317 43 4MB
Italian Pages 264 Year 2001
Simona Bettinetti
Lastatuadi culto nellapraticaritualegreca Presentazione di
W. Burkert
Levante editori - Bari
Il presentelavoro è stato accoltocOJnetesi di dottorato dalla Facoltàdi FilosofiaI dell'Universitàdi Zurigo nel semestreestivo 1999 su proposta del Prof. Dr. Walter Burken Il volumeè stato pubblicato graziead un contributo elargito
d~ Fonds fiir Altettumswissenschah,Ziirich (Fondo per gli Studi Classicidi Zurigo)
C 2001 - Tuffi i diritti tlslNvali
A.istnsi tùl/a Uggt sui diritti d' awtort tuttlati dal Codict Civilt è Yittatala riprodwziOMdi qwtsto libro, o parte di tsso, con qu.alsiasimezzo (tltttronico, meccanico,per mezzodifotocopit, microfi/ms,rtgi.straziOM,tee.) senza la prt11tnlivatmtorizzazione scritta
INDICE Presentazionedi Walter Burkert ...........................
pag.
5
Abbreviazionie segni convenzionali . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . ..
6
. Inod tr uztone .........................................
7
.
I. Il vocabolario della statua . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . I.I "AyaÀµa ....................................... 1.2 °Av6p1aç . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1.3 BpÉsaç . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . -· 14 . .::.oavov ....................................... . 1.5 "Eooç . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 1.6 "16puµafA♦i6puµa . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2. Presenza della statua . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2.1 Statua e città . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . 2.2 Provenienza della statua . . . . . . . . . . . . . . 2.2.i Origine dal cielo . . . . . . . . . . . . . . . . . . .. Ori gme . dal!' acqua ............................. 2 .2.u 2.2.iii Origine da un albero . . . . . . . . . . . . . .
,,
"
25 27 37 42 48 52
"
54
" " " " ,, . .............. "
65 65
. . . .
.. .. .. ..
... ... ... ...
.. .. .. ..
.. .. .. ..
. . . .
.. .. .. ..
. . . .
"
" " " ..
89 90 91
99
3. Statua e albero . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . " 107 4. Cura della statua . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . " 137 4.1 Vestiario.. . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . " 137 4.2 Pulizia e bagno . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . " 143
5. Preghiera e supplica . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . " 161 6. Processione . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . " I 85 7. Theoxenia .........................................
" 211
Appendice: Artemide Ortheia a Sparta e a Messene . . . . . . . . . . . . " 233 Bibliografia . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . " 239 Indice dei nomi . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . . " 26 I
Presentazione La religione è considerata oggi dominio della "fede", della "confessione", nel migliore dei casi delle emozioni; l'adorazione di statue ed immagini,del tutto
attuale nel Cristianesimosia occidentale che orientale, viene invece ignorata con tatto dai profani. Il Cristianesimo da parte sua, proprio all'epoca della sua nascita e della sua affermazione, era solito rimproverare ai "pagani" di "adorare immagini" create dagli uomini, statue senza vita di legno o metallo. Paradossalmente, proprio nell'ambito dei "pagani" greci e romani le immagini divine non erano sempre esistite, ma erano state introdottegradualmentecon l'evoluzione della fase matura della civiltà e poste al centro. Anche all'interno delle antiche culture perciò le immagini divine sono un problema a più facce.
Le discussioni polemiche sulle antiche statue divine sono state più volte oggetto di esame e di analisi, dal punto di vista della storia delle idee e della filosofia. Meno attenzione ha invece ricevuto l'aspetto della religione popolare pratica, il reale rapporto con le immagini divine nei secoli di cultura precristiana. Cosa vuol dire in realtà «statua di culto"? A che cosa servivano queste immagini divine? Come e chi le ha adoperate? Quali azioni si compivano con quelle e cosa si raccontava di loro? In quali circostanze erano importanti, anzi, indispensabili? Su ciò questo libro ha riunito una quantità considerevole di materiale, con molti dettagli illuminanti. Lo stadio preculturale sembra manifestarsi ancora nella relazione di statua e albero, nel caso in cui una divinità si manifesta presso l'albero o addirittura ne/l'albero. In materia di fede, invece, la presenza della statua è decisiva per una città, che è legata strettamente alla statua in un destino comune. Nella sfera personale, d'altra parte. la statua si trova unita alla preghiera e alla supplica: durante la preghiera si deve guardare la statua, salutarla, inginocchiarsi davanti a lei o, meglio ancora. toccarla. Un'adeguata cura della statua è naturalmente indispensabile e regolata in modo professionale. Si tratta di vestire, adornare e sopratttto pulire, lavare le immagini divine. Infine si devono anche "nutrire" gli dei, per mezzo delle loro statue, di nonna in relazione con banchetti umani e generosi inviti alla cerimonia estesi a un'ampia cerchia di partecipanti. Le processioni con immagini divine trasportabili servono da dimostrazione collettiva, come emerge in racconti tipici. In complesso risultano immagini varie, interessanti, provenienti dalla realtà della vita antica - non molto diverse da quanto si può ancora oggi riscontrare nella tradizione tutt'ora viva in Italia. WALIBRBURKERT
Abbreviazioni e segni convenzionali
CEG
P. A. Hansen, Carmina Epigraphica Graeca. Saeculorum VilliV a. Chr., 2 voi. (1983-9)
EGF
M. Davies, Epicorun Graecorum Fragmenta (1988)
Diels-Kranz
H. Diels e W. Kranz, Fragmente der Vorsokratiker, 6• ediz. (1952)
FGrHist
F. Jacoby, Fragmente der griechischen Historiker (1923-)
FHG
C. Miiller,Fragmento Historicorum Graecorum (1841-70)
Gow-Page, HE
A. S. Gow
e
D. L. Page, The Greek Anthology: Hellenistic
Epigrams, 2 voi. (1965) /G
lnscriptiones Graecae, (1873-)
IK
Jnschriften griechischer Stiidte aus Kleinasien (1972-)
IMagn.
O. Kem (a c. di.), Die Jnscshriften von Magnesia am Maeander (1900)
LSAM
F. Sokolowsk.i, lois sacrées de l'Asie Mineure (1955)
LSCG
F. Sokolowski, lois sacrées des cités grecques ( 1969)
LSJ
Liddel e Scott, Greek-English Lexicon, 9a ed. rev. H. Stuart Jones(1925-40)
LSS
F. Sokolowski, lois sacrées des cités grecques: Supplément (1962)
PMG
D.L. Page, Poetae Melici Graeci (1962)
TGF
A. Nauck, Tragicorum Graecorum Fragmento, 2• ediz. (1889); Suppi. B. Snell
TrGF
B. Snell, R. Kannicht, S. Radt (a c. di), Tragicorum Graecorum Fragmenta, 4 voi. (1971-85), voi. I' (1986), voi. Il' (1999)
Voigt
E.-M. Voigt, Sappho et Alcaeus. Fragmento (1971)
Per gli autori antichi e i titoli delle loro opere sono state adottate le abbreviazioni dell'Oxford C/assical Dictionary e, in casi di voci mancanti, quelle dell'LSJ. Per le riviste le abbreviazioni sono quelle dell'Année Philologique o dell'Archaolo-
gische Bibliographie.
Introduzione L'obiettivodella nostraricercaè di esaminaree metterein luce il ruolo della statua di culto nel rito e nelle pratiche religiose greche. Per sua stessa definizione la 'statua di culto' si distingue da altre rappresentazioni del!' arte plastica, come le offerte votive, le sculture che decoravano gli edifici religiosi o quelle usate per altri scopi ornamentali. Ciò che rende però un'immagine adatta a fungere da 'statua di culto' dipende in definitiva da due elementi principali: la sua natura divina e soprannaturale e la sua rilevanza per un determinato culto o rituale. Da questo punto di vista nel!' antichità due tipi di immagini, in generale, possedevano i requisiti dati: 1) da una partee•erano le statueconsiderate "miracolose"1, che diventavano oggetto di particolaredevozione e venerazione, generalmentein maniera e per circostanze impreviste. Ne è un esempio il racconto di Polycharmos di Naukratis, secondo il quale una statuetta di Afrodite, proveniente da Paphos, uno dei centri di culto della dea più famosi, nell'isola di Cipro, durante una tempesta scoppiata in mare salvò prodigiosamente l' equipaggio della barca e il mercante Hermostratos che l'aveva acquistata, il quale, una volta tornato a Naukratis, il suo paese, la consacrò alla dea nel tempio di Afrodite'. Molti degli idoli più antichi e popolari che si con-
Di queste si occupanoin manieraesaurienteWeinreich1909 e Funke 1981. L'aspetto prodigiosoe taumaturgicodelle immaginidivine è rilevatoin molti esempi trattatinella nostraricerca,pur non costituendoin sé il suo oggetto principaled'indagine. 2 FGrHist 640 F 1: 8ooai; 6t: 'tT)t8eIDt1eaì.àva8eìç Tiìt'A41P06itT1t 'WyaÀµ101 àv[e0E]cray 11ay1aç
)) Ballaira 1972, 71, mette in relazione l'espressione tòv Ka:M>vàv6pt6:vm anche con l'avvenenza di Eschine. Wankel 1976, 699 osserva l'incertezza dell'informazione sulla bellezza di Eschine nelle vite. SI Amott 1996, 597, il quale, a partire da un verso della commedia Il'Upauvoç/-ov di Alexis (v. n. 97 infra), sottolinea l'uso di àv6ptClç come simbolo di ottusità oppure di inutilità, citando per quest'ultima il passo di Demostene dall'orazione Sulla corona, oltre a Eur. El. 388 e fr. 282; Metagenes fr. 10, Arr. Epici. diss. III 9, 12. ~ Kretschmer 1925, 100: 'es liegt vielleicht nahe, àv6pt0ç mit Vergleich von ' Exet XU7COpiomvov
