L'astrologia perduta


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L'astrologia perduta

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© 1990 Giovanni Oggero Editore Via Gardezzana 57 Carmagnola

Armando Profita L'ASTROLOGIA PERDUTA

ARKTOS­ OGGERO EDITORE MCMXCI

INDICE INTRODUZIONE

pag.

5

cap. I

La Tradizione

pag.

11

cap. II

Simboli ed Archetipi

pag.

17

cap. III Cielo e Terra - la Diade

pag.

23

cap. IV Il Tempo

pag.

31

cap. V

La scienza del calendario

pag.

43

cap.VI

Menok e Getak

pag.

63

cap.VII L'Architettura Celeste

pag.

73

cap.VIII L'arte del Feng -Shui

pag.

85

cap. IX

La geometria astrale

pag.

91

cap. X

I numeri del cielo

pag.

109

cap. XI

Il settenario ermetico

pag.

119

Appendice I

pag.

125

Appendice II

pag.

139

Bibliografia minima

pag. 148

Stampato nel mese di Febbraio 1991 presso la: "NUOVA GRAFICA CARJGNANESE"

INTRODUZIONE

Un'astrologia che si definisce "scientifica" e "umanistica", come quella attuale, proprio per siffatte caratteristiche si pone in antitesi col primitivo complesso organico e sistematico di conoscenze sugli astri in cui si coniugarono al sommo grado la vocazione mistico-religiosa e l 'impulso noetico delle società del mondo antico vivificate dalla Tradizione. La primeva astrologia, infatti , a differenza delle recenti scienze sperimentali che pongono le cause dei fenomeni studiati sul piano della realtà sensibile, presuppone l 'azione di cause metafisiche sul mondo fenomenico e, in tal guisa, investe il piano della trascendenza, le realtà prime, i modelli essenziali, "quod ubique, quod ab omnibus, quod semper". Le osservazioni delle luminescenti regioni del cielo in tale conte­ sto, non mirano alla registrazione dei decimi di grado delle orbite degli astri o ali 'individuazione delle loro età e masse, come nell ' astro­ nomia moderna, e nemmeno servono a catalogare tipi e destini umani secondo gli obiettivi dell 'astrologia dilagata in Occidente sotto le spinte neospiritualistiche seguite al misero fallimento della grande promessa di meravigliose realizzazioni intellettuali e materiali dell'e­ ra industriale (H.Fromm, Avere o Essere?). Il planisfero in origine è il diaframma azzurrino tra questo mondo e il sovramondo; esso rende possibile l 'appercezione delle leggi e dei ritmi universali dai quali sgorgano il destino collettivo e la supersto­ ria; allo stesso tempo predispone ali 'esperienza di quelle realtà superiori che Eliade definirà "ierofanie" (forze di un livello diverso che si manifestano nel nostro livello). 5

L 'astrologia del sublime oramai è perduta. Essa costitul il nucleo di un più vasto sapere cosmologico-simbolico " rivelato", del quale molte applicazioni significative si rinvengono nelle istituzioni,nella struttura dei calendari, nell 'architettura e soprattutto nei riti delle prime razze umane. Che in tempi storici si siano sviluppate anche collaterali conoscenze sugli astri finalizzate alle pratiche agricole, alla pesca e agli spostarnenti per mare e per terra, è incontestabile; ma questi sistemi di lettura del cielo non debbono essere confusi con la primeva conoscenza. Nè la cosiddetta "astrologia tradizionale" può essere assimilata all 'astrologia della Tradizione. Per "astrologia tradizionale", secondo una corrente terminologia, si intende l 'astrologia classica, ossia quella disciplina il cui nucleo centrale, risalente a Claudio Tolomeo (11° sec. d.c.), ci è pervenuto in forma di sistema con gli adattamenti posteriori degli Arabi e coi fatali rimaneggiamenti dei traduttori. Sul primitivo assetto dottrinario si è più tardi innestato in età rina­ scimentale e in misura maggiore negli ultimi due secoli il materiale prodotto dalle nuove osservazioni del cielo, favorite dal progresso tecnologico. L ' ampliamento deli' originario sistema, sotto tale profi­ lo, si è risolto grosso modo nell 'introduzione di una ulteriore parti tura duodenaria della sfera celeste (la cosiddetta "domificazione") e dei tre pianeti transatumiani rilevati per mezzo del telescopio. In massi­ ma parte però la teoria astrologica, le tecniche di base e l 'ermeneuti­ ca oroscopica, pur con gli innesti posteriori, corrispondono tuttora al modello messo a punto da Tolomeo. Se quel modello ancora oggi compendia per grandi linee l 'apparato operativo dell'astrologia, in esso tuttavia lo spirito tradizionale è spento del tutto. Ed infatti, quel che Tolomeo ha rimesso ai posteri sotto il profilo noetico è nient' altro che il prodotto della tarda grecità, e si può essere d 'accordo con il Rudyar quando questi afferma che:" .... Sarebbe un tragico errore ritenere che l 'astrologia presentata all 'Europa da un intellettuale alessandrino fosse l ' astrologia che misurava il vero polso deli' antichità. Essendo essa il prodotto finale della cultura greco-mediterranea orientale, può essere compresa sol­ tanto in funzione del razionalismo di quella cultura. Quel razionali­ smo ha plasmato il mondo moderno in quasi tutti i suoi aspetti, dopo 6

aver perduto il contatto vivo con la tradizione spirituale del pensiero orfico e della filosofia pitagorica" (1). L 'osservazione è fondata, e basterà leggere il prologo del Tetrabi­ blos per averne un'esplicita conferma per bocca dello stesso autore: "Due sono le principali dottrine su cui si fondano le predizioni astronomiche - dice Tolomeo-. Una (l ' astronomia), prima in ordine ed in certezza, attraverso cui conosciamo ad ogni istante il moto del Sole, della Luna e degli astri, come pure i rapporti che questi hanno tra loro o nei confronti della Terra. L 'altra (l ' astrologia), attraverso cui, seguendo le qualità natu­ rali di questi astri, noi consideriamo i cambiamenti che essi, a seconda della loro reciproca posizione, producono negli organismi. Di queste dottrine, la prima possiede rigore scientifico, mentre la seconda non giunge alla stessa certezza. L'una è stata spiegata, per quanto possi­ bile, con appropriate dimostrazioni, in un nostro libro precedente (l'Almagesto). Tratteremo adesso, secondo un metodo conveniente della seconda, che, come abbiamo detto, non è così certa nè perfetta quanto la prima. Pertanto, ogni persona amante della verità non ne comparerà gli argomenti con quelli dell ' altra ricordandosi quanto è grande la nostra comune l imitatezza e la difficoltà di procedere per concetture nello studio dei fenomeni naturali. Tuttavia non si disperi di poter giunger, per quanto possibile, alla sua comprensione, poichè è evidente come la maggiore parte degli eventi più notevoli e che hanno maggior peso tragga origine da una causa celeste. Certo è naturale che le Scienze più difficili siano ignorate o poco stimate dali' opinione comune: se però qualcuno condannasse quella dottrina che ho detto essere la prima in certezza, lo si dovrebbe assolutamente ritenere sciocco e cieco. Quanto all ' altra, essa può invece più facilmente suscitare delle riserve. Certuni, difatti, poichè le sue congetture sono in qualche caso difficili, la ritengono una scienza incerta, mentre altri la pensano inutile, giacchè i suoi decreti non potrebbero essere evitati. Noi cercheremo dunque, prima di dare una esposizione dettagliata dei suoi precetti, di mostrare succintamente fin dove le predizioni siano possibili e fin dove esse possano servire".(2) Già con Tolomeo, come ognuno può vedere, è tracciata quella 7

linea di demarcazione tra l 'astronomia e l 'astrologia che si accentuerà vieppiù nei secoli posteriori, fino all ' attuale inconciliabile divorzio tra l 'una e l 'altra disciplina: paradossalmente proprio "il principe degli astrologi" per primo ha disgiunto e settorizzato la scienza degli astri affermando, come la maggior parte degli astronomi del mondo moderno, che l ' astrologia è qualitativamente inferiore aH' astronomia sì da dover essere presa per quel tanto di "non verificabile" che essa offre! Ponendoci ben al di là delle formulazioni tolemaiche e dall' astro­ logia oroscopica prevalsa negli ultimi millenni, che pure non è da disprezzare per le sue ancora ricche possibilità cognitive e per il suo immutato riferimento ad una realtà superiore che trascende uomini e cose, abbiamo tentato di esplorare il mondo della Tradizione alla ricerca di qualcos 'altro, e precisamente di quella scienza Cosmologi­ co-simbolica in origine rivelata in funzione di custodia del sacro i cui segni è possibile cogliere talora nei primitivi calendari e culti, nelle più antiche scienze e dottrine, nelle leggi e nelle istituzioni dei primo consorzi umani. Le difficoltà non sono mancate, basti dire che nella materia non soltanto difettano le fonti specifiche alle quali usualmente si fa ricorso quando si percorre a ritroso il tempo, ma sinanche il concetto di "Tradizione" è controverso tra gli specialisti ed è frainteso dai più. Per tale ragione prima di tutto chiariremo cos 'è la Tradizione.

8

NOTE (l) D.

Rudyar, "L'astrologia della personalità", Astrolabio, Roma

(2) Claudio

1 986, pag. 1 4

Tolomco, "Tetrabiblos", Prologo, Ed . Arktos; Carmagnola

9

1979

Un'antica immagine raffigurante uno dei padri dell'Astro­ logia: Claudio Tolomeo di Alessandria, vissuto dal 120 al 180 dopo Cristo. autore del volume cTetrabiblos•.

CAPITOLO 1° LA TRADIZIONE

Una corrente di pensiero che annovera tra i suoi massimi esponenti René Guénon e Julius Evola ( l ) identifica la Tradizione con una specie di "trascendenza immanente", intesa come una forza agente dali ' alto neli 'una o neli 'altra area, c neli ' uno o neli ' altro ciclo storico, in modo che valori spiritual i e s u perindividuali presiedessero alla nascita e allo sviluppo di civiltà ncll ' assetto e nelle forme delle quali quella stessa forza si è manifestata, attraverso l ' azione plasmatrice di un ordine sovrasensibile, costituendone l ' asse e il supremo punto di riferimento per l 'organizzazione genera le. La "trascendenza immanente" cd il " tradcre", risiederebbero dun­ que in una vera e propria "forza permeante" trasfusas i talora in certi capi e in certe élites che hanno avu to il compito di attuarla, di mantenerla viva e di trasmetterla. I segni di questa forza si sono impressi in modo indelebile nelle istituzioni civili e religiose, nei s i mboli c nelle forme fondamentali delle società più aristocratiche c megl io stru t turate succedutesi nel tempo, dando luogo ad una dott r ina non scritta, per lo più affid ata ali 'esoterismo. Tale dottrina, ovviamente, non s pieg a e classifica questo o quel simbolo basandosi sulle convenzioni degli etnologi, antropologi, storici ecc.; essa ne penetra piu ttosto il contenuto profondo, secondo una visione essenzialmente metafisica c metastorica del mondo. Un punto fondamentale del pensiero t rad izion a lis t a è l 'idea che sia esistito un tipo universale e in origine "puro" di civiltà che , più tardi, si è realizzato in modo più o meno compiuto nelle forme storiche note. E di fatto molte società del mondo antico presentano sl grande 11

somiglianza nell 'assetto, nelle istituzioni , nell 'organizzazione politi­ ca, nei miti, nei riti e nei simbol i, da doversi necessariamente ricon­ durre ad una matrice comune, appunto primordiale, più che a contatti e a scambi storicamente e geograficamente accertabili. Certo è che più si va indietro nel tempo e più si riscontra una corrispondenza delle varie forme di civiltà al prototipo ideale,. Infatti, più una civiltà è antica, e più essa si basa sull 'idea che la realtà naturale sia permeata da un'ordine sovrasensibile, più si alimenta di sacro e in essa l 'esistenza di ogni individuo vicppiù assume significato, ogni azione essendo finalizzata ad uno scopo non materiale, tutto bensl ri­ solvendosi in una religiosità pura, integerrima, sincera, basata sui rapporti attivi con le essenze spirituali, vivificati da una ritualità rigorosa fino ali 'intransigenza. Dal modello primordiale, che si suppone attuato in una antichissi­ ma superciviltà (nordico-ipcrboreale, secondo alcuni, occidentale­ atlantidea per altri) (2), si osserva nel tempo un progressivo decadi­ mento in organizzazioni sempre più sbiadite e sfaldate, sempre meno attinenti ai prinici p i deli ' archetipo primordiale, fino al mondo moder­ no e all 'attuale trionfante civiltà di massa, che nella sua essenza è antitradizionale perchè caratterizza La dal s istematico disconoscimen­ to di tutto ciò che è superiore ali 'uomo, dal materialismo, da un insano attivismo, da un impulso generalizzato a realizzare cose del tutto effimere e profane (e per ciò stesso antitetiche alle realizzazioni universali e durevoli della Tradizione), c, soprattutto, da una "desa­ cralizzazione in grande". Questo processo, beninteso, non è casuale. Esso, secondo la dottrina in esame, è determinato dagli imperativi metastorici di una legge ciclica secondo la quale il mondo per successive tappe gradual­ mente si involve fino a quando, esaurito il ciclo, si rinnova attraverso una radicale palingenesi. Oggi saremmo vicini alla fine dell 'attuale ciclo; ci troveremmo cioè in una fase avanzata del Kaly-Yuga, l "'Età oscura" delle antiche credenze indù preconizzata anche da altre tradizioni (es. Età del Ferro csiodea). Ciò spiegherebbe perchè la nostra cultura e i nostri costumi siano totalmente invertiti rispetto al mondo delle origini. Il pensiero tradizionali sta, dunque, ben !ungi dali ' attribuire all 'uo12

mo auuale un primato biologico e noctico sulle antiche razze, si oppone all 'idea che lo snodarsi della storia porti allo sviluppo "verticale" delle prerogative umane, ritenendo vero esattamente il contrario. L'era moderna, e il suo conclamato trionfo tecnologico, segnereb­ bero bensl la decadenza dell'umanità nel suo insieme, non soltanto da un più alto ideale, ma anche da un più elevato livello di civiltà, l 'in­ dividuo contemporaneo essendosi ormai ridotto allo stato di creatura scissa dal proprio centro spirituale, e perfino depauperata sotto certi profili, non ultimo quello psichi co. (3) � In genere si intravedono i segni della Tradizione nelle società che presentano i seguenti caratteri : - un assetto monarchico fortemente accentrato sulla figura di un re­ sacerdote, di solito deificato; - una rigida distinzione dei consociati in caste chiuse; -la sacralità della famiglia patrizia e il culto degli antenati alimentato attraverso i riti del focolare domestico; - una ritualità complessa ma rigida, aderente cioè a prototipi im­ mutabili; - l ' idea che la sopravvivenza dcii ' anima sia uno stato conseguente al compimento di determinate opere (prassi eroico-cavalleresca, ascetismo, iniziazione, consacrazione, ecc.); - il sacro e la realtà invisibile eletti a costante punto di riferimento in ogni azione, relazione c istituzione; - una visione dcii 'universo e dcii ' esistenza basata sulla interazione tra un piano trascendentale immutabile e archetipico e un piano inferiore, limitato e instabile nel quale hanno sede i fenomeni; - una scienza integrale e unitaria, rivelata, che investe il visibile e l ' invisibile, finalizzata ali 'affermazione e al mantenimento delle leggi dell'ordine e dell ' armonia sulle forze destabilizzanti della disgregazione e del caos latenti nel creato. L 'elencazione che precede ha, com 'è ovvio, un valore puramen­ te esemplificativo e sfiora soltanto problematichc assai complesse che qui non potranno essere approfondi te. Essa nondimeno varrà a delimitare l 'oggetto della nostra in d agi ne e chiarirne lo scopo che, in sostanza, è quello di individuare nel mondo della Tradizione un'a13

s trologia transindividuale,

sacra

cd ar i s tocrati c a che terremo ben

distinta da ciò che abitualmente si accrcdi ta a Tolomeo con l 'espres­

sione impropria di "astrologia tradizionale"

14

o o o

NOTE

(l) Per quanto Guénon ed Evola siano i massimi esponenti della menzionata corrente tradizionalistica, già prima di essi si trovano ampi accenni alla Tradizione nelle opere del Dc Maistre,in Fabre D'Oiivet, ncll 'olandese l ll:rman Wirth e nello stes­ so Abbè Constant, più noto con lo pseudonimo di Eliphas Levi.

(2) Secondo Herman Wirth, G.B . Tilak ed altri sarebbe esistita una civiltà cosmico­

simbolica unitaria, prodotta da una razza originaria, già nel mcgalitico ed anche prima. Questa razza in successive fasi si sarebbe spinta dal nord al sud, prima, e poi da occidente ad oriente, dando luogo a civiltà derivate ma similari, improntate ad uno stesso spirito e contraddistinte da identici simboli e culti.

(3) Com'è noto, abbiamo progressivamente perduto tal une facoltà extrasensoriali in conseguenza dell'accresciuta attitudine della mente logica a "capire" la realtà, anzichè a "viverla" in uno stato di completa unione con essa.

15

- Inizlazlone solare in Caldea.

CAPITOLO II SIMBOLI E ARCHETIPI

Resteremo lontani dalla comprensione dell'astrologia primeva fino a quando non ci saremo liberati da alcuni pregiudizi assai radic ati. Si afferma, ad esempio, che in origine l 'astrologia fosse una credenza animistica caratterizzata, come ogni forma di animismo, da una fissazione di fatti psichici della mente disciolta nella natura e dante forma a enti vitalizzati dalla suggestione e dalla immaginazio­ ne. Sentimenti ed emozioni umane, dunque, in epoche remote avreb­ bero reso il cielo popolato di esseri animati, amici o ostili secondo le impressioni suscitate dai fenomeni naturali correlati con le positure degli astri. In tal guisa i culti steli ari praticati nell 'area mesopotamica sin dal IV0millennio a.c., sono apparsi come la divinizzazione fetici­ stica di alcuni corpi celesti, elevati al rango di deità dalla religiosità di ingenui adoratori di idoli. Quando si parte da tali premesse, allorchè si affronta il problema dell' astrologia riguardante la genesi e i fondamenti del suo simboli­ smo, nella maggior parte dei casi si intravede nelle figure della serie duodenaria dello zodiaco la glorificazione primordiale di eventi na­ turali grandiosi e drammatici registrati dalla memoria collettiva per l ' alto contenuto emozionale da essi scaturente. Ed in questa ottica fatalmente i simboli dell 'astrologia vengono inquadrati nelle "rap­ presentazioni collettive" che Lévy-Bruhl attribuisce ai primitivi. Si è supposto cosl che tali esperienze, ripetendosi nel tempo, si siano fissate nella mente, costituendo i noti "archetipi dell 'inconscio col­ lettivo" (C. G. Jung). Ciò spiegherebbe l 'affiorare anche nelle imma­ gini del mondo onirico di alcuni simboli astrologici, soprattutto il sole 17

e la luna rappresentatno rispeuivamentc, tanto nella simbolica onirica che in astrologia, il principio d 'autorità paterno e l 'archetipo demetrico-matemo. Abbiamo già confutato in altra sede l ' ipotesi Junghiana (l) e, per non dilungarci, noteremo soltanto che anche ad ammettere che vi sia una comunanza simbolica tra l 'astrologia e la dimensione onirica, sl da potersi attribuire ad entrambe lo stesso tessuto archetipale, ciò in se stesso non prova che il simbolismo astrologico sia necessariamente scaturito dai meandri del subcosciente: in altre parole, seppure la psi­ cologia del profondo abbia rinvenuto simboli astrologici nella psiche, deve essere ancora dimostrato che quei simboli siano un prodotto della psiche. In realtà l 'origine del simbolismo astrologico, o del simbolismo tout court, è ben altra. Ma prima di entrare nel labirinto dei simboli in un'ottica aderente allo spirito della Tradizione, è doverosa una precisazione. Le corrispondenze tra le positure degli astri e tutto ciò che la sfera celeste circoscrive, in primo luogo l 'uomo, costituiscono una realtà obiettiva. Chiunque abbia praticato l 'astrologia ha verifi­ cato queste correlazioni sulle quali, oltre la dottrina degli astri, si è in massima parte basata la corrente filosofica che prese il nome di Ermetismo. Porre a monte del l ' astrologia e della sua elaborata simbolica delle "suggestioni collcuive" fissatesi nella mente, quindi, è quanto meno improprio, seppure innegabilmente la scena del cielo desti emozioni come pochi altri spettacoli e si presti per tale preroga­ tiva alle più svariate impressioni ed al legorie. Oltre tutto la serie duodenaria di cui si compone lo zodiaco (uno tra i più antichi e diffusi simboli del mondo) non potè essere espunta dalla natura perchè quivi nulla evidenzia stutturalmente il dodici : se lo zodiaco fosse il prodotto della mente pre-logica dei primitivi, come si suppone, esso con ogni probabilità risulterebbe composto da dicci parti, perchè dieci è il numero che corrisponde alla partitura delle dita delle mani e dei piedi, e che quindi può aver dato origine per "imitazione" al sistema decimale. Nè, d ' altra parte, si è chiarito come alcuni millenni prima dell 'era volgare gli Assiro-Babilonesi disponessero del sofisticato sistema sessagesimale che da essi sin da allora risulta applicato in astrologia. Ma tralasciando, per il momento questa quereli e, converrà 18

affrontare il problema dei simboli dell 'astrologia nel modo più consono all ' essenza di un vero simbolo secondo i canoni dell 'esote­ rismo. In questo ambito il simbolo è concepito come l ' immagine peculia­ re ed esclusiva di una realtà spirituale, superindividuale, investente una moltitudine di piani, di dimensioni e di stati di coscienza. Ogni vero simbolo è l'espressione univoca di un ente trascendentale: non la mera sigla destinata ad una classificazione o ad un riconoscimento di quell'ente, ma la forma "unica" che esso può assumere. L 'imma­ gine simbolica, più esattamente, è una modalità essenziale, una parte integrante e una rivelazione della realtà significata; una vera e propria condensazione dell'archetipo spirituale. "Simbolo" etimologica­ mente vuoi dire '"mettere assieme le parti staccate di una sola cosa", e in questa espressione è enunciata la più elevata funzione cui una immagine possa assolvere: quella di produrre una sintesi tra i diversi possibili piani dell 'esperienza significata (spirito-materia, cielo-ter­ ra, fenomeno-causa, parte-tutto). Il simbolo dunque è una realtà infungibile; ciò che può mutare è il nostro atteggiamento nei suoi confronti , ma non il simbolo in sè. L 'intenso potere evocativo che gli è proprio, altra nota distintiva del simbolo, spiega la sua costante adozione nelle pratiche magiche, religiose e di reintegrazione iniziatica: come si spiega, altrimenti, la costante adozione di figure simboliche quali la croce, il triangolo, l 'esagramma (ecc) in culture non collegate storicamente, nè geogra­ ficamente? In aderenza ai concetti sopra esposti rifiuteremo l ' idea che la mente umana possa produrre sotto spinte emotive, e per cosl dire ad libitum, immagini aventi un sl alto valore, e tenteremo un approccio agli enigmatici glifi dello zodiaco partendo da alcune supposizioni: l) le forme dei veri simboli non sono prodotte dalla mente ma preesistono ad essa; 2) la mente ha un'innata attitudine a percepire gli enti espressi dai simboli nella forma che a tal i enti è propria, e tale attitudine è più sviluppata in certi individui (mistici, iniziati, eroi, ecc.); 3) le forme dei veri simboli spesso hanno una consistenza geometrica archetipica, e sono definite da rapporti numerici 19

altrettanto archetipici;

4) l 'astrologia è in essenza una scienza cosmologica espressa in modo simbolico;

5) gli astri delineano in cielo simboli che evocano ed attivano in noi

gli archetipi corrispondenti; essi ci trasmettono non soltanto radiazioni, ma anche messaggi di vario tipo, anche geometrico­ numerici, i quali sollecitano il sublimonale illudendo le difese della mente logica. Non ci dilungheremo sulla natura degli archetipi sottintesi dal sim­ bolo perchè su di essi, oltre che nell'ambito della moderna psicologia Junghiana (che ne ha individuato l 'essenza "aspaziale" e "atempora­ le") molto è stato detto dai filosofi di ogni tempo (questo argomento nei trattati è definito come il "problema degli universali") ( 2)

20

NOTE (l) Profita, "Simbolismo astrologico, inconscio collettivo e teoria della involuzionc", in "Astologia Magica" Ed. Arktos, 1983 (2) Sull'argomento cfr.: Profita "Scorpione metafisica e antologia d eli' eros", n ° 58 Linguaggio Astrale, C.I.D.A., Torino

21

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••

La costellazione dei gemelli, miniatura, Iran, X l

sec.

