Pietralunga 1744: Archeologia di una battaglia e delle sue fortificazioni sulle Alpi fra Piemonte e Delfinato Italia nord-occidentale 9781407302454, 9781407334332


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Italian Pages [163] Year 2009

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NOTEBOOKS ON MILITARY ARCHAEOLOGY AND ARCHITECTURE
Prefazione
INDICE
Opening Quotation
INTRODUZIONE
CAPITOLO 1 L’evento storico
CAPITOLO 2 L’indagine archeologica alle fortificazioni
CAPITOLO 3 Vicende costruttive e topografia storica delle fortificazioni
CAPITOLO 4 Cartografia storica
CAPITOLO 5 La documetazione storica
Bibliografia
Recommend Papers

Pietralunga 1744: Archeologia di una battaglia e delle sue fortificazioni sulle Alpi fra Piemonte e Delfinato Italia nord-occidentale
 9781407302454, 9781407334332

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BAR S1920 2009  SCONFIENZA  PIETRALUNGA 1744

NOTEBOOKS ON MILITARY ARCHAEOLOGY AND ARCHITECTURE EDITED BY ROBERTO SCONFIENZA

Pietralunga 1744 Archeologia di una battaglia e delle sue fortificazioni sulle Alpi fra Piemonte e Delfinato Italia nord-occidentale

Roberto Sconfienza

BAR International Series 1920 9 781407 302454

B A R

2009

No 4

Pietralunga 1744

NOTEBOOKS ON MILITARY ARCHAEOLOGY AND ARCHITECTURE EDITED BY ROBERTO SCONFIENZA

No 4

Pietralunga 1744 Archeologia di una battaglia e delle sue fortificazioni sulle Alpi fra Piemonte e Delfinato Italia nord-occidentale

Roberto Sconfienza

BAR International Series 1920 2009

ISBN 9781407302454 paperback ISBN 9781407334332 e-format DOI https://doi.org/10.30861/9781407302454 A catalogue record for this book is available from the British Library

BAR

PUBLISHING

NOTEBOOKS ON MILITARY ARCHAEOLOGY AND ARCHITECTURE EDITED BY ROBERTO SCONFIENZA La collana promossa dai BAR nasce in seguito al desiderio di poter aprire uno spazio autonomo per le pubblicazioni di un settore specialistico degli studi archeologici e storico-architettonici, che è quello relativo al più ampio tema della storia militare. Non si danno perciò fin d’ora limiti cronologici o spaziali, volendo fornire al maggior numero di studiosi la possibilità di pubblicare studi inerenti il tema della collana. Per comunicazioni e proposte di pubblicazioni fare riferimento al responsabile: ROBERTO SCONFIENZA

*****

La collection lancée par les BAR remonte au désir de faire place aux publications concernant le secteur de l’histoire militaire, un secteur très spécialisé dans le panorama des études d’archéologie et d’histoire de l’architecture. Dans le but d’offrir au plus grand nombre d’auteurs la possibilité de publier leurs ouvrages, on n’a donné aucune limite spatio-temporelle aux sujets traités. Pour tout renseignement et proposition de publication s’adresser au responsable: ROBERTO SCONFIENZA

*****

The series, promoted by BAR originates from the desire to open a new, autonomous ground for specialized publications concerning archaeological and historical studies, in particular relating to the wider field of military studies. No boundaries are set, concerning time and space, since the aim is to offer the most scholars the possibility to publish their works relating to the topic of the series. For any further suggestions and proposals of publications please contact the editor: ROBERTO SCONFIENZA

*****

Diese Serie entsteht infolge des Wunsches einen selbständigen Platz zu schaffen, der für die Ausgaben eines fachmännischen Gebietes von der archäologischen und architektonischgeschichtlichen Untersuchungen bestimmt ist. Von jetzt an, setzt man keine chronologischen oder räumlichen Grenzen; auf diese Weise hat ein größer Teil der Gelehrten die Gelegenheit die Untersuchung über den Gegenstand dieser Bücherreihe zu veröffentlichen. Für die Mitteilungen und Veröffentlichungs-vorschlage darf man sich auf den Verantwortliche beziehen: ROBERTO SCONFIENZA

Roberto Sconfienza, - via Claudio Beaumont n. 28, 10138, Torino, Italia - via per Aglié n. 12, 10090, Cuceglio, (Torino), Italia n. tel. 0039-0124-492237; 0039-333-4265619 mail: [email protected] sito internet: http://www.archeofortificazioni.org

I

NOTEBOOKS ON MILITARY ARCHAEOLOGY AND ARCHITECTURE Edited by Roberto Sconfienza

e-mail: [email protected]

No 1

ROBERTO SCONFIENZA, Fortificazioni tardo classiche e ellenistiche in Magna Grecia. I casi esemplari nell’Italia del Sud, Oxford 2005

BAR International Series 1341 2005

No 2

GIOVANNI CERINO BADONE, La guerra contro Dolcino “perfido eresiarca” (1305-1307). Descrizione e studio di un assedio medioevale, Oxford 2005

BAR International Series 1387 2005

No 3

PAOLA GREPPI, Provincia Maritima Italorum. Fortificazioni altomedievali in Liguria, Oxford 2008

BAR International Series 1839 2008

No 4

ROBERTO SCONFIENZA, Pietralunga 1744. Archeologia di una battaglia e delle sue fortificazioni sulle Alpi fra Piemonte e Delfinato. Italia nord-occidentale, Oxford 2009

BAR International Series 1920 2009

II

Prefazione Questo quarto volume dei Notebooks on Military Archaeology and Architecture vuole attirare l’attenzione dei lettori e degli specialisti sul problema particolare dell’Archeologia Militare e della sua specificità di ricerca, rivolgendo per di più lo sguardo all’Età Moderna e coinvolgendo anche il tema attuale dell’Archeologia Postmedievale. Lo studio qui presentato reca infatti la disamina archeologica e documentaria

di

opere

difensive

campali,

tecnicamente

definite

«semipermanenti», che furono realizzate sulle montagne piemontesi, fra l’Italia nord-occidentale e la Francia sud-orientale, negli anni Quaranta del XVIII secolo, durante la Guerra di Successione Austriaca. A quei tempi il Regno di Francia e il Regno di Sardegna, al quale apparteneva il Piemonte con le sue montagne, combattevano su opposti fronti e le Alpi, ormai dall’ultimo decennio del XVII secolo, erano teatro di guerra. La ricerca è stata condotta da chi scrive e da sua moglie, la dottoressa Valentina Barberis, autrice del Capitolo 2 di questo libro. La decisione di affrontare un argomento di Archeologia Postmedievale, nell’ambito degli studi d’Archeologia Militare, è maturato in seguito a parecchi anni di ricerca dedicati alle tradizioni militari e fortificatorie d’Ancien Régime negli Stati Sabaudi, sviluppate parallelamente agli interessi per l’Archeologia Classica e per l’Architettura Militare Antica, greca e romana. Certamente il maggior fascino di questi studi, per chi provenga dall’archeologia tradizionale, sta nella continua e stimolante interrelazione fra il dato materiale e l’esame della documentazione archivistica, che dà vita alla ricerca in contesti postmedievali. Ciò è tanto più vero quanto più l’archeologo classico è abituato a misurarsi con fonti letterarie o storiche che, se non in rari casi, per loro natura non possono raggiungere la precisione, né offrire l’ampia integrazione informativa dei documenti amministrativi coevi all’edificazione dei manufatti difensivi. Si è dunque tentato di trascrivere in questo libro le diverse tappe della III

ricerca e le loro interrelazioni, partendo dalla ricostruzione dell’evento storico più importante, del quale le fortificazioni qui studiate furono protagoniste: la battaglia combattuta sulla dorsale di Pietralunga, in Valle Varaita, fra il 17 e il 19 luglio 1744. Lasciando poi l’inquadramento storico, ci si è dedicati all’illustrazione della materia archeologica, confacente alla natura della collana dei Notebooks. Compaiono dunque nell’ordine la descrizione e lo studio rielaborativo dei dati recuperati sul terreno, tramite ricognizione archeologica, e l’analisi delle fonti storiche e amministrative, comparata ai risultati della ricognizione, così da fornire praticamente

un

esempio

della

peculiarità

suddetta

propria

dell’Archeologia Militare d’Età Moderna. Si sono aggiunte infine le rassegne di cartografia storica, essenziale in tali ricerche, e delle fonti principali, relative agli eventi del 1744. In conclusione chi scrive desidera ricordare la proficua relazione di studio intercorsa con un abilissimo ricercatore francese, Bruno Pauvert. Accanto all’amicizia che ci lega a lui, nata proprio in occasione di queste e altre ricerche, vanno ricordate le discussioni e i confronti fra i nostri risultati e i suoi, grazie ai quali siamo giunti a proporre le interpretazioni che si potranno trovare nel testo del volume. Associamo dunque il suo nome ai nostri nella paternità degli studi qui pubblicati. Roberto Sconfienza

IV

INDICE

Prefazione

p. III

INDICE

p. V

INTRODUZIONE L’Archeologia Militare d’Età Moderna - Per una possibile definizione dell’Archeologia Militare - Archeologia Militare e Archeologia Postmedievale

p. 1 p. 1 p. 3

CAPITOLO 1 L’evento storico - I primi scontri - L’attacco alla borgata Sant’Anna di Bellino, 17 luglio 1744 - La conquista di Buondormir e Pietralunga, 17 luglio 1744 - L’attacco al colle della Bicocca, 18 luglio 1744 - Il superamento del massiccio di Pietralunga, 18 luglio 1744 - 19 luglio 1744, il giorno della battaglia § Il passo del Ciat § La caduta della battagliola e della seconda postazione § La localizzazione della ridotta principale: Monte Cavallo e Monte Passet § L’attacco frontale alla ridotta di Monte Passet § L’intervento del reggimento Salis-Soglio § La caduta della ridotta di Monte Passet e la ritirata sabauda

p. 7 p. 9 p. 9 p. 11 p. 12 p. 13 p. 15 p. 15 p. 16 p. 17 p. 19 p. 22 p. 23

CAPITOLO 2 L’indagine archeologica alle fortificazioni

p. 27

- Il metodo d’indagine archeologica § La ricognizione archeologica alle fortificazioni campali § L’indagine in Valle Varaita - Il forte San Carlo - Le fortificazioni di Castello - Il forte Bertola - Le fortificazioni della dorsale di Pietralunga § La Battagliola e le sue fortificazioni § Le opere di Monte Cavallo § La ridotta di Monte Passet - Le fortificazioni del colle della Bicocca - Significato della ricognizione in Valle Varaita

p. 27 p. 27 p. 28 p. 31 p. 33 p. 33 p. 37 p. 37 p. 39 p. 41 p. 49 p. 53

CAPITOLO 3 Vicende costruttive e topografia storica delle fortificazioni - I piani difensivi per il 1744 e la progettazione delle fortificazioni - L’individuazione delle maestranze e l’inizio dei lavori - Le fortificazioni di Castello - Il forte San Carlo e le opere del vallone di Vallanta

p. 55 p. 56 p. 58 p. 62 p. 64

- Valentina Barberis -

V

§ Il forte San Carlo § i trinceramenti di Vallanta e La Levée - Il forte Bertola e le opere di collegamento con Pietralunga § Il forte Bertola § i trinceramenti ascendenti alla dorsale di Pietralunga - Le fortificazioi della dorsale di Pietralunga § La ridotta detta di «Monte Cavallo» § Le fortificazioni fra la ridotta di «Monte Cavallo» e Pietralunga § Questioni interpretative § Il disegno della ridotta di Monte Passet - Le fortificazioni di Bellino e della Bicocca § Le fortificazioni di Ribiera § I trinceramenti del colle della Bicocca - Gli interventi difensivi di completamento § Le fortificazioni del «Colle d’Elva» e del Melard § La strada dalla dorsale del Pelvo alla Marmora - Fortificazioni e uomini di allora § Gli ingegneri militari § Impresari, misuratori, «soprastanti»

p. 80 p. 82 p. 85 p. 87 p. 87 p. 88 p. 90 p. 90 p. 90 p. 92 p. 92 p. 93

CAPITOLO 4 Cartografia storica - Carte per le fortificazioni e gli eventi del 1742 - Carte per le fortificazioni e gli eventi del 1743 - Carte per le fortificazioni e gli eventi del 1744 - Carte topografiche generali

p. 97 p. 97 p. 98 p. 99 p. 101

CAPITOLO 5 La documentazione storica - Le fonti storiche - I testi § ALLAIS 1891 § ANONIMO 1767 § BOURCET 1775 § COSTA DE BEAUREGARD 1794 § Du Camp de S.t Pierre 1744 § GALLEANI D’AGLIANO 1840 § Lettre du Capitane 1744 § MINUTOLI s.d.b § Relation de l’action du 19 juillet s.d. § Relation de la prise s.d. § ROY DE VAQUIERES 1745 § SAINT SIMON 1770 § Suite 1744 § THOLOSAN 1777

p. 103 p. 103 p. 105 p. 105 p. 108 p. 109 p. 111 p. 113 p. 113 p. 115 p. 117 p. 120 p. 120 p. 120 p. 122 p. 126 p. 127

CONCLUSIONE Dagli avvenimenti all’Archeologia Militare - Epilogo per uomini e fortificazioni - Epilogo della ricerca

p. 131 p. 131 p. 132

VI

p. 64 p. 67 p. 69 p. 70 p. 71 p. 73 p. 73

BIBLIOGRAFIA - Fonti e documentazioni manoscritte § Enti di conservazione § Abbreviazioni - Fonti edite - Studi e ricerche

VII

p. 135 p. 135 p. 135 p. 135 p. 141 p. 142

VIII

… ces endroits qu’on ignoroient dans les pays étrangers y seront connus comme des endroits fort considerables, et auront place dans les histoires qu’on écrira de ces guerres … (don Bernard Tholosan)

IX

X

INTRODUZIONE

L’Archeologia Militare d’Età Moderna

Nell’ambito delle discipline storiche l’archeologia, ormai da più di un secolo e mezzo, ha abbandonato la sua originaria natura di antiquaria e ha conseguito un posto di pari dignità accanto ai più vecchi studi di storiografia e filologia. Nel corso dei decenni passati gli scavi e l’indagine sul campo delle civiltà antiche dell’Egitto, del Vicino Oriente e del Mondo Classico sono divenuti l’archeologia per antonomasia, portando con sé le successive trasformazioni della disciplina da un prevalente interesse di carattere storico-artistico e filologico ad una più ampia apertura alla comprensione delle realtà topografiche e dell’occupazione territoriale nel mondo antico. Dagli anni ’70 del secolo scorso l’archeologia europea ha anche ampliato i suoi orizzonti cronologici al Medio Evo, consolidando un filone di studi che sono oggi pienamente riconosciuti e prodighi di risultati scientifici. È opportuno, a livello introduttivo, affrontare e circoscrivere una tematica, quale l’Archeologia Militare, oggetto della collana a cui appartiene questa pubblicazione, in ragione del fatto che essa sembra effettivamente emergere dalla specifica presenza di manufatti e contesti di carattere militare in seno alle più ampie distinzioni cronologiche e culturali della scienza archeologica. Si tratta pertanto di abbozzare una definizione preliminare della disciplina e approfondirne la sua relazione in seno ai contesti d’Età Moderna, orizzonte cronologico delle ricerche presentate in questa sede. Per una possibile definizione dell’Archeologia Militare La tradizione accademica italiana, al fine di organizzare concretamente il sapere archeologico e obbedendo ad un’impostazione di carattere idealistico e storicistico, conforme a gran parte del nostro orizzonte culturale novecentesco, ha da lungo tempo definito la distinzione fra Egittologia, Archeologia Orientale o del Vicino Oriente, Assiriologia, Etruscologia Archeologia Greca, Italica, Romana, Cristiana o Tardo Antica, delle Province Romane, Medievale. Meno frequenti sono le archeologie che parlano di ambiti specifici o di particolari approcci con la ricostruzione del passato come le Antichità Pompeiane, l’Archeologia dei Paesaggi o l’Archeologia dell’Architettura e quella dei Materiali da Costruzione. Il nome di «Archeologia Militare» fa pensare innanzitutto ad una disciplina che ha a che fare con altre simili, quali la Storia Militare o la Storia delle Istituzioni Militari, fregiate di dignità accademica, o ancora l’Architettura Militare, anch’essa parte integrante della Storia dell’Architettura, insegnata presso le università e i politecnici. Non esistono tuttavia specifici insegnamenti di Archeologia Militare in ragione della sua trasversalità diacronica, sempre valida in seno alle grandi distinzioni cronologiche delle archeologie ufficiali. Volendo approfondire la natura di questo genere di studi, si può innanzitutto esaminarne la denominazione e il significato che essa veicola. Il termine «archeologia» attualmente indica «la scienza che studia storicamente l’attività culturale dell’uomo, contestualizzandone i documenti materiali»1. L’archeologia estende dunque la sua indagine all’attività culturale dell’uomo nella sua globalità, intendendo per «attività» l’intervento umano nell’ambiente naturale che determina la 1

Questa è la definizione data in un volume propedeutico allo studio dell’archeologia (HARARI 1999, p. 15), nell’ambito di una più ampia bibliografia di sostegno al corso di perfezionamento in «Didattica dell’Antico 1: tramiti per la conoscenza» dell’Università degli Studi di Ferrara (Anno Accademico 2003-2004).

1

produzione di manufatti, mobili o immobili, dei quali sia rimasta traccia materiale. Quanto al valore «culturale» di tali attività si fa riferimento all’accezione antropologica del termine «cultura», che riassume in sé tutti i caratteri del modo di essere e pensare di un determinato gruppo umano o civiltà. Il vero fondamento per l’autonomia dell’archeologia sta tuttavia nella contestualizzazione del manufatto, poiché è soltanto lo studio delle relazioni di contesto cronologico e ambientale che trasforma il manufatto stesso in un anello di una catena diacronica e in una tessera di una descrizione storica, al di fuori delle quali non esiste che il valore intrinseco e antiquario dell’oggetto. Per questi motivi l’archeologia è stata spesso accostata allo studio della cultura materiale, in modo lecito soltanto se non si considera tale studio in termini accessori, per illustrare usi e costumi insediativi di una determinata civiltà, ma come risorsa per il reperimento di tutte le fonti materiali complementari a quelle scritte, nell’ambito di una ricostruzione storiografica il più esauriente possibile. Consegue pertanto dalla definizione appena indicata la liceità di qualificare più rami del sapere archeologico con aggettivazioni che riescano a comunicare la circoscrizione della ricerca a specifici ambiti cronologici, geografici o culturali, non tanto per una moda che porta alla gemmazione di «infinite archeologie», ma in verità per un’esigenza di metodo. A tal proposito vale la pena lasciare l’argomentazione alle parole di Tiziano Mannoni, il quale già nel 1994 sosteneva che […] Quanto più […] l’archeologia venga considerata ed usata come una disciplina storica che indaga mediante documenti oggettuali, piuttosto che una conoscenza autosufficiente di interessanti manufatti del passato, tanto più essa è destinata a moltiplicare i suoi settori cronologici, spaziali, ed informativi, così come è avvenuto per la storia basata sulle fonti scritte2

L’aggettivo «militare», come sentenzia l’autorevole vocabolario della Lingua Italiana di Giacomo Devoto e Gian Carlo Oli, qualifica ciò che è «attinente all’ambito strutturale e operativo delle forze armate», di qualunque paese e in qualunque epoca, aggiungiamo noi, ponendoci in una prospettiva storica, qual è quella dell’archeologia. Volgendo per esempio lo sguardo al mondo romano si può verificare nella sterminata bibliografia dedicata all’arte e alla storia militare di Roma antica, dalle origini alla fine dell’impero, che effettivamente lo studio nel corso degli ultimi due secoli è stato indirizzato sia all’analisi strutturale dell’esercito, per ricostruirne le fasi storiche di trasformazione, le composizioni etniche e numeriche delle legioni, le specializzazioni ordinarie e ausiliarie et coetera, sia alla sfera operativa con ricerche che vanno dalla poliorcetica, alla tattica e alla strategia dei limites imperiali, in relazione agli stanziamenti dei reparti militari e alle loro specialità. L’Archeologia Militare potrebbe dunque essere definita come un filone della scienza archeologica che studia storicamente l’attività culturale dell’uomo in ambito militare, a livello sia strutturale sia operativo, contestualizzandone i documenti materiali. L’aspetto più rilevante da segnalare fin d’ora, accanto a quello della contestualizzazione, è che il manufatto militare è sempre strettamente connesso con la cultura degli uomini che lo creano, né esso è conoscibile perfettamente nella sua invenzione e nella sua destinazione, se chi lo studia è ignaro dei caratteri della cultura che lo ha prodotto. Citiamo in conclusione le parole di Jean Claude Magueron, a proposito dell’antica Mesopotamia, alla quale noi volentieri sostituiamo il nome di qualunque civiltà o epoca: Si l’archéologie n’est pas à même de raconter le déroulement des guerres ou l’ensemble des relations conflictuelles entre les royaumes, si elle n’a pas les moyens d’évaluer le volume des armées ni leur organisation, si les questions de stratégie sont hors de sa portée, il reste que les vestiges matériels des armements et des moyens de défense, ainsi que l’iconographie, permettent de nous faire une idée de l’art militaire des Mésopotamiens3

2 3

MANNONI 1997, p. 21 MAGUERON 2003, p. 345.

2

Archeologia Militare e Archeologia Postmedievale È strettamente necessario prendere ora in considerazione, dal punto di vista metodologico, l’ambito particolare delle ricerche presentate in questa pubblicazione, che si rivolgono ad un contesto geografico specifico, ovvero territori piemontesi appartenenti agli Stati Sabaudi, quali le valli alpine della provincia di Cuneo e in particolare quella di Varaita, in un’epoca altrettanto precisa, che in Italia qualifichiamo con l’appellativo di Età Moderna e che, nel nostro caso in particolare, si limita al periodo della Guerra di Successione Austriaca (1742-1748). Da poco più di un decennio l’intensificazione delle indagini d’archeologia urbana, motivate dalla normativa legale di tutela in materia di Beni Culturali, che impone l’assistenza archeologica nei cantieri dei centri storici e di tutte quelle aree valutate a rischio, ha fatto emergere prepotentemente il problema della documentazione e comprensione delle fasi di vita successive all’Età Medievale. Queste ultime nell’ambito dello scavo stratigrafico emergono per prime e possono, a seconda della loro entità, compromettere anche notevolmente la situazione dei depositi inferiori. La definizione epistemologica e metodologica dell’Archeologia Postmedievale è stata oggetto di riflessioni e discussioni in occasione del convegno internazionale di studi, svoltosi a Sassari dal 17 al 20 ottobre 1994 e intitolato Archeologia postmedievale: l’esperienza europea e l’Italia4. Il nodo centrale della discussione consisteva nel motivare la ragion d’essere e l’autonomia effettiva di tale specializzazione del sapere archeologico, soprattutto a fronte di quello che è chiamato «rumore documentario», prodotto dalla ridondanza di fonti scritte, monumentali, artistiche, territoriali proprie dell’Evo Moderno e Contemporaneo. D’altro canto non appariva sufficiente la giustificazione dell’Archeologia Postemedievale come componente ineliminabile di un corretto approccio stratigrafico globale ai contesti archeologici, né come banco di prova e verifica delle teorie storiografiche elaborate da modernisti e contemporaneisti. Quanto alla qualificazione di «postmedievale» emergeva dai lavori del convegno la scelta di calcare l’espressione della corrispondente archeologia sviluppata in ambito britannico, «Post-medieval Archaeology», piuttosto che mutuare l’appellativo d’ambiente francese di «archéologie moderne et contemporaine», per ricorrere ad una definizione il meno vincolante possibile e facente riferimento ad un intervallo cronologico dal XV secolo al XX, che comprende poi in sé le tradizionali Età Moderna e Contemporanea. Il nodo centrale della questione è pertanto questo: l’Archeologia Postemedievale può esistere, come tutte le altre archeologie, in ragione del fatto che vive di tematiche autonome e per rispondere ad autonomi quesiti, derivanti dall’approccio archeologico alle fasi moderne di una stratificazione. In breve l’Archeologia Postmedievale deve individuare problemi storici, non solo provarne le soluzioni teoriche. L’ambito d’azione dell’Archeologia Postmedievale nella formulazione di tali problematiche è, di nuovo come per le altre branche dell’archeologia, quello relativo a ciò che l’uomo in base alla cultura del suo tempo sa produrre, non tanto a livello linguistico, di pensiero o d’azione, ma in particolare a livello pratico e tecnico; […] elle [l’archéologie moderne, scil.] est donc la mieux préparée à prendre en charge l’homme en tant que technicien, c’est-à-dire l’art, au sens étendu du latin ars ou du grec techné. Aussi est-ce là la définition que nous en préconisons depuis vingt ans5

Tale prospettiva è valida per il fatto che gli apparati tecnici e i manufatti in genere non sono mai neutri; essi modificano in atto i modi di vivere, e quindi la cultura, dei medesimi produttori, i quali a 4

MILANESE 1997a. Elenchiamo ora i contributi che destano maggior interesse per l’approfondimento di queste problematiche in seno alla definizione dell’Archeologia Postemedievale, fermo restando che l’intero volume citato è basilare per entrare in contatto con le teorie e lo sviluppo territoriale della disciplina: BALUT-BRUNEAU 1997, CROSSLEY 1997, GUZZO 1997, LO SCHIAVO 1997, MANNONI 1997, MILANESE 1997b, MILANESE 1997c, MORENO 1997. 5 BALUT-BRUNEAU 1997, p. 70.

3

loro volta hanno operato in base ad una formazione culturale specifica, che si è andata modificando durante lo stesso processo produttivo. Assunta per valida la definizione di Archeologia Militare che si è proposta sopra, se ci riferiamo alle tematiche, di cui è esempio l’argomento del presente volume, possiamo considerare una nuova prospettiva di studio per le abbondanti testimonianze, ancor oggi visibili, di fortificazione campale alpina del XVIII secolo e proporre le medesime come chiave interpretativa del più ampio tema storico della definizione del confine fra gli Stati della Casa di Savoia e il Regno di Francia. Il fatto che le trasformazioni di questo confine, fra il 1690 e il 1713, portino la linea di demarcazione allo spartiacque alpino principale è certamente il dato storico a priori, ma le scelte strategiche, che hanno fatto preferire l’impianto dei complessi campali, come quelli della Valle Varaita qui studiati, in siti specifici e non in altri sono da riferire all’interpretazione data allora sia alla contingenza degli eventi storici, sia alle possibilità d’impiego della fortificazione campale e delle sue caratteristiche tecniche, sia alla percezione dell’area geografica di confine6. Rimanendo ancora nell’ambito di questa esemplificazione, è da notare infine che lo studio della fortificazione campale costituisce la via per completare la restituzione storica degli ambienti alpini d’Età Moderna nelle aree geografiche prese in esame, dal momento che esse qualificano da un punto di vista militare e difensivo i settori di alta e media valle in sinergia con fortezze, piazzeforti e centri abitati appartenenti allo stesso comprensorio. È questo infatti il legame inevitabile che esiste più in generale fra l’Archeologia Postmedievale e l’Archeologia Ambientale, capace di restituire la reale complessità insediativa ed economica di un determinato territorio e di dare alla scala d’analisi locale, inconsueta per gli storici di ambito moderno e contemporaneo, una dignità epistemologica che possa superare il livello dell’erudizione locale. Ci sembra pertanto che l’incontro fra Archeologia Militare e Archeologia Postmedievale nelle località e in relazione ai manufatti che verranno presenati nel presente studio possa effettivamente mettere in luce le caratteristiche storiche del territorio esaminato. Tale obiettivo è stato tuttavia perseguito scegliendo di esaminare il momento storico culminante della «vita attiva» delle fortificazioni campali realizzate nella Valle Varaita, durante gli anni della Guerra di Successione Austriaca, ovvero i giorni dal 17 al 19 luglio 1744, allorché un corpo d’invasione francese si scontrò con le truppe del Re di Sardegna proprio davanti ad alcune delle opere fortificate del complesso difensivo. Il punto di vista storico privilegiato, che è quello di scegliere un evento particolare, permette all’archeologo di dare avvio all’esame incrociato dei dati reperiti sul terreno, relativi alle opere militari o alle risplasmazioni territoriali con finalità difensive, e le testimonianze delle fonti d’archivio, che trattano da un lato l’evento specifico e dall’altro illustrano la genesi dell’intero contesto storico in cui si collocano i manufatti. Dal momento che ci pare sterile lo studio di una fortificazione senza conoscerne la sua funzionalità operativa e altrettanto inane la ricostruzione di un fatto storico senza conoscerne gli aspetti della realtà materiale, la ricerca qui presentata ha preso in considerazione la battaglia di Pietralunga tentando di proporre un esempio di Archeologia Militare applicata, in seno all’Archeologia Postmedievale e alla Storia Militare. Concretamente lo studio sul terreno delle fortificazioni campali della Valle Varaita è stato svolto tramite ricognizione, condotta da chi scrive e dalla dottoressa Valentina Barberis in tre fasi successive. All’inizio d’agosto del 2004 si è infatti attuato un intervento di visita preliminare ai siti della Valle Varaita interessati dall’edificazione di opere campali negli anni ’40 del XVIII secolo. Nel luglio del 2005 si è attuata la ricognizione per esteso in tutte le località che nel frattempo lo studio della documentazione d’archivio e la cartografia storica avevano individuato più precisamente come siti fortificati; è stato così possibile verificare i dati della ricognizione preliminare e riflettere sul confronto fra le informazioni dei documenti storici e la realtà delle consistenze archeologiche sul terreno. Si sono infine svolti ancora alcuni sopralluoghi di verifica 6

La disamina di questo contesto storico-culturale e la funzione catalizzatrice in esso svolta dalla fortificazione campale è sviluppata in SCONFIENZA 2003.

4

alla fine di luglio 2006, soprattutto lungo la dorsale di Pietralunga, a Monte Cavallo e a Monte Passet, siti chiave per la comprensione tanto degli eventi che saranno presentati, quanto dei manufatti difensivi protagonasti di quegli eventi.

5

6

CAPITOLO 1

L’evento storico

La Guerra di Successione Austriaca, o della Prammatica Sanzione, era iniziata per il Regno di Sardegna nel marzo del 1742, quando il Re Carlo Emanuele III era entrato in campo accanto all’Austria di Maria Teresa contro la Spagna, mantenendo ancora la neutralità con la Francia. In seguito all’occupazione spagnola della Savoia, avvenuta con l’appoggio militare francese, e al trattato di Worms, 13 settembre 1743, che confermava l’alleanza fra l’Austria e il Piemonte, i Gallispani tentarono una prima azione dimostrativa oltre confine, proprio in Valle Varaita nell’ottobre del 1743. Fallito questo primo tentativo a causa della stagione avanzata, alla fine dello stesso mese d’ottobre a Fontaimbleau fu stipulato un nuovo trattato d’alleanza fra la Francia e la Spagna e Luigi XV dichiarò formalmente guerra al Regno di Sardegna. Nella primavera del 1744 un’armata francese di circa 30000 uomini agli ordini del principe Louis François de Conti fu dislocata in Provenza per sostenere quella spagnola dell’Infante don Filippo e del generale marchese di Las Minas, che lasciò la Savoia per investire insieme ai battaglioni francesi la contea di Nizza e minacciare gli AustroPiemontesi dalla Riviera Ligure. L’offensiva gallispana tuttavia si arrestò davanti al colle di Tenda, dopo l’occupazione di Nizza e Villefranche, a causa del disaccordo fra i vertici delle due nazioni. Il contingente francese nel mese di luglio si volse nuovamente verso il Delfinato e il confine sabaudo fra i colli dell’Agnello e dell’Argentera 1. Il principe di Conti aveva intenzione di attraversare il confine al colle dell’Argentera per scendere nella valle della Stura di Demonte e da lì puntare verso il forte omonimo e la piazzaforte di Cuneo. Era pertanto necessario che i Piemontesi non avessero la percezione precisa di tali obiettivi, né immediatamente dell’itinerario d’avanzata. Fu così che lo stato maggiore gallispano decise di suddividere l’armata in nove colonne che, prima di raggiungere la posizione stabilita per entrare effettivamente in Piemonte, compissero delle marce lungo il confine, minacciando l’invasione da valichi che in realtà non erano fra gli obiettivi principali. Sta di fatto che le prime sei colonne gallispane si concentrarono nelle valli francesi sottostanti lo spartiacque alpino principale in corrispondenza delle valli Stura e Maira. Fra le ultime tre, incaricate delle più complesse marce di diversione e avvicinamento, la settima colonna di sei battaglioni, agli ordini del generale don Luigi Gandiga, prese le mosse da Guillestre e, puntando su Maurin, salì fino in cima al colle dell’Agnello, fingendo di minacciare Casteldelfino in Val Varaita, ma poi si ritirò e puntò su Acceglio in Val di Maira per congiungersi alla sesta colonna del conte di Lautrec, destinata all’attacco di quella valle. L’ottava colonna era costituita da cinque battaglioni spagnoli e la comandava il luogotenente generale marchese di Camposanto. Questo contingente partì dal campo di Pontcernieres, presso Briançon, si diresse su Seillac e il lago di Praria e raggiunse quindi le Traversieres di Bellino, sullo spartiacque fra le valli Maira e Varaita di Bellino. Su questa posizione il 1

Per la Guerra di Successione Austriaca si veda A NDERSON 1995. Per la Guerra di Successione Austriaca in Italia si veda I LARI -B OERI -P AOLETTI 1997, pp. 65-258 e pp. 127-136 in particolare per l’avvio della campagna del 1744 in Piemonte. 7

Camposanto arrestò la colonna in attesa di ordini o comunque di comprendere su quale valle dovesse concentrarsi anche la sua pressione. Fig. 1

Comprensorio alpino occidentale dalle Alpi Pennine alle Marittime (scala 1:2250000, da P ENNESI -A LMAGIÀ 1969)

La nona colonna, comandata dal balivo de Givry, forte di dieci battaglioni era di stanza a Barcellonette, da dove partì per raggiungere e valicare il Monginevro simulando un’invasione della valle di Cesana e di quelle di Susa o del Chisone. Ripiegando all’improvviso e cessando la diversione, il de Givry marciò rapidamente in territorio delfinale fino allo spartiacque

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principale della Valle Varaita di Bellino, pronto ad attaccare la borgata di Sant’Anna, detta anche della Gardetta, e il colle di Buondormir a dominio della Varaita di Chianale2. I primi scontri La divisione del balivo de Givry, composta da più di 5000 soldati, era preceduta in avanguardia da quattro compagnie granatiere della brigata di Poitou e circa 1500 uomini, tutti al comando del brigadiere Chevert. Il 16 luglio 1744 l’ufficiale mandò in ricognizione un centinaio di granatieri fino alle grange della Gardetta di Sant’Anna, alla testata della valle di Bellino. La posizione era già stata abbandonata dalle guardie avanzate piemontesi. Fu tuttavia attuato un contrattacco da parte sabauda che respinse i picchetti dei granatieri francesi; questi di conseguenza si ricongiunsero al grosso dell’avanguardia, dal momento che non avevano certamente il compito di sfondare le prime difese avversarie, ma soltanto di procedere ad un sondaggio del terreno presumibilmente occupato dal nemico. In seguito alla prima presa di contatto i Francesi posero il bivacco sul Pian Ceiol in attesa dell’arrivo della colonna del de Givry, mentre i Piemontesi si stabilirono intorno alla borgata Sant’Anna3. Il dispositivo avanzato della fronte sabauda era stato composto da piccoli picchetti avanzati con funzione d’osservazione e allarme, costituiti da non più di cento uomini, appartenenti a reggimenti d’ordinanza o a compagnie di miliziani valdesi. Essi furono inviati a Sant’Anna e probabilmente sul colle dell’Autaret e al Pian Ceiol. La prima linea sabauda, la cui consistenza ammontava circa alla forza di un battaglione, era comandata dal tenente colonnello Roi de Romainmôtier, di nazionalità svizzera, e il suo schieramento copriva il terreno dal colle di Buondormir fino alla borgata di Sant’Anna. A tergo di questi reparti vi era una seconda linea più consistente e forte, compostra da tre battaglioni della brigata La Regina e appoggiata alla borgata Chiesa di Bellino. Un quarto battaglione, appartenente alla medesima brigata, era stato mandato a guardia dei trinceramenti della Bicocca, sullo spartiacque a meridione, fra la Varaita di Bellino e la Val Maira. L’attacco alla borgata Sant’Anna di Bellino, 17 luglio 1744 La colonna del balivo de Givry bivaccò verosimilmente presso le grange dell’Autaret e, messasi in marcia all’alba del 17 luglio raggiunse l’avanguardia di Chevert, che nel frattempo discendeva dal Pian Ceiol. Dopo che i comandanti comunicarono le disposizioni, si dette inizio all’attacco. Avanzarono per primi ancora una volta i granatieri del reggimento di Poitou, sempre agli ordini del brigadiere Chevert. Poco più tardi mosse all’attacco il secondo contingente, composto con ogni probabilità dalle brigate Provence e Poitou, che andarono a coprire le posizioni di centro, lasciate libere dall’avanguardia di Chevert. I rimanenti reparti, ovvero il reggimento svizzero Travers e il battaglione della milizia di Béziers, rimasero di riserva in retroguardia. La brigata di Provenza aggirò il punto di resistenza dell’Aisere, in base a quanto racconta don Tholosan, mentre il contingente di Chevert, appena rilevato dalla brigata di Poitou, avvolse da nord con un’ampia diversione il luogo dei combattimenti «ai piedi delle reichasses», sempre secondo Tholosan, e raggiunse le grange di Combe (m 2100 ca. s.l.m.). È noto, ancora grazie a don Tholosan, che gli edifici di Combe furono incendiati 2

Si presenta di seguito la bibliografia edita principale relativa alla battaglia di Pietralunga: M ORIS 1886, pp. 37-47; B UFFA DI P ERRERO 1887, pp. 62-95; DE V AULT -A RVERS 1892, Vol. I, pp. 173-206, Vol. II pp. 173-193, 226-232; G UERRINI 1902, pp. 463-468; G IULIANO 1967, pp. 90-97; C HOMON R UIZ 1971; M INOLA 1993; P AOLETTI 1995; I LARI -B OERI -P AOLETTI 1997, pp. 136-138; G ARIGLIO 1999, pp. 108-130; G ARELLIS 2001, pp. 139-147; M INOLA 2006, pp. 43-56. 3 Per questo primo paragrafo si veda infra Capitolo 5: Lettre du Capitaine 1744, righe 27-30; MINUTOLI s.d.b, righe 4351; ROY DE VAQUIÈRES 1745, righe 5-9; SAINT SIMON 1770, righe 15-17; THOLOSAN 1777, righe 15-22. 9

dai Francesi tanto da poter dedurre che verosimilmente i granatieri di Chevert sostennero in quel luogo un nuovo scontro e conquistarono la posizione4. La disamina delle fonti porta alla luce un problema relativo all’ora in cui furono condotte queste azioni. Da parte piemontese sembra che l’attacco sia iniziato fra la tarda mattinata e le prime ore del pomeriggio, mentre nei testi francesi risulta che l’azione prese le mosse fin dal primo mattino5. Effettivamente, se ebbe una durata di due ore, l’attacco, seguendo le fonti piemontesi, sarebbe terminato nel pieno pomeriggio, lasciando poche ore di luce per l’azione successiva, che fu quella condotta dall’avanguardia di Chevert per raggiungere e occupare il colle di Buondormir (m 1830 s.l.m.), colmando un dislivello rispetto al fondovalle di circa 800 metri. In tali condizioni di tempo è probabile che né l’ufficiale francese, né il suo comandante de Givry avrebbero pensato di muovere verso la dorsale del Buondormir. L’avvio dell’attacco di prima mattina, come dicono le fonti francesi, poteva invece permettere al distaccamento di Chevert di aggirare Sant’Anna e le grange di Rucias, sloggiare la guardia piemontese dalle grange di Combe, salire dal sentiero alle falde di Rocca Ferra, occupando finalmente il colle di Buondormir per avere il controllo del massiccio di Pietralunga. È comunque probabile che l’azione dello Chevert sia iniziata prima di quella dei contingenti in fondo valle, i quali si mossero più tardi nella mattinata. Volgendo ora l’attenzione all’attacco di Sant’Anna, è noto che il tenente colonnello Roi aveva ai suoi ordini circa 1000 uomini, che furono suddivisi in due contingenti; il primo a difesa e appoggiato alle case della borgata Sant’Anna, il secondo schierato a tergo sul pianoro fra la Varaita di Bellino e le grange di Melezé a valle di Combe, sfruttando lo sperone che determina un secondo trinceramento naturale e limita a oriente il pianoro fino al torrente6. Resta il fatto che fin dall’inizio il rapporto di forze era sfavorevole ai Piemontesi, ovvero uno a tre, ma soprattutto stupisce che il comando del Re di Sardegna, ben conscio dell’ingresso di un’intera divisione francese nella valle di Bellino, non abbia inviato consistenti rinforzi ai difensori della valle stessa7, a fronte del fatto che il Roi fu costretto a sguarnire il posto di Buondormir, consegnando praticamente le alture nelle mani del brigadiere Chevert. È un’importante occasione perduta. I Piemontesi avrebbero avuto la possibilità reale di bloccare sia la divisione del de Givry sia quella del marchese di Camposanto con una forza inferiore di numero, quattro battaglioni di fanteria e alcuni miliziani. Il segreto stava nello 4

Per i preliminari e gli attacchi di Sant’Anna si veda infra Capitolo 5: Du Camp de S.t Pierre 1744, righe 2-9; GALLEANI D’AGLIANO 1840, righe 24-47; Lettre du Capitaine 1744, righe 27-35; MINUTOLI s.d.b, righe 51-57; Relation de la prise s.d., righe 1-3; ROY DE VAQUIÈRES 1745, righe 7-12, 14-21; SAINT SIMON 1770, righe 63-65, 77-88; Suite 1744, righe 3-9, 11-14; THOLOSAN 1777, righe 22-26. 5 Nella prima relazione anonima dello stato maggiore sabaudo (supra nota 4 a Suite 1744) si legge che Carlo Emanuele III, insediato al quartier generale di Villaretto, ebbe notizia dell’attacco a Sant’Anna alle 12:15, in seguito al ripiegamento delle sue truppe; fu verosimilmente informato prima il generale Guibert a Bellino e quindi la notizia giunse al Villareto. Si deduce che in base a tale fonte lo scontro poteva essersi verificato verso le 11:00. D’altro canto la seconda relazione dello stesso stato maggiore (supra nota 4 a Du Camp de S.t Pierre 1744), scritta il 20 luglio, dice che lo scontro avvenne intorno alle 14:00, mentre il Minutoli dà notizia sulla durata del medesimo per circa due ore. Da parte francese il Saint Simon non dice altro se non che «Les 1500 hommes détachés […] arriverent le 17 assez tard près du hameau de la Gardette» (supra nota 4 a S AINT S IMON 1770); l’ingegnere Roy de Vaquières fa eco informando che genericamente che la colonna del de Givry arrivò «le 17 au matin» (supra nota 4 a ROY DE V AQUIÈRES 1745). È invece molto importante la testimonianza dell’anonimo capitano del Poitou, il quale, con la sicurezza del testimone oculare, afferma che l’attacco iniziò alle 6:45 del mattino e durò fino a mezzogiorno (supra nota 4 a Lettre du Capitaine 1744). 6 supra nota 4 a ROY DE V AQUIÈRES 1745, mentre in infra Capitolo, 5 Lettre du Capitaine 1744, riga 28 si parla di cinquecento soldati del Re di Sardegna a difesa di Sant’Anna. Probabilmente il rinforzo dei carabinieri non poté raggiungere Sant’Anna in tempo, ma, come dice don Tholosan, si appostarono a dominio del pianoro di Melezé per contrastare i nemici (infra Capitolo 5, THOLOSAN 1777, righe 23-24). 7 Il generale Guibert spedì soltanto i 300 carabinieri ad attacco avvenuto (supra nota 4 a MINUTOLI s.d.). 10

sfruttamento difensivo del terreno montano per inchiodare nell’alta valle i Francesi, senza rifornimenti idrici e di legna, tanto da dover necessariamente ripiegare. La conquista di Buondormir e Pietralunga, 17 luglio 1744 Avendo così piegato la resistenza piemontese a Sant’Anna, i Francesi poterono condurre la penetrazione nella valle di Bellino lungo due direzioni parallele e a quote diverse. Gran parte della divisione del de Givry procedette lungo la Varaita fino alla borgata di Celle-Santo Spirito, tre chilometri a valle di Sant’Anna, mentre il distaccamento del brigadiere Chevert puntò verso il colle di Buondormir. Fu questa l’azione cruciale della giornata, che permise ai Francesi di coprire in quota il contingente principale8. Chevert e i suoi granatieri, come scrive don Tholosan, avanzarono lungo le falde della Roccia Ferra attraverso il sentiero di Costa Cialon e si presentarono davanti al colle di Buondormir, per procedere in direzione del monte Pietralunga9. È noto, come già detto sopra che il Roi dovette evacuare in mattinata il posto di Bondormir, in tal modo Chevert poté conquistare la posizione e l’accampamento piemontese senza ostacoli sostanziali10. A proposito della conquista di Buondormir il diario di don Tholosan è la sola fonte che ricorda lo svolgimento di un altro accanito scontro a fuoco presso il colle e le sue difese, «après une vive resistence de la part de nos troupes», che erano accorse evidentemente dall’accampamento vicino, ma che infine dovettero cedere e ritirarsi11. Chevert, una volta padrone del colle di Buondormir, avrebbe voluto attaccare le fortificazioni nemiche al di là del massiccio di Pietralunga lungo la dorsale fra il colle della Battagliola e il Monte Passet, ma il balivo de Givry, pur inviandogli di rinforzo tre battaglioni, verosimilmente del reggimento di Poitou, ordinò al brigadiere di arrestarsi sulle posizioni conquistate. I rinforzi del Poitou giunsero a Buondormir lungo il sentiero che sale dalla borgata Santo Spirito-Celle12, mentre i Piemontesi in ritirata al passo del Puntet, presso l’estremità del versante meridionale del monte Pietralunga, fecero saltare il ponte di pietra che garantiva l’unico collegamento fra i colli di Buondormir e della Battagliola13. 8

Per l’attacco e la presa di Buondormir si veda infra Capitolo 5: Du Camp de S.t Pierre 1744, righe 6-9; GALLEANI D’AGLIANO 1840, righe 47-56; Lettre du Capitaine 1744, righe 42-44; MINUTOLI s.d.b, righe 57-58; ROY DE VAQUIÈRES 1745, righe 23-29; SAINT SIMON 1770, righe 84-92; THOLOSAN 1777, righe 23-35. 9 Dice infatti infra Capitolo 5, THOLOSAN 1777, righe 26-29, con estrema precisione che: [...] la colonne dei Reichasses [quella di Chevert, scil.] après avoir brûlé toutes les granges des Combés vint attaquer Bondormir; passant au pied du Roc de Fer vint attaquer le poste de Bondormir, ou après une vive resistence de la part de nos troupes ils se rendirent maîtres du poste et montérent sur Pierre Longue [...] Fa eco al Tholosan il Roy de Vaquières (supra nota 8 a ROY DE V AQUIÈRES 1745), che parla di un itinerario «par la

montagne de Bonpied», toponimo identificabile con il contrafforte di Bandia (m 2758 s.l.m.) a dominio del colle di Buondormir. Tali fonti smentiscono CHOMON RUIZ 1971, p. 311 che ricostruisce l’itinerario di Chevert a contorno di Buondormir passando per il vallone di Reisassa fino alla cresta ad est del monte Ferra e alle spalle delle posizioni del colle. Probabilmente la distonia deriva dall’intendimento erroneo della carta del Minutoli, di dubbia affidabilità (infra Capitolo 3 pp. 82-83), sta di fatto che sembrano assolutamente ostanti al passaggio di un contingente in armi le condizioni del terreno del vallone di Reisassa e delle sue pendenze. 10 In merito alla localizzazione di questo primo accampamento avanzato, la ricognizione sul terreno induce a proporre il sito delle grange di Alpas (m 2429 s.l.m.) o quello delle grange di Vautour (m 2419 s.l.m.), poco più ad ovest e più in piano. 11 supra nota 8 a THOLOSAN 1777. Va detto che il conte Galleani d’Agliano (supra nota 8 a GALLEANI D ’A GLIANO 1840) riferisce invece di un successo piemontese a Buondormir, ma, se da un lato l’autore in quei giorni non era sul posto, bensì al colle di San Giovanni, d’altro canto l’edizione delle sue memorie, a cura del Cibrario, sembra piuttosto oggetto di libertà interpretative. 12 L’informazione è fornita dall’anonimo capitano dello stesso reggimento (supra nota 8 a Lettre du Capitaine 1744). 13 Dell’opera dà notizia T HOLOSAN 1777, p. 201. Vedere inoltre infra Capitolo 5: ANONIMO 1767, righe 20-21; ROY DE VAQUIÈRES 1745, righe 31-35; THOLOSAN 1777, righe 34-35. 11

Nel frattempo il balivo de Givry arrestò l’avanzata della colonna presso la costa del Cumbal Blanc, ovvero un cordone roccioso che ostruisce parzialmente la valle di Bellino sulla sinistra orografica del torrente all’altezza di Prafauchier. I Francesi in tal modo potevano respingere eventuali contrattacchi della brigata La Regina, che era oltretutto minacciata dalla colonna del marchese di Camposanto, avanzante sulla dorsale alla destra della Varaita di Bellino e dunque in vista della sinistra della brigata piemontese. È comunque opportuno rammentare, come si dirà oltre, che l’obiettivo del Camposanto era impegnare le forze del maggiore generale de Corbeau, appostate ai trinceramenti della Bicocca, piuttosto che scendere all’attacco dell’ala sinistra della brigata La Regina A proposito ancora della divisione spagnola del marchese di Camposanto, che avanzava in coda a quella del de Givry, è possibile ricostruirne l’itinerario, parallelo e simmetrico a quello dell’avanguardia di Chevert, ma sulle montagne fra la valle di Bellino e quella di Maira. Il marchese si sganciò dal de Givry per salire il versante destro della valle di Bellino verso il pendio nord del Pelvo d’Elva, giungendo sulla dorsale ad est del medesimo. Sono le memorie di don Tholosan e il libro del marchese di Saint Simon a darci gli indizzi per comprendere che la colonna del Camposanto si incamminò dapprima lungo il vallone della Camosciera, salendo fino alla falde del Bric Rutund. Aggirata questa vetta, il contingente arrivò sul tratto di dorsale compreso fra il Pelvo e il colle della Bicocca, probabilmente all’altezza del colle dominato dalle Rocce del Pelvo; qui il Camposanto, in condizioni d’estremo disagio, fece trascorrere ai suoi uomini la notte fra il 17 e il 18 luglio14. Al calar del sole del 17 luglio le due divisioni gallispane erano padrone di tutta l’alta valle di Bellino fino a Prafauchier, mantenendo il controllo delle dorsali di Pietralunga e del Pelvo d’Elva, davanti al terreno occupato dalle opere campali piemontesi. Il balivo de Givry convocò pertanto un consiglio di guerra per decidere il da farsi; fu in quell’occasione che si scelsero come obiettivo per l’attacco principale i trinceramenti della dorsale ad est di Pietralunga e a dominio delle due Varaite. L’attacco al colle della Bicocca, 18 luglio 1744 Il 18 luglio, sabato, il marchese di Camposanto prese l’iniziativa. La sua colonna, che fino a quel momento non aveva ancora preso contatto con i Piemontesi, era composta da trenta compagnie di granatieri e da due battaglioni del reggimento di Toledo. Dopo una notte passata in quota all’addiaccio, il contingente mosse all’attacco dei trinceramenti del colle della Bicocca lungo la dorsale alla destra della Varaita di Bellino. Le fonti concordano tutte nella menzione di un attacco senza vigore, che ad un cero punto si conclude per la desistenza degli Spagnoli, i quali vengono definitivamente respinti e perdono anche un ufficiale fatto prigioniero15. Esiste tuttavia la versione discordante del marchese di Saint Simon16. L’autore, degno di credito per la sua trascorsa mansione di aiutante di campo del principe di Conti e verosimilmente a conoscenza di particolari più circostanziati, testimonia un’ampia attività di disturbo, attuata dalla colonna spagnola, che durò molto a lungo ed impegnò gli uomini del de Corbeau su un vasto raggio d’azione, non solo nella difesa dei trinceramenti del colle della Bicocca, inespugnabili per inferiorità numerica: 14

infra Capitolo 5: SAINT SIMON 1770, righe 27-36; THOLOSAN 1777, righe 29-33. Per l’attacco al colle della Bicocca si veda infra Capitolo 5: Du Camp de S.t Pierre 1744, righe 10-14; GALLEANI D’AGLIANO 1840, righe 20-24; Lettre du Capitaine 1744, righe 38-42; MINUTOLI s.d.b, righe 62-67; THOLOSAN 1777, righe 29-33. 16 infra Capitolo 5, SAINT SIMON 1770, righe 30-42. 15

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[il Camposanto, scil.] passa la nuit du 17 sur la crête de Peirol, & la descendant le lendemain matin comme il l’avoit montée, sans suivre aucun chemin, il vint sur la montagne de Castro, en face du camp qu’il avoit très-bien remarqué que des retranchemens défendoient. Il ne se proposa point de le forcer, étant inférieur en nombre à ceux qui le defendoient, mais il fit toute la journée du 18 divers mouvemens qui fixant l’attention de ces troupes, les inquiétèrent & les empêchèrent de se porter au secours des retranchemens de Peyre-Longue qu’elles voyoient attaqués. Sur le soir, il redescendit du mont Castro et remonta sur la crête de Peirol […]

Sempre nella medesima fonte, di seguito al passo succitato, compare un’informazione di notevole importanza e singolarità, dove, con un certo tono di meraviglia, si nota che Les Piémontois qui pouvoient lui couper la retraite par la gauche, en passant à couvert dans des gorges qui joignoient leur camp, se jettèrent sur leur droite, & se rendirent à St-Pierre deux lieues au dessous de Château-Dauphin. Le Roi de Sardaigne y portoit toutes ses forces, croyant que le plus grand effort des Alliés se feroit de ce côté […]17

Vale a dire che, dopo aver contenuto l’avanzata del marchese di Camposanto, i Piemontesi decisero di abbandonare il colle della Bicocca e la sua dorsale, fra il pomeriggio e la sera del 18 luglio, indebolendo l’ala destra dello schieramento nella valle di Bellino e di conseguenza l’intero dispositivo difensivo a monte di Sampeyre. Infine il Minutoli dà conferma di simili movimenti di truppe, dopo aver trattato dell’attacco alla Bicocca e ricordando che Carlo Emanuele III «fit descendre de la Bicoque des grenadiers et des piquets», senza parlare comunque d’evacuazione. Sebbene il Minutoli stesso dica che il Re di Sardegna, «avec raison», aveva compreso che lo sforzo principale dei Francesi si stava concentrando nella valle di Bellino, l’abbandono o l’indebolimento della difesa del colle della Bicocca consegnava comunque ai Gallispani il versante destro della valle fino al colle di Sampeyre, bloccando alla borgata Chiesa la brigata della Regina e perdendo i collegamenti con il de Corbeau al colle di Sampeyre e con il marchese di San Germano sul colle di San Giovanni. Inoltre la brigata La Regina non aveva facoltà di spedire rinforzi alle guardie dei trinceramenti della dorsale di Pietralunga, fra le due Varaite, inchiodata com’era dalla minaccia del Camposanto18. Il superamento del massiccio di Pietralunga, 18 luglio 1744 Mentre il marchese di Camposanto attaccava il colle della Bicocca e l’ala destra dello schieramento piemontese ripiegava verso Casteldelfino, sulla dorsale che divide le due Varaite l’avanguardia del brigadiere Chevert non era certo inoperosa. Il 18 luglio i Francesi, prendendo le mosse dal colle di Buondormir, aprirono un sentiero che aggirava da nord il massiccio di Pietralunga, in seguito all’interdizione nella giornata precedente dell’unico passaggio fino ad allora praticabile, ovvero il passo del Puntet. Di questa notevole impresa il testimone oculare fu evidentemente il Roy de Vaquières, chiamato in prima persona a dirigere l’intervento quale ingegnere assegnato alla colonna dello Chevert; d’altro canto anche le fonti piemontesi, quali le relazioni dello stato maggiore sabaudo, il Minutoli e don Tholosan menzionano l’evento, che però fu totalmente ignorato mentre si verificava, né i Piemontesi 17

infra Capitolo 5, SAINT SIMON 1770, righe 43-45. A margine di queste osservazioni è possibile rilevare il problema delle incoerenze fra le fonti a proposito della distribuzione dei reparti piemontesi nel settore preso in considerazione sopra. Ad infra Capitolo 5, MINUTOLI s.d.b, righe 1-2, sono enumerati diciotto battaglioni di fanteria e 800 carabinieri in totale a difesa della Valle Varaita, mentre alle righe 33-34 si dice che sulla Bicocca il de Corbeau comandava sei battaglioni; il Galleani d’Agliano ne conta quattro (infra Capitolo 5, GALLEANI D’AGLIANO 1840, riga 4), il Saint Simon sette, più i quattro della brigata La Regina a Bellino (infra Capitolo 5, SAINT SIMON 1770, righe 34-36); infra Capitolo 5, Carta 13, corrispondente alla rappresentazione grafica delle vicende belliche del 1744 sull’atlante allegato al testo del Minutoli, illustra tutti i diciotto battaglioni, divisi su quattro brigate, schierate lungo le due Varaite, senza precisare quali siano i reparti del de Corbeau. 18

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rilevarono l’attività lavorativa, che difficilmente sarebbe passata inosservata, da punti d’avvistamento in zone assolutamente sotto il loro controllo. Infine, curiosamente, il Saint Simon non dà notizia di quest’azione, anche se pare impossibile che egli non ne fosse a conoscenza19. Il Roy de Vaquières, da bravo ingegnere, fece innanzitutto una ricognizione, come egli stesso riferisce, riportandone tuttavia un’impressione negativa: La longueur du chemin, les différents contours de la situation du terrain, la raideur de la pente ne permettaient pas à l’œil, du haut du rocher de Bondormir, d’être assuré d’une parfaite reconnaissance, pour décider la possibilité de pratiquer un chemin que les ennemis avaient jugé aussi impossible qu’il paraissait difficile, par la connaissance qu’ils avaient de la nature du terrain, dont la pente, continue jusques au fond de la vallée, le faisait pour ainsi dire regarder comme un précipice

Tuttavia un pastore del luogo, catturato due giorni prima, in base alla sua esperienza dei luoghi assicurò ai Francesi che era possibile aprire un cammino per aggirare Pietralunga da nord; la mattina stessa del 18 luglio l’ingegnere al comando di 600 valligiani francesi, reclutati in corvée, aprì il cantiere sempre assistito dalla guida locale. I lavori iniziarono la mattina del 18 luglio. Man mano che gli operai procedevano lo spazio del sentiero era occupato dalle truppe di Chevert e l’avanzata era resa assai ardua dalla franosità del terreno e dall’emergenza di nuclei rocciosi da aggirare. Si lavorò per tutto il giorno fino alle dieci di sera e mancavano ancora circa 400 metri all’arrivo sulla cresta di Pietralunga20. Di questo sentiero occasionale oggi non si conserva traccia, né la ricognizione in situ ha permesso di individuarne anche solo una minima porzione; si trattava tuttavia di un’opera impegnativa, di ampiezza variante fra due metri e un metro21, il cui percorso probabilmente traeva origine dal colle di Buondormir, oltrepassava i contrafforti di Bandia e di Coste del Chiutas, percorreva la cresta di Coste della Villa e tagliava infine attraverso la sommità del vallone del Cumbal della Villa a circa 2500 metri d’altezza (Fig. 2). La mancata conservazione denota la natura effimera e temporanea dell’intervento, che tutto sommato fu portato a termine in tempi rapidi, avendo esso soltanto la destinazione occasionale per il transito dei battaglioni francesi. Gli scritti di Roy de Vaquières e di don Tholosan, complementari l’uno dell’altro, ci permettono di dire che il 19 luglio, prima del sorgere del sole, «deux heures avant jour», i lavori ripresero, senza tuttavia poter completare l’ultimo tratto, che fu praticato con difficoltà dai soldati di Chevert. A testimonianza infine della difficoltà e pericolosità dell’impresa, soprattutto la mattina del 19, è opportuno ricordare che Roy de Vaquières chiese per i montanari al lavoro […] qu’ils fussent armés […] précaution qui me servit avantageusement le lendemain, autant pour continuer le travail que pour empêcher que l’ennemi ne vint se former en troupe et se mettre de front à ce chemin, ce qu’ils auraient sans doute fait dès le matin du 19, s’ils avaient découvert notre dessein la veille d’aller ainsi à eux […] cette dernière partie qu’on ne put finir nous ayant procuré seule, sans doute, l’avantage des les empêcher de nous prévenir en forces, tout comme les armes que j’avais fait 19

Per l’aggiramento di Pietralunga e l’apertura del sentiero si veda infra Capitolo 5: Du Camp de S.t Pierre 1744, righe 14-17; Lettre du Capitaine 1744, righe 45-48; MINUTOLI s.d.b, righe 69-71; ROY DE VAQUIÈRES 1745, righe 34-61; THOLOSAN 1777, righe 35-39. 20 Dice Roy de Vaquières «deux cents toises». La tesa, ovvero la «toise», era una misura lineare equivalente a 6 «pieds-du-roi». 1 pied-du-roi corrisponde a cm 32,484 ed era l’unità base delle misure di lunghezza della Francia prerivoluzionaria; la tesa è quindi pari a m 1,949, circa m 2. Infine una misura lineare d’uso frequente in architettura militare, arte ossidionale e tecnologia oplologica era il pollice, o «pouce», equivalente a cm 2,707. Si vedano le note metrologiche in P UJO 1991, p. 11 e V IROL 2003, p. 409. 21 Sempre Roy de Vaquières dice «sur plus de six pieds de large, à trois pieds tout au plus». 14

donner aux travailleurs celui de les empêcher de sortir du rocher derrière lequel ils étaient comme retranchés, au nombre de 400 grenadiers, et d’où ils firent un feu continuel pour inquiéter les travailleurs que j’engageai, par le moyen des armes qu’ils avaient portées, à leur répondre […] Fig. 2

Il percorso del sentiero, segnato a tratteggio, aperto dall’ingegnere Roy de Vaquières, contornando a nord il massiccio di Pietralunga (da Carta IGN serie Alpi senza frontiere, scala 1:25000, n. 8, Monviso-Alto Queyras)

Ovviamente la sorpresa del contingente di Chevert, che aveva come obiettivo le guardie piemontesi al colle della Battagliola, poteva aver successo se l’aperura del sentiero fosse rimasta segreta fino all’ultimo momento o, quanto meno, se il tratto finale dell’arduo percorso fosse stato difeso adeguatamente anche dagli stessi lavoranti. 19 luglio 1744, il giorno della battaglia Fu così che prima delle ore 7:00 del mattino del 19 luglio 1744 i soldati del Re di Sardegna, a guardia del colle e della punta della Battagliola, videro comparire sulla cima del monte Pietralunga i primi granatieri dell’avanguardia francese, pronti a discendere l’arduo passo del Ciat e prendere d’assalto le posizioni nemiche. § Il passo del Ciat A proposito di questo passo, sebbene la cartografia e la toponomastica moderne lo indichino ai piedi della punta della Battagliola, tale localizazione non concorda assolutamente con le fonti storiche. Per esempio il marchese di Saint Simon descrive il passo come […] un défilé où l’on ne pouvoit passer qu’un à un; il se terminoit à un rocher escarpé d’où il fallait sauter deux pieds plus bas sur un terrein en pente & très-glissant […]22

All’autore francese fa eco don Tholosan, il quale, unico fra le fonti, menziona il sito esplicitamente con il nome di «Chaïte»: […] l’ennemi parut sur l’eminence au pied de Pierre Longue ils firent un feu merveilleux, mais quelques miquelets qui descendirent à la Chaïte de Pierre Longue les batent en ruine, et le chemin étant achevé la 22

infra Capitolo 5, SAINT SIMON 1770, righe 108-110. 15

coulonne enfouça et gagna la créte au dessous dudit Pierre longue et furent par consequent les maîtres de cet endroit […]23 Fig. 3

Fig. 4

Vista in primo piano del colle e della punta della Battagliola, come probabilmente li videro i soldati del brigadiere Chevert alle 7:00 del 19 luglio 1744

Il passo del Ciat visto dal colle della Battagliola e corrispondente al ripido corridoio fra le rocce a metà del versante orientale di Pietralunga

Le parole dei due autori dimostrano chiaramente che nel 1744 prendeva il nome di passo del Ciat il ripido canalone, quasi in verticale, che, chiuso da due dirute spalle rocciose, scende da Pietralunga alle praterie della dorsale, immediatamente alle falde del monte e poco più ad ovest del colle della Battagliola (Fig. 4). § La caduta della Battagliola e della seconda postazione Fra le 7:00 e le 7:30 del mattino i granatieri dell’avanguardia del brigadiere Chevert, sostenuti dai tiratori e dai micheletti dalla cima di Pietralunga, poterono radunarsi e schierarsi in battaglia ai piedi del massiccio. Dopo di che, mentre il resto dell’avanguardia raggiungeva la sommità del monte e guadagnava la dorsale scendendo dal passo del Ciat, i granatieri dettero inizio all’attacco. I Francesi, aiutati anche da un’opportuna nebbia mattutina, poterono così piombare all’improvviso, caricando alla baionetta i primi picchetti di guardia, e dopo una resistenza più tenace da parte di 200 carabinieri piemontesi, scelti da diversi reggimenti di dragoni, gli assalitori riuscirono ad aver comunque ragione dei difensori. Entro un’ora verosimilmente, volti in fuga gli ultimi carabinieri, il brigadiere Chevert era padrone non solo della ridotta della Battagliola, ma anche del campo sabaudo dell’Espeyrasse, poco più a valle della dorsale, lungo il versante di Bellino. Immediatamente l’ufficiale mosse con i suoi uomini in direzione della seconda postazione, sita sulla Punta del Cavallo24. La caduta della Battagliola consegnava ai Francesi il controllo della parte centrale della dorsale fra le due Varaite e l’agio di poter predisporre l’attacco alle difese piemontesi principali. Certamente il comando sabaudo, come aveva inopportunamente impiegato un numero di uomini troppo esiguo per difendere Sant’Anna di Bellino il 17 luglio, così in questa occasione aveva sovrastimato l’efficacia difensiva di una guardia composta dal solo piccolo distaccamento di 200 carabinieri e 400 granatieri, che furono costretti a cedere davanti ad un numero preponderante di assalitori. D’altro canto i Piemontesi, come ci permette di capire il

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infra Capitolo 5, THOLOSAN 1777, righe 40-43. Sulla posizione del campo dell’Espeyrasse infra Capitolo5, A NONIMO 1767, righe 9-10. Per l’attacco di Chevert alla Battagliola e a Monte Cavallo si veda infra Capitolo 5: ALLAIS 1895, righe 95-104; Du Camp de S.t Pierre 1744, righe 17-20; Lettre du Capitaine 1744, righe 58-68; MINUTOLI s.d.b, righe 69-85; ROY DE VAQUIÈRES 1745, righe 63-79; SAINT SIMON 1770, righe 107-128; THOLOSAN 1777, righe 39-53.

