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Italian Pages 127 [124] Year 2007
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Achille Bonito Oliva 1
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Luca Pignatelli
Achille Bonito Oliva
CHARTA
Coordinamento grafico Graphical Coordination
Foogra fie delle opere Photographs of Works
Gabriele Nason
Andrea Pol
Coordinamento redazionale Editorial Coordination Emanuela Belloni
Con la collaborazione di With the collaboration of
altre fotografie other photographs Pino Guidolotti Francesco Pignatelli
■
mudima
Impaginazione / Layout Carmela Colombo
Fondazione Mudima Milano
Traduzioni / Translations Scriptum, Roma Ufficio Stampa / Press Office Silvia Palombi Arte&Mostre, Milano Capricorno Gallery Arte contemporanea Capri
In copertina / Cover Bosco, 1999
The Focus Group New York
© 1999 Edizioni Charta, Milano
All Rights Reserved
Edizioni Charta Via della Moscova, 27 20121 Milano Tel. +39-026598098/026598200 Fax +39-026598577 e-mail: [email protected] www.artecontemporanea.com/charta
ISBN 88-8158-226-0
Printed in Italy
© Luca Pignatelli per le immagini / for images © gli autori per i testi / the authors for their texts
"Creare non significa deformare o inventare persone o cose. Vuol dire stringere fra persone e cose che esistono, così come esistono, rapporti nuovi". Robert Bresson
"To create does not mean to deform or invent persons or things. It means to establish new relations between persons or things that exist, as they exist." Robert Bresson
Quello che mi chiedo quando affronto un lavoro è se questo corrisponderà, alla fine, in qualche modo a ciò che prospettavo in partenza, ben sapendo e sperando che sarà molto diverso. È questa differenza, questo scarto, questa sorpresa che credo spinga tutti quelli che sognano a continuare a farlo. Così questo libro, che raggruppa una serie di opere che vanno dal 1984 al 1999, non è il semplice catalogo di una mostra ma, piuttosto, la costruzione di un viaggio attraverso immagini eterogenee tra fotografie e dipinti, senza una scelta cronologica precisa ma attraverso i meccanismi della ripetizione e della variazione propri dell'analogia. La messa in scena di un libro, come la realizzazione di un film, coinvolge emotivamente tutti coloro che in qualche modo vi partecipano. Voglio ringraziare quanti mi hanno aiutato ed hanno collaborato in vario modo alla realizzazione di questo volume. In particolare ringrazio Antonina Zaru e la Capricorno Gallery Washington/Capri che hanno creduto e partecipato, come sempre, al progetto fin dalle prime battute. Ringrazio Gino Di Maggio che ha frequentato assiduamente il mio studio ed ha visto crescere con entusiasmo il lavoro. Un grazie particolare alla Fondazione Mudima, a Viviana Succi, Gianluca Ranzi e Marina Bignami che hanno partecipato attivamente al progetto. Un ringraziamento particolare ad Antonella Mazza che mi è stata vicino fornendomi la sua preziosa consulenza editoriale. Grazie a Pino Guidolotti e a mio fratello Francesco Pignatelli per le loro splendide fotografie; ad Alessandro Spadari per il suo insostituibile aiuto e ad Alessandro Poggiali per la sua collaborazione. Ringrazio Johannes Daxer, Marco Fila e Focus Group di New York per il loro sostegno. Ringrazio infine Giuseppe Liverani, Silvia Palombi e tutto lo staff di Charta per la loro pazienza e i preziosi consigli.
What I ask myself when I begin a piece of work is whether, in the end, it will correspond in some way to what I planned at the outset, knowing full well and hoping that it will be very different. It is, I believe, this difference, this surprise which urges all those who dream to continue to do so. Thus this book, which brings together a series of works stretching from 1984 to 1999, is not merely the catalogue of an exhibition, but rather the construction of a journey through heterogeneous images, photos and paintings, without a precise chronological choice but through the mechanisms of repetition and variation typical of analogy. The creation of a book, like the production of a film, involves emotionally all the people who have taken part in it. I would like to thank all those who have helped me and collaborated in different ways in the production of this book. In particular, my thanks are due to Antonina Zaru and the Capricorno Gallery Washington/Capri, who as always have believed in and participated in the project right from the beginning. I would also like to thank Gino Di Maggio, who has been an assiduous visitor to my studio and has watched the project grow with enthusiasm. Special thanks to the Fondazione Mudima, Viviana Succi, Gianluca Ranzi and Marina Bignami, who have played an active role in the project. Particular thanks are due to Antonella Mazza, who has provided her invaluable editorial expertise. Thanks to Pino Guidolotti and to my brother Francesco Pignatelli for their magnificent photos; to Alessandro Spadoni for his help and to Alessandro Poggiali for his kind collaboration. Further thanks to Johannes Daxer, Marco Fila and the Focus Group of New York for their support. Finally, I would also like to thank Giuseppe Liverani, Silvia Palombi and all the staff at Charta for their patience and invaluable advice. Luca Pignatelli
Luca Pignatelli
La ricerca artistica di Luca Pignatelli è tutta sospesa tra
materie: il polline delle polveri, le nervature
fascinazione archeologica ed esplorazione del mito.