CAPITOLO III CIELO E TERRA- LA DIADE

IL Cielo è uno dei più diffusi simboli della urnni tà e non vi è tradizione o religione che non lo abbia collegato ad un sopramondo, ad esseri superiori, al sommo demiurgo, ad una suprema conquista ed ascesa. Più di qualsiasi altra manifestazione naturale il cielo ha in sè tutti gli attributi dell'ente supremo: l'altezza infinita, la potenza (il fulmi­ ne), la fecondità (la pioggia), l'ordine (i movimenti delle sfere), il tripudio (l'arcobaleno). Il cielo è "dappertutto", è "infinito" ed è "sempre"; per queste virtù esso è superire a ogni altra cosa sensibile perché tutte le altre cose sono caduche, hanno cioè un limite, un principio ed una fine. "Il Cielo - scrive Eli ade - rivela direttamente la sua trascendenza, la sua forza e la sua sacralità. La contemplazione della volta celeste, da sola suscita nella coscienza pirmitiva un'esperienza religiosa. Il cielo si rivela per quel che è in realtà: infinito e trascendente. La tra­ scendenza si esprime per la semplice presa di coscienza dell'altezza infinita. L'altissimo diviene nel modo più naturale un attributo della divinità. Le regioni superiori, inaccessibili all'uomo, le zone sideree, acquistano i prestigi divini del trascendetne, della realtà assoluta, della perennità. Il modo di essere celeste è una ierofania inesauribile e la rivoluzione ritmica degli astri è un momento di questa ierofania ( . . . . ). I ritmi cosmici, in particolare, manifestano l'ordine, l'armonia, la durata, la fecondità. Nell'insieme il Cosmo è allo stesso tempo un organismo "reale", "vivente" e "sacro"" ( 1 ). La volta siderea è dunque per se stessa un simbolo grandioso, so23

vrastante, coinvolgente, per i suoi intrinseci valori, perchè l "'alto, l "'elevato " , lo "spazio infinito", sono attributi e cratofanie dell'Ente superiore, segni del sublime. La vita atmosferica e le stelle del firma­ mento si rivelano cosl un mito senza fine. Gli esseri supremi primordiali, gli aristocrati, i grandi delle prime civiltà storiche, i salvatori dell 'umanità, tradiscono relazioni e paren­ tele urani che e stabiliscono la loro sede ultima lassù, ove tutto è luce, incorruttibilità ed eternità. Per le sue virtù il cielo, primo tra i simboli universali, è assurto dovunque ad elemento dell 'esperienza religiosa. Esso è apparso come una diretta promanazione del sacro: una armo­ nioso composto di luce e di suono, in ogni parte del quale, stella, costellazione o galassia, pulsa la vita. Il cielo ha rivelato effettivamen­ te la propria trascendenza, " ... prima di essere valorizzato religiosa­ mente", avverte ancora Eli ade. E se i primi culti del l 'umanità ebbero per oggetto la volta stellata del firmamento, ricercheremo le fonti dell 'astrologia non nei libri di Tolomeo e nemmeno nella immagi­ nazione dei primitivi, ma proprio nella sacralità uranica delle origini: là dove gli astri, prima di indicare l 'epoca della mietitura e dei raccolti, prima di tracciare la rotta ai naviganti, valsero come grandio­ si simboli cosmici di forze spirituali, capaci di condurre lo Spirito oltre le frontiere dell "'irreale", oltre le barriere del mondo finito e diveniente, verso la dimensione dell'infinito-reale. Il cielo nel suo insieme fu il cardine della religiosità primeva e ciò spiega la fortuna dell 'astrologia nel mondo della Tradizione e la dignità di scienza sacra ad essa tributata dalle più maestose civiltà di cui ci è testimone la storia . La funzione di strumento di lettura unitaria del cosmo e allo stesso tempo di fondamento di ogni rito, che caratterizza la scienza-religione delle stelle al suo sorgere, però potrà esser compresa in profondità soltanto alla luce dello spiritual ismo primitivo: spiritualismo che, come già avvertimmo, non va identifi­ cato con l ' animismo di certe culture elementari, nè con ciò che varia­ mente è stato definito "panteismo" o "manicheismo". Lo spiritualismo della Tradizione sostanzialmente fa perno sul principio metafisica della DUALITA ' e sulla legge della DOPPIA NATURA che da esso discende, la cui formulazione si ricava dalla preliminare considerazione che la realtà nella quale siamo immersi è 24

il prodotto (variabile) di un continuo confronto tra le forze equilibran­ ti ed armoniose del "Cosmos" con le forze destabilizzanti e distruttiv­ del " Caos". Vi è dunque un piano di esistenza superiore da cui traggono origine le prime, e vi è un piano inferiore a cui appartengono le altre. Quello è la compiuta espressione di un ordine soprannatura ­ le e spirituale retto dalle immutabili leggi dell'ESSERE, cd è fonte di ogni purezza, perfezione e compi utezza, questo è la base operativa dell'ordine più basso della natura, attiva il potere assorbente della materia, esprime le leggi del DIVENIRE, è fonte di impurità ed imperfezione, dell "'eterno stato di privazione" delle cose corruttibi­ li. Il primo fu identificato col CIELO e col principio VIRILE, valse come l'essere REALE; l 'altro fu simbolizzato dalla TERRA e dal principio FEMMINILE, e rappresentò tutto ciò che è effimero, illusorio e IRREALE. Si ritenne che i due ordini fossero indissolubil­ mente legati pur nella loro diversità da un perenne, necessario rapporto dialettico, e si colse nella dinamica dell 'universo il continuo interarsi del Cosmos col Caos , del Cielo con la Terra, del Maschile col Femminile.L 'uomo tradizionale si disse "figlio del Cielo e della Terra", ma al Cielo esso attribuì tutto ciò che è bello, buono e vero, l ' immagine di un padre salvifico (da ciò la natura celeste di dei ed eroi), mentre dalla Terra esso ricavò l 'esperienza dell 'orrido, ogni forma di panico per le tremende prove cui era sottoposto a causa della ostilità della natura, il senso della precarietà della propria esistenza continuamente esposta ai pericoli di forze ostili (2). Della dottrina della doppia natura vi è traccia nel pensiero di Platone, là dove il filosofo accenna ad un mondo invisibile, superiore, sede propria delle notissime "idee", quegli archetipi di integrale purezza riflessi nelle corrispondenti cose del mondo fenomenico. Ma l ' idea dei due piani perennemente interagenti la troviamo espressa soprattutto nei simbol i, nei miti e nella iconografia dei culti primordiali . Prendiamo, per cominciare, il "TAI -CHI" taoista (fig. l)

FIGURA l

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In questa immagine, che riproduce ideograficamente la dialettica Yin (femminile) - Yang (maschile), un cerchio è diviso in due metà uguali da una linea sinusoidale; una parte è nera (Yin), l 'altra bianca (Yang), e non casualmente la lunghezza della separazione media è uguale a quella della semicirconferenza esterna. Cosl, infatti, il contorno di ogni metà Yin e Yang è uguale al perimetro totale della figura. Come dire che il Ciclo e la Terra sono attaccati l 'uno all 'altro e si stringono mutualmente. Bisogna inoltre osservare che la parte Y ang ha nel suo centro un punto yin c la parte Yin ha un punto yang, segno della INTERDIPENDENZA delle due parti . Vi è dunque una traccia di "Luce" (yang) nell" 'Ombra" (yin) e un segno d'Ombra nella Luce: il Ciclo confluisce nella Terra e la Terra si proietta nel Cielo. Benchè rappresentino i due contrari, Cielo e Terra non si contrappongono mai in modo assoluto perchè tra essi vi è sempre un principio ed un fondo di "mutazione" che permette una continuità: spazio, tempo, uomo, ambiente, tutto il creato è tanto yin quanto yang; simultaneamente ogni cosa li contiene entrambi (lo yin e lo yang) attraverso il suo divenire e il suo dinamismo, con la duplice possibilità di evoluzione. E' ciò cui allude la letteratura cinese quando si pone con Lao-Tzù l ' interrogativo: "Puoi aprire e chiudere i battenti celesti?" (3). Lo stesso principio dei "contrari interdipendenti - mutualmente interagenti" è alla base delle figure che si fronteggiano nel cerchio zodiacale: ARIETE-BILANCIA = rottura dell 'equilibrio - riequilibrio TORO-SCORPIONE = produzione -eliminazione GEMELLI-SAGGITARIO = duplicazione - moltiplicazione CANCRO-CAPRICORNO = genesi - concentrazione LEONE-ACQUARIO = centralizzazione - proiezione VERGINE-PESCI = organizzazione - dissolvimento Anche i pianeti si pongono in rapporto dialettico in ragione della loro polarità: SOLE-LUNA = il Maschile, il Cielo -Yang/il Femminile, la Terra - Yin MARTE-VENERE = la forza attiva l il potere di aggregazione GIOVE-SATURNO = la crescita l il consolidamento 26

Soltanto Mercurio, l "'Ermafrodito", parrebbe sottrarsi alla regola. Ma esso in realtà, per le sue peculiari virtù, è l 'espressione planetaria della più compiuta sintesi dei complementari, tanto da potersi conver­ tire nel corso del magistero alchemico dal suo aspetto lunare di "Sostanza" (figura 2) nell 'aspetto sulfureo o igneo di "Essenza" (figura 3), e viceversa.

FIG.2

FIG.3

La DIADE METAFISICA Cielo-Terra è espressa nel noto simbo­ lismo dei trigrammi dell "'! KING" ove la linea spezzata (- -) corrisponde ancora alla terra e al femminile (yin), mentre la linea intera (- ) è l 'immagine del Cielo e del maschile (yang). In occidente gli stessi elementi per lo più si rinvengono neIl 'imma­ gine della croce ( +) in cui il braccio orizzontale rappresenta la stasi propria dello stato fenomenico della materia, cui si sovrappone l ' intersecante linea verticale che esprime la pulsione verso l 'alto, quindi la "trascendenza" o più semplicemente il moto ascensionale di ciò che in forma sottile e sublimata tende naturalmente a salire. La Massoneria, in perfetta simmetria coi simbolismi sopraccenna­ ti, ripone nei due fondamentali strumenti dell 'Arte Muratoria, la Squadra e il Compasso, la grande legge del Sistema B inario che presiede al dualismo Spirito-Materia. Nel primo grado dello Scozzesismo, i lavori "d'officina" si svol­ gono in "camera di apprendista", e qui la Squadra (Matcri a) è sovrap­ posta al Compasso (Spirito). Nei lavori della "Carnera dci Compagni" (2° grado) Squadra e Compasso si intrecciano, e in "Camera di mezzo" (3° grado) la Squadra si situa sotto il Compasso. Sono le tre trappe fondamentali di sgrossamento della "Pietra grezza" che gradualmente dà luogo alla "Pietra Cubica", quindi il vir27

tuale itinerario dalla "Terra al Cielo) (4).

Il dualismo Cielo-Terra, Spirito-Materia, Maschile-Femminile è alla base di ogni forma di religiosità del mondo tradizionale ove, non a caso, vi è una notevole ritualizzazione delle pratiche nuziali il cui fine è proprio quello di creare una catena di unione tra la sfera materiale e le sfere superiori, e di sacralizzare al contempo l 'unità della coppia. Per tal motivo il tema dello "ier6s gamos", del sacro connubio tra Cielo e Terra, è il motivo ispiratore di una moltitudine di cerimonie cultuali e di pratiche misteriche che tendono invariabilmente a provocare una rottura di livello e la conseguente effettiva irruzione negli officianti delle folgoranti forze cosmiche del Maschile e del Femminile (espresse in forma di deità o allo stato puro), imbriglian­ do e dirigendo le quali si acquisiscono possibilità demiurgiche, il potere plasmatore e il controllo sulle forze oscure del caos e sulla natura ostile. La tradizione indù celebra le "sacre nozze" nell'unione indissolu­ bile della coppia divina PURUSHA-PRAKRTI, in cui il Maschio pri­ mordiale Purusha, emblema della pura luce, figura nella iconografia olimpicamente distaccato e impassibile, ma allo stesso tempo attivo nella sua apparente immobilità (similmente ali 'Ente aristotelico, il noto "motore immoto"). Il sacro connubio e le correlate implicazioni cosmologiche e cosmogoniche sono il basamento del Tantrismo tradizionale che, nelle scuole della "mano sinistra", si ispira alla coppia degli dei SHIVA e SHAKTI rappresentati saldamente avvinti nell ' amplesso invertito, il VIPARITA-MAITHUNA. Le divinità primigenie "Ouranos" (il Cielo) e "Gaia" (la Terra) riprese nella Teogonia esiodea nell'alto di copulare, come pure le 28

coppie Osiride-Iside, Gheb-Nut della rcligiosità egizi a e tutte le altre coppie divine della Tradizione esprimono la stessa idea. Siamo dunque in presenza di un fondamentale simbolo universale del quale , per coerenza con la nostra dichiarata concezione dello zodiaco come massimo condensatore di archetipi, coglieremo la presenza nella serie simbolica delle dodici costellazioni. L'Ier6s gamos, infatti, è la massima allegoria del segno della Bilancia che come è noto esprime l 'unione del maschile col femmi­ nile, ossia l 'equilibrio delle polarità raggiunto attraverso l 'azione combinata delle loro diverse qualità (un piatto sale tanto quanto l ' altro scende). Per un approfondimento del tema riportiamo in appendice un nostro vecchio lavoro che enuclea una moltitudine di analogie e correlazioni tra i significati propri del settimo segno, i tratti del suo ideogramma, le sue caratteristiche astronomiche, la parte dcii ' anno in cui esso domina la scena del Ciclo e certi miti, particolari culti, fonemi, numeri ed altro materiale (5). Si noterà ivi che i simboli del l ' astrologia, nonostante la loro po­ livalenza e la straordinaria complessità dei significati adombrati, co­ stituiscono un tutto unitario così organicamente correlato da poter essere applicato ad ogni categoria di pensiero, ad ogni sistema relazionale e, in definitiva, ad ogni schema che l a mente possa concepire. E d 'altra parte, quando addentrandoci nello studio dcii 'astrologia cogliamo evidenti correlazioni tra i dodici segni e le varie parti del corpo umano, tra il settcnario planetario e il scttcnario dei colori , dei metalli, delle note musicali e così via, in definitiva scopriamo che l 'universo in se stesso è un simbolo organizzato secondo valcnze analogiche e il pensiero ne è l 'estrinsecazione ultima.

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NOTE ( l ) Eliade, "Trattato di storia delle religioni", tr.it., Boringhieri, 1984, pagg. 42-45

(2) Nel mondo luminoso delle forme, espresso da Apollo, e n eli'essenza drammatica della vita legata a Dionisio , Friedrich Nietzsche vide l'origine della tragedia attica e l'anima della Grecia arcaica. (3) "Dizionario dei simboli" di J. Chevalier e A. Gheebrant,tr.it.,Ed.Bur - Rizroli. (4) Il carattere indissociabile della contrapposizione perpetua tra le due polarità cosmiche nel tempio massonico è rappresentato dalle due colonne (Jachin­ Bohaz), dal pavimento a scacchiera e dai simboli del Sole e della Luna. (5) Il saggio "L'esoterismo del segno della Bilancia" riportato in appendice è tratto dal nostro libro "Bilancia"- Ed. Armenia, Milano, 1 982.

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CAPITOLO IV

IL TEMPO

Il significato che oggi attribuiamo al temo è assai labile e legato a valori prettamente quantitativi e matematicamente misurabili in rapporto a certi movimenti dei corpi celesti : cosl, la durata della rotazione della terra intorno al sole è l ' anno astronomico, il movimen­ to conico dell 'asse terrestre determina l 'anno prccessionale ecc. Posto unicamente in relazione a questi ritmi uniformi il tempo ha assunto un valore di cifra c misura, soltanto strumentale al compimen­ to delle nostre attività quotidiane e alle datazione degli avvenimenti, e ci è apparso uni dimensionale, continuo e scorrente con regolarità. Ben diversa è la concezione tradizionale del tempo. In origine il tempo è concepito come una REALTA ' dotata di intrinseche qualità archetipali, come un ente in se stesso compiuto e "saturo di destino" (Guénon) che si manifesta e ag isce metastoricamente, e cioè prima e oltre l 'uomo, secondo un dinamismo circolare, lo stesso dci corpi celesti che nelle azzurre regioni del cielo, nello spazio sferico più perfetto e intriso di sacro del nostro mondo sensibile, orbitano sempre nello stesso senso, sempre con lo stesso passo, sempre nel rispetto delle rigide regole matematiche e geometriche stabilite all 'inizio della Creazione, estrinsecando in tal guisa, come grandiosi simboli naturali perennemente in azione, le virtù di ciò che al sommo grado è dotato dei caratteri degli enti perfetti. Il tempo dunque ha un ANDAMENTO OCLICO, perchè nell 'universo tutto si compie secondo il moto circolare: e come i corpi celesti orbitando tornano alle loro prime positure, cosl il tempo nel suo insieme si RINNOVERA' allorchè il GRANDE ANNO si sarà compiuto. Soffermiamoci sul conceuo di QUALIT A' DEL TEMPO. Nella 31

coscienza di tutti il tempo è legato agli avvenimenti che vi si svolgono, "tanto che non si possono assolutamente considerare come realmente equivalenti due durate quantitativamente uguali, ma sature di avvenimenti del tutto diversi", dice Guénon (1). E' opportuno chiedersi allora se non vi siano nella determinazione degli avveni­ menti cause connaturate al tempo stesso. A questa domanda l 'astrologia può dare delle risposte. Ad esempio la DOTTRINA DELLE ERE ASTROLOGICHE postula che esiste un nesso tra la storia e lo zodiaco, in guisa che tutto ciò che l 'umanità nel suo insieme esprime e gli avvenimenti che si succedono su scala planetaria in epoche astronomicamente definite hanno una corrispon­ denza analogica con la costellazione in cui cade l 'equinozio di primavera (2). Vi è dunque un vero e proprio "tempo dell 'Ariete" cui segue il "tempo dei Pesci" e poi il "tempo dell 'Aquario", e così via. Cause metastoriche, annunziate dai simboli del cielo sembrano cosi presiedere allo sviluppo della realtà diveni ente, e il tempo rivela la sua struttura ciclica e la sua essenza qualitativa, perchè circolare e qualitativamente determinato è lo Zodiaco che lo consustanzia. Per questa ragione al ricomparire di una costellazione l 'umanità ritorna a conformarsi all 'immagine zodiacale ora riapparsa, sia pure secondo il grado di civiltà, di conoscenza e cultura raggiunti (una specie di continuo ritorno a ciò che è stato, in una prospettiva attinente a ciò che si è "hic et nunc"). L'esegesi storica in chiave astrologica in proposito mostra che allorquando l 'equinozio è caduto nel mistico segno dei Pesci, grosso modo dal tempo di Erode alla Rivoluzione Francese, il crisma di questo segno si è impresso in Cielo e in Terra: il Cristianesimo col suo Messia "sacrificato" e coi suoi martiri che si riconoscono nel segno dei "Pesci" (segno cui l 'astrologia attribuisce anche il significato del sacrificio personale), con gli apostoli definiti "pescatori di anime", con la "Vergine Immacolata", nello Zodiaco l'unico figura femmini­ le, la Vergine, si riflette nel segno opposto, quello appunto, dei Pesci, e ne completa il significato). Ancora, sotto la costellazione dei Pesci è l 'ora dell 'Islam, della "Guerra Santa" e delle crociate: i viaggi "oltre mare" delle milizie crociate e saracene sono bensì espressi dal Saggitario, segno del canone religioso, della cavalleria e delle missio32

ni da compiere "lontano" (ad immagine del centauro che tende l ' arco), ma questo segno, posto al quadrato (- 90°) dell 'asse Pesci­ Vergine, come il suo opposto, i Gemelli, pure concorre alla determi­ nazione metastorica dell 'era in esame (3 ). L'era dei Pesci dunque chiama in causa il simbolismo dcii 'intera serie dei "Segni mobili", e agli archetipi di questi segni ben si correlano i momenti più significativi della storia occidentale: il feu­ dalesimo, la cavalleria, gli ordini monastici, mistici e guerrieri, l 'alchimia, la copiatura dei manoscritti (e poi la stampa), infine gli scismi, Lutero, la Riforma e la Controriforma, l 'Inquisizione ecc. Col Rinascimento affiorano nelle opere dci grandi sognatori le ultime immagini dell 'utopia pescina: Botticelli sublima l ' ideale apollineo della bellezza nella sensualissima Venere nascente dalle acque, sospesa sulla conchiglia mossa dagli Zefiri; Leonardo, uomo dei Pesci , progetta macchine che precorrono i tempi, e dipinge immagini sfumate di una realtà senza tempo, Colombo solca l 'oceano (grande attributo del simbolo pescino); Cervantes dà vita a Don Chisciotte, lo sbilenco cavaliere errante: quale personaggio, meglio del cavaliere della Mancha può apparentarsi ai Pesci (saggia follia o "nomadismo psichico"), al Saggitario e ai Gemelli (l 'errare in groppa ad una cavalcatura in difesa di ideali) e infine, alla Vergine (il celibato del cavaliere)? Quando l'equinozio si è spostato nella costellazione dell 'Acqua­ rio, l 'Illuminismo, le rivoluzioni americana e francese e i risorgimen­ ti nazionali hanno dato ingresso alla nuova era dei segni "fissi " (Ac­ quario, Leone, Toro e Scorpione). E' l 'ora della trionfante società umana. E' l 'epoca in cui per la prima volta l 'uomo, votandosi alla RAGIONE e alla SCIENZA, valenze acquariane per definizione, osa contestare il Sacro e le istituzioni spirituali e temporali basate su tale fondamento, affermando che il destino dell 'individuo si deciderà su questa terra e non in cielo. D 'ora in poi la più grande virtù sarà il nostro rispetto della persona e la più grande felicità consisterà nel riscatto di ognuno dai condizio­ namenti dogmatici, ma anche economici, politici e morali, attraverso il progresso umano e sociale, superato il giogo millenario delle autorità e della "Tradizione", la rivalutazione dell 'uomo e la promo33

zione delle condizioni umane ispireranno ogni ordinamento giuridico e ogni sistema di governo. Dali 'opposizione ali ' Acquario, la costel­ lazione del Leone - il cuore del grande uomo cosmico - contrapporrà ai "Lumi della Ragione" il Romanticismo e i suo fermenti di passione. Dali 'asse pe rpendicolare, il Toro, il pi ù laborioso, produtti­ vo e realista segno dello zodiaco, presiederà allo sviluppo della ci v iltà industriale e alla venuta degli annunziato ci del nuovo dio-uomo: Darwin e la teoria evolutiva, Marx e il mito del lavoro, Freud ed il suo pansessualismo (4). Sotto la Costellazione dello Scorpione, simbolo del sesso e della morte, abbiamo assistito al crollo della "Grande promessa", al fiorire dello Spiritismo e al dilagare della pornografia e del terrorismo. I cupi messaggi dell 'energia dell 'atomo (Plutone/Scorpione), l 'inquina­ mento su vasta scala e la diffusione di droghe e sostanze tossiche, corollari di veleni e di morte, sembrano caratterizzare i tempi più recenti (5). Viene spontanea a questo punto una domanda: diremmo che il 1 84 8 è l 'anno di "tutte le rivoluzioni" e il 1 968 l ' anno della "contestazio­ ne giovanile", senza quegli imperativi metastorici che abbiamo defi­ nito "qualità del tempo"? Lasciando l 'argomento delle ere astrologiche converrà toccare, sia pure per cenni, la dottrina tradizionale dei CICLI COSMICI, capisal­ do della Tradizione. E' noto che questa dottrina si basa sull'idea di un tempo ciclico diviso in fasi qualitativamente distinte e di durata variabile, nella suc­ cessione delle quali si attua il progressivo oscuramento del mondo e la graduale corruzione dell 'umanità che, da un originario aureo stadio di solarità (sacralità), scade progressivamente di livello fino al suo limite inferiore. Ogni cultura del mondo antico ha distinto con propri simboli le varie fa si di questo ciclo involutivo. Nell'area greco-romana, secondo l 'insegnamento di Esiodo, le età sono state contrassegnate da un simbolismo metallico: oro, argento, bronzo, ferro. Esiodo ha però situato a cavallo delle età del bronzo e del ferro una quinta fase, quella degli "EROI", in cui si sarebbe attuato un tentativo (per altro inutile) di restaurazione dello stato primordiale. Cinque cicli 34

solari corrispondenti agli elementi e a una fase eroica si ritrovano pure nella cultura atzeca. L'India espresse la dottrina ciclica nella forma dei quattro yuga (krta-yuga, treta-yuga, dvapara-yuga e kali-yuga) e adottò il simbo­ lo del TORO ad immagine del DHARMA: ad ogni successiva età vien meno uno dei quattro piedi deli ' animale che, così, si destabilizza in modo crescente col venir meno della legge tradizionale. Nella tradizione iranica le quattro età sono quelle dell'oro, dell ' ar­ gento, dell' acciaio e della "mescolanza di ferro". La cul tura ebraica più antica assimila ai "quattro regni" succedutisi nel tempo le parti di una statua splendente che ha testa d'oro, petto e braccia d 'argento, cosce di rame e piedi di ferro e argilla. Proviamo adesso a confrontare una sequenza ciclica, ad esempio il ciclo metallico esiodeo, con la sequenza simbolica dello zodiaco, secondo le corrispondenze analogiche tra i metalli, i pianeti e gli equivalenti segni zodiacali. Stabilito l ' inizio del ciclo nel Leone, ad ogni successiva età retro­ cederemo di un segno nello zodiaco, seguendo il movimento dell 'an­ no precessionale già adottato per la datazione delle ere astrologiche. Per ogni segno esamineremo anche il suo opposto, nel rispetto delle regole della buona ermeneutica. Avremo dunque: - età dell 'ORO = asse LEONE/ACQUARIO - età del l 'ARGENTO = asse CANCRO/CAPRICORNO - età del BRONZO = asse GEMELLI/SAGITTARIO - fase EROICA = asse TORO/SCORPIONE - età del FERRO = assi ARIETE/BILANCIA - PESCI/VERGlNE Nell 'asse LEONE/ACQUARIO si celebra l 'inizio dei tempo e lo stato edenico. Qui, a parte la nota parentela tra l ' oro, il Sole e il Leone, troviamo nel segno deli ' Acquario Sa turno-Kronos ( 6), il pianeta omologo del mitico reggitore dcii 'età aurea. Sebbene questo pianeta sia in "esilio" nel Leone, ossi a nel segno zodiacale del metallo più nobile, e ciò parrebbe mettere in contraddizione l ' astrologia ed il mito, il simbolismo ermetico-alchemico ci offre la chiave di lettura di tale arcana coincidentia oppositorum quando attribuisce ai filosofi giunti al compimento del magistero, quelli che hanno "spiritualizzato

