensione in ordine decrescente, è causa di piu effetti, e perciò viene prima degli altri due principi •• . L'ordi­ ne sembra, dunque, nel Cusano rovesciato ". Anche nel De apice theoriae, esaltando il principio del « posse ipsum » come quello che può stare a sé senza nessuna aggiunta, il Cusano dispone le possibili aggiunte nell'ordine: posse esse, posse vivere, posse intelligere ", dalla piu indeterminata alla piu determinata, in cui, 37 Ps. DIONIGI, De divinis nominibus, 5, 2 ( PG 3 , 834 ) ; ScoTo ERIU­ GENA, De divisione naturae, I I I (PL 1 2 2 , 6 2 1 b ) : ECKHART,In Johannem, l, 3-4 n. 6 3 {ed. Chri�t-Koch, p. 51 sgg . ) . Per la storia di questo concetto

da Platone a Plotino, da Mario Vittorino a S. Agostino e, attraverso an­ che il Liber de causis, a tutto il medioevo, cfr. W. BEIERWALTES , Proklos, Francoforte s.M. 1965, pp. 106- 1 8 . 3 8 D e venatione sapientiae, 8 , p. 32 ; cfr. In theol. Plat., IV, l , p. 1 7 9 , i n cui la triade è fatta corrispondere all'altra : vo11�6v-vo11�6v 11 1'4 x11t vo ; De principio, 2 5 ,

p. 18: < < Sed q u od p l u r a possint e s s e sibi coaetern a , t r i b u s suis hypos ta· sibus exceptis, non bene d i x i t [ Procl u s ] >>.

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PROCLO NEL PEN S IERO D E L CuS ANO

entità intermedie fra Dio e il mondo ed il naturale rifiuto degli dei procliani_ Dissenso teologico, dunque. Eppure non soltanto tale. Tutti questi motivi di divergenza, suggeriti dalla teologia cristiana, di­ vengono nel Cusano anche motivi di ordine speculativo, ed atte­ stano una profonda divergenza di mentalità nella visione del mondo dei due pensatori. Il principio come Uno, il principio come Uni-trinità : è que­ sto un nodo centrale in cui i due tipi di speculazione divergono, e dal quale si dipartono tutte le altre conseguenze. Risalire dalla molteplicità del mondo all'unità del principio è facile. Difficile è invece la discesa, trovando nell'Uno la ragione del molteplice. L'unità senza relazione interna, impartecipabile e irrelata, sem­ bra non possa costituire, per nessun motivo, la ragione sufficiente della molteplicità che ne scaturisce. Il modello della matematica, inoltre, sembra suggerirei una molteplicità indefinita, senza com­ pimento, che proviene dalla ripetizione o dall'aggregazione di unità, come l'indefinita serie dei numeri. Il problema è sentito da Proclo, e la difficoltà gli ispira quella modificazione del processo emanativo di Platino che è costituita dalla dottrina delle enadi 5 1• Esse sono la molteplicità piu vicina all'Uno, perciò dice Proclo, una molteplicità finita 52 • Ma la loro giustificazione è nel compito che Proclo loro assegna : sono il principio vero e proprio della molteplicità del mondo. Ciascun ente della molteplicità non può risolversi, a sua volta, in una

5 1 Secondo E. R. Dooo s Commentary, pp. 257-58, l 'innovazione ri­ spetto a Plotino non è dovuta a Proclo, ma al suo maestro Siriano. Ed il Dodds interpreta le enadi come elemento mediatore fra l'Uno e la realtà molteplice : >. ; > (p. 2 5 9 ) . ,

..