sofferenti di canape cucite, il velo misterioso degli
La sua pittura vive nella dicotomia tra lo sguardo
acrilici o il profumo pungente degli oli.
ammirato e struggente sulla classicità e le pieghe
La sua è una pittura che parla al tatto.
polverose dell'indagine critica sugli elementi mitici
Tele che vivono di strappi e cuciture in ampi campi di
del contemporaneo.
ruggine e seppia e proprio in quanto corpi (consunti
Ma è sempre "di memoria " che le sue tele raccontano.
ed eleganti, poveri e nobilissimi), fatti di tessuti, esse
Una memoria, quella di Pignatelli, senza nostalgia,
celebrano il loro incanto sul mondo.
che ci restituisce il passato, qualunque esso sia,
Allora, non sarebbe bastato a Luca - artista che pare
attraverso un occhio morale. Dai volti di statue
uscito da una pellicola di Duane Michais o Bruce
attiche alla Ferrari degli anni Sessanta lanciata in
Weber - il monitor algido del video e neppure
corsa, dalla locomotiva a vapore che spande fumi
l'asettica superficie cinematografica sarebbe stata
accecanti al dirigibile malvagio, dalle inquietanti
sufficiente per dare respiro alle ombre delle sue
sagome di aerei della seconda guerra mondiale, colti
visioni. L'occhio morale di Pignatelli, la cui ricerca
durante una missione bellica alla foto maculata da
formale è certo debitrice del gusto estetico della
stille di colore dolente come la neve di Joyce: lo
settima arte, rifiuta l'ineluttabilità del cinema, nastro
sguardo di Pignatelli fissa e scruta ogni cosa, osserva
misterico su cui tutto accade. La sua poesia, e in
e registra da lontano, nel campo lungo di uno
questo sta il suo giudizio, vive del "fermo immagine "
sguardo, e da artista, infine giudica.
del dipinto, della sospensione in apnea di un frame
Pignatelli avrebbe potuto essere autore di cinema. Ci
bloccato nell'attimo prima della tragedia.
avrebbe raccontato storie sgranate da un obbiettivo
A lui, la paura del lutto o la bellezza irraggiungibile
accorato puntato sul cuore. Le sue sarebbero state le
delle effigie antiche scalfite dal tempo, interessano
favole terribili degli affetti minacciati, dell'imponente
come atti potenziali di distruzione o di estasi, non
grandezza della civiltà annichilita dalle sulfuree
certo per l'indugio sugli scorci idilliaci o temibili. È per
istanze della distruzione. Avrebbe raccontato di
questo che quando dipinge aerei da guerra, quei
dolorose contraddizioni, ora cercando nell'inarcarsi
mostri grigi sono catturati nell'attimo prima del
delle labbra di un broncio antico le ragioni del
bombardamento. Sospesi e indolori nel tempo fissato.
sorriso, ora nell'apocalisse di ceneri nere di un
E quando l'arco del loro volo è spezzato
bombardamento, le certezze dell'amore.
dall'abbattimento di un velivolo nemico, prima che
Ma è artista della materia. Il suo osservatorio sulla
tragedia, l'ogiva di quella traiettoria nuova è segno
memoria non può fare a meno della corporalità delle
elegante e maestoso. Il ribollire infernale del fumo
dei treni, altrove bloccato in larghe campiture
dato estetico immobile, l'arte di Luca Pignatelli è
d'ebano, si trasforma in malinconica coltre che a
sempre in bilico tra la "nostalgia" dei tempi non
mano a mano cancella il resto del paesaggio, ma
vissuti (di tutti i tempi), l'incanto delle stardust
sempre e prima, di un "paesaggio" di un dipinto.
memories, e il disincanto del l'osserva re.
