Oltre natura e cultura


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Oltre natura e cultura

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Philippe Descola '

••

I

VILLUSIONE DELLA NATURA

Quanto a ~rcarc di dimostrare che la natura esiste, questo è ridicolo; è manifesto, in effetti, che ci sono molti esseri naturali. Aristote, Fisica.

Vì que niio hd Natur,za,

Que Natur,za niio o:iste,

Que hd mon~. vaks, planlcits, Que hd drvores, flqres, ervas, Que hd rios e pedras, Mas que nao hd um todo a que isso pertmça, Que um conjunto real e verdadtiro É urna dotnça das nossas ùkias. A Natureza i partes sem um todo !sto é talvez o tal mistério de que folam. Fernando Pcssoa, Poemas de Alberto Cztirq

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ASPETTI DI CONTINUITÀ

È nel tratto a valle del Kapawi, un fangoso corso d'acqua dell'alra Ama220nia, che ho ini1Jato a interrogarmi sul!'evidenza ddla natura. Eppute niente di panicolate distingueva il luogo intorno alla casa di Chumpi da altri insediamenti che avevo già visirato in questa regione dcli'equatore limitrofa al Perù. Secondo l'usanza degli Achuar, la dimora coperta da foglie di palma era costruita al ccnrro di un terreno disboscato dove dominavano le piante di manioca che costeggiavano le acque turbinose del corso d'acqua. Qualche passo oltre l'orto e già ci si imbatteva nella foresta, una buia muraglia di alberi d'alto fusto che circonda il confine di luce fioca dei banani. Il Kapawi era l'unica via di fuga da questo spazio citcolare senza ori:aonte, una via tortuosa e interminabile poiché mi ci era voluta un'intera giornara di piroga per arrivarvi dall'insediamento simile, il più vicino al mio padrone di casa. Tra i due insediamenti, decine di migliaia di Citati di albeti, di muschi e felci, decine di milioni di mosche, di formiche e di zanzare, di branchi di pecari, di gruppi di scimmie, di are e di tucani, forse uno o due giaguari. In breve, una prolifc=ione disumana di forme e di esseri lasciati in completa indipendenza alle loro proprie leggi di coabiiazione... Verso metà pomeriggio, mentre svuotava gli SC'!CÙ di cucina nelle boscaglie a suapiombo sul fiume, la donna di Chumpi, era stata morsa da un serpente. Precipitandosi verso d.i noi, gli occhi dilatati dal dolore e dall'angoscia, urlava: «Il ferro di lancia, il ferro di lancia, sono morta, sono morta!•. La famiglia in allerta aveva subito fatto coro: «Il ferro di lancia, il ferro di lancia, l'ha uccisa, l'ha uccisa!». Avevo iniettato un siero a Metekash e riposava nella piccola capanna di confinamento che si erige in simili circostanze. Tali incidenti non sono rari in questa regione, soprattutto al momento del taglio degli alberi, e gli Achuar si rassegnano con una ccrurfatalità ad un esito spesso mortale. Ma che un ferro di lancia si avventuri cosl vicino ad una casa era, cosl sembrava, inusuale. ·

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Oltre natura e culruta

I. Aspetti di continuità

Chumpi sembrava colpito quanto la sua sposa; seduco sul suo sgabello di legno inciso, il viso furioso e sconvolto, mormorava un monologo nd quale finii per incromettccmi. No, il morso a Metekash non er.i frutto del caso, ma una vendetta inviata da Jurijri, una di quelle "madri dcUa selvaggina" che vegliano sulle sorci degli animali della forc~ta. Venuto in possesso di un fucile in seguito a un baratto, Chumpi, il padrone di casa, dopo un lungo periodo in cui era stato costretto a cacciare con la sola cerbottana, ieri aveva fatto un gran massacro di scimmie lanose. Foi:se sbalordito dalla potenza della sua arma, aveva sparato sul branco senza criterio, uccidendo rre o quattro animali e ferendone qualcun altro. Non aveva riportato che ne scimmie, lasciandone una agonizzante nel pumo di diramazione di un ramo principale. Alcuni dei fuggiaschi, colpiti dai piombini, soffrivano or.i invano; forse erano pecfino morti prima di aver potuto consulta.re lo sciamano della loro specie. Dal momemo che aveva ucciso, quasi per capriccio, più animali di quanti erano necessari per l'approvvigionamento della sua famiglia, e dato che non si era preoccupato delle sorti di quelli che aveva ferito, Chumpi aveva mancato ali'etica della caccia e aveva rocco la convenzione implicita che lega gli Achuar agli spiriti protettori della selvaggina. Le rappresaglie non avevano affatto tardato. Tentando in modo maldestro di dissipare il senso di colpa che opprimeva il ·mio ospite, gli feci notare che l'aquila arpia o i.I giaguaro non si turbano nell'uccidere le-scimmie, che la caccia è necessaria alla vita e che, nella foresta, ognuno finisce per se"lire da nutrimento agli altri. Evidentemente, non avevo capito nulla;