52

Elem. theol., 1 49 :

X'Évov )

è

in virtu delle enadi ( l i; É v �ow v )

se esso fosse i nvece in v i r t u di

altri uniti

( tt; i)vwJ-.LEvwv ) , 1tci:.Àw -rà. 't)vwJ_.L(voc Ex "t'tvwv , xa� dc; t17tHP ':lV, 54 Op. cit . , 2 1 : IJ. E "t'à "!Ò fv tl.pa "t'Ò 'Tt�W"';O'V Èvci.OEc; xat llE"tà vo0v 'tÒv ,

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PROCLO N E L PEN S I ERO DEL CU S ANO

Dio, sebbene sia al di sopra di ogni nostra maniera di concepire l'unità e la trinità, lo chiamiamo trino, altrimenti non comprende­ remmo come egli possa essere causa semplice e misura di tutte le cose " . L a dottrina teologica del Verbo interpreta l a relazione trini­ taria nei termini della perfetta bttcr"tpoqrl} 7tpÒç t:au"t6 neoplato­ nica, immettendo quindi nel principio quel circolo della vita spi­ rituale, che nei neoplatonici, ed in Proclo, appartiene soltanto all'intelligenza e all 'anima, che sono dopo l'Uno . I l piu frequente sche m a trinitario nel Cusano è quello ispirato a S: Agostino : il Padre che si conosce nel Figlio e l'Amore reciproco che li con­ giunge ; oppure quello, piu schiettamente gnoseologico, dell'atto dell'intendere che è sintesi di intelligente e intelligibile '". Ed è motivo plotiniano e procliano, ma nei neoplatonici riservato al­ l'intelletto, non all'Uno che Io precede 5 7 • In t a l modo al Cusano è possibile immettere la caratteristica della spiritualità, che è il ritorno a sé, in Dio stesso . Con ciò, evi­ dentemente, un elemento antropologico si inserisce nell'Uno, con la consapevolezza tuttavia che si tratta di una maniera umana di concepire l 'Uno ". Ne risulta una situazione strana nei rapporti

" De docta ignorantia, I , 20 : >. 5 6 De docta ignorantia, I, 1 0 , p. 20 : >.

57 Elem. theol . , 1 6 8 : '!tliç 'ouç XGt� 't,tpyE>, ma con la consapevolezza cri­ tica del limite umano inerente ad ogni nostro modo conoscitivo, esprime un'esigenza molto meno intellettualistica , che non sia la pretesa neoplatonica di attingere, al di là dell 'intelletto stesso, una purezza di visione nella quale l 'Uno stesso si riveli. In questo senso e per questo aspetto della sua dottrina, si può parlare di un umanesimo del Cusano, diverso dall'intellettualismo mistico di Proclo . Lo sfruttamento speculativo della rivelazione cristiana in tema di dottrina trinitaria porta a tutte le altre differenze che abbiamo visto fra il Cusano e Proclo. Il rifiuto degli dei e dell'int ellect us conditor inferiore all'Uno è, dal punto di vista speculativo, rifiuto di una mediazione fra l'Uno ed il mondo, ora non piu necessaria, poiché la radice della mediazione è nel Dio uni-trino stesso. Di qui anche, e piu importante, il rifiuto del Cusano a sostanzializ­ zare tutti gli elementi intermedi fra l'Uno e la natura del mondo . Non solo è consueta nel Cusano l'identificazione della pluralità delle idee platoniche nell'unico esemplare di tutte le cose, il Ver­ bo divino, evitando di sostanzializzare le idee , ma la pluralità stessJ delle intelligenze create, delle anime, dei corpi non si so­ stanzializzano nelle monadi procliane : l'unica intelligenza uni­ versale, l'unica anima del mondo, l'unica natura . La creazione di­ vina - non è piu emanazione - produce tutti gli elemen ti del creato contratti direttamente nella singolari tà degli enti indivi­ duali. Il principio anassagoreo del >, 1 964, pp. 1 92-2 1 5 , per i temi della « reditio completa >>, di esse-vivere>, della causalità, di creazione e partecipazione. 9 De causis, 1 5 , p. 88 ( citiamo i l testo del De causis com'è dato nell'edizione del commento di Tommaso : S. THOMAE AQ. , In librum de causis expositio , Marietti, Torino 1 95 5 ) .

