Marco
 8830808741, 9788830808744

  • 0 0 0
  • Like this paper and download? You can publish your own PDF file online for free in a few minutes! Sign Up
File loading please wait...
Citation preview

Joachim Gnilka

seconda edizione Postfazione di ERMENEGILDO MANICARDI Aggiornamento bibliografico a cura di FRANCO MANZI

cittadella editrice assisi

titolo originale DAS EVANGELIUM NACH MARKUS

traduzione di GIANNI POLETTI

©per la lingua tedesca BENZIGER VERLAG ZURICH EINSIEDELN, KOLN UNO NEUKIRCHENER , , VERLAG DES ERZIEHUNGSVEREINS GmbH , NEUKIRCHEN VLUYN, 1978/1979 •

© per la lingua italiana

CITTADELLA EDITRICE· ASSISI

1a edizione: maggio 1987 1• ristampa: febbraio 1991 2• ristampa: gennaio 1998 2• edizione: febbraio 2007 ISBN 978-88-308-0874-4

Prefazione

Te kata ten oikoumenen katholike ekklesia (cfr . Martyrium Polycarpi 19,2)

Oggi il vangelo di Marco è forse lo scritto neotestamentario che produce più letteratura esegetica. La cosa non può che essere gradita trattandosi del vangelo meno considerato nel corso dei secoli. Da quando si è appurato che è lo scritto evangelico più antico e sono quindi emerse le possibilità che esso offre, ha at­ tirato sempre più su di sé la crescente attenzione degli studiosi. In questa situazione un nuovo commento di Marco, un com­ mento che per di più vuole tracciare un 'analisi ecumenica, deve badare anzitutto a tre punti di vista. Prima di tutto deve informare i lettori sui risultati della ricerca. Abbondante quindi, sebbene non completa, è la letteratura difficile da cogliere in una visione d'insieme - che si trova in questo commento, letteratura che non viene solo citata: di vol­ ta in volta sono indicate e discusse anche importanti opinioni divergenti. In secondo luogo - e questo è il compito principa­ le deve fornire la comprensione del testo sia riguardo alla sua origine e sia riguardo ai riferimenti e alle finalità delle sue af­ -

fermazioni.

Peter Stuhlmacher* ha descritto accuratamente i metodi che van­ no applicati in questo lavoro. Il commentatore è scettico difronte

a un 'interpretazione abbastanza diffusa e unilaterale della sto­ ria della redazione e, di fronte ad essa, vuole mettere meglio in

* P . Stuhlmacher, «Zur Methoden-und Sachproblematik einer interkonfessio­ ( 1 972) 1 1 -55 .

nellen Auslegung des Neuen TestamentS)) in EKK V IV

6

Prefazione

risalto le intenzionit eologiche dell'evangelista nel senso della critica della redazione. Il terzo e forse nuovo punto di vista è l'inserimento dell 'uso storico del testo (al riguardo cfr. il capi­ tolo finale Prospettive). Esso cerca di andare incontro al com­ mento in termini ecumenici, ma non è sempre possibile per tutte le pericopi e dovrebbe essere considerato un esperimento non esente da rischi. Nell 'esposizione delle pericopi, dopo l'analisi e l'interpretazione, che non avviene versetto per versetto ma per unità, il /ettore trova una valutazione storica (quand 'essa non è già stata inserita nell'analisi o nell 'interpretazione), una sinte­ si, che si sofferma ancora una volta sulle intenzioni dell'evan­ gelista, e - a seconda dei casi - l'uso storico della pericope. A partire da/1968 i collaboratori del/'Evangelisch-Katholischer Kommentar si sono incontrati annualmente alla Pau/us­ Akademie di Zurigo. Non è possibile consegnare al pubblico que­ sto commento senza ringraziare tutti coloro che hanno reso pos­ sibili le riunioni o vi hanno partecipato. Essi erano animati da spirito ecumenico. Ringrazio in modo particolare Eduard Schweizer di Zurigo, che si è anche assunto la fatica di leggere il manoscritto, e Ulrich Luz di Gottinghen, cui devo alcuni sug­ gerimenti. Il mio assistente, il dr. H. -J. Klauck, mi ha aiutato a mettere insieme la letteratura su Marco. La signora C. Filke ha dattiloscritto il testo. Un ringraziamento anche a loro. J OACHIM GNILKA

Monaco , aprile 1 978

Nota deii;Editore In li nea con il carattere ecumenico del prese nte Commentario l' edizione italiana adotta l' uso del tetragramma sacro (JHWH) aÌ posto della trascrizione completa del termine Jahvè per rispetto al n�me di Dio, come richiesto dalla tradizione sacra del popolo ebraico.

Introduzione

1.

Il posto di Marco nella storia della teologia e il nuovo genere del .vangelo

Marco si trova al termine di un processo di tradizione e all 'ini­ zio della stesura dei vangeli e segna quindi un passaggio . Prima di lui c'è il processo delle trasmissioni orali delle tradizioni su Gesù nella predicazione, nella catechesi, nella liturgia e nelle mol­ teplici forme della vita della prima comunità cristiana, proces­ so che dura circa quattro decenni ; dopo di lui Matteo , Luca e Giovanni, e più tardi anche gli autori apocrifi, incominciano a imitare e perfezionare il genere «vangelo» creato da Marco . Ini­ zio e fine non definiscono tuttavia in maniera precisa e chiara un periodo . Infatti la trasmissione orale delle tradizioni su Ge­ sù corre parallela e successiva a Marco fino all' epoca dei padri apostolici 1• Si è iniziato qualche tempo prima della redazione del vangelo più antico , a fissare per iscritto alcune unità minori che talvolta rivelavano già dei legami tra loro . Basta ricordare la fonte dei /oghia, più antica dello stesso Marco , ma anche alcune raccolte premarciane alle quali l' evangelista potè rifarsi e la cui defini­ zione e delimitazione sono controverse . Se le unità premarciane presentano di volta in volta solo qualche flash o qualche breve

1 Cfr. H . Koster, "Synoptische O berlieferung bei den apostolischen Vatern" , in TU 6 5 ( 1 957).

8

Introduzione

tratto dell'opera del Gesù terre11;0, Marco è il primo che si met­ te a raccontare in successione cronologica la storia di Gesù dal battesimo di Giovanni fino alla risurrezione. Ciò lo distingue dalla redazione della fonte dei /oghia, che aveva accostato le pa­ role di Gesù badando probabilmente ai loro aspetti oggettivi , noò dando loro certamente un significato storiografico . Si può parlare per Marco di stimoli nel suo lavoro? La domanda ha avuto risposte assai differenti . Sul problema sopra delineato ci limitiamo a esaminare tre ri­ sposte desunte dalla ricerca. l. R. Bultmann ha inaugurato la concezione, nel frattempo ripetutamente ripresa, secondo cui l' intenzione dell' evangelista sarebbe stata quella di conciliare il «kerygma ellenistico di Cristo, il cui contenuto fondamentale è il mito di Cristo , che noi conosciamo attraverso Paolo (cfr. specialmente Fil 2,6 ss . ; Rm 3,24), con la tradizione riguardan­ te la storia di Gesù» 2• Mentre Bultmann osserva giustamente che non sarebbe stato ancora assunto da Marco uno degli ele­ menti essenziali di questo kerygma, cioè la preesistenza di Ge­ s ù , J . Schreiber 3 vede delineata nel vangelo di Marco l'immagine del redentore che dalla preesistenza celeste è disce­ so nella sfera terrena; sulla terra egli nasconde il suo mistero alle potenze , finché non sarà pubblicamente presentato come «kosmokraton> dopo la sua salita al santuario celeste. Marco si" sarebbe servito soltanto apparentemente di elementi storiciz­ zanti , che in verità sarebbero riferimenti al mito . Questa valu­ tazione della posizione di Marco non può assolutamente convincere. Non è fondata sul testo , ma dipende da una specu­ lazione fantasiosa. 2. Secondo E. Kasemann 4 la forma dei van­ geli, di esclusiva matrice cristiana, viene definita, in accordo con Bultmann , a partire dal kerygma. Il problema starebbe nel ve­ dere come dalla doxologia dell' annunciato si sia potuto arriva­ re- nel quadro del kerygma - al racconto dell 'annunciatore, dal culto del «kosmokrator» celeste al fascino per il Rabbi Ge­ sù che vive in Palestina. Sebbene Kaseman parli dei vangeli scritti

2

Bultmann, Geschichte, pagg. 372-374. Theologie des Vertrauens, specialmente pagg . 21 8-228. 4 «Sackgassen im Streit um den historischen Jesus» in Exegetische Versuche und Besinnungen , II, Gottingen 1 964, pagg. 3 1 -68, qui pagg . 65 s . 3

Il

posto di Marco

9

nel loro complesso e non del vangelo di Marco in particolare, questo, essendo il vangelo più antico, può essere inserito a for­ tiori nella sua argomentazione. In questa si mescolano rifles­ sioni sulla storia della teologia e della discussione teologica attuale: «Il ricorso al racconto evangelico , alla narrazione del predicatore palestinese, alla formula "una volta" invece di "una volta per tutte" , all 'esposizione storicizzante nel quadro del kerygma e, non ultimo , al Gesù che vive in Palestina fu una rea­ zione teologicamente rilevante e quindi accolta e conservata dalla chiesa; in questa reazione si trattava di. rendere impossibile la manipolazione di Cristo, dello Spirito, della fede. La presenza di Cristo e dello Spirito nella comunità non può essere strumen­ talizzata affermando che tutt'e due vengono assorbiti dall'esca­ tologica autocomprensione dei credenth> . Quindi Marco , o (in altre parole) la stesura del vangelo , ha contrapposto la storia alla «possibilità di manipolazione (dei fatti) mediante lo Spiri­ to » . Questa interessante tesi , che presuppone una discussione dinamica e polemica sul vero kerygma nella cristianità delle ori­ gini , ha ragione quando considera euagghelion e apostolos le due irrinunciabili componenti di una predicazione cristiana di ampio orizzonte teologico . -Inoltre essa sottolinea giustamente che la stesura del vangelo , inaugurata da Marco , assicurò quel carattere storico della rivelazione cristiana che andava necessa­ riamente salvaguardato . Resta problematica la giustezza della ricostruzione storica ed è discutibile, per esempio , se Marco ab­ bia messo mano alla penna sospinto dalla preoccupazione so­ pra descritta e per passione polemica. Nel vangelo più antico è difficile vedervi una stesura della storia per amore di polemi­ ca storica contro un mito che diveniva troppo forte. È più giu­ sto affermare che Marco si colloca in una tradizione nella quale già da molto tempo nella catechesi e nella predicazione erano usati alcuni racconti della storia di Gesù; egli ha raccolto per la chiesa del suo tempo e della sua area geografica ciò che ave­ va imparato e sperimentato nella pratica catechetica e missio­ naria. Continuano a esistere, uno accanto all'altra, un annuncio che trascura il Gesù terreno e una predicazione puntata su di lui . Se si considerano le tradizioni narrative che risalgono mol­ to addietro nel tempo , è difficile che la contrapposizione o la reazione polemica possano essere considerati il fattore che ha

IO

Introduzione

provocato la stesura dei vangeli. 3 . Nell'esegesi americana 5 ap­ parve la teoria, anch 'essa in seguito ripetutamente ripresa, per cui l'origine del vangelo più antico sarebbe legata a un'altra con­ troversia. La teoria possiede il vantaggio di collegarsi alle tradi­ zioni entrate nel vangelo e di sforzarsi di argomentare in conformità al testo . Si scorge una tensione tra le tradizioni di Gesù che opera miracoli da una parte e le tradizioni di Gesù che va alla morte dall'altra . Le prime sono viste come espressione della fede in Cristo di quelle comunità alle quali Marco si rivol­ ge con il «suo» vangelo . Qui la croce sarebbe relegata in secon­ do piano a favore di una theologia gloriae e il Cristo sofferente sarebbe sostituito da Gesù che agisce come uomo divino di stam­ po ellenistico . Sarebbe «l' eresia che ha reso necessario il Van­ gelo di Marco» . Di fronte a essa Marco mette in evidenza la theologia crucis, per salvare la quale sarebbe stato spinto a sten­ dere il suo vangelo . La teoria non convince , perché accredita la situazione comunitaria degli avversari di Paolo nella seconda lettera ai Corinti (proposta da G. Georgi 6) e perché valuta in maniera sbagliata la posizione delle tradizioni dei miracoli in Marco 7• Occorre chiedersi anche se una scarsa disponibilità al­ la sofferenza sia sufficiente a caratterizzare una comunità bene definita 8 • L' ambiente in cui nasce il vangelo di Marco è meno drammati­ co . È bene vagliare le tradizioni marciane . Si vedrà subito allo­ ra una grande molteplicità di tematiche, concezioni e forme. Se si confrontano le tradizioni marciane con la fonte dei loghia 9, si può facilmente accertare che l'evangelista si colloca in un pun­ to della storia della tradizione nel quale il patrimonio narrativo riferito a Gesù si era già sviluppato abbondantemente. Se con­ sideriamo le maggiori unità narrative esistenti già prima di lui,

5 Cfr . T . J . Weeden , «The Heresy that Necessitated Mark 's Gospel» in ZNW 59 ( 1 968) 145- 1 58 ; Id. , Mark- Tradition in Conflict, Philadelphia 1 97 1 ; T.L. Bu­ desheirn , «Jesus and the Disciples in Conflict with Judaisrn» in ZNW 62 ( 1 97 1 ) 1 90-209; Kuhn, Sammlungen . , pagg . 229 s . 225 ; Schenke, Wundererziihlungen , ragg . 373-416. «Die Gegner des Paulus irn 2. Korintherbrief» , in WMANT I I ( 1 964) . 7· Cfr., sotto, l'Excursus «Miracoli ed esorcismi di Gesù>>, pagg. 30I ss; 8 Cfr . M. Hengel , «Kerygrna oder Geschichte» in TThQ 1 5 1 ( 1 97 1 ) 323-3Jo, � ui pag . 327 . . Cfr . S. Schulz, Q- die Spruch quelle der Evangelisten, Ziirich 1 972.

11

Il posto di Marco

che nel commento saranno esaminate in dettaglio , troviamo una storia della passione con un nesso degli avvenimenti che ha cer­ tamente influito sul modo di esporre i fatti da parte dell' evan­ gelista. Le dimensioni di questa storia della passione non possono essere state molto grandi, anche se bisogna ritenere che già in uno stadio premarciano della tradizione fossero state ampliate . L' evangelista dispone inoltre di una raccolta di dispute galilai­ che (cap . 2) , di una fonte di parabole (cap . 4), di un raggruppa­ mento di pericopi che affrontano problemi concreti della comunità (cap . 1 0), di una piccola apocalisse (cap . 1 3) 10 • Que­ ste raccolte derivarono da una attività pratica della comunità: dalla predicazione e dall 'insegnamento . La loro composizione avvenne seguendo punti di vista oggettivi ; non sono interessate a una descrizione cronografica. L'insieme del materiale ante­ riore a Marco è una tradizione di pericopi che per il loro genere possono essere classificate in tipi assai diversi 1 1 • Alcune di que­ ste pericopi, che non hanno conservato nessun genere letterario puro , mostrano proprio per questo di essere state usate già da molto tempo nell'attività comunitaria . Sorprende in Marco il grande numero di racconti di miracoli e di esorcismi . Essi si col­ locano nell' ampio campo della predicazione missionaria, sia che siano poi stati trasformati in apoftegmi 12 o in dispute . Trovia­ mo inoltre dispute, dialoghi pedagogici , apoftegmi, storie dei discepoli e qualche passo di singolare e difficile classificazione . Se si fa di nuovo un confronto con la fonte dei loghia o coi grandi vangeli di Matteo e Luca, la tradizione dei detti di Gesù nel van­ gelo più antico è relativamente ridotta. Ciò è vero soprattutto se si prescinde dai loghia che sono parte costitutiva di una nar­ razione. Discorsi più ampi si trovano solamente nel capitolo delle parabole e nell 'apocalisse del cap . 1 3 . In 3 , 24-30; 8 , 34-9, l; 9, 39-50 abbiamo alcune serie minori di detti , collegati tra loro in parte già prima di Marco . La mancanza della tradizione dei

10 Una raccolta premarciana di storie di miracoli si è dimostrata improbabile . Cfr . pagg . 376 s . 11 Nella tipizzazione e nella terminologia le proposte di Bultmann si sono af­ fermate più di quelle di Dibelius. Cfr. Bultmann, Geschichte, pagg . 8-329; Di­ belius, Formgeschichte, pagg. 8 ss. Per la classificazione delle storie dei miracoli vedi l'Excursus «Miracoli ed esorcismi di Gesù» , pagg . 301 ss. 12 Per il concetto di apoftegma cfr. Bultmann, Geschichte, pagg . 8 s. ·

12

Introduzione

loghia non si può spiegare dicendo che l'evangelista l' avrebbe tralasciata. Egli non conosce la fonte dei loghia come produ­ zione letteraria anteriore 1 3 , ma solamente un certo numero di loghia che in quella fonte possiede i suoi paralleli e che in lui incontriamo in una forma stranamente spezzettata. Sopravvive anche in Marco la predicazione di Gesù sul regno di Dio , ed es­ sa occupa addirittura un posto centrale . L'evangelista tuttavia non l'ha fatta propria senza reinterpretarla 1 4• La varietà delle tradizioni usate e rielaborate nel vangelo più antico potrebbe già essere illustrata sulla base della classificazione del materia­ le . Essa appare ancora più convincente se la si esamina attenta­ mente badando al contenuto . Se prendiamo come esempio la cristologia e consultiamo nuovamente la fonte dei loghia, ve­ diamo che ivi la professione di fede in Gesù si presenta con un carattere abbastanza unitario. Se si prescinde dall' attributo di Figlio di Mt 1 1 ,27 par . , Gesù è il Figlio dell 'uomo che nel presente è disprezzato e che in fu­ turo si rivelerà come il giudice escatologico . In Marco invece incontriamo tutta la gamma dei titoli cristologici : Gesù non è solamente il Figlio dell 'uomo presente , futuro e sofferente, ma anche il Figlio , il Figlio di Dio , il Figlio di Davide, Cristo; Ky­ rios. Se si aggiunge ancora la cristologia del racconto della pas­ sione anteriore a Marco , secondo il quale Gesù è visto come il giusto perfetto descritto nei salmi della sofferenza, il quadro si definisce . Merita qui di essere ricordata un' altra osservazione . U . Luz 1 5 a proposito dell'immagine di Gesù della tradizione premarciana ha giustamente fatto notare che soprattutto nelle storie dei miracoli e nelle dispute viene messo in forte risalto il potere di Gesù . Luz collega questo fatto alla fede in Gesù del­ le comunità che stanno dietro queste tradizioni , per le quali il

1 3 Cfr . B. H. Streeter, The Four Gospels, London 1 927, pag. 1 50; W . G . Kiim­ mel, Einleitung in das NT, Heidelberg 1 964 1 3, pag . 38. Sul problema cfr . inol­ tre: M. Devisc h, «La relation entre l'évangi1e de Mare et le document Q» in _ M . Sabbe, L 'Evangile selon Mare, 1 974 (BEThL 34), pagg . 39-9 1 ; J . P . Brown, «Mark as Witness to an Edited Form of Q» in JBL 80 ( 1 96 1 ) 29-44. 1 4 Quest'aspetto è tenuto presente troppo poco da G. Dautzenberg, «Zur Stel­ lung des Markusevangeliums in der Geschichte der urchristlichen Theologie» in Kairos 18 ( 1 976) 282-29 1. 1 5 «Das Jesusbild der vormarkinischen Traditiom> in Jesus Christus in Histo­ rie und Geschichte (FS H. Conzelmann), Tiibingen 1 975, pagg. 347-374.

Il

posto di Marco

13

Gesù terreno è l a realtà costitutiva per eccellenza, l a cui autori­ tà si afferma nei confronti del mondo che gli è sottomesso e il cui insegnamento è vincolante per i cristiani . Di pari passo con questa accentuazione cristolog�ca procedono, secondo Luz, una ripresa o una omissione della futura attesa escatologica, perché il presente viene qualificato come il tempo della salvezza esca­ tologica. Se da un lato quest' osservazione è sicuramente giusta rispetto a un esame isolato delle tradizioni dei miracoli , dall 'al­ tro è necessario prestare maggiore attenzione al cap . 1 3 , in quan­ to qui il tema è l' escatologia finale 16• L'esame del patrimonio di tradizioni che arriva all' evangelista e che dovrebbe caratte­ rizzare la sua collocazione nella storia della tradizione insegna che Marco deve essere stato animato da una forte volontà di integrazione . Egli accoglie le tradizioni nella loro varietà. Seb­ bene non lo si possa affermare con sicurezza, si ha l' impressio­ ne che difficilmente egli tralasci qualcosa che gli capita in mano , e inserisce tutto nel quadro del vangelo , un quadro da lui crea­ to . Se è vera la tendenza a tralasciare il meno possibile e acco­ gliere al massimo, allora si tratta di un impulso non trascurabile per la stesura del vangelo . C'era il pericolo non solo che cades­ sero nell'oblio alcune preziose tradizioni , ma anche che esse ve­ nissero danneggiate e rovinate dalle ripetizioni . Con questo si è detto qualcosa di rilevante sull'origine dell ' ope­ ra marciana , ma non si è ancora risposto alla questione del per­ ché Marco ha concepito il suo vangelo così e non diversamente , cioè come esposizione dell' attività di Gesù dal battesimo fino alla risurrezione 17• Con ciò è stato posto il problema del nuo­ vo genere del vangelo , un genere che risale a Marco . Le soluzioni , che gli studiosi offrono per definire il concetto mar­ ciano di vangelo, si muovono tra le parole-chiave kerygma e sto­ ria. Oppure , per esprimerci in altri termini : o si considera il

16 La capacità di integrazione di Marco rende improbabile l'ipotesi che Mc 1 3 sia un'aggiunta posteriore dell'evangelista dovuta a una ragione particolare, ipo­ tesi sostenuta da Pesch, Naherwartungen , pagg . 70-73. Cfr . Pesch, l , pag. 59. L'ipotesi è stata accettata da J .M. Niitzel, «Hoffnung und Treue. Zur Escha­ tologie des Markusevangeliums» in Gegen wart und kommendes Reich (FS dei discepoli per A. Vogtle) , Stuttgart 1975 , pagg . 79-90. 17 Per la preistoria del concetto di vangelo cfr. l'Excursus «Evangelium» nel commento alla lettera ai Romani di U. Wilckens in questa serie (EKK) .

14

Introduzione

vangelo come predicazione scritta, nella quale passa in secondo piano ciò che è storicamente ricordato , oppure lo si vede soprat­ tutto come memoria storica che pure vuole annunciare . Accade raramente che l' uno o l' altro aspetto sia completamente eliminato 18 • La tendenza kerygmatica nell'esegesi di Marco è stata inaugurata da W . Marxsen 1 9• Partendo da un confronto col concetto paolina di vangelo, che definisce «concettuale­ teologico» , Marxsen dimostra che le idee-chiave di Paolo sono presenti anche in Marco , anche se non bisogna pensare a una loro diretta assunzione . Anche l' evangelista conosce la dimen­ sione caratteristica di Paolo , secondo cui il vangelo è una forza viva, e non solo rende testimonianza dell 'evento della salvezza, ma è esso stesso evento di salvezza, interviene nella vita dell'uo­ mo, lo chiama alla decisione ed esige ubbidienza. Solo che Marco collega il concetto paolina al patrimonio tradizionale sinottico , il quale aggiungerebbe alla componente «concettuale-teologica» una componente «kerygmatico-oggettiva» . Marco unisce teo­ logia e tradizione, crea così un' evidenza più forte. È necessario però vedere come quest' evidenza è al servizio di un' affermazio­ ne teologica che vuole annunciare. In ogni caso il risultato è che «l' opera va letta come predicazione; come tale è annuncio non "racconto di Gesù " . Il fatto che qui appaia anche il narrato, è quasi sorprendente sotto quest 'aspetto . Esso , in ogni caso, è solamente materiale» 20 • Forse il discepolo di Marxsen , A. Suhl , dà alla tesi una formulazione ancora più forte , quando afferma concisamente: Marco non parla di una storia passata, ma fa in modo che l' evento rappresentato nel vangelo si svol�a ancora una volta, nel presente della predicazione . Il materiale sinottico della tradizione diventa materiale per costruire una vi­ sione delle cose 21 • L'impostazione storica presentata da 1. Roloff 22 avanza, contro l'impostazione kerygmatica, il dubbio che questa possa rappresentare una spiegazione adeguata del fe-

18 Qui andrebbe nominato Schreiber, Theologie des Vertrauens, pagg. 9-2 1 , per il quale la storia riferita da Marco si dissolve in una teologia satura di numerosi simboli . 1 9 Evangelist, pagg . 85-92. 98- 1 0 1 . 20 Pag. 87. 21 Funktion, pag. 168. 22 «Das Markusevangelium als Geschichtsdarstellung» in EvTh 27 (1 969) 73-93 .