cultura, quando affermano che la maggio.r parte delle piante e degli animali possiedono un'anima (wakan) simile a quella degli umani, una facoltà che li dispone fra le "persone" (amts), fatto che assicura una coscienza riflessiva e un'intenzionalità che li rende capaci di provare emozioni e permette loro di scambiare messaggi sia con i loro pari sia con membri di altre specie, fra cui gli uomini. Questa comunicazione exua-linguistica è resa possibile dalla capacità riconosciuta ai wakan di veicolare, senza mediazioni sonore, i pensieri e i desideri vei:so l'anima di un destinatario, modificando così, a volte all'insaputa dello stesso destinatario, il suo stato d'animo e il suo comportamento. Gli uomini dispongono a tale scopo di una vasca gamma di incantesimi magici, gli anmt, grazie ai quali possono agire a distanza sui loro simili, ma anche sulle piante e sugli animali, cosl come sugli spiriti e su alcuni artefatti. !:armonia coniugale, una buona incesa con i propri patenti e i vicini, il buon esito nella caccia, la fabbricazione di un bel vasellame o di un curaro efficace, un orco con colture variegate ed opulente, tutto questo dipende dalle relazioni di connivenza che gli Achuar saranno riuscici a stabilire con una grande varietà di imerlocutori umani e non umani suscitando in essi disposizioni favorevoli per mezzo degli anent. Secondo il modo di vedere degli indiani, l'abilità tecnica è indissociabile dalla capacità di creare un terreno intersoggetivo sul quale fioriscono i rapporti regolati da individuo a individuo: tra i cacciatori, gli animali e gli spiriti maestri della selvaggina, e tra le donne, le piante del l'orco e il personaggio miro logico che ha generato le specie coltivate e che cominua ancora oggi ad assicurare la loro vitalità. Lontano dal ridursi a banali luoghi che forniscono solo cibo, la foresta e i terreni con le coltivazioni costintiscono i reaui di una sociabilità sottile dove giorno dopo giorno si ammansiscono gli esseri che, in verità, soltanto la divccsità nell'aspetto e l'assenza del linguaggio distinguono dagli umani. Le forme di questa sociabilità differiscono tuttavia a seconda che si abbia a che fare con piante o con animali. Padrone degli orti ai quali consacrano gran parte del loro tempo, le donne si rivolgono alle piante coltivare come a dei bambini che è opportuno accompagnare con mano ferma verso la maturità. Questa relazio'ne di maternità prende come modello esplicito la tutela che Nunkui, lo spirito degli orti, esercita sulle piante che un tempo creò. Gli uomini considerano la selvaggina come un cognato, tdazione instabile e difficile che esige rispetto reciproco e circospezione. I parenti acquisiti costituiscono infatti la base delle coalizioni politiche, ma sono anche i più diretti avversari nelle guerre di vendetta. !:opposizione tra consanguinei e affini, le due categorie mutualmente esclusive che governano la classificazione sociale degli Achuar e indirizzano i loro rapporti con gli altri, si ritrova così nei compot1amenti prescritti con i non-umani. Parenti di sangue per le donne, parenti acquisiti per gli uomini, gli esseri della natura diventano dei veri e propri interlocutori sociali. Ma si può parlare di esseri della natura per comodità di espressione? C 'è un posto per la narura in una cosmologia che conferisce agli animali e alle piame la maggior patte degli attributi di umanità? Possiamo parlare di appropriazione e di trasformazione delle risorse naturali quando le attività di sussistenza sono declinate in una molceplicirà di accoppiamenti individuali con elementi umanizzati della biosfera? Possiamo infine parlare

L: scimmie lanose, i tucani, le scimntle urlatrici, rutti quelli che uccidiamo per mangi,are, sono delle persone come noi. Anche il giaguaro è una persona, ma è un cacciatore solitario, non rispetta nieme. Noi, le "persone compiere", dobbiamo rispettare quelle che uccidiamo all'interno della foresta perché per noi sono come dei parenti acquisiti. Vivono tra lpro con la propria parentela, non ranno le cose per caso, parlano fra loro, ascoltano quello che diciamo, si sposano come stabilito. Anche noi, con le fudc, uccidiamo i parenti acquisiti, ma che comunque sono sempre dei parenti. Lo stesso accade con le scimmie lanose: le uocidi~o per mangiare, ma sono sempre dei parenti.

••• Le intime convinzioni che un anuopologo si crea rispetto alla natuca dcUa vita sociale e dcUa condizione umana spesso risultano da un'esperienza etnografica molto particolareggiata, acquisita vivendo con qualche migliaia di individui che hanno saputo instillare in lui dubbi così profondi su ciò che prima considerava scontato che, in seguito, runa la sua energia si impegna per presentarli in una ricerca sistematica. È questo ciò che è accaduto nel mio caso quando, nel corso del tempo e di numerose conversazioni con gli Achuar, si delinearono poco a poco le modalità del loro apparenramento con gli esseri naturali'. Gli indiani che vivono lungo la frontiera ua l'Ecuador e il Perù non si distinguono molto dalle altre tribù del gruppo jivaro, ai quali sono legaci per lingua e 1

Per maggiori dettagli, Descola, Ph., I986.