In altre opere Pignatelli esplora l'hic et nunc dei resti
Le superfici su cui l'artista interviene sono soprattutto
architettonici di distruzioni avvenute o per mano del
tele di canapa cucite tra loro, pannelli industriali,
tempo o per l'inenarrabile violenza della natura. È il
coperture di cargo ferroviari, interrotti da cuciture
caso dei paesaggi di rovine pompeiane o dei ruderi
doppie, da strappi risarciti.
della Roma antica, soffocati da magma senza pietà o
Le immagini dei suoi quadri vivono così su un
dall'asfissia urbana che intorno a loro si accalca e che,
"campo" fatto di dislivelli e sobbalzi, di trame
intanto, come gramigna ruba loro la scena.
interrotte e pianure di colore, perché oltre che sulla
Ed infatti. Luca affronta sovente un altro nodo
"tela ", tali immagini respirano anche sopra e
fondamentale della contemporaneità: la
attraverso le nervature e gli strappi, le cuciture e la
contrapposizione tra "natura e artificio".
trama lenta della canapa.
Il profilo dei monti affilati come lame senza ombre,
Che ritraggano la carne gelida della testa di una
acciaio piegato da un fabbro onnipotente, che si
triste Afrodite o il paesaggio monumentale e poetico
affaccia da certe sue tele e che squarcia gli ocra o i
di un volo di ricognizione, i dipinti di Pignatelli
grigio-azzurro dei cieli si leggono pienamente solo se
appaiono come le immagini mute di un film
confrontati con altre tele e altre ossessioni
proiettato su uno schermo lacerato.
dell'artista: quelle che ritraggono, ad esempio, lo
Immagini lente, fino a fermarsi del tutto. E
skyline dei grattacieli di New York che paiono salire
fermandosi ci stupiscono e ci consolano. Come le
verso l'etere come tronchi di alberi convulsi.
immagini della memoria, del resto, le quali scorrono
Comparazione e osmosi, allora, che, grazie al lavoro
in noi per rivi imprevedibili, pronte a colpirci. Senza
di Pignatelli, rivelano negli scorci di montagne un
meste malinconie, però.
quid di ingegneristico ed umano e, di contro, negli
Bensì con la polvere in gola che lo sguardo posato sul
spettrali palazzi della "grande mela", scoprono
passato su cui si torna, sempre alza. Fino ad accecarci.
l'imperiosa compostezza del disegno sublime del Creato. Sguardo morale e fascinazione per il passato, inno al mito e, insieme, opera di demitizzazione del contemporaneo, sensibilità filmica e bisogno di un
Antonina Zaru
Luca Pignatelli's artistic journey is underpinned by his
observatory on memory cannot do without the
fascination with and exploration of archaeology and
corporality of matter: the pollen of dust, the painful
mythology
ribs of sewn-up canvas, the mysterious veil of acrylics
Luca Pignatelli's painting resides in the dichotomy
or the pungent smell of oils. His painting is tactile; his
between yearning admiration for classicism and the
canvases are brought to life by the tears and repairs
dusty pockets of the critical study of contemporary
in broad fields of rust and sepia and it is as bodies
mythical elements. But the concept of "memory" is
(worn out and elegant, poor and distinguished) of
always a key element in his paintings.
material that their charms sing out to the world.
Pignatelli recalls the past without nostalgia, he
For this artist, who seems to have walked straight out
restores the past to us, whatever past that may be,
of a film by Duane Michals or Bruce Weber, neither
from a moral point of view: from the faces of Attic
the cold monitor of the video, nor even the clinical
statues to a Sixties Ferrari at ths^tart of a race, from
cinematographic surface would have allowed him to
a steam train that belches out blinding smoke to a
give full rein to the shadows of his visions. Pignatelli's
threatening dirigible, from the disquieting
moral vision, the formal study of which certainly
silhouettes of Second-World-War airplanes depicted
owKes much to the aesthetic taste of the seventh art,
during a war-time mission, to a photo stained with
rejects the inevitability of the cinema, the roll of film
drops of painful color like Joyce's snow. Pignatelli
full of mystery on which everything happens. Luca
scrutinizes everything, he observes and records from
Pignatelli's poetry - and it is here that his judgement
afar, providing depth of field with foreshortened
is to be found - feeds on the "fixed image" of the
perspectives, and as an artist he makes judgements.
