Mazzini nella letteratura


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Mazzini nella letteratura

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Il post0 di Mazzini nella letteratura italiana è solitamente minimizzato nella manuallstlca scolastica che crea, si voglia o non si voglia, la cultura media. Dal saggi contenuti In questo volume balza evidente quanto egli, pur pagando tributo Inevitabile e non per questo spregevole al gusto e alle polemiche del tempo, abbia saputo Imprimervi una nota orlglnale caratterizzata da une straordinaria capacità di sintesi organica di Idee e orientamenti maturati nella sua mente. La larga Informazione che possedeva della cultura europea, e la singolare Indipendenza di giudizio, portarono Mazzini al superamento del romanticismo di cui Indica I limiti: • La dottrina romantica è dottrina di individualità: quindi potente a distruggere tirannidi letterarie, Impotente a fondare nuova letterature. Fu grido di reazione e non altro, emancipò l'Intelletto, non l'awlò: redense la Individualità cancellata dal classicismo, non la consacrò a una missione •. Modernità di valutazione anche nel riguardi della cultura borghese sotto Luigi Filippo, di cui rileva il carattere d'Industria: • hanno ridotto Il pensiero a meccanismo d'industria che serve al tempi, anche pessimi, adula elle passioni anche dove s'esercitano bassamente, traffica sul capricci dell'opinione, espone politica senza prlnclpil •.

BIBLIOTECA DI SCIENZE STORICHE E MORALI A CURA DI LIDO CHIUSANO E VITTORIO STELLA

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GIOVANNI CATTANI ERMANNO CIRCEO ANTIMO NEGRI VITTORIO STELLA

LIDO CHIUSANO FRANCESCO FIUMARA PAOLO MARIO SIPALA GIUSEPPE TRAMAROLLO

Bulzoni editore

TUTTI I DIRITTI RISERVATI

© 1975 by Bulzoni editore s.r.l. 00185 Roma -· Via dei Liburni, 14

INDICE

GIUSEPPE TRAMAROLLO:

Presenza letteraria di pag.

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storia della critica

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La scoperta gentiliana del liberalismo etico di Mazzini

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Mazzini GIOVANNI CATTANI:

L'eredità letteraria di Fo-

scolo in Mazzini ERMANNO

Mazzini teorico d'arte e

CIRCEO:

scrittore FRANCESCO FIUMARA:·

Mazzini per una lettera-

tura europea PAOLO MARIO SIPALA:

Mazzini letterato nella

ANTIMO NEGRI:

VITTORIO STELLA: LIDO CHIUSANO:

Mazzini

Croce e Mazzini Alessandro Levi interprete di

NoT A

DI PRESENT AZIONE

Questo volume esce per iniziativa delle sezioni di Roma e di Teramo dell,Associazione Mazziniana Italiana. Trovano cosl sistemazione le relazioni che vennero svolte in occasione d,un Convegno tenuto a Teramo il 4 e il 5 novembre 1972 sul tema >. E tuttavia, queste pagine non sono propriamente da intendersi come gli ''Atti'' di quell'incontro abruzzese, avvenuto nell'ambito delle celebrazioni per il Centenario della morte di Giuseppe Mazzini, dacché gli scritti che qui si presentano hanno subìto un diverso e non omogeneo grado di elaborazione - e in qualche caso rimaneggiamenti persino nel titolo o nel tema studiato - rispetto alle relazioni originali. Memori della generosa ospitalità, nonché della generale simpatia di cui furono circondati, gli autori di questo libro tengono a rinnovare il loro ringraziamento al dottor Emilio Rosa, Presidente della locale sezione dell'Associazione Mazziniana e solerte organizzatore del Convegno, oltre che alle civili autorità e alla cittadinanza tutta di Teramo.

PRESENZA LETTERARIA DI MAZZINI

Per il centenario della morte di Giuseppe Mazzini (1972) l'Associazione Mazziniana Italiana organizzò tre convegni di studi: in giugno a Forlì sul tema >, in ottobre a Campione d'Italia sul tema >, in novembre a Teramo sul tema >, toccando tre aspetti fondamentali del pensiero di Mazzini, quello educativo, quello politico, quello letterario e pur con la consapevolezza di aver trascurato altri capitali aspetti, come quello religioso e quello sociale. In realtà Mazzini è, come egli disse di Dante, > e non consente esami settoriali: pertanto ogni esame parziale deve fatalmente richiamarsi alla totalità del suo pensiero. Così avvenne anche nel convegno di Teramo, in cui relazioni di carattere filosofico si alter,narono con relazioni di carattere più spiccatamente letterario: le variazioni sono dovute anche alla latitudine del tema generale del convegno >, che consentiva almeno tre impostazioni diverse pur restando nell'ambito letterario: anzitutto poteva essere utilmente studiato il posto di Mazzini nella letteratura italiana, solitamente minimizzato da quella manualistica scolastica che crea, si voglia o non si voglia, la cultura media. Da questa sarebbe estrema,nente difficile trarre una indicazione valida: bisogna ancora una t'olta rifarsi al De Sanctis e al suo coraggioso saggio compreso nella > svolta come corso della Università di Napoli dal gennaio al giugno 1874. Saggio coraggioso, se si pensa che ancora nel '72 Ferdinando Martini,

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GIUSEPPE TRAMAROLLO

appresa il X marzo la morte di Giuseppe Mazzini nella quieta casa Rosselli in Pisa, per aver parlato agli studenti tumultuanti per il lutto sul tema > perdette la cattedra universitaria, mentre gli studenti furono puniti con la sospensione accademica di uno o due anni: 1 De Sanctis viceversa poco più di un anno dopo non esitava a parlare di Mazzini come di un caposcuola alla pari del Manzoni, capo della scuola democratica come il Manzoni di quella cattolico-liberale, dichiarando: 8 • Conviene ricordare che Mazzini si considerò un letterato mancato: se ne possono cogliere due confessioni, all'inizio della sua attività politica e dopo la sconfitta della prima >. Scrive del primo momento: . Scrive del secondo: > 9• Anche questa volta riprese il cammino. I saggi di questo volume abbracciano variamente molti di questi temi. Da tutti balzerà evidente quanto il Mazzini, pur pagando tributo inevitabile e non per questo spregevole al gusto e alle polemiche del tempo, abbia sap"to imprimervi una nota originale caratterizzata da una straordinaria precocità e capacità di sintesi organica di idee e orientamenti maturati nella sua mente: non penso tanto allo scritto >. Non diverso giudizio doveva dare sessant'anni dopo il Carducci considerando il romanticismo > 11 • Proprio Cattaneo, sempre reticente nei confronti di Mazzini (è noto cl,e non lo nomina mai nella > e, nella tarda polemica con le dottrina economiche dei , dove par di leggere la parafrasi del motto > 12 • Mazzini così offrì una visione culturale che permeò le vicende intellettuali ita/,iane fino al De Sanctis e al Carducci e generò i Mameli, i Nievo, i Tenca. Vorrei soffermarmi, prendendo lo spunto da questi nomi fascinosi, su due momenti di questo mazzinianesimo culturale: uno critico, l'altro creativo. Il primo è quello di Carlo T enca, che seppe sintetizzare le suggestioni di Cattaneo e di Mazzini, correggendo (1844) il pessimistico giudizio mazziniano sul romanticismo: >). 10

>. Ma il Tenca fu mazziniano in tutta la > di cui assunse la direzione nel '45: il suo ttltimo scritto in essa (1847) si intitola > coevo, e con sorprendenti analogie, degli articoli mazziniani poi rifusi nelle celebri >. Dopo aver partecipato alla redazione della mazziniana > negli ardenti mesi della libertà milanese del ,48, fu sul , nel 1850, sostenitore della educazione popolare cara al Mazzini come al Cattaneo, e infine giudice severo del secondo romanticismo, quello >, con una stroncatura del Prati di spirito perfettamente mazziniano, per concludere con una prospettiva sociale non classista ma nemmeno paternalista: una società organicamente fusa rappresentata da una cultura unitaria, senza funzione subalterna dei ceti popolari: mazzinianesimo puro 13 • Il secondo è quello di Ippolito Nievo, che è ormai una periodica riscoperta della cultura italiana, ma del quale si ha una strana riluttanza a riconoscere che la temperie morale da cui nasce il capolavoro delle è tipicamente mazziniana. Gli studi di letteratura popolare, le traduzioni di letterature straniere e particolarmente dei canti popolari greci, l'analisi storico-sociale della decadenza di Venezia hanno preparato il romanzo del ventottenne autore che nasce da una visione tipica11zente mazziniana della vita: si illumina nel contrasto fra il mondo di cartapesta dell'Arcadia - dice bene Natalino Sapegno - frivolo e angusto, e il mondo nuovo che si spalanca con impetuoso ardore su tutte le strade del progresso, con ampiezza di concezione storica e solennità di giudizio politico e morale 14 • Nel gran romanzo vibra la poesia della giovinezza mistica1r1ente allontanata e come purificata nel tempo e nella mecf r. Pirodda, Mazzini e T enca, per una storia della critica romantica, Padova 1968. 13

cfr. Sapegno, Compendio Firenze 1963 16 voi. III, p. 168. 14

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di storia della letteratura italiana,

PRESENZA LETTERARIA DI MAZZINI

moria: esempio quasi sempre perfetto di quel romanticismo realista o di quel realismo romantico, che il Mazzini augurava e del quale egli era stato per tanta parte il creatore.

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L'EREDITÀ LETTERARIA DI FOSCOLO IN MAZZINI

L'eredità foscoliana in Mazzini è da vedersi oltre che nel debito verso il poeta della sua giovinezza, riconosciuto dallo stesso Mazzini in ogni epoca della sua vita e per motivi da lui stesso addotti, in un complesso rapporto di consenso e dissenso, che non va colto soltanto nella motivazione consapevole offerta dal Nostro, ma nel diverso profilo della loro personalità. Foscolo si presenta ai suoi tempi erede di quella corrente laica di minoranza, che nella vita morale è capace d'indignazione, guarda come a suoi padri allo sferzante Dante e all'epigrafo, duro Machiavelli, si prolunga nel Risorgimento con Cattaneo, si riconosce nel nostro secolo in Salvemini. Mentre l'altra corrente laica, di maggioranza, guarda come a proprio padre al Guicciardini, nel nostro secolo si riconosce in Croce. Questa in morale giunge al massimo al fastidio (infastidire è verbo tipicamente crociano). Machiavelli, per la verità, può considerarsi bifronte, alla sommità di tutt'e due i versanti, ma qui non è il caso d'approfondire il discorso, che si lascia per altra occasione. Qui interessa rilevare il carattere dell'indignazione, perché essa anche in un laico, del tutto agnostico in fatto di religione, è segno di una intransigenza morale, che è di per sé stessa religiosità, poiché comporta l'affermazione di un valore, cui si fa sacrificio di sé, della propria persona e . 20

FoscOLo E MAZZINI

A pag. 170 appare un interessante ritratto del Foscolo, tratteggiato dalla poetessa Aglaia Anassillide, giardiniera di Isabella Albrizzi. Narra la poetessa: >. Nel secondo volume dello Zibaldone (Scritti editi ed inediti, nuova serie, Galeati, Imola 1967) appaiono ricopiate la Ricciarda, parecchi sonetti, le Rimembranze dall'ed. faentina delle poesie del 1819, con dedica al Niccolini del 180 3; l'oda a Bonaparte liberatore con l'indirizzo introduttivo. Tutte queste letture, copie di opere e appunti sul Foscolo sono compresi fra il 1822 e il 1829, e ci testimoniano direttamente come Mazzini avvicinò le opere e come trovò interessante la presentazione della figura del poeta. Volendo ora iniziare l'esame degli argomenti sopra stabiliti, l'impegno dello scrittore, che si è posto per primo e che si

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GIOVANNI CATTANI

potrebbe parimenti intitolare libertà-dovere dello scrittore, si può considerare il nucleo centrale, coordinatore degli altri argomenti tutti, poiché è la libertà-dovere dello scrittore, che permette una veduta sintetica del nostro tema. Per il giusto rilievo di questo primo argomento mi pare opportuno richiamarsi a quello che si potrebbe dire il filo rosso della passione risorgimentale per l'impegno dello scrittore contro la figura tradizionale del letterato servile e cortigiano, trasformatasi coi tempi, ma dura a morire, nonché ai tempi di Foscolo e di Mazzini, anche nel nostro, nonostante le sentenze di morte, pronunciate dal De Sanctis, dal Croce, dal Salvemini, dal Russo, da tutta l'Italia civile insomma. La vecchia Italia, l'Italia della Controriforma, dell'Antirisorgimento, quella che stava quieta e in fondo contenta sotto il Fascismo, sempre egualmente misoneista e immobile nel succedersi vario dei tempi, perché vuota nell'anima, ha dimostrato di essere tutt'altro che decrepita, come l'apparenza dava a credere ai nostri vecchi. Da giovane mi piaceva contrapporre a quelli che vantavano le nostre > il nostro decrepito costume, quasi a sfida: oggi non mi sentirei più di farlo. Sono più fondati sul sodo essi con la loro retorica, eh.e tutti sanno che è tale, che noi coi nostri ideali, così moderni e concreti per il resto del mondo. Nessuno di noi più s'illude sul giudizio di decrepitezza della vecchia anima dell'Italia ed è il giudizio d'illusione, dato al giudizio sulla decrepitezza, che ci fa essere oggi, se stessimo solo all'istinto, più vicino alla disperazione del Foscolo, poeta delle rovine d'Italia, che a Mazzini, fiducioso nell'avvenire del suo paese, anche nelle amarezze più penose, perché sicuro della decrepitezza del vecchio costume. Ricordate la fede del Giusti? Ad ogni rintocco della campana per morte: >. Noi godiamo di questa fede risorgimentale, ma non possiamo più parteciparvi. Il dovere per questo non cambia, anzi si fa più imperioso, come sempre succede quando si lotta da isolati o in gruppi di minoranza, che ci si sente ancor più fermi e di cor saldo, se si è intrapresa la lotta veramente per dovere, ma è una fede indurita, senza il bel corredo della speranza, di quella facile almeno. 22

FOSCOLO E MAZZINI

Ma per l'esame presente l'altalena sentimentale dalla speranza di Mazzini alla disperazione del Foscolo per ritornare al dovere di Mazzini, ci dice che siamo in tema coi nostri autori, perché siamo arrivati ad essa partendo dal filo rosso della passione risorgimentale per l'impegno dello scrittore e, appena toccato il filo, vedete che la corrente di quella passione è ancora ben operante, ma adesso bisogna ritornare dal presente al tempo dei Nostri e vederla come si manifestava in essi e nell'autore-vate o nume, come amava dire Luigi Russo, presente in ambedue, anche se più direttamente in Foscolo che in Mazzini: l'Alfieri. Nell'Alfieri è operante quella selvaggia libertà che ti fa istintivamente ribelle a tutto ciò che dall'esterno impedisca lo sprigionamento del tuo genuino sentire. Nel Foscolo il prepotente e istintivo sentimento alfierano si cala nella storia e si fa più consapevole della dignità umana, ch'è da salvaguardare da ogni avvilente compromissione pratica. Non è più libertà altrettanto tirannica della tirannide, cui si contrappone: > può riferirsi bene ali' Alfieri, non a Foscolo, più consapevole appunto dei doveri della libertà per distinguersi dal suo contrario. In Mazzini l'impegno dello scrittore diventa tutt'uno con l'impegno religioso dell'uomo e del cittadino, in quella attività pratica, ch'è concepita in modo tanto elevato da potersi considerare la più accetta preghiera a Dio. >. Cosl nel Foscolo la consapevolezza del dovere dell'uomo d'ingegno, come egli dice nella Lettera apologetica, impone un comportamento strettamente individualistico di rifiuto di ogni volgarità, in un mondo in cui >, come gli insegna il suo Machiavelli, maestro politico di Foscolo, per la verità un po' arcaico. Perfino i patrizi sono vulgo, figuriamoci i dotti e i ricchi! >. Questo disprezzo aristocratico è il limite insuperabile di Foscolo. In Mazzini, invece, la libertà-dovere dello scrittore, divenuta tutt'uno con l'impegno religioso, impone un'apertura umana, ignota a Foscolo. È questa apertura umana, che fa

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GIOVANNI · CATT ANI

partire fin dagli inizi ·Mazzini in opposizione con l'aristocraticismo di ·Foscolo e, in· genere della tradizione laica italiana, sempre alleata della conservazione, specie nella vita religiosa, dove la fede è voluta e sostenuta come ottimo instrumentum regni > e segnatamente la plebe, perciò:. è giusto che sia anche superstiziosa nei suoi riti e nei suoi miti. Non cosl per Mazzini, che nella sua concezione religiosa si, allaccia ai più generosi aspetti della tradizione cattolica ed ereticale italiana, di quegli eretici soprattutto, che, usciti dal cattolicesimo e riparati nei paesi delle confessioni cristiane riformate, non si accasarono in nessuna di esse, trov®dole troppo ·anguste per la loro apertura umana. Mazzini può fin. da giovane conquistare la democrazia, com'era possibile figurarsela al suo tempo ·e, direi, oltre i suo tempo, perché parte da queste premesse religiose, le stesse che non gli permettono mai di far interamente suo il pensiero del Foscolo. Tuttavia qualche segno di aristocraticismo spirituale potrebbe anche rintracciarsi nella concezione democratica mazziniana, così· altamente fondata su ·di una visione religiosa della vita. Il· fatto stesso che ancor oggi è per pochi potrebbe esserne una prova. In ogni caso l'aristocraticismo del Foscolo .è solo limite, quello di· natura spirituale, che può intravedersi~,. forse, in· 'Mazzini -è ·un valore positivo, che presenta anche un limite negativo. Averne coscienza è un· dovere, sapervi rimediare un difficile · compito dei nostri tempi. '

Secondo. punto: il concetto _di genio. '

'

.

