La nascita dell'estetica di Freud 9788877262332


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La nascita dell'estetica di Freud
 9788877262332

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(Delia, 1892 - Marina di Pietrasanta, 1961) è stato un critico letterario. Allievo della Scuola Normale Superiore di Pisa, professore universitario dal 1927, ha insegnato Letteratura italiana all’Università di Pisa. È stato direttore della Scuola Normale e socio nazionale dei Lincei.

“La nascita dell’estetica appare innervata intimamente e in modo molto significativo nella vita e nell’opera di Freud. E oltre che interessare un momento decisivo per la storia della psicoanalisi, rappresenta un avvenimento di grande importanza anche per l’estetica.”

26,00 euro

9 788877 262332

Aesthetica

Aesthetica aestheticaedizioni.it

Luigi Russo La nascita dell’estetica di Freud

Luigi Russo

Luigi Russo

La nascita dell’estetica di Freud

Aesthetica

Scritto nell’estate del 1906 e pubblicato l’anno successivo, il saggio Il delirio e i sogni nella “Gradiva” di Wilhelm Jensen è una tappa importante nella riflessione estetica di Freud. Egli ricostruì attorno al protagonista jenseniano Norbert Hanold un caso psicoanalitico, mostrando come medico e poeta avevano per vie diverse analoga facoltà di calarsi nelle profondità dell’essere. L’indagine di Russo si volge da un lato alla minuta ricostruzione delle radici culturali della novella, di cui vengono rintracciati i legami con il concetto di ecstatic vision di Prichard, fino al mesmerismo; dall’altro a mostrare che la lettura di Freud, esercizio di alto virtuosismo letterario, fu di fatto “coattante, metodologicamente scorretta e di valore scientifico molto dubbio”. Ma è con questa lettura, anzi, con questa autentica riscrittura della novella jenseniana, che Freud si avvicinò alla problematica estetica, iniziando quella riflessione che pochi mesi dopo avrebbe più compiutamente sintetizzato nella conferenza Il poeta e la fantasia.

Aesthetica Edizioni

Luigi Russo

La nascita dell’estetica di Freud

Aesthetica Edizioni

2024 Aesthetica Edizioni ISBN 9788877262332 www.aestheticaedizioni.it [email protected] Tel: +39 02 24861657 / 24416383 © Mim Edizioni srl Piazza Don Enrico Mapelli, 75 20099 Sesto San Giovanni (Mi)

Indice

Premessa

p.

7

1 - Gradiva e l'estetica di Freud

13

2 - La malattia di Norbert Hanold

41

3 - Freud, l'ipnosi e l'isteria

81

4 - Freud e Jensen

125

5 - Freud, Jung e Gradiva

183

6 - La nascita dell'estetica di Freud

221

Bibliografia

251

Indice dei nomi

271

In ricordo di Giuseppe Rossi già professore di Filologia bizantina nell'Università di Palermo da cui molto ho appreso

Premessa

Non credo alle introduzioni. Che come argutamente è stato detto di norma si scrivono alla fine, si mettono all'inizio e non si leggono mai. Tuttavia mi sembra utile, ed anzi doveroso, dare al lettore interessato informazioni preventive sulla presente pubblicazione. Questo libro è sostanzialmente rivolto al chiarimento di alcuni eventi della vita e dell'opera di Sigmund Freud che vanno dall'aprile del 1906 al dicembre 1907. Questi due termini cronologici costituiscono in realtà due poli concettuali, all'interno dei quali è possibile, e produttivo, definire la nascita dell'estetica di Freud. Per chiarire il senso e il significato che attribuisco a tale nascita è opportuno tenere presenti alcune considerazioni d'insieme. Gli scritti che Freud ha dedicato a taluni problemi e questioni di estetica costituiscono, pur in senso lato, una teoria estetica. Freud tuttavia non fu uno studioso interessato a questa sfera concettuale in modo specialistico (non fu - oggi diremmo con orribile termine - un " estetologo "); ossia il suo impegno verso taluni problemi e questioni di estetica fu intermittente e non sistematico, direttamente vincolato dallo sviluppo della dottrina psicoanalitica e non assoluto, cioè da essa sciolto, libero, autosufficiente. Poiché dunque l'estetica di Freud si offre come approdo discontinuo e corollario di una somma eterogenea di "scritti d'occasione", per arrivare a comporla in un tessuto unitario, compiutamente analizzabile in quanto dotato d'interna omogeneità, ma egualmente suffragato da plausibilità storiografica, è necessario assicurare preventivamente codeste occasioni (materiali, esistenziali, accidentali, storico-culturali, teoriche, ecc.),

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sullo scomodo terreno dell'accertamento cntlco e filologico. In assenza di tale precauzione, si rischia inevitabilmente di rimanere prigionieri di quello che Ernst Kris chiamava il « metodo delle citazioni esemplari». Vale a dire di estrapolare e decontestualizzare arbitrariamente, privilegiando nel corpus freudiano lacerti privi di innervature relazionali o, in ogni caso, sempre profili che per quanto potenzialmente euristici rimangono nondimeno incapaci di rappresentare una corretta :fisionomia d'insieme. Da simili pratiche, variamente deformanti, mi pare che molto di rado si siano salvati gli studiosi. L'occasione determinante per il :fissarsi dell'estetica freudiana (diciamo pure: il suo nucleo magnetico) giudico sia stata l'inopinata chance apertasi col saggio Der W ahn und die Triiume in Wilhelm ]ensens "Gradiva". Con nascita dell'estetica di Freud definisco il complesso di eventi, compresi fra l' 11 aprile 1906 (inizio del carteggio Freud-}ung e vigilia della composizione del saggio freudiano) e il 6 dicembre 1907 (data della conferenza Der Dichter und das Phantasieren), che diede esistenza al nucleo fondamentale del pensiero estetico freudiano. Tale cristallizzazione non fu episodio casuale e sfornito di radici percepibili. Al contrario, è possibile pienamente decifrarla situandola all'incrocio fortunato di congiunture molteplici, per grado e natura, nonché nello sfondo di scelte culturali decisive per lo stesso futuro della psicoanalisi, che Freud abbracciò in quei mesi cruciali. Chiamando nascita questa cristallizzazione non uso un'espressione metaforica ma una definizione letterale. Non designo lo zero ontogenetico, cioè primo atto vitale in assoluto, né per converso un'esistenza pervenuta al grado estremo di sviluppo; piuttosto, nel contempo, sia il venire alla luce dopo ed attraverso una lunga e laboriosa gestazione sia il punto d'avvio per frastagliati arricchimenti successivi. Sul retroterra che sorresse ed informò questa nascita inopinata, cioè sulla ricca e complessa formazione estetica di Freud, e altresi sulla maturazione repentina e rigogliosa che la segui, mi son limitato ai pochi cenni suggeriti dallo svolgimento della ricerca. Il fatto è che il pensiero estetico di Freud, sia nel versante delle sue matrici che in quello della sua evoluzione, è un terreno a tutt'oggi relativamente poco dissodato e certamente non arato in maniera sistematica. Sicché coltivo la 8

speranza che questo contributo parziale, toccando questioni che investono la stessa genesi dell'estetica freudiana, possa almeno costituirne un approccio incoativo e metodologicamente probante. Ho mirato ad alleggerire il piu possibile il testo, rinviando in nota la disamina di questioni particolari e di contorno, che se possono sembrare d'incidenza secondaria sono in realtà variamente illuminanti; mentre, per non appesantire le note, ho riservato alla bibliografia il dettaglio delle referenze bibliografiche. Mi accorgo che ho finito col farla, in qualche modo, l'introduzione. Ed allora vale concludere secondo le regole. Nell'umile ambizione di offrire un contributo ad una materia vasta ed impegnativa, è stato scritto questo libro. Voglia accoglierlo il lettore con corrispondente generosità.

Desidero rivolgere un pubblico ringraziamento ad un numero impressionante di amici e colleghi: da Emilio Garroni a Gianni Vattimo, da Ermanno Migliarini a Mario Perniola, da Vittorio Stella a Sergio Givone - ma l'elenco sarebbe troppo lungo: lo risparmio a chi legge e me ne scuso con chi non nomino - che da circa un lustro, da quando cioè la presente ricerca era stata virtualmente ultimata e trovavo forti " resistenze " a licenziarne la stesura finale per la pubblicazione, mi hanno pressato perché vedesse la luce. Ringraziamento rivolto non certo alle loro pressioni (rimango ancora alquanto dubbioso che valesse la pena di pubblicare questo libro), ma alla affettuosità nei miei confronti che li ha spinti ad esercitarle. Un ringraziamento mi è caro rivolgere altresl a Rosario Assunto, che mentre la ricerca era nel vivo mi ha offerto la possibilità preziosa di fare una messa a punto complessiva del pensiero estetico di Freud per la Grande Antologia Filosofica (L'estetica dalla seconda metà dell'B00 al 1944, Milano, Marwrati, 1978, pp. 459-78); nonché a Franco Rella e Giuseppe Sertoli che hanno ospitato il capitolo 5 del presente volume su " Nuova Corrente " (1979, n. 78, pp. 162-202). Il ringraziamento finale vada alla Deutsche Bibliothek di Roma e al Centro di Psicoanalisi di Roma che hanno agevolato la consultazione, rispettivamente, della bibliografia in lingua tedesca e di pubblicazioni psicoanalitiche di non facile reperimento.

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Ci sono libri tanto preziosi e regali, da dover considerare bene impiegate intere generazioni di dotti se, grazie alla loro fatica, questi libri vengono conservati integri e intellegibili: per rafforzare sempre di bel nuovo questa fede esiste la filologia. Il suo presupposto è che non manchino quegli uomini rari (anche se non si fanno subito vedere), che sanno realmente utilizzare questi libri tanto preziosi: saranno proprio quelli che faranno da sé libri del genere o che saprebbero farli. Volevo dire che la filologia presuppone una nobile fede, quella di dover sbrigare una enorme mole di lavoro penoso e anche poco pulito a tutto vantaggio di quei pochi che sempre " sono di là da venire ": è tutto lavoro in usum Delphinorum.

Friedrich Nietzsche, La gaia scienza, 102

I nomi degli studiosi seguiti da data, citati nelle note, rimandano alla bibliografia. Nel caso di opere delle quali esiste una traduzione italiana, la data indica l'anno di edizione originale, mentre il numero di pagina rimanda alla traduzione.