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Oltre ""'""' e culnm

di uno sp:u:io selvaggio a proposico di questa foresta coccata a malapena dagli .Kchuar che essi d escrivono come un imm.c nso ono coltivato con cura da uno spìrlto? A mWe leghe dal "dio feroce e tacitu.rno" di Vc.rl:ùnc, la naruC2 qui non è un' organizzauonc era.scendente o un oggcno da sociali=n:, ma è il soggetto di un rappono sociale. & tcnde,n do il mondo della fu.migli'I, la natura è p topriamence domcscica fin dentro i suoi rifugi più inaccessibili. Gli Achuar stabiliscono alcune distinùonl tl"2 le entità che popolano il mondo. La gc=chia dcgll oggetti animati cd inanimati che ne d eriva non è fondata su gradi di perfezione dell'essere, su diJfercn~ di aspetto o su una C2ccolta progressiva d i proprietà intrirucchc. La gcran:hia si regge sulla diffcrenu dei modi di comunicaz.ione e rende possibile la percezione dei requisiti sensibili distribuiti in modo disuguale. Dato che la categoria delle "persone• include gli spiriti, le pia.n te e gli animali, tutti dotati di un'anima, cale cosmologia non discrimina tl"2 umani e non-umani, introduce solamente una scala d'ordine secondo livelli di scambi di informazioni considcC2ti possibili. Gli Achuar, come è i;iusro che sfa, occupano la sommità dclJa pinunid c: si vedono e si parlano con lo stesso linguaggio. Il dial.o go è possibile anche con i membri delle altre tribù jivaro che li circondano e i cui dialetti sono più o meno intelligibili, scma che si possano tuttavia escludere dei malintesi forruiti o deliberati. Con i bianchì ispanofoni, con le popolnioni vicine di lingua quechua, cosl pure con l'etnologo, ci si vede e ci si parla simuh:lllClmCncc, purché esista un linguaggio comune, ma la padronanz.1 di quel linguaggio è spesso imperfetta per l'inrcdocucore dato che non è Li sua lingua madre. Si introduce cosi la possibilità di un• discordanza semantica che renderà incem, la som.iglianza delle facoltà che accertano l'esisccma di due esseri su uno stesso piano del reale. Le distin:1.ioni si acc:enruano nd la misura ln cui ci si allontana dal dominio deUc "persone complecc",pmkt aenu, definire inrwnicutto dall'acticudine linguistica. Gli esseri umani quindi possono vedere le pi•nte e gli animali che, a loro volra, se possicdooo un'anima, possono pcrccpi• re gli umani. Gli Achuar parl2Do alle piante e agli :animali graz.ic agli incantesimi, anmt, ma non orcengono immediatamente una risposta, cbc invece è rivelata solo al momento dei sogni. lo stesso accade per gli spiriti e per alcuni eroi della micologia; attenti a ciò che si dice loro, ma generalmente invisibili oclla loro forma originaria, non possono c:sscre compresi in rutta Li loro picncna se non nel corso dei sogni e delle trance Indotte dagli allucinogeni. ù "persone' che possono comunicacc, inoltre, sono ge=chiu.ate in funzione del grado di perfezione delle norme sociali che reggono le comunità nelle quali sono inserite. Alcuni non-umani sono molto vicini agli Achuar perché si ritiene che rispettino le stesse regole matrimoniali degli Achuar: è il caso delle Tsunlci, gli spiriti del fiume, di molte specie di selvaggina (le scimmie Ltnosc, i rucani...) e di piante coltivabili (la manioca, le arachidi ... ). Ci sono degli esseri, al contrario, che si compiaociono ddht pcomi.sc:uicà sessuale e cosi tradiscono rcgohtrmcnte il principio di esogamia; questo è il caso dcUa scimmia urlatrice o dd cane. li più basso livello d i integrazione sociale è occupato d:ù solitari: gli spiriti lwia.nch, incarnazioni dell'anima dei morti che vagruto solitari nella foresta, o ancora i grandi predatori come ìl giaguaro o l'anaconda. Eppure, nonostan te

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1. Aspetti di continuità

sembri che siano lontani dalle leggi di educazione comune, rutti gli esseri solitari sono i fumiliari degli sciamani, che li usano per disseminare la sforruna o per combattere i loro nemici. Stabilitisi ai margini della vita comune, questi esseri nocivi non sono affatto selvaggi dato che i padroni che essi servono non sono al di fuori della società. Questo significa che gli Achuar non riconoscono alcuna entità narurale nell'ambiente che abitano? Non è esatto. U grande continuum sociale che abbraccia umani e nonumani non è inceramcnce inclusivo e qualche elemento dcli'ambiente non comunica con nessuno pcc mancan-,a di un'anima propria. La maggior pane degli insetti e dei pesci, le erbe, i muschi e le felci, i sassi e i corsi d'acqua risiedono alJ'esterno della sfera sociale così come all'esterno delle regole dell'intersoggettivicà; nella loro esistenza meccanica e generica fors.umcil, J.-P., 1992. 1 Bcrlln, 8., 1977.

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Olm: natur.1. e cultur.1.