'

Per: il Foscolo > (Dante e il suo secolo, in Lezio.ni d'eloquenza ecc. p. 197) . Ma la definizione più esauriente del genio, come

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Fos·coLo E MAZZINI

poeta-vate di un popolo intero, si ha nei capitoli VI, VII, VIII del Discorso sul testo della Commedia. Mazzini si può dire che accetti presso che invariata la definizione di Foscolo, forse la renderà più spirituale, meno legata a pregiudizi sensistici, com'è in Foscolo. Ma la novità di Mazzini a questo riguardo non consiste tanto nella variazione di significato della parola, quanto nel suo sforzo di uscire dall'individualismo, anche per il genio di un popolo. In una lettera in francese a Marie D' Agoult del 1° gennaio 1865 (S.E.I. Ed. naz., Imola, Galeati, 1938, p. 324) afferma: > ( Commento foscoliano alla Divina Commedia, in Scritti ed. ed in., vol. 29, ed naz., Galeati, Imola 1919, pp. 43-45). Manca la concezione di vita nel Foscolo, secondo Mazzini, capace di intendere e rendere appieno Dante. Invece si può dire che è interprete di Dante meno mitico Foscolo che Mazzini e sorprende, anzi, come abbia colto nel Discorso sul testo il significato della Commedia nell'intenzione di Dante. Il Risorgimento ha conosciuto due commenti pregevoli della Commedia, quello di Foscolo e quello del Tommaseo, ma lo spirito di Dante è più ancora in certi rapidi scorsi del Foscolo, che nel più disteso e completo e, per certi aspetti di pensiero, ancor oggi prezioso commento dello scrittore dalmata. In una lettera alla Quirina Mocenni Magiotti del 18 luglio 1840, Mazzini scrive che il commento foscoliano della Commedia, anche come da Foscolo è stato lasciato >. Anche il giudizio di Bacone sul Machiavelli è desunto probabilmente dal Foscolo. Si vede in atto, anche solo da queste poche citazioni, la mitizzazione risorgimentale del Machiavelli, coi suoi limiti critici ancor più che in Foscolo, come si è visto per Dante. Quinto argomento: la fierezza indipendentistica. Questa in Foscolo, dopo le amare esperienze milanesi del 1814-15, giunge fino alle conseguenze più intransigenti. Quando nel 1821 tutta l'Europa cristiana e civile freme per la lotta d'indipendenza della Grecia dal Turco e poeti come Byron partono volontari per aiutare lo sforzo del popolo greco, sollevatosi contro l'oppressore, Foscolo a Londra, e non certo perché vi menasse una splendida vita, sentenzia impavido che ogni popolo deve fare da sé e che è assurdo pretendere di aiutare un popolo a darsi la libertà. La libertà va conquistata con tutti i sacrifici ch'essa richiede. Volere risparmiare i sacrifici, significa non capire che cosa sia libertà e non volere bene. Mazzini riprenderà questo tema foscoliano e dal piano vastamente morale, più che politico, lo porterà su quello concretamente politico del riscatto nazionale italiano, ponendo primissimo segno della nata coscienza nazionale, in cui tutti gli Italiani debbono convenire, la fierezza indipendentistica. In questa ambedue concordano: solo che Foscolo è molto più perentorio di Mazzini nella condanna delle sette e dei particolarismi, specie nei Discorsi sulla servitù d'Italia, Mazzini e altrettanto contrario ai settarismi, ma non alla diversità delle opinioni. Quando Foscolo dice nella lettera alla madre del 31 marzo 1815: >. E in una del 18 nov. 1839: del poeta, come mancato biografo non è qui il caso di parlare: basti l'accenno soltanto per dimostrare l'attaccamento di Mazzini al ricordo del primo illustre esule risorgimentale. Quanto allo stile, senza dubbio l'alto coturno di Foscolo e il suo classicistico rigore non si trovano certo in Mazzini, però si può ragionevolmente pensare che quella severa disciplina stilistica foscoliana, a noi oggi cosl estranea, abbia forse contribuito a salvare la sostenutezza della prosa mazziniana dalla negligenza e peggio di molta prosa romantica. Il periodare sciolto e senza nerbo bisogna riconoscere che è stato sempre estraneo al gusto di Mazzini: forse un po' di merito può essere anche di Foscolo. Mi piace concludere questo mio breve saggio, ricordando quello bellissimo del Cattaneo, Ugo Foscolo e l'Italia, pub-

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GIOVANNI CATTANI

blicato in dL1e puntate nel > del 1860 e ristampato in fascicolo a sé nel 1861. Mazzini non vi è mai nominato, ma vi è sempre sottinteso fra le righe, in bene e in male. In male, ad esempio, quando conclude il ragionamento sulla condanna foscoliana delle sette: >. Cosi nel rapporto Foscolo-Napoleone s'avverte sottinteso il riferimento a quello Mazzini-Cavour. Questo continuo rapporto segreto a Mazzini scoppia e si fa scoperto nel finale: >. È attraverso il mazzinianesimo - come ben vede il Cattaneo - che certe immagini di dispregio aristocratico di Foscolo si caricano di nuovo vigore democratico, in Mazzini e nel mazzinianesimo. Vedi, ad esempio, questa della lapide per Federico Pompignoli, dettata da Aurelio Saffi, che si trova nel cimitero di Faenza: , ammonisce Mazzini, l'arte non può che essere missione, essendo espressa dagli uomini, cioè dalla vita. « L'arte non è la fantasia, il capric;cio d'un· individuo: è la grande voce del Mondo e di Dio raccolta da un'anima eletta· e versata agli uomini in armonia >> 1• E ancora: > 2 • Già da queste poche citazioni, si potrebbe profilare l'estetica mazziniana o, meglio, la teoresi che è a fondamento di una concezione che, mentre, per un verso, potrebbe ricondursi tranquillamente .

Cfr. Note autobiografiche, a cura di M. Menghini, Firenze, 19442, cap. V, p. 82. 2 I vi, p. 83. 1

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ERMANNO CIRCEO

all'ambito delle teoriche romantiche, per altro verso si allontana anche da quelle, ipotizzando un'arte che in tanto ha validità per Mazzini in quanto adempie un ministero simile a quello della religione. > 3 • Appare di qui, con chiare accentuazioni personali, il carattere peculiare della religiosità del Mazzini, pur rientrando essa latamente nell'ambito di quella religiosità che, come vide il De Sanctis 4, informò tanto la scuola liberale che quella democratica; , anche se > 6, che gli impedl di essere il >. Col Manzoni e con altri pochi grandi ch'egli prescelse a maestri di verità e di vita (Dante, Vico, Parini, Foscolo), Mazzini, intendendo l'arte come sacerdozio e >, e non come evasione o > 7, era indotto a respingere la formula >, atea, a suo dire, come l'altra, politica, > 8• Scaturisce da codesta ,mpostazione rigorosamente morale e religiosa (nell'accezione che si è detto), l'altro aspetto, convergente e pur esso essenziale per una esatta definizione e comprensione della problematica mazziniana, quello politicosociale e pedagogico perché > 9 • Ne consegue che, per Mazzini, . È necessario, pertanto, risalire alla genesi del pensiero mazziniano, agli anni della formazione giovanile, per meglio seguirne, poi, lo sviluppo, attraverso alcune schematizzazioni quelle di ''Storia'', per esempio, di ''epoca'', di ''genio'') presenti nei vari scritti ed emergenti spesso più come fervide ipotiposi che come enunciazioni inserite in un contesto teorico saldo e coerente. Il noviziato del Mazzini si svolse su alcuni giornali di provincia, l'Indicatore genovese prima, che da modesto giornaletto di annunzi mercantili, come egli ricorda, si trasformò in giornale letterario, l'Indicatore livornese, poi, fondato e diretto dal Guerrazzi e, infine, l'Antologia del Viesseux che avrebbe più tardi assunto un ruolo di primo piano tra le riviste italiane. Qui, tra gli anni '25-30, il Mazzini, col fervore che lo connoterà sempre, entrò nell'agone letterario e, pur non partecipando direttamente alle polemiche classicoromantiche (si tenne infatti lontano dagli ambienti del Conciliatore), si attestò su posizioni chiare, che meglio si andranno precisando in direzione di un romanticismo di tipo eroico e messianico, esclusivamente suo, anche se maturato nel clima che, come rileva l'Omodeo, > 11 • Nell'ambiente dell'IndiNote, cit., IX, p. 165. 1 Cfr. L. Salvatorelli, >, in Prima e dopo il Quarantotto, Torino, 1948, p. 37. 11 Cfr. A. Omodeo, Dfesa del Risorgimento, Torino, 1951, p. 76. 9

°

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catore livornese nasce, con il sodalizio con Guerrazzi e con Bini, il suo interesse per il Foscolo, cui, scriverà nelle Note autobiografiche, > 12 , per il Giannone, per il Berchet > 13 • Su questi giornali pubblica, giovanissimo, alcuni saggi fondamentali: su Carlo Botta e i romantici (nell'Indicatore geno-

vese), Saggio sopra alcune tendenze della Letteratura europea nel sec. XIX (nell'Indicatore livornese, 1829), D'una letteratura europea ( 1829) e Del dramma storico ( 1830) nella A1ttologia. L'adesione del Mazzini al romanticismo, in quan~o > (è detto nell'articolo su >) non fu piena e totale ma circoscritta ad alcuni aspetti, non sempre coincidenti con la visione tutta personale della storia, degli uomini, del progresso e, consegu~temente, della letteratura e dell'arte che egli ebbe. Sappiamo che perdurano tracce del pensiero illuministico nel. Mazzini ( « l'umana felicità>>, per esempio, come obiettivo supremo da raggiungere), accanto ad alcune idee centrali della poetica romantica; tra esse l'arte come ipostasi della vita morale e civile delle nazioni. Ma come oggi non risparmia critiche al settecento illuminista, condannando il cosmopolitismo che « indica in oggi [ 1840] l'indifferenza anziché l'universalità degli affetti >> 14 ; così distingue tra nazionalità, > o di > 18 • Ecco, dunque, situarsi al centro della visione, per cosl dire, mitopoietica-· del Mazzini, tra Vico e- Gioberti, la nazione-guida, -e l'umanità; ed ecco prender forma l'idea di una letteratura (ed è questo l'aspetto più originale e più seduCfr. « Filosofia della musica>>, in Opere a cura di L. Salvatorelli, Milano, 1939, Il, p. 280. 11 N ote c1t., · p. 7. 16

ts Note, cit., V, p. 81.

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cente delle intuizioni mazziniane) europea, calata nella realtà etico-sociale dei popoli, libera e liberatrice. > 19 • Ma la storia > 20 • > 22 • Di qui l'accusa alla letteratura italiana, dai tempi di Carlo V, di >, >, > 23 • Ufficio della letteratura, che non può essere disgiunta > 25 • Emblematici, in tal senso, i due motti, del Goethe l'uno ( > ), del Byron, l'altro ( ), posti in testa rispettivamente al saggio più volte citato > (con una punta di evidente esagerazione per quanto attiene all'Inglese), vede in essi i poeti dell'individualità, al contrario di Schiller, per esempio, cui riconosce >, in Opere, 23 Note, IX, cit. p. 165. 24 Ivi, p. 166. 25 lvi, pp. 167-68. 19 , > 29 , le sue tesi cosl fervidamente espresse, talora perentorie, sempre parenetiche, vero e proprio leit-motiv, disteso su pochi concetti insistenti, in tanto hanno un significato e una validità in quanto ci permettono di ricostruire la sua personalità con maggiore ricchezza di particolari, di vederla nella sua interezza e integralità. L'arte e la letteratura non furono in definitiva che un mezzo per lui. > 31 • Se ora passiamo a verificare rapidamente le strutture sintattiche, stilistiche e linguistiche della prosa mazziniana in cui si calano e risolvono i limpidi assiomi del Genovese, vediamo 26

TI 28 29

30 31

G. Mazzini, Scritti, XIII, p. 195. Ibid. Cfr. Note, cit., p. 84. Ibid. In Scritti scelti, cit., p. 185. Cfr. >, in Opere, II, cit., p. 289.

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che non esiste frattura tra concetto e forma, tra uomo e stile, giacché l'intensità e la carica passionale che muovono l'uomo si traducono in una scrittura >·, ·Com'ebbe a rilevare il Pancrazi 32 , cui il lessico privilegiato di ascendenze alferiana e foscoliana, conferisce un tono alto e palesemente oratorio. Additerei, ripetendo per altro cose note, nel Foscolo dell'Ortis e delle lezioni pavesi il modello di prosa che il Mazzini seguì più da vicino, che dà ragione, del resto, dell'attenzione continua e devota ch'egli rivolse per tutta la vita al poeta di Zante. , > 34 • ~a. comunanza di temperie culturale e di sensibilità porta il Mazzini a concordare persino con il Leopardi: per esempio, sulla universalità del messaggio umano affidato alla musica cui, > 35 • Sono parole del saggio > del 1836, che parrebbero consonare, almeno in parte, con un celebre pensiero dello Zibaldone: > 36 • 32 33

34

35

36

Cfr. P. Pancrazi, Nel giardino di Candido, Firenze, 1950, p. 191. >, in Opere, II, cit., p. 875. S. Battaglia, Mitografia del personaggio, Milano, 1969, p. 215. Cfr. > in Opere, II,· cit., p. 289. Cfr. Zibaldone, I, ediz. Flora, 79-80, p. 108.

MAZZI·NI SCRITTORE

È stata, però, la lezione dello stile foscoliano, come si di-

ceva, che ha lasciato tracce visibili nel Mazzini scrittore. Non indugerò su questo tema, non nuovo, del resto; mi limiterò a fornire qualche esempio soltanto. > 37 • L'eco della prima lettera dell'Ortis e del sonetto > ( >) è fin troppo evidente. Altrettanto avvertibile è, nella chiusa del cap. IX delle Note ( > ( ••• ), con l'insistenza sull' > dell'arte, che dovrà porsi >, ha una gandiosità epica, un tono solenne e commosso d'invito ai giovani che rimanda alle grandi perorazioni foscoliane. La prosa del Mazzini, nondimeno, è mossa e varia, pur con questo carattere di fondo; nell'Epistolario, principalmente nelle lettere alla madre e a Giuditta Sidoli, acquista note più sottili, talora patetico-elegiache, spesso scandite, vivamente partecipi, tese a rilevare, con un'autoscopia tutta interiore, la ( > ecc.) 40 intense, pur nella pacata drammaticità che isola la parola, la rende martellante, non superfluamente iterativa (forse forse, forse), ma icastica proprio perché traduce perfettamente gli angosciosi interrogativi interiori. Scrittore tra i più > della nostra letteratura, secondo un giudizio del Momigliano 41 , Mazzini si connota per la forza morale che sottende la sua pagina, ne sommuove il ritmo, avvolge la parola d'un afflato lirico-religioso, proprio di un mistico e di un profeta, sia pure di un profeta spesso >, più che di un uomo di • azione. Nel contesto d'una prosa siffatta, calda, veemente, persino baroccheggiante sotto l'urgenza del forte sentire e della fervida fantasia, acquistano rilievo particolare alcune peculiarità stilistiche, in parte già da altri evidenziate, dal Salvatorelli 42 , per esempio, ( struttura paratattica del periodo, soppressione dell'art. tra l'agg. > e il sost. ( >), verbi intransitivi usati transitivamente ( > ecc.). Ritengo, tuttavia, che la > del Mazzini debba ricercarsi, oltre che nell'impianto del discorso, insistente su poche, pur se inglobanti, costanti tematiche, nel tono e in alcuni elementi di stile veramente connotativi: verbi parasintetici, per esempio, di tipo dantesco ( >, >, >, >, > 43 , che rendono anche plasticamente l'idea, come in questo brano: > 44 • Ancora: > 45 • Si potrebbe continuare; a noi importa l'avervi accennato ~ conferma di quanto ci siamo sforzati di dimostrare: che tutte nel Mazzini converge ad alimentare e sorreggere una nobil{ e! generosa >, e pertanto, anche il teorico d'arte e lo scrittore non s'intendono se non nel quadro di un unicc LOtalizzante universo, che è politico e poetico insieme e meglio • • • • • d1c1amo m1topo1et1co.

44 45

Cfr. « Filosofia della musica>>, in op. cit., p. 284. > per l'arte,. . sollevarla nelle superiori regioni dello spirito creativo. Solo così l'arte potrà essere ad ogni occasione indicata da Mazzini sul modello dei grandi nomi della poesia universale: quali Dante, Goethe, Sc~iller, Byron, Alfieri, Foscolo, Manzoni, le cui opere non si può dire siano nate immuni dal soffio di quelle grandi idealità e finalità da cui furono caratterizzate e rese immortali. Aveva 24 anni quando nella sua mente, già aperta alle grandi. innovazioni, si agitava il problema d'una letteratura s.ociale , giornale parigino fondato da Leroux, erano apparse le parole di Goethe: >. Mazzini raccoglie questa voce profetica del Genio forestiero, e ne fa un motto da porre in cima ad un ampio e meditato articolo, che intitolerà appunto D'una letteratura europea>> (apparso poi nella famosa > del Viesseux) nel quale - ispirandosi alla profezia goethiana sviluppa ed amplifica il concetto secondo le proprie vedute. Era un omaggio reso alla voce del Genio, che non ha patria, ma di cui Mazzini scopre sempre una traccia nella storia della civiltà. Farsi banditore disinvolto anche della verità degli altri, quando ciò può giovare alla causa, è per lui norma di vita e dovere di umiltà, e perciò afferma: > 2 • Vediamo ora come questa norma si trasferisce dalla sfera dei singoli individui a quella dei popoli e delle nazioni.

* * * Contro i sostenitori delle letterature nazionali come derivanti da condizioni geografiche, e quindi dal clima particolare come condizionatore del gusto (e perciò condannato alla staticità) Mazzini sostiene non essere riposto nella natura geografica lo spirito delle differenziazioni nazionali fissate nelle diverse letterature, bensì nelle istituzioni politiche delle nazioni. Sono dunque le leggi e le circostanze civili a differenziarle, e gli esempi non mancano per dimostrare come ogni letteratura cammini sempre su una linea parallela a quella delle leggi vigenti nel popolo da cui promana. Ecco perché, dice Mazzini, o del > 4 • Una generosità impressionante tiene ancora Mazzini lontano dall'interesse di molti, appunto per una certa eco scolastica d'un Mazzini santone, malato di conformismo patriottico e intransigente difensore dell'onore nazionale in ogni caso. La verità è ch'egli amava la Patria, e raccomandava di amarla, ma non alla cieca, non nelle glorie fittizie che in nome d'un falso princìpio sublimano ingiustizie e storture storiche. > 6 • Sulle rovine del paganesimo si instaurava poi il mondo cristiano, con la sua cultura e la sua arte nuovamente unificatrici e trionfanti sulle ceneri della classicità. In nome della cultura il fenomeno unificatore si ripeteva ancora con l'avvento dell'Umanesimo, specie quando con la invenzione della stampa i frutti dell'intelletto furono scambiati e diffusi fra le nazioni a beneficio del pensiero universale e del progresso umano. Ora il Romanticismo, col richiamo dell'uomo alla natura ed ai valori del sentimento, cioè alla verità interiore dell'individuo, creava le basi d'una nuova cultura unificata nel metodo e nel fine. La lotta per il princìpio di nazionalità trovò in esso un naturale alleato, in quanto le nazioni in lotta per l'indipendenza rappresentavano entità individuali, che si muo6

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S.E.N. Vol. I,

pag.