1 - Gradiva e l'estetica di Freud

Nell'estate del 1906, quasi certamente nel mese di agosto, in vacanza a Lavatone, nell'Alto Adige allora Sud Tirolo austriaco, Sigmund Freud stese di getto un lungo saggio 1• Che col titolo Il delirio e i sogni nella "Gradiva" di Wilhelm Jensen venne pubblicato a Vienna, ai primi di maggio dell'anno successivo 2 • Gradiva. Una fantasia pompeiana era una novella pubblicata nel 1903 da Wilhelm Jensen, un poligrafo molto prolifico e rinomato in Germania verso la fine dell'Ottocento, soprattutto per la sua produzione narrativa. Vi si narra di un giovane archeologo abulico ed inquieto, Norbert Hanold, che durante un soggiorno romano rimane colpito dalla vista di un bassorilievo antico, rappresentante una fanciulla che incede tenendo sollevato l'orlo della veste ed inclinando il piede destro in una posa inconsueta e leggiadra. Norbert ne rimase cosf ammaliato da procurarsene uno stampo, e ritornato in Germania prese a costruirvi intorno tutto un castello di fantasie ad occhi aperti. Cosf battezzò la fanciulla raffigurata Gradiva, cioè « colei che cammina »; decise che era stata figlia di un alto sacerdote dell'antica Pompei, ed ivi morta durante la famosa eruzione del 79 a. C.; e se ne innamorò. A quel punto fu giocoforza, per Norbert, riscendere in Italia ed arrivare a Pompei. E qui, mentre si aggirava delirante nella zona archeologica, incrocia proprio Gradiva. Le si fa accanto e le rivolge la parola; e per quanto incredibile, il fantasma risponde. Seguono tre incontri, durante i quali Gradiva s'intrattiene a parlare lungamente con Norbert, pur se in maniera alquanto ermetica e sibillina. Progressivamente, il protagonista esce dal suo delirio e scopre che Gradiva è in realtà una ragazza in carne ed ossa, ed anzi la sua intima amica d'infanzia Zoe Bertgang. Non può mancare

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pertanto il lieto fine: i due si fidanzano e decidono di ritornare a Pompei in viaggio di nozze. C'è da aggiungere, piuttosto, che nel corso della vicenda Norbert Hanold fa tre sogni molto interessanti e strettamente legati al suo fantasticare. La novella di Jensen si legge volentieri; ma la lettura che ne conduce Freud è un autentico pezzo di bravura. E non mi riferisco tanto al fatto, pur indubitabile e digià rimarchevole, che il saggio freudiano è un capolavoro letterario in se stesso. Veramente degno cioè di quel fior di scrittore che quasi venticinque anni dopo avrebbe ricevuto il Premio Goethe 3 • Nessuno ha problemi infatti nel riconoscere che Freud « possedeva in sommo grado gli attributi di un grande scrittore » 4. Mi riferisco invece alla straordinaria maestria argomentativa spiegata da Freud, alla sua insinuante padronanza della pagina, cosi suasiva nell'apparente surplace da portare anche un beato sulla via della dannazione. L'apertura del discorso si pone un poco in sordina, e circoscritta in apparenza ad un'apologia di carattere personale. « La scienza e la maggior parte delle persone colte sorridono quando si propone loro d'interpretare i sogni. Solo il popolo, legato alle superstizioni, perseverando in credenze tramandate dai tempi antichi, non vuol rinunciare all'interpretazione dei sogni; e l'autore dell'Interpretazione dei sogni, nonostante la protesta della scienza piu severa non ha temuto di schierarsi dalla parte degli antichi e della superstizione » 5 • Freud rivendica a suo gran merito il coraggio di questa scelta, che tiene a riconfermare pienamente, per nulla impressionato dall'indifferenza o l'ostilità con cui la comunità scientifica aveva accolto le teorie contenute nella sua opera capitale di poco piu di un lustro prima, L'interpretazione dei sogni appunto 6 • Anzi è cosi fiducioso nella bontà della sua dottrina che ne propone una sorta di verifica ulteriore, per bizzarra che possa sembrare sulle prime. Cioè « di occuparsi dei sogni che non sono stati sognati da alcuno e che invece sono stati inventati da poeti e da essi attribuiti, nel contesto di un racconto, ai personaggi da loro immaginati » 7 • Se una tale proposta può apparire sorprendente, o senz'altro provocatoria, Freud ha una consistente giustificazione da opporre. Ed è proprio che nella disputa « sul valore del sogno, i poeti e gli scrittori sembrano essere dalla stessa parte degli antichi, del popolo superstizioso e dell'autore dell'Interpretazione dei sogni» 8 • Né Freud teme che in codesto confronto i poeti possano essere alleati scomodi o

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ingombranti. Pensa esattamente l'opposto: « I poeti sono alleati preziosi, e la loro testimonianza deve essere presa in attenta considerazione, giacché essi sono soliti sapere una quantità di cose fra cielo e terra che la nostra filosofia neppure sospetta. Particolarmente nelle conoscenze dello spirito essi sorpassano di gran lunga noi comuni mortali, poiché attingono a fonti che non sono state ancora aperte alla scienza» 9 • Comincia allora a delinearsi il sottile piano di battaglia apparecchiato da Freud. Contrapporre alla communis opinio scientifica una opinione non meno radicata nella tradizione, la quale ha sempre e dovunque riconosciuto una " sapienza poetica ", ossia un sapere intuitivo dei fenomeni oscuri e profondi della vita psichica, che pur senza essere articolato in termini razionali è conoscenza non meno autentica di quella scientifica, ed appartiene optimo iure al poeta. Il poeta pertanto può legittimamente mediare la credenza popolare, la quale ritiene che i sogni abbiano un significato interpretabile, e la teoria freudiana che rivendica di aver dato dei sogni una rigorosa interpretazione scientifica. Grazie al poeta, in definitiva, una inveterata tradizione ammantata di superstizione può depurarsi e, elevatasi di grado, divenire alleata della nuova scienza psicoanalitica nella battaglia contro la « scienza ufficiale », ossia le baronie mediche accademiche e professionali che quasi senza eccezione avversavano la dottrina freudiana. Ma Freud cura di non scoprire anzitempo le proprie carte. Sicché colloca, inaspettatamente, in primo piano un argomento diversivo. Ossia un problema che, per quanto non fittizio, dovrebbe a lume di logica collocarsi solo a latere della trattazione programmata. « Anche se la ricerca non dovesse insegnarci nulla di nuovo sull'essenza del sogno, essa può forse consentirci d'intravedere, da questo particolare angolo di visuale, qualche cosa sulla natura della produzione poetica » 10 • Sicché la « natura della produzione poetica », questione che di per sé parrebbe solo incidentale e consolatoria nella diatriba sulla realtà della vita onirica, affiora cosi inopinatamente in primo piano. In tal guisa si è già creato un tale scarto fra l'impostazione polemica iniziale e la promessa di questa nuova prospettiva d'indagine, e Freud ha dunque determinato aspettanze tanto diverse ed inquietanti, da catturare completamente l'attenzione del lettore. Attenzione che mantiene integra non promettendo nulla né, per cosi dire, compromettendosi. Solo

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annunciando maliziosamente: « Stiamo dunque a vedere cosa scopriamo! » 11 • A questo punto viene proposta l'analisi della Gradiva di Jensen, nella quale sono descritti alcuni sogni del protagonista che, ad una prima ricognizione, sembrano presentare notevoli motivi d'interesse da un punto di vista psicoanalitico. Se non che un sogno è significativo, e dunque plausibilmente interpretabile, in quanto significa, attraverso strutturazioni specifiche, la vita psichica del sognatore. Di conseguenza una corretta interpretazione dei sogni di Norbert Hanold può scaturire solo all'interno dell'accertamento dell'intero quadro mentale del personaggio. Personaggio che, a sua volta, s'identifica ovviamente con la vicenda narrativa che lo realizza in quanto personaggio. Freud allora di necessità dilata il ristretto programma iniziale, impegnandosi in un minuto esame rivolto non solo ai sogni di Hanold ma alle entità psichiche di base, che ne informano le dinamiche psicologiche e ne determinano le scelte comportamentali. E finisce con l'astringere lo svolgimento complessivo di tutta la novella. Qui Freud si esibisce in un esercizio critico di alto virtuosismo. Egli segue passo passo la novella, intercettando la diegesi narrativa nell'ingorgo dei suoi incroci nodali che, senza sforzo apparente, riesce a disciplinare introducendo adeguatamente ipotesi esplicative suggerite dalla dottrina psicoanalitica. Tale intervento rende a Freud un pieno possesso della realtà narrativa. Possesso che lo abilita a scandagliare in profondità le radici sotterranee ed ordinarle in una progressione intellegibile; si da illuminare non solo la psicologia dei personaggi, il senso delle loro azioni, la funzione dell'intercalare onirico, ma finanche la logica dell'intreccio narrativo e la necessitante coerenza dell'agnizione finale. Talché l'analisi freudiana, che pure aveva esordito col proposito di semplice contributo alla lettura, di commento in margine ad alcuni aspetti particolari della novella jenseniana, insensibilmente ma inevitabilmente ramifica in una rete ermeneutica talmente fitta e stringente, da porsi come un vero e proprio " duplicato ", e in maggiore, dell'opera. Ossia una riformulazione che riproduce il tessuto poetico di partenza in un testo piu " potente ": stilisticamente piu compatto e scintillante ed insieme euristico, cioè concettualmente piu denso e molto piu trasparente. In altri termini la lettura freudiana arriva a costituire se stessa in omologia perfetta, e quasi senza residui differenziali,

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con la novella di Jensen. E però una omologia siffatta, cosi spinta, non può non destare stupore e porsi essa stessa come problema. Ma l'insorgenza di questo problema (finalmente appare chiaro) era proprio quello a cui mirava Freud. Che non solo non ammette come accusa, il fatto di trattare le manifestazioni psichiche dei personaggi jenseniani quali se fossero individui reali e non creazioni poetiche; ma la ribalta. Spingendosi sino ad affermare che non vi sarebbe nulla da obiettare se « la Gradiva fosse descritta non come fantasia, ma come uno studio psichiatrico » 12 • E che la descrizione poetica di Jensen, la sua fantasia pompeiana, sia in realtà anche una descrizione dei processi psichici perfettamente lineare ed apprezzabile dal punto di vista psicoanalitico, è un fatto che Freud tiene puntigliosamente ad indicare al lettore, e ribadire anzi con la massima nettezza lungo tutto il suo saggio 13 • Sicché può confessare apertamente la sua meraviglia « quando poté constatare nella Gradiva, pubblicata nel 1903, che lo scrittore aveva fondato la propria creazione poetica proprio su quanto egli stesso riteneva di aver costretto, come una novità, in base all'esperienza medica » 14. Partito dall'idea di trovare un appoggio circoscritto alla teoria del sogno in un testo narrativo, Freud dichiara adesso di trovarsi, con la novella di Jensen, dinanzi ad un quadro generale di tutta la vita psichica che non smentisce, ma accredita la fondatezza della dottrina psicoanalitica nella sua interezza. La fiducia iniziale professata da Freud nei poeti che « siamo soliti onorare come profondi conoscitori dell'animo umano» 15 , e confortata dalla convinzione che « la descrizione della vita interiore dell'uomo è proprio il suo [del poeta] campo specifico ed egli è sempre stato il precursore della scienza e anche della psicologia scientifica » 16 , viene ora gratificata dal ritrovare, nella Gradiva di Jensen, chiaramente presupposte, confermate ed attivate le entità psichiche di cui egli aveva dato una organica e rigorosa ricostruzione teorica. Quelle leggi cioè che regolano il funzionamento della psiche scoperte da Freud nell'Interpretazione dei sogni, e di cui aveva offerto brillanti esemplificazioni integrative subito dopo nella Psicopatologia della vita quotidiana (1901), e piu impegnative trattazioni particolari nelle due opere, Il motto di spirito e la sua relazione con l'inconscio e Tre saggi sulla teoria sessuale, che avevano visto la luce l'anno precedente (1905) la composizione del saggio su Gradiva. Si determina cosi una completa solidarietà circolare

