L'Epica perduta. Eumelo, il Ciclo, l'occidente 8882653129


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L'Epica perduta. Eumelo, il Ciclo, l'occidente
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ANDREA DEBIASI

L'epica perduta HESPERÌA, 20

«L’ERMA» di BRETSCHNEIDER

|

In sovracopertina:

Giorgio De Chirico, Cavalli sulla spiaggia (Deux chevaux devant la mer), 1926, collezione privata. Elaborazione di un mosaico di Pella con il Ratto di Elena derivato da Zeusi.

Università di Padova Dipartimento di Scienze dell’ Antichità

Hesperia

-

comitato consultivo

D. BrIQUEL (Paris), A.C. Cassio (Roma), M. GRAS (Paris), M.L. LAZZARINI (Roma), M. LomBARDO (Lecce), A. MELE (Napoli),

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D. MuSsTI (Roma), D. RinGway (Edinburgh)

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HESPERIÌA, 20 STUDI

SULLA

GRECITÀ

a cura di LORENZO

DI OCCIDENTE BRACCESI

L'epica perduta di ANDREA DEBIASI

«L’ERMA» di BRETSCHNEIDER

Hesperîa, 20

ANDREA DEBIASI L’epica perduta Eumelo, il Ciclo, l'occidente

Copyright 2004 «L’ERMA» di BRETSCHNEIDER Via Cassiodoro, 19 Roma

Tutti i diritti riservati. E vietata la riproduzione di testi e illustrazioni senza il permesso scritto dell'Editore.

Hesperia : studi sulla grecità di Occidente / a cura di Lorenzo Braccesi. — Roma : «L’ERMA» di BRETSCHNEIDER. —- v. ; 24 cm.

20: L’epica perduta : Eumelo, il Ciclo, l'occidente / Andrea Debiasi. — Roma : «L’ERMA» di BRETSCHNEIDER, 2004. — 311 p. : ill. ; 24 cm. — Nell’occhiello: Università di Padova, Dipartimento di Scienze dell’ Antichità. ISBN 88-8265-312-9 CDD 21. 883 1. Letteratura greca I. Debiasi, Andrea

Il volume è stato pubblicato con un contributo per l’attività di ricerca dell’Università di Padova

SOMMARIO

Premessa

Abbreviazioni Introduzione CAPITOLO I. EUMELO

1. a) b) 2.

Eumelo, Impresa Impresa Il canto

Corinto, le tradizioni eoliche argonautica: l'andata argonautica: il ritorno processionale per Delo (e l’oracolo di fondazione di Reggio)

3. Eumelo, Archia, Siracusa

4. Eumelo, Corcira e la perea corcirese Appendice: Naupaktia — Epimenide CAPITOLO II. TITANOMACHIA

1. Eumelo, Arctino, il frontone del tempio di Artemide a Corcira 2. Egeone — Briareo tra Corinto, Eubea e Gibilterra 3. L’estremo occidente: tra mito e realtà

104

4. Tifeo sotto l'Etna

109

CAPITOLO III. ANTEHOMERICA

109 LL

2. Kypria

123

CAPITOLO IV. ILIOUPERSIS

Lo 136 146 198) 161

1. 2. 3. 4. 5.

1. Alemeonide

Arctino, l’Eziopide, Lesche L’Ilioupersis, Laocoonte e il destino occidentale di Enea Enea con il Palladio in Italia Matrice euboica Aretino, Stesicoro e la Tabula Iliaca Capitolina

SOMMARIO CAPITOLO V. PICCOLA ILIADE

1. Enea prigioniero 2. Enea liberato 3. La Piccola Iliade, la lesche degli Cnidi, la sorte degli Antenoridi CAPITOLO VI. NOSTOI

1. Agia e la multiforme epopea del ritorno 2. Nauplio 3. Peripezie occidentali? CAPITOLO VII. TELEGONIA

1. Eugammone, Cirene, la Tesprozia 2. L’estremo viaggio (due matrimoni e un funerale)

Bibliografia Indice analitico

Ai miei genitori

PREMESSA

Questo lavoro è stato condotto nell’ambito del XV ciclo del Dottorato di Ricerca in Storia Antica presso l’Università di Roma “La Sapienza” (coordinatore il prof. Silvio Panciera) durante il triennio 2000/1-2002/3. Desidero pertanto esprimere la mia gratitudine in primo luogo ai tutori, i prof Domenico Musti, Maria Letizia Lazzarini e Lorenzo Braccesi, il quale mi ha esortato a intraprendere questo viaggio avvincente eis t)v ‘Eoxeoiav, inseguendo le voci — smorzate o spezzate — di cantori perduti. Altri studiosi mi hanno prestato aiuto, discutendo con me alcuni aspetti — generali 0 specifici — affrontati nel testo, dispensandomi osservazioni e consigli preziosi. Un ringra-

ziamento sentito rivolgo a Maria Grazia Ciani, Alessandra Coppola e Flavio Raviola, scrupolosi e pazienti ‘primi’ lettori; un debito di riconoscenza ho altresì nei confronti di quanti hanno visionato singole parti del dattiloscritto: Luca Antonelli, Albio Cesare Cassto, nonché Martin West, la cui indiscussa autorità in materia è pari alla squisita disponibilità dimostratami. Vale appena la pena puntualizzare che la responsabilità di tutto ciò che è qui sostenuto è soltanto mia. Mi è infine gradito ricordare coloro che, pur lontani dall'ambito circoscritto della disciplina, mi sono stati e mi sono vicini: i miei genitori, che mi hanno trasmesso l'amore per la ricerca e ai quali dedico il libro; i miei fratelli, che vedo di rado ma che ‘abitano’

sempre in me; Marco, Alvise e gli amici tutti dell’AdAP, ai quali ancora una volta ripeto arigatai e yoku naru/ La realizzazione di questo studio deve molto anche a loro. Padova, maggio 2004

AD.

ABBREVIAZIONI

ANRW CEG

Aufstieg und Niedergang der ròmischen Welt, Berlin-New York 1972 Ss. Hansen P.A., Carmina Epigraphica Graeca, Berlin-New York, 1983-1989.

EV FGrHist

Enciclopedia Virgiliana, Roma 1984 ss. JacoByY F., Die Fragmente der griechischen Historiker, Berlin-Leiden 1925. 86

IG LfgrE LIMC

Inscriptiones Grecae consilio et auctoritate Academiae litterarum Borussicae editae, Berlin 1873 ss. Lexicon des fribgriechischen Epos, Gottingen 1955 ss. Lexicon Iconographicum Mvytbologiae Classicae, Zirich-Miinchen

LS]

1981 ss. LippEL H.G. — ScoTT R. — JoNES H.S., A Greek-English Lexicon, Ox-

PMG PMGF

ford 1940°. Pace D.L., Poetae Melici Graeci, Oxford 1962. Davies M., Poetarum Melicorum Graecorum Fragmenta, I, Oxford 1991.

RE

RoscherLex

SEG SH SLG TrGF

Paulys Real-Encyclopidie der classischen Altertumswissenschaft, a cura di G. Wissowa, W. Kroll, K. Mittelhaus e K. Ziegler, Stuttgart 1893

ss. Ausfiirliches Lexicon der griechischen und ròmischen Mvythologie, a cura di W.H. Roscher, Leipzig 1884 ss. Supplementum Epigraphicum Graecum, Leiden 1923 ss. LLovp-Jones H. — Parsons P., Supplementum Hellenisticum, Berlin-

New York 1983. Pace D.L., Supplementum Lyricis Graecis, Oxford 1974. Tragicorum Graecorum Fragmenta, Gòttingen 1971 ss. (B. Snell, I, 1971; S. Radt, III, 1985; IV 1977).

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INTRODUZIONE

«Enough and too much has been written about the Epic Cycle. Upon scantly quotations and a jejune epitome a tedious literature has been built». Così, ormai un secolo fa, nel 1908, sentenziava T.W. Allen in principio di un contributo in cui, oltre ad una messa a punto, non si rinunciava ad offrire, con rinnovato slancio ed estrema fiducia nelle testimonianze antiche, un ulteriore riesame di alcuni aspetti salienti del Ciclo Epico.

Il fiorire nella seconda metà dell’Ottocento di studi puntuali sul tema, gli stessi su cui Allen ironizza”, non ha infatti impedito alla critica del XX secolo di cimentarsi, sia

pure in forze ridotte, in un campo che se da una parte può essere ingrato, causa l’oggettiva penuria e problematicità delle fonti (non ultima la Crestorzazia di Proclo), dall’altra serba integro il fascino proprio della letteratura in frammenti, accresciuto dal legame profondo con la problematica omerica. Ne sono così scaturiti il saggio di A. Severyns, in cui il Ciclo è indagato alla luce della scoliastica e in generale della materia iliadica e odissiaca’; nonché, con lenta maturazione, l'approccio neoanalitico, dove è applicato il metodo inverso, i poemi omerici venendo vagliati a partire dalla tradizione ciclica.

! T.W. ALLEN, The Epic Cycle, «CQ» 2, 1908, 64-74 e 81-88, part. 64. Lo stesso studioso sentì l’esigen-

za di riaffrontare in un secondo tempo, in un quadro più ampio, le questioni inerenti al Ciclo e alle fonti connesse: In., Homer. The Origins and the Transmission, Oxford 1924, 51-77.

? Nella fattispecie prodotti della più pura filologia germanica, intrisi in varia misura di positivismo: primi fra tutti F.G. WELCKER, Der epische Cyclus oder die bomerischen Dicbter, I-II, Bonn 1865°-1882%; nonché, su un piano antitetico (nella densità della trattazione e nello scetticismo imperante), U. von WiLaMowrTz-MOELLENDORFF, Homerische Untersuchungen, Berlin 1884, 328-380. Da tali presupposti muove la canonica voce di A. RzAcH, s.v. Kyklos, in RE XI 2, 1922, coll. 2347-2435. Sul versante anglosassone D.B.

Monro, The Poems of the Epic Cycle, «JHS» 5, 1884, 1-41; In., Homer's Odyssey. Books XII-XXIV, Oxford 1901, 340-383.

? A. SEvERYNS, Le Cycle épique dans l'école d’Aristarque, Paris 1928. Al medesimo autore, raffinato omerista, si deve una monumentale edizione ed esegesi dei sommari ciclici di Proclo: In., Recherches sur la Chrestomathie de Proclos, I. Le Codex 239 de Photius: étude paléographique et critique, Paris 1938; Il. Le Co-

dex 239 de Photius: texte, traduction, commentaire, Paris 1938; III. La Vita Homeri et les Sommaires du Cy-

cle: étude paléographique et critique, Paris 1953; IV. La Vita Homeri et les Sommaires du Cycle: texte et traduction, Paris 1963. 4 Autentica surzzza delle ricerche neoanalitiche è il volume di W. KULLMANN, Die Quellen der Ilias (Troischer Sagenkreis), Wiesbaden 1960; cfr. per un’ultima e più articolata sintesi metodologica In., Ergeb-

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Se l'interesse nei confronti del Ciclo non si è dunque mai estinto, è solo nell’ulti-

mo paio di decadi che tale filone di studi ha registrato un incremento considerevole ’, segnalato dalla pubblicazione pressoché simultanea di due edizioni, quanto mai necessarie, delle reliquie dell’epica greca (età classica inclusa)”, a cura di A. Bernabé (1987)” e di M. Davies (1988)%, cui ora si aggiunge l’agile testo con traduzione approntato da M.L. West (2003). L'impegno ecdotico ha reso possibile una percezione migliore di tale frangia di un epos cosiddetto ‘minore’ !, in grado però di illuminare aspetti rimasti a lungo nell’ombra del mito e della rapsodia arcaica. Ciò emerge con estrema chiarezza dal recente lavoro di J.S. Burgess dedicato alla saga troiana in Omero e nel Ciclo (2001) !!, dove è fatta giustizia di una serie nutrita di pregiudizi, frutto di un sempre vitale panomerismo | che dall’età ellenistica ad oggi continua a gravare sull’epica ciclica. Nel solco di questo indirizzo più calibrato ed aperto agli intrecci extraomerici si colloca lo studio presente. Intento primario è l’analisi sulle testimonianze e sui fram-

nisse der motivgeschichtlichen Forschung zu Homer (Neoanalyse), in Zweibundert Jabre Homer-Forschung. Riickblick und Ausblick, a cura di J. Latacz, Stuttgart 1991, 425-455 = Inp., Homerische Motive. Beitràge zur Entstehung, Eigenart und Wirkung von Ilias und Odyssee, Stuttgart 1992, 100-134; nonché la retrospettiva di M.M. WiLLcocK, Neoanalysis, in A New Companion to Homer, a cura di I. Morris e B.B. Powell, LeidenNew York-Kéln 1997, 174-189.

” Rassegne sino agli anni Ottanta in F. JOUAN, Le Cydle épique: état des questions, in Actes du X° Congrès de l’Association Guillaume Budé (Toulouse 1978), Paris 1980, 83-104; M. Davies, Prolegomena and Paralegomena to a New Edition (with Commentary) of the Fragments of Early Greek Epic, «NAWG» 1986; 91-111, part. 91-93.

° Benché ancora utili per una consultazione, denunciano inesorabilmente gli anni le edizioni di G. KINKEL, Epicorum Graecorum Fragmenta, I, Leipzig 1877; T.W. ALLEN, Homeri Opera, V. Hymnos Cyclum Fragmenta Margiten Batrachomyomachiam Vitas continens, Oxford 1912. Merita soprattutto considerazione E. Berne, Homer. Dichtung und Sage, II, Leipzig-Berlin 1929°, 149-297 = In., Der Troische Epenkreis,

Darmstadt 1966 (solo ‘Ciclo troiano”). " A. BERNABÉ, Poetarum Epicorum Graecorum Testimonia et Fragmenta, I, Leipzig 1987 (B.). È questa delle moderne edizioni la più ricca di materiale (compreso quello ipotetico o dubbio), dotata di un ampio apparato critico, loci simziles e rinvii: ad essa pertanto ci si riferisce di norma nel corso di questo studio, avendo cura di segnalare, dov'è rilevante, le scelte operate dagli altri editori. * M. Davies, Epicorum Graecorum Fragmenta, Gòttingen 1988 (D.), edizione informata a un criterio ‘minimalista’, inverso rispetto a quello adottato da Bernabé, sicché i due testi «per una felice combinazione» — come ha notato E. Cincano, Una nuova edizione degli Epicorum Graecorum Fragmenta, «RFIC» 119, 1991, 494-500, part. 500 — risultano tra loro complementari. ° M.L. West, Greek Epic Fragments. From the Seventh to the Fifth Centuries BC, Cambridge (Mass.)London 2003 (W.). Questa edizione va a rimpiazzare nel catalogo della Loeb Classical Library quella antiquata e troppo selettiva a cura di H.G. EveLyn-Wuite, Hesiod, The Homeric Hymns and Homerica, Cambridge (Mass.)-London 1936?. Fedele ai criteri editoriali della serie il volume sacrifica all’esemplare nitidezza l'informazione critica, ridotta a un apparato scheletrico, con sporadiche segnalazioni di varianti e congetture essenziali. e " Termine ambiguo che, puntualizza G. D’IpPOLITO, Epici greci minori, in Dizionario degli scrittori

greci e latini, a cura di F. Della Corte, I, Milano 1987, 719-761, part. 719, «ha un valore meramente pratico-

editoriale e si definisce in negativo» rispetto agli autori giunti in forma più consistente. !! J.S. BurcEss, The Tradition of the Trojan War in Homer and the Epic Cycle, Baltimore-London 2001.

“CanonicoJ.GRIFFIN, The Epic Cycle and the Uniqueness of Homer, «JHS» 97, 1977, 39-53.

INTRODUZIONE

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menti, valorizzabili come fonti documentarie, di una più o meno incisiva dimensione

occidentale: valutata nelle molteplici sfere — spesso in connubio — del mito, del sacro nonché del reale, essa è rapportata in prospettiva storica alla cognizione, fruizione e concreta presenza dei Greci nelle terre e nei mari di ponente, sia prossimi che estremi. Si è venuti nel contempo a fornire, per alcuni degli autori e poemi sottoposti ad esame, una sorta di commento continuo ‘, volto a garantire una contestualizzazione

più nitida, a maggiore riprova della consistenza e importanza dell'occidente nell’economia complessiva di questa epopea. In una coi poemi propriamente del Ciclo, è sembrato opportuno esplorare la multiforme produzione di Eumelo, a buon diritto inscrivibile nello stesso contesto, essendogli attribuita in antico, in concorrenza con Arctino, la paternità del componimento iniziale del Ciclo, la Titanomachia. In materia di attribuzioni e cronologie antiche si è adottato un approccio più positivo di quello in genere in uso presso la critica, nella convinzione che i dati tradizionali, variegati e talora antitetici, abbiano sempre e comunque molto da offrire a un’analisi storica, nella maggioranza dei casi affondando nella stessa temperie da cui l’epos promana. Si tratta di una prospettiva che oggi riceve l’avallo e una formulazione compiuta da parte di G. Cerri’, e che acquista mordente in rapporto alle realtà regionali cui i poeti e relativi cantari sono nella tradizione ancorati ”. Su tali basi si è potuto non solo enucleare gli affondi occidentali in Eumelo e nel Ciclo, ma tentarne altresì una valutazione ‘genetica’, tesa a individuare l'apporto specifico delle varie entità elleniche. Ne è emerso un quadro in cui un ruolo di spicco è riconosciuto agli Euboici, che tanta parte ebbero in età arcaica nell’esplorazione ed occu-

!” Sussidio ancora mancante nel panorama degli studi attuale, benché a più riprese promesso come complemento alla propria edizione da DAVIES, «NAWG» 1986, 91; Ip., The Epic Cycle, Bristol 1989 (agile sintesi, non commentario), IV-V.

4 G. CERRI, Poerzi epici attribuiti ad Omero, in AttiConv La letteratura pseudoepigrafa nella cultura greca e romana (Napoli 1998) = «AION (filol)» 22, 2000, 29-58, part. 38-39: «Tutti questi nomi di poeti arcaici, talvolta databili perfino all'VIII secolo a.C.... furono inventati ex zovo, ex nibilo, dall’erudizione tarda o magari, prima di essa dalla filologia peripatetica ed ellenistica? Certo, tra i filologi moderni è abbastanza dif fusa la teoria, esplicita o implicita, che gli eruditi antichi procedessero sistematicamente per invenzioni autoschediastiche. Ma chi ha dimestichezza con questi testi, e nello stesso tempo non sia ottenebrato da tale giudizio ipercritico, sa benissimo che la cultura antica, per tutta la sua durata, fu in linea di massima molto fe-

dele al dato tradizionale, vero o non vero che in ultima analisi esso potesse essere... E dunque ragionevole pensare che quei nomi di poeti arcaici fossero trasmessi da epoca molto remota, fin dalla stessa età arcaica»; nonché 43: «È dunque estremamente verisimile che, negli ambienti rapsodici arcaici, un poema monumentale di nuova composizione, del quale si volesse sottolineare il pregio e promuovere il successo, venisse di norma attribuito ad Omero, pur essendo noto e continuando ad essere contestualmente tramandato il nome del suo compilatore effettivo. L'attribuzione ad Omero avrebbe potuto essere suggerita dallo stesso poetarapsodo autore della compilazione o essere invece proposta da rapsodi che ne avessero recepito l’opera nel loro repertorio spettacolare». ! In linea con la natura maggiormente ‘locale’ (ovvero meno ‘panellenica’) dei componimenti ciclici rispetto a quelli omerici, teorizzata da G. NaGY, Pindar's Homer. The Lyric Possession of an Epic Past, Baltimore-London 1990, 70-73.

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pazione dell’occidente mediterraneo, nonché nello sviluppo — in uno stadio cruciale — dell’epica greca '°. È quella cuboica, per coordinate cronologiche e culturali, una chiave di lettura efficace e nell’insieme coerente, leitzotiv dell'indagine. Essa tuttavia non può né vuole essere univoca, e va intesa con la dovuta elasticità: ciò che si suole additare come ‘euboico’ viene infatti a sfumare sovente in una dimensione più ampia — qui definita ‘eolica’, con un'etichetta dai risvolti attinenti alla cultura materiale piuttosto che etno-linguistici — nella quale partecipano in varia misura elementi beotici, tessalici, cicladici e microasiatici.

Si sono inoltre vagliate componenti ulteriori: quella corinzia, interattiva con quella euboica e specialmente perspicua nelle trame di Eumelo, aedo corinzio; quella peloponnesiaca, sottesa alle attribuzioni secondarie della Piccola Iliade e della Telegonia a

Cinetone di Sparta; quella focea, rintracciabile forse in un’ascrizione isolata della Pic-

cola Iliade a Testoride di Focea; quella attica, ipotizzabile per alcune sequenze laddove si ammetta la ‘fluidità’ della tradizione rapsodica ciclica, avente una tappa precipua nell’Atene di VI secolo. Si tratta di una prospettiva regionale e diacronica, in cui i vari elementi non si elidono gli uni con gli altri, ma convivono in un gioco continuo di riappropriazioni, naturale per l’epica e per ogni memoria leggendaria e poetica. In quest'ottica è sembrato legittimo impiegare, sebbene di rado, un’evidenza diversa da quella testuale, quella iconografica, permeata in talune occasioni degli stessi motivi caratterizzanti le trame extraomeriche !*. La frammentarietà e la varietà del materiale preso in esame hanno comportato uno sforzo esegetico segnato da un tasso elevato di congetture, delle quali non può fare a meno qualsivoglia ricerca si muova tra filologia e storia”. Il principio, di validità gene-

‘° Cfr. A.C. Cassio, La cultura euboica e lo sviluppo dell’epica greca, in AttiConv Ewboica. L’Eubea e la presenza euboica in Calcidica e in Occidente (Napoli 1996), Napoli 1998, 11-22. ‘Sulla scorta dell’«evolutionary model of the genesis of epic» formulato da G. NaGy, Poetry as Per formance. Homer and Beyond, Cambridge 1996, passîrz, part. 109-111; In., Homeric Questions, Austin 1996, passim, vd. la caratterizzazione del Ciclo delineata da BurGEss, The Tradition of the Trojan War, 12-15, in cui alla fase attica — né la prima né l’ultima di un complesso processo — è assegnato un ruolo rimarchevole, senza implicare con ciò una collocazione tout court dei poemi in ambiente ateniese tardoarcaico. Questa invece è opinione di fondo di M. Davies, The Date of the Epic Cycle, «Glotta» 67, 1989, 89-100, part. 98, influenzato da un’analoga concezione del Catalogo delle donne esiodeo da parte di M.L. West, The Hesiodic Catalogue of Women. Its Nature, Structure and Origins, Oxford 1985, 130-137; 168-171. Ma cfr. le riserve di R. JANKO, The Iliad. A Commentary, IV. (Books XIII-XVI), Cambridge 1992, 14 n. 21, secondo cui Davies «largely bases his sixth-century date for the Cycle on West's dating of Caz., but the linguistic evidence is good enough only to give the Cyclus a termzinus post quem of around Hesiod’s time»; e KULLMANN, Homerische Motive, 102 n. 7.

'* Sulla necessità di un simile approccio integrato, all'insegna di una «information ‘pluridisciplinaire’», vd. JOUAN, in Actes du X° Congrès de l’Association Guillaume Budé, 88-90, dove vengono espressi alcuni criteri per l'impiego corretto della «voie archéologique» applicata ai poemi del Ciclo. Cfr. inoltre A. BERNABÉ - R. OLMOS, Interpretacion de imdgines y textos: necesidad de una colaboraciòn, in Antiqua tempora. Reflexiones sobra las Ciencias de la Antigiiedad en Espania, a cura di J. Gomez Pallarés e JJ. Caerols Pérez, Madrid 1991, 83-105.

Cfr. G. Pasquali, Filologia e storia, Firenze 1964”, 50.

INTRODUZIONE

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rale, si realizza in pienezza allorquando si tenti di penetrare le maglie, evanescen ti o perdute, di un’epopea frutto dell'esperienza e inventiva della grecità arcaica”. grecità che nel caso specifico abbraccia non solo i confini dell’Ellade, ma altresì oli SE periferici, dove l’occidente — nel mito come nella realtà — rappresenta la Huota frontiera, da possedere, esplorare, cantare.

°° Valgono sempre da ammonimento le critiche mosse da M.L. West, Greek Epic Poetry, «CR» 21, 1971, 67-69 al lavoro di G.L. HuxLEv, Greek Epic Poetry from Eumelos to Panyassis, London 1969, l’unico in cui il soggetto è affrontato con un taglio storico; conteggiati nel testo 63 casi di «may well» il recensore argomenta: «Such a speculation does no harm, but there is more happiness in blowing soap bubbles». Il medesimo West, The Hesiodic Catalogue of Women tuttavia non sfugge a una tale condotta nel momento in cui tenta una ricostruzione d'insieme del Catalogo delle donne: cfr. la recensione a tale monografia stilata da M. Davies, The Hesiodic Catalogue of Women, «CR» 36, 1986, 6-8, part. 7: «There is much speculation (count e.g. the number of ‘mays’, ‘mights’, ‘probablys’ etc....)».

CAPITOLO I

EUMELO

1. EUMELO, CORINTO, LE TRADIZIONI EOLICHE

Tra i poeti epici arcaici, di cui si conserva qualche memoria congiunta a un mani-

polo intelligibile di frammenti, un interesse spiccato per l'occidente, nella duplice sfera dell'immaginario e del reale, è ravvisabile in Eumelo. Su di lui gli antichi forniscono notizie sintetiche e non sempre omogenee, dalle quali è nondimeno possibile trarre elementi indiziari di estremo rilievo. Le fonti sono concordi nel descrivere Eumelo come Corinzio?. Questa nozione assume ulteriore risalto in Pausania, dove il poeta, invocato come autorità in materia di

storia corinzia, è definito «figlio di Anfilito, dei cosiddetti Bacchidi»?: l’indicazione è doppiamente notevole, poiché riguarda ad un tempo lo status e la cronologia del poeta, che, in quanto membro dell’esclusiva oligarchia dei Bacchiadi, o Bacchidi‘, dominantea Corinto fino alla metà del secolo VII a.C., viene così a collocarsi in età altoarISS)

caica”.

! Edizioni moderne: A. BerNABÉ, Poetarum Epicorum Graecorum Testimonia et Fragmenta, I, Leipzig 1987, 106-114; M. Davies, Epicorum Graecorum Fragmenta, G6ttingen 1988, 95-103; M.L. WEST, Greek

Epic Fragments. From the Seventh to the Fifth Centuries BC, Cambridge (Mass.)-London 2003, 220-251. Cfr. anche G. KINKEL, Epicorum Graecorum Fragmenta, I, Leipzig 1877, 185-195; F. JacoBY, FGrHist IIB, Leiden 1950, 378-381 (nr. 451), ora in parte rimpiazzato da R.L. FOWLER, Early Greek Mvythography, I. (Texts), Oxford 2000, 105-109.

