Oltre natura e cultura 8832852896, 9788832852899

Solo l’Occidente moderno si è impegnato a costruire una contrapposizione fra natura e cultura. L’antropologia perpetua n

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Italian Pages 574 [559] Year 2021

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Oltre natura e cultura
 8832852896, 9788832852899

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Philippe Descola Oltre natura e cultura

CULTURE E SOCIETÀ

Collana fondata da Ugo Fabietti

Dal catalogo A lfred G eli

Arte e agency Una teoria antropologica

Tim Ingold

Making Antropologia, archeologia, arte e architettura

Jean-P ierre O livier de Sardan

Antropologia e sviluppo Saggio sul cambiamento sociale

Philippe Descola

Oltre natura e cultura Edizione italiana e postfazione a cura di Nadia Breda Traduzione e note di Annalisa D’Orsi

Budello CortinaEditore

www.raffaellocortina.it

Titolo originale

, Par-delà nature et culture © Éditions Gallimard, Paris, 2005 Traduzione Annalisa D ’Orsi Copertina Studio CReE ISBN 978-88-3285-289-9 © 2021 Raffaello Cortina Editore Milano, via Rossini 4 Prima edizione: 2021 Stampato da Press Grafica SRL, Gravellona Toce (VB) per conto di Raffaello Cortina Editore Ristampe 0 1 2 3 4 3 2021 2022 2023 2024 2025

INDICE

K D

Premessa alla nuova edizione italiana

Q5 n νΛ

Nota di traduzione [Annalisa D ’Orsi)

,

Introduzione

1 1 3 561193 77 977 38 38 98 29 50 953 6 6 5 5 4 4

PARTE PRIMA

Lillusione della natura 1 . Figure di continuità 2. Il selvaggio e il domestico

o1 o 7 90

Spazi nomadi Il giardino e la foresta Il campo e la risaia Ager e silva Il pastore e il cacciatore Paesaggio romano, foresta Ercinia, natura romantica

3. La Grande Divisione



L’autonomia del paesaggio L^utonomia della physis L’autonomia della Creazione L ’autonomia della Natura L ’autonomia della Cultura L’autonomia del dualismo L’autonomia dei mondi PARTE SECONDA

IX

Le strutture dell’esperienza

IX IX

4. Gli schemi della pratica Struttura e relazione

V

INDICE

Il sapere delle abitudini Schematismi Differenziazione, consolidamento, analogie

5. Rapporto con sé, rapporto con l’altro Modi d’identificazione e modi di relazione L’altro è un “io ”

117 121 127 133 133 137

PARTE TERZA

Le disposizioni dell’essere

149

6. Luminismo restaurato

151 152 158 162

Forme e comportamenti Le forme della metamorfosi Animismo e prospettivismo

169 171 173 181 189 194

7. Il totemismo come ontologia Il Dreaming Inventario australiano Semantica delle tassonomie Varietà di ibridi Ritorno ai totem algonchini

201 204 209 215 223

8. Le certezze del naturalismo U n’umanità irriducibile? Culture e lingue animali? Un uomo senza spirito? La natura ha dei diritti?

9. Le vertigini dell’analogia

233 234 240 255 260

La grande catena dell’essere U n’ontologia messicana Echi d,Africa Abbinamenti, gerarchia, sacrificio

10. Elementi, relazioni, categorie Inclusioni e simmetrie Differenze, somiglianze, classificazioni

267 270 276

PARTE QUARTA

Gli usi nel mondo

281

11. L’istituzione dei collettivi

283 284 293

A ogni specie il suo collettivo Una natura asociale e delle società esclusive VI

INDICE

Collettivi ìbridi diversi e complementari Un collettivo misto, inclusivo e gerarchizzato

295 305

12. Metafisiche dei costumi

321 322 330

Un me invadente La canna pensante Rappresentare il collettivo La segnatura delle cose

” 1 340

PARTE QUINTA

Ecologia delle relazioni

349

13. Le forme dell’attaccamento

351 353 364

Donare, prendere, scambiare Produrre, proteggere, trasmettere

14. Il commercio delle anime Predatori e prede La simmetria degli obbligati La comunità omogenea della condivisione Uethos dei collettivi

15. Storie di strutture

381 383 392 399 407

Dall’Uomo-Caribù a Signore-Toro Cacciare, abituare gli animali a vivere con Fuomo, addomesticare L ’origine del cambiamento

413 414 427 436

Epilogo. Il registro dei possibili Ringraziamenti

443 461

Note

463

Bibliografia

489

Postfazione. Una scienza degli esseri e delle relazioni {Nadia Breda)

513

Indice analitico

545

VII

PREMESSA ALLA NUOVA EDIZIONE ITALIANA

La prima traduzione italiana di Oltre natura e cultura non ha avu­ to fortuna. Da una parte, e come numerosi amici italiani mi hanno segnalato, la traduzione poteva essere perfezionata; dall^ltra, a causa del fallimento del suo editore, è scomparsa rapidamente dalle libre­ rie. Così questo libro non ha trovato in Italia il pubblico che pote­ va sperare, a parte quelli che Tavevano letto in lingua originale o in una traduzione inglese che avevo io stesso curato. E poi forse anche l’ambizione del suo obiettivo e la difficoltà di classificarlo hanno, in un primo momento, disorientato i lettori. Scritto da un antropologo e, in partenza, per altri antropologi, il mio libro aveva innanzitutto lo scopo di mettere in discussione l’eurocentrismo delle scienze sociali quando prendono in considerazione i rapporti fra natura e società. Da più di un secolo, in effetti, antropologi e storici hanno avuto la tendenza a considerare il modo in cui le società più diverse organizza­ no i rapporti con i loro rispettivi ambienti di vita a partire da catego­ rie descrittive che erano specifiche allOccidente moderno: natura e cultura, selvaggio e domestico, mondo fisico e mondo soprannatura­ le. In materia, la norma vigente era appunto quello sguardo particola­ re che le civiltà europee hanno portato sui non umani a partire dalla rivoluzione scientifica del XVII secolo, o forse già a partire dai Greci. Ora, la mia esperienza di etnologo presso gli Achuar dell,Amazzonia equadoregna, così come gli studi sempre più numerosi condotti da altri etnologi in altre regioni del pianeta, mettevano in dubbio la vali­ dità generale di queste categorie, come la loro pertinenza nel rendere conto della molteplicità dei sistemi cosmologici e dei modi di struttu­ rare lo spazio inventati dagli umani. Il naturalismo, inteso qui come l’affermazione di una differenza (di natura fra l’uomo e le altre entità del mondo, è stato certo la condizione che ha permesso lo sviluppo IX

PREMESSA ALLA NUOVA EDIZIONE ITALIANA

delle scienze positive. Ma sembrava auspicabile considerarlo con la distanza che caratterizza lo sguardo dell’etnologia, e cioè come uno dei possibili modi per individuare delle discontinuità ontologiche fra esseri umani e non umani piuttosto che come una griglia universale in grado di descrivere e d’interpretare il resto delTumanità. Lungi dal condurre a un relativismo sterile, un tale capovolgi­ mento invitava piuttosto a una forma di comparativismo rinnova­ to: un comparativismo che non si dà più per oggetto una wnatura,J intrinseca codificata in una moltitudine di modi da una pluralità di culture particolari, ma dei sistemi di relazioni fra le componenti del mondo. In effetti, le proprietà che si attribuiscono agli umani e ai non umani, e dunque le categorie in cui essi vengono collocati, sono indissociabili dal tipo di rapporti che s'intrattengono con questi, e che portano a considerarli come identici o diversi da sé, superiori o inferiori, dipendenti o autonomi, soggetti morali oppure mere cose. L^ggettivazione sociale di quanto chiamiamo natura non può essere dissociata dal modo in cui gli umani si oggettivano a loro volta. En­ trambi i processi si basano su quella configurazione delle idee, delle pratiche e dei valori che, in seno a ogni società, definisce la conce­ zione del sé e dell^ltro; entrambi i processi implicano la definizione di frontiere, l’attribuzione di identità, l’elaborazione di mediazioni culturali. È all’esplorazione e all’esplicitazione di tali processi che il presente libro sarà dedicato. I filosofi, gli storici e gli archeologi, ma anche gli artisti, i militan­ ti ecologisti o i cineasti non hanno tardato ad accorgersi che que­ sto libro di antropologia riguardava anche loro, dal momento che si propone di porre il pluralismo ontologico al centro del nostro modo di comprendere i rapporti fra umani e non umani. Contrariamente all^dea che esista un solo mondo, una sorta di totalità autosufficien­ te in attesa di essere rappresentata in base a diversi punti di vista, questo libro scommette che sia più pertinente, e più rispettoso nei confronti di coloro di cui ci si sforza di descrivere i modi di fare e di essere, considerare tale diversità degli usi nei termini di una diversi­ tà dei processi di composizione dei mondi. S^ntendano qui i modi di attualizzare quella miriade di qualità, di fenomeni, di esseri e di relazioni che possono essere oggettivati da alcuni umani per mezzo dei filtri ontologici che servono loro a compiere delle distinzioni fra tutto quello che il loro ambiente presenta alla loro comprensione. Di conseguenza, una volta che il processo di Umondiazione’’ viene messo in opera per un umano, e cioè sin dalla sua nascita, esso non pro­ duce una 'Visione del mondo,J, e cioè una versione fra le altre di una X

PREMESSA ALLA NUOVA EDIZIONE ITALIANA

realtà trascendente, ma un mondo in senso letterale, saturo di senso e brulicante di causalità multiple che si sovrappone, sui margini, ad altri mondi dello stesso tipo che sono stati attualizzati da altri umani in circostanze analoghe. Ed è la relativa coincidenza di alcuni di que­ sti mondi, resistenza di punti di riferimento comuni e le esperienze condivise di cui testimoniano che danno luogo a quanto chiamiamo abitualmente una cultura. Questo modo di considerare la condizio­ ne umana ha permesso a Oltre natura e cultura di superare la cerchia dei lettori per i quali era stato inizialmente scritto. Spero che questa nuova edizione italiana possa contribuire a tale processo. Ringrazio la mia collega Nadia Breda per la preziosa curatela di questo libro e per l’attento lavoro di contestualizzazione e approfondimento storico-critico proposto nella Postfazione· Ringrazio l’antropologa Annalisa D O rsi per la curatissima traduzione. Ringrazio in­ fine calorosamente Raffaello Cortina, per aver reso possibile questa nuova edizione italiana. Philippe Descola, ottobre 2020

XI

Nota di traduzione Il presente libro è stato completamente ritradotto con la cura che meritava, un lavoro meticoloso ed esigente considerati il volume dell'opera, Testensione della letteratura etnografica citata, la diffi­ coltà di alcune parti teoriche e Tapproccio brillantemente multidisci­ plinare dell^utore. Il lettore che avesse affrontato la prima versione italiana pubblicata da SEID Editori, troverà questa edizione di più fa­ cile lettura e comprensione. Sono state aggiunte numerose note. Questo, per dar conto delle scelte di traduzione che richiedevano, a mio parere, una maggiore attenzione, ma anche per esplicitare alcuni termini e nozioni non ne­ cessariamente evidenti per tutti i lettori. Per maggiore chiarezza, si è deciso lasciare alla fine del libro le note di Philippe Descola stesso, riportate con esponente numerico e divise per capitoli, come nell^dizione originale Gallimard. Si troveranno invece a piè di pagina le note di traduzione, segnalate nel testo da un asterisco. Si è inoltre scelto, per uniformità stilistica, di tradurre ex novo le numerosissime citazioni presenti nel libro, mentre in bibliografia vengono riportate le edizioni italiane, laddove esistenti, dei testi e degli articoli citati. La persona che ha tradotto questo libro possiede una conoscenza etnografica generale del contesto aborigeno australiano e ha fatto ri­ cerca numerosi anni presso un popolo autoctono canadese ripetutamente citato dall^utore, i Montagnais (oggi più noti come Innu). Il fatto di frequentare da tempo, per quanto a livello amatoriale, scritti di etologia, primatologia, zoologia e botanica è stato sicuramente di grande aiuto. Malgrado questo, si è resa necessaria la consultazione di un ampio numero di specialisti per verificare alcuni passaggi specifici. Si ringraziano in particolare gli antropologi: Stefano Allovio, Ma­ ria Benciolini, Luisa Faldini, Robert Lanari, Alessandro MancuXIII

NOTA DI TRADUZIONE

so, Gaetano Mangiameli, Federica Riva, Francesco Spagna, Franca Tamisari, Luigi Urru e Mauro Van Aken. Sono inoltre molto grata all^ntropologa Valentina Beccarmi per aver svolto gran parte delle ricerche bibliografiche. Per quanto riguarda le discipline non antro­ pologiche, ringrazio Mauro Belardi (zoologia), Rita Berto (psicolo­ gia), Almo Farina (ecologia), Tito Schiva (botanica) e i filosofi Vittorio Morfino e Luca Vanzago. Naturalmente queste persone, che sono state consultate su termini o passaggi molto puntuali, non sono responsabili delle mie scelte o di eventuali errori presenti nel testo. Altri problemi di traduzione sono stati risolti anche confrontan­ domi con Tottima traduzione inglese di Janet Lloyd {Beyond Nature and Culture, The University of Chicago Press, 2013) oppure interpel­ lando direttamente Tautore, che ringrazio calorosamente per il tem­ po che mi ha dedicato. In particolare, la traduzione di alcuni termini chiave come “animique”,“analogique” e “physicalite e stata con­ cordata con lo stesso Descola e, per quanto riguarda i modi d'iden­ tificazione animista e analogista, riflette delle scelte terminologiche maturate negli ultimi anni dall'autore. Per motivi di spazio, rimando alle note tutte le spiegazioni necessarie. Un^ltima breve considera­ zione in merito al termine αd isp o sitio n Se inizialmente avevo optato per delle traduzioni più puntuali e differenziate a seconda dei con­ testi, ho scelto in seguito di tornare al termine adisposizioneJ,, anche se il campo semantico che ricopre in italiano è meno esteso rispet­ to al francese. Si è trattato per me di aderire maggiormente al testo originale, ma anche di mantenere il riferimento implicito all’uso che viene fatto di tale termine nella letteratura antropologica, comprese le traduzioni italiane di Pierre Bourdieu. Oltre natura e cultura è un^pera molto importante da molteplici punti di vista. Sicuramente rilancia con autorevolezza un approccio strutturale in antropologia. Costruendosi inoltre attraverso un^mpia analisi di fatti etnografici e in costante dialogo con una pluralità di discipline diverse, riveste a mio parere un valore paradigmatico per la scrittura antropologica. Ma è soprattutto la critica serrata di alcu­ ne categorie analitiche fondamentali, frequentemente considerate universali e invece così saldamente ancorate a un contesto culturale specifico, che interesserà il lettore, offrendo al pensiero contempo­ raneo un contributo squisitamente antropologico destinato a uscire dai confini della nostra disciplina. Spero che questo grande lavoro di traduzione contribuirà a dif­ fondere il pensiero di Philippe Descola in Italia e ad alimentare una messa in discussione della dicotomia natura/cultura, diventata ormai XIV

NOTA DI TRADUZIONE

estremamente urgente e necessaria per affrancarci dalla limitatezza di certi schemi di ragionamento, ma anche per ripensare la nostra società e costruire un futuro sostenibile, per noi come per gli altri esistenti con cui condividiamo questo pianeta e a cui restiamo pro­ fondamente legati. Il futuro sarà possibile soltanto insieme. Oltre le barriere culturali e ideologiche che si sono volute frapporre fra noi. Annalisa D'Orsi

XV

OLTRE NATURA E CULTURA

Per Léonore e Emmanuel

INTRODUZIONE

Chi esaminerà da vicino ciò che vediamo abitualmente negli animali che vivono intorno a noi, riscontrerà che è possibile trovare cose altrettanto degne di ammirazione di quelle che si vanno raccogliendo in paesi e secoli lon­ tani. È la medesima natura che vi si manifesta. MONTAIGNE,

Apologie de R aym ond Sebonde

Non ancora molto tempo fa, si potevano assaporare le curiosità del mondo senza separare ^insegnamento tratto dalTosservazione degli animali e quello che proponevano i costumi dell'Antichità o gli usi di contrade lontane. Una ''medesima natura^ regnava senza scissio­ ni, distribuendo con equità, tra umani e non umani, una moltitudine di abilità tecniche, di abitudini ai vita e di modi di ragionare. Alme­ no per gli eruditi, questa epoca prese fine qualche decennio dopo la morte di Montaigne, quando la natura cessò di essere una disposi­ zione che unificava le cose più disparate per diventare un ambito di oggetti retti da leggi autonome, sullo sfondo del quale Tarbitrio del­ le attività umane poteva dare prova del suo seducente scintillio. Era appena nata una cosmologia nuova, prodigiosa invenzione colletti­ va che offrì un quadro senza precedenti allo sviluppo del pensiero scientifico e di cui noi continuiamo a essere, in questo inizio del XXI secolo, dei custodi un poJ disinvolti. Fra i prezzi da pagare per tale semplificazione, ce uno che fu ignorato, tanto più che non ci ve­ niva addebitato: mentre i Moderni scoprivano la pigra propensione dei popoli barbari e selvaggi a giudicare tutto secondo le loro norme, essi nascondevano il loro proprio etnocentrismo dietro un approccio razionale della conoscenza i cui errori diventavano di conseguenza5 5

INTRODUZIONE

invisibili. Sempre e ovunque, si pretendeva, una stessa natura muta e impersonale estendeva la sua presa, gli umani s5impegnavano a inter­ pretarla in modo più o meno plausibile e si sforzavano con maggiore o minore successo di trarne vantaggio; ormai, la grande pluralità del­ le convenzioni e degli usi non poteva più acquisire un senso se non in rapporto con le regolarità della natura, più o meno ben comprese da coloro che vi si trovavano sottoposti. Con un colpo di mano di una discrezione esemplare, la nostra ripartizione degli esseri e delle cose era diventata la norma e nulla poteva esimersene. Proseguen­ do Topera intrapresa dalla filosofia, di cui forse invidiava il magiste­ ro, Tantropologia nascente avallò questa riduzione della moltitudine degli esistenti a due ordini di realtà eterogenei, fornendole persino, grazie alla pletora di fatti raccolti a tutte le latitudini, quella garan­ zia di universalità che ancora le mancava. Essa imboccò tale strada senza prestarci veramente attenzione, tanto era affascinata dal luc­ cicare della wdiversità culturale5, il cui inventario e studio le conferi­ vano la sua ragione d5essere: la profusione delle istituzioni e dei modi di pensare diventava meno incredibile, e più sopportabile la loro contingenza, se si ammetteva che queste pratiche, di cui si faticava a volte a riconoscere la logica, costituivano tutte particolari risposte a una sfida comune: disciplinare e mettere a profitto le potenzialità biofisiche offerte dal corpo e dall5ambiente. Questo libro è nato da un senso d'insoddisfazione per tale stato di cose e dal desiderio di porvi rimedio proponendo un modo alternativo di considerare i rap­ porti tra natura e società. Le circostanze attuali sono favorevoli a una tale impresa. In effet­ ti, la vasta dimora a due piani sovrapposti dove, da qualche secolo, eravamo abituati a sentirci a nostro agio, ha cominciato a mostrare le sue scomodità. Sul piano nobile dove, dopo aver espulso dai sa­ lotti i rappresentanti delle religioni rivelate, le scienze della natura e della vita indicano ciò che è possibile sapere del mondo, qualche indelicato disertore scopre dietro a drappeggi e boiserie i meccani­ smi nascosti che hanno permesso di cogliere i fenomeni del mondo fisico, passarli al vaglio e conferire loro una descrizione accettabile. A lungo difficile da prendere tanto era ripida, la scala che porta al piano della Cultura è ormai così danneggiata che ben pochi osano ancora salire dawero per annunciare ai popoli le basi materiali della loro esistenza collettiva oppure percorrerla verso il basso senza pre­ cauzioni per apportare agli studiosi le contraddizioni che emergono dall’osservazione del corpo sociale. Dalla moltitudine di camerette ospitanti ciascuna delle culture particolari gocciolano al primo piano 6

INTRODUZIONE

infiltrazioni bizzarre, frammenti di filosofie orientali, resti di gnosi er­ metiche o mosaici d'ispirazione New Age, sicuramente di poco con­ to, ma che, qua e là, indeboliscono dispositivi per separare gli umani dai non umani che credevamo meglio protetti. Quanto ai ricercatori che erano stati mandati ai quattro angoli del pianeta per descrivere delle case dall^rchitettura più primitiva, e che si erano a lungo sfor­ zati di redigerne un inventario a partire dal modello di pianta che era loro familiare, hanno iniziato a riportarci ogni sorta d’informazione insolita: alcune case sono sprowiste di piani, in esse natura e cultu­ ra coabitano senza difficoltà in una sola stanza; altre sembrano avere veramente più piani, ma con funzioni stranamente distribuite, dato che la scienza convive con la superstizione, il potere politico trae ispi­ razione dai canoni del Bello e macrocosmo e microcosmo si trovano immersi in intima conversazione; si dice persino che ci sarebbero po­ poli privi di case, i quali fanno a meno pure delle stalle e dei giardini, poco inclini a coltivare la radura dell’Essere o a darsi per obiettivo esplicito la domesticazione del naturale tanto dentro quanto intorno a loro. Costruito dai grandi architetti dell'età classica* per durare nel tempo, Tedificio dualistico è certo ancora solido, tanto più che vie­ ne costantemente restaurato con comprovata perizia. Eppure, i suoi difetti strutturali appaiono sempre più evidenti per coloro che non lo occupano in modo meccanico, come per quelli che auspichereb­ bero trovarvi una sistemazione per accomodare popoli abituati ad altri tipi di abitazioni. Non si troverà tuttavia, nelle pagine che seguono, il progetto di una nuova casa comune, una casa che sarebbe più ospitale per le co­ smologie non moderne e più adatta alla circolazione dei fatti e dei valori. Possiamo scommettere che il tempo in cui tale edificio inizierà a sorgere non è più tanto lontano, senza sapere esattamente chi pren­ derà in carico i lavori; in effetti, per quanto sia diventato comune af­ fermare che i mondi siano costruiti, nessuno ne conosce gli architetti e si comincia a malapena a sospettare di quali materiali siano fatti. È un cantiere, in ogni caso, che spetta a quegli abitanti della casa che sentono di trovarsi troppo allo stretto, non è compito di una scienza particolare, fosse anche Tantropologia.1La missione di quest ultima, come io la intendo, è contribuire insieme ad altre scienze, e secon­ do metodi propri, a rendere intelligibile il modo in cui degli organi­ smi di un tipo particolare s^nseriscono nel mondo, ne acquisiscono

XVI

Λin Francia, con “età classica”, s’intende comunemente il periodo tra la fine del secolo e l’inizio del XVIII.7 7

INTRODUZIONE

un'interpretazione stabile e contribuiscono a modificarlo tessendo, con esso e fra loro, legami costanti o occasionali di una notevole, ma non infinita diversità. Prima d^mmaginare le nuove leggi per un fu­ turo ancora in gestazione, occorre dunque tracciare innanzitutto la cartografia di questi legami, comprendere meglio la loro natura, sta­ bilire i loro modi di compatibilità e d'incompatibilità, ed esaminare come essi prendano forma in maniere di essere al mondo immedia­ tamente distintive. Per portare a buon fine tale impresa è necessario che Tantropologia si liberi del proprio dualismo costitutivo e diven­ ti pienamente monista; non nel senso quasi religioso del termine di cui Haeckel si fece apostolo e che certi filosofi dell’ambiente hanno fatto proprio e neppure, certo, nell’ambizione di ridurre la pluralità degli esistenti a unJunità di sostanza, di finalità o di verità, come ave­ vano cercato di fare alcuni filosofi nel XIX secolo. Si tratta piuttosto di chiarire che il progetto di comprendere le relazioni che gli uma­ ni intrattengono fra loro e con i non umani non può basarsi su una cosmologia e un’ontologia tanto saldamente ancorate a un contesto particolare quali sono le nostre. A questo scopo, si dovrà irnianzitutto mostrare che la contrapposizione tra natura e cultura non possie­ de il carattere universale che siamo soliti attribuirle. Non solo essa è priva di senso per tutti tranne che per i Moderni, ma è apparsa solo tardivamente nel corso dello sviluppo del pensiero occidentale, con importanti conseguenze, del resto, nel modo in cui l’antropologia si è rappresentata il proprio oggetto e i propri metodi. E a questo obiettivo preliminare che la prima parte del libro sarà dedicata. Ma non basta sottolineare la contingenza storica o gli effetti deformanti di tale contrapposizione. Bisogna anche poterla integrare in un nuo­ vo ambito di analisi in seno al quale il naturalismo moderno, lungi dal costituire Tunità di misura che consente di giudicare culture di­ stanti nel tempo e nello spazio, risulterebbe essere una delle possibi­ li espressioni di schemi più generali i quali reggono Foggettivazione del mondo e dell^ltro. Precisare la natura di questi schemi, chiarire le loro regole di composizione e descrivere una tipologia delle loro combinazioni costituiscono il compito principale che mi sono posto in questo libro. Accordando la priorità a un^nalisi combinatoria dei modi di re­ lazione tra le entità esistenti, sono stato indotto a rimandare lo stu­ dio della loro evoluzione: si è trattato di una scelta di metodo, non di circostanza. Oltre al fatto che, se avessi messo insieme queste due imprese, avrei di gran lunga superato le dimensioni ragionevoli che auspicavo per questo libro, sono anche convinto che l’origine di un 8

INTRODUZIONE

sistema non possa essere analizzata fino a quando non ne sia stata chiarita la struttura specifica, un approccio legittimato da Marx nel suo esame della genesi delle forme di produzione capitalistica e che questi riassunse in una celebre formula: “L’anatomia dell’uomo è la chiave per comprendere l’anatomia della scimmia”·2Contro lo storicismo, con la sua fede ingenua nella spiegazione per mezzo di cause antecedenti, bisogna ricordare che solo la conoscenza della struttura di un fenomeno permette d'interrogarsi in maniera perti­ nente sulle sue origini. Per Marx, una teoria critica delle categorie dell5economia politica doveva necessariamente precedere ogni inda­ gine sull'ordine di apparizione dei fenomeni di cui queste categorie intendevano rendere conto. Analogamente, la genealogia degli ele­ menti costitutivi delle diverse modalità di rapporto con il mondo e con Γaltro sarebbe impossibile da ricostruire prima di aver identi­ ficato le forme stabili in cui questi elementi si combinano. Un tale approccio non è astorico. Esso rimane fedele alla raccomandazione che faceva Marc Bloch di accordare tutto il suo peso alla storia re­ trospettiva: si tratta, in altre parole, di guardare innanzitutto verso il presente allo scopo di meglio interpretare il passato.3 E vero che il presente di cui farò uso sarà spesso ad hoc e coniugato al plurale. A causa della diversità dei materiali impiegati, della non uniformità delle fonti e della necessità di fare appello a società in uno stato or­ mai passato, esso si awicinerà più al presente etnografico che non a quello contemporaneo, una specie d'istantanea, insomma, che coglie una collettività in un determinato momento della sua traiettoria in cui essa presenta un valore esemplare dal punto di vista comparati­ vo: in altri termini, un i£tipo ideale>,. Indubbiamente, il progetto di mettere in cantiere un'antropolo­ gia monista parrà ad alcuni di un^mbizione smisurata, tanto sono grandi le difficoltà da superare e innumerevoli i materiali da trattare. Così, il tentativo che consegno al lettore è da considerare, appunto, in quanto tale: un tentativo, una prova, un modo di accertarsi che un altro approccio sia possibile e che questo sia più adatto allo scopo che gli viene attribuito rispetto alle esperienze tentate in passato. Si trat­ ta, lo si sarà compreso, di considerare i fondamenti e le conseguenze dell’alterità in un modo che vorrebbe essere pienamente rispettoso della diversità delle forme in cui le cose e i loro usi si presentano ai nostri occhi. È tempo, in effetti, che Tantropologia renda giustizia al movimento generoso che Tha fatta nascere gettando sul mondo uno sguardo più ingenuo, o per lo meno ripulito da quel pregiudizio dua­ listico che Tevoluzione delle società industriali ha reso in parte obso9

INTRODUZIONE

leto e che ha determinato numerose distorsioni nella comprensione di cosmologie troppo diverse dalla nostra. Queste erano considerate enigmatiche, e quindi degne dell'attenzione degli studiosi, in quanto le demarcazioni tra gli umani e gli ''oggetti naturali,>vi parevano con­ fuse, perfino inesistenti - uno scandalo logico al quale era opportuno mettere termine. Ma non ci si era affatto resi conto che, nel nostro caso, tale frontiera era solo appena più netta, malgrado tutta Tattrezzatura epistemologica messa in gioco per garantire la sua impermea­ bilità. Le cose stanno cambiando, per fortuna, ed è ormai difficile fa­ re come se i non umani non si trovassero dappertutto nel cuore della vita sociale, sia che prendano la forma di una scimmia con la quale si comunica all’intemo di un laboratorio, delTanima di un igname che visita in sogno il suo coltivatore, di un awersario elettronico da scon­ figgere agli scacchi o di un bue trattato come sostituto di una persona nel contesto di un'offerta rituale. Tiriamone le conseguenze: Tanalisi delle interazioni tra gli abitanti del mondo non può più limitarsi all’ambito delle istituzioni che reggono la vita degli uomini, come se ciò che abbiamo decretato essere esterno a loro fosse solo un conglo­ merato anomico di oggetti in attesa di un senso e di un'utilità. Molte cosiddette società “primitive” ci invitano a superare tale barriera: esse non hanno mai pensato che le frontiere dell’umanità si arrestassero alle porte della specie umana, né esitano a invitare nell’insieme della loro vita sociale le piante più modeste, gli animali piu insignificanti. Oggi Fantropologia è dunque confrontata con una formidabile sfida: scomparire insieme a una forma di umanesimo ormai superata, op­ pure trasformarsi ripensando il proprio ambito e i propri strumenti in modo da includere nel suo oggetto molto più àÆanthropos\ tut­ ta quella collettività di esistenti a lui legati, ma relegati attualmente a una mera funzione di cornice. Per dirlo in termini più convenzionali, Tantropologia della cultura deve sdoppiarsi in unJantropologia del­ la natura, aperta a quella parte di se stessi e del mondo che gli esseri umani attualizzano e per mezzo della quale si oggettivano.

10

PARTE PRIMA

L’ILLUSIONE DELLA NATURA

Quanto a cercare di dimostrare che la natura esiste, que­ sto è ridicolo; è evidente, in effetti, che ci sono molti es­ seri naturali. ARISTOTELE,

Fisica

Vi que não há Natureza, Que Natureza não existe, Que há montes, vales, planícies, Que há árvores, flores, ervas, Que há rios e pedras, Mas que não há um todo a que isso pertença, Que um conjunto real e verdadeiro É uma doença das nossas ideias. A Natureza é partes sem um todo Isto é talvez o tal misterio de que falam. FERNANDO PESSOA,

Poemas de Alberto Caeiro

1 FIGURE DI CONTINUITÀ

È nel tratto a valle del Kapawi, un limaccioso corso d'acqua dell’Alta Amazzonia, che ho iniziato a interrogarmi sull’evidenza della natura. Eppure, niente di particolare distingueva il luogo in­ torno alla casa di Chumpi da altri insediamenti che avevo già visitato in questa regione dell’Ecuador limitrofa al Perù. Secondo l’usanza degli Achuar, una dimora coperta di foglie di palma era costruita al centro di un terreno disboscato dove dominavano le piante di ma­ nioca e che le acque turbinose del fiume fiancheggiavano su un lato. Qualche passo attraverso l’orto e già ci s’imbatteva nella foresta, una buia muraglia di alberi d’alto fusto che cingeva la bordura più pallida dei banani. Il Kapawi era Tunica via di fuga in questo spazio circolare senza orizzonte, una via tortuosa e interminabile dal momento che mi ci era voluta un^ntera giornata di piroga per arrivarci da un in­ sediamento simile, il vicinato più prossimo del padrone di casa. Tra i due insediamenti, decine di migliaia di ettari di alberi, di muschi e di felci, decine di milioni di mosche, di formiche e di zanzare, di branchi di pecari, di gruppi di scimmie, di are e di tucani, forse uno o due giaguari. In breve, una proliferazione non umana di forme e di esseri lasciati completamente liberi alle loro leggi di coabitazione... Verso la metà del pomeriggio, mentre svuotava gli scarti di cucina nelle boscaglie a strapiombo sul fiume, la moglie di Chumpi era stata morsa da un serpente. Precipitandosi verso di noi, gli occhi sbarrati dal dolore e dall’angoscia, urlava: “Il ferro di lancia, il ferro di lancia, sono morta, sono morta!w. La famiglia in allerta aveva subito fatto coro: “Il ferro di lancia, il ferro di lancia, l’ha uccisa, l’ha uccisa!”· Avevo iniettato un siero a Metekash e ora lei riposava nella piccola capanna di confinamento che si costruisce in simili circostanze. Tali incidenti non sono rari in questa regione, soprattutto quando si ab13

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battono gli alberi, e gli Achuar si rassegnano con una certa fatalità a un esito spesso mortale. Ma che un ferro di lancia si awenturasse così vicino a una casa era, mi dicevano, inusuale. Chumpi sembrava colpito quanto la moglie; seduto sul suo sgabel­ lo di legno scolpito, il volto furioso e sconvolto, borbottava un mo­ nologo in cui finii per intromettermi. No, il morso a Metekash non era il frutto del caso, era una vendetta inviata da Jurijn, una di quelle “madri della selvaggina” che vegliano sulle sorti degli animali della foresta. Venuto in possesso di un fucile grazie agli esiti imprevedibili del baratto, dopo essere stato costretto a cacciare solo con la cerbot­ tana per un lungo periodo, Chumpi, il padrone di casa, aveva fatto, il giorno precedente, un gran massacro di scimmie lanose. Indubbia­ mente accecato dalla potenza della sua arma, aveva sparato sul bran­ co senza criterio, uccidendo tre o quattro animali e ferendone altri. Non aveva riportato che tre scimmie, lasciandone una agonizzante sulla biforcazione di un ramo principale. Alcune delle fuggiasche, colpite dai piombini, ora soffrivano invano; forse erano persino mor­ te prima di aver potuto consultare lo sciamano della loro specie. Dal momento che aveva ucciso quasi per capriccio più animali di quanti fossero necessari al sostentamento della sua famiglia, dato che non si era preoccupato delle sorti di quelle che aveva ferito, Chumpi era venuto meno all^tica della caccia e aveva infranto la convenzione im­ plicita che lega gli Achuar agli spinti protettori della selvaggina. Le rappresaglie non avevano affatto tardato a venire. Tentando in modo maldestro di dissipare il senso di colpa che op­ primeva il mio ospite, gli feci notare che Taquila arpia o il giaguaro non esitano a uccidere le scimmie, che la caccia è necessaria alla vita e che, nella foresta, ognuno finisce per servire da nutrimento agli al­ tri. Evidentemente, non avevo capito niente: Le scimmie lanose, i tucani, le scimmie urlatrici, tutti quelli che uccidiamo per mangiare sono persone come noi. Anche il giaguaro è una persona, ma è un cacciatore solitario, non rispetta nulla. Noi, le “persone complete”, dobbiamo rispettare coloro che uccidiamo nella foresta perché sono per noi come parenti acquisiti. Vivono tra loro con i propri parenti, non fanno le cose a caso, parlano fra lo­ ro, ascoltano quello che diciamo, si sposano come si conviene. An­ che noi, nelle vendette, uccidiamo dei parenti acquisiti, ma questi rimangono pur sempre parenti. E anche loro possono volerci uc­ cidere. Lo stesso accade con le scimmie lanose, le uccidiamo per mangiare, ma sono sempre parenti.

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Le intime convinzioni che un antropologo si forgia in merito alla natura della vita sociale e della condizione umana sono spesso il risul­ tato di un^sperienza etnografica molto specifica, acquisita vivendo presso qualche migliaio d’individui che hanno saputo instillare in lui dubbi talmente profondi su quanto prima considerava scontato che, in seguito, tutta la sua energia viene dedicata a presentarli nella forma di una ricerca sistematica. Questo è quanto è accaduto nel mio caso quando, con il tempo e dopo numerose conversazioni con gli Achuar, si delinearono poco a poco le modalità del loro apparentamento con gli esseri naturali.1Questi Amerindiani* che vivono lungo la frontie­ ra tra Ecuador e Perù non si distinguono affatto dalle altre tribù del gruppo jívaro, al quale sono legati per lingua e per cultura, quando affermano che la maggior parte delle piante e degli animali possiede un5anima {wakan) simile a quella degli umani, una facoltà che li col­ loca fra le apersoneJ, {aents) in quanto conferisce loro una coscienza riflessiva e un’intenzionalità, li rende capaci di provare emozioni e permette di scambiare messaggi con i loro pari come con i membri di altre specie, uomini compresi. Questa comunicazione extralinguisti­ ca è resa possibile dalla capacità attribuita alla wakan di trasmettere, senza mediazioni sonore, pensieri e desideri all^nima di un destina­ tario, modificando così, talvolta a sua insaputa, lo stato d^nimo e il comportamento di quest^ltimo. Gli uomini dispongono a tale sco­ po di una vasta gamma d^ncantesimi magici, gli anent, con i quali possono agire a distanza sui loro simili, ma anche sulle piante e sugli animali, così come sugli spiriti e su alcuni artefatti. L'armonia coniu­ gale, una buona intesa con parenti e vicini, il buon esito della caccia, la fabbricazione di un bel vaso di terracotta o di un curaro efficace, un orto con colture variegate e rigogliose, tutto questo dipende dalle relazioni di complicita che gli Achuar sono riusciti a instaurare con una grande varietà d’interlocutori umani e non umani suscitando in loro disposizioni favorevoli per mezzo degli anent. Nella visione degli Amerindiani,l’abilità tecnica è indissociabile dalla capacità di creare un terreno intersoggettivo sul quale si svilup­ pano dei rapporti da persona a persona: tra i cacciatori, gli animali e gli spiriti signori degli animali, e tra le donne, le piante dell^rto e il personaggio mitologico che ha generato le specie coltivate e che * Si rende con αAmerindiani il termine “Indiani”, frequentemente usato nel testo, per auspicio dello stesso autore. Di fatto, al di là del linguaggio accademico, gioiti Amerindiani continuano a usare il termine “Indiani” per r&rirsi a se stessi. È la ragione per cui, in alcuni contesti specifici, si è scelto invece di mantenere que­ sto termine.

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continua nel presente a garantire la loro vitalità. Lungi dal ridursi a prosaici luoghi dispensatori di cibo, la foresta e i terreni coltivati co­ stituiscono il teatro di una sociabilità sottile dove, giorno dopo gior­ no, vengono rabboniti esseri che solo la diversità dell^spetto e Tassenza del linguaggio distinguono dawero dagli umani. Le forme di questa sociabilità differiscono tuttavia a seconda che si abbia a che fare con le piante oppure con gli animali. Padrone degli orti ai qua­ li consacrano gran parte del loro tempo, le donne si rivolgono alle piante coltivate come a dei bambini che è opportuno accompagnare con mano ferma verso la maturità. Questa relazione di cura materna prende per modello esplicito la tutela esercitata da Nunkui, lo spirito degli orti, sulle piante che un tempo ha creato. Gli uomini, dal canto loro, considerano la preda come un cognato, una relazione instabile e difficile che esige rispetto reciproco e prudenza. I parenti acquisiti costituiscono infatti la base delle coalizioni politiche, ma sono anche gli awersari più immediati nelle guerre di vendetta. La contrappo­ sizione tra consanguinei e affini, due categorie mutualmente esclu­ sive che reggono la classificazione sociale degli Achuar e orientano i loro rapporti con gli altri, si ritrova così nei comportamenti che sono prescritti nei confronti dei non umani. Consanguinei per le donne, parenti acquisiti per gli uomini, gli esseri della natura diventano veri e propri partner sociali. Ma è lecito parlare in questo caso di esseri della natura se non per comodità di linguaggio? Esiste un posto per la natura all’interno di una cosmologia che conferisce agli animali e alle piante la maggior parte degli attributi degli esseri umani? Possiamo parlare di appro­ priazione e trasformazione delle risorse naturali quando le attività di sussistenza sono declinate nella forma di una molteplicità di relazioni individuali con elementi umanizzati della biosfera? E possibile anche solo parlare di uno spazio selvaggio in merito a questa foresta a mala­ pena sfiorata dagli Achuar e che loro descrivono come un immenso orto coltivato con cura da uno spirito? Lontanissima dal “dio feroce e taciturno” di Verlaine, qui la natura non è un’istanza trascendente * Nella sociologia contemporanea, il termine “sociabilità” si distingue da quello, molto simile, di “socialità” in quanto mette da parte qualsiasi connotazione valutativa. .....*Si definiscono affini gli individui legati fra loro da relazioni formate attraver­ so il matrimonio, divenuti perciò parenti acquisiti. Dal punto di vista di Ego, quindi, gli affini sono le persone sposate con i suoi consanguinei e i consanguinei defla per­ sona che ha sposato^ (U. Fabietti, F. Remotti [a cura ài\, Dizionario di antropologia, Zanichelli, Bologna 1997, p . 18-19).

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o un oggetto da socializzare, bensì il soggetto di una relazione socia­ le. Prolungando la sfera della famiglia, è veramente domestica fin nei suoi angoli più reconditi. Certo, gli Achuar stabiliscono delle distinzioni tra le entità che po­ polano il mondo. La gerarchia fra oggetti animati e inanimati che ne deriva non è tuttavia fondata su diversi gradi di perfezione dell'esse­ re, su differenze di aspetto o su un accumulo progressivo di proprietà intrinseche. Essa si basa piuttosto su variazioni nei modi di comuni­ care che dipendono dal riconoscimento di caratteristiche significati­ ve distribuite in modo diverso. Dato che la categoria delle upersone,> include gli spiriti, le piante e gli animali, tutti dotati di un’anima, tale cosmologia non fa distinzione tra umani e non umani; essa si limita a introdurre una gradazione a seconda dei livelli di scambio dJinformazioni considerati possibili. Gli Achuar occupano, come si conviene, il vertice della piramide: si vedono e si parlano con lo stesso linguaggio. Il dialogo è possibile anche con i membri delle altre tribu jívaro che li circondano e i cui dialetti sono più o meno mutualmente intelligi­ bili, senza che si possano escludere, tuttavia, malintesi fortuiti o de­ liberati. Con i Bianchi ispanofoni, con le popolazioni vicine di lingua quechua, con lo stesso etnologo, ci si vede e ci si parla al contempo, a condizione che esista un linguaggio comune; ma la padronanza di questo linguaggio è spesso imperfetta per Γinterlocutore di cui non rappresenta la lingua materna: viene così a crearsi la possibilità di una discordanza semantica che renderà incerta la corrispondenza delle facoltà che garantiscono Tappartenenza di due esseri allo stes­ so piano del reale. Le distinzioni si accentuano man mano che ci si allontana dal livello delle ''persone complete^, penke aents, definite innanzitutto in virtù delle loro capacità linguistiche. Così, gli esse­ ri umani possono vedere le piante e gli animali, i quali a loro volta, quando possiedono un’anima, sono ritenuti riconoscere gli umani. Ma se gli Achuar parlano alle piante e agli animali grazie agli incante­ simi anent, non ottengono immediatamente una risposta, che invece viene rivelata loro in sogno. Lo stesso vale per gli spiriti e per alcuni eroi della mitologia: attenti a quanto si dice loro ma, generalmente invisibili nella loro forma originaria, non possono essere compresi del tutto che in occasione di sogni o di trance indotte dagli allucinogeni. Le upersone5, in grado di comunicare sono a loro volta gerarchizzate in funzione del grado di perfezione delle norme sociali che reg­ gono le diverse comunità nelle quali sono inserite. Alcuni non uma­ ni sono molto vicini agli Achuar perche si ritiene rispettino le stesse regole matrimoniali: è il caso degli Tsunki, gli spiriti del fiume, di 17

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molte specie di selvaggina (le scimmie lanose, i tucani...) e di piante coltivate (la manioca, le arachidi.. Ci sono degli esseri, invece, che si compiacciono della promiscuità sessuale e violano regolarmente il principio di esogamia: è il caso della scimmia urlatrice o del cane. Il più basso livello dlntegrazione sociale è occupato dai solitari: gli spinti Iwianch, incarnazioni dell^nima dei morti che vagano solita­ rie nella foresta, o ancora i grandi predatori come il giaguaro o Yana­ conda. Eppure, per quanto possano sembrare lontani dalle leggi del normale comportamento, tutti questi esseri solitari sono legati agli sciamani, i quali li utilizzano per portare sventura o per combattere i loro nemici. Situati ai margini della vita comune, questi esseri noci­ vi non sono affatto selvaggi, dato che i signori che servono non sono situati al di fuori della società. Questo significa forse che gli Achuar non riconoscano resisten­ za di alcuna entità naturale nell^ambiente che abitano? Non esatta­ mente. Il grande continuum sociale che mescola umani e non umani non è del tutto inclusivo e qualche elemento dell’ambiente non comunica con nessuno per mancanza di unanima propria. La mag­ gior parte degli insetti e dei pesci, le erbe, i muschi e le felci, i sas­ si e i corsi d^cqua restano di conseguenza all'esterno della sfera sociale così come delle regole dell’intersoggettività; nella loro esistenza meccanica e generica, potrebbero forse corrispondere a quanto chiamiamo anaturaJ,. E dunque legittimo continuare a im­ piegare questo concetto per indicare una parte di mondo che, per gli Achuar, è incomparabilmente più ristretta rispetto a quanto in­ tendiamo? Nel pensiero moderno, inoltre, la natura non ha senso che in contrapposizione alle opere umane, che si scelga di chiamarle “cultura”,“società” o “storia” utilizzando il linguaggio della filosofia e delle scienze sociali, o ancora αspazio antropizzatow, αmedia­ zione tecnica>, o aecumene,J con una terminologia più specialistica. Una cosmologia, dove la maggior parte delle piante e degli animali è inclusa in una comunità di persone che condividono, totalmente o in parte, facoltà, comportamenti e codici morali abitualmente at­ tribuiti agli uomini, non corrisponde in nessun modo ai criteri su cui si basa una tale contrapposizione. Gli Achuar rappresentano forse un caso eccezionale, una di quelle pittoresche anomalie che Tetnografia talvolta scopre in qual­ che recondito angolo del pianeta?2 O forse è proprio la mia inter­ pretazione della loro cultura a essere sbagliata? Per mancanza di perspicacia o per desiderio di originalità, potrei non aver saputo o voluto individuare la configurazione specifica che avrebbe assunto, 18

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presso di loro, la dicotomia tra natura e società. Eppure, a qualche centinaio di chilometri più a nord, nella Foresta amazzonica della Colombia orientale, gli Amerindiani Makuna presentano una ver­ sione ancora più radicale di questa visione del mondo decisamente non dualistica.3 Come gli Achuar, i Makuna categorizzano gli umani, le piante e gli animali come ugente,J (masa) i cui principali attributi - la mortali­ tà, la vita sociale e cerimoniale, Tintenzionalità, la conoscenza - sono identici sotto ogni aspetto. Le distinzioni interne a questa comunità del vivente si basano su caratteristiche specifiche che Torigine mitica, i regimi alimentari e i modi di riproduzione conferiscono a ogni classe di esseri, e non sulla maggiore o minore vicinanza di queste classi al paradigma di compiutezza che offrirebbero i Makuna. L’interazione tra animali e umani è parimenti concepita come un rapporto di affi­ nità, per quanto leggermente diverso rispetto al modello achuar, dal momento che il cacciatore tratta la sua preda come una coniuge po­ tenziale piuttosto che come un cognato. E tuttavia le categorizzazioni ontologiche sono ancora più flessibili rispetto a quelle achuar, per via della capacità di metamorfosi che viene riconosciuta a tutti: gli umani possono diventare animali, gli animali possono convertirsi in umani e Tanimale di una specie può trasformarsi in un animale di un'altra specie. La presa delle tassonomie sul reale è dunque sempre relativa e contestuale, in quanto il continuo scambiarsi di aspetto non permet­ te di attribuire identità stabili alle componenti viventi dell^mbiente. La sociabilità che i Makuna attribuiscono ai non umani è anche più ricca e complessa di quella che gli Achuar riconoscono loro. Pro­ prio come gli Amerindiani, gli animali vivono in comunità, in acase lunghe” che la tradizione situa nel cuore di alcune rapide o all’interno di colline ben precise; essi coltivano orti di manioca, si spostano in piroga e, sotto la guida dei loro capi, si dedicano a rituali elaborati come quelli makuna. La forma esteriore degli animali, in effetti, non è che un travestimento. Quando fanno ritorno alle loro dimore, è per spogliarsi della loro apparenza, rivestirsi di parure di piume e ornamenti cerimoniali e ridiventare in modo visibile la agente,J che non avevano smesso di essere quando fluttuavano nei fiumi e rovista­ vano nella foresta. Il sapere dei Makuna sulla doppia vita degli ani­ mali è contenuto negli insegnamenti degli sciamani, questi mediatori cosmici ai quali la società delega la gestione delle relazioni tra le diverse comunità dei viventi. Ma è un sapere i cui presupposti sono condivisi da tutti e che, pur essendo in parte esoterico, struttura la 19

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concezione che i profani si fanno del loro ambiente e il modo in cui interagiscono con esso. Cosmologie analoghe a quelle degli Achuar e dei Makuna sono state frequentemente descritte per le regioni di foresta che si esten­ dono nei bassopiani dell^America del Sud.*4 Nonostante le differen­ ze che presentano nella loro configurazione interna, tutte queste cosmologie hanno in comune il fatto di non operare marcate distinzioni ontologiche fra gli umani, da una parte, e numerose specie animali e vegetali dall^ltra. Le entità che popolano il mondo sono legate per la maggior parte le une alle altre in un vasto continuum animato da prin­ cipi unitari e da uno stesso regime di sociabilità. I rapporti tra umani e non umani appaiono in effetti come rapporti fra singole comuni­ tà, parzialmente definiti dalle costrizioni utilitarie della sussistenza, ma che possono assumere una forma specifica per ogni tribù e ser­ vire così a distinguerle. Lo mostra bene Tesempio degli Yukuna, un gruppo di lingua arawak il cui territorio confina con quello makuna nell’Amazzonia colombiana.5 Proprio come i loro vicini del gruppo linguistico tucano, gli Yukuna hanno sviluppato delle associazioni preferenziali con alcune specie animali e con alcune varietà di pian­ te coltivate che servono loro come alimenti privilegiati poiché la lo­ ro origine mitica e, nel caso degli animali, le loro case comuni sono situate entro i confini del territorio tribale. È agli sciamani locali che spetta il compito di vigilare sulla rigenerazione rituale di queste spe­ cie, che sono invece proibite per le tribù tucane che circondano gli Yukuna. A ogni gruppo tribale spetta così la responsabilità di veglia­ re sulle popolazioni specifiche di piante e di animali di cui si nutre, divisione dei compiti che contribuisce a definire l’identità locale e il sistema di relazioni interetniche a seconda del rapporto con insiemi specifici di esseri non umani. Se, in Amazzonia, la sociabilità degli uomini e quella degli animali e delle piante sono così profondamente connesse, è perché le loro ri­ spettive forme di organizzazione collettiva dipendono da un modello comune piuttosto flessibile, il quale permette ai descrivere le intera­ zioni tra i non umani servendosi delle stesse categorie che struttura* Si traduce con abassopiani>, il termine francese ubasses terresy\ corrispondente anche all^nglese lowlands'. Tale espressione viene usata dagli etnologi per riferirsi in modo generico alle aree non andine dell,America del Sud tropicale e subtropica­ le e anche ai Caraibi. È un termine ambiguo dal punto di vista geografico in quanto comprende anche, per esempio, il Chaco (300 metri), il Mato Grosso (600-900 me­ tri) e persino le cosiddette Highlands della regione amazzonica dove alcuni rilievi superano i 2500 metri.

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no i rapporti tra umani e di comprendere alcuni rapporti tra umani come relazioni simbiotiche tra specie. In quest5ultimo caso, più ra­ ro, la relazione non è indicata o definita in maniera esplicita, dal mo­ mento che le sue caratteristiche sono considerate note a tutti in virtù di un sapere botanico e zoologico condiviso. Presso i Secoya, per esempio, si ritiene che gli Indiani morti percepiscano i viventi in due forme contrapposte: vedono gli uomini come uccelli oropendoli e le donne come pappagalli Amazzone.6Tale dicotomia che organizza la costruzione sociale e simbolica delle identità sessuali si basa su carat­ teristiche etologiche e morfologiche proprie delle due specie animali la cui funzione classificatoria diventa così evidente. Alcune differenze di aspetto e di comportamento tra non umani vengono impiegate per rinforzare, sottolineandola, una differenza anatomica e psicologica fra esseri umani. Al contrario, gli Yagua dell,Amazzonia peruviana hanno elaborato un sistema di categorizzazione delle piante e degli animali fondato su relazioni tra specie definite attraverso diversi gradi di consanguineità, amicizia o ostilità.7In questo caso, Tuso di catego­ rie sociali per definire dei rapporti di prossimità, simbiosi o competi­ zione tra specie naturali è ancora piu interessante in quanto sconfina ampiamente nel regno vegetale. Così, i grandi alberi intrattengono tra loro una relazione di ostilità: si sfidano in duelli fratricidi per ve­ dere chi cederà per primo. Anche quella che prevale tra la manioca amara e la manioca dolce è una relazione di ostilità, dato che la pri­ ma cerca di contaminare la seconda con la sua tossicità. Le palme, in compenso, mantengono rapporti più pacifici, di tipo avuncolare* o di cuginanza, a seconda del livello di somiglianza delle specie. Gli Yagua - come gli Jívaro Aguaruna - 8interpretano a loro volta la so­ miglianza morfologica tra piante selvatiche e coltivate come segno di una relazione di fratellanza, senza peraltro pretendere che tale simi­ litudine implichi resistenza di un antenato comune alle due specie. La diversità degli indici di classificazione utilizzati dagli Amerin­ diani per render conto delle relazioni tra gli organismi basta, di per sé, a mostrare la flessibilità delle frontiere nella tassonomia del viven­ te. Infatti, le caratteristiche attribuite alle entità che popolano il co­ smo non dipendono tanto da una definizione preliminare della loro essenza, quanto dalle posizioni relative che occupano le une rispetto alle altre in funzione delle necessità del loro metabolismo, in partico­ lare del loro regime alimentare. L identità degli umani, vivi e morti, delle piante, degli animali e degli spinti e completamente relaziona* Vincolo di parentela che lega i figli agli zìi materni.

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le, dunque soggetta a mutazioni o metamorfosi a seconda dei punti di vista adottati. In numerosi casi, in effetti, si dice che un individuo appartenente a una specie percepisca i membri di altre specie in fun­ zione di criteri propri. Così un cacciatore, in condizioni normali, non si accorgerà che la sua preda animale vede se stessa come un umano, né che vede il cacciatore come un giaguaro. Allo stesso modo, il gia­ guaro vede il sangue che lecca come birra di manioca; la scimmia ra­ gno che Tuccello cacico crede di cacciare non è per Tuomo che una cavalletta, e i tapiri che il serpente sceglie come preda sono in realtà degli umani.9 È grazie allo scambiarsi permanente delle apparenze determinato da questi spostamenti di prospettiva che gli animali si considerano in buona fede come dotati degli stessi attributi cultu­ rali degli umani: i loro ciuffi sono per loro corone di piume, la loro pelliccia un vestito, il loro becco una lancia o i loro artigli coltelli. La giostra percettiva delle cosmologie amazzoniche genera un’ontologia, talvolta chiamata wprospettivismo, V° che nega agli umani la possibi­ lità di avere una prospettiva privilegiata affermando che molteplici esperienze del mondo possono coesistere senza contraddirsi. Contrariamente al dualismo moderno, che ostenta una molteplicità di dif­ ferenze culturali sullo sfondo di una natura immutabile, il pensiero amerindiano considera Tintero cosmo come animato da un medesimo regime culturale dove le differenze sono il prodotto di diversi modi di percepirsi piuttosto che risultare da nature eterogenee. Il referen­ te comune alle entità che abitano il mondo non è quindi Tuomo in quanto specie, ma l’umanità in quanto condizione. L’incapacità di oggettivare la natura che numerosi popoli dell’Amazzonia sembrano testimoniare potrebbe essere una conseguenza delle caratteristiche del loro ambiente? Gli ecologi definiscono in effetti la foresta tropicale come un ecosistema “generalizzato”,caratterizzato da una grande diversità di specie animali e vegetali combinata con un ristretto numero e una grande dispersione degli individui di ogni specie. Così, su circa cinquantamila specie di piante vascolari* presenti in Amazzonia, non più di una ventina si presentano sponta­ neamente in associazione, e in questo caso si tratta spesso di un ef­ fetto causato involontariamente dall^ntervento umano.11Immersi in una mostruosa pluralità di forme di vita raramente riunite in insiemi omogenei, gli Amerindiani della foresta avrebbero forse rinunciato ad abbracciare come un tutto il conglomerato irregolare che sollecita * Piante dotate di un sistema di vasi che conducono i fluidi al loro interno. Mu­ schi, alghe ed epatiche non sono vascolari.