painting, of the breath-holding suspense of a frame
Pignatelli could have been a filmmaker. He would
frozen at the instant before the tragedy.
have told us stories through a grief-stricken lens
The fear of mourning or the unattainable beauty of
aimed at the heart. They would have been terrible
ancient effigies scarred by time are interesting to him
fairytales of threatened affections, of the imposing
as potential acts of destruction or ecstasy, and not as
grandeur of civilization annihilated by the infernal
idyllic or dangerous vistas to dwell on. This is why
aspirations of destruction. He would have told of the
when he paints bomber airplanes, those gray
painful contradictions, one minute tracing the origins
monsters are captured just at the moment before a
of a smile in the arched lips of an ancient pout, the
bombardment - painlessly suspended in fixed time.
next searching for the certainties of love in the
And when the arc of their flight is broken by the
apocalypse of black ash created by a bombardment.
downing of an enemy aircraft, the nose of that new
Luca Pignatelli is an artist of material things. His
trajectory is an elegant and majestic sign rather than
a tragic one. Elsewhere, the infernal billowing smoke
demystifies contemporary, cinematic sensitivity and
of the trains, blocked out in wide fields of ebony, is
the need for immobile aesthetic data, Luca
transformed into a melancholic mantle that gradually
Pignatelli's art is always balanced between
cancels out the rest of the landscape, which is,
"nostalgia" for times not lived (of all time) - the
however, first and foremost the "landscape" of a
magic of stardust memories - and the
painting. In other works Pignatelli explores the here
disenchantment that goes with observation. The
and now of architectural remains, of destruction that
surfaces on which he works are mainly hemp
has already happened as a result of time or the
canvases sewn together, industrial panels and railway
ineluctable violence of nature. This is the case of the
cargo tarpaulins broken up by rows of double
landscapes of the ruins of Pompei or the ruins of
stitching, rips that have been repaired. The images of
ancient Rome, suffocated pitilessly by magma or by
his paintings are created on a "field" made up of
the asphyxiating urban atmosphere that presses in on
uneven surfaces, of interrupted wefts and plains of
them invading and taking over the scene like weeds.
color, because in addition to being on the "canvas,"
And in fact, Pignatelli often confronts another
these images also exist over and above and through
fundamental contemporary problem: the
the fibers and tears, the stitching and the loose weft
juxtaposition of "nature and artifice. "
of the hemp. Whether they portray the frozen flesh of
The profile of the hills as sharp as blades without
the head of a sad Aphrodite or the monumental and
shadows, steel bent by an all-powerful blacksmith
poetic landscape of a reconnaissance flight, Pignatelli's
that appears in some of his canvases, rending the
paintings appear like the muted images of a film
ochres or gray-blues of the skies, can only be fully
projected on a lacerated screen. Images that are slow
interpreted if compared with other works and other
to the point of coming to a halt. And on doing so
obsessions of the artist : those that depict, for
they amaze and comfort us. Like the images of
example, the skyline of New York skyscrapers that
memory, moreover, which flow through us in
seem to rise into the air like convulsed tree trunks.
unforeseeable currents, ready to strike us. There is,
Comparison and osmosis in Pignatelli's work reveal
however, no melancholy sadness, just the dust in your
something human and engineered in the vistas of
throat that is always raised by looking at the past, to
mountains while in contrast the spectral buildings of
the point of blinding us.
the Big Apple have the imperious composure of the sublime design of the Creator. A moral stance and fascination with the past, a hymn to myth and at the same time a work that
Antonina Zaru
La prima volta che entrai nello studio milanese di
templi, treni o aerei, divenivano nelle sue tele
Luca Pignatelli provai una sensazione intensissima di
simulacri dell'assenza umana, testimoni muti di un
straniamento, scesi lungo una stretta e ripida scala
passato lontanissimo, sedimentato a strati e
fino al centro di una grande stanza rettangolare le
pervenuto fino a noi solo fortunosamente, inglobato
cui pareti erano interamente rivestite di opere. Opere
e preservato da una luce d'ambra.