i} neoplatonica dell'anima, atto che ap­ partiene alla sua stessa essenza e ne denota l'essere spirituale e sussistente. Questo non era evidente nel testo del De causis, ove si parlava di scienza che l 'anima ha della sua essenza, la quale scienza costringeva Tommaso a chiarire che essa non può essere immediata e per la stessa essenza dell'anima. Essa è tale solo per il primo Intelletto; mentre l 'anima , per averla, deve piuttosto rivolgersi prima al sensibile, e possedersi poi rifles­ samente solo tramite le specie astratte. Vero è che un altro articolo del De veritate di Tommaso sembra ritornare alla posizione del De causis, con un'esplicita citazione della proposizione 1 5 di quest'opera . La verità è nel­ l 'intelletto in quanto questi riflette sul proprio atto conoscen­ done la proporzione alla cosa . Ma non può conoscere questa

J I - I L R ITORNO A S É D E L L 'ANIMA

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proporzione , se l'intelletto non conosce la natura del proprio atto, e questa non viene conosciuta se non si conosce la natura del principio attivo, cioè dello stesso intelletto 1 5 • La verità può esser anche nel senso, ma non vi è in quanto conosciuta dal senso stesso ; cioè, il senso può cogliere una verità, ma non sa di coglierla, perché infatti , pur sapendo di sentire, non per questo il senso conosce la propria natura . Dunque la riflessione dell 'intelletto sul proprio atto è conoscenza che l'intelletto ha della propria natura, e condizione per la cono­ scenza di ogni verità. Questa riflessione è la « reditio » del

De causis, propria delle sostanze piu perfette come sono le sostanze intellettuali. Saper di sentire, saper di conoscere è già

un inizio di ritorn o ; ma la « reditio » è completa solo quando si conosce la propria natura, cosf come si dice nel De causis, che ogni cosa che conosce la propria essenza ritorna ad essa « reditione completa

» 16•

Qui Tommaso dice : che il ritorno, l ' lmo--rpoqn) , è completo solo quando si abbia una vera e propria conoscenza da parte dell 'intelletto, o anima intellettiva, della propria natura, non la semplice coscienza abituale di sé; e che - in possibile con­ trasto con quanto sostenuto e nelle spiegazioni della proposi­ zione 15 del De causis e nell'articolo 8 della quaestio 10 del

De veritate

-

questa conoscenza della propria natura avviene

15 De veri/ate , q. l , a. 9: « Quod [proportio ad rem ] cognosci non potest nisi cognita natura ipsius actus ; quae cognosci non potest nisi cognoscatur natura principii activi , quod est ipse intellectus , in cuius na tura est ut rebus conformetur ; unde secundum hoc cognoscit veri­ tatem intellectus, quod supra seipsum reflecti tur >> . 16 De veritate, q. l , a. 9 : « . quod cognoscunt [ substantiae intel­ lectuales ] se cognoscere iam ad se redire incipiunt . . . Sed reditus iste com­ plctur secundum quod cognoscunt essentias proprias : unde dicitur in libro de causis, quod omnis scicns essentiam suam est rcdiens ad essen tiam suam redi t ione completa >> . .

.

l. R I S ONANZE MEDIEVALI

59

in ogni atto intellettivo ed è garanzia della presenza della verità colta dall'atto stesso 17 • A parte la questione del possibile contrasto fra i due articoli del De veritate, a noi sembra che Tommaso pervenga alla distin­ zione fra semplice coscienza di sé e la vera conoscenza della propria natura da parte dell'anima ( comunque poi questa si realizzi, per le specie o , direttamente, per la stessa essenza dell'anima ) a seconda che egli accentui o meno la presenza dell'intelletto nell 'anima . Anche al livello del senso è possibile saper di sentire ( averne coscienza , non conoscenza ) ; ma solo al livello dell'intelletto si ha conoscenza di sé. Tommaso e il De causis finiscono col dire che solo quest'ultima è una « reditio completa » ; la semplice coscienza è un inizio soltanto di ritorno . Il che equivale anche a dire che la vera f'ltLcr't'poq:n'J è dell'intel­ letto, ed è anche dell'anima solo in quanto questa sia anima intellettiva . Guardando alla fonte neoplatonica della questione , si può dire che questa conclusione non è schiettamente neopla­ tonica né, in ispecie , procliana, già nello stesso De causis. Quan­ do il neoplatonismo, cioè, s'incontra col pensiero arabo-giudaico e poi cristiano, la compenetrazione dell 'intelletto nell'anima si