Il posto di Marco

15

nomeno letterario della stesura dei vangeli. L' esposizione stori­ ca è giudicata negativa a priori . Per Roloff il vangelo può essere spiegato sufficientemente solo «se si capisce che dietro di esso vi è l' intenzione di presentare la storia di Gesù come un evento passato» 23 • A tale proposito egli fa riferimento soprattutto al­ la trama di Marco , all ' incomprensione dei discepoli che sareb­ be concepita come un fatto che caratterizza il passato ed è stata eliminata dalla pasqua, e a motivi storici che potrebbero essere segnalati nei racconti di Gesù . Anche per R. Pesch 24 l'origine del vangelo si capisce dalla necessità che la chiesa avrebbe avu­ to «di un'identificazione storico-teologica della propria predi­ cazione e della propria dottrina» in una determinata fase nella sua storia e della sua predicazione 2 5 • Marco dipenderebbe da ampi aggregamenti di tradizioni che già avevano avuto un' ana­ loga caratterizzazione; dipenderebbe soprattutto da una storia premarciana della passione che avrebbe avuto già una notevole estensione. In una posizione intermedia tra le tesi descritte si trovano altre spiegazioni , nelle quali l' accento cade di più sul­ l' uno o sull ' altro aspetto ; esse sono . state ripetutamente descritte 26 • Il vangelo è stato definito in modi diversi come : «esposizione storica» (Rolo ff) , «racconto storico » (S. Schulz) 27, «kerygma di una determinata situazione e missione» (E . Stegemann) 28 , «annuncio come racconto» (G . Strecker) 29, «indirettamente predicazione, direttamente racconto storico », «storia epifanica, storia di rivelazione» , «documento dell'istru­ zione della comunità» , «libro missionario» (Pesch) 30 • In effetti una spiegazione unilaterale di tipo kerygmatico po­ trebbe rendere plausibile la raccolta delle tradizioni su Gesù , non però la concezione del vangelo di Marco nel senso di un' esposi23 Pag. 78. 24 l , pag . 2. 25 La citazione è presa da Stuhlmacher, Evangelium, l , pag . 277, nota 2. 26 Cfr. Roloff (nota 22) , pagg. 73-98 ; Hengel (nota 8), pagg. 326-33 1 ; Pesch, I

pagg . 5 1 -5 3 .

27 Stunde, pagg. 9-46t 28 Das Markusevangelium als Ruf in die Nachfolge, Diss . , Heidelberg 1974, ma­ noscritto, pag. 2 1 7 .

29 «Zur Messiasgeheimnistheorie i m Markusevangelium» i n StEv III/2 ( 1 964) 87- 1 04, qui pag . 104.

30 l , pagg . 5 1 . 59.29. Le molte definizioni denotano la difficoltà, ma anche una certa confusione.

Introduzione

16

zione dell'opera di Gesù , dal battesimo fino alla risurrezione . In particolare, poi, essa non convince quando vuole collegare l'intenzione della predicazione dell ' evangelista a una situazione ben precisa. Ciò accade in Marxsen , per il quale il vangelo sa­ rebbe stato redatto da Marco per così dire nell' ultima ora pri­ ma dell ' attesa parusia 3 1 • Ma allora l' opera di Marco avrebbe perso attualità già cinque anni dopo la sua edizione. Una spie­ gazione unilaterale di tipo storico non si avvede che Marco , an­ che per quanto riguarda il vangelo , si trova in una situazione di passaggio. Ciò può essere chiarito con l'osservazione secon­ do cui il concetto di «vangelo» , che potrebbe essere stato ante­ riore a Marco (l, 1 5) ma che viene da lui inserito nella tradizione, ha a che fare, se si fa eccezione di l, l, esclusivamente con la predicazione orale . In l, l quel concetto si trasforma nella defi­ nizione dell'opera, definizione che, se si considerano gli altri pas­ si in cui ricorre la parola euagghelion, vuole far capire che l'opera è stata scritta per la predicazione . In un passo decisivo ( 1 6,6) viene riportato nella sua sostanza il vangelo originario di l Cor 1 5 ,2 s. (morte e risurrezione di Gesù) . La struttura del vangelo di Marco - come si mostrerà - è composta in modo che tutto sia orientato alla croce e alla risurrezione . Anche questo sta a indicare che Marco è caratterizzato dal kerygma. D'altra parte egli crea qualcosa di nuovo che va visto come il suo specifico contributo, come il fattore più decisivo . La successione del rac­ : conto , che dà volutamente l 'impressione di una trama cronolo­ gica, è comprensibile solamente in quanto vuole parlare dell 'opera di Gesù, presentarla come storia. I collegamenti del­ le azioni possono benissimo essere fatti in modo da apparire del tutto indeterminati 3 2 ; l' attività che si estende nello spazio tra il battesimo e la risurrezione, sta a indicare che essa è presa sul serio e in quanto fatto passato è oggetto di riflessione. Anche la concezione del mistero del Messia spinge nella medesima di­ rezione, in quanto i tempi vengono distinti (cfr . Exkursus) . Già nel racconto premarciano della passione, che può averlo influen31

Evangelist, pagg. 66-77.

32 Pesch, l, pagg . 1 7 - 1 9 , richiamandosi a Theissen, Wundergeschichten, pag .

199, elenca cinque collegamenti: di tempo, di luogo , di avvenimento , di moti­ vazione, introduzione relativa alla situazione. Si aggiunga il nesso della ripeti­ zione. Cfr. in modo analogo già Bultmann , Geschichte, pagg . 363-365 .

Teologia e piano di Mc

17

zato, l'evangelista tr�vò sia l a riflessione storica che una rifles­ sione di tipo teologico . Marco può essere presentato come un narratore teologico del ia storia, non come uno storiografo di tipo letterario 33 • Se si è consapevoli delle reciproche limitazio­ ni che le determinazioni concettuali comportano , la sua opera può essere definita «racconto come predicazione o al servizio della predicazione». A differenza dei modelli delle sue perico­ pi, la redazione del vangelo non è così direttamente legata alla vita della comunità e non è nata da essa come lo furono invece quei modelli . L'opera fu possibile solamente in un certo rap­ porto di distanza non totale. In verità il «teologo a tavolino» è solamente un' invenzione del secolo XIX; le tradizioni accolte da Marco furono usate e collaudate nella comunità; tuttavia ciò che egli creò è diretto a un pubblico più vasto e meno legato al tempo 34•

2. Teologia e piano del vangelo di Marco Se la teoria della storia delle forme considerava i sinottici come raccoglitori e trasmettitori, la teoria della storia della redazione ne scoprì lo specifico contributo teologico , che andò continua­ mente aumentando a mano a mano che si andava sviluppando il nuovo metodo . Ora il pendolo torna indietro . Si invita a ri­ tornare alla storia delle forme 35 e/ o si considera Marco un re­ dattore conservatore il quale si sarebbe permesso degli interventi redazionali nelle tradizioni solamente in un quadro ben circo­ scritto e caratterizzato dalle tradizioni ricevute 36 •

33 Cfr . Hengel (nota 8), pagg. 323 s . e nota 10, il quale giustamente considera

kerygma e storia delle false alternative. 34 Soltanto a determinate condizioni si può fare riferimento ad analogie lette­ rarie del vangelo . S. Schulz, «Die Bedeutung des Markus fiir die Theologiege­ schichte des Urchristentums» in StEv I l , 1 964 (TU 87) 1 35 - 1 45 , qui pag. 144, rimandava alla vite popolari del theios-aner, per esempio di un Apollonio di Tiana; Schweizer, pag . 8 , ai libri storici dell'Antico Testamento e al libro di Giona; F.G. Lang, «Kompositionsanalyse des Markusenvageliums» in ZThK 74 ( 1 977) 1 -24, alla tragedia antica . Si dovrà rispettare l'originalità del vangelo come composizione cristiana . 35 Raisanen, Messiasgeheimnis, pagg . 167 s. 3 6 Pesch, l , l?agg. 48-6 3 .

18

Introduzione

È necessario tenere presente la si�uazione dell 'evangelista. Que­

sta era totalmente diversa da quella di un apostolo Paolo che scriveva lettere alle comunità. L'intento primario di Marco fu quello di trasmettere le tradizioni su Gesù . Il suo c,ompito fu quello di stendere queste tradizioni in un quadro di collegamenti, che è il vangelo . Il vangelo doveva servire alla predicazione del­ la chiesa. Si riesce a cogliere il particolare procedimento dell'e­ vangelista solamente se si tengono presenti allo stesso modo l'elemento del dato tramandato e quello complessivo del van­ gelo , nel quale la tradizione fu inserita per mano del redattore . Il compito non è semplice né esente da rischi, come mostrano i differenti risultati. Si deve però affermare questo : le tensioni presenti nell 'insieme del testo , tensioni dovute alle diverse tra­ dizioni inserite e che l 'evangelista accettò per rispetto del dato tramandato, non devono intorbidire lo sguardo a proposito del lavoro di redazione . L' evangelista possiede anche un suo speci­ fico interesse e una sua specifica teologia. «Collocò la sua teo­ logia sopra una o più teologie esistenti già nella tradizione da lui recepita» 37 • La critica della redazione è fondamentalmente giusta per quanto riguarda la comprensione del vangelo . Tutta­ via il lavoro redazionale di Marco deve essere visto nei limiti che possiede . Marco è un redattore moderato . Per capirlo sono necessari tre momenti . Prima di tutto vanno indicati alcuni se­ gnali che l' evangelista ha lasciato, poi il concetto teologico e, infine , il piano per il vangelo . a) L'evangelista Marco ha combinato la stesura del vangelo in modo da preordinare l ' attività di Giovanni il Battezzatore al­ l' attività di Gesù . All' inizio vediamo Gesù presso Giovanni in riva al Giordano . La fine è costituita dalla croce e dalla risurre­ zione . Questi sono sicuramente i dati storici dell' apparizione di Gesù in pubblico . Ma il fatto che la prima delle tre parti del vangelo presenti Gesù che opera in Galilea, il fatto che poi egli intraprenda quel viaggio che si conclude a Gerusalemme con la morte sono elementi che compongono un quadro creato artifi­ ciosamente, un quadro che indica come il cammino di Gesù sia

37 E. Best, «Mark''s Preservation of the Traditiom> in M. Sabbe, L 'Évangile selon Mare, 1 974 (BEThL 34), pagg . 2 1 -34, qui pag . 34.

Teologia e piano di Mc

19

orientato alla fine in Gerusalemme. Le ripetute decisioni di morte delle autorità giudaiche indicano che il Vangelo di Marco fu con­ cepito a partire dalla passione . In parte quelle decisioni c' erano già prima di Marco, in parte sono state create dal redattore. La prima viene presa già al termine delle iniziali dispute con gli av­ versari in Galilea (3 ,6); le successive fanno parte della storia della passione ( 1 1 , 1 8 ; 1 2 , 12; 1 4 , 1 s . 55). Il cammino di Gesù è adom­ brato dalla morte . L' attributo di Figlio di Dio (cfr . l'Excursus omonimo) comprende in un' inclusione tutto il vangelo ( l , 1 . 1 1 ; 1 5 ,39) . Importantissima la professione di fede del centurione ro­ mano , che come acclamazione cristologica finale manifesta il particolare interesse dell ' evangelista per la cristologia del Figlio di Dio . Si tratta di una specie di compendio cristologico che as­ somma in sé tutte le precedenti acclamazioni e le questioni ri­ guardanti la sua natura. G. Theissen ha parlato di vari archi di tensione 3 8 • Accanto a questo, però , bisognerebbe non dimen­ ticare un arco che corre parallelo . L'angelo del sepolcro annun­ cia alle donne il messaggio pasquale della croce e risurrezione ( 1 6,6). Anche questo messaggio era stato anticipato nelle predi­ zioni della passione (8 ,3 1 ; 9,3 1 ; 10,33 s.). Se le decisioni di morte degli avversari descrivevano ciò che di minaccioso vi era nel de­ stino di Gesù, le predizioni della passione vogliono spiegare che Gesù è a conoscenza della sua via, la accetta in ubbidienza, pre­ para i discepoli a questo destino e sa che la morte non ha l' ulti­ ma parola. Un segnale è dato anche dal fatto che i discepoli e Simone (o Pietro) vengono chiamati all'inizio dell'attività di Gesù (1 , 1 6-20) e ricevono un incarico nell 'ultima pericope ( 1 6,7). Anche que­ sto può essere visto come un'inclusione che mostra come per Marco i discepoli siano importanti . - Nei sommari (l , 34; 3 , 7- 12; 6,5 3-56) l' evangelista ha genera­ lizzato i racconti delle guarigioni e degli esorcismi di Gesù su­ scitando l ' impressione che quest ' attività abbia avuto un' estensione ancora maggiore. Parallelamente, però , corrono delle affermazioni generalizzanti che Gesù ha insegnato al po-

3 8 Wundergeschichten, pag. 2 1 2 . Theissen, pagg. 2 1 4-22 1 , parla di uno sche­ ma mitico a tappe e di un arco biografico. Il primo si basa sulle asserzioni sul Figlio di Dio, il secondo sui riferimenti alla passione.

Introduzione

20

polo , senza peraltro indicare il contenuto del suo insegnamento (1 , 21 s . ; 2, 1 3 ; 6,6b . 34; 10, 1 ) . Occorre vedere insieme questi due aspetti , per cui viene da chiedersi in che rapporto fossero l' inse­ gnamento e l ' attività guaritrice . Stimolati da queste osservazio­ ni e anticipando alcuni risultati dell'interpretazione, è necessario adesso presentare alcuni punti della concezione teologica di Marco . b) Secondo J . Roloff 39 la tematica dei discepoli costituisce la tendenza narrativa che più chiaramente emerge in Marco . Sor­ prende però che i giudizi pronunciati sui discepoli siano di na­ tura opposta. Come si è già accennato, i discepoli sono i primi ai quali si rivolge la parola personale di Gesù nelle storie di vo­ cazione . Dodici di loro sono chiamati alla particolare sequela e viene affidato loro un potere speciale (3 , 1 3- 1 9) . Essi accolgo­ no il mistero del regno di Dio (4, IO s . ) , vengono inviati da Gesù (6,7 ss.), sono suoi commensali all'ultima cena (14, 1 7 ss .). Questi atti di onore mettono fortemente in evidenza la loro mancanza di intelletto e la loro incapacità di comprendere Gesù e la sua parola. A giudizio unanime degli studiosi, il rimprovero spesso ripetuto nei confronti dei discepoli è stato sottolineato da Mar­ co . Per citare solo alcuni esempi : essi non comprendono le pa­ rabole ( 4, 1 3 ; 7, 1 8), vengono meno durante la tempesta sul lago (4,35-4 1 ) e anche nell 'episodio di Gesù che cammina sulle ac­ que (6, 5 1 s . ) . Dopo la professione di fede messianica la loro ot­ tusità riguarda soprattutto il problema della passione (9,32; 1 0 , 32). Anche i Dodici sono ripresi duramente (9, 3 5), Giuda è caratterizzato come «uno dei Dodici» ( 1 4, 1 0.20.43). Anche Pie­ tro fallisce vergognosamente (8 ,33), anche se questa tradizione è anteriore . Non è ammesso quindi differenziare i Dodici dai discepoli per il rimprovero mosso a questi . Marco tuttavia co­ nosce un gruppo numeroso di discepoli (2, 1 5) , ma a volte può parlare anche solo di tre (5 ,37; 7 ,2; 14 ,33) o di quattro ( 1 3 ,3) discepoli che diventano testimoni di un fatto particolare o di un insegnamento . L' accostamento tra fallimento e grande chia­ mata non può essere preso come distrazione , dato che Marco ..

.

-

39 EvTh 27 ( 1 969) 84. Cfr . anche W. Bracht, «Jiingerschaft und Nachfolge»

in Kirche im Werden, a cura di J . Hainz, Paderborn 1 976, pagg . 143- 1 6 5 .

Teologia e piano di Mc

21

forza il rimprovero . Per lui i Dodici sono coloro che , come te­ stimoni della vita di Gesù, devono assicurare la continuità tra il tempo di Gesù e il tempo della Chiesa. In questa visione è già implicitamente contenuto il concetto di «apostolicità» e della legittima predicazione apostolica. La durezza d' intelletto dei di­ scepoli , che rientra anche nel quadro del mistero del Messia, ri­ manda alla croce . L'essere vero discepolo comprende la professione di fede nel Crocifisso ( 1 5 ,39), includendovi anche la disponibilità alla sequela della croce . Partendo da qui si è cer­ cato di definire il significato fondamentale del vangelo di Mar­ co e di caratterizzarlo come chiamata alla sequela 40 • Sarebbe sbagliato tuttavia se si volesse comprendere la fuga dei discepo­ li dinanzi alla croce come segno di una discussione storica di Marco con alcune comunità che av:rebbero rifiutato la profes­ sione di fede nel Crocifisso . La fuga dalla croce è un pericolo costante e costante è la difficoltà della sequela della croce . In questa preoccupazione di Marco si potrà scorgere dunque qual­ cosa che sottrae la stesura del Vangelo al suo stretto legame con una situazione concreta. La tematica dei discepoli si collega al­ la tematica della fede, anch'essa preferita da Marco . L'esorta­ zione a credere si può leggere nella caratterizzazione introduttiva della predicazione di Gesù ( 1 , 1 5) . Ma Gesù s'imbatte nell 'in­ credulità, nella durezza di cuore (3 ,5). Anche i discepoli sono ottusi (8, 17 s.), i miracoli di Gesù manifestano l'incredulità (6,2). Si chiede a lui un segno dal cielo (8 , 1 0- 1 3) . Accanto a tutto que­ sto perdura l' esigenza della fede ( 1 1 ,22) . Marco conosce anche la dialettica della fede, ciò che resta di incredulità nel credente, e parla della fede di Gesù che può tutto (9,23 s . ) . L' evangelista oppone la fede a una comprensione magica del miracolo (5 ,27-34) . È ancora la fede vera che fa aprire gli orecchi e gli occhi (7 ,32-37 ; 8,22-26) ; essa non si fonda solamente nella con­ fessione della dignità messianica di Gesù (8 ,27-29) ; quel cieco che lo segue verso Gerusalemme vede veramente ( 1 0,46-52) . Le guarigioni miracolose dei sordi e dei ciechi possiedono un signi­ ficato simbolico . Il gruppetto raccolto sotto la croce è suddivi40

Cfr. Schweizer, pagg. 2 1 1 -2 1 6 . Grundmann, appendice 15 e nota 5 1 , vede nella durezza d' intelletto dei discepoli un elemento di critica alla chiesa, un'e­ spressione di uno stato ecclesiologico di emergenza che esiste finché c'è sulla terra una comunità di Gesù .

22

Introduzione

so tra chi non crede e chi arriva alla fede ( 1 5 ,32.36. 39) ed è dalla parte del Crocifisso. Se ci chiediamo perché proprio i discepoli vengono liberati dalla loro incapacità di comprendere, vedia­ mo che Marco sottolinea la grazia di Dio . Gesù li ha chiamati in libertà sovrana (1 , 1 6-20), ha istituito i Dodici chiamando quelli «che egli volle» (3 , 1 3), Dio affida loro il mistero del regno di Dio (4, 1 1 ; passivum divinum) . Dio è capace di compiere l'im­ possibile ( 1 0,27). Se i discepoli , che falliscono totalmente du­ rante la passione del loro Maestro , vengono nuovamente riuniti dopo la pasqua, lo devono alla grazia del Signore risorto che li precede in Galilea ( 1 4,28; 1 6, 7) . Quella condizione di disce­ polato che Marco presenta al lettore e che bisogna realizzare, si alimenta alla sollecitudine di Dio e va posta sotto la perma­ nenza della sequela della croce . Un altro tema teologico per Marco è Israele e il popolo di Dio . Non possiamo immaginarci quest'intento dell' evangelista pen­ sando che l' ochlos, la folla, rimane a lungo con Gesù nel ruolo di una comparsa, paragonabile al ruolo del coro nella tragedia antica. Nel vangelo Gerusalemme è il luogo del giudaismo che non crede . Di lì vengono le autorità giudaiche per prendere Ge­ sù e per metterlo alla prova (3 ,22; 7, 1 ) . Il passo sull 'ostinazione (4, 1 2), preso da Is 6,9 s . , non può essere compreso senza un ri­ ferimento a Israele. Il rifiuto che Gesù conosce nella sua patria a Nazareth (6, 1 -6) può essere riferito in modo analogo all 'at­ teggiamento dei giudei increduli; lo stesso dicasi per la dura cri­ tica alla loro pratica della legge in 7 , 1 -23 . Una parentesi redazionale include esplicitamente «tutti i giudei» in questa cri­ tica (7 ,3 s . ) . I loro precetti sul cibo sono definiti assurdi (7 , 1 9). I verdetti aumentano nell' ultima parte del vangelo . Il tempio , che appare solamente qui , viene giudicato in maniera· totalmen­ te negativa. La protesta di Gesù nel tempio con la cacciata dei mercanti acquista carattere minaccioso in collegamento con l'at­ to simbolico della maledizione del fico ( 1 1 , 1 2- 1 9) . Marco ha compreso la protesta del tempio come abolizione del suo culto ad opera di Gesù. Il dialogo sulla fede che l'evangelista fa se­ guire nel gruppo dei, discepoli ( 1 1 ,20 ss.) va visto sullo sfondo dell'incredulità dei gerosolimitani . La parabola dei vignaioli e la questione dell' autorità ( 1 1 ,27- 1 2 , 1 2) sono il punto culminan­ te della lotta. Le dispute di Gerusalemme portano Gesù nella zona del tempio ( 1 2 , 1 3 ss.; cfr. 1 4,49) . Esse si concludono nuo-

Teologia e piano di Mc

23

vamente con una dura critica ( 1 2,32 s . ) . Gesù predice la caduta del tempio ( 1 3 ,2); essa fa parte di una sua affermazione , addot­ ta come prova a suo carico nel processo del Sinedrio (14,58; cfr. 1 5 ,29) . Secondo la passione marciana sono le autorità giudai­ che a condannare a morte Gesù ( 1 4,64) ed è il popolo che, isti­ gato dai sommi sacerdoti , chiede a Pilato la sua crocifissione ( 1 5 , 1 1 - 1 5) . La consegna di Gesù al pagano Pilato e perciò la sua esclusione dal popolo giudaico avvengono ufficialmente per ope­ ra del Sinedrio, di cui l 'evangelista in 1 5 , l enumera espressa­ mente i gruppi . Il legame dell'opera di Gesù col popolo giudaico è espresso dal passo di 7,27 , ma è evidenziato anche dal fatto che il titolo di Figlio di Davide è usato esclusivamente nei pressi di Gerusalemme e in Gerusalemme (1 0,48; 12,35-37 ; cfr. 1 1 , 1 0). A quest' aspetto negativo corrisponde uno sviluppo positivo , la costituzione di un nuovo popolo di Dio . Questo sarà formato dalle genti , alle quali deve essere annunciato il vangelo ( 1 3 , 1 0). Ma già all 'inizio dell' attività di Gesù si raccoglie attorno a lui una nuova famiglia spirituale che fa la volontà del Padre suo (3 , 3 1 -35). I Dodici , il cui compito sta nel collegare il tempo di Gesù col tempo della chiesa, potranno essere considerati come la cellula germinale o i capostipiti della nuova comunità. La don­ na siro-fenicia è una primogenita tra i pagani; ella convince Ge­ sù con la sua fede (7 ,24-30). La protesta di Gesù nel tempio viene motivata con la parola profetica che il tempio deve essere una casa di preghiera per tutti i popoli ( 1 1 , 1 7). I pungenti rimpro­ veri che la parabola dei cattivi vignaioli rivolge ai sommi sacer­ doti, agli scribi e agli anziani vanno di pari passo con la promessa che altri riceveranno la vigna. Si dovrà pensare qui al nuovo po­ polo di Dio . Il centurione ai piedi della croce, del quale Marco conosceva l' appartenenza al paganesimo , pronuncia la definiti­ va professione di fede nel vangelo . Il nuovo popolo di Dio è aperto ai pagani , ma la figura del saggio scriba, che non è lon­ tano dal regno di Dio ( 1 2 , 34), sta a indicare che in questo po­ polo saranno accettati anche i giudei che crederanno . Marco prende la predicazione del regno di Dio dalla tradizione su Gesù, ma le conferisce una sua impronta specifica. Secondo il sommario di l, 1 4 s . Gesù annunciava la prossimità del regno di Dio . Quest'immediata vicinanza va intesa nel senso che que­ sto regno, anche se finale-escatologico , incomincia a realizzarsi già adesso, nell 'opera di Gesù . Il futuro determina il presente ,

24

Introduzione

ma in un modo che ciò che nel futuro sarà perfetto può essere parzialmente sperimentato nel presente: negli esorcismi, nei quali il forte viene vinto (3 , 24-27) . Bisogna accogliere - nella pro­ pria vita - la basi/eia di Dio come un bambino ( 1 0 , 1 5) . A cau­ sa del suo riferimento al presente, la basi/eia contiene un mistero ed è essa stessa misteriosa. Questo mistero va interpretato in sen­ so cristologico e rientra nell 'ambito del «mistero del Messia» . Coll 'aiuto di un aggancio redazionale l'evangelista unisce il rac­ conto della trasfigurazione a un loghion sull 'attesa a breve ter­ mine; questo /oghion parla con autorità dell'imminente arrivo del regno di Dio (9, 1 -8). Anche in questo modo si sottolinea la componente cristologica nel concetto di basi/eia. La collocazio­ ne escatologica dell'evangelista viene definita soprattutto nel ca­ pitolo 1 3 . È stato visto come un corpo estraneo , considerata la mancanza di affermazioni escatologiche nel vangelo o dato che le tradizioni anteriori a Marco non hanno un'impronta escato­ logica. Per Mc 1 3 c'è da tenere presente che le tradizioni apoca­ littiche sono "deapocalitticizzate" dall'evangelista e storicizzate mediante l 'obbligo di predicare in tutto il mondo o attraverso la parentesi rivolta ai discepoli ( 1 3 , 1 0- 1 3) . In maniera analoga Marco ha rielaborato una redazione premarciana della storia del­ la passione che aveva un taglio apocalittico , come si vedrà so­ prattutto in base al racconto della crocifissione . Anche per Marco è importante essere pronti per la fine e giudicare le cose nell'ottica della fine (cfr . , oltre al cap . 1 3 , i passi 8 , 3 8 ; 1 4 , 6 1 s . ) . L'evangelista pone però l' accento sul superamento cristia­ no del presente. Da ultimo , in quest'esposizione della teologia marciana, è ne­ cessario richiamare l' attenzione sull'immagine del Battezzato­ re. Marco ha chiarissimamente visto Giovanni come il precursore di Gesù e come tale lo ha inserito nel vangelo . Giovanni possie­ de i tratti di Elia, il cui ritorno era atteso nel giudaismo prima della venuta del Messia (9,9- 1 3 ; 1 ,6) . Ma egli non è precursore solamente per la sua predicazione, ma anche per la sua fine vio­ lenta ( 1 , 14; 7 , 1 7-29; 9,9- 1 3) . Questa solidarietà di destino con Gesù deve essere stata la principale ragione che ha portato l'e­ vangelista a collocare il Battezzatore all ' «inizio del vangelo» . (Per ulteriori aspetti della teologia marciana cfr. gli Excursus: Figlio di Dio , Galilea, i miracoli di Gesù, il mistero del Messia, la teoria delle parabole).