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il corpo" e "corporalizzato lo spirito", il potere di "A URIFICARE IL PIOMBO (Saturno) e PIOMBIFICARE L'ORO". L'oro alchemico, dice la tradizione, si produce "dal" piombo e "nel" piombo: oro e piombo san dunque la stessa cosa per la fonda7 mentale unità della materia (en to nav), ma anche perchè ogni cosa sviluppata al massimo si trasforma nel suo opposto. La vibrazione sonora, e quindi Kronos, il reggitore dell'Acquario, è anche LUCE RAPPRESA : la luce del Sole/Leone che all 'alba del mondo rischiara la culla degli " Androgeni", quelle figure di angelo che nell 'ideogram­ ma del segno dell'Acquario travasano la sostanza eterica. (7) Con la scissione dell'Androgeno si instaura l'età dell 'Argento e la spiritualità demetrica, pura e calma come la luce lunare. E' l 'ora delle "Grandi Madri" e d� l primo oscuramento degli dei. Il grande orologio cosmico adesso è puntato sul Cancro, per definizione segno dell 'ar­ chetipo demetrico-materno e dell 'Argento. Saturno-Capricorno, dall 'altro polo dell 'asse avvia le genti alle arti e organizza la cono­ scenza. La ruota del tempo gira ancora. La successiva età del bronzo è sotto il segno di una lega metallica, quindi può ben situarsi nell'asse del segno doppio dci Gemelli, simbolo di duplicità, di duttilità, del legame dci diversi (mito di Castore e Pulluce). All 'opposizione ascende il Saggitario, segno "bicorporeo". In questa era Regalità e Sacerdozio si separano; l'arsa e il cinghiale si fronteggiano; il sacro tende a secolarizzarsi, la Regalità si acquista non più per "mandato celeste", ma con la forza delle armi : l 'umanità un tempo ordinata in base al "mos maiorum", ora si dà leggi scritte (l 'astrologia attribuisce il diritto al Sagittario e la scrittura ai Gemelli) ( 8). Nella versione di Esiodo accade a questo punto che mentre il mondo sta per sprofondare nelle tenebre dell 'ul­ tima età, una razza di eroi tenta di riprendere l 'originaria integrità dello Androgeno e di restituirsi alla primitiva prestanza e perfezione dell'età aurea. Gli "eroi" cui si accenna sono i Titani, cioè le forze brute della terra; la loro rivolta è l ' espressione dello scatenamento del Caos contro il Cosmos , è la rivolta della "materia"; essi anelano alla luce-vita e seminano il panico e la morte. Questi significati oltre ad evidenziare gli aspetti tellurico-lunari inferiori del Toro, chiamano direttamente in causa le potenze elementari, sotterranee e in subbu36

g l io dello Scorpione. I Titani sono il simbolo del conato sovversivo; essi tendono a instaurare in realtà un potere infero, e già annunziano i l tempo dell'Apocalisse. Coi segni di Ariete e Bilancia vengono i tempi ultimi, l 'età del ferro, la fase più oscura del ciclo, l 'era di Kali. Anche in questo caso la correlazione analogica è notevole; l 'Ariete è retto da M arte e M arte è l 'espressione planetaria del "ferro". Nel suo aspetto deteriore di Capro Satanico, l 'Ariete esprime quelle valenze di competitività, di egotismo, di insano attivismo che contrassegnano l 'attuale fase del c i cl o. Ma anche la Bilancia, che è posta ali ' opposizione dcll 'Ariete, ad ovest dove il Sole (cioè il Sacro) "tramonta", vale come conferma c "segno" che la legge tradizionale è infranta. Valgano alcune consi­ derazioni . Come lo strumento di pesatura che ne è l 'emblema, la Bilancia è un vero e proprio marchio di quel "regno della quantità" che secondo le scritture si instaura nel tempo ultimo. Essa inoltre designa il "Giudizio finale". Come punto cuspidale dell 'equinozio di autunno, da cui l ' arco diurno cede per durata ali 'arco notturno, la Bilancia, vale altrettanto bene a scandire le ore che imbuiano l 'ultima parte del ciclo e quindi a contrassegnare l 'attuale "dissacrazione in grande". L 'ulteriore progressione d eli ' asse del tempo nei segni Pesci­ Vergine, è la fase dell ' annullamento (Pesci = informale) che prelude alla nascita della nuova serie ciclica già annunziata dal Cristo/Pesci. Il tempo del mito, come quello dell 'astrologia, è dunque un 'entità reale, dotata di sue caratteristiche, e non segue uno sviluppo lineare e indefinito, ma ha un andamento ciclico (cioè circolare) differenziato in fasi qualitativamente differenti. Ogni ciclo nella sua interezza porta al rinnovamento del mondo attraverso una grandiosa palingenesi. L'eternità di ciclo in ciclo si rinnova, restando se stessa. I cicli attraverso i quali si attua la nascita-distruzione-rinascita del mondo, vennero variamente definiti : "Grande anno" (Mesopotamia e Grecia), "Saeculum" (mondo etrusco-latino), "Soli" (cultura atze­ ca), "Kalpa" (India), "Eone" (Persia antica). Anche la durata di ogni ciclo variò da popolo a popolo. Ciò che però apparenta tutte le tradizioni è l ' idea che al compimento di un grande ciclo l ' Universo debba disfarsi, ricomporsi e dar luogo ad una fase in cui rivivrà tutto 37

ciò che è stato: il mito dell'eterno ritorno. Questa idea è in linea coi principi della dottrina tradizionale: se alle cose del mondo materiale e della realtà sensiente è propria la legge della trasformazione e del divenire (Shakti che ritrna l 'amplesso), lo stesso mondo nel suo insieme non può sottrarsi alla identica legge. L 'uomo di ogni tempo ha temuto, e nel contempo ha atteso, la fine liberatrice di tutto. Gli antichi però vollero fissarne la data, e l 'astro­ logia dovette rispondere al quesito. Gli astrologi caldei, i più grandi esperti dell 'antichità in fatto di lettura degli astri, risolsero cosl la questione: "Il diluvio d'acqua e fuoco giunge allorchè piace a Dio creare un mondo migliore e porre termine ali 'antico . .... Beroso attribuisce queste rivoluzioni agli astri, e ciò in un modo cosl affermativo, che egli fissa l 'epoca del­ la conflagrazione e del diluvio. Il globo, egli dice, pren­ derà fuoco quando tutti gli astri, che hanno adesso corsi cosl diversi, si riuniranno nel CANCRO e si disporran­ no in modo tale, gli uni sotto gli altri, che una linea ret­ ta potrebbe attraversarne tutti i centri . . . . Il diluvio (in vece) avrà luogo quando tutte le stelle saranno riuni te ugualmente sotto il Capricorno .. " (9) Questo frammento pone degli interrogativi. E' possibile che tutti i pianeti si allineino in modo da coprirsi l 'un con l ' altro visti dalla terra? E se ciò è possibile, tale configurazione planetaria può determi­ nare un cataclisma totale? Alla prima domanda non si può rispondere se non con le leggi del calcolo; e sinora una simile indagine non è stata effettuata, ma in teoria non è da escludere che un allineamento totale possa verificarsi e in questo caso gli effetti sarebbero certamente esiziali in base ai risultati dei più recenti studi sulle "doriforle" (congiunzioni planeta­ rie multiple), in cui più o meno tutti i moderni ricercatori di astrologia si sono cimentati (su questo punto è notevole l 'apporto della scuola francese di astrologia mondiale: le indagini di Gouchon, Brajy, Julien, Volguine e dal versatile André Barbault sono molto più che semplici statistiche). La dottrina, infatti, è consolidata nel senso che allorquando i .

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pianeti si "ammassano" nello zodiaco si determina una sorta di squilibrio del cielo i cui effetti, in un certo senso simili a quelli più che noti delle macchie solari, si fan sentire quaggiù in forma di alterazioni climatiche, esplosione di conflitti, recrudescenza o insorgenza di epidemie, tensioni collettive e individuali e accidenti di ogni genere. Se l 'attualità dell 'astrologia caldea è dunque incontestabile nel frammento in esame, almeno per quanto attiene alla paventata peri­ colosità dello stellium planetario, il richiamo che ivi si fa all 'asse dei solstizi come segna tura celeste dell 'estrema crisi del mondo, è in tutto aderente alla dottrina tradizionale. Per capir bene l 'importanza di tale simbolismo bisogna ricordare che, in virtù dell'analogia di ciascuna parte dell'Universo col tutto, vi è corrispondenza fra le leggi di tutti i cicli, a qualsiasi ordine essi appartengono. Non è casuale, quindi, che il "ciclo annuale" fosse preso a modello su scala ridotta del ciclo cosmico del "grande anno", ossia del compendio dell'intero processo della manifestazione uni­ versale, tanto che i due punti di "arresto" del sole nella rivoluzione annuale (solstizio vuoi dire appunto "stazionamento del sole") corri­ spondessero ai due punti del l 'estrema vicenda dell'universo. Il ruolo fatale dei solstizi nella palingenesi del mondo del resto traeva la sua ragione d'essere dalla primitiva concezione qualitativa e religiosa del tempo, e precisamente dal l ' idea che i solstizi, in quanto connessi al fenomeno della crescita e della riduzione della luce del sole, e dunque alle estreme manifestazioni del travaglio del l 'astro radioso nella sua vicenda periodica ( ontologicamente intesa), fossero i massimi momenti ierofanici del ciclo annuale, momenti saturi di sacralità e, per ciò stesso, di destino. Per questa ragione la scienza del calendario poneva le più importanti cerimonie religiose in coinciden­ za coi solstizi e con gli equinozi: anche gli equinozi, infatti, modifi­ cano nel ciclo annuale l 'equazione luce-buio della manifestazione eliaca, e valgono come i solstizi a determinare le manifestazioni della realtà superiore ( lO).

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NOTE (l) R. Guenon "Il Regno della Quantità e i segni dei tempi", Adelphi, pagg. 44. (2) Un 'era astrologica coincide con il periodo di tempo durante il quale il c.d. punto "gamma" cade in una delle dodici costellazioni dello zodiaco siderale. E' opinione comune che ogni era abbia una durata di circa 2148 anni, ossia di 1!12 della durata dell 'anno precessionale. Tale suddivisione matematica però se­ condo noi non è la più esatta, sul rilievo che se il "punto gamma" retrocede annulmente nell'eclittica di 50 secondi di grado "costanti", l'equinozio deve ne­ cessariamente stazionare nelle diverse costellazioni per periodi variabili, dato che ogni costellazione occupa uno spazio differente dell'eclittica. Sull'argomento cfr. Profita, "Riflessi dell'Era dell'Acquario sulla Massoneria contemporanea" in "Atti del IV0 congresso nazionale C.I.D.A. di Salsomaggio­ re, 1984", editi dal C.I.D.A., Torino.

(3) Confortati da ampie prove, siamo convinti che i temi dominanti di un'era astro­ logica siano annunziati non soltanto dal settore siderale in cui cade l'equinozio, ma anche dal segno opposto e da quelli sulla perpendicolare. La ragione di ciò, secondo noi, è riposta nelle occulte relazioni tra i bracci della Croce iscritta nel cerchio: il più peculiare dei quaterneri dell'astrologia. (4) Sia Marx che Freud son nati sotto il segno zodiacale del Toro. (5) L'era dell 'Ariete, che ha preceduto quella dei Pesci, è caratterizzata dalla guerre di conquista dei territori attuate con grandiosi eserciti. L'Ariete sacrificale, in luo­ go del vitello, è un altro segno dell 'era arietina. In precedenza, sotto il Toro (V0 -III0 millennio a.e.v.), si è avuta la diffusione dell'agricoltura e delle civiltà agri­ cole.

(6) L 'antica divinità italica convenzionalmente si associa al Kronos dei Greci ma ciò pone il problema se l 'omologa espressione planetaria di queste deità, il Saturno dell'astrologia, debba apparentarsi all'uno o all'altro nume. Pensiamo che si deb­ bano attribuire a Saturno del Capricorno le valenze del Saturno ltalico: ricorde­ remo, al riguardo, che il Capricorno è il segno della società organizzata e che Saturno laziale fu il civilizzatore per eccellenza, promotore di ogni arte e in par­ ticolare dell'agricoltura. Il Kronos ellenico invece sarà messo in correlazione al Saturno dell'Acquario, segno aereo della scienza e del ritmo. (7) Giorgio De Santillana ritiene che l'Età dell'Oro consistesse, dal punto di vista astronomico, nellacoincidenzadel punto di incrocio tra l'eclittica e l'equatorecon quello tra eclittica e galassia prodottosi nell'asse Gemelli-Saggitario. Ma tale ipo­ tesi va confutata sotto il profilo mitico-simbolico. (n.d.r.)

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(8) La "Giustizia", in un senso più ampio del diritto codificato, si colloca nella B ilancia. (9) A. Barbault, "Astrologia mondiale" Armenia, pag. 170

(lO) Un ricordo del tempo ierofanico e fatale dei solstizi e degli equinozi, forse tuttora

permane nell'astrologia moderna, che, oltre ad attribuire un valore speci fico di potenza e autoderminazione ai Segni Cardinali (Ariete, Cancro, Bilancia e Ca­ pricorno), nei quali si attuano nella rivoluzione annuale le mutazioni stagionali (ormai soltanto naturalisticamente intese), assimila a questi settori 7..odiac ali gli angoli del tema (case JII,JVII,VIIIII e Xli) e li privilegia nella lettura del carattere e del destino individuali, come le parti più influenti e attive dell 'intera mappa.

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CAPITOLO

V

LA SCIENZA DEL CALENDARIO

Nel pensiero degli antichi gli oggetti che cadono sotto i sensi ed anche le azioni umane non hanno un autonomo valore intrinseco, ma traggono la loro ragion d 'essere e valgono in rapporto ad un piano causale situato al di là del mondo fisico, in una dimensione immate­ riale e transindividuale (assimilata al "cielo") rispetto alla quale il mondo fenomenico è un pallido riflesso, una copia sfocata che si trasforma incessantemente e che continuamente sfugge, incoerente e irreale come l 'immagine di un sogno. Il mondo sensibile non può formare oggetto di "vera" conoscenza a causa della mobilità e contingenza delle sue forme . Inoltre, azioni ed opere che siano compiute nel mondo fenomenico avranno un'efficacia assai limitata, perché travolte dal vortice della realtà vivente, inevitabilmente saran­ no assorbite e dissolte nel nulla. Soltanto quel che si radica nella realtà invisibile, nel dominio delle cause e dell 'Essere, può esistere in senso reale e durare "in cielo e in terra". Per tal motivo l 'uomo della Tradizione è costantemente proteso a compiere atti che stabiliscano rapporti col sovramondo e che siano, in quanto tali, incorruttibili. Ciò, non soltanto per superare lo "stato di privazione" che pesa su di lui per la sua parziale discendenza tellurica, ma, ancor prima, per rinsaldare di continuo il suggello col quale in epoche remote forze oscure, ambigue e temibili furono domate e ridotte ali 'impotenza nella natura. Costruiti cosi i ponti tra la Terra e il Cielo, esso si assume la responsabilità di far da punto di coesione della realtà universa, tanto da compiere ogni atto, anche quello più comune del vivere quotidiano come il nutrirsi, con estrema consapevolezza, secondo un ordine ed 43

un fine, cioè secondo un RITO. Se la religiosità primeva concettualmente più ridursi alla già ac­ cennata dottrina della "doppia natura" e ai suoi sviluppi analogici, mentre nella prassi essa è contrassegnata da un massiccio e perfino prolisso apparato di istituzioni religiose, di culti , di pratiche misteri­ che, ma soprattutto di RITI e SACRIFICI, ciò consegue al fatto che nella Tradizione l 'esperienza del sacro non si basa su astratti dogmi o su speculazioni teosofiche o su pratiche intrise di precetti etico­ morali adeguati di volta in volta alla concezione che storicamente si ha del sacro; essa, bensì , concretamente si "attua" mediante l' AZIO­ NE RITUALE, e i riti, in ambito tradizionale, non si discutono, ma si eseguono secondo regole di "ius strictum" che ne impongono prima di tutto la immodificabilità, la "stretta osservanza" dei vari prototipi. Con la potenza dei riti, prima che con l 'ossequio agli dei , l 'uomo tradizionale "piegò l ' Alto in basso ed elevò il basso in Alto"; con la diuturna, rigida pratica dcii ' atto sacrificai e esso ascese al "Cielo", si aprì l 'accesso a tutto ciò che con varia terminologia si è definito "metanoia", "trascendenza", "esistenza reale", "vittoria sulle leggi del flusso e del divenire". Nel rito tradizionale vi è ben poco di religioso nel senso che noi oggi diamo a questo termine: non vi è phatos, nè riverenza devozio­ nale o attesa fideistica verso un dio provvidente. Il rito ha sì uno scopo "salvifico", ma non di un 'anima disciolta dal corpo nell'aldilà di un post mortem; esso salva "hic et nunc" uomini e dei perchè è la più immediata espressione della legge celeste che ogni volta rinnova un'antica azione creatrice ( 1 ). "Rito" significa letteralmente "ciò che viene eseguito secondo l 'ordine", e consiste appunto in una sequenza preordinata (ab imme­ morabili) di gesti (anche coreutici) e suoni paradigmatici che non possono essere modificati : derogare dal prototipo, oppure compiere in modo errato e, perfino, trascurare i riti, è "sacrilegio" e principio di sventura. Vi sono fondate ragioni in tale rigore. Ogni rito qualitativamente riproduce (ma forse è più esatto dire "ripropone") un ATTO PRIMORDIALE compiuto in origine da un dio o eroe o aristocrate capostipite. Il rito per ciò ripete ed attualizza un mito. 44

Esso rinnova e allo stesso tempo alimenta la forza di quel genio creatore la cui azione, ora rievocata, fu necessariamente giusta e conforme alle leggi uraniche dell'ordine e dcii 'equilibrio, perchè si espresse ncll'illud tempus, nel tempo di origine, quand tutto era con­ forme ali 'Essere: "Cosl, nell'atto rituale, il nutrirsi perde il carattere di atto fisiolo­ gico per assumere quello di "comunione"; l 'orgia rituale, trascende l 'erotismo fisico e assume il significato del suo modello mitico, adesso ripetuto perchè è atto "consacrato" sin dall 'origine. Quanto si fa è già stato fatto e la vita dcll 'uomo tradizionale nel suo insieme non è che una ininterrotta ripetizione di gesti inaugurati da altri" (Eli ade). Nella Tradizione il rito è il contrassegno delle civiltà e delle caste che rivendicano una origine superiore. Soltanto il rito può trasmettere e mantenere in vita le qualità del genio primordiale impresse nell'or­ dine, nel luogo e nel tempo in cui ha avuto origine una stirpe o una nazione o è sorta un ' istituzione o è stata edificata una città o un tempio. "Un rito che fallisce o abortisce o devia, come che sia, dal suo modello originario, ferisce e disgrega un dio: è sacrilegium dice E vola -. Alterando una legge, un sigillo di dominio sovrannaturale è sciolto, e forze oscure, ambigue, temibili ritornano allo stato libero. Ma anche il rito trascurato ha un effetto del genere: esso menoma l a presenza del dio nei rapporti coi colpevoli e correlativamente rafforza quelle energie le quali nel dio stesso si presentavano domate e trasformate; socchiude le porte al caos". Le potenze oscure che il rito tende ad assoggettare attraverso la rcvivescenza del compimento cosmogonico primordiale, sono le stesse espressioni telluriche che nei miti vengono raffigurate come mostri orrendi o esseri giganteschi acri d'odio, mossi dall'empito distruttivo e di solito protesi a sovvertire un ordine celeste. La necessità della ripetizione "fedele" dell' atto cosmogonico tradisce la natura antologica dell'azione rituale: se il gesto oggi rievocato valse ali ' inizio dei tempi a soggiogare le forze esiziali delle tenebre all 'ordine uranio del Kosmos, e se esso potrà valere un numero infinito di volte a produrre il medesimo effetto, a condizione che l 'azione non devii dal prototipo, ciò è possibile perchè il compi•

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mento primigenio si è radicato nel mondo delle "cause prime", là dove ogni ente esiste in senso reale. I riti dunque mirano a mantenere un dominio sugli elementi e sono strumenti di potenza in Terra e in Cielo. Questa regola è la costante di ogni rito. Può variare la formula e il fine di esso, ma il meccanismo e l 'e ffetto non cambiano: ciò vale per i riti pubblici , che assicurano solidità e potenza allo Stato, per i riti iniziatici, che tendono invariabilmente alla reintegrazione spirituale dell'adepto, per i riti domestici dei patrizi che alimentano il genio domestico e mantengono vive le qualità e la forza di lui nei suoi discendenti. L'azione rituale per eccellenza, il SACRIFICIO, determina un contatto reale con le forze invisibili e una saturazione di esse nella persona del sacrificatore. Riti e sacrifici però sono efficaci e salvano uomini e dei soltanto se compiuti correttamente e nel "giusto tempo", cioè nei giorni e nelle ore qualitativamente adatti al prototipo che si deve attuare secondo le regole stabilite dalla scienza del calendario. Il calendario primitivo fissa le date del tempo sacro e, nell ' assie­ me, traccia le diverse fasi di riattualizzazione dcii 'illud tempus", il tempo mitico originario: quel tempo sano, forte e incorruttibile in cui si produssero le prime epifanie della reallà, allorquando il mondo era allo status nascendi e le opere divine, gli atti cosmogonici primordia­ li, ebbero luogo. Questo tempo non soltanto ritorna di tanto in tanto secondo le leggi del moto circolare, ma può essere attratto nel tempo profano e farvi irruzione allorchè si produca una rottura di livello della sua compa­ gine con l 'atto rituale: "Per mezzo dci riti - precisa Eliade - l 'uomo religioso può passare senza alcun pericolo dalla comune durata temporale al tempo sacro". Il tempo dunque non è, più dello spazio, omogeneo e continuo. Nella sua struttura vi è soluzione di continuità, ci sono intervalli in cui si ristabilisce la stessa situazione delle origini: intervalli, appunto di tempo sacro. Ogni periodo liturgico, ogni festa, ogni adempimento rituale fissato dal calendario, implica un possibilità di uscita dal tempo "normale" (la durata di tutto ciò che non abbia un significato religio ,

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so) e la contestuale restitutio in integrum, nell ' illud tempus. Il tempo sacro è quindi astorico, indefinitamente ripetibile, anto­ logico per eccellenza, "parmcnidco": "è un tempo circolare, reversi­ bile, sempre recupcrabilc, una specie di eterno presente mitico reintegrato periodicamente attraverso i riti "(Eliade). La reviviscenza cosmogonica prodotta dal rito, risana e rinvigori­ sce tutto quello che il tempo profano impietosamente logora. Il reimmergersi periodico nelle acque balsamiche del Tempo d 'Origine rende possibile per ciò il sopravvivere nel tempo ordinario; in più l 'uomo religioso, ogni volta che ritorna al principio, quando le opere si sono compiute, quando i cicli, il sole, la luna, gli astri e la terra sono apparsi, diviene "contemporaneo", e quindi pari agli dei, dio esso stesso. Allora, l ' azione che lui compie nel contesto di un rito è la medesima azione divina che fu posta in essere in ilio tempore; è l ' azione salvifica che ristabilisce l 'ordine e il giusto assetto di ogni cosa al di qua e al di là del cielo fisico. Proprio la struttura interdimensionale del cielo fisico, nondimeno, rivela il tempo sacro in cui deve essere compiuto il magistero rituale. Coi suoi fenomeni traboccanti di trascendenza, coi suoi ritmi regolari e le sue leggi periodiche scandite dal moto circolare degli astri , il cielo, ad una lettura m istica riservata ai sacerdoti-astrologi, svela i segreti del tempo ierofanico e indica i momenti di reviviscenza delle virtù del tempo d 'Origine . . . Il calendario sacerdotale non soltanto fissa le date in cui nel corso dell 'anno dovranno compiersi i riti e i sacrifici periodici obbligatori (quelli la cui omissione è principio di sventura), ma stabilisce i giorni "fausti" e quelli "infausti" per il compimento di determinate attività pubbliche e private. Più o meno ogni religione ha conosciuto giorni fausti e giorni infausti, periodi di tempo "concentrato" e "diluito", "forte" e "debole" ecc. A Roma: "Fasti dies appellantur quod iis licet fari apud praetorem, ut nefasti, quibus certis verbis lege agi non potesl idem religiosus est ut sunt dies postridie omnis calendas quod iis sacrificium non vit" (2)

"Fausti" sono dunque i giorni in cui il magistrato può pronunziare SENZA SACRILEGIO le solenni parole nelle quali si compendia la sua funzione: "do", "dico", "addico", ecc. "Nefasti" sono invece i 47

giorni in cui queste formule - veri e propri elementi di un rito - non debbono essere proferi te. "Infausti" o "viziosi" sono altresl i di �usseguenti alle c al ende. Le calende erano i primi giorni di ogni mese, e i mesi si misurava­ no sul corso dell a luna, mentre l ' ann o era delimitato dalla vicenda del Sole. Nella Tradizione romana sono ancora da ricordare i giorni "comi­ zial i", in cui il popol o può essere radunato, e gli "intercisi" nei quali mattino e sera (cioè sorgere e calare del sole) sono nefasti, ma è fasto il tempo intermedio tra l ' uccis ione della bestia che in quelle date si s acrifica c l ' offerta del le sue interiora. Nel primitivo calendario, la corsa annuale del sole attraverso i punti cardinal i del c iclo stabil iti dagl i equinozi e dai solstizi coi rispettivi contrassegni zodiacal i, venne costantemente assunta ad i mm agine dell ' intero travaglio cosmico; e non senza ragione, dato che l ' astro, muovendosi circolarmente nello zodiaco, inonda di luce le dodici cos tel lazioni e determina altrettante fasi sviluppo aderenti alle immagini rischi arate. I quattro momenti del l a rivoluzione eliaca nei qual i , al cambiamen­ to del l ' onda luminosa, si altera il ri tmo naturale, apparvero i più s aturi di sacralità, n aturalmente predisponenti, sotto lo stimolo del fermento solare, alla rottura di l i vel l o del tempo normale con cui l ' illud tempus può irrompere nel fl u sso del l a realtà diveniente. Le date in cui cadevano gli equinozi e i solstizi per tale motivo furono prescelte per il compimento delle più importanti funzioni religiose, soprattutto quelle tese a facil itare la periodica rigencrazio­ ne del tempo e del Cosmo. Tralasci ando il si mbol ismo del l ' equinozio d ' autunno (tratteggia­ to in appendice nel l 'esegesi esoterica del segno della Bilancia) e l ' altro simbolismo meno importante del solstizio d ' estate, si dovrà concentrare l ' indagine sull 'equinozio di primavera e sul solstizio d ' inverno per cogl iere appieno la stretta connessione esistente tra l ' originario calendario l i turgico c i prototipi simbolici dell ' astrologi a primi tiva. Prima, però, sarà u ti le richiamare l ' antichissimo e assai diffuso simbolismo del Dio Anno, e coglierne il significato peculiare nel-