µt)..a8pov à~' àv6ptàvn axeoov, Kpft-reçOv't0l;oq,6pot 'téye'inapvaooi.q:, Ka8éooavto µov66poicovQlvt6v.M
e nel passo della quinta Nemea citato precedentemente lo scultore viene definito col nome di av6ptavto1t016ç, mentre la sua attività è caratterizzata dall 'èpyaçea0a, ayaÀµata. In Erodoto av6ptaç e èiyaÀµa possono riferirsi alla stessa categoria di sculture. In I, 183 lo storico parla di due statue di culto erette all'interno dell'Esagila a Babilonia: una grande figura di Zeus in oro, seduta su un trono posato su un piedistallo e con accanto una tavola per le offerte, anche questi in oro (ev8a èiyaÀµa µÉya toiì àtòç evt 11:an\µEvovxpuCJEov,11:atol tpaxeça µeyaÀ.T]ttapa11:éetat XPooÉTl11:attò jla8pov), e un av6ptaç alto 12 cubiti (circa 5,30 m) d'oro massiccio. Di questo l'autore narracome il re Darionon avesse osato portarlovia, mentreSerse l' avesse preso, uccidendoil sacerdotedel tempio che gli proibivadi spostarela statua. L'av6ptaç in questione è stato identificato con l'immagine di BelMarduk, simbolo dell'indipendenza del regno di Babilonia. Secondo un'interpretazione, Erodoto avrebbe confuso questa con la precedente, l'aga/ma seduto". Il problema se ci fossero state nel tempio una o due statue e quale delle due fosse quella del dio Bel-Marduk non ha qui importanza; resta comunque il fatto che il termine andrias indica qui probabil-
Jeffery 19902,332s n. 25. Cfr. anche Jeffery 19902,360 n. 9. 6!I L. R. Famell, Criticai Commentary to the Works of Pindar, Il, Londra 1932, 174, considerail 1c:u,ropi.ocnvov µtMJ8povun 'treasure-house'e la statuaintagliatain un unico tronco di legno (µovOOp01t0v ~v) un esempio di sculturaprimitivaanterioreallo stile 'dedalico'. Burton 1962, 143, pensa invece a un semplice porticoin legno. (,6 Erodoto,Le storie, 1, a c. di D. Asheri, Milano 1977-78, 373. 6
i
6'
40
SIMONA BETTINETII, LA STATUA DI CULTO NELLA PRATICA RfTUALE GRECA
mente una statua divina 67 • Van Groningen propone una distinzione fra le due parole secondo la quale IÌVOJ>uiç si contrappone a èiyaÀ.µa1Catr1µ,:vov come statua eretta". Ma non ci sembra di poter concludere dalle altre occorrenze in Erodoto che il sostantivo abbia sempre questa caratteristica. Certo in Hdt. 2, 91 è descritto il tempio di Perseo a Chemmis con un' entrata in pietra ai lati della quale IÌVOJ>tlÌvteçooo écrtéì:uµat' "icrtaoav Jlpétaç, Ol ci01ti6aç OUÀ.CÌÌVteç etoro tet;i:érov èltéµnoµev (il contesto è quello dei Tebani vittoriosi che escono dalle mura della città per innalzare il trofeo di Zeus e portar via gli scudi dai cadaveri degli Argivi come macabro bottino). Il tponatov, segno di vittoria che veniva eretto sul campo di battaglia, nel luogo che i nemici avevano abbandonato in fuga (tpomi)", era composto da un tronco o un palo a cui si aggiungeva spesso un'asse orizzontale e al quale venivano appese le anni conquistate,in modo da ricordare più o meno da vicino la figura umana". In alcune pitture vascolari il trofeo assume così un aspettoantropomorfo,come nellapelike del pittoredel trofeo, sulla quale è dipinta una Nike che adorna o finisce di erigere un trofeo" il quale ricorda i 'mannequins dionysiaques': dei pali eretti ai quali venivano appese la mascherae le vesti del dio Dionisoss. Nei casi esaminati ~pétaç designava dunque l 'intmagine semi-antropomorfa di Zeus 'del Trofeo' o il trofeo stesso, il palo innalzato simboli-
o·
91
V. anche l'espressione tel
Woelcke 1911, 137; Lammert 1939, 664s: il trofeo, in particolare, è legato alle modalità del combattimento oplitica e allo schema della lotta corpo a corpo in campo aperto, secondo i quali l'esercito che riusciva ad alzare il trofeo sul terreno abbandonato dal nemico si dimostrava vincitore. 17 Barlow 1986, 158s, accetta la variante l3apoi;, 'weight, burden' osservando che il si• gnificato di 'immagine divina' non sembra adattarsi al cavallo in legno, ma v. supra p. 33 il termine agalma impiegato in Horn. Od. vm 509 e in Stesicoro, fr. 88, 10; d'altra parte al v. 520 della tragedia euripidea viene usato nelle stesse circostanze il tennine l;Oavov. 18 Cfr. Faraone 1992, 94·100. 16
I. Il.. VOCABOLARIODELLASTATUA
45
In Andr. 311, la statua di Teti nel tempio (Elénooç avaKtopov), presso la quale Andromaca si rifugia per sfuggire alla vendetta di Ermione, è definita 8enç IJpétaç". Nell'Ifigenia in Tauride il sostantivo IJpétaç è legato alla statua di Artemide Taurica, la quale gioca un ruolo considerevole nell'economia dell'azione e nel significato della tragedia"'. L'immagine della dea viene ora chiamata iiya¼ta - in tutto quattordici volte -, ora IJpétaç - complessivamente dodici volte - e una sola volta 1;6avov al plurale". Da questa frequenza risulta che i due termini si equivalgono è ciò appare ancora più evidente se si considera la loro distribuzione: iiya1..µaai vv. 997, I 000, 1176, 1448 e IJpétaç ai vv. 1040, 1044, 1453, 1481; con il nome della dea al genitivo, 8enç: iiya1..µaai vv. 87, 1014, 1038, 1158, 1316, 1480 e ppétaç ai vv. 980,986, 1179, 1477 e 1165, 1199 (nellaformatijç8eoii); infine con un aggettivo o come apposizione di un altro termine:ciyaÀ.µaal v. 978 a,oxetéç, al v. 1316 creµv6v, al v. 1385 tò t" oùpavoii 11ÉOT]µa, tiìç à1òç K6p11çe IJpétaç al v. 986 oùpav1ov, ai vv.1291 e 1489 creµv6v. L'aggettivo l;em6v, 'di legno polito', per iiya1..µa al v. 112, comporta l'idea di oggetto in legno implicita in IJpétaç. Il sostantivoricorreanche nella commedia:Aristofanelo adoperauna volta, in Eq. 31, per fare una parodia delle scene di supplica presso le statue divine tanto care alla tragedia. All'inizio dei Cavalieri infatti Nicia, il secondo schiavo di Demo, dice a Demostene, il primo schiavo, che per sfuggire ai maltrattamenti di Cleone la migliore soluzione per loro è 'di andare a buttarsi davanti alla statua di qualche dio' (8e&v i6vteç 1tpomce0Etv toii 71pòçppétaç) mentre l'altro gli risponde chiedendogli se veramente crede agli dei (1toiov ~pétaç; «pep\ Èteòv ,;yei yàp 8eouç;). Al v. 262 della Lisistrata iiy1ov IJpétaç indica l'immagine di culto di Athena Polias". Finorasono stati presi in considerazionei testi letteraripoetici del V sec. a. C. Da questo esame appareche il senso generale del sostantivo Jlpétaç è quello di idolo divino. Nell'espressione di Anassandride, iJpÉ-
V. Andr. 115 e 246: àyOÀµO8etiçe ciyaÀ.µCl 0én6oç, Sulla tradizione mitica della staua Graf 1979, 33-41. 1 ' Cfr. infra. "1 Cfr. Aesch. Eum. 80,242,259,409,439,446 e Eur. El. 1254. 811 90
46
SIMONA BETIINETII,
LA,
STATUA DI CULTO NEUA PRATICA RrrUALE GRECA
taç, ò civaia&r,toç"3,del IV sec. viene sottolineato il carattere senza vita 'insensibile' del !lpétaç, 'un pezzo di legno' insomma". Diversi esempi infatti mostrano che la statua, in generale, è presso gli antichi il simbolo stesso dell'immobilità, della silenziosità e dell'insensibilità, secondo una tradizione che va da Eraclito fino ai polemisti cristiani~. Il filosofo Eschine giudica positivamente la silenziosità di un giovane ateniese affermando tofrt' àvÉ0r)KE Pf,Étaç
La città di Efeso ha eretto, secondo l'iscrizione, un JlpÉtaç in onore di Aidesio, forse il sofista omonimo di Cappadocia o un funzionario nominato anche in un 'iscrizione di Samo 101, il quale a sua volta ha offerto alla città un prezioso èiya1,,µa.Il termine ~pétaç si riferisce dunque alla statua onoraria di un uomo. Il documento risale al IV sec. d.C., ma l'uso particolare del sostantivo può avere un riscontro in un'iscrizione megarese della seconda metà del II sec. d. C. Il testo è mutilato, tuttavia si può comprendere che uno ça8eov JlpÉtaç è stato eretto in onore di Diogene, un cittadino illustre di Megara, da un amico. l'Ateniese Marciano 102• Un particolare aspetto ha qui l'impiego del termine ~pÉtaç che non è l'immagine di un dio ma di una persona; si può solo immaginare che il sostantivo fosse stato impiegato per sottolineare l'eccezionalità della dedica, ma difi Greci sinonimi di stupidità, sottolineando in questo modo il suo cambiameno dal paragone di stolidità e ignoranza che era (un procedimento retorico simile si trova in Aristoph. Nub. l201ss, cfr. Amott 1996, 597, v. anche supra n. 58. • SEG XXIII, 220, 1-5. 911
V. Appendice. io:i JK Ephesos, 1319, 4. 101 Per l'identificazione col sofista Keil, 1953, 24s; contro questa L. Robert, Bulletin épigrafique, 1955, 194 e Id., Hellenica, 4 (1948), 55-56. 102 /G VII 118, cfr. anche F. Kaibel, Hermes, XI ( 1876), 483s.
48
SIMONA BETTINETil,
LA STATUA DI CULTO NEUA PRATICA RfTUALE GRECA
ficile è spiegare l'aggettivo çaOeov, 'sacro, divino' in modo soddisfacente. In un epigramma ellenistico votivo, proveniente da Melitaia in Tessaglia e legato alla sfera del culto dionisiaco tebanorn3, un certo Sophron, figlio di Lisandros, dedica un ~pétoç a !no Leucothea, definito ,cex:
tµÉvovxOptcnv, 'che si distingue per la grazia', a sottolineare la costosità e la preziosità di un dono che egli ha fatto pur non essendo ricco (611µ6ttç...uocppovoç lin. 2-3)"'. Sicuramente il termine non si riferisce all'antichità o al carattere primitivo dell'immagine.