? Così nella maggioranza delle citazioni, relative ad EùunAog ò Kopiv@iroc / Euzzelus Corinthius. ’ Paus. II 1,1 = Eum. test. 1 B.: ò AugrAvitov ov Baryidov xoAovpévov. * Benché la denominazione Bacchiadi (Baxyiddon), già a partire da Herod. V 92 p, sia più diffusa, la forma originale, conservata in Pausania (cfr. anche II 4, 4) e Diodoro (VII fr. 9), sembra essere Bacchidi (Baxyisan), dall’eponimo Bdxyig (e non Baryidg): É. Wii, Korinthiaka. Recherches sur l’histoire et la civilisation de Corinthe des origines aux guerres médiques, Paris 1955, 295 n. 1. Per un probabile ruolo di Eumelo nella formulazione della variante Bakyid.don, vd. i72fra, $ 3, 51. ? Più precisamente Eumelo verrebbe ad inquadrarsi nel periodo nel quale i Bacchiadi, dismessa la monarchia vitalizia da essi già detenuta, si alternarono annualmente alla guida della città mediante ‘rotazione’ pritanica: tale periodo è individuato da Diod. VII fr. 9 nei novant'anni compresi tra il 747 e il 657, anno in cui — in accordo con la cronologia tradizionale di origine apollodorea — viene datato il colpo di stato di Cipselo e l'avvento a Corinto della tirannide. Sull’importante brano diodoreo, da raffrontarsi con Paus. II 4, 4, vd. da ultimo P. DE Fipio, Diodoro VII 9 e la norma di successione dei Bacchiadi, «PP» 49, 1994, 169-202; le notazioni di ordine cronologico in esso contenute sembrano a tutt'oggi le più coerenti ed attendibili, nonostante i tentativi di K.J. BELOCH, Griechische Geschichte, I 2, Strassburg 1913%, 274-284, e Wi, Korinthia-

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L’appartenenza di Eumelo al prestigioso e autorevole geros non è in distonia con la sua attività di poeta, la quale al contrario è pienamente coerente con la pronunciata vocazione bacchiade a gestire ed esprimere i molteplici aspetti della realtà cittadina corinzia, da quelli politici, sociali ed economici, a quelli culturali e ideologici”. A tale temperie rimanda del resto la stessa materia del principale poema di Eumelo, noto come Korinthiakd!, un’epopea dedicata a Corinto e alla sua storia, celebrata a partire dalle origini mitiche. Su quest'opera informazioni notevoli presenta lo stesso Pausania, che, pur consapevole della fama di Eumelo quale autore di epos, dispone soltanto di una parafrasi in prosa (fors'anche un compendio) del poema ‘corinzio’, la Kopw@ia cvyYPAON °, della quale riporta ampi stralci nella parte iniziale del libro II della Persegesi; tale parafrasi, sebbene difficilmente ascrivibile al poeta medesimo”, si segnala per la sua fedeltà all’originale poetico, se è lecito giudicare dalla concordanza marcata tra un brano del Periegeta, che da essa dipende, e alcuni esametri attribuiti ad Eumelo da fonti diverse n Integrando i dati presenti in Pausania con quelli inferibili da altri testi, sembra di fatto possibile pervenire ad una ricostruzione attendibile, per quanto sommaria, di almeno una parte della trama complessa sottesa ai Korsrthiakd. Il poema doveva presumibilmente trarre l’avvio da Efira, figlia di Oceano e Teti, e sposa di Epimeteo: ella fu infatti la prima abitante della regione corinzia, che da lei venne chiamata Efirea

ka, 363-440, di datare — sulla scorta di alcuni brani erodotei — l’avvio della tirannide cipselide, ovvero la fine della dominazione bacchiade, più tardi, attorno al 610 o al 620: argomenti dirimenti a favore della cronologia tradizionale ha offerto soprattutto J. SERvAIS, Hérodote et la chronologie des Cypselides, «AC» 38, 1969, 28-81.

° Vd. D. Musti - M. TORELLI, Pausania. Guida della Grecia, Il. La Corinzia e l’Argolide, Milano 1986,

206, dov'è richiamato in parallelo il caso emblematico di Demarato (padre del futuro re di Roma Tarquinio Prisco), anch’egli Bacchiade ed anch'egli, secondo la tradizione, impegnato ‘in prima persona’, esercitando il commercio tra Grecia ed Etruria con una nave ed un carico propri: vd; tra i contributi recenti più significativi, D. MusTI, Etruria e Lazio arcaico nella tradizione (Demarato, Tarquinio, Mezenzio), in AttiConv Etruria e Lazio arcaico (Roma 1986), Roma 1987, 139-154, e F. ZEVI, Demzarato e î re ‘corinzi’ di Roma, in L'inci-

denza dell’antico. Studi in memoria di E. Lepore, I, Napoli 1995, 290-314.

‘ Così in schol. ad Apoll. Rhod. I 146 = Eum. fr. 7 B.: èv Kopw@raxoîc Afyer EdunAoc.... Il profondo legame tra la patria di Eumelo e la sua produzione è ribadito nei testi dall’insistito impiego dell’etnico è Kopiv@uog (vd. supra, n. 2); è significativo d’altronde che in casi dove l’autore viene indicato soltanto col nome sia lo stesso contesto a risultare corinzio: WiLL, Korintbiaka, 124-125. * Paus. II 1,1 = Eum. test. 1 B.: EòunAoc..., dc koù tà Ern XMéyetar Touoar, nov èv ti) Kopw@ia

cuyypodf. Che la cvyypagn di Pausania costituisca una versione prosastica del poema (cfr. anche Clem. Alex. strom. VI 26, 7: infra, n. 21) è stato chiarito in particolar modo da E.G. WiuiscH, Uber die Fragmente des Epikers Eunzelos, Zittau 1875, 4-7.

? Come rileva lo stesso Paus. II 1, 1 = Eum. test. 1 B., mediante l’inciso dubitativo &ì Sh EdunAov yen cvyypogri. La riduzione in prosa fu estesa probabilmente nel lasso di tempo tra Apollonio Rodio e Pausania, senza che ciò abbia portato alla scomparsa definitiva del poema, conosciuto e citato in modo puntuale — all’incirca nella stessa età di Pausania — dal retore Favorino, come ha dimostrato A. BARIGAZZI, Nuovi frammenti dei Corinthiaca di Eumelo, «RFIC» 94, 1966, 129-148; cfr. M.L. West, ‘Eumelos’: a Corinthian Epic Cycle?, «JHS» 122, 2002, 109-133 (contributo le cui conclusioni sono ora sintetizzate in Ip., Greek Epic Fragments, 2631), part. 118.

" Paus. II 3, 10 - schol. ad Pind. O/. XI 74; Tzetz. ad Lycophr. Alex. 174 e 1024 = Eum. fr. 3 B.

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(’Edupato) !. Tale regione risultò in seguito dominio di Elio, che la associò alla regione sicionia, denominata Asopia (’Ac@ria) dal nome del fiume Ac@rog che la attraversava; al momento di stabilire la sua successione, Elio ripartì i due territori come in origine, destinandoli ai figli avuti da Antiope, Aloeo ed Feta, cui andarono rispettivamente l’Asopia e l’Efirea; sennonché Eeta maturò la decisione spontanea di emigrare in Colchide, ed affidò temporaneamente la reggenza del regno ad un figlio di Ermes, Buno, in previsione del ritorno suo o di qualche suo discendente '’. Alla morte di Buno tuttavia il trono corinzio venne occupato — con atto implicito di usurpazione — dal figlio del ‘sicionio’ Aloeo, Epopeo, il quale riunificò i due potentati, in seguito nuovamente divisi e ribattezzati col nome dei figli di Maratone, figlio di Epopeo: Sicione e Corinto ‘’. Quando quest’ultimo perì senza eredi, i Corinzi ripristinarono la successione legittima, chiamando da Iolco la figlia di Eeta, Medea, che venne a insediarsi insie-

me con Giasone: gli sposi pertanto detennero per un certo tempo il potere a Corinto, finché un increscioso episodio, comportante la morte dei figli, persuase Giasone, fortemente adirato, a tornare a Iolco, dove, di lì a poco, anche Medea si ritirò, dopo avere ceduto il regno nelle mani di Sisifo !*. Da questo momento in poi i dati a disposizione non sono più tali da consentire una visione continua dell’intreccio poetico. Quel che si intravede di seguito è una sezione dedicata alla nuova dinastia dominante a Corinto, quella sisifide: del capostipite, Sisifo, si apprende che Eumelo ricordava la tomba nell’Istmo, ignorata dai più, come la tomba di Neleo, la cui ubicazione precisa nel territorio corinzio Sisifo stesso non volle svelare a Nestore ”. Il figlio di Sisifo, Glauco, era poi nel poema protagonista di un’avventura galante del tutto estranea alla tradizione canonica: egli infatti, giunto in Laconia alla ricerca dei propri cavalli, violò Pantidia prima che questa fosse sposata con Testio; frutto di tale unione fu Leda, che, pur passando per figlia di Testio, vantava in realtà per sé e per la propria discendenza spartana — a partire dai Dioscuri ed Elena — un’origine dalla stirpe regale corinzia '°. Processi analoghi di ‘corintizzazione’ si riscontrano anche in altri segmenti del poema di Eumelo, dove palese è lo sforzo di ricondurre alla terra corinzia temi e figure appartenenti in origine a diverse realtà regionali: emblematico è il caso di Maratone, eponimo di Maratona, località della costa dell’Attica, dove egli si trasferì per sot-

!! Eum. fr. 1 B. (ap. schol. ad Apoll. Rhod. IV 1212; Hyg. fab. 275, 6; Paus. II 1,1). ” Eum. fr. 3 B., in parte trasmesso nell'originale veste poetica (otto esametri): vd. supra, n. 10.

” Eum. fr. 4 B. (ap. Paus. II 1, 1). 4 Eum. fr. 5 B. (ap. Paus. II 3, 10; scho/. ad Eur. Med. 9 e 19; schol. ad Pind. O. XII 74). > Eum. fr. 6 B. (ap. Paus.11 2, 2): Neleo, venuto a Corinto, vi morì di malattia (v6o@) e fu pertanto se-

polto presso l’Istmo. ‘° Eum. fr. 7 B. (ap. schol. ad Apoll. Rhod. I 146). I Dioscuri dovevano ricoprire un ruolo di un certo rilievo nell'economia del poema, in quanto membri della spedizione argonautica, in esso ampiamente tratta-

ta: vd. BARIGAZZI, «RFIC» 94, 1966, 144, e infra, 27-38. Elena doveva a sua volta venir menzionata in rap-

porto a Menelao, ricordato tra l’altro per essersi unito con la ninfa Cnossia (il cui nome rimanda almondo cretese), che gli generò Xenodamo: Eum. fr. 9 B. (ap. Apollod. III, 11, 1). Sui frr. 7 e 9, in una visione congiunta, G.L. HuxLey, Greek Epic Poetry from Eumelos to Panyassis, London 1969, 74. Un'altra proposta relativa ad Eum. fr. 9 B. è formulata in via ipotetica 2r/ra, cap. VI n. 47.

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trarsi alle prepotenze del padre Epopeo, alla morte del quale ereditò il regno, da subito consegnato ai propri figli, Sicione e Corinto 13 Identica logica sembra presiedere a un’altra figura di eponimo, Arcade: di lui Eumelo ricordava la celebre madre Callisto, figlia di Licaone‘; frutto dell'amore di un dio (Zeus o Apollo) per Callisto, Arcade durante una battuta di caccia si imbattè in Crisopelia, una ninfa che egli salvò da un imminente pericolo, e da cui ebbe i figli Elato e Afidante (o Anfidamante), progenitori delle genti di Arcadia’, nome che in Eumelo doveva valere specialmente in rapporto al distretto della Stinfalia, solcato dal fiume Asopo al pari della contigua regione, definita dal poeta ’Ac@ria e dai suoi chiosa-

tori — né si tratta di un caso — ‘Apradia. Da un punto di vista strutturale e formale il poema di Eumelo si rivela improntato a quel genere di epica genealogica che in età arcaica fu coltivato e incarnato in primo luogo da Esiodo. Le affinità tra Eumelo ed Esiodo non si riducono tuttavia al solo aspetto formale, ma investono altresì la sfera vitale dei contenuti: ciò fu avvertito già dagli antichi, presso i quali era fama che Eumelo avesse plagiato la produzione di Esiodo"; di ciò è ugualmente persuasa la critica più recente, che nei frammenti di Eumelo ha rilevato un apporto cospicuo e fondante della tradizione esiodea, di volta in volta assimilata o variata, entro un quadro di fondo nel quale il poeta corinzio parrebbe contemporaneo o posteriore, sia pure di poco, rispetto ad Esiodo”.

Tra gli elementi più distintivi ravvisati nei Kor:tbiaké sono alcuni segmenti tradizionali di origine ‘eolica’, riconducibili a un orizzonte culturale comune, quale fu quel-

” Fum. fr. 4 B. !* Eum. fr. 14 B. (ap. Apollod. III 8, 2).

Eum. fr. 15 B. (ap. Apollod. II 9, 1; Tzetz. ad Lycophr. Alex. 480). Così in schol. ad Pind. Ol XII 74 e Tzetz. ad Lycophr. Alex. 174 e 1024, che accompagnano i versi di Eumelo, nei quali è esplicitamente indicata l’Asopia quale terra di Aloeo (fr. 3 B.), con una parafrasi dove in luogo di "Acoria si legge "Apkadta. Che alla base dello slittamento non vi sia una corruttela — come pensava F. JacoBy, FGrHist IIIb. Kommentar (Text), Leiden 1955, 301 — ma un rapporto preciso, instaurato già dal poeta, tra Stinfalia e Sicionia (Asopia), è stato chiarito da BARIGAZZI, «RFIC» 94, 1966, 147-148, che sul-

la scorta dei paralleli tra il fr. 3 e i frr. 14 e 15 B., propone di attribuire questi ultimi, citati senza il nome dell’opera, ai Korinthiakd. ?! Clem. Alex. stro. VI 26,7 = Eum. test. 6 B.: tà sè ‘Ho1édov uemAAabav eic metòv A6YOv Koù de idro èeriveykov EdunAdg Te Kaù AkovoiXaog ci iotoproypador. Clemente Alessandrino menziona qui una versione prosastica dell’opera di Eumelo, probabilmente la stessa Kopw@ia cvyypadr impiegata da Pausania (vd. supra, n. 8); la definizione di iotoproypédoc è in linea con quella di omnis iIGTOPrrdg usata per Eu-

melo da schol. ad Pind. Ol. XII 74 e Tzetz. ad Lycophr. Alex. 174 nel citare il fr. 3 B.: essa rispecchia la prospettiva, sostanzialmente corretta, che riconosce nell’epopea genealogica uno stadio arcaico della riflessione storica. ?. Così nel contributo determinante di P. DE FIpIo, Ur modello di mythistorie. Asopia ed Efirea nei Korinthiaké di Eumelo, in Geografia storica della Grecia antica, a cura di F. Prontera, Roma-Bari

1991,

233-263; cfr. JacoBv, FGrHist IIIb. Kommentar, 299: se Eumelo parrebbe presupporre Esiodo, lo stesso non si può invece dire per Esiodo nei confronti di Eumelo («Es ist ein kleiner, aber durchschlagender beweis dass E. jinger ist als Hesiod»). In generale sembra valere anche per Eumelo come punto di riferimento quel 700 che costituisce un caposaldo della cronologia esiodea: vd. R. JANKO, Homer, Hesiod and the Hymns. Diachronic Development in Epic Diction, Cambridge 1982, 228-231 (Omero, Esiodo, Inni omerici) e 231-233 (Eumelo). Cfr. 2n/ra, $ 2 e n. 137 (con ulteriore bibliografia).

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lo che in età arcaica realizzarono in primo luogo Tessaglia, Beozia ed Eubea, insieme con frange cicladiche e centri costieri dell'Asia minore”. Tali elementi eolici risultano ampiamente filtrati nei poemi esiodei”, ove assumono particolare rilievo e profondità nel Catalogo delle donne”, le cui complesse genealogie e figure tradizionali Eumelo pare coscientemente riprendere e modulare in una mutata prospettiva di marca corinzia Eolica doveva essere in Eumelo, come lo sarà poi per Tucidide”, la stessa dinastia pre-eraclide corinzia, discendente da Sisifo, presentato nella tradizione omerica ed esiodea quale figlio di Eolo (AioM ng)”. Gli Eolidi del resto — con un anacronismo consueto nell’epos — avevano già detenuto il potere a Corinto con Giasone, l’eroe tessalo tiglio di Esone, figlio del fratello di Sisifo, Creteo, anch'egli AtoM$nc”; cosicché Giasone, lungi dall’essere una figura accessoria e subalterna rispetto alla sposa Medea”, si presenta nell’economia del poema quale anello di congiunzione essenziale tra la casa di Eeta e quella di Sisifo, laddove l’una subentrò all’altra con atto formale sancito dalla stessa Medea”. Connessioni eoliche sono d’altronde individuabili anche nello stadio più antico della preistoria mitica della città, a partire dall’eponima Efira: come il dominio detenuto da questa fosse per Eumelo giunto nelle mani di Elio non è dato sapere con sicurezza; l'ipotesi più plausibile è tuttavia quella secondo cui Efira —- come più tardi Medea nei confronti di Sisifo — avrebbe ceduto ad Elio e alla sua discendenza la terra co-

? Questa kozné risulta in special modo evidente sotto il profilo materiale: vd. V.R.D'A. DESBOROUGH, The Greek Dark Ages, London 1972, 185-220; J.N. COLDSTREAM, Greek Geometric Pottery, London 1968, 337; 345-346; 354-355; In., Geometric Greece, London 1977, 191-220; nonché da ultimo, con un ampio rie-

same non limitato alla sola ceramica, I.S. LEMOS, Euboea and Its Aegean Koiné, in AttiConv Euboica. L’Ewbea e la presenza euboica in Calcidica e in Occidente (Napoli 1996), Napoli 1998, 45-58. La definizione di ‘eolico’, qui come altrove in seguito, investe aspetti più latamente culturali, essendo l’Eubea, dal punto di vista del gezos nonché del dialetto, di fatto ionica; cfr. tuttavia 272/r4, cap. V $ 2, 202 con le nn. 159-160. * Cfr. le preziose notazioni di A. MELE, I/ commercio greco arcaico. Prexis ed emporie, Naples 1979,

22-39. Lo spirito eolico che pervade la produzione di Esiodo risponde al background culturale e biografico inferibile per lo stesso poeta, attivo in Beozia ad Ascra dopo che il padre vi si trasferì da Cuma Eolica (Op. 631-640), e vittorioso in Eubea a Calcide, dove in occasione dei giochi funebri in memoria di Anfidamante

riportò il primo premio nell’agone poetico (Op. 650-659). © Un solido impianto eolico (tessalico-beotico-euboico) presentano le tre maggiori genealogie del Catalogo, quella deucalionide, sviluppata attorno alla progenie di Eolo (frr. 10-121 M.-W.), quella inachide

(frr. 122-159 M.-W.), e quella atlantide (fr. 169-204 M.-W.): vd. M.L. West, The Hesiodic Catalogue of Women. Its Nature, Structure and Origins, Oxford 1985, 138-162. °° Così DE Fipro, in Geografia storica della Grecia antica, 253. ST VE) 28 I VI 154; Hes. frr. 10a, 25-26 e 43a, 75 M.-W. Cfr. T.J. DUNBABIN, The Early History of Corinth,

«JHS» 68, 1948, 59-69, part. 67.

2 Cfr. O. JESSEN, s.v. lason (1), in RE IX 1, 1914, coll. 759-771, part. 759: Giasone è di volta in volta definito Aicovisne, Kpneetdns, AioMèng. 3 Gome vorrebbe F. MicHeLAzzo, Il ruolo di Medea in Apollonio Rodio e un frammento di Eumelo,

«Prometheus» 1, 1975, 38-48, secondo cui l’unyavio di Giasone in Apollonio Rodio deriverebbe dai Korinthiaké, dove sarebbe stata finalizzata ad esaltare, mediante contrasto, la grandezza della ‘corinzia’ Medea. 1! Vd. pe Fpro, in Geografia storica della Grecia antica, 236.

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rinzia, trasferendosi in modo definitivo presso il consorte Epimeteo, figura esiodea strettamente connessa con l’area tessalico-ftiotica, e più in generale con il comprensorio geografico gravitante sui golfi Maliaco e Pagaseo prospicienti all’Eubea”. Allo stesso orizzonte si lega Aloeo, il figlio di Elio nei Korinthiaké assegnatario della terra sicionia, il quale fu per Esiodo il fondatore di Alo tessalica”’, località della Acaia Ftiotide altrove associata a un altro figlio di Eolo, Atamante dI alla sua discen-

denza, implicata a partire da Frisso nei prodromi del mito argonautico ’; né si può escludere che nel poema di Eumelo Aloeo dall’Asopia muovesse alla volta dell’Acaia Ftiotide, così come Eeta, suo fratello e figura a lui speculare, da Efira mosse verso la Colchide, meta primaria dell’impresa argonautica ”°. L’acquisizione del territorio sicionio, l’Asopia, da parte di Elio, si lascia spiegare come il portato delle sue nozze con Antiope, in Eumelo, come in Omero ed altrove, senza alcun dubbio figlia di Asopo ; il quale, per il poeta dei Korinshiaké, veniva ad essere a un tempo il fiume che bagna Fliunte e Sicione per poi sfociare nel Golfo Corinzio, e l'omonimo fiume della Beozia meridionale, insieme formanti un’unica immagine di genitore di una serie di eponime, tra cui anche Sinope”, ricondotte a una sola ed unificante realtà”. Anello di congiunzione tra Sicionia e Beozia si rivela del resto la stessa Antiope figlia di Asopo e sposa di Elio, omologa e omonima dell’Antiope figlia del re di Tebe Nitteo, secondo la tradizione sedotta da Zeus, da cui ebbe i gemelli Anfione e Zeto, e rapita — ovvero ospitata — dal re di Sicione Epopeo °°. Tradizioni beotiche, e nella fattispecie tebane, sono alla base di un altro componimento assegnato in antico ad Eumelo, l'Europa", poema di stampo esiodeo per molteIn particolare stretti rapporti con tali regioni intrattengono le figure di Pirra e di Deucalione, rispettivamente figlia e senero di Epimeteo (che di Deucalione è anche zio, in quanto fratello del padre Prometeo: cfr. Theog. 511 e Op. 84-85), nonché il loro figlio Elleno: Hes. frr. 2-9 M.-W. Vd. la ricostruzione di

WEST, The Hesiodic Catalogue of Women, 50-56, e specialmente DE FIDIO, in Geografia storica della Grecia

antica, 237-243, che su tali basi reclama per Efira uno sfondo tessalico-ftiotico, anche a prescindere dall’esi-

stenza in Tessaglia di una località con lo stesso nome (cfr. Strab. VII 3, 5, per cui vi furono Ffire in Elide, Tesprozia, Tessaglia e Corinzia). ? Fr. 19 M.-W,, conle precisazioni di West, The Hesiodic Catalogue of Women, 61 n. 69.

Strab. IX 5, 8; cfr. schol. ad Apoll. Rhod. II 513. ? Herod. VII 197. DE FIDIO, in Geografia storica della Grecia antica, 245-246.

Cfr. Od. XI 260; Asius fr. 1 B. Cfr. West, «JHS» 122, 2002, 120, che sposa questa ipotesi con quella economica di una discendenza di Antiope da Efira: «The nymph Ephyra, having Epimetheus as her official husband, might have been impregnated by the river [sc. Asopos]». * Eum. fr. 10 B. (ap. schol. ad Apoll. Rhod. II 946): infra, n. 67. ” Vd. l’accurata ricostruzione di C.M. Bowra, The Daughters of Asopus, «Hermes» 73, 1938, 213-221 = Ip., Problems in Greek Poetry, Oxford 1953, 54-65: in origine dovevano esservi due liste distinte di Asopidi, afferenti l’una all’Asopo fliàsio-sicionio, l’altra a quello beotico; esse vennero fuse insieme da Eumelo

nel suo poema, probabile base dell’Asopis di Ellanico (FGrHist 4 F 22) e delle liste miste caratterizzanti le Figlie di Asopo della poetessa Corinna (PMG fr. 654 Page) e l’Ode IX di Bacchilide. Una lista di Asopidi, incentrata sulla Beozia, doveva contenere anche il quarto libro del Catalogo delle donne, ma di esso restano tracce assai labili: Wesr, The Hesiodic Catalogue of Women, 100-103.

"Analisi dettagliata del mito e delle fonti in F. VIAN, Les origines de Thèbes. Cadmos et les Spartes, Pa-

ris 1963, 69-75 e 194-201; cfr. DE FIDIO, in Geografia storica della Grecia antica, 243-244.

4 Cfr. Eum. test. 4 (infra, n. 84) e fr. 11 B. (infra, n. 49).

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plici aspetti coerente con i Korinthiakd*: non è un caso che in uno dei tre frammenti

superstiti dell’Eyropa si narrasse di Anfione, il primo a impiegare la lira, con cui smuoveva non solo le fiere ma anche le pietre‘’, innalzatesi secondo la tradizione a fortificare Tebe. Questa era fondazione di Cadmo, la cui storia Eumelo dovette con ogni probabili tà menzionare in rapporto alla saga di Europa‘’,tema cardine — a giudicare dal titolo — di tale poema. Nel mito Cadmo ed Europa sono infatti parenti, per lo più presentati come fratelli, figli di Agenore, sovrano di Tiro. Quando Europa venne rapita da Zeus, per l'occasione trasformatosi in toro‘, Cadmo fu mandato dal padre a cercarla: egli dunque toccò molte contrade, trattenendosi a lungo in Tracia, finché a Delfi l'oracolo gli intimò di cessare l’affannosa ricerca e di seguire le peregrinazioni di una giovenca, fondando una città dove questa si fosse fermata. Il che avvenne in Beozia‘, dove Cadmo dovette tra l’altro uccidere un drago, i cui denti, seminati su consiglio di Atena, diedero origine a giganteschi guerrieri, gli Sparti (oi Zraproi, «i Seminati»), i quali si uccisero gli uni gli altri fino a restare in cinque, futuri capostipiti delle più insigni famiglie tebane®. Agli scenari connessi con tale leggenda paiono richiamarsi anche gli altri due frammenti dell'Europa, relativi alla Tracia e a Delfi: nell’uno si narra di Dioniso, che,

dopo essere stato purificato da Rea a Cibele di Frigia e avere organizzato i misteri, in Tracia venne perseguitato insieme alle sue nutrici — su istigazione di Era — dal re Licurgo, al punto che fu costretto a schermirsi gettandosi in mare, dove lo accolsero Teti e Eurinome, mentre Licurgo venne privato da Zeus della vista‘; nell’altro segmento si

* Così specialmente M. UNTERSTEINER, Eumzelo di Corinto, «Antiquitas» 6-7, 1951-1952, 3-13 = In.,

Scritti minori. Studi di letteratura e filosofia greca, Brescia 1971, 165-179, part. 170-172; recente panoramica in C. LECOMTE, L’Evporia d'Eumélos de Corinthe, in AttiConv D'Europe è l'Europe, I. Le mythe d'Europe dans lart et la culture de l’Antiquité au XVIII" siècle (Paris 1997), Tours 1998, 71-79; WEST, «JHS» 122, 2002, 126-128.

% Eum. fr. 13 B. (ap. Paus. IX 5, 8). * Cfr. Hes. fr. 182 M.-W.: vd. Vian, Les origines de Thèbes, 71; M. RoccHi, Kadmos e Harmonia. Un matrimonio problematico, Roma 1989, 47-52; A. HURsT, Bdtir les murailles de Thèbes, in AttiConv Presenza e funzione della città di Tebe nella cultura greca (Urbino 1997), Pisa-Roma 2000, 63-81, part. 66-67. Per WEST,

«JHS» 122, 2002, 126 in questo contesto doveva trovar posto anche la narrazione del ratto di Antiope, madre di Anfione, avvenuto in Iria in Beozia a opera del sicionio Epopeo. Cfr. supra, n. 40. * Su cui W. BUHLER, Europa, Miinchen 1968; cfr. RoccHI, Kadmos e Harmonia, 59-62.

‘° Storia esplicitamente assegnata all’Eyropa in un luogo di Philod. pset. (PHerc 1692 III, Il. 7262-7270 Obbink [pross. pubbl.] = Eum. fr. 26 W.), richiamato all’attenzione da WEST, «JHS» 122, 2002, 127. (Gin Hes. frr. 140-141 M.-W., dove Europa è figlia dell’agenoride Fenice, fratello di Cadmo.

# In Beozia, presso Teumesso, la stessa Europa venne nascosta da Zeus nella grotta di un monte, come narra Antimach. fr. 3 Wyss / Matthews (Tebaide), che da Eumelo potrebbe dipendere: B. Wyss, Ar4z-

machi Colophonii Reliquiae, Berlin 1936, 3.