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l ' ambito della religiosi tà primeva. Qui l ' Anno e concepito come una creatura che nasce, si sviluppa e muore l 'ultimo giorno del suo ciclo, per rinascere subito dopo in forma di "Nuovo Anno". Anche il Cosmo, che in se stesso è una diversa configurazione dell'Anno, partecipa alla stessa vicenda: anche il Cosmo nasce col Dio-Anno, si sviluppa e con lui muore e rinasce l 'ultimo giorno del ciclo. Di questo periodico processo di rinnovamento deli ' Anno­ Cosmo l 'uomo religioso si sente "responsabile", tanto da prcndervi parte attiva con uno sforzo maieutico impresso causalmente nella vicenda ciclica attraverso appropriati riti di morte e rinascita, quelli, appunto, che in ogni epoca e latitudine sono stati celebrati ali ' equino­ zio di primavera e al solstizio d'inverno. Ristabilire l 'illud tempus con appropriati riti per l 'uomo antico vuoi dire ritrovare i suoi dei, ritornare al mondo fresco e puro delle origini, ancora saturo di forza generatrice. A Babilonia il passaggio dcll 'Anno Vecchio ali ' Anno Nuovo era il momento in cui riviveva il mito cosmogonico primordiale del passaggio dal Caos al Cosmo. Durante la importantissima e assai articolata cerimonia di Akitu che si teneva dagli ultimi giorni di fine d ' anno ai primi giorni d eli ' anno nuovo, veniva recitato solennemente il "Poema della Creazione", l' Enuma elish; riviveva in tal modo l 'epica lotta che in principio Marduk, divinità ordinatrice, aveva sostenuto contro Tiamat, la forza bruta del Caos in forma di mostro marino. La vittoria conseguita nel Tempo di Origine dal dio, così, anno per anno, rinsaldava i poteri coi quali le potenze oscure ali 'inizio dci tempi erano stato domate. La Persia antica accoglieva l 'Anno Nuovo con la formula rituale pronunziata dal re nel giorno del Navr6z (Capodanno): "Ecco un novo giorno, di un nuovo mese, di un nuovo anno; bisogna rinnovare ciò che il tempo ha consumato". Ad Abido in EgiLto ogni fine d' anno si svolgeva la più importante celebrazione dei misteri di Osiride consistente nella rievocazione rituale della passione morte-resurrezione del dio dolente. Alla ceri­ monia erano ammessi soltanto i congiunti del faraone c i massimi dignitari del suo seguito. Quando il faraone vi interveniva personal­ mente (in genere esso delegava un alto funzionario, e ciò forse per la

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pericolosità del rito), d'obbligo doveva impersonare Horus, l 'unige­ nito della coppia divina Osiride-Iside, la massima figura solare della religiosità nilotica. La vendetta di Horus sullo zio Selh c la transazio­ ne del conflitto che ne seguiva, rinnovava il patto col quale l ' Ordine Cosmico aveva sedato le forze ctonie in ilio tempore. Feste di rinnovamento dell 'Anno-Cosmo si rinvengono numerose anche a Roma. Su queste celebrazioni sarà particolarmente utile soffermarsi per rilevare, sia pure limi tatamente ai periodi annuali dell'equinozio di primavera e del solstizio d 'inverno, le connessioni tra il calendario e l 'astrologia. Non senza un chiarimento preliminare. Si pensa in genere che l 'astrologia penetrasse a Roma ncll 'ultimo periodo della Repubbl ica. Ma in realtà una scienza cosmologica e simbolica ispirata al ciclo dovette farvi ingresso molto tempo prima, silenziosamente, almeno sin dal sorgere nel Mezzogiorno d'Italia delle scuole pitagoriche che, com 'è noto, perfezionarono più antiche dottrine astronomiche nel quadro di una vera e propria metafisica siderale (non per niente Pitagora aveva ricevuto una delle sue inizia­ zioni in Mesopotamia, culla dcii 'astrologia, se si deve prestar fede a quanto narra Shuré). In epoca ancora più remota, del resto, Numa, procedette alla riforma del calendario originario di dieci mesi, aggiungendovi due mesi (3): quindi già a quell'epoca la meccanica celeste era nota a Roma. Comunque sia, ncll ' antico calendario romano, vi è una perfetta concordanza simbolica tra i mesi c i segni zodiacali, e così pure tra le divinità che presiedono ai vari periodi mensili e i pianeti che gover­ nano i segni corrispondenti. Mantenendoci nella tcmatica religiosa dell'equinozio di primave­ ra, prenderemo ad esempio il mese di marzo. Questo mese, che traeva il nome dal dio M arte cd era a lui dedicato, rimase il PRIMO deli ' anno anche dopo la riforma di Numa. Come attestano le Tavole prcncstine, già prima della fondazione di Roma molle popolazioni del Lazio avevano consacrato a Marte il primo mese dell 'anno. Il nume però non aveva in quelle culture le connotazioni di divinità guerriera dell'omologo dio ellenico; esso era piuttosto la personificazione del "principio generatore del sole equi50

noziale vivificante" e, in quanto tale, era correlato all 'inizio dell 'an­ no. "Fosse Marte, o Conso, Libero, o qualunque altro, il nome della divinità cui la festa era dedicata, essa rappresentava pur sempre lo stesso principio - dice il Vaccai -, ossia il ritorno del sole che, nell'equinozio primaverile riprende il predominio sulle tenebre in­ vernali infondendo alla natura calore e vita". A Roma Marte conservò questo significato, in più si arricchi nel tempo delle valenze di divinità guerriera con le quali è più noto. Confondendosi con Ercole simbolizzò la "forza", il "principio", la "guerra" ecc. (4). La leggenda romulea è intessuta di questi caratteri e non casualmente in essa fi gurano attributi e animali simbolici di Marte (es. la lupa). Ora, è fin troppo palese che la divinità che i Romani celebravano all 'inizio dell ' anno, nel doppio aspetto di forza fecondatrice e di genio delle armate, fosse precisamente un traslato cultuale dcii 'omo­ nimo archetipo planetario e del segno equinoziale dell'Ariete del quale il pianeta M arte è "Signore". E su ciò non ci dilungheremo. Sarà più proficuo, invece, passare in rassegna le altre divinità che la tradizione romana celebrava il primo mese dell 'anno. Durante le guerre puniche, quando le sorti volgevano in favore di Cartagine, Roma accolse la GRAN MADRE nel proprio Pantheon. Dopo apposita consultazione dei Libri Sibillini , ambasciatori venne­ ro spediti ad Attalo, re di Frigia, che, rassicurato a sua volta dali 'ora­ colo Delfo, concesse la "sacra pietra", attributo e talismano della dea (acus matris deum). Questa pietra nera e conica fece ingresso a Roma alle idi di aprile e venne collocata nel tempio della Vittoria sul Palatino, come segno di fortuna e di potenza. La Gran Madre, le cui feste si celebrarono a Roma dal 22 al 27 marzo e dal 4 al l O aprile (quindi nel tempo dell'Ariete), fu adorata nel suo aspetto originario di simbolo della terra vivificata dal sole datore di vita, come Cibele che perde e ritrova l 'amato giovinetto Attis, sottratto precocemente ai vivi e poi resuscitato. Anche in questo culto, centrato sul simbolo della morte-rinascita attraverso il sacrificio, il riferimento all 'esoterismo dell'Ariete è evidente.

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Il mese di marzo era pure dedicato a Minerva, che, secondo la leggenda, in quel mese nacque uscendo "armata" dal cervello di Giove. In questa figura, ritroviamo dunque, non meno che nelle altre, attributi arie tini (la "testa" e le "armi") . . . Se si comparano i singoli culti celebrati a Roma nel periodo annuale cadente sotto il segno dell'Ariete (2 1 marzo 20 aprile), coi signi fica ti attribui ti dali ' astrologia a tale segno, si riscontra una ancor più sorprendente corrispondenza dci diversi rituali al prototipo zodia­ cale. Si sa che l ' Ariete è il primo segno dello zodiaco. Esso ha inizio in quel punto del cielo in cui l 'equatore incrocia la eclittica dando luogo all 'equinozio di primavera (5). La Tradizione gli ha tributato un significato di crescita solare e dunque di affermazione del principio ontologico della luce sulle forze tenebrose del caos : al l 'equ inozio primaverile, infatti, l ' arco diurno comincia a superare l ' arco nolturno. Ed è proprio in rapporto a tale valore che Roma, così intrisa di virtù di affermazione e di vittoria, pose l 'inizio del proprio anno sotto il segno dcii ' Ariete. L 'astrologi a ha assegnato la "signoria" dell ' Ariete al pianeta M arte (6), come si è detto, ma nello stesso settore zodiacale ha significato il Sole. Gli attributi del pianeta M arte sono principalmen­ te quelli dcii 'Eracle mitologico (forza, virilità, combattività, corag­ gio, irascibilità, violenza). Non per niente l 'ideogramma del pianeta si compone di uno scudo e di una lancia. (fig.6) -

Fig. 6 In quanto al Sole, non è certo casuale che tale astro esprimente la luce, il calore e quindi la "vita" in senso lato, sia "esal tato" nell 'Arie­ te: se ali ' equinozio di primavera l 'arco diurno supera l 'arco notturno, 52

il Sole, ivi comincia a godere di una combinazione astronomica del tutto conforme ai suoi attribu ti simbolici di luce-vi ta-potenza, e al proprio ruolo di punto di forza delle sfere planetarie. L ' astrologia ha simbolizzato il segno dell ' Ariete con la testa di tale animale e l 'esoterismo ha di stinto in esso tre figure emblematiche: - il "capobranco", espress ione della lotta per la conquista o per la difesa, quindi, per estensione, della guerra e del le armi ; - ] "'agnello sacrificale", l ' animale che purifica col suo sacrificio (soprattutto neiie culture indo-europee di origine ariana che han­ no il culto del fuoco); - il "capro satanico", ossi a la personificazione animale delle forze teiiuriche, deiia sostanza che si disgrega e che si rigenera, la po­ tenza anche distruttrice de)] 'eros. Esaminando adesso alcune delle feste che si celebravano a Roma nel mese sacro a M arte, vale a dire, nel tempo dell 'Ariete, coglieremo in esse chi are corrispondenze simboliche con tale segno. FESTE S A LIARI

Queste feste si celebravano all ' inizio e alla fine della stagione bellica (rispett ivamente ai due equinozi) e consistevano in DANZE ARMATE eseguite dai Salii, s acerdoti di Marte "Gradivus" (dio della guerra "incedente") i quali s ul Palatino vegliavano sugl i ancilia ( 1 2 scudi sacri, forse connessi allo zodiaco) e sulla statua del dio, armato di una lancia e del bastone au gurale di Romolo. Il 1 9 marzo (nell ' im­ minenza deii 'equinozio) si "purificavano le armi" e questo atto rituale segnava - con l ' ingress o prossimo del sole in Ariete - l ' inizio delle campagne militari. Le danze dei Salii, accomp agnate da suoni di lance battute sugli scudi , seguivano un ri trno tern ario e consistevano in sal ti atletici. Non vi era grazia nè arte i n ciò, ma vigore e potenza: era un danza di guerra che proponeva gli attributi virili-aggressivi di Marte. L ' ingresso del Sole nel segno dell 'Ariete, per definizione segno astrologico del com­ battimento e delle armi , riceveva cosl un appropriato contributo rituale nella militarissima Roma antica.

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LIBERALIA

Pure in prossimità dell 'equinozio si sacrificava al dio "Libero", che secondo autorevoli voci era una delle raffigurazioni dell ' antico Marte italico, inteso come principio rigeneratore della natura e quindi come sole che torna a risplendere sulla terra dopo le tenebre invernali. Si portavano steli verdi al tempio del dio (lo stelo è un attributo vegetale anche dell'Ariete astrologico) e si consumavano uova: l 'uovo, ad immagine del Cosmo, è il nucleo generatore della vita; è la vita risvegl iata dallo schizzo fecondatore dell' Ariete. TUBILUSTRIUM (X

Kalendas

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23 marzo).

Era la festa di purificazionc delle ''TROMBE DI GUERRA" e dei bastoni augurali. Il rito consisteva nel SACRIFICIO DI UN AGNEL­ LO nell 'Atrio Sutorio. Anche qui risaltano gl i attributi bellici dcii' A­ riete c del Pianeta Marte, in più emerge il simbolo dell'agnello sacrificale. LUDI MEGALENS ES

(dal 4 al l O aprile)

Queste erano le feste alla Gran Madre Frigia anzi menzionate. In esse si celebrava la passione-morte-rinascita del sole vivificatore, nella consueta cornice simbolica equinoziale. Vi si compiva alla maniera asiatica il sacrificio di un "MONTONE" o di un "GALLO": l ' Arcigallo sommo sacerdote della dea, con una corona in capo si calava in una fossa e quivi, supino, riceveva sul viso il sangue sgorgante dali 'animale immolato. I simboli arieti n i qui sono eviden­ ti negli animali sacrificali e nel "sangue fluente" che trasmette forza e vigore; anche la corona del sommo sacerdote è un tipico segno solare di potere, cosl come le CORNA della testa di Ariete sono un emblema di forza e un crisma di solarità. Guénon ha osservato che CORONA e CORNA hanno la stessa radice indoeuropea KRN, che denota potenza ed elevazione: e di fatto sia l 'una che le altre stanno sulla testa. Ma si ricorderà che l 'astrologia correla questa parte del corpo (che è la più elevata) al segno dcii ' Ariete.

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LUDI CEREALES (dal 1 2 al 1 9 aprile) Tali feste in onore di Cerere-Demetra erano riservate soprattutto alla plebe. In esse veniva rievocato il ratto di Proserpina-Persefone ad opera di Plutone, il dio infero delle tenebre e della potenza generatri­ ce. La cerimonia, precipuamente officiata dalle donne, generalmen­ te si concludeva con orge licenziose (non sempre rituali). Nelle feste di Cerere rinveniamo dunque i tratti dell 'Ariete del terzo tipo (Capro­ satanico). IL SOLSTIZIO D' INVERNO

Nella primi ti va tradizione nord-ariana il giorno più corto dell 'an­ no, nel quale principia allo stesso tempo la crescita dell 'arco lumino­ so, venne solennemente festeggiato come la più importante cratofa­ nia della rivoluzione annuale, quella esprimente la rinascita nell 'uni­ verso e nei viventi della forza del sole, la "luce della vita" che si riaccende salvifica nel mondo quando l ' astro fatale è sprofondato nel punto più basso dell 'eclittica. La crisi e il riassetto del sole d 'inverno dunque in quella cultura rappresentarono l 'aspetto "trionfale" della potenza eliaca, colta nel momento di vittoria sul mondo delle ombre, risanatrice per ciò dell'Anno-Cosmo come la manifestazione eliaca dcii 'equinozio di primavera, ma in modo ancor più essenziale perchè implicante la estrema mutazione dell 'equazione luminosa e con essa l 'inizio di un nuovo ciclo ascendente e positivo (7). Di un culto solare centrato sul motivo della apoteosi dell 'astro della luce al solstizio d 'inverno permangono diffuse testimonianze nell'architettura megalitica e in tutti i calendari antichi più o meno ispirati alla tradizione nordica (il ricordo di quel culto peraltro è sopravvissuto con adeguati adattamenti in molte religioni attuali). Nel calendario romano che si è preso a modello, il 25 dicembre giorno immediatamente successivo al solstizio d 'inverno - è la data delle solenni celebrazioni del "Dies Natalis Solis lnvicti", il "Natale" pagano del Sole "trionfale", potenza sovrana e invincibile che riluce sul mondo, come grandiosa manifestazione di resurrezione e di immortalità, cui si ispira una mistica della "gloria".

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Nell 'uso romano il Dies Natalis, nel tempo, valse a celebrare l 'ascesa al trono dcll 'imperatore e la sua glorificazione; l 'epiteto "invictus", tra l 'altro, divenne titolo imperiale. Quando il culto iniziatico di Mitra dilagò a Roma dall 'Oriente, ponendosi in seria concorrenza col nascente cristianesimo, e l 'eroe solare cui esso si ispirava venne progressivamente assimilato ali 'an­ tico "Sol", fino ad essere identificato con lui, nel Dies Natalis si finl per celebrare la natività di Mitra. La vicenda della nascita dcii 'eroe merita un accenno. Mi tra secon­ do la leggenda è generato da una PIETRA presso un FIUME, e la sua venuta al mondo è osservata da guardiani celati in cima alle circostan­ ti ALTURE. Ora ,"pietra", "fiume" e "alture" sono attributi specifici del Capri­ como, segno effigiato da un ibrido di capra-pesce connesso ali 'eso­ terismo della montagna e dell'acqua-tempo, la cui cuspide nello zo­ diaco tropico è segnata precisamente dal solstizio invernale: la con­ cordanza tra il senso criptico del mito, il tempo prescelto per la cele­ brazione della natività dell'eroe e il simbolismo del segno zodiacale che allora è rischiarato dal sole, è troppo stretta per dipendere dal caso. Il tema del solstizio invernale è frequente nei miti . L 'immagine del travaglio e dell 'affermazione del sole ivi è di solito trasposta nella lotta vittoriosa di un "eroe" contro creature mostruose che hanno un nesso con la costellazione dello zodiaco siderale sotto la quale cade di età in età tale solstizio: le fatiche di Ercole, secondo qualche autore, vanno incluse in questo paradigma. Nella più antica iconografia dei popoli nordici il solstizio d' inver­ no veniva rappresentato da una figura umana reggente un 'ascia (spesso una bipenne): era il Dio Anno che spezzava in due con la sua arma il circuito del sole, delimitandone i due archi nell 'eclittica. Si è accostata talvolta la figura del Dio Anno all 'immagine di Kronos armato di falcetto, sul presupposto che la cruenta evirazione di Urano compiuta da tale divinità - secondo la versione esiodca esprimesse la spartizione del ciclo cosmico e, in scala minore, quella del ciclo annuale, in corrispondenza dei punti solstizi ali . A Roma, ove Kronos fini per essere assimilato ali ' antico Saturno italico, per quanto il simbolismo solstizialc fosse riferito a Giano, la 56

divinità dalla doppia faccia con chiavi in mano (il Signore degli "Inizi", delle "porte" e del "triplice Tempo" ecc.), il solstizio d'inver­ no cadeva nel mese di dicembre sacro a Saturno (ultimo mese dell'anno prima della riforma di Numa). Il fenomeno era preceduto e propiziato dalla solenne celebrazione di questa divinità con una delle più importanti feste dcii ' intero calendario, i Saturnali, nella quale l a scelta del tempo sacro è ancora ispirata ad u n preciso schema astrale. La festa di Saturno viene celebrata infatti nel momento in cui l 'omologo pianeta del dio si afferma come signore del nascente segno del Capricorno, del segno cioè sulla cui cuspide il Sole dovrà risorgere (ciò che accadrà nel "dies natalis" già ricordato) (8). I Saturnali, dall'originaria data del 1 7 dicembre (XVI Kalendas), furono progres­ sivamente estesi fino al 24 dicembre. Sappiamo da Livio che la festa era stata istituita contemporanea­ mente alla consacrazione di un tempio a Saturno da parte dcii 'ultimo re, Tarquinio il Superbo. Ma è probabile che la celebrazione fosse più antica e che, addirittura, preesistesse alla fondazione di Roma, se si deve dare credito alla leggenda secondo la quale essa era stata introdotta dagli Argivi venuti In Italia con Ercole, e che il tempio, come dice Del Ponte (9), fosse stato costruito nel luogo della prece­ dente ara dedicata dal l 'eroe al dio sul colle Tarpeo ( 1 0). Il carattere "agrario" che talora superficialmente si attribuisce alla festa di Saturno, già basterebbe a inquadrare questa celebrazione nel paradigma della astrologia che, tradizionalmente, pone in buona parte l 'agricoltura sotto la falce di Saturno e sotto il segno del Capricorno; ma si obietterebbe che l 'intero Calendario romano è profuso di feste agrarie, ognuna connessa in vario modo alle diverse fasi di sviluppo e ai diversi ritmi della natura. Per questa ragione si dovrà indagare più a fondo e cogliere, ove possibile nei tratti caratteristici della celebrazione invernale di Satur­ no, gli archetipi simbolici dell'esoterismo astrologico peculiari a tale pianeta e al suo segno bicorporeo. E' noto che i Saturo ali si distinguono da ogni altra celebrazione del calendario romano per il loro carattere "carnevalesco". Durante la festa i rapporti sociali volontariamente si invertono, e tal uni precetti del mos maiorum sono sospesi: servi e padroni in quei giorni sono

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uguali. I primi col pileo dell'uomo libero in capo, banchettano insieme ai loro signori nel ricordo - dicono gli storici - della ugua­ glianza dell ' illud tempus, quando Satumo aveva offerto a tutti la prosperità, eliminando per ciò stesso ogni discriminazione e ogni contesa. In realtà la consuetudine carnevalesca di ritornare ali 'uguale, all 'indifferenziato, al tempo in cui l 'ordine e la gerarchi a non sono ancora stabiliti, è ben altra cosa che una patetica commemorazione delle origini. Il carnevale in alcun caso può produrre un ritorno al tempo mitico "sacro" e "forte" delle origini; esso, semmai, propizia una regressio­ ne vera e propria nella dimensione del caos che precede la creazione, instaura dunque il mondo infero e senza luce, il "mondo alla rove­ scia". La mascherata carnevalesca, la grottesca finzione che contras­ segna la solennità di Saturno, tradisce "una volontà di abolizione integrale del passato mediante l 'abolizione della Creazione; la so­ spensione delle norme, lo scatenarsi della licenza, la violazione di tutti divieti, altro non mirano che alla dissoluzione del mondo" (Eliade). Perchè? Il ritorno al caos abolisce il tempo trascorso. Evocando i momenti oscuri e ambigui deli 'ultima fase del ciclo, quella in cui appunto si restaura il regno del caos, si accelera la fine e la disgregazione del ciclo stesso in modo che una nuova vita possa ricominciare entro una nuova creazione ( 1 1 ). René Guénon, ancor più perentorio, non esita a intravedere nei Saturnali (come in ogni carnevale antico), una vera e propria evoca­ zione magico-rituale delle forze infere, delle potenze malefiche contrarie alla Creazione. Consentendo a questi numina di manifestar­ si, di avere un libero sfogo temporaneo, secondo il Guénon, si sarebbe evitato che essi, troppo a lungo vincolati, potessero esplodere improv­ visamente nel tempo ordinario, senza regola e senza controllo. Qualunque interpretazione voglia darsi ai Saturnali, una cosa è certa: l 'inversione deli ' ordine istituito, o più semplicemente dell'or­ dine, è una classica prerogativa satanica, e tutto ciò che la tradizione personificata con Satana, l ' astrologia lo pone analogicamente nel dominio del pianeta Saturno. 58

Del resto anche l 'etimologia non lascia dubbi : Satumo-Seth­ Satana. Sono, tutte, immagini del numinoso, espressioni negative della ribellione e della contesa miranti al ribaltamento della Creazio­ ne, mostri di un mondo alla rovescia - quello stesso evocato dal carnevale - : valga come esempio la nota inversione di formule e ri ti che contrassegna le pratiche della stregoneria. Cosi, come vi è nel dio di dicembre un doppio aspetto per cui, da un lato, esso è il civilizzatore, colui che dà le leggi agli uomini e che in senso più vasto crea l 'ordine, la gerarchia, le caste, e, allo stesso tempo, enuclea il contrario di sè, l ' impulso scompaginatore c corro­ sivo, la forza disgregativa del Nulla Assoluto che spalanca di conti­ nuo le sue fauci su ogni cosa che abbia un principio e che risponda ad un fine secondo il piano creativo, allo stesso modo il corrispondente pianeta incarna la "ragione" e la "disgrazia" (questo significato bivalente è in ogni manuale d 'astrologia), e, ad un livello più elevato esprime la dialettica dcll 'Ordine -Cosmo e del Disordine-Informale­ Caos e la stessa legge di dualità. Non è chi non veda come la successione calendarica Saturnali­ Dies Natalis risponda ad un preciso schema di sviluppo ciclico (il ciclo Anno-Cosmo) e come le due feste siano, al pari di tutte le altre del calendario sacro esaminate, grandi simboli astrologici "agiti" nei giorni in cui essi dominano la scena del cielo.

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NOTE (l) Il Sacerdote del fuoco sacro col suo rito, giorno per giorno "salva la città", dice Pindaro. (2) G. Vaccai, "Le feste di Roma Antica" Mediterranee, 1986, pag.6

(3) Lokamanà Bai Gangadhar Tilak, voce autorevole di scienziato indù non occi­ dcntalizzato, precursore moderno e massimo esponente della ricerca sulle origini polari dci diversi popoli indocuropei, ha intravisto nel primitivo calendario di dic­ ci mesi, comune a molti gruppi etnici di ceppo ariano, una delle prove che in epoca intcrglacialc una superciviltà si sarebbe sviluppate a nord, nella zona circumpu­ larc, dove un giorno può raggiungere la durata di dieci mesi sommando all'arco diurno vero e proprio la luminescenza dell'alba e del crepuscolo. A questa conclu­ sione il Tilak è giunto rilevando, sulla base di una profonda conoscenza dci Veda, che nel primitivo mondo ariano i riti si celebravano soltanto di giorno. Ciò avreb­ be ispirato un calendario "diurno", appunto di dieci mesi, mantenuto ancora per molto tempo dai popoli migrati al sud quando la patria artica divenne inospitale per l'irrigidimento del clima (L.G.B.Tilak, "La dimora artica nel Veda"; E.C.I.G. Genova, 1 986). (4) Nel rito pontificalc Ercole e Marte sono lo stesso nume. Il primo era considerato la pcrsonificazione umana d'altro il simbolo divino dello stesso principio: il prin­ cipio generatore e vivificante della natura. In origine Marte era onorato dai Sabini sotto forma di una lancia (curis), dalla quale venne tratto il nome della capitale sabina. (5) E' il c.d. "punto gamma" dell'eclittica; e la lettera gamma, non casualmente è l'ideogramma dell'Ariete ( ) . (6) Marte regge anche lo Scorpione (N.D.A.) (7) Nel simbolo della croce iscritta nel cerchio-zodiaco, l'asse orizzontale connesso agli equinozi presiede alla "legalità" e quindi alla dimensione terrestre e spaziale; mentre l'asse verticale dci solstizi, sintetizzando il linearismo ascensionale, si collega alla "spiritualità", e quindi alla trascendenza. Con riguardo alla filosofia ermetica non ci parrebbe infondato l'accostamento del fuoco-luce dell'equinozio primavera all'azione della "Sostanza" espressa dal Mercurio, e del fuoco-luce del solstizio invernale all'azione dell' "Essenza" e al principio del Solfo. Se l 'ipo­ tesi fosse esatta si presterebbe ad un ulteriore sviluppo sul piano operativo, quan­ to meno in relazione ai tempi delle diverse fasi del Magistero. (8) E' da segnalare tra l'altro che nei ventitré secoli circa che hanno preceduto l 'era volgare il solstizio invernale è caduto nella

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costellazione del Capricorno. (9) R. Del Ponte, "Dei e miti italici" (E.CI.G., Genova, 1885)

(l 0) Saremmo tentati di intravedere anche in questa vicenda un significato astrologi­ co: Ercole/Marte (nella prassi le due divinità si confusero) che dedica un altare a Saturno sull 'altura succitata, presenta qualche connessione analogica con l a "esaltazione" dello omologo pianeta nel segno zodiacale del Capricorno. ( 1 1) Il Carnevale di fine d'anno è in un certo senso una omeopatiacollettiva del tempo­ vita, una vera e propria "Opera al Nero" spinta al punto massima di "putrefazio ne" dall'egregoro del volgo festante, al culmine della quale - col Dies Natalis Solis Invicti - si avrà l 'Albedo, lo splendore albino del Nuovo Ordine: la Stella Chiara che nei testi ermetici annunzia l 'Opera al Bianco, non è lo stesso Sole trionfale che risuscita dalle tenebre dell'anno che si spegne?