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testo di Roy de Vaquières25, si erano accorti della presenza nemica sul massiccio di Pietralunga e vollero comunque mantenere un contingente destinato al ripiegamento, in quanto dominato dall’alto. Evidentemente erano pessime le condizioni e i tempi delle trasmissioni degli ordini, come testimonia il Minutoli, dal cui testo emerge la premura del comando di far sgomberare in tempo la postazione della Battagliola: [… la colonna francese, scil.] y parut des le matin avec ses troupes, et quoique le general Guibert eut par un ordre en écrit fait abbandonner ce poste au Lieut. Colonel Fatio, qui le tenoit avec 200 hommes, en assurant que cetoit ensuite d’un ordre semblable, qu’il avoit reçu du Ms d’Aix, les troupes francaises pour arriver à l’arrete de Pierrelonge furent obligées de défiler homme a hommes et repoussées deux fois par nos carabiniers et les piquets, qui les soutenoient […]26

Il Saint Simon descrive poi la prosecuzione dell’azione di Chevert, che non volle dar quartiere al nemico [… i Piemontesi, scil.] se retirerent avec beaucoup de confusion vers la redoute du Baraquon [della Battagliola, scil.]: ils se virent suivis avec tant de vivacité, qu’ils n’oserent s’y arrêter, quoiqu’elle fut en état de défense; ils entraînerent même dans leur fuite ceux qui la gardoient. Les François les suivirent sans relâche, & entrèrent pêle-même avec eux dans une seconde redoute [quella di Monte Cavallo, scil.] où ils leur tuèrent encore beaucoup de monde, non qu’on s’y battit, mais parce qu’ils étoient gênés dans leur fuite par l’entrée & la sortie étroite de la redoute. Les deux partis ne se séparèrent qu’à une troisième redoute [quella di Monte Passet, scil.] mieux fortifiée que les autres, & garnie de sept bataillons qui bordoient son parapet, & commençoient à faire feu sur ceux qu’ils purent distinguer comme ennemis […]27

I Francesi non solo travolsero la difesa della Battagliola, ma sull’onda conquistarono anche il secondo posto difensivo, lungo la dorsale ad est di Pietralunga, dove non fu nemmeno tentata una qualche resistenza organizzata. L’impresione è che, coinvolte nella rotta del primo contingente della Battagliola, le linee successive di resistenza piemontese abbiano ceduto immediatamente, mirando solo a mettersi al sicuro presso il contingente principale meglio fortificato, quando contemporaneamente stavano avanzando ormai in quota tutti battaglioni della colonna del de Givry, salita dalla valle di Bellino. § La localizzazione della ridotta principale: Monte Cavallo e Monte Passet Giunti a questo punto della trattazione è necessario introdurre la questione principale dell’intero lavoro, che coinvolge accanto alla disamina delle fonti storiche l’indagine archeologica e l’interpretazione delle tracce relative alle riplasmazioni con finalità difensive attuate nel 1744 sul terreno della dorsale ad est di Pietralunga. A seguito di quanto dicono gli autori citati nel paragrafo precedente si fondano delle buone ragioni per ritenere che la ridotta principale del sistema difensivo piemontese sulla dorsale non fosse collocata, come si è sempre creduto sull’attuale Monte Cavallo, bensì più ad est sul Monte Passet. Verrano per ora analizzate le prove di carattere storico, deducibili dalle fonti, mentre si rimanda ai capitoli successivi l’esame di quelle archeologiche e la verifica della coerenza fra entrambe i gruppi. Innanzitutto è opportuno richiamare il testo del Saint Simon, appena citato nel paragrafo precedente, che elenca la successione di tre ridotte descrivendo l’avanzata del contingente francese di Chevert e gli scontri successivi con i Piemontesi, «vers la redoute du Baraquon […] dans une seconde redoute […] ne se séparèrent qu’à une troisième redoute»; esse corrispondono nell’ordine, da ovest verso est, ai ripari fortificati della punta della Battagliola, di Monte Cavallo e della ridotta di Monte Passet.

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Supra p. 14 e nota 19. infra Capitolo 5, MINUTOLI s.d.b, righe 71-75. 27 Supra p. 16 nota 24 a SAINT SIMON 1770. 26

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Lo stesso numero di opere e siti del Saint Simon, ma secondo un ordine invertito a partire da Monte Passet, è seguito nella relazione sulle «ligne de resistance» della Valle Varaita, redatta dal Costa de Beauregard nel 1794, là dove l’autore dice che a dominio del forte Bertola, situato nella strettoia di Château de Pont lungo la Varaita di Chianale, […] sur la plus haute sommité, [se trouve, scil.] une autre redoute, faisant face à la vallée de Bellino, et qu’on appelle Bec de l’Aigle. Celle-ci domine, au couchant, une butte retranchée appelée Monte-Cavallo, en avant de laquelle est une flèche appelée la Battagliola, sur un plan plus bas encore […]28 Fig. 5

La dorsale di Pietralunga con la spettacolare visione in successione delle tre punte, corrispondenti ai tre siti delle fortificazioni piemontesi

La prima citata è la ridotta di Monte Passet, nota anche da altre fonti scritte e cartografiche con il nome di «Bec de l’Aigle», come si dirà in seguito29, la seconda è quella di Monte Cavallo, investita dallo Chevert dopo la conquista della ridotta della Battagliola, che corrisponde alla «flèche» indicata per ultima dall’autore (Fig. 5). Sebbene nel testo del Minutoli, meno chiaro, si colgano comunque le indicazioni di tre postazioni successive30, è la memoria di don Tholosan che offre le informazioni di maggiore importanza31. Il curato ricorda che i battaglioni francesi, ormai riuniti, della colonna de Givry 28

infra Capitolo 5, C OSTA DE B EAUREGARD 1794, righe 29-32. Infra Capitolo 3, p. 74 e nota 76 30 infra Capitolo 5, MINUTOLI s.d.b: riga 72 «abbandoner ce poste», ovvero la ridotta della Battagliola; righe 80-81 «se replier à un poste sur la crête destiné à les soutenir», ovvero il secondo punto forte a Monte Cavallo; righe 81-82 «l’épaulement qui flanquoit la redoute sur la droite, qui appuioit a la communication quelle avoit avec la vallée de Pont », ovvero la ridotta principale di Monte Passet. 31 infra Capitolo 5, T HOLOSAN 1777, righe 46-53. 29

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e dell’avanguardia di Chevert assistettero alla celebrazione della Santa Messa «sur le clot de la Bataïole», ossia il verde pianoro alle falde del passo del Ciat. La sosta per la funzione durò due ore, dopo di che la colonna Fig. 6 francese, secondo Tholosan, riprese l’avanzata «le long du couteau qui va à Mont Caval, et étant arrivés sur la pointe des cretes des chaussards ils firent encore une seconde alte». Il toponimo degli «Chaussards», assente sulla cartografia attuale, compare invece sulla carta dei combattimenti in Valle Varaita dell’ottobre 1743, appartenente all’atlante di mappe allegato alla Rélation Des Campagnes faites par S.M., et par ses Generaux del Minutoli 32. Su questo documento appare la didascalia «Costa del Chiucard»33 esattamente nel sito che Particolare della carta del Minutoli relativa alla campagna del 1743 in Valle Varaita (Carta 7) oggi porta la denominazione di punta del Cavallo, mentre la raffigurazione della ridotta principale è spostata più ad est in concomitanza con la didascalia «Rocca dei Fornas» (Fig. 6). È chiaro dunque dal testo del Tholosan che la prima ridotta corrispondeva effettivamente alla punta della Battagliola e quella del «seconde alte» alla punta del Cavallo. Si può dedurre pertanto che la ridotta detta di «Monte Cavallo» non fu realizzata sulla odierna punta del Cavallo, ma più di mezzo chilometro ad est, sull’ultima eminenza montuosa della dorsale, prima della sua discesa verso Casteldelfino, che porta il nome di Monte Passet. È chiaro che nei secoli successivi il parlato comune determinò uno slittamento delle qualifiche toponomastiche rispetto alla situazione del XVIII secolo, quando l’appellativo «Mont Caval» corrispondeva all’odierno Monte Passet34. § L’attacco frontale alla ridotta di Monte Passet È probabile che il primo tratto d’avanzata della colonna francese, dopo la Messa alla Battagliola, sia iniziata fra le 10:30 e le 11:00, a seguire ci fu il tempo della seconda sosta e poi l’inizio dell’attacco alla ridotta di Monte Passet. A questo proposito le fonti danno informazioni diverse. Per esempio la relazione dello stato maggiore sabaudo indica come momento d’inizio dell’attacco «sur les trois heures un quart», invece Roy de Vaquières riferisce che «la résolution de l’attaque pour la grande redoute de Pierrelongue fut fixée pour y marcher à midi». È possibile che l’intenzione, come dice l’ingegnere, fosse quella di iniziare a mezzogiorno, ma che i tempi si siano dilatati per riuscire a radunare tutti i reparti della divisione de Givry davanti alla ridotta principale, tenendo conto che fra la Battagliola e Monte Passet c’è una distanza di circa due chilometri e che sul sentiero i soldati in armi non potevano che marciare in fila indiana. Di conseguenza tutto fu pronto, compresa la preparazione delle colonne d’assalto, intorno alle ore 15:0035. 32

Infra Capitolo 4, Carta 7. O «chiuçard», che in Francese corrisponde a «chaussard» e si pronuncia [šossaρd]. 34 Infra Capitolo 3, pp. 82-84. 35 Per il grande attacco alla ridotta di Monte Passet detta di «Monte Cavallo»si veda all’Appendice documentaria: ALLAIS 1895, righe 131-155; COSTA DE BEAUREGARD 1794, righe 62-84; Du Camp de S.t Pierre 1744, righe 20-32; GALLEANI-D’AGLIANO 1840, righe 56-78; Lettre du Capitaine 1744, righe 58-115; MINUTOLI s.d.b, righe 85-106; Relation de l’action du 19 juillet s.d., righe 1-12; ROY DE VAQUIÈRES 1745, righe 77-90; SAINT SIMON 1770, righe 128188; THOLOSAN 1777, righe 53-68. 33

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La divisione del balivo de Givry, radunatasi dunque a poca distanza dalla ridotta, venne suddivisa in quattro colonne, ovvero quelle di Poitou e di Provenza, quella di Salis e il distaccamento del brigadiere Chevert. I reggimenti da cui provenivano i soldati della divisione erano quelli di Poitou, Provence, Brie, Conti e Salis-Soglio, anche detto dalle fonti Travers-Grison. Il contingente del brigadiere Chevert, composto da circa 1400 uomini, doveva tenere l’ala sinistra dello schieramento e attaccare lungo l’impervio terreno del versante nord, che guarda Pont. La colonna di Provenza, 1100 uomini al comando del brigadiere marchese de La Carte, teneva il centro per attaccare lungo la dorsale principale, mentre il conte di Danois avrebbe condotto all’assalto la brigata di Poitou dall’ala destra, che ammontava a circa 1000 uomini. La quarta colonna, quella costituita dal reggimento svizzero di Salis-Soglio, 1200 uomini, fu spedita dinuovo verso il fondovalle di Bellino per impedire che la brigata piemontese La Regina, schierata fra le borgate Chiesa e Ribiera, potesse mandare in quota rinforzi per i difensori della ridotta (Fig. 9). Il battaglione provinciale di Béziers infine fu escluso dall’azione diretta, ma impiegato per il rifornimento delle munizioni a tutte le colonne in operazione. Fig. 7

Shema figurato con i reggimenti francesi e sabaudi che si scontrarono sanguinosamente alla ridotta di Monte Passet, il 19 luglio 1744 (da http://jean.gallian.free.fr/bell2/bataille/bataille41.htm)

Al rullo dei tamburi e con le bandiere al centro di ogni colonna circa 3500 soldati francesi avanzarono a passo di battaglia contro i trinceramenti piemontesi, difesi inizialmente da tre battaglioni appartenenti ai reggimenti svizzeri in servizio sabaudo di Audibert (un battaglione) e Roguin (due battaglioni), al comando del maggior generale barone Carlo

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Filiberto du Verger. La reazione dei difensori fu subito vivace e supportata dal tiro di due cannoni scomponibili da montagna, inventati dall’ingegnere Ignazio Bertola36. I Francesi, nonostante tutto, riuscirono ad impadronirsi del cammino coperto della ridotta grazie alla formazione di una fitta nebbia, tornata in loro aiuto; in quel frangente fu colpito a morte il valoroso colonnello Roguin, comandante dell’omonimo reggimento svizzero al servizio sabaudo. Le colonne francesi, dopo un primo fuoco di bandiera, al quale rispose vigoroso quello dei difensori, fecero due assalti raggiungendo le palizzate e ripiegando altrettante volte; durante il secondo attacco il de Givry fu ferito ad una coscia tanto gravemente che morì nei giorni seguenti. Ad un terzo assalto i Francesi erano riusciti ad attestarsi sul cammino coperto davanti alle palizzate, ma era anche caduto nel frattempo il marchese de La Carte. Il terreno conquistato costrinse però gli assalitori ad arrestarsi davanti alle palizzate dei trinceramenti di Monte Passet e fu allora che i soldati francesi si resero conto di essere bloccati, non avendo con sé gli utensili per svellere dal terreno i pali, né la possibilità di ripiegare per non essere fucilati a bruciapelo appena usciti allo scoperto, sebbene si stesse battendo la terza ritirata. A questo proposito è severissima la considerazione sugli utensili da guastatore scritta da Roy de Vaquières, che, da ingegnere previdente qual era, sapendo che si sarebbero attaccate delle opere campali, voleva al contrario che gli strumenti fossero in loco: Dans l’attaque des ouvrages de campagne ou retranchements comme l’était ici la redoute de Pierre Longue […] on ne saurait trop se précautionner d’avoir […] des grenadiers, armés de haches, pour en démolir du premier abord les palissades et barrières, tandis que d’autres font le coup de fusil et empêchent l’ennemi de paraître; et même d’avoir des travailleurs à portée pour, s’il est nécessaire, attaquer la palissade par le pied et la déraciner […] puisqu’on ne peut douter ici que le temps qu’il fallut aux grenadiers pour déraciner, comme ils le firent, avec leurs mains et baïonnettes, la palissade de cette redoute, n’eût accéléré la victoire et épargné la vie à bien d’autres37

Si può percepire emotivamente infatti quale poteva essere lo stato d’animo dei soldati del Re di Francia, che dovevano disperatamente svellere con le mani o le armi bianche le palizzate per recuperare qualche speranza di vita in più, venendo al corpo a corpo con i difensori. Dalla parte della difesa i Piemontesi, pur avendo perduto il Roguin e vedendo i Francesi a ridosso delle palizzate, mantennero ancora il controllo della situazione e respinsero un tentativo di sfondamento sulla destra della ridotta ad opera della colonna del brigadiere Chevert. Carlo Emanuele III dal Villareto, avendo ricevuto notizia degli scontri sulla dorsale di Pietralunga e dell’inizio dell’attacco principale, inviò a rinforzo del contingente difensivo due battaglioni di reggimenti prestigiosi, il secondo del Guibert, svizzero, e il primo del Savoia, reggimento nazionale e secondo della fanteria dell’armata. Saliti così a cinque i battaglioni schierati a difesa della ridotta, fu possibile al barone du Verger comandare un contrattacco, che respinse una parte degli assalitori dal cammino coperto e in occasione del quale cadde il marchese di Seyssel, aiutante di campo del Re e figlio del marchese d’Aix. Quanti dei soldati francesi erano rimasti all’interno del fossato e davanti alle palizzate, non volendo ripiegare, sebbene il conte di Danois, l’ufficiale ormai più alto in grado, avesse ordinato ai tamburi di battere la quarta ritirata, chiamarono a sé le bandiere e le gettarono oltre le difese piemontesi, per andarle a riconquistare e non scegliere alcun’altra via se non quella dell’assalto.

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Infra Capitolo 3, p. 79 nota 96. infra Capitolo 5, ROY DE VAQUIÈRES 1745, righe 81-87. 21

§ L’intervento del reggimento di Salis-Soglio Mentre i battaglioni del Re di Sardegna tenevano con valore i fronti occidentale e meridionale della ridotta di Monte Passet, presi d’assalto con altrettanto coraggio dai soldati francesi, comparve improvvisamente a tergo della fortificazione il reggimento svizzero de Salis, che salendo ad est della Costa dei Balz riusciva ad aprire un nuovo fronte e a tagliare l’itinerario dei rinforzi piemontesi (Fig. 9). In base a quanto detto sopra, è nota la destinazione del reggimento de Salis all’inizio dell’attacco francese alla ridotta di Monte Passet. Inviati a presidiare i possibili accessi dalla valle di Bellino, i soldati svizzeri probabilmente si schierarono sull’unico pianoro che poteva contenerli tutti, quello delle grange dell’Alp, circa 200 metri a monte della borgata di Mas del Bernard, a dominio di Bellino38. Da questa posizione il reggimento poteva controllare a vista gli uomini della brigata La Regina e stornare qualsiasi loro azione di soccorso alla ridotta superiore. La stessa brigata ferma a Bellino era per giunta minacciata sulla destra dalla divisione del marchese di Camposanto, che aveva occupato il colle della Bicocca e la dorsale del monte Morfreid, fino al colle di Sampeyre39. Il motivo per cui il giovane colonnello de Salis prese per conto suo l’iniziativa non è segnalato dalle fonti, né si può presupporre che egli abbia provato l’azzardo esagerato di salire all’attacco della gola della ridotta, Fig. 8 sapendo di essere minacciato alle spalle dalla brigata della Regina. Sulla carta della battaglia presente nell’atlante illustrativo del Minutoli, allegato alla relazione degli eventi, compare un’anomalia, probabilmente non casuale e rappresentata da un simbolo di unità francese (rettangolo rosso e bianco) alle spalle dei simboli della brigata della Regina (rettangoli blu e bianchi presso «Rubiera»), come si vede nella Figura 840. Dal momento che risulta comunque poco verosimile una situazione che faccia presupporre simultaneamente allo schieramento piemontese la presenza di un reparto francese alle sue spalle, è più probabile che la brigata La Regina si fosse già ritirata su Casteldelfino a causa della duppliParticolare della carta del Minutoli relativa allacampagna del 1744 ce minaccia rappresentata dal reggiin Valle Varaita (Carta 13) 38

La posizione del reggimento svizzero è anche confermata dalla carta dell’ingegnere Roy de Vaquières al numero 17 delle sue didascalie (infra Capitolo 4, Carta 14). 39 Abbiamo notizie del raggiungimento di queste posizioni da parte della colonna del Camposanto e della sua conseguente funzione di blocco dei reparti sabaudi di Bellino in infra Capitolo 5, SAINT SIMON 1770, righe 49-51: e 40

Le Marquis de Campo-Santo revint encore le 19 sur le mont Castro, mais ayant trouvé le Camp des ennemis abandonné, il le fit occuper par ses cinq bataillons & en fit perfectionner les retranchemens in infra Capitolo 5, THOLOSAN 1777, righe 30-33: […] la division espagnol commandée par Monsieur de Campo Santo passa par pian Moret, et de là aux Alpiols, et de là au cros du Pelvos, et puis sur Muret Freid, et de là sur le col de Luc ou ils attaquerent [sic] les notres à la Tana et là ils resterent jusqu’à ce que la division française eût executé son dessein

Si tratta di infra Capitolo 4, Carta 13.

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mento di Salis sulla sua destra e dalla divisione del Camposanto sulla sinistra. Il reggimento de Salis poté quindi sganciarsi e risalire verso Monte Passet con il Barret della Custassa sulla destra e attaccare alle spalle i Piemontesi (Fig.9). L’azione del reggimento di Salis-Soglio sembrerebbe confermata dalla relazione francese anonima della battaglia, che pur presentando delle incoerenze sintattiche, richiama l’attenzione sull’intervento degli Svizzeri non solo alle spalle dei difensori della ridotta, ma anche in grado di tagliare l’itinerario d’accesso delle colonne piemontesi di rinforzo: […] lorsque les Suices qui etoient au bas du rideau dont on a parlé pour empecher qu’il ne vint des secours par le bas a la redoute ayant fait un mouvement pour se mettre a la queüe de la colonne qui s’oppiniatroit a combattre [colonna piemontese dei reggimenti Guardie e Saluzzo, scil. 41], les ennemys etourdis voyant le renfort lacherent tout a coup a la pied et nous nous rendimes maîtres de la redoute […]42

Da parte sua il Minutoli, quando dice che […] les regimens de Poitou et de Traverse, colés à la redoute, et qui ne pouvoient se retirer, sans s’exposer à tout notre feu, hazarderent une nouvelle tentative, se rallierent, et nous chargerent si vigoureusement, l’un en tournant la redoute par sa gauche qui etoit dégarnie, et l’autre notre front qui manquoit aussi de deffenseurs, qu’ils s’en rendirent les maitres […]43,

fornisce chiaramente la prova che il reggimento svizzero era salito alla ridotta «par sa gauche», aggirandola, «en tournat»; non solo ma aggiunge che la sinistra della ridotta «etoit dégarnie», dandoci la conferma che la brigata La Regina si era ritirata verso valle a chiudere lo sbocco della Varaita di Bellino. Sembra infine che il reggimento di Salis abbia ricevuto rinforzi dagli Spagnoli, unici possibili quelli del Camposanto, stando al testo del giornale dello stato maggiore sabaudo, che per altro non menziona l’intervento degli Svizzeri44. Certamente l’iniziativa del colonnello de Salis fu quella che risolse la giornata del 19 luglio a favore dei Francesi, tuttavia le fonti e i commentatori, sia Francesi sia Piemontesi, non menzionano la manovra oppure ne sfumano la portata essenziale nella narrazione degli altri eventi di quelle ore. Molto probabilmente era per tutti un argomento imbarazzante, così come era difficile ammettere da parte piemontese l’inopportunità della ritirata del de Corbeau dalla Bicocca su Sampeyre e l’ipoteca rappresentata dalla colonna del Camposanto padrona di quella dorsale45. Nel caso del de Salis, forse appoggiato da rinforzi spagnoli, i Piemontesi dovevano tacerne la libertà di movimento, conseguente ad errori tattici dello stato maggiore sabaudo, quali il ripiegamento da Bellino e dalla Bicocca, mentre i Francesi dovevano contrapporre all’ostinazione di una carneficina, come vedremo, inutile l’eroismo dei reggimenti del Re e il loro «élan» vittorioso, sdoganato dal decisivo intervento svizzero46. § La caduta della ridotta di Monte Passet e la ritirata sabauda La confusione si impadronì dei difensori della ridotta alla vista del reggimento di Salis, che stava marciando all’attacco dalla parte da cui ci si aspettava invece l’arrivo dei rinforzi. Furo-

41

Infra si veda il paragrafo successivo sulla caduta della ridotta di Monte Passet. Infra nota 46 a Relation de l’action du 19 juillet s.d. 43 Infra Capitolo 5, MINUTOLI s.d.b, righe 105-108. 44 Infra Capitolo 5, Du Camp de S.t Pierre 1744, righe 47-48: «Des deserteurs, ont dit qu’il y avoit a l’attaque de la redoute quelques bataillons espagnols, mais on ne l’a point verifié». 45 Di questi fatti non danno notizia né le relazioni dello stato maggiore sabaudo, né il Minutoli; come si indica supra a p. 22 nota 39 l’unico a parlarne è don Tholosan, accanto ovviamente al Saint Simon. 46 Sull’intervento del reggimento di Salis e la conclusione della battaglia si veda infra Capitolo 5: ALLAIS 1895, righe 155-183; COSTA DE BEAUREGARD 1794, righe 83-97; Du Camp de S.t Pierre 1744, righe 32-48; GALLEANI D’AGLIANO 1840, righe 78-103; Lettre du Capitaine 1744, righe101-105; MINUTOLI s.d.b, righe 106-127; Relation de l’action du 19 juillet s.d., righe 12-28; SAINT SIMON 1770, righe 188-270; THOLOSAN 1777, righe 68-97. 42

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Fig. 9

Carta della battaglia di Monte Passet, 19 luglio 1744 (da Carta IGN serie Alpi senza frontiere, scala 1:25000, n. 8, Monviso-Alto Queyras)

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no quindi spostati degli uomini dal fronte attaccato dai battaglioni francesi ed è probabilmente nella concitazione di questi momenti che venne colpito a morte il barone du Verger; egli spirò poi nella notte all’interno del baraccone della ridotta, ormai occupata dai Francesi. L’avanzata degli Svizzeri causò anche la rotta del secondo battaglione del reggimento Guardie, che stava salendo da Pont in rinforzo alla ridotta, e del primo battaglione del reggimento Saluzzo, partito da Casteldelfino. Evidentemente gli uomini del de Salis seppero sfruttare la loro posizione dominate dall’alto e l’assoluta incapacità di resistenza di fronte all’imprevisto da parte di questi pur prestigiosi reparti dell’esercito del Re di Sardegna. Nel frattempo i Francesi, che attaccavano i fronti occidentale e meridionale della ridotta ormai sguarniti, ebbero ragione dei pochi difensori e, con un’ultima pressione, entrarono all’interno dei trinceramenti, causando la rotta definitiva dei soldati piemontesi, che ancora tenevano l centro dell’opera47. Il conte di Danois, l’ultimo ufficiale superiore francese rimasto in grado di comandare, sebbene ferito, alle 19:00 circa era padrone del terreno e giunto all’interno della ridotta, come narra il Minutoli, vi trovò soltanto il capitano Ducharmier del reggimento Roguin con 140 uomini, già fatti prigionieri dal brigadiere Chevert. Di lì a poco giunse un messaggero, inviato dal principe di Conti, con una lettera per il balivo de Givry, nella quale si ordinava di non impegnare la colonna in alcun combattimento: il 17 luglio il nucleo principale dell’armata gallispana aveva doppiato lo sbarramento delle Barricate in valle Stura, costringendo il marchese Pallavicini di Frabosa ad evacuare tutte le posizioni piemontesi fino a Demonte; non era più necessaria alcuna diversione48. Caddero in quel giorno 436 Piemontesi e 813 Francesi; i primi ebbero inoltre 296 feriti, gli altri 84149. La nona colonna del de Givry raggiunse pertanto il 32% di perdite sull’effettivo totale dei 5100 uomini che in partenza la componevano. In tali condizioni il conte di Danois non solo constatò l’inutilità dell’attacco, ma potè soltanto osservare dall’alto del Monte Passet il ripiegamento dell’armata sabauda, conscio della sua impotenza operativa e padrone di una ormai inutile roccia spoglia. L’esercito piemontese abbandonò tutte le fortificazioni realizzate nell’alta valle di Varaita, fra il vallone di Vallanta, Castel Ponte e il versante nord della dorsale di Monte Passet, che si descriverano nei capitoli successivi. Carlo Emanuele III seguì in prima persona il ripiegamento dell’artiglieria in testa, difesa da una scorta del reggimento di Mondovì, mentre alla brigata della Regina fu affidata la posizione di retroguardia. Il re arrivò nella notte a Sampeyre, dove fu raggiunto da una colonna di sette battaglioni, comandati dal barone di Leutrum e provenienti dalla valle di Pragelato. Si chiudeva così la battaglia di Pietralunga, combattuta fra il 17 e il 19 luglio 1744 e si apriva la seconda parte di questa dura e impegnativa campagna alpina, destinata ad esaurirsi con un insuccesso gallispano, in seguito all’abbandono dell’assedio di Cuneo nell’avanzato autunno successivo.

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Sulla capacità di tenuta delle truppe sabaude e le difficoltà rappresentate dalla guara in montagna nel XVIII secolo si veda C ERINO B ADONE 2007, pp. 107-111. 48 Per l’ultima difesa della ridotta e il ripiegamento su Sampeyre si vedano le fonti indicate supra a p. 23 nota 46. 49 DE VAULT-ARVERS 1892, vol. 1, p. 187. 25

Fig. 10

I siti interessati dalla ricognizione archeologica: 1) vallone di Vallanta; 2) zona del forte San Carlo e del bosco de La Levée; 3) borgata Castello, detta Pont o Château de Pont; 4) zona del forte Bertola; 5) colle e punta della Battagliola; 6) Monte Cavallo; 7) Monte Passet; 8) colle della Bicocca; 9) Casteldelfino; 10) Chianale; 11) borgate Chiesa e Ribiera di Bellino (da Carta dei sentieri e dei rifugi, n. 6, Monviso, scala 1:50000, Istituto Geografico Centrale) 26

CAPITOLO 2

L’indagine archeologica alle fortificazioni

Nei mesi invernali fra il 1743 e il 1744, come meglio si darà notizia nel Capitolo 3, il comando di stato maggiore sabaudo e il Re Carlo Emanuele III in persona avevano già preso in considerazione la più che credibile eventualità di un attacco delle armate gallispane alle valli circostanti la piazzaforte di Cuneo. In particolare la Valle Varaita, con la sua testata biforcata nelle valli di Bellino e Chianale, quest’ultima aperta verso il colle dell’Agnello transitabile dall’artiglieria, era priva di opere fortificate permanenti e costituiva la maggior preoccupazione del comando sabaudo 1. Le progettazioni per «la messa in difesa» della Valle Varaita ed i conseguenti interventi fortificatori, di cui sempre si riferirà nel terzo capitolo, determinarono la nascita di un complesso di opere campali che andavano dal vallone di Vallanta a nord di Castello fino al colle della Bicocca e sbarravano le Varaite di Chianale e di Bellino con una linea trasversale dal fondovalle alle dorsali spartiacque. Sorsero così i trinceramenti di Vallanta, l’intero complesso della difesa di Château de Pont sulla Varaita di Chianale, costituito dai forti San Carlo e Bertola, i trinceramenti sui versanti nord e sud della dorsale di Pietralunga, raccordati in quota presso la ridotta di Monte Passet, teatro della battaglia del 19 luglio 1744, le difese di Bellino e i trinceramenti del versante nord dello spartiacque del Pelvo d’Elva, che si raccordavano con quelli a difesa del colle della Bicocca. Il metodo d’indagine archeologica La natura dei resti presenti sul terreno ha determinato la scelta di indagare mediante ricognizione i siti della Valle Varaita, in cui si svolsero gli eventi bellici negli anni 1743 e 1744. § La ricognizione archeologica alle fortificazioni campali Premesso che le evidenze archeologiche di fortificazione campale, risalenti all’Età Moderna, risultano chiaramente leggibili soprattutto in una visione d’insieme, è necessario fissare l’inizio della ricerca dall’analisi puntuale delle fotografie aeree o da satellite, che illustrano l’assetto orografico del territorio, legato alle problematiche strategico-difensive, per poter cogliere i rapporti tra i diversi settori di fortificazione conservati. Indispensabile è poi recarsi sul territorio e verificare con analisi autoptica i dettagli di riplasmazione del terreno e le emergenze costruttive, nonché la situazione dei siti in cui le evidenze sembrano meno o non più conservate. Questo è un intervento puntuale e minuzioso che porta spesso a risultati sorprendenti: l’abitudine a cogliere anche le piccole variazioni di crescita della vegetazione o di colore del terreno riesce a farci percepire le pur labili tracce delle strutture difensive, normalmente consunte dagli agenti atmosferici e dalla trasformazione della superficie esposta. 1

Il presente capitolo è redatto da Valentina Barberis ed è frutto dei suoi studi in merito ai risultati delle ricognizioni archeologiche svolte in Valle Varaita. 27

Generalmente, in casi di studio relativo a fortificazioni campali d’Età Moderna, non si procede mediante scavo archeologico delle strutture. Per quanto la disponibilità economica sia l’ago della bilancia, lo scavo sarebbe sempre auspicabile, almeno in siti di grande importanza o di difficile comprensione e in aree circoscritte. Pertanto lo svolgimento di una ricognizione «autoptica, non sistematica» 2 richiede la spesa di alcuni giorni da trascorre «passeggiando» nei luoghi d’interesse, per verificare le evidenze sulle carte antiche e moderne e documentare mediante fotografia ogni traccia emergente degna d’interesse; ben altro impiego di forze richiede l’organizzazione di un intervento di scavo. Pur premettendo quanto detto sopra, ad evitare la scelta dello scavo archeologico intervengono altre motivazioni, in primis l’imperativo categorico di garantire una buona conservazione delle strutture. La maggior parte degli apprestamenti difensivi campali vennero infatti realizzati con corpo di fabbrica in terra battuta o in pietra a secco e oggi conservano solo una minima traccia d’elevato, o ancora sono colti soltanto tramite le depressioni lasciate sul terreno dai fossati. In casi simili lo scavo archeologico, operazione distruttiva irreversibile, pur facendo cogliere meglio alcuni tratti di muratura o permettendo di verificare sviluppi e lacune delle strutture, porterebbe alla luce opere costruite in materiale deperibile, prive di legante e di difficile conservazione, soprattutto se localizzate in aree pesantemente sottoposte all’azione degli agenti atmosferici, come sulle pendici e sommità montane. L’indagine di alcuni dettagli o la verifica di qualche dubbio potrebbe compromettere la conservazione delle strutture stesse, che, sebbene siano erose marginalmente, allo stato attuale sono ancora chiaramente individuabili sul terreno. È possibile e necessario talvolta, in siti specifici d’altura, associare alla ricognizione un’azione di ripulitura leggera delle creste superficiali o di rasatura delle strutture, per liberarle dalla vegetazione spontanea, senza praticare tuttavia uno scavo che raggiunga i piani di costruzione o si approfondisca fino ai livelli di fondazione. La decisione di intervenire con ulteriori approfondimenti d’indagine, quali lo scavo, nei singoli siti e sui singoli manufatti deve essere rimandato al momento in cui una maggiore disponibilità finanziaria o l’accresciuto interesse da parte dell’archeologia tradizionale permetta di estendere, in termini effettivi e non solo teoricamente, le normative di tutela e conservazione del patrimonio archeologico anche alle fortificazioni campali d’Età Moderna. § L’indagine in Valle Varaita Si è deciso di presentare in questa sede secondo un procedimento analitico, soltanto alcuni fra i siti segnalati nella documentazione archivistica e studiati durante le ricognizioni del 2004, 2005 e 2006, in base ad una selezione dei risultati migliori ottenuti grazie alla visione autoptica o all’impotanza storica del sito fortificato. La trattazione completa dei siti interessati dagli interventi fortificatori nel 1744 è sviluppata nel capitolo successivo. L’attuale condizione della vegetazione, spontanea o a coltura boschiva, rende poco leggibili o tavolta irraggiungibili alcune zone interessate dagli interventi difensivi. È il caso esemplare del vallone di Vallanta (Fig. 11), dove la ricrescita completa del bosco 2

La ricognizione tradizionalmente attuata nell’ambito delle discipline archeologiche ha carattere sistematico, copre a tappeto una determinata area d’indagine ed ha per finalità l’individuazione di siti archeologici ignoti. Diversamente la ricognizione autoptica e non sistematica è mirata soprattutto all’indagine di siti già noti o alla verifica di ipotesi d’indagine elaborate in base ad altri generi di documentazione, come quella storica d’archivio. Per la classificazione e le caratteristiche di metodo dei vari generi di ricognizione si veda C AMBI -T ERRENATO 2004, in particolare per la ricognizione autoptica, non sistematica C AMBI -T ERRENATO 2004, pp. 122-130. 28

Fig. 11

Veduta panoramica da Monte Cavallo del vallone di Vallanta, del bosco de La Levée e della borgata Castello nella Valle Varaita di Chianale con segnalazione di possibili tracce dei trinceramenti del forte San Carlo e del bosco de La Levée, nonché lo sviluppo presupposto dei trinceramenti di Vallanta

Fig. 12

Settore in cui si presuppone che sorgesse il forte San Carlo a dominio di Château de Pont e all’incontro dei trinceramenti del bosco de La Levée e del vallone di Vallanta

Fig. 13

Ricostruzione dei possibili ingombri del forte San Carlo, in base alle modifiche morfologiche del pendio, attribuibili verosimilmente all’ingombro dei terrapieni e a quanto resta delle spianate

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Fig. 14

Settore a valle del forte San Carlo e della provinciale moderna con tracce della fortificazione campale a dominio della Varaita e del tergo delle opere di Castello. Si tratta di possibili integrazioni difensive, realizzate in terra e legname, per il delicato settore occupato dalle opere del forte San Carlo e dal cammino che conduceva da Chianale a Casteldelfino

Fig. 15

Ricostruzione del particolare del settore a valle del forte San Carlo e del redan con il vertice puntato in direzione della gola della Varaita a valle della borgata Castello. Si vede inoltre la spianata al piede della scarpa probabilmente limitata dalla linea di palizzata

Fig. 16

Il rocco scarpato di Château de Pont, ovvero la moderna borgata Castello, all’aggancio con la diga moderna. Si vede in primo piano il bacino idrico e sulla sinistra l’abitato dell’attuale borgata

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de La Levée fino al fondo del vallone stesso ha causato la perdita definitiva delle rare tracce di fortificazioni lignee, realizzate nelle campagne del 1743 e del 1744; di conseguenza è impossibile cogliere oggi l’assetto difensivo dell’area nel XVIII secolo, anche perché gli apprestamenti in terra e i fossati connessi ai trinceramenti lignei si sono persi nel rimboschimento. Si è pertanto deciso in loco di non spingere la ricognizione fino alla sommità del vallone, dove in base alle testimonianze archivistiche è attestato che si trovassero le ridotte delle Grange Soulieres e degli Apiols 3. Al contrario si è ritenuto fondamentale presentare specificatamente i casi delle aree territoriali della Valle Varaita interessate dagli scontri più importanti durante la campagna del 1744, ovvero la dorsale tra il Monte Pietralunga ed il Monte Passet ed il colle della Bicocca, dove fortunatamente si conservano ancora sul terreno tracce significative della fortificazione campale. Infine è sembrato indispensabile studiare dettagliatamente i siti di incerta localizzazione topografica in base alla documentazione archivistica e cartografica antica, talvolta contradditoria, come nel caso del forte Bertola, che risulterebbe costruito in posizioni differenti, seguendo da un lato la relazione di don Tholosan e dall’altro la cartografia del Minutoli 4. Il forte San Carlo Secondo la documentazione storica nel 1744 il forte San Carlo costituiva il punto di raccordo fra le difese del vallone di Vallanta e quelle del bosco de La Levée. Come s’è appena detto il rimboschimento de La Levée non consente di individuare puntualmente sul terreno le tracce della fortificazione antica, se non labili tracce 5. Un indizio della collocazione del forte San Carlo, è fornito dall’esistenza di un terrazzo poco al di sopra della strada statale che conduce da Casteldelfino alla borgata Castello, dove convergono il vallone di Vallanta e il versante inferiore del bosco de La Levée (Fig. 12, 13). In questo sito si riconosce la variazione del pendio, che potrebbe essere determinata dalla conservazione dei resti dei terrapieni e dal piano di vita del corpo di piazza, corrispondente a parte di un terrazzo orizzontale. Il margine del bosco sembra infine seguire verso est un percorso che probabilmente era quello dei trinceramenti de La Levée. Poco più a valle del sito del forte, scendendo oltre la strada statale, è stato possibile individuare un «redan», ovvero un’opera a forma di freccia, il cui vertice è puntato in direzione della la gola della Varaita a valle di Castello (Fig. 14, 15). È assai probabile che si tratti di una fortificazione avanzata dell’opera principale del San Carlo, ma attualmente non è possibile individuarne il collegamento con i trinceramenti del bosco de La Levée, sebbene sia chiaro che essa faceva parte dei livelli inferiori del sistema difensivo del settore. La presenza a tale quota di strutture pertinenti ai trinceramenti è attestata inoltre dalla carta dell’ingegnere Roy de Vaquières 6, in cui sono raffigurati, pur sommariamente, due redan presso il raccordo dei trinceramanti de La Levée con il forte San Carlo, di fronte alla riva sinistra della Varaita, analogamente all’opera individuata in ricognizione.

3

Per le fortificazioni e le vicende costruttive delle difese del vallone di Vallanta infra Capitolo 3, pp. 67-69. Infra Capitolo 3, pp. 70-71, 85. 5 Infra Capitolo 3, pp. 64-67. 6 Infra Capitolo 4, Carta 14 e infra Capitolo 3, p. 64 Fig. 69. 4

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Fig. 17

Veduta del rocco scarpato di Château de Pont dal centro della diga moderna. Il rocco con la sua sommità sagomata e poi occupata da un bunker del secondo conflitto mondiale è l’unica testimonianza oggi rimasta delle fortificazioni realizzate nel 1744

Fig. 18

Particolare della scarpatura artificiale del rocco di Château de Pont realizzata nel 1744 e attualmente tagliata dall’aggancio della diga poco sopra il pelo dell’acqua. La roccia scarpata si immerge nelle acque del bacino artificiale per raggiungerne il fondo alla quota dell’antica borgata Chiesa oggi sommersa

Fig. 19

Fronte posteriore nord del rocco di Château de Pont, visto dalla provinciale moderna a valle del bosco de La Levée. In prossimità della cima si coglie la linea dei resti dei muri in opera a secco e l’ingresso del bunker del XX secolo

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Le fortificazioni di Castello Le opere fortificate presenti nella cartografia antica relativa alla zona di Château de Pont e realizzate già a partire dal 1742 non sono indagabili attualmente sul terreno, poiché, trovandosi un tempo intorno al paese vecchio, sono ora sommerse con l’abitato dopo la creazione del lago artificiale e della diga di borgata Castello7 (Fig. 16). Unica traccia ancora ben evidente degli interventi attuati nel 1744, per la risistemazione della fortificazione di Pont è lo scarpamento del rocco (Fig. 17), che domina la borgata Castello poco più a sud e si erge a strapiombo sulla Varaita; ad esso si attesta l’estremità settentrionale della diga moderna. Si può cogliere assai bene, nel punto in cui la diga si aggancia al rocco di Pont, come l’inserzione delle murature dell’apprestamento idraulico moderno abbia interrotto la scarpatura antica del rocco, che prosegue immergendosi nell’acqua del bacino artificiale (Fig. 18). La sommità del rocco di Château de Pont subì degli interventi all’epoca della Seconda Guerra Mondiale, allorché fu scavato un bunker per posizionare un’arma pesante; tuttavia è possibile che la spianata antistante l’opera più recente fosse preesistente e costituisse la piazza di una batteria leggera. Nel settore nord-est del rocco a precipizio sulla Varaita e alla gola del fronte scarpato, si sono rivelate delle strutture in muratura a secco curvilinee e con convessità rivolta verso monte, riconducibili probablmente ai lavori sulla sommità del sito nel 1744 oppure, sebbene l’opera a secco non sia dirimente in questo caso, a inteventi precedenti forse per una fortificaione medievale (Fig. 19). La cima del rocco di Castello offre un’ottima visuale della zona, che permette di cogliere immediatamente la rilevanza strategica del sito di Château de Pont. Si vede infatti a nord lo sviluppo ascensionale del vallone di Vallanta, là dove nel 1743 e nel 1744 furono realizzati i trinceramenti in legno, di cui s’è parlato precedentemente, a nord-est il terrazzo e le poche consistenze rimananenti del forte San Carlo, nonché le sue relazioni topografiche con Vallanta e La Levée; continuando a volgersi verso est si vede il settore dell’opera avanzata a redan a valle del forte San Carlo e poi, a sud, si individuano le poche tracce ancora rilevabili del forte Bertola. Il forte Bertola Dopo il rilevamento della situazione del rocco di Castello, la ricognizione si è diretta al di là della diga per indagare il terreno delle falde del versante settentrionale della dorsale tra Pietralunga e il Monte Passet, percorrendo la fascia di sponda del lago artificiale. Secondo la ricerca archivistica dovrebbe essere infatti questo il sito più probabile del forte Bertola, l’opera simmetrica al forte San Carlo, realizzata sempre nella primavera del 1744 sulla destra della Varaita 8. Se il forte sorgeva con ogni probabilità presso il «pré dal Bosc, au pied de la plate du château», come dice il Tholosan, il corpo di piazza principale, il cui fronte settentrionale giungeva «jusqu’à l’eau» del torrente, dovrebbe essere stato anch’esso sommerso dalle acque del lago artificiale, creato con la costruzione della diga (Fig. 20). 7 8

Infra Capitolo 4, Carte 1, 3-8, 10, 13-14; infra Capitolo 3, pp. 62-64. Infra Capitolo 3, pp. 69-71. 33

Fig. 20

Veduta generale da nord della zona del forte Bertola con in primo piano l’invaso del bacino idrico moderno, che allaga la zona dove sorgeva nel 1744 il corpo principale del forte. Il settore immediatamente sopra le rive del lago costituisce l’area dei trinceramenti a redan dominanti il forte e ascendenti verso monte Passet. Il settore del bosco a monte della strada coperta è quello nel quale si trovano le tracce dei terrazzamenti di fondazione dei baracconi

Fig. 21

Falde del versante settentrionale del Monte Passet, alla sinistra di Château de Pont. Sulla sinistra si nota il grande bunker della Seconda Guerra Mondiale; nella parte centrale si colgono le tracce dell’antica strada coperta, e due redan del sistema di raccordo fra il forte Bertola e i trinceramenti ascendenti a Monte Passet; sulla destra le acque sommergono l’area occupata nel 1744 dal forte Bertola

Fig. 22

Visione in primo e secondo piano dei due redan seguenti quelli illustrati nella Fig. 21 e realizzati a protezione della strada coperta che segue lo sviluppo dei trinceramenti a monte della zona del forte Bertola

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La ricognizione ha dunque battuto l’area a sud della diga, per individuare eventuali strutture difensive collegate al forte. Nonostante la presenza di un imponente bunker della Seconda Guerra Mondiale, che ha riplasmato la parte di declivio più vicina al lago, poco al di sopra, in corrispondenza di un largo sentiero, si sono scorti i resti dei terrapieni di due grandi frecce, o redan, con il vertice rivolto verso il lago (Fig. 21); esse risultano attestate in successione lineare lungo il sentiero, che corrisponde forse ad un’antica strada coperta. Per creare il corpo dell’opera e definire le due facce scarpate convergenti verso il vertice, le frecce furono realizzate rivoltando all’esterno il terreno scavato a monte, dalla parte del versante oltre la strada coperta. La deperibilità delle strutture in terra è il motivo per cui la nettezza degli spigoli è andata persa, ma la consistenza, l’ingombro e lo sviluppo perimetrale delle opere risultano ancora chiaramante leggibili sul terreno. Va detto infine che procedendo lungo la strada coperta si sono individuate ancora altre due frecce, analoghe a quelle descritte (Fig. 22). Le opere appena descritte dovrebbero corrispondere, con buona probabilità, alle quote superiori delle difese del forte Bertola, realizzate per raccordare il corpo di piazza ai trinceramenti che scendono da Monte Passet alle falde del suo versante settentrionale. Tale ipotesi ci sembra confermata dall’individuazione lungo le falde della montagna, ma più a monte della strada coperta, dei basamenti di fondazione di almeno cinque baracconi, la cui presenza ci permette di attribuire le frecce ad una più ampia opera difensiva, quale appunto il forte Bertola. Le tracce riconducibili a questi baracconi corrispondono ad aree rettangolari, di circa 5-8 × 10-15 metri, realizzate a terrazzamento del pendio, con muri e zoccoli di fondazione in pietra a secco; l’elevato dei ripari era presumibilmente in legno 9. Sembra che possano confermare le interpretazioni proposte per le opere difensive e i baracconi, individuati in ricognizione sulla destra della Varaita, la carta del Roy de Vaquières e altra cartografia storica dell’Archivio di Stato di Torino 10. D’altro canto la carta del Minutoli, che pur raffigura il forte Bertola in posizione scorretta, presenta dei trinceramenti a redan, che si sviluppano appena a monte del corpo di piazza del forte 11.

Fig. 23

Veduta generale del versante nord del Monte Passet. È ricostruito il presunto percorso dei trinceramenti fra il monte e il forte Bertola, confrontando la cartografia storica e l’orografia reale

9

Si ricorda a questo proposito che nella documentazione contrattuale del 1744 è registrata solo la costruzione di un baraccone «da farsi con pietre, e teppe» all’interno del forte Bertola; non vi è una specifica menzione delle strutture più leggere individuate in ricognizione. Il legname con cui furono realizzati i baracconi rientra probabilmente nell’elenco dei «boscami», allegato al contratto del 10 marzo 1744 (infra Capitolo 3, p. 70 note 60, 61. 10 Infra Capitolo 4, Carte 8, 10 e 14. 11 Per la carta del Minutoli infra Capitolo 4, Carta 13. In merito ai problemi interpretativi della carta infra Capitolo 3, pp. 71, 85. 35

Fig. 24

Fotografia aerea del colle della Battagliola con le falde di Pietralunga all’estrema sinistra. Le due piazzole, una a metà altezza fra il colletto e la punta della Battagliola (3), l’altra sulla punta stessa (1), corrispondente all’antica ridotta della Battagliola, sono collegate dalla strada, il cui impianto probabilmente risale al XVIII secolo (4). Lungo il versante sud di Pietralunga si scorge la caserma collegata a Monte Cavallo con la strada militare a tornanti

Fig. 25

La seconda piazzola di tiro sulla cima della Battagliola, dove si presuppone che fossero insediati il baraccone e la ridotta del 1744. Le poche tracce dei contenimenti in muratura a secco, attribuibili forse alle opere del XVIII secolo, sembrano rimaneggiati contestualmente alla realizzazione della piazzola di tiro

Fig. 26

Il tratto della strada fra le due piazzole di tiro, che conduce dal colle alla punta della Battagliola e che corrisponde al n. 4 della Fig. 22. Il percorso è tagliato nella cresta della dorsale e contenuto a valle da strutture a secco parzialmente scivolate lungo il pendio

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La fortificazioni della dorsale di Pietralunga La dorsale di Pietralunga fa da spartiacque fra il bacino idrografico della Varaita di Chianale e quello della Varaita di Bellino. Il comprensorio di vette facenti capo a questa dorsale costituiscono i siti di maggior rilievo fra quelli interessati dagli eventi bellici del luglio 1744. In particolare, come è già emerso chiaramente dalla disamina storica del Capitolo 1, sono tre i siti più importanti e che sono stati oggetto della ricognizione archeologica, ovvero: il colle della Battagliola, la punta di Monte Cavallo e il Monte Passet. § La Battagliola e le sue fortificazioni Il colle della Battagliola (m 2388 s.l.m., Fig. 27) si trova presso le falde orientali del massiccio del monte Pietralunga, dove discende l’ultimo tratto del difficile passo del Ciat, di cui si è presentata l’identificazione corretta nel Capitolo 1 di questo volume 12.