1.4 :Sòavov A ~Étaç è stato spesso associato il sostantivo !;Oavov nel significato di 'vecchio idolo in legno', come dimostra anche l'affermazione di Benveniste: 'e' est de beaucoup, avec son diminutif !;ocivtov, le nom le plus ancien de la statue, le temoin de la meme époque où ~pétoç nous reportait. On ne l' employait que pour !es statuettes de bois, rarement de pierre, qui déjà à l'époque classique passaient pour des reliques'"'. Come ha dimostrato Donohue nella sua monografia sul tennine !;6avov 106, dietro questa interpretazione c'è la teoria secondo la quale l'origine dell'arte plastica in Grecia ha seguito una linea d'evoluzione che porta dalla rappresentazione aniconica o semi-iconica, consistente ali 'inizio in semplici pilastri o tavole di legno erette, come i 06x:ava che, secondo Plutarcow7 , gli Spartani innalzavano quali immagini dei Dioscuri, alla statua vera e propria. L'attenzione per l'aspetto primitivo delle più antiche e venerabili
103
Henrichs 1978, 139. I versi dell'epigramma sono attribuiti da Peek, 1973, al poeta siracusano Teodorida attivo in Tessaglia, nello stesso periodo al quale risale l'iscrizione, la seconda metà del III sec. a.C. A proposito dell'oggetto indicato da 13,,étaçPeek 1973, 67 n. 1, pensa che si tratti di un rilievo votivo ('Relieftafel'), a causa delle dimensioni ridotte della base su cui si trova l'iscrizione (altezza 0,90 cm, larghezza solo 0,53 e profondità 0,42 cm), attribuendo in via d'ipotesi alla parola lo stesso senso di ciyaÀµCl-'immagine' (ebccòv), che ha il valore di un'espressione ricercata •gesuchter Ersatz'. io, V. p. 42 n. 75. 106 1988, in particolare 1-8 e 195-231. 01 ' De frat. amor. l (= Moralia 278a-b). 104
I. lL VOCABOLARIO DELLASTA11.JA
49
statue divine e un gusto per l'arcaismo si manifesta già in Callimaco, che per descrivere l'immagine dell'Hera di Samo non fa uso del termine 1;6avov ma lo lascia chiaramente intendere nel suo giro di parole: OU1l0l :E1VO>V E611 li degli eroi e degli avi defunti, ma cfr. Belloni 1960, 217 che rinvia ai 8EV è:xixropicov EÌ.O'Ì. Ka'tÒ 6òç,avyévo-uçµci).umxaì.pouµEvot).
2. PRESENZADELLLASTATIJA
69
neso nord-orientale'; in particolare a Drunia era dedicato un culto anche a Taranto e in diverse città della Magna Grecia, mentre a Roma era adorata come Bona Dea'. Di loro viene sottolineata la parentela e spesso l'identità con Demetra e Kore, le dee kourotrophoi, oppure con le Ilizie, le dee che presiedono alla nascita". In particolare a un legame coi riti misterici di Demetra e Kore fa pensare l'istituzione nel passo erodoteo di cori femminili in onore delle statue ad Egina, cori ingiuriosi condotti da coreghi maschi che lanciavano insulti contro le donne del posto, dello stesso tipo dei riti celebrati ad Epidauro per il quale lo storico afferma l'esistenza di cerimonie segrete,èipprrca,ovvero inivelabili ai non iniziatili. Cori licenziosi esistevano anche nell'ambito dei festeggirunenti ad Eleusi, quando le donne che si recavanoda Atene al santuariosi scambiavanolazzi e motti dai carri ", e ad Egina. Pausania (Il 30, 2), facendo riferimento esplicitamente ali' episodio erodoteo, testimonia di aver visto le statue e di aver loro sacrificato con lo stesso rispetto con il quale si usava far sacrifici ad Eleusi. A questo proposito si deve ricordare il rito della lithobolia che si svolgeva nel culto di Damia ed Auxesia a Trezene" - una pratica caratteristica dei riti della fertilità", ma forse non è irrilevante l'informazione fornita dal suo aition, secondo il quale Damia ed Auxesia erano due giovani cretesi lapidate in seguito a una sommossa in città. È probabile che questa eziologia sia secondaria15, ma il collegamento fra lancio delle pietre e statua è presente anche in un culto a Corinto, dove per placare i figli di Medea, che erano stati lapidati per aver portato la veste avvelenata a Glauke e che dopo la loro morte si vendicavano uccidendo i bambini,
furono istituitisacrifici annualiin loro onore e venne erettauna statuadel Terrore (Miµa EIIEjklmA.el, 1Ctlçovn 'tf\v 1t6Àw,imò 'Aaiou nvòç 4'1.ÀOa6cjK)u 1Caì.teA.eawU. 27 Dion. Hai. 1, 68; Apollod. Epit. 5; 13s; Verg. Aen. 2, 164ss. Le fonti che attribuiscono la creazione dell'immagine a un uomo collegano esplicitamente la sua "manifattura" alla funzione apotropaica: lo scolio a Lycophr. 355 riporta che 'un certo Asio, studio-
2. PRESENZA DELLLA STATIIA
73
fosse ben custodito; secondo una tradizione accolta da Dionigi di Alicarnasso infatti i due eroi greci avevano rubato una copia, in tutto identica all'originale, la quale era stata eretta in un luogo visibile a tutti (Èv ,i,avepMiìvt)"'.Il dio era invocato inoltre col soprannome di "111010paiot JlOVOV, oùx ÈÀ.tlooova OÈeaxov oi Xiot JlOtOUµEVOt 1&ti) indica che bisogna costruirgli un tempio e istituire in suo onore un culto: è!;e♦llV11 OÈ En
x:o\lpoç,ÈiteÌ 1tt0Aie8pa n8ÉVtEç V110ùç oùK fi:ndao-at' É'UµT\touç Atov'Uocp.àUà Kal ciìç,cl,mjµe µeycio8eveç, 16pue vnoùç 8upaoxapoùç· lepfia tl8e, OÈ eOOpnov Qyv6v·
'Egli si è mostrato ancora imberbe,poiché, quando avete fondato la città, non avete costruito templi ben fatti per Dioniso. Ma allora, o cittadini potenti, erigete templi che si rallegrano del tirso e ponetevi un apposito sacerdote dal carattere santo' 125• Interessante è l'allusione, nel linguaggio poetico oracolare, all'apparenza giovanile dell'immagine del dio,
L'analogia è osservata anche da Parke-Wonnell 1956, I 335. m Il responso continua poi con l'ingiunzione di importare da Tebe l'organizzazione dei 114
tiasi e di far venire da là tre menadi, di cui l'iscrizione, seguendo la sua fonte annalistica (cfr. Henrichs 1978, 128ss), ricorda i nomi, i tiasi che dirigevano ed i luoghi dove erano state sepolte.
2. PRESENZA DELLLA STATUA
101
un "tipo" della rappresentazione di Dioniso che appare nell'arte greca solo a partire dall'età ellenistica"'. Questo dato corrisponde anche alla notizia della fondazione di Magnesia: il testo non può riferirsi al primo insediamento, avvenuto al tempo della migrazione ionica, durante il quale il culto di Dioniso è ben testimoniato per tutto il V e il IV sec. a. C., ma alla costruzione della nuova città, in un altro sito, sotto lo spartano Thibron nel 400/399 a. C."'. Se si accetta la spiegazione del significato di aphidryma già data, l'iscrizione di Magnesia è allora l'esempio di una statua usata per fondare un nuovo culto proveniente da un altro luogo, dal momento che appare prodigiosamente in un albero, e si deve perciò concludere che il ritrovamento di un'immagine divina in un albero ha lo stesso significato dell'arrivo per mare: la sua presenza è per la città all'origine del suo culto come segno della volontà divina. La seconda testimonianza proviene dalla provincia romana della Licia all'epoca di Gordiano III. Una serie di monete delle città di Myra e di Kyanai"' riproduce l'immagine di culto della dea licia Eleuthera, secondo il modello degli idoli femminili asiatici che è documentato con maggior precisione per l'Artemide di Efeso"'. La dea Eleuthera è rivestita di un chitone e di un ependytes ornato da piccoli busti, mentre dal capo, incoronato da un diadema, scende un velo i cui lembi cadono fino al suolo 130• Su alcuni conii la statua della dea è rappresentata in un tempio distilo incoronata da una Nike"', o collocata fra un'immagine della Tyche della
Parke-Wonnell 1956, ibid. m Henrichs 1978, 127 n. 13. 1:i.s Lacroix 1949, 149s. m Fleischer 1973, 229-33. uo Fleischer 1973, tavv. 92c, 93a e in particolare b, 94a e b, 95. La statua sembra non avere braccia: Lacroix 1949, 150 affenna che la figura era rivestita di una 'guaina' che non ricopriva il petto e lasciava uscire nella parte inferiore le pieghe di una tunica, mentre le braccia 'sono forse dissimulate dal lungo velo': Fleischer 1973, 230s, osserva che l'immagine non appare come se fosse legata, fatto che spiegherebbe l'invisibilità delle braccia, come nella statua di Artemide Kindya (cfr. infra), e, in mancanza di un 'altra spiegazione ('Man kOllllte sie [le braccia] als am KOrper herabhiingend und vom Gewand bedeckt annehmen, doch gibt es keinen Ependytes, der die Anne in dieser Weise umschlie6t'), conclude che l'idolo era privo di braccia, come l'Hennes di Baalbek. m BCM Lycia, 71, n. 12, tav. XV, 7. llli
102
SIMONA BEITINEm,
lA STATUADI CULTONELU PRATICARITUALE GRECA
città e un'altrafigurasemi-nuda132 , e su una moneta che celebra l'alleanza (la cosiddetta 'Homonoiamiinze) fra Myra e Patara si trova in un tempio distilo accanto ali' Apollo di Patara"'. Queste raffigurazioni non rivestono un grosso significato per quanto riguarda la ricostruzione dell 'apparenza e della collocazione nello spazio della statua, ma possono dare un'idea dell'importanza dell'immagine di culto per la città, in particolare quella sulla moneta dell' homonoia,dove le statue delle due divinità fungono da simbolo della lega fra i due centri. Una moneta in particolare attira l'attenzione, perché presenta l'idolo di Eleuthera su un albero, al punto della sua biforcazione in due rami: in basso, da una e dall'altra parte del tronco, si attorcigliano due serpenti che sembranolanciarsi minacciosi contro due uomini}I(posizione fra loro simmetrica, i quali, un'ascia nella mano, si allontanano dall'albero'". Un racconto della vita di San Nicola, archimandrita del convento di Sion in
Licia, getta una luce sul suo significato135• Fra i vari miracoli del santo, uno racconta come a Plakoma scacciò un demone (ltVeiìµa ei&iÀ.OuàKa8àptou, 'lo spirito di un idolo impuro') che aveva dimora in un cipresso sacro di grande antichità e dimensioni. Nel legno del cipresso era visibile il segno di un colpo perché, come aveva spiegato la gente del posto al santo, anticamente un uomo era venuto con due asce e una scure, ma, quando aveva iniziato a tagliarlo, il demone gli strappò via gli strumenti e lo colpì, e in seguito a ciò la sua tomba fu collocata ai piedi (tà l;icp11) dell'albero. Le analogie con la scena della moneta di Myra sono evidenti'", tanto più che la località di Plakoma non doveva trovarsi lontano dalla città, di modo che è legittimo interrogarsi sull'identità dell'albero del conio con il cipresso sacro e considerare il particolare della tomba come la rielaborazione di un fatto concreto, ad esempio la presenza di un altare"'.