Teologia e piano di Mc

25

c) Il tentativo di scoprire un piano per il vangelo terrà presenti le considerazioni dei punti a) e b) . Una panoramica sulla suc­ cessione degli avvenimenti dà questo quadro: in l ,2- 1 5 sono pre­ sentati Giovanni il Battezzatore e Gesù, e il baricentro è Gesù . Il primo avvenimento dopo il prologo è la chiamata di quattro discepoli (l, 1 6-20) . La venuta di Gesù a Cafarnao e dintorni è caratterizzata dalla sua dottrina e dalle sue opere in potenza ( 1 ,2 1 -39). Sebbene si parli solo sommariamente dell'insegnamen­ to , questo è legato strettamente con i suoi esorcismi e le sue gua­ rigioni . Queste illustrano la didache. Al racconto di una guarigione (l ,40-45) si collegano le prime discussioni con grup­ pi diversi , che finiscono nella prima decisione di morte dei fari­ sei e degli erodiani (3 ,6) . Questi capitoli iniziali fanno pensare in misura sempre crescente che l' attività di Gesù attiri a sé un numero sempre maggiore di uomini ( 1 ,28 . 37 . 39 . 45 ; 2,2. 1 3 . 1 6) . Il sommario di 3 ,7- 1 2 rappresenta un momento culminante. Con la scelta dei Dodici d si rivolge nuovamente al gruppo dei di­ scepoli (3 , 1 3- 1 9), seguono gli attacchi da parte degli scribi di Gerusalemme e dei parenti di Gesù (3 , 20-25) . Il grande discor­ so del lago , in cui Gesù parla al popolo in parabole (4 , 1 -34), presenta ancora una volta, nel suo legame con un ciclo di quat­ tro miracoli (4, 35-5 ,43), l'intenzionale accostamento di insegna­ mento e opere potenti . La visita a Nazareth (6, 1 -6a) è chiaramente inserita come reazione agli insegnamenti e ai mira­ coli precedentemente presentati (6,2: he sophia. . . kai hai dyna­ meis) . L' invio e il ritorno dei Dodici , interrotti dal martirio del Battezzatore, offrono nuovamente una scena . coi discepoli (6,6b-29) . La sezione di 6, 30-8 ,26 passa da pericopi incentrate sul popolo a pericopi sui discepoli . In 8,26 c'è una cesura. Do­ po la professione di fede messianica di Pietro , Gesù parla per la prima volta della sua passione (8 ,3 1 ) . La sezione 8 ,27- 1 0,45 è efficacemente segnata dalle tre predizioni della passione (8 ,3 1 ; 9,3 1 ; 10, 32-34) . La mano redazionale dell' evangelista si mani­ festa nel fatto che ai tre annunci della passione si aggiungono ogni volta dei racconti che documentano la mancanza di com­ prensione dei discepoli : la vivace protesta di Pietro (8 ,32 s . ) , la disputa dei discepoli sulla precedenza (9, 32 ss. ) , la richiesta dei figli di Zebedeo di avere i primi posti ( 1 0, 3 5-45) . La cesura, in 8 ,27 significa che, nella parte seguente, al centro vi è il pensiero della passione e il gruppo dei discepoli riceve ancora maggiore

26

Introduzione

attenzione. Gli insegnamenti diretti ai discepoli aumentano (8 , 3 1 -9, 1 ; 9,9- 1 3 ; 9,3 3-50; 1 0 , 4 1 -45) . Anche le pericopi del po­ polo contengono ammaestramenti diretti ai discepoli ( 1 0, 10- 1 2 . 1 3 - 1 6 . 23-3 1 ) . Lo stesso dicasi anche per la storia di un miracolo di questa sezione (9, 1 4-29, qui vv . 28 s .). Il raccon­ to della guarigione del cieco di Gerico fu, trasformata dall' evan­ gelista in storia dei discepoli in chiave di sequela ( 1 0,46-52) . Essa fa da ponte all 'ingresso in Gerusalemme ( 1 1 , 1 - 1 1 ) , cui si colle­ gano alcune scene drammatiche ( 1 1 , 12-25). L' attività di Gesù nella capitale comprende discussioni con avversari differenti ( 1 1 ,27- 12,37) e un insegnamento intimo ai discepoli sugli eschata (cap . 1 3). In 1 2 , 3 8-44 abbiamo un intermezzo . Tutto però vie­ ne tenuto unito dal tema del tempio , nel quale si svolgono le azioni o al quale esse sono orientate . La storia della passione con la vista della tomba vuota, dove viene annunciato il mes­ saggio pasquale , costituiscono la parte conclusiva ( 1 4 , 1 - 1 6,8). Nel comporre il quadro bisogna riconoscere che in alcuni punti i confini sono indefiniti . Per esempio il prologo (l ,2- 1 5) può essere considerato a sé stante, ma anche parte della prima se­ zione. Alcuni autori spostano la cesura da 8 ,27 a 8,22 41 , per­ ché la guarigione del cieco prepara simbolicamente la confessione di Pietro . Se si parte dalla constatazione che la tematica dei di­ scepoli è l 'elemento narrativo che spicca in maniera più eviden­ te, alcune marcate storie dei discepoli assumono il significato di pericopi introduttive di nuove sezioni . La chiamata dei di­ scepoli apre la prima parte ( 1 , 1 6-20) . Con la decisione di morte di 3 , 6 una serie di avvenimenti ha raggiunto un certo apice. È meglio tuttavia fare iniziare la seconda parte con la scelta dei

4 1 Schweizer, pag . 214; Lang, ZThK 74 ( 1 977) 1 2 . Un quadro esauriente dei vari tentativi diretti a dare una suddivisione di Marco è presentato da Pesch , Naherwartungen, pagg . 48-5 3 . Non di rado sono addotti criteri di divisione del tutto artificiosi. Per esempio nel suo commento Carrington vuole combinare le unità marciane con un calendario delle festività ebraiche. Lang, ZThK 74 (1977) 1 -24, pensa che il vangelo sia concepito in modo analogo a una tragedia antica. Pesch, Naherwartungen, pagg. 54-82, ha tentato di compiere una suddivisione ricorrendo al computo dei versetti. Per altri tentativi cfr. anche H. Sawyer, «The Markan Framework. Some Suggestions for a New Assessment» in SJTh 14 ( 1 96 1 ) 279-294; D . J . Hawkin, «The Symbolism and Structure of the Markan Redac­ tion» in EvQ 49 ( 1 977) 98- 1 1 0. Obiettivo il giudizio di Bultmann, Geschichte, pag . 375 : la professione di fede di Pietro costituisce l'unica vera cesura.

Autore, luogo e tempo

27

Dodici (3 , 1 3 - 1 9) piuttosto che col sommario di 3 , 7 ss. Poiché la venuta di Gesù a Nazareth (6, 1 -6a) , come abbiamo potuto vedere, costituisce un momento finale dei racconti dei miracoli, la missione dei Dodici (6 ,6b- 1 3) può essere benissimo conside­ rata come un nuovo inizio . L'interrogazione dei discepoli con la confessione di Pietro costituisce la «peripezia» ( cambia­ mento repentino) (8 ,27-30). Al discepolo ora si chiede una deci­ sione nuova per la sequela, che è sequela della croce . La storia dei discepoli con la guarigione del cieco sulla via che va a Geru­ salemme ( 1 0,46-52) introduce la quinta sezione. Il discorso esca­ tologico di Gesù può essere fatto rientrare in essa. Il racconto della passione forma la sesta e ultima sezione. Risulta quindi la seguente suddivisione : l . Gesù opera con autorità dinanzi a tutto il popolo ( l , 1 6-3 , 1 2) 2. Insegnamento e miracoli di Gesù (3 , 1 3-6,6a) 3 . Continuamente in cammino (6,6b-8,26) 4. Esortazione alla sequela della croce (8 ,27- 1 0,45) 5. L' attività di Gesù in Gerusalemme ( 1 0,46- 1 3 ,37) 6 . Passione e vittoria ( 1 4 , 1 - 1 6 ,8) =

3. Autore, luogo e tempo della composizione a) Il vangelo non fa il nome del suo autore né questi compare in pfima persona in qualche passo , come accade per esempio nel prologo di Luca (Le l , 3 ; edoxe kam01) . L' anonimia della paternità va tenuta presente per comprendere l'opera. L'auto­ re, che poteva essere noto ai suoi destinatari, e passa in seconda linea rispetto all'opera rimanda a un'altra autorità. Si tratta del­ l' autorità che sostiene la predicazione della chiesa, l' autorità del­ la parola che l'autore ha raccolto unificando le molteplici versioni esistenti , cui ha voluto poi dare voce nuovamente nel vangelo . Se si riflette su ciò , la premura di volere attribuire un nome all' autore viene conseguentemente relativizzata. Il fatto che alcuni decenni dopo la composizione del vangelo si faccia il nome di un autore sta a indicare che la situazione è mutata. L' affermazione del vescovo Papia di Gerapoli (morto dopo il 120/ 1 30), che si richiama a un presbitero Giovanni, segue ten­ denze apologetiche . Il problema è quello di assicurare adesso,

28

Introduzione

con un collegamento indiretto coll'apostolo Pietro , l'autorità e la stima del vangelo più antico. Come autore viene presentato Marco , il quale, «divenuto interprete di Pietro , mise per iscrit­ to tutto ciò di cui si ricordava, senz'ordine però , sia le parole che le opere del Si g nore . Egli infatti hon aveva visto il Signore, né era stato suo discepolo , ma solo più tardi, come ho già det­ to, fu discepolo di Pietro . Questi teneva i suoi ammaestramenti a seconda delle necessità (degli ascoltatori) , comunque non in modo da voler offrire un compendio (continuo e ordinato) del­ le parole del Signore . Marco dunque non mancò di mettere per iscritto alcune cose così come le ricordava. La sua intenzione infatti era di non tralasciare nulla di ciò che aveva udito o di non tramandarlo erroneamente» . Gli interpreti 42 di quest'affer­ mazione di Papia tramandata da Eusebio 43 si trovano ampia­ mente d 'accordo sui punti che seguono : al presbitero Giovanni fa riferimento solo la prima frase. Ciò che segue (a partire dalla frase causale-esplicativa) è interpretazione di Papia, che scusa il comportamento di Marco , rivelando praticamente così la sua preferenza. Dal punto di vista di storia della chiesa vi fa da sfon­ do la discussione con gli eresiarchi, i quali affermano di posse­ dere le tradizioni legittime . Con Marco si allude al giudeo-cristiano Giovanni Marco (At 12, 1 2), accompagnatore dell' apostolo Paolo (At 1 3 , 5. 1 3 ; Col 4, 1 0; Fm 24) e discepolo di Pietro (l Pt 5 , 1 3) . Il riferimento ai ricordi dell'insegnamento di Pietro pr,esuppone che Marco abbia composto il suo vangelo dopo la morte di Pietro, probabilmente a Roma. Si è concordi anche nell' affermare che tutte le altre testimonianze sull 'origi­ ne del più antico vangelo risalenti all 'epoca patristica (lreneo di Lione, Tertulliano, Giustino , Clemente di Alessandria, il ca­ none muratoriano, Gerolamo) 44 dipendono da Papia, così che questi in definitiva è l'unico testimone autonomo. L'espressio-

42 Per l'interpretazione della citazione di Papia cfr. T.Y. Mullins, «Papias on

Mark's Gospel» in VigChr 14 ( 1 960) 2 1 6-224; W.C. van Unnik, «Zur Papias­ Notiz iiber Markus» in ZNW 54 ( 1 963) 276-277 ; J. Ki.i rzinger, «Die Aussage des Papias von Hierapolis zur literarischen Form des Markusevangeliums» in BZ 21 ( 1 977) 245-264. 43 Hist. ecci. III, 39, 1 5 . 44 Le testimonianze sono presentate nelle introduzioni al Vangelo . CfL per esempio J . Schmid, Einleitung in das NT, Freiburg 1 973 6 , pagg. 2 1 0-2 16.

29

Autore, luogo e tempo

ne «interprete (hermeneutes) di Pietro» viene spiegata diversa­ mente. O la si riferisce a un' attività di interprete di Marco , per cui egli avrebbe tradotto in greco i discorsi in aramaico di Pie­ tro, oppure la si pone in relazione con la stesura del vangelo col quale Marco ha comunicato quei discorsi 45 • La concezio­ ne di Papia non viene né confermata né confutata dallo stesso vangelo . L' argomento addotto più spesso a sostegno della con­ cezione di Papia è che una tradizione secondaria si sarebbe rife­ rita direttamente a un apostolo e non al discepolo di un apostolo. Contro di essa depone invece il fatto che l'autore del vangelo non aveva una precisa conoscenza dei luoghi della Palestina, ciò che appare anzitutto nei capitoli 6-8 , e la forma di numerose tradizioni entrate nel vangelo; ciò fa pensare che siano state uti­ lizzate per molti anni nell'insegnamento impartito alla comuni­ tà. Secondo R. Pesch 46 , Papia o chi lo cita dipende da 1 Pt 5 , 1 3 e l'evangelista Marco è un giudeo-cristiano distinto da Gio­ vanni Marco , che sarebbe arrivato a Roma dalla Palestina. La tesi complica inutilmente la situazione e fa dell'evangelista Marco quasi una controfigura di Giovanni Marco . O Giovanni Marco è l' autore oppure la tesi documentata da Papia fu dedotta pri­ ma di tutto da l Pt 5 , 1 3 e in secondo luogo dal fatto che Pietro compare continuamente nel vangelo più antico . La grande an­ tichità di non poche tradizioni marciane non viene messa in di­ scussione da questa tesi 47 • -

b) Vi è un indiretto e ampio accordo tra gli studiosi a proposito del luogo di composizione del vangelo di Marco : essi afferma­ no che l'opera è stata scritta per comunità pagano-cristiane. Do­ ve cercarle? Oltre alla Galilea 48, alla Decapoli, a Tiro e

45 La seconda ipotesi è motivata in modo dettagliato da Kiirzinger (nota 42) . 46 l , pagg. 3-l l . Secondo Pesch c'è uno scambio intenzionale tra due persone omonime.

47 Non è giusta l' opinione sostenuta da K. Niederwimmer, «Johannes Markus

und die Frage nach dem Verfasser des zweiten Evangeliums» in ZNW 58 ( 1967) 1 72- 1 88, che l'autore del vangelo sarebbe stato un pagano-cristiano. Un pagano­ cristiano non potrebbe avere avuto accesso alle tradizioni palestinesi né in quel periodo avrebbe avuto l' autorità necessaria. Un ex giudeo può benissimo fare delle affermazioni distaccate sul giudaismo . 48 W. Marxsen, Einleitung in das NT, Giitersloh 1 963 , pag. 1 28 : «in Galilea o nelle sue vicinanze».

Introduzione

30

Sidone 49, alla Siria 50 , in collegamento con la tradizione si fa soprattutto il nome di Roma 5 1 • La molteplicità delle tradizio­ ni presenti nel vangelo depone a sfavore della Galilea. Si è cer­ cato di corroborare l'ipotesi di Roma col riferimento a numerosi latinismi . Il più convincente è quello di 1 2,42, dove abbiamo l'interpretazione di una moneta con riferimento al sistema mo­ netario romano . Bisognerebbe però non caricare l 'ipotesi di Ro­ ma con speculazioni di ampia portata. S . G . F . Brandon 52 per esempio ritiene che il vangelo di Marco sia nato da una discus­ sione con la comunità di Gerusalemme, discussione nella quale Marco , che risiede a Roma, appare influenzato dalla teologia dell 'apostolo Paolo , il disertore di Gerusalemme . Nel frattem­ po il problema dei paolinismi nel vangelo più antico è stato de­ ciso in maniera chiaramente negativa 53 • È possibile una composizione del vangelo a Roma, meno probabile per la co­ munità romana. Forse è meglio dire più cautamente : per i pagano-cristiani dell ' occidente 54• c) Nella definizione del tempo della composizione ci muoviamo su un terreno più sicuro . Il criterio decisivo è la guerra giudaica con la distruzione del tempio . Tutti gli interpreti raggruppano le loro opinioni attorno a quest'avvenimento, ma non sono d'ac­ cordo quando si tratta di decidere se il vangelo di Marco sia na­ to prima, durante o dopo la guerra 55 • Molto dipende

49 S . Schulz, Stunde, pag . 9; J . Schreiber, «Die Christologie des Markusevan­

�eliums»

in ZThK 58 ( 1 96 1 ) 1 54- 1 83 , qui pag . 1 83 , nota 2 .

0 W . G . Kiimmel , Einleitung in das NT, Heidelberg, 1 964 13, pag. 5 5 ; P . Viel­

hauer , Geschichte der urchristlichen Literatur, Berlin 1975, pag. 347 . 5 1 Grundmann, pag . 1 8 ; W. Michaelis, Einleitung in das NT, Bern 1 96 1 3, pag. 5 5 ; Pesch , l, pagg . 12-14. 52 The Fa/l of Jerusalem and the Christian Church , London 1 95 1 , pagg. 1 85-205 . 53 L'opera fondamentale è quella di M . Werner, Der Einfluss der paulinischen Theologie im Markusevangelium, Giessen 1 923 . Per la recente discussione cfr. K . Romaniuk, «Le problème des paulinismes dans l' Évangile de Mar Ò > in NTS 23 ( 1 967177) 266-274. 54 Analogamente si esprime Niederwimmer (nota 47), pag. 1 87 . 5 5 Alcuni esempi : secondo Marxsen, Einleitung, pag. 1 29, i l vangelo fu scritto durante la guerra, negli anni 67-69; secondo A. Farrer, A Study in St. Mark, London 1 95 1 , pagg . 365 s . , prima della caduta di Gerusalemme e dopo lo scop­ pio della persecuzione di Nerone negli anni 65-69; secondo Michaelis, Einlei-

Autore, luogo e tempo

31

dall'interpretazione del capitolo 1 3 . Nella spiegazione di esso vedremo che si presuppone la fine del tempio , un evento che non può però risalire molto addietro nel tempo . Vielhauer ritie­ ne che anche 1 2 , 9 e 1 5 , 3 8 si riferiscano alla catastrofe di Gerusalemme 5 6 • La composizione del vangelo di Matteo e del vangelo di Luca sono il terminus ad quem . Marco scrisse il van­ gelo subito dopo l' anno 70, forse nei primi• tre anni successivi . Un impulso alla stesura può essere venuto anche dalla morte di Pietro , non nel senso della testimonianza di Papia, ma come segnale d'allarme che si dovevano conservare le tradizioni su Ge­ sù presenti nella comunità 57•

tung, pag. 56, dopo la morte di Pietro e prima della catastrofe di Gerusalemme tra gli anni 64 e 70; secondo Pesch , I, pag. 14, dopo l'anno 70; secondo Schmid, Einleitung, pagg . 220 s . , attorno al 70. A . J . Stacpoole, «A Note on Dating St. Mark 's Gospel» in Scrip 1 6 ( 1 964) 1 06- 1 10, sostiene una datazione più antica, attorno al 60, ma essa è estremamente improbabile. 5 6 (Nota 50) pag . 347 . 57 Si sono dimostrate non vere alcune antiche ipotesi riguardanti la separazio­ ne delle fonti e alcune recenti ipotesi sulle redazioni posteriori di Marco . In p ro­ posito cfr . Schmid, Ein/eitung, pagg . 2 1 5 s.

COMMENTO

L ' i nizio 1 , 1 �5

Comprendere l ' inizio di un' opera è importantissimo per com­ prenderne tutto l'insieme. Marco incomincia a modo suo . Gli altri evangelisti non lo hanno imitato, perché iniziano con una storia dell'infanzia di Gesù (Mt e Le) e/o con un «prologo» (Le e Gv) . È controverso fin dove si estenda l'inizio , se fino al v . 1 3 o al v . 1 5 . Alcune considerazioni sulla composizione parla­ no più a favore della seconda ipotesi 1 • I vv . 1 - 1 5 sono una se­ zione omogenea per la struttura e per i legami terminologici che in essa si trovano . L' attività di Giovanni il Battezzatore e l'atti­ vità di Gesù sono collegate tra loro . Il Battezzatore è visto inol­ tre come il precursore di Gesù . L' attività del Battezzatore è introdotta da una citazione vetero­ testamentaria che è stata interpretata come una parola di Dio rivolta a Gesù (2 s . ) . Giovanni è descritto in modo che la sua opera (4-6) spicchi sul suo annuncio (7 s . ) . La divisione in tre parti ha la sua corrispondenza in 9- 1 5 . Dopo il suo battesimo per opera di Giovanni , Gesù è presentato come Figlio di Dio da una voce che viene dal cielo (9- 1 1), viene quindi tentato da Satana nel deserto ( 1 2 s.) ed inizia poi in Galilea la sua predica­ zione , sintetizzata in un sommario ( 1 4 s . ) . Le corrispondenze

1 Con Keck* , pag . 358 s . : Pesch, Anfang, pagg . 109- 1 1 1 ; Seitz� . Limitano al v. 1 3 : Grundmann; Lohmeyer; Taylor; Robinson, Geschichtsverstiindnis, pag . 12; al v. 12: Feneberg* , pag . 1 95 . Una delimitazione fino al v. 8 oggi non è più considerata.