Fig. 27

La ricognizione archeologica ha innanzitutto permesso di individuare in questo sito una strada (Fig. 26, 27), che, tagliata nella dorsale e contenuta a valle verso Chianale da un terrazzamento in pietre a secco, conduce dal colle alla punta della Battagliola (m 2401 s.l.m.); il cammino collega fra loro due piazzole disposte a quote differenti e scavate all’interno della cresta di dorsale. In questi due punti si riconoscono oggi i resti di due piazzole di tiro, riferibili probabilente a batterie novecentesche, la cui costruzione è da mettere in relazione con la caserma ancora visibile a sudovest del colle della Battagliola, lungo il versante meridionale del monte Pietralunga, come bene illustra la fotografia aerea 13 (Fig. 24). Veduta del colle della Battagliola dalla punta omonima, dove sorgeva la prima ridotta piemontese del 1744. Si nota sulla destra l’intero sviluppo della strada di collegamento fra le piazzole di tiro lungo la dorsale, che ricalca il percorso più antico del XVIII secolo. Al principio della salita si scorge anche nel bel mezzo della dorsale l’area scavata della prima piazzola di tiro

L’intervento recente ha determinato la perdita delle tracce del baraccone realizzato nel 1744 e della fortificazione che fu teatro, il 19 luglio, dei primi scontri fra l’avanguardia francese del brigadiere Chevert e il presidio dei dragoni-carabinieri piemontesi 14. Il baraccone doveva 12

Supra Capitolo 1, pp. 15-16. G ARIGLIO -M INOLA 1995, pp. 45-46. 14 Supra Capitolo 1, pp. 16-17 e infra Capitolo 3, pp. 80-81, 84. 13

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Fig. 28

Punta di Monte Cavallo con il monumento commemorativo della battaglia del 19 luglio 1744 e la croce in onore dei caduti. La fotografia illustra perfettamente lo sconvolgimento del contesto orografico e archeologico determinato dalla strada d’accesso al monumento, realizzata al momento dell’elevazione del medesimo

Fig. 29

Taglio e terrazzo rettangolare allungato alle falde di Monte Cavallo di dubbia attribuzione. Potrebbe infatti trattarsi del sito del secondo baraccone, ad est di quello della Battagliola, o forse uno spazio ricavato nel pendio per la sistemazione del materiale edilizio quando fu realizzato il monumento commemorativo

Fig. 30

Zona alle pendici di Monte Cavallo, in cima al vallonetto che discende all’Espeyrasse sul versante di Bellino. Si colgono le tracce delle fondazioni di un baraccone e gli accumuli di pietre intorno a piccole depressioni nel terreno attribuibili ad apprestamenti militari del secondo conflitto mondiale. È ben percepibile l’assetto pianeggiante di questo settore del versante sud di Monte Cavallo adatto all’impianto di opere insediative

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evidentemente trovarsi sulla cima della Battagliola, secondo quanto si capirebbe dalla documentazione d’archivio e quindi anche la strada che conduce dal colle alla punta potrebbe essere la fase di ristruttuazione novecentesca di un cammino già esistente nel XVIII secolo per raggiungere l’apprestamento difensivo. Dell’antica ridotta della Battagliola restano probabilmente ancora tracce di muri a secco, sia all’interno della piazzola, sia lungo i margini esterni, ma le azioni successive hanno compromesso la percezione esatta dello schema in pianta. § Le opere di Monte Cavallo La punta di Monte Cavallo è raggiunta dalla strada militare che sale dalla valle di Bellino, presso la borgata Pleyne, alla dorsale di Pietralunga. Questo è il sito generalmente indicato nella bibliografia come luogo di svolgimento dello scontro 19 luglio 1744, il principale della battaglia di Pietralunga 15. Tuttavia, in seguito al compimento della ricognizione nella zona della punta e dei suoi contorni, l’intervento di natura archeologica sembra confermare l’interpretazione già illustrata delle fonti storiche 16, secondo la quale non è possibile identificare l’attuale sito di Monte Cavallo con quello in cui fu realizzata la ridotta, attaccata con tanta ostinazione dalla divisione del de Givry. Attualmente l’area della punta di Monte Cavallo risulta profondamente rimaneggiata a causa dei lavori per l’elevazione del monumento commemorativo della battaglia del 1744 e per l’apertura della strada a due tornanti che conduce ad esso; la situazione sul terreno è così compromessa che l’assetto pregresso è praticamente illeggibile (Fig. 28). Sulla dorsale prossima alla punta, il cui terreno parrebbe intatto, non si individuano tuttavia le tracce né della tenaglia occidentale né dei redan del fronte meridionale della ridotta, componenti che ben si deducono dalla carta dell’opera conservata presso l’Archivio di Stato di Torino, ovvero la Pianta del Ridotto costrutto l’Anno 1744 sopra Monte Cavallo volgarmente detto Pietra Longa 17. Inoltre non vi è traccia delle depressioni dei fossati né tanto meno, presso la punta, è identificabile il sito dove fu realizzato il baraccone segnalato dalla documentazione. Infine, volgendo tutto intorno lo sguardo dalla posizione del monumento sommitale, non si rileva alcuna analogia fra l’assetto orografico della punta di Monte Cavallo e delle sue pertinenze con la topografia della «cima di Prà dell’Arp» e della «ponta di Costabella», documentate nella carta suddetta. Quanto detto è inoltre confermato dalle osservazioni conseguenti allo studio della fotografia aerea, che non illustra caratteristiche territoriali e geomorfologiche analoghe a quelle emergenti dalla cartografia storica, né tracce che permettano di individuare trinceramenti antichi sulla punta di Monte Cavallo 18 (Fig. 31). Nel punto in cui la strada militare giunge sulla dorsale, all’imbocco del cammino moderno che conduce al monumento, è ben visibile un terrazzo artificiale di forma rettangolare allungata, ricavato nel pendio (Fig. 29), che potrebbe anche corrispondere ad uno degli interventi per la realizzazione del segnacolo commemorativo; in caso contrario si potrebbe trattare di quanto resta del sito d’impianto del secondo baraccone, collocato dalle fonti storiche e dalla documentazione curiale tra il primo baraccone della Battagliola e la ridotta principale. Potrebbe essere di conseguenza questo il luogo dove i Francesi fecero la seconda sosta, nella tarda mattinata del 19 luglio 1744, prima dell’attacco e dove 15

Supra Capitolo 1, p. 9 nota 2. La strada militare fu realizzata nel 1938 dagli Alpini del battaglione Aosta su un percorso mulattiero più antico (B OGLIONE 2003, pp. 109-111) 16 Supra Capitolo 1, pp. 17-19. 17 Infra Capitolo 4, Carta 9, ma anche Carte 8, 10 e 14 di Roy de Vaquières. 18 Infra p. 40 didascalia di Fig. 31. 39

trovarono riparo i loro primi feriti, dopo l’inizio dell’attacco alla terza opera difensiva della dorsale 19. Fig. 31

Fotografia aerea della dorsale di Pietralunga presso l’attuale punta di Monte Cavallo (1), dove conduce la strada militare a tornanti che sale da Bellino. È possibile fare il confronto con la carta di Roy de Vaquières (Carta 14), a sinistra, e la Pianta del Ridotto a destra (Carta 9). Si colgono bene la natura precipite del versante dalla parte di Chianale, l’assenza di spazio da quella parte per gli apprestamenti segnalati dalla cartografia storica e la differente orografia. Al n. 2 è segnato il pianoro del baraccone e della trincea, da cui discende il vallonetto centrale fino alle Grange dell’Espeyrasse

Lungo la strada militare che porta a Monte Cavallo, poco prima dell’ultimo tornante, si apre un pianoro dove si colgono assai bene le fondazioni in pietra a secco di un edificio rettangolare, probabilmente un baraccone (Fig. 30); pochi metri più a nord esiste anche una trincea foderata in pietra a secco, la cui destinazione non è chiaramente identificabile, tagliata nel pendio che sale a Monte Cavallo (Fig. 32). Dal momento che si colgono altre depressioni sul terreno, probabilmente corrispondenti a nidi di mitragliatrici della Seconda Guerra Mondiale, anche quest’ultima opera potrebbe forse risalire all’ultimo conflitto; tuttavia la stessa muratura a secco e il terrapieno antistante inducono a pensare ad un apprestamento apparenente alle opere del XVIII secolo e in relazione con il baraccone. Sempre nello stesso luogo si è notato un ampio scasso semicircolare nel pendio della montagna con concavità verso ovest, che pare aver tagliato anche una porzione della trincea e che richiama le piazzole di tiro della Battagliola; si potrebbe trattare di un intervento più recente, ma integrante il trinceramento più antico. D’altro canto le fondazioni del baraccone sono analoghe a quelle dei ripari individuati sopra il forte 19

infra Capitolo 3, pp. 80, 81 e nota 102, 85. 40

Bertola; inoltre non sembrerebbe opportuno attribuire la realizzazione di un’opera di tale impegno ad un intervento del 1743, quando il generale Guibert alloggiò sulla dorsale di Pietralunga la brigata di Fig. 32 Tarantaise, disponendo soltanto di attendamenti, fatti salire dal fondo valle 20. Pensando più opportunamente ad un intervento del 1744, il complesso del baraccone e della trincea potrebbe rappresentare un avamposto sommitale dell’accampamento dell’Espeyrasse, sito più a valle. Resta infine un’ultima suggestiva ipotesi, ovvero che si tratti di quel secondo baraccone citato dalle fonti e dalla documentazione archivistica, supposto prima in corrispondenza con il terrazzo rettangolare, poco Veduta dall’alto della zona illustrata nella Fig. 30 con in primo piano sotto le falde della punta di la trincea foderata in muratura a secco. Domina al centro dell’immagine l’ampio scasso semicircolare, forse più recente del ‘700 Monte Cavallo. § La ridotta di Monte Passet A completamento dell’indagine lungo la dorsale ad est di Pietralunga, la ricognizione archeologica è stata estesa infine all’area di Monte Passet. Il confronto fra i risultati della disamina delle fonti con le consistenze sul terreno e l’assetto geomorfologico del rilievo hanno confermato la necessità di collocare in questo sito la ridotta detta di «Monte Cavallo», in cui si svolse lo scontro finale del 19 luglio 1744 21. La vetta del Monte Passet corrisponde ad un piccolo rilievo in roccia viva, dal quale si può apprezzare quanto la topografia del sito sia coerente con l’immagine derivata dalla cartografia storica, soprattutto con la Pianta del Ridotto già citata precedentemente. Dalla parte del versante di Chianale si vedono infatti molto bene le rocce di Rouchiaus strapiombanti in direzione del forte Bertola, mentre si estende scoscesa e verso sud la Costa dei Balz dalla parte della Varaita di Bellino (Fig. 33-35, 48). Procedendo passo a passo con la ricognizione lungo il tratto di dorsale corrispondente al comprensorio della punta di Monte Passet, sono emerse dall’assetto superficiale del terreno le tracce della ridotta dove si combatté il 19 luglio. Ad ovest della punta del Monte Passet, a circa 120 metri, si sono infatti riconosciuti chiaramente il taglio del fossato e l’ingombro della tenaglia principale del fronte d’attacco, nostante la rigogliosa nascita spontanea dell’erba (Fig. 37-41). Proseguendo in direzione sud-est, dai resti del corno meridionale della tenaglia, sono poi apparsi evidentemente sul terreno del pendio i segni del redan sud-occidentale e lo sviluppo a salienti e rientranti della linea del fronte sud della ridotta; tale settore è caratterizzato come il precedente dalle tracce della berma del 20 21

G UIBERT 1743, pp. 1 fronte - 1 retro. Supra Capitolo 1, pp. 17-19. 41

Fig. 33

Veduta panoramica della dorsale fra Pietralunga e il Monte Passet dalla cima di quest’ultimo. Si colgono a partire da sinistra, e quindi da ovest, il colle e la punta della Battagliola, Monte Cavallo e il suo monumento commemorativo, la gobba nel centro dell’immagine occupata da abeti, intorno alla quale si sviluppava la tenaglia occidentale della ridotta protagonista della battaglia del 19 luglio 1744

Fig. 34

Veduta dalla punta di Monte Passet della parte finale della dorsale principale verso la borgata Puy di Casteldelfino e sullo sfondo il versante e la valle della Varaita di Bellino

Fig. 35

Veduta dalla punta di Monte Passet della dorsale della «Ponta di Costabella» che scende ad est verso Casteldelfino, mentre ad ovest, non visibile nella fotografia, si dirama in direzione delle Rocce di Roucchiaus

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Fig. 36

Settore interno della ridotta di Monte Passet corrispondente al pendio sud della «Cima di prà dell’Arp», dove poteva probabilmente essere localizzato il ridotto interno, di cui tuttavia non si scorgono le tracce

Fig. 37

Tenaglia occidentale della ridotta di Monte Passet, corrispondente al tratto segnato A-B sulla Carta 9 dell’Archivio di Corte di Torino. Sono ben percepibili il rientrante centrale, il corno di sud-ovest, la depressione del fossato e quanto resta dello spalto più esterno

Fig. 38

Integrazione grafica della tenaglia occidentale illustrata dalla Fig. 37

43

Fig. 39

Vista della tenaglia occidentale dall’interno circa in corrispondenza del rientrante centrale, con il corno di sud-ovest sulla sinistra e anteriormente la depressione del fossato con le tracce dello spalto

Fig. 40

Integrazione Fig. 39

Fig. 41

grafica

della

Integrazione grafica del tratto occidentale del fronte sud della ridotta di Monte Passet, ovvero il tratto B-C della Carta 9, che delimita il corno sud-ovest della tenaglia A-B, e il rientrante C con tratto in direzione del saliente D. Sono ancora apprezzabili sia l’ingombro del terrapieno del trinceramento principale sia la depressione del fossato e il rialzo dello spalto

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Fig. 42

Fronte sud della ridotta di Monte Passet; integrazione grafica dei tratti D-R e R-S della Carta 9; sono ben visibili il rientrante R e la depressione del fossato, mentre le tracce dei terrapieni divengono meno apprezzabili

Fig. 43

Fronte sud della ridotta di Monte Passet; integrazione grafica dell’incontro dei tratti R-S e S-P della Carta 9 presso il saliente S

Fig. 44

Fronte sud della ridotta di Monte Passet; integrazione grafica della vista da est dell’incontro dei tratti S-L e L-M della Carta 9 presso il rientrante L. Si apprezzano la depressione dei fossati e l’ingombro dei terrapieni

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Fig. 45

Fronte sud della ridotta di Monte Passet; integrazione grafica della vista da ovest dell’incontro dei tratti S-L e L-M della Carta 9 presso il rientrante L

Fig. 46

Fronte sud della ridotta di Monte Passet; integrazione grafica del particolare del rientrante L della Carta 9

Fig. 47

Veduta panoramica del colle della Bicocca lungo la dorsale ad est del Pelvo d’Elva. Il colle si trova nella sella coperta dalla butta in primo piano. L’immagine è presa dalla tenaglia occidentale del complesso trincerato del 1744

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trinceramento e dalla depressione dei fossati con un minimo accenno di spalto presso il margine esterno (Fig. 42-46). Il settore di sud-est della ridotta presenta consistenze molto più confuse e difficilmente individuabili fino alla chiusura della gola della ridotta (Fig. 45); non si riesce d’altro canto a leggere traccia dei trinceramenti a redan disegnati dal Minutoli lungo la prosecuzione della dorsale in discesa a est della ridotta 22 (Fig. 34). È stato comunque possibile intravedere le tracce dei trinceramenti che scendevano a sud della ridotta e ad est della Costa dei Balz verso Bellino, documentati anche dalla cartografia storica23. È giusto infine segnalare che l’esame del terreno in prossimità della vetta di «Prà dell’Arp», non ha provato l’esistenza di resti di strutture difensive in muratura a secco, coFig. 48

Fotografia aerea della dorsale ad est di Pietralunga in corrispondenza del comprensorio di Monte Passet (1). Si colgono perfettamente sul versante di Bellino a partire da ovest le praterie di Pra dell’Alp (a ovest di 3), la costa dei Balz (3) e la prateria di Costabella (fra 3 e 4) fino alla Gujetta (4) e alla discesa precipite della dorsale sulla borgata Puy di Casteldelfino. Sul versante di Chianale, poco a nord della vetta del monte, corrispondente alla «Cima di Prà dell’Arp» indicata nella documentazione archivistica, si scorge la dorsale della «Ponta di Costabella» che ad ovest si separa dalle Rocce di Roucchiaus (2). L’evidenza più suggestiva rimane comunque la consonanza dei contesti orografici reali con quelli raffigurati sulla cartografia storica (Carta 14 a sinistra; Carta 9 a destra), nelle cui rappresentazioni le convenzioni naturalistiche del tempo riproducono perfettamente l’assetto orografico ancor oggi rimasto tale.

22 23

Infra Capitolo 3, pp. 82-83. Infra Capitolo 4, Carte 8, 10, 14. 47

Fig. 49

Panoramica dell’area trincerata a est del colle della Bicocca con lo sviluppo delle fortificazioni in terra corrispondenti a quelli ben percepibili nella fotografia aerea (Fig. 52). Lungo il versante in primo piano è visibile un percorso che mette in comunicazione la dorsale con le fortificazioni, mentre sullo sfondo, in corrispondenza della linea di dorsale, si colgono le due piccole ridotte in pietra a secco

Fig. 50

Integrazione grafica vista da est dell’intero sviluppo dei trinceramenti della Bicocca illustrati nella fotografia aerea (Fig. 52), a partire dal ripiegamento verso nord delle fortificazioni in direzione della dorsale dove sorgono le due ridotte in pietra a secco

Fig. 51

Tenaglia centrale del settore occidentale dei rinceramenti del colle della Bicocca, vista dall’interno. Sono ben percepibili la depressione del fossato con una traversa in terra e il terrapieno dello spalto, mentre quello del trinceramento è ridotto al minimo

48

me invece riferisce certa documentazione d’archivio 24 (Fig. 36); di fatto è altrettanto vero che la Pianta del Ridotto succitata non illustra la presenza di tali apprestamenti. Le fortificazioni del colle della Bicocca A meridione di Pietralunga si erge la dorsale che va dal Pelvo d’Elva al colle di Sampeyre e che, proseguendo fino alla pianura cuneese, divide la Valle Varaita dalla Valle di Maira. In corrispondenza circa della borgata Ribiera di Bellino si apre sulla dorsale il colle della Bicocca (Fig. 47), che raggiunge un’altitudine paragonabile a quella delle altre montagne della zona (m 2200-2400 s.l.m.), ma la sua vegetazione è meno rigogliosa e la situazione superficiale dell’orografia consente di leggere perfettamente sul terreno le tracce dei trinceramenti realizzati nel 1744 (Fig. 52). Fig. 52

Fotografia aerea della dorsale ad est del Pelvo d’Elva fra le valli di Maira e di Varaita, in corrispondenza del colle della Bicocca. Si cogliere perfettamente lo sviluppo a redan successivi dei trinceramenti del 1744 (3), che, realizzati sul versante di mezzogiorno verso la Val Maira, chiudono un’ampia area (1); ad ovest il campo termina con una tenaglia (2), mentre sulla dorsale, a monte del ripiegamento verso nord dei trinceramenti, si colgono le tracce delle due piccole ridotte in pietra a secco (4)

La ricognizione condotta in questo sito è stata particolarmente importante per comprenderne la funzionalità e ricostruirne la logica difensiva. Lo studio di natura archeo-

24

Infra Capitolo 3, pp. 73-80. 49

Fig. 53

Integrazione grafica dello sviluppo meridionale del fronte ovest dei trinceramenti della Bicocca. Il settore, per quanto vittima dei dilavamenti causati dagli agenti atmosferici, permette di cogliere tutte le componenti del trinceramento, ovvero a partire da ovest, sulla sinistra dell’immagine, l’innalzamento dello spalto, la depressione del fossato l’ingombro del terrapieno del trinceramento e la strada coperta ad esso retrostante

Fig. 54

Integrazione grafica del settore centrale appartenente al fronte meridionale del complesso trincerato della Bicocca, visto da nord-ovest

Fig. 55

Vista complessiva da est delle due ridotte in pietra a secco del complesso trincerato della Bicocca, poste sulla linea di dorsale a dominio dei trinceramenti in terra del versante sud dalla parte della Val Maira

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Fig. 56

Ridotta est sulla dorsale a monte dei trinceramenti in terra; l’opera a secco, conservata ancora in maniera soddisfacente, costituisce il corpo di una freccia con saliente rivolto verso sudovest

Fig. 57

Ridotta est della dorsale a monte dei trinceramenti in terra; vista della freccia dalla gola in direzione sudovest

Fig. 58

Ridotta ovest inferiore sulla dorsale a monte dei trinceramenti in terra vista dalla ridotta est; l’elevato in pietra a secco è conservato peggio della precedente, mentre la tipologia corrisponde, anche in questo caso, ad un redan con saliente rivolto verso ovest

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logica, in questo caso, è stato tanto più importante quanto scarse sono le descrizioni precise dei trinceramenti nella documentazione cartografica e d’archivio 25. Si tratta di un complesso trincerato più esteso a livello areale, ma impostato secondo le stessa concezione strategico-difensiva delle opere di Monte Passet; anche qui si trova uno sviluppo di trinceramenti più esterno che parte dalla dorsale in prossimità del colle, si allarga lungo il versante sud, digradante dolcemente verso la Val Maira, e risale verso la dorsale circa 200 metri più ad est, dove vennero elevate due piccole ridotte con muratura in pietra secco 26. Faccia sud-occidentale della ridotta ovest sulla sommità del comLa situazione è dunque plesso della Bicocca; si conserva l’elevato in pietra a secco che analoga a quella di Monte foderava il terrazzo di roccia su cui si sviluppava il piano di Passet, sebbene soltanto le calpestio della ridotta fonti ci parlino di un ridotto più interno, là dove la ricognizione archeologica non ha potuto individuarne il riscontro sul campo. Fig. 59

Le fortificazioni campali del colle della Bicocca sono state realizzate soprattutto in terra e legname ed è possibile individuarle sul terreno grazie ai tagli dei fossati e a quanto resta dell’ingombro del cammino coperto; in corrispondenza invece del fronte meridionale, dove più ampio è lo sviluppo verso la Val Maira, si leggono perfettamente due frecce, che anche la fotografia aerea ci permette di cogliere agevolmente (Fig. 49, 50, 54). La figura in pianta all’estremità occidentale del complesso corrispondeva con ogni probabilità ad una tenaglia (Fig. 51). Le tracce conservatesi sul terreno sono consistenti. Osservando con cura si vedono bene, da ovest verso est, la depressione del fossato e le tracce del volume in terra dell’antico spalto; circa a metà sviluppo del fossato ci sono i resti di una traversa in terra in corrispondenza del rientrante centrale della tenaglia, segue poi lungo il limite est del fossato un notevole rialzo in terra, che corrisponde a quanto rimane del terrapieno del trinceramento; i profili di tali emergenze sono ormai arrotondati dagli agenti atmosferici, ma si coglie comunque ancora a tergo del terrapieno la traccia della strada coperta, che segue l’andamento a salienti e rientranti del trinceramento (Fig.53).

25

Sappiamo soltanto che, quando il 18 luglio 1744 mossero contro il colle della Bicocca, i reparti spagnoli del marchese di Camposanto assaltarono un redan senza conquistarlo (supra Capitolo 1, pp. 12-13); invece la documentazione curiale torinese e don Tholosan parlano di una «forte redoute sur la montagne du Luc», realizzata con trasporto di legname, apertura di fossati e movimento di terreno, come tutte le altre opere impegnative del comprensorio della valle Varaita (infra Capitolo 3, pp. 88-89). 26 Rammentiamo a proposito dell’ampiezza areale racchiusa dai trinceramenti che ad infra Capitolo 5, S AINT S IMON 1770, righe 34-35 si dice che il marchese di Camposanto «aperçut en avant de lui, sur la montagne de Castro, sept bataillons Piémontois dans un camp retranché». 52

Le due ridotte, realizzate ad una quota più alta sulla dorsale ad est del colle, presentano entrambe uno schema in pianta a redan semilunato; l’opera costruttiva è la pietra a secco, cavata in loco molto probabilmente nel banco roccioso, che si estende alla gola delle medesime (Fig. 55-60). Lo Fig. 60 spessore dei muri è di circa m 0,60-0,70, le facciaviste interna ed esterna hanno il filo regolarizzato e a piombo, i nuclei interni sono costituiti da scaglie di pezzatura minore, poste in opera contestualmente all’elevato delle facciaviste. La ridotta, posta più in alto ad est, domina quella inferiore ad ovest, dalla quale dista circa trenta metri. Il collegamento tra la quota delle ridotte ed i Faccia nord della ridotta occidentale inferiore con il saliente puntato verso ovest. Sullo sfondo si scorge la ridotta superiore orientale trinceramenti inferiori era assicurato da una strada coperta con andamento spezzato a salienti e rientranti; il cammino era infine protetto con una spalla in terrapieno verso il fronte occidentale. Significato della ricognizione in Valle Varaita Sebbene la ricognizione della valle Varaita, effettuata nelle diverse località sopra descritte, sia stata, come s’è detto, parziale e non del tutto esaustiva, è possibile dire comunque che tale indagine ha suscitato interessanti spunti di riflessione ed ha fornito l’acquisizione di un’importante raccolta di dati sul terreno. Nella maggior parte dei casi la ricognizione ha permesso, infatti, di confermare le planimetrie delle opere fortificate presenti nella cartografia antica o descritte nella documentazione storica ed archivistica. Talvolta, come nel caso della ridotta detta di «Monte Cavallo», protagonista della sanguinosa battaglia del 19 luglio 1744, è stato possibile correggere un’interpretazione errata delle fonti, portando all’esatta localizzazione dell’opera ricordata con questo toponimo sul Monte Passet, poco più ad est di Monte Cavallo, sulla stessa dorsale spartiacque fra le due Varaite. La ricognizione e lo studio della documentazione d’archivio, anche in occasione di questa ricerca, risultano sempre più due realtà complementari e necessarie dell’indagine storicoarcheologica, che non possono prescindere l’una dall’altra. Se l’esame delle fonti archivistiche e storiche può fornire i primi dati e suggerire le informazioni necessarie ad intraprendere la ricerca, solo un’attenta verifica sul terreno di queste ci permette di comprendere ed interpretare al meglio le testimonianze illustrate o scritte, lasciateci in passato dagli ingegneri, che hanno realizzato le opere difensive, dai militari che vi hanno

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combattuto o talvolta da semplici, ma per questo non meno preziosi, testimoni oculari degli eventi svoltisi intorno ad esse. Lo studio dei luoghi e la constatazione autoptica delle evidenze sul terreno induce d’altro canto il ricercatore a «scavare» negli archivi storici, a fare un specie di «Archeologia delle Fonti», per individuare quei documenti che possano essere attribuiti a quanto scoperto in situ. I manufatti acquistano quindi un nome, una ragion d’essere, una contestualizzazione cronologica ed evenemenziale, seguendo un percorso di ricerca inverso e complementare a quello suddetto, ma altrettanto valido metodologicamente. Ci si avvicina così il più possibile ad un’esaustiva ricostruzione della realtà storica territoriale e, nel nostro caso, difensiva. Naturalmente, come ogni intervento non distruttivo e quindi reversibile, l’indagine archeologica ricognitiva, svolta da chi ha condotto questa ricerca, è suscettibile di successive verifiche ed approfondimenti, che potrebbero fornire ulteriori indicazioni e punti di vista anche contrari. Le ipotesi qui esposte tuttavia, come già si è detto, sembrano particolarmente convincenti grazie alla loro coerenza con la documentazione antica attualmente a disposizione.

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CAPITOLO 3

Vicende costruttive e topografia storica delle fortificazioni

Nel capitolo precedente s’è messo adeguatamente in luce che, nell’ambito degli studi di Archeologia Militare d’Età Moderna, il rapporto organico fra l’indagine ricognitiva sul terreno e lo studio della documentazione storica d’archivio è vitale. Tale convergenza costituisce la peculiarità interdisciplinare di questo genere di ricerche e grazie a queste metodologie è possibile studiare la natura e la consistenza dei manufatti difensivi contemporaneamente alla loro contestualizzazione storico-ambientale. La documentazione amministrativa conservata all’Archivio di Stato di Torino, facente capo ai fondi della Regia Segreteria di Guerra e dell’Azienda Generale di Fabbriche e Fortificazioni, grazie al concorso di alcune altre fonti, come le memorie di don Tholosan o gli scritti del Minutoli o ancora le memorie del de Monfort e del Guibert de Sissac, permette di ricostruire l’esistenza di fasi precedenti all’intervento difensivo in Valle Varaita di maggior impegno, attuato nel 1744. Nel 1742 infatti lo stesso conte Bertola, primo ingegnere del Re di Sardegna programmò un intervento sommario, affidato all’ingegnere capitano Arduzzi, per bloccare i valichi che immettono in Val Varaita, tramite il taglio dei cammini, con fossati trasversali, e l’allagamento delle testate dei valloni appena sotto il colle di Longet, con l’elevazione di dighe artificiali. Poi nell’autunFig. 61

Carta raffigurante gli schieramenti delle truppe sabaude in Valle Varaita nel 1743, con i nomi dei siti interessati dagli interventi di fortificazione campale temporanea (Carta 4) 55

no del 1743, in occasione del primo tentativo d’invasione gallispana, furono i soldati delle brigate Guardie, Savoia e Tarantasia, mandati rapidamente in valle, a realizzare i primi trinceramenti lungo la linea che va dalla destra della bogata Castello fino alla valle di Bellino, passando attraverso la dorsale di Pietralunga, con il legname ricavato dai boschi di Vallanta, La Levée e dei versanti nord e sud dei monti Cavallo e Passet (Fig. 61) 1. Il 18 ottobre 1743, mentre i battaglioni delle tre brigate sabaude stavano evacuando le postazioni difese durante il tentativo di penetrazione nemica, fu dato l’ordine di lasciare intatte le fortificazioni, «L’on deffendit expressement que les Trouppes en decampant ne galassent point les Retranchements» 2. Si riteneva evidentemente, ancor prima di programmare la campagna del 1744, che la via della valle Varaita potesse venir di nuovo praticata dai Gallispani e che pertanto le fortificazioni leggere, realizzate nei mesi precedenti, fossero quanto meno un punto di riferimento già esistente per intraprendere una migliore pianificazione e realizzazione delle infrastrutture difensive. I piani difensivi per il 1744 e la progettazione delle fortificazioni Nel gennaio del 1744, mentre i Gallispani svernavano in Provenza, a Torino furono programmate nuove opere difensive per le valli di Maira e Varaita, che effettivamente avevano come riferimento le preesistenze del 1743. L’attività di progettazione è testimoniata il 6 febbraio 1744 dall’invio di un Regio Biglietto da parte della Regia Segreteria di Guerra all’Azienda di Fabbriche e Fortificazioni per l’esecuzione dei lavori e dei primi provvedimenti da prendere: Il Re di Sardegna, di Cipro, e di Gerusalemme Fedele, ed amato nro. Volendo Noi che si faccino per diffesa della Valle Superiore di Stura, e di quelle di Varaita, Blino, e Mayra, Le rispettive provvisioni, e Lavori descritti ne Calcoli d’ordine nostro formati dai Capitani Ingegneri Guibert, e Arduzzi, che vi saranno dalla Segreteria nostra di Guerra trasmessi qui uniti, É mente nostra, che quanto a Boscami per i med.mi Lavori, Li facciate provvedere a buon ora, e che circa il rimanente prendiate presentem.te Le convenienti misure, per far procedere, fatta che si sarà La Staggione migliore, alla costruzione de Trinceramenti, Barraconi, ed altre opere in detti Calcoli contenute. E senza più preghiamo il Signore che vi conservi. Torino il dì 6. Febbraio 1744 CEmanuele Bogino 3

Sono allegati al documento il Calcolo per li travagli nelle valli di Varaita, Blino e Mayra e il Calcolo per boscami 4, datati 27 gennaio 1744, che costituiscono un ampio capitolato di lavori e di materiali e permettono di definire innanzitutto i siti destinati agli interventi. 1

Si elencano di seguito le principali fonti storiche e d’archivio che forniscono notizie sugli eventi e sulla realizzazione dei primi interventi difensivi in Valle Varaita nel 1742 e nel 1743: A’ Château Dauphin 1743; B ERTOLA 1742a; B ERTOLA 1742b; Da Castel Delfino s.d.; De Chateau dauphin 1743; D E V INCENTI 1742; Du 7 et 8 octobre s.d.; G UIBERT 1743; Le 7 et 8 8bre s.d.; Lettere di S.M. all’int.F.F. 1742; Lettere di S.M. all’Int.F.F. 1743a; Lettere di S.M. all’Int.F.F. 1743b; Lettere di S.M. all’Int.F.F. 1743c ; Lettre de Monsieur C* Suisse 1743; Lettre d’un officier françois 1743; Memoire des dispositions 1742; M INUTOLI s.d.a; M ONFORT 1743; N OMIS 1742; Precis des Campagnes s.d.; Relation 1743; Relation de la visite s.d.; Relation du Passage s.d.; Sottomissione Isolino 1743; Sottomissione Tardy 1743; Suite s.d. Sugli eventi del 1742 e 1743 si vedano inoltre le seguenti fonti a stampa e bibliografiche: T HOLOSAN 1777, pp. 179-197; G ALLEANI D ’A GLIANO 1840, pp. 1-104; A LLAIS 1891, pp. 224-238; C HOMON R UIZ 1968; I LARI B OERI -P AOLETTI 1997, pp. 117-125; G ARIGLIO 1999, pp. 89-108; G ARELLIS 2001, pp. 123-138. 2 M ONFORT 1743, p. 13 retro. I diari del colonnelo de Monfort, aggregato allo stato maggiore del marchese d’Aix nel 1743, costituiscono la fonte più precisa, accanto a G UIBERT 1743 e T HOLOSAN 1777, per gli eventi di quell’autunno, durante i quali i tre autori erano presenti. 3 Regio Biglietto 1744a. Lo stesso testo compare in Lettere di S.M. all’Int.F.F. 1744a. 4 A RDUZZI 1744a; A RDUZZI 1744b. 56

Il redattore degli elenchi è il capitano Arduzzi, che già aveva operato in Valle Varaita nel 1742 e che fu associato nel 1744 al capitano ingegnere Guibert 5, per studiare le applicazioni e le necessità dei materiali in seno ad una progettazione verosimilmente riconducibile al Bertola 6. Le titolature indicano dunque questi luoghi: «Valle di Varaita al bosco della leuata», «Castel del Ponte», «Alla sinistra salendo di Castel di Ponte», «Al Col Bon Dormir», «Nella Valle di Blino», «Al Col dela Bicoca», «Al Col d’Elua di Brianzole», «Al Melard». Il Calcolo per boscami aggiunge un’ulteriore titolatura di grande importanza, ovvero «Altri boscami da transportarsi oue sono stati trasporti li Baraconi cioé soura la sommità di Monte Cauallo ò sij las peiras» 7. I documenti di parte piemontese per la preparazione della campagna del 1744 non forniscono espliciti riferimenti a progettazioni di opere fortificate nei siti di nostro interesse, ma è sempre sottolineata con determinazione l’importanza strategica della Valle Varaita 8. In ragione dell’assenza di piazzeforti nelle valli Po, Varaita e Maira, emerge la consapevolezza di dover affrontare proprio in tali settori di confine un nemico attirato da questa carenza, con «la uiua forza, che anche si potrà aualorare col mezzo degli opportuni trinceramenti» 9. La principale misura difensiva, qualora i Gallispani avessero deciso di condurre un attacco in forze «dalla Valle di Varaita sino alla Valle di Gezzo», doveva 5

T HOLOSAN 1777, pp. 182-183. Così sembra logico pensare per alcuni motivi: la posizione di primo ingegnere del conte Ignazio Bertola, il suo intervento progettuale nel 1743, testimoniato dalle parti iniziali della Sottomissione Tardy 1743 e della Sottomissione Isolino 1743, e l’importanza che assumeva per la campagna entrante la difesa della Valle Varaita. D’altro canto anche don Tholosan, a proposito di uno dei forti edificati in valle dice che «fût appellé le fort Bertola, parceque Monsieur Bertola ingénieur général en avoit été l’auteur» (infra Capitolo 5, T HOLOSAN 1777, p. 200). 7 A RDUZZI 1744b, p. 362 retro. È interessante segnalare che, per la preparazione del legname, materia prima essenziale per trinceramenti e baracconi l’Arduzzi allega ai capitolati l’«Instruzione»: 6

Tutti li boscami douranno essere Malegine [di laricescil.] tagliati, spogliati della corteccia, e condotti alli posti che uerranno indicati, indi misurati, numerati, e messi in ordine separando ogni qualità. Li boscami denominati per colonne auranno il diametro in punta oncie tre. Le Banchine douranno essere spianate a due parti spessezza oncie 2½ per due lati et oncie tre per li altri due quali douranno essere spianati, la loro longhezza non sarà meno di trab. 1. Li colmi saranno spianati per una parte et ogni pezzo in punta sarà di grossezza oncie 2½ per lato. Li paradossi, e passafuori saranno squadrati, e spianati per tutti i loro lati auranno di grossezza 2 oncie tre per due lati et oncie quattro per li altri due. Ogni pezzo di Rama aurà di diametro in punta oncie una e mezza. Li traui piccoli saranno spianati a due parti auranno di grossezza oncie tre a due lati et oncie quattro per l’altri due. L’assi saranno intestati ad ambe le parti longhezza del trabucco Larghezza non meno d’oncie cinque in cad.a delle loro teste spessezza oncie una. Le saette saranno di diametro in punta oncie due franche. Le palizzate saranno di schiappo longhezza trab. uno larghezza oncie tre spessezza oncie due. Aguzzate a tre o quattro lati secundo esigerà il bosco. Le Radici saranno di larghezza oncie tre e spessezza oncie due parimenti di schiappo. Le Colonne saranno della longhezza di trab. uno squadrato, e spianate a tutti quattro i lati con la sua debita ponta grossezza per due lati oncie quattro e per l’altri due oncie cinque. Le fascine saranno di longhezza oncie 36 ligate nelle teste e nel mezzo di diametro oncie 6. Scritto 27 genaro 1744 Arduzzi (A RDUZZI 1744b, pp. 364 fronte - 364 retro) .

Per il vocabolario tecnico relativo agli utensili e ai materiali da costruzione si rimanda alla recente edizione a cura di Giorgio Dondi del preziosissimo inventario di Giovanni Battista d’Embser; in particolare si segnalano D ’E MBSER 1732, Tit. 2, Machine et cariaggi, Boscami D’Artiglieria per le Riserve, Boscami per le fortifficationi, e fabriche; Tit. 3 Ferramenta; Tit. 6 Ordegni et instrumenti, con relative tavole. Infine, unico nel suo genere e di grande utilità per l’indagine sui documenti antichi è il volume P ARENTI 2001, in cui è riesumato il vocabolario edile piemontese, che assai spesso nei documenti contrattuali del XVIII secolo appare semplicemente italianizzato. 8 Piano per la campagna 1744, pp. 1 fronte - 4 retro passim. La memoria è anonima, ma potrebbe essere ricondotta al Bertola, in analogia a quelle per la preparazione della campagna del 1742 (B ERTOLA 1742a; B ERTOLA 1742b), di cui ricorda inoltre lo stile. Si può ipotizzare che il documento, la cui copia è attualmente senza data, sia da collocare nell’inverno fra il 1743 e il 1744, prima o contestualmente alle progettazioni e capitolati per la realizzazione delle fortificazioni campali delle valli Maira e Varaita. Il testo della memoria è riportato quasi completamente in B UFFA DI P ERRERO 1887, pp. 33-36. 9 Piano per la campagna 1744, p. 3 fronte. Dopo una serie di congetture sulle eventuali direzioni di attacco dei Gallispani, lo stesso testo insiste sull’impiego della fortificazione campale e puntualizza dicendo che: A’ tutti questi casi, ed accessori però pensar si deue, affine di resisterui per quanto più si potrà in tré modi, cioè: Con le Piazze; con li Trinceramenti, e siti vantaggiosi; e con quel Corpo d’armata, che si uorrà mettere in Campagna (Piano per la campagna 1744, p. 3 retro).

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comunque rimanere quella di opporvi «la fanteria di S. M. unitamente […] con sempre tener ferma la Valle di Varaita», distaccando le guardie necessarie in Val Maira, alle Barricate di Valle Stura, ai colli confinari e di passaggio fra queste valli 10. È pertanto significativa l’insistenza con cui si sottolinea la necessità di sbarrare la Valle Varaita in conseguenza al timore, diffuso nell’ambito del comando militare sabaudo, che i contingenti francesi e spagnoli tentassero di battere l’itinerario dell’autunno precedente e in generale di forzare nelle valli cuneesi il cammino alpino libero da piazzeforti, al punto che, pur «in uista di necessario retrocedimento», si mantenessero i «posti vantaggiosi per trattenere l’Aggressore alla longa per quanto più si potrà, e massime per la Valle di Varaita suddetta» 11. Nei mesi successivi questa convinzione sembrò mitigarsi a causa dei vari movimenti di diversione compiuti in Delfinato dalle nove colonne dell’armata del principe di Conti, tanto che un altro progetto di difesa, datato 30 giugno 1744 e forse attribuibile al generale Guibert de Sissac, dopo aver indicato tre possibili vie d’invasione dalle valli di Stura, Varaita e Susa, prosegue dicendo: Quant a la vallée de Varaite, jl n’y a pas apparence que ce soit Leur dessin, parce quil ne meneroit a rien d’Essentiel, Et qui pût leur procurer quelque Etablissement; Mais il y a tout lieu de croire, que si leur dessein Est d’attaquer Demont, qu’ils sy presenteront, afin de tenter de seruir au Corps qui seroit Entré dans la vallée de Sture, ou seulement pour faire une diversion, En tenant En Echec les Troupes qu’on pourroit y avoir […] 12

Sembra che ad un certo momento, e precisamente all’inizio dell’estate, quando ormai i lavori di fortificazione in Val Varaita erano quasi ultimati, iniziasse a circolare l’idea che l’invasione gallispana si sarebbe attuata attraverso la valle di Stura, piuttosto che lungo la Varaita. Permanevano comunque dubbi e indecisioni, se si aggiunge la voce di una terza memoria difensiva, con ogni probabilità coeva della precedente, i cui passi iniziali fondano il presupposto che i Gallispani stessero preparando in quei giorni «L’attaque de la vallée de Vraita». La soluzione proposta in quest’ultimo testo illustra d’altro canto la sostanziale impossibilità di stabilire con certezza, o anche solo con buona approssimazione, la direzione d’attacco che i nemici stavano effettivamente preparando. In quest’ultimo testo si propone infatti di suddividere l’armata fra le valli Stura, Maira e Varaita e di controllare soprattutto i colli di comunicazione fra di esse, senza dimenticare la possibilità di un attacco nella valle di Cesana 13. L’individuazione delle maestranze e l’inizio dei lavori Mentre procedevano le attività di studio e riflessione strategica sul possibile sviluppo della campagna militare, l’Azienda di Fabbriche e Fortificazioni si era attivata per individuare gli impresari e le maestranze che si sarebbero fatte concretamente carico degli interventi costruttivi nelle valli di Varaita e Maira per realizzare le fortificazioni campali progettate fra i mesi di gennaio e febbraio. Le pubblicazioni dei bandi di appalto furono pronte nei primi giorni di marzo, fecero quindi seguito le proposte da parte degli impresari, e il 10 dello stesso mese venne stipulato a Torino, con l’impresario Giovanni Francesco Dlevi, il primo contratto relativo alla fornitura del legname (Fig. 62, 63): 10

Piano per la campagna 1744, pp. 4 fronte - 4 retro. Piano per la campagna 1744, p. 4 retro. 12 Memoire et Projet 1744, p. 1 fronte. È in B UFFA ricondotta al generale Guibert. 13 Les manoeuvres s.d., pp. 1 fronte - 1 retro. 11

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DI

P ERRERO 1887, pp. 34, 36 che la memoria è

L’anno del Sig.re mille sette cento quaranta quattro et alli dieci del mese di marzo avanti mezzo giorno in Torino et nell’Uff.o dell’Intend.za G.le delle fortif.ni e fab.e di S. M. giudicialm.e avanti l’Ill.mo Sig.r Vass.o et Intend.e Gle di d.ta azienda Miglijna di Capriglio, ed ed alla pr.nza degl’infras.ti impr.i Dlevij. Ad ognuno Sia manifesto, che sendo stati pubblicati nella nella p.nte Città il primo, ed in quella di Saluzzo li due corr.e marzo tiletti invittativi li volenti attendere all’infras.ta provisione, e condotta di legnami per le valli di Varaita, Blino e Maijra, colla monizione pel deliberam.o alli sei d.o marzo, e successivam., siano comparsi alcuni concorrenti, li quali doppo d’aver avuto in communicaz.ne l’istruz.ne formata dal Sig.r Capitano Ing.e Arduzzi in data delli 27 or scorso gennajo, abbino fatti li loro rispettivi partiti riposti in Registro, il migliore de quali sia stato quello di Gio Franco Dlevij, il quale siasi offerto di provedere, dar provisti, e condotti a tutte sue spese, rischio, e pericolo gli infras.ti legnami ne posti sottonottati, medianti li rispettivi prezzi, patti, e condizioni che infra […] 14

I «posti sottonottati» corrispondono esattamente a quelli elencati nel capitolato dell’Arduzzi e confermano l’intenzione di operare là dove si erano lasciati i trinceramenti temporanei nell’autunno del 1743. Fig. 62

Fig. 63

«Boscami d’Artiglieria di Riserva» (da D ’E MBSER 1732) 15

«Boscami d’Artiglieria» e «Boscami per Fortificazioni» (da D ’E MBSER 1732) 16

Il secondo contratto, che rappresenta la fonte principale per la conoscenza degli interventi realizzati, è datato 11 marzo 1744 e venne sottoscritto, sempre a Torino, da tre impresari consociati, Giovanni Francesco Dlevi, Cesare Filippis e Carlo Andrea Righino. Gli impegni sanciti dal contratto testimoniano la portata notevole dei lavori in programma, decisamente più impegnativi rispetto a quelli svolti con rapidità dai soldati sabaudi l’anno 14

Sottomissione Dlevy 1744, p. 61 fronte. Si riferiscono a questo contratto anche Partiti fortificazioni 1744a, Lettere di S.M. all’Int.F.F. 1744b, Approvazione contratti 1744a. 15 Si veda nell’edizione attuale di D ’E MBSER 1732, il Volume Primo alle pagine 71-74 e le tavole nel Volume Secondo alle pagine 138-139. 16 Si veda nell’edizione attuale di D ’E MBSER 1732, il Volume Primo alle pagine 75-76 e le tavole nel Volume Secondo alle pagine 140-141. 59

precedente. Oltre alla titolatura, che è sostanzialmente analoga a quella del documento succitato, si legge: Ad ognuno Sia manifesto, che sendo stati pubblicati nella nella p.nte Città li nove corr.e marzo tiletti invittativi li volenti attendere all’infras.ti travagly per le valli di Varaita, Blino e Mayra, colla monizione pel deliberam. alli dieci detto, e successivam. sono comparsi diversi concorrenti, quali abbino fatti li loro rispettivi partiti riposti in Registro, il migliore de quali sia stato quello di Domenico Tirola offertosi far, e dar fatti gl’infras.ti travaglij a tutte sue spese, rischio, e pericolo, medianti li rispettivi prezzi, patti, e condizioni che infra; Doppo del che siasi stimato di R.o Servizio di divenire a trattativa colli Gio Franco Dlevij, Cesare Filippis, e Carlo Andrea Righino per portarli a fare, come hanno fatto nuovo ribasso […] ecco per tanto che costituiti personalmente li detti Gio Franco Dlevy di Silvestro della Città di Pinerolo, Cesare Filippis del fù Bernardino di Varese Stato di Milano, Et Carlo Andrea Righino di Paulo Andrea […] promettono, e si sottomettono di far e dar fatti gl’infras.ti travaglij a tutte loro spese risico, e pericolo per diffesa delle Valli di Varaita, Blino, e Maijra, et ai posti infras.ti, e ne siti più precisi, che ivi li verranno indicati, medianti li rispettivi prezzi, patti, e condizioni infrascritte […] 17

Segue l’elenco dettagliato degli interventi, diviso per siti secondo lo stesso criterio del primo contratto, ovvero in base alla traccia del capitolato del capitano Arduzzi. Fig. 64

Fig. 65

«Stromenti, et Utiglj da mastro da Bosco» (da D ’E MBSER 1732) 18

«Utiglj da Minatore per Travagli di Terra, Rocca et muraglia» (da D ’E MBSER 1732) 19

17

Sottomissione Dlevy-Filippis-Righino 1744, pp. 69 fronte - 69 retro. Riferiamo inoltre a questo contratto anche Partiti fortificazioni 1744b, Lettere di S.M. all’Int.F.F. 1744c, Approvazione contratti 1744b. 18 Si veda nell’edizione attuale di D ’E MBSER 1732, il Volume Primo alle pagine 209-221 e le tavole nel Volume Secondo alle pagine 268-281. Di grande importanza erano anche le «Chioderie Diverse» (infra p. 61 nota 21) per le quali vedasi D ’E MBSER 1732, Volume Primo, pp. 111-114 e Volume Secondo pp. 162163. 19 Si veda nell’edizione attuale di D ’E MBSER 1732, il Volume Primo alle pagine 240-259 e le tavole nel Volume secondo alle pagine 296-301 e 302-303 sotto la titolatura «Utiglj à muover terreno con gl’Ordegni per Battere, et Trasportar la Terra». 60

È interessante notare infine che il contratto dell’11 marzo dà informazioni sulla «ferramenta»; non si fa tuttavia menzione degli attrezzi (Fig. 64, 65), essendo probabilmente ancora disponibili quelli forniti e anche riparati l’anno prima 20, ma si precisa che […] La chioderia che si riconoscerà necessaria per gli trinceram.i Palizzate, Barriere, od altri lavori sud.i sarà in tal caso da d.ti Impresari somministrata dall’Ufficio, facoltativa al med.o di farla provedere dalli stessi Impresari med.e pagam.o sul piede di lire cinque per cad. rubbo 21

Volendo verificare lo sviluppo dell’attività costruttiva, piuttosto che i documenti torinesi di natura amministrativa, sono di notevole aiuto le memorie di don Tholosan, che nel 1744 visse da testimone oculare il fervore operativo delle imprese costruttrici e dei militari in alta valle Varaita. Le notizie dateci dal curato integrano e possono essere integrate con i dati emergenti dai contratti del 10 e 11 marzo, così da offrire un quadro ricostruttivo delle opere difensive il più possibile vicino al vero. Secondo le Memorie dunque, nel cuore del mese di marzo, […] il se porta dans cette vallée [di Varaita, scil.] un grand nombre d’entrepreneurs qui pour les barracons, qui pour des rétranchements, qui pour des fortifications chaque jour il paroissoit de nouveaux visages […] 22

In effetti la clausola principale stabilita nel contratto dell’11 marzo era quella di dare inizio ai lavori subito, non appena la neve l’avesse consentito […] impiegando per tal effetto fuori quel maggior numero de Lavoranti, e vitture, che sarà necessario per eseguire la quantità, e la qualità de lavori sovradescritti, sicche le med.i sieno compiti più presto che sarà possibile 23

La prima attività intrapresa, preliminare e necessaria alla costruzione delle fortificazioni, fu l’abbattimento di molti alberi «aux prés des Vignaces» 24. Tale materiale servì per la realizzazione di una grande quantità di assi, necessari ad integrare probabilmente quelli previsti nel contratto del 10 marzo 25. Il ricorso a questa ulteriore fonte di approvvigionamento ligneo fu causa di gravi disagi e danni economici per le comunità dell’alta valle, preoccupate nel corso del tempo di salvaguardare il loro patrimonio boschivo e, non a caso, poco motivate nella fedeltà alla Casa di Savoia.

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Si tratta degli utensili da muratore e falegname di Sottomissione Tardy 1743, alcuni dei quali furono poi riparati per essere conservati da Ferando Mercante ancora nel 1743, dopo gli eventi dell’autunno (Libro mastro 1744, Catt.a 40, Residuo spese fortificazioni, p. 73). 21 Sottomissione Dlevy-Filippis-Righino 1744, p. 72 retro. Oltre al rendiconto dei versamenti sul Libro mastro del 1744, esiste una memoria scritta il 22 giugno 1744 dall’intendente alle Fabbriche e Fortificazioni, il vassallo Miglina di Capriglio, per ottenere l’assenso ai pagamenti anticipati dei tre impresari, perché il genere dei lavori risultava «di gran longa eccedente i prezzi in d.ti contratti stabiliti, e che il costo dei Lavori fin qui fatti, è di mag.r del total importare di d.i contratti» (M IGLINA 1744, p. 5 retro). 22 T HOLOSAN 1777, p. 199. 23 Sottomissione Dlevy-Filippis-Righino 1744, p. 72 fronte. 24 Ossia nel bosco de La Levée, dove nel 1743 l’Artiglieria aveva realizzato le batterie a dominio di Château de Pont (T HOLOSAN 1777, p. 199). 25 Si sottolinea preliminarmente che già il Galleani d’Agliano ricordava la grande portata dei lavori del 1744, parlando di «tanti trinceramenti a Bellino, a Buondormi, a Pietralunga, al Bois de La Levèe, ed a Pont con tante palizzate, di una struttura così bella, che era cosa mirabile a vedere» (G ALLEANI D ’A GLIANO 1840, p. 126). Altre notizie e considerazioni relative in G ARIGLIO 1999, p. 108; G ARELLIS 2001, pp. 139147 passim. In C HOMON R UIZ 1971, pp. 295-300 sono citate tutte le opere del 1744 tramite la traduzione in italiano del testo di don Tholosan (T HOLOSAN 1777, pp. 199-202). 61

Le fortificazioni di Castello Appena dopo il disgelo il primo sito in cui si intervenne fu Château de Pont, dove «le rocher du côté du village» fu ripulito «dalli materiali inutili fino alla sodezza» e scarpato, così come ancora oggi si vede 26, «in altezza d’oncie 10». Si sagomò la roccia intervenendo per due mesi di fila con le mine, mentre il corpo di piazza fu elevato con terra setacciata, pestata e cavata nei pressi del villaggio 27, e «comme on ne batissoit pas à pierre mais à bois et à gazons» furono predisposti «trabucchi cento sup.li» di «fascinata», ovvero di fascinoni destinati ai parapetti e alle cannoniere (Fig. 66), spogliando quasi completamente gli alberi de La Levée e del Bois Noir 28. I trinceramenti dovevano avere una struttura portante in legno e «fascinate» per il contenimento dei terrapieni, la cui armatura era intessuta con le «colonne» e i «travi picoli», che vengono nominati nel contratto del 10 marzo 29; i «boscami» erano messi in opera secondo le disposizioni del contratto dell’11 con «il coperto d’assi indoppiati» e il «solaro» 30, evidentemente per i piani di calpestio delle banchine di tiro e delle batterie, o il «colmo», i «paradossi», i «passafori» per i baracconi.

Fig. 66

Fascinoni o salsiccioni e gabbioni per la fortificazione campale in una tavola del Traité de l’Attaque des Places del marchese di Vauban (da F AUCHERRE -P ROST 1992)

Dallo stesso contratto si evince che non solo al forte di Château de Pont, ma anche presso tutte le altre opere semipermanenti doveva essere realizzata la palizzata antistante il corpo di piazza. Di conseguenza, stando alle buone norme della fortificazione moderna, era anche previsto un fossato, del quale tuttavia non si fa menzione. Risulta

26

Supra Capitolo 2, p. 33 e Fig. 16-18. Il contratto dell’11 marzo precisava infatti che terra e pietre da costruzione dovevano essere reperiti in loco, presso il cantiere, nell’area «de soliti trab. venti cinque lineali», e che gli impresari, dopo aver fatto «passare le terre alla griglia», dovevano farle mettere in opera «precedente il debito pestamento» (Sottomissione Dlevy-Filippis-Righino 1744, p. 72 fronte). 28 È decisamente eloquente la corrispondenza fra le Memorie di Tholosan e il contratto dell’11 marzo (Sottomissione Dlevy-Filippis-Righino 1744, p. 70 fronte; T HOLOSAN 1777, p. 199); si veda inoltre la corrispondenza con il capitolato A RDUZZI 1744a, p. 360 fronte. Spiega il Tholosan che il danno del disboscamento fu grave per il fatto che venivano tagliate soprattutto piante giovani e flessibili per la preparazione dei salsiccioni (T HOLOSAN 1777, pp. 199-200). In merito alla preparazione, forma e utilizzo dei salsiccioni S CONFIENZA 1997, pp. 207, 216 nota 27. 29 Sottomissione Dlevy 1744, p. 62 fronte; vedere inoltre il capitolato A RDUZZI 1744b, p. 362 fronte. 30 Sottomissione Dlevy-Filippis-Righino 1744, p. 70 fronte; si veda anche la corrispondenza con il capitolato A RDUZZI 1744a, p. 360 fronte. 27

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invece chiaro che erano a carico degli impresari «le fossette necessarie per la mettitura in opera tanto delle Palizzate, fascinate, che per l’assetto di d.i trinceram.i» 31. Quanto alle cannoniere dovevano essere realizzate con il profilo che sarebbe stato illustrato sul posto agli impresari 32, fatto che induce a credere che sul luogo operassero accanto al personale civile gli ingegneri militari, nella fattispecie i capitani Guibert e Arduzzi (Fig. 67).