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continuamente i loro sensi. Cedendo, per necessità, al miraggio della diversità, non avrebbero saputo, insomma, dissociarsi dalla natura, incapaci di discernere la sua unità profonda dietro alla molteplicità delle sue manifestazioni particolari. E a un’interpretazione di questo tipo che rimanda un’osservazione un po’ enigmatica di Claude Lévi-Strauss secondo cui la foresta tropicale sarebbe il solo ambiente che permette di attribuire caratte­ ristiche idiosincratiche a ciascun membro di una specie.12La differen­ ziazione di ogni individuo in un tipo particolare - che Lévi-Strauss chiama amono-individuale,5- è certamente caratteristica ôÆHomo sapiens, a causa della capacità di sviluppare personalità distinte che la vita sociale consente. Tuttavia, anche Testrema abbondanza di specie animali e vegetali offrirebbe un supporto a questo processo di singolarizzazione. In un ambiente tanto diversificato quale la Foresta amazzonica, era forse inevitabile che la percezione di relazioni tra individui, tutti in apparenza diversi, primeggiasse sulla costruzione di macrocategorie stabili e mutualmente esclusive. È un'interpretazione fondata sulle particolarità (dell'ambiente anche quella suggerita da Gerardo Reichel-Dolmatoff quando sostiene che la cosmologia degli Amerindiani Desana dell,Amazzonia colombiana costituisce una sorta di modello descrittivo dei processi di adattamento ecologico formulato in termini comparabili a quelli dell'analisi sistemi­ ca moderna.13 Secondo Reichel-Dolmatoff, i Desana concepiscono il mondo come un sistema omeostatico in cui la quantità di energia spesa, Youtput, è direttamente legata alla quantità di energia ricevuta, Yinput. L’approvvigionamento di energia della biosfera proviene da due fonti principali: Tenergia sessuale degli individui innanzitutto, la quale, re­ golarmente repressa da proioizioni ad hoc, fa direttamente ritorno al capitale energetico globale che irrora tutte le componenti biotiche del sistema; lo stato di salute e di benessere degli umani, in secondo luo­ go, risultato di un consumo alimentare strettamente regolamentato, e da cui proviene l’energia necessaria agli elementi abiotici del cosmo (è quanto permette, per esempio, il moto dei corpi celesti). Ogni indivi­ duo sarebbe dunque consapevole di non essere che un elemento di una rete complessa d’interazioni che si sviluppano non soltanto nella sfera sociale, ma anche nella totalità di un universo che tende alla stabilità, dotato cioè di risorse e di limiti finiti. Questo conferisce a tutti delle re­ sponsabilità di ordine etico: in particolare, non perturbare Tequilibrio generale di questo sistema fragile e non utilizzare mai Tenergia sen­ za restituirla rapidamente attraverso svariati tipi di operazioni rituali. 23

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È tuttavia lo sciamano ad assumere il ruolo principale in questa ricerca di un^meostasi perfetta. Innanzitutto esso interviene costan­ temente nelle attività di sussistenza per assicurarsi che non mettano a repentaglio la riproduzione dei non umani. Così lo sciamano con­ trollerà personalmente la quantità e il grado di concentrazione di ve­ leno vegetale preparato per la pesca in un tratto del fiume, oppure determinerà il numero d’individui che possono essere uccisi quando viene localizzato un branco di pecari. Meglio ancora, i rituali che ac­ compagnano le attività di sussistenza sarebbero occasioni offerte allo sciamano per “fare l’inventario delle riserve, valutare costi e benefici, ed effettuare una ridistribuzione delle risorse>,; in queste circostanze, “il bilancio contabile dello sciamano presenta l’insieme delle entrate e delle uscite di energia alTintemo del sistema”.14 Possiamo interrogarci sulla validità di una tale trasposizione che fa dello sciamano il saggio amministratore di un ecosistema e dell,insieme delle credenze religiose e dei rituali una forma di trattato di ecologia pratica. In effetti, Fapplicazione cosciente da parte dello sciamano di una sorta di calcolo di ottimizzazione delle risorse rare, se da una parte corrisponde bene ad alcuni modelli neodarwiniani impiegati nell’ecologia umana, parrebbe difficile da conciliare con il fatto che i Desana, alla stregua dei loro vicini Makuna, conferiscono agli animali e alle piante la maggior parte degli attributi che ricono­ scono a se stessi: non si capisce bene, quindi, come questi partner sociali degli umani possano improvvisamente perdere, in alcune cir­ costanze, il loro status di persone per essere trattati niente più che come semplici unità di calcolo da ripartire in un bilancio energetico. Non c’è dubbio che gli Amerindiani dell’Amazzonia abbiano un’ottima conoscenza empirica delle interrelazioni complesse tra gli or­ ganismi del loro ambiente e che utilizzino questa conoscenza nelle loro strategie di sussistenza. Non cJè dubbio nemmeno che si ser­ vano delle relazioni sociali, in particolare di quelle di parentela, per definire tutta una gamma d’interrelazioni tra organismi non umani. In compenso, sembra improbabile che queste caratteristiche possa­ no derivare dall,adattamento a un ecosistema particolare che, per le sue proprietà intrinseche, avrebbe in qualche modo fornito loro un modello analogico per pensare l’organizzazione del mondo. L^sistenza di cosmologie molto simili elaborate da popoli che vi­ vono in un ambiente completamente diverso, a più di 6000 chilome­ tri a nord dell5Amazzonia, è la principale obiezione contro una tale interpretazione. A differenza degli Amerindiani della foresta tropi­ cale sudamericana, gli Amerindiani della regione subartica del Ca24

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nada traggono infatti sostentamento da un ecosistema notevolmente uniforme. Dalla penisola del Labrador fino all'Alaska, la grande fo­ resta boreale presenta un mantello continuo di conifere dove predo­ mina la silhouette tipica del peccio nero, appena interrotta di tanto in tanto da qualche boschetto di ontani, di salici, di betulle da carta o di pioppi balsamici. Gli animali sono a malapena più vari: alci e caribù per quanto riguarda gli erbivori; castori, lepri, ursoni e topi muschiati per i roditori; lupi, orsi bruni, linci e ghiottoni per i carni­ vori. Insieme, essi costituiscono la maggior parte dei mammiferi. A questi si aggiungono una ventina di specie comuni di uccelli e una decina di pesci, i quali fanno una ben magra figura rispetto alle tre­ mila specie presenti nei fiumi dell5Amazzonia. Spesso migratori, que­ sti animali possono non essere visti in alcuni luoghi per diversi anni e, quando infine appaiono, caribù, oche o storioni sono in quantità così notevoli che tutta Tintera specie sembra essersi riunita per Toccasione. Insomma, le caratteristiche delia foresta boreale sono esat­ tamente opposte rispetto a quelle della Foresta amazzonica: poche specie coesistono in questo ecosistema αspecializzatoe ogni specie è rappresentata da un gran numero d’individui. Eppure, a dispetto dell·apparente omogeneità del loro ecosistema - e a dispetto della loro impotenza contro le carestie provocate regolarmente dal clima estremamente rigido -, i popoli subartici non sembrano considerare il loro ambiente come una sfera della realtà nettamente separata dai principi e dai valori che reggono la vita sociale. Nel Grande Nord come in America del Sud, la natura non si contrappone alla cultura, ma la prolunga e la arricchisce, all'interno di un cosmo dove tutto è ordinato secondo lo stesso metro applicato all’uomo.15 Innanzitutto, molte caratteristiche del paesaggio sono dotate di una personalità propria. Identificati con uno spirito che li anima di una presenza discreta, fiumi, laghi e montagne, il tuono e i venti do­ minanti, gli sbarramenti di ghiaccio nei corsi d'acqua e Falba, sono tutte ipostasi considerate attente ai discorsi e alle azioni degli uomini. Ma è soprattutto nella concezione del mondo animale che gli Ame­ rindiani della foresta boreale canadese dimostrano la maggiore con­ vergenza. Malgrado le diversità linguistiche e le differenti affiliazioni etniche, uno stesso complesso di credenze e di riti regge ovunque la relazione del cacciatore con la selvaggina. Proprio come in Amazzonia, gli animali sono pensati per la maggior parte come persone dota­ te di un^anima, cosa che conferisce loro attributi esattamente identici a quelli degli umani, come la coscienza riflessiva,l’intenzionalità, la vita affettiva e il rispetto di precetti etici. I gruppi cree sono partico25

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larmente espliciti a questo riguardo. Secondo loro, la sociabilità degli animali è simile a quella degli uomini e si nutre delle stesse cose: la solidarietà, Γamicizia e il rispetto degli anziani i quali, in questo ca­ so, sarebbero gli spinti invisibili che presiedono alle migrazioni della selvaggina, che gestiscono la sua dispersione nel territorio e veglia­ no alla sua rigenerazione. Se gli animali sono diversi dagli uomini, è quindi unicamente per il loro aspetto, una mera illusione percettiva dato che i corpi fisici che li distinguono e che mettono in mostra abi­ tualmente sono solo travestimenti destinati a confondere gli Ame­ rindiani. Quando recano visita a questi ultimi in sogno, gli animali si rivelano quali sono in realtà, appaiono cioè nella loro forma umana; analogamente, parlano nelle lingue indigene quando il loro spirito si esprime in pubblico durante ü rituale detto della “tenda tremante”·16 Quanto ai miti, assai comuni, che mettono in scena Tunione di un animale con un uomo o una donna, essi non fanno che confermare l’identità della loro natura: una simile unione sarebbe impossibile, si dice, se un sentimento d’amore non avesse aperto gli occhi al partner umano, permettendogli di vedere, sotto gli orpelli animali, la vera fi­ gura di un compagno desiderabile. Sarebbe sbagliato vedere in questa umanizzazione degli animali un semplice gioco mentale, una forma di linguaggio metaforico la cui pertinenza non andrebbe molto al di là delle circostanze specifiche dell’esecuzione dei riti o della narrazione dei miti. Anche quando parlano in termini molto prosaici dell’inseguimento, dell’uccisione e del consumo della selvaggina, gli Amerindiani esprimono senza am­ biguità Tidea che la caccia sia un^nterazione sociale con entità per­ fettamente consapevoli delle convenzioni che la reggono.17 Qui, come nella maggior parte delle società in cui la caccia esercita un ruolo importante, è mostrando rispetto agli animali che ci si assicura la lo­ ro complicità: bisogna evitare gli sprechi, uccidere in modo corretto e senza provocare inutili sofferenze, trattare con dignità le ossa e il corpo, non cedere alla millanteria e neppure evocare troppo diretta­ mente la sorte riservata alle prede. Così, le espressioni che designa­ no la caccia fanno raramente riferimento al suo vero scopo, Tuccisione; come gli Achuar dell,Amazzonia parlano in termini vaghi di αandare nella foresta , portare fuori i cani>, o ancora wsoffiare agli uccelli,5 (nel caso della caccia alla cerbottana), così gli Amerindiani Montagnais* usano dire aandare a cercarewper riferirsi alla caccia con il fucile o “andare a vedere” per recarsi a verificare le trappole·18 * Più noti oggi con il nome di Innu.

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Proprio come in Amazzonia, inoltre, è frequente che il giovane cac­ ciatore che uccide per la prima volta un animale di una certa specie gli riservi un trattamento rituale particolare. Presso gli Achuar, per esempio, il giovane uomo si rifiuta di mangiare la selvaggina che ha catturato poiché la relazione ancora fragile stabilita con la nuova spe­ cie si spezzerebbe senza rimedio se venisse meno a tale restrizione, e farebbe scappare i simili della sua preda ogni qualvolta provasse ad awicinarsi. E lo stesso principio che sembra dettare la condotta del cacciatore novizio presso gli Ojibwa dellOntario: consumerà certo l’animale preso in compagnia degli uomini del suo entourage, ma nel corso di un pasto cerimoniale il quale termina con una sorta di rituale funerario consacrato ai suoi resti.19 Oltre a questi segni di rispetto, tuttavia, le relazioni con gli anima­ li possono essere espresse in registri più specifici; la seduzione, per esempio, che rappresenta la selvaggina come uncinante, o ancora la coercizione magica che annulla la volontà della preda e la forza ad awicinarsi al cacciatore. Ma la più comune di queste relazioni, quel­ la inoltre che sottolinea meglio la parità tra uomini e animali, è il le­ game di amicizia che un cacciatore stringe nel corso del tempo con un membro particolare di una specie. L’“amico della foresta” viene concepito come un animale da compagnia e servirà da intermediario con i suoi simili per indurli a esporsi senza tante storie a portata di tiro; un piccolo tradimento, indubbiamente, ma senza conseguenze per i suoi, dato che, se i resti ricevono il trattamento rituale prescrit­ to, la vittima del cacciatore si reincarnerà poco dopo in un altro ani­ male della stessa specie. In effetti, quali che siano le strategie impiegate per incitare un animale a esporsi al cacciatore, è sempre a causa di un sentimento di generosità che la preda si concede a colui che la consumerà. La selvaggina è mossa dalla compassione che prova per le sofferenze degli umani, questi esseri esposti alla fame e che da lei dipendono per soprawivere. Lungi dal ridursi a una manipolazio­ ne tecnica occasionale di un ambiente naturale autonomo, la caccia è qui un dialogo continuo durante il quale, come scrive Tim Ingold, wle persone umane e gli animali si costituiscono reciprocamente con le loro identità e le loro finalità particolari,5.20 Ancora più a nord, in quei luoghi quasi abbandonati dalla vita che solo i popoli di lingua eskimo hanno saputo abitare, sembra preva­ lere una percezione identica dei rapporti con Tambiente.21 Uomini, animali e spiriti sono coestensivi, e se i primi possono nutrirsi dei se­ condi grazie alla benevolenza di questi ultimi è perché la selvaggina si offre a coloro che la desiderano veramente, proprio come accade 27

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presso i Cree. I riti della caccia e della nascita inuit mostrano che le anime e i corpi, tanto rari e preziosi, circolano incessantemente fra diverse componenti della biosfera definite dalle loro posizioni rela­ tive e non sulla base di un^ssenza stabilita una volta per tutte: così come è necessaria la selvaggina per produrre gli umani - in quanto alimento, certo, ma anche perché Tanima delle foche arpionate rina­ sce nei bambini -, allo stesso modo occorrono degli umani per pro­ durre alcuni animali - i resti dei defunti sono lasciati ai predatori, la placenta viene offerta alle foche e Tanima dei morti ritorna a volte allo spirito che regge la selvaggina del mare. Come confidava lo scia­ mano Ivaluardjuk a Rasmussen, wil più grande pericolo dell5esistenza deriva dal fatto che il cibo degli uomini è interamente costituito di anime”.22 Se gli animali sono persone, in effetti, mangiarli implica una forma di cannibalismo che solo lo scambio permanente di so­ stanze e principi spirituali tra i principali attori del mondo permet­ te, in una certa misura, di attenuare. Questo genere di dilemma non è un'esclusiva degli abitanti del Grande Nord, e molte delle cultu­ re amerindiane si vedono confrontate con lo stesso problema: come impossessarsi della vita di un altro esistente dotato delle mie stesse caratteristiche senza che tale atto distruttivo comprometta i legami di complicita che ho saputo instaurare con la comunità dei suoi si­ mili? Una domanda difficile che la nostra tradizione umanistica non ci ha preparati ad affrontare in questi termini e sulla quale tornerò nel corso di questo lavoro. Dalle foreste lussureggianti dell,Amazzonia alle lande ghiacciate dell’Artico canadese, alcuni popoli percepiscono dunque la loro presenza nell’ambiente in un modo molto diverso rispetto al nostro. Non pensano se stessi come collettivi sociali che gestiscono le loro relazio­ ni con un ecosistema, ma come semplici componenti di un insieme più vasto alTinterno del quale non viene stabilita nessuna distinzione effettiva tra umani e non umani. Sicuramente esistono alcune diffe­ renze tra tutte queste configurazioni cosmologiche: così, a causa dello scarso numero di specie che vivono nelle latitudini più settentrionali, la rete delle interrelazioni tra le entità che abitano la biosfera, per gli Amerindiani del Nord, non è altrettanto ricca e complessa che per quelli del Sud. Ma le strutture di queste reti sono del tutto analoghe, così come le priorità attribuite ai loro elementi, il che sembrerebbe escludere che l’ecologia simbolica degli Amerindiani dell’Amazzonia possa essere considerata come il risultato di un adattamento locale a un ambiente più diversificato. 28

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Potrebbe dunque trattarsi di una peculiarità americana? L’etnologia e l’archeologia mostrano, giorno dopo giorno, che l’America amerindiana costituiva un tempo una totalità culturale originale la cui unità è ancora visibile dietro all'effetto di frammentazione deter­ minato dalla storia coloniale. Lo testimoniano i miti, evidentemente, queste variazioni basate su un sostrato semantico omogeneo, che è difficile immaginare non provengano da una visione del mondo co­ mune, forgiata nel corso di movimenti millenari di idee e di popola­ zioni. Di questa storia precolombiana, molto più lunga di quanto un tempo si credesse, sappiamo davvero poco. L’etnografia moderna non può pertanto offrirci che delle cronache frammentarie di questo ''Medioevo al quale sarebbe mancata la propria Romaw, per ripren­ dere un^spressione di Lévi-Strauss,23 semplici tracce di un antico fondo comune i cui elementi furono combinati qua e là nelle manie­ re più diverse. Sarebbe forse possibile che un certo modo di rappre­ sentarsi le relazioni tra umani e non umani sia il risultato di questo antichissimo sincretismo che affiorerebbe fino ai nostri giorni in uno schema panamericano? Per quanto seducente possa sembrare,l’ipotesi di una peculiarità americana non regge al vaglio. Basta infatti attraversare lo Stretto di Bering, in senso contrario rispetto alle migrazioni che portarono gli antenati delle attuali popolazioni amerindiane dalla Siberia orienta­ le fino all^aska, per accorgersi che i popoli di cacciatori della taiga esprimono le loro relazioni con l’ambiente in modo molto simile·24 Presso i Tungusi come presso i Samoiedi, gli Xant e i Mansi, Tinte­ ra foresta è concepita come animata da uno spirito, generalmente rappresentato come un grande cervide, ma che può manifestarsi in molteplici altre incarnazioni; esso risiede soprattutto negli alberi e in alcune rocce. Del resto, anche gli alberi possono avere un'anima propria o costituire il doppione vegetale di un essere umano, cosa che spiega il divieto di tagliare gli esemplari più giovani. Chiamato aRicca-Foresta,J in lingua buriata, lo spirito dei boschi viene perso­ nificato in due personaggi: un primo, positivo, che offre la selvag­ gina agli uomini e allontana da loro le malattie; un secondo, spesso presentato come il figlio o il cognato del primo, che sparge invece sventura e morte, e si tiene occupato cacciando Tanima degli umani per divorarla. L’ambivalenza di “Ricca-Foresta” 一 che caratterizza anche le figure dei “Signori degli animali” nell’America autoctona impone agli uomini di moltiplicare le precauzioni nei loro rapporti con gli animali selvatici sui quali questo personaggio sdoppiato eser­ cita la propria tutela. 29

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Gli animali stessi possiedono un5anima, fondamentalmente identi­ ca a quella degli umani, nel senso di un principio di vita relativamen­ te autonomo rispetto al suo supporto fisico, che permette allo spirito degli animali selvatici di vagabondare, soprattutto dopo la morte, e di assicurarsi presso i suoi simili che, se necessario, sarà vendicato. L’organizzazione sociale degli animali è, in effetti, analoga a quella degli uomini: la solidarietà tra i membri di una specie è assimilata ai doveri di assistenza reciproca dei membri di uno stesso clan, mentre i rapporti tra diverse specie sono descritti in termini di relazioni fra tribù. Tra gli animali con la pelliccia, alcuni individui esercitano un controllo sui loro compagni di cui essi sono i signori” ;più grandi e più belli, incarnano al meglio i tratti caratteristici della specie che rap­ presentano e sono quindi gli interlocutori privilegiati dei cacciatori che li pregano di concedere loro alcuni dei loro simili. Presente an­ che nell,America autoctona,25 questa figura prototipica contribuisce a differenziare la gerarchia di ogni comunità animale, come se fosse necessario che esistesse tra gli spiriti signori e gli animali sottoposti un intermediario con una posizione identica a quella del cacciatore, con il quale le negoziazioni possano svolgersi alla pari. In effetti, le relazioni delle popolazioni siberiane con il mondo animale variano a seconda delle parti interessate. La caccia ai grandi cervidi - soprattutto le renne selvatiche e gli alci - implica una rela­ zione di alleanza con lo Spirito della foresta presentato come un da­ tore di donne. Accoppiandosi in sogno con le figlie di quest^ltimo, il cacciatore dà compimento a questa alleanza e si guadagna il diritto di ricevere i favori del suocero. Per quanto simbolico possa sembra­ re, questo legame di parentela non è considerato del tutto immagi­ nario: a causa della facoltà attribuita all'anima di viaggiare durante il sonno, Tunione con le figlie dello Spirito della foresta assume quanto meno la parvenza di un rapporto da persona a persona. E dato che non bisogna affatto provocare la gelosia delle ragazze di uRicca-Forestaw, gli uomini si asterranno da ogni rapporto sessuale con le loro spose umane prima di andare a caccia. Per mantenere la generosità del suocero o degli spinti datori di selvaggina, la sera, si racconta­ no alla loro invisibile presenza quelle lunghe imprese eroiche di cui sono tanto appassionati, mentre le spirali di fumo del tabacco degli uomini vanno a solleticare piacevolmente le loro impalpabili narici. Con animali diversi dai cervidi, i rapporti di alleanza sono invece inefficaci e deve essere preso ogni tipo di precauzione per non ini­ micarseli a lungo termine. Si può cominciare dalFastuzia: attribuire ad alta voce la responsabilità della morte di un animale appena uc30

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ciso a un membro di un’altra tribù, per esempio, 〇, meglio ancora, mantenersi in incognito durante la caccia indossando una masche­ ra. Come in America, la moderazione nel prelievo degli esemplari, la dissimulazione delle intenzioni, la censura sul nome delFanima­ le o Tuso di eufemismi per parlare della sua uccisione sono regole imperative se non si vuole incorrere nella vendetta della selvaggi­ na o dei suoi rappresentanti. Il trattamento appropriato dei resti è altrettanto importante che nel Subartico canadese e per ragioni analoghe: la vita continua fino a quando sussistono le ossa, sicché, disponendo su piccole strutture nella foresta lo scheletro intatto dell'animale, il suo cranio e talvolta i suoi organi genitali, ci si assi­ cura che la sua anima farà ritorno alla riserva collettiva della specie e darà così nascita a un altro individuo. Nella misura in cui il rive­ stimento corporeo non è che pura apparenza, un abito transitorio che si ricostituisce a partire dalla struttura ossea, il cacciatore non distrugge la preda, ma si limita a prelevare la sua carne per con­ sumarla. Del resto, prima di essere deposto nella foresta, il cranio dell^nimale verrà portato a casa e sistemato al posto d^nore. Al­ la presenza di parenti e vicini, invitati per Toccasione, si organizza una festa in onore della sua anima, scandita da ringraziamenti ce­ rimoniali e dairinvito di tornare presso i suoi simili per esortarli a rendere visita a loro volta agli umani. Affinché lo scambio sia veramente alla pari, tuttavia, bisogna ren­ dere agli animali ciò che è stato loro sottratto, in questo caso la car­ ne. Questo può essere fatto in due modi. Come fra gli Inuit, innarizitutto, dove i defunti vengono esposti su una piattaforma lontana dalle abitazioni affinché i loro resti siano mangiati dai predatori. Ma si possono nutrire gli animali anche in maniera più diretta, accoglien­ do presso di sé i piccoli delie specie selvatiche e prowedendo ai lo­ ro bisogni. Presso i popoli mongoli, questi animali domestici sono chiamati ongon, nome che si attribuisce ugualmente a delle piccole statuette che rappresentano generalmente degli animali, e che si di­ ce servano da intermediario con lo Spirito della Foresta per favori­ re la caccia. Custodite vicino al focolare, queste effigi devono essere trattate con attenzione, allietate con discorsi piacevoli e soprattutto nutrite in modo regolare. Si spalmano quindi di grasso e di sangue mentre dei pezzetti di carne vengono disposti in una cavità che ne rappresenta la bocca o ancora all’interno di tasche appositamente previste. Nutrendo i vari tipi di ongon, i cacciatori si assicurano i lo­ ro favori e allo stesso tempo pagano il loro debito nei confronti degli animali cacciati. Quanto a questi ultimi, potranno accertarsi, giorno 31

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dopo giorno, grazie ai loro emissari domestici, che gli umani assol­ vano puntualmente i loro obblighi. In Siberia come in America, dunque, molte popolazioni sembrano ribellarsi all’idea di una separazione netta tra il loro ambiente fisico e quello sociale: queste due sfere, che noi distinguiamo abitualmente, non sono per loro che sfaccettature, a malapena in contrasto, in un continuum dJinterazioni tra le persone, umane e non umane. Bell5af­ fare! Diremo. America e Asia orientale non fanno forse parte dello stesso filone culturale? Le popolazioni che attraversarono lo Stretto di Bering nel Pleistocene non portavano già con sé tutto un bagaglio di idee e di tecniche, indubbiamente fecondate e arricchite da diverse ulteriori ondate migratone.^ Non sarebbe quindi sorprendente ritro­ varne tracce qua e là, dalla Siberia alla Terra del Fuoco. La tesi della diffusione dall^sia centrale di alcune caratteristiche materiali e ideologiche delle culture amerindiane non è nuova, ed è anche parzialmente fondata. Dall’inizio del X X secolo, i lavori della spedizione Jesup hanno stabilito resistenza di una vera e propria ci­ viltà del Pacifico settentrionale di cui le testimonianze archeologiche attestano Tunità, un prodotto di diversi millenni di spostamenti di po­ polazioni e d^ntensi scambi all5interno di una vasta regione incentra­ ta sulla Beringia e che si estendeva dalla costa meridionale del mare di Okhotsk fino allusola di Vancouver.26Nulla impedirebbe dunque che istituzioni e credenze forgiate nel crogiolo del Pacifico setten­ trionale si siano disseminate molto più a sud dell5attuale Canada, e questo varrebbe in particolare per un tratto molto frequentemente associato alla Siberia orientale, lo sciamanesimo. Ricordiamo che il termine çaman proviene dal tunguso e che le prime descrizioni di trance sciamaniche furono riportate a partire dal XVII secolo da alcuni Russi che avevano viaggiato nella Siberia orien­ tale.27 Impadronendosi del termine nei primi decenni del X X secolo, Tetnologia ha avuto tendenza a unificare in una stessa categoria de­ scrittiva un insieme di tratti individuati originariamente in Siberia, ma ritenuti presenti nelle “religioni primitive” di altre regioni del mondo, in particolare in America: lo sciamano sarebbe un mediato­ re tra gli umani e gli spinti con i quali entrerebbe in comunicazione a suo piacimento attraverso un viaggio dell'anima - trance o sogno che gli permette di ottenere il loro sostegno per prevenire o alleviare la sofferenza degli uomini. Alcuni autori hanno voluto vedere nello sciamanesimo una vera e propria visione del mondo, un sistema par­ ticolare d'interpretazione degli eventi fondato sull5alleanza tra uomi­ ni e divinità,28 o ancora Tespressione di una simbologia dello scam32

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bio con la natura, caratteristica dei popoli cacciatori.29 Se adottiamo una tale prospettiva, molte somiglianze sconcertanti nel modo in cui Amerindiani e Siberiani concepiscono la loro relazione con Tambiente potrebbero essere spiegate ricorrendo a una base sciamanica co­ mune. L^ttribuzione di anime alle piante e agli animali, le relazioni elettive con degli spiriti mediatori, gli scambi di cibo e d’identità con i non umani, tutto questo potrebbe essere, in definitiva, la manife­ stazione di un sistema più generale dJinterpretazione e di riparazio­ ne della sventura incentrato su un individuo ritenuto possedere dei poteri particolari. Nato in Asia settentrionale, questo sistema si sa­ rebbe in seguito diffuso nelle due Americhe attraverso gli immigrati provenienti dalla Siberia, dando così origine a delle cosmologie in apparoizä moki simili. Questa ipotesi diffusionista, sostenuta in particolare da Mircea Eliade, implica diversi presupposti, del resto in parte contradditto­ ri.30Fare dello sciamanesimo una forma di religione arcaica definita da alcuni tratti specifici - la presenza di individui che padroneggiano le tecniche di estasi e che comunicano con delle potenze sopranna­ turali che delegano loro dei poteri - presuppone che si accordi alla persona e agli atti dello sciamano un ruolo smisurato nella definizio­ ne del modo in cui una società si sforza di dare senso al mondo. E come se si decretasse l’unità del bramanesimo, della religione greca e del cristianesimo con il pretesto che vi si trovi la figura centrale di un prete, strumento di una mediazione liturgica con il divino marca­ ta da un sacrificio reale o simbolico. Ora, per lo meno nell5America amerindiana, il ruolo degli sciamani nella gestione dei rapporti con le differenti entità che popolano il cosmo può essere del tutto tra­ scurabile. Nell'area subartica come in molte società amazzoniche, le relazioni tra umani e non umani sono prima di tutto relazioni da per­ sona a persona, mantenute e consolidate nel corso dell^sistenza da tutti e da ciascuno. Questi legami di complicità individuali sfuggono spesso ai controllo degli specialisti dei ritii quali, laddove esistono, si limitano in numerosi casi alla sola cura dei mali del corpo. E dun­ que azzardato affermare che una concezione del mondo dominante possa essere il prodotto di un sistema religioso incentrato su unistituzione, lo sciamanesimo, i cui effetti sono talvolta ristretti a un set­ tore limitato della vita sociale. La tesi diffusionista implica anche, a contrario, che la configurazione cosmologica abitualmente associata allo sciamanesimo dovrebbe dissolversi e sparire via via che ci si al­ lontana dall5area geografica dove si sarebbe originata. A meno, certo, di considerare che qualsiasi forma di mediazione elettiva con delle 33

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entità soprannaturali dipenda dallo sciamanesimo, posizione assurda che farebbe ,.38La situazione non è affatto diversa più a est, nelle isole Salomone. Secondo gli 'Are'Are, la moneta di conchiglia, le piante coltivate, i maiali, i pesci, gli uomini e le don­ ne sono formati da combinazioni più o meno complete di vettori di identità che, circolando tra tutte queste entità, le collegano fra loro in un gran continuum cosmico.39In queste stesse isole, ci viene spie­ gato, la gente della laguna di Marovo anon pensa che le componen­ ti organiche e inorganiche del loro ambiente costituiscano un regno distinto della natura o dell’ambiente separato dalla cultura o dalla società umana”·40 Ma è più a sud, in Nuova Caledonia, a mille leghe dai luoghi in cui abbiamo iniziato questa indagine, che è stato probabilmente espresso nel modo più sottile che cosa significhi un mondo in cui gli umani vivono completamente awolti dal loro ambiente. Dobbiamo questa conoscenza a un grande libro precursore, Do kamo, nel qua­ le Maurice Leenhardt, già cinquanta anni fa, attirava Tattenzione su una concezione originale della persona, immersa nell’abbondanza di un mondo adove animali, uomini e piante si scambiano fra loro, sen­ za limiti e senza differenziazioniw.41 Senza differenziazioni, poiché i Kanak stabiliscono un’identità di struttura e di sostanza tra il corpo umano e le piante: i tessuti, i processi stessi di crescita e quelli fisio­ logici sono del tutto analoghi, per quanto i modi di esistenza venga­ no percepiti come diversi. In questo caso, non si tratta quindi di una corrispondenza metaforica, tutto sommato abbastanza classica,42tra lo sviluppo dell’essere umano e quello dei vegetali, ma piuttosto di una continuità materiale tra due ordini del vivente attestata dal ritor­ no degli avi, dopo la morte, in alcuni alberi. Questo corpo legnoso, ci dice Leenhardt, non potrebbe essere il supporto di una singolari­ tà, il nucleo di un Io individuale: inserito in un ambiente con il quale quasi si confonde, permette all’uomo di conoscersi per mezzo della sua esperienza del mondo e usenza pensare a distinguersi da questo mondo”.43 Il corpo si anima grazie al kamo, un predicato che indica la vita sen­ za implicare tuttavia un contorno definito né una natura essenziale. Un animale o un vegetale sono detti kamo se le circostanze fanno pensa­ re che abbiano qualcosa in comune con Fuomo. Come in Amazzonia, l’umano oltrepassa tutte le rappresentazioni fìsiche dell’uomo, e la pienezza deU’umanità, espressa con il termine ゴo 合鑛〇 (“vero umano”), si 37

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manifesta di fatto in ogni sorta di unità di vita al di là della specie uma­ na. È per questa ragione che Leenhardt propone di tradurre do kamo con αpersonaggio5,, un principio di esistenza rivestito di diverse appa­ renze, in opposizione alla nozione occidentale di ''persona^, che pre­ suppone una coscienza di sé particolareggiata e un corpo nettamente circoscritto nello spazio. Il kamo non si definisce attraverso uno stecca­ to, ma attraverso le relazioni che lo costituiscono; cosicché eliminando queste ultime - nel caso degli umani, la rete dei legami di parentela, di solidarietà e di alleanza - Tego svanisce, in quanto non può esistere da solo nellJintelligen2 a riflessiva della sua singolarità. La desocializza­ zione provocata dal processo coloniale genera quindi sconvolgimenti drammatici, che Teducazione (dispensata dai missionari mira a correg­ gere. È in effetti attraverso questa educazione che nasce una coscienza dell^dividualità inscritta in un corpo autonomo. Il vecchio Boesoou, nella sua risposta a Leenhardt che lo interrogava sugli effetti prodotti dalla scolarizzazione, lascia pochi dubbi in proposito: Insomma, è la nozione di spirito che abbiamo portato nel vo­ stro pensiero? E lui obiettava: Lo spirito? Bah! Non ci avete portato lo spirito. Conoscevamo già resistenza dello spirito. Noi procedevamo secondo lo spirito. Ma quello che ci avete portato è il corpo.44 Americhe, Asia, Oceania: un continente etnografico manca ancora all^ppello. L ir ic a , in effetti, pare distinguersi dai casi esaminati fi­ nora per il fatto che il confine fra natura e società sembra più manife­ sto, trascritto in classificazioni spaziali, cosmologie e concezioni della persona che differenziano abbastanza nettamente umani e non uma­ ni. In effetti, Topposizione netta tra villaggio e brousse - il bush della letteratura anglosassone - ritorna come un Leitmotiv costante in tut­ te le monografie africaniste: il primo è il luogo dell^rdine sociale, co­ struito dal lavoro, mantenuto dal rituale, garantito nella sua perennità dalla gerarchia segmentaria e dalla presenza degli antenati, mentre la seconda è una periferia pericolosa, popolata da specie predatrici e da geni malefici, spazio anomico associato alla morte e fonte ambigua di potenza maschile. Allo stesso modo, in Africa, gli animali selvatici sono dotati raramente di un5anima individuale, di un^tenzionalità o di * Letteralmente aboscaglia,,>il termine francese ''brousse', come quello inglese ^bush^y indica gli spazi naturali selvaggi al di fuori dei centri abitati e ricopre aree tanto di foresta quanto di savana o di deserto.38

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caratteristiche umane, e quando sono messi in scena nei racconti non è tanto in quanto alter ego degli uomini, come nei miti amerindiani, ma piuttosto come metafore, archetipi di qualità morali condannate o celebrate, semplici attori di parabole ironiche o edificanti che ricor­ dano perfettamente le fiabe europee. Infine, diversamente da quanto accade nelle altre aree culturali, le interazioni tra gli umani e le specie naturali sono poco considerate dagli africanisti - salvo quelli che s’interessano ai popoli pigmei. Le piante e gli animali appaiono soprat­ tutto nell5analisi dei divieti alimentari, del totemismo e del sacrificio, owero a titolo di icone che esprimono categorie e pratiche sociali, non in quanto soggetti a pieno titolo della vita del mondo. Queste specificità africane si sono del resto perpetuate in America in seguito alla deportazione degli schiavi. Lo mostrano bene le rappresentazio­ ni contrastanti della foresta umida del Chocó colombiano da parte degli Amerindiani Embera e quelle delle popolazioni nere sfuggite alla schiavitù che vivono qui dal XVI secolo, in contatto costante con gli Amerindiani: per i primi, la foresta è un prolungamento familiare della casa dove vengono condotti scambi rituali di energia con gli ani­ mali e gli spiriti che li governano; i secondi non vi vedono invece che un luogo selvaggio, oscuro, pericoloso, che si evita il più possibile di frequentare, un^ntitesi assoluta dello spazio abitato.45 Esamineremo nella terza parte di questo libro le ragioni che po­ trebbero spiegare tale apparente peculiarità dell^frica e la sconcer­ tante vicinanza di questa con TEuropa per quanto riguarda il modo in cui le discontinuità tra umani e non umani vengono percepite e or­ ganizzate. Tutto sommato, non è impossibile che un tale particolari­ smo derivi parzialmente dalle abitudini intellettuali che caratterizzano le nostre specializzazioni in aree culturali, le quali incitano gli etno­ grafi a riconoscere nella società che studiano Tespressione di alcune realtà rese familiari dalla tradizione scientifica della regione di cui si occupano, e a trascurare i fenomeni che rientrano male nelle cornici interpretative che questa stessa tradizione ha elaborato. Ma i canoni interpretativi si trasformano con i cambiamenti di paradigma che co­ noscono periodicamente gli studi regionali, e nuove ricerche sul cam­ po mettono in luce aspetti trascurati di culture che pure si credeva di conoscere bene. Per non citare che due brevi esempi, delle etnografie recenti evocano, in Mali e in Sierra Leone, concezioni dei non umani più vicine a quanto conosciamo in America o in Oceania che all^mmagine presentata a lungo dall’etnologia africanista. Così, i Kuranko della Sierra Leone attribuiscono ad alcuni individui la capacità di tra­ sformarsi in animali predatori - elefanti, leopardi, coccodrilli o ser39

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penti - in modo da nuocere ai loro nemici attaccandone il bestiame o calpestandone i raccolti. Interrogandosi sull,ontologia sottesa a una tale credenza, Michael Jackson fa notare che si basa su una concezio­ ne della persona come attributo fluttuante prodotto dalle interazioni con gli altri, piuttosto che come essenza individualizzata, radicata nella coscienza di sé e nell5unità del corpo. La nozione di persona, morgo3/6·, non definisce dunque un’identità singolare e stabile, ma deriva dal grado di realizzazione delle relazioni sociali intrattenute in questo 0 in quel momento con un gran numero di entità, in modo che la qualità di “persona”, funzione di una posizione e non di una sostanza, possa essere attribuita, a seconda delle circostanze, a umani, animali, geni della brousse, antenati, piante e persino a delle pietre.46 Questo rimescolamento delle frontiere ontologiche è significativo anche presso i Dogon di Tireli, che conferiscono alle piante silvestri proprietà antro­ pomorfiche: i guaritori dialogano con gli alberi per acquisire le loro conoscenze, e si pensa che alcuni alberi, in particolare “l’albero del formaggio V si spostino durante la notte per chiacchierare, e lo stesso varrebbe per le pietre situate vicino ai cimiteri.47 La contrapposizio­ ne tra brousse e villaggio, per quanto molto netta in entrambi i casi, può così consentire una moltitudine di mediazioni e di passaggi che rendono improbabile la ripartizione delle entità che occupano Tuno 0 l’altro spazio in regimi di essenze distinti in natura. Interrompiamo per un momento questo periplo etnografico che ci ha fatto solcare già tanti mari. Il suo scopo era dimostrare che il modo di sperimentare la continuità tra umani e non umani che avevo avuto il privilegio di osservare in un piccolo angolo dell,Amazzonia era in realtà molto diffuso, e che difficilmente poteva essere messo in relazione con una base ideologica comune che si sarebbe diffusa via via fino a irrorare buona parte del pianeta... D ,accordo, mi si potrebbe obiettare, ma tutti i popoli dei quali ci ha parlato possiedono, in realtà, tratti strutturali identici, in grado di spiegare le somiglianze presenti nelle loro visioni del mondo. Vivono, 0 vivevano, di caccia, di pesca e di raccolta, e a questo si aggiunge, per molti di loro, la coltivazione di radici tropicali a propagazione vegetativa. Dispersi in piccole comunità dalla popolazione molto ri* uFromager', ο ualbero del formaggio , e un termine vernacolare attribuito a diversi alberi appartenenti a specie botaniche diverse il cui legno veniva utilizzato per la fabbricazione di scatole per i formaggi. Secondo alcuni, il nome potrebbe de­ rivare invece dalla deformazione dell^spressione liforme âgée' ispirata alla superfi­ cie della corteccia che appare come solcata da rughe.

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dotta, e senza la capacità di accumulare notevoli surplus, dipendono dunque per la loro sussistenza da unJinterazione costante e indivi­ dualizzata con piante e animali. Nella maggior parte dei casi, in ef­ fetti, la selvaggina si presenta al cacciatore come un soggetto isolato o un piccolo gruppo di animali con i quali deve rivaleggiare in astu­ zia e destrezza. Quanto all^rticoltura per talea, essa differisce dalla coltivazione dei cereali perché presuppone un trattamento personalizzato per ogni pianta, investita di conseguenza di una singolarità manifesta.48 Non ci sarebbe quindi niente di sorprendente nel fatto che si siano conferiti attributi antropomorfici a queste piante e ani­ mali, contraddistinti, giorno dopo giorno, da rapporti di familiarità. Inoltre, le società esaminate fino a questo momento ignorano la scrittura,l’accentramento politico e la vita urbana. Per mancanza d ’レ stituzioni specializzate nell’accumukzione, nelToggettivazione e nella trasmissione del sapere, esse sarebbero state incapaci di portare a ter­ mine lo sforzo riflessivo e critico grazie al quale la tradizione colta di alcuni popoli ha potuto isolare la natura come un amDito d’indagine specifico e produrre su di essa delle conoscenze positive. Insomma, e dal momento che è difficile sottrarsi alla comodità dell^voluzionismo quando si rifiutano le spiegazioni diffusionistiche, potrebbe essere legittimo ammettere che la mancanza di un’opposizione netta tra umani e non umani sia caratteristica di un certo stadio della storia universale dal quale le grandi civiltà si sarebbero affrancate? Rispondere a fondo a questa domanda andrebbe molto al di là dell’obiettivo (del presente capitolo. Mi accontenterò dunque di evocare brevemente due esempi per mettere in discussione 丄 idea che la naturalizzazione del mondo proceda senza ostacoli grazie al progres­ so del sapere consentito dalla scrittura e dalla crescente complessità dei dispositivi d’integrazione sociale. Ί1 primo esempio ci porta nelllndia antica, in quell^niverso im­ pregnato di riti che i bramani hanno ñ compito di mantenere attra­ verso il lavoro del sacrificio. Questo lavoro, per riprendere il titolo di un’opera di Charles Malamoud, consiste nel “cuocere il mondo” senza tregua né sosta, poiché e attraverso la cucina sacrificale che gli dèi sono confermati nel loro status alvino, che il susseguirsi naturale delle stagioni e assicurato e che la formazione degli alimenti propri di ogni classe di esseri viene garantita.49 Eppure, il fuoco del sacrificio alimentato dal bramano non ha la funzione di far cambiare di stato un mondo che sarebbe crudo e naturale nella sua forma originaria, non imprime Timpronta della cultura su una materialità informe; si limi­ ta a ricuocere un cosmo già trasformato dalla cottura del sole. È vero 41

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che certi spazi sembrano fuori dalla portata di questo paziente lavoro. La differenza tra villaggio e foresta è in effetti molto marcata nelllndia bramanica: il αvillaggio{grama), è innanzitutto le istituzioni che lo fanno esistere, in particolare il sacrificio, e dunque anche i mezzi per realizzarlo, gli animali domestici, i campi coltivati e gli obblighi che la gestione di una terra comporta, mentre la aforestaw{aranya) è Testeriorita del villaggio, un interstizio tra i luoghi abitati, caratteriz­ zato più dall^sclusione del sacrificio, simbolo per eccellenza della ci­ viltà, che da un diverso tipo di vegetazione. Ora, Malamoud mostra bene che questo contrasto non corrisponde affatto a un’opposizione tra natura e società.50 Innanzitutto perché il sacrificio comprende gli animali selvatici, anche se in qualità di quasi vittime dato che, a dif­ ferenza degli animali domestici, verranno liberati senza essere uccisi. Viene così affermata la capacita ael villaggio d^cludere la foresta nel proprio spazio rituale e di riunire ciò che poteva sembrare separato... Inoltre, la foresta stessa ingloba, per certi aspetti, il villaggio. Ciò che caratterizza e distingue Tuomo nel pensiero vedico è il fatto di essere al contempo il sacrificante e il sacrificato, Tofficiante e la sola vittima autentica, poiché gli altri animali non sono che i suoi sostitu­ ti. Da questo punto di vista, Tuomo è il primo fra gli animali del vil­ laggio adatti a essere immolati. E tuttavia incluso ugualmente tra gli animali della foresta, ed è in ragione della loro somiglianza con lui che alcune specie, come la scimmia o l’elefante, sono considerate animali selvatici. Nelle tassonomie come nella pratica, Tuomo è tanto associa­ to alla foresta quanto al villaggio, duplice natura che si esprime nella dottrina degli stadi della vita la quale raccomanda all'uomo di alta ca­ sta, raggiunta la maturità, di spogliarsi dei propri beni e terminare la propria vita nella solitudine ascetica della foresta, abbracciando uno stato di “rinuncia”. Alcuni testi mostrano che la rinuncia non è una mortificazione del corpo attraverso le prove ricevute da una natura inospitale, bensì un modo di fondersi con Tambiente, di nutrirsi e di rivivificarsi con esso, un modo di seguire il proprio ritmo e di mira­ re all·assoluto obbedendo al proprio principio di esistenza.51 Que­ sti insegnamenti soprawivono nell'India contemporanea; secondo Jean-Claude Galey, “qui non esiste affatto un’umanità autonoma, ma piuttosto un processo infinito di trasformazioni che considera, senza confonderle, Tinsieme delle differenti categorie del vivente inscrit­ te nel cosmo come tanti anelli di una catena continua,5.52 Insomma, proprio come presso i popoli senza scrittura dell’America o delTOceania, la natura non sembra aver acquisito in questa civiltà raffinata uno status di ambito indipendente. 42

n G U R E DI CONTINUITÀ

Il bello studio di Augustin Berque sulla percezione della natura in Giappone porta a una constatazione analoga.53 Il termine stesso con il quale il concetto di natura è tradotto, shizen, non esprime che uno dei sensi che assume la parola anatura,5 in Occidente, quello più vi­ cino alla nozione originaria di physis, vale a dire il principio che fa sì che un essere è com5è per sé, che si sviluppi in modo conforme alla ''propria natura,,in quanto condizione normale del cittadino nella polisn (Philippe D e­ scola, comunicazione personale).

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I Romani dell Impero hanno sicuramente un punto di vista ambi­ valente nei confronti della foresta. In una penisola quasi interamente disboscata, essa evoca lo scenario dei miti di fondazione, il ricordo dell’antica Rea Silvia, e la dimensione nutrice e sacra a essa associata si perpetua come un eco attenuato nei boschi consacrati a Diana e a Apollo o nel santuario silvestre situato sulle sponde del lago di Nemi,il cui strano rituale fornì a Frazer Fincipit per II ramo d'oro. Ma questi boschetti residui dove gli alberi offrono oracoli non sono al­ tro che modelli ridotti della foresta antica, sconfitta dall5attività agri­ cola. Come sottolinea bene Simon Schama nel suo commento alla Germania di Tacito, la vera foresta rappresenta Festerno di Roma, il limite dove si arresta la giurisdizione dello Stato, il ricordo dell,impenetrabile guazzabuglio vegetale dove gli Etruschi si erano ritirati per sottrarsi alle conseguenze della loro disfatta e, concretamente, la gigantesca distesa di boschi che si estendeva a est della Gallia latiniz­ zata dove gli ultimi selvaggi dell,Europa continuavano a resistere alle legioni.52 Questa αterra inform enon piace ai Romani: non è grade­ vole da guardare, né da abitare. Quale bellezza d^ltronde potrebbe rappresentare agli occhi di persone che apprezzano la natura quan­ do è trasformata dall'azione civilizzatrice, e che preferiscono di gran lunga il fascino bucolico di una campagna dove si legge l’impronta del lavoro e della legge al disordine frondoso e umido della foresta Ercinia? È questo paesaggio romano e i valori che gli sono associati, imposto dalla colonizzazione intorno alle città fino alle rive del Reno e in Bretagna, che traccerà lo schema della polarità tra selvaggio e domestico di cui siamo ancora oggi tributari. Non proprietà intrin­ seca delle cose né espressione di una natura umana senza tempo, ta­ le contrapposizione possiede una propria storia, condizionata da un sistema di trasformazione dello spazio e da uno stile alimentare che nulla ci autorizza a generalizzare ad altri continenti. Anche in Occidente, del resto, la linea di confine tra selvaggio e domestico non è sempre stata così chiaramente definita come aveva potuto esserlo nella campagna del Lazio. Durante il primo periodo dell'Alto Medioevo, la fusione progressiva delle civilizzazioni roma­ ne e germaniche condurrà a un uso molto più intensivo dei boschi e dei terreni incolti e a un'attenuazione del contrasto fra aree coltivate e non coltivate. Nel paesaggio germanico tradizionale, lo spazio non agricolo è parzialmente annesso al villaggio. Intorno a piccoli borghi molto sparsi circondati da radure arabili si estende un vasto perime­ tro di foresta riservato all'uso collettivo: vi si praticano la caccia e la raccolta, si prende la legna da ardere, da costruzione e quella per 70

IL SELVAGGIO E IL DOMESTICO

gli utensili, si portano i maiali a mangiare le ghiande. Tra la casa e la foresta più profonda, la transizione è quindi molto graduale; come scrive Georges Duby, αquesta compenetrazione del campo coltivato e dello spazio dei pastori, della foresta e dei terreni erbosi, è senza dubbio il tratto che distingue più nettamente il sistema agrario 'bar­ baro5dal sistema romano, il quale dissociava Yager dal saltus" P Ora, l’organizzazione romana dello spazio si degrada nel VII e V ili secolo con il cambiamento delle abitudini alimentari e con la crescente in­ sicurezza che viene a crearsi in alcune regioni di pianura impossibili da difendere. Il lardo e il grasso prendono il posto delibilo, la cac­ ciagione sostituisce la carne perfino nelle case dei ricchi, i prodotti del saltus e della silva s^p o n g o n o via via che peggiora la situazione delle grandi tenute agricole. E da questa ibridazione tra il dualismo romano e l’organizzazione concentrica di tipo germanico che nasce il paesaggio dell’Occidente medievale dove, malgrado le apparenze, la demarcazione tra ecumene ed eremo non è più così netta come lo era stata qualche secolo prima. Comunque, bisognerà senza dubbio attendere il XIX secolo perché tale demarcazione torni ad acquisire un nuovo vigore e, allo stesso tempo, quella dimensione estetica e morale che continua a colorare il nostro apprezzamento dei luoghi. E l’epoca, come sappiamo, in cui il Romanticismo inventa la natura selvaggia e ne diffonde il gusto; Tepoca in cui i saggisti della filosofia della wilderness, Ralph Waldo Emerson, Henry David Thoreau o John Muir, invitano i loro com­ patrioti a cercare nella frequentazione delle montagne e delle foreste americane unJesistenza più libera e più autentica di quella che TEuropa aveva a lungo offerto come modello; Tepoca, anche, in cui viene creato il primo parco naturale, a Yellowstone, come una grandiosa messa in scena dellJopera di Dio. Da dolce e bella, la natura diventa selvaggia e sublime. Il genio della Creazione non si esprime più nei paesaggi pervasi della luce romana di cui Corot perpetua la tradizio­ ne, ma piuttosto nei precipizi in cui gorgogliano torrenti, in sovruma­ ne catene di montagne da cui ruzzolano caoticamente le rocce, nelle scure foreste d’alto fusto dipinti da Carl Blechen, Caspar David tu e drich o Cari Gustav Carus in Germania, da Thomas Moran o Albert Bierstadt negli Stati Uniti/4 Dopo secoli d'indifferenza o di terrore, i viaggiatori scoprono la severa bellezza delle Alpi, i poeti cantano il delizioso orrore dei ghiacciai e dei precipizi, soccombendo a questa ''esaltazione alpina degli scrittori di montagnaJ, che lo stesso Cha­ teaubriand troverà eccessiva.55 Non occorre più scrivere la storia di questa sensibilità nuova che, in piena industrializzazione, scopre un 71

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antidoto al disincanto del mondo in una natura selvaggia redentri­ ce e già minacciata. Tale sentimento è diventato owio e i suoi effetti sono presenti ovunque intorno a noi: nel consenso che incontrano la protezione dei siti naturali e la conservazione delle specie minac­ ciate, nella popolarità dell,escursionismo e nel gusto per i paesaggi esotici,nell’interesse che suscitano le regate d’altura o le spedizioni nell'Antartico. Ma questa owietà ci impedisce forse di vedere che la contrapposizione tra selvaggio e domestico non è presente in ogni luogo e momento e che essa deve il suo attuale potere di persuasione alle contingenze di un5evoluzione delle tecniche e dei modi di pen­ sare che altri popoli non hanno affatto condiviso.

Senza dubbio, la compagna di viaggio di Michaux non aveva let­ to La Nouvelle Héloïse e neppure ammirato i paesaggi tormentati di Turner. L^idea di salvaguardare la foresta di cui i suoi concittadini saccheggiavano le risorse non Γaveva mai neppure sfiorata. Era pre­ romantica, poverina, e aveva orrore della vegetazione sfrenata, delle bestie inquietanti e delle nuvole d5insetti. Forse, si era persino mera­ vigliata del gusto perverso che dimostrava il giovane poeta europeo per questo caos di piante da cui lei cercava di prendere le distanze. Così, sul battello a vapore che discendeva il Rio delle Amazzoni, por­ tava con sé una visione del proprio ambiente molto particolare, tutto un bagaglio di pregiudizi e di sentimenti che gli Amerindiani della regione avrebbero trovato molto enigmatici, se avesse mai avuto la capacità o la voglia di renderli partecipi. La conquista degli spazi ver­ gini era per lei una realtà tangibile e un obiettivo desiderabile, così come un eco attenuato e confuso di una contrapposizione più pro­ fonda tra natura e civiltà. Tutto questo, lo indoviniamo, non avrebbe avuto nessun senso per gli Amerindiani, che vedono nella foresta ben altro che un luogo selvaggio da addomesticare o un motivo di diletto estetico. E vero che per loro la questione della natura non si è affatto posta. E un feticcio che ci appartiene, molto efficace del resto, come tutti gli oggetti di fede che gli uomini si danno per agire sul mondo.

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3 LA GRANDE DIVISIONE^

L’AUTONOMIA DEL PAESAGGIO

Per quanto arbitraria possa sembrare tale genealogia, non posso fare a meno di associare Temergere della concezione moderna di na­ tura a un piccolo disegno intravisto, qualche anno fa, nella fredda luce di una galleria del Louvre. Un’esposizione lo aveva riesumato per breve tempo dalla Sala aei aisegni dove poi è tornato, attribuen­ dogli una passeggera notorietà dal momento che figurava anche sul­ la copertina del catalogo.1Il disegno mostra un'austera gola rocciosa che si apre sullo sfondo di un'ampia valle dove, tra boschetti e fat­ torie dall'aspetto prospero, serpeggia un fiume dai larghi meandri. Nell’angolo inferiore sinistro è seduto un personaggio visto di spalle, minuscolo in mezzo a dei blocchi di calcare. Con indosso un man­ tello e un cappello piumato, è impegnato a fare uno schizzo dal vero della vista che gli si presenta. Si tratta di Roelant Savery, un artista di origine fiamminga che, verso il 1606, si è rappresentato mentre di­ pingeva sulla tela un paesaggio del sud-ovest della Boemia. Ufficial­ mente identificato come ^paesaggista^ alla corte di Praga, dove fu successivamente al servizio dell'imperatore Rodolfo II e del fratello Mathias, Savery aveva per missione quella di percorrere le Alpi e la Boemia per dipingerne dal vero i luoghi più rilevanti·2 L’apparenza delle formazioni rocciose, la precisione dei diversi piani del rilievo, Taspetto dei campi, dei sentieri e delle case, tutto fa pensare in effetti * In questa edizione si è deciso di usare le iniziali maiuscole come in Bruno La­ tour, scelta che è stata sottoposta e approvata da Philippe Descola. ^ Grand parta­ ge' viene reso in italiano anche come ^grande partizione>,, ^grande spartiacque^, “grande separazione”. A mio parere, non esiste un termine italiano perfettamente equivalente.

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che questo disegno riproduca una vista prospettica reale, per quanto forse un po’ schiacciata, in modo da accentuare il carattere vertiginoso della montagna. Il Paysage montagneux avec un dessinateur di Savery, nella storia della pittura occidentale, non è certo la prima rappresentazione di un paesaggio. Gli storici dell’arte fanno risalire l’origine del genere alla prima metà del XV secolo con l’invenzione, da parte degli artisti fiamminghi, della “finestra interna” in cui si ritaglia una veduta del paesaggio retrostante.3 Generalmente, il motivo principale della tela resta una scena sacra situata all^terno di un edificio, ma la finestra o la galleria sullo sfondo isolano un paesaggio profano, lo circoscrivo­ no alle dimensioni di un piccolo quadro e gli conferiscono un'unità e un’autonomia che lo sottraggono ai significati religiosi incarnati dai personaggi in primo piano. Mentre la pittura medievale trattava gli elementi presi dalTambiente come tante icone sparse in uno spazio discontinuo, asservendole alle finalità simboliche e edificanti dell5immagine sacra, la veduta interna organizza questi elementi in una tota­ lità omogenea che acquista una dignità quasi eguale all^pisodio della storia cristiana rappresentato dall’artista· Basterà allora ingrandire la finestra alle dimensioni della tela perene 11 quadro nel quadro diventi il soggetto stesso della rappresentazione pittorica e, cancellando il ri­ ferimento religioso, si trasformi in un vero e proprio paesaggio. Verso il 1490, Dürer è probabilmente il primo a portare a termi­ ne questo processo nei suoi acquerelli e tempere giovanili.4 Contra­ riamente al contemporaneo Patinir, i cui celebri paesaggi includono ancora delle scene sacre come pretesto per rappresentare, con vir­ tuosismo, il contesto naturale della loro azione, Dürer dipinge am­ bienti reali dove i soggetti umani sono scomparsi. Ma gli acquerelli di Dürer erano un esercizio di stile personale; ignorati dai suoi con­ temporanei, non ebbero influenza immediata sul modo di percepire e rappresentare il paesaggio. Dürer è anche il primo pittore nel mondo germanico a padroneggiare i fondamenti matematici della prospettiva lineare che Alberti aveva codificato una cinquantina di anni prima. In effetti,i emergere del paesaggio come genere autonomo dipende dal suo ordinamento secondo le nuove regole della perspectiva arti­ ficialis: la disposizione degli oggetti e il campo nel quale si collocano sono ormai retti dallo sguardo dello spettatore che, come attraverso un piano trasparente, abbraccia uno spazio esteriore che è allo stesso tempo infinito, continuo e omogeneo. In italiano nell’originale.

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Roelant Savery, Paysage montagneux avec un dessinateur. Musée du Louvre, Paris. Photo © RMN/Michèle Bellot.

In un celebre saggio, Panofsky ha mostrato come l’invenzione del_ la prospettiva lineare nella prima metà del XV secolo inducesse un rapporto nuovo tra il soggetto e il mondo, tra il punto di vista di colui che osserva e uno spazio reso sistematico, dove gli oggetti e gli inter­ valli che li separano non sono che variazioni proporzionali di un con­ tinuum senza incrinature.5Le tecniche di scorcio impiegate nell^rte antica miravano a restituire la dimensione soggettiva della percezione delle forme attraverso una deformazione metodica degli oggetti rap­ presentati, ma lo spazio dove questi s'inscrivono restava discontinuo e come residuo. Al contrario, la prospettiva moderna mira a restituire la coesione di un mondo perfettamente unificato in uno spazio razio­ nale, matematicamente costruito per sfuggire alle costrizioni psiconsioJLogiche della percezione. Ora, questa nuova “forma simbolica” di comprensione del mondo presenta un paradosso che Panofsky ha 75

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messo bene in luce.6Lo spazio infinito e omogeneo della prospettiva lineare è ugualmente costruito e messo a fuoco a partire da un punto di vista arbitrario, quello della direzione dello sguardo dell^sservatore. Si tratta dunque di un’impressione soggettiva che serve da punto di partenza per la razionalizzazione di un mondo dell’esperienza nel quale lo spazio fenomenico della percezione è trasposto in uno spazio matematico. 丁ale “oggettivazione del soggetto” produce un duplice effetto: crea una distanza tra l’uomo e il mondo e allo stesso tempo fa dellJuomo la condizione di acquisizione di autonomia del­ le cose; sistematizza e stabilisce Tuniverso esteriore conferendo allo stesso tempo al soggetto un controllo assoluto sull’organizzazione di questa esteriorità appena conquistata.7La prospettiva lineare istitui­ sce così, nel campo della rappresentazione, la possibilità di questo faccia a faccia tra Tindividuo e la natura che diventerà caratteristico dell'ideologia moderna e di cui la pittura di paesaggio diventerà Tespressione artistica. Si tratta, in effetti, proprio di un faccia a faccia, di una nuova posizione dello sguardo. Poiché la proiezione piana al­ lontana le cose, ma non porta con sé alcuna promessa della loro vera comprensione; come scrive Merleau-Ponty, “piuttosto essa rimanda al nostro punto di vista: quanto alle cose, fuggono a una distanza che nessun pensiero attraversa”·8 Savery raccoglie Teredita di questa rivoluzione cominciata diver­ se generazioni prima di lui, ma il suo disegno e innovativo per due ragioni. Tanto il motivo quanto la tecnica testimoniano l’influenza di Pieter Bruegel, celebre fin dalla seconda metà del XVI secolo per i suoi paesaggi montagnosi. Se si escludono gli acquerelli di Dürer, rimasti senza successori immediati, e qualche sorprendente acqua­ fòrte di Altdorfer, le vedute alpestri ai Bruegel il Vecchio sono tra le prime rappresentazioni pittoriche a eliminare l’uomo dal paesaggio o a rappresentarlo esclusivamente attraverso le sue opere. Ma mentre i paesaggi ai Bruegel erano spesso delle composizioni immaginarie li­ beramente interpretate a partire da schizzi fatti dal vero, il disegno di Savery è apparentemente una raopresentazione abbastanza fedele di un luogo reale. Ancora più importante, senza dubbio, il fatto che Sa­ very sembra aver spinto alla sua conclusione logica il paradosso del­ la prospettiva formulato da Panofsky. Laddove Bruegel, eliminando gli esseri umani dal paesaggio, rende semplicemente manifesta Festerionta del soggetto che attribuisce senso e coerenza a una natura oggettiva, Savery reintroduce questo soggetto nella rappresentazione pittorica raffigurando Tatto stesso con il quale questi oggettiva uno spazio distinto da quello dove si trova, il quale è a sua volta distinto 76

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dallo spazio offerto alla vista dello spettatore. In effetti, la vista pro­ spettica che viene presentata a questJultimo non è la stessa di quella che il disegnatore, spostato verso la sinistra del disegno, ma situato sull^sse stesso della gola, sta tracciando sulla carta. In questo pae­ saggio abbiamo quindi un'oggettivazione sdoppiata del reale, una rappresentazione in qualche modo riflessiva dell^perazione attra­ verso la quale la natura e il mondo sono prodotti in quanto oggetti autonomi dallo sguardo che Tuomo porta su di essi. Forse qui bisognerebbe parlare anche di una tripla articolazione, se adottiamo la distinzione proposta da Alain Roger tra aartializzazione” e “artializzazione” 仍.似 , (dove la prima definisce la trasformazione di un pezzo di natura a scopi ricreativi ed estetici, innanzitutto Tarte dei giardini, mentre la seconda qualifica la rap­ presentazione paesaggistica nella pittura.9Certo, la campagna che il disegno di Savery mette in mostra non è un parco all^inglese, e for­ se la sua eleganza quasi arcadica dipende tanto dall5abilita del?ar­ tista quanto dalle intenzioni dei suoi abitanti. Scommettiamo pure che questi sapessero ciò che facevano disponendo qui un boschetto di giovani olmi, là un melo in mezzo a un prato, là ancora un albero dall’ombra fresca nel cortile di una casa. Sarebbe dunque possibile che il Landschaftsmaler dellJimperatore abbia voluto riunire nei due piani della sua vista prospettica sia la rappresentazione di una forma­ zione rocciosa caratteristica dei massicci siluriani della Boemia, sia la rappresentazione di un’organizzazione dell’abitato rurale a sua volta tipico di questa regione; natura selvaggia e campagna addomesticata si sposano quindi nel tratto del disegnatore per produrre un genius loci. Anche se così non fosse, il disegno ha una composizione suffi­ cientemente originale da giustificare la fantasia di vedervi apparire, e in modo notevole, gli esordi della produzione moderna della natura. Nell’arco di circa centocinquanta anni, da Patinir e Dürer a Ruysdael e Claude Lorrain, la pittura paesaggistica raggiunge la pie­ na padronanza dello spazio: a una scenografia dove la successione dei piani evoca ancora un arredo teatrale, si sostituisce un impressio­ ne di profondità omogenea che cancella Γartificio della costruzione prospettica, contribuendo così a rendere manifesta la rimozione del soggetto rispetto alla natura che descrive. Questo modo di rappre­ sentare Γambiente umano nella sua esteriorità è certamente indisso­ ciabile dal processo di matematizzazione dello spazio operato nello stesso periodo dalla geometria, dalla fìsica e (dall’ottica, dal decentra* Landschaftsmaler, wpittore paesaggista55.