I. Aspetti di continuità

in funzione di criteri suoi propri, di modo che un cacci:trorc, in condizioni rl:rmali, non si accorgerà che la sua preda animale vede se stessa come un umano, né che vede il cacciatore come un giaguaro. Allo stcSSO modo, il giaguaro vede Usangue che lca:a come la birra di manioca; l'uc.ccUo cassico crede di caccian: la scimmia ragno che per l'uomo non ò che una cavalletta e i.I serpente pensa di prcdan: i rapiti che in realtà sono degli umani'. È grazie aUo scambio perma.nente dell'aspetto provocato da questi sposamenri di prospettiva che gli animali si considerano csatamente doiati degli sccssi attributi culturali degli umani: le loro creste sono per loro delle corone di piume, la loro pelliccia un vestito, il loro becco una lancia o i loro artigli dei coltelli. La gionra percettiva delle cosmol.ogie amazzoniche genera un'ontologia, a volte chiamata con il nome di "prospet· tivbmo•• 0, che nega agli umani la possibilit¼ di avere una prospcttìva che sappia vedere le cose da lontano affermando che molteplici csperiem.e del mondo possano coesistere serua contraddirsi. Contrariamente al dualismo moderno, che ostenta una molteplicità di differenze culturali sulla base di una natura immutabile, il pensiero amerindiano vede un cosmo unico animaro da uno stesso sistema culturale che si divcrsi6ca, non per delle nature eterogenee, ma per i modi diversi di vedersi l'un l'altro. Il punto di riferimento comune alle entità che abitano il mondo non è quindi l'uomo in quanto specie, rna l'umanità in quanto condiz.ione. J..:incapacità ad oggettivare la natura, come sembra accada per numerosi popoli dell'Amazzonia, potrebbe essere una eonscguenz.a delle proprietà dd loro ambiente? Gli ecologi de6niscono inf:uti la foresta tropicale come un ccosistana "gencrali:zzuo", cararce• rizzaro da una gr.u,de diversità di specie animali e vcgctali combinate ad un'esigua quan• tili di individui e ad una grande dispersione sul territorio di ogni specie. Cosl, su circa cinquantamila specie di piante vascolari che sono presenti in Amazzonia, non più di una ventina si presentano sponcancamence in popolamenti raggruppati e si tratta spesso di un raggruppamcntocau.sato involontariamente dall'uione umana". lrnme.rsi in una mostruosa pluralià di forme di vica raramente riunite in insiemi omogenei, gli indiani della forcsra avrebbero potuto rinuncian: ad abbracdan: come un"unità il conglomerato imgola« che sollecita pcnnanentemcnte le loro F..coltà sensibili. Cedendo Inevitabilmente al miraggio del diverso, non avranno saputo, dunque. dissocia11i dalla natura, non essendo scati capaci dJ discernere la sua unirà profonda dietro la molteplicità delle sue manifuw.ionl singolari. È • un' inte.rpreraz.ione di questo tipo che invita l'osservaz.ione un po' enigmatica di Claude Uvi.Strauss: la fore.na tropicale è il solo ambiente che permette di arcrlbuire

caratteristiche idiosincratiche ad ogni membro di una specie" . La differenziazione di ogni individuo in un tipo specifico - che Lévi-Scrauss chiama "mono-individuale" - è certamente propria dcll' Homo sapiens, poich~ è la sua capacità di sviluppare la propria personalità che permette di avere la vita sociale. Tuttavia, I'cstttrna abbondan2:a delle specie animali e vegetali offi-c comunque un supporto a questo processo di singolarizza• zione. All'interno di un luogo c:osl diversificato come la foresta amazzonica, forse è incvi• cabile che la percciione delle relazioni tra gli individui, apparentemente tutti differenti, primeggi sulla coscruz.ione di macro-categorie stabili e murualroente esclusive. È un'intctprecwonc fondata sulle specificità del luogo anche quella di Gerardo Rcichcl, Dolmatoff' quando difende l'idea che la cosmologia degli indiani Dcsana dell'Amazzonia colombiana costituisce una sorca di modello descrittivo del processi di adattamento ecologico formulato analogamente all'analisi sistemica modcmau. Secondo Richcl-Dolmaroff, i Dcsana concepiscono il mondo come un sistema omeostatico dentro al quale la quantità di energia dispcnsaca, 1'011~ut; è direttamente legata alla quantità di energia ricevuta, l' input. Capprovvigionamcnto di energia della biosfera proviene da due sorgenti principali: la ptiroa i l'energia sessuale degli individui, repressa rcgolarme.ntc da proibizioni ad h«, che restituisce diretwnen1e energia al capitale energetico globale irrigando tutte le componen• ti biotiche del sistema; la seconda~ lo stato di sanld. e di benessere degli umani che risulta da una coruumazione alimentare sumamcnte controllata, da cui deriva l'energia necessaria per gl.i elementi abiotici del cosmo (è queno che permette, per esempio, il movimento dei corpi celesti). Ogni individuo sarebbe quindi cosciente di non essere che un elemento di una rete complessa di interv.ioni che si dispiegano non solamente nella sfera sociale, ma anche nella totalità di un un.lvcrso rendente alla stabilità, ovvero le cui risorse e limiti sono 6niti. Questo dà a tutti delle responsabilità di ordine etico, soprattutto quella di non perturbare l'equilibrio generale di qucno sistema fragìle e di non usare mai l'energia scnu restituirla rapidamente grazie a diversi tipi di operaz.ioni rituali. t: comunque lo sci11mano che gioca il ruolo principale nella ricerca di un'omeostasi perfcm. Innanzi tutto interviene cosuntcmente nelle attività di sussistenu per assicurarsi che queste non mettano in pericolo la riproduzione dei non-umani. Poi lo sciamano controllet¼ pcrt0nalmente la quantità e il grado di concentrazione di veleno vegetale preparato con la tecnica "pesca per avvelenamento" in una parte del fiume oppure detcr• minerà Unumero di individui che possono essere uccisi quando una mandria di pecari~ locall=ta. Meglio ancora, i riruali che accompagnano le attività di sussutcnz.a sarebbero delle occasioni offerte allo sciamano per «fu.re l'inventario dcllc riserve, valutare i costi e i benefici, e operare una ridistribuzione delle risorse,; in queste circostanze, .U bilancio dello sciamano presenta l'insiemè delle entrare e delle uscite di energia nd siscema.14• Ci possiamo interrogare sulla validità di cale traSposlzione che & dello sciamano il saggio gestore di un ecosistema e &dell'insieme delle crcdcnu religiose e dei rituali una funna