Il

fra novella di Jensen e dottrina freudiana. Da un lato, la dottrina psicoanalitica riconosce la piena coerenza psicologica della vicenda narrativa; dall'altro, l'individuazione di tale drammatizzazione della vita psichica come descrizione corretta anche sotto il profilo scientifico legittima il sistema teorico sotteso a tale lettura. È conclusione, codesta, decisamente forte. Ma per Freud solo un fatto potrebbe intaccarla. Se Jensen, al corrente del pensiero freudiano, avesse informato la sua costruzione narrativa alle vedute sulla vita psichica elaborate dalla psicoanalisi. Freud ha buon giuoco nell'escludere questa possibilità, in quanto Jensen, appositamente interrogato su ciò, aveva esplicitamente dichiarato di non averne mai avuto sentore 17 • Laddove, argomenta Freud, la straordinaria somiglianza fra costruzione poetica e ricostruzione analitica può spiegarsi solamente con la ragione che sia il poeta che lo scienziato hanno lavorato allo stesso oggetto, pur se con metodo diverso; e però « la coincidenza dei risultati sembra costituire una garanzia che abbiamo entrambi lavorato in modo corretto » 18 • C'è naturalmente una differenza non di dettaglio, fra l'attività del poeta e quella dello scienziato della mente; ma è differenza, se badiamo alla sostanza, puramente metodologica. Lo scienziato, attraverso l'osservazione dei processi psichici coscienti dei suoi pazienti, arriva a formulare le leggi generali del funzionamento della psiche; il poeta invece, scavando intuitivamente nei propri processi psichici inconsci, ne coglie le possibilità di sviluppo dandone una espressione artistica. « Ma una conclusione sembra che s'imponga: o entrambi - conclude Freud - , il medico e il poeta, abbiamo in egual modo frainteso l'inconscio o entrambi lo abbiamo compreso esattamente » 19 • In definitiva la novella di Jensen, nata completamente al di fuori dell'orbita culturale della psicoanalisi e completamente libera da preoccupazioni scientifiche, nella misura in cui drammatizza situazioni, scene e personaggi pienamente decifrabili attraverso il modello teorico costruito dalla psicoanalisi, rappresenta la piu convincente e diretta riprova della dottrina psicoanalitica. E non soltanto della interpretazione psicoanalitica della vita onirica ma anche di tutte le sue altre tesi capitali: la realtà dell'inconscio, l'interpretabilità dei sogni, la funzione delle pulsioni libidiche e della relativa censura e infine il processo terapeutico fondato sull'ambivalenza del transfert. Ben si comprende allora come Freud fosse particolarmente

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soddisfatto di questa sua prova. Subito dopo la pubblicazione, rispondendo a Jung, che a caldo aveva scritto entusiasta: « la Sua Gradiva è stupenda. L'ho appena letta fino in fondo tutta d'un fiato. La chiarezza delle Sue esposizioni è affascinante » 20 , rispondendo a Jung - dicevo - Freud affermava senza falsa modestia: « Questa volta sapevo che quel piccolo lavoro merita lode; esso è nato in giornate luminose e anche a me aveva procurato molta gioia. Certo non porta nulla di nuovo per noi, ma credo ci permetta di rallegrarci della nostra ricchezza » 21 • Alla soddisfazione di Freud ha corrisposto pienamente il favore ininterrotto di generazioni intere di lettori. In realtà Delirio e sogni proprio per il suo carattere di piccolo capolavoro di scrittura limpida e di vis argomentativa, ha avuto un ruolo molto importante nella storia della psicoanalisi. Presentandosi come un clamoroso caso di concomitanza fra arte e scienza, stimolava la curiosità e l'interesse dei lettori; e di lettori che non erano piu necessariamente o unicamente i medici e gli scienziati della mente, quegli stessi cioè che ignoravano, osteggiavano o deridevano le teorie freudiane. Un saggio come quello su Gradiva scavalcava decisamente la cerchia dei lettori specializzati ed era raggiungibile dal piu vasto pubblico delle persone colte, un pubblico non prevenuto e del tutto indipendente dai pregiudizi delle baronie accademiche e professionali; e perciò disponibile verso Freud. Già il primo recensore, Moritz Necker, segnalando tempestivamente l'opera nel quotidiano viennese « Die Zei.t », concluse infatti che se l'intuizione di Jensen collimava in modo cosi sorprendente con la teoria di Freud, ciò non faceva che confermare la giustezza della sua dottrina 22 • Cosi, proprio per il fatto di collegare intimamente pressocché tutti i postulati fondamentali della dottrina freudiana (come almeno si ponevano al 1906), e di presentarli in una sorta di pratica inverante, vivacizzata da uno stile godibilissimo e ad altissima leggibilità, quel saggio è finito col divenire l'introduzione piu stimolante e rettilinea, ed insieme il piu incisivo ed accattivante manifesto della psicoanalisi. Quale fosse l'interesse precipuo che Freud, intorno al 1906-7, riservava ad una tale e consimili dimostrazioni è certo domanda legittima, e può offrire non disprezzabili indicazioni sulla stessa estetica freudiana. Ma la risposta sarebbe ancora prematura; e dunque per il momento l'accantoneremo. Tanto piu che avremo modo di ritornare con comodo sulla questione,

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della quale non potremo disinteressarci perché notevolmente incidente il profilo che interessa la nostra ricerca. L'interesse che guida la nostra ricerca comporta invece di attribuire al saggio un'importanza altrettanto grande, anche se di natura diversa. In questa sede ci tocca strettamente il fatto che esso ha una peculiarità assolutamente unica all'interno di tutto il corpus freudiano: quella di essere stata considerata, come ha scritto Musatti, « il primo esempio di un lavoro d'interpretazione psicoanalitica effettuata sopra un'opera letteraria » 23 • Con esso cioè Freud, per la prima volta, entrò ufficialmente nei territori dell'estetica. Ed è di estremo interesse considerare attentamente le ragioni e le modalità di questo esordio. In quanto ragioni e modalità sulle quali, talvolta, molto di inesatto è stato detto ovvero, piu di frequente, si è completamente taciuto, con la conseguenza d'impedire o rendere alquanto sfocato un sicuro possesso della dottrina estetica freudiana ed una sua adeguata valutazione. Intanto che rivolgere il suo interesse all'estetica sia stato da parte di Freud, come stiamo constatando, un fatto occasionale e contingente, non suscitato cioè dall'urgenza di necessità intrinseche di ricerca bensi collaterali, e sorto, grazie al caso sorprendente di Gradiva, con lo scopo di soddisfare sollecitazioni di diversa natura, è fatto incontestabile. Ma è fatto che dimostra molto meno di quanto non possa sembrare a prima vista. Vale a dire che sarebbe del tutto scorretto e fuorviante, equivocando su questo dato di fatto, inventarsi (come pure è avvenuto) il cliché di un Freud cinico ed invadente scienziato, pronto a travalicare i propri confini specialistici per trasferire meccanicamente, in zone culturali limitrofe o addirittura in province dalla sua competenza lontanissime e di aliena etnia, specialistiche tematiche personali col magro e frettoloso bagaglio di rapide e molto approssimative letture. Ciò, ancor prima e piu che ingeneroso, sarebbe da respingere come interpretazione tendenziosa non rispondente alla realtà storica, quale è conoscibile e documentabile. Studioso « di severissima formazione e di grande coscienziosità » 24 , non era costume di Freud spingersi in territori nei quali non esistevano sentieri per lui praticabili. Se dunque scrisse intorno ad alcuni problemi di estetica, ancorché l'estetica in senso stretto esorbitasse dal suo lavoro specialistico, bisogna semplicemente postulare che tanto la particolare messa a fuoco consentita dai suoi strumenti di analisi quanto la sua piattaforma culturale di base gli consen-

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tissero di muoversi con sufficiente agilità anche su quel terreno. In definitiva " occasionali e marginali " gli scritti estetici di Freud lo sono senz'altro. Ma occasionali nello stesso senso con cui è stato detto, per esempio, che la lirica greca classica è una grande poesia d'occasione; e marginali solo in accezione puramente inventariale, nel senso cioè che quegli scritti stanno letteralmente in margine all'Opera di Freud, essenzialmente votata alla fondazione della psicoanalisi. Sicché è potuto avvenire che questi relativamente pochi scritti, " occasionali e marginali ", occupino un posto estremamente significativo se non senz'altro fondamentale - nell'estetica contemporanea. Anche un lettore non particolarmente versato nelle problematiche estetiche non può non avvertire la ricchezza di motivi che circola, per limitarci ad un solo esempio particolarmente probante, già solo nella diecina di pagine di cui si compone Il poeta e la fantasia. E però la cultura estetica di Freud non è solo ipotizzabile per approssimazione ma in larga misura storicizzabile e, con sufficiente attendibilità, filologicamente riconducibile a fonti, contesti, prospettive teoriche ben determinate. Nozioni e tematiche quali: l'arte come ricerca del piacere e la spiegazione puramente psicologica del piacere estetico, la teoria dell'illusione artistica, quella dell'arte come giuoco, il rapporto fra arte e malattia mentale, lo stesso fondarsi sul metodo genetico - sono un grappolo di teorie che vantano una tradizione perfettamente attribuibile. In pratica la cultura umanistica, in particolare la cultura estetica tedesca a partire da Goethe e Schiller e soprattutto il plesso di dottrine dibattute in Germania nella seconda metà dell'Ottocento, segnatamente nell'arco che va dall'estetica sperimentale del Fechner all'Einfiihlung del Lipps, è presente in varia guisa e misura, magari solo come condizione d'avvio o presupposto polemico, nella trattazione freudiana. D'altronde è già di per sé significativa la grandissima considerazione che Freud stesso professò per il Fechner e il Lipps e la grande confidenza che ebbe con le loro opere, largamente e puntualmente utilizzate nei suoi lavori. Ma a ben vedere non si tratta solo di taluni spunti teorici mutuati da dottrine specifiche e da Freud piu o meno rinverdite e riformulate. In realtà la possibilità stessa della riflessione di Freud sull'arte trova la sua piena giustificazione nello sfondo di una considerazione scientifica dei problemi della creazione e della fruizione artistiche, esigenza che portò in Germania alla costituzione di una scienza speciale

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dell'arte, Kunstwissenschaft, separata dall'estetica filosofica tradizionalmente intesa, Asthetik. Se dunque Freud era tutt'altro che digiuno di letture di estetica ma possedeva invece un retroterra ramificato, in cui lungamente avevano lievitato tutta una serie di consapevolezze culturali e di punti di vista schiettamente speculativi, egli era ugualmente tutt'altro che sguarnito di una ricca esperienza estetica personale. La pubblicazione della monumentale Vita ed opere di Sigmund Freud da parte di Ernest Jones, di buona parte delle numerosissime lettere di Freud a vari corrispondenti e di altri importanti documenti di, e su, Freud rendono possibile una visione molto piu nitida ed approfondita, non solo della nascita e dello sviluppo della psicoanalisi, ma anche dell'iter dell'educazione estetica dello stesso Freud e in genere della sua formazione culturale. Cosi oggi è consentito affermare che il pensiero estetico freudiano costituisce anche, e forse soprattutto, la concettualizzazione di una vastissima esperienza di fenomeni estetici (fatta eccezione unicamente per la musica e includendo, sotto la voce di " fenomeni estetici ", non solo le opere d'arte ma anche la bellezza paesaggistica e naturale), di una fruizione senza dubbio genuina e gratificante, lungamente coltivata da Freud e che vanta una propria storia mossa ed articolata, in buona parte documentabile fin dal suo sorgere e dispiegarsi aurorale, e nel suo progressivo arricchirsi e farsi sempre piu evoluta e consapevole. Dicevamo però che l'incipit dell'estetica di Freud avvenne con la pubblicazione del saggio sulla novella di Jensen. Né questa può considerarsi appena una precedenza cronologica. Bensi per il fatto di porre per la prima volta direttamente in questione quale sia la « natura della produzione poetica » e di cominciare ad avviare il processo di una sua spiegazione scientifica, Delirio e sogni determina l'atto di nascita dell'estetica di Freud 25 • Con « atto di nascita » (non guasta precisare) non intendo un'espressione metaforica ma una definizione letterale. Semplicemente nasce, in senso stretto, ciò che è lecito e produttivo definire il pensiero estetico di Freud. A patto però di non rimanere vittima di due forme opposte, ma convergenti, di equivocazione. Con atto di nascita non designo lo zero ontogenetico, ossia primo atto vitale in assoluto; e per converso: nemmeno un'esistenza già pervenuta ad un grado evoluto di sviluppo. Piuttosto nel contempo, sia il venire alla luce dopo