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mento cosmologico di Copernico alla res extensa di Cartesio. Come scrive Panofsky, “la geometria di proiezione del XVII secolo [".] è un prodotto dJatelier di artista,5.10LJinvenzione di dispositivi medi­ ti di sottomissione del reale alla vista - la prospettiva lineare, certo, ma anche il microscopio (1590) e il telescopio (1605) - ha permesso d^nstaurare un nuovo rapporto con il mondo circoscrivendo alcuni dei suoi elementi all^nterno di una cornice percettiva strettamente delimitata che conferisce loro pertanto un risalto e un’unità prima sconosciuti. Il primato accordato alla vista a scapito degli altri sensi porta a un’autonomizzazione dell’estensione che la fisica cartesiana saprà sfruttare e che favorisce ugualmente Tespansione dei confini dell^niverso conosciuto grazie alla scoperta e alla cartografia di nuo­ vi continenti. Ormai muta, inodore e impalpabile, la natura è svuota­ ta di ogni vita. Dimenticata la buona madre, scomparsa la matrigna, rimane solo l’automa ventriloquo del quale l’uomo può diventare “signore e padrone”. In effetti, la dimensione tecnica dell^ggettivazione del reale è si­ curamente essenziale in questa rivoluzione meccanicistica del XVII secolo che rappresenta il mondo come una macchina i cui ingranag­ gi possono essere smontati dagli studiosi, non più come una totalità composita di umani e non umani che la creazione divina ha dotato di un significato intrinseco. Robert Lenoble attribuisce una data a questa rottura: la pubblicazione di Galileo, n e i 1 0 3 2 , dei Oialoghi so­ pra i due massimi sistemi del mondo, dove la fisica moderna emerge, nell’arsenale di Venezia, da una discussione d’ingegneri esperti nelle arti meccaniche, lontanissima dalla disputatio dei filosofi sulla natu­ ra dell^ssere e sull^ssenza delle cose.11La costruzione della natura è proprio iniziata! Costruzione sociale e ideologica, senza dubbio, ma anche costruzione pratica, grazie all’abilità degli orologiai, dei vetrai o dei politori di lenti,* di tutti quegli artigiani che rendono possibile la sperimentazione in laboratorio e, attraverso di essa, il lavoro co­ stante di scomposizione e ricomposizione dei fenomeni attraverso cui vengono prodotti gli oggetti della scienza nuova. Questi ultimi acqui­ stano autonomia al prezzo di un'amnesia delle condizioni che han­ no reso possibile la loro oggettivazione. Liberati, grazie alla ragione, dall’oscura mescolanza dell’esperienza altrui, resi trascendenti grazie alla rottura dei legami che li connettevano ai disordini della sogget­ tività così come alle illusioni della continuità, ecco che appaiono gli * Per produrre le lenti, la superficie dei vetri appositamente costruiti veniva le­ vigata con polveri abrasive sempre più sottili.

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oggetti “fatticci” della modernità, per riprendere il felice neologismo di Bruno Latour·12II dualismo dell’individuo e del mondo diventa di conseguenza irreversibile, chiave di volta di una cosmologia dove si trovano a confronto le cose sottoposte a delle leggi e il pensiero che le organizza in insiemi dotati di significato, il corpo diventato mecca­ nismo e Tanima che lo governa secondo la volontà divina, la natura spogliata dei suoi prodigi offerta al re bambino che, smontandone gli ingranaggi, se ne emancipa e Tasservisce ai propri fini. Per quanto eccezionale possa sembrare nella storia dei popoli Tat­ to di forza attraverso il quale la modernità emergente libera finalmen­ te Tuomo dalHnsieme degli oggetti animati e inanimati, questo momento, dopo tutto, non è altro che una tappa. Il processo è iniziato molto tempo prima e il suo punto culminante non sarà raggiunto che un secolo e mezzo più tardi, quando natura e cultura, solidamente trincerate nei loro rispettivi ambiti di studio e programmi metodologici, definiranno lo spazio dove potrà svilupparsi Tantropologia moderna. Gli storici delle scienze e della filosofia hanno sufficientemente dedicato opere erudite a tale particolarità dellOccidente. Mi limiterò quindi a presentare, in questa sede, solo un quadro riassun­ tivo di questo lungo parto che vede costituirsi, reciprocamente, un mondo delle cose dotato di una fattualità intrinseca e un mondo de­ gli umani retto dall^rbitrio del senso. Se mi presto, malgrado tutto, a questo breve esercizio, è per meglio sottolineare come, contraria­ mente alllmpressione prodotta da eccellenti opere dedicate alla sto­ ria delHdea di natura,13questJultima non rivela la sua essenza grazie agli sforzi cumulativi di una schiera di grandi menti e di artigiani in­ gegnosi, ma viene costruita poco a poco come un dispositivo onto­ logico di un genere particolare che fornisce una base alla cosmologia dei Moderni. Considerati dal punto di vista di un ipotetico storico delle scienze jívaro o cinese, Aristotele, Cartesio o Newton non sem­ brerebbero tanto rivelare Toggettività che distingue i non umani e le leggi che li governano, ma parrebbero piuttosto gli architetti di una cosmologia naturalista del tutto esotica rispetto alle scelte operate dal resto dell’iimanità nel ripartire le entità nel mondo e stabilirvi discontinuità e gerarchie. UAUTONOMIA DELLA PH YSIS

Tutto comincia in Grecia, come sempre. Eppure gli inizi sono la­ boriosi. Odissea compare già il termine che poi servirà a desi79

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gnare la natura, physis, ma impiegato per riferirsi alle proprietà di una pianta, owero nel senso ristretto di ciò che determina lo sviluppo di un vegetale e che caratterizza la sua “natura” particolare.14È questo significato che Aristotele specificherà in seguito in una prospettiva estesa all'insieme del vivente: ogni essere si definisce per la sua na­ tura, concepita al tempo stesso come principio, causa e sostanza.15 Ma Omero non si cura di un principio d’individuazione che sarebbe proprio di alcune entità del mondo; a maggior ragione, non consi­ dera mai che delle cose dotate di una anatura,5 particolare possano costituire un insieme ontologico particolare, la Natura, indipendente dalle opere umane come dalle leggi dell Olimpo.16Esiodo non si di­ stingue affatto da Omero su questo punto. I suoi poemi descrivono Torigine delle divinità e degli eroi, le loro genealogie e le circostanze delle loro metamorfosi e, se evoca alcuni tratti del mondo fisico è, come fanno gli Amerindiani, per descrivere meglio gli attributi dei personaggi della mitologia. Vero è che, in Le opere e i giorni, Esio­ do menziona brevemente una differenza che distingue gli uomini da alcune specie animali considerate come un insieme: mentre i pesci, le belve e gli uccelli si divorano, dice, gli uomini hanno ricevuto da Zeus la giustizia e non si mangiano affatto fra loro. E tuttavia siamo lontani da una distinzione, per quanto embrionale, tra natura e cul­ tura, poiché gli animali citati operano piuttosto come elemento di contrasto nei confronti degli uomini, invitati a non comportarsi co­ me predatori. È anche un modo di ricordare il ruolo degli dèi nella genesi della morale civica: ciò che distingue Tuomo, la dike, è più un effetto della benevolenza divina che quello di una natura originale interamente distinta dalle altre specie viventi.17 Quando i primi filosofi si arrischiano a proporre delle spiegazioni naturalistiche del fulmine, dell^rcobaleno o dei terremoti, lo fanno in reazione alle interpretazioni religiose sancite dalla tradizione, quel­ la di Omero e di Esiodo in particolare, che vedevano nella maggior parte dei fenomeni insoliti o spaventosi interventi diretti di una di­ vinità capricciosa o adirata. Per i filosofi, come per i medici ippocra­ tici, si tratta piuttosto di proporre delle cause fisiche per i fenomeni meteorologici, i fenomeni ciclici o le malattie, cause particolari per ogni sorta di fenomeno, che dipendono cioè dalla sua ''natura55spe­ cifica e non dai capricci di Apollo, di Poseidone o di Efesto. Viene così a formarsi,progressivamente, l’idea che il cosmo sia spiegabile, che sia organizzato secondo delle leggi da scoprire, che in esso Tarbitrio divino non abbia più posto e nemmeno le superstizioni dei tempi antichi. Si tratta, certamente, delle convinzioni di una élite, formulate 80

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con prudenza e avendo l’accortezza di evitare le gravi conseguenze di un’accusa di empietà. Ma per Ippocrate e i suoi discepoli, presso i filosofi ionici e i sofisti, l’ambito della natura comincia a emergere come un progetto e come una speranza: includendo i fenomeni nsici e gli organismi viventi, contrassegnato da regolarità e da prevedibi­ lità, questo nuovo regime degli esseri si affranca da ciò che rimane della volontà divina, dalle creazioni del caso e da quanto viene pro­ dotto dall'uomo, che è Teffetto di un artificio. Spetterà ad Aristotele, si sa, sistematizzare questo oggetto di ricer­ ca emergente, tracciarne i confini, definirne le proprietà, formularne i principi di funzionamento. Nel suo pensiero, Toggettivazione della natura trae ispirazione dall^rganizzazione politica e dalle leggi che la reggono, per quanto tale proiezione venga formulata alla rovescia: è la polis a essere destinata a conformarsi alle norme della physis e a riprodurre il più possibile la gerarchia naturale. È significativo il fatto che una tale rivoluzione abbia luogo nell5Atene turbolenta e travaglia­ ta che, dopo lo splendore del secolo di Pericle, vede la sua potenza ridursi e il suo ruolo messo in discussione, costretta dalle avversità a esaminare le condizioni di esercizio di una sovranità che le sta sfug­ gendo. La riflessione sulla legge come obbligo liberamente assunto e strumento del vivere insieme, svincolata dall’urgenza delle decisioni immediate, permette d'individuare i tratti più astratti che forniranno un prototipo alle leggi della natura.18Physis e nomos diventano indis­ sociabili; la molteplicità delle cose si articola in un insieme sottopo­ sto a leggi conoscibili, così come la collettività dei cittadini si ordina secondo regole di azione pubblica svincolate da intenti particolari. Due ambiti di legalità paralleli, dove uno è dotato tuttavia di dina­ miche e finalità proprie, dal momento che la Natura non conosce la volubilità degli uomini. Certo, la natura di Aristotele non è così inglobante quanto quella dei Moderni. Essa si limita al mondo sublunare, quello dei fenome­ ni e degli esseri familiari. Al di là, si estendono i cieli incorruttibili dove si muovono gli astri divini, dal comportamento indubbiamente regolare e prevedibile, ma tanto perfetti da essere esenti da ogni de­ terminazione naturale. Al contrario, in questo mondo, le cose di na­ tura sono ora dotate di un5altenta innegabile: wFra gli esseri, infatti, alcuni sono per natura {physei), gli altri per altre cause; per natura, gli animali e le loro parti, le piante e i loro corpi semplici [...]. Di queste cose, in effetti, e delle altre dello stesso tipo, si dice che siano per naturaJ,.19Esaminando il regime ontologico particolare di queste entità esistenti per natura, Aristotele conferisce un fondamento teo81

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rico a uno dei significati correnti della parola “natura ”:è il principio che produce lo sviluppo di un essere il quale contiene in sé l’origine del suo movimento e della sua stasi, principio che lo porta a realiz­ zarsi secondo un certo tipo. Ma la fisica aristotelica è completata da una sistematica naturale, da un inventario delle differenti forme di vita e dei rapporti strutturali che intrattengono all^nterno di una to­ talità organizzata. Aristotele, in questo caso, si occupa della Natura come somma degli esseri che presentano un ordine e sono sottoposti a delle leggi, un senso nuovo che avrà dopo di lui un seguito dure­ vole. La sua impresa consiste nel descrivere ciascuna classe di esseri a partire dalle variazioni nei tratti che essa condivide con altre classi all'interno della stessa forma di vita, ogni forma di vita essendo a sua volta caratterizzata dal tipo di organo specializzato che le serve per realizzare una funzione vitale - locomozione, riproduzione, alimen­ tazione o respirazione. Una specie potrà allora essere definita pro­ prio attraverso il grado di sviluppo degli organi essenziali che caratterizzano la forma di vita in cui si colloca. Così le ali degli uccelli, le zampe dei quadrupedi, le pinne dei pesci sono tutti organi che ser­ vono a una stessa funzione in diverse forme di vita, ma la dimensione del becco e delle ali, organi di alimentazione e di locomozione tipici degli uccelli, fornirà a sua volta un criterio per distinguere le specie secondo il loro modo di vita. Questa classificazione degli organismi per composizione e divisione si basa sulla “natura” specifica di ogni essere in modo da costruire un sistema della Natura nel quale le spe­ cie sono scollegate dai loro habitat specifici e spogliate dei significati simbolici che erano loro attribuiti, per esistere solo in quanto com­ plessi di organi e di funzioni inseriti in un quadro di coordinate che copre l’insieme del mondo conosciuto·20Un passo decisivo in avanti è stato dunque compiuto. Decontestualizzando le entità della natu­ ra, organizzandole in una tassonomia esaustiva di tipo causale, Ari­ stotele fa sorgere un ambito di studio originale che ormai conferirà all’Occidente moki tratti della sua strana singolarità. L’AUTONOMIA DELLA CREAZIONE

Nel pensiero greco, in particolare in Aristotele, gli umani sono an­ cora parte della natura. Il loro destino non è dissociato da quello di un cosmo eterno, ed è proprio perché possono accedere alla cono­ scenza delle leggi che lo reggono che sono in grado di situarsi al suo interno. Affinché la natura dei Moderni venisse alla luce, era dun82

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que necessaria una seconda operazione di epurazione, occorreva che gli umani diventassero estranei e superiori alla natura. Dobbiamo al cristianesimo questa seconda svolta, con la sua duplice idea di una trascendenza dell’uomo e di un universo nato dal nulla per volontà divina. La creazione è testimonianza dell’esistenza di Dio, della sua bontà e della sua perfezione, ma le sue opere non devono essere con­ fuse con Lui né le bellezze della natura apprezzate per se stesse: esse provengono da Dio, ma Dio non vi è presente. L’uomo, che è stato a sua volta creato, trae il proprio senso da questo evento fondatore. Non ha dunque posto nella natura come un elemento tra gli altri, non è “per natura” come le piante e gli animali, è diventato trascendente al mondo fisico; la sua essenza e il suo divenire dipendono ormai dal­ la grazia divina, che è al di là della natura. Da questa origine sopran­ naturale Tuomo trae il diritto e la missione di amministrare la terra, poiché Dio lo ha modellato Tultimo giorno della genesi affinché eser­ citasse un controllo sulla creazione, affinché la organizzasse e la mo­ dificasse secondo i suoi bisogni. Proprio come Adamo che, avendo ricevuto il potere di dare un nome agli animali, venne autorizzato a introdurre il suo ordine nella natura, i suoi discendenti, moltiplican­ dosi nel mondo, realizzano la volontà divina di portare in ogni luogo il controllo della creazione. Eppure, la natura è consegnata agli uo­ mini in affido temporaneo. Poiché il mondo ha adesso un^rigine e una fine, una strana idea che il cristianesimo eredita dalla tradizione ebraica e che rompe con le concezioni dell,Antichità pagana, ma an­ che con la maggior parte delle cosmologie che Tetnografia e la storia hanno inventariato. La creazione è la scena provvisoria di uno spet­ tacolo che continuerà anche quando le scenografie saranno scompar­ se, quando la natura non esisterà più e rimarranno solo i protagonisti principali: Dio e le anime, owero gli uomini sotto altre sembianze. Ossessionato dall’idea della creazione e dalle sue conseguenze, il Medioevo recepisce anche alcuni insegnamenti dell'Antichità. Si moltiplicano allora delle sintesi sull^unità della natura che combina­ no Tesegesi biblica ad alcuni elementi della fisica greca, soprattutto a partire dal XII secolo, quando vengono riscoperte le opere di Ari­ stotele. L^steriorità del mondo acquisisce un carattere manifesto at­ traverso una metafora che attraversa tutto il Medioevo: la natura, in tutta la sua diversità e armonia, è come imlibro dove si può decifrare la testimonianza della creazione divina. Il libro della natura è sicura­ mente inferiore alle Sacre Scritture poiché Dio, essere trascendente, non è rivelato dalle sue opere se non in modo imperfetto. Il mondo è quindi da leggersi come un’illustrazione, un commento, un com83

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plemento del verbo divino. Numerosi autori medievali danno peral­ tro molto credito a questa fonte di edificazione poiché rappresenta Tunica risorsa disponibile per tutti coloro che, per mancanza distru­ zione, non possono accedere direttamente al testo sacro; αanche il piu ignorante legge nel mondo”, dirà Sant’Agostino·21 Notiamo che questo ottimismo bucolico è ancora in auge presso alcuni missionari, i quali sembrano certi che le tribù che cercano di evangelizzare siano capaci di riconoscere nel loro ambiente la natura armoniosa celebra­ ta da San Basilio o da San Francesco. Forse possiamo anche vedervi una delle prime espressioni dell’idea, cara aU’Occiclente, che la natura sia un’evidenza universale di cui tutti i popoli, per quanto selvaggi, saprebbero percepire l’unità. Il tema del libro della natura alimenta gli sviluppi della teologia naturale il cui eco è ancora percepibile in una certa visione cristia­ na dell5etica ecologica.22Questa teologia, che esamina gli effetti del­ la volontà divina nella creazione, è sicuramente solo un ausilio per la teologia rivelata, ma nondimeno ha costituito per San Tommaso ¿Ά ςώ π ο un complemento prezioso per Finterpretazione della na­ tura e la conoscenza di Dio. La sua teologia naturale si appoggia a Aristotele per mostrare i rispettivi effetti delle cause finali —l’intel­ letto di Dio - e delle cause efficienti - l’agente naturale - nelTorganizzazione del mondo. Riprendendo anche 1idea aristotelica che la natura non fa niente per caso, questi ne condivide incondizionata­ mente il finalismo: tutto dimostra che le forme e i processi degli og­ getti naturali sono quelli piu adatti alle loro funzioni. Tutto indica ugualmente che i discendenti di Adamo siano destinati a occupare il primo posto su questa terra e a governare la gerarchia delle creature inferiori, poiché e in accordo con l’ordine della natura che l’uomo domini gli animali5,.23II messaggio della Genesi giustifica senza dub­ bio tale dominazione, ma anche Tidea dell5esistenza di un rapporto piu stretto tra Dio e gli uomini. Essendo l’intelligenza di Dio all’ongine della creazione degli esseri viventi, era opportuno che alcuni di loro potessero conüividere parzialmente questa facoltà, in modo che fosse possibile cogliere, nella perfezione dell’universo, la bontà del disegno divino. Dotato a questo scopo della ragione e del sapere, Tuomo viene così separato dal resto della creazione, una suprema­ zia che deriva dalla volontà divina e che richiede, di conseguenza, umiltà e responsabilità. Nel De Genesi ad litteram, SantJAgostino aveva già sottolineato come solo Fuomo nella creazione costituisca un genere unico in opposizione alla pluralità delie specie animali. E sull’autorità di questa esegesi, del resto, che si baseranno iteolo84

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gi del XVI secolo per sostenere la monogenesi della razza umana.24 Il Medioevo dunque non ci deluderà: trascendenza divina, unicità dell’uomo, esteriorità (del mondo, tutti i pezzi del dispositivo sono ormai riuniti affinché Tetà classica possa inventare la natura come noi la conosciamo. L’AUTONOMIA DELLA NATURA

L^mergere della cosmologia moderna è il risultato di un proces­ so complesso dove sono inestricabilmente mescolati Tevoluzione della sensibilità estetica e delle tecniche pittoriche ,l’espansione dei confini del mondo, il progresso delle arti meccaniche e il maggiore controllo che questo permetteva su certi ambienti, il passaggio da una conoscenza fondata sull’interpretazione delle similitudini a una scienza universale dell^rdine e della misura, tutti fattori che han­ no reso possibile la costruzione di una fisica matematica, ma anche di una storia naturale e di una grammatica generale. Le trasforma­ zioni della geometria, deir 〇ttica, della tassonomia, della teoria del segno derivano da una riorganizzazione delle relazioni dell’uomo con il mondo e dagli strumenti di analisi che Thanno resa possibile piuttosto che dall^ccumulo di scoperte e dal perfezionamento del­ le abilità; insomma, come dice Merleau-Ponty, wnon sono le idee scientifiche che hanno provocato il cambiamento delFidea di Na­ tura. È il cambiamento dell^dea di Natura che ha permesso queste scoperte”.25 La rivoluzione scientifica del XVII secolo ha legittimato l'idea di una natura meccanica dove il comportamento di ogni ele­ mento è spiegabile attraverso delle leggi, all^nterno di una totalità concepita come la somma delle parti e delle interazioni di questi eiementi. Non c’era bisogno per questo di confutare teorie scientifiche rivali, ma di eliminare il finalismo aristotelico e quello della scolasti­ ca medievale, relegarlo al campo della teologia e mettere Γaccento, come fece Cartesio, sulla sola causa efficiente; certo, questa viene ancora ricondotta a Dio, ma si tratta di un Dio puramente motore, al contempo fonte originaria di un movimento concepito in termini geometrici e garante della sua conservazione costante. L'interven­ to divino diventa più astratto, è meno implicato nel funzionamen­ to degli ingranaggi della macchina del mondo, rimane confinato ai misteri della fede o alla spiegazione del principio d^nerzia. Tutta­ via, a fianco di un Bacone, di un Cartesio o di uno Spinoza, i quali respingono Tillusione di una natura intenzionale, una corrente più 85

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discreta rimane legata a convinzioni finalistiche, aU5idea di una na­ tura organizzata secondo un piano complessivo la cui comprensio­ ne consentirebbe di meglio render conto dell5azione degli elementi che la compongono. Keplero, Boyle o Leibniz furono sostenitori non irrilevanti di una concezione della natura come totalità e unità equilibrate, di cui riconosciamo i posteri in Buffon, Alexander von Humboldt e Darwin. Probabilmente, questa filiazione ha a sua volta contribuito non poco agli orientamenti teleologici di una certa bio­ logia contemporanea, marcata da una visione quasi provvidenziale dell’adattamento degli organismi o dell’omeostasi degli ecosistemi. Nel XVII secolo, tuttavia, per i seguaci del meccanicismo così come per i sostenitori di un mondo organicista, una certa separazione tra la natura e Tuomo si è guadagnata il diritto di esistere. Spinoza è ve­ ramente solo quando rifiuta una tale divisione, quando invita a con­ siderare il comportamento umano come un fenomeno regolato dal determinismo universale e denuncia i pregiudizi di coloro che con­ siderano il disegno della natura in modo analogo alla coscienza di sé. Questi ultimi infatti, più numerosi, non mettono in dubbio che gli effetti della natura agiscano, per volontà divina, in funzione di uno scopo, che l’uomo, “viceré della creazione”, sia veramente separato dalla realtà che si sforza di conoscere, e che Dio “l’abbia investito del potere, dell'autorità, del diritto, dell'impero, deirincarico e del­ la cura [...] di preservare il mondo intero nella sua bellezza, utili­ tà e fecondità , citando Tespressione ampollosa del giurista inglese Matthew Hale.26 La natura come ambito ontologico autonomo, co­ me campo di ricerca e di sperimentazione scientifica, come oggetto da sfruttare e da migliorare: questa natura assurge a un’esistenza che ben pochi si sognano di mettere in discussione. Se l’idea di natura acquisisce una tale importanza nell’età classica, non è perché il potente fremito della vita del mondo sia apparso improwisamente a degli occhi ben aperti, i quali ormai non smetteran­ no più di svelarne il mistero e di tracciarne i confini. Questo concetto è indissociabile da un altro, quello di natura umana, che esso ha in qualche modo generato per scissione di sé quando, per meglio iden­ tificare il luogo in cui vengono compresi i meccanismi e le regolari­ tà della natura, una piccola parte dell^ssere venne staccata dal resto per servire da punto di riferimento fisso. Ora, come ha dimostrato Michel Foucault, questi due concetti funzionano insieme nell^ssicurare il legame reciproco delle due dimensioni della rappresentazio­ ne in quel periodo: Timmaginazione, in quanto potere attribuito alla mente di ricostituire Tordine a partire dalle impressioni soggettive, 86

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e la somiglianza, quella proprietà che hanno le cose di offrire al pen­ siero tutto un campo di similitudini appena abbozzate sulle quali la conoscenza può imporre il proprio lavoro di messa in forma.27In ra­ gione della grande generalità del loro senso, Natura e natura umana permettono di sintetizzare in modo efficace questa nuova possibilità di aggiustamento tra la proliferazione incessantemente rinnovata del­ la molteplicità analogica degli esseri e la meccanica dell^nduzione, con il suo seguito d’immagini e di reminiscenze. L’intelligibilità e il controllo dei non umani sono quindi rimandati al soggetto conoscen­ te e al soggetto agente, allo studioso nella sua stanza e all5ingegnere che prosciuga i polder* al fisico che manipola la pompa a vuoto e al custode del martello forestale** nei boschi di Colbert, non alla col­ lettività degli umani concepita come un tutto organizzato, e ancor meno a delle collettività particolari e differenziate dai costumi, dal­ la lingua o dalla religione. La Natura è senza dubbio comparsa, e la natura umana di fronte a essa, ma ancora non esiste la società come concetto e campo di analisi. Dopo Le parole e le cose, è diventato quasi una banalità affermare che la nascita di un concetto dell'uomo e delle scienze che ne esplo­ rano le positività sono eventi tardivi nella cultura europea, e proba­ bilmente inediti nella storia dell^manità; che questi eventi furono innescati, negli ultimi anni del XVIII secolo, da un grande sconvolgi­ mento d é ï episteme occidentale che vede nascere uno spazio di vi­ cinato tra sistemi organizzati paragonabili fra loro a causa della loro contiguità in una catena di successioni storiche, al posto di uno schema generale della rappresentazione in cui si ordinavano simul­ taneamente reti d^dentità e di differenze; che le scienze umane, di conseguenza, non ereditano affatto un ambito di studi vacante più o meno omologo a quello che occupava prima la natura umana, uno spazio incolto, ma ben definito in cui esse dovevano solo piantare i semi delle conoscenze positive e farli fruttificare grazie a strumenti più efficaci. In breve, citando la frase enfatica di Foucault, “nessuna filosofia, nessuna opzione politica o morale, nessuna scienza empiri­ ca quale che fosse, nessuna osservazione del corpo umano, nessuna analisi della sensazione, dell'immaginazione o delle passioni ha mai incontrato, nei secoli XVII e XVIII, qualcosa come Tuomo; Tuomo in* I polder sono zone litoranee situate sotto il livello del mare che un sistema di dighe permette di utilizzare per Γagricoltura. ** Veniva chiamato garde-marteaun Fufficiale che custodiva il martello forestale utilizzato per contrassegnare gli alberi da abbattere.

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fatti non esisteva,,.2SOggi, il risultato dei rilievi stratigrafici intrapre­ si da Foucault nel sottosuolo delle scienze umane è sin troppo noto perché sia necessario commentarlo ulteriormente. Ricordiamo sola­ mente questo ai fini del nostro ragionamento: se è solo nel XIX secolo che il concetto di società come totalità organizzata comincia a pren­ dere corpo, e se è solo in quest5epoca, quindi, che tale concetto può essere contrapposto alla natura, allora la genesi rispettiva dell^na e dell5altra nozione, la loro progressiva maturazione in un campo ope­ rativo dove potessero combinarsi, le suddivisioni del reale che le loro discontinuità abbinate rendono possibili, tutto questo è il risultato di un processo così lungo e così singolare di decantazioni e rotture molteplici che non si capisce come avrebbe potuto essere condiviso da altre culture diverse dalla nostra. Una breve osservazione su Rousseau, tuttavia. Conosciamo il ruo­ lo che Lévi-Strauss gli ha attribuito nell5anticipare Tetnologia mo­ derna: Tautore del Discorso sull'origine della disuguaglianza avrebbe presentito il metodo di questa scienza che doveva ancora nascere con la sua prescrizione di osservare le differenze tra gli uomini per me­ glio scoprire le loro caratteristiche comuni; avrebbe anche fondato il suo programma ponendo concretamente il problema dei rapporti tra natura e cultura non nella forma di una separazione irrevocabile, ma in quella di una ricerca nostalgica e spesso disperata di ciò che, nell5uomo, permette e promuove un^dentificazione con tutte le for­ me di vita, comprese quelle più umili.29A dispetto delle critiche che ha ricevuto, il roussoismo militante del fondatore deü'antropologia strutturale non dovrebbe quindi essere inteso come un tentativo di riesumare nel pensiero degli illuministi le premesse di un dualismo fra natura e società che Tantropologia del X X secolo avrebbe recu­ perato per conto proprio. Tanto più che, in Rousseau, Tinsieme dei cittadini non costituisce in alcun modo una società nel senso conven­ zionale della sociologia moderna, owero una totalità superiore ed esterna agli individui, una persona morale i cui bisogni e scopi sono eterogenei rispetto a quelli dei membri che la compongono, un’entità autonoma animata da un interesse collettivo prettamente sociale che sarebbe più e altro rispetto alla somma delle volontà individuali. Durkheim, del resto, non si e sbagliato quando ha comparato la pro­ pria concezione dell'utilità collettiva, definita in funzione dell5essere sociale considerato nella sua unità organica, con l’interesse comune quale viene espresso da Rousseau, nel senso di “interesse dell’individuo medio5, che incarna una volontà generale attraverso la somma di ciò che è utile a ciascuno.30Tra la società trascendente di Durkheim 88

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e Γaggregazione di singoli individui mutualmente vincolati da una convenzione di cui il Contratto sociale traccia le condizioni di legit­ timità, più di una differenza di grado o di sfumatura. La prima è un'entità ontologica di un genere nuovo della quale sarebbe fuorviante cercare una premessa o un’anticipazione in Rousseau, anche se la teoria del legame sociale offre una fonte feconda di analogie a coloro che, come Lévi-Strauss, hanno saputo riconoscere, dietro alla potenza del sentimento e all^pologia della virtù, una riflessione ori­ ginale sui modi di accordarsi con gli altri. L’AUTONOMIA DELLA CULTURA

Ma questo breve resoconto genealogico del dualismo non si esaurisce con l’avvento del concetto di società; l’etnologia contemporanea deve infatti la sua ragione d’essere a un concetto che si è consolidato ancora più recentemente, quel concetto di cultura attraverso il qua­ le essa definisce la propria area di studio e in cui esprime in modo conciso tutto ciò che,nell’uomo e nelle sue realizzazioni, si (distingue dalla natura e ne ricava un senso. Era forse inevitabile che termini co­ sì vaghi come un a t u r a e aculturaw, così compiacenti a piegarsi agli usi successivi che si è voluto farne, così pronti a raccogliere in un si­ gnificante disponibile quella o quell'altra porzione di questo caos di aspirazioni, processi e forze di cui la diversità del mondo offre lo spet­ tacolo, era forse inevitabile dunque che questi termini finissero per trovare nella loro contrapposizione reciproca la determinazione del­ le loro positività, così come un effetto di evidenza moltiplicato dalla loro associazione· Ora, se l’idea di cultura è sicuramente più tardiva rispetto a quella di natura, la sua nascita non fu molto meno contin­ gente, né fu più semplice il processo attraverso il quale si è ristretto il campo dei suoi significati. Ogni etnologo è a conoscenza del celebre inventario critico nel quale Alfred Kroeber e Clyde Kluckhohn hanno recensito la mag­ gior parte delle definizioni di cultura.31 Delle centosessantaquattro accezioni che hanno enumerato, considererò per i miei scopi solo le due principali. La prima, che hanno chiamato “umanista”, considera la cultura come il carattere distintivo della condizione umana; la sua formulazione canonica, data da Edward Burnett Tylor nel 1871, vie­ ne tradizionalmente riconosciuta come Tatto di nascita dell,ambito degli studi dell5antropologia moderna: aLa cultura, o civiltà, intesa nel suo ampio senso etnografico, è quell’insieme complesso che in89

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elude la conoscenza, le credenze, Tarte, la morale, il diritto, i costumi e qualsiasi altra capacità e abitudine acquisita dall’uomo in quanto membro di una società .32La cultura qui non si distingue dalla civil­ tà intesa come capacità di creazione collettiva sottoposta a un pro­ cesso progressivo di perfezionamento; è la prospettiva che adottano gli antropologi evoluzionisti degli ultimi decenni del XIX secolo. Es­ sa ammette come possibile e necessaria la comparazione di società ordinate in funzione del grado di realizzazione delle loro istituzio­ ni culturali, espressioni più o meno elaborate di una tendenza uni­ versale dell^manità a governare le costrizioni della natura e quanto determinato dall’istinto. Il concetto propriamente antropologico di cultura farebbe la propria comparsa solo più tardi. Lldea che ogni popolo costituisca una configurazione unica e coerente di tratti ma­ teriali e intellettuali sanciti dalla tradizione, tipica di un certo modo di vita, radicata nelle categorie particolari di una lingua e responsabi­ le della specincita dei comportamenti individuali e collettivi dei suoi membri, questa idea emerge gradualmente intorno al XX secolo nei lavori etnografici di Franz Boas.33 Ripresa ed elaborata in modo più sistematico dai suoi allievi, la prospettiva boasiana va a costituire la matrice dell,antropologia nordamericana e definisce per molto tem­ po il suo orientamento aculturalista,>. In questa seconda definizione, “cultura” si declina al plurale, come una moltitudine di realizzazioni particolari, non più al singolare, come l’attributo per eccellenza dell'umanità; Tordinamento graduale dei popoli secondo la loro vi­ cinanza allOccidente moderno è sostituito da un quadro sincroni­ co dove tutte le culture si equivalgono; Tuniversalismo ottimista dei teorici dell5evoluzione lascia il posto a un relativismo di metodo in­ centrato sull^pprofondimento monografico e sulla rivelazione della ricchezza del particolare; l’accento teleologico si sposta dalla fede in un progresso continuo dei costumi al presupposto che ogni cultura tende alla sua conservazione e alla perpetuazione del suo Volksgeist* Prima di accedere a uno status più o meno specializzato in etno­ logia, ogni concezione di cultura si è cristallizzata in contesti nazio­ nali specifici e secondo processi di differenziazione il cui eco è ancora percepibile nelle inflessioni teoriche delle differenti tradizioni accademiche. La cultura in senso universale non si distingue, come abbiamo visto, dalla civiltà; i due termini continuano a essere impie­ gati indifferentemente in antropologia fino agli inizi del X X secolo, persino in Boas. La parola ‘ civiltà” è a sua volta molto recente; ap* Volksgeht, αspirito del popolo o genio della nazione,J.

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pare per la prima volta nel 1757 in Mirabeau e, una decina di anni più tardi in Inghilterra, con Ferguson, assume un senso equivalen­ te.34 E la condizione della società civilizzata, esito di un progresso costante nella virtù e nell5adempimento civico, in contrasto con Teccessiva cortesia dei modi, la buona educazione, qualità superficiali e statiche. Ora, come ha ben mostrato Norbert Elias,“civiltà” assume un senso completamente diverso in Germania, molto più vicino di fatto a quello a cui si contrappone inizialmente, vale a dire le buo­ ne maniere come espressione delle qualità sociali, il saper apparire e parlare, Γatteggiamento, insomma, della nobiltà di corte che scim­ miotta il gusto francese. Il contrario della civiltà dell^pparenza così intesa è la cultura.35 Il termine evoca il carattere specifico di alcuni prodotti dell’attività umana che testimoniano il genio di un popolo, ne rivelano il suo particolare valore e permettono di trarne un moti­ vo di fierezza. In Germania, Tantinomia tra cultura e civiltà assume inizialmente una dimensione sociale; è la tesi polemica di un’intellighenzia borghese esclusa da ogni reale responsabilità economica e politica da un,aristocrazia cortigiana, imbevuta dei propri privilegi, ma considerata incapace di ogni slancio creativo. Dopo la Rivoluzio­ ne francese, Tantagonismo tra i valori che queste due nozioni incar­ nano inizia ad assumere una connotazione nazionale: gli ideali della classe media istruita diventano emblematici della cultura tedesca, in contrasto con l’idea di civiltà che una Francia espansionista e sicura di sé porta in ogni angolo d’Europa. Il seguito è fin troppo noto perche vi insista. Sappiamo quale fu in Germania la reazione all'Illuminismo; come Herder, Fichte, Ale­ xander e Wilhelm von Humboldt, volgendo le spalle alla ricerca di verità universali, posero Taccento sull^ncommensurabilità dei parti­ colarismi collettivi, dei modi di vita e delle forme del pensiero, del­ le realizzazioni concrete di quella o quell,altra comunità; fino a che punto un popolo privo di unità politica abbia potuto essere osses­ sionato dagli interrogativi su ciò che fondava il proprio carattere di­ stintivo; in che modo la volontà di raccogliere, delimitare e consolidare i tratti specifici di una nazione ancora in fase embrionale abbia contribuito a fare dell’idea di cultura uno dei valori centrali del XIX secolo tedesco. Sappiamo anche quanto Boas, emigrato a New York all^tà di ventinove anni, debba ai suoi anni di Bildung nel crogiolo dell’università tedesca, così come i suoi principali allievi —la prima generazione dell,antropologia americana - che ricevettero tutti una * Bildung, aformazione,,>in tedesco nell^riginale.

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formazione tedesca: Sapir era nato in Pomerania, Lowie a Vienna e Kroeber nell,élite Oeutschamerikanish* di Manhattan.36 Le radici del culturalismo americano affondano quindi molto profondamente nello storicismo tedesco, nel Volksgeist di Herder, nel Nationalcha­ rakter di Wilhelm von Humboldt, nel Völkergedanken di Bastian.*" Compromessa dal fallimento dell^voluzionismo, la nozione di cul­ tura al singolare non scompare tuttavia dall^tnologia del XX secolo; neppure negli Stati Uniti, dove Kroeber, allontanandosi da Boas, ini­ zia molto presto a definire il carattere specifico della cultura, questa entità asuperorganicawdi un genere particolare, ipostasi dalle espres­ sioni maestose che trascende le esistenze individuali e definisce i loro orientamenti.37 Ma è soprattutto nell,antropologia francese e inglese che la cultura continuerà a esistere come attributo distintivo dell'u­ manità nel suo complesso, sebbene in modo quasi clandestino per via dell'autorità della scuola durkheimiana e della preminenza che essa attribuisce alla nozione di società nelTassumere questa stessa funzione. Si tratta piuttosto di una convinzione di base che prevale sul par­ ticolarismo dei boasiani: è possibile e auspicabile, si pensa, scoprire nella condizione umana regolarità o invarianti - per non dire univer­ sali - che possono giustificare Tunicità della cultura dietro alla molte­ plicità delle sue manifestazioni particolari. Si trovano espressioni di quest’aspirazione nella poco convincente “teoria scientifica della cuitura” di Malinowski, nell’insistenza di Radcliffe-Brown a definire l’antropologia come disciplina nomotetica, o anche nel progetto esposto da Lévi-Strauss di una scienza deU’ordine degli ordini. Quest’ultimo illustra bene, del resto, come le due nozioni di cultura siano diventate le due facce della stessa medaglia: dalla sua formazione filosofica, dal suo attaccamento al razionalismo dei Lumi deriva questa concezione di Cultura come realtà sui generis, che si distingue da una Natura che è contemporaneamente condizione originaria dell'umanità e ambito ontologico autonomo che offre al pensiero simbolico un’inesauribile fonte di analogie; ma del periodo trascorso negli Stati Uniti, della sua frequentazione con Boas,Lévi-Strauss mantiene l’insegnamento del relativismo: Tidea che niente permette di gerarchizzare le culture se­ condo una scala morale o una serie diacronica. Non c’è dubbio che la nozione di cultura al singolare tragga gran parte della sua fecondità dalla contrapposizione alla natura. Le cul* Oeutschamerikanish, Americani tedeschi, in tedesco nell^riginale. ** Volksgeist, ''spirito del popolo o genio della nazione^, Nationalcharakter,ca­ rattere nazionale55, Völkergedanken, widee dei popoli>,.

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ture al plurale, al contrario, non hanno senso se non in rapporto le une alle altre; e se lambiente in cui si sono sviluppate costituisce si­ curamente una dimensione importante della singolarità che viene loro attribuita, in una prospettiva culturalista il loro modo di adat­ tarsi alla natura non è che una delle possibili vie per arrivare a com­ prenderle, una via altrettanto legittima e significativa di una visione del mondo, come lo sono la lingua, il sistema rituale, la tecnologia o le buone maniere a tavola. Di per sé, l'idea olistica di cultura non ri­ manda dunque alla natura come a una sua automatica controparte. E tuttavia, nella sua genesi tedesca e nel suo sviluppo nordamericano, essa finisce per consolidare il dualismo contemporaneo, non tanto attraverso una diffusione del suo uso specializzato in antropologia, ma a causa del lavoro di epurazione epistemologica che fu necessario affinché Tidea di cultura, come totalità irriducibile, potesse guada­ gnare unJautonomia nei confronti delle realtà naturali. La nascita di questa idea è in effetti indissociabile dagli intensi di­ battiti che, nella Germania della fine del X IX secolo, intendono pre­ cisare i rispettivi metodi e oggetti delle scienze della natura e delle scienze dello spirito. Battendosi contro la filosofia idealistica della storia come contro il naturalismo positivista, storici, linguisti e filo­ sofi si sforzano dunque di dare un fondamento alla pretesa delle di­ scipline umanistiche di diventare scienze rigorose, degne dello stesso rispetto della fisica, della chimica o della fisiologia animale. Nel corso appena di una ventina d^nni, appaiono molti testi fondamentali in­ centrati su questa questione: i Prinzipien der Sprachgeschichte (1880) nei quali lo storico delle lingue tìermaim Paul traccia una distinzio ne tra “scienze produttrici di leggi” e “scienze storiche”, dove queste ultime si occupano dell’individualità dei fenomeni come prodotto di contingenze storiche; la famosa Introduzione alle scienze dello spiri­ to (1883) dove Wilhelm Dilthey contrappone le scienze della natura alle Geisteswissenschaften che procedono grazie alla acomprensione”, ovvero grazie alla capacità del ricercatore di rivivere attraverso l’empatia la situazione concreta di un personaggio storico; l’articolo "Geschichte und Naturwissenschaft5,(1894) di Wilhem Windelband che, sviluppando una distinzione proposta qualche anno prima da Otto Liebmann, sottolinea la differenza fra il metodo nomotetico del­ le scienze della natura e quello ideografico delle scienze storiche. For­ se bisognerebbe includere anche Boas in questo dibattito epistemologico, con il suo piccolo saggio del 1887 “The study of geography”, * Geisteswissenschaften, αscienze dello spirito>,.

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nel quale contrappone il metodo del fisico - la sua formazione ini­ ziale a Heidelberg -, che studia i fenomeni che possiedono un5unità oggettiva, e quello del cosmografo - qui il modello è Alexander von Humboldt -, il quale s ^ p e g n a a comprendere dei fenomeni stabi­ lendo fra loro una connessione in modo soggettivo.38 È tuttavia a Heinrich Rickert, soprattutto in II fondamento del­ le scienze della cultura [Kulturwissenschaft und Naturwissenschaft, 1899), che dobbiamo l’impresa più riuscita di classificazione delle scienze, quella che delimita con maggior rigore logico i loro rispettivi metodi e oggetti; quella che, al di là di tutto, ha esercitato l’influenza piu importante non soltanto sui contemporanei di Rickert, in parti­ colare sul suo amico Max Weber, ma anche sulle grandi figure della filosofia tedesca del XX secolo, da Heidegger a Habermas.39 E meri­ to soprattutto di Rickert Taver sostituito l^spressione ''scienze della cultura” a quella, più diffusa in quegli anni, di '‘scienze dello spirito”. La novità non è solamente terminologica. La denominazione αscienze dello spiritopoteva essere fuorviante e, come in Dilthey, far inten­ dere che le discipline umanistiche si occupino solo della vita psichica, della dimensione spirituale dei fenomeni, come se si trattasse di una realtà intrinseca che ci verrebbe data indipendentemente dalle cose di cui si occupano le scienze della natura. Ora, da buon kantiano, Rickert ritiene che viviamo e percepiamo la realtà come un continu­ um eterogeneo la cui segmentazione in amoiti distinti non emerge se non in funzione del metodo di conoscenza che gli applichiamo e delle caratteristiche che selezioniamo: il mondo diventa natura quando lo consideriamo dal punto di vista dell'universale, diventa storia quan­ do lo esaminiamo dal punto di vista del particolare e dell^dividuale. Piuttosto che distinguere tra un approccio nomotetico e un ap­ proccio idiografico, occorre dunque considerare Tattività scientifica come una stessa e unica operazione, rivolta a un oggetto a sua volta unico, ma attraverso due metodi differenti: la generalizzazione, tipi­ ca delle scienze della natura, e Tindividualizzazione, di cui le scienze della cultura hanno acquisito l’appannaggio. Per questo motivo, lungi dall'essere una via di accesso privilegiata a quanto è stato realizzato dall,umanità, la psicologia brandita dagli storici appartiene di dirit­ to alle scienze della natura poiché ha per oggetto la scoperta delle leggi universali delle funzioni mentali. Con quale criterio, allora, ri­ conoscere ciò che, nell'abbondanza indifferenziata del mondo, per­ mette di condurre a generalizzazioni o, viceversa, a una riduzione al particolare? Le scienze della cultura, risponde Rickert, s'interessano a ciò che assume un significato per Tumamta intera o, per lo meno, 94

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a ciò che vale per tutti i membri di una comunità. Detto altrimen­ ti, dal punto di vista della loro procedura scientifica, è nel rapporto con il valore che i processi culturali si distinguono da quelli naturali. Distinguendo tra oggetti privi di senso, la cui esistenza viene de­ terminata da leggi generali, e oggetti che comprendiamo nella loro singolarità in virtù del valore contingente che viene loro attribuito, Rickert mette in discussione i fondamenti del dualismo ontologico: quasi tutta la realtà può essere compresa sotto l’uno o sotto l’altro dei suoi aspetti, a seconda che venga considerata nella sua fattualità bru­ ta e ostinata oppure dal punto di vista dei desideri e degli usi di cui Thanno investita coloro che Thanno prodotta o mantenuta intenzio­ nalmente. Ma tale chiarimento permette una separazione epistemolo­ gica inesorabile tra due campi di ricerca e due metodi di conoscenza ormai perfettamente eterogenei, una separazione indubbiamente più forte di quella che deriva dalla semplice sussunzione delle entità del mondo in due registri di esistenza indipendenti. Tra Fumano e il non umano non esiste più la discontinuità radicale della trascendenza, né le fratture introdotte dalla meccanizzazione del mondo; si differenzia­ no solo ai nostri occhi e secondo il modo con cui scegliamo di oggettivarli, poiché “l’opposizione tra natura e cultura, a condizione che si tratti di una distinzione tra due gruppi di oggetti reali, è proprio il fondamento della divisione delle scienze p artico lari40 Insomma, la contrapposizione non è nelle cose; essa è costruita dall’insieme di strumenti che permettono di distinguerle, un dispositivo che diventa sempre più efficace man mano che le scienze umane, abbandonando la riflessione sulle loro origini per concentrarsi sulle ricerche empiri­ che, iniziano a dare prova della loro legittimità accumulando cono­ scenze positive. Poco importa che Rickert, come molti suoi contemporanei, sia stato propenso a inserire lo studio dei Naturvölker nelle scienze naturali; la giurisdizione generale da lui stabilita finisce per tracciare indirettamente lo spazio in cui potrà svilupparsi Tantropologia del XX secolo: lo studio delle realtà culturali in quanto contrap­ posto a quello delle realtà naturali. L’AUTONOMIA DEL DUALISMO

È Tantropologia, in effetti, che raccoglierà i frutti del lungo pro­ cesso di maturazione che abbiamo appena ripercorso e ne sarà molto * Naturvölker, letteralmente apopoli di natura^, termine usato per riferirsi ai co­ siddetti spopoli primitivi5,.

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condizionata. Vediamo un po, che cosa ne ha fatto. Per quanto fero­ ci possano sembrare a coloro che le osservano da lontano, le contro­ versie di cui si alimenta questa disciplina si basano nondimeno su un ampio consenso in merito al suo obiettivo. Come un conflitto priva­ to ha bisogno di un terreno comune che delimiti la natura e le forme di espressione del disaccordo, così i dibattiti antropologici presup­ pongono uno sfondo di abitudini di pensiero e di riferimenti con­ divisi sulla base dei quali le contrapposizioni possono manifestarsi. Questa risorsa comune deve la sua origine alla definizione stessa che Tantropologia attribuisce al suo oggetto, cioè la Cultura, o le culture, intesa come quel sistema di mediazione con la Natura che Tumanità ha saputo inventare, un attributo distintivo ddTHomo sapiens dove intervengono l’abilità tecnica, il linguaggio, l’attività simbolica e la capacità di organizzarsi in collettività parzialmente affrancate dalle continuità biologiche. Al di là delle divergenze teoriche che attraver­ sano la disciplina, esiste dawero un consenso sul fatto che il campo proprio dell'antropologia sia quello in cui slncrociano e si determi­ nano reciprocamente le costrizioni universali del vivente e le regole contingenti dell'organizzazione sociale, la necessaria condizione in cui gli uomini si trovano a esistere come organismi in ambienti che non hanno plasmato se non in parte, e la capacità offerta loro di at­ tribuire una miriade di significati particolari alle loro interazioni con le altre entità del mondo. Tutti gli oggetti concreti della ricerca etno­ logica sono situati in questo spazio di collegamento tra le istituzioni collettive e i dati biologici e psicologici che conferiscono al sociale la sua sostanza, ma non la sua forma. L’autonomia che l’antropologia rivendica all^nterno del mondo accademico è così fondata sulla cre­ denza che tutte le società costituiscano dei compromessi tra Natura e Cultura dei quali occorre esaminare le espressioni particolari e sco­ prire, laddove possibile, le regole di produzione o di distribuzione. Insomma, la dualità del mondo è diventata la sfida originaria e origi­ nale alla quale questa scienza ha cercato di rispondere, dando prova di grande ingegnosità allo scopo di ridurre lo scarto tra i due ordini di realtà che si era ritrovata alla sua nascita. Le implicazioni indotte dalla definizione dell^ggetto non potevano pertanto che influenza­ re il modo in cui viene colto. Se conveniamo sul fatto che Tesperienza umana sia condizionata dalla coesistenza di due sfere di fenomeni accessibili attraverso metodi conoscitivi distinti, risulta inevitabile prendere in considerazione il loro interfacciarsi partendo dall’uno o dall’altro aspetto: da un lato le determinazioni indotte dall’uso, dal controllo o dalla trasformazione della natura, determinazioni univer96

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sali i cui effetti sono resi particolari da ambienti, tecniche e sistemi sociali specifici; dall’akro, le particolarità dei trattamenti simbolici di una natura percepita come omogenea all’interno dei suoi confini e delle sue modalità di funzionamento, particolarità ricorrenti a causa dell’universalità dei meccanismi mobilitati e (dell’unicità dell’oggetto al lo applicati. esto che il monismo naturalista e il relativismo culturalista continuano a prosperare negli scontri che li legittimano reciproca­ mente: essi formano i due poli di un continuum epistemologico lungo il quale devono situarsi tutti coloro che sono impegnati a render con­ to dei rapporti tra le società e i loro ambienti. Essendo irrigidite dalla polemica, le posizioni estreme rendono visibm in forma più pura le contraddizioni in cui si è rinchiusa l’antropologia a causa della sua adesione al postulato che il mondo possa essere ripartito in due tipi di realtà di cui si tratta di mostrare l’interdipendenza. Se considerata nelle sue espressioni più eccessive, tale alternativa acquista dunque un valore pedagogico: o la cultura è plasmata dalla natura, sia questa costituita da geni, istinti, reti neuronali o costrizioni geografiche, op­ pure la natura non prende forma e spessore se non come un serbatoio potenziale di segni e simboli a cui la cultura viene ad attingere. For­ mulata in tutta la sua asprezza, tale contrapposizione ricorda alcuni tratti della vecchia distinzione scolastica tra natura naturans e natura naturata alla quale Spinoza diede una seconda vita. Per quest^timo, si sa, la natura naturans è la causa assoluta, costituita da unanimità di attributi infiniti, identificata con Dio come fonte di ogni determina­ zione; mentre la natura naturata ricopre Tinsieme dei processi, degli oggetti e dei modi di comprenderli che derivano dall^sistenza della natura naturans^1Come i contemporanei di Spinoza non tardarono a notare, un tale Dio non ha niente di cristiano: sostanza causale im­ personale, al contempo definizione e summa della totalità dei possi­ bili, la natura naturans è proprio ripostasi di una Natura logicamente prima - Deus sive natura - nella quale i materialisti dei secoli succes­ sivi troveranno un comodo sostituto al primo motore divino. D?altro canto, potremmo forse dire che la natura naturata di Spinoza abbia poco a che fare con l’idea moderna di un’autonomia della cultura come messa in forma particolare, secondo i linguaggi e le usanze dei popoli, di organismi e oggetti che non accedono all'esistenza se non attraverso i codici attraverso i quali vengono oggettivati. Senza voler spingere troppo Tanalogia ne ricadere nell'anacronismo, bisogna tut­ tavia sottolineare che, per Spinoza, la natura naturata è innanzitutto costituita da modi - di essere, di pensare, di agire, di relazioni tra le 97

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cose - certo universali in alcuni casi, ma che non è possibile confron­ tare con la causa che li ha generati. Possono perciò essere studiati se­ paratamente, senza tener conto di ciò che li determina. Contro Timpiego analogico della coppia natura naturans e na­ tura naturata si potrebbe anche obiettare che i poli di tale distin­ zione sono mutualmente esclusivi, che non ammettono stati intermedi. Ora, tra il “determinismo crasso” e [ “immaginismo etereo ”, per riprendere delle espressioni di Augustin Berque,42 molti autori - antropologi, sociologi, geografi, filosofi - hanno cercato di trova­ re una via di mezzo, una soluzione dialettica che permetta di sot­ trarsi alla contrapposizione dei due dogmatismi. A metà strada fra i positivisti militanti e i sostenitori di un'ermeneutica intransigente, essi si sforzano di mettere insieme Tideale e il materiale, il concreto e Tastratto, le determinazioni fisiche e la produzione di senso. Ma tali sforzi di mediazione sono condannati a restare vani finché con­ tinuano a basarsi sulle premesse di una cosmologia dualistica, finché continuano a presumere resistenza di una natura universale che co­ dificano, o alla quale si adattano, le molteplici culture. Lungo Tasse che conduce da una cultura totalmente naturale a una natura total­ mente culturale non sapremmo trovare un punto di equilibrio, ma solo compromessi che si avvicinano a un polo o all’altro· Del resto, il problema è antico quanto Tantropologia stessa; come osserva molto bene Marshall Sahlins, quest^ltima è come un prigioniero costret­ to da più di un secolo a percorrere in lungo e in largo la sua cella, confinato tra il muro delle costrizioni dello spirito e quello delle de­ terminazioni pratiche.43 Sono pronto ad ammettere che questo genere di prigione abbia i suoi vantaggi. Il dualismo non è un male in sé, ed è un segno d^ngenuità stigmatizzarlo per ragioni puramente morali come fanno i filo­ sofi ecocentrici dell5ambiente, o ancora attribuirgli la responsabilità di tutti i mali dell^poca moderna, dall'espansione coloniale alla di­ struzione delle risorse non rinnovabili, passando per la reificazione delle identità sessuali o delle distinzioni di classe. Al dualismo, con la sua scommessa di una natura sottoposta a leggi proprie, dobbia­ mo quanto meno un formidabile impulso allo sviluppo delle scienze. Gli dobbiamo inoltre, per la sua credenza che l’umanità si civilizzi un po, alla volta esercitando un controllo sempre maggiore sulla na­ tura e disciplinando sempre meglio i propri istinti, alcuni vantaggi, soprattutto politici, che Taspirazione al progresso ha potuto genera­ re. L^ntropologia è figlia di questo movimento, del pensiero scien­ tifico e della fiducia nell'evoluzione, e non c è motivo di vergognarsi 98

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delle circostanze della sua nascita né di condannarla a scomparire per espiare i propri peccati di gioventù. Ma il suo ruolo mal si adatta a questa eredità; occorre comprendere come popoli che non condi­ vidono la nostra cosmologia abbiano potuto inventare per se stessi realtà distinte dalla nostra, testimoniando con questo una creatività che non può essere giudicata in base alle nostre realizzazioni. Ora, è proprio ciò che l’antropologia non può fare nel momento in cui dà per scontata, come un dato universale dell^sperienza, la nostra real­ tà, i nostri modi di stabilire discontinuità nel mondo e scoprirvi rap­ porti costanti, i nostri modi di ripartire entità e fenomeni, processi e modi di agire, all^nterno di categorie che sarebbero predeterminate dalla sostanza e dalla struttura delle cose. Certo, noi non cogliamo le altre culture come completamente ana­ loghe alla nostra - questo sarebbe ben poco verosimile. Le vediamo attraverso il prisma di una parte soltanto della nostra cosmologia, co­ me espressioni particolari della Cultura definita per contrasto a una Natura unica e universale; culture molto diverse, quindi, ma che ri­ spondono tutte al canone di quanto noi intendiamo attraverso que­ sta duplice astrazione. Essendo profondamente radicato nelle nostre abitudini, tale etnocentrismo è molto difficile da estirpare: agli occhi della maggior parte degli antropologi, come fa giustamente notare Roy Wagner, le culture periferiche dellOccidente moderno Knon of­ frono contrasti, o controesempi, rispetto alla nostra cultura, in quan­ to sistema totale di concettualizzazione; esse suggeriscono piuttosto delle comparazioni rispetto ad 'altri modi, di trattare la nostra pro­ pria realtà".^ Fare del dualismo moderno il modello di riferimento di tutti i sistemi del mondo ci costringe così a una sorta di canniba­ lismo benevolo, un^ncorporazione ripetuta dell^ggettivazione che i non Moderni fanno di se stessi nella nostra propria oggettivazione di noi stessi. A lungo considerati come radicalmente altri, e utilizzati di conseguenza come antitesi della morale civica o modelli di virtù scomparse, i selvaggi sono ormai pensati come dei vicini quasi tra­ sparenti, non più quei ''filosofi nudiJ, che lodava Montaigne, ma degli abbozzi di cittadini, dei protonaturalisti, dei quasi storici, degli eco­ nomisti in fieri, insomma, dei precursori barcollanti di un modo di comprendere le cose e gli uomini che noi avremmo saputo svelare e codificare meglio di chiunque altro. Si tratta di un modo di rendere loro omaggio, certo, ma, collocandoli nella nostra storia e categorie, è anche il miglior modo di far svanire il loro contributo alla compren­ sione della condizione umana. 99

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Se un tale etnocentrismo non rende illegittimo lo studio nei nostri propri termini dei sistemi di parentela o dei sistemi tecnici, esso di­ venta un ostacolo formidabile alla giusta comprensione di ontologie e cosmologie dotate di premesse che differiscono dalle nostre. A causa del suo dualismo costitutivo, infatti, Tantropologia non poteva non trattare questa parte dell^ggettivazione del reale che i non Moderni non sarebbero stati capaci ai portare a termine che come una prefi­ gurazione maldestra o un eco più o meno verosimile di quella che noi Moderni abbiamo realizzato, una variopinta mescolanza d’inferenze improprie, di logica mutilata e di suggestive proiezioni in grado di mostrare Tinfanzia della ragione e le origini contemporanee della su­ perstizione; insomma, un residuo di conoscenze positive che per noi acquista forma e senso solo rispetto alla massa solida dalla quale si era staccato. È questo scarto del sapere sulla natura che delizia Fantropologia religiosa da Frazer in poi, e niente è più sintomatico dello status derivato dei fenomeni di cui si occupa che l’epiteto “soprannaturaleJ, con cui li qualifichiamo ancora. Infatti, per quanto si cer­ chi di evitarlo, è difficile sottrarsi all^usione che per molti popoli il asoprannaturalewsia quella parte della natura che non hanno saputo spiegare, che l’intuizione di una causalità soprannaturale anticipi l’idea di una causalità naturale grazie alla quale questa intuizione potrà essere riformata; che nell^terpretare un arcobaleno, un'alluvione o una malattia come il risultato di una forza invisibile dotata d^tenzionalità, il “pensiero magico” scommetta su un determinismo universale che sa identificare attraverso i suoi effetti, senza discernervi ancora le vere cause. Ora, sembrerebbe più plausibile il contrario, come ave­ va ben visto Durkheim: uPerché di certi fatti si potesse dire che sono soprannaturali, bisognava già avere Timpressione che esiste un ordi­ ne naturale delle cose, cioè che i fenomeni dell^niverso sono legati tra loro secondo rapporti necessari, chiamati leggi. Una volta adotta­ to questo principio, tutto ciò che contravviene a queste leggi doveva necessariamente sembrare al di fuori della natura e, di conseguenza, della ragione>,.45 Come sottolinea Durkheim, questo punto di arrivo è tardivo nella storia dell^umanità perché deriva dallo sviluppo delle scienze positive intrapreso dai Moderni. Lungi dall’essere il segno di un determinismo incompiuto, il soprannaturale è piuttosto un’invenzione del naturalismo che rivolge alla sua genesi mitica uno sguardo compiacente, una sorta di recipiente immaginario dove sarebbe pos­ sibile riversare Teccesso di significati espresso da menti che riteniamo attente alle regolarità del mondo fisico, ma ancora incapaci di farse­ ne un5idea giusta poiché mancano del supporto delle scienze esatte. 100

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La tendenza a separare conoscenze legittime e residui simbolici con il setaccio del naturalismo è particolarmente evidente in quella mania tassonomica che consiste nell’isolare campi di ricerca specializzati che vengono battezzati con il nome di una scienza riconosciuta preceduta da ,-, es­ so viene in qualche modo naturalizzato dai contesti in cui opera, tanto da quelli specifici dell’ambito all’interno del quale si sviluppa, quanto da quelli in cui e inserito lo studioso che lo identifica.4In questo sen­ so, dunque, e contrariamente a forme universalizzanti dell'esperien­ za o della relazione quali i pattern culturali, Yhabitus è estremamente eterogeneo, dal momento che ciascuna delle sue espressioni riflette una delle modalità in cui si sono manifestate le molteplici competenze culturali di cui gli umani hanno dovuto dare prova in differenti mo­ menti della loro storia, allo scopo di esistere insieme in ambienti fisi­ ci e sociali molto diversi. Per quanto ragionevole, questa specificità d é ï habitus rende tuttavia difficile la comparazione dei modi in cui si manifesta concretamente e la comprensione come un insieme strut­ turato delle diverse combinazioni in cui interviene. Ora, mi sembra che sia possibile e necessario risalire più a monte, verso un nucleo di schemi elementari della pratica le cui differenti configurazioni permetterebbero di dar conto di tutta la gamma delle relazioni con gli esistenti, una sorta di matrice originaria dove gli ha­ bitus troverebbero la loro fonte e di cui conserverebbero una traccia percepibile in ciascuna delle loro manifestazioni storiche. In linea di principio, tale ipotesi non è molto lontana dall^dea avanzata da LéviStrauss quando scrive: Ogni bambino porta nascendo, e sotto forma di strutture menta­ li abbozzate, Tintegralità dei mezzi di cui Tumanità dispone dall^ternità per definire le sue relazioni con il Mondo e con gli Altri. Ma queste strutture sono esclusive. Ognuna di esse non può integrare che alcuni elementi, fra tutti quelli che sono offerti. Ogni tipo di organizzazione sociale rappresenta quindi una scelta, che il grup­ po impone e perpetua.5 A condizione tuttavia di precisare che questi Kmezzi di cui Fumanità dispone dall'eternità non si riducono solo a strutture mentali innate, ma costituiscono soprattutto un piccolo numero di schemi pratici interiorizzati che sintetizzano le proprietà oggettive di ogni relazione possibile con gli umani e i non umani. 112