17

Una soluzione del possibile contrasto fra i due articoli del

De veritate in C . GIACON, op. cit . , pp. 20 1 - 1 2 , con la distinzione fra conoscenza della natura gnoseologica dell'intelletto e conoscenza della sua natura antologica. W. BEIERWALTES , Der Kommentar zum liber de causis als neuplatonisches Element in der Philosophie des Thomas von Aquin, cit . , pp. 202-06 , sottoponendo ad esame il com­ mento di Tommaso a questa prop. 15 del De causis, conclude per l 'identità in Tommaso di abstractio e conversio in sé dell'intelletto. Anche S . VANNI RoviGHI , Gnoseologia, Brescia 1 96 3 , p. 7 6 , n . 82, ricorda l'art. 9 della quaestio l del De veritate , ponendo l'alternativa :

o il passo va interpretato alla luce delle opere posteriori di Tommaso ( e l'A. si rifà alla Sum. Theol. l', q. 1 6 , a . l e 2 ) , o bisogna concludere che esso esprima un pensiero ancora immaturo, la cui tesi ( che occorra conoscere la natura dell'intelletto, « in cuius natura est ut rebus con­ formetur », per conoscere la verità) è insostenibile.

I I - I L R ITORNO A SÉ DELL ' ANIMA

60

fa molto forte ; tanto forte che l' fmcr't'poqni dell'anima è an­ ch'essa conoscenza immediata di sé e della propria natura , in una coincidenza di conoscente e conosciuto che, per Proclo , sarà dell'intelletto piu che dell'anima. In Proclo e nei neoplatonici la distinzione fra la sfera del­ l 'intelletto e la sfera dell'anima è molto forte, e la partecipa­ zione del primo alla seconda non rende l 'anima completamen­ te e compiutamente intellettiva , partecipe piena d'intelletto. L' fmcr't'pocpl] e la spiritualità che le è connessa sono notevol­ mente indipendenti dalla questione di una conoscenza di sé e della propria natura in senso pieno . Avviene il ritorno a sé e nell'intelletto e nell'anima, ma con significati divers i ; tanto è vero che per Proclo l 'anima umana, pur partecipando d'intel­ letto, ammette cangiamento dall 'intelletto all'assenza d'intelletto ( non intende sempre ) , senza che per questo essa non debba 1 essere, per sua essenza e sempre , dotata di fmcr't'pocpl] 8 • Quando il pensiero di Proclo passa al medioevo, invece, le distinzioni ipostatiche dei piani tendono a cedere ; i momenti antologici si concentrano e si contraggono in unità. In particolare, nel no­ stro caso, l'anima umana contrae in sé tutto l'intelletto e contrae se stessa tutta nell 'intelletto.

2.

-

I L « CONO S C I TE S TE S S O » COME M ETODO DEL F I L O S OFARE

IN P ROC LO.

Se il motivo della « reditio completa » è fondamentale nel tomismo in senso gnoseologico , il tema del « conosci te stes­ so », connesso a quello piu generale dell ' fmcr't'pocpl] , ha per Proclo una dimensione piu vasta, e caratterizza l'essere dell'uo­ mo, il mondo dei suoi valori , la sua stessa posizione nell'uni­ verso e la sua possibilità di filosofare .

ts

Elem. theol. , 1 84 , 1 86 .