Babelon 1897, n. 3128. m BMC Lycia,78, n. 19, tav.XVI, 4. 134 Lacroix1949, tav.XII, 14; Fleischer1973,tav.95, cfr.ancheCook 1925, li 681, fig. m
620. 1 "
136
Anrich 1927, II 224ss; cfr. L. Robert, Hellenica X (1955), 197s. Robert1955, 198 n. 1 sottolineache in unadelle versionidel testo gli uomìnierano
tre:uno morìmentregli altri due si salvarono. m Anrich 1927. II 226, in particolaren. 2, dove lo studiosointerpreta la presenzadei serpenticome il segno dell'esistenzadi un culto ctonio.
2. PRESENZA DEULA STATUA
103
Il motivo dell'albero, a volte associato a due personaggi con l'ascia, ritorna su un gruppo di monete di Afrodisia in Caria che forniscono diverse varianti dello stesso tipo"'; su tutte è raffigurato un albero a tre rami senza foglie, a volte affiancato da due o tre figure'", a volte isolato"" o delimitato a ciascun lato da un altare acceso 141, ma in alcune versioni i tre rami escono da una specie di 'recinto' o 'cassa rettangolare' che su alcune monete sembra essere fatta o decorata con materiale intrecciato. In una scena nella quale il recinto è assente due uomini con berretto frigio sono disposti ai lati della pianta: quello a sinistra è rivolto verso l'albero e brandisce un'ascia mentre quello a destra dà la schiena ali' albero ed è inginocchiato oppure sta correndo via"'. I due personaggi ritornano nel tipo dei rami che escono dalla cassa, in atteggiamenti analoghi al caso precedente 143, mentre in un altro, dove il tronco non è recintato, ce n'è un terzo, dietro alla figura che a destra è chinata in avanti 144 • È interessante notare che in quest'ultimo tipo il personaggio a sinistra e quello a destra, dietro la persona più in basso, non sono a terra ma sembrano sedere a cavalcioni su un ramo 14'. Laumonier 1958, 495s; cronologicamente risalgono al II e m sec. d.C. u Due nella versione che Laumonier 1958, 495s, chiama 'a' (BMC Caria, 34, n. 55, tav. Vl, 7 e Laumonier 1958, tav. XII, 18, disegnata anche in Cook, 681, fig. 621, alla quale lo studioso aggiunge una dalla sua collezione, fig. 622 cfr. n. 2); tre nella 'b' (BMC Caria, 57; Imhoof-Blumer 1889, tav. X, 43; Laumonier 1958, XII, 17) e nella 'e' (ImhoofBlumer 1890, 422, tav. X, 29; Laumonier 1958, tav. XII, 20). Di quest'ultimo tipo, cfr. anche Lobeck, in Z-eit.f Num. XVII (1890), l ls, tav. Il. I. Cook 1925, Il 681, figg. 62324 riproduce il disegno. 1 "'°BMC Caria, 34, n. 56, tav. VI, 8. e 59, n. 62-63; Laumonier 1958, versione 'c', tav. XII, 21. Si potrebbe aggiungere a queste un conio di Attuda, BMC Caria, 66, n. 24, tav. X, 17, che mostra un albero dì fronte al quale si erige 'un altare acceso', secondo il curatore del catalogo. Quello che a noi sembra visibile è una figuretta idolifonne posta sotto la pianta. 141 BMC Caria, 58, n. 60; Laumonier 1958, versione 'd'. 142 Cfrn. 139, versione 'a'. 143 Idem, versione 'b'. 144 Idem, versione 'e': contrariamente all'opinione di Laumonier 1958, che parla, anche in questo caso, della 'caisse aux trois troncs', l'osservazione delle foto in Imhoof e Lobeck, e soprattutto dei disegni più chiari in Cook, non pennette di distinguere la cassa. 1 -' Le figg. 623 e 624 di Cook lo mostrano chiaramente per la figura a sinistra ed è facile concludere la stessa posa anche per quella a destra, che è al suo stesso livello, apparentemente sopra l'uomo chinato più in basso il cui mantello copre le gambe dell'altro e impedisce dì vederne le gambe. il&
9
104
SIMONA BETTINETTI, L4 STATUA DI CULTO NELLA PRATICA RFTUALE GRECA
Si vedrà più avanti quale sia il significato di questa posizione; per ora è possibile immaginare che le scene descritte si riferiscano a due sequenze di un unico racconto o piuttosto di un 'unica attività cultuale - il fatto che l'albero sulle rappresentazioni sia stilizzato, ridotto a tre rami per di più privi di foglie rafforza l'impressione che la pianta sia inserita in un contesto "artificiale", ossia religioso, e non naturale. Le immagini provenienti dalle monete di Afrodisia e di Myra hanno suscitato diverse interpretazioni, venendo accostate ora al culto della Grande Madre anatolica, ora al mito di Adone e Mirra, a causa dei berretti frigi delle figure sui coni carii"', ma, a ragione, Cook respinse quest'ultima ipotesi, sottolineando la probabilità che il tema di ambedue le serie sia l'illustrazione di un rito locale 'of threatening the sacred tree in order lo make il fruitful' '". Cook seguiva in questa interpretazione le teorie di Frazer sulla magia agraria e i riti della fertilità"' e trovò dei paralleli per l'ascia e il gesto, apparentemente minaccioso, nel folclore dei popoli anche extra-europei e nelle leggende nordiche, come anche nel racconto di Erysichton, figlio di Triopas, e della sua punizione per aver voluto tagliare gli alberi di un bosco sacro a Demetra. Si ha comunque l'impressione, nel caso di Myra, di trovarsi di fronte a una tradizione non greca ma locale, di carattere licio o cario 149 • Interessante è anche la notizia che a Cos veniva celebrata una festa del Dendrokopion, 'Il taglio dell'albero'"", in onore di Hera, e comunque le cerimonie che comportavano l'impiego di rami o di alberi in processione erano largamente diffuse nella Grecia antica'". Questi particolari sembrano indicare l'esistenza di un culto legato a un albero sacro, o comunque caratterizzato dalla sua presenza, a cui si ricollega, come nel caso della moneta con l'idolo di Myra tra le sue fron-
146
Bibliografia in Laumonier 1958, 496s. 'Del minacciare l'albero sacro per renderlo fruttifero', Cook 1925, II 68 ls. 1 " Versnel 1993, 21ss; in particolare su Cook cfr. Schwabl, in W. M. Calder ID, (a c. di), The Cambridge Ritualists Reconsidered, Atlanta, 1991, 227-49. 149 In un altro contesto, quello del culto di Europa a Gortyna nell'isola di Creta, la deaeroina è rappresentata in relazione al suo albero sacro, seduta fra i rami di questo, v. cap. 3, p. 134s. 1 '° Laumonier 1958, 497; cfr. Nilsson 1906, 61; e Strab. 10,468 per &:v6pc+>pim in onore di Dioniso e Demetra. 1 1 s V. ad esempio la festa dei Daphnephoria, Burkert 1977. 165 e 1979, 135. 1 1 •
2. PRESENZA DELLLA STATIJA
105
de, l'esperienza religiosa di un'epifania divina'"· A volte infatti l'apparizione di una divinità avviene sotto forma della sua statua 153, come spiega anche Artemidoro nel suo Libro dei sogni, in cui fornisce la descrizione degli idoli di Eleuthera di Myra, Artemide di Efeso e Artemide di Perge'".
in Cfr. anche Fleischer 1973. 231s: •Es sei nur erwahnt, da6 die Kultstatue hier eng mii einem heiligen Baum verbunden erscheint, aus ihm wachsend oder bei einer Theophanie in seinen Zweigen'. È l'argomento in larga parte del prossimo capitolo. 13 ' Versnel 1987, 46. 1"' Oneirokr. 2, 35; cfr. Fl.eischer 1973, 91 n. 3.
3. Statua e albero L'epifania della dea di Myra ci porta a considerare un'altra categoria di immagini di culto che vengono ritrovate in un particolare tipo di albero, la lygos. in latino vitex agnus castus e in italiano vetrice, una pianta delle verbenacee che cresce nelle regioni mediterraneesotto forma di arbusto o di albero, con un tronco legnoso e rami giovani flessibili1. L'Artemide Orthia a Sparta era nota per la sua origine illustre e per il suo carattere feroce; Pausania' infatti riferisce, accordandole credito, la leggenda secondo la quale lo xoanon era stato portato in terra lacedemone da Ifigenia e Oreste e a prova del carattere straniero, 'barbaro', dell'idolo racconta che Astrabakos e Alopekos, quando la videro, impazzirono e che gli Spartani di quattro obai, riunitisi per compiere un sacrificio sul1'altare della dea, per opera di questa vennero alle mani e allo spargimento di sangue (8oovusç -r(i'Aptéµtot Éç Otacpopav,011Òoè autfiç ICOÌ Éç cpovouç 1tpoiix&i,aav); ma c'è di più: quelli che non perirono sull'altare furono sterminati da una peste. In seguito a tale situazione gli Spartani cominciarono a sacrificare sull'altare un essere umano scelto a sorte, ma Licurgo mise fine a questa usanza sostituendo al sacrificio umano la fustigazione degli efebi. A queste notizie sulla provenienza dell'immagine di culto Pausania aggiunge poi che la dea veniva anche chiamata Lygodesma, poiché era stata trovata in un cespuglio di lygos (Év 8aµvcp À'IJ'fOOV eupé8rt), infatti: 11eptetÀT]8e'ìaaoè,; À'IJ'(oçé11olT]aetò c'rya'),_µaòp86v, ossia i rami della lygos, avvolti tutti attorno, tenevano la statua diritta.