Fig. 67

Non si sono per ora reperite negli archivi raffigurazioni in elevato o in sezione del Fort du Château e di tutti gli altri trinceramenti realizzati in Val Varaita nel 1744. L’unica testimonianza iconografica degli elevati è la Coupe des Retranchemens prise sur la ligne A B, allegata alla carta dell’ingegnere Roy de Vaquières, che essendo assegnato alla colonna del balivo de Givry vide di persona le opere dopo il 19 luglio 1744 33. È probabile che l’ingegnere abbia avuto tempo, dopo la battaglia di Monte Passet, di rilevare in schizzo la situazione topografica generale delle opere difensive piemontesi, prima della loro distruzione; la carta dunque potrebbe essere piuttosto credibile e feBatteria di cannoni in apprestamento fordele alla realtà storica. Ne deriva pertanto che non tificato campale, nella fattispecie d’assolo è possibile cogliere la raffigurazione del Fort sedio, secondo il Traité de l’Attaque du Château analoga a quelle delle carte torinesi, des Places del marchese di Vauban ma anche la sezione suddetta può essere illumi(da F AUCHERRE -P ROST 1992) nante per ricostruire almeno un modello generale dei profili dei trinceramenti realizzati nell’intero comprensorio. Fig. 68

Sezione dei trinceramenti della Valle Varaita di Chianale realizzati dai Piemontesi nel 1744 e rilevati dopo il 19 luglio di quell’anno dall’ingegnere francese Roy de Vaquières (Carta 14) 31

Cioè i piccoli cavi di fondazione delle opere indicate (Sottomissione Dlevy-Filippis-Righino 1744, p. 72 retro). 32 Sottomissione Dlevy-Filippis-Righino 1744, p. 72 retro. 33 Infra Capitolo 4, Carta 14. 63

La Coupe interessa però un tratto dei trinceramenti fra la Varaita di Chianale e la dorsale di Pietralunga e documenta l’esistenza di un fossato, completo di spalto e di palizzata lungo la controscarpa; sono raffigurati poi un primo trinceramento, immediatamente dopo il fossato, con berma al piede dell’elevato, e un secondo trinceramento più spesso del primo, corrispondente ad un secondo ordine di tiro (Fig. 68). Osservando la carta del Minutoli 34, si deduce che le difese fortificate di Château de Pont erano costituite da un trinceramento a linea spezzata di salienti e rientranti, che definiva tre grandi frecce 35 a contatto fra loro, ed era situata alle spalle del villaggio di Pont davanti al rocco precipite sulla gola della Varaita. Quest’ultimo fu ripulito e scarpato probabilmente per ricavare delle postazioni più alte, ma soprattutto per evitare la ricaduta del materiale roccioso sui difensori, quando la postazione fosse stata sottoposta a bombardamento da parte di batterie nemiche a monte del villaggio. La scarpatura, piuttosto accentuata, era in grado di evitare i colpi di rimbalzo all’interno della fortificazione, conferendo ai proiettili nemici una traiettoria con angolazione inefficace 36. Il forte San Carlo e le opere del vallone di Vallanta Nel settore del versante sinistro della Varaita a dominio di Château de Pont, dove il bosco de La Levée converge sull’imbocco del vallone di Fig. 69 Vallanta, venne costruita nella primavera del 1744 un’opera semiparnente che prese il nome di forte San Carlo. § Il forte San Carlo Il sito in cui fu edificata questa fortificazione corrisponde probabilmente ad un terrazzo oggi poco percepibile 37, dove furono realizzate due batterie già nell’autunno del 1743. Vale la pena lasciare a don Tholosan la descrizione sommaria del forte: Ce fort [quello di Château de Pont, scil.] ne fût pas plutôt achevé q’on en commença un autre à la Vignace, qu’on nomma le fort Saint Charles. C’étoit le plus joli ouvrage qu’on ait jamais construit; il avoit des embrassures pour huit ou douze piéces de gros Il forte San Carlo (9) e quello di Castello canons entouré de ses fossés bien profonds, et gar(8) nella Carta 14 di Roy de Vaquières nis de bonnes palissades ses porte et ses ponts levis, tout comme une citadelle des mieux regulieres; il y avoit les magazin à poudre, et plusieurs autres baracons faits avec des ais dans la dernière perfection 38 34

Infra Capitolo 4, Carta 13. Sulle Carte 8 e 10, rispettivamente alle lettere H e G, il trinceramento a frecce di Castello assume un perimetro a trapezio e presenta sulla fronte una piccola opera a tenaglia; la stessa raffigurazione compare su infra Capitolo 4, Carta 12 alla lettera G. 35 Sulle frecce e le linee a redan si vedano i capitoli specifici nei manuali del XVIII secolo di fortificazione campale come V AUBAN 1705; V AUBAN 1737; C LAIRAC 1757; C UGNOT 1769; C ORMONTAIGNE 1809. L’argomento è inoltre ripreso in S CONFIENZA 1996, pp. 94-96; S CONFIENZA 2007a, pp. 171-172; S CONFIENZA 2007b. 36 Sulle fortificazioni di Château de Pont infra Capitolo 5, C OSTA DE B EAUREGARD 1794, righe 25-28; e inoltre M INUTOLI s.d.b, p. 53; B UFFA DI P ERRERO 1887, p. 25; A LLAIS 1891, p. 241; G ARIGLIO -M INOLA 1995, p. 44; G ARIGLIO 1999, p. 109. 37 Si veda supra Capitolo 2, p. 31 e Fig. 12-13. 38 T HOLOSAN 1777, p. 200. 64

Osservando la carta del Minutoli, il forte San Carlo costituiva la testata a valle del trinceramento che saliva lungo la sinistra orografica del vallone di Vallanta 39; aveva un perimetro tenagliato con grande saliente in direzione di Pont e il fronte principale, rivolto verso le Rocche di Curbiera, era costituito da un avancorpo rettangolare, sporgente sul vallone, predisposto verosimilmente per le batterie d’artiglieria (Fig. 69-71). Fig. 70

Particolare della carta del Minutoli con la raffigurazione delle fortificazioni di Château de Pont, del forte San Carlo (al centro, sopra «Villaretto») e dei trinceramenti a redan del vallone di Vallanta (Carta 13)

Nei capitolati e nel contratto dell’11 marzo 1744 è prevista la «fascinata […] con le sue debite chiavi» per la «formazione delle cannoniere», di cui parla don Tholosan; si aggiunge inoltre il […] cavo terra, e pietre per formazione de piani, e spianam.o delle piatteforme […] cavo, e trasporto terra passata alla griglia, compreso il pestamento e mettitura in opera della medema […] 40,

per la realizzazione del corpo di piazza del forte, le cui caratteristiche costruttive sono analoghe a quelle del forte di Château de Pont, come comprovano inoltre gli elenchi dei «boscami» nel contratto del 10 marzo, «colonne, banchine, colmi, paradossi, passafori, rame» da impiegarsi «Al bosco della Levata»41. Nella documentazione amministrativa non vengono distinti i materiali e gli interventi da farsi al bosco de La Levée, nemmeno sono segnalati specificatamente i siti di intervento o il forte San Carlo. È possibile tuttavia identificare approssimativamente la destinazione dei materiali o delle opere segnalate in base al loro genere o alla loro definizione. Sembra dunque che le indicazioni iniziali del contratto dell’11 marzo, sopra citate, siano riferibili al forte San Carlo e che ad esse debbano anche essere associate quelle finali della sezione dedicata al bosco de La Levée, ossia l’elenco delle «tavole indoppiate» e loro «mettitura in opera», dei «laterali, e frontespicy […] da farsi con pietre e teppe» e dei «solari» destinati all’edificazione dei baracconi e dei magazzini menzionati dal curato di 39

Infra Capitolo 4, Carta 13. Per notizie sulle opere di Vallanta da parte dello stesso autore vedere M INUTOLI s.d.b, p. 53. Ad infra Capitolo 4, Carte 8 e 10, lettere I e H, il forte è rappresentato come un semplice trinceramento a redan, simile a quello di Castello, e definito «Batteria di 7 Cann.i». Ad infra Capitolo 4, Carta 14 di Roy de Vaquières, al n. 9, il forte presenta un trinceramento a salienti e rientranti verso Pont e un fossato tutto intorno con spalto verso monte (Fig. 69). 40 Sottomissione Dlevy-Filippis-Righino 1744, p. 69 retro; inoltre A RDUZZI 1744a, p. 360 fronte. 41 Sottomissione Dlevy 1744, p. 61 retro; vedere anche A RDUZZI 1744b, p. 362 fronte. 65

Chianale 42. Quanto ai «boscami» per i tetti, i pavimenti e i tramezzi dei baracconi, nel contratto del 10 marzo, si individua una piccola sezione in cui sono indicati quarantanove «travi picoli», 140 dozzine di assi di Fig. 71 «malegine», ossia di larice, e novantotto «saette» 43. Sono parzialmente riconducibili alle «portes» e «ponts levis», di cui fa menzione don Tholosan, le «sette Barriere» 44, dal momento che con tale denominazione si intendono in generale i varchi attraverso i trinceramenti e quindi anche possibili aperture protette lungo le fortificazioni del vallone di Vallanta 45; si può presupporre inoltre che le porte e i ponti del forte San Carlo siano stati realizzati con il materiale ligneo compreso negli elenchi generali studiati. Particolare del forte San Carlo nella carta del Minutoli (Carta 13)

Il trinceramento realizzato lungo il vallone saliva fino alle Grange Soulieres, come le opere temporanee già costruite dai soldati nel 1743. È tuttavia logico ritenere che esso sia stato rifatto nella primavera del 1744, sempre in legno, grazie a quanto riferisce la documentazione del contratto dell’11 marzo, che recita ancora nella sezione dedicata al bosco de La Levée: Trab. Cento quindici Sup.i nella gross.a d’on. 12 trinceram.o da farsi con travi, rame, e fascine per fattura lire quattro soldi quindici 46 Fig. 72

Fig. 73

Modello teorico-geometrico di linee di trinceramento a redan secondo il Traité de l’Attaque des Places del marchese di Vauban (da F AUCHERRE -P ROST 1992)

I trinceramenti a cremagliera e a redan secondo il Traité de l’Attaque des Places del marchese di Vauban (da F AUCHERRE -P ROST 1992)

42

Sottomissione Dlevy-Filippis-Righino 1744, p. 70 fronte; vedere inoltre A RDUZZI 1744a, p. 360 fronte. Sottomissione Dlevy 1744, p. 61 retro. 44 Sottomissione Dlevy-Filippis-Righino 1744, p. 70 fronte; si confronti inoltre A RDUZZI 1744a, p. 360 fronte. 45 Sulle barriere V AUBAN 1737, p. 16, p. 15 Planche III. 46 Sottomissione Dlevy-Filippis-Righino 1744, p. 69 retro; vedere anche A RDUZZI 1744a, p. 360 fronte. 43

66

La documentazione grafica illustra un lungo trinceramento continuo costituito di frecce, distanziate ad intervalli costanti da segmenti rettilinei, secondo il più tradizionale schema regolare campale 47 (Fig. 70, 72, 73). Soltanto in un punto tale andamento si modifica con una successione di segmenti a salienti e rientranti continui e irregolari, a causa dell’orografia del sito e dell’attraversamento di un piccolo vallone perpendicolare a quello di Vallanta, poco più a monte delle Grange Alpet. La carta dell’ingegnere Roy de Vaquières, inoltre, ci informa che lo stesso sviluppo era seguito dai trinceramenti che marginavano il limite inferiore del bosco de La Levée, fra il forte San Carlo e il Villareto, sede del comando di stato maggiore sabaudo (Fig. 69); tale raffigurazione è l’unica che potrebbe essere messa in relazione con il Fig. 74 redan individuato dalla ricognizione archeologica a valle del sito del forte San Carlo 48. § I trinceramenti di Vallanta e La Levée Il complesso trincerato del bosco de La Levée era completato da un fossato con palizzata antistante la linea magistrale delle opere difensive, come conferma don Tholosan e si può dedurre indirettamente dai documenti contrattuali, là dove si parla di «cavi» di terra. Prendendo in considerazione la cartografia antica, sembra possibile ipotizzare che fossato e palizzata avessero un andamento continuo dal forte San Carlo fino alla testata superiore del trinceramento 49. La congiunzione fra il fossato del forte e quella del trinceramento si trovava alla testata inferiore di quest’ultimo, ma ad una quota superiore rispetto al corpo di piazza del forte, così da garantire la copertura del San Carlo con lo sfruttamento delle differenze altimetriche (Fig. 71). La continuità del fossato e della palizzata sembra infine confermata dal contratto dell’11 marzo, che, senza distinguere fra forte e trinceramento, indica Trab. cento dieci lin.li piantam.o, e mettitura in opera delle Palizzate compreso il picol fosso per le med.e per cad. trab. lire tre soldi cinque 50,

e da quello del 10, che bene evidenzia la corrispondenza di «Donzene cento dieci Palizzate di lunghezza trab. 1: per caduna don-

47

Profili teorici di trinceramento con opera viva e fossato secondo il Traité de l’Attaque des Places del marchese di Vauban (da F AUCHERRE -P ROST 1992)

V AUBAN 1737, pp. 10-15, p. 9 Planche I (Fig. 72-73). Supra Capitolo 2, p. 31 e Fig. 14-15; infra Capitolo 4, Carta 14. 49 Questa caratteristica del fossato continuo sembra soprattutto deducibile dalla pianta del Minutoli (infra Capitolo 4, Carta 13). Il trinceramento a redan di Vallanta è anche raffigurato in infra Capitolo 4, Carte 8 e 10, alle lettere K e I. 50 Sottomissione Dlevy-Filippis-Righino 1744, p. 69 retro; confrontare con A RDUZZI 1744a, p. 360 fronte. 48

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zena lire nove» 51, permettendoci inoltre di capire che venivano posti in opera dodici pali per ogni trabucco lineare, ovvero circa ogni tre metri 52. Il trinceramento del vallone di Vallanta è anche citato da don Tholosan, che dà notizie in merito all’altezza dell’opera, quella di un uomo, ovveFig. 75 ro per l’epoca circa m 1,50 o 1,70 al massimo. Il curato fornisce tali informazioni in chiusura della parte dedicata alle fortificazioni del bosco de La Levée; dopo aver scritto le notizie sul forte San Carlo don Tholosan aggiunge che Profili assonometrici di trinceramenti secondo F RITACH 1635

Du côté des Apiols on ne restoit pas non plus oisifs, on y construisit une redoute à la venue du col de Saint Chaffré, redoute toute crailée et couverte de planches, qui contenoit presque de trois cent homes. Sur les Apiols on en éléva une autre batie sur la meme place qui fasoit face vers l’ombrenche […]

Conclude infine ricordando che «de ces redoutes jusqu’au fort Saint Charles qu’étoit à la Vignasse, on avoit éléve une muraille continue de l’hauteur d’un home» 53. Si può dunque ritenere che nel 1744 le difese realizzate sulla sinistra della Varaita di Chianale siano state completate con due ridotte a monte del complesso del forte San Carlo e dei trinceramenti continui, verosimilmente nella zona delle Grange Soulieres, dove già si era attestata la brigata Guardie nel 1743. In questi stessi luoghi l’antico toponimo degli Apiols indica la costa montana fra le Grange Soulieres e il vallone delle Giargiatte, che conduce al passo di San Chiaffredo, citato da don Tholosan. È dunque ipotizzabile che i materiali da costruzione e gli interventi previsti per la realizzazione delle ridotte siano compresi fra gli elenchi dei contratti succitati nelle sezioni pertinenti ai trinceramenti continui di Vallanta. Nella carta del Minutoli sono raffigurate entrambe le ridotte 54 (Fig. 70). La prima «du côté des Apiols» doveva avere un perimetro pentagonale ed essere aperta alla gola 55; stando alle convenzioni grafiche, uguali a quelle dei trinceramenti del vallone di Vallanta, la ridotta era probabilmente dotata di fossato e palizzata. Analogamente la seconda ridotta aveva tali apprestamenti ed è raffigurata al di sopra di una butta, «sur les Apiols» come segnala il Tholosan, a dominio del vallone; il perimetro è a tenaglia, con rientrante lievemente eccentrico rispetto all’area sommitale occupata; a quanto risulta dalla carta del Minutoli, l’opera era aperta alla gola 56. Sembra tuttavia di rilevare un’incoerenza fra il testo del curato e la documentazione grafica, visto che la rappresentazione delle due ridotte propone di dimensioni maggiori quella sopraelevata rispetto a quella inferiore, ampia quanto l’ultima freccia del trinceramento continuo, là

51

Sottomissione Dlevy 1744, p. 61 retro; vedere anche A RDUZZI 1744b, p. 362 fronte. Per le corrispondenze fra il sistema metrico decimale e le antiche misure del Regno di Sardegna si deve considerare che il trabucco, distinto in liprando e piemontese corrisponde a m 3,08 (m 3,0825 il liprando, m 3,0864 il piemontese). Il testo di riferimento per la metrologia piemontese d’antico regime è C ALIGARIS 1996. Per quanto concerne invece le misure francesi supra Capitolo 1, p. 14 nota 20. 53 T HOLOSAN 1777, p. 200. 54 Infra Capitolo 4, Carta 13. 55 Sulla ridotta pentagonale, o bastionata, S CONFIENZA 1996, p. 95. 56 Sulla tipologia della tenaglia in ambito campale e permanente S CONFIENZA 1996, pp. 97-98, 106-109. 52

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dove don Tholosan precisa che la ridotta inferiore «à la venue du col de Saint Chaffré» era capace di contenere trecento uomini 57. Il forte Bertola e le opere di collegamento con Pietralunga La sinistra del sistema difensivo sabaudo, attraverso la Varaita di Chianale, si estendeva da Château de Pont fino alla dorsale ad est di Pitralunga, come nel 1743. La porzione inferiore fu fortificata, sempre nella primavera del 1744, e Fig. 76

Particolare della carta del Minutoli con la raffigurazione delle fortificazioni alla destra della Varaita, con il forte Bertola e i trinceramenti ascendenti a Monte Passet; sulla sinistra del torrente si riconoscono ancora le fortificazioni di Château de Pont, il forte San Carlo, l’inizio dei trinceramenti del vallone di Vallanta e la batteria a tenaglia del Villareto (Carta 13)

57

Sul forte San Carlo e le opere del vallone di Vallanta Infra Capitolo 5, C OSTA DE B EAUREGARD 1794, righe 12-19; e inoltre B UFFA DI P ERRERO 1887, p. 25; A LLAIS 1891, pp. 241-242; G ARIGLIO -M INOLA 1995, p. 44; G ARIGLIO 1999, p. 109. 69

[…] on jeta les jeux du côté des hubac, et on jugea à propos de les fortifier de la meilleure façon, on construisit donc un autre fort à la tête du pré dal Bosc, au pied de la plate du château qui fût appellé le fort Bertola, parceque Monsieur Bertola ingénieur général en avoit été l’auteur, il avoit ses fossés, ses palissades, son chemin couvert tout comme celui de la Vignasse, et cela de plus que sa palissade venoit jusqu’à l’eau 58

§ Il forte Bertola In base alla testimonianza di don Tholosan, il forte Bertola era dunque un’opera semiparnente, analoga al forte San Carlo, con corpo di piazza, fossato, cammino coperto, palizzata e spalto, secondo le migliori norme dell’architettura militare moderna. La suggerita paternità bertoliana del progetto indurrebbe a pensare, per esclusione, che le altre opere siano state progettate dagli ingegneri Guibert e Arduzzi, ma si può credere più verosimilmente che i due ufficiali abbiano operato in collaborazione con il primo ingegnere, nella sua qualità di ideatore e supervisore generale delle progettazioni e realizzazioni, e che la denominazione del forte sia soprattutto onorifica, come quella del forte San Carlo che evocava la persona del sovrano. La costruzione era realizzata, come di consue-to, in legno e terra, secondo quanto riferisco-no i capitolati e i contratti alla voce «Alla si-nistra saliendo di Castel di Ponte». Ricom-paiono nei documenti curiali il «cavo» di terra per lo spianamento dell’area da fortificare e la creazione delle piattaforme per l’artiglieria, subito in associazione con la Particolare del forte Bertola nella carta fornitura della «fascinata», per la del Minutoli (Carta 13) «formazione delle Canno-niere», e la posa in opera della «terra passata alla griglia compreso il pestamento», per l’elevazione dei terrapieni. Fig. 77

Sono previste anche, in accordo con il testo del curato di Chianale, le palizzate, la cui «mettitura in opera» comprende il loro «picol fosso» di fondazione, accanto al «coperto d’assi indoppiati compresa la mettitura in opera di tutte le colonne, colmi paradossi, ed altri boscami» per l’edificazione delle armature lignee del corpo di piazza, contenenti i terrapieni, e alla «provisione, fattura, e mettitura in opera d’una Barriera all’estimo» 59. La registrazione dei «boscami» inoltre, a cui allude la citazione precedente, è presente nel contratto del 10 marzo 1744 60. È opportuno infine segnalare che il contratto dell’11 marzo 1744 dà informazioni relative all’edificazione di un baraccone presso il forte, non segnalato da Tholosan, quando nel documento amministrativo si parla della fornitura del «solaro» pavimentale e dei «Trab. quindici laterali, e frontespicy del Baracone da farsi con pietre, e teppe nella grossezza d’on. 12» 61. L’aspetto in pianta del forte Bertola (Fig. 77), in base a quanto sappiamo dalla documentazione cartografica era simile a quella del forte di Château de Pont, ovvero un 58

T HOLOSAN 1777, p. 200. Tutti gli interventi citati compaiono in Sottomissione Dlevy-Filippis-Righino 1744, pp. 70 fronte - 70 retro; confrontare con A RDUZZI 1744a, p. 360 fronte - 360 retro. Più precisamente il capitano Arduzzi aveva previsto nel capitolato non una, ma due barriere, verosimilmente come ingressi del forte Bertola. 60 Sottomissione Dlevy 1744, p. 62 fronte; vedere anche A RDUZZI 1744b, p. 362 retro. 61 Sottomissione Dlevy-Filippis-Righino 1744, p. 70 retro; A RDUZZI 1744a, p. 360 retro. 59

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fronte tenagliato, aperto alla gola, con la destra attestata sulla Varaita, «jusqu’à l’eau», e la sinistra rinforzata dalla prima freccia del trinceramento continuo che saliva dal fondo valle fino alla dorsale di Monte Cavallo 62. Le carte antiche tuttavia collegano immediatamente la linea trincerata a redan al corpo del forte Bertola, quando la ricognizione archeologica ha rilevato la loro presenza più a monte, inducendo a credere che il corpo di piazza del forte, per arrivare «jusqu’à l’eau», si trovasse un po’ più a valle, all’incontro fra il piano di Château de Pont e i primi contrafforti del versante montano 63. D’altro canto è difficile definire l’esatta localizzazione dell’opera, poiché il Tholosan, che cita il toponimo antico di «pré dal Bosc», aggiunge per specificare «au pied de la plate du château», intendendo forse il limite estremo del pianoro di fondo valle su cui sorgevano il villaggio di Château de Pont e il suo forte. Tale sistemazione risulta confermata dalle raffigurazioni dell’opera in certe carte antiche 64. In tal modo non c’è però concordanza fra questa documentazione e la carta del Minutoli, che raffigura il forte Bertola decisamente arretrato rispetto alla zona di Pont, nella posizione del bosco del Sapé, davanti al Villareto, dove un battaglione del reggimento di Rehbinder, in servizio sabaudo, realizzò un trinceramento nell’autunno del 1743. Tale collocazione potrebbe invece concordare con le parole del curato, se con queste si intendesse l’indicazione di un sito ai piedi della gola della Varaita, subito sotto il rocco di Castello, che delimita «la plate» dell’antico villaggio, ora invasa dalle acque della diga. § I trinceramenti ascendenti alla dorsale di Pietralunga Il contratto dell’11 marzo, a differenza del caso del vallone di Vallanta, separa le registrazioni relative al forte Bertola da quelle del «trinceramento in travi, rame, e fascine tanto a dritta che a sinistra di Montecavallo» e le presenta già con la titolatura di «Montecavallo, o sia las Peijras». Secondo la cartografia storica 65, si tratta di un trinceramento a salienti e rientranti con andamento irregolare, che scalava la ripida pendenza del versante montano fra la Varaita e la dorsale di Monte Cavallo ed era realiz-

Fig. 78

Carta 14 con la rappresentazione dei rinceramenti ascendenti dal forte Bertola (10, 11) alla ridotta detta di «Monte Cavallo» (7)

62

Tale risulta nella raffigurazione della carta del Minutoli (infra Capitolo 4, Carta 13). L’aspetto di fronte a salienti e rientranti aperto alla gola è anche quello restituito da infra Capitolo 4 Carte 8 e 10, rispettivamente alle lettere G e F, sotto la dicitura «Batteria di 8 Cann.i». Infine la carta di Roy de Vaquières (infra Capitolo 4, Carta 14), al n. 10, conferma tale andamento tenagliato, ma anche la definizione del profilo, con fossato e doppio trinceramento, dato che la sezione A-B, allegata alla pianta (Fig. 68), è presa un po’ più a monte rispetto al punto in cui è presumibile la collocazione del forte Bertola. 63 Supra Capitolo 2, pp. 33-35 e Fig. 20, 21. 64 Infra Capitolo 4, Carte 7 e 9; supra nota 62. 65 Infra Capitolo 4, Carta 8 alla lettera F, Carta 10 alla lettera E, Carta 13, Carta 14 al n. 11. 71

zato in tronchi e fascine, come le altre opere prodotte nel 1744 66 (Fig. 75-78). D’altro canto nelle Memorie di don Tholosan esiste un cenno al trinceramento in esame, subito dopo la descrizione del forte Bertola: Au dessous en montant vers la montagne qui nous separe d’avec Bellino il y avoit aussi une palissade avec son fossé pardevant, qui alloit presque sur la créte […] 67

Sembra infine che le palizzate, descritte con cura da don Tholosan, e, con esse, i fossati del forte Bertola e del trinceramento costituissero un’opera continua, analogamente al compleso del forte San Carlo e dei trinceramenti di Vallanta. Il contratto del 10 marzo 1744 computa infatti i «boscami» 68, relativi a queste opere, sotto la titolatura autonoma «Palizzate, radici, e Colonne ivi, come anche da trasportarsi alla sommità et al di là di Montecavallo», in cui «ivi» sta a significare la precedente sezione dedicata al forte Bertola. Fig. 79

Particolare della Carta 10 con la raffigurazione della fortificazione di Château de Pont (G), del forte Bertola (F), il trinceramento ascendente a Monte Cavallo (E) e la ridotta detta di «Monte Cavallo» (D)

La diversa distinzione per località, che seguono le titolature del contratto dell’11 marzo 1744, conferma comunque l’idea di un fossato e di una palizzata continui, soprattutto

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Sottomissione Dlevy-Filippis-Righino 1744, p. 70 retro; vedere anche A RDUZZI 1744a, p. 360 retro, unico documento che, a differenza degli altri, non distingue fra le registrazioni «Alla sinistra saliendo di Castel di Ponte» e quelle di Monte Cavallo. 67 T HOLOSAN 1777, p. 200. 68 Sottomissione Dlevy 1744, p. 62 fronte; la distinzione è presente e corrispondente nel capitolato A RDUZZI 1744b, p. 362 retro. 72

quando il testo cita i «Trab. venti cinque lin.li piantam.o, e mettitura in opera di palizzate compreso il picol fosso» già sotto la sezione di Monte Cavallo 69. Le fortificazioni della dorsale di Pietralunga Dopo aver esaminato le fortificazioni che furono elevate a sbarramento della Varaita di Chianale e degli accessi sulla destra dello schieramento sabaudo lungo il vallone di Vallanta, l’attenzione si sposta sull’organizzazione delle opere difensive della dorsale ad est di Pietralunga, ovvero il settore geografico interessato dagli eventi bellici del 1744. § La ridotta detta di «Monte Cavallo» Continuando a seguire l’ordine descrittivo di don Tholosan deve essere ricordato un baraccone, che il curato colloca a «Serre de Julliart» e sulla carta del Minutoli (Fig. 80) potrebbe corrispondere al caposaldo fortificato dotato di un piccolo trinceramento a bastione sulla dorsale a est di Pietrlunga, esattamente al di sopra di Pont 70. In base al testo del curato, sembra che si tratti di un posto di controllo sul cammino di collegamento fra le fortificazioni della dorsale di Monte Cavallo e il campo della brigata di Savoia, presso il «Tronchet», ovvero, secondo le indicazioni della carta del Minutoli, nella zona sulla destra della Varaita di fronte al Villareto e a valle del forte Bertola. Fra tutte le carte antiche, quella del Minutoli è l’unica a segnalare lungo la dorsale a est di Monte Cavallo, un lungo trinceramento con andamento regolare, a frecce intervallate da segmenti rettilinei e salienti rivolti verso la valle di Pont (Fig. 80) 71. Le Memorie di don Tholosan non ricordano questo trinceramento, né esiste un riferimento esplicito nella documentazione curiale, a meno che esso non corrisponda al già citato «trinceramento con travi, rame, e fascine», che i contratti di marzo segnalano per il tratto di collegamento fra il forte Bertola e la

Fig. 80

Particolare della carta del Minutoli con la raffigurazione della dorsale di Pietralunga (Carta 13)

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Sottomissione Dlevy-Filippis-Righino 1744, p. 70 retro; per A RDUZZI 1744a, p. 360 retro vale la stessa notazione di supra p. 72, nota 66. Sul forte Bertola e i trinceramenti alla destra della Varaita infra Capitolo 5, C OSTA DE B EAUREGARD 1794, righe 28-30; e inoltre A LLAIS 1891, p. 242; G ARIGLIO -M INOLA 1995, p. 44; G ARIGLIO 1999, p. 109. 70 T HOLOSAN 1777, p. 200; infra Capitolo 4, Carta 13. 71 Infra Capitolo 4, Carta 13; il trinceramento è assente ad infra Capitolo 4, Carte 8 e 10. 73

posizione di Monte Cavallo 72. La carta del Minutoli, in tal caso lo raffigurerebbe in maniera errata, o forse vorrebbe rappresentare il tratto di collegamento fra la ridotta detta di «Monte Cavallo» e i trinceramenti che salivano dal forte Bertola lungo le rocce di Rochiaus, come illustra per esempio la carta di Roy de Vaquières (Fig. 83). Sono avanzabili anche altre interpretazioni. L’opera raffigurata dal Minutoli potrebbe corrispondere alla risistemazione, secondo le caratteristiche costruttive del 1744, dei trinceramenti leggeri in legno e fascine realizzati già nell’autunno del 1743 dai soldati della brigata di Tarantaise, secondo quanto racconta il loro comandante, il generale Guibert de Sissac 73. Resta infine la possibilità che la carta del Minutoli, data per errata, riproduca in assoluto un’opera che deve essere attribuita al 1743 e non al 1744 74. Sulla stessa carta del Minutoli, tanto discutibile, la testata occidentale dei trinceramenti appena segnalati era fortificata con una ridotta, collocata secondo il Tholosan […] au bout des brousailles du château, c’est à dire entre le près du Sous et nous, endroit que nous appellons le Serré ou Bec de l’Aigle, et que ceux de Bellino appellent Mont Canal [Caval, scil. 75] qui fût le nom que les troupes lui donnerent dans la suite 76

La «redoute», di cui parla il curato di Chianale, teatro della sanguinosa battaglia del 19 luglio 1744, venne dunque realizzata su una delle punte della dorsale ad est di Pietralunga, non tanto rilevante per l’altezza, quanto per la posizione strategica, a dominio delle valli di Chianale e Bellino e quindi con una vista su tutto il comprensorio difensivo dal colle dell’Agnello al Pelvo d’Elva. Alle caratteristiche strategiche si univa un valore di ordine tattico, poiché nel tratto di dorsale ad est di Pietralunga era possibile concentrare forze sufficienti per sbarrare il passo ad un invasore che volesse tentare di doppiare le fortificazioni di Castello e dei boschi di Vallanta e La Levée, avanzando in quota da Pietralunga verso Casteldelfino 77. Riguardo a questa ridotta il Minutoli ci informa che […] le poste de Montecavallo sur l’ecrete et au bout de la Montagne de Pierrelonge au dessus de Belins, fut fortifiè par une redoute serrèe, et avec un parapet bien leger à la veritè, mais avec fossè, et palissades […] 78

La stessa fonte aggiunge elementi descrittivi nel corso del racconto degli eventi del 19 luglio, quando i dragoni-carabinieri, pur sostenuti dai picchetti «du baracon voisin», cedono e

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Supra p. 72 nota 66 e p. 73 nota 69. G UIBERT 1743, pp. 2 fronte - 3 retro. Dà conferma di tali vestigia infra Capitolo 5, ANONIMO 1767, righe 3941. 74 È opportuno ricordare che Daniele Minutoli, capitano nel reggimento Guibert, fu verosimilmente sulla dorsale di Pietralunga nel 1743 con due battaglioni di detto reggimento, ma non necessariamente nel 1744, quando il 19 luglio soltanto in un secondo momento fu inviato a Monte Cavallo un battaglione del Guibert con uno del Savoia per continuare a sostenere la posizione attaccata dai Francesi (supra Capitolo 1, p. 21). Si ricorda che nel 1744 i tre battaglioni del reggimento Guibert erano stati così ripartiti e destinati: uno a Saorgio, uno a Verzuolo e poi a Casteldelfino, uno di guarnigione a Cuneo (B UFFA DI P ERRERO 1887, pp. 39, 41). 75 La trascrizione «Canal» è errore del copista delle Memorie di don Tholosan (T HOLOSAN 1777, p. 201 nota 124). 76 T HOLOSAN 1777, pp. 200-201. 77 Fu poi il Papacino d’Antoni, qualche decennio dopo, a stigmatizzare il vero difetto della posizione di Monte Cavallo, che ad una buona collocazione strategica associava lo svantaggio tattico della notevole distanza tanto da Château de Pont e Villareto quanto soprattutto, in una visione più ampia dell’assetto difensivo sabaudo, dalle comunicazioni con le valli di Maira e Stura (P APACINO D ’A NTONI 1770, p. 9 fronte; P APACINO D ’A NTONI 1782, pp. 339-341; S CONFIENZA 2005a, pp. 82-84; S CONFIENZA 2007a, pp. 186-188). 78 Infra Capitolo 5, M INUTOLI s.d.b, righe 15-17. 73

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[…] ils furent contraints de se replier a un poste sur la crète destinè a les soutenirs; et de gagner peu de tems apres ensemble l’epaulement qui flanquoit la redoute sur la droite, qui appuiot a la communication qu’elle avoit avec la vallèe de Pont. Nous avons deja dit que la construction de cette redoute n’etoit pas des meilleures, sa situation y suppleoit; pour l’aborder, il falloit traverser une espece de petit vallon, et monter ensuitte une rampe asses roide […] 79 Fig. 81

Particolare della Carta 10 con la raffigurazione della fortificazione di Château de Pont (G), del forte Bertola (F), il trinceramento ascendente a Monte Cavallo (E), la ridotta detta di «Monte Cavallo» (D) e i trinceramenti che collegano quest’ultima alla borgata Ribiera di Bellino.

Purtroppo la documentazione contrattuale dell’Archivio di Stato non fornisce grande abbondanza di particolari, sebbene sia confermata la stessa tecnica costruttiva delle altre opere esaminate; vengono infatti computati Trab. dieci cubi Cavo terra per formare i piani con loro banchette […] Prov.e, fattura, e mettitura in opera di due Barriere all’estimo. Trab. diciotto sup.li coperto d’assi indoppiati compresa la mettitura di tutti li buscami, colonne, colmi, paradossi ed ogni altra cosa necessaria per l’armam.o […] 80

Sembra comunque che l’opera fosse realizzata in legno, poiché il «cavo terra» riguarda solo lo spianamento e la sistemazione delle banchine di tiro, ma non è computata né prevista la fornitura della terra setacciata per l’innalzamento dei terrapieni, al contrario dei tre forti inferiori. Questa deduzione parrebbe confermata dalla grande quantità di legname d’ogni pezzatura, indicato nel contratto del 10 marzo sotto la voce «Altri boscami da trasportarsi ove sono stati trassati li Baraconi, cioè s.a la sommità di Montecavallo o sij las Peyras» 81. In merito ai baracconi il contratto dell’11 marzo fissa la costruzione di uno solo di essi, «Trab. quindeci laterali, e frontespicy d’un Baracone da farsi con teppe e pietre di gross.a on. 12» 82, e la cartografia storica conferma tale informazione, rappresentando il baraccone 79

Infra Capitolo 5, M INUTOLI s.d.b, pp. 66-67. Sottomissione Dlevy-Filippis-Righino 1744, p. 70 retro; vedere anche A RDUZZI 1744a, p. 360 retro. 81 Sottomissione Dlevy 1744, p. 62 fronte; considerare inoltre A RDUZZI 1744b, p. 362 retro. 82 Sottomissione Dlevy-Filippis-Righino 1744, p. 70 retro; A RDUZZI 1744a, p. 360 retro. 80

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in questione sotto la cima di Monte Cavallo su un piccolo pianoro del versante di Pont 83 (Fig. 79, 81, 82). Si può ipotizzare pertanto che l’utilizzo del plurale «baracconi», nella titolatura del contratto del 10 luglio 1744, sottintenda il computo anche dei ripari realizzati come postazioni avanzate verso Pietralunga, di cui si riferirà oltre. La documentazione cartografica permette di ricostruire il perimetro dell’opera 84; esso era caratterizzato da una tenaglia con fossato sul fronte occidentale, verso la direzione di un possibile attacco proveniente da Pietralunga, e da un fronte meridionale sviluppato a salienti e rientranti, tutto sul versante di Bellino, essendo troppo ripido quello opposto di Chianale e presumibilmente inattaccabile da un contingente schierato in battaglia. Ad est la gola della ridotta era definita dall’ultimo tratto di trinceramento meridionale fino al margine del versante precipite a dominio di Castello. La fortificazione sembra dunque che avvolgesse la punta del monte sviluppandosi ad una quota inferiore. È possibile con buona approssimazione dedurre l’aspetto in elevato della ridotta e la sua articolazione difensiva dal testo di don Tholosan e da altri documenti storici. Il curato dice che Cette redoute avoit aussi son fossé et sa palissade à toute épreuve, en remontant vers le côté du château, sur une petite eminance on y a construit un fortin tout de pierres et gazons, fortin bâti avec toute la regularité possible car outre ses portes et son fossé il avoit sa bonne palissade […] 85

Sebbene non sia indicato in nessun luogo delle Memorie che don Tholosan abbia visitato la ridotta detta di «Monte Cavallo», sembra che quanto è stato detto sopra in merito al perimetro riguardi la difesa più esterna; la cima del monte doveva essere dotata di una fortificazione più interna. La cartografia non conferma le parole di Tholosan, poiché è raffigurata ovunque la sola definizione perimetrale con la fronte a tenaglia; unica la Pianta del Ridotto costrutto l’Anno 1744 sopra Monte Cavallo, il principale documento cartografico di riferimento per la ricostruzione della storica ridotta (Fig. 82), rappresenta una tenaglia più arretrata rispetto a quella occidentale, che fu però progettata, ma mai realizzata 86. A differenza delle carte antiche, nella lettera scritta dal capitano francese del reggimento di Poitou, che partecipò all’attacco del 19 luglio, si legge, a proposito dell’ostinata resistenza piemontese: […] enfin le feu fut si uif pendant trois heures soit de ceux qui gardoient la redoutte, soit de ceux qui bordoient les retranchemens, que notre perte augmentoit à uüe d’oeil sans esperance de succes […] 87

Sembra dunque di intendere che i soldati francesi all’attacco avessero la percezione ben definita di un’opera organizzata in due ordini difensivi a quote diverse, i «retranchemens» avanzati, cioè le difese perimetrali della ridotta, e la «redoutte» corrispondente alla fortificazione della cima. Confermano questa lettura, e quindi anche la descrizione del 83

Infra Capitolo 4, Carta 9; sempre infra Capitolo 4 sulle Carte 8, 10 e 12 il baraccone è presentato nella medesima posizione, ma solo sulla Carta 8 è segnato con la lettera E. La carta del Minutoli (infra Capitolo 4, Carta 13) segnala con il simbolo di un rettangolo rosso il baraccone all’interno della ridotta. 84 Infra Capitolo 4, Carta 9, realizzata per illustrare l’opera verosimilmente dopo il 19 luglio 1744, essendovi anche segnati in rosso «i Lavori opportuni per maggior vantaggio del Ridotto i quali lavori si potevano fare con poca spesa». Infra Capitolo 4, Carta 8 e Carta 10 raffigurano l’opera in maniera stilizzata, così come le Carte 11 e 12, ma conservano la tenaglia del fronte d’attacco e il caratteristico saliente occidentale del fronte sud. Simile è anche la raffigurazione sulla carta di Roy de Vaquières (infra Capitolo 4, Carta 14). 85 T HOLOSAN 1777, p. 201. 86 infra Capitolo 4, Carta 9: tenaglia tracciata in rosso come lavoro da farsi alle lettere V e X. 87 Lettre du Capitaine 1744, righe 97-99. 76

curato, la carta dell’ingegnere francese Roy de Vaquières, in cui la raffigurazione della ridotta con fronte a tenaglia presenta un secondo ordine di tiro più interno (Fig. 83) 88, il Fig. 82

Carta dell’Archivio di Corte di Torino, intitolata Pianta del Ridotto costrutto l’Anno 1744 sopra Monte Cavallo volgarmente detto Pietralonga (Carta 9). Si notino la fronte occidentale a tenaglia e lo sviluppo a salienti e rientranti del fronte meridionale

testo del Minutoli, che parla del «parapet bien leger» 89, e la relazione dello stato maggiore piemontese del 20 luglio 1744, quando a proposito del primo assalto francese l’autore riferisce che Sur les trois heures un quart ils vinrent jusqu’a La redoute sans tirer […] Mais un Brovillard epais s’etant alor elevé ils se jetterent avec vivacité sur La berme du premier ouvrage […] 90,

intendendo probabilmente con il termine «berme» non tanto il rinforzo in terra che conteneva la palizzata, quanto l’imbragatura dal piano del fossato al piede dello spiccato del trinceramento più esterno, corrispondente al «premier ouvrage» 91. La stessa relazione, poco oltre, descrive i momenti culminanti dello scontro e fornisce un quadro sintetico della ridotta, che conferma quello di Tholosan e del capitano del Poitou: On vit Les battaillons qui venoient pour Les [gli altri battaglioni francesi all’assalto, scil.] souvenir obliges plusieurs fois de se replier, ne pouvant soutenir Le feu de La redoute, et du rocher, qui La

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Infra Capitolo 4, Carta 14. Supra p. 74 nota 78. Anche il Saint Simon, nel corso della descrizione della battaglia di Monte Cavallo, dà notizie sulle strutture della ridotta (infra pp. 78-79 e note 93, 96). 90 Infra Capitolo 5, Du Camp de S.t Pierre 1744, righe 20-23. 91 Come parrebbe dimostrare il modello generale dei profili di questi trinceramenti dedotto dalla sezione A B della carta di Roy de Vaquières (Fig. 68). Parla di «berme de l’ouvrage» anche il Minutoli (infra Capitolo 5, M INUTOLI s.d.b, riga 99). 89

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partegeoit, ou s’etoient postes ceux des cinq bataillons destines a defendre La redoute, et qui n’y avoient pas eût place 92 Fig. 83

Particolare della Carta 14 di Roy De Vaquières con la rappresentazione del tratto finale dei trinceramenti ascendenti dal forte Bertola (11) fino alla ridotta detta di «Monte Cavallo» (7). Si nota la fronte a tenaglia della ridotta, la rappresentazione di un trinceramento interno e lo svilupo a salienti e rientranti verso sud e la valle di Bellino

È opportuno infine aggiungere alle documentazioni finora raccolte le parole del marchese di Saint Simon; egli, parlando dell’attacco francese alla ridotta, dice che […] Les François arriverent jusques sur les palissades du chemin-couvert dont ils délogerent les Piémontois, sans pouvoir ni couper ni arracher ces palissades […] Ils ne purent se soutenir qu’en faisant un feu continuel sur les Piémontois qui tiroient avec plus d’avantage, étant couverts par leurs retranchemens. Il furent aìnsi plus de quatre heures à dix pas du mur des retranchemens, le chemincouvert entre-deux. On battit envain trois fois la retraite, les Soldats s’obstinerent, et demandant les drapeaux, de main en main ils les jetterent dans le chemin-couvert; prenant ce prétexte pour s’y précipiter en même tems, ils arracherent quelques palissades avec les mains, et arborerent les drapeaux contre les retranchemens […] Les Soldats François, sans se rebuter, et malgré l’ordre qu’on leur réitéroit sans cesse de se retirer, resterent ancore quelque tems sous les murs du 92

Infra Capitolo 5, Du Camp de S.t Pierre 1744, righe 25-28. 78

retranchement […] les deux Nations croisoient le fusil sur le retranchement, et tous les coups de part et d’autre tirés à bout touchant, portoient à la tête et étoient mortels […] Quelques palissades arrachées leur [ai Francesi, scil.] faisoient croire qu’ils pourroient aussi détruire avec leurs main le reste du retranchement: ils ne rallentissoient point leur feu; si leur bravoure étoit un effet de la crainte, la crainte formoit des héros qui se battoient comme les Horaces et les Curiaces […] 93

Le fonti e i documenti storici in definitiva ci suggeriscono una siffatta composizione della ridotta. A partire dall’esterno si susseguivano una specie di spalto, molto ripido e delimitato dalla palizzata, della quale si hanno più testimonianze 94, un fossato sulla fronte tenagliata occidentale, contenuto dallo spalto sulla fronte sud, dove a lungo i battaglioni francesi furono tenuti inchiodati e fucilati a bruciapelo 95; si ergeva poi una prima linea di trinceramento in legno, dotato inoltre di cannoniere 96 e corrispondente alla definizione perimetrale illustrata nella cartografia storica; all’interno dell’area trincerata c’era forse un ridotto superiore, la cui edificazione in muratura a secco è testimoniata da Tholosan e Minutoli, ma non assolutamente dai documenti curiali, né dalla ricognizione

93

Infra Capitolo 5, S AINT S IMON 1770, righe 166-188 Innanzitutto il Minutoli (supra p. 74 nota 78 e infra Capitolo 5, M INUTOLI s.d.b, riga 92), poi il citato brano del Saint Simon (supra nota 93). Il capitano del Poitou parla di cinque assalti da parte francese, respinti dai Piemontesi, e del sesto condotto da un primo rango tutto di ufficiali «qui perirent tous pres de la palissade, les plus basses eurent l’auantage d’etre tuès au dessus» (Lettre du Capitaine 1744, riga 96). Confermano i precedenti le stesse parole di don Tholosan, quando ricorda il disagio dei Francesi in azione, che non avevano con sé «ni hâches, ni pioches pour défaire la palissade», o descrivendo la morte del colonnello Roguin (infra Capitolo 5, T HOLOSAN 1777, righe 60-61, 65-68); anche la relazione dello stato maggiore piemontese riferisce che «On soutint ancore plusieurs attaques, que Les Ennemis firent a 15 pas de La Palissade» (infra Capitolo 5, Du Camp de S.t Pierre 1744, righe 32-33). Infine la Deuxième observation contenuta nel testo dell’ingegnere Roy de Vaquières è dedicata interamente alla dimostrazione della necessità di dotare di attrezzi da demolizione un numero sufficiente di granatieri, in occasione di assalti a «retranchements comme l’était ici la redoute de Pierre Longue»; il nucleo dell’argomentazione si fonda proprio sull’esperienza drammatica vissuta dai soldati francesi che davanti alla ridotta, privi di picconi o asce, tentarono di svellere «avec leur mains et baïonnettes, la pallissade de cette redoute» (supra Capitolo 1, p. 21 e nota 37). 95 La relazione del comando di stato maggiore sabaudo dice che 94

[…] Les Ennemis profiterent du temps, que Le brouillard fit cesser leur feu [dei cannoni piemontesi, scil.], souterent dans Le chemin couvert, et s’en rendirent Les Maitres (infra Capitolo 5, Du Camp de S.t Pierre 1744, righe 24-25)

A queste parole fanno eco il Saint Simon (supra nota 93) e la lettera del capitano del reggimento di Poitou, che a proposito dell’ostinazione dei soldati da entrambe le parti ricorda i «chemins remply de blessés» e il fatto che «les Ennemis croiserent souent leurs bayonnettes auec les notres» (Lettre du Capitaine 1744, righe 93, 97). Nomina spesso il fossato anche il Minutoli (supra p. 74 nota 78 e infra Capitolo 5, M INUTOLI s.d.b, righe 82-125 passim). Il Tholosan infine chiude il racconto dell’attacco a Monte Cavallo dicendo che i battaglioni francesi riuscirono a portare a compimento l’azione e «comblerent de leur morts le fossé» (infra Capitolo 5, T HOLOSAN 1777, righe 60-62). 96 In questi apprestamenti furono sistemati due dei nuovi cannoni smontabili da montagna inventati dal conte Bertola (infra Capitolo 5: Du Camp de S.t Pierre 1744, righe 21-24; T HOLOSAN 1777, riga 62). Le cannoniere sono segnalate dal testo del Minutoli […] ils [i Francesi, scil.] s’en rendirent les maitres [della ridotta, scil.] vers le 7 heures du soir en se jettant du fossè ou ils s’etoient postès de la 1e attaque dans la redoute par les embrasures qu’elle avoit (infra Capitolo 5, M INUTOLI s.d.b, righe 108-110),

e dal Saint Simon, quando riferisce l’episodio della morte del sergente dei granatieri francesi, che per primo riuscì a mettere piede all’interno del trinceramento, passando attraverso la bocca di una cannoniera:

[…] Un Sergent se glissa par l’embrazure d’un canon, couvert d’autant de cannoniers morts qu’il s’en étoit présenté pour le recharger. Ce Sergent fut tué, son corps servit d’échelle à un grenadier plus heureux, qui renversa sur son canon le cannonier qui tenoit un clou et un marteau pour l’enclouer. Il souta le sabre à la main dans le retranchement, où il fut suivi dans un moment par d’autres grenadiers, qui l’imitant mirent leurs fusils en bandouliere pour n’employer que leur sabres […] (infra Capitolo 5, S AINT S IMON 1770, righe 191-196) Sui cannoni smontabili del Bertola vedere infra Capitolo 5; M INUTOLI s.d.b, riga 17; Lettre du Capitaine 1744, righe 109-115; G ALLEANI D ’A GLIANO 1840, righe 60-61. Questi pezzi leggeri son anche citati in B UFFA DI P ERRERO 1887, p. 93; C HOMON R UIZ 1971, pp. 318-319, 320; G ARIGLIO 1999, p. 110; per uno studio completo su tali armi C ERINO B ADONE 2003.

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archeologica 97. Tenendo presente la notevole quantità di «boscami» destinati a Monte Cavallo, segnalati nel contratto del 10 marzo 98, è probabile che questa parte più interna fosse realizzata in legno e fascine, ma soprattutto in salsiccioni, con alcune integrazioni in opera a secco, che non si sono affatto conservate e che risultano ingrandite nell’immaginazione degli autori suddetti 99. Va comunque notato che la relazione anonima del 1767 sottolinea la necessità di realizzare questo ridotto interno, trattando la materia come se l’autore durante la sua ricognizione non avesse visto traccia di nulla, nemmeno i resti di una demolizione attuata dai Francesi ventitre anni prima 100. § Le fortificazioni fra la ridotta di «Monte Cavallo» e Pietralunga Fig. 84

I «boscami da trasportarsi ove sono stati trassati li Baraconi», appena ricordati, dovevano servire anche per realizzare i ripari delle guardie avanzate rispetto alla ridotta, oltre al già citato baraccone presso la medesima, previsto nel contratto dell’11 marzo in muratura 101. Che i baracconi fossero realizzati soltanto in legname parrebbe testimoniato dal capitano del reggimento di Poitou, quando ricorda che, dopo il primo assalto alla ridotta, i Francesi trovarono ricovero per il de Givry ferito in una «Baracque de Bois, qui etoit sur nos derrieres» 102, probabilmente corrispondente al baraccone più vicino alla ridotta lungo la cresta ad est del colle della Battagliola.

Più complesso è il problema della localizzazione di tali opere. La cartografia storica tramanda la memoria di due baracconi 103, uno più vicino all’acrocoro di Pietralunga, l’altro più arretrato. In merito al secondo la testimonianza suddetta del capitano francese farebbe pensare ad una distanza non eccessiva rispetto alla ridotta detta di Monte Cavallo, mentre il Tholosan parla addirittura di una «redoute, avec les mêmes precautions que dessus» alla Battagliola. La documentazione curiale torineParticolare della Carta 8 con la ridotta detta di «Monte Cavallo» (D), l’acrocoro di Pietralunse non conferma affatto le parole del curato, ga (A), il primo baraccone alla Battagliola né riferisce nulla relativamente alla Battaglio(B) e il secondo baraccone (C) la, tanto da indurci a pensare che le Memorie ingrandiscano la portata degli interventi. Sembra piuttosto verosimile che il primo baraccone, documentato anche nelle carte antiche 104, fosse presso la cima della Battagliola, la punta a dominio del colle omonimo e davanti al 97

Supra Capitolo 2, p. 47 e Fig. 36. Anche la memoria della ricognizione del 1767 lascia intendere che l’anonimo ufficiale sabaudo già allora, come noi, non riscotrò tracce di ridotto interno (infra Capitolo 5, ANONIMO 1767, righe 47-59) 98 Supra p. 75 note 80, 81, 82. 99 Sulle opere di Monte Cavallo G ALLEANI D ’A GLIANO 1840, pp. 130-131 passim; A LLAIS 1891, p. 242; B UFFA DI P ERRERO 1887, pp. 25, 77-80 passim; C HOMON R UIZ 1971, p. 295; G ARIGLIO -M INOLA 1995, pp. 44-45; G ARIGLIO 1999, pp. 109, 122-125 passim, 130. 100 Infra Capitolo 5, A NONIMO 1767, righe 55-59. 101 Supra p. 75 nota 82. 80

passo del Ciat, secondo la testimonianza della relazione del 20 luglio 1744 di parte piemontese: […] Ils [i Francesi, scil.] forcerent un Detachement, et quelques Carabiniers, qui defendoit La premiere Bute, Le Comte Doria y fut tué. Sur les trois heures un quart ils vinrent jusqu’a La redoute […] 105

Il riparo era difeso da una struttura fortificata, i cui resti sono attualmente poco percepibili, come dimostra la ricognizione archeologica, e che possono corrispondere a quella che il Tholosan definì «redoute» 106.

Fig. 85

Il secondo baraccone invece era più arretrato e, come si è detto, in un sito non ben identificabile, già alla portata della ridotta. Nella carta del Minutoli, a tal proposito e a conferma delle parole del capitano del Poitou, è rappresentato e nominato un «Barraccone» a poca distanza dalla fronte a tenaglia della ridotta (Fig. 80), mentre sugli altri documenti cartografici la distanza è un po’ maggiore, ma il baraccone è comunque raffigurato 107. Notizie più precise tornano a supportare la ricostruzione delle difese al colle di Buondormir, ad ovest oltre la cima di Pietralunga. Il sito, strategicamente rilevante per il controllo del transito fra le valli delle due Varaite, fu fortificato secondo il Tholosan con i «rétranchements nécessaires» 108, di cui si ha notizia nei contratti del marzo 1744. Particolare della Carta 14 con la ridotta Compare infatti negli elenchi il computo dei «latedetta di «Monte Cavallo» (14), l’acrorali, e frontespicy» per l’edificazione di un baraccoro di Pietralunga, il primo baraccone alla Battagliola (5) e il secondo cone «da farsi con pietre, e teppe», destinato al ribaraccone (6) paro della guardia a difesa del colle. La cartografia storica non segnala raffigurazioni di trinceramenti al Buondormir, tuttavia sempre il contratto dell’11 marzo sembra confermare le parole del curato di Chianale, là dove prevede una serie di interventi simili a quelli riscontrati per le altre fortificazioni, quali il «cavo terra per formare i piani», il «coperto d’assi indoppiati» e la «mettitura in opera di tutti li boscami» 109. Il legname di Buondormir, segnalato nel contratto del 10 marzo, analogamente agli interventi costruttivi indicati nell’altro contratto, corrisponde ai tradizionali «paradossi, passafuori, colonne, banchine, colmo, rame, assi» impiegati nella costruzione dei trinceramenti e baracconi di tutto il 102

Lettre du Capitaine 1744, rghe 73-74. Infra Capitolo 4, Carte 8, 10, 12, 13 104 Infra Capitolo 4, Carta 13 il baraccone è rappresentato con il simbolico rettangolo rosso poco sotto Pietralunga accanto alla sigla n. 2. Ad infra Capitolo 4, Carte 8 e 10 il baracone è rappresentato con la raffigurazione di una casetta, alla lettera B per entrambe le carte; nella Carta 12 è segnato con la lettera B. 105 Infra Capitolo 5, Du Camp de S.t Pierre 1744, righe 19-22. 106 Supra Capitolo 2, pp. 37-39 e Fig. 25. 107 Per il Minutoli infra Capitolo 4, Carta 13; sempre infra Capitolo 4 sulle Carte 8, 10 e 12 il baraccone è segnato con la lettera C. Sui due baracconi infra Capitolo 5, M INUTOLI s.d.b, righe 78, 85; e inoltre B UFFA DI P ERRERO 1887, p. 71; A LLAIS 1891, p. 242; G ARIGLIO 1999, p. 110. 108 T HOLOSAN 1777, p. 201. 109 Sottomissione Dlevy-Filippis-Righino 1744, p. 70 retro; confrontare anche A RDUZZI 1744a, p. 361 fronte. 103

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comprensorio 110. Quanto alla forma di queste difese si può ipotizzare una successione di frecce con andamento irregolare, adeguato alla natura del sito e finalizzato al fiancheggiamento reciproco, senza soluzione di continuità 111. Per quanto concerne le difese della dorsale di Pietralunga, rimane un’ultima notazione da fare riguardo al famoso passo del Puntet, più volte citato in bibliografia 112, e fatto saltare dai Piemontesi in ritirata dal passo di Buondormir, il 17 luglio 1744. Le Memorie di don Tholosan ricordano a proposito dell’opera che, per risolvere il problema di una comunicazione rapida fra Buondormir e le postazioni di Monte Cavallo, la soluzione fu […] de construire un pont du bout de l’Aiguillette de Bellino, qui coupant Pierre Longue montoit facilement par dessous, par le moyen d’une colomne, extremement haut qui soutenoit le pont sur le milieu […] et au cas que l’ennemi parvint à forcer le poste de Bondormir on avoit sousminé le dit pont pour lui ôter cette commodité de descendre de Pierre Longue à la Bataïole 113

§ Questioni interpretative Il confronto fra le diverse fonti e i documenti, amministrativi e cartografici, presentati nei paragrafi precedenti, quanto già considerato nel Capitolo 1, a proposito della reale localizzazione della ridotta di Monte Cavallo, e le risultanze della ricognizione archeologica, richiedono uno spazio di riflessione definitiva.

Fig. 86

Si può innanzitutto sostenere che la carta del Minutoli, che illustra il «Secondo affare di Casteldelfino» non illustri correttamente la situazione del 1744; infatti la linea di trinceramenti a frecce lungo la dorRicostruzione grafica di una sezione di trinceramento sale ad est della ridotta corrisponcon elevato in terra, banchina di tiro all’interno, de, come si è già detto sopra, ad uterrapieno e palificata obliqua all’esterno (da G RIFFITH - D ENNIS 2006) na caratteristica delle difese del 1743 e non del 1744, ben documentata dalla cartografia storica, che illustra le difese leggere realizzate dalla brigata di Tarantaise 114. Ad esclusione della carta del Minutoli, le altre carte storiche relative al 1744 110

Sottomissione Dlevy 1744, pp. 62 fronte - 62 retro; inoltre A RDUZZI 1744b, p. 363 fronte. Sulle fortificazioni del passo di Buondormir infra Capitolo 5; A NONIMO 1767, righe 15-16; M INUTOLI s.d.b, riga 58; e inoltre A LLAIS 1891, p. 243; G ARIGLIO 1999, pp. 110, 131. 112 B UFFA DI P ERRERO 1887, p. 75; C HOMON R UIZ 1971, p. 299; G ARIGLIO -M INOLA 1995, p. 54 nota 4; G ARIGLIO 1999, p. 110. Sull’opera vedere anche le fonti supra Capitolo 1, p. 11 nota 13. 113 T HOLOSAN 1777, p. 201. 114 Si vedano le carte Dissegno dimostrativo delle valli di Vraita e della montagna di Pierre Longe cogli attacchi fatti sopra di essa dall’armata Gallispana col posto delle Trincere, e di Battaglioni diffendenti detta Valle (infra Capitolo 4, Carta 5) e Piano in Misura del’Accampamento delle truppe di S.M. a Castel del Ponte nella valle di Varajta con l’attacco quivi delle Truppe Gallispane seguito nell’anno 1743 (infra Capitolo 4, Carta 7). La seconda carta commenta la relazione del Minutoli sulla campagna del 1743; su di essa sono raffigurate anche un’opera a Monte Cavallo simile a quella rappresentata sulla carta per le vicende del 1744 (infra Capitolo 4, Carta 13), e le tre opere pentagonali alla gola dei trinceramenti della dorsale, tanto che sembra possibile immaginare una sovrapposizione su entrambe le carte di due fasi cronologicamente distinte. 111

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non presentano pertanto nessuna linea di trinceramento ad est della ridotta, che sembra effettivamente l’unica opera realizzata sulla dorsale 115. Assume a tal punto grande rilevanza la ricognizione archeologica, che nel sito attualmente nominato Monte Cavallo non ha fornito risultati significativi, come si riferisce nel secondo capitolo 116. Intorno alla punta di Monte Cavallo non sono state rilevate le tracce dei fossati e delle riplasmazioni necessarie per la sistemazione di palizzate e trinceramenti, se non in un settore inferiore a sud-est e di dubbia interpretazione, non confrontabile con la carta della ridotta conservata all’Archivio di Corte di Torino (Fig. 82) 117. Tuttavia ciò che sembra più rilevante è l’incompatibilità fra l’assetto geomorfologico di Monte Cavallo rispetto alla carta appena nominata e in particolare l’assenza totale di spazio fisico per la realizzazione di un baraccone ai margini del pendio precipite verso Castello; non esiste infatti a nord della punta di Monte Cavallo la dorsale della «Ponta di Costabella», rilevata sulla carta antica. L’esistenza del baraccone tuttavia non può essere ignorata, perché è segnalata in tutti i documenti cartografici, nei testi esaminati e nei documenti curiali torinesi 118. È opportuno recuperare ora il confronto proposto nel secondo capitolo fra la carta antica della ridotta con la fotografia aerea della dorsale fra Monte Cavallo e Monte Passet, poco più a est del primo 119 (Fig. 48). Si individua una notevole consonanza fra il documento iconografico e l’attuale assetto geomorfologico nella zona in cui convergono presso la cima di Monte Passet, un po’ disassate, le Rocce di Rouchiaus, dal versante di Chianale, la Costa dei Balz, dalla parte di Bellino, e la cresta della Gujetta. Sulla carta IGM dell’area 120, la cui ricognizione generale di riferimento risale al 1929, il toponimo segnalato per il settore poco più a ovest del Monte Passet è quello di «Costabella», come sulla carta storica della ridotta. Non solo, ma il versante dalla parte di Bellino limitato dalla dorsale stessa e dalla Costa dei Balz è denominata «Prà dell’Alp» così come sulla carta antica la vetta contornata dalla ridotta è definita «Cima di Prà dell’Arp». Rilevando che fra questa cima e le Rocce di Rouchiaus esiste effettivamente lo spazio per la collocazione di un baraccone e la carta antica rappresenta il tratto di collegamento alle Rocce con il toponimo di «Ponta di Costabella», sembra logico proporre in questo sito la possibile collocazione della storica ridotta e non presso l’attuale Monte Cavallo. Tornando inotre al testo del Minutoli 121, molto più preciso della carta ad esso allegata, è possibile capire che la posizione della ridotta era al di sopra di un’eminenza ripida da salire per condurre un attacco, ma preceduta da «une espece de petit vallon», corrispondente forse al secondo dei due vallonetti che solcano la costa di «Prà dell’Alp» prima della costa dei Balz. Infine la posizione dell’opera alla convergenza della due creste suddette presso la punta di Monte Passet è confermata dalla rappresentazione dei luoghi sulla carta dell’ingegnere francese Roy de Vaquières 122 (Fig. 78, 83) e dalle parole di Claudio Allais, altro parroco di Chianale, vissuto nel XIX secolo, che posiziona la punta detta di Monte Cavallo «tra i prati della borgata Puy di Casteldelfino ed il territorio di Pontechianale»,

115

Infra Capitolo 4: Carte 8, 10, 11, 12. Supra Capitolo 2, pp. 39-41. 117 Infra Capitolo 4, Carta 9. 118 Si aggiunga anche il confronto con la fotografia aerea che conferma le discordanze fra l’attuale punta del Cavallo e la cartograqfia antica. Si veda supra Capitolo 2, p. 39 e Fig. 31. 119 Supra Capitolo 2, pp. 41-49 e Fig. 48. 120 I STITUTO G EOGRAFICO M ILITARE , Serie M 891, Foglio Casteldelfino 79 IV NO, Edizio-ne 3 - IGMI, Zona 32 T, Quadrato L Q. 121 Infra Capitolo 5, M INUTOLI s.d.b, righe 82-84. 122 Infra Capitolo 4, Carta 14. 116

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ovvero nel tratto di dorsale presso il Monte Passet, definito «Costabella» sulla carta IGM 123. Tutte le considerazioni finora presentate trovano un perfetto riscontro nei risultati della ricognizione archeologica sulla cresta e sulla cima del Monte Passet, dove sono state individuate le tracce sul terreno delle opere appartenenti alla ridotta del 1744, sia a livello planimetrico sia relativamente ai profili di quello che era l’elevato 124. È decisamente convincente, agli occhi dell’archeologo, la concordanza fra l’immagine della Carta 14, ovvero la Pianta del ridotto conservata all’Archivio di Corte di Torino (Fig. 82), con il perimetro disegnato sul terreno dalle attuali consistenze ancora apprezzabili, quali soprattutto le depressioni dei fossati e quanto resta dei terrapieni e delle berme a sostegno dei trinceramenti lignei. La toponomastica locale evidentemente, come s’è già accennato nel capitolo primo 125, ha subìto con il passare del tempo alcune variazioni, non tali da stravolgere tutte le denominazioni, ma sufficiente per confondere la «Cima di Prà dell’Arp» con quella di Monte Cavallo o per estendere il secondo toponimo a tutta l’area di dorsale fino al Monte Passet; a lungo andare ciò fu causa della perdita della memoria della corretta localizzazione della ridotta e conseguentemente della giusta collocazione del campo di battaglia del 19 luglio 1744, ovvero le preterie di Costabella e quelle fra la costa dei Balz e la Gujetta. D’altro canto sulle stesse carte del XVIII secolo spesso i toponimi Monte Cavallo e Pietralunga sono usati come sinonimi e denominazioni della battaglia 126. È infine significativo notare che in merito a tali complicazioni toponomastiche fa cenno lo stesso Tholosan nel testo citato sopra, quando egli precisa che il sito della ridotta è chiamato «Serré ou Bec de l’Aigle» dagli abitanti della valle di Chianale, mentre quelli di Bellino lo indicano come «Mont Can[v, scil.]al» 127. Tuttavia è ancor più importante segnalare che il curato nello stesso testo colloca la cima in questione «au bout des brousailles du Chateau», vale a dire in cima al versante che sulla carta IGM domina la borgata Castello e, limitata a est dalle Rocce di Rouchiaus, porta il toponimo di «Costa dei Bruss», avente la stessa radice delle «brousailles» di Tholosan 128. Alla luce di queste considerazioni e collocando la ridotta sulla cima di Prà dell’Alp, cioè sul Monte Passet, fra le Rocce di Rouchiaus e la Costa dei Balz, è opportuno rivedere l’intera sistemazione delle opere difensive piemontesi lungo la dorsale ad est del massiccio di Pietralunga. Sembra corretto dunque mantenere come sito di collocazione del primo baraccone la punta della Battagliola, che con la sua ridotta era posto a controllo del colle omonimo e del passo del Ciat; la ricognizione archeologica prova pienamente tale identificazione e ci conferma nei nostri sentimenti 129. Per quanto concerne la posizione del secondo baraccone, che, come s’è visto, pur non essendo sicura, doveva essere abbastanza vicina alla ridotta di Monte Passet, il sito più credibile può essere effettivamente l’attuale Monte Cavallo, forse là dove la ricognizione archeologica ha colto le tracce evidenti di un 123

A LLAIS 1891, p. 242. Supra Capitolo 2, pp. 41-47, Fig. 33-46. 125 Supra Capitolo 1, p. 21. 126 Si vedano per esempio ad infra Capitolo 4 le didascalie della Carta 8 e della Carta 10, entrambe alla lettera D, le titolature di infra Capitolo 4, Carta 12, le indicazioni associate a «Pierre Longue» e «Monte Cavallo» sulla stessa carta del Minutoli (infra Capitolo 4, Carta 13). Infine lo stesso Roy de Vaquières nella sua memoria denomina il massiccio di Pietralunga «le rocher de Bondormir» e il posto di Monte Cavallo «la redoute de Pierre Longue» (infra Capitolo 5, R OY DE V AQUIÈRES 1745, righe 24, 28). 127 Supra p. 74 e note 75, 76. 128 Tale osservazione è complementare a quanto si dice nel Capitolo 1 (supra pp. 18-19) a proposito del toponimo «Chaussards», con il quale deve invece essere identificato il sito attualmente denominato punta del Cavallo o Monte Cavallo 129 Supra Capitolo 2, pp. 37-39. 124

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taglio del pendio lungo il versante di Bellino, poco sotto la punta del monte, o forse ancora dove si sono individuate le tracce consistenti delle fondazioni di un baraccone 130. Tale collocazione, ad ovest di Prà dell’Alp potrebbe inoltre concordare con le indicazioni del capitano del reggimento di Poitou, ricordate sopra a proposito del ricovero dei primi feriti del 19 luglio presso la baracca di legno prossima al campo di battaglia 131. Il terzo baraccone infine coincide con quello realizzato all’interno della ridotta e di esso s’è dato conto nei paragrafi precedenti. Le raffigurazioni della ridotta, presso la quale si svolse la battaglia del 19 luglio, su gran parte delle carte degli archivi torinesi, per quanto stilizzate e sommarie, risulterebbero dunque corrette quanto a localizzazione topografica. Di conseguenza i trinceramenti di collegamento fra il forte Bertola e la ridotta sulla dosale salivano lungo le Rocce di Rouchiaus e il posizionamento del forte sulla carta del Minutoli è errata. Pare quindi che il forte Bertola sia da localizzazre di fronte all’attuale borgata Castello «au pied de la plate du château» come dice il Tholosan e come sembra confermare il risultato della ricognizione archeologica 132. Evidentemente, come per i trinceramenti sulla dorsale di Monte Cavallo, la carta del Minutoli riproduce per quel collegamento con il forte Bertola la collocazione di altre opere e nella fattispecie quella dei trinceramenti realizzati nel 1743 dal battaglione del reggimento di Rehbinder 133. Completa coerentemente questo quadro ricostruttivo l’osservazione che la Costa dei Balz scende a strapiombo, come un trinceramento naturale, sulla borgata Ribiera nella valle di Bellino, proprio dove furono elevate altre fortificazioni di sbarramento, per costituire il caposaldo dei trinceramenti ascendenti fino al colle della Bicocca. § Il disegno della ridotta di Monte Passet A completamento dello studio comparato fra i dati materiali, recuperati sul terreno durante la ricognizione archeologica, e le informazioni derivanti dalla documentazione archivistica, si presenta il risultato grafico della ricerca, corrispondente ad uno schizzo della ridotta di Monte Passet, prodotto in situ e rielaborato in fase di studio. Purtroppo le condizioni dell’indagine ricognitiva hanno impedito di realizzare un regolare rilievo archeologico nelle solite scale. Si è invece potuto disegnare uno schizzo, qui riprodotto, rilevando sul terreno le misure principali della ridotta e mettendole a confronto con quelle indicate nella Pianta del Ridotto, ovvero nella Carta 9; in particolare queste ultime sul documento cartografico sono espresse in passi, la cui corrispondenza nel sistema metrico decimale è di 1 passo pari a m 0,90. Questa conversione delle misure antiche in metri e la loro riconduzione a quelle stimate sul terreno hanno causato l’utilizzo di una scala inconsueta, approssimata ad 1:15. 130

Si veda supra Capitolo 2, pp. 39-41. Anche il Minutoli, dopo aver citato un baraccone per i picchetti attaccati dai Francesi in seguito alla loro discesa da Pietralunga attraverso il passo del Ciat (infra Capitolo 5, M INUTOLI s.d.b, righe 77-78), parla di un altro baraccone «que nous avions sur l’arête» presso il quale si fermò il de Givry, prima di condurre l’attacco alla ridotta, per far ristorare i suoi uomini (infra Capitolo 5, M INUTOLI s.d.b, righe 84-85). D’altro canto le posizioni specificate dei due baracconi sembrano anche confermate dalla memoria dell’ingegnere Roy de Vaquières, quando parla del ripiegamento dei piccheti avanzati piemontesi e l’avanzata dello Chevert che «leur fit abandoner cet rocher [Pietralunga, scil.] et tout de suite les deux premières redoutes ou baracons, dont on fut les maîtres a 8 heures du matin» (infra Capitolo 5, R OY DE V AQUIÈRES 1745, righe 73-75). 131 Supra pp. 80, 81 nota 102. 132 Supra Capitolo 2, pp. 33-35. Confermano ulteriormente queste conclusioni le parole di don Allais che, echeggiando chiaramente Tholosan, ma chiarendone le parole, localizza il forte Bertola «alla sommità di Prà del Bosco ed appiè della selva che prospetta la borgata Castello» (A LLAIS 1891, p. 242). 133 Supra p. 71; Sulla realizzazione del trinceramento del Rehbinder si vedano G UIBERT 1743, p. 2 fronte; M ONFORT 1743, pp. 5 retro - 6 fronte; Relation 1743, p. 1 fronte. 85

MONTE PASSET, m 2237 s.l.m. D ISEGNO IN PIANTA DELLA RIDOTTA DETTA DI «M ONTE C AVALLO »

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Il disegno della ridotta è stato collocato sulla riproduzione del contesto orografico, tratto dalla carta IGM di Casteldelfino, citata nelle pagine prcedenti; le lettere ai vertici sono le stesse della Carta 9. La finalità dello schizzo pubblicato non è certo quella di riprodurre l’esatto rilevamento delle strutture, attività per altro non contemplata nel genere di intervento deciso, quanto di porre a confronto l’andamento generale delle consistenze archeologiche, attualmente individuabili, con la raffigurazione antica. Si è portata alla luce così una buona concordanza fra le due fonti di dati, ma soprattutto un’ulteriore conferma per la collocazione della ridotta sulla cima di Monte Passet. Le fortificazioni di Bellino e della Bicocca La valle della Varaita di Bellino, parallela a quella di Chianale, fu integrata nella programmazione del sistema difensivo del 1744. I punti strategici più importanti da controllare e difendere erano lo sbocco della valle poco a monte di Casteldelfino, presso la confluenza delle due Varaite, e i passi di collegamento con la valle Maira sulla dorsale ad est del Pelvo d’Elva. § Le fortificazioni di Ribiera Per la difesa del tratto di dorsale fra il colle di Sampeyre e il colle di San Giovanni è noto che il comando di stato maggiore piemontese inviò i dragoni del marchese di San Germano 134. Diversamente la difesa fra il Pelvo d’Elva e il colle di Sampeyre fu programmata in modo analogo a quella della zona di Château de Pont e furono realizzate delle opere campali. Il principio era anche qui lo stesso; vennero collegati da una linea di trinceramenti un caposaldo in valle, la borgata Ribiera di Bellino, e un un caposaldo difensivo in quota presso il colle della Bicocca, a metà strada circa fra il Pelvo e il colle di Sampeyre. Don Tholosan a proposito di queste ultime fortificazioni racconta che […] craignant quelque invasion du côté de Bellino on avoit aussi fait un petit fortin au dessous de la Ribierra avec une palissade qui alloit jusqu’au pont et du pont jusqu’à la Bicoque, une autre palissade avec son fossé tout le long du Serre del Pic, ou l’on avoit posté six pieces de canon: sur la Bicoque, c’est à dire sur la montagne de Luc, il y avoit aussi une forte redoute de sorte qu’on peut dire que le Mont Viso étoit joint avec le Pelvo de Bellino soit par palissade, soit par murs, ou par fortins, le tout muni de leur chemins couverts […] 135

Le fonti amministrative torinesi fanno puntualmente la loro parte. Il contratto dell’11 marzo, alla titolatura «nella valle di Blino», con la solita precisione e per l’ennesima volta computa gli interventi per realizzare il «fortino» di Ribiera, il caposaldo alla sinistra della Varaita di Chianale, che tuttavia non compare sulla carta del Minutoli. Sono elencati nel contratto il «cavo terra per formare i piani, e le banchette», il «triceramento da farsi in pietre e teppe», il «piantam.o, e mettitura in opera di Palizzate», quelle citate da Tholosan, «compreso il picol fosso» di fondazione 136. Nel contratto del 10 marzo 1744 non risultano invece per queste opere le indicazioni dei «boscami», perché il trinceramento era in «pietre e teppe», completato sopra ai parapetti dai fascinoni, come di consueto 137. Riguardo infine all’aspetto in elevato dell’opera non si hanno dati sufficienti per tentare una ricostruzione, sebbene sia possibile immaginare che essa avesse un perimetro tenaglia134

Supra Capitolo 1, p. 13. T HOLOSAN 1777, p. 201. 136 Sottomissione Dlevy-Filippis-Righino 1744, p. 70 retro - 71 fronte; vedere inoltre A RDUZZI 1744a, p. 361 fronte. 137 Si confronti per esempio la situazione difensiva dei trinceramenti dell’Assietta, realizzati nel 1747, o quelli coevi del Piccolo San Bernardo (S CONFIENZA 1997, p. 207; S CONFIENZA 2005b). Per i fascinoni supra p. 62 e nota 28. 135

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to, per confronto con gli altri siti fortificati nel comprensorio durante la primavera del 1744.