GLI SCHEMI DELLA PRATICA

Questo ci riporta a una seconda difficoltà che incontra lo studio dei fattori strutturali, vale a dire Tassegnazione del loro status onto­ logico: le configurazioni strutturali, reperite dall5analisi in una qual­ siasi realtà sociale, sono espressioni epurate delle relazioni concrete che costituiscono la trama di questa realtà, oppure devono piuttosto essere concepite come modelli operativi costruiti dall’osservatore con una relativa libertà rispetto ai modelli espliciti formulati da co­ loro che osserva? In tal caso, inoltre, come valutare la pertinenza di queste strutture e dare conto del fatto che esse spiegherebbero il ca­ rattere sistematico delle norme, delle pratiche e dei comportamenti senza tuttavia essere comprese in modo cosciente? Sappiamo che la prima posizione, detta “realista”, fu illustrata in modo molto netto da Alfred Reginald Radcliffe-Brown: aLa struttura sociale designa la rete complessa di relazioni sociali che esistono realmente e che uniscono degli esseri umani individuali in un determinato ambiente naturale>,.6 Questa è anche la posizione che molti etnografi e socio­ logi contemporanei adottano spontaneamente quando descrivono i tratti strutturali delle società o dei gruppi che studiano: non si tratta di proprietà soggiacenti che possono comparire in combinazioni più vaste - nella scala per esempio di un5area culturale o di un tipo di fe­ nomeni -, ma di una formalizzazione induttiva di relazioni osservabili tra persone, spesso ispirata dai modelli attraverso i quali la collettivi­ tà osservata comprende e traduce la regolarità dei comportamenti al suo interno. Sul piano descrittivo in cui dunque si trova, Tadesione al postulato realista ha del resto una sua legittimità, a condizione di riconoscere che i risultati ai quali perviene, Tinterpretazione ad hoc di una società specifica, non sono utilizzabili come materiali di base per Telaborazione di una morfologia strutturale.7 Certo, è a Lévi-Strauss che dobbiamo la definizione alternativa della nozione di struttura. Ingannato dal proprio empirismo, Radclif£e-Brown avrebbe confuso le relazioni sociali con la struttura socia­ le. Le relazioni sociali offrono i materiali di osservazione impiegati dall^tnologo e dal sociologo per elaborare modelli astratti che ren­ dono manifesta la struttura sociale. In poche parole, uil principio fondamentale è che la nozione di struttura sociale non si rapporta alla realtà empirica, ma ai modelli costruiti in base a questa^.8Per es­ sere veramente strutturali, questi modelli devono ancora soddisfare altre condizioni: presentare un carattere di sistema, in modo tale che la modificazione di uno dei loro elementi implicherà una modifica­ zione prevedibile in tutti gli altri; inoltre, dal punto di vista di ogni famiglia di modelli, essi devono organizzarsi secondo una variazione 113

LE STRUTTURE DELL’ESPERIENZA

ordinata che definisce i limiti di un gruppo di trasformazione. Il mo­ dello strutturale così inteso presenta alcune caratteristiche del mo­ dello deduttivo di spiegazione causale che Newton ha utilizzato per rendere conto della realtà fisica e da cui Kant ha tratto le conseguenze filosofiche nella sua teoria della causalità sintetica. Lévi-Strauss stes­ so suggerisce questa analogia quando distingue i modelli meccani­ ci, strumenti privilegiati dell,analisi strutturale, dai modelli statistici, impiegati piuttosto dai sociologi e dagli storici. Un modello mecca­ nico ha la caratteristica di formulare relazioni tra elementi costituti­ vi che possiedono la stessa scala dei fenomeni del sistema reale; nei modelli statistici, invece, il comportamento dei singoli elementi non può essere previsto attraverso la conoscenza del modo in cui si com­ binano. Con questi due tipi di modelli, ritroveremmo dunque nelle scienze sociali la differenza di punti di vista che esiste fra meccanica e termodinamica.9 Eppure, i modelli strutturali di Lévi-Strauss possiedono una caratteristicä che li allontana notevolmente dal modello deduttivo di spiegazione causale: sono inconsci, o quanto meno sono i modelli incon­ sci a presentare il rendimento più elevato per Tanalisi strutturale.10 In questo senso, esistono come strutture nascoste superficialmente nella psiche, spesso mascherate alla coscienza collettiva degli attori sociali da modelli vernacolari la cui funzione normativa condanna a una semplificazione banalizzante. Quando dunque Tosservatore co­ struisce un modello strutturale corrispondente a fenomeni il cui ca­ rattere di sistema non è stato percepito dalla società che studia, non si accontenta sojo di presumere che la morfologia del suo dispositivo formale rappresenti le proprietà soggiacenti della società della quale vuole render conto, ma suppone anche che queste proprietà abbia­ no un5esistenza empirica, certo nascosta agli occhi di coloro che ne fanno un uso quotidiano, ma che unJanalisi abilmente condotta sa­ prebbe far emergere. Qual è dunque la natura di questo inconscio strutturale collettivo? E forse presente nella mente di ciascuno sotto forma d^mperativi cognitivi che restano impliciti pur essendo cul­ turalmente determinati? Oppure è distribuito nelle proprietà delle istituzioni che lo rendono manifesto alPosservatore? Come viene in­ teriorizzato da ogni individuo e con quali mezzi agisce per arrivare, alla fine, a determinare comportamenti ricorrenti traducibili in mo­ delli vernacolari? A questo genere di domande, Lévi-Strauss non apporta risposte molto precise. In effetti, Tinconscio strutturale non ha un contenuto, ma una funzione direttrice o “simbolica”, quella cioè d’imporre leggi 114

GLI SCHEMI DELLA PRATICA

molto generali alla forma che assumono i fenomeni sociali o i siste­ mi di idee oggettivate, come i miti o le classificazioni popolari. Così, le tre strutture elementari dello scambio matrimoniale - bilaterale, matrilaterale e patrilaterale - sarebbero sempre presenti nello spiri­ to umano in maniera inconscia in quanto ognuna di esse può essere attualizzata dal pensiero solo attraverso la contrapposizione con le altre due.11 Si tratterebbe dunque di categorie sintetiche generative di cui lo studio delle istituzioni sociali permetterebbe di trovare trac­ cia molto alla base, nel funzionamento della mente, e che farebbero considerare l’analisi sociologica come una semplice tappa di un’indagine di natura prima di tutto psicologica. Per quanto feconda, l’ipotesi dell’esistenza d’invarianti strutturali inconsce fondate su opposizioni contrastive non permette di chiarire quanto succede nella tappa intermedia. Come possono strutture mol­ to generali, rapportate a caratteristiche del funzionamento cognitivo, generare modelli di norme coscienti e, soprattutto, fornire un quadro organizzativo alle pratiche laddove queste, come accade il più delle volte, non sembrano essere rette da un repertorio di regole esplicite? Quest’ultimo punto è particolarmente significativo se consideriamo che lo stesso Lévi-Strauss si e impegnato soprattutto a dar conto di ambiti della vita sociale estremamente formalizzati, quali la parente­ la, le classificazioni totemiche ο Γorganizzazione spaziale, ambiti co­ dificati senza troppe ambiguità da numerose società, descritti con un linguaggio quasi standardizzato dagli etnografi e che, in effetti, pos­ siamo supporre essere retti da un piccolo nucleo di principi diretta­ mente collegabili con alcune proprietà del pensiero. La situazione è molto diversa quando ci troviamo di fronte a popoli poco inclini alla riflessività e che offrono solo modelli molto sommari della loro vita sociale, oppure ancora quando ci occupiamo del campo più infor­ me degli usi e delle abitudini quotidiane, dei gesti tecnici, dei com­ portamenti stereotipati, di tutti quegli automatismi distintivi propri di un ambito culturale, ma le cui determinazioni mentali sono molto meno facili da definire. Di fatto, Lévi-Strauss non si è assolutamente occupato delle me­ diazioni cognitive e pratiche che consentirebbero di passare da una combinatoria psichica molto epurata alla notevole diversità degli usi istituiti; questo non è, infatti, il livello di analisi che gli sembra più proficuo.12Il punto di vista che rivendica è quello dell^stronomo, co­ stretto dalla lontananza degli oggetti che studia a identificarne solo le caratteristiche essenziali, non quello del fisiologo, che cercherebbe invece di comprendere i meccanismi grazie ai quali le regolarità strut115

LE STRUTTURE DELL’ESPERIENZA

turali così individuate assumono una forma concreta per gli individui di una (determinata società. Ora, lungi dall’essere contraddittori, i due punti di vista sono piuttosto complementari, il secondo è infatti in­ dispensabile per convalidare le ipotesi del primo e per garantire che i modelli che ne risultano siano veramente riscontrabili, per quanto a un livello implicito, nel modo in cui le persone organizzano la loro esperienza. Lévi-Strauss sarebbe sicuramente d^ccordo, ma la ne­ cessità di questa seconda fase è espressa nel suo lavoro più attraverso la convinzione molto generale che esista una dimensione o wamerindiano5,). Esistevano da molto tempo tabelle rappresentan­ ti i caratteri nazionali - lo Spagnolo è orgoglioso, lltaliano portato all’amore • • . - , ma senza alcuna pretesa scientifica, anche se Buffon ne subì probabilmente l’influenza quando、 menziona il “naturale” tra i criteri di differenziazione delle razze. E solo con i primi incerti passi dell'antropologia che ci si e impegnati a classificare in maniera metodica le istituzioni umane in tipologie contrastive che ricoprono tutta la superficie del pianeta; sorgono allora coppie di opposizioni meno supernciali, gerarchizzate in termini di evoluzione: tra paren­ tela classificatoria e parentela descrittiva, famiglia consanguinea e gens o organizzazione gentilizia e società statale. Tutto accade dun­ que come se il naturalismo, istituito da una frattura tra umani e non umani esclusivamente basata sul tratto distintivo dell^nterionta, si fosse sforzato in seguito di far dimenticare la rusticità delle proprie origini ontologiche ricorrendo a una molteplicità di classificazioni dai criteri più diversificati per ricondurre gli umani nell5ambito della storia naturale e distinguerli fra loro attraverso variazioni dell’interiorità. Il pensiero naturalistico nutre del resto una predilezione per le classificazioni basate sulle tabelle di attributi. Lo provano quelle grandi carte di autenticazione retroattiva che sono le classificazioni delle scienze, quelle di Comte o di Ampère, per esempio. E, non sa­ rà sfuggito al lettore, lo prova anche questo libro.

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PARTE QUARTA

GLI USI NEL MONDO

Cio ìndica che il m od o di vedere la natura di ogni p o p o lo determ ina le sue istituzioni. RALPH WALDO EMERSON,

English Traits

11 L’ISTITUZIONE DEI COLLETTIVI

Polivalenti in quanto dipendono, per ipotesi, da disposizioni uni­ versali, i modi d'identificazione assumono un^sistenza pubblica nella forma di ontologie che privilegiano uno specifico modo d’identificazione come principio di organizzazione del sistema degli esistenti. Ciascuna di queste ontologie prefigura, a sua volta, il genere di col­ lettivo più adatto a riunire in un destino comune i vari tipi di esseri che distingue e a esprimere in modo complementare le loro proprietà nella vita pratica. Così inteso, un collettivo corrisponde parzialmen­ te, ma solo parzialmente, a quanto chiamiamo sistema sociale.1Se si prendono sul serio le idee, molto diverse, che i popoli si sono forgiati delle loro istituzioni nel corso della storia, dobbiamo constatare che queste portano raramente a isolare il sociale in un regime separato di esistenza e di precetti che reggono esclusivamente la sfera delle attività umane. Di fatto, bisognerà attendere la maturità del natura­ lismo perché un corpo di discipline specializzate si prefigga il sociale come oggetto e proceda di conseguenza a individuare e a oggettiva­ re questo ambito della pratica in ogni luogo, e senza molto riguardo per le concezioni locali, come se le sue frontiere e il suo contenuto fossero dappertutto identici a quelli che gli abbiamo assegnato. Del resto, anche quando vengono prese in considerazione, le “teorie sociologiche” vernacolali sono spesso mutilate in modo da lasciarvi sussistere solo ciò che riguarda il governo degli umani: concezioni della parentela, del potere, della divisione del lavoro, delle gerarchie degli status, tutto questo acquisisce rilievo sullo sfondo della filoso­ fia politica e della sociologia dei Moderni, e in base a questo metro diventa immediatamente incongruo; necessita quindi quelle copiose spiegazioni che Γantropologia si ritiene in dovere di fornire per dar conto dell’unità delle disposizioni sociali dietro alle differenze appa283

GLI USI NEL MONDO

renti delle loro espressioni istituite. Ora, lungi dall^ssere un presup­ posto fondatore da cui tutto deriva, il sociale risulta, al contrario, dal lavoro di raggruppamento e di ripartizione ontologica dei soggetti e degli oggetti che ogni modo d’identificazione porta a operare. Non si tratta quindi di ciò che spiega, ma di ciò che deve essere spiegato. Se ammettiamo questo, se riconosciamo che gran parte dell'umanità non ha operato, fino a tempi molto recenti, delle distinzioni nette fra naturale e sociale, né pensato che il modo di trattare gli umani e i non umani dipendesse da dispositivi completamente separati, dobbiamo allora considerare i diversi modi di organizzazione sociale e cosmica come una questione di distribuzione degli esistenti in collettivi di­ stinti: chi va con chi, in che modo e per fare cosa? A OGNI SPECIE IL SUO COLLETTIVO

Il modo d'identificazione animistico ripartisce umani e non uma­ ni in tante specie αsociali,5 quante sono le forme-comportamenti. Le specie dotate di un’interiorità analoga a quella degli umani sono così ritenute vivere all’intemo di collettivi che possiedono una struttura e delle proprietà identiche: si tratta di società a tutti gli effetti, con i loro capi, sciamani, rituali, abitazioni, tecniche e artefatti, con i loro raduni, coalizioni e dispute, che prowedono alla propria sussistenza e si sposano nel rispetto delle regole, e dove la vita in comune, come viene descritta dagli umani, permetterebbe di completare tutte le ru­ briche abituali di una monografia etnologica. Qui, per aspecie,J, non bisogna del resto intendere esclusivamente umani, animali e piante, poiché quasi tutto ciò che esiste ha una vita sociale; come scrive Wal­ demar Bogoras a proposito dei Ciukci della Siberia orientale, upersino le ombre sui muri formano tribù particolari e hanno il loro paese dove abitano in capanne e vivono di caccia”·2Dove vige l’animismo, i membri di ciascuna tribù-specie condividono pertanto uno stesso aspetto, uno stesso habitat, uno stesso comportamento alimentare e sessuale, e sono in linea di principio endogami. Certo, le unioni in­ terspecifiche non sono sconosciute, soprattutto nel mito, ma queste esigono che uno dei congiunti si spogli, appunto, dei suoi attributi di specie per farsi riconoscere dal proprio partner come identico a sé. Capita anche che un membro di una tribù-specie possa godere di una sorta di affiliazione supplementare a unJaltra tribù-specie. Que­ sto vale in particolare per gli sciamani che, per eccellenza, sono in grado di passare dai collettivi umani a quelli animali. Così, presso 284

^ISTITUZIONE DEI COLLETTIVI

i Wari’ del Brasile, un uomo diventa sciamano quando uno spirito animale (jami karawa) introduce in lui degli elementi del proprio ci­ bo che porta distribuiti nel corpo: in genere gusci di achiote, semi o frutti. Attraverso questa azione, che equivale a stabilire una relazione di wcommensalita , lo spirito animale stringe un potente legame con un essere umano il quale permette a quest'ultimo di avvalersi della collaborazione della specie corrispondente. Gli jami karawa si pre­ sentano, in effetti, come animali ordinari, ma sono invisibili ai profa­ ni, e il loro corpo è abitato da uno spirito di forma umana che solo lo sciamano ha la facoltà di percepire con le sembianze di un qualsiasi Wari5, almeno quando si tratta del rappresentante della specie che lo ha prescelto. In seguito al trapianto del cibo, lo jami karawa diven­ ta Tamico dello sciamano e suo suocero potenziale dato che Tuomo, dopo la morte, si trasformerà in un animale della stessa specie del proprio compagno e sposerà una delle sue figlie. Il legame così creato vieta allo sciamano di uccidere e consumare animali della specie che 10 ha accolto, conferendogli in cambio il potere dlntercedere quan­ do una malattia che questi hanno inviato va a colpire un membro umano della propria comunità/ Presso gli Waorani dell5Amaz2 〇nia ecuadoregna, al contrario, sono alcuni animali a chiedere di essere integrati nel collettivo umano, e non degli umani a essere invitati ad affiliarsi a un collettivo animale: gli sciamani {menerà, letteralmen­ te ''genitori di giaguarow) vengono scelti come padri adottivi da uno spirito giaguaro che manifesta la propria volontà nel corso dei sogni e in seguito si reca regolarmente, di notte, a far visita alla sua nuova famiglia, esprimendosi per bocca dello sciamano.4In entrambi i casi, 11fatto di essere incorporati in un altra tribù-specie come una sorta di cittadini onorari non sospende affatto Tappartenenza alla tribùspecie originaria, né implica la perdita degli attributi di forma e di comportamento che le sono associati. La “natura” e il “sovrannaturale” animistici sono quindi popolati da collettivi sociali con i quali i collettivi umani stringono delle re­ lazioni in conformità a norme supposte essere comuni a tutti. In ef­ fetti, umani e non umani non si accontentano solo di scambiarsi dei punti di vista, quando lo fanno; si scambiano anche e soprattutto dei segni, talvolta preludio di scambi di corpo, in ogni caso indicazioni che, nelle loro interazioni pratiche, essi si comprendono reciproca­ mente. E tali segni non possono essere interpretabili dagli uni e dagli altri se non a condizione di essere basati su istituzioni che li legitti­ mano e conferiscono loro un senso, garantendo così che i frainten­ dimenti nella comunicazione interspecifica siano ridotti al minimo. 285

GLI USI NEL M ONDO

È proprio come figlio che il giaguaro waorani chiede di essere adot­ tato, non come genero; è come suocero che il giaguaro wari' sceglie uno sciamano, non come padre; è come cognato che la scimmia la­ nosa si presenta al cacciatore achuar, non come fratello. Ognuno di questi registri viene espresso in enunciati ritenuti comprensibili da entrambi gli interlocutori, non solo per il fatto di essere espressi nella medesima lingua, ma anche in ragione della loro conformità a un sistema di comportamenti e di obblighi condivisi dai membri dei due collettivi in relazione. A partire da quale modello questi collettivi sociali isomorfi sono concepiti? Da quello della società umana, owiamente, o almeno dal modello di quella particolare società che attribuisce la propria orga­ nizzazione interna, il proprio sistema di valori e il proprio modo di vi­ ta ai collettivi di persone non umane con i quali interagisce. E tuttavia questa risposta non è così scontata; mi riferisco soprattutto agli autori che ne criticano il sociocentrismo implicito. Ingold, in particolare, è caldamente insorto contro Tidea che i cacciatori-raccoglitori possano ricorrere alla loro esperienza delle relazioni tra umani per modella­ re concettualmente le loro relazioni con i non umani, per il fatto che udelle azioni che, nella sfera delle relazioni umane, sarebbero considerate come m 2111ifestäziorii di un pratico nel mondo finirebbero con l’essere viste, nella sfera delle relazioni con l’ambiente non umano, come esempi della sua costruzione metaforica,>.5Ingold esprime questa considerazione nel contesto di un’analisi critica di un articolo di Nurit Bird-David in cui quest^tim a sviluppa Tipotesi se­ condo cui i cacciatori-raccoglitori concepiscono il loro ambiente non come un luogo neutro che fornisce loro sussistenza, ma nella forma di un’entità che, come un genitore, si preoccuperebbe di nutrire i propri figli senza aspettarsi nulla in cambio; la loro percezione dell^mbiente sarebbe quindi retta da una metafora inconscia, wla foresta è co­ me un genitore,,) cosa del resto che i Nayaka del Tamil Nadu e i Pig­ mei Bambuti del Congo dicono esplicitamente.6Ora, Ingold contesta che si possa legittimamente parlare in questo caso di una metafora: per i cacciatori-raccoglitori, non esiste un mondo della società e un mondo della natura, dove il primo verrebbe proiettato sul secondo come principio organizzatore, ma un unico mondo in seno al quale gli umani vengono considerati come degli “organismi-persone’ cne intrattengono indiscriminatamente delle relazioni con tutti gli altri esistenti. Non è possibile tracciare demarcazioni assolute tra queste diverse sfere d'implicazione, ma tu tt^ più isolare dei segmenti con­ testualmente delimitati allJinterno di un unico campo di relazioni; le 286

L’ISTITUZIONE DEI COLLETTIVI

relazioni che reggono le interazioni con le piante e con gli animali non possono quindi essere colte come metafore di quelle che strut­ turano le relazioni tra gli umani. La critica è pertinente e può essere applicata anche ad alcune in­ terpretazioni delle società che chiamo animistiche. Occorre pertan­ to precisare che Tuso che queste società fanno di categorie prese dal campo delle relazioni tra umani per qualificare delle relazioni con i non umani (o fra i non umani) non dipende affatto da una proiezione metaforica; come fa notare Ingold, tale interpretazione non farebbe che riproporre una distinzione tra natura e società estranea alle pra­ tiche locali. Nei collettivi animistici, le categorie sociali operano sem­ plicemente come una sorta di comode etichette che permettono di descrivere una relazione, indipendentemente dallo status ontologico degli elementi che questa mette in rapporto. AllJinterno del limitato numero di relazioni che è possibile stringere con gli esistenti, ogni gruppo umano ne seleziona alcune alle quali attribuisce una funzio­ ne direttiva nelle proprie interazioni con il mondo. Ora, Tetnografia delle società animistiche mostra chiaramente che queste relazioni po­ livalenti vengono sistematicamente espresse nel linguaggio dei rap­ porti stabiliti tra gli umani, piuttosto che in quello dei rapporti tra i non umani. In Amazzonia,nell’America subartica come nella Siberia settentrionale, i legami che uniscono tra loro gli animali o gli spinti,e questi con gli uomini, vengono sempre descritti con un vocabolario ricavato dal registro della sociabilità tra umani: l’amicizia,l’alleanza matrimoniale, l’autorità dei fratelli maggiori sui cadetti, l’adozione, la rivalità fra tribù, la deferenza nei confronti degli anziani. Contro Tinterpretazione metaforica, Ingold sostiene che si potrebbe dire in­ differentemente aun genitore è come la foresta^ e wla foresta è come un genitore”;è vero, solo che di fatto non si dice (se non, appunto, in senso metaforico), così come non si dice che gli umani siano per la foresta come parassiti vegetali nei confronti dei loro ospiti o come piante rispetto ali5humus che le fa crescere.7 Se è del tutto legittimo criticare il sociocentrismo degli antropologi, sarebbe assurdo rimproverarlo alle popolazioni che studiano. Poiché, di fatto, non esistono esempi nelle società animiste in cui le relazioni tra umani sono definite attraverso espressioni che denota­ no delle relazioni tra non umani. Fanno eccezione i rari casi in cui i due tipi di relazioni coincidono perfettamente a causa della somi­ glianza delle azioni che implicano: così, il vocabolario della guerra fa talvolta ricorso a una terminologia che evoca il comportamento degli animali predatori. In genere, in queste società, non si trovano 287

GLI USI NEL MONDO

nemmeno termini specifici per designare alcune relazioni ecologiche tra organismi non umani che sono tuttavia facilmente osservabili, come il parassitismo o la simbiosi, anche se, in pratica, queste rela­ zioni sono note e vengono spesso utilizzate nei miti per le loro pro­ prietà contrastive e le loro virtù analogiche; malgrado questo, esse non vengono indicate con termini specifici, Dasta infatti il semplice accenno alle piante o agli animali interessati a evocarle per metoni­ mia.8 In breve, nel mondo animistico, le relazioni tra non umani e quelle tra umani e non umani vengono caratterizzate come relazioni tra umani, non l’inverso· È vero che definire affinità, amicizia o rispetto come comporta­ menti tipici degli umani potrebbe essere visto come un pregiudizio antropocentrico che ci indurrebbe a cogliere termini o espressioni vernacolari designanti dei comportamenti codificati come se si ap­ plicassero originariamente solo alla sfera delle realtà umane. Non potremmo forse immaginare che la loro configurazione semantica includa da subito le relazioni con i non umani? L^so che ne verreb­ be fatto in questo ambito non potrebbe più, di conseguenza, venire considerato come un'estensione del loro campo di applicazione ori­ ginario. E tuttavia questo sembra improbabile dal momento che le relazioni estremamente concrete tra umani con cui vengono qualifi­ cate le interazioni tra umani e non umani non possono essere osser­ vate in quanto tali (owero nella totalità del loro contenuto umano) nelle relazioni che gli umani intrattengono con le piante e con gli ani­ mali, così come nelle relazioni che i non umani stabiliscono fra loro. Vediamo come stanno le cose presso gli Achuar. Questi distinguo­ no tre grandi tipi di relazioni tra umani e non umani: una relazione di maternità tra le donne e le piante che coltivano, prima di tutto la manioca; una relazione di affinità tra gli uomini e gli animali che cac­ ciano; una relazione di parziale domesticazione nei confronti degli animali da compagnia raccolti in giovane età nel corso di una bat­ tuta di caccia oppure trovati. Per quanto concerne la prima relazio­ ne, è vero che dei comportamenti materni possono essere riscontrati anche presso alcuni non umani. Tuttavia, il legame materno stretto dalle donne achuar nei confronti della manioca, e mantenuto da un flusso continuo d5incantesimi che si rivolgono all'anima dei loro bam­ bini-foglie, è di tutt'altra natura rispetto a quello di cui fanno espe­ rienza con i loro figli umani o che possono osservare nell^mbiente: non partoriscono piante, anche se si comportano come se lo facesse­ ro propagandole per talea; non le allattano, anzi devono protegger­ si dalle loro tendenze vampiresche, dato che si dice che la manioca 288

L’ISTITUZIONE DEI COLLETTIVI

succhi il sangue di coloro che vengono in contatto con le sue foglie; non mangiano i propri figli umani mentre mangiano la loro proge­ nitura vegetale, e nutrono pure i primi con la seconda. Non si trat­ ta quindi di relazioni esattamente equivalenti: la relazione con i figli umani fornisce Tatmosfera generale che permette di descrivere quel­ la con le piante coltivate nei termini di un atteggiamento materno in cui rientrano, in egual misura, sollecitudine e fermezza. Quanto alla relazione di affinità, specialmente quella tra cognati, essa è impossi­ bile da riscontrare presso i non umani: il cacciatore non ha relazioni sessuali con le femmine della specie di cui costituisce un cognato ge­ nerico, non è asservito agli spiriti signori della selvaggina come lo è nei confronti del proprio suocero e mai l’osservazione attenta delle scimmie lanose o dei tucani gli permetterà di dedurre che praticnino lo scambio delle sorelle come si dice che facciano, e come gli Achuar preconizzano per se stessi. Anche in questo caso, è Γatmosfera della relazione di affinità tra uomini, fatta di rivalità, di contrattazioni, di ostilità reale o potenziale, a conferire il suo tono particolare alla re­ lazione con la selvaggina. L^ddomesticamento parziale di alcuni animali" è un caso specia­ le. In effetti, questa relazione molto comune di acquisizione di fa­ miliarità e confidenza non riguarda solo gli animali selvatici abituati a vivere in casa, ma caratterizza anche il legame degli sciamani nei confronti dei loro animali e spinti ausiliari, una concezione che Car­ los Fausto ha mostrato essere diffusa in tutta TAmazzonia.9Inoltre, questo rapporto di dipendenza e di controllo relativi che gli umani riescono a imporre ad alcuni non umani di diversi tipi è ugualmente impiegato, in certi contesti, per indicare una relazione tra umani: è attraverso questo processo che viene descritta la tenera e progressi­ va assuefazione reciproca degli sposi nel corso della vita coniugale. Tale uso non fa che sottolineare la dimensione umana propria della relazione ai domesticazione che, di fatto, viene sempre esercitata per iniziativa degli Amerindiani, tanto nei confronti degli animali, allo scopo d’includerli nella comunità domestica, dove vengono trattati con Taffetto un p 〇}brusco riservato agli orfani, quanto nei confron­ ti degli assistenti dello sciamano, addomesticati perché accettino di mettere al suo servizio i loro poteri non umani. Aggiungiamo che Tadozione dei piccoli di una specie da parte di un’altra specie resta un fenomeno molto raro fra gli animali allo stato selvatico e può quin­ di difficilmente fornire un modello analogico per la domesticazione * Vedi capitolo 15, p. 427, nota di traduzione.

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praticata dagli umani. A dire il vero, gli Achuar affermano che gli spiriti signori della selvaggina considerano le specie che proteggono come animali da compagnia, ma nessun Achuar ha mai dichiarato di aver avuto occasione di contemplare uno spirito, del resto invisibile, mentre addomesticava un branco di pecari. Nel caso degli Achuar, come per tutte le società animistiche, bisogna quindi ammettere che gli schemi generali di relazione che vengono applicati indifferente­ mente agli umani e ai non umani possono essere rappresentati ed enunciati solo attraverso le forme abituali che queste relazioni assu­ mono nei rapporti tra gli umani. Essi non attingono allambito della fitosociologia né a quello dei comportamenti animali. Tale inclinazione dei popoli animistici per una definizione asociocentrica” delle relazioni con le persone non umane ha le sue buone ragioni. In primo luogo, le relazioni tra umani sono immediatamente disponibili, praticate nella quotidianità e sempre contrassegnate sul piano linguistico, anche solo con il vocabolario della parentela; inve­ ce, le relazioni tra i non umani possono essere formalmente simili a quelle tra umani, quindi esprimibili con gli stessi termini (maternità, relazione coniugale, rivalità, predazione...) oppure essere più difficili da definire in modo preciso. Ricordiamoci che si è dovuto aspetta­ re il XX secolo perché fenomeni come il parassitismo, il commensal­ ismo,* la successione biotica,** la catena trofica o la complementarità delle nicchie venissero definiti e indicati con termini specifici da parte dell^cologia scientifica. Inoltre, le relazioni tra umani sembra­ no più formalizzate: il loro contenuto viene specificato da regole di condotta esplicite e la loro normatività e sostenuta dalla ripetizio­ ne prevedibile dei comportamenti prescritti. Infine, queste relazioni permettono variazioni più ampie rispetto alle interazioni osservabili tra i non umani in quanto possono essere modulate dalla pratica e la loro conformità alla regola viene sottoposta alla valutazione di tutti; resistenza di differenze nelle espressioni istituite diventa ancora più evidente quando tali relazioni vengono comparate, con sguardo cri­ tico, alle forme che assumono nelle società vicine, esercizio che ha * Il commensalismo è una αrelazione tra due specie (animali o vegetali) da cui una delle due trae un vantaggio, sfruttando le risorse trofiche dell’altra, senza che quest’ultima ne riceva vantaggio o danno” (Enciclopedia Treccani on line). Λハ丄)er successione biotica o ecologica s’intende la successione di modifiche che si verificano nel tempo in un ecosistema per effetto delle comunità che lo popolano. Questo concetto nasce in ambito botanico per descrivere le successive modifiche de­ terminate nel suolo dagli organismi che lo popolano e che rendono possibile a loro volta ¡’avvicendarsi di specie diverse.

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sempre appassionato tutti i popoli. Rispetto alle relazioni che pos­ sono essere individuate nell^mbiente non umano, quelle tra umani si presentano così come degli schemi astratti e riflessivi più comodi da manipolare, più agevoli da memorizzare e a cui è più facile ricor­ rere in modo estensivo. Nelle ontologie animistiche funzionano per­ tanto come modelli cognitivi flessibili ed efficaci che permettono di concettualizzare i rapporti degli umani con tutte le entità dotate di un’interiorità analoga alla propria.10 Un collettivo animistico si presenta dunque come una specie in cui le relazioni sono definite in base a quelle che gli umani stringo­ no tra loro. Ma è una specie di un genere molto particolare, che non corrisponde affatto alla definizione del naturalista. E vero che si trat­ ta, in entrambi i casi, di un gruppo di individui conformi a un tipo. Tuttavia, per le scienze naturali, è fuori questione fare intervenire il punto di vista dei membri di una specie nella definizione dei suoi at­ tributi e delle sue frontiere tassonomiche, se non forse nella forma di quella minima identificazione reciproca che una comunità di riproduzione presuppone. Fatta eccezione per la specie umana - che può oggettivarsi come tale grazie al privilegio riflessivo che le confe­ risce la propria interiorità -, si ritiene dunque che i membri di tutte le altre specie naturali non sappiano nemmeno di appartenere a un insieme astratto che lo sguardo esterno del tassonomista ha isolato nella trama del vivente secondo criteri classificatori propri. Al con­ trario, i membri di una specie animistica sono detti avere coscienza di formare un collettivo particolare, dotato di proprietà di forma e di comportamento distinte; questa consapevolezza di sé in quanto parte di un tutto dipende inoltre dal riconoscimento del fatto che i membri delle altre specie li percepiscono da un punto di vista diverso dal loro, di cui occorre appropriarsi per potersi sentire veramente se stessi. Nella classificazione naturalistica, la specie A si distingue dal­ la specie B in quanto è stabilito dalla specie C grazie alle particolari capacità di discernimento razionale che la sua umanità le conferisce; nell^dentificazione animistica, sono consapevole di appartenere al­ la specie A non solo in quanto sono diverso dai membri della specie B per evidenti caratteristiche, ma anche perché l’esistenza stessa di B mi permette di sapere che sono diverso, dato che non ha su di me lo stesso punto di vista che ho io. In questo caso, insomma, la pro­ spettiva del classificatore presunto deve essere assorbita dal classifi­ cato affinché questi possa veramente percepirsi come distinto da lui. Tale meccanismo dell·alterità costituente è molto diverso dal­ la semplice rappresentazione di se stessi attraverso quella sorta di 291

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specchio offerto dagli altri, che è un modo universale per assumere un’identità individuale e collettiva. In alcuni casi, esso porta infatti a una totale identificazione con il punto di vista dell,altro. In Amazzonia, questo meccanismo assume una forma esemplare che Vivei­ ros de Castro, scrivendo sui gruppi tupi, ha felicemente chiamato il “cogito cannibale ”:l’antropofagia rituale dei Tupi-Guaraní non è una forma di assorbimento narcisistico di qualità o di attributi, né un’operazione di differenziazione contrastiva (io non sono colui che mangio), quanto piuttosto un tentativo di αdiventare-altroincor­ porando la posizione che il nemico occupa rispetto a me, e questo mi consente di uscire da me stesso per potermi cogliere dall'esterno come una singolarità (è colui che mangio che definisce chi sono).11 L’esocannibalismo,*la caccia alle teste,l’appropriazione di diverse parti del corpo del nemico, la cattura di persone nelle tribù vicine, tutti questi fenomeni indissolubilmente legati alla guerra nei bassopiani dell^America del Sud rispondono così a una medesima necessi­ tà: non si può costruire il proprio sé senza assimilare concretamente persone e corpi estranei, non in quanto sostanze che apportano vita, trofei che conferiscono prestigio o prigionieri che forniscono forza lavoro, ma come indicatori dello sguardo esterno che portano su di me a causa della loro diversa provenienza. La guerra non è Tunico modo di ottenere questo risultato. Sempre in Amazzonia, le differenti tribù dell^nsieme linguistico pano utiliz­ zano la parola nawa come termine generico per designare in modo peggiorativo gli stranieri e come affisso per costruire degli autonimi: indica al tempo stesso ciò a cui ci si oppone e ciò in cui ci si identifi­ ca. Numerosi aspetti della vita sociale dei gruppi pano confermano questa disposizione paradossale, che ha indotto Philippe Erikson a scrivere a loro proposito: 'Tossiamo tuttavia spingerci [...] fino ad affermare che lo straniero non è solamente percepito come una sor­ ta di riserva di potenza bruta che si tratterebbe di socializzare [...], ma che è più esattamente definito come il modello, se non il garante, delle virtù costitutive della società,?.12 Ed è qui che il tema del pro­ spettivismo sviluppato da Viveiros de Castro assume il suo pieno si­ gnificato. Infatti, anche nei collettivi animistici in cui non si afferma esplicitamente che gli animali che si vedono come umani colgono gli * Forma di cannibalismo praticata sui membri di un gruppo o di una società di­ versi dai propri. 一 Per “autonimo” s’intende il nome con cui una comunità designa se stessa, per distinzione dal nome che le viene attribuito dall’esterno.

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umani come non umani, esistono numerose indicazioni che mostra­ no come Tidentità si definisca innanzitutto attraverso il punto di vista su di sé che adottano i membri di altri collettivi, posti in questo mo­ do in una posizione di osservatori esterni - i morti, i Bianchi, la sel­ vaggina, gli spiriti, persino Tetnologo (il quale può tuttavia occupare diverse posizioni allo stesso tempo). Non è quindi necessario essere bellicosi e avere dei nemici per potersi vedere attraverso lo sguardo di un’altra tribù-specie: i molto pacifici Chewong della Malesia lo fanno quando attribuiscono a degli animali o a degli spiriti un punto di vista sul mondo, e quindi su di loro, differente dal proprio. Agli occhi di un Chewong, la tigre e l’elefante si sbagliano forse quando li vedono per quello che non sono, ma questo errore, per il semplice fatto che attesta la capacità di avere un punto di vista diverso dal suo, è indispensabile per situarlo nel proprio collettivo. Insomma, un qui pro quo accettato è alla base della definizione della specie animistica in quanto collettivo, a differenza della definizione di specie naturale dove, al contrario, si cerca a ogni costo di identificare ogni partico­ lare classe in modo inequivocabile. UNA NATURA ASOCIALE E DELLE SOCIETÀ ESCLUSIVE

La formula sociologica del naturalismo è quella più semplice da definire, anche quella più intuitiva in quanto corrisponde al senso di evidenza assoluta che la doxa moderna ha instillato in noi. È quella che impariamo a scuola, che i media veicolano, che il pensiero eru­ dito elabora e commenta: gli umani sono ripartiti in collettivi diffe­ renziati da lingue e da costumi - le culture -, escludendo ciò che esiste indipendentemente da loro - la natura. E inutile attardarsi a dare esempi di questo dogma fondatore e raramente messo in discussio­ ne che filosofia, scienze e senso comune condividono, tanto più che la prima parte di questo libro ha già ripercorso la sua genesi storica e sottolineato le sue particolarità. Ricorderemo solo qualche fatto sparso a dimostrazione del suo vigore in quest’inizio del XXI secolo. Numerosi etologi, come abbiamo visto, sono pronti ad ammettere che gli scimpanzé si distinguano tra loro in virtù di “culture” tecniche diverse, mentre la nozione più antica di “società animali” continua a suscitare reticenze e controversie. Esistono certo delle specie usociali”, i cui membri non possono, salvo rare eccezioni, che vivere e sopravvivere in collettività. Ma tali aggregati, dobbiamo notare, non costituiscono l’equivalente di una società umana, anche se sono pro293

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fondamente integrati e solidali, in quanto sono privi della coscienza di formare un tutto che risulta dalla scelta riflessiva di associarsi, co­ me pure della facoltà di darsi regole nuove per esercizio del libero arbitrio. L’ossessione degli etologi che studiano i primati superiori è del resto cadere nell5antropomorfismo interpretando impropria­ mente il comportamento delle grandi scimmie sulla base dell,ana­ logia con quello degli umani. Di qui, la proliferazione di nozioni ad hoc destinate a demarcare chiaramente Fetologia degli animali dalla sociologia degli umani: la dominanza non è dominazione, la coopera­ zione non è reciprocità, e Taltruismo, a dispetto della sua ambiguità, non corrisponde esattamente al sacrificio eroico di sé compiuto per il bene della comunità. D ^ tro canto, il pensiero razzista ordinario ha smesso d'invocare le differenze naturali tra esseri umani che erano un tempo sottolineate dalle teorie razziali —l’inibizione suscitata dalla condanna pubblica delle loro orribili conseguenze ha forse influito per giustificare la propria avversione per l’alterità con il pericolo di mescolare culture incompatibili: a ognuno il proprio mondo e i pro­ pri costumi, certo, ma fissati in territori distinti. Gli etologi piu incli­ ni a riconoscere la cultura alle grandi scimmie mantengono dunque il principio che i collettivi umani non abbiano equivalenti in natura, mentre gli xenofobi occidentali meno aperti alla diversità tra umani riconoscono nondimeno come un fatto Teterogeneita delle culture e l’unita biologica del genere umano. È evidente che, in questo caso, il paradigma dei collettivi e la so­ cietà umana - di preferenza quella che si e sviluppata in Europa e ne­ gli Stati Uniti a partire dalla fine del XVIII secolo - per contrasto con una natura anomica. Gli uomini si associano liberamente, si danno regole e convenzioni che possono scegliere d’infrangere, trasformano il loro ambiente e si spartiscono compiti diversi al fine di produrre i propri mezzi di sostentamento, creano segni e valori che fanno circo­ lare, accettano un^utonta e si riuniscono per deliberare sugli affari pubblici; insomma, fanno tutto ciò che gli animali non fanno. Ed è sullo sfondo di questa differenza fondamentale che emerge l’unità delle proprietà distintive che vengono attribuite ai collettivi umani. Come dice Hobbes con la sua notevole concisione: αNiente conven­ zioni con le bestie P Certo, Γevoluzionismo sociale ha introdotto delle gradazioni m questa originaria scissione rispetto al mondo dei non umani, ed esse continuano a sussistere sotto forma di pregiudi­ zi: alcune culture sono considerate piu vicine alla natura (adesso è diventato un tratto positivo) in quanto modificano poco il loro am­ biente e non mettono in mostra il pesante apparato degli Stati, delle 294

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divisioni sociali e degli strumenti coercitivi. Ma nessuno, neppure i razzisti più retrogradi, si spingerebbe ad affermare che tali società abbiano preso le loro istituzioni dagli animali. Se animismo e naturalismo erigono entrambi la società umana a modello generale dei collettivi, lo fanno in modo molto diverso fra loro. L^nimismo, nella sua attribuzione di sociabilità, è di una libe­ ralità senza limiti, mentre il naturalismo, più parsimonioso, riserva l’appannaggio del sociale a tutto ciò che non è naturale. L’antropologià convenzionale esprimerebbe questo dicendo che, nel primo caso, la αnatura e pensata per analogia alla “cultura” mentre, nel secondo caso, la wcultura e pensata come ciò che si distingue dalla “natura”. Siamo abituati anche a etichettare questi due approcci (Papertura “proiettiva” e la chiusura dualistica) come varianti dell’antropocentrismo. Ma solo il naturalismo è veramente antropocentrico poiché definisce i non umani in maniera tautologica in base alla loro man­ canza di umanità e poiché è nell'uomo e nei suoi attributi che risiede il modello di dignità morale di cui gli altri esistenti sono sprovvisti. Niente di tutto questo nell,animismo, dal momento che i non umani condividono la stessa condizione degli umani e questi ultimi riser­ vano a se stessi solo il privilegio di attribuire agli altri esistenti istitu­ zioni identicìie alle proprie in modo da poter stringere con loro delle relazioni fondate su norme di comportamento condivise. L'animismo è quindi antropogenico piuttosto che antropocentrico, nella misura in cui fa derivare dagli umani tutto ciò che è necessario affinché dei non umani possano essere trattati come umani.14 COLLETTIVI IBRIDI DIVERSI E COMPLEMENTARI

Da più di un secolo, il totemismo è inteso come una forma di or­ ganizzazione sociale in cui gli umani si ripartiscono in gruppi inter­ dipendenti i cui caratteri distintivi sono presi in prestito dal regno delle specie naturali. Tali gruppi immaginano di aver ereditato da queste alcuni dei loro attributi oppure sospirano, per distinguersi fra loro, agli scarti contrastivi che le specie eponime mettono in mostra. Ora, questa visione sociocentrica ha lo svantaggio d^ntrodurre una dicotomia analitica tra la sistematica sociale e la sistematica natura­ le che pare assente nelle concezioni ontologiche di quei utotemisti5, per eccellenza che sono gli Aborigeni australiani. Per questo moti­ vo, è preferibile definire il totemismo come un sistema in cui umani e non umani sono distribuiti congiuntamente in collettivi isomorfi e 295

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complementari (i gruppi totemici), a differenza dell’animismo dove umani e non umani sono distribuiti separatamente in collettivi ugual­ mente isomorfi, ma autonomi. Nella metà cacatoa dei Noongar del Sudovest dell’Australia, troviamo in effetti, oltre ai cacatoa, la metà umana della tribù, ma anche aquile, pellicani, serpenti, zanzare, ba­ lene, insomma tutto un aggregato di specie diverse di cui sarebbe va­ no cercare un equivalente negli insiemi che possono essere osservati in natura. Al contrario, non ci sono che persone-achuar nella tribù achuar, persone-pecari nella tribù pecari, persone-tucano nella tribù tucano. Se la struttura e le proprietà dei collettivi animistici dipen­ dono da quelle attribuite ai collettivi umani, la struttura dei collettivi totemici e definita invece dagli scarti differenziali esistenti tra insiemi di attributi che vengono denotati in maniera iconica da alcuni non umani, mentre le proprietà riconosciute ai loro membri non deriva­ no direttamente né dagli umani né dai non umani, ma da una classe prototipica di predicati che è loro preesistente. Sebbene si distinguano fra loro per la composizione monospeci­ fica delle rispettive popolazioni, i collettivi animistici sono omogenei dal punto di vista dei loro principi di organizzazione: per i Makuna, la tribù tapiro ha gli stessi tipi di capo, di sciamano e di sistema ri­ tuale della tribù pecari o della tribù scimmia urlatrice e, certamente, anche della tribù makuna. Questo non vale per i collettivi totemici, i quali sono ugualmente tutti diversi, ma omogenei sul piano del si­ stema che li ingloba, dal momento che sono ibridi per contenuto e soprattutto eterogenei nei loro principi di composizione. In effetti, quanto meno in Australia, esistono numerosi tipi di collettivi tote­ mici: sotto Tegida di uno o più totem, gli umani possono essere rag­ gruppati in comunità di genere, di generazione, di culto, di luogo di concepimento o di nascita, di affiliazione clanica, di classe matrimo­ niale, e appartenere spesso a diversi collettivi contemporaneamen­ te. Alcune di queste unità totemiche sono esogame in principio o di fatto - le classi matrimoniali, le metà maschili o femminili, i clan -, altre non lo sono - i gruppi di culto e quelli, spesso identici ai primi, i cui membri ricevettero i loro spinti-bambino nel medesimo luogo -, altre infine sono esplicitamente endogame - le metà generazionali. Questo conferma che la specie naturale - o le differenze naturali tra le specie - non costituisce il modello analogico che permette al grup­ po totemico di concepirsi come una totalità sui generis-, a differenza delle piante e degli animali che sono endogami all'interno di ciascuna specie, i componenti umani di un collettivo totemico devono mol­ to spesso prendere i loro congiunti in un collettivo diverso dal loro. 296

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Anzi, è proprio perché umani e non umani formano insieme colletti­ vi interspecifici dissimili rispetto a quelle collezioni di individui che sono le specie, che diventano possibili delle unioni tra gruppi umani che sono tuttavia intimamente associati a specie distinte di piante e di animali che non possono riprodursi tra loro. Anche in questo caso, la differenza è grande rispetto ai collettivi animisticii quali, al contrario, sono fondati su una corporeità di spe­ cie: Taffiliazione a ogni asocieta,J si basa sul fatto di condividere lo stesso aspetto fisico, lo stesso habitat, lo stesso comportamento ali­ mentare, lo stesso tipo di riproduzione e, ipso facto, di essere perce­ piti secondo uno stesso punto di vista dalle altre tribù-specie. In detimtiva, è nell'animismo, e non nel totemismo, che la specie biologica serve da modello analogico concreto per la composizione dei colletti­ vi; e questo è possibile perché tali collettivi, proprio come le specie, non sono mai integrati in una totalità funzionale di livello superiore: al di sopra della tribù-specie achuar, della tribù-specie tucano, della tribù-specie pecari, non c è più nulla in comune se non il predica­ to astratto che gli antropologi che le osservano chiamano aculturaM. Niente di tutto questo nel totemismo dove, come Lévi-Strauss aveva ben visto, Tinsieme inglobante formato dai differenti gruppi totemi­ ci non è rappresentabile a partire dai raggruppamenti che il mondo naturale propone: poiché il genere è una finzione tassonomica, il so­ lo modello disponibile sarebbe la specie e tuttavia questa non è de­ componibile in segmenti contrastanti analoghi ai collettivi totemici. Occorre tuttavia distinguere il principio di reclutamento ontologi­ co dei collettivi totemici, che non fa differenze tra umani e non uma­ ni, dalle diverse funzioni svolte dai vari tipi di collettivi. In Australia, tali funzioni si declinano lungo un continuum che va dalla strumen­ talizzazione dei non umani da parte degli umani alla strumentalizza­ zione degli umani da parte dei non umani, passando per situazioni intermedie in cui gli umani intervengono come agenti in vista di un obiettivo comune, essendo al tempo stesso i mediatori rituali e i be­ neficiari della fertilità del cosmo. Le classi matrimoniali costituiscono l’esempio per eccellenza dei gruppi totemici del primo tipo: le entità totemiche inserite con gli umani nelle metà, nelle sezioni o nelle sot­ tosezioni, così come le piante e gli animali che sono loro affiliati, non hanno niente da guadagnare dalle ripartizioni tassonomiche e dagli scambi di congiunti che queste unità esogame servono a svolgere, per iniziativa e con il solo vantaggio degli umani: per i canguri, i bandi­ coot e i goanna non cambia nulla che una donna-canguro sposi un uomo-bandicoot e metta al mondo dei goanna. Le piante, 297

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gli animali, i totem, gli esseri Dreaming restano fuori da questi gio­ chi di alleanze e di filiazione con cui la parte umana dei collettivi si riproduce combinando le risorse dei diversi gruppi totemici. Tanto più che, al contrario degli umani, gli animali e i vegetali si riprodu­ cono alllnterno della propria specie, owero all^nterno dello stesso collettivo totemico; e poiché si perpetuano ai margini della complessa meccanica degli scambi esogami che reggono le classi matrimoniali, non figurano all'interno di queste se non in modo subalterno, come comodi indicatori che riassumono gli attributi contrastanti messi in gioco nell’alleanza matrimoniale degli umani (per quanto riguarda i totem) o come illustrazioni del carattere esaustivo e coerente della classificazione generale del cosmo che le classi realizzano (per quan­ to riguarda le specie collegate). Diverso è il caso delle varie forme di totemismo concezionale. In questo genere di gruppo totemico, infatti, i membri umani del col­ lettivo sono tenuti a eseguire periodicamente dei riti per assicurare la fertilità della specie associata al loro totem; lo fanno inoltre nel luo­ go stesso in cui un essere Dreaming si è un tempo manifestato e da cui proviene la loro identità totemica, dato che sono tutti il prodotto dell'attualizzazione di un identico spirito-bambino che proviene dal deposito che fu lasciato in quella località dall5essere Dreaming insie­ me agli spiriti-bambino della specie corrispondente. Molto diffusi in tutto il continente, questi riti di “moltiplicazione” sono stati descritti accuratamente da Spencer e Gillen per quanto riguarda gli Aranda, presso i quali vengono chiamati intichiuma. Due esempi basteranno per comprendere il loro obiettivo. Nel rito di moltiplicazione del to­ tem Emù del sito di Strangways Range, gli iniziati associati a questo centro totemico impregnano del loro sangue una piccola area ripuli­ ta e spianata con cura e tracciano sulla superficie rossa così ottenuta le parti interne di un emù - il grasso, l’intestino, il cuore - così come le uova dell’animale in diversi stadi del loro sviluppo; l’operazione e i canti che la accompagnano hanno lo scopo di ripercorrere in mo­ do mimetico il processo di gestazione di un emù e di favorire così la fertilità della specie. Nel rito del totem Larva-Witchetty del sito di Alice Springs, gli iniziati visitano e celebrano ognuna delle rocce che rappresenta la presenza concreta e la manifestazione fisica dell'esse­ re Dreaming da cui questa specie è derivata; rocce di forme diverse corrispondono alle uova dell’insetto, alla sua crisalide,all’esemplare adulto, o ancora a parti del corpo dell^ssere Dreaming. Viene in se­ guito eretta una capanna, assimilata alla crisalide, nella quale entrano gli iniziati per cantare Tinsetto in tutte le fasi del suo ciclo di svilup298

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po.15Compiuti nel momento che precede il periodo dello schiudersi o dell'accoppiamento della specie interessata, questi riti contribui­ scono allo sviluppo e alla proliferazione di quest?ultima, condensan­ do le tappe della sua riproduzione biologica. I membri umani di un gruppo totemico concezionale hanno così la responsabilità di prowedere alla propagazione di una componen­ te animale o vegetale del proprio collettivo, compito che spetta loro per il fatto di condividere con essa una medesima origine ontologica e di appartenere alla stessa classe prototipica di attributi. In questa forma di riproduzione parzialmente delegata, sarebbe sicuramente eccessivo affermare che i non umani si servano degli umani per i lo­ ro fini: infatti, i riti di moltiplicazione delle piante e degli animali av­ vantaggiano anche i membri umani degli altri gruppi totemici che se ne nutrono, inoltre questo genere di collettivo è anche il contesto in cui vengono svolti dei rituali destinati esclusivamente all’individualizzazione degli umani. Ma, in questo caso, umani e non umani sono quanto meno solidali nell’ambizione di assicurare la perennità del vivente in tutte le sue classi incarnate. I riti di moltiplicazione possono anche essere svolti nell'ambito del totemismo clanico, come accade presso i Warlpiri, dove esso si combina con il totemismo concezionale. Tutte le componenti umane e non umane di un patrician hanno in comune gli stessi aPadri Dreaming” e hanno dunque la medesima origine. Così, per esempio, gli umani del clan Opossum-Prugna nera chiamano questi marsupiali e questi frutti “padri” o “fratelli” e sono investiti della missione di assicurare la loro riproduzione rituale nei siti in cui il loro comune uPadre Dreaming,5lasciò i rispettivi depositi di spinti-bambino, que­ sto a favore degli altri clan i quali fanno la stessa cosa per loro con le specie di cui sono incaricati. Il meccanismo della moltiplicazione è diverso rispetto a quello praticato dagli Aranda: i membri umani e non umani del clan sono abitati da una sorta di immagini-essen­ ze totemiche dinamiche che sono loro proprie, i kuruwarri, le quali vengono attivate dalla loro messa in scena rituale; grazie a questa, i kuruwarri delle piante e degli animali vengono attualizzati ed è assi­ curata la loro propagazione.16 I collettivi fondati su una filiazione o su un luogo di concezione totemici comuni non si limitano a operare per moltiplicare le proprie componenti non umane, sono anche il mezzo prescelto dalle entità totemiche per perpetuare se stesse appropriandosi del processo ri­ produttivo degli umani. In tutto il continente, in effetti, le rappre­ sentazioni del concepimento concordano su un punto che Ashley 299

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Montagu aveva già sottolineato molto tempo fa: UI1 padre e la madre non contribuiscono affatto, né sul piano fisico né su quello spirituale, all'esistenza del bambino,5.17Come mostra bene Merlan nel suo stu­ dio comparativo sulle teorie aborigene della riproduzione umana, i bambini sono sempre il prodotto dell’incorporazione da parte della madre di uno spirito-bambino lasciato da un essere Dreaming in un particolare sito totemico. Prima di realizzarsi come feto, gli spiriti­ bambino conducono unJesistenza autonoma, spesso nella forma di animali e di piante che possono essere ingeriti dalla madre, la quale è considerata come un semplice ricettacolo, una sorta d^cubatrice che permette allo spirito-bambino di svilupparsi fino a nascere. Di tem­ peramento giocoso, a quanto si dice, queste semenze sono in attesa di un corpo umano che doteranno degli attributi totemici propri dell5essere Dreaming da cui provengono, e sono essenzialmente impegnate “a cercare delle madri per mezzo delle quali possono rinascere”.18Le descrizioni degli etnologi non lasciano alcun dubbio sul fatto che gli umani siano semplicemente gli strumenti dell^ttualizzazione perse­ guita da un'entità totemica. A proposito dei maroi, gli spinti-bambi­ no dei siti totemici della comunità di B ellen , nella penisola di Cox, Elizabeth Povinelli scrive che “preconcepiscono un’immagine del bambino prima di fabbricarlo,5. In questo meccanismo riprodutto­ re, Tintenzionalità attribuita agli spinti-bambino è centrale, diversamente dal ruolo relativamente passivo svolto dagli umani: aI maroi si nascondono intenzionalmente negli alimenti e creano dei bambini. Gli uomini e le donne li prendono e li ingeriscono senza volerlo”.19 Inoltre, Tautonomia dei maroi continua a sussistere anche dopo la nascita poiché si dice che esercitino un’influenza irresistibile sui loro ospiti nella scelta della selvaggina che cacciano, come del cibo che consumano e dei luoghi che frequentano. Lo stesso accade altrove, per esempio fra gli Aranda; per questi ultimi, “l’incarnazione di uno spirito-bambino, di un kuruna, deriva in primo luogo dal suo desi­ derio di subire un,incarnazione,,.2° I genitori non sono quindi niente più che un padre adottivo e una madre surrogata, gli strumenti che permettono la perpetuazione di una delle dimensioni di un totem la quale si oggettiva in un umano che diventa così a sua volta una com­ ponente, da sempre presente, del collettivo intrinsecamente ibrido che un essere Dreaming ha un tempo istituito. Lo stesso processo è alFopera nei totemismi trasmessi per filia­ zione clanica. La fecondazione di una donna awiene generalmente nel luogo in cui si trovano gli spinti-bambino del clan: il neonato si aggrega in modo del tutto naturale al collettivo al quale i suoi aseen300

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denti materni o paterni hanno assicurato, prima di lui, una conti­ nuità concreta, al servizio del desiderio di perpetuarsi dell'entità to­ temica che li accomuna. Così, sempre nella comunità di Belyuen, i totem di filiazione chiamati durlg αpreconcepiscono la loro propria discendenza sotto forma di umani prima di nascere realmente in una nuova generazione,J.21È dunque lecito chiedersi se si possa veramen­ te parlare di ascendenti umani, dato che tutta la vita umana sembra non essere che il supporto di cui si appropriano i totem di jSIiazione per incarnarsi, generazione dopo generazione. Come tutti i totem di filiazione patrilineari, i durlg sono legati ad alcuni siti distribuiti nel territorio del clan e si dice tradizionalmente che legittimino i diritti dJuso dei suoi membri sulle risorse del luogo (in particolare, in occa­ sione di conflitti fondiari con i non Aborigeni). Eppure, senza met­ tere in dubbio Timportanza cruciale che possono avere Tesercizio e la trasmissione di tali diritti per le attività di sussistenza umane, come per l’identificazione degli umani con uno spazio che continua a essere animato dalle proprietà infuse da un essere Dreaming, occorre notare che i membri del clan non sono che i custodi e gli usufruttuari dei siti da cui proviene il loro totem e del territorio che fu un tempo model­ lato dalle sue peregrinazioni. Essi ne sono, proprio come il paesaggio, Temanazione incarnata e, al tempo stesso, il mezzo attraverso cui si perpetua la sua azione creatrice in un luogo. Come scrive Povinelli, wpiuttosto che essere gli umani a trasmettersi dei siti di generazione in generazione, è la forza mitica interna dei luoghi che si trasmette attraverso il corpo degli u m a n i 22Non potremmo esprimere meglio il fatto che qui gli umani sono i supporti zelanti di una finalità imma­ nente e distinta che al tempo stesso li ingloba e li trascende. La molteplicità australiana dei tipi di collettivi totemici e delle fun­ zioni che svolgono, così come le molteplici affiliazioni che tale diversità consente, sono probabilmente necessarie perche ciascuno dei membri umani e non umani che ne sono parte possa trarne il proprio vantag­ gio: identificazione a un luogo e a una classe prototipica di attributi incarnati da alcuni non umani (per gli umani), certezza di riprodur­ si grazie alla mediazione deliberata o involontaria degli umani (per i non umani). Ogni elemento di queste unità ibride dipende dagli altri in un grande scambio di servizi dove i rispettivi contributi finiscono per confondersi, tanto è potente il cemento che li unisce in una totalità ontologica radicata in uno spazio comune. Da questo punto di vista, il totemismo delle sezioni matrimoniali sembra dover essere relegato al rango di fenomeno subalterno - e probabilmente tardivo -, a dispetto deli^portanza che la letteratura antropologica ha attribuito a queste 301