36

L 'inizio l , 1 - 1 5

sono ben riconoscibili all 'inizio , nella parola di Dio , e alla fine nell 'annuncio . Le parti intermedie corrispondono tra loro sol­ tanto in modo vago . La dipendenza da tradizioni di tipo diver­ sissimo non ha reso possibile un chiaro parallelismo . Il carattere teologico della sezione appare già nella duplice fra­ se di Dio e prosegue poi perché il titolo di Figlio di Dio è l' af­ fermazione cristologica dominante (vedi sotto) . Pertanto, la professione di fede cristologica, che è decisiva per Marco , viene formulata subito all 'inizio ( l e 1 1 ). Inoltre i termini «vangelm> ( l e 1 4 s . , inclusione) e keryssein (4 .7 e 1 4) legano insieme tutta la sezione . Gesù , il Figlio di Dio , annuncia il «vangelo di Dio» e supera la predicazione del Battezzatore che aveva solamente il compito di predicare il battesimo di penitenza e di additare colui che è più forte . La critica della tradizione non permette di considerare i vv . 2- 1 5 come un' unità già preesistente al vangelo 2• L'ipotesi cade in quanto non si riesce a spiegare ra­ gionevolmente quale tipo di funzione doveva svolgere quella se­ zione preesistente ed isolata. Essa è comprensibile soltanto come inizio di un'opera più grande, quindi è stata composta da Mar­ co . Egli ha messo insieme diverse tradizioni . BIBLIOGRAFIA: Seitz, O. J.F. , Praeparatio Evangelica in the Markan Prologue, · J B L 82 ( 1 963) 201 -206; Keck, L.E., The lntroduction to

Mark's Gospel, NTS 12 (1 965/66) 352-370; Pesch, R., Anfang des Evan­ geliums Jesu Christi, in: Die Zeit Jesu (FS H . Schlier), Freiburg 1 970, 1 08- 1 44; Dautzenberg, G., Die Zeit des Evangeliums, BZ 21 ( 1 977) 2 1 9-234.

1 . L'attività di Giovanni il Battezzatore (1 , 1 -8) 1 Inizio del Vangelo di Gesù Cristo, Figlio di Dio. 2 Come è scritto nel profeta Isaia: «Ecco, io mando il mio messaggero di­ nanzi al tuo volto, che preparerà la tua via. 3 Voce di un an­ nunciatore nel deserto: preparate la via del Signore, raddrizzate i suoi sentieri!».

2 Contro Pesch, A nfang, e con Dautzenberg, Zeit des Evangeliums, pagg . 225-23 1 .

Giovanni il Battezzatore l , 1 -8

37

4 G�ovanni il Battezzatore si presentò nel deserto annunciando

il battesimo di penitenza in remissione dei peccati. 5 E tutta la Giudea usciva a lui e i gerosolimitani tutti ed erano battezzati da lui nel fiume Giordano e confessavano i loro peccati. 6 E Giovanni portava un vestito di peli di cammello e una cintura di pelle attorno ai fianchi e mangiava locuste e miele selvatico. 7 E annunciava: Viene dopo colui che è più forte di me. lo non sono degno di piegarmi a sciogliere i legacci dei suoi sandali. 8 lo vi ho battezzati con acqua, ma egli vi battezzerà con spiri­ to santo. Analisi

Al titolo del v. l segue una citazione dal Vecchio Testamento, introdotta con una formula singolare per Marco (il kathos ghe­ graptai si può paragonare all' aggiunta prepositiva di 9, 1 3 e di 14,21 . In 7 , 6 troviamo «Isaia ha profetato»). Benché essa sia definita come citazione di Isaia, Is 40, J è presentato solamente nel v. 3 . 2b è una citazione mista di Ml 3 , l e di Es 23 ,20, ma possiede il suo parallelo in Mt 1 1 , lO/Le 7 ,27 (tradizione Q) 3 • Siccome anche 7 s . trovano riscontro nella versione Q (cfr . Mt 3, 1 1 /Le 3, 1 6), sarà necessario considerare 2b e 7 s. in relazione tra loro 4• Ambedue le aggiunte hanno lo scopo di stabilire il ruolo di precursore che il Battezzatore possiede rispetto a quel­ lo di Messia svolto da Gesù . La citazione mista è una parola di Dio diretta a questo Messia; 7 s. presentano la predicazione cristologica di Giovanni. Questi tuttavia non è - come in Q il precursore del Figlio dell'uomo che verrà, ma il precursore del Gesù terreno . Tutt'e due le aggiunte vanno messe in conto

3 Mt

+ ego, Mt/Lc + emprosthen sou. Questo diede origine a corrispondenti varianti nel testo di Marco . 4 Con Pesch, A nfang, pag. 1 22; Klostermann; Robi � son, Geschichtsverstiind­ nis, pagg. 1 2 1 s . - Suhl, Funktion, pagg . 1 34- 1 36; Marxen, Evange/ist, pag . 1 8 ; Schmidt, Rahmen, pag. 1 8 , considerano 2 s . redazione di Marco . Secondo Hahn, Hoheitstitel, pag . 379, la citazione da Malachia è la più antica. Questa ha attirato a sé Is 40,3 come affermazione parallela. Lohmeyer pensa alla pos­ sibilità che Marco dipenda da un florilegio di citazioni bibliche.

L'inizio l , 1 - 1 5

38

all' evangelista, non ad una redazione premarciana 5 • Ciò risul­ ta dalla precisazione del ·ruolo del precursore nel senso accen­ nato, ma anche dall' obiettivo teologico , che per Marco è importante e viene perciò da lui indicato subito all' inizio , e dal­ l'intenzione di costruire un parallelismo tra 1 -8 e 9- 1 5 ponendo delle parole di Dio all' inizio di ogni parte. I vv . 3-6 sono (con la formula d'introduzione di 2a) un reso­ conto conciso, la cui peculiarità sta nel fatto che esso descrive tutta l' attività di un uomo e non contiene ancora nessun rico­ noscibile elemento cristiano . Esso possiede un carattere teolo­ gico che gli deriva dalla citazione di Isaia, che è espressamente ripresa con l' annotazione «nel deserto» del v. 4 6 • Il deserto, che diversamente da quanto accade nel testo masoretico è rife­ rito a colui che grida ed è in concorrenza con il fiume Giordano (come nel v . 1 2), va inteso come topos teologico e non come riferimento concreto all'Araba 7• La tradizione ' premarciana non presenta ancora il Battezzatore come precursore del Mes­ sia Gesù, ma del Kyrios ( di Dio) . Ciò potrebbe corrisponde­ re all ' autocoscienza del Battezzatore storico 8 • Solamente attraverso la redazione marciana il Kyrios nel v. 3 viene identi­ ficato con Gesù 9• La parola di Isaia perciò non spostava an­ cora la funzione del precursore dalla venuta di Dio alla venuta del Messia. La regola della setta di Qumran conferma questo =

5 Contro Pesch , A nfang, pag . 1 22. 6 Hahn, Hoheitstitel, pag . 378, e Wellhausen vedono giustamente in ciò il ri­

chiamo ad un redattore premarciano. Questo «commento» di un testo dell'An­ tico Testamento è singolare in Marco . - Nel testo premarciano vi è una stretta connessione tra 2a (formula d'introduzione), phone (3) e egheneto loannes (4) , connessione che metteva in evidenza che Giovanni era questa «voce di un an­ nunciatore nel deserto» . Cfr . Ortega * . 7 Con Schmidt, Rahmen, pag . 23; d i diversa opinione Pesch, Anfang, pag . 1 1 8 . 8 Cfr . Grundmann , Lukas, pag . 1 05 . Secondo Braun, Qumran, II, pagg . 1 2 s . , Giovanni h a annunciato i l giudice finale; secondo Schweizer, ThWNT VI, 396 s. il giudice messianico (il Figlio dell'uomo?); secondo J . Becker, Johannes der Tiiufer un d Jesus von Nazaret, 1 972 (BSt 63) 34-37; Pesch, l, pag. 84 il Fi­ glio dell'uomo . Per la venuta di Dio cfr. Am 5 , 1 7 (LXX); Zc 2, 14; Is 30,27 ; 36, 1 7 ecc. 9 Il testo di Isaia concorda anche nella conclusione coi Settanta. Il cambiamento di tou theou hemon in autou va attribuito alla redazione marciana. tou theou hemon rientra nel testo di D it, in Ireneo latino.

Giovanni il Battezzatore l , 1 -8

39

-

modo di vedere ( 1 QS 8 , 1 2- 1 6) . Anche qui Is 40, 3 è riferito alla partenza per il deserto come preparazione alla venuta di Dio . Il fatto di trovare collegata l'opera del Battezzatore con il de­ serto e con Is 40, 3 riflette una mentalità affine a Qumran 1 0 • Tale mentalità non può tuttavia essere attribuita al Battezzato­ re storico , può però essere assegnata alla sua successiva comu­ nità, alla quale certo siamo debitori sostanzialmente della tradizione marciana. Probabilmente Marco ha introdotto nel v. 4 il suo termine preferito kerysson e ha provvisto di articolo il participio baptizon , trasformandolo in un'apposizione. Una vol­ ta quindi il versetto incominciava così : egheneto Ioannes baptizon en te eremo baptisma metanoias . . . 1 1 • L'opera del Bat­ tezzatore viene cristianizzata dall 'annuncio . Marco non ha ripreso la predicazione del Battezzatore sul giu­ dizio . In 7 s . egli si è diversificato dalla redazione Q . Mt 3 , 1 1 presenta 7a in forma più originaria. Quando Marco cambia il participio ho erchomenos in erchetai e pone il verbo all'inizio , esprime la sua tendenza alla storicizzazione 1 2 • Quello che an­ zitutto a lui interessa è la contrapposizione del battesimo con acqua di Giovanni e del battesimo con spirito del Messia 1 3 • È importante inoltre la differenza di tempo (aoristo-futuro) che viene ripresa nel v. 1 4 . Il battesimo con spirito mette in eviden­ za il battesimo cristiano . Il battesimo con il fuoco è stato tolto 14 •

1 0 Di diversa opinione Braun , Qumran , I I , pagg . 16 s . , il quale considera trop­ po poco il legame prodotto dalla connessione esistente tra la teologia del deser­ to e Is 40, 3 . 1 1 Mc ha keryssein dodici volte, Mt e Le nove volte ciascuno . Cfr. At 1 9,4: ebaptisen baptisma metanoias

e

H. Thye n , «Baptisma metanoias eis aphesin

hamartion» in Zeit und Geschichte, FS R. Bultmann, Tiibingen 1 964, pagg . 97- 125, qui p. 97 , nota 3 . Diversamente pensa Pesch , A nfang, pag . 1 1 8 . Il v . 4 a non è tramandato omogeneamente. Contro The Greek Nt3 v a letto con X Lll egheneto Ioannes ho baptizofi en te eremo kai. In B 33 manca kai, in A K 565 e in altri codici minuscoli manca l'articolo davanti a baptizon . 1 2 Cfr . Hoffmann, Studien , pagg . 24 s. 13 È difficile stabilire se Mc scompose in 7 s. le due frasi che Mt 3 , 1 1 par. pre­ senta intrecciate, o se fu Q a produrre l'intreccio. È più probabile la prima ipotesi. 14 Per la redazione di Q cfr. Hoffmann, Studien , pagg . 1 9-3 3 .

40

L 'inizio 1 , 1 - 1 5

Spiegazione l. Marco vuole che quanto segue sia compreso come vangelo. Si conoscono altre proposizioni mancanti di predicato poste al­ l'inizio di libri della Bibbia (Prv 1 , 1 ; Ct 1 , 1 ; Qo 1 , 1 ) . Marco però non si accontenta della caratterizzazione «vangelo» , ma ne specifica espressamente l 'inizio . Marxsen ha visto qui un'in­ dicazione dell'inizio che ha per autore Dio , motivandolo con la composizione retrospiciente dell'evangelista, nella quale si può seguire a ritroso una linea che da Gesù passa per il Battezzatore e l'Antico Testamento ed arriva fino a quest'inizio 15 • Benché Marco confermi la prassi delle precedenti tradizioni di premet­ tere il Battezzatore e l'Antico Testamento, l'inizio deve essere legato più strettamente al vangelo e deve essere inteso in senso storico 1 6 • Il vangelo , che solamente qui e in 1 , 1 4 è unito ad un complemento di specificazione, mentre altrove è usato in for­ ma assoluta ( 1 , 1 5 ; 8 , 3 5 ; 1 0,29; 1 3 , 10; 14,9), è sempre riferito all' annuncio . Esso include l' attività di Giovanni che ne è ap­ punto l 'inizio . Il v . l è dunque la sintesi di tutta l'opera marcia­ na, non il titolo del libro ma l'indicazione del suo contenuto 1 7• Il Battezzatore è stato interamente usurpato perché è stato inse­ rito nel vangelo cristiano . Come si inserisce Gesù nel vangelo? L'antica controversia era così espressa grammaticalmente : il genitivo Iesou Christou in­ dica il soggetto o l' oggetto del vangelo? Sarà necessario tenere presenti tutt'e due gli aspetti 18• Marco vuole parlare di Gesù Cristo , prende le tradizioni che riguardano le sue parole e le sue opere e ne fa il contenuto del suo annuncio . Che ne derivi un racconto non è un fatto «casuale» 19, ma espressione dell'inter­ vallo di tempo che è passato e compilazione del ricordo 15 Evangelist, pag . 8 8 . 16 Cfr . Schnackenburg, Evangelium , pagg. 321 -323 . L a tavola delle diversissi­

me proposte di interpretazione di archè è presentata in A. Wikgren, Archè tou Euaggheliou, in JBL 61 ( 1 942) 1 1 -20. 17 Con Haenchen, Weg, pag . 39. 18 Schnackenburg, Evangelium, pag . 322 distingue tra una decisione linguisti­ ca ed una decisione oggettiva. Linguisticamente abbiamo un genitivo oggetti­ vo, nella realtà vanno tenuti presenti sia il significato oggettivo che quello soggettivo. Difficile poter fare questa distinzione. 19 Così Marxen, Evangelist, pag . 87.

Giovanni il Battezzatore 1 , 1 -8

41

storico 20 • Sta qui la novità della comprensione del concetto di vangelo nella terminologia della missione , così come la si può incontrare in Paolo . Gesù Cristo però non è soltanto colui che è stato ricordato in senso storico, ma anche colui che è stato caratterizzato dalla croce e dalla risurrezione . Perciò egli è an­ che soggetto del vangelo, che lo rappresenta 21 • Il vangelo di Marco è un racconto inteso come annuncio 22 • L' aggiunta «per il vangelo» ,- unita a «per me» in 8,35 e 10,29, chiarisce tutt'e due gli aspetti: la differenza temporale e la presentazione di Gesù nel vangelo 23• Il Figlio di Dio , definizione di Gesù Cristo , di­ venuto ormai nome proprio, e quindi anche fattore determinante del vangelo, evoca la professione di fede del centurione sotto la croce: «Veramente quest'uomo era Figlio di Dio» ( 1 5 , 39) . Vie­ ne gettato un ponte tra la prima proposizione e questa confes­ sione finale 24• Essa descrive la reazione adeguata all'ascolto del vangelo di Gesù Cristo , Figlio di Dio . La cancellazione di hyiou theou in alcuni codici si spiega per l'insolita caratterizzazione del vangelo . Ma proprio questo de­ pone a favore della sua originari età 25 • 2. Se, prima d i Marco, la formula kathos ghegraptai, (LXX) 26 introduceva Is 40, 3(LXX), vuol dire che per l'evangelista la ci2° Così sottolineano Kertelge, Wunder Jesu, pag. 193 ; Pesch, A nfang, pag. 138;

Schnackenburg, Evangelium , pag . 323 . 21 Marxen, Evangelist, pag. 85. Tuttavia la formulazione di Marxen dell'eli­ minazione della distanza storica, sottolineando e mantenendo però il rapporto storico è equivoca se viene ampiamente relativizzato il carattere narrativo. 22 Cfr. G . Strecker, «Zur Messiasgeheimnistheorie im Markusevangelium» in StEv III, 2 (1964) 87- 1 04, qui pag. 104, che pone diversamente soltanto l'accento. 23 Keck*, pag. 357 riferisce il vangelo alla comunità cristiana, rappresentata dal vangelo in 1 0,29. 24 Per il significato di 1 5 ,39 cfr. Theissen, Wundergeschichten, pagg . 2 1 1 -22 1 . Dautzenberg, Zeit des Evangeliums, pag . 229 vorrebbe in tendere come titolo il doppio nome Gesù Cristo e vedere sottolineato l'annuncio messianico di Ge­ sù. Il genitivo sarebbe un genitivo soggettivo e indicherebbe Gesù come annun­ ciatore del vangelo del regno di Dio (pagg. 223 s.). Al riguardo cfr . il commento a l , 14 s . 25 Contro Slomp* . V a notata l a mancanza dell'articolo in l , l e in 1 5 ,39. Bur­ kill, Revelation, p. lO osserva che i nomiria sacra erano abbreviati nelle trascri­ zioni del testo e così potevano facilmente essere tralasciati . hyiou theou manca in K 0 e in Origene ed è presente in BDW e nei manoscritti latini . 26 2 Re (LXX) 14,6; 23 , 2 1 ; 2Cr 23 , 1 8 ; 25,4; Tb 1 ,6; TestL 5 ,4.

42

L' inizio 1 , 1 - 1 5

tazione mista è d i notevole importanza . Gli offre l a possibilità di presentare Dio che rivolge la parola al Figlio di Dio or ora nominato . Inoltre, coll 'aìuto di questa citazione, egli può met­ tere in rapporto il Battezzatore col profeta Elia. Tanto tempo fa Dio ha fissato normativamente nelle Scritture la figura del precursore Giovanni . La formula introduttiva dei Settanta, che è usata frequentemente come espressione del lin­ guaggio legale per designare una norma, non può essere intesa nel senso datole dallo schema promessa-adempimento 27• Il rac­ conto corrisponde alla Scrittura. Per mezzo dell' assunzione di Es 23 ,20: «Ecco , io mando il mio messaggero dinanzi a te» la citazione acquista il carattere di un discorso rivolto a qualcuno . Nel passo citato la parola è rivolta al popolo di Israele, al quale Dio promette un angelo come difensore sulla via che conduce nella terra di Canaan . In Marco , però, questa citazione è stata subordinata a Ml 3, l: «Ecco , io mando il mio messaggero a pre­ parare la via davanti a me» . Già in Ml 3 ,23 s . viene nominato · Elia come messaggero ; egli verrà prima del grande e terribile giorno del Signore . Nell ' esegesi giudaica Elia era visto ora co­ me il messaggero precursore di JHWH , ora come il messaggero precursore del Messia 28 • Anche lì si combinavano quindi Ml 3 , l ed Es 23 ,20 29• Questa combinazione vuole probabilmente significare che gli avvenimenti dell'Esodo si ripeteranno alla fi­ ne dei tempi 30 • Riferendo la citazione mista alla venuta del Ge­ sù terreno , Marco si collega alla concezione di Q , per la quale il ritorno del Figlio dell'uomo Gesù era al centro dell ' attenzione . Il Battezzatore era l ' atteso Elia. ·

3 . Is 40, 3 è legato alla citazione mista soprattutto dal pensiero della via da preparare. Il passo citato si trova all'inizio del libro del Deutero-Isaia, dove al popolo è promesso il ritorno dall 'esi­ lio babilonese 3 1 • La preparazione della via di Dio allude pro-

27 Cfr . Bauer, Worterbuch, pag . 330; Schrenk , ThWNT l, 747 s . ; Suhl, Funk­

tion, pagg. 1 34- 1 37 . Allo schema dell'adempimento pensa Robinson, Geschichts­ verstiindnis, pagg . 1 5 -20. 28 Billerbeck, IV, 779-798. 29 Billerbeck, I , 597 . 3 0 Schiirmann, Lukasevangelium , l , pagg . 416 s . 3 1 Cfr . C . Westermann , Jesaja 1 966 (A TD 1 9) 29-35 .

Giovanni il Battezzatore l , 1 -8

43

babilmente al modello della processione in onore degli dei a Babilonia. JHWH tuttavia non è presente come statua di un Dio portata per le strade, ma è presente e agisce nel corteo del po­ polo che ritorna in patria. Secondo il testo ebraico la voce gri­ da: «Nel deserto preparate la via per JHWH ! Raddrizzate nel deserto una via per il nostro Dio » . Nel targum 3 2 al posto di JHWH è messo il popolo : «Nel deserto preparate la via per il popolo ! Raddrizzate nel deserto una via per l'assemblea del no­ stro Dio ! » . Ma solamente i Settanta presentano un testo che ren­ de possibile un' applicazione al Battezzatore, perché riferiscono alla voce l' indicazione del luogo . «Voce di uno che grida nel de­ serto: preparate la via del Signore ! » . Nella letteratura giudaica questa variante è documentabile anche in altri contesti 33, per cui si può supporre una sua piu larga diffusione. Riferita a Gio­ vanni , la preparazione della via consisteva nel chiamare il po­ polo alla conversione dinanzi alla minaccia della fine imminente . Siccome Marco nulla riferisce della predicazione sul giudizio , il preparare la via viene interpretato completamente nel senso dell' attività di precursore del Kyrios messianico 34• Trova con­ ferma il fatto che adesso l' accento non è più sulla citazione di Isaia, ma sul v. 2 35. 4. In concordanza con la citazione di Isaia riguardante la voce dell 'annunciatore, l ' attività di Giovanni è descritta come un keryssein . Questo lo avvicina a Gesù ( 1 , 1 4 . 3 8 s . ) , ai discepoli (3 , 1 4; 6, 1 2) , al vangelo ( 1 3 , 1 0 ; 14,9) , ai messaggeri della fede ( 1 ,45 ; 5 ,20; 7 , 36). La colorazione cristiana del concetto si nota nel testo integrale se si considera l' uso singolare che di esso si è fatto nei profeti 3 6 • Giovanni fa presente che è imminente il tempo escatologico nel quale si annuncia il vangelo . Egli predi­ ca il battesimo di penitenza in remissione dei peccati . Il battesi32 J . F . Stenning, The Targum of /saiah, Oxford 1 949, pagg . 1 30 s . 33 Billerbeck, I , 9 6 s . ; I I ; 1 54. 34 Lohmeyer contesta quest' orientamento e preferirebbe vedere la sezione di Marco orientata alla venuta di Dio.

35 Occorre vedere in questo un elemento caratteristico del racconto di Marco . I paralleli Mt 3 , 3 ; Le 3 ,4-6; Gv 1 ,23 citano solamente Is 40, parimenti Giustino Dia/. 88,7. 36 Os 5,8 (LXX); Mie 3 , 5 ; Gl 1 , 14; 2, 1 . 1 5 ; 3,9; Sof 3 , 14; Zc 9,9; Is 6 1 , 1 . ­ Lohmeyer pensa che l'uso pregnante del termine derivi da Is 6 1 , 1 s .

44

L'inizio 1 , 1 - 1 5

mo che caratterizza l a sua attività gli h a procurato il soprannome di «Battezzatore» 37 • Anche l ' h o baptizon , preferito da Marco 38 , va inteso qui allo stesso modo . Le numerose varian­ ti risultano dal non aver badato a questo 39• Secondo la Scrit­ tura la comparsa di Giovanni deve avvenire nel deserto . Il narratore non è interessato ad una precisa indicazione geogra­ fica. Pertanto non si può neppure affermare che Giovanni , do­ po aver riunito il popolo nel deserto, lo abbia condotto al Giordano per battezzarlo 40 • Il deserto è il luogo in cui Dio o il Messia si rivelano . Valutazione storica del battesimo di Giovanni - Il battesimo di Gio­ vanni rappresentava qualcosa di nuovo . Tale novità consisteva prima di tutto nel fatto che Giovanni battezzava, in secondo luogo nell'esse­ re il suo battesimo orientato all'imminente giudizio finale di Dio, giu­ dizio del quale Marco tuttavia non parla . A differenza di quanto accadeva nel battesimo dei proseliti , il Battezzatore partecipava atti­ vamente all' amministrazione del battesimo . In che forma non si può più dire. Il suo ruolo andava comunque oltre quello di un testimone qualificato 4 1 • A differenza delle immersioni degli esseni, con le quali per qualche aspetto il battesimo di Giovanni coincide, questo avveniva una sola volta 42• Il ricevimento del battesimo era una pubblica comu­ nicazione di disponibilità alla penitenza ed alla conversione. Si presup­ poneva inoltre che per raggiungere la salvezza non bastasse l'appartenenza al popolo d'Israele. La remissione dei peccati , collega­ ta al battesimo e concessa da Dio, va intesa probabilmente nel senso che questo battesimo era legato prima di tutto alla penitenza e non a un rito di abluzione 43 • Il battesimo era allora il suggello del perdono

37 Cfr . Giuseppe Flavio, Ant. 1 8 , 1 1 6 . Per il racconto di Giuseppe Flavio sul Battista cfr. R. Schiitz, «Johannes der Taufem , 1 967 (A ThANT 50) 1 3- 1 28 .