scure, fonde, eppure a tratti illuminate da repentini
Ho pensato a Freud, alla sua "Spurenwissenschanz",
squarci di brillantissimo bianco, sacchi lacerati e
la "scienza delle tracce" che sembra tenere le fila
sovrapposti, cuciture a vista come punti di sutura
anche dell'opera di Luca Pignatelli, di quei segmenti
maldestri e frettolosi, - da campo medico di prima
arcani che rimandano all'indecifrabile, al mistero
linea -, paesaggi e figure sfuggenti alla memoria,
profondo dell'esistenza, di cui le sue opere strappano
come in un flash di ricordi, quasi apparizioni oniriche,
il primo velo e ci precipitano, quasi una sonda
larve e lemuri affioranti dall'oscurità, pronti per
gettata nell'universo interiore, sul filo di Arianna
essere colti in un attimo subitaneo e reimmergersi
della perduta memoria collettiva.
poi all'improvviso oltre l'orizzonte degli eventi, oltre la soglia di guardia della consapevolezza. Ricordo che Luca si muoveva veloce, spostando e accumulando le tele l'una sopra all'altra affinché io le potessi vedere; come in una foto sovraesposta in cui i confini delle cose vacillano, i suoi movimenti rapidi perdevano di consistenza davanti al tempo sospeso dei suoi lavori, all'unisono con le loro luci e con le loro penombre, in una stanza che assomigliava più al mitico "Athanor", la fornace dell'alchimista, che ai più consueti ateliers degli artisti, inondati di rassicurante luce zenitale. Ricordo che lo studio di Luca Pignatelli mi apparve come l'antro segreto di un alchimista-demiurgo: le sue erme dipinte avevano in realtà le sembianze della musa melanconica di Albrecht Dùrer, le vedute urbane, avvolte nelle nebbie del tempo, erano sopite e immobili e le tracce della presenza umana, antichi
Gino Di Maggio
The first time I entered Luca Pignatelli's studio in
canvases the traces of human presence, ancient
Milan, I experienced an extremely strong feeling of
temples, trains or airplanes, became images of
alienation, I went down a long, narrow, steep
human absence, the silent witnesses of a’dim and
staircase leading to the center of a large rectangular
distant past, sedimented strata that have come down
room, whose walls were entirely covered with
to us merely by chance, incorporated and preserved
pictures. Deep, dark works and yet they were
in an amber light.
illuminated here and there by unexpected gashes of
I thought of Freud, of his "Spurenwissenschanz, " the
gleaming white, torn superimposed sacks, with
"science of traces" that also seems to pull the strings
exposed stitching like a clumsy, hasty suture - from a
in Luca Pignatelli's oeuvre, in those arcane segments
medical camp on the front line - landscapes and
that refer to the indecipherable, to the profound
figures eluding the memory, as though in a flashback
mystery of existence, from which his works tear away
of vague recollections, almost dream-like apparitions,
the first veil and cast us headlong, almost like a
larvae and lemurs emerging from obscurity, ready to
plummet, into the inner universe, on the Ariadne's
be captured in an unexpected moment and to re-
thread of the lost collective memory.
emerge suddenly later, beyond the horizon of events, beyond the threshold of consciousness. I remember Luca moving rapidly, shifting the canvases and piling them one on top of the other so that I could see them. Like an overexposed photograph in which the edges of things waver, his rapid movements lost their substance before the suspended time of his paintings, in unison with their light and shade, in a room that resembled the mythical "Athanor," the alchemist's furnace, rather than the more usual artists' studios, inundated with reassuring zenithal light. I remember that Luca Pignatelli's studio seemed like the secret cave of demiurge-alchemist. His painted hermae had in reality the features of Albrecht Durer's melancholy muse; the cityscapes, wrapped in the mists of time, were asleep and motionless; and on his
Gino Di Maggio
Sommario/Contents
17
Tempeste temperate
21
Temperate Tempests r
Achille Bonito Oliva 109
Elenco delle opere / List of Works
111
Elenco delle illustrazioni List of Illustrations
112
Nota biografica / Biographical Note
112
Esposizioni / Exhibitions
116
Bibliografia / Bibliography
Tempeste temperate Achille Bonito Oliva
