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Italian Pages 444 Year 2020
LEGNO MATERIALI E TECNOLOGIA
Antonio Cirillo
LEGNO MATERIALI E TECNOLOGIA NTC2018, EC5, EC8
EDITORE ULRICO HOEPLI MILANO
Copyright © Ulrico Hoepli Editore S.p.A. 2020 via Hoepli 5, 20121 Milano (Italy) tel. +39 02 864871 – fax +39 02 8052886 e-mail [email protected] Seguici su Twitter: @Hoepli_1870
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ISBN EBOOK 978-88-203-9560-5 Copertina: Sara Taglialegne Composizione: M.T.M. s.n.c. Monza Realizzazione digitale: Promedia, Torino
INDICE Prefazione Introduzione
Parte I - MATERIALI E TECNOLOGIA DEL LEGNO EC5 (EN 1995-I) - NTC2018 - CNR DT 206/2007 CNR DT 201/2005 CIRC. N. 7/2019 1 1.1 1.2
MATERIALI CON NTC2018 Materiali e prodotti per uso strutturale Materiali e prodotti a base di legno
2 2.1 2.2
TECNOLOGIA DEL LEGNO Il materiale legno Caratteristiche dei legnami
3 3.1 3.2 3.3
LEGNO MASSICCIO E LAMELLARE Classificazione visuale Classificazione in base alla resistenza Caratteristiche e modelli costitutivi del legno massiccio e lamellare
3.4
Legno lamellare o Glue Lam (Sigla GL)
4 4.1 4.2 4.3 4.4 4.5 4.6 4.7 4.8 4.9 4.10 4.11 4.12 4.13 4.14 4.15
CARATTERISTICHE TECNOLOGICHE E MECCANICHE DEI LEGNAMI Peso specifico Resistenza Prove di resistenza Resistenza a trazione Resistenza a compressione Resistenza a flessione Resistenza al taglio Modulo di elasticità E Contenuto di acqua (o tenore di umidità) Umidità e prestazioni Ritiro Massa volumica Conduttività termica Deformazione viscosa (creep o fluage) Raccomandazioni per l’esecuzione
5 5.1 5.2 5.3 5.4 5.5 5.6 5.7
DURABILITÀ DEL LEGNO Durabilità naturale Insetti Fotolisi Attacchi chimici Funghi Trattamenti Legno/umidità: classi di servizio
5.8 5.9 5.10
Classi di rischio di attacco biologico Scelta della specie adatta alla classe di rischio in opera (EN 335.2) Manutenzione
6 6.1 6.2
RESISTENZA AL FUOCO Legno e incendio Resistenza dei collegamenti
7 7.1 7.2 7.3 7.4 7.5 7.6 7.7 7.8 7.9 7.10 7.11
SINTESI NORME UNI EN RIFERITE A STRUTTURE IN LEGNO Sintesi UNI EN 386/2003 Sintesi UNI EN 391 Sintesi UNI EN 392 Sintesi UNI EN 408 Sintesi UNI EN 408 Sintesi UNI EN 599.1 Sintesi UNI EN 599.2 Sintesi UNI EN 1194 Sintesi UNI EN 1195 Sintesi UNI EN 1912 Sintesi UNI EN 14081-1
8 8.1 8.2
PARTICOLARI COSTRUTTIVI E CONTROLLI Disposizioni costruttive e di controllo dell’esecuzione Controllo
Parte II - CASE E COSTRUZIONI
9 9.1 9.2 9.3 9.4
TIPOLOGIE EDILIZIE IN LEGNO Introduzione Ripari Case con tronchi sovrapposti Log house o Block-haus Capannoni
10 10.1 10.2 10.3 10.4 10.5 10.6
CALCOLO COSTRUZIONI IN LEGNO Generalità calcolo case in legno Costruzioni in legno in zona sismica Analisi della struttura Verifica elementi interessati dal carico Considerazioni su travi continue e stese di carico Verifiche allo SLE
11 11.1 11.2 11.3 11.4 11.5
ANALISI EDIFICI SPECIFICI Case a tronchi sovrapposti Case a graticcio Case con travi e pilastri Edifici leggeri ‘‘americani’’: ‘‘platform frame’’ e ‘‘balloon frame’’ Edifici particolari: esempio cinese e giapponese
12 12.1 12.2 12.3 12.4 12.5
SOLAI IN LEGNO Solai in legno tradizionali Solaio composto in legno e soletta in calcestruzzo Indicazioni progettuali Solaio: azioni nel piano Strutture in legno lamellare: indicazioni progettuali
13 13.1 13.2 13.3 13.4 13.5
COPERTURE A TETTO IN LEGNO Capriate leggere Capriate classiche pesanti Capriate per grandi luci Indicazioni di progettazione Requisiti di una copertura
14 14.1 14.2 14.3 14.4
CASE ECOLOGICHE IN CANAPA Generalità Canapa e ENEA Tavole in canapa Sistema di costruzione con casseforme a doppio pannello in canapa riempite in opera
Appendice Glossario Bibliografia Informazioni sul Libro Circa l’autore
Prefazione
Il volume guarda al futuro con un materiale antico. Gradevole esteticamente, caldo al tatto, il legno è ‘‘vivo’’, respira e interagisce con il nostro ambiente. Ben inglobato nella nostra abitazione conferisce un tocco di piacevole naturalezza. Le NTC2018 e gli Eurocodici attribuiscono a questo nobile materiale la sua giusta importanza. Inglobando le particelle di scarto di rami o di corteccia in matrici idonee; in questo modo, utilizzando al meglio tutto quanto prodotto dagli alberi, si potrà addivenire alla costruzione di interessanti edifici perfettamente integrati nel ciclo della natura. La presente edizione è aggiornata alle nuove norme NTC2018 di cui al D.M. 17 gennaio 2018. Il volume vuole colmare un vuoto culturale nel mondo delle costruzioni in legno. Il materiale deve essere re-inquadrato nell’ambito delle molteplici normative europee recepite dall’Italia. Il corpo di norme è di fondamentale importanza per comprendere il legno in ambito strutturale. Il sottoscritto ritiene che il libro dia un notevole contributo alla cultura del progettista di strutture in legno. Varie normative correlate al legno sono sinteticamente riassunte e riportate a corredo della parte tecnologica. Solo se si ha un quadro più ampio ed europeo si può pensare di ripensare questo antico materiale e proiettarlo nel futuro. Il legno ha molteplici aspetti positivi e naturalmente qualche lacuna; solo se il progettista è consapevole di pregi e difetti può fare bene il proprio lavoro, in modo critico e lavorando a ragion veduta. Nella parte finale si trattano le costruzioni in legno; alla fine si fornisce una sintesi di costruzioni ecologiche, considerando che costruire in modo diverso è necessario ed opportuno. La direttiva materiali prescrive l’uso di
materiali che rientrino nel ciclo virtuoso ambientale, con materiali naturali, poco inquinamento per produzione e trasporto, un buon fine-vita. In pratica il miglior materiale sarebbe quello prodotto sul posto, impiegato con leganti naturali, che torni alla terra a demolizione del fabbricato. La novità assoluta è un rivoluzionario tipo di costruzioni che il sottoscritto ha brevettato. Partendo dallo stelo della canapa industriale si possono fare super pannelli in canapa e calce; isolati internamente con lana di canapa. Canapa al posto del legno per evitare di abbattere foreste; che torni alla terra dopo la demolizione. Dedicato a mia figlia Anna, vegetariana, animalista, ambientalista, che ha saputo darmi severe lezioni su come guardare il creato, non fatto per l’uomo, ma per tutte le creature che vi abitano
Avvertenza per il lettore Abbiamo scelto di numerare i paragrafi che si riferiscono specificamente al testo della normativa con il riferimento numerico adottato nella pubblicazione ufficiale. I richiami a figure o tabelle in essi contenuti si riferiscono alla numerazione progressiva adottata all’interno del libro; fra parentesi tonde riportiamo il riferimento originale della pubblicazione ufficiale. Tutte le parti del libro che citano o commentano espressamente la normativa sono segnalate da un filo rosso laterale. I riferimenti alle fonti bibliografiche e ai siti web sono citati nel testo in parentesi si riferiscono alla bibliografia finale. Ringrazio tutti coloro che direttamente o indirettamente hanno contribuito a fornirmi suggestioni e contenuti specifici durante la faticosa e ambiziosa stesura di questo libro, inclusa la grande community del web che sposa la ‘‘filosofia della condivisione dei contenuti’’ e la divulgazione degli stessi. Antonio Cirillo
Note di redazione Nel seguito del volume vi saranno richiami alle diverse normative che il lettore troverà espresse nel seguente modo: 1) Norme Tecniche delle costruzioni, con rispettiva indicazione del paragrafo originario del DM Infrastrutture 17 gennaio 2018
Sicurezza e prestazioni attese
cap. 2 NTC2018
2.1 Principi fondamentali Le opere e le componenti strutturali devono essere progettate, eseguite, collaudate e soggette a manutenzione in modo tale da consentirne la prevista utilizzazione, in forma economicamente sostenibile e con il livello di sicurezza previsto dalle presenti norme.
CIRC. 7/2019 Commenti dalla circolare 2009 con riferimento a specifici paragrafi della circolare.
CNR DT 201/2005
2) Richiami parti Eurocodice EUROCODICE
§ di riferimento di EC8
L’EC8 (§ 4.2.3.2, versione 2005) in merito alla regolarità planimetrica si esprime anche mediante due condizioni analitiche: 1) a snellezza (…) corrispondono alla dimensione maggiore e minore in pianta secondo le due direzioni principali. EUROCODICE
A questi stralci di normativa verranno spesso abbinate osservazioni fatte dall’autore e indicate come segue. OSSERVAZIONI DELL’AUTORE
La dicitura SLE o meglio SLS (Serviceability Limit State) deriva dalla norma europea e prende in considerazione la deformazione subita dalla costruzione sotto i cosiddetti carichi di esercizio. Le verifiche sono condotte in termini di spostamento.
Introduzione
Il legno è un materiale meraviglioso fornito dalla natura: il suo significato è sinonimo sia nella Bibbia sia nella lingua greco antica di ‘‘materiale’’. Sin dai tempi remoti il legno è stato utilizzato in edilizia e il processo produttivo che porta al prodotto finale da impiegare ha subito nei secoli una ragguardevole evoluzione. Difatti, per quanto il legno sia un materiale naturale, solo il tronco dell’albero è utilizzabile, poiché le altre parti sono disomogenee, poco resistenti e marcescibili a causa dell’alto contenuto d’acqua. Questa considerazione, apparentemente banale, vuole in realtà evidenziare il grande spreco che accompagna l’abbattimento di un albero: il fogliame, le radici, i rametti, la corteccia, costituiscono un ‘‘rifiuto’’ dell’industria del legname. La priorità oggi è quella di aumentare le parti dell’albero da utilizzare o da impiegare in usi non propriamente strutturali, attraverso l’uso del legno lamellare. In questa direzione vanno la sostituzione delle travi massicce con altre composte da lamelle, ovvero lamelle lignee prima classificate e, poi incollate, o da pannelli. Prima di essere utilizzato il legname deve subire un processo di stagionatura e di classificazione, al fine di individuarne e riconoscerne le caratteristiche meccaniche, fisiche e chimiche utili alla scelta in fase di progettazione. Il legno, quale materiale costruttivo, è distinto in due grandi famiglie: conifere e latifoglie che a loro volta si suddividono in base alla resistenza, rigidezza e massa. Queste tre proprietà riassumono sinteticamente i motivi per cui il progettista può essere spinto all’impiego di questo materiale: è leggero, flessibile, resistente e caldo al contatto ma soprattutto ha un impatto visivo molto armonioso con il contesto circostante.
Il legno, tra i diversi elementi naturali, è apprezzato poichè è caldo al contatto, flessibile e resistente. Di contro si deforma poiché è un materiale vivo, marcisce, si imbibisce e si altera nel tempo e si brucia facilmente. Le costruzioni lignee consentono di realizzare costruzioni relativamente leggere e dotate di una buona duttilità connessa al comportamento del legno. Tali prerogative consentirebbero, con le opportune cautele, di ottenere delle costruzioni in grado di resistere a sismi molto intensi senza avere danni elevati.
Pregi – Leggerezza: il suo peso specifico varia da circa 400 a 1000 kg/m3, rispetto ai 2400 del calcestruzzo e ai 1700 dell’acciaio; – Rinnovabile e abbondante: queste due caratteristiche sono vere se supportate da adeguate politiche di rimboschimento, con tagli selettivi e parziali, con ripiantagione di almeno 4 alberi per ogni pianta abbattuta. Con questa politica Canada, Germania, Austria e Paesi scandinavi hanno indotto una produzione importante di legname e nel contempo hanno fatto estendere e proliferare i boschi esistenti. In Italia i boschi sono poco sfruttati. Uno sfruttamento razionale sarebbe auspicabile poiché fornirebbe materia prima, biomassa per il riscaldamento, darebbe lavoro a tante persone e al contempo fornirebbe, con la pulizia del sottobosco, minor materiale in grado di bruciare velocemente. – Fascino e colore: non si può non tener conto della bellezza di un elemento ligneo, della sensazione di calore che emana, della stabilità della bellezza, che non scema velocemente nel tempo. – Ripristinabile: con un opportuno trattamento gli elementi in legno deteriorati possono ritrovare la loro bellezza. – Basso costo energetico: per produrre un elemento in legno è necessaria una bassissima quantità di energia per il taglio e per la lavorazione; per cui l’impiego di un tronco sul posto è in pratica a costo ambientale zero. Se però l’elemento deve subire un trasporto per un lungo tragitto, si ha un indiretto aggravio energetico, connesso all’energia utilizzata. Si deve dunque incoraggiare il consumo prossimo alla produzione e minimizzare i costi ambientali di trasporto attraverso collegamenti fluviali o
marittimi. Per comprendere meglio la ridotta quantità di energia impiegata nella lavorazione del legno basti pensare che il calcestruzzo deriva dalla cottura a temperature elevate di argilla calcarea, mentre l’acciaio deriva dalla fusione in altiforni di rocce ricche di ferro.
Difetti – Legno materiale vivo e stagionatura: il legno è un essere vivente che con il taglio muore. Dopo la morte lo scheletro perde la linfa, la struttura si essicca, si contorce, si contrae e il movimento continua per diversi anni. Il legno deve essere stagionato. La stagionatura anticamente avveniva con esposizione alle intemperie, in modo tale che il tronco completasse tutti i ‘‘contorcimenti’’ naturali. Un tempo il processo di stagionatura variava dai 10 ai 20 anni, ma oggi tutto è cambiato: i tempi imposti dall’industria sono brevissimi e, in conseguenza di ciò, la stagionatura avviene in locali ad alta temperatura atti ad accelerare il processo d’essiccazione. Nel caso del legno lamellare, tagliando in lamelle il tronco, la cottura avviene in modo uniforme e controllato; il successivo riassemblaggio delle lamelle ben stagionate, nonostante i tempi brevi, consente di ottenere un elemento stabile che non subisce ulteriori distorsioni dimensionali nel tempo. Per contenere il consumo di legno è opportuno utilizzare altre colture. Tra quelle più indicate vi è il ’ritorno’ della canapa; fibre, lana di canapa, resina di canapa possono sostituire i prodotti derivanti da legno, salvando tronchi e quindi alberi. – Tarli e microrganismi: il legno viene attaccato da tarli, microrganismi, muffe, che sono responsabili di cavità al suo interno, concrezioni con perdita di resistenza. In generale l’attacco dei microrganismi e dei tarli portano a gravi conseguenze strutturali, come il crollo, per rottura, dell’elemento. – Leggerezza: il legno è un materiale leggero e ciò è particolarmente apprezzato per le travi e gli orizzontamenti. Per le pareti degli edifici la leggerezza costituisce un difetto per l’isolamento acustico della facciata e per le pareti interne.
Gli elementi lignei verticali devono essere opportunamente spessorati o rinforzati con contropareti pesanti. La leggerezza della parete è controproducente anche per la bassa inerzia termica; il legno consente di accumulare poca energia termica, se confrontato con un muro in mattoni. In sintesi, una casetta in legno con parete leggera si raffredda velocemente non appena il riscaldamento viene spento, con un disagio notevole per chi ci abita. Sotto questo punto di vista si auspicano costruzioni con muro pesante all’interno, in grado di accumulare energia e stabilizzare gli sbalzi di temperatura; nel contempo si dovrà porre in essere un’idonea coibentazione verso l’esterno, adeguatamente traspirante.
Norme europee e italiane Il volume è basato sulle attuali e vigenti norme italiane e sull’Eurocodice 5 (EC5).
Norme Tecniche delle Costruzioni (NTC2018) Le Norme Tecniche delle Costruzioni (di seguito e nel volume citate come NTC18) del 17 gennaio 2018 (insieme alla circolare esplicativa 7 del 2019) racchiudono in un unico corpo normativo i principi di progettazione da seguire per ciascun materiale costruttivo, ovvero muratura, acciaio, cemento armato e legno. Alcune parti del volume assumono le sembianze del testo normativo europeo di riferimento ovvero la struttura degli Eurocodici (EC), riassumendo al suo interno sì i principi di progettazione ma anche i criteri di scelta e adozione del materiale costruttivo. Per quanto concerne il legno la norma è relativamente sintetica e comprende quanto il legislatore ha voluto rendere cogente della norma europea di riferimento, che ha invece una valenza basata sulla deregulation, con carattere di indicazioni progettuali e non di obblighi. La compresenza tra le NTC18 e gli Eurocodici non deve creare confusione: la prima ha carattere di legge nazionale e quindi cogente, mentre gli EC sono testi europei per la progettazione strutturale e si
allineano alle norme nazionali vigenti e consentono al professionista l’utilizzo di criteri di calcolo comuni e adottabili anche all’estero. Le NTC18 insieme alla circolare esplicativa dei LL.PP. 7/2019 e alle istruzioni CNR DT 206/2007 ‘‘Istruzioni per la progettazione, l’esecuzione e il controllo di strutture in legno’’ ricalcano lo schema dell’EC5: in particolare la circolare conferma che gli EC pubblicati dal CEN costituiscono un importante riferimento per l’applicazione delle NTC e che è necessario siano definiti in opportune appendici tecniche i parametri nazionali che definiscono i livelli di sicurezza delle opere di competenza degli Stati membri. Elemento innovativo, che caratterizza le NTC18, è la distinzione tutt’altro che scontata tra struttura nuova ed esistente e la presenza o meno del terremoto tra le azioni che incidono sull’opera. Il paragrafo 4.4 è per il legno il riferimento per gli edifici di nuova progettazione perché definisce i principi utili al soddisfacimento delle verifiche di sicurezza sia della costruzione sia dei suoi elementi costituenti. In merito all’applicazione dell’azione sismica su di una struttura lignea, il tema è affrontato al paragrafo 7.7 in cui sono descritte, per esempio, le disposizioni costruttive sia per le unioni sia per gli elementi strutturali lignei (solai di piano o di copertura). Infine il capitolo 11 fornisce i metodi di controllo da applicare ai materiali strutturali e ha al suo interno richiami alle norme UNI EN. Nelle NTC18 il legislatore ha cercato di regolare la progettazione delle strutture lignee limitandosi alla parte cogente; nella circolare esplicativa dei LL.PP. 7/2019 si forniscono le parti ‘‘consigliate’’ in linea con lo spirito dell’Eurocodice; le CNR DT 206/2007 costituiscono una linea guida chiarificatrice di carattere tecnico-scientifico.
Eurocodici La norma europea di riferimento, EN 1995-1-1, è stata pubblicata dall’ente UNI nel febbraio 2005, con il recepimento in gazzetta ufficiale nel 2013 degli annessi nazionali gli Eurocodici sono ufficiali e applicabili. Le parti riquadrate, all’interno degli Eurocodici corrispondono a valori o ad assunzioni da fare a seconda della nazione di appartenenza; per questo motivo è stato importante il recepimento delle Appendici Nazionali che hanno fissato i valori a discrezione di ciascuna nazione.
Il legno è un materiale da costruzione che, benché sia da sempre impiegato nell’edilizia, ha un riferimento normativo molto recente; di fatto in Italia è stato normato solo nel 2005, mentre prima veniva considerato come un materiale secondario e calcolato per analogia con l’acciaio, con errate considerazioni riferite a un materiale perfettamente elastico. Il testo europeo di riferimento è l’Eurocodice 5 (EC5) ed è appunto dedicato alle opere in legno strutturale e si presenta articolato in tre parti: Regole generali – Regole comuni e regole per gli edifici (Parte 1-1), Regole generali – progettazione strutturale contro l’incendio (Parte 1-2) e Ponti in legno (Parte 2). L’EC5 Parte 1.1 si compone dei seguenti capitoli:
1. Premessa: inquadramento generale degli Eurocodici; 2. Introduzione: contesto di applicazione, definizioni terminologia, simbologia; 3. Principi di progettazione: requisiti, definizioni, classificazioni e durabilità; 4. Proprietà dei materiali: caratteristiche fisico-meccaniche e capacità di risposta alle sollecitazioni; 5. Stati limite di esercizio: valori massimi ammissibili in condizioni di esercizio; 6. Stati limite ultimi: valori di punta delle sollecitazioni; 7. Unioni: modalità di realizzazione delle unioni e valori delle sollecitazioni ammissibili; 8. Disposizioni costruttive e di controllo dell’esecuzione: criteri per la realizzazione delle strutture e modalità di controllo. Sulla stessa falsa riga si articola la Parte 1-2 che contiene:
1. Principi fondamentali: criteri e valori di calcolo dei materiali in presenza di incendio; 2. Materiali: caratteristiche fisico-meccaniche e risposta alle sollecitazioni in presenza di incendio; 3. Progetto delle strutture contro l’incendio: criteri di calcolo.
Allegati: A: Metodo di resistenza e della rigidezza ridotte per l’esposizione all’incendio normalizzato; B: Regole supplementari per le unioni; C: Pareti e solai; D: Esposizione all’incendio parametrico; E: Proprietà termiche.
PARTE I MATERIALI E TECNOLOGIA DEL LEGNO EC5 (EN 1995-I) NTC 2018 CNR DT 206/2007 CNR DT 201/2005 CIRC. N. 7/2019
Capitolo 1 MATERIALI CON NTC2018
1.1
Materiali e prodotti per uso strutturale
Si osservi che i paragrafi citati all’interno del testo estratti dalla NTC2018 si riferiscono alla norma tecnica stessa. OSSERVAZIONI DELL’AUTORE
Le disposizioni sui materiali si suddividono in tre categorie: – cogenti; – di supporto; – volontarie. OSSERVAZIONI DELL’AUTORE
Anche i materiali devono essere rappresentati da idonei modelli matematici che ne descrivano il comportamento e la resistenza. I modelli devono avere lo stesso grado di approfondimento di quelli che descrivono azioni e caratteristiche geometriche delle strutture. Una modellazione con simile grado di raffinatezza consente uno studio più idoneo e nello stesso tempo permette di ottenere strutture che hanno un comportamento simile a quello ipotizzato in sede di progetto. Il risultato si riflette sull’economia della costruzione, poiché consente di ottimizzare la struttura, impiegando il materiale nella posizione in cui è realmente più utile. § 11.1 NTC2018
Generalità Si definiscono materiali e prodotti per uso strutturale, utilizzati nelle opere soggette alle presenti norme, quelli che consentono a un’opera ove questi sono incorporati permanentemente di soddisfare in maniera prioritaria il requisito base delle opere n. 1 Resistenza meccanica e stabilità di cui all’Allegato I del Regolamento UE 305/2011. I materiali e i prodotti per uso strutturale devono rispondere ai requisiti indicati nel seguito: – identificati univocamente a cura del fabbricante, secondo le procedure di seguito richiamate; – qualificati sotto la responsabilità del fabbricante, secondo le procedure di seguito richiamate; – accettati dal Direttore dei lavori mediante acquisizione e verifica della documentazione di identificazione e qualificazione, nonché mediante eventuali prove di accettazione. OSSERVAZIONI DELL’AUTORE
I materiali devono essere: – identificati; – qualificati; – accettati.
Figura 1.1 Soggetti coinvolti.
In particolare, per quanto attiene l’identificazione e la qualificazione, possono configurarsi i seguenti casi: A) materiali e prodotti per i quali sia disponibile, per l’uso strutturale previsto, una norma europea armonizzata il cui riferimento sia pubblicato su GUUE. Al termine del periodo di coesistenza il loro impiego nelle opere è possibile soltanto se corredati della Dichiarazione di Prestazione e della Marcatura CE, prevista al Capo II del Regolamento UE 305/2011; B) materiali e prodotti per uso strutturale per i quali non sia disponibile una norma europea armonizzata ovvero la stessa ricada nel periodo di coesistenza, per i quali sia invece prevista la qualificazione con le modalità e le procedure indicate nelle presenti norme. È fatto salvo il caso in cui, nel periodo di coesistenza della specifica norma armonizzata, il fabbricante abbia volontariamente optato per la Marcatura CE;
materiali e prodotti per uso strutturale non ricadenti in una delle C) tipologie A o B. In tali casi il fabbricante dovrà pervenire alla Marcatura CE sulla base della pertinente Valutazione Tecnica Europea (ETA), oppure dovrà ottenere un Certificato di Valutazione Tecnica rilasciato dal Presidente del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, previa istruttoria del Servizio Tecnico Centrale, anche sulla base di Linee Guida approvate dal Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, ove disponibili; con decreto del Presidente del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, su conforme parere della competente Sezione, sono approvate Linee Guida relative alle specifiche procedure per il rilascio del Certificato di Valutazione Tecnica. Nel caso C, qualora il fabbricante preveda l’impiego dei prodotti strutturali anche con funzioni di compartimentazione antincendio, dichiarando anche la prestazione in relazione alla caratteristica essenziale resistenza al fuoco, le Linee Guida sono elaborate dal Servizio Tecnico Centrale di concerto, per la valutazione di tale specifico aspetto, con il Dipartimento dei Vigili del Fuoco, del Soccorso Pubblico e della difesa Civile del Ministero dell’Interno. Il Servizio Tecnico Centrale del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici pubblica periodicamente l’elenco delle Linee Guida per il rilascio della Certificazione di Valutazione Tecnica di specifici prodotti. A eccezione di quelli in possesso di Marcatura CE, possono essere impiegati materiali o prodotti conformi ad altre specifiche tecniche qualora dette specifiche garantiscano un livello di sicurezza equivalente a quello previsto nelle presenti norme. Tale equivalenza sarà accertata attraverso procedure all’uopo stabilite dal Servizio Tecnico Centrale del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, sentito lo stesso Consiglio Superiore. Al fine di dimostrare l’identificazione, la qualificazione e la tracciabilità dei materiali e prodotti per uso strutturale, il fabbricante, o altro eventuale operatore economico (importatore, distributore o mandatario come definiti ai sensi dell’articolo 2 del Regolamento UE 305/2011), secondo le disposizioni e le competenze di cui al Capo III del Regolamento UE n.305/2011, è tenuto a fornire copia della sopra
richiamata documentazione di identificazione e qualificazione (casi A, B o C), i cui estremi devono essere riportati anche sui documenti di trasporto, dal fabbricante fino al cantiere, comprese le eventuali fasi di commercializzazione intermedia, riferiti alla specifica fornitura. Nel redigere la Dichiarazione di Prestazione e la documentazione di qualificazione, il fabbricante si assume la responsabilità della conformità del prodotto da costruzione alle prestazioni dichiarate. Inoltre, il fabbricante dichiara di assumersi la responsabilità della conformità del prodotto da costruzione alla Dichiarazione di Prestazione o alla documentazione di qualificazione e a tutti i requisiti applicabili.
Figura 1.2 Normative e obblighi.
Per ogni materiale o prodotto identificato e qualificato mediante Marcatura CE è onere del Direttore dei Lavori, in fase di accettazione, accertarsi del possesso della marcatura stessa e richiedere copia della documentazione di marcatura CE e della Dichiarazione di Prestazione di cui al Capo II del Regolamento UE 305/2011, nonché – qualora ritenuto necessario, ai fini della verifica di quanto sopra – copia del certificato di costanza della prestazione del prodotto o di conformità del controllo della produzione in fabbrica, di cui al Capo IV e Allegato V del Regolamento UE 305/2011, rilasciato da idoneo organismo notificato ai sensi del Capo VII dello stesso Regolamento (UE) 305/2011.
Per i prodotti non qualificati mediante la Marcatura CE, il Direttore dei Lavori dovrà accertarsi del possesso e del regime di validità della documentazione di qualificazione (caso B) o del Certificato di Valutazione Tecnica (caso C). I fabbricanti possono usare come Certificati di Valutazione Tecnica i Certificati di Idoneità tecnica all’impiego, già rilasciati dal Servizio Tecnico Centrale prima dell’entrata in vigore delle presenti norme tecniche, fino al termine della loro validità. Sarà inoltre onere del Direttore dei Lavori, nell’ambito dell’accettazione dei materiali prima della loro installazione, verificare che tali prodotti corrispondano a quanto indicato nella documentazione di identificazione e qualificazione, nonché accertare l’idoneità all’uso specifico del prodotto mediante verifica delle prestazioni dichiarate per il prodotto stesso nel rispetto dei requisiti stabiliti dalla normativa tecnica applicabile per l’uso specifico e dai documenti progettuali, con particolare riferimento alla Relazione sui materiali, di cui al § 10.1. La mancata rispondenza alle prescrizioni sopra riportate comporta il divieto di impiego del materiale o prodotto. Al termine dei lavori che interessano gli elementi strutturali, il Direttore dei Lavori predispone, nell’ambito della Relazione a struttura ultimata di cui all’articolo 65 del DPR. 380/01, una sezione specifica relativa ai controlli e prove di accettazione sui materiali e prodotti strutturali, nella quale sia data evidenza documentale riguardo all’identificazione e qualificazione dei materiali e prodotti, alle prove di accettazione e alle eventuali ulteriori valutazioni sulle prestazioni. Il Servizio Tecnico Centrale del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici potrà effettuare attività di vigilanza presso i cantieri e i luoghi di lavorazione per verificare la corretta applicazione delle presenti disposizioni, ai sensi dell’art. 11 del DPR 246/93 ovvero del Capo VIII del Regolamento UE 305/2011. Le prove su materiali e prodotti, a seconda delle specifiche procedure applicabili, come specificato di volta in volta nel seguito, devono generalmente essere effettuate da: a) laboratori di prova notificati ai sensi del Capo VII del Regolamento UE 305/2011;
b) laboratori di cui all’art. 59 del DPR 380/2001; c) altri laboratori, dotati di adeguata competenza e idonee attrezzature, previo nulla osta del Servizio Tecnico Centrale. Qualora si applichino specifiche tecniche europee armonizzate, ai fini della marcatura CE, le attività di certificazione di prodotto o del controllo di produzione in fabbrica e di prova dovranno essere eseguite dai soggetti previsti dal relativo sistema di valutazione e verifica della costanza delle prestazioni, di cui al Capo IV e Allegato V del Regolamento UE 305/2011, applicabile al prodotto. I fabbricanti di materiali, prodotti o componenti disciplinati nella presente norma devono dotarsi di adeguate procedure di controllo di produzione in fabbrica. Per controllo di produzione nella fabbrica si intende il controllo permanente della produzione, effettuato dal fabbricante. Tutte le procedure e le disposizioni adottate dal fabbricante devono essere documentate sistematicamente ed essere a disposizione di qualsiasi soggetto o ente di controllo che ne abbia titolo. Qualora il fabbricante non sia stabilito sul territorio dell’Unione Europea, questi dovrà nominare un mandatario stabilito sul territorio dell’Unione autorizzato ad agire per conto del Fabbricante in relazione ai compiti indicati nel mandato, nel rispetto dell’articolo 12 del Regolamento (UE) n. 305/2011. Il richiamo alle specifiche tecniche armonizzate, di cui al Regolamento UE 305/2011, contenuto nella presente norma deve intendersi riferito all’ultima versione aggiornata, salvo diversamente specificato. Il richiamo alle specifiche tecniche volontarie UNI, EN e ISO contenute nella presente norma deve intendersi riferito alla data di pubblicazione se indicata, ovvero, laddove non indicata, all’ultima versione aggiornata. Con successivo provvedimento si aggiornano periodicamente gli elenchi delle specifiche tecniche volontarie UNI, EN e ISO richiamate nella presente norma. OSSERVAZIONI DELL’AUTORE
Il sistema delle certificazioni è in itinere. Gli enti devono essere meglio apprestati e identificati allo scopo. Il sistema deve garantire un capillare controllo, allo scopo di ottenere prodotti qualitativamente
omogenei. Il sistema, nel contempo, deve essere snello e burocraticamente semplificato allo scopo di non gravare troppo sulla produzione.
1.2
Materiali e prodotti a base di legno
1.2.1
Generalità
Generalità
§ 11.7.1 NTC2018
I materiali e prodotti a base di legno per usi strutturali devono essere qualificati secondo le procedure di cui al § 11.1. Per l’applicazione del caso C del punto 11.1 si fa riferimento alle Linee Guida per l’impiego di prodotti, materiali e manufatti innovativi in legno per uso strutturale approvate dal Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici. La produzione, la lavorazione, fornitura e utilizzazione dei prodotti di legno e dei prodotti a base di legno per uso strutturale dovranno avvenire in applicazione di un sistema di assicurazione della qualità e di un sistema di rintracciabilità che copra la catena di distribuzione dal momento della prima classificazione e marcatura dei singoli componenti e/o semilavorati almeno fino al momento della prima messa in opera. Oltre che dalla documentazione indicata al pertinente punto del § 11.1, ovvero nel § 11.7.10, ogni fornitura deve essere accompagnata, secondo quanto indicato al § 11.7.10.1.2, da un manuale contenente le specifiche tecniche per la posa in opera. Il Direttore dei Lavori è tenuto a rifiutare le eventuali forniture non conformi a quanto sopra prescritto. Il progettista sarà tenuto a indicare nel progetto le caratteristiche dei materiali secondo le indicazioni di cui al presente capitolo. Tali caratteristiche devono essere garantite dai produttori, dai centri di lavorazione, dai fornitori intermedi, per ciascuna fornitura, secondo le disposizioni applicabili di cui alla marcatura CE ovvero di cui al § 11.7.10.
Il Direttore dei Lavori effettuerà i controlli di accettazione in cantiere previsti al § 11.7.10.2. Il Direttore dei Lavori potrà far eseguire ulteriori prove di accettazione sul materiale pervenuto in cantiere e sui collegamenti, secondo le metodologie di prova indicate nella presente norma. Sono abilitati a effettuare le prove e i controlli, sia sui prodotti che sui cicli produttivi, i laboratori di cui all’art. 59 del DPR n. 380/2001 e gli organismi di prova o certificazione del controllo di produzione in fabbrica abilitati ai sensi del DPR n. 246/93 o del Regolamento UE 305/2011 in materia di prove e controlli sul legno.
CIRC. 7/2019
Generalità
C11.7.1
Per quanto riguarda la qualificazione ed identificazione dei differenti materiali o prodotti a base di legno, si rimanda a quanto indicato alle casistiche A, B e C come indicato al § 11.1 delle NTC. Sia per i prodotti oggetto di marcatura CE (secondo i casi A e C del par. 11.1), che per i materiali oggetto di procedura di qualificazione nazionale (caso B del par. 11.1) o di Certificato di Valutazione Tecnica (Caso C del par. 11.1) valgono gli obblighi di denuncia di attività definite per i centri di lavorazione di cui il par. 11.7.10.1 delle medesime NTC.
1.2.1.1
Proprietà dei materiali
Proprietà dei materiali
§ 11.7.1.1 NTC2018
Si definiscono valori caratteristici di resistenza di un tipo di legno i valori del frattile 5% della distribuzione delle resistenze, ottenuti sulla base dei risultati di prove sperimentali effettuate con una durata di 300 secondi su provini all’umidità di equilibrio del legno corrispondente alla temperatura di 20 ± 2 °C e umidità relativa dell’aria del 65 ± 5%. Per il modulo elastico, si fa riferimento sia ai valori caratteristici di modulo elastico corrispondenti al frattile 5% sia ai valori medi, ottenuti
nelle stesse condizioni di prova sopra specificate. Si definisce massa volumica caratteristica il valore del frattile 5% della relativa distribuzione con massa e volume misurati in condizioni di umidità di equilibrio del legno alla temperatura di 20 ± 2 °C e umidità relativa dell’aria del 65 ± 5%. Per il progetto e la verifica di strutture realizzate con legno massiccio, lamellare o con prodotti per uso strutturale derivati dal legno, si utilizzano i valori di resistenza, modulo elastico e di massa volumica costituenti il profilo resistente, che deve comprendere almeno quanto riportato nella seguente Tab. 11.7.1.
Figura 1.3 Prescrizioni provino.
Tabella 1.1 da Tabella 11.7.I
Figura 1.4 Dimensioni per provini in legno massiccio e in legno lamellare.
Per il legno massiccio, i valori caratteristici di resistenza, desunti da indagini sperimentali, sono riferiti a dimensioni standardizzate secondo le norme pertinenti. In particolare, per la determinazione della resistenza a flessione, l’altezza della sezione trasversale del provino è pari a 150 mm, mentre per la determinazione della resistenza a trazione, parallela alla fibratura, il lato maggiore della sezione trasversale del campione di prova è pari a 150 mm. Pertanto, per elementi di legno massiccio sottoposti a flessione o a trazione parallela alla fibratura che presentino rispettivamente un’altezza o il lato maggiore della sezione trasversale inferiore a 150 mm, i valori caratteristici fm,k e ft,0,k, indicati nei profili resistenti, possono essere incrementati tramite il coefficiente moltiplicativo kh, così definito:
essendo h, in millimetri, l’altezza della sezione trasversale dell’elemento inflesso oppure il lato maggiore della sezione trasversale dell’elemento sottoposto a trazione. Per il legno lamellare incollato i valori caratteristici di resistenza, desunti da indagini sperimentali, sono riferiti a dimensioni standardizzate del campione di prova secondo le norme pertinenti. In particolare, per la determinazione della resistenza a flessione, l’altezza della sezione trasversale del campione di prova è pari a 600 mm, mentre per la determinazione della resistenza a trazione, parallela alla fibratura, il lato maggiore della sezione trasversale del provino è pari a 600 mm. Di conseguenza, per elementi di legno lamellare sottoposti a flessione o a trazione, parallela alla fibratura, che presentino rispettivamente un’altezza o il lato maggiore della sezione trasversale inferiore a 600
mm, i valori caratteristici fm,k e ft,0,k, indicati nei profili resistenti, possono essere incrementati tramite il coefficiente moltiplicativo kh, così definito:
essendo h, in millimetri, l’altezza della sezione trasversale dell’elemento inflesso oppure il lato maggiore della sezione trasversale dell’elemento sottoposto a trazione.
1.2.1.2
Produttore e fornitore
A integrazione di quanto citato nel Regolamento UE 305/2011, se applicabile, si definisce ‘‘produttore’’ il soggetto legalmente responsabile della classificazione secondo la resistenza dell’elemento ligneo o del materiale derivato dal legno. Tenuto conto di quanto sopra, in assenza di esplicita indicazione contraria nei documenti di accompagnamento delle forniture di materiali e prodotti a base di legno, ai fini della responsabilità legale il produttore coincide con il fornitore del materiale o del prodotto.
1.2.2
Legno massiccio
§ 11.7.2 NTC2018
11.7.2 Legno massiccio La produzione di elementi strutturali di legno massiccio a sezione rettangolare dovrà risultare conforme alla norma europea armonizzata UNI EN 14081-1 e secondo quanto specificato al punto A del § 11.1, recare la Marcatura CE. Qualora non sia applicabile la marcatura CE, i produttori di elementi di legno massiccio per uso strutturale, secondo quanto specificato al punto B del § 11.1, devono essere qualificati con le procedure di cui al § 11.7.10.
Il legno massiccio per uso strutturale è un prodotto naturale, selezionato e classificato in dimensioni d’uso secondo la resistenza, elemento per elemento, sulla base delle normative applicabili. I criteri di classificazione garantiscono all’elemento prestazioni meccaniche minime statisticamente determinate, senza necessità di ulteriori prove sperimentali e verifiche, definendone il profilo resistente, che raggruppa le proprietà fisico-meccaniche necessarie per la progettazione strutturale. La classificazione può avvenire assegnando all’elemento una Categoria, definita in relazione alla qualità dell’elemento stesso con riferimento alla specie legnosa e alla provenienza geografica, sulla base di specifiche prescrizioni normative. Al legname appartenente a una determinata categoria, specie e provenienza, si assegna uno specifico profilo resistente, armonizzato con le classi di resistenza proposte dalla UNI EN 338, utilizzando metodi di classificazione previsti nelle normative applicabili. Può farsi utile riferimento ai profili resistenti indicati nelle norme UNI 11035:2010 parti 1, 2 e 3, per quanto applicabili. In generale è possibile definire il profilo resistente di un elemento strutturale anche sulla base dei risultati documentati di prove sperimentali, in conformità a quanto disposto nella UNI EN 384:2016.
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Legno massiccio
C11.7.2 C11.7.2.1
Legno massiccio con sezione rettangolare I prodotti in legno massiccio a sezione rettangolare devono essere oggetto di una classificazione secondo la resistenza, al fine di assegnare ad ogni singolo segato una classe di resistenza, usualmente coerente con quanto proposto dalla UNI EN 338. Legno massiccio con sezioni irregolari
C11.7.2.2
Per legno massiccio con sezione irregolare si intendono quei prodotti che, per geometria della sezione e/o per rastremazione del fusto, non rientrano all’interno del campo di applicazione della UNI EN 14081-1.
Per tali prodotti, quali ad esempio le travi ‘‘uso Fiume’’ o ‘‘uso Trieste’’, in assenza di una specifica Valutazione Tecnica Europea (ETA) si applicano le procedure di qualificazione previste nel § 11.7.10 delle NTC. Ai fini della classificazione del materiale, in assenza di specifiche regole (ad. es UNI 11035-3), si potrà fare riferimento a quanto previsto per gli elementi a sezione rettangolare, senza considerare le prescrizioni sugli smussi e sulla variazione della sezione trasversale, purché nel calcolo si tenga conto dell’effettiva geometria delle sezioni trasversali.
1.2.3
Legno strutturale con giunti a dita
§ 11.7.3 NTC2018
Ai prodotti con giunti a dita, in assenza di specifica norma europea armonizzata, si applica il punto C del paragrafo 11.1. Il controllo della produzione deve essere effettuato a cura del Direttore Tecnico della produzione, che deve provvedere alla trascrizione dei risultati delle prove su appositi registri di produzione. Detti registri devono essere resi disponibili al Servizio Tecnico Centrale e, limitatamente alla fornitura di competenza, al Direttore dei Lavori e al Collaudatore della costruzione. I singoli elementi utilizzati per la composizione del legno strutturale con giunti a dita dovranno soddisfare i requisiti minimi della norma europea armonizzata UNI EN 14081-1 al fine di garantirne una corretta attribuzione a una classe di resistenza. Inoltre il sistema di gestione della qualità del prodotto che sovrintende al processo di fabbricazione deve essere predisposto in coerenza con le norme UNI EN ISO 9001 e certificato da parte di un organismo terzo indipendente, di adeguata competenza e organizzazione, che opera in coerenza con le norme UNI CEI EN ISO/IEC 17021.
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Legno strutturale con
C11.7.3
giunti a dita Gli elementi in legno massiccio giuntati a tutta sezione devono essere conformi alla norma armonizzata UNI EN 15497 e non possono essere usati per opere in Classe di servizio 3.
1.2.4
Legno lamellare incollato e legno massiccio incollato
§ 11.7.4 NTC2018
Gli elementi strutturali di legno lamellare incollato e legno massiccio incollato debbono essere conformi alla norma europea armonizzata UNI EN 14080 e, secondo quanto specificato al punto A del paragrafo 11.1, recare la marcatura CE. Le singole tavole, per la composizione di legno lamellare, dovranno soddisfare i requisiti della norma europea armonizzata UNI EN 14081-1 al fine di garantirne una corretta attribuzione a una classe di resistenza. Per classi di resistenza delle singole tavole superiori a C30 si farà riferimento esclusivo ai metodi di classificazione a macchina. Le singole lamelle vanno tutte individualmente classificate dal fabbricante come previsto al § 11.7.2.
CIRC. 7/2019
Legno lamellare incollato e legno massiccio incollato
C11.7.4
I prodotti in legno lamellare e di legno massiccio incollato devono essere sottoposti a marcatura CE in accordo alla UNI EN 14080. Per il legno lamellare incollato e il legno massiccio incollato, realizzati con legno di latifoglia (o prodotti realizzati attraverso l’impiego di specie non elencate all’interno della Norma Armonizzata UNI EN 14080), si dovrà fare riferimento al caso C) del § 11.1. § 11.7.5 NTC2018
1.2.5
Pannelli a base di legno
I pannelli a base di legno per uso strutturale, per i quali si applica il caso A di cui al § 11.1, debbono essere conformi alla norma europea armonizzata UNI EN 13986. Per i pannelli a base di legno per i quali non sia applicabile la suddetta norma europea armonizzata UNI EN 13986 si applicano le procedure di cui al caso C di cui al paragrafo 11.1. Per la valutazione dei valori caratteristici di resistenza, rigidezza e massa volumica da utilizzare nella progettazione di strutture che incorporano pannelli a base di legno, può farsi riferimento alle norme UNI EN 12369-1 (OSB, pannelli di particelle e pannelli di fibra), UNI EN 12369-2 (pannello compensato) e UNI EN 12369-3 (pannelli di legno massiccio con spessore inferiore a 80 mm).
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Pannelli a base di legno
C11.7.5
Ai pannelli in compensato di tavole, non compresi nel campo di applicazione della UNI EN 13986 o in assenza di altra specifica norma armonizzata, si applica il caso C) di cui al § 11.1 delle NTC. I Certificati di Valutazione Tecnica sono rilasciati sulla base dei criteri contenuti nelle ‘‘Linee Guida per l’Impiego di prodotti, materiali e manufatti innovativi in legno per uso strutturale’’. Pannelli chiodati o assemblati mediante cambre, viti o altri sistemi che non prevedano l’utilizzo di adesivi non sono assimilabili ai pannelli di cui sopra e devono risultare conformi a specifici EAD/ETA o, in alternativa, qualificati tramite Certificati di Valutazione Tecnica rilasciati dal Servizio Tecnico Centrale, cosi come altresì previsto dal punto C del § 11.1 delle NTC.
1.2.6
Altri prodotti derivati dal legno per uso strutturale
§ 11.7.6 NTC2018
Per gli altri prodotti derivati dal legno per uso strutturale per i quali non è applicabile una norma europea armonizzata di cui al punto A del § 11.1 o non è applicabile quanto specificato al punto B del medesimo § 11.1, si applica quanto riportato ai punti C del paragrafo 11.1 della presente norma.
1.2.7
Adesivi
§ 11.7.7 NTC2018
Gli adesivi per usi strutturali devono produrre unioni aventi resistenza e durabilità tali che l’integrità dell’incollaggio sia conservata, nella classe di servizio assegnata, durante tutta la vita prevista della struttura. Adesivi per elementi incollati in stabilimento
§ 11.7.7.1 NTC2018
Gli adesivi fenolici e amminoplastici devono soddisfare le specifiche della norma UNI EN 301:2013. Adesivi poliuretanici e isocianatici devono soddisfare i requisiti della UNI EN 15425:2008. Gli adesivi di natura chimica diversa devono soddisfare le specifiche della medesima norma e, in aggiunta, dimostrare un comportamento allo scorrimento viscoso non peggiore di quello di un adesivo fenolico o amminoplastico così come specificato nella norma UNI EN 301:2013, tramite idonee prove comparative. Adesivi per giunti realizzati in cantiere
§ 11.7.7.2 NTC2018
Gli adesivi utilizzati in cantiere (per i quali non sono rispettate le prescrizioni di cui alla norma UNI EN 301:2013) devono essere sottoposti a prove in conformità a idoneo protocollo di prova, per dimostrare che la resistenza a taglio del giunto non sia minore di quella del legno, nelle medesime condizioni previste nel protocollo di prova.
1.2.8
Elementi meccanici di collegamento
§ 11.7.8 NTC2018
Tutti gli elementi di collegamento (metallici e non metallici quali spinotti, chiodi, viti, piastre, ecc.) devono essere idonei a garantire le
prestazioni previste dalle presenti norme e in particolare, in presenza di azioni sismiche, al § 7.7.5.2. Ai suddetti dispositivi meccanici, si applica quanto riportato ai punti A o C del § 11.1.
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Elementi meccanici di collegamento
C11.7.8
In presenza di azioni sismiche e con particolare riferimento al § 7.7.5.2. delle NTC, il fabbricante, al fine di garantire le prestazioni previste nei confronti del comportamento a carichi ciclici degli elementi meccanici di collegamento di cui al par. 11.7.10.2, dovrà fare riferimento ai criteri e alle modalità di prova pertinenti indicati nella UNI EN 14592 o nelle altre specifiche tecniche applicabili.
1.2.9
Durabilità del legno e derivati
Generalità
§ 11.7.9 NTC2018
§ 11.7.9.1 NTC2018
Al fine di garantire alla struttura adeguata durabilità, si devono considerare i seguenti fattori correlati: – la classe di servizio prevista; – la destinazione d’uso della struttura; – le condizioni ambientali prevedibili; – la composizione, le proprietà e le prestazioni dei materiali; – la forma degli elementi strutturali e i particolari costruttivi; – la qualità dell’esecuzione e il livello di controllo della stessa; – le particolari misure di protezione; – la manutenzione programmata durante la vita presunta. Si adotteranno, in fase di progetto, idonei provvedimenti volti alla protezione dei materiali.
Per i materiali trattati con agenti preservanti contro attacchi di tipo biologico si dovrà fare riferimento ai principi generali della UNI EN 15228:2009. Requisiti di durabilità naturale dei materiali a base di legno
§ 11.7.9.2 NTC2018
Il legno e i materiali a base di legno devono possedere un’adeguata durabilità naturale per la classe di rischio prevista in servizio, oppure devono essere sottoposti a un trattamento preservante in accordo alla UNI EN 15228:2009. Inoltre, quale utile riferimento ai fine della valutazione della durabilità dei materiali a base di legno, si precisa quanto segue: – la norma UNI EN 350-1 fornisce indicazioni sui metodi per la determinazione della durabilità naturale e i principi di classificazione delle specie legnose basati sui risultati di prova; – la norma UNI EN 350-2 fornisce una classificazione della durabilità del legno massiccio nei confronti di funghi, coleotteri, termiti e organismi marini; – la norma UNI EN 460 fornisce una guida alla scelta delle specie legnose in base alla loro durabilità naturale nelle classi di rischio così come definite all’interno della UNI EN 335; – la norma UNI EN 335 fornisce una guida per l’applicazione del sistema delle classi di rischio secondo le definizioni fornite nella norma stessa. Le specifiche relative alle prestazioni dei preservanti per legno e alla loro classificazione ed etichettatura sono indicate nelle norme UNI EN 599-1 e UNI EN 599-2.