• Per altri esempi simili. RivUc,,, P., 1994. •• Urna. T.S., 1996; V"n-diwdc Cascrao, E.. 1996. 11 Lavori rcoc:nti di ecologia scork:a hanno stabilito che ron.icohura ldnc:n.ntc sui terreni debbiuì e la , Uvicolturt, praticata du.ramc più miUcnn.i dalle popol.uioni ~utoaonc ddl'Am.JZZonla., compon:ano c:ras(ormiu.lont profonde nella compositlonc: 6orisdca ddla forata. oonuihucndo soprammo s F.avorirc l:a conccnrruionc d.J aJcunc, pcdc non addomcsda r.eodomcstichc che .sono torm« allo SC2.to sdntico: le più comuni sono alcune 1urali, (ibul., p. 7). "Ellcn, R.F., 1993, pp. 94-95.

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I. Aspcni di continuità

Oltre natura e cultura

!:isola di Seram è separata dalla Nuova Guinea da uno stretto di appena 'Kuecento chilometri e non è sorprendenre trovare in Malesia una medesima assenza di frontiere tra umani e non-umani. Roy Wagner definisce bene questa continuità quando scrive: «i popol.i dell'interno della Papua collocano l'umanità all'inrerno di un mondo di . entità antropomorfiche, differenziate ma fondamenralmeme analoghe. 36• Ciò è particolarm.e nte chiaro presso le società del Grand Plateau, un'isola biogeografia nota per la ricchezza e la diversità della sua fauna e della sua flora. Nella cosmologia dei Kaluli, per esempio, regna lo stesso genere di relativismo percettivo dell'Amazzonia o dei Chewong: molteplici mondi coesistono in un solo ambiente, popolati da classi di esseri disri.nri che percepiscono i loro congeneri come degli umani, ma vedono gli abitanti degli altri mondi come degli an.imali o degl.i spiriti. Quindi gli uomini cacciano i cinghiali dove si incarnano gli spiritì, mentre gli spirit.i cacciano i cinghiali dove risiedono i doppioni degli umani". Cosl, e per riprendere una formula dei Bedamuni, vicini dei Kaluli, •quando vediamo degli animali, potremmo pensare che si tratti solamente di animali, ma sappiamo che in realtà sono come gli umani• 33• La situazione non è molto dissimile all'est, nelle isole Salomone. Secondo gli 'Are'are, la moneta di conchiglia, le piante coltivate, i maiali, i pesci, gl.i uomini e le donne sono formati da combinazioni più o meno compiere di vetwri di identità che, circolando tra tutte queste entità, le collegano le une alle altre in un gran continuum cosmico~9• In queste stesse isole, le persone della laguna di Marovo «non pensano che i componenti organici e inorganici del loro ambiente costituiscano un regno distinto dalla natura o dall'ambiente separato dalla cultura o dalla società uman .. in debito con Annc Hc-nry per quote informuloni.

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2. Il selvaggio e il domestico