Se la vita si muove lungo tangenze organizzate dal principio di ragione, tanto da riuscire a confinare il diverso nel luogo dell'eccentrico e dunque del definibile secondo differenza, l'ar¬ te invece si muove secondo movenze interne, calibrate da regole dettate da pratiche che rifiu¬ tano il ritegno dell'accortezza e del progetto. Altra cosa è la disciplina sotterranea che la guida, fatta di una continua calibratura e di difficili equilibri. L'artista naviga nelle acque della pittura mosse da venti che cambiano continuamente dire¬ zione e forza. Talvolta un vento dolcissimo guida la mano del pittore verso immagini tutte increspate sulla quiete della superficie. Altre volte invece le correnti sono vorticose e trasci¬ nano l'artista e i suoi attrezzi verso impeti e impulsi che modificano la direzione naturale del¬ l'immagine secondo i dettati interni di un immaginario che non conosce leggi di gravità o sicu¬ ri ancoraggi. Insomma il pittore non sempre è guidato da un istinto di sopravvivenza, dal biso¬ gno di mettere al riparo l'immagine della sua produzione creativa. L'artista vive immerso in un campo di forze che regolano l'esistenza del suo immaginario e lo portano verso direzioni lontane dall'approdo definitivo, a cercare il punto di incontro con la superficie e nello stesso tempo a proteggere il campo magnetico dell'immagine. Essa è richiamo e fonte di attrazione per le mani dell'artista, calamita e sorgente di movimento verso una nuova dimensione, aper¬ ta e concentrata. L'opera di Luca Pignatelli è densamente saldata dentro la protezione di un'atmosfera che sfida ogni oscillazione e caduta. Un clima eroico regge le sue immagini, immerse nell'alveo di una tempesta e di una temperatura che solo le immagini forti possono reggere. Il passaggio sulla superficie del quadro, dentro la soglia della pittura, segna anche la nascita a nuova vita o per lo meno a nuova condizione. Ora non esistono piccole sensazioni, sentimenti tenui e delicati, ma una temperie che forgia ogni elemento e lo sposta verso un nuovo clima, forte¬ mente determinato e marcato. Luca Pignatelli tempra la vibratilità attraverso il recupero di uno spirito espressionista e nor¬ dico, modifica il clima mediterraneo e solare del novecentismo mediante un bagno dentro le acque sulfuree e gelate di una temperatura che spinge verso l'assoluto, allontanando l'imma¬ gine dal clima relativo dello stato d'animo e dell'intimismo. Contro l'approdo verso i lidi di una linea circoscritta all'ambito italiano. Luca Pignatelli apre
il suo stile verso un'espressività incisiva e definitoria: Friedrich, Beuys, Kiefer. Egli introduce nella sua pittura lo stato di una nuova necessità guidata dall'urgenza di una definizione filosofica del suo mondo. Il Novecento invece, nella sua grande distensione stilistica, aveva sempre cercato nell'arte il riparo da ogni urgenza dilagante e frantumante. Luca Pignatelli accetta l'ineluttabilità del frammento, l'impossibilità di un'espressione di superficie per cercare una pittura in cui spessore delle materie e forza del segno diano anche senso filosofico alle imma¬ gini, adagiate su teloni ferroviari. Filosofia significa in questo caso superamento dello stato d'animo, rifiuto della relatività di un intimismo tutto consumato e circoscritto all'occasione della singola immagine. Al minuscolo, come scelta intenzionale di una dimensione ripiegata su se stessa. Luca Pignatelli oppone il "patetismo" del maiuscolo, un'immagine che pietrifica la definizione di sé. La natura, per questa ragione, è sempre il cupo teatro di una rappresentazione, una scena interiore in cui essa tende ad antropomorfizzarsi, per assumere il pathos che sembra appartenere soltanto alla condizione umana. Per questo non esiste mai un clima naturale o naturalistico nella pittura di Luca Pignatelli, sempre sostenuto invece da una costante che è poi quella di un'aria definitivamente notturna. La notte, si sa, porta consiglio, ma non nel senso di un placarsi dei sentimenti o di un loro tra¬ mutarsi in altro da sé. La notte è la condizione del tempo filosofico in cui non è possibile appi¬ gliarsi a spettacoli consolatori, in cui al contrario tutto si pareggia, l'uomo e la natura acqui¬ stando la stessa impenetrabilità. Cielo e terra si uniscono nella densità della notte, che assorbe dentro di sé tutte le antino¬ mie e le differenze superbe della ragione. Non c'è il sole della ragione a scaldare e a scioglie¬ re i nodi dell'esistenza. Ora tutto è definitivo e la natura, nelle sue possibili metamorfosi, non può soggiogare e spostare il peso di una condizione che nasce da uno sguardo sgombro e totalmente tuffato dentro la linearità della notte. Qui è possibile cercare a tentoni, con la forza delle mani che forse hanno occhi per vedere e orecchie per ascoltare. L'ombra è il doppio della vita, è il fantasma che aleggia dietro ogni corpo e ogni peso. Dunque non è possibile eliminare il peso e diventare leggeri, ma è forse possibile riuscire a spostarlo attraverso la ricerca di un altro luogo, dove le ombre aderiscano veramente al corpo e diano per questo la sicurezza del peso. Ora la natura non è più statica ma si muove anche nell'arco della notte, dove proverbial¬ mente tutto sembra giacere nella condizione di una imperscrutabile immobilità. La materia ha una continua pulsione al movimento e non richiede l'artificio dell'intervento dell'uomo. Un atteggiamento solidamente eracliteo guida la visione di Luca Pignatelli, che non si lascia sco¬ raggiare dalla gravità della materia. La pittura diventa il piano inclinato su cui la materia trova occasione di scorrimento. Le rocce, gli alberi, le figure si piegano, è vero, sotto il peso della