Fig. 87

Analogamente ai complessi dei forti San Carlo e Bertola, collegati ai trinceramenti di Vallanta e del versante settentrionale di Monte Passet, il forte di Ribiera, in base a quanto racconta Tholosan, era dotato di fossato, palizzata, cammino coperto e spalto in continuità con i trinceramenti che lo collegavano alla ridotta del colle della Bicocca. Queste opere erano poste trasversalmente rispetto al corso della Varaita di Bellino, superavano il torrente stesso ed erano realizzate, secondo il contratto dell’11 marzo in «travi, Rame, e fascine»; quanto ai «palizzadamenti» essi erano completati come quelli del forte di Ribiera. Infine era anche stata stabilita la «proviParticolare della Carta 8 in cui è raffigurata la bassa e media sione, fattura, e mettitura in valle di Bellino con il trinceramento (L) che collega Ribiera alla ridotta di Monte Passet (D); sulla destra della opera di tre barriere», per Varaita sale il trinceramento (M) verso il colle sbarrare gli ingressi sia del della Bicocca, non raffigurato sulla carta, forte sia del trinceramento, con la batteria (N) sempre in analogia ai sistemi difensivi realizzati contemporaneamente nella valle della Varaita di Chianale 138. § I trinceramenti del colle della Bicocca Il controllo dei collegamenti con la Val Maira era una necessità strategica emersa in maniera ben evidente già nella campagna del 1743, quando il generale Guibert inviò al colle della Bicocca un ridotto presidio di soldati regolari e miliziani, per insediare una guardia all’estrema sinistra dello schieramento piemontese ed evitare aggiramenti lungo la dorsale del Pelvo d’Elva 139. In uno dei documenti di parte piemontese, stilati per la programmazione della campagna del 1744, il problema è preso in considerazione, notando che Le corps qui est dans la vallée de Mayra devroit s’apliquer a couvrir, et soutenir le Col d’Elve, et les hauteurs qui sont au dessous afin de couvrir la gauche de la vallée de Varaite, Et Estre a portée de tomber sur la vallée de Mayra si l’Ennemi y penetroit 140 138

Sottomissione Dlevy-Filippis-Righino 1744, p. 71 fronte; confrontare anche A RDUZZI 1744a, p. 361 fronte. Sulle difese di Bellino infine M INUTOLI s.d.b, p. 52. 139 Si vedano in merito G UIBERT 1743, p. 1 rerto; M ONFORT 1743, p. 4 retro. 140 Les manoeuvres s.d., p. 1 fronte. 88

La «forte redoute» della Bicocca, «sur la montagne du Luc», di cui parla don Tholosan, non è descritta nelle sue Memorie, forse perché non salì fino al colle per visitarla. Fa eco al Tholosan la voce più recente del Costa de Beauregard, «le poste important de la Bicocca était muni d’une grande redoute» 141. D’altro canto neanche il Minutoli si dilunga più di tanto, ma ricorda che «nous construisimes une tenaille sur le terre plein en avant de la Bicoque» 142, offrendoci un importante dato di confronto con quanto rilevato dalla ricognizione archeologica lungo il fronte occidentale del campo della Bicocca, appunto caratterizzato da un perimetro a tenaglia 143. Vengono ancora una volta in soccorso i documenti curiali dell’Archivio di Stato di Torino. Nel paragrafo «Al Col della Bicocca», appartenente al contratto dell’11 marzo 1744 sono nuovamente elencate tutte le componenti canoniche per la realizzazione di una fortificazione campale in terra, «teppe» e legname, completa di baraccone: […] Cavo terra per formazione di piani, e delle Banchette […] Trinceram.o con teppe nella grossezza d’on. 15 […] Piantam.o, e mettitura in opera di palizzate compreso il picol fosso […] teppe e pietre messe in opera nella gross.a d’on. 15 per formaz.ne de laterali, e frontespicy d’un Baracone […] teppe messe in opera per coprim.o di un Baracone per sostegno, armam.o e formaz.ne di d.o coperto, compresa anche la mettitura in opera di tutti li boscami […] 144

Secondo la consuetudine specifica degli interventi risalenti al 1744, finora studiati, le varie tipologie di «boscami», utilizzate per la ridotta della Bicocca, sono indicate nel contratto del 10 marzo. Sembra significativo dar conto in particolare della commissione delle «fascine di Ramaglia, e Cespuglij» per la creazione dei salsiccioni, o fascinoni, e per completare l’apprestamento difensivo dei parapetti 145. Riguardo al perimetro e all’aspetto del complesso trincerato del colle della Bicocca le fonti amministrative non offrono descrizioni puntuali, se non la possibilità di dedurre l’esistenza di un elevato in terra, legname e fascine, come si è appena segnalato. Purtroppo non esistono neanche raffigurazioni di questi trinceramenti nella cartografia storica, ma, accanto all’informazione della «tenaille» del Minutoli, un’altra fonte, la relazione del comando di stato maggiore piemontese del 20 luglio 1744, fornisce una testimonianza preziosa, là dove si dice che Le 18 Les Ennemis jetterent sur Leur Droite Les 33 Compagnies des Grenadiers, et Les deux Bataillons Espagnols, qui, commandes par Le Marquis de Campo Santo, attaquerent en Colonne une des flêches de la Montagne de La Bicoque, ou 200 hommes soutinrent Leurs efforts, et soutenus eux meme par Les piquetes d’en haut, Les repousserent auec perte au de La du ravin, et Leur firent même des Prisonniers 146

I battaglioni del marchese di Camposanto attaccarono dunque una delle «flêches» dei trinceramenti a guardia del colle; prendendo a confronto i perimetri delle altre opere realizzate nel 1744, è facile pensare che la freccia in questione appartenesse alla composizione del fronte meridionale «a redan», a salienti e rientranti, posto a difesa della sommità della «Montagne de La Bicoque», come hanno dimostrato esaurientemente la ricognizione archeologica e lo studio della fotografia aerea 147. 141

Infra Capitolo 5, C OSTA DE B EAUREGARD 1794, riga 39. Infra Capitolo 5, M INUTOLI s.d.b, righe 13-14. 143 Supra Capitolo 2, pp. 52-53. 144 Sottomissione Dlevy-Filippis-Righino 1744, p. 71 fronte; confrontare anche A RDUZZI 1744a, pp. 361 fronte - 361 retro, in cui sono preventivati anche il «solaro» e una «barriera». 145 Sottomissione Dlevy 1744, p. 63 fronte; inoltre A RDUZZI 1744b, pp. 363 fronte - 363 retro. 146 Infra Capitolo 5, Du Camp de S.t Pierre 1744, righe 10-14. Sull’attacco si veda supra Capitolo 1, pp. 1213. 147 Si veda supra Capitolo 2, pp. 49-53. Sulle opere della valle di Bellino e del colle della Bicocca M INUTOLI s.d.b, p. 52; G ALLEANI D ’A GLIANO 1840, pp. 127, 128; B UFFA DI P ERRERO 1887, pp. 25, 73-74; A LLAIS 1891, p. 243; G ARIGLIO -M INOLA 1995, p. 45; G ARIGLIO 1999, pp. 111, 117, 131. 142

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Gli interventi difensivi di completamento Il quadro completo delle fortificazioni realizzate nella primavera e all’inizio dell’estate del 1744 in valle Varaita può dirsi tale, se si prendono ancora in considerazione alcune notizie emergenti soltanto dalla documentazione amministrativa torinese. § Le fortificazioni del «Colle d’Elva» e del Melard Il contratto dell’11 marzo 1744 definisce la programmazione di opere difensive «Al Col d’Elva di Brianzole» e «al Mellard». Il primo sito potrebbe corrispondere all’attuale colle di Sampeyre, che sovrasta la costa montana della borgata Brianzole, sita sulla destra della Varaita a valle di Casteldelfino; questo colle, di cui s’è già detto più volte nei paragrafi e capitoli precedenti, era di fondamentale importanza per il collegamento fra la media Valle di Varaita e quella di Maira 148. Il secondo luogo citato è di più difficile identificazione, poiché non vi sono toponimi simili sulle carte moderne, se non un «Melars», che denomina un sito sulla destra del vallone d’Elva, a dominio della confluenza dello stesso con la val Maira. Se non valesse tale identificazione, si può soltanto ipotizzare che il «Mellard» corrisponda ad un sito lungo la dorsale fra i colli della Bicocca e di Sampeyre, strategicamente rilevante per il passaggio fra le valli di Varaita e di Maira. Sta di fatto che il contratto dell’11 marzo 1744 al colle d’Elva stabilisce i tipici interventi per la realizzazione di una ridotta. Vengono infatti programmati il «cavo terra» per lo spianamento del sito e la formazione delle «banchette», trenta trabucchi di trinceramento «con teppe», il «piantam.o, e mettitura in opera di Palizzate» e il loro «picol fosso» di fondazione, una «Barriera»; compare inoltre l’elenco di tutto il materiale per l’edificazione di un baraccone, come alla Bicocca, dotato di «solaro», armato di «laterali e frontespicy» in pietre e «teppe» e copertura di queste ultime. «Al Mellard» sembra di dedurre soltanto la predisposizione per realizzare un semplice trinceramento, essendo assenti le voci tipiche dei materiali per i baracconi, ma presenti soltanto quelle per il «trinceram.o con teppe», il «cavo terra», la sistemazione delle palizzate e di una barriera 149. Analoga a tutte le altre fortificazioni descritte è la fornitura dei «boscami» per entrambe i siti, secondo quanto viene stabilito dal contratto del 10 marzo 1744 150. § La strada dalla dorsale del Pelvo alla Marmora Il 21 aprile 1744 venne firmato a Torino, presso l’Azienda di Fabbriche e Fortificazioni, l’ultimo contratto per i lavori nelle valli di Varaita e Maira; esso fu registrato sotto la titolatura Sottomiss.ne di Giaco Anfosso, Giuseppe Mazzochetti et Gio Tomaso Romano per formaz.e d’una strada dal Luogo della Marmora sin sotto li colli del Pelvo e Bicocca esist.i nella valle di Varaita, e Maijra 151. 148

L’identificazione del colle d’Elva con quello oggi detto di Sampeyre è confermata dalla cartografia ottocentesca, adottata per le tavole fuori testo del libro di Carlo Buffa di Perrero, in cui appare tale corrispondenza toponomastica (Schizzo d’insieme indicante il sistema difensivo delle valli di Stura, Maira e Vraita nella campagna del 1744, in B UFFA DI P ERRERO 1887). 149 Sottomissione Dlevy-Filippis-Righino 1744, pp. 71 fronte - 71 retro; inoltre A RDUZZI 1744a, p. 361 retro. Sulla ridotta del colle d’Elva inoltre B UFFA DI P ERRERO 1887, p. 25. 150 Sottomissione Dlevy 1744, p. 63 fronte; A RDUZZI 1744b, pp. 363 retro - 364 fronte 151 Sottomissione Anfosso-Mazzochetti-Romano 1744, p. 132 fronte. Si riferiscono a questo contratto anche Partiti fortificazioni 1744c, Lettere di S.M. all’Int.F.F. 1744d, Approvazione contratti 1744c. È opportuno precisare che verosimilmente le denominazioni antiche «colli del Pelvo e Bicocca» indicano lo stesso sito che attualmente definiamo con quello della Bicocca, poiché molto spesso appaiono intercambiabili. Ancora oggi presso il colle della Bicocca convergono il sentiero U 27 della Gta dalla borgata Chiesa nella valle di Bellino e l’U 7 da Casteldelfino, quest’ultimo a pochi metri di distanza dal primo e dal limite est delle 90

Si tratta di un documento che stabiliva la realizzazione di un’opera viaria, progettata per collegare l’imbocco del vallone d’Elva in Val Maira, partendo dalle località sulla destra del torrente Maira comprese dal toponimo «Marmora», alle postazioni difensive sopra menzionate, lungo la dorsale spartiacque della Valle Varaita. È opportuno considerare innanzitutto che l’esistenza di questa strada ci permette di ipotizzare con maggior convinzione che la localizzazione del «Mellard» sia quella del sito lungo il versante destro del vallone d’Elva; un trinceramento in quei luoghi poteva infatti svolgere la funzione di controllo e copertura dell’opera viaria. In merito alla possibile identificazione dell’opera con un tratto della famosa «strada dei cannoni» si rimanda a recenti studi specifici 152; in ogni caso va sostenuta decisamente l’improbabile destinazione di un’opera simile al trasporto dell’artiglieria pesante in quota. È corretto piuttosto ricondurre la realizzazione e la destinazione della strada alla necessità di creare collegamenti trasversali agevoli fra le valli e in particolare fra il comprensorio difensivo della Varaita di Chianale, studiato in questa sede, con quello della Valle Stura, tenendo conto che già nel 1743 fu aperto un tratto viario fra il colle di Sampeyre e quello della Bicocca 153. È verosimile inoltre l’ipotesi che il progetto sia da attribuire al conte Bertola, coadiuvato dai suoi ufficiali, così come avvenne per tutte le altre opere difensive programmate nell’inverno del 1744. Confermerebbe questa ipotesi il fatto che, per sintetizzare in forma di capitolato la serie di interventi previsti dal progetto originale, venne allegata al contratto del 21 aprile l’Istruz.e formata dal Sig.r Capitano Ing.e Arduzzi, analogamente a tutti gli altri documenti amministrativi stipulati per la costruzione delle fortificazioni della Valle Varaita. La strada fu costruita probabilmente nei mesi di maggio e giugno del 1744 ed è possibile stabilire, grazie al contratto del 21 aprile, le fasi e i tipi di intervento. Infatti il terreno, morbido o roccioso, doveva essere ripulito e spianato, per creare una carreggiata che poteva anche necessitare del supporto di muri di terrazzamento presso i tornanti o là dove il suo ingombro non era ricavabile soltanto con il taglio della montagna. Il testo del contratto, con la consueta precisione, elenca i generi di intervento: Cavo, spianamen.o terra, pietre, ghiaie, radici, e Cespugly da farsi dal Luogo della Marmora sin sotto il colle denominato il Pelvo in formazione, e raccomodo d’una nuova strada di comunicaz.e […] Cavo a spianamento rocco da per tutto dove occorrerà pendente la detta distesa […] Muraglia di pietre a secco da farsi di longo in longo di d.ta strada di communicaz.e, e ne posti che ivi verranno agl’Impresary assegnati, compreso il riempim.o con terra dietro di detta muraglia […] 154

Nei passi seguenti si dà indicazione per il reperimento della terra necessaria ai riempimenti, che doveva essere ricavata dallo spianamento delle «montuosità» lungo lo sviluppo del cantiere, oppure doveva essere cavata con prezzo supplementare secondo la quantità necessaria; è evidente quindi che il «cavo» corrisponde al taglio a monte dello spazio percorribile e il suo materiale di risulta, gettato lungo il pendio verso valle,

vestigia attuali dei trinceramenti. È possibile che i due punti di arrivo e l’antichità dei sentieri giustifichino il plurale «colli» nella titolatura del contratto. 152 B OGLIONE 2003, pp. 126-129. Recenti aggiornamenti sul tema specifico da parte di Marco Boglione e il successivo intervento di Giovanni Cerino Badone sul sito http://stradecannoni.altervista.org/index.html alla pagina http://stradecannoni.altervista.org/StradaCannoniBertola.htm. Altra bibliografia sulla «strada dei cannoni» è costituita da B UFFA DI P ERRERO 1887, pp. 30-31; G ARIGLIO -M INOLA 1995, pp. 49-53. 153 In Libro mastro 1744, Catt.a 40, Residuo spese fortificazioni, p. 73, si legge di un rimborso di 216 lire «alla Com.tà d’Elua per aver nel 1743 soministrato uomini per forma.ne della strada che conduce dal Col di S. Pejre a quello della Bicocca». 154 Sottomissione Anfosso-Mazzochetti-Romano 1744, p. 133 fronte. 91

permetteva di completare la carreggiata 155. Per i muri a secco di contenimento si specifica in particolare che A spese di d.ti Impresari dovranno farsi le fossette necess.e per l’assetto delle muraglie a secco che dovranno fiancheggiare la detta strada. La costruzione d’esse muraglie si farà od a piombo, od a scarpa si è come porterà l’esigenza de posti, nei quali dovranno le medesime esser formate. Dietro le dette muraglie a secco si porrà la quantità necessaria di terra, affinché le med.e abbino un sufficiente appoggio […] 156

Fortificazioni e uomini di allora Lo studio dei documenti antichi, che danno voce e consistenza ai resti individuati sul terreno o illustrano le vicende costruttive dei trinceramenti nelle alte valli di Varaita e Maira, permette di riportare alla luce i nomi di alcuni individui impegnati in diverse attività, connesse alla costruzione delle opere difensive. Questa grande risorsa, che offrono le fonti e la documentazione d’archivio, permette alla ricerca archeologica e storico-territoriale d’Età Moderna di ripopolare con personaggi veramente esistiti, il quadro generale del sistema difensivo, che si è tentato di ricostruire a livello materiale, e fornisce la possibilità di riportare alla luce una testimonianza del fermento vitale, ormai trascorso per sempre, di quei mesi della primavera e dell’estate del 1744. § Gli ingegneri militari Innanzitutto è opportuno richiamare quanto si è detto nei paragrafi precedenti riguardo alla partecipazione di Ignazio BerFig. 88 tola conte d’Exilles. Ad oggi la sua presenza personale in Valle Varaita nel 1744 non è documentata da nessuna fonte coeva; è invece egli stesso protagonista della progettazione delle opere difensive, non solo per l’anno in esame, ma anche per il 1742 e il 1743. A riprova di quanto detto esiste un elenco degli ufficiali ingegneri destinati ad alcuni settori alpini, a partire dal 1743, nel quale il conte Bertola, primo ingegnere del Re di Sardegna e comandante del corpo degli Ingegneri, è nominato come responsabile delle valli di Stura, Varaita e Maira, non a caso, essendo in quegl’anni il comprensorio Ingegnere del Re di Sardegna e lavorante, tratti da un alpiù minacciato del confine ocbum del 1747 conservato all’Archivio di Stato di Torino (da R ICCHIARDI 1990) cidentale 157.

155 156

Sottomissione Anfosso-Mazzochetti-Romano 1744, p. 133 retro. Sottomissione Anfosso-Mazzochetti-Romano 1744, p. 133 retro - 134 fronte. 92

Lo stesso documento segnala la destinazione del Guibert, con il grado di maggiore e non di capitano, come ingegnere responsabile delle montagne fra il Piemonte e la Riviera Ligure, fin dal 1743. Sebbene il Regio Biglietto del 6 febbraio 1744 citi l’ufficiale insieme al capitano Arduzzi per la definizione dei capitolati preventivi ai lavori in valle Varaita, è molto probabile che sia il secondo ad aver seguito più direttamente i lavori, essendo firmati da lui solo il Calcolo per li travagli e il Calcolo per boscami 158 e avendo già partecipato negli anni precedenti in prima persona alla progettazione e agli interventi in situ per la difesa della Valle Varaita. Probabilmente il Guibert affiancò l’Arduzzi nella collaborazione con il Bertola soltanto nell’inverno, durante la fase iniziale di progettazione, per poi occuparsi del settore di sua competenza. È giusto infine notare che il capitano Arduzzi non è nominato nell’elenco degli ingegneri del 1743. Bisogna però tenere conto che il documento citato precedentemente ricorda gli ufficiali responsabili dei settori e non tutti quelli impiegati; è verosimile pertanto che l’ingegnere fosse direttamente agli ordini del conte Bertola e presente in valle durante l’esecuzione dei lavori, secondo quanto si è dedotto precedentemente in merito alle informazioni del contratto dell’11 marzo, sulla realizzazione delle cannoniere del forte di Château de Pont 159. § Impresari, misuratori, «soprastanti» Accanto al vertice direttivo tecnico-militare è anche possibile ricordare una serie di personaggi di stato civile che compaiono nelle minuziose note del Libro mastro fortificazioni 1744. Essi presero parte attiva ai lavori e fra loro devono essere richiamati per primi i già noti impresari Dlevi, Filippis e Righino. Fra questi tre imprenditori consociati il Dlevi sembra avere una funzione di coordinamento e direzione in base ai testi dei contratti, quando per altro egli è l’unico titolare della «sottomissione» del 10 marzo per i «boscami»; d’altro canto sono sempre a suo nome le registrazioni delle rate di pagamento progressivamente emesse, fra marzo e giugno del 1744, dall’Azienda di Fabbriche e Fortificazioni per l’avanzamento dei «trauaglj di Trinceram.ti fattisi per difesa» delle valli in esame 160. Di notevole interesse è il pagamento del 27 marzo 1744 a Giacomo Antonio Chiapasso, probabilmente un misuratore o un disegnatore, per aver trascorso i giorni fra l’8 e il 20 febbraio 1744 «in ricconoscer la Valle di Varajta», e «a uarj indicanti strade» 161. Si tratta infatti di una rara testimonianza delle attività svolte in preparazione agli interventi in loco, prima ancora della stipula dei contratti e soltanto alla luce delle progettazioni del comando degli Ingegneri. Segue poi la lunga teoria di personaggi pagati singolarmente per l’opera prestata «a beneficio delle Valli di Varaita e Blino». Tali individui possono essere identificati con i «soprastanti» civili, impiegati nei vari settori di intervento come capisquadra della

157

Memoria per il corpo d’armata 1743; V IGLINO 1989, pp. 138-139. Supra p .56 nota 4, p. 57 nota 7. 159 Supra p. 63 e nota 32. 160 Libro mastro 1744, Catt.a 39, Spese di campagna, pp. 39, 44. Va ricordato per completezza che riguardo a questi impresari si conservano ancora un Regio Biglietto del maggio 1744, nel quale la Corona autorizza il pagamento di un «abbonconto sin alla somma di Lire vinti mila di Piemonte» (Regio Biglietto 1744b), e un contratto per la restituzione di somme pagate in più a nome di Cesare Filippis (Sottomissione Filippis 1744). 161 Libro mastro 1744, Catt.a 39, Spese di campagna, p. 39. 158

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manodopera forestiera e locale, secondo l’uso del tempo 162. Il primo in elenco, Pietro Clerico, pagato il 7 giugno 1744, lavorò soltanto «a benef.o […] di trincera.ti di Castel Del Ponte» 163. Gli altri, Pietro Antonio Bellocco, Giuseppe Bertino, Giovanni Maria Bordino, Giovanni Battista Camerata, Nicola Chiatelli, Giuseppe Croce, Giuseppe Cucco, Franco Silvestro Gallino, Giuseppe Magliano, Giuseppe Moschino, Antonio Orso, Giovanni Battista Sasso, Franco Xaverio, tutti pagati nel mese di agosto del 1744, operarono soprattutto fra il mese di maggio e la fine di luglio, la maggior parte entro il 19 o 20 luglio, a causa delle note ragioni strategico-militari, per cui, dopo la battaglia di Monte Passet e il superamento delle Barricate in valle Stura, l’armata sabauda abbandonò l’alta Valle di Varaita 164. Il 17 e 18 agosto 1744 furono pagati rispettivamente due misuratori, il Sarterio e il Pomero, che testimoniano la presenza del personale tecnico operante in collaborazione con gli ingegneri militari per la definizione sul terreno delle strutture difensive 165. Dal momento che il secondo iniziò la sua attività il 23 marzo, mentre il primo dal 9 maggio, contemporaneamente circa all’arrivo dei soprastanti, sembrano confermati sia l’inizio dei lavori negli ultimi giorni di marzo, in accordo con don Tholosan, sia il massimo fervore costruttivo nella primavera inoltrata del 1744. Grazie alle informazioni del Libro mastro è inoltre possibile segnalare un’altra importante attività dei misuratori, nella fattispecie del Pomero, affiancato da Giovanni Miracca, per «metter al netto la misura de trauaglj fattisi nella Valle di Varajta» e fornire all’Azienda di Fabbriche e Fortificazioni la documentazione necessaria per saldare i conti con gli impresari. I due misuratori lavorarono dal 24 luglio al 3 settembre «a ricaur li conti della misura de trincera.ti all’intorno di Castel Delfino»166, mentre fra il 22 e il 30 luglio il misuratore Buscaglione definì «parte delle misure» delle fortificazioni di Château de Pont 167. Pomero e Miracca infine furono ancora impiegati nell’inverno successivo, fra il 15 novembre 1744 e il 10 febbraio 1745 per «metter al netto» i calcoli finali delle misurazioni relative a tutti i lavori svolti in valle Varaita durante la campagna trascorsa 168. Di notevole importanza era anche il personale con funzioni di tesoreria, nell’ambito dei quali deve essere ricordato l’incaricato del trasferimento delle somme da Torino alle località interessate per i pagamenti delle maestranze, ovvero Clemente Chianale169, forse parente di Pietro Chianale, attivo negli stessi luoghi l’anno prima 170. Il Chianale trasferì nel corso dei lavori 12000 lire dalla capitale a Casteldelfino, dove probabilmente il tesoriere La Grange le ritirò, come le altre 6000 a lui destinate il 3 settembre per «pagar a’ lauoranti che hanno trauagliato […] per conto degl’Impr.i Dleuj» 171. Nei pagamenti del settembre 1744 fa inoltre la sua comparsa un secondo tesoriere, il Giordano, responsabile delle somme destinate alla costruzione della strada che conduceva dalla valle di Maira al colle della Bicocca. Al tesoriere furono destinate le somme divise in rate successive il 13 settembre, il 3 e 7 novembre, il 24 dicembre 172, e il trasporto del denaro da Torino a Cuneo 162

Queste funzioni di «soprastante» sono ipotizzabili per confronto con altre documentazioni analoghe, relative a località alpine diverse, oggetto di interventi difensivi campali, come per esempio il colle del Piccolo San Bernardo (S CONFIENZA 2004, S CONFIENZA 2005b). 163 Libro mastro 1744, Catt.a 39, Spese di campagna, p. 39. 164 Libro mastro 1744, Catt.a 39, Spese di campagna, p. 46. 165 Libro mastro 1744, Catt.a 39, Spese di campagna, p. 46. 166 Libro mastro 1744, Catt.a 39, Spese di campagna, p. 54. 167 Libro mastro 1744, Catt.a 39, Spese di campagna, p. 62. 168 Libro mastro 1744, Catt.a 39, Spese di campagna, p. 72. 169 Libro mastro 1744, Catt.a 39, Spese di campagna, p. 39. 170 Libro mastro 1743, Catt.a 40, Spese di campagna, p. 48. 171 Libro mastro 1744, Catt.a 39, Spese di campagna, p. 49. 172 Libro mastro 1744, Catt.a 39, Spese di campagna, pp. 51, 54, 62, 63. 94

fu di nuovo affidato a Clemente Chianale nei giorni compresi fra l’8 novembre e il 26 dicembre 1744 173. La strada fra la val Maira e il colle della Bicocca, commissionata agli impresari già noti, Anfosso, Mazzochetti e Romano, richiese probabilmente anche l’intervento di un ingegnere topografo, il Sottis, già presente in valle Varaita nel 1743 174, «per g.te 12 a £ 5.10 cad.a uacc.e ad indicar le strade al Conte Viantino nella Valle di Majra» 175. L’ultima notazione rilevante che può emergere dall’esame della contabilità per il 1744 riguarda il saldo finale per i lavori della strada suddetta, che fu recapitato a Giacomo Anfosso il 29 aprile 1745 176, non prima però di aver completato «il netto» delle misurazioni, affidate questa volta al Sarterio e al misuratore Ludovico Nicola Chiatelli 177.

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Libro mastro 1744, Catt.a 39, Spese di campagna, p. 70. Lettere di S.M. all’Int.F.F. 1743b. 175 Libro mastro 1744, Catt.a 39, Spese di campagna, p. 49, in cui il citato conte Viantino potrebbe essere un ufficiale incaricato di condurre le ricognizioni in Val Maira per individuare l’itinerario più adatto alla strada da costruire. 176 Libro mastro 1744, Catt.a 39, Spese di campagna, p. 81. 177 Libro mastro 1744, Catt.a 39, Spese di campagna, pp. 76, 81. 174

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Fig. 89

Carta topografica settecentesca della Valle Varaita (Carta 17)

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CAPITOLO 4

Cartografia storica

Si presentano in questo capitolo le carte topografiche, realizzate nel XVIII secolo, che risultano essere le più significative per le tematiche trattate nei capitoli precedenti. Il testo di detti capitolo fa ad esse riferimento sia nelle note sia nelle figure. La maggior parte di questi documenti figurati è conservata negli Archivi di Stato di Torino; sono state qui pubblicate le indicazioni storiche e gli estremi delle collocazioni relative a tutte le carte principali, che illustrano la situazione geotopografica, strategica e difensiva delle valli cuneesi fra il 1742 e il 1748. Le carte sono elencate con numero arabo progressivo, secondo un criterio cronologico e distinguendo fra quelle di carattere più generale e quelle raffiguranti con precisione le opere difensive, realizzate in Valle Varaita nel corso dei tre anni della Guerra di Successione Austriaca, che più hanno coinvolto i luoghi d’interesse per questa pubblicazione. Carte per le fortificazioni e gli eventi del 1742 Carta 1 Schizzo a penna interno al documento Memoire des dispositions faites pour la garde de Cols, et passaiges de France qui vienent desboucher dans la Vallee de Varaite faite le 27.me aoust 1742 a la Chenal 1 - autore: F. de Vincenti (?) - datazione: 27 agosto 1742 Carta 2 Carte de la Vallée de Vraite des retranchemets, qui ont êté faits dans la dite Vallée, Fort, et Baricades de S.t Pierre - datazione : s.d. 2 - collocazione: AS.TOCorte, Carte topografiche e disegni, Carte topografiche segrete, Vraita 14 A VII ROSSO Carta 3 Tippo demostrativo della valle di Varaita principiando da Casteldelfino sino alli limitrofi della Francia 3 - datazione: s.d. - collocazione: AS.TOCorte, Carte topografiche e disegni, Carte topografiche per A e B, Vraita n. 5, Inv. 126 1

Si veda in bibliografia finale Memoire des dispositions 1742. Prima metà del XVIII secolo, entro il 1742. 3 La carta è completa di legenda sotto la titolatura «Indice» e rappresenta verosimilmente la situazione del 1742, essendo soltanto rilevato un trinceramento leggero a Château de Pont. 2

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Carte per le fortificazioni e gli eventi del 1743 Carta 4 Difesa della valle di Varaita, e di Blino per impedire l’Armata Spagnuola che non penetri da esse Valli in Piemonte 4 - datazione: s.d. (1743) - collocazione: AS.TOCorte, Carte topografiche e disegni, Carte topografiche segrete, Vraita 15 A VII ROSSO Carta 5 Dissegno dimostrativo delle valli di Vraita e della montagna di Pierre Longe cogli attacchi fatti sopra di essa dall’armata Gallispana col posto delle Trincere, e di Battaglioni diffendenti detta Valle 5 - datazione: s.d. (1743) - collocazione: AS.TOCorte, Carte topografiche e disegni, Carte topografiche per A e B, Vraita n. 1, Inv. 126 Carta 6 Tipo dimostrativo della valle di Varaita ove è stato l’attacco de Spagnoli unitamente alli Francesi 6 - datazione: s.d. (1743) - collocazione: AS.TOCorte, Carte topografiche e disegni, Carte topografiche per A e B, Vraita n. 3, Inv. 126 Carta 7 Piano in Misura del’Accampamento delle truppe di S.M. a Castel del Ponte nella valle di Varajta con l’attacco quivi delle Truppe Gallispane seguito nell’anno 1743 7 - autore: D. Minutoli - datazione: s.d. (post luglio 1744) - collocazione: AS.TOCorte, Storia della Real Casa, Storie Particolari, Carlo Emanuele III, Disegni e Piani de’ Campamenti, Ordini di Battaglia, trincieramenti, e Tabelle per l’Istoria Militare nelle Campagne di S.M. il Re Carlo Emanuele III degli anni 1742 ad 1748, Mazzo 24, categ.a 1 4

5

La carta è dotata di testo esplicativo che qui riportiamo:

Ogni cosa sotto le disposizioni, che ne hà date S. E. il Sig.r Marchese d’Aix cauagl.re dell’Ordine Sup.mo della Santiss.ma Annunziata; Generale; Gran Mastro dell’Artiglieria; Luogotenente Generale; e Comandante le Armate in esse Valli. Frà li siti di molto auanzati uerso la Francia, ha trouato esso Sig.r Marchese farsi il più proprio per ritenere il Nemico; con postare una linea, che abbia la sua destra al Piede del Monuiso; e la sinistra sopra al Castello denominato del Ponte a Seconda della lettera A di longo in longo il Bosco detto la leué; e qual linea uerrà custodita dà 10 Battaglioni comandati dal Brigadiere d’Armata Barone dù Vergè. Per difendersi indi dalla uenuta per la Valle di Varaita è Stato fatto un trinceramento sopra d’una picciola Rocca al Castel del Ponte, come alla lettera B; o per fiancheggiare a destra essi Trinceramenti, e Villaggio quiui, è stata costrutta una Batteria à 12 Smeriglj; come alla lettera C. Per ocupare le altezze tra la Valle di Varaita e quella di Blino, sono stati stabiliti 6 Battaglioni accampati alla lettera D Sotto il Comando del Sig.r Brigad.ed’Armata Guibert. Il quartier Gene. Si troua al castel Delfino alla lettera E. Osseruar si deue che la linea alla lettera A rimane collocata sopra d’una considerabile altura, che hà una ripa affatto aspra. Più che il campo alla lettera D, rimane coperto dà un Monte Scosceso, ed inacessibile dalla parti D, e che le falde dei Monti, ladoue si ritroua esso campo D sono à dritta, ed alla Sinistra affatto disastrose; sicche dà esso Campo tenendosi le cime F G H si ponno inuiare dei Carabinieri à fauore delle Boscaglie quiui, che fiancheggiano il Castel del Ponte alla lettera L; e dal medemo campo resti facile à mandarsi della Truppa d’Ordinanza per sostenere la Valle di Blino, doue nej Villaggi d’essa Valle si potranno porre dei Valdesi, e delle milizie, che uerranno secondate come Sopra; dimodoche secondo tutta la probabilità con [tene]re detta disposizione si uerrà à contenere l’Armata Nemica anche che ui uenisse numerosa.

La carta è completa di legenda. La carta è completa di legenda. 7 La carta è completa di legenda. 6

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Carte per le fortificazioni e gli eventi del 1744 Carta 8 Tipo delle valli di Bellino, e Varaita con l’attacco della ridotta di Pietra longa, ò sia monte Cavallo seguito li 19 luglio 1744 8 - datazione: s.d. (post luglio 1744) - collocazione: AS.TOCorte, Carte topografiche e disegni, Carte topografiche segrete, Vraita 16 A VII ROSSO Carta 9 Pianta del Ridotto costrutto l’Anno 1744 sopra Monte Cavallo volgarmente detto Pietra Longa 9 - datazione: s.d. (post luglio 1744) - collocazione: AS.TOCorte, Carte topografiche e disegni, Carte topografiche segrete, Monte Cavallo 16 A IV ROSSO Carta 10 Tipo delle valli di Varaita e Bellino con l’attacco di Pietra Longa seguito il giorno delli 19 luglio 1744 10 - datazione: s.d. (post luglio 1744) - collocazione: AS.TOCorte, Carte topografiche e disegni, Carte topografiche per A e B, Vraita n. 2, Inv. 126 Carta 11 Tipo delle valli di Varaita, e Bellino con l’attacco della ridotta di Pietra longa 19 luglio 1744 - datazione: s.d. (post luglio 1744) - collocazione: AS.TORiunite, Carte topografiche e disegni, Ministero della Guerra, Tipi guerra e marina, Valle Varaita Carta 12 Pianta dell’attacco a pietra Longa 11 - datazione: s.d. (post luglio 1744) - collocazione: AS.TORiunite, Carte topografiche e disegni, Ministero delle Finanze, Tipi Sezione II, n. 366/8/2 Carta 13 Piano in misura della Valle di Varaita e di Bellino, per il secondo affare di Casteldelfino 12 - autore: D. Minutoli - datazione: s.d. (post luglio 1744) - collocazione: AS.TOCorte, Storia della Real Casa, Storie Particolari, Carlo Emanuele III, Disegni e Piani de’ Campamenti, Ordini di Battaglia, trincieramenti, e Tabelle per l’Istoria Militare nelle Campagne di S.M. il Re Carlo Emanuele III degli anni 1742 ad 1748, Mazzo 24, categ.a 1

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La carta è completa di legenda. La carta è completa di legenda. 10 La carta è completa di legenda. 11 La carta è completa di legenda. 12 La carta è completa di legenda. 9

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Fig. 90

Carta topografica settecentesca della Valle Varaita (Carta 18) 100

Carta 14 Attaque des retranchements établis dans la vallée de la Varaita près de Casteldelfino, Haute Italie, par l’armée des deux Couronnes les 18 et 19 juillet 1744 13 - autore: ingegnere F. G. L. Roy de Vaquières - datazione: s.d. (1745) 14 - collocazione: SHD/T, Vincennes, LIC 283 (A433) Carte topografiche generali Carta 15 Carte topographique de la dèlimitation du Piemont avec la France depuis le Point du Loup Jusqu’au Col des Turres - autori: Negretti e Tallaro - datazione: s.d. - collocazione: AS.TOCorte, Carte topografiche e disegni, Ufficio topografico dello Stato Maggiore, Confini con la Francia, Mazzo 2, Monviso-Alta Val Maira, 5.1, Inv. 287 Carta 16 Carte de partie de la délimitation entre le Territoires du Pièmont et de la France 15 - autori: Porrino e Tallaro - datazione: s.d. - collocazione: AS.TOCorte, Carte topografiche e disegni, Ufficio topografico dello Stato Maggiore, Confini con la Francia, Mazzo 2, Monviso-Alta Val Maira, 5.2, Inv. 287 Carta 17 Dimostrazione dei colli nelle fini della Valle di Varaita 16 - datazione: s.d. - collocazione: AS.TOCorte, Carte topografiche e disegni, Carte topografiche per A e B, Vraita n. 4, Inv. 126 Carta 18 Carte démonstrative de la partie principale de la vallée de Vraite 17 - autore: J. Guillet Pougny barone di Monthoux - datazione: s.d. (anni ’80 del XVIII secolo) - collocazione: AS.TOCorte, Carte topografiche e disegni, Carte topografiche per A e B, Vraita n. 6, Inv. 126 Carta 19 Carta topografica d’una parte delle Ualli di Stura, Grana, Macra, Blino, Uarajta, e Po unitamente alli Trinceramenti stati fatti in esse Ualli come pure gli attacchi stati fatti in 13

La carta è completa di legenda. La carta è pubblicata in Topographie militaire 1891 in allegato alla memoria R OY DE V AQUIÈRES 1745. 15 Si tratta di una carta analoga alla Carta 15 con varianti nella resa pittorica dei rilievi. 16 La carta è completa di legenda. 17 La carta è completa di legenda ed è databile probabilmente intorno agli anni ‘80 o ‘90 del XVIII secolo essendo opera del de Monthoux, ufficiale dello Stato Maggiore in quegli anni e attivo nell’ambito della cartografia militare (S CONFIENZA 2005b). Sul de Monthoux, nato a Ginevra nel 1760 e impegnato durante la Guerra delle Alpi, si vedano B ARBERIS 1988, p.285; I LARI -C ROCIANI -A LES 2008, pp. 367, 539; I LARI ET A. 2008, p. 275, e la sintesi della carriera dal 1814 al 1830 in AS.TORiunite, Archivio Camerale, Patenti Controllo Finanze, 1814-1831, D-F Indice, vol. 19, p. 99. 14

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detta Ualle di Uarajta dalle Truppe gallispane contro le Truppe di S. M. nelli Giorni 6, 7 e 8 del Mese di Ottobre 1743 18 - datazione: s.d. (post ottobre 1743) - collocazione: AS.TOCorte, Carte topografiche e disegni, Carte topografiche segrete, Stura 13 A V ROSSO A VVERTENZA La pubblicazione integrale o parziale all’interno del presente volume delle Carte 2, 4, 8, 9, 10, 13, 17, 18 è stata autorizzata in data 16 gennaio 2009 dalla Direzione dell’Archivio di Stato di Torino, con lettera protocollata n. 284/28.28.00

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La carta è completa di legenda. 102

CAPITOLO 5

La documetazione storica

Le fonti storiche presentate in questo capitolo hanno importanza sia per la narrazione storica della battaglia di Pietralunga sia per la ricostruzione della topografia e dell’aspetto delle fortificazioni campali, oggetto dei capitoli precedenti. Le fonti storiche I testi qui riprodotti sono stati citati nelle note dei capitoli precedenti in abbreviazione, come nell’elenco seguente, e in ordine alfabetico per facilitarne il reperimento. Per lo scioglimento delle abbreviazioni si veda la bibliografia generale ALLAIS 1891. Opera della fine del XIX secolo redatta da un erudito curato dell’alta Valle Varaita, Claudio Allais, informato e attento alle vicende passate della sua valle e della Castellata, corrispondente all’antico Escarton delfinale di Château Dauphin. A NONIMO 1767. Relazione, il cui originale è conservato negli Archivi dipartimentali di Nizza, fondo Alziari di Malausena, redatta da un anonimo ufficiale dell’armata del Re di Sardegna, che condusse una ricognizione sulle montagne di confine con il regno di Francia nell’agosto del 1767. B OURCET 1775. Pierre de Bourcet, nato a Usseaux nella valle di Pragelato l’anno 1700, quando ancora i territori dell’alto Chisone appartenevano al Regno di Francia. Figlio di un capitano della milizia pragelatese al servizio di Luigi XIV, fece carriera nell’armata di Luigi XV e divenne luogotenente generale, cavaliere di gran croce dell’ordine di San Luigi, direttore delle fortificazioni del regno. Fu autore di numerose opere e memorie sulla guerra e sulla topografia alpina durante il XVIII secolo, fra cui Principes de la guerre de montagnes, edito nel 1775. In questo volume compare uno studio specifico sull’avvio della campagna del 1744 in Piemonte, corrispondente all’Example XII. Passage des Alpes - 1744, qui riportato. Nel 1744 il Bourcet era l’ingegnere addetto allo stato maggiore del principe di Conti con la qualifica di vice-maresciallo d’alloggio1. COSTA DE BEAUREGARD 1794. Famoso personaggio, militare e scrittore, della cultura piemontese di fine XVIII secolo e autore di Un homme d’autrefois, in cui si raccontano le vicende del Piemonte durante le guerre della Rivoluzione Francese, Enrico Giuseppe Costa marchese di Beauregard scrisse anche fra il 1794 e il 1795 la memoria qui allegata, la cui prima parte venne presentata in un consiglio dello stato maggiore dell’armata de Re di Sardegna il 3 maggio 1798. Du Camp de S.t Pierre 1744. Relazione anonima, corrispondente al testo del giornale dello stato maggiore sabaudo in Valle Varaita, che riferisce gli eventi fra il 17 e il 19 luglio 1744. Fu redatta il 20 luglio. GALLEANI-D’AGLIANO 1840. Memorie del conte Gaspare Galleani d’Agliano, ufficiale dei dragoni, nel luglio 1744 al comando del marchese di San Germano sul colle di San Giovanni, sopra 1

Sul personaggio B LANCHARD 1981, pp. 100-101. 103

Sampeyre. Gli scritti del personaggio furono pubblicati nel 1840 da Luigi Cibrario con il titolo di Memorie storiche sulla guerra del Piemonte dal 1741 al 1747, scritte dal conte Gaspare Galleani d’Agliano. Lettre du Capitaine 1744. Lettera scritta da un capitano del reggimento di fanteria francese di Poitou, comandante del secondo battaglione e presente di persona alla battaglia di Pietralunga. Il suo nome purtroppo non è noto. La lettera è stata ricopiata e raccolta fra i Manoscritti Militari conservati presso la Biblioteca Reale di Torino, con la titolatura Lettre du Capitaine Commandant le 2.e Battaillon du Reg.t de Poitou, de la Redoute de Pierre Longe le 22 juillet 1744 MINUTOLI s.d.b. L’abate Daniele Minutoli, prima di vestire l’abito ecclesiastico, servì nell’armata del Re di Sardegna come capitano nel reggimento Guibert e fu in Valle Varaita durante le campagne del 1743 e del 1744. Scrisse dopo il 1748 la Rélation des Campagnes faites par Sa Majesté le Roi Charles Emanuel de Sardaigne et par ses Généraux, avec des Corps séparés, pendant les années 1742 a 1748, divisa in cinque volumi e corredata di due atlanti di tavole figurate. Il volume di nostro interesse è il Tomo 2, intitolato Rélation de la campagne faite par S.M. en 1744 Relation de l’action du 19 juillet s.d. Si tratta di una relazione anonima, come quella del capitano del Poitou, redatta verosimilmente nella data che porta da un ufficiale francese e dedicata alla narrazione degli eventi del 19 luglio 1744. È attualmente conservata presso gli Archivi di Stato di Torino perché fu verosimilmente intercettata dai soldati del Re di Sardegna e consegnata al comando sabaudo. Relation de la prise s.d. Relazione conservata con quella precedente e con destino analogo, che dedica alcuni passi agli eventi della Valle Varaita, ma l’attenzione è soprattutto rivolta al superamento delle Barricate di Valle Stura il 17 luglio 1744. ROY DE VAQUIÈRES 1745. Nato ad Arles nel 1706, François Joseph Louis Roy de Vacquières era l’ingegnere addetto alla colonna del de Givry e prese parte personalmente alla battaglia di Pietralunga, già reduce dall’attacco a Villefranche nella primavera dello stesso anno. L’ufficiale fu presente anche agli assedi di Demonte e Cuneo, ma morì in servizio alla fine della campagna del 17442. La sua relazione datata 10 febbraio 1745 fu evidentemente riordinata e trascritta postuma ad Arles, sua città d’origine, forse dal fratello maggiore François Louis. SAINT SIMON 1770. Il marchese Henri de Saint Simon fu aiutante di campo del principe di Conti durante la campagna in Piemonte del 1744. Il 19 luglio era in Valle Stura con lo stato maggiore gallispano, ma raccolse il materiale documentario di tutta la campagna a sua disposizione per redigere e dare alle stampe nel 1770 l’Histoire de la Guerre des Alpes ou Campagne de MDCCXLIV par les Armées combinées d’Espagne et de France commandées par S.A.R. l’Infant Don Philippe et S.A.S. le Prince de Conti Suite 1744. Si tratta della parte del giornale dello stato maggiore sabaudo dedicata al 17 luglio, anteriore nel tempo quindi a Du Camp de S.t Pierre 1744. THOLOSAN 1777. Don Bernard Tholosan fra il 1734 e il 1759 fu parroco di Chianale, l’ultimo paese nell’alta Valle Varaita prima dei cammini che conducono ai colli dell’Agnello di Maurin e Longet. Fu testimone oculare e protagonista nella sua veste di capo della comunità religiosa durante le vicende belliche del 1743 e del 1744. Scrisse poi in età avanzata le Memorie storiche sui fatti d’arme occorsi nella valle di Vraita nella guerra del 1742, per discolparsi dalle accuse di connivenza con i Gallispani durante i periodi d’occupazione. 2

Sul personaggio B LANCHARD 1981, p. 663. 104

I testi I passi citati dalle fonti storiche appena descritte sono presentati con la numerazione delle righe, in modo da facilitare il reperimento delle parti citate o segnalate nel testo dei capitoli precedenti § ALLAIS 1891, pp. 244-253 1

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CAPO XVII

Le prime colonne dell’armata franco-spagnola si portarono sulle testate delle valli di Stura e di Maira e le tre ultime, cioè la settima, l’ottava e la nona si presentarono alla sommità della valle di Varaita. La settima colonna composta di sei battaglioni, comandati dal luogotenente generale don Luigi Gandiga, partì da Guillestre e passando per San Paul e Maurin si presentò alla testa del colle dell’Agnello per minacciare la valle di Casteldelfino indi retrocesse per portarsi ad Acceglio, in val di Maira, traversando il colle di Maria allo scopo di sostenere la sesta colonna, comandata dal luogotenente generale conte di Lautrec, che aveva ordine di portarsi al Preit per minacciare la valle di Maira. Il marchese di Camposanto, luogotenente generale, con cinque battaglioni che formavano l’ottava colonna, staccati dal campo di Pontcernieres vicino a Briançon, passò per Seillac ed il lago di Praria per portarsi alle Traversieres di Bellino, a cavalcioni delle valli di Varaita e di Maira, e riversarsi in questa od in quella a seconda delle convenienze o del bisogno. Il balio di Givrì, luogotenente generale, alla testa di dieci battaglioni che formavano la nona colonna, partì da Barcellonetta e si portò al di là del Monginevra dalla parte della valle di Cesana per ingannare il nostro re e fargli attrarre colà le sue forze, fingendo una irruzione nelle valli di Susa e di Pragelato; indi ripassando d’un tratto la montagna, venne presentarsi in faccia alla Gardetta nella valletta di Bellino e sulla sommità di Bondormir che domina la valle di Casteldelfino. Il brigadiere Chevert comandava un corpo di mille cinquecento uomini, tratti da diversi reggimenti e quattro compagnie di granatieri della brigata di Poitu per facilitare a preparare gli attacchi del balio di Givrì e concertare le sue operazioni con lui. Queste nove colonne si trovarono la sera del 17 luglio ciascuna al posto assegnatole dal principe di Contì, dopo aver molto sofferto nella marcia forzata della notte precedente, in cui la pioggia non cessò di cadere per dieci ore di seguito. Il principe di Contì e l’infante di Spagna, scendendo alla testa della loro colonna il colle dell’ Argentiera, e preceduti dal marchese Lasminas e dal luogotenente generale d’Aramburu, arrivarono a Berzesio nella vane di Stura in faccia alle Barricate. Il nostro luogotenente generale Pallavicini, informato dalle sue numerose spie che tre corpi d’armata nemica s’avvicinavano per sorprenderlo ai fianchi ed alla coda, e credendo che tutte le forze del nemico si fossero riversate contro di lui, per non far perire o far prendere prigionieri i suoi otto battaglioni, abbandonò l’alta e la bassa Lobiera ed il campo della Montagnetta, posti che avrebbero fatto rabbrividire l’esercito più agguerrito per espugnarli, al nemico e si ripiegò colle sue truppe su Demonte, facendo saltare nella ritirata i ponti e distruggendo sì fattamente il cammino della valle di Stura da rendere assolutamente impraticabile il passaggio delle Barricate. Dopo questo buon successo il principe di Contì stava inquieto per la sorte che avrebbe toccata alle altre quattro colonne che combattevano alla sua sinistra, quindi il maresciallo di campo de Villemur spedì un ufficiale per avvisare la sinistra dei successi della destra, ma costui essendo caduto col suo cavallo nel fondo d’un vallone, per dove scorreva un torrentello, vi morì annegato. Altri messaggeri furono spediti contemporaneamente allo stesso fine dal principe suddetto al balio di Givrì e dal marchese Pallavicini al nostro re, ma nè gli uni nè gli altri giunsero a portar la notizia per tempo, del resto si sarebbe risparmiato il sangue sparso inutilmente nell’alta valle di Varaita, come stiamo per raccontare. Il luogotenente generale de Gandica alla testa della settima colonna, seguendo il movimento della sesta colonna, s’era portato in Acceglio nella valle di Maira, da dove per ordine del principe di Contì passò in quella di Varaita, sulla sommità di Bondormir, per sostenere l’ottava e la nona colonna. Il marchese di Camposanto, comandante dell’ottava colonna, da Brianzone s’era trasferto con cinque battaglioni sulla montagna della Traversiera nel versante settentrionale della valletta di Bellino. Per arrivarvi era passato appiè del monte Morel senza seguire veruna traccia di cammino, e di là era asceso sulla crestaia del monte Peirol, da dove s’avanzò in faccia ai nostri accampati alla Bicocca. Il suo scopo non era tanto di assalirli, sebbene lo abbia poi fatto con un fuoco molto lento, quanto di inquietarli ed impedir loro di portarsi in soccorso dei trinceramenti di Pietralunga. Il balio di Givrì, luogotenente generale, sulle cui spalle gravitavano le operazioni della sinistra dell’armata, aveva per finta strategia condotta la nona colonna da Brianzone al di là del Monginevra; indi, ripassata questa montagna, s’era portato sul colle dell’Agnello e poi su quelli di San Verano e di Longet per scendere nel vallone delle Combe, alla testata della valletta di Bellino. Aveva egli ai suoi ordini il conte di Danois, luogotenente generale, e dieci battaglioni, fra i quali tre di Poitu comandati dal luogotenente colonnello signor de Morenne, ed era preceduto nella sua marcia dal brigadiere di Chevert, luogotenente colonnello, che comandava un distaccamento di 1500 uomini e quattro compagnie di granatieri. Il sedici giugno questo brigadiere attaccò la nostra guardia di Chayol, 105