4 Cfr. Stes. PMG fr. 195 Page = PMGF p. 183 Davies, con le notazioni di WEST, «JHS» 122, 2002,

127, che per Stesicoro, come per Eumelo, in modo diffuso nella monografia di VIAN, ‘ Eum. fr. 11 B. (ap. schol. ad Il VI stringato, la trattazione di Eumelo doveva

sembra ammettere un ruolo dell’oracolo delfico. Il mito è trattato Les origines de Thèbes, passim. 131). Rispetto ad I/ VI 130-140, dove la storia è narrata in modo essere più articolata ed estesa (tijg iotopiag toXAXoi Euvmooncav,

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accenna alla raffigurazione di Apollo a Delfi in forma di colonna, secondo quanto si può desumere da un paio di versi contenenti l'auspicio di una decima e di un bottino da destinarsi al simulacro del dio”. Le vicende legate alla fondazione di Tebe sono inoltre sottese ai Korinthiakd, dove era narrata la nascita e l'uccisione reciproca dei ynyevées, giganti in armi «nati dal suolo», speculari in tutto e per tutto agli Sparti, generati dai denti del medesimo drago, divisi da Atena tra Cadmo, uccisore del mostro, ed Feta, che in Colchide li diede a

Giasone per metterlo alla prova”: così almeno pare doversi desumere da uno scolio ad Apollonio Rodio, secondo cui il poeta ellenistico, nel descrivere tale episodio nelle Argonautiche, riprese i versi da Eumelo”. Implicazioni coliche sono inferibili anche per Maratone, personaggio che Eumelo pare aver posto in esplicita correlazione con la costa orientale dell’Attica, dove sorgeva la cosiddetta Tetrapoli, formata dai centri di Probalinto, Oinoe, Tricorinto, nonché

Maratona, geograficamente e culturalmente in contatto con la Beozia meridionale, solcata dall’Asopo, e l’antistante, vitale, realtà dell’Eubea: tra queste regioni, la Tetrapoli, e la città del poeta, Corinto, sussistono peraltro marcate corrispondenze, soprattuto nella sfera dei culti, tributati tra l’altro ad Atena Hellotis, antico nome di Europa”, ed

mponyovptvac dè è tiv Edportav teromkxog EdunAoc), come risulta tra l’altro dalla menzione, mancante in Omero, di Eurinome; è questo un particolare di un certo rilievo, giacché Eurinome, in quanto Oceanina, è talora additata quale madre del fiume Asopo (cfr. Apollod. III 12, 6), che tanta importanza ha per Eumelo: vd. HuxLEY, Greek Epic Poetry, 76. °° Eum. fr. 12 B. (ap. Clem. Alex. stro. I 164, 3), dove sono riportati tra l’altro i due esametri dòpa 0£ Sexoimv dikposivia te xpeudiconuev / cTAMULOV EK Cadémv Koi xiovoc dymAoîo.

"Cfr. Apoll. Rhod. III 1176-1190. ?? Quantunque lo scolio presenti come lemma il primo emistichio di Apoll. Rhod. III 1372 (1òv è #hev dupacin), relativo alla fine dei ynyevéeg, la citazione in esso dalle Co/chidi sofoclee (TYGF fr. 341 Radt), inerente allo spuntare dei giganti dal suolo dopo la semina dei denti del drago, ha per lo più indotto la critica a riferire lo scolio ad Apoll. Rhod. III 1354 (così anche C. WENDEL, Scholia in Apollonium Rhodium vetera, Berlin 1935, 257): sulla base dell'indicazione dello scoliaste odtog Koù oi EEfc otiYor eiAnupévor £ioì tap EdunAov, la sequenza di versi contenuta in Apoll. Rhod. III 1354-1358 è stata pertanto inclusa da BERNABÉ, Poetarum Epicorum Graecorum Testimonia et Fragmenta, 114 tra i frammenti di Eumelo come fr. °19 B. (dubium); analogamente WEST, Greek Epic Fragments, 240 (Apoll. Rhod. III 1354-1357 = Eum. fr.21W.); ma cfr. KINKEL, Epicorum Graecorum Fragmenta, 191, dove Apoll. Rhod. III 1372-1376 = Eum. fr. 9 K. Più prudentemente DAVIES, Epicorum Graecorum Fragmenta, 98, classifica come Eum. Cor. fr. 4 D., il solo scolio ad Apollonio. In realtà tra il lemma e lo scolio non sembra sussistere alcuna contraddizione, essendo il contesto di fatto lo stesso, laddove sia in Eumelo che in Sofocle, come poi in Apollonio, il pullulare dei giganti e la loro autodistruzione dovevano essere intimamente connessi e l’uno di seguito all’altro: JACOBY, FGrHist Ib. Kommentar, 301, e soprattutto MICHELAZZO, «Prometheus» 1, 1975, 38-43; né sembra probabile che quella di Apollonio sia stata un ripresa verbale strettissima (cfr. BARIGAZZI, «RFIC» 94, 1966, 145: WEST, «JHS» 122, 2002, 123; In., Greek Epic Fragments, 240 n. 20), sicché appare del tutto vano cercare nelle Argonautiche i versi ‘originali’ di Eumelo (ma cfr. ancora V.J. MATTHEWS, Where Is Eumelus Fragment 9 Kinkel?, «Eranos» 80, 1982, 119-123, che su basi esclusivamente stilistiche crede di individuare l'originale segmento arcaico in Apoll. Rhod. III 1350-1353). ” Per le fortissime connesioni tra Edporta, ‘Etc (0 ‘EMotia) e le feste ‘EMona vd. BARIGAZZI, «RFIC» 94, 1966, 148 n. 1; WEST, «JHS» 122, 2002, 121-122; 128; 130, il quale tuttavia circoscrive il nesso attico, evocato da Maratone, ad età tardoarcaica (VI secolo).

EUMELO ;

n

D7

3

a 5 î 54 A 7 55 a Xuto, figura centrale in ambito eolico”, variamente attestata in Peloponneso”, oltre che in occidente, dove fu veicolata dai colonizzatori euboici.

a) Impresa argonautica: l'andata

Un ruolo notevole nei Korintbiakd pare avere giocato la leggenda argonautica, riconducibile in prima istanza ad ambiente tessalico (e pertanto eolico), come è emerso dall'analisi di personaggi quali Epimeteo ed Aloco, e come risulta dall’esplicita connessione di Giasone con la sua patria Iolco, dove, alla morte dei figli, ‘rincasò’ da Corinto, presto raggiunto dall’involontaria responsabile della sciagura, Medea. Quest’ultima rappresenta il trazt d'urion più vitale tra la saga argonautica, nella quale già figurava all’interno dell’epos esiodeo”, e la tradizione corinzia, dov'era ben radicata con caratteri ctonii marcati, come si evince dal racconto di Eumelo, secondo cui Medea

provocò la morte dei figli neonati nascondendoli sotto terra (Kataxpvrterv) nel santuario di Era, nella speranza di renderli in tale modo immortali”. A partire dal denominatore comune rappresentato da tale figura di maga e alchimista, originariamente associata alla terra e ai suoi frutti”, il poeta è stato in grado di

”* Sulle genealogie cui Xuto appartiene ed il loro significato storico vd. F. CAssoLA, Le genealogie mitiche e la coscienza nazionale greca, «RZAAN» 28, 1953, 279-304 = In., Scritti di storia antica. Istituzioni e politica, I. Grecia, Napoli 1993, 9-35.

” Xuto risulta specialmente legato ai distretti peloponnesiaci gravitanti verso l’Istmo corinzio: CÀssoLA, Scritti di storia antica, I, 32; su tali basi DE FipIo, in Geografia storica della Grecia antica, 250-255, intra-

vede nei Korinthiaki «componenti xutidi», ed in particolare una forma di «solidarietà xutide» sottesa ai nessi Maratona-Corinto e Sicione-Corinto. °° Cfr. da ultimo, in un ampio quadro, A. COPPOLA, Archaiologhia e propaganda. I Greci, Roma e l’Italia, Roma 1995, 60-64. ? Theog. 956-962; 992-1002: su tali versi e sulla consistente presenza, per lo più trascurata, della tradi-

zione argonautica nei poemi esiodei vd. P. DRAGER, Argo Pasimelousa. Der Argonautenmythos in der griechischen und ròmischen Literatur, I. Theos Attios, Stuttgart 1993, 18-30 e passirz. °* Paus. II 3,10 = Eum. fr. 5 (1) B. Tale vicenda si spiega al meglio alla luce di un’altra notizia ascrivi-

bile ad Eumelo, quantunque priva di riferimenti alla fonte: si tratta di scho/. ad Pind. O/. XII 74 = Eum. fr. 5 (III) B., secondo cui Zeus si innamorò di Medea, mentre costei celebrava a Corinto sacrifici a Demetra

e alla ninfe Lemnie per liberare la città da una carestia; Medea tuttavia non si lasciò persuadere, temendo l’ira di Era, che in segno di gratitudine promise di renderle i figli immortali. E questa di Eumelo una versione più arcaica rispetto a quella, immortalata da Euripide, che vuole Medea spietata assassina dei propri figli, o a quella che imputa dell’omicidio i Corinzi per giustificare peculiari cerimonie espiatorie (cfr. schol. ad Eur. Med. 264; Paus. II 3, 6-7): al contrario Medea appare qui priva di qualsivoglia connotazione negativa (libera anzi la città dalla carestia), laddove le sue aspettative vengono verisimilmente frustrate da Zeus per vendetta, e i Corinzi — sempre secondo lo scolio all’Olizpica XIII — risultano ben disposti verso gli infanti defunti, cui tributano onori. Analisi dettagliata dell'episodio e delle sue implicazioni corinzie in WILL, Ko-

rinthiaka, 85-97; C. HARRAUER, Der korinthische Kindermord. Eumelos und die Folgen, «WS» 112, 1999, 5-28. Cfr. F. GRAF, Medea, the Enchantress from Afar. Remarks on a Well-Known Myth, in Medea. Essays on Medea in Mytb, Literature, Philosophy, and Art, a cura di J.J. Clauss e S.I. Johnston, Princeton 1997, 21-43; o S.I. JOHNSTON, Corinthian Medea and Cult of Hera Akraia, ibid., 44-70. ?? Così Witt, Korinthiaka, 118-124, che rileva altresì come tale figura fosse variamente diffusa in ambi-

to greco, sottesa a una serie di personaggi mitici femminili dai medesimi tratti, spesso a livello onomastico

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tessere una trama coerente, fitta di suggestivi parallelismi e connessioni efficaci tra la mitistoria di Corinto e le avventure dei compagni di Giasone imbarcati sulla celeberrima Argo: queste nei Korinthiaké poterono essere trattate, sia pure in modo cursorio e parziale, nella sezione compresa tra la partenza del figlio di Elio Eeta e l’arrivo a Corinto di Medea e del suo sposo (nel periodo cioè dell’“interregno’ corinzio, gestito prima da Buno e poi dal ‘sicionio’ Epopeo e dalla sua discendenza), o in forma retrospettiva in occasione dell’invito ovvero dell’arrivo a Corinto di Medea, forse ella stessa ‘voce narrante’ ©. La Colchide, ‘nuovo’ regno di Eeta” speculare a Corinto (antica sede paterna e centro effettivo di un culto solare vitale), fungeva senz'altro da suggestivo scenario alle imprese di Giasone, non ultima quella che lo vide annientare con un’astuzia i ymyevées, secondo quanto ricorda il già menzionato scolio alle Argorautiche dov'è profilata una dipendenza di Apollonio Rodio da Eumelo *, in linea con la propensione ellenistica ad impiegare motivi poetici inconsueti ed arcaici. Ulteriori rapporti tra l’opera di Apollonio e l'epopea cantata da Eumelo sono del resto adombrati da altri scoli al poema argonautico nei quali l’autore corinzio è citato”, nonché da un ragguaglio di Tzetzes che associa nello stesso contesto i due poeti°°. Sulla base di una di queste notazioni puntuali si può altresì arguire per Apollonio una derivazione da Eumelo per quel che concerne la tappa degli Argonauti — diretti in Colchide — nella terra di Sinope, nel poema ellenistico eponima della località pontica, presentata quale figlia di Asopo (@vyotgp’ Acm@roîo), secondo una genealogia per la

caratterizzati dal nucleo -und- (cfr. Ayounén, AXxuunèn, 'Ecourèn, Meyaundn, Mepuunèn, MoXvunsn): in questa prospettiva sembra mal posto il problema da parte di chi, postulando una sola Medea originaria, esclusivamente argonautica oppure corinzia, ne ipotizza un passaggio, del tutto artificioso e secondario, ri-

spettivamente nella tradizione corinzia o nella saga argonautica. Cfr. West, Greek Epic Fragments, 243 n. 24,

°° Cfr. Od. XII 70: ’Apyò rac uédovoa. 61

È

Così BARIGAZZI, «RFIC» 94, 1966, 146; MICcHELAZZO, «Prometheus» 1, 1975, 46. Così WEST, «JHS» 122, 2002, 123.

° Dai versi sintetici di Eum. fr. 3 B. non traspaiono le ragioni per cui Eeta lasciò Corinto per la Colchide; generica e scontata è la ‘spiegazione’ del testimone dei versi, lo scho/. ad Pind-O/ XII 74f(- Tzetz. ad Lycophr. Alex. 174 e 1024: vd. supra, n. 10), secondo cui Eeta si allontanò uù) dpeodeìc ti) dpyîi. È piuttosto assai verisimile che nei Korintbiakd Eeta sia giunto in Colchide per fondare una città (Aia) obbedendo a un oracolo, come narra uno scolio al medesimo luogo pindarico (scho/. ad Pind. O. XIII 74d), coinciden-

te in un dettaglio con Eumelo (Buno figlio di Ermes e una ninfa - Paus. Il 3,10 = Eum. fr. 3 [II] B.: Bu-

no figlio di Ermes ed Alcidamia): vd. JacoBY, FGrHist IIb. Kommentar, 301; WEST, «JHS» 122, 2002, 121;

Ip., Greek Epic Fragments, 237 n. 17.

“ Vd. supra, n. 52. ® Scholl. ad Apoll. Rhod. IV 1212; I 146; II 946 = Eum. frr. 1 (1); 7; 10 B.: sui frr. 1 (Efira, eponima

della città, figlia di Oceano e Teti, e sposa di Epimeteo) e 7 (Leda, figlia di Glauco e Pantidia, probabilmente in funzione dei Dioscuri, suoi figli e Argonauti) vd. supra, 20-21. A questi va aggiunto lo schol. ad Apoll. Rhod.I1165

= Eum. test. 11 = Tyrar. fr. 3 B., su cui vd. in dettaglio 772/ra, cap. Il $ 2).

° Tzetz. ad Lycophr. Alex. 480 = Eum. fr. 15 (II) B.: Arcade e Crisopelia genitori di Elato e Afidante, «dai quali sono gli Arcadi, come dice Apollonio» (èÉ @v eiotv oi Aprddec dc dnow AtoAA vos), laddove il riferimento parrebbe ad Apoll. Rhod. Il 475; né è casuale che in Apoll. Rhod. I 161-171 i discendenti di Arcade partecipino alla spedizione argonautica: vd. BARIGAZZI, «RFIC» 94, 1966, 148; cfr. supra, n. 20.

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prima volta attestata nella pagina arcaica di Eumelo®. Qui era del resto serbata memoria anche del Dniepr, il poderoso fiume sarmatico sfociante nel Ponto, il cui antico nome è dal poeta evocato in rapporto a una delle Muse fluviali figlie di Apollo, Bopvo@evic® Che tali nozioni siano il riflesso di una frequentazione ellenica del Mar Nero antecedente alla fase della più autentica e intensa colonizzazione greca dell’area è opinione che acquista sempre più credito presso la critica, che, pur in assenza di dirimenti controprove archeologiche, non può ignorare la tradizione eusebiana che colloca nella metà del secolo VII (756) la nascita di Trapezunte, subcolonia di Sinope, in sincronia con l’installazione di Cizico nella Propontide®. A corroborare tale punto di vista interviene peraltro un notevole brano di Esiodo, l'elenco di fiumi contenuto nei vv. 337-345 della Teogonia, dove figurano ben cinque fiumi sfocianti nel Ponto: il Sanga-

© Schol. ad Apoll. Rhod. II 946 (èvea Zivornv) = Eum. fr. 10 B.: réA1c t0Ò Hévtov fi} Evérn, vopocpévm drò tc 'Acomod Bvyatpòs Zrvorme, flv iprdcoc’Ar6Aov amò Ypiactkiuoev ec Méviov... èv dè toîc Opgiroîc "Apemg koù Aiyivng yeveodoyeitoar: Katò dé tIvag "A peg koù Hapvéoons, ko EdunAov xo ’ApiototeAnv ’Acorod. La genealogia proposta da Eumelo, seguita poi da Aristotele (fr. 581 Rose) ed Apollonio, assume ulteriore rilievo a fronte delle versioni che vogliono Sinope figlia di Ares ed Egina (così gli Orfici: fr. 45 Kern) o di Ares e Parnasse. Su questa testimonianza discussione circostanziata in A. LANGELLA, Sulle ori-

gini di Sinope. Analisi della tradizione precoloniale e coloniale, Napoli 1997, 7-14; sul ruolo fondamentale assegnato all’Asopo da Eumelo cfr. BowrA, Problers in Greek Poetry, 54-65, part. 59 (Sinope). Di recente WEST, «JHS» 122, 2002, 126; Ip., Greek Epic Fragments, 246 ha proposto in via prudenziale un’attribuzione del frammento, anziché ai Korir:thiakd, all Europa (Eum. fr. 29 W.) essendo la storia di Sinope rapita da Apollo ad Iria speculare a quella di Antiope rapita nel medesimo luogo da Epopeo (vd. supra, n. 44); sennonché le sicure connessioni pontiche dei Kor:rthiakd, in rapporto ad Eeta, Medea, gli Argonauti, e la provenienza della notizia dalla scoliastica apolloniana consiglia l'assegnazione del frammento a questo poema (cfr. lo stesso WEST, (brd.: «If on the other hand Sinope had her place in the Korirzhiakd, then the link between the two poems would be their shared interest in Asopides abducted from Hyria»). ° Eum. fr. 17 B. = Tzetz. ad Hes. Op. p. 23 Gaisford: su cui vd. in dettaglio i2/ra, $ 4, 59-62. Anche questa menzione della musa Boristenide è dubitativamente assegnata all'Europa da WEST, «JHS» 122, 2002,

127-128 e 132 «on the frail ground that she and Sinope were better not separated»; cfr. Ip., Greek Epic Fragments, 250 dove il brano (Eum. fr. 35 W.) figura tra gli incertae sedis. Vd. supra, n. 67. ‘ Vd., con particolare riferimento ad Eumelo, gli ormai classici studi di A.J. GRAHAM, The Date of the Greek Penetration of the Black Sea, «BICS» 5, 1958, 25-42 = In., Collected Papers on Greek Colonization, Leiden-Boston-Kéln 2001, 113-137 (dov'è fortemente ridimensionata la teoria di R. CARPENTER, The Greek Penetration of the Black Sea, «AJA» 52, 1948, 1-10, secondo cui la navigazione del Ponto da parte dei Greci avvenne soltanto con l’invenzione della pentecontere, dopo il 700); e di R. Drews, The Earliest Greek Settlements on the Black Sea, «JHS» 96, 1976, 18-31. Si assiste attualmente ad una notevole fioritura di studi dedicati a que-

st'area periferica della grecità: particolarmente vivace al riguardo è il confronto, invero non nuovo, tra storici ed archeologi, laddove i primi (facenti capo al Graham) tendono a valorizzare gli elementi tradizionali e le fonti adombranti forme di precolonizzazione del Ponto nel secolo VIII, di contro ai secondi (facenti capo al Boardman), restii ad avallare una simile prospettiva a fronte della penuria di riscontri materiali: cfr. ad esempio, interpreti delle due posizioni, rispettivamente V.B. GORMAN, Mz/etos, the Ornament of Ionia. A History of the City 400 B.C.E., Ann Arbor 2001, passirz, part. 64-66; e G.R. TSETSKHLADZE, Greek Penetration of the Black Sea, in Archaeology of Greek Colonisation. Essays dedicated to Sir Jobn Boardman, Oxford 1994, 111-135 (cfr. comunque ib:d., 113-114: «It can be assumed, with a good deal of probability, that the Greeks knew the Black Sea as early as the 8th century BC. This is indicated both by archaeological material from Georgia, and by the first information about Pontus in Greek literature (Eumelus, fr. 2 [K.]; Hesiod., Theog. 337-340). Thus the 8th cen-

tury appears to have been a time of exploration»). Vd. anche infra, nn. 75 e 78.

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rio, il Partenio, l’Aldesco, nonché i più imponenti Istro (Danubio) e Fasi SN0I che rende di fatto inadeguata la soluzione di chi preferisce attribuire siffatti frammenti di Eumelo, o gli interi Korinzhiakd, ad un’età posteriore alla colonizzazione greca del Ponto, ed in particolare alla fondazione milesia di Sinope, ufficialmente avvenuta nella seconda metà del secolo VII”. In realtà, come è stato chiarito ”, l'elenco di fiumi teogonico

risponde appieno a quella logica ‘eolica’ arcaica, che — come si è visto — è in larga misura comune ai poemi di Esiodo e di Eumelo, e che investe, oltre a Tessaglia, Beozia ed Eubea, anche fasce cicladiche e floridi centri dell'Asia minore L3

In questa prospettiva si rivelano di estremo interesse gli indizi, di natura archeologica e mitica, di recente raccolti a favore di una possibile frequentazione, nella seconda metà del secolo VIII (periodo tardogeometrico), della Propontide e del Mar Nero da parte di Euboici”'. I quali, nell’addentrarsi nel Ponto, agirono con ogni verisimiglianza d’intesa con i Milesi, la cui presenza e attività mercantile in quello che poi diverrà un ‘lago’ milesio dovette precedere la fioritura delle colonie, e svolgersi in avamposti strategici, sia pur provvisori, poi rimpiazzati da autentiche po/eis, come sembra potersi presumere forse per Sinope e Trapezunte, nonché — in relazione all’antistante Propontide — per Cizico ‘’. L’esistenza di intensi rapporti tra Mileto e l’Eubea emerge del resto dalla partecipazione milesia al conflitto, di proporzioni assai vaste, che in età altoarcaica vide opposte le due maggiori potenze dell’isola, Calcide ed Eretria, per il controllo della fertile piana percorsa dal fiume Lelanto, laddove il centro asiatico si schierò apertamente dalla parte di Eretria ‘°;

°° È significativo che il Fasi sia altrove associato da Esiodo direttamente al rrostos degli Argonauti: fr. 241 M.-W. Sull’elenco dei fiumi esiodeo vd. M.L. West, Hesiod. Theogony, edited with Prolegomena and Commentary, Oxford 1966, 259-263. "Così invece Wir, Korinthiaka, 124-129, in accordo con la sua ipotesi che Eumelo sia un «nom col-

lectif» (vd. infra, n. 123); e da ultimo WEST, «JHS» 122, 2002, 130 e 132; cfr. F. VIAN, Les navigation des Argonautes: élaboration d'une légende, saa

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Fig. 2. Frontone occidentale del tempio di Artemide a Corcira, da RopENWALT, Korkyra (Tafel II).

Qui, al centro, chiusa tra due pantere — raffigurate anche nel frontone orientale,

pressoché totalmente perduto — è l’immagine spaventosa della Gorgone Medusa, tra le sue due creature, Crisaore e il puledro alato Pegaso. Ai lati due scene, la cui interpretazione è presso la critica tutt'altro che univoca”: nel gruppo di destra la folgore permette di riconoscere in Zeus colui che la impugna, intento a debellare un avversario, a seconda dei casi identificato con un Gigante o un Titano; a sinistra è un individuo ar-

mato di lancia, in procinto di sferrare un attacco a una figura (assai rovinata) seduta dinanzi a una torre o ad un muro di cinta: scena intesa di volta in volta come I/ioupersis, con Neottolemo pronto a finire il re Priamo, ovvero come Gigantomachia o Tita-

nomachia, secondo una migliore lettura unitaria dei gruppi di lato, confortata dall’originaria presenza in ambedue gli angoli di figure giacenti, analoghe in tutto all’antagonista di Zeus inginocchiato sotto la minaccia del colpo”.

und Bildwerke, IL Die Bildwerke des Artemistempel von Korkyra, Berlin 1939; H. ScALEIFF — K.A. RHOmaIOS — G. KLAFFENBACH, Korkyra. Archaische Bauten und Bildwerke, 1. Der Artemistempel. Architektur, Dachterrakotten, Inschriften, Berlin 1940. °° Puntuale disamina delle svariate ipotesi, con le loro varianti, in S. Stuccni, Delle figure del grande

frontone di Corfà. Dialogo con un uccello bianco e nero, in Divagazioni archeologiche, I, Roma 1981, 7-86, part. 59-68 (con ricca bibliografia). °! Si avrebbe in tal caso nel gruppo di sinistra l’immagine di un nume olimpio (Zeus; Poseidone; Ade)

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Nella logica di un nesso organico tra le scene dei lati, l’interpretazione di queste quali episodi di Titanomachia si impone come più verisimile ed insieme coerente rispetto a quella che vi riconosce momenti della Gigantomachia; e ciò tanto a livello stilistico ed iconografico”, quanto in ispecie a livello mitico e tradizionale, laddove non si può prescindere dal calare qualsivoglia esegesi nel quadro dell'immaginario e della cultura di Corcira arcaica”. Questa nella sua mitistoria fu infatti assai interessata alle vicende e alle figure di Crono e dei Titani, per lo più concepiti — in accordo con la visione primeva — come collettività ”*, quando non si conoscono invece, almeno in forma parimenti esplicita, tante e tali correlazioni tra Corcira ed i Giganti”. Il nome stesso dell’isola, originariamente Drepane («Falce»), affonderebbe le proprie radici in vicende ancestrali, aventi Crono o tutti i Titani protagonisti. Così nelle due tradizioni confluite nella pagina dotta di Apollonio Rodio (IV 982-992), per cui il nome Aperdvn deriverebbe dalla falce ($pgravov) sepolta nell’isola, sia essa quella «con la quale Crono recise spietatamente i genitali del padre» (vv. 985-986: ...@© Grò ratpòg / urdea vnAer®g ttoue Kpévoc), o si tratti piuttosto — come narrano altri — della «falce con cui Deo, la dea della terra, mieteva il raccolto» (vv. 986-987: ...01 de €

Anodg/ rAgiovor yBoving xadXauntouov tgupevoi Gprnv); laddove «Deo abitava un tempo in quel luogo e, per amore di Macride, insegnò ai Titani a raccogliere la ricca messe» (vv. 988-990: Anò yùp keivn èvi dr) tote vaoccato yain, / TLmfvag è’ Edaev oTdyvv durviov dunicacgai, / Makpida driouevn...)”° Tali versioni, benché presentate in concorrenza fra loro, in realtà si rivelano en-

vincitore su un rpotepog deòg, di sesso maschile (per lo più individuato in Crono), forse in origine dotato di barba, piuttosto che femminile (Gaia, Rea), dinanzi alla sede celeste o alla città dei Beati. ©. Così da ultimo, con nuovi argomenti, STUCCHI, in Divagazioni archeologiche, I, 59-68; è da notare l’adesione di massima alla lettura ‘titanica’ da parte dell’autore dei più informati lavori dedicati ai Giganti e alla Gigantomachia: F. VIAN, Répertotre des Gigantomachies figurées dans l'Art grec et romain, Paris 1951,

13 n. 16; ID., La guerre des Géants. Le mythe avant l’époque hellénistique, Patis 1952, 16-19; ID., s.v. Gigantes, in LIMC IV 1, 1988, 191-270, part. 197; così anche DÒRIG — (GicoN), Der Karzpf der Gòtter und Titanen, passim.