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istituzioni. Giustamente affascinati dall’elegante complessità formale dei sistemi a otto sottosezioni, gli specialisti della parentela non hanno sufficientemente considerato che, per gli Aborigeni, questi modelli cor­ rispondessero senza dubbio più a un esercizio di virtuosismo intellet­ tuale che a un procedimento per organizzare resistenza quotidiana dei collettivi e la loro riproduzione. Infatti, se le classi matrimoniali sono veramente, come le altre unità totemiche, sintesi specifiche di attributi fisici e morali condivisi con alcuni non umani, esse rimangono estranee a una dimensione fondamentale dei collettivi australiani: il rapporto con un luogo, con uno spazio produttore dldentità. Si tratta di categorie nominali, una sorta di cartelle antropometriche che stabiliscono i criteri della classificazione generale degli umani - e quinai degli ab­ binamenti che sono loro consentiti o vietati -, piuttosto che principi di associazione che permettono lo sviluppo di una vita sociale e Γat­ taccamento a un territorio e alle sue risorse. Il totemismo conceziona­ le e il totemismo clanico, invece, costituiscono il vero fondamento dei collettivi concreti dal momento che determinano Taggregazione degli umani in gruppi distinti, investiti di responsabilità e di diritti nei con­ fronti di luoghi da cui traggono la loro sussistenza e che si perpetuano a loro volta attraverso i loro corpi e grazie ai rituali che vi compiono. E lecito anche interrogarsi non più sulle funzioni assegnate ai di­ versi tipi di collettivi totemici, ma sulla finalità stessa di una tale organizzazione segmentaria, a prima vista abbastanza strana e con­ trointuitiva dato che mescola umani e non umani dagli interessi inter­ dipendenti in totalità specifiche che potrebbero rimanere autonome, e al tempo stesso costringe tali unità apparentemente autosufficienti a esistere all^nterno di collettivi più vasti formati dalla loro combi­ nazione. Una prima funzione di questa forma di distribuzione e di associazione degli esistenti è indubbiamente di ordine pratico, anche se questa non basta a spiegarla. Come aveva compreso Lévi-Strauss, la specializzazione funzionale che caratterizza l’ordine totemico è analoga a quella delle caste e permette di ottimizzare la gestione dei mezzi necessari alla vita. Essa introduce una rigorosa divisione del lavoro ontologico tra gruppi complementari qualificati nella produ­ zione e nella riproduzione di risorse localizzate, risorse con cui questi gruppi s’ickntificano senza tuttavia consumarle·23È infatti il paradosso di questa economia di prelievo generalizzata sulla scala di un gi­ gantesco continente: essa si presenta come un lavoro incessante per fabbricare e intrattenere quanto sembrerebbe dato per natura, tanto i prodotti indispensabili alla sussistenza (attraverso i riti di moltipli­ cazione delle specie), che gli umani indispensabili per produrli (dato 302

L’ISTITUZIONE DEI COLLETTIVI

che ogni gruppo totemico mette a disposizione degli altri delle donne “incubatrici generate al proprio interno). In altre parole, i collettivi totemici aborigeni sono macchine fortemente specializzate nella crea­ zione e nel mantenimento di alcuni tipi di risorse, tanto a vantaggio degli altri collettivi (dei “ventri” per portare i loro spiriti-bambino, delle piante e degli animali per la loro alimentazione), quanto, all5interno stesso del collettivo, per mutuo beneficio dei suoi componenti umani e non umani: la riproduzione delle specie totemiche a carico degli umani, la perpetuazione dei totem tramite il corpo delle donne, Taccesso ai territori di caccia e di raccolta per mezzo dell5affiliazione totemica. Senza dire che sia un adattamento funzionale necessario, non ci si può impedire di pensare che si tratti di una buona prassi, dato il carattere strategico della gestione di risorse aleatorie in unJeconomia di caccia e raccolta, affidare a organi specializzati la cura di vegliare su ciascuna di esse identificandosi con la sua sorte. Quando è considerata nella sua dimensione collettiva, Fontologia totemica acquisisce anche una caratteristica supplementare, pro­ pria al tempo stesso della particolare morfologia di questo genere di organizzazione e indispensabile perché essa funzioni veramente. In quanto modo d'identificazione, in effetti, il totemismo non ricono­ sce che un^nità di base, la classe totemica, la quale costituisce una totalità integrale e autosufficiente poiché fornisce il quadro delFidentificazione dei suoi componenti umani: in quanto uomo-emù, mi attribuisco delle caratteristiche fisiche e morali derivate dall^ssere Dreaming emù, egualmente presenti presso gli emù e in altri esisten­ ti con cui condivido un^rigine comune e che provengono concre­ tamente da alcuni siti e tratti del paesaggio particolari. E tutto quello di cui ho bisogno per sapere chi sono, da dove vengo e con quali elementi del mondo sono collocato. Ma se la classe totemica è dav­ vero Tistanza fondamentale che mi fornisce unìdentità prototipica, essa non è tuttavia una condizione sufficiente per permettermi di agire efficacemente nel mondo. A tale scopo, ho bisogno di stabilire delle relazioni con altri esistenti, e ciò è possibile solo se questi so­ no chiaramente distinti da me, owero se sono esterni alla comunità ontologica che formo con tutti i membri umani e non umani della mia classe. Quell’unità essenziale che è la classe totemica non basta quindi a se stessa, se vuole sottrarsi al solipsismo ed esercitare la sua azione al di là delle frontiere che il suo eidos le assegna. Essa necessi­ ta di altri segmenti della stessa natura, ma diversi per composizione, indispensabili affinché possano sorgere delle interazioni produttive e affinché si metta in moto un dinamismo sociocosmico che ricorda 303

GLI USI NEL MONDO

le molteplici relazioni che un tempo gli esseri Dreaming strinsero tra loro per animare il mondo e diversificarlo. Ma la semplice giustapposizione dei collettivi totemici non porta ipso facto a una totalità di livello superiore, rappresentabile chiara­ mente nei termini di un5unica entità. Almeno in Australia, il combi­ narsi dello spopolamento e delle migrazioni provocate dalla conquista europea ha generato un ampio processo di ricomposizione etnica che, abbastanza frequentemente, non permette di definire come una totalità distinta di tipo “tribale l’associazione formata localmente da clan eterogenei per lingua e origini territoriali. Del resto, gii itine­ rari degli esseri Dreaming, e le affiliazioni totemiche a essi associate, si sviluppano in maniera reticolare su notevoli distanze, facendo in modo che classi totemiche identiche, in quanto provenienti da porzioni diverse di uno stesso percorso originario, si ritrovino in “tribù” diverse e non necessariamente limitrofe. Di fronte all'ambiguità dei criteri che permetterebbero di definire in maniera certa i principi di reclutamento e i contorni di un macrocollettivo ''tribale integrante le classi totemiche, ogni segmento è quindi condannato a trovare ne­ gli altri segmenti le risorse necessarie per concepire la sua comple­ mentarità con loro in una combinazione più ampia. Ora, il totemismo offre un modo di assicurare questa integrazione funzionale dei segmenti senza passare per la loro sussunzione in un insieme dato 沒pnbr/. Infatti l’identità, non più dell’individuo aU’interno del collettivo, ma del collettivo stesso, inteso come individuo pluraliz­ zato, dipende necessariamente da una presa di coscienza di ciò da cui si distingue, vale a dire da altri collettivi, un principio di definizione contrastiva che non ha motivo di esistere a livello di ciascuno dei suoi elementi,i quali attingono dalla classe prototípica tutte le caratteri­ stiche intrinseche necessarie alla dennizione del loro essere. L^dividuazione dei segmenti ha così, per condizione, il riconoscimento di un^ltenta sul cui sfondo si stacca con nettezza la specificità differen­ ziale di un segmento e, di conseguenza, di ciascuno dei suoi membri rispetto ai membri degli altri segmenti. Come sottolinea Stéphane Bre­ ton nella sua critica all^interpretazione classificatoria del totemismo, questo diventa operativo come sistema sociale solo perche i membri di un gruppo totemico (il quale è chiuso per definizione) riescono a cogliere se stessi con uno sguardo esterno, identificandosi con un segmento diverso che ha la funzione di rimandargli u n ^m agine del 101Ό.24 Tale 沒 collettivo forma allora, insieme al segmento che permette di distinguere, una totalità funzionale di livello superiore a quello delle unita totemiche, e questo costituisce il principio di base 304

LISTITUZIONE DEI COLLETTIVI

del meccanismo che giustifica al contempo la loro differenza e la loro equivalenza su una scala più vasta. Ricorrendo al clinamen dell'iden­ tità contrastiva, il totemismo supera Tostacolo iniziale posto dall5autonomia di classi autoreferenziali e accede così a una vera e propria esistenza sociologica fondata sull'interdipendenza di collettivi dello stesso tipo all^terno di un insieme inglobante, tuttavia inconcepibile sulla base delle sole premesse ontologiche poste alTinizio. A differenza dell5animismo e del naturalismo che erigono la società umana a paradigma dei collettivi, il totemismo opera una fusione ine­ dita mescolando in insiemi ibridi sui generis umani e non umani che si servono gli uni degli altri per produrre dei legami sociali, un’identità generica, un attaccamento a dei luoghi, delle risorse materiali e delle continuità generazionali. Ma lo fa frammentando le unità costitutive in modo che le proprietà di ciascuna di esse siano complementari, e che il loro assemblaggio dipenda dagli scarti differenziali che presen­ tano. Per descrivere un tale sistema, Fantropologia classica ha dunque oscillato fra una definizione che sottolineava la continuità tra natura e cidtura (la logica “partecipativa”) e un’altra che si limitava a una lettu­ ra cognitiva del fenomeno (la logica classificatoria). Il problema è che i collettivi totemici sono davvero le unità di base del dispositivo che or­ ganizza Funiverso, ma che, almeno per quanto riguarda gli Aborigeni, non derivano né da un’estensione delle categorie sociali che reggono la vita degli umani (il sociocentrismo di Durkheim) né dal modello offerto dalle discontinuità tra le specie naturali (l’intellettualismo di Lévi-Strauss). Se ci sforziamo di rimanere fedeli a quanto dicono gli Aborigeni dei principi che strutturano resistenza che conducono in comune con una moltitudine eterogenea di esseri non umani, sareb­ be meglio dire che il loro totemismo è acosmogenico,>. Così come Fanimismo è antropogenico in quanto trae dagli umani il minimo indi­ spensabile affinché dei non umani possano essere trattati come degli umani, il totemismo è cosmogenico in quanto fa derivare da gruppi di attributi cosmici preesistenti alla natura e alla cultura tutto ciò che è necessario perché non si possano mai districare le rispettive parti di queste due ipostasi nella vita dei collettivi. U N COLLETTIVO MISTO, INCLUSIVO E GERARCHIZZATO

Il modo d’identificazione analogista non si esprime in forme di collettivi altrettanto specifiche come nel caso dell^nimismo e del to­ temismo. In un^ntologia analogista, infatti, Tinsieme degli esistenti 305

GLI USI NEL M ONDO

è talmente frammentato in una pluralità d'istanze e di determinazioni che Tassociazione di queste singolarità può prendere ogni sorta di di­ rezione. Per diversa che sia la morfologia degli assemblaggi di umani e di non umani che Γanalogismo consente, questi si presentano sem­ pre, nondimeno, come unità costitutive di un collettivo molto più vasto, in quanto coestensivo del mondo. Cosmo e società sono qui equivalenti, a dire il vero quasi indistinguibili, a prescindere peraltro dai tipi di segmentazione interna che un insieme così esteso necessita per continuare a essere operativo. Dato che un esempio pertinente vale più di una serie d’illustrazioni, è nel Sud delle Ande che andrò ad attingerlo, presso i Chipaya della Bolivia, ai quali Nathan Wachtel ha dedicato un’eccellente monografia·25 Perduti su un altopiano semidesertico della provincia del Caran­ gas, a quasi quattromila metri di altitudine, disprezzati dai loro vici­ ni Aymara che li trattano come ascartiw, ridotti a qualche migliaio di persone, gli abitanti del villaggio di Chipaya stemperano la loro mise­ ria e il loro abbandono in un microcosmo di prodigiosa ricchezza, do­ ve sono percettibili, in scala ridotta, tutte le caratteristiche strutturali di collettivi analogisti più grandiosi e popolosi. Di lingua puquina, i Chipaya sono gli ultimi Uru che restano in Bolivia in quanto gruppo autonomo, dopo aver costituito, al momento della Conquista, quasi un terzo della popolazione autoctona del paese. Il loro territorio ha la forma di un rettangolo lungo circa trenta chilometri, da est a ovest, su una ventina di chilometri di larghezza, fiancheggiato a sud dal lago Coipasa. E diviso lungo Tasse nord-sud in due settori di superficie pressappoco uguale, detti な (“est”) e 丁以ゾなな(“ovest”), proprio come le due metà che vi risiedono, le quali corrispondono ciascuna a quanto nelle Ande viene chiamato ayllu, cioè un gruppo di filia­ zione bilaterale* (Figure 11.1 e 11.2). Situato approssimativamente al centro del territorio, il villaggio di Chipaya è a sua volta diviso in due metà lungo Tasse nord-sud, con ogni metà suddivisa inoltre in due quartieri secondo un asse ovest-est. I quattro quartieri - Ushaia, Waruta, Tuanchajta e Tajachajta - si raggruppano attorno a quattro cappelle e sono ciascuno occupato da diversi lignaggi che si ricono­ scono in un antenato comune. Questa organizzazione quadripartita ^ Per discendenza bilaterale o doppia s mtende Uun sistema di parentela fondato sia su gruppi di discendenza matrilineare sia su quelli di discendenza patrilineare: ogni individuo appartiene ai due gruppi di discendenza unilineari, materno e pater­ no, simultaneamente, benché persegua scopi differenti relativamente ai diversi ruoli esplicati dai due g r u p p i(U. Fabietti, F. Remotti [a cura di], Dizionario di antropo­ logia, Zanichelli, Bologna 200 1 ,pp. 240-241).

306

L'ISTITUZIONE DEI COLLETTIVI

è riscontrabile sulla scala di tutto il territorio, con la differenza che le suddivisioni interne alle metà non seguono la pianta ortogonale del villaggio, ma utilizzano dei limiti geografici, nella fattispecie dei cor­ si d'acqua: nella metà Tajata, i settori Tajachajta e Tuanchajta sono quindi divisi su entrambi i lati da un asse nord-sud, mentre nella metà Tuanta i settori JJshata e Wavuta sono delimitati da un asse che va da nord-ovest a sud-est. I lignaggi di ogni quartiere del villaggio possie­ dono, nel settore di territorio corrispondente, piccoli insediamenti composti da qualche capanna occupata durante una parte dell’anno e beneficiano dell'usufrutto dei pascoli che li circondano, concesso ôÆayllu della metà a cui appartengono. Infine, proprio come il ter­ ritorio si presenta come una proiezione dell,organizzazione del vil­ laggio, così la chiesa ne offre un modello ridotto. Dedicata a Santa Ana, patrona di Chipaya, è comune alle due metà e si erige, a nord del villaggio, nello spazio che le separa. E una semplice costruzione in adobe,* di forma rettangolare, con la porta che apre a est: i mem­ bri di Tuanta si mettono sempre nella metà situata a destra rispetto allusi, e quelli ai lajata nella metà situata a sinistra, con gli uomi­ ni a destra e le donne a sinistra all^terno di ogni metà. La chiesa è circondata da un cortile cinto da mura, fiancheggiato da una torre e prolungato da un cortile più ampio; ai quattro angoli di questi corti­ li e sui quattro contrafforti della torre sono collocate delle specie di altari sacrificali riservati a ciascuno dei quartieri; la loro disposizione nello spazio ^cioe rispetto all5est) segue lo schema quadripartito ge­ nerale del villaggio e del territorio (Figura 11.1). Le interazioni tra i diversi livelli di queste unità poste Tuna nell'al­ tra seguono la logica classica delle affiliazioni segmentane: i membri di un lignaggio sono solidali contro quelli di un altro lignaggio, i li­ gnaggi di un quartiere contro quelli di un altro quartiere, i quartieri di una metà contro quelli dell’altra metà, e tutti i Chipaya insieme contro gli Aymara. Questo tema della ripetizione di una struttura contrastiva ai diversi livelli delle unità di affiliazione sociale e spaziale pare centrale nell’organizzazione del collettivo chipaya; come scrive Wachtel, uesso costituisce il principio di un vero e proprio schema mentale, in cui si articolano un certo numero di categorie che ordinano l’universo”·26 E tuttavia le unità non sono tutte equivalenti. Certo, non c’è superiorità politica di una metà sull’altra,l’esercizio dell’autorità segue un’alternanza regolare secondo il principio tradi* Impasto di argilla, sabbia e paglia essiccata al sole utilizzato per costruire dei mattoni.

307

GLI USI NEL MONDO

CHIESA cappella Tajachajta

N cappella Tuanchajta

Tajata Tuanta

cappella Wavuta

cappella Oshata

I1 1 I1 1 1 -------- 1 --------

metà TAJATA quartiere

Tuanchajta

metà TUANTA quartiere

Ushata

1 1

quartiere

Tajachajta

^

quartiere

Waruta

Figura 11.1 L’organizzazione quadripartita del villaggio Chipaya.

z io n a le in v ig o r e n e lle A n d e ; q u a n to a lle d isp a rità d i r ic c h e z z a , d e l r e sto m o lto r id o tte , e s s e s o n o d istr ib u ite in d ip e n d e n te m e n te d a lla stru ttu ra q u a d rip a rtita . I n v e c e , l ’o r g a n iz z a z io n e d u a listic a im p lic a u n o r d in e cla ssifica to rio d e lle m e tà e d e i q u artieri stru ttu ra to in to r n o a u n a serie d i c o p p ie d o v e il p r im o e le m e n to è d o ta to d i u n a p r e d o ­ m in a n za sim b o lic a su l s e c o n d o : T est e T o v est, la d estra e la sin istra,

Tuanta (a e st e a Tajata (a o v e st e a s i­

il m a sc h ile e il fe m m in ile , T alto e il b a sso . L a m e tà d estra) è d u n q u e p r e m in e n te r isp e tto alla m e tà nistra), m en tre il quartiere

Wavuta

Ushata (a e st

(a o v e s t d e ll^ s t), e il q u a rtiere

su l q u artiere

Tajachajta

d ell'est) p rev a le su l q u artiere

Tuanchajta

(a e st dell^ ovest)

(a o v e st d e ll^ v e s t).

I n o n u m a n i n o n sfu g g o n o a q u e sta r ip a r tiz io n e seg m e n ta r ia . In p r im o lu o g o , o g n i

ayllu d e lim ita ,

siste m a e r id istr ib u isc e a n n u a lm e n ­

te al p r o p r io in te r n o i c a m p i d i q u in o a e i p a sc o li p e r i m a ia li g ra zie a la v o ri c o lle ttiv i d i c o n te n im e n to d e i c o r si d ’a cq u a , d ’ir r ig a z io n e e d i d re n a g g io e ffe ttu a ti n e lla p r o p r ia p o r z io n e d i te rrito rio , e se n z a m a i so lle c ita r e la c o lla b o r a z io n e d e lla m e tà o p p o sta . M a s o n o so p r a ttu t­ to i d iv ersi tip i d i d iv in ità a e sse r e e q u a m e n te d istr ib u iti tra i s o tto in ­ siem i d i C h ip a y a e, in m o d o p iù p a r tic o la r e , q u e lli c h e r isie d o n o n e i

silos e

nei

mallku.

I

silos

(d a llo s p a g n o lo

''cielo")

s o n o d e lle p ic c o le

c a p p e lle v o ta te a d e i sa n ti, a llin e a te a in terv a lli reg o la ri lu n g o q u a t­ tro lin e e rette o r ie n ta te s e c o n d o i p u n ti ca rd in a li e c h e tr a c c ia n o su l territo rio u n ^ m m e n sa c r o c e d i c u i il v illa g g io o c c u p a T in te r se z io n e (F igu ra 1 1 .2 ). O g n i lin e a d i T u ltim o

silo

silos

c o r r is p o n d e a u n o d e i q u a rtieri, e

( o w e r o q u e llo p iù lo n ta n o d al v illa g g io ) è il p iù im p o r -

308

L’ISTITUZIONE DEI COLLETTIVI

11 11 11

metà TAJATA

silo s....................

metà TUANTA settore

Ushata

^villaggio

settore

settore

Tajachajta

Tuanchajta

i i

settore

'、、、

Waruta

1

'、、、

1 Figura 11.2 L’organizzazione quadripartita del territorio di Chipaya.

ta n te d ella serie in q u a n to c o n sa c r a to al sa n to p a tr o n o d e l q u artiere. Il r iferim en to d i q u e ste c a p p e lle a v a lo r i a p p a r e n te m e n te cristia n i si a tten u a se si a m m e tte , c o n W a c h te l, c h e g li a llin e a m e n ti d i g u o n o lo s te sso p r in c ip io d e l siste m a d e i

ceques d i C u z c o

silos s e ­

d e ll^ p o c a

in c a ic a e c h e , p r o p r io c o m e q u e sti, s o n o le g a ti al c u lto so la r e .271 ceu n in s ie m e d i q u a r a n tu n o lin e e im m a g in a r ie c h e si irrad iavan o dal T e m p io d e l S o le e su lle q u a li era n o d is p o s ti tr e c e n to -

ques c o stitu iv a n o

v e n to tto lu o g h i sacri, o

huacas. O g n u n o

d e i q u aran ta

ceques (e sc lu so

il q u a r a n tu n e sim o , a sso c ia to alla fa m ig lia d e l l l n c a ) era le g a to a u n g r u p p o d i uIn c a p e r p r iv ile g io J, (d e g li A u to c to n i n o n in ca , m a allea ti al so v ra n o tra m ite il m a trim o n io )* e d era o r ie n ta to v e r so il lu o g o in cu i risied ev a . I

ceques d i C u z c o

o r d in a v a n o lo sp a z io g e o g r a fic o , s o ­

cia le e ritu ale d ella c a p ita le d i u n im p e r o c o n c e p ito d a i su o i d ir ig e n ti c o m e u n sistem a c o s m o lo g ic o e serv iv a n o in o ltr e a sc a n d ir e il te m p o : si trattava d i u n v e r o e p r o p r io c a le n d a r io isc r itto n e l su o lo e le g a to , d e l resto , al siste m a d ^ rrig a zio n e. O r a lo ste sso v a le , in scala p iù ri­ d o tta , p er g li a llin e a m e n ti d e i

silos. I

sa n ti v e n g o n o in fa tti c e le b r a ti

in u n a s u c c e s s io n e reg o la re, q u a rtiere d o p o q u a rtiere, s e g u e n d o u n a r o ta z io n e c h e a b b ra c c ia T in tero a n n o n e l se n so d e g li a g h i d i u n o r o ­ lo g io : T estate (sta g io n e d e lle p io g g e ) è a sso c ia ta a (sta g io n e se c c a e m o lto fr e d d a ) a Il c u lto d e i

silos r a p p r e se n ta

Tuanta e T in v ern o

Tajata.

la p a r te c e le s te d e lle r e la z io n i c h e i

^ h ip a y a in tr a tte n g o n o c o n le lo r o d iv in ità . L 'altra p a rte, tip ic a m e n * In spagnolo, "Inca de privilegio".

309

GLI USI NEL MONDO

te an d in a, r a cco g lie g li e le m e n ti c o lle g a ti alla terra, o rg a n izza ti a tto r­ n o al c u lto d e i mallku, d iv in ità c to n ie m a sc h ili e in d iv id u a liz z a te c h e a b ita n o , in sie m e alle m o g li, in p ic c o li m o n u m e n ti c o n ic i fa b b rica ti in a d o b e ch iam ati pokara. O g n i m e tà c e leb ra i p r o p r i

mallku, q u a ttro in ipokara c o r r isp o n d e n ti so n o sp a zia lm en te ripartiti tra i quartieri. In ciascu n a m età, ci so n o altri d u e pokara, se d i d i d u e mallku c o m u n i a tu tti i C hipaya: Marka Qollu, d iv in ità fe m m in ile assim ilata alla P a ch a m a m a , la M a d r e T erra, e Lauca Mallku, d iv in ità m a sc h ile d e ll^ c q u a terrestre. In fin e, il p iù im p o r ta n te d i tu tti, il Torre Mallku,

tu tto , d a to ch e

è c o n d iv iso d alle d u e m età: n o n è altro c h e la torre d ella ch iesa in cim a alla q u a le, in o c c a s io n e d e l C a rn ev a le, v e n g o n o p r a tic a ti d e i sa crifi­ ci e d e p o s te d e lle o ffe r te c h e r ic h ie d o n o , c a so u n ic o , la c o lla b o r a z io ­ n e d e lle d u e m età .

Torre Mallku è

il p a d r e d e g li altri

mallku, i q u a li

q u in d i s o n o tu tti fratelli, p u r e s s e n d o p iù sp e c ific a m e n te ra g g ru p p a ti d u e a d u e , d o v e u n m e m b r o d ella c o p p ia è a sse g n a to alla p rim a m e tà

Marka Qollu e a Lauca Mallku, u n ic i pokara, la lo r o in c a r n a z io n e in o g n i m e tà è co n sid era ta c o m e u n e se m p la r e g e m e llo d e ll, altra. I mallku s o n o a n a ­

e Taltro alla seco n d a ; q u a n to a a n ch e se d istrib u iti in d u e

lo g h i alle d iv in ità -m o n ta g n e d e g li A ym ara, p r o p r io c o m e lo r o d o ta ti d i u n ’in teriorità a g en te, e d è p e r c h é l ’a lto p ia n o d e so la to d o v e fu r o n o u n te m p o resp in ti è sp r o v v isto d i rilievi c h e i v^hipaya h a n n o d o v u to erigere q u esti so stitu ti in m in ia tu ra c h e s o n o i pokara. Q u i n o n sarà p o s s ib ile en tr a r e n e l d e tta g lio d e i c o m p le s s i e m i­ n u z io s i rituali c h e si s v o lg o n o in o g n u n o d e i siti e v o c a ti. B a sterà d i­ re c h e la lo r o p r in c ip a le fu n z io n e è m e tte r e in r a p p o r to le n u m e r o se d iv in ità c h ip a y a , “d i fa rle ‘d ia lo g a r e ’ tra [lo r o ] a ffin c h é l ’u n iv e r so sia in arm o n ia c o n se s t e s s o ” ·28 L ’a sse g n a z io n e d e lle d iv in ità a d e lle u n ità so cia li, a d e lle su d d iv isio n i e r e g io n i d e llo sp a z io , a d e i p e r io d i d e ll'a n n o e a d e lle sp e c ia liz z a z io n i te c n ic h e c o n tr a d d istin g u e in fa tti u n ’e c o n o m ia litu rg ic a , c o n il risu lta to d i far in te r v e n ir e al m o m e n to g iu sto , e so tto la resp o n sa b ilità d i u n p a rtico la re so tto in sie m e d i u m a ­ n i o g n i v o lta d iv e r so , la c o o r te d e i n o n u m a n i d ir e tta m e n te im p lic a ti dalla p rin cip a le attività d e l m o m e n to . In effetti, o g n i sp e c ie d i d iv in ità è in v e stita in p a rtico la r e d i u n a fu n z io n e d ’in te r m e d ia z io n e c o n u n a d e term in a ta p o r z io n e o p o p o la z io n e d e l c o s m o il c u i c o n c o r s o è n e ­ c essa rio in u n o d i q u e i q u a ttro g ra n d i am D iti d ell^ in terven to u m a n o , a lo r o v o lta m o lto lo c a liz z a ti, c h e s o n o l ’a g r ic o ltu r a , l ’u tiliz z o d e lle risorse lacu stri, T a llev a m en to e la ca ccia . A lc u n e d iv in ità si o c c u p a n o d u n q u e d e lle p r e c ip ita z io n i e altre d e ll’a cq u a so tterran ea; c e n e s o n o c h e c o n tr o lla n o i v e n ti m e n tr e altre a n co ra s o n o le p r o te ttr ic i d e l b e ­ stia m e o i sig n o ri d e g li u c c e lli a c q u a tic i c h e i C h ip a y a c a ttu ra n o n e lle

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L’ISTITUZIONE DEI COLLETTIVI

lo r o reti. E p e r c h é uil m o n d o è u n c a m p o im m e n so d i fo r z e e d i flu ssi, d o v e tu tto fa e c o a t u t t o ’’,29 è in d is p e n s a b ile c h e g li u m a n i p o s s a n o su scita re, c o n le lo r o o ffe r te e su p p lic h e , u n ’a r m o n ica c o o p e r a z io n e tra d iv in ità fo n d a m e n ta lm e n te e te r o g e n e e e d istr ib u ite , p r o p r io c o ­ m e lo r o , in s e g m e n ti n e tta m e n te se p a r a ti d e l g r a n d e c o lle ttiv o c h e fo r m a n o in sie m e . È a q u e sta c o n d iz io n e c h e la c o m p le m e n ta r ità e la c o lla b o r a z io n e b e n e fic h e d e i n o n u m a n i v e r r a n n o a r a d d o p p ia r e e a ren d e r e effic a c i g li sfo r z i c h e c o m p io n o g li ste ssi C h ip a y a n e lla s p e ­ ranza d i co m p le ta r si, a d is p e tto d e lle lo r o d iffe r e n z e , n e lla p ie n e z z a d i u n d e s tin o c o n d iv iso . N e i su o i p rin cip i p iù g e n e r a li , l ’o r g a n iz z a z io n e d e l m o n d o ch ip a y a n o n è affatto d iversa d a q u ella d e lle c o m u n ità aym ara e q u e c h u a d e l­ la B o liv ia , de]I5E c u a d o r e d e l P e r ù , e n e p p u r e , a t u t t ^ t r o liv e llo , d a q u ella d e lllm p e r o in c a d e l T a w a n tin su y u . D i fa tto , e ssa h a il m e r ito d i rivelare c o n g ra n d e ch ia rezza le ca r a tte ristic h e stru ttu ra li d i o g n i c o lle ttiv o analogista. A g li o c c h i d i c o lo r o c h e lo c o m p o n g o n o , q u e sto g e n ere di co lle ttiv o ha le d im e n sio n i d e ll’in tero c o sm o , m a è su d d iv iso in u n ità c o stitu tiv e in te r d ip e n d e n ti stru ttu ra te d a u n a lo g ic a d i s e g ­ m e n ti c h e s'in se r isc o n o T u n o n e ll^ t r o . L ig n a g g i, m età , ca ste, g r u p p i d i filia z io n e d i d iversa n a tu ra e s te n d o n o le c o n n e s s io n i d e g li u m a n i c o n gli altri esisten ti, d a ll^ f r a m o n d o fin o a ll^ m p ir eo , e al te m p o ste s­ so m a n te n g o n o separati, e sp e sso a n ta g o n isti, i can ali d iv ersifica ti p e r m e z z o d ei quali q u este c o n n e ssio n i v e n g o n o stab ilite. S en za essere d el tu tto ig n o r a to , l ’e s t e m o d e l c o lle ttiv o d iv e n ta u n “f u o r i-m o n d o ” in p red a al d iso rd in e, a v o lte sd e g n a to , altre te m u to , talvolta d e stin a to ad aggregarsi al d isp o sitiv o cen trale c o m e u n n u o v o se g m e n to il cu i p o sto in p o te n z a era stato già p r e v isto in a n tic ip o . È lo statu s c h e a v ev a n o , p er e s e m p io , le trib ù b a rb a re c h e la C in a im p e r ia le a n n e tte v a a u n o d e i p ro p ri p u n ti card in ali o a n cora i wse lv a g g iw c h e v iv e v a n o ai c o n fin i d el T aw an tin su yu , dalla parte am a zzo n ica , e ch e, sen za essere m ai stati so tto m e ssi, d ip e n d e v a n o in p r in c ip io d alla s e z io n e d ella qu ad rip a rtizio n e in ca. È a n c h e il m o d o in c u i i reg n i d e l M o o g o , n e l b a c in o d e l V o lta B ia n c o , c o n sid e r a v a n o le p r o p r ie p e riferie in fra u m a n e, d o ­ v e tu ttavia si reca v a n o p e r io d ic a m e n te p e r p r e n d e r e d e i p r ig io n ie r i allo s c o p o d i m etterli al serv izio d e i lig n a g g i reali.30 C o n fe r e n d o fo rza e stab ilità all’arch itettu ra d e ll’u n iv e r so , i se g m e n ti n o n si m e sc o la n o , m a s o n o se m p r e d is p o n ib ili a in teg ra re n u o v e p o p o la z io n i q u a e là, su i m argin i, cia sc u n o se p a r a ta m e n te d a g li altri. I c o lle ttiv i a n a lo g isti n o n s o n o n e c e ssa r ia m e n te im p e r i o fo r m a ­ z io n i sta ta li e a lc u n i d i e ssi, c o m e d im o str a il c a so c h ip a y a , h a n n o d e g li e ffe ttiv i u m a n i b e n m o d e s ti, c h e ig n o r a n o le stra tifica zio n i d e l

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GLI USI NEL M ONDO

p o te r e e le d isp a rità d i r ic c h e z za . N o n d im e n o , s o n o tu tti a c c o m u n a ­ ti d al fa tto c h e le lo r o p arti c o stitu tiv e s o n o g er a r c h iz za te , a n c h e s o ­ lo a liv e llo s im b o lic o , se n z a im p lic a z io n i d ir e tte n e lla sfera p o litic a . L ’o r d in a m e n to g e r a r c h ic o è s p e s s o m o ltip lic a to a ll’in t e m o d i o g n i s e g m e n to , d is tin g u e n d o c o s ì d e i s o tto g r u p p i c h e si tr o v a n o g li u n i r is p e tto a g li altri n e llo s te s s o r a p p o r to d i d isp a r ità c h e c a r a tte r iz ­ za le u n ità d i liv e llo su p e r io r e . U n e s e m p io c la ssic o è il siste m a d e l­ le ca ste in In d ia , il cu i s c h e m a d i s u b o r d in a z io n e g e n e r a le si r ip e te n e lla s u c c e s s io n e d e lle s u d d iv is io n i d i liv e llo in fe r io r e (n e lle s o tto ca ste c h e c o m p o n g o n o le c a s te , n e i cla n c h e c o m p o n g o n o le s o tto c a ste, n e lle stirp i c h e c o m p o n g o n o i cla n ). L o ste s s o p r o c e d im e n to è a llu p e r à n e ll^ r g a n iz z a z io n e in as e z io n i,5 e n d o g a m e , o

kalpul, d e ­

gli T z o tz il e d e g li T z e lta l d e l C h ia p a s, u n ità c h e n o n è p o s s ib ile v e ­ ra m en te d efin ire m e tà dal m o m e n to c h e a lc u n e c o m u n ità n e h a n n o tre o c in q u e , m a c h e n e p o s s ie d o n o tu tta v ia tu tte le ca r a tte ristic h e . C o m e a C h ip a y a , si tratta d i s e g m e n ti so c ia li e c o sm ic i c h e m e s c o la ­ n o fra lo r o u m a n i e n o n u m a n i, e a llo ste sso te m p o d i p e r s o n e m o r a ­ li c h e e se r c ita n o u n c o n tr o llo su i p o s s e d im e n ti e g li in d iv id u i p o s ti s o tto la lo r o g iu r isd iz io n e . Q u a n d o c i s o n o so lo d u e se z io n i, c h e è il c a so p iù fr e q u e n te , e sse s o n o d iv ise d a u n a lin e a c h e c o rre in m o d o p e r p e n d ic o la r e r isp e tto alla d ir e z io n e d e lla p e n d e n z a d e l te r r ito rio c o m u n e a liv e llo d e l v illa g g io , in m o d o c h e la m e tà p r e m in e n te su l p ia n o ritu ale, s im b o lic o e d e m o g r a fic o sia situ a ta v e r so T alto, a s s o ­ ciata a lle m o n ta g n e e alle d iv in ità a u to c to n e c h e v i r isie d o n o - il su o sa n to p a tr o n o è q u e llo d e ll'in te r a c o m u n ità - , m e n tr e la m e tà d e lla p a rte d i s o tto è a sso c ia ta ai b a sso p ia n i, a ll'a b b o n d a n z a a g rico la e al m o n d o d e i d e m o n i e d e i n o n In d ia n i. L a su p e r io r ità n u m e r ic a e c e ­ r im o n ia le d ella m e tà d e l so p r a n o n è c h e T e sp r e ssio n e d i u n o s c h e ­ m a p iù g e n era le d i se g m e n ta z io n e d e ll'u n iv e r so in c o p p ie d i e le m e n ti c o m p le m e n ta r i d i c u i u n o è d e tto “a n z ia n o ” o “m a g g io r e ” , l ’altro ac a d e t t o 5> o am in o r e ,>: o g n i m o n ta g n a am a g g io r e ,> è a sso c ia ta a u n a m o n ta g n a “m in o r e ” , o g n i g r o tta “a n z ia n a ” a u n a g r o tta “c a d e tta ”



e c o s ì via p er tu tta la m o lte p lic ità d e g li e le m e n ti rip artiti a ll5in te r n o dei

kalpul, d a lle

fo n ta n e a lle sta tu e d e i sa n ti n e lle c h ie se , p a ssa n d o

p e r le c a rich e p o litic n e e r e lig io se a tu tti i liv e lli d e lla g era rch ia c o ­ m u n ita ria .31 P e r q u a n to m e n o fo r m a liz z a te, le r e la zio n i fra lig n a g g i d i a lc u n e so c ie tà d e ll’A frica o c c id e n ta le r is p o n d o n o agli ste ssi p rin cip i: sia c h e i lig n a g g i sia n o g e r a r c h iz za ti in b a se a ll’o r d in e d i s u c c e s s io n e d e lle s e g m e n ta z io n i r isp e tto al lig n a g g io d i r i g i n e , sia c h e esista u n a sorta d i ca ste d i lig n a g g io c h e d iffe r e n z ia n o i d is c e n d e n ti d e i ca p i, i p ro p rieta ri c e lla terra, i fa b b r i e i p r ig io n ie r i, d o v e la d is tin z io n e tra

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L’lSTITUZIONE DEI COLLETTIVI

an zian i e c a d e tti fu n z io n a su tu tti i liv e lli c o m e u n o p e r a to r e d i c o n ­ trasti. In fin e, a n c h e q u a n d o si tr a d u c e in u n a d o m in a z io n e p o litic a o in u n a su p rem a zia e c o n o m ic a , la g era rch ia us ta n d a r d ,> è sp e s s o re ­ v e r sib ile a u n altro liv ello : T ese r c iz io d e ll^ u to r ità p u ò e sse r e a c c o m ­ p a g n a to d a u n a su b o r d in a z io n e relig io sa . C o sì, in a lc u n e c ir c o sta n z e ritu a li , u n ’u n ità a sso cia ta a u n a r e g io n e p r e m in e n te d e llo sp a z io p u ò tro v a rsi su b a lte r n a , d e i se g m e n ti c o s titu iti d a p o p o li c o n q u is ta to r i p o s s o n o d iv e n ta r e d ip e n d e n ti d a i s e g m e n ti a u to c to n i n e i riti c o m ­ m e m o r a tiv i d i fo n d a z io n e . D i a lc u n i c o lle ttiv i c h e io d e fin is c o a n a lo g isti si è ta lv o lta d e tto c h e fo s s e r o “to ta lita r i ”



è il c a so d e ll’Im p e r o in c a o d e lle s o c ie tà d i

lig n a g g io d e ll’A frica o c c id e n ta le ·32 E u n m o d o p e r e sp r im e r e l ’in trecc iò stra o rd in a rio d e g li e le m e n ti in so c ie tà o lis tic h e , m a m o lto c o m p a r tim e n ta te , d o v e la lib e r tà d i m a n o v r a d e g li in d iv id u i p a re lim ita ­ ta, e q u a si in s o p p o r ta b ile , a lm e n o ai n o str i o c c h i, il c o n tr o llo c h e il tu tto e sercita su lla c o n fo r m ità d e lle su e p arti. È a n c h e u n m o d o p e r d ire c h e n u lla è la sc ia to al c a so n e lla r ip a r tiz io n e d e g li e siste n ti tra i d iv ersi strati e se z io n i d e l m o n d o , d a l m o m e n to c h e o g n u n o si v e d e fissare u n p o s to il q u a le d e v e c o r r isp o n d e r e , se n o n se m p r e a lle p r o ­ p rie a sp ira zio n i, a lm e n o a q u a n to ci si a sp e tta d a lu i. E il m o tiv o p e r cu i i n o n u m a n i si tro v a n o in se r iti n e i se g m e n ti c h e c o m p o n g o n o il c o lle ttiv o e s o n o ten u ti, n e l p o s to lo r o a sseg n a to , a servire g li in te r e ssi co rrisp o n d e n ti. I lam a, il m ig lio o la p io g g ia e sisto n o certo c o m e e n ti­ tà g e n e r ic h e d o ta te d i p r o p r ie tà n o te a tu tti, m a è n e lla r e la z io n e c o n il se g m e n to da cu i d ip e n d o n o c h e a c q u ista n o u n a u te n tic o sig n ifica to e u n ’id e n tità p r a tic a , c o m e il g r e g g e d i la m a d i u n c e r to lig n a g g io , i c a m p i d i m ig lio d i u n c e r to g r u p p o d i d isc e n d e n z a , la p io g g ia c h e u n p a rtico la re m e d ia to r e è in c a r ic a to d i far c a d e r e n e l m o m e n to o p p o r ­ tu n o . Q u e s te d is tin z io n i fu n z io n a li e sp a z ia li d iv e n ta n o a n c o r a p iù n e tte n e l c a so d i q u e i n o n u m a n i d i u n g e n e r e u n p o ’ p a r tic o la r e c h e s o n o le d iv in ità . A d iffe r e n z a d e i to te m a u stra lia n i o d e g li “sp iriti c h e p o p o la n o g li u n iv e r si a n im istic i, in e ffe tti, le d iv in ità a n a lo g iste s o n o T o g g e tto d i v eri e p r o p r i cu lti, p ra tica ti in lu o g h i p recisi: e sse v i r ic e v o n o d e lle o fferte; sa crifici e p r e g h ie r e s o n o riv o lti lo r o n e i m o ­ m e n ti c o n v en u ti; in c a m b io , ci si a sp e tta c h e e s a u d isc a n o le r ic h ie ste d e i fe d e li n e ll'a m b ito d i c o m p e te n z a c h e è lo r o r ic o n o sc iu to . L a l o ­ ro im m a n e n z a è q u in d i in p a rte c o n tr o b ila n c ia ta d alla lo r o isc r iz io n e m a teria le in u n sito e in u n o g g e tto b e n p r e c isi, d alla lo r o a ffilia z io n e a u n s e g m e n to d e l c o lle ttiv o d a c u i e v e n tu a lm e n te p r o v e n g o n o g li s p e c ia lis ti litu r g ic i in c a r ic a ti d i c e le b r a r le , e d a llo s p e c ific o c a m p o d ’in te r v e n to c h e v ie n e lo r o g e n e r a lm e n te a sse g n a to . Il m ir a c o lo d e l

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GLI USI NEL M ONDO

m o n o t e is m o è d i a v ere fu s o tu tti q u e s ti p a r tic o la r ism i in u n u n ic o D io p o liv a le n te , sv in c o la to d a o g n i lu o g o e da q u a lsia si a p p a r te n e n ­ za seg m en ta ria , u n ^ p e r a z io n e c o sì so r p r e n d e n te c h e n o n ci è v o lu to m o lto te m p o p e r c h é il c a tto lic e sim o restau rasse, n ella fo rm a d e l c u lto d e i san ti, la rip a rtizio n e d e lle fu n z io n i c h e caratterizza l ’a n a lo g ism o . I c o lle ttiv i a n a lo g isti s o n o d u n q u e i so li ad av ere d e i v eri e p r o p r i p a n t h e o n , n o n p e r c h é sia n o “p o lit e is t i” , u n te r m in e q u a si p r iv o d i s e n so , m a p e r c h é Γo r g a n iz z a z io n e d e l p ic c o lo m o n d o d e lle d iv in ità , c o m e a b b ia m o p iù v o lte s o tto lin e a to , p r o lu n g a s e n z a s o lu z io n e d i c o n tin u ità q u ella d e l m o n d o d e g li u m a n i. E lo ste sso m o n d o , d i fa t­ to , c o n u n ld e n t ic a d iv isio n e so c ia le d e l la v o r o , u n ^ d e n tic a c o m p a r ­ tim e n ta z io n e d e i setto ri d i attività, id e n tic h e rivalità e a n ta g o n ism i tra i su o i seg m e n ti. C a p ia m o allora p e r c h é le d iv e r se u n ità d e l c o lle ttiv o , c o m e n e l c a so d e i C h ip a y a , si sfo r z in o , a ttraverso il c u lto , d i far c o m ­ p ie r e a lle lo r o p a rtico la r i d iv in ità c iò a c u i s o n o d e stin a te , e c e r c h in o d i m o b ilita r e le lo r o o stin a te in d iv id u a lità a fa v o r e d i tu tti in im p r e ­ se d o v e la lo r o c o o p e r a z io n e è in d isp e n sa b ile . C a p ia m o u g u a lm e n te p e r c h é i p a n th e o n a n a lo g isti sia n o c o sì p lastici: è sic u r a m e n te sa g g io d a p a rte d i u n im p e r o a c c o g lie r e le d iv in ità d e i p o p o li c h e a sso r b e , d a to c h e il lo r o c o n tr ib u to è n e c e ssa r io p e r m e g lio in teg ra re in u n a to ta lità c o sm ic a g li e le m e n ti d isp a ra ti d i c u i è c o m p o sto ; m a è a n c h e n o rm a le, a ll^ n v erso , c h e i c o lle ttiv i a n a lo g isti s o tto p o s ti alla cr istia ­ n iz z a z io n e r e c lu tin o c o n e n tu sia sm o i sa n ti c a tto lic i, e le c o m p e te n z e c h e s o n o lo r o r ic o n o sc iu te , n e i r e g g im e n ti d i n o n u m a n i già c o stitu iti d a o g n i s e g m e n to . E d è fo r se in p a rte p e r c h é n o n a v e v a n o q u e sto ti­ p o d i d iv in ità , n é s e g m e n ti p e r c o llo c a r le , ch e , m a lg r a d o i n u m e r o si ten ta tiv i d i c o n q u ista , g li A m e r in d ia n i d e l p e d e m o n ta n o a m a z z o n ic o n o n a c c e tta ro n o l ’a n n e ssio n e d a p a rte d e lla g r a n d e m a c c h in a a n a lo g ista in ca, o a n co ra i G e r m a n i rim a sero c o sì a lu n g o n o n a ssim ila b ili da p a rte d e ll'Im p e r o ro m a n o . In fin e, i C h ip a y a riv ela n o u n u lte r io r e tratto d e ll5a n a lo g ism o : T u ­ so d iffu so , in tu tte le d im e n s io n i d e ll^ s is te n z a , d i sim m e tr ie sp a z ia ­ li e te m p o r a li e d i str u ttu r e r ip e titiv e in c a s to n a te . Q u a r tie r i, p u n ti card in ali, p ia n i, i q u a li r im a n d a n o g li u n i agli altri, c a p o v o lg im e n to p e r io d ic o d e l c o s m o su l p r o p r io a sse e r ip e tiz io n e d e l p a ssa to n e l fu ­ tu ro , a n ten a ti d iv in iz z a ti d i c u i v e n g o n o e sib ite le sp o g lie o le ic o n e al fin e d i m a n te n e r e v iv o il filo c h e li c o lle g a al p r e se n te , tu tto è p r e ­ d is p o s to in m o d o c h e n e ssu n a sin g o la u n ità resti fu o r i d alla g ra n d e rete d e lle c o n n e s s io n i a n a lo g iste. N o n ci s o n o so lita ri in q u e sto g e n e ­ re d i c o lle ttiv i, o p p u r e d e v o n o im m e d ia ta m e n te estrarsi d a lle serv itù c o n d iv is e e d a lle c a te n e g e r a r c h ic h e , p r o p r io c o m e i rin u n cia ta ri in

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L’ISTITUZIONE DEI COLLETTIVI

In d ia o il D io u n ic o n a to n e l V ic in o O r ie n te . T u tti g li altri p o s s o n o far v a lere le lo r o m o lte p lic i d iffe r e n z e s o lo a c o n d iz io n e d i v e d e r le ric u c ite n e l g io c o d ’in c a str i e d i iso m o r fism i d e te r m in a ti d alla rete d i c o o r d in a te in c u i c ia sc u n o , u m a n o o n o n u m a n o , si tro v a p r ig io n ie ­ ro. T a le p r o d e z z a è resa p o s s ib ile d alla str a tific a z io n e se g m e n ta r ia e d a ll’o sse ssio n e p er le c o r r isp o n d e n z e , c h e so n o se m p r e legate: c iò c h e era d iv e r so a u n c e r to liv e llo a p p a re sim ile a u n altro se r a p p o r ta to c o n u n ^ lt e r io r e serie d i d iffe r e n z e , se n z a c h e i p a r tic o la r ism i in tr in ­ se c i v e n g a n o p e r q u e sto elim in ati: si tratta se m p r e d i u n a q u e s tio n e d i p ro sp e ttiv a . S p e sso , alla so m m ità d e lla g era rch ia , tr o n e g g ia d u n ­ q u e u n 5ista n za u n ic a in c u i tu tti i p u n ti d i v ista s o n o riu n iti e v e r so cu i tu tte le d iv isio n i c o n v e r g o n o , in m o d o c h e q u e sti strati su c c e ssiv i c o m p le m e n ta r i d iv e n tin o fin a lm e n te to ta lizza b ili: T in c a , il F a r a o n e , u n a d iv in ità creatrice o fo r se , p iù sa g g ia m e n te , la to rre d ella c h ie sa d i C h ip a y a c h e si staglia n e ll’im m e n sità lu n a r e d e lT A ltip la n o / P u r n o n e s s e n d o a ltretta n to s p e c ific h e d e i c o lle ttiv i a n im isti e t o ­ te m ic i, o a ltretta n to e p u r a te d i q u e lli n a tu ra listici, le c o n fig u r a z io n i d i e siste n ti c h e l ’a n a lo g ism o r e n d e p o s s ib ili p r e se n ta n o n o n d im e n o a lcu n i tratti sig n ifica tiv i (T a b e lla 1 1 .1 ). R isp e tto ai m o lte p lic i c o lle t­ tiv i p a r ite tic i d i u m a n i e n o n u m a n i d a lla c o m p o s iz io n e o m o g e n e a (le tr ib ù -sp e c ie d e ll^ n im is m o ) o e te r o g e n e a (le cla ssi to te m ic h e ), d e ­ stin a ti a en trare in re la z io n e fra lo r o , il c o lle ttiv o a n a lo g ista è u n ic o , d iv is o in s e g m e n ti g e r a r c h iz z a ti e si r e la z io n a e s c lu s iv a m e n te c o n se ste sso . È d u n q u e a u to su ffic ie n te in q u a n to c o n tie n e in sé tu tte le r ela zio n i e le d e te r m in a z io n i n e c e ssa r ie alla p r o p r ia e siste n z a e fu n ­ z io n a m e n to , a d iffere n z a d e l g r u p p o to te m ic o il q u a le è c e r ta m e n te a u to n o m o su l p ia n o d ella su a id e n tità o n to lo g ic a , m a h a b is o g n o t u t ­ tavia d i altri c o lle ttiv i c o m e il su o p e r p o te r d iv e n ta r e o p e r a tiv o . In u n c o lle ttiv o an a lo g ista , in e ffe tti, la gera rch ia d e lle u n ità c o stitu tiv e è co n tra stiv a , p u ò e sse r e d e fin ita c io è s o lo a ttraverso il c o n fr o n to d i p o s iz io n i d iv erse, e d è p e r q u e sta r a g io n e c h e i s e g m e n ti n o n fo r m a ­ n o d e i c o lle ttiv i in d ip e n d e n ti d e lla ste ssa n a tu ra d e lle c la ssi to te m i­ c h e , le q u a li in v e c e a ttin g o n o in se ste sse , in lu o g h i e in p r e c u r so r i p r o to tip ic i, c h e s o n o lo r o p r o p r i, i fo n d a m e n ti U sici e m o r a li d e l lo r o carattere d istin tiv o . L a m e tà d e l l T s t n o n e siste c h e p e r c h é c o m p le ta la m e tà d e llO v e s t , m e n tr e il g r u p p o to te m ic o C a n g u r o , p u r a v e n d o b is o g n o in n u m e r o s e o c c a s io n i d e l g r u p p o to te m ic o E m ù , tra e c o ­ m u n q u e d a lle s o le c ir c o sta n z e d e lla su a c o m p a r sa la le g ittim a z io n e d ella su a a sso lu ta sin g o la rità . * In spagnolo nel testo originale.

315

GLI USI NEL MONDO

Tabella 11.1 Conseguenze della distribuzione ontologica sulle strutture e sulle proprietà dei collettivi. - Umani e non umani sono distribuiti separatamente in diversi collettivi che hanno le stesse strutture e proprietà (delle collettività “sociali” isomorfe). La struttura e le proprietà dei collettivi omogenei di non umani sono indicizzate su quelle degli umani.

Animismo

Totemismo

- Umani e non umani sono distribuiti insieme in collettivi isomorfi (dei segmenti complementari di collettività “sociali”). La struttura dei collettivi ibridi è indicizzata su delle differenze di attributi ipostatizzati in alcuni non umani, mentre le loro proprietà sono indicizzate su un’identità di attributi tra umani e non umani.

-T raduzione modernista: la “natura” ricava le sue caratteristiche dalla “cultura” (“proiezione”).

- Traduzione modernista: “natura” e “cultura” sono in continuità (“partecipazione”), ma sono segmentate al loro interno dalle proprietà incarnate da alcuni non umani (corrispondenza tra gli scarti differenziali).

- Designazione antropologica:

- Designazione antropologica:

A NTROPOGENISM O

COSM OGENISM O

I s e g m e n ti a i u n c o lle ttiv o a n a lo g ista s o n o p e r ta n to fo n d a m e n ­ ta lm e n te e t e r o n o m ia , p o ic h é a c q u isisc o n o u n se n so e u n a fu n z io n e s o lo in ra p p o r to al tu tto , q u a n to a lu i p e r fe tta m e n te a u to n o m o , c h e fo r m a n o in sie m e . E v e r o c h e a n c h e i c o lle ttiv i a n im istic i a m m e tto n o , c o m e a b b ia m o v isto , u n a fo r m a d i e te r o n o m ia ; m a si tratta d i u n ’ete r o n o m ia d i u n g e n e r e c o m p le ta m e n te d iv e r so d a l m o m e n to c h e la s p e c ific a z io n e este r n a p a ssa , in q u e s to c a so , a ttra v erso u n a se r ie d i id e n tific a z io n i c o n alterità in d iv id u a li e in te r so g g e ttiv e a v en ti o r ig i­ n i d iv e r se , n o n è il p r o d o tto d i u n a so v r a d e te r m in a z io n e d e g li e le * Eteronomia: condizione per cui un soggetto individuale o collettivo agisce in base a leggi e a motivazioni imposte dalTesterno. Il termine è usato in contrapposizione ad “autonomia”, da Kant in poi.

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L ’ISTITU ZIO N E D E I COLLETTIVI

- Gli umani sono distribuiti alTinterno di diversi collettivi (le culture) che escludono i non umani (la natura). -> La struttura e le proprietà dei collettivi di umani sono indicizzate sulla differenza tra umani e non umani (“dualismo”).

Naturalismo

- Umani e non umani sono distribuiti all’mterno di un unico collettivo (il mondo), organizzato in segmenti misti e gerarchizzati. -> La struttura e le proprietà del collettivo sono indicizzate sulle differenze ontologiche tra gli esistenti, raggruppate in insiemi complementari sulla Analogismo base dell’analogia.

-T raduzione modernista: la αculturaMricava i suoi tratti specifici dalla differenza rispetto alla “natura”.

- Traduzione modernista: “natura” e “cultura” sono in continuità alTinterno di un cosmo organizzato come una società (ordine sociocosmico).

- Designazione antropologica:

- Designazione antropologica:

ANTROPOCENTRISMO

COSMOCENTRISMO

m e n ti da p a rte d ella stru ttu ra c h e li o rg a n izza . Il n e m ic o d i c u i u n o Jívaro o u n o W a r i, a sso r b o n o T alterità - c io è lo sg u a r d o c h e p o r ta su d i lo r o — c a ttu ra n d o la su a testa o m a n g ia n d o n e il c o r p o , l ’a n im a lep e r so n a d i cu i en tra m b i si sfo r z a n o a v o lte d i sp o sa r e il p u n to d i v i­ sta, p r o v e n g o n o in d u b b ia m e n te d a c o lle ttiv i d iv ersi dal p ro p rio ; n o n s o n o tu tta v ia d e i tratti in tr in se c i a q u e sti c o lle ttiv i a c o n fe r ir e al n e ­ m ic o o a ll^ n im a le la c a p a c ita d i r e n d e r e u n ic o u n in d iv id u o , q u a n to p iu tto s to la se m p lic e p o s iz io n e d i e sterio rità c h e d e te n g o n o r isp e tto a lu i. D i c o n s e g u e n z a , i m e m b r i d e lla tr ib ù -sp e c ie A si d is tin g u o n o d ai m e m b r i d e lle tr ib ù -sp e c ie B , C o D p e r c h e si p e r c e p is c o n o c o m e e n tità d iv e r se g ra zie a llo sg u a r d o c h e q u e s te altre tr ib ù -s p e c ie p o r ­ ta n o su d i lo r o in o c c a s io n e d i a lc u n e in te r a z io n i c o d ific a te . È la ra­ g io n e p e r cu i, n e l c a so d e ll'a n im ism o , n u lla p r e d e te r m in a il g e n e r e d i c o lle ttiv o in g r a d o d i sv o lg e r e q u e sta fu n z io n e d i sp e c ific a z io n e esercita ta d a ll^ ste rn o : p u ò trattarsi, a s e c o n d a d e i c o n te sti, d i u n a o d i d iv e r se tr ib ù -s p e c ie d i a n im a li, d i s p in t i o d i u m a n i, o a n c o r a d i u n a c o m b in a z io n e d i tu tto q u e sto . Q u a n to a ll^ n c o r p o r a z io n e p r o -

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GLI USI NEL M ONDO

p r ia m e n te fisica d i u n p u n to d i v ista e ste r n o , e ssa d iv e n ta u n lu s s o fo r tu ito , riserv a to s o lo ad a lc u n i c o lle ttiv i a n im istic i, p r o p r io c o m e il c a n n ib a lism o c h e n e c o s titu is c e il m e z z o p iù fr e q u e n te . In u n c o l­ le ttiv o an a lo g ista , in v e c e , i m e m b r i d e l s e g m e n to A si d is tin g u o n o in b lo c c o d a i m e m b r i d e l s e g m e n to B , in q u a n to A e B c o s titu is c o n o d e g li e le m e n ti d ella stru ttu ra g era rch ica c h e li in g lo b a ; n e l lin g u a g g io filo so fic o , d ir e m m o c h e le lo r o p o s iz io n i e i lo r o r a p p o r ti s o n o Teffe tto d i u n a ca u sa lità esp r e ssiv a . L a d ip e n d e n z a d e i se g m e n ti an alog isti n e i c o n fr o n ti d e l c o lle ttiv o c h e li d e fin isc e è d u n q u e c o stitu tiv a d e l lo r o m o d o d i essere: d e v o n o p o te r creare d e ll^ s te r n o (r isp e tto a lo r o ) a p artire d a e le m e n ti in te r n i (al c o lle ttiv o ). I rap p orti tra co lle ttiv i a n a lo g isti e n a tu ra listici s o n o p iù c o m p le ssi e a m b ig u i a cau sa d e lla c o n tin u ità sto r ic a c h e c o lle g a T em erg ere d e i s e c o n d i alla d is s o lu z io n e d e i p rim i. N e l m o m e n to in c u i è a v v e n u to q u e s to p a r to d e l m o n d o m o d e r n o , c h e è sta to a n a liz z a to d a lle m i­ g lio ri m e n ti n e l c o r so d e g li u ltim i d u e se c o li, i s e g m e n ti g era rch izza ti d e i c o lle ttiv i b a sa ti su d iv e r si o r d in i d i sta tu s si s o n o d e c o m p o s ti p e r lib era re u n ^ m m e n sa m o ltitu d in e d i in d iv id u i u m a n i e g u a li d i d ir it­ to , m a c h e d isp a rità c o n c r e te c o n tin u a n o a sep a ra re ta n to a ll'in te r ­ n o d e lle p a rtico la ri c o m u n ità in c u i s o n o d istr ib u iti q u a n to in s e n o a ll’a g g reg a to fo r m a le c h e c o s titu is c o n o in sie m e n e l “c o n c e r to d e lle n a z io n i” . I c o s m i m isti c h e o g n i c o lle ttiv o a veva rita g lia to a p r o p r ia m isu ra si s o n o d ilu iti in u n u n iv e r so in fin ito r ic o n o s c iu to d a tu tti c o ­ lo r o c h e a m m e tto n o , in d ip e n d e n te m e n te dalla lo r o la titu d in e , T universa lità d e lle le g g i n o n u m a n e c h e lo re g g o n o ; so p r a ttu tto , la C ittà d i D io si è fra m m en ta ta in u n a m o ltitu d in e d i αs o c ie tà w d a c u i i n o n u m a n i s o n o stati b a n d iti - in p r in c ip io , a n c h e q u e sta v o lta , se n o n d i fa tto - , d a n d o o r ig in e c o sì a c o lle ttiv i d e llo ste sso tip o e q u in d i c o m ­ p a ra b ili, p er q u a n to sia n o stati a lu n g o c o n sid e r a ti d iv ersi su l p ia n o e v o lu tiv o a causa, in p a rtico la re, d e ll’a p p a ren te in c a p a c ità d im o stra ta d a a lcu n i d i e s p e lle r e d a l n u c le o d e lla p r o p r ia v ita so c ia le le p ia n te e g li an im ali, le m o n ta g n e e i la g h i, i fa n ta sm i e gli d èi. N o n è im p o s s ib ile c h e a lc u n i tratti d ell^ a n a lo g ism o a b b ia n o fa c i­ lita to q u esta n u o v a r ip a rtizio n e. In e ffe tti, i n o n u m a n i c h e i c o lle tti­ v i a n a lo g isti fa n n o in te r v e n ir e n e i lo r o se g m e n ti m a n te n g o n o le lo r o p a rtico la rità , a d iffe r e n z a d e l to te m is m o d o v e v e n g o n o fu si c o n g li u m a n i e, n a tu ra lm en te , d ell^ an im ism o, d o v e le lo r o d iffe r e n z e d i fo r ­ m a e d i c o m p o r ta m e n to s o n o c h ia r a m e n te in d ic a te dal m o m e n to c h e s o n o ripartiti in αso c ie tà

m o n o s p e c ific h e . I s e g m e n ti a n a lo g isti n o n

s o n o d u n q u e ib rid i, m a m isti: le en tità c h e e ssi r e c lu ta n o m a n te n g o n o le lo r o d iffe r e n z e o n to lo g ic h e in tr in se c h e - e d è n e lla n a tu ra d i q u e-

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L’ISTITUZIONE DEI COLLETTIVI

sto m o d o d ’id e n tific a z io n e c h e sia c o s ì —, m a ta li d iffe r e n z e v e n g o n o a tten u a te d ai m o lte p lic i ra p p o rti a i c o r r isp o n d e n z a e d i c o o p e r a z io ­ n e c h e la c o n d iv is io n e d e lle fin alità c o m u n i al se g m e n to te sse tra l o ­ ro. L ^ n te n a to d iv in iz z a to d i u n lig n a g g io n o n è p iù d e l tu tto u m a n o , a n c h e se è tr a s p o s to n e l p r e s e n te c o n u n a m u m m ia o u n a sc u ltu r a a n tro p o m o rfica ; u n a m o n ta g n a n o n è v e r a m e n te u m a n a , a n c h e se il g r u p p o d i u m a n i c h e le tr ib u ta u n c u lto si a sp e tta c h e sia s e n s ib ile alle lo r o p r e g h ie r e e c o n tr ib u isc a al lo r o b e n e sse r e . Q u a n a o le s e z io ­ n i c h e c o m p o n g o n o u n c o lle ttiv o a n a lo g ista si d isg r e g a n o , i m e m b r i u m a n i e n o n u m a n i d i c ia sc u n a d i e s s e r e c u p e r a n o e v id e n te m e n te le p r o p r ie sp e c ific ità o n to lo g ic h e c h e le a z io n i c o n g iu n te n e lle q u a li era n o im p e g n a ti a v e v a n o in p a rte c a n c e lla to ; d iv e n ta n o c o s ì d is p o ­ n ib ili p e r q u e lle d istin z io n i ra d ica li e q u e i m a ssic c i r a g g r u p p a m e n ti c h e il n a tu ra lism o è c o str e tto a o p e r a r e al fin e d i o r g a n iz z a r e q u e sto c a o s d i sin g o la r ità se n z a ric o r r er e alla lo g ic a se g m e n ta r ia . L ’a n tic o o r d in e c o s m o c e n tr ic o v ie n e m e n o p e r m a n c a n z a d i c o r p i in te r m e d i c a p a ci d 'in ca rn a re il su o o r d in a m e n to g e r a r c h ic o , e p u ò e sse r e s o s ti­ tu ito d a u n o r d in e a n tr o p o c e n tr ic o n e l q u a le il m o n d o e le su e u n i­ tà c o stitu tiv e si ritro v a n o su d d iv isi in b a se al fa tto c h e T u m a n ità sia p r e se n te d iretta m en te , p e r d e le g a o p p u r e a ssen te. A llo ra , c o m e ta n ti so le n n i n u m i tu telari, e m e r g o n o fin a lm e n te alla lu c e d e lla r a g io n e le so c ie tà e le lo r o c o n v e n z io n i, la r e lig io n e e i su o i d è i, l ’artificio e g li o g g e tti c h e crea, la N a tu r a e c iò c h e essa d eterm in a : in b r e v e , tu tte q u e lle c o s e fam iliari d i c u i a b b ia m o im p a r a to ad a p p r e z z a r e la ra s­ sicu ra n te b a n alità.