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ed attraverso una lunga e laboriosa gestazione, sia il punto di partenza per una complessa maturazione posteriore. In altri termini, affermare che con Delirio e sogni Freud entra di diritto nella storia dell'estetica non significa ignorare che anche prima di allora talune problematiche estetiche non avessero mancato di attrarre il suo interesse occupandolo in analisi senz'altro impegnate ed impegnative. Son quindi ben lungi dal misconoscere il grande rilievo che hanno numerosi spunti dedicati da Freud, in testi anteriori, a talune questioni di estetica, o comunque rilevanti anche riguardo a talune questioni di estetica. E non mi riferisco, tanto o solo, per esempio, alle celebri pagine su Edipo ed Amleto contenute nella Interpretazione dei sogni oppure alle fondamentali distinzioni formali operate ne Il motto di spirito. Ma penso anche alla ricchezza straripante di tante osservazioni che si leggono nelle lettere di Freud alla fìdanzata Martha Bernays e all'amico Fliess 26 • Pagine davvero decisive per ricostruire la formazione del pensiero estetico freudiano. Anzi l'esistenza di una problematica estetica in nuce, ossia la presenza costante di certi interessi, l'attenzione ricorrente verso la soluzione di certe questioni e un particolare taglio teorico messo in atto è avvertibile, in Freud, in date molto precoci; e comunque molto prima della nascita ufficiale della sua estetica, situabile intorno al 1906-7. A mo' di esemplifìcazione consideriamo il problema della genialità artistica, problema vivacemente dibattuto nella seconda metà dell'Ottocento come evento eccezionale che travalica la normalità psicologica per apparentarsi a quella patologica, che appassionò tutta una schiera di studiosi, da Hausegger a Dessoir a Dilthey a Mobius a Lombroso, e che infìne è un tema centrale e costante della meditazione freudiana. Orbene chi ha presente la densa trattazione sulla patografìa dell'artista, poniamo in Un ricordo d'infanzia di Leonardo da Vinci (1910), non può con meraviglia non ritrovarne quanto meno il germe in osservazioni risalenti a molti lustri prima, di cui solo esposizione particolarmente felice è il calibrato passaggio intitolato " Poesia e fine frenzy ", incluso nella Minuta teorica N inviata a Fliess il 31 maggio 1897. Parimenti colpisce notare che l'analisi dei meccanismi psicologici attivati nella fruizione artistica, o in altre parole la spiegazione dell'effetto che l'opera d'arte produce sullo spettatore, trattazione sviluppata in modo organico e defìnitivo ne Il poeta e la fantasia (1907), sia già stata adombrata da Freud

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due anni prima, in un manoscritto inedito e pubblicato solo nel 1942 in inglese: Personaggi psicopatici sulla scena (1905). Ma c'è di piu. Quello stesso punto di vista era già virtualmente presente nelle pagine dedicate ad Edipo ed Amleto nell'Interpretazione dei sogni ed aveva fatto la sua prima comparsa nella corrispondenza con Fliess, il 15 ottobre 1897. D'altra parte, dicevamo, l'interesse per le opere d'arte è vivo in, e coltivato da, Freud fin dall'adolescenza. A questo proposito, impressiona che nel primo scritto in assoluto di Freud che conosciamo, o meglio il suo primo scritto fino ad oggi edito -n, una lettera di Freud diciassettenne indirizzata all'amico Emil Fluss, parlando di una visita all'Esposizione universale di Vienna del 1873 egli dichiari: « Mi hanno avvinto solo gli oggetti d'arte » 28 • Insomma nel corpus freudiano è possibile reperire una vasta messe di temi, spunti, analisi di stringente interesse per l'estetica, isolabile con opportuni accorgimenti in precise sequenze e linee di svolgimento, pur discontinue ed intermittenti, che dalle iniziali lettere alla fidanzata (attuale termine a quo degli scritti freudiani) praticamente pervengono alle seriori opere della maturità. Se tuttavia poniamo la nascita dell'estetica freudiana con Delirio e sogni, intorno al biennio 1906-7, non è perché i testi precedenti, sia editi che inediti, hanno il carattere di potenzialità e di frammentarietà estemporanea (in certo senso frammentaria ed estemporanea è, in verità, la stessa estetica di Freud; o, altrimenti detto, tale natura pertiene all'insieme dei testi estetici freudiani), ma piuttosto perché furono appunti o proposte che anzitutto non ebbero, in larga misura, circolazione materiale all'esterno, e soprattutto non ebbero circolazione mentale interna. Vale a dire che non incisero, non procurarono sviluppi, non marcarono una tappa significativa né aprirono nuove strade all'attività scientifica di Freud in direzione dell'estetica. Per la semplice ragione che da essi rimase assente la condizione di base, ossia un interesse specifico di Freud verso i problemi estetici in quanto tali, comunque suscitati e per qualsivoglia ragione sviluppati. I testi anteriori alla lettura di Gradiva presentano dunque grandissimo interesse per l'estetica di Freud, ma tutto in relazione al fatto che son documento prezioso della sua formazione, tracciano le mappe sotterranee del fissarsi del suo gusto, del lievitare e progressivo chiarirsi di quelle convinzioni e modalità problematiche che si troveranno impegnate nella concre-

ta definizione del suo pensiero estetico. Tali pagine sono pertanto basilari nel senso appunto che, storicamente, stanno alla base, cioè sottofondano l'estetica di Freud: non sono l'estetica di Freud. Quelle prove vanno allora propriamente considerate un antefatto, premessa necessaria, gestazione prenatale e non condizione di piena esistenza. Un po' come ritenevano i giuristi antichi, quando chiamavano il feto non uomo ma spes homini. Che Delirio e sogni occupi, all'interno dell'estetica freudiana, un posto di particolare rilevanza è stato per altro, pur senza tematizzazione e decifrazione adeguate, talvolta segnalato. La Kofman, per esempio, ha parlato di una « vera opera cerniera » 29 • Non bisogna però nascondersi che le implicazioni teorico-metodologiche desumibili dal saggio freudiano su Gradiva ai fini di una teoria dell'artisticità sono poco piu di un vagito. Malgrado il grande impatto che il saggio realizza e l'impressione ammaliante che suscita nel lettore, al contrario di un « grande contributo all'estetica » 30 , dobbiamo riconoscere che esso presenta contenuti concettuali tutto sommato modesti. O diciamo meglio e diversamente: la sua maggiore rilevanza sta soprattutto nelle prospettive che apre e non nelle mete che raggiunge. Il fatto che una novella appaia costruita come un caso clinico non risolve infatti nessun problema estetico, si pone semmai per l'estetica come un problema da risolvere. Bisogna inoltre sottolineare che quella lettura sorge all'insegna di istanze diverse, la dominante delle quali non fu sicuramente quella di portare chiarificazione a problematiche estetiche. E soprattutto la stessa presenza, che pure abbiamo giudicato rimarchevole, di una dichiarata attenzione alla natura della produzione poetica, non è poi cosa che si possa apprezzare come rimarchevole in assoluto. La nozione di sapienza poetica è in realtà un topos della storia dell'estetica. Parlare dell'attività artistica come di una attività che impegna, integralmente e ad alto grado di complessità, la vita psichica è una prospettiva d'indubbia fertilità e certo di apprezzabile modernità. Nondimeno tale assunto è condizione sf necessaria, ma non ancora sufficiente, per costituire una prospettiva estetica significativa. Per non tacere che alla formulazione di una simile proposta teorica le poche battute freudiane sono ancora generiche. In realtà a Freud ciò che qui interessava davvero era che « probabilmente noi e lui [Jensen ] , attingiamo alle stesse

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fonti, lavoriamo sopra lo stesso oggetto, ciascuno di noi con un metodo diverso; e la coincidenza dei risultati sembra costituire una garanzia che abbiamo entrambi lavorato in modo corretto » 31 • Ma se, appunto, la realtà artistica conferma l'esistenza dell'inconscio e sembra avvalorare anche le altre tesi capitali della psicoanalisi, tanto piu per questo è enormemente interessante appurare il ruolo che l'inconscio svolge, e in genere quali processi psicologici sono in giuoco, nell'attività artistica. Freud aveva già teorizzato ampiamente su come le dinamiche dell'inconscio si articolavano nel sogno, nel lapsus, nel Witz. E però, dinanzi allo sconcertante caso di Jensen, che scrive un " racconto fantastico " ma che è quasi compiutamente riformulabile nei termini della scienza psicoanalitica, appare impegno sempre piu stringente ed anzi ineludibile quello di rispondere su come operi secondo la psicoanalisi questa, tradizionalmente sempre entità alquanto fantomatica, " fantasia poetica". Insomma, se l'impegno di Freud si fosse limitato unicamente alle poche considerazioni marginali presenti in Delirio e sogni l'estetica freudiana sarebbe, in definitiva, ben poca cosa. Invece da questo inizio timido ed alquanto casuale, grazie ad un insieme di circostanze fortunate, diciamo pure: una congiuntura favorevole, quelle battute iniziali ebbero un impensabile sviluppo eccezionalmente rapido e rigoglioso. Arrivando, dietro l'urgenza di fattori contingenti non meno che in ragione di un humus sedimentario fertile e numeroso, a comporre nel breve giro di pochi mesi, con Il poeta e la fantasia, un tessuto concettuale eccezionalmente ricco. Orbene, l'apparire e il repentino fissarsi di questo nucleo di pensiero, che rimarrà sempre al fondo di tutta la meditazione successiva (dacché gli scritti posteriori arricchiscono ulteriormente e specificano certo la prospettiva estetica freudiana, e per certi versi la complicano, ma non ne modificano le linee di fondo), è ciò che intendo per nascita dell'estetica di Freud. Sommariamente, e in primissima approssimazione, ecco le ragioni per cui attribuisco un'importanza decisiva al saggio su Gradiva. Punto veramente capitale dunque per uno studio rigoroso dell'estetica freudiana, non per ragioni esterne e/o meramente cronologiche ma proprio perché da questo saggio, strettamente in relazione ad esso e direttamente in conseguenza di esso, ebbe impulso e prese avvio tutta quella nuova attività scientifica di Freud direttamente rivolta all'estetica.

È inevitabile che un testo cosl'. cruciale sia anche il nodo polivalente in cui convergono (e s'intricano, ahimé) molteplici e complesse questioni. Alla speranza di sciogliere questo nodo è rivolta l'intera nostra ricerca. Ricerca che purtroppo su molti elementi è costretta a procedere quasi in solitudine e senza il conforto di una nutrita letteratura di sostegno. Il fatto è che malgrado il pensiero freudiano abbia avuto, e continui ad avere, un'influenza enorme, difficilmente sopravvalutabile nella cultura contemporanea; ed anche se una delle zone sulle quali piu si è esercitata, e si esercita, tale pur controversa influenza sia certamente la provincia estetica - per quanto possa sembrare sorprendente a tutt'oggi, cioè settantacinque anni dopo la pubblicazione di Delirio e sogni, l'estetica di Freud in quanto tale (dico: nella sua realtà storica e testuale e non come ispiratrice, piu o meno genuina, di ulteriori e diverse imprese concettuali) non è stata oggetto di studi scientifici esaurienti. Ed anche relativamente pochi sono i contributi parziali su di essa ai quali possa riconoscersi una qualche attendibilità. In qualche misura questa situazione sconfortante è imputabile anzitutto alla natura stessa dei testi estetici di Freud, che consentono, per definizione, solo un approccio precario e molto problematico. Freud infatti « non trattò mai l'arte in modo sistematico e si occupò dei problemi di estetica soltanto nella misura in cui interessavano il suo lavoro psicoanalitico [ ... ]. A parte alcune felici intuizioni implicite nelle sue idee e assai feconde per la critica d'arte, con le opinioni di Freud non si potrà mai costruire un sistema definitivo » 32 • Altrimenti detto, e forse con piu precisione, la teoria estetica freudiana è organicamente intrecciata e vincolata a quella fìtta trama di concetti ad amplissimo raggio che costituiscono la dottrina psicoanalitica; è quindi impensabile questa, pur a diversa specificazione, non tenere sempre presente. Si aggiunga poi che Freud non è stato un estetologo o un critico d'arte di professione, insomma in vario senso uno specialista di problemi artistici. Ciò comporta che egli non è uno scrittore a cui ci si possa accostare relativamente fiduciosi di trovare, nel rigore di una terminologia formalizzata, un circuito unitario e coerente di pensiero, ossia una trattazione che traduca su di un piano unico e liscio, quali soluzioni coordinate e pienamente risolte, contrastanti punti di vista problematici sull'arte. Né infìne è meno stringente il fatto che le riflessioni estetiche di Freud