2. IL

>

COME METODO

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Il « conosci t e stesso >> è s tato giustamente detto fonda­ mento dell'inizio della via del pensiero in Proclo, metodo meta­ fisico della sua filosofia, prendendo come testimonianza alcuni testi iniziali del Commento all'Alcibiade 1 9 • Principio saldo dei dialoghi platonici e, per cosi dire, di ogni teoria del filosofo dice Proclo - crediamo sia la conoscenza della sostanza di noi stessi . Conosciuta rettamente questa, potremo anche appren­ dere piu chiaramente il bene che ci conviene ed il male che gli si oppone 20• Il principio si generalizza poi a tutta la filoso­ fia, oltre che a quella platonica . Inizio principe di ogni filosofia e della trattazione di Platone pensiamo sia, come dicemmo, la conoscenza ( ELOTJOW ) di noi s tessi pura e sincera, scritta nei termini della scienza e legata saldamente con i ragionamenti della causalità. Donde giova cominciare la purifìcazione di noi stessi ed il nostro compimento se non di là donde ha coman­ dato d 'iniziare il Dio di Delfì ? 21 • Tutto il Commento procliano presenta l 'alternanza dei due toni : quello moraleggiante-esortatorio di richiamo alla propria interiorità dalla dispersione dell'esterno mondano, e quello a carattere teoretico-oggettivo che indica nella conoscenza del­ l ' anima, della sua oùcrLa., l 'oggetto primo del filosofare, la cono­ scenza del quale è tramite per l 'ascensione alla conoscenza di tutto l 'essere ed alla contemplazione dell'Uno . Non s i tratta di tono soltanto, ma piuttosto del duplice aspetto d'un unico problema . Accingendosi al commento della prima ipotesi del Parme­ nide, dopo aver discusso sullo scopo della trattazione, se essa riguardi Dio solo oppure Dio ed anche gli Dei , Prodo passa

1 9 W. BEIERWALTE S , Proklos, cit . , p . 15 sgg. E sull'importanza dell'Atcibiade platonico per la tradizione neoplatonica posteriore, in Olimpiodoro e Damascio, cfr. In . , Philosophisehe Marginatien zu Proklos-Texten, in >, 1-2, 1 962, pp. 76-82 . 2(, In Ate . , 1 , 3 - 7 : -rijç to:u-rÒ:N OÙO'la:ç occiyvwO'IV, 21 In Ate. , 4 , 1 9 - 5 , 3 .

I I - IL RITORNO A S É DELL ' ANIMA

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a presentare il modo in cui si deve procedere . Vi sono in noi immagini delle prime cause, in quanto siamo ordinati secondo l'ordine delle anime , e partecipiamo dell 'anima intera , dell'intel­ ligenza e dell'enade divina, e bisogna suscitare in noi queste potenze per poter apprendere questi oggetti . E come saremo piu vicini all'Uno se non suscitando l'uno dell'anima, che è in noi quale immagine dell 'Uno, e per il quale dicono sorga l 'entu­ siasmo ? E come faremo splendere questo uno , fiore dell 'anima, se non opereremo secondo la mente ? La facoltà della mente conduce l'animo allo stato di solitudine . E come otterremo la facoltà intellettiva se non procedendo sulla via della logica, usando, invece dei pensieri piu semplici , quelli piu composti ? C'è bisogno adunque della facoltà dimostrativa , di quella intel­ lettiva e dell'enrusiasmo divino per cogliere colui che è al di sopra di tutti gli enti , e dobbiamo perciò sollecitare quell'uno che è in noi per poter congiungere l'anima all'Uno in sé. Il modo dei discorsi che Proclo dovrà fare sarà dunque logico­ raziocinativo , intellettuale-intuitivo, divinamente ispirato o en­ tusiastico 22• Questi modi esprimono maniere diverse di apprensione teo­ retica d'un oggetto, ma corrispondono anche a maniere diverse di elevazione dell'anima, in quanto indicano la sollecitazione delle diverse sue potenze : la ragione, l 'intelligenza ed il suo centro, il fiore dell 'anima, che è immagine in noi dell'Uno. Essi sembrano tutti condizionati da questa immagine, che è l'unità profonda dell'anim a . Il « conosci te stesso » dell 'Alcibiade dice il duplice aspetto del filosofare di Proclo : da una parte esso vuoi essere un sapere oggettivo, conoscenza della natura dell 'a­ nima e, attraverso di essa, conoscenza della natura di tutte le cose fino all'Uno ; ma, d 'altra parte , la filosofia è anche esercizio di elevazione e perfezionamento di se stessi, vita morale e reli-