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CAPITOLO "

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MENOK E GETA K

L'uomo della Tradizione tende a vivere il più possibile nel Sacro e nell ' intimità con gli oggetti consacrati. La sua esistenza si articola in una interminabile serie di atti di consacrazione, e non vi è oggetto o creatura che sotto l 'avvolgente cupola del cielo non si sia prestato a divenire sacro, quando per un 'azione spontanea dali 'alto (ierofanie, cratofanie, teofanie ecc.), quando per "consacrazione" regolare mediante un rito (di solito un solenne sacrificio) o mediante la trasmissione della folgorante potenza di quella "realtà ultima" (il sacro), che si manifesta in questo mondo, ma che non è di questo mondo ( 1 ). Neli 'ambito specialistico della scienza delle religioni la peculiari­ tà di tale sentimento è stata talora giudicata come una reazione naturale dei primitivi davanti al "mysterium tremendum", davanti alla majestas e alla schiacciante superiorità che promana dal Sacro. Rudolf Otto, in particolare, ha sostenuto (con largo credito) che fosse il "timore religioso" a far scoprire la pienezza perfetta dell'Es­ sere superiore e a suggerire che il numinoso si singolarizza come qualcosa di "ganz anderes", di radicalmente e totalmente diverso, che spaventa ma che al contempo attrae, affascina e coinvolge proprio per la sua ineguagliabile superiorità. E lo stesso Eliade sembra accogliere questo concetto quando, citando Otto, aggiunge che al manifestarsi del Sacro " .. .1 'uomo ha la sensazione della propria nullità, di non esser che "una" creatura (2). A rigore, l 'idea di una religiosità scaturente dalla pavidità suscita­ ta dall'ente superiore (il numinoso) è fondamentalmente giusta se la si riferisce ad una fase avanzata del ciclo delle civiltà storiche anche 63

antiche in cui si è già attenuto il legame con la Tradizione ed è conseguentemente cresciuta la distanza della Terra dal Ciclo. Si può in tal caso parlare di un pavor sacri e di un fascinans del sacro. Quando, invece la Tradizione è viva, quando Cielo e Terra salda­ mente uniti armoniosamente si coniugano , l 'esperienza del Sacro è integra, totale, non indebolita da un pallido, sbiadito sentimento di devozione e men che mai essa è determinata da un coinvolgimento emotivo o dal panico verso l'altra realtà. Nella Tradizione, al Sacro si accede di diritto e con l 'autorità che è conferita dalla potenza del rito. Sacrum facere ivi vuoi dire conferire, ma anche conferirsi , REALTA ' per eccellenza, suprema potenza, perennità e d efficacia insieme. Diffondere in tutto il sacro non è esorcismo, ma un colmare questo mondo di ESSERE e sperimentarvi attivamente ciò che Guénon chiamo /es etats multiples de l' Étre. Questo aspetto emulativo ed eroico della religiosità primeva, che non attende il prodursi del Sacro, ma che rivendica e provoca il Sacro, del resto si coglie nella specifica messa in atto della ontologia del "come in alto-cosl in basso", di cui sin dal suo sorgere è fedele interprete la scienza degli astri. La legge di correlazione macro-microcosmo in ambito tradiziona­ le ha poco di astrattamente dogmatico o di mistico e contemplativo: è una realtà che trova una completa, diretta e assai compiuta attuazio­ ne in una moltitudine di domini e settori, come ad esempio nella geografia e nell 'architettura. Nell'antica cosmogonia iranica di tradizione zoroastriana - che, per iniziare, prenderemo a modello - ogni fenomeno terrestre corri­ sponde ad un termine celeste, trascendete, invisibile, a un "'idea" nel senso platonico. Ogni cosa, ogni nozione,Asi P.resenta sotto un duplice A A A asnetto: quellodi MENOK e quello di GETAK. Vi è un cielo visibile A A �- � GETAK; vi è dunque anche un cielo MENOK che è invisibile. La NOSTRA TERRA CORRISPONDE A UNA TERRA CELE­ STE. Ogni virtù praticata quaggiù nel Getak possiede una controparte celeste che ne rappresenta la ver a rea l t à : . . . l ' ann a ta . . . l a preghiera .. .infine tutto quanto s i manifesta nel Getlìk, è a l contempo nel Menòk. La creazione è semplicemente un doppione. Dal punto di 64

vista cosmogonico lo stadio cosmico qualificato come Menòk è anteriore allo stadio Getàk" (3). La regola delle corrispondenze tra i modelli menòk-terrestri e i modelli getak-celesti non è una peculiarità della tradizione iranica. In ogni area del mondo antico infatti si rinvengono città, templi e interi sistemi di insediamenti umani adeguati alla struttura e ai ritmi del cielo astronomico concepito come l 'immagine del cielo metafisica. Stelle, costellazioni, pianeti, perfino lo zodiaco nel suo insieme, valsero come modelli cui adattare quaggiù l ' ambiente e ogni opera al fine di prolungare l 'umano e il visibile nel cosmico e nell 'invisibile attraverso vere e proprie procedure di "terrestrizzazione del cielo" affidate ai segreti di una geografia sacra e di una architettura sacra, basate essenzialmente su li ' astrologia. Di una geografia riflettente l 'immagine del cielo si rinvengono tracce in quei luoghi in cui la dislocazione degli abitati (città e regioni) o delle singole costruzioni (edifici di culto, palazzi, ecc.) è tale da riprodurre la figura e da evocare il simbolismo di enti astral i, quali la struttura dello zodiaco o i singoli segni, le sfere planetarie, le costel­ lazioni (ecc.), oppure di fenomeni celesti significativi (equinozi, solstizi ed altro). Poichè neli ' organizzazione di ogni territorio antico si rinvengono tali correlazioni , si può esser d 'accordo con Alexander Volguine quando esso afferma che :"Una disciplina tanto "terrestre" come la geografia deve molto all 'astrologia". Generalmente si attribuisce a Ipparco la formulazione del primo sistema geografico occidentale, ma anche in lui la derivazione della geografia dalla scienza degli astri è palese: Ipparco, in vero, non fece altro che applicare alla terra la tipologia delle longitudini e latitudini celesti conosciute molto tempo innanzi. Si sa dell 'esistenza di una Carta del mondo risalente al m o millennio a.c., dalla quale si ricava inequivocabilmente che la topo­ grafia celeste ha preceduto la topografia terrestre. Questa carta, di cui ci dà notizia Volguine (4), prende la capitale dell'impero di Sargon come centro della terra e suddivide il territorio in cerchi concentrici , assolutamente analoghi alle orbite dei pianeti , al di là del quale vi è una zona esterna, esattamente come il cosiddetto

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"cielo delle stelle fisse" che si trova ali 'esterno delle orbite planetarie (5). Del resto è noto che Babilonia, come la gran parte delle antiche capitali, era costruita in base a criteri astrologici. Era una grandiosa carta del cielo che si riferiva ad un centro spiri tu al e ultra terreno: "La pianta di Babilonia - dice Eli ade - mostra la città al centro di un vasto territorio circolare contornato dal fiume Amer, esattamente come i Sumeri rappresentavano il Paradiso. E' questa partecipazione delle culture urbane a un modello archetipico che conferisce loro realtà e validità". Là dove la geografia dei luoghi reca impressa l 'immagine del Cielo, vi è sempre al centro un luogo saturo di sacralità che funge da OMPHALOS (ombelico). E' il CENTRO DELL'UNIVERSO, il punto in cui si incontrano le tre regioni cosmiche di ogni sistema tradizionale: CIELO, TERRA ed INFERI; Dur-an-ki, ossia "legame tra il Cielo e la Terra" era il nome dei santuari di Nippur, Larsa e Sippar. Babilonia si chiamava "Casa della base del Cielo e della Terra", oppure "Legame tra il Cielo e la Terra". Ma la città collegava Cielo e Terra anche agli inferi perchè era stata costruita sul Bab-apsf, la "Porta del l ' apsu", ossia sulle "Acque del Caos prima della Creazione". Anche l ' antica Gerusalemme aveva ca­ ratteristiche analoghe: la roccia del suo tempio penetrava nelle acque sotterranee e chiudeva la "bocca del TehOm (Theòm = Caos acquati­ co). A Roma il mundus, ossia il solco che si scavava nel rito di fondazione di una città là dove sarebbe stata edificata la cinta muraria, era il trait-d' union tra la terra e i sottostanti inferi , dunque un omphal6s.

Talvolta l 'omphal6s era l 'embrione del mondo: "come l 'embrio­ ne cresce partendo dall'ombelico, egualmente Dio ha cominciato a creare il mondo d a:U 'ombelico e di là si è espanso in tutte le direzioni" (6). Anche nel Rig-veda (X- 1 49), l 'universo è concepito come l 'espan­ sione da un punto centrale. E' inoltre idea comune che, come l 'universo, anche l 'uomo ha avuto origine da un punto centrale. Per i Babilonesi l 'uomo è stato creato nell'ombelico della Terra ,ad UZU 66

(carne) SAR (legame) KI (luogo, terra), là ove si trova anche Dur-an­ ki "il legame tra Cielo e Terra" (7). Uno dei più noti ombelichi della terra è l 'antico santuario di Delfo, centro del culto solare di Apollo: "Questo dio - scrive Platone - si è stabilito al centro e all 'ombelico della terra per guidare il genere umano" (8). L 'omphalos di Delfo era ritenuto il luogo ove Apollo aveva ucciso il serpente Pitone, e dove erano state inghiottite le acque del diluvio. Era un centro sacro, misterico e profetico, il vero cuore della Grecia dorica, uno dei luoghi dell 'Eli ade più vivificati dalla Tradizione. In Grecia, esistevano altri centri spirituali ; ma questi erano gene­ ralmente riservati ai Misteri, come Eleusi e Samotracia; mentre Delfo assolveva una importante funzione sociale (basata sulla sacralità) concernente direttamente tutto l 'insieme della collettività ellenica. René Guénon convalida appieno il dato che Delfo fosse il centro sacro e politico della Grecia arcaica, facendo notare che era là che si riuniva due volte l 'anno il "Consiglio degli Anfizioni", composto dai rappresentanti di tutti i popoli ellenici. Questo Consiglio, osserva Guénon, formava il solo legame effettivo tra i diversi popoli dell 'El­ lade, legame la cui forza consisteva precisamente nel suo carattere es­ senzialmente tradizionale (9). Or bene, Delfo è al centro di un cerchio di località le cui caratteri­ stiche riflettono simboli e attributi di corrispondenti segni zodiacali, secondo una sequenza in tutto simile alla serie duodenaria dello zodiaco. Lo Zodiaco di Delfo, del quale riportiamo in appendice uno studio particolareggiato, è un'immagine vivida del concetto di Spazio in senso tradizionale, cioè di uno Spazio VIVO (come il tempo è vivo), saturo di qualità, di etere vitale, di Akaça, di mistica sostanza-energia onnipervadente più immateriale che materiale, più psichica che fisica, spesso concepita come "luce" distribuita secondo saturazioni varie nelle varie regioni,sl che ciascuna di queste appare possedere virtù e partecipare essenzialmente alle potenze che vi risiedono: "tanto da fare di ogni luogo, per cosl dire, un luogo fatidico con la sua intensità e la sua individualità occulta" (Evola, Rivolta) Quando le stelle del cielo astronomico si rinvengono impresse in

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luogo, come nel caso appena esaminato dello zodiaco di Delfo, esse inequivocabilmente indicano quali delle virtù trascendenti del cielo invisibile ivi sono immedesimate e sono in azione; e la lettura in profondità della storia e delle culture di quei si ti non è possibile al di fuori della ontologia arcaica e delle sue leggi di correlazione tra l 'alto e il basso, di cui l 'astrologia istituzionalmente è custode ed interpre­ te. In ambito tradizionale astrologia e geografia sono dunque scienze sacre ed indissolubilmente unite, come sacri e uniti sono nell 'espe­ rienza religiosa il Cielo e la Terra nel loro eterno copulare. Ben comprendiamo allora perchè città e regioni intere del mondo antico siano le copie di altrettanti centri ultratcrreni, e come i contatti tra questi e quelle di volta in volta avvengano attraverso gli astri qualitativamente corrispondenti. Così , nella terra ove fiorì l 'astrologia occidentale, il Tigri ha il suo modello nella stella Anunit e l 'Eufrate nella stella della Rondine. Anche le città hanno un prototipo nel sopramondo e un omologo archetipo siderale; Sippar si identifica con la costellazione del Can­ cro, Ninive con l'Orsa Maggiore, Assur con Arturo, Ercch con l 'Ariete. L'impero è diviso in territori e questi sono contraddistinti da co­ stellazioni, steli e pianeti: - AKKAD (Babilonia) = Giove, Pegaso, Orione, Orsa Maggiore, Boote, B ilancia (?), Lira, Aquila; - AMURRU (Siria e Palestina) = Marte, Pegaso, Perseo, Idra, Sirio, Regolo, Cancro, Capricorno, Acquario; - ELAM (Persia) = Pleiadi e Scorpione ( 1 0). La tradizione ebraica, similmente alle dottrine sacre mesopotami­ che, ha una Gerusalemme celeste creata da Dio prima che la città terrestre corrispondente fosse edificata dalla mano dell 'Uomo: "Credi tu che sia qui la città di cui ti ho detto?. E' nel palmo delle mie mani che l 'ho costruita. La costruzione che si trova attualmente tra voi non è quella che è stata rivelata in Me, quella che era pronta sin dai tempi in cui mi decisi di creare il Paradiso, quella città che mostrai ad Adamo prima del suo peccato" (Libro di Baruch. II, 42, 2-7). Sotto quale stella debba porsi Gerusalemme non è detto espressa68

mente nei sacri testi. Possiamo comunque supporre, in base a di versi passi del l ' Apocalisse di Giovanni , che questa città sia sotto il segno dell 'Ariete. La Gerusalemme celeste (di forma "quadrangolare") rappresenta infatti il nuovo ordine delle cose che sostituirà quello del mondo presente alla fine dei tempi, quando essa "scenderà dal cielo" e colui che siede sul trono farà nuove tutte le cose. Ecco, io faccio nuove tutte le cose .. .Io sono l 'Alfa e L 'Omega, il Principio e la Fine" (Apocalisse 21 , 1 -6). Vi sono due segni dello zodiaco nei quali un ordine finisce e un altro inizia: il solstizio Capricorno, sotto il quale si fa nascere il Cristo per celebrarne la solarità, e l 'equinoziale Ariete, sotto il quale Cristo muore e risorge. Noi propenderemo per quest 'ul­ timo settore zodiacale. Nell'apocalisse l 'AGNELLO (simbolo dell 'Ariete) è sulla monta­ gna di Sion e al centro della Gerusalemme celeste. Come città del sacrificio di Gesù, inoltre, Gerusalemme assurge per implicito a simbolo sacrificate universale in guisa da non potersi mettere in correlazione se non con l 'Ariete, che, esotericamente, sottintende il tema del sacrificio. Del resto proprio il Redentore, l "'Agnello di Dio che toglie i peccati del mondo", fa ingresso a Gerusalemme nei giorni antecedenti alla Pasqua ebraica, festa che ritualmente si basa sul sacrificio del l 'agnello. Tracce di una geografia sacra riproducente il cielo in terra ve ne sono a iosa in ogni parte del mondo antico, ed ovviamente anche in Cina che insieme alla Mesopotamia è stata la culla dell 'astrologia. Verso la fine del m o millennio a.c. il territorio Cinese, un quadri­ latera naturale compreso tra il fiume Giallo e il fiume Azzurro, dali' imperatore Y n il Grande venne suddiviso in nove provincie con­ trassegnate da numeri e disposte secondo l 'ordine del quadrato cifrato riprodotto in figura:

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La divisione dell 'impero secondo lo schema di questo quadrato magico ( 1 1 ) riproduceva l 'immagine dcii 'universo. La provincia centrale, corrispondente al numero 5 (il punto centrale dei primi nove numeri), era chiamata "Regno di Mezzo" ( 1 2) e in essa risiedeva l 'imperatore. Si è già detto che in ambito tradizionale il centro, l 'omphal6s, è un luogo saturo di sacralità. In esso convergono le tre regioni (Cielo­ Terra-Inferi), il che vuoi dire che i vi si attua il mistero geometrico del centro della sfera, punto che contiene in latenza tutto ciò che nella sfera nel suo insieme è in atto. L'omphal6s è dunque l 'invariabile centro dell 'universo perchè in esso è realmente enucleato tutto ciò che si trova nell'universo; ma l 'omphal6s è allo stesso tempo un'emana­ zione e un riflesso del centro spirituale supremo, ossia del centro di promanazione della Tradizione primordiale: "Poteva esservi dunque in tal modo, ad una scala sempre più ridotta, tutta una serie di immagini consimili disposte concentricamente, e terminante, infine, al punto centrale stesso dove risiedeva l 'imperatore che (cosl) occu­ pava il posto "dell 'uomo vero" e ne adempiva la funzione come mediatore fra il Cielo e la Terra " (R. Guénon). FIGURA N. S

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NOTE ( 1 ) Abbiamo appositamente evitato di definire questa forza "mana" per non provo­ care fraintendimenti e confusione tra sacro e magico. (N.D.A.) (2) M. Eliade, "Il sacro e il profano", tr.it., Boringhieri, 1 987, pag . 1 4. (3) Eliade, in "Magia e civiltà" di De Martino, Garzanti, 1976, pag. 170 (4) A. Volguine, "L 'esoterisme de l'astrologie",Ed. Dangles, Parigi, 1953, pagg. 87 e segg. (5) Sargon, re mesopotamico (2340-2284 circa a.C.) detto "Il grande", fondò la di­ nastia di Accad e conquistò un immensi territorio. Vero "uomo della Tradizio­ ne"perseguì una politica imperialista giungendo a creare uno stato che si esten­ deva dall'Iran occidentale (Eiam) e dall'isola di Bahrein (Dilmun) fino al Me­ diterraneo. Con Sargon appare in Mesopotamia il concetto di IMPERO UNI­ VERSALE: egli si definì: "colui che ha percorso le quattro regioni", cioè,secon­ do la concezione geografica mesopotamica, "tutto l ' Universo". (N.D.A.) (6) Eliade, ibid. pag. 178 (7) Eliade, ibid. pag. 178 (8) Citazione espunta da J. Chevalier e A. Chercer Brant, Dizionario dei simboli, Rizzoli, "omphal6s", pag. 1 56 (9) R. Guénon, "Il re del Mondo", tr.it., Atanor - pag. 72-73

(l O) Queste correlazioni appartengono alla letteratura sacra e non vanno confuse con la c.d. corografUi astrologica che compare nell'opera di Tolomeo (N.d.A.) ( 1 1)La somma dei numeri di ogni linea orizzontale, verticale e diagonale, dà sempre 1 5 (N.d.A.) (12) Più tardi questa denominazione si estese alla intera Cina. (N.d.A.)

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CAPITOLO VII L' ARC HITETTURA CELESTE

Nelle antiche civiltà ad assetto tradizionale il cosmo è il modello di ogni costruzione e tutte le costruzioni hanno il significato di un rito che ripete di volta in volta la creazione dell 'universo. Nei blocchi di calcare prende forma una imago mundi, nella quale si solidifica la manifestazione universale. Ogni opera edificata (palazzo, tempio, città, ecc.) o incorporata al suolo stabilmente (pietra di confine, obelisco ecc.), al di là della sua funzione pratica e dal suo pregio estetico, invariabilmente funge da punto di collegamento tra Cielo, Terra e Inferi, ma allo stesso tempo trascende l 'ambiente e si prolunga nel mondo invisibile fungendo da argine contro le influenze erranti. La scienza dei costruttori, riservata ad una élite vincolata dal segreto iniziatico (leggenda di Hiram), ha regole inderogabili: la costruzione non può levarsi se non in un luogo santo (luogo in cui si è avuta una ierofania spontanea) o consacrato (cioè reso perrneabile all ' azione del sacro con adeguato rituale), perché nessun "mondo" può nascere nel caos della omogeneità e relatività dello spazio profano; essa deve essere orientata in modo da utilizzare al meglio le forze dell ' ambiente; la sua struttura, infine, deve rispettare misure e rapporti qualitativamente superiori, di solito rivelati. L 'opera ha una moltitudine di relazioni col cielo astronomico: ne enuclea i numeri ciclici (3 , 7, 1 2, 30, 360) e le relative forme geometriche, i ritmi ecc.; spesso è polarizzata su certe stelle o sui pianeti. Gli astri decretano il momento in cui essa deve essere iniziata (questa prassi è ancora segui ta in India) e l 'orientazione la pone in armonia con le forze uraniche e telluriche. 73

Orientare letteralmente significa "rivolgere ad oriente", cioè espor­ re qualcosa al punto geografico e astronomico in cui il sole ogni dl inaugura il suo arco. Implicitamente una costruzione "orientata" è inquadrata ai punti cardinali; e poiché ognuno di questi ha un peculiare significato simbolico e insatura precisi rapporti secondo valenze analogiche universali, l 'opera trascende il fine immediato per assolvere una funzione più qualificata e sottile. Nella tradizione infatti, i punti cardinali, insieme all 'asse Zenit­ Nadir, segnano direzioni qual itative dello spazio e sono altrettanti simboli del destino umano, perché lo spazio è il quadro nel quale il mondo, uscito dal caos, si è organizzato. Nel simbolismo hindù le SETTE REGIONI DELLO SPAZIO (punti cardinali , zenith e nadir, più il "centro") fonnano una croce a tre dimensioni (sei direzioni opposte e perpendicolari a partire dal centro). Anche la Kabbalah ha un "santo palazzo" o "palazzo interio­ re" al centro delle sei direzioni che formano, con esso, il settenario. Clemente d'Alessandria dice che da Dio, "Cuore dell 'Universo", partono le estensioni indefinite che si dirigono, l 'una in alto, l ' altra in basso, questa a destra quell ' altra a sinistra, l 'una innanzi, l ' altra indietro; dirigendo il suo sguardo verso queste sei estensioni, come verso un numero sempre uguale, egli termina il mondo; egli è il Principio e la Fine (l'alpha e oméga), in lui si esauriscono le sei fasi del tempo, ed è da lui che esse ricevono la loro estensione indefinita: "il segreto del numero SETTE è là" ( l ). Commentando quest'ultimo brano, Guénon pone in relazione lo spazio e il tempo come processi di un simultaneo sviluppo dal "punto primordiale". Alle sei direzioni nello spazio corrisponderebbero dunque sei periodi ciclici assimilabili ai sei primi giorni della Genesi; il settimo giorno o Sabbath (giorno della sospensione della attività) rappresenterebbe la fase di ritorno al Principio, vale a dire al centro. La maggior parte dei templi antichi (soprattutto indiani) si aprono al sole levante per la tradizionale assimilazione della luce fisica alla luce spirituale (2): i viaggi in Oriente, come quelli di Christian Rosenkreuz, sono ricerche di nutrimento spirituale che si riferiscono allo stesso principio. Se con la giusta orientazione l 'edificio (o la parte più importante 74

di esso) all 'alba di ogni nuovo giorno è i nond ato dllllt' '"' ""' " ' '"' " vitalizzanti vibrazioni dell'astro della luce e parl.ee l pii cuM l 111 111111hu

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gamento assiale con lo spazio celeste e con le region i lnl'&.,rlm l , 111 modo che la costruzione sia un "omphal6s". E ques ta osl aonu, eU norma, è soddisfatta mediante uno spazio sacro posto al l ' intomu cl,, , fabbricato, oppure da un oggetto che concentra in se stesso i l mu• lmu della sacralità: altare, trono, tabernacolo, focolare ecc. Nei pozzi sacri, ove si celebravano i culti della Grande Madre In epoca arcaica, il collegamento era assicurato da un orifizio praticato sulla volta ogivale di un antro sotterraneo in cui l 'acqua si raccogl ie­ va, in modo che i raggi lunari certe notti si flettessero nel sacro speculo

producendo l 'effetto connesso ritualmente al fenomeno evocato (3).

Non di rado città intere furono dedicate a enti astrali, come nel caso

Heliopoli, la "Città del Sole". Di regola però la struttura delle capitali ripeteva lo zodiaco e le varie componenti del panorama astrologico. Babilonia ad esempio era un enorme quadrato delimitato da maestose mura costellate da una moltitudine di larghe torri fortificate distanti 44 metri l 'una dall'altra, anch 'esse di forma quadrata. Ce n'erano novanta per lato, quindi

360 in tutto, ed è difficile non

intravedere in questo complesso una meditata riproduzione dello zodiaco. L'antica Pechino, la capitale del "celeste impero", aveva forma quadrata ed era orientata ai quattro punti cardinali. Su ognuno dei suoi lati si ergeva un tempio. I quattro templi, dedicati rispettivamente al cielo, alla terra, all 'agricoltura e agli antenati della dinastia regale, simbolizzavano i primi quattro elementi cosmici della tradizione estremo-orientale e facevano riferimento ad altrettanti "palazzi cele­ sti", ossia a modelli ultraterreni. Il palazzo imperiale, detto anche "Pa­ lazzo di Centro", esprimeva il quinto elemento cosmologico (la Terra?), ed era rivolto a meridione. la sala del trono, al suo interno, fungeva da Polo Nord, "da dove la stella polare guarda il sud"

(4).