” 33 Vd. in tal senso C. ANTONETTI, Corcira e l’area ionica in epoca arcaica: l’autorappresentazione in chiave mitologica, in AttiConv Identità e valori. Fattori di aggregazione e fattori di crisi nell'esperienza politica antica (Bergamo 1998), Roma 2001, 11-21, part. 11-14.

“Sui Titani ancora valido il quadro d’insieme e lo status quaestionis tracciato da M.L. West, Hesiod. Theogony, edited with Prolegomena and Commentary, Oxford 1966, 199-201.

? Esiste tuttavia un nesso implicito tra Corcira e i Giganti. I quali già in Od. VII 56-63 sono collegati ai Feaci e alla loro terra, in tradizioni assai antiche identificata con Corcira; così Alceo (fr. 441 Voigt) e Acu-

silao (FGrHist 2 F 4), tra il VII e il VI secolo, modificano la vulgata esiodea (Theog. 176-187) sostituendo i Feaci ai Giganti, generati dal.sangue di Urano, evirato da Crono mediante una falce, tema a Corcira ben radicato e in connubio con motivi titanici: vd. L. ANTONELLI, Kepruparxd. Ricerche su Corcira alto-arcaica tra Ionio e Adriatico, Roma 2001, 27-37. Invero tra Titani e Giganti — come si osserverà — sussistono più punti in comune di quanto generalmente si ammetta, specie in aree dense di memorie euboiche, quale rimase Corcira anche all'indomani della colonizzazione corinzia; né mancano indizi di una simile osmosi nella Titanomachia; il che rende anche le interpretazioni del frontone in chiave di Gigantomachia comunque integrabili nello stesso contesto: vd. irfra, $ 2.

*° Cfr. F. Vian, Apollonios de Rhodes. Argonautiques, III. (Chant IV), Paris 1981, 30 n. 3, che da tale espressione inferisce «que les Titans habitaient Corcyre au temps de Nausithoos».

TITANOMACHIA

TOT

trambe il prodotto, non necessariamente sfasato sul piano della cronologia”, di un unico, fervido immaginario, quale fu quello in epoca arcaica dagli Euboici elaborato e ancorato in aree di loro presenza, tra le quali anche Corcira. Se infatti tale matrice è dalla critica ammessa senza riserve per ciò che concerne il motivo della falce di Crono, altrove legato a racconti sulla fondazione di Zancle”, essa si può ravvisare anche alla base del mito — per lo più trascurato — della falce di Deo / Demetra‘, divinità della terra (x@ovin) assai radicata nel pantheon euboico‘, cui apparteneva, in forma ancor più pregnante, la figura connessa di Macride (Maxpida drAaptvn) È. E interessante notare che le due eziologie ai vv. 982-992 fungono da introduzione alla sequenza corcirese del libro IV delle Argonautiche (vv. 982-1222), ove Drepane è la terra feacia nella quale ricevono sospirato ricovero gli Argonauti e Medea, braccati sulla via del ritorno dai Colchi. È questa, come si è argomentato‘’,una sequenza intrisa di tematiche euboiche e corinzie, talora amalgamate tra loro, riconducibili in larga misura al dettato di Eumelo, i cui Korirthiakd influenzarono a fondo l’epopea di Apollonio; il che è parso vero in particolar modo per la descrizione delle nozze tra Giasone e Medea (vv. 1128-1169), consumate «nell’antro divino dove un tempo viveva Macride» (v. 1131: dvtpo@ èvi Cato, t661 dm) tote Mdkpic Evone). Stando così le cose, si può dunque presumere che il materiale di uno o ambedue gli aztia ‘titanici’ sia stato desunto, qui come altrove nella stessa sezione delle Argorautiche, dall'opera del bacchiade Eumelo, il cui naturale interesse per Corcira doveva investire non solo i Korzrthiakd, ma altresì la Titanomachia, poema senz'altro noto del

pari all’erudito Apollonio”. Se Eumelo dunque, come pare plausibile, trattò dei Titani associandoli a Corcira, e nelle scene frontonali del tempio di Artemide è lecito ravvisare episodi di Titanomachia, si può con ragionevolezza dedurre una forma di dipendenza dal poema di Eumelo anche per l’izagerie informante il frontone”. La quale, come è stato di recente illuCome paiono intendere invece ANTONELLI, Kepruporxd, 28 e ANTONETTI, in AttiConv Identità e valori, 13, per cui il mito della falce di Crono sarebbe più antico rispetto a quello della falce di Deo.

** Per le prime attestazioni del mito vd. supra, n. 35. In Timeo (FGrHist 566 F 79) la stessa vicenda è posticipata di una generazione, essendo Crono non l’aggressore di Urano, bensì la vittima del figlio Zeus, entro un quadro di fondo che è di fatto quello epocale della Titanomachia; cfr. Lycophr. Alex. 761-762 e Tzetz. ad loc.

®° Call. fr. 43, 69-71 Pfeiffer; Steph. Byz. s.v. ZoyxAn; cfr. Thuc. VI 4, 5. Vd. L. ANTONELLI, La falce di

Crono. Considerazioni sulla prima fondazione di Zancle, «Kokalos» 42, 1996, 315-325. ‘°° Vd. anche scho/. ad Apoll. Rhod. IV 982-992; cfr. Arist. fr. 512 Rose.

4! Cfr. L. BREGLIA Putci DORIA, Derzetra tra Eubea e Beozia e i suoi rapporti con Artemis, in Recherches sur les cultes grecs et l’occident, II, Naples 1984, 69-88. # Cfr. N. VALENZA MELE, Hera ed Apollo nella colonizzazione euboica d'occidente, «MEFRA»

89,

1977, 493-524, part. 495-496.

# Vd. supra, cap. I $ 4, 56-59. 4 Cfr. infra, n. 90. % Abbozza cursoriamente una simile ipotesi G. DonTAS, Guide du Musée Archéologique de Corfou, Athènes 1973, 13. Cfr. DORIG — GIGON, Der Kampf der Gòtter und Titanen, dove all’ampio esame (dovuto al Dérig) dedicato all’iconografia della Titanomachia, e pertanto al frontone dell’Arterzision, è giustapposta, a mo’ di premessa, una più breve analisi (dovuta al Gigon) dei frammenti della Titanomachia ciclica, senza però che si giunga ad un'effettiva integrazione dei dati.

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strato‘, nel gruppo centrale con la Gorgone ed i figli manifesta un’ascendenza non solo corinzia, ma specificamente bacchiade, riecheggiata in forma pressoché analoga nei coevi frontoni dell’Azheraion di Siracusa e del più antico tempio di S. Omobono a Roma, aree entrambe segnate da un’incisiva presenza bacchiade*; dato che invero non urta con la più probabile cronologia del complesso nel primo quarto del secolo VI, allorquando Corinto e quasi di certo anche Corcira erano soggette ai tiranni cipselidi‘°, la cui politica — anche figurativa — per molteplici aspetti fu di continuità e di recupero rispetto a quella dei predecessori Bacchiadi ”°. Esplicito risulta del resto il richiamo a questi ultimi in una dedica, rinvenuta nel terzeros dell’Arterzision, da parte di Xeporxparidai rotporotai, promotori e custodi del culto dell’archeghete Chersicrate”. A consolidare l'ipotesi di un’iconografia frontonale in gran parte basata sugli orditi poetici di Eumelo contribuisce la fondata impressione di un’originaria presenza del mito di Bellerofonte e di Pegaso nei Korinthiakd: qui era infatti la storia di Sisifo e della sua discendenza regale a Corinto”, come denuncia tra gli altri un esiguo frammento incentrato su Glauco, presentato quale figlio di Sisifo e padre di Leda”, ma senz’altro dal poeta additato, in sintonia con la tradizione corrente, anche quale padre del cavaliere di Pegaso, Bellerofonte”. La conquista dell’alato destriero da parte di questi, AioMèng paorevs, e il sodalizio tra i due trovano inoltre una descrizione ispirata nella XII Olimpica di Pindaro (vv. 63-92), che, composta in onore di un atleta corinzio,

allinea in successione serrata anche le figure di Sisifo (v. 52) e di Medea, salvatrice della nave Argo e degli eroi in essa imbarcati (vv. 53-54), segnale stringente di una dipendenza di Pindaro, per tale contesto, dalla materia dei Korinthiakd”.

‘° M. MERTENS Horn, Corinto e l'occidente nelle immagini. La nascita di Pegaso e la nascita di Afrodite, in AttiConv Corinto e l'occidente (Taranto 1994), Napoli 1997, 257-289, part. 257-276. ‘7 Nel caso di Roma valorizzata viepiù da F. ZEvI, Derzarato ei re ‘corinzi’ di Roma, in L'incidenza del-

l'antico. Studi in memoria di E. Lepore, I, Napoli 1995, 290-314. ‘Tra il 600 e il 585, in base all’analisi comparata dei capitelli superstiti, secondo SCHLEIFF — (RHOMAIOS — KLAFFENBACH), Korkyra, I, 89.

* Più di preciso l’Arterzision sarebbe dovuto a iniziativa di Periandro, una volta riguadagnato il controllo dell’isola: vd. RODENWALDT, Korkyra, II, 173; ANTONELLI, Keorvparxd, 123. Secondo N. BOOKIDIS,

Archaic Corinthian Sculpture: a Summary, in AttiConv Corinto e l'occidente, 231-256, part. 236-238, l’opera venne realizzata, piuttosto che da maestranze provenienti da Corinto, da una scuola locale, seppure di derivazione corinzia. °° Vd. S.I. OosT, Cypselus the Bacchiad, «CPh» 67, 1972, 10-30; G. BOGKISCH, Kypselos und die Bakchiaden, «Klio» 64, 1982, 51-66. Cfr. ANTONELLI, Kgoruparxd, 128-129 n. 32, che nel dettaglio frontonale della coppia di serpenti attorcigliati sulla veste della Gorgone intravede un simbolo, quello dei serpenti / draghi (vd. supra, cap. I n. 255), adottato sia dai Bacchiadi che dai Cipselidi per esprimere il potere corinzio. (SCHLEIFF — RHOMAIOS) — KLAFFENBACH, Korkyra, I, 164-165 (nr. 3). 52 Eum. frr. 5 (Medea cede il regno corinzio a Sisifo) e 6 (tomba di Sisifo e di Neleo) B. > Hum}. VB! * Bellerofonte: T.J. DUNBABIN, Bellerophon, Herakles and Chimaera, in Studies Presented to D.M. Ro-

binson, II, Saint-Louis 1953, 1164-1184, part. 1179-1180; Pegaso: N. GIALOURIS, ITrgpoevra rédiAa, «BCH» 71, 1953, 293-321, part. 321.

? Vd. A. Baricazzi, Nuovi frammenti dei Corinthiaca di Eumelo, «RFIC» 94, 1966, 129-148, part.

158-140 e n. 2; supra, cap. I n. 105.

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Così la nascita di Pegaso — divenuto ben presto l’emblema del centro dell’Istmo” — e di Crisaore dal capo della Gorgone Medusa, episodio compendiato al centro del frontone”, poteva ugualmente ricevere da parte dello stesso cantore un'esposizione adeguata nella Titazomachia. Il che è tanto più verisimile se si considera che su tale leggenda si era soffermato anche Esiodo nel poema, la Teogoria *, fonte di ispirazione primaria per l’opera omologa di Eumelo. Va così rilevato il nesso, operante nella Teogorza, tra Pegaso, il tuono (Bpovan) e la folgore (oteporm), dal leggendario destriero portati a Zeus”; immagine da raccostare alla notizia che vuole in Eumelo due giumente della quadriga di Elio chiamate appunto Bpovti e Zteporm ”, nomi nella forma maschile (Bpévang e Zteporno) assegnati in Esiodo — con "Apyng — ai Ciclopi, artefici del tuono, la folgore ed il lampo”, armi che Zeus ricevette per aver liberato i Titani, e che in un secondo tempo impugnò per debellare gli stessi”. E a quest’ultima impresa che allude il gruppo di destra dell’Artezzision, ove Zeus brandisce il fulmine contro il nemico; né pare un caso che la sequenza già menzionata delle Argonautiche (IV 982-992), con i due aitia concernenti Drepane a premessa dell'episodio feacio, esordisca con la localizzazione di Drepane = Corcira «in mezzo al mare Ceraunio» (v. 983: Keporvvin £iv dA), laddove il fulmine (keparvvéc) evocato da tale designazione — identica a quella dei monti Cerauni nel continente antistante — richiama anzitutto lo strumento esiziale di Zeus nello scontro con le entità primigenie”. Altrove nel libro IV delle Argorautiche il mare a settentrione di Corcira è definito

°° Per materiale figurativo già del VII secolo cfr. C. LOCHIN, s.v. Pegasos, in LIMC VII 1, 1994, 214-230; MERTENS HORN, in AttiConv Corzrto e l'occidente, 262-266. 7 Così, a ragione, MERTENS HORN, in AttiConv Corinto e l'occidente, 261: «La scena non segue la mo-

derna logica narrativa alla quale siamo abituati, dato che raccoglie in una sola immagine due momenti diversi del racconto. Quello — più descrittivo — della bella Gorgone diventata mostro per volere di Athena che l'aveva sorpresa abbracciata con Poseidone nel suo santuario, e quello della maternità con i figli nati da quella unione, momento che nella nostra logica narrativa seguirebbe la sua decapitazione». * Hes. Theog. 278-286; cfr. Theog. 325, dov'è l'associazione Pegaso-Bellerofonte, giustizieri della Chimera; la Chimera, Pegaso e Bellerofonte, figlio di Glauco e nipote di Sisifo, ritornano nel fr. 43a, 75-87

M.-W. del Catalogo delle donne, nella stessa misura in cui per Eumelo tali figure, cantate nella Titanomachia, dovevano ritornare nei Korinthiakd. ? Hes. Theog. 286: Bpovtijv te otepormiv te dépov Ari untidevTI. °° Hyg. fab. 183 = Titan. fr. 7 (II): feminae iugariae: Bronte, quae nos tonitrua appellamus; Sterope, quae fulgitrua. buic rei auctor est Eumelus Corintbius (la citazione completa infra, $ 3, 94). Il parallelo con Theog. 286 è istituito da (DORIG) — GIGON, Der Kampf der Gòtter und Titanen, XVII. °" Hes. Theog. 140-141: Bp6vanv te Zrepérmv te où "Apynv òPpiudBvpov, / oî Znvi Bpovmv 1’ Edocav tedédv te xepovvov. Cfr. W. Kranz, Titanomachia, in Studi in onore di L. Castiglioni, I, Firenze 1960, 475-486 = Ip., Studien zur antiken Literatur und ibrem Fortwirken, Heidelberg 1967, 89-96, part. 93, se-

condo cui nella Titanomachia le giumente di Elio, per analogia con Tbeog. 140 e 286, avrebbero caretteriz-

zato un inizio di esametro Bpovm te 2tepom te.

°°. Hes. Theog. 504-505.

® Hes. Theog. 690-691; 707. Cfr. West, «JHS» 122, 2002, 114-115, che in Apollod. I 2, 1 ravvisa una probabile eco di Eumelo (fr. 6 W.), dove i Ciclopi avrebbero non solo fornito Zeus di tuono, folgore e lampo, ma anche Plutone dell’elmo e Poseidone del tridente. 4 Cfr. ANTONETTI, in AttiConv Identità e valori, 13.

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- con formula arcaica rapportabile allo stesso livello del precedente Kepavvin dA — «mare di Crono» (Kpovin Ag)”, denominazione ‘titanica’, che a partire dalla realtà corcirese e dall’immaginario connesso rivela un’inequivocabile matrice euboica‘. Il tutto entro un quadro tradizionale in cui Crono, proiettato su uno sfondo marittimo, è nel contempo associato alla città dei Beati”: ulteriore pregnanza acquista così l’interpretazione del gruppo sinistro, secondo cui Crono, assediato, è assiso innanzi alle mura della città dei Beati, la Kpévov tiporg celebrata da Pindaro nell’Olizpica II È In generale per tale frontone si avrebbe dunque, se non un'unità narrativa assoluta‘, quantomeno un rapporto coerente di contiguità, apprezzabile al meglio nell’ottica di un componimento poetico, quale quello di Eumelo, nel quale tematiche euboiche e corinzie, Titanomachia e progenie della Gorgone Medusa, coesistono su un identico sfondo, ove anche Corcira svolge un ruolo di spicco. Tuttavia qualora nel gruppo a sinistra si privilegi un'immagine di I/ioupersis, in cui Neottolemo — come in altre raffigurazioni — si accinge ad uccidere Priamo, non verrebbe meno comunque, seppure in parte mutato di segno, il legame profondo che unisce l’iconografia frontonale con il materiale superstite pertinente alla Titanormzachia ciclica. Essa difatti, come si è visto, a fianco dell’attribuzione ad Eumelo conosce altresì

un’attribuzione ad Arctino, autore più noto per avere composto le rapsodie postiliadiche Etropide ed Ilioupersis. Ora, nell’Iioupersis di Arctino amplissimo spazio occupava, come suggerito dal titolo e confermato da Proclo, la descrizione drammatica del sacco di Troia, nella quale a sua volta episodio cruciale era la fine di Priamo, trucidato dal figlio di Achille, Neottolemo, mentre cercava riparo presso l’altare di Zeus Erceio ”. Un ulteriore, suggestivo elemento fornisce quanto rimane del fregio del tempio: un solo frammento, nel quale si può tuttavia ravvisare lo scontro tra Achille e Memnone, sulla cui spalla poggia benigna la mano Eos”. È questo infatti un altro episodio centrale del repertorio di Arctino, che nell’Eziopide”, dopo avere narrato in una prima sezione (forse

® Apoll. Rhod. IV 327; 509; 548. © A. CoppoLA, I nomi dell'Adriatico, in AttiConv I Greci in Adriatico (Urbino 1999), I, Roma 2002, 101-106, part. 102-104.

Cfr. Hes. Op. 170-173a; Pind. O/. II 70-72: vd. Vian, Argonautiques, III, 24 e n. 3 (che per la denominazione Kpovin dg pensa «à une époque où on situait les îles des Bienheureux dans l’Adriatique»), con i rilievi di ANTONETTI, in AttiConv Identità e valori, 14 e n. 24. * Pind. OZ. II 70: vd. soprattutto DÒRIG — (GIGON), Der Kampf der Gòtter und Titanen, 27 e STUCCHI,

in Divagazioni archeologiche, I, 65-66. ° Cfr. gli ammonimenti di STUCCHI, in Divagazioni archeologiche, I, 59.

°° Procl. chrest. p. 92, 257-258 Severyns

= Il exc. arg. p. 88, 13-14 B.: koù NeortéAepoc pèv

Groxteive Ipiapov èr tòv tod Ads tod ‘Epkeiov pauòv xatadvyévia. Su tale episodio nel poema di Arctino (e nell’arte) vd. 2:/ra, cap. IV $ 5, 176 con n. 369 (bibliografia specifica). " Per il fregio e la sua più naturale lettura: RODENWALDT, Korkyra, II, 113-126; DONTAS, Guide du Musée Archéologique de Corfou, 41-42. Rileva, in rapporto alla perea corcirese, la presenza delle coppie Teti — Eos ed Achille - Memnone nel gruppo scultoreo dedicato ad Olimpia dagli Apolloniati per la vittoria su Tronio (cfr. Paus. V 22, 2-4) ANTONETTI, in AttiConv Identità e valori, 15.

? Vd. infra, cap. IV $ 1, 125.

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autonomamente chiamata Azzazoria) lo scontro bellicoso ed erotico a un tempo tra Achille e Pentesilea, segnato dalla morte di questa e da vari tumulti nel campo acheo ”, veniva a cantare di seguito, specularmente, la discesa in campo dell'eroe etiope Memnone, il figlio di Eos, vittorioso a fianco degli stremati Troiani contro il rampollo di Nestore Antiloco, ma destinato a soccombere anch'egli sotto i colpi di Achille”. Nel complesso figurativo dell’Arterzision si scorgerebbe dunque in quest'ottica una sorta di trittico Titaromachia (gruppo frontonale destro) — Ilioupersis (gruppo frontonale sinistro) — Etiopide (fregio)”, evocativo di un’eventuale sequenza Titaromachia — Etiopide — Ilioupersis nel corpus di Aretino”. Né la patria milesia di tale poeta male si accorda con Corcira, essendo Mileto durante il conflitto per la piana di Lelanto la maggiore alleata di Eretria””, a sua volta l'artefice del più antico stanziamento di Euboici (e in generale di Elleni) nell’isola ionica prima dell’avvento corinzio”. Tale lettura, sebbene non altrettanto stringente di quella che nel frontone riconosce un complesso armonioso riconducibile 77 toto all’epos ‘titanico’ di Eumelo, e disgiunta dal tema centrale della Gorgone coi figli, è nondimeno assai indicativa, nel momento in cui, senza precludere la spiegazione primaria, suggerisce per via iconogra-

fica ciò che le fonti segnalano con altri espedienti: l’esistenza cioè di una zona comune in cui Eumelo e Arctino ebbero con ogni probabilità a confrontarsi e a incrociarsi, dando vita ad un universo poetico ricco e assai multiforme, di cui qualche scheggia permane nel tufo calcareo del tempio di Artemide a Corcira. 2. EGEONE — BRIAREO TRA CORINTO, EUBEA E GIBILTERRA

Tra le immani figure che popolano il tumultuoso universo descritto nella Titazomachia spicca per dignità e per impatto simbolico quella di Egeone — Briareo, il centimano dal nome cangiante già noto ad Omero” e ad Esiodo quale fido alleato di Zeus nella lotta contro i Titani” ? Procl. chrest. p. 87, 175-184 Severyns = Aetb. arg. pp. 67-68, 4-10 B. # Procl. chrest. p. 88, 185-190 Severyns = Aetb. arg. pp. 68-69, 10-15 B. ?_ Cfr. ad esempio B.S. Ripoway, The Archaic Style in Greek Sculpture, Princeton 1977, 194; (R. BIANCHI BANDINELLI) — E. PARIBENI, L'arte dell'antichità classica, I. Grecia, Torino 1976, nr. 218.

°° Dai frammenti superstiti emerge una significativa unità di ‘colore’ tra i poemi assegnati ad Arctino, l’Etiopide e l’Ilioupersis (quest’ultima affine nella sostanza, ma diversissima nella forma dalla Piccola Iliade di Lesche), a riprova di una certa coerenza alla base dei criteri attributivi operanti in antico: cfr. D.B. MONRO, The Poems of the Epic Cycle, «JHS» 5, 1884, 1-41, part. 32 e 36, ed infra, cap. IV. Nei due componimenti tuttavia, come si è già rilevato, nulla richiama, sia pure alla lontana, la nostra Titanomachia.

" Herod. V 99, 1: discussione circostanziata e rinvio bibliografico supra, cap. I n. 76; cfr. infra, cap. IV SUSINO. * Coglie appieno l’incidenza della guerra lelantina nelle dinamiche storiche e leggendarie relative a Corcira arcaica, ANTONELLI, Kepruporkd, passim. Per un caso analogo di associazione scenario corcirese —

autore milesio, vd. le osservazioni formulate supra, I 65 (appendice) in rapporto ai Naupaktia. IL I 401-405: il centimano (gko16yyerpoc), «che gli dei chiamano Briareo, e tutti gli uomini invece Egcone» (6v Bpidipemv xaAéovoar A0i, divdpec dé te ravTES / Aiyaiov'...), è custode fedele diZeus (cfr. Hes. Theog. 734-735): sull’onomastica divina contrapposta all’umana, in rapporto al caso specifico, G.S. KIRK, The Iliad. A Commentary, I. (Books I-IV), Cambridge 1985, 94. 5° Hes, Theog. 617-675; 713-720 (sempre insieme ai fratelli Cotto e Gige).

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Sennonché tale creatura nel poema ciclico è iscritta in un nuovo contesto, assai divergente dalla forma vulgata. A segnalare lo scarto è uno scolio alle Argonautiche, in cui viene invocata la versione di Eumelo, autore riconosciuto della Titanomachia, a

fronte di quella fornita da Esiodo nel modello del genere, la Teogonia":

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Se dunque Esiodo fa di Egeone® un figlio di Urano e di Gaia”, Eumelo invece ne fa un figlio di Ponto e di Gaia, abitante nel mare e nella guerra schierato — con sorprendente inversione di ruolo — dalla parte dei consanguinei Titani, secondo un’insolita (ma invero più naturale) condotta del mito, poi rimbalzata nei versi eruditi di Antimaco ” e di Virgilio”. È quindi quello di Eumelo, per natali e per ‘posizione’, un centimano ancor più connotato in senso marino rispetto a quello descritto da Omero e da Esiodo, presso i quali Briareo era rispettivamente associato a Teti 9 e a Poseidone, di cui era genero”.

Ciò è in sintonia con il quadro che la critica ha potuto tracciare per la cosmogonia in-9 formante il poema, ove gli elementi primari, scaturiti da una sola entità originaria”, verrebbero ad essere non solo il Cielo (Urano) e la Terra (Gaia) — come più di consueto — ma altresì il Mare (Ponto), in linea con un’originale versione serbata in un brano delle Argonautiche”. 8! Schol. ad Apoll. Rhod. I 1165 = Titan. fr.3 = Eum. test. 11 B. © Da notare la diversa lezione del cod. Harleianus (H): Tvyoavtouayia. 83 Da Esiodo in realtà nominato soltanto Briareo (Theog. 149; 714; 817) o Obriareo (Theog. 617; 734). 84 Hes. Theog. 147-149. Così anche nell’ipotetica Teogoria ciclica adombrata da Procl. chrest. ap. Phot. bib/. 319a 21 = Theog. fr. 1 B. (supra, n. 1): chi, come Davies, Epicorum Graecorum Fragmenta, 17, accoglie il dato come pertinente alla Tytanomachia (vd. supra, n:-20) deve rassegnarsi ad avere da una parte i tre ecatonchiri figli di Urano e Gaia (fr. 2 D.), dall’altra uno di essi, Egeone, figlio di Ponto e Gaia (fr. 3 D.)! Forse si deve pensare che in Eumelo fosse solo Egeone ad avere Ponto per padre, divergendo dai fratellastri (non più fratelli) Cotto e Gige, nati da Urano: cfr. infra, n. 90. ° Schol. Veron. ad Verg. Aen. X565 = Antimach. fr. 14 Wyss / Matthews: Homerus amicum Aegaeona dicit Iovis, sed Antimachus in tertio Thebaidos d < icit> adversum eum armatum:-Sostiene una dipendenza di Antimaco da Eumelo B. Wyss, Anzimachi Colophonii Reliquiae, Berlin 1936, XII e 8-9. Cfr. anche VJ.

MartHEwS, Antizzachus of Colophon. Text and Commentary, Leiden-New York-Kéln 1996, 26 e 108-109. *° Verg. Aen. X 565-568: Aegaeon qualis, centum quoi bracchia dicunt / centenasque manus, quinquaginta oribus ignem / pectoribusque arsisse, Iovis cum fulmina contra / tot paribus streperet clupeis, tot stringeret enses; cfr. Serv. auct. ad Verg. Aen.VI 287 e X 565: vd. WEST, «JHS» 122, 2002, 111-112; In., Greek Epic

Fragments, 224-226. Sull’incidenza dei poemi del Ciclo in Virgilio ottima panoramica offre E.C. KOPFF, Virgil and the Cyclic Epics, in ANRW II 31. 2, 1981, 919-947. Il. 1 401-402: è Teti a sollecitare a favore di Zeus l’intervento di Egeone — Briareo, chiamandolo in

vetta all’Olimpo; donde la conclusione, fra gli altri, di Davies, The Epic Cyele, 15, secondo cui «Homer located him in the sea, as does our fragment»; difficile stabilire se nell’inciso è yàp ardte Rinv où rotpòc

duetvov, riferito in I/ I 404 a Briareo, vi sia un’allusione a Poseidone stesso quale padre dell’ecatonchiro: cfr. Kirk, The Iliad, I, 95.