1
Nafissi 1983, 417 e per la bibliografia sulle caratteristiche botaniche e medicinali dell'albero 422 n. 18 e 424s n. 24. 1
m 16, 7ss.
108
SIMONA BETIINETII, LA STATUADI CULTO NEUA PRATICARll"UALE GRECA
Questo particolare è stato più volte interpretato nel senso che lo xoanon di Artemide era legato'. Anche l'immagine di culto dell'Hera di Sarno è connessa all'arbusto di vetrice per origine e rituale. Da una parte infatti c'è il racconto eziologico di Menodoto, che si riferisce alla festa sarnia dei Tonea e all'impiego di corone di alloro e di lygos', dall'altra la notizia che la statua di Hera non era stata portata a Sarno dagli Argonauti quando fondarono il santuario, bensì era comparsa sull'isola, presso il fiume Imbrasos, sotto una pianta di lygos che si trovava nello Heraion ancora ai tempi di Pausania'. Menodoto invece riferisce che Admete, figlia di Euristeo e sacerdotessa di Hera, arrivò a Sarno in fuga da Argo e qui le apparve la dea (lleaoaµÉVT]V oè -riJv 'tiiç ""Hpaç e11u1>civetav).In segno di ringraziamento per l'aiuto divino Admete divenne sacerdotessa del santuario (il testo dice: e111µ,:À~-
8flvat 'to'Uiepotl to'UKaì v'Uvumipxovtoç, sottolineandola sua esistenza anche ali' epoca dello storico) che, secondo una mitica origine, era stato fondato dai Lelegi e dalle ninfe. Ma gli abitanti di Argo, venuti a conoscenza dei fatti e in collera contro Admete, assoldarono dei pirati tirreni per portare via la statua di culto (Jlpetaç) dal tempio, in modo da nuocere alla sacerdotessa, mettendola in cattiva luce presso i Sarnii (1te1tettot Tftv &òv i6iotç 1t011lµacnKa9uµvfioavteç E8et nìv 1tpom\v1tapÉ6ooav e'Upecnv.80 nascita del genere bucolico e del ruolo svolto dal culto di Artemide rispettivamente a Sparta, Tmdari e Siracusa, non sempre però in modo convincente. Nonostante l'opposizione ben nota fra città-campagna, civiltà-natura lungo la quale si sviluppa il discorso critico sia a volte forzata, rimane tuttavia interessante il suggerimento di considerare l'elemento letterario e quello religioso come aspetti di un'integrazione del mondo selvaggio in quello civilizzato della polis, e di una soluzione anche in senso metaforico delle ten· sioni provenienti dall 'estemo o dall 'intemo, processo per il quale Artemide assolverebbe la funzione di mediatrice fra le due dimensioni. Montepaone 1984 infine (104s) assimila la divinità siracusana alla dea tracia Kotyto, sulla base del fatto che in Sicilia esisteva in suo onore una festa dell'eiresione e che anche questa aveva un'origine dorica (sul culto siciliano della dea e la sua origine v. infra). C'è da osservare però che tale identificazione non fa altro che spostare il problema dell'interpretazione dei particolari costwni di Siracusa al significato del culto di questa dea. 19 Cfr. Graf 1979, 33ss, il quale osserva che il mito è recente - appare infatti per la prima volta nella tragedia euripidea - mentre il rituale che si svolgeva ad Halai è più antico, un esempio, secondo l'autore, di un'origine mitica immaginata per una realtà cultua· le esistente. 80 Schol. in Theocr. Prolegomena Wendel, p. 2, 13: 'A Oreste, quando portò via loxoanon di Artemide dal paese dei Taurii, un oracolo ingiunse di bagnarsi in sette fiumi che scorrono dalla stessa sorgente: egli allora, arrivando a Reggio in Italia lavò la macchia nei detti fiumi divergenti. In seguito passò a Tindari in Sicilia: e la gente del posto, celebrando la dea con canti locali, diede inizio a quest'usanza {scii. dei componimenti bucolici]'.
3. STATUAE ALBERO
129
Purificazione e instaurazione di un culto, attraverso la venerazione con canti locali di Artemide, sono i due punti essenziali della leggenda. Lo conferma anche la versione di Probo, che nomina anche Ifigenia nell'oracolo fornito ad Oreste e nella conclusione del peregrinare dell'eroe a Reggio. Qui Oreste si lavò nel fiume e poi passò in Sicilia, dove, presso Siracusa, gli apparve in sogno il simulacro della dea che aveva portato con sé dalla Tauride, ordinandogli di costruire un tempio e consacrarvi l'immagine coll'epiteto di Facelitis. 'Il nome della dea venne accolto in breve tempo, poiché ciascuno portava moltissimo bestiame in dono e, aumentando questo di numero, non mancava chi era disposto a offrirsi gratuitamente di custodirla accontentandosi ogni tanto di formaggio o latte come compenso •ai. Servi o invece non fa nessun accenno a Reggio e al bagno espiatorio, affermando che Oreste, in possesso del simulacrum di Diana Facelitis rubato dalla Scizia, fu portato dalla tempesta sulle coste della Sicilia e, compiutosi un anno, celebrò con inni una festa in onore della dea insieme ai suoi marinai e ad alcuni pastori che aveva chiamato, e da quel momento l'usanza era rimasta presso le genti della campagna 12• Donato ricorda la purificazione del matricida ma, significativamente, l'azione è spostata nel secondo episodio, al suo arrivo in Sicilia e all'introduzione di canti rituali di carattere agreste che verosimilmente erano legati alla proclamazione dell'idolo con il suo epiteto (nel testo 'Fascelinarn Dianarn perhibent nuncupatam'), 'presso il cui altare', dice l'autore, 'Oreste fu purificato dal matricidio dalla sacerdotessa del nume stesso, la sorella Ifigenia •u.
11
Prob. p. 15 Wendel: 'Nam Orestes post panicidium furens responso didicit, quod deponeret furorem ita demum, si reperta sorore Iphigenia * ablueretur [tluvio, quod septem fluminibus confunderetur]. Diu vexatus cum a Taurice lphigeniam repetisset, venit ad fines Rheginorum ibique invento flumine elutus traiecit in Siciliam et iuxta Syracusas somnio admonitus simulacrum deae, quod secum de Tauri.ce advexerat, templo posito consecravit, quam appellavit Facelitim, ( ...). Eius Deae nomen brevi adprobatum propter quod plurima pecora muneri quisque conferebat. Quae cum incrementasssent, non defuerunt, qui gratuitam custodiendis operam adhiberent, contenti tamquam mercede fructu casei vel lactis'. 12 Serv. Verg. Ecl. m in Schol. in Theocr. Prolegomena Wendel p. 20. 13 Donat. p. 18 Wendel 'apud cuius aras Orestes per sacerdotem eiusdem numinis Iphigeniam sororem suam a parricisio fuerat expiatus', cfr. anche Iunius Philargyrius, p. 19sWendel.
130
SIMONA BElTINElTI,
LA STATUA DI CULTO NELLA PRATICA RllUALE
GRECA
Dalle differenti versioni del mito emerge l'aspetto della statua divina come elemento aggregante e fondante di una realtà cultuale che è molto simile al ruolo già osservato svolto da questa per l'identità del territorio e la coesione della polis : anche qui si hanno la costruzione di un tempio", l'istituzione di cori in onore della dea, come si desume dalle indicazioni sui canti e gli inni rustici., e l'accenno alla custodia dell'idolo 86• Definirne il culto è più arduo. Da una parte, per il particolare del fascio di giunchi, si può osservare la somiglianza con Artemide Ortheia a Sparta" e anche con Hera a Samo, dall'altra è stato proposto di accostarla ora ali' Artemide Limnatis, ora alla dea Kotyto, ma comunque sempre nell'ambito di divinità "doriche" del Peloponneso". L'identificazione con Kotyto è suggestiva e merita pertanto una digressione. Il suo culto era noto quasi esclusivamente dalle testimonianze degli antichi scolii e dei lessicografici tardo-antichi, finché la pubblicazione di un 'iscrizione trovata a Selinunte, un testo che regola una serie di sacrifici e di riti purificatori in nome della polis, non ha fornito per la prima volta la testimonianza epigrafica dell'esistenza di una festa in onore della dea Kotyto". Secondo una tradizione che faceva capo a una tragedia di Eschi" V. gli esempi del Palladio e del bretas di Artemide ad Efeso, collocato nel luogo della fondazione del santuario, al cap. 2, pp. 7lss e 86s. 1.1 V. Io sbarco di Enea in Lazio e sempre l'Artemide di Efeso venerata dalle Amazzoni cap 1, n. 48. t6 In questa prospettiva è superfluo cercare paralleli alla funzione dello xoanon taurico in miti di civiltà estranee a quella greca e mediterranea come fa Montepaone 1984, 106 per il simbolo del palo kauwa-auwapresso gli Achilpa (con altri obiettivi Burr Carter 1987. 375ss, confronta lo xoanon di Artemide Ortheia•Lygodesma con l 'asherah - al plurale asherim - nominato nell'Antico Teslamento, un oggetto in legno, immagine palo o albero, che veniva eretto o piantato a guisa di pianta in un luogo sacro e che è riconduci• bile a un ambiente fenicioÀ.OlV) sfilavano portate da uomini che avevano falli posticci (1tpoax11µata µèv à1tpe1tfìÈamo1ç 1tEpttt0évreç), maschere sul viso e bastoni. Questi cantavano inni ed andavano nelle case della gente, dando botte a chi non voleva lasciarli entrare". Anche qui ritorna il corteo mascherato con l'intonazione di canti in un contesto, è significativo, dell'arrivo epifanico della divinità". È allora il caso di considerare un'altra festa particolare di cui si hanno notizie nel Peloponneso e a Creta: gli Hellotia"•. Per il continente, la tradizione dei commenti a Pind. 01. 13, 566 afferma, in una versione leggermente differente dell'origine dorica della dea Kotyto (v. supra), che le figlie di Timandro di Corinto erano quattro: Hellotis, Eurytione, Chryse e Kotyto. Gli scolii parlano poi della distruzione della città, o più precisamente della sua conquista da parte dei Dori: in questa occasione si racconta che Hellotis afferrò la sorellina Chryse, si rifugiò presso il tempio di Athena e qui, accerchiata da ogni lato (dai Spartani avevanomandatodei giovaniancoraimberbiabbigliaticome ragazzepertendereloroun agguatoed essi, difendendosi,avevanoucciso gli efebi e il re. 116 Cfr.anche Jameson-Jordan-Kotansky 1993, 24 n. 4 b, sulla frasedi Callimaco(fr. 201pfeiffer)àpxayà Kovvi6a, la suatradizionee i suoi commentiantici,in base ai quali si puòforse vedere, nell'espressione'arraffa(i beni) di Konnidas'o anchetà KovviOO (interpretatadai cittadinidi Selinuntecome un invitoa prendersile ricchezzee le ragazze del ricco meteco Konnidas,dal mestieredi ruffiano),un'allusionealla praticadei Kotyt(t)iae in modo specifico alle celebrazionidi Selinunte,come se non solo dolci e noci,ma anche ragazzefungesseroda premio. ""ActaS. Timothei 11, 1; cfr. Nilsson 1906, 416s e RE X (1917) s. v. '1eamy(l))'la', e ancheBOmer1952, 1940n. 122, che collegano,in base alle altretestimonianzeletterarie edepigrafichealle Dionisie;cfr. ancheBurkert1988, 84 n. 22. • Il testo dice: +ovouçoù toùç TUXÒvtaç, 'facendostragedi quelli che non li accoglievano'e continuacon la descrizionedella violenza perpetuata,certo un'esagerazione volutaall'internodella polemicacontroi riti pagani. w Heberdey1904, 215, assegnavala festa del ritornoad Artemide,ma il pluraleei1e6veçeiOO>À.rov non fa pensarealla sua statuadi culto come pensavaHeberdey. 1111 Perle fonti e i particolari:Nilsson 1906, 94ss.