22

In Parm . , V I , 1 0 7 1 , 1 9 - 1 07 2 , 1 8 :

1)1.J.�\I Ecr-rw

'

À:yLx6ç ,

\IOEpOç, t'YI}ECHi"tLX6ç,

o 1-llv cvv 'P6 COME METODO

63

giosa in atto, interiorizzazione del proprio essere e , nel proprio essere, dei principi stessi di esso fino all'Uno . L'uno e l 'altro aspetto di questo filosofare , che è teoresi e atto religioso insieme, risultano giustificati da due principi d'ordine generale : nell'anima sono presenti, in forma psichica, i principi di tutte le cose e, perciò appunto, l 'anima può aver contatto con tutte le regioni dell'essere fino all'Uno ; l'anima è immateriale e , come tale, dotata di tmcr-rpoqn1 , per cui il con­ tatto dell 'anima con il tutto avviene in un processo di appro­ fondimento e riflessione dell'anima in se medesima. I due principi sono oggetto di trattazione , soprattutto nella Elemen­ tatio theologica, le cui proposizioni sull'anima costituiscono una specie di « antologia » oggettiva dell'essere anima; mentre il movimento di approfondimento di sé e di ascesa, giustificato dai due principi, trova posto soprattutto nel Commento all'Al­ cibiade e nella Teolo gia platonica. In altri termini, mentre l 'atteggiamento antologico di Proclo pone il suo filosofare all'esterno dell'anima , e questa si pre­ senta come un oggetto o un ente di cui viene determinato il posto nell'ordine degli enti, l 'altro atteggiamento mostra come una scienza dell 'anima si consegua ponendosi all'interno di essa, e come questo sapere condizioni la conoscenza di ogni altro ordine degli enti. In tal modo l 'anima risulta al centro dell'in­ teresse speculativo , ed è l 'inizio di un movimento di pensiero che condiziona l 'intera speculazione 23 •

23 W. BEIERWALTES , Proklos, cit . , p. 367 sgg . , ha o sservato i n questo, che abbiamo detto duplice atteggiamento della filosofia d i Proda, la soluzione di d u e problemi : l ) la coincidenza di sapere soggettivo e oggettivo nella coscienza di sé, l 'oggettività dell'interiorità; 2) il reciproco condizionamento ira i l principio del pensiero pensante, che è l'uno nell'anima, e la fondazione di questo principio da parte dell'Uno in sé ; si veda anche, Io. , D er Begriff des unum in nobis bei Proklos, in >, I I , Berlino 1 96 3 , pp. 255-66.

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3. - L 'ONTOLOGIA DELL'ANIMA.

Le proposizioni sull'anima nella Elementatio theologica co­ minciano con una classificazione : anime divine; anime di na­ tura divina, ma inferiori alle prime eppur sempre partecipi d 'in­ telletto ; anime che ora si volgono all'intelletto ora all'assenza di esso, ora intendono ed ora no 24 • Le prime sono anime di Dei , le seconde demoni, le terze soltanto sono anime umane. In questa classificazione risaltano subito due cose : l'assenza della classe di anime sub-umane ( ma sappiamo già che per Proclo quelle sono « ombre di anime », piuttosto che anime vere e proprie ) ; il fatto che l ' anima umana, a differenza di quella del demone che sempre partecipa d 'intelletto e sempre intende, è soltanto talvolta partecipe dell'intelletto e talvolta no. Assenza di partecipazione in senso antologico ? O, meglio, con­ statazione che l 'uomo talvolta pensa, talvolta no ? Questa se­ conda alternativa è la piu accet tabile e rende ragione di altre conseguenze che ora vedremo. Certo è che Proclo distingue net­ tamente, proprio per questa diversa maniera di partecipare all'intelletto, l ' anima umana dalle altre superiori ad essa. Quelle vivono piu strettamente nella sfera dell'intelletto, è della loro natura pensare sempre , e perciò la partecipazione dell'intelletto è costitutiva della loro essenza ; l 'anima dell'uomo, invece, par­ tecipa all'intelletto senza che questa partecipazione sia tale da rendere l'anima sempre intelligente in atto . Questo fatto spiega il tipo di riflessione su di sé o di Émcr-rpoqn'J che è proprio dell'anima . Proclo se ne serve per