* Hes. Theog. 817-819: Briareo prende in sposa la figlia di Poseidone Cimopolea. ° Evidentemente Ai@ip, come da Tytan. frr. 1-2 B. (supra, n. 21). °° Apoll. Rhod. I 496-498: Tjedev 3 dg Yoîa koù ovpavòs nè EdAacca, / tò mpiv èr° dAMI{X\0101 Lui

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E importanza accordata da Eumelo a siffatta figura trova puntuale riscontro in una pagina di Favorino, pervasa da temi desunti dai Korinzbiakd, opera cui vanno assegnati alcuni versi anonimi enunciati dal retore”: tra questi l’isolato rAgiotoal uv kedodoti, tAeiotot dé te yeîpec

descrittivo del formidabile nume invocato a dirimire la disputa sorta tra Poseidone ed Elio per il possesso di Corinto e dell’Istmo”. Che questo dio, in Favorino definito più anziano (9£0c tpeoRuvtepoc), vada identificato con Egeone — Briareo, come suggerisce l’immagine di ispirazione esiodea”, lo conferma esplicitamente Pausania, testimone della medesima tradizione in due luoghi di quel libro II della Periegesi così ricco di dati sugli intrecci di Eumelo in tema di mitistoria corinzia”'. Il profilarsi di Egeone — Briareo nei Korinthiakd avviene all'insegna della stessa cifra marina osservata nella Titanomachia, a conferma del rapporto ‘dialogico’ esistente tra le due opere ”: la sua immissione nel pantheon corinzio, a fianco — o nel caso specifico al di sopra — di Poseidone e di Elio, banditori dei primi agoni istmici”’, è infatti in funzione di un territorio, oggetto precipuo dell’arbitraggio, che nell’acqua e nell’orizzonte marino ha la sua più vitale e distintiva risorsa” Se questa connotazione dell’ecatonchiro si addice a Corinto e al suo spazio mitico, essa comunque sembra affondare le sue radici in un’altra regione e cultura in costante contatto col mare: l’Eubea, fucina instancabile di un immaginario in larga misura ani-

cvvapnpota uopoî), / vetkeoc 2é 6dooîo diekpidev dudic éxoota. Vd. HuxLEY, Greek Epic Poetry, 23: come altrove le Argonautiche paiono modellate sui Korintbiaké di Eumelo, così per tale sequenza si può postulare

del pari un influsso dalla Titanorzachia del medesimo autore. " U. von WiLamowITz-MOELLENDORFF, Hellenistische Dichtung in der Zeit des Kallimachos, II, Berlin 1924, 241 n. 2; BARIGAZZI, «RFIC» 94, 1966, 129-148; In., Favorino di Arelate. Opere, Firenze 1966, 52.1-925:

? Favorin. Cor. (= Dio Chrys. XXXVII) 11 = Eum fr. 2 B.: è questo il solo frammento di Eumelo di cui non si è data notizia nel cap. I, essendo più funzionale alla trattazione presente. Contesta l'attribuzione ad Eumelo, orientandosi piuttosto per Eschilo, E. AMATO, Su due improbabili citazioni dai Korinthiaké di Eumelo (F 2; 8 Bernabé =

12 Davies): un nuovo frammento lirico di autore incerto (Eschilo?) e un oracolo sibillino,

«Emerita» 70, 2002, 45-68, part. 51-53, il quale rileva come il verso non sia un esametro quanto piuttosto un pentametro dattilico (verso per la prima volta attestato nel prosodion da Pausania assegnato ad Fumelo [cfr. supra, cap. I $ 2, 40-42]; poeta che, cacciato dalla porta, rientra così dalla finestra); ma vd. West, «JHS» 122,

2002, 119-120 e n. 54 (restituisce il primo piede tod è’ fiv: cfr. Hes. Theog. 321; Op. 150). ” Cfr. Hes. Theog. 150-152. % Paus. II 1, 6 e 4, 6: Briareo aggiudicò da una parte l’Istmo a Poseidone, dall’altra l’area montagnosa (l’Acrocorinto) ad Elio (che poi la cedette a sua volta ad Afrodite). Il nome Briareo (tod Bpidipeo) è riportato dopo il verso anche da una glossa nel cod. Meermannianus di Favorino (Dione); il che non comporta che questa fosse la forma impiegata da Eumelo stesso (cfr. infra, n. 109). ® Cfr. West, JHS» 122, 2002, 125. Che le stesse figure e leggende si richiamino da un’opera all’altra di un medesimo autore è tutt'altro che insolito in epoca arcaica: cfr. il caso di Prometeo e Pandora nel corpus esiodeo (Teogonia — Catalogo — Erga) analizzato da A. CASANOVA, La famiglia di Pandora. Analisi filologica dei miti di Pandora e Prometeo nella tradizione esiodea, Firenze 1979. % Favorin. Cor. (= Dio Chrys. XXXVII) 12-15 = Eum fr. 8 B. Y Il che è espresso anche da Eum. fr. 1 B. tramite la discendenza di Efira, eponima della regione, da Oceano e da Teti; cfr. supra, n. 28.

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mato da entità primordiali. La tradizione in questo senso è eloquente: Egeone (Aryotov)®, il primo ad aver navigato secondo un autore di Euboiké”, è infatti noto come l’eponimo del centro euboico di Kdipvotog = Aiyain '*, così come dell’Aiyoîov réAayoc, il mare Egeo, conquistato dal nume a partire dall'isola, per esercitare appie-

no la 6aAaccorxporta !". Nella forma Briareo (Bprdpe®g) '* egli è poi noto in quanto padre della Trtavig Evpora. !”

Quest'ultima indicazione è di estremo interesse nel momento in cui l’ecatonchiro, tramite l’eponima Eubea, è posto in un rapporto di contiguità, e non certo di antitesi, con la realtà dei Titani; il che è reso in modo ancor più reciso in una tradizione che

vuole l’Eubea soggetta in antico ai Titani, sulla base del culto tributato da quelli di Caristo e Calcide rispettivamente a Briareo ed Egeone "" La dimensione è di fatto la stessa che disciplina la trama intessuta da Eumelo nella Titanomachia, dove, al contrario di quanto avviene in Esiodo, Egeone — Briareo è quanto mai affine ai Titani, solidale con essi nella lotta agli Olimpi. Si è dunque in presenza di materiale di origine euboica, quale è emerso peraltro anche dall’esame congiunto Titanomzachia — iconografia frontonale del tempio di Artemide a Corcira: tale matrice, oltre ad essere in parte il portato del tema prescelto per siffatto poema, si rivela in accordo con la propensione di Eumelo, più volte saggiata nei Korinthiakd, a modellare e rigenerare leggende fiorite in particolar modo in Tessaglia, Beozia ed Eubea. La figura di Egeone — Briareo, oltre all’ancoraggio in Eubea, conosce per opera degli stessi abitanti dell’isola, indefessi esploratori del Mediterraneo, un duplice, estremo approdo: in oriente, nella Propontide, all’altezza della foce del Rindaco, ove Apollonio testimonia un monumento-sepolcro di Egeone (fpiov Aiyaiovoc), costeggiato dagli Argonauti nel viaggio di andata"; nonché in occidente, all’altezza di Gibilterra, dove lo stretto, spettacolare e inquietante ad un tempo, fu concepito e rappresentato mediante l’immagine delle colonne di Egeone — Briareo, mutate poi nelle più celebri colonne d’Eracle !” Di questa più antica immagine è conservato uno squarcio poetico in uno scolio

* Documentazione completa in K. TùmPEL, s.v. Azgaion, in RET 1, 1893, coll. 945-947. ” Archem. FGrHist 424 F 5. ‘°° Eustath. ad I/. Il 539; Steph. Byz. s.v. Kapvotoc. '°" Arrian. FGrHist 156 F 92. Cfr. A. Leskv, Thalatta. Der Weg der Griechen zum Meer, Wien 1947, 113-114.

'2 K. TUMPEL, s.v. Briareos, in RE III 1, 1897, coll. 833-835.

‘© Hesych. sv. Titavida. '" Solin. XI 16: Briareo enim rem divinam Carystii faciunt, sicut Aegaeoni Chalcidienses: nam omnis È ferme Euboea Titanum fuit regnum.

‘° Apoll. Rhod. I 1165 e scholl. ad loc. (donde deriva anche Titan. fr. 3 B.); l’àpiov Aìyoi@voc era anche in un autore di Herak/eia, forse Cinetone (fr. °7 B.) o Conone (FGrHist 26 F 2); né si può escludere che ad esso alludesse, trattando dell’impresa argonautica, anche Eumelo nei Korinzbiakd. Cfr. A. CoPpoLa, A

proposito di Eubei, «Hormos» 1, 1999, 69-88, part. 85-86.

"° Ael. var. bist.

V3 = Arist. fr. 678 Rose: ‘AprototéAmg ràc vòv ‘HpoxAeiove oTAIG Kad ovpevac

Tpiv î) AN@fivar todto, dnoi Bpidpeo kadeîodan adidc. Cfr. 7fra, n. 113. Vd. inoltre M. Gras, La mémotre

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alla Nerzea III di Pindaro: si tratta di un unico esametro metricamente corrotto, prece-

duto dall’esplicazione dell’equivalenza colonne d’Eracle = colonne di Briareo, ma privato del nome, caduto nel corso della tradizione, dell’autore o dell’opera di pertihenza 07

o de ‘Hpakdewoi TAM

Koi Bpripeo Agyovtar eivar, Ko0d dnor


omini tiv Aiyaiovoc dAòc uedéova Yiyavtog

dove la correzione senz'altro migliore e più economica è oTmAai T' Aiyaimvoc dAòc pedéovi yiyavtoc.

Che tale singolo verso vada assegnato alla Titarorzachia di Eumelo è di gran lunga la soluzione più naturale e incisiva, e in quanto tale piuttosto diffusa presso la critica dell'Ottocento ‘*. Il parallelo con la notizia inerente alla stessa entità mitologica nel poeta corinzio, ove Aiyoimv è figlio di Gaia e di Ponto (immagine quanto mai adatta allo stretto di Gibilterra, all’incrocio tra la terra ed il mare), nonché katowav èv tf 00Adoon, si rivela infatti calzante: la stessa forma Aiyoiov, più collegata alla sfera dell’acqua !”, si rivela un prezioso denominatore comune, così come, a maggior ragio-

ne, l'esplicita proiezione del mostro nel mare (dAg - 8dAacca). Ciò nondimeno la tendenza recente, avallata dai moderni editori !, è quella di negare al frammento qualsivoglia paternità arcaica ', e di riferirlo piuttosto ad età ellenistica, privilegiando in particolar modo l’attribuzione a Euforione !, per il quale è esplicitamente attestata l'equivalenza colonne di Briareo = colonne d’Eracle !”. Alla base di tale opinione, propugnata in ispecie da F. Vian, è la presunta incon-

de Lixus. De la fondation de Lixus aux premiers rapports entre Grecs et Phéniciens en Afrique du Nord, in AttiConv Lixus (Larache 1989), Paris-Rome 1992, 27-44, part. 34-38; L. ANTONELLI, I Greci oltre Gibilterra. Rappresentazioni mitiche dell'estremo occidente e navigazioni commerciali nello spazio atlantico fra VIII e IV secolo a.C., Roma 1997, 65-66 e 155-158.

!” Schol. ad Pind. New. III 40. !* Così soprattutto F.G. WELCKER, Der epische Cyclus oder die hbomerischen Dichter, Il, Bonn 1882°,

413-414 e n. 4 (con rinvio alle precedenti formulazioni in tal senso di J.H. Voss e di A. Weichert). !® Cfr. Davies, The Epic Cycle, 15: «Aegacon would seem to be the name under which the monster passed in the Tianomachy». Avyoiwv / Aegacon è non a caso anche in Antimaco e in Virgilio, ossequienti alla versione della Titanorzachia: vd. supra, nn. 85-86. !!° Vd. BERNABÉ, Poetarum Epicorum Graecorum Testimonia et Fragmenta, 16, dove lo schol. ad Pind.

Nem. III 40 è sì riportato come Titan. fr. 16 B., ma sotto la dicitura fragnzentum falsum; DAVIES, Epicorum Graecorum Fragmenta, 160, dove lo stesso scolio figura come come fr. 6 D. della categoria adespota vel dubia. Assente in WEST, Greek Epic Fragments. !!! Un’attribuzione arcaica, alternativa a quella alla Titanomachia, potrebbe essere quella all’Herak/eia di Cinetone, dov'era forse un riferimento all’ijpiov Aryoiovog (vd. supra, n. 105); sennonché la compatibilità è relativa, essendo tale monuzzentum, come poi in Apollonio, collocato in Propontide. !? Così soprattutto VIAN, La guerre des Géants, 172 (sulla scorta di un’antica ipotesi di F. Scheidweiler); cfr. B.A. VAN GRONINGEN, Euphorion, Amsterdam 1977, 222-223. !! Schol. ad Dion. Per. 64 = Euphor. fr. 166 Powell: pétepov Kpévov èAéyovto otfAai... Sevtepov è EXgx@ncav Bpidipeo, dg dov Eddopiov, tpitov sè ‘HpaxAéovc. Cfr. Parthen. fr. 31 Martini ( - SH fr. 648).

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arcaica gruenza per l'epoca , e o c), (&ka16yyerpo centimano 3 : È un sincretismo per la prima è ne DE . 116 primari di Euforione A prescindere dal fatto emendamento, può essere

propriamente un della designazione di 114Egeone — Briareo, a > 5 , o in presenza di sarebbe si laddove , * ‘ quale gigante (yiyog) : : 115 A 7 volta attestato in Callimaco '’ , non a caso uno dei modelli che il verso, così come trasmesso comunque bisognoso di al limite ritoccato di modo tale che il termine yiyog non

‘'’,è proprio un’opportuna valutaconcordi più con Atyaimv o addirittura scompaia

zione delle coordinate offerte da Callimaco ed Euforione a rendere più persuasiva la tesi dell’arcaicità del frammento. La sequenza callimachea, volta ad esprimere mediante similitudine la forza eruttiva dell'Etna, prevede infatti non solo la definizione di Briareo come Yyiyac, ma altresì una sua implicita identificazione con Tifeo / Tifone, per eccellenza l’immane creatura associata al vulcano: ora, tale associazione eziologica, con ogni probabilità già cantata da Esiodo e sulla sua scia riecheggiata nella stessa T7tanomachia"*, è riferibile, al di là di ogni dubbio, a quei medesimi Euboici, colonizzatori del comprensorio dell'Etna, responsabili anche della proiezione di Egeone — Briareo a Gibilterra”. Quanto poi ad Euforione, cultore della poetica callimachea, non va sottaciuta la sua nascita a Calcide, la più vivace città dell’Eubea !°°. Così stando le cose, non pare legittimo invocare un parallelo tra l'anonimo verso e tali poeti ellenistici esclusivamente in rapporto alla cronologia di costoro; il parallelo, effettivo, parla piuttosto di tradizioni antichissime, di marca euboica, riproposte — e

Secondo ANTONELLI, I Greci oltre Gibilterra, 65-66 e 157-158, va postulata un’originaria forma Bpidpe® xioveg (non attestata), poi rimpiazzata da ‘HpaxAgovg otfian: qualora ciò risponda anche al vero, nulla osta all'impiego effettivo, in una fase di transizione, della forma documentata Bpidpe® /Aiyaiovoc otàva, chiastica rispetto all'espressione, anch'essa intermedia, ‘HpakAéovg kioveg (Pind. Nerz. III 21). È da rilevare

inoltre che anche la primissima designazione «colonne di Crono» si lascia ricondurre agli Euboici: CoPpoLA, in AttiConv I Greci in Adriatico, 102.

!!# Ovvero Fiyag secondo la scelta maggioritaria degli editori, che presentano il verso nella forma otiAat T' Aryarovog dAòdc uedéovi Tiyavtoc.

'° Call. byrzn. IV 141-143: dg È, Om6T Aitvaiov dpeoc mvpi tudoévoro / cgiovtaI Uvyà TAvTa, Kkatovdatoro yLyavToc/ ec eTEpnv Bprapmog etouida xivvpévoro.

!° Vian, La guerre des Géants, 172; cfr. Ip., Le synerétisme et l'évolution de la gigantomachie, in AttiConv Les synerétismes dans les religions grecque et romaine (Strasbourg 1971), Paris 1973, 25-41.

!” Vd. KINKEL, Epicorum Graecorum Fragmenta, 7 n.1, che in calce a Titan. fr. 2 K. = schol. ad Apoll. Rhod. I 1165 propone una lettura otijAai T Aryaimvoc dAdc pesfovtoc dvartoc, alternativa a quella del Voss omoavt’ Aiyaiovi dAòc pedéova Fiyavtec (dove comunque le ctAM sono implicate dallo scolio pindarico testimone del verso). Entrambe le correzioni paiono in primo luogo dettate dall’esigenza di far corrispondere Egeone col «signore del mare» (GAòg pedéov), il che invero non è strettamente necessario (si può ad esempio presumere che le colonne di Egeone siano in rapporto con Poseidone). "8 Vd. in dettaglio infra, $ 4. !° L’equivalenza Egeone = gigante è peraltro esplicitamente attestata e correlata all’Eubea nell’altra, speculare proiezione estrema del mostro in oriente (cfr. supra, n. 105); così in uno scho/. ad Apoll. Rhod. I 1165: 6 dè repì tod Aiyaiovoc udedc èotiv odToc. dvydv ÈK Tfig EdBotac 1X0ev £ic tiv ®pvyiov kdkei tòv Biov etedevinoev: yiyag sè iv. Per un caso probabile di influenza della Titanomachia su Callimaco (fr. 119 Pfeiffer) WEST, «JHS» 122, 2002, 115-116; In., Greek Epic Fragments, 228-229 n. 8. Su Callimaco e il Ciclo

cfr. A. CAMERON, Callimachus and His Critics, Princeton 1995, 387-412.

"° Suda s.v. Eùgopicv, con le notazioni di van GRONINGEN, Eupborion, 1-2 e 249-250.

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non snaturate — dai due autori del III secolo, i quali appunto nel verso in questione (ed in quelli connessi) poterono avere il modello ! L’assimilazione — ammesso che di questo si tratti — dell’ecatonchiro a un Gigante, lungi dal costituire un carattere tardo, è in sintonia con le interferenze, rapportabili alla stessa temperie, tra Giganti e Titani, ove questi ultimi sono, come si è visto, a loro

volta associati a Briareo Le due categorie di figure presentano infatti incontestabili tratti comuni !’, all’insegna di una mostruosità sia morale (nelle manifestazioni dell’Bpic e dell’aypuéano) che fisica, tale da suggerire in antico l’uso estensivo del termine yiyog per additare qualsivoglia essere immane (‘gigantismo’) o deforme nello spirito ovvero nel corpo (né si può escludere un simile uso anche alla base dell’esametro relativo a Egeone) ‘”* Se tale affinità ha validità generale, ulteriore pregnanza essa acquista in ambito euboico, dove si assiste a un’osmosi più piena tra Giganti e Titani”: emblematico il caso di Peribea, figlia del re dei Giganti Eurimedonte '’°, omonima e omologa rispetto all’Oceanina Peribea, sposa del Titano Lelanto, eponimo della piana Lelantina in Eubea ‘”’; essa è inoltre un’epiclesi dell'Era cuboica, divinità per altra via collegata ad Eurimedonte dallo stesso Euforione (altrove cantore delle Bprdpeo otfiina), secondo cui Era fu violentata anteriormente alle nozze con Zeus dal Gigante, dando in tal modo alla luce Prometeo, per lo più ritenuto Titano o Titanide !*,

2! Vd., in margine al verso, la sobria ma lucidissima osservazione di BARIGAZZI, «RFIC» 94, 1966, 135

n. 2: «È scomparso il nome del poeta, forse dello stesso autore della Titanorzachia, perché il verso, variamente corretto, appartiene ad un poeta arcaico, e ad un poeta arcaico si riferisce Euforione chiamando le colonne d’Eracle di Briareo». ‘2. Cfr. Lycophr. Alex. 688-689 e 709, dove nella stessa sequenza, in meno di venti versi, sono allineati prima i Giganti e Tifeo (localizzati nell’antichissima postazione euboica di Pitecussa), poi i Giganti e i Titani: L. ANTONELLI,

1 — Corzzento storico a Licofrone (Alex. 681-711), in Hesperia, 9, 1998, 163-175, part.

166. Né certo è un caso che anche per tale poeta ellenistico Suda s.v. Avkdgpov testimoni la nascita a Calcide di Eubea: cfr. L. BracCESI, Grecità di frontiera. I percorsi occidentali della leggenda, Padova 1994, 19; nonché zrfra, cap. VI $ 2, 240. '?. M. MAYER, Die Giganten und Titanen in der antiken Sage und Kunst, Berlin 1887; A. BRELICH, Gli

eroi greci. Un problema storico-religioso, Roma 1958, 325-351, part. 329-331 (con numerose riserve alla fin troppo rigida distinzione Titani / Giganti postulata dal VIAN, La guerre des Géants, passim). ! Cfr. Aesch. Agam. 692 (Zefiro); sept. 423-424 (Capaneo); Soph. TrGF fr. 24, 6-7 Radt (Pallantidi). ‘2 O. GruPPE, Griechische Mythologie und Religionsgeschichte, 1, Minchen 1906, 416-417; N. VALEN-

zA MELE, Eracle euboico a Cuma. La Gigantomachia e la Via Heraclea, in Recherches sur les cultes grecs et l’occident, I, Naples 1979, 19-51, part. 39; cfr. A. MELE, I Ciclopi, Calcodonte e la metallurgia calcidese, in Nouvelle contribution è l’étude de la société et de la colonisation eubéennes, Naples 1981, 9-33, part. 19-20.

e Od. VII 56-63: Peribea, figlia del re dei Giganti Eurimedonte, generò a Poseidone il re dei Feaci Nausitoo, padre di Rexenore e Alcinoo; per tale sequenza e le sue implicazioni euboiche vd. L. ANTONELLI,

Sulle navi degli Eubei. Immaginario mitico e traffici di età arcaica, in Hesperia, 5, 1995, 11-24, part. 16-18; Ip., Keprvpoixo, 30-37.

!? /Nonn. Dion. XLVII 245.

8 Euphor. fr. 99 Powell: anche in questo caso il poeta rimonta a tradizione più antiche, come è costretto ad ammettere VIAN, La guerre des Géants, 175: «Il est douteux qu’Euphorion ait inventé de toutes pièces une légende où la vertu d’Héra est à ce point compromise et où la généalogie de Prométhée s’oppose d’une facon aussi flagrante à la vulgate»; cfr. BRELICH, Gli eroi greci, 330 n. 32.

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Non solo Titani e Giganti, ma altresì Titanomachia e Gigantomachia ricevono in ambito euboico una connessione più vivida, nella quale anche Eracle gioca un ruolo di spicco. Le due teomachie, vinte in un caso ‘in attacco’ nell’altro ‘in difesa’ dalla comunità degli Olimpi, sono difatti l’una il corollario dell’altra ‘°°. tale legame è previsto ed amplificato in rapporto tanto alla proiezione mirata della Gigantomachia nella penisola Calcidica, ove è attestato un monte Tit@v !’, quanto soprattutto all’Eubea, dove un monte nei pressi di Eretria ha assunto il nome di ”"OXvurog”*, a evidente memoria del più celebre monte tessalico, scenario primario, insieme col Pelio e con l’Ossa, della guerra contro i Titani; "OXvurog è poi non a caso il nome del figlio dato ad EùBora da Fracle !”, formidabile aiuto di Zeus nella lotta ai Giganti, secondo una tradizione sviluppata innanzitutto in Eubea”. Che tale simbiosi operasse e trovasse nella Tytazorzachia il luogo precipuo per una codificazione compiuta diviene così, alla luce dello spirito euboico che pervade il poema, altamente plausibile. Né le obiezioni sollevate in tal senso dal Vian '”* risultano invero pregiudiziali, perdendo di consistenza dinanzi a un’analisi stratigrafica che riconduca le varie nozioni al loro effettivo ‘punto di origine’, storico e tradizionale.

Indizi del resto non mancano. Già il Wilamowitz!”, seguito dal Mayer, intuiva l’esistenza di un nesso profondo tra la Titanomachia e una sequenza dell’Eracle euripideo (vv. 177-180)”, nella quale sono invocati «il fulmine nonché la quadriga di Zeus, dalla quale Eracle scagliò le sue frecce alate contro i Giganti, germinati dalla Terra, e celebrò insieme agli dei la vittoria con un canto e una danza trionfale»: ALÒG Keparuvov T' MNpounv TEGpiTtTÀ Te, ev oîg BeBnkoòg toîo1 yNc Praotmuaciv Tiyaoi rA—evpoîg Tmrv’ evapuocas BEN TOV KOAALVIKOV LETÒÙ BEGV EKOUaAcev.

Il x@uog kaAAivixoc cui Eracle, dal carro di Zeus, prende parte, a coronare la fine della Gigantomachia, trova infatti un precedente calzante ed irrefutabile'* in un sin-

‘°. BRELICH, Gli eroi greci, 329 e 350: «La Titanomachia è l'evento fondamentale che dà nascita all’ordine cosmico, alla sovranità degli dèi olimpici che sorreggono il mondo, la Gigantomachia è la prova che consolida e sanziona definitivamente quest'ordine». ?° Lycophr. Alex. 1406; cfr. Steph. Byz. sv. Tiroveva vd. L. BURCHNER, s.v. Chalkidike, in RE III 2, 1899, coll. 2069-2074, part. 2071; VIAN, La guerre des Géants, 189-191.

Si tratta propriamente del versante occidentale del Dirfi: vd. S. SCHMIDT, s.v. Olympos (8), in RE XVIII 1, 1939, col. 312; cfr. IG XII 9, 260.

2 Apollod. II 7, 8. 5 VALENZA MELE, in Recherches sur les cultes grecs et l’occident, I, 39-40. 134

VIAN, La guerre des Géants, 171-174 (incline a basarsi sulla mera cronologia delle fonti).

135

WiLaMowITZ-MOELLENDORFF, Horzerische Untersuchungen, 345 n. 22; Ip., Euripides Herakles, IL, Berlin 1895, 48-49. °° MayER, Die Giganten und Titanen, 166-167.

!”. Ancora in Euripide l’intercambiabilità Titani / Giganti è sottesa ad Hec. 472 e Iph. Taur. 224. Sull'influenza del Ciclo in Euripide cfr. F. JOUAN, Euripide et les légendes des Chants Cypriens, Paris 1966. 5 Così del resto, in un altro contesto, lo stesso VIAN, La guerre des Géants, 211.

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golo verso da Ateneo attribuito ad Eumelo o Arctino, in cui Zeus, padre degli uomini

e degli dei, è descritto nell’atto di danzare in mezzo (ed insieme) ad altri!” UEGGOLGIV È’ MpyEÎTO TOTP dvdpov te Bedv te

ove i compagni di Zeus nella danza sono senz'altro da ravvisare, secondo la spiegazione più naturale e coerente, negli altri dei olimpi, festeggianti la clamorosa vittoria otte-

nuta contro i Titani“ Emblematico è inoltre un passo di Filone di Biblo, preservato da Eusebio, nel qua-

le sono assegnati ad Esiodo e agli epici ciclici @goyoviac où Tryavtouayiag kol Trrovopoytos": temi di respiro ‘divino’, nel caso del Ciclo compatibili con la sola litanomachia (attribuita ad Eumelo e Arctino, donde forse in Filone il plurale KvKALKOt), intessuta a sua volta di episodi teogonici !; né si può escludere che in essa vi fosse, oltre a un’osmosi Titani — Giganti, anche un accenno alla Gigantomachia vera

e propria, come lascerebbe presumere il profilarsi nello stesso poema di vicende e sce5 È 143 3, 5 n ; nari connessi con Eracle’. Questo è d’altronde quanto avviene presso l’altra ‘autorità' menzionata, Esiodo, la cui Teogoria conteneva una Titanomachia dettagliata '*, ma altresì un’allusione, neanche troppo velata, al successo di Eracle contro i Giganti e alla de F 145 sua conseguente divinizzazione "”.