1.2.10 Procedure di identificazione, qualificazione e
§ 11.7.10 NTC2018
accettazione - Centri di lavorazione Le caratteristiche e le prestazioni dei materiali devono essere garantite dai fabbricanti, dai centri di lavorazione, dai fornitori intermedi, per ciascuna fornitura, secondo le disposizioni che seguono. Fabbricanti centri di lavorazione
§ 11.7.10.1 NTC2018
Qualora non sia applicabile la procedura di marcatura CE, per tutti i prodotti a base di legno per impieghi strutturali valgono integralmente, per quanto applicabili, le seguenti disposizioni che sono da intendersi integrative di quanto specificato al punto B del § 11.1. Per l’obbligatoria qualificazione della produzione di elementi denominati uso ‘‘Fiume’’ e ‘‘Trieste’’, i fabbricanti di elementi in legno strutturale devono trasmettere al Servizio Tecnico Centrale del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, per ciascun stabilimento, la documentazione seguente: – l’individuazione dello stabilimento cui l’istanza si riferisce; – il tipo di elementi strutturali che l’azienda è in grado di produrre; – l’organizzazione del sistema di rintracciabilità relativo alla produzione di legno strutturale; – l’organizzazione del controllo interno di produzione, con l’individuazione di un ‘‘Direttore Tecnico della produzione’’; – il marchio afferente al fabbricante specifico per la classe di prodotti ‘‘elementi di legno per uso strutturale’’; – la documentazione relativa alle prove di qualificazione e di autocontrollo interno, effettuate secondo le modalità delle norme europee applicabili, da un laboratorio di cui all’articolo 59 del DPR 380/01. Per gli elementi denominati uso ‘‘Fiume’’ e ‘‘Trieste’’si applicano i metodi di prova e campionamento di cui alla UNI EN 14081-1. Le procedure riguardanti la qualificazione effettuata dal Servizio Tecnico Centrale (punto B, § 11.1) si applicano ai produttori di elementi base in legno massiccio e/o lamellare non ancora lavorati a formare
elementi strutturali pronti per la messa in opera. Ai suddetti produttori, il Servizio Tecnico Centrale, ultimata favorevolmente l’istruttoria, rilascia un Attestato di Qualificazione, recante il riferimento al prodotto, alla ditta, allo stabilimento, al marchio. Circa quest’ultimo aspetto, si precisa che ogni fabbricante deve depositare presso il Servizio Tecnico Centrale il disegno del proprio marchio, che deve essere impresso in modo permanente (a caldo, con inchiostro indelebile, mediante punzonatura, etc.) su ogni elemento base prodotto. I produttori, entro il 31 gennaio di ogni anno, trasmettono al Servizio tecnico centrale evidenza documentale dei controlli effettuati sulla produzione nell’anno precedente. L’attestato ha validità finché permangono le condizioni poste alla base della qualificazione stessa, e comunque non oltre cinque anni. Gli attestati di qualificazione già rilasciati ai sensi del DM 14.01.2008 cessano comunque di validità cinque anni dopo l’entrata in vigore della presente versione delle Norme tecniche per le Costruzioni. Si definiscono Centri di Lavorazione del legno strutturale, gli stabilimenti nei quali viene effettuata la lavorazione degli elementi base qualificati per dare loro la configurazione finale in opera (intagli, forature, applicazione di piastre metalliche, etc), sia di legno massiccio che lamellare. Come tali devono documentare la loro attività al Servizio Tecnico Centrale, il quale, ultimata favorevolmente l’istruttoria, rilascia un Attestato di denuncia di attività, recante il riferimento al prodotto, alla ditta, allo stabilimento, al marchio. Ogni Centro di lavorazione deve depositare presso il Servizio Tecnico Centrale il disegno del proprio marchio, che deve essere impresso in modo permanente (anche mediante etichettatura, etc.) su ogni elemento lavorato. Il centro di lavorazione può ricevere e lavorare solo prodotti qualificati all’origine, accompagnati dalla relativa documentazione di qualificazione. Nel caso di impiego di prodotti base marcati CE, ogni lavorazione successiva a tale marcatura, non effettuata in cantiere sotto la responsabilità del direttore dei lavori, deve essere effettuata presso un centro di lavorazione. Per l’obbligatoria denuncia di attività, i Centri di Lavorazione di legno strutturale devono trasmettere al Servizio Tecnico Centrale del
Consiglio Superiore dei lavori Pubblici, per ciascun stabilimento, la seguente documentazione: – l’individuazione dello stabilimento cui l’istanza si riferisce; – il tipo di elementi strutturali che l’azienda è in grado di produrre; – il sistema di identificazione e tracciabilità dei materiali. Il Direttore Tecnico della produzione, di comprovata esperienza e dotato di attestato conseguito tramite apposito corso di formazione, assume le responsabilità relative alla conformità alle presenti norme delle attività svolte nel centro di lavorazione. Il Direttore tecnico di produzione deve altresì frequentare un corso di aggiornamento con cadenza almeno triennale. I Regolamenti, i curricula dei docenti e i rispettivi programmi didattici dei corsi sopra citati devono essere preventivamente approvati dal Servizio Tecnico Centrale, sentito il Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici, che verificherà la complessiva congruenza dei corsi con i requisiti richiesti dalle presenti norme. I produttori e i centri di lavorazione sono tenuti a comunicare ogni variazione rispetto a quanto dichiarato in sede di presentazione dell’istanza di qualificazione o di denuncia di attività. Qualora nel medesimo stabilimento si produca legno base e si effettuino altresì le lavorazioni per ottenere gli elementi strutturali pronti per l’uso, allo stesso saranno rilasciati, ove sussistano i requisiti, entrambi gli Attestati. Tutte le forniture di elementi in legno per uso strutturale devono riportare il marchio del fabbricante e del centro di lavorazione nel quale siano state eventualmente lavorate, ed essere accompagnate da una documentazione riportante la dichiarazione delle caratteristiche tecniche essenziali del prodotto. Il Servizio Tecnico Centrale, in base ai progressi tecnici e agli aggiornamenti normativi che dovessero successivamente intervenire, provvede ad aggiornare l’elenco della documentazione necessaria a ottenere la qualificazione. È prevista la sospensione o, nei casi più gravi o di recidiva, la revoca degli attestati di qualificazione e di denuncia attività ove il Servizio Tecnico Centrale accerti, in qualsiasi momento, difformità tra i
documenti depositati e la produzione effettiva, ovvero la mancata ottemperanza alle prescrizioni contenute nella vigente normativa tecnica. I provvedimenti di sospensione e di revoca vengono adottati dal Servizio Tecnico Centrale. Identificazione e rintracciabilità dei prodotti qualificati
§ 11.7.10.1.1 NTC2018
Tenuto conto di quanto riportato al paragrafo precedente, ciascun prodotto qualificato deve costantemente essere riconoscibile per quanto concerne le caratteristiche qualitative e riconducibile allo stabilimento di produzione tramite marchiatura indelebile depositata presso il Servizio Tecnico Centrale, conforme alla relativa norma armonizzata. Ogni prodotto deve essere marchiato con identificativi diversi da quelli di prodotti aventi differenti caratteristiche, ma fabbricati nello stesso stabilimento e con identificativi differenti da quelli di prodotti con uguali caratteristiche ma fabbricati in altri stabilimenti, siano essi o meno dello stesso fabbricante. La marchiatura deve essere inalterabile nel tempo e senza possibilità di manomissione. Per stabilimento si intende un’unità produttiva autonoma, con impianti propri e magazzini per il prodotto finito. Nel caso di unità produttive multiple appartenenti allo stesso fabbricante, la qualificazione deve essere ripetuta per ognuna di esse e per ogni tipo di prodotto in esse fabbricato. Considerata la diversa natura, forma e dimensione dei prodotti, le caratteristiche degli impianti per la loro produzione, nonché la possibilità di fornitura sia in pezzi singoli sia in lotti, differenti possono essere i sistemi di marchiatura adottati, anche in relazione alla destinazione d’uso. Comunque, per quanto possibile, anche in relazione alla destinazione d’uso del prodotto, il fabbricante e il centro di lavorazione sono tenuti a identificare mediante marchiatura ogni singolo pezzo. Ove ciò non sia possibile, per la specifica tipologia del prodotto, la marchiatura deve essere tale che prima dell’apertura dell’eventuale ultima e più piccola confezione il prodotto sia riconducibile al
fabbricante o al centro di lavorazione, al tipo di legname nonché al lotto di classificazione e alla data di classificazione. Tenendo presente che l’elemento determinante della marchiatura è costituito dalla sua inalterabilità nel tempo, e dalla impossibilità di manomissione, il fabbricante e il centro di lavorazione devono rispettare le modalità di marchiatura denunciate nella documentazione presentata al Servizio Tecnico Centrale e deve comunicare tempestivamente eventuali modifiche apportate. Qualora, sia presso gli utilizzatori, sia presso i commercianti (quali fornitori intermedi), l’unità marchiata (pezzo singolo o lotto) viene scorporata, per cui una parte, o il tutto, perde l’originale marchiatura del prodotto è responsabilità sia degli utilizzatori sia dei commercianti documentare la provenienza mediante i documenti di accompagnamento del materiale e gli estremi del deposito del marchio presso il Servizio Tecnico Centrale. I produttori, i successivi intermediari e gli utilizzatori finali devono assicurare una corretta archiviazione della documentazione di accompagnamento dei materiali garantendone la disponibilità per almeno 10 anni e devono mantenere evidenti le marchiature o etichette di riconoscimento per la rintracciabilità del prodotto. Eventuali disposizioni supplementari atte a facilitare l’identificazione e la rintracciabilità del prodotto attraverso il marchio potranno essere emesse dal Servizio Tecnico Centrale del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici. Forniture e accompagnamento
documentazione
di § 11.7.10.1.2 NTC2018
Tutte le forniture di legno strutturale devono essere accompagnate da: – una copia della documentazione di marcatura CE, secondo il sistema di valutazione e verifica della costanza della prestazione applicabile al prodotto, oppure copia dell’attestato di qualificazione o del certificato di valutazione tecnica rilasciato dal Servizio Tecnico Centrale; – dichiarazione di prestazione di cui al Regolamento (UE) n. 305/2011 oppure dichiarazione resa dal Legale Rappresentante dello stabilimento in cui vengono riportate le informazioni riguardanti le caratteristiche
essenziali del prodotto e in particolare: la classe di resistenza del materiale, l’euroclasse di reazione al fuoco e il codice identificativo dell’anno di produzione; sulla stessa dichiarazione deve essere riportato il riferimento al documento di trasporto. Nel caso di prodotti provenienti da un centro di lavorazione, oltre alla suddetta documentazione, le forniture devono accompagnate da: – una copia dell’attestato di denuncia dell’attività del centro di lavorazione; – dichiarazione del Direttore tecnico della produzione inerente la descrizione delle lavorazioni eseguite.
CIRC. 7/2019
Procedure di identificazione, qualificazione e accettazione centri di lavorazione
Fabbricanti e centri di lavorazione
C11.7.10.1 C11.7.10.1
Il fabbricante deve assicurare un sistema di controllo della produzione in fabbrica, tale da poter attribuire al prodotto i coefficienti parziali di sicurezza di cui al § 4.4.6 delle NTC. Qualora il fabbricante intendesse attribuire il tipo di legname alla colonna B della tabella 4.4.III delle NTC, nella documentazione di accompagnamento delle forniture deve essere fatto esplicito riferimento ai coefficienti di variazione calcolati in fase di caratterizzazione fisicomeccanica dei prodotti. Per la qualificazione di elementi legname a sezione irregolare il produttore deve dare evidenza: – dei processi di selezione e classificazione del materiale base; – della competenza del classificatore e del corretto stoccaggio del materiale (sia questo tondo che segato), descrivendo altresì ogni passaggio produttivo in modo da assicurare la tracciabilita di
prodotto in funzione della sua provenienza e del tipo di legname impiegato. Allo stesso modo devono essere assicurate le tolleranze dei prodotti immessi sul mercato secondo quanto definito dalla UNI EN 336. Per la denuncia di attività, il centro di lavorazione deve dare evidenza: – delle tipo di lavorazione effettuate e del rispetto delle dimensioni cosi come previsto in sede di progetto tenendo conto delle tolleranze indicate nelle specifiche tecniche di riferimento; – dei controlli e delle misure adottate al fine di non compromettere la conformità del prodotto definita dal produttore; – dei sistemi di tracciabilità adottati e della opportuna formazione del personale nell’utilizzo dei macchinari presenti in azienda. Gli Attestati di produzione di elementi strutturali in legno (uso Fiume, uso Trieste e tavolato strutturale con profilo maschio-femmina), già rilasciati ai sensi delle precedenti NTC 2008, cessano di avere validità allo scadere dei cinque anni dall’entrata in vigore delle NTC 2018. Alla scadenza occorrerà inoltrare apposita istanza di rinnovo, pagando le relative tariffe indicate dal D.M. 267/2012. In relazione ai termini di rinnovo annuale i titolari degli Attestati di Produzione dovranno confermare la loro attività entro il 31 Dicembre di ogni anno, allegando documentazione attestante i controlli di produzione effettuati nell’anno precedente. Gli Attestati di denuncia attività dei centri di lavorazione continuano ad essere senza scadenza; ne consegue che i precedenti attestati rilasciati ai sensi delle NTC 2008 continueranno ad essere validi anche per le nuove NTC 2018. Per quanto riguarda le procedure di rinnovo degli attestati di qualificazione, l’istanza va trasmessa almeno sessanta giorni prima della scadenza del periodo di validità dell’Attestato, corredata di tutta la documentazione prevista per l’avvio della procedura di qualificazione, secondo l’elenco aggiornato reso disponibile dal Servizio e come previsto al § 11.7.10.1, nonché della ricevuta di avvenuto pagamento delle tariffe previste per il rilascio dell’attestato. Per quanto riguarda la documentazione rimasta invariata, si deve comunque produrre una
dichiarazione che ne attesti la permanenza della validità, con relativo elenco esplicativo. Per quanto riguarda i Corsi di formazione e di Aggiornamento per Direttori tecnici della produzione, si rammenta che appositi corsi di formazione erano già stati introdotti con le precedenti NTC 2008; sono ora previsti anche i Corsi di aggiornamento, a cadenza triennale, aventi carattere obbligatorio: ne consegue che i Direttori che abbiano già seguito un Corso di formazione, in caso di mancato aggiornamento, vedranno decadere la loro qualificazione di Direttore. Gli attestati di partecipazione rilasciati ai sensi delle precedenti NTC 2008, cessano di avere validità al termine di tre anni dalla data di entrata in vigore dell’attuale Aggiornamento delle Norme tecniche per le costruzioni, ovvero al 20 marzo 2021. Tutti i Corsi di formazione dovranno essere preventivamente approvati dal STC, a seguito di una valutazione ed esame delle richieste avanzate dalle società ed enti organizzatori dei corsi medesimi. Identificazione e rintracciabilità dei prodotti qualificati
C11.7.10.1.1
Il costruttore resta comunque responsabile della qualità degli elementi strutturali in legno posti in opera, qualità che sarà controllata dal Direttore dei Lavori secondo le procedure di cui al § 11.7.10.2. Lo stesso costruttore, nell’ambito delle proprie responsabilità, prima dell’inizio della costruzione dell’opera, deve acquisire idonea documentazione relativa ai componenti, per ciascun elemento strutturale in legno da utilizzare, al fine di ottenere le prestazioni indicate nel progetto. Tale documentazione dovrà essere comprensiva sia della fase di produzione come da § 11.1 (casi A, B o C) che di quella di centro di lavorazione come da § C11.7.10.1. Inoltre ai fini della rintracciabilità dei prodotti, il costruttore deve assicurare la conservazione della medesima documentazione, unitamente a marchiature o etichette di riconoscimento, fino al completamento delle operazioni di collaudo statico. § 11.7.10.2 NTC2018
1.2.10.2 Controlli di accettazione in cantiere I controlli di accettazione in cantiere sono obbligatori per tutte le tipologie di materiali e prodotti a base di legno e sono demandati al Direttore dei Lavori il quale, prima della messa in opera, è tenuto ad accertare e a verificare quanto sopra indicato e a rifiutare le eventuali forniture non conformi. Il Direttore dei Lavori esegue i controlli di accettazione, così come disciplinato di seguito. Il Direttore dei Lavori potrà far eseguire ulteriori prove di accettazione sul materiale pervenuto in cantiere e sui collegamenti, secondo le metodologie di prova indicate nella presente norma. Il laboratorio incaricato di effettuare le prove provvede all’accettazione dei campioni accompagnati dalla lettera di richiesta sottoscritta dal direttore dei lavori. Il laboratorio verifica lo stato dei provini e la documentazione di riferimento e in caso di anomalie riscontrate sui campioni oppure di mancanza totale o parziale degli strumenti idonei per la identificazione degli stessi, deve sospendere l’esecuzione delle prove e darne notizia al Servizio Tecnico Centrale del Consiglio Superiore dei Lavori Pubblici. Il prelievo potrà anche essere eseguito dallo stesso laboratorio incaricato dell’esecuzione delle prove. I laboratori devono conservare i campioni sottoposti a prova per almeno trenta giorni dopo l’emissione dei certificati di prova, in modo da consentirne l’identificabilità e la rintracciabilità. Per gli elementi di legno massiccio, su ogni fornitura, dovrà essere eseguita obbligatoriamente una classificazione visuale in cantiere su almeno il cinque per cento degli elementi costituenti il lotto di fornitura, da confrontare con la classificazione effettuata nello stabilimento. Per gli elementi di legno lamellare dovrà essere acquisita la documentazione relativa alla classificazione delle tavole e alle prove meccaniche distruttive svolte obbligatoriamente nello stabilimento di produzione relativamente allo specifico lotto della fornitura in cantiere (prove a rottura sul giunto a pettine e prove di taglio e/o delaminazione
sui piani di incollaggio). Inoltre, su almeno il 5% del materiale pervenuto in cantiere, deve essere eseguito il controllo della disposizione delle lamelle nella sezione trasversale e la verifica della distanza minima tra giunto e nodo, secondo le disposizioni della UNI EN 14080. Per gli altri elementi giuntati di cui ai paragrafi 11.7.3, 11.7.5 e 11.7.6, dovrà essere acquisita la documentazione relativa alla classificazione del materiale base e alle prove meccaniche previste nella documentazione relativa al controllo di produzione in fabbrica, svolte obbligatoriamente in stabilimento relativamente allo specifico lotto della fornitura in cantiere. Inoltre, su almeno il 5% del materiale pervenuto in cantiere, deve essere eseguito il controllo della disposizione delle lamelle nella sezione trasversale e la verifica della distanza minima tra giunto e nodo, secondo le disposizioni delle specifiche tecniche applicabili. Infine, su almeno il 5% degli elementi di legno lamellare e degli elementi giuntati di cui ai paragrafi 11.7.3, 11.7.5 e 11.7.6 forniti in cantiere, deve essere eseguito il controllo dello scostamento dalla configurazione geometrica teorica secondo le tolleranze di cui al § 4.4. Per gli elementi meccanici di collegamento di cui al § 11.7.8, in fase di accettazione in cantiere, il Direttore dei lavori verifica la prevista documentazione di qualificazione, la corrispondenza dimensionale, geometrica e prestazionale a quanto previsto in progetto, e acquisisce i risultati delle prove meccaniche previste nelle procedure di controllo di produzione in fabbrica. Il Direttore dei lavori effettua, altresì, prove meccaniche di accettazione in ragione della criticità, della differenziazione e numerosità degli elementi di collegamento. Nei casi in cui non siano soddisfatti i controlli di accettazione, oppure sorgano dubbi sulla qualità e rispondenza dei materiali o dei prodotti a quanto dichiarato, oppure qualora si tratti di elementi lavorati in situ, oppure non si abbiano a disposizione le prove condotte in stabilimento relative al singolo lotto di produzione, si deve procedere a una valutazione delle caratteristiche prestazionali degli elementi attraverso una serie di prove distruttive e non distruttive con le modalità specificate di seguito.
Per quanto riguarda il legno massiccio potrà fatto farsi utile riferimento ai criteri di accettazione riportati nella norma UNI EN 384:2016. Per il legno lamellare e gli altri elementi giuntati di cui ai § 11.7.3, 11.7.4, 11.7.5 e 11.7.6, in considerazione dell’importanza dell’opera, potranno essere effettuate, da un laboratorio di cui all’articolo 59 del DPR 380/2001, prove di carico in campo elastico anche per la determinazione del modulo elastico parallelo alla fibratura secondo le modalità riportate nella UNI EN 408:2012 o nella UNI EN 380:1994, ciascuna in quanto pertinente.
CIRC. 7/2019
Controlli di accettazione in cantiere
C11.7.10.2
Il direttore lavori effettua i controlli di seguito descritti: – per gli elementi in legno massiccio oggetto di una classificazione a vista, il direttore lavori esegue una ripetizione della classificazione secondo la resistenza con la stessa regola utilizzata in stabilimento sul almeno il 5% del materiale fornito; – per gli elementi in legno massiccio oggetto di una classificazione a macchina, il direttore lavori esegue una ripetizione della classificazione in accordo ai requisiti per l’ispezione a vista supplementare così come riportato all’interno della UNI EN 140811. Inoltre: – in relazione ad elementi lineari o planari che devono essere incorporati in pacchetti costruttivi atti a definire la stratigrafia di strutture opache orizzontali, verticali e coperture assemblate in situ, non ventilati, il Direttore Lavori e opportuno che provveda ad assicurarsi che l’umidità degli elementi portanti al momento della chiusura della stratigrafia interessata sia inferiore o uguale al 18%. Tale controllo dovrà interessare almeno il 10% del materiale strutturale fornito ed essere uniformemente distribuito su tutta la fornitura messa in opera;
– in relazione ai collegamenti il Direttore Lavori dovrà assicurarsi che le distanze degli elementi di collegamento (dai bordi o dalle estremità degli elementi lignei, e gli interassi tra i medesimi elementi), siano quelle indicate nel progetto. Può essere prevista una tolleranza sulle distanze indicate in sede di progetto al massimo pari al 5%; – per gli elementi meccanici di collegamento all’interno delle zone dichiarate quali dissipative, secondo quanto indicato nel § 7.7.1, qualora non ne sia definito il comportamento a carici ciclici secondo le specifiche tecniche applicabili, il Direttore Lavori esegue prove meccaniche di accettazione in ragione della criticità, della differenziazione e numerosità, come altresì riportato nel § 11.7.10.2. In relazione ai controlli di accettazione in cantiere su elementi strutturali in legno il Direttore lavori può fare altresì utile riferimento a metodi di classificazione misti, attuati tramite l’utilizzo di strumenti portatili di ausilio alla classificazione a vista e a quanto previsto dal rapporto tecnico UNI TR 11499.
Capitolo 2 TECNOLOGIA DEL LEGNO
Ricavato dagli alberi, il legno rappresenta una materia prima di notevole importanza nelle costruzioni di edifici, di manufatti a servizio delle abitazioni e nell’industria dei mobili. A grandi linee il legno può essere suddiviso in base all’ambito di utilizzo: – legname per costruzioni: ricavato nella maggior parte dei casi da fusti di tronchi di essenze molto resistenti, utilizzato nella costruzione di travi e pilastri, nella realizzazione di traversine per opere ferroviarie e nella realizzazione di pali in legno; – legname per falegnameria: usato principalmente per la produzione di tavole, listelli e altri elementi simili per dimensioni e fattura, viene usualmente ricavato dai tronchi; – legname da ebanisteria: questo tipo di legname viene ricavato da tronchi e radici di legni caratterizzati da eccezionale durezza, per la produzione di arredi e oggetti per la casa. Nel mondo anglosassone si sottolinea la differenza tra legno segato in genere, detto wood, e il legname usato per la costruzione di strutture, detto timber. In edilizia il legname ha diversi campi di applicazione e assume forme e caratteristiche diverse a seconda dell’utilizzo a cui è destinato: – legname segato: (travi, tavole per ponteggi e casserature) ottenuto attraverso lavorazioni di falegnameria;
– prodotti di legno massiccio o massello ottenuti tramite ulteriori processi di lavorazione: • • • • • •
elementi per strutture portanti in legno; elementi per formazione di pareti esterne; elementi per pavimentazione (tavolette, listoni ecc.); elementi per rivestimenti (perline); telai di serramenti; controtelai per porte interne;
– prodotti derivati dal legno mediante l’utilizzo del metodo di sfogliatura e di quello di tranciatura: • • • •
pannelli di legno compensato e paniforti; pannelli tamburati; pannelli sandwich; pannelli di particelle di fibre, di lana di legno ecc.
Una menzione particolare merita il sughero, ricavato dalla corteccia di un particolare albero (quercia da sughero, Quercus Suber), e usato in edilizia per la coibentazione e nell’arredamento. La suddivisione senz’altro più importante dal punto di vista merceologico per i legnami riguarda il legno massiccio, ottenuto direttamente da pezzi del tronco, e il legno lamellare.
CNR DT 206/2006 A 3.2 - Legno massiccio Il legno massiccio per uso strutturale è un prodotto naturale, selezionato e classificato in dimensioni d’uso secondo la resistenza, elemento per elemento, sulla base di specifiche normative (UNI EN 518, UNI EN 519). I criteri di classificazione garantiscono all’elemento prestazioni meccaniche minime statisticamente determinate senza necessità di ulteriori prove sperimentali e verifiche, definendone il profilo resistente, che raggruppa le proprietà fisico-meccaniche, necessarie per la progettazione strutturale. La produzione di elementi strutturali
di legno massiccio a sezione rettangolare dovrà risultare conforme alla UNI EN 14081. Il legno lamellare è di recente introduzione sul mercato e costituisce un’innovazione tecnologica di rilievo. Questo tipo di legno è realizzato per incollaggio di lamelle di legno. Questa tecnologia ha notevoli vantaggi, in quanto dal punto di vista della resistenza consente di ottenere elevate prestazioni grazie alla possibilità di direzionare, a proprio piacimento, le fibre delle strisce. Un altro vantaggio riguarda la possibilità di conferire all’elemento strutturale forme particolari e ottenere lunghezze dell’elemento notevoli, tale possibilità è connessa a quella di piegare le lamelle prima dell’incollaggio. La lunghezza è limitata solo dalla resistenza delle fibre, in quanto la singola lamella può essere il risultato di piccole strisce interrotte, a patto di sfalsare opportunamente le strisce e le interruzioni delle strisce che compongono un determinato elemento strutturale.
2.1
Il materiale legno
Il legno strutturale è il materiale ricavato dai fusti delle piante, in particolare degli alberi, ma anche degli arbusti. Come è noto gli alberi sono caratterizzati dall’avere fusto e rami che crescono concentricamente verso l’esterno di anno in anno, e dall’avere tessuti composti essenzialmente da cellulosa e lignina. La struttura interna del legno, in linea di massima, è composta da fibre cave allungate, parallele all’asse del tronco. Nel legno tenero le cellule verticali (TR) sono gli elementi principali. Prevale un solo tipo di cellule, dette ‘‘tracheiti’’. Sono inoltre presenti: CR cellule radiali, CA cerchi annuali, CE e CP cellule estive e primaverili, canalicoli semplici C e di confine CC; resina nei condotti CVR e Cor verticali e orizzontali (Fig. 2.1). Gli anelli annuali sono spesso nettamente distinti. Nel legno duro le cellule radiali CR sono gli elementi principali. La struttura verticale è più articolata, con pori P, fibre F verticali e FT trasversali (Fig. 2.1).
Il legno ha una struttura complessa e può essere omogeneo o eterogeneo, a seconda che si possa distinguere la doppia zona di crescita. Nella pratica commerciale, con una denominazione non normata e quindi non riconosciuta ufficialmente, si opera una distinzione tra legni dolci o teneri e legni forti. Le piante che non producono legno sono dette erbacee e includono tutte le piante annuali, molte perenni e numerose piante acquatiche, subacquee e galleggianti. Il legno è prodotto dalla pianta come elemento strutturale, dalle ottime caratteristiche di robustezza e resistenza, ed è per questo impiegato utilmente dall’uomo. Come già accennato, il legno è costituito da fibre di cellulosa trattenute da una matrice di lignina.
Figura 2.1 Struttura interna del legno tenero s (softwood) e del legno duro h (hardwood) (Figura da: Forest Products Laboratory, Forest Service, USDA).
Tra i legni dolci si trovano pioppi, abeti, pini e ontani; tra quelli forti si trovano larici, querce, faggi e frassini. Nella figura sottostante si riporta la composizione chimica del legno.
Figura 2.2 Composizione chimica del legno.
Una volta tagliato ed essiccato, il legno è destinato a un’ampia varietà di utilizzi: – scomposto in fibre dà origine alla polpa di legno, impiegata per produrre la carta; – può essere scolpito e lavorato con appositi utensili; – è stato un importante materiale da costruzione; – è impiegato sia come combustibile per il riscaldamento e la cucina sia impiegato per la produzione della carta tramite la produzione di polpa di cellulosa, avendo sostituito, nell’era industriale, il cotone o altre piante più ricche di cellulosa ma meno abbondanti e quindi meno adatte ai nuovi regimi di produzione. Oggi l’uso del legno è stato in molti casi sostituito dal metallo e dalla plastica. Sono anche impiegati derivati economici del legno al posto del legno classico, come per esempio il Medium Density Fiberboard (MDF). Il legno è commercialmente classificato in tenero e duro. Il legno derivato dalle conifere (per esempio il pino e l’abete) è di tipo tenero, il legno delle angiosperme (ontano, quercia, noce) è duro. In realtà questa suddivisione può essere fuorviante, poiché alcuni legni classificati come duri sono più teneri di quelli definiti teneri (per esempio la balsa), mentre alcuni legni classificati come teneri sono più duri di quelli definiti duri (per esempio il tasso). In realtà questa distinzione deriva dalla nomenclatura inglese che definisce le conifere softwood e le latifoglie hard-wood, ma la traduzione in legno tenero e legno duro è un errore di ipercorrettismo, dato che le due parole inglesi stanno a significare semplicemente – e rispettivamente – conifere e latifoglie.
Il legno proveniente da specie differenti ha diverso colore, diversa densità e diverse caratteristiche della venatura. A causa di queste differenze e ai diversi tassi di crescita, i vari tipi di legno presentano diversi qualità e valore. Per esempio il mogano, denso e scuro, è ottimo per gli intarsi e le finiture raffinate, mentre la balsa, leggera, soffice, dalla consistenza spugnosa facilmente intagliabile, è usata nella realizzazione di modellini. Il legno è un materiale composito costituito da una massa fibrosa, fatta di cellule saldamente collegate tra di loro, costituite di acqua, cellulosa, emicellulosa, lignina, tannino, alcaloidi, essenze ed estrattivi. Il tronco delle piante, cioè la parte più adatta alle applicazioni in edilizia, si genera per successiva formazione di strati circolari di cellule. Questi strati, detti anelli, sono assai evidenti nelle piante che crescono in climi temperati o freddi, nei quali il trascorrere delle stagioni produce nette alternanze dell’attività vegetativa, dando luogo a strati di colorazione diversa in autunno e in primavera. Lo spessore degli anelli dipende dall’andamento climatico annuale; quanto più le condizioni climatiche sono state favorevoli, tanto più essi sono larghi e regolari. Altri importanti elementi strutturali del tronco sono i raggi midollari, disposti in senso radiale dal midollo alla periferia. Essi sono costituiti dalle cellule che contengono le sostanze destinate alla nutrizione dell’albero, indispensabili, quindi, per la sua vita e il suo accrescimento. I raggi midollari, invisibili a occhio nudo quando sono formati da una sola fila di cellule, diventano ben evidenti, quando sono costituiti di più file affiancate e contribuiscono a caratterizzare le essenze legnose. Le possibilità di impiego del legno sono numerose. Ogni specie legnosa deve però essere utilizzata secondo le proprie peculiarità e ciò rende difficile la scelta dei legnami adeguati per ogni uso specifico. Pregi del legno: – leggero e di ottima resistenza meccanica nella direzione delle fibre; – semplicità nella lavorazione; – facile da assemblare, riparare e sostituire; – abbastanza resistente al gelo; – buon isolante termico. Difetti del legno:
• • • •
altamente infiammabile; oggetto di attacchi di parassiti, funghi e muffe; diversi comportamenti in base alla direzione delle fibre; sensibile alle condizioni idrometriche ambientali.
Le specie legnose sono suddivise come di seguito elencato: – EN C dette anche softwood: • conifere o gimnosperme o aghifoglie (ad esempio abeti, pini, cipressi, larici). La massa legnosa è composta da un unico tipo di cellule allungate, dette tracheidi o fibrotracheidi, disposte nella direzione dell’asse del fusto. Esse servono sia per la resistenza strutturale interna del fusto che per il trasporto dei liquidi linfatici che alimentano la pianta; si indicano con la lettera C. – EN D dette anche hardwood: • latifoglie o dicotiledoni (ad esempio quercia, faggio, rovere, frassino). La massa legnosa è caratterizzata dai due tipi di cellule: cellule allungate, disposte nella direzione dell’asse del fusto, che sono responsabili della struttura resistente del fusto e cellule tubolari, che costituiscono la struttura vascolare responsabile del trasporto del liquido linfatico. Si indicano con la lettera D. La suddivisione può anche essere fatta in base alla provenienza: essenze europee o esotiche.
CNR DT 201/2005 2.3.3 - Il componente "legno" La disomogeneità e l’anisotropia, caratteristiche peculiari dell’elemento ligneo, condizionano sia la natura, sia la disposizione della connessione in relazione agli sforzi che essa deve sopportare e trasmettere. Le fibre del legno si presentano orientate solitamente in direzione vicina a quella assiale del tronco, in altre parti in modo vario. Le membrature lignee manifestano una limitata resistenza nei confronti delle sollecitazioni di trazione ortogonale alla direzione delle fibre.
Nella fase di progetto, bisogna conoscere le caratteristiche del materiale quali la specie legnosa, i difetti, l’umidità, il tipo di assortimento e lo stato di conservazione. La schematizzazione dell’elemento ligneo come ‘‘trave omogenea di sezione costante’’, solitamente adottata ai fini dei calcoli di progetto, è molto semplificativa e non può essere acriticamente estesa a quegli elementi la cui difettosità supera determinati limiti. I profili resistenti degli elementi strutturali di legno sono descritti nelle norme UNI EN 338, UNI 11035 e UNI 11119, alle quali si rimanda per approfondimenti.
CNR DT 206/2007 4 – Materiali e prodotti 4.1 – Generalità Il contenuto delle presenti istruzioni si applica al legno massiccio, al legno lamellare e ai prodotti a base di legno per usi strutturali, classificato secondo la resistenza, prima della messa in opera. I materiali e prodotti derivati dal legno per usi strutturali considerati nelle seguenti istruzioni sono: • legno massiccio con sezioni rettangolari; • legno massiccio con sezioni irregolari; • legno lamellare incollato; • legno massiccio con giunti a dita; pannelli a base di legno: – pannelli di compensato; – pannelli di scaglie orientate (OSB); – pannelli di particelle (truciolare); – pannelli di fibre ad alta densità; – pannelli di fibre a media densità (MDF); • pannelli di tavole incrociate; • microlamellare (LVL). 4.1.1 – Legno massiccio con sezioni rettangolari Gli elementi strutturali di legno massiccio a sezione rettangolare devono essere conformi alla UNI EN 14081. Tutto il legname massiccio per usi strutturali deve essere classificato secondo la resistenza, elemento per elemento in dimensioni d’uso,
prima della sua messa in opera, sulla base di specifiche normative conformi alla UNI-EN 14081, ‘‘a vista’’ o ‘‘a macchina’’, al fine di garantire all’elemento prestazioni meccaniche minime statisticamente determinate senza necessità di ulteriori prove sperimentali e verifiche, attraverso l’assegnazione di un profilo resistente, che raggruppa le proprietà fisico-meccaniche pertinenti, e che definisce la classe del materiale secondo resistenza. Nella norma europea UNI EN 338, si definiscono le classi di resistenza, e i profili resistenti unificati a livello europeo. La classificazione può avvenire assegnando all’elemento una Categoria (visuale o a macchina), definita in relazione alla qualità dell’elemento stesso con riferimento alla specie legnosa e alla provenienza geografica, sulla base di specifiche prescrizioni normative. Al legname appartenente a una categoria e specie, può essere assegnato uno specifico profilo resistente, utilizzando le regole di classificazione previste in funzione della provenienza. Per legnami di provenienza italiana, la norma UNI 11035 (Parte 1 e 2) fornisce le regole di classificazione e una serie di profili resistenti, che possono essere attribuiti a ogni categoria in relazione alla specie legnosa e alla provenienza geografica. Per legnami di provenienza non italiana, le norme UNI EN 1912 e UNI EN 338 forniscono le tabelle di attribuzione alle classi di resistenza, in base alla specie, alla provenienza e alla classificazione effettuata secondo la normativa valida nel paese di provenienza, e i relativi profili prestazionali. In generale è possibile definire il profilo resistente di un elemento strutturale anche sulla base dei risultati documentati di prove sperimentali, in conformità a quanto disposto nella UNI EN 384 (o normativa riconosciuta equivalente, per legname di provenienza non Europea). A ogni tipo di legno può essere assegnata una classe di resistenza se i suoi valori caratteristici di resistenza a flessione e massa volumica, nonché il modulo elastico, rispettano i valori corrispondenti a quella classe. Le prove sperimentali per la determinazione di massa volumica, resistenza a flessione e modulo elastico devono essere eseguite in maniera da produrre gli stessi tipi di effetti delle azioni alle quali il materiale sarà presumibilmente
soggetto nella struttura. Per tipi di legname non inclusi in normative vigenti (emanate da CEN o da UNI), e per i quali sono disponibili dati ricavati su provini piccoli e netti, è ammissibile la determinazione dei parametri di cui sopra sulla base di confronti con specie legnose incluse in tali normative, in conformità al paragrafo 6 della UNI EN 384. 4.1.2 – Legno massiccio con sezioni irregolari In aggiunta a quanto prescritto per il legno massiccio, per quanto applicabile, le travi uso Fiume e uso Trieste o altre travi con analoghe forme di lavorazione che comportino smussi o sezioni diverse lungo l’asse longitudinale dell’elemento, devono essere prodotte e classificate in base alla resistenza in conformità a specifiche normative di comprovata validità. In assenza di specifiche prescrizioni, per quanto riguarda la classificazione del materiale, si potrà fare riferimento a quanto previsto per gli elementi a sezione rettangolare, senza considerare le prescrizioni sugli smussi e sulla variazione della sezione trasversale, purché nel calcolo si tenga conto dell’effettiva geometria delle sezioni trasversali. 4.1.3 – Prodotti derivati dal legno 4.1.3.1 – Legno strutturale massiccio con giunti a dita In aggiunta a quanto prescritto per il legno massiccio, gli elementi di legno strutturale con giunti a dita a ‘‘tutta sezione’’ devono essere conformi alle UNI EN 385 e, laddove pertinente, nella UNI EN 387. I prodotti massicci tipo bilama e trilama, che – se utilizzati come trave inflessa – presentano, a differenza di quanto avviene per il lamellare, il piano di laminazione parallelo al piano di sollecitazione, devono essere conformi alle UNI EN 385 e UNI EN 338. La determinazione delle caratteristiche di resistenza del giunto a dita dovrà basarsi sui risultati di prove eseguite in maniera da produrre gli stessi tipi di effetti delle azioni alle quali il giunto sarà presumibilmente soggetto nella struttura. Elementi in legno strutturale massiccio con giunti a dita non possono essere usati per opere in classe di servizio 3.
4.1.3.2 – Legno lamellare incollato Gli elementi strutturali di legno lamellare incollato debbono essere prodotti conformemente alla UNI-EN 14080. L’attribuzione degli elementi strutturali di legno lamellare a una delle classi di resistenza previste dalla UNI-EN 1194 può essere effettuata sulla base delle proprietà delle lamelle o direttamente sulla base dei risultati di prove sperimentali, secondo le UNI-EN 384, UNI-EN 408 e UNI-EN 1193. Le dimensioni delle singole lamelle dovranno rispettare i limiti per lo spessore e per l’area della sezione trasversale indicati nella UNIEN 386. I giunti a dita ‘‘a tutta sezione’’ tra due elementi devono essere conformi alla UNI-EN 387. Essi non possono essere usati per elementi strutturali da porre in opera nella Classe di Servizio 3, quando la direzione della fibratura cambi in corrispondenza del giunto. 4.1.4 – Pannelli a base di legno I pannelli a base di legno per uso strutturale devono essere conformi alle specifiche normative europee pertinenti: • Compensato UNI EN 636 • Pannelli di scaglie orientate (OSB) UNI EN 300 • Pannello di particelle (truciolare) UNI EN 312 • Pannelli di fibre, alta densità UNI EN 622 • Pannelli di fibre, media densità (MDF) UNI EN 622 I valori caratteristici di resistenza e di rigidezza sono indicati nella UNI EN 12369-1 (per pannelli OSB, pannelli di particelle e pannelli di fibra) oppure indicati nella UNI EN 12369-2 (per i pannelli di legno compensato) con riferimento alla UNI EN 1072, determinati secondo il metodo descritto nella UNI EN 1058. 4.1.5 – Pannelli di tavole incrociate I pannelli di tavole incrociate di produzione industriale, costituiti da più strati di tavole uniti tra loro mediante incollaggio con adesivi strutturali oppure con mezzi meccanici di unione conformi alle norme vigenti, possono essere utilizzati, in assenza di specifica normativa, solo se conformi a uno specifico benestare tecnico
rilasciato da competenti autorità tecniche di uno dei paesi membri del CEN. In tal caso i valori dei parametri necessari per la progettazione possono essere ricavati dal relativo benestare tecnico. 4.1.6 – Microlamellare (LVL) Gli elementi strutturali in microlamellare con strati anche incrociati possono essere di tipo lineare (travi) o di tipo bidimensionale (pannelli). Essi possono essere utilizzati solo se rispondenti alla norma europea UNI EN 17374.
2.2
Caratteristiche dei legnami
2.2.1
Sezione trasversale del tronco
Le parti costituenti la struttura della sezione trasversale del tronco sono: – corteccia: la sua parte esterna costituisce il rivestimento protettivo del fusto e dei rami, mentre quella interna, a contatto con il fusto, è fisiologicamente attiva; – libro: è la parte del corpo vegetale a ridosso della corteccia interna, attraverso la quale avviene la distribuzione della linfa; – cambio: è una fascia cellulare di spessore microscopico, tra libro e alburno, lungo la quale avviene il processo di accrescimento del tessuto legnoso; – legno: è costituito dall’insieme degli anelli formati dal cambio dei cicli di accrescimento annuale; – alburno: è la parte più esterna, giovane e fisiologicamente attiva; – durame: è la parte più interna, più dura e talvolta più scura; – midollo: è il centro del fusto, variabile per le specie diverse e a seconda dell’età del fusto. Osservando la sezione di un tronco tagliato si può vedere una zona centrale di colore scuro, il durame, circondata da una fascia più chiara, l’alburno. In certi casi questo contrasto è particolarmente marcato, mentre in altri è così scarso che non è semplice definire esattamente il limite tra le due parti.
Figura 2.3 Sezione tipica del tronco.
L’alburno fresco è sempre di colore chiaro (da cui il nome), a volte bianco ma più spesso con una sfumatura di giallo o bruno. È costituito da legno nuovo al cui interno sono presenti le cellule vive dell’albero in crescita. Tutto il legno è inizialmente alburno. La sua funzione principale è di trasportare l’acqua dalle radici e dalle foglie e di immagazzinare o restituire, a seconda della stagione, i materiali nutritivi preparati nelle foglie. Maggiore è la quantità di foglie, maggiore è il tasso di crescita della pianta e maggiore è il volume di alburno necessario. Per questo gli alberi che crescono in spazi aperti con più luce a disposizione hanno più alburno (relativamente al raggio totale del tronco) rispetto a un albero della stessa specie che cresca in una densa foresta. Gli alberi isolati possono raggiungere dimensioni notevoli in alcune specie, più di 30 cm di diametro per il pino, prima che inizi la formazione del durame.
Figura 2.4 Tipi di segati. In base al tipo di rifinitura vengono attribuiti vari nomi (da Piazza 2002, vedi Bibliografia).
Con la crescita in età ed in diametro dell’albero, la porzione più interna dell’alburno cessa di funzionare mano a mano che le cellule muoiono. Questa zona inerte, morta, è chiamata durame. In alcune specie la formazione del durame inizia presto e per questo hanno un sottile strato di alburno, tra queste il castagno, il gelso, il sassofrasso. In altre il processo inizia tardivamente e l’alburno è più spesso come nell’acero, nella betulla, nel faggio, nel pino. Non c’è una relazione precisa tra la crescita annuale degli anelli e la quantità di alburno. Nell’ambito di una specie la superficie della sezione dell’alburno è solo molto approssimativamente proporzionale alla dimensione del tronco. Se gli anelli sono fitti ne è richiesto un numero maggiore che se fossero più allargati. Quando un albero cresce l’alburno aumenta in spessore oppure in volume. Lo spessore relativo è maggiore nelle parti più alte del tronco, per il fatto che il diametro totale è minore rispetto alla base e perché le parti alte sono più giovani.
Un albero giovanissimo è coperto di rametti pressoché ovunque, ma nella crescita i più vecchi muoiono e cadono. La crescita successiva copre gli abbozzi che rimangono come nodi. Per quanto liscio possa essere esternamente un tronco, presenterà più o meno nodi al suo interno. Per questo motivo l’alburno di un albero vecchio, specialmente di foresta, ha meno nodi rispetto al durame. Poiché in molti utilizzi i nodi sono considerati un difetto, ne consegue che da questo punto di vista l’alburno è migliore. È interessante notare che il durame centrale di vecchi alberi può rimanere sano anche per centinaia o, in alcuni casi, migliaia di anni. Ogni ramo o radice rotto o ferito a causa del fuoco, degli insetti o della caduta del legname può costituire un punto di inizio del processo di degrado che, una volta iniziato può penetrare fino a raggiungere ogni parte del tronco. Le larve di diversi insetti scavano l’interno degli alberi e i canali lasciati permangono e sono ulteriore fonte di malattie. L’alburno è più protetto da questi problemi per il solo fatto di essere più giovane e più esterno.
Altri tipi di segati. Per legname si intende l’insieme dei Figura 2.5 pezzi che si ricavano dal tronco.
Se un albero cresce per tutta la sua vita in posizione isolata e in condizioni costanti di suolo e ambiente, la massima velocità di crescita si ha in giovane età, dopodiché decresce progressivamente. Gli anelli di crescita sono per molti anni ampi, poi si infittiscono sempre più. In generale, poiché ogni anello è stratificato sul precedente, ne consegue che ogni anello più esterno deve essere più sottile. Quando un albero raggiunge la maturità, la produzione annuale di legno diminuisce, riducendo ulteriormente lo spessore degli anelli esterni. Nel caso di alberi di foresta molto dipende dalla competizione tra gli esemplari per la luce e il nutrimento e si possono avere periodi alternati di crescita lenta e veloce. Alcuni alberi come gli ontani possono mantenere uno spessore degli anelli uniforme per centinaia di anni, anche se al crescere del diametro si ha comunque una certa riduzione dello spessore. In un grosso tronco l’alburno, se soggetto a condizioni ambientali sfavorevoli nel periodo in cui si è sviluppato, può avere caratteristiche inferiori per durezza, resistenza e rigidità rispetto al durame sano dello stesso albero.
2.2.2
Tipi di taglio
I tipi di taglio sono illustrati nella Figura 2.6 e sono i seguenti: (a) tangenziali a piani paralleli; (b) tangenziali con tavole a spigolo vivo; (c) di quarto con mezzani; (d) di quarto a ventaglio; (e) radiali; (f) radiali, escluse tavole croce centrale.
Figura 2.6 Tipi di taglio del tronco in sezione.
Figura 2.7 Direzioni principali del tronco.
2.2.3
Nomenclatura dei segati
Con riferimento al tronco si possono individuare tre tipi di sezioni: trasversale, radiale, tangenziale, ognuna con particolari caratteristiche meccaniche: Il comportamento del legno è diverso a seconda della direzione in cui viene sollecitato, quindi il materiale è marcatamente anisotropo. I segati sono classificati in vari modi, tra cui secondo la direzione di taglio: – trasversale, nel piano perpendicolare all’asse del fusto; – longitudinale, con piano parallelo all’asse del fusto tra cui: • radiale, nel piano che comprende l’asse midollare del fusto e un raggio;
•
tangenziale, passante per una secante della sezione trasversale e parallela all’asse del fusto.
Figura 2.8 Prescrizioni provino.
In base alla pezzatura e alla forma delle sezioni medie il materiale può essere rotondo, squadrato o segato. La nomenclatura è variabile anche a seconda della zona geografica. Con lunghezze superiori a 4 m si parla di tavole o sottomisure, mentre si citano i pezzi più piccoli con termini come bottolame e cortame.
2.2.4
La venatura
La venatura è costituita dall’alternanza di colore che si crea tra le diverse zone tarde e primaverili dei diversi anelli che compongono il tronco. La venatura è più marcata nelle essenze resinose e meno evidente nelle latifoglie. Si ha una marcata differenza nella venatura tra durame e alburno ricavati da grandi alberi, in particolare nella maturità. In alcuni alberi il legno deposto in tarda età è più tenero, leggero, meno resistente e con un disegno più evidente di quello prodotto inizialmente, mentre in altre specie accade l’opposto.