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che si ripiegò dopo aver scambiato qualche colpo di fucile col nemico verso la Gardetta. La notte dal sedici al diciassette i Francesi accamparono a Chayol ed i nostri alla Gardetta. Non sono tanto facili i sentieri di comunicazione da un sito all’altro su questi monti per chi non li conosce, ma un traditore della patria si prestò al nemico, facendogli evitare ogni sorpresa dei nostri e dandogli agio ad attaccarli ovunque con vantaggio. Era egli nativo di Bellino e già stato accusato e convinto di spionaggio. Mentre due soldati lo conducevano incatenato, scendendo dall’alto della montagna, per consegnarlo nelle mani della giustizia, egli con un urto repentino, in un viottolo strettissimo tra le roccie, li sorprese e gettò nel sottoposto precipizio, ove incontrarono la morte. Salvatosi con un tale stratagemma, si portò al campo nemico, ove fu ben accolto dal luogotenente colonnello de Modane, aiutante maresciallo generale d’alloggio della divisione, ed al quale non solo indicò tutti i passaggi e comunicazioni delle contigue montagne, ma volle ancora far da guida. Il principe di Conti, per rimeritarlo, lo condusse l’inverno seguente nel suo castello de l’Isle-Adam fornendolo d’un tenimento lucroso. Quivi era conosciuto sotto il nome di Doux Berger. Dalle sue rivelazioni il brigadiere Chevert conobbe che le nostre truppe, trincerate nelle grangie della Gardetta, appiè della montagna delle Combe, erano pari alle sue, quindi s’avanzò a sloggiarle. Al suo sopraggiungere i nostri lo salutarono con una forte scarica di moschetteria dalle numerose feritoie aperte nei muri di quelle grangie. Come però questo posto gli impediva di portarsi col suo distaccamento sulla sommità di Bondormir per trovarsi il giorno diciotto nella posizione assegnatagli dal principe di Contì in faccia al nemico, così l’attaccò con tutta la vivacità. Già i granatieri s’erano impadroniti con gran pena della prima casa, ma bisognava ancora assalire le altre nove o dieci, difese dai nostri con gran coraggio. In quel mentre arrivò il conte di Danois colla brigata di Poitu. Chevert gli cedette la posizione e poi si portò di fianco per tagliare la ritirata ai nostri, i quali, accortisi del suo disegno, cominciarono a ritirarsi con buon ordine sostenuti dalla retroguardia formata da trecento carabinieri a piedi stati mandati loro di rinforzo. In ultimo anche questi dovettero darsi a precipitosa fuga per non lasciarsi circuire dal nemico. Tutti poi passarono chi alla Bicocca, chi al campo dell’Espeirases dopo aver perduto un trenta o quaranta uomini ed averne lasciati prigionieri nelle mani del nemico una ottantina circa, fra cui molti feriti. I Francesi poi scesero a Celle di Bellino dopo aver dato il fuoco alle grangie della Gardetta, indi, seguitando il cammino, una parte di loro rasentò la roccia di Fera e si portò ad attaccare il nostro trinceramento di Bondormir, ove trovò sì forte e valida resistenza che non riuscì ad impadronirsi del posto. Di là montò su Pietralunga ove si riunì cogli altri commilitoni, che sotto la guida del traditore avevano seguito un altro sentiero parallelo e non discosto dal primo. L’ardente Chevert voleva subito misurarsi coi nostri, ma il balio di Givrì gli rispose che prima di farlo voleva tenere un consiglio di guerra. A comporlo furono chiamati il conte di Danois, lo stesso Chevert, Modane ed i quattro colonnelli dei reggimenti della divisione e fu di comune accordo deciso l’attacco pel giorno seguente. Appena che i nostri videro comparire il nemico sulla sommità di Pietralunga fecero saltare in aria il ponte di comunicazione e tennero fermo a difendere il passaggio; intanto il nemico lavorando assiduamente di notte tempo, costrusse un cammino a zic-zac attraverso il vallonetto di Pietralunga sul versante settentrionale per avanzarsi appiè della medesima. Il brigadiere Chevert fu destinato col suo distaccamento di 1500 uomini a preparare l’attacco ed impadronirsi d’uno stretto detto il passo del Chat, per dove bisognava transitare uno dopo l’altro e fare un salto dell’altezza di due piedi più abbasso sopra un terreno in pendenza e sdruccievole. A cinquanta metri di distanza da questo passo, sul fianco della roccia attigua, stavano quattrocento granatieri piemontesi per difenderlo e lo infilzava una batteria di cannoni postata nei trinceramenti. Quando Chevert comparve, era quel sito coperto da una nebbia fittissima, quindi non fu possibile riconoscerlo dal trinceramento; ricevette però tutta la scarica della moschetteria dei granatieri piemontesi appena avvertita, senza poterla vedere, la testa del suo distaccamento. Il Chevert allora avendo fatto accelerare quel passaggio dai suoi soldati, loro fece porre la baionetta in canna e proibì di rispondere al fuoco dei nostri, quindi si precipitò sugli stessi granatieri, i quali per tema di non essere sostenuti e d’essere schiacciati dal numero maggiore dei nemici, si ritirarono con grande confusione verso la ridotta del Baraccone, ove portarono lo sgomento e trassero ancor fuori seco loro quei che lo custodivano. Per questa precipitosa fuga abbandonarono al nemico le loro tende, indi appiccarono il fuoco a tre grosse cataste di legno per dare il segnale ai loro commilitoni della Bicocca che Pietralunga era stata presa, e poi si ripiegarono verso Montecavallo. La colonna francese allora scese dalle falde di Pietralunga senza soffrire grave danno dal cannone del fortino di Montecavallo, che la investiva, fino alla punta della Battagliola in un secondo ridotto, abbandonato subito dai nostri dopo una forte scarica di fucili. Per causa della strettezza della porta di quel ridotto, che impediva la libera uscita, molti dei nostri fluono contusi ed altri vi trovarono la morte. Alla Battagliola i Francesi fecero una fermata di due ore per sentire la messa, celebrata in quel giorno festivo di precetto da un sacerdote, e per rifocillarsi; indi si portarono sopra il ridotto di Montecavallo meglio fortificato che gli altri, guernito di sette battaglioni che bordavano il suo parapetto, e di varii cannoni di nuova invenzione. Comandava in esso il generale maggiore du Verger ed il brigadiere commendatore di Castagnole. Prima d’ingaggiar la battaglia. il brigadiere Chevert spedì al du Verger un aiutante maggiore del reggimento di Provenza per invitarlo alla resa, minacciandolo in caso contrario di far passare a fil di spada la sua guarnigione. Il du Verger gli fece rispondere che l’aspettava a piè fermo e che avrebbe fatto il suo dovere. Pare che l’uffiziale non sia stato ricevuto nel ridotto, poichè non seppe nulla riferire nè sulla 106

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solidità e forza del medesimo, nè sul numero dei suoi difensori. Chevert si determinò allora all’attacco immediato, ma non volle farlo prima d’avvertire il balio di Givrì ed assicurarsi del suo soccorso. Costui gli rispose di nulla intraprendere senza che si trovasse lui presente a dar gli ordini necessari. Come però il giorno precedente aveva fatto riconoscere il posto per cui doveva passare nel caso d’una ritirata, e cominciava a mancare di sussistenza, poichè in detto giorno era stato derubato dai nostri di cinquanta muli carichi di pane, così propendette a preferenza per l’attacco, ed ordinò che fosse dato immediatamente. Il distaccamento di Chevert ebbe l’ordine di presentarsi all’attacco in faccia alla batteria, la brigata di Poitu alla sua destra e quella di Provenza in mezzo tra l’uno e l’altro; il colonnello Salis fu mandato occupare una spianata dominante la valletta di Bellino, per impedire la riunione al trinceramento di quattro battaglioni dei nostri, che si trovavano sul versante meridionale di detto luogo. Il battaglione di Béziers fu ordinato d’andar in cerca della polvere e delle palle e portarle a tutti i punti d’attacco. Essendo così disposte le cose, la colonna si pose in marcia senza il sacco per essere più leggera e più libera nel combattimento, ma non potè osservare l’ordine prescritto, poiché per causa del terreno, molto in pendenza e liscio, una parte dei combattenti si rovesciò sull’altra, motivo per cui i tre corpi si presentarono all’attacco formando una massa sola. Il tempo in quel giorno era oscuro ed una folta e densa nebbia copriva talmente il ridotto ed i suoi contorni che il nemico arrivò a trenta passi dai nostri senza essere veduto. A questo incontro si aprì da ambe le parti un fuoco vivissimo di moschetteria. I Francesi trovandosi all’aperto, senza riparo, si slanciarono allora sulle palissate del cammin coperto, da dove sloggiarono i nostri, senza poter tagliare nè svellere le medesime per mancanza degli utensili necessari. Per sostenersi furono costretti a fare un fuoco continuo contro i nostri, che tiravano con maggior vantaggio, essendo coperti dai loro trinceramenti. Per più di quattro ore durò il combattimento a solo dieci passi dal muro dei trinceramenti e col puro cammin coperto in mezzo, ma alla fine i Francesi furono costretti a ritirarsi. Ciò non ostante il balio di Givrì non si ristette dall’impresa, ma facendo succedere alle prime truppe altri battaglioni freschi, rinnovò l’attacco con tale ardore che i Francesi avanzandosi nuovamente fino alle palissate fecero sforzi inauditi per superarle, ma respinti con pari bravura dai nostri retrocessero la seconda volta con grandissima loro perdita. Il balio di Givrì, ferito gravemente in una coscia in questo secondo assalto, ordinò alla sua gente la ritirata, come l’ordinò in un terzo ripreso poco dopo, non sperando più nella vittoria. Come però l’ordine fu dato nel calor dell’azione i soldati del reggimento di Poitu e di quello di Travers s’ostinarono e domandarono la bandiera, che di mano in mano gettarono nel cammin coperto e che riuscirono ad inalberare contro il trinceramento, svellendo colle mani e gettando a terra qualche palissata. Era questo un momento che faceva rabbrividire; i fucili delle due nazioni si incrocicchiavano; tutti i colpi, che partivano da una parte e dall’altra ferivano alla testa ed erano mortali. Il conte di Danois allora considerando che il balio di Givrì era gravemente ferito, il marchese della Carta, comandante la brigata di Provenza morto, e che gli altri colonnelli come un gran numero di uffiziali erano pur feriti, si determinò a far battere la ritirata la quarta volta, ma i soldati, pressochè senza uffiziali, non ubbidivano più. Conoscevano essi il grave pericolo che correvano per la ritirata, quindi anzichè farsi crivellare la schiena dalla nostra artiglieria e moschetteria, preferivano con somma audacia instare nella pugna; credendo di riuscire a svellere e distrurre colle proprie mani l’intera palissata del trinceramento. Per loro gran fortuna il colonnello de Salis lasciò in quel momento la sua posizione e si portò ad attaccare dalla sua parte i nostri, e sebbene alla prima scarica abbia egli incontrata la morte, tuttavia il suo intervento decise la sorte della battaglia. I nostri al suo avvicinarsi si precipitarono in massa contro di lui e sguernirono il lato che con gran bravura difendevano da quattro ore. Un sergente nemico tentò allora slanciarsi nel trinceramento, ma vi trovò la morte; un granatiere, più fortunato, riuscì subito dopo a cacciarvisi colla sciabola in mano, e seguito immantinente da altri suoi commilitoni, caricarono tra tutti con tanto furore i nostri che loro non diedero campo a reagire e li obbligarono alla resa. Il commendatore di Castagnole fu ivi gravemente ferito e furono uccisi il generale maggiore du Verger, il colonnello Roguin, svizzero, il marchese di Seyssel, primogenito del marchese d’Aix ed aiutante di campo del re; uccisi ancora o feriti furono i maggiori dei battaglioni e tutti gli uffiziali dei granatieri. I Francesi fecero man bassa su tutto ciò che i nostri non poterono asportare e non s’arrestarono che alla vista del reggimento delle Guardie e di quello di Saluzzo giunti a surrogare i primi combattenti. Dopo una leggiera resistenza queste novelle truppe fecero front’indietro e si precipitarono gli uni verso il Puy, borgata di Casteldelfino, e gli altri verso la comba di Julliard nel versante esposto al nord di Pontechianale, incontrando molti la morte nella loro precipitosa fuga tra tanti dirupi. Il combattimento ebbe fine ad un’ora prima di notte del giorno diciannove luglio 1744. Ne restarono dei nostri sul campo un 1350 quasi tutti uccisi per colpi ricevuti alla testa; più di trecento perirono nei valloni sottostanti per le archibugiate dei Francesi e per le cadute nei precipizi. La perdita del nemico fu pure considerevolissima. Il Saint-Simon la dice inferiore alla nostra, ma il conte Gaspare Galleani d’Agliano la fa ascendere a sette mila uomini tra morti e feriti e calcolò un due mila dei nostri tra morti, feriti e prigionieri. Il reggimento di Poitu, che si distinse in quella giornata, perdette un gran numero d’ufficiali; i due battaglioni di Contì, di sessanta che ne avevano al principio dell’azione, alla sera non ne trovarono più che dieci abili al servizio. Il numero dei soldati di tutti i reggimenti era considerevolmente diminuito. Il conte di Danois li fe’ coricare sul campo di battaglia mandando distaccamenti a cercare le tende ed i sacchi. Il nostro re, che si trovava al Villaret, appena conosciuto l’esito del combattimento fece 107

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ritirare tutta l’artiglieria dai forti di San Carlo, di Bertola e del Castello e si ripiegò colle sue truppe a Casteldelfino, da dove si avanzò in persona a raccogliere un due centinaia di soldati, che avevano scampato dall’eccidio di Montecavallo; fu osservato che tra il piccolo numero degli ufftziali che lo raggiunsero, non si trovò un solo che non fosse ferito […]

§ ANONIMO 1767 1

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D U CAMP DE LA LEVEE ET DES POSTES DE CHATEAU DU P ONT, BONDORMIR , P IERRELONGUE ET MONTE C AVALLO […] La vallée de Bellino est séparée de celle de Château-du-Pont par une chaîne de montagnes qui comprend Buondormir, Pierre-Longue et Monte Cavallo. Celle-ci, qui est la plus basse, s’unit par une crête fort étroite à Pierre Longue qui s’unit par une crête semblable à Buondormir. J’ai employé les 6 et 7 août à visiter Monte-Cavallo et Pierre-Longue et à considérer la hauteur de Buondormir et ses abords. J’ai trouvé que ce poste de Pierre-Longue consiste dans une montagne stérile, formée par une longue crête, sur laquelle peuvent marcher huit à dix hommes de front, avec une pente extrêmement rude et longue vers les Celles, où l’on voit la trace de plusieurs tentes. Mais de l’autre côté, elle a presque partout des escarpements de la profondeur de quelques trabucs; après quoi commencent les pentes rudes jusqu’au fond de la vallée. Le contour de cette crête présente trois côtés bien distincts vers les escarpements. Le premier de ces côtés commence à la montagne de Buondormir et s’étend vers le GrandViso, faisant face au vallon delle Ruinasse; les escarpements de ce côté sont pourtant interrompus par des pentes rudes, dont l’une est au pied de Buondormir, appelée: il passo di Buondormir, et l’autre, vers l’extrémité de ce côté. Au sommet de ces deux pentes, l’on voit encore les vestiges de deux baracons et d’un parapet, pour se défendre du côté du vallon delle Ruinasse. L’autre côté de Pierre Longue est vis-àvis de la Vraita, comprise depuis la Rua Ciansana jusqu’au Château-du-Pont, et de l’autre côté se replie vers la Bicocca, à l’extrémité duquel se détachent deux grands ravins qui vont se terminer l’un au-dessus des Celles et l’autre au-dessus de Bellino. Dans la dernière guerre, l’on avait fait un chemin sur la pente de Pierre-Longue, vers les Celles, qui depuis le pas de Buondormir en côtoyait la crête et passait à son extrémité vers la Bicocca, où l’on avait fait un pont sur un précipice pour passer de là sur Monte-Cavallo, en côtoyant au pied d’une partie des escarpements de Pierre-Longue. Je n’ai trouvé sur la montagne de Pierre-Longue aucun emplacement pour que les troupes puissent soutenir ce poste avec avantage, à moins que l’on suppose que l’ennemi fasse une attaque du côté de bas en haut, à côté du vallon de Ruinasse. Mais cette supposition à part, il me paraît qu’il ne convient pas de placer des troupes à Pierre-Longue pour les raisons suivantes: 1° Parce qu’un petit corps n’aboutit à rien dans ce poste, et si l’on y place quelques bataillons, ils auront de la peine à y subsister longtemps, faute d’eau et de bois qu’il faut aller chercher fort loin. 2° Parce que l’ennemi, qui viendrait par la vallée de Bellino et qui s’avancerait par les chemins qui sont compris entre les hauteurs depuis la Gardetta, le Chazal et les Celles, avec une partie de ses troupes qu’il ferait avancer sur les hauteurs de Buondormir, déplacerait les nôtres qui seraient au premier Baracon et, sous la protection de ce feu, les troupes qui se seraient avancées par les autres chemins qui sont plus bas, pourraient également se former et attaquer à loisir les troupes qui n’auraient plus aucun avantage pour le terrain; et si elles étaient battues, ne pourraient se retirer qu’en se précipitant en bas vers les Celles dans une entière confusion. En visitant Monte-Cavallo, j’ai trouvé que son sommet est un long dos d’âne, dont la pente du côté de Bellino est toute gazonnée jusqu’aux deux tiers de sa descente. Dans cette partie, qui est rapide, l’on trouve des plateaux pour y camper des troupes qui ont de l’eau à portée, mais qui sont obligées d’aller chercher le bois dans l’autre pente, du côté du Pont. L’on m’a dit qu’en 1743, on avait placé sept bataillons sur Monte-Cavallo. On y voit encore les vestiges de ce camp et celle d’un parapet qui a été fait le long de la crête vers la vallée de Pont, derrière lequel on peut placer la troupe sur deux rangs. Par la description que je viens de faire de Monte-Cavallo et de Pierre-Longue, l’on voit que le poste de MonteCavallo n’est bon que pour autant que l’ennemi attaquera de bas en haut. Mais, dès que celui-ci viendra de Pierre-Longue, nos troupes perdront tout l’avantage du terrain, et, si elles sont battues, elles ne pourront plus se retirer en bon ordre; mais elles seront obligées de prendre la fuite par les pentes de la montagne. D’ailleurs, ce poste me paraît trop isolé et séparé des troupes placées au camp de la Levée et sur les hauteurs de Villars et de Bertines. J’ai aussi considéré la trace de la redoute que l’on avait construite sur Monte-Cavallo en 1744; cette redoute embrassait la Cima del Pra dell’Alp et le ponta de Costa Bella. Elle n’était abordable que du côté de Pierre-Longue, en s’avançant sur la crête qui est assez large en cet endroit pour y marcher en colonne sur 14 à 16 hommes de front. Par ce tracé, l’on voit qu’on avait tenu trop en arrière un flanc qui aurait du battre le terrain, si l’on eût avancé l’ouvrage de quelques pas de plus; et par le reste de cet ouvrage, il paraît qu’on n’avait pas donné un profil hors d’insulte au point abordable qui était dominé par une hauteur qu’on trouve à la portée du fusil. L’intérieur de cette redoute était si gêné par la cime de Pra dell’Alp que le moindre mouvement en arrière des troupes placées derrière le parapet les obligeait à se découvrir entièrement. Enfin, ce poste ne m’a point paru propre pour 108

y faire une redoute d’une seule enceinte, à moins qu’on se détermine à faire un autre parapet à mi pente de la Cime de Pra dell’Alp, afin de se procurer par là des feux à deux ordres contre l’ennemi; ce travail est fort aisé et d’une très petite dépense et fournit une protection aux troupes de la première enceinte pour revenir à leur poste, au cas qu’elles en soient chassées.

§ BOURCET 1775, pp. 228-232 1

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La difficulté de passer en Italie par les côtes de la mer, eu égard aux chemins qui ne permettaient aucun transport d’artillerie, pas même à équipage, la mer occupée par les Anglais dont le canon pouvait inquiéter la marche des troupes dans différents points, et la disposition de cette traverse entrecoupée de plusieurs ravins sur lesquels le roi de Sardaigne pourrait se porter en force dans le temps que nous ne pourrions y arriver qu’en défilant, indépendamment du peu de ressources qu’on aurait eues, après ce passage, pour porter du secours à l’armée affaiblie par la désertion et la maladie ou par différents échecs, déterminèrent les opérations sur les frontières du Dauphiné et firent abandonner le projet de passer en Italie par la rivière de Gênes. Cette détermination prise, M. le prince de Conti demanda à M. de Bourcet un mémoire préliminaire pour les opérations à faire sur la frontière du Dauphiné, et après avoir scrupuleusement examiné les raisons qu’il détailla, on convint que les positions les plus avantageuses à prendre, et qu’il indiquait, étaient celles de Briançon, Guillestre et Tournoux, qui étaient les seules qui pussent remplir l’objet qu’on s’était proposé, parce quelles ne laissaient que huit lieues d’intervalle de la droite à la gauche et menaçaient également toutes les vallées par lesquelles on pouvait déboucher en Piémont, et qu’elles obligeaient le roi de Sardaigne à être à vingt lieues de marche pour se porter de la vallée d’Esture dans celle de Suse. Ce fut sur ces trois positions qu’on disposa la marche des troupes du comté de Nice par les différentes routes qui pouvaient conduire à ces points, laissant seulement huit bataillons aux ordres de M. de Castelar dans le comté de Beuil, pour s’en servir dans le besoin, comme on le verra ci-après. Douze bataillons français et six espagnols postés à Briançon marchèrent par le col du Bourget au village de Bousson en Piémont, à portée d’Oulx et d’Exilles, dans le temps que quatre bataillons français et espagnols, débouchant de la Savoie par le col de la Roue, marchèrent à Oulx, où ils furent joints par un détachement de deux mille cinq cents hommes du camp de Bousson. L’objet de cette marche, qui avait précédé de quelques jours celle de l’armée, était de faire prendre le change au roi de Sardaigne pour l’objet de se porter de force dans la vallée de Suse, dans le temps qu’une partie de l’armée arrivant à Guillestre et à Tournoux dans la vallée de Barcelonnette aurait été à portée de marcher le 12 dans la vallée d’Esture pour attaquer les Barricades, et que l’autre partie ferait mine d’attaquer les retranchements de la vallée de Bellins à la tête de Château-Dauphin. Cette diversion avait parfaitement réussi, mais les Espagnols n’ayant pas voulu rester à la position de Bousson pour des raisons qu’on n’a jamais pu savoir, on fut obligé de différer jusqu’au 18 en suivant l’arrangement ci-après. M. le bailli de Givry et M. de Camposanto, avec quinze bataillons du camp de Bousson, marchèrent par la vallée de Queyras, d’où passant par le col du Fromage dans le vallon de Ceillac et de ce vallon par le col de Cristillan sur le col du Longet, et menacèrent également la partie droite et la partie gauche de la vallée de Château-Dauphin. M. de Gandija partant de Tournoux avec six bataillons se porta aussi sur le col du Longet en avant des quinze bataillons [di Givry e di Camposanto, scil.], du côté de la Chenal […] et M. de Lautrec avec quatorze bataillons marcha à Maurin à l’entrée du même col, du côté de Barcelonnette, ce qui rassemblait le même jour trente-cinq bataillons dans cette partie […] en sorte qu’il ne resta au roi de Sardaigne aucun doute que le projet d’attaque ne regardât décisivement la vallée de Château-Dauphin, tant sur les retranchements de la Tour-du-Pont que, par la Chenal, sur ceux de la vallée de Bellins, ce qui le détermina, suivant ce quoi on espérait, à porter dans la vallée de Château-Dauphin la plus grande partie de ses forces. Cette première position était relative à une deuxième qui devait remplir tout l’objet. La vallée de Château-Dauphin est séparée de celle d’Esture par celle de Mayre; le roi de Sardaigne s’était établi des communications dans cette dernière vallée pour être à portée de secourir l’une et l’autre des deux premières. Il fallait aussi nous porter dans cette même vallée pour intercepter les communications des ennemis, pour avoir l’avantage de se communiquer de plus près, ou enfin pour prendre des dispositions d’où on fût en état de tourner les Barricades par leur gauche. Relativement à ces objets, on fit marcher M. le bailli de Givry avec quatorze bataillons à la tête de la vallée de Bellins sur les granges de Cornasco […] et M. de Camposanto avec cinq sur la montagne de Traversière à la droite de M. Givry, qui avait ordre de reconnaître les retranchements de Bellins et de faire pousser par un détachement les premiers postes qui les défendraient. L’objet de la position de ces corps de troupes était non seulement d’attirer de ce côté une partie considérable des ennemis et d’affaiblir leur résistance dans la vallée d’Esture, mais de se ménager un moyen sûr pour passer les Alpes de ce côté, si on ne réussissait pas à forcer les Barricades et les autres postes retranchés de la vallée d’Esture, et même de s’emparer des retranchements de Château-Dauphin et d’y prendre poste, si le roi de Sardaigne s’y affaiblissait par quelque mouvement rétrograde. M. de Lautrec avec quatorze bataillons marcha par le col Marie aux granges de Ruisson […] M. de Gandija avec six bataillons marcha à Acceil […] ces deux corps également à portée de déverser ou dans la vallée de Bellins ou dans celle d’Esture; et voici les positions 109

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qu’on prit pour l’attaque des Barricades. Ce poste, connu pour le meilleur de toute la frontière, présentait des difficultés insurmontables à l’attaque de front. Il n’aurait pas même été raisonnable d’y penser, vu les escarpements qui le défendaient; le seul moyen de s’en assurer était de présenter des corps devant son enceinte et de là de passer par la sommité des montagnes: les ennemis s’y étaient précautionnés par des parties de retranchements situées si avantageusement qu’il ne restait rien que la ressource de la supériorité du nombre. Les huit bataillons de M. de Castelar restés dans le comté de Breuil marchèrent dans la vallée de Saint-Étienne, d’où, par le col de Barbacane et celui de Sainte-Anne, ils débouchèrent aux Planches dans la vallée d’Esture à deux lieues au-dessous des Barricades. M. de Mauriac, avec quinze bataillons espagnols et un détachement de huit cents français, ayant marché du comté de Nice par la Vallée de la Tinée dans celle de St Etienne, vint occuper le col du Fer, d’où il déboucha par le vallon de Peireporc sur le derrière des Barricades. M. de Villemur avec sept bataillons se porta par Larche et le col de l’Argentière sur le village de Ferrière, d’où il marcha sur la montagne qui domine les Barricades par leur droite. M. d’Aremburu avec huit bataillons se présenta de front entre le village de Brésez et celui de Preinard. M. de Guercia avec six bataillons précédés de quatre cents hommes que commandait M. de Monteynard, partant de Maison-Méane, se porta sur le poste des Sablettes que les ennemis avaient abandonné et marcha sur le retranchement des Gipières, dans le revers de la montagne qui couvre la gauche des Barricades. Un détachement des troupes de M. Gandija, partant d’Acceil aux ordres d’un Lieutenant-Colonel, marcha par Uniers, entre les retranchements de Preit et ceux des Gipières. M. de Lautrec, avec cinq bataillons tirés des quatorze avec lesquels il devait se rendre à Preit, marchant par Acceil à Uniers, se porta sur les retranchements de la droite de Preit […] cet officier général voulait absolument ne pas se séparer des quatorze bataillons et se plaignit vivement à M. de Conti de ce qu’il le réduisait à cinq; mais comme la destination de ces cinq bataillons était d’attaquer les hauteurs de Preit, et que celle des neuf autres n’était que pour faire une diversion sur la communication que le roi de Sardaigne avait établie entre la vallée de Château-Dauphin et celle d’Esture […] M. de Bourcet lui conseilla de prendre le commandement des cinq bataillons et avec d’autant plus de raison que, s’il réussissait à son attaque, les neuf autres iraient le joindre, et au contraire s’ils étaient repoussés, ils se replieraient sur les neuf, et que dans un cas comme dans l’autre, il reprendrait le commandement des quatorze. Cet officier général se décida à marcher à la tête des cinq, et M. du Châtel-Croisat commanda les neuf bataillons avec lesquels il se porta du côté de Marmora sur le milieu de la communication du roi de Sardaigne. Tous ces corps disposés ainsi qu’il vient d’être expliqué firent craindre avec raison aux ennemis que la retraite fût coupée s’ils se laissaient attaquer aux Barricades; la certitude d’y être forcés détermina les neuf bataillons destinés à la défense de ce poste à se retirer la nuit du 17 au 18. Ils furent embarrassés dans le choix du chemin qu’ils devaient suivre, celui du bas de la vallée par les Planches et Vinay étant déjà occupé par le corps de M. de Mauriac et plus encore par celui de M. de Castelar, celui du sommet de la montagne pouvait leur être coupé aussi par le passage des huit bataillons de M. de Castelar, et celui de leurs communications sur Preit étant coupé par les cinq bataillons de M. de Lautrec et par les neuf bataillons dont il avait laissé le commandement à M. du Châtel, qui en avait posté trois sur le col del Mulo, en sorte qu’ils furent forcés d’en chercher un quatrième pour arriver à Demont. Mais comme ils ne purent prendre ce dernier chemin qu’en passant à portée des retranchements que M. de Lautrec était chargé d’attaquer, ils firent essuyer plusieurs genres de défenses à cet officier général, qui ne put les forcer, mais ils ne lui tuèrent cependant ou ne lui blessèrent que soixante-deux hommes. On ne pût être sûr de l’avantage que dans la journée du 18. Le courrier qu’on dépêcha sur-le-champ à M. le bailli de Givry n’ayant pu arriver que le 19 au soir, à cause du trop grand intervalle et de la difficulté des chemins qu’un orage du 17 au 18 avait rendus presque impraticables, M. le bailli de Givry ne put être averti du succès dans la vallée de l’Esture que le 19 […] ce général, au lieu de s’apercevoir que les ennemis, sans doute informés que la vallée d’Esture était abandonnée, se renforçaient dans la vallée de Bellins, attaqua lui-même avec la plus grande vigueur non seulement le poste de la Gardette dans la vallée de Bellins, que M. de Chevert emporta le 18, mais même ceux de la montagne de Pierre-longue et de la Battayole au-dessus de Château-Dauphin, qu’il força et où il prit poste le 19 au matin. Cette attaque fut vive et on en doit le succès à l’intrépidité des troupes; mais elle avait été faite mal à propos et contre l’instruction de M. le prince de Conti, qui portait en substance que M. le bailli de Givry ferait marcher le 17 un détachement de quinze cents hommes aux ordres de M. de Chevert, brigadier des armées du Roi, pour attaquer les Barricades de la Gardette […] et marcherait le 18 avec toutes ses troupes par le bas de la vallée, comme pour attaquer, et n’attaquerait véritablement qu’au cas que le roi de Sardaigne se serait dégarni dans la vallée de Bellins et de Château-Dauphin pour porter ses forces aux Barricades de la vallée d’Esture. La destination de M. le bailli de Givry pour attaquer fut la suite de quelques éclaircissements pris par M. de Chevert et M. de Mandave, aide-maréchal général des logis, qui, pour prendre quelques connaissances du pays, s’adressèrent à un berger, lequel, voyant marcher les troupes par le bas de la vallée sans en savoir l’objet ni en connaître la ruse, fit entendre à ces deux officiers que jamais ils ne forceraient leurs ennemis en marchant par le bas, et que s’ils voulaient, il leur indiquerait un chemin par lequel ils arriveraient au sommet de la montagne sans rien craindre, et d’où ils se trouveraient plus en état d’entreprendre et d’attaquer avec d’autant plus d’avantage qu’ils domineraient les retranchements ennemis. Ces deux officiers, qui ne connaissaient pas aussi les raisons qu’avait eues M. le prince de Conti d’indiquer la marche des troupes de M. de Givry par le bas de la 110

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vallée, et s’imaginaient au contraire qu’il était indispensable d’attaquer les ennemis, saisirent avec avidité le conseil de ce berger et engagèrent M. le bailli de Givry à faire suivre aux troupes la direction de marche suivant laquelle ce berger devait les guider, ce qui contrariait la manœuvre du passage des Alpes qui avait été si bien combinée […] car il n’était question que d’une diversion dans la vallée d’Esture, et si on avait fait commencer l’attaque de la Gardette la veille et ordonné de marcher le lendemain par le bas de la vallée, ce n’avait été que pour faire prendre le change au roi de Sardaigne et lui faire penser qu’on voulait pénétrer par la vallée de Château-Dauphin, dans laquelle débouche celle de Bellins, et y attirer ses principales forces, tandis qu’on percerait véritablement par la vallée d’Esture […]au lieu qu’en prenant le parti de monter la montagne pour attaquer les retranchements de Pierre-Longue, assez avantageusement situés pour n’avoir pas besoin de beaucoup de renforts, on laissait la liberté au roi de Sardaigne de laisser plus de troupes aux Barricades de la vallée d’Esture, et on faisait rencontrer plus de difficultés à M. le prince de Conti d’en forcer le débouché; tant il est vrai que le zèle peut devenir indiscret, lorsque l’officier général particulier ne connaît pas toutes les branches des projets du général de l’armée. Mais pour ne pas-perdre de vue cette entreprise qui a fait tant d’honneur aux troupes françaises, on dira que le berger conduisit les troupes jusqu’à la hauteur de Bon dormir que cette hauteur domina le dos d’âne sur lequel étaient établis les différents retranchements des Piémontais, quoiqu’elle fût sur le même alignement, qu’on ne pouvait par conséquent s’avancer sur lesdits retranchements qu’en descendant de cette hauteur pour arriver sur le dos d’âne, ni se retirer dudit dos d’âne, en cas d’échec, qu’en le remontant […] et que cette considération n’ayant pas empêché l’ordre d’attaquer, on n’a pas dû être surpris que les troupes aient refusé d’abandonner cette attaque après avoir été repoussées deux fois, malgré la retraite qu’on fit battre, parce qu’elles comprirent qu’elles avaient plus à craindre dans leur retraite subordonnée au feu des Piémontais qu’à une troisième attaque; au moyen de quoi elles la tentèrent avec tant de valeur et de force qu’elles emportèrent d’assaut lesdits retranchements et y passèrent presque tous les Piémontais au fil de l’épée. On vit des soldats dans leur acharnement s’introduire par les embrasures même et des officiers se montrer avec les drapeaux français sur les parapets. La perte des ennemis fut très considérable; le lieutenant général commandant en chef et plusieurs officiers de distinction des troupes du roi de Sardaigne y furent tués, des brigadiers, quelques officiers et soldats particuliers furent faits prisonniers, et si cet avantage pouvait dédommager de la perte de beaucoup de bons officiers français, jamais succès n’a pu faire plus d’honneur à la nation, car ce poste est un des plus difficiles qu’on puisse attaquer dans les montagnes, et le roi de Sardaigne avait pris soin de le couvrir encore des retranchements les plus forts qu’on puisse construire […]

§ COSTA DE BEAUREGARD1794 1

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LIGNE DE RESISTANCE DANS LA V ALLEE DE V RAITA CONNUE SOUS LE NOM DE RETRANCHEMENTS DE C HATEAU -D AUPHIN Cette ligne, qui appuie sa droite aux escarpements du Mont Viso et sa gauche au col de la Bicocca, forme un angle saillant dont les redoutes de la Battagliola et de Monte Cavallo sont le sommet. Elle est composée des retranchements de Castelponte et de la Vignassa, du fort Bertola et de celui du Bec de l’aigle, du front du camp de la Levée et de [la, scil.] redoute de la Bicocca. Tous ces ouvrages furent établis en 1744, lorsqu’on croyait que tous les efforts des ennemis devaient porter sur cette vallée. Il y avait de plus alors la grande redoute de Pierre longue, célèbre par la trop sanglante journée du 18 [sic] juillet 1744. Droite de cette ligne Camp du bois de la levee Ce poste, qui forme la droite de la ligne, a lui-même sa droite appuyée au grand roc de Larpion, des Alpettes ou Arpioli, appartenant au mont Viso et qu’on ne peut tourner; sa gauche s’appuie à des pentes longues et rapides sur Villaretto et il a, sur son front, le vallon de Vallante et des abords très rudes qu’on avait hérissé de flèches et de redans pendant la dernière guerre. Huit bataillons pourraient être placés irrégulièrement dans ce camp, où ils auraient abondamment sur place l’eau et le bois. Leurs communications seraient, à droite, avec la vallée du Pô par le col de San Chiaffredo, anciennement muni d’une redoute et, à gauche, avec Villaretto et Château-Dauphin, par derrière la batterie de Vignassa. Centre de cette ligne Butte de Castelponte, Fort Bertola, Monte-Cavallo, Battagliola et Bec de l’Aigle Ces postes, qui se soutiennent mutuellement, forment un ensemble très fort et dont on peut attendre une meilleure défense que de la redoute de Pierre longue, qui en était autrefois la pièce principale, mais qui se trouvait trop isolée et trop en avant de la ligne et que l’aridité absolue du sol rendait d’ailleurs fort à charge pour y entretenir la troupe. Un contrefort très âpre, qui se détache du mont Viso, traverse ici, à angle droit, la vallée de Pont, ne laissant que le passage de la rivière. Cette brèche est masquée par une butte qu’on appelle Castello de Pont et sur laquelle est une batterie. Sur l’extrémité du contrefort, qui reste, à droite, un peu en avant, sont placées quelques gardes. Sur la hauteur, à gauche, se trouve une 111

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redoute assez vaste, appelée le fort de Bertola et, dans la même direction, sur la plus haute sommité, une autre redoute, faisant face à la vallée de Bellino, et qu’on appelle Bec de l’Aigle. Celle-ci domine, au couchant, une butte retranchée appelée Monte-Cavallo, en avant de laquelle est une flèche appelée la Battagliola, sur un plan plus bas encore. Ces éminences, qui font partie de la montagne de Pierre longue, sont liées au plateau qui porte ce nom, par une arête très étroite et une autre pareille attache Pierre longue au plateau de Bondormir, lequel tient lui-même, par une autre arête aiguë à la haute sommité appelée Rocca Ferro, la dernière de ce bras de montagne. Gauche de cette ligne La ligne appuie sa gauche au col de la Bicocca qui la lie avec les postes défensifs de la vallée de Maira et elle suit la crête du contrefort qui remonte à ce col depuis le hameau de Bernardo dans la vallée de Bellino. Pendant la dernière guerre, le poste important de la Bicocca était muni d’une grande redoute; le village de Bellino était couvert de retranchements palissadés et défendu par quatre bataillons. Car, dans l’opinion où l’on fut, au commencement de la campagne de 1744, que tout l’effort de l’ennemi, pour forcer les avenues du Piémont, se ferait par la vallée de Vraita, le roi avait extrêmement renforcé toute cette partie de sa ligne. Il ne fallut pas moins d’un accès de désespoir et de valeur frénétique dans les troupes françaises, joint aux savantes combinaisons de leurs chefs, pour forcer ce passage redoutable et la victoire leur coûta trop cher pour qu’elles essaient légèrement de s’y présenter à l’avenir […] Notions sur les attaques de la ligne de Chateau-Dauphin en 1743 et 1744 […] L’attaque de 1744 se fit par la vallée de Bellino. Pendant que le marquis de Campo Santo, à la tête de cinq bataillons, s’avançait par la crête du contrefort mitoyen entre les vallées de Maïra et de Vraïta et manœuvrait sur ces hauteurs pour tenir en échec nos postes de la gauche, le bailli de Givry débouchait sur la tête de la vallée de Bellino par le col de l’Autaret. Il conduisait dix bataillons et il était précédé par M. de Chevert, détaché à la tête d’une avant-garde de 1.500 hommes. Cette avant-garde attaqua, le 17, assez tard, le hameau de La Gardette, où nous avions un poste considérable, retranché dans des maisons crénelées, et qui couvrait l’avenue des hauteurs de Buondormir. Nos troupes s’y défendirent quelque temps avec vigueur; mais, se voyant près d’être enveloppées par la brigade de Poitou, qui vint soutenir l’avant-garde de M. de Chevert, elles se retirèrent avec précipitation et l’ennemi leur fit là 200 prisonniers, dont un major et 12 officiers. Après ce début, la colonne ennemie gagna sans obstacle les hauteurs de Buondormir et vint s’établir sans obstacle en face de la redoute de Pierre longue. On sait à quoi tint la détermination d’attaquer ce poste formidable, inutilement arrosé de tant de sang, le 18 juillet. Bref, l’attaque fut résolue dans un conseil de guerre et pendant que M. de Salis, avec deux bataillons, alla par le flanc de la montagne occuper un plateau inférieur, qui séparait Pierre longue de notre corps de troupes campé à Bellino, M. de Chevert avec son détachement de 1.500 hommes attaqua et emporta, à la faveur d’un brouillard épais les deux flèches qui couvraient en avant le front de la grande redoute. Cette redoute était construite de pierres sèches, palissadée, avec un chemin couvert et garnie de canons et l’on ne pouvait y arriver que par une crête aiguë ou par des pentes rapides. Sept bataillons la défendaient sous les ordres du général major baron de Berg, officier plein d’honneur et de courage. L’endroit le moins inaccessible pour atteindre la redoute était la passe de Buondormir, faisant partie du vallon delle Ruinasse, et ce point était enfilé par une batterie. Il fut ordonné que le détachement de 1.500 hommes, commandé par M. de Chevert, attaquerait en face de cette batterie, que la brigade de Poitou attaquerait par sa droite, et la brigade de Provence entre deux. Mais les deux brigades, gênées par la pente rapide du terrain, ne purent garder leur direction et dérivèrent vers leur gauche, de manière qu’elles ne firent plus qu’un corps et qu’elles allèrent se joindre au fond du vallon à celui de M. de Chevert, se mettant par là sous le feu le plus vif du canon et de la mousqueterie de la redoute; on faisait ébouler sur elle des monceaux de pierre préparés d’avance, ce qui ajoutait à l’horreur de leur position pendant qu’elles montaient à l’attaque. Malgré tous ces obstacles, elles s’élevèrent jusqu’au pied des retranchements. Mais, rebutées par d’inutiles efforts, elles y demeurèrent pendant longtemps dans les fossés même de la redoute, livrées au découragement et à l’immobilité. La plus grande partie des officiers avait été tués ou blessés. Les généraux, après d’inutiles tentatives pour ranimer leurs troupes, firent battre la retraite. Mais ce fut encore inutilement. Les soldats, voyant autant de danger à rebrousser chemin qu’à avancer, demeuraient en place. Enfin, après 3 heures d’indécision, emportés par un mouvement subit de courage et de désespoir, on les vit saisir leurs drapeaux, les jeter dans les chemins couverts et se précipiter de toutes parts pour les reprendre. Les armes en bretelle et le sabre à la main, plusieurs montant sur les épaules de leurs camarades ou s’élevant sur des monceaux de morts, se jetèrent dans la redoute par l’embrasure des canons. Ce dernier effort n’aurait peut-être pas encore décidé du sort si le colonel de Salis, attaquant dans le même moment de son côté n’avait fait une diversion qui partagea l’attention des troupes piémontaises. Dès lors, leur déroute fut complète et l’ennemi pénétrant de toutes parts fit à son tour main basse avec un acharnement inouï. Un grand nombre de nos officiers fut tué ou blessé et, du nombre des premiers, furent le baron du Verger, commandant du poste, (le chevalier de Castagnole, brigadier, qui avait été blessé, fut tué dans le barracon, pendant qu’on lui mettait un appareil à sa blessure), le marquis de Sayssel, aide de camp du roi, le colonel Roguin, le major Cerisier commandant un bataillon de Savoie. Mais la perte de l’ennemi fut encore plus considérable. Il convint de 814 blessés, dont 78 officiers. MM. de la Carte et de Salis, colonels, furent tués sur place. M. le bailly de Givry fut blessé et mourut peu de temps après de ses 112

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blessures. MM. de Danois et de Chevert furent blessés. Le roi de Sardaigne, que la perte des Barricades dans la vallée de Stura avait déjà déterminé à ne plus tenir la tête de celle de Vraïta, ne jugea pas à propos, après l’événement de Pierre longue, de défendre plus longtemps la ligne de Château-Dauphin et il réunit ses troupes, au nombre de vingt-et-un bataillons, au camp de Becetto sous Sampeyre, bien déterminé à disputer dans ce point avantageux le passage de la vallée à l’ennemi, s’il se tentait de pénétrer plus avant.

§ Du Camp de S.t Pierre 1744 1

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La nuit du 16 au 17 un Corps de dix bataillons francois, deux espagnols et 33 compagnies de grenadiers descendirent par la Gardetta dans la vallée de Belin, et sur les deux heures après midi, attaqua par detachemens nos grenadiers, piquets, et carabiniers postés sur les hauteurs à droite, et à gauche de la vallée, moins pour les defendre avec opiniatreté, que pour tenir quelques temps de plus les ennemis en arrière, et juger de leurs forces, et de leurs desseins. Ce Corps d’environ 8 à 900 hommes soutint cependant plus de deux heures un combat inégal, et tres vif. Le detachement qui gardoit le vallon de Bondormir en étant descendû pour soutenir cette attaque, ne fut à temps d’y remonter, et le laissa dégarni. Mr de Guibert voyant que les ennemis s’emparoient des plus grandes hauteurs, fit retirer les troupes dans les retranchemens. On y eut quelques tués, blessés et prisonniers, mais les ennemis avoüent d’avoir plus perdû que nous. Le 18 les ennemis jetterent sur leur droite les 33 compagnies des grenadiers, et les deux bataillons espagnols, qui, commandes par le Marquis de Campo Santo, attaquerent en colonne une des fleches de la Montagne de la Bicoque, ou 200 hommes soutinrent leurs efforts, et soutenus eux meme par les piquets d’en haut, les repousserent avec perte au dela du ravin, et leur firent même des prisonniers. Le soir du 18 au 19 les ennemis firent monter par le vallon de Bondormir les dix battaillons françois commandés par le Bailli de Givri, qui defilant le matin derrier le rocher de Pierre Longe par des sentiers très difficiles vinrent se former par le haut de la crête du dit Pierre Longe, qui aboutit a la redoute de Montecavallo. Quelques Piquets, et Carabiniers essayerent de leur disputer ce debouche, et les repousserent meme deux fois. Mais le feu que les ennemis faisoient du haut du rocher de Pierre Longe, qui domine, nous tenant eloignés, protegea leur passage. Ils forcerent un detachement, et quelques Carabiniers, qui defendoient la premiere Bute, le Comte Doria y fut tué. Sur les trois heures un quart ils vinrent jusqu’a la redoute sans tirer, ou ils furent mis en quelques desordre par le feu des deux pièces de novelle invention de Mr Bertola. Mais un brouillard epais s’etant alor elevé ils se jetterent avec vivacité sur la berme du premier ouvrage, et l’officier qui faisoit servir ces deux pièces ayant été mis hors de combat, les ennemis profiterent du temps, que le brouillard fit cesser leur feu, sauterent dans le chemin couvert, et s’en rendirent les maitres. Mr le Colonel Roguin fut tué alors. On vit les battaillons qui venoient pour les soutenir obliges plusieurs fois de se replier, ne pouvant soutenir le feu de la redoute, et du rocher qui la partageoit, ou s’etoient postés ceux des cinq bataillons destines a defendre la redoute, et qui n’y avoient pas eû place. Les Régimens des Gardes et de Savoye, montés depuis les batteries de la droite, les firent soutenir en flanc par des piquets, qu’ils pousserent sur le même rocher. Il y avoit près d’une heure et demi que les ennemis, qui s’etoient jettés dans le chemin couvert, s’y maintenoient, lorsque Mr Duverger les chargea l’epée à la main, les chassa, et reprit les deux pièces. Le Marquis de Seissel aide de camp du Roy fut tué à cette attaque. On soutint encore plusieurs attaques, que les ennemis firent a 15 pas de la palissade soutenus successivement par des troupes fraiches, de façon qu’ils donnerent tout au moment qu’on les croyoit rebutés, plusieurs piquets, et Grenadiers, qui s’etoient tenus derriere une petite eminence firent une derniere attaque ou M r Duverger fut tué. Le Chevalier de Castagnole Brigadiers etant blessé, la plupart des Officiers de ce Corps, tués ou blessés, et 4 a 500 hommes, qui restoient de 1200 dans la redoute etant totalement harassés, furent obligés de se retirer avec les troupes, qui les avoient soutenus: ils ne furent point suivis. S.M. voyant les ennemis maitres d’un poste essentiel d’où ils pouvoient prendre a revers nos retranchemens des deux vallees, en fit retirer les troupes, vit defiler devant elle l’artillerie, et partit ensuite pour St Pierre, ou suivant les mouvemens que feront les ennemis, Elle donnera ses dispositions pour la defense des valleés de Vraita, et de Pó. Nos troupes postees sur les hauteurs du col d’Elva descendent pour joindre celles-ci qu’on destine a garder les hauteurs du col de Preive. Celles de la vallee de Maira prennent le meme chemin, et celles commandees par le Commandeur de Cumiane joindront depuis Strop par la plaine. On a eu avis hier que le Marquis de Pallavicin voyant les Ennemis maitres des hauteurs de Vinai, et craignant d’etre coupé par le col de Preive, s’est retiré a Demont. Tous les deserteurs confirment que les Ennemis ont fait une perte tres considerable, mais on ignore a combien elle se monte precisement. Des deserteurs, ont dit qu’il y avoit a l’attaque de la redoute quelques bataillons espagnols, mais on ne l’a point verifié.

§ GALLEANI D’AGLIANO 1840, pp. 126-133 1

Ma già avvicinandosi i nemici, fu mandato nella valle di Stura il marchese Pallavicino di Frabosa, luogotenente generale, con otto battaglioni, il quale venne a postarsi al passo delle Barricade; nella valle 113

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di Maira venne situato à Strop con tre battaglioni il commendatore Cumiana, generale maggiore, e sopra del colle d’Elva il signor de Corbeau, generale maggiore, con quattro battaglioni ed il nostro distaccamento di ottocento dragoni a piedi. Il generale maggiore Guibert fu mandato con tre battaglioni alla Bicocca, dove si erano fatti trinceramenti ed alcune ridotte, e furono poi postati ne’ trinceramenti di Bellino, Buondormi, Pietralunga, Pont e Bois de la Levée, quattordici battaglioni coi carabinieri a piedi sotto gli ordini de’ generali maggiori barone du Verger, e conte della Rocca, avendo sopra di tutti il comando il marchese d’Aix, generale di fanteria. Il re non tardò guari a partirsi da Torino, e venne al suo quartiere generale di Castel-Delfino accompagnato dal principe di Carignano; e nel medesimo tempo fu mandato ordine al conte Bertone, luogotenente generale e governatore di Susa, di marciare con quattro battaglioni e tre mila Valdesi alla volta delle frontiere di Francia, e penetrare in quel territorio par fare da quella parte una diversione a’nemici, e quindi venirsi a congiungere coi nostri a Castel-Delfino per li colli di S. Verano; ma quel tentativo fu di poco giovamento, perchè dopo avere le sue truppe saccheggiato alcune terre del territorio francese, non avendo potuto farsi strada per sopranominati colli di S. Verano, gli convenne retrocedere il cammino, e giunse perciò a Castel-Delfino molto più tardi del bisogno. Avendo intanto i nemici diviso il loro esercito in quattro corpi, de’ quali il maggiore ritenuto presso dell’infante, con cui stavano il marchese de la Mina, ed il principe Conti, furono destinati al comando degli altri i luogotenente generali, marchese di Lautrec, il balio di Givri, ed il marchese di Camposanto […] Venne nel medesimo tempo il marchese di Camposanto a mostrarsi sopra un colle in faccia al posto della Bicocca, e portossi subito ad assalire i nostri trinceramenti, ma ciò che fu fatto con un fuoco molto lento, e con una tiepidezza tale, che, rispondendogli i nostri con assai più di vivacità, dopo di un’ora che durò l’attacco, si ritirò sul colle d’onde era disceso, e si accampò colla sua gente in vista de’ nostri. Il corpo comandato dal balio di Givri si era avanzato verso le parti di Bellino, e nel mentre che il marchese di Camposanto aveva cominciato il suo attacco, era pure anch’egli venuto ad assalire i trinceramenti che avevamo a Selle. Stava alla guardia di quelli il signor Leroi, svizzero, luogotenente colonello, con seicento soldati tra granatieri e picchetti, e, sulla nuova che fosse vicino ad essere attaccato, gli furono mandati trecento carabinieri a piedi di rinforzo; ma tuttoché il medesimo, uomo di grandissima riputazione, disegnasse di fare una valida difesa, e, sostenersi nel suo posto, vennero in sì gran forza, e da tante parti i nemici, che, per non perdere senza verun frutto la sua gente, gli fu forza ritirarsi, la qual cosa incominciando ad eseguire con tutto bell’ordine, e col fare continuamente un fuoco gagliardissmo sui nemici, che lo inseguivano da vicino, e procacciavano di venirlo a cogliere di fianco, fu alla fine obbligato a precipitare il suo passo all’apparire di una forte colonna, la quale, scendendo giù di un colle da un’altra parte, veniva a serrargli ogni campo, se non si risolveva ad affrettarsi maggiormente; e questo si fu il motivo per cui non potè evitare di fare una perdita assai considerevole, e massimamente alla retroguardia, alla quale erano stati destinati i carabinieri. Questi carabinieri, tuttoché gente scelta nei reggimenti de’dragoni e cavalleria, trovandosi incalzati da vicino da’nemici, e non potendo che poco o niente servirsi delle loro carabine, a cagione, che non essendo stati provvisti di palle volanti, ma avendo solamente palle grosse da far entrare a tutta forza nella canna delle loro arma da fuoco, gli conveniva perciò consumare molto tempo, dopo avere in principio con assai buon ordine sostenuto la ritirata, nella quale di già avevano perduti da trenta a quaranta uomini stati loro uccisi, si diedero alla fine a salvarsi precipitosamente allora che si videro dalla summentovata colonna tagliata la comunicazione cogli altri che precedevano; e non cercando più ognun di loro che a scampar se stesso, chi per una via, e chi per l’altra, di quelle rupi si fuggirono, e giunsero in parte a Bellino, dopo aver lasciato prigionieri nelle mani dei nemici ottanta in circa de’ loro, fra quali molti feriti. Varii uffiziali furono pure con essi presi prigionieri, cioè il marchese di Roccavione, il cavaliere Origlia, capitano, il signor Cattavena, ed il cavaliere Sarsenasco, e questi due feriti. Dopo avere avuto un tale vantaggio vennero i nemici ad attaccare i trinceramenti di Buondormi, posto che i nostri venivano di ben provvedere di gente, per ivi far argine all’impeto de’nemici, furono quivi ancora mandate quelle compagnie di carabinieri, che avevano il meno sofferto, le quali furono in quel sito di molto maggior uso, perché trovendosi colà i carabinieri sostenuti da’ granatieri dall’altra moschetteria, avevano tutto l’agio di caricare le loro carabine, e servirsi con vantaggio delle loro armi. I nemici pertanto, benchè non tralasciassero di far quivi tutti i loro sforzi, furono però costretti a ritirarsi con grave loro perdita. Dalla parte dei nostri la perdita non fu grande, nulla di meno fra le persone di considerazione venne in quel posto ucciso il conte d’Oria capitano de’ carabinieri di Genevois, giovane di grandissima aspettazione, e ferito malamente il suo cornetta, signor Ceresole, nativo di Finale nel Genovesato. Alla mattina del giorno susseguente, al favore di una foltissima nebbia, venne il balio di Givri all’attacco della ridotta, posta sull’alto del colle di Pietralunga, con tutta la sua gente disposta in tre colonne; comandava nella ridotta il generale maggiore barone du Verger, ed il brigadiere commandatore di Castagnole; stavano in essa sette battaglioni e non mancava l’artiglieria, essendosi fatti portar sopra di quei cannoni di nuova invenzione, composti di varii pezzi. In sul principio però l’artiglieria fu inutile, perché i nemici essendo arrivati non meno vicino da trenta passi senza essere da’ nostri veduti, tanto era densa la nebbia, che li copriva, e non accorgendosene prima i nostri, che si vedessero tutto ad un tratto fare addosso una scarica di tutta la moschetteria che avevano a fronte, sorpresi da un attacco così improvviso ed inaspettato diedero tutti insieme addietro ritirandosi dai trinceramenti; poco dopo però, succedendo alla paura il 114

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rossore, spinti dai loro ufficiali, e facendosi animo, ritornarono al loro posto d’onde fecero un gagliardissimo fuoco sopra de’ nemici; ma questi già si erano avanzati alle palizzate, motivo per cui inutile era ormai divenuta l’artiglieria combattendosi assai dapperesso, e con grande effusione di sangue da una parte, e dall’altra; avendo alla fine i nostri col vantaggio dei trinceramenti prevalso sui nemici furono questi costretti a ritirarsi. Ciò non ostante il balio di Givri non volle ancora desistere dall’impresa, ma facendo alle prime truppe, che erano state respinte, succedere altri battaglioni freschi, rinnovò l’attacco con tale ardore, che i Francesi avanzandosi nuovamente fino alle palizzate, dove, dopo avere piantato le loro insegne, facevano impareggiabili sforzi per superarle, vennero dai nostri, che con ugual ardore gli rispondeano, nuovamente respinti e costretti con grandissima loro perdita a retrocedere per la seconda volta. Allora il balio di Givri, che era stato gravemente ferito in una coscia, disperando di poter riuscire nel suo intento, ordinò alla sua gente la ritirata. Quest’ordine loro dato nel calor dell’azione infiammo di grande sdegno il reggimento di Poitou francese, e quello di Travers svizzero, i quali protestarono di non volere in nessun conto di colà partir; ma volere al contrario nuovamente provare quello che, quantunque difficile, pretendevano col loro coraggio di render facile; e perciò secondati da altre truppe, che al loro esempio avevano ricusato di ritirarsi, vennero di nuovo per la terza volta furiosamente all’assalto: i nostri a questa prova non sarebbero certamente stati men pronti a sostenere collo stesso vigore di prima quel formidabile attacco, ed a respingere nuovamente l’audacia degli aggressori, ma oltre che già si trovavano sommamente stanchi, che i granatieri ed i più valorosi soldati erano pressochè tutti morti e feriti, avevano pure anche nel secondo assalto perduti tutti i primi ufficiali. Imperciocchè il generale maggiore du Verger era stato ucciso, e gravemente ferito il commendatore di Castagnole, brigadiere, ucciso parimenti il colonello di Roguin svizzero, siccome anche il marchese di Seyssel, primogenito del marchese d’Aix, il quale serviva il re di aiutante di campo; uccisi ancora o feriti erano i maggiori dei battaglioni e tutti gli ufficiali de’ granatieri, in guisa tale, che non essendovi più nessuno a dirigere i nostri, dopo aver essi ancora per qualche tempo fatto resistenza, vedendosi alla fina soprafatti e che da tutte le parti i nemici penetravano nella ridotta, cessato incontanente il fuoco si misero precipitosamente a salvarsi dal medesimo, e da fuggire giù della montagna, lasciando nelle mani de’ medesimi tutti i feriti, le munizioni ed i cannoni. Non sarebbe stato difficile certamente in quel momento a’ Francesi, inseguendo i nostri, di prendere prigionieri gli intieri battaglioni; ma tale si era la loro stanchezza, e così grande il numero della gente, che avevano anch’essi perduto, che contenti oltre misura della vittoria ottenuta non pensarono più ad altro, nè erano in istato di poter più altro eseguire, onde i nostri ebbero campo a ritirarsi a Casteldelfino. In questa maniera succedette l’affare di Pierre-longe, il quale terminò alle 23 ore delli 19 di luglio 1744. Partissi l’istessa notte il re da Casteldelfino, e venne a S. Peyre, dove venne pure il generale maggiore Guibert, che ebbe ordine di abbandonare la Bicocca. Noi che eravamo del corpo del generale maggiore signor di Corbeau postato sul colle di Elva, ebbimo pure ordine di abbandonar quel posto, e di raggiungere gli altri alla mattina nel medesimo luogo a S. Peyre. Fu fatto subito sapere parimenti al commendatore di Cumiana, ed al marchese di Frabosa di evacuare il primo la valle di Maira, ed il secondo quella di Stura, i quali in conseguenza di tali ordini vennero di poi ad unirsi col resto dell’armata a Costigliole.