loro concretezza e della loro ombra ma nello stesso tempo hanno la forza inerte di indicare una diversa propria collocazione. L'inclinazione è la posizione naturale delle piante e degli uomini, che si dispongono così nel verso di una gravitazionalità obliqua, non acquiescente ma consapevole e sicura. Lo slittamento dei corpi è dato dalla sostanza della pittura, che adopera colori, forme e ritmi marcati per sposta¬ re la staticità iniziale. I colori talvolta hanno la forza di uscire dalla necessità di un commento natu¬ ralistico, per disporsi nella direzione di una diversa affermazione della propria identità. In tal modo la pittura diventa lo strumento che, da una parte, afferma il peso dei corpi e, dall'altra, permette a tale peso di disporsi fuori dal governo immobile delle cose. Più esattamente è la cultura mediterranea che trova un luogo di incontro con la cultura nordica; Luca Pignatelli tempera le sue radici con il clima di una diversa impostazione. Se le sue radici mediterranee gli permettono un rapporto continuo e non negativo con la natura, l'aria nordica, in cui egli le cala, dà loro una vibrazione che produce una sorta di antropomorfizzazione della natura stessa. Luca Pignatelli opera nella doppia direzione. Ma più che il grande senso della storia, egli cerca di restituire con la pittura il grande respiro che regge la natura, il senso del movimento incessante, che produce nuove forme e anche separazione, unione e solitudine. Questa doppia polarità determina uno stile che opera tra un'espressione a vortice e una geometrica. La compenetrazione delle due maniere nasce dall'urgenza di riuscire a dare il senso mobile della natura e anche la sua definizione. L'arte è il campo magnetico in cui è possibile il movimento incessante verso l'impossibile unità, il luogo di un'inclinazione dei corpi e delle ombre ad assumere posizioni aperte a nuovi incontri.
Temperate Tempests Achille Bonito Oliva
While life moves along tangents organized by the principle of reason, to the extent that it man¬ ages to confine diversity to the realms of eccentricity and therefore of what is definable accord¬ ing to what is different, art on the other hand has its own internal motivations, calibrated by rules dictated by practices that reject the reserve of prudence. The secret discipline that guides it, made of constant calibrations and difficult balances, is another matter. The artist is constantly buffeted on all sides by winds of change. Sometimes the gentlest breeze guides the painter towards images that ripple across the smooth surface. At other times, the artist and his equipment get swept off course by conflicting currents and whirlpools that change the natural direction of the image according to the internal dictates of an imagination that recognizes neither laws of gravity nor safe havens. In other words, the painter is not always driven by an instinct for survival, the need to pro¬ tect the image of his creative production. The artist is surrounded by a field of forces that reg¬ ulates the existence of his imagination and carries him far from his final landing place in the search for the point of intersection with the surface, combined with an effort to protect the image's magnetic field. It is both reference and origin of attraction for the artist's hands, mag¬ net and source of movement towards a new, open and concentrated dimension. The work of Luca Pignatelli is firmly anchored within a protecting atmosphere that challenges every rise and fall. An heroic atmosphere supports his images, situated as they are in the eye of the storm at a temperature that only strong images can stand up to. The passage over the sur¬ face of the painting, within the threshold of the painting, also marks a new life or at least the birth of a new state. Here, tender, delicate feelings no longer exist, but every element is forged and moved towards a new, highly determinate atmosphere. Luca Pignatelli tempers their vibratility by rediscovering a Nordic and expressionist spirit, modifies the sunny Mediterranean climate of the twentieth century by immersion in the sul¬ phurous and icy waters at a temperature that approaches the absolute, distancing the image from the relative atmosphere of the state of mind and intimacy. Against the arrival on his shores of a line limited to the Italian context, Luca Pignatelli opens his style up to an incisive and defining expressiveness, that of Friedrich, Beuys, and Kiefer. He introduces the state of a new necessity to his painting, guided by the urgency of a philo-