2.2.5
I nodi
I nodi sono il prolungamento di un ramo all’interno del fusto o di un ramo più grande. I rami si sviluppano partendo dal midollo, la parte centrale del fusto, e aumentano la loro dimensione aggiungendo ogni anno un anello di legno, che è la continuazione del corrispondente anello del fusto. La porzione inclusa ha una forma conica irregolare – con la punta in corrispondenza del midollo – e le fibre poste ad angolo retto oppure oblique rispetto a quelle del fusto e con queste intrecciate. Durante lo sviluppo dell’albero, la maggior parte degli strati, specialmente quelli più interni, muoiono, ma rimangono integri per anni. Gli strati successivi non sono intimamente legati con gli strati morti, ma vi crescono sopra, avvolgendoli. Ne consegue che quando un ramo si secca lascia nodi che sono come un tappo in un buco e si staccano facilmente quando il legno viene segato. Nella classificazione del legname i nodi sono stimati in base alla forma, alla dimensione, al colore, all’integrità e alla fermezza con cui rimangono in sede. La presenza dei nodi influisce sulla resistenza alla rottura, sulla deformabilità, sulla facilità di lavorazione e sulla tendenza alla formazione di fessure. Sono difetti che in genere riducono la qualità del legname e ne abbassano il valore ove sia impiegato come materiale strutturale e sia importante la resistenza. L’indebolimento del legno è ancora più indesiderato dove siano presenti importanti sforzi meccanici di trazione o di compressione. L’influenza dei nodi sulla resistenza di una struttura come una trave dipende dalla loro posizione, dimensione, numero, direzione delle fibre e consistenza. Un nodo presente nella parte superiore viene compresso mentre nella parte inferiore è soggetto a tensione. La presenza di piccoli nodi lungo la linea di tensione nulla della trave può anche incrementare la resistenza, prevenendo la fessurazione longitudinale. I nodi posti al centro, a un quarto dell’altezza della trave, non sono un problema serio, così come quelli presenti alle estremità. I nodi integri non invalidano il legno quando sottoposti a sforzi compressivi paralleli al senso delle fibre. Sulle tavole e sui pannelli i nodi non sono dannosi se decorrono nel senso della lunghezza con un certo angolo rispetto alla superficie maggiore. I nodi non influiscono sulla rigidità del legname strutturale. Solamente i difetti più rilevanti possono incidere sul limite di elasticità di una trave. Rigidità ed elasticità dipendono maggiormente dalla qualità delle fibre del
legno piuttosto che dai difetti. L’effetto dei nodi è quello di ridurre la differenza tra la tensione delle fibre al limite elastico e il modulo elastico di Young di rottura della trave. La forza di rottura è invece molto influenzata dai difetti. A definire la pericolosità di un nodo contribuisce fortemente il rapporto tra la dimensione del nodo, indicata come diametro, e la dimensione della faccia su cui lo stesso insiste, oltre che la sezione anatomica (conformazione somatica) in esso presente. Per particolari applicazioni, per esempio pannelli a vista, la presenza dei nodi è positiva poiché dona al legno un aspetto estetico più variegato e interessante.
2.2.6
Il colore
Nelle specie con evidente distinzione tra durame e alburno il colore del primo è normalmente più scuro del secondo e il contrasto è spesso notevole. Il colore è dovuto al deposito di diversi materiali risultanti dal processo di crescita, dall’ossidazione e altre reazioni chimiche e comunque non ha influenza sulle proprietà meccaniche del legno. Alcuni studi su legname molto resinoso di pino hanno mostrato un aumento di resistenza, probabilmente per la presenza della resina nel legno secco.
Figura 2.9 Aspetto indicativo dei legnami segati.
Le strutture realizzate con legno resinoso sono meno attaccabili dal marciume e dalle termiti, ma per contro sono maggiormente infiammabili; ceppi di vecchi pini sono scavati, tagliati in piccoli pezzi, venduti ed
utilizzati per accendere il fuoco. Il legno di abete rosso impregnato di resina ed essiccato presenta un consistente incremento di resistenza. Poiché il legno formato più tardivamente è di solito più scuro di quello giovane, è possibile valutare da questo la densità e quindi la durezza e la resistenza del materiale, in particolare per il legno di conifere. Nel legno con porosità ad anello i vasi del legno giovane spesso appaiono sulla superficie finita con un colore più scuro rispetto al legno più vecchio e denso, mentre nelle sezioni trasversali di durame è comune il fenomeno inverso. A parte questi casi il colore del legno non è indice di durezza. Un’anormale perdita di colore del legno denota una condizione di possibile malessere della pianta, come attacchi di insetti o altri animali. Il semplice scolorimento può essere prodotto da una ferita, che non ha influenza comunque sulle caratteristiche del legno. Certi agenti induttori della putrefazione, come i funghi, impartiscono un colore che è spesso sintomatico della malattia. La macchiatura della linfa è dovuta alla crescita di funghi, ma la loro presenza non necessariamente porta a uno stato di malattia. Buona parte della colorazione superficiale finale è correlata alla pittura impregnante colorata usata; la pittura trasparente consente di mantenere una colorazione vicina a quella del legno naturale.
2.2.7
La struttura
L’albero cresce in diametro con lo sviluppo, deponendo uno strato di nuovo legno tra il vecchio legno e la corteccia, che ha la funzione di proteggere fusto, rami e radici. In condizioni normali viene formato un anello ogni anno e in sezione trasversale si osserva una serie di anelli concentrici. Lo studio di questi anelli è effettuato dalla dendrocronologia. Gli strati sono costituiti da cellule legnose di vario tipo, in massima parte fibrose. Nelle conifere e nelle specie a legno tenero le cellule sono quasi esclusivamente di tipo a trachea: come conseguenza il legno ha una consistenza più uniforme rispetto ai legni duri. Nelle conifere non ci sono pori così evidenti come nell’ontano e nel frassino. Ogni anello è costituito da due strati più o meno definiti. La parte più vicina la centro, di colore più chiaro e trama più diradata, si forma durante la stagione primaverile, quando la crescita è più rapida. È per questo
chiamato legno: precoce, primaverile o primaticcio. La parte esterna è chiamata legno: tardivo, autunnale o estivo, poiché la sua produzione avviene alla fine della stagione vegetativa, tra l’estate e l’autunno. Nei pini del genere strobus non c’è molto contrasto tra le parti e il legno è molto uniforme e facile da lavorare. Nel genere pinus il legno tardivo è più scuro ed è evidente il contrasto con il legno primaverile. Nel legno con porosità ad anello, ogni crescita stagionale è ben definita, poiché i grandi pori del tessuto primaverile spiccano rispetto al tessuto autunnale. Nel legno a pori diffusi, la demarcazione è spesso poco chiara e in alcuni casi invisibile a occhio nudo. La struttura delle latifoglie è più complessa, poiché includono ampi vasi, in alcuni casi larghi e separati (ontano, castagno, frassino) in altri molto piccoli e distinguibili con l’aiuto di una lente (salice, pioppo). Questo tipo di legno è classificato in due categorie: – a porosità ad anello come frassino, castagno, olmo, gelso e ontano dove i grandi vasi o pori (come sono detti i vasi visti in sezione) sono situati nella parte di legno formatasi in primavera, costituendo una regione di tessuto più o meno porosa. La zona estiva contiene pochi vasi e una maggiore porzione di fibre di legno che, al contrario dei vasi, danno la durezza e la resistenza al materiale; – a porosità diffusa come la betulla, l’acero, il pioppo e il salice dove i vasi sono dispersi per tutto l’anello di crescita. Alcune specie come il noce e il ciliegio hanno caratteristiche intermedie e costituiscono un gruppo a parte. Se un legno di pino duro viene confrontato con un esemplare più leggero, si può notare come nel legno duro sia presente una maggiore quantità di legno tardivo di aspetto più scuro. In tutte la specie il legno tardivo è più denso di quello precoce, per cui maggiore è la sua quantità, maggiore sono la densità e la resistenza del legno. Osservato al microscopio il legno estivo mostra cellule con una parete molto spessa e una piccola cavità interna, mentre quello precoce ha pareti sottili e ampie cavità. La resistenza è data dalle pareti, non dalle cavità. Dovendo scegliere un legno di pino per avere resistenza o rigidità, l’elemento da considerare è il rapporto tra legno tardivo e legno precoce. Lo spessore degli anelli non è tanto importante quanto l’abbondanza di legno tardivo. Non solo la proporzione è importante
ma anche la quantità totale. In esemplari con una abbondante porzione di legno tardivo è evidente anche una maggiore porosità e questo può indurre una massa minore rispetto a una porzione minore ma più densa. La stima visiva della resistenza deve tenere conto anche della densità. Non c’è una spiegazione univoca del motivo alla base della formazione dei due tipi di legno, i fattori in gioco sono numerosi. Nelle conifere, il tasso di crescita da solo non giustifica la proporzione tra le parti dell’anello; in alcuni casi il legno a crescita lenta è più duro e denso, in altri è vero l’opposto.
Figura 2.10 Funzionamento statico del tronco.
La qualità del luogo nel quale l’albero è cresciuto incide sulle proprietà del legno, anche se non è possibile stabilire una regola generale. Si può grossomodo dire che se occorrono resistenza e lavorabilità è preferibile utilizzare legno a moderata o lenta crescita: nella scelta di uno specifico esemplare non si deve guardare lo spessore degli anelli, ma la proporzione tra legno precoce e tardivo e le caratteristiche di quest’ultimo. Nel caso del legno duro con porosità ad anello sembra esistere una relazione tra il tasso di crescita e le proprietà del legname, riassumibile nell’affermazione che maggiore è la velocità di crescita o maggiore è lo spessore degli anelli, maggiore sono la densità, la durezza e la rigidità. Questo è però valido solo per il legno con porosità ad anello, come l’ontano e altre specie, anche se esistono naturalmente delle eccezioni e limitazioni. Nel legno con porosità ad anello di crescita sana, le fibre con pareti spesse e robuste sono più abbondanti nella porzione intermedia del tronco. Con la diminuzione del lume dei vasi, anche la porzione intermedia si riduce in maniera tale che una crescita lenta produce un legno più leggero, composto da pareti sottili e parenchima. Nell’ontano di buona qualità questi vasi occupano dal 6% al 10% del volume del tronco, mentre nel materiale di qualità inferiore si può arrivare al 25% e oltre. Il legno tardivo di ontano di buon livello, a esclusione di zone grigie dovute a piccoli pori, è di colore scuro, solido ed è costituito per metà o più da fibre con parete spessa. In quello di bassa qualità, l’area di queste fibre è molto minore in quantità e qualità. Questa differenza è in larga misura dovuta a un diverso tasso di crescita. Il legno con ampi anelli è anche detto di seconda crescita, poiché a causa dell’abbattimento dei vecchi alberi circostanti, il giovane albero cresce più rapidamente di quanto sarebbe cresciuto se fosse rimasto in mezzo alla foresta. Questo tipo di legno è preferibile per la costruzione di manufatti dove sia importante la resistenza, per esempio nei manici e nei raggi delle ruote in legno, per i quali è importante non solo la resistenza ma anche la durezza e la resilienza.
2.2.8
Il contenuto d’acqua
L’acqua è presente nel legno vivo in due forme principali: – nella parete strutturale (acqua di legame o di saturazione);
– libera nelle cavità dei tessuti (acqua di imbibizione). Il legno fresco può contenere un’umidità anche superiore al 100% del proprio peso secco. Il 30% è definito come il punto di saturazione delle fibre (PSF): questa è una cifra formale, dal momento che in realtà il valore può essere compreso tra il 25% e il 40% a seconda della specie e, principalmente ma non solo, della densità. Al di sopra del PSF oltre l’acqua di legame vi è anche acqua libera mentre al di sotto vi è solo acqua di legame. Il legno essiccato all’aria contiene ancora il 12-16% di umidità. L’umidità del legno asciugato in essiccatoio può essere invece portata a valori più bassi, anche fino al 6-8%. L’acqua può legarsi al legno in forma di vapore che interagisce con la parete cellulare o in forma liquida che scorre nei lumen cellulari. Soltanto la prima influenza significativamente le proprietà del legname. Il contenuto d’acqua del legno viene espresso come rapporto tra la differenza del peso del legno umido e secco, diviso per quest’ultimo. In pratica per calcolare il contenuto di umidità si pesa il campione di legno in esame Gu nella sua umidità naturale, lo si essicca in stufa a 103 ± 3 °C sino a peso costante Gs e si effettua il calcolo come
u(%) = (Gu – Gs)/Gs Il valore del contenuto di umidità del legno può quindi essere superiore al 100% qualora almeno metà del peso di un campione di legno sia dovuta all’acqua in esso contenuta. Il contenuto d’umidità del legno può essere inoltre usato come un indice dello stato di degrado di un elemento ligneo. Infatti al crescere del degrado delle cellule il contenuto d’acqua, soprattutto di imbibizione, tende ad aumentare e quindi si può stimare il livello di degrado in funzione del contenuto massimo di umidità del legno. Nel caso del legno archeologico bagnato (o immerso) si sono riscontrati valori di contenuto massimo di umidità anche molto superiore al 100%, indice che si associa a un quasi totale degrado della parete cellulare del legno. L’effetto dell’acqua sul legno è di renderlo più soffice e flessibile, in modo simile a quanto si può osservare sulla carta e sul panno. Entro certi limiti l’effetto ammorbidente aumenta con l’aumentare del contenuto in
acqua. L’essiccazione causa un notevole aumento della resistenza del legno, in modo particolare in alcune specie. Un esempio estremo è l’abete rosso, in cui un blocco secco di 5 cm sopporta quattro volte il carico dello stesso blocco ancora verde. Le fibre di cellulosa presentano notevole affinità molecolare con l’acqua e pertanto interagiscono con l’umidità ambientale, tendendo costantemente a portarsi in una situazione di equilibrio igroscopico con essa. Ciò si traduce in uno scambio continuo tra le molecole d’acqua contenute nell’ambiente circostante e quelle contenute nel legno. Le fibre di legno, interagendo con le molecole presenti nell’atmosfera esterna, si rigonfiano o si snelliscono, con un processo continuo e reversibile.
Figura 2.11 Rigonfiamento volumetrico (4) e nella direzione anatomica assiale (1), radiale (2) o tangenziale (3), in funzione
dell’umidità del legno (analoghi diagrammi si ottengono per il fenomeno simmetrico del ritiro).
L’acqua esterna presente nell’aria si quantifica come umidità relativa dell’aria; la quantità di acqua nella matrice lignea è misurata come umidità del legno, definita come rapporto percentuale fra la massa di acqua contenuta nel legno e la massa di quest’ultimo allo stato anidro. La misurazione può avvenire per pesate successive dell’elemento nello stato umido considerato e dell’elemento essiccato. Il processo interattivo acqua-legno è connesso alla natura fisico–chimica del legno e si manifesta durante l’intera vita di un elemento ligneo con due conseguenze: variazioni dimensionali (rigonfiamenti e ritiri) e variazioni delle caratteristiche fisico-meccaniche (massa volumica, resistenze, deformabilità istantanea e differita). Le variazioni dimensionali sono in genere apprezzabili e dipendono dalla specie legnosa e dalla direzione considerata: R radiale, T tangenziale, L longitudinale. Un esempio schematico di tali variazioni è mostrato in Fig. 2.11. Il processo di variazione dimensionale del legno è circoscritto al cosiddetto ‘‘intervallo igroscopico’’, che va dallo stato anidro (secco) fino al punto di saturazione con u = 30%. L’entità delle variazioni dimensionali per legnami con umidità di equilibrio fra il 10% e il 18% varia dal 6% al 16%. Resistenze e moduli di elasticità presentano i loro valori massimi in corrispondenza dello stato anidro e tendono a diminuire fino al punto di saturazione, oltre il quale sono quasi costanti.
Indicazioni ’storiche’ impongono una stagionatura di almeno tre anni: ‘‘Pare che Teofrasto fosse del parere che il legname non sia mai seccato a sufficienza…, prima di un periodo di tre anni’’. (Leon Battista Alberti: ‘‘De Re Aedificatoria’’, libro II, cap. VI)
‘‘…né avanti tre anni saranno ben secchi per uso… de’ palchi, delle porte, e delle fenestre…’’ (Andrea Palladio, libro I, Quattro Libri dell’Architettura)
2.2.9
Importanza della stagionatura
Se si pone in essere un elemento non stagionato esso tende deformarsi in sito e le deformazioni ne alterano la planarità e le dimensioni, con possibili gravi conseguenze nell’uso dell’elemento stesso. L’elemento deve essere posto in opera dopo una sufficiente stagionatura, che un tempo durava anche decenni e che oggi tende a essere accelerata in appositi siti riscaldati. La stagionatura avviene in modo molto più efficace per le lamelle che compongono il legno lamellare a causa della loro esigua dimensione, che ne consente un’asciugatura molto rapida. Le moderne tecniche di stagionatura hanno stravolto tali indicazioni, per cui la stagionatura accelerata deve essere sempre analizzata con spirito critico, poiché non permette un’uniforme essiccazione, soprattutto delle parti interne. L’essiccazione delle lamelle del legno lamellare porta invece a una stagionatura molto accelerata con soddisfacenti risultati nella resistenza dell’elemento strutturale in opera, a causa dello spessore ridotto dell’elemento trattato di volta in volta.
Capitolo 3 LEGNO MASSICCIO E LAMELLARE
La classificazione visuale si basa sull’analisi visiva di caratteristiche e difetti degli elementi di legno che consente di assegnare al ‘‘segato’’ una categoria definita da precise regole. La classificazione a macchina è basata sulla correlazione tra la resistenza sotto carico e il modulo elastico, misurati entrambi automaticamente tramite l’utilizzo di un’apposita macchina classificatrice.
3.1
Classificazione visuale
I legnami devono essere classificati in modo ‘‘visuale’’, secondo la EN 518. Le categorie merceologiche (non indicate da EC5) attualmente seguite sono le seguenti: – 1a Categoria (miglior tipo di legname): legname assolutamente sano, con colorazione uniforme, senza guasti provocati da insetti o funghi, senza lesioni. Fibratura regolare e regolarmente avviata in un’unica direzione. Tollerata una piccolissima presenza di nodi. – 2a Categoria (legname di media qualità): legname sano, con tolleranza di lievi alterazioni cromatiche, tolleranza di tasche di resina di spessore non superiore a 3 mm. Andamento delle fibre abbastanza regolare. Tollerato qualche nodo. – 3a Categoria: legname di qualità più scarsa ma comunque impiegabile. Fa parte di questo gruppo una tipologia di legname che non rientra nelle Categorie 1a e 2a in quanto meno sano.
– 4a Categoria: non ammissibile per costruzioni permanenti, materiale non includibile nella 3a Categoria.
3.2
Classificazione in base alla resistenza
Nella Tab. 3.1 si riportano i valori di riferimento relativi al sistema di classi di resistenza indicati nella EN 338 per il legname strutturale. La classificazione in oggetto è molto più analitica rispetto alla precedente. Si consideri che le prove sono comunque riferite a un legno che in opera subirà un’evoluzione, con conseguente alterazione delle caratteristiche meccaniche e soprattutto deformative iniziali. Tabella 3.1 Tabella dei legnami di conifera e pioppo (EN 338:2009).
Tabella 3.2 Legnami di latifoglie (tranne il pioppo) (EN 338:2009).
3.3
Caratteristiche e modelli costitutivi del legno massiccio e lamellare
CNR DT 201/2005 Caratteristiche e modelli costitutivi del legno massiccio e lamellare Generalmente, il legame costitutivo del legno è descritto mediante modelli differenti caratterizzati da un diverso grado di approssimazione (Tabella 4-1). Le assunzioni comuni a tutti i modelli sono di seguito elencate. •
Comportamento a trazione Per il comportamento a trazione monoassiale viene comunemente accettato il modello elastico lineare fino a rottura, caratterizzato da un diagramma rettilineo con pendenza costante (arctg Ew). Nota la resistenza ultima è, quindi, immediato ricavare la relativa deformazione e viceversa.
•
Comportamento a compressione Il tipico diagramma tensione-deformazione relativo ad una prova di compressione monoassiale presenta generalmente un primo tratto a pendenza costanza (talvolta variabile con continuità, modello di O’Halloran). Il tratto caratterizzato da deformazioni positive (trazione) e la tangente all’origine per deformazioni negative (compressione) hanno la stessa pendenza.
•
Modulo di elasticità normale Tale modulo è di facile determinazione rappresentando, in tutti i modelli considerati (Tabella 4.1), la pendenza del tratto lineare del diagramma tensione-deformazione.
Per quanto riguarda il comportamento plastico a compressione, i tre modelli costitutivi presentati nella Tabella 4.1 meritano invece specifiche considerazioni, incluse nella stessa tabella. Quantitativamente si può affermare che la resistenza a trazione, valutata su provini di legno netto, presenta valori medi di 80-100 MPa, circa doppi di quella media a compressione, stimabile in 40-50 MPa. Tale notevole differenza viene interamente colmata nel passaggio al legno strutturale, per il quale considerazioni statistiche sulla presenza e l’incidenza dei difetti riducono i valori citati a 10-40
MPa, per la resistenza a trazione, ed a 25-40 MPa, per quella a compressione. È interessante rilevare come la presenza di gravi difetti incida sulla resistenza a trazione del materiale ancor più che su quella a compressione, tanto che le Normative vigenti considerano molto prossimi i due valori. Nell’analisi del comportamento a rottura di un elemento di legno inflesso, si può osservare come la modalità di rottura dipenda essenzialmente: • • •
dal rapporto tra il valore della resistenza ultima a trazione e quello della resistenza ultima a compressione; dalla non linearità del comportamento allo stato limite ultimo del legno in compressione; dal volume di materiale sottoposto a trazione, parametro che è direttamente proporzionale alla probabilità di coinvolgere difetti locali in grado di innescare una crisi anticipata.
Si rileva che, allo stato attuale, le Normative vigenti considerano la resistenza a flessione una caratteristica indipendente, specifica della classe resistente, ma non direttamente desumibile dalle resistenze caratteristiche a trazione o a compressione. Le principali modalità di rottura del legno sottoposto a flessione semplice sono riportate in Tabella 4-2, dove con η viene indicato il rapporto tra il valore della resistenza ultima a trazione e quello della resistenza a compressione, ftu/fcu del materiale costituente la sezione. Nella pratica tecnica, le modalità descritte hanno diversa probabilità di verificarsi. In linea di massima, si può affermare che, per il legno massiccio, la crisi più comune avviene per raggiungimento in zona tesa del valore limite di resistenza o, più precisamente, di quello della deformazione delle fibre, in presenza, il più delle volte, di una plasticizzazione della zona compressa. Le modalità di rottura corrispondenti sono, quindi, quelle contrassegnate dai numeri 2 e 3 della Tabella 4-2; è invece relativamente raro, e indicativo di materiali particolarmente difettati, il raggiungimento della crisi per modalità 1, da ritenersi anche la meno auspicabile per la sua caratteristica di fragilità e per le modeste deformazioni mobilitate. Infine, la modalità 4, decisamente
insolito negli elementi per uso strutturale – tipica invece del legno allo stato fresco, cioè con umidità maggiore del punto di saturazione (§ 4.2) – sarebbe quella preferibile in quanto caratterizzata, a parità di altre condizioni, da ampie deformazioni e da una perdita progressiva delle capacità portanti. Tabella 3.3 da Tabella 4-1 – Modelli costitutivi per legno massiccio e legno lamellare incollato (CNR DT 201/2005).
Tabella 3.4 da Tabella 4-2 – Principali modalità di rottura del legno sottoposto a flessione semplice (CNR DT 201/2005).
Per quanto riguarda il legno lamellare essendo la modalità di collasso direttamente legata alla qualità del legno utilizzato, l’accuratezza nella scelta delle tavole e i controlli delle diverse fasi della lavorazione rendono il suo comportamento qualitativamente differente da quello del legno massiccio. Le prove di rottura a flessione evidenziano come difficilmente si raggiunga lo stato di plasticizzazione al lembo compresso. Il legno lamellare mostra quindi una tendenza alla rottura fragile più spiccata rispetto a quella del legno massiccio con una modalità del tipo 1 o 2 piuttosto che con una modalità del tipo 3 (Tabella 4-2).
3.4
Legno lamellare o Glue Lam (Sigla GL)
Il legno lamellare conserva i pregi del legno ma è un prodotto nuovo di tipo industriale che attraverso il procedimento tecnologico supera i difetti propri
del legno massiccio. Gli elementi strutturali di legno lamellare incollato debbono essere prodotti conformemente alla UNI EN 1408. Il processo tecnologico consiste in diverse fasi a cui corrispondono i successivi paragrafi.
3.4.1
Scelta del legname
Le caratteristiche tecniche del prodotto finito dipendono dal materiale di base e dai collanti. In Europa si utilizza soprattutto l’abete rosso; per lavorazioni il pino silvestre, il larice e il rovere. Le essenze legnose vengono suddivise, per il legno lamellare, in due categorie: – I Categoria: legno scelto senza traccia di putredine o danni di insetti, inclinazione massima della direzione delle fibre rispetto alla direzione della tavola non superiore al 10%, nodi sani, non raggruppati, con diametro massimo pari a 30 mm, peso specifico non superiore a 500 kg/m3 (al 20% di umidità) e spessore medio annuo di crescita del tronco non superiore a 3 mm. – II Categoria: legno scelto con criteri meno rigidi, tuttavia senza traccia di putredine o danni di insetti, ma con tolleranze maggiori di diametro dei nodi (fino a 40 mm), inclinazione di fibre (fino al 12%), pesi specifici non inferiori a 400 kg/m3 (al 20% di umidità) e spessore medio annuo di crescita non superiore a 4 mm.
3.4.2
Dimensioni del materiale
Le lamelle hanno uno spessore s di circa 33 mm e una larghezza pari a quella della sezione trasversale dell’elemento strutturale, normalmente variabile fra 10 e 22 cm, con variazioni modulari di 2 cm e lunghezza delle lamelle di 400-500 cm. Nelle travi curve, per limitare le tensioni parallele o normali alle fibre, indotte dalla curvatura, è opportuno che il raggio di curvatura R sia maggiore di 200 volte lo spessore.
3.4.3
Essiccazione
L’essiccazione asciuga il legno e lo porta al grado di umidità compatibile con il tipo di colla e con la destinazione delle strutture ed è compresa fra il 7 e il 16%. Due lamelle successive devono avere umidità simili, con differenza minore del 4%. Gli impianti per la produzione del lamellare dispongono di essiccatoi. L’operazione riguarda le lamelle ed è quindi agevole in quanto si tratta di ‘‘stirare’’ a caldo delle strisce di legno; dopo l’essicazione, per uniformare il tasso di umidità all’interno della lamella, le lamelle vengono fatte riposare per qualche giorno all’interno, prima di essere portate alla linea di lavorazione.
3.4.4
Controllo della qualità delle tavole
Le lamelle subiscono un controllo dell’umidità e dei difetti, visiva o semiautomatica, con l’eliminazione delle parti difettose. La verifica dell’umidità avviene sulle lamelle prima per mezzo di un test selezionatore: in caso negativo non si consente al pezzo il proseguimento. I difetti del legno che vengono analizzati sono: l’eccessivo numero di nodi, gli imbarcamenti, l’inclinazione delle fibre, le cipollature. Se riscontrati, vengono tagliate da maestranze qualificate le estremità delle assi, eliminando screpolature e fessurazioni di testa.
3.4.5
Giuntatura di testa
Per realizzare elementi strutturali di lunghezza maggiore della singola lamella sono necessarie giunzioni di testa, effettuate con giunti a pettine, che vengono opportunamente sfalsati al fine di non indebolire una stessa sezione trasversale o una zona dell’elemento strutturale. I giunti sono disposti in modo da interessare fibre poco sollecitate a trazione. Questo tipo di giunto consente di ottenere un’ampia superficie di incollaggio, è autoserrante e ha bassi sfridi. Successivamente alla fresatura, che sagoma le teste delle due parti da collegare, si ha l’incollaggio di testa delle tavole, con apposite macchine che esercitano forze di compressione proporzionali alla lunghezza dei denti dei giunti.
3.4.6
Piallatura e calibratura delle tavole
Le lamelle a questo punto vengono calibrate per produrre lamelle di spessori costanti e piallate, ottenendo superfici perfettamente lisciate e prive di risalti, pronte all’incollaggio.
3.4.7
Incollaggio
La stesura della colla sulle lamelle avviene in modo ottimale con l’incollatrice a fili che consente di ottenere la realizzazione di un film di collante sensibilmente uniforme.
3.4.8
Tipi di colla
I tipi di colla e la qualità delle operazioni di incollaggio costituiscono momenti importanti. I collanti devono instaurare forti legami intermolecolari fra il legante e il supporto ligneo, composto di fibre di cellulosa e lignina. Le resistenze fisico-meccaniche del legame devono essere superiori a quelle interne del legno delle lamelle, in modo che le rotture si inneschino nel materiale base e non nel piano di incollaggio.
Figura 3.3 Ciclo di produzione del lamellare (tratta dal sito della Pircher di Dobbiaco).
CNR DT CNR DT 206/2006 A 3.4 - Adesivi Gli adesivi per usi strutturali devono produrre unioni aventi resistenza e durabilità tali che l’integrità dell’incollaggio sia conservata, nella classe di servizio assegnata, durante tutta la vita prevista della struttura. Gli adesivi fenolici ed amminoplastici devono inoltre soddisfare le specifiche della UNI EN 301. I tipi di colla usati nella pratica costruttiva sono: – Colle a base di urea-formolo: colore biancastro di tenuta mediocre, carenti se sottoposte a temperature elevate e in presenza di sensibili
escursioni termiche. Per contro presentano un costo abbastanza vantaggioso. Consigliate solo per pezzi protetti e all’interno. – Colle a base di resorcina-formaldeide: colore rosso-bruno, sono le più usate ma anche le più costose; ottima resistenza agli agenti atmosferici, ottimo comportamento in climi caldo-umidi, in ambienti difficili, con buona durevolezza nel tempo. – Colle a base di melammina-urea-formaldeide: di colore bianco, abbastanza utilizzate, con caratteristiche meccaniche simili alle precedenti, sono sconsigliate per strutture portanti all’aperto. Gli adesivi strutturali sono classificati dalla EN 301 con i metodi di prova inclusi nella EN 302. Gli adesivi ‘‘migliori’’ possono essere impiegati in piena esposizione alle intemperie e resistono a temperature di oltre 50 °C. Tali adesivi sono detti di classe I, gli altri, per interni, sono di classe II. Tabella 3.3 da Tabella 4-3 – Schede tecniche esemplificative di differenti tipi di adesivi/primer.
CNR DT CNR DT 201/2005 4.4 - Caratteristiche principali degli adesivi per legno
Gli adesivi utilizzati per l’incollaggio in cantiere su legno hanno essenzialmente base epossidica. Essi hanno la stessa natura chimica dei prodotti maggiormente utilizzati per la matrice polimerica dei composti fibrorinforzati e sono descritti nel capitolo 2 del documento CNR DT 200/2004. Nel presente capitolo ci si limita, pertanto, alla descrizione di alcuni problemi che riguardano specificamente gli adesivi per legno ai fini strutturali alcuni dei quali saranno ripresi e sviluppati nel capitolo 5. Gli adesivi rivestono un ruolo peculiare nel trasferire sollecitazioni tra due materiali con comportamento viscoelastico molto diverso, come il legno e gli FRP. È fondamentale che gli adesivi destinati all’impiego strutturale su legno siano specificamente formulati e testati con idonee metodologie, che ne evidenzino l’adesione (resistenza a taglio). La compatibilità con diverse specie legnose e la durabilità nei confronti dell’esposizione a cicli tennoigrometrici coerenti con la classe di servizio prevista. I metodi di caratterizzazione utilizzati a tale scopo sono descritti successivamente. A titolo di esempio, in Tabella 4-3 si riportano le schede tecniche di tre prodotti típicamente usati nel consolidamento delle strutture di legno: un adesivo tixotropico, un adesivo fluido (adatti a legni di conifera) ed un primer per l’impiego degli stessi adesivi su legni a più elevata densità (ad esempio castagno e quercia). Oltre agli aspetti meccanici, possono fornire indicazioni importanti in fase di valutazione del comportamento ultimo di un giunto anche alcune considerazioni sulle modalità di frattura di quest’ultimo. Nel caso di giunzioni incollate, si possono individuare tre principali modalità di frattura, di seguito descritte. • Frattura coesiva Avviene all’interno di uno dei materiali che costituiscono il giunto presente su entrambe le superfici, che possono essere lisce o rugose. È il tipo di frattura che si osserva nelle condizioni tradizionalmente considerate "ideali" (frattura coesiva nel legno); può tuttavia essere riscontrata anche nell’adesivo (frattura coesiva nell’adesivo), per espressa scelta progettuale
•
•
oppure per difetto di coesione (difetti di miscelazione, eccesso di cariche). Frattura adesiva Avviene all’interfaccia tra adesivo e aderendo quando la resistenza dell’interfaccia (forza di adesione) è minore di quella coesiva dell’aderendo. Le superfici di frattura sono solitamente lisce e costituite da due materiali differenti. Tale tipo di frattura è indice di una non corretta applicazione dell’adesivo (es. tempo di lavorabilità non rispettato) oppure di una inadeguata preparazione delle superfici (polvere, unto, ecc.). Frattura mista È una modalità di frattura che si presenta alternativamente sia come coesiva che adesiva. Normalmente la frattura coesiva è osservata nel legno, mentre quella adesiva nelle sue immediate vicinanze.
Gli adesivi si possono considerare a tutti gli effetti come materiali meccanicamente isotropi. In particolare, essi sono generalmente materiali termoindurenti a comportamento visco-elastico. Il relativo legame costitutivo tensione-deformazione (Figura 4-4) dipende dalla chimica dell’adesivo e dalla sua formulazione finale (contenuto e distribuzione delle cariche, ecc.). La temperatura di transizione vetrosa, Tg al di sopra della quale gran parte delle caratteristiche meccaniche, ed in particolare il modulo di elasticità normale, decadono sensibilmente è quasi sempre inferiore a 100 °C.
Figura 3-4 da Figura 4-4 - Diagramma tensione-deformazione di una colla.
Come si rileva dai valori del modulo di elasticità normale riportati in Tabella 4-3, la rigidezza degli adesivi epossidici, anche caricati, è in genere inferiore a quella del legno nella direzione longitudinale mentre è comparabile a quella di quest’ultimo materiale in direzione trasversale alla fibratura. Pertanto, gli adesivi possono presentare prestazioni qualitativamente e quantitativamente molto diverse tra loro, in funzione del volume e delle caratteristiche del prodotto utilizzato per la realizzazione del giunto.
3.4.9
Pressatura
L’incollaggio tra le lamelle avviene con spalmatura di una lamella e dalla successiva tenuta dei pezzi a stretto contatto, per permettere al collante di fare presa. La pressione tra le lamelle deve essere il più possibile uniforme; tale operazione viene effettuata con apposite presse, costituite da una base fissa sulla quale agisce un meccanismo di pressatura con piatti azionati da martinetti idraulici. Il posizionamento delle lamelle e la chiusura della pressa deve essere rapido, onde evitare che la colla cominci a indurire. Per
la chiusura delle presse si procede dal centro verso le estremità. Le travi realizzate rimangono in pressa per un periodo che dipende dal tipo di colla, dalla temperatura (consigliabile > 18 °C) e dalla forma della trave, per almeno 12 ore. È importante che i locali di produzione siano ben condizionati con legname che non deve variare il proprio contenuto idrometrico durante le fasi di produzione.
3.4.10 Piallatura delle travi Le travi, rimosse dalla pressa, sono lasciate un paio di giorni a riposo all’interno, quindi le superfici laterali vengono rifinite con una pialla fissa di forte capacità.
3.4.11 Finitura La trave viene a questo punto intestata realizzando le sagomature previste, i fori e i tagli necessari per l’assemblaggio.
3.4.12 Impregnazione Si applicano infine prodotti impregnanti a pennello, con funzione di preservare il legno da insetti, funghi, umidità e con un pigmento colorato che conferisca alle travi la tonalità cromatica desiderata. Tale operazione sarà reiterata in sede di manutenzione in opera dopo qualche tempo.
3.4.13 Dimensioni commerciali Le tavole devono avere dimensioni conformi alla EN 386, in base alla quale lo spessore è compreso tra 35 e 45 mm, mentre l’area delle tavole deve essere compresa tra 100 e 120 cm2. Per ridurre l’effetto di imbarcamento delle tavole, la norma consiglia di operare un paio di scanalature longitudinali larghe circa 3 mm. Per ogni faccia devono distare circa il 40% della larghezza della striscia. Per le travi in legno lamellare in genere si hanno, attualmente, delle dimensioni fissate dalle ditte produttrici.
Si cita a titolo di esempio la tabella proposta dalla ditta Holzbau di Bressanone (Tab. 3.4). Tabella 3.4 Legno lamellare in abete, classe di servizio 3 (Holzbau, Bressanone).
Tabella 3.5 Classi di resistenza e profili caratteristici del legno lamellare (UNI EN 1194).
Per il legno lamellare si riporta altresì la Tab. 3.5, estratta dalle norme UNI EN 1194, che fornisce le caratteristiche di resistenza del legno impiegato. Il riferimento è indispensabile per la pratica della progettazione. Il legno lamellare può essere composto di lamelle dello stesso legname e allora viene indicato con la sigla GL..h; se invece le lamelle estreme sono di un materiale diverso rispetto a quelle interne allora il lamellare viene indicato come combinato e la sigla che lo contraddistingue è GL..c. Entrambi sono indicati con un numero che rappresenta la resistenza caratteristica a flessione del legno lamellare in questione, valutato con provini alti 600 mm.
Figura 3.5 Composizione tipica di sezione lamellare.
3.4.14 Delaminazione Per il legno lamellare vi è il pericolo di delaminazione, cioè scollamento o rottura del collegamento tra lamella e lamella. Effetti della delaminazione: – la rigidezza flessionale della trave è influenzata molto dalle delaminazioni in testata e meno da quelle in zone più centrali;
le travi soggette a delaminazione possono essere vulnerabili a cedimento – per taglio.
Capitolo 4 CARATTERISTICHE TECNOLOGICHE E MECCANICHE DEI LEGNAMI
4.1
Peso specifico
Un aspetto importante del legname è il suo peso specifico, di cui si riportano i valori orientativi (valori in kN/m3) nella seguente tabella. Tabella 4.1 Pesi specifici per le varie essenze (Lucchesi, 1976).
Nella Tab. 4.2 sono, inoltre, riportati i valori suggeriti dall’EC1, che possono essere utilizzati per la determinazione dei pesi propri delle strutture in legno. OSSERVAZIONI DELL’AUTORE
Il peso specifico viene determinato con provino a temperatura di 20 ± 2 °C e con umidità relativa pari a 65 ± 5%.
4.2
Resistenza
Il legno presenta resistenze molto diverse a seconda della direzione che hanno le forze sollecitanti rispetto alle fibre. La struttura interna del materiale è infatti composta da strati di materiale fibroso, in genere con fibre avviate localmente nella stessa direzione e con collegamenti tra gli strati realizzati con una sorta di collante. L’accoppiamento strati di fibre-collante condiziona pesantemente il comportamento del materiale composito sotto carico. Inoltre, le caratteristiche di resistenza dipendono dal peso specifico, o massa volumica, dal grado di umidità, dal tipo di essenza, dal tempo, dalle modalità di stagionatura e da difetti eventualmente presenti. Tabella 4.2 Peso specifico di diversi prodotti in legno.
Particolarmente importanti, per la classificazione e il giudizio di un legname, sono anche: – il modulo elastico E (valutato con deformazione 0,05); – la durezza, la resistenza all’impronta; – la resistenza all’abrasione.
4.2.1
Resistenza meccanica
4.2.1.1
Direzione delle fibre e degli sforzi
Nell’elemento segato il comportamento è condizionato dalla direzione della fibratura rispetto al tronco, ma soprattutto da quella nei confronti dell’asse dell’elemento strutturale, dalla quale dipende più direttamente la risposta locale delle sezioni alle sollecitazioni esterne.
4.2.1.2
Anisotropia e direzioni principali
Il comportamento del legno è marcatamente anisotropo; la risposta dipende dalla direzione della sollecitazione con riferimento alle direzioni di riferimento che sono L longitudinale, R radiale e T tangenziale, come illustrate in Fig. 4.1. Si riportano nel seguito i valori orientativi per le resistenze, caratteristiche dei vari tipi di legname. Le tensioni di rottura per il legno stagionato sono indicate nella figura seguente per condizioni di umidità tra il 12 e il 15%. Per avere dei valori indicativi delle tensioni caratteristiche da adottare nei calcoli si può far riferimento ai valori inseriti nella tabella seguente ricavati dai valori ammissibili riportati da Giordano, Ceccotti e Uzielli (1999) applicando un coefficiente pari a 2,5 per passare dai valori ammissibili ai valori caratteristici.
Figura 4.1 Direzioni principali.
Tabella 4.3 Valori indicativi per le varie essenze.
I valori reali da inserire nei calcoli dovranno essere ricavati sperimentalmente o dedotti da apposite certificazioni che accompagnino la fornitura del legname strutturale. In condizioni più sfavorevoli è opportuno applicare le seguenti riduzioni:
– 30% per legnami non stagionati e per legnami non protetti e posti in ambiente umido; – 15% per legnami in ambienti molto umidi, comunque protetti con vernici o copertine; – 40% per legnami sottoposti a carichi applicati in modo ciclico alterno, ovvero con legno sottoposto a fenomeni di fatica.
Figura 4.2 Resistenze caratteristiche per diversi tipi di legnami.
In Fig. 4.2 ogni colonna rappresenta il valore indicativo di riferimento ricavato per la terza, la seconda e la prima categoria. A seconda della categoria si ottiene, cioè, un valore più basso per la terza (più scadente) e massimo per la prima, che rappresenta la qualità più pregiata. Le misure sono in daN/cm2. A livello europeo il comitato tecnico CEN strutture di legno ha elaborato un insieme di norme tecniche per la classificazione di legname strutturale
tra cui: – UNI EN 518 ‘‘legno strutturale-classificazione-requisiti per le norme di classificazione a vista secondo la resistenza’’; – UNI EN 519 ‘‘legno strutturale-classificazione-requisiti per la classificazione a macchina secondo la resistenza e per le macchine classificatrici’’.
CNR DT CNR DT 206/2007 4.2 – PROPRIETÀ DEI MATERIALI 4.2.1 – Resistenze, moduli elastici, massa volumica Si definiscono valori caratteristici di resistenza di un tipo di legno i valori del frattile al 5% della distribuzione delle resistenze, ottenuti sulla base dei risultati di prove sperimentali effettuate con una durata di 300 secondi su provini all’umidità di equilibrio del legno corrispondente alla temperatura di 20 °C ed umidità relativa dell’aria del 65%. Per il modulo elastico, si fa riferimento sia ai valori caratteristici corrispondenti al frattile al 5% sia ai valori medi, ottenuti nelle stesse condizioni di prova sopra specificate. Si definisce massa volumica caratteristica il valore del frattile al 5% della relativa distribuzione, con massa e volume misurati in condizioni di umidità di equilibrio del legno alla temperatura di 20 °C ed umidità relativa dell’aria del 65%. Il progetto e la verifica, secondo le presenti Istruzioni, di strutture realizzate con legno massiccio, lamellare o con prodotti per uso strutturale derivati dal legno, richiedono la conoscenza dei valori di resistenza, modulo elastico e massa volumica costituenti il profilo resistente, che deve comprendere almeno quanto riportato nella Tabella 4.1. Tabella 4.1 da Tabella 4-1 – Profilo resistente del legno massiccio e dei prodotti strutturali derivati dal legno.
I valori indicati nei profili resistenti possono essere introdotti nei calcoli come valori massimi per le grandezze cui si riferiscono. Per il legno massiccio, i valori caratteristici di resistenza, desunti da indagini sperimentali, sono riferiti a dimensioni standardizzate del provino secondo le norme pertinenti. In particolare, per la determinazione della resistenza a flessione l’altezza della sezione trasversale del provino è pari a 150 mm, mentre per la determinazione della resistenza a trazione parallela alla fibratura, il lato maggiore della sezione trasversale del provino è pari a 150 mm. Di conseguenza, per elementi di legno massiccio sottoposti a flessione o a trazione parallela alla fibratura che presentino rispettivamente una altezza o il lato maggiore della sezione trasversale inferiore a 150 mm, i valori caratteristici fm,k e ft,0,k, indicati nei profili resistenti, possono essere incrementati tramite il coefficiente moltiplicativo kh, così definito:
essendo h, in millimetri, l’altezza della sezione trasversale dell’elemento inflesso oppure il lato maggiore della sezione trasversale dell’elemento sottoposto a trazione. Per il legno lamellare incollato i valori caratteristici di resistenza, desunti da indagini sperimentali, sono riferiti a dimensioni standardizzate del provino secondo le norme pertinenti. In particolare, per la determinazione della resistenza a flessione l’altezza della sezione trasversale del provino è pari a 600 mm, mentre per la determinazione della resistenza a trazione parallela alla fibratura, il lato maggiore della sezione trasversale del provino è pari a 600 mm. Di conseguenza, per elementi di legno lamellare sottoposti a flessione o a trazione parallela alla fibratura che presentino rispettivamente una altezza o il lato maggiore della sezione trasversale inferiore a 600 mm, i valori caratteristici fm,k e ft,0,k, indicati nei profili resistenti, possono essere incrementati tramite il coefficiente moltiplicativo kh, così definito:
essendo h, in millimetri, l’altezza della sezione trasversale dell’elemento inflesso oppure il lato maggiore della sezione trasversale dell’elemento sottoposto a trazione.
CNR 206/2006 B 1.3 – Procedure di controllo e requisiti di accettazione dei prodotti Le caratteristiche dei materiali, indicate nel capitolato secondo le prescrizioni di cui ai punti precedenti e di eventuali altre prescrizioni in funzione della specifica opera, devono essere garantite dai fornitori e/o produttori per ciascuna fornitura. La certificazione di qualità, mediante marcatura CE o idoneo attestato di conformità, costituisce requisito indispensabile per
l’accettazione del materiale e/o del prodotto derivati dal legno per uso strutturale. Indipendentemente dalle regole di classificazione del legname, per tutte le membrature per le quali sia significativo il problema dell’instabilità, l’imperfezione dovuta allo scostamento dalla configurazione geometrica prevista non dovrà superare 1/500 della luce nel caso di elementi lamellari incollati e 1/300 della stessa luce nel caso di elementi di legno massiccio. Il legno, di norma, dovrà essere fornito equilibrato a un’umidità il più vicino possibile a quella appropriata alle condizioni ambientali in cui si troverà nell’opera finita, ovvero, prima della costruzione, il legno dovrà essere portato a tale umidità. In alternativa dovrà essere assicurata al legno la possibilità di un successivo asciugamento in opera, fino a raggiungere l’umidità prevista in progetto, senza pregiudizi per l’opera stessa.
CNR 206/2007 5 – MATERIALI COMPLEMENTARI 5.1 – Adesivi Gli adesivi per usi strutturali devono produrre unioni aventi resistenza e durabilità tali che l’efficienza dell’incollaggio sia conservata, nella classe di servizio assegnata, durante tutta la vita prevista della struttura. 5.1.1 – Adesivi per elementi incollati in stabilimento Gli adesivi fenolici ed amminoplastici debbono soddisfare le specifiche della UNI EN 301. In attesa di una specifica normativa, gli adesivi di natura chimica diversa debbono soddisfare le specifiche della UNI EN 301 e, in aggiunta, dimostrare un comportamento allo scorrimento viscoso non peggiore di quello di un adesivo fenolico od amminoplastico approvato secondo UNI EN 301, tramite idonee prove comparative. 5.1.2 – Adesivi per giunti realizzati in cantiere In attesa di una specifica normativa europea, gli adesivi utilizzati in cantiere (per i quali non sono rispettate le prescrizioni di cui alle
UNI EN 301) debbono essere testati in conformità ad idoneo protocollo di prova, per dimostrare che la resistenza a taglio del giunto non sia minore di quella del legno, nelle medesime condizioni previste nel protocollo di prova.
4.2.2
Durezza e resistenza all’impronta
La durezza viene determinata in base alla misura del diametro dell’impronta prodotta da un punzone dotato di un’estremità semisferica e opportunamente caricato. In modo analogo è condotta la prova di resistenza all’impronta, misurando la profondità dell’impronta causata da un punzone a forma di semicilindro. La resistenza all’abrasione e la resistenza all’impronta sono molto importanti per le tavolette usate per pavimentazioni (parquet).
4.2.3
Resistenza all’abrasione
È attualmente allo studio, in ambito internazionale, un metodo di prova che misura la perdita di spessore di un provino sfregato con moto alternativo su una carta a vetro.
4.3
Prove di resistenza
Le prove di resistenza devono essere eseguite come da disposizioni fornite da specifiche norme europee, citate nella pare iniziale dell’Eurocodice. I valori ottenuti per la resistenza sono detti caratteristici, in quanto si ipotizza che il valore ricavato abbia una percentuale massima di insuccesso del 5%. In pratica si ipotizza che provando 100 pezzi di legno si ottengano valori della resistenza minori solo per 5 provini. I valori di calcolo si ottengono dividendo il valore caratteristico per un opportuno coefficiente di sicurezza. Dalla prova si possono in genere riportare i dati ottenuti in un diagramma carico-deformazione.
Il diagramma evidenzia un primo tratto in cui il legno si comporta in modo quasi elastico, con proporzionalità tra carichi e deformazioni; al crescere del carico a un certo punto si raggiunge lo snervamento nelle fibre più sollecitate; dopo tale carico si ha un comportamento elastoplastico, in cui non si ha più proporzionalità tra carico e deformazione e in cui le fibre si deformano molto con piccoli aumenti di carico.
Figura 4.3 Schematizzazione del legame costitutivo.
4.4
Resistenza a trazione
OSSERVAZIONI DELL’AUTORE
Vedere il tipo di prova indicato in EC5. Per il legno da impiegare si vogliono determinare sperimentalmente i seguenti valori: – f0,k resistenza caratteristica a trazione in direzione parallela alle fibre.
La resistenza a trazione in direzione parallela alle fibre è connessa con la resistenza a trazione delle fibre di cui è composto il legno, la condizione critica del materiale è connessa con lo snervamento a trazione delle fibre stesse. Il collante tra le fibre non viene in pratica chiamato in causa. Per questa sollecitazione possono influire negativamente nodi che interrompano la rettilineità delle fibre. – f90,k resistenza caratteristica a trazione in direzione perpendicolare alle fibre. Nella direzione perpendicolare alle fibre la situazione interna cambia radicalmente, poiché in questo caso la rottura interna avviene per distacco di un fascio rispetto a un altro; in pratica la resistenza a trazione perpendicolare alle fibre è connessa con la resistenza del collante, molto più bassa della resistenza della fibra.