§ Lettre du Capitaine 1744 1

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[…] Notre Ministere auoit ses raisons, un fauory de nouelle dutte auoit besoin de quelques coups d’eclat pour s’ancrer dans l’eprit de Louis 15; la prise des places de la Barriere ne suffisoit pas à la gloire, il falloit s’assurer une uoye pour l’Italie moins equiuoque que celle de la Riuiere de Genes et l’esperance d’emporter quelques places en Piemont que l’on pourroit sous quelques beaux pretextes se conseruer dans la suitte, flatta si bien son ambition qu’on fut obligè de trauailler à nouueaux fraix pour y reussir. Voyla mon cher le urai mobile du changement de notre sisteme. Non Princes et nos generaux se trouuerent rassemblez sous Embrun, l’on y tint un grand Conseil de Guerre pour la forme seulement, car il auoit eté determinè à Paris de partager si bien nos forces, que l’on put faire quatre attaques en meme tems, esperant auec uraisemblance que l’on ne nous resisteroit pas partout, et que si nous trouuions le moyen de penetrer dans les Etats du Roy de sardaigne il ne nous seroit pas difficile de colorer le projet d’y faire des conquetes pour notre compte. M.r De Castellar fut destinè auec 28 Battaillons pour attaquer en deux endroits differens la Vallee de Sture, qui deuoit nous faciliter les sieges de demont, et de Cony, et fut se placer dans un camp au dessous de Barricades; De Lautrec auec un corps moins considerable alla dans la Vallee de Queyras, et Mons. De campo Santo auec quelques Battaillons, et una trentaine de compagnies des Grenadiers fut choisy pour la Vallèe de Mayra. Le Bailly de Giury à la tete d’una autre corps fit mine en passant le Mont Geneure de donner de la jalousie aux places d’Exilles, et de Fenestrelles pour se replier incessament uers le Col de l’Agnel, et essayer de penetrer dans la Vallee de Bellin pour trouuer une route assurée pour notre caualerie en se rendant maitre par Bellin de la Vallee de Vrayta. Le passage de Mont Geneure n’auoit eté projetté que pour attirer de ce coté là une partie des Forces Piemontoises, et l’on crut d’y auoir reussy quand notre Billy nous le fit repasser, et nous menà le plus glorieusement du monde à la boucherie: nous etions sous ses ordres dix malhereux Battaillons dastinès sans doutte par la justice diuine à etre la victime de l’ambition de nos Princes; 3 de Poitou, 2 de Conty, 1 de Prouence 1 de Brie, 2 de Trauerse, et les Milices de Carcassone 115

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formoient ce miserable corps, mais pour reprendre ma narration, il est bon que tu scache que la determination fut prise d’attaquer par tout le 16. Castellar s’approcha des Barricades tandis qu’un petit corps detaché allà du coté de Roccabigliere, et de S. Martin à dessein de penetrer de deux cotès uers Demont, ce qui reussit sans coup ferir, car les trouppes de sardaigne ne jugerent pas à propos de se laisser prendre entre deux feux, et se replierent. Le bailly de Giury, qui connoissoit l’impossibilitè de faire passer nos trouppes sous les retranchemens de chateau Dauphin se determina de commencer par la Vallee de Bellin, et ‘agir de concert auec Campo Santo. Entre cette Vallée, et celle de Mayra les Ennemis au nombre de 500 gardoient un passage nommé la Gardette, ce fut le premier qui entreprit de forcer. L’on reussit le 16 à faire replier leur Grands Gardes, et à le culbuter, et sortant de la pleine de Jaiolla ou nous etions campès, nous attaquames le 17 à 6 heures ¾ du matin. L’affaire fut chaude jusques à midy et nous y perdions bien du monde sans succès, lors que le poste nous fut abbandonè. Les Prisoniers que nous y fimes nous temoignerent beaucoup de surprise, que M. Roy Lieutenant Collonel d’un Regiment Bernois l’eut quitté, car ils nous asseuroient tous, qu’il etoit homme ferme, et bien capable de profiter de tous ses auantages, mais nous scumes quelques heures apres que la poudre lui auoit manquè, et que ce braue officier si auoit agy qu’en consequence des ordres d’un de leurs Generaux. Sa retraite nous mit au large, nous ne douttames plus de pouuoir forcer par tout, et quoyque ce petit choc nous eut couté plus de 100 hommes tuès, ou blesses outre plusieurs officiers de mise, nous ne crumes pas de l’auoir achette trop cherement. Mons. De campo santo n’eut pas un succes egal ayant marché auec 30 compag.es de Grenadiers, et les deux Battaillons de Tolede pour s’emparer de ce que les Ennemis appellent la Bicoque, il fut arretè par quelques Piquets: ce fut meme fort inutilement qu’il fit monter à sa trouppe un Roc des plus hauts nommé Pelue pour gagner les hauteurs, il fut repoussé, perdit 6 officiers, beaucoup de Grenadier, et de Soldats trop heureux que les Ennemis ne fussent la qu’en petit nombre, car il auroit risquè de laisser entre leurs mains une partie de la trouppe. Notre General uoulant pousser sa pointe nous fit filer par la routte de Bondormy passage plus interessant encore que cellui de la Gardetta, et ou persone de nous n’a pu deuiner quelle auoit etè l’idée des Ennemis en nous en laissant les maitre; l’on trauailla sans perte de tems à se fabriquer une routte au dessous d’une Roche viüe, ou je ne croy pas qu’il y ait jamais eu, je ne dis pas d’homme, mais meme des chamois asses temeraires pour oser risquer d’y passer; chaqun mit la main à l’oeuure, tu te seroy certainement amusè le long de ce pasage d’entendre nos soldats jurer contre notre general, contre sa mere, et contre la nourice qui l’auoit allaité; ils sembloient tous preuoir ce qui les attendoit au bout de leurs travaux, et de leurs fatigues, mais c’est ce dont s’inquietoit peu le Bailly de Giury, le desir de la gloire le tourmentoit, et semblable à Arlequin, que l’on conduisoit à la potence pour un vol de fromage, il disoit quand on obtient ce que l’on aime, qu’importe à quel prix. Nous ne raisonnions pas comme luy, et nous aurions bien uolontiers preferé un peu plus de moderation à l’ambition, qui le faisoit agir; tant y a nous arrivames sur la crette du Rocher en question, et nous entreuimes de la encore bien de l’ouurage. La nuit du 18 ne fut pas gracieuse, le froid, le manque de prouisions, la disette de bois, la difficultè de conduire les mulets, qui deuoient porter les munitions de Guerre ne furent que des legers auant coureurs de ce qui nous etoit reserué pour le lendemain. Quelle impatience n’auions nous pas de reuoir le jour, et d’en uenir aux mains, c’est sans gasconade mon amy, le hasard des coups est moins couteux dans notre matier, que les miseres qu’en sont les suittes continuelles, sur tout quand il faut guerroyer dans les montagnes. Enfin le 19 arriua, et nous nous acheminames pour forcer les Ennemis à nous abbandoner le premiere butte de Pierre longe, c’etoit par elle que nous deuions commencer nos operations. Nos soldats grimperent comm’ils purrent, plusieurs se precipiterent et bien des officiers renoncerent à l’ouurage faute de pouuoir. Nous fumes soutenus par le feu de nos Carabiniers, qui plongeoit les Ennemis, et desque l’on fut maitre des hauteurs, l’on les attaqua par dessus, et en flanc, et l’on n’eut pas de peine à culbuter quelques piquets qui tinrent pourtant ferme, et se deffendirent tres longtems; c’est ainsy que l’on nous faisoit acheter cher chaque pouce de terrain, et que nous allions jouants au qui gagne perd, car nous laissons par tout nombre de morts, et blessès. Les Echecs ne firent point desister notre commandant de son dessein, il uoulut aller son train, et pour cela nous nous reunimes tous à la butte, nous marchames ensuitte à la hauteur la plus uoisine le long de la crette de Pierre longe, ou nous croyons de trouuer d’autres trouppes à vaincre, mais les ennemis s’etoient retires à une espece de redoutte, ou ils auoient fait placer deux pieces de canon, qui ne laissoient pas de nous imprimer du respect, et chaqun de nous commenca à craindre tout de bon les effects de la valeur. Nous nous armames pourtant de courage, et notre Regiment à la tete, nous marchions à pas graues, et lents uers la gloire quand le canon nous salüa, je n’en fais pas le fin, les cartouches qui abimerent nos deux premiers Pelotons, m’intimiderent, et me firent apprenhender une seconde decharge. Le Bailly fut heureux, il ne laissà qu’un gras des jambes ou plus de 50 des notres perirent, on le portà dans une espece de baraque de Bois, qui etoit sur nos derrieres, et de la il renouelà l’ordre d’attaquer des plus pres. Dans cette interualle un brouillard epais fauorisà notre marche, et nous mit à couuert du feu de l’artillerie, l’on en profità et l’on corrut presqu’à toutte jambe pour arriuer au dessous de la batterie, ou l’on se trouua à 4 heures et un quart, juge de la surprise des Ennemis de nous uoyr si pres d’eux sans auoir pu decouurir notre marche. J’oubliois de te dire, que l’on auoit enuoyé un officier precedé d’un tambour rappresenter à cellui qui commandoit dans la redoutte qu’il alloit se rendre responsable de tout le sang, que nous allions faire uerser à ses compatriotes, et pour le sommer amiablement de se rendre sans coup ferir, ce qui nous auroit certainement fait à tous un ueritable plaisir, mais par malheur pour nous le General au quel l’on s’addressà, eut la temeritè de se seruir des termes tres offesants, je te ueux dire ici mot à mot sa reponce “Qouique je sois le tres humble seruiteur de cellui que nous mande, je ne scais qui me tient de uous faire arreter, et lier apres une proposition de cette nature, Votre General me prend apparemment pour un miserable, et je le regarde lui meme comme tel, uous pouuez lui dire de ma part que je 116

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l’attens ici pour l’y receuoir comme je le dois”. La fermeté de ce Braue Homme nous etonnà autant que sa reponce chaqun se regarda au milieu du front, et generalement nous fumes pous faches d’auoir affaire à gens aussi peu raisonables, et qui ne scauoient ce que c’etoiut qu’un compliment obligeant, et poly. La reflexion, qu’à uaincre sans peril l’on triomphe sans gloire rappella notre brauoure, l’on n’hesità plus, nos Grenadiersla grenade à la main, et la bayonette au bout de fusil s’auancerent auec une espece d’achernement, qui seroit de la fureur, ils furent recues selon le raport des Prisoniers de Guerre par les deux Compag.es de Grenadiers de Reg.t de sauoye, et celles de Regim.t de Roguin malgré les quels s’emparerent de la batterie, mais ils n’en soufrirent pas moins tout ce qui parut fut massacré, nos Battaillons suiuirent en corps, et je ne uy jamais pareille boucherie. La crete de la montagne etoit toutte herissée de morts, les chemins remplis des blessés, juge par notre perte de celle des Ennemis, ces malhereuses victimes de l’opiniatreté de leur chef se faisoient hacher enpieces plutot que de nous abbandonner la redoutte, et nous fumes obliges apres auoir eté repoussés cinq fois de faire mettre à la tete un rang d’officiers, qui perirent tous pres de la palissade, les plus basses eurent l’auantage d’etre tués au dessus, et les Ennemis croiserent souuent leurs bayonnettes auec les notres; enfin le feu fut si uif pendant trois heures soit de ceux qui gardoient la redoutte, soit de ceux qui bordoient les retranchemens, que notre perte augumentoit à uüe d’oeil sans esperance de succes. Ce fut uain qu’on le reppresentà au Bailly de Giury, il repondit toujours qu’on emporteroit la redoutte, ou que l’on y periroit tous, et et nous pouuons entre toy, et moy dire de luy à cette occasion ce qu’a dit Martial “Si non errasset fecerat ille minus” sans sa temerité, il eut mal reussy. Au coucher du soleil les Battaillons de Trauerse qui n’auoient que tres peu souffert, attaquerent à leur tour, les ennemis tinrent encore quelque tems, mais deux de leurs Generaux etant hors de combat de meme que presque tous les officiers, qui y parurent ils furent obligez de nous ceder le terrain, et de replier incessament sur la reste de leur armée sans qu’on puisse leur repocher de n’auoir pas fait tout le possible dans cette occasion ou ils ont perdu deux Generaux, un ayde de camp du Roy, un major, et nombre d’autres braues officiers, n’y ayant eu qu’un ayde de camp du General en chef, et un Seigneur Saxon, qui fait la campagne en qualité de Volontaire aupres du Roy de Sardaigne, qui s’en soit retiré sans blessure apres auoir constamment essayé toutte la Uiacité de notre feu. Nous restames maitres de la Redoutte, et de deux pieces de canon, dont nous trouuames l’inuenction fort curieuse, elles sont formées de deux pieces quarrées qui s’enchassent l’une dans l’autre, et qui sont lièes par quatre barres de fer placées dans le milieu des quarées, et arrettées par une infinité de petits anneaux, qui les rendent fermes et solides, je n’en ai jamais uü dans nos arsenaux mais il est naturel de juger que l’inuention ne peut en etre duüe qu’à queques uns de nos compatriottes, car elle me paroit singuliere partie de bonne source, et sur tout d’un exellent usage pour la Guerre de Montagnes eu egard à la facilité de les transporter à dos des mulets. L’on fut content de la journée, et l’on jugeà pas à propos de pousser plus loin nos auantages; les fatigues des jours precedens, les pertes essuyées le 17, et le 18, le carnage present, tout meitoit reflexion, et demandoit du repos, nous trouuames nos Battaillons reduits à la moitié, plus de 160 officiers de moins, et pres de 3000 hommes restés sur le champ de Bataille. J’auois eté de ces Dupes, qui approcherent de trop pres la redoutte, un soldat ennemis qui deuoit m’assomer, et qui par bonheur pour moy auoit ses armes en desordre, me donna un coup de pallissade sur l’Epaule gauche, dont je fus terrassé, et dont je me ressentiray long tems. Notre Lieutenant Collonel outre un coup de fusil au bras receut encore un coup de pierre à la tete dont il mourrà, les Croattes, et les Pandures ne font certainemens pas la guerre de cette facon. Voyla la 2.de fois depuis 30 ans que je sens, que j’ay uü nos trouppes traittées à coup de crosses de fusil, je ne scai ou celles du Roy de Sardaigne ont appry pareille methode. Nous fimes plusieurs Prisonniers de Guerre presque tous Suisses, ou Sauoyards, il semble que ces deux nations doiuent toujours se trouuer deuant nous, et porter les unestes effets d’une brauoure qui nous est naturelle, quoqu’elles ne fassent que la moindre partie des Trouppes de ce Souuerain. Ne sois point surpris, mon cher, de ce je ne t’ay rien dit de nos Princes, nous ne pensions guerre a Eux pendant tout ce qui uient de se passer, et je puis te dire en confiance, que je suis persudé qu’ils ne pensoient eux memes pas beaucoup à nous, il faut que jeunesse se passe, surs de nottre valeur ils en attendoient les effets dans les bras du repos, et se tranquilisoient aupres des belles, tandis que nous souffrions plus de maux sur les horribles frontieres du Piemont, que n’en souffrirent les Israelites auant d’arriuer à la Terre promise. Dieu ueüille que nous n’ayons point occasion dans la suitte des regretter les ognons d’Egypte, touttes les apparences ne me promettent rien de bon, il faut s’etablir dans ce diable de pays la; le Marechal de Catinat triomphant, et maitre de presue tout le Piemont, n’osa jamais y passer l’Hyuer, soixante, et dix mille Francois aux portes de Turin n’empecherent point les Paisans de detruire à Riuole le Regiment entier de la Feuillade, deux de mes oncles y perirent, je te laisse à penser quelles sont les reflexions que nous deuons faire, nous emporterons sans doutte deux ou trois places, mais il y a loin jusques en Toscanne, et à nous reuoir auant que tout ceci finisse je me flatte au reste de pouuoir continuer à te donner des hereuses nouelles, je dois cela à ton amitié. Adieu

§ MINUTOLI s.d.b 1

La vallée de Vraita parallèle à celle-ci plus étendue et aussi sans places fut occupée par 18 batts, et 7 a 800 Carabiniers ou dragons a pied, aux ordres du Général d’infanterie Marquis d’Aix, qui avait sous lui les majors generaux Du Verger, Guibert, de Corbeau et Desroches et les Brigadiers Castagnole, Briqueras et Pallavicini, et le Chr Isola Colonel fut placé avec 1 battn dans la vallée de Pó, et le marquis de St 117

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Germain avec 800 dragons à pied campa entre le col de St Jean et le col d’Elva. Et comme la communication avec les vallees de Pragellas et d’Oulx nétoit pas facile, à cause des hautes montagnes qui nous en separoient; et que les desseins de l’ennemi nétoient pas connus le Baron de Leutrum major géneral fut destiné avec 10 Batts à tenir les hauteurs de ce côté la pour veiller sur Fenestrelles et sur Exiles, ou par Cezane, qui est au pied du mont Genevre l’ennemi pouvoit se porter egalement. Sans parler de ces deux dernieres vallées, notre droite étoit sous le mont Viso, au bois de la Levée, et notre gauche aux Barricades, nous etablimes une communication tres aisée entre ces differentes vallées, on la prenoit pour la gauche au col du Preit, elle passoit à la Bicoque sous celui d’Elva, à Belins, à la Pusterle, à Pierrelonge, derriere Pont, et finissoit au bois de la levée. Nous construisimes une tenaille sur le terre plein en avant de la Bicoque, et en avant du village de Belins un retranchement où furent placées 4 pièces de canon; Le poste de Montecavallo sur l’arête et au bout de la montagne de Pierrelonge au dessus de Belins, fut fortifié par une redoute serrée, et avec un parapet bien leger a la vérité, mais avec fossé, et palissades, et on y placea 2 petites pièces de canon de l’invention du Com. Bertola officier general chef du genie; le poste que l’on appelloit le chateau de Pont fut retranché palissadé, et garni aussi de quelques pièces d’artillerie, et enfin on répara les deffenses du bois de la Levée, faites des la campagne précédente […] L’armée des ennemis après avoir repassé le Var les premiers jours de juillet, se jetta dans les vallées de Barcelonette, de Quieras, et de Briancon, où elle avoit de gros magazins; ils parurent vouloir entreprendre sur Exilles, quelques Bataillons passerent le Mont Genèvre au commencement de juillet et vinrent camper a Oulx a 4 milles de cette place tandis que le baron de Leutron tenoit le camp de Balboté avec le Battaillon de Fusilliers 2 de Bourgsdorff 1 de La marine, Pignerol et un de Kalbermatten; mais comme ce netoit que pour nous amuser, et nous obliger à une diversion ils repasserent bientot la montagne et gagnerent Guillestre ou il se reunirent a un gros qui y etoit assemblé et qui avec ceux de Barcelonette étoient à portée de nous attaquer par les vallées, de Sture, de Maira, de Vraita, et de la Chanal. Le Roi a cette nouvelle partit de Turin le 12 de Juillet et arriva le 13e a Chateau Dauphin, ou il etablit son quartier. Il distribua d’abord les 18 Batt et les carabiniers et dragons à pied, quil avoit destiné à la vallée de Vraita; de maniere a occuper notre droite; la vallée de Belins et les hauteurs de la gauche de celle ci qui la separent de celle de Maira, et par ou l’ennemi pouvoit nous couper, ou tout au moins nous prendre en flanc par Accellio, la Marmora, et Elva […] il placa le baron Duverger avec 6 Batt au bois de la Levée, le Sr Guibert avec le même nombre aux retranchemens de Belins, et le Sr de Corbeau avec six autres sur les hauteurs de la Bicoque; et les battaillons de la Levée et de Belins furent avec les Carabiniers chargés de la deffense de la montagne de Pierre Longue, et de la redoute de Montecavallo. Ces dispositions étoient a peine données, que nous scûmes l’ennemi en mouvement pour marcher à nous par toutes nos vallées de la gauche sur 9 colonnes: le marquis de Castellar avec 2 espagnoles et une francoise formants un corps de 21 batts etoit destiné à la vallée de Sture, le Comte de Lautrec avec une autre de 14 battaillons francois dirigeoit sa marche à celle de Maira, une espagnole aux ordres du M. de Campo Santo composée de grenadiers provinciaux et de quelques batts venoient par le col de Traversiere au col d’Elva. Le bailli de Givri en conduisoit une de 10 Battas Francois qui étoit chargée de l’attaque de la vallée de Vraita, et les generaux Pignatelli et Daremburg avec les autres qui faisoient un total de 25 batts se tenoient a portée de soutenir celles de l’attaque des differentes vallees. Des le 14e juillet S M fut informée que le corps des ennemis qui étoit à Guillestre composé de 26 Batt et de 30 compagnies de grenadiers marchoit sur 2 colonnes, l’une de 12 batt. et de tous les grenadiers prenoit le chemin du col Longet, qui conduit à la vallée de Bellins, et l’autre de 14 celui du col Maurin qui tombe dans celle de Maira, et ils parurent en effet le 15 sur les hauteurs du Maurin, et le 16 sur celles du Longet […] le poste que nous y tenions nous en donna avis, et se replia à la Gardette qui est au pied; que nous abandonnames le même jour, et les troupes que nous avions de ce cote la, se réunirent au hameau du Chazal avec celles que le Lieutenant Colonel Roi avoit à Bondormir qui s’y rendit aussi et le 16 e l’ennemi campa en deca du col; le 17 au matin il se fit voir à ce poste, le S r Roi en envoia donner part au general Guibert à Bellins, qui y fit marcher tout de suitte les grenadiers, et les piquets avec des carabiniers, ce qui forma un corps de 1000 hommes […] ils etoient à peine arrivés, que l’attaque commenca, elle fut vive et nous y tinmes plus de 2 heures malgré l’inégalité de forces, enfin les munitions manquant et accablés par des troupes superieures qui se renouvelloient sans cesse, nos gens furent obligés de se retirer derriere les retranchemens de Bellins, nous avions perdu plus de 300 hommes entre tués, blesses, et prisonniers; parmi ces deux derniers cathegories il y avoit nombre d’officiers, et l’ennemi alla occuper le poste de Bondormir rocher escarpé qui domine la montagne de Pierre Longe. Afin de nous amuser en differens endroits, la colonne que l’ennemi avoit sur les hauteurs de la vallée de Maira aux ordres du C. de Lautrec attaqua le 18 e nos postes du col du Mul et de celui de Preit, qui les soutinrent avec valleur; et donnerent le tems au Marquis Pallavicini de les secourir au moien d’un battn qu’il y fit marcher, qui repoussa l’ennemi. Le marquis de Campo Santo avec sa colonne de 30 compes de grenadiers et des 2 batt. de Tolede, vint dans le même tems des hauteurs d’Elva à notre retranchement en avant de la Bicoque, ou campoit le Corps aux ordres du general de Corbeau, et après quelques heures de combat il fut repoussé avec perte, et nous lui fimes un officier prisonnier. Les manœuvres de l’ennemi persuaderent avec raison au Roi que ses efforts etoient dirigés dans la vallée de Belins; il y fit descendre de la Bicoque des grenadiers et des piquets, il envoia le baron Duverger du bois de la Levée ou il étoit placé à Pierre Longe, 118

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lequel avec le Brigadier de Castagnole des carabiniers et 1200 hommes devoit soutenir la redoute de Montecavallo. Cependant la nuit du 18 au 19e le bailli de Givri avec sa colonne de 10 batt. francois, après avoir fait élargir autant que le tems et les situations le lui permetterent un sentier etroit qui regne sous le rocher de Bondormir pour arriver de la Chanal a Pierrelonge, y parut des le matin avec ses troupes, et quoique le general Guibert eut par un ordre en écrit fait abbandonner ce poste au Lieut. Colonel Fatio, qui le tenoit avec 200 hommes, en assurant que cetoit ensuite d’un ordre semblable, qu’il avoit reçu du Ms d’Aix, les troupes francaises pour arriver à l’arrete de Pierrelonge furent obligées de défiler homme a hommes et repoussées deux fois par nos carabiniers et les piquets, qui les soutenoient. Mais le feu qui partoit du Roc de Bondormir qu’ils avoit bientôt occupé, qui prenoit en flanc ceux qui s’etoient avancés pour arreter l’ennemi, et nous plongeoit absolument causa beaucoup de mal à nos carabiniers et à nos piquets, qui du baracon voisin étoient marchés pour les soutenir. Le Chr Doria Lieutenant des carabiniers de Monseigneur qui les commandoit fut tué avec plusieurs de sa troupe, un piquet de Roi eut le capitaine blessé et l’ennemi commençant a se former ils furent contraints de se replier à un poste sur la crête destiné à les soutenir; et de gagner peu de tems après ensemble l’épaulement qui flanquoit la redoute sur la droite, qui appuioit a la communication quelle avoit avec la vallée de Pont. Nous avons déjà dit, que la construction de cette redoute n’etoit pas des meilleures, sa situation y suppleoit; pour l’aborder il falloit traverser un espece de petit vallon, et monter ensuitte une rempe asses roide. Le bailli de Givri pour laisser reposer sa troupe la forma derriere un baracon que nous avions sur l’arête; et vers les 3 heures apres midi il se mit en mouvement sur 2 colonnes composées des brigades de Poitou, et de Provence, et envoia sommer le baron Duverger de se rendre, s’il ne vouloit pas être passé au fil de l’epée avec le corps qu’il commandoit; il repondit comme un officier repond en pareil cas […] et le Bailli continua sa marche, nos deux pièces de la redoute l’incommoderent blesserent un officier et lui tuant quelques hommes; mais lorsquelles auroient pu faire plus de ravages dans leurs rangs il s’eleva un brouillard si épais qu’il nous deroba la vue; nous fimes sortir alors des patrouilles qui se garerent et peu apres sans que nous eussions pû nous en appercevoir, l’ennemi parut à la palissade tandis qu’un Regiment Suisse se jetta sur sa droite pour empecher les secours, qui pouvoient venir de Bellins […] le feu dirigé contre ceux qui deffendoient la palissade fut des plus vifs, les premiers en renverserent meme quelques unes, et se jetterent dans le fosse. Le Roi qui connut que l’action devenoit plus vive et etoit serieusement engagée envoia du bas le Pr Batton de Savoie et le 2° de Guibert afin de garnir l’épaulement, et les flancs de la redoute; et le combat s’echauffa toujours plus; le poste fut attaqué et soutenu avec toute la valeur possible, le colonel Roguin s’y distingua et fut tué des premiers et comme nous avions deja perdu beaucoup de monde l’ennemi s’en rendit maitre et nous gagnames la redoute. Les francais monterent dabord sur la berme de l’ouvrage pour s’y jetter et voiant leurs tentatives inutilles ils determinerent leurs efforts sur notre droite dou ils furent chassés par les nouvelles troupes que le Roi y fit monter de Pont; le Baron du Verger qui les vit rebutes et chancelans, les chargea vivement accompagné du Chr de Castagnole Brigadier et du Ms de Seissel aide de camp de S M et on les poussa avec grande perte de leur part au de la du terrein quils avoient occupé. Cependant le bailli de Givri blessé mortellement un quart d’heure auparavant, qui vit ses troupes en desordre et rebutées, fit battre la retraite, mais les regimens de Poitou et de Traverse, colés à la redoute, et qui ne pouvoient se retirer, sans s’exposer à tout notre feu, hazarderent une nouvelle tentative, se rallierent, et nous chargerent si vigoureusement, l’un en tournant la redoute par sa gauche qui etoit dégarnie, et l’autre notre front qui manquoit aussi de deffenseurs, qu’ils s’en rendirent les maitres vers les 7 heures du soir, en se jettant du fossé ou ils setoient postés des la 1° attaque dans la redoute par les embrasures quelle avoit. Cette journée nous couta le baron du Verger, qui fut tué peu après le Col, Roguin, le major Cerisier qui conduisoit le batt. de Savoie dans la redoute, le Ms de Seissel, le ch. de Blancheville le Ch r de Castagnole qui blessé dabord au bras receut un coup mortel dans le baracon tandis qu’on lui mettoit l’appareil et finit ses jours à Saluces, et plus de 40 autres officiers tués ou hors de combat, et 500 bas officiers et soldats en sorte que le Sr Ducharmier Capitaine de Roguin devint commandant de 140 hommes qui restoient dans la redoute, et fut fait prisonnier avec eux par le Génl Chevert, en chef depuis la blessure mortelle du Bailli de Givri. La perte de l’ennemi fut bien plus considerable des lettres interceptees nous apprirent qu’il avoit eû dans cette affaire plus de 100 officiers entre lesquels plusieurs Colonels et au dela de 2000 hommes entre tués et blessés, et il acheta bien cherement un poste qui comme nous ne tarderons pas a le voir lui devenoit inutile e qu’il abandonna peu de jours apres. En effet ses vues principales étoient sur la vallee de Sture. Pour disculper le Marquis de Castellar ou le Bailli de Givri, et peut-être tous les deux, d’avoir fait périr inutilement tant de braves gens à Pierre Longue, puisque le premier après s’être ouvert la vallée de Sture étoit à tems d’en donner avis au Bailli de Givri, et prevenir ainsi l’attaque de Pierre Longue, qui ne s’effectua que le 19, pour les disculper dis je on assura que le Marquis de Castellar avoit bien envoié un officier avec des lettres pour le Bailli qui lui donnoit part de sa reussite, mais que les pluies qui tomberent pendant son trajet l’arreterent dans son chemin et ne lui permirent pas de joindre le Givri avant qu’il entreprit l’attaque.

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§ Relation de l’action du 19 juillet s.d. 1

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Les grenadiers apres avoir forcé les retranchements de pierre longuë marcherent avec toute la colonne du coté de la redoute appellée la tour du chateau elle se forma derriere une petite hauteur qui la couvroit. Cependant le canon de la redoute tiroit a ceux qui deffiloit le Lieutenant Colonel de Provence en eut la jambe emportë et trois soldats tuës […] comme la colonne se format, il survint une nuë, et l’on en profita pour approcher jusques a la palissade. On marcha sur deux colonnes: les piquets commendes par mr de Chever avoient la gauche et les deux brigades de Poitou et de Provence, la droite et ayant a leur tete mr de givrye mr de danois, mr de la Carte, et autres officiers generaux […] le débouché pour arriver a la redoute etant fort etroit les deux colonnes se trouverent pressées et ayant voulu se serrer, le feu en culbuta une partie sur un rideau fort escarpé qui est a la droite de la redoute: les grenadiers sauterent dans la palissade mais comme on n’avoit point eu la precaution de faire porter des sacs a terre, ni des peles ny des pioches on ne put se faire une entrë plus large et on fut obligé dessuyer pendant près de trois heures le feu de l’ennemy tout a découvert. On desesperoit de s’en rendre maître, on avoit fait battre la retraite trois fois et envoyé l’ordre par écrit a la troupe sans qu’elle aye voulu se retirer, lorsque les Suices qui etoient au bas du rideau dont on a parlé pour empecher qu’il ne vint des secours par le bas a la redoute ayant fait un mouvement pour se mettre a la queüe de la colonne qui s’oppiniatroit a combattre, les ennemys etourdis voyant le renfort lacherent tout a coup a la pied et nous nous rendimes maîtres de la redoute ou nous trouvames 4 pieces de canon, lorsqu’on s’y attendoit le moins. Nous y avons perdu deux mil hommes tant tuës que blessés. mr de givrye a eu la rotule du genou cassëe d’un coup de fusil mr de chever legerement blessé. mr de la Carte Colonel du regiment de Conti mort et quatre officiers de poitou et de provence monsieur le duc d’Agenois sans danger et beaucoup d’officiers dont on ne parle pas Le major de Brie tué, le Capitaine des grenadiers de Conti tué et un autre du même regiment blessé, monsieur de Salis Colonel de Travers tué. Les ennemys ont quitté leur retranchement cette nuit il a déserté depuis l’action un grand nombre de piemontais. Le Roy de Sardaigne qui étoit a l’action dit qu’il fut obligé de se retirer qu’il avoit toujours esperé jusques a le moment: un espion ajoute qu’il a pleuré. Rien ne nous empeche plus de faire penetrer nos troupes dans le piemont ayant forcé, et etant maîtres de tous les retranchements de ce côté la le fort de la tour du pont etant pris; de sorte que le Roy de Sardaigne n’esperant plus de secours de la reine d’ongrie, et ayant peur de la desolation de son pays se determinera peut etre a nous laisser passer et faire son traité c’est ce que nous souhaitons

§ Relation de la prise s.d. 1

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[…] Mr le b. de givrye qui commandoit le corps de la traversiere fit attaquer le 17 le village de la gardette post retranché en avant de la vallée de Bellins par un détachement de 150 hommes soutenus d’une brigade d’infanterie l’emporta et y fit deux cents prisonniers. Le Roy de Sardaigne trompé par ces manœuvres porta toutes ses attentions sur la vallée de Château dauphin a portée de laquelle il plaça la plus grande partie de ses troupes, et ne laissa que 9 bataillons dans la vallée de Sture qu’il croyait fort en seureté. Le 17 au soir la tete de nos colonnes parut aux differents points qu’elles devoient attaquer le lendemain mr de Palaviciny qui commendoit les troupes de tout ces cotes là, etant pris a revers, desesperant detre secouru faute de temps et craignant que la retraite ne fut coupë prit le parti devacuer les barricades et les retranchements des montaignes qui dominoient la vallëe de Sture. Le lendemain a la pointe du jour malgré une pluye affreuse nous y marchames et y entrames sans obstacle par le moyen presque sans tirer un seul coup de fusil. Nous avons par la justesse seule franchi la barriere des Alpes. nous ne sommes pas encore dans la plaine, mais les principaux obstacles sont surmontes et le Roy de Sardaigne n’a plus de resource pour s’y opposer que de se commettre avec une grande innegalité de force a l’évenement d’une affaire generale. L’armëe est a presant sur la hauteur de Sambuc et l’on ne doute point qu’on aille faire le siege de Demont. il y a eu dans les retranchements de pierre longuë onze cents piemontais massacres sans cartier; les francois s’animant a la carnage en disant souvenons de baviere […]

§ ROY DE VAQUIÈRES 1745 1

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2° article LIMITES DE FRANCE PASSEES POUR ENTRER EN PIEMONT ATTAQUE ET CONQUETE DE LA REDOUTE DE PIERRE LONGUE 1° - OPERATIONS […] l’avant-garde arriva, le 16 à portée du village de la Gardette, que les deux compagnies de grenadiers de Poitou avaient eu ordre de venir reconnaître quelques heures avant et que les ennemis abandonnèrent à leur approche, mais qu’ils attaquèrent peu après en force; ce qui obligea les grenadiers, qui n’avaient été envoyés que pour le reconnaître, à s’en retirer et revenir à l’avant-garde, pour y attendre le reste de la 120

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colonne et le général, qui y arrivèrent le 17 au matin; où l’on fit d’abord les dispositions de l’attaque des troupes, qui étaient en bataille sur la montagne des Combres et dans les maisons au pied de cette montagne, sur un plateau que protégeait le village de la Gardette en avant, de même que celui de Chazal sur la rivière de la Vraita. Première observation La surprise, que l’on avait faite du village de la Gardette et dont les ennemis revenus rentrèrent en force dans l’instant en possession, les ayant assurés de l’approche des troupes, les obligea de se disposer à la défense sur la montagne des Combres et dans les maisons en avant, qui étaient sur le plateau au pied de la montagne […] lesquelles, par leur situation et dans un même alignement, en augmentaient la défense qui eût été plus vive si on n’avait eu la précaution de faire tourner la crête de cette montagne par les hauteurs de la gauche qui la dominait; ce qui leur fit craindre d’être coupés dans leur retraite et les obligea de céder la crête de la montagne, les maisons du plateau et le village de la Gardette, dans le bas en avant, qui restait sans protection, de même que celui de Chazal. 2° - O PERATIONS L’avantage de la journée du 17, en nous rendant maîtres des hauteurs, de même que du village de Chazal, donna lieu de faire arriver une partie de la colonne par la montagne de Bonpied au rocher de Bondormir, malgré les difficultés impraticables qu’il fallut surmonter pour se conserver les hauteurs. L’autre partie de la colonne marcha par le chemin de la vallée pour se joindre à la moitié de la hauteur, et on avait l’avantage d’arriver ensemble sur celle du rocher de Bondormir, d’où les ennemis se retirèrent à la vue des avant-gardes et abattirent leur pont de communication du rocher de Bondormir à la redoute de Pierre Longue. Observation La retraite précipitée des ennemis de dessus le rocher de Bondormir n’était que l’espoir qu’ils avaient de l’impossibilité qu’on pût aller les attaquer sur celle de Pierre Longue, assurés qu’ils étaient d’en avoir rompu entièrement le pont de communication, qu’ils avaient à ce dessein pratiqué sur le revers de la crête de ce rocher de Bondormir, dont le précipice en bas ne permettait pas qu’on pensât d’y trouver un chemin, ni de le réparer en peu de temps, par le manque de bois sur le lieu […] ce qui obligea à chercher sur notre gauche la possibilité de tourner le revers du rocher de Bondormir, pour arriver sur la crête de Pierre Longue qui lui est contiguë, et à l’extrémité de laquelle, sur la partie la plus élevée, était la redoute qui protégeait tous les retranchements de la vallée de Chanal et de Bellin jusqu’à la vallée de Stura. La longueur du chemin, les différents contours de la situation du terrain, la raideur de la pente ne permettaient pas à l’œil, du haut du rocher de Bondormir, d’être assuré d’une parfaite reconnaissance, pour décider la possibilité de pratiquer un chemin que les ennemis avaient jugé aussi impossible qu’il paraissait difficile, par la connaissance qu’ils avaient de la nature du terrain, dont la pente, continue jusques au fond de la vallée, le faisait pour ainsi dire regarder comme un précipice. 3° - O PERATIONS Les assurances qu’un berger qu’on avait pris depuis deux jours donna, par l’expérience qu’il en avait, de la possibilité d’ouvrir sur notre gauche un chemin, engagèrent de l’entreprendre dans l’instant, autant que la nécessité indispensable où l’on était par la par la difficulté du séjour dans ce camp, que par celle de retourner sur ses pas en retraite, s’il avait fallu. Je fus chargé de faire ce chemin avec 600 hommes que l’on me donna pour ce travail, et le secours de ce berger qui, me servant de guide, cherchait, de concert avec moi, l’établissement du chemin pour y placer tout de suite les soldats qui suivaient. Il était déjà 4 heures. La raideur du terrain tout corrompu, sa mouvance ou peu de ténacité qui le faisait fuir sous les pieds, n’étant par lui-même que roche pourrie, dont à chaque pas on trouvait des parties du roc qu’il fallait contourner ou précipiter en bas; tous ces obstacles ne permettaient pas d’en avancer le travail et j’eux à peine le temps, depuis quatre heures, d’en parcourir la longueur et d’approcher, presqu’à nuit, à deux cents toises de la crête où il fallait arriver, pour n’être de retour au camp que sur les dix heures du soir. Les brouillards, pluies et neiges, que les troupes avaient eu pendant toute la marche de cette journée qui ne fut qu’une montée continue, l’avaient rendue pour eux si fatigante que le froid et la gelée qu’il faisait alors, ne suffisaient pas pour les inviter au travail […] qui d’ailleurs, comme on l’a dit, par la mauvaise qualité du terrain sans ténacité, réduisit le chemin, qu’on avait déblayé sur plus de six pieds de large, à trois pieds tout au plus, et qui devint toujours plus mauvais par le passage des troupes, malgré l’attention que j’eus d’y laisser des travailleurs pendant toute la matinée du 19, jour de l’attaque. Observation Les réflexions que j’avais faites sur ce que j’avais ouï dire des retraites précipitées des travailleurs, souvent à la moindre alerte […] me fit demander qu’ils fussent armés […] précaution qui me servit avantageusement le lendemain, autant pour continuer le travail que pour empêcher que l’ennemi ne vint se former en troupe et se mettre de front à ce chemin, ce qu’ils auraient sans doute fait dès le matin du 19, s’ils avaient découvert notre dessein la veille d’aller ainsi à eux […] cette dernière partie qu’on ne put finir nous ayant procuré seule, sans doute, l’avantage des les empêcher de nous prévenir en forces, tout comme les armes que j’avais fait donner aux travailleurs celui de les empêcher de sortir du rocher derrière lequel ils étaient comme retranchés, au nombre de 400 grenadiers, et d’où ils firent un feu continuel pour inquiéter les travailleurs que j’engageai, par le moyen des armes qu’ils avaient portées, à 121

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leur répondre […] ce qui les contint assez pour qu’ils n’osassent avancer et donna le temps à la troupe de grenadiers d’arriver, de se former et de fondre sur eux; ce qui les mit en déroute et leur fit abandonner ce rocher et tout de suite les deux premières redoutes ou baracons, dont on fut le maîtres à 8 heures du matin, de même que le camp des ennemis, qui était à portée. 4° - O PERATIONS La prise de ces deux petites redoutes ou baracons ayant donné lieu au reste des troupes d’arriver, la résolution de l’attaque pour la grande redoute de Pierrelongue fut fixée pour y marcher à midi, sur trois colonnes, avec une quatrième d’observation et de réserve […] Deuxième observation Dans l’attaque des ouvrages de campagne ou retranchements comme l’était ici la redoute de Pierre Longue […] on ne saurait trop se précautionner d’avoir […] des grenadiers, armés de haches, pour en démolir du premier abord les palissades et barrières, tandis que d’autres font le coup de fusil et empêchent l’ennemi de paraître; et même d’avoir des travailleurs à portée pour, s’il est nécessaire, attaquer la palissade par le pied et la déraciner […] puisqu’on ne peut douter ici que le temps qu’il fallut aux grenadiers pour déraciner, comme ils le firent, avec leurs mains et baïonnettes, la palissade de cette redoute, n’eût accéléré la victoire et épargné la vie à bien d’autres. C’est bien moins par observation de ce qui est arrivé dans cette attaque que je mets ici cette réflexion, que je puis avancer de l’avoir proposée avant l’attaque dans le barracon; d’autant plus que je voyais la retraite très difficile par le chemin qui nous avait fait arriver jusque là, quoique la poursuite de l’ennemi sur nous ne l’eût été pas moins […] Fait à Arles, le 10 février 1745 Roy de Vaquières, Ingénieur

§ SAINT SIMON 1770, pp. 65-87 1

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Le Lieutenant-Général Don Louis de Gandiga avait emmené six bataillons du camp de Guillestre, par la même route que le Comte de Lautrec: il vint par St. Paul & Maurin se présenter à la tête du Col Lagnet pour menacer la vallée de Château-Dauphin ou de Mayre; mais rebroussant chemin tout-à-coup et se retirant par le lac de Praroire & le col Marie, il devait venir à Aceglio sur la gauche de la rivière de Mayra, pour soutenir la sixième colonne & empêcher qu’on ne lui coupât la retraite. Le Marquis de Campo-Santo Lieutenant-Général avec cinq bataillons détachés du Camp de Pontcervieres proche de Briançon, passa par Seillac & le lac de Praroire pour se porter aux Traversières de Bellins: il était également à portée des vallées de Mayre & de Bellins, et de favoriser les opérations des colonnes de sa droite ou de sa gauche, ou de profiter de leurs attaques pour faire une diversion, ou de s’ouvrir un chemin soit dans la vallée de Mayre, soit dans celle de Château-Dauphin. Le Bailli de Givri Lieutenant-Général était à la tête de dix bataillons pris au Camp de Barcelonnette; il les avait fait camper pendant quelques jours au camp de Bousson au-delà du Mont Genèvre du côté de la vallée de Sézane pour attirer les forces du Roi de Sardaigne dans cette partie, & lui faire craindre pour la vallée de Suze ou celle de Pragelas. Repassant tout d’un coup cette montagne, il était venu se présenter vis-à-vis de la Gardette sur les hauteurs de Bondormi qui dominent la vallée de Château-Dauphin. Le Brigadier Chevert avait un corps de 1500 hommes de piquets de divers régimens et quatre compagnies de grenadiers de la brigade de Poitou, pour faciliter ou préparer les attaques du Bailli de Givri, & concerter ses opérations avec lui. Le Prince de Conti connaissant la bravoure de ces deux officiers, avait tempéré la vivacité de l’un par la prudence et l’expérience de l’autre; le détail des attaques fait assez voir que les succès n’ont été dus qu’à ce choix. Ces neuf colonnes se trouverent le 17 juillet au soir chacune au poste que leur avait indiqué le Prince de Conti, se rapprochant des deux extrémités de Nice et de Briançon, qui sont à plus de cinquante lieues de distance par les détours qu’on est obligé de prendre, sans avoir essuyé d’autres dangers que ceux que la nature multiplie et diversifie dans ces pays affreux, ou le moindre faux-pas peut couter la vie sans qu’il soit possible d’espérer aucun secours. La nuit du 16 au 17 fut affreuse à passer; une pluie excessive de dix heures de suite, avec une violence qu’on ne voit à peine durer une demi-heure dans les pays de plaine, causa mille désordres dans la marche des corps qui devaient être tous le lendemain chacun à leur poste en face de l’ennemi […] Le Marquis de Campo-Santo avoit quitté le camp de Briançon et suivi pendant quelques tems la neuvième colonne, sur laquelle il avait ensuite pris de devant, avec cinq bataillons qu’il conduisit sans obstacles sur les montagnes de la Traversière, qui sont sur la droite de la vallée de Bellins […] Comme le Marquis de Campo-Santo avait ordre de favoriser la colonne de sa gauche par ses mouvemens plutôt que de rien entreprendre, il s’avança dans les montagnes pour la couvrir, & empêcha les Ennemis de se porter sur elle, en les attirant sur lui-même. Il se rendit au pied du Mont Morel qu’il gravit avec peine sans suivre ni chemin ni sentier; il monta de là sur la crête de Peirol, l’un des plus élevées des Alpes: il aperçut en avant de lui, sur la montagne de Castro, sept bataillons Piémontois dans un camp retranché. Il vit en même tems derrière lui un autre corps de Piémontois de quatre bataillons, campés dans la vallée & proche le village de Bellins. Il passa la nuit du 17 sur la crête de Peirol, & la descendant le lendemain matin comme il l’avoit montée, sans suivre aucun chemin, il vint sur la montagne de Castro, en face du camp qu’il avoit très-bien remarqué que des retranchemens 122

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défendoient. Il ne se proposa point de le forcer, étant inférieur en nombre à ceux qui le defenfoient, mais il fit toute la journée du 18 divers mouvemens qui fixant l’attention de ces troupes, les inquiétèrent & les empêchèrent de se porter au secours des retranchemens de Peyre-Longue qu’elles voyoient attaqués. Sur le soir, il redescendit du mont Castro et remonta sur la crête de Peirol. Les Piémontois qui pouvoient lui couper la retraite par la gauche, en passant à couvert dans des gorges qui joignoient leur camp, se jettèrent sur leur droite, & se rendirent à St-Pierre deux lieues au dessous de Château-Dauphin. Le Roi de Sardaigne y portoit toutes ses forces, croyant que le plus grand effort des Alliés se feroit de ce côté. L’intention du Prince de Conti, dans les divers mouvemens de ses colonnes de sa gauche, avoit été de lui donner cette inquiétude pour le porter à dégarnir les postes des vallées de Sture & de Mayre, afin de gagner assez de tems pour assurer sa communication s’il parvenoit à tourner le poste des Barricades & à s’en rendre maître. Le Marquis de Campo-Santo revint encore le 19 sur le mont Castro, mais ayant trouvé le Camp des ennemis abandonné, il le fit occuper par ses cinq bataillons & en fit perfectionner les retranchemens. Le Bailli de Givri Lieutenant-Général, sur qui roulaient toutes les opérations de la gauche, avoit d’abord conduit la neuvième colonne de Briançon au Camp de Bousson au-delà du Mont Genèvre; il avoit ensuite repassé cette montagne pour venir par le col de Lagneret au mont de Combes à la tête de la vallée de Bellins. Il étoit précédé dans sa marche par le Brigadier de Chevert LieutenantColonel du Régiment de Beauce, qui commandoit un détachement de 1500 hommes & de quatre compagnies de grenadiers. Le Bailli de Givri avoit sous ses ordres le Comte de Danois LieutenantGénéral, & dix bataillons: trois de Poitou que commandoit le Lieutenant-Colonel de Morenne, Officier d’un grand mérite; un de Provence dont le Comte d’Aubeterre étoit Colonel; un de Brie & deux de Conti que conduisoient le Duc d’Agenois & le marquis de la Carte leurs Colonels; deux du Régiment de Travers Grisons, dont on avoit confié le soin au jeune de Salis, désigné Colonel, mais qui n’avoit point encore sa commission; & un bataillon de milice de Béziers, qui n’avoit jamais vu la guerre, ainsi qu’il arrive à toutes les milices de France qu’on occupe à garder quelques forts ou châteaux, ou qu’on laisse dans leurs villages. Les 1500 hommes détachés qui marchoient avec un bon guide (17) à leur tête arriverent le 17 assez tard près du hameau de la Gardette à l’entrée de la vallée de Bellins, & au pied de la montagne de Combes. (17) Ce guide étoit un paysan de ce canton que les troupes de sa nation avoient pillé, & qu’elles accusoient de divers crimes, entr’autres, de celui d’espion: deux soldats le conduisoient garotté pour le faire pendre vraisemblablement à la première ville. Il trouva moyen dans la route qu’il faisoit de pousser si adroitement ces deux soldats qu’il les fit tomber dans un précipice où ils périrent; il se sauva, & fut reçu par le Lieutenant-Colonel de Modave, Aide-Maréchal-Général des Logis de cette division, qui l’accueillit et le traita si bien qu’il se voua entièrement à lui; non seulement il lui indiqua les passages & les communications de toutes les montagnes, mais il le conduisit lui-même, & prit de si bonnes informations des gens des lieux où il passoit, que le détachement évita toutes surprises de l’Ennemi, & l’attaqua partout avec avantage. Le Prince de Conti jugea les services de ce paysan si essentiels, qu’il le conduisit l’hyver à son château de l’Isle-Adam, & lui fit un établissement avantageux; on le connoissoit sous le nom de doux Berger […] Les Piémontois avoient un nombre égal de Soldats à celui du détachement, mais les leurs étoient dans les maisons qu’ils avoient crénelées, d’où ils firent feu sur les Français aussi-tôt qu’ils les virent à leur portée. Comme ce poste auroit empêché le détachement d’aller sur les hauteurs de Bondormi où le Prince de Conti avoit marqué leur rendez-vous pour le même jour (18 juin) que chaque colonne devoit être en face de l’ennemi, Chevert ne balança pas d’attaquer ces maisons avec vivacité. Ses grenadiers emporterent avec peine la premiere, mais il en restoit neuf ou dix autres que les Piémontois se disposoient à défendre avec courage. Cependant Chevert ne se rebutoit point: heureusement pour lui, le Comte de Danois arriva suivi de la brigade de Poitou. Chevert lui cédant son terrain, se porta de côté pour couper la retraite aux ennemis; ils s’aperçurent de son dessein, & voulurent le prévenir en se retirant, mais ils le firent avec si peu d’ordre & furent chargés si vigoureusement qu’ils perdirent beaucoup de monde; on leur fit deux cens prisonniers, parmi lesquels étoient un Major & douze Capitaines ou Lieutenans. La colonne continua sa route & vint sur les hauteurs de Bondormi en face des retranchemens de Peyre-Longue. Il ne tint point à l’ardent Chevert qu’ils ne fussent attaqués sur le champ: il en fit la proposition au Bailli de Givri, qui lui répondit qu’il vouloit auparavant tenir un Conseil de guerre. Le Comte de Danois y fut appelé, de même que Chevert, & Modave, Aide-MaréchalGénéral des Logis de l’Armée; celui-ci suivait la colonne: le Prince de Conti avoit beaucoup de confiance en lui & l’attacha même dans la suite à sa personne. Le Bailli de Givry lut les ordres de ce Prince: ils portoient qu’il ne devoit attaquer les ennemis que dans le cas où il les verrait se dégarnir pour porter du secours ailleurs, à moins qu’il ne vit une occasion favorable, & plus que vraisemblable, de se procurer quelque avantage important. Après cette lecture, il déclara qu’il croyoit que le Prince de Conti n’avoit voulu se servir de lui que pour faire une diversion qui fixât l’attention des ennemis, leur fit craindre pour la vallée de Suze, & les engageât à partager leurs forces de façon que les Princes pussent les trouver foibles d’un autre côté; que rien ne paraissoit devoir l’engager à risquer une attaque, qui certainement seroit très-meurtrière, & vraisemblablement très-inutile, quel qu’en fut l’événement. Le Comte de Danois se rangea d’abord de son avis; cependant sur les représentations des deux autres, il hésita, & bientôt il se 123

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joignit à eux pour presser avec instance l’attaque, sur les facilités qu’on croyoit y rencontrer d’après le rapport des déserteurs & des prisonniers. Le Bailli se rendit, l’attaque fut décidée & remise au lendemain; il étoit trop tard pour bien reconnoître le poste & les environs, qui pouvoient être garnis de troupes, & il n’eut pas été prudent d’attaquer sans dispositions, & sans s’assurer d’une retraite, qui devoit toujours se faire en bon ordre & avec un but. On fit entrer dans le Conseil les quatre Colonels des Régimens de la Division, & l’on convint avec eux de l’ordre de l’attaque. Les 1500 hommes détachés devoient rester aux ordres du Brigadier Chevert, & préparer l’attaque en s’emparant d’un défilé où l’on ne pouvoit passer qu’un à un; il se terminoit à un rocher escarpé d’où il fallait sauter deux pieds plus bas sur un terrein en pente & très-glissant. Quatre cens grenadiers piémontois postés à cinquante pas sur le flanc de ce rocher, gardoient ce passage, qu’enfiloit une batterie de canons placée les retranchemens. Quand Chevert s’y présenta, il y régnoit un brouillard fort épais (18) ; il ne put être distingué du retranchement, mais il reçut toute la décharge des grenadiers Piémontois aussi-tôt qu’ils l’entendirent, plutôt qu’ils ne virent, la tête de son détachement. (18) Ces brouillards sont fort communs sur-tout pendant l’été dans les hautes montagnes. Les nuits y sont toujours extrêmement froides & humides, & le matin accompagné de vapeurs que le soleil est quelques tems a dissiper, & qu’on voit remonter des vallées pour s’arrêter sur les hauteurs. L’intrépide Chevert ramassant ce qu’il put, & pressant les autres de sauter l’escarpement, fit mettre la bayonnette au bout du fusil de ceux qui le suivoient; & leur défendant de répondre au feu qu’on faisoit sur eux, il vint fondre sur ces quatre cens grenadiers, qui craignant de n’être pas soutenus & d’être écrasés par le nombre d’ennemis qu’ils ne pouvoient pas empecher de déboucher du défilé, se retirerent avec beaucoup de confusion vers la redoute du Baraquon: ils se virent suivis avec tant de vivacité, qu’ils n’oserent s’y arrêter, quoiqu’elle fut en état de défense; ils entraînerent même dans leur fuite ceux qui la gardoient. Les François les suivirent sans relâche, & entrèrent pêle-même avec eux dans une seconde redoute où ils leur tuèrent encore beaucoup de monde, non qu’on s’y battit, mais parce qu’ils étoient gênés dans leur fuite par l’entrée & la sortie étroite de la redoute. Les deux partis ne se séparèrent qu’à une troisième redoute mieux fortifiée que les autres, & garnie de sept bataillons qui bordoient son parapet, & commençoient à faire feu sur ceux qu’ils purent distinguer comme ennemis. Les grenadiers Piémontois furent reçus dans le redoute; & les François attendant de nouveaux ordres, marquoient une vive impatience de ce qu’on ne les y conduisit pas sur le champ. Un Aide-Major du Régiment de Provence eut ordre d’aller sommer le Commandant de se rendre, avec menace de le passer au fil de l’épée avec tout ce qui se trouveroit dans la redoute, s’il s’obstinoit à la défendre. Le Maréchal-de-camp du Verger que le Roi de Sardaigne avoit conduit lui-même dans ce poste, répondit comme il le devoit, qu’il feroit son devoir. Chevert s’étoit flatté qu’en envoyant un Officier dans cette redoute, il lui donneroit quelque connoissance de la force, & du nombre de ceux qui la defendoient. Il se détermina cependant à attaquer sur le champ; mais auparavant il crut devoir s’assurer du secours du Bailli de Givri. Ce Lieutenant-Général, non moins rempli d’ambition que de courage, répondit qu’on suspendît toute attaque jusqu’à ce qu’il vint lui-même sur les lieux pour la faire. Il apprenoit dans le moment par une lettre du Prince de Conti, qu’un corps de neuf bataillons étoit parti de la vallée de Suze pour se mettre à sa suite; il étoit averti de se tenir sur ses gardes & sur-tout de ne pas se laisser couper la retraite. Le Roi de Sardaigne, instruit par le Comte Palavicini du sort du poste des Barricades, avoit reconnu trop tard que le camp de Bousson qui menaçoit la vallée de Suze, n’avoit été qu’une feinte du Prince de Conti pour l’engager à éloigner ses troupes. La marche rétrograde du Bailli de Givri le lui confirmoit clairement; il n’avoit donc pas hésité à faire revenir les neuf bataillons qu’il avoit à la vallée de Suze; mais au lieu de les mettre à la suite du Bailli de Givri, il les fit venir dans la vallée de Château-Dauphin, où il se tenoit pour défendre en personne ses frontières. Le Bailli de Givri calculant le tems du départ de ce corps, sur lequel il avoit une grande avance, & la route qu’il avoit dû tenir, conclut qu’il pouvoit attaquer les retranchemens sans le craindre. Il avoit dès la veille fait reconnoître le terrein par lequel il devoit passer en cas qu’il dût faire sa retraite: il étoit pressé par le besoin de vivres qu’il ne pouvoit se procurer que dans la vallée de Bellins après en avoir forcé ses retranchemens; on lui avoit enlevé la veille cinquante mulets chargés de pain, en sorte qu’il ne balança plus sur l’attaque de la redoute de Peyre-Longue, qu’il ordonna sur le champ. Le détachement de Chevert eut ordre d’attaquer en face de la batterie, la Brigade de Poitou par sa droite, & celle de Provence entre-deux; le Colonel Salis fut envoyé prendre poste sur un plateau qui dominoit la vallée de Bellins, & qui se trouvoit entre les retranchemens & le Camp de quatre bataillons que le Marquis de Campo Santo avoit reconnu dans la vallée près de Bellins. En se plaçant ainsi, le but étoit d’empêcher ces deux corps d’Ennemis de se réunir. Les deux bataillons de Travers ne trouvant point de chemin pour arriver à ce plateau, furent obligés de se laisser glisser, le terrein étant trop en pente & trop lisse pour pouvoir s’y tenir sur les pieds; ils se mirent aussi-tôt en bataille, & leur contenance empêcha les quatre bataillons de la vallée de se porter au secours des retranchemens. Le bataillon de Béziers fut ordonné pour aller chercher la poudre & les balles, & les porter à tous les points d’attaques, où il n’étoit pas possible de faire passer les mulets. La colonne s’étant mise en marche dans l’ordre prescrit, la brigade de Provence à la tête de laquelle étoit le Marquis de la Carte, trouva le terrein si fort en pente qu’elle ne put garder sa direction; elle fut emportée malgré elle sur celle de Poitou, qui n’ayant pas un chemin plus aisé, se rejetta de même sur la gauche, en sorte qu’en arrivant aux 124

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retranchemens, sous le feu le plus vif de l’artillerie & la mousquetterie de l’Ennemi, ces trois corps n’en firent plus qu’un qui chargea vivement l’ennemi tout aussi vivement qu’il en étoit accueilli. Les François arriverent jusques sur les palissades du chemin-couvert dont ils délogerent les Piémontois, sans pouvoir couper ni arracher ces palissades; on leur avoit fait laisser leurs sacs dans le camp pour qu’ils fussent plus dispos & plus légers dans la marche & dans le combat; les outils dont on porte un certain nombre par compagnie y étoient aussi restés. Ils ne purent se soutenir qu’en faisant un feu continuel sur les Piémontois qui tiroient avec plus d’avantage, étant couverts par leurs retranchemens. Ils furent ainsi plus quatre heures à dix pas du mur des retranchemens, le chemin couvert entre-deux. On battit envain trois fois la retraite, les Soldats s’obstinerent, & demandant les drapeaux, de main en main ils les jetterent dans le chemin couvert; prenant ce prétexte pour s’y précipiter en même tems; ils arracherent quelques palissades avec les mains, & arborerent les drapeaux contre les retranchemens. Les Piémontois n’osoient avancer la main pour les saisir, tant le feu qui les protegeoit étoit vif; ils tiroient dessus à bout portant pour les mettre en feu. Les Soldats François, sans se rebuter, & malgré l’ordre qu’on leur réitéroit sans cesse de se retirer, resterent encore quelques tems sous les murs du retranchement; ceux qui le touchoient n’étoient même pas à l’abri des coups de l’Ennemi; les deux Nations croisoient le fusil sur le retranchement, & tous les coups de part et d’autre tirés à bout portant, portoient à la tête & étoient mortels. Le Bailli de Givri avoit été dangereusement blessé, le Marquis de la Carte tué, les autres Colonels blessés ainsi que nombre d’Officiers; ce qui détermina le Comte de Danois à faire battre la retraite pour la quatrième fois; mais les Soldats presque sans Officiers n’obéissaient plus; ils étoient également effrayés de la honte & du danger d’une retraite à faire, du pied du mur garni de troupes nombreuses & d’artillerie jusqu’à ce qu’on fut hors de la portée de leurs coups, sur un terrein extrêmement difficile. Quelques palissades arrachées leur faisoient croire qu’ils pourroient aussi détruire avec leurs mains le reste du retranchement: ils ne ralentissaient point leur feu; si leur bravoure étoit un effet de leur crainte, la crainte formoit des héros qui se battoient comme les Horaces & les Curiaces. Le Colonel de Salis, quittant son poste, marcha vers les retranchemens pour les attaquer par son côté: il périt à la première charge, mais il décida le sort. Les Piémontois se divisant pour se porter en force du côté qu’il menaçoit, dégarnirent celui qu’on assiégeoit depuis quatre heures. Un Sergent se glissa par l’embrasure d’un canon, couvert d’autant de canonniers morts qu’ils s’en étoit présenté pour le recharger. Ce Sergent fut tué, son corps servit d’échelle à un grenadier plus heureux, qui renversa sur son canon le canonnier qui tenoit un clou & un marteau pour l’enclouer. Il sauta le sabre à la main dans le retranchement, où il fut suivi dans un moment par d’autres grenadiers qui l’imitant mirent leurs fusils en bandoulière pour n’employer que leurs sabres; les Soldats qui passerent apres eux, les aiderent à charger les Piémontois, qui vinrent trop tard à leur rencontre; ils fondirent sur eux avec tant d’intrépidité qu’ils parvinrent à les mettre en fuite. Le Maréchal-de-Camp qui les commandoit fut tué, de même que le Marquis de Séceles Aide-de-Camp du Roi de Sardaigne, qui faisant la fonction de Général se rendit près de la Tour du Pont, au pied de la montagne sur laquelle on combattoit, & envoyoit des ordres & des piquets à l’attaque, gardant les Régimens avec leurs drapeaux auprès de sa personne. Il fut témoin des prodiges de valeur & de l’acharnement des Régimens François qu’il croyoit écraser par l’avantage du poste & par le nombre d’hommes qu’il envoyoit successivement dans les retranchemens; il vit enfin les siens céder à des efforts inouïs & périr cruellement sous ses yeux sans pouvoir l’empêcher. Les François firent main-basse sur tous ceux que la fuite ne leur déroba pas, & ne s’arrêterent qu’à la vue des Régimens Piémontois. Un détachement du Régiment de Saluces qui prit une autre route, fut poussé si vivement sur une de ces pentes pareilles à celle sur laquelle le Régiment de Travers s’étoit laissé glisser pour gagner son poste, que les Soldats renversés & roulant avec leurs armes & leurs cartouches furent jettés sans vie ou expirans sur les rochers & contre les arbres de la vallée, froissés & brisés de maniere à ne pouvoir jamais être guéris de ces meurtrissures, aussi mortelles que les plaies les plus cruelles. Le Roi de Sardaigne ne pouvoit accuser ses troupes, il ne revenait presque que des soldats, tous ses officiers s’étoient faits tuer sous ses yeux, plutôt que d’y paraître en fuyant: il ne jugea point à propos de soutenir plus longtems la tête des montagnes & d’y disputer le terrain à des ennemis qui l’emportaient avec autant de valeur que de force. Il abandonna la butte de Château-Dauphin, qui n’ayant aucune espece de fortification, est d’ailleurs dominée de tous côtés par les montagnes qui la joignent, & se retira deux lieues plus loin, mettant le village de St-Pierre entre ses ennemis et ses troupes. Il rassembla 21 bataillons qu’il fit camper en ligne, bien résolu de soutenir un combat dans la vallée, où il ne doutoit pas que les François ne le suivissent pour s’ouvrir un chemin jusqu’à la plaine. On compta sur le champ de bataille 1350 morts des ennemis, presque tous tués par des coups à la tête; plus de 300 avoient péri dans les vallées, soit des coups des François, soit des chutes faites en fuyant dans les rochers & les escarpemens. On prit aussi deux pièces de canon qui se démontoient ainsi que leurs affuts; le corps du canon se divisoit en trois parties qui s’assujettissoient par des barres de fer; chaque canon pouvoit être porté sur le dos de trois mulets. La perte des François avoit été très-considérable, quoique moindre que celle des ennemis. Le Bailli de Givry mourut quelques semaines après de sa blessure, deux des Colonels resterent sur la place. Le Duc d’Aiguillon & le Comte d’Aubeterre furent blessés; le Comte de Danois n’eut qu’une légère blessure; trois sergens & deux soldats sur lesquels il s’appuyoit successivement furent tués sous sa main. Quatorze hommes furent tués ou blessés autour du Brigadier Chevert qui fut blessé à la main, mais 125

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si légèrement qu’il ne voulut pas être mis sur la liste des blessés, ne regardant point, ainsi que quelques Officiers, une blessure comme un mérite; le Régiment de Poitou qui se couvrit de gloire dans cette journée, perdit nombre d’Officiers; à peine les deux bataillons de Conti en trouverent-ils le soir dix en état de faire le service, de soixante qu’ils étoient au commencement de l’action: le nombre des Soldats de tous les Régimens étoit considérablement diminué. La nuit rassembla tous ceux qui s’étoient dispersés pour suivre les fuyards épars de tous côtés; le Comte de Danois les fit coucher sur le champ de bataille, envoyant des détachemens chercher les tentes & les sacs; mais ayant peu de vivres lui-même, il ne trouva de ressource(19) que dans ceux que les ennemis avoient laissés. (19) Son souper est un de ces traits qui caractérisent un homme, & non une nation, & même ne peignent l’homme que dans un moment auquel le reste de sa vie a souvent peu de rapport. Ce Lieutenant-Général, jadis étendu pendant trois jours avec les morts dans les plaines de Valenciennes, sauvé par les soins de sa nourrice, ne voyoit dans la mort rien d’extraordinaire. Jamais il ne perdoit son sang-froid, & siffloit tranquillement au milieu du carnage horrible qui se faisoit à ses côtés. « Ce Bailli de Givry, disoit-il, ne sera plus occupé que de sa blessure, & emmenera le mulet qui portoit les provisions pour nous deux; & moi, je n’aurai rien à manger ». Le Maréchal-de-Camp des Piémontois qui souffroit cruellement de sa blessure interrompit les cris qu’elle lui arrachoit pour lui enseigner où étoient ses cantines: le Comte de Danois les fit apporter, & mangea près du mourant; mais comme celui-ci ne cessoit de se plaindre, Monsieur, lui dit le Comte, ne pourriez-vous pas mourir tranquillement & nous laisser manger tranquillement ? L’étonnement ou la mort fit taire le Maréchal-de-Camp qu’on ne regarda qu’après avoir cessé de manger. Il n’étoit pas encore établi dans son camp & deux heures ne s’étoient pas écoulées depuis le dernier coup de fusil tiré, qu’il reçut une Lettre du Prince de Conti, adressée au Bailli de Givry, par laquelle il lui recommandait de ne point attaquer les retranchemens, lui faisant part des succès qu’il avoit eux dans la vallée de Sture, & de l’intention où il étoit de ne point chercher d’autre passage pour pénétrer dans la plaine. Si l’on peut juger de l’impression que fit cette lettre sur le Comte de Danois, & sur ceux des siens qui la virent, il ne sera pas aussi facile de se peindre l’effet que produisit sa réponse […](20) (20) Presque tous les Officiers qui avoient eu part à cette action, en eurent de même aux grâces du Roi, que le Prince de Conti sollicita vivement, & obtint aisément. Le Duc d’Agenois & le Comte d’Aubeterre furent faits Brigadiers, & Chevert Maréchal-de-Camp. Le Comte de Danois fut pourvu peu de temps après d’un gouvernement. On a vû que pendant tous le tems qu’avoit duré l’attaque des retranchemens de Peyre-Longue, le Marquis de Campo-Santo s’étoit porté avec la huitième colonne sur le col d’Elve, vis-à-vis des sept bataillons Piémontois campés sur le mont Castro. Quand on sçut à l’Armée que cet Officier n’avoit pas attaqué, & la perte que la neuvième avoit faite, les murmures & les plaintes nationales recommencèrent avec aigreur; mais le Prince de Conti rendant publiquement justice au Marquis de Campo-Santo, & faisant sentir l’importance du service qu’il avoit rendu par la fierté de sa contenance, n’ayant que cinq bataillons & se plaçant entre un camp retranché de sept bataillons & un autre corps de quatre, on finit par admirer autant sa prudence que sa bravoure. Non-seulement il s’étoit comporté de la manière la plus utile à la cause commune, mais il sçut si bien se gouverner avec les montagnards Piémontois que son camp fut abondamment fourni, tandis que ceux de la 6e , de la 7 e , & de la 9 e colonne étoient tous dans la disette par l’imprudence avec laquelle la 9e en agit dans la vallée de Bellins, & la 6e & la 7 e autour d’Aceglio, où l’on pilla le village de Stroppo […] Le seul Camp du Marquis de Campo-Santo les ménagea, & fut pourvu des ressources du pays.