poggiano, o piuttosto sono radicate in un sottofondo vastissimo e movimentato, cioè una schietta esperienza estetica lungamente coltivata. L'impegno di Freud per l'estetica fu dunque intermittente e strettamente vincolato allo sviluppo della dottrina psicoanalitica. Sicché i suoi scritti non nascono all'insegna della linearità, della continuità sistematica, bensi per scarti, all'incontro di situazioni molteplici e inopinate, attraverso sedimentazioni progressive che integrano e ispessiscono ma non fondono in una circolazione omogenea. L'estetica freudiana è insomma la resultante di una somma corollaria ed eterogenea di " scritti d'occasione ", ossia silloge di punti nodali, di frammenti discontinui 33 • Ciò comporta, in linea di principio, « un certo margine di arbitrarietà in ogni tentativo di ricapitolazione» 34 • Arbitrarietà sempre sul punto di trapassare in gratuità, che è difficile per altro evitare perché una prospettiva unitaria di ricognizione dei testi, aderente ed omogenea alle linee discontinue di evoluzione della meditazione estetica freudiana, non è immediatamente assicurata dall'esterno, attraverso cioè un semplice elenco inventariale o affidandosi alla mera successione cronologica. Per contro a Spector è « parso corretto e utile ai fini della chiarezza dividere gli scritti sull'arte in tre fasi principali corrispondenti alle tre principali svolte nell'orientamento degli interessi di Freud: un primo periodo pre-psicoanalitico nel quale i problemi della morte, del potere e dell'identità rimasero come soffocati dagli studi medici e scientifici; un periodo intermedio, dagli Studi sull'isteria (1895) al Leonardo (1910), periodo " romantico ", " artistico " nel quale Freud esplorò i propri sogni e il proprio inconscio con grande entusiasmo, e scopri nell'eros una forza fondamentale della mente; e un ultimo periodo - dal Leonardo e dai primi studi sulla religione di Totem e tabu (1912) sino alle ultime allusioni al problema dell'arte in L'avvenire di un'illusione e in Mosè e il monoteismo - nel quale Freud, abbandonata l'analisi dei propri sogni, si senti attirato dal problema dell'istinto di morte e dagli studi a carattere sistematico e teorico » 35 • Ora questa e simili classificazioni sono certo utili, ed ineccepibili anzi finché s'intendono come ripartizioni di comodo per una prima confidenza e messa a punto dei materiali; ma diventano insoddisfacenti e del tutto inadeguate per una analisi scientifica dei testi, in quanto ad essi esterne ed incapaci perciò di esplicitare

le intime ragioni che li hanno prodotti, e il significato e il valore contestuale che essi assumono all'interno del corpus. Questa impasse non appare superabile neppure scegliendo, invece di aggregazioni tematiche interne scalate verticalmente lungo l'asse cronologico, un'unica cristallizzazione metatematica ed extratestuale di taglio orizzontale. È il caso di Norman Brown il quale, riconosciuto che « non si possono ignorare le incertezze di Freud» nel giudicare di arte, le riferisce tuttavia ad « una ambiguità piu profonda, che è al centro della teoria psicoanalitica: se, in ultima analisi, l'uomo sia dominato dal principio del piacere o dal principio di realtà » 36 • In relazione a tale problematica egli ritiene valutabili le oscillazioni di Freud in estetica « con il variare del suo atteggiamento riguardo le possibilità di far posto nel mondo reale al principio di piacere»,,_ A tale prospettiva va indubbiamente riconosciuto il vantaggio di non rimanere succuba di un criterio statico ed estrinseco, quale appunto la mera successione temporale, e di sviluppare una esegesi fondata su di un principio prospettico generale, " forte " ed omogeneo. E però, risolvendo il complesso e sinuoso sviluppo estetico di Freud nel riferimento ad una sola soglia problematica, per quanto perspicua e polivalente della dottrina psicoanalitica, è inevitabile assestarsi ad una lettura appiattita e deprospettivizzata; ancora una volta cioè si pregiudica la possibilità di una specifica e pertinente intelligenza della pluralità dei testi estetici freudiani, non riducibili né cumulabili ad un medesimo grado, titolo e condizione di teoria. Per altro gli scritti freudiani sull'arte sono appena le creste emergenti, proiezioni verticali solo per approssimazione rappresentative di una ben piu imponente massa d'acqua sottostante. Talché, smarriti nel giuoco contrastante delle onde insidiosissime che solcano impudentemente i testi, una lettura che speri di scampare al sempre incombente pericolo di naufragio dovrà di necessità assicurarsi un percorso sufficientemente garantito, nella misura in cui è possibile quel percorso individuare al di sotto dei marosi di superficie. In assenza di questa prudenza metodologica si rischia di « ridursi a una o piu citazioni dagli scritti di Freud. Non si tratta di diminuirne il valore, ma citazioni isolate, per quanto pertinenti, finiscono per produrre un senso di staticità, dando l'impressione che Freud abbia soprattutto cercato di dimostrare la validità di un dato gruppo di ipotesi, con l'aggiunta, eventualmente, di contributi estratti da

varie fonti. Niente potrebbe essere meno esatto. L'opera di Freud consiste infatti nel continuo sforzo di unificare osservazioni particolari in una chiara prospettiva generale e nel riesaminare i risultati teorici cosi ottenuti alla luce di nuovi dati empirici o di nuove constatazioni. Questo riesame ha spesso condotto a mutamenti radicali nella formulazione dei principi, dei concetti fondamentali e delle ipotesi specifiche: procedimento questo che finisce per essere oscurato dall'abuso di " citazioni esemplari " » 38 • Se ciò è valido in generale per il pensiero freudiano, il " metodo delle citazioni esemplari " si rivela poi davvero pernicioso per lo studio dell'estetica di Freud. Il non misurare attentamente la peculiarità delle sue singole polarità costitutive condanna inevitabilmente a grossi equivoci e travisamenti che portano a postulare una unità posticcia, imposta forzosamente a priori allo sviluppo storico concreto, ovvero a decontestualizzare ed estrapolare arbitrariamente dal corpus freudiano lacerti privi di innervature relazionali. La piu vistosa delle conseguenze è un marcato strabismo interpretativo a cui sfuggono completamente le reali innervature e le precise motivazioni degli scarti e scompensi problematici con cui si realizzò l'iter estetico di Freud. « Un cammino che è, in fondo, il modello della stessa psicoanalisi dell'arte o, forse con piu precisione, lo spazio contraddittorio e lacerato dei rapporti tra la psicoanalisi e l'esperienza artistica » 39 • Ribadiamo, non si nega la possibilità di stendere un filo rosso che partendo dalle lettere giovanili a Martha, pur attraverso giri e salti intermittenti, possa tuttavia pervenire poniamo - fino al discorso di ringraziamento per l'assegnazione del Premio Goethe. E però questa contiguità materiale d'insieme può essere formalizzata legittimamente in unità sistematica solo storicizzando, via via, l'evoluzione delle singole tappe discontinue nelle quali quel percorso si cimentò. Al contrario è pratica scorretta, e purtroppo corrente, condurre letture cumulative ed intertestuali, che a luogo di strutturare le reali articolazioni nella loro specifica evoluzione diacronica, destoricizzano il corpus estetico freudiano col magro ed illusorio appoggio di " citazioni esemplari ". Si è arrivati cosi all'assurdo di compiere tranquillamente incredibili hysteron proteron, anticipando a date precoci assunti teorici che precipitarono in Freud in fasi piu tarde, solo dopo una lunga e travagliata maturazione del suo pensiero ed esclusivamente in ragione

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di specifici reagenti teorici. Esemplare è il caso di una delle piu note e criticate (ma anche equivocate) idee estetiche di Freud, cioè quella del piacere estetico come « piacere preliminare», che sovente viene avulsa e fatta scorrere tranquillamente ad un qualsiasi momento dell'estetica freudiana. In realtà questa nozione nasce solo nel 1905, in relazione a determinate esigenze e con raggio determinato di applicabilità. La si trova infatti teorizzata nel paragrafo " Il primato delle zone genitali e il piacere preliminare ", riferita all'atto sessuale all'innizio dell'ultimo dei Tre saggi sulla teoria sessuale (1905), quasi contemporaneamente viene considerata da Freud anche un meccanismo della vita psichica ne Il motto di spirito (1905) e riferita alle opere d'arte nei Personaggi psicopatici sulla scena (1905), per essere infine sviluppata come principio estetico generale ne Il poeta e la fantasia (1907). Il deprecato " metodo delle citazioni esemplari ", oltre a comporre l'itinerario estetico freudiano in una unità si omogenea ma statica ed artificiosa, può, all'opposto, articolarlo anche in fratture e tensioni, che seppure lo dinamizzano finiscono col renderne un'immagine egualmente inattendibile. Potrà ritenersi cosi che « si alternano in Freud (in rispondenza a quel conformismo nei gusti e nella sensibilità estetica che gli è stato riconosciuto da molti) due concezioni dell'arte che si possono dire entrambe tradizionali » 40 ; oppure, giudicando le riflessioni estetiche di Freud addirittura « un mosaico di frammenti », organizzarne la ricostruzione « intorno a due poli: da una parte quello piu propriamente estetico, vertente sulla definizione dell'arte in quanto tale, o meglio dei meccanismi di creazione e finzione artistica; dall'altra quello che potremmo definire linguistico, vertente soprattutto sui problemi del segno e del simbolo » 41 ; altrimenti ritenere che « due furono gli atteggiamenti di Freud nei confronti dell'arte e dei problemi connessi all'estetica: uno critico, ma generalmente riduttivo poiché, scaturito da un'enfasi tutta positivista, si esauriva nel reperimento di conferme della psicoanalisi fuori dai suoi confini; l'altro scientifico, quando l'attenzione dell'analista si spostava sulla creazione vista in rapporto ai fatti psichici moventi, oppure sull'effetto catartico, o sul comico, o sui processi di identificazione » 42 ; o ancora parlare di « oscillazione tra possibilità di chiarimento razionale sull'arte e accettazione del fatto artistico come " mistero " » 43 • È questa appena una campionatura sintomatica di numerosi

approcci all'estetica freudiana (e come si vede, di varia consistenza e plausibilità), accomunabili per una pratica, meno frequente delle precedenti ma anch'essa non insolita, di lettura sensibile agli scompensi interni dei testi estetici di Freud e tuttavia sempre ipotecata dal sostanziale ricorso alle " citazioni esemplari ". Per meglio dire, è difficile non riconoscere che tali letture tocchino reali scabrosità del corpus, che evidenzino cioè precise e concretamente identificabili movenze contraddittorie degli scritti estetici di Freud. Ciò malgrado esse si arrestano strettamente a ridosso di quelle articolazioni parcellari, colte in modo puramente intuitivo e non opportunamente problematizzate. È impossibile allora procedere alla fondazione di piani tematici costitutivi e si rimane alla registrazione di situazioni fattuali; si dispiegano liste di classificazioni eterogenee, che non arrivano a formalizzare il proprio piano analitico, prospetticamente rivelativo della globalità indagata. In tal guisa si giustappongono meccanicamente due verità testuali difformi o alternative, imputate senz'altro all'estetica di Freud in generale, ognuna delle quali mantiene una sua propria legittimità incomunicabile con la concorrente e il cui esatto grado di pertinenza circolare resta indecifrabile; verità testuali, per altro, che convergono a fondare uno schema binario precipitosamente elevato ad ipotesi generale di metodo. Si produce cosi una dinamicità fittizia, e comunque inverificabile, la quale non accresce ma piuttosto compromette l'intellegibilità della reale fisionomia dell'estetica freudiana. È invece possibile, anche se impresa non priva di rischio e fatica, comporre i testi estetici di Freud in un tessuto unitario, rigoroso ed euristico, cioè dotato di omogeneità speculativa ed insieme suffragato da plausibilità storiografica, conducendone una lettura per unità tematiche. A patto però di rinunciare alla lusinga di " accostamenti profondi " e/ o letture acrobatiche, e piu umilmente sforzarsi di accertare preventivamente, e curando d'intrecciare con cautela sul piano critico e filologico, le " occasioni " (materiali, esistenziali, accidentali, storico-culturali, teoriche, ecc.) che le hanno singolarmente determinate. Ai nostri giorni versiamo oramai m « uno stadio postfreudiano dell'interpretazione dei prodotti artistici e culturali » 4\ Stadio caratterizzato dalla diffusa tendenza a lasciar cadere i testi di Freud dichiaratamente rivolti a temi estetici, per fissare invece l'attenzione su problematiche e indicazioni con-