4.4.1
Prova di trazione
Si determina la resistenza a trazione in base alla forza necessaria per rompere un provino avente forma e dimensioni illustrate nella Fig. 4.4; la trazione si esercita nella direzione delle fibre per ricavare f0,t; mentre si sollecita il provino in direzione ortogonale per ottenere f90. OSSERVAZIONI DELL’AUTORE
Il provino deve essere a sezione rettangolare con il lato maggiore pari a 600 mm per il legno lamellare e 150 mm per il legno massiccio.
Figura 4.4 Prova di trazione.
4.5
Resistenza a compressione
OSSERVAZIONI DELL’AUTORE
Vedere il tipo di prova indicato in EC5. – fc,0,k resistenza caratteristica a compressione in direzione parallela alle fibre. La resistenza a compressione del legno è relativamente elevata per le sollecitazioni che agiscono in direzione parallela alle fibre, in tal caso la compressione produce una locale instabilizzazione degli strati fibrosi, caricati con carico di punta. Possono influire per la determinazione della resistenza la grandezza delle fibre relativamente al provino, la stagionatura, la presenza di microlesioni di distacco tra strato e strato. Il comportamento sotto carico può essere influenzato anche dall’umidità relativa del materiale base. – fc,0,k resistenza caratteristica perpendicolare alle fibre.
a
compressione
in
direzione
Per la resistenza in direzione perpendicolare alle fibre la resistenza diventa più bassa. Il fenomeno riguarda lo schiacciamento degli strati e del materiale collante, che si comportano come un multistrato con materiale gommoso interposto; la resistenza è molto sensibile all’elasticità e allo stato del collante e dipende dalla fragilità degli strati. La resistenza a compressione è influenzata dal contenuto d’acqua ed è tanto maggiore quanto più elevata è l’umidità.
4.5.1
Prova di compressione
Il carico unitario che serve per rompere un provino a forma di parallelepipedo di legno (con umidità del 15%) esprime la resistenza a
compressione (in MPa), se agisce nella direzione delle fibre. Se, invece, agisce in direzione perpendicolare a esse, determina il carico unitario che corrisponde al limite di proporzionalità tra pressioni e deformazioni (UNI ISO 3132).
Figura 4.5 Resistenza e direzione delle fibre.
4.6
Resistenza a flessione
OSSERVAZIONI DELL’AUTORE
Vedere il tipo di prova indicato in EC5. – fmyk resistenza caratteristica (tensione di snervamento della fibra più sollecitata) per un momento flettente agente intorno all’asse y (agente nel piano z); – fmzk resistenza caratteristica (tensione di snervamento della fibra più sollecitata) per un momento flettente agente intorno all’asse z (agente nel piano y). Se le fibre sono avviate in direzione parallela all’asse del provino, la resistenza a flessione è connessa alla resistenza a compressione e a trazione
delle fibre estreme sollecitate entrambe in direzione parallela alle fibre. La resistenza in questo caso è molto elevata. Quando il provino è sollecitato con fibre avviate perpendicolarmente all’asse del provino sottoposto a flessione, la resistenza delle fibre estreme e la rottura avviene per distacco di due strati incollati tra loro, con frattura che procede dal lembo teso a quello compresso e comporta la rottura in due parti ben distinte del provino. La resistenza a flessione è molto bassa, in quanto è condizionata dalla resistenza a trazione del legno in direzione perpendicolare alle fibre. La resistenza è anche influenzata dalla presenza di nodi, dalla presenza di spaccature longitudinali e dall’umidità del legno.
4.6.1
Prova di flessione statica
La prova si effettua su un provino con fibre longitudinali, del tipo indicato in Fig. 4.6, a forma di parallelepipedo allungato di 20 × 20 × 300 mm, con un carico C, posto in mezzeria (UNI ISO 3133), che aumenta gradualmente fino alla rottura. La formula
fm = 1,5 C l/(b h2) fornisce la tensione di rottura a flessione della fibra estrema con l distanza tra gli appoggi e b il lato di 20 mm del provino. OSSERVAZIONI DELL’AUTORE
Il provino deve essere alto 600 mm per il legno lamellare e 150 mm per il legno massiccio.
Figura 4.6 Prova di flessione statica.
4.7
Resistenza al taglio
OSSERVAZIONI DELL’AUTORE
Vedere il tipo di prova indicato in EC5. – fv,k resistenza caratteristica al taglio, volume uniformemente sollecitato di 0,0005 m3: La resistenza al taglio nella direzione delle fibre è alquanto bassa, in quanto il fenomeno è condizionato dallo scorrimento di uno strato su di un altro; la resistenza è connessa a quella che oppone il collante a detta traslazione. La resistenza è più alta nella direzione perpendicolare alle fibre, poiché la rottura a taglio deve interessare il fascio di fibre. Tuttavia la resistenza ha un valore sensibilmente più basso di quello a flessione.
4.8
Modulo di elasticità E
Particolare importanza per il comportamento sotto carico del legno riveste il modulo di elasticità E che dipende dal tipo di essenza, dalla stagionatura e
dall’umidità relativa, dalla direzione di applicazione del carico, valutata relativamente alla direzione dominante delle fibre della matrice legnosa. In EC5 viene indicato come modulo elastico di riferimento il valore corrispondente alla deformazione pari a 0,05, infatti viene citato tale modulo con la lettera E0,05. Generalmente il modulo viene espresso in N/mm2 e quantifica la rigidezza sotto carico del pezzo di legno. Nella tabella seguente si riportano i valori orientativi del modulo di elasticità espressi in kN/cm2. Tabella 4.5 Moduli di elasticità per le varie essenze in kN/cm2 (Giordano, 2002).
4.9
Contenuto di acqua (o tenore di umidità)
Appena abbattuto l’albero, il legno contiene una forte quantità di acqua, valutabile dal 120% al 50% del peso complessivo. L’umidità interna dipende dal tipo di essenza legnosa, dall’età della pianta, dalle condizioni idrometriche del suo habitat, dal periodo di abbattimento ecc. La quantité d’acqua diminuisce sempre più con il passare del tempo e quindi al procedere della stagionatura; a seconda della grandezza dei pezzi si può ottenere una stagionatura più o meno uniforme; la stagionatura può
essere naturale o artificialmente accelerata; all’utilizzo l’umidità relativa del legno varia dall’8 al 20%. Il contenuto di umidità è una caratteristica importante, poiché influisce sulla stabilità dimensionale. Il legno nel tempo scambia umidità con l’ambiente in cui si trova, con conseguenti aumenti e diminuzioni di volume. È opportuno che la stagionatura ideale porti il contenuto d’acqua del legno in equilibrio con lo stato igrometrico dell’ambiente in cui esso verrà posto in opera. Tale principio viene spesso disatteso e per ridurre i tempi di lavorazione si ricorre a stagionature in locali riscaldati, con drastiche riduzioni di acqua in tempi molto ridotti. Il risultato è spesso di avere un legno troppo essiccato che tende a riprendere acqua dall’ambiente in cui è situato. Umidità del legno (espresso in percentuale):
Gu peso legno per una urel aria; G0 secco (+103 ± 2 °C). Coefficienti medi di ritiro e rigonfiamento (DIN 1052) per conifere europee: Tang. αT = 0,24, Radiale αR = 0,12, Long. αL = 0,01.
4.10
Umidità e prestazioni
L’umidità influisce sulla resistenza e si quantifica con kmod, ma soprattutto interviene sulla deformabilità e si considera tale aspetto con kdef. L’umidità dell’ambiente, crescente nel passare dalla Classe 1 alla Classe 3, ha influenza sia sulla deformabilità, che aumenta sensibilmente nel tempo sia sulla resistenza; essa diminuisce in ambienti umidi in modo più marcato di quanto avvenga in ambienti più secchi.
Figura 4.7 Influenza dell’umidità dell’ambiente sulla resistenza di un elemento ligneo.
Influenza dell’umidità ambientale sull’aumento della Figura 4.8 deformazione nel tempo.
CNR DT 201/2005 4.2 – Proprietà tecnologiche del legno Il legno si può considerare una sorta di materiale composito fibrorinforzato di origine naturale in cui, schematicamente, le fibre sono di natura cellulosica e la matrice è costituita da lignina. Le fibre sono resistenti a trazione, mentre la lignina è resistente a compressione. (omissis …) Le proprietà meccaniche del legno, a parità di umidità, variano anche in funzione di: – massa volumica; – presenza di difetti o alterazioni (nodi, cipollature ecc.); – inclinazione della fibratura rispetto all’asse dell’elemento strutturale. A titolo di esempio, si riporta in Fig. 4.11 l’andamento di alcune caratteristiche meccaniche del legno al variare dell’angolo di inclinazione della fibratura. La tecnica delle costruzioni di legno è basata sulle seguenti tre misure: – classificazione degli elementi lignei in base alla resistenza secondo le norme EN 14081, UNI EN 518 e UNI EN 519; – valori caratteristici delle proprietà meccaniche determinati in conformità alla norma UNI EN 338 (classi di resistenza), oppure alle norme UNI EN 408 (metodi di prova) e UNI EN 384 (determinazione di valori caratteristici); determinati in conformità alle norme UNI 11035-1 e UNI 11035-2 per il legname di origine italiana; – regole di calcolo basate sul metodo semiprobabilistico agli stati limite secondo EN 1995 (Eurocodice 5) e EN 1998 per le zone sismiche.
Per gli interventi sulle strutture in opera si può invece far riferimento alle indicazioni delle norme UNI 11138 e UNI 11119.
Figura 4.9 da Figura 4-2 – Relazione tra resistenza a compressione parallela alla fibratura e umidità del legno (conifera).
Figura 4.10 da Figura 4-3 – Esempio di relazioni tra le principali caratteristiche di resistenza meccanica e l’inclinazione della fibratura.
4.11
Ritiro
La perdita d’acqua connessa all’essiccazione del legno è accompagnata da una riduzione volumetrica detta ritiro. Il ritiro è in pratica un insieme di deformazioni interne che comporta delle contrazioni e delle fessurazioni più o meno diffuse. Particolarmente evidenti sono le fessurazioni in direzione radiale (nella vista della sezione del tronco) che sono connesse alla riduzione di lunghezza degli anelli del tronco stesso.
Il fenomeno può anche comportare l’imbarcamento delle tavole ricavate dal tronco causato dal ritiro differenziale delle diverse tipologie di fibre che compongono la tavola stessa.
4.12
Massa volumica
Se il legno fosse costituito solo da pura sostanza legnosa la sua densità sarebbe dell’ordine di 1400 kg/m3. Il legno in realtà è un materiale composito e complesso ed è costituito di un insieme di cellule che contengono piccolissime cavità, così che la sua densità è sensibilmente inferiore e variabile a seconda della specie legnosa. La densità in realtà varia da punto a punto anche in dipendenza dalla distanza dal nucleo centrale del tronco.
4.13
Conduttività termica
La conduttività termica del legno è più bassa di quella dei laterizi e circa un decimo di quella del calcestruzzo: il legno è quindi un buon isolante termico, soprattutto quando è asciutto; il contenuto d’acqua danneggia tale caratteristica. Questa caratteristica è molto importante per la resistenza al fuoco della struttura in legno, poiché la combustione si sposta dalla parte investita verso l’interno con una velocità variabile tra 0,4 e 0,8 mm/min; il tempo impiegato per ottenere una sezione insufficiente a sostenere i carichi è la valutazione di resistenza al fuoco della struttura.
4.14
Deformazione viscosa (creep o fluage)
Una particolare menzione merita il comportamento del legno sotto carichi di lunga durata. La particolare struttura interna del legno, che alterna strati fibrosi a strati sottili di materiale collante comporta un particolare comportamento del legno sotto carico.
Per carichi istantanei, o comunque di breve durata, il legno sotto carico si deforma producendo un determinato cedimento. Al perdurare della sollecitazione questa impegna a scorrimento gli strati, che hanno la possibilità di scorrere mutuamente. Questo fenomeno si traduce microscopicamente in un sensibile aumento della deformazione sotto carico, che viene citato nella letteratura tecnica con deformazione viscosa, o meglio con creep (in inglese) o con fluage (in francese). Il fenomeno è da considerare per la valutazione delle deformazioni delle travi sotto carichi di lunga durata. L’entità delle deformazioni viscose dipende dall’umidità relativa e dall’esposizione alle intemperie, dipende dal livello di sollecitazione, dall’età del legno e dal periodo intercorso tra il taglio e la messa sotto carico, nonché dal periodo e dalle modalità di stagionatura. Forti sono gli aumenti di deformazione per legni poco stagionati ed esposti alle intemperie.
4.15
Raccomandazioni per l’esecuzione
CNR DT 201/2005 3.6 – Raccomandazioni per l’esecuzione La fessurazione del legno non deve trarre in inganno il progettista: essa in legni massicci stagionati è normalmente indice di buona stagionatura da parte del materiale ed è, in linea di massima, ammessa dalle normative di classificazione per usi strutturali (norma UNI 11035-2). La stuccatura delle fessure da ritiro e le cuciture con l’impiego di barre incollate al legno allo scopo di limitarne l’ulteriore apertura possono indurre pericolosi stati di coazione puntuale per impedito movimento naturale interno e devono quindi essere limitate a casi strettamente indispensabili. Si consiglia di mettere in opera sistemi di rinforzo che non inducano col tempo degrado del legno, di tipo meccanico o biologico, consentendo al legno un adeguato scambio di umidità con l’ambiente, evitando dannosi fenomeni di condensa.
Per la durabilità degli elementi lignei è opportuno: – consentire la ventilazione delle testate, soprattutto per le travi poggianti sui muri esterni, evitando di affogare le stesse direttamente nella muratura; – favorire la ventilazione anche nella parte alta delle travi, laddove sia possibile, in modo da impedire, o quantomeno ostacolare, la formazione ed il ristagno di condensa.
Capitolo 5 DURABILITÀ DEL LEGNO
CNR DT 206/2007 11 – Durabilità 11.1 – Requisiti di durabilità naturale dei materiali derivati dal legno Al fine di garantire alla struttura adeguata durabilità, si devono considerare i seguenti fattori tra loro correlati: • la destinazione e l’uso della struttura; • le condizioni ambientali prevedibili; • la composizione, le proprietà e le prestazioni dei materiali; • la forma degli elementi strutturali e i particolari costruttivi; • la qualità dell’esecuzione e il livello di controllo della stessa; • i particolari interventi di protezione; • la manutenzione programmata durante la vita presunta. Inoltre si devono adottare nel progetto gli eventuali idonei provvedimenti per la protezione dei materiali. Il legno ed i materiali derivati dal legno devono possedere un’adeguata durabilità naturale per la classe di rischio biologico prevista in servizio, oppure devono essere sottoposti a un adeguato trattamento preservante. Le definizioni delle classi di rischio e la metodologia decisionale per la selezione del legno massiccio e dei pannelli derivati dal legno appropriati alla classe di rischio sono contenute nelle UNI-EN 335.
La classificazione dei preservanti, per quanto attiene alla penetrazione e alla ritenzione, è contenuta nelle UNI-EN 351. Le specifiche relative alle prestazioni dei preservanti per legno, alla loro classificazione ed alla loro etichettatura sono indicate nelle UNIEN 599. Per i prodotti di legno massiccio, una guida alla durabilità naturale e trattabilità delle varie specie legnose è nella UNI-EN 350, una guida ai requisiti di durabilità naturale per legno da utilizzare nelle classi di rischio è nella UNI-EN 460. 11.2 – Resistenza alla corrosione I mezzi di unione metallici strutturali devono, di regola, essere intrinsecamente resistenti alla corrosione, oppure devono essere protetti contro la corrosione. Esempi di protezione minima contro la corrosione o specifiche tecniche sui materiali per le diverse classi di servizio (vedere 6.2) sono riportate nella Tabella 11-1. Tabella 5.1 da Tabella 11-1 – Requisiti minimi per la protezione dalla corrosione dei mezzi di unione*.
La durabilità è la capacità del legno di durare nel tempo, ovvero di resistere agli agenti perturbanti, che sono di tipo biologico o abiotico. La durabilità del legno è dovuta alla capacità di resistere al degrado in genere, in particolare producono degrado alcuni microrganismi (ad esempio funghi e insetti) che si nutrono dei costituenti chimici della parte cellulare del legno (cellulosa, lignina, emicellulose) e di cellule parenchimatiche (zuccheri, amidi). La durabilità del legno è riferita alla parte più vulnerabile, per cui nei confronti dei funghi è riferita al durame, mentre per gli insetti è riferita all’alburno. La durabilità naturale relativa alle resistenze a funghi, termiti e agli organismi marini viene considerata solamente per il durame. La durabilità ai coleotteri viene considerata solamente per l’alburno. La durabilità è influenzata anche dalla quantità di estrattivi presenti. Si tende a usare il termine durabilità per l’attacco dei funghi, mentre nei confronti dell’attacco degli insetti si usa il termine resistenza.
5.1
Durabilità naturale
È la capacità di un legno di resistere agli attacchi di funghi e insetti. Influiscono sulla durabilità i seguenti fattori: – struttura e composizione chimica della parete cellulare; – la presenza di lignina che protegge dai funghi; – scarsità di Azoto, necessario al metabolismo dei funghi; – presenza di estrattivi nel durame. Funghi e insetti possono danneggiare tantissimo il legno.
5.2
Insetti
Gli insetti sono particolarmente insidiosi per la loro azione distruttiva sulla struttura interna del legno. Gli insetti più dannosi sono:
– Termiti: presenti in zone limitate, possono insidiare anche legni in Italia; – Hesperophanes cinereus (Capricorno delle case); – Hylotrupes bayulus; – Lyctus brunneus; – Anobium punctatum (Tarlo); – Ernobius mollis; – Xestobium rufovillosum (Orologio della morte).
5.3
Fotolisi
Il legno è sensibile alla luce, infatti le opere cambiano di colore rapidamente all’aperto e più lentamente all’interno. All’aperto umidità, temperatura, vento e pioggia inducono il cosiddetto invecchiamento del legno. Il degrado superficiale, collegabile ai raggi luminosi (UV), comporta la demolizione di lignina e cellulosa. In genere il fenomeno è lento (1 mm in 20 anni), ma è opportuno che l’elemento all’aperto venga protetto anche dalla luce.
5.4
Attacchi chimici
Il legno ha una buona capacità di resistere agli acidi, ma è molto sensibile agli alcali, che demoliscono lignina ed emicellulose. In ambiente umido i sali di ferro degradano il legno vicino ai connettori metallici facendo comparire macchie bluastre. In acqua salata si innescano dannosi fenomeni elettrolitici, con produzione di alcali nella zona catodica e sali metallici in quella anodica.
5.5
Funghi
Gli attacchi di funghi possono generare gravi problemi al legno.
Le muffe si insediano sulla superficie del legno inducendo solo macchie. Altri funghi si nutrono delle sostanze zuccherine presenti nel parenchima e conferiscono colori particolari al legno. Nei climi temperati le alterazioni meccaniche indotte sono trascurabili. Altri funghi attaccano i componenti del legno con possibilità di forti riduzioni della resistenza. Questi pericolosi funghi si possono dividere in tre gruppi, in funzione dell’aspetto della zona danneggiata: – funghi della carie bruna; – funghi della carie bianca; – funghi della carie molle.
5.6
Trattamenti
L’efficacia del trattamento preservante dipende dal formulato chimico, dal metodo di applicazione, dal rapporto alburno/durame, dall’umidità del legno, dalla quantità di preservante ritenuta, dalla profondità di penetrazione e dal tipo di distribuzione.
5.6.1
Trattamenti a pressione
Esistono due tipi fondamentali di trattamento: – a cellula piena: il preservante riempie le pareti o il lume cellulare; – a cellula vuota: solo le pareti vengono impregnate.
5.6.2
Trattamenti preservanti protettivi
I preservanti possono essere in veicolo acquoso e oleoso. Il più delle volte il legno è trattato con sali dispersi in acqua. I preservanti in veicolo acquoso più usati sono i seguenti, citati con sigla e composti utilizzati: – CCA: Cromo Rame Arsenico;
– CZC: Cromo Zinco Cloruri; – ACA: Ammoniaca Rame Arsenico; – ACC: acidi Cromo Rame; – CBC: Cromo Rame Boro; – ACZA: Rame ammoniacale Zinco Arsenico; – Borati inorganici; – Alchilammonici (Sali Quaternari). Il CCA è il più comune e colora di verde la superficie trattata; i prodotti sono efficaci, sicuri e sono adatti all’uso all’esterno poiché resistenti alla pioggia. I prodotti in veicolo oleoso, o a base di petrolio (creosoto, pentaclorofenoli) si usano in applicazioni esterne come traversine dei binari, pali per linee elettriche ed elementi portuali. Tra i prodotti in veicolo oleoso si hanno: – Creosoto; – Naftenato di Rame; – Pentachlorofenolo; – Chinolinolato di Rame. Creosoto e Pentaclorofenolo sono i soli a essere efficaci a contatto col suolo e a fornire protezione contro funghi e insetti silofagi e termiti. Il Pentaclorofenolo protegge bene contro gli organismi marini xilofagi.
5.7
Legno/umidità: classi di servizio
Particolare importanza, tra le caratteristiche dell’ambiente in cui si trova l’elemento, riveste l’umidità dell’aria – Classe 1 T = (20 ± 2) °C; Urel < 65% per poche settimane all’anno (ω 12%); – Classe 2 T = (20 ± 2) °C; Urel < 80% per poche settimane all’anno (ω 18%);
≃ ≃
– Classe 3 condizioni con valori di umidità più elevati. Progettare la durabilità significa porre attenzione a vari aspetti: – adeguata progettazione dell’opera; – progetto accurato delle unioni e dei dettagli.
Figura 5.1 Diagramma di correlazione tra temperatura ambiente e umidità relativa per le tre classi.
Un progetto durevole si basa su: – protezione dalla pioggia; – allontanamento dell’acqua dopo che il pezzo è stato bagnato; – adeguata ventilazione di tutte le facce, incluse le estremità; – adeguata scelta del legname strutturale.
5.8
Classi di rischio di attacco biologico
Durabilità del legno e dei prodotti a base di legno. Definizione delle classi di rischio di attacco biologico. – Classe di rischio 1: ambiente riparato, protetto dagli agenti atmosferici (umidità sempre ≤ 20%). Le condizioni garantiscono contro il rischio di attacco fungino mentre è possibile quello da parte di insetti. – Classe di rischio 2: ambiente riparato ma con elevata umidità dell’aria (umidità a volte maggiore del 20%). Può essere presente sia l’attacco fungino, sia da parte di insetti. – Classe di rischio 3: elementi lignei anche esposti (è frequente l’umidità del 20%). Esposto all’attacco fungino, è possibile sia l’attacco fungino, sia da parte di insetti. – Classe di rischio 4: elementi lignei esposti, anche a contatto diretto con terreno o con acqua dolce. Permanentemente esposto all’acqua dolce e all’attacco fungino, è possibile l’attacco da parte di insetti (termiti). – Classe di rischio 5: elementi permanentemente esposti all’acqua salata (umidità maggiore del 20%). Attacco di: organismi invertebrati e insetti marini in acque calde, insetti nelle parti non immerse. Tabella 5.2 Classi di rischio di attacco biologico.
Il modo migliore per far fronte al rischio di attacco biologico è: – individuazione degli agenti potenzialmente aggressivi nella vita utile della struttura; – scegliere in modo ottimale la specie legnosa e la sua stagionatura; – studiare un idoneo rivestimento protettivo; – impostare un piano di manutenzione con trattamenti periodici.
5.9
Scelta della specie adatta alla classe di rischio in opera (EN 335.2)
Il progetto della durabilità deve avvenire in base alla classe di rischio in cui si colloca l’elemento da proteggere.
Figura 5.2 Progetto della durabilità (Piazza, Università di Trento).
Tabella 5.3 Durabilità naturale e impregnabilità (conifere).
Tabella 5.4 Durabilità naturale e impregnabilità (latifoglie).
Le specie hanno intrinsecamente una diversa durabilità di cui si deve tener conto per progettare una idonea protezione e ottenere una adeguata durabilità. Si rileva che la durabilità è tipica di una specie legnosa, e rappresenta una potenzialità di durata nel tempo, ma l’effettiva durata in opera di un
elemento dipende da svariati fattori, tra cui: – struttura interna dell’elemento; – eventuale presenza dell’alburno; – condizioni di servizio in cui si trova l’elemento; – protezioni messe in atto; – accorgimenti migliorativi per la protezione (per esempio ventilazione delle testate); – manutenzione periodica.
5.10
Manutenzione
Il legno ha bisogno di essere protetto e di una idonea manutenzione, intervallata opportunamente nel tempo.
CNR DT 206/2007 13 – Regole pratiche di esecuzione I materiali per le strutture di legno devono essere usati o installati in modo tale da svolgere in modo adeguato le funzioni per le quali sono stati scelti e dimensionati in fase progettuale. I requisiti essenziali esposti in questo capitolo sono condizioni necessarie per l’applicabilità delle regole di progetto date in questo codice. In assenza di specifiche prescrizioni contenute nelle pertinenti norme di prodotto, le tolleranze di lavorazione così come quelle di esecuzione devono essere definite in fase progettuale. Per tutte le membrature per le quali sia significativo il problema della instabilità, lo scostamento dalla configurazione geometrica teorica, misurato a metà della distanza tra due vincoli successivi dell’elemento, non dovrà superare 1/500 della medesima luce nel caso di elementi lamellari incollati e 1/300 della stessa nel caso di elementi di legno massiccio. Quanto sopra deve essere comunque verificato, anche indipendentemente dalle regole di classificazione del legname.
In assenza di specifiche prescrizioni contenute nelle pertinenti norme di prodotto, al fine di limitare la variazione dell’umidità del materiale e dei suoi effetti sul comportamento strutturale, le condizioni di stoccaggio, montaggio e le fasi di carico parziali, devono essere definite in fase progettuale. Il legno, i componenti derivati dal legno e gli elementi strutturali non dovranno di regola essere esposti a condizioni atmosferiche più severe di quelle previste per la struttura finita, e che comunque producano effetti che ne compromettano l’efficienza strutturale. Prima della costruzione il legno o comunque prima della messa in carico, dovrà essere portato ad una umidità il più vicino possibile a quella appropriata alle condizioni ambientali in cui si troverà nell’opera finita. Qualora si operi con elementi lignei, anche parziali, per i quali assumano importanza trascurabile gli effetti del ritiro, o comunque della variazione della umidità, si potrà accettare durante la posa in opera maggiore umidità del materiale, purché sia assicurata al legno la possibilità di un successivo asciugamento, fino a raggiungere l’umidità prevista in fase progettuale, senza che ne venga compromessa l’efficienza strutturale. Sarà compito del progettista predisporre un piano di trasporto, assemblaggio e posa in opera che dovrà fornire precise istruzioni sulle modalità operative e che in particolare riporterà le verifiche di eventuali situazioni transitorie staticamente significative. Durante tutte le fasi esecutive ci si dovrà attenere strettamente alle prescrizioni del progettista. Dovrà essere predisposto in sede progettuale un programma delle operazioni di manutenzione e dei controlli da effettuarsi durante l’esercizio della struttura. Il programma dovrà in particolare specificare il tipo e la frequenza dei controlli. Tutte le informazioni necessarie per l’utilizzo in esercizio e per la manutenzione di una struttura dovranno essere messe a disposizione del responsabile della struttura finita.
Capitolo 6 RESISTENZA AL FUOCO
Il pericolo di incendio è strettamente connesso al carico di incendio che è rappresentato dalla quantità di legna equivalente presente. Ogni combustibile di peso gi viene trasformato in un peso di legno equivalente gwi. Se il combustibile ha un potere calorifico Hi e il legno ha un potere convenzionale pari a 4400 cal/kg la conversione combustibile genericolegna avviene con la formula seguente:
Nota la quantità di combustibile, questi si ‘‘spalmano’’ nell’area A ottenendo il carico unitario di incendio espresso in kg (legna equivalente) per ogni m2.
Se la casa è in legno, con una superficie interna investita dalle fiamme S, si aggiunge come ‘‘ulteriore’’ combustibile un peso consigliato all’incirca pari a 12,5 S.
Figura 6.1 Carico di incendio in un ambiente.
6.1
Legno e incendio
Il legno non è combustibile a temperatura ambiente, diviene combustibile al di sopra dei 200 °C. Tra 0 e 200 °C il legno si riscalda, l’acqua in esso contenuta evapora e ‘‘contiene’’ l’aumento di temperatura intorno ai 100 °C. Si produce in tale fase anidride carbonica CO2. Evaporata l’acqua il legno si riscalda ulteriormente fino a 200 °C, temperatura in cui esso diviene combustibile. Oltre i 200 °C si ha la combustione e si produce ossido di carbonio (CO); oltre i 300 °C la reazione produce calore (esotermica) e quindi aiuta a diffondere l’incendio alle parti vicine; in tale fase avviene il processo di carbonizzazione. Il legno è cattivo conduttore, contrariamente ai metalli, per cui intercorre un certo lasso di tempo tra il riscaldamento della superficie e quello della parte interna.
Figura 6.2 Sezione di trave in legno investita dall’incendio, con parte interna integra e strato esterno carbonizzato (da non considerare).
La velocità di penetrazione interessa non solo il riscaldamento, ma anche la carbonizzazione, che impiega un certo tempo a interessare le parti protette interne. La velocità di carbonizzazione è la seguente (UNI 9504): Legno lamellare vc = 0,7 mm/min Legno massiccio vc = 0,9 mm/min In pratica la parte non carbonizzata rimane integra, per cui è facile determinare la sezione reagente dopo un certo periodo. OSSERVAZIONI DELL’AUTORE
Esempio legno lamellare (vc = 0,7 mm/min) (Fig. 6.3) In 60 minuti il fuoco carbonizza, per ogni lato esposto 0,7 × 60 = 42 mm per cui della sezione iniziale resta reagente una base bc = b – 2 × 42 e un’altezza hc = h – 2 × 42 nell’esempio bc = 120 – 84 = 36 mm
hc = 240 – 84 = 156 mm In sintesi, se la sezione rimasta integra dopo 60 minuti è in grado di sopportare i carichi che gravano sull’elemento, si dice che l’elemento resiste al fuoco. Fissata una determinata sollecitazione di calcolo MEd si può ricevere un Wmin al di sotto del quale la resistenza dell’elemento non è più sufficiente.
Figura 6.3 Esempio legno integro e legno carbonizzato.
Per esempio, con riferimento a una sezione rettangolare, di cui sono note H, B, vc,fm,k si determina la sollecitazione massima che impegna la sezione. MEd si ricava dalla relazione:
Impostando kmod = 0,9 (carico breve durata), si ha:
da cui si ricava
dato che
e che con il passare dei minuti t
e
deriva l’espressione
dalla quale è possibile trovare il tempo limite tlim. Il valore di t non è altro che il tempo nel quale l’elemento strutturale è in grado di espletare la sua funzione. Se per esempio tlim = 65 min si dirà che l’elemento ha una classe di resistenza al fuoco R65. Si ricorda che un elemento ha come caratteristiche di resistenza al fuoco tre parametri: R (resistence o isolamento termico), I (isolation o resistenza), E (etanchéite o tenuta al fumo per contrastarne il passaggio). Nel caso dell’elemento ligneo portante la caratteristica principale richiesta è quella della resistenza. E e I riguardano pareti divisorie e porte.
Figura 6.4 Parametri di resistenza al fuoco.
Le sollecitazioni di calcolo si determinano sotto la combinazione rara:
in pratica con riferimento alla situazione in esercizio. La verifica che si riferisce alla reazione ridotta dalla carbonizzazione è detta metodo della sezione efficace.
CNR DT 206/2007 12 – Comportamento al fuoco 12.1 – Generalità Di seguito sono riportate alcune istruzioni riguardanti il calcolo della ‘‘resistenza al fuoco’’ della struttura lignea. È utile porre in evidenza, sin dall’inizio, la distinzione esistente tra i concetti di ‘‘resistenza al fuoco’’ e di ‘‘reazione al fuoco’’. Per reazione al fuoco si intende la capacità di un materiale di contribuire a un incendio e di propagarlo, mentre la resistenza al fuoco indica la capacità di un manufatto di svolgere la propria funzione dal momento in cui viene investito da un incendio. Mentre la reazione al fuoco di un materiale (o manufatto) sarà quindi espressa da un codice corrispondente ad una classificazione (UNI-EN 13501/1), la resistenza sarà espressa in termini di tempo (usualmente minuti).
La resistenza al fuoco non è una caratteristica intrinseca dei materiali ma esprime una prestazione dell’elemento strutturale, o dell’elemento non strutturale, o della struttura nei confronti dell’azione di incendio, dipendendo quindi, oltre che dalle proprietà fisiche e meccaniche del materiale, dai criteri costruttivi e realizzativi della struttura e quindi anche dalle scelte progettuali effettuate. La resistenza della struttura lignea non coincide, in generale, con quella delle singole membrature componenti, essendo determinanti le prestazioni dei collegamenti e degli altri componenti (come ad esempio i sistemi di stabilizzazione) che, nella pratica, sono abitualmente realizzati con elementi metallici. Si assume che le proprietà meccaniche della sezione lignea residua, ad una certa distanza dallo strato carbonizzato, non risultino ridotte rispetto alle condizioni standard. Per quanto riguarda gli effetti prodotti dalle azioni dirette applicate alla costruzione si adotta, in generale, la regola di combinazione valida per le cosiddette combinazioni eccezionali, effettuando quindi una verifica allo stato limite ultimo utilizzando valori pertinenti dei coefficienti di sicurezza e dei coefficienti di combinazione. I metodi di valutazione della sicurezza prevedono differenti livelli di semplificazione, potendosi in genere attuare: • l’analisi strutturale globale, quindi verificando la disequazione:
nella quale: – Ad,fi è l’effetto delle azioni nella situazione di incendio, corrispondente alla combinazione eccezionale delle azioni; – Rd,fi è la corrispondente resistenza di progetto nella medesima condizione; – t è la durata di esposizione al fuoco; • l’analisi di parti della struttura, considerando in modo approssimato l’interazione tra le diverse parti della struttura;
•
l’analisi di singoli elementi, considerando come condizioni iniziali al contorno quelle corrispondenti alle normali condizioni di servizio.
Si definiscono i seguenti termini che nel seguito saranno utilizzati, con riferimento alla sezione trasversale di un generico elemento di legno (Figura 12.1): • linea di carbonizzazione: confine tra strato carbonizzato e sezione trasversale residua; • sezione trasversale residua: sezione trasversale originaria ridotta dello strato carbonizzato; • sezione trasversale efficace: sezione trasversale originaria ridotta dello strato carbonizzato e di un successivo strato in cui si considerano nulli i valori di resistenza e di rigidezza. Il metodo di calcolo che può essere adottato per il singolo elemento di legno prevede quindi la preventiva valutazione della velocità di demolizione della sezione lignea causata dalla carbonizzazione, la determinazione di una sezione efficace ridotta rispetto a quella originaria in corrispondenza della resistenza (tempo) richiesta, il calcolo della capacità portante (per rottura o per instabilità) allo stato limite ultimo di collasso, calcolo che può essere effettuato nella sezione ridotta più sollecitata. Per quanto nel seguito non esplicitamente trattato, si potrà comunque fare riferimento a quanto riportato nella normativa EN 1995-1-2 (novembre 2004).
Figura 6.5 da 12-1 – Sezione trasversale di un elemento ligneo parzialmente carbonizzato.
12.2 – Resistenza di un elemento ligneo esposto al fuoco Per il singolo elemento ligneo esposto al fuoco, in assenza di valutazioni più rigorose, si può fare riferimento al calcolo della cosiddetta ‘‘sezione efficace’’ in corrispondenza del tempo t richiesto di resistenza al fuoco. Tale sezione si ottiene riducendo la sezione iniziale di una profondità di carbonizzazione ‘‘effettiva’’ calcolata come di seguito esposto:
dove: – def è la profondità di carbonizzazione; – dchar = β0 · t; – β0 è la velocità di carbonizzazione ideale, convenientemente superiore a quella effettiva, per includere gli effetti (negativi) di fessurazioni e arrotondamento degli spigoli della sezione;
– k0 è il coefficiente dipendente dal tempo t, variabile linearmente tra 0 (in corrispondenza del tempo t = 0) e 1 (in corrispondenza del tempo t = 20 minuti), ed assunto costante e pari ad 1 per t > 20 minuti; – d0 = 7mm. Per quanto riguarda la velocità di carbonizzazione 0, in mancanza di valutazioni sperimentali dirette effettuate in accordo alle pertinenti normative CEN, si può fare riferimento a quanto riportato nella Tabella 6.1. Tabella 6.1 da Tabella 12-1 – Velocità di carbonizzazione β0. β0 [mm/minuto]
Materiale a) Conifere e faggio Legno massiccio con massa volumica caratteristica non inferiore a 290 kg/m3 Legno lamellare incollato con massa volumica caratteristica non inferiore a 290 kg/m3 b) Latifoglie Legno massiccio o legno lamellare incollato con massa volumica caratteristica non inferiore a 290 kg/m3 Legno massiccio o legno lamellare incollato con massa volumica caratteristica non inferiore a 450 kg/m3 c) LVL con massa volumica caratteristica non inferiore a 480 kg/m3
0.8 0.7
0.7
0.55
0.7
Per la resistenza e per i moduli elastici di progetto della sezione efficace, nella verifica della capacità portante, si adottano i seguenti valori:
dove – fk, S0.5 sono i valori di una generica proprietà di resistenza del materiale o di modulo di elasticità a temperatura normale (si vedano le tabelle riportate in Appendice 4); – fd,fi, Sd,fi sono i valori di progetto di una proprietà di resistenza o di modulo di elasticità del materiale; – kfi è il coefficiente da assumere pari a 1,25 per il legno massiccio e a 1,15 per il legno lamellare incollato e pannelli derivati dal legno; – γM,fi = 1,0 è il coefficiente parziale di sicurezza in situazione di incendio; – kmod,fi = 1,0 sostituisce il parametro kmod a temperatura ambiente.
6.2
Resistenza dei collegamenti
I collegamenti metallici non protetti hanno una resistenza molto bassa, dato che l’acciaio è un ottimo conduttore: per essi si deve far riferimento alla resistenza al fuoco di elementi metallici. I collegamenti devono essere il più possibile interni e protetti da parti lignee. In tal caso è possibile che un elemento metallico che resta nella parte interna non carbonizzata e quindi non interessata da forti riscaldamenti, possa avere una adeguata resistenza all’incendio. Si ricorda che è possibile, e in alcuni casi indispensabile, proteggere le superfici investite dalle fiamme con trattamenti o con protezioni incombustibili o tali da ritardare l’aumento di temperatura dell’elemento investito dalle fiamme.
Il trattamento più utilizzato è quello con pitture intumescenti certificate, in grado di trasformarsi in schiuma protettiva quando investite dall’incendio, proteggendo con tale schiuma la superficie sottostante. Il rivestimento, con pannelli a base di gesso, per esempio è più efficace ma copre del tutto l’elemento ligneo.
CNR DT 206/2007 12.3 – Resistenza di un collegamento esposto al fuoco Ai fini del calcolo della resistenza al fuoco della struttura lignea è necessario potere valutare la resistenza al fuoco offerta dagli eventuali collegamenti presenti. I collegamenti con elementi metallici o le parti della struttura realizzate con elementi metallici rappresentano, generalmente, il vero punto di debolezza della struttura lignea nei confronti dell’azione incendio. Le parti metalliche costituiscono, infatti, elemento di trasmissione di calore anche all’interno della massa lignea (nel caso del collegamento) oppure esse presentano, se esposte al fuoco, deformazioni incompatibili con la statica globale della struttura (elementi di controvento, elementi tesi in genere ecc.). Le cosiddette unioni ‘‘non protette’’ (cioè unioni realizzate con elementi metallici esposti, in tutto o in parte), progettate correttamente per le combinazioni a temperatura ambiente e purché a comportamento statico globalmente simmetrico, possono essere generalmente considerate soddisfacenti alla classe di resistenza R15 o R20, secondo quanto indicato in Tabella 12-2. Oltre tali valori sono necessari requisiti aggiuntivi da considerare attentamente in sede di progetto, in particolare sullo spessore dell’elemento ligneo collegato e sulla distanza del mezzo di connessione dai bordi e dalle estremità del medesimo elemento. Spessore minimo dell’elemento ligneo e distanza minima da bordi ed estremità devono essere garantiti anche al tempo richiesto di resistenza al fuoco, considerando la riduzione di sezione dovuta alla carbonizzazione e potendosi scontare il tempo già garantito nella medesima Tabella 12-2.
Capitolo 7 SINTESI NORME UNI EN RIFERITE A STRUTTURE IN LEGNO
Norme correlate all’Eurocodice 5 L’Eurocodice 5 (UNI EN 1995.1) rimanda, mediante riferimenti datati e non, a disposizioni contenute in altre pubblicazioni che sono citati di volta in volta nel testo; si ritiene utile riportare tutti i riferimenti normativi correlati al legno nella parte strutturale affinché il progettista possa di volta in volta approfondire lo specifico argomento che interessa la sua struttura.
Norme ISO: ISO 2081:1986
Rivestimenti metallici – Rivestimenti metallizzati di zinco su ferro o acciaio.
ISO 26312:1989
Valutazione dell’esposizione umana – Parte 2: Shock indotto dalle vibrazioni negli edifici.
Norme Europee: EN 300:1992
Oriented Strand board classificazione e specifiche.
EN 301:1992
Adesivi, fenolici e aminoplastici per strutture portanti lignee – Classificazione e requisiti tecnici.
EN 4:1996
Parlicleboards – Specifiche – Parte 4: Requisiti per tavole portanti da usare in condizioni secche.
312-
(OSB)
–
Definizione,
EN 5:1997 EN 6:1996 EN 7:1997 EN 1:1992 EN 2:1992 EN 3:1995
EN 2:1994 EN 1:1995
312-
Parlicleboards – Specifiche – Parte 5: Requisiti per tavole portanti da usare in condizioni umide.
312-
Parlicleboards – Specifiche – Parte 6: Requisiti per la cura strutturale delle tavole portanti da usare in condizioni secche.
312-
Parlicleboards – Specifiche – Parte 7: Requisiti per il benessere strutturale delle tavole portanti da usare in condizioni umide.
335-
Durabilità del legno e dei prodotti lignei – Definizione del grado delle classi di rischio per gli attacchi biologici – Parte 1: Generale.
335-
Durabilità del legno e dei prodotti lignei – Definizione del grado delle classi di rischio per gli attacchi biologici – Parte 2: Applicazione al legno massiccio.
335-
Durabilità del legno e dei prodotti lignei – Definizione del grado delle classi di rischio per gli attacchi biologici – Parte 3: applicazione al legno lamellare.
350-
351-
Durabilità del legno e dei prodotti lignei – Durabilità naturale del legno massiccio – Parte 2: Guida alla durabilità naturale e trattata per le specie importanti europee. Durabilità del legno e dei prodotti lignei – Conservazione del legno massiccio trattato – Parte 1: Classificazione di conservazione.
EN 383:1993
Strutture lignee – Prove – Determinazione della resistenza d’immersione e valutazione delle fondazioni.
EN 385:2001
Giunti strutturali a dita – Requisiti di esecuzione e valori minimi.
FN 387:2001
Lamine incollate – Requisiti di produzione per grandi giunti a dita – Requisiti di esecuzione e valori minimi.
EN 409:1993
Strutture lignee – Metodi di indagine – Determinazione del momento di snervamento del sistema di fissaggio –
Chiodi.
EN 460:1994
Durabilità del legno e dei pannelli di legno – Naturale durabilità del legno massiccio – Guida ai requisiti di durabilità del legno in base alle classi di rischio.
EN 594:1995
Strutture lignee – Metodi di indagine – Resistenza a fatica e rigidezza dei pannelli lignei.
EN 2:1997
622-
Pannelli in fibre – Specifiche – Parte 2: Requisiti per pannelli rigidi.
EN 3:1997
622-
Pannelli in fibre – Specifiche – Parte 3: Requisiti per pannelli con media rigidezza.
EN 4:1997
622-
Pannelli in fibre – Specifiche – Parte 4: Requisiti per pannelli soffici.
EN 5:1997
622-
Pannelli in fibre – Specifiche – Parte 5: Requisiti per pannelli ottenuti dal processo a secco (MDF).
EN 1:1996
636-
Plywood – Specifiche – Parte 1: Requisiti per il legno compensato da usare in condizioni secche.
EN 2:1996
636-
Plywood – Specifiche – Parte 2: Requisiti per il legno compensato da usare in condizioni umide.
EN 3:1996
636-
Plywood – Specifiche – Parte 3: Requisiti per il legno compensato da usare in condizioni esterne.
EN 912:1999
Collegamenti – Specifiche per i connettori per il legno.
EN 1075:1999
Strutture lignee – Metodi di indagine – Indagini sui giunti fatti con graffette e piastre di collegamento.
EN 1380:1999
Strutture lignee – Metodi di indagine – Capacità portante delle unioni chiodate.
EN 1381:1999
Strutture lignee – Metodi di indagine – Capacità portante delle unioni chiodate a “U”.
EN 1382:1999
Strutture lignee – Metodi di indagine – Capacità di ritiro dei collegamenti lignei.
EN 1383:1999
Strutture lignee – Metodi di indagine – Strappo attraverso il sondaggio dei collegamenti.
EN 1990:2002
Eurocodice – Basi per il progetto.
EN 1991-11:2002
Eurocodice 1: Azioni sulle strutture – Parte 1-1: Azioni generali, densità, pesi propri e carichi..
EN 1991-1-3
Eurocodice 1: Azioni sulle strutture – Parte 1-3: Azioni generali – Neve.
EN 1991-1-4
Eurocodice 1: Azioni sulle strutture – Parte 1-4: Azioni generali – Vento.
EN 1991-1-5
Eurocodice 1: Azioni sulle strutture – Parte 1-5: Azioni generali – Carichi termici.
EN 1991-1-6
Eurocodice 1: Azioni sulle strutture – Parte 1-6: Azioni generali – Azioni agenti durante l’esecuzione.
EN 1991-1-7
Eurocodice 1: Azioni sulle strutture – Parte 1-7: Azioni generali – Azioni accidentali dovute all’impatto e alle esplosioni.
EN 10147:2000
Specifiche per la continuità delle piastre e strisce zincate strutturali – Condizioni tecniche di ripartizione.
EN 13271:2001
Collegamenti lignei – Capacità portante caratteristica e modulo di Pannelli in legno connettori.
EN 13986
Pannelli in legno per le costruzioni – Caratteristiche, valutazione della conformità e marcatura.
EN 14080
Strutture lignee – Lamelle incollate lignee – Requisiti.
EN 14081-1
Strutture lignee – Grado di resistenza strutturale lignea per sezioni rettangolari.
EN 14250
Strutture lignee – Requisiti di produzione di capriate usando le unioni chiodate.
EN 14279
Laminated veneer lumber (LVL) definizioni, classificazione e requisiti.
EN 14358
Strutture lignee – Collegamenti e prodotti lignei – Calcolo del valore S caratteristico percentile e criterio di accettazione del campione.
–
Specifiche,
EN 14374
Strutture lignee – Strutture LVL – Requisiti.
EN 14544
Resistenza strutturale del legno con cerchiature – Requisiti.
EN 14545
Strutture lignee – Connessioni – Requisiti.
EN 14592
Strutture lignee – Collegamenti – Requisiti.
EN 26891:1991
Strutture lignee – Giunti con collegamenti meccanici – Principi generali di valutazione della resistenza e della deformazione caratteristica.
EN 28970:1991
Strutture lignee – Indagini sui giunti fatti con collegamenti meccanici – Requisiti per la densità del legno (ISO 8970:1989).
UNI EN 14250:2010
Strutture di legno – Requisiti di prodotto per elementi strutturali prefabbricati assemblati con elementi di collegamento di lamiera metallica punzonata.
UNI EN 14081-1:2006
Strutture di legno – Legno strutturale con sezione rettangolare classificato secondo la resistenza.
UNI-EN 14080:2005
Strutture di legno – Legno lamellare incollato – Requisiti.
UNI EN 13986:2005
Pannelli a base di legno per l utilizzo nelle costruzioni – Caratteristiche, valutazione di conformità e marcatura.
UNI EN 14374:2005
Strutture di legno – LVL – Requisiti
UNI EN 14358:2007
Strutture di legno – Calcolo dei valori caratteristici 5percentile e criteri di accettazione per un campione.
EN 14544:2006
Timber Structures – Structural Timber With Round Cross-section – Definizione dei requisiti per la valutazione visiva della struttura.
7.1
SINTESI UNI EN 386/2003
Legno lamellare incollato Requisiti prestazionali e requisiti minimi di produzione “Glued laminated timber; Performance requirements and minimum production requirements”. La norma specifica i requisiti per i componenti di elementi di legno lamellare incollato e i requisiti minimi per la produzione di tali elementi per uso strutturale. Il legno lamellare incollato si ottiene incollando insieme un certo numero di lamelle dalla fibratura sostanzialmente parallela. In questo modo si può produrre un elemento avente sezione trasversale massiccia rettangolare. Lo scopo dei requisiti elencati nella presente norma è quello di ottenere un incollaggio affidabile e durevole, in modo che gli incollaggi nel legno lamellare incollato mantengano la loro integrità per l’intera vita prevista della struttura. I requisiti devono essere integrati per tenere conto di particolari condizioni di produzione, materiali o requisiti funzionali. I requisiti si applicano a elementi strutturali delle classi di servizio 1 e 2. Per le strutture di legno delle classe di servizio 3 si devono adottare precauzioni particolari, per esempio si devono utilizzare adesivi resistenti alle intemperie. I requisiti per questi ultimi sono forniti nella EN 301. La norma specifica i requisiti per i componenti di elementi di legno lamellare incollato e i requisiti minimi per la produzione di tali elementi per utilizzo strutturale; ESSA è applicabile a prodotti con uno spessore finito delle lamelle non maggiore di 45 mm. Il legno usato è in genere di conifera, ma la norma riguarda anche legno di latifoglie, in condizioni di incollaggio soddisfacenti.