134
SIMONA BETilNETTI, LA STATUADI CULTO NELLA PRATICARfl"UALEGRECA
nemici o dall'incendio che aveva provocato lei stessa?), si gettò nel fuoco; secondo un racconto leggermente diverso, erano stati invece i Dori ad appiccare le fiamme e cosl Hellotis, assieme ad Eurytione, morì bruciata con la bambina. In seguito a questa disgrazia furono eseguiti dei riti purificatori per la dea (1oµ:ricnv, nei conti dell'anno 279 /G XI 2, 161, 94ss), che Homolle considera destinata specificamente alla statua di culto, sono registrate anche stoffa di lino e cera (A.ivoy Kal Kflpòç):anche queste voci servivano alla lucidatura del monumento, come è chiaro dal processo analogo descritto da Vitruvio e Plinio il Vecchio per la conservazione dei colori sui muri, cfr. Homolle 1890, 498s, il quale sottolinea la policromia delle sculture greche.
146
SIMONA BETilNElTI. U STA.TUADI CULTO NEll.A PRATICA RTrUALE GRECA
che può essere paragonato ali' abitudine dei Greci di frizionarsi il corpo con olio e unguenti durante la pulizia quotidiana 211• La kosmesis si praticava per le immagini di culto antiche e "moderne", in legno o in marmo": fra le statue menzionate nelle iscrizioni di Delo il kolossos di Apollo un'immagine dorata, dalle dimensioni superiori alla taglia umana, stante e completamente nuda a parte una cintura - era arcaica e risaliva probabilmente alla fine del VII o agli inizi del VI sec. a. C." Le altre erano in bronzo o marmo dorati, come rispettivamente l'Artemide èv Nl\orot - non quindi l'antico idolo in legno della dea seduta custodita nel tempio arcaico appartenente ali' area del santuario di Apollo" - e l'Afrodite di Sthenelos che, assieme al tempio in cui si trovava, era una fondazione di Sthenelos, un cittadino in vista che aveva ricoperto diverse cariche politiche e religiose, sullo scorcio del IV sec. 32 Infine e' erano le due sculture aerolite nell'Heraion, anche queste di epoca post-arcaica", mentre nel caso dell'aga/ma di Dioniso si trattava di un fallo a forma di uccello che
ogni anno veniva portato su un carro in processione, occasione per la quale ogni volta un nuovo esemplare, in legno di corno, era fabbricato, dipinto e verniciato". L'impressione è che l'operazione indicata col nome
28
Ginouvès 1962, 144 e 283. Il testo di /G XI 2, 144, lin. 37, della fine del IV sec. a. C., registra una spugna, olio e nitro per la "toilette" (1e6oµ11cnç]ò:µlf,tEVV'U[v]l[v ai] lii.µvov x.i['tOva È µvtlv rut0]1l,vev, 'rivestire la sacra immagine con un chitone del valore di due mine', una veste molto costosa, come osserva Woodward, BSA 50 (1955), 271. ""Anecd. Bekk. 269, 29; Phot.: ÀOu-rpi&ç· 600 K0pat 7tEpl 1ò EOOçTrii;'A&r}vò:ç·ÈKaÀOi>vroaè a'Utat Kai MtlV'tpi&ç· o'Utco;'Apta-ro$iVJ1i;.Cfr. Hsych. e Phot. s.v. ÀOmpi&:ç. Parker 1983, 26s osserva che il verbo À.000 è usato per indicare il lavaggio di persone, mentre 1tÀ.\lvro è riferito alle vesti, e avanza con cautela l'ipotesi che la statua di Athena venisse lavata. 4 'A8i\VJ1mv,ò Katà 1o'llrtÉltÀOuTrii; ~ Anecd. Bekk. 269, 29: Katavi.1tTI1ç·... U:procn)VJl 'A&r}véiçp,nunvòµEva à1t01tÀ.uVrov. In Etym. Mag. 494, 25 le parole sono identiche, tranne per la correzione Kcitooinvece di k'.atO, respinta da Deubner 1932, 19 n. 14 e accolta da Parker 1996, 307.
150
SIMONABETTINETII,LA STATUADI CULTONELLAPRATICARffUAU GRECA
Un rito parallelo è quello registrato nei decreti del II sec. a. C., che celebravano le attività svolte dagli efebi durante le feste del calendario religioso di Atene. In tre di questi il testo dice: 'accompagnarono fuori anche Pallas al Phaleron e da qui la riaccompagnarono dentro con fiaccole e il massimo dell'ordine', auvEçirYayov lìè ,caì ri]v IlaJJ.aoo aì..epoi 1Cll1CEÌ0t:v 7tllÀtVi;Xouaìv 1COVµè:v "Olu,.uticoveerov où&:vl 'tÒ 1tap01tav, 'Epµfl 6è X8ovicp) si contrappone il cibo festivo vegetariano. Il cibo festivo delle 'Pentole', assieme alle gare degli efebi e al rito dell'Aiora per le ragazze, segnava il ritorno dell'ordine normale delle cose e degli uomini dopo la parentesi del caos, come indica il mito connesso del diluvio che associa la panspermia alla preparazione del primo cibo "di fortuna" dopo la catastrofe. 61
154
SIMONABEITINETTI,LA STATUADI CULTONELU PRATICARTTUALEGRECA
Altri culti in Grecia non sono cosi ricchi di informazioni e dettagli come i Plynteria ad Atene. Alcuni termini tuttavia fanno intravedere qualcosa delle cerimonie che si svolgevano attorno alla statua. A Sicione l'accesso al santuario di Afrodite era permesso solo a una donna (definita vero,copoç, 'custode del tempio') che non doveva avere rapporti sessuali e a una nap8évoç, la quale esercitava le funzioni di sacerdotessa per un anno e veniva chiamata AOutpo~poç, 'portatrice di acqua per il bagno', 'mentre agli altri' era concesso 'di guardare la dea dall'ingresso e da li rivolgerle preghiere', toiç iìè iiUotç Katà taiità ,caì òpéiv anò tiìç éoooo" TÌJv8eòv ,caì aùt68ev npooeùxeoOat, come dice Pausania". Ao\Jtpo~poç è stato interpretato come allusione a una 'toilette' della statua di culto", ma il nome, applicabile ora a un recipiente usato per portare l'acqua del bagno, ora alla persona che esegue questo compito, evoca il lavaggio rituale in preparazione alle nozze ed è possibile che il culto di Afrodite a Sicione fosse praticato nell'ambito delle credenze relative al matrimonio e che la carica religiosa della AOutpo~poç e la pratica del bagno avessero un carattere nuziale". Quale ruolo avesse la statua di culto della dea nel rituale, secondo questa teoria, rimane oscuro; l'immagine (iiyaÀ.µa), un'opera di Canauco di Sicione, attivo nella seconda metà sei VI sec. a.e. era in avorio e oro, e raffigurava la dea seduta, con la testa incoronata da un noAOç, in una mano un papavero e nell'altra un pomo. Una tale statua, come viene suggerito, non sarebbe stata la più adatta all'immersione nell'acqua, se si si fosse trattato di un bagno dell'i• dolo". Un termine simile alla loutrophoros si incontra nell'inno di Callimaco ad Athena, che si .apre con il richiamo: "Oooat À.Oltpoxoottéiç IlaUaooç i:l;ttE néioat", dove l'idea implicita nel nome À.Oltpoxootè confermata dal seguito del testo. Callimaco descrive il bagno della dea ad Argo, nel fiume Inachos nominato ai vv. 50-51 (iil;ei ~pJlalrov "Ivaxoç ti; òpérov,lta8avat tò AOEtpòviiyrov ,caÀ.Ov ), attraverso particolari della festa, riferimen-
II 10, 4s. Ginouvès 1962, 288 e o. 7 con altreoccorrenzedel terminein età imperiale. • Pirenne-Delforge 1994, 147-55. • Pirenne-Delforge 1994, 152. 66 Hymn. 5, I. 62
63
155
4. CURA DELLA STATUA
ti alla pratica quotidiana e al racconto del mito. Così vengono evocati i cavalli che trainavano il carro sul quale il famoso Palladio" doveva essere condotto in processione dalla città al fiume, insieme ali' olio usato per ungere (vv. 2-12 e 13-32). Sul carro veniva trasportato anche lo scudo di Diomede, come afferma Callimaco ai vv. 35-41 il quale, raccontando l'episodio del sacerdote Eumede fuggito col Palladio sui monti", si riferisce esplicitamente all'immagine scolpita di Athena, tEÒv ipòv aya1.µa. Poi il poeta passa a descrivere le acque del fiume Inachos, in cui avveniva la cerimonia, interdetta a normali spettatori, come si deve supporre dalla proibizione alle donne e agli schiavi di Argo di andare ad attingervi l' acqua (vv. 45-7; cfr. anche 53-4), che introduce anche il racconto del castigo di Tiresia per aver assistito ai xapiEv-ta ÀOEtpa, le 'attraenti abluzioni' diAthena in una fonte (vv. 57-103). Il componimento termina con l'annuncio dell'apparire effettivo della dea (EPXEènç 6' ime6é~ato 1C6Amot[scii. .1.tOwcrov) in due modi: da una parte in senso allegorico, dall'altra ricordando un oracolo e il rito a cui si riferiva segnalato da Philochoros: ~ On xp11aµòç é668T}«téaA.1e1Jew èv tTOmpdt6vuoov W..téa j}mttiçotte», ci>ç 4>tU>xopoç. Jessen (REVD 2252) ha proposto di leggere: toi.ç 'AAtei>cn.v·èv m:>vupAtOvooov 'AAtia. supponendo che l'oracolo fosse stato dato agli abitanti di Halieis in Argolide, e che l'iinmagine di culto di Dioniso Halieus dovesse venire immersa nel mare, ma un'altra soluzione sarebbe di leggere, come Wilamowitz, 'A).ateixnv e At6vucrov 'A).al.éa, con riferimento al demo nell'Attica e all'azione di mescolare il vino con l'acqua, secondo la congettura èv 1t6tq>dt6wcrov 'A).al.éa IJa1triçotte, ma Jacoby, pur ritenendo verosimile il fatto che Philochoros, l'attidografo, riferisse un oracolo attinente ali' Attica piuttosto che all'Argolide, sottolinea che il significato metaforico della frase è ostacolato dall'epiteto del dio, che indica una persona divina e si oppone al significato di Dioniso = vino (cfr. commento), concludendo che la teoria del bagno della statua e la congettura Halieis/Halieus non possono essere né accettate né respinte. Supponendo tuttavia che una tale azione dell'immergere avvenisse, rimane il dubbio sul significato di tale cerimonia. Jacoby respinge la proposta di Lobeck di leggere W..tei>cnv,sulla base che semplici marinai non sarebbero stati menzionati in un testo oracolare, che avrebbe richiesto degli interroganti e dei nomi propri, ma rimane la suggestione che esistesse una leggenda del ritrovamento e del tentativo di rigettare l'idolo di Dioniso a mare come per l'Hennes di Ainos e il Dioniso Phallen a Methymna (v. cap. 2, pp. 91s e 93s). 79 Cfr. infra e cap. 3, p. 109.