196.

MAZZINI PER UNA LETTERA TURA EUROPEA

vevano spinte da particolari esigenze e aspirazioni. Ma sarà appunto in questa carica di individualismo nazionale che Mazzini ravvisa il limite del Romanticismo, che pure per altro verso difendeva. e non si renderà > 9 • Ne consegue che le letterature nazionali vanno intese come > d'un coro universale, e non laghi stagnanti in cui la vita langue, succube d'un'autarchia che ne infrena gli impulsi e la costringe a nutrirsi di se stessa. La civiltà avanza e si afferma dove le arti e le lettere, liberamente concepite, le rendono fertile il terreno mitigando e addolcendo istituzioni • e costumi. > 10 • Aleggia in queste parole il concetto moderno di democrazia, come faceva notare il critico Luigi Russo, segnalando la robustezza del pensiero letterario di Mazzini 11 • Pur tradendo un'origine foscoliana, nel linguaggio vivo e concitato del giovane Mazzini, queste parole si tramutano in linee programmatiche per il presente, guadagnando in attualità operante ciò che nella mente di Foscolo costituiva, più che un programma, una complessa e colorita visione storica del passato. >. Data da queste parole il primo seme gettato dal futuro cospiratore, di quell'idea di Europa che tanto sviluppo dovrà in seguito avere nella sua attività di scrittore e di agitatore politico, e tanto mordente d'attualità ancora per noi, posteri lontani, di quell'idea nutriti e maturati. Cinque anni più tardi veniva stilato lo statuto della mazziniana Giovine Europa i cui fermenti sociali si colorivano d'una tinta spiccatamente rivoluzionaria: >, quella della vita associata, ossia del >, ch'egli presentiva nell'aria,. ed annunziava per primo in Italia, non solo come sistema di rapporti individuali, ma fra popolo e popolo 14 • Dall'esilio svizzero, in una lettera al critico Scalvini, nell'ottobre 1836, prospettava la necessità di una sintesi di letteratura europea, e gli ~hiedeva ragguagli per un vol11me· sul Foscolo e per una serie di lavori sulla letteratura tedesca. Pensava alla po-ssibilità di realizzare una collezione di opere 13

S.E.N. Voi. I, pag. 218. S.E.N. Voi. X, pag. 257, (Lettera a Battaglini). '

14

52

.

.

MAZZINI PER UNA LETTERATURA EUROPEA

dramma ti che, da Eschilo e Schiller, e ancora una serie di pubblicazioni sui · grandi poemi dell'umanità ( che chiamava >): quelli scaturiti dal cuore dei popoli, che l'autore ignoto o il genio collettivo raccolse, nell'antichità più remota, dal vivo della esistenza quotidiana, come il Ramayama ed il Mahabbarata (indiani), il Shah-nameh (persiano), l'Iliade, i Nibelunghi, le Eddi ecc. ( Oggi, in alcune antologie scolastiche, possiamo finalmente notare a fianco ai poemi omerici, anche la presenza del Ramayama, del Mahabbarata e d'altri poemi esotici. Mazzini ne sollecitava la conoscenza e la divulgazione un secolo e mezzo fa!). Ed i maggiori scrittori d'Europa egli intanto saggiava attraverso le opere,studiandone a fondo i princlpi e le idealità, e quando era possibile impostando con essi rapporti epistolari. Cosl faceva infatti con Victor Hugo, Lamartine, la Sand, la Stern, De Vigny, Lamennais, Quinet, Guizot, Thiers, Sismondi, Renan (per la Francia); Shakespeare, Byron, Carlyle, Dickens, ed altri (per l'Inghilterra); Goethe, Schiller, Werner ecc. (per la Germania); e ancora voci di poeti celebri, captate dalla Polonia, come Mickiewicz, Krasinski, Skarga, Zaleski: è tutta una schiera di celebrità letterarie, di estrazione europea, con cui entra in dimestichezza la sua conoscenza e la sua indagine. Una vera vocazione alla critica militante, dunque, dominò la mente di Mazzini, colmando le parentesi di tempo libere da cospirazioni, da moti o da interessi più spiccatamente politici. Letteratura, storia, filosofia, religione, politica, si riassumevano per lui in un interesse unitario, che doveva stare alla base di ogni progresso sociale ed umano. L'intelletto ed il cuore egli esigeva fossero mobilitati per la santa crociata della redenzione dei popoli. Contro ogni mistificazione o distorsione dei valori dell'arte e del pensiero, valga ancora per noi la pensosa ed accorata esortazione ch'egli rivolgeva ai letterati ed ai poeti del suo tempo: 4 • Paradossale, perché la critica è oggi concorde nel rilevare la sfasatura dottrinaria e la smagliatura stilistica di quella pagina machiavelliana per il suo contenuto utopico e la maniera retorica. Sorprendente, proprio perché formulata dal De Sanctis, un'altra proposizione d'ordine generale: . Anche per la lingua egli riproponeva il confronto con il Manzoni: la lingua mazziniana risente della conoscenza delle lingue straniere, ma è solenne ed oratoria, si arresta nelle università, > 15 • Il Muscetta confuta l'esattezza storica del giudizio stilistico 16 • Ma a noi interessa aggiungere che l'errore del De Sanctis e di quanti dopo di lui hanno condannato la monotonia e l'insopportabilità dello stile mazziniano deriva proprio dalla pretesa di leggere Mazzini come Manzoni e i suoi scritti come un romanzo. L'opera mazziniana non presuppone, né richiede una lettura continua, ma episodica, perché la sua misura esatta è la lettera, la recensione, l'articolo, più raramente il saggio; una misura cioè legata all'occasione e all'episodio, non distesa in un disegno ampio e continuo. Se le idee di Mazzini costituiscono un sistema e potrebbe dirsi di lui ciò che egli disse di Dante: >, è anche vero che la sua opera sistematica non è. In ognuna delle occasioni, per ognuno degli interlocutori egli doveva condensare nei suoi scritti il massimo della tensione e perciò il martellante refrain dei suoi principi e la violenza oratoria del periodo. È significativo che il gusto novecentesco di critici scaltriti alla sensibilità d·ella prosa lirica si sia incontrato con il Mazzini delle Note autobiografiche dove meno si avvertono le . esigenze oratorie e parenetiche. Attilio Momigliano che nella Storia della letteratura italiana ( 1948) non trovava nulla da aggiungere al giudizio desanctisiano, in un articolo successivo, trova nello stile del Mazzini .

lS F. DE SANCTIS,

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60

c.

MUSCETTA,

op. cit., p. 67 e p. 69. Introduzione, cit., p. XL.

MAZZINI NELLA CRITICA

un po' di monotonia, ma anche >, un > e soprattutto nei ritratti >. Per Momigliano, lo stile è quello dell'Ortis > 17 • Anche Pietro Pancrazi muove dal confronto con I'Ortis e scopre nelle pagine mazziniane >. Alla domanda che egli stesso si pone perché un cosl avvincente scrittore non si legga al di fuori della sfera degli interessi po:litici, Pancrazi risponde da un lato che. in Mazzini prevale troppo spesso lo scrittore teorico e politico, dall'altro che la nostra letteratura nata letteraria ed illustre, accetta con più difficoltà le opere dettate direttamente dalla vita >> 18 • Per Gaetano Trombatore, > 20 • > e sostiene che , mentre rispondendo implicitamente a quanti ne denunciano la monotonia e la gonfiezza, pone in rilievo > dello scrittore, > che gli impedisce di insistere verbosamente sui propri sentimenti. Un segno di questa sobrietà è nella scarsezza degli aggettivi e delle immagini. L'ormai proverbiale eloquenza della prosa mazziniana non sarebbe dunque espediente retorico, ma elemento intrinseco al pensiero dell'autore. Essa tocca il culmine nelle lettere aperte ai ministri francesi ( 1849), a Luigi Napoleone ( 1860), al conte di Cavour Storia della letteratura italiana, voi. Ili, parte I, Milano, Mondadori, 1947, pp. 381-382. 21 G. GRANA, Mazzini e la letteratura, in Letteratura italiana - I minori, voi. IV, Milano, Marzorati, 1969, p. 2625. 20 F. FLORA,

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MAZZINI NELLA CRITICA

( 18 58): > 22 • Mazzini tuttavia - sempre secondo il Salvatorelli - non è uno scrittore popolare: le peculiarità stilistiche danno alla sua pagina la caratteristica della > 23 • Il giovane critico siciliano, allora al suo esordio, nell'intento di collocare Mazzini, dopo Foscolo, tra i precursori del De Sanctis, contestava varie affermazioni di quest'ultimo. Trovava giusto il rilievo per cui il pensatore genovese, dopo avere esaltato la libertà dell'arte, la chiude nella falsità e verità di un concetto, ma osserva che l'errore è nella teoria del precettista, non nell'esercizio della critica. La tesi borgesiana e in termini identici quella contemporanea di Felice Momigliano 24 è che il Mazzini cri tico fu migliore del teorico dell'arte e ciò senza contraddizioni in quanto i principi estetici erano rivolti alla fondazione di un'arte nuova, l'arte sociale, Introduzione a G. MAZZINI, Opere a c. dello stesso, voi. Il, Milano, Rizzali, 19733, pp. 27-32. Per w. BINNI e R. SCRIVANO solo > (Storia e· antologia della letteratura italiana, lii, Milano, Principato, 1970, p. 140). 23 G. A. BORGESE, Storia della critica romantica in Italia, Milano, Il Saggiatore, 1949, p. 328. Il libro, scritto nel 1903, era stato pubblicato a Napoli nel 1905. 24 F. MOMIGLIANO, L'arte nell'apostolato di Mazzini (1905) ora in Scintille del roveto di Staglieno, Venezia, La Nuova Italia, 1938. 22 L~

SALVATORELLI,

63

PAOLO MARIO SIPALA

ma non erano applicati retrospettivamente come unità di misura e di giudizio. Così, ad esempio, pur considerando chiusa l'epoca dell'individualismo, di cui Byron era stato l'ultimo cantore, egli non sottovalutava il poeta inglese e giudicava equamente il Monti, pt1r distantissimo dalla sua concezione d'arte. Il suo inerito principale, nella storia della critica estetica, è nel 1·ipudio degli _schemi della critica classica: > 25 • Occorre tuttavia limitare la tesi borgesiana, osservando che l'attività critica del genovese si esplicò quasi esclusivamente sui contemporanei, con l'unica eccezione degli studi su Dante e delle pagine su Machiavelli e su Sarpi. Eccezione più formale che sostanziale, in quanto Dante - come si vedrà in seguito - fu anch'egli interpretato come contemporaneo e gli altri due giudicati al parametro di interessi contemporanei: Machiavelli chiuso nel suo tempo, nulla avendo da insegnare ai rivoluzionari del XIX secolo 26 ; Sarpi profeta di una riforma religiosa da attuare ancora. Gli scritti sul romanzo ( 1826) e sul dramma storico ( 18301831 ), su Dante (1827-44) e sul Foscolo (1844) offrono, più degli altri, la possibilità di seguire la fortuna dell'opera mazziniana nella storia della critica. Com'è noto, Mazzini distinse nel moto letterario italiano due scuole, quella del Manzoni e quella del Foscolo (anticipava cosi lo schema desanctisiano delle due scuole, la liberale capo Manzoni; la democratica, capo Mazzini). Trovava eccessive le critiche al difetto di calore nei Promessi Sposi, pur ammettendo che il romanziere >. La stessa carenza di tensione combattiva riscontrava nei romanzi della scuola manzoniana; pp. 314-315. I giudizi del Borgese sono Sommario di storia dell'estetica letteraria, ripresi da Milano, Marzorati, s.d., pp. 141-143. 26 Cfr. F. FIUMARA, Mazzini e la legge del progresso negli scritti su Machiavelli, Carlyle, Renan, Napoli, Centro napoletano di studi mazziniani, 1969. 25 G. A.

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BORGESE, op. cit., A. RUSCHIONI, in

MAZZINI NELLA CRITICA

mentre in quelli della scuola foscoliana, esemplare il Guerrazzi, apprezzava l'audacia dell'impostazione, osservando ·che >. Guido Rispoli, che ha stralciato dagli scritti mazziniani i frammenti dei giudizi sui diversi autori, trova dell'esagerazione nei giudizi sul Manzoni, >. Entrambi avevano in comune l'idea morale dell'arte, ma tante altre tesi li ponevano su posizioni divergenti. Mazzini >. Tuttavia, giudicando I promessi sposi, piuttosto . Il Pirodda avverte le simpatie del critico per gli ideali astratti che erano nel teatro schilleriano e in quello alfieriano, ma comprende che > 31 • Strettamente correlato l'interesse di Mazzini per Dante e per Foscolo. Egli arrivò sin nei suoi anni giovanili al culto sincrono e convergente dei due poeti e se Dante fu per Mazzini un precursore dell'Italia di Mazzini, in questa interpretazione ebbe certo influenza la mediazione di Foscolo, il quale aveva sottolineato gli aspetti politici, ideologici ed umani del poeta della Commedia. Ed è significativo che, come Foscolo pensava ad una Vita di Dante, cosl Mazzini progettava una Vita di Foscolo perché per entrambi nel poeta bisognava vedere e considerare l'uomo. Quest'opera mancata sarebbe stata, secondo il Chiarini, un lavoro di grande importanza letteraria e civile, l'unico >, aggiunge Raffaele V. Mazzini e T enca - Per una storia della critica roman-tica, Padova, Liviana, 1968, p. 51. 31 I vi, p. 66. 30 G. PIRODDA,

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MAZZINI NELLA CRITICA

Foa 32 , che ha ricostruito accuratamente sul piano biografico l'attività letteraria di Giuseppe Mazzini. Se non poté realizzare la vita del Foscolo e neppure l'edizione delle opere edite e postume di cui Le Monnier gli offerse la direzione nel 1845, egli fu tuttavia l'editore della Lettera apologetica, degli scritti politici inediti e il curatore appassionato della Divina Commedia illustrata da Ugo Foscolo 33 • >, scrive Pietro Mazzamuto 34 • Più ampio il giudizio del Binni per il quale se Mazzini puntava sulla costruzione di una >, sulla costruzione di un mito da offrire all'entusiasmo della generazione romantica, non sfuggiva però a lui, in questo intento pragmatico, il significato storico e > 35 • Foscolo e Mazzini sono associati dal Russo come fondatori della nuova critica dantesca, l'uno per > 36 • 32 R. v. FOA, L'arte e la vita in Giuseppe Mazzini, con pref. di T. GRANDI, Torino, Associazione mazziniana italiana, 1956, p. 103. Il Chiarini cosi aveva spiegato la sua ipotesi: > (Ugo Foscolo nella mente di Giuseppe Mazzini in >, 1884, 3°, p. 393). 33 Cfr. T. MARCIALIS, Monografia antologica informativa su >, Firenze, Bemporad Marzocco, 1965 e P. M. SIPALA, La > nell'edizione Foscolo-Mazzini, in >, Catania, Facoltà di Lettere 1966, 2, pp. 198-225. 34 P.

MAZZAMUTO,

Rassegna bibliografico-critica della letteratura

italiana, Firenze, Le Monnier, 1953, p. 462. 35 w. BINNI, Ugo Foscolo, in I classici italiani nella storia della critica, cit., pp. 335-337. 36 L. Russo, La nuova critica dantesca del Foscolo e del Mazzini, in « Belfagor >>, 1949, IV, pp. 630-631, ora in Problemi di metodo critico, Bari, Laterza, 1950. Per Giovanni Jorio, invece, , ma anche che con il Mazzini > 37 • In una trattazione sistematica ed acuta, Mario Sansone distingue tra il primo scritto Dell'amor patrio di Dante ( 1826) e i successivi ( 1840-1843) ponendo tra l'uno e gli altri la costruzione del sistema mazziniano. Se è vero - egli osserva che >. Cosl Salvatore Battaglia 39 • Il saggio del compianto critico che trova anche nel Dante mazziniano i due termini a lui cari di esemplarità ed antagonismo, è altresl utile perché formula, in una sintesi conclusiva, la definizione della critica mazziniana, la cui dimensione 41 • osservava che sin dallo scritto Dell'amor patrio di Dante, > (dr. A. PITTONI, Una lezione inedita di Stuparich su Mazzini, in « Bollettino della Domus Mazziniana», Pisa, 1973, I, p. 67). La lezione riprodotta (ivi, pp. 69-81) è sul saggio Per una letteratura europea; lo scrittore triestino fa notare > (Fratini) 42 e chi ritiene quei principi non organici e non profondi: a dispetto di essi quasi, egli avrebbe avuto alcune acute intuizioni > (Bemporad) 43 • Giovanni Bertacchi, nella sua esposizione dell'estetica di Mazzini, rileva come , 1932. 42

Giuseppe Mazzini critico di letteratura e d'arte, Genova, A.M.I., 1947, p. 17. In Mazzini letterato (Catania, 1894) VINCENZO REFORGIATO, sulla base dei due volumi sin'allora pubblicati dell'edizione daelliana, aveva insistito sulla figura del critico e del polemista. • 43 A.

BEMPORAD,

L'elemento estetico nell'opera mazziniana, in Genova a Giuseppe Mazzini nel centesimo anniversario della nascita, Roma-Napoli, a c. della >, 1905, p. 60. 44 G.