TERMINI E DEFINIZIONI tipo di adesivo: Adesivi di tipo I e II, vedere EN 301 legno lamellare incollato (glulam): Elemento strutturale formato incollando insieme lamelle di legno aventi la fibratura essenzialmente
parallela. glulam orizzontale: Legno lamellare incollato con i piani delle linee di colla perpendicolari alla dimensione maggiore della sezione trasversale, vedere figura 7.1 a) glulam verticale: Legno lamellare incollato con i piani delle linee di colla perpendicolari alla dimensione minore della sezione trasversale, vedere figura 7.1 b) classe di servizio 1: Classe di servizio caratterizzata da un contenuto di umidità nei materiali corrispondente ad una temperatura di 20 °C e un’umidità relativa dell’aria circo-stante maggiore del 65% solo per poche settimane all’anno classe di servizio 2: Classe di servizio caratterizzata da un contenuto di umidità nei materiali corrispondente ad una temperatura di 20 °C e un’umidità relativa dell’aria circo-stante maggiore del 85% solo per poche settimane all’anno classe di servizio 3: Classe di servizio caratterizzata da condizioni climatiche che portano umidità maggiori di quella della classe di servizio 2. percentuale di delaminazione massima: Vedere EN 391 percentuale di delaminazione totale: Vedere EN 391 percentuale di rottura nel legno: Vedere EN 392
Figura 7.1 Linee di colla nelle sezioni trasversali che mostrano la posizione normale delle linee di colla.
REQUISITI
(§5)
I legno utilizzato è definito mediante la sua classe di resistenza o le proprietà di resistenza e le operazioni di incollaggio devono risultare in incollaggi affidabili e durevoli. Questi requisiti generali devono essere considerati soddisfatti quando sono soddisfatti sia i requisiti del presente punto sia i requisiti minimi di produzione in 6.
Legno Il legno deve essere classificato secondo la resistenza in conformità al prEN 14081-1, al prEN 14081-2 o al prEN 14081-3.
Adesivi
L’adesivo deve rendere possibile la fabbricazione di giunti di tale resistenza e durabilità da mantenere I’integrità dell’incollaggio per tutta la durata in servizio prevista della struttura. Una resistenza e una durabilità accettabili si possono ottenere utilizzando un adesivo di tipo I e devono soddisfare i requisiti per questo tipo forniti nella EN 301. Oppure, per strutture della classe di servizio 1 o 2, può essere utilizzato un adesivo di tipo II in conformità alla EN 301, a condizione che la temperatura dell’elemento nella struttura sia sempre minore di 50 °C. Per adesivi di tipi diversi da quelli trattati nella EN 301, si deve ottenere un incollaggio dalla resistenza e durabilità equivalenti. Si devono considerare in special modo la frattura da deformazione, la capacità di mantenere I’integrità strutturale durante I’incendio e condizioni di temperatura e umidità elevate nel servizio ordinario.
Giunti di testa nelle lamelle Il valore caratteristico di resistenza a flessione fm,k ottenuto dalle prove di flessione “di piatto” dei giunti di testa deve soddisfare il requisito seguente:
fm,k ≥ fm,dc,k dove: fm,dc,k è la resistenza a flessione caratteristica dichiarata. Le prove di flessione di piatto devono essere eseguite in conformità alla EN 385. La resistenza a flessione caratteristica deve essere determinata dalla funzione di distribuzione delle probabilità di tipo Log-Normale.
Integrità e resistenza della linea di colla
(§5.5)
I requisiti per l’integrità della linea di colla si devono basare sulle prove della linea di colla in un provino comprendente l’intera sezione trasversale,
tagliato dall’elemento di glulam fabbricato. I provini devono essere rappresentativi della fabbricazione. Per strutture della classe di servizio 3, le prove di delaminazione devono essere effettuate in conformità al metodo A della EN 391. Per strutture della classe di servizio 1 o 2, le prove devono essere prove di delaminazione in conformità al metodo A della EN 391 oppure prove di taglio nel blocco in conformità alla EN 392. Secondo il metodo e il numero di cicli, la percentuale di delaminazione totale di ogni provino a sezione trasversale deve essere minore dei valori indicati nel prospetto seguente: Prospetto 1 Valori massimi per le percentuali di delaminazione totale.
Per tutti i metodi di delaminazione, la percentuale di delaminazione massima deve essere minore o uguale al 40%. Ogni risultato di prova ottenuto dalle prove di taglio del blocco di ogni provino a sezione trasversale deve essere conforme ai requisiti seguenti, riguardanti la resistenza a taglio e la percentuale di rottura nel legno. La resistenza a taglio minima di ogni linea di colla deve essere 6,0 N/mm2. Per il legno di conifere e di pioppo si deve considerare accettabile una resistenza a taglio di 4,0 N/mm2 se la percentuale di rottura nel legno è pari a 100, vedere prospetto 2, valori individuali. La percentuale media di rottura nel legno su un provino a sezione trasversale e qualsiasi valore individuale devono essere maggiori delle percentuali minime di rottura nel legno dichiarate nel prospetto 2. Prospetto 2 Percentuali minime di rottura nel legno, WFP, riferite alla resistenza a taglio fv. Per i valori intermedi, si deve utilizzare l’interpolazione lineare.
REQUISITI DI FABBRICAZIONE
(§6)
Condizioni di produzione Generalità Il personale deve avere la capacità necessaria per la produzione del glulam e la classificazione del legno.
Locali I locali devono essere adatti a tutte le fasi della produzione, tenendo in considerazione i requisiti forniti nella presente norma. Si deve prestare una considerazione particolare a: a) dimensione degli elementi da produrre; b) temperatura dell’aria; c) umidità relativa dell’aria. La temperatura minima nell’area di produzione deve essere almeno 15 °C. Durante I’indurimento degli elementi è richiesta una temperatura maggiore, vedere 6.4.4, ma questo requisito può essere limitato ad una parte specifica dei locali (camere di indurimento). Durante la produzione l’umidità relativa dell’aria deve essere compresa tra il 40% e il 75%. Durante I’indurimento è accettabile il 30%.
Scostamenti da questo intervallo sono accettabili per brevi periodi durante il giorno. Devono essere disponibili impianti di essiccazione e di immagazzinaggio di capacità sufficiente da consentire il raggiungimento dell’umidità e della temperatura del legno richieste. In caso di utilizzo di legno pre-essiccato, devono essere disponibili impianti di immagazzinaggio per mantenere I’umidità del legno richiesta. A meno che la resina e I’induritore non siano pompati direttamente dalle cisterne di immagazzinaggio e miscelati automaticamente durante I’applicazione, deve essere presente un locale separato per la preparazione dell’adesivo (miscelazione di resina e induritore). Devono inoltre essere presenti impianti di immagazzinaggio della resina e dell’induritore idonei e un’area per la pulizia delle attrezzature per I’incollaggio. L’immagazzinaggio della resina e dell’induritore devono essere organizzati in modo da mantenere il principio “il primo a entrare è il primo a uscire”.
Attrezzature Devono essere disponibili attrezzature per: a) monitorare in continuo la temperatura e I’umidità relativa dell’aria (termoigrografo) nelle aree di immagazzinaggio, produzione e indurimento; b) misurare I’umidità del legname e controllare (tarare) i misuratori di umidità; c) la classificazione a macchina e a vista quando queste operazioni sono condotte dal fabbricante; d) realizzare giunti di testa nelle lamelle di sufficienti affidabilità e resistenza; e) misurare lo spessore delle lamelle; f) realizzare superfici che soddisfino i requisiti delle tolleranze di spessore e della qualità della superficie; g) pesare e miscelare resina e induritore nelle proporzioni richieste; h) I’applicazione uniforme della quantità richiesta di adesivo;
i) ottenere la pressione richiesta sulla linea di colla nonché la temperatura e I’umidità relativa dell’aria durante I’indurimento dell’adesivo; j) sottoporre a prova la resistenza dei giunti di testa nelle lamelle; k) sottoporre a prova I’integrità delle linee di colla.
Legname – Specie: Per la produzione di glulam si devono utilizzare solo specie o gruppi di specie provatamente idonei a questo scopo.
Umidità L’umidità richiesta delle lamelle dipende dal fatto che sia stato effettuato o meno un trattamento preservante del legname utilizzato. – Legname non trattato. All’assemblaggio, l’umidità in ogni lamella deve essere compresa tra l’8% e il 15%. L’intervallo di umidità delle lamelle in un elemento di glulam non deve essere maggiore del 4%. – Legname trattato. All’assemblaggio, l’umidità in ogni lamella deve essere compresa tra l’11% e il 18%. L’intervallo di umidità delle lamelle in un elemento di glulam non deve essere maggiore del 4%.
Spessore e area della sezione trasversale Lo spessore finito e l’area della sezione trasversale di ogni lamella non devono essere maggiori dei valori indicati nel prospetto successivo: Massimo spessore finito t e massima area A della sezione trasversale delle lamelle da utilizzare nelle strutture delle classi di servizio menzionate.
Per gli elementi curvati lo spessore massimo è imposto anche dal raggio di curvatura r delle lamelle e dalla resistenza a flessione caratteristica dei giunti di testa. Lo spessore finito t deve essere conforme a
Fabbricazione Lamelle
(§6.4)
(§ 6.4.1)
Le singole lamelle devono essere giuntate di testa fino alla lunghezza finale prima della piallatura. Per ridurre l’imbarcamento e le incrinature, le lamelle con una larghezza maggiore di 200 mm devono essere scanalate. Quando le lamelle sono giuntate con giunti a dita, questi devono essere prodotti in conformità alla EN 385, applicandola pressione finale completa per almeno 1 s. Le lamelle devono essere piallate o finite in modo analogo prima dell’incollaggio.
Incollaggio
(§ 6.4.2)
Al momento dell’incollaggio le superfici delle lamelle devono essere pulite. La spalmatura dell’adesivo deve essere uniforme e in quantità sufficiente in conformità alle raccomandazioni del fabbricante dell’adesivo. Le lamelle devono generalmente avere il midollo rivolto verso lo stesso lato.
Figura 7.2
Serraggio
(§ 6.4.3)
La configurazione di serraggio deve assicurare una pressione uniforme sulla linea di colla. La pressione deve essere quella specificata nelle istruzioni del fabbricante dell’adesivo per l’adesivo utilizzato. I valori raccomandati sono: Pressioni di serraggio raccomandate per le conifere Spessore delle lamelle t, in mm
t ≤ 35
Pressione, in N/mm2
0,6
35 > t ≤ 45 0,8 con scanalature
1,0 senza scanalature
Durante il serraggio si deve mantenere una pressione sufficiente.
Indurimento e condizionamento
(§6.4.4)
Si devono seguire le istruzioni del fabbricante dell’adesivo. Il tempo dal serraggio iniziale, all’inizio dell’aumento della temperatura fino al livello di indurimento non deve essere maggiore di 8 h. Durante I’indurimento I’umidità relativa dell’aria non deve essere minore del 30%. Gli elementi di glulam non devono essere caricati o esposti a temperature minori di 15 °C fino al completo indurimento dell’adesivo.
CONTROLLO DI QUALITÀ
(§7)
Per assicurare che gli elementi di glulam prodotti siano conformi alla presente norma, il fabbricante deve attivare e mantenere un controllo documentato interno della produzione in fabbrica. Il controllo documentato della produzione in fabbrica deve essere efficientemente implementato per mezzo di procedure e istruzioni.
7.2
SINTESI UNI EN 391
Legno lamellare incollato Prova di delaminazione delle superfici di incollaggio Due metodi di delaminazione denominati A e B sono idonei per gli adesivi di tipo I come definiti nella EN 301, e un metodo denominato C è idoneo per gli adesivi di tipo II come definiti nella EN 301. I due metodi A e B hanno una durata di due giorni e mezzo rispettivamente e il metodo C richiede quattro giorni. Sono tutti idonei per il controllo di qualità giornaliero.
Prova di delaminazione delle superfici di incollaggio Si introduce un gradiente di umidità nel legno al fine di generare sollecitazioni interne. Ciò determina sollecitazioni di trazione perpendicolari alle superfici di incollaggio tali per cui una qualità di incollaggio inadeguata risulta nella delaminazione delle superfici di incollaggio.
Apparecchiatura – Autoclave: Un’autoclave progettata per resistere con sicurezza ad una pressione di almeno 600 kPa (700 kPa assoluta) e ad una depressione di almeno 85 kPa (15 kPa assoluta), ed equipaggiata con pompe o dispositivi simili in grado di fornire una pressione di almeno 600 kPa (700 kPa assoluta) e di generare una depressione di almeno 85 kPa (15 kPa assoluta). – Essiccatore: Un essiccatore dove l’aria circola ad una velocità compresa tra 2 m/s e 3 m/s, e ad una temperatura e un’umidità relativa come indicate nel prospetto seguente.
– Bilancia: Una bilancia in grado di determinare la massa con un’accuratezza di 5 g. – Cuneo metallico e martello di legno: Cuneo metallico e martello di legno in grado di spaccare le superfici di incollaggio aperte. – Preparazione dei provini: I provini devono essere preparati o selezionati in modo da essere rappresentativi della produzione corrente.
Provino tagliato da un elemento di legno lamellare Figura 7.3 incollato.
Procedimenti – Generalità: Prima di sottoporre i provini ai cicli di prova, misurare la lunghezza totale in millimetri delle superfici di incollaggio sulle superfici di estremità dei provini. – Misurazione e valutazione della delaminazione: La misurazione della delaminazione e la valutazione dei provini devono avere luogo non più tardi di 1 h dopo il trattamento di essiccazione finale. La delaminazione totale delle superfici di incollaggio in corrispondenza di entrambe le superfici di estremità dei provini deve essere misurata in millimetri.
7.3
SINTESI UNI EN 392
Legno lamellare incollato: Prova di resistenza a taglio delle superfici di incollaggio Scopo e campo di applicazione Misurazione della resistenza a taglio delle superfici di incollaggio parallele alla direzione della fibratura.
Prova di taglio delle superfici di incollaggio
(§6)
Principio Una sollecitazione di taglio viene applicata alla superficie di incollaggio fino a che non avviene la rottura
Apparecchio di prova Macchina di prova Una macchina di prova tarata con accuratezza 3%, in grado di applicare una forza di compressione al dispositivo di taglio descritto in seguito.
Dispositivo di taglio Un dispositivo di taglio come illustrato in figura 7.4. Il supporto cilindrico deve essere di tipo autoallineante in modo che il provino venga caricato in sezione trasversale con un campo di tensioni uniforme in direzione della larghezza.
Figura 7.4 Dispositivo di taglio con barra di prova inserita
Preparazione dei provini
(§6.3)
Provini Si deve prestare particolare attenzione nella preparazione dei provini per assicurare che le superfici caricate siano lisce e parallele fra di loro, e perpendicolari alla direzione della fibratura.
Figura 7.5 Il provino tipo, una barra di prova, e la numerazione delle singole superfici di incollaggio per una barra di prova tagliata nella parte inferiore della sezione trasversale.
Campionamento Le barre di prova devono essere tagliate da provini a sezione trasversale completa (…). Devono essere sottoposte a prova almeno 3 superfici di incollaggio in ciascuna delle parti inferiore, mediana e superiore. Se ci sono meno di 10 strati di lamelle, tutte le superfici di incollaggio devono essere sottoposte a prova. La prova a taglio deve includere nei limiti del possibile l’intera larghezza della sezione trasversale dell’elemento di legno lamellare incollato. Il numero delle barre di prova da prelevare deve essere conforme a quanto riportato nel prospetto seguente. Numero delle barre di prova
Figura 7.6 Barre di prova da tagliare da provini a sezione trasversale completa.
Per sottoporre a prova superfici di incollaggio interne all’elemento di legno lamellare incollato, si devono prelevare delle carotine.
Marcatura Ciascuna barra di prova deve essere marcata con un’identificazione durevole. Questa deve indicare la posizione della barra di prova all’interno della sezione trasversale dell’elemento di legno lamellare incollato.
Procedura I provini devono essere condizionati al contenuto di umidità di equilibrio in atmosfera normale 20/65, riportata nella ISO 554, cioè temperatura (20 ± 2) °C e umidità relativa (65 ± 5)%. Per il controllo di qualità interno il
contenuto di umidità del legno deve essere uniforme in tutto il provino e compreso tra l’8% ed il 13%. Misurare le dimensioni da cui viene determinata I’area sottoposta a taglio con una approssimazione di 0,5 mm. Usare, per esempio, un calibro a corsoio. Posizionare il provino nel dispositivo di taglio in modo che esso risulti caricato in direzione della fibratura. La superficie di incollaggio deve essere posizionata in modo che la distanza fra questa e il piano di taglio non ecceda in alcun punto 1 mm. L’applicazione del carico deve essere effettuata a velocità costante, in modo che la rottura avvenga dopo almeno 20 s. Stimare la percentuale di rottura nel legno arrotondata al multiplo di 5 più vicino. Da ciascuna barra di prova sottoposta a prova, con almeno 5 superfici di incollaggio intatte, una parte deve essere marcata con il numero d’ordine, il numero dell’elemento, la data di incollaggio e la posizione del provino secondo 6.3.3, e conservato per un periodo concordato con I’ente preposto alla certificazione.
- Risultati Determinare la resistenza a taglio fv con due cifre significative mediante la seguente equazione:
fv = F/A dove: A è I’area sottoposta a taglio. Per una barra di prova A = b t, e per una carotina con A = l · t; k è un coefficiente di correzione: k = 0,78 + 0,00441 ; t è lo spessore, in millimetri.
7.4
SINTESI UNI EN 408
Strutture di legno: legno massiccio e legno lamellare incollato Determinazione di alcune proprietà fisiche e meccaniche Scopo e campo di applicazione
(§1)
Metodi di prova per la determinazione delle seguenti proprietà del legno massiccio e del legno lamellare incollato: modulo di elasticità a flessione; modulo di taglio; resistenza a flessione; modulo di elasticità a trazione parallela alla fibratura; resistenza a trazione parallela alla fibratura; modulo di elasticità a compressione parallela alla fibratura; resistenza a compressione parallela alla fibratura; modulo di elasticità a trazione perpendicolare alla fibratura; resistenza a trazione perpendicolare alla fibratura; modulo di elasticità a compressione perpendicolare alla fibratura; resistenza a compressione perpendicolare alla fibratura e resistenza a taglio. Inoltre è specificata la determinazione delle dimensioni, dell’umidità e dalla massa volumica dei provini. I metodi si applicano a forme rettangolari e circolari (di sezione trasversale sostanzialmente costante) di legno massiccio non giuntato o di legno massiccio giuntato a dita e di legno lamellare incollato. Le dimensioni del provino devono essere misurate con accuratezza pari all’1%. L’umidità del provino deve essere determinata in conformità alla EN 13183-1 su una sezione prelevata dal provino. La massa volumica dell’intera sezione trasversale del provino deve essere determinata su una sezione prelevata dal provino stesso. Le prove devono essere eseguite su pezzi condizionati all’ambiente normale di (20 ± 2) °C e (65 ± 5)% di umidità relativa. Un provino è condizionato quando raggiunge una massa costante.
Determinazione del modulo di elasticità a flessione locale
(§9)
Il provino deve avere una lunghezza minima pari a 19 volte I’altezza della sezione.
Il provino deve essere semplicemente appoggiato e caricato simmetricamente a flessione, appoggiando su due punti che coprono una luce pari a 18 volte I’altezza come illustrato in figura 7.7. Il carico deve essere applicato a velocità costante. La velocità di spostamento della testa di applicazione del carico non deve essere maggiore di 0,003 h mm/s (vedere figura 7.7). Il carico massimo applicato non deve essere maggiore di 0,4 Fmax.
Figura 7.7 Geometria di prova per la misurazione del modulo di elasticità a flessione locale.
L’apparecchiatura di carico utilizzata deve avere una precisione del 1%. La deformazione w deve essere considerata come la media delle misurazioni su entrambe le facce in corrispondenza dell’asse neutro e deve essere misurata al centro di una lunghezza di riferimento centrale pari a cinque volte I’altezza della sezione. Il carico di rottura medio (Fmax) del materiale sottoposto a prova si deve ottenere da prove su almeno 10 pezzi. Utilizzando i dati ottenuti dalla prova del modulo di elasticità locale, tracciare il grafico carico/deformazione. Utilizzare la sezione del grafico tra 0,1 Fmax e 0,4 Fmax. Calcolare il modulo di elasticità locale dall’espressione seguente:
dove: F2 – F1
è un incremento del carico in newton sulla linea di regressione con un coefficiente di correlazione di 0,99 o migliore, e
W2 – W1
è I’incremento di deformazione in millimetri corrispondente a F2 – F1.
Figura 7.8 Grafico carico-deformazione entro il campo di deformazione elastica.
Determinazione del modulo di elasticità a flessione globale
(§10)
Il provino deve avere una lunghezza minima pari a 19 volte l’altezza della sezione. Il provino deve essere caricato simmetricamente a flessione, appoggiando su due punti che coprono una luce pari a 18 volte l’altezza come illustrato in figura 7.9. Il carico deve essere applicato a velocità costante. La velocità di spostamento della testa di applicazione del carico non deve essere maggiore di 0,003 hmm/s (vedere figura 7.9). Il carico massimo applicato non deve essere maggiore di 0,4 Fmax o causare danno al pezzo.
Figura 7.9 Geometria di prova per la misurazione del modulo di elasticità a flessione globale.
Espressione dei risultati Il modulo di elasticità a flessione globale, con simboli analoghi al paragrafo precedente, è dato dall’espressione:
Determinazione del modulo di taglio – metodo della luce singola
(§11)
Generalità: determinazione del modulo di elasticità a flessione locale Em,l e del modulo di elasticità apparente Em,app per lo stesso tratto di provino.
Calcolo del modulo di taglio Il modulo di taglio G è dato dall’equazione:
dove kG = 1,2 per sezioni trasversali rettangolari o quadrate. Il modulo di elasticità apparente Em,app è dato dall’equazione:
Metodo della luce variabile Questo metodo implica la determinazione del modulo di elasticità apparente Em,app per ciascun provino su diverse luci con la stessa sezione trasversale al centro. Il provino deve avere una lunghezza minima pari a 21 volte I’altezza della sezione. Il provino deve essere caricato a flessione in mezzeria su almeno quattro luci differenti con la stessa sezione trasversale al centro di ognuna. Le luci devono essere scelte in modo da presentare incrementi
approssimativamente uguali di tra di esse, entro I’intervallo da 0,002 5 a 0,035.
Modulo di taglio Il modulo di taglio G è dato dall’equazione G = kG/K1 dove: kG = 1,2 per sezioni trasversali rettangolari o quadrate, e K1 è la pendenza della linea retta.
Determinazione della resistenza a flessione
(§13)
Il provino deve normalmente avere una lunghezza minima pari a 19 volte I’altezza della sezione trasversale. Il provino deve essere caricato simmetricamente a flessione, appoggiando su due punti che coprono una luce pari a 18 volte I’altezza come illustrato in figura 7.1.
Espressione dei risultati La resistenza a flessione fm è data dall’equazione fm = a · Fmax/(2W).
Determinazione modulo di elasticità a trazione parallela alla fibratura Il provino deve avere sezione trasversale corrispondente all’intera sezione strutturale, e lunghezza sufficiente a presentare un tratto di prova non influenzato dagli afferraggi della macchina di prova di lunghezza pari ad almeno nove volte la maggiore dimensione della sezione trasversale. Il provino deve essere caricato utilizzando dispositivi di afferraggio che permettano per quanto possibile I’applicazione di un carico di trazione senza indurre flessione. I dispositivi di afferraggio e le condizioni effettive di carico utilizzati devono essere riportati nel resoconto di prova. Il modulo di elasticità a trazione Et/0 è dato dall’equazione
Determinazione della resistenza a trazione parallela alla fibratura
(§15)
La resistenza a trazione ft,0 è data dall’equazione ft,0 = Fmax/A
Determinazione del modulo di elasticità a compressione parallela alla fibratura
(§16)
Il modulo di elasticità a compressione Ec,0 è dato dall’equazione:
Determinazione della resistenza a compressione parallela alla fibratura
(§17)
La resistenza a compressione fc,0 è data dall’equazione fc,0 = Fmax/A
Determinazione delle resistenze a trazione e a compressione perpendicolari alla fibratura
(§18)
La fabbricazione dei provini deve essere tale da consentire I’applicazione dei carichi al provino. Per le prove di trazione il provino deve essere incollato a piastre di acciaio. Il processo di incollaggio deve essere in grado di garantire la posizione specificata del provino durante le prove. Le superfici caricate devono essere accuratamente preparate per assicurare che siano piane e parallele tra loro e perpendicolari all’asse del
provino. Questa condizionamento.
preparazione
deve
essere
eseguita
dopo
Provini
Figura 7.10 Provino legno massiccio; legno lamellare e principio della prova.
Espressione dei risultati - Compressione perpendicolare alla fibratura La resistenza a compressione fc,90 deve essere determinata dall’equazione:
fc,90 = Fc,90,max/(b · l)
- Trazione perpendicolare alla fibratura La resistenza a trazione ft/90 deve essere determinata dall’equazione:
il
ft,90 = Ft,90,max/(b · l)
Determinazione del modulo di elasticità perpendicolare alla fibratura
(§19)
Si devono utilizzare due estensimetri, che devono essere posizionati in modo da minimizzare gli effetti della distorsione. La deformazione nella direzione di carico si riferisce al centro della sezione caricata ed è calcolata sulla base delle misurazioni su due lati opposti del provino.
Espressione dei risultati Compressione perpendicolare alla fibratura Il modulo di elasticità Ec,90 deve essere calcolato dall’equazione:
dove: F40 F10
è un incremento del carico sul tratto rettilineo della curva di carico deformazione, in newton. F10 deve essere il 10% e F40 deve essere il 40% di Fc,90,max;
w40 w10
è l’incremento di deformazione corrispondente a F40 - F10, in millimetri.
Figura 7.11 Diagramma di carico-deformazione (compressione).
La determinazione di Fc,90,max può essere effettuata utilizzando il processo iterativo da figura.
Trazione perpendicolare alla fibratura Il modulo di elasticità Et,90 deve essere calcolato dall’equazione:
con lo stesso significato dei simboli del paragrafo precedente.
Determinazione della resistenza a taglio parallelo alla fibratura
(§20)
Il provino deve essere incollato a piastre di acciaio. Le piastre di acciaio devono essere rastremate come illustrato in figura 7.12.
Tutte le superfici devono essere accuratamente preparate per assicurare che le superfici adiacenti siano perpendicolari e le superfici opposte siano parallele tra loro. Questa preparazione deve essere eseguita dopo il condizionamento. I provini devono soddisfare i requisiti illustrati in figura 7.12. I valori delle dimensioni devono essere i seguenti:
l = (300 ± 2) mm; b = (32 ± 1) mm; h = (55 ± 1) mm. Lo spessore delle piastre di acciaio deve essere (10 ± 1) mm.
Figura 7.12 Provino di legname incollato alle piastre di acciaio.
Applicazione del carico
Il provino deve essere montato in una macchina di prova come illustrata in figura 7.10. Il provino deve essere allineato in modo da mantenere un contatto continuo nei punti di applicazione dei carichi lineari F. L’angolo tra la direzione di carico e I’asse centrale longitudinale del provino deve essere di 14°.
Figura 7.13 Applicazione del taglio al provino.
Espressione dei risultati La resistenza a taglio fv deve essere determinata dall’equazione: fv = (Fmax · cos 14°)/(b · l).
Resoconto di prova
(§21)
Il resoconto di prova deve includere dettagli relativi al provino, al metodo di prova utilizzato e ai risultati della prova.
Provino Devono essere fornite le informazioni seguenti: a) descrizione del provino, specifica e qualità del materiale: specie o tipo, classe, massa volumica, scostamenti dalle specifiche, caratteristiche che riducono la resistenza, dimensioni dei difetti; b) dimensioni del provino. Inoltre, per il legno lamellare incollato, il tipo di colla utilizzato e I’orientamento e il numero di lamelle; c) nazione, regione o segheria di provenienza del materiale campionato. Inoltre, per il legno lamellare incollato, la fabbrica di origine; d) metodo di selezione dei provini; e) metodo di condizionamento; f) qualsiasi altra informazione che possa avere influito sui risultati di prova, per esempio il processo di essiccazione.
Metodo di prova Devono essere fornite le informazioni seguenti: a) metodi di prova utilizzati; b) temperatura e umidità relativa al momento della prova; c) descrizione del dispositivo di prova del carico, dell’apparecchiatura di prova e degli strumenti di misurazione utilizzati; d) qualsiasi altra informazione che possa avere influito sull’utilizzo dei risultati di prova.
Risultati di prova Per ogni provino si devono normalmente fornite le informazioni seguenti: a) umidità al momento della prova; b) massa volumica; c) dimensioni effettive; d) valori dei moduli di elasticità e/o delle resistenze;
e) posizione e modalità di rottura. Eventuali parti delle aree incollate nella sezione di rottura devono essere registrate; f) tempi per raggiungere il carico massimo; g) qualsiasi altra informazione che possa avere influito sull’utilizzo dei risultati di prova.
7.5
SINTESI UNI EN 408
Strutture di legno; Metodi di prova Determinazione del momento di snervamento degli elementi meccanici di collegamento di forma cilindrica: Chiodi Scopo e campo di applicazione
(§1)
Metodi di prova per la determinazione del momento di snervamento di chiodi di diametro ≤ 8 mm. Chiodi con gambo liscio, profilato, a sezione quadrata, sezione ovale. Il momento di snervamento del chiodo è il minore tra il momento indotto dal carico massimo o da quello che induce una deformazione con angolo a 45°. La prova consiste nel caricare il chiodo come in fig. 14 con l1 e l2 >2d (due volte il diametro del gambo).
Figura 7.14 Applicazione del carico al chiodo.
Figura 7.15 Deformazione del chiodo.
Il diagramma dei momenti applicato è del tipo seguente
Figura 7.16 Momento My sul chiodo.
Il valore My calcolato è il minore tra My = min[F1 · l1; F3 · l3].
Figura 7.17 Apparecchiatura per la prova a flessione sui chiodi.
Con riferimento alla macchina di prova illustrata nell’appendice della norma il momento di snervamento è dato da:
in cui Fmax (Newton) è il carico massimo rilevato; Glev il peso della leva (Newton); l2 lunghezza libera del chiodo (mm) e l4 la lunghezza della leva.
Resoconto di prova
(§21)
Il resoconto di prova deve contenere le informazioni seguenti: a) descrizione chiodi; b) descrizione apparecchiatura di prova; c) posizione della lunghezza libera del chiodo durante la prova; d) i grafici che riportano i valori del carico e del corrispondente angolo di deformazione; e) il momento di snervamento.
7.6
SINTESI UNI EN 599.1
Durabilità del legno e dei prodotti a base di legno Prestazioni dei preservanti del legno, utilizzati a scopo preventivo, determinate mediante prove biologiche. Specifiche secondo le classi di rischio Scopo e campo di applicazione
(§1)
Si specifica, per ciascuna delle cinque classi di rischio definite nella EN 335-1, i requisiti minimi di prestazione per preservanti del legno utilizzati per il trattamento preventivo contro il degradamento biologico del legno massiccio; specifica le prove biologiche con le prove d’invecchiamento minimo richieste per classe di rischio, come anche i criteri per le prestazioni da raggiungere in ciascuna prova.
Attribuzione della classe di rischio Il preservante del legno deve essere designato da uno o più numeri specifici di classe appropriata per l’uso in una o più classi di rischio indicate nella UNI EN 335-1.
Prestazioni
(§5)
Requisiti principali Il preservante del legno deve essere sottoposto a prova secondo le prove specificate nella norma, tenendo presente i seguenti punti: a) la classe di rischio considerata; b) il metodo di applicazione; c) il tipo di legno a cui si intende applicarlo
d) da quale specie di insetti occorre (se necessario) proteggerlo; e) l’utilità di una pittura o di altro tipo di rivestimento. In genere, nelle norme europee di prove biologiche che prevedono il calcolo della soglia di efficacia, il v.r.b. deve essere la soglia di efficacia media (s.e.m.); Il dilavamento secondo EN 84 non è prescritto per i prodotti destinati al trattamento del legno per le classi di rischio 1 e 2 quando saranno riparati dall’esposizione prolungata alla pioggia o da altre forme di umidificazione accidentale e temporanea nel corso del trasporto o della loro messa in opera.
Prove per determinare l’efficacia di un prodotto secondo la classe di rischio
(§6)
Classe di rischio 1 I preservanti per la classe di rischio 1, applicabili mediante trattamenti superficiali o mediante impregnazione, devono presentare un’efficacia conforme ai criteri del prospetto 1 nei confronti di: a) quei singoli insetti verso i quali l’attività è richiesta o prescritta, oppure: per i prodotti a base di insetticida(i) per i quali esistono dati pubblicati di prove secondo metodi normalizzati europei che indicano livelli di attività molto differenti sui diversi insetti [vedere requisito 5.3.2 b)]; b) l’insetto meno sensibile a tale insetticida, oppure: per i prodotti a base di insetticida(i) per i quali esistono dati pubblicati di prove secondo metodi normalizzati europei che indicano livelli di attività più o meno uguali sui diversi insetti [vedere requisito 5.3.2 c)]; c) Hylotrupes bajulus come insetto di riferimento. Non si richiedono le prove dopo dilavamento secondo EN 84, a meno che non vi sia il dubbio di una protezione inefficace nel caso di esposizioni prolungate alla pioggia o ad altre forme di umidificazione accidentale e
temporanea durante il trasporto e la messa in opera, nel qual caso si applicano i requisiti al punto 5.3.4.
Classe di rischio 2 I preservanti per la classe di rischio 2, applicabili mediante trattamenti superficiali o mediante impregnazione, devono presentare un’efficacia conforme ai criteri del prospetto 2 nei confronti dei funghi basidiomiceti xilofagi, con esclusione di Coriolus versicolor, dopo invecchiamento secondo EN 73. Inoltre, se è richiesta o prescritta una attività insetticida, per ciascun prodotto dovrà essere dimostrata l’efficacia nei confronti degli agenti biologici pertinenti utilizzando le opportune prove sopraelencate per la classe di rischio 1. Non si richiedono le prove dopo dilavamento secondo EN 84 a meno che sia incerta una efficace protezione per le esposizioni prolungate alla pioggia o ad altre forme di umidificazione accidentale e temporaneo durante il trasporto e la messa in opera, nel qual caso si applicano i requisiti in 5.3.4. Nel caso che sia richiesta o prescritta un’efficacia biologica supplementare contro i funghi agenti dell’azzurramento del legno in opera, il prodotto deve presentare un’efficacia in conformità alle disposizioni delle EN 152-1 o EN 152-2, che figurano nel prospetto 2, ma solamente dopo invecchiamento con evaporazione secondo EN 73 invece che dopo invecchiamento naturale come specificato nelle EN 152-1 ed EN 152-2.
Classe di rischio 3 I preservanti del legno per la classe di rischio 3, applicabili mediante trattamenti superficiali o mediante impregnazione, devono presentare un’efficacia conforme ai criteri del prospetto 3: a) nei confronti dei funghi basidiomiceti xilofagi in conformità con EN 113 dopo EN 73 e dopo EN 84 separatamente con esclusione di Coriolus versicolor, a meno che si applichi il requisito in 5.3.14, oppure: per prodotti destinati all’uso insieme ad una pittura od ad altro
rivestimento o con altro dispositivo di protezione applicato prima dell’esposizione in servizio, che impedisca il dilavamento del preservante; b) nei confronti dei funghi basidiomiceti xilofagi in conformità con EN 113 dopo EN 73 solamente, con esclusione di Coriolus versicolor, a meno che si applichi il requisito in 5.3.14, ed il prodotto debba corrispondere ai requisiti prestazionali indicati nel prospetto 3 per EN 330 dopo un periodo minimo di cinque anni; Inoltre, per i prodotti per i quali è richiesta o prescritta una attività insetticida. c) nei confronti degli agenti biologici pertinenti utilizzando le prove appropriate elencate nel prospetto 1 per la classe di rischio 1 di cui sopra, ma anche dopo una prova a parte di dilavamento secondo EN 84 a meno che il prodotto sia destinato ad essere utilizzato sotto un rivestimento (vedere requisito 5.3.4). Laddove sia richiesta o prescritta un’efficacia biologica supplementare nelle prove in campo contro Coriolus versicolor o contro i funghi cromogeni agenti dell’azzurramento in servizio, il prodotto deve dimostrare un’efficacia conforme ai requisiti delle EN 330, EN 113 (comprendendo anche Coriolus versicolor) e/o EN 152-1 o EN 152-2 rispettivamente come indicato nel prospetto 3.
Classe di rischio 4 I preservanti del legno per la classe di rischio 4 devono presentare un’efficacia conforme ai criteri del prospetto 4 nei confronti: a) dei funghi basidiomiceti xilofagi in conformità con EN 113 dopo EN 73 e dopo EN 84 separatamente compreso Coriolus versicolor su faggio e/o su pino silvestre, e; b) dei funghi agenti della carie soffice secondo ENV 807. Inoltre, per i prodotti per i quali è richiesta o prescritta una attività insetticida, il prodotto deve presentare un’efficacia nei confronti degli agenti biologici pertinenti utilizzando le prove appropriate elencate nel
prospetto 1 per la classe di rischio 1 di cui sopra, ma anche dopo una prova a parte di dilavamento secondo EN 84 (vedere requisito 5.3.4). Laddove sia richiesta o prescritta un’efficacia biologica supplementare nelle prove in campo o contro i funghi cromogeni agenti dell’azzurramento in servizio, il prodotto deve presentare un’efficacia conforme ai requisiti definiti per le prove secondo EN 252 oppure EN 152-2 come conviene, come indicato nel prospetto 4.
Classe di rischio 5 I preservanti del legno per la classe di rischio 5 devono presentare un’efficacia conforme ai criteri del prospetto 5 nei confronti: a) dei funghi basidiomiceti xilofagi in conformità con EN 113 dopo EN 73 e dopo EN 84 separatamente e compreso Coriolus versicolor su faggio e/o su pino silvestre, e; b) dei funghi agenti della carie soffice secondo ENV 807, e; c) degli organismi marini perforanti in conformità ad EN 275 dopo un periodo minimo di cinque anni. Inoltre, per i prodotti per i quali è richiesta o prescritta un’attività insetticida, il prodotto deve presentare un’efficacia nei confronti degli agenti biologici pertinenti utilizzando le prove appropriate elencate nel prospetto 1 per la classe di rischio 1 di cui sopra, ma anche dopo una prova a parte di dilavamento secondo EN 84 (vedere requisito 5.3.4). Laddove sia richiesta o prescritta un’efficacia biologica supplementare contro i funghi cromogeni agenti dell’azzurramento in servizio, il prodotto deve presentare un’efficacia conforme ai requisiti definiti per le prove secondo EN 152-2, come indicato nel prospetto 5.
Calcolo dei valori critici
(§7)
Il valore di riferimento biologico è ricavato dai risultati di ciascuna prova biologica specifica e deve essere uguale od inferiore al valore massimo di applicazione.
Il valore critico è il valore di riferimento biologico più elevato ottenuto da tutte le prove svolte tra quelle elencate nella presente norma europea per una data classe di rischio. È la quantità minima di prodotto necessario avente efficacia per quella data classe di rischio secondo le prove svolte. Il valore critico per i prodotti da applicare con trattamenti superficiali deve essere espresso in grammi per metro quadrato. Il valore critico per i prodotti da applicare con trattamenti di impregnazione deve essere espresso in kilogrammi per metro cubo. I valori critici ricavati mediante metodi di prova europei normalizzati datati che saranno in seguito rivisti, devono rimanere validi a meno che il metodo normalizzato rivisto indichi diversamente.
Marcatura Il prodotto deve essere marcato in conformità alla EN 599-2 con il numero della classe di rischio, il valore critico e le altre informazioni specificate nella EN 599-2 per ciascuna classe di rischio per cui è stata stabilita la conformità.
Identificazione del prodotto e controllo
(§9)
Tipo di prova Sottoporre a prova un campione rappresentativo del prodotto in conformità ai metodi specificati come il minimo per ogni classe di rischio (con tutte le prove complementari) in funzione dell’efficacia dichiarata. I resoconti delle prove effettuate devono essere conservati dal fabbricante del preservante con una copia della dichiarazione di identificazione del prodotto fornita con il campione sottoposto a prova, per tutto il tempo che il prodotto è in commercio e per un periodo di cinque anni dal momento in cui il prodotto sarà ritirato dal commercio.
Identificazione del preservante
Deve essere redatta una dichiarazione scritta di identificazione del prodotto da allegare al campione di preservante. Essa deve indicare: a) la denominazione od altra designazione del preservante da sottoporre a prova; b) la composizione del preservante da sottoporre a prova. Ciò deve comprendere, se disponibili, la designazione chimica, il numero CAS, EINECS o ELINCS ed il nome comune o del commercio del(dei) principio(i) attivo(i) insieme ad una generica descrizione dei coformulanti (per esempio co-solvente, resina) presenti nel preservante e la composizione in termini di percentuale massa/massa di tali principi. La somma delle percentuali dovrà essere uguale a 100%. Devono essere fornite informazioni relative alla sicurezza; c) il risultato dell’analisi del campione reale sottoposto a prova. Ciò deve in ciascun caso comprendere l’analisi dei principi attivi. Indicare nella dichiarazione scritta, se l’analisi è effettuata secondo un sistema di qualità. Controllo di produzione: Il fabbricante deve effettuare un controllo interno permanente della propria produzione utilizzando i principi indicati nella EN ISO 9002.
Metodi di applicazione (appendice B) L’efficacia di un preservante del legno dipende in parte dal metodo utilizzato per applicarlo. I preservanti del legno sono formulati per essere applicati con specifici procedimenti di applicazione, ed i metodi usati per controllare la loro efficacia ed idoneità all’uso ne devono tenere conto. I metodi biologici di prova della presente parte della EN 599 in generale tengono conto il probabile metodo di applicazione da utilizzare e prescrivono in modo specifico come il preservante deve essere applicato per rispondere agli obiettivi della prova. La gamma di metodi di applicazione disponibile è in pratica molto ampia e le prove biologiche di laboratorio della normativa europea non possono specificamente adattarsi a ciascuno di essi. Per gli scopi della presente parte della EN 599 i preservanti del legno sono classificati secondo
l’uso che ne verrà fatto sia solamente per procedimenti di applicazione superficiale, sia solamente per procedimenti di impregnazione sia per i due tipi di trattamento.
7.7
SINTESI UNI EN 599.2
Durabilità del legno e dei prodotti a base di legno Prestazioni dei preservanti del legno, utilizzati a scopo preventivo, determinate mediante prove biologiche Classificazione ed etichettatura Scopo e campo di applicazione
(§1)
Si specifica per ciascuna delle cinque classi di rischio definite nella EN 335-1, i requisiti per la classificazione e la marcatura dei preservanti del legno secondo le loro prestazioni e la loro idoneità all’uso.
Classificazione
(§4)
Generalità Quando sottoposti a prova secondo la EN 599-1 i preservanti del legno devono essere classificati secondo le loro prestazioni e non secondo il loro stato fisico, chimico e la composizione. La classificazione deve essere definita sulla base dei seguenti elementi: – minima efficacia biologica secondo la classe di rischio; – caratteristiche delle procedure di applicazione; – efficacia biologica supplementare;
– valore(i) critico(i).
Classe di rischio Il preservante del legno deve essere classificato come adatto ad una particolare classe di rischio secondo le prestazioni controllate conformemente alla EN 599-1. I preservanti adatti all’uso in classi di rischio diverse devono essere classificati ed etichettati con il numero di ciascuna classe di rischio di cui soddisfano le condizioni.
Caratteristiche di applicazione Il preservante del legno deve essere classificato come adatto ad un trattamento superficiale, oppure ad un trattamento di impregnazione, oppure ad entrambi i tipi di trattamento, specificando che vengono rispettate le specifiche della EN 599-1. Del preservante deve essere classificato in modo da indicare se esso deve essere utilizzato solamente quando è protetto contro l’inumidimento diretto con una vernice od altro rivestimento, applicato prima che il legno trattato sia posto in opera. Il preservante deve essere classificato in modo da riportare la sua idoneità all’uso per legno di conifera, di latifoglia o per ambedue e in modo da indicare qualsiasi altra possibilità di prestazioni supplementari che occorrono per rispondere a condizioni locali, ai requisiti del progettista od alle richieste del fabbricante (vedere appendice F della EN 599-1).
Valore critico Il preservante del legno deve essere classificato in modo da indicare il suo valore critico per ciascuna classe di rischio, ciascuna procedura d’applicazione e ciascun tipo di legno, per i quali sono state effettuate prove appropriate e per i quali sono stati stabiliti valori di riferimento biologici.
Informazione che deve fornire il produttore
Il produttore deve fornire almeno le informazioni seguenti: a) denominazione e/o numero di codice del prodotto; b) principio(i) attivo(i) e sue(loro) di quantità o proporzioni; c) il(i) metodo(i) di analisi per la determinazione dei principi attivi nel preservante pronto per l’uso; d) il(i) metodo(i) di determinazione della penetrazione, della ritenzione quantitativa del prodotto nel legno; e) il valore critico in grammi per metro quadrato o kilogrammi per metro cubo.
Marcatura Il contenitore del prodotto deve essere marcato od essere accompagnato con le seguenti informazioni: a) nome del prodotto: b) numero della presente europea:
norma
EN 599;
1, 2, 3, 4 o 5;
trattamento solamente c) codice della o delle classi di rischio superficiale, solamente per adatte al prodotto: impregnazione oppure entrambi;
d) procedimento di applicazione: adatto solamente con un e) se il prodotto deve essere usato con rivestimento, oppure adatto senza un rivestimento: rivestimento;
f) tipo di legno su cui il prodotto deve solamente latifoglia, solamente conifera o pure entrambi;
essere applicato: combinazioni applicabili: g) efficacia biologica supplementare: – tutti gli insetti xilofagi; – Anobium punctatum; – Hylotrupes bajulus; – Lyctus brunneus; – termiti;
h) valore critico corrispondente alla – Coriolus versicolor; classe di rischio/procedimento di – azzurramento; applicazione/tipo di legno: – prove in campo; i) il dosaggio di applicazione in grammi per metro quadrato raccomandato o la ritenzione oppure in kilogrammi per metro suggerita dal produttore: cubo; in grammi per metro quadrato oppure in kilogrammi per metro cubo.
7.8
SINTESI UNI EN 1194
Strutture di legno: Legno lamellare incollato Classi di resistenza e determinazione dei valori caratteristici Scopo e campo di applicazione
(§1)
Si specifica un sistema di classi di resistenza per legno lamellare incollato a lamelle orizzontali, costituito da quattro o più lamelle. È definito un certo numero di classi di resistenza e sono forniti valori caratteristici per le resistenze, le proprietà di rigidezza e le masse volumiche. La norma è al momento limitata al legno lamellare incollato di conifere.
Classi di resistenza
(§5)
Il prospetto 1 e il prospetto 2 forniscono i valori caratteristici per le proprietà di resistenza, di rigidezza e di massa volumica per quattro classi di resistenza normalizzate.
I valori di resistenza a flessione sono riferiti a elementi aventi altezza h pari a 600 mm. I valori di trazione parallela alla fibratura sono riferiti a elementi aventi larghezza h pari a 600 mm. Prospetto 1 Valori caratteristici per le proprietà di resistenza e di rigidezza in N/mm2 e di massa volumica in kg/m3 (per legno lamellare incollato omogeneo).
Prospetto 2 Valori caratteristici per le proprietà di resistenza e di rigidezza in N/mm2 e di massa volumica in kg/m3 (per legno lamellare incollato combinato).
Conformità
(§6)
Gli elementi di legno lamellare incollato si possono considerare conformi ai requisiti per una data classe di resistenza quando soddisfano i requisiti citati in seguito.
Conformità basata su prove Un elemento di legno lamellare incollato può essere assegnato a una delle classi di resistenza fornite nei prospetti 1 e 2 se le sue proprietà caratteristiche, derivate da prove in accordo con le EN 408 e EN 1193, sono non minori dei valori riportati in quei prospetti. Si assume che i provini a flessione abbiano un’altezza h pari a 600 mm o maggiore, e uno spessore b pari a 150 mm o maggiore. Si assume che i provini a trazione abbiano un’altezza h di 600 mm o maggiori e uno spessore b di 150 mm o maggiore. Se le dimensioni della sezione trasversale sono minori di questi valori di riferimento, i risultati di prova devono essere moltiplicati per:
provini devono avere almeno un giunto di testa nelle lamelle in cui la tensione di trazione è massima.
Conformità basata su calcoli Le lamelle devono possedere le caratteristiche meccaniche (derivate in conformità alle EN 384 e EN 408) necessarie a conferire al legno lamellare incollato proprietà meccaniche uguali o maggiori dei valori forniti nei prospetti 1 e 2. Le espressioni matematiche per il calcolo delle proprietà meccaniche del legno lamellare incollato a partire dalle proprietà delle lamelle sono fornite nell’appendice A. Esse devono essere utilizzate per determinare le proprietà meccaniche di legno lamellare incollato per le classi di resistenza dei
prospetti 1 e 2 e possono essere anche utilizzate per calcolare le caratteristiche meccaniche del legno lamellare incollato non corrispondente alle presenti classi di resistenza. I requisiti fondamentali per le lamelle usati nelle espressioni matematiche dell’appendice A sono la resistenza caratteristica a trazione e il modulo di elasticità media a trazione. La massa volumica delle lamelle è una proprietà indicativa. Queste proprietà devono essere desunte dai valori tabulati nella EN 338, oppure derivati in conformità ai seguenti principi: Nel caso non vengano usati i valori della EN 338, la determinazione della resistenza caratteristica a trazione deve essere basata su prove condotte conformemente alla EN 408 e calcolata conformemente ai principi forniti dalla EN 384, con le seguenti eccezioni: Se le dimensioni dei provini sono minori delle dimensioni di riferimento (h = 150 mm, l = 2 000 mm), i risultati delle prove devono essere moltiplicati per:
Il modulo di elasticità a trazione deve essere misurato su una zona scelta a caso all’interno della lunghezza del provino. La base di misura deve essere pari ad almeno cinque volte la larghezza del provino. Il coefficiente kv previsto dalla EN 384 per il legname classificato a macchina deve essere preso uguale a 1,0 (§6.3.2) I giunti di testa di tutte le lamelle devono soddisfare almeno uno dei requisiti seguenti a e b.
– Requisito (a): ft,j,k ≥ 5 + ft,0,l,k dove:
ft,j,k
è la resistenza caratteristica a trazione del giunto di testa della lamella a tutta larghezza determinata in conformità alla EN 408, ma con un provino netto da nodi avente una lunghezza libera di 200 mm, espressa in newton al millimetro quadro, e invece:
ft,0,l,k
è la resistenza caratteristica a trazione delle lamelle, come definita in 6.3.1, espressa in newton al millimetro quadro.