§ Suite 1744 1

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Un gros d’ennemi est entré dans la vallée de Mayra, et s’y trouve placé de façon qu’il n’est pas possible de juger s’il attaquera les postes d’Elva et de la Bicoca, ou s’il ira fondre vers Demont. Un autre Corps est descendu dans la vallée de Sture, et a avancé jusqu’à Bresès. Un troisième corps s’est glissé dans la vallée de Belins, et a ce matin approché de nos postes avancés. On ne peut pas encore savoir sa force, ni s’il compte d’agir reellement contre Belin, ou s’il n’est venu là, que pour nous y tenir en échec et empecher qu’on ne jette des secours vers Demont pendant que les autres Corps opereront de ce côté-là. Le Roy dans cette incertitude n’a pas laisse de faire passer à Belin plusieurs bataillons qui étoient à Pont, afin qu’ils se trouvent prêts à s’opposer aux tentatives que les ennemis pourroient faire d’une façon ou d’autre. S.M. a employé la journée d’hier à faire une longue et peinible tournée, tant à cheval qu’à pied, aux postes de la gauche de cette vallée de Vraita, ayant visité ceux de la droite le même jour de son arrivée à Château Dauphin. Dans le moment, qui est ¼ après midy, le Roy vient d’apprendre que le corps qui vient d’entrer dans la vallée de Belin a attaqué nos petits postes avancés, les quels après avoir tiraillé quelque temps, se sont repliés, les ennemis continuant de grossir de ce côté-là. S.M. monte à cheval à deux heures pour aller reconnoitre ce qui se passe à Belin.

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§ THOLOSAN 1777, pp. 204-208 1

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Tandis qu’on s’étoit si bien fortifié dans cette vallée, l’armée des Espagnols et Français en se formant, campoit à la Bessé, et à Guillestra, on les attendoit donc ici de pied ferme, mais un bercail qui est ouvert de tout côté, et qui n’a que la porte de fermée, le loup peut facilement le ravager, c’est pourquoi l’ennemi pour nous donner mieux l’echange, fit avancer un corps de ses troupes à Ville Vieille qui passant vers le Bourgit alla à Bosson dans les vallées de Pragelas faisant semblent d’attaquer là et revenant de montagne en montagne, se faisoient voir tous les jours sur nos frontieres, tandis que l’armée defiloit à petit bruit du côté de Saint Paul dans la vallée de Barcellonette. Enfin le quatorze de juillet le corps détaché parut sur le col de l’Agnel, alors nos troupes ne doutèrent que toute l’armée ne descendit par cette vallée, il y avoit alors un gros piquet de travailleurs dans ladite montagne pour y construire un barracon, mais ayant vu l’ennemi ils abbandonèrent l’ouvrage, et en descendant ils couperent le pont neuf qu’étoit vouté, et fait à la perfection, on rompit tous les chemins d’ici à Pont. Par cette allerte le fourragement qu’on faisoit à nos prés fût interrompu, car cette année là on ne brûla pas ni foin, ni paille, parceque rien n’étoit pas encore mur, mais on coupa les fourrages sur les prés, et on fit pasturer les mulets et les chevaux partout ou l’on ne peut pas faucher on voulait même faire couper nos segles et nos orges en herbe, mais le cruel conseil ne fût pas executé. Le jour d’après le dit detachement parut sur le col de Saint Veran et ensuite sur celui de Longet ou il resta plus de vingt quatre heures. Tandis qu’il manoevroit ainsi l’armée entra par Larche dans la vallée de Sture et s’empara de la val de Maira faisant sa divertion du côté de Bellino; ce qui étoit à Longet se rendit d’abord avec ceux qui devoient attaquer par Bellino, et pour le coup nous n’eûmes aucune descente. Le seize donc la division française commandé par le Bayli de Givri attaque la garde de Chayol; et après quelques coups de fusil, ces gardes décamperent et pour ce jour là les miquelets vinrent poursuivre les notres jusqu’à la Gardette; la nuit du seize au dix sept les Français campèrent à Chayol, et les notres resterent à la Gardette. Le matin l’ennemi fit trois coulonnes, l’une passa au pied des Reichasses l’autre à Laiséré et l’autre au Melezé; cette colonne du Melezé rencontra nos carabiniers, et la il se fit un grand feu de part et d’autre, et enfin les notres furent obbligés d’abandoner le poste, celle du Laiseré batit nos milices et Vaudois avec quelque troupe d’ordonnance, de sorte que tout descendit aux Celles. La colonne des Reichasses après avoir brûlé toutes les granges des Combés vint attaquer Bondormir; passant au pied du Roc de Fer vint attaquer le poste de Bondormir, ou après une vive resistence de la part de nos troupes ils se rendirent maîtres du poste et montérent sur Pierre Longue; l’autre coulonne venant des Celles passa au contour, et se rendit avec les autres sur Pierre Longue. Du côté des Hubais la division espagnol commandée par Monsieur de Campo Santo passa par pian Moret, et de là aux Alpiols, et de là au cros du Pelvos, et puis sur Muret Freid, et de là sur le col de Luc ou ils attaquerent les notres à la Tana et là ils resterent jusqu’à ce que la division française eût executé son dessein. Toutes nos troupes qui étoient au fond de Bellino se rendirent qui à la Bicoque, qui au camp des Espeyrasses, et les Français se tenoient sur Pierre Longue. Le pont de communication étant sauté en l’air, comment descendre, les notres tenoient ferme sous Pierre Longue […] endant la nuite du seize au dix sept qui étoit le samedi venant au dimanche, on examina qu’on pouvoit faire un chemin au travers du vallonet de Pierre Longue du côté de Pont: on fit donc un chemin en ziguezague à l’envers qui descende sur les maits, et on travailla au dit chemin du vallonet deux heures avant jour, et le construisirent de telle sorte qu’on passoit à cheval […] il étoit important aux notres de garder ce poste, c’est pourquoi ils s’avancerent jusqu’au pied de Pierre Longue, et d’abord que l’ennemi parut sur l’eminence au pied de Pierre Longue ils firent un feu merveilleux, mais quelques miquelets qui descendirent à la Chaïte de Pierre Longue les batent en ruine, et le chemin étant achevé la coulonne enfouça et gagna la créte au dessous dudit Pierre longue et furent par consequent les maîtres de cet endroit […] Le camp des Espeyrasses partit d’abord abandonant aux ennemis leurs tentes et se replèrent vers Mont Caval et pour donner le signal à ceux de la Bicoque que le poste étoit gagné on mit le feu à trois fusées qui manifesterent la prise de Pierre Longue. Toute la coulonne française s’étant rendue au pied de Pierre Longue, le canon du fortin de Mont Caval commença à jouer, mais sans faire un grand massacre; ils descendirent donc sans interruption et avec bonne contenence, jusqu’au point de la Bataïole ou les notres avoient encore une redoute. Elle fût prise sans perte et ils l’abandonnèrent après avoir fait leur decharge sur l’ennemi […] là les Français firent une alte près de deux heures, et étant un jour de dimanche on nous a dit qu’ils dirent la messe sur le clot de la Bataïole, et après s’être un peu rafraichis ils continuerent leur route le long du couteau qui va à Mont Caval, et étant arrivés sur la pointe des cretes des chaussards ils firent encore une seconde alte. Notre canon jouoit alors avec toute l’activité possible et étoit servi à la perfection car on auroit dit qu’il y eût une baterie de six pièces, tandis qu’il n’y en avoir que deux. Cette coulonne commandée par Monsieur de Givri, qui fût blessé à Bondormir, n’étoit composée que d’onze bataillons, de Travers, de Poytou, de Conté, de Brie, et de Provence; s’avança vers le fortin malgré le feu continuel du canon qui chargé à cartouche leur causoit un mal considerable, jusqu’à la portée du fusil […] ils étoient en balance de se retirer ou d’avancer plus avant, lorsqu’un petit brouillard montant du côté du puis vint couvrir le dit fortin, alors cette troupe se porta à toute jambe sur le fort et en moins d’un quart d’heure s’en rendirent les maîtres. Cette prise coûta un monde infini, ils n’avoient ni hâches, 127

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ni pioches pour défaire la palissade, et pour combler le fossé. Ils la défirent pourtant, et comblerent de leur morts le fossé, et monterent enfin dans le fort, se saisirent des canons, et firent la garde prisonnière: que de monde coûta ce poste; que des officiers s’immortalisèrent en mourant glorieusement dans cette endroit ! Ce poste gagné il restoit encore le dernier rétranchement avec sa bonne palissade, et ce fût le mieux disputé. La brigade de Savoie, et le régiment de Roguin se firent honneur; le colonel Roguin surtout combatit de sa personne mieux que le meilleur soldat, avec son spouton il defendoit la palissade avec la dernière valeur jusqu’à ce que ayant reçu un coup à la tête il tomba roide mort, daumage d’un si bon soldat. Si les autres officiers généraux s’étoient comportés de la sorte, jamais les Français malgré leur bravure auroient été victorieux; mais les brigades des Gardes, et de Saluce étant venus relever les premiers craignant plus le feu que les autres, tournerent le dos après une legére resistence en se precipitant les uns du côté du puis, et les autres par Julliard, laisserent la palissade et la redoute du Bec de l’aigle, ou de Mont Caval au vainqueur. Le baron du Verger et le marquis de Seyssel auteurs de la coupe de nos bois furent du nombre des morts, et y furent enterrés sans pompe et sans cerémonie, comme le reste des soldats restés dans le combat. L’attaque de ce dernier rétranchement dura quatre heures et demi, et on ne la finit qu’à l’entrée de la nuit. Que de sang répandu pour une chose de rien, quel combat opinatre dans un lieu, ou l’on ne se pouvoit point renger en bataille, l’honneur de part et d’autre y étoit engagé, il falloir vaincre ou mourir, les Français avoient même ordre de se retirer, et on avoit deja battu pour trois fois la retraite, mais on ignora l’ordre et chacun fit de son mieux pour ne pas reculer et pour faire l’attaque avec fruit. On nous fit alors plus de trois cent prisonniers, pour les blessés ont les fit d’abord conduire à Château Dauphin. Cette journée fut une des plus rudes qu’on puisse se passer en tems de guerre, car le duc d’Agenois, et le comte d’Aubeterre passant ici le lundi legèrement blessés, nous assurerent qu’il avoit peri dans le combat, de part ou d’autre, plus de trois mille cinq cent hommes. Je suis bien persuadé que nos successeurs ait tour peine à le croire mais c’est la verité, il s’est fait un feu d’enfer et on a combattu de part et d’autre avec la dernière opignaitreté. On fit donc enlever les morts, et on ramassa les blessés dans la redoute, ensuite on ordonna à tous les habitants de la vallée de les porter à leurs respectifs endroits. En attendant, le comte Danois, qui commandoit à la place de Monsieur de Givri, permit lui sa cage de trois heures à ses soldats dans la communauté de Bellino et Château Dauphin, et cela par maniere de refréchissement […] ce poste étant forçé, le Roi qui étoit au Villaret fit retirer toute l’artillerie des forts Saint Charle, Château et fort Bertola, et les camps de la Levé partirent sans plier leurs tentes, qui resterent toutes entre les mains de qui en a voulu. Ce qui étoit à la Bicoque et sur le col de Luc fit de la même façon, et toute notre armée se retira avec le plus grand desordre à Saint Pierre; elle seroit allée plus loin, si les français l’eussent poursuivie; canons, equipages, et autres choses, auroient été perdus […] Mais là on rencontra le baron de Leutron venoit avec huit bataillons, il représenta au Roi qu’il ne falloit pas se retirer avec une semblable precipitation; qu’il falloit s’arrêter et attendre l’ennemi de pied ferme; on s’arrêta là, et pour se mettre mieux en défence ils allérent camper au Beché ou le Roi y établit son quartier, et là on revint un peu de la terreur panique ou ils avoient été jetés par cette vigoureuse attaque. Je ne dis rien de ce qui se passa dans le pilage mais seulement que les eglises ne furent pas épargnées; à Bellino et à Château Dauphin sortout à la mission ou l’on trouva des effets appartenents à nos troupes; on tua deux hommes à Bellino, et il se commit même quelques viols à l’égard du sexe. Ce qu’ayant appris, et craignant que le même n’arrive dans ma parroisse, je envoyai d’abord mon frère prêtre avec quelques habitants, pour s’aller soumettre et implorer la protection du comte Danois, qui nous l’accordat moyennant qu’on leur envoyat du monde pour porter leur blessés à la Gardette, et de là à Maurin; tout cela fût executé, et nous ne soufrimes aucun insulte. Il nous envoya un detachement de cent hommes, et pendant huit jours nous fournimes plus de cinquante hommes pour leurs malades, et ils envoyerent un autre detachement au Château de Pont, et un autre à Château Dauphin; ils campérent à Bellino pendant trois semaines, pendant le quel tems il nous fallut leur fournir vingt cinq vaches qu’ils payerent, mais non pas ce qu’elles valloient. Le comte de l’Autrec étoit campé au dessus de Briansolles sur le col de la val de Maira avec quatorze bataillons. D’abord que cette troupe fût un peu reposée, on ordonna de defaire tous les rétranchements dépuis la Bicoque jusqu’au Viso. Tous les particuliers de la vallée étant commandés pour cela on vint à bout de les detruire en moin de cinq jours: pour les forts, attendu qu’il n’étaient que du bois et de gazons, on y mit le feu, et tout fût reduix en cendre en peu du tems quoi que le feu s’y conserva près de quatre mois; de sorte que de tous ces beaux travaux on n’en voit presque plus les vestiges, et ce qu’on resta quatre mois à construire fut ruiné et aneanti dans quatre jours. On estima près d’un million tous les beaux ouvrages, et les français même en admiroient la regularité et la cimetrie: louoient extremement de si sages precautions et confessoient ingenuement qu’ils n’auraient pas pû les forcer s’ils n’eussent pris le chemin qu’ils tinrent. Demonte étant pris ils décampèrent de cette vallée et toute l’armée se rassembla pour aller faire le siège de Coni, mais mon dessein n’étant pas de m’éloigner de ma patrie, laissons les faire ce qu’ils voudront. Reflexion La posterité régardera comme un comte fait à plaisir, le pont de Pierre Longue, et le chemin du Vallonet du côté de Pont, a peine les brébis y pouvoient aller paturer, et les bergers ne passoient qu’avec crainte; cependant on y fit passer une division d’armée, avec des chevaux et de mulets, on jugeoit dans notre armée ce passage impratiquable, et on se tenoit assurés de ce côté là, mais l’industrie de l’homme vient à 128

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bout de tout […] et nous pouvons dire qu’encore que nos montagnes soyent des plus rudes et des plus escarpées ayant passé là ils pouvoient passer partout: à quoi aboutit, cependant tant de fatigues et tant de sang repandu, que servit aux Français d’avoir gagné un semblable poste, et aux notres de le défendre avec tant d’opignâitreté, un peu de fumée de gloire d’avoir vaincu pour les uns, et un peu d’honneur pour les autres de savoir se defendre. Mais qui croira que Mont Caval aye servit de cimetiers à des marquis, à des comtes, et des barons, enfin à un grand nombre de la plus belle noblesse de France, et de Piémont; cette montagne portoit le nom de Bataïole et on ignoroit ce qui lui avoit donné ce nom; mais à present c’est avec juste titre qu’elle le porte, et ces endroits qu’on ignoroient dans les pays étrangers y seront connus comme des endroits fort considerables, et auront place dans les histoires qu’on écrira de ces guerres […] il ne falloit point faire tant de travaux, si on ne vouloit mieux les defendre, si les notres eussent tenu ferme à la Levée peut être les auroient ils conservées, car la division des Français n’étoit pas assez forte pour pousser plus loin leur victoire, du moins n’auroient ils pas montré une espèce de confusion […] mais disons mieux nos troupes ne sont pas bonnes pour la montagne, la plaine leur est plus propre pour combattre, aussi je crois qu’ils ne tourneront pas attendre l’ennemi dans ces gorges-ci, attendu qu’ils ont toujour le dessous […]

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Fig. 91

Raffigurazione delle difesa della media Valle Varaita, nel comprensorio di Sampeyre, durante il XVII secolo, in occasione dell’attacco francese condotto dal marchese d’Uxelles (Carta 2) 130

CONCLUSIONE

Dagli avvenimenti all’Archeologia Militare

Le vicende storiche della campagna in Piemonte del 1744 sono ben conosciute 1. Dopo i sanguinosi scontri in Valle Varaita, lungo la dorsale di Pietralunga, e la perdita della ridotta detta di «Monte Cavallo» il 19 luglio, Carlo Emanuele III abbandonò tutte le posizioni e fortificazioni del comprensorio di Casteldelfino, ritirandosi a Sampeyre. Epilogo per uomini e fortificazioni Giunse presso il comando sabaudo, sempre nelle ore della ritirata, la notizia che già dal 17 luglio il principe di Conti e l’armata gallispana avevano avviato l’attacco principale in valle Stura, dopo aver superato il colle della Maddalena. Riuscendo a minacciare alle spalle il posto delle Barricate con due colonne spagnole, filtrate attraverso i colli di Barbacane e Fer, i Gallispani avevano costretto il comandante sabaudo, marchese Pallavicini di Frabosa, a ritirarsi su Demonte per non essere accerchiato e tagliato fuori dal resto dell’armata. La battaglia di Pietralunga fu certamente un massacro inutile, come dimostrano le cifre delle perdite e lo sviluppo degli avvenimenti illustrati nel Capitolo 1. Lo stato maggiore piemontese non fu affatto sollecito nel tentare di contenere la spinta della colonna del de Givry, fin dal 17 luglio, ma lasciò sempre l’iniziativa al nemico stando sulla difensiva, sebbene i reggimenti sabaudi per buona parte della giornata del 19 luglio abbiano dimostrato un’alta capacità di resistenza e grande tenacia. Per canto loro il de Givry e i suoi ufficiali manifestarono un’ostinazione esagerata, che le fonti di parte francese notano comunque, pur celebrando il valore e l’«élan» dei soldati dell’Armée Royale. Sta di fatto che gli ordini per la colonna del de Givry erano diversi e il sangue versato sulle praterie della dorsale di Pietralunga fu inutile. La più significativa e severa valutazione fu pertanto scritta da Pierre de Bourcet, l’ingegnere assegnato al principe di Conti, che elaborò l’intera programmazione strategica della campagna del 1744. Nota subito l’autore che: Cette attaque fut vive et on en doit le succès à l’intrépidité des troupes; mais elle avait été faite mal à propos et contre l’instruction de M. le prince de Conti, qui portait en substance que M. le bailli de Givry ferait marcher le 17 un détachement de quinze cents hommes […] et n’attaquerait véritablement qu’au cas que le roi de Sardaigne se serait dégarni dans la vallée de Bellins et de Château-Dauphin pour porter ses forces aux Barricades de la vallée d’Esture […]

Le motivazioni, insite nella programmazione generale della campagna, erano ben chiare, secondo il Bourcet, e ad esse dovevano attenersi il de Givry e i suoi ufficiali: […] car il n’était question que d’une diversion dans la vallée d’Esture, et si on avait fait commencer l’attaque de la Gardette la veille et ordonné de marcher le lendemain par le bas de la vallée, ce n’avait été que pour faire prendre le change au roi de Sardaigne et lui faire penser qu’on voulait pénétrer par la vallée de Château-Dauphin, dans laquelle débouche celle de Bellins, et y attirer ses principales forces, tandis qu’on percerait véritablement par la vallée d’Esture […]

Al contrario l’iniziativa personale determinò la morte di tanti uomini e notevoli difficoltà per tutta l’armata gallispana: 1

M ORIS 1886; B UFFA DI P ERRERO 1887; DE V AULT -A RVERS 1892; G IULIANO 1967; I LARI -B OERI -P AOLETTI 1997, pp. 127-147; M INOLA 2006, pp. 43-56. 131

[…] au lieu qu’en prenant le parti de monter la montagne pour attaquer les retranchements de PierreLongue, assez avantageusement situés pour n’avoir pas besoin de beaucoup de renforts, on laissait la liberté au roi de Sardaigne de laisser plus de troupes aux Barricades de la vallée d’Esture, et on faisait rencontrer plus de difficultés à M. le prince de Conti d’en forcer le débouché; tant il est vrai que le zèle peut devenir indiscret, lorsque l’officier général particulier ne connaît pas toutes les branches des projets du général de l’armée […]2

Il Re di Sardegna Carlo Emanuele III ritirò le sue truppe al campo di Becetto sopra Sampeyre il 27 luglio, tenendo per buona la linea difensiva alla borgata Confine, esistente fin dal XVII secolo e di cui già parlavano il conte Nomis e il capitano d’artiglieria Felice De Vincenti, studiando la difesa della valle nel 1742 3 (Fig. 91). I Francesi, per canto loro, occuparono l’alta Valle di Varaita e quella di Maira e decisero di distruggere tutte le fortificazioni edificate dai Piemontesi nella primavera precedente. Evidentemente il fuoco non potè cancellare le tracce dei lavori di sterro e l’opera viva dei terrapieni, che furono ancora oggetto di misurazione nei mesi successivi da parte dei tecnici incaricati dall’Azienda di Fabbriche e Fortificazioni, per saldare i pagamenti degli impresari. L’incendio delle strutture lignee bastò tuttavia a rendere inefficaci le opere, qualora l’armata sabauda ne fosse tornata in possesso durante la campagna. È a questo punto che si può dare per l’ultima volta la parola a don Tholosan, degna di concludere la storia delle fortificazioni campali della Val Varaita: Le comte de l’Autrec étoit campé au dessous de Briansolles sur le col de la val de Maira avec quatorze bataillons. D’abord que cette troupe fût un peu reposée, on ordonna de defaire tous les rétranchements dépuis la Bicoque jusqu’au Viso. Tous les particuliers de la vallée étant commandeés pour cela on vint à bout de les détruire en moin de cinq jours: pour les forts, attendu qu’il n’étoient que de bois et de gazons, on y mit le feu, et tout fût reduit en cendre en peu de tems quoique le feu s’y conserva près de quatre mois; de sorte que de tous ces beaux travaux on n’en voit Presque plus les vestiges, et ce qu’on resta quatre mois à construire fût ruiné et aneanti dans quatre jours 4

Epilogo della ricerca Lo sviluppo dell’intero studio qui pubblicato ha dimostrato in ogni sua parte la funzione vitale dell’interdisciplinarità nell’ambito delle ricerche di Archeologia Militare. In 2

I tre passi citati si trovano nel testo completo di supra Capitolo 5, B OURCET 1775, righe 104-132. Memoire des dispositions 1742, p. 2 fronte - 2 retro; N OMIS 1742, pp. 1 retro - 3 retro 40. Si confronti inoltre la situazione nella raffigurazione di supra Capitolo 4, Carta 2 e in G ALLEANI D ’A GLIANO 1840, pp. 132-135 e B UFFA DI P ERRERO 1887, pp. 93-94. È opportuno precisare in particolare che la Carta 2, la cui datazione è ignota, rappresenta la situazione difensiva della valle Varaita nel 1628. Il 4 agosto di quell’anno il duca di Savoia Carlo Emanuele I fermò poco a monte di Sampeyre un’armata francese al comando del marchese di Uxelles, mandata in Piemonte per contrastare l’invasione sabauda del Monferrato (C OGNASSO 1974, p. 245; C OGNASSO 2002, p. 392; G UILLAUME 1985, p. 82). L’episodio dell’attacco del marchese d’Uxelles e della resistenza opposta dalle truppe di Carlo Emanule I è oggetto di una precisa e circostanziata relazione, conservata sempre all’Archivio di Corte di Torino (Relazione della Rotta 1628). Esiste inoltre, presso lo stesso Archivio, una memoria, Notizie di alcuni posti s.d., relativa a vari eventi bellici verificatisi in Val Varaita fra il XVII secolo e il 1712; pur non essendo datato, il documento può risalire verosimilmente agli anni ‘40 del XVIII secolo a causa dell’interesse rivolto alla valle, protagonista delle campagne fra il 1742 e il 1744. All’inizio del documento è possibile reperire alcune notizie sull’episodio del 1628, ma soprattutto informazioni sulle opere difensive elevate per l’occasione e rappresentate sulla nostra Carta 2: 3

Nell’anno scorso fu additato il passagio per la Valle di Varaita del marchese d’Uxelles con sedici milla Uomini stato per respinto; e che se li fece resistensa secondo le notizie di Vittorio Siri a’ San Nicolao, ed in fatti si è ritrovato un Pillone con L’effigie di detto santo in un posto molto a’ proposito per un’opportuna opposizione nel Territorio del Luogo di San Peijre, ove si trova la Parrochiale di Rore, ed iui nel tempo di Carlo Emanuele I° doppo la battaglia seguita con li Francesi si fabbricò un Castello [il «Fort S.t Pierre», quadrilatero bastionato, della Carta 2, scil.; Fig. 91] in esso Luogo di San Peijre da Li a’ poco tempo stato poi demolito (Notizie di alcuni posti s.d., p. 1 fronte). 4 T HOLOSAN 1777, p. 207.

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particolare le materie trattate nei Capitoli 2 e 3 assumono significato compiuto soltanto se le si considera in maniera complementare e se, come più volte si è detto, le consistenze dei resti archeologici, individuati sul terreno, vengono illustrate dalla voce delle fonti storiche e amministrative. Lo studioso deve tentare di trascrivere questo dialogo fra monumenti e documenti, affrontando la difficoltà di tradurre in lingua corrente due diversi significanti per uno stesso significato. Qualora l’attività di rielaborazione e trascrizione abbia avuto successo, come ci auguriamo che sia accaduto almeno parzialmente in questa sede, l’indagine archeologica fornisce, come primo risultato, la ricostruzione di un contesto storico e ambientale di riferimento, in cui è possibile collocare la storia di ogni singolo manufatto, ma anche degli eventi ad esso correlati. La ricognizione in Valle Varaita e lo studio dei documenti, che hanno dato nomi e forme a quei luoghi, ormai soltanto più segnati da povere tracce in superficie, hanno descritto un ampio quadro paesaggistico attuale, che si sovrappone a quello più antico di circa due secoli e mezzo, ma dal quale emergono le testimonianze di un ambiente riplasmato dalla strategia difensiva dei luoghi. La geografia dell’alta valle fu completamente sfruttata, adeguando le opere di fortificazione campale ai presupposti orografici, ancor oggi rimasti tali, per creare uno sbarramento che andava dal vallone di Vallanta, quindi dalle falde del Monviso, fino a quelle del Pelvo d’Elva. Tale sistema era in grado di ridurre i numerosi percorsi d’accesso dei valichi dell’Agnello, Saint Veran, Longet, Autaret, collocati sullo spartiacque alpino principale, a due punti di passaggio obbligato, la stretta della Vararita di Chianale a Castello e lo sbocco della Varaita di Bellino a Ribiera, poco sopra Casteldelfino. Nel corso di quest’indagine è stato propriamente l’inconto dello studio sul terreno con quello delle fonti scritte che ha condotto alla scoperta del vero sito, sul Monte Passet, dove fu elevata la ridotta attaccata dai Francesi il 19 luglio 1744, detta di «Monte Cavallo». Da un lato la ricognizione ha permesso di verificare l’impossibilità insita nell’orografia dell’attuale punta del Cavallo di ospitare la ridotta raffigurata nella cartografia storica; ma ha soprattutto dato conferma di tutto ciò l’esame autoptico del terreno, che tranne in alcuni punti, scarsamente interessati da emergenze antiche, non ha rilevato le consistenze reali di opere campali, quali e dove sono descritte dalle fonti storiche. D’altro canto lo stesso studio autoptico ha fornito i risultati illustrati nei Capitoli 2 e 3, che sono concordi alla voce dei documenti coevi dei manufatti e collocano l’edificazione della storica ridotta presso la punta di Monte Passet, della quale è stato possibile documentare la consistenza materiale in situ e rilevarne un disegno. Resta un’ultima questione, che si ricollega alle considerazioni preliminari di metodo, esposte nell’Introduzione del nostro studio. In questo caso l’Archeologia Militare ha individuato un problema specifico, al quale dare risposta autonomamente in seno ad un contesto storico d’Età Moderna ? La nostra risposta è logicamente affermativa. Infatti, anche se lo studio archeologico dei manufatti e dei luoghi illustrati in questa sede è vissuto in simbiosi con la ricerca storica e ha dato risposte a problemi specificatamente storici, quali per esempio la collocazione esatta dei manufatti e degli eventi descritti dalle fonti, era chiaro fin da principio che la problematica storico territoriale di fondo fosse quella di comprendere quale sia stata l’interpretazione strategica che dettero gli ingegneri del Re di Sardegna, e in primis il Bertola, all’intero comprensorio geografico della Valle Varaita, illustrato sopra, dal Monviso al Pelvo. La questione stava nel riuscire a cogliere in seno alla realtà attuale la prospettiva di allora, malgrado le inevitabili trasformazioni ambientali occorse in due secoli e mezzo. In definitiva 133

soltanto lo studio archeolgico del terreno, durante le ricognizioni, ci ha permesso di ricostruire una visione globale del sistema difensivo, che ci pare effettivamente quella pensata nel XVIII secolo, con i suoi pregi e i suoi difetti. Il principio portante, infatti, di tale sistema stava nella convergenza di una linea difensiva a cordone, quella suddetta, che procedeva dal vallone di Vallanta fino al colle della Bicocca, con un asse di opere avanzate lungo la dorsale di Pietralunga, dal Monte Passet al colle di Buondormir. Mentre la prima determinava uno sbarramento trasversale agli sviluppi degli alvei fluviali, il secondo, posto in quota fra le due Varaite, costituiva l’elemento attivo della resistenza presso il confine dei due regni, sullo spartiacque principale, o quanto meno così fu probabilmente pensato in fase progettuale. La collocazione della ridotta di Monte Passet nel sito omonimo permetteva il controllo a vista, a 360°, dell’intero comprensorio e l’opera ivi collocata costituiva la chiave di volta del sistema, essendo essa parte del cordone orizzontale e punto originario delle opere avanzate sulla dorsale di Pietralunga. In questa specifica questione sta il valore archeologico della riconduzione corretta dell’opera al sito di Monte Passet: non tanto per riesumare i luoghi reali della battaglia del 19 luglio, quanto per individuare il vero fulcro del sistema difensivo ideato dal Bertola e dai suoi ingegneri. Tale soluzione strategica fu inoltre criticata nei decenni successivi, indicando come principale difetto l’eccessiva distanza fra la ridotta superiore «di Monte Cavallo» e le opere a sbarramento della Varaita di Chianale 5; sta di fatto tuttavia che nei primi mesi del 1744 quella che abbiamo esposto e ricostruito ora fu verosimilmente l’idea informatrice del sistema difensivo predisposto allora. Questa è l’essenza della risposta alla domanda che ci siamo posti all’inizio. Non solo, ma essa si inscrive nella problematica storica ben più ampia di riferimento, che è quella relativa alla difesa del confine occidentale del Regno di Sardegna lungo tutto l’arco alpino durante l’Età Moderna. In particolare, fra il 1713 e il 1748, il confine degli Stati Sabaudi con il Regno di Francia fu costellato di sistemi di fortificazione campale analoghi a quelli studiati in questa sede, nati generalmente in tempo di guerra, ma sempre per integrare con l’opera edificata i presupposti difensivi naturali che offrivano le montagne e per impostare una strategia ripetibile e adeguabile ai singoli luoghi. Questa esperienza pratica, maturata dagli ingegneri del Re di Sardegna portò alla nascita di un corpus di competenze specialistiche di fortificazione campale in seno alla scuola d’architettura militare piemontese della seconda metà del XVIII secolo, le cui testimonianze principali consistono nei volumi editi per le Regie Scuole Teoriche d’Artiglieria e Fortificazione 6. Il tutto ebbe però origine dalla convergenza di nozioni teorico-geometriche d’architettura militare e di pratica campale, accompagnata da una costante attenzione alla comprensione della realtà territoriale, quanto cioè è richiesto oggi dalla ricognizione archeologica: la conoscenza teorica delle tipologie strutturali e l’osservazione del terreno e delle sue emergenze. Soltanto due procedimenti metodolgicamente analoghi e compatibili, che l’Archeologia Militare ha tentato qui di raccordare, possono a distanza di secoli aprire un collegamento nel tempo e lasciarci guardare per un attimo con occhi antichi i luoghi moderni. 5

Fu in particolare Alessandro Vittorio Papacino d’Antoni a studiare e criticare la situazione della ridotta detta di «Monte Cavallo» (supra Capitolo 3, p. 74 nota 77). Sull’argomento si espresse anche nel 1766 il pricipe ereditario di Brunswick, in visita di studio sulle montagne dei confini franco-sabaudi, esponendo valutazioni analoghe del Papacino d’Antoni, con il quale ebbe modo di confrontarsi nello stesso anno (S CONFIENZA 2005a, pp. 73, 82-84, 93-94). 6 S CONFIENZA 2007a, pp. 178-194. Per l’istruzione di fortificazione campale delle Regie Scuole si veda soprattutto P APACINO D ’A NTONI 1782. In merito alle problematiche della difesa del confine fra Regno di Sardegna e Regno di Francia e all’impiego della fortificazione campale si veda S CONFIENZA 2003, con bibliografia pregressa in materia e l’indicazione dei pricipali sistemi trincerati. 134

Bibliografia

In quest’ultima parte sono raccolte tutte le fonti edite e inedite, nonché gli studi moderni, relativi alla materia trattata nella pubblicazione. Si presentano prima i documenti d’archivio, storici e amministrativi, inediti e manoscritti; seguono le fonti edite in passato e recentemente; chiude infine l’elenco degli studi di carattere archeologico e storico. Tutti i lemmi sono preceduti dall’abbreviazione che compare qui come nelle note al testo dei capitoli precedenti, costituita dal cognome dell’autore o dal titolo abbreviato dell’opera e dall’anno di redazione o edizione. Fonti e documentazioni manoscritte § Enti di conservazione AS.TOCorte Archivio di Stato di Torino, Sezione di Corte AS.TORiunite Archivio di Stato di Torino, Sezioni Riunite BRT Biblioteca Reale di Torino SHD/T, Vincennes Service Historique de l'Armée de Terre - Château de Vincennes, Paris § Abbreviazioni A’ Château Dauphin 1743 A’ Château dauphin le 10 Octobre 1743, Casteldelfino, 10 ottobre 1743 (AS.TOCorte, Materie Militari, Imprese Militari, Mazzo 3 d’addizione, n. 3) Approvazione contratti 1744a Gio Franco Delevi, 10 Marzo 1744, Valli di Varaita, Blino, e Mayra. Sottomissione di provedere dar prouisti, e condotti […], Torino, 14 marzo 1744 (AS.TORiunite, Azienda Generale di Fabbriche e Fortificazioni, Approvazione contratti, 1744, pp. 29-30) Approvazione contratti 1744b Gio Franco Delevi Cesare Filippis e Carlo Andrea Righino, 11 Marzo 1744, Valli di Varaita, Blino, e Mayra. Sottomissione di dare e dar fatti […], Torino, 14 marzo 1744 (AS.TORiunite, Azienda Generale di Fabbriche e Fortificazioni, Approvazione contratti, 1744, pp. 30-31) Approvazione contratti 1744c Giacomo Anfosso Gioseppe Mazzochetti e Gio Tomaso Romano, 21 aprile 1744, Valli di Varaita e Majra. Sottomissione di far dar fatti a tutte loro spese, risigo e pericolo […], Torino, 23 aprile 1744 (AS.TORiunite, Azienda Generale di Fabbriche e Fortificazioni, Approvazione contratti, 1744, pp. 53-55) 135

A RDUZZI 1744a Capitano Ingegnere A RDUZZI , Calcolo per li trauaglij che si potrebbero fare per impedire il passaggio al nemico nelle valli di Varaita, Blino, e Mayra, Torino, 27 gennaio 1744 (AS.TORiunite, Azienda Generale di Fabbriche e Fortificazioni, Regi Biglietti, 1731-1744, pp. 360 fronte - 362 fronte) A RDUZZI 1744b Capitano Ingegnere A RDUZZI , Calcolo per prouisione, fattura, e condotta dell’intrascritti boscami alli posti che uerranno indicati, Torino, 27 gennaio 1744 (AS.TORiunite, Azienda Generale di Fabbriche e Fortificazioni, Regi Biglietti, 1731-1744, pp. 362 fronte 364 retro) B ERTOLA 1742a I. B ERTOLA CONTE D ’E XILLES , Memoria formata dal Commend.re Bertola sopra le disposizioni, e providenze da darsi per la diffesa delle frontiere, 15 marzo 1742 (AS.TOCorte, Materie Militari, Imprese Militari, Mazzo 12, fasc. 7) B ERTOLA 1742b I. B ERTOLA CONTE D ’E XILLES , Seguito delle Memorie sù lo Stato presentaneo delle cose per la diffesa del Piemonte formato dal Commendatore Bertola in Parma, Parma, 9 maggio 1742 (AS.TOCorte, Materie Militari, Imprese Militari, Mazzo 12, fasc. 7) Da Castel Delfino s.d. Da Castel Delfino li 8 8bre a 2 ore di notte, Casteldelfino, s.d. (AS.TOCorte, Materie Militari, Imprese Militari, Mazzo 3 d’addizione, n. 3) De Château dauphin 1743 De Château dauphin le 10 Octobre 1743, Casteldelfino, 10 ottobre 1743 (AS.TOCorte, Materie Militari, Imprese Militari, Mazzo 3 d’addizione, n. 3) D E V INCENTI 1742 F. D E V INCENTI , Relazione delli Travaglj fatti, e disposizioni datesi con il S.r Command.te Cumiana per impedire il passaggio all’Inimico nella valle di Varaid, Casteldelfino, 27 agosto 1742 (AS.TOCorte, Materie Militari, Imprese Militari, Mazzo 12, fasc. 7) Du Camp de S.t Pierre 1744 Du Camp de S.t Pierre. Le 20 Juillet 1744, Sampeyre, 20 luglio 1744 (AS.TOCorte, Materie Militari, Imprese Militari, Mazzo 3 d’addizione, n. 3) Du 7 et 8 octobre s.d. Du 7 et 8 octobre, s.d. (AS.TOCorte, Materie Militari, Imprese Militari, Mazzo 12, n. 7) G UIBERT 1743 A. G UIBERT DE S ISSAC , Estat et Journalier de ce qui s’est passé dans la vallée de Belin et au Camp de Pierrelonge depuis le 14.e Aoust 1743 jusques au 18.e Octobre dite Année, Torino, 22 novembre 1743 (AS.TOCorte, Materie Militari, Imprese Militari, Mazzo 3 d’addizione, fasc. 3) Le 7 et 8 8bre s.d. Du 7 et 8 8bre, s.d. (AS.TOCorte, Materie Militari, Imprese Militari, Mazzo 3 d’addizione, n. 3)

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Les manoeuvres s.d. Les Manoeuvres des Ennemis […], s.d. (AS.TOCorte, Materie Militari, Imprese Militari, Mazzo 3 d’addizione, fasc. 3) Lettere di S.M. all’Int.F.F. 1742 Il Re al Vass.o Miglyna, Torino, 21 agosto 1742 (AS.TORiunite, Regia Segreteria di Guerra, Lettere di S.M. all’intendente generale delle fortificazioni e fabbriche militari, 26 febbraio 1742 - 31 dicembre 1743) Lettere di S.M. all’Int.F.F. 1743a Al Vass.o Miglyna, Torino, 22 luglio 1743 (AS.TORiunite, Regia Segreteria di Guerra, Lettere di S.M. all’intendente generale delle fortificazioni e fabbriche militari, 26 febbraio 1742 - 31 dicembre 1743) Lettere di S.M. all’Int.F.F. 1743b Al Vass.o Miglina, Torino, 26 agosto 1743 (AS.TORiunite, Regia Segreteria di Guerra, Lettere di S.M. all’intendente generale delle fortificazioni e fabbriche militari, 26 febbraio 1742 - 31 dicembre 1743) Lettere di S.M. all’Int.F.F. 1743c Il Re al Vass.o Miglyna, Torino, 14 settembre 1743 (AS.TORiunite, Regia Segreteria di Guerra, Lettere di S.M. all’intendente generale delle fortificazioni e fabbriche militari, 26 febbraio 1742 - 31 dicembre 1743) Lettere di S.M. all’Int.F.F. 1744a Il Re di Sardegna. Fedel ed amato n.ro […], Torino, 6 febbraio 1744 (AS.TORiunite, Regia Segreteria di Guerra, Lettere di S.M. all’intendente generale delle fortificazioni e fabbriche militari, 27 gennaio 1744 - 21 maggio 1746) Lettere di S.M. all’Int.F.F. 1744b Il Re al Vassalo Miglyna. Abbiamo udita la relazione de sudetti contratti […] Gio Franco Delevi, 10 marzo 1744, Torino, 14 marzo 1744 (AS.TORiunite, Regia Segreteria di Guerra, Lettere di S.M. all’intendente generale delle fortificazioni e fabbriche militari, 27 gennaio 1744 - 21 maggio 1746) Lettere di S.M. all’Int.F.F. 1744c Il Re al Vassalo Miglyna. Abbiamo udita la relazione de sudetti contratti […] Gio Franco Delevi Cesare Filippis e Carlo Andrea Righino, 11 marzo 1744, Torino, 14 marzo 1744 (AS.TORiunite, Regia Segreteria di Guerra, Lettere di S.M. all’intendente generale delle fortificazioni e fabbriche militari, 27 gennaio 1744 - 21 maggio 1746) Lettere di S.M. all’Int.F.F. 1744d Il Re al Vassalo Miglyna. Fedel ed Amato n.ro abbiamo udita […] Giaco Anfosso Gius.e Mazzochetti e Gian Tomaso Romano, 21 aprile 1744, Torino, 23 aprile 1744 (AS.TORiunite, Regia Segreteria di Guerra, Lettere di S.M. all’intendente generale delle fortificazioni e fabbriche militari, 27 gennaio 1744 - 21 maggio 1746) Lettre de Monsieur C* Suisse 1743 Lettre de Monsieur C* Suisse, à Monsieur M* Grison, touchant les opérations de l’Armée combinée de France et d’Espagne en Piêmont, Chambery, 11 novembre 1743, Chambery, 11 novembre 1743 (AS.TOCorte, Materie Militari, Imprese Militari, Mazzo 3 d’addizione, n. 3) 137

Lettre du Capitaine 1744 Lettre du Capitaine Commadant le 2.d Battaillon du Rgt. De Poitou de la Redoutte de Pierre Longe, le 22 juillet 1744, Monte Passet, 22 luglio 1744 (BRT, Manoscritti Militari 46, n. 13) Lettre d’un officier françois 1743 Lettre d’un officier françois dattée de La ville Vielle dans la Vallée de Queiras en Dauphiné. Le 17 8bre 1743, Ville Vieille - Château Queyras, 17 ottobre 1743 (BRT, Manoscritti Militari 46, n. 18) Libro mastro 1743 Libro mastro fortificazioni 1743, 1743 (AS.TORiunite, Azienda Generale di Fabbriche e Fortificazioni, Libro mastro fortificazioni, 1743) Libro mastro 1744 Libro mastro fortificazioni 1744, 1744 (AS.TORiunite, Azienda Generale di Fabbriche e Fortificazioni, Libro mastro fortificazioni, 1744) Memoire des dispositions 1742 F. D E V INCENTI (?), Memoire des dispositions faites pour la garde de Cols, et passaiges de France qui vienent desboucher dans la Vallee de Varaite faite le 27.me aoust 1742 a la Chenal, Chianale, 27 agosto 1742 (AS.TOCorte, Materie Militari, Imprese Militari, Mazzo 2 d’addizione, fasc. 18) Memoire et Projet 1744 A. G UIBERT DE S ISSAC (?), Memoire Et Projet. Le 30 juin 1744, 30 giugno 1744 (AS.TOCorte, Materie Militari, Imprese Militari, Mazzo 3 d’addizione, fasc. 3) Memoria per il corpo d’armata 1743 Memoria riguardante le diverse disposizioni da darsi per il Corpo d’Armata, che potrebbe esser destinato ad agire nelle Valli di Stura, e di Maira, 1743 (AS.TOCorte, Materie Militari, Imprese Militari, Mazzo 4 d’addizione, n. 2) M IGLINA 1744 Vassallo M IGLINA DI C APRIGLIO , Valli di Varaita, e Blino, Memoria, 22 giugno 1744 (AS.TORiunite, Azienda Generale di Fabbriche e Fortificazioni, Memorie alle Segreterie, 1743-1753, pp. 5-6) M INUTOLI s.d.a D. M INUTOLI , Rélation des Campagnes faites par S.M., et par ses Generaux avec des Corps separès, dans les annèes 1742 et 1743. Tome Ier, s.d. (AS.TOCorte, Storia della Real Casa, Storie Particolari, Carlo Emanuele III, Rélation des Campagnes faites par S.M. le Roi Charles Emanuel de Sardaigne et par ses Généraux, avec des Corps séparés, pendant les années 1742 a 1748 par l’Abbé Minutoli. Vol: 1.2.3, Mazzo 22, categ.a 3) M INUTOLI s.d.b D. M INUTOLI , Rélation de la campagne faite par S.M. en 1744 et par ses Generaux avec des Corps sèparès. Tome 2, s.d. (AS.TOCorte, Storia della Real Casa, Storie Particolari, Carlo Emanuele III, Rélation des Campagnes faites par S.M. le Roi Charles Emanuel de Sardaigne et par ses Généraux, avec des Corps séparés, pendant les années 1742 a 1748 par l’Abbé Minutoli. Vol: 1.2.3, Mazzo 22, categ.a 3)

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M ONFORT 1743 Colonnello DE M ONFORT , Relation Journaliere de ce qui s’est passé a L’armée Campée dans la Vallée de Chateau Dauphin sous les ordres de S. E. Monsieur le Marquis D’Aix, Torino, 1743 (AS.TOCorte, Materie Militari, Imprese Militari, Mazzo 4 d’addizione, fasc. 3) N OMIS 1742 M. N OMIS DI C OSSILLA , Lettera al marchese Fontana, Chianale, 17 agosto 1742 (AS.TOCorte, Materie Militari, Imprese Militari, Mazzo 12, fasc. 7) Notizie di alcuni posti s.d. Notizie di alcuni posti della valle di Varaita ove furono disfatte, in diverso tempo, una Armata Francese, ed un’altra Spagnola, s.d. (AS.TOCorte, Materie Militari, Imprese Militari, Mazzo 12, n. 7) P APACINO D ’A NTONI 1770 A. V. P APACINO D ’A NTONI , Projet de difensive pour nos frontieres depuis le Mont Genevre jusqu’au Col de l’Argentiere, 1770 (AS.TOCorte, Materie Militari, Imprese Militari, Mazzo 10 d’addizione) Partiti fortificazioni 1744a Partito per diversi buscami da provedersi e trasportarsi ne posti infras.ti nelle Valli di Varajta, Blino, e Maijra secondo l’Istruz.e del Capitano Ing.e Arduzzi de 27 gen.o 1744, Torino, 9 marzo 1744 (AS.TORiunite, Azienda Generale di Fabbriche e Fortificazioni, Partiti fortficazioni, 1744, pp. 75-81) Partiti fortificazioni 1744b Partiti per i travagli da farsi nelle Valli di Varaita, Blino, e Mayra, Torino, 17 marzo 1744 (AS.TORiunite, Azienda Generale di Fabbriche e Fortificazioni, Partiti fortficazioni, 1744, pp. 82-90) Partiti fortificazioni 1744c Partiti per la formazione di una nuova strada di comunicazione del luogo della Marmora sino al colle denominato il Pelvo esist.e nella valle di Blino, Torino, 17 marzo 1744 (AS.TORiunite, Azienda Generale di Fabbriche e Fortificazioni, Partiti fortficazioni, 1744, pp. 183-185) Piano per la campagna 1744 I. B ERTOLA (?), Piano per la campagna nell’anno 1744 in difesa del Piemonte contro li Gallispani, 1744 (AS.TOCorte, Materie Militari, Imprese Militari, Mazzo 3 d’addizione, n. 3) Precis des Campagnes s.d. Precis des Campagnes faites par le Roy Charles Emanuel III et par ses Généraux avec des Corps séparés, pendant la guerre d’Italie commencé en 1742, et finie en 1748, s.d. (AS.TOCorte, Materie Militari, Imprese Militari, Mazzo 3 d’addizione, n. 3) Regio Biglietto 1744a Il Re di Sardegna, di Cipro e di Gerusalemme, Torino, 6 febbraio 1744 (AS.TORiunite, Azienda Generale di Fabbriche e Fortificazioni, Regi Biglietti, 1731-1744, p. 357)

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Regio Biglietto 1744b Il Re di Sardegna, di Cipro e di Gerusalemme, Torino, 23 maggio 1744 (AS.TORiunite, Azienda Generale di Fabbriche e Fortificazioni, Regi Biglietti, 1731-1744, p. 373) Relation 1743 Relation du 4.me 8bre 1743, 8 ottobre 1743 (AS.TOCorte, Materie Militari, Imprese Militari, Mazzo 3 d’addizione, n. 3) Relation de l’action du 19 juillet s.d. Relation de l’action du 19 juillet aux retrenchements de la redoute de Bellins s.d. (AS.TOCorte, Materie Militari, Imprese Militari, Mazzo 3 d’addizione) Relation de la prise s.d. Relation de la prise des Barricades, s.d. (AS.TOCorte, Materie Militari, Imprese Militari, Mazzo 3 d’addizione) Relation de la visite s.d. Relation de la visite, et des Remarques faites dans la Vallée de Varaita en commençant par le Col de l’Agnel, s.d. (BRT, Manoscritti Militari 73, n. 2) Relation du Passage s.d. Relation du Passage des Ennemys dans nos Etats et de Leur Rettraite, s.d. (AS.TOCorte, Materie Militari, Imprese Militari, Mazzo 12, n. 7) Relazione della Rotta 1628 Relazione della Rotta data dalle truppe di S.A.R. presso S. Peyre a francesi, venuti in soccorso del Duca di mantova. Dal campo di S. Peire, li 5 Agosto 1628, Sampeire, 5 agosto 1628 (AS.TOCorte, Materie Politiche per rapporto all’interno, Storia della Real Casa, Storie Particolari, Cat. III, Mazzo 13, n. 20) Sottomissione Anfosso-Mazzochetti-Romano 1744 Sottomiss.ne di Giaco Anfosso, Giuseppe Mazzochetti et Gio Tomaso Romano per formaz.e di una strada dal Luogo della Marmora sin sotto li colli del Pelvo e Bicocca esist.i nella Valle di Varayta, e Maijra, Torino, 21 aprile 1744 (AS.TORiunite, Azienda Generale di Fabbriche e Fortificazioni, Contratti fortficazioni, 1744, pp. 132-135) Sottomissione Dlevy 1744 Sottomissione di Gio Franc.o Dlevy per prov.e e condotta di diversi buscami per le valli di Varaita, Blino e Maijra, Torino, 10 marzo 1744 (AS.TORiunite, Azienda Generale di Fabbriche e Fortificazioni, Contratti fortficazioni, 1744, pp. 61-68) Sottomissione Dlevy-Filippis-Righino 1744 Sottomissione di Gio Franc.o Dlevy, Cesare Filippis, e Carlo Andrea Riìghino per diversi travaglij di trinceram. e Baraconi nelle Valli di Varaita, Blino e Maijra, Torino, 11 marzo 1744 (AS.TORiunite, Azienda Generale di Fabbriche e Fortificazioni, Contratti fortficazioni, 1744, pp. 69-73) Sottomissione Filippis 1744 Sottomissione di Cesare Filippis di restituire le somme che avrà esatte in dipendenza de travaglij che si stan facendo nella valei di Varaita, Blino e Maijra, Torino, 12 giugno 1744 (AS.TORiunite, Azienda Generale di Fabbriche e Fortificazioni, Contratti fortficazioni, 1744, pp. 273-274) 140

Sottomissione Isolino 1743 Sottomissione di Gio Ant.o Isolino per provisione di ceste per trinceram.i ed altre opere da farsi ne Contorni di Casteldelfino, Torino, 11 settembre 1743 (AS.TORiunite, Azienda Generale di Fabbriche e Fortificazioni, Contratti fortficazioni, 1743, pp. 521-522) Sottomissione Tardy 1743 Sottomissione di Gio Nicola Tardij per prov.e e condotto di diversi utiglij nella città di Saluzzo da servire per trinceram.i ed altre opere, Torino, 10 settembre 1743 (AS.TORiunite, Azienda Generale di Fabbriche e Fortificazioni, Contratti fortficazioni, 1743, pp. 517-519) Suite 1744 Suite de la relation du Château Dauphin du 17 juillet 1744, casteldelfino, 17 luglio 1744 (AS.TOCorte, Materie Militari, Imprese Militari, Mazzo 3 d’addizione, n. 3) Suite s.d. Suite de la Relation, s.d. (AS.TOCorte, Materie Militari, Imprese Militari, Mazzo 12, n. 7) Fonti edite A LLAIS 1891 (1985) C. A LLAIS , La Castellata. Storia dell’alta valle di Varaita (Circondario di Saluzzo) pel Sacerdote Claudio Allais, Parroco di San Pietro in Vincoli di Pontechianale, Saluzzo 1891, ristampa Savigliano 1985 A NONIMO 1767 (1891) A NONIMO , Relation du voyage fait en 1767, in Topographie militaire 1891 B OURCET 1775 (1888) P. DE B OURCET , Principes de la Guere de Montagnes par M. de Bourcet Lieutenant Général, Commandant en second de la Province de Dauphiné, Commissaire Principal de la Limitation des Alpes, Directeur des Fortifications, Paris1775, edizione Imprimerie Nationale, Paris 1888 CLAIRAC 1757 L. A. DE LA MAMIE DE CLAIRAC, L’ingénieur de campagne ou traité de la fortification passagere par M. le Chevalier de Clairac, Brigadier des Armées du Roi, Ingénieur en chef à Bergues-saintVinock. Seconde Édition, Paris 1757 CORMONTAIGNE 1809 L. DE C ORMONTAIGNE , Mémorial pour la fortification permanente et passagére. Ouvrage postume de Cormontaigne, maréchal de camp, directeur des places de la Moselle, etc., Paris 1809 C OSTA DE B EAUREGARD 1794 (1891) H. C OSTA DE B EAUREGARD , Mémoire locale et militaire sur la partie meridionale du Piémont, in Topographie militaire 1891, pp. 26-31 C UGNOT 1769 M. C UGNOT , La fortification de campagne théorique et pratique ou traité de la science, de la construction, de la défence et de l’attaque des retranchemens, Paris 1769 141

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