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12 METAFISICHE DEI COSTUMI

M a rx av ev a r a g io n e q u a n d o d ic e v a c h e “l ’u m a n ità si p o n e s o lo p r o b le m i c h e p u ò r iso lv e r e >,.1 A c o n d iz io n e d i p r e c isa r e c h e p r o b le ­ m i p a rtico la ri, e s o lu z io n i id o n e e , n o n e m e r g o n o so lo a p a rtire d a llo s v ilu p p o sto r ic o d e lla v ita m a te r ia le e d e lle s u e c o n tr a d d iz io n i, m a a n ch e p er il fa tto ch e, d i fr o n te a situ a z io n i a n a lo g h e, o g n i fra m m en to d i u m a n ità n o n si p o n e e sa tta m e n te le ste sse d o m a n d e , o p er lo m e n o le fo rm u la in m o d i c o sì d iv e r si c h e g li altri fr a m m e n ti p o s s o n o a v ere d iffic o ltà a r ic o n o s c e r e q u a n to lo r o ste ssi si s o n o d a ti il c o m p ito d i chiarire. O ra, la m a g g io r p a r te d i q u e ste d o m a n d e p u ò agg reg a rsi in p r o b le m i la cu i e sp r e ssio n e a ssu m erà fo r m e d e l tu tto d istin te a s e c o n ­ d a d e i c o n te sti o n to lo g ic i, c o s m o lo g ic i e s o c io lo g ic i in c u i e m e r g o n o . S e a m m e ttia m o c h e la d is tr ib u z io n e d e lle p r o p r ie tà d e g li e s is te n ti varia in f u n z io n e d e i m o d i d ^ d e n tific a z io n e c h e a b b ia m o e sa m in a ­ to , allora d o b b ia m o a m m e tte re c h e v a r in o in m o d o a n a lo g o a n c h e i siste m i d i c o n o s c e n z a , le p o s iz io n i e p is te m ic h e c h e li r e n d o n o p o s s i­ b ili e il m o d o d i a ffro n ta re u n p r o b le m a c h e n e risu lta. L év i-S tra u ss n e dà u n e s e m p io q u a n d o p a r a g o n a i m e to d i d ’in v e stig a z io n e d e g li S p a g n o li e d e g li A m e r in d ia n i p e r r isp o n d e r e alla d o m a n d a su lla lo r o risp ettiv a um anità: m e n tr e g li e c c le sia stic i si c h ie d e v a n o se i se lv a g ­ gi d 5A m e r ic a p o s s e d e s s e r o u n Ja n im a, g li A m e r in d ia n i d i P o r to R ic o im m e r g e v a n o p e r se ttim a n e i B ia n c h i c h e ca ttu ra v a n o p e r v e d e r e se p r e se n ta sse r o se g n i d i p u tr e fa z io n e . I p r im i si p o n e v a n o il p r o b le m a d ella n atu ra d e ll'u o m o in te r m in i d i a ttrib u ti m o ra li, i s e c o n d i in te r ­ m in i d i a ttrib u ti fisic i.2 A b b a sta n z a lo g ic a m e n te d a te le su e a m b iz io n i rifo rm a trici, P ep iste m o lo g ia m o d e r n a p r e s u p p o n e c o m e p u n to d i p a r te n z a d e lle p r o ­ p r ie r ic e r ch e u n s o g g e tto c o n o s c e n te a stra tto , m a in d iv id u a liz z a to , d o ta to d i fa c o ltà d i p e r c e z io n e , d ’in te lle z io n e e d i r a g io n a m e n to c h e

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GLI USI NEL M ONDO

gli c o n s e n to n o , su lla b a se d e l sa p e r e e d e lle te c n ic h e d e lla su a e p o c a , d i fare ip o te si v erifica b ili su llo sta to e su lla struttura d e l m o n d o . Il n o ­ stro a p p r o c c io sarà d iv erso . P iu tto s to c h e p r e su m e r e r e siste n z a d i u n so g g e tto u n iv ersa le, o c c o r r er à d e te r m in a r e c h i d e tie n e q u e sto r u o lo in cia sc u n m o d o d ’id e n tific a z io n e , p r e c isa r e c io è la n atu ra d e ll’e n tità c h e o c c u p a u n a p o s iz io n e d i e n u n c ia z io n e le g ittim a su c o m e sta n n o le c o s e e c h e c o s titu is c e il p u n to d i p a r te n z a d a c u i p o s s a sv ilu p p a r si u n 5a z io n e n e l m o n d o . O g n u n o d i q u e sti so g g e tti m u ltifo r m i, d e r iv a ­ ti d a u n a p a rtico la re o n to lo g ia e c h e e se r c ita n o la lo r o attività in u n c o lle ttiv o sp e c ific o , sarà n e c e ssa r ia m e n te c o n fr o n ta to c o n p r o b le m i e p is te m o lo g ic i e m e ta fisic i d istin ti, c h e cer c h e rà d i riso lv e r e a m o d o su o e c o n i m e z z i c h e g li s o n o d isp o n ib ili, is titu e n d o c o sì z o n e d i o g ­ g ettiv ità - c io è d i a ssen za d i s o g g e tto - p e r le q u a li d o v rà e la b o ra re u n tra tta m en to a d eg u a to . P a r e c c h i d e i m a lin te si d e fin iti αc u ltu r a liw, ta lv o lta c o m ic i, altre tr a g ic i, r isu lta n o d a l fa tto c h e i d iv e r si c o lle t ­ tiv i c h e p o p o la n o la terra n o n c o m p r e n d o n o v e r a m e n te le d o m a n ­ d e fo n d a m e n ta li c h e fa n n o m u o v e r e g li altri c o lle ttiv i o , c r e d e n d o a to r to d i r ic o n o sc e r e la fo r m a d i u n p r o b le m a c h e si p o n g o n o a lo r o v o lta , n o n e sita n o ad a p p lic a r e le p r o p r ie so lu z io n i. A lc u n e d i q u e ­ ste h a n n o in d u b b ia m e n te u n a v o c a z io n e u n iv e r sa le - i d iritti d e ll^ o m o o il m e to d o sc ie n tific o , p e r e s e m p io - , m a è illu so r io p e n sa r e c h e p o s s a n o r isp o n d e r e in m o d o in fa llib ile a q u e siti fo r m u la ti in lu o g h i e c o n te s ti d iv ersi a p r o p o s ito d i m iste r i c h e altri n e m m e n o s o s p e tta ­ n o . S cio g lie r li n e l b a g n o d e c i d o d e lla r a g io n e n o n e lim in e r à la lo r o p e r tin e n z a p e r c o lo r o c h e se li p o n g o n o , a lm e n o fin o a q u a n d o q u e ­ sti n o n sco m p a r ir a n n o d a lla sc e n a d e ll^ m a n ità in sie m e a c iò d i c u i si p r e o c c u p a n o .

U N ME INVADENTE Il s o g g e tto a n im ista è o v u n q u e , n e ll'u c c e llo d istu r b a to c h e v o la via p r o te sta n d o , n e l v e n to d e l N o r d e n e l r o m b a n te d isg e lo d e i fiu m i, n e l carib ù in se g u ito c h e a lT im p r o w iso si gira p e r fissare il ca cc ia to r e, n e ll’“a lb ero d e l fo r m a g g io

le c u i fr o n d e s o n o m o s s e d a u n a b r e z ­

za le g g e r a , n e l fa n ta sm a m a ld e str o c h e se g n a la la p r o p r ia p r e se n z a in c ia m p a n d o su u n ra m o se c c o . G li e s is te n ti d o ta ti d i u n ’in te r io r ità an a lo g a a q u ella u m a n a s o n o tu tti so g g e tti, a n im a ti d a u n a v o lo n ­ tà p ro p ria e p r o w is t i, a s e c o n d a d e lla lo r o p o s iz io n e n e ll'e c o n o m ia * Vedi capitolo 1 ,p. 40, nota di traduzione.

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METAFISICHE DEI COSTUMI

d e g li sc a m b i d i en erg ia e d e lle lo r o d o ta z io n i fisic h e , d i u n p u n to d i v ista su l m o n d o c h e d e fin isc e c iò c h e p o s s o n o c o m p ie r e , c o n o s c e r e e an ticip a re. Il gia g u a ro d i c u i i W ari, a ssic u r a n o c h e c r e d e , in tu tta b u o n a fe d e , d i rip orta re a casa la p r o p r ia p r e d a p e r c h é la m o g lie la c u c in i, gli e le fa n ti d i c u i i C h e w o n g a ffe r m a n o c h e si v e d o n o e v iv o ­ n o c o m e u m a n i n e l p r o p r io p a e se , le o ta r ie d i c u i g li T sim sh ia n s o ­ ste n g o n o c h e si reca n o a c o n su lta r e u n o sc ia m a n o q u a n d o s o n o sta te c o lp ite da u n a freccia , g li sp iriti

Kelet d i c u i i C iu k c i r a c c o n ta n o

che

r isie d o n o in villa g g i, p r a tic a n o la d iv in a z io n e e si sp o sta n o c o n le slit­ te, tu tti q u e sti e sseri c h e si r ite n g o n o u m a n i e p e n s a n o d i p ra tica rn e le arti n o n v iv o n o p e r q u e s to n e lla fin z io n e o in u n 'a c c e tta ta illu s io ­ n e. D ir e c h e s o n o p e r s o n e e q u iv a le in fa tti a r ic o n o sc e r e lo r o u n 'a u ­ to n o m ia , u n ^ t e n z io n a lit à e u n p u n to d i v ista d e lla ste ssa n a tu ra d i q u e lli u m a n i, m a situ a ti in sfe r e d i p r a tic h e e d i sig n ific a ti s p e c ific h e a o g n u n o , d al m o m e n to c h e o g n u n o c o n d iv id e s o lo c o n i p r o p r i s i­ m ili c iò c h e v o n U e x k ü ll ch ia m a v a u n

Umwelt* u n

m o n d o v issu to e

a g ito d e fin ito da q u a n to u n a n im a le è in g r a d o d i fa re a p a rtire d a lle riso rse fisic h e d i cu i d isp o n e . E q u e sta ca p a c ità d i p e r c e p ir e in m o d o s o g g e ttiv o u n m o n d o c h e p r o lu n g a i lo r o o r g a n i e b is o g n i, a fare d e l­ le en tità a n im istic h e u n s o g g e tto , e d è p e r c h é v e n g o n o r ic o n o s c iu te c o m e s o g g e tti c h e si r itie n e c h e a b b ia n o u n ’an im a. C h e u n a ta le in ter io r ità v e n g a d e sc r itta c o m e sim ile a q u e lla d e g li u m a n i n o n so r p r e n d e , n o n p iù d e l fa tto c h e essa p e r m e tta lo sv ilu p p o d i u n a v ita “c u ltu r a le ” in c o lle ttiv i so c ia li. S o n o in fa tti g li u m a n i e le lo r o istitu z io n i a fo r n ir e il m o d e llo p iù a c c e ssib ile p e r d e fin ir e c iò c h e sia u n so g g e tto in q u a n to sin g o la r ità c h e o c c u p a u n a p o s iz io n e a partire da cu i so n o p o ssib ili a zio n i, p e r c e z io n i e d e n u n c ia ti a u to n o m i. L 'a n im a è d u n q u e r ip o s ta s i c o n c r e ta e q u a si u n iv e r sa le d i s o g g e tti­ vità , tu tta v ia , m o lto p a r tic o la r i, in q u a n to d e r iv a n o d a fo r m e -c o m p o r ta m e n ti c h e d e te r m in a n o u n a situ a z io n e e u n m o d o d i e sse r e n e l m o n d o p ro p ri so lo d e i m e m b r i d ella s p e c ie -c o lle ttiv o c h e h a ric e v u to q u e sti attrib u ti fisici in c o m u n e . È u n o stra n o p a ra d o sso : l ’in terio rità è c o n d iv isa q u a si da tu tti, e tu tta v ia d ip e n d e p e r il p r o p r io m o d o d i s o g g e ttiv a z io n e d ai d iv e r si in v o lu c r i o rg a n ici. V iveiros d e C a stro lo m e tte b e n e in e v id e n z a q u a n d o scriv e, a p r o p o s ito d e ll,A m a zzo n ia : aG li a n im a li v e d o n o n e l n o s tr o stesso m o d o c o s e diverse d a q u e lle c h e n o i v e d ia m o p e r c h é i lo r o c o r p i s o n o d iv e r si d a i n o s tr i” ·3 Q u i, la tra n q u illa e v id e n z a c h e le c o s e sia n o p r o p r io c o m e le p e r c e p ia m o n o n d eriv a d al p o te r e a p o d ittic o d i u n a d im o str a z io n e b e n fatta, n é * Vedi capitolo 8, p. 218, nota di traduzione.

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GLI USI NEL M ONDO

d a ll'e ffe tto d i p e r s u a s io n e c h e su sc ita u n a r g o m e n to r e to r ic o p e r il q u a le si p u ò fin ire p er c r e d e r e se stessi, m a d alla c o n v in z io n e , ra d ica ­ ta in u n a p p a ra to p e r c e ttiv o , in u n ethos e in u n a situ a z io n e d e fin iti, c h e il m o n d o sia c o n fo r m e a ll’u so c h e n e v ie n e fatto: u n ’e s te n s io n e s e n sib ile d e l c o r p o , n o n u n a r a p p r e se n ta z io n e . In v irtù d i q u e sta so g g e ttiv ità g e n e r a liz z a ta c h e i c o r p i d e c lin a n o in m o d i p a rtico la ri, la te o r ia a n im ista d e lla c o n o s c e n z a si situ a b e n e v id e n te m e n te agli a n tip o d i d e l r e a lism o c o g n itiv o a c u i la m a g g io ­ ranza d i n o i a d e r isc e s p o n ta n e a m e n te se n z a e sse r e n e c e ssa r ia m e n te ca p a c e d i form u la rn e i p rin cip i. A d ifferen za d e lle filo so fie d e l so g g e t­ to c h e h a n n o a c c o m p a g n a to , in O c c id e n te , lo s v ilu p p o d e lle sc ie n z e p o s itiv e p o s tu la n d o u n a n e tta se p a r a z io n e tra le p a r o le e le c o s e , le id e e astratte d e l l ^ t e l l e t t o e il reale c h e c o lg o n o , le r a p p r e se n ta z io n i m en ta li e gli o g g e tti ra p p resen ta ti, F a n im ism o n o n c o n c e p is c e il la v o ­ ro d ella c o n o s c e n z a c o m e la m e ssa in fo r m a d i u n m o n d o d i so sta n z e p r e e siste n ti. S e n za d u b b io p o tr e m m o g e n e r a liz z a re q u a n to sc r iv e v o u n te m p o su g li A ch u a r: “P iù v ic in i in q u e s to a ll’im m a te r ia lism o d i B e r k e le y , sem b ra n o fo n d a r e l ’e siste n z a d e lle en tità c o n o s c e n ti e d e g li e le m e n ti d e l lo r o a m b ie n te q u a si in te r a m e n te su lla p e r c e z io n e : p e r parafrasare la c e le b r e fo r m u la d e l v e s c o v o ir la n d e se , s o n o le q u a lità se n sib ili c h e c o s titu is c o n o d ’u n so l c o lp o le c o s e ste sse e il s o g g e tto c h e le p e r c e p is c e ”. T u tta la c o s m o lo g ia a c h u a r ,a g g iu n g e v o , d eriv a d a q u e sta c o n c e z io n e r e la z io n a le d e lla c o n o sc e n z a : wQ u i, la g e ra r­ ch ia d e g li o g g e tti an im a ti e in a n im a ti n o n è fo n d a ta su i g ra d i d i p e r ­ fe z io n e d e ll^ s s e r e , o su u n a c c u m u lo p r o g r e ssiv o d i p r o p r ie tà in trin s e c h e , m a su lla v a ria z io n e d e i m o d i d i c o m u n ic a z io n e resa p o s s ib ile d alla p e r c e z io n e d i q u a lità fisic h e d iv e r sa m e n te d is tr ib u ite w.4 In b r e ­ v e , p e r g li A c h u a r , T a tto d i c o n o s c e n z a , p r o p r io c o m e la s p e c ific a ­ z io n e d e i s o g g e tti e d e g li o g g e tti d i c u i o ffr e T o c c a sio n e , n o n d eriv a d a u n p u n to fisso c h e o r d in a , s o tto il p r o p r io s g u a r d o , la d iv e r sità d i u n reale in d iffe r e n te , m a risu lta d a u n a p r a g m a tic a d e lla c o m u n i­ c a z io n e tra e n tità d istin te d a lle lo r o r isp e ttiv e p o s iz io n i e d a l tip o d i p e r c e z io n e d i cu i p o s s o n o a w a le r s i q u a n d o si c o n sid e r a n o r e c ip r o ­ c a m e n te . Q u a n to allora sc r iv e v o d e g li A c h u a r , e d è la m ia sc u sa p e r q u e ste c o p io s e cita z io n i, è sta to c o n fe r m a to in se g u ito p e r tu tta Γ Α m a z z o n ia in g en era le; c o m e scriv e p e r e s e m p io V iv e ir o s d e C astro: “L e ‘a n im e ’ a m e r in d ia n e , u m a n e o a n im a li, s o n o c o s ì d e lle c a te g o r ie p r o s p e ttic h e , d e i d e ittic i c o s m o lo g ic i la c u i a n a lisi r ic h ie d e [ . . . ] u n a teo ria d e l s e g n o o u n a p ra g m a tic a e p is te m o lo g ic a ’’.5 G e n e r a liz z ia m o a n co ra u n p o ’. A p rim a v ista , l ’a n im ism o sem b ra sfo cia re in u n a p p r o c c io r e la tiv istic o d e lla c o n o s c e n z a , n o n ta n to p er

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METAFISICHE DEI COSTUMI

l ’o r ig in e d e l p u n to d i v ista c h e v ie n e e sp r e sso su d i essa - è se m p r e q u e llo d e g li u m a n i c h e p rev a le, d a to c h e s o n o lo r o a parlare p er i n o n u m a n i - q u a n to p e r le c o n d iz io n i c h e la r e n d o n o p o ssib ile : a o g n i ti­ p o d i fisicità c o r r isp o n d e u n tip o d i p e r c e z io n e e d i a z io n e , q u in d i d i [ / 济 廳 &, d u n q u e d i r e la z io n e c o n d e lle c o s e c h e n o n s o n o d e fin ib ili p er m e z z o d i p ro p r ie tà a sso lu te , b e n s ì m e d ia n te p e r c e z io n i e u si c h e v arian o a se c o n d a d e i tip i d i so g g e tti c h e h a n n o a c h e fare c o n lo r o , e d e lle p o ssib ilità c h e o ffr o n o alla p r o p r ia o g g e ttiv a z io n e d a p a rte d i q u e sti so g g e tti, ¿ p p u r e l ’a n im ism o d im o str a a n c h e u n u n iv e r sa lism o d e c iso q u a n d o rifiuta d i lim ita re la so g g e ttiv a z io n e ai so li um ani: o g n i en tità d o ta ta d i u n Jan im a a c q u ista d ig n ità a i s o g g e tto e p u ò c o n d u r ­ re u n a vita s o c ia le a ltr e tta n to ricca d i sig n ific a ti c h e q u e lla a ttr ib u i­ ta

aWHomo sapiens. G e n e r a liz z a z io n e

d e lle in te r io r ità e p a r tic o la -

r iz z a z io n e d e lle fisicità , e c c o u n a c o m b in a z io n e d e c is a m e n te m o lto e n ig m a tic a d a to c h e in v e r te , p a r o la p e r p a ro la , la n o str a

doxa: se v o ­

le s s im o u sare la fr a se o lo g ia cla ssica , d o v r e m m o p a rla re q u i d i u n r e ­ la tiv ism o n a tu ra le e d i u n u n iv e r sa lism o cu ltu ra le, u n ^ s o r m o n t a b ile c o n tr a d d iz io n e p er o g n i e p is te m o lo g ia m o d e r n ista b e n co stru ita . D a te q u e ste p r e m e sse c o s ì sin g o la ri, Γ a n im ism o è c o sta n te m e n te c o n fr o n ta to c o n u n p r o b le m a al te m p o s te s s o g n o s e o lo g ic o e d e t i­ c o c n e a b b ia m o già in c o n tr a to , in filigran a, in d iv e r se o c c a sio n i: c o ­ m e assicu rarsi c h e d e i n o n u m a n i u m a n iz z a ti n o n sia n o d a w e r o d egli u m a n i? C erto , i c o r p i d iffe r isc o n o in m o d o e v id e n te , c o sì c o m e i c o m p o r ta m e n ti e i c o stu m i c h e d ip e n d o n o d a lle r isp e ttiv e d o ta z io n i n sic h e . È p r o p r io in p r im o lu o g o g ra zie a q u e sti d iv e r si in v o lu c r i fi­ sici c h e gli u m a n i p o s s o n o n u trirsi, o g n i g io r n o , d i p e r so n e a n im a li e v e g eta li sen za ca d ere in u n ^ n tr o p o fa g ia d i ro u tin e. M a la so m ig lia n za d e lle in terio rità e c o sì fo r te , afferm a ta in m o d o c o sì v ig o r o s o in tu tte le c ir c o sta n z e in cu i si h a a c h e fare c o n d e i n o n u m a n i, c h e d iv e n ta m o lto d iffic ile s o sp e n d e r la d e l tu tto q u a n d o “si p a ssa alla m a r m itta ” e al c o n s u m o d e lle lo r o carni. R im a n e se m p r e il d u b b io : s o tto il c o r ­ p o d e ll'a n im a le o d e lla p ia n ta c h e m a n g io , c o sa c o n tin u a a s u s s is te ­ re d ella su a so g g e ttiv ità u m a n a ? Q u a le gara n zia p o s s o avere d i n o n stare sg r a n o c c h ia n d o (o p e g g io a n cora) u n so g g e tto c h e m i a sso m i­ g lia i E p r o p r io q u e sto il se n so d e ll^ s s e r v a z io n e d e llo sc ia m a n o in u it Iv a lu a rd ju k a c u i h o g ià fa tto r ife r im e n to : “Il p iu g r a n d e p e r ic o lo d e ll'e s is te n z a d eriv a d a l fa tto c h e il c ib o d e g li u o m in i e ìn te r a m e n * “Con modernista, intendo qui 丄ideologia dei Moderni secondo cui esisterete be una separazione netta fra natura e società (Philippe Descola, comunicazione personale).

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GLI USI NEL M ONDO

te c o s titu ito d i a n im e ” . U n p e r ic o lo serio , in e ffe tti, a c o n d iz io n e d i a m m e tte re c h e d iv o ra re u n a p e r so n a , a n c h e se r ic o p e r ta d i p e lo , d i p iu m e o d i fo g lie , n o n p o ssa e sse r e d e l tu tto liq u id a to c o m e u n g io ­ c o d i p r e stig io sim b o lic o . G li u m a n i cer c a n o d i r iso lv ere q u e sto p r o b le m a in d iv ersi m o d i, i q u ali d e l resto v e n g o n o sp e s s o c o m b in a ti fra lo r o . C i si p u ò sfo r z a ­ re, p rim a d i tu tto , d i d e -so g g e ttiv a r e il c ib o , d i ac o sific a r io , e lim i­ n a n d o c iò c h e ric o r d a T e sse r e d a c u i p r o v ie n e , tu tti q u e i b r a n d e lli d 'in te r io r ità c h e c o n tin u a n o a ad erire ai te ssu ti p e r c h é sin te tiz z a n o le d is p o s iz io n i c h e ca ra tterizza n o u n a sp e c ie . È q u a n to fa n n o i M ak u n a , c o m e a b b ia m o v is to , q u a n d o d e c o n ta m in a n o i lo r o a lim e n ti c o n d e g li in c a n te sim i d e stin a ti a far to rn a re le aa r m i,> d i o g n i s p e c ie n e l lu o g o d 'o r ig in e d i q u e sta . È a n c h e p o s s ib ile , c o m e fa n n o i P iaroa o i B arasana, trattare la se lv a g g in a c o m e se fo s s e u n v e g e ta le , u n m o d o u n p o ’ ip o c r ita d i a b b a ssa re i c ib i p e r ic o lo s i d i q u a lc h e g r a d o n e lla sca la g er a r c h ic a d e lle e n tità c h e p r e s e n ta n o d e lle a ffin ità c o n T u o m o .6 E tu tta v ia p iù c o m u n e a cc e tta re il r isc h io c a lc o la to d i m a n ­ giare d e lle p e r s o n e n o n u m a n e , a c o n d iz io n e d i c o m p e n sa r e q u e sta so r ta d i c a n n ib a lis m o c o n d e lle m isu r e d i r isa r c im e n to o ffe r te agli an im ali o ai lo r o sig n o ri. A v o lte lo sc a m b io è p e r fe tta m e n te s im m e ­ tr ic o , c o m e p r e s s o i D e s a n a , d o v e lo sc ia m a n o r ic o n se g n a le a n im e d e i d e fu n ti u m a n i al sig n o r e d e g li a n im a li p e r c h é le c o n v e r ta in s e l­ vaggina: u n a n im a c o n su m a b ile c h e si rivestirà d i ca rn e c o n tr o u n a ­ n im a c o n su m a ta c o n la ca rn e d i c u i era riv estita .7 A ll^ n v e rso , si p u ò d e c id e r e c h e la so g g e ttiv ità si so ttra g g a al c o n s u m o , e c h e l ’in te g r ità d e lla p e r so n a a n im a le su ssista fin c h é r im a n e la su a in te r io r ità . È la so lu z io n e a d o tta ta d a i c a c c ia to r i d e l N o r d sib e r ia n o c h e rin g ra zia n o c e r im o n io sa m e n te T an im a d e lla se lv a g g in a u c c isa e n o n r e s titu is c o ­ n o agli a n im ali c h e q u a n to p r e te n d o n o d i aver so ttr a tto lo r o , la ca r­ n e , n u tr e n d o p u n tu a lm e n te d iv ersi tip i d i

ongon. I M a ,B e tisé k

d e lla

M a lesia o ffr o n o a lo r o v o lta d e l c ib o alle s p e c ie a n im a li e v e g e ta li d i c u i si n u tr o n o “p e r c h é li c o n s id e r ia m o c o m e u m a n i a c u i a b b ia m o r e c a to u n t o r t o ,?,8 c o sa c h e n o n im p e d is c e alle v ittim e d i c u i si c e r ­ ca d i c o m p ra re T in d u lg e n z a , m a lg r a d o tu tto , d i v e n d ic a r si d e l to r to s u b ito p r o v o c a n d o fe r ite e m a la ttie agli u m a n i. È c h e tu tte le m isu r e d i c o m p e n s a z io n e , p e r q u a n to b u o n e p o s s a n o e s se r e le in te n z io n i, n o n r ie sc o n o m a i a e lim in a r e d e l tu tto la b ru ta lità d i q u e sta c o n s ta ­ ta zio n e: la c o n s e r v a z io n e d e lla v ita u m a n a p a ssa p e r il c o n s u m o d i p e r s o n e n o n u m a n e. N e l m o n d o a n im ista , d i c o n se g u e n z a , è m o lto fr e q u e n te c h e i n o n u m a n i d i c u i g li u m a n i si n u tr o n o sia n o r ite n u ti r e sp o n sa b ili d e lla m a la ttia , d e ll'in fo r tu n io e d e lla m o r te , il p iù d e l-

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METAFISICHE DEI COSTUMI

le v o lte attraverso la m e d ia z io n e d e g li s p in ti c h e r e g g o n o il d e s tin o d ella selv a g g in a , alcu n i d e i q u ali, in S ib eria c o m e in A m a z z o n ia , s o n o sp ecia liz z a ti n e lla ca c c ia a ll5an im a u m a n a d i c u i si n u tr o n o . U n d e s ti­ n o p e r fe tta m e n te eq u o : se m a n g ia re u n a p e r so n a (e n o n u n se m p lic e a n im ale) sig n ifica m a n g ia re anche la su a an im a, allora le r a p p r e sa g lie se m b r a n o d e l tu tto a p p r o p r ia te . U c c id e r e d e i q u a si-sim ili e n u tr ir se n e su sc ita d u n q u e u n p r o b le ­ m a m e ta fis ic o c h e v a b e n o ltr e la c a ttiv a c o s c ie n z a p a sse g g e r a c h e p o s s o n o p r o v a r e a lc u n i O c c id e n ta li q u a n d o c o n s u m a n o d e lla ca r­ n e .9 N o n è ta n to , in fa tti, u n se n so d i c o lp a a p e r v a d e r e il c a c c ia to r e a m a z z o n ic o o sib eria n o q u a n d o p r e le v a la v ita d i u n an im a le, q u a n to p iu tto s to u n a so rd a in q u ie tu d in e d i fr o n te a ll’e v id e n z a d e lla p o r o sità d e lle fr o n tie r e o n to lo g ic h e : fra la d iffe r e n z a d e i c o r p i e la so m ig lia n ­ za d e lle a n im e, c h e c o sa p rev a le? È su llo s fo n d o d i q u e sta a n g o sc ia c h e caratterizza Γ a n im ism o c h e la m e ta m o r fo si a c q u ista tu tto il su o se n so . A b b ia m o v isto c h e si tratta p iu tto s to d i u n a sp e c ie d i a n a m o r ­ fo s i,

\ experimentum crucis d i

u n a r e la z io n e tra u m a n o e n o n u m a ­

no: c a m b ia n d o il p r o p r io in v o lu c r o c o r p o r e o , ci si r ie sc e a m e tte r e n e lla p e lle d e ll’altro in m o d o d a sp o sa r n e la so g g e ttiv ità ra d ica ta in u n c o r p o . L a m e ta m o r fo si p e r m e tte q u in d i a d e lle in te r io r ità c h iu se in fisicità e p u n ti d i v ista e te r o g e n e i d i tr o v a re u n te r r e n o d ^ n te sa , d o v e p o s s o n o sv o lg e r si d e lle in te r a z io n i so c ia li se n z a tr o p p o so ttr a r ­ si ai v in c o li d e lla v er o sim ig lia n z a : è la m e ta m o r fo s i, in d e fin itiv a , a d im o stra re l ’u m a n ità d e lle p e r s o n e an im a li e v e g e ta li, ad a lim en ta re q u in d i in p r im o lu o g o il d ile m m a a n im istic o su lla v era n a tu ra d i c iò c h e v ie n e m a n g ia to . E tu tta v ia , p u r in stilla n d o il d u b b io , e ssa c o n tr i­ b u is c e a n ch e a riso lv e r lo d a l m o m e n to c h e d im o str a al p iù a lto g r a d o la sep a ra b ilità d e ll5in te r io r ità e d e lla fisicità . S e d e g li u m a n i p o s s o n o rivestire liv ree an im a li e d e g li a n im a li sb arazzarsi d e l lo r o a b ito p e r riv ela re la p r o p r ia so g g e ttiv ità n e lle s e m b ia n z e d i u n u m a n o , a llo ­ ra la carn e d ella selv a g g in a e la so sta n z a d e lle p ia n te p o s s o n o e sse r e p iù n e tta m e n te d isso c ia te d a lle a n im e c h e o s p ita n o c o s ì c o m e d a lle fo r m e -c o m p o r ta m e n ti a c u i fo r n is c o n o la m ateria. T a le f e n o m e n o è in o ltr e r ip e tib ile , tr a n sito r io e r e v e r sib ile - q u a n to m e n o fu o r i d a l r eg im e te m p o r a le d e i m iti - , a d iffe r e n z a d i altri tip i d i m e ta m o r fo si, q u a li la tr a sfo rm a zio n e d e g li esse r i D r e a m in g au stra lia n i in e le m e n ti d e l p a e sa g g io e in e n tità to te m ic h e o a n co ra i c a m b ia m e n ti d i fo rm a , d a u m a n a ad an im a le, c h e g li d è i g e lo s i d e ll’A n tic h ità si d ile tta v a n o ta lv o lta a im p o r r e ai m o r ta li.10 In c o n tr o c o n g iu n tu r a le d i d u e p u n ti d i v ista su u n o ste sso p ia n o d e ll’e sp e r ie n z a se n sib ile , la m e ta m o r fo si an im ista c o n tr ib u isc e c o sì, c o n il su o p e r io d ic o m o v im e n to d i sco r-

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GLI USI NEL M ONDO

r im e n to , a m e g lio o g g e ttiv a r e la d u a lità d e ll’in te r io r ità e d e lla fisicità d is tin g u e n d o g li a m b iti d i a u to n o m ia c o n s e n titi a cia scu n a . M a l ’a u to n o m ia d e lle a n im e è r e la tiv a , d a to c h e si a sso m ig lia n o tu tte. C o sì, è p iu tto s to d ai c o r p i, c o n le lo r o v a r ia z io n i d i fo r m a , f u n ­ z io n e e p o ten zia lità d ^ s o , c h e T a n im ism o trae d e g li in d ic i d i alterità e si sforza, su llo s fo n d o d i u n a c o n d iz io n e m o r a le c o m u n e alla m a g g io r p a rte d e g li e siste n ti, d i d istin g u e r e il sé d a l n o n -sé . L u o g o o g g e ttiv o d ella d ifferen za , al te m p o ste sso o r ig in e e m a teria d e lla c o n o s c e n z a , il c o r p o d iv en ta T o g g e tto sp e c u la tiv o p e r e c c e lle n z a , q u e llo c h e o ffr e il m ig lio r r e n d im e n to p e r p e n sa r e la d iv ersità d e l m o n d o e o rg a n izzarla. N o n ci stu p ir e m o a ffa tto c h e g li an im a li fig u r in o al p r im o p ò sto d i q u ella sch iera d i alter r isp e tto a c u i è n e c e ssa r io tra ccia re d e i con fin i: la lo r o fisio lo g ia , i lo r o c o stu m i, T in te n z io n a litá d i c u i s e m ­ b ra n o dare p ro v a n e lle lo r o a z io n i li d e fin is c o n o se n z a d iffic o ltà c o ­ m e so g g e tti d ella stessa n atu ra d e g li u m a n i, m e n tr e se n e d istin g u o n o p er u n a g ra n d e q u a n tità d i d e tta g li a n a to m ic i e c o m p o r ta m e n ta li c h e im p e d is c o n o d i p erce p ir li c o m e d e l tu tto id e n tic i. C o m e n o ta B righ tm a n a p r o p o s ito d e i C ree, g li a n im a li s o n o i

social others\ n e l b r a n d e

N o r d c a n a d e se , c o m e in tu tte le terre a n im istic h e , e ssi in c a r n a n o in m o d o e m b le m a tic o T alterità s o c ia le .11 In p a rtico la re, p r e se n ta n o u n a vasta g a m m a d i reg im i alim en ta ri, c io è d i c o r p i c h e si n u tr o n o d i a l­ tri c o r p i, c h e p e r m e tte d i d e fin ir e , s e m p r e su l m o d e llo d e lla c a te n a trofica, le ta s s o n o m ie o n to lo g ic h e p e r m e z z o d e lle m o lte p lic i in te r a ­ z io n i e g e r a r c h ie tra m a n g ia to r i e m a n g ia ti. Q u i n o n si tratta ta n to d e l fe n o m e n o u n iv er sa le d i c o n tr a sse g n a r e u n ’id e n tità c o lle ttiv a c o n l ’e v id e n te d iffe r e n z a d e lle su e a b itu d in i a lim en ta ri, e n e p p u r e d e ll’id ea a ltretta n to c o m u n e c h e sia la “c o m m e n s a lità ” o la c o n d iv is io n e rip etu ta d e g li ste ssi c ib i a r e n d e r e id e n tic i, m a p iu tto s to d e l p o s tu la ­ to s e c o n d o cu i o g n i e s is te n te si d e fin isc e in p r im o lu o g o a ttra v erso la su a p o s iz io n e in u n a rete d i r a p p o r ti d o v e ra p p r e se n ta il p r e d a to r e d i a lcu n i e la p r e d a d i altri. C o m e a b b ia m o v isto , g li u m a n i n o n si s o ttr a g g o n o a q u e s to d e ­ stin o , d a to c h e d e v o n o in c e s s a n te m e n te ^ pagare in p rim a p erson a^ in c a m b io d e i c o r p i n o n u m a n i c h e in g h io tto n o : è la lo r o c a r n e v i­ v e n te c h e i sig n o r i d e g li a n im a li c o n su m a n o attraverso le m alattie; è il lo r o sa n g u e c h e le p ia n te c o ltiv a te su c c h ia n o q u o tid ia n a m e n te (fra g li A ch u a r, p e r e se m p io ); è la lo r o ca rn e m o r ta c h e le b e s tie d iv o r a ­ n o n e l N o r d in u it o sib e r ia n o e c h e g li

ongon r ip o r ta n o

a llo S p irito

d ella fo resta p e r c h é se n e sazi; è la lo r o a n im a c h e fo rn irà il p u n to d i p a rte n za d i u n a n u o v a in c a r n a z io n e a n im a le d i c u i il c o r p o d e i lo r o d is c e n d e n ti p o tr à trarre p r o fitto . N o n so r p r e n d e a ffa tto , allora, c h e

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METAFISICHE DEI COSTUMI

sia sp e s s o ric o r r en d o al c a n n ib a lism o e a lle su e d iv e r se va ria n ti p iù o m e n o m e ta fo r ic h e c h e g li u m a n i s o tto p o s ti a q u e sto siste m a si sfo r ­ z in o d i d istin g u e r e fra lo r o z o n e d ^ d e n tità e d i alterità. L ^ n im a d e i m e m b r i d e lle tr ib ù v ic in e fa d i lo r o d e i s o g g e tti p r o p r io c o m e m e , m a il lo r o c o r p o li o g g e ttiv a c o m e d iv e r si d a m e: è o r n a to , d ip in to , ta tu a to in u n m o d o d iv erso ; le arm i, g li str u m e n ti e g li u te n sili c h e lo p r o lu n g a n o s o n o d iversi dai m ie i (p r o p r io c o m e la fo rm a d e lle za n n e, d e i b e c c h i, d e g li artigli varia n e g li an im ali); la casa c h e o ffr e rip aro a q u e s to c o r p o n o n è c o m e q u e lla c h e a b ito io; la lin g u a p e r m e z z o d i cu i a g isce su l m o n d o n o n è q u e lla c h e p a rlo io (n o n p iù d e lla lin g u a d e l p e c a r i o d e ll’o r so , q u a n to m e n o q u e lla a sso cia ta alla lo r o fo rm a s p e c ific a ). Q u i, il c o r p o s o c ia le n o n è u n ,a str a z io n e , è u n a c o m u ­ n ità o rg a n ic a d i s o g g e tti in c o r p o r a ti n e llo ste s s o m o d o , i q u a li, p e r r ip r e n d e r e q u a n to h a sc r itto T erry T u r n e r a p r o p o s ito d e i K a y a p ó d e l B rasile, αc o m p r e n d o n o la lo r o so g g e ttiv ità c o m e im m a n e n te alle attività c o n c r e te d e l οοΓ ρο^ .12 Si tratta in d u b b ia m e n te d i u n a ca ra t­ teristica g e n e r a le d e i c o lle ttiv i an im isti: o g n i va rietà d i u m a n i si p e r ­ c e p is c e c o n u n a c o r p o r e ità sui generis e c o stitu isc e c o sì u n a so rta d i s p e c ie in d ip e n d e n te , ta n to c h e m a n g ia r e u n n e m ic o n o n è in s e n s o stretto u n a fo rm a d i a n tr o p o fa g ia (o d i a llelo fa g ia ) d a to c h e , p r o p r io c o m e la p e r s o n a a n im a le d i c u i si fa u n a p r e d a , la v ittim a p r o v ie n e d a u n a trib ù v ic in a c h e si d istin g u e p e r i s u o i a ttrib u ti fisici. N o n c h e il n e m ic o v e n g a a b b a ssa to al ra n g o d e l n o n u m a n o - il m o n d o in te r o è p er v a so d i u m a n ità - , m a è u n u m a n o d i tip o p a r tic o la r e e d iffe r i­ sc e d al p r o p r io p r e d a to r e a llo ste sso m o d o d i u n a p e r so n a -ta p ir o ri­ sp e tto al c a c c ia to r e c h e la b r a c c a , p e r v ia d e l su o c o r p o e n o n d e lla su a “c u ltu r a ”. O g g e ttiv a r e u n altrui u m a n o in u n siste m a a n im ista c o n siste p r i­ m a d i tu tto n e l r ic o n o sc e r e d e lle p r o p r ie tà p a rtico la ri al r iv e stim e n to fisic o c o n cu i si p rese n ta . È e v id e n te m e n te q u a n to a c c a d e n e i b a s s o ­ p ia n i d e l S u d A m e r ic a , d o v e n o n si c e r c a a ffa tto d i agire su g li altri c a m b ia n d o la natu ra d e lla lo r o an im a, u n a v e c c h ia o s s e s s io n e m is s io ­ naria, m a a p p r o p r ia n d o si d e g li stati d e l lo r o c o rp o ; a v o lte m a n g ia n ­ d o lo le tte r a lm en te , p iù s p e s s o p r e le v a n d o da q u e sto e le m e n ti g e n e ratori d ’id e n tità (te sta ,m e m b r o , s c a lp o ), p iù in g e n e r a le ca ttu r a n d o d e i v en tri fe c o n d a b ili e i lo r o p r o d o tti (d o n n e e b a m b in i p r ig io n ie r i, la cu i in te g r a z io n e a v v ie n e al te r m in e d i u n m o d e lla m e n to c h e m o d i­

habitus o rig in a ri, u n a so rta d i m e ta m o r fo si sen za rito rn o ). T u tte q u e ste p r a tic h e n o n h a n n o lo s c o p o d i a c c a p a r ­

fica il lo r o a sp e tto e i lo r o

rare so sta n z e e flu id i p e r p r o c u r a r si d e lle fo n ti d i p o te r e e d i en e r g ia , p o ic h é c iò c h e la carn e, le o ssa , i c a p e lli fo r n is c o n o in m o d o m e to n i-

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GLI USI NEL M ONDO

m ic o a c o lo r o c h e se n e im p o s s e s s a n o s o n o le d is p o s iz io n i p r o p r ie a u n a p a rtico la re situ a z io n e e c o n fo r m a z io n e fisica , il m o d o d i e sse r e p a rtic o la r e d i u n a s p e c ie ·13 L ’alterità c h e si a sso r b e c o n i c o r p i n o n è d u n q u e n é u n a fo rza v ita le resa d e sid e r a b ile d alla su a p r o v e n ie n z a lo n ta n a , n é u n ’id e n tità d i s e c o n d o o r d in e c h e si c erca d i a n n ic h ilir e p er m arcare il p r o p r io tr io n fo . A l c o n tr a r io , è c iò c h e è in d is p e n s a b i­ le p e r p e r c e p ir e se ste ssi c o m e d istin ti. E te r n a m e n te in cerca d i u n a c o m p le te z z a sfu g g e n te , c ir c o n d a to da fo r m e in g a n n e v o li e a n im e d is ­ sim u la te, il s o g g e tto a n im ista n o n p u ò c h e e sse r e sic u r o d i u n a cosa: m a n g ia e sarà m a n g ia to .

LA CANNA PENSANTE C o sa d ire d e ll’e p is te m o lo g ia d e l n a tu r a lism o c h e n o n sia g ià sta to m ille v o lte rip e tu to ? R isc h ia n d o d i se m p lific a r e in m o d o e c c e s s iv o , ci a c c o n te n te r e m o d i u n a b r e v issim a sin te si. Il s o g g e tto c o n o s c e n ­ te - ^ il so g g e tto p o litic o , p e r u n a v o lta riu n iti - a ssu m e la figu ra d i u n u m a n o astra tto c a p a c e d i r a g io n a m e n to e d i lib e r o a rb itrio , c o ­ sa c h e e s c lu d e i n o n u m a n i d a lle fo r m e su p e r io r i d e lla c o n o s c e n z a e d e ll’a z io n e (q u e lle c h e a p p a r te n g o n o alla sferà d e l so v r a se n sib ile ). In q u e sto a m b ito , d e l re sto , n o n tu tti g li u m a n i m a n ife sta n o le s te s ­ se c o m p e te n z e : si p e n s i agli sfo r z i c h e T a n tr o p o lo g ia n o n h a sm e sso d i c o m p ie r e p e r p ro v a r e a im p o r r e l ’id e a c h e il “p e n s ie r o s e lv a g g io ” sia a n c h e , p e r ce r ti a sp e tti, u n p e n s ie r o r a z io n a le e la αs c ie n z a d e l c o n c r e to ,> u n p r e g e v o le b r ic o la g e ! M e n tr e T a n im ism o g e n e r a liz z a la p o s iz io n e d i so g g e tto m o r a le e d e p is te m ic o a u n a m o ltitu d in e d i e s i­ ste n ti, il n a tu r a lism o la c o n fin a q u in d i a u n a so la s p e c ie e n e gerarc h iz z a c la n d e stin a m e n te i g ra d i al s u o in te r n o . In o ltr e , a e c c e z io n e d e g li eru d iti e d e i filo so fi c h e , a q u a n to si d ic e , sa n n o affran carsi d a q u e sta c o n d iz io n e , la m a ssa d e i s o g g e tti p iù o m e n o ra z io n a li resta rin ch iu sa , p er la m a g g io r p a r te d e l te m p o , n e lla p r ig io n ia d e lle a b i­ tu d in i e d e i p r e g iu d iz i. Q u e s ti s o g g e tti d iffe r is c o n o a n c h e fra lo r o p e r g ru p p i, in fu n z io n e d e i lo r o c o stu m i, d e lle lo r o lin g u e , d e lle lo r o c o n v e n z io n i e, su l p ia n o in d iv id u a le , a ll^ n tern o d i o g n i cu ltu ra , p e r e d u c a z io n e , a m b ie n te d i o r ig in e e ta len ti. N o n so lo T in terso g g ettiv ita è im p o s s ib ile n e l ra p p o r to c o n i n o n u m a n i, m a si rivela m o lto d iffic i­ le a n c h e tra u m a n i, ta n to v a ria n o le lo r o c r e d e n z e , v a lo ri e istitu z io n i, p r o p r io c o m e i siste m i d i se g n i a ttraverso c u i c i si sfo rza d i trad u rre q u e ste c o str u z io n i fu g a c i in u n a c o m u n ic a z io n e se m p r e m in a c c ia ta d a m a lin te si. F o r tu n a ta m e n te , u n a g r a n d e e b e lla c e r te z z a u n is c e i

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METAFISICHE DEI COSTUMI

p iù sa g g i a b ita n ti d i q u e sta to r r e d i B a b e le : d ie tr o l ’a c c o z z a g lia d i p a rtico la rism i c h e T U o m o n o n sm e tte d i g e n e r a r e , e siste u n c a m p o d i realtà d a lle r eg o la r ità ra ssicu ra n ti, c o n o s c ib ili a ttra v erso m e to d i p r o v a ti, e r ic o n d u c ib ili a le g g i im m a n e n ti la c u i v e r id ic ità n o n p u ò e ssere sm in u ita d al lo r o p r o c e sso d i sco p erta . In so m m a , il rela tiv ism o cu ltu ra le risu lta to lle r a b ile , e in te r e ssa n te d a stu d ia r e , s o lo a c o n d i­ z io n e d i c o n tr a p p o r si a u n m a ssic c io u n iv e r sa lism o n a tu ra le d o v e g li s p in ti alla ricerca d ella v erità p o s s o n o tro v a re a iu to e c o n so la z io n e . N o n p er q u e sto è tu tto risolto: la p erm a n en za d e ll’arbitrarietà d ella cu ltu ra in tr o d u c e u n m o tiv o d i p r e o c c u p a z io n e c o sta n te q u a n to alla p retesa d ella scien za d i sp ieg a re tu tto c iò c h e e siste, m e g lio e p iù c o m ­ p le ta m e n te d i q u a n to , in p r e c e d e n z a , n o n av esse fa tto la relig io n e. P e r q u a le m o tiv o la cu ltu ra c o n tin u a a sottrarsi ai m o d e lli e sp lic a tiv i e ai c o n c a te n a m e n ti cau sali c h e la ch im ica , la fisica o la b io lo g ia u tiliz z a ­ n o c o n tan to su c cesso ? P o ssia m o a c co n ten ta rci d i q u e sto stato d i c o se o p p u r e d o b b ia m o affidarci alle sc ie n z e u m a n e e so cia li p e r c h é m e tta ­ n o fin e a q u esto scand alo? E v id e n te m e n te , il p r o b le m a e p iste m o lo g ic o d el naturalism o è esatta m en te o p p o sto risp etto a q u e llo dell'an im ism o: m en tre il s e c o n d o s ’in terroga su l p o sto d e l “n a tu ra le” ( d e lle d ifferen ze fisiche) in u n m o n d o q uasi c o m p le ta m e n te αc u l t u r a l e i l p rim o n o n sa b e n e d o v e c o llo ca re la C u ltu ra (le d iffe r e n z e m orali) n e ll^ n iv e r sa lità d ella N atu ra. L e so lu z io n i riten u te n o n so n o c h e d e lle m e z z e m isu re, p ro p rio c o m e lo era la m eta m o r fo si p er l ’an im ism o . E sse c o n sisto n o in u n oscillare ostin a to tra d u e m o d i di elim in are la q u estion e: il m o n ism o n atu ralistico c o n la sua a m b iz io n e d i ridurre l ’a u to n o m ia d ella cu ltu ra - d iven tata u n sistem a d i a d a tta m en to d eterm in a to da c o str iz io n i g e ­ n e tic h e o am b ien tali - e il rela tiv ism o rad icale c o n la su a am D izione di ridurre l ’a u to n o m ia d ella n atu ra - d iv en ta ta u n p u ro sistem a d i se g n i sen za referen te o g g ettiv o . M i so n o già so fferm a to a su fficien za su q u e ­ sto d ia lo g o fra so rd i p er torn arci ancora. R ic o r d ia m o se m p lic e m e n te c h e è in u tile sp erare d i sc o p rire u n a terza via, a lm e n o fin o a q u a n d o c o n tin u e r e m o a situarci in u n ^ p is te m o lo g ia n atu ralistica i c u i fo n d a ­ m e n ti esp k citi si b a sa n o su u n ^ rrico n cilia b ile d u alità tra d u e c a m p i d i fe n o m e n i in c o m p a tib ili. M a , p r o p r io c o m e il p r o b le m a d e ll^ m a n ità d e i n o n u m a n i fo r n isc e a ll’a n im ism o u n in esa u rib ile e affa scin a n te o g g e tto di s p e c u la z io n e , q u e llo d e llo sta tu s d e i fe n o m e n i m o r a li n e i d e te r m in ism i m a teria li o ffr e al n a tu r a lism o u n ’in fin ita o c c a s io n e d i co n tr o v ersie filo so fic h e . G li a p p a ssio n a ti d i so ttig lie z z e riflessive e d i a rg o m en ti b e n strutturati n o n si la m en tera n n o . M e n tr e l ’a n im ism o le g g e i se g n i d e ll’a lterità n e lla d is c o n tin u ità d e i c o r p i, il n a tu ra lism o li r ic o n o s c e n e lla d isc o n tin u ità d e g li sp iriti.

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GLI USI NEL M ONDO

È d iv erso d a m e c o lu i c h e , p a r la n d o u n 'a ltra lin g u a , c r e d e n d o in a l­ tri valo ri, p e n s a n d o a ttraverso altre c a te g o r ie , p e r c e p e n d o in b a se a u n 'altra

v is io n e d e l m o n d o ”, n o n è p iù e sa tta m e n te u n m io sim ile ,

ta n to s o n o d iv e r se r isp e tto a lle m ie le “r a p p r e se n ta z io n i c o lle ttiv e ” a c u i a d erisce e c h e in flu isc o n o su lla su a a z io n e . U n c o s tu m e stra n o , u n a p r a tic a e n ig m a tic a o r ip u g n a n te si s p ie g a n o a llo ra c o n il fa tto c h e c o lo r o c h e v i in d u lg o n o n o n p o s s o n o fare a ltr im e n ti c h e c r e d e ­ re (p en sa re, ra p p resen ta rsi, im m a g in a r e , g iu d ic a r e , s u p p o r r e ...) c h e sia in q u e sto m o d o c h e o c c o r r a p r o c e d e r e se si v o g lio n o r a g g iu n g e ­ re d ete r m in a ti o b ie ttiv i. È u n a q u e s tio n e d i am e n ta lità w, u n f e c o n d o a m b ito d i in d a g in e p er la storia. M a se le m en ta lità s o n o rite n u te rela­ tiv a m e n te c o n o s c ib ili g ra zie alle tr a c c e c h e la sc ia n o n e lle e sp r e ssio n i p u b b lic h e , è tu tta v ia im p o s s ib ile p e n e tr a r n e le m o tiv a z io n i u ltim e , p o ic h é n o n p o ssia m o en trare c o m p le ta m e n te n e llo sp ir ito d e g li altri, n e p p u r e d i q u e lli c h e ci s o n o p iù v ic in i. P u r tr o p p o , p e r n o i so g g e tti n a tu ra listici, n o n e siste u n e q u iv a le n te sp ir itu a le d e lla m e ta m o r fo si, m a s o lo q u e g li sfo rzi in c o m p iu ti c h e te n ta n o la p o e sia , la p s ic o a n a ­ lisi o la m istica . C a p ia m o , in q u e ste c o n d iz io n i, c h e T alterità ra d ic a ­ le si trova in c o lo r o c h e s o n o s p r o w is t i d i sp ir ito o p p u r e n o n sa n n o servirsen e: u n te m p o i se lv a g g i, o g g i i m a la ti d i m e n te , e so p r a ttu t­ to T im m en sa m o ltitu d in e d e i n o n u m a n i, g li a n im a li, g li o g g e tti, le p ia n te , le p ie tr e , le n u v o le , tu tto q u e sto ca o s m a teria le d a ll’e siste n z a m e c c a n ic a d i cu i T u o m o , n e lla su a sa g g e z z a , cerca d i d e te r m in a r e le le g g i d i c o m p o s iz io n e e d i fu n z io n a m e n to .