un'opposizione tra sato, "il luogo abitato", e yama, "la montagna", quest'ultimo non è percepito tanto come un'elevazione di rilievo che contrasta con la pianura quanto come l'archetipo dello spazio inabitato, comparabile in questo al senso originale della parola deserto in italiano". Anche in sanscrito, lo spazio rurale con i suoi abitanti sembra chiaramente separato dalla sua periferia non trasformata dall'uomo. li terminejiinga/a designa le cerrc inabitate e io hindi classico diventerà sinonimo di "luogo selvaggio", mentre a\avi, "la foresta", non rinvia tanto ad una formazione vegetale quanto ai luoghi occupaci dalle uibù barbare, l'ontinomia cioè della civiliuazione. A questo si oppone janapada, la campagna coltivara, il territorio dove si trovano gli esseri griimya, "del villaggio", tra cui gli animali domestici)'. Eppure, se si considerano i modi con cul rutti gli spazi semanticamente segnalati sono percepiti e utilizzati, dobbiamo ammettere che è difficile individuare in Cina, in India o in Giappone una dicotomia del selvaggio e del domestico analoga a quella che ha forgiato l'Occidente. Che in Asia venga fatta una differenza tra i luoghi a.bitati e quelli che non lo sono, non ha molto di sorprendente; ma che questa diffetenza ti.copra un' opposizione netra tra due tipi di ambiente, due categorie di esseri e due sistemi di valori mutualmente esclusivi, ecco che q uesto sembra dubbio. La geogra6a soggettiva dcli'ontica Cina sembra dominata da un concrasto maggiore tra la città e la montagna: con il suo schema a scacchiera simbolicamente associato ai punti cardinali, la città è allo stesso tempo sia il cosmo, sia il centro di appropriazione del terreno agricolo, sia il centro del potere politico; la monragna, invece, terra di ascesi e di esilio, sembra avere per finalità principale quella d i offrire alla rappresentazione pittorica il suo motivo di prcdilezionc3'. Ma questa opposizione è meno marcata di quonro sembri. Nella tradizione taoista, la montagna è la residenza degli Immortali, esseri impercettibili cbe si fondono con il rilievo e danno una dimensione sensibile al sacro: la frcquenra,jone della montagna, soprattutto da parte dei letterati, proviene da una ricerca dell'immortalità di cui la raccolta di piante medicinali che assicurano la longevità costituisce l'aspetto più prosaico. Inoltre, come Aug.ustin Bcrque ha ipotÌ2.Zato, I'estetizzazione della montagna nella pittura paesaggistica cinese può essere vista come una sorta di conquista spirituale che si spiega in parallelo con la conquista delle pianure per l'agricoltura". Lontano dal costituire uno spazio anomico e privato della civiltà, la montagna, dominio d elle divinità cd espressione della loro essenza, offre al mondo cittadino e ai villaggi un complemento necessario. La città non è più dissociata dall'entroterra, on che il piò lonrano. Infatti la sua ubicazione e la disposizione ddle sue case sono regolate ne; più piccoli dettagli da una sorra di fisiologia dello sp22io, il ftngshui, reso non perfettamente in italiano con il termine "geomanzià'. li taoismo insegna ché un soffio cosmico, il qi, irradia tutta la Cina a partire " Bcrquc, A., 1986, pp. 69-70. .u Zimmcrmann, Fr., 1982, pp. 23-69. "Nella rnd.wonc pinoria e letteraria cinese. ..paesaggio"' si dio: J11mshui, che~ una combinazione di montagna (shan) e ddlc acque (shui) ; cfr. B.crquc, A., 1995, p. 82. Per questo approfondimento sulla Cina

ho attinto molto da questo testo e da due testi classici: Gt>nct, M., 1968 (1929) e 1968 (1934). "Bcrquc, A., 1995, p. 84.

7l

Olrrc nanu:a e cultura

,. dalla catena montuosa dd Kunlun, circola lungo lince di forza comparabili ~e vene che irrigano il corpo umano. Da qui l'imporca= di determinare con la divinaz.ione i luogh.i più favorevoli agli insediamenti umani e i modi per modificarli, affincht! si armonizzino al meglio con la rete di energia che si dispiega in rutto l'impero di Mezzo. Se è ben situata, ben coscruita e ben governata, la città cinese è in sintonia con il mondo, il quale, per riprendere una formula di Marce! Granet, «non è in ordine se non quando è chiuso come una dimora»'' · In uno spazio cosl densamente regolato dalle convenzioni sociali, il sdvaggio non sembra avere molta inRuenza. E se il pensiero cinese ha piena coscienza che esistono forze oscure che oppongono alla civilizzazione una resistenza cnigmarica presso i barbari, è alla periferia del suo dominio che questa le ha respinte. In Giappone la montagna è anche lo spa2.io per eccellenza che si presenta in contrasto ai territori della piana. Coni lisci dei vulcani, monti coperti da foreste, creste dentellate sono visibili ovunque dalle valli e dai bacini, impongono il loro sfondo di verticalità ali'oriu.ontalità dei campi e delle dighe. Ma la distinzione tra yama, la montagna, e sa/4, il luogo abitato, non segnala tanto una esclusione reciproca quanto un'alternanza stagionale e una complementarietà spiritual~. G li dei in effetti si spostano regolarmente da una iona all'altra: scendendo dalle montagne io primavera per diventare divinità dclle risaie, compiono il tragitto inverso in autunno per riguadagnare il "tempio del fondo", molto spesso un accidente topografico, dove si situa il loro nucleo originario e la loro vera casa. La divinità locale (kam,) procede quindi dalla montagna e ogni anno adempie un viaggio sull'arca sacra che la fa alternare tra il sanruario dei campi e il santuario dei monti, specie di culto domestico itinerante dove si confonde il limite fra l'interiorità e l'esteriorità della proprietà rurale. Dal Xli secolo la dimensione sacra dei luoghi isolati di montagna aveva fatto di questi il luogo di elezione delle comunità monastiche buddiste, a tale punto che l'ideogramma che significa "montagna" serviva ugualmente a designare i monasterin. E se è vero che odio stesso periodo in Occidente i frati dell'ordine di San Benedetto da molto tempo fuggivano i.I mondo per stabilirsi in luoghi isolati, era tanto per dissodare la foresta cd esorcizza.re la sua selvatichezza con la fatica che per elevarsi ancor più verso Dio con la preghiera38• Niente di rutto questo in Giappone dove la vita monastica non entra nella montagna per trasformarla, ma per mettere qui alla prova, grazie al cammino e alla contemplazione dei luoghi, la fusione con la dimensione sensibile del paesaggio che è una delle garanzie della salvezza.Né spaz.io da conquistare né centto di inquietante alterità, la montagna giapponese non è quindi veramente percepita come "selvaggia", sebbene, in modo paradossale, lo possa diventare quando la sua vegcta2.ionc è da ogni punto di vista addomesticata. In molte delle regioni dcll'arcipdago

"Gronct, M., 1968 (1934), p. 285. "Bcrquc, A., 19686, pp. 73-74. "lbid., p. 89. ,.. Come $Crivc Jacqucs Le Goff. ,.Ja. rcUgionc nat:t in Oriente all'ornbr.J delle palme, arriva in Occidente a scapilo degli aJberi, rifugio di geni pagani che monaci. santi, missioni.ti ibbauono spietatamente•. (Le: Golf, J., 1982, p. 106).