• Requisito (b): fm,j,k ≥ 8 + 1,4 ft,0,l,k dove:
fm,j,k
è la resistenza caratteristica a flessione del giunto di testa della lamella a tutta larghezza determinata in conformità alla EN 386 mediante prova di flessione ‘‘di piatto’’, espressa in newton al millimetro quadro, e
ft,0,l,k
è la resistenza caratteristica a trazione delle lamelle, come definita in 6.3.1, espressa in Newton al millimetro quadro.
7.9
SINTESI UNI EN 1195
Metodi di prova: comportamento di assiti portanti di solai Scopo e campo di applicazione
(§1)
Si specificano metodi di prova per la determinazione del comportamento di assiti portanti di solai soggetti a: – un determinato carico statico concentrato (dovuto, per esempio, alle azioni riferibili a persone, mobili e attrezzature), – determinati carichi di impatto (per esempio dovuti alle azioni riferibili a persone che si muovono). L’assito considerato è costituito da tavole, tavole lamellari o pannelli a base di legno su travetti di legno.
Principio L’assito sottoposto a prova deve essere collocato orizzontalmente su una base rigida, devono essere applicati gli appropriati carichi statici o di impatto, devono essere misurate le corrispondenti deformazioni e devono essere rilevati i danni.
Apparecchiatura
(§6.2)
Prova di carico statico (§6.2.1). L’attrezzatura di prova utilizzata deve essere in grado di misurare il carico con una precisione pari al 2% del carico applicato, oppure, per carichi minori del 10% del carico massimo, con una precisione pari allo 0,2% del carico massimo. Le deformazioni devono essere misurate con una precisione pari a 0,05 mm per valori fino a 2,5 mm, e 0,1 mm per valori maggiori di 2,5 mm. L’apparecchiatura di prova, mostrata schematicamente nell’appendice A (la quale è usata fondamentalmente per mostrare una disposizione tipica per le prove su assiti di solaio), consiste delle seguenti parti: a) basamento rigido in elementi di acciaio strutturale (o equivalente) collocati al di sotto dei travetti del solaio sottoposto a prova e in grado di fornire un appoggio continuo. I travetti del solaio sottoposto a prova devono essere fissati ai supporti; b) dispositivo per I’applicazione di un carico statico verticale concentrato. Il carico deve essere applicato tramite una superficie piana di acciaio avente diametro di (25 ± 0,1) mm e avente i bordi della superficie di contatto arrotondati con un raggio pari a 2 mm; c) attrezzatura per la misurazione delle deformazioni della tavola o del pannello relativo ai travetti di supporto nel punto di applicazione dei carichi; d) attrezzatura per la registrazione dei carichi e della deformazione conformemente alle procedure di applicazione del carico specificate, vedere 6.4. In alternativa può essere usato un dispositivo per la misurazione delle deformazioni a carichi prestabiliti, purché le misurazioni possano essere eseguite senza influenzare in modo significativo sulla continuità dell’applicazione del carico; e) dispositivo per la misurazione della deformazione residua della superficie superiore del solaio sottoposto a prova in corrispondenza del punto di applicazione del carico. La deformazione residua deve essere misurata, in relazione alla superficie superiore, su punti disposti verticalmente al di sopra degli appoggi;
f) dispositivo per la misurazione della deformazione residua differenziale e della deformazione in corrispondenza delle unioni, misurata sulla superficie superiore. Prova di impatto (§6.2.2). L’apparecchiatura per la prova di impatto consiste di: a) sacco di pelle contenente un sacco di polietilene sottile della stessa forma e dimensioni, riempito con sfere di vetro massiccio temprato aventi (3 ± 0,5) mm di diametro; questo sacco ha una massa di (30 ± 0,6) kg e un diametro di (250 ± 2) mm; b) dispositivo per il sollevamento e il rilascio istantaneo del sacco; c) barre di misurazione con lunghezze uguali alle altezze di sgancio prescritte ± 1 mm; d) dispositivo per la misurazione della deformazione residua, con la precisione di 0,1 mm, della superficie superiore del solaio in corrispondenza del punto di impatto. La deformazione residua deve essere misurata relativamente ai punti situati verticalmente al di sopra degli appoggi; e) dispositivo per la misurazione della deformazione residua differenziale in corrispondenza delle unioni, con la precisione di 0,1 mm, misurata sulla superficie superiore del solaio sottoposto a prova. Deve essere disponibile uno spazio libero sufficiente al di sotto del solaio sottoposto a prova in modo da permettere al fondo del sacco di penetrare il materiale del solaio al momento della rottura.
Preparazione dei provini
(§6.3)
– Condizionamento. Le prove devono essere eseguite su assiti portanti realizzati con materiale che è stato condizionato in atmosfera normale di (20 ± 2) °C e (65 ± 5)% di umidità relativa. Il materiale è condizionato quando ha raggiunto massa costante. Si considera raggiunta la massa costante quando i risultati di due successive pesate, eseguite ad intervalli di 6 h, non differiscono per più dello 0,1% della massa del provino.
La massa volumica dei materiali costituenti I’assito portante deve essere determinata in conformità alla EN 323. L’umidità dei materiali costituenti I’assito portante deve essere determinata in conformità alla EN 322.
Nel caso in cui il materiale da sottoporre a prova non sia condizionabile in tempi brevi all’atmosfera normale sopra citata (per esempio nel caso di latifoglie ad alta massa volumica), il fatto deve essere menzionato nel resoconto di prova.
Le prove devono essere eseguite entro 48 h dalla rimozione del materiale per I’assito portante dall’atmosfera di condizionamento. Durante questo periodo (max. 48 h) il solaio deve essere mantenuto in un ambiente a (20 ± 5) °C e (60 ± 20)% di umidità relativa. – Laboratorio di prova. Il laboratorio di prova deve solitamente essere mantenuto in condizioni ambientali normali di (20 ± 2) °C e (65 ± 5)% di umidità relativa, ma quando siano applicabili altre condizioni, esse devono essere menzionate nel resoconto di prova.
Procedimento
(§6.4)
– Carico statico. Non devono essere utilizzati punti di applicazione del carico, vedere figure A.1 a) e A.1 b), più vicini alle estremità delle travi di 300 mm per le tavole e di 600 mm per i pannelli. Devono essere registrati la deformazione residua in corrispondenza del punto di applicazione del carico, la deformazione residua differenziale e la freccia di inflessione in corrispondenza delle unioni. I punti di applicazione del carico devono essere scelti in corrispondenza dei punti più vulnerabili del solaio sottoposto a prova. – Prova di rigidezza. Il solaio sottoposto a prova deve essere posizionato orizzontalmente sugli appoggi e fissato (vedere 6.2.1). Il procedimento di applicazione del carico usato deve essere uguale a quello mostrato nella figura 7.1a, usando uno dei seguenti metodi per la misurazione delle deformazioni in corrispondenza dei punti 01, 04, 14, 11, 21 e 24: a) sul lato inferiore della tavola o del pannello. Un trasduttore di spostamento deve essere collocato nel centro del carico, oppure
prendendo come riferimento lo spostamento del disco di applicazione b) del carico relativamente all’appoggio. Il procedimento deve includere la misurazione della deformazione iniziale residua e della deformazione residua differenziale.
Figura 7.18 Procedimento di applicazione del carico - Carico statico e deformazione Prova di rigidezza.
– Prova di resistenza. Il procedimento di applicazione del carico utilizzato deve essere uguale a quello mostrato nella figura 7.1b. Il carico F deve essere applicato con velocità costante di inflessione e deve essere regolato in modo che il carico massimo Fmax sia raggiunto in (300 ± 120)s. L’obiettivo è di raggiungere il carico Fmax per prove simili in un tempo medio di 300 s.
7.10
SINTESI UNI EN 1912
Legno strutturale Classi di resistenza
Assegnazione delle categorie visuali e delle specie Scopo e campo di applicazione
(§1)
Questa norma specifica l’assegnazione delle categorie visuali e delle specie di legno, e specifica le classi di resistenza secondo EN 338 cui esse sono assegnate.
Requisiti
(§5)
La classificazione riportata in tabella 1 e 2 dovrebbe essere in accordo con la classificazione contenuta nelle EN 518. Legname, classificazioni, specie devono poi portare a quanto riportato per la classificazione in termini di resistenza nella EN 384.
Assegnazione delle classi di resistenza
(§6)
Classificazioni del legname, specie e fonti si collegano con le classi d resistenza mediante le indicazioni delle Tabelle 1 e 2. Le tabelle 3 e 4 identificano le specie botaniche a seconda della specie commerciale citata nelle tabelle 1 e 2. Tabella 1
Assegnazione delle categorie di conifere e pioppi alle classi di resistenza.
Tabella 2
Assegnazione delle classi di latifoglie alle classi di resistenza.
Tabella 3
Identificazione delle specie di conifere e pioppi.
Nome botanico Abies alba Abies amabilis Abies balsamea Abies concolor Abies grandis Abies lasiocarpa Abies magnifica Abies procera (A. nobilis)
Numero identificativo 1 2 3 4 5 6 7 8
Araucaria angustifolia
12
Larix deciduas (L. europea) Larix eurolepsis Larix kaempferi (L. leptolepsis) Larix occidentalis
15 16 17 18
Picea abies
22
Picea engelmanii Picea glauca Picea mariana Picea rubens Picea sitchensis
23 25 26 27 28
Pinus banksiana Pinus caribaea Pinus contorta Pinus echinata
32 33 34 35
Pinus elliottii Pinus lambertiana
36 37
Pinus monticola Pinus nigra Pinus oocarpa Pinus palustris Pinus pinaster Pinus ponderosa Pinus sylvestris Pinus taeda Pinus radiata
38 39 42 43 44 45 47 48 49
Populus (see note 1)
50
Pseudotsuga menziesii
54
Thuja plicata
58
Tsuga heterophylla Tsuga mertensiana
62 63
Tabella 4
Identificazione per latifoglie. Nome botanico Dipterocarpus spp
Numero identificativo 80
Dryobalanops spp
86
Eucalyptus diversicolor Eucalyptus marginata Eucalyptus globulus
90 91 92
Intsia bijuga
94
Intsia palembanica
95
Koompassia malaccensis
98
Lophira alata
100
Milicia excelsa Milicia regia
103 104
Nauclea diderrichii
107
Ocotea rodiaei
110
Shorea glauca Shorea maxwelliana
113 114
Tectona grandis
117
Fagus sylvatica
119
Quercus petraea Quercus robur
122 123
Cap. 7.11SINTESI UNI EN 14081-1 Strutture di legno Legno strutturale con sezione rettangolare classificato secondo la resistenza Parte 1: Requisiti generali (§1)
Scopo e campo di applicazione Questa norma specifica i requisiti per il legname strutturale visivo e classificato a macchina con sezioni rettangolari sagomate mediante segatura, piallatura o altri metodi e con deviazioni dalle dimensioni target corrispondenti a EN 336.
Requisiti
(§5)
Valutazione generale Il legname deve essere classificato visivamente secondo 5.2 o classificato secondo la macchina 5.3 e presentare valori caratteristici per la resistenza alla flessione, la resistenza a trazione, la resistenza a compressione, la resistenza al taglio, il modulo di elasticità e la densità secondo il metodo indicato nel sottoparagrafo appropriato in 5.2 o 5.3. Se la classificazione è stata effettuata prima della lavorazione, a condizione che la riduzione della lavorazione non sia maggiore di 5 mm per dimensioni inferiori o uguali a 100 mm, o non superiore a 10 mm per dimensioni superiori a 100 mm, la pendenza è considerata non essere cambiato. Se la riduzione è maggiore, il legname deve essere rivalutato. Il contenuto di umidità deve essere determinato secondo la norma EN 13183-2. Se il metodo di classificazione limita il legname a un uso speciale, ad es. flessione o compressione piatta, il legname deve essere marcato di conseguenza
Classificazione di resistenza visive
(§5.2)
Il legname deve essere classificato visivamente secondo uno standard di classificazione che soddisfi i requisiti di cui all’allegato A. Se il grado e le specie sono stati assegnati a una classe di resistenza da EN 1912, i valori caratteristici per le proprietà devono essere quelli indicati per la classe di resistenza assegnata in EN 338; altrimenti sono determinati secondo la norma EN 384.
Se vi sono restrizioni o criteri aggiuntivi relativi alla resistenza o all’uso costruttivo del legname, risultanti dal metodo di classificazione o dalle specie di legname, devono essere indicati nella norma di classificazione.
Valutazione di resistenza a macchina
(§5.3)
Se il legname è classificato a macchina secondo una classe di resistenza da EN 338, i valori caratteristici per le proprietà devono essere quelli indicati per la classe di resistenza in EN 338; in caso contrario devono essere determinati secondo la norma EN 384. Per un grado e una specie (o combinazione di specie) classificati da un sistema controllato da macchine, le impostazioni devono essere derivate per l’area di crescita totale dalla quale il legname verrà classificato in uno o più paesi. Legname proveniente da un’area minore, ad es. la suddivisione dell’area di crescita, ovvero la regione all’interno di un paese, deve essere classificata a macchina utilizzando il sistema controllato in uscita. Le macchine di classificazione che funzionano in un sistema controllato da macchina devono utilizzare le impostazioni determinate in conformità alla clausola 6 della norma EN 14081-2: 2005 ed elencate nella norma EN 14081-4: 2005. Le macchine che funzionano in un sistema controllato in uscita devono utilizzare le impostazioni determinate in conformità alla clausola 7 della EN 14081-2: 2005. Le caratteristiche visive di ciascun pezzo di legno classificato a macchina devono soddisfare i requisiti del grado, che deve essere al massimo quelli indicati nella tabella 1. Le fessure, l’ordito e la pendenza del grano devono essere misurati in conformità alla norma EN 1310. Laddove una macchina non classifichi completamente alle estremità di ciascun pezzo di legno (come nelle macchine del tipo a flessione), queste parti non completamente classificate devono essere esaminate visivamente. Se il diametro dei nodi e la pendenza del grano nelle porzioni non completamente classificate superano la dimensione di tali difetti nella porzione completamente classificata dello stesso pezzo di legno e superano i limiti indicati nella tabella 2, il pezzo deve essere respinto. Il legname che è stato precedentemente classificato non deve essere rivalutato con gli stessi
gradi o gradi diversi a meno che il metodo di determinazione delle impostazioni non abbia tenuto conto di tali cambiamenti nella popolazione delle specie causate dalla valutazione precedente. Table 1
Requisiti di valutazione visiva (§ 5.3.4).
Requisiti di valutazione visiva per porzioni non completamente classificate a macchina Tabella 2
Requisiti di valutazione visiva per porzioni completamente classificate a macchina (§ 5.3.5). Classe di resistenza in accordo con EN 338 ≤ C18 oltre C18
Diametro del sulla faccia Diametro bordo
non
nodo
Slope of grain
nodo ½ × larghezza del pezzo ¼ × larghezza del pezzo sul
3/ 3
× spessore del pezzo
1 in 6
½ × spessore del pezzo 1 in 10
Durevolezza contro gli attacchi biologici
(§5.4)
Durevolezza naturale: Se elencato nella norma EN 350-2, la durabilità naturale deve essere quella indicata; in caso contrario deve essere valutato secondo la norma EN 350-1. Legname trattato contro gli attacchi biologici
Il legname trattato contro l’attacco biologico deve soddisfare i requisiti della norma EN 15228. Reazione al fuoco
Laddove il produttore desideri dichiarare le prestazioni (ad es. Quando il prodotto è soggetto a requisiti regolamentari), la reazione al fuoco deve essere testata e classificata secondo la norma EN 13501-1, ad eccezione dei prodotti di cui all’allegato C, che sono classificati senza la necessità di ulteriori test.
Valutazione di conformità
(§6)
Generalità
La conformità ai requisiti della presente norma europea deve essere dimostrata da: prove iniziali di tipo o valutazione iniziale, controllo della produzione in fabbrica da parte del prodotto; Tutti i registri devono essere conservati per almeno dieci anni. Test e valutazioni iniziali
Le prove o valutazioni iniziali del tipo devono essere eseguite per dimostrare la conformità alla presente norma europea e quando si verifica una modifica, ad es. nelle materie prime, che potrebbero cambiare in modo significativo una o più delle caratteristiche. Laddove i test siano stati precedentemente eseguiti conformemente ai requisiti della presente norma europea, tali test possono essere presi in considerazione ai fini delle prove iniziali. Per legname classificato a macchina, le prove iniziali di tipo devono essere eseguite conformemente a EN 14081-2. Laddove le assi di controllo debbano essere utilizzate per calibrare una macchina di classificazione, devono soddisfare i requisiti dell’allegato C in EN 14081-2: 2005. I metodi di prova e valutazione devono essere conformi alla tabella 3. Table 3
Sampling plan and compliance criteria for initial and further testing.
Controllo della produzione in fabbrica (FPC)
(§6.3)
Il produttore deve redigere un documento e mantenere un sistema di controllo della produzione per garantire che i prodotti immessi sul mercato siano conformi alle caratteristiche dichiarate. Il sistema di controllo deve consistere in procedure, ispezioni regolari, prove e / o valutazioni e l’uso dei risultati per controllare le materie prime, le attrezzature, il processo e il prodotto. Oltre agli altri requisiti indicati in questa clausola per il controllo della produzione in fabbrica del legname classificato come macchina, si
applicano i requisiti della norma EN 14081-3. Laddove sia richiesto l’uso di assi di controllo per calibrare una macchina di classificazione, devono essere seguite le procedure indicate nell’allegato B della norma EN 140813: 2005. I risultati delle ispezioni, prove o valutazioni che richiedono un’azione devono essere registrati, così come qualsiasi azione intrapresa. Le azioni da intraprendere in caso di mancato rispetto di valori o criteri di controllo devono essere registrate. Devono essere controllati una volta per turno: fonte e specie di legname (o combinazione di specie); deviazioni dalla dimensione del bersaglio; classificazione; contenuto di umidità, se legname classificato a secco; marcatura. Devono essere controllati almeno una volta all’anno: competenza del personale, compresa la valutazione del materiale classificato; calibrazione del misuratore di umidità. Le seguenti registrazioni devono essere conservate per ciascuna partita di legname classificato: a) numero di lavoro o ordine e nome del cliente, se noti; b) popolazione di specie legnose; c) voti e standard di classificazione (se del caso); d) dimensioni del legname e finitura superficiale (piallato o segato); e) per il legname classificato a secco, il contenuto di umidità; f) data e turno di lavoro; g) nome del selezionatore o dell’operatore della macchina. Oltre a 6.3.7, per ogni lotto di legname classificato a macchina devono essere conservate le seguenti registrazioni: numero di pezzi per ciascun grado e numero di pezzi rifiutati dalla macchina; tutte le impostazioni della macchina.
Marchiatura
(§7)
Ogni pezzo di legno classificato deve essere contrassegnato in modo chiaro e indelebile per fornire le informazioni di cui al punto 7.2. Se l’uso finale del legname richiede che la marcatura sia omessa per motivi estetici, ogni partita di legname deve essere accompagnata da un documento commerciale contenente tutte le informazioni fornite in 7.2 e 7.3.
Informazioni sul prodotto a) Nome e marchio identificativo del produttore
b) Le informazioni richieste in 7.3 o un numero di riferimento che identifichi la documentazione contenente le informazioni richieste in 7.3 c) Se classificato a macchina la lettera M e la classe di resistenza secondo EN 338, altrimenti altrimenti la lettera M d) Il grado di resistenza e lo standard di classificazione. e) Se classificato visivamente, la classe di resistenza assegnata in EN 1912, o il grado di resistenza e lo standard di classificazione se non incluso in EN 1912 f) Qualsiasi restrizione per usi speciali g) Frase ’DRY GRADED’ se appropriata h) Se trattato con preservanti, marchiatura in accordo con prEN 15228. Tabella 4
Codici di marchiatura per combinazioni di specie.
Annesso C Reazione al fuoco: Classi europee senza ulteriori test Il legname strutturale che soddisfa le disposizioni della tabella C.1 può essere classificato nella classe di reazione al fuoco ivi indicata, senza la
necessità di ulteriori test. Tabella C.1 Capacità di reazione al fuoco per legno strutturale.
ANNEX ZA Indicazioni della norma europea relative alle disposizioni della direttiva UE sui prodotti da costruzione Ambito e caratteristiche pertinenti
Le clausole di questa norma europea riportate in questo allegato soddisfano i requisiti del mandato conferito dalla Direttiva UE sui prodotti da costruzione (89/106 / CEE). Il rispetto di queste clausole conferisce una presunzione di idoneità del legname strutturale classificato in base alla resistenza con sezione trasversale rettangolare coperta dal presente allegato per gli usi previsti ivi indicati; si fa riferimento alle informazioni che accompagnano la marcatura CE. ZA.2 Procedura per l’attestazione di conformità del legname strutturale classificato per resistenza con sezione trasversale rettangolare
Sistema di attestazione conformità ZA.2.1.1 Il sistema di attestazione di conformità del legname strutturale classificato in base alla resistenza con sezione trasversale rettangolare indicata nella tabella ZA.1, in conformità con la decisione della
Commissione 97/176 / CE del 1997-04-29 come indicato nell’allegato III del mandato per ‘‘Prodotti in legno strutturale e accessori’’, è indicato nella tabella ZA.2 per gli usi previsti indicati e il livello o la classe pertinente. Table ZA.2 Sistema di attestazione di conformità.
EC Certificato e dichiarazione di conformità OSSERVAZIONI DELL’AUTORE
Dal 2013 per la nuova direttiva materiali il produttore deve redigere la Declaration of performance (D.o.P.) e mettere il marchio CE. Quando viene raggiunto il rispetto delle condizioni del presente allegato e una volta che l’organismo notificato ha redatto il certificato di seguito indicato, il fabbricante o il suo agente stabilito nel SEE preparano e conservano una dichiarazione di conformità che autorizza il fabbricante ad apporre la CE marcatura. Questa dichiarazione deve includere nome e indirizzo del produttore o del suo mandatario stabilito nel SEE e luogo di produzione; descrizione del prodotto (tipo, identificazione, uso, …) e una copia delle informazioni che accompagnano la marcatura; le disposizioni a cui il prodotto è conforme (ovvero l’allegato ZA della presente EN) e un riferimento ai rapporti ITT e registri di controllo della produzione in fabbrica, se del caso), numero del certificato di controllo della produzione di fabbrica allegato; nome e posizione ricoperti dalla persona abilitata a firmare la dichiarazione per conto del fabbricante o del suo rappresentante autorizzato.
Tabella ZA.3Assegnazione di regole di conformità per legname strutturale classificato con resistenza con rettangolare sezione trasversale.
La dichiarazione deve essere accompagnata da un certificato di controllo della produzione in fabbrica, redatto dal notificato ente, che deve contenere, oltre alle informazioni di cui sopra, quanto segue: nome e indirizzo dell’organismo notificato; numero del certificato di controllo di fabbrica; condizioni di validità del certificato, ove applicabile; nome e posizione ricoperti dalla persona abilitata a firmare il certificato La suddetta
dichiarazione e certificato devono essere presentati nella lingua o nelle lingue accettate nello Stato membro in cui il prodotto deve essere utilizzato.
ZA.3 Marchiatura Il produttore o il suo legale rappresentante è responsabile dell’applicazione del marchio. Ogni pezzo di legno classificato deve essere contrassegnato in modo chiaro e indelebile per fornire le informazioni di cui al punto 7.2 più le lettere ‘‘CE’’, nel formato indicato nella direttiva 93/68 / CE, e il numero di identificazione dell’organismo notificato. Le informazioni fornite in ZA.3.2 devono inoltre essere contrassegnate su ciascun pezzo di legno o fornite nella documentazione di accompagnamento. Se l’uso finale del legno richiede l’omissione di alcune o tutte le marcature. Per motivi estetici di concerto con l’organismo notificato, ogni partita di legname deve essere accompagnata da un documento commerciale recante il simbolo della marcatura CE e tutte le informazioni fornite in 7.2, 7.3 e ZA.3.2, laddove ciò non provochi la duplicazione delle informazioni nella documento commerciale. Le seguenti informazioni devono essere fornite in un marchio su ogni singolo pezzo o nel documento commerciale di accompagnamento di cui al punto 7.2 e relativo al numero di codice contrassegnato (se pertinente): numero di identificazione dell’organismo di certificazione FPC; nome e indirizzo registrato del produttore; ultime due cifre dell’anno di marcatura CE numero del certificato FPC CE descrizione del prodotto (solo sul documento commerciale) resistenza alla flessione, alla compressione, alla trazione e al taglio (può essere eseguita facendo riferimento alla classe di resistenza modulo di elasticità (può essere fatto facendo riferimento alla classe di resistenza); reazione al fuoco classe e sottoclasse (‘‘Tabella C.1’’ se CWFT o condizioni di montaggio e fissaggio se testato) o classe F; durabilità: per legname non trattato, classe di durabilità, con riferimento a EN 350-2 o ’Durability NPD’ (Nessuna prestazione determinata), per legno trattato, marcatura aggiuntiva secondo prEN 15228. Un esempio di marchio sul prodotto per la classificazione delle macchine è riportato nella Figura ZA.1 e per la classificazione visiva nel documento commerciale è riportato nella Figura ZA.2. Gli esempi includono le informazioni fornite nella clausola 7.
Figura 7.19 Esempio di marchio sul prodotto con informazioni minime per legname classificato non trattato a macchina.
Figura 7.20 Esempio di marchio sul prodotto con informazioni minime per legname classificato non trattato a macchina.
Capitolo 8 PARTICOLARI COSTRUTTIVI E CONTROLLI
8.1
Disposizioni costruttive e di controllo dell’esecuzione
Nel seguito saranno esposti i temi trattati nell’EC5 in merito ai particolari costruttivi lignei e al loro relativo controllo.
8.1.1
Generalità
Le strutture di legno devono essere costruite in modo tale da risultare conformi ai principi assunti per il progetto. I materiali per le strutture devono essere applicati, usati e fissati in modo tale da soddisfare in modo adeguato alle funzioni per cui sono stati progettati. L’esecuzione nella fabbricazione, la preparazione e la messa in opera dei materiali deve conformarsi alle regole dell’arte generalmente accettate.
8.1.2
Materiali
Per i pilastri e le travi, in cui si può avere instabilità laterale, e negli elementi dei telai la deviazione dalla rettilineità misurata a metà distanza tra gli appoggi deve essere limitata a 1/500 della lunghezza per elementi di legno lamellare incollato e a 1/300 della lunghezza per il legno strutturale. Gli elementi strutturali in legno non devono essere esposti inutilmente a condizioni climatiche più severe di quelle previste per la struttura ultimata.
Prima della messa in opera è opportuno che il legname sia essiccato a un’umidità il più possibile vicina a quella di equilibrio con le condizioni climatiche previste per la struttura completata.
8.1.3
Unioni incollate
Nei casi in cui la resistenza dell’incollaggio sia un requisito essenziale per lo Stato Limite Ultimo di progetto, è opportuno che il produttore delle unioni incollate sia sottoposto a controllo di qualità per garantire che l’affidabilità e la qualità dell’unione sia in accordo con le specifiche tecniche. È necessario rispettare le raccomandazioni del produttore degli adesivi per quanto riguarda la composizione della miscela, le condizioni ambientali per l’applicazione e l’indurimento, l’umidità degli elementi strutturali e tutti i fattori rilevanti per il corretto uso dell’adesivo stesso. Per gli adesivi che richiedono un certo periodo di tempo prima di raggiungere la piena resistenza, è opportuno ritardare l’applicazione dei carichi.
8.1.4
Unioni con mezzi di unione meccanici
Nelle zone interessate da unioni è necessario che smussi, fessure, nodi e altri difetti siano limitati, in modo che la capacità portante dell’unione non risulti ridotta. Se non altrimenti specificato, è opportuno che i chiodi siano infissi perpendicolarmente alla fibratura, a una profondità tale che le superfici delle teste dei chiodi siano a filo della superficie del legno. Sotto la testa e sotto il dado è opportuno che vengano utilizzate rosette. I bulloni e le viti devono essere serrati in modo tale che gli elementi risultino strettamente accostati l’uno all’altro e dovranno essere stretti nuovamente quando il legno avrà raggiunto l’umidità di equilibrio. Il diametro minimo dello spinotto deve essere pari almeno a 6 mm, le viti devono avere un diametro maggiore di 5 mm. è opportuno che siano avvitate in sedi preforate come descritto di seguito: – il foro guida per il gambo liscio deve avere lo stesso diametro del gambo e la stessa profondità della lunghezza della parte non filettata del
gambo; – è consigliabile che il foro guida per la porzione filettata abbia un diametro pari a circa il 70% del diametro del gambo liscio.
8.1.5
Montaggio
È opportuno che la struttura sia montata in modo da evitare qualsiasi sovrasollecitazione. Gli elementi lignei che presentino svergolamenti, spaccature oppure non siano ben combaciati nelle unioni dovranno essere sostituiti.
8.1.6
Trasporto e messa in opera
È necessario evitare qualsiasi sollecitazione eccessiva degli elementi durante il deposito, il trasporto e la messa in opera. Se la struttura viene sollecitata o vincolata in modo differente da quanto previsto nell’edificio ultimato, è opportuno che tale condizione temporanea sia considerata come pertinente caso di carico, valutando ogni possibile componente dinamica. Nel caso, per esempio, di archi, portali ecc. si deve prestare la massima attenzione a evitare distorsioni durante le operazioni di sollevamento dalla posizione orizzontale a quella verticale.
8.2
Controllo
È opportuno che esista un piano di controllo comprendente: – il controllo della produzione e dell’esecuzione sia in stabilimento che in cantiere; – il controllo successivo al completamento della struttura.
8.2.1
Controllo della produzione e dell’esecuzione
Questo tipo di verifica deve includere: – prove preliminari, per esempio prove per l’idoneità dei materiali e dei metodi di produzione;
– il controllo dei materiali e della loro identificazione, esempio: • per il legno e i materiali a base di legno: specie, categoria, marchiatura, trattamenti subiti e umidità; • per le costruzioni incollate: tipo di adesivo, ciclo produttivo, qualità delle linee di colla; • per i mezzi di unione: tipo, protezione contro la corrosione. – Trasporto, deposito in cantiere e movimentazione dei materiali; – controllo delle corrette dimensioni e della geometria; – controllo del montaggio e della messa in opera; – controllo dei dettagli costruttivi, per esempio: • numero dei chiodi, dei bulloni; • dimensioni dei fori, corretta perforatura. – Spaziature e distanze nei confronti delle estremità e dei bordi; – fenditure; – controllo finale del risultato del ciclo produttivo, per esempio tramite ispezione visuale o prove di carico.
8.2.2
Controlli successivi al completamento della struttura
Un programma di controllo deve specificare le verifiche e la continuità delle ispezioni da effettuare in esercizio laddove non sia adeguatamente garantita, nel lungo termine, la conformità alle ipotesi fondamentali di progetto. È opportuno che tutte le informazioni necessarie per il corretto uso in esercizio e la manutenzione di una struttura siano rese accessibili alla persona o all’autorità cui compete la responsabilità della struttura ultimata.
8.2.3
Messa in opera
È opportuno verificare le condizioni di rettilineità e di verticalità delle travature prima del fissaggio della controventatura permanente. Quando vengono prodotte travature con funzione di falsi puntoni, è necessario verificare che gli elementi siano esenti da distorsioni entro i limiti riportati nel prEN 1059. Tuttavia possono essere considerate idonee
all’uso anche quelle travature i cui elementi, pur avendo subito distorsioni durante il periodo intercorso tra la produzione e la messa in opera, possano essere raddrizzati in modo permanente senza danno per il legno o per le unioni. Dopo la messa in opera, puó essere tollerata un’arcuatura massima di 10 mm in un qualsiasi elemento del falso puntone reticolare, purche esso sia adeguatamente vincolato nel sistema globale della copertura, in modo tale da impedire un aumento di tale arcuatura. Lo scostamento massimo dal perfetto allineamento verticale non deve essere maggiore di 10 + 5(H – 1) mm, con un valore massimo di 25 mm, dove H è l’altezza totale del falso puntone reticolare, espressa in metri.
Elementi strutturali
§4.4.10 NTC 2018
Ogni elemento strutturale, in legno massiccio o in materiali derivati dal legno, prevalentemente compresso, inflesso, teso o sottoposto a combinazioni dei precedenti stati di sollecitazione, può essere caratterizzato da un’unica sezione o da una sezione composta da più elementi, incollati o assemblati meccanicamente. Le verifiche dell’elemento composto dovranno tenere conto degli scorrimenti nelle unioni. A tale scopo è ammesso adottare, per le unioni, un legame lineare tra sforzo e scorrimento. Nel caso di utilizzo del legno accoppiato, anche a materiali diversi, tramite connessioni o incollaggi, la verifica complessiva dell’elemento composto dovrà tenere conto dell’effettivo comportamento dell’unione, definito con riferimento a normativa tecnica di comprovata validità ed eventualmente per via sperimentale. In ogni caso le sollecitazioni nei singoli elementi componenti dovranno essere confrontate con quelle specificate ai §§4.1 e 4.2 in relazione a ciascun materiale.
CIRC. 7/2019
Elementi strutturali
§ C4.4.10 NTC 2018
Nel caso di travi ad altezza variabile e di travi curve lo stato tensionale viene determinato tenendo conto opportunamente della particolare
forma dell’elemento strutturale. Le verifiche di resistenza terranno conto della presenza contemporanea di tensioni normali parallele alla fibratura, di tensioni ortogonali alla fibratura e di tensioni tangenziali. Formulazioni specifiche per vari casi potranno essere reperite in normative di comprovata validità. Si veda anche quanto contenuto nel paragrafo C.4.4.8.1.2. La verifica a taglio delle sezioni terminali di travi con intagli di estremità sarà svolta tenendo conto dello stato tensionale causato dall’intaglio, con riferimento all’altezza effettiva ridotta della sezione trasversale. Sono da evitare travi con intagli senza rastremazione o con rastremazione ridotta, eventualmente potranno essere presi opportuni provvedimenti per contrastare l’apertura delle fessure del materiale in zona tesa. Nelle travi, gli eventuali fori passanti con dimensione massima maggiore di 50 mm vanno, per quanto possibile, centrati rispetto all’asse longitudinale, e devono essere rispettate distanze e dimensioni minime reperite in normative di comprovata validità. Particolare attenzione dovrà essere posta alla verifica nei confronti di eventuali tensioni di trazione ortogonale alla fibratura, in particolar modo nella classe di servizio 2 e 3, come riportato nel paragrafo C4.4.8.1.2. Nel caso di travi aventi la sezione trasversale composta da più parti unite mediante connettori meccanici, occorre tener conto dello scorrimento nelle unioni ai fini della determinazione delle tensioni nelle varie parti nonché per la valutazione delle deformazioni della trave. Nel caso di travi aventi la sezione trasversale composta da elementi incollati con anime sottili, realizzate con materiali di legno o derivati dal legno, è possibile valutare lo stato tensionale nel materiale nell’ipotesi di conservazione delle sezioni piane. Se i materiali (legno o derivati dal legno) costituenti le ali e le anime sono diversi si può omogeneizzare la sezione in relazione ai moduli di elasticità medi. Nel caso di travi aventi la sezione trasversale composta da elementi incollati con ali sottili, realizzate con materiali di legno o derivati dal legno, anche con più anime, è possibile valutare gli sforzi nel materiale nell’ipotesi di conservazione delle sezioni piane, tenendo conto di una distribuzione non uniforme delle tensioni nelle ali.
L’utilizzo di travi incollate secondo tipologie diverse e con materiali non derivati dal legno va valutato con particolare cautela e comunque dopo un’attenta analisi sia tecnologica che statica. In ogni caso si terrà conto del comportamento reologico dei materiali accoppiati e degli incollaggi utilizzati, in relazione alla resistenza, alla deformabilità e alla durabilità, valutando attentamente i rischi legati a fenomeni di delaminazione. Nel caso di colonne composte, ottenute assemblando due o più elementi resi collaboranti da idonei sistemi di collegamento, la valutazione della snellezza terrà conto in modo appropriato della deformabilità dei collegamenti. Nel caso di pannelli strutturali realizzati con tavole incollate a strati incrociati, le verifiche di resistenza e le verifiche di deformabilità dovranno tenere conto della reale stratigrafia dell’elemento strutturale. Il calcolo del comportamento flessionale fuori piano di tali elementi deve essere eseguito considerando, ai fini della resistenza a flessione, le sole tavole disposte parallelamente alla direzione dell’azione sollecitante, trascurando le tavole disposte ortogonalmente. Sia nel calcolo delle tensioni che nel calcolo dell’inerzia della sezione, si deve tener conto della deformabilità tagliante per rotolamento delle fibre degli strati disposti ortogonalmente alla direzione dell’azione sollecitante. Il calcolo degli elementi può essere eseguito sulla base delle indicazioni contenute nella norma UNI EN 1995-1-1, con riferimento alle travi giuntate meccanicamente, schematizzando tali pannelli come elementi composti formati dagli strati di tavole disposte parallelamente alla direzione dell’azione sollecitante, collegate da una connessione deformabile costituita dagli strati di tavole disposte ortogonalmente. Formulazioni specifiche per i vari casi potranno essere reperite in documenti di comprovata validità e nelle certificazioni di prodotto. Per quanto non espressamente specificato e per altri elementi strutturali si può fare riferimento a normative di comprovata validità.
Sistemi strutturali
§ 4.4.11 NTC 2018
Le strutture reticolari costituite da elementi lignei assemblati tramite collegamenti metallici, di carpenteria o adesivi dovranno essere in genere analizzate come sistemi di travi, considerando la deformabilità e le effettive eccentricità dei collegamenti. La stabilità delle singole membrature nelle strutture intelaiate deve essere verificata, in generale, tenendo conto anche della deformabilità dei nodi, della presenza di eventuali sistemi di controventamento e delle effettive condizioni dei vincoli. La stabilità delle strutture intelaiate deve essere verificata considerando, oltre agli effetti instabilizzanti dei carichi verticali, anche le imperfezioni geometriche e strutturali, inquadrando le corrispondenti azioni convenzionali nella stessa classe di durata dei carichi che le hanno provocate. Nei casi in cui la stabilità laterale sia assicurata dal contrasto di controventamenti adeguati, la lunghezza di libera inflessione dei piedritti, in mancanza di un’analisi rigorosa, si può assumere pari all’altezza d’interpiano. Per gli archi, oltre alle usuali verifiche, vanno sempre eseguite le verifiche nei confronti dell’instabilità anche al di fuori del piano. Per gli archi, come per tutte le strutture spingenti, i vincoli devono essere idonei ad assorbire le componenti orizzontali delle reazioni. Le azioni di progetto sui controventi e/o diaframmi devono essere determinate tenendo conto anche delle imperfezioni geometriche strutturali, nonché delle deformazioni indotte dai carichi applicati se significative. Qualora le strutture dei tetti e dei solai svolgano anche funzioni di controventamento nel loro piano (diaframmi per tetti e solai), la capacità di esplicare tale funzione con un comportamento a lastra deve essere opportunamente verificata, tenendo conto delle modalità di realizzazione e delle caratteristiche dei mezzi di unione. Qualora gli elementi di parete svolgano anche funzioni di controventamento nel loro piano (diaframma per pareti), la capacità di esplicare tale funzione con un comportamento a mensola verticale deve essere opportunamente verificata, tenendo conto delle modalità di realizzazione e delle caratteristiche dei mezzi di unione.
CIRC. 7/2019
Sistemi strutturali
§ C4.4.11
La stabilità dei telai potrà essere verificata con un’analisi non lineare, tenendo conto delle imperfezioni geometriche della struttura. La stabilità degli archi nel proprio piano va verificata adottando un’analisi del secondo ordine, tenendo conto di imperfezioni iniziali proporzionali alle prime possibili forme d’onda di instabilità. Si possono adottare modalità approssimate di verifica riferendosi ad un elemento compresso equivalente. Per tutte le strutture spingenti l’equilibrio strutturale potrà essere garantito dai vincoli esterni verificando l’assenza di significativi cedimenti, oppure dovranno essere previsti idonei elementi preposti specificamente all’assorbimento delle spinte. Le strutture che non risultino adeguatamente rigide devono essere controventate. Le azioni di progetto sui controventi e/o diaframmi verranno determinate tenendo conto anche delle imperfezioni geometriche strutturali, nonché delle deformazioni indotte dai carichi applicati, se significative. Le strutture di tetti e solai, che esplicano la funzione di diaframma, devono in generale includere elementi controventanti specifici (strutture reticolari, pannellature strutturali ecc.). Nelle strutture la cui tipologia strutturale può essere ricondotta a quella di pannelli di parete a telaio leggero, qualora gli elementi di parete svolgano anche funzione di controventamento nel loro piano, è necessario escludere dalle verifiche il contributo della porzione di parete contenente un’apertura di porta o finestra. Nel caso di pareti a telaio leggero tutti i bordi dei rivestimenti strutturali devono essere collegati agli elementi del telaio: i rivestimenti che non terminano su elementi del telaio (ad esempio fogli di rivestimento giuntati in altezza) devono essere sostenuti e collegati da appositi elementi di bloccaggio taglioresistenti. La valutazione della rigidezza della parete dovrà tener conto della cede-volezza di tali connessioni. Per assicurare un’adeguata resistenza nei confronti della instabilità, deve essere assicurata la continuità flessionale della porzione di parete compresa tra due impalcati successivi.
Qualora gli elementi di parete non svolgano anche funzione di controvento allora tali elementi e i loro ancoraggi devono essere realizzati in modo da offrire una limitata rigidezza e resistenza nei confronti delle azioni orizzontali, mentre devono essere realizzati in modo da resistere ai carichi verticali seguendo gli spostamenti della struttura senza perdere capacità portante.
CNR DT 206/2007 9 – Sistemi strutturali Nelle presenti istruzioni vengono presi in considerazione i seguenti sistemi strutturali generalmente realizzati assemblando elementi di legno massiccio o in materiali derivati dal legno: • travature reticolari; • telai; • archi; • diaframmi e controventamenti. 9.1 – Travature reticolari Le strutture reticolari costituite da elementi lignei (massiccio o a base di legno) assemblati tramite collegamenti metallici, di carpenteria o adesivi dovranno essere in genere schematizzate come sistemi di travi, tenendo in considerazione la deformabilità dei giunti e le eventuali effettive eccentricità dei collegamenti.
Tuttavia ai fini delle verifiche di resistenza, a meno di considerazioni più accurate e nel caso in cui la dimensione massima trasversale delle singole aste sia non superiore a 1/10 della altezza massima della travatura reticolare, ai fini del calcolo degli sforzi normali negli elementi si può assumere un modello di calcolo che prevede cerniere nei nodi. La sollecitazione flessionale in un elemento continuo che interessa più campiture può essere determinata modellando l’elemento come una trave continua appoggiata in corrispondenza dei nodi della struttura reticolare. Si potrà tener conto in modo approssimativo dell’effetto degli spostamenti dei nodi e delle unioni ivi presenti riducendo del 10% i valori massimi del momento flettente in
corrispondenza dei nodi. Conseguentemente si adotteranno adeguati aumenti per i momenti flettenti di campata. 9.2 – Telai Nelle strutture intelaiate la stabilità delle singole membrature deve essere verificata tenendo conto della deformabilità dei nodi e della presenza di eventuali sistemi di controventamento, considerando le effettive condizioni di vincolo e di sollecitazione. In generale per le verifiche nei confronti dell’instabilità globale si deve tenere conto delle imperfezioni geometriche e strutturali e degli effetti instabilizzanti dei carichi verticali, inquadrando le azioni convenzionali nella stessa classe di durata dei carichi corrispondenti. In generale, la stabilità dei telai potrà essere verificata con un’analisi lineare del secondo ordine mettendo in conto una forma imperfetta della struttura individuata dalla assegnazione di opportune distorsioni angolari alle estremità delle aste e di un particolare andamento della curvatura iniziale tra i nodi. 9.2.1 – Telai a nodi fissi Nei telai in cui la stabilità laterale è assicurata dal contrasto di controventamenti adeguati, la lunghezza di libera inflessione dei piedritti, in mancanza di un’analisi rigorosa, è assunta pari alla loro altezza. 9.2.2 – Telai a nodi spostabili Una modalità di verifica approssimativa per saggiare la stabilità globale consiste nel controllare che la struttura sia in grado di sopportare contemporaneamente la più sfavorevole delle combinazioni di carico, vento escluso, unitamente all’azione di forze convenzionali orizzontali pari a 1/80 dei carichi verticali corrispondenti alla suddetta combinazione di carico. L’azione convenzionale sarà inquadrata nella classe di media durata e le combinazioni di carico per le verifiche degli stati limiti ultimi saranno considerate come combinazioni fondamentali. Dovrà verificarsi che la freccia orizzontale massima istantanea allo stato limite di servizio sia minore di 1/500 dell’altezza totale del telaio. 9.3 – Archi
La stabilità degli archi nel proprio piano va verificata adottando un’analisi del secondo ordine, tenendo conto di imperfezioni iniziali proporzionali alle prime possibili forme d’onda. Si possono adottare modalità approssimate di verifica riferendosi a un elemento compresso equivalente avente una lunghezza libera di inflessione predefinita. In particolare, per archi a due o tre cerniere, aventi rapporto tra freccia e luce compresa tra 0.15 e 0.5 e soggetti a carico uniformemente distribuito, è possibile adottare una lunghezza di inflessione pari a 1.25 volte lo sviluppo di metà dell’arco. Le strutture ad arco (isostatiche o iperstatiche) vanno sempre verificate per la stabilità anche al di fuori del piano della struttura, e quindi devono essere opportunamente controventate. La posizione dei controventi dovrà essere definita in modo da evitare eccentricità tra le zone compresse della struttura (che possono essere sia all’estradosso che all’intradosso dell’arco) e il piano dei controventi stessi, oppure occorre adottare idonei elementi aggiuntivi in grado di riportare le forze di stabilizzazione nel piano di controventamento. Particolare attenzione va posta alla disposizione delle controventature preposte all’assorbimento delle azioni laterali del vento e al trasferimento delle forze agenti negli elementi di controvento al sistema dei vincoli esterni. Per gli archi e per tutte le strutture spingenti i vincoli esterni devono essere in grado di sostenere senza apprezzabili deformazioni le spinte necessarie per l’equilibrio strutturale, oppure è necessario prevedere appositi elementi preposti specificamente all’assorbimento delle spinte. Nel caso di vincoli esterni deformabili in relazione alle spinte occorre tener conto in modo opportuno di tale deformabilità nella valutazione delle caratteristiche della sollecitazione nell’arco. 9.4 – Diaframmi e controventamenti Le strutture che non risultino adeguatamente rigide devono essere controventate per impedirne fenomeni d’instabilità o una eccessiva deformazione.
Le azioni di progetto sui controventi e/o diaframmi devono essere determinate tenendo conto anche delle imperfezioni geometriche
strutturali, nonché delle deformazioni indotte dai carichi applicati se significative.
Qualora le strutture dei tetti e dei solai svolgano anche funzione di controventamento nel loro piano (diaframmi per tetti e solai), la capacità di esplicare tale funzione con un comportamento a lastra deve essere opportunamente verificata, tenendo conto delle modalità di realizzazione e delle caratteristiche dei mezzi di unione.
Robustezza
§ 4.4.12 NTC 2018
I requisiti di robustezza strutturale di cui ai §§ 2.1 e 3.1.1 possono essere raggiunti anche mediante l’adozione di opportune scelte progettuali e di adeguati provvedimenti costruttivi che, per gli elementi lignei, devono riguardare almeno: – la protezione della struttura e dei suoi elementi componenti nei confronti dell’umidità; – l’utilizzazione di mezzi di collegamento intrinsecamente duttili o di sistemi di collegamento a comportamento duttile; – l’utilizzazione di elementi composti a comportamento globalmente duttile; – la limitazione delle zone di materiale legnoso sollecitate a trazione perpendicolarmente alla fibratura, soprattutto nei casi in cui tali stati di sollecitazione si accompagnino a tensioni tangenziali (come nel caso degli intagli) e, in genere, quando siano da prevedere elevati gradienti di umidità nell’elemento durante la sua vita utile.
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Robustezza
§ C4.4.12
In aggiunta a quanto riportato nelle NTC si terrà anche conto di quanto segue: – scelta di sistemi statici poco sensibili a collassi parziali; – scelta e disposizione corretta dei sistemi di controventamento;
dcelta di sistemi di collegamento poco sensibili all’azione – dell’incendio; – utilizzazione di più elementi funzionanti in parallelo o di collegamenti realizzati con un numero elevato di mezzi elementari di unione a comportamento non fragile.
CNR DT 206/2007 10 – Robustezza Si intende per robustezza la capacità potenziale della struttura a sopravvivere ad azioni eccezionali non esplicitamente previste in sede progettuale. Si dovranno adottare tutti quei provvedimenti atti a incrementare la robustezza strutturale e cioè a diminuirne la sensibilità nei confronti di tali azioni (sisma, fuoco, eventi meteorici di entità non prevista dalle norme pertinenti ecc.). In particolare si dovranno adottare idonee scelte progettuali. A tale riguardo e con il solo scopo di esemplificazione, si possono citare: • la scelta di sistemi statici poco sensibili a collassi parziali; • la scelta e la disposizione corretta dei sistemi di controventamento; • la scelta di sistemi di collegamento poco sensibili all’azione dell’incendio; • la protezione della struttura e dei suoi elementi componenti nei confronti dell’umidità; l’utilizzazione di mezzi di collegamento intrinsecamente duttili o di sistemi di collegamento a comportamento duttile; • l’utilizzazione di elementi composti a comportamento globalmente duttile; • l’utilizzazione di più elementi funzionanti in parallelo o di collegamenti realizzati con un numero elevato di mezzi elementari di unione; • la limitazione delle zone di materiale legnoso sollecitate a trazione perpendicolarmente alla fibratura, soprattutto nei casi in
cui tali stati di sollecitazione si accompagnino a tensioni tangenziali (come nel caso degli intagli) e, in genere, quando siano da prevedere elevati gradienti di umidità nell’elemento durante la sua vita utile.
Durabilità
§ 4.4.13 NTC 2018
In relazione alla classe di servizio della struttura e alle condizioni di carico, dovrà essere predisposto in sede progettuale un programma delle operazioni di manutenzione e di controllo da effettuarsi durante l’esercizio della struttura.