'° Athen. I 22c (- Eustath. 24 Od. VII 383) = Titan. fr. 6 B.: il verso è introdotto dalla notazione EdunAog dè ò Kopiv@iog î) Apktivoc tòv Ata òpyovuevév tov rapoyer Aeyov, su cui vd. supra, $ 1, 72 con n. 14,

4° Da ultimo, con nuovi rilievi, A. LeBeDEv,

The Justice of Chiron (Titanomachia, fr. 6 and 11 B.),

«Philologus» 142, 1998, 3-10, part. 3-5. Fragile la teoria di (DORIG) — GIiGON, Der Kampf der Gòtter und Titanen, XIX, che, sulla scorta di Call. fy727. I 52-54, pensa alla danza di Zeus tra i Cureti a Creta; sennonché, come osserva LEBEDEV, /b74., 3 n. 2, «the infant Zeus could not be called ‘father of gods and men’»; cfr. an-

che KrANZ, Studien zur antiken Literatur, 93-94, dov'è confutata la congettura (del Bergk) di un’ekphrasis sul modello di IZ XVIII 483-608 (scudo di Achille). In rapporto agli argomenti sviluppati supra, $ 1, cfr. le osservazioni dedicate al frammento da WEST, «MH» 51, 1994, 147-148: «No words could more vividly con-

vey the conception of the god’s youthful vigour so impressively illustrated in the archaic sculptures from the west pediment of the temple of Artemis on Corfu (600-580), where the beardless god, identified beyound question by his weapon, the thunderbolt, attacks a much larger male figure, more probably to be identified as Kronos than a Giant». 4! Philo Bybl. ap. Euseb. praep. I 10, 40 = Titan. test. 1 B.: Ev0ev ‘Hoiodog oi te KvKALKOL repinynuévor Osoyoviacg kol Tryavtouagyiag cvuTEPI)epouevor egeviknoov Tv dAMoerov. 4 Vd. supra, $ 1,73 con n. 20.

ko

Titovopoyiag

Eràhocov

idiag

koù

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0îg

4 Vd. infra, $3,97-104. 4 Hes. Tbeog. 617-720; cfr. supra, n. 19. ‘5 Hes. Theog. 954-955: West, Theogony, 419 nonché, con valorizzazione della matrice euboica, VALENZA MELE, in Recherches sur les cultes grecs et l’occident, I, 24-25; il luogo esiodeo è sorprendentemente taciuto da VIAN, La guerre des Géants. Di estremo rilievo la tesi di SEvERYNS, Le Cycle épique, 175-177, che giudica il tema della divinizzazione di Eracle precipuo della Titamorzachia: l'eroe, mortale in IL XVII 117-119, appare divinizzato in un verso omerico (04. XI 602) atetizzato dagli antichi commentatori, intenti a operare un costante raffronto tra ipoemi di Omero e quelli del Ciclo; cfr. (S.) WEST, «MH» 51, 1994, 146,

la quale, delineato per la Trtanomzachia un probabile intreccio «culminating in the successful suppression of the Giants” revolt», arguisce che «Herakles” divinization, as a reward for his vital assistance in the Giganto-

machy, would have made a most fitting conclusion»; scettico (M.) WEST, «JHS» 122, 2002, 117 n. 36.

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Dello stesso tenore, ma tanto più rimarchevole quanto più antica, è la triplice asso-

ciazione attestata nel secolo VI da Senofane di Colofone, per cui sono insieme bollate

quali «fantasie dei primordi» le lotte di Titani, Giganti e Centauri (100 n UOY LS Siérerv TrmMvov odéè Tryaviov / odéé «tr KevTondpov, TALGUO più correlata ad Omero”. Così stando le cose, anche per l’occidente dei Kypri4, punto intermedio tra Esiodo e Stesicoro, si può ipotizzare un’uguale matrice. Specialmente qualora si accetti la tesi di un’origine cipriota dell’opera, suggerita dal titolo e dalla tradizione — invero tutt’altro che univoca — che la vuole assegnata a Stasino di Cipro”.

‘ Hes. Theog. 517-520: cfr. supra, nn. 22 e 28. Le Esperidi compaiono anche nella Gerioneide: cfr. Stes. SLG fr. 8 Page = PMGF p. 154 Davies.

* ANTONELLI, in Hesperia, 7, 1996, 58-59. * Così ANTONELLI, in Hesperia, 7, 1996, 61: «dai Focei di ritorno dai commerci con i mercanti iberici

egli trasse l'ispirazione per arricchire la leggenda di Gerione di precisi riferimenti geografici. È assai probabile — aggiungerei — che proprio costoro abbiano portato nelle estreme regioni occidentali la leggenda attestata dalle Ciprie, sull’estremo viaggio di Sarpedone nell’isola delle Gorgoni». °° Puntuale raccolta di fonti in M.L. West, Stesichorus, «CQ» 21, 1971, 302-314, part. 302-305, da leggersi con le puntualizzazioni di A.C. Cassio, intervento in AttiConv Eubosca. L’Eubea e la presenza euboica in Calcidica e in Occidente (Napoli 1996), Napoli 1998, 407. Coglie anche sotto un profilo formale e tecnico l’apporto euboico (esiodeo) C. GALLAVOTTI, Ur poemetto citarodico di Stesicoro nel quadro della cultura siceliota, «BollClass» 25, 1977, 1-30, part. 14-16 e 19-20; cfr. L.E. Rossi, Feste religiose e letteratura: Stesicoro 0 dell’epica alternativa, «Orpheus» 4, 1983, 5-31 (interesse di Stesicoro per un’epica percepibile dalle comunità occidentali cui si rivolgeva). "Cfr. A. DEBIASI, Esiodo e l'occidente, tesi Università di Padova, anno acc. 1998-1999.

© Significativa tuttavia la tradizione che vuole Stesicoro figlio o nipote di Esiodo; quanto al Ciclo è pur vero che esso era spesso etichettato in antico come ‘omerico’. Vd. soprattutto U. MANcuSO, La lirica classica greca in Sicilia e nella Magna Grecia, Pisa 1912, 162-163; 170; G. ARRIGHETTI, L'eredità dell’epos in

Stesicoro e Parmenide, in AttiConv L’epos greco in Occidente (Taranto 1979), Napoli 1989, 31-60, part. 31-48 (e intervento 7bz4., 105-108, part. 106). ? Il materiale, assai eterogeno, è raccolto e discusso da A. SEVERYNS, Recherches sur la Chrestomathie de Proclos, II. Le Codex 239 de Photius: texte, traduction, commentaire, Paris 1938, 92-98 (propenso piutto-

sto a postulare un titolo originario tà Kvrpio [gen. sing. del nome proprio Kvrpiocg] = «i canti di Cipria»: cfr. Athen. XV 682d = Cypr. test. 8 B., nonché ora S. IsaGER, The Pride of Halikarnassos. Editio Princeps of an Inscription from Salmakis, «ZPE» 123, 1998, 1-23, part. 16-17; H. LLovp-JONES, The Pride of Halicarnas545, «ZPE» 124, 1999, 1-14, part. 11); cfr. JOUAN, Euripide et les légendes des Chants Cypriens, 22-24. A favore di un'origine cipriota si pronunciano oggi G. Nav, Pindar's Homer. The Lyric Possession of an Epic

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Contatti arcaici tra Cipro ed il mondo euboico sono documentati a livello archeologico, e riflettono l’effettiva presenza e attività degli Euboici in oriente, in un’area prospiciente Cipro, quale quella di Al Mina, base mercantile alla foce del fiume Oronte”. Qui si intrecciarono intensi rapporti con i Fenici, dagli Euboici seguiti e imitati nell’esplorazione, finalizzata al commercio, dell’estremo occidente”. Si avrebbe in tal caso nei Kypria un caso emblematico di proiezione a occidente di un mito (e un eroe, Sarpedone) in Omero associato all’oriente’, secondo una tipologia ampiamente applicata dagli Euboici, ispirati a modelli non solo odissiaci, ma altre-

sì iliadici”.

Elementi euboici di un certo rilievo si lasciano peraltro isolare in quanto resta dei Kypria, dove un ruolo di spicco riveste l’eroe Palamede, figlio di Nauplio, nobile euboico. Figura del tutto assente in entrambi i poemi omerici, Palamede è nei Kyprsa — come nella tradizione seriore — antagonista di Ulisse’’, dalle prime battute poetiche alle ultime, se si presta fede al sommario di Proclo. Il quale ricorda come, riunitisi ormai i condottieri, la finta follia messa in scena da Ulisse per non prendere parte alla guerra fu smascherata ad opera di Palamede, non appena Telemaco fu strappato ad Ulisse per punizione”. Past, Baltimore-London

1990, 77; W. BurkERT, The Orsentalizing Revolution. Near Eastern Influence on

Greek Culture in the Early Archaic Age, Cambridge (Mass.) 1992, 103-104; ScAIFE, «ClAnt» 14, 1995, 173; West, Greek Epic Fragments, 13. Ma cfr. lo scetticismo di JANKO, Horzer, Hesiod and the Hymns, 176 (ammette al limite Cipro quale luogo della perforzzance). "Il rapporto è attestato in ambedue i sensi: materiali ed influssi euboici a Cipro, e ciprioti in Eubea; materiali ed influssi euboici e ciprioti ad AI Mina (base mista greco-semitica): vd. L.G. KAHIL, Témoignages eubéens à Chypre et chypriotes à Erétrie, «AK» 10, 1967, 133-135; D. Rmeway, L'alba della Magna Grecia, Milano 1984, 35-37 e passi; J. BOARDMAN, The Greeks Overseas. Thetr Early Colonies and Trade, London 1999‘, 38-46 e passi: (con bibliografia specifica). ? Per la frequentazione euboica dell’area, anteriore all’esperienza focea, vd. L. ANTONELLI, I Greci ol tre Gibilterra. Rappresentazioni mitiche dell'estremo occidente e navigazioni commerciali nello spazio atlantico fra VII e IV secolo a.C., Roma 1997, 62-72. Postula l’arrivo in area tartessica di una componente cipriota sul finire del II millennio M. BENDALA GALAN, Notas sobre las estelas decoradas del Suroeste y los origenes de Tartessos, «Habis» 8, 1977, 177-205, part. 202-203; In., Las mzds antiguas navegaciones griegas a Espaîta y el

origen de Tartessos, «AEA» 52, 1979, 33-38, part. 33; sul modello alla base di tale tesi vd. tuttavia le riserve di J.L. LOPEZ Castro, Difusionismo y cambio cultural en la protohistoria espatiola: Tarteso como paradigma, in Los enigmas de Tarteso, a cura di J. Alvar e J.M. Blazquez, Madrid 1993, 39-68. °° Significativa l’attestazione di una Zapandovia dikpa (e toponimi affini) in Licia, sulla costa prospiciente Cipro: vd. J. ZWICKER, s.v. Sarpedon, in RE II A 1, 1921, coll. 35-48, part. 45-46. ” Cfr. O. MurrAv, La Grecia delle origini, Bologna 1996 [London 19937], 99; nonché l’intervento di A. MELE, in AttiConv Eubdosca, 410-411.

Donde le speculazioni di antichi e moderni, per cui Omero avrebbe intenzionalmente taciuto di un eroe positivo che potesse mettere in ombra Ulisse: vd. JOUAN, Euripide et les légendes des Chants Cypriens, 354-356; M. SZARMACH, Le mythe de Palamède avant la tragédie grecque, «Eos» 62, 1974, 35-47, part. 37-38.

” Procl. chrest. p. 81, 118-121 Severyns

=

Cypr. arg. p. 40, 30-33 B.: Ererta tods Ayeudvoc

dpoitovorv EreXBdviec tiv ‘EXMdda. kai uoivecdor tpootomodpevov ’Odvocta èrù tO Lù 0gXewv ovotpatevecda gpagpacav, HoAXaurSovs vrogeuevov tòv viòv TnAguayov er kKédacw etaprdcavtes. È all’episodio dei Kypria che si ispira la versione di Apollod. epit. 3, 7, secondo cui Palamede, giunto ad Itaca,

strappò dalle braccia di Penelope Telemaco, sguainando la spada come per ucciderlo; versione diversa da quella secondo cui Palamede mise il bimbo innanzi all’aratro sospinto da Ulisse: vd. SEvERYNS, Le Cyele épique, 283-285; SZARMACH, «Eos» 62, 1974, 39-40.

ANTEHOMERICA

119

Come Palamede, col suo viaggio ad Itaca, si distingueva all’inizio dell’epos, così ne veniva a suggellare la fine, con l’episodio altrettanto eclatante della sua morte, avvenuta poco prima della contesa tra Agamennone e Achille, trazz d'uzion con l’Iliade. Il sommario di Proclo in tal caso raggiunge vette di sintesi estrema, riferendo soltanto: ererta goti HoAoundovs dvatos® informazione nondimeno integrabile con la preziosa notizia contenuta in Pausania, il quale sostiene di sapere, avendolo letto nei Kypria, che Palamede fu affogato da Diomede ed Ulisse mentre era fuori a pescare, particolare quest’ultimo che segnala un contesto di carestia, non tollerando gli eroi epici il pesce se non in casi di estrema penuria”. Ora, la figura di Palamede è altrove associata a frangenti di carestia, dall’eroe puntualmente risolti. Così una tradizione lo vuole inviato da Agamennone a Delo, dove ottenne l’aiuto delle figlie di Anio, le cosiddette Oivétporot (0 Oivétpodor), capaci ciascuna di procurare dal nulla il cibo implicato dal proprio nome (Eno il vino, Spermo il grano, Elaide l’olio), le quali al suo seguito giunsero in Troade, al promontorio Reteo, ove assolsero al compito di nutrire l’esercito”. E questa una vicenda con ogni verisimiglianza ascrivibile ai Kypri4, dove era appunto la storia di Anio, figlio di Apollo e di Reo, che giunta in Eubea lo partorì in una grotta (1 dè tpocereAdoon ti) Edpoia kai èyevvnoev avide Tepi ti dvipov Toîsda, Ov "Aviov gkadeoe...); portato a Delo dal padre, ivi Anio divenne sacerdote di Apollo e profeta, vaticinando tra l’altro agli Achei, salpati alla volta di Troia, che la città sarebbe stata espugnata solo al decimo anno ed offrendo loro di rimanere nove anni nell'isola, mantenuti grazie alle prodigiose virtù delle figlie generategli dalla moglie Dorippe”. Le due tradizioni sono strettamente connesse: la promessa di aiuto di Anio — da

® Procl. chrest. p. 85, 166 Severyns = Cypr. arg. p. 43, 66 B. © Paus.

X 31, 2

=

Cypr. fr. 30 B.: MoAoayunsnv dè drorviyfivar tpoeX@évia tri ixgvov Onpav,

Arourjènv dè tòv dmokteivavia sivoi Koi ’Odvocta, emAetduevog èv Eteorv oîda toîc Kvrpiorc. In merito al

passo vd. SeveryNS, Recherches sur la Chrestomathie de Proclos, II, 91: «Cela prouve qu’au second siècle de notre ère, il y avait encore des gens qui lisaient dans l’original les oeuvres cycliques ou du moins certaines d’entre elles. A moins qu’on ne prétende — et, naturellement, on l’a prétendu — que Pausanias a menti. Seulement, ces détracteurs de Pausanias n’ont pu faire la preuve de leur accusation, et pour cause!». ® Cfr. RoBERT, Die griechische Heldensage, 1130 n. 4; nonché, in generale, O. LonGO, Le forme della

predazione. Cacciatori e pescatori della Grecia antica, Napoli 1989. ® Schol. ad Lycophr. Alex. 581 = Cypr. fr. 29 (III) B.: ’Ayopéuvov yàp t@v ‘EMmvaov Mud cvveyopévav ueterémyoto adtàg sù tod MoaXoundovs, où gX90d001 ig TÒ ‘Potterov Ètpepov adtovs; cfr. schol. ad Lycophr. Alex. 580 = Cypr. fr. 29 (II) B.: ardto1 Kaù todg “EXAnvas Muottovtac èA00d001 eic Tpoiav èigowoav. papmvpeî dè tadta Koi KoMipayoc (fr. 188 Pfeiffer). “ Schol. ad Lycophr. Alex. 570 = Cypr. fr. 29 (1) B.: la presenza della storia nei Kypria è attestata esplicitamente (&omi Sè TOdTO Koù mopò to tà Kùmpia rerométi), così come per Ferecide (FGrHist 3 F 140) e Callimaco (fr. 188 Pfeiffer). 5 Come tali risultano fuse in Licofrone (Alex. 569-583), nella scoliastica relativa e in Callimaco (vd. supra, nn. 63-64), dove è estremamente plausibile che «Lycophron et Callimaque se sont inspirés des Chants Cypriens», come postula SEveRyNS, Le Cycle épique, 310; cfr. O. IMMISCH, Ad Cypria carmen, «RhM» 44, 1889, 299-304, part. 304; W. KULLMANN, Die Probe des Achaierbeeres in der Ilias, Palazedeia a siffatta sezione, piuttosto che a ; un poema sla CE 782 a

G menzionato da una fonte isolata in merito a Hymn6*, Musa la cui invocazione (verisimilmente in posizione di spicco) è ulteriore conferma del prestigio goduto dal princiò . 83 pe euboico nell'economia del poema”.

vo, il ratto del Palladio, narrato in modo difforme nella Iliowpersis e nella Piccola Iliade: vd. infra, capp. IV e

V. ® Cfr. SEVERYNS, Le Cycle épique, 312, che a tale contesto riconduce episodi relativi a Palamede antecedenti alla sua morte (come ad esempio la storia, articolata in più fasi, di Anio e delle Enotropi), verisimilmente evocati mediante /lashback. È" Come ipotizzano invece U. von WILAMOWITZ:MOELLENDORFF, Die Ilias und Homer, Berlin 1916, 328 (ancora indeciso in In., Homerische Untersuchungen, 350) e SZARMACH, «Eos» 62, 1974, 46-47 (che a questo poema fantasma riconduce l’intervento delle Enotropi in Troade); cfr. VELLAY, «BAGB» 1956, 55 (sospende il giudizio). °° Epimerism. in Hom. (ap. Anecd. Oxon. 1277 Cramer) = Cypr. fr. °42 B.: Modoa: dirò udc a TECO Mgyovtar: Mvaotgac (FHG III 153, fr. 25a) dé now dn ai rca Tp£îg eiotv, Modoa, Od, Yrivo. èv uèv oùv Mudd peuvodar tic Oedc... (Il I 1), èv è ’Odvocoeia tig Movong... (Od. I 1), èv èè ti Morounieia tig Yuvodg. Non sembra si possa seguire BETHE, Der Troische Epenkreîs, 78-79 nel liquidare completamente la testimonianza di Mnasea come erronea; su questa cfr. anche E. CIiNGANO, Una nuova edizione degli Epicorum Graecorum Fragmenta, «RFIC» 119, 1991, 494-500 (recensione all’edizione del Davies), part. 500.

Vd., sulla scorta di F.G. WeLCKER, Der epische Cyclus oder die bomerischen Dichter, II, Bonn 1882°, 111 e 518, soprattutto JOUAN, Euripide et les légendes des Chants Cypriens, 358, il quale richiama altri casi (come I/. II 484) di invocazione alle Muse in contesti extraproemiali.

CAPITOLO IV

ILIOUPERSIS

1. ARCTINO, L’ETIOPIDE, LESCHE

Nella logica narrativa del Ciclo di seguito ai Kypria figurava l’Iliade!, come si evince da Proclo che, senza indugiare sul contenuto dell’epos omerico, ben noto”, riporta la trama del successivo poema, l’Eiopide’ di Arctino di Mileto*. E questi il medesimo autore cui era ascritta, in concorrenza con Eumelo, la Titanomachia, poema d’esordio del Ciclo’; è questi soprattutto lo stesso poeta cui Proclo attribuisce il poema Ilioupersis, incentrato sugli ultimi giorni fatali di Troia, complemento naturale all’Eziopide®, da cui è tuttavia separato nell’artificiale

' Cfr. il proemio alternativo dell’Iliade, trasmesso da Aristox. fr. 91a Wehrli = Vit. Hom. et Hes. p. 32, 20 Wilamowitz, con ogni probabilità di raccordo tra i Kypria e l’Iliade: vd. M. DAVIES, Prolegomena and Paralegomena to a New Edition (with Commentary) of the Fragments of Early Greek Epic, INAWG» 1986, 91-111, part. 93-95 e nn. 21 e 38; cfr. M.L. West, Hestod. Theogony, edited with Prolegomena and Commen-

tary, Oxford 1966, 49; In., I poerzi orfici, Napoli 1993 [Oxford 1983], 140. ° Va notato che il sommario del Ciclo da parte di Proclo è trasmesso in forma indiretta (e verisimilmente alterata) in manoscritti dell’I/zade, dove serviva a chiarire e ad integrare il contenuto omerico: per la complessa questione fondamentale A. SEVERYNS, Recherches sur la Chrestomatbie de Proclos, I. La Vita Ho-

meri et les Sommaires du Cycle: étude paléographique et critique, Paris 1953, compendiato da DAVIES, «NAWG»

1986, 101-104.

? Edizioni moderne: A. BERNABÉ, Poetarum Epicorum Graecorum Testimonia et Fragmenta, I, Leipzig 1987, 65-71; M. Davies, Epicorum Graecorum Fragmenta, G6ttingen 1988, 45-48; M.L. WEST, Greek Epic

Fragments. From the Seventh to the Fifth Centuries BC, Cambridge (Mass.)-London 2003, 108-117. Cfr.

inoltre G. KINKEL, Epicorum Graecorum Fragmenta, I, Leipzig 1877, 32-36; T.W. ALLEN, Homeri Opera, V. Hymnos Cyclum Fragmenta Margiten Batrachomyomachiam Vitas continens, Oxford 1912, 125-127; H.G. EveLyN-WHITE, Hesiod, The Homeric Hymns and Homerica, Cambridge (Mass.)-London 1936’, 506-509; E. BetHE, Homer. Dichtung und Sage, II, Leipzig-Berlin 1929° = In., Der Troische Epenkreis, Darmstadt 1966, 19-21.

‘' Procl. chrest. p. 87, 172-174 Severyns = Aezb. arg. p. 67, 1-3 B.: empoMer dè toîs mpoetpnuévore "Può ‘Ounipov: ped iv èotiv Aigroridos Pipita mévie "Apetivov MiAnciov... Nota è la chiusa alternativa dell'Iliade trasmessa da schol. ad Il XXIV 804 = Aeth. fr. 1 B. (05 oi y° dupierov tepov “Ertopog inmosduoro: A0£ è Aatòv / "Apnog evydinp ueyoArtopos dvòpogévoro), dove palese è l'allacciamento all’Eziopide: che si tratti dell’icipit del poema si tende oggigiorno ad escluderlo: disamina in J.S. BURGESs, The Tradition of the Trojan War in Homer and the Epic Cycle, Baltimore-London 2001, 140-142 (pensa a versi incipitari di un libro intermedio) e 242 n. 23. ° Discussione circostanziata supra, cap. II $ 1. ° Cfr. la testimonianza di Eusebio (infra, n. 29), dove Etiopide ed Ilioupersis sono associate in rapporto

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sequenza dalla Piccola Iliade di Lesche', tematicamente contigua ad entrambi i poeoi

L'attribuzione dell’Eziopide e dell’Ilioupersis ad Arctino non conosce — caso eccezionale nel Ciclo — alternative presso gli antichi, né che si tratti del nome di un più o meno oscuro gmorows”, né che si tratti del nome generico ed inflazionato di Omero, cui mai Mileto si vantò di aver dato i natali". Un orizzonte milesio si lascia peraltro distinguere con sufficiente chiarezza entro l’Etiopide, dove il corpo di Achille è traslato nell'isola Bianca (Aevxù v90c), tradizionalmente ubicata nel Ponto.

ad Arctino; valorizza la duplice attribuzione, prospettando un originario continuum, W. KULLMANN, Die Quellen der Ilias (Troischer Sagenkreis), Wiesbaden 1960, 215; 225; 359; cfr. già F.G. WELCKER, Der epische Cyclus oder die homerischen Dichter, II, Bonn 1882°, 196-199, con la retrospettiva di W. KULLMANN, Frze-

drich Gottlieb Welcker iiber Homer und den epischen Kyklos, in Friedrich Gottlieb Welcker. Werk und Wirkung, a cura di W.M. Calder III, A. Kéhnken, W. Kullmann e G. Pflug, Stuttgart 1986, 105-130

= Ip., Ho-

merische Motive. Beitrige zur Entstebung, Eigenart und Wirkung von Ilias und Odyssee, Stuttgart 1992,

373-399, part. 396-397. Avverte unità di colore (e di autore) tra i due poemi D.B. Monro, The Poerzs of the Epic Cycle, «JHS» 5, 1884, 1-41, part. 32.

? Procl. chrest. p. 91, 239-240 Severyns = Il. exc. arg. p. 88, 1-2 B.: Eretoi dè tovtorg [sc. i quattro libri della Piccola Iliade: cfr. Procl. chrest. p. 89, 206-207 Severyns = IL parv. arg. p. 74, 1-2 B.] ’IAiov repordog RipAta Séo Apitivov MANGIO... * Numerosi gli indizi da cui si ricava una sovrapposizione, almeno parziale (alle estremità dei poemi), tra i tre poemi postiliadici: recente ed innovativa analisi in BURGESs, The Tradition of the Trojan War, 21-24; 142 e passim, che ipotizza una pluralità di poemi — compresi anche i Kypria — concomitanti, in grado variabile, sull’intera materia iliadica, dai primordi della vicenda sino al sacco finale; di-segno opposto la teoria, insostenibile, formulata da BETHE, Der Trozsche Epenkreis, 63-77, secondo cui vi era un solo originario poema postiliadico, in undici libri, artificiosamente smembrato in tre parti (Etiopide in cinque libri; Piccola Iliade in quattro libri; Ilioupersis in due libri), pendant del poema preiliadico Kyprza, in undici libri anch'esso. Valorizza la ripartizione tradizionale in poemi distinti, relativi a diverse fasi, A. SEvERYNS, L’Étbiopide d'Arctinos et la question du Cycle épique, «RPh» 49, 1925, 153-183. ? L’Ilioupersis attribuita a Lesche da Paus. X 25,5 = Il parv. fr. 10 B. va.intesa senz'altro come Piccola Iliade (così tutti gli editori, con l'eccezione di BETHE, Der Troische Epenkreis, 33-35, che assegna all’Iliowpersis anche le altre notizie contigue in Pausania inerenti a Lesche). Talora è chiamato in causa Agia (il poeta dei Nostoi), ovvero Sacada di Argo, nomi desunti per congettura da un luogo corrotto di Athen. XHI 610c = Il exc. test. 3 B. (omesso a ragione nell'edizione del Davies): xo odiè tadT ÈK t@v EmMotyopov, CYOAT YOp, ÈK Tg Fookatov ’Apyeiov Iiov repordoc. La prima congettura è del tutto improbabile: cfr. BeTHE, Der Troische Epenkreis, 77-78; mentre la seconda, di gran lunga migliore, qualora accettata va riferita ad un poeta lirico (B. GenTILI — C. PraTO, Poetaràm Elegiacorum Testimonia et Fragmenta, II, Leipzig 1985, 43-45), non epico, come suggerisce tra l’altro la giustapposizione con l’Ilioupersis stesicorea (PMG fr. 199 Page = PMGF p. 204 Davies): vd. R.L. FowLER, The Nature of Early Greek Lyric. Three Preliminary Studies, Toronto 1987, 96 e 130. "° La spiegazione di Monro, «JHS» 5, 1884, 36 («Perhaps the reason is simply that Arctinus was not sufficiently popular to give rise to a legend of the kind») non è persuasiva ed è reversibile, dal momento che Arctino, autore di due e forse tre opere cicliche, «has the lion’s share of the Cycle, and may be regarded as a

second Homer» secondo la felice espressione di T.W. ALLEN, Homer. The Origins and the Transmission, Oxford 1924, 64; né con quest'ultimo (In., The Epic Cyole, «CQ» 2, 1908, 64-74 e 81-88, part. 83; seguito da DAVIES, «NAWG» 1986, 97 n. 51) sembra lecito ipotizzare soltanto una circostanza fortuita, dovuta al

fatto che i poemi di Arctino «are never cited before the period at which it was considered safer to make guarded attributions».