4. CTJRA DELLA STAnJA
159
rito purificatorio analogo è il pretesto con il quale l'eroina, sacerdotessa dell'idolo straniero allo stesso modo che Admete lo è a Samo, porta l'immagine di culto fuori dal tempio, in realtà per condurla via sulla nave insieme al fratello80• Quale esigenza fosse alla base di tale azione mostra in conclusione un documento importante delle leggi sacre di Cos. Si tratta di un'iscrizione che risale alla prima metà del III sec. a. C. ma il testo riporta una serie di ayveiat e ica0apµoi, riti di espiazione e purificazione nel quadro del culto di Demetra, che erano sicuramente più antichi. In uno degli esempi di impurità trattati il regolamento prescriveva che, qualora il luogo consacrato alla dea fosse stato contaminatodalla presenzadi un cadavererimasto insepolto o da qualche altro fattore di impurità, oltre all'inumazione del corpo e alla purificazione del tempio, [icataicaÌ.ll!ltÉtro lìè icai] èl;ayètro a iépeta Kopotpo~v icatà tà voµt[Cliepq> [t]iiç Mritpòç ti\ç TIÀ.ClJCtavfiç tv tqi nap8evmvl. Questo edificio chiamato parthenon sembra indicare che la dea a Cizico fosse venerata nella sua doppia identità di vergine e madre. c Cfr. anche l'ipotesi di Hasluck 1910, 216s: 'probably the makers of some ritual robe for the image like the peplus of Athena. M
5. Preghiera e supplica In Grecia la preghiera pubblica (ei,xea8at), nell'ambito del culto ufficiale, era sempre legata alla mtov6ii e spesso accompagnata da un sacrificio1.Per questapraticanon era necessariala statuadi culto, anche se questa poteva essere presente alla cerimonia ed esserne parte integrante, come accade per la scena particolare dell'invocazione dell'aiuto di Athena da parte delle donne troiane e dell'offerta del peplo alla sua statua nel canto sesto dell'Iliade'. Ma l'immagine divina assumeva un ruolo importante soprattutto nel culto privato. Diversamente che nella preghiera ufficiale, il singolo, quando doveva chiedere un favore o ringraziare la divinità, cercava un luogo e un punto di riferimento precisi, ed è proprio in questo contesto che la statua diventava imponante. Da Eraclito in poi, critico di fronte al fatto che gli uomini preghino le statue, come se queste potessero sentire', si può notare nell'antichità il tentativo di raggiungere la prossimità con il dio per mezzo della sua immagine', una tradizione che continua per esempio nella venerazione delle icone ancor oggi in Grecia.
Una famosa scena su un'oinochoe ateniese a figure rosse mostraun uomo in piedi davanti a una statua di Athena su una colonna, mentre leva la mano destra dal!' indice allargato, un segno tipico di adorazione'. Ma oltre il gesto normale, con il braccio o le braccia levate, mettendosi di
'Burkert 1977, 126. ' V. cap. 1, pp. 26s. 'Herakl. 22 B 5 Diels-Kranz. • Versnel 1981, 30s.
' New York,cerchiadel pittoredi Deepdene;cfr. Bielefeld 1954-55, 380 e Oenbrink 1997, 74s, Al3 tav. 19.
162
SIMONA BETIINETil, U STATUA DI CULTO NELU. PRATICA RITUALE GRECA
fronte ali' effigie del dio', la preghiera della statua di culto comprendeva altre azioni o atteggiamenti che andavano dal bisbigliarle all'orecchio', all'attaccarle tavolette con iscritte le preghiere', dal bacio', al mettersi in ginocchio e all'abbracciare la statua stessa, secondo un grado d'intensità che variava in base al sentimento e all'urgenza della situazione. I fedeli insomma non si accontentavano di vedere l'immagine del dio, ma avevano bisogno di un contatto diretto, come afferma Diane Crisostomo nel passo già citato sull'importanza per la devozione dell'esistenza delle statue di culto: 'ma in virtù della loro inclinazione verso il divino gli uomini hanno un potente desiderio di rendere onore e servizio al dio da vicino, di andargli incontro, di toccarlo per persuaderlo, di sacrificargli e di inco-
ronarlo'io. Da questo punto di vista la lingua, per esprimere il sentimento e l'attività della venerazione, impiegava alcuni termini che sottolineavano anche gli atteggiamenti e i gesti che erano legati a certi aspetti di questa preghiera, adorazione, dipendenza, sottomissione-, oltre ad altri di senso più generale, come iMOvoçitatépa >v11crn;neH'ambito della comunità dei mortali. 9 ' Ci riferiamo qui alla reciprocità della supplica e al ruolo dell'ai&bç all'interno di questa secondo Gould 1973, 85-90, in particolare 87s. In ragione del carattere reciproco della h:eteia, che coinvolge in un gioco di parti il supplicante e il supplicato, e della sua natura temporanea, legata a particolari situazioni di emergenza e necessità, Gould nega dal momento che questa esprimerebbe una fonna una sua parentela con la 1tp001CtlVJJmç; di gerarchia sociale permanente ('a permanent social differentiation', Gould 1973, 75). L'autore fa riferimento alle fonti greche sul costume persiano del saluto di un inferiore a un superiore, v. supra n. 15, ma la differenza fra l'inginocchiarsi della supplica e il bacio del npomcuveiv non è cosi netta quando il rapporto è fra mortale e divinità, come vedremo. '16
5. PREGHIERAE SUPPLICA
175
Date queste premesse è possibile riscontrare anche nel contesto reli-
gioso, e in particolare nel culto della statua, le stesse forme di sottomissione già discusse. L'hiketes che cerca protezione in un santuario per prima cosa si dirige presso un oggetto di culto, una statua, un altare che si trovino nel tempio o nel recinto sacro, e si getta a terra o rimane seduto, accovacciato, abbracciando e toccando il monumento sacro. Come nel-
!' ambito profano, la supplica religiosa ha come scopo quello di trovarsi il più possibile vicino alla sorgente del potere divino e di rimanere nel suo
raggio d'influenza, come dimostra l'episodio della congiura dei Cilonidi ad Atene e dell'insuccesso del loro tentativo di occupare l'acropoli e di instaurare un governo autoritario. I congiurati si erano rifugiati presso la statua di culto di Athena Polias, nell 'Eretteo"' e, racconta Plutarco, da questo luogo, in seguito alle pressioni dell'arconte, acconsentirono ad allontanarsi assicurandosi però di rimanere in contatto con la statua mediante un filo che li univa a questa. Ma, quando furono scesi ali' altezza del santuario delle Sacre dee, il filo si spezzò e gli avversari, comandati dall'arconte Megakles, li massacrarono, interpretando il fatto ci,ç-rfiç9t:oii -ri]v ix:eaiav ..'lqòvtinarov, Ziìva 1..'UfJ.Jdmv Sulla definizione di Ades come Zeùç y01oçe gli altti aggettivi che lo accompagnano cfr. Friis Johansen• Whittle 1980, che giustamente osservano come il verbo i.ç0µ.Ea9ae l'aggettivo ,ro)..1Jçevwtawv appartengano al vocabolario della supplica, v. anche infra. 6!I V. cap. 4, 142. 66 In un certo senso il fatto stesso di varcare la soglia del sacro è una minaccia alla sua inviolabilità: il supplice, a contatto con il sacro diventa sacro lui stesso, àauM>ç,intocca• bile (vedi anche i tennini di iiyoç e é:var'lç nel significato di 'consacrazione' e 'consa• crato', in relazione al caso molto particolare della trasgressione o del trasgressore di leggi o interdizioni divine sottoposti alla maledizione e alla vendetta del dio, cfr. Parker 1983, 5ss e inoltre 146). Per impadronirsi dell'hiketes senza trasgredire il diritto d'inviolabilità e commettere sacrilegio esistevano alcuni espedienti, ad esempio quello di assediare per fame il supplicante nel santuario e poi farlo uscire prima che esalasse l'ultimo respiro, in modo che non contaminasse il luogo, come nell'episodio già citato del re Pausania (v. n. 63; dell'altra azione contro gli Iloti Tucidide si limita a dire che gli avversari li avevano costretti a spostarsi- letteralmente 'fatti alzare', àvas come nel caso del dialetto miceneo. Nelle tavolette di Pylos e Knossos il nome del dio è attestato nella fonna po-se-da-o, corrispondente all'omerico nooetOOO>V,cfr. Gérard-Rousseau 1968, 18lss; Jorro 1993, 153s e in particolare L. Baumbach, 'Greek Religion in the Bronze Age', in SMEA, 20 (1979), 143-60. 1• Steph. Byz. s.v. Taivapoç; e rEpaunéç;. i-0