70

BERTACCHI,

MAZZINI NELLA CRITICA

È però da aggiungere che Mazzini, come respinge le con-

cezioni deterministiche per cui lo scrittore sarebbe un -prodotto della società, con la stessa fermezza respinge la concezione mistica dell'artista, dettato da una musa misteriosa. Immagina scrittori, interpreti del comune pensiero, che antivedono e preparano le gravi mutazioni sociali. Anche nella musica, egli deplorava sia il materialismo germanico, sia il misticismo italiano, come fa notare Eugenia Montanari 45 • Le trattazioni di carattere generale, sempre sulla concezione dell'arte, di Francesco Ricifari 46 e di Felice Momigliano 47 rivelano, sin dalle premesse, i segni dei tempi in cui furono concepite. La prima infatti si apre con il rilievo che nell'ora che volge ( 1896) del positivismo che accusavano l'Apostolo di misticismo e di avversione al proletariato, nel nuovo clima spirituale (1905), si potrebbe meglio comprendere e valutare l'opera del pensatore ligure. L'arte nell'idea mazziniana, ivi, pp. 46-51. Per quanto riguarda la Filosofia della musica ( 1836 ), A. KLEIN ne ha indicato i condizionamenti dovuti alla cultura musicale italiana del.. l'epoca, per cui l'interesse del libro di Mazzini sta, oltre che nella esemplarità documentaria, nel programma etico-politico, non artistico, della futura operistica italiana (L'arte e la musica in Giuseppe Mazzini, in > maggio-agosto, 1966, pp. 267-280). Su Filosofia della musica, anche A. BONACCORSI, in Mazzini - inaugurandosi in Roma il monumento nazionale, 2 giugno 1949 a c. del Comitato nazionale per le onoranze, Roma, 1949, pp. 38-39, per il quale la parte storica ed estetica sembra il lato caduco dell'opera, mentre sorprende la sua intuizione dell'avvenire nella poetica dell'opera in musica, particolarmente per lo sviluppo del recitativo, l'accento sulla strumentazione, la fusione delle arti nell'opera in musica, l'elogio del coro come individualità collettiva. 46 F. RICIFARI, Concetto dell'arte e della critica letteraria nella mente di Giuseppe Mazzini, Catania, Tip. Sicula, 1896, p. 39. 47 F. MOMIGLIANO, Scintille del roveto di Staglieno, cit. 11 volume comprende gli scritti Mazzini e le letterature slave e L'estetica musicale di G. Mattini e di R. Wagner. Dello stesso autore dr. anche Giuseppe Mazzini e la letteratura tedesca, in >, 1908. 45 E.

MONTANARI,

71

PAOLO MARIO SIPALA

· Il Ricifari, convinto che non si possa scrivere di Mazzini critico senza prendere le mosse dal filosofo, fa derivare le teorie letterarie dal sistema etico e ne dà un'esposizione solidale, ma senza quelle ambizioni e facilonerie che avrebbero potuto suscitare l'indignazione del Borgese. Felice Momigliano, anch'egli fedele all'etica del Maestro, consente particolarmente con la condanna della formula >; formula atea perché 48 • In questa intuizione e in altri passi del saggio D'una letteratura europea, egli riscontra l'influenza del Vico. (All'influenza di M. de Stael, il Guadagnini aveva attribuito prevalentemente le teorie romantiche mazziniane. Più ampio il ventaglio delle relazioni ricostruite da Mario Scotti al congresso dell'Istituto per la storia del Risorgimento. Limitato ai primi, ma intensi, incontri spirituali, sulla base dello Zibaldone pisano, il contributo di Giuseppe Martano, mentre lo Scotti ha attinto anche all'inedito Zibaldone romano; estesa alla sfera religiosa e politica l'interpretazione di Giovanni Cattani) 49 • Estetica letteraria di Mazzini, cit., pp. 71-73. 49 G. GUADAGNINI, La fonte delle teorie romantiche mazziniane, in « Giornale storico della letteratura italiana>>, 1927. M. SCOTTI, La formazione letteraria di Giuseppe Mazzini. Il sunto della relazione nel programma del Congresso (Genova, 24-28 settembre 1972) indica lo 48

n.

FRATINI,

finalità della ricerca nell'individuazione di nuclei e momenti diversi (da Schlegel a Cousin, da Lamennais a Michiewicz, da Foscolo a Dante) attraverso i quali si unifica, caratterizza o trasforma la cultura letteraria dell'agitatore genovese. Su Lamennais e Mazzini, L. PIVANO (Torino, A.M.I., 1958). G. MARTANO, Primi incontri spirituali di Giuseppe Mazzini, Napoli, Centro napoletano di studi mazziniani, 1967, G. CATTANI, Mazzini nella nostra cultura, Faenza, Stab. Tip. F.lli Lega, 1973.

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MAZZINI NELLA CRITICA

Per il Fratini, in sintesi, il Mazzini è stato meno felice come critico, che come >. Ma anche per lui, i criteri letterari derivano dal sistema etico. > 52 • Un'indicazione di tale latitudine era proprio nel fatto che egli invitava in sostanza il poeta ad interpretare la voce dell'umanità affinché >. Le pagine del Cappuccio, inoltre, puntano sulla definizione della posizione del Mazzini nella critica del suo tempo: il disinteresse per una valutazione autonoma della forma, il rifiuto di un metro di giudizio al di fuori della o. VOSSLER, Il pensiero politico di Mazzini a c. di c. FRANCOVICH, Firenze, La Nuova Italia, 1971, pp. 19-31. G. PIRODDA, op. cit., pp. 71-75. G. MAZZINI, Pensieri - Ai poeti del secolo XIX in Opere a c. di L. SALVATORELLI, II, cit., pp. 191-194. 51

c. CAPPUCCIO, Giuseppe Mazzini, in Critici dell'età romantica: a c. dello stesso, Torino, UTET, 19682, p. 145. 52

I

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MAZZINI NELLA CRITICA

storia, la considerazione unitaria dei fatti morali, giuridici, religiosi, artistici e politici, lo collocano nello storicismo ro• mant1co. Anche per questo risulta vicino al De Sanctis 54 •

53

I vi, pp. 152-154.

Gli scritti letterari di Giuseppe Mazzini ( 1884 ), poi in Saggi critici di letteratura italiana, Firenze, Le Monnier, 1898, p. 203. 54 E.

NENCIONI,

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LA SCOPERTA GENTILIANA DEL LIBERALISMO ETICO DI MAZZINI

Lo Stato risorgimentale liberale, che Gentile oppone allo Stato liberale di Croce, è Stato etico. Hegeliano, per ciò che se n'è sentito dire da Gobetti? Anche hegeliano, certo; ma, non per questo, meno mazziniano, se lo Stato mazz-iniano è lo stesso Stato etico hegeliano inteso con coscienza nazionale (non nazionalistica). È un punto di vista critico, questo, che, negli stessi anni in cui si dibatte la polemica liberale di cui si è fatto cenno, permette ad un socialista come R. Morandi, lettore intelligente di Mazzini, Kant, Hegel, Croce e Gentile 1, di accostare, in un interess~nte discorso sullo Stato etico, Heg~l e Mazzini 2 • Con Hegel, del resto, Mazzini condivide, nella concezione dello Stato, l'ansia antindividualistica,' che meglio si può comprendere quando l'individualismo si intende come difesa oltranzista di quella libertà che non è la > di cui parla Hegel 3 e che è poi la gentiliana > 4 • Teorico, allora, Mazzini, di uno Stato etico come >? Proprio cosl, a patto, si capisce, che l'aggettivo forte, qui usato, non spaventi la coscienza liberale 1

Cfr., ad es.

R.

ROMANO,

Prefazione a

R.

MORANDI,

Storia della

grande industria in Italia, 19663 p. 11. 2 R. MORANDI, L;eticità dello Stato (Hegel e Mazzini), in >, 1924, fase. 8-9, ora in Opere, I, La democrazia del socialismo 1923-1937, Torino, 1961, pp. 24-63. 3 HEGEL, Rechtsphilosophie, Einleitung, § 4. 4 G. GENTILE, La tradizione liberale, in Che cosa è il fascismo, Firenze, 1925, p. 130.

77

ANTIMO NEGRI

più benpensante e più lesta a lanciare l'accusa di statolatria al liberale che parli di >. La forza dello Stato mazziniano, cui qui si accenna, è la sua spiritualità, la forza per la quale veramente lo Stato può porsi come patria e come >:. è forza antindividualistica ed antimaterialistica, che si sprigiona da uno Stato, allora veramente etico, quando esso non nasce come accordo inter homines, lasciando inter homines un legame che è interesse economico (anche il > del Manifesto marxiano) e non comunione morale. È per questo che la concezione idealistica dello Stato, di provenienza hegeliana, come si è visto, può incontrarsi con la concezione spiritualistca dello Stato propria di Mazzini: ed è per questo che Gentile, hegeliano nonostante ogni riforma della dialettica hegeliana, può innestare la sua concezione dello Stato etico sul tronco della tradizione spiritualistica risorgimentale in generale e mazziniana in particolare, come di quella che promuove un'idea dello Stato liberale che, per liberale che sia, non rinuncia a porsi come societas in interiore homine, con le prerogative di uno Stato totalitario (ed anche questo aggettivo può spaventare solo la coscienza liberale benpensante) nel senso che tutte le parti (gli individui, i gruppi, i partiti, le classi) in esso si intendano come parti di un tutto, cioè come parti organiche, destinate a pagare la loro autonomia disorganica con l'inerzia e con la morte. Un Mazzini più hegeliano di quanto non si pensi, se non altro perché concepisce lo Stato con una fisionomia che non lascia dimenticare il Volksgeist herderiano, mai nazionalisticamente stravolto, non estraneo alla stessa coscienza dello Hegel teorico dello Stato etico 5 , è un autore fondamentale nella formazione di Gentile 6 • Ma bisogna pur dire che non Per il rapporto Mazzini-Herder, variamente documentato e documentabile, cfr. G. SANTONASTASO, Giuseppe Mazzini, Napoli, 1971 2, 5



passzm. Cfr. A. CARLINI, Studi gentiliani, ·Firenze, 1958, pp. 105 segg., dove si legge, tra l'altro, che >. Ma non perché mazziniano è rimasto, poi, Gentile, uno spiritualista del tipo di quelli, Mamiani ad es., contro i quali polemizza aspramente. · 6

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GENTILE E MAZZINI

è un autore immediatamente acquisito. Si è già osservato, infatti, come nella tesi di laurea del 1899 Gentile non riesce a riconoscere a Mazzini i caratteri di un uomo politico e di un pensatore per i quali possa inserirsi, con pieno diritto, nella corrente dello spiritualismo risorgimentale di cui gli appaiono come le figure più rappresentative Rosmini e Gioberti 7 • Nella tesi, non si va oltre la generica ammissione che· , 1968. 8 G. GENTILE, Rosmini e Gioberti, Saggio sulla filosofia italiana del Risorgimento, nuova ed. riv., Firenze, 1955, p. 26. Dove, si rinvia a M. TABARRINI, G. Capponi, Firenze, 1879, pp. 208-09. 9 Cfr. A. DEL NOCE, L'idea di Risorgimento come categoria filosofica, cit. 10 Interpretazioni del Risorgimento. Lezioni di storia della storiografia, Prefazione di E. SESTAN, Aggiornamento bibliografico di R. ROMEO, Torino, 1962. 11 G. GENTILE, Albori della nuova Italia, Lanciano, 1923; II ed. riv. e accresciuta, a cura di v. A. BELLEZZA, Firenze 1969, p. 204. 12 F. DE SANCTIS, Storia della letteratura italiana del secolo XIX, III, Mazzini e la Scuola democratica, a cura di A. ASOR ROSA, Milano, 1958, pp. 44-45. 7

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ANTIMO NEGRI

c'è, nella recensione, almeno per chi ha letto nella tesi del vivo e profondo senso religioso attribuito a liberali come Rosmini, Gioberti, Manzoni ecc. 13 , una proposizione molto importante: il > 16 ? È che, nel 1903, permane, evidentemente, in Gentile, un pregiudizio di fondo: che il > di Mazzini 17 possa far finire, proprio come temeva De Sanctis, >, se in essa si rifiuta la formula del panteista P. Leroux, Dieu-Humanité, e vi si sostituisce la formula Dio e l'Umanità, giacché Dieu est Dieu, et l'Umanité est son prophète 20 • Il Dio di Mazzini si approssima, per questo ricondursi del mazzinianesimo ad una delle espressioni più sicure del cattolicesimo liberale, al Dio del Manzoni, ad un Dio che, nonostante ogni sua personalità e trascendenza, sposa la causa dei popoli oppressi. Non si professa cattolico Mazzini? Ma Gentile comincia a credere alla sua profonda ed inequivocabile religiosità leggendo: > 21 • E a Gentile interessa non tanto il cattolicesimo quanto piuttosto la religiosità di Mazzini, come, del resto, gli interessa non tanto il cattolicesimo quanto la > 22 • Con questa nuova immagine di Mazzini, profondamente religioso, come i liberali cattolici, Gentile recensisce il Mazzini di Salvemini ·23 • Nella recensione, ammette Gentile, , caduto come > nell' > del pensiero mazziniano. Questo non costituisce un >, ma certamente è il segno dell'anima di un >, dell' > 25 • È un punto di vista ribadito in un'altra recensione, dell'anno successivo 26 , dove, riconosciuto > ed il carattere di > più che di > delle idee sulla storia di Mazzini, si mette in particolare evidenza >. Siamo sulla via della interpretazione più matura della grande divisa mazziniana Dio e popolo, interpretazione affidata soprattutto al capitolo de I profeti del Risorgimento, uscito in prima edizione nel 1923: . Con questa nozione di libertà, ritiene Gentile, Mazzini si oppone ai > 30 • Questo liberalismo non attinge la comprensione della divisa Dio e popolo, il cui significato è nella , sotto il titolo Profilo del pensiero mazziniano, si può leggere in Albori cit., pp. 263-268. 29 I profeti del Risorgimento cit., p. 172. 30 Ibidem, p. 61. 31 Profilo del pensiero mazziniano cit., in Albori cit., I, p. 265. 28

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ANTIMO NEGRI

perché privo di entusiasmo e di Begeisterung 32 • Sono le > per le quali lo Stato, proprio come teorizza il vecchio liberalismo, non può essere altro che somma di individui, attuando la quale si rispettano anche diritti, ma non si vincono gli egoismi e le lotte fomentate dagli egoismi. Ad esse guarda Mazzini come a quelle che costituiscono l'impedimento fondamentale a che si abbia un popolo fornito di entusiasmo (presenza di Dio), una comunità antindividualistica e, nella misura in cui- è antindividualistica, antimaterialista e spirituale: > 33 • Può leggere, Gentile, in queste righe mazziniane, il suo ideale di Stato, di Stato liberale si badi, come societas in interiore homine, l'uomo strappando alle 35 : un'unità morale, cioè, come Stato etico, superiore ad ogni divisione (nel linUso il termine entusiasmo nel suo significato etimologico (da ev- -8-eot;) e il termine Begeisterung nel senso di invasamento di Dio o dello Spirito (Santo), fornito del quale ricorre, se pur dispregiativamente, nella Vorrede alla Fenomenologia hegeliana. 33 G. MAZZINI, Scritti editi ed inediti, ed. naz. cit. in I profeti del Risorgimento cit., p. 61. 34 I profeti del Risorgimento cit., p. 61. 35 A. MANZONI, Marzo 1821, vv. 31-32. Né si tratta, anche per Manzoni, cantore del liberi non sarem se non sem uni (Proclama dt Rimini), cli un'unità naturalisticamente beata, se essa può essere raggiunta solo per la volontà di Dio e del popolo. 32

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GENTILE E MAZZINI

guaggio attualistico anche: distinzione), tuttavia non un'unità naturalisticamente data, bensl sempre storicamente da realizzare. È, quest'unità, l'anima del liberalismo spiritualistico o etico di Mazzini: tanto più spiritualistico ed etico quanto più lo Stato, come popolo, o come nazione, gli si affaccia nella mente come una realtà organica fuori e contro la quale non c'è posto che per l'individuo inerte del vecchio liberalismo: > può riassumere Gentile - >, sostiene che > 37 • Si riaffaccia l'idea dello Stato forte detestata dal liberalismo individualista e materialista, vigorosamente antistatolatrico. È un'idea anche di Mazzini; Profilo del pensiero mazziniano cit., in Albori cit., I, p. 265. 37 I profeti del Risorgimento cit., p. 48. Per la citazione, dr. MAZZINI, Scritti editi ed inediti, ed. naz., VI, pp. 235-236: Irride cosl, Fiorentino, ai puri principi del liberalismo borghese, che è poi soprattutto liberalismo economico: > (A. c. DE MEIS F. FIORENTINO, I problemi dello Stato moderno, a cura di F. BATTAGLIA, Bologna, 1947, pp. 156-57). 38 Cfr. G. GENTILE, Prefazione a F. FIORENTINO, Lo Stato moderno, Lettere Due, Roma, 1924, ora in Che cosa è il fascismo, cit. 39 Uso l'aggettivo su suggerimento di G. Santonastaso, autore del Giuseppe Mazzini citato, pubblicato in prima edizione (Bari, 1958) col titolo Il neo-liberalismo di G. Mazzini. Ed il neo-liberalismo mazziniano vuole essere una sintesi costruttiva delle istanze del socialismo e del liberalismo tradizionale, scaricati entrambi del loro istinto materialistico e borghese. Scrive, allora, con accortezza G. Santonastaso: > (Giuseppe Mazzini cit., p. 176). Ma il neoliberalismo mazziniano ha la sua più chiara determinazione concettuale in questi termini: > (L'eticità dello Stato cit. in La democrazia del socialismo cit., p. 35). Ma cfr. anche p. 38 e pp. 69-70. 41 G. GENTILE, Il liberalismo di Cavour, in Che cosa è il fascismo cit., pp. 186-87. 42 I profeti del Risorgimento cit., p. 148 e Memorie italiane e problemi della filosofia e della vita, Firenze, 1936, p. 39. La tesi è ribadita nel saggio L'originalità di Garibaldi, in I profeti del Risorgimento cit.,

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ANTIMO NEGRI

che sarà sostenuta, da par suo, da A. Omodeo 43 • Il ruolo del liberalismo etico di Mazzini nella costruzione dell'Italia risorgimentale non poteva essere descritto e valutato con maggiore adesione spirituale da parte di un filosofo che in quella costruzione scorge anche i tratti dello Stato esigito dalla sua generale visione del mondo. È un riconoscimento, quello di Croce a Gentile di aver letto Marx als Philosoph 44 , che si può utilizzare per capire perché p. 213 e in Memorie italiane cit., p. 91: >. 43 A. OMODEO, L'opera politica del Conte di Cavour, I, 1848-1857, Firenze 1941 2, p. 232: >. 44 :8 riconoscimento che si legge già in un articolo del 1902 (Les

études rélatives à la théorie de l'histoire en Italie durant les quinze dernières années, in , ora in Primi Saggi, Bari, 19;1 3, p. 189): > (Materialismo storico ed economia marxista, nuova ed. riv. con un'appendice, Bari, 1951, pp. IX-X) .. Alla gentiliana lettura di Marx rinvia, come a > (cfr. M. ABBATE, La filosofia di B. Croce e la crisi della società italiana, nuova ed., Torino, 1966, p. 48), ancora Croce in un saggio del 1947, L'ortodossia hegeliana di M,rx, ora in Filosofia e storiografia, Bari, 1949, p. 269, n. (Cfr. il mio La concezione metapolitica della storia di B. Croce, in « Giorn. crit. d ..fil. it. », 1966, IV, pp. ,11).