"" Vd. supra, cap. I $ 1 (a), 32 con nn. 86-88. Alla bibliografia principale ivi citata, si aggiunga, con ri-

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È questo uno dei rari episodi in cui nel poema viene distolto lo sguardo dalla piana di Troia, teatro dell’annoso conflitto ancor lungi dall’esser risolto: ancorata in terra asiatica, l’Etiopide ha il suo protagonista indiscusso in Achille, il quale, ucciso ormai Ettore, prima di ricevere la morte egli stesso per mano di Paride e Apollo, si segnala in altre due splendide imprese, affrontando e abbattendo in sequenza la regina delle Amazzoni Pentesilea ed il re degli Etiopi — alter ego di Achille - Memnone, entrambi giunti in aiuto degli esausti Troiani È. Mancano dunque, come è lecito attendersi, ‘aperture’ a occidente, essendo tra l’altro ancor lì da sbocciare per gli eroi protagonisti le prospettive e le attese legate al ritorno o alla ricerca di nuovi orizzonti. Ciò nondimeno coordinate geografiche di qualche interesse, oltre a quella sottesa all’isola Bianca, sono quelle connesse con il luogo di origine dei due antagonisti di Achille: la Tracia e la contrada degli Etiopi. L'origine tracia di Pentesilea, figlia di Ares, è esplicitamente attestata da Proclo (Opaoca tò Yévoc), e collima con la sua discendenza da Ares (’Apemc Ovyamnp)|, bellicoso signore dell’area. Che ella poi nel poema fosse giunta in soccorso di Troia dalla terra natia non è detto, dal momento che può già risalire ad Arctino la tradizione che vuole le Amazzoni immigrate dalla Tracia nel Ponto, in un’area di interesse mile-

sio quale quella solcata dal Termodonte'; il che è tanto più verisimile considerando che a siffatta versione si attengono Virgilio e Quinto Smirneo, poeti entrambi influenzati dall’Eziopide e in generale dal Ciclo”. Quanto al paese degli Etiopi (donde il nome dell’opera), di cui Memnone è l’illustre sovrano, non vi è ragione per dubitare che esso rifletta una nozione, pur vaga, di genti africane, anteriore al formarsi di intensi e regolari rapporti tra la grecità e le popolazioni dell’Africa, compresi gli Etiopi storici '°. L’interesse dei Milesi per l’area africana, o per lo meno per l’area deltizia del Nilo, è attestato sul finire del secolo VII dal loro ruolo eminente nella formazione dell’em-

ferimento allo sfondo milesio nell’Etiopide, MONRO, «JHS» 5, 1884, 16-17; ALLEN, Hozzer, 76; G. FERRARI PinnEY, Achilles Lord of Scythia, in Ancient Greek Art and Iconography, a cura di W.G. Moon, Madison 1983, 127-146, part. 133 e 139; G. Nacy, Pindar’s Homer. The Lyric Possession of an Epic Past, BaltimoreLondon 1990, 71 e 421.

Dell’Etiopide, più ancora che degli altri poemi del Ciclo, quanto resta è limitato in sostanza al sunto di Proclo, da cui si ricava la trama: Procl. chrest. pp. 87-88 Severyns = Aezb. arg. pp. 67-69 B. ” Procl. chrest. p. 87, 175-176 Severyns = Aetb. arg. p. 67, 4-5 B.; cfr. Aeth. fr. 1 B. (supra, n. 4). 4 Così F. VIAN, Recherches sur les Posthomerica de Quintus de Smyrne, Paris 1959, 18-19; cfr. ID.,

Quintus de Smyrne. La Suite d'Homère, I. (Livres IV), Paris 1963, 6-7. Reversibile l'opinione di A. SEVERYNS, La patrie de Penthésilée, «Musée Belge» 30, 1926, 5-16, che per Arctino ipotizza un regno tracio di Pentesilea, venuta meno per i Milesi l’aura misteriosa ed esotica caratterizzante il Mar Nero; cfr. ID., «RPh» 49, 1925, 161.

! Verg. Aen. XI 659-662; Quint. Smyrn. I 18 e 168; cfr. anche Prop. IV 4, 71-72. Per l’influsso del Ciclo su Quinto fondamentali le ricerche del Vian, di cui supra, n. 14. Per Virgilio ottima panoramica in E.C. KoprF, Virgil and the Cyclic Epics, in ANRW II 31. 2, 1981, 919-947; sull’incidenza dell’Eziopide in particolare E. FRAENKEL, Vergi/ und die Aithiopis, «Philologus» 87, 1932, 242-248 = In., Kleine Beitràge zur klassischen Pbilologie, II, Rome 1964, 173-179; A.M. AssereTO, Dall’Etiopide all’Eneide, in Mythos. Scripta in honorem Marti Untersteiner, Genova 1970, 51-58.

di

o

‘è Così, a seguito di un’accurata analisi letteraria ed iconografica, BURGESS, The Tradition of the Trojan

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porio di Naucrati, alla foce canopica, preceduto dall’edificazione del MiAnoimv teîyoc, presso la foce bolbitinica ‘. Ma ancor prima la costa africana, fino alle sue estreme propaggini atlantiche, fu percorsa e talora abitata, quantunque in forma assai provvisoria, da Euboici, con i quali i Milesi strinsero saldi legami, a giudicare dall’alleanza stipulata tra Eretria e Mileto in occasione della guerra lelantina (VIII-VII secolo), ancora sentita nel 499, quan-

do Eretria inviò cinque navi (a rincalzo delle venti ateniesi) in soccorso degli Ioni in rivolta, capeggiati dalla stessa Mileto”. Appartenente a quest’ultima età, e ricollegabile a livello ideologico all'impresa eretriese al fianco di Atene, è la decorazione del frontone occidentale del tempio di Apollo Daphnephoros ad Eretria, ove è una scena di Amazzonomachia, con l'episodio del ratto di An-

tiope da parte di Teseo”. Il quale, insieme con Eracle, è il protagonista di un altro episodio di Amazzonomachia, l’impresa di Temiscira, nel Ponto, descritta in un complesso scultoreo con ogni probabilità destinato al frontone del nuovo tempio di Apollo Daphnepho, ARA x E + 3 È 3 21 ros, riedificato poi che i Persiani nel 490 punirono Eretria mettendola a ferro e fuoco”. Le Amazzoni sono del resto attestate in Eubea non solo ad Eretria, ma altresì a

Calcide, come risulta dalla tradizione secondo cui Antiope, loro regina, inviò le comÈ 5 Fi +22 pagne ferite a Calcide, perché vi trovassero cure amorevoli ©.

War, 158-160, il quale, messa da parte come meno probabile la teoria di un dominio orientale di Memnone

(cfr. soprattutto R. Drews, Aetbiopian Memnon: African or Asiatic?, «RhM» 112, 1969, 191-192), conclude «there is evidence that mythological Aethiopians could have been conceived of as African earlier than is commonly supposed, and so if the Aethiopians of the Aethiopis were African, that would not be cause to think that the poem is late... Indeed, myth about African Aethiopians could easily have arisen before there was strong contact with the historical Aethiopians... vague knowledge of distant lands (or the distant past) is often the best inspiration for mythological narrative». " Cfr. rispettivamente Herod. II 178 e Strab. XVII 1, 18: vd. M.M. AUSTIN, Greece and Egypt in the Archaic Age, Cambridge 1970, 23; N. EHRHARDT, Mzlet und seine Kolonien. Vergleichende Untersuchungen der kultischen und politischen Einrichtungen, Frankfurt am Main-Berlin-New York 1983, 87-91; di recente A. MOLLER, Naukratis. Trade in Archaic Greece, Oxford 2000, 186-187; V.B. GORMAN, Mzletos, the Orna-

ment of Ionia. A History of the City 400 B.C.E., Ann Arbor 2001, 54-69. !* Fondamentale l’intuizione di S. MAZZARINO, Fra Oriente e Occidente. Ricerche di storia greca arcaica, Milano 1989, 262-267; aggiornata panoramica in M. GRAs, I Greci e la periferia africana in età arcaica, in

Hesperia, 10, 2000, 39-48. Per gli estremi approdi euboici lungo la rotta meridionale (costa africana) cfr. supra, cap. II $ 2, 93-94.

‘ Herod, V 99, 1: su cui vd. ora V. PARKER, Unzersuchungen zum Lelantischen Krieg und verwandten Problemen der friibgriechischen Geschichte, Stuttgart 1997, 120-127. Cfr. supra, cap. I n. 76. °° E. TOULOUPA, Td évaéria YAvatà TOÙ vaod TOÙ Ar6%A0vOS Aagvnéopov ot)v Epétpio, Ioannina 1983; cfr. E. La Rocca, Amazzonomachia. Le sculture frontonali del tempio di Apollo Sosiano, Roma 1985, 50-52 e 77.

°° La Rocca, Azzazzonomachia, part. 76-78, con argomenti assai persuasivi che inducono a riconoscere nelle sculture frontonali greche (terzo quarto del V secolo) trasferite sul timpano del tempio di Apollo Medico (più noto con il nome di Apollo Sosiano, dal console C. Sosio) a Roma, le sculture del tempio classico di Apollo Daphnephoros ad Eretria. Per il nesso Amazzonomachia — guerre persiane cfr. E. CuLASso GaSTALDI, L'Amzazzonomachia ‘teseica’ nell'elaborazione propagandistica ateniese, «AAT» 111, 1977, 283-296; in generale W.A. KLEINBAUM, The War against the Amazons, New York 1983. ° Plut. Thes. 27, 6; cfr., in probabile correlazione, bid. 35, 5 (Teseo, prima di andare in esilio a Sciro, invia i figli in Eubea presso Elefenore, figlio di Calcodonte): vd. LA Rocca, Amazzonomachia, 51.

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Il complesso scultoreo con l’impresa di Temiscira, riconducibile al tempio eretriese, documenta un’osmosi tra due vicende originariamente distinte, quella di Eracle e quella di Teseo, a riprova di una sostanziale continuità alla base dei miti di Amazzonomachia, aventi l'archetipo nella vicenda cantata nell’Eziopide, la cui prima parte, dedicata al confronto tra Achille e Pentesilea, era forse nota come Amazonia”. L'origine tracia assegnata nell’Etiopide alle Amazzoni, lungi dall’essere tarda o eccentrica’, più che con un interesse milesio per l’area”, si può ancor meglio spiegare

con la fattiva presenza di Euboici in quel comprensorio, contiguo alla Propontide, oltre la quale è il Mar Nero?° Che gli Euboici siano penetrati nella Propontide, e di conseguenza nel Ponto, al fianco degli stessi Milesi nella seconda metà del secolo VIII si è già argomentato a proposito di Eumelo, la cui conoscenza di tali orizzonti si rivela omogenea a quella dimostrata da Arctino con l’evocazione dell’isola Bianca. Se questa infatti può senz’altro additare un interesse milesio per il Mar Nero”, essa può nel contempo riflettere l’esplorazione congiunta con frange di Euboici in un’età precedente alla fase coloniaria più autentica”.

Non si tratta di un caso che Eumelo ed Arctino, entrambi autori presunti della T{tanomachia ed entrambi interessati al Mar Nero, siano allineati nella tradizione euse-

biana sul medesimo piano cronologico, fissato nell’olimpiade V 1 = 760/59, data for-

? Cfr. Suda sw. “Ounpog = Aetb. test. 12 B. Vd. SEVERYNS, «RPh» 49, 1925, 153-161 (contro la teoria di due poemi distinti: l’Ayzazoria, più propriamente una Penzesileide, e l’Etiopide, più propriamente una Memnonide); E.C. KoPFF, The Structure of the Amazonia (Aethiopis), in AttiIConv The Greek Renaissance of the Eighth Century B.C.: Tradition and Innovation (Athens 1981), Stockholm 1983, 57-62. Cfr. M.L. WEST, Iliad and Aethiopis, «CQ» 53, 2003, 1-14; In., Greek Epic Fragments, 15, secondo cui tale prima parte è da

riguardarsi come «the last addition to the structure» del poema; il fatto che Pentesilea compaia a livello ico-

nografico intorno al 600, non fa tuttavia di questo un terzzinus post quem per l'epopea; vd. comunque per rappresentazioni più antiche (700 e 630 ca.) P. VEvAMBEZ — A. KAUFFMANN-SAMARAS, s.v. Azzazones, in LIMCI 1, 1981, 586-653, part. 597 nr. 168 e 604 nr. 254.

2 Sensate osservazioni in KULLMANN, Die Quellen der Ilias, 46. Re dei Traci, alleato di Priamo, è anche Reso in Il X 434-435, su cui vd. B.C. FENIK, Iliad X and the Rhesus. The Myth, Bruxelles 1964, 13, dov'è

postulato un interesse per la Tracia nel Ciclo. Cfr. ifra, cap. V $ 2, 191-194. ? Verisimile ma scarsamente attestato. Per Mileto è nota piuttosto un’azione diretta nel Chersoneso tracico, ove fondò Limnai e Cardia (quest’ultima con Clazomene), così come sulla costa asiatica dell’Ellesponto fondò Abido; in Tracia di matrice ionica, affine a quella milesia, furono Abdera, in un primo tempo dei Clazomeni e poi rifondata dai Tei; nonché Maronea, colonia di Chio: vd. B. IsaAc, The Greek Settlements in Thrace until the Macedonian Conquest, Leiden 1986, 78-81; 114-115; 161; cfr. GORMAN, Mtletos, 70 e 243-245. In merito all’Etiopide cfr. la generica formulazione di G.L. HuxLEY, Greek Epic Poetry from Eumelos to Panyassis, London 1969, 148, per cui l’origine tracia delle Amazzoni «perhaps reflects increasing Ionian interest in the northern Aegean coasts and the Thraceward regions about 700 B.C.». % Vd. E. BETTOLINI, Sull’origine dei Calcidesi di Tracia, «Aevum» 57, 1983, 51-59; A.M. SNODGRASS, Tbe Eubeans in Macedonia: a New Precedent for Westward Expansion, «AION(archeol)» n. s. 1, 1994, 87-93; nonché soprattutto i contributi recenti in AttiConv Euboica. L'Eubea e la presenza euboica in Calcidica e in Occidente (Napoli 1996), Napoli 1998. Cfr. più in dettaglio 71/ra, cap. V $ 2. ? Vd. supra, n. 11. # Argomentazione dettagliata supra, cap. I $ 1 (a), 30-31; cfr. anche supra, cap. III n. 75. Insiste a ragione sul probabile sfondo precoloniario, piuttosto che coloniario, alla base della percezione pontica nell Etiopide Burgess, The Tradition of the Trojan War, 160-166.

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giata sul nesso Eumelo — prima guerra messenica””. Nesso che informa a sua volta, secondo un diverso sistema cronologico, anche l’altra data trasmessa da Eusebio per Eumelo, collocato nell’olimpiade IX 1 = 744/3”*. Ora, a questa data specifica, e pertan-

to all'associazione con Eumelo, si richiama il lessico Suda, quando colloca Arctino di Mileto, figlio di Teleo, discendente di Nauteo, nonché allievo di Omero (informazione

desunta da Artemone di Clazomene), nella IX olimpiade (744/1), salvo poi precisare — con apparente incoerenza — «quattrocentodieci anni dopo i fatti di Troia», ovverosia,

secondo il computo eratostenico, nel 774

(= 1184-410), data che invece rientra nella I

olimpiade (776/3)”. Sennonché proprio nella I olimpiade è stabilita la cronologia per Arctino da Cirillo?

e, in un luogo svincolato dal rapporto con Eumelo, da Eusebio, il quale con mag-

gior precisione definisce la data nella olimpiade 12 = 775/4” (la medesima ricavabile in Suda), laddove la prima olimpiade, avvertita sovente come punto di inizio dell’epoca storica, è sintomatica di una concezione di Arctino quale autore assai arcaico *; concezione sottesa altresì alla vulgata che pretende Arctino allievo di Omero”.

? Euseb. (versione geronimiana) chron. 87a Helm: Euzzelus poeta, qui Bugoniam et Europiam, et Arctinus, qui Aethiopidam conposuit, et Ilti persin agnoscitur — Euseb. (versione armena) chron. 181 Karst = Aceth. test.4 = Il exc. test. 1 = Eum. test. 4 B. Vd. supra, cap.In. 84 e $2. ? Euseb. (versione geronimiana) chron. 89b Helm - Euseb. (versione armena) chron. 182 Karst Eum. test. 5 B. Vd. supra, cap. I $ 2, 42 e $ 3, 53 con n. 196.

1! Suda sv. ‘Apxtîivos = Aeth. test. 1 B.: ’Apktivog TijAe@, toò Nordte® dmtoybvov, MiAnotog, erororìc, Lo0ntmg ‘Oumpov, dg Xeyer 0 KAaCopeviog ‘Apteuov èv tò repi ‘Ounpov (FGrHist 443 F 2), yeyov®g kat, tiv 0 OXvuridcda, età vi’ Etm tOv Tpok@v. Sulla coerenza del tràdito, da non emendare (ma cfr. ALLEN, Hozzeri Opera, V, 125 e BERNABÉ, Poetarum Epicorum Graecorum Testimonia et Fragmenta, 65, dov'è riportato età tetpaxdora tn, senza che venga meno l'apparente aporia) vd. A.A. MOSSHAMMER,

The Chronicle of Eusebius and Greek Chronoghaphic Tradition, London 1979, 198-200. ? Cyrill. contra Iulian. I 12 = Aetb. test. 3 B.: rpm 'OXvumdài MiAnorog èrorordg ‘Apriivog XEyETOL YEYOVEVOL. ? Euseb. (versione geronimiana) chror. 86b Helm: Arctinus Milesius versificator florentissimus babetur - Euseb. (versione armena) chroz. 181 Karst = Syncell. eclog. chron. 400 = Aetb. test. 2 B. * Così MossHAMMER, The Chronicle of Eusebius, 201, il quale tuttavia forza la spiegazione invocando Dion. Hal. anz. I 68, 2 (maXanotatog Sè dv Mueic iouev roms Aprrivoc) come interprete dell’opinione se-

condo cui Arctino è «the most ancient poet within reliable knowledge»; NoropPouLos, Studies in Early Greek Oral Poetry, ? POxy XXXII 2619 fr. 1 = Stes. SLG fr. 88 Page = PMGF pp. 183-186. 2° Non è escluso che il discorso si debba a Sinone, intento a persuadere i Troiani ad introdurre il cavallo in città: vd. D.A. CAMPBELL, Greek Lyric, III Stesichorus, Ibycus, Simonides, and Others, Cambridge (Mass.)-London 1991, 109 n. 1; ipotizza Sinone in un altro frammento del carme (Stes. SLG fr. 102 Page = PMGF p. 190 Davies) M.L. WEST, Stesichorus Redivivus, «APE» 4, 1969, 135-149, part. 139. Nel poema di

Arctino, Sinone, introdottosi con l’inganno a Troia, fornisce agli Achei il segnale luminoso per l’attacco: Procl. chrest. p. 92, 252-253 Severyns = Il exc. arg. p. 89, 10-11 B.: koù Zivov todc rvpoodg dvioyer toîc "Ayaroîc, mpoTepov eioeAmAv8dg mpoorointos. Nella Tabula Iliaca inoltre un uomo tiene appoggiata una

scala al Sovperog inmoc, «evidentemente Sinone» secondo MancuSO, La lirica classica greca, 177; cfr. le notazioni indipendenti, eppure complementari, di C. INGOGLIA, Il cavallo di Troia su una kotyle corinzia da Gela e nell’Ilioupersis di Arctino, «QUCC» 65, 2000, 7-13, part. 10. 3° Tale, piuttosto che una similitudine, secondo l’esegesi di WesT, «ZPE» 4, 1969, 139; cfr. CAMPBELL, Greek Lyric, III, 109 n. 2.

?@ Cfr., quasi somma di entrambi i prodigi, l'episodio dei Kypria in cui Calcante trae auspici da un

omen inerente a un serpente e a passeri: Procl. chrest. p. 81, 122-124 Severyns = Cypr. arg. p. 40, 34-35 BE Koi TÒ Tepi tòv Spdikovta Kai Todg GTPOVAOdg Yevoleva deikvutor koù KaAyoc Tepi tòv dropnoopevov

mporéyer avtoîg; nonché I/. II 308-329, su cui vd. supra, n. 96. 3 Eustath. ad Od. XI 522 = PMG fr. 199 Page = PMGF p. 204 Davies: paoì è todg eig avtòv [sc. tòv Sovperov inmov] kotapavToas tivès pèv dv ko Linoixopos EKotòv givat, tepor Sè Sodeka. °“ Apollod. epit. 5, 14: eg todov [sc. tòv Sovperov inrov] ’Odvodedg eioedAeîv reider revmimicovio. tode dipiotove, dc sè d Lukpàv ypoyas "Mudda onci, tproxidiove; cfr. Tzetz. ad Lycophr. Alex. 930. La le-

176

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so di ottimismo, attagliarsi alle misure (100 piedi di lunghezza, 50 di larghezza, ovvero - secondo la preferibile lectio difficilior - 120 di lunghezza e 30 di larghezza’) del cavallo semovente (occhi, coda, ginocchia) descritto da Arctino ”* e) Esauriti i paralleli possibili con il componimento stesicoreo, data l’oggettiva penuria e lacunosità dei frammenti, è possibile ancora rilevare alcuni casi di rispondenza strettissima tra le immagini della Tabula e la trama dell’Ilioupersis di Arctino trasmessa da Proclo?”. Che non si tratti di somiglianze generiche, dovute alla comunanza del tema (la presa di Troia), risulta da tratti specifici, grazie ai quali è possibile isolare e di-

stinguere la versione di Arctino da quella, altrettanto influente, della Piccola Iliade, al-

ternante rispetto alla prima su molteplici aspetti. Così nel pannello Neottolemo elimina Priamo presso l’altare, nella corte del palazzo reale, esattamente come è ricordato per Arctino, dove il re si rifugia presso l’altare di Zeus Erceio, venendo lì ucciso (xo NeortoAeuog uev dtortetver Ipiopov Eri Tov TOÙ

Atòc toò ‘Epxeiov Bouòv xatagvyévia) ; versione alla quale si oppone quella di Lesche, in cui Neottolemo trascina via il re dall’altare, per finirlo sulla soglia del palazzo’

zione tproyiMovg è stata di recente difesa con passione e meticolosità da S. TimPANARO, Eschilo, Agamennone, 821-838 (con alcune osservazioni sull’ Mds uuxp0), «RFIC» 125, 1997, 5-47, part. 16-35, contro l’emendamento tpeîg kai Séka, proposto da A. SEVERYNS, Le cheval de Troie, «RBPh» 5, 1926, 297-322, part. 320 (cfr. Ib., Le Cycle épique, 354-356), accolto anche nelle recenti edizioni della Piccola Iliade a cura di BERNA-

Bi, Poetarum Epicorum Graecorum Testimonia et Fragmenta, 18 (Il. parv. fr. 8 B.); DAVIES, Epicorum Graecorum Fragmenta, 56 (Il. parv. fr. 10 D.); West, Greek Epic Fragments, 132 (IL parv. fr. 12 W.) e 133 n. Al. 9 Schol. Monac. ad Verg. Aen. II 15 = Il exc. fr. 2 (1) B.: Arctinus dicit fuisse [sc. equum Troianum] in longitudine pedes C. et in latitudine pedes L. cuius caudam et genua mobilia fuisse tradidit; schol. Turon. ad Verg. Aen. II 15 = Il exc. fr. 2 (II) B.: quidam dicunt babuisse eum [sc. equum Troianum]) in longitudine C. pedes, in latitudine L., cuius oculos et genua mobilia tradunt, quod Vergilius et Homerus probant; Serv. auct. ad Verg. Aen. Il 150 = Il exc. fr. 2 (III) B.: bunc tamen equum quidam longum centum viginti < pedes>, latum triginta fuisse tradunt, cuius cauda, genua, oculi moverentur. Testi opportunamente richiamati, emendati, e commentati da S. TimpaNARO, Note serviane con contributi ad altri autori greci e latini e a questioni di

lessicografia, «StudUrb» 31, 1957, 155-198 = In., Contributi difilologia e di storia della lingua latina, Roma 1978, 427-508, part. 429-457.

7 Così ANDERSON, The Fall of Troy, 12 n. 22, per cui le cifre in I/. exc. fr. 2 B. (supra, n. 365) delineano «dimensions suggesting a maximum capacity closer to one hundred men than twelve» (cfr. supra, n. 363: dodici al contrario erano secondo SEVERYNS, Le Cycle épique, 356, ignaro di tali testi, gli Achei dentro il cavallo nell’Ilioupersis ciclica); ma vd. TimPANARO, Contributi di filologia, 440 che per il cavallo descritto da Arctino stima una capacità di «qualche decina di uomini»; e INGOGLIA, «QUCC» 65, 2000, 11, che azzarda

la cifra più ristretta di nove uomini, sulla base dell’iconografia di una kozy/e corinzia. Tanta e tale è l’incertezza e la varietà delle ipotesi che pare più prudente rinunciare a trarre conclusioni o a istituire raffronti su questo punto specifico. 2° È in quest'ottica che si giustifica la teoria, improbabile ma affascinante, di K. WEITZMANN, Ancient Book Ilumination, Cambridge (Mass.) 1959, 48-49, secondo cui Teodoro nel realizzare il pannello centrale

avrebbe seguito un testo illustrato di Arctino (piuttosto che di Stesicoro). 7 Procl. chrest. p. 92, 257-258 Severyns = Il. exc. arg. p. 88, 13-14 B. , °° Paus. X 27,2 = IL parv. fr. 16 (ID) B.: Tpiopov sè od» drodaveîv ton Aécy£0G ÈTÙ TI) Eoydpa où

‘Epxeiov, dAXÒ dtoctACbEvia dd TOÒ Polod rdpepyov tO NeortoAEL® mpòdc toîc Tg olkiac yeveodan 86poug; cfr. anche il ‘vaso omerico” graffito registrato come I/. parv. fr. 16 (1) B. (infra, cap. V $ 3, 210 con n.

224). Sulle due distinte versioni, nella tradizione letteraria e nell’arte, vd. FRAZER, Pausanias?s Description of Greece, V, 371; T. Tosi, Scritti di filologia e di archeologia, a cura di N. Terzaghi, Firenze 1957, 3-37 (Studi

archeologici e letterari sull’Iliou Persis), part. 6-7; nonché soprattutto ANDERSON, The Fall of Troy, 28-38.