Sia Babilonia che Pechino secondo la tradizione erano copie di modelli "ultraterreni". Gerusalemme ebbe anch'essa un prototipo celeste di forma quadrata nel cui perimetro murario - secondo la

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descrizione dcii 'evangelista Giovanni - si aprivano "dodici porte" di diaspro: "A Oriente tre porte, a Nord tre porte, a Mezzogiorno tre porte, e, a Occidente, tre porte .... " (Apocalisse, XXI, 1 3 , 1 6); ed è evidente che la geometria e le parti ture numeriche della Gerusalemme celeste, si richiamassero ai dodici segni zodiacali. " ... Essa rappresen­ ta la quadratura del ciclo celeste - dice Titus Burckhardt - ( .. ). Le dodici porte corrispondono ai dodici mesi deli' anno, come pure alle analoghe suddivisioni di cicli più grandi, ad esempio quello della precessione degli equinozi ( ... ); su ciascuna porta della città celeste è raffigurato uno dei dodici apostoli; sopra di esse, fra le torri delle mura vegliano gli angeli ( ... ); i dodici cerchi - o sfere - raffigurati sulle porte rappresentano delle perle ... " (5). Il commento del Burckhardt riguar­ da la raffigurazione della Gerusalemme celeste riprodotta in un manoscritto dcii 'undicesimo secolo, conosciuto come l "' Apocalisse di San Severo". L 'autore nota che la città ivi descritta presenta una stupefacente somiglianza col "Paradiso di Vaikuntha", la dimora celeste di Vishnu, riprodotta in un antico mandala. Il parallelismo è ancora più marcato nella descrizione che di questo luogo divino della religiosità indù è fatta nello Skanda Purtma. Come la Gerusalemme celeste, anche la dimora di V aikuntha possiede dodici porte ripartite secondo la stessa prospettiva, e nel suo centro si innalza l ' albero della vita analogalmente alla città dci i ' Apocalisse, nella cui piazza talora l 'albero della vita figura presieduto dali' Agnello: "In mezzo alla piazza della città e sulle due rive si trova l 'albero della vita che produce dodici raccolti, poiché elargisce i suoi frutti ogni mese" .

(Apoc. XXII, 2).

I singoli edifici, seguono le stesse regole della città e si rapportano anch'essi al cielo e agli astri. La residenza dell'Imperatore cinese, il Tempio della luce MING­ TANG dett� anche la "Casa del Calendario", era al centro della provincia di mezzo, e il trono imperiale, posto a sua voi ta al centro del MING-TANG, segnava il centro del cosmo intero ( 6). Il palazzo aveva dodici aperture sull 'esterno, tre su ciascuno dci quattro lati, corri­ spondenti ai dodici mesi dell 'anno: quelle della facciata orientale ai tre mesi di primavera, quelle della facciata meridionale ai tre mesi d 'estate, quelle della facciata occidentale ai tre mesi d ' autunno e 76

quelle della facciata settentrionale ai tre mesi d 'inverno. Esse rappre­ sentavano dunque uno ZODIACO (7). Nel corso dell ' anno l 'imperatore dimorava nelle diverse sale del palazzo in modo da disporsi sempre in relazione alla porta del mese vigente, e i vi emanava le leggi e promulgava i suoi decreti periodici. Esso, cosl, incarnava il Sole che si sposta nelle dodici postazioni zodiacali durante la sua vicenda annuale, e tale circumambulazione assume per noi un particolare rilievo perché ancora una volta confer­ ma che nella Tradizione la ritualità presenta puntualmente connota­ zioni astrologiche. Non può esser casuale infatti , nella figura in esame, che l ' imperatore nel suo tour annuale occupasse la sala centrale del Ming-Tang (quella contrassegnata col numero cinque) al centro dell'anno, vale a dire all 'equinozio d' autunno, quando il Sole entra nel segno della Bilancia e divide l 'eclittica in due parti perfet­ tamente uguali, conferendo per tale virtù astronomica ali ' ambiente e a tutte le cose che cadono nel settimo segno quelle virtù proprie dello "star nel mezzo", e dell" 'agire senza agire", che sono i pilastri dcii' antica cultura cinese. Will Durant ( 8) dà per certo che il palazzo di Adud ad Dawla a Sciraz avesse 360 stanze "una per ogni giorno dcii 'anno, ciascuna pitturata in una sola tonalità di colore". E, al riguardo, Volguine ha osservato che i vi tutto lascia credere che in realtà si trattasse, non dei giorni del l 'anno, come dicono gli storici , ma dci gradi dello zodiaco col proprio valore specifico. L 'osservazione è fondata sulla circostanza che mai i musulmani hanno avuto un anno di 360 giorni. Uno degli ultimi esempi di architettura civile improntata alle regole tradizionali è il noto Castel del Monte fatto costruire da Federico II, l 'imperatore svevo nel quale ogni ideale della Tradizione parve rivivere. Questa costruzione è in vari modi correlata al Sole: ad esempio, quando l 'astro è sulla cuspide della Bilancia ali ' equinozio d 'autunno, la parete sud del maniero agendo da gnomone proietta un 'ombra lunga quanto l 'estensione del cortile. Anche l 'ambientazione e l 'oricntazione sono centrate sulla mani­ festazione eliaca. I punti nei quali il sole sorge e tramonta ai solstizi, infatti , segnano 77

i vertici di un rettangolo al centro esatto del quale si trova la costruzione (i cui lati, tra l 'altro sono in proporzione aurea). Nell 'ambito di un ' architettura sacra (cosmologica, e dunque astro­ logica) soprattutto il tempio - luogo sacro per eccellenza - ebbe un prototipo celeste. Jahvé mostra a Mosè la "forma" del santuario che gli dovrà costruire, dicendogli "Voi costruirete il tabernacolo con tutti i suoi utensili, esattamente secondo il modello che io ora ti mostrerò" (Esodo, XXV, 8-9); " ... Guarda e fabbrica tutti questi oggetti secondo il modello che ti viene mostrato sulla montagna" (Esodo, XXV, 40) (9).

Il tempio, oltre ad essere la copia terrestre di un archetipo celeste, è allo stesso tempo una immagine simbolica del cosmo, tanto che in molte tradizioni l 'universo nel suo insieme è considerato come un tempio incommensurabile: interrogato sulle dimensioni del tempio il Massone risponde che in lunghezza esso si estende da Occidente ad Oriente, in larghezza va dal Settentrione al Mezzogiorno e in altezza si sviluppa dal N adir allo Zenith. Templum indicava originariamente la parte del cielo che l ' antico augure romano delimitava col suo bastone come spazio sacro entro il quale osservare i fenomeni . La stessa parola più tardi designò il luogo o l 'edificio in cui si praticavano le osservazioni del cielo. La radice tem è comune alla parola temenos, che in greco vuoi dire "luogo riservato agli dei". Il tempio dunque è legato anche etimolo­ gicamente al cielo e al sacro: "Questo tempio - dice una iscrizione egizia - è come il cielo in ogni sua parte". In Mesopotamia, culla dell'astrologia, le case degli dei astrali sono edificate in analogia ai moduli celesti della serie zodiacale e del settenario planetario. La Ziqqurath di Nabu a Barsippa, nota come la "Dimora dei Sette legami del Cielo e della Terra", rappresentava l 'unione cosmica fra quello e questa. Era una costruzione piramidale composta da sette piani, corrispon­ denti ai sette cieli planetari, ognuno dipinto col colore del rispettivo pianeta. Il piano inferiore, che presentava ricche decorazioni, era nero e quindi si riferiva a Saturno. Su di esso si ergevano progressivamen­ te il piano di Giove, color arancione, quello di M arte, rosso, quello del 78

Sole, giallo, quelli di Venere e di Mercurio, rispettivamente verde e blu, e, infine, in alto, il piano bianco della luna ( 1 0). Secondo altri autori la sequenza era in parte diversa: al piano nero di Satumo, posto alla base, progressivamente seguivano verso l ' alto il piano argentato della Luna, quello giallo di Marte, l'azzurro di Venere, il rosso mattone di Mercurio, il bianco di Giove, e, alla sommità, il piano aureo del dio Sole, sede di Shamash. Anche in altre aree del globo rinveniamo tracce di edifici di culto aventi la struttura degli enti dell 'astrologia. L'antico tempio di Glastobury e la circostante regione del Somerset in Gran Bretagna sarebbero, secondo Volguine, una specie di grandiosa mappa astrale, e più esattamente uno zodiaco di costellazioni impresse in quei luoghi nello stesso ordine che esse occupano in cielo, con la sola eccezione che mancherebbe la Bilancia: il che, per altro, confermerebbe l 'anti­ chità del complesso ( 1 1 ). A Roma si edificarono splendidi santuari a immagine del cielo e dei pianeti: " .... Il Pantheon di Agrippa e di Adriano, che cos 'è, con la sua cupola e i suoi rosoncini a forma di stella, con i rapporti stabiliti dalla sua cupola e l 'occhio solare da cui irrompe la luce, se non un simbolo grandioso del cosmo e della sua unità che tutto abbraccia e che ubbidisce a infrangibili leggi?" 1 2). E se malgrado le sue sette nicchie questa stupenda allegoria del cielo non si correli al settenario planetario, come i santuari tra il Tigri e l 'Eufrate, è invece sicuro - secondo il Boli - che il "Settimonzio" fatto costruire dal beniamino della fortuna, Settimi o Severo, l 'impe­ ratore - soldato africano adoratore di Thalit-Celestis (la dea cartagi­ nese degli astri) e dei Baal astrali siriani, fosse un omaggio alle sette divinità del giorno, e forse, secondo un 'ipotesi recente, una specie di calendario monumentale dei giorni della settimana, eretto in un punto che tutti, anche a distanza, potessero vedere (1 3). Anche l 'Egitto faraonico si allinea alle altre tradizioni anzi ricor­ date. Tralasciando la nota piramide di Cheope - l acui vasta problema­ tica non possiamo qui affrontare - converrà citare l 'iscrizione di un tempio di Denderah che, così, testualmente recita: "II Dio vivente, il magnifico figlio di Asti, nutrito dalla sublime divinità nel tempio, il sovrano del paese,distende 79

la corda con gioia con lo sguardo rivolto verso l'AK della costellazione della Zampa Anteriore del Toro, e stabilisce la casa-tempio della signora a Denderah come avvenne i vi prima". In questa iscrizione è menzionata la cerimonia della "cordatura del tempio", consistente nell'orientamento del santuario mediante l 'osservazione dei un corpo celeste e nella determinazione - mediante la stessa corda usata per la disposizione della prima pietra - del modulo geometrico della costruzione ( 1 4). Affinché fosse al riparo di ogni corruzione terrestre, il tempio veniva edificato secondo un progetto architettonico divino (trasmes­ so di solito attraverso una "visione folgorante") ed inoltre era posto sotto l 'influenza diretta di una stella o costellazione. Eli ade cita in proposito l 'iconografia del tempio di Lagash in cui è descritta la scena del re babilonese Gudea che vede in sogno la dea Nibada reggente un pannello sul quale sono rappresentate le "stelle benefiche", e un dio che gli "rivela" il piano costruttivo di quel santuario. Il "sogno di Gudea" enuclea il tema, assai ricorrente nei testi sacri e nel mito, in cui la divinità suggerisce a un mortale le formule matematiche e i moduli geometrici di una costruzione che si dovrà innalzare, o di un' opera che si dovrà realizzare ( 1 5). E' necessaria però una lettura in profondità della vicenda onirica del re babilonese se si vuoi evitare il rischio di intravedere in tale episodio nient'altro che la celebrazione di quel re e di quel tempio. Se si va al di là del sostrato puramente allegorico, e si procede ad una attenta introspezione dell 'immagine, è possibile desumere dalla scena quei concetti fondamentali che in un certo senso riassumono l 'architettura sacra nel suo insieme. Anzi tutto l 'espresso riferimento del tempio di Lagash alle "stelle benefiche" mostrate dalla dea, evidenzia il legame tra l 'architettura e l 'astrologia. In secondo luogo, il tema della "rivelazione" dei piani costruttivi di un edificio destinato alle più alte funzioni dà un notevole conforto ali 'ipotesi secondo cui le UNITA ' DI MISURA e certi rapporti geometrico-numerici abbiano natura trascendentale, esattamente come 80

intesero i pitagorici e gli antichi costruttori. Si ricava, infine, come postulato dei primi due concetti, che queste unità, forme e misure sublimi, possono essere acquisite soltanto in stati di coscienza diversi da quelli ordinari, dunque superati i limiti dello stato di "veglia". Il sogno di Gudea, come qualsiasi altro "sogno" dei miti infatti non va preso in senso letterale: lo stato in cui un dio o un essere superiore trasmette una conoscenza, in realtà è uno speciale "rapimento estati­ co" riservato a coloro che per virtù propria o mediante pratiche rituali hanno accesso al sovramondo (profeti, patriarchi, aristocrati, grandi legislatori, ma anche sacerdoti, sciamani e guerrieri). Non ci dilungheremo su questi salti di là dello spazio e del tempo, nel Menok; sarà invece opportuno accennare, sia pure brevemente, al mistero delle unità di misura delle civiltà tradizionali. Questi valori, ritenuti di origine extraterrena, e dunque trasmessi per rivelazione al mitico fondatore della nazione, venivano gelosa­ mente custoditi contro ogni profazione o alterazione ed erano impie­ gati soprattutto nella costruzione degli edifici di culto o comunque de­ stinati a una sacra funzione. Lo scopo di ciò si è intraveduto nello straordinario potere di molti complessi architettonici realizzati secondo i misteri dell'arte costrut­ tiva di fungere da amplificatori delle energie telluriche dei luoghi ove esse sorgono, in modo da determinare effetti di più intensa portata e di più perfetta qualità nel continum microcosmo-macrocosmo che tali opere sono destinate a stabilire ( 1 6). Diversi autori hanno sostenuto che le proporzioni archetipiche im­ piegate nell 'architettura sacra sintetizzassero la "lunghezza d'onda" delle energie telluriche, determinata con metodi occulti e poi racchiu­ sa in misure sacre inalterabili. Le cattedrali del Gotico non sfuggono di sicuro a questa regola. Questi splendidi monumenti, che si distinguono per il linearismo verticale e per la straordinaria presa della luce, incorporano la dottrina della fede in un'ottica travalicante l'ambito della cristianità, sempre esprimendo e sublimando le energie e le geometrie inerenti al sito in cui esse si ergono. E non è certo casuale che sorgano - come gran parte delle precedenti chiese e basiliche - sui resti di primitivi templi, santuari e in genere nei luoghi sacri della paganità.

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Si è addirittura sostenuto (con buoni argomenti) che alcune antiche confraternite di Benedettini, attraverso composizioni della musica gregoriana riflettenti l ' armonia geometrica dell 'edificio sacro, potes­ sero intonarsi con esso fino a produrre stati più elevati di coscienza. Comunque sia, in ambito tradizionale le opere destinate al culto sono invariabilmente edificate secondo i canoni dell 'astrologia, nè più nè meno che le altre costruzioni civili. Il tempio di Gerusalemme, ad esempio, si ergeva su pilastri di " 1 2" cubiti di circonferenza, sormontati da capitelli poggianti su pomi di "3" cubiti che portavano "7" catenelle di melograni. I " 1 2" piani che si consacravano i vi corrispondevano ai 1 2 mesi dell 'anno (Giuseppe Flavio) e quindi ai 1 2 segni dello zodiaco. Un esempio ancor più significativo può ricavarsi dali ' antica tradi­ zione religiosa indù nella quale ogni "altare del fuoco" innalzato ad Agni è costruito con " ' 360" mattoni yausmati, pari ai 360 "giorni" dell'anno ai 360 gradi dello zodiaco; ma anche il recinto esterno è di 360 mattoni che corrispondono ad altrettante "notti" e gradi (Sata patha - Bràmana) : "cosl, ogni volta che si costruisce un altare del fuoco, non solo si ripete il mondo, ma si costruisce l 'anno e si rigenera il tempo ricreandolo" (Eliade, "Il sacro e il profano").

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NOTE ( 1) René Guénon, "Il Re del mondo", tr.it. Athanor, pag. 59 (2) Fanno eccezione a questaregola gli edifici destinati alle pratiche funerarie, i quali sono rivolti ad occidente, ossia là dove tramonta il sole, e dunque dove la luce­ vita si spegne. "L'ovest è la regine delle tenebre, dell'angoscia, della morte, delle dimore eterne dei morti che attendono la resurrezione dei corpi e il giudizio universale." (Eliade): si noti la perfetta corrispondenza simbolica tra l'occidente, il tema del "Giudizio" e il segno della Bilancia che contrassegna l'ovest. (N.d.A.) (3) Abbiamo visitato uno tra i meglio conservati di questi pozzi nella zona archeo­ logica di S. Cristina, in provincia di Oristano (Sardegna). Immediatamente ci hanno colpito le forme delle varie parti del complesso, fortemente evocative: un recinto esterno, costituito da un muretto a forma di toppa di serratura (probabilmente una stilizzazione della figura della dea Tanit), ingloba il pozzo sotterraneo al quale si accede attraverso un 'imboccatura triangolare (simbolo dell'Acqua); il pozzo nel suo insieme sembra una grande vulva aperta in alto verso il cielo da un oriflZio circolare situato sulla verticale della polla d 'acqua. (N.d.A.)

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(4) Nel mondo tradizionale il "Palazzo" ove dimora il Sovrano è una delle opere che si iscrivono in un ordine cosmico. Costruito e orientato secondo le regole dell' Ar­ te, esso esprime l'idea di "Centro" in senso lato (sociale, politico, universale). E' in sostanza un "omph6los" che collega le tre regioni e tutto aggrega per l'influen­ za continua del signore legittimo che ivi s'assiede. (N.d.A.) (S)Titus Burckhardt, "Simboli", Edizioni all'insegna del Veltro, tr.it., 1983, pag. 32, segg. (6) Anche il MING-TANG era composto da nove sale disposte nello stesso ordine del quadrato dell'impero, gli ambienti però avevano forma rettangolare (N.d.A.) (7)R. Guénon, (ibid. tr.it.. pag. 105) descrivendo il Ming-Tang non esita a definire la disposizione in quadrato di tale edificio dalle dodici aperture una "proiezione terrestre dello zodiaco celeste disposto circolarmente". (8) W. Durant, "Histoirede lacivilisation" Tomo X0 - pag. 458: riportato da Volguine su "Linguaggio astrale", tr.it., ed. C.l .D.A., n° 1, marzo-giugno 197 1 . (9) Oltre le rivelazioni di Jahvé sulla forma del tempio, del tabernacolo, degli utensili sacri ecc., la Bibbia contiene moltissimi altri riferimenti all 'architettura rivelata. Così, ad esempio, Davide consegna al figlio Salomone il progetto di fabbrica-

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zione del tempio, del tabernacolo ecc. assicurando che "tutto ciò si trova in uno scritto di pugno dell'Eterno che egli mi ha svelato" (cfr. l, Cronache 28- 19) (N.d.A.)

(lO) Nigel Pennick, "Magia e Simboli segreti dei luoghi sacri" , tr.it., Hermes Ed., pag. 68. ( 1 1) La settima costellazione, in origine era costituita dalle Chele dello Scorpione (N.d.A.) ( 1 2) F. Boli, tr.it., op. cit. pag. 38 ( 1 3) IDEM , ibidem ( 1 4) Nigel Pennich, tr.it., op. cit. pag. 54 ( 1 5) Ma anche le misuredell ' arca, come siricordcrà vennero dettate a Noèdal Signore (Genesi). (N.d.A.) ( 1 6) Apparizioni, guarigioni miracolose, prodigi ecc. registrati a iosa nei santuari di ogni luogo e tempo, in nome di un dio, demone o santo, sono la più manifesta attestazione di questa regola. (N.d.A.)

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CAPITOLO VIII L ' ARTE DEL FENG-SHUI

Se lo SPAZIO è una manifestazione senza fine del metafisico, esso vale al contempo ad estendere l 'umano e il visibile nel cosmico e nell'invisibile in modo da attuarvi una trasposizione di ciò che altrimenti sarebbe soltanto fisico e perituro. Ecco allora che nel mondo antico la scelta di un luogo per la fondazione di un tempio o di una città e dei suoi edifici mai fu casuale o dettata da criteri soltanto utilitaristici o estetici. La costruzione inoltre, non soltanto fu preceduta e accompagnata da riti appositi, ma obbedl a leggi precise di ritmo e di analogia, uniformate inevitabil­ mente alle leggi degli astri. Di ciò qualcosa sopravvive in Estremo Oriente, ad esempio nella dottrina tuttora applicata del FENG-SHUJ, la "geomanzia". Questa disciplina, che non deve confondersi con la omonima mantica definita anche " Astrologia terrestre", ben si innesta nel nostro discorso perchè, pur essendosi progressivamente volgariz­ zata attraverso i millenni si da spostarsi progressivamente dall'ambi­ to religioso e misterico del Taoismo al mondo profano, conserva ancora nella sua dottrina e nelle tecniche i principi di una strettissima correlazione tra le stelle, il territorio e la consistenza del suolo in superficie e in profondità. In tal senso ilfeng-shui ha collegato non soltanto ciò che è in alto a ciò che è in basso, ma ha stabilito dei legami anche col "molto in basso", dato che tale scienza in buona parte serve a individuare le linee di flusso delle energie telluriche e a stabilire l ' armoniosa interazione tra esse e l 'uomo, visto non soltanto sotto l 'aspetto fisico, ma in base all'età, al suo ruolo e al fine che esso intende perseguire nelle specifiche relazioni con l 'ambiente. L 'astrologia, nella messa a punto 85

della fitta rete di correlazioni del Feng-Shui, trova necessariamente larga applicazione, sia per le specifiche analogie tra certi astri, la conformazione dei luoghi e le linee di forza telluriche, sia perchè l 'in­ dividuo viene posto in rapporto al tutto anche in base al suo oroscopo. Il FENG-SHUI, che letteralmente significa "vento e acqua", ha consentito alla Cina di dare nutrimento ad una delle più dense popolazioni del mondo senza usare violenza all 'ambiente. Questa arte, legata alla filosofia tradizionale taoista, ha molti tratti in comune con l 'agopuntura, che, com 'è noto, consiste nella localiz­ zazione dei meridiani nei quali scorre il CH-I e nell 'intervento su punti determinati di questa linee di forza. Ed infatti , come gli agopun­ tori agiscono sul corpo umano regolando il flusso del ch-i, cosl i praticanti del FENG-SHUI manipolano il corpo della terra per agire sul flusso ch-i lungo le sue vene nascoste, che hanno il nome di "linee del drago". La tecnica consiste nel raccogliere il ch'i benefico o nel deviare il ch' i malefico nei luoghi in cui si vive, sia agendo nell ' area di un latifondo o in una intera città, sia intervenendo nel più piccolo spazio di un modesto rustico di campagna e perfino di una sola stanza ali ' interno di una abitazione: in entrambi i casi si tratta di armonizzare il macrocosmo esterno col microcosmo interno, sì da attuarne un continuum. L 'arte del FENG-SHUI è dunque l 'arte del"vivere in armonia con la terra" e trarre da essa il maggior beneficio. Anticamente questa arte si chiamava anche KAN-YU, che letteralmente vuoi dire "copertura e sostegno" e fa riferimento, non senza motivo, al cielo (copertura) e alla terra (sostegno): i geografi cinesi infatti, seguendo alla lettera il principio "come in alto, così in basso", collegano le diverse regioni del loro territorio a determinate costellazioni. Astronomia e geografia dunque sono un'unica cosa e questa, del resto, è la naturale conse­ guenza della concezione di un universo, vivo, reale, ovunque coeren­ te con se stesso. La cosidetta "Scuola della bussola" del feng-shui dà la massima importanza ai pianeti e ai trigrammi. La sua tecnica di base utilizza gli otto trigrammi e i cinque pianeti (Mercurio, Venere, Marte, Giove, Satumo) e li impiega per determinare i principi della generazione e della distruzione. Particolarmente interessante, ai fini della nostra 86

indagine, ci è apparsa l 'attenzione prestata dalla scienza in esame alla orografia. Le montagne nel simbolismo tradizionale hanno sempre rappre­ sentato un importantissimo punto di collegamento tra l'alto e il basso, sia per la loro inaccessibilità, sia per le virtù dell 'altitudine che, in quanto tale, si è assimilata al cielo e alla trascendcnza in ogni luogo e tempo (l 'Olimpo ospita gli dei del Pantheon ellenico, Mosè riceve le tavole della legge sul Monte Sinai, e perfino Zarathustra nell ' ope­ ra di Nietzshe se ne va sulla montagna coi suoi animali -l 'aquila e il serpente -). In Estremo Oriente è stata accolta la stessa regola: l 'altura è il paesaggio virile che si collega al Cielo e allo Yang, e il Feng-Shui ha dato notevole importanza allo studio delle vette ritenendo che esse siano le croste che ricoprono le più importanti vene-drago. Una delle prime cose che si richiedono ad un hsien-sheng di Feng-Shui è che egli sia capace all ' istante di dire quale stella, pianeta ed elemento sono rappresentati da una montagna in base alla sua forma. Questa la descrizione di Eitel, per bocca di Stephen Skinner: "Se una vetta si alza vigorosa e dritta, e termina a punta, viene identificata con Marte e si dice che rappresenta l 'elemento fuoco. Se la punta di una montagna dalla forma simile è spezzata e piatta ma è relativamente stretta, si dice che è incarnazione di Giove e che rappresenta l 'elemento legno. Se la vetta di una montagna forma un ampio altopiano rappresenta Saturno e vi dimora l'ele­ mento terra. Se una montagna è elevata ma la vetta è arrotondata si chiama Venere e rappresenta l 'elemento metallo. Una montagna la cui vetta ha forma contorta e mobile, di cupola è considerata rappresentante Mercurio ed è governata dal l 'elemento acqua" ( 1 7) FORMA CONICA SOMMITA' ARROTONDATA,CORPO

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LE FORME ELEMENTO DELLE MONTAGNE

Oltre alla classificazione sopra esposta vi è un'altra correlazione tra le forme montuose e le NOVE STELLE MOBILI. Sette di queste sono identificate con le sette stelle dell 'Orsa Maggiore (pei­ tou) e si trovano in rapporto alle stagioni. LE SETTE STELLE DELL'ORSA

NOME

l)T'an-lang 2) Chii-men

3) Lu-st'un

FORMA

" �

SIGNiflCATO

ELEMENTO

PIANETA

Legno

Giove

Grande porta

Legno

Giove

Conservazione del rango

Terra

Satumo

Bramosa e selvaggia (!eU. 'lupo avido')

(o del salario) 4) Wen-ch'ii

5) Lien-chien 6) Wu-ch ' ii

7) P'o-chiin



l!!j � �

Spire (attività) civili o

Acqua

Mercurio

Fuoco

Marte

letterarie Onestà, purezza e rettitudine Spire (attività) militari

Metallo

Venere

Esercito spezzato

Metallo

Venere

88

LE A LTRE DUE STELLE

l) Tso-fu 2) Yu-pi

� -""---

Assistente di sinistra celeste

dell'Imperatore

Assistente di destm celeste

erra

T

Acqua

Satumo

Mercurio

dell 'imperatore

TAVOLA 2 LE NOVE STELLE MOB ILI

Stabilita in base alle corrispondenze analogiche tra le alture e le stelle di natura dei luoghi, e individuate le "linee del drago", si utilizza il complesso dei dati nel modo più proficuo, tenendo conto delle caratteristiche astrali delle persone interessate. Le corrispondenze analogiche tra astri, elementi c le più svariate caratteristiche del paesaggio (orientamento, natura del suolo, consi­ stenza geologica ecc.), fanno del Feng-Shui una importante scienza tradizionale dell 'adattamento della Terra al Cielo e in virtù di ciò questa scienza ben si inquadra nel paradigma della primeva astrolo­ gia.