24

Elem. theol. , 1 84 : le anime umane sono quelle del terzo tipo, "o'È dç v o uv, "o'È ot > ,

LXXI ( 1 958-59 ) , p p . 2 1 -5 8 , ove abbiamo indicato nello Pseudo Dionigi

e nel Commento di Alberto Magno a l De divinis nominibus ( annotato dal Cusano nel cod. Cus.

96)

la fon te dei suoi pensieri i n propos i t o . Ora

sono d a aggiungere le annotazioni del Cusano, sullo stesso t e m a , alla

Teologia platonica ( cod. Cus. sono del precede n t i .

1 85 )

che i n parte riporteremo, m a che

1 4 6 2 , perciò posteriori d i parecchi anni rispetto alle fon t i

59 In Aie. , 3 0 , 5 - 3 7 , 1 5 .

I l - l L R I TORNO A S É D E L L 'ANIMA

80

della bellezza "'\ che incomincia dal sensibile e giunge al ver­ tice piu alto dell 'intelligibile e che ridesta fin dalle estreme propaggini perdentisi nella materia priva di bello, il movi­ mento di ascesa di tutti gli enti 6 1 • I punti su cui insiste Proclo nelle sue frequenti riflessioni sulla bellezza sono i seguenti : il suo potere attivo , suscitatore di movimento amoroso per la sua amabilità, il suo potere rive­ lante per lo splendore che la caratterizza, la sua diffusione dalla piu alta vetta dell 'essere fino alle piu sperdute forme nella materia, al vertice superata soltanto dall'Uno-Bene, alla base vinta soltanto dalla materia informe. L'area di estensione, come si vede, è quella stessa di cui è partecipe l'anima ; l 'amabilità risveglia le forze psichiche dello slancio amoros o ; lo splendore manifesta l 'intelligibile allo sguardo dell'anima. Cioè, i carat­ teri della bellezza appaiono tutti dimensionati sulla natura dell 'anima. Tutto ciò che Proclo dirà del bello, anche dal punto di vista antologico , sarà detto sempre avendo l 'occhio rivolto all 'interiorità dell 'anima e al suo volgersi in se stessa a questo valore. Solo la materia è priva di bellezza ( cixa:ÀÀTjç) perché priva di forma ( ci\IELOEoç ) 62• Ma già i corpi, se hanno dimensioni e simmetria ( oyxoç, CTUJ-l.IJ.E't'pla: ) sono belli , anche se il loro bello è solo fenomenico ; poi vengono rapporti armonici ( Eva:piJ.ocr"tla: ) a l livello dell'anima ; e i l fulgore d i ogni atto noetico 63 • Ma piu che alla corrispondenza fra alcuni caratteri del bello e le ipostasi di corpo, anima , mente, Proclo guarda ai caratteri del

60 In In 62 In 63 In 61

theol. Plat. , l, 2 5 , pp. 59-60 ; I11 Aie. , 92,

10.

thcol. Plat. , I I I , 1 8 , p . 1 5 1 . Aie. , 3 1 8 , 2-3 .

theoi. Piat. , l , 2 5 , p. 5 9 ; per l a b e ll ezza f enomen i ca , I I I , 2 2 , p . 1 6 1 ; In Aie . , 3 3 , 5 , o v e il q>ttw6 >t