188
SIMONA BETilNETil,
LA STATUA DI CULTO NEUA PRATICA RrrUALE GRECA
rante del diritto d'asilo". A questo aspetto rimanda il legame particolare che avevano gli Iloti con il santuario". Su di loro poi c'è una notizia che riguarda la statua di culto, se è vero che avevano l'abitudine d'incoronare il dio, forse durante una festa. In realtà le fonti ci tramandano il nome di una, i Tainaria,e quello dei suoi celebranti, i Tainaristai,che formavano probabilmente un collegio di culto". A Sparta alcune iscrizioni del I sec. a. C. contengono liste dei Ta,vaptot, probabilmente gli stessi personaggi ricordati da Esichio, insieme ai nomi di alcuni personaggi addetti al culto, fra i quali il mo+opoç o altrimenti denominato tòv aìv cpépcov",ossia 'il portatore del dio'. Pare insomma che in occasione della festa organizzata dai Tainarioi l'immagine di Poseidone venisse condotta in processione e un'ipotesi è che questa si svolgesse non a partire dal suo santuario sul mare - il tragitto infatti sarebbe stato troppo lungo e faticoso - ma dalle frontiere della città fino al suo temenos, per significare l'entrata del dio in città". Altri nomi della lista forniscono ulteriori particolari di un quadro del rituale che rimane irrimediabilmente incompleto"'. Questo è tuttavia
" Schumacher 1993, 63ss. Secondo Pherekydes invece Tainaros non era il fratello di Geraistos ma il nipote di lkarios (FGH 3 F 39), una prova per Vian 1952, 133s, che il culto di Poseidone era ancora più antico dell'influenza euboica.Vestigia micenee sono attesta• te per il santuario di Kalaurea, a partire dal 1200 a. C. circa. 16 Schumacher 1993, 72s. Per il terremoto che nel 464 a. C. distrusse Spana, e la cui causa venne addebitata all'ira divina. poiché i Lacedemoni non avevano rispettato il santuario del dio, dove alcuni Iloti si erano rifugiati supplici ed erano stati trascinati via a forza dai loro persecutori senza riguardo per la protezione sacra offerta dal luogo, v. il cap. precedente, n. 63. 17 Per gli Iloti e l'immagine di culto l'indicazione viene da uno scolio a Aristoph. Equit. 1225,nel quale Demos ricorda con aria di rimprovero a Paflagone-Cleone di averlo cinto di corone e ricoperto di doni: éyro6é tu èç. ma cfr. il suo significato in Ginouvès 1969 - e un banchetto rituale.
6. PROCESSIONE
189
interessante perché, nonostante la data tarda delle iscrizioni, sembra rinviare a pratiche di grande antichità, come indica anche la parola 0Eoq,6poç, con la sua costruzione simile al sostantivo miceneo te-o-po-ri-ja. Altri termini sono legati in greco al trasporto dell'immagine di culto. Un caso particolare è quello di !tEpt~pci ed ÉnupÉpetv, che indicano il portare in giro, il portare in corteo, e sono attestati due volte, ma spesso l'idea viene espressa da verbi che denotano l'azione del condurre in un certo luogo, del portare via con sé l'oggetto sacro o dell'inviarlo: iiyetv, eiaciyetv, cino.:oµiçeaa9cn, .:oµlçe,v, cruµllɵ!tEtv. Per i primi due termini abbiamo la testimonianza dell'Hermes Ilepcpepaioç di Ainos" per il quale il commento al giambo di Callimaco fornisce una spiegazione dell'epiclesi affermando che i pescatori, dopo averlo installato sulla spiaggia e avergli dedicato le primizie della loro pesca, se lo passavano l'un l'altro di mano, iiUoç nap· iiUou aù-tì>y Jtll[pt~Épro)v".Anche a Methymna, dove era stato trovato nelle reti l'idolo di Dioniso Phallen, un decreto onorifico di una XEÀ.À.t]aVT)CpO[p]on Kaì tT)liepeiai Kaì tolç 1t0À.EµOpx.olç Kaì totç 1tpoé6po1ç [Ka]ìveC01toia1ç JCaì. eù&uvoi.çJCaì. totç ÀT!toUf)'Yllaamv, 6lave[µ]Étcoaav6È ta'Utaoi oi1Cov6µot · All'inizio viene fatta menzione delle tradizionali parti riservate che i sacerdoti degli dei nominati devono prendere (Àchle, 1979 M. Hirschle, Sprachphilosophie und Namenmagie im Neoplatonismus, Zilrich (Diss.). Hock, 1905 G. Hock, Griechische Weihgebriiuche, Wilnburg. Homolle, 1890 Th. Homolle, 'Comptes et inventaires des temples chretiens en l'annee 279', BCH 14. Horst, 1932 J. Horst, Proskynein, Giltersloh.
250
SIMONA BETI1NETI1, LA STATUADI CULTO MEI.LAPRAJ"ICARflVALE. GRECA
lmhoof-Blumer-Keller, 1889 F. Imhoof-Blumer, 0. Keller, Tier- und Pjlanzenbilder auf Miinzen und Gemmen des klassischen Altertums, Leipzig, 1889 (Hildesheimer, 1972). lmhoof-Blumer, 1890 F. lmhoof-Blumer, Griechische Miinzen, Milnchen. lmmerwahr, I 995 S. lmme1Wahr, 'Death and the Tanagra Lamak.es', in J. B. Carter, S. P. Morris (a c. di), The Ages of Homer. Tribute to Emily Townsend Vermeule, Austin, 1995. Jameson-Jorrlan-Kotansky, 1993 M. H. Jameson, D. R. Jordan, R. D. Kotansky,A Lex Sacra from Selinous, Durham. Jameson, 1994 M. H. Jameson, 'Theoxenia', in Higg, 1994, 35-57. Jearunaire, 1939 H. Jeanmaire, Couroi et Couretes, Lille. Jebb, 1891 R. C. Jebb, Sophocles. The ploys and fragments, Cambridge. Jeffery, I 990' L. H. Jeffery, The local Scripts of Archaic Greece, 2• ed. Oxford. Jessen, 1896 Jessen, e RE, II, 441-44. Jorro, 1985-93 F. A. Jorro, Diccionario Miclnico, 1/11,Madrid. Jucker, 1966 I. Jucker, Der Gestus der Aposkopein, Zurich. Jucker-Risch, 1979 H. Jucker, E. Risch, 'Orthia oder Ortheia? - Zurn Namen der Gottin «Orthia»', HASB 5, 21. Jung, 1982 H. Jung, Thronende und sitzende GOtter, Bonn. Kahil, 1984 L. Kahil, 'Artemis', UMC II. Kahil, 1992 'Proitides', UMC VII. Kiihler, 1960 H. Kiihler, Rom und seine Welt, Milnchen. Kamerbeek, 1974 J. C. Kamerbeek, The Plays of Sophocles. Commentaries, vol. V, Leiden. Karouzos, 1972 (1941) Cb. Karouzos, 'nEPIKAAAEI: ArAAMA - ESEIIOl!il:' Ol'K MAm:, in Epitymbion Christos Tsountas, Athenai, 1941, 535-578 = G. Ffohl (a c. di), lnschriften der Griechen, Darmstadt, 85-152.
'apxTfY•"'l,' 'apxwen,'
251
BIBLIOGRAFIA
Kassel, I 983 R. Kassel, 'Dialoge mit Statuen', ZPE 51, 1-12. Keil, 1953 J. Keil. 'Ephesos: Vertreter der neuen Sophistik', J6AJ XL, 5-26. Kerenyi, 1964 K. Kerenyi, 'Eidolon, Eikon, Agalma' in Griechische Grundbegriffe, Ziirich, 29-41. Kipp, 1974 G. Kipp, 'Zurn Hera-Kull auf Samos', 1B 18, 157-209. Kittel , 1959 G. Kittel (a c. di), TheologischesWOrterbuchzum Neuen Testament,VI, Stuttgart. Kretschmer, 1925 P. Kretschmer, 'Das nt-Suffix', G/otta, 14, 84-106. Kroll, 1%3 J. Kroll, 'Das Gottesbild aus dem Wasser', in Festschrift Friedrich van der Leyens, Miinchen, 251-268. Kron, 1988 U. Kron, 'Kultmahle im Heraion von Samos archaischer Zeit', in Hagg-Marinatos-Nordquist, 1988, 135-147. Kron, 1992 'Heilige Steine' in Kotinos. Festschriftfur Erika Simon, Mainz a. Rh., 56-70. Kyrieleis, 1993 H. Kyrieleis, 'The Heraion at Samos', in N. Marinatos, R. Hagg. Lacroix, 1949 L. Lacroix, Les reproductionsde statues sur les monnaies grecques.La statuaire archai'queet classique, LiCge. Lambrinudakis, 1984 W. Lambrinudakis, 'Apo lion', UMC II. Lambrinudakis, 1986 'Damia et Auxesia ', UMC Lammert, 1939 F. Lammert, 'tponcnov', RE XIIl, 663-673. Latte, 1920 K. Latte, Heiliges Recht, Tiibingen. Laumonier, 1958 A. Laumonier, Les cu/tes indigenes en Carie, Paris. Lazzarini, 1976 M. L. Lazzarini, Le formule delle dediche votive nella Grecia arcaica, Mem. dei Lincei, XIX. Lebessi, 1985 A. Lebessi, To U!:p6 to\l 'EpµT) Kat t1l