89

NOTE l) Stephcn Skinner, Geomanzia Cinese, tr.it., Astrolabio, 1 985 pag.42 segg.

90

CAPITOLO IX LA GEOMETRIA ASTRALE

Una scritta sul portale d'ingresso dell 'Accademia platonica am­ moniva: "Qui non entri che non è geometra". Il senso riposto di questa leggendaria espressione non può sfuggire ave si consideri la rilevante matrice pitagorica del pensiero di Platone e l 'essenza qualitativa e mistica della geometria pre-euclidea, che, senza dubbio, fu uno dei massimi insegnamenti segreti del sodalizio di Atene. Di questa geometria esoterico-iniziatica, che nel suo insieme costitui la dottrina delle proporzioni del l 'architettura sacra alla quale già si è fatto cenno, vi è traccia nel glossario simbolico di tutte le culture e tradizioni del mondo antico, ave inevitabilmente si rinven­ gono enti e modelli geometrici che insieme a determinati numeri fatali sono stati associati di volta in volta a significati psicologici e magici, ad occulte possibilità, a virtù particolari. E ' significativo, del resto, che alcuni tra i più comuni enti geometrici abbiano costituito il nucleo di irradiazione di grandi misteri della fede religiosa, come ad esempio le ipostasi della SS. Trinità espresse dal triangolo equilatero, o come la passione - morte - resurrezione simbolizzate dalla croce. Lo stesso emblema dell 'ebraismo, il "Sigillo di Salomone", costituito da due triangoli equilateri sovrapposti e orientati uno verso l'alto e l 'altro verso il basso - in modo che l 'insieme costituisca la c.d. "stella a sei punte" - è una delle immagini simboliche più universali, rappresen­ tante, secondo la dottrina ermetica, la sintesi delle forze evolutive e delle forze involutive attraverso l ' interpcnetrazione dci due temari. In genere l 'ideografismo geometrico è stato impiegato, soprattut­ to in occidente, per codificare in modo organico ma coerente le grandi leggi e i principi archetipici che presiedono all 'incessante processo di 91

fluidificazione della realtà. Esso dunque è valso da strumento per un'esperienza noetica estesa ben oltre il campo delle semplici quan­ tità numeriche, e ciò grazie alle proprietà delle più note figure della geometria e alla naturale predisposizione di tali figure a prestarsi alla trasposizione dei più elaborati concetti in immagini, cosi rendendo possibile una meravigliosa sintesi tra scienza e filosofia . Unrapido sguardo sulle più adottate figure dell 'esoterismo geome­ trico chiarirà il discorso.

SIMBOLI SEMPLICI

Figura

e

O

NOME

SIGNIFICATO

-La monade, principio inespres­ so, oppure sintesi di tutti i dina­ mismi

Punto o centro

TI punto esteso in ogni direzione la totalità indivisa, il limite ma­ gico, il Ciclo e i cicli celesti.

Cerchio

-

Linea orizzontale

-II giacere, lo spazio-tempo



Linea verticale

- Il trascendere, lo Yang, il Cielo

c:::J c:::::::J

Linea spezzata

-La terra, lo Yin.

(\

Semicerchio asc. (cupola)

\_}

Semicerchio disc. -Il coagulo delle forze spirituali (coppa) o delle pulsioni interiori.

-La volta celeste, nel senso anche spirituale.

92

Iperbole (spirale incompleta)

- L'inizio dell'evoluzione o della involuzione.

SIMBOLI COMPLESSI Figura

NOME



6

SIGNIFICATO

Croce

-L'orientamento, la sintesi dci contrari.

Triangolo equila­ tero dritto (delta) ..

\7 D o @ Figura

-L 'armonia, la proporzione, l 'elemento Fuoco, lo Spiri+ù (' i le ipostasi trinitarie.

Triangolo equil. riverso

- L'elemento acqua, il fem­ minile.

Quadrato

-La terra in opposizione al Cielo. Ciò che è solido e stabile. -La legge microcosmica del flusso e del divenire, l'ar­ monia.

Pentagono

Spirale

- L'evoluzione e l'involuzio­ ne

SIMBOLI COMPOSTI NOME

SIGNIFICATO

-Il turbine della creazione, la Generazione dei cicli

Svastica

93

universali, la sintesi della sacerdotale spiritualità dell'asse solstiziale con la regalità dell 'asse equino­ ziale. Pentagramma

- Il microcosmo, la perfe zione, il dominio sulle for ze invisibili.

Esagramma

-La sintesi delle forze evo­ lutive ed involuti ve.

Scacchiera

-'1erogamia" Cielo - Terra, il conflitto luce - tenebre, ordine caos

TAI-KI

- dinamica Yin-Yang.

In occidente, l 'emblema massonico della squadra unita al compas­ so ha sintetizzato e sublimato tutto ciò che nel paradigma di una geometria esoterica tradizionalmente è valso come modello per un'architettura ideale a sfondo cosmologico, finalizzata al perfezio­ namento interiore degli adepti (uomini "liberi e di buoni costumi") attraverso la compiuta applicazione, in un piano operativo ben definito, di schemi formali e numerici del grandioso mosaico univer­ sale, cui si è data l 'immagine di un tempio. Non per niente i Massoni hanno denominato G.A.D.U. "Grande Architetto dell 'Universo" il supremo principio al quale riferiscono i lavori che da tempi immemori compiono al coperto delle "Officine". Quali siano i lineamenti della Massoneria contemporanea è cosa che cade fuori dai nostri quadri. Però è innegabile che per il ricchissimo simbolismo geometrico-costruttivo profuso nei loro rituali, oltre che per la professione di idee universali e di principi metastorici, i "Fratelli Liberi Muratori" si sono ispirati in ogni epoca alla Tradizio94

ne, sebbene oramai per diverse cause essi non si colleghino più direttamente ad essa ( 1 ). I significati più reconditi del geometrismo simbolico universale però non si prestano ali ' acquisizione logica, nè alla intuizione, senza le leve di una dottrina basata saldamente sulla antologia e sull 'idea di un potere plasmatore delle forme, come quella emersa dall 'anima della Grecia su solco profondo impresso dai pitagorici nella cono­ scenza e nell 'etica, quando in occidente la Tradizione già volgeva al declino. Si affermò allora che poligoni e poliedri, prima ancora di manife­ starsi nel mondo sensibile, preesistessero archetipicamente nella realtà invisibile come puri ed astratti modelli destinati a radicarsi in tutto ciò che venga ad esistenza. Questa idea, perfettamente in linea con la legge della "doppia natura", per altro trova conforto anche sul terreno solido dell 'espe­ rienza, essendo incontestabile che tutto ciò che si manifesta nella realtà fenomenica assume una tipica forma prestabilita. Cosl al microscopio perfino il frammento del più insignificante ciottolo giacente nella polvere si rivela una repubblica gioiosa di cristalli, cioè di poliedri naturali che da sè si sono disposti secondo l 'ordine geometrico riservato esclusivamente a quella specie minera­ le. Analogalmente, se dal basso volgiamo lo sguardo in alto, altro non scorgiamo che una geometria di astri in movimento: l'universo del resto, anche secondo le recenti teorie, cos 'altro è se non un "punto nel suo farsi sfera"? L 'azione plasmatrice di certi archetipi geometrici ci è testimonia­ ta anche dal mondo animale. Il ragno che tesse la sua tela a raggi concentrici, o l ' ape che costruisce l ' arnia a moduli esagonali, o i molluschi che scalpellano perfette spirali nei loro gusci, ben difficil­ mente saprebbero creare modelli tanto sofisticati se non "sentissero" latenti nel cosmo quelle forme che essi riproducono per istinto, seguendo gli impulsi dei propri meccanismi biologici. Perfino il codice elementare della vita, il DNA, è un'armoniosa geometria di forze agenti grazie alla tipica forma elicoidale e ai rapporti numerici dei suoi componenti. In sezione questo importante elemento ricorda

95

É9

il geroglifico del Cancro , e potrebbe non essere una semplice coincidenza il fatto che l ' astrologia correl i questo segno zodiacale alla genesi della vita. Quando le scienze erano riservate ai filosofi e agli iniziati, i Pita­ gorici ritennero che i numeri fossero unità indipendenti dotate di d imensioni spaziali indivisi bili ed eterne. L'interouniverso si presen­ tava allora ai loro occh i come una rassegna grandiosa di valori numerico-geometrici e di frequenze in cui ogni fenomeno prima di tutto era cifra, ritmo, misura, ma questi enti avevano un precipuo significato per le proprietà e le virtù sintetizzate nei loro intrinseci rapporti, e non soltanto come oggetti quantitativamente considerati. Ciò rese possibile una perfetta sintesi di matematica, musica e astro­ nomia. Pitagora intuiva i numeri occulti deiie cose e con essi conseguiva la conoscenza delle leggi dell 'universo e il perfezionamento dell ' ani­ ma. I "geometri dello spirito" da lui iniziati nelle scuole di Crotone, elessero il CUBO a simbolo della perfezione. In senso mistico questo solido geometrico rappresentava la saggezza, la verità e la perfezione morale insieme; come quadrato del quadrato esso esprimeva la stabilità, la durata, la perfetta combinazione degli elementi del Qua­ ternario "solidificati"; era per questo l ' immagine dell 'eternità (2). Più tardi Platone, allorchè esporrà nel Timeo gran parte della dottrina pitagorica, metterà particolarmente in risalto un altro solido geometrico, il DODECAEDRO, del quale - dice testualmente il filosofo - Dio si giovò per "decorare l 'Universo" (Timeo XX, 55) Su questo passo del Timeo molto si è argomentato e il dibattito è ancora aperto: perchè, dopo avere esposto con dovizia di particolari la genesi dei primi quattro poliedri regolari (tetraedro, ottaedro, icosaedro e cubo), giunto al quinto, ossia al dodecaedro, Platone svicola in una metafora tanto retorica? Alcuni hanno visto in questa espressione l ' escamotage necessario per non creare una sfasatura tra gli elementi del quaternario (Fuoco, Aria, Acqua e Terra) (3) e il numero dei poliedri regolari, dato che il filosofo non considera un quinto elemen­ to (tipo "etere" o simili). Arturo Reghini invece azzarda l' ipotesi che Platone abbia taciuto appositamente sul "più meraviglioso" dei segre­ ti pitagorici, perchè vincolato dal giuramento del silenzio iniziatico. 96

Il Reghini, inoltre, ha supposto che la geometria pitagorica avesse per fine la iscrizione del dodecaedro nella sfera e il riconoscimento delle sue proprietà. (4) Ma tralasciando i commenti, vediamo quali straordinarie virtù son proprie al dodecaedro e come questo poliedro si inserisca a buon diritto nel nostro discorso su un'astrologia sacra e misterica, non senza avere prima ricordato che dali 'esoterismo il solido in questione è stato assunto a simbolo del COSMO e dello zodiaco. Il dodecaedro si compone di DODICI FACCE pentagonali, ognuna delle quali, dai diametri passanti per i suoi vertici, è divisa in TRENTA TRIANGOLI RETTANGOLI. Questo poliedro dunque ha una superficie costituita da (30 x 1 2) TRECENTOSESSANTA triangoli rettangoli . Ma 1 2,30 e 300 sono precisamente i numeri dello zodiaco: 1 2 segni (o costellazioni) ognuno di 30 gradi di longitudine formano infatti quella fascia circolare di 360 gradi definita zodiaco. Che il dodecaedro rappresenti lo zodiaco lo ha già affermato Plutarco nelle "Questioni platoniche" allorchè ha dovuto prendere posizione sul controverso passo del Timeo. Questo autore, che possiamo defi­ nire come il più attento cronista dei misteri dell 'antichità, non ha esitato a mettere in relazione i 360 triangoli del dodecaedro con l ' anno (egizio) e con lo zodiaco (5).

97

Le corrispondenze geometrico-astrologiche dodecaedro per noi assu­ mono un rilevante significato perchè di là da ogni fraintendimento esoteristico indicano che l ' astrologia primordiale, seppure innegabil­ mente fosse permeata dal sentimento mistico di molte generazioni di attenti osservatori del planisfero astronomico, tecnicamente si so­ stanziò in una GEOMETRIA URANICA di stretta derivazione me­ tafisica, scaturente da una visione cosmologica del mondo centrata sugli astri e intenzionalmente codificata nei simboli polivalenti di una serie sacra funzionale: una specie di evangelizzazione geometrico­ numerica della realtà. Se il dodecaedro è l ' Universo, ciò non dipende soltanto dalla estrema congenialità di questo solido alla sfera e quindi dalla sua capacità di "avvolgere tutto", come la sfera celeste che-tutto ingloba ( 6), ma principalmente dal fatto che esso si risolve nel l 2, nel 30 e nel 360 (gli elementi che si producono quando ogni pentagono viene diviso in cinque triangoli isosceli e, ciascuno di questi, in sei triangoli scaleni). Tale poliedro sostanzia (dodici volte) la SFZIONE AUREA, e per questa straordinaria virtù esso è il numero e la formula in senso mistico e magico del macrocosmo unitari amente considerato (De Santillana, Il mul ino di Amleto). Il dodecaedro ingloba nella sua struttura, così armonicamente ar­ ticolata, diversi altri elementi geometrici minori che in vario modo enucleano principi e dinamiche del Cosmo. Anzitutto, se le dodici facce pentagonali si traspongono sul piano in proiezione bidimensionale in modo da toccarsi tutte per un lato, secondo lo schema tracciato da Luca Pacioli nel "De divina propor­ zione", esse così mostrano di trovarsi unite nel segno della "doppia spirale" (figura n. l l ).

98

FIGURA 9

IL DODECAED RO

FIGURA N.lO

:

La suddivisione del

pentagooo in 30 lriangoli

FIGURA N. l1

Esprimendo la legge universale della dinamica evolutiva dei contrari, la

doppia

()

spirale

è per

molti aspetti simile al TAI-KI

, il simbolo che nella tradizione estremo orientale

enunclea la dialettica Yin-Yang. Le due spirali converse sono frequentemente raffigurate nell ' arte

della Grecia arcaica con una molteplicità di significati convergenti : proiezione piana dei due emisferi dell 'Androgino, ritmo alterno dell'evoluzione e dell ' involuzione, duplice espressione della forza unica, continuità di cicli uranici e tell urici , ecc.

(7).

Spingendo più a fondo l 'indagine sulle singole par ti del dodecae­ dro val la pena di soffermarsi sul PENTAGONO, ossia sulla figura poligonale delle sue dodici facce. Emblema dell' armonia universale, questo poli gono

è stato al centro delle più complesse speculazioni

misteriosofiche dei geometri pre-euclidei. Esso fornì, tra l ' altro, l a chiave naturale della già accennata "sezione aurea" (chiamata anche "proporzione divina") normalmente impiegata nell ' architettura tra­ dizionale soprattutto egizia e greca, ripres a nel medioevo, ed episo­ dicamente anche in epoca moderna dal Le Courbusier

(8).

Le proprietà più straordinarie del pentagono si associano alla stella a cinque punte,

nota col nome di "Pentagramma" o "Pentalfa",

P

risultante dalla unione di suoi vertici al terni .

� ì'. '

1:> 1 '

E

\ A' PROPORZIONE AUREA: AD : AE '

=

AE' : E ' D

c

\

A

FIGURA N. 12

E ' nota l ' importanza attribuita a l Pentagramma in ogni tradiz ione :

dai Pitagorici, che lo impiegavano come segno di riconoscimento e come talismano augurale definendolo "hy g ici a (dal nome della dca "

della salute), ai Massoni, che lo chiamano tuttora "Stella fiammeg­ giante" e lo considerano il simbolo della tensione verso le mete

99

l

... l

l

B

l l

(

superiori, agli occultisti , che se ne avvalgono come segno di potenza sulle forze invisibili e come coagulatore della luce astrale. Nell ' am­ bito astrologico il Pentagramma assume un particolare rilievo per l ' angolo ottuso di 72 gradi fonnato dai vertici consecutivi. Il 72 è sempre apparso come un numero fatale, e ciò spiega il suo frequente impiego nell'esoterismo (9), e, in specie, nell 'esoterismo astrologico. Qui vi il 72 è l 'arco espresso in gradi sessagesimali dali 'importante aspetto di QUINTILE, oggigiorno poco usato e relegato tra gli aspetti "minori", benchè in realtà sia una segnatura di eccezionale potenza, in genere annunziatrice di eventi straordinari ed ineluttabili . Oltre a delimitare lo SPAZIO simbolico di 1/5 del cerchio zodiacale, il numero in esame incide anche sulla dimensione del TEMPO astrolo­ gico, come unità di misura dcii 'anno precessionale. L 'asse degli equinozi infatti, spostandosi di 50 secondi all 'anno, impiega 72 anni per retrocedere di un grado nello zodiaco siderale: il 72 è dunque la cifra occulta del grande eone rigeneratore dei tempi ciclici dello zodiaco che definiamo "ere astrologiche". Su questo tema René Guénon afferma senza mezzi termini allorchè si inoltra nel calcolo dei Kalpa e dei Manvantara: "Questo numero 72 è precisamente un sottomultiplo di 25.920 (durata dell 'anno precessionale). Il fatto che per la precessione degli equinozi si trovino i numeri connessi alla divisione del cerchio costituisce una prova ulteriore del carattere veramente naturale di questa divisione" ( 1 0). Il 72 dunque è un numero qualitativamente ciclico, e per questa virtù esso, come tutti i numeri ciclici (3, 9, 1 2 ecc.), assume l 'importanza e l 'efficacia d i una naturale divisione del cerchio e di tutto ciò che per estensione abbia natura circolare e andamento ciclico, come lo spazio e il tempo dell'astrologia: lo stesso numero, invece, non ha alcun significativo ruolo nella suddivisione decimale, la quale, secondo la Tradizione, è quella che propriamente si addice alla linea retta. L 'idea che il 72 presieda realmente ai fenomeni ciclici e sia in quanto tale una delle chiavi del sistema geometrico-matematico del­ l ' astrologia tra l ' altro è convalidata da una realtà astronomica di non secondario rilievo che prende il nome di "ciclo dei Saros", la cui co1 00

noscenza, rimontante a molti secoli prima dell'era volgare, si accre­ dita unanimente agli astronomi caldei e cinesi. Il "Saros" è un ciclo di 72 eclissi (43 solari e 29 lunari , escluse da queste ultime quelle parziali di penombra, praticamente insignifican­ ti) le quali si succedono periodicamente e in modo analogo con un intervallo di circa 18 anni e 1 0, 1 1 o 12 giorni , a seconda che vi siano compresi 5, 4 o 3 anni bisestili. Oggi un'eclissi stimola soltanto curiosità nelle masse e vale tutt' al più a perfezionare la conoscenza "quantitativa" dell 'Universo; ma nel mondo antico, l ' interruzione del flusso di luce del Sole e della Luna, determinata dall'allineamento di questi astri con la terra, appariva come una drammatizzazione estrema del conflitto universale Ko­ smos-Caos, per la fondamentale correlazione della luce col piano del divino e del sacro. Non ci dilungheremo su questo punto essendo assai più fruttuoso notare che, se "72 anni solari" costituiscono la durata della 360 parte del l 'anno precessionale (25.920 : 360 = 72), e se 72 anni allo stesso definiscono il ciclo di un Saros , "360 anni solari" (72x5 = 360) è precisamente l'intervallo medio di tempo fra due suc­ cessive eclissi totali di sole in un dato luogo ( 1 1 ) : quindi anche l 'intera misura sessagesimale del cerchio, allo stesso modo dell'angolo di 72 gradi che ne è la quinta parte, "esiste" come realtà astronomica spazio-temporale, e per questo tradisce la propria natura antologica prima di assurgere ad elemento costitutivo della trigonometria e della geometria astrologiche. Lo straordinario rilievo che si diede in ambito tradizionale alle leggi occulte dei numeri lascia intravedere nella primeva scienza una trasposizione in simboli di principi e archetipi universali, non imma­ ginati e costruiti in base agli astratti schemi di un puro ideal ismo filosofico ( 1 2), ma desunti bensì da una attenta osservazione della realtà, colta nei momenti più sgnificativi principalmente attraverso le dinamiche delle sue forme e dei suoi numeri, e, nel sui insieme, come la sintesi di tutte le forme e di tutti i numeri possibili, perennemente attivi nel loro farsi -disfarsi - ricomporsi , secondo lo schema simbo­ lico della doppia spirale già ricordata e in quel costante rapporto di equilibrio e di armonia perfettamente espressi dal pentagono. L 'acquisizione di tali semplici ma fondamentali concetti è impre-

101

scindibile per un accesso diretto ai principi della analogia, in forza dci quali si è stabilito che il dodecaedro sia il cosmo, che il pentagono sia la solidificazione dell'annonia del cosmo, e che il 72 sia allo stesso tempo la chiave numerica del pentagramma, l 'espressione cifrata del conflitto antologico Luce-Tenebre, e il punto di sviluppo dell 'intero sistema dell ' astrologia primordiale. La geometria negli ultimi secoli è stata compresa nelle matemati­ che, e ciò secondo alcuni (M. Pennick) non è esatto perchè la matematica numerica è un minus rispetto alla geometria in ragione del livello "più elevato" di quest'ultima. La querelle non è del tutto priva di pregio se può valere almeno a focalizzare l 'intrinseca connessione delle due discipline le quali a tal punto si integrano da non potere esistere una senza l ' altra, indipen­ dentemente dal fatto che una preceda l ' altra: basti dire che la matema­ tica ha "numeri geometrici" e la geometria si definisce tutta in rapporti e proporzioni, cioè in numeri. René Guénon esprime anche a tale riguardo un giudizio assai efficace allorchè, nella introduzione a "I principi del calcolo infinitesimale", afferma che "la forma geometrica è il "vestito" del numero". Del resto anche l ' astrologia, con la sua correlazione tra segni c case ( e così pure la magia coi noti quadrati magici, e la Kabbalah col suo albero sefirotico) convalida questo assunto e in più conferma - sul piano dell 'esoterismo - che se una figura geometrica è investita di un significato psicologico e simbolico peculiare, ed ha quindi un suo "potere" specifico, ciò dipende non soltanto dal l 'andamento dci suoi tratti, ma anche dalle relazioni numeriche che intercorrono tra le diversi parti della propria immagine. E' necessario, piuttosto, considerare che non soltanto il pensiero pitagorico, ma ogni formulazione noetica, religiosa e iniziatica che si sia ispirata alla Tradizione, ha aderito all 'idea fondamentale che forze eteriche plasmatrici geometrico-numeriche presiedano alla totalità dei fenomeni, dalla materializzazione delle più semplici cose ai più complessi dinamismi universali. E con ogni probabilità il nucleo di quella scienza segreta, che si suppone rivelata in epoca primordiale, era costituito da regole e tecniche mediante le quali la mente può risalire alla fonte di tali forze, manipolarle e quindi inserirsi nella 1 02

forza demiurgica perennemente attiva nell 'universo. Non ci spieghe­ remmo diversamente perchè i piani costruttivi di templi e città e anche le unità di misura dei monumenti e degli oggetti saturi di sacralità, quindi di forza "terribile" che suscita timor-panico (tabernacoli, altari, arche ecc.), fossero "rivelati" dagli dei e mantenuti nel più ri­ goroso segreto. Nella non certo facile opera di ricomposizione di una astrologia sacra e misterica appare per ciò indispensabile avventurarsi nell 'in­ sidioso, ma assai fascinoso territorio delle FORME-NUMERO, mettendo da parte millenni di oroscopi inaugurati da Claudio Tolo­ meo, per calarsi più in profondità nei meandri del sistema astronomi­ co utilizzato dagli astrologi, il quale, come dicemmo, è una vera e propria grammatizzazione geometrico-matematica del cielo osserva­ bile. Una fascia della sfera celeste inframezzata dall'eclittica (lo zodia­ co) è suddivisa in dodici settori uguali (i segni zodiacali) e ingloba un complesso di astri in continuo movimento (i pianeti) i quali -orbitan­ do al suo interno - variano la loro efficacia qualitativa e quantitativa in rapporto alle parti del circuito che man mano occupano. A causa della diversità delle loro orbite questi corpi celesti variano continuamente le reciproche distanze cosl delimitando svariati archi di circonferenza e angoli molteplici (che si esprimono in gradi). Tra le infinite, possibili misure degli archi di longitudine descritti dai pianeti, soltanto quelli sotto elencati sono ritenuti efficaci dalla dottrina, e, a ragione di ciò, assurgono a elementi basilari del prono­ stico astrologico: - congiunzione - semisestile - semiquadrato - sestile - quintile - quadratura - trigono - opposizione

= = = = = = = =

arco-angolo di zero gradi arco-angolo di 30° arco-angolo di 45° arco-angolo di 60° arco-angolo di 72° arco-angolo di 90° arco-angolo di 1 20° arco-angolo di 1 80°

1 03

Gli angoli-tipo in esame si chiamano ASPETII e vengono segnati

nella "Carta del cielo" con linee intere o tratteggiate a seconda della natura armonica o disarmonica. La caratteristica costante di questi importanti elementi dell 'oroscopo è senza dubbio la funzione geome­ trica cui ognuno sembra destinato ad assolvere. Ogni aspetto, infatti, delimita il lato di un poligono regolare iscritto nel cerchio zodiacale. Non fa eccezione alla regola la congiunzione (0°) la quale, come "punto" geometrico, non soltanto enuclea in latcnza ogni possibile poligono iscrivibile nel cerchio, ma sintetizza il cerchio stesso. L 'opposizione (1 80°), pur non delimitando il lato di un poligono suddivide il cerchio zodiacale in due parti uguali e allo stesso tempo traccia ali 'interno del cerchio uno dei bracci della croce, figura fondamentale dell 'esoterismo geometrico. Se l 'astrologia strutturalmente può definirsi una geometria urani­ ca, come il rapporto dodecaedro-zodiaco e la teoria degli aspetti sem­ brano suggerire, anche l 'ideografismo assai ricco e sofisticato del settenario planetario morfologicamente enuclea tutti o quasi gli elementi geometrici dell 'esoterismo universale anzi ricordati. Ed è facile constatarlo esaminando i diversi tratti di cui ogni ideogramma dei pianeti classici si compone. Nome

Ideogramma

Elementi geometrici

Sole

0

Cerchio + punto.