RAPPRESENTARE IL COLLETTIVO P e r u n e tn o lo g o a b itu a to a ll5A m a z z o n ia , u n o d e i tratti p iù s c o n ­ certan ti d e l to te m ism o australian o è c h e g li e le m e n ti o rg a n ici d e ll5am b ie n te n o n v e n g o n o tra tta ti c o m e d e lle p e r s o n e , m a lg r a d o il r u o lo cru cia le c h e o c c u p a n o la fa u n a e la flora n e ll’o n to lo g ia e n e ll’e c o n o m ia d e g li A b o r ig e n i. N e s s u n rim a le v o lto a garan tirsi l ’in d u lg e n z a d i u n a selvaggin a v en d ica tiv a , n e ssu n o scia m a n o c h e g e stisc a le rela zio n i tra so c ie tà u m a n e e a n im a li, n e ssu n d ia lo g o d i a n im e tra il c a c c ia to r e e la sua p red a , n e ssu n a in d ic a z io n e c h e i ca n g u ri, g li e m ù o g li ig n a m i selv a tici sia n o d o ta ti d i u n ^ n te r io r ità c o n la q u a le o c c o r r e fa re i c o n ­ t i.14 N o n c h e q u e ste s p e c ie d i e n tità la sc in o gli A b o r ig e n i in d iffe r e n ­ ti, an zi, tu tt^ ltr o . In u n m o d o d i su ssiste n z a fo n d a to su lla ca c c ia , la p e sc a e la ra cco lta , si c a p isc e c h e le p ia n te e g li an im a li c o stitu isc a n o l ’o g g e tto d i sa p eri m o lto e la b o r a ti c o m e d e ll’a tte n z io n e c o sta n te d i

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METAFISICHE DEI COSTUMI

c o lo r o c h e v iv o n o fra lo r o e n e tr a g g o n o i p r o p r i m e z z i d i s o s te n ta ­ m en to : b is o g n a c o n o s c e r li p e r c h é a lc u n i d i lo r o s o n o b u o n i d a m a n ­ giare; s o n o tu tti ''b u o n i p e r p e n s a r e ,5 se li g iu d ic h ia m o dal p u n to d i vista d ella lo r o p o s iz io n e e m in e n te n e lle c la ssific a z io n i to te m ic h e ; m a n o n s o n o “b u o n i d a s o c ia liz z a r e ” , a lm e n o n e lla fo r m a d i c o m u n ità a u to n o m e d i

alter ego c h e

p o s s ie d a n o is titu z io n i a n a lo g h e a q u e lle

d e g li u m a n i. E v e r o c h e le s p e c ie a n im a li e v e g e ta li s o n o c o llo c a te n e i d iv ersi c o lle ttiv i to te m ic i p e r il fa tto d i c o n d iv id e r e c o n d e te r m i­ n a te cla ssi d i u m a n i u n ^ r ig in e e d e g li a ttr ib u ti p r o to tip ic i c o m u n i; m a n o n p e r q u e sto i lo r o m e m b r i v e n g o n o in v ita ti a p a r te c ip a r e alle attività so cia li, se n o n in fo r m a d i te stim o n i su b altern i: c o m e p arti in ­ teg ra n ti d i u n p a e sa g g io u n te m p o m o d e lla to d a g li e sse r i D r e a m in g , c o m e p r o v v iste d i c ib o d a rin n o v a r e (n e i riti d i “m o ltip lic a z io n e ”), c o m e in d iz i e v e tto r i im p e r s o n a li d e lla p r e s e n z a e d e lle in te n z io n i d e i d e m iu r g h i o rig in a ri d i c u i e ssi r a p p r e se n ta n o , p r o p r io c o m e g li u m a n i, d e lle o g g e ttiv a z io n i c o n tin g e n ti. In so m m a , in A u stra lia c o m e n e llO c c id e n t e m o d e r n o , g li a n im ali e le p ia n te n o n v e n g o n o a m m e s­ si alla d ig n ità d i so g g e tti. Q u e s to sig n ifica fo r se c h e u n ta le p r iv ile g io sia riservato agli u m a ­ n i, so li d e te n to r i d i u n p u n to d i v ista su l m o n d o e d e lla c a p a c ità d i trasform arlo? P a re m o lto d u b b io se c o n sid e r ia m o il d e b o le m a r g in e d i m a n o v ra d i c u i g o d o n o g li A b o r ig e n i r isp e tto ai d iv ersi tip i d i e n ­ tità to te m ic h e c h e u tiliz z a n o i lo r o c o r p i p er p erp etu a rsi. R ic o r d ia m o c h e i to te m d i filia z io n e , i to te m d i c o n c e z io n e , g li s p in ti-b a m b in o , g li ste ssi lu o g h i to te m ic i str u m e n ta liz z a n o g li u m a n i se r v e n d o si d e l lo r o d in a m ism o e d ella lo r o v ita lità al fin e d i rip ro d u rre, g e n e r a z io n e d o p o g e n e r a z io n e , il g r a n d e o r d in a m e n to se g m e n ta r io d i c u i q u e ste fo r z e se m p r e a g en ti s o n o i crea to ri, i g a ra n ti o le e sp r e ssio n i c o n c r e ­ te. C erto , gli u m a n i n o n s o n o m a r io n e tte m a n ip o la te d a to te m v e n ­ tr ilo q u i, m a la lo r o so g g e ttiv ità se m b r a d eriv a re in gran p a r te d a lle p r o p r ie tà in c o r p o r a te n e lle m ir ia d i d i o g g e tti reali e p o te n z ia li c h e fu r o n o d e p o s ti n e l m o n d o d a g li e sse r i D r e a m in g q u a n d o g li c o n f e ­ r ir o n o fo r m a e s e n so . È q u a n to N a n c y M u n n m o str a b e n e n e l s u o stu d io d e d ic a to al p e n sie r o m itic o d e lle tr ib ù d e l d e se r to c e n tr a le .15 S e c o n d o i W a rlp ir i e i Pitjantjatjara, la to ta lità d e l lo r o a m b ie n te attu a le c o s titu is c e u n a so rta d i reg istro il q u a le rip o rta le in n u m e r e ­ v o li tra cce la sc ia te d a g li esse r i D r e a m in g : o g n i in d iv id u a lità c h e c o n ­ tie n e p u ò essere rico n d o tta a u n a p a rte m eta m o rfizza ta d e l lo r o c o r p o in fin ita m e n te p r o d u ttiv o , alle v e stig ia d i u n Ja z io n e c h e h a n n o c o m ­ p iu to o alla rea liz z a z io n e a u to m a tic a d i u n p ia n o c h e si s o n o d ile tta ­ ti a im m a g in a re. O g n i e s iste n te si v e d e c o s ì le g a to a l l e n a o a ll^ ltr a

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GLI USI NEL M ONDO

d i q u e ste fig u re p r o to tip ic h e d a u n a r e la z io n e c h e è al c o n te m p o e s ­ se n z ia le e c o n su sta n z ia le : d i u n m o d e s to p u n to d ^ c q u a , si dirà c h e e il c o r p o ” d i u n p a r tic o la r e e sse r e D r e a m in g , e la ste ssa c o sa p o tr à e sse r e d e tta d e lla p r o le c h e h a la sc ia to in q u e sto sito s o tto fo r m a d i sp ir iti-b a m b in o e d i o g g e tti r itu a li c h e in c a r n a n o la su a p r e s e n z a .16 L ^ m e r g e r e d e l p a e sa g g io , d e lle sp e c ie d e tte an a tu r a li,> e d e g li u m a n i n o n risu lta q u in d i, in s e n s o str e tto , d a u n p r o c e s s o d i c r e a z io n e - il q u a le p r e s u p p o n e T a u to n o m ia d e lle c o s e p r o d o tte r isp e tto a llo str u ­ m e n to d ella lo r o co m p a rsa . E s s o è p iu tto s to T e ffe tto d i u n p r o c e s s o d i o g g e ttiv a z io n e n e l c o r so d e l q u a le d e i so g g e tti o rig in a ri h a n n o g e ­ n era to cla ssi d i c o s e a p a rtire d a se ste ssi - p e r m e ta m o r fo si p a rzia le, s e p a r a z io n e o im p r o n ta - in m o d o c h e q u e s te u ltim e p o r ta sse r o in sé, fin n e l p r e se n te , i se g n i d e lla so g g e ttiv ità a g e n te d i c u i s o n o il ri­ su lta to c o n c r e to . I veri so g g e tti d i tali g e sta to te m ic h e e d e ll^ r d in a m e n to p e r e n n e c h e h a n n o istitu ito s o n o p r o p r io g li e sse r i D r e a m in g , o v v e r o d e g li a g en ti u n te m p o m o b ili c h e h a n n o a ttu a lizza to , a p artire d a se ste ssi, p a c c h e tti d i e sse r i e d i o g g e tti a g g reg a ti in in sie m i ib r i­ d i c h e c o n d iv id o n o p r o p r ie tà c o m u n i a ca u sa d e lle c ir c o sta n z e d e l­ la lo r o co m p a rsa . E tu tta v ia , m a lg r a d o il to n o r e a listic o d e i r a c c o n ti c h e n e r ip erco rro n o le a w e n tu r e , g li esse r i D r e a m in g sfu g g o n o a u n a d e sc r iz io n e fe d e le d ella lo r o n a tu ra ib r id a originaria; si s o n o in o ltr e in fu si in e n tità d i fo r m e c o s ì d iv e r se c h e è d iffic ile c o n c e p ir li c o m e in d iv id u a lità ra p p rese n ta b ili. Ip o sta si d i u n p r o c e s s o d i g e n e r a z io n e se g m e n ta to , il s o g g e tto a ttiv o è d u n q u e in realtà u n ’a s tr a z io n e , u n c o n c e tto o g g e ttiv a to in u n a m o lte p lic ità d i cose: è la c la sse p r o to ti­ p ic a d e g li e le m e n ti u m a n i e n o n u m a n i d o ta ti d i u n a ste ssa o r ig in e e c h e u n d e te r m in a to c o lle ttiv o ra p p resen ta . In u n a ta le p r o sp e ttiv a , n o n p o tr e m m o p r e te n d e r e c h e g li u m a n i sia n o d e i s o g g e tti se n o n p e r d e r iv a z io n e o p e r p r o c u r a , d a to c h e la lo r o id e n tità fisica e m o r a le d ip e n d e d a q u e lla d e lle e n tità p r im o r ­ d ia li d a cu i p r o v e n g o n o . Q u e s t o è e v id e n te , p e r e s e m p io , n e l fa tto c h e u n P itjantjatjara s ’id e n tific a c o n l ’e sse r e D r e a m in g d e l p r o p r io lu o g o d i n a sc ita d ic e n d o “i o ” p e r r iferirsi a lu i. A llo s te s s o m o d o , si d ic e c h e i n e i e le m a c c h ie p r e s e n ti alla n a sc ita

{djuguridja,

' c iò

c h e a p p a r tie n e agli a n te n a ti5,) sia n o r ic o r d i su l c o r p o u m a n o d e i s e ­ g n i d istin tiv i c h e e sib iv a T e sse r e D r e a m in g d a c u i p r o v e n g o n o , s e ­ g n i c h e è p o s s ib ile a n c h e d istin g u e r e n e lle p a r tic o la r i c a r a tte ristic h e d i u n tra tto d e l p a e sa g g io in c u i q u e s to e sse r e si è tr a sfo r m a to .17 L a s o g g e ttiv a z io n e d i o g n i in d iv id u o u m a n o a v v ie n e q u in d i e s s e n z ia l­ m e n te a ttra v erso o g g e tti r is p e tto ai q u a li e in tr in s e c a m e n te le g a to (e le m e n ti d e l p a e sa g g io , sp ir iti-b a m b in o , o g g e tti sacri) p e r c h é m a -

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METAFISICHE DEI COSTUMI

n ife s ta n o e r e n d o n o o p e r a tiv a la s o g g e ttiv ità a n c o r a v ib r a n te d e g li e sse r i D r e a m in g e q u in d i la p r o p r ia so g g e ttiv ità in q u a n to d eriv a ta da q u ella . L ^ d e n tità d i u n A b o r ig e n o è p e r ta n to aa lie n a ta ,5 n e l p ie ­ n o s e n s o d e l te r m in e , d a to c h e r isie d e n e lle tr a c c e la sc ia te n e lle c o ­ se d a lle e n tità c h e h a n n o p r o d o tto la c la sse a c u i a p p a r tie n e , e n tità d i cu i c o n tr ib u is c e a c o n c r e tiz z a r e la p r e se n z a a ttra v erso la p r o p r ia attiv ità ritu ale. C o m e sc r iv e M u n n , up e r i so g g e tti u m a n i, g li o g g e tti ch e v e n g o n o a in co rp o r a r e i se g n i d e lla lo r o p r e se n z a c o n te n g o n o già i se g n i d e lla p r e se n z a d i altre e n tità - a lle q u a li s o n o s u b o r d in a ti e c h e li p r e c e d o n o n e l t e m p o w.18 In q u e sta d ia le ttic a , c h e n o n sa p r e m ­ m o v e r a m e n te se c o n sid e r a r e m a te r ia lista o id e a lista , s o n o i s o g g e tti o rig in a ri a fo n d a r e lo sta to e la d in a m ic a d e lle c o s e o g g e ttiv a n d o il m o n d o g ra zie alla lo r o so g g e ttiv ità . I n v e c e g li u m a n i si v e d o n o o g g e ttiv a ti c o m e so g g e tti p e r in te r m e d ia z io n e d e g li o g g e tti c h e g li e s ­ seri D r e a m in g h a n n o so g g e ttiv a to . N e s s u n a so rp resa , q u in d i, c h e a n im a li e p ia n te n o n sia n o p e r so n e , se a n c h e gli u m a n i s o n o s o lo p e r so n ific a z io n i d i u n a realtà c h e li d e ­ term in a su l p ia n o fisic o c o m e su q u e llo in te r io r e . T u tto , n e l m o n d o , è le g a to a q u e s te figu re p r im o r d ia li d e l D r e a m in g alle q u a li si d e v e la rip a rtizio n e in cla ssi d e g li e sse r i e d e lle c o se . T u tto d ip e n d e p e r s e m ­ p re d a q u e sti a g en ti o r d in a to r i i q u a li e sp r im o n o la lo r o e sse n z a e le lo r o p r o p r ie tà m ateria li a n c h e n e g li o g g e tti p iù in sig n ific a n ti. N u lla im p e d is c e d u n q u e c h e p ia n te e a n im a li sia n o c o n sid e r a ti c o n d e n sa ti d i a ttr ib u ti c h e r im a n d a n o a lle e s s e n z e to te m ic h e e, al te m p o s t e s ­ so , so sta n z e g e n e r ic h e p r iv e d i u n a v era in terio rità , c h e si p r e sta n o a e sse r e c o n v e r tite in c ib o p o ic h é d istr u g g e r le e c o n su m a r le n o n avrà n e ssu n a r ip e r c u ssio n e su l n u c le o d u r e v o le d a c u i sg o r g a il flu sso c o ­ sta n te d ell^ rrorazion e o n to lo g ic a . U n u o m o -O p o s s u m c h e m a n g ia u n o p o s s u m n o n reca a lcu n d a n n o alia

q u a lità -O p o s s u m ,> c h e li d e fin i­

s c e en tram b i: c ia sc u n o , a m o d o su o , n o n n e è c h e u n ^ n c o r p o r a z io n e p r o w is o r ia . In v e c e , la d istr u z io n e ir r im e d ia b ile d e l sito -O p o s s u m da c u i a m b e d u e p r o v e n g o n o - r ic o p e r to fo r se , c o m e ta lv o lta a c c a d e , d a u n c a m p o d a g o lf o d a u n su p e r m e r c a to - im p lic a n o n s o lo Tann ie n ta m e n to d ella lo r o id e n tità g e n e r ic a , o rm a i p riv a ta d e lla p r o p r ia f o n t e d in a m ic a , m a a n c h e e s o p r a ttu tto l ’im p o s s ib ilità p e r lo r o d i p e r p e tu a r e le r isp e ttiv e stirp i, v e n e n d o a m a n c a r e le se m e n z e t o t e ­ m ic h e c h e p r o sp e r a v a n o in q u e l lu o g o . R isu lta m o lto d iffic ile d is tin ­ g u e r e in q u e sti flu ssi o n to lo g ic i c o m p a r tim e n ta ti u n a m a teria lità p u ra m e n te o g g e ttiv a c h e p o tr e b b e e sse r e a b b in a ta a u n ’in te n z io n a lità stru ttu ra n te, a u n p r o g e tto cre a to r e im m a n e n te a tu tto e d i c u i o g n i c o sa r e c h e r e b b e te stim o n ia n z a . Q u a n to ai so g g e tti, s o n o c o n te m p o -

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GLI USI NEL M ONDO

r a n c a m e n te o v u n q u e e d a n e s s u n a p a r te . O v u n q u e p e r c h e in o g n i lu o g o si m a n ife sta n o g li in d iz i ta n g ib ili d i q u e sta so g g e ttiv ità a g e n te a ttrib u ita agli e sse r i D r e a m in g ; d a n e s s u n a p a r te p e r c h é , in c o r p o ­ ra n d o si n e l p a e sa g g io e sta c c a n d o d ai lo r o c o r p i g li e siste n ti, q u e sti s o g g e tti o r ig in a r i h a n n o r in u n c ia to a m o str a r e se ste s s i c o m e in d i­ v id u a lità ra p p r e se n ta b ili. N ie n t e d i u n iv e r sa le n e lle p r o p r ie tà d e lla m ateria, d u n q u e , e n ie n te d i o m o g e n e o in q u e sta m o ltitu d in e d i s o g ­ g e tti im m ersi n e lle co se: se v o le s s im o c o llo c a r e a tu tti i c o sti q u e sta c u rio sa m eta fisica n e l le tto d i P r o c r u ste d e lla n o str a e p iste m o lo g ia , d o v r e m m o in d u b b ia m e n te d escriv erla n e i te r m in i d i u n d u p lic e r e ­ la tiv ism o , n a tu ra le e c u ltu r a le , te m p e r a to tu tta v ia d a u n ^ s s e s s io n e cla ssifica to ria se n z a pari. C o n s id e r a to T e ffe tto sp e r so n a liz z a n te e se r c ita to su lle c o s c ie n z e d a q u a n to p o tr e m m o a b u o n d ir itto c h ia m a r e d e lle ur a p p r e s e n ta ­ z io n i c o lle ttiv e ,5, il p r o b le m a al q u a le il to te m is m o è c o n fr o n ta to si la scia fa c ilm e n te in d o v in a r e : c o m e d istin g u e r e se n z a a m b ig u ità in ­ d iv id u i u m a n i e n o n u m a n i fu si a ll^ n te rn o d i u n m e d e s im o c o lle t t i­ v o , c o m e sep arare d e g li e s is te n ti a m a lg a m a ti in u n a c la sse ib r id a p e r e ffe tto d i u n m o d o d ^ d e n tific a z io n e c h e m in im iz z a le d is c o n t in u i­ tà? S e il g r u p p o t o te m ic o le g a to a u n lu o g o c o s titu is c e v e r a m e n te la p r in c ip a le fo r m a d e l s o g g e tto in q u a n to p e r so n a m o r a le a ssim ila ta a u n e sse r e D r e a m in g , a llo ra g li e le m e n ti r iu n iti m ta le in s ie m e d i­ v e n ta n o p a r tic o la r m e n te d iffic ili d a d is tin g u e r e , d a to c h e p r o v e n ­ g o n o tu tti d a lla ste ssa m a tr ic e p r o to tip ic a : al d i là d e lle d iffe r e n z e d i fo r m a , o g n u n o d i e s s i n o n è c h e u n ’a ttu a liz z a z io n e fu g a c e d e g li a ttr ib u ti p r e s ta ti a q u e s t'u ltim a . E tu tta v ia è n e c e s s a r io c h e e sista a ll^ n te rn o d e l c o lle ttiv o u n a so g lia m in im a d i d iffe r e n z ia z io n e e d i alterità c h e c o n s e n ta d e lle in te r a z io n i tra e le m e n ti c h e sa r e b b e r o a l­ tr im e n ti tr o p p o sim ili. N e l c a so d ella fa u n a e d e lla flora, la s o lu z io n e c o n s is te n e l d is s o ­ cia re g li a ttrib u ti d e ll^ n d iv id u o , in q u a n to s in g o lo m e m b r o d i u n a sp e c ie b io lo g ic a , d a g li a ttrib u ti d e lla sp e c ie , in q u a n to c o m p o n e n te d i u n c o lle ttiv o t o te m ic o . U n e s e m p la r e d e lla m ia s p e c ie to te m ic a n o n è p er m e u n so g g e tto c o n c u i sta b ilisc o u n a r e la z io n e d a p e r s o ­ n a a p e r so n a , m a u n ^ s p r e s s io n e v iv e n te d i a lc u n e q u a lità m a teria li e d e sse n z ia li c h e c o n d iv id o c o n lu i. È p e r q u e s to c h e l ’in fo r m a to r e d i S p e n c e r e G ille n c h e h o g ià cita to p o te v a d ire d i u n ca n g u r o c h e “è e sa tta m e n te u g u a le a m e ” ·19 M a ta le id e n tità n o n è a sso lu ta , v a le so lo p er a lcu n i p red ic a ti riten u ti p e r tin e n ti n e l v alu tare T a p p a rten en za a u n a c a teg o ria o n to lo g ic a : si c o n sid e r e r a n n o allora la ste ssa o r i­ g in e , la stessa e sse n z a e a lc u n e so sta n z e c o m u n i, certi tratti c o n d iv isi

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METAFISICHE DEI COSTUMI

d e ll’a sp etto e d e l co m p o r ta m e n to , la stessa d e sig n a z io n e ta sso n o m ic a c h e, c o m e a b b ia m o v isto , d eriv a p iù sp e s s o d a u n a p r o p r ie tà astrat­ ta p iu tto s to c h e d al n o m e d i u n a s p e c ie . P e r il r e sto , la m o r fo lo g ia d iffe r isc e , p r o p r io c o m e le a b itu d in i a lim en ta ri, le fo r m e d i c o m u n i­ c a z io n e e n u m e r o se altre c o s e a n cora. T a li d iffe r e n z e s o n o d o v u te al fa tto c h e i d e p o s iti d i sp ir iti-b a m b in o d i u n a ste ssa c la sse to te m ic a s o n o ch ia ra m en te d isso cia ti: a lc u n i d a n n o c o r p o a d e g li u m a n i, altri a d e lle p ia n te e d e g li an im ali. S o n o q u e sti a ttrib u ti d iv e r g e n ti, a n n u l­ lati n e l c o n te s to d e ll^ d e n tific a z io n e o n to lo g ic a e c h e in v e c e a ttira n o T a tte n z io n e in q u e llo d e ll'e s p e r ie n z a p ra tica , a in tr o d u r r e d e lle d i­ stin z io n i a ll'in tern o d e l c o lle ttiv o to te m ic o ; q u a n d o le c ir c o sta n z e lo r ic h ie d o n o , fa n n o sì c h e u m a n i e n o n u m a n i, p e r q u a n to fu si in u n m e d e s im o in sie m e , v e n g a n o trattati c o m e e n tità d iv erse. T a le o p e r a z io n e è m o lto p iù d iffic ile d a realizzare q u a n d o si tratta d i d istin g u e r e fra lo r o g li e sse r i u m a n i all^interno d e llo ste sso c o lle t­ tiv o to te m ic o : o g n u n o d i q u e sti, p r o v e n ie n te d a u n a ste ssa riserva d i sp ir iti-b a m b in o , è u g u a lm e n te c o n fo r m e a lle p r o p r ie tà d e lla c la sse p r o to tip ic a c h e la su a p e r so n a o g g e ttiv a . C o sì, in q u e s to c a so , la s o ­ lu z io n e c o n siste p iu tto sto n e l so v ra d eterm in a re g li a ttrib u ti d e ll'in d i­ v id u o r isp e tto a q u e lli d e lla su a c la sse p a r tic o la r iz z a n d o il su p p o r to d e lla sua id e n tità , o v v e r o le ca r a tte ristic h e d e l su o sp ir ito -b a m b in o . È u n o d e g li o b ie ttiv i a ttrib u iti alle c e r im o n ie d 'in iz ia z io n e e agli o g ­ g e tti r itu a li c h e e s s e u tiliz z a n o , c o m e illu str a b e n e la fu n z io n e d e i

churinga p r e sso g li A ra n d a .20 Il ter m in e churinga (o tjurunga) d e sig n a , fra le altre c o se , d e g li o g ­ g e tti cu ltu a li d i d iv e r so tip o situ a ti in u n sito to te m ic o e c h e se r v o ­ n o da su p p o r to a ll^ d e n tità d e ll^ s s e r e D r e a m in g c h e h a d a to o r ig in e a q u e l lu o g o . F ra q u e sti, si d e v o n o d is tin g u e r e i (d etti

churinga c o lle ttiv i

p ie tr e e r o c c e in a m o v ib ili c h e in c o r p o r a n o g li sp iriti-

b a m b in o d e lle s p e c ie to te m ic h e n o n u m a n e e c h e ser v o n o fo n d a m e n ta lm e n te ai riti d i “m o ltip lic a z io n e ” , e i cん

dulla-irrakura), tu tti



in d iv id u a li (d e tti か-

d iv ersi fra lo r o e c h e o g g e ttiv a n o , c ia sc u n o , u n

d iv e r so sp ir ito -b a m b in o u m a n o . Si tratta d i ta v o le tte d i le g n o o d i fo g li d i sc isto d i fo rm a o v a le o retta n g o la re, in c isi o d ip in ti c o n m o ti­ v i astratti, n a sc o sti n e lla v ita d i t u t t i i g io r n i n e llJin c a v o d i u n a lb ero o in u n c r e p a c c io situ a to n e l sito to te m ic o . Il m o tiv o c h e a d o rn a o g n i churinga in d iv id u a le è d e l tu tto o r ig in a le e ra p p r e se n ta la sin g o la rità n o n ta n to d e l l ^ d i v i d u o a c u i e a sso c ia to , q u a n to q u ella d e llo sp in to b a m b in o c h e an im a la su a e siste n z a in q u a n to m e m b r o p a r tico la re d i u n c o lle ttiv o to te m ic o . C o m ’è p o s s ib ile ta le in d iv id u a liz z a z io n e , c i si ch ied erà , d al m o m e n to c h e g li sp in ti-b a m b in o d i tu tti g li u m a n i p ro -

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GLI USI NEL M ONDO

v e n ie n ti d a u n sito to te m ic o d e r iv a n o d a u n o s te sso e sse r e D r e a m in g e s o n o q u in d i o n to lo g ic a m e n te id e n tic i? M o lto s e m p lic e m e n te p e r ­ ché ogn i

churinga, e q u in d i o g n i sp ir ito -b a m b in o u m a n o , si p r e se n ta

c o m e u n 5e sp r e ssio n e in q u a lc h e m o d o frattale d ella stru ttu ra g e n e r a ­ le d e lle p r o p r ie tà d ella c la sse to te m ic a a c u i a p p a rtien e: e s s o illu stra u n a d iversa ta p p a d e lle c o n d iz io n i d e lla su a o g g e ttiv a z io n e . E q u e sta “r a p p r e se n ta z io n e d e ll’ir r a p p r e se n ta b ile ” , p e r im p ie g a r e u n ’e s p r e s ­ s io n e d i M o is s e e ff,è o tte n u ta c o n u n a n o te v o le e c o n o m ia d i m e z z i. In e ffe tti, i m o tiv i a b a se d i c e r c h i, se m ic e r c h i, sp ira li e lin e e c o n t i­ n u e o d is c o n tin u e raffigu rati su lla su p e r fic ie d e i

churinga r a p p r e se n ­

ta n o c ia sc u n o u n a p o r z io n e d e l p e r c o r so d i u n e sse r e D r e a m in g e le tr a cce da lu i la sc ia te in u n p a r tic o la r e sito a se g u ito d i u n p a r tic o la r e e v e n to . In q u e s to m o d o , o g n i in d iv id u o , o w e r o o g n i in c a r n a z io n e d i u n o sp ir ito -b a m b in o , d iv e n ta F a ttu a liz z a z io n e d i u n a d e lle ta p ­ p e a ttra v erso c u i è p a ssa ta la g e n e s i d e ll^ d e n tità c o lle ttiv a p r o p r ia a ll’in sie m e d i c u i è p a rte. S u llo s fo n d o d i u n a sp e c ific ità o n to lo g ic a c o m u n e , gli in d iv id u i si d is tin g u o n o p e r ta n to g li u n i d a g li altri gra ­ z ie alla d istr ib u z io n e fra o g n i m e m b r o u m a n o d e lla c la sse to te m ic a , n e lla fo rm a d i u n p a e sa g g io in m in ia tu r a a n im a to d a u n a p e r ip e z ia fo n d a tr ic e , d i d iv ersi s e g m e n ti d e lle g e sta in iz ia li c h e li h a n n o tu tti c o stitu iti in q u a n to c la sse o m o g e n e a . Q u a le fo rm a p u ò a ssu m e r e T alterità in u n ta le siste m a , ca ra tteriz­ za to d a s o g g e tti o v u n q u e p r e se n ti n e g li e ffe tti o g g e ttiv a ti d e lla lo r o a z io n e istitu e n te e tu tta v ia im p o s s ib ili d a c o g lie r e n e ll'a sp e tto f e n o ­ m e n ic o d e lla lo r o in d iv id u a lità o rig in a ria ? N o t ia m o p r im a d i tu tto c h e il to te m is m o è, in sé , u n c o m o d o d is p o s itiv o p e r d e fin ir e d e lle s o g lie d i d is c o n tin u ità tra sé e T a ltro , in fa tti la su a fin a lità p r im a ­ ria c o n s is te n e ll,a sseg n a re in sie m i d i p r o p r ie tà c o n tr a sta n ti a d iv e r se cla ssi d i esisten ti: si d e fin isc e c o m e d iv e r so d a m e c o lu i c h e , in q u a n ­ to m e m b r o d i u n altro c o lle ttiv o to te m ic o , p o s s ie d e a ttr ib u ti fisic i e m o ra li d istin ti d ai m ie i. T u tta v ia , a lm e n o p e r q u a n to rig u a rd a gli u m a n i, lo sca rto o n to lo g ic o n o n è ta le d a im p e d ir e la v ita in c o m u n e a ll^ n tern o d i u n in sie m e c o m p o s ito p iù v a sto , e a n c o r m e n o T u n io n e eso g a m a tra m e m b r i d i g r u p p i to te m ic i d iv ersi. L u n g i d a ll'e sse r e in c o m p a tib ili, le d iffe r e n z e d i m a teria lità e d ^ n terio rità tra se g m e n ti to te m ic i si c o m p le ta n o a r m o n io sa m e n te , an zi, la c o e siste n z a tra c o l­ le ttiv i e te r o g e n e i è u n a c o n d iz io n e n e c e ssa r ia alla s o p r a w iv e n z a d i tu tti, d a to ch e i m em b r i u m a n i d i o g n i g r u p p o to te m ic o s ’im p e g n a n o ad assicurare la su ssiste n z a d e g li altri m o ltip lic a n d o , a lo r o b e n e fic io , le p ia n te e gli a n im ali d i c u i s o n o r e sp o n sa b ili e a u to r iz z a n d o li a p r e ­ le v a re d e lle r iso rse n e i te r r ito ri a sso c ia ti ai lo r o siti d i n a sc ita . N o n

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METAFISICHE DEI COSTUMI

e siste n e p p u r e u n ’in c o m p a tib ilità tra g e n ito r i q u a n d o a p p a r te n g o n o a sp e c ie to te m ic h e d iv erse, d a to c h e le c a ra tteristich e fisic h e e m o ra li d e i lo r o figli n o n d ip e n d o n o a ffatto d a lo r o , m a d a lle en tità to te m ic h e so tto la c u i e g id a n a s c o n o o v e n g o n o c o n c e p iti. D i fa tto , ci tr o v ia m o d i fr o n te a u n n o te v o le c a so d i c o a b ita z io n e ra g io n a ta tra αrazze o n to lo g ic h e ” ch e , p u r p e r c e p e n d o s i c o m e d e l tu tto d iv e r se p er e sse n z a , so sta n za e lu o g h i ai q u a li s o n o le g a te , a d e r isc o n o n o n d im e n o a v a lo ri e n o r m e c h e le r e n d o n o c o m p le m e n ta r i, se r v e n d o si al te m p o ste sso d ella g riglia d i alterità n e lla q u a le si tr o v a n o in se r ite le u n e r isp e tto a lle altre p e r p r o d u r r e u n a so lid a r ie tà o r g a n ic a a p a rtire d a ll'e te r o ­ g e n e ità ta sso n o m ic a . L o ste s s o n o n p u ò e sse r e d e tto d e lle p ia n te e d e g li a n im a li. P r o ­ p r io c o m e g li u m a n i, e ssi s o n o in n a n z itu tto d istin ti g li u n i d a g li a l­ tri in b a s e a lle lo r o a ffilia z io n i to te m ic h e , s e n z a tu tta v ia p o te r tras c e n d e r e q u e s ta d iv is io n e o r ig in a r ia e m e s c o la r s i lib e r a m e n te tra lo r o d a to c h e , c o n tr a r ia m e n te a g li u m a n i, n o n sa r e b b e r o in g r a d o d i r ip r o d u r si in s ie m e se p r o v e n is s e r o d a s e g m e n ti to te m ic i d iv e r si e n e m m e n o se a p p a r te n e sse r o a s p e c ie d istin te d i u n o ste s s o c o lle t ­ tiv o . O g n i s p e c ie b io lo g ic a d i n o n u m a n i è p e r ta n to r in c h iu sa in u n fa c c ia a fa c c ia c o n se ste ssa , m a lg r a d o i c o lle g a m e n ti to te m ic i c h e la te n g o n o u n ita ad altre c a te g o r ie d i e siste n ti. I n o ltr e , p e r q u a n to g li u m a n i a m m e tta n o v o le n tie r i d i c o n d iv id e r e c o n le lo r o s p e c ie t o t e ­ m ic h e u n a p r o fo n d a id e n tità d i e sse n z a e d i so sta n z a , c o n s id e r a n o c o m u n q u e g li in d iv id u i d i q u e s te s p e c ie c o m e o g g e tti sp r o v v isti d e l tip o d ln t e r io r it à cre a tiv a c h e c o n s e n te lo r o in v e c e d i d e fin ir si c o ­ m e i p r in c ip a li a g en ti d e g li e sse r i D r e a m in g . A g li o c c h i d e g li u m a n i, q u e s te p ia n te e q u e s ti a n im a li ''e sa tta m e n te u g u a li a l o r o J, n o n s o ­ n o c h e v e tto r i a c c id e n ta li d i q u a lità c h e li c a r a tte riz z a n o c o n g iu n ta m e n te , n o n s o g g e tti d a c o in v o lg e r e in u n p r o g e tto d i v ita c o m u n e . L a c a te g o r ia to te m ic a d e ll^ lte r ità g io c a q u in d i su u n a s o ttile a r ti­ c o la z io n e d ia le ttic a tra il p ia n o d e ll'in d iv id u o e q u e llo d e lla sp e c ie : e ssa in c lu d e in d isc r im in a ta m e n te d e g li u m a n i, q u a n d o si sc e g lie d i c o n s id e r a r li c o m e s p e c ie ( s e c o n d o la lo r o a ffilia z io n e to te m ic a ) e n o n c o m e in d iv id u i (in q u a n to p a r tn e r so c ia li), e la m ir ia d e d i n o n u m a n i c h e s o n o tratta ti sia c o m e in d iv id u i c o sific a ti a d is p e tto d e lla lo r o a p p a r te n e n z a d i s p e c ie (a ll’in te r n o d e l g r u p p o to te m ic o ), sia al c o n te m p o c o m e s p e c ie e str a n e e e c o m e in d iv id u i sp r o v v isti d i u n ’id e n tità p r o p r ia (a ll’e s t e m o d e l g r u p p o to te m ic o )·

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GLI USI NEL M ONDO

LA SEGNATURA DELLE COSE L e c o s m o lo g ie a n im istic h e p u llu la n o d i p e r s o n e n e tta m e n te in ­ d iv id u a liz z a te e id e n tific a b ili se n z a d iffic o ltà g ra zie alla d iv ersità d e i lo r o abiti: è q u e ll’an im a le c h e m i sq u a d r a , q u e l g r a n d e a lb e r o c h e è v e n u to a parlarm i in s o g n o , q u e ll’u m a n o lo n ta n o c h e r ic e v o in visita. A n c h e le so g g e ttiv ità a n a lo g iste p r o life r a n o in o g n i lu o g o , m a in m o ­ d o m o lto p iù d iffu so e a m b iv a le n te , rifran te c o m e s o n o in su p p o r ti im p r e v isti d o v e b iso g n a sa p e r le r ic o n o sc e r e g ra zie a le g g e r i in d iz i e seg n a li d iffic ili d a d ecifra re. In u n m o n d o sa tu r o d i u n a p r o d ig io sa q u an tità d i esiste n ti p articolari, a lo r o v o lta c o m p o s ti da u n a p lu ralità d i ista n ze m o b ili e in eq u ilib r io in sta b ile , d iv en ta d iffic o lto so attribuire u n ’id e n tità c o sta n te a u n q u a lsia si o g g e tto : n ie n te è m a i v e r a m e n te c o m e sem b ra e o c c o r r o n o im m e n s e d o si d ’in g e g n o sità e u n a g r a n d e a tte n z io n e al c o n te s to p e r riu sc ir e a c ir c o sc r iv e r e , se m p r e in m o d o cir c o sta n z ia le , u n ’in d iv id u a lità b e n p r e c isa d ie tr o l ’e q u iv o c a fo sc h ia d e lle a p p a r e n z e e d e lle so m ig lia n z e fallaci. In d u b b ia m e n te g li u m a ­ n i p o s s o n o aspirare a u n ^ n d iv id u a lità m e n o in c e r ta , d a to c h e si ar­ ro g a n o il p r iv ile g io d e ll'in te r p r e ta z io n e e le v a n d o se ste ssi a m o d e llo d i o r d in e n e l la v o r o c o m p iu to p e r far e m e r g e re il se n so d e l m o n d o . M a a n c h e in q u e s to c a so b is o g n e r e b b e p o te r e sse r e sicu ri, q u a n d o si parla c o n u n o d i lo r o , d e lla vera n a tu ra d i c o lu i c o n c u i si h a a c h e fare. C o m e d ic e c o sì b e n e la m a d r e d i A m a d o u H a m p a té B a , “v o rrei sa p ere p rim a q u a le d e g li A m a d o u c h e lo a b ita n o è p r e se n te in q u e sto m o m e n t o ” . P r o p r io c o sì. C m e v e r a m e n te A m a d o u ? Q u a le d e lle su e m o lte p lic i p e r so n a lità h a a ssu n to il c o n tr o llo n e l m o m e n to in c u i ci si riv o lg e a lu i? E co sa si dirà d e ll5a n z ia n o n a h u a p o s s e d u to d alla su a p ic c o la d iv in ità d e ll'e b b r e z z a , d e ll^ n iz ia to d e l d al su o

orisha, d ella

candomblé* ca v a lca to

streg a ab ita ta d al su o d e m o n e ? Si tratta se m p r e

d i so g g e tti a u to n o m i, a n c h e se v ersa tili e c o m p o s iti, o p p u r e l ’e n tità c h e li a lien a è d iv en ta ta c o s ì in tru siv a c h e p o r ta n o se m p r e in lo r o le tra cce d e lla su a so g g e ttiv ità ? C o sa d ire a n co ra d e l

tona d e i M e s s ic a ­

ni, q u e sto d o p p io an im a le c h e o sp ita u n fr a m m e n to d e ll^ t e r io r it à di u n esse r e u m a n o ? E u n s o g g e tto sd o p p ia to , u n fr a te llo sia m e se d ella p e r so n a d i c u i c o n d iv id e il d e stin o ? O fo r se è u n e sse r e in d ip e n d e n ­ te c h e c o e s is te c o n un^altra so g g e ttiv ità p a r z ia lm e n te d e lo c a liz z a ta ? In so m m a , i so g g e tti a n a lo g isti si p r e se n ta n o c o m e l ’in v erso d e l D io di * aNome dei templi religiosi africani di Bahia in Brasile e delle particolari ceri­ monie di possessione che vi si svolgono/5 (U. Fabietti, F. Remotti [a cura ài], Dizio­ nario di antropologia, Zanichelli, Bologna 2 0 0 1 ,p . 140).

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METAFISICHE DEI COSTUMI

P ascal: la lo r o c ir co n fe r en za è d a p p e r tu tto e il lo r o c e n tr o d a n e ssu n a p arte. N o n e s is to n o c h e p e r i lo r o e ffe tti su p e r fic ia li, sv ilu p p a n d o si c o m e o n d e c o n c e n tr ic h e d a ll’a m p ie z z a v a ria b ile e c h e in te r fe r isc o n o c o sta n te m e n te le u n e c o n le altre; m a tr o v e r e m m o b e n d ifficile fissare lo r o u n n u c le o , p e r q u a n to in fin ita m e n te m u ltip lo : lu n g i d a ll’e sse r e au n o in tu tti i lu o g h i e tu tto in te r o in c ia sc u n p o s t o ,J, il lo r o fr a z io n a ­ m e n to è im m e n s o e il lo r o a sse m b la g g io se m p r e in c o sta n te . S e le p arti d e g li esseri va ria n o in c e ssa n te m e n te p er d o sa g g i e c o m ­ b in a z io n i, le m a terie c h e c o s titu is c o n o q u e sti esse r i d im o str a n o in v e ­ ce u n a rassicu ran te stab ilità. P o c o im p o r ta q u i la d iversità d e lle fo r m e e la p a rtico la rità d e lle c o m b in a z io n i, p u r c h é u n a g a m m a r id o tta d i s o sta n z e o d i stati m a teria li g a ra n tisca u n a so rta d i c o n tin u ità fisica e lem en ta re tra gli e siste n ti e, al c o n te m p o , la p o ssib ilità d i a sso cia rli o c o n tr a p p o r li s e c o n d o le affin ità o le in c o m p a tib ilità d e lle s o sta n z e d i cu i s o n o c o m p o s ti. L a fisica a n a lo g ista è s e m p lic e , a lm e n o d a l p u n to d i v ista d e i s u o i m ateriali: a n tica d o ttr in a d e i q u a ttro e le m e n ti, te o r ia c in e s e o a y u rv ed ica d e i c in q u e e le m e n ti - q u e sti n o n s o n o d e l tu tto id e n tic i - , g io c o d i c o n tr a p p o siz io n i tra u m o r i m a sc h ili e fe m m in ili, tra carn e d e lle p ia n te e q u e lla d e g li an im ali. E se m p r e su lle ste sse s o ­ sta n ze d i b a se e su g li ste ssi p r in c ip i d i a ttr a z io n e e d i r e p u lsio n e c h e si g io c a la lita n ia d e lle sim p a tie e d e lle d isc o r d a n z e d e c lin a te a ll5infin ito d ai sa p eri m e d ic i, d a lle p r e sc r iz io n i alim en ta ri e d a i p r e c e tti ri­ tuali. F o rse q u esta sem p lic ità d i c o m p o n e n ti e in d isp e n sa b ile a ffin ch é i m o n d i a n a lo g isti r e stin o in te llig ib ili e m a n ip o la b ili. Q u a n d o o g n i c o sa a p p a re c o m e u n e se m p la r e q u a si u n ic o , b is o g n a p o te r rid u rre la su a sin g o la rità s c o m p o n e n d o la in u n p ic c o lo n u m e r o d i e le m e n ti in g r a d o d i d e fin ir e la su a n a tu ra e sp ie g a r e il s u o c o m p o r ta m e n to n e i c o n fr o n ti d e lle altre c o se . S u p p o r ta ta d alla p ra tica te r a p e u tic a e d a ll^ s p e r ie n z a d e i m a te r ia li a c q u isita n e lla m e ta llu r g ia , n e lla c e r a ­ m ic a o n ella c h im ic a d e i p ig m e n ti, q u e sta fisica q u a lita tiv a n o n è d e l r e sto p riv a d i v e r o sim ig lia n z a e m p ir ic a . S o p r a ttu tto , p e r tr a sp o r r e u n a c o n g e ttu r a d i L é v i-S tr a u ss a p r o p o s ito d e l p e n s ie r o m a g ic o in g en era le, n o n sa r e b b e fo r se p o s s ib ile c o n sid e r a r e il rig o re e la p r e c i­ s io n e c h e a ttesta n o q u e ste a sso c ia z io n i e q u e ste r e la z io n i d i ca u sa e d e ffe tto p r esu n te tra a lcu n e so sta n z e e lem en ta ri ac o m e se tr a d u c e sse r o u n a c o m p r e n s io n e in c o n s c ia d e lla verità del determinismo in q u a n to m o d o d ’e siste n z a d e i fe n o m e n i sc ie n tific i; il d e te r m in ism o sa r e b b e sta to c o sì c o m p le ssiv a m e n te presentito e d e sse r e

esercitato, p rim a a n co ra di

conosciuto e rispettato^11

L a tr a n siz io n e tra a n a lo g ism o e n a tu r a lism o d iv e n te r e b b e u n p o ’ m e n o m isteriosa: m a lg r a d o t u t t i i

c a m b ia m e n ti d i p arad igm a^ e le

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GLI USI NEL M ONDO

“ro ttu r e e p is t e m o lo g ic h e ” tra il R in a s c im e n to e l ’E tà c la ssic a , u n a stessa c o n v in z io n e rim a n e c o sta n te , e c io è c h e le so sta n z e e le m e n ta r i c h e c o m p o n g o n o il m o n d o a b b ia n o o v u n q u e le ste sse p r o p r ie tà c o ­ n o s c ib ili e c h e le d iffe r e n ti c o m b in a z io n i c h e c o n s e n to n o sia n o v a ­ lid e in o g n i lu o g o . M a la so m ig lia n z a si ferm a q u i. P o ic h é n o n è u n b r u lic h io d i so c ie tà p a rtico la ri c h e l ’a n a lo g ism o m o str a su llo s fo n d o d i q u e sto u n iv e r sa lism o c h e o sia m o a m a la p e n a d e fin ir e “n a tu r a le ”, m a p iu tto sto u n u n iv ersa lism o d i o r d in e d iv erso , q u e llo d e lle m iriad i d i so g g e ttiv ità d iffr a tte c h e a n im a n o o g n i c o sa d i u n ’in te n z io n e d a sco p rire, d i u n se n so d a in te r p r e ta r e, d i u n a c o n n e s s io n e d a svelare; u n u n iv ersa lism o “sp ir itu a le ” q u in d i, in m a n ca n za d i p o te r e sse r e d efin ito str e tta m en te “c u ltu r a le ” . E d è q u e sta p r o b a b ilm e n te u n a d e lle ra g io n i d e l s u c c e s s o p e r siste n te d e lle “sa g g e z z e o r ie n ta li” n e l d isin c a n ta to O c c id e n te : e lim in a n d o cTun s o l c o lp o l ’irrita n te q u e s tio n e d e l re la tiv ism o c u ltu r a le , z e n , b u d d h is m o o ta o is m o o ffr o n o u n ’altern ativa u n iv ersa listic a p iù c o m p le ta r isp e tto al m u tila to u n iv e r sa li­ sm o d e i M o d e r n i. L a n a tu ra u m a n a n o n è fr a m m en ta ta d a l l^ f lu e n za d e l c o s tu m e e d al p e s o d e lle a b itu d in i d a to c h e o g n i u o m o , g ra zie alla m e d ita z io n e , è rite n u to p o te r a ttin g e r e in se ste sso la c a p a c ità d i sp erim en ta re la p ie n e z z a d i u n m o n d o se n z a fo n d a m e n ti p r e lim in a ­ ri, sb a ra zza to c io è d i q u e i fo n d a m e n ti p a rtico la ri c h e u n a tr a d iz io n e lo c a le p o tr e b b e asseg n a rg li. Si c a p isc e c o m e b io lo g i o fisic i a n im a ti d a a sp ir a z io n i m o n is tic h e a b b ia n o p o t u t o e sse r e s e d o tti d a q u e s to a s p e tto d e ll’a n a lo g ism o c h e i filo so fi a sia tici o ffr o n o lo r o s o tto u n a fo rm a riflessiva già fo r te m e n te e la b o r a ta - m a a n c h e p iù fa c ile d a a c ­ cetta re p e r d e g li sc ie n z ia ti r isp e tto alle d o ttr in e a n a lo g iste d e l R in a ­ s c im e n to in o p p o s iz io n e alle q u a li i lo r o sa p eri d isc ip lin a r i si e ra n o a p p u n to ed ific a ti.22 S e si a m m e tte c h e l ’a n a lo g ism o fu n z io n i in b a se al m o tto “tu tto è in tu tto e v ic e v e r s a ,,) allora il p r o b le m a e p is te m o lo g ic o c h e d e v e af­ fro n ta re è e sa tta m e n te o p p o s t o r isp e tto a q u e llo d e l to te m ism o : n o n si tratta d^individualizzare d e lle en tità am algam ate, m a d i am algam are d e lle en tità sin golarizza te. E b iso g n a c o n v e n ir e c h e n o n è u n a d iffic o l­ tà d i p o c o c o n to . C o m e a g g reg a re g li e siste n ti in u n m o d o d 'id e n tifi­ ca z io n e ch e p o n e T a ccen to su lle lo r o d isc o n tin u ità ? C o m e leg ittim a re u n p u n to d i v ista u n ific a to r e in u n c o s m o c o m p o s to d a im m a n e n z e p a rtico la r e g g ia te? C o m e sp ie g a r e la d iv is io n e d e lle p a rti in u n a t o ­ talità c h e è essa stessa la p r o p r ia g iu stific a z io n e ? E s is to n o n u m e r o si d is p o s itiv i d i c la ssific a z io n e , d i se g m e n ta z io n e e d i m e ssa in o r d in e c h e o r g a n iz z a n o q u e s to c a o s d i e sse r i e te r o c liti; a b b ia m o v is to c h e q u e sta fu n z io n e v ie n e a sse g n a ta a lle d iffe r e n ti fig u r e d e ll’a n a lo g ia ,

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METAFISICHE DEI COSTUMI

a lle g ra n d i stru ttu re c la ssific a to r ie a d u e p o li o alla d istr ib u z io n e g e ­ rarchica. M a q u e sti m e c c a n ism i d i a sso c ia z io n e in te r n a n o n b a sta n o a se stessi; p e r d iv en ta r e v e r a m e n te e ffic a c i e to lle r a b ili, e ssi d e v o n o e sse r e le g ittim a ti e m o tiv a ti d a u n Jista n za c h e li su p e r i e la c u i p o s i­ z io n e o statu s tr a sc e n d e la d isp e r sio n e d e lle so g g e ttiv ità p a rtico la ri. A ch i o a c h e co sa attrib u ire la rip a r tiz io n e d e l m o n d o c h io a v a in d u e m età e r e s is te n z a d i r e la z io n i c o m p le m e n ta r i tra i lo r o a b ita n ti u m a n i e n o n u m an i? C h i d ete r m in a T a o b in a m e n to d i u n A m e r in d ia n o O to m i e d e l su o

tona anim ale?

S u c o sa si fo n d a T o r d in a m e n to g er a r c h ic o

d e lle ca ste in d ia n e e d e lle d ise g u a g lia n z e c h e le ca ra tterizza n o ? C h i g a ra n tisce la p e r m a n e n z a d e lla c a te n a d e ll^ s s e r e e la sta b ilità d e lle su e d iv isio n i? B asta p o r r e q u e s te d o m a n d e p e r c o n sta ta r e c h e n o n e siste u n a r isp o sta u n iv o ca : p r o p r io c o m e l ’a n a lo g ism o si e sp r im e in u n a g ra n d e v arietà d i c o lle ttiv i, c o sì e s s o a m m e tte a n c h e u n a p lu r a ­ lità d i p r o sp e ttiv e d iv e r se a p r o p r ia g iu stific a z io n e . P o s s ia m o n o n d im e n o r ic o n o sc e r e u n a reg o la rità n e l m o d o in cu i v ie n e istitu ita T istanza to ta liz z a n te c h e c o n fe r isc e il p r o p r io se n so alla gerarch ia a n a lo g ista e n e a ssicu ra il b u o n fu n z io n a m e n to . Q u a le c h e sia la figura ad o tta ta , in e ffe tti, essa risu lta se m p r e d a u n p r o c e s s o d i ip o sta si d e l c o lle ttiv o -m o n d o d i c u i o c c o r r e a ssicu ra re la sta b ilità e p erp etu a re la seg m e n ta z io n e . L 5ip o sta si p iù c o m u n e è d i tip o m e to n i­ m ico : u n a sin g o la rità e c c e z io n a le arriva a in ca rn a re n o n ta n to T in siem e d e lle altre sin gola rità q u a n to la p e r m a n e n z a d e lia to ta lità o rd in a ta c h e le stru ttu ra. E T in c a , e sse r e d iv in o , c e n tr o v iv e n te d e l c o s m o e m o d e llo o rig in a rio d i tu tte le co se; è il F a r a o n e , fig lio d e l S o le , in te r ­ c e s s o r e tra le d iv in ità e g li u m a n i, g a ra n te d e lla g iu stiz ia , d e lla p r o ­ sp erità e d ella vittoria; è D io , a r c h ite tto d ella ca te n a d e ll^ s s e r e e preserv a to re d ella su a in teg rità . S te sso m o d o d i p r o c e d e r e m e to n im ic o q u a n d o è a u n se g m e n to d e l c o lle ttiv o c h e v ie n e d e v o lu to il c o m p ito d i ra p p resen ta re i fo n d a m e n ti d e ll^ r d in e s o c io c o s m ic o o d i m a n te ­ n e r n e le c o n d iz io n i. P e n s ia m o q u i al r u o lo d e g li a n te n a ti n e ll,A frica o c c id e n ta le o in G ia p p o n e , q u e sti m o r ti se m p r e attivi n e ll’e siste n z a d e i v iv i, garan ti e c u s to d i s c r u p o lo s i d e lle n o r m e e d e i v a lo ri, m e m ­ b r i e m in e n ti d e i d iv e r si s e g m e n ti d e l c o lle ttiv o d i c u i g a r a n tisc o n o la c o n tin u ità e d ai q u a li d e r iv a n o i d iritti e i p r iv ile g i d e i lo r o d is c e n ­ d e n ti. Si p u ò trattare a n c h e d i u n a c la sse sp e c ific a d i u m a n i in v e stiti d ella m is s io n e d i m a n te n e r e il m o n d o attraverso la lo r o attiv ità litu r ­ g ic a , c o m e i b ram arli in In d ia . M o lto p iù raro, in fin e , è il te n ta tiv o d i ip o sta tiz z a r e T o rd in e c o s m ic o ste sso c o n d e n s a n d o lo in u n p r in c i­ p io , o a n c h e in u n a p a ro la , c h e d iv e n ta allora d iffic ile d a d e fin ir e se n o n attraverso e se m p i, a lle g o r ie e p re c e tti; è la so lu z io n e c h e v e n n e

343

GLI USI NEL M ONDO

a d o tta ta d ai C in e si, c o n il

tao p e r

e s e m p io , se n z a c h e p e r q u e s to si

fo s s e r o p riv a ti d e l r ic o r so a g li a n te n a ti. P o ic h é , il p iù d e lle v o lte , e d av a n ti a ll'a m p iezza d e l c o m p ito , si p r e n d e r à la sa g g ia p r e c a u z io n e d i c o m b in a r e fra lo r o m o lte p lic i p r in c ip i to ta liz z a n ti. M a la m a g g io r p a rte d i q u e sti d isp o sitiv i d i a g g r e g a z io n e e d i s u ­ b o r d in a z io n e resta n o m o lto astratti d i fr o n te alla n e c e ssità d i a ssic u ­ rare, g io r n o d o p o g io r n o , la r iu n io n e d e lle sin g o la r ità in u n a gerarc h ia e ffic a c e. È p e r q u e s to m o tiv o c h e la f u n z io n e p o litic a d iv e n ta d e c isiv a n e i c o lle ttiv i a n a lo g isti, s o p r a ttu tto q u a n d o i lo r o e ffe ttiv i s o n o n u m ero si; è gra zie a q u e sta , e alla c o e r c iz io n e c h e ese r c ita , c h e o g n i in d iv id u o , o g n i s e g m e n to , o g n i a sp e tto d e l m o n d o si m a n tie n e al p o s t o c h e g li è sta to a sse g n a to . L ’e s e m p io d e ll’In d ia a n tic a è , d a q u e sto p u n to d i v ista , m o lto istr u ttiv o . Si sa c h e la c la sse d e i bram arli è su p erio re a q u ella d e g li kshatriya, i p r ìn c ip i gu errieri d a c u i p r o v e n ­ g o n o i m o n a r c h i, e c h e q u e sta p o s iz io n e d o m in a n te v ie n e g iu stifica ta c o n il r u o lo c r u cia le sv o lto d a l la v o r o sa crifica le n e l m a n te n im e n to d e ll’o r d in e s o c io c o s m ic o . E p p u r e , m a lg r a d o ta le id e o lo g ia u ffic ia le c h e p o n e il b r a m a n o al d i so p r a d e l so v r a n o , la ste ssa o r to d o ssia bram a n ica o p e r a u n a d is tin z io n e a n co ra p iù fo n d a m e n ta le , tra i am a n g ia t o r i”, i p r ìn c ip i d e te n to r i d e lla fo r z a , e i “m a n g ia t i” , i s o g g e t t i c o n d a n n a ti a ll’o b b e d ie n z a e alla p r o d u z io n e . È q u a n to m o str a b e n e C h arles M a la m o u d n e l su o c o m m e n to a u n p a ssa g g io d e l

Brãhmana c h e riguard a le r a g io n i d e ll'u so

Satapatha

d i d u e tip i d i m a tto n i n e lla

c o str u z io n e d elim itare d e l fu o c o .23 A lc u n i m a tto n i s o n o in d iv id u a liz ­ zati e r a p p r e se n ta n o la c la sse d e i p r ìn c ip i gu errieri, m e n tr e g li altri s o n o in d iffe r e n z ia ti e r a p p r e s e n ta n o la m a ssa d e i “m a n g ia ti” . M a , p u r e s s e n d o tu tti d istin ti, i m a tto n i p r in c ip e s c h i s o n o u n ific a ti d a l fa tto c h e v ie n e p r o n u n c ia ta u n a ste ssa fo r m u la n e l m o m e n to in c u i v e n g o n o p o siz io n a ti, u n m o d o p e r e v id e n z ia r e c iò c h e c ’è d i c o m u n e tra q u e sti esse r i partico la ri: a n c h e se re e p r ìn c ip i g o d o n o c ia sc u n o d i u n p o te r e p r o p r io , si a sso m ig lia n o tu tti e s o n o u n iti n e ll’u s o d ella forza. I m a tto n i p le b e i, in v e c e , b e n e fic ia n o d i u n a fo r m u la sp e c ific a a c ia s c u n o , a in d ic a z io n e d e l lo r o c a ra ttere e te r o g e n o ; p iù p r e c isa m e n te , wla m a ssa è c o m p o s ta d a e le m e n ti c h e n o n s o n o in d iv id u i e c h e tu tta v ia n o n s o n o n e m m e n o d e lle p a r ti su ffic ie n te m e n te sim ili d a p o te r si aggregare in u n tu tto , se n o n ci fo sse r o , p e r te n e r le in s ie ­ m e , q u e i ta p p a b u c h i c h e s o n o i m a tto n i p r in c ip e s c h i 'r ie m p ito r i d i sp a z i

r4N o n

si p o tr e b b e e sp r im e r e m e g lio il fa tto c h e , d ie tr o alla

fu n z io n e c o n v a lid a n te c h ia r a m e n te c o n c e s s a ai bram arli, il v e r o la ­ v o r o d i a g g r e g a z io n e e a g g iu sta m e n to d e lle sin g o la r ità sp e tta q u i ai d e te n to r i d e l p o te r e c o e r c itiv o .

344

METAFISICHE DEI COSTUMI

P o ssia m o in d u b b ia m e n te gen eralizzare, sen za co rrere rischi, a ll'in ­ siem e d ei co llettiv i-m o n d i a n alogisti T o sserv a zio n e già citata d i G ra n et in m erito al c o sm o c in e se c h e

e in o r d in e so lo q u a n d o è c h iu so c o m e

u n a c a sa ”. L a fro n tiera tra c iò c h e è u g u a le a m e e l ’altro è d u n q u e , in q u e sto ca so , d i u n a lu m in o sa sem p licità : o ltr e ai lim iti d e lla casa, g en e r a lm e n te m arcati in m o d o fisic o , si e ste n d e u n fu o r i-m o n d o p o ­ p o la to da so g g e tti estra n ei, la fo lla in d istin ta d e i b arb ari, d e i se lv a g ­ gi, d e i m argin ali, fo n te c o sta n te d i m in a c c ia e se r b a to io p o te n z ia le d i c o n c itta d in i da a d d o m e stic a r e . S o n o c o lo r o c h e , al d i là d e lle m o n ta ­ gn e, su l b o r d o d e i d eserti, o ltr e u n certo fiu m e p a rtico la re o n e l c u o ­ re d i fo r e ste im p e n e tr a b ili, r ifiu ta n o c o n o stin a z io n e d i c o n d iv id e r e il p u n to d i v ista to ta liz z a n te c h e u n c o lle ttiv o a n a lo g ista h a sc e lto e le sa g g e le g g i d i cu i si è d o ta to , in q u a n to n o n r ic o n o s c o n o l ’a u torità d e l sacro re, ig n o r a n o la p r e se n z a b e n e v o la d e g li a n ten a ti o rifiu tan o il s o c c o r so d ella lu c e d ivin a. A d iffe r e n z a d i c iò c h e a c c a d e n e g li altri m o d i d^identificazione, T alten ta e q u i estern a in se n so p u r a m e n te sp a ­ ziale. In fatti, a n ch e n e g li o r d in a m e n ti g era rch ici p iù a ccen tu a ti, c o m e il sistem a d e lle ca ste in d ia n o , le d ise g u a g lia n z e tra i se g m e n ti n o n s o ­ n o c o sì d e c isiv e da n o n p o te r esse r e c o m p e n sa te d a c o m p le m e n ta r ità fu n z io n a li e d a ll'effetto in teg ra to re d e llo sc h e m a d i d istr ib u z io n e c h e le organ izza. O g n i casta è ce r to d iv ersa d a tu tte le altre p e r v ia d ella prop ria sp ecia lizza zio n e, d e l m o d o d i vita, d e lle su e p rero g a tiv e e della p rop ria e n d o g a m ia rip rod u ttiva, m a e sse fo r m a n o in sie m e u n a totalità in tegrata p er il fa tto c h e p r o d u c o n o b e n i e servizi le u n e p er le altre e c h e d ip e n d o n o in m o d o so lid a le dal g ra n d e m o d e llo s o c io c o s m ic o d i cu i cia scu n a e sp rim e u n a sfa ccetta tu ra . A l co n tra rio , a n im ism o , n a tu ­ ralism o e to te m ism o h a n n o p o s to Γ alterità n e l c u o r e ste sso d e i c o lle t­ tivi, il p r im o in d ic iz z a n d o la su lla d isc o n tin u ità d e i co r p i, il s e c o n d o a ttr ib u e n d o la alla d isc o n tin u ità d e g li sp iriti, T u ltim o g io c a n d o su lla d ifferen za d i liv e llo fra in d iv id u o e sp e c ie (T a b ella 1 2 .1 ). R im a n e u n a d o m a n d a c h e il le tto r e p o tr e b b e g iu sta m e n te p o r si. A p a rtire da q u a le p u n to d i v ista , dirà, si se n te a u to r iz z a to a m e tte ­ re q u e llo d e g li altri in tu tte q u e ste c o m b in a z io n i alle q u a li le i sa r e b ­ b e il so lo a sottrarsi? D a d o v e trae e c o m e le g ittim a q u esta p o s iz io n e d a ll’alto a partire da cu i o r d in a i d iv ersi tip i d i p r o b le m i c h e l ’u m a n ità si p o n e e lu d e n d o al te m p o ste sso q u e lli c h e il su o a p p r o c c io solleva? È e v id e n te , p rim a d i tu tto , c h e il m io p u n to d i p a rten za si situ i sen za a m b ig u ità n e l terren o fa m ilia re d e l n a tu ra lism o . N o n si sfu g g e fácilm e n te alle p r o p r ie o r ig in i e ai p r o p r i sc h e m i d i c o m p r e n s io n e d e lla realtà a cq u isiti attraverso l ’e d u c a z io n e e c o n so lid a ti d a ü ’in se r im e n to

345

GLI USI NEL M ONDO

Tabella 12.1 Conseguenze della distribuzione ontologica sulla definizione e sulle proprietà del soggetto. - Relativizzazione della posizione di soggetto, incarnata dai creatori dei gruppi totemici, e relativizzazione delle forme di materialità (i non umani sono al contempo corpi privi d’interiorità eà essenze totemiche). Relativismo culturale + relativismo naturale.

- Generalizzazione della posizione di soggetto sociale e relativizzazione della materialità oggettiva (ogni soggetto vede il mondo in funzione della propria posizione). Relativismo naturale Φ universalismo culturale. - Problema

Animismo umana dei non umani umanizzati (il posto Soluzione: la metamorfosi.

- Problema del totemismo: come Totemismo distinguere degli individui (umani e non umani) aü’interno di un collettivo ionao? Soluzione: distinguere gli attributi d ell^ d ivid u o da quelli della specie.

- Definizione Ô Æ alter \ coloro (umani e non umani) che sono diversi sul piano fisico.

- Definizione Ô Æ alter \ i non umani come individui e non come specie, gli umani come specie e non come individui.

in una comunità di pratiche. Per quanto si possa incorrere occasio­ nalmente nei tipi di suddivisione ontologica che gli altri modi d^dentificazione inducono, è da escludersi che un soggetto moderno possa diventare completamente animista o totemista - Tesperienza etnogra­ fica lo dimostra - oppure ancora fare ritorno in modo consistente al­ le antiche seduzioni dell'analogismo. Impossibile, dunque, aderire a filosofie della conoscenza che contrappongono la relatività dei corpi all^universalità dello spirito o che combinano la materialità oggetti­ va e la soggettività interiore in due relativismi o in due universalismi. Come sottrarsi allora al dilemma del naturalismo, questa oscillazione troppo prevedibile tra la speranza monistica dell^iversalismo natu­ rale e la tentazione pluralistica del relativismo culturale? E soprattut­ to, come emanciparsi dal pensiero consolatorio che la nostra cultura 346

METAFISICHE DEI COSTUMI

- Relativizzazione della posizione di soggetto (riservata agli umani, variabile a seconda delle culture) e universalizzazione della materialità oggettiva. Relativismo culturale Φ universalismo naturale. - Problema del naturalismo: quale posto dare alla cultura nelTuniversalità della natura? Soluzione: oscillazione tra il monismo naturalista (negazione della cultura) e il relativismo assoluto (negazione della natura).