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GENTILE E MAZZINI

Gentile non ha imparato da Marx ciò che ha imparato Croce, che l'ha studiato come economista e che, così studiandolo, ne recepisce, da buon liberale individualista (materialista, nel senso mazziniano del termine), l'indicazione più aspramente antidialettica della sua filosofia. Ed invero che cosa Croce impara da Marx? Lo dichiara lo stesso filosofo senza mezzi termini: > 45 • Bruciato il moralismo, Croce, alla scuola di Marx, può anche assumere l'economico come ''distinto'' ed annettergli tutta l'importanza che gli annette nella vita dello spirito, fino al punto non solo di autonomizzarlo come momento premorale o amorale, ma anche di fargli guadagnare, specialmente nell'ultima fase della sua riflessione, i tratti della > 46 , quindi di momento intrascendibile in quello etico. Come meravigliarsi, allora, di un >? 47 • Con questa visione realistica, 4s B. CROCE,

Contributo alla critica di me stesso, in Etica e politica, Bari, 19.564 , p. 395. Le parentisi sono mie. 46 B. CROCE, Del nesso tra la Vitalità e la Dialettica (Risposta a un quesito proposto), in Indagini su Hegel e schiarimenti filosofici, Bari, 1.952, p. 35. La bibliografia su questo tema è, ormai, immensa; e, per essa, mi limito a rinviare alla diligentissima rassegna di v. STELLA (Interpretazioni sull'utile e sul vitale nel pensiero crociano ( 1950-61 ), in « Giornale di Metafisica>>, 1962, 1-2, pp. 29-71, ora in Il giudizio su Croce. Momenti per una storia delle interpretazioni, Pescara, 1971, pp. 3-93 ). 47 Cfr. M. P. SCIACCA, Croce come Marx, in >, 1946, I, ora in Dallo spiritualismo critico allo spiritualismo cristiano, Milano, 1965, I, pp. 295-313. L'> tra Croce e Marx o tra la concezione liberale-crociana e materialistico-marxiana dell'uomo si può sostenere, certo, come vuole Sciacca, sul fatto che, per l'una come per l'altra, l'individuo >, sl che , classicamente liberale, dell'individuale non poteva essere più drastica; ed è una difesa che continua, contro la distrazione e l'illusione di un filosofo amico-nemico ormai morto, di Gentile che non è riuscito mai a bruciare l' > al fuoco della lezione di Marx, ha creduto fino in fondo alla trascendibilità dell'economico nell'etico, al superamento del particolare nell'universale, alla spiritualizzazione, in senso hegeliano-mazziniano, dell'individuo nello Stato. Il passaggio dalla teorizzazione dell'economico come > a quella dell'economico come > irriducibile, testimonia, se mai, l'irrobustirsi, in Croce, dell'antico convincimento paleoliberale, temprato al fuoco della lezione di Marx, di un convincimento che, ormai alla fine degli anni quaranta, in ore di entusiastico ralismo crociano, in questo veramente ottantanovesco e smithiano, di porsi come liberalismo etico, liberalismo rivoluzionario (la > di Gobetti!) o liberalismo di sinistra. Cfr. il mio La sinistra crociana. Ma quale?, in , a V, nn. 2-3, marzo-giugno 1971, pp. 211-226. 48 B. CROCE, Del nesso tra la vitalità e la dialettica cit., in Indagini su Hegel cit., p. 35.

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GENTILE E MAZZINI

recupero della libertà cara al vecchio liberalismo, è ancor quello che non si è lasciato, nonostante ogni obiezione in proposito 49 , distrarre o attrarre dall'illusione che, nello Stato fascista come presunto Stato etico ed Italia risorgimentale giunta alla pienezza dei tempi, la vitalità fosse stata domata e regolata dalla morale. La necessità di domare e regolare moralmente la vitalità, di sciogliere l'economico dalla chiusura dogmatica nel ''distinto'' come falsa categoria o categoria sostanzializzata, resta, intanto, il grande obiettivo di Gentile che ha letto, sì, Marx, ma l'ha letto als Philosoph. È un'osservazione, questa, di enorme importanza, che bisognava fare e che bisogna continuare a fare, perché si finisca, una buona volta per sempre, di scorgere, nella gentiliana teorizzazione dello Stato liberale come Stato etico, unicamente la dottrina ideologica del fascismo, contro la quale, proprio perché fin dalle sue prime formulazioni teoriche sarebbe tale, si apre il duro contraddittorio di Croce 50 • In realtà, la teorizzazione gentiJiana è, anzi Sono le obiezioni per le quali il liberale Croce appare un fascista malgré lui. Cfr. 1... GIUSSO, Il fascismo e B. Croce, in , voi. Ili, ottobre 1924, pp. 634-636, su cui cfr. E. GARIN, Cronache di filosofia italiana, 1900-1943. Quindici anni dopo, 1945-1960, Bari, 1966, Il. p. 280; ma, soprattutto, dello stesso GENTILE, Il liberalismo di B. Croce, in Che cosa è il fascismo, cit., p. 159. Dice anche, paradossalmente, Gentile: >, XXI, 1923, pp. 126--128, poi in Cultura e vita morale2 , Bari, 1926, pp. 244--248). La ''postilla'' Liberalismo, a cui si è maggiormente rivolta l'attenzione di alcuni critici, è di due anni più tardi (in >, XXIII, 1925, pp. 125-128, poi in Cultura e vita morale cit., pp. 285·289). Nella ''postilla'' del '23 Croce prendeva occasione dai primi goffi tentativi dei gentiliani di giustificare mediante la filosofia idealistica il nuovo corso della politica che aveva condotto al fascismo>>. Ma è pur vero che erano « tentativi>>, specialmente quelli direttamente gentiliani, di una teorizzazione dello Stato etico, autenticamente risorgimentale, che certamente non era lo Stato liberale dell'epoca che aveva attinto, ormai, da Depretis a Giolitti, il massimo della disorganicità (anche dal punto di vista sociale), quella che spiega il cedimento al fascismo, quale che possa essere il giudizio su di questo. La· letteratura sulla > e l' > del fascismo si trova di fronte a questo fatto difficilmente contestabile; e già A. Tasca, nel 1938, con riferimento alla crisi dello Stato liberale, può scrivere: > - è il celebre inizio del Mani/ esto del Partito Comunista del 1848. In questi anni Mazzini è già lontano dall'esperienza del rapporto tattico istituito con Filippo Buonarroti. Puntualizza A. Saitta: come filosofia e > nel senso che sarà di Marx di lì a pochi anni. È da questo culto, e cioè dalla formazione di una coscienza di classe, che Mazzini dissuade gli operai, ne I doveri dell'uomo, in nome della necessità dell'assoggettamento del fatto economico al fatto mo-rale, in un tempo in cui è sul tappeto, via via sempre più scottante, la farà valere, più tardi, Mazzini, anche contro il comunismo più evoluto, come socialismo scientifico. Cfr. soprattutto gli articoli raccolti negli Scritti editi ed inediti, voi. XXV; Pol., XIV, nella cui premessa Al lettore (di A. Saffi) si legge che in essi c'è la >. 56

Doveri dell'uomo, in Scritti editi ed inediti cit., vol. LXIX; Pol., XXV, p. 5. 57 G. MAZZINI,

58

Ibidem, p. 12.

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ANTIMO NEGRI

palingenesi democratica e della virtù piccolo-borghese >> 59 ; ma l'immoralità dei mazziniani Doveri dell'uomo consiste, poi, più propriamente, in quell'attesa moralistica, che vi si esprime, che l'uomo, nell'> del lavoro, possa rinunziare al suo peculiare > e all'acquisto e all'uso di una coscienza di classe rivoluzionaria. Anche qui, c'è una distraente illusone eticistica: l'illusione in cui cade Gentile, che in questo anche rivela una profonda affinità spirituale con Mazzini; l'illusione in cui non cade il liberale Croce che ha letto Marx come economista; l'illusione che a Mazzini rimproverano aspramente Marx ed Engels, ben consapevoli che la predicazione politico-religiosa di Mazzini, rivolta ad uomini legati alla parte e alla classe perché ne evadano in vista di una comunità umana che li affratelli tutti, è destinata a fallire, non potendo incenerirsi al fuoco di essa la coscienza di classe come espressione di un individualismo materialistico più consapevole e più maturo, esteso dall'individuo alla classe sociale. La concezione dello Stato etico di Mazzini, o da Gentile assegnata a Mazzini, non si spiega senza questa illusione. Resta, ad ogni modo, che in essa è preminente la presunzione della possibilità di sottomettere il fatto economico al fatto morale, di trascendere l'economico nell'etico, di domare e di regolare, per dirla proprio con Croce, moralmente il vitale soprattutto come interesse di classe. Non può essere diversamente, se lo Stato etico è, come si avvertiva, soprattutto uno Stato organico. Ed è partendo dall'eticità come organicità dello Stato che Gentile, fin dal 1918, può vedere in esso scomparire ogni La rivoluzione liberale cit., p. 148. Ciò che, più propriamente, si rimprovera alla propaganda antisocialista di Mazzini è il fatto che essa è rivolta a far perdere all'uomo di classe la 59 P.

GOBETTI,

coscienza di uomo di classe. È ciò che rimproverano a Mazzini anche Marx, ed Engels. Riassumendo un momento preciso di una sua notevole ricerca (Il materialismo storico in F. Engels, 1912), R. Mondolfo scrive che, in quel libro, > (Primum intelligere, in >, I, n. 29, 23 ottobre 1926, ora in Umanismo di Marx. Studi filosofici 1908-1966, Introd. di N. BOBBIO, Torino, 1968, p. 27.5).

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forma di individualismo come espressione degli « interessi materiali >> 60 di classi contrapposte: >, quello secondo cui > 61 • Un organismo è lo Stato etico e, allora, in esso, non c'è, non deve esserci (il dialettismo moralistico!) posto per gli interessi contrapposti: 62 • È in atto già una teoria corporativistica dello Stato etico? Si può rispondere, certo, positivamente; ma ciò che importa è che Gentile non esita ad affidare il merito di un certo precorrimento di essa a Mazzini, se ritiene che in quanto scrive Mazzini di Interessi e principi , di cui Mazzini predica l'assoggettamento al « fatto morale». Mazzini crede che l'economico, anche cosl inteso, possa essere domato e regolato dall'etico. La sua è una credenza antiborghese e la farà sua G. Gentile. 61 G. GENTILE, Stato e categorie (24 dic. 1918), in Dopo la vittoria. Nuovi frammenti politici, Roma, 1920, p. 96. 62 Ibidem, p. 97. 63 I profeti del Risorgimento cit., p. 142, n. 1. 60

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ANTIMO NEGRI

con l'altra classe sociale? La domanda costituisce un problema molto importante per chi voglia entrare nell'interpretazione gentiliana del Risorgimento come tempo storico e come categoria spirituale per eccellenza mazziniano. Ed è altresi domanda provocata dalla stessa riflessione e dalla stessa azione eticopolitica di Mazzini, in un momento in cui estende la sua polemica dal vecchio liberalismo al comunismo. La teoria eticocorporativistica dello Stato, nella sua istanza più profonda e nella sua mira più ideologica, intende eliminare il risultato più violento del conflitto degli >: la lotta di classe. Questa lotta, si sa, è l'obiettivo fondamentale della riflessione e dell'azione rivoluzionaria di Marx ed Engels che in vista di essa preparano la coscienza di classe. Nella preparazione di questa coscienza si impegna Marx e, in un momento eccezionale di essa, si scontra con Mazzini 64 , che scorge in lui un > 65 • Anche la letteratura su questo rapporto si va, via via, sempre più arricchendo. orientative di essa possono considerarsi: R. MONDOLFO, Mazzini e Marx, in Sulle orme di Marx, Bologna, 1923 e L. SALVATORELLI, Mazzini e Marx, in >, n. unico col titolo Mazzini, Roma, 1949. È un significativo giudizio di Marx su Mazzini riportato da F. Mehring il seguente: > (Vita di Marx, trad. it. di M. A. MANACORDA e F. CODINO, Roma, 1940, p. 240). 11 dissidio tra Marx e Mazzini è cosl riassunto da G. D. H. COLE: > 69 • La lettera è del novembre 1864: la I Internazionale (fondata a Londra

me-

Cfr. MARX-ENGELS, Sul Risorgimento italiano, trad. it., Roma, 1959. 67 Lettera di Marx ad Engels del 3 marzo 1852, in Carteggio Marx-Engels, II, 1852-1856, trad. it. di M. A. MANACORDA, Roma, 1950, p. 44. 68 Lettera di Marx ad Engels del 3 marzo 1852, in Carteggio Marx-Engels cit., voi. Il, cit., p. 39. 69 Lettera di Engels a Marx del 7 novembre 1864, in Carteggio Marx-Engels cit., voi. IV, 1861-1866, trad. it. di s. ROMAGNOLI, Roma, 1951, p. 50. 66

99

ANTIMO NEGRI

il 28 settembre 1864) è già un fatto compiuto 70 ; un fatto compiuto è la proclamazione del regno d'Italia ( 18 febbraio 17 marzo 1861 ), anche se restano sul tappeto innumerevoli problemi, non solo di ordine politico, ma anche e soprattutto di ordine sociale ed economico. Nel giro di nemmeno un decennio, intanto, nuovi grandi eventi, politici e sociali, italiani ed europei: ad esempio, Roma capitale d'Italia ( 1870) e la Comune di Parigi ( 1871 ); e sono eventi che non danno ragione a Mazzini. La Comune di Parigi, per ciò che essa segna o sembra segnare un momento eroico, entusiasmante anche se sfortunato, del materialismo da lui detestato 71 , dà ragione Conviene, in proposito, ricordare due giudizi, l'uno di G. Mayer, biografo di Engels, e l'altro di B. Nikolaievskii e O. Maenchen-Helfen, biografi di Marx. > - scrive il primo « si erano alienati le simpatie degli emigrati tedeschi e degli altri paesi per le loro opinioni sulla preponderanza dei fattori economici, rispetto alla volontà umana: concetto che aveva offeso profondamente Mazzini, l'apostolo dell'azione, convinto che Repubblica e Nazione dovessero procedere tenendosi per mano: mistico fino all'eccesso, Mazzini aspettava la salvezza dal ''gesto di Dio'', e si demoralizzava solo a sentir negare l'ordine esistente >> (F. Engels. La vita e l'opera, trad. it., di A. CAGNACCI, Torino, 1969, pp. 134-5); «Mazzini>> - scrivono gli altri due , in cui dell'Italia, ma non le daranno l'entusiasmo, la Begeisterung, che solo avrebbero potuto farne uno Stato etico. Il nostro paese resta una >, > 74 • E si tratta di una religione, con tutta la sua carica mistificante, al cui fascino non ci si può sottrarre, finché l'idea mazziniana Lettera a G. Ferretti del 29 agosto 1871, in Scritti editi ed inediti, cit., vol. XVIII; Pol., XVI, p. 238. 72 G. MAZZINI,

73

Ibidem.

74 G.

GENTILE,

L'epilogo (11 nov. 1918), in Dopo la vittoria cit.,

p. 26 e p. 29.

101

ANTIMO NEGRI

di nazione è sollevata in alto unicamente come idea di un paese solo territorialmente unito attraverso l'inenarrabile sacrificio di popolo che porta a Vittorio Veneto, come ultimo anello di una catena spirituale che troverebbe in Mazzini, l'>, il più energico animatore: 76 ; ma non riesce a nascondere, nello stesso momento che· è combattuta e dopo che è stata combattuta, q_uella >, quanto perché resta uno Stato liberale in cui l'individualismo materialistico non è vinto, non essendosi l'economico sublimato in etico, il particolare sollevato all'universale, l'individuo risolto nello Stato. Le grandi questioni sociali sono rimaste intatte e si ripresentano con tutta la loro incal-zante urgenza; e possono risolversi unicamente rinunciando al moralismo mazziniano, bruciandolo, come Croce, al fuoco della lezione di Marx. L'Italia risorgimentale come Stato etico, la cui immagine Gentile senza Marx riceve da Mazzini contro Marx, non è affatto l'Italia di Vittorio Veneto: essa resta un problema, ma un problema che non può risolversi con il nobile antimarxismo di Mazzini, appoggiato alla moralistica attesa del naturale assoggettamento dell'economico all'etico. E pure è il problema che Gentile, legato alla sua idea di liberalismo Che cosa è il fascismo (Conferenza tenuta a Firenze, nel Salone dei Cinquecento, 1'8 marzo 1925), in Che cosa è il fa· scisma cit., p. 23. 16 Ibidem. 75 G. G!:NTILE,

102

GENTILE E MAZZINI

risorgimentale e mazziniano, ritiene risolubile, o avviato a soluzione, attraverso quella singolare forma di mazzinianesimo aggiornato, intravisto nel fascismo. Si è già toccato di un motivo assai importante de I profeti del Risorgimento: quello relativo all'anticipazione mazziniana dello Stato etico come Stato corporativo. È un motivo, si è anche accennato, svolto con coscienza antipaleoliberale ed anticomunista, con in mente l'idea, fondamentalmente mazziniana, della > dell'etico sull'economico, del pubblico sul privato, dello Stato sull'individuo. È l'idea centrale del neoliberalismo di Mazzini che sembra condividere con Marx la polemica contro il borghesismo individualista ed utilitarista 77 , ma poi si oppone a Marx nel momento stesso in cui denuncia la sopravvivenza di siffatto borghesismo nella lotta di classe chiamata a risolvere in concreto le questioni sociali che la religione mazziniana trascura o, per lo meno, rinvia. L'atteggiamento di Gentile contro il liberalismo individualista ed utilitarista, che riesce teoricamente rinvigorito dalla filosofia crociana, per agganciarsi che possa allo spirito della Destra storica, è, soprattutto, fortemente condizionato all'assunzione in proprio dell'estensione della polemica mazziniana contro il borghesismo classistico: ed è allora che diventa, per espresso,. anche atteggiamento antimarxista. Fascista, anche, nella misura in cui è mazzinianamente anticlassista, antimaterialista ed antiutilitarista. Si deve prendere atto di questo peculiare fascismo gentiliano, nel quale agisce, continua ad agire, non c'è dubbio, lo spirito di quel liberalismo risorgimentale, tanto più mazziniano quanto più è, contemporaneamente, anticrociano ed antimarxista. Conta, ad un certo punto, che sia soprattutto antimarxista, nel senso in cui è eticamente, cioè non individualisticamente, liberale il mazzinianesimo. > - scrive Gentile nel 1925 - > 80 • Sono frasi che si sono già ascoltate 81 e che si sentiranno ripetere altre volte, più o meno invitanti a sacrificare gli interessi ai principi, gli > agli ideali etici, contro le ideologie più diverse, ma ugualmente infette del materialismo còmbattuto da Mazzini; e, in proposito, è esemplificativa questa incursione critica contro il partito popolare del 1925: ; mazziniano è, soprattutto, l'affermazione dell'ideale dell' > e del > fino alla morte; ed è un lessico con il quale si costruisce un discorso coerente con lo spirito di una filosofia alla quale si è rimproverato, molte volte, il misconoscimento, se non la soppressione dell'alterità individuale: e va da sé che una tale alterità costituiscono anche gli > e le >, che, secondo Gentile, hanno una loro ragion d'essere, perdono in altri termini il loro tratto materialistico e si spiritualizzano, solo all'interno di unità organica ed articolata, cioè in una comunità etica. Il misconoscimento, se non la soppressione, dell'alterità individuale, sarebbe, intanto, la cifra ideologica invano nascosta del discorso filosofico gentiliano, mazziniano e fascista. Forse è, anzi, la cifra neppure invano nascosta di quel discorso prima che questo storicamente, si faccia ideologicamente fascista. Non per altro, si tratta, come si è visto, della cifra della polemica, sempre mazziniana, contro il borghesismo individualista, materialista ed utilitarista, spontaneamente tradotta in una filosofia che, per il suo stesso impianto dialettico, non può concedere spazio all'individualità fine a se stessa 83 • Non che, per questo imDiscorso inaugurale dell'Istituto Nazionale di Cultura, letto in Campidoglio il 19 dicembre 1925, in Fascismo e Cultura, Milano, 1928, pp. 52-53. 82 G.