Luna

c

Semicirconferenza.

Mercurio



Semicirconferenza + cerchio + croce.

Venere M arte

iacere

dell 'amplesso), partorl Anteros,

divino fanci ullo che - contrariamente alle attitudini del fratello minore Eros - spegne la fiamma d 'amore. Mentre il bimbo era in fasce, Tifone, il gigante figlio di Gea e del Tartaro, la cui forza invincibile aveva sopraffatto persino Giove, si invaghl della dea e prese ad i nsidiarl a. Per sottrars i al le sue br ame, Afrodite fuggi via col bimbo, ma dovette arrestarsi sulla sponda dell 'Eufrate. Qui, quando stava per essere sopraffatta, venne tratta in salvo da due pesci che emersi dal fiume la trasportarono sull altra sponda. '

L ' aspcllo uranio dell a dea in questo mito è evidente. Afrodite fugge da Tifone, che è l ' immagine del disordine e del caos (tanto forte e pericoloso da v incere per s ino Giove, ma tuttavia vinto dalla forza di amore), per sottrarsi alle orride brutture della materia e salvare col u i che, sciogliendo i lacci dell 'amore umano (Anteros), può liberare l 'uomo dalla sc h iav itù del sesso. Non a caso Anteros è nato sotto il fil osofico segno dci i ' Acquario, simbolo dell'amore cosmico. Solo nel mi stico segno di Nettuno, dunque sul piano del sublime e del trans-psichico governato da questo pianeta, Afrodite può mostrarsi

1 36

nel suo aspetto di pura, essenziale ed incontaminata bellezza. In questa veste non può esser corrotta dagli esseri materiali inferiori (Tifone). Se nel segno dei Pesci le valenze uranie di Venere-Afrodite sono valorizzate al massimo, nel terrestre segno del Toro, viceversa, prevalgono le tendenze pandemie del pianeta che qui ha il suo domicilio notturno. Sotto il segno del Toro Afrodite, vinta piane dal­ l 'amore sensuale per il mortale Adone, tesse l 'elogio funebre all' a­ mante ucciso dal cinghiale di Ares. la dea ricorda l 'amato strappatole immaturamente trasformandolo nell 'anemone, il più effimero tra i fiori (come l 'amore dei sensi è il più effimero tra i sentimenti umani) e (secondo la versione di Ovidio) scende nell 'Ade per riscattarlo. La catabasi ad inferos della dea dell ' amore è ricorrente anche nella tradizione assiro-babilonese. Qui è Isthar, la divinità dell 'amore e della guerra (abitante il pianeta Ve­ nere) a penetrare nell'oltretomba per salvare l ' amato Tammuz. La discesa agli inferi di Afrodite-Isthar è la rappresentazione sim­ bolica della "Morte Suggente" che dalla donna viene ali 'uomo nel­ l 'amplesso ordinario (1 1 ) e nel contempo esprime il complesso "Amore-Morte", ossia quella forza consumante che negli amanti scatena il desiderio di morte e di annichilimento (espresso dalla dialettica dei segni sessuali Toro-Scorpione) (1 2). E ' di tutta evidenza che nell 'asse Toro-Scorpione sono le forze pandemie di Venere ad essere chiamate in causa: anche se, sotto l ' aspetto iniziatico, l 'ebbrezza erotica conduce ali 'estasi, tale stato può essere indotto attraverso la copula, quindi con la mediazione dei sensi. Nella B ilancia, invece, Venere esprime allo stesso tempo valori pandemi e valori uranii armonizzati , come impone la natura conci­ liante e mediatrice del segno. Ne è prova il fatto che la Bilancia è il segno dell 'unione coniugale ritualizzata su base religiosa e destinata alla procreazione ( 1 3), ma è anche il segno dei poeti e degli artisti che "sposano il Bello" e, come dice Platone, "Procreano con l ' intelligen­ za". La bella favola di Eros e Psiche celebra questo duplice aspetto della Venere bilancina.

1 37

NOTE

(l) Si discute se quest'operazione di chirurgia astrale sia stata effettuata dal greco lpparco (Il sec. a.c.), oppure dagli astronomi romani che vollero così dedicare a Giulio Cesare un simbolo celeste che ne perpetuasse la gloria e c h e ne cele­ brasse allo stesso tempo l'elevato senso di giu sti zia oltre che la sua opera di riformatore del calendario. (2) Enel - "Simbolismo della Rota".

(3) Questo emiciclo comprende i segni primaverili ed estivi: Ariete,Toro, Gemel­ li, Cancro, Leone, Vergi ne. (4) Il primo dci due archi è compreso tra il Punto vernale (zero gradi di Ariete) e il grado 179° dell'eclittica: l'altro va dal l 80° grado (equinozio di autunno) al Punto vernale. (5) Nella Kabbalah l 'Antico dei giorni è lo stato latente del Principio frazionante; e Dio, in questa funzione, viene, appunto,raffigurato mentre sorregge una bi­ lancia. (6) Tale fenomeno, per inciso, è comune all'equinozio di primavera. (7) Così è detto nel Tai-Chi-Chuan. (8) In tal senso Mircea Eliade in "Mefistofele e l'androgine", tr.it Ed. Mediterra néc, 1 97 l , pagg. 1 84- 185

­

(9) Purusha-Prakrfi, ç i v a ç ak ti, Gheb-Nut, Cibele-Attis. -

(lO)J. Evola, "Metafisica del sesso", Ed. Mediterranée, 1 979, pag. 66. ( 1 1) A tale tema sono ispira te molte pratiche di sesso rituale che, come nel tantris­ mo vietano all 'uomo la eiaculazione. ,

( 1 2) Nella ruota zodiacale, Toro e Scorpione sono diametralmente opposti, quindi si riflettono specularmente l'uno sull 'altro.

( 1 3) Aphroditc Teleia in Grecia presiedeva tale funzione.

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APPENDICE II LO ZODIACO DI DELFI

L 'organizzazione territoriale della Grecia arcaica si basò sicura­ mente su quel complesso di conoscenze cosmologico-simboliche applicate ai luoghi che costituivano la c.d. "Geografia Sacra". Se quel territorio si inscrive idealmente in un cerchio centrato su Delfi e si suddivide in dodici settori circolari di 30 gradi, si nota infatti che, sia per la morfologia dei luoghi, sia per le caratteristiche delle città, dei santuari, dei culti, delle tradizioni e dei miti propri, ognuno di tali settori presenta straordinarie correlazioni simboliche coi dodici segni dello Zodiaco. Il primo di essi, il più occidentale, si pone in rapporto ali ' Ariete (primo segno Zodiacale) attraverso l 'isola di Cefalonia che è situata alla stessa latitudine di Delfi. L 'etimologia svela che il nome dell'isola deriva dal termine greco "Kephalé" che vuoi dire testa, e questa parte anatomica secondo l 'astrologia è governata dali ' Ariete. Nello stesso settore è situata la foresta di Caledone che secondo i l mito fu teatro della travagliata caccia al cinghiale (bestia simbolica d i Marte e del segno dell 'Ariete) inviato d a Artemide, conclusasi con l ' idillio tra l'animosa Atalanta e Meleagro, vittorioso sull'animale. A sud, nel successivo settore geografico, troviamo il fiume Alfeo (in ebraico "Aleph" significa "Toro") e l ' antico centro di Olimpia, ove si celebravano i giochi in onore di Zeus. Per quanto questa divinità non abbia dirette correlazioni col segno astrologico del Toro, sotto il quale è da porre l 'importante città dorica (eccettuato il fatto che Zeus, secondo la leggenda nacque a Creta, notoriamente taurina), vi sono diversi elementi che consentono di abbinare Olimpia al secondo segno dello zodiaco. Il Toro, come è noto, è un segno di potenza, di 1 39

ricchezza e di pace, governato da Venere e dalla luna: Venere è il pianeta della concorpia e dell 'arte e la luna favorisce gli incontri. Nei giochi olimpici troviamo particolarmente evidenziati questi caratteri. In essi la potenza dello sforzo atletico si coniuga con l 'ideale estetico della bellezza ( l ). Si ricorderà, inoltre, che i giochi si celebravano nel mese di maggio (quindi sotto il segno del Toro) e che per l 'intera 'durata di essi gli eserciti deponevano le armi in virtù della "ekecheiria", la tregua sacra. Ma i giochi non rappresentavano soltanto una solennità religio­ sa, erano anche una grandiosa manifestazione culturale all 'insegna dell 'arte, in occasione della quale si leggevano testi di letterati, di poeti e compositori (ivi Erodoto diffuse le sue "Storie") e gli artisti esponevano le loro composizioni (musiche, statue, ecc . ): in nome di Giove, insomma, si inneggiava a Venere. Ancor più giù a sud-est, nel terzo settore (quello dei Gemelli), si ergono le due celebri montagne di Cillene e Liceo. La prima fu culla di Ermes, la cui omologa espressione planetaria, Mercurio, regge il segno dei Gemelli. Nell 'altra risiedeva l 'Ermopan (Pan, figlio di Ermes). Nello stesso settore più in basso e ad est è situata Sparta, simbolo del valore militare, della fedeltà e del coraggio. Questa città, che in base alle istituzioni di Licurgo era retta da due re (la coppia è un attributo dei Gemelli), ebbe per patroni i c.d. i Dioscuri , due giovani guerrieri forti e belli, caratterizzati dalla inse­ parabilità che dura anche oltre la vita. Dato il loro carattere eroico, Castore e Polluce erano ritenuti capostipiti delle più nobili famiglie spartane: anche in questo caso la tematica dei Gemelli astrologici trova un riscontro geografico-sacrale. Nel successivo settore vi era il bosco sacro di Lerna ove, in prossimità del fiume Amimone, si celebravano i segreti riti di Dioni­ sio e i misteri di Demetra: divinità lunari con tantissimi attributi del Cancro astrologico, segno (il quarto dello zodiaco) notturno, acqueo e lunare per eccellenza. Nelle paludi di Lerna Ercole, secondo il mito, uccise l 'Idra, mostro acqueo caratterizzato da una immediata ricre­ scita delle teste mozzate, assunto a simbolo dei vizi più ottusi ma anche dei delta dei grandi fiumi coi loro bracci multipli, ora in piena ora in secca. Nel combattimento ingaggiato da Ercole, un GRAN1 40

CHIO enorme venne a dar man forte ali 'Idra: ma il granchio - animale tipicamente lunare (2) è notoriamente il simbolo del segno del Cancro che, a sua volta, si collega al solstizio d 'estate e quindi alla calata della luce. A nord-est, nel quinto settore geografico, corrispondente al quinto segno zodiacale, il Leone, si trovano Argo e Micene. Che queste città fossero potenti e magnifiche, il "cuore" della Grecia omerica, è cosa nota: non per niente esse erano le capitali su cui governava Agamen­ none, il "re dei re". N eli ' Argolide, la simbolica del Leone è una costante. Palazzi di stampo minoico presentano tratti di uno spirito politicamente accen­ trato sul signore guerriero, attorno a al quale rotea la vita cittadina: è il leit-motiv del signore dello zodiaco, il centro di gravitazione del sistema astrologico che si esprime nell ' astro cardine, il sole, lumina­ re che regge il Leone e che insieme a tale segno assurge a simbolo di potere e di luce, ad archetipo di potenza invincibile e di incontamina­ ta bellezza. Le monumentali "porte dei leoni" di Micene, rifletteva­ no dunque una immagine zodiacale appropriata. Del resto, il lato apollineo del segno venne espresso anche dagli stupendi prodotti del l 'arte orafa di cui ci sono testimoni i fastosi corredi funerari (coppe, machere d'oro ecc.), e, soprattutto, dai capolavori della "scuola argiva" della plastica bronzea, che ebbe le sue massime espressioni in Policleto. Passando al mito, si ricorderà un'altra fatica di Ercole, quella in cui l 'eroe, vinto il leone Nemeo, ne porta le spoglie a Micene per donarle e a Euristeo. Siam giunti così al VI0 settore geo-astrologico, cadente sotto la simbolica della Vergine. Ad un angolo virtuale di circa 1 50 gradi dali 'asse Delfi-Cefalonia, nel senso rotatorio dello Zodiaco, si trova Atene, la più intellettuale e industriosa Città-Stato della Grecia antica sacra a Pallade-Athena, la vergine guerriera patrona delle attività belliche e allo stesso tempo delle scienze e delle arti , alla quale gli ateniesi eressero il Partenone e dedicarono le più importanti feste del calendario liturgico (3). La dea "dagli occhi azzurri", come la definisce Omero, incarnò soprattutto l 'ideale della SAGGEZZA e della RAGIONE e sebbene fosse identificata spesso con Nike, la Vittoria, suggeriva, attraverso -

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i suoi attributi simbolici, che la più grande forza è quella del pensiero: si ricorderà a tale riguardo che, secondo il mito, Pallade era venuta al mondo armata uscendo dalla "Testa" di Zeus. Questa grande dea è rappresentata con peplo, elmo in testa e lancia i n mano, ma in atteggiamento sereno, freddo e distaccato: essa mostra pienezza e integrità insieme secondo l 'idea greca di "parthenos", ossia di giovane donna libera e attiva, non condizionata dal maschio, e la corrispondente figura latina di "Virgo". Ingloba anche il concetto di fecondità quintessenziata, cioè di potenza creatrice incontaminata e sublimata, in quanto tale insuscettibile di corruzione. Del resto il termine "Virgo" è legato etimologicamente a "vireo" (= verdeggio) e quindi al simbolismo della spiga (4). Le correlazioni tra la vergine Pallade-Athena, la città di Atene (culla delle arti, del pensiero e del progresso), il popolo ateniese (in­ dustrioso, ragionatore e diffidente) e il segno Zodiacale della Vergi­ ne, nel paradigma in esame sono assai evidenti. Mantenendoci nello stesso settore geografico dovremo almeno ac­ cennare alla altrettanto marcata corrispondenza tra il centro sacro di Eleusi, che si trova sulla diagonale Delfi-Atene (quindi pure nella cuspide del Vl0 settore geografico) e il simbolismo della Vergine. Ad Eleusi si celebravano i misteri di Demetra e Persefone. Il culmine della celebrazione consisteva nel gesto del gran sacerdote, lo Ierofan­ te, che mostrava in silenzio una spiga di grano, seme e vita, simbolo della identità delle due dee e di identificazione degli adepti nel ciclo morte-rinascita (rispettivamente il ratto della "Vergine" da parte di Plutone e il suo riscatto). I misteri di Eleusi , in breve, conferivano purezza spiri tuale nel nome di divinità femminili, viste con gli attributi della Vergine (la spiga). Spostandoci da qui in direzione nord-est accediamo al VII 0 settore, quello venusiano della Bilancia, in cui si trova il monte Pamaso, sul versante .orientale del quale scaturiva la Fonte Castalia ispiratrice della poesia. Nello stesso settore, ad est, oltre il mare e in prossimità dello stretto dci Dondanelli si ergeva Troia, città protetta da Afrodi­ te. Ancora una volta le regole dell 'astrologia sono rispettate: Venere, pianeta corrispondente ad Afrodite, è il reggitore del segno della 1 42

Bilancia. E in questo segno, per definizione artistico, ma posto pure sotto il governo di Saturno, il legalizzatore, il giustiziere, e in quanto tale il "dominus fati", si collocano le vibranti immagini dcii 'Iliade in cui la sorte dei protagonisti è posta sui piatti della bil ancia: "Zeus padre tendeva la bilancia d'oro e vi posava sopra due destini di morte valorosa: uno era dei Troiani, domatori di cavalli, l 'altro degli Achei, rivestiti di bronzo" (Iliade 8, 69, 77). Anche il combattimento tra Achille ed Ettore è soggetto alla pesatura di Giove: "Ma quando giunsero per la quarta volta alle fontane, ecco che allora tendeva Zeus padre la Bilancia d'oro e vi posava sopra i due destini di morte dolorosa: uno era di Achille, l 'altro di Ettore domatore di cavalli. Poi la tirava in su, prendendola giusto nel mezzo. S 'inclinava il giorno fatale di Ettore, e andò giù nella casa di Ade. Subito Febo Apollo abbandonò l'eroe" (Iliade 22, 208, 21 3) (5). Continuando il periplo nel senso antiorario entriamo nel settore successivo, l 'Vill 0 , che in base alla sequenza zodiacalc è sotto lo Scorpione. In quest'area si trovano le isole di Lcmno e di Samotracia ove si praticavano iniziazioni , riti segreti ed anche pratiche di sesso rituale. Si pensava che i vi dimorasse Efesto, e il dio aveva, in queste regioni, importanti santuari : che Efesto-vulcano presenti marcati tratti scor­ pionici è noto. Georges De Villefranche, che abbina allo Scorpione le isole di Lemno e di Samotracia, rileva che Efesto, il quale era infermo, sapiente e ossessionato dal sesso, subl l 'iniziazionc con la immersio­ ne profonda allorché fu scaraventato in mare, dove avvenne la sua rigenerazione. Roteando ancora l 'asse dello Zodiaco geografico di Dclfi si per­ viene al territorio del Sagittario: la Tessaglia e ad est il monte Pelio. La Tessaglia, il cui suolo ha un andamento pianeggiante, nel mondo antico eccelse nell 'allevamento dei cavalli e nell 'arte eque­ stre. Il mito del Centauro Chironech e si colloca in questa regione, dunque ha precise correlazioni geografico-astrologiche. Chirone, il più famoso e sapiente dci Centauri, nella giovinezza aveva spesso ac­ compagnato Diana nelle sue sortite venatorie e da essa aveva appreso i segreti delle erbe e l 'arte medica. Questa saggia creatura, metà 1 43

cavallo c metà uomo, fissò la sua dimora, appunto, in una grotta ai piedi del monte Pel io, ove tenne lezioni di medicina, chirurgia, astronomia e ove insegnò agli uomini la pratica delle leggi, l 'invio­ labilità del giuramento e la venerazione degli dei. Quando Eracle per sbaglio lo ferì a un ginocchio con un dardo velenoso (intriso nel sangue dell'Idra di Lerna) e la ferita non gli dava requie, Chirone rinunziò ali 'immortal ità e chiese a Zeus di porre fine ai suoi giorni. Il padre degli dei, mosso a compassione, per renderne immortale almeno il nome, lo trasformò nella costellazione del "Sagittario". Al di là di questa promozione i tratti astrologici del Sagittario nel mito sono evidenti. Nel decimo settore, a nord-ovest della praterie della Tessaglia, ed esattamente sulla perpendicolare di Delfi, troneggia l 'Olimpo, una catena di montagne tra la Macedonia e la Tessaglia, la più alta delle quali, coperta dai ghi acciai, fu ritenuta la abituale dimora degli dei. La sua vetta, sfiorante i tremila metri è assurta a simbolo di luce, di potenza c di pienezza spirituale ed è stata una delle immagini più vivide del cielo, tanto da rappresentare l ' azione verticale verso il sovramondo. La mitologia, del resto, annovera una moltitudine di episodi in cui creature tclluriche tentano di conquistare le cime azzurrine dell '0limpo per promuoversi al ragno degli immortali . Questa è una tematica del Capricorno che, come già s i è detto, celebra nel solstizio d 'inverno l 'eterno conflitto tra la luce e le tenebre. Ed è noto altresl che la montagna, per la sua stabilità, immutabilità e purezza, appartiene all 'esoterismo di questo segno. Essa è centro di ierofanie uraniche, atmosferiche e di numerose teofanie, in ogni civiltà tradizionale: l 'India Vedi ca ha l 'equivalente deli 'Olimpo nel monte "Meru", la Cina ha il "K 'un-lun", il Giappone il "Fuji-Yama". Vi sono ancora "la Montagna dei Paesi" mesopota­ mica, il Moriah massonico, lo Elbruz e il Tabor, il Montsalvat del Graal , la montagna di Qaf dell 'Islam, la montagna Bianca celtica, il Potala tibetano ecc . : "Come in Grecia, cosl nella mitologia taoista, gli immortali vivono sulla montagna, attorno cui "ruotano il sole e la luna" (J. Chevalier)". Perfino Dante, come si ricorderà, situa il Paradiso sulla cima della montagna del Purgatorio. 1 44

Dalle cime dell 'Olimpo il cerchio si snoda nella regione nord­ occidentale dell ' Epiro, aspra e montuosa, o ve già in epoca preellenica si praticò il culto di Zeus in una sacra foresta di vecchie querce, a Dodona. Qui il luogo di cul to era circondato da una fila di calderoni bronzei posti su tripodi. Se uno di questi veniva percosso, anche gli altri entravano in vibrazione provocando frequenze sonore nel le quali i sacerdoti udivano la voce del padre Zeus. Presagi si traevano anche dallo stormire delle fronde del sacro querceto. Siamo in presenza, dunque, di un culto misterico che si basa sulla scienza del suono e sulla sollecitazione di archetipi acustici. L'XI porzione dello zodiaco di Delfi risponde, così, appieno alla tcmatica dell'Acquario zodiacale (appunto I 'XI0segno). II fluido che nel suo glifo simbolico si travasa da un'anfora all 'altra non è liquido acqueo, ma onda sonora: " . . . . Si tratta di un genere di acqua particolare, del tutto aerea ed eterea, perché in essa sono uniti il carattere instabile dell ' aria e quello rilasciato e morbido dell 'acqua. Questa via di mezzo è assimilabile agli spruzzi diffusi dalle onde o al fluido dell'oceano aereo in cui ci bagniamo. Questo segno d'aria con risonanze acqua­ tiche rappresenta una sostanza nutritiva che è destinata a dissetare maggiormente l ' anima che il corpo" (André Barbault). L 'Acquario è retto da Saturno e, modernamente, anche da Urano: mentre Saturno presiede alla conoscenza dei suoni, alle frequenze vibratorie, alle matematiche (le frequenze sono dei numeri), e governa il senso dell 'udito, Urano è il pianeta dell 'energia elettromagnetica e di tutto ciò che con moto ondulatorio si propaga nel l 'etere. Così Dodona coi suoi misteri acustici celebrò l ' Acquario. Ad ovest, le isole di Leucade e di Itaca (Xll0 settore) chiudono il cerchio, ponendosi entrambe sotto il segno dei Pesci. Dalle bianche roccei Leucade si lasciavano precipitare in mare le volontarie del celebre "salto ordalico". Il salto ha avuto un preciso significato simbolico in molte tradizioni ed è inoltre un gesto coreutica di notevole efficacia rituale (si ricorderà la danza marziale dei sacerdoti Salii a Roma). Questo brusco innalzamento seguito da una caduta è destinato a provocare un "salto" di livello della coscienza e una crisi che dà ingresso alla esperienza dcii ,informale"; il salto nell'acqua è, in tal senso, un vero c proprio tuffo nell'ancestrale, nelle forze libere 1 45

del l a

natura, nel NON IO. E' un annul lamento totale dell 'IO conse­

gu i t o con la proiezione nel vuoto e nel nulla in vista di una rivelazione ( 6 ). Ma questa è una tematica squisitamente pescina: sprofondare nel

oblio, uscire fuori dalla realtà, svanire e poi lasciarsi trasporta­ re qua c là, confondersi, disperdersi tra il tutto o il niente e, infine, ricmc rgcrc pregni di incommensurabilc infinito. Dalle bianche rupi di Lcu c adc a Itaca, si conclude il nostro viaggio nell 'ultima parte del cerchio di D el fi , là dove i Pesci si congiungono all 'Ariete. l tac a, bene espri me i n Odisseo il nomadismo dei Pesci e lo spirito di avventura dci i · Ariete: del resto, sotto quale altro segno, se non nei Pesci, porremmo la paziente, sognatrice, Penelope, che disfa di notte la tela che ha tessuto di giorno? (7) dolce

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NOTE (1) L'arte greca, soprattutto lastatutaria, esaltò la bellezza del corpo dell 'atleta , ripreso nell'attimo apicale dello sforzo, quando tutti i muscoli hanno rag ­ giunto una perfetta armoniosa sintesi: il "Discobolo" di Mirone, in tal sen ­ so, è assurto a simbolo. (N .d .A.)

(2) Nei tarocchi il granchio (talora anche il gamberoo l'aragosta) compare nello Arcano XVIUO "La Luna" (N.d.A.) (3) Le Oscoforie, le Plinterie, le Collinterie e soprattutto le Panatence. (4) Su questo punto cfr. Zoli, "Virgo, appunti per una ricerca", rivista Zodiaco , Novembre 1978.

(5) Ilio e i Troiani erano protetti da Afrodite il cui corrispondente genio piane ­ tarlo, Venere, governa il segno della Bilancia (N.d.A.) (6)0ggi la relazione tra IO e NON IO è rigida; in origine le frontiere tra questi due mondi erano potenzialmente fluide e instabili e potevano essere facil mente rimosse nel doppio senso: il NON IO irrompendo nell'IO equivaleva all 'irru zione delle forze della natura, coi conseguenti pericoli di invasamen ­ to. Nel secondo caso (irruzione dell'IO nel NON IO) si attuavano in genere procedure iniziati che di morte-annullamento e rinascita (N.d.A.) (7) L 'ideogramma del segno dei Pesci si compone di due figure pescine tenute da un legame nell'atto di nuotare ognuno nella direzione opposta all'altro. (N.d.A.)

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