- Generalizzazione congiunta della posizione di soggetto e della materialità oggettiva: tutto è in tutto e viceversa. Universalismo naturale + universalismo culturale. - Problema dell’analogismo: come legittimare un punto di vista unificatore in un mondo di singole Naturalismo Analogismo immanenze? Soluzione: ipostatizzare il mondo, una singolarità o un segmento di collettivo.

- Definizione alter: coloro che hanno un’interiorità diversa e/o coloro che sono privi d’interiorità {oggetti “naturali”).

- Definizione à^L alter. coloro che non condividono lo stesso punto di vista unificatore.

sarebbe la sola a essersi aperta un accesso privilegiato alla vera intelligenza della natura di cui le altre culture avrebbero invece solo dd_ le rappresentazioni - approssimative, ma degne d'interesse per degli spinti caritatevoli, false e perniciose per la loro potenziale contagiosità dal punto di vista dei positivisti? Tale regime epistemologico, che Latour chiama 'Universalismo particolare,,,25 è la base di tutta la storia dell,antropologia e ne legittima i successi, al punto che risulta diffici­ le immaginarsi di poter lasciare questo luogo ospitale senza incorre­ re nell^stracismo e senza al tempo stesso esporsi a un^rranza sterile, per quanto affascinante, nei miraggi delle singolarità. Esiste tuttavia un modo di conciliare le esigenze dell’indagine scientifica e il rispetto della diversità degli stati del mondo, un cam­ mino ancora poco battuto e di cui questo libro si sforza claustrare il 347

GLI USI NEL M ONDO

percorso. Lo chiamerò volentieri universalismo relativo\ questo, non per provocazione o per gusto delle antifrasi, ma utilizzando Tepiteto “relativo” nel senso che assume nel termine “pronome relativo”: qualcosa che si riferisce a una relazione. L^niversalismo relativo non parte dalla natura e dalle culture, dalle sostanze e dalle interiorità, dalle distinzioni tra qualità primarie e qualità secondarie, ma dalle relazioni di continuità e di discontinuità,d’identità e di differenza, di somiglianza e di dissomiglianza che gli umani stabiliscono ovunque tra gli esistenti grazie agli strumenti ereditati dalla loro filogenesi: un corpo, un^ntenzionalità, la capacità di percepire differenze distinti­ ve, la capacità di stringere con gli altri delle relazioni di attaccamen­ to o di antagonismo, di dominazione o di dipendenza, di scambio o di appropriazione, di soggettivazione o di oggettivazione. L’universalismo relativo non pretende che siano dati a priori una materiali­ tà uguale per tutti e dei significati contingenti, gli basta riconoscere delle discontinuità salienti nelle cose come nei meccanismi con cui vengono comprese, e ammettere, almeno per ipotesi, che esista un numero limitato di modi di farne uso: ratificando una discontinuità fenomenica oppure invalidandola in una continuità. Non è diffìcile riconoscere in questo progetto un’eredità dell’analisi strutturale per la quale un elemento del mondo assume un senso solo per contrapposizione ad altri elementi. Si tratta tuttavia di un progetto affrancato dal presupposto metodologico di dover ripartire tali elementi e le loro relazioni nelle scatole nere della cultura e della natura. Qui non c’è bisogno di un soggetto trascendentale o di uno spirito immanente e disincarnato a cui venga attribuita una funzione di catalizzatore del senso. Tutto ciò che questo programma richiede è un soggetto che non giudichi il vissuto della coscienza altrui in base al proprio e che tuttavia ammetta che il mondo offre a tutti lo stes­ so tipo di modi per comprenderlo, quali che siano gli usi, cognitivi e pratici, ai quali si prestano; un soggetto più attento alla realtà isti­ tuita dall'attività intenzionale delle soggettività molto diverse di cui studia i prodotti che alle ingannevoli assunzioni della propria inten­ zionalità istituente, pensata come un filtro imperfetto, sempre con­ taminato da determinazioni storiche che nessuna epochè sarebbe in grado di eliminare; un filtro sicuramente indispensabile, ma che ha il solo privilegio di essere accessibile, e che il soggetto in questione deve riuscire a oggettivare dall^esterno come una semplice variazione tra le altre del regime dell^ssere, prowisoriamente investita di una fun­ zione conoscitiva integratrice per via delle circostanze in cui si trova.

348

PARTE Q U IN TA

ECOLOGIA DELLE RELAZIONI

Ne occorre uno, ne occorrono due, ne occorrono... Nes­ suno possiede abbastanza ubiquità per essere il proprio contemporaneo sovrano. RENÉ CHAR,

Faire du chemin avec...

13 LE FORME DELL’ATTACCAMENTO

I modi d’identificazione schematizzano a grandi linee l’esperienza delle cose distinguendo pacchetti di proprietà ontologiche ripar­ tite secondo le combinazioni degli esistenti di cui abbiamo esamina­ to via via le rispettive caratteristiche strutturali: distribuzione degli esseri in funzione dei loro attributi, principi di organizzazione dei collettivi sociocosmici, sistemi dominanti di conoscenza e di azione, frontiere dell^dentità e dell'alterità. Ciascuna delle forme dell'iden­ tificazione definisce così uno stile specifico di rapporto con il mondo di cui è possibile riconoscere le espressioni in aree geografiche spes­ so immense e su periodi a volte molto lunghi, senza per questo che possano essere utilizzate come criteri per distinguere tra loro singoli collettivi dai contorni circoscritti nel tempo e nello spazio, analoghi a quelli che storici, etnologi o sociologi scelgono abitualmente come oggetti d^dagine. Si devono piuttosto vedere in queste stilizzazio­ ni dell^sperienza ciò che di solito chiamiamo 'Visioni del mondow, acosmologie,5o aforme simboliche,J, termini dallo status epistemolo­ gico indeterminato e che costituiscono tuttavia un comodo suppor­ to intuitivo quando si tratta di sintetizzare con un?etichetta semplice - l’O ccidente moderno” o le “società sciamaniche” - “famiglie” di pratiche e di mentalità le cui affinità sembrano evidenti malgrado la diversità delle loro manifestazioni concrete. All^nterno di questi grandi arcipelaghi differenziati da un modo d5identificazione condi­ viso, s^ncontrano tuttavia numerosi tipi di collettivi che si percepi­ scono molto diversi fra loro - e sono percepiti come tali da coloro che li studiano - non solo per il fatto di distinguersi sulla base della lingua, delle istituzioni e, molto spesso, a causa della discontinuità dei loro territori, ma anche perché i modi con cui le interazioni vengo­ no condotte al loro interno presentano notevoli differenze. In effetti, 351

ECOLOGIA DELLE RELAZIONI

anche quando la distribuzione ontologica degli esistenti e i loro modi di raggrupparsi sono basati su principi identici, i legami che questi esistenti tessono tra loro, i modi in cui influiscono gli uni sugli altri, le maniere in cui si trattano reciprocamente possono variare radical­ mente. E dunque in primo luogo la forma generale della relazione che struttura localmente i rapporti tra entità contraddistinte da uno stesso processo d^dentificazione a permettere ai collettivi di diffe­ renziarsi tra loro e mettere in mostra così la specificità del loro ethos a cui ogni osservatore diventa rapidamente sensibile. Al pari dei modi d'identificazione, i modi di relazione sono sche­ mi integratori, appartengono cioè a quel tipo di strutture cognitive, emozionali e sensomotorie che canalizzano la produzione di inferen­ ze automatiche, orientano Fazione pratica e organizzano Tespressione del pensiero e degli affetti secondo trame relativamente stereotipate. Uno schema di relazione diventa dominante in un collettivo quando viene attivato in circostanze molto diverse, nei rapporti con gli uma­ ni come in quelli con i non umani, con Teffetto di assoggettare le al­ tre relazioni alla sua logica, limitando il loro campo di applicazione oppure subordinandolo alla realizzazione delle finalità che lo sche­ ma dominante incarna. Ma, a differenza dei modi d'identificazione, i modi di relazione dominanti sono anche identificabili per il fatto di esprimere, spesso, il maggiore scarto possibile rispetto a quelli in vi­ gore nelle immediate vicinanze, come se ogni collettivo concentrasse principalmente i suoi sforzi su ciò che ritiene che lo possa distingue­ re in modo più efficace dai collettivi che lo circondano o con i quali coesiste: gli stili d^nterazione e di comportamento che i suoi mem­ bri umani sono indotti a adottare nel corso della vita quotidiana. La natura e i limiti di un collettivo di questo tipo non sono mai pertanto dati a priori poiché è, al contrario, Tarea di estensione dello schema di relazione dominante a definirli in primo luogo. Un collettivo così inteso non coincide necessariamente con una “società”, una “tnbu” o una “classe”, termini imbarazzanti per la chiusura sostantivata che implicano; esso è caratterizzato prima di tutto dalla discontinuità in­ trodotta sui suoi bordi dall^vidente presenza, nelle vicinanze, di al­ tri principi di schematizzazione dei rapporti tra gli esistenti. La sua esistenza è quindi posizionale, non intrinseca, e la sua identificazione dipende dal metodo comparativo. Intesi come disposizioni che danno una forma e un contenuto al legame pratico tra me e un qualsiasi altro, gli schemi di relazione pos­ sono essere classificati a seconda che tale altro sia o meno equivalente a me sul piano ontologico e che i rapporti che stringo con lui siano 352

LE FORME DELL’ATTACCAMENTO

o meno reciproci. I rapporti che possono stabilirsi tra le entità che popolano il mondo sono così numerosi che è evidentemente impos­ sibile passarli tutti in rassegna. Non prenderemo pertanto in consi­ derazione che un insieme di sei relazioni di cui tutto sembra indicare che giochino un ruolo preponderante nei rapporti che gli umani stringono tra loro e con gli elementi del loro ambiente non umano. Con il nome che attribuisco loro o con un altro, queste relazioni su­ scitano inoltre, da molto tempo, Tattenzione delle scienze sociali al punto che, in alcuni casi, sono diventate dei concetti chiave. Si tratta dello scambio, àeìia predazione, del dono, deìla produzione, della pro­ tezione e della trasmissione. Questi modi di relazione che vengono a modulare ciascun modo d^dentificazione possono essere suddivi­ si in due gruppi, il primo caratterizzato da relazioni potenzialmente reversibili tra elementi che si assomigliano, il secondo da relazioni univoche fondate su connessioni tra elementi non equivalenti. Lo scambio, la predazione e il dono appartengono al primo gruppo; la produzione, la protezione e la trasmissione al secondo. DONARE, PRENDERE, SCAMBIARE

Le relazioni del primo gruppo corrispondono alle tre formule che assicurano un movimento di qualcosa di valore tra due elementi do­ tati di un medesimo status ontologico, i quali possono del resto con­ tenere questo valore in sé, e quindi circolare in modo tale che uno di loro finirà per essere assorbito dall'altro e sparire fisicamente. La prima relazione, lo ascambio,,) si caratterizza come una relazione sim­ metrica in cui ogni trasferimento volontario da una entità a un'altra esige una contropartita in cambio. Le altre due relazioni sono asim­ metriche: sia che un^ntità A prenda qualcosa di valore a un^ntità B (può essere la sua vita, il suo corpo o la sua interiorità) senza offrirle nulla in cambio, e io chiamo upredazionequesta asimmetria negati­ va; sia, al contrario, che un,entità B offra qualcosa di valore a un'en­ tità A (può essere anche se stessa) senza aspettarsi alcuna compensazione, e io chiamo “dono” questa asimmetria positiva. In almeno due casi, i termini che impiego per qualificare queste relazioni hanno una lunga storia in antropologia: occorrerà dunque precisare il loro contenuto rispetto alle definizioni precedenti. E noto il ruolo cruciale che Lévi-Strauss attribuisce allo scambio nell’awento e nel funzionamento della vita sociale. La proiDizione (dell’incesto è una regola di reciprocità in quanto ingiunge a un uo353

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mo di rinunciare a una donna a vantaggio di un altro uomo, al qua­ le a sua volta si nega Tuso di un^altra donna che diventa, in questo modo, disponibile per il primo. La proibizione dell^cesto e Tesogamia, che è Taltra faccia della stessa medaglia, quella positiva, non sarebbero quindi che un modo per instaurare e garantire uno scam­ bio reciproco, fondamento della cultura e segno dell?emergere di un ordine nuovo nel quale i rapporti tra gruppi sono retti da convenzioni liberamente accettate. Ma qui la cultura non innova completamente. Secondo Lévi-Strauss, essa si accontenta di codificare schemi mentali universali preesistenti alle norme che li mettono in atto; tra questi im­ perativi categorici iscritti nell,architettura dello spirito umano prima dell^mergere dei simboli che hanno permesso di esprimerli, trovia­ mo ula nozione di reciprocità considerata come la forma piu imme­ diata con cui possa essere integrata Fopposizione del me e dell5altro [e] il carattere sintetico del Dono, e cioè il fatto che il trasferimento volontario di qualcosa di valore da un individuo a un altro li trasfor­ ma in partner, e aggiunge una qualità nuova al valore trasferito>,.1La preminenza della reciprocità e del dono deriverebbe così dal fatto che questi due modi di fondare e mantenere il legame sociale sarebbero un lascito della filogenesi umana; essi rammenterebbero cioè la fun­ zione che esercitano le predisposizioni naturali nella strutturazione dello stare insieme che la cultura organizza. Ma non è necessario spingersi tanto lontano - owero postulare, come Lévi-Strauss, una base neurale innata alla reciprocità e al do­ no - per convenire con lui che questi due schemi di relazione orien­ tino, in effetti, numerosi comportamenti umani. Si tratta, del resto, di un^dea antica: fare dello scambio reciproco e del dono il vero col­ lante di tutta la vita sociale appare come un motivo ricorrente della filosofia politica occidentale, ed è difficile distinguere quanto dipende dall^sservazione empirica e quanto invece deriva da un^deale mora­ le su quale sia il modo più auspicabile per garantire l5aggregazione di un collettivo di eguali. Per quanto non lo dica esplicitamente, LéviStrauss si situa così in una tradizione espressa sin dall^Antichità: da Aristotele, per esempio, quando dichiara che la reciprocità nelle re­ lazioni di scambio aè quanto garantisce la coesione degli uomini fra loro”, o da Seneca, quando afferma che il dono “costituisce il legame più potente della società umana,J.2Questo genere di illustri preceden­ ti non dovrebbe tuttavia dissuaderci dal porre due domande: è lecito riunire in uno stesso insieme di fenomeni la reciprocità e il dono? È possibile affermare che tutti i collettivi pongano questi due valori alla base della loro vita sociale? 354

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Per rispondere alla prima domanda, occorrerà tornare brevemen­ te al famoso Saggio sul dono di Marcel Mauss e all'influenza che que­ sto testo ha esercitato su Lévi-Strauss.3Sebbene abbia criticato alcuni aspetti del saggio, Lévi-Strauss conferma la concezione del dono che Mauss vi sviluppa, e cioè un “sistema di prestazioni totali” caratte­ rizzato dai tre obblighi del dare, del ricevere e del restituire. Non è questa definizione che Lévi-Strauss contesta, ma il modo in cui Mauss avrebbe spiegato la reciprocità nello scambio dei doni e dei controdo­ ni ricorrendo soprattutto a una teoria vernacolare incentrata sulla no­ zione polinesiana di hau, una forza misteriosa situata nella cosa data che costringerebbe il donatore a restituirla. Mauss si sarebbe così la­ sciato ingannare dall'interpretazione conscia di un gruppo di specia­ listi indigeni, al posto di provare a cogliere la realtà soggiacente dello scambio laddove si trova, owero uin strutture mentali inconsce che è possibile raggiungere attraverso le istituzioniw.4 Se lo scambio gio­ ca un ruolo fondatore nella vita sociale, secondo Lévi-Strauss, è pro­ prio perché costituisce un fenomeno assolutamente primitivo, wuna sintesi immediatamente data al,e attraverso il, pensiero simbolico5,.5 Ora, un paradosso di questa celebre critica è che Lévi-Strauss non sembra aver considerato che la definizione del dono di Mauss, al­ la quale lui stesso non trova niente da ridire, dipendeva di fatto da u n ^ tra teoria, altrettanto indigena di quella dello hau ma, in questo caso, propriamente occidentale. Mauss, infatti, si fa implicitamente portavoce della propria tradizione culturale quando interpreta il do­ no come costituito dagli obblighi di dare, ricevere e restituire: come ha mostrato Denis Vidal, si tratta di un?interpretazione diffusa e che risale alla figura ben nota nell,Antichità delle Tre Grazie. Queste ul­ time sono appunto u n ^ eg o ria dei tre obblighi del dono, come Se­ neca precisa senza ambiguità: aGli uni vogliono far credere che ce ne sia una per recare un beneficio, un’altra per riceverlo, una terza per restitu irlo 6 Malgrado la sua vasta cultura classica, Mauss non cita mai questa corrente di riflessione sul tema del dono che mostrano i commentari sulle Grazie, da Crisippo fino a Pico della Mirandola. È tuttavia difficile pensare che questa fonte occulta non abbia eserci­ tato un ruolo nella sua concezione della natura del dono (i tre obbli­ ghi), come forse anche nel suo auspicio di vedere restaurati i valori che gli sono associati, in particolare i comportamenti di generosità, come l’evergetismo dei notabili, che manifesterebbero quelk socialità ritenuta più autentica che le società arcaiche ci portano a esempio.7 Dati questi antecedenti, è quindi lecito chiedersi se tale concezio­ ne ereditata dagli Antichi, che Γantropologia ha abbracciato sotto 355

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l’influenza di Mauss, sia veramente adeguata alla pratica che pretende descrivere. A differenza dello scambio, in effetti, il dono è prima di tutto un gesto a senso unico che consiste nell,abbandonare qualcosa a qualcuno senza anticipare altri compensi che l’eventuale riconoscenza del destinatario. La restituzione del favore, infatti, non è mai garanti­ ta nel dono, se vogliamo veramente intendere questa nozione in sen­ so letterale: è una possibilità che può certamente essere contemplata, nella forma di un tacito auspicio o di un calcolo, ma la cui realizzazio­ ne resta indipendente dall^tto stesso del dare, il quale perderebbe au­ tomaticamente il suo significato se fosse condizionato dall^perativo di ottenere qualcosa in cambio. Alain Testait ha pertanto ragione nel distinguere chiaramente lo scambio dal dono: il primo consiste nel ce­ dere una cosa in cambio di una contropartita, il secondo senza sperare nulla in cambio.8Così, i regali che ricevo dai miei cari in occasione del mio compleanno non possono in alcun modo essere considerati come la contropartita differita dei regali che ho offerto loro in occasione del loro, dato che Tuso che regge questi trasferimenti volontari non com­ porta nessun obbligo che renderebbe il dono ricevuto condizionale ai doni che ho fatto. E vero che del dono si può dire che “obblighi” il suo destinatario. Ma, contrariamente a quanto dice Mauss, il fatto di essere uobbligato,5non obbliga assolutamente a rendere un controdo­ no, almeno nel senso in cui il favore iniziale comporterebbe una pre­ scrizione vincolante, del tipo di quelle che derivano da un contratto o da una responsabilità che, se non vengono eseguiti, possono implicare una sanzione. L^bbligo di contraccambiare un donatore è, in questo caso, puramente morale: se ci si sottrae, si corre eventualmente il ri­ schio di essere screditati, di perdere la faccia o di passare per tirchi agli occhi del donatore, senza che questi possa disporre di un mezzo a cui ricorrere per ottenere una contropartita alla cosa che ha liberamente donato e che, del resto, non prende neppure in considerazione di po­ ter esigere indietro. Se un obbligo può nascere dal dono, questo non è, in senso stretto, né obbligatorio né vincolante.9 Da tale punto di vista, il dono differisce quindi profondamente dallo scambio. Ogni dono è, in effetti, un trasferimento indipendente in quanto non può essere reclamata in cambio nessuna contropartita. Esistono certamente società in cui è costume rispondere a un dono con un altro dono, come nel potlatch degli Amerindiani della Costa nordovest il quale, come sappiamo, occupa un posto preminente nel Saggio sul dono: le ricchezze offerte in occasione di una cerimonia for­ niscono Toccasione di un appropriato controdono in una cerimonia successiva. Tuttavia, nessuno era obbligato, in senso stretto, a ono356

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rare un dono con un controdono; non farlo, in società che avevano posto Tetica della generosità al vertice dei loro valori, significava sicu­ ramente vedere il proprio onore gravemente macchiato, e fortemen­ te compromesso Γaccesso alle sfere più alte di un prestigio politico fondato in gran parte sulla propria reputazione di liberalità. Ma se il timore di essere screditato costituiva indubbiamente, in quei luoghi come in molti altri, un potente motivo per contraccambiare un dono, esso non equivaleva a un obbligo contenuto in forma contrattuale e quasi giuridica nel fatto di aver accettato il dono iniziale. Al contrario, lo scambio richiede come condizione necessaria l’ottenimento di una contropartita: poco importa sapere se sia o meno uguale per valore alla cosa ricevuta, questa rappresenta al contempo il fine e il mez­ zo dello scambio, sia esso immediato o differito, commerciale o non commerciale. In effetti, anche quando la natura di una contropartita non è esplicitamente stabilita e il lasso di tempo lasciato per fornir­ la non viene precisato, essa può essere sempre richiesta: nessuno ce­ de un bene che detiene se non in cambio di un altro bene. In questo senso, come nota ancora Testart, l'essenza dello scambio è di essere costituito da due trasferimenti di senso inverso intrinsecamente le­ gati, dove ciascuno risulta da un obbligo che ha la propria ragione di essere nell^tro; una totalità chiusa, quindi, che può certamente in­ serirsi in una serie di transazioni analoghe, ma di cui ognuna è forma­ ta da una combinazione indipendente di due operazioni elementari speculari.10A differenza del dono, che è un trasferimento unico che può eventualmente suscitare un contro-trasferimento, ma per motivi che sono estranei al principio stesso di liberalità che lo ha reso pos­ sibile, ognuno dei due trasferimenti che caratterizzano lo scambio è contemporaneamente causa ed effetto dell5altro, una relazione di de­ terminazione reciproca intrinseca a questo tipo di prestazione e che è possibile trovare solo in questa: do affinché tu mi dia, e viceversa. È il motivo per cui la nozione troppo vaga di reciprocità deve es­ sere scartata quando vengono analizzate le relazioni di trasferimento. In senso stretto, reciprocità designa esclusivamente ciò che si eser­ cita al contempo da un primo elemento a un secondo e dal secondo al primo. Non c è alcuna indicazione sulla natura degli obblighi che legano i due termini. Il dono può essere pertanto reciproco quando è seguito da un controdono, senza che la reciprocità costituisca per questo una caratteristica intrinseca di questo tipo di transazione, visto che la restituzione del dono non è obbligatoria nel senso vin­ colante in cui lo è nello scambio. Invece, lo scambio implica neces­ sariamente una forma di reciprocità, dato che è proprio Tobbligo 357

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di contraccambiare a definirlo. Qui chiamerò quindi “scambio ciò che talvolta Lévi-Strauss intende con αreciprocità , owero un tra­ sferimento che necessita una contropartita, mentre chiamerò adono^, contrariamente alluso stabilito da Mauss, un trasferimento vo­ lontario che non comporta alcun obbligo di contro-trasferimento. Se è difficile evitare completamente l’illusione cinematica che porta a definire le transazioni che riguardano cose o persone in funzione della direzione dei movimenti - neppure io me ne sottraggo con la mia definizione iniziale dello scambio, della predazione e del dono la presa in considerazione della forma dei trasferimenti in funzione degli obblighi che ne derivano permette di correggere, in larga mi­ sura, questa distorsione prospettica. In ogni caso, essa porta a di­ stinguere fenomeni che sono stati arbitrariamente raggruppati in una stessa categoria per la sola ragione di far circolare degli elementi tra diversi termini. Non è più possibile pertanto considerare su uno stesso piano lo scambio dei beni in tutte le sue forme, lo scambio dei segni nel linguaggio, lo scambio delle donne nelle alleanze ma­ trimoniali, lo scambio dei morti nella vendetta o la successione dei doni e dei controdoni. Che lo s’intenda nel senso generale che gli presta Lévi-Strauss oppure nel senso più specifico che gli attribuisco in questa sede, lo scambio è sicuramente presente in ogni società e in forme così diverse che non è difficile comprendere il punto di vista di coloro che hanno voluto vedervi il principale strumento di ucoesione degli uomini fra lorow. Il dono è ugualmente un5abitudine comune a tutte le latitudi­ ni. Dagli stoici fino a Mauss, molti autori hanno lasciato emergere la loro nostalgia per un^potetica età delibro dove questa pratica disin­ teressata sarebbe stata più diffusa e hanno espresso Tauspicio che si generalizzassero pratiche di generosità pubblica che manifestassero la considerazione che le persone portano le une per le altre. Nonostante questo, nessun moralista ha mai considerato seriamente che il dono potesse diventare l’istituzione chiave alla base di una società reale. Che cosa mi autorizza allora a sostenere che ñ dono possa costitui­ re in alcuni collettivi uno schema integratore delle relazioni? Com^ possibile pensare di scalfire la sovranità dello scambio affermando che una condotta fondata sul principio del trasferimento volontario a titolo gratuito sia stata adottata come norma ideale da alcune co­ munità umane? A queste domande retoriche occorre rispondere ri­ cordando che un modo di relazione non diventa mai dominante per essere riuscito a sostituire gli schemi d'interazione che non sono in grado di piegarsi alla sua logica. Diventa tale perché fornisce il mo358

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dello cognitivo più adeguato per sintetizzare in modo semplice e fa­ cilmente memorizzabile non solo gran parte dei comportamenti, ma anche e soprattutto quelli che sono riconosciuti come più distintivi di un collettivo, tanto da parte degli interessati quanto da quella degli osservatori. Proprio come accade per i modi d^identificazione, nessu­ no schema di relazione è egemonico; possiamo soltanto dire che, in alcuni luoghi, Tuno o Taltro acquisiscono una funzione strutturante, e senza che sia sempre possibile identificarli con un nome, quando orientano in modo immediatamente riconoscibile un gran numero di comportamenti nei confronti degli esseri umani e non umani. Lo scambio non scompare, quindi, quando Vethos del dono prende il sopravvento: viene semplicemente inglobato. Se ammettiamo questo, allora bisogna convenire che ci sono mol­ ti collettivi che sembrano collocare la logica del dono al centro del­ le loro pratiche. Senza anticipare gli esempi etnografici che saranno discussi nel prossimo capitolo, recherò come prova Timportanza ac­ cordata alla nozione di ucondivisione5, {sharing) nei recenti studi de­ dicati alle società di cacciatori-raccoglitori al fine di descrivere tanto le relazioni al loro interno quanto quelle che intrattengono con le piante e con gli animali. Bird-David ha avuto un’influenza decisiva in questo campo, per lo meno sul piano terminologico, quando ha forgiato Tespressione αambiente donatore^ {giving environment) per sintetizzare la concezione che i Nayaka del Tamil Nadu hanno delle loro foreste: come gli umani condividono tutto tra loro senza aspet­ tarsi nulla in cambio, così Γambiente elargisce i suoi doni ai Nayaka a piene mani, in modo che i componenti umani e non umani del col­ lettivo si trovino integrati in un^nica e medesima ''economia cosmi­ ca della condivisione,,.n L^dea e la pratica del dono costituiscono, presso i Nayaka, un habitus così profondamente radicato che risul­ ta inconcepibile non dare immediatamente ciò che qualcuno richie­ de; quando, eccezionalmente, non desiderano separarsi da una cosa, αpreferiscono nasconderla o evitare le persone piuttosto che rompe­ re la continuità del senso di condivisione - il ritmo quotidiano della vita sociale”.12 Secondo Bird-David, i valori della condivisione e del dono sono tipici in generale delle società di cacciatori-raccoglitori, un punto di vista che Ingold riprende a sua volta precisandolo. A suo parere, infatti, ciò che contraddistingue le cosiddette relazioni di “condivisione” in questo genere di società (tanto tra umani quanto tra non umani) non è altro che la ''fiducia^, cioè una particolare com­ binazione di autonomia e di dipendenza. Dare fiducia a una persona, secondo lui, significa agire nei suoi confronti anticipando che essa si 359

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comporterà verso di me con la stessa disposizione di spirito favore­ vole, e questo fino a quando non si farà niente per limitare la sua au­ tonomia, cioè la sua capacità di agire altrimenti; si tratta dunque di una situazione di dipendenza liberamente accettata e che attribuisce un grande valore alla scelta dell5altro di adottare nei propri confron­ ti lo stesso atteggiamento che si adotta verso di lui. Insomma, aogni tentativo di imporre una risposta, di stabilire le condizioni o gli ob­ blighi che Γaltro è tenuto a seguire, rappresenterebbe un tradimen­ to della fiducia e una negazione della relazionew.13 Non sapremmo distinguere più chiaramente il dono (o la condivisione) dallo scam­ bio: il primo è incondizionato, e il semplice fatto di lasciare intende­ re che non lo sia lo condanna immediatamente a svanire a vantaggio del secondo; la fiducia disinteressata cede allora il passo all'obbligo tacito o contrattuale. I αcacciatori-raccoglitoriw- per riprendere la terminologia at­ tualmente in voga - non sono Tunico tipo di collettivo a essere stato caratterizzato da una forte valorizzazione della condivisione. E in questi stessi termini che Joanna Overing e alcuni dei suoi allievi ana­ lizzano la sociabilità indigena in Amazzonia quando viene colta nel quadro che sembra loro più significativo, quello del gruppo locale e delle relazioni di parentela fra consanguinei. La sfera domestica e del villaggio sarebbe contraddistinta innanzitutto dalle relazioni di fiducia reciproca affermate nella cooperazione produttiva, nella “commensalita quotidiana e festiva, nella sollecitudine affettuosa nei confronti degli altri e nel flusso costante di doni e di controdo­ ni, una sorta di economia morale dell^ntimità, esente da premedi­ tazione e ambiguità, che arriva a rendere coloro che vi partecipano così intimamente legati gli uni agli altri da considerarsi come appar­ tenenti alla stessa specie. In questa Kestetica della convivialita>,, la condivisione gioca un ruolo centrale in quanto verrebbe ad attestare una disposizione ad aprirsi all’altro con generosità e compassione, esprimendo così, attraverso delle azioni concrete,l’esigenza etica di un sostegno reciproco e senza riserve che regge tutta la vita socia­ le.14Non saranno necessari altri esempi. Per i nostri fini, non occorre infatti dimostrare tutte le interpretazioni etnografiche che abbiamo appena menzionato: a questo punto della nostra indagine, basta in­ fatti constatare che delle società molto diverse sono state descritte dagli antropologi come animate da un’ideologia della condivisione, intesa qui come preminenza accordata al dono reciproco nelle rela­ zioni interpersonali.

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Il contrario del dono è impadronirsi di qualcosa senza offrire nul­ la in cambio, un atto che non genera più obblighi per colui che lo compie di quanto non faccia il dono per colui che lo riceve. Può es­ sere chiamato furto, cattura o appropriazione indebita, se si deside­ ra mettere Γaccento sul?aspetto illecito e generalmente deplorato dell’operazione· Tuttavia, nel nostro caso, il termine “predazione” sembra preferibile in quanto mette bene in evidenza che questo tipo di appropriazione può non dipendere dalla malvagità o da un biso­ gno passeggero, ma nascere da una costrizione fondamentale inerente alla vita animale. Ogni animale deve rinnovare le proprie riserve di energia a intervalli regolari ingerendo una preda, un corpo inizial­ mente distinto da lui e che finisce tuttavia per assimilare in modo che diventi parte del suo organismo. Gli umani non si sottraggono a que­ sto imperativo al quale hanno obbedito per decine di millenni, anche se l’evoluzione delle tecniche di sussistenza è riuscita parzialmente ad attenuare il ricordo del legame intrinseco tra la cattura e l’ingestione di una preda, grazie allo sviluppo dello stoccaggio e al consumo dif­ ferito dei prodotti già trasformati dell'agricoltura e dell'allevamento. La predazione resta comunque un meccanismo centrale per la preser­ vazione del vivente, una relazione elementare degli animali con il loro ambiente di cui René Thom ha costruito un modello matematico, il “cappio della predazione”, che sembra potersi applicare a numerosi processi biologici.15 La predazione è quindi un fenomeno di distru­ zione produttiva indispensabile alla perpetuazione di un individuo; lungi dall5esprimere una crudeltà gratuita o un desiderio perverso di annientamento, essa trasforma piuttosto la preda in un oggetto della più alta importanza per colui che la incorpora: la condizione stessa della propria sopravvivenza. Ma è legittimo trasporre il biologico nel sociale e pretendere che dei collettivi avrebbero potuto fare dei comportamenti predatori uno schema di relazione dominante? Ricordiamo innanzitutto, se ce ne fosse bisogno, che il primato dello scambio e della condivisione non è riconosciuto all’unanimità da coloro che hanno riflettuto sui fondamenti dell’esistenza politica. Hobbes è lungi dall’essere il solo ad aver sottolineato, dopo Plauto, che la condizione originaria dell'uomo è essere un lupo per i propri simili, dato che la coscienza egoistica dei suoi interessi lo porterebbe a cercare incessantemente di spossessa­ re Taltro. E per quanto, non a torto, si sia soprattutto interpretato il pessimismo hobbesiano come una naturalizzazione inconscia dei rapporti di competizione interpersonali in un’economia di mercato emergente, esso non può essere ridotto unicamente a questo. È evi361

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dente, infatti, che Γappropriazione violenta e la distruzione degli al­ tri non sono dubbi privilegi deirindividuo modellato dalla società borghese. Se ne trovano tracce in ogni epoca, a tutte le latitudini, ed è altrettanto poco credibile rifiutare questa propensione predatrice che farne il tratto dominante della natura umana prima di essere stata pacificata dalle istituzioni nate dal contratto sociale. Si tratta di una disposizione che abbiamo ereditato, insieme ad altre, dalla nostra fi­ logenesi, e se alcuni collettivi Thanno adottata come un ethos carat­ teristico, non è perché siano più selvaggi o più primitivi degli altri, ma perché hanno trovato in essa un mezzo paradossale dJincorporare Talterità più profonda rimanendo al tempo stesso fedeli a se stessi. È la mia esperienza etnografica fra gli Achuar ad aver permesso di forgiarmi questa convinzione inducendomi, già qualche anno fa, a impiegare a loro proposito la nozione di “predazione” allo scopo di definire uno stile di relazioni con gli umani e con i non umani fon­ dato sulla cattura di principi di identità e di sostanze vitali ritenuti necessari alla perpetuazione del sé. Evidente nella guerra e nei suoi rituali, ma anche in numerosi aspetti della vita quotidiana, questo atteggiamento predatore non era proprio solo ai gruppi jívaro; mi accorsi rapidamente che potevano esserne trovati degli indizi qua e là, presso altre società indigene dell'Amazzonia, in perfetto contra­ sto con la filosofia dello scambio paritario con cui era stato a lungo definito esclusivamente il socius amazzonico. Non era del resto mia intenzione sostituire una relazione egemonica a un'altra; è infatti evi­ dente che alcune popolazioni di questa vasta area culturale aderisco­ no pienamente, invece, agli obblighi imposti dallo scambio.16 Nello stesso momento e in modo parallelo, Viveiros de Castro sviluppava a sua volta una riflessione sui fondamenti ontologici del cannibali­ smo e della guerra nel mondo tupi, che doveva sfociare in un mo­ dello dell7αeconomia simbolica della predazione,>attraverso il quale s'impegnava a chiarire le particolarità sociologiche della parentela dravidica* in Amazzonia. Lungi daUJessere simmetrica, come accade altrove nei sistemi dravidici, la contrapposizione tra affinità e con­ sanguineità sarebbe qui caratterizzata da un^inversione gerarchica e resa dinamica da una struttura diametrale: pur essendo cancellata a * uNome sanscrito designante gli appartenenti a una fra le principali famiglie linguistiche delllndia meridionale [...]. Il termine è altresì esteso a designare una popolazione e un modello di classificazione dei parenti caratterizzato da due linee simmetriche di scambio matrimoniale, reperibile in altre parti del mondo, compre­ se FAmerica settentrionale e meridionale e il Pacifico m eridionale(U . Fabietti, F. Remotti [a cura di], Dizionario di antropologia, Zanichelli, Bologna 1997, p. 251).

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livello del gruppo locale dai comportamenti e dai valori associati alla consanguineità, l’affinità predominerebbe nei rapporti con gli altri gruppi locali e sarebbe a sua volta subordinata a una relazione più totalizzante di cui essa rappresenterebbe una codificazione specifica, la predazione cannibale dei nemici.17 Nel corso del tempo, e malgrado qualche piccola divergenza d,interpretazione, Tidea che la predazione costituisca lo schema centrale della relazione con Taltro per numerose società amazzoniche è diven­ tata molto comune.18Ha anche incontrato alcune resistenze e susci­ tato diversi malintesi. Senza entrare qui nei dettagli etnografici sui quali ci soffermeremo nel capitolo successivo, è necessario dunque precisare che la predazione è, prima di tutto, una disposizione a in­ corporare Talterità umana e non umana in quanto pensata come in­ dispensabile alla definizione del sé: per essere veramente me stesso, devo impadronirmi di un altro e assimilarlo. Questo può essere fatto attraverso la guerra, la caccia, il cannibalismo reale o metaforico, il ratto delle donne e dei bambini, o attraverso mezzi rituali di costru­ zione della persona e di mediazione con degli affini ideali in cui la violenza resta circoscritta al piano simbolico. La predazione non è una manifestazione di ferocia sfrenata né una pulsione di morte ele­ vata a virtù collettiva, e ancora meno un tentativo di bandire un altrui anonimo nella non umanità; piuttosto, è il riconoscimento che senza il corpo di questo altro, senza la sua identità, senza il punto di vista che porta su di me, si rimarrebbe incompleti. Si tratta di una dispo­ sizione metafisica propria di alcuni collettivi, non di un^saltazione confusa della violenza di cui qualche etnologo si renderebbe colpe­ vole proiettando sugli Amerindiani i propri fantasmi.

La trilogia del dono, dello scambio e della predazione sembra pre­ sentare delle affinità con la distinzione operata da Marshall Sahlins fra le tre forme della reciprocità nelle società tribali: la reciprocità αgeneralizzata5, qualifica i trasferimenti altruisti all^terno del grup­ po locale e non necessita automaticamente di una contropartita; la reciprocità “equilibrata” corrisponde allo scambio diretto di valori equivalenti all^terno dell^sieme tribale; la reciprocità í. In R i ­ s t a u , C.A. (a cura di), Cognitive Ethology. The Minds of Other Animals. Lawrence Erlbaum, Hillsdale (N j), p p . 3-17. G r z im e k , B .(1975), Grzimek's Animal Life Encyclopedia. Van Nostand Reinhold, New York. Tr. it. Grzìmek vita degli animali: moderna enciclo­ pedia del regno animale. Bramante, Milano 1969. G u é DON, M.-F. (1994), aAn introduction to the Tsimshian world view and its practitionners,>. In SEGUIN, M. (a cura di), The Tsimshian: Images of the Past, Views of the Present. University of Bntisn Columbia Press, Van­ couver (c a ), pp. 137-159. GuiTERAS HOLMES, C .(1965), Los Peligros del Alma. Visión del mundo de un Tzotzä. Fondo de Cultura Economica, México. G y g e r , M., M a r l e r , P. (1988), uFood calling in the domestic fowl {Gallus gallus): The role of external referents and deceptionJ,. In Animal Beha­ vior, 36, pp. 358-365. HACKING, I. (1995), Rewriting the Soul Multiple Personality and the Science of Memory. Princeton University Press, Princeton ( n j ). HALLOWELL,A.I.(1960), “Ojibwa ontology, behaviour and world view”. In DIAMOND, S. (a cura di), Culture in History. Essays in Honor of Paul Ra­ din. Octagon Books, New York 1981, pp. 19-^2. H a m a y o n , R .(1982), “Des chamanes au chamanisme. Introduction”. In L'Ethnographie, 87-88, ''Voyages chamaniques 2n (numero speciale), pp. 13-48. H a m a y o n , R.(1990), La Chasse à Mme. Esquisse d'une théorie du chamani­ sme sibérien. Société d^thnologie, Nanterre (f r ). H a m p a t É B a , A. (1973), aLa notion de personne en Afrique noire>,. In La Notion de personne en Afrique noire. Éditions du CNRS, Paris, p p .181192.

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WAGNER,

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POSTFAZIONE. UNA SCIENZA DEGLI ESSERI E DELLE RELAZIONI DENTRO LA COSTRUZIONE DI OLTRE NATURA E CULTURA

Nadia Breda

A quindici anni dalla pubblicazione originale francese Oltre natura e cul­ tura è ormai diventato un capolavoro della letteratura antropologica, letto e commentato in tutto il mondo, un libro che si colloca tra i classici dell^ntropologia per il coraggioso respiro teorico e sistematico e Γarticolata com­ parazione tra etnografie, saperi e repertori concettuali: una perfetta oscilla­ zione tra il particolare e il generale, tra empirismo e teorizzazione (Descola, 2014a,p ·126). Come scrive Marshall Sahlins nella sua prefazione alla traduzione in­ glese del libro di Descola, il nostro autore si colloca sulla scia delle gran­ di sintesi intellettuali francesi che vanno dalle imprese illuministiche a Foucault, proponendoci generalizzazioni comparative di ampio respiro e obiettivi intellettuali altrettanto ambiziosi (Sahlins, 2013). La sua sintesi ci porta fuori dalle secche della frammentazione etnografica e dall’imperio del dettaglio etnografico nei quali ci eravamo incagliati con il postmoder­ nismo, Γantistrutturalismo, la critica airessenzialismo, che avevano reso Tindeterminatezza la conclusione preferita delle investigazioni culturali {ìbidem, p. X I l ) . Questa nuova traduzione in italiano dimostra che il libro di Descola, do­ po gli anni che sono intercorsi dalla sua pubblicazione, merita ancora di es­ sere approfondito, che il dibattito è vivo e che le questioni aperte attirano la nostra attenzione e coinvolgono la ricerca oggi più che mai.1 Allievo di Claude Lévi-Strauss, che diresse la sua tesi di dottorato, Phi­ lippe Descola,2molti anni prima di approdare a questo testo magistrale, di 1. Nella precedente traduzione (^eia, 2014) ci si è misurati con la difficile impresa di volgere in lingua italiana una scrittura e una teoria complessa come quella descoliana, operazione pionieristica in Italia quando ancora mancava Tottima traduzione in inglese, il dibattito internazionale sul tema era ancora scarso e il confronto con testi italiani poco approfondito, ύΐ e trattato, in ogni caso, di un punto di partenza che ci ha permesso oggi di completare e arricchire la presente edizione facendone un punto di riferimento per gli studiosi contemporanei. 2. Nato a Parigi nel 1949, Descola ha studiato Filosofia airÉcole normale supérieure de Saint-Cloud e fu allievo di Maurice Godelier prima di formarsi in Et-

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ritorno dall,Amazzonia dove aveva vissuto con il popolo degli Achuar, in­ segnava a Parigi Anthropologie de la nature e descriveva la "natura domesticaMdegli Achuar (Descola, 1986), gli indigeni amazzonici del gruppo Jívaro con cui, assieme a Anne-Christine Taylor, ha condiviso tre anni di vita sul campo, sperimeritarudo quello shock logico e intdlettuak che io ha portato a mettere in discussione la dicotomia natura/cultura. Il confronto con gli Achuar è ritratto anche nel libro Les lances du crépuscule (1993), un testo, dice lo stesso Descola, che capita di veder fra le mani dei viaggiatori sul me­ trò parigino, e che di fatto apre uno spiraglio dal quale si coglie il suo atelier personale (Descola, 2014a, p .123), fatto dei rapporti che ha saputo stabili­ re con alcuni membri di una società dove aveva scelto di vivere. Descola, ai tempi, non parlava ancora di ontologie, ma di ecologia simbolica e discuteva solo alcune delle categorie che poi diventeranno le ontologie del suo schema quadripartito. Sarebbe stata ancora lunga la strada che ci avrebbe portati a porre attenzione alla natura non solo come a uno sfondo passivo sul quale si dipanano in superficie le avventure umane. Con Oltre natura e cultura, attraverso due operazioni ben ricostruite dall5antropologo italiano Francesco Remotti (2016) - cioè il giro lungo et­ nografico presso altri popoli non occidentali e le loro cosmologie non na­ turalistiche, e la ricostruzione storica del formarsi della dicotomia natura/ cultura nella cosmologia naturalistica occidentale -, Descola compie un sal­ to qualitativo con il quale la dicotomia natura/cultura viene decostruita (et­ nograficamente e storicamente) e relativizzata: il naturalismo occidentale e il suo modo di individuare la natura diventano una cosmologia tra altre. La molteplicità di operazioni concettuali che Descola ha compiuto in questo libro non è immediatamente evidente nella lettura del testo, per cui vorrei provare, in questa postfazione, a mettere in luce alcuni nuclei fondamentali della costruzione di Oltre natura e cultura, per poi contestualizzarli nella più ampia svolta ontologica in antropologia, nel contesto italiano e nelle ispira­ zioni che ne sono derivate. LA COSTRUZIONE DI OLTRE NA TU RA E CULTURA

Le incertezze di interiorità/esteriorità Eleggendo tra le molte possibilità una posizione filosofica husserliana, il nostro autore ha provato a scorgere prima di tutto in quale modo ogni essere possa identificare Taltro che appare nel mondo e che destabilizza, provocando conoscenza e relazione. E questa l’esperienza di base che pernologia all’Università di Paris-X e all’École pratique de hautes études. È entrato a far parte dell^HESS come docente nel 1984, ed è diventato direttore degli studi nel 1989. Professore al Collège de France dal 2000 al 2019, titolare della cattedra di Antropo­ logia della natura, Philippe Descola ha diretto il Laboratorio di Antropologia Socia­ le (LAS) fino al 2013, ed è stato presidente della Société des Américanistes. Il lettore può agevolmente trovare la biobibliografia completa dell,autore sul sito del Collège de France: https://www.conege-de-france.fr/site/philippe-descola/index.htm.

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mette a ogni essere3di stare al mondo. Descola afferma che ogni essere distingue tra interiorità ed esteriorità di se stesso prima e dell’altro poi, e sulla base di una valutazione dell’uguaglianza o della differenza di questi due elementi a suo avviso universalmente condivisi, il soggetto attiva degli schemi di identificazione che orienteranno le sue scelte, facendogli capire “chi e Γaltro, cosa si può fare nella relazione con lui e quale tipo di col­ lettivo45può comporre555insieme, orientandolo eticamente, politicamente, tecnologicamente. Questa coppia di categorie non è da intendersi come un dualismo, ma come intersezione di piani in una relazione che incontra il mondo, dove non si e maii primi a parlare o ad agire. Descola parte quindi da questo punto inedito per superare il pregiuaizio naturalistico e sociocentrico secondo cui la società e la realtà con la quale l’antropologo dovrebbe relazionarsi, e sceglie la coppia interiorità/esteriorità come termini di un,esperienza antepredicativa che può costituire la relazione tra gli esseri in base alla valutazione della loro similitudine o differenza. Un argomento fondamentale ma spesso trascurato va posto in evidenza: Tidentificazione dell^ltro (umano o non umano), che ci appare nel mondo, è una tendenza incerta e problematica, è una sfida, va dall’io all’altro in una lunga linea di possibilità fuzzy che sfumano una nell^ltra, tra interiorità ed este­ riorità, in un Infinita scala di possibili posizionamenti (Keck, 200b, p. 39). Non cè certezza né facilità nella pratica dell^dentificare. Questa criticità e questa sfida cercano di essere risolte (se ne occupano l’educazione, i riti di iniziazione, le pressioni istituzionali). Tutto lo strutturalismo di Lévi-Strauss aveva già evidenziato che ogni struttura è polarizzata, quindi in disequilibrio, e che di conseguenza richiama norme morali e politiche per essere riequilibrata e ricostituita. Secondo Descola è attraverso le ontologie (quei quattro schemi che orientano i ragionamenti, le relazioni, le interrelazioni, le prati­ che) che si acompone>, un mondo piu o meno in (precario) equilibrio, for­ ma fissata di un^sperienza di identificazione. Così per Descola è primario sapere chi sono gli esseri per poter agire, l’identificazione diventa primaria rispetto alle relazioni: Descola definisce la sua teoria come (iuna scienza de­ gli esseri e delle loro relazioni(Descola, 20l4a, p. 245). 3. Sulle caratteristiche di questo essere husserliano, secondo alcuni critici troppo cripto-borghese ed esemplare del riduzionismo atomistico, vedi la risposta di Desco­ la (2014d, p. 437) e il seguito di questa postfazione. 4. Collettivi e un termine che Descola mutua da Bruno Latour per identificare insiemi di umani e non umani; ha quindi un’accezione piu ampia di società , che comprende solo gli umani. 5. Il termine composizione connota nel linguaggio descoliano come i mondi non ci siano dati pronti e limpidi ma vengano ucomposti dagli esseri che li abitano, at­ traverso le ìaentificazioni che generano e i modi di relazione che praticano. Descola definisce questo processo mondiatiorT (worlding) ed e il processo che un antropo­ logo cerca di comprendere seguendolo, anziché partendo dalla società. Altri risultati di mondiazione sono possibili, come dimostrano ulteriori scritti di Descola (201 le, 2014d, oltre che 2014a, passim).

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La preminenza dei piani di interiorità/esteriorità è stata spesso contestata a Descola che, dal canto suo, difende questa scelta spiegando che era neces­ saria per evitare di partire da concetti in uso nelle scienze sociali (cultura, natura, società, storia, economia, politica, religione, arte, razza, genere) formatisi storicamente in Europa e poi usati per descrivere e interpretare le società non europee come se il loro valore descrittivo fosse universale (/tó 撕 , p. 242). Si può considerare quindi questa scelta uno spostamento di pro­ spettiva, di sguardo e di linguaggio, che ha permesso all^utore di proporre quello che egli considera essere un “vero relativismo”, metodologico e non morale {ibidem, p. 243) che non sceglie i valori e le istituzioni dell5osservato­ re come modello e linguaggio per parlare dell^sservato e che si spinge fino aM rimettere in discussione il dispositivo generale nel seno del quale i nostri valori e le istituzioni hanno preso forma55, il dispositivo di frattura natura/ cultura {ibidem, p. 244). Egli respinge la critica di non aver discusso le cate­ gorie di genere, razza, classe, etnicita, nazione: i suoi assi di strutturazione della differenza, sicuramente imperfetti, avrebbero invece il vantaggio di es­ sere i meno dipendenti dal contesto, i meno eurocentrici e autoreferenziali alle scienze sociali, espressione esse stesse del naturalismo (Descola, 2014d, p. 43う)· Per Descola il nocciolo della svolta ontologica consiste nelTallontanarsi risolutamente dalle categorie coloniali eurocentriche, che umiliano pro­ prio le popolazioni colonizzate, costrette a vedersi interpretate dalle scienze sociali con categorie a loro estranee {ibidem, p. 436).

Il ruolo fondamentale deïïanimismo Descola parte e riparte sempre dall^nimismo e lo assume risolutamen­ te come punto di vista primario,J. Lo ha sottolineato bene Frederic Keck (2006, p. 33): Che Γanimismo sia un punto di vista significa che il suo modo di per­ cezione molto particolare costituisce una deviazione sufficientemente radicale affinché, attraverso di essa, un ventaglio di posizioni del pensie­ ro sia possibile. L5approccio antropologico non mira in questo senso a percepire come un animista, o a prendere il punto di vista dell^ndigeno, ma parte da questo punto per reperirne altri in uno spazio di molteplici punti di vista. La deviazione attraverso Tanimismo permette così di ritro­ vare Tambizione del progetto antropologico nella sua integrità, poicne costituisce un punto di vista sufficientemente capace di ribaltamenti, tan­ to da rendere nuovamente disponibili le possibilità del pensiero umano. La ccrestaurazione,>del concetto di animismo compiuta da Descola, rein­ terpretando questa categoria dotata di una fenomenologia fortissima, fatta di metamorfosi e di multinaturalismo,6è una riabilitazione della sua dimen6. In ragione della forte accentuazione dei corpi, delle metamorfosi, del para­ digma sciamanico che Tanimismo comporta, esso oggi e sempre piu studiato e, in

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sione ontologica contro la sua riduzione a una psicologia erronea {ibidem, p. 35), a metafora o modo dell,antropomorfismo, o a un errore concettua­ le. Nell,antropologia di Descola Tanimismo è un sistema di riconoscimento dell’uguaglianza delle interiorità e della differenza delle esteriorità delTaltro: è un’ontologia. Attorno all5animismo e ai problemi che esso pone, comprese le moltepli­ ci letture che del fenomeno sono state date dalle diverse teorie, Descola si arrovella a lungo. È con questo nucleo tematico che inizia (etnograficamen­ te e teoricamente) il suo lavoro ai identificazione, è con esso che riprenderà le modalità di relazione e sarà sempre Γanimismo a condurlo a costruire la griglia delle quattro ontologie. Il naturalismo come ontologia relativizzata in mezzo alle altre ontologie, infatti, deriva come conseguenza dela; Descola, 2016b; Ingold, 2016b). La posizione di Ingold si affianca in qualche modo a quel­ la di Sahlins (2014), e vede nella trattazione neo-strutturalista di Descola il mancato riconoscimento - e quindi la mancata decostruzione - del suo stes­ so punto di vista implicitamente ancorato all^ntologia naturalistica, che, in fin dei conti, sfocia in un malcelato etnocentrismo, a tal punto che il natu­ ralismo di Descola appare non tanto una varietà di sapere tacito , quanto “una macchina per produrlo, e per naturalizzare i regimi ontologici delTaltro” (Ingold, 2016a,卜 308). Ingold critica la sistematizzazione teorica neostrutturalista di Descola, non immersa “nell’unita pulsante e caotica del mondo in divenire . Non apprezza le distinzioni nette di Descola, e la sua posizione sul nostro modo/ possibilità di conoscerlo. Per Ingold non cJè separazione tra sé e mondo, ma interazione inevitabile, e quindi ritiene scorrette le distinzioni che Descola opera tra schemi e cognizione, linguaggio e cognizione, tacito e dicibile, co­ scienza e fisicità, riducendo il tutto in termini di interiorità/esteriorità, ca­ dendo a suo avviso in vecchie dicotomie quali mente/corpo, mente/mondo, forma/sostanza, cognizione/pratica, fino a psicologia mdtviauale (universa\¿)/rappresentazione collettiva (culturalmente variabile). La contestazione da parte di Ingold della definizione di animismo pro­ posta da Descola si fa poi tagliente, essendo questo il concetto che entram26. Nell^ttavo capitolo di Oltre natura e cultura, Descola considera che anche i lavori di Augustin Berque condividono questa matrice, originata nel programma radicale di Gibson. Berque (2000,2014) è un geografo specialista del mondo giap­ ponese che, a partire dalle sue ricerche sul campo in Giappone, ha elaborato una teoria del rapporto natura/cultura che ha dennito amesologia , rilevata anche da Descola e di cui si comincia ora ad apprezzare la portata.

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bi hanno vagliato e soprattutto sperimentato a fondo, nelle loro etnografie e con le popolazioni con cui sono stati a contatto {widem, pp. 309 sgg.; Ingold,2016b). Ingold, coerentemente con le conseguenze della sua proposta di supe­ rare la dicotomia natura/cultura attraverso la riformulazione della biologia stessa come biologia relazionale (Descola, Ingold, 2014, p. 36), ritiene che invece di occuparsi di ontologie o schemi cognitivi ìmpliciti/interiorizzati, invisibili e sconosciuti ai soggetti stessi, sarebbe più importante occuparsi di “ontogenesi”:una svolta “ontogenetica” sarebbe auspicabile, anche per non postulare mondi diversi, ma chiusi Tuno all^ltro. Una molteplicità on­ togenetica prefigurerebbe invece Kinfiniti sentieri aperti, in divenire in uno stesso mondo e in continua variazione” (Ingold, 2016a, p. 303). Descola vede nelle critiche di Ingold solo la proposta di una comprensio­ ne fondata su un apprendimento impressionistico, al di là della uconoscenzaw, vicina piuttosto alla biolatria (fede nel vivente). Egli puntualizza le sue definizioni di naturalismo (e lo differenzia dal realismo conoscitivo), di in­ teriorità (che può essere accertata attraverso i suoi effetti esteriori), e quelle di conoscenza e rappresentazione (che avvengono tramite le reali interazioni con umani e non umani). Il vero punto di differenza tra Ingold e Descola è che, per Descola, il processo di ^worlding' (costruzione del mondo) avviene non a caso, ma secondo biforcazioni che possono anche essere (ri)modellate e rivoluzionate, e che questo processo può essere capito, almeno in parte, attraverso scambi di segni linguistici, iconici, indessicali.27A questi mondi sembriamo incollati per Teternità, ma invece possono essere visti secondo Descola come combinazioni transitorie, sostituibili con nuove cosmopolitiche alle quali il pianeta tende e per le quali possiamo trovare risorse, secon­ do Fautore, proprio nell^ntropologia comparativa. Sull^nterrogazione se si possa o meno avere una conoscenza del mondo Hdiretta,,) la differenza di vedute sta, secondo Ingold, nel fatto che Descola pensa che gli esseri e le cose non possano avere un accesso diretto gli uni agli altri, che non possano trovarsi in una presenza reciproca non-mediata. Ingold e Descola vanno quindi in direzioni diverse: Ingold celebra Tapertura, la creatività, Timprowisazione, i potenziali generativi della vita e la libertà di tutte le entità esistenti; Descola offre invece un numero definito di possibilità, predefinite, per il futuro umano. AI di là dei dettagli, Ingold vede nella quadripartizione di Descola una limitazione delle possibilità umane, mentre per Descola la quadripartizione è un modo di ordinarle secondo del­ le costanti rintracciabili, è un loro asovra-raggruppamento,,Je le somiglian­ ze non necessariamente limitano la varietà delle visioni e delle esperienze. Nonostante le divergenze, sarà importante per il futuro, a mio avviso, che questi autori restino di ispirazione per le ricerche che potremo fare, che potranno mostrare più convergenze di quanto previsto. Così, nella mia esperienza, per portare un esempio di diretta applicazione, Tintrico di es27. Da qui le reciproche attribuzioni e reiezioni di semiofobia/semiofilia tra i due autori, sulla base della discussione se i segni siano oppure no indispensabili/ac­ cessibili alla conoscenza.

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seri che con il gruppo di ricerca sulle ontologie analogiste abbiamo insieme identificato,28permette di legare la categoria di analogismo di Descola con quella di entanglement (intreccio) usata anche da Ingold, per rendere meglio conto delle connessioni dinamiche tra tutti gli esseri (Breda, 2016). L^nalogismo sembra offrire a entrambi gli studiosi, stando alle nostre ricerche, un fondamentale terreno d5intesa tanto più importante alla luce delle con­ siderazioni di Descola secondo le quali lo sviluppo di un nuovo analogismo inteso come forma di legame di interdipendenza e simmetrizzazione tra tut­ ti gli esseri sembra probabile e oggi auspicabile per affrontare le tematiche ecologiche (vedi Descola, 2014, p. 303). DESCOLA GOETHIANO

Provo ora a esplorare la possibilità di una lettura innovativa delle onto­ logie descoliane, per rispondere alle critiche di rigidità dello schema qua­ dripartito basato sulla dicotomia interiorità/esteriorità. La mia proposta è quella di individuare aspetti della teoria e del metodo di Goethe implicati nell^tropologia di Descola e valutarne il ruolo. Lo spunto per questa in­ terpretazione goethiana è stato fornito da Descola stesso (Descola, 2012, p . 191; Descola, 2014c, p. 299), ed è balzato ai miei occhi in relazione ai miei studi sulle ontologie analogiste antroposofiche che, avendo come ba­ se Tepistemologia della conoscenza goethiana, mi hanno sensibilizzata allo studio del metodo di Goethe (Breda, 2016, z019a). Il titolo di questo para­ grafo dovrebbe allora contenere un punto di domanda: le ontologie di De­ scola possono essere considerate come il risultato di una ricerca dai tratti metodologici goethiani?

Dalla geometria al prototipo Riflettendo sul rapporto tra principio e forma e sulle modalità e i principi della trasformazione che portano da una forma all,altra, Descola distingue due modalità di trasformazione: quella “secondo il regime thompsoniano” (cioè secondo le indicazioni date dallo scienziato D’Arcy W. Thompson)29e 28. Questo gruppo internazionale di ricerca si è costituito per convergenza sui temi dell5analogismo a partire dalle ricerche sul campo dedicate alle agricolture al­ ternative tra le quali spesso si incontrano biodinamica e antroposofia. Dopo vari convegni e ricerche condivise, abbiamo organizzato al Collège de France e al Labo­ ratoire Anthropologie Sociale (las), due giornate di studio sulle ontologie analogi­ ste intitolate "Enquête dans un monde occidental singulier. anthroposophie entre analogisme, animisme et hybridations,,) dicembre 2019 (a cura di Sébastien Carcelle, Nadia Breda, Aurelie Choné, Jean Foyer, Christelle Pineau) il cui manifesto d^ntenti si può leggere al seguente indirizzo web: http://las.ehess.fr/index.phpP2928. 29. D ’Arcy Thompson, naturalista scozzese, pubblicò nel 1917 l’opera O” Growth and Form, ispirata a una morfologia a-storica, relazionale, basata sulle pos­ sibilità limitate e indicate da fisica e geometria. Per un indispensabile inquadramen-

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