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2. Il selvaggio e il domestico infarcì, le foreste dei versanti originari sono state rimpiazzate dopo la seconda guerra mondiale da piantagioni artificiali di conifere autoctone, principalmente cipressi giapponesi e cedri su~. Ora, mentte l'antica foresta a foglie lucide o caduche rappresenta per gli abitanti dei villaggi di altirudine un luogo dove l'a.rmonia e la bcllci:za si alimentano con la presenza delle divinità - e allo stesso tempo un giacimento di risorse util.i alla vira domestica - , le piantagioni di conifere che gli sono succedute non evocano altro che disordine, tristezza e anomia~'. Mal mantenute, invadendo i campi e le radure, avendo perduto una buona parte del loro valore commerciale, gl.i "alberi neri" stretti i~ al.lineamenti monotoni ormai scappano al controllo sociale e tecnico di coloro che li avevano piantati. La montagna, yama, la foresta, yama, il luogo inabitato, yama, i tre termini si sovrappongono. Ma benché integralmente addomesticata, la foresta artificiale di montagna è diventata un deserto morale cd economico, molto più "sdvaggio", insomma, che la foresta naturale della quale ha preso il posto. La condizione dell'India antica è più complessa, per ragioni terminologiche che Francis Zimmermann ha luminosamente sbrogliato'°. Nei testi sanscriti,jàngala, da cui deriva la parola "junglc" in anglo-indiano, possiede due significati principali. Prima di turco, l'abbiamo visto, è un luogo disabitato o lasciaco da molco tempo incolto. ~• primo paradosso, jiingala designa anche le terre secche, ovvero l'esalto opposto di_ Cl~ che jungk" ci evoca dopo Kipling. La giungla, nel suo antico significato, non è quindi l'esuberante foresta monsonica, ma sono le steppe semi-aride spinose, le savane scarsamente alberate o i boschi caducifogli. In questo si oppone alle terre paludose, anupa, caratterizzate da formazioni vegetali igrofile: foresta pluviale, mangrovie, ione paluS tri. li contrasto ua jiingala e anupa designa una forte polarità nella cosmologia, nelle scienze mediche e nelle cassonomie delle piante e degli animali: le terre secche sono valonzzate perché salubri, fenili e popolate dagli Ariani, mentre le te.ere paludose appai~no com~ dei confini malsani, ione di rifugio per le tribù non ariane. Ciascuno di questi paesaggi costituisce una comunità ecologica a parte, definita da specie animali e vegetali emblematiche e da una fisiologia cosmica che gli è propria. Da qui il secondo paradosso. Come può una iona disabitata, cd in apparenza "selvaggia", essere allo stesso tempo il nucleo per ecccllenza delle virrù associate al.la civiltà agricola? Molto semplicemente_ perché la giungla è una potenzialità tanto quanto un'unità geografica. È nelle terre ~rad~. che la colonizzazione si è sviluppata grazie all'irrigazione, è all'int=o di quescc regioni mcolt~ ma fertili che i contadini ariani hanno trasformato i loro territori, lasciando alle mbu dei confini l'uso delle terre paludose, impenetrabili e impregnate di acqua. li contrasto tra jàngala e anupa prende quindi la forma di una dialettica a tre termini di cui _uno _resta implicito. Nell'opposizione tra terre paludose, dominio dei barbari, e terre aride rivendicate dagli Ariani, si innesta un'inclusione che fa della giungla uno spazio inoccupato ma disponibile, un luogo sprovvisto di uomini, ma portatore di valori e di prom~ di civiltà. Un tale sdoppiamento impedisce di considerare la giungla come uno spazio

" Knigh~ J., 1996. "° Zimmcrmann, FR.., 1982, cap. I; per un'interpretazione diversa vcdc.C'C Oovcl M.R., 1992.

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O lm: n:arura e cultura

,1 •'irzarc dato che essa~ virtualmente abiau:a, poiché avvolglcome fa • . I d' · · un p rogetto O un orir,;onre• i fermenti· culrurnli che troverebbero m c.ss• e con •,IZlOm sei propitle per la loro manifescazion": Quan'.o alle tcrrc ~udosc, ~ non sono p1u v:,ggc, sono solamente sprovviste di att:ramva e buone giusto ad osp1tare nella loro 6ua ..,

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..,.vagg10 "" so-a1

penombra qualche umanità periferia. . Accumulare un esempio dopo l'altro non è certo ma.i riuscito a portare alla conv,n:tionc, ma almeno permette di far oas«re dubbi su alcune cc.rt= ndicatc. On dunque sembra chiaro che, in moire regioni del pianeta, la percezio ne concrast11ta degli esseri e dei luoghi secondo la loro più o meno grande vicinanza al mondo degli umani n~n coincida con l'insieme dei signi6caà e dei v:i.lori che si sono progressiv:,mcntc fusaà 1n O ccidente ai poli del selvaggio e del domestico. A diJTerenza delle m ultiple forme di discontinuità graduale o di inclusione di cul si trova traccia altrove nelle socie.t à agricole, quc.ne due notloni sono murualmcnte esclusive e nessun,. di queste raggiunge il suo senso se non r:1pport11t11 all'altra in un'opposizione complementare.