CIRC. 7/2019
Durabilità
§ C4.4.13
La durabilità delle strutture lignee deve essere sempre assicurata, prevedendo in sede di progetto adeguati particolari costruttivi ed opportuni accorgimenti di protezione dagli agenti atmosferici e dagli attacchi biologici di funghi e/o insetti xilofagi, ed utilizzando le specie legnose più idonee per durabilità naturale o per possibilità di impregnazione, in relazione alle condizioni ambientali di esercizio. È possibile anche prevedere elementi sacrificali, da sostituire periodicamente secondo il piano di manutenzione da allegare obbligatoriamente al progetto esecutivo come previsto nel § 10.1, che comprende comunque tutte le altre operazioni di manutenzione ordinaria e straordinaria da mettere in atto durante la vita utile della struttura. I mezzi di unione metallici strutturali devono, generalmente, essere intrinsecamente resistenti alla corrosione, oppure devono essere protetti contro la corrosione. L’utilizzo di pannelli di tavole incollate a strati incrociati in ambienti le cui condizioni di esercizio sono attribuibili alla classe di servizio 3 secondo § 4.4.5 delle NTC non è in generale ammesso, a meno che non sia esplicitamente previsto nella certificazione di prodotto.
CNR DT 206/2007 11 – Durabilità 11.1 – Requisiti di durabilità naturale dei materiali derivati dal legno Al fine di garantire alla struttura adeguata durabilità, si devono considerare i seguenti fattori tra loro correlati: • la destinazione e l’uso della struttura; • le condizioni ambientali prevedibili; • la composizione, le proprietà e le prestazioni dei materiali; • la forma degli elementi strutturali e i particolari costruttivi; • la qualità dell’esecuzione e il livello di controllo della stessa; • i particolari interventi di protezione; • la manutenzione programmata durante la vita presunta. Inoltre si devono adottare nel progetto gli eventuali idonei provvedimenti per la protezione dei materiali. Il legno e i materiali derivati dal legno devono possedere un’adeguata durabilità naturale per la classe di rischio biologico prevista in servizio, oppure devono essere sottoposti a un adeguato trattamento preservante. Le definizioni delle classi di rischio e la metodologia decisionale per la selezione del legno massiccio e dei pannelli derivati dal legno appropriati alla classe di rischio sono contenute nelle UNI-EN 335. La classificazione dei preservanti, per quanto attiene alla penetrazione e alla ritenzione, è contenuta nelle UNI-EN 351. Le specifiche relative alle prestazioni dei preservanti per legno, alla loro classificazione e alla loro etichettatura sono indicate nelle UNI-EN 599. Per i prodotti di legno massiccio, una guida alla durabilità naturale e trattabilità delle varie specie legnose è nella UNI-EN 350, una guida ai requisiti di durabilità naturale per legno da utilizzare nelle classi di rischio è nella UNI-EN 460.
Resistenza al fuoco
§ 4.4.14 NTC 2018
Le verifiche di resistenza al fuoco potranno eseguirsi con riferimento a EN 1995-1-2, utilizzando i coefficienti γm (v. § 4.4.6, Tabella 4.4.III) relativi alle combinazioni eccezionali.
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Resistenza al fuoco
§ C4.4.14
A completamento di quanto previsto nel pertinente paragrafo § 3.6 delle NTC, e con riferimento a una prefissata resistenza al fuoco, espressa come grandezza temporale, per una generica sezione trasversale di un elemento ligneo si definisce: – di carbonizzazione: il confine tra lo strato carbonizzato e la sezione trasversale residua; – sezione trasversale residua: la sezione trasversale originaria ridotta dello strato carbonizzato; – sezione trasversale efficace: la sezione trasversale originaria ridotta, oltre che dello strato carbonizzato, anche di un successivo strato in cui si considerano nulli i valori di resistenza e di rigidezza. La resistenza al fuoco può essere valutata sotto l’ipotesi che le proprietà meccaniche della sezione trasversale efficace non risultino ridotte rispetto alle condizioni a temperatura di normale utilizzo. Il calcolo della capacità portante allo stato limite ultimo di collasso (per rottura o per instabilità) di ogni singolo elemento strutturale dovrà essere effettuato con riferimento ai documenti normativi di comprovata validità di cui al § 12, e in particolare alla norma UNI EN 1995-1-2. Si ricorda che la resistenza della struttura lignea non coincide, in generale, con quella delle singole membrature componenti, essendo determinanti le prestazioni dei collegamenti e degli altri componenti (come, ad esempio, i sistemi di stabilizzazione) che, nella pratica, sono spesso realizzati con elementi metallici. Ai fini del calcolo della resistenza al fuoco della struttura lignea è necessario quindi valutare la resistenza al fuoco offerta dagli eventuali collegamenti presenti, sulla base dei documenti sopra citati o di idonea sperimentazione.
Regole per l’esecuzione
§ 4.4.15 NTC 2018
In assenza di specifiche prescrizioni contenute nelle pertinenti norme di prodotto, le tolleranze di lavorazione così come quelle di esecuzione devono essere definite in fase progettuale.
In assenza di specifiche prescrizioni contenute nelle pertinenti norme di prodotto, al fine di limitare la variazione dell’umidità del materiale e dei suoi effetti sul comportamento strutturale, le condizioni di stoccaggio, montaggio e le fasi di carico parziali, devono essere definite in fase progettuale.
Per tutte le membrature per le quali sia significativo il problema dell’instabilità, lo scostamento dalla configurazione geometrica teorica non dovrà superare 1/500 della distanza tra due vincoli successivi, nel caso di elementi lamellari incollati, e 1/300 della medesima distanza, nel caso di elementi di legno massiccio. Quanto sopra deve essere comunque verificato, anche indipendentemente dalle regole di classificazione del legname.
Il legno, i componenti derivati dal legno e gli elementi strutturali non dovranno di regola essere esposti a condizioni atmosferiche più severe di quelle previste per la struttura finita e che comunque producano effetti che ne compromettano l’efficienza strutturale. Prima della costruzione o comunque prima della messa in carico, il legno dovrà essere portato ad un’umidità il più vicino possibile a quella appropriata alle condizioni ambientali in cui si troverà nell’opera finita.
Qualora si operi con elementi lignei per i quali assumano importanza trascurabile gli effetti del ritiro, o comunque della variazione dell’umidità, si potrà accettare durante la posa in opera una maggiore umidità del materiale, purché sia assicurata al legno la possibilità di un successivo asciugamento, fino a raggiungere l’umidità prevista in fase progettuale senza che ne venga compromessa l’efficienza strutturale.
I sistemi di collegamento non devono presentare distorsioni permanenti in opera.
CIRC. 7/2019
Regole per l’esecuzione
§ C4.4.15
Si raccomanda che, in fase di progetto, particolare attenzione sia posta nella individuazione e nella definizione delle tolleranze di lavorazione, esecuzione e montaggio, soprattutto per le membrature sensibili a fenomeni di instabilità. Le limitazioni sull’arcuatura, contenute nella maggior parte delle regole di classificazione secondo la resistenza meccanica, sono inadeguate ai fini della selezione del materiale per questi elementi, e pertanto si raccomanda che sia posta una particolare attenzione al controllo di rettilineità. Si raccomanda che siano adottati i necessari provvedimenti in fase di stoccaggio, trasporto e costruzione affinché i componenti e gli elementi strutturali, di legno e a base di legno, non subiscano variazioni di umidità conseguenti ad esposizioni climatiche più severe di quelle attese per la struttura finita. Prima di essere utilizzato nella costruzione, si raccomanda che il legno sia stagionato fino al valore di umidità appropriato alle condizioni climatiche di esercizio della struttura finita. Limitatamente ai casi previsti al § 4.4.15 delle NTC per i quali siano accettate umidità maggiori durante la messa in opera, specifica attenzione verrà posta nella definizione delle condizioni necessarie per una corretta stagionatura in opera prevedendo, in fase progettuale, gli effetti del processo di essiccamento sul comportamento strutturale. Nelle zone di materiale interessate dai collegamenti di carpenteria e di quelli meccanici dovrà essere limitata la presenza di nodi, cretti, smussi o altri difetti, che possano ridurre la capacità portante del collegamento. Se non diversamente previsto in sede progettuale ed espressamente specificato, si raccomanda che i chiodi siano infissi ortogonalmente rispetto alla fibratura e fino a una profondità tale che le superfici delle teste risultino a filo della superficie del legno. Si raccomanda, inoltre, che il diametro delle preforature non sia maggiore di 0,8 d, essendo d il diametro del chiodo. Si raccomanda che, nel legno, i fori per i bulloni abbiano un diametro che non sia più grande di 1 mm rispetto al diametro d del bullone. Si raccomanda che, nelle piastre di acciaio, i fori per i bulloni abbiano un
diametro che non sia più grande di max [2 mm; 0,1d] rispetto al diametro d del bullone. Al di sotto della testa del bullone e del dado dovranno essere utilizzate rondelle aventi lunghezza del lato o diametro pari ad almeno 3d e spessore pari ad almeno 0,3d e che le rondelle appoggino per intero sul legno. Si raccomanda che bulloni e tirafondi siano serrati in modo tale che gli elementi siano perfettamente accostati. Qualora il legno raggiunga l’umidità di equilibrio in fase di costruzione, si deve procedere ad un ulteriore controllo del serraggio al fine di assicurare il mantenimento della capacità portante e della rigidezza della struttura. Per le unioni con spinotti si raccomanda che il diametro dello spinotto non sia minore di 6 mm, che le tolleranze sul suo diametro siano entro 0/+0,1 mm, che le preforature negli elementi di legno abbiano un diametro non maggiore di quello dello spinotto e che i fori delle eventuali piastre di acciaio abbiano un diametro non superiore a 1 mm rispetto al diametro dello spinotto. Considerate le numerose tipologie di viti sul mercato, si raccomanda di fare riferimento alle certificazioni del prodotto effettivamente utilizzato (ETA, Valutazione Tecnica Europea, o CIT, Certificato di Idoneità Tecnica), soprattutto per quanto attiene la necessità e le modalità di effettuazione delle preforature nel legno. In mancanza di specifiche indicazioni, per viti infisse in legno di conifera, con diametro del gambo liscio d 6 mm, non è richiesta la preforatura. In mancanza di specifiche indicazioni, per tutte le viti infisse in legno di latifoglie e per viti in legno di conifere aventi un diametro d>6 mm, è richiesta una preforatura tale che: – foro-guida per il gambo abbia diametro uguale a quello del gambo stesso e profondità uguale alla lunghezza del gambo; – foro-guida per la porzione filettata abbia un diametro pari approssimativamente al 70% del diametro del gambo. Per legno con massa volumica maggiore di 500 kg/m3, si raccomanda che il diametro di preforatura sia determinato tramite prove. Nel caso si utilizzino viti, le cui certificazioni di prodotto (ETA, Valutazione Tecnica Europea, o CIT, Certificato di Idoneità Tecnica)
attestino la capacità di auto-foratura, non è necessario eseguire il preforo. Nei casi in cui la resistenza dell’incollaggio sia un requisito limitativo per la verifica agli stati limite ultimi, si raccomanda che la produzione delle unioni incollate sia sottoposta a controllo di qualità, per assicurare che l’affidabilità e la qualità dell’unione siano conformi alle specifiche tecniche pertinenti. Si raccomanda che siano seguite le prescrizioni del produttore dell’adesivo, in relazione alla conservazione, miscelazione e applicazione, alle condizioni ambientali necessarie, sia in fase di applicazione sia in fase di indurimento, all’umidità degli elementi e a tutti i fattori pertinenti al corretto utilizzo dell’adesivo. Per gli adesivi per i quali il raggiungimento della piena resistenza richiede un periodo di tempo dopo l’indurimento iniziale, si raccomanda che l’applicazione di carichi (pesi propri, permanenti, variabili) non avvenga prima della conclusione di tale periodo. In fase di montaggio della struttura si raccomanda di evitare sovraccarichi sugli elementi o sulle connessioni, di porre particolare attenzione alla rispondenza degli elementi strutturali alle prescrizioni progettuali con riferimento alle condizioni di umidità, alla presenza di distorsione, di spaccature, difetti o imprecisioni di lavorazione in corrispondenza dei giunti, prevedendo eventualmente la sostituzione degli elementi difettosi. Nelle fasi di immagazzinamento, trasporto o messa in opera si raccomanda che il sovraccarico degli elementi sia accuratamente evitato. Se la struttura è caricata o vincolata provvisoriamente durante la costruzione in maniera differente da quella prevista nelle condizioni di esercizio in opera, si raccomanda che la condizione temporanea sia considerata come uno specifico caso di carico, includendo ogni possibile azione dinamica. Nel caso di strutture a telaio, archi intelaiati, portali intelaiati, si raccomanda di porre particolare cura nell’evitare distorsioni durante il sollevamento dalla posizione orizzontale a quella verticale.
Verifiche per situazioni
§ 4.4.16 NTC 2018
transitorie, controlli e prove di carico Per situazioni costruttive transitorie, come quelle che si hanno durante le fasi della costruzione, dovranno adottarsi tecnologie costruttive e programmi di lavoro che non possono provocare danni permanenti alla struttura o agli elementi strutturali e che comunque non possano riverberarsi sulla sicurezza dell’opera.
Le entità delle azioni ambientali da prendere in conto saranno determinate in relazione alla durata della situazione transitoria e della tecnologia esecutiva.
L’assegnazione delle azioni di progetto ad una delle classi di durata del carico e delle classi di servizio dovrà essere congruente con la effettiva durata della situazione transitoria in esame.
In aggiunta a quanto previsto al Capitolo 9, l’esecuzione delle prove di carico per le strutture con elementi portanti di legno o con materiali derivati dal legno, dovrà tener conto della temperatura ambientale e dell’umidità del materiale.
L’applicazione del carico dovrà essere in grado di evidenziare la dipendenza del comportamento del materiale dalla durata e dalla velocità di applicazione del carico. A tal fine, si possono adottare metodi e protocolli di prova riportati in normative di comprovata validità.
CIRC. 7/2019
Verifiche per situazioni transitorie. Controlli e prove di carico
§ C4.4.16
In considerazione delle specifiche caratteristiche del legno e materiali da esso derivati, in aggiunta a quanto previsto per le costruzioni realizzate con altri materiali è opportuno, fin dalla fase di progetto, predisporre un dettagliato piano di controlli che comprenda: – controlli in fase di costruzione;
– controlli sulla struttura completa; – controlli della struttura in esercizio.
CIRC. 7/2019
Controlli in fase di costruzione
§ C4.4.16.1
Per quanto riguarda i controlli obbligatori di accettazione sul materiale in cantiere, ci si deve riferire a quanto riportato nel paragrafo 11.7 delle NTC. I controlli in fase di costruzione potranno essere realizzati sia in cantiere sia fuori cantiere, quindi sia in fase di produzione che di esecuzione. Essi potranno comprendere: – ove preliminari, per verificare l’idoneità di materiali e dei metodi di produzione (si veda il pertinente punto in C.11.7); – verifica di materiali e della loro identificazione (specie legnosa, classificazione, marcatura, trattamenti e umidità, tipo di adesivo, processo di produzione degli elementi incollati, qualità della linea di colla); tipologia dei mezzi di unione, protezione dalla corrosione degli elementi metallici; modalità di trasporto, deposito e conservazione in cantiere; movimentazione dei materiali (si veda il pertinente punto in C.11.7); – verifiche dimensionali; – verifica del montaggio e della messa in opera; – verifica dei dettagli strutturali e in particolare dei collegamenti (numero degli elementi costituenti il collegamento, chiodi, bulloni, dimensioni di fori, caratteristiche dei fori, spaziature e distanze dalle estremità e dai bordi degli elementi lignei, presenza di rotture per spacco ecc.); – controllo finale del risultato del processo di produzione, per esempio tramite ispezione visuale o prova di carico.
CNR DT 206/2007 14 – Controlli
Si dovranno osservare le vigenti normative in materia di controllo e collaudo e comunque si dovranno rispettare le prescrizioni elencate di seguito. 14.1 – Esame del progetto Si dovranno eseguire controlli su: • requisiti e condizioni introdotte in progetto; • impostazione generale della progettazione strutturale, degli schemi di calcolo e delle azioni considerate; • piano di manutenzione in relazione alle ipotesi progettuali, alle modalità di produzione ed assemblaggio e ai requisiti di durabilità previsti. 14.2 – Controllo sulla produzione e sulla esecuzione Si dovranno eseguire controlli su: • sulla documentazione di conformità degli elementi di legno alle qualità prescritte; • dei risultati delle eventuali prove preliminari sui materiali; • sugli elementi con identificazione degli stessi; • sulla configurazione geometrica e sulla lavorazione degli elementi; • sulle unioni; • finale sulle strutture completate in opera. I risultati dei controlli andranno certificati nei documenti di accettazione e citati nei documenti di collaudo. 15 – Prove di carico Le prove di carico si devono svolgere con le modalità indicate dal collaudatore.
I carichi di prova devono essere, di regola, tali da indurre le sollecitazioni massime di esercizio per combinazioni rare. Le procedure da seguire saranno pertanto limitate alla procedura 1 e/o alla procedura 2 della UNI-EN 380, in relazione al tipo della struttura e alla natura dei carichi. L’esito della prova potrà essere valutato sulla base dei seguenti elementi:
• • • •
dopo la fase iniziale di assestamento, le deformazioni si accrescano all’incirca proporzionalmente ai carichi, tenuto conto del fluage; nel corso della prova non si siano prodotte lesioni, deformazioni o dissesti che compromettano la sicurezza e la conservazione dell’opera; la deformazione elastica risulti compatibile con le previsione di calcolo; la deformazione residua dopo la prima applicazione del carico massimo non superi una quota parte di quella totale tenuto conto degli assestamenti iniziali e dei fenomeni di fluage.
CIRC. 7/2019
Controlli sulla struttura completa
§ C4.4.16.2
I controlli sulla costruzione ultimata sono quelli previsti anche per le altre costruzioni. Le eventuali prove di carico da eseguire a struttura ultimata, così come quelle sui singoli elementi strutturali, anche in fase di costruzione verranno eseguite con riferimento, generalmente, a carichi di prova tali da indurre le sollecitazioni massime di esercizio per combinazioni rare. Le procedure da seguire saranno pertanto limitate alla procedura 1 e/o alla procedura 2 della UNI EN 380, in relazione al tipo della struttura ed alla natura dei carichi. L’esito della prova potrà essere valutato sulla base dei seguenti elementi: – dopo la fase iniziale di assestamento, le deformazioni si accrescano all’incirca proporzionalmente ai carichi, tenuto conto del comportamento reologico del legno; – corso della prova non si siano prodotte lesioni, deformazioni o dissesti che compromettano la sicurezza e la conservazione dell’opera; – deformazione elastica risulti compatibile con le previsioni di calcolo; – deformazione residua dopo la prima applicazione del carico massimo non superi una quota parte di quella totale tenuto conto degli
assestamenti iniziali e dei fenomeni reologici.
CIRC. 7/2019
Controlli della struttura in esercizio
§ C4.4.16.3
Il programma di controllo della struttura in esercizio specificherà le caratteristiche e l intervallo temporale delle ispezioni, dei controlli e delle manutenzioni, adottando quelle misure atte ad assicurare con sufficiente adeguatezza che le condizioni ambientali, strutturali e di utilizzazione permangano e siano conformi alle ipotesi assunte a base del progetto. Tutte le informazioni necessarie per il corretto utilizzo in esercizio e per la manutenzione della struttura saranno messe a disposizione degli utilizzatori.
Verifiche per situazioni progettuali eccezionali
§ 4.4.17 NTC 2018
Per situazioni progettuali eccezionali, il progetto dovrà dimostrare la robustezza della costruzione mediante procedure di scenari di danno per i quali i fattori parziali γM dei materiali possono essere assunti pari all’unità.
Progettazione integrata da prove e verifica mediante prove
§ 4.4.18 NTC 2018
La resistenza e la funzionalità di strutture e elementi strutturali può essere misurata attraverso prove su campioni di adeguata numerosità. I risultati delle prove eseguite su opportuni campioni devono essere trattati con i metodi dell’analisi statistica, in modo tale da ricavare parametri significativi quali media, deviazione standard e fattore di asimmetria della distribuzione, sì da caratterizzare adeguatamente un
modello probabilistico descrittore delle quantità indagate (variabili aleatorie). Indicazioni più dettagliate al riguardo e metodi operativi completi per la progettazione integrata da prove possono essere reperiti nella Appendice D della UNI EN 1990:2006.
PARTE II CASE E COSTRUZIONI
Capitolo 9 TIPOLOGIE EDILIZIE IN LEGNO
9.1
Introduzione
In questa parte si illustreranno le diverse tipologie di edifici in legno. L’argomento è molto vasto e articolato. Per ogni costruzione si cerca di fornire nozioni storiche, descrizione della tipologia costruttiva e informazioni sul montaggio, i particolari costruttivi, indicazioni sulla tecnologia della costruzione e indicazioni progettuali accompagnate da indicazioni intuitive. Si intende, in sintesi, fornire un quadro della situazione che riguarda ciascuna tipologia. Naturalmente lo scrivente è conscio dei limiti del volume, per cui si rimanda alle opere citate in bibliografia, con particolare menzione per il volume di Ceccotti, Follesa e Lauriola e del volume di Piazza, Tomasi e Modena, entrambi validi e ampi nella trattazione. Nelle varie costruzioni in legno, questo può essere griglia e pelle dell’involucro o solo della griglia. Le strutture realizzate in legno in genere sono caratterizzate dalla presenza di uno ‘‘scheletro’’; la ‘‘pelle’’ in questo caso ha un ruolo secondario è non ha funzioni portanti. In alcuni casi l’involucro e portante e quindi ha funzione di struttura e di tamponamento. La massa Il peso a metro quadrato di una struttura risulta simile a una struttura con la stessa tipologia ma realizzata in acciaio. Se si considera il caso di tipologia strutturale simile a quello di una struttura in cemento armato, il volume sarà pari a quello di una struttura lignea: se si trascura il peso proprio si ottiene all’incirca la stessa sezione, ma se entra in gioco il peso proprio la sezione sarà più grande.
I costi È sempre difficile poter preventivare un costo di un edificio a metro quadrato. Certo non e sensato scartare la realizzazione di una struttura in legno solo perché viene a costare molto. Poi sarebbero da considerare anche altri costi come quelli per le manutenzioni, lo smantellamento e discarica o riutilizzo.
9.2
Ripari
Il modo più intuitivo per costruire un riparo è ricorrere ad asticelle flessibili, curvarle e bloccarle in modo da ottenere una calotta che funge da riparo e da copertura. Per tale riparo sono necessari elementi sottili e facilmente disponibili in natura contrariamente alle tavole, per le quali sono necessari tronchi e le seghe. Il rifugio rappresentato in Fig. 9.1 è un rifugio completo ottenuto da rametti flessibili curvati e bloccati, con paglia soprastante, ed è ancora presente in qualche zona dell’Africa. Tra gli altri rifugi merita una menzione il tepee dei pellirosse del Nord America realizzato con aste incrociate e con involucro protettivo composto da pelli di animali (bufali) (Fig. 9.2).
Figura 9.1 Modalità costruttive del riparo a calotta.
Figura 9.2 Tepee del Nord America.
9.3
Case con tronchi sovrapposti Log house o Block-haus
Le case a tronchi sovrapposte sono utilizzate dove è disponibile grande quantità di legname in tronchi, come, per esempio, foreste del Nord America e della Scandinavia. I tronchi, sgrossati grossolanamente, sono stati sostituiti da tavoloni con scanalature maschio-femmina che permettono di ottenere una parete con facce piane e di aspetto gradevole e nel contempo di impiegare una quantità di legname relativamente contenuta. Si riporta anche una tipologia ‘‘storica’’ e molto caratteristica utilizzata da una popolazione (Walzer) insediata nella Valle d’Aosta (Fig. 9.3).
Figura 9.3 Sistema a tronchi incrociati, con tronchi stondati e squadrati.
Figura 9.4 Esempio di costruzione Log-House con doppie pareti per isolamento e bordi aperture rinforzati.
Esempio di costruzione Log-House: sezione e intersezione Figura 9.5 maschi murari.
Figura 9.6 Particolari tratti dal sito Legnoluce, di Maiano.
Figura 9.7 Particolare sbalzo con mensola di tronchi più lunghi sagomati.
Figura 9.8 Tipologie commerciali. Per illustrare le potenzialità progettuali si riportano le soluzioni elaborate dalla J&M legnami (immagini riprese dal sito della J&M legnami).
Figura 9.9 Pianta tipica di un edificio in legno. Per illustrare le potenzialità progettuali si riportano le soluzioni che sono state estratte dal sito della J&M legnami.
Figura 9.10 Diverse tipologie di bungalow. Per illustrare le potenzialità progettuali si riportano le soluzioni che sono state estratte dal sito della J&M legnami.
Figura 9.11 Tipica casa Walzer (Valle d’Aosta).
Figura 9.12 Abitazioni dei Walzer ad Alagna Valsesia.
9.4
Capannoni
9.4.1
Capannoni leggeri
I capannoni leggeri sono realizzati con tavole collegate, che definiscono intelaiature non molto distanziate. La struttura non è molto resistente soprattutto nei confronti del vento, essendo vulnerabile all’azione di sollevamento dell’intera copertura leggera. Anche dal punto di vista dell’inerzia e dell’isolamento termico presenta notevoli carenze. Tuttavia si riporta un esempio di capannone leggero allo scopo di far conoscere al lettore questa tipologia costruttiva. Rigid frame Si tratta di telai realizzati con tavole, collegate con nodi rigidi. I telai sono composti da tavole collegate con nodi rigidi composti da due elementi piani in compensato preforati, a loro volta uniti con viti o chiodi. La copertura e il tamponamento sono realizzati con pannelli in compensato inchiodati. Si presta a capanni per uso agricolo o temporanei.
Figura 9.13 Telaio rigid frame.
9.4.2
Capannoni pesanti
I capannoni pesanti sono realizzati con assemblaggio di elementi, travi o pilastri massicci. La struttura realizza un organismo strutturale resistente e solido, con sezioni in legno massiccio o lamellare. In realtà è proprio la diffusione del legno lamellare che ha dato il via a soluzioni pregevoli, sia staticamente sia esteticamente. La sezione lamellare consente un andamento piacevole e variabile del telaio strutturale. Particolare importanza è data dal tipo di unione realizzata nel collegamento tra gli elementi lignei. In genere si cerca di realizzare una cerniera con elementi metallici intermedi. Nei nodi che devono tenersi rigidi si utilizzano piastre dentate e bulloni passanti.
– – – – –
Tra le tipologie più utilizzate spiccano le seguenti: arco a tre cerniere; arco a due cerniere; telaio con cerniere al piede; solo copertura in legno e pilastri in cemento armato. Schemi costruttivi
Figura 9.14 Tipologie di capannoni.
Figura 9.15 Indicazioni progettuali per capannoni pesanti.
Esempio: arco a tre cerniere La soluzione ad arco a tre cerniere illustrata in figura 9.16 è un interessante modo di costruire un capannone. Il sistema è isostatico e quindi asseconda facilmente i cedimenti fondali senza danni alla sovrastruttura. La forma è molto elegante e il flusso di tensioni è seguito dall’andamento delle lamelle della struttura lamellare principale. La sezione è rettangolare. I nodi sono realizzati con parti metalliche interposte collegate alle parti lignee tramite bulloni passanti.
Figura 9.16 Esempio di capannone a tre cerniere.
Figura 9.17 Attacco alla base.
Figura 9.18 Appoggio con sbalzo.
Figura 9.19 Cerniera centrale.
Indicazioni progettuali Nella figura 9.20 si illustra lo schema statico del capannone ad arco a tre cerniere, con flusso delle tensioni che si innesca quando si hanno carichi verticali, tipo neve, o carichi orizzontali, del tipo di quelli connessi a sisma ondulatorio o a vento laterale. Si osservi (Fig. 9.20) che il funzionamento della struttura è simile a un arco in cui si configura una linea delle pressioni che assomiglia al rovescio di un’ideale catena, incernierata a una base laterale, e all’immagine speculare della posizione della cerniera centrale. La curva delle pressioni, ottenuta ribaltando tale catenaria, individua l’arco ideale, che consentirebbe alla struttura di assorbire i carichi solo con la propria resistenza a compressione. L’allontanamento dell’asse baricentrico della struttura dall’arco ideale individuato dalla linea delle pressioni fa nascere un momento flettente pari al prodotto tra la forza normale in una sezione per la distanza locale tra arco reale e arco ideale.
Figura 9.20 Funzionamento dell’arco a tre cerniere.
Capitolo 10 CALCOLO COSTRUZIONI IN LEGNO
10.1
Generalità calcolo case in legno
10.1.1 Azioni sulla struttura Azioni verticali: – quasi permanenti: G + Ψ0i · Q – rare: G + Q – eccezionali: 1.3 G + 1.5 Q Neve Combinazioni verticali a pieno carico. Vento Considerare il vento combinato con neve ridotta. Sisma Considerare il sisma con la concomitanza di circa il 30% di sovraccarichi.
Figura 10.1 Azione neve.
Figura 10.2 Azione vento.
Figura 10.3 Azione sismica.
10.2
Costruzioni in legno in zona sismica
In zona sismica si auspica un comportamento duttile della struttura, con elementi lignei sempre in campo elastico e con un collegamento in cui si concentra le dissipazione energetica. Si tenga presente dunque che la verifica tensionale è giustificata solo per gli elementi lignei, mentre per i collegamenti si impone un dimensionamento più razionale, volto a ottenere una plasticizzazione prematura del collegamento nei confronti dell’elemento ligneo. In linea con il capacity design o gerarchia delle resistenze, è opportuno che la struttura si plasticizzi nei collegamenti, soprattutto se questi ultimi sono realizzati con connettori metallici; essi vengono considerati affidabili e dissipativi per le resistenze dei componenti d’acciaio e di comportamenti più controllabili teoricamente.
Figura 10.4 Azioni verticali e orizzontali.
10.3
Analisi della struttura
Per comprendere come si debba eseguire il calcolo degli elementi che compongono una costruzione in genere, e una casa in legno in particolare, è opportuno seguire il flusso che parte dal carico e arriva alla fondazione, con
un percorso che dal punto di applicazione attraversa e interessa i vari elementi.
Figura 10.5 Flusso delle tensioni che interessano un carico verticale applicato al tavolato di un impalcato in legno.
Analisi carichi verticali – SLE Carico qe = (G + Q) Combinazione rara qe = carico distribuito di riferimento Qe = carico concentrato per verifiche locali Verifiche – – – –
Deformazioni Livello tensionale (non obbligatorio) Vibrazioni (solo per impalcato solaio) Scenario SLU carico nella combinazione eccezionale
qu = (1.3 G + 1.5 Q) – verifica allo SLU dell’elemento.
10.4
Verifica elementi interessati dal carico
Elemento 1: tavolato Il tavolato è sostenuto dai travicelli; si comporta come una trave continua su più appoggi. Il carico che vi grava è il carico permanente g e il sovraccarico variabile q. – Scenario SLE carico di riferimento combinazione rara qe = g + q g = peso proprio tavolato, sottofondo, pavimentazione altri carichi permanenti portanti – Scenario SLU carico nella combinazione eccezionale qu = (1.3 G + 1.5 Q)
Figura 10.6 Schema di calcolo tavolato largo 1 metro.
Con riferimento allo schema statico di trave continua, si determinano le caratteristiche di sollecitazione taglio e momento (Effetti di calcolo); si confrontano il livello sollecitante di calcolo con quello resistente di calcolo nelle sezioni più sollecitate.
Figura 10.7 Diagramma dei momenti e del taglio per un tavolato appoggiato su tanti travicelli; carico qu su tutte le campate.
– Verifiche Momento massimo MEd ≤ MRd Taglio massimo VEd ≤ VRd Si controlla che il livello sollecitante di calcolo alla SLU si mantenga al di sotto del livello resistente di calcolo della sezione. La verifica controlla la sezione nei confronti dello SLU. Se si sostituisce la verifica con il controllo tensionale. Si usano le seguenti disequazioni: – Tensione normale massima σmax ≤ fm,d · kmod – Tensione tangenziale massima τmax ≤ fv,d · kmod In cui kmod = 0.9 se si fa riferimento a carichi di breve durata. Lo stato limite ultimo di riferimento è quello di incipiente snervamento, in quanto il controllo verifica che, nell’ipotesi di andamento tensionale tipico del campo elastico, la tensione massima nella fibra più sollecitata non raggiunga il limite critico. Si osserva che la verifica tensionale è giustificata in zona sismica, dato che gli elementi restano, in pratica, in campo elastico ed entrano in campo plastico solo i collegamenti.
Limitare la verifica a un controllo della tensione massima dell’elemento ligneo, che resta in campo elastico fino allo SLU, è accettabile e razionale. Si riserva I’analisi plastica ai collegamenti. Per il tavolato la sezione di riferimento, valutata per una striscia di 1 metro è illustrata nella figura seguente.
Figura 10.8 Sezione tavolato con perline o tavole a incastro.
Nel caso di semplice appoggio la combinazione più gravosa è a pieno carico con qu che interessa I’intera trave:
Le caratteristiche resistenti della sezione del tavolato, tenuto conto che il modulo di resistenza W, I’area A e il momento di inerzia rispetto all’asse baricentrico orizzontale sono dati da:
le tensioni caratteristiche a flessione e taglio sono: fm,k · fv,k le tensioni di calcolo diventano:
si ottiene, con riferimento all’incipiente snervamento il momento resistente di calcolo:
con kmod = 0.9 (carichi di breve durata); taglio resistente di calcolo: VRd = fvd · kmod · 1.5 · A (per sezione rettangolare). Elemento 2: travicello Il travicello è sostenuto dalle travi portanti o da muri e sopporta il carico del tavolato. Esso si comporta come una trave continua su più appoggi o come trave semplicemente appoggiata. Il carico che vi grava è il permanente g e il sovraccarico variabile q. – Scenario SLE carico di riferimento combinazione rara qe g + q g = peso proprio tavolato, travicello, sottofondo, pavimentazione altri carichi permanenti portanti con riferimento all’area di competenza di un travicello di un metro di lunghezza. Il travicello è alto h e largo b; I’interasse tra travicello e travicello è pari a i.
Figura 10.9 Sezione travetto e tavolato di competenza.
– Scenario SLU carico nella combinazione eccezionale qu = (1.3 G + 1.5 Q) Con riferimento allo schema statico di trave continua, si determinano le caratteristiche di sollecitazione taglio e momento (effetti di calcolo); si confrontano il livello sollecitante di calcolo con il livello resistente di calcolo nelle sezioni più sollecitate. Si analizzi lo schema statico del travicello: esso può essere semplicemente appoggiato o insistere su più appoggi.
Figura 10.10 Combinazioni da considerare.
Nel caso di semplice appoggio la combinazione più gravosa è a pieno carico che interessa I’intera trave:
Le caratteristiche resistenti del travicello, tenuto conto che il modulo di resistenza W, I’area A e il momento di inerzia rispetto all’asse baricentrico orizzontale sono dati da:
le tensioni caratteristiche a flessione e taglio sono rispettivamente:
le tensioni di calcolo diventano:
si ottiene, con riferimento all’incipiente snervamento il momento resistente di calcolo
MRd = fmd · kmod · W con kmod = 0.9 (carichi di breve durata); il taglio resistente di calcolo: VRd = kmod · fvd · A/1.5 La verifica allo SLU del travicello controlla che la condizione di carichi più grave
Figura 10.11 Sezione travicello.
10.5
Considerazioni su travi continue e stese di carico
Nel caso di travi continue è opportuno considerare almeno le condizioni di carichi affiancati e alternati; le prime forniscono i massimi momenti nell’appoggio tra le due campate caricate, mentre la situazione alternata fornisce i massimi momenti in mezzeria.
Figura 10.12 Combinazioni alternate e ‘‘binate’’ che portano a sollecitazioni massime in campata e sugli appoggi.
Carico equivalente – peso proprio trave b ± h · γw – peso proprio travicelli – peso proprio assito (tavoloni) – peso proprio portati Lo schema dell’impalcato con i vari elementi è illustrato nella figura 10.13.
Figura 10.13 Area di competenza trave principale.
La situazione di carico ‘‘reale’’ è composta da carichi concentrati trasmessi dai travicelli. Tuttavia è consentito trasformare tutto in termini di carico distribuito, o con errori accettabili.
Figura 10.14 Situazione di carico con carichi concentrati ‘‘reali’’ o carico equivalente distribuito.
Il sovraccarico accidentale (per edifici 200 daN/mq) è indicato con q; il carico al metro lineare delle travi si ottiene con
in sintesi allo SLU la combinazione di riferimento è sempre indotta dalla combinazione eccezionale qu = 1.3 G + 1.5 Q che permette di determinare VEd,max e anche MEd,max. La verifica controlla che siano rispettate le due disuguaglianze:
10.6
Verifiche allo SLE
La verifica a deformazione può essere condotta con riferimento alla combinazione rara:
qe = G + Q Con tale conto si determina la freccia massima dell’elemento in questione. La freccia dovrà essere minore dei valori limite forniti dalla norma.
Capitolo 11 ANALISI EDIFICI SPECIFICI
11.1
Case a tronchi sovrapposti
Nelle parti seguenti si tratta il calcolo di una costruzione in legno realizzata con il metodo dei tronchi sovrapposti (Log House o Block haus). La costruzione è realizzata con setti portanti e setti di controvento.
Figura 11.1 Schema della costruzione in legno.
Figura 11.2 Maschio di incrocio.
11.1.1 Struttura con scenario di carico verticale massimo Nella figura 11.3 si illustrano i flussi di forze che attraversano gli elementi strutturali dal carico applicato, in questo caso verticale sul solaio, alla fondazione e al terreno. L’analisi della struttura deve considerare il flusso delle forze, ovvero gli effetti sollecitanti indotti da tale flusso. Gli effetti indotti devono essere a un livello più basso del livello resistente di calcolo in ogni punto della parte strutturale attraversata. Se in ogni punto il livello sollecitante è minore del livello resistente, compatibile dalla struttura localmente, la struttura è verificata dal punto di vista della resistenza. Lo scenario di riferimento è quello eccezionale, con azioni verticali indotte dalla combinazione 1,3 G + 1,5 Q. Le verifiche da condurre sono allo stato limite ultimo; le NTC18 indicano implicitamente che lo stato limite da considerare è quello di incipiente snervamento. In tale ottica le verifiche possono essere condotte con gli elementi considerati in campo elastico controllando che il livello tensionale massimo sollecitante di calcolo si tenga al di sotto del livello resistente di calcolo.
Figura 11.3 Flusso delle azioni indotte dai carichi verticali attraverso la struttura.
Per il carico che grava sui setti bisogna considerare lo schema statico dei travicelli. Se sono semplicemente appoggiati l’area di riferimento di ciascun setto è uguale; cresce leggermente l’area centrale se i travicelli sono continui sul setto centrale, come risulta dalla figura 11.4.
Figura 11.4 Schemi statici per l’analisi di travicelli di solaio.
11.1.2 Struttura sotto l’azione di sisma o di forte vento In figura si illustrano i flussi di forze che attraversano gli elementi strutturali dal carico imposto alla struttura, in questo caso orizzontale applicato a livello dell’impalcato o applicato ai setti verticali (vento), alla fondazione e al terreno. L’analisi della struttura deve considerare il flusso delle forze, ovvero gli effetti sollecitanti indotti da tale flusso. Gli effetti indotti devono essere, in ogni punto della parte strutturale attraversata, a un livello più basso del livello resistente di calcolo. Se in ogni punto il livello sollecitante è minore del livello resistente, compatibile dalla struttura localmente, la struttura è verificata dal punto di vista della resistenza. Lo scenario di riferimento è quello eccezionale, con azioni verticali indotte dalla combinazione
G + 0,3 Q per solaio:
G + 0,2 Q consigliato per copertura con sovraccarico neve anche se sotto i 1000 m. slm le NTC2018 non considerano alcun sovraccarico. Le verifiche da condurre sono allo stato limite ultimo; le NTC18 indicano implicitamente che lo stato limite da considerare è quello di incipiente snervamento. In tale ottica le verifiche possono essere condotte con gli elementi considerati in campo elastico controllando che il livello tensionale massimo sollecitante di calcolo si tenga al di sotto del livello resistente di calcolo.
Figura 11.5 Flusso delle azioni indotte dalle azioni orizzontali indotte da un sisma.
Figura 11.6 Effetto spinotto dell’elemento ortogonale, con attrito presente ma trascurabile a causa della sua variabilità.
Figura 11.7 Effetto spinotto fornito dall’elemento ortogonale in corrispondenza dell’incrocio a incastro.
Per il calcolo della deformazione della struttura si deve far riferimento a uno schema con tronchi rigidi sovrapposti collegati da una forza di attrito orizzontale che si oppone allo scorrimento e con elementi in legno tipo spinotti in corrispondenza degli incroci. Per un sisma di intensità medio-bassa è lecito considerare attrito e spinotti ai fini dell’irrigidimento del pannello, mentre allo SLU l’attrito viene trascurato poiché con sismi elevati viene vinto e la situazione allo SLU trova attivi solo gli immorsamenti negli incroci tra pannelli. La deformazione del pannello con prevalenza dello scorrimento a taglio di tavolone su tavolone in orizzontale, la sollecitazione massima e la crisi probabile si verifica alla base del pannello.
Figura 11.8 Deformazione del pannello caricato da azione orizzontale in sommità.
11.2
Case a graticcio
11.2.1 Introduzione Si tratta di edifici tipo Fachwerk, colombage o a graticcio. Lo stile deriva dall’opus craticium romano, realizzato con intelaiature lignee e riempimenti con pezzi di tufo (tufelli) o mattoni, fissati con malta. I primi costruttori di questi edifici ebbero notevoli problemi connessi all’assemblaggio di materiali diversi e dovettero risolverli usando varie
tecniche. Come tutti gli stili architettonici lo stile intelaiato è stato influenzato dalle condizioni economiche dei vari Paesi in cui si sviluppa. In Gran Bretagna e Scandinavia queste costruzioni sono presenti nei piccoli centri e hanno generalmente 2 o 3 piani. Invece in Germania e Francia questi edifici divennero le abitazioni di un ceto sociale borghese dedito al commercio e all’artigianato raggiungendo ampia diffusione. Nonostante la diversificazione, questa struttura possiede delle caratteristiche canoniche come la struttura rettangolare. Si nota anche che questa struttura è formata da una vera e propria gabbia, le colonne portanti sono situate agli angoli della casa. In questa struttura si denota un sovradimensionamento delle parti lignee, dovuto alle notevoli dimensioni e al bisogno di dover realizzare degli incastri.
Figura 11.9 (a) Opus craticium a Ercolano. (b) Leicester, antico ospedale con costruzione a graticcio.
Le strutture sono realizzate con pareti composte da un traliccio di elementi verticali, orizzontali e inclinati con funzione di controvento. I collegamenti sono a incastro, molto interessanti staticamente e obbligatori quando non erano disponibili chiodi economici in acciaio e tavolato a buon mercato. La soluzione costruttiva a telaio si è sviluppata in zone in cui la disponibilità di legno non era tale da permettere di costruire edifici
realizzati interamente in legno. Questa tecnica di costruzione prevede, infatti, l’uso di legname solamente per la realizzazione di un telaio i cui fori vengono tamponati con altri materiali. Ogni area geografica in base alle disponibilità locali dei materiali ha sviluppato una propria tecnica di tamponamento delle pareti, anche se spesso il traliccio è spesso riempito con mattoni o con pietrame legati con malta. Anticamente si usava un impasto di terra e paglia applicato su un graticcio secondo varie tecniche (Torchis, Strohlehm, wattle and daub).
Figura 11.10 Costruzione a graticcio rispettivamente a Chester e a Lincoln.
La struttura reticolare assorbe le tensioni nel piano e le parti in muratura hanno una funzione statica secondaria. Il riempimento evita, o contiene pesantemente, la deformazione flessionale del traliccio in legno. In questo sistema di costruzione il legno è usato sfruttando al meglio le sue caratteristiche fisiche e meccaniche, attribuendogli una funzione strettamente portante, differente da quella di tamponamento e di protezione dagli agenti atmosferici esterni.
Questa tipologia di costruzione viene classificata come intelaiata e persistono vari motivi per classificarla tra le strutture a pareti portanti. La parete ha una discreta inerzia termica e globalmente consente di resistere in modo accettabile alle azioni orizzontali. La tamponatura delle parti in laterizio conferisce alla struttura una notevole rigidezza e, di fatto, costituisce, insieme al legno, un elemento unico che riesce a sopportare grandi stress sia in verticale sia in orizzontale.
Figura 11.11 Splendida immagine di costruzione a graticcio a scavalcare un canale a Lincoln.
Con questo sistema di costruzione sono stati realizzati edifici di 5-6 piani considerando anche i piani realizzati nello spiovente del tetto. Le fondazioni della struttura sono realizzate da uno zoccolo murato sopra il quale viene posata una trave di base nella quale vengono realizzati gli alloggiamenti per gli elementi di legno. Le pareti sono costituite, oltre che dalla gabbia orizzontale, anche da elementi in diagonale che ne migliorano la rigidità degli incastri. Queste strutture sono molto resistenti ai sismi grazie alla loro capacità di scaricare le forze a terra, dovuta proprio dalla loro struttura in legno.
Con le tecniche di lavorazione a sega e ad ascia tradizionali era facile ricavare segati di grossa sezione ma difficile ricavare tavole. Il tavolame è stato immesso sul mercato bruscamente quando è stata possibile la segagione con l’uso di macchine a energia idraulica, successivamente a vapore e a elettricità. La produzione e il basso costo del tavolame, insieme alla disponibilità sul mercato di chiodi ‘‘industriali’’ a basso costo, hanno fatto preferire sempre di più una tipologia più leggera composta da tavole incrociate, come il balloon e il platform frame, alla costruzione pesante a graticcio.
Figura 11.12 Struttura in assonometria di una casa a graticcio.
Figura 11.13 Casa con intelaiatura in legno controventata.
Figura 11.14 Casa a graticcio con particolari assonometrici della struttura lignea; in particolare si osservi il collegamento del piastrino alla traversa lignea di base con incastro a bicchiere.
Figura 11.15 Casa con struttura cruck.
Vi è anche una particolare struttura che è realizzata con elementi curvi detti cruck, i quali conferiscono alla struttura un controventamento ‘‘morbido’’ e flessibile. La struttura è un antesignano dei portali ad arco a tre cerniere. Nella figura 11.16 sono illustrati tipi di riempimenti della tamponatura con materiale sciolto con graticci, tipo argilla o malta e cannicciato con canne o vimini; materiale di riempimento con mattoni pieni.
Figura 11.16 Tipi di riempimenti.
Casa inglese per condominio a tronchi verticali È una costruzione particolare con tronchi a piastrino verticali, antesignana delle costruzioni leggere americane.
Figura 11.17 Particolare casa inglese con tronchi.
11.2.2 Indicazioni progettuali case a graticcio o fackwerk Nelle parti seguenti si tratta il calcolo di una costruzione in legno realizzata a graticcio con elementi trave e pilastro collegati da diagonali massicce; la struttura si configura come una travatura reticolare. Il riempimento in mattoni entra in gioco solo con le azioni orizzontali, o con le azioni verticali per trasmettere il carico flettente dalla trave superiore a quella inferiore. Le connessioni sono spesso semplici cerniere; in realtà il più delle volte sono semincastri, più rigidi e con livelli di sollecitazione bassi e tendono alle cerniere al crescere del livello sollecitante. La costruzione è realizzata con elementi portanti e di controvento. Le diagonali hanno la funzione di impedire la deformazione della facciata, di
assorbire il carico orizzontale e di trasferirlo alla fondazione. Il calcolo della struttura può avvenire assimilando la struttura con aste collegate mediante una cerniera. La struttura ha una sua stabilità interna connessa al prolungamento di alcuni elementi che non vengono interrotti nel collegamento. Questo rende la travatura internamente iperstatica e quindi in grado di assorbire, con vari schemi interni, le sollecitazioni imposte da una deformazione.
Figura 11.18 Flusso delle azioni sismiche attraverso la struttura a graticcio.
Struttura sotto l’azione di sisma o di forte vento In Fig. 11.18 si illustrano i flussi di forze che fluiscono attraverso gli elementi strutturali dovuti al carico, in questo caso orizzontale, applicato a livello dell’impalcato o in facciata (vento), e trasmesso alla fondazione e al terreno. L’analisi della struttura deve considerare il flusso delle forze, ovvero gli effetti sollecitanti indotti da tale flusso. Gli effetti indotti devono essere a un livello più basso del livello resistente di calcolo, in ogni punto della parte strutturale attraversata. Se in ogni punto il livello sollecitante è minore del livello resistente, compatibile localmente con la struttura, la struttura è verificata dal punto di vista della resistenza. Lo scenario di riferimento è quello eccezionale, con azioni verticali indotte dalla combinazione
G + 0,3 Q
per solaio:
G + 0,2 Q per copertura con sovraccarico neve (pari a 0 per le NTC2018). Le verifiche da condurre sono allo stato limite ultimo; le NTC18 indicano implicitamente che lo stato limite da considerare è quello di incipiente snervamento. In tale ottica le verifiche possono essere condotte con gli elementi considerati in campo elastico controllando che il livello tensionale massimo sollecitante di calcolo si tenga al di sotto del livello resistente di calcolo. Quando il telaio riempito da muratura è sollecitato da azioni dinamiche il riempimento entra in gioco e al suo interno si innescano dei puntoni diagonali, alternati nella direzione del diagonale compresso. La presenza del riempimento è in grado di far incassare, alla struttura, un’azione sismica intensa in modo soddisfacente. Un’analisi della struttura, soprattutto nei confronti della deformazione della facciata investita dal sisma, non può non tener conto della presenza del materiale di riempimento.
Figura 11.19 Materializzazione di un puntone rigido nella maglia del graticcio.
11.2.3 Casa in legno pesante con nodi rigidi
In Fig. 11.20 si illustra una casa a telai con nodi irrigiditi, particolarmente indicata per strutture da fare a piè d’opera per poi sollevarle in verticale.
Figura 11.20 Esempio di casa a struttura in legno pesante.
Questa costruzione è realizzata con telai a nodi rigidi composti da pilastri e travi, collegati con diagonali incastrati al telaio stesso. I telai vengono realizzati in piano e poi ribaltati in verticale e fissati in opera. La struttura che ne deriva è robusta e il suo comportamento dipende molto dalla resistenza e dalla rigidezza dei nodi. Una trave longitudinale e appositi controventi nei piani perpendicolari a quelli del telaio principale completano la struttura tridimensionale e la rendono nel complesso stabile.
Case di questo tipo sono state edificate fin dall’inizio del secolo, e sono state poi soppiantate da strutture in legno leggero. Le indicazioni fornite sono valide solo per un predimensionamento degli elementi strutturali, e sono dipendenti non solo dalla luce L dell’elemento in oggetto, ma anche dall’interasse che separa l’elemento da un altro a esso parallelo.