GENTILE,

Richiamerei, in proposito, l'attenzione sul seguente passo de La filosofia della guerra (Palermo, 1914), che opportunamente F. de Aloysio (Storia e dialogo, Bologna, 1962, p. 66) ha fatto intervenire in un suo scritto sul « pensiero politico di G. Gentile del periodo prefascista »: 84 ; ed il materialismo, visto soprattutto come immediatezza dell'individuale, come autonomia naturalistica del particolare comunque camuffato, è l'obiettivo polemico, prima che di una fede politica, di una concezione della vita che si è detta dinamicamente immanentistica e resta tale nella misura in cui, per essa, l'essere ed il dover essere non si agganciano l'uno all'altro in una unità originaria che renda superflua la fatica della sua conquista. Inoltre, il materialismo è anche l'obiettivo polemico di Mazzini, apostolo del Risorgimento che non si è compiuto e che non può compiersi finché il popolo italiano rimane avvinto agli > e >: > 85 • Dove, Gentile ha per lo meno torto di ritenere che Mazzini >; ed ha torto perché la battaglia mazziniana fallisce proprio là dove tende ad impegnarsi per > 86 • È vero, infatti, che l'Italia uscita dal Risorgimento, finisca questo con la breccia di Porta Pia o con la battaglia di Vittorio Veneto, non è l'Italia di Mazzini; e non lo è perché l'italiano del Risorgimento non è stato quello di cui parla Gentile: della > cui moralisticamente, cioè senza il realismo di Marx, Mazzini vuole opporre la giovine Italia; cui moralisticamente, cioè senza il realismo di Croce, Gentile vuole opporre l'Italia fascista come Italia risorgimentale. Scrive Gentile: > 89 • Si descrive, qui l' > di desanctisiana memoria 90 , l' > sopravvissuto a tutte 87 G.

GENTILE,

Risorgimento e fascismo cit., in Memorie italiane

ci t., p. 119. 88 Ibidem, p. 119.

Che cosa è il fascismo cit., in Che cosa è il fascismo cit., p. 24. 90 È l'uomo che scrive De Sanctis > 91 • Non altrimenti, Gentile è indotto dallo stesso impianto dialettico della sua filosofia a scartare qualsiasi irrelazione del particolare rispetto all'universale che viceversa vi respirerebbe dentro 92 , soprattutto, a respingere l'assoluta estraneazione del volere economico rispetto al volere morale: > 93 • Naturalmente, se fosse vero ciò che prevede la dialettica gentiliana, l'individualismo materialistico, anche a livello classistico, sarebbe immediatamente sconfitto, giacché, allora, la volontà dell'individuo o della classe, per economica che fosse, sarebbe etica, cioè universale. Ad essere sbugiardate sarebbero le ragioni del liberalismo crociano, cui di fatto si oppone l'identificazione gentiliana di volizione dell'individuale contrapponendolo al buono, cioè alla buona volontà, manifestantesi nella volizione dell'universale: > 94 • Il criterio della contraddittorietà fondamentale di un volere assolutamente economico come volere particolare è, si capisce, criterio dialettico; e non tanto esso, si diceva, misconosce o sopprime l'individuale o l'economico, quanto piuttosto aspira a redimerlo ad un piano sul quale non può più profilarsi come il vitale messo al centro della concezione liberale della vita di Croce. È altresl il criterio che sostiene la stessa concezione dello Stato etico; e lo puntualizza Gentile alla fine di una riflessione che non si coglie mai in contraddizione con se stes•

Che cosa è il fascismo cit., in Che cosa è il fascismo cit., p. 26. 92 Cfr. il luogo cit. alla nota 141. 93 G. GENTILE, Economia ed etica (Comunicazione tenuta all'Istituto Naz. fascista di Cultura in Roma, il 19 aprile 1934) in >, maggio 1934, ora in Memorie italiane cit., p. 278. 94 Ibidem, pp. 274-275. 91 G.

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GENTILE,

GENTILE E MAZZINI

sa: 96 • Illustra cosl, lo stesso Gentile, la >: dell'uomo; ed il > vale anche la disponibilità, terribilmente cristiana, ad 99 • Ed infondata è anche la pagina in cui si afferma che il > 100 , giacché è vero che lo > non si è realizzato in Italia né con il Risorgimento né con il fascismo; e non si è realizzato perché né con il Risorgimento né con il fascismo l'individualismo materialista ed utilitarista, borghese e classistico, è stato mai veramente superato.

98 G GENTILE,

Che cosa è il fascismo, cit., in Che cosa è il fascismo,

cit., p. 15. 99 I vi, p. 28. 100 G.

p. 120.

112

GENTILE,

Risorgimento e fascismo, in Memorie italiane, cit.,

CROCE E MAZZINI

Il giudizio crociano su Mazzini ha le sue radici in De Sanctis 1• In Francesco De Sanctis e i suoi critici recenti, memoria letta all'Accademia pontaniana il 3 aprile 1898 2, Croce, in polemica con Bertana, accoglieva la valutazione desanctisiana di Mazzini secondo le forme che questa aveva assunto nelle lezioni sulla Letteratura italiana del secolo XIX3 • 11 Bertana accompagna con punti ammirativi tutte le parti del giudizio del De Sanctis sul Mazzini: - che non fu un riformatore religioso, mancandogli l'interna religiosità; che, come filosofo, non fece nulla di serio; - che non fu un vero ingegno politico; e che ebbe una cultura estesa ma superficiale. lo domando al Bertana se i punti ammirativi [ ... ] possano tenere il luogo delle ragioni ch'egli non produce. E volentieri sarò disposto per mia parte a schierarmi con lui contro il De Sanctis: 1) se egli mi dimostrerà che il Dio del Mazzini [ ... ] rispondeva a una creazione di schietto Tra gli altri, lo ha ricordato di recente, con una particolarmente limpida istituzione del rapporto, R. FRANCHINI, Mazzini nel pensiero di De Sanctis, Croce e Omodeo, in La logica della filosofia, Giannini, Napoli 1967, pp. 126-43, ma, per De Sanctis, particolarmente pp. 127-35. Per il rapporto Mazzini-De Sanctis dr. l'Introduzione di c. MUSCETTA 1

Mazzini e la scuola democratica, Einaudi, Torino (Opere di Francesco De Sanctis, Xli) 1951, soprattutto pp. XV-XXVII e XXI-XLII, e la bibliografia ivi citata in nota. 2 Ripubblicata in B. CROCE, Una famiglia di patrioti ed altri saggi storici e critici, Laterza, Bari 1919, pp. 189-236. 3 La prima edizione, parziale, in volume, di queste lezioni, sul e G. CANDELORO a F. DE SANCTIS,

testo raccolto da Francesco Torraca, si deve proprio al Croce:

F. DE

La letteratura italiana nel secolo XIX. Scuola liberale Scuola democratica, Morano, Napoli 1897, con prefazione e note di SANCTIS,

B. Croce. Anche la prefazione è stata ristampata, in parte, nel citato volume Una famiglia di patrioti.

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VITTORIO STELLA

sentimento religioso ed era qualcosa di più di una frase (cfr. il noiosissimo Dieu di Vietar Hugo! ); 2) se mi dirà quali sono le scoverte filosofiche del Mazzini, quelle scoverte che i filosofi di professione ignorano e per le quali non avrà mai posto in nessuna storia della filosofia; 3) se mi spiegherà come mai il Mazzini, ingegno pratico e politico, fallisce in tutti i suoi tentativi, riuscendo ad essere solo indirettamente un grande fattore del movimento nazionale, tanto che la stessa sua idea dell'unità si realizzò per vie e in modi assai diversi da quelli . da lui vagheggiati. In quanto poi alla profondità della sua coltura, vorrei pur dare dell'esagerato al De Sanctis; ma non posso in questo momento, perché esco fresco fresco da uno studio fatto per mia istruzione della sua polemica contro l'Internazionale dei lavoratori, nella quale si mostra assolutamente privo di concetti economici, che sostituisce con vaghe frasi; il che per la coltura di uomo politico vuol dir molto! E come non era un forte economista, cosi non era un forte giurista, né un forte letterato, né un forte sociologo, né specialista in nessuna cosa. Era una di quelle personalità che, per apprezzarle bisogna guardare nel loro complesso, e nel loro significato storico, come appunto fece il De Sanctis 4 .

. Nella rappresentazione che ne fa Croce, molto rapida, come richiedevano l'occasione e l'economia dello scritto, il giudizio già severo di De Sanctis risulta alquanto inasprito. In realtà la posizione del critico irpino è più sfumata e non priva di oscillazioni e di alternative nella sua articolazione, più complessa di quanto non trasparisca dalle parole crociane. Mazzini > 7 ; >, eppure nei suoi scritti > 9 ; >, ma seppe inculcare > 10 ; > 11 ; > 12 , cosicché intorno all'esigenza della Costituente > 15 ; > 16 ; > 17 • Onde De Sanctis, animato egli stesso dalla passione della nazione risorgente, può ben concludere con un riconoscimento dell'efficacia dell'azione promossa in vario modo, con gli scritti, con la viva parola e con i molteplici interventi operativi, dalla personalità di Mazzini: l'azione mazziniana 19 • Non sono le osservazioni relative alla >, allo >, alla > (che inducono Croce a qualificare la prosa di Mazzini, a paragone di quella manzoniana, > 23 • L'osservazione, appena incidentale, ha notevole importanza, in quanto da essa traspare come Croce abbia preso assai presto le distanze dalla storiografia che fa del mondo economico la fonte primaria di ogni attività umana e, perciò, lo svolgimento essenziale da ricostruire. Si è già distaccato, cioè, dalla storiografia eh~ affondava le radici in quel materialismo storico da lui intensamente studiato negli ultimi anni dell'Ottocento e considerato proprio, benché con una precisa intenzione limitativa del valore semantico dell'espressione scelta per definirlo, come '' canone d'interpretazione ,, . Perché Croce ritiene ora Mazzini più ''moderno'' di Filip~o Buonarroti? Evidentemente perché pensa che il romantico afflato pedagogico-civile di Mazzini avesse acquisito, nel Sandron, Palermo 1902, I, Laterza, Bari 19151, p. 291. Le ragioni del tra Mazzini e Buonarroti sono acutamente riassunte da w. MATURI, Partiti politici e correnti di pensiero nel Risorgimento, ora in [ AA.vv.J, Nuove questioni di Storia del Risorgimento e dell'Unità d'Italia, Marzorati, Milano 1969, pp. 89-91. Le trattazioni più ampie e più ricche cli particolari a proposito di questo rapporto, essenziale per la giovinezza cli Mazzini e per gli sviluppi successivi, in A. GALANTE GARRONE, Filippo Buonarroti e i rivoluzionari dell'Ottocento (1828-1837), Einaudi, Torino 1951 1, cap. VI Buonarroti e Mazzini, specialmente pp. 323-45, 352-54, 358-85; e in A. SAITTA, Filippo Buonarroti. Contributi alla storia della sua vita e del suo pensiero, Edizioni cli Storia e cli Letteratura, Roma, 1950, voi. I, pp. 197-257. 23 B. CROCE, Conversazioni critiche, I, cit., p. 291. 22 G. ROMANO CATANIA, Filippo Buonarroti, citato da B. CROCE, in Conversazioni critiche,

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tempo, una più penetrante forza d'incitamento e di persuasione a paragone delle idee direttive dei rivoluzionari su cui restava impressa l'orma giacobina; e che perciò il mazzinianesimo comunicasse alle coscienze contenuti più ricchi degli schemi d'azione della carboneria buonarrotiana e finisse cosi, nonostante gli immediati insuccessi, per incidere sulla realtà in modo più efficace e più nuovo. Del resto, il primato che il Croce del 1902 attribuisce allo ''spiritualismo'' mazziniano sul radicalismo giacobino delle altre sette si spiega con la considerazione che, se nell'insieme dei problemi del pensiero giovanile crociano la componente marxistica era stata decisiva per il consolidamento del realismo politico ( destinato a restare carattere qualificante della sua storiografia perlomeno fino agli anni della prima guerra mondiale), questo forte senso della positività della prassi era tuttavia attecchito sul terreno ''romantico'' dei primi anni della formazione erudita (letteraria e storica), ossia del tempo in cui, nutrendosi di una rigogliosa conoscenza del mondo napoletano popolare e colto, il futuro filosofo s'era imbevuto di quegli umori e su di essi aveva in parte plasmato la sua sensibilità 24 • Non si direbbe, pertanto, che sottolineare la funzione di Mazzini al confronto con quella di Buonarroti fosse, già allora ( 1902-03 ), il segno di un incipiente abbandono o trascendimento, da parte di Croce, dell'orizzonte realisticopolitico, ma piuttosto che nella recensione al Romano Catania intervenisse l'elemento romantico-popolare dei Lehriahre crociani a generare l'ammirazione per il fervore della volontà e dei sentimenti di Mazzini tanto a motivo della loro etica generosità quanto, specìficamente, ormai anche in dimensione politica. Croce, infatti, pur consapevole che >, avverte che il profetismo mazziniano rendeva immanenti i contenuti evocati dal suo vaticinio alle coscienze cui si rivolgeva e cosi, in certa misura, La migliore indagine sul Croce giovane e particolarmente sui temi qui accennati resta quella di M. CORSI, Le origini del pensiero di Benedetto Croce, La Nuova Italia, Firenze 1951 ora in seconda edizione, Giannini, Napoli 1974. Ampiamente espositivo ed informatissimo, · ma non sempre altrettanto equilibrato, E. AGAZZI nel suo Il giovane Croce, Einaudi, Torino' 1962. 24

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CROCE E MAZZINI

li rendeva possibili, apriva la strada alla loro attuazione. L'apparente impoliticità o metapoliticità mazziniana si trasformava nell'interno momento preparatorio di una operosità politica. L'indirizzo antideterministico e antipositivistico del pensiero crociano già all'inizio del secolo, non lo allontana pertanto dall'apprezzamento della politica come concreta azione, ma gli fa avvertire, in essa, l'iniziativa, la manifestazione di una forza spirituale rinnovatrice che contribuisce a generare l'efficacia realistica dell'azione. In questi termini Mazzini viene anteposto al giacobinismo carbonaro, ritenuto, a torto o a ragione, ormai ritardatario rispetto ai movimenti politici delle nazionalità e degli stati, quali si venivano producendo nell'età della Restaurazione quando la incidenza modificatrice o addirittura sovversiva dei moti di libertà e d'indipendenza, era provocata da concezioni e da intenzioni etico-religiose prima e più che da chiari disegni • • econom1c1. Alcuni anni dopo, Croce ha disegnato l'intera Filosofia dello spirito, per quanto non l'abbia del tutto rifinita e rimeditata. Filosofia e storia sono state identificate e - se storia è tutta la realtà, e di tale realtà le res gestae, la sfera pratica, sono parte essenziale e costitutiva - l' historia rerum è filosofia, atto onde le immagini e i pensieri, i sentimenti e le azioni vengono ascritti ai loro rispettivi predicati categoriali che, nella dimensione della vita civile e sociale, saranno proprio le forme dell'attività pratica. Alcune formulazioni di giudizio che pongono l'opera cl Mazzini in rapporto di discordia concors con quella di Cavour sono contemporanee al periodo più intensament ''sistematico'' di Croce. Cosi, se nel saggio del 1907 Intorno alla critica

della letteratura contemporanea e alla poesia di Giovanni Pascoli è un accenno divertito e ironico a quant preferirebbero il po ria nei che ancora pervadeva il nostro « spirito pubblico rispetto alla pratica e alla politica >> è quella vengono qui indicati come ragioni di questa ideale concordia. Forse oggi, la tesi della mediazione dialettica tra il liberalismo costituzionale di Cavour e il solidarismo democratico di Mazzini può sembrare uno stereotipo obbediente ai criteri, non immuni da un certo ottimismo provvidenzialistico, di una storiografia ancora hegelianamente fondata sulla premi· nente missione degli individui cosmici e tale da far consi· stere le proprie giustificazioni teoretiche nella convinzione che l'Aufhebung e la Ueberwindung siano sempre stimolate dagli ostacoli e comunque - di là da questi o per loro mezzo esse necessariamente si realizzino senza andare disgiunte. Una simile convinzione metodologica, senza dubbio, si trova in Croce con piena consapevolezza, sebbene più tardi il filosofo abbia fatto posto, tematizzando il ''vitale'', a cospicui tentativi differenziatori dal concetto di progresso come svolgimento dialettico teologicamente garantito. Ma in ,Itri teorici, persino del tutto ignari dei fondamenti teoretici hegeliani da cui l'assunto del ''superamento'' muove, l'ipotesi della discordia concorde si abbassò di fatto alla gracile ripetitività del luogo comune, spesso senza approfondire gli specifici termini - l'anticlericalismo, per l'appunto, lo stato laico - che Croce aveva indicato come tali da rendere pos,ibile la convergenza tra il liberalismo e la democrazia. Ciò \\on vieta che l'interpretazione originata da tale presupposta \\ialetticità fosse destinata ad ampi e fruttuosi svolgimenti 26 B.