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segnate in opere di diversa natura, e che comunque lo stesso Freud non dedicò direttamente all'estetica. Per paradossale che possa sembrare, « l'interesse per l'" estetica " di Freud pare aumentare con il progressivo prevalere della tendenza a dichiarare tale " estetica " inesistente; al di là del gioco di parole, è senz'altro vero che l'interesse per questo aspetto del pensiero freudiano è cresciuto in proporzione diretta all'affermarsi, fra gli stessi analisti, della disposizione a spostare l'accento sui momenti meno " sistematici ", piu eccentrici rispetto al nucleo delle teorie freudiane sull'arte. Tale spostamento riguarda del resto anche le opere del corpus freudiano privilegiate: se ancora in un passato non lontano i teorici della psicoanalisi dell'arte guardavano prevalentemente alle opere canoniche, al Poeta e la fantasia, al Leonardo o alla Gradiva, in anni piu recenti l'attenzione degli specialisti si è portata su opere apparentemente meno pertinenti, a cominciare, naturalmente, dal Witz » 45 • Questa tendenza in realtà cominciò a profilarsi già all'inizio degli anni Quaranta, subito dopo la morte di Freud. Già Sterba, autore forse del primo saggio complessivo e misurato sul pensiero estetico di Freud, introduceva una distinzione fra scritti direttamente dedicati all'arte e gli artisti, ed altri testi marginali ed incidentali ma di maggior valore e profitto per la teoria psicoanalitica dell'arte 46 • D'altra parte, quasi vent'anni prima, antesignano di questa tendenza era stato nientemeno Vygotskij, che concludendo il famoso saggio L'arte e la psicoanalisi sottolineò l'eccezionale importanza che riveste per l'estetica il volume freudiano sul motto di spirito 47 • Rifarsi a Il motto di spirito e la sua relazione con l'inconscio è poi, come si sa, una prospettiva sistematicamente portata avanti per oltre vent'anni dal piu autorevole studioso di ricerche psicoanalitiche sull'arte, Ernst Kris; prospettiva che da Gombrich 48 a Francesco Orlando 49 , all'insegna dell'idea che il libro sul Witz « rappresenta il suo [di Freud] contributo piu s1gnificativo alla teoria dell'arte » 50 e « apre delle nuove prospettive all'estetica » 51 , ha avuto la piu larga diffusione in campo internazionale ed ha riscosso l'adesione anche di non pochi studiosi italiani 52 • Tendenza che ha finito con arricchire ed allargare il proprio raggio di riferimento, privilegiando altri testi freudiani come La negazione (1925), Analisi terminabile e interminabile ( 19 37 ), Costruzioni nel!'analisi ( 19 3 7). E però ciò che, ad evidenza, è in giuoco in queste ricerche

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non è piu direttamente lo studio scientifico dell'estetica di Freud nella sua realtà storica e testuale, bensi al di là di essa un possibile discorso estetico psicoanaliticamente orientato, anzi « una teoria analitica dell'arte, quale forse è implicita nelle indicazioni freudiane ma che Freud non ha mai svolto pienamente» 53 • A questa tendenza, in qualche misura almeno, scettica o diffidente verso l'estetica di Freud in senso stretto, si può semmai opporre che è probabilmente prematuro porre in liquidazione gli scritti ufficiali di Freud sull'arte e che uno studio estensivo e sistematico di essi, come finora sostanzialmente non si è mai fatto, può forse riservare sorprese tanto consistenti e impreviste da rimettere in discussione le opinioni correnti 54 • Come che sia, però, accanto alla tendenza apertamente impegnata a sviluppare un'estetica psicoanalitica in proprio, mutuando cioè solo qualche spunto o traendo appena un'ispirazione dai testi freudiani, e di preferenza non quelli estetici, coinvive e serpeggia in maniera non dichiarata e strisciante quella d'indagare l'estetica di Freud solo per soddisfare personali esigenze teoriche; tendenza che si spinge fino al limite di adattare, manipolare e sottomettere le prospettive storiografiche alle proprie ipotesi di ricerca. È chiaro che l'estetica di Freud, sia in ragione della sua ricchezza intrinseca che della sua natura discontinua e frammentaria, possa risultare stimolante ed invogliare a sviluppare motivi reperibili nel corpus freudiano in direzione di ulteriori approdi speculativi. Ma è altrettanto chiaro che bisogna mantenere ferma la distinzione tra i fatti e le proposizioni accertabili in sede storiografica e le interpretazioni e gli sviluppi liberamente riformulabili in sede teorica. Si può dunque consentire, in quanto scelta squisitamente teorica e non storico-critica, con l'assunto che « costruire una teoria freudiana dell'arte, significa elaborare il testo freudiano al di là dei suoi limiti storici » 55 • Se invece si aspira a dare un'interpretazione fedele dell'estetica freudiana, è operazione molto pericolosa « distinguere nel discorso freudiano ciò che l'autore vi dichiara per ragioni strategiche da ciò che vi maschera piu o meno coscientemente » 56 ; operazione che rischia abbondantemente di annegare nell'arbitrarietà quando poi le presunte " ragioni strategiche " e i " mascheramenti " rimangono privi di pezze d'appoggio e sono solo lasciati ad libitum dell'interprete. Rischi esegetici codesti puntualmente scontati

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allorché si abbraccia, per esempio, la sconcertante decisione di effettuare del testo freudiano « una lettura sintomatica, a fargli dire piu o altro di quello che dice nella sua stretta letteralità » 57 • Insomma un'intervento sul testo freudiano che mantiene la parvenza dell'indagine storico-critica, ma sia segretamente minato da istanze teoriche molto spinte, finisce - nel migliore dei casi - a fomentare effetti di ritorno, che si riflettono capziosamente sull'estetica di Freud, mistificando e adulterando la sua realtà storica e concettuale. Nel peggiore dei casi, si compiono imprese teoreticamente improduttive e stilisticamente irritanti 58 • Del resto, di effrazioni testuali e di nequizia ermeneutica ben sovente è rimasta vittima l'estetica di Freud. Queste veloci osservazioni di metodo potranno bastare. Perché non si voleva altro che segnalare la situazione di abbandono e di equivoco in cui versano gli studi dedicati all'estetica freudiana, studi che, su basi scientifiche rigorose fondate ed informate sullo scomodo terreno dell'accertamento storico e filologico, in larga misura sono ancora sostanzialmente da impostare. E mentre oggi può impressionarne la carenza, malgrado il dilagare di tante formule passe-partout, spesso poi, scontate e generiche, forse sono maturi i tempi perché ai testi estetici di Freud si ritorni nuovamente a guardare con ottiche ed impegno nuovo e piu agguerrito. Del lungo e sinuoso percorso che costituisce il corpus estetico freudiano la presente ricerca si sofferma solo sul momento iniziale, anzi aurorale, circoscrivibile nel plesso che da Delirio e sogni giunge a Il poeta e la fantasia, momento fondamentale e pregiudiziale di ogni indagine in quanto espressione della prima fondamentale crisi di assestamento teorico delle vedute di Freud sull'arte e dunque eminentemente rappresentativo del suo pensiero estetico in generale. Illuminare questa fase non altro allora significa che sapere come, quando e perché è nata l'estetica di Freud. 1 La notizia viene data per certa, anche se non è direttamente documentata. È però attestata da E. Jones, 1955, p. 414: « Lo fece all'aria aperta, durante le vacanze estive (1906), in quelli che chiamava i suoi "giorni solatii " ». Jones cita a sostegno della sua identificazione una lettera di Freud (1974, p. 27) a Jung del 26 maggio 1907 nella quale si legge: « Questa volta sapevo che quel piccolo lavoro merita lode; esso è nato in giornate luminose e anche a me aveva procurato molta gioia ». Su questa vacanza estiva del 1906 passata da Freud con la famiglia a Lavarone presso l'Hotel du Lac

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s'intrattiene alquanto lo stesso Jones ( 1955, p. 43 e ss.) ed ulteriori particolari vengono anche dati dal figlio di Freud, Martin (1957, p. 111 e ss.). 2 S. Freud, 1906 b. Già riferito da Jones (1955, p. 414), il dato viene confermato dall'epistolario Freud-Jung. Sappiamo cosi che il saggio era d'imminente pubblicazione ai primi dell'aprile 1907, giacché Freud (1974, p. 30) il giorno 7 scrive a Jung: « Questo mese Ella riceverà ancora due mie piccole pubblicazioni, tra cui la Gradiva». Ma ci fu evidentemente qualche ritardo di stampa perché è solo un mese dopo, il 13 maggio, che Jung (1974, p. 48) conferma a Freud: « Ho ricevuto or ora anche la Sua Gradiva. Accolga il mio ringraziamento piu cordiale. Mi accingerò subito alla lettura con grande interesse». Il 19 maggio sul giornale viennese « Die Zeit » ne apparve la prima recensione scritta da Moritz Necker (1907 a, p. 29). 3 Come si sa, nel 1930 fu conferito a Freud il Premio Goethe. Il premio, consistente nella somma di diecimila marchi, era stato istituito tre anni prima dalla città di Francoforte per essere conferito annualmente « a una personalità giunta alla fama con le proprie opere, e la cui azione creativa risultasse degna di onorare la memoria di Goethe ». Negli anni precedenti era stato assegnato a Stefan George, Albert Schweitzer e Leopold Ziegler, ossia un poeta, un musicista, un filosofo. Quell'anno, dietro segnalazione di Alfons Paquet, letterato e segretario della fondazione, fu assegnato a Freud. Questo episodio è interessante per almeno due ragioni. Anzitutto perché fu l'unico importante riconoscimento ufficiale che gli estimatori di Freud riuscirono a far tributare dalla Germania nazista e ben testimonia del livello d'udienza e di riconoscimento oramai raggiunto a quella data da Freud e la psicoanalisi nel mondo della cultura. Nella motivazione del Premio, infatti, si legge tra l'altro: « La psicoanalisi ha sconvolto e arricchito non soltanto la scienza medica, ma altresi il mondo concettuale degli artisti, dei curatori d'anime, degli storici e degli educatori [ ... ]. Al grande studioso, allo scrittore e al combattente Sigmund Freud è stato finora negato ogni riconoscimento onorifico ufficiale, benché l'effetto sovvertitore della sua opera abbia condizionato piu di quello di chiunque altro dei viventi lo spirito della nostra epoca ». Ma soprattutto è episodio non senza significato, per chi è interessato al pensiero estetico di Freud, in quanto in occasione della cerimonia di consegna del Premio, che era uso avvenisse il 28 agosto, egli scrisse un Discorso nella casa natale di Goethe a Francoforte letto in sua assenza, causata dalle precarie condizioni di salute, dalla figlia Anna. In questo breve saggio sono contenute alcune importanti proposizioni sui rapporti fra artista a biografia psicoanalitica, che rappresentano le ultime vedute di Freud intorno a questi discussi problemi. La lettera di ringraziamento di Freud ad Alfons Paquet, la motivazione del premio a Freud e il saggio di Freud sono tutti pubblicati in Freud, 1930, pp. 4-12. 4 H. F. Ellenberger, 1970, p. 536. Sullo stile letterario di Freud risulta ancora interessante Muschg, 1930, pp. 467-509; fondamentale è invece il volume piu recente di Schonau (1968), utile anche per la vastissima bibliografia; meritano registrazione anche le testimonianze di Kardiner, 1957, p. 60, e di Weizsaeckcr, 1957, p. 74. Una interessante problematizzazione dello "stile" di Freud è stata condotta da Rella, 1975a, pp. 244-61. 5 S. Freud, 1906 b, p. 263. 6 Sulla realtà dell'accoglienza riservata dalla « scienza ufficiale », come la chiamava Freud, alle sue idee nell'arco che da L'interpretazione dei sogni giunge a Delirio e sogni ci soffermeremo specificatamente nel capitolo sesto. 7 S. Freud, 1906 b, p. 263. a Ibidem, p. 264. 9 Ibidem. 10 Ibidem, p. 265. 11 Ibidem. 12 Ibidem, p. 291.