sophical definition of his world. The twentieth century on the other hand, in its great stylistic variety, had always sought in art protection from every rampant and fragmenting urgency. Luca Pignatelli accepts the inevitability of the fragment, the impossibility of a surface expression in the search for a painting in which the robustness of the materials and the sign may also give a philosophical sense to the images, set down on railway tarpaulins. Philosophy in this case signifies going beyond the state of mind, rejecting the relativity of a wholly consumed and circumscribed intimacy on the occasion of the single image. Written in lower case, as the conscious choice of a dimension that has to make do, Luca Pignatelli opposes the "sentimentality" of the upper case, an image that petrifies the definition of oneself. For this reason, nature is always the dark theater of a performance, an interior scene in which it tends to become anthropomorphized, to assume the pathos that should perhaps belong only to the human condition. For this reason, there is never a natural or naturalistic atmosphere in Luca Pignatelli's paint¬ ing, which instead is always sustained by the constant of a definitively nocturnal atmosphere. As we know, the night brings counsel, but not in the sense of calming feelings or transforming them into something else. Night is the condition of philosophical time in which it is not possible to maintain comforting performances, in which on the contrary everything is equal, man and nature take on the same inscrutability. Heaven and earth become one in the density of the night, which absorbs all the antinomies and proud differences of reason. There is no sun of reason to heat and melt away the knots of existence. Now everything is definitive, and nature in its possible metamorphoses, cannot sub¬ due and shift the burden of a condition that arises from a free eye that is totally immersed in the linearity of the night. Here it is possible to feel one's way, with the strength of hands that perhaps have eyes to see and ears to listen. The shadow is life's double, the ghost that hovers behind every body and every burden. Therefore it is not possible to eliminate the burden and become light, but it may be possible to shift it by looking for another place where the shadows stick really close to the body and give a sense of reassuring weight. Now nature is no longer static but it also moves during the night, when traditionally every¬ thing seems to lie in a condition of inscrutable immobility. Matter has a natural tendency to move and does not need the artifice of man's intervention. A solidly Herculean attitude guides Luca Pignatelli's vision and he is not discouraged by the weighty subject matter. Painting becomes the inclined plane on which matter finds the opportunity to flow. True, rocks, trees and figures bend under the weight of their very substance and their shadow, but at the same time they have the inert force to suggest a different location for themselves. The incline is the natural position of plants and human beings, who are thus arranged in the
direction of an oblique gravitationality, not acquiescent but aware and sure. The sliding of bod¬ ies is provided by the substance of the painting, which uses emphatic colors, forms and rhythms to shift the initial lack of movement. The colors sometimes are strong enough to go beyond the need for a naturalistic comment, and seem to be heading for a different affirmation of their own identity. In this way the painting becomes the instrument, which on one hand affirms the weight of bodies, and on the other enables this weight to be placed beyond the immobile government of things. More precisely, it is Mediterranean culture that intersects or finds a meeting point with Nordic culture; Luca Pignatelli tempers his origins with the atmosphere of a different lay-out. While his Mediterranean roots allow him to establish a constant non-negative rapport with nature, the Nordic atmosphere in which he surrounds them sets up a resonance that produces a sort of anthropomorphization of nature itself. Luca Pignatelli works in both directions. But more than a great sense of history, he tries in his painting to get back to the key elements of nature, the sense of constant movement that pro¬ duces new forms as well as separation, union and solitude. This double polarity gives rise to a style that works somewhere between a vortex and a geo¬ metric expression. The overlapping of the two ways arises from the need to get across the idea of nature in perpetual motion and also its definition. Art is the magnetic field in which perpetual motion towards impossible unity is possible, the place where bodies and shadows are inclined to assume positions open to new encounters.
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