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CROCE,

ibidem, p. 194.

CROCE E MAZZINI

da parte della storiografia successiva, tanto più quando quella formula volgarizzata non era ormai se non un remoto punto di partenza che veniva del tutto sottratto dalle nuove ricerche (si pensi soprattutto a Omodeo, a Salvatorelli ... ) alle semplificazioni pubblicistiche e all'altrettanto facile uso didattico. Croce, pur nel persistente ottimismo implicito nel processo risolutivo che la dialettica opera di volta in volta sulle situazioni, rimase immune, per esempio, (e pur professando costanti sentimenti monarchici) dalla retorica sabaudo-reazionaria di un dinaste demiurgo, anche se non fu certo immune dalla più sfumata prospettiva sabaudo-costituzionalistica di un istituto monarchico ritenuto in grado di frenare forze centrifughe e di amalgamare le diverse volontà costruttive in una finalità unitaria. Questa concezione dell'Ottocento europeo e del Risorgimento italiano, portatrice di un ideale liberale della monarchia, valse a relegare ai margini cortigianeschi e accademici le manifestazioni di servilismo e le ingenuità dei puri eruditi. Anche per questa sua funzione polemica l'ipotesi di una etico-politica eterogenesi dei fini, cui in ultima analisi si riducono gli esiti dialettici della discordia concorde, lascerà consistenti tracce nell'educazione civile delle generazioni per le quali l'insegnamento crociano fu una forza componente di grande rilievo. Le distinzioni in cui lo ''spirito'' si snoda consentono, al Croce storico, di precisare, all'interno del profilo delle individualità necessariamente risolte nel loro operare, i molteplici modi nei quali le attività si costituiscono, riconoscendo ad ognuno di tali infiniti modi il loro particolare e diverso valore. Così, alla fine di quel periodo d'intenso lavoro che fu per Croce il primo decennio del Novecento, la valutazione della personalità di Mazzini appare definita dal convergere del giudizio di elevatezza delle sue idealità morali, fulmineamente riplasmate e riconvertite in educazione e in persuasione ad agire, con la constatazione di un pensiero filosofico approssimativo ( > 27 ), cui sono anche da ascrivere le carenze di una critica letteraria - filosofia essa stessa e in lui, dunque, carente filosofia - troppo spesso condizionata dalla motio af fectuum. Quell'eloquenza, infaticabile nel suo precipuo compito di esortare, era in genere poco curante di caratterizzare e di intendere le situazioni culturali nel loro proprio essere, perché subordinava questa intelligenza all'affermazione di una tesi precostituita ai fini dell'obiettivo politico ( o morale) da raggiungere. Le medesime articolazioni distintive su cui il pensiero crociano ruota gli consentono altresì di rendere giustizia al carattere parenetico dell'azione mazziniana, sospinta appunto da una forma letteraria oratoria, senza per questo tacere quale fragilità si scorga nei suoi fondamenti e senza attenuare non solo la portata dell'insuccesso dei moti, ma anche il complessivo fallimento - per allora del disegno generale della ''redenzione'' italiana, dei modi e dei procedimenti organizzativi della nazione in stato uni• tar10. Nell'equanime pensiero di Croce il riconoscimento dei limiti non sovrammette dunque ai problemi storiografici ingenue connotazioni valutative, ma è vigile strumento di comprensione. Se delle teorie moralistiche dell'arte egli può sorridere, interviene però subito l'avvertimento che media in un rapporto d'intelligenza storica il non arduo sorriso di superiorità di chi vien dopo: >; estetiche moralistiche e critica letteraria moralistica furono - rammenta il filosofo - , prima e non meno di quelle di Mazzini, l'estetica e la critica di > 28 • Egli nota, così, come a Mazzini e ad altri romantici italiani sia in parte da ricondurre quel che alla metodologia dello storicismo ed al suo gusto sembra a non dire dell'enfatica esaltazione di Byron creatore di mostri giganteschi, del resto contrastata dall'invettiva moraLa vita letteraria a Napoli dal 1860 al 1900 (1909), in La letteratura della nuova Italia, cit., vol. IV, p. 276. 28 B. CRùCE, Breviario di estetica ( 1912), in Nuovi saggi di estetica, Laterza, Bari 19191, p. 15. 27 B. CROCE,

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listica avversa all'ostentazione byroniana di trasgredire ogni norma - l'attribuzione di un > 29 poetico ai drammi di Schiller. Ma se giudizi simili >, di Mazzini, a differenza di altri, Croce afferma subito che questo > è sempre > 30 • È quella passione, quel > che risuona >, della quale la premessa di Mazzini all'edizione foscoliana della Commedia costituisce uno dei più cospicui esempi e che non risultò priva di >. Mazzini qualificava Shakespeare sottintendono il giudizio che una sovrammissione moralistica condizioni o addirittura quasi sempre determini la critica mazziniana offuscandone i concetti e piegandoli alle vetuste ed artificiose esigenze delle retoriche antitesi: non critica, dunque, ma strumento d'azione. Furono, dirà altrove il filosofo, > 33 • In un analogo ordine di problemi storiografici e di distinzioni concettuali si colloca la valutazione dell'azione po33 B.

Bari

124

CROCE, 19221, p.

Schiller, in 30.

B.

CROCE,

Poesia e non poesia, Laterza,



CROCE E MAZZINI

litica emanante dall'opera letteraria di Foscolo, suggeritrice anch'essa di un richiamo a Mazzini, perché quell'opera della quale peraltro Croce non disconosce in taluni casi l'alto pregio poetico - ha > per il > dato al > 34 • Giungiamo cosl a quei due decenni della piena maturità dalla Storia della storiografia italiana nel secolo decimonono ( 1920) a La Storia come pensiero e come azione ( 1938), e oltre, in cui i problemi etico-politici tornano col massimo rilievo nel pensiero di Croce e, nella dimensione prevalente dell'ottocentesco crogiuolo nel quale il filosofo si era formato, la personalità di Mazzini e le gravi difficoltà dalle quali la sua azione fu sempre circondata gli si presentano con assidua intensità. Questa intensa attenzione viene ulteriormente alimentata dal bisogno crociano di reagire alla crisi delle istituzioni liberali e di spiegarsene le origini, prendendo l'avvio da coloro - e tra questi appunto Mazzini e i mazziniani che in una combattuta affermazione di libertà avevano impegnato l'esistenza, certo non sempre assistiti dalla fortuna e dalla vittoria. Il convincimento dell'inizio recente della nostra storia unitaria, ritenuta tale che dati appena, nel pensiero, dagli assertori giacobini dell'unità repubblicana e, sul piano delle istituzioni e degli ordinamenti, dalla conquista di Roma, non arbitrario punto d'inizio della sua Storia d'Italia, orienta l'argomentazione in forza della quale Croce annovera Mazzini, per suo conto non alieno dalle ipostasi storiografiche dei programmi d'azione (come si è visto anche in sede di valutazioni estetiche e letterarie), tra gli storici ''ghibellini''. In Mazzini si indica infatti uno degli > della > la quale ebbe appunto vita nelle visioni > come la mazziniana triade della Roma dei Cesari, della Roma dei Papi e della Roma del Popolo; mentre, nel soggiungere che l'idea poté assumere 36 • È questo, dunque, il fondamento religioso che sorge dalla coscienza riflettente e non è fondamento troppo distante da quella costitutiva istanza di religiosità che lo storicismo affermerà come propria, racchiudendola, più tardi, nella quasi emblematica formula del ''non potre non dirsi cristiani''. Storia della storiografia itPliana nel secolo decimonono, Laterza, Bari 19302, (1920 1), p. 176, nel cap. L'opposizione dei Ghibellini alla storiografia neo-guelfa (cattolico-liberale). 36 B. CROCE, Pagine sparse, Ricciardi, Napoli 1943 1, vol. II, p. 268. 35 B. CROCE,

126

CROCE E MAZZINI

In questo clima di partecipazione etica, anche in Poesia popolare e poesia d'arte (1929) i riferimenti a Mazzini non si tengono - nonostante il titolo del saggio - nei confini della discussione estetica e letteraria: e non soltanto perché gli aspetti essenziali dell'opera di Mazzini non l'avrebbero consentito, ma anche perché l'orizzonte crociano si è ormai da molto tempo spostato sul tema dell'unità spirituale e della concomitanza delle forme. Poesia popolare e poesia d) arte chiarisce l'atteggiamento del Croce maturo sul concetto di popolo che il Croce giovane assumeva nei termini alquanto oscillanti ed approssimativi di un romanticismo non del tutto sottoposto a verifica critica. Mazzini gli appare rappresentare una delle due forme - quella democratica che l'atteggiamento romantico di mitico vagheggiamento del popolo, e dunque della poesia popolare, aveva assunto, secondo Croce, nell'Ottocento, per l'appunto nel suo uso e nel suo valore non specificamente estetici, ma prevalentemente politici: [ ... ] reazionaria o progressistica, assolutistica o liberale, la lotta si richiamava a certi ideali etici e si fondava sull'unico sentimento morale pur nella varietà di modi che si venivano tentando; e il concetto di ''popolo'' si offerse portatore di quel sentimento, oggetto di dovere morale, incarnazione del divino. Nel respingere le cupidigie e le ferocie degli egoismi individuali, si finiva inavvedutamente a respingere con essi gli individu stessi, identificandoli con gli egoismi, e restava sola entità antiegoistica, sola entità morale, l'astrazione degli individui come totalità, il Popolo, a cui si attribuivano tutte le virtù negate a quelli. Diversamente atteggiavano a questo ''popolo'' i reazionari e conservatori [ ... ] ; e i rivoluzionari, come Giuseppe Mazzini, che vedevano nel ''Popolo'' il principio della nuova società, del nuovo costume, della nuova religione; ma, nella diversità, c'era pure identità d'ispirazione. Ora, se Dio o il soffio divino è nel ''Popolo'', il principio della nuova società, se ne deduce [ ... ] che anche la poesia, la quale si fa agitante Deo, non può essere, se non cosa di popolo e la vera poesia ''poesia popolare''. Donde anche qui la trasfigurazione di tutti i grandi poeti in ·poeti popolari, che erano nati dal cuore del popolo e avevano parlato a questo cuore e insieme la reverenza religiosa con cui si guardò alla poesia popolare che letterati e filologi venivano allora raccogliendo. Questa trepidazione di un appressamento al divino nell'appressarsi alla poesia del popolo si sente in molta parte della letteratura che la riguarda, ed è un altro dei motivi che le dettero incremento. C'era in questa pietas, del sublime, e c'era del ridicolo,

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VITTORIO STELLA

come nell'abbracciare il Popolo ideale [ ... ] ci si trovava fra le braccia o sull braccia il popolo reale [ .. ] con molta delusione e smarrimento, cosl l'ammirazione pel divino della poesia popolare portava davanti a cose che non solo erano assai piccole e povere, ma anche, sciocchine 37 •

La storicizzazione crociana riduce dunque sia il significato teoretico della concezione della poesia popolare come sola autentica poesia ( , in base a quanto nel pensiero ha saputo riconoscere . L'ammissione che agli italani, >, si confacesse >, viene contestualmente temperata dalla riserva che > 39 : giudizio in cui si adombra la scelta minoritarioliberale sotto l'egemonia della quale ebbe soluzione, secondo Croce, (ma non certo soltanto a parer suo) il laborioso processo del risorgimento .

I motivi del riferimento a Mazzini, che nelle opere precedenti se anche acutamente pensati ricorrono in ordine sparso, si presentano, nella Storia d'Europa, organizzati in 37 B. CROCE, Poesia ( 19291) pp. 20-21.

38 B.

CROCE,

39 B. CROCE,

128

popolare e poesia d'arte, Laterza, Bari 19462,

ibidem, pp. 20-21. ibidem, p. 28.

CROCE E MAZZINI

una coerente sintassi, rivelando quell'energica determinazione storiografica, ove il riconoscimento della grandezza morale del rivoluzionario va unito alla manifestazione di una co• • • • scienza critica motivata. Il vero merito di Mazzini, Croce - pago della soluzione liberale-costituzionale sì ma monarchico-accentratrice contro la quale Mazzini aveva rivolto una polemica senza tregue nell'ultimo decennio di vita ritiene doversi apprezzare soprattutto negli slanci della giovinezza e fino alla breve eppure notevole responsabilità di governo della Repubblica romana. Esso consiste nel percepire che > 40 • A questa saggezza 42 • Per questo la grandezza di Mazzini è > 43 • L'insegnamento di Mazzini consiste cosl nell'affermazione, testimoniata dall'esempio della propria persona,. di una linea di condotta etica, di un modo di affrontare la vita sottraendola all'angustia degli orizzonti politici modesti perché non creativi, riflesso e replica di concezioni inadeguate. Far sl invece, che la ''nazione'' riassumesse su di sé l'onerosa iniziativa della lotta per raccogliersi in una unità indipendente era il dovere degno e tragico che egli attestava e intendeva che gli italiani attuassero. La predicazione e l'adempimento di tale dovere non possono essere valutati col metro dell'utile e del successo, la cui positività, elevata da Croce a forma di coscienza, è diversa, tale da non poter prescindere, per l'appunto, da una relativa immediatezza di risultato. Essi rispondono alla pienezza della sfera etico-politica e debbono essere interpretati e storicamente individuati in questa più vasta dimensione. Difatti, le restrizioni che succedono al riconoscimento crociano della ''grandezza'' di Mazzini non traggono motivo dalla constatazione dell'insuccesso, luogo comune di certa nostra passata storiografia sul Risorgimento, proprio perché Croce riconosce attivo valore a Mazzini profeta. Le sue limitazioni egli le fa invece derivare dalla constatazione di un'insufficienza teoretica~ E il limite teoretico qui non viene indicato nella scarsa originalità del motivo unitario, o nella mancanza di originalità e, insieme, nell'inconsistenza 42 B. CROCE, 43 B. CROCE,

130

ibidem. ibidem, p. 116.

CROCE E MAZZINI

·(storica) del mito del primato nazionale (che, pur non potendosi certo escludere le origini romantiche del nazionalismo, in Mazzini non volse l'idea di nazione al ripristino dil'ideologia del popolo eletto), ma in quelle che Croce giudica carenze e contraddizioni della dottrina mazziniana della libertà. Tali carenze e contraddizioni teoretiche non possono non coinvolgere - e di fatto coinvolsero - aspetti politici: [Mazzini] animato come [ ... ] era da un vigoroso sentimento della libertà, e dalle forze liberali facendo scaturire il moto d'indipendenza e di nazionalità, per difetto di approfondimento speculativo e di senso storico non riuscì a formulare e dedurre teoricamente il concetto di libertà, e anzi teoricamente lo compromise e quasi lo negò, accogliendo dal sansimonismo il principio della associazione contro quello della gara, e la nuova religone umanitaria con dommi, teologia, culto e disciplina, e, se non proprio con un papa, con un concilio religioso messo a capo dei popoli, e la poesia e l'arte inservienti ai fini sociali, e simili, come dall'ideologia democratica accolse la vaga idea di Popolo, oscillante fra il tutto e la parte [ ... ] 44 .

È, di nuovo, un giudizio severo, del quale oggi non po-

trebbero, perlomeno senza un serio ripensamento, condividersi alcune delle componenti negative che contribuiscono a motivarlo. Così la rigida contrapposizione tra il principio dell' ''associazione'' e quello della ''gara'', mentre il travaglio della storia contemporanea è proprio generato dalla necessità di comporre in armonia queste due istanze fondamentali. Cosl lo scarso apprezzamento della non ferma funzione che ora la ''totalità'' ora la ''parte'' o il ''partito'' abbiano avuto nella costruzione dell'idea mazziniana di ''popolo''; perché una simile mancanza di fermezza può ancor oggi giustificarsi - e quasi altrettanto lo poteva al tempo in cui Croce era in vita - quando né l'assunzione del popolo come ''parte'', né l'assunzione del popolo come ''tutto'' ha avuto risultati politici cosl incisivi e risolutivi da revocare in un passato senza dirette proiezioni sul presente le perplessità o le inconsapevoli alternanze mazziniane. Croce in· fatti coglie queste perplessità ed oscillazioni come specchio di una concezione e di un comportamento politici relativa44 B. CROCE,

ibidem, p. 117.

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VITTORIO STELLA

mente inadeguati al dominio delle forze in contrasto. Per tanta parte quei problemi di ieri sono attuali, propri della crisi che investe, con la democrazia, la funzione decisoria delle rappresentanze e rende tanto ardua la difesa dei principi e degli istituti di libertà. Cosicché un giudizio che sottintenda di averli trascesi costituisce assai più un'affermazione verbale che la constatazione di una vera risoluzione. Tale giudizio viene tuttavia attenuato e compensato in qualche misura da quel che Croce immediatamente sog• giunge: [ ... ] se, in quegli anni dopo il '30, si formò o piuttosto si accrebbe [perché non è mancata mai e non manca neppur ora del tutto] una comune coscienza europea, un comune fondo di idee, un comune giudicare, una comune opinione, una comune sensibilità, e quasi un tribunale i cui pronunciati non si trascurano senza grave sanzione, certo non fu, questa, opera di un solo uomo, e anzi nasceva dall'intimo del moto liberale, in quanto prosecuzione di quello illuministico; ma il Mazzini vi contribuì nel generale e nel particolare, con l'afflato del suo spirito religioso e con l'amore onde senti e comprese e abbracciò tutti i più di versi popoli [ ... ] 45.

Ai fini della comprensione del pensiero storiografico e delle teorie politiche dell'Otto e del Novecento, queste e le altre pagine dlla Storia d'Europa 46 riguardanti Mazzini sono altrettanto importanti quando argomentano un giudizio limitativo che quando manifestano adesione. A questa - lo ha sottolineato opportunamente Franchini - dà origine essenzialmente la più volte notata ispirazione etico-religiosa che, sfrondata dalle esteriorità - del resto occasionali in Mazzini - e ricondotta al nucleo della sua concezione educativa, è una delle premesse culturali della ''religione della libertà'' cui la crociana Storia come pensiero e come azione porgerà nuovo alimento e consistenti sviluppi. 45 B. CROCE,

ibidem, pp. 117-18.