13 Ibidem, p. 292: « L'autore ci ha offerto uno studio psichiatrico piena• mente corretto»; pp. 293-4: « Corretta è effettivamente questa descrizione poetica di un caso di malattia e del suo trattamento»; p. 296: « Dobbiamo ripetere la descrizione, per se stessa corretta, dell'autore in termini psicologici precisi»; p. 301: « Da vari anni infatti egli [cioè lo stesso Freud] sostiene (restando in complesso isolato fino a poco tempo fa) tutti quei punti di vista che qui ha estratto dalla Gradiva di Jensen dando loro una formulazione tecnica». 14 Ibidem, p. 302. 1s Ibidem, p. 265. 16 Ibidem, p. 293. 17 Ibidem, p. 332: « Le nostre vedute sulla rimozione, sull'originale di un delirio e dei disturbi affini, sulla formazione e dissoluzione dei sogni, sulla parte esercitata dalla vita amorosa e sul metodo di cura di questi disturbi, non costituiscono affatto un patrimonio comune della scienza, e tantomeno qualche cosa che rientri nelle comuni nozioni delle persone colte. Se la perspicacia che consente al poeta di creare la sua " fantasia " in modo tale da permetterci di analizzarla come una storia clinica reale ha il carattere di una conoscenza, saremmo curiosi di apprendere le fonti di una tale conoscenza. Uno di noi che, come ho detto in principio, aveva preso interesse ai sogni della Gradiva e alla loro possibile interpretazione, si è rivolto al poeta per chiedergli direttamente se egli fosse in qualche modo a conoscenza di teorie scientifiche come queste. Il poeta, come era da attendersi, rispose di no, mostrandosi anche alquanto seccato. Disse che la Gradiva gli era stata dettata dalla sua fantasia e che egli ne aveva già tratto la propria soddisfazione; se a qualcuno non piaceva, che la lasciasse stare». 1s Ibidem, p. 333. 19 Ibidem. 20 C. G. Jung, 1974, p. 52. 21 S. Freud, 1974, p. 55. 22 M. Necker, 1907 a, p. 29: « Wenn Jensens Intuition tnit der Theorie Freuds so auffiillig iibereinstimmt, so bezeugt das nur noch mehr die Richtigkeit seiner Lehre. Und deswengen schrieb der Artz die vorliegende Schrift: nicht blos, um dem Dichter zu huldigen, sondem um auch an einem leicht verstandlichen Beispiel seine Lehre zu erlautern ». 23 C. L. Musatti, 1961, p. 12. Si tratta, del resto, di un riconoscimento ricorrente nella letteratura. Già Bauduoin (1929, p. 58) riteneva che « Freud affrontò l'analisi estetica con uno studio sulla novella di Wilhelm Jensen intitolata La Gradiva». 24 Sono parole di K. Kerényi (1969, p. 19), studioso che certo non stravedeva per Freud. 25 « Dopo la pubblicazione del libro, venne di moda, per ogni psicoanalista, affiggere alla parete una copia della scultura, come aveva fatto Freud nel suo studio» (Jones, 1955, p. 415). Una eccezionale testimonianza fotografica dello studio di Freud, nella quale è ben visibile anche la copia in gesso posseduta da Freud del famoso bassorilievo conservato nel Museo Vaticano Chiaramonti, che ispirò la novella di Jensen, si trova nello spendido volume di Engelman (1976). 26 M. Schur (1972, p. 21) giustamente notava che « La corrispondenza con Fliess ha dimostrato che in molti casi le lettere di Freud sono piu rivelatrici delle sue stesse opere ». 27 Si ha conoscenza dell'esistenza di un gruppo di lettere che Freud scambiò per circa un decennio, dai sedici ai ventisei anni d'età, col compagno di scuola Eduard Silberstein, il quale studiò legge e si stabili in Romania. La pubblicazione di questo carteggio, il primo dei numerosi epistolari che Freud intrattenne, sarà certo preziosa per conoscere meglio un periodo cruciale della vita di Freud. Su questo carteggio cfr. intanto Stanescu, 1965, pp. 123-9.

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S. Freud, 1960, p. 4. S. Kofman, 1970, p. 40. L. Marcuse, 1956b, p. 175. S Freud, 1906 b, p. 333. J. J. Spector, 1973, pp. 12-3. 33 Sulla natura insieme frammentaria e sistematica degli scritti estetici di Freud interessanti considerazioni, pur se fortemente condizionate sul piano teorico, sono state fatte da Ricoeur, 1965, pp. 187-8: « La prima cosa da capire bene è la caratteristica insieme sistematica e frammentaria dei saggi estetici di Freud. Proprio il punto di vista sistematico impone e rafforza il carattere frammentario [ ... ] L'interpretazione psicoanalitica dell'arte è frammentaria in quanto è solamente analogica [ ... ] è l'unità sistematica del punto di vista che contribuisce a tener insieme questi frammenti [ ... ] considerati come lavori a sé stanti, ognuno di questi studi è assolutamente circoscritto ». 34 A. Manesco, 1976, p. 368. 35 J. J. Spector, 1973, p. 15. 36 N. Brown, 1959, p. 76. 31 Ibidem, p. 77. 38 E. Kris, 1952, pp. 5-6. 39 A. Trimarco, 1979, p. 47. 40 R. Barilli, 1971, p. 658. 41 D. Bertocchi, 1972, pp. 217-8. 42 A. Pagnini, 1975, p. 5. 43 A Ceccaroni, 1973, p. 10. 44 A. Green, 1970, p. 28. 45 A. Serra, 1977, p. 5. 46 R. Sterba, 1940, pp. 257-68. Molto meno interessanti di questo saggio pionieristico di Sterba sono, tutto sommato, studi successivi apparsi in area statunitense, come quello di Marcuse (1956a, pp. 1-21) e di Fraiberg (1956, pp. 82-95). 47 L. S. Vygotskii, 1925, pp. 124-5: « La trascuratezza di un'analisi della forma è un difetto che si può dire comune a tutte le indagini psicoanalitiche; e noi conosciamo soltanto un lavoro che, sotto questo rapporto, si avvicini alla perfezione: è il saggio di Freud sull'Arguzia». È interessante notare che a questa sottolineatura di Vygotskij si contrappose una famosa "svista" di Volosinov (1927, pp. 118-9), per il quale « Freud applicò il metodo d'interpretazione dei sogni anzitutto ai fenomeni estetici del!'arguzia e del motto di spirito [ ... ]. Non ci sono altre opere di Freud dedicate specificatamente ai problemi dell'arte». 48 E. H. Gombrich, 1966, p. 27: « Si potrebbe discutere sulla possibilità di applicare completamente il modello freudiano del motto di spirito ad altre forme di creazione artistica; ma questo modello indubbiamente ha due grandi meriti che devono imporlo all'attenzione dello storico e del critico d'arte. Esso spiega l'importanza sia del mezzo che della capacità di padroneggiarlo: due elementi vitali che a volte vengono trascurati in un'applicazione meno cauta delle idee psicoanalitiche dell'arte». 49 F. Orlando, 1971, p. 12: « Il motto di spirito e i suoi rapporti con l'inconscio, insieme con L'interpretazione dei sogni, mi sembra assai piu prezioso per lo studio di opere letterarie, che non i vari scritti successivamente dedicati da Freud all'arte, ad artisti e scrittori, alle loro opere». 5ù N. Brown, 1959, p. 77. 51 O. Mannoni, 1968, p. 102. Anche Jones (1955, p. 409) riteneva che il libro sul Witz « rappresenta il maggior contributo di Freud nel campo dell'estetica ». 52 Ricordiamo almeno E. Garroni, 1972, pp. V-XVI; R. Bodei, 1974, pp. 1-10; M. Perniola, 1976, pp. 7-21. 53 F. Rella, 1973, p. 24. 28 29 30 31 32

54 Questa cautela, per altro, è consigliata dall'ambiguità con la quale lo stesso Freud si è pronunciato sulla sua estetica. Egli infatti ha scritto (1914, p. 410): « Circa l'applicazione del pensiero analitico ai temi dell'estetica il mio libro sul motto di spirito ne è stato un primo esempio » ed ha distinto contributi di questo tipo da quelli perseguiti da una diversa linea di ricerca che « condusse dal! 'indagine sui sogni ali' analisi delle creazioni poetiche e infine dei poeti e degli artisti stessi» (ibidem, p. 409). Parrebbe allora che Freud intendesse per estetica in senso stretto qualcosa di sensibilmente diverso da quello che O!!gi comunemente s'intende; e comunque dall'accezione che in queste pagine viene usata, postulando la legittimità di ordinare un corpus di testi freudiani sull'arte e gli artisti sotto l'etichetta di " estetica di Freud ". Quale sia poi il punto di vista di Freud sembrerebbe inequivocabilmente chiarito da quanto egli dichiara all'inizio de Il perturbante (1919, p. 81 ): « È raro che lo psicoanalista si senta spinto verso ricerche estetiche, anche quando non si ridu·ca l'estetica alla teoria del bello per descriverla, invece, come la teoria delle qualità del nostro sentire. Egli lavora su altri strati della vita psichica e ha ben poco a che fare con quei moti d'animo inibiti nella meta, sfumati e dipendenti da numerosissime costellazioni concomitanti - che costiruiscono perlopiu la materia d'indagine propria dell'estetica. Può capitare tuttavia ch'egli debba interessarsi di tanto in tanto di una determinata sfera dell'estetica, e si tratta allora quasi sempre di alcunché di preferisco, negletto dalla letteratura specialistica. Un caso del genere è rappresentato dal "perrurbante " [ ... ] A questo proposito, nulla praticamente è rintracciabile nelle esaurienti esposizioni offerte dall'estetica, che preferisce occuparsi del bello, del sublime, dell'attraente - ossia dei moti dell'animo positivi e delle condizioni e degli oggetti che ad essi danno vita - piuttosto che dei sentimenti contrari a questi, repellenti e penosi ». Abbiamo qui esplicitamente proposta una accezione dell'estetica, come appunto « teoria delle qualità del nostro sentire ». di puro conio accademico tedesco e addirittura di ascendenza baumgartiana. Tuttavia, in un testo direttamente rivolto a precisare qual è L'interesse dell'estetica per la psicoanalisi - si tratta di un paragrafo dell'articolo L'interesse per la psicoanalisi, pubblicato in due puntate nella rivista italiana « Scientia » Freud (1913 b, p. 269) intrica alquanto le cose, giacché parla esclusivamente di arte e di artista: « Alcuni problemi che si riferiscono all'arte e all'artista trovano nella psicoanalisi un chiarimento soddisfacente; altri le sfuggono interamente [ ... ]. Il rapporto tra le impressioni infantili e il destino dell'artista da un lato e le sue opere come reazioni a questi stimoli dall'altro, è uno dei temi piu attraenti dell'indagine analitica». Salvo però ad aggiungere in nota la sibillina frase: « Vedi [ ... ] per l'applicazione a certi problemi estetici il mio scritto Il motto di spirito e la sua relazione con l'inconscio (1905) ». Insomma cosa Freud intendesse per estetica è faccenda tutt'altro che chiara, e senz'altro meritevole di uno srudio specifico. Annoto piuttosto che la comparsa de L'interesse per la psicoanalisi in « Scientia. Or/!ano internazionale di Sintesi Scientifica », una iniziativa editoriale italiana che si rivolgeva ad un pubblico internazionale (era interamente redatta in lingue straniere), comporta il problema del travagliato rapporto fra psicoanalisi e cultura italiana, per il quale rimando al noto volume di David 1966. ' 55 F. Rella, 1977, p. 54. 56 S. Kofman, 1970, p. 8: « distinguer dans le discours freudien ce qui l'auteur y déclare par stratégie de ce qu'il masque plus ou moins consciemment ». ;, Ibidem: « une lecture symptomale, à lui faire dire plus ou autre chose que ce qu'il dit dans sa stricte littéralité ». 58 Negativamente esemplari mi sembrano, a questo riguardo, per esempio le letture che di Delirio e sogni hanno condotto Gasché, 1977, pp. 125-64, e Resnik, 1982, pp. 132-45.