3 8 M c 6 , 14.24 . ho baptistes i n 6,25 ; 8 ,28 . 39 Per il testo premarciano cfr. sopra, nota 6. 40 Haenchen, Weg, pag . 41, nota 6, pensa che questo fosse l'intenzione del nar­ ratore.

41 Cfr . Gnilka * , pagg . 1 97-200. Contro H . G . Marsh, The Origin and Signifi­

cance of NT Baptism , Manchester 1 94 1 , pag. 74; Wellhausen . 42 Cfr. Gnilka* , pagg . 1 87-205 . 43 Non si dovrebbe come Grundmann parlare di un sacramento escatologico e neppure dire che il battesimo di Giovanni inserisce nell'escatologico popolo di Dio . Quest'associazione dipende probabilmente dall'abbinamento con il bat­ tesimo dei proseliti .

Giovanni il Battezzatore l , 1 ·8

45

che il battezzando riceveva per la sua conversione. Ciò rivela l'analo­ gia col bagno degli esseni che era ritenuto inutile senza conversione . «Non si libera dalla colpa mediante riti di espiazione, non può purifi­ carsi mediante l'acqua della purificazione . . . Impuro , impuro egli re­ sta, finché disprezza gli ordinamenti di Dio , finché non si disciplina nella comunità del suo consiglio» (lQS 3 ,4-6) . Il modello del battesi­ mo di Giovanni , che a sua volta influenzò il battesimo cristiano, non fu il battesimo giudaico dei proseliti , di cui è controversa la colloca­ zione storica 44• Piuttosto, entrano in questione le abluzioni rituali dei sacerdoti del tempio 45 , nei confronti del quale probabilmente il Bat­ tezzatore si trovava in opposizione.

5. La reazione del popolo alla predicazione di Giovanni fu enor­ me . Accorsero a lui tutta la Giudea e tutti gli abitanti di Geru­ salemme . Anche Giuseppe Flavio (A nt 1 8 , 1 1 8) riferisce di un imponente movimento di popolo . Poiché Marco , a differenza di Luca, parlando di Giudea si riferisce sempre alla provincia meridionale (3 , 7; l O, l ; 1 3 , 1 4), l' attività del Battezzatore è con­ centrata al sud . La Galilea, regione della predicazione di Gesù , non è compresa. L'illimitata accettazione del messaggio da parte del popolo (pasa - pantes) potrebbe essere esagerata, ma po­ trebbe voler dimostrare la parola di I�aia. Il battesimo per ope­ ra di Giovanni avviene nell 'acqua corrente del Giordano . Si è rinunciato nuovamente ad una più precisa indicazione geogra-

44 Il più antico accenno in Pes 8,8. Per una datazione precristiana: J. Jeremias,

Die Kindertaufe in den ersten vier Jahrhunderten, Gi:ittingen 1 95 8 , pagg . 39 s . ; Billerbeck, l , 103 s . ; H . H . Rowley, «Jewish Proselyte Baptism and the Bap­ tism of Johm> in HUCA 15 ( 1 940) 3 1 3-334 (3 1 4-320). Per una datazione post­ cristiana: W. Michaelis, «Zum judischen Hintergrund der Johannestaufe» in Judaica 7 ( 1 95 1 ) 8 1 - 1 20 ( 1 00- 1 20); T.M. Taylor, «The Beginning of Jewish Pro­ selyte Baptism» in NTS 2 ( 1 955/56) 1 93 - 1 9 8 . 45 Vedi anche A . Dahl, «The Origin o f Baptism» i n Interpretationes ad Vetus Testamentum, (FS S . Mowinckel) Osio 1 95 5 , pagg . 36-52 . Per le diverse deriva­ zioni del battesimo di Giovanni cfr. Gnilka* , pagg. 1 85-187 . - Feneberg*, pagg. 1 60- 1 74, deriva il battesimo di Giovanni ed il battesimo cristiano dalle abluzio­ ni del giudaismo ortodosso. Sebbene non si trovi negli scritti di Qumran l'equi­ valente di baptizein , il pensiero della penitenza e della conversione resta un importante elemento d'unione tra il battesimo di Giovanni e Qumran . Per Fe­ neberg in Mc l ,4 s. il battesimo di Giovanni si presenta come modello del batc tesimo cristiano e Giovanni come suo iniziatore. Contro quest'ipotesi va l'analisi della storia della tradizione che abbiamo visto sopra e il v. 8, nel quale il batte­ simo di Giovanni viene notevolmente relativizzato.

46

L' inizio l , 1 - 1 5

fica (cfr . G v 1 ,28 ; 3 ,23) . Al ricevimento del battesimo i l battez­ zando confessa i propri peccati . Il battesimo di penitenza tende infatti alla loro remissione da parte di Dio . La confessione dei peccati può essere immaginata sul tipo di quelle che si facevano a Qumran nella festa del rinnovamento dell' alleanza. ( IQS 1 ,22-2, 1) o nelle comunità giudaiche nel giorno della riconcilia­ zione o in altra occasione 46 • Era controverso se uno doveva enumerare a una a una le sue colpe 47 • 6. Segue la descrizione del modo di vivere di Giovanni , del suo vestito e della sua alimentazione . Portava un vestito di peli di cammello o di pelle di cammello 48 ? Questa seconda ipotesi comportava una violazione delle prescrizioni ebraiche riguar­ danti la purità. La veste di peli di cammello , meglio testimonia­ ta dai testi , è il vestito dell ' abitante del deserto e difficilmente vuole alludere al mantello del profeta Elia 49• Meno probabile ancora è un riferimento ad Adamo , al quale secondo una tradi­ zione rabbinica Dio aveva confezionato un vestito di questo genere 5 0 • Nel Battezzatore il «vestito di crine» caratterizza il profeta che, secondo Zc 1 3 ,4, indossava appunto quell'indumen­ to . La cintura di pelle attorno ai fianchi era portata sopra il ve­ stito e non indica un grembiule di pelle. Da questa notizia non si potrà tirare la conclusione che il Battezzatore storico si consi­ derava l'Elia redivivo 5 1 • Si tratta di un' informazione troppo generica in questo senso. Il collegamento è consigliato solo dai Settanta, oppure da una tradizione interpretativa giudaica . La cintura di pelle fa parte· di un costume normale del contadino e del beduino 52• Solamente alla luce della citazione mista del v. 2 si potrebbe supporre che la cintura di pelle facesse riferì-

46 Billerbeck, I, 1 1 3 s . 47 L o sosteneva R . Jehuda d a Bathyra (verso i l l l O), l o negava R . Aqiba (morto verso il 1 35).

.

48 D legge derrin kamelou e cancella la cintura di pelle. La seconda ipotesi è

preferita da Burkill, Revelation, pag . 1 2 .

49 Hengel , Charisma, pag . 3 9 , nota 7 1 deriva questo rapporto d a una combi­ nazione Zc 1 3 ,4 e 2 Re 1 ,8 . 50 Billerbeck, I , 97 s . 5 1 Contro Hengel, Charisma; con Vielhauer* , pag . 5 3 . 52 Dalman , Orte und Wege Jesu, pag. 93, nota l ; Vielhauer* , pagg . 52 s .

Giovanni il Battezzatore l , 1 -8

47

mento a Elia 53• In ogni caso la comprensione del Battezzatore partendo dalla figura di Elia è un'interpretazione cristiana. Chi possedeva solamente un vestito e una cintura era considerato povero 54• Locuste , cotte in acqua salata e arrostite sulle braci , e miele selvatico fanno parte dell'alimentazione dell' abitante del deserto 55• Poiché non è nominato nessun altro alimento , è ca­ ratterizzata qui la forma di vita ascetica del Battezzatore (Mt 1 1 , 1 8) . La sua dura predicazione del giudizio sottolinea appun­ to una siffatta condotta. Perciò non c'è bisogno di bollarlo co­ me nemico della cultura o come vegetariano 56 • 7 . La predicazione messianica del Battezzatore , che Marco ri­ ceve dalla tradizione Q, presenta l'immagine di colui che è più forte e la contrapposizione tra il battesimo con acqua e quello con spirito . L' erchetai posto all 'inizio storicizza l' affermazione dell 'erchomenos (Mt 3 , 1 1 Q) . Essa viene ripresa anche nel v. 9: elthen Iesous 57 • In tal modo la predicazione del Battez­ zatore diventa il passaggio diretto alla storia di Gesù . Colui che viene dopo è più forte 5 8 • Lo dimostra l'immagine dello slaccia­ re o togliere i sandali . Forse in Q si parlava del portare i sandali dietro di lui (Mt 3, 1 1 ). Secondo Ket 96a il discepolo doveva ren­ dere al suo maestro tutti quei servizi che lo schiavo faceva al suo padrone, tranne lo slacciargli le calzature 59• Sembra poco giustificata nell ' immagine la reminiscenza storica di un antico rapporto maestro-discepolo tra il Battezzatore e Gesù , rappor­ to che qui sarebbe stato capovolto 60 • Sicuramente però non si potrà ritenere il v. 7 come parola originaria del Battezzatore . =

53 Si esprimono in senso positivo Pesch, A njang, pag . 1 20; Robinson, Ge­ schichtsverstiindnis, pag . 1 7 ; Grundmann, Schweizer; con cautela Hahn, Ho­ heitstitel, pag . 378. 54 Hengel, Charisma. 55 Dalman, Orte und Wege Jesu , pag. 92. 56 Una tradizione che risale fino al vangelo degli ebioniti vuole intendere il miele selvatico come prodotto di una pianta. In proposito vedi Dalman, pag . 92 e nota 4. Sul miele selvatico cfr. Ode 14,8; l Sam 14,25; Sal 8 1 , 1 7; Prv 25 , 16; Dt 32, 1 3 . 5 7 Hoffmann, ·studien , pag . 24. 5 8 Mou dopo opiso va cancellato . B. Lohmeyer contesta il significato tempo­ rale di opiso, ma attribuendogli un senso spaziale cade poi in notevole difficoltà. 59 Billerbeck, l , 1 2 1 . 6° Contro Hoffmann, Studien, pagg . 32 s.

48

L'inizio l , l - 1 5

L'annuncio dell' imminente giudizio d i Dio non consente che nel­ la predicazione del Battezzatore ci sia il confronto col giudice che viene. A rendere possibile quell'immagine, che è una crea­ zione cristiana, fu solamente il confronto con una persona sto­ rica con cui rapportarsi 61 • Marco rafforza la dìstanza inserendo il «piegarmi» . 8 . L a contrapposizione dei battesimi evidenzia l a forza del più forte . Giovanni ha concluso la sua attività. L' aoristo ebaptisa ' guarda indietro a 4 s. Il battesimo con Spirito santo , che confe­ rirà colui che è più forte, supera il battesimo con acqua del Bat­ tezzatore. L'immagine dell'effusione escatologica dello spirito è stata preparata nell'Antico Testamento e nell 'ebraismo po­ strabbinico (Gl 3 , 1 s . ) ed è stata descritta anche come aspersio­ ne ( l QS 4,2 1 ; Ez 36,25 s . ) . I membri della comunità cristiana hanno ricevuto questo spirito nel battesimo 62 • Il battesimo di Gesù d escritto più avanti è perciò origine e modello . Alla base del nostro passo vi è una frase del Battezzatore che deve essere stata di questo genere: «Io battezzo con acqua, egli (cioè colui che viene) battezzerà con Spirito santo e fuoco»63 • Già nella tradizione Q si aggiunse l'indicazione delle persone alle quali ci si rivolgeva (doppio hymas) (Mt 3 , 1 1 par.) 64• Ciò non chia­ risce chi sono i destinatari, perché battesimo con spirito e bat­ tesimo col fuoco non possono essere ricevuti dalle medesime persone. Fa sì però che il battesimo di Giovanni diventi la con­ ferma della vera fraternità cristiana che si sa nel possesso dello spirito . Si sono voluti separare fuoco e spirito e si è voluto met­ tere sulle labbra del Battezzatore solo l'uno o l ' altro 65 • Tutt'e

61 Hoffmann, Studien , pag . 24. 62 Feneberg* , pag. 1 79 contesta questo rapporto secondario («da nulla giusti­ ficato»), ma questa controversia ritorna di nuovo a pag. 1 80.

63 Hoffmann, Studien , pag . 25 afferma che al posto di autos occorre leggere

il participio titolare ho erchomenos. Altrimenti, mancando un chiaro soggetto, la frase nella sua seconda parte sarebbe isolata. 64 Con Lohmeyer. 65 Per il solo battesimo col fuoco si è dichiarato di recente ancora Ho(fmann, Studien , pagg . 28-3 1 ; per il solo battesimo con lo spirito Schiirmann, Lukase­ vangelium , l , pagg . 175-177 . Per la discussione cfr. anche E . Best, «Spirit­ Baptsim» in NT 4 ( 1 960) 236-243 ; A. Hamman, «Le bapteme par le feu» in RevSR 8 ( 1 95 1 ) 285 -292; Gnilka*, pagg . 204 s.

Giovanni il Battezzatore l , 1 -8

49

due le soluzioni comportano una limitazione ingiustificata, per­ ché il solo battesimo con fuoco trasforma il Battezzatore in un semplice profeta di sventure e il solo battesimo con spirito pone in secondo ordine la sua predicazione del giudizio . L 'immagine del battesimo con fuoco è senza p·aralleli 66 e perciò riguarda il legame col battesimo di spirito . Lo spirito non va interpretato come tempesta é fenomeno concomitante il giudizio, ma è lo spirito santo che salva 67• Il battesimo di Giovanni è anticipa­ zione dell'escatologico battesimo con spirito e, in quanto tale, è atto a preservare dal giudizio del fuoco . Spirito e fuoco sono collegati come potenza salvifica e distruggitrice anche in Gl 3 , 1 -5; l QS 4, 1 3 e 2 1 . Se Marco toglie il battesimo con fuoco e tronca l'apice della predicazione del Battezzatore sulla fine dei tempi e sull'escatologia, significa che egli rimette completamente a Ge­ sù l' annuncio degli eschata finali (cap . 1 3) . Si ntesi

Volendo sintetizzare le intenzioni di Marco nella pericope in­ troduttiva sul Battezzatore, occorre anzitutto sottolineare che Giovanni è visto nel ruolo di precursore di Ge�ù . U aver trala­ sciato il suo messaggio escatologico sul giudizio fa risaltare an­ cora di più l' annuncio di colui che è più forte, il quale è già arrivato . Questa concatenazione tra l' attività del Battezzatore e la comparsa di Gesù permette di scorgere in Giovanni l 'inizio del vangelo . Perciò a Giovanni è stato definitivamente assegna­ to un suo posto nel messaggio cristiano della salvezza. BIBLIOGRAFIA: Yates J. E. , The Form of Mark l ,8b, NTS 4 ( 1 957 /58) 334-33 8 ; Marxsen, W. , Evangelist 17-32.77- 101 ; Best E., Spirit-Baptism, NT 4 ( 1 960) 236-243 ; Gnilka, J. , Die essenischen Tauchbader und die Johaimestaufe, RdQ 3 ( 1 96 1 ) 1 85-207 ; Ortega, A . , Nueva Visi6n de Marcos 1 ,3-4, Salm 9 ( 1 962) 599-607 ; Vielhauer, P. , Tracht und Spei-

66 Cfr. Schiirmann, Lukasevangelium , I, pagg . 176 s. e nota 1 04. 67 L'attributo haghio non è un'interpretazione cristiana (cfr. l QS 4,21). Per­ ciò 4 Esd 1 3 , 10. 27 non è un parallelo. Mt 3 , 1 2 par. distingue anche tra distru­ zione e salvezza.

50

L 'inizio 1 , 1 - 1 5

s e Johannes des Taufers, i n idem : Aufsatze zum NT, 1 965 (TB 3 1), 47-54; Boismard, M. E. , Evangile des Ebionites et problème synopti­ que, RB 73 (1 966) 321 -352; Neirynck F. , Une nouvelle théorie synopti­ que, EThL 44 (1 968) 1 4 1 - 1 53 ; Feneberg, W., Der Markusprolog, 197 1 (StANT 36); Schnackenburg, R . , Das «Evangelium» i m Verstandnis des altesten Evangelisten , in : Orientierung an Jesus (FS J. Schmid) , Freiburg 197 3 , 309-324; Ke/liott, J. , Ho baptizon and Mark 1 ,4, ThZ 3 1 (1 975) 14- 1 5 ; Arno/d, G., Mk 1 , 1 und ErOffnungswendungen in grie­ chischen und lateinischen Schriften, ZNW 68 ( 1 977) 123- 1 27 ; Slomp, J. , Are the Words «So n of God» in Mark l , l Originai? BiTr 28 ( 1 977) 1 43- 1 50.

2. Il Battesimo di Gesù (1 ,9 -1 1 ) 9 Ed in quei giorni accadde che Gesù venne da Nazareth di Ga­ lilea e fu battezzato nel Giordano da Giovanni. 1 0 Ed ecco egli uscì dall'acqua e vide i cieli dividersi e lo spirito discendere su di lui come una colomba. 11 E una voce risuonò dai cieli: Tu sei il mio figlio diletto, in te io ho soddisfazione.

Analisi

La pericope esisteva indipendentemente dalla precedente. Ne so­ no prova l' inizio nuovo del v. 9 ) esclude ad un tempo il pensiero di una filiazione fisica (oggi ! ) e va o'l­ tre i concetti giuridici della legittimazione e dell' adozione 6 • Alla que­ stione assai discussa se nell'ebraismo del periodo neotestamentario il nome di Figlio di Dio fosse titolo indicante il Messia si può rispondere oggi in termini più precisi facendo riferimento ai manoscritti di Qum­ ran . In 4 Q fior. , una raccolta di passi messianici della Bibbia, la pro­ messa di Natan viene riferita al «rampollo di David)), termine col quale si allude al Messia-re (4 Q fior. 1 0- 1 4). Il Sal 2, citato poco dopo , è tramandato dal frammento solamente nella parte iniziale, tanto che il v. 7 non compare più . Anche l Q Sa. 2, I l , dove molto probabilmente si parla della nascita del Messia - purtroppo il testo è mutilo - può essere inteso come applicazione di Sal 2, 7 alla messianologia. Gli esempi citati dimostrano che l'uso del titolo di Figlio di Dio, applicato al Mes­ sia, era stato per lo meno preparato , o forse era già stato adottato in un certo senso 7• Resta ancora da menzionare il terzo libro ebraico di

3 Cfr . W. von Martitz, ThWNT VIII, 334-340. 4 Cfr. Ger 3 1 ,9.20; Os 1 1 , 1 . Per la collettività degli israeliti come figli di JHWH : Dt 14, 1 ; 32,5 . 1 9; Is 43,6; 45 , 1 1 e in altri numerosi passi. 5 Lo scritto missionario ellenistico-ebraico su Giuseppe e Aseneth definisce ri­ petutamente Giuseppe figlio di Dio (6,2-6; 1 3 , IO; 21 ,3). L'ambiente corrispon­ de qui a quello della Sapienza dell'Antico Testamento. 6 Cfr. l Cr 1 7 , 1 3 ; 22, 1 0; 28,6; Is 9,5. 7 Hahn, Hoheitstitel, pag . 285 , ricorda una Baraitha da bSukka 52a che risale al secondo secolo d . C . e riferisce espressamente Sal 2, 7 al Messia davidico . Un apocrifo di Daniele proveniente dalla quarta grotta di Qumran contiene più volte l'espressione figlio di Dio o figlio del grande Dio. È controverso il suo riferi­ mento . Va ricondotta a un sovrano dei Seleucidi, a un sovrano giudaico o, in

Excursus l : Figlio di Dio

69

Enoch, che trae origine dalla mistica giudaica successiva: secondo questo libro, Enoch , rapito in cielo, viene trasformato in un angelo di fuoco e collocato su un trono vicino a Dio . Gli viene assegnato il sopranno­ me di «piccolo JHWH» e funge da rappresentante di Dio . È chiamato , anche na ar ( giovane), ma potrebbe trattarsi di una sostituzione se­ condaria del nome di figlio, che nel giudaismo neotestamentat"io di­ venne sospetto a seguito della disputa col cristianesimo 8• Se si vuole rendere giustizia alla neotestamentaria professione di fede del Figlio di Dio, occorre fin dall'inizio tener presente l'indipendenza di questo titolo, oltre al suo legame con immagini già esistenti . Come punto di raccordo va ricordata soprattutto la messianologia 9, la qua­ le, ispirata dall 'esposizione della Scrittura in senso messianico, mise in relazione tra loro il Figlio di Dio e il Messia. La prepaolina profes­ sione di fede in Cristo, che troviamo nell 'introduzione della lettera ai Romani (Rm 1 , 3 s . ) , pone uno accanto all'altro due gradi di essere in Gesù Cristo, quello terreno e quello celeste. Se nel primo egli è caratte­ rizzato come figlio di David, nel secondo è costituito Figlio di Dio con potenza. La costituzione con potenza a Figlio , chiaramente determi­ nata in senso messianologico , avvenne al momento della risurrezione. La discendenza dalla «stirpe di David» e il titolo di Figlio di Dio fann.o pensare alla profezia di Natan come sfondo della professione di fede . Se si osservano i passi cristologici sul Figlio, presenti nel secondo van­ gelo, per Mc l , 1 1 è necessario tener presente un influsso di Sal 2, 7 , anche s e qui i l titolo d i servo potrebbe essere stato soppiantato dal no­ me di Figlio di Dio . Si potrà accettare con tutta probabilità che la più antica professione di fede in Gesù quale Figlio di Dio si fondi nella fede nella sua risurrezione (cfr. , Rm 1 ,4) 1 0 , ma nelle corrispondenti tradizioni di Marco è ancora difficile scorgere questo fondamento . La pericope della trasfigurazione di 9,2-8 , che riproduce una sorta di in­ tronizzazione di Gesù come Figlio di Dio , ne lascia indeciso il momen­ to. Col v. 9 l'evangelista istituisce di nuovo il legame con la risurrezione. Secondo 1 ,9- l l la costituzione a Figlio di Dio , caratterizzato in senso messianologico, è anticipata al momento dell'inizio dell 'attività pub­ blica. Le altre tradizioni già presuppongono la filiazione divina di Ge=

senso collettivo , al popolo d'Israele? Cfr . M. Hengel, Der Sohn Gottes, Tiibingen 1 975, pagg . 71 s . 8 Per l'insieme di questa problematica cfr . la preziosa panoramica in Hengel, op. cit. , pagg . 67-89. 9 Oltre ad altri studi cfr. Hahn, Hoheitstitel, pagg . 28 1 s . 1 0 Per Hahn, Hoheitstitel, pagg. 287-292, lo strato più antico riguardante il Fi­ glio di Dio va riferito a Gesù che ritorna nella parusia. Tuttavia l' unico testo antico convincente è l Ts 1 , 10. ·

70

L'inizio 1 , 1 - 1 5

s ù . Chiamando Gesù i l «figlio diletto» (1 , 1 1 ; 9 ,7 ) s i sottolinea i l suo singolare rapporto con Dio, che oscura le relazioni di altri che qui si possono portare come paragoni . Tale attributo , riportato da Marco nella parabola del vignaiuolo ( 1 2,6), colloca Gesù in una posizione e in una luce diversa, in quanto egli, nella serie di profeti inviati da Dio , si presenta come l'ultimo messaggero di Dio. Manca qui il pensiero della preesistenza, come non si trova del resto nelle tradizioni che precedo­ no l'evangelista . E l'evangelista da solo non arrivò a concepire quel pensiero 1 1 • È difficile riportare le tradizioni marciane ad una situazio­ ne della storia della tradizione in cui esse siano reciprocamente legate. Secondo Hahn 12 all'uso iniziale del titolo di Figlio di Dio nell' orizzon­ te dell' idea regale del Messia seguì un uso che si collegava alle opere in potenza e agli esorcismi che si consideravano compiuti dallo spirito presente in Gesù. L' uso aveva potuto agganciarsi a quella concezione del theios-aner che si era prodotta nel cristianesimo giudeo-ellenistico interpretando in modo diverso il modello ellenistico . A questo propo­ sito andrebbero registrati i passi di Mc 1 ,23-27 ; 5 , 1 -20. Inoltre, nel cri­ stianesimo giudeo-ellenistico il dono dello spirito non sarebbe stato inteso solamente nel senso di una dotazione, ma di una compenetra­ zione che tocca l'essere . La filiazione divina si sarebbe sviluppata in qualità antologica. Per questo stadio finale vengono indicati Mc 9,2-8; 5 ,25-34; 6,47-52. Contro quest'evoluzione sussistono difficoltà derivanti dal fatto che, nelle succitate storie dei miracoli, i miracoli stessi non sono ricondotti allo spirito di Dio che è in Gesù ; le difficoltà derivano anche dal fatto che in 5,25-34; 6,47-52 il titolo di Figlio di Dio non ricorre affatto 13• Anche Hengel mette in guardia perciò da una gran­ de differenziazione e compartimentazione: «L'uomo antico pensava nel­ l'ambito del mito senza compiere differenziazioni analitiche come noi , ma combinava ed accumulava nozioni attraverso la ' 'molteplicità de­ gli accostamenti" » 14• Dobbiamo pertanto accontentarci di osservare che nelle tradizioni premarciane Gesù a volte viene considerato come Messia regale (1 , 1 1 ; 9,7; 14,61) e altre volte come taumaturgo carisma­ tico (5 , 7) e gli viene attribuito il titolo di Figlio di Dio. L'evoluzione verso una filiazione divina essenziale è stata preparata in l ,9-1 1 1 5 , do-

1 1 Con P. Vielhauer, «Erwagungen zur Christologie des Markusenvageliums» in Id. , Aufsiitze zum NT, 1 965 (TB 3 1 ), pagg . 1 99-2 1 4 , qui pag . 200. 12 Hoheitstitel, pagg . 287-3 1 9 . 13 Neppure nel mondo greco theios aner e i l titolo d i Figlio d i Dio s i trovano collegati . Cfr . W. von Martitz, ThWNT VIII, 340. Mc 9,2-8 è spiegabile sulla base di immagini ebraiche e soprattutto apocalittiche. Si veda questo commen­ to, al passo in questione. 14 Op. cit. (nota 7), pag. 90. 15 Con Hahn, Hoheitstitel, pagg. 301 s .