Agcr et s.ilva Selvaggio è, lo si sa, ci/) che proviene dalla silv11, la grande forcsm europea eh.e la 00J0 nix,..a2ione romana ba a poco a poco rosicchiaco; lo è lo spazio incolto da dJSSodarc, lo sono gli • nim:ili e le piante che vi si trovano, le popol~oni ro~:te che la abiw:'o• gli Individui che vi cercano rifugio lontano dalla legge: della auà e, d1 conscguen:ta, 1 tem pcramcn à scontrosi rimasti ribeUi alla disciplina della vira sociale. Ciononostante anche se questi dilferenti aruib111i del selvaggio derivano sicuramente dalle caratteristiche attribuite ad un ambiente molto panicolarc, non formano un'unità 000 rentc se non perché si oppongono parola per Pffl>la alle qualità positive affermate nella vita domestica. Q ueste si dispiegano dentro la domus, non più un'unità gcogralica come la giungla, ma un ambiente di vita, uno spazio agricolo all'inlzio, dove, s~rt~ l'autorità del padre di f.tm.ìglia e la protezione delle divinità della casa, donne, bambm1, schiavi, animali e piante trovano le condizioni propi1ie per la tcali =ione della loro propria natt1ra. Lavori nei campi, educazione., addestramento, divisione dei comp_iti e delle responsabilità, tutto concorre a disporre umani e non umani in uno stesso registro dl subordinazione gerarchir.zam del quale le relazioni all'intcm o della famiglia allarg_a ~ offrono il modello meglio 001Dpiuto. Con la terminologia che li esprime, i Romam a hanno lasciato in eredità i valori associati tt questa coppia antitctla di cui la fortuna è andata via via crcsccndo. Infatti la soopcrt11 di altre faceste, in :ilcrc latitudini, arricchirà la dicotomia iniziale senza alterare i suoi campi di significato. I Tupinamba del Brasile 0 gli Indiani della Nuova Fran.cia si sostituirono ai German i o ai Bretoni descritti da Tacito, mentre il domestico, cambiando di grado, sbocccr¼ nel civilizzato", Si dir¼ forse che questo scivolamento di senso e di cpoo apre la possibilità ad una revisione che Mon" ~ qucsr. v,tlnomia pi~ ,.rdiv.t del ,clv,ggio che ha preso in a,n,;dcrnionc l'ingl.-.c (opposizione m wild e citJi/;uJ/) o lo spognolo (J,J,,,,J, e civ//;u,/q).

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2. Il selvaggio e il domestico taigne o Rousseau sapranno sfruttare: il selvaggio pull o.nnai essere buono e il civilizzato cattivo, il primo incarna delle virtù di semplicità antica che la corruzione dei costumi ha f.ttto perdere al secondo. Dimentichiamo che mie ani6cio retorico non è affatto nuovo - Tacito stesso vi ha ceduto - e che non mette per niente i.n causa il gioco di determinazioni reciproche che rende il selvaggio e il domestico costitutivi l'uno dell'altro. Probabilmente perché non tengono conto di questa impossibilità di pensate uno dei termini di opposizione senza pensare ali'altro, alcuni autori tendono a fuc del selvaggio una dimensione universale della psiche, un tipo di archetipo che gli uomini avrebbero progressivamente rimosso o incanalato in modo che avanzasse il loro dominio sui nonwnani. È cosl lo schema proposto da Max Oeschlacger, un 61osofo dell'ambiente, nella sua voluminosa storia dell'idea della natura selvaggia (wildemm}: mentre i cacciatoriraccoglitori del paleolitico avrebbero vissuto in armonia con un ambiente selvaggio ornato di tutte le qualità, ma iposw.tizzato in un dominio autonomo e adorato nell'ambito di una religione "totemica", i colà vatori del neolitico mediterraneo avtcbbcro rotto quesra bella intesa ed intrapreso ad asservire la selvatichezza, riducendo cosl gli spatl dominati dall'uomo ad uno smtus subalterno, fino alla loro ribalta grazie alla filosofia e alla pittura americana del XIX secolo". Forse; eppure si capisce male come la nozione stessa di selvatichezza avrebbe poruto esistere in un mondo prcagricolo dove essa non era contrapposta a niente e, per quale motivo, se essa incarnava dei valori positivi, si sarebbe manifestata la necessità di eliminare cill a cui essa si riferiva. 1an Hodder evita questo genere di aporia quando suggerisce che la cosrruzione simbolica del selvaggio è iniziara in Europa dal paleolitico superiore come un sostegno necessario all'crnergem.a di un ordine culturale. Per questo pioniere della nuova archeologia intcrprerativa anglosas.