ILIOUPERSIS

Ig

f) Analogo è il caso della scena in cui Demofonte e Acamante, nella Tabula ancora

all’interno di Troia, riconoscono e portano via Etra, in perfetta armonia con quanto, in sintesi estrema, annota Proclo per l’Ilioupersis: Anuop@v dè koù Akduoac Aigpov

evpoviec dyovor uo’ gavi@v”. Il riconoscimento intra moenia, mentre l'assedio è ancora in atto, rappresenta una differenza vistosa rispetto alla scelta narrativa di Lesche: nella Piccola Iliade l'episodio è rinviato a espugnazione avvenuta, quando Ftra si reca di persona nel campo acheo, venendovi riconosciuta dai nipoti Acamante e Demofonte, il quale ultimo la ottiene da Agamennone, previo consenso di Elena?" g) All’incontro tra i Teseidi ed Etra segue nel testo di Proclo, con chiaroscuro studiato proprio dell’originale di Arctino, un epilogo la cui drammaticità ed efficacia è apprezzabile nello stesso compendio: la città è data alle fiamme e la figlia di Priamo, Polissena, è sgozzata sulla tomba di Achille (&rerta èurprioaviee tiv mÉALv

IoXvÉevnv odayidtovenv tr tÒv Tod AyidAtoc tidov)?. L'immagine, con tutto il

suo pathos, trova la sua rappresentazione più vivida nella Tabula, dove è accuratamente effigiato l’AyAéoc nua”, presso il quale Neottolemo si accinge a immolare la vergine, il cui collo è esposto al micidiale fendente. Subito sotto è la scena dell’imbarco di Enea, Anchise ed Ascanio £ig tiv ‘Eorepiav, a ribadire sul piano visivo ciò che nell’epos di Arctino è un motivo vitale: il differente destino dei due rami della casa dardanide.

°° Procl. chrest. p. 93, 271-272 Severyns = IL exc. arg. p. 89, 21-22 B. " Paus. X 25, 8 = IL parv. fr. 20 B.: Agoyewg Sè è tiv Aigpav èroinoev, ivika MMoxeto "Mov, breteABodoav Èq Tò oTPATOTESOV adtmv Gdikéodo1 Tò ‘EXAmMvov Kkoi dò TOV TOIdOv YVOPLo@Rvar TAV Onoéoc, xo dc tap’ Ayauéuvovoc citrooar Anuodov adinv: 6 dè èKetvo uèv è0£Aev yapiCecdar, tomoerv sè où Tpotepov éòn mpiv ‘Elévnv mico: dtooterRavI dè adi Krjpuro édoxev ‘'EXévn tiv xdipuv. Sulle due

distinte versioni vd. FRAZER, Pausanias’s Description of Greece, V, 363-364, nonché supra, n. 242 (in margine a Il exc. fr. 6 B.). 7? Procl. chrest. p. 93, 273-274 Severyns = IL exc. arg. p. 89, 22-23 B. Cfr. Ibyc. PMG fr. 307 Page = PMGF p. 292 Davies; Eur. Troad. 622-631; Hec. 342-378; Verg. Aen. III 321-324: per un’altra coincidenza

Ibico - Euripide nel segno della Ilioupersis vd. supra, nn. 290-291; per una dipendenza di tale episodio in Euripide e Virgilio dal poema di Arctino vd. BRASCHI, «AFLPer» 19, 1981-1982, 286. Profondamente diversa l’altra versione ciclica documentata per i Kypria (dove è con ogni probabilità parte di una profezia) da schol. ad Eur. Hec. 41 = Cypr. fr. 34 B., per cui Polissena muore per le ferite inflittele durante l’assedio da Ulisse e Diomede, e viene sepolta da Neottolemo: vd. R. FORSTER, Zu Achilleus und Polyxena, «Hermes» 18, 1883, 475-478; JOUAN, Euripide et les légendes des Chants Cypriens, 368-371; M. RoBERTSON, Troilos and Pobyxene: Notes on a Changing Legend, in Eduovoia. Ceramic and Iconographic Studies in Honour of A. Cambitoglou, a cura di J.P. Descoeudres, Sidney 1990, 63-70, part. 64. Sull’episodio ANDERSON, The Fall of Troy, 59-61. 3 Se si ammette per POxy XXXVII 2803 fr. 5,3 (= Stes. SLG fr. 137,3 Page = PMGF p. 200 Davies) la lettura f{]pog AxiMéo[g (ma le lettere superstiti sono alquanto insicure), correlandola con POxy XXXVII 2803 fr. 3,5 (= Stes. SLG fr. 135, 5 Page = PMGF p. 199 Davies), dove è probabile menzione di Polissena (].av roXwéel), si avrebbe anche nell’Ilioupersis stesicorea una possibile traccia testuale del sacrificio di Polissena sulla tomba «dell’eroe Achille»: così nella proposta, tanto ipotetica quanto ingegnosa, di WesT «ZPE» 7, 1971, 264.

CAPITOLO V

PICCOLA ILIADE

1. ENEA PRIGIONIERO

Il rapporto dialogico che intercorre tra l’Ilioupersis di Arctino e la Piccola Iliade (ua pupe)‘, poema del Ciclo per lo più ascritto a Lesche?, in una trama assai fitta di riprese, variazioni ed antitesi’ coinvolge anche Enea, figura la cui rilevanza nella prima delle due opere è affiorata in pienezza. Se nell’Ilioupersis il figlio di Anchise, in virtù del prodigium relativo a Laocoonte e ai suoi figli, lascia la città condannata, gettando ipso facto le basi per la sua signoria sui Troiani superstiti, prospettiva enunciata e calata di già in occidente, nella Piccola Iliade all’eroe non è dato di mettersi in salvo. ' Edizioni moderne: A. BERNABÉ, Poetarum Epicorum Graecorum Testimonia et Fragmenta, I, Leipzig 1987, 71-86; M. Davies, Epicorum Graecorum Fragmenta, Gttingen 1988, 49-61; M.L. WEST, Greek Epic Fragments. From the Seventh to the Fifth Centuries BC, Cambridge (Mass.)-London 2003, 118-143. Cfr.

inoltre G. KINKEL, Epicorum Graecorum Fragmenta, I, Leipzig 1877, 36-48; T.W. ALLEN, Homeri Opera, V.

Hymnos Cyclum Fragmenta Margiten Batrachomyomachiam Vitas continens, Oxford 1912, 127-136; H.G. EveLyn-Wuire, Hesiod, The Homeric Hymns and Homerica, Cambridge (Mass.)-London 1936, 508-519; E.

Berne, Homer. Dichtung und Sage, II, Leipzig-Berlin 1929° = Ip., Der Troische Epenkreis, Darmstadt 1966, 21-30.

° Così nella maggioranza delle testimonianze, alcune piuttosto antiche come quelle degli ellenistici ‘vasi omerici’ (I/ parv. testt. 1-2 B.). Non mancano attribuzioni diverse come quella, irrilevante, ad Omero

(IL. parv. test. 9 B.), ovvero al plagiario Testoride di Focea (Il parv. test. 8 B.), nonché a Cinetone di Sparta e all’oscuro Diodoro di Eritre (Il parv. test. 10 B.: infra, n. 67). Tzetz. exeg. ad Il = Il parv. test. 11 B. nell’allineare come autori di (Piccole) Iliadi Quinto Smirneo e Trifiodoro a fianco di Lesche, Cinetone e Diodoro, sembra presupporre tante opere quanti sono gli autori citati. ‘Ciclica’ parrebbe soltanto la Piccola Iliade di Lesche, come attesta Procl. chrest. p. 89, 206-207 Severyns = Il parv. arg. p. 74, 1 B. che ne fa seguire i quattro libri all’Eziopide (#6&fg è èotiv Tuddoc uxpas Pipita téocapo Afgoyem MvmAnvatov...); cfr. anche il complesso di immagini cicliche della Tabula Iliaca con quadri dedicati all’’IA1dg i puxpò Aeyopévn katà Aéoynv Iuppoîov (IG XIV 1284 = Il parv. test. 3 B.: supra, cap. IV $ 5). Accurata disamina in A. BERNABÉ, «Mds de una Ilias Parva?, «EClas» 87; 1984, 141-150, che oltre a quella di Lesche pretende di isolare almeno un’altra Piccola Iliade (nella propria edizione I/. parv. frr. 28-32 B.; testi in questa sede toccati marginalmente): vd. tuttavia le riserve di S. TiMPANARO, Eschilo, Agamennone, 821-838 (con alcune osservazioni sull’’TArds uuxpd), «RFIC» 125, 1997, 5-47, part. 19 n. 1; B. Bravo, Un frammento della Piccola Iliade (P. Oxy. 2510), lo stile narrativo tardo-arcaico, i racconti su Achille immortale, «QUCC» 67, 2001, 49-114, part. 54-55.I riferimenti a Cinetone e Testoride vanno letti piuttosto alla luce di eventuali riflessi spartani o focei nell’opera stessa: vd. infra, $ 2; per le citazioni in Pausania, talora equivoche, vd. infra, $ 3. na ? Vd. supra, cap. IV $ 1, 129-132 (antagonismo Arctino — Lesche nelle tradizioni e speculazioni cronografiche antiche) con nn. 51-53 (orientamenti attuali).

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ANDREA DEBIASI

La discrepanza con la versione di Arctino è studiata, tanto più efficace nel mo-

mento in cui Enea, divenuto con la morte di Ettore e Priamo ‘il migliore dei Troiani”,

non solo è ridotto in prigionia, ma è assegnato — «premio superiore a quello di tutti gli altri Danai» — a Neottolemo, il quale, implacabile figlio-alter ego di Achille, in una spirale di morte e violenza fa propria ad un tempo la moglie di Ettore e ne elimina il figlio, precipitandolo giù da una torre. Così nella controversa sequenza: adidùp AyAAfoc peyagvuov daròios vioc ‘Extopénv ddoyov ratayev Koihog rà vas. toda è’ Ed@bv EK K6\utov ELTAOKAuoLo TLOTvne Piye TOddc TeTOAYOV ATÒ MIpyov, TÒv dè recovia EXaBe roppupeog Advatos Koi Loîpa kpoatom. EK d’ ÉXeT' ’Avdpoudynv, NUCOVOv TAPAKOLTIV “Ektopoc, Tv te oi did diprotneg Iavayoov $@kxorv Eyeuv èrinpov duerPouevor YEPpoac Avépi, a UTOv T' ’Ayyioco KALvTÒV YOVov ITTOdaloro AIVELOV EV VMVOIV EBNOATO TOVTOTOPOLCIV &K TavIM@v Aovadv dyguev YEepas Egoyov GAÀ.0v.

Allora il figlio glorioso del magnanimo Achille portava la sposa di Ettore alle concave navi. Il figlio strappò dal seno della nutrice dalla bella chioma, l’afferrò per un piede e lo scagliò dalla torre, e caduto lo colse la morte cupa ed il fato violento.

D

10

5

Via portò Andromaca, la sposa dalla bella cintura

di Ettore, che a lui i capi di tutti gli Achei avevan data in ricompensa, premio pregiato ad aversi, ed anche la prole gloriosa di Anchise domator di cavalli, Enea, egli condusse sulle navi che solcano il mare, premio da portar via superiore a quello di tutti gli altri Danai.

10

Il frammento nella sua interezza (vv. 1-11) è assegnato alla Piccola Iliade di Lesche da Tzetzes, che nel commentare un luogo licofroneo rammenta come nell’opera ciclica sia Andromaca che Enea furono dati prigionieri a Neottolemo, e condotti da questi nella patria del padre, nel territorio di Farsalo (Agoyng è’ è tiv uuxpov Iudda TeTomMKbg Avòpoudynv kai Aivetov atyuoAXotove dnoì dogfvar tò AyiXAtac vid NeortoAguo koù dtay0Rvar cv adtà £ig Papoadiav tiv AyiXAgac ratpida. noi dè odTWOt' aùtàp... dA Av) È.

Sennonché uno»scolio all’Androrzaca di Euripide riproduce la seconda frazione del brano (vv. 6-11) ascrivendola al poeta ellenistico Simia di Rodi, nella cui Gorgone si trovava ugualmente il racconto di Andromaca ed Enea dati in premio a Neottolemo (Zipitog èv ti) Fopyovi Avòpoudynv noi kaù Aivetav yépac dogfivor NeortoXgu®

* Tzetz. ad Lycophr. Alex. 1268 = Il parv. fr. 21 (DB.

PICCOLA ILIADE

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Aeyav obTmc: ÈK 8 #Aet'... dAX0v)?. Donde quello che è stato di recente definito «one of the great insoluble mysteries associated with the Epic Cycle». Il ‘mistero’ non è poi così immane, considerata la propensione dei poeti ellenistici a desumere temi e relativo frasario dall’epica arcaica, non ultima quella cosiddetta ‘minore’ o ‘del Ciclo”, ricca di spunti e suggestioni desuete”: cosicché si può forse presumere che i vv. 6-11, più congruenti in una Piccola Iliade che in una Gorgone", siano stati l'oggetto di una dotta ripresa da parte di Simia”. Il quale, se mai toccò l’arsomento, dovette comunque proporre una sequenza esametrica di ben altra fattura rispetto a quella trasmessa !°. Quest'ultimo argomento, difficilmente eludibile, impedisce una semplicistica ripartizione dei versi tra Lesche (vv. 1-5) e Simia (vv. 6-11)"; ciò nondimeno la critica sembra sempre orientata a isolare l'apporto di Lesche alla prima porzione '’, riconducendo il successivo dettato — allorquando si sollevi il problema della sua pertinenza — ad un terzo sconosciuto poeta !’.

° Schol. ad Eur. Andr. 14 = IL parv. fr. 21 (V) B. ° M. Davies, The Epic Cycle, Bristol 1989, 72. ‘ Emblematico il caso documentato dallo scho/. 24 Apoll. Rhod. III 1354 = Eum. fr. °19 B., secondo cui Apollonio nelle Argorautiche impiegò versi di Eumelo; su questa notizia, da intendersi in senso assai lato, vd. supra, cap. I n. 52. * Quale che sia il significato del titolo, riferito a una Gorgone del mito o ad una donna (amata da Si-

mia?) destinataria del carme esametrico, forse un epillio: rassegna delle ipotesi in J.U. PowELL, Collectanea Alexandrina. Reliquiae minores poetarum Graecorum aetatis Ptolemaicae 323-146 a.C., Oxford 1925, 112. ? Cfr. A. BALLABRIGA, Survie et descendance d'Enée: le mythe grec archaigue, «QUCC» 55, 1997, 23-39, part. 29: «on peut admettre que Simias s’inspirait de l’épopée archaîque et que c'est justement cela qui a amené cette confusion dans le scholies à Lycophron» (osservazione cursoria, in parte da rivedere ammettendo, piuttosto che in Tzetzes, una ‘confusione’ o una lacuna nello scolio ad Euripide). !® Così, sulla scorta di S.L. STERNBACH, Meletemata Graeca, I, Wien 1886, 111-117, part. 113, nell’ana-

lisi rigorosa di H. FRANKEL, De Stia Rhodio, diss. Géttingen 1915, 37-40, part. 37, il quale attribuisce l’intera sequenza a Lesche, escludendo in modo reciso l’attribuzione dei vv. 6-11 a Simia (fr. 3 spurium), autore che altrove rivela predilezione per un lessico e uno stile ricercato ed oscuro, nonché gusto per la sperimentazione a livello sia metrico che letterario (sua l’invenzione del genere dei teyvorotyvia = carzzina figurata, di cui tre - Ali, Scure, Uovo — pervenuti); vd. da ultimo, sul medesimo solco, i rilievi stilistici di BRAVO, «QUCC» 67, 2001, 75-79. Tra gli editori del Ciclo accreditano senza esitazione gli undici versi alla Piccola Iliade ALLEN, Homeri Opera, V, 134-135 (fr. 19); EveLyn-WHITE, Hesiod, The Homeric Hymns and Homerica, 518-519 (fr. 14). Cfr. ora WEST, Greek Epic Fragments, 138-141 e n. 49, secondo cui tuttavia «Tzetzes quotes two passages that were not consecutive in the epic» (donde la ripartizione vv. 1-5 + 6-11 = frr. 2930W.).

"Come — appoggiandosi ancora all’edizio princeps dello schol. ad Eur. Andr. 14, approntata e annotata da C.G. CoBET ap. J. GEEL, Euripidis Phoenissae, Leiden 1846, 281 — PowELL, Collectanea Alexandrina, 112 (Simias fr. 6); vd. di recente N. HoRsFALL, Sorze Problems in the Aeneas Legend, «CQ» 29, 1979, 372-390, part. 373. ‘Cfr. BERNABÉ, Poetarum Epicorum Graecorum Testimonia et Fragmenta, 80-81 che per Il. parv. fr. 21

B. riproduce i vv. 6-11 tra parentesi graffe; segnala l'eventuale scarto (o una lacuna?) con un'interlinea tra il

v. 5 e il v. 6 di Il parv. fr. 20 D., Davis, Epicorum Graecorum Fragmenta, 59. Assai discutibile KIiNKEL, Eps corum Graecorum Fragmenta, I, 46 che per Il parv. fr. 18 K. non solo rifiuta (e non stampa) i vv. 6-11, ma propone altresì in apparato una correzione del testo di Tzetzes (oixudAmtov in luogo di xoù Aivetov

oiyuoAdtove) di modo che anche qui venga meno la menzione di Enea (intervento risibile dal momento che Tzetzes riporta anche i versi relativi ad Enea). BerHE, Der Troische Epenkreis, 29 (Il parv. fr. 13) e 72 n. 11, la cui posizione è esplicitata e svilup-

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È questa una soluzione moderna di compromesso, che fa torto non a una, ma ad ambedue le antiche testimonianze, quella di Tzetzes e quella dello scoliaste ad Euripide, presupponendo da parte di entrambi due errori distinti. Se la notazione dello scolio all’Ardromzaca, così come formulata, è in sostanza smentibile, altrettanto non si può sostenere con leggerezza per il ragguaglio di Tzetzes, dal momento che ulteriori notizie confermano quanto in esso è indicato. Pausania puntualizza che Lesche narrava l’orribile fine occorsa al figlio di Andromaca, gettato giù dalla torre non per decreto dei Greci, ma per autonoma volontà di Neottolemo, deciso a sopprimerlo di persona 4. l'esecuzione di Astianatte, ricordato

per nome, trova inoltre riscontro nella scoliastica omerica, con più generico riferimento a oi ped” "Ounpov monto”. L'episodio, anticipato con tratti drammatici in Il. XXIV 734-735, era stato sviluppato da Arctino nell’Iltoupersis, dove a commettere l’infanticidio era Ulisse '’, figura cui Lesche, con variazione mirata, sostituisce Neotto-

lemo", responsabile in entrambi i poemi ciclici della morte di Priamo, vicenda anch’essa variata nella Piccola Iliade". L’attendibilità dell’attribuzione di Tzetzes è pertanto assodata per quel che concerne i vv. 1-5 (cui appartengono i vv. 3-5 dedicati ad Astianatte), non a caso mai mes-

si in dubbio. In generale, sondata la validità della fonte in rapporto a un segmento, è lecito presupporre lo stesso anche per le parti connesse; nello specifico poi soccorre un’altra nota di Tzetzes, doppiamente preziosa: essa infatti da un lato ripropone l’immagine di Enea «condotto in prigionia da Neottolemo» (aciyudAmtog aydelc èrò NeortoAguov), «come narra l’autore della Piccola Iliade» (0 dnow è tiv urcpov TMudasa retomkxoc), avallando in tal modo l’attribuzione dei vv. 9-11 (e pertanto 6-11)

pata ampiamente da A. ALONI, Tradizioni arcaiche della Troade e composizione dell'Iliade, Milano 1986, 62-64, part. 63. “ Paus. X 25,9 = Il parv. fr. 21 (II) B.: yéypartor uèv ’Avipoudyn koù ò moîg ci rposéotnkev eXouevog tod uaotod (descrizione di Andromaca nella lesche degli Cnidi a Delfi) todt® Agoyeac piòeevai dirò ToÙ TUpyov cvupijvar Agyer tiv Tedeviv, où uèv èrò doyuatoc ye 'EMmvav, ddl’ idia NeortoAZtOv avToyELpa e0eAfoa1 YeveGdan. PSchol. ad Il XXIV 735a = Il parv. fr. 21 (IMI) B.: éu èvieddev kivnBévTeg ci peo’ "Ounpov romtoà PITTOMEVOV Kortà. TOÒ Teiyovg Lrò tv ‘EXAMvov elodyovot tòv Actvavarta:; cfr. Eustath. ad I XXIV 732: oi dè ue@’ "Ounpov iotopodatv, dadlevor TOv ’AGTIAVAKRTA Katà TOÒ TeiXYOvS Pidfivat dà tà EIG TOdg Ayanodg Koxà Toù TaTpoc, È ko n yovi èxtidetar. Per la pertinenza di tali notizie al Ciclo vd. A. SEVERYNS, Le Cycle épique dans l’école d’Aristarque, Paris 1928, 366. ‘° Mentre Neottolemo, come nella dipendente Piccola Iliade, prende dal bottino quale premio Andromaca: Procl. chrest. p. 92, 268-269 Severyns = Il. exc. arg. p. 89, 20-21 B.: xaù OSvootag ’ActvavartO dverovtoc NeortoAgog ‘Avàpouaynv Yepac Xauever. Cfr. anche Il. exc. fr. 5 B., per cui vd. supra, cap. IV $ 5 n. 349. Dalla massima in Cypr. fr. 33 B. (viîmog, dg ratépa rteivac roîdac rataAeire) si può forse dedurre un accenno prolettico all’uccisione di Astianatte nei Kypria (cfr. F. JOUAN, Euripide et les légendes des Chants Cypriens, Paris 1966, 371-373); l'ipotesi tuttavia non si fonda su indizi specifici e il contesto può essere un altro: vd. Davies, The Epic Cyele, 51. ” Sulle due versioni vd. J.G. FRAZER, Pausarzias!s Description of Greece, V. (Books IX-X), London

1913, 364; H. KERN, Der antike Astyanaxmythos und seine spàteren Auswiichse, «Philologus» 75, 1918, 183-201; SEVERYNS, Le Cyele épique, 365-369; nonché soprattutto M.J. ANDERSON, The Fall of Troy in Early Greek Poetry and Art, Oxford 1997, 53-59, part. 53.

! Vd. supra, cap. IV $ 5, 176 con nn. 368-369.

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al poema di Lesche; dall’altro aggiunge di seguito nuovi e interessanti elementi, rammentando gli sviluppi della trama di Lesche, nella quale il Troiano, morto Neottolemo per mano di Oreste, riacquista la libertà e va ad abitare in un primo tempo in Calcidica Né vale obiettare che è il medesimo autore a riportare i due dati omogenei”: essi infatti, riferiti a distanza ad illustrazione di due versi distinti dell’oscuro Licofrone (Alex. 1232 e 1268), escludono l’eventualità di una svista isolata da parte di Tzetzes, erudito informato sulla materia del Ciclo ed autore di scritti postomerici (Posthomzerica). A sostegno della teoria della duplice paternità dei vv. 1-5 e 6-11 sono stati avanzati argomenti strutturali e stilistici, come quello che accredita a Lesche il primo nucleo di esametri, espressione di una formularità omerica, reputata assente o alterata nei sei versi seguenti .

Malgrado l’eco innegabile di passaggi iliadici nella prima sezione”, un tale distinguo si dimostra infondato: ad un’analisi attenta anche i vv. 1-5 rivelano un tasso di ‘omericità’ molto basso, giudicato emblematico dello stile del Ciclo (‘inferiore’ secondo angusti parametri panomerici) ‘*; si tratta di fatto del medesimo stile che informa i

!° Tzetz. ad Lycophr. Alex. 1232 = Il parv. fr. 21 (IV) B.: per il testo completo, discusso in dettaglio, vd. infra, $ 2. °° Obiezione implicita nel sospetto di una derivazione da Simia, e non da Lesche, anche di quanto riferito in Tzetz. ad Lycophr. Alex. 1232 = Il parv. fr. 21 (IV) B. Vd. BERNABÉ, Poetarum Epicorum Graecorum Testimonia et Fragmenta, 81 (che in modo impreciso riporta i brani come scho//. ad Lycophr. Alex., senza distinguere gli scoli tzetziani dagli altri): «suspecta et. quae dicuntur ap. Schol. Lycophr. Alex. 1232, fortasse a Simia sumpta»; DAVIES, Epicorum Graecorum Fragmenta, 60, dove Tzetz. ad Lycophr. Alex. 1232 è rele-

gato tra ifragrzenta dubia della Piccola Iliade (Il parv. fr. dub. 1 D.); omesso in WEST, Greek Epic Fragments. Cfr. HORSFALL, «CQ» 29, 1979, 378: «Schol. Lyc. 1232 refers to the story in (?)Simias as though it belonged

to the Lizz/e Iliad (thus suggesting that the misattribution of the passage quoted above [I/. parv. fr. 21, 10-11 B.] is of a considerable antiquity)». È questo tuttavia un esempio di estensione meccanica metodologicamente opinabile.

?! Cfr. A. BERNABÉ, Cyelica (1), «Emerita» 50, 1982, 81-92, part. 89-92; TIMPANARO, «RFIC» 125, 1997, Piiemyli

2 ALONI, Tradizioni arcaiche della Troade, 63-64: «Ai vv. 1-5 sono presenti numerose formule, ampie e

direttamente paragonabili a quelle omeriche, mentre per la seconda parte la schematizzazione osservata da Notopoulos consiste soprattutto nella presenza di formule di ‘struttura’ o addirittura nel ricorrere di singole parole — più o meno pesanti — in determinati luoghi metrici». Il riferimento è all’analisi formulare di Il. parv. fr. 21 B. condotta da J.A. NoroPouLOS, Studies in Early Greek Oral Poetry, «HSPh» 68, 1964, 1-77, part. 30

e 72 n. 51, il quale tuttavia non rileva esplicitamente difformità tra i vv. 1-5 e 6-11 (di cui non richiama neppure l'attribuzione alternativa a Simia). ? Notevoli soprattutto i paralleli, verbali e tematici, costituiti da v. 3: roîda è’ EX@v Èr K6ATOv gumAoxduoro merivng = IL VI 467: diy 3 © ridiig mpòg x6Arov èvldvoro merivng; e da v. 4: piye rodòs tetayòv drò mipyov... -— IL XXIV 735: fiye yerpòg #A0v dirò ripyov.... Corrispondenze discusse ampiamente da ANDERSON, The Fall of Troy, 54-59; per la prima cfr. infra, n. 28. # Così nella valutazione di J. GRIFFIN, The Epic Cycle and the Uniqueness of Homer, «JHS» 97, 1977,

39-53, part. 51-52; cfr. DAVIES, The Epic Cycle, 72-73. La differenza con lo stile omerico va intesa in termini

funzionali e non qualitativi, come ammonisce J.S. BurGEss, The Tradition of the Trojan War in Homer and the Epic Cycle, Baltimore-London 2001, 146: «Yet the different treatment of the Trojan prince'’s fate is not

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contigui vv. 6-11”, anche per questo difficilmente assegnabili all’ellenistico Simia”. Inoltre, per quel che riguarda l’economia formulare, da un esame minuto non risulta divario ma al contrario coerenza tra le parti in questione, caratterizzate da un riuso ridondante e distorto del repertorio tradizionale (omerico) ”. laddove in un caso si può

cogliere un nesso tra innovazioni operate a distanza nelle due inquadrature”, Ciò induce a riflettere sulla struttura del brano. Secondo i fautori della ‘scissione’ a favorire la (con)fusione sarebbe stata la comunanza tematica, costituita nello specifico dal motivo della sorte di Andromaca, asservita a Neottolemo (vv. 1-2 e 6-8). Questa teoria non ha invero mordente: strutture anulari, prolessi, ripetizioni ovvero precisazioni verbali e tematiche, anche a distanza ravvicinata, appartengono infatti a pieno diritto al repertorio rapsodico arcaico. I poemi del Ciclo non fanno eccezione, dimostrando sovente una propensione marcata (a tratti esasperata) per costrutti geometrici, chiasmi, richiami nonché simmetrie”.

Il che è quanto emerge dalla serie continua di undici versi, correlati alle due estremità (vv. 1-2 e 9-11), dove risalta il parallelo, formulare e sostanziale, tra il secondo e il

indicative of different artistic standards but rather symptomatic of the poems’ varying purposes in Trojan War narrative». ? La natura extraomerica è avvertita per l’intera sequenza (vv. 1-11) da J.B. HAINSWORTH, Critzcism of an Oral Homer, «