Si veda pp. 13 (idea del primato), 120 (confronto con i ''neoguelfi''), 121 (motivi giansenistici), 128 {nazionalità slave), 140-41 (confronto col sansimonismo fondato su una radicale opposizione a1 materialismo di questo), 153 (motivi di tensione con l'empirismo e l'amore del particolare concreto propri degli Inglesi), 181 previsione del dissolvimento dell'Impero austriaco), 202-03 (giudizio su Marx), 211 (favore per la guerra di Crimea), 214-18 (ancora guerra di 46

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CROCE E MAZZINI

Le riserve incidono sulla stessa area, ossia sulle specifiche articolazioni di una libertà che non si accontenti di porsi come teorema di un idealismo morale, ma voglia realizzarsi nella fitta rete di eventi e di comportamenti che intessono la convivenza, appunto perché Croce, pur non unjformandosi alla prospettiva della conoscenza come momento interno della volontà ma neppure (e logicamente non è dopotutto una posizione molto diversa) a quella della volontà come momento interno della conoscenza, ha persistito nel legare conoscenza ed azione in uno stretto rapporto processuale. Egli intende pertanto cogliere gli effetti della volontà mazziniana che ha certo, dietro di sé e con sé, delle posizioni teoretiche, ma è anche motrice di azioni e di decisioni . .In questo proposito storiografico, quando la democratica libertà di Mazzini e la sua idea-guida di popolo trascendono l'impegno delle particolari opzioni politiche e istituzionali per essere proposte in una perorazione che guarda all'universale essere dell'uomo, ossia quando vengono identificate col dover essere dell'umanità, esse ricevono da Croce il consenso che egli suole tributare ad ogni affermazione e ad ogni attuazione di eticità creativa. Quando invece Mazzini si tiene sul terreno delle particolari responsabilità e delle precise scelte in cui l'impegno del cittadino deve di volta in volta provarsi, sopravve11gono da parte di Croce - e pur entro i misurati termini dell'equilibrio giustificativo proprio di ogni storiografia e specialmente di quella crociana che tale equilibrio ha teorizzato - le obiezioni di un profondo dissenso. Questo colpisce, in sostanza, la fragilità mazziniana di fronte al momento ''economico'' (nel senso categoriale del quale lo investe Croce) della produzione e degli istituti: momento Crimea, politica di Cavour, ripresa rivoluzionaria), 220 (nuova intransigenza antimonarchica), 298-99 (rapporti del mazzinianesimo col socialismo e con le insurrezioni anarchiche bakuniniane), 316 (rapporto col marxismo), 319 (federalismo europeo), 335 (condanna del nazionalismo, per cui cfr. anche Dispute e contrasti odierni, in Conversazioni critiche, Laterza, Bari, vol. IV, 19321, p. 296). Nella medesima temperie, si veda altresì Storia d'Italia dal 1870 al 1915, Laterza, Bari 19438, (1927 1) pp. 29 (Mazzini e Garibaldi), 39 (l'ideale repubblicano e la > ), 76-77 (il problema sociale come problema educativo nell'ultima fase del pensiero mazziniano), 167 (giudizio su Marx e il marxismo).

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VITTORIO STELLA

che lo storicismo assoluto afferma intrascendibile, appunto in quanto ''forma'' della coscienza, ed al quale, dunque, non vi è concezione politica che possa derogare senza pregiudizio della sua positività. A questo momento si poteva bensl derogare nella fase dei moti, fossero essi o no il preludio di una generalizzata esplosione rivoluzionaria - onde il riconosciuto maggiore slancio e la più penetrante incisività del Mazzini degli anni venti e degli anni ttrenta rispetto alla (temporanea) obsolescenza del babeuvismo buonarrotiano ma non si poteva più derogare nella fase d'impiego delle forze organizzate e nel tentativo di realizzazione dello stato. Il dissenso verte pertanto, ad esempio, sui residui cultuali e ritualistici della religione, rispetto ai quali Mazzini appare al filosofo non interamente sciolto dall'eredità della rivoluzione francese; sulla possibilità che in una democrazia solidaristica, col venir meno della concorrenza, non venga meno la stessa iniziativa; sulla strumentalità della letteratura e dell'arte - tramite il concetto di popolo e quello, ad esso conseguente, di letteratura popolare - a fini diversi da quelli che rendono autonoma, e perciò ugualmente: intrascendibile, l'attività estetica. Il dissenso riguarda, insomma, il moralismo come prevaricazione sull'armoniosa correlazione della vita spirituale, perché è proprio il moralismo, suggeritore di incongruenti utopie, a costituire ostacolo alla fondazione ed a mettere a rischio la sopravvivenza delle concrete esperienze di libertà.

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ALESSANDRO LEVI INTERPRETE DI MAZZINI

Gli studi di Alessandro Levi sul pensiero politico repubblicano e risorgimentale sono noti: basti qui ricordare Il positivismo politico di Carlo Cattaneo 1, Diritto e

società nel pensiero di Roberto Ardigò 2, Il pensiero politico di Giuseppe Ferrari 3. La filosofia politica di Giuseppe Mazzini (che il Levi dedicò >), scritto nel 1916 e pubblicato nel 1917 per l'editore Zanichelli, è stato riproposto nel 196 7 con una lodevole iniziativa editoriale di Morano di Napoli, in una nuova edizione - la terza - a cura di Salvo Mastellone. Questi vi ha premesso una Introduzione, ed ha uniformato le citazioni degli scritti di Mazzini seguendo l'edizione nazionale per i volumi pubblicati dopo il 1922; ha invece omesso quei brani dello Zibaldone pisano, ora integralmente pubblicato da Renato Carmignani nella « Collana scientifica>> della Domus Mazziniana (Pisa 1955), che il Levi aveva aggiunti quali Appendice alla seconda edizione del '22. Occorre ancl1e ricordare un Mazzini, in edizione popolare nel 1922 per i tipi di Bemporand Barbera, uscito postumo a Firenze nel 1955 con qualche rimaneggiamento ( >, lo chiamò una volta conversando con Emilia Morelli). La familiarità con le cose mazziniane proveniva ad Alessandro Levi - oltre che dai suoi serissimi studi In Appendice: Saggio di bibliografia cattaneana, Laterza, Bari 1928. 2 >, 1928, 2. Alla scuola dell'Ardigò, a Padova, il Levi doveva la sua forn1azione. 3 « Nuova rivista storica>>, 1931. 1

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LIDO CHIUSANO

dalla sua parentela con i Nathan. Aveva infatti sposato Sarina, nipote della più famosa Sarah Levi e di Meyer Nathan. Alla stessa famiglia era stato legato il Mazzini da veri vincoli di cordiale amicizia e d'affetto. Con i Nathan - dei quali era spesso ospite - Mazzini intrecciò una fitta corrispondenza (più di quattrocento lettere ai diversi membri della famiglia) della quale Sarina, e poi Ernesto, si preoccuparono di recuperare i manoscritti 4 • Tale corrispondenza, peraltro, getta anche qualche luce sui modi di finanziamento di Mazzini ai rivoluzionari italiani ( di cui i Nathan erano un tramite attivo) attraverso una rete di collegamento Londra-Lugano-Firenze. Dell'amicizia di cui parliamo, e di rari e utili riferimenti e notizie sul movimento mazziniano, ora quasi introvabili, scrisse il Levi stesso nei suoi Ricordi della vita e dei tempi di Ernesto Nathan, stampati nel 1927 da Zanichelli, che non trovarono purtroppo diffusione a causa del veto fascista alla loro pubblicazione 5• In che senso può parlat·si d'una filosofia politica di Giuseppe Mazzini? In proposito Levi sostiene che, se a voler essere rigorosi > 6 , è indt1bitaDieci lettere a Enrico Nathan, non comprese nell'Epistolario, troviamo ora riportate ne >·· (1967, p. 91). 5 Si è detto di come l'animus mazziniano fosse di casa presso il Levi. Si deve pure ricordare che questi era zio di Carlo e Nello Rosselli, la cui famiglia aveva spesso celebrato matrimoni con i Nathan, e che anche aveva dato amici, proseliti e finanziatori della causa rivoluzionaria. Si sa quanto il modello d'azione mazziniano abbia influito su Carlo {cfr. Nicola Tranfaglia: Carlo Rosselli dall'interventismo a >, Laterza, Bari 1968); Nello è autore di Mazzini e Bakunin. Gli inizi del movimento operaio in Italia (Einaudi, Torino 1967). 6 La filosofia politica di Giuseppe Mazzini, cit., pp. 42-43. Anche più oltre si insiste su questo motivo: > ( p. 51 ) ; anche la teologia mazziniana si fonda su assai > (p. 52), e affatto incoerente è il suo pensiero religioso (p. 55). E tuttavia, > (p. 45), la filosofia politica di Mazzini costituirebbe un 4

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LEVI INTERPRETE DI MAZZINI

bile pure che > 7 • E come l'opera infaticabile dell'apostolo dell'unità trovò sempre una fondamentale coerenza per l'ispirazione religiosa, lo slancio civile e la forza morale che la sorreggevano, così il suo pensiero poggia su una indubitabile unità di base: la fede saldissima nella sua > 8 • Questa preconcetta missione soffre, nel 1836, il trauma tragico della >; l'angoscia dell'impotenza politica, il sospetto dell'inutilità del suo fare, una solitudine insopportabile e quasi metafisica scuotono Mazzini nel più profondo dell'anima: > 9 • La conseguenza è la tormentosa rimeditazione di tutta la sua attività passata: 10 volta è la sua religione a dargli soccorso nell'insostenibile sistema >> ben coordinato. Ciò che non pare accettabile a Giuseppe Galasso, al quale sembra che > 11 annota il Levi, con evidente reminiscenza agostiniana e pascaliana 12 • La religione di Mazzini, che nella sua austera interiorità ha caratteristiche di germanesimo, scioglie il suo intimismo nella pietas e nel cordiale espansivo contatto Ivi, pp. 49-50. 12 Cfr. Augustinus, Enarrationes in Psalmos, 58, I, 19 (v. 11): >; 138, 14 (v. 11): >; Confessiones, XIII, 1, 1: >. Il motivo biblico-agostiniano della grazia preveniente è fondamentale nell'opera pascaliana: > (Blaise Pascal, Ecrits sur la Grace; troisième écrit, can. 18, ed. Chevalier, Paris 1954, p. 978); 13 • L'interpretazione della posizione di Mazzini rispetto al problema della nazione è oggetto di vivaci diatribe ali'epoca della stesura del libro del Levi sul pensiero politico del rivoluzionario genovese, soprattutto in riguardo alle discussioni sulle ragioni dell'intervento italiano nella Grande Guerra. Cosl che l'autore si trova in polemica con l'interpretazione in chiave nazionalistica dell'opera di Mazzini: di qui l'esortazione, come scrittore democratico, a non deformare lo spirito del suo pensiero politico. L'idea di nazione, rettamente intesa, non dà luogo a nazionalismi, ed è altra cosa che le teorie dello stato nazionale di un Chamberlain o di un Treitschke, per esempio. « Aborro >> aveva detto l'esule nel saggio I sistemi e la democrazia (1849, XXXIV, p. 225) >. Il problema era spinoso, ed occorre tener conto di questa polemica. L'ondata nazionalistica che segul al conflitto portò Giovanni Gentile - i cui interessi agli studi 13

Ivi, p. 273.

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LIDO CHIUSANO

mazziniani risalgono perlomeno al 1903, anno in cui sulle pagine della > recensì il Mazzini di Bolton King a criticare vivacemente, più d'una volta, le interpretazioni che del pensiero del genovese si davano nel saggio del Levi e nel Mazzini di Gaetano Salvemini (Roma 1920). Erano, queste due, interpretazioni che nella loro diversità pure appartenevano ad un medesimo filone democratico e liberale, in cui possiamo anche collocare e riconoscere, per esempio, gli studi risorgimentali di un Omodeo e anche di un De Ruggiero (che però giudicava il mazzinianesimo come un fenomeno in un qualche modo provinciale e a carattere utopistico). Levi non mancò di replicare ( nella >, 1921) rimproverando a Gentile, insieme al suo >, una esegesi fatta a suo uso e consumo, da cui Mazzini risultava una specie di profeta o precursore delle sue teorie, oltre che autore di una dottrina, a dire del filosofo dell'attualismo, >. Del resto, aveva a tal riguardo già polemizzato col Federzoni e col Corradini in qualche nota della prima edizione del libro (del 1917), che aveva poi eliminato nella seconda (del 1922) perché oramai > 14 • 14

È noto come il procedimento non fosse insolito. Lo stesso Croce,

per esempio, aveva in quegli anni a lamentare questo costume. La diffusa (e comica) abitudine di ricercare maldestramente antenati illustri al fascismo in Augusto, Dante, Gian Galeazzo Visconti, Emanuele Filiberto, Foscolo, i fratelli Bandiera, Gioberti, Garibaldi, Mazzini ed altri, portava Croce a nutrire una quasi paradossale simpatia per quel > che, più sinceramente di altri, definiva il proprio futurismo un (1921, pp. 248-271 ), e neppure riportati, con dignitosa suffisance, nella nuova edizione de La filosofia politica di Giuseppe Mazzini. La spiegazione è insieme olimpica e provocatoria: il libro, pur scritto nel 1916, >; dove l'allusione a certi malvezzi storiograCroce giustamente insorgeva in difesa della serietà degli studi e non per polemica contro il fascismo, verso il quale non aveva ancora maturato il suo fierissimo atteggiamento di opposizione - , trovava generalmente interpreti che mai raggiungevano l'altezza di tono del Gentile, cui erano sconosciute la loro volgarità e cialtroneria. Anche parecchi anni dopo la pubblicazione de I profeti del Risorgimento italiano (la prima edizione è del 1923 ), nell'ultima sua opera, Genesi e struttura della società (1944), questi si rifarà a Mazzini, >, specialmente per la critica all'edonismo liberale, per la dottrina del dovere, e per il concetto di ''umanesimo del lavoro''. Interpretazioni di tipo gentiliano, del resto, non erano difficili da attingersi se ad esse come anche aveva visto il Salvemini - era sufficiente vanificare la componente dell'istanza libertaria mazziniana (verificantesi nei ''diritti''), privilegiando i ''doveri della disciplina'' (). Augusto Del Noce (L'idea di Risorgimento come categoria filosofica in Giovanni Gentile, >, 1968) afferma che nel pensiero del filosofo attualista l'idea di Risorgimento >, perché si sarebbe sempre con troppa superficialità pensato che essa sia servita, negli anni del fascismo, a coprire il comportamento del filosofo attraverso escogitazioni teoretiche. , preferendo di sforzarsi di stare soprattutto alle fonti. Tornando all'opera del Levi, si può vedere come essa trovi un'eco ancora più sinceramente appassionata (perché sforzo di chiarificazione che riguarda pure la personale posizione politica), quando egli si trova ad esaminare la questione del rapporto, o del dissenso, tra mazzinianismo e socialismo; se, come quest'ultimo, il mazzinianismo mira a realizzare un nuovo assetto della società, in cui la classe lavoratrice, conquistata la sua redenzione, diventa protagonista e creatrice del proprio destino, esso tuttavia aborre la lotta di classe e condanna ogni concezione materialistica della storia. Mazzini e Marx, entrambi testimoni della condizione operaia nella società paleo-industriale dell'Inghilterra dell'Ottocento, danno diagnosi che si differenziano per il fatto che l'uno ha l'occhio al mondo morale, l'altro a quello dei rapporti economici. Tuttavia le diverse istanze del socialismo e del solidarismo associazionistico non sarebbero inconciliabili se, come il Levi vuole, esiste una via ''umanistica'' al socialismo. Tale convergenza comporta, nello spirito di questo umanesimo, che il proletariato > 15 • A. Levi, op. cit., pp. 189-190. Della posizione del Levi in rapporto alle ideologie dei due grandi agitatori, scrive il Salvatorelli (Mazzini e Marx, nel fascicolo celebrativo pubblicato in occasione dell'inaugurazione del monumento nazionale a Mazzini sùll'Aven15

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LEVI INTERPRETE DI MAZZINI

La tensione morale e civile, la coerenza limpida e lineare, gli sforzi generosamente e lealmente polemici che hanno guidato e sorretta l'opera di studioso di Alessandro Levi, la fanno ancora oggi degna del più grande interesse 16 • Essa s'inscrive a buon diritto quale cospicuo punto di rife.. rimento in un rinnovellato clima storiografico. Sembra infatti che gli studi mazziniani abbiano già da tempo perduto il carattere di reverenziale passionalità, e qualche volta persino di aspettazione escatologica, che li distinguevano anche per responsabilità di molti tra quanti alla tradizione di pensiero e azione dell'apostolo genovese diretta.. men~e si sono richiamati o continuano a richiamarsi; certamente questo risentimento apologetico trovava in parte giustificazione per gli opposti risultati d'una pubblicistica astiosa, quando non pregiudizialmente avversa e ingiustamente riduttiva per risentimento e rancore ideologicamente determinato, nel giudicare della valenza e del significato storico del mazzinianesimo. Se dunque le difficoltà interpretative trovavano per lo più origine e giustificazione in tino in Roma, il 9 febbraio 1949, pubblicato col titolo Ma1.1.ini dal Comitato Nazionale per le onoranze, Roma 1949): > (p. 11). E' da lamentare perciò che la stampa democratica nazionale, salvo rarissime eccezioni, abbia a suo tempo denunciato scarso interesse e dato poco rilievo all'occasione della riedizione curata dal Mastellor1e. Pure, il Levi, filosofo del diritto e democratico illustre, è stato studioso ben degno dell'attenzione della cultura laica italiana.

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LIDO CHIUSANO

un animus apologetico o fortemente impegnato ideologicamente, l'attuale situazione del pensiero laico, col mutare dei tempi e con l'evoluzione dei modi della passione politica, ha fatto luogo a un diverso costume storiografico più sereno e prudente per sensibilità scientifica.

Stampato in Roma nella tipografia di Mario Sticca

Biblioteca di scienze storiche e morali

a cura di Lido Chiusano e Vittorio Stella

1. Ugo Spirito: Due false scienze (La sociologia • La psicanalisi)

2. Guido Calogero, Antonio Ca-pizzi, Lido Chiusano, Vittorio Stella:

L'ipotesi di Ugo Spirito

3. Aldo G. Ricci: Sismondi e il marxismo

4. Paolo Ungari:

Profilo storico del diritto delle anonime in Italia

5. Giovanni Cattani, Lido Chiusano, Ermanno Circeo, Francesco Fiumara, Antimo Negri, Paolo Mario Sipala, Vittorio Stella, Giuseppe Tramarollo:

Mazzini nella letteratura