Excursus l : Figlio di Dio

71

ve s i trovano collegati lo stabile possesso dello spirito e i l Figlio d i Dio , ma è anche introdotta dal fatto che il titolo di Figlio di Dio si rende indipendente e, in pericopi come l ,9- 1 1 ; 9,2-8 , che sintetizzano il si­ gnificato e l'importanza di Gesù , esso appare adeguato a illustrare la totalità di questa vita. Un altro passo nell'evoluzione è la proposizione di fede riguardante la nascita verginale di Gesù, fede che si può intrav­ vedere nello sfondo di Mc 6 , 3 . Il titolo di Figlio 1 6 , che deve essere di­ stinto nella sua origine dal Figlio di Dio e che s 'incontra in Marco in un unico passo ( 1 3 , 32), è caratterizzato dalla contrapposizione tra Pa­ dre e Figlio. Il Figlio è sottomesso al Padre, al tempo stesso però egli è con lui in un rapporto unico nel suo genere (cfr. M t 1 1 ,27 ; Le l O ,22) . Questo titolo di Figlio non possiede analogie nell'ambito extracristia­ no e deve essere visto come creazione propria del cristianesimo. L'in­ vocazione A bba (Mc 14, 36) va considerata come importante presupposto che risale alla vita di Gesù terreno . Inoltre essa può aver suscitato anche la professione di fede in Gesù, il Figlio di Dio 17• Marco si aggancia alle immagini del Figlio di Dio che esistevano prima di lui . Gesù è, per lui, Figlio di Dio sia come taumaturgo carismatico (3 , 1 1 ) che come Messia regale e salvatore escatologico (15 ,39; cfr. v. 32). Lo è fin da principio, tanto che Marco può chiamare la sua opera van­ gelo di Gesù Cristo, Figlio di Dio ( 1 , 1). Esiste un concetto' comprensi­ vo nella concezione marciana del Figlio di Dio? Secondo P. Vielhauer l , 1 1 ; 9,7; 1 5 ,39 sottolineano apoteosi , presentazione e intronizzazione con riferimento ad un cerimoniale dell' avvento al trono mutuato dal­ l'antico Egitto 18 • Anche prescindendo dal fatto che è dubbia la cono­ scenza di tale cerimoniale, va comunque escluso per Marco che Gesù diventi Figlio di Dio . Per C. Burger la professione di fede in Cristo di Rm 1 ,3 s. ha tenuto a battesimo la redazione del vangelo . Facendo riferimento a Vielhauer, Burger ritiene che Marco trasformi l'immagi­ ne del theios-aner, mutuata dal patrimonio della tradizione, mediante il concetto di Gesù, re escatologico, che viene costituito Figlio di Dio . Ciò troverebbe corrispondenza in Rm l ,4. Burger deve tuttavia am­ mettere che l'evangelista avrebbe spostato in avanti il momento di questa costituzione 19• Secondo H . Theissen 20 la professione di fede del cen­ turione sotto la croce ( 1 5 ,39) raccoglie in un unico ampio canale tutto quanto precede e diventa così come una sorta di riassunto del vangelo . Theissen suppone inoltre che l'evangelista nelle storie dei miracoli ab­ bia coscientemente evitato o trasformato le conclusioni acclamatorie

16 Hahn, Hoheitstitel, pagg. 3 1 9-333 . 17 Cfr. Hengel , op. cit. (nota 7), pagg . 99. 1 8 Op . cit. (nota l l ) , pagg. 2 1 0-2 1 4 . 19 Davidssohn, pagg . 66-70. 20 Wundergeschich ten, pagg . 2 1 1 -2 1 4 .

L 'inizio l , 1 - 1 5

72

contenenti titoli cristologici per poter attribuire i l suo pieno valore al­ l'acclamazione finale. Pur restando quest'ultima considerazione trop­ po ipotetica, è fuori dubbio che 1 5 ,39 possiede grande importanza nel vangelo . In particolare rende chiara l'immagine della filiazione divina in quanto a partire da questo passo finale si capisce che a Gesù , al Cro­ cifisso , si addice la dignità del Figlio di Dio . Ritroviamo un analogo riferimento anche altrove, se è vero che l'esortazione ad ascoltare il Figlio di Dio (9,7) va letta, nel contesto marciano, nel suo riferimento al pensiero della passione (8 , 3 1 -38). In tal modo la concezione marcia­ na del Figlio di Dio si inserisce in ultima analisi nel concetto cristologi­ 21 co del mistero del Messia •

4. L'inizio della predicazione di Gesù in Galilea ( 1 , 1 4-1 5) 14 E dopo che Giovanni fu consegnato, Gesù venne in Galilea, annunciando il vangelo di Dio e dicendo: 15 Il tempo è compiu­ to e si è avvicinato il regno di Dio. Convertitevi e credete al vangelo.

Analisi

Questo sommario della predicazione di Gesù possiede una chiara costruzione, in quanto alla sintesi generale del v. 1 4 (vangelo di Dio) segue la spiegazione letterale nel v. 1 5 . Il v . 14 è simile al v . 4 (kerysson + oggetto) . Si delineano con ciò gli aspetti che colgono l'insieme . Il discorso letterale del v . 1 5 è espresso in un distico . La vicinanza del regno di Dio sta al compimento del tem­ po come la fede alla conversione . C'è da supporre perciò che il v . 1 5 sia stato concepito come unità fin dall'inizio . Dal punto di vista della critica letteraria il sommario conobbe valutazioni diversissime 1 • Mentre con riferimento a Bultmann («costruzio­ ne del tutto secondaria») numerosi studiosi considerarono l'in-

21

Cfr . più avanti l'Excursus 7 : « I l mistero del Messia».

1 Wendling, Entstehung, pag. 3 pensava che 14a fosse la conclusione di u na nar­

razione unitaria (4- 1 4a) e che 1 5 fosse da attribuire all'opera dell'evangelista.

Predicazione di Gesù in Galilea l , 14- 1 5

73

sieme come creazione marciana 2 , recentemente si è delineato un più differenziato modo di valutare il passo . È singolare per Marco il discorso del vangelo di Dio . Sebbene Marco ponga l'ac­ cento sulla fede, la formulazione pisteuete en to euagghelio non è marciana. Generalmente l' evangelista parla della fede senza indicare l' oggetto e preferisce eis. La formula può essere consi­ derata un semitismo 3• Se il v. 1 5 è antecedente a Marco, nel v. 14 abbondano le particolarità del redattore : meta coll' accusati­ vo è dello stile di Marco (nove volte) , Galilea è un suo termine preferito . Abbiamo già visto che è una sua c aratteristica preoc­ cupazione quella di definire il Battezzatore come precursore di Gesù (cfr . 9,9- 1 3) . Con paradidonai Marco ha la possibilità di assimilare i destini di tutt'e due 4• Il keryssein è sì un termine del linguaggio missionario, ma è stato coscientemente assunto da Marco 5 •. L'espressione elthen ho Iesous è stata probabil­ mente adattata al v. 9. Il «vangelo di Dio» del v. 1 4 viene rica­ vato dall'evangelista dal v. 1 5 , dove il vangelo non ha oggetto ma, venendo dopo il regno di Dio , è stato presentato di fatto come vangelo di Dio 6 • Forse l'originale parlava di euagghelio autou 7• «Annunciare il vangelo di Dio» corrisponde al linguaggio elle­ nistico della missione ( l Ts 2,9; cfr . Gal 2,2). La proclamazio­ ne della vicinanza del regno di Dio fa riferimento a una tradizione palestinese (Mt 10,7; Le 10,9) . In 14 s. si mescolano dunque ambedue le tradizioni 8 • È difficile poter scorgere qui un ipsissimum verbum Jesu 9, si può però intravvedere una sen­ sata riformulazione della sua predicazione della basi/eia. 2 Bultmann, Geschichte, pag. 1 24; anche Schmidt, Rahmen , pag. 33; Haen­ chen, Weg, pag. 73; Strecker* , pagg. 93-97 . 3 Schnackenburg, Evangelium, pagg . 320 s . ; Cranfield; Doudna, The Greek, pag . 79. 4 Cfr. Popkes, Christus traditus, pagg . 143-145, che difende la redazione marciana. 5 F. Hahn, Das Verstiindnis der Mission im NT, 1 963 ( WMANT 1 3) , pag . 60, sottolinea gli elementi preesistenti e l'interesse marciano. 6 Schnackenburg, Evangelium , pag. 320. 7 È la versione sirosinaitica. 8 Stuhlmacher, Evangelium , l, pag. 238. 9 Pesch, A nfang, pagg. 1 35 s. ritiene che l'appello «Il tempo è compiuto e si è avvicinato il regno di Dio» sia un detto autentico di Gesù. Il metanoeite può senz'altro avervi fatto parte . •

.

74

L'inizio 1 , 1 - 1 5

Spiegazione

14. Giovanni il Battezzatore viene di nuovo caratterizzato co­ me il precursore di Gesù. Gesù inizia la sua attività pubblica dopo la sua attività . L'indicazione temporale potrà anche coincidere coi dati della storia, ma ciò non avviene qui per amore della sto­ ria, ma per uno schematismo storico-salvifico 10• Gesù non po­ teva incominciare prima che il precursore uscisse di scena. La fine violenta di Giovanni allude già da lontano al destino di Ge­ sù. Fu perciò un venir consegnato da parte di Dio . Dietro la for­ ma del paradothenai è necessario vedere l'opera di Dio . Negli annunci della passione il termine indica anche 11 destino del Fi­ glio dell'uomo (9,3 1 ; 1 0 , 3 3 ; 14,4 1 ) . Il campo di attività di Gesù è distinto da quello di Giovanni anche per lo spazio . Dopo aver lasciato la sua patria, la Galilea, ed essere andato dal Battezza­ tore al Giordano , Gesù ritorna adesso per fare della Galilea la patria del vangelo . Come intendere l'espressione «vangelo di Dio» , che è singolare per Marco? Gesù inaugura la predicazione che viene proseguita adesso dalla comunità cristiana. L' evangelista è consapevole del­ l'intervallo che c'è tra lui e Gesù . Non colma la differenza tem­ porale, anche se la continuità gli appare importante. Perciò Gesù non annuncia l' euagghelion Christou (1 , 1 ) , ma appunto l' euag­ ghelion theou . In relazione al regno di Dio , lo sfondo di questo vangelo si comprende benissimo partendo dal Deuteroisaia. In­ vero in Is 52,7; 6 1 ,6 si trova soltanto il verbo euagghelizesthai, ma nel primo passo è importante il legame con la regalità di Dio . Tali pensieri sono stati ulteriormente sviluppati già nella teolo­ gia giudaica u . Gesù quindi sta dinanzi a noi come il messag­ gero di pace del Deuteroisaia del quale nel targum si dice in commento a Is 52, 7 : «Come sono meravigliosi sui monti della terra d'Israele i piedi di colui che porta la buona novella, che annuncia la pace, promette cose buone, che annuncia redenzio­ ne , che dice alla comunità di Sion: Si è rivelato il regno del tuo Dio». Tuttavia Gesù è più del portatore o araldo del vangelo

10 Cfr . Schmidt, Rahmen, pag . 34; Haenchen , Weg, pagg . 7 4 s . 1 1 Stuhlmacher, Evangelium , l, pagg . 148-1 50.

Predicazione di Gesù in Galilea 1 , 1 4- 1 5

75

di Dio . L'implicazione cristologica sta nel rapporto di Gesù col regno di Dio . 1 5 . La sua vicinanza è stata resa possibile dal compimento del tempo . La comprensione di questa mezza frase risulta possibile· solamente se si coglie la differenza tra chronos (spazio di tem­ po , durata) e il termine kairos qui usato (il tempo stabilito , il momento) . Non si può quindi interpretare secondo Gal 4,4: «Quando fu giunta la pienezza del chronos . . . )) . - C'è un kai­ ros dei fichi (Mc 1 1 , 1 3), del raccolto ( 1 2,2) . L' uso dell' espres­ sione «il kairos compiut O )) concorda col linguaggio profetico-apocalittico . Dietro di esso vi è la consapevolezza che Dio stabilisce i tempi (cfr. Dn 7 ,22; Ez 7 , 12; 9, 1 ; Lam 4, 1 8 ; Ap 1 , 3 ; l Pt 1 , 1 1 ; Test. N. 7 , 1 ) . Dio ha fissato anticipatamente il momento della venuta di Gesù . Con essa si compie la svolta dei tempi , inizia la fine del tempo . Perciò la vicinanza del regno di Dio è stata fissata inequivocabilmente nel tempo 12• C'è stata un' ampia discussione per stabilire se la «vicinanza)) fosse da in­ tendere come qualcosa di imminente, come vicinanza prossima o come qualcosa già presente. Nel far questo si è cercato gene­ ralmente di stabilire il rapporto dello stesso Gesù con l'attesa d'un fatto vicino 1 3 • Ma la discussione continua, considerata anche la concezione marciana. Ciò si collega anzitutto ad una diversa interpretazione della basi/eia. Così secondo Marxsen, l'egghizzein si riferisce ad un «evento vicino ma non ancora suc­ cessm) e sarebbe chiaro a che cosa si allude nel contesto del van­ gelo : alla parusia 1 4 • Haenchen invece trova insostenibile quest' interpretazione e afferma che, conformemente al tempo

12 Wellhausen cita la sura 5 3 , 57 del Corano: « È imminente la catastrofe che ci aspettiamo» (cfr . la sura 54, 1 : «L'ora [del giudizio] si è [già] avvicinata . . . ») . Certamente nel Corano sopravvivono tradizioni apocalittiche. Cfr. R. Paret , Der Koran. Kommentar und Konkordanz, Stuttgart 1 97 1 , pag . 463 . La diffe­ renza con Gesù sta nel messaggio della basi/eia e nel suo legame con Gesù . Daut­ zenberg, BZ 21 ( 1 977), pag . 233 , per il v. 1 5 a suppone un riferimento a Is 61 ,2. 13 Protagonisti di questa discussione erano C.H. Dodd , The Parab/es of the Kindgom, London 1 936, pagg. 34-80, e W.G. Kummel, Verheissung und Er­ fii//ung, 1 956 3 (A ThANT 6), p agg. 1 3 - 1 8 . 14 Evangelist, pag . 8 9 . Marxsen cita qui Kummel . Questo è strano perché a Marxsen interessa logicamente il redattore Marco , m�ntre Kummel vuole pre­ sentare la promessa escatologica di Gesù .

76

L' inizio 1 , 1 - 1 5

compiuto, i l regno d i Dio non è soltanto vicino , m a reale . I l re­ gno di Dio non si presenterebbe come un evento cosmico con schiere di angeli che scendono , con una tromba celeste e con sepolcri spalancati, ma come un inizio occulto che non ogni oc­ chio , ma solo la fede avvertì 1 5 • Una volta arrivato i l momento stabilito, l a vicinanza può essere intesa solamente nel senso che il regno di Dio è giunto e da adesso incomincia ad affermarsi. È un fatto presente e della fine dei tempi . Con questa concezione Marco si allaccia ad un annun­ cio della basi/eia che si può trovare già nella fonte dei loghia e che , in questa tensione in cui si collegano presente e futuro , potrebbe risalire a Gesù . Poiché è regno presente, si può parla­ re del suo mistero (4, 1 1 ) . Questo include il Figlio di Dio che con Gesù opera tra gli uomini e mette in risalto la componente cri­ stologica della basi/eia. Anche le cosiddette parabole della crescita nel capitolo quarto sono state intese da Marco - come si vedrà - sullo sfondo della tensione tra presente e futuro , senza tuttavia porre sullo stesso piano il regno di Dio e la chiesa 1 6 • La basi/eia trova la sua rea­ lizzazione soltanto alla fine e allora anche per Marco diventa un evento cosmico . Si estende al regno di Dio che tutto abbrac­ cia, regno nel quale l 'uomo entra per raggiungere la vita eterna 17• La signoria di Dio , che ora si avvicina e spinge vetso il regno finale di Dio , esige una decisione 18 • Include conversio­ ne e fede . Nel vangelo più antico l a conversione resta singolarmente inde­ terminata. Di fronte al baptisma metanoias di Giovanni il Bat­ tezzatore, Gesù invita alla conversione in vista del regno di Dio che si avvicina e i Dodici proseguono quest 'invito (6, 1 2) . Sol­ tanto in questi due passi incontriamo questo termine, e va no15 Weg, pag . 7 3 , nota l a . 1 6 Quest'identificazione è suggerita recentemente da Schulz, Stunde, pagg. 1 54 s. 17 In Mc 9,42-45 il regno di Dio è in parallelismo con la vita (eterna) . 18 Per la preistoria del concetto della basi/eia cfr. soprattutto Schnackenburg,

Herrschaft, pagg. 23-47 , che presenta dettagliatamente la regalità di Dio nell'e­ braismo apocalittico, qumranico e rabbinico . Secondo Billerbeck, l, 1 8 3 , nel­ l'ebraismo rabbinico il regno di Dio non possiede senz'altro un significato centrale. Secondo Schnackenburg , Herrschaft, pag . 23 , l' idea della signoria di Dio permeò tutta quanta l'escatologia ebraica malgrado il termine non ricorra molte volte .

Predicazione di Gesù in Galilea l , 14- 1 5

77

tato che si usa il verbo più concreto (cfr. l'analogo eplstrephomai in 4, 1 2) . Il termine coniato trae origine dalla tradizione profetica 19• Mentre nella grecità profana il metanoein ben dif­ ficilmente va oltre il senso banale di un «cambiare la propria idea» e descrive un atteggiamento che , almeno per un certo ver­ so, non può essere visto come esemplare, il termine qui deve es­ sere compreso partendo dalla sua tradizione biblica. Renderlo con «cambiare idea» sarebbe allora una traduzione troppo de­ bole, malgrado la radice della parola corrisponda, e avrebbe sa­ pore troppo ellenistico . Si allude alla svolta della vita, una svolta che vuole mutare radicalmente il corso della vita. Essa include naturalmente anche la sfera del pensiero e deve riflettersi nella vita pratica. Sulla strada, che sino a quel momento è stata quindi una strada sbagliata, avviene la svolta che ha come meta Dio, poiché il regno di Dio comprende qui tutte le sfere della vita umana del singolo , la sfera privata e pubblica, la sfera etica e. politica. La richiesta maggiore è quella della fede. Non c'è mo­ tivo per scostarsi dall'interpretazione «credete al vangelo» e so­ stituirla con un «a causa del vangelo» . È chiaro che quest'interpretazione di alcuni autori protestanti 20 avviene par­ tendo da Paolo . Piuttosto, neppure in Marco viene sminuito il rapporto personale che il credente acquista con Gesù nella fe­ de, poiché Gesù è il messaggero di gioia. Il credere assume qui in maniera più forte la sfumatura della fiducia. Con la fede l'uo­ mo giustifica il vangelo e testimonia come vera la pretesa che in esso è stata avanzata. La fede appartiene essenzialmente al vangelo «secondo Marco» , poiché questo processo della giusti­ ficazione del vangelo , nell' accettazione e nel rifiuto di esso, ha caratterizzato in modo decisivo la concezione di tutta l'opera di Marco fino alla sua conclusione . Uso storico della pericope

Il concetto della basi/eia si è dimostrato uno dei più fecondi per 19 Wiirthwein-Behm , ThWNT IV, 972- 1 004. 20 Schlatter; Lohmeyer; Marxsen, Evangelist, pag. 90, con la sua interpreta­

zione riferita alla parusia suggerisce una versione di mediazione: «Credete al vangelo ( al Signore che ritorna) a causa del vangelo ( del suo annuncio del ritorno)» . =

=

78

L' inizio 1 , 1 - 1 5

tutta l a teologia successiva. Col suo aiuto sarebbe possibile pro­ gettare una storia della teologia. Oggi , in campo protestante, la teologia sistematica si occupa intensamente di questo concet­ to, mentre esso sembra essere stato assai dimenticato in quella cattolica. Il fatto è legato probabilmente a motivi particolari che in questa sede possono soltanto essere accennati. Fin da princi­ pio l'evoluzione della teologia della basi/eia è stata caratteriz­ zata - un invito indiretto in questo senso è già presente in Marco - dalla questione del rapporto esistente tra signoria di Dio e regno di Dio , tra basi/eia presente e futura 21 • Il proble­ ma viene acutizzato dal ritardo della fine e dal prolungarsi del tempo . La rivelazione di Cristo , sperimentata come pienezza dei tempi, si colloca al centro del tempo, centro che determina i tem­ pi che seguono e fa loro da norma . La signoria di Dio nel pre­ sente viene riferita alla chiesa, e lo si fa in modo da far passare sempre più in seconda linea il regno di Dio finale-escatologico . Si potrebbe seguire questa strada partendo dalla Seconda lette­ ra di Clemente e dal Pastore di Erma, dove si approfondisce l' avvicinamento tra basi/eia ed ekklesia 22, e passando poi alla dottrina delle duae· civitates di Agostino , alla dottrina dei due regni di Lutero fino ai manuali di teologia sistematica di oggi . Sarebbe necessario esaminare qui se sia giusto il rimprovero della «de-escatologicizzazione» del concetto escatologico e in che mi­ sura esso sia giustificato 23 • La basi/eia tou theou si trasforma in un termine dell'ecclesiologia. La riscoperta della valenza esca­ tologica della basi/eia per opera di J . Weiss verso l 'inizio di que­ sto secolo fu come una rivoluzione 24• J . Kaftan cos'Ì disse nel suo corso di lezioni - e R. Bultmann che lo ascoltava ne prese nota 25 : «Se il regno di Dio è un' entità escatologica, non è un concetro utilizzabile per la dogmatica» . Nelle dogmatiche cat­ toliche il concetto scompare sempre di più , o vierie messo alla 21 Cfr. A.

v . Harnack , Dogmengeschichte, l , Darmstadt 1 964, pagg. 148-1 5 1 . - Sui termini teologici usati per indicare la basi/eia (signoria regale di Dio, re­ galità di Dio, regno di Dio ecc.) cfr . Schnackenburg, Herrschajt, pagg. 247 s . 22 R . Schnackenburg, L ThK, 112 , pag. 30. 23 Cfr . F. Lau, RGG3 , VI, 1948; H .-D. Wendland, «Die Weltherrschaft Chri­ sti und die zwei Reiche)) in Kosmos und Ekk/esia (FS W. Stahlin), 1 95 3 , pagg. 23-29. 24 J. Weiss, Die Predigt Jesu vom Reiche Gottes, Gottingen 1 9oo2 , 19643 • 25 Nell'Introduzione alla terza edizione del citato libro di J . Weiss .