Figura 11.21 Indicazioni progettuali di massima per gli elementi di una casa a struttura in legno pesante.
11.3
Case con travi e pilastri
11.3.1 Indicazioni progettuali costruzione intelaiata post and beam
Nelle parti seguenti si tratta il calcolo di una costruzione in legno realizzata con il metodo dei telai con elementi portanti trave e pilastro. Le connessioni sono spesso semplici cerniere; in realtà il più delle volte sono semincastri più rigidi con livelli di sollecitazione bassi e tendono alle cerniere al crescere del livello sollecitante. La costruzione è realizzata con elementi portanti e di controvento. I controventi di falda hanno la funzione di impedire la deformazione della pianta e i controventi verticali permettono alla facciata di assorbire il carico orizzontale e trasferirlo alla fondazione, impedendo ai telai di ribaltarsi come un castello di carte, gli uni sugli altri.
Figura 11.22 Schema statico tipico di una struttura post and beam.
Struttura sotto l’azione del sisma o di un forte vento In Fig. 11.23 si illustrano i flussi di forze che attraversano gli elementi strutturali dal carico, in questo caso orizzontale, applicato a livello dell’impalcato o in facciata (vento), alla fondazione e al terreno. L’analisi della struttura deve considerare il flusso delle forze, ovvero gli effetti sollecitanti indotti da tale flusso. Gli effetti indotti devono essere a un livello più basso del livello resistente di calcolo in ogni punto della parte strutturale attraversata. Se in ogni punto il livello sollecitante è minore del livello resistente, compatibile dalla struttura localmente, la struttura è verificata dal punto di vista della resistenza.
Lo scenario di riferimento è quello eccezionale, con azioni verticali indotte dalla combinazione:
G + 0,3 Q per solaio o
G + 0,2 Q per copertura con sovraccarico neve (0 per NTC2018). Le verifiche da condurre sono allo stato limite ultimo; le NTC18 indicano implicitamente che lo stato limite da considerare è quello di incipiente snervamento.
Figura 11.23 Controventi con pannelli di tamponamento di una struttura ‘‘post and beam’’.
Figura 11.24 Meccanismo di resistenza e sollecitazioni in telai controventati con croce di sant’Andrea. In questo caso, i controventi sono ‘‘dedicati’’ e realizzati con barre in acciaio a croce di sant’Andrea.
In tale ottica le verifiche possono essere condotte con gli elementi considerati in campo elastico, controllando che il livello tensionale massimo sollecitante di calcolo si tenga al di sotto del livello resistente di calcolo.
11.4
Edifici leggeri ‘‘americani’’: ‘‘platform frame’’ e ‘‘balloon frame’’
Gli edifici leggeri sono composti dall’assemblaggio di tavole, con montanti e traversi di sezione ridotta, e sono intelaiati con tavole verticali controventate da pannelli piani o tavolato.
La struttura che si ottiene è realizzata con setti composti da un doppio tavolato irrigidito da tavole. Il sistema impiega una quantità ridotta di legname e realizza una costruzione fatta da pareti a ‘‘cassa vuota’’. La costruzione che si ottiene è accettabile visivamente poiché dall’esterno si vedono le tavole da una parte e dall’altra della parete, ma è molto carente tecnicamente. La parete deve essere accoppiata con uno strato coibentato, per ottenere un isolamento termico adeguato. Nonostante ciò presenta una bassa inerzia termica, connessa alla leggerezza dello strato interno, che non consente alla parete interna di immagazzinare energia termica; questo determina un raffreddamento veloce della parete in inverno, non appena il riscaldamento si interrompe. Altra carenza grave è l’isolamento acustico della parete e dei solai leggeri. Poiché in linea di massima l’isolamento acustico dipende dal peso della parete, acusticamente si ha un abbattimento del rumore, proveniente dall’esterno, molto contenuto. In sintesi, nella sua realizzazione tradizionale la costruzione in oggetto è termicamente e acusticamente carente.
11.4.1 Platform frame Il platform frame è il sistema costruttivo correntemente usato per la realizzazione della casa americana in legno. La costruzione avanza per interi piani. I telai del primo piano vengono fissati al basamento, dopo di che viene realizzato il primo solaio. A questo punto si procede fissando a esso il telaio del piano successivo e così via. I paramenti interni ed esterni, l’isolamento sono posti in opera in cantiere. Dal punto di vista architettonico presenta una discreta libertà in facciata. Essendo interamente realizzata in cantiere la qualità di una casa di legno realizzata con la tecnica del platform frame è legata moltissimo a professionalità e competenza delle maestranze e può trarre benefici solo in minima parte dalle tecniche di prefabbricazione messe a disposizione dall’attuale tecnologia industriale.
I sistemi a struttura leggera sono un prodotto ‘‘industriale’’ che privilegia l’impiego di tavole inchiodate e permette di costruire una casa anche a manodopera non particolarmente specializzate, con costi molto contenuti. Il sistema costruttivo fu introdotto e ideato da George Washington Snow nel 1830. L’idea ebbe successo anche perché al contempo vi fu il ribasso del prezzo del tavolame (per effetto dell’energia idraulica introdotta nelle ringhiere) e dei chiodi (non più fatti a mano ma forgiati a livello industriale). Il sistema venne ‘‘bollato’’ da un nome divisorio balloon frame che significa pallone gonfiato in italiano o struttura a mongolfiera. Il sistema balloon compone una costruzione realizzandola a due piani per volta, ottenendo una continuità del montante che ne garantisce un’adeguata stabilità. La continuità, purtroppo, forniva una connessione tra i piani particolarmente dannosa in caso di incendio; per cui l’evoluzione naturale del balloon è stato il platform. In questo nuovo sistema la costruzione avanza e finisce a ogni impalcato, con il vantaggio di avere tavole verticali (montanti) alte solo un piano e di avere minore rischio di propagazione di incendio tra i vari piani per effetto ‘‘camino’’.
Figura 11.25 Sistema costruttivo schematico e sezione verticale del ‘‘platform frame’’.
Il sistema realizza una muratura portante lignea a cassa vuota tamponata sulle due facce da pannelli o da tavole, fissate con chiodi o (più raramente) con le viti. I montanti sono realizzati con tavole verticali di sezione 38 × 89 intervallate a 406 mm oppure a 610 mm; per telai più ‘‘robusti’’ si adotta una sezione 38 × 140.
Figura 11.26 Fasi costruttive del sistema costruttivo platform frame.
L’impalcato è realizzato in genere con tavole parallele sulle quali vengono applicati pannelli in compensato che interessano svariate tavole portanti. Le tavole del solaio scaricano su altre tavole a esse trasversali che hanno la funzione di travi principali della struttura dell’orizzontamento. Le aperture
nel solaio sono realizzate contornandole con tavole del tipo di quelle secondarie che sostengono il piano in legno.
Figura 11.27 Orizzontamento del sistema costruttivo platform frame.
Particolare attenzione va posta al collegamento di continuità delle tavole sull’appoggio, che può essere realizzato per collegare a cerniera le due estremità concorrenti o per realizzare una continuità strutturale vera e propria.
Figura 11.28 Collegamenti tra le tavole portanti.
Figura 11.29 Inserimento di una finestra in una parete.
Figura 11.30 Scala a struttura leggera.
Particolarmente delicata è l’esecuzione dell’apertura delle finestre. Essa è effettuata costruendo un nuovo telaio incassato negli altri telai portanti. L’architrave appoggia su due doppi montanti laterali. La scala di una struttura in legno leggera è composta da tavole sagomate, ricavate da misure di tavole da sezione 38 · 286. Tavole orizzontali e verticali realizzano rispettivamente le pedate e le alzate della scala stessa. La scala è sostenuta da 3 o 4 elementi portanti sagomati, che scaricano alla base e in sommità su una trave portante realizzata con due tavole affiancate. I collegamenti sono realizzati con chiodi o viti. Sismicamente la resistenza è molto contenuta, ma la costruzione può essere in grado di sopportare terremoti di notevole intensità a causa della leggerezza degli impalcati e della copertura. La leggerezza è un valido elemento a favore della resistenza sismica della costruzione. A dispetto del pensiero comune su questo tipo di edifici, non si tratta di un sistema prefabbricato, ma di un sistema costruttivo capace di adattarsi a innumerevoli esigenze estetico-architettoniche. Il sistema platform frame deriva dal sistema architettonico balloon frame, nato nel Nord America durante la colonizzazione europea. I due
sistemi sono praticamente identici se non fosse per l’altezza dei montanti: nel balloon questa altezza corrisponde a due piani, mentre nel platform corrisponde a uno. La sua semplicità e la sua efficacia hanno fatto sì che esso si espandesse fino a ottenere la leadership nel mercato residenziale nordamericano e sta prendendo sempre più piede in tutto il resto del mondo. Il sistema platform frame è molto versatile, infatti si possono realizzare edifici che vanno dalla casetta monofamiliare al condominio a quattro piani. La struttura è posta su una fondazione di platea o su un piano scantinato, sopra di essa vengono issate le pareti che sono costituite da un’intelaiatura formata da montanti di legno massiccio posti a un interasse variabile fra 40 e 60 cm e completati da un corrente inferiore e da un altro superiore inchiodati ai montanti.
11.4.2 Balloon frame Questa tecnica venne largamente utilizzata nell’America del Nord alla fine del XIX secolo. Il ballon frame fu adottato soprattutto dai pionieri per le loro abitazioni. All’epoca, la sua economicità, unita alla grande semplicità e rapidità di esecuzione rendevano infatti il ballon frame la più conveniente tecnica per realizzare, da soli, una casa in legno, anche per abitazioni a più piani. La soluzione costruttiva prevede l’utilizzo di svariati telai in legno di larghezza ridotta e di altezza pari a quella dell’intera facciata, con montanti che vanno da terra fino alla copertura, affiancati e collegati l’uno all’altro.
Figura 11.31 Sistema costruttivo schematico e sezione verticale del balloon frame.
Un esempio storico interessante di soluzione a struttura in legno a montanti lunghi è quello delle tipiche chiese norvegesi note con il termine di stav kirke (stav = legno, kirke = chiesa). La tecnica costruttiva vide il suo apice nel secolo XII, e ancora oggi ne esistono una decina, a dimostrazione di quanto possa durare una costruzione in legno se ben realizzata, in condizioni particolari. In tali chiese gli elementi strutturali sono basati sulla grande esperienza della carpenteria navale vichinga dell’epoca. Si pongono in opera in cantiere i paramenti interni ed esterni, e l’eventuale isolamento. Le finestre sono limitate in larghezza dalla dimensione ridotta del singolo telaio e possono svilupparsi solo in altezza. La tecnica costruttiva risulta molto rigida dal punto di vista architettonico, contrariamente al platform frame che anche per questo motivo l’ha praticamente soppiantata.
Sul lato esterno dell’intelaiatura viene inchiodato il rivestimento portante, generalmente formato da compensato. Le pareti vengono poi collegate fra loro da un ulteriore corrente superiore, che svolge la funzione di cordolo di collegamento. Il fissaggio delle pareti avviene tramite tirafondi di acciaio e piastre angolari. Il rivestimento interno è generalmente realizzato in cartongesso. È d’obbligo rinforzare le aperture, per esempio raddoppiando i montanti. Le pareti svolgono la duplice funzione di portare i carichi verticali derivanti dai solai di pertinenza e di resistere alle azioni orizzontali, quali vento e terremoti. I pannelli di rivestimento strutturale svolgono anche la funzione di impedire l’instabilizzazione dei montanti per effetto dell’azione dei carichi verticali. Solamente le pareti rivestite con i pannelli di rivestimento strutturale a base di legno compensato, collegate con elementi meccanici e continue dalle fondazioni alla copertura, possono essere considerate come resistenti alle azioni orizzontali. I solai possono essere considerati infinitamente rigidi nel proprio piano a patto che soddisfino le indicazioni presenti nell’EC5 e nell’EC8, con tavole incrociate o con massetto rigido. Tutti i componenti delle pareti resistenti alle azioni orizzontali e dei solai devono essere adeguatamente collegati fra loro in modo che la struttura agisca come un insieme unitario. Deve essere prevista, inoltre, la presenza di un cordolo continuo intorno al solaio. Anche in altezza gli elementi portanti verticali devono essere connessi con continuità in modo da garantire la trasmissione delle azioni verticali. Infine, poiché le aperture costituiscono zone di indebolimento sia per le pareti sia i solai, occorre rinforzarle in modo da assicurare la stessa rigidezza nel piano della parete o del solaio. È importante ricordare che le connessioni fra i vari elementi strutturali devono essere in grado di funzionare in entrambe le direzioni essendo l’azione sismica un’azione ciclica. Il sistema platform frame presenta anche un’altra caratteristica che è senz’altro vantaggiosa nei confronti delle azioni sismiche: la ridondanza di percorsi di trasmissione del carico dovuta all’abbondanza di elementi strutturali e all’enorme numero di elementi di collegamento. Ciò fornisce un ulteriore livello di sicurezza nei confronti del terremoto.
11.4.3 Copertura Le tipologie impiegabili sono svariate, con una o più falde, a capanna o a padiglione o con doppio spiovente (tipo Gambrel o Mansard), come illustrato in figura 11.32.
11.4.4 Tipi di copertura per edifici a struttura leggera La struttura è spesso costituita da una serie di capriatine leggere realizzate con tavole inchiodate tra loro in corrispondenza dei collegamenti, mentre l’estradosso è composto da pannelli inchiodati alle capriatine sottostanti di sostegno.
Figura 11.32 Tipi di forme per una copertura.
Figura 11.33 Copertura con pannelli.
11.4.5 Indicazioni di massima per il predimensionamento di case per residenza americane leggere Si osservi che le tavole sono sempre da 38 mm.
Figura 11.34 Dimensionamento di una casa balloon o platform frame (Allen E. – Jano The Architect’s Studio Comparion; Wiley ed.).
11.5
Edifici particolari: esempio cinese e giapponese
Casetta giapponese Le costruzioni in legno sono state interpretate in svariati modi nelle diverse parti del mondo. Nel seguito si riportano alcuni esempi di ‘‘interpretazione’’ allo scopo di sollecitare la progettualità del tecnico e svincolarla da indicazioni di progetto dettate solo da indicazioni di mercato che le impone come le più remunerative per l’industria delle costruzioni.
Figura 11.35 Casa giapponese: particolare menzione meritano i sistemi di vincolo di tipo elastico con elementi curvi.
La capriata cinese Soluzione cinese (Fig. 35.36) della capriata per l’eliminazione della spinta mediante l’inserimento di elementi flessibili curvi: il carico della copertura viene ingabbiato da una struttura complessa che consente di trasformare il carico inclinato in un carico verticale al pilastro sottostante. Gli elementi curvi opportunamente assemblati, sono eccezionali per applicazioni particolari. Il calcolo analitico è alquanto complesso e la
soluzione molto costosa, ma merita una menzione per l’originalità e per dimostrare che vi possono essere alternative valide alla capriata.
Figura 11.36 Il sistema cinese (Tou-foung).
Figura 11.37 Come funziona il sistema.
Capitolo 12 SOLAI IN LEGNO
12.1
Solai in legno tradizionali
Il solaio in legno ha una storia antichissima. Il legno è stato il primo materiale a essere utilizzato grazie alla sua resistenza a flessione. Purtroppo i solai che ci sono stati tramandati sono pochissimi. Il fuoco e il degrado hanno distrutto quasi tutti gli esempi del passato. Si possono avere tre tipi di schemi di solaio: – schema diretto: travetti direttamente appoggiati alle pareti, utilizzabile solo per corridoi stretti e lunghi; – schema con travetti-trave: una o più travi intermedie sostengono i travetti che portano il tavolato; – schemi complessi: riguardano l’ossatura di travi che portano altre travi, che a loro volta sostengono i travetti e il tavolato. I tre sistemi sono utilizzati al crescere della luce del solaio e al tendere alla forma quadrata degli ambienti da coprire.
Figura 12.1 Solaio con controsoffitto.
Figura 12.2 Solaio con caldana in getto (Mariotti M.).
Tipi di assito per impalcato in legno L’assito può essere realizzato in vari modi; il più comune è quello realizzato con tavole inchiodate o avvitate a correre, con connessioni sfalsate tra le travi adiacenti. L’assito può essere realizzato come mostrato in Fig. 36.3; in alternativa al legno si possono utilizzate pianelle in laterizio o mattoni. Nel corso della storia vi sono state molteplici soluzioni per i solai in legno, in particolare per gli incastri di collegamento tra i vari elementi.
Figura 12.3 Tipi di assiti.
Tipi di particolari di vecchi solai con travicelli a incastro
Altra soluzione particolare per il collegamento tra travicelli e travi, è quella con incastro a coda di rondine che realizza un incastro alla trave, che consente al travicello di avere un collegamento di continuità con il travicello che prosegue in linea.
Figura 12.4 Strutture di solai classici.
Figura 12.5 Tipi particolari di vecchi solai con travicelli a incastro.
Esempio di solaio: un capolavoro a Pienza Nel palazzo del papa Pio III a Pienza vi è un meraviglioso soffitto fatto con 4 travi che non arrivano all’altro muro, ma che compongono 4 piani.
Figura 12.6 Assonometria schematica.
Figura 12.7 Solaio visto dal basso.
12.2
Solaio composto in legno e soletta in calcestruzzo
Il solaio in legno è spesso realizzato con una soletta in cemento armato gettata in opera su un assito in legno, il tutto sorretto da travicelli in legno.
Figura 12.8 Immorsatori tra legno e getto in cemento armato.
I travicelli possono essere in legno lamellare o massiccio e solitamente sono a sezione rettangolare. Dopo l’indurimento del calcestruzzo, essendo materiali diversi, la diversa deformazione della parte superiore e di quella inferiore provoca il distacco tra le due parti, con una deformazione scomposta del solaio che genera effetti spiacevoli, come la rottura della soletta e forti abbassamenti localizzati. Per solidarizzare la parte lignea alla parte in cemento armato gettata in opera si inseriscono degli elementi di connessione, detti appunto connettori. I connettori sono in genere in acciaio e possono essere composti, come illustrato dalla figura 36.8, da chiodi (a), viti (b), cambrette (c), ferri a aderenza migliorata a immissione verticale (d) o inclinata (e). I chiodi e le viti sono immessi tramite preforo; le cambrette sparate, i ferri vengono in genere inseriti in fori riempiti con resina epossidica bicomponente per il fissaggio. Più raramente, con lo scopo di irrigidire la sezione del travicello in legno, viene posta in essere una lamierina fissata alla base al travicello,
come illustrato in figura. Lo schema statico del travicello e della soletta collaborante è illustrato nella figura 36.9. Si ha una larghezza collaborante di calcestruzzo ricavata come da EC2; le parti vengono omogeneizzate con il coefficiente di omogeneizzazione ricavato come rapporto tra il modulo elastico del materiale in esame e del legno del travicello.
Figura 12.9 Larghezza collaborante del travicello.
Molteplici sono le variabili che incidono sul reale comportamento del solaio: – il solaio si comporta a piastra e non come travi affiancate; – il calcestruzzo dopo il getto si ritira e induce contrazioni al legno; – si ha interazione tra legno e calcestruzzo nella zona di contatto, con penetrazione di boiacca nei pori del legno. Per il comportamento del solaio conta molto la tipologia di esecuzione connessa al getto. In particolare si tenga presente che il getto andrebbe realizzato dopo che il solaio ligneo, che funge da supporto, sia stato messo in tiro da sostegni dal basso.
Il calcestruzzo in questo modo riposerebbe tranquillo e non sollecitato sul solaio leggermente imbarcato verso l’alto. Dopo che il calcestruzzo è indurito è possibile togliere i sostegni; il solaio sia nella parte lignea che in quella in cemento armato entrano in funzione e costituiscono in effetti un tutt’uno. Dopo l’eliminazione dei sostegni, il solaio si abbassa prima per il recupero della contrazione di ritiro del calcestruzzo, poi per la deformazione sotto carico permanente e infine per lo scorrimento che la sollecitazione permanente impone alla superficie unita dai connettori. Se il getto avviene senza sostegni, la massa informe aggrava la struttura lignea e la deforma. I permanenti gravano quasi del tutto solo sul legno. Solamente l’incremento di carico, che interviene successivamente all’indurimento del calcestruzzo, è sopportato dalla sezione composta. Nel seguito si riportano le indicazioni approssimate di calcolo per un solaio composto da travicello e assito in legno e soletta in cemento armato. Vi sono altri modi per calcolare il solaio che tengono meglio conto della deformabilità della connessione (metodo Newmark) cui si rimanda. Si tengano comunque ben presenti le variabili segnalate, prima di considerare validi i risultati delle analisi.
12.2.1 Calcolo solaio composto in legnocalcestruzzo
Figura 12.10 Sezione trave composta legno-calcestruzzo.
Omogeneizzazione materiali Tutta la sezione viene omogeneizzata in modo tale da trasformarla in un’area equivalente in legno. Ogni area viene moltiplicata per il coefficiente di omogeneizzazione:
Naturalmente l’area del legno resta inalterata. Per l’area dell’assito si può avere un modulo di elasticità più basso connesso al modulo trasversale perpendicolare ai giunti tra le tavole. L’area di calcestruzzo è connessa alla larghezza di soletta collaborante, da valutarsi con EC2:
dove l0 = distanza tra punti con momento nullo (l0 = l per trave a semplice appoggio); bw = larghezza dell’anima.
Figura 12.11 Trave composta legno-calcestruzzo omogeneizzata.
Tabella 12.1 Coefficienti di omogeneizzazione.
Per calcolare la posizione del baricentro dell’area omogeneizzata, si determina la distanza dall’asse orizzontale zg della trave di legno
con e
riferiti all’area i-ma, omogeneizzata con il coefficiente
.
A questo punto si può determinare la tensione della , ovvero la distanza su ogni i-ma area rispetto all’asse baricentrico. Per il teorema di trasposizione si calcola il momento d’inerzia della tensione omogeneizzata come:
Nell’ipotesi di collegamento infinitamente rigido, comportamento elastico dei materiali e conservazione della sezione piana si ottengono le tensioni longitudinali nei diversi materiali, con una situazione che è abbastanza conforme alla realtà fino all’incipiente snervamento. La verifica sulla tensione, con riferimento all’inizio dello snervamento, avviene controllando la tensione massima del calcestruzzo:
con: – 0,85 coefficiente per carichi di lunga durata; – fcd = fck/1,5 con fck tensione caratteristica a compressione del calcestruzzo. La verifica del legno avviene controllando che la tensione nel lembo all’intradosso, distante zmax dall’asse baricentrico, si mantenga al di sotto della tensione di snervamento di calcolo ridotta con kmod. Infatti si deve tener conto della riduzione di resistenza connessa alla durata del carico. Con combinazione eccezionale1 qu = 1,35 G + 1,5 Q.
Può essere lecito considerare la situazione di breve durata per cui, dalla tabella fornita da EN5 si deduce kmod = 0,9. Quindi la verifica del legno teso sarà:
con
fmy dipende dalla classe del legno, nelle tipologie C o D per legno massiccio, o dalla classe GL (c oppure h) per legno lamellare. Calcolo dei connettori Il calcolo dei connettori avviene con riferimento allo scenario ultimo, con carico verticale massimo connesso alla combinazione eccezionale1
Ogni connessione viene sollecitata da una forza pari a quella di scorrimento che sollecita il campo di competenza del connettore stesso. Se la ‘‘zona’’ connessa è sollecitata da una forza di scorrimento unitaria daN/cm, (riferita a 1 cm di lunghezza), la forza di scorrimento che sollecita il connettore a taglio è:
Ogni connettore ha un taglio resistente ultimo di calcolo valutabile descritto nel capitolo relativo alle connessioni.
Figura 12.12 Immorsatori tra legno e getto in cemento armato.
Figura 12.13 Taglio massimo sopportabile dal connettore.
Verifica connessione La connessione è verificata se ogni connessione è sollecitata da un taglio minore di quello resistente
Il calcolo avviene in modo più ‘‘globale’’ se si fa riferimento alla forza sollecitante unitaria e se, con riferimento alla forza resistente unitaria fornita da 1 connessione al metro, in ogni punto sulla trave si verifica che
con
dove n = numero di connessioni al metro. Si tenga presente che per il connettore si verifica il massimo impegno quando questo si oppone del tutto allo scorrimento; quindi l’ipotesi di connessione rigida è senz’altro idonea alla determinazione delle sollecitazioni massime dei connettori.
Figura 12.14 Esempio di quattro immorsatori al metro.
Traslazione alla connessione Ma cosa succede se la connessione consente una traslazione? La deformazione di 2 travi sovrapposte sconnesse è molto più elevata, dato che ciascuna reagisce da sola, con un momento di inerzia molto più basso dell’intera sezione.
Figura 12.15 Deformazione pezzo unico o due pezzi.
Figura 12.16 Sollecitazione connettore.
Perché c’è la traslazione? Il connettore non reagisce impedendo del tutto la traslazione. Il suo comportamento viene bene identificato dalla rigidezza kser che assomiglia alla rigidezza a scorrimento su un collegamento elastico
– kser è determinabile dalle indicazioni fornite da EC5; – δ è variabile in funzione al tipo di connettore. Lo scorrimento si può determinare se si conosce la forza che sollecita il connettore singolo per ciascun piano di scorrimento. Determinazione della freccia A questo punto entra in gioco l’influenza geometrica della traslazione rispetto alla deformazione della trave Con δ = 0
con Ew modulo elastico del legno (E0,05); I′ momento di inerzia della sezione omogeneizzata.
Figura 12.17 Deformazione trave semplicemente appoggiata.
Se la trave è semplicemente appoggiata, con carico uniforme q, il rapporto tra freccia e rotazione all’attacco è
Per effetto dello scorrimento indotto dal connettore si provoca un’ulteriore rotazione
Figura 12.18 Influenza dello scorrimento indotto.
Per cui l’incremento di freccia connesso a una traslazione media dei connettori provoca un aggravio di freccia:
naturalmente riferita alla trave semplice con appoggio e carico uniforme. Per il calcolo dell’abbassamento nel tempo bisogna riconsiderare la sezione, con i materiali ‘‘rammolliti’’ dal tempo: sia Ec che Ew diminuiscono nel tempo. Nel complesso le tensioni non cambiano molto, mentre ne risente l’abbassamento della trave, a causa della diminuzione di I′ che diventa . Impegno dei connettori
Figura 12.19 Visualizzazione dell’impegno dei connettori e della copertura garantita da essi.
La forza di sconnessione resistente opposta da n connettori, con una sezione resistente VRd1, è data da:
La forza di sconnessione sollecitante di calcolo
In cui VEd è il taglio, e S′ e I′ rispettivamente il momento statico e il momento di inerzia della sezione omogeneizzata rispetto all’asse baricentrico. Se in ogni sezione la copertura fornita dai connettori è maggiore del livello sollecitante, i connettori sono in grado di assorbire tutta la sollecitazione di scorrimento. Per determinare lo scorrimento medio si può far riferimento ai diversi tratti in figura 36.19 a passo costante dei connettori.
Figura 12.20 Sollecitazione di un connettore.
Dalla relazione
ottengo per il tratto in esame
in cui:
è la forza di scorrimento che sollecita un connettore a taglio;
n = numero di connettori. Sintesi di procedimento
Nel capitolo 14 che parla di case ecologiche l’autore ha inventato un nuovo solaio a casseri a perdere realizzato con due pannelli di steli di canapa incrociata legati con calce. La parte portante è composta da uno speciale travetto realizzato con piatti di acciaio terminali fissati a listelli di legno all’intradosso e all’estradosso. Il collegamento avviene tramite elementi rivestiti di gomma, incollati ai travicelli precedenti. La particolare conformazione del travetto consente di avere un’ottima resistenza a flessione e a taglio e nel contempo consente di interrompere sufficientemente il trasferimento del rumore di calpestio tra l’estradosso solidale al pavimento e l’intradosso solidale al pannello di soffitto.
Figura 12.21 Pannelli solaio sistema KK depositato dall’autore.
12.3
Indicazioni progettuali
12.3.1 Travicelli solaio Dimensionamento di massima per travicelli di solai a semplice orditura Classe di esposizione 1, interno protetto, con carichi combinazione rara G + Q, e scenario in esercizio. I travicelli hanno intersasse i.
Figura 12.22 Solaio con orditura semplice.
Tabella 12.2 Dimensioni dei travicelli.
12.3.2 Travi di solai a doppia orditura Dimensionamento di massima Classe di esposizione 1, carichi combinazione rara (g + q).
Figura 12.23 Solaio con orditura doppia.
Tabella 12.3 Dimensioni dei travicelli.
12.3.3 Tavolato solaio Dimensionamento del tavolato Per il calcolo del tavolato: si considera l’assito come una trave su più appoggi. Si possono in questo caso calcolare Tagli e Momenti con l’uso di prontuari, con riferimento a un carico distribuito valutato con la combinazione eccezionale allo SLU.
Figura 12.24 Schemi di carico per tavolato.
La trave che sostiene i travicelli e i travicelli stessi sono sollecitati da un carico che rappresenta l’azione verticale che grava sull’area di competenza;
l’area si determina considerando metà del tavolato soprastante portato da ciascun lato.
Figura 12.25 Pianta e assonometria del tavolato.
Figura 12.26 Momento e taglio in un travicello secondario.
12.4
Solaio: azioni nel piano
CNR DT 201/2005 7 – Rinforzo di strutture di solaio e controvento per azioni nel piano
7.1 – Generalità Fin dall’antichità, la leggerezza e la lavorabilità hanno contribuito a rendere il legno il materiale principe per la realizzazione di orizzontamenti negli edifici: da quelli più economici a destinazione residenziale, spesso realizzati interamente di legno, fino ai più importanti edifici pubblici con ossatura muraria. Nel secolo scorso, tale primato ha ceduto il passo a soluzioni più moderne, connesse alle nuove tecnologie, quali le solette di conglomerato cementizio armato, i diffusissimi solai latero-cementizi, fino ad arrivare ai moderni solai a predalles. Il modesto grado di sicurezza offerto, in generale, alla stabilità dell’insieme strutturale in caso di sisma è uno dei principali fattori che hanno contribuito a limitare fortemente la diffusione dei solai di legno, anche se la loro presenza nel panorama edilizio non è mai del tutto scomparsa. La vasta diffusione degli orizzontamenti di legno nell’edilizia esistente e in particolare in quella a carattere storico e monumentale apre grandi prospettive allo sviluppo di nuove tecnologie per il loro consolidamento. Tipologicamente in un solaio di legno si possono distinguere due parti principali, con struttura e funzioni diverse: l’ordito e l’impalcato. L’ordito è costituito da uno o più ordini di travi, tessuti in direzioni fra loro ortogonali (in genere, un’orditura principale, costituita dalle travi, e un’orditura secondaria, costituita dai travetti). L’ordito ha la funzione statica di resistere alle azioni verticali dovute al peso proprio, al peso degli elementi di impalcato e delle parti di completamento all’intradosso e all’estradosso, nonché al peso di eventuali tramezzi e all’azione dei sovraccarichi variabili. L’impalcato è costituito, nella sua configurazione più semplice, da un elemento piano realizzato da uno o più strati di tavole di legno tra loro accostate (Fig. 36.26a), o anche realizzato da pianelle di laterizio appoggiate ai travetti (Fig. 36.26b). L’impalcato ha la funzione statica di resistere ai carichi verticali che gravano direttamente su di esso e di ripartirli tra gli elementi dell’ordito; inoltre svolge la funzione di irrigidimento trasversale dell’ordito,
trasmettendo le azioni orizzontali agli elementi verticali della struttura. Nel seguito ci si soffermerà esclusivamente sulla funzione di irrigidimento trasversale dell’ordito e si affronterà il problema di un suo eventuale potenziamento mediante l’applicazione di compositi fibrorinforzati.
Figura 12.26 Tipologie di solai lignei: (a) impalcato con tavolato di legno; (b) impalcato con pianelle di laterizio (fig. 7.1 CNR DT).
12.4.1 Comportamento del solaio per effetto delle azioni nel piano CNR DT 201/2005 Stralci dei §§ 7.2 Premesse per il rinforzo e 7.3 Comportamento del solaio non rinforzato nel piano Un semplice solaio ligneo non è in grado di garantire un’adeguata rigidezza estensionale, cosicché si rendono necessari interventi di irrigidimento per azioni nel piano, allo scopo anche di conseguire un miglioramento del comportamento deformativo globale della struttura. L’efficacia dell’intervento deve essere valutata in termini relativi, con riferimento alla situazione geometrica e costruttiva di partenza.
L’irrigidimento ‘‘classico’’ è realizzato con una soletta di calcestruzzo; in alternativa si può ricorrere a un tavolato incrociato o al rinforzo con fasce di FRP incollate sul tavolato in diagonale e ancorate alle estremità nei muri. Il comportamento di un solaio, sollecitato da azioni agenti nel piano, non è di facile determinazione, soprattutto per l’elevato grado di sconnessione dei vincoli, che collegano le varie membrature dell’impalcato. Si consideri un solaio costituito da un unico strato di tavole, solidarizzate ai travetti dell’ordito con due connettori (chiodi o viti) a ogni estremità. Ipotizzando che gli spostamenti orizzontali del solaio siano impediti lungo un lato, se al lato opposto è impresso uno spostamento parallelo alla direzione del lato medesimo, a esso corrisponde un’azione di taglio complanare all’impalcato. Il comportamento del solaio può essere schematizzato come indicato in figura 36.28. L’unica resistenza opposta alla deformazione è offerta dai connettori che collegano le tavole alle travi, ogni singola tavola può essere schematizzata come un’asta incernierata alle travi e e vincolata a ciascuna estremità da una molla, cedevole elasticamente alla rotazione intorno a un asse ortogonale al piano dell’impalcato.
Figura 12.27 da Figura 7-2 - Configurazioni deformate di impalcati tipo (a), soggetti ad azioni nel piano, nell’ipotesi di solaio infinitamente rigido (b) e di solaio deformabile (c).
Nella realtà conta anche l’attrito tra le tavole e riveste grande importanza la presenza di colla tra tavola e tavola.
Figura 12.28 da Figura 7-3 - (a) Schema del solaio sollecitato da azioni nel piano; (b) rigidezza dovuta a un’unica coppia di connettori; (c) modello di calcolo di una singola maglia di solaio.
Noti i parametri geometrici e le caratteristiche meccaniche dei materiali costituenti il sistema analizzato, nell’ipotesi di indeformabilità delle singole tavole, è possibile stimare la rigidezza rotazionale delle due molle attraverso la costruzione geometrica illustrata in figura 12.28b. A causa della rotazione φ del solaio nel proprio piano, lo scorrimento s del singolo connettore è dato dalla relazione:
dove kser è valutato in base al tipo di connettore e alla massa volumica del legno come da EN 1995-1-1. Le due forze F′ poste a distanza d, che si mobilitano per tale scorrimento, inducono una coppia M′ con cui è possibile determinare la rigidezza rotazionale kf:
La relazione tra l’azione tagliante di piano F e il conseguente spostamento di piano d si ricava con il principio dei lavori virtuali:
dove ktot è la rigidezza complessiva del solaio. Solaio rinforzato con FRP Il solaio può essere irrigidito con strisce di FRP nel proprio piano, con l’applicazione di croci di controvento. I materiali più idonei a costituire il rinforzo sono quelli con fibra di vetro in forma di tessuti grazie al loro modesto modulo di elasticità normale, che gli consente di assecondare i movimenti naturali del legno. L’efficacia dell’intervento la si valuta ricorrendo allo schema semplificato riportato in Fig. 12.29b.
Stralcio del § CNR 201/2005
7.4 – Modalità di rinforzo per azione nel piano Il rinforzo può essere schematizzato come un tirante diagonale, solo teso, collegato alla struttura per mezzo di cerniere, ed assimilabile ad una molla di rigidezza assiale kδ pari a:
essendo Ef il modulo di elasticità normale del materiale fibrorinforzato nella direzione della suddetta diagonale, Af l’area della sezione resistente di quest’ultima e D la lunghezza della diagonale. In seguito all’applicazione di una forza orizzontale, F, lo stato deformativo della struttura, comprende anche l’allungamento del tirante-rinforzo funzione della rotazione φ. Il corrispondente coefficiente di dilatazione lineare, ε, vale:
Lo sforzo assiale nel tirante-rinforzo, Nfrp, è:
Con il principio dei lavori virtuali, è possibile definire una rigidezza complessiva del solaio, ktot,rinf:
La funzione di solidarizzare l’impalcato alle travi dell’ordito è espletata in pratica solo dal rinforzo in FRP.
Figura 12.29 da Figura 7-4 - Schema (a) e modello di calcolo (b) di un solaio tipo rinforzato.
12.5
Strutture in legno lamellare: indicazioni progettuali
12.5.1 Dimensionamento di massima per travi lamellari Per il dimensionamento delle travi lamellari si rimanda alla tabella consultabile nel sito: www.illegnolamellare.it. Il dimensionamento è di massima e corrisponde a una classe di resistenza II del legno lamellare. Si fa riferimento a una freccia massima pari a 1/200 della luce e il carico di riferimento è determinato dalla combinazione rara in esercizio G + Q.
Si tenga presente che, in base alla classe di esposizione, il dimensionamento è abbastanza corretto se la trave è all’interno, con classe di esposizione 1, quindi in ambiente interno protetto e poco umido. Se la trave è sotto un portico coperto (classe 2) o addirittura esposta alle intemperie, bisogna maggiorare la sezione per limitare l’incremento di freccia che si verifica nella trave per effetto delle deformazioni viscose.
Figura 12.30 Indicazioni progettuali per diverse tipologie di travi lamellari (www.illegnolamellare.it).
Per una trave esposta alle intemperie si possono raggiungere incrementi della freccia istantanea anche del 200%.
12.5.2 Tipologie strutturali di prevalente impiego Si riportano nel seguito delle interessanti soluzioni suggerite nel sito: www.illegnolamellare.it. Nel campo del lamellare è opportuno che il progettista si interfacci con l’industria di produzione allo scopo di ottimizzare la progettazione e al fine di usufruire dell’esperienza che solo il produttore può fornire, relativamente all’impiego più idoneo. Le soluzioni sono molto stimolanti per il progettista, esteticamente gradevoli e si prestano molto bene alla realizzazione di coperture di vario tipo. Nel caso di pericolo di incendio il legno può essere verniciato con particolari e certificate pitture intumescenti che consentono di proteggere il legno investito dalle fiamme e a ritardarne l’inizio della combustione. Tabella 12.4 Caratteristiche tecnologiche del legno lamellare. Strutture con sezioni ottenute con elementi in legname da carpenteria conformati a ‘‘lamella’’, assemblati per incollaggio eseguito con collanti di tipo strutturale (a base di Definizione fenolo-formolo, resorcina-formolo, ura-formolo). Le specie e le categorie sono definite a partire dalla meno resistente delle specie e categorie di legname delle lamelle; per le sollecitazioni di flessione o di pressoflessione con Specie e asse neutro nella metà media della sezione, si considerano le categorie lamelle che formano i quarti esterni della stessa. Le lamelle sono con dimensioni di circa 33 mm con un massimo di area: Lamelle
Raggio di I raggi di curvatura degli elementi strutturali in lamellare curvatura incollato non possono essere troppo piccoli per evitare che la deviazione delle lamelle induca fessurazioni impreviste; i raggi devono essere maggiori di: 160 volte s per lamelle di specie resinose; 200 volte s per lamelle di specie dure. Per sezioni comunque configurate si ha: σf = M/(CW); con: C = 0,58 + 0,42[(b – e)/b] + (e/b)} e Modulo di K = (hs + hi)/H; resistenza per sezioni rettangolari: K = 0,5 Per elementi a sezione variabile la sezione efficace da assumere nei calcoli è quella che non presenta interruzioni Sezioni esterne di lamelle almeno due metri, prima e dopo la sezione variabili in esame. Per travi in legno lamellare incollato a sezione rettangolare si riporta in Tab. 36.5 una sintesi delle caratteristiche statiche e geometriche per sezioni di produzione standardizzata con spessore delle lamelle da 3,2 cm. Tabella 12.5 Sintesi caratteristiche per sezioni rettangolari.
(1) Il coefficiente di G è 1,3 in NTC2018; in EC è 1,35.
Capitolo 13 COPERTURE A TETTO IN LEGNO
13.1
Capriate leggere
Intrecciando tavole di piccolo spessore in modo ravvicinato si può costruire un’intelaiatura complessa e leggera che consente di trasmettere il carico della copertura in modo uniformemente distribuito alle strutture, prevalentemente murarie, che la sostengono. Il sistema è molto adottato in Francia: con muri in blocchi di calcestruzzo e coperture leggere si ottiene una costruzione accettabile per carichi statici. In zona sismica la copertura non è in grado di collegare opportunamente la scatola muraria, che resta relativamente slegata, con il rischio di deformazioni vistose e comportamento non scatolare in caso di sisma. Si illustrano una serie di capriatine leggere, realizzate in genere con tavole collegate nei nodi.
Figura 13.1 Vista prospettica di una tipica struttura intelaiata leggera di una copertura francese.
Figura 13.2 Vista assonometrica capriatina leggera.
Figura 13.3 Tipologie di capriatine leggere.
13.2
Capriate classiche pesanti
Funzionamento statico della capriata semplice composta da due elementi presso-inflessi, detti puntoni e da una catena, tenso-inflessa. La struttura è alquanto mal sollecitata per colpa dell’inflessione predominante degli elementi. Si hanno notevoli deformazioni in opera, con pericolo finale di crollo per sfilamento degli elementi.
Figura 13.4 Tipologie di capriate ‘‘pesanti’’ elementari.
In 13.5 si illustra il funzionamento statico della capriata palladiana introdotta dai romani e perfezionata nel Rinascimento. Il blocco centrale rimane rigido e la catena è appesa a tale blocco. La flessione agisce solo su parti limitate della struttura, con un notevole miglioramento del comportamento statico. La struttura si comporta molto bene, e la prova è data dalle molteplici coperture realizzate con questo sistema che sono pervenute a noi da tempi remoti.
Figura 13.5 Funzionamento di una capriata palladiana.
Figura 13.6 Schema assonometrico copertura con capriate.
13.3
Capriate per grandi luci
In Fig. 13.7 si illustra l’evoluzione della capriata palladiana in base al crescere della luce da coprire.
Una capriata di questo tipo è quella che consente di coprire il ‘‘Salone dei 500’’ sito nel Palazzo della Signoria a Firenze.
Figura 13.7 Tipologie di capriate classiche a seconda della luce da coprire.
13.4
Indicazioni di progettazione
13.4.1 Capriata alla Palladio Esempio copertura in legno con capriata ‘‘Palladiana’’, arcarecci e piccola orditura, con correnti o travicelli, e tavoloni (o listelli) per l’appoggio delle tegole in cotto.
Figura 13.8 Nomenclature parti capriata ‘‘palladiana’’.
Tabella 13.1 Dimensionamento di massima delle capriate alla Palladio.
13.4.2 Coperture a sbalzo: esempio Marineland, vicino Nizza
Figura 13.9 Copertura in lamellare a sbalzo: struttura copertura gradinate a Marineland (ad Antibes).
Figura 13.10 Indicazioni progettuali per strutture a sbalzo.
13.4.3 Strutture spaziali con elementi in legno Una struttura realizzata con elementi spaziali, disposti in una serie di triangoli, consente la realizzazione di una struttura complessa molto gradevole, con conformazione a cupola o a volta, in genere a sesto ribassato. Si riporta a titolo di esempio relativa alla Cupola di Busto Arsizio realizzata da Habitat Legno S.p.A. - Industrie Albertani e riportato sul sito www.infobuild.it: – resistenza al fuoco: R60; – superficie coperta: 6800 m; – progettista ingegnere: Planchestainer; – calcoli: Micheletti Ingegneria; – schema statico: geodetica, diametro 89 m; – azienda fornitrice: Habitat Legno.
La geodetica in lamellare è una struttura emisferica composta da una rete di travi a forma di cupola. Le geodetiche si intersecano formando elementi triangolari che giacciono approssimativamente sulla superficie di una sfera. I triangoli sono tutti molto simili tra loro ed essendo rigidi garantiscono la robustezza locale, mentre le geodetiche formate dai loro lati distribuiscono gli sforzi locali sull’intera struttura. La cupola geodetica è l’unica struttura costruita dall’uomo che diventa proporzionalmente più resistente all’aumentare delle dimensioni. Quando la struttura forma una sfera completa, viene detta sfera geodetica. La struttura di copertura di Busto Arsizio è costituita da elementi triangolari uguali, che agiscono sul grande tamburo circolare che ne costituisce la base. Fra tutte le strutture costruite con elementi lineari, la cupola geodetica è quella con il massimo rapporto fra peso e volume racchiuso: strutturalmente sono molto più forti di quanto sembrerebbe guardando le travi che le costituiscono.
Figura 13.11 Strutture spaziali con geodetiche.
Figura 13.12 Cupola di Busto Arsizio (www.infobuild.it).
Durante la costruzione di una nuova cupola geodetica c’è un momento in cui la struttura raggiunge la ‘‘massa critica’’ necessaria e si assesta verso l’alto, sollevando i ponteggi a essa fissati. Il progetto di una cupola geodetica è molto complesso, in parte perché non esistono progetti standard di cupole geodetiche pronti, da scalare secondo le necessità, ma ogni cupola deve essere progettata da zero in base alle dimensioni, alla forma e ai materiali. Esistono dei criteri di progettazione basati sull’adattamento di solidi platonici, come l’icosaedro: essenzialmente consistono nel proiettare le facce del solido sulla superficie della sfera che lo circoscrive. Non c’è un modo perfetto di eseguire una simile operazione, perché non è possibile conservare contemporaneamente i lati e gli angoli originali. Il risultato è una soluzione di compromesso basata su triangoli e geodetiche solo approssimativamente regolari. Il risultato finale è imponente: attesta la ricerca della perfezione attraverso calcoli matematici e armoniose geometrie.
13.5
Requisiti di una copertura
Esigenze mutevoli Da tempo immemore una copertura è stata progettata dall’uomo per ripararsi; dalla pioggia soprattutto ma anche dal freddo, dal caldo; le esigenze dell’uomo e le sue necessità sono variate nel tempo. La copertura di oggi è retaggio di quella del passato, ma la sua progettazione deve essere attentamente oculata.
Figura 13.13 Copertura in legno dalla preistoria; Museo di Rimini.
Per ogni esigenza si ottiene una soluzione; purtroppo una soluzione che soddisfa una particolare esigenza può contrastarne il soddisfacimento di un’altra. Interessanti soluzioni sono connesse alle coperture realizzate in paglia; sono traspiranti, coibenti, proteggono abbastanza dalla pioggia; affatto ignifughe, necessitano di manutenzione continua; animaletti vari si annidano tra gli steli e varia vegetazione tende a crescervi sopra.
Figura 13.14 Coperture in stile antico in Danimarca: Danim frederichsund.
FASCINO DI UNA COPERTURA La copertura delle case è molto importante per la sua estetica. Il fascino di una costruzione, soprattutto di pochi piani, è condizionata pesantemente dal tipo e dall’estetica della copertura.
Figura 13.15 Borgo antico in Francia e stampa che mostra Novacella a Bressanone.
Figura 13.16 Casa a Bellinzona e Capuccini a Freiburg.
Un tetto come è noto può essere a capanna, a padiglione, a falde indipendenti: la sua soluzione architettonica ne condiziona quella costruttiva; la facciata risente della forma della copertura.
Figura 13.17 Particolare casa a Berna e Casetta delle civette a villa Torlonia a Roma.
Abbaini L’abbaino e il lucernario sono interessanti affacci del sottotetto; illuminano e aereano il sottotetto; consentono al sole di penetrare nel sottotetto e riscaldarlo. Devono essere opportunamente schermati dall’esterno in estate e dall’interno in inverno. Oltre alla loro funzionalità va menzionato il loro fascino e il loro contributo all’estetica del tetto che con essi si ’apre’ al cielo.
Figura 13.18 Esempio di abbaino a Berna e in Austria.
Figura 13.19 Esempio di abbaino a Udine.
COMIGNOLI I comignoli sono un elemento secondario attualmente, ma nel passato erano parte integrante della costruzione. In ogni casa erano presenti camini per riscaldare gli ambienti durante il rigido inverno. In fabbricati per nobili si avevano tantissimi camini, uno per ogni stanza. La copertura era dunque condizionata pesantemente dalla presenza di comignoli. La loro presenza doveva fare i conti con la possibile trasmissione di fiamme alla copertura. Nel passato tante coperture andarono in fumo per l’incendio innescato dai camini e dalle canne fumarie.
Figura 13.20 Esempi di comignoli a Trieste e a Bergamo.
PROTEZIONE DALLA PIOGGIA La principale funzione di una copertura è proteggere la casa dalla pioggia. Nel passato la funzione di proteggere dalla pioggia era affidata alle tegole; purtroppo una piccola sconnessione comportava una possibile infiltrazione di acqua. Nel tempo la soluzione per la protezione della pioggia è passata dalle tegole a uno strato di cartonfeltro bitumato posto sotto le tegole, posato sigillando a caldo le giunzioni. In genere lo strato impermeabile è coperto di scagliette di ardesia, ovvero il cartonfeltro è ardesiato ed è realizzato con poliestere intriso di bitume. Le tegole proteggono la barriera dal sole e costituiscono una prima barriera. L’acqua che transita sulle tegole non acquista una velocità troppo elevata, dato che la pendenza locale delle tegole è minore della pendenza trasversale del manto impermeabile.
Figura 13.21 La copertura a protezione della pioggia.
Figura 13.22 Tipi di tegole storiche: tegole alla romana e tegole con coppi e controcoppi.
ISOLAMENTO TERMICO La copertura deve essere ben isolata. Un tetto non isolato disperde una grande quantità di energia termica durante l’inverno. D’estate il tetto non isolato consente al calore esterno di penetrare facilmente all’interno dell’edificio. In un tetto isolato, illustrato schematicamente nella figura sottostante a destra, si individua la struttura portante (1); il tavolato (2), la barriera al
vapore (3), lo strato isolante (4), la barriera impermeabilizzante (5), le tegole (6).
Figura 13.23 Tetto senza isolamento e tetto isolato.
La situazione invernale è relativamente semplice e comporta la realizzazione del tipo illustrato; il calore deve essere schermato e il flusso di energia termica deve essere interrotto o drasticamente limitato. Come ordine di grandezza la trasmittanza di una copertura U deve essere