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2 - Ùl malattia di Norbert Hano!d

Se ho sottolineato la straordinaria abilità con la quale è composto Delirio e sogni non è stato solo per magnificarne i pregi letterari: pregi indiscutibili di per sé e del resto tali unanimemente riconosciuti 1 • Piuttosto perché è forse proprio a codesti pregi che bisogna riferire, almeno in parte, alcune perplessità di fondo. E dico perplessità di fondo in quanto non toccano il saggio in maniera tangenziale e scarsamente incidente; ma ne marcano la stessa latitudine d'apprezzamento, e dunque ne intaccano il profilo metodologico che lo informa. La maestria di Freud è immediatamente dimostrata da un fatto. Tanta è la suggestione dell'intervento freudiano che Gradiva, per la coscienza comune, è stata completamente associata a Freud. La novella di Jensen fino a tal punto è stata fagocitata dalla lettura freudiana che, correntemente, quando si cita Gradiva ci si riferisce di regola non alla novella ma al saggio. La lettura di Freud è stata insomma cosi invadente da eclissare, incorporandolo, il testo che pure l'ha suscitata. È ovvio che una lettura è veramente tale se riesce ad appropriarsi del testo a cui rivolge la sua indagine. Anzi la capacità di prendere possesso (con l'inevitabile violenza che in qualche misura sull'opera viene esercitata) costituisce il segno, insieme merito e limite, di ogni lettura davvero critica. Ciò perché, come ha notato Rousset, « l'opera ha bisogno della critica, cioè di uno sguardo che la penetri ». Questo bisogno fonda la legittimità stessa della critica in quanto anche la lettura piu piratesca ruba al testo una prospettiva capace di determinare e perciò rendere fruibile l'universo dell'opera; traccia cioè un profilo esegetico che è comunque una chiave d'accesso al testo, il sentiero di una possibile ermeneutica. Se non che tale situazione di privilegio della critica sull'opera finisce

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per costltmre « il paradosso della critica e forse il suo dramma». Infatti « la critica tende a costituirsi in opera dell'opera, in un al di là dell'opera, in cui l'opera è tutta intera, tranne la sua presenza. Di questa presenza concreta, la critica non riuscirà mai a fornircene l'equivalente; essa ci da sf un pieno possesso dell'opera, tuttavia irrimediabilmente qualcosa ci sfugge: proprio questo contatto carnale che è l'opera stessa » 2 • La lettura freudiana di Gradiva invece sembra sfuggire proprio a codesto postulato fondamentale che teorizza un irriducibile scarto differenziale tra forma artistica e riformulazione critica. Abbiamo allora come un paradosso del paradosso: quello appunto di un testo critico che riesce ad esprimere in misura cosf totale e compiuta l'opera da vanificarne la necessità della presenza. Qui insomma non avviene una normale appropriazione, da parte del critico, di un testo letterario ma una totale espropriazione, che ha alienato il testo della sua identità originaria. Il saggio di Freud appare una riformulazione talmente " potente " da oscurare la novella di Jensen, tranne per il particolare profilo che ha ritenuto di estrarne; ossia da farla svanire come testo originale-originario e regredire a semplice occasione, vuoi antefatto vuoi premessa (se non addirittura pretesto), per uno sviluppo concettuale del tutto autonomo e indipendente. In altre parole, Freud ha creato un'opera che fa aggio sull'opera di Jensen, fino al punto che interessa moltissimo il saggio di Freud mentre di Jensen (che talvolta viene anche confuso - e nella letteratura cosiddetta specialistica con il quasi omonimo scrittore danese che fu premio Nobel nel 1944) e della sua novella sembra non importi niente a nessuno. Ora questa mancanza d'interesse, nei confronti di Jensen a tutto vantaggio di Freud, certo non scandalizza né appare priva di giustificazioni giacché corre indiscutibilmente una grande distanza, giusto di calibro, fra Sigmund Freud e Wilhelm Jensen. E non voglio affatto rivendicare, per Jensen, una grandezza che non gli appartenne; ancorché sembri eccessivo l'oblio che è caduto su di lui. Però non può non destare preoccupazione la constatazione che un rapporto a due, quale che sia l'intensità da ripartire fra i due poli, non è possibile risolverlo in maniera unilaterale. Non stupisce, allora, che il rapporto abnorme istituitosi fra Jensen e Freud possa aver semplificato e messo in ombra questioni che non sono semplici e sono

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molto poco chiare. In definitiva ho la sensazione che la grande maestria freudiana abbia composto a livello puramente stilistico tutta una serie di problemi che rimangono insoddisfatti a livello concettuale; che la frizzante qualità della scrittura abbia cosi bene sfumato certe incongruenze dell'analisi freudiana, da renderle a tutta prima inavvertibili 3 • E però tali incongruenze, se e dove ci sono, è indispensabile nettamente individuare e mettere a nudo, se si aspira a comprendere la realtà dell'esordio di Freud in estetica. Il fine precipuo cui Freud mirava attraverso Delirio e sogni, è, come abbiamo rilevato, l'identificazione, nella novella di Jensen, di una descrizione di comportamenti perfettamente solidale con le dottrine psicoanalitiche. Questa piena corrispondenza fra costruzione teorica e costruzione narrativa dà appunto a Freud la possibilità di rivendicare la fondatezza della sua psicologia. Quali fossero le ragioni per cui Freud, nel biennio 1906-7, attribuisse tanto significato a questa curiosa forma di dimostrazione, è cosa su cui avremo modo di soffermarci successivamente. Qui intanto è utile soddisfare un non trascurabile quesito preliminare. Perché Freud si rivolge ad un testo letterario invece di argomentare le sue tesi, come aveva fatto in precedenza, mediante l'analisi dei suoi stessi sogni o attraverso la considerazione di casi clinici? 4. La questione è stata ben chiarita da Musatti. « Quando uno psicoterapeuta si accinge a esporre e a illustrare la malattia e la guarigione di un proprio paziente, è sempre possibile il sospetto che la storia venga da lui involontariamente, se non proprio falsificata, per lo meno prospettata in modo non del tutto obiettivo. La descrizione di un caso non può infatti mai essere completa. E poiché tutto di una vita non si può dire, poiché si deve pur operare una scelta degli elementi importanti e significativi, poiché è inevitabile che una tale scelta venga fatta in base ai propri punti di vista interpretativi, la storia clinica cosi come viene descritta, risulta necessariamente influenzata a priori da quei punti di vista e da quei criteri, e difficilmente può essere considerata veramente probante per essi » 5 • Laddove riserve metodologiche di questo tipo non sono appuntabili a Delirio e sogni. Il testo su cui conduce la sua analisi non è una relazione clinica curata dallo stesso Freud, ma un testo da lui indipendente. In quanto dunque la novella di Jensen è un testo standard per cosi dire, ossia un testo

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obiettivo pienamente controllabile da tutti i lettori, ciò colloca l'analisi al riparo dal sospetto di una possibile, piu o meno involontaria manipolazione di dati materiali da parte di Freud. Il fatto inoltre che si tratti di un testo letterario, ossia un'opera la cui intenzionalità esplicitamente prescinde da ogni impegno verso tesi scientifiche determinate, non può che avvalorare i risultati che Freud potrà raggiungere attraverso questo test inconsueto. Ma la correttezza formale dell'esperimento richiede che la prova possieda non solo il carattere della oggettività bensi anche quello della pertinenza. Se la natura letteraria del testo di Jensen garantisce l'obiettività documentaria dell'analisi di Freud, per renderne possibili i risultati non meno necessario era il riconoscimento che in esso fossero esibiti in modo organico elementi suscettibili di lettura psicoanalitica in quanto apprezzabili da un punto di vista psichiatrico. Non bisogna dunque prendere troppo alla lettera Freud, quando afferma che l'interesse per la Gradiva di Jensen gli era sorto dal fatto che in essa vi « fossero contenuti diversi sogni » 6 • O meglio, l'interesse di Freud per i sogni presenti in Gradiva è elemento importante ma indicale; in quanto a sorreggere questa attrazione confluirono in realtà parecchie ragioni, anche di carattere strettamente personale. Ma, intanto, la novella può interessare il punto di vista psicoanalitico in quanto i sogni di Norbert Hanold partecipano attivamente ad una costellazione psichica suscettibile di una qualche segmentazione psichiatrica. I sogni, cioè, indicizzano un universo mentale patologico, che la teoria psicoanalitica rivendica di sapere illuminare senza residui. Non a caso, fin dal titolo del suo saggio, Freud lega insieme « delirio e sogni » 7 ; e già nelle prime battute della sua lettura fa gravitare il protagonista di Jensen nel mondo della follia 8 • Non è quindi questione di dettaglio né di curiosità peregrina, ma un modo invece per verificare intimamente il rapporto che intercorre fra novella di Jensen e saggio di Freud - se si vuole: la natura della loro omologia - chiedersi quale sia l'affezione morbosa di cui è vittima Norbert Hanold. In prima approssimazione, già nel titolo, la malattia di Hanold è immediatamente definita da Freud «delirio». Ma le cose non sono cosi semplici. Infatti la definizione di un comportamento psichico come delirante coglie la rosa sintomatica del malessere solo nella sua globalità indifferenziata, non ne fissa la nosologia. Non è cioè individuazione capace di riferire

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la patologia del personaggio jenseniano ad una condizione clinica specifica. Delirio, nella nomenclatura psichiatrica, è termine tanto generico pressoché quanto il comune mal di pancia, il quale per la semeiotica medica può essere segno tanto di una dispepsia quanto di una insorgenza appendicolare, di una infiammazione ovarica oppure di una conversione isterica. Freud dunque si preoccupa di precisare a quale specie di malattia mentale appartiene il delirio di Norbert Hanold « Anzitutto esso appartiene a quel gruppo di stati morbosi che non producono effetti somatici diretti, ma che si esprimono soltanto con sintomi psichici; secondariamente è caratterizzato dal fatto che in esso delle " fantasie " hanno preso il sopravvento, hanno cioè ottenuto credito e acquisito influenza sull'azione » 9 • E allora lo si dovrebbe includere « nel grande gruppo della paranoia » specificandolo come