Predicazione di Gesù in Galilea l , 1 4- 1 5

79

pari con la chiesa 26 • M . J . Scheeben tratta dettagliatamente del regno di Cristo , meno del regno di Dio 27 • K. Barth afferma co­ me per dispetto : « in LebZeug 32 (1 977) 78-86. 3 Giuseppe Flavio, Bel/. 3 ,42 . 4 }Ket, 29b .

Excursus 2: La Galilea

81

sua pronuncia fosse imprecisa, specialmente nelle consonanti , andava ricondotto all'influenza della lingua greca che qui era usata sovente; tale uso si ripercosse sull' aramaico 5 • Giuseppe Flavio parla della bel­ lezza e della fertilità della regione 6 • Il clima temperato permette che cresca ogni sorta di piante. Ricorda noci, palme, fichi e olivi, viti e ogni tipo di alberi da frutto . A causa dei latifondi, in un'ampia parte del territorio i galilei vivevano in dipendenza economica. L'appello all'in­ dipendenza era più forte qui che nelle altre parti della Palestina. Nel vangelo di Marco si sottolinea la Galilea. È la regione da cui pro­ viene Gesù (l ,9) e la patria del vangelo (1 . 14. 39), in essa la fama di Gesù si diffonde rapidamente (l ,28). Lungo il mare di Galilea egli chia­ ma i suoi primi discepoli ( 1 , 16) . Dalla Galilea e dalle province circo­ stanti si raccolgono attorno a lui grandi folle (3 , 7 s . ) . Lo vediamo poi in cammino dalla Galilea alla volta di Gerusalemme per la passione (7 ,3 1 ; 9,30; 1 5 ,4 1 ) . Il Risorto precede in Galilea i discepoli, che si era­ no 'dispersi durante la passione, per raccoglierli nuovamente in quella regione (1 4,28 ; 16,7). Poiché lutti i passi citati vanno attribuiti alla re­ dazione marciana 7, ci si è domandato se nel secondo vangelo non si celi dietro la Galilea un significato teologico . Alla questione sono state date diverse risposte . Per Lohmeyer 8 all' epoca di Marco la Galilea è terra christiana e sede di una comunità delle origini che era in concor­ renza con Gerusalemme e aveva il suo centro a Damasco . Marxsen 9 ha sviluppato quest'idea e l'ha posta su un piano kerigmatico: la Gali­ lea non sarebbe soltanto la regione in cui Gesù predicò , ma anche il territorio in cui avvenne la predicazione delle comunità marciane. «È il luogo dove egli ha agito, dove egli opera adesso - nascosto nella predicazione -, dove egli opererà alla sua parusia» 1 0 • Tuttavia, non sappiamo molto delle comunità cristiane della Galilea e il quadro della Galilea che Marco delinea è troppo poco plastico per poterlo attribui­ re a lui o alle sue comunità. Inoltre è assai problematica un'attesa del­ la parusia riferita alla Galilea (cfr. il commento a 1 6,7). Secondo H . R . Preuss 11 Marco sottolinea semplicemente l'attività galilaica d i Gesù , quell 'attività che diventerebbe in Marco il periodo classico con carat-

5 Cfr. Dalman, Orte und Wege, pag . 7 . 6 Giuseppe Flavio, Bel/. 3 , 5 1 6-52 1 . 7 Sono anteriori 6,21 e 14,70 (Galilaios). 8 Galiliia und Jerusalem, passim. Cfr. K. Tagawa, «Galilée et Jerusalem» : l'at­

tention portée par l 'évangéliste Mare à l'histoire de son temps» in RHPhR 57 ( 1 977) 439•470 . 9 Evangelist, pagg. 47-6 1 . IO Pag . 60. 1 1 Galiliia. Analogamente Pesch, l, pag . 1 04.

82

L'inizio l , 1 - 1 5

teristiche esemplari. Dopo l'accenno di Preuss , L . Schenke 12 collega la Galilea al mistero del Messia. La Galilea sarebbe la regione in cui questo mistero verrebbe svelato dopo la pasqua. Per altri l'insistere sulla Galilea indica l 'orientamento di Marco verso la Missione tra i pagani 1 3 • Se si vuole comprendere in modo corretto il concetto mar­ ciano di Galilea, concetto del quale è giusto parlare, occorre tenere pre­ sente la duplice linea tracciata da Marco: anzitutto la strada, da intendersi in senso storico e che caratterizzò l'operato di Gesù e du­ rante la quale egli non era ancora conosciuto 14, che conduceva dalla Galilea a Gerusalemme. In seguito, poi , i discepoli seguirono la dire­ zione opposta. In Galilea, che era stata il centro della sua attività, essi lo comprenderanno pienamente. Ciò sarà reso possibile solamente do­ po la croce e la risurrezione. La linea che parte da Gerusalemme può inoltre essere intesa come riferimento alla missione tra i pagani, espres­ samente indicata da Marco in un altro passo ( 1 3 , l O) 1 5 •

12 Studien, pagg. 452-460. 13 G . H . Boobyer, «Galilee and Galileans in St . Mark 's Gospel» in BJRL 35

( 1 952/53) 334-348 . Cfr. la visione d'insieme in Schenke, Studien, pagg. 442-452. 14 Cfr. l'Excursus «Il mistero del Messia». 15 Cfr . più avanti il commento a 16,7. ·

l . Gesù opera con autorità d i nanzi a tutto il popolo 1 ' 1 6-3, 1 2

Questa sezione incomincia con la chiamata dei primi discepoli. All 'inizio l'interesse particolare dell 'evangelista è posto sui di­ scepoli . Seguono due commoventi scene di rivelazione, l'esor­ cismo nella sinagoga e la liberazione di un uomo dalla lebbra . Sono inseriti poi un breve racconto di guarigioni e delle osser­ vazioni , che si riferiscono all' arco di una sera e di una notte e si collocano dentro la città e vicino ad essa ( l , 32-39) . Le «con­ troversie galilaiche» (2, 1 -3 ,6) portano Gesù alle prime serie di­ scussioni coi suoi avversari che si scandalizzano della sua autorità . Alla fine essi meditano la sua morte. La conclusione della sezione è costituita ancora - come già all' inizio- da un sommario {3 ,7- 1 2) . Il discorso rivelatorio e l'ordine di tacere (3 , 1 1 s.) indicano che quello che importa a Marco è la rivelazio­ ne che avviene in Gesù . Teatro degli avvenimenti sono il mare di Galilea ( l , 1 6 ; 2, 1 3 ; 3 , 7), Cafarnao (l ,2 1 ; 2, 1 ) , la città (l ,33), la sinagoga ( 1 ,23 ; 3 , 1 ) , i campi seminati (2,23), tutta la Galilea con le sue sinagoghe (l ,39) , in breve: quel piccolo mondo di cam­ pagna che doveva diventare il luogo della rivelazione .

1 . La chiamata dei primi quattro discepoli (1 , 1 6-20) 16 E, mentre camminava lungo il mare di Galilea, vide Simone e Andrea, il fratello di Simone, che gettavano attorno a sé (il

84

Gesù opera con autorità 1 , 1 6 - 3 , 1 2

rezzaglio). Erano infatti pescatori. 17 E Gesù disse loro: Venite qua, seguitemi! E vi farò pescatori di uomini. 18 E �ubito essi abbandonarono le reti e lo seguirono. 19 E andato un po ' più avanti, vide Giacomo, quello (figlio) di Zebedeo, e Giovanni, suo fratello, che riassettavano le reti nel­ la barca. 20 E subito li chiamò. Ed essi lasciarono il /oro padre Zebedeo nella barca con i garzoni e se ne andarono dietro a lui. Analisi

La tradizione esisteva per conto suo già prima di Marco . Non c'era una tradizione dell'intera sezione 1 , 1 6-38 1 • Sebbene que­ sta sezione sia caratterizzata dall'uso del nome Simone, un più stretto legame temporale incomincia solamente con i vv . 2 1 s s . 2• Poiché riferisce la storia di due vocazioni, viene d a chie­ dersi se la vocazione dei figli di Zebedeo sia stata collegata solo in un secondo momento alla vocazione di Simone e di suo fra­ tello Andrea. L' argomento principale a favore di una separa­ zione sta nel fatto che l' attività della prima coppia di fratelli , la pesca, è un' attività notturna, mentre le reti vengono riasset­ tate di giorno . La struttura della composizione però parla chia­ ramente a favore di una tradizione unitaria. Una ragione impprtante in tal senso deriva dalla considerazione dell 'armo­ nia ritmica che l'organizzazione della pericope possiede fino nei tempi e nelle forme verbali, ma va considerato attentamente an­ che l' accurato modo di raccontare , attento a tralasciare ripeti­ zioni . La chiamata verbale di Gesù è stata riservata alla prima vocazione, la seconda si accontenta di un «e li chiamò» . Nella prima parte incontriamo la parola decisiva «seguire», nella se­ conda c'è la sostituzione con l'aperchesthai. Differenze ed ar­ monie costituiscono quindi un' unità misurata per la quale non aveva importanza una visione cronografica che tenesse conto della distinzione tra sera e mattino . Marco ha lasciato quasi immutata la pericope e ha indicato le

1 Diversamente Jeremias , A bendmahlsworte, pag . 86, nota l . 2 Con Kuhn, Sammlungen, pag . 1 6 .

l

primi discepoli 1 , 1 6-20

85

sue intenzioni anzitutto inserendola nel suo racconto. L'espres­ sione «lungo il mare di Galilea» del v. 1 6 va considerata tutta­ via un' aggiunta redazionale di Marco . Il para coll ' accusativo corrisponde al suo stile (2, 1 3 ; 4, l; 5 , 2 1 ); Mt 4, 1 8 ha limitato l' espressione dura con paragon para. «Il mare di Galilea» po­ trebbe essere una denominazione del lago che va fatta risalire a Marco 3, di quel lago che nell 'Antico Testamento è chiama­ to mare di Kinneret (Nm 34, 1 1 ; Gs 1 3 ,27) , di Kinroth (Gs 1 2 , 3) - probabilmente dalla città situata sulla costa occidentale - , nei targumin mare d i Gennesan e i n Giuseppe Flavio i l lago o le acque di Gennesaret , di Gennesar ed altro 4 • La tradizione premarciana non aveva perciò nessuna indicazione del luogo 5 , come manca a essa ogni indicazione di tempo . Questo v a tenu­ to presente nell'interpretazione, perché, inserendo il brano, Mar­ co crea una precisa cornice temporale . Spiegazione

1 6- 1 8 . Il racconto è dominato da Gesù . Egli passa, vede gli uo­ mini al loro lavoro e si rivolge loro con tono di comando . L'an­ dare, il vedere, il parlare, l'udire, il venire, le funzioni elementari di un comportamento umano caratterizzano sovente il linguag­ gio del nostro vangelo . Si rivolge a loro come a degli sconosciu­ ti, perché quest 'incontro è il primo . Egli è il soggetto che determina tutto l' insieme . I chiamati diventano soggetto sola­ mente nell' ultima frase, quando obbedendo rispondono alla chiamata. La posizione dominante di Gesù è tanto più impres­ sionante in quanto la prospettiva della narrazione è incentrata sui chiamati 6 • Lo sguardo di Gesù è quello che sceglie. Simo-

3 Così anche in Mc 7 , 3 1 e nei paralleli Mt 4 , 1 8 ; 1 5 ,29. Gv . 6, 1 : «il mare di Ga­ lilea di Tiberiade». Il testo tuttavia ha numerose varianti. l , 1 84- 1 86 . - Se l'euthys del •;. 20 sia redazionale o meno è un fatto irrilevante. Hirsch, Frii hgeschichte, l, pag. 6 ritiene che autous en to ploio del v . 1 9 sia una aggiunta fatta in vista del v . 20. 5 Perciò Lohmeyer è fuori strada quando vuole spostare l'avvenimento sulla riva occidentale del lago . 6 Schmidt, Rahmen , pag . 44.

4 Billerbeck,

86

Gesù opera con autorità 1 , 1 6 - 3 , 1 2

ne non riceve ancora i l nome d i Pietro , sebbene Marco preferi­ sca questo nome . La chiamata li coglie durante il loro lavoro quotidiano, li coglie insieme . Nel testo integrale la duplice chia­ mata va vista collegata alla missione collegiale, nella quale i di­ scepoli sono mandati due a due (6, 7) 7• Essendo pescatori essi sono occupati - la sera e la notte - a gettare il rotondo rezza­ ' glio . Il testo si serve probabilmente di un termine tecnico del linguaggio dei pescatori . Mt 4, 1 8 lo ha spiegato 8 • Non abbia­ mo informazioni precise della stima che godevano i pescatori . Esistono i giudizi differenti . Secondo Qid. 4,3 godevano di una cattiva reputazione, secondo Rabbi Jehuda (verso il 1 50) erano ritenuti pii 9• Per Ovidio, Metam . 3 , 585 ss . , essi fanno parte della classe dei poveri. Gesù li invita a seguirlo , «Venite qua, seguitemi ! » si trova alla lettera in 2 Re (LXX) 6, 1 9 come parola del profeta Eliseo agli Aramei, ma in quel testo non ha nulla a che vedere col pensiero della sequela. Non si può pertanto ac­ cettare una citazione di quel passo 10• Simone sentirà ancora una volta la chiamata, dopo aver rischiato di lasciare la sequela (8 ,33). La sequela porta i due uomini in una professione nuova che viene loro spiegata coll' aiuto del loro vecchio mestiere . Co­ me sino a quel momento hanno preso pesci , in futuro (poieso) prenderanno uomini . Questa frase va vista collegata al regno di Dio , per il quale occorre conquistare uomini . L'immagine, usata qui in senso positivo , non ha paralleli . Essa poteva essere nota, ma fu sempre usata in senso negativo 1 1 • Nella letteratu­ ra di Qumran si parla di coloro che tendono le reti (l QH 3,26) o dei «molti pescatori che stendono le reti sulla superficie del­ l'acqua» e incutono orrore all 'arante (l QH 5 , 7 s . ) 12• In Ger

7 Bieder*, pag . 9, vede espressa nella vocazione dei fratelli l 'idea della comuni­ tà che si costituisce come comunità nuova. Allo scopo si serve della distinzione barthiana tra singolo e isolato : «Gesù chiama certo anche i singoli, ma non gli isolati» . 8 L a lezione ballontas amphiblestron i n EFGS mira all'interpretazione ed è mu­ tuata da Mt 4, 1 8 . amphiballo vuoi dire gettare attorno, gettare ad arco . 9 Billerbeck, l, 1 987 . 10 Presa in considerazione da Pesch, Berufung, pag . 1 5 . 11 Il materiale di confronto è stato dettagliatamente raccolto in Hengel, Chari­ sma, pagg . 85 s. e note 1 48 a, 1 50, 1 5 1 . 1 2 Sullo sfondo di questi /oghia di Qumran, Hengel, Charisma, pagg . 86 s . , in-

I primi discepoli l , 1 6-20

87

1 6, 1 6 si parla di pescatori e di cacciatori di uomini, di nemici d'Israele, che stanno in agguato per sorprendere i membri del popolo e distruggerli . Nel loghion di Gesù c'è forse un capovol­ gimento di questa parola profetica, nel senso che i dispersi so­ no ora riuniti? 1 3 • La definizione dei credenti come pesci catturati divenne chiaramente un termine del linguaggio della missione del cristianesimo delle origini (Le 5,6; Gv 2 1 ,6) 14• Per i due uomini la sequela significa unione personale con Gesù , par­ tecipare alla sua vita. In maniera analoga già il discepolo dello scriba si univa al rabbi da lui scelto 1 5 • Le differenze - le ab­ biamo già più volte messe in risalto - stanno soprattutto nel fatto che il discepolo di Gesù viene chiamato da Gesù con auto­ rità. Come Gesù non si appella qui a un compito avuto da Dio , e costituisce dei discepoli di propria autorità, così accanto a lui il discepolo non impara la tora come faceva il discepolo dello scriba, ma impara a conoscere il maestro stesso e la sua dottri­ na. I due momenti sono legati in modo strettissimo (cfr . 8 , 34) . 1 9-20. L' analoga scena della duplice vocazione di Giacomo e Giovanni ha potuto risultare più breve . I due in Marco , ecce­ zion fatta per 9 , 3 8 , sono sempre nominati insieme e inoltre for­ mano con Pietro il gruppo dei tre (5 ,37; 9,2; 1 4,33). Al contrario di Simone e Andrea essi hanno dei nomi semiti . Sono chiamati figli di Zebedeo (3 , 1 7; 10,35), ma il padre loro appare soltanto in questo passo . Il motivo del padre radicalizza il pensiero della sequela, mentre il lasciare i garzoni presso il padre lo mitiga nuo­ vamente . Il fatto è confermato da Mt 4,22 che per radicalizzare il gesto dei due non nomina più i garzoni . Il narratore potrebbe

terpreta in senso positivo il fatto che «nel segno del regno di Dio che inizia e su mandato del loro maestro i discepoli dovrebbero - come Io stesso Gesù togliere al 'forte' il suo bottino e liberare i prigionieri» . Tuttavia nell'espressio­ ne «pescatori di uomini» non si può scorgere una nota polemica nel senso di un contrasto con Satana . 13 Per Pesch , Berufung, pagg. 2 1 s . , questa interpretazione si adatterebbe me­ glio . Nel contempo però si deve accettare un'interpretazione che va contro il senso originario (quello della parola di Geremia) . 14 Diogene Laerzio 4, 1 6 s . ; 8,36, usa «cacciare» nel senso «catturare qualcuno a favore di una dottrina» . 15 Per l a sequela nell'Antico Testamento e nel rabbinato cfr. Schulz* , pagg . 1 7-32.

88

Gesù opera con autorità 1 , 16 - 3 , 1 2

avere avuto l' intenzione , nominando i garzoni e l a piccola bar­ ca, di sottolineare le più ricche condizioni familiari di Zebedeo rispetto a quelle della famiglia di Simone e Andrea. Per Giaco­ mo e Giovanni seguire Gesù comporta la separazione dal padre . L' armonia strutturale esistente in tutt'e due i racconti di voca­ zioni di 1 6- 1 8 e 1 9 s . , armonia che ritornerà nuovamente nella vocazione di Levi in 2, 14, pone necessariamente il problema di uno schema che sta dietro la narrazione. L'unico esempio che si può portare come paragone , un esempio inequivocabile del resto , è quello della vocazione di Eliseo da parte di Elia in l Re 19, 1 9-2 1 . Gli elementi di parallelismo nella composizione so­ no i seguenti: «Nel ritorno egli (Elia) incontrò Eliseo , figlio di Safat , che sta­ va arando . . . Elia andò da lui e gli gettò addosso il suo mantel­ lo . Quegli lasciò i buoi , corse dietro a Elia e disse : Lascia che prenda commiato dal padre e dalla madre, poi ti seguirò . . . Quin­ di si alzò , seguì Elia e divenne suo servo» . Gli elementi concordanti sono l' invito del profeta che coglie il chiamato durante il suo lavoro quotidiano, l' accenno al padre (e alla madre), l' ubbidienza all 'invito . In più ci sono qui un ge­ sto di chiamata e il ritardo dovuto alla volontà di accomiatarsi . Il modello permette di definire chiaramate Mc 1 , 1 6-20 come sto­ ria di vocazione per ciò che riguarda la forma . È discutibile se questa forma abbia continuato a esistere nella teologia giudai­ ca. Secondo Hengel in essa la forma vocazionale di Elia non fu recepita coscientemente 1 6 • Nel vangelo essa serve a esprime­ re l'autorità carismatica presente nelP operato di Gesù . Dovre­ mo ritenere che il narratore collega direttamente la tradizione premarciana a l Re 19 e crea così una forma cristiana della sto­ ria di vocazione 1 7 • È giusto quindi definirla una scena ideale 1 8 •

1 6 Charisma, pag. 1 9 . 1 7 l n essa l'autorità è ulteriormente sottolineata dallo sguardo che sceglie, dal

comandare, dal dare un incarico . 1 8 Bultmann, Geschichte, pag . 27 .

I

primi discepoli l , 1 6-20

89

Val utazione storica

Malgrado tutta la schematicità si possono notare tuttavia alcu­ ni dettagli storici . Oltre ai citati nomi di persona abbiamo il me­ stiere degli uomini che entrano nel racconto, la loro provenienza dal lago e soprattutto l' autorità carismatica di Gesù capace di portare la gente alla propria sequela. «Storicamente» l'unione di questi uomini a Gesù sarà avvenuta in maniera più graduale e più complicata. Oggi in particolare si discute se l'espressione «pescatori di uomini» sia una parola autentica di Gesù . Alla ri­ sposta a questo problema si collega anche la definizione della tradizione - ellenistica o galicaica? - 19• La sua struttura (im­ perativo + kai + forma futura) è semitica, anche se poco tipi­ ca, per la concretezza del comando . È considerata semitica come espressione quand' anche in questa struttura sia stato ritenuto improprio l' imperativo (ad es . Gv 2, 1 9b) 20 • Il criterio struttu­ rale comunque fa apparire giustificata la redazione, permette di parlare di una tradizione palestinese e quindi galilaica . Poi­ ché all'inizio loghion e storia vanno di pari passo, questo vale per tutta la pericope 2 1 • L'espressione «pescatori di uomini» ri­ flette certamente la prassi missionaria della comunità, ma è si­ curamente di Gesù 22 • Con quell'espressione diviene chiaro che la sequela immette in un compito partico1are : reclutare uomini coli ' attività missionaria. Sintesi

Per Marco il pensiero della missione passa un po' in seconda linea. Non si può scorgere in modo chiaro un legame tra l'a Ga­ lilea, da lui inserita, e un lavoro missionario tra i pagani 23 • Do19 Per Haenchen, Weg, pag. 82, Ia storia è ellenistica per un'espressione attri­ buita ad: Aristippo e parallela al loghion «pescatori di uomini». Ma j)er Hen­ gel, Charisma, pag. 86, nota 1 5 1 , quel passo è una formazione secandaria ed è stata influenzata probabilmente da Mc l , 1 7 . 2° Cfr. Beyer, Semitische Syntax, pag . 252. 21 Pesch , Berujung, pag . 24. 22 Cfr . L e 5 ,6; G v 2 1 ,6; Hengel , Charisma, pagg 8 5 s . ; Pesch, Berujung, pag . 2 1 ; Id. , l, pag. 1 1 3 . 23 I I legame è presupposto da Pesch , Berujung, pag . 30. ..

90

Gesù opera con autorità 1 , 1 6 - 3 , 1 2

p o il sommario d i 1 4 s. l a storia acquista piuttosto u n più marcato significato paradigmatico 24 • Essa spiega in che modo si possono realizzare conversione e fede nell 'incondizionata se­ quela di Gesù . Si presuppone qui che anche la «sequela di colui che è stato innalzato» sia possibile e necessaria. Anche al di fuori del capitolo I i primi quattro discepoli appaiono come destina­ tari dell'insegnamento escatologico ( 1 3 , 3). Come essi sono i pri­ mi che Gesù trova, sono anche i primi a sentire parlare della parusia escatologica-finale del Figlio dell'uomo ( 1 3 ,26). Per crea­ re la figura letteraria di una particolare inclusione, l'evangeli­ sta usa il nome di Simone-Pietro, che è il primo e l' ultimo discepolo a essere nominato ( 1 6,7). BIHLIOGRAFIA: Bieder, W. , Die Berufung im NT, 1 96 1 (AThANT 38); Schulz, A . , Nachfolgen und Nachahmen, 1962 (StANT 6); Betz, H.D. ,

Nachfolge und Nachahmung Jesu Christi im NT, 1 967 (BHTh 36);

Pesch, R. , Berufung und Sendung, Nachfolge und Mission, ZKT 91

( 1 969), 1 -3 1 .

2 . L'esorcismo nella sinagoga d i Cafarnao ( 1 ,21 -28) 21 Ed essi vengono a Cafarnao. E senz 'altro entrò di sabato nel­ la sinagoga e insegnava. 22 Ed erano sbalorditi per la sua dot­

trina. Infatti la insegnava come uno che possiede potenza e non come gli scribi. 23 Ed ecco vi era nella loro sinagoga un uomo (posseduto) dallo spirito impuro. Ed egli gridò 24 e disse: Che cosa (c 'è) tra noi e te, Gesù, Nazareno? Sei venuto per rovinar­ ci? Io ti conosco, so chi sei: il santo di Dio. 25 E Gesù lo apo­ strofò e disse: Ammutolisci, ed esci da lui! 26 E lo spirito impuro lo scosse violentemente e, cacciando un forte grido, uscì da lui. 27 E tutti rimasero stupiti, così che si chiedevano a vi­ cenda: Che è questo ? Una nuova dottrina con potenza? Ed egli comanda agli spiriti impuri ed essi gli ubbidiscono? 28 E la sua fama si propagò subito dappertutto in tutto il circondario della Galilea.

24 Analogamente Schmahl, Die Zw6/f, pag . 1 16.

Esorcismo nella sinagoga 1 ,2 1 -28

91

Analisi

L'inizio della pericope è segnato dal cambiamento di luogo e di tempo : Cafarnao , sabato, sinagoga. La separazione tra l'ar­ rivo a Cafarnao e l'entrata nella sinagoga (due composti con eis nel v. 2 1 ) fanno sospettare una rielaborazione redazionale preoccupata di creare un aggancio con quanto precede. Nel v . 22 vengono constatati l'insegnamento autorevole d i Gesù e la reazione ad esso in chi ascolta, ma non si dice nulla del conte­ nuto dell'insegnamento . I vv. 23-28 raccontano una classica sto­ ria di esorcismo , i cui elementi essenziali sono : entrata in scena dell 'indemoniato , tentativo di difesa, ordine e cacciata da parte dell 'esorcista, uscita del demonio e reazione affermativa della folla presente . Nel riconoscimento dei presenti si fa di nuovo riferimento alla dottrina di Gesù , per cui vi è un aggancio tra il v. 22 e il v. 27 . Le persone che entrano in azione sono Gesù e lo spirito impuro ma anche coloro che sono presenti nella sinagoga (v . 27 hapan­ tes) . L' uomo indemoniato passa del tutto in seconda linea ri­ spetto al demonio che lo possiede. Ai discepoli si fa allusione solamente nella frase iniziale come accompagnatori di Gesù . Poi scompaiono , per riapparire però subito come elemento di con­ nessione (v . 29) . Anche questo depone a favore di una rielabo­ razione . La storia è narrata al passato. L'unica eccezione è costituita dalla frase iniziale che è al presente . Il v . 22 contiene una proposizione di significato causale . Vedremo ancora spes­ so che il -nostro evangelista predilige queste frasi esplicative (con gar) . Com' era il modello che Marco aveva davanti? Si è sempre pen­ sato a degli interventi redazionali nei vv . 2 1 -23 e 27 s. K . L . Schmidt esorta alla cautela 1 • L'indicazione del luogo è certo elemento della tradizione, ma fa parte di l ,29 ss. 2• Il nome di Cafarnao è necessario per indicare la casa di Simone , non per la sinagoga. Coll 'aiuto di 2 1 a Marco ha collegato quindi l' esor­ cismo e la guarigione in casa di · Simone 3• L'inizio originario 1 Rahmen, pag. 50. 2 Con Hirsh, Frii hgeschichte, l , pag . 5 ; Pesch, Tag, pag . 1 1 7 . 3 Sundwall, Zusammensetzung, pag . 9 , ritiene che l' esorcismo e l a guarigione

circolassero già appaiati nella tradizione .

92

Gesù opera con autorità 1 , 1 6 - 3 , 1 2

della storia dell' esorcismo è 2 1 b (cfr 3 , 1 ) , Marco potrebbe es­ sersi limitato ad aggiungere edidasken e a cambiare in partici­ pio l' originario eiselthen 4• Il v. 22 è tutto quanto frutto della redazione . La sua preoccupazione particolare è l'insegnamento di Gesù 5; tra i sinottici Marco è quello che accenna di piu agli scribi 6 • È difficile definire il v. 27 . Pesch ritiene che nel mo­ dello antecedente la frase suonasse: «Chi è questi?» . «Una nuova dottrina con potenza» sarebbe u n ' i ntegrazione dell'evangelista 7• Gli ha replicato Theissen, il quale ha attribui­ to al modello antecedente tutto il v. 27 , motivando la soluzione col fatto che la «nuova dottrina» sarebbe un termine della mis­ sione (At 1 7 , 1 9) e si adatterebbe benissimo alla storia se si la­ sciasse quest ' ultima nel suo orizzonte della missione 8 • Quantunque non sia possibile decidere per l'una o l ' altra ipote­ si con certezza, quella di Theissen è da preferire, perché sola­ mente in 2 , 2 1 s. Marco parla ancora del «nuovo» (e qui è un dato della tradizione) . Tuttavia il termine Galilea , che incon­ triamo nella frase conclusiva, viene ancora dalla sua mano . Il racconto dell' esorcismo presenta numerosi elementi semitiz­ zanti nella forma. tois sabbasin è basato sulla trascrizione di un aramaico shabtha/sabbata. L' accostamento di Iesou Nazarene e di ho haghios tou theou dipende soprattutto dalla consonan­ za Jeshua Hanesri - nazri ha-elohim 9 • Di stile semitico sono anche oida se tis ei, ho haghios tou theou al posto di oida sy ei ho haghios tou theou (iperbato) , phone megale al posto di un avverbio , anthropos en pneumati. Sono ragioni che fanno ritenere che il modello preesistente a Marco sia sorto in terra palestinese 1 0 • -

4 didasko ricorre 17 volte in Marco, 40 volte nella tradizione sinottica (Gaston);

inoltre è preferito da Marco in annotazioni marginali. Anche edidasken potrebbe aver fatto parte della tradizione, poiché questa forma indica che la dottrina era fià presente nella tradizione (vedi commento al v. 27). didache si trova 5 volte in Marco , 7 volte nella tradizione sinottica (Gaston) . 6 grammateus s 'incontra 2 1 volte in Marco, 42 volte nella tradizione sinottica (Gaston) . Per Kertelge, Wunder Jesu, pag . 50, l'euthys del v. 23 è redazionale. 7 Pag . 1 1 8 . Così anche Schenke, Wundererziihlungen, pag . 98 . 8 Wundergeschichten, pag . 1 65 . 9 Mussner* . 1 0 Pesch, Tag, pag . 125, parla di area ebraico-ellenistica e pensa probabilmen­ te a una regione non palestinese.

Esorcismo nella sinagoga l , 2 1 -28

93

Spiegazione

2 1 -22 . Il luogo çlella scena è Cafarnao . Marco non sa nulla del­ la posizione di questo luogo della Galilea nell'Antico Testamen­ to , un luogo soltanto raramente nominato in Giuseppe Flavio e nella letteratura rabbinica 1 1 • La sua collocazione è controver­ sa, ma la sua identificazione con Tell-chum, sulla riva nord­ occidentale del lago di Gennesaret , si afferma sempre di più sul­ l'identificazione con la più meridionale Chan Minje. Il luogo deve essere stato un particolare punto di appoggio dell' attività di Gesù (Mt 1 1 ,23 s . ) , se nel nostro vangelo viene nominato an­ cora in 2, 1 e in 9 , 3 3 . Di sabato Gesù, secondo l'usanza giudai­ ca, va nella sinagoga (3 , l s . ; 6,2) 1 2 • Gli edifici di riunione costruiti per le adunanze del sabato - il loro nome più antico è proseuche - sorgevano di solito fuori dell' abitato vicino al­ l'acqua e servivano soprattutto all'istruzione nella tora. Tale cul­ to comprendeva, accanto a preghiere e benedizioni, la lettura della Scrittura dalla tora e dai profeti e la predica che a questa lettura si collegava. A ogni membro idoneo della comunità pote­ va essere richiesto di tenere questo discorso . Se Gesù appare nella sinagoga come maestro , ciò è dovuto al fatto che chi racconta vi ha abbinato la situazione di missione della sua comunità. Ciò che avvenne allora, avviene ancora oggi . La rinuncia a una più dettagliata esposizione di quello che Gesù insegnava è stata av­ vertita ovviamente come mancanza perché si considerava il van­ gelo di Marco partendo da Matteo 1 3 • Per il nostro evangelista il contenuto della dottrina è stato definito partendo dal conte­ sto . In 14 s. la predicazione di Gesù è stata presentata in manie­ ra programmatica . Il confronto coll'insegnamento degli scribi sposta lo sguardo del lettore su quello che segue, dove Gesù en­ tra in discussione con concezioni e obiezioni giudaiche . Il v. 22

11

Cafarnao è la pronuncia antica, Capernao (tramandata così in CEFGHS) quella antiochena (Bl-Debr § 39,2). Giuseppe Flavio, Vit. 72 ricorda un villag­ gio di Kefarnome, Bel/. 3 , 5 1 9 una sorgente di Cafarnao nella regione di Genne­ saret . Per la posizione cfr . C. Kopp, L ThK, V 2 , 1 3 1 8 s . ; Billerbeck, I, 1 59; G. Dalman, Orte und Wege, pagg . 1 49- 1 7 1 . 12 Cfr. Billerbeck, IV, 1 1 5- 1 52 (L 'istituto vetero-ebraico della sinagoga). 13 Evidente soprattutto in Schlatter, pag. 45 .

94

Gesù opera con autorità 1 , 1 6 - 3 , 1 2

ha significato per tutta la sezione fino a 3 , 1 2 14• Udendo la dot­ trina, la gente rimane stupita (come in 6,2; 1 1 , 1 8). Lo stesso ver­ bo è usato per designare l'effetto di una frase scioccante ( 1 0 , 26) o d i un' azione potente.

Excursus

3: GLI SCR I B I

Gli scribi 15 costituivano una vera e propria classe che d i professione si occupava della legge. Primo «scriba» è considerato Esdra, che è «esperto nella Legge di Mosè» (Esd 8,3 LXX) . Esdra era contempora­ neamente sacerdote e maestro della Legge, ma soprattutto dopo l'epo­ ca dei Maccabei si forma una classe laica di scribi che entra in una relativa opposizione coi sacerdoti per la loro disponibilità a scendere a patti coi pagani . Ciò non vale per la comunità di Qumran . Dopo la divisione in un indirizzo fariseo e sadduceo gli scribi appartengono di più ai farisei. Vi furono però anche scribi sadducei . Mc 2 , 1 6 parla giu­ stamente di «scribi dei farisei» . Per quanto concerne la Legge spettava agli scribi un triplice compito. Essi dovevano sviluppare teoreticamen­ te le prescrizioni della tora, conservate di regola in termini generali, in modo da render le applicabili alle mutate circostanze. Essi dovevano istruire i discepoli nella Legge e, infine, amministrare la giustizia nei tribunali in qualità di giudici giuridicamente preparati. Ma poiché la tora di Mosè non conteneva solamente delle leggi , ma anche materiale storico ed edificante, gli scribi si occupavano oltre che della halachah , la prassi giuridica, anche dell ' haggada, cioè dell' aggiornamento della tradizione religiosa. Essi erano quindi i maestri preferiti del popolo nelle sinagoghe. All'epoca di Gesù la loro influenza politica e religiosa era grande . Spettava loro l' appellativo «Rabbi» , che solo in seguito tutta­ via sarebbe diventato titolo ufficiale. Si deve pensare perciò che anche nei loro gruppi essi trasmettessero dottrine segrete. È a partire da qui che si pone il problema di una delimitazione tra il movimento farisaico e quello apocalittico 16 • Fino all'anno 70, centro della classe degli scribi

14 Analogamente Theissen, Wundergeschichten, pag . 208 . Per la costruzione perifrastica, che mira a un'azione continuata e durevole, cfr. G. Bjorck , En didaskon, Die periphrastischen Konstruktionen im Griechischen, Uppsala 1 940, pag . 41 ss. 6 1 . 1 5 J . Jeremias, Jesusalem zur Zeit Jesu, Gottingen 1958 2 , II A, pagg . 27-32; B, pagg. 1 0 1 - 1 1 4 . 1 22- 1 27; Schiirer, II, pagg. 372-389; Hengel , Judentum und Hellenismus, pagg . 242-248 . 1 6 Cfr . Jeremias (nota 1 5), II B, pagg . 106 s.

Excursus 3 : Gli Scribi

95

fu Gerusalemme (cfr . Mc 3 ,22; 7 , 1 ) ; nel grande Sinedrio gli scribi co­ stituivano un vero e proprio gruppo . Tuttavia vi erano di queste per­ sone erudite anche in Galilea e nella diaspora e, come dimostrano le iscrizioni tombali ebraiche del successivo periodo imperiale, anche a Roma 1 7 • Marco nomina gli scribi da soli (l ,22; 2,6; 3 ,22; 9, 1 1 . 14; 12,35 .38), insieme coi farisei (2, 1 6 ; 7 , 1 . 5), coi sommi sacerdoti (10,33; 1 1 , 1 8 ; 1 4, 1 ; 1 5 , 3 1 ) o con gli anziani e i sommi sacerdoti (8 , 3 1 ; 1 1 ,27 ; 14,43 . 5 3 ; 1 5 , 1 ) . Essi entrano in scena sempre come avversari di Gesù, a eccezione di 12,28 ss. dove compare un singolo scriba. L'autorevole dottrina di Gesù , chi sorpassa la dottrina degli scribi, po­ trebbe fondarsi sul fatto , ehe Gesù parla per diretta autorità, mentre gli scribi spiegano la Legge e la tradizione 18 • Troppo artificiosa è l'o­ pinione di Daube per la quale Gesù si sarebbe presentato alla gente di Galilea come un Rabbi ordinato mentre gli scribi che si trovavano nel­ la provincia della Galilea per la maggior parte non sarebbero stati tali 19• Per Marco l'autorità della parola di Gesù appare nel fatto di essere accompagnata da azioni potenti . La sconfitta degli spiriti mali­ gni annuncia che arriva la signoria di Dio (3 ,24-27) 20 • Con l'apparire della basi/eia incomincia il per definire Cristo la troviamo oltre che nel par. Le 4,34 solamente nella professione di fede di Pietro di Gv 6,69. Secon­ do Ode 1 6 , 1 7B (LXX) Sansone riceve lo stesso titolo . Poiché in Sal 1 05 , 1 6 (LXX) Aronne è chiamato «il santo del Signore», alcuni interpreti vogliono vedere indicata qui la dignità sommo­ sacerdotale di Gesù 2 8 • Possono richiamarsi a Test. Lv. 1 8 , 1 2 , dove al sommo sacerdote messianico viene assegnato i l compi­ to di legare Beliar . Ma in En. et. 5 5 ,4 riceve la stessa funzione l'eletto (qui il figlio dell'uomo) . Nell 'Antico Testamento sono chiamati santi anche Mosè (Sap 1 1 , l) 29 , il pio (Sal 1 5 , lO, LXX), il popolo d'Israele (Dt 7 , 6; 14,2. 2 1 ; 26, 1 9 ecc . ) 30 • Eli­ seo è detto «uomo santo di Dio» (2 Sam 1 7 , 1 8) , Elia «uomo di Dio» (l Re 1 7 , 1 8) . Poiché in questo passo ricorre anche la formula di difesa, si potrebbe pensare all 'influenza di una tra­ dizione legata ad Elia. L'interpretazione più probabile è che col titolo «il santo di Dici» si faccia riferimento all ' autorità cari­ smatica che si rivela negli esorcismi di Gesù 3 1 • Anche questo fatto depone a favore di un'elevata antichità della nostra tradi­ zione. L 'imperativo di Gesù mette a tacere il demonio . È neces­ sario notare che con epitiman (anche in 4,39; 9,25) è stato ripreso quel termine che la Bibbia greca usa per indicare il rimprovero d' autorità di JHWH 32 • Gesù prende il posto di JHWH . Il suo grido di comando si pone in contrasto con lo scongiurare (horkizo) che è caratteristico della magia greca e si incontra in Mc 5 , 7 33• Questa differenza fa comprendere l'intenzione di 26 Cfr. in Gdc 1 3 ,7 A e B lo scambio di naziraion theou e haghion theou. 27 Preuss, Galiliia , pagg . 8-10, considera più antico il Nazòraios. 28 Lohmeyer; Grundmann; Friedrich , ZThK 53 (1 956) 275-27 8 . 29 Mosè appare qui come «profeta santo».

30 Sottolineato da Lagrange. 3 1 Hahn, Hoheitstitel, pagg. 235-238 , vede l'aspetto carismatico collegato al­

l'ufficio di profeta escatologico di Gesù . Similmente Pesch , Tag, pag. 1 24. 32 Accanto al verbo i LXX usano il sostantivo epitimesis che il Nuovo Testa­ mento non conosce: Sal l05,9 (LXX); 1 1 8 ,21 (LXX); Zc 3,2 (LXX); Gb 26, 1 1 (LXX); 2 Re 22, 1 6 (LXX) ecc . 33 Sulla differenza richiama l'attenzione Kee*, pagg . 240-242. Per Kee*, pagg .

Gesù opera con autorità l , 16 - 3 , 1 2

98

presentare Gesù , collegandosi a immagini veterotestamentarie, come il signore della natura e delle forze che in questa operano . L'ordine di ammutolire - elemento tipico della storia preesi­ stente (4,39) - in Marco diventa «ordine di tacere» 34• Per la prima volta incontriamo qui la teoria marciana del segreto (cfr. l'Excursus «Il mistero del M�ssia») . Al demonio è stato ordina­ to di tenere per sé la sua conoscenza di Gesù . Sull' epifania si abbassa il velo del mistero . Lo spirito impuro esce recando un ultimo supplizio all' uomo che sino a quel momento era stato sua dimora (cfr. 9,26) . Il suo grido è come un grido di morte (cfr. 9,26) . 27-28 . La reazione di quanti sono presenti nella sinagoga all'ir­ ruzione del numinoso nel loro mondo è lo spavento . Il raro thambeomai lo incontriamo soltanto qui nel racconto di un miracolo - può descrivere anche lo spavento dei discepoli per una parola di Gesù ( 1 0,24. 32). La nuova dottrina dotata di au­ torità che la folla deve confermare si è manifestata nell 'ubbi­ di �nza degli spiriti impuri al comando di Gesù 35 • La reazione rende trasparente la storia. Essa si presenta come storia di mis­ sione, in quanto nella reazione confluiscono in un unico. gesto l' assemblea della sinagoga di un tempo e l' assemblea cristiana missionaria del tempo del narratore 3 6 • Quest' ultima ha ascol­ tato la storia e ha conosciuto la nuova dottrina . Marco vede la novità nell 'inizio del regno di Dio che si afferma nella vittoria sui demoni . Anche il diffondersi della fama di Gesù in tutto il circondario va visto come notizia legata alla missione. Marco specifica questa diffusione facendo riferimento alla Galilea, ma si discute se egli abbia voluto oltrepassare o meno (in quest'ul­ timo caso il genitivo è epesegetico) l' ambito della Galilea 37• In ogni caso egli rivela nuovamente il suo interesse per la Galilea. -

235-240, le storie rabbiniche di esorcismi hanno somiglianze con quelle elleni­ stiche. 34 Il testo integrale rafforza questo mutamento d'interpretazione in quanto epi­ timan anche altrove introduce l'ordine di tacere (3 , 1 2; 8 ,30). 35 La constatazione del v. 27b è nuovamente di natura generale. 3 6 Theissen, Wundergeschichten, pag . 1 65 . 37 Schmidt, Rahmen, pag . 5 1 , sostiene l a prima ipotesi, Wellhausen l a seconda.

Guarigione in casa di Simone l ,29-3 1

99

Val utazione storica e si ntesi

In quanto storia di missione, la tradizione non offre un detta­ glio della vita di Gesù , ma presenta il ricordo generale e sche­ matizzato della sua attività esorcistica. Per Marco essa fu importante per i seguenti aspetti . Egli la usa come avvio dell' at­ tività pubblica di Gesù e per dimostrare autorevolmente la sua nuova dottrina del regno di Dio 3 8• E questa dottrina mette nel­ l' ombra gli scribi, che pure sono introdotti subito all'inizio co­ me suoi oppositori . Nell 'esorcismo si rivela la dignità di Gesù, ma la conoscen'Za di lui non deve essere propagata 39• Oltre agli intenti teologici appare chiara anche la tendenza dell' evangeli­ sta alla storicizzazione . Egli collega il racconto alla sinagoga di Cafarnao . BIBLIOGRAFIA: Daube, D. , Exousia in Mark 1 ,22 and 27 , JThS 39 ( 1 938) 45-59; Mussner, F. , Ein Wortspiel in Mk 1 ,24? , BZ 4 (1 960) 285-286; Kee, H. C. , The Terminology of Mark's Exorcism Stories, NTS 1 4 (1 967/68) 232-246; Pesch, R., Ein Tag vollmachtingen Wirkens le­ su in Kapharnaum (Mk 1 ,2 1 -34 . 35-39), BiLe 9 ( 1 968) 1 1 4- 128. 177- 195.261-277 ; Kertelge, Wunder Jesu, 50-60; Stein, R.H. , The «Re­ daktionsgeschichtlich» Investigation of a Markan Seam, ZNW 61 (1 970) 70-94; Schenke, Wundererzahlungen, 95-1 08 ; Dideberg, D. , -Mourlon Beernaert, P. , «Jésus vint en Galilée» , NRTh 98 ( 1 976) 306-323 ; Am­ brozìc, A . M., New Teaching with Power (Mk 1 ,27), in: Word and Spirit (FS D . M . Stanley), ( 1 975) 1 1 3- 1 49; Guillemette, P. , Mc 1 ,24 est-il une formule de défense magique? , ScEs 30 ( 1 978) 8 1 -96 .

3. La guarigione in casa di Simone (1 ,29-3 1 ) 29 E subito, come essi furono usciti dalla sinagoga, vennero nel­ la casa di Simone e A ndrea con Giacomo e Giovanni. 30 E la 38 Anche in Test. Dod. Patr. la liberazione dall'oppressione demoniaca e la fi­ ne del tempo sono viste assieme. Cfr. K . Thraede, RA C, VII, pag . 57.

39 Potrebbe essere dubbio che Marco abbia livellato i diversi titoli cristologici , al punto da affermare - con Kartelge, Wunder Jesu, pag. 56 - che egli avrebbe inteso l'espressione ho haghios theou nel senso del titolo di Figlio di Dio.

100

Gesù opera con autorità 1 , 1 6 - 3 , 1 2

suocera di Pietro era a letto febbricitante. E subito gli parlano di lei. 31 Ed egli si avvicinò e la sollevò, prendendo la mano. E la febbre la lasciò. Ed essa li serviva. Analisi

Il racconto di questo miracolo è certo il più breve della tradi­ zione evangelica. Tuttavia contiene gli elementi necessari del suo genere . All'esposizione che presenta l'entrata del taumaturgo e descrive la situazione dell' ammalata, seguono la guarigione e la sua conferma. La forma della narrazione è concisa. Le pro­ posizioni, costruite con tempi al passato, sono collegate e sin­ tonizzate tra loro da kai. Solamente il parlare dei discepoli con Gesù nel v. 30 è messo al presente. Di fronte alle molteplici tra­ dizioni sinottiche di miracoli, questa è l' unica che si svolge nel­ la strettissima cerchia dei discepoli . Per questo contiene dettagli di luogo e di persona: scena dell'azione è la casa di Simone, nella quale giace malata sua ·s uocera. Il passaggio suscita impressione di pesantezza. · La presenza dei molti discepoli non è assolutamente necessaria. Siccome sono i quattro che furono chiamati secondo vv. 1 6-20, la loro enu­ merazione completa va attribuita alla redazione di Marco . L'e­ vangelista - nel limite che gli è possibile - vuole stabilire un filo che percorre tutta la narrazione. A quest'intento va attri­ buita l' esplicita menzione dell 'uscita dalla sinagoga. A partire da A. Klostermann si sostiene sempre più l'idea che in origine il racconto era in prima persona (storia di Pietro) e solamente più tardi esso è stato trasformato con la sostituzione della terza persona 1 • Si tratta di pura supposizione. Poiché abbiamo già

1 Cfr. Schmidt , Rahmen, pag . 56, nota l ; Klostermann preferisce la lezione